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A ABERTURA DE S. CARLOS
Rivista musicale italiana
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icale
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..^./
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ivista Hlusicale
Italiana.
Volume Vin. — Anno igoi.
FRATELLI BOCCA EDITORI
TORINO
MILANO . ROMA - FIRENZE
BappreMPtanti generali per la (Hrmania e l' Austria-Ungheria
BRSmOFF é HiBTSL - LEIPZIG.
1901
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PROPailTi LITTiaAaiA
Torino, SUbiliiMnto Tipognfleo Vorotiiso Bova, Ti» Ospedale, 8.
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\^/Ui^\
^(^113' INDICE DEL VOLUME Vili
■//lui.
r
MEMORIE
ÀOÀIEWSKY (E.) — Lea chants de TÉglise Grecque-Orien-
tale Pag.
GÀMETTI (A.) — Sagf<io cronologico delle opere teatrali
(1754-1794) di Niccolò Piccinni
CHILESOTTI (0.) — L'evoluzione nella scrittura dei suoni
musicali
GRASSI- LAND! (B.) — Genesi della musica .
KLING (H.) — Schiller et la Musique ....
PISTORELLl (L.) — li • Miserere , in Mi minore di J. To-
madini
ROBERTI (6.) •— La musica in Italia nel secolo XVIII, se-
condo le impressioni di viaggiatori stranieri .
SINCERO (D.) — La sonata a KreutKer ....
SOUBIES (A.) — La musique scandinave avant le XIX* siècle
THIBAUT (P. J.) — Les chants de la liturgie de S' Jean
Chrjsostome
TORCHI (L.) — La musica istrumentale in Italia nei secoli
XVI, xvn e XVIII
TORRI (L.) — Il Solitaire aeeond ou Prose de la tnusigue di
Pontus de Tyard
48-579
75
123
560
802
784
519
603
101-255
768
1
847
ARTE CONTEMPORANEA
BOCCA (G.) — Verdi e la caricatura
DECUJOS (L.) — La casa di riposo pei musicisti
DUVAL (R.) — L'amour du poète .
FOÀ (F.) — Il teatro lirico nazionale
GIANI (R.) — Il ■ Nerone , di Arrigo Boito .
MAGRINI (G.) — La revisione delle edizioni musicali
326
363
656
690
861
674
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MAUKE (G.) — La nuova romanza Pag,
MONALDI (G.) — Aneddoti Verdi^ii . . . . ,
SOMIGLI (C.) — La tecnica del canale d*attacco . . , :
TABANELLI (N.) — La " questione della Scala , dal punto
di vista storico e giurìdico ^
' — Giurìsprudofìta teatrale « 441-7
TORCHI (L.) — Le " Maschere , di P. Mascagni .
— L'opera di Giuseppe Verdi e i suoi caratteri principali ,
TORRI (L.) — Saggio di bibliografia Verdiana .
ZAMBIASI (G.) ' Intorno alla misura degli intervalli me-
lodici „
* * Le date (a proposito di G. VerdO* Bibliografia . «
Recensioni:
Storia — 212, 459, 727, 1023.
Critica — 219, 472, 730, 1043.
Estetica — 222, 475, 1044.
Opere teoriche — 226, 482, 721, 1046.
Strumentazione — 733, 1053.
Ricerche scientifiche — 227, 1054.
Musica sacra — 43, 487, 735, 763, 784.
Musica — 489, 735.
, wagneriana — 230, 488, 747, 1056.
Legislazione e Giurisprudenza — 490.
Varie — 230. 491. 736, 1067.
Spoglio dei Periodici — 232, 495, 787, 1059.
Notimie — 240. 504, 745, 1067.
mienco dei lAhH — 249, 513, 756, 1069.
EHenco deUa Musica - 235, 516, 759, 1072.
Indice deUe Opere recensite — 1075.
Indice aMfabetico — 1077.
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^m©mo^I©^
La niugica istrunientale in Italia
nei gecoU X¥I, XYH e XYffl.
(Continuai, e fine, Y. voi. YU, ùac. 2*, pag. 233^ anno 1900).
XII.
SX'i rimane a mostrare come, per ciò che concerne la forma quale
l'abbiamo seguita fin qui nelle sue molteplici manifestazioni, il me-
desimo 8?ilappo si avverta, parallelo per legge naturale, anche nelle
opere dei clavicembalisti e degli organisti italiani del settecento. Ed
è una evoluzione analoga che segue neiruno e nell'altro campo. Noi
tralasciammo di discorrere della musica d'organo nel punto in cui la
osservammo pervenuta ad un alto grado di sviluppo nelle opere del
Frescobaldi, di Fabrizio Fontana, di Michelangelo Bossi e di Bernardo
Pasquini, mentre la musica di liuto, nell'epoca stessa, cioè nella
seconda metà del sec. XVII s'era di molto modificata nello stile,
scendendo ad un livello poco artistico. La letteratura del liuto si perde ;
quella dell'organo si fonde con quella del clavicembalo e si modifica
anch'essa. L'analogia che vi è fra lo stile d'uso nella musica di cla-
Ri9iiia mmtkaU Halimui, Vili. 1
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MEMORIE
yicembalo e in quella dell'organo, nel 1600, Tabbiamo già considerata.
Ed ora è appunto dai clavicembalisti del sec. XVII che dobbiamo
muovere i nostri passi, se vogliamo spiegarci attraverso quali rivol-
gimenti la musica di clavicembalo raggiunse la indipendenza deirepoca
di Domenico Scarlatti, di Martini e di Galuppi. Anche quest'ultima
parte della mia ricerca, purtroppo non può esser breve ; ma di essa
il mio studio, che ha bisogno di completarsi in qualche guisa, non
può far senza. Anche questo ramo della musica da camera è nel
nostro settecento immensamente interessante; prego dunque il lettore
a fare un altro po' di sacrifìcio e a seguirmi con pazienza benevola.
La toccata per organo, come abbiamo visto, fu tra le forme mu-
sicali più movimentate, più sovraccariche di melisme e diminuzioni,
una composizione nella quale, senza differenza di epoche, lo slancio
della libera fantasia si dirigeva preferibilmente verso l'esteriorità
degli effetti. Nel ricercare, nella camone, nell'aria di danza il com-
positore s'intratteneva di più a sviluppare i temi. Nel ricercare spe-
cialmente lo stile fugato, imitativo, trovava un'applicazione ampia e
castigata ad un tempo, la quale presso i buoni maestri era diventata
abituale. Fu questo stile, furono queste forme che pervennero in
eredità ai clavicembalisti del settecento. Il bello stile del Frescobaldi,
serio, ricco d'armonia, intessuto di eleganti contrappunti, insieme
colla severa compostezza e cantabilità delle voci nel ricercare di Fa-
brizio Fontana, e col disegno vivace, col movimento fantasioso, ricco
di passaggi e d'imitazioni nei ricercari e nelle toccate di Bernardo
Pasquini e di Michelangelo Rossi, sono le qualità che noi troviamo
fuse in bell'armonia nelle suonate di clavicembalo di Giambattista
LuUi. È collo studio di queste e insieme delle opere de' cinque or-
ganisti or ora nominati, che noi possiamo agevolmente spiegarci lo
stile delle sonate per organo di Domenico Zipoli. — Ciò che afferma
il signor Ernst von Verrà, in una sua raccolta intitolata « Orgelbuch »,
pubblicata nel 1887, in cui egli ha fatto entrare una fughetta del
Zipoli) e cioè che sulla intavolatura del maestro italiano non sia
impresso l'anno della stampa, non è vero. A piede della prefazione,
nell'eseniplare che mi sta innanzi, io leggo chiaro: il primo Gennaro
1716. Sono dunque le dette suonate d'intavolatura per organo e ciofi-
balo del 1716. Il libro è diviso in due parti: La prima consta di una
toccata, di versi, di canzoni, etc. Nella seconda si contengono preludi,
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LA MUSICA ISTRUMENTALB IN ITAUA MSI SKCOLI XTI, XTII S XVIH Ó
allemande, correnti, sarabande, gighe, gavotte e partite. Le compo-
sizioni del Zipoli sono stampate facendo uso del sistema moderno com-
posto di due righi di cinque linee ognuno. Però, nella prima parte
del libro, le chiavi occorrenti nel primo rigo sono quelle di soprano
e di mezzo soprano, le quali si alternano secondo il bisogno; nel
secondo rigo si trova quando la chiave di basso, quando quella di
tenore. Nell'altra parte, il primo rigo porta sempre la chiave di vio-
lino, il secondo alternativamente quella di basso e di tenore.
Ed ecco la taccata di Zipoli che, dopo poche battute in cui una
successione di determinati accordi tende a stabilire la tonalità, si
svolge nella maniera che sente la derivazione dagli organisti italiani,
da -Frescobaldi a Pasquini, ringiovanita dalla fresca vena del LuUi.
Lo stile dei versetti è vario : quando è fugato, e allora è una piccola
fuga alla Bach che si svolge con temi elegantemente disegnati e
ritmati; quando invece si tratta della toccata, e noi abbiamo allora
un piccolo preludio svolto nella maniera di Bach. Il grande Seba-
stiano deve aver ben conosciute o considerate queste composizioni sì
come quelle di Frescobaldi, di Pasquini e di Fontana, che sono il
latte di cui egli si nutrì per certo. La canaone è assai più estesa
del verso; è ben rimarchevole in essa un sagace sviluppo del tema
considerato nelle sue intime qualità essenziali, come si osserva nei
preludi e nelle fughe di Bach e di Hàndel. Per cui gl'italiani com-
positori io credo che non abbiano assolutamente appreso questo tipo
di svolgimento sostanziale altro che da' lor propri maestri, nelle
opere dei quali essi ne trovavano la ragion d'essere ed una applica-
zione prestantissima. Io voglio presentare alcuni temi di questi versi
e di queste canzoni: il lettore musicista si formerà facilmente una
idea delle composizioni che n'escono, quando li immagini svolti
con una sicura scienza del contrappunto nelle mani di un uomo
di genio.
Canzona.
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LA MUSICA ISTRUMENTÀLE IN ITALIA NEI SECOLI XYI, XYII E XVIII 5
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La prima parte della raccolta termina con una pastorale in tre tem^i:
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e il pedale conclusivo che è caratteristico:
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LA MUSICA ISTRUMBNTALB IN ITALIA NEI SBCOU XVI, XVII E XYIII 7
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La seconda parte consta di composizioni più libere, più eleganti e
melodiche. Sono suonate o smtes composte di preludio, corrente, aria,
oppure preludio, corrente e sarabanda. La seconda di queste suonate,
pubblicata per intero nella raccolta di Litolff < Les Maitres du
Clavecin >, Cahier IX, pag. 38, è bella quanto le altre: osservi il
lettore i temi delle quattro parti, di cui essa consta: Il tema della
sarabanda è il seguente:
Largo.
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8
MEMORIE
Vi segue la giga sul tema seguente:
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vien posdati preludio stupendo sul tema:
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LA MUSICA ISTRUMBNTALE IN ITALIA NEI SECOLI IVI, XYII E XYIII
Il preludio è propriamente trattato in quello stile che noi ricono-
sciamo tipico in Sebastiano Bach; ma la sostanza melodica di Zipoli
supera talora, nella vivacità ed espressione della linea, quella istessa
del massimo Sebastiano, mentre poi la massima parte dei costui pro-
cedimenti sono noti al maestro italiano. Questi n'è anzi il precursore.
La seguente gavotta e il seguente minuetto rivelano un'altra appli-
cazione della tecnica bachiana:
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10 MBMORIE
Nelle partite, l'agilità e l'eleganza dei disegni è anche maggiore ; ma
sopra tutto fresca, spontanea e originale è la melodia. Un gruppo di
partite comprende ordinariamente da dieci a tredici brevi composi-
zioni con ritornello, gruppo che noi oggi diremmo propriamente una
partita. Zipoli rappresenta la suonata d'organo italiano nella sua cor-
rettezza e nella sua libera genialità ed è uno de' migliori maestri
italiani del sec. XVIII.
Io credo che a quest'epoca circa, o ad un perìodo forse di poco
anteriore, appartenga un libretto di musica d'organo composta da un
tale Ferrocci. Sono piccoli pezzi scritti per l'uso pratico degli uffici
divini, versetti in forma di canone, in cui più che una buona dispo-
sizione delle parti ed uno stile piano talvolta e composto, tal'altra
tutto infiorato e triviale, altro non si trova. Oran parte delle com-
posizioncelle del Ferrocci illustrano melodie sacre: se non altro sì
può osservare in esse, come la maniera di accompagnare le preghiere
durante gli uffici divini fosse, in principio del 1700, molto viziata;
che, in quanto al merito delle composizioni medesime, toltine i ver-^
setti più brevi in forma di canone o di imitazione o semplicemente
tessuti in un'armonia piana, il resto è piuttosto cattivo.
In ben diverso stile sono scrìtte le suonate e le fughe per organo
di Florìano Aresti, i concerti e le suonate per uno o due clavicem-
bali e le suonate per organo di Giovan Battista Predierì del 1715.
Tutte queste composizioni constano di tre tempi, due allegri ed un
adagio collocato nel centro. La linea della melodia si perde tra il
folto tessuto dei rìcami ; i temi non hanno quella forza, quella con-
sistenza, quell'individualità che si avverte in Zij^oli; tanto il clavi-
cembalo come l'organo sono poveri d'armonia. Con ciò ho detto a
bastanza intorno alle composizioni dell'Àresti. Quelle del Prodieri sono
concerti grossi per violini, viole, violoncello e basso con cembalo; ne
conosco uno che, oltre ai detti istrumenti, esige anche due corni da
caccia. La forma vi è rìgorosamente bipartita nel modo che sap-
piamo già. Il concerto migliore è il secondo, in do, coWadagio in
do minore^ una buona melodia, la quale però è sviluppata solo in
quanto essa ha di esteriore. Il musicista non istudia le sue idee, non
ne seconda l'espressione intima, verso la quale sembra indifferente e
che forse non sente; egli le circonda di manierismi.
Non sono migliori, quanto a stile, le suonate per organo di Fran*
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LA MUSICA ISTRUMENTALB IN ITALIA NEI SECOLI XYI, XYII E XYIII 11
Cesco Modonesi, della medesima epoca. Per quel che concerne la
forma, esse mostrano chiaro dei difetti, che quelle del Predieri non
hanno.
L'arte vera però in Italia esiste fortunatamente ancora; e noi
anzitutto c'incontriamo in alcune fughe per clavicembalo a tre e
quattro parti di -Alessandro Scarlatti, che ce la manifestano ro-
busta e. geniale. Eccetto queste fughe ed un'attraente suonata per
flauto ed istrumenti ad arco, io deploro di non conoscere altra
musica istrumentale di questo che è tra i sommi nostri maestri.
— Nella citata collezione Litolflf yì è una fuga di A. Scarlatti
(Cahier IX, pag. 18). — Ora egli è da questa eccellente scuola che
origina una nuova composizione: lo studio e il divertimento per
cembalo,! primi saggi della quale sono di Francesco Durante. La
loro forma può essere considerata sotto due diversi aspetti : o si con-
sidera lo studio come più tendente a sviluppare il tema e quindi
più esteso, composto nello stile della toccata, da cui deriva il pre-
ludio di Zipoli e di Bach, o in quello del canone e della fuga, e
allora egli segue la forma che è prescrìtta per queste composizioni;
oppure si considera il divertimento come composizione più breve, che
segue la forma bipartita; in quest'ultimo caso, in essa va notato,
come dopo il rìtomello, all'ingresso degli sviluppi il compositore non
inizi questa parte con la mossa dal tema, eccezione fatta per uno
solo de' divertimenti, l'ultimo, ma preferìsca servirsi di un altro
frammento del tema medesimo. Ciò è interessante, perchè ci mostra
come, già per tempo, nella musica di clavicèmbalo vi fosse la ten-
denza di variare almeno uno de' tratti scolastici della forma, che a
lungo s'era mantenuto inalterato nella musica a più istrumenti. Le
suonate dì Durante sono una prova di più di una esagerata applica-
zione della tecnica tutta intesa esteriormente e per sé medesima,
perchè, come in questa son forti, cosi difettano di melodia, e ne' lor
temi han troppo spesso l'impronta della vuota graziosita settecen-
tista. Questo manierismo seppe evitare il Zipoli, il quale — per me
almeno — sotto ogni aspetto rimane molto superiore allo stesso
Durante.
Ogni cultore di musica conosce indubbiamente le suonate per cla-
vicembalo di Domenico Scarlatti, pubblicate in questi ultimi tempi
da Breitkopf e H^irtel di Lipsia; per cui posso dispensarmi dal ca-
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12 . HBMORIB
ratterizzarne lo stile; però mi sembra non faor di proposito osservare
l'analogia che esse contraggono con quelle di Durante, perciò che
esse pure sono composte nello stile dello studio. Più che alFespres-
sione della melodia esse tengono alla forbitezza e alla varietà di
figurazioni caratteristiche il più delle volte interessanti, è vero, consi-
derate anche sotto Taspetto melodico. Qui parimente» la materia tecnica
è oggetto di quelle cure dilìgenti e sottili, che contraddistinguono i
claviccmbalisti della scuola napoletana. I tempi sono tutti vivaci,
rapidi {allegro^ allegrissimo, presto), ad eccezione di uno o due, di
un tempo di danza e della fuga. La sonata consta di un sol tempo,
come quella di Durante. Anche fuga si chiama perciò una sonata di
Scarlatti. La forma è ordinariamente bipartita; ma parecchie varietà
si presentano nell'attacco della seconda parte, ed oltre a ciò al-
cune sonate,, che questa seconda parte non ha, sono composte nella
forma della toccata o della fantasia, di cui sappiamo l'origine. Non
bisogna dimenticare però che anche queste forme mostrano esempi
della bipartizione.
Dalle proprietà di questo stile, per quanto egli ora passi all'uno
e all'altro maestro alternandosi di poco, è facile prevedere quali con-
seguenze derivino al periodo musicale, al tema, considerato nella sua
costruzione materiale, quando in processo di tempo, da una scuola
all'altra, esse abbian costantemente procurato di isolarsi in effetti
sempre più esteriori. Io non vorrei essere compreso male se a questo
punto faccio menzione delle suonate per cembalo di Àzzolino Ber-
nardino della Giaia di Siena, stampate, insieme con alcuni saggi di
contrappunti ed alcuni ricercari, nel 1727. Queste suonate sono anzi-
tutto un po' curiose nella forma. Il prim?) tempo è una toccata; vi
segue l'altro tempo denominato canzone; l'uno è un allegro, l'altro
un moderato. La toccata è scritta in forma libera, in forma di fan-
tasia: più che di altro, essa consta di un'aggregazione di formule
clavicembalistiche risolventi in effetti esteriori. Vi abbondano le pro-
gressioni, le imitazioni, i passi di agilità et similia. La canzone è
in forma di fuga libera o di fugato nello stile di Seb. Bach: i temi
SODO abbastanza interessanti; l'insieme è molto musicale; questa com-
posizione è altrettanto sviluppata e difficile come una fuga di Bach.
Sopra il tema seguente
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LA MUSICA I8TRUMENTALB IN ITAUA NEI SECOLI^XYI, XVII E XYIU 13
Canzone, Languente»
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p. 6*9 il Della Giaia svolge una composizione veramente bella. Gli
altri due tempi seguono la forma bipartita; in essi predomina lo stile
imitativo sulla base di una eq^ressiva robustezza e cantabilità delle
parti, quali si notano nelle affini composizioni di Bach. E anche
qui mi permetto di citare i singoli temi:
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14
MEMORIE
Qaesti componimenti del Della Ciaia sono, a quel che pare, fra i mi-
gliori del suo tempo ed a lui la tecnica del clavicembalo deve certo
un sensibile miglioramento e sviluppo. Nessuno dei procedimenti, che
i claviccmbalisti del settecento usarono con tanto successo, gli è sco-
nosciuto. Lo stile legato, i passi d accordi realizzabili in arpeggi, le
agili ed amplissime figurazioni che si dispiegano rapide dall'una
all'altra delle tessiture estreme, le melodie arpeggiate, ecc. Ma non
mancano anche qui le composizioni deboli, prolisse, poco musicali. La
canzone, p. e., che si svolge sul tema seguente:
n'è un esempio e in verità uno de' più manierati. Talora la fuga^
che fra tutte sembra la composizione più importante, è fin troppo
sviluppata. È certo però che in questo compositore vi ha il sentimento
dello sviluppo tematico secondo s'intende modernamente, e che il
sinfonismo è piuttosto abbondante, se non sempre equilibrato. Il suo
ricercare è composizione di stile severo molto conveniente all'organo.
Perciò le qualità d'istrumentalista nel Della Ciaia sono di tal natura,
che raramente si rinvengono fra i compositori italiani, ed egli prende
giustamente il suo posto accanto al Zipoli.
Ma, per verità, a quest'epoca si veggono già ì segni precursori di
uno stile di composizione per organo e clavicembalo, che comprooiet-
torà in avvenire la serietà e l'importanza di questa specie. Tali segni
sono anzi tutto la poca cura della melodia, l'uso del melisma come
tema o parte sostanziale del tema, il poco valore musicale, la man-
canza di carattere nel tema stesso, il disegno che tende a farsi me-
schino e triviale. Il compositore s'afiBda troppo esclusivamente alle forze
Digitized by CjOOQ IC
LA MUSICA ISTRUMBSTALC IN ITALIA N£I 8BC0LI STI, XYII E ZVIII 15
della sua immaginazione, rivede poco, è troppo presto e facilmente
contento di sé. Il lettore si recherà forse a meraviglia se tra i com-
positori, le opere dei quali mostrano questi contrassegni, io nomino
Benedetto Marcello. Può darsi che altre suonate di lui siano mi-
gliori; quelle che io conosco (poche suonate a cembalo ed una ciac-
canoj del 1701) sono sotto ogni rispetto, composizioni scadenti. Cosi
le suonate per cembalo di Domenico Àlbertis e quelle di Giovanni
Battista, le quali appart^gono ad una medesima epoca, cioè al 1739.
Con questi due autori si veggono introdotti nella musica di cembalo
non solo tutte le specie di artifici barocchi propri del secolo XYIII,
ma anche le forme di melodia e di accompagnamento meno musicali
e propriamente puerili. La forma è la solita bipartita, che dalla tonica
conduce alla dominante e dalla dominante alla tonica; nei tempi in
modo minore essa o segue lo stesso procedimento per mezzo della
dominante minore (la forma j>iù elementare) o per mezzo del relativo
tono maggiore (forma un poco più artistica).
Esempi dello stile più debole, in questo periodo, il quale precede
di poco e ancora si confonde coH'epoca migliore dì Giambattista
Martini e di Baldassarre Oaluppi, si troveranno nelle suonate di
Francesco Campeggi, del 1747, di Emanuele Barbella, del 1760, di
Giuseppe Bencini, di Giov. Fran?. Beccatelli, del 1730, di Paolo Sa-
lulini, di cui conosco anche un concerto per salterio e violino com-
posto l'anno 1751. Costoro, per quanto faticosamente attaccati alla
forma d'arte, non dispongono di un materiale di musica né melodico
né proprio. Al contrario, a quest'epoca, come attorno agli astri mag-
giori, si veggono alcuni organisti di minore importanza,. i quali hanno
purificato il loro stile ed han tratto dalla toccata, dalla canzone e
dal ricercare materia e forma onde riuscire a comporre preludi e
fughe. Lo stile di queste loro composizioni è sostenuto; i temi sono
l'un coU'altro concatenati da conseguenti sviluppi. Perciocché con-
cerne la forma, essa é più libera : là dove sarebbe da aspettarsi l'uso
della bipartizione, essa è invece forma di fantasia. Nomino alcuni di
questi compositori: A. Santelli, P. Giovagnoni, D. Consoni, G.B. Gaiani,
L. Consolini; e costoro non furon già cattivi istrumentalisti, per quanto
alla specie della musica istrumentale essi non dedicassero la lor mag-
giore attività.
Nella grande quantità di composizioni per clavicembalo e per or-
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16
MEMORIE
gano lasciateci da Giambattista Martini occorre fare una distinzione.
Le dodici suonate per cembalo e le dodici -suonate per organo, del
1738 e del 1742, e, oltre a queste, anche i concerti per clavicembalo
obbligato, sono le opere sulle quali in questo momento dobbiamo
fissare la nostra attenzione, poiché, senza negare che in molta altra
musica d'organo e di cembalo dal Martini, composta in varie occa-
sioni, vi abbia certo un grado rispettabile di interesse artistico, pure
ella è tutta da considerarsi di importanza secondaria. Il primo con-
certo, nella collezione autografa che ho innanzi a me, porta la data
del 1746, il secondo quella del 1750, il terzo non ha data, il quarto
fu composto nel 1752, il quinto nel 1754,— è,con violino e cembalo
obbligati — il sesto ed il settimo (concertino) non portano data al-
cuna. Ognuno di questi concerti consta di tre tempi, due allegri ed
un adagio nel centro. La forma dei tempi è bipartita anche nell'a-
dagio. Un tratto caratteristico si avverte all'entrata dei cembalo, che
ha luogo dopo l'esposizione del tema affidata, in principio, ai violini
ed ai bassi; quest'entrata, questo attaccò del cèmbalo non si effettua
sul tema dianzi udito, ma con un tema proprio, con un arpeggio,
una figurazione, ima nuova melodia, un passaggio brillante. Nel-
Vandante sostenuto del secondo concerto il tema è attaccato dal cembalo
solo, ed è il bello ed elegante pensiero che qui segue:
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cbestra segue soltanto dopo otto battute. Alle volte il tema è soste-
nuto dalla piccola orchestra di istrumenti ad arco, mentre il cembalo
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LA MUSICA I8TRUMBNTALB IN ITALU NBI 8BC0U STI, XYII B ZYin
17
svolge una melodia figurata a modo di variazione sul tema, come
avviene nélVandante del primo conceriio. Questa forma si trova pure
usata nella chiusa del terzo concerto. Così nel primo tempo del
quinto concerto e nel finale del quarto si hanno esempi, secondo ì
quali l'orchestra non comincia propriamente col tema, ma con qualche
forma d'introduzione, e fa poi sentire il tema al clavicembalo poco
prima che questo entri e lo raccolga, come anche avviene p. e. nel fi-
nale del quinto concerto. Tutto ciò dimostra quanta sia nel compositore
la cura, l'amore della varietà. Martini sa imporre al suo esecutore delle
difficoltà tecniche non indifferenti e sa riposarlo ancora con opportuni
intervalli, nei quali l'orchestra suona sola. Questo per la parte della
fattura estema. In quanto al valore intrinseco delle composizioni ed
allo stile, è certo che esse, prese singolarmente non sono tutte egual-
mente forti ed importanti. Anzi tutto, in generale, ^1 Martini &
difetto la melodia; poscia il suo tema si arricchisce presto e troppo
di abbellimenti afihtto esteriori o estranei alla sua linea e si svi-
luppa poco. Più che l'espressione, nel disegno della melodia, è ve-
duto, è calcolato il buon rapporto dei numeri, la buona disposizione
di dissonanze e consonanze alternate. Tutto ciò ne lascia in generale
indifferenti e freddi. Ma a^uni temi interessanti forniscono conte-
nuto e forma a buoni tempi e fra essi citerò Vandante del primo
concerto col tema :
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20
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26
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ed altri che per brevità ometto. Anche singolarmente osservati, questi
tempi SODO di una singolare bellezza e varietà. Ma non è sulle sin-
gole parti che io vorrei richiamare Tattenzione degl'intelligenti, bensì
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LA BfUSICA I8TRUMBNTALS IN ITALIA NEI SBCOU XTI, ZYII B XTni 27
.ioTece snirorgaDÌzzazìone degrìnterì concerti, che è a sperare qual-
cuno sappia far rivivere.
In quanto alle molte suonate per organo dallo stesso Martini com-
poste, riunito insieme a suonato per clavicembalo (alcune belle, altre
bizzarre) in un volume di miscellanea* autografa, basterà che io ne
faccia menzione. Egli cominciò con una raccolta di sei suonato per
organo che sono insignificanti. La scelte possibile delle suonato d'or-
gano e di cembalo noi la vediamo nei volumi stompati. Queste
suonato consistono di tre e di quattro tompi, alcuni dei quali trattene
forme di danza. Lo stile della suonate è molto cambiato dall'epoca
relativamento non lontena del Zipoli. L'alterazione si dovette a Do-
menico Scarlatti, a Durante ed a Marcello anzitutto. Ma la suonate
di Martini, piuttosto che il prodotto di una vera genialità e di buon
gusto, è prova di forto sapere e nello stesso tompo anche di una
invincibile schiavitù all'uso ed all'abuso delle forme melismatiche
favorito nella sua epoca. Lo stile della toccata, della corrente e della
giga vi si alterna con la forma del canone e della fuga; la melodia è
piuttosto arida, angolosa, punto toccanto, graziosa teiera. Tuttavia,
rispetto alla tocnica, son queste suonato dei veri modelli di solida e
ben fatte musica per pianoforte. La forma è la solite, consacrate,
della bipartizione. Pib interessanti^ in quanto a forza di composizione
ed a ricchezza di contrappunti, anzi senza confronto preferibili, sono
le dodici suonato per organo del 1742 ; qui la forma adottete è quella
della suite. Ma anche in questo, più che altro, è mirabile la mano
felice e sicura dell'organiste che lo fa esperto padrone di disporre
con tutte un'agile &cilità le parti complicato di difiBcilissime co-
struzioni. Alla mete del 1700, la musica per clavicembalo e per
organo era più avanzate, in Itelia, che quella per più istrumenti ; ci
era altra cura, altra finezza. Ma queste s'era fatte più semplice e
geniale. La musica di clavicembalo, in genere piuttosto squilibrate,
dopo il primo periodo del sec. XVIII, in cerca di un'eleganza fittizia,
artificiale, chimerica, alla quale uomini come Dom. Scarlatti, Giam-
battiste Martini e Baldassarre (Jaluppi avevano potuto porre un freno
rassodando forma e stile — , benché anch'essi avessero elaborate queste
forma nelle sue qualite estome — almeno questo doveva loro di
buono: il miglioramento e la sedete della tocnica. Chi avesse dato
un'impronto di tele seriete alla musica a più istrumenti non c'era
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28 MBMOBIB
stato: in compenso essa si era rifatta sulla melodia: io intendo par-,
lare di un movimento d'arte parallelo a questo, il quale cioè si ve-
rifica nella medesima epoca, e faccio i nomi di Tartini , Giardini e
Giambattista Sammartini. Ciò che questultimo compose per clavi-
cembalo è cosa mediocre. •
Anche per la musica di pianoforte, la discesa dopo quest'epoca è
piuttosto grave. È abbastanza numeroso il gruppo di que' maestri
che impiegano i procedimenti più deboli di Domenico Scarlatti e di
G. B. Martini: non potendoli imitare in quel che in essi è più ele-
vato e più forte, si giovano di ciò che più vi appare brillante ma è
poco vitale, di quel che in essi è più facile, più superficiale ed ha
meno valore. E costoro adottano, p. e., l'accompagnamento della me-
lodia come parte distaccata e trascendentale, come se si tratt^iisse di
accompagnare l'aria vocale, e fanno uso propriamente dell'arpeggio,
del tremolo, della cadenza, del vocalizzo, ecc., portando così nella
musica di clavicembalo, in una parola, gli effetti della musica d'or-
chestra e di teatro. Alla voga dell'opera italiana si deve la decadenza
della nostra musica istrumentale, che non seppe conservare il suo
stile e la sua forma e si adattò, in complesso, degli effetti presi in
prestito, sui quali poteva contare sicuramente. Nelle suonate di F. Ge-
miniani, del 1742, basta osservare l'assoluta ineleganza e nullità della
parte composta per la mano sinistra. Pur mantenendosi nella forma,
i musicisti che seguono riducono la suonata di cembalo allo stato
di passatempo dilettantesco; la lor melodia è viziata; al posto del
sinfonismo mettono forme più o meno contorte del tema, frammezzo
a melisme indipendenti e sopra un proprio e vero accompagnamento
stereotipo ed antimusicale, sopra un arpeggio, p. e., di terzine o
quartine in cui sono disciolti gli accordi dell'armoiiia. La distribu-
zione delle note dell'accordo, nell'arpeggio o in qualche passo d'ar-
monia, diventa anzi cosa di rito. Non è a dire come ciò indebolisca
la composizione istrumentale. E voi troverete questa decadenza della
tecnica, sotto varie forme, nelle suonate per cembalo di Mario Butini,
del 1748, nelle altre sue suonate per cembalo con violino obligato,
del 1770, nelle sonate di Giuseppe Antonio Paganelli, del Palladini,
di Pompeo Sales, nelle sei sonate per cembalo di Giuseppe Ferrerò,
del 1750, in quelle di Fulgenzio Pereti e di Angiolo Gagni, del 1764,
nei divertimenti per organo, appartenenti circa a quest'epoca, di Sa-
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LA MUSICA ISTaUMSNTALI IN ITAUA NEI SECOLI EVI, XYII E XVIII 29
yerìo Valeùti e in parecchi, se non in tatti i ripieni per organo di
Angelo Santelli, del 1760, nelle sonate di Vincenzo Panerai dell'epoca
stessa circa, in quelle del De Bossi, del 1750, nei soggetti per organo
del Pascolini (tra il 1750 e 1760), alcuni dei quali però non sono
cattivi, nelle sonate per organo e cembalo di Pier Sandoni, del 1760,
in quelle di Gaspare Ghiotti, del 1752, nelle sei sonate di clayicem-
balo di Vincenzo Manfredini, del 1765.
— La tecnica è meno volgare nelle sonate di Giovanni Battista Pe-
scotti, ma insieme ad uno stile scolastico vi si nota anche minore
originalità. Qualche importanza maggiore hanno invece le suonate di
Giovanni Battista Serini e di Giovan Marco Butini e, meglio ancora,
quelle di Giovan Placido Butini e di Ferdinando Bertoni. Quest'ul-
timo, anzi, non deve essere compreso fra ì decadenti : senza esagerare
il valore musicsde e clavicembalistico delle suonate di Bertoni,
dirò che egli è molto bene compensato dalla genialità e dall'e-
spressione del suo stìle^ quanto ancora dalla nitida e fluente sua
forma. —
Nello stile generalmente adottato da questi compositori, molto
meno musicale, benché più melodioso di quello dell'epoca precedente,
la cui forma più perfetta noi vediamo in Emanuele Bach, in questo
stile che fonde l'indole propria della musica dei tedeschi con quella
degl'italiani, ma in cui quest'ultimi conservano la preminenza, sì
distinguono Mattia Vento, colle sue* sonate di cembalo e violino già
menzionate in altra parte di questo studio, Pietro Dom. Paradisi, con
le sue suonate di clavicembalo del 1780; Nicolò Porpora e Giuseppe
Sartiy con le loro sonate rispettivamente del 1756 e del 1784. Ma
a quale povertà erasi, in generale, ridotta la musica di clavicembalo,
nella seconda metà del settecento in Italia, lo dimostra una raccolta
di sonate, nella quale figurano nomi d'autQri buoni ed eccellenti. Esse
sono di Bernardo Sabadini, Nicolò Valenti, Filippo Gherardeschi, Giam-
battista Sammartini, Giuseppe Simoni, Francesco Gasparini, Dome-
nico Valle, Ferdinando Bertini, Antonio Gaetano Pampani, Agostino
Tinazzoli, Pietro Giovagnoni. La nostra musica di clavicembalo si
sforzava di essere graziosa alla maniera di Haydn, e lo era nella
linea melodica; ma ad essa mancava la determinazione di un buono
e robusto colorito armonico, insieme a quell'animazione delle parti
che noi abbiamo osservato alla sua epoca d'oro; la quale non è tanto
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30 mBMoaiK
quella del ìiartini, come invece quella che discende più ?erso il
principio del secolo XVIII e la fine del XVII e che più precisa-
mente dirò l'epoca dei due Scarlatti, del Durante, del Zipoli e dei
successori immediati di Girolamo Frescobaldi, fino al grande orga-
nista ferrarese, che è anche il maggior istrumentalista italiano.
Ma in codesto stile rinnovato la musica di cembalo italiana dà a
vedere pur tuttavia dei modelli, che non solo reggono al confronto
con le opere dei clavicembalisti francesi e tedeschi, ma spesso le su-
perano. Io alludo, anzi tutto, a parecchie sonate di Baldassarre Ga*
luppi, del 1770, dinnanzi alle quali l'artista di ogni epoca dovrà
sempre sentire la più grande ammirazione, come dinnanzi alle opere
di Bach e di Beethoven. La loro forma più completa e quella che
consta di quattro tempi, ma se ne hanno anche in tre tempi, in due
ed in un tempo solo, come quelle di Domenico Scarlatti. La forma
del tempo è divisa regolarmente in due parti : il contenuto è il più
geniale, più musicale, più animato e forte di tutta quest'epoca. Galuppi
è il nostro Emanuele Bach. Liberando la suonata dalle aridezze della
tecnica, egli rende appunto altamente artistici e significanti i pro-
cessi della forma e dello stile. Egli è il disegnatore musicale più
geniale dell'epoca. Nelle sue sonate i temi sentono un benessere
armonico delizioso, o sono malinconicamente espressivi o raggiungono
una incomparabile vivacità, una strana ed energica chiarezza, in cui
tutto, genio e sapere, concorre ad esplicare la più nobile efficacia,
presentando i temi stessi sotto mille forme variate, esaurendone le
qualità melodiche e ritmiche con la indifferente fiicilità di un
maestro. Galuppi, nello stile del quale tutto sente la nobiltà dell'ot-
timo e del sublime, è una delle più belle personificazioni del genio
italiano, l'artista italiano nella stessa linea di Palestrina, di Fresco-
baldi, di Zipoli e di Alessandro Scarlatti. Qualche suonata di lui
presenta notevoli difficoltà tecniche; ma esse non esistono mai
come tali, per sé stesse, isolate, sì bene comprese nella più stretta
correlazione necessaria con lo sviluppo dei temi. Superiore a Giam-
battista Martini nella genialità del concetto, nella originalità, nello
slancio espressivo del disegno, nello stile in una parola, che non con-
tiene mai le minuziose e barocche forme melismatiche di quegli,
Baldassarre Galuppi è la più bella derivazione dei nostri istrumen-
talisti classici, ed io, considerando il prezioso volume di sonate che
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LA MUSICA ISTRUMENTALB IN ITALIA NEI SEGOLI XVI, XYII E XYIII
31
ho innanzi a me, non sento il minimo dabbio, la minima osserva-
zione della ooscìenza nello indicare Oaluppi come primo fra i clavi-
cembalisti italiani del 700 accanto a Domenico Scarlatti. Potrei
riprodurre parecchi temi, i quali poi proverebbero poco, come si sa,
perchè la suonata di Galuppi è un tutto, in cui le parti sono strette
le une alle altre da analogia, da connessione, da rapporti inestinguibili
e di grande efficacia, che è necessario conoscere e mettere in rilievo
mediante uno studio profondo. Mi limiterò ad accennare a una qual-
siasi fra le molte suonate, a questa in Mi ^, la prima che mi cade
sott'occhi, una suonata in un sol tempo, allegro^ della quale presento
il tema :
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consta di tre tempi. Il primo è un grave su questo tema:
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Galuppì forma la mossa, e si può dire anzi, la battuta tipica del-
VaUegro successivo, il quale comincia così :
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LA MUSICA ISTRUMENTH^E IN ITALIA NEI SBCOLI XTI, ZYII E XTIII 33
L'ultimo tempo, che è an andantino^ sì stacca da questo leggiadro
tema, in cui è ancora a vedersi Tunità di carattere che domina nei
due tempi prec^enti:
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Io non aggiungo altro; ma ai giovani, se me lo permettono, dò un
consiglio: Fatevi animo e studiate Galuppi..
Le composizioni per clavicembalo di F. Geminiani, del 1743, sono
tratte da diverse sue opere, da suonate per violino e basso e da
concerti grossi e ridotte poscia per il clavicembalo. Poiché già sap-
piamo intomo allo stile ed alla forma di queste composizioni, non è
il caso di ripeterci qui. Geminiani non ha mai il disegno melodico
così nitido, così unito, così uscito da una sola idea, mai lo slancio e
Tanimazione incomparabile, mai la plasticità e la robustezza del Ga-
luppi, e né anche la semplice, l'elegante concezione, la felice trovata
del Martini; ma nella forma melismatica, con la quale egli tenta
supplire alla mancanza dell'idea, egli è più moderno del Martini e
più morbido ^el Galuppi. Egli fa uso altresì di qualche piccolo effetto
sulla sensazione momentanea, o pure di quel colorismo egli si dà
spesso gran pena, che doveva, in processo di tempo, diventare di
tanta importanza per la musica tutta, così che a' dì nostri egli è
come il tocca e sana di ogni composizione. La sonata del Geminiani
è molto elegante; nell'otZa^'o e nella forma di danza la semplicità
della melodia e la vaga e nutrita armonia si confondono e ottengono
effetti «di sonorità così sofiSci e belli, quali mancano d'ordinario, nel
Martini e nel Galuppi. I temi di alcune di queste composizioni che
RMiiù muneal* iiaUana, Vm. 8 '
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{MnuNftlo duruBO un^idea sufficiente dello stile q^iale di questo
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LA MUSICA ISTRUMENTALS IN ITALU NII SBCOLl XTl, ZTII 1 XTIII 35
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Io direi che nel Geminìani vi ha, relativamente alla disposizione
dell'armonia, qualche cosa di più pieno, di più finito artificial-
mente per mezzo del coordinamento, della revisione e dello studio,
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36 / MXMORIE
mentre negli altri due clavicembalisti, ai quali ben s'intendono, con-
ginnti per unità o analogia d'indirizzo, Durante, Zipoli e Scarlatti,
il pensiero si finisce e colorisce da sé con tanta arte quanta natu-
ralezza. In una parola nel Oeminiani molto ed acuto lo spirito d'os-
servazione, più genialità negli altri. Ma anche l'opera del Geminìani
è da considerarsi musicale per eccellenza, nobile ed interessantissima
per lo studio pratico della musica istrumentale italiana, e dovrebbe
anch'essa formare una parte integrante della educazione musicale
italiana.
I pe00i moderni per il clavicembalo di Carlo Monza, del 1788,
sono quelle forme di danza che compongono le suite. Essi ^ono co-
struiti secondo le prescrizioni della forma bipartita: lo stile è misera-
bile, pieno dei difetti dell'epoca» senza idee, senza individualità, con
melodie corte, represse, senza vita, colla ricorrenza subitanea del
contro-periodo, ciò che depone di un'assai debole e meschina facoltà
d'inventiva. La tecnica del cembalo si serve di espedienti che pre-
scindono dalla natura dell'istrumento, e di effetti esteriori puramente
sensazionali.
Importanti per la forma e lo stile sono invece le sonate per cem-
balo di Ignazio Cirri, del 1780; esse sono solidamente costruite
in due tempi, il primo è un adagio ^ il secondo è un allegro; la
forma dei singoli tempi è bipartita. Le suonate del Cirri si distin-
guono per un trattamento molto musicale del clavicembalo, pel quale
il compositore, lungi dall'adottare procedimenti vieti ed elementari
onde accompagnare la melodia, come talora si osserva anche ne' buoni
autori di quest'epoca, si attiene ad uno stile che sta fra quello di
Bach e di Clementi, avendo qualcosa dell'uno e dell'altro. Oltre a ciò,
è notevole in esse la esemplare nettezza del contrappunto, la sobrietà
del disegno, robusto, deciso e caratteristico e per questo tratto spe-
ciale io debbo rimarcare che all' inizio del tempo il tema si svolge
nelU forma di canone libero o ritrae la sua efficacia da una imi-
tazione naturale delle parti ; una forma dimenticata questa, ma pre-
feribile alle vane scorrerie melodiche così fredde dei nostri ultimi
settecentisti. In questo stile il Cirri ha composto le sue dodici
suonate.
Oli studi, i eafìoni, le fughe, i capricci contenuti nella Musica
universale dì Andrea Basili, del 1776, a mio modo di vedere, vanno
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LA MUSICA ISTRUMENTALB IN ITALU NEI SEGOLI XTI, XYII E XTIII
37
considerati dal punto di vista didattico soltanto. Lo studio per cla-
Ticembalo è scritto nello stile della toccata. Talora egli non è altro
che un giuoco di contrappunti doppi con risposte, aumentazioni, di-
mioimoni, etc. Nella sanata, una denominazione applicata, in questo
caso, anche ad un semplice andante o a un allegretto^ è smarrito il
senso della melodia e quello della forma. Nei componimenti liberi,
il claTicembalo è trattato in modo scadentissimo; la fuga quando ad
ano quando a due soggetti è, fra tutte, la composizione migliore, pur
restando sempre assai debol cosa; e ciò per la ragione principale che
i soggetti sono poco melodici e assolutamente privi di qualsiasi in-
teresse. Tuttavia, perchè il lettore che studia abbia ancor di questi
nn*idea, ne citerò qualcuno:
Fuga,
§
SÈS
M
^Si
^^
^m
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=i=S=
^
#
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Fuga.
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38
MBMOBIE
^.niff!
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t^iUdl
9hr^r
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m
'riK^ r
^
Lo svolgimento è fiacco; il tessuto delle partì risulta poco armo-
nioso; nei divertimenti il compositore si attiene poco o nulla al
soggetto, lasciando cosi mancare l'unità che è il primo requisito
di simili composizioni; il tutto è arido. A breve distanza, poco
più tardi, noi avevamo già in questo genere i modelli di Muzio
Clementi.
La fine del secolo è realmente fatale per la musica di cembalo
italiana. Ciò che essa aveva in sé di forza e di stile, i maestri lo hanno
completamente abbandonato. In essa ogni risorsa artistica è ormai
ridotta al calcolo della formula, in cui va inquadrandosi e costringen-
dosi una melodia innaturale, artefatta, non sentita, la quale vive sulle
condizioni di un accompagnamento che le lascia esibire le sue nudità
avvizzite e cadenti, senza fascino, né forma, né sangue, quasi cada-
veriche; una melodia, che, servile a questi patti dettati dall'armonia,
s'illude dì far effetto scoprendo i suoi magri avanzi con la spudoratezza
e lo sforzo di voler apparire ancor fresca e vivace. È un impressione
addirittura ributtante. Tutto, ogni interesse, ogni intento, ogni effetto
converge nella melodia e nell'accompagnamento, due elementi cal-
colati, stereotipati, che non si appartengono più di necessità. I mi-
gliori maestri ignorano o rifiutano la tradizione di Zipoli, di Domenico
3carlatti, di Bach e di Galuppi. E così noi abbiamo una vera allu-
vione di suonate per cembalo nel tipo iélV Addio di Qiovanni Paisiello,
un allegro per clavicembalo con accompagnamento di violino scritto
nella forma bipartita, in cui alla miseria dell'invenzione sfiancata,
puerile, banale, s'accoppia una prolissità ridicola di sviluppi e la
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LA MUSICA ISTRUMBNTALE IN ITALIA NBI SEGOLI XTI, ITU E XTIII 39
vera insignìficarione, la nullità del basso. Le melodìe sono ì più stupidi
trastalli, le forme melismatiche una leziosità continua, né anche
buona a provocare il riso come una grossa buffonata rossiniana.
Più forti nel concetto e più importanti nella forma, più ricche
d'armonia, sono le sei suonate per cembalo e violino di Antonio
Sacchìni, del 1790. Ma lo stile italiano non vi è più riconoscibile.
Esso è inquinato in ogni modo, e dove la insufficienza prettamente
italiana e dove lo sforzo di assimilarsi quel che italiano non sia.
Ciò che in Sacchini vi ha ancor di sano è la forma. Ma, anche in
questo caso, quel che più decisamente determinava il suo carattere
originale italiano, passando ai tedeschi deirepoca di Haydn, era di-
ventato una formula stereotipa e fiacca, si era disciolto neiraccom-
pagnamento e nell'arpeggio. Essi vollero sostenere l'importanza della
composizione facendola gravitare sullo sviluppo della melodia, ed in
ciò rìescirono; anzi rìescirono a far di più: compensarono tanto bene
la mancanza del solido stile de* classici nostri, che nessuno s'accorse
come essi non ne rappresentassero che un guasto enorme, la conse-
guenza di una dispersione della forma e di un malinteso. Per ciò
costoro, di fatto, sminuzzarono i procedimenti della grande scuola
italica e, palliandosi coll'idea di rinnovare lo stile della musica
istrumentale, misero in moda quanto essa aveva di esteriore e di
più debole. Gl'italiani, sempre pronti ad accorrere là dove c'è
qualche cosa da imitare e da copiare, seguirono la corrente che fi-
niva di distruggere la loro musica istrumentale e giocondamente si
unirono ai tedeschi in questa bell'opera di sanazione del gusto ita-
liano, la quale, infatti, ci ha tanto giovato. È molto se, in questo
nuovo indirizzo, l'opera di qualche discreto maestro italiano si
distingue, ad intermittenze, tra le forme e gli stili più degenerati
quali si notano nelle suonate d'organo di Benedetto Àrese Lucini
(1792), nei versetti fugati e ideali per organo di Giandomenico
Catenacci (1794), nelle suonate da cembalo di Enrico Gavard des
Pivets (1790), nelle suonate per pianoforte e violino di P. D. Bon-
tempo, ne' concerti di Gaetana Pampani e nelle suonate di Filippo
Gherardeschi e di Antonio Calegari. Questi pochi maestri, che si
distinguono in qualche guisa, sono Giovanni Antonio Matielli, del
quale una buona suonata di cembalo, composta nel 1783, trovasi
nella collezione LitolfT, Ferdinando Turini (in Litolff due suonate),
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40
MEMORIE
Giovanni Battista Grazioli (in Litolff una suonata) e Luigi Gonso-
linì, di cui conosco alcune brevi fughe e qualche altfo pezzo discreto
per pianoforte.
Ad esempio, una sua fuga svolta su questo tema:
Fuga.
%^¥ph-m
-lUrriZl
^
^
r=F
r=^
^dtxiz
l^ r
è lavoro a bastanza riuscito e ancor robusto.
A quest'epoca potrebbe sembrare a taluno, for^ a molti, che Muzio
Clementi riassumesse quel po' di buono che vi aveva in un simile
movimento artistico e correggesse, depurasse, ricostruisse una parte del
grande edificio della musica istrumentale italiana. Ma, anche am-
mettendo che egli fosse l'artista italiano per virtù di stile e di* forma,
ciò che non è, poiché egli, nell'epoca della influenza tedesca, può
esser forse, tutt'al più, considetato uno dfii più robusti fra.i nostri
epigoni e musicisti tecnici bastardi, egli non rappresenta poi l'arte
italiana, ma solo quel che la tecnica del clavicembalo, considerata
astrattamente, ha di ingegnoso e quanto la scolastica ha di più pie-
ghevole nel suo materiale ; e non è di tecnica e di scuola ch*io parlo,
ma di arte.
Il prof. Edward Dickioson, del Conservatorio musicale di Oberlin
(America), ha avvisato il risveglio degli studi classici con chiarezza
e serietà, quando nel suo studio € On popularising Bach », pub-
blicato nella « Mìasìc » di Chicago, nota: Gli studi moderni intomo
alle opere del passato non significano una semplice reazione prove-
niente da un radicalismo troppo precipitato. Si studiano gli antichi
maestri, non perchè essi siano antichi ma perchè essi sono nuovi. Si
trova che loro opere contengono delle rivelazioni, le quali si confanno
coi bisogni della mente moderna, e così quest'epoca, nella sua ricerca
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6 tradition
aent dans
le rÉglisé
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42 MSMoaiE
a &T8i da noi, e ogni artista d'Italia dovrebbe sentire l'orgoglio, il
dovere di contribuirvi colla propria opera. Ma date le condizioni at-
tuali della cultara artistica, nel nostro paese, dalla cooperazione degli
artisti c'è poco o nulla da sperare. Perciò è necessario il concorso
dello Stato, il quale dovrebbe capire che la base di un riordinamento
degli studi musicali è la classica italianità introdotta una buona
volta nei nostri Conservatori di musica, che son pure istituti d'art»
italiana. E se anche lo Stato nulla farà, ciò vorrà dire che, in Italia,
gli uomini di governo non si curano di un problema di alto inte-
resse nazionale.
L. TOKCHI.
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Leg Cfeaiits
de TÉglige Grecque- Orientale.
ÉTTJ3DB (1)
XJa musiqne de TÉglise d'Orient est-elle une source de tradition
yìvante de la musique de Tantiquìté?
Si toutes les traditions se sont conservées plus purement dans
rOrìent, il serait permis de sapposer que les chants sacrés de TÉglisé
d^Orient n'y fassent point exception dans leur essence; tont au con-
traire, c'est avec plus de force encore que Ton pourrait ìnvoquer en
leur faveur l'argument ethnologique que nous voyous confirmé d'une
manière si eclatante, par exemple, dans les chants populaìres slaves.
Ces chants traditionnels n'avaient en effet pour abri qu'une chau-
mière, pour sanctuaire que l'humble coeur du paysan, pour protecteurs
les fenames et les enfants; tandis que les chants traditionnels de
rÉglise d*Orient trouvèrent un refuge admirable dans le sein d'une
imposante congrégation de fidèles, furent protégés par les murs des
couvents, par les édits des conciles et rencontrèrent pour les de-
fendre les hommes les plus éclairés de leur temps et les souverains
les plus puissants et les plus zélés.
Nulle part l'esprit conservateur de TOrient ne trouve, on le sait,
d'expression plus entière et plus haute que dans l'Église Grecque.
Cet esprit conservateur est un fait universellement reconnu ; TÉglise
Grecque a un caractère d'immutabilité, c'est son traìt distinctif.
(1) Cette Étnde fait parile de FoaTrage (MS): De Vaffinité des Chants Sìaves
et de Taneienne Musique Qreeque.
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44 MBMORIB
« Depuìs les glaces da pòlo jusqu'aux sables de TÉgypte, partout
« les mémes formes antiques, la mème soumission à la hìérarchie et
« le mSme recueìllement. St-Basile reparaissant au milieu d'eoi ne
€ saurait les méconnaitre. Les plages chenues de Solovetzk que vi-
€ sita Pierre le Grand, et les cimes saperbes d'Athos, encore em-
€ preintes des traces gigantesques d'Alexandre, sont consacrées aux
« mèmes rites religieux, aux mémes pratiques expiatoires. Les sou-
« venirs de l'antiquité slavònne reposent dans les catacombes de Eief.
« Les plus belles époques de Thistoire de Russie se perpétuent dans
« rimmémorable cloitre de la Trinité près de Moscou. Le Monastèro
< de Niamtzo depose en faveur de l'antique energie des colonies ro-
< maines. Le lac de Ladoga renferme dans son sein une ile tonte
« peuplée des merveilles de la pénitence.
€ C'est là qué des formes simples mais immuables, racontent
« sans cesse le passe, absorbent le présent et j)roclament un avenir
« étemel! » (1).
On peut dire que depuis son établissement définitif, c'est-à-dire
depuis les constitutions apostoliques jusqu'au septième Concile de
Nicée, l'Église d'Orient n'a rien changé dans les rites les plus essen-
tiels, qui avaiènt été consacrés par les premiers àges de la foi.
Elle a pris soin de coDserver intactes non seulement ses dogmes
et ses traditions divines, mais encore ses traditions ecclésiastiques,
non seulement les traditions écrites, mais encore les traditions orales.
Gomme le prouve le Canon suivant de l'acte Vili du septième
Concile: « Quiconque transgresse une tradition ecclésiastique écrite
€ ou non écrite j soit anathème ».
On Yoit combieD les Grecs furent toajours jaloùx de tous les dogmes
et de toutes les traditions de leur Église, estimant qu'il y a entre
elles et ces dogmes un lien qui sert à raffermir l'unite de la foi et
qu'en altérant les traditions, ou en les négligeant on court le risque
d'altérer et de negliger aussi les dogmes, ou du moins le caractère
essentiel de l'Église. — En présence de maximes aussi absolues et
d'un point de vue si élevé, on comprend que les traditions de l'Église
d'Orient aient pu échapper à l'oubli du temps et survivre aux ré-
fi) ALEXANDRE DE Stodrdza» Comidérations sur la doctrine et Vesprit de
VÈglise orihodoxe, p. 147. Stuttgart, 1816, chez Cotta.
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LXS CBANTS DB L*éOLISB ORECQUE -ORIENTA LE 45
Volutions politiques, aux traDsformations de Tesprit humain. — G'est
ainsi qne les penples, qui professent la religion orthodoxe ont p)i mé-
riter et méritent-ils en effet le nom de peaples liturgiqnes par ex-
cellence.
On peut constater cette fidélité aux anciennes coutumes dans toutes
les parties de son colte. La peinture hiératique conserve jusqn'aujour-
d'hui le caractère ìdentiqne des temps primitìfs et ce style sìmple,
austère, tout de componction et de recueillement, &it pour détoumer
et abstraìre l'esprit de taute préoccupation terrestre.
On y rencontre les mfimes physionomies du Christ et de la Vierge
et certains saints et docteurs de l'Église se présentent aujonrdliui
tels qu'ils sont décrits par les Pères et les historiens ecclésiastiques.
Un regard suflBt à l'inìtié pour les reconnaitre lors méme qu'aucune
legende n'en indiquerait le nom.- L'Àbbé Alex. Stan. Neyratj dans
son livre qui rend compte de son voyage aux couvents du Moni Athos^
dit à ce sujet, pag. 101 (1):
« Dans rOccident depuìs la Renaissance, les artistes ont donne
« libre carrière à leur imagination, chacun traitant les scènes sacrées
« et les personnages de TAncìen ou du Nouveau Testament suivant
« son genie personneL Autrefois il n'en était pas ainsi, et encore
« maintenant chez les Byzantins, l'ordonnance de chaque sujet est
« réglée comme les attributs de chaque Saint. L'expression de la
« figure, certains détails d'arrangement sont bien laissés à la dispo-
« sition de l'artiste, mais Tàge, l'attitude jusqu'àla forme des cheveux
< et de la barbe sont réglées invariablement ».
On peut encore observer ce méme caractère traditionnel dans les
omements sacerdotaux, qui sont en tous points pareils à ceux dont
l'imago nous est conservée dans les monuments les plus anciens de
l'art Byzantin.
Le méme fait se produit à l'égard de l'architecture et de la dispo-
sition intérieure des temples des Orthodoxes. Le Saint des Saints,
toujours séparé du reste des fidèles comme le lieù où se célèbre le
mystère du divin sacrifìce, comme le tròno du Dieu vivant, dont
ne saurait s'approchar que le prétre; toujours à l'Orient trois autels,
symbole de la Trìnité; jamais plus d'une messe sur le méme autel;
(1) JJAihM, Notes d*ane excursion.
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46 MBIfORIK
tottjoars la croìx exhaussóe aa-dessas du Sanctum Sanctoiuin et vi- '
sible 411 peuple poor lai indiqaer qad dans ce lieu on célèbre le non
sanglant sacrifiee et qae cette croix est l'étendard trìomphal de notre
rédemption (1).
Or, si noas Toyons eet esprit de fldélité aax anciennes traditions
se faire joar dans l'ensemble de Tapplication dea arte représentatifs
aa calte di?in de TÉglise d'Orienta on est natarellement porte à croire
qae le méme &it doive nécessairement se prodaire relatiToment à
toates les autres parties de ce calte et notamment dans la masiqae,
qai 7 occape une place si importante.
Ehaminons donc en quoi consistent ces traditions masicales litnr-
giqaeSy dont Taatenticité nons semble garantie par an concoors de
circonstances si particalièrement fEivorables et assurona-noas jasqa'à
qael point elles en ont pu beneficiar. Mais avant de procéder à l'ana-
lyse musicale proprement dite des mélodies sacrées qui sont Tobjet
de nos études, il ne sera pas inutile pent-étre de jeter un coup d'oeil
sur l'ensemble de l'édifice liturgique ^e TÉglise Grecque, de faire
quelques observations générales sur la part de la musique, sur le
ròle des choBurs et de chantears, interprètes de ces cbants, d'énu-
mérer rapidement les offices les plus antiques et principaax, les
formes princìpales sous lesquelles ces mélodies se présentent, les noms
princìpaux de cotte longue et glorieuse liste des hymnographes et
mélodes qui à travers les sìècles ont su faire aller de pair la liberté
de rinspiration et le respect de la tradition; et d'examiner surtout les
sources auxquelles ils ont puisé et les liens, qui relient leurs cbants
à ceux de la Grece antique.
Notre ambition n*est point de donner un tableau complet d'an
aussi vaste sujet, traité déjà par main de maitre ; tout ce quo noas
Youlons c'est de faire une courte esquisse historique préliminaire
avant d'aborder notre tàche principale et qui nous tient à cceur avant
(1) « La forme des temples, les antels, les vases sacrés, les ohants, les habits
pontificanx, les rites des sacremeiits et des fnnérailles, les offices da Caréme, les
pompes noetarnes de la Nati?ité et de la Bésarrection, les sens emblématiqnes
da Yoile qai coayre le sanctaaire, des encensoirs et des mjstiqaes flambeaax,
toat y porte Tempreinte de Tantiquité la plas recalée et la plas invarìable >
(Stourdza, ihid.).
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LE8 CHANT8 DE L*éOLI8Ì ORECQUB-ORIBNTALB 47
tout, notamment celle de faìre eonnaitre dea chante aacrés non pnbliés
jQsqa'à présente et dont la perfectìon musicale fera partager, iions
en sommee sdrs, à toas ceni qui ne c^Hmaissent pmnt eneore oee
trésors mélodiques de l'Église Qreoque, la conviction dont nous sommeB
pénétrés, que c*est bien dans ces chanta tradìtionnels, que nous Toyons
se refléter le plus purement l'image sereine (si non entière mais du
moins* eu partìe) dee cbants des anciens, que ce sont bien les yoùtes
sonoree de certaines Églisee et de certains couvents byzantins qui
nous lenyerront eneore, si nous saTons les consulter, les échos loin-
taìns de ces yoix que Ton croyait éteintes, de cet art que Ton croyait
à jamais disparu et, qu'en un mot, si Ton veut retrouTor le secret
musical de la Qrèce payenne, que c'est surtout à la Grece chrétienne
qu'il &udra le demander.
Le rOle de la Muslque dans la Liturgie Grecque.
Lorsqu'on entre dans une église grecque au moment du chant
liturgìque on est tout d'abord frappé par deux choses: l'' de l'absence
de tout accompagnement instrumentai, et 2^ de la dìsposition des
chantree, qui se répondopt l'un à Tautre se tenant de chaque coté du
chcBur,'iffè8 du sanctuaire.
Nous Toici en effet en présence de deux coutumes de la plus haute
antiquité spécialement propre au rito grec:
1® Le chani purement vacai;
2"^ Le chani antiphone.
Le chant purement vocal sans accompagnement instrumentai (à
capella) fut adopté par les chrétiens de Téglise primitive, pour obéir
à la recommandation speciale des apdtres : de ne pas admettre les
instruments — considórés comme éléments payens — au service diyin
de rÉglise du Ghrist. Gotte recommandation nous la voyons confirmée
par le passage de la lettre de St-Paul aux Éphésiens et aux Colossiens,
où il enjoint aux fidèles de s'enireienir par des psaumes, par des
hymnes et par des cantiques spiriiuéls^ chantant et célébrant de tout
ìeur ccìur les louanges du Seigneui", sous Vinspiration de la gràce (1).
^ —
chap. y, ▼. 19; et Coloss., chap. Ili, ▼. 16.
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48 MEMÓR»
Quant aa chant aniiphone il ^est également de la plus haute anti-
quité. Saint AugusHn le mentioDne déjà comme etani d'un usage
general dans TÉglìse d'Orìent et propre à ce calte ; c'est de là qu'il
vìnt dans l'Église d'Orìent. Noiis le voyons confirmé par divers pas-
sages dea écrìts dea docteurs dea deux Églises.
C'est ainsi qne St-BasiU dit: « qae la divine psalmodie de
l'Église est^istrìbaée de telle manière, que lorsqne les chantie^ ont
commencé d'un coté (de l'Église) les autres continuentde l'autre »(1).
Théodarite (2) affirme que Flavien et Théodare (sous l'Empereur
Constance — IV* siede) furent les premiers à ìnstituer à Antioche
les deux choeurs pour chanter alternati vement: et que cei usage étaii
répandu partout jusqu'aux canfins du monde.
D'un autre coté Iladulfu8{3) dit: « Ambrosi us ritum antipho-
« narum in Ecclesia canendarum prìmus a Oraecis transtulit ad
€ Latinos » (c'est-àdire: Ambroise introduisit le premier dans l'Église
latine le rìte au chant antiphone quHl prii aux Greca) (4).
Toutes extérìeures et par conséquent en apparence d'ordre secon-
daire que puissent paraìtre au premier abord ces dispositions, il est
impossible de calculer l'influence que leur stricte observation aura
exercé sur le maintìen du caractère du chant de l'Église. .
En effet chacun de cqs instruments en y apportant un élément
nouyeau devait nécessaìrement porter ombrage aux éléments anciens,
eSacer l'imago primitive, en faire dévier les contours et perdre Tem-
preinte originale ; le caractère particulìer de chacun d'eux devait, en
se faisant place, empiéter sur celle qui appartenait au chant vocal,
amoindrìr son rdle, altérer sa nature, et s'il avait commencé par
en Stre l'humble serviteur, finir par lui imposer ses lois, qu'il allait
chercher en dehors de Venceinte de VÉglise. — L'Orgue mème, cet
instrument grave au caractère éminemment sacerdotal, que n'est-
olle pas devenue sons la main de l'ignorance et de la légèreté hu-
maine, livrèe au bon vouloir de l'individu, chacun pouvant, en accom-
(1) EpUt ad clerieas Eccìesiae Neacauoriemis, lxiii.
(2) Hist. Eccl, lib. II, cap. 19.
(3) De ean. observant, propos. XIL
(4) S^ Ambroise et S* Basile étaient contemporàins ; ils avaient la ntéme
rousique d'Église, an Beai système de chant, mais un mode 'd'exécation propre,
correspondant à la diversité des nations.
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LES CHANT8 DE L*ÉGLISB ORECQUB-ORIENTALE 49
pagnant le chant liturgique, y mettre dei sien? N'y at-il pas en
effot plus de chance à maintenir au chant sacre ce earactère imper-
sonnel qai lui conyient arant tont, qaand riromixtion ìndiyidaelle
est écartée et le chant confié à une masse cborale, où le caprice et
la fantaisie personnelle ne sanraient se donner anssi libre cours?
On ne saurait donc se réjouir assez dans Tintérét méme des tra-
ditions musicales anciennes, qne dans TÉglise d'Orìent les portes
aient été tonjours closes à l'élément instrnmental et Fon peut dire
jasqa'à un certain point qne c'est à la stricte obseryation de rinjonc-
tion des apdtres « de louer Dien avec la voix > que l'Église d'Orient
doit d'avoìr conserve ses traditions musicales (1) en ce qui regarde
leur base consti tutionnelle.
Le róle de la musique dans le service liturgique de l'Église d*Orient
est considérable. En outre des morceaux de chants plus ou moins déve-
loppés, qui, comme dans l'Église catholìque Tlntroit, l'Offertoire, etc.,
yiennent à certains moments accompagner et entourer, pour ainsi dire,
un encens mystique, les saints moments du sacrifico — en dehors de
ces morceaux, disonsnous, le chceur est chargé de la réplique et par
conséquent sa participation est partie intégrante de la messe.
Il en resulto aussi, que la responsabilité des chantres est bien
plus grande qne dans tonte antro Église. Mais si la charge est plus
fatigante, elle est plus glorieuse. Le chantre aussi beneficio de cotte
fidélité aux traditions propres à l'Église d'Ocient, et l'interprete des
hymnes sacrés ne se voit pas comme dans d'autres pays rélégué aux
derniers rangs des serviteurs de l'Église et considéré comme accessoire.
Rien.de plus beau à voir, par exemple, que cette phalange mu-
sicale gardant les portes du Sanctuaire dans les Églises Russes,
vètue de costumes riches et pittoresques en harmonie avec l'ensemble,
chantant les louanges du Seigneur et contribuant, rien que par leur
aspect, à augmenter la majesté et la dignité du eulte.
Nous aimons aussi à retrouver dans la figure du protopsalte, le
coryphée des anciens Grecs, prototype en méme temps de ce chan-
tour rural slave qui entonne les strophes des choeurs populaires.
(1) C*e8t ainsi qae dans l'Église Latine lorsqae les Prétres cbantent en chcenr
ils oonserreot mienz l'ancìenne tradition; laqnelle est bien plus pare dans la cha-
pelle Siztine à Rome, où les orgaes et antres instrnments sont ezclos.
Ri9Uta mm$icaU Oahma, Vili. 4
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50 MEMORIE
Ne pourrait-OD pas voir ici encore rannean se fermbr entre ces trois
éléments en apparence si disparates: le chant de TÉglise Orecque,
le chant populaire Slave et la musique des^ anpiens HeUènes?
Les offlces prlnolpaux de l^Église grecque.
La part da chceur et le ròle da chantre étant établie en general,
examinons les offices prìncipaax de l'Église grecque auxqaels ils
prétent leur concoars. Ces offices. sont:
L'office de minuit (Mcctovuktikòv).
Lt8 mattines (*Op6poc).
Les Heures CQpai).
La Messe (AetToupYia).
Les Vépres Ceanepivò?).
Les Complies fATróòciirvov).
Toas ces offices sont d'orìgine très ancienne et remontent aa temps
des apdtres. Ils consistaient dès le prìncipe en psaumes oa en versets,
cfaantés alternativement d'après le système antìphone, comme nous
l'ayons dit plus haat. Ensuite on y ajouta des hymnes, qai se mal-
tiplièrent dans le coarant des siècles et allongèrent le service. L'of-
fice de la messe les joars férìés étant plas href, plas simple, il est
à croire qa'il est aassi le plas ancien. Farmi les offices solennels
les plas antiqaes il faat aassi compter ceax des deax grandes fétes
religieases de la Chrétienté, qai furent le mieux observées et célé-
brées dans TÉglise prìmitive, nous voalons dire la NoBl et la
S^Pdque, aaxquelles il faat ajoater encore les offices commémoratifs
de la Passion comme monuments des hymnes les plas anciens et
les plus beaux. Prenons comme exemple Tordre des offices prìncipaax,
les Tépre^, les Mattines et la Messe, Nous y ' troayerons le contine
gent musical suivant:
Les Vépres ('Eancpivèq)
commencent par deax psaumes appelés keJcragdrian (K€KpaT<ipiov).
Ils sont suivis de quatre, six oa meme hUit chants (toujoars en
nombre pair)
Prosomoeiqi^es (TTpocóinoia). A la fin des Vépres on chante
VApoUftikion ('AttoXutìkiov), hymne bref, chant da congé, qui ter-
mine l'office.
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LBS CHANT8 DE l'ÈOLISB ORBGQUB-ORIINTALB 51
Les MatHnes COpOpo^
se composent dea morceaox siiivants: d'abord quelques hymnes, qui
sont divìsés en deux sessions (KaOiainaTa); ensuite le
Canon (Kavibv). Le canon se compose d'une sèrie d'hymnes en
honneur da saìnt on de la feto de la journée, diyìsées en neof 0de8\
chaque ode est composée d'un
Hirmos (€lp^òc, [tràctas]), suivi ordinaìrement de deux ou
quatre
Trcpaires (TpoTrdpia [trqpos, mode]) appelés ainsi parcequ'ìls
suiyent la loì rythmique de l'Hirmos.
Après la sixième ode on chante le Kontakion (KovTdKiov) qu'on
peut tradaìre : jaculatoire. — On reprend le Canon, et après la
neuvième Ode qui le termine viennent les Aeni (Alvei) ou Laudes^
soivis de la Doxoìogia (AoEoXoT(a).
La Messe (Aeiroupria)
commence par deux psaumes de David, appelés :
Typica (TuTTiKà), parco que ce sont toujours les mdmes (Ps. 103)
chantés d'après le mode antiphone. Us sont suivìs du
Qhria Patri (AóEa TTarpt, etc.), après lequel on procède à
chanter la troisième et la sixième Ode (1) extraite du Canon des
Mattines de la journée. Viennent ensuite VApolytikion et le Kon-
takion du jour. Le prétre étant entré dans le sanctuaire pour y cé-
lébrer le St Holocauste, après l'Épìtre et l'Évangile, le chant sublime
et mélodieux des Chérubins (XepuPiKÒv) se fait entendre lentement;
après la consécration le chceur exécute l'hymne de la Vierge: Axion
esti ('ASióv é(TTi) et on termine par le Kinonikon (KoivuivtKÓv) sur
un verset da psalmiste, que l'on chante lentement pendant que le
prètre se communio.
Voici dono le contingent musical pour les trois ofBces principaux
que nous ayons choisis comme exemples.
Nous y Yoyons d'abord dqs chants dont les paroles sont empruntées
à l'Écrìture Sainte : P Les Psaumes proprement dits, tirés de l'ancien
(l) Chaeiine de oes odes se compose de qaatre trcpaires qui sont précédós cbacan
d*QDe des hiiit béatitndes (MaKapio^ói, makaritmi),^
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MIMORIB
Tdstament, et 2® d'autres chants comme les Béatitudes, par ex.,
tirés de TÉvangile, etc.
A edté d'eux une place importante est réservée ani Hymnes
plus ou moìns développés, rar des paroles saerées, composées par les
hjmnographes et Pères de TÉglise. Les Hymnes portent des déno-
minations diverses, qui fixent leur caractère et la circonstance dans
laquelle ils doivent 6tre exécutés, tels les chants dits Kontakion^
Apoìytikion, Axian esti^ Ghéruvikan^ etc.
Enfin nous voyons figurer sous le nom coUectif de ffirmus et de
trapcdres tonte nne sèrie de chants très brels, se composant d'une
seule periodo, contenant une pensée pieuse qui s'appuie sur quelque
passage des Écritures, des apologues souvent ingénieux, toujours prò-
fondément sentis et qui, se trouvant réunis par groupes plus ou moins
grands, forment des chants strophiques qui peuvent Stre chantés
dans les circonstances diyerses.
G'est une réunion de deux ou de quatre de ces tropaires qui for-
ment, comme nous avons vu, les Odes, dont se compose le Canon,
Quant aux autres dénominations, comme kathismaia (KaBic^iam
fseaaion]), iio9 (ftÉO^* stanco), iatavasia (KaTapaaia [descente]), sii-
chos ((Ttìxo^) (hymne qui se chante préeédé d'un verset des psaumes),
ce ne sont que des épithètes d'ordre liturgique dont il existe un
nambre oonsidérable et dont noos n'avons pas à nous oceuper i<n.
De toutee ces dÌTorses formes que prend le chant sacre au servioe
liturgique, ee sont les hymnes qui sont les plus importants au point
de Yue de leur valeur musicale, et comme champ de recherches
pottiant servir à l'archeologie musicale.
Aussi bien e'est en ces hymnes que nous voyons concentrés les
efforts dtt géme des mélodes grecs ; c'est sur eux qu'on peut étudier
avant tout l'esprit traditionnel de l'Église d'Orient se faisant jour
dans la partie musicale de l'edifico liturgique.
U'est de cotte forme speciale du chant sacre de l'Église d'Orì^t,
qu'il convient maintenant d'étudier le caractère general et de donner
quelques détails sur le texte de ces hymnes, qui par l'étroite union
de la parole et de la melodie, se proclament hautement les enfants
de cet idéal musical que révait Platon.
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LBS CHANTS DE L*É6LI8B GREGQUE -ORIENTALE 53
Les hymnes de rfiglise d^Orlent.
Les hymnes divers de TÉglise d'Orìent peuvent ètre classée en
deux catégories priooipales : les hynmes autaméles et les hymnes
idiaméles.
Les hymnes autaméles sont des hymnes dont la melodie sert de
modèle à d'autres. Tels les hymnes appelés Kontakion et Apoly^
iikion, qne nous avons vu figurer ani offices. Lliymne de St-Bomain
€ I parthenos symeran > ('H TTapO^vd^ oifi^cpov) (1), cet autre
hymne: Ta ano m/tón (Td fivuj Ziituiv) sont tons les denx auto-
méles, mais Vun est un hymne de Tespèce des kontakion (kovt&-
Kiov), Tautre de Tespèce des apólyOkion (diroXuTiKiov).
Les hymnes automéles sont par conséquent les chants exemplaires
et traditionnels par excellence de TÉglise d'Orient, doublement con-
sacrés par le choix des Pères de l'Église et par la pratique des siècles.
Ils forment la partie la plus nombreuse et la plus importante du
système hymnographique de TÉglise.
Les automéles régissent les chants appelés ProsomceXques^ qui se
chantent aux Mattines et aux Vépres, comme les hirmus (€lp^ò^)
régissent les tropaires.
Les hymnes idiaméles sont des chants qui ont une melodie propre,
mais qui ne sert point de modèle à d'autres ; ils n'ont pas des hynmes
subordonnés. Tels, p. ex., les hymnes appelés Eothin4 (*€uieivà) de
rBmpereur Leon le Sago, dont nous donnons deux exemples (2).
Ce sont généralement des morceanx de chants d'une melodie plus
compliquée, plus ou?ragée si l'on peut dire ainsi, et d'une exécution
partant plus difficile ; souyent on y trouve une expression dramatique,
une illustration plus emphatique des paroles, comme p. ex. dans le
Tf|^ MaTbaXiivf)^ Mopia^ ou dans le TTapàboSa (Tn^cpov (3).
En les parcourant on voit de suite que ce sont des chants com-
posés expròs pour le texte et pour le sujet qu'ils traitent et qui ne
sauraient étre adaptés à aucun autre.
(1) N*" 9 de notre Recaeil.
(2) No* 17 et 18 de notre Becaùl.
(3) N*« 17 et 13 de notre Reeaeil.
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54 MEMORIE
Aassi représententrils pour ainsi dire la mosique d'art ou concer-
tante panni les chants sacrés et étaient-ils destinés à ètre chantés
la musique en main ; c'est pour cela que dans les codes manuscrits
on trouve généralement la melodie de ces hymnes notée au dessas da
texte. Ils sont de beaacoup moine nombreux que les hymnes auto-
méles et leur origine est plus recente.
On peut encore ranger les hymnes de TÉglise, d'après le texte,
en hymnes composés d'une seule periodo, et en hymnes qui ont plu-
sieurs périodes.
Au genre unipériodal appartiennent les himios et les tropaires^
les mégalinaria (Magnificat, yersets en Thonneur de la Vierge), les
Apoh/tikia et les Koniakia. — La catégorie des chants de plusieurs
périodes est représentée par tous les chants dits stiehirariques (1) (ainsì
appelés parco qu'ils sont précédés par un yerset (stichòs) recite^ non
chanté, da Psalmiste). Enfin on distingue entro les chants vifs (toatòv)
et les chants lents (dpTÒv), ou chants Qnciens et modemes; et entre
les chants abrégés ((Tùv9€Ta) et les chants amplesj d'exécution plus
compliquée, désignés sous le nom de KaXoq)uiviKà (kalophonicà) et
iranabiKà (papadikà), appartenant à la catégorie des mélodies con-
tenues dans le livre de chant, dit: kratimatdrion (KpaTl^aTdplov) (2).
Pour étudier la mélopée des hymnes grecs il &ut commencer par
étudier les paroles ; car elles réalisent, nous le répétons, l'idéal an-
tique de l'union du texte avec la melodie. La plupart des hymnes
grecs traditionnels — automéles et idiomdles — tient le juste milieu
entre les chants syllabiques et les chants où les sillabes re90iyent
chacune en partage plusieurs notes, et méme des phrases mélodiques
entières, comme cela a lieu p. ex. dans les chants très lents dits
kalophonicà ou papadikà.
L'influence des mètres poétiques sur le rythme musical dans les
hymnes sacrés grecs, serait tonte une étude à faire dont nous par-
lerons plus loin à l'occasion de l'analyse technique de ces chants.
lei nous dirons seulement quelques mots du caractère general de ces
textes.
(1) Cf. D.' JoHÀKivBB TzBTZBS, Uebef die àltgr%eehi9e?ie Mutile m der grie-
ehisehen Kirehe, pag. 107. MUncben, 1874.
(2) Gf. L.-À. BouROAULT-DuoouDRAT, Études tur la Muaique Eeeìé9ia8tiq^e
Grecque, p. ii. Parìe, 1877, Hachette.
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LB8 CBANTS DE L*éaLISE aREGQUE- ORIENTALE 56
Les hymnes de l'Église d'Orient forment ud monument des plus
grandioses de la langue grecque.
ÉcoutODS ce que dìt au snjet . d'un de ces hymnes un autenr
étraDger qui ne saurait §tre accuse de partialité. Mr. Henry Stb-
VBNSON, dans son ouyri^e sur le « Rhythme dans rHymnographìe
de rÉglise grecque > (1), pag. 7, dìt : « Il fetut lire cet hymne »
(il s*agit de rbymne Aeaihistus que le patriarche de Constantinople
Sergius composa en l'honneur de la Mère de Dieu, dont Fintercession
miraculeuse yenait de mettre en fuite les Avares et de sauver la
capitale de l'Empire (a. 626). Il faut le lire dans le texte des Ana-
lecta^ pour goùter le charme de ce rhythme rapide et pétillant, de
ces rimes entrelacées, rayissantes de melodie, de ces coupures sou-
ples, aisées, qui font toujours image.
« Les épithètes poétiques se pressent, se multiplient, se précipitent,
sans se heurter jamais, sans étre jamais oisiyes, chacune reflétant
une des gloires de la Yierge, un de ses titres nombreux à l'amour
et à la reconnaissance du chrétien.
« On a dit que ce psean fut compose d'un seul jet par Sergius
le jour mème ou au lendemain du triomphe. Nous avons peine à le
croire. Il y a trop d'art dans ces strophes, elles sont trop habilement
ménagées, les contours en sont trop nets, la yersification trop sayante
pour y yoir une improyìsation >.
Mais si un art exquis se fait jour dans les oeuyres de longue
haleine — et il y a des hymnes qui ont plus de 400 vers, — on
peut admirer le tour classique de la pensée et la forme graciSuse
et svelte des périodes aussi bien dans les petites formes de la poesie
hymnographique, nous n'en voulons pour preuve que la simple strophe
suivante : *Q fXvKi \io\) ?op, T^UKuraióv jligu t^kvov, ttoO (Tou ftu
Tè KaXXo^ ; 0 mqn doux printemp^j o man plus dot$x fUs^ où est
dispartie (tramontò — litféralement : où s'est conche U soleil de) ta
heauté?
Souvent ces cantiques adoptent la forme dialoguée et forment des
petites scènes, qui pourraient bien étre, comme l'observ^l'auteur que
nous yenons de citer, les premières origines du drame hiératique.
(1) Parìf, Palme éditear, 1876.
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56 MCMORIB
t
Et comment en serait-il autrement ? ajoatoDB-nons. L'Orìent n'est-il
pas le pays de rimagination ? et là où le peuple ne parie que par
images, là ou la chanson popalaire anime ju8qa*aux objets inanimés,
fait chanter les arbres et parler les oiseaux — comment ne pas
croire que la poesie sacrée — nourrìtare spirituelle que lai offirait
sa mère TÉglise — n'ait pas Voulu et dù se revètir de cette forme
vivante et faire agir et parler les saints personnages dont elle a la
mission de perpétuer la mémoire anprès da peuple ?
L'élément dramatique, qui est Télément vivant, est à sa place
dans les chants d'une Église vivifiée par un esprit essentiellement
popalaire, et la musique, le plus vivant des arts, devait se trouver
à Taise devant la tàche d'illustrer des chants pareils, où le senti-
ment prédominait sur la pensée, et l'action aux raisonnements.
Aussi la plupart des tropaires après avoir exposé quelque fin ape-
logue, quelque comparaison, — dont la délicatesse va quelquefois
jusqu'à la subtilité — se terminent généralement par quelque cri
du coeur, par quelque élan aussi imprévu qu'il est naturel, et qui
met en action soit la personne du fidèle, soit un personnage de la
Bible — revanche du sentiment sur la raison, du coBur sur l'esprit,
comme dans celui-ci par exemple: *Qpatoc fiv xal xaXò^ (1). < II
« était beau, il était bon au goùt, ce fruit qui me rendit mortel.
« Christ est l'arbre de la vie, dont en en goùtant je ne mourrai
< point, mais avec le larron m'écrierai: — Souvenez-vous de moi,
« ò Seigneur, quand vous viendrez dans votre Boyaume ».
Ces hymnes tantdt sublimes tantOt gracieux et charmants, ont-ils
un mètre poétique, c'est-à-dire : Sont-ils des vers proprement dits ou
simplement, comme d'aucuns Font pensé, 4^ 1& pinose cadencée?
Divers auteurs se concordent à relever la présence d'un rhythme
poétique dans les hymnes de l'Église. C'est ainsi qu'Eusèbe (XIII*-
XIY* siede), le premier et le plus ancien des historiens de l'Église,
en parlant des psaumes et des odes (2) « écrites dans le prìncipe par
les frères et fidèles, qui exaltent le Verbo de Dieu, le Christ »,
s'exprime ainsi : < Ils composent des chants et des hymnes en l'hon-
neur du Seigneur en les écrivant d'après touies sortes de mètres et
de mélodies avec les rhythmes les plus convenabìes ».
(1} N« 16 de notre Collection.
(2) Hist Eccl, lib. II et V.
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LE8 CHANTS DE L^ÉGLISK GRECQUE -ORIENTALE 57
St-Basile anssi parie de ce rhyOme harmonieux (in Psalm.XXIX)
des h^nes de TÉglise.
« Ceni » ditril « qui sont dévots et servent la jnstice envers Dieu,
cenila peuyent chanter à Dieu ayec des rhythmes spirituels qui se
saivent convenablement les uns aux autres ».
StJean Ghrysostdme à son tour fait mention du chant diyin com-
pose de rhythmes.
Cette question du rhythme était restée longtemps une énigme pour
rOccident et de nombreux auteurs latins ont soutenu que les hymnes
greps étaient de la prose. — Ce qui a pu donner lieu à cette croyance,
c'est que dans quelques codes manuscrits et imprimés on avait pris
Thabitude d'écrire ces hymnes d'un trait, comme de la prose, peut-étre
pour économiser Tespace, au lieu de les diviser vers par yers. Mais
ce qu'on avait pris pour de la prose, n'en était pas et cette vérité
a été établie d'une manière péremptoire par le savant Pére Cons-
TANTiN Oeconomos daus son grand ouvrage : TTcpl rfj^ TvncTta? wpo-
9opci^ xn? .éXXriviKf)^ T^uiaCTiq : 'Gv TTeipouTróXci, 1830, in-8®, et
dans les derniers temps par les travaux de l'illustre Bénédictin
S. E. le Cardinal Pitba.
• On peut definir la poesie sacrée de TÉglise d'Orient de cette ma-
nière : c'est une poesie qui s'est affranchie de la loi de la quantité
syllabique, mais qui obéit à la loi des accents naturels, et dont les
vers sont divisés en membres rhythmiques plus ou moins longs. —
C'est à cet ordre de poesie qu'appartiennent les tropaires et les ca-
nons et les hymnes, que l'on designo par les noms divers de Eonta-
kion, Apolytikion, Prosomia, Eothina, Exapostilaria.
Nous ne citerons pour exemple que l'hymne célèbre de St-Romain,
le Eontakion automéle de Noel (I] :
*H irape^vo? af\\x€poy (7 syllabes)
Tòv ÙTTcpcuaiov t{kt€i (8 * )
Kal f| Tn TÒ anriXaiov (7 » )
Tip àiTpo(TÌTi(i TTpoadrei • (8 » ) (2)
(1) N. 9 de notre Becneil.
(2) On remarqaera qae les rhythmes s^accordent al ternati vement; on rencontre
sonyent de ces rhythmes entrelaoés, on entreroèlós.
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58 MEMORIE
«
"AttcXoi I ^€Tà iroiM^voiv boEoXoroOaiv (4 -i- 10 syllabe^)
Mdroi bk I ^€Tà derapo? óbomopoOai • (3 -f- 10 » )
bi* fififi? TÒp èT€vvrieii " . (8 syllabes)
TTatbCov v^ov, (5 » )
•0 npò olvùvujv Geo? • (7 » )
La poesie métrìqae proprement dite, c-à-d. obéissant à la quan-
tité syllabique, a également ses représentants dans rhymnographie
grecque, mais elle se réduit à quelques rares spécimens et presque
aux seuls caDons lambiques de St Jean Damascène, qui se chantent
à Noél, à rÉpiphanie et à la Pentecdte. A Texception de ces quel-
ques exemples isolés de poesie métrique on pent dono affirmef, que
la poesie hymnographique forme un type special de poesie, soumis
à des lois rhytbmiques, basés sur le retour de Taccent naturel.
Mais si ce genre de poesie est caractéristique à rhymnographie
grecque et si elle s*est développée tout spécialement dans le sein
de rÉglìse d'Orient, il n'est pas moins vrai aussi qu'elle a ses atta-
ches dans la poesie de l'antiquité, et que c*est dans les vers méme
de Sophoele^ à'Aeschyle et à'Aristophane qu*il faut chercher les
modèles qui ont servi de norme aux mélodes byzantins pour la com-
position des tropaires, des kontakia, etc., etc.
Il ne manque point de témoignagepour affirmer le faitdel'imi-
tation des anciens par les mélodes grecs, et nous apprenons, par
exemple, que St-Ephrème de Caria, dans les premiers àges chrétiens,
ayait compose des hymnes selon le modèle des yers de Harmonius
comme Tassure Nicephore, Calisto Xantopoulos (1), mais le meilleur
témoignage, la preuve la plus concluante ressort de la comparaison
de quelques compositions poétiques des auteurs des cantiques de
rÉglise avec les compositions poétiques des anciens.
Voici quelques fragments d'hymnes auxquels nous appesone d'autres
fragments, tirés des auteurs classiques. Il suffit de les comparer,
pour s'assurer de leur identité, au point de yue de l'accent rhyth-
mique et de la forme poétique.
(1) Liv. IX, cbap. xYi, mas. cccl.
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LKS CHAI<(T8 OK LÀGLISE 6RECQUB-0RIKNTALK 59
La 1^ de$ 24 Stancea en Vhonneur de la S** Vierge.
ÉgUse. — "AttcXo? irpuiToardTii^
OùpavóOev èiré^qpOri
eineiv T^ QeoTÓKip tò x^'P^ '
Kaì (Tùv T^ à(Tuj^dT^l qpiuvQ
Zu)^aToup€vóv he 6eujpu>v, Kùpie,
'KiaraTO Ka\ TaraTo
KpairrdZuiv itpò^ aùifiv roiaOia •
Eyripide^l) — TTé^7t€T€ tuiv b* dit* òikujv
''H TTVOiaiai Jleqpiipou,
6oàc dKdTOu^ £fr* olò/ia X(^vac (2)
AeCpo KaXeiv vó^o^ el^ x^pòv
^AaTrlai kqI Xótxokw dxaiuùv, fivaKia^ •
'EXXdòoc èvvoénicTiv.
*AX{ou TTpoaépaXev fip^xa'
ÉgUse. — XaTp€ bi'fi? f| xapà èKXd|ii|i€i
Hephesiian, — ''Atct*, ì& ZirdpTa? (vottXoi KoOpoi*
ÉgUse, — XaTpe toO irebóvto^ àbà\x f) dvdKXriCi^
Aikénée. — TTavTo(oK KeqpoXfiv dv6é|Lioi^ épéTrTO^al'
ÉgUse. — Tòv TTpoqpfjriiv luivfiv ♦
Phéréerate. — "Avbpe^, 7tpó<TX€T€ tòv voOv
. éEeupfjjiaTi Kmvip'
Éghse. — OIko^ toO €àq)pa6fi
f| TtóXi^ f| dtia
Tiiiv TTpocpiiTiBv f| bòga
eÙTpémbov TÒV oIkov,
èv iji TÒ 6€10V T{KT€Tai * *
J^ir^mfe.(3) — ''Acibov èv /iu6|Liotc
TÒV neiÌKa év oòpeiqi
EecTTÒv Xóxov dpTe(uiv,
Kal Aapbovia^ Atqv *
dp8€(llV b* luì TTÓVTIOV •
(1) Yen qui appartiennent aaz choeurs de diverses de ses tragédies.
(2) EcBiP., Eeub., t. 443.
(3) Evaip., dao8 les TrcHades.
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60 * MEMORn
L'emprant des mètres poétiqaes &it par les mélodes aux chefs-
d'oeavres des anciens est un Cut de la plus haute importance poar
l'archeologie musicale ; c*est un joint remarquable entro Thannonie
musicale des Grecs anciens et lliarmonie musicale de TÉglise d*Orìent,
car n'est-il pas évìdent, que si le rhythme poétique des Anciens régit
le rhythme poétique des hymnes de TÉglise grecque, la ressemblance
ne doit pas s'arréter là, et ne semble-t il pas naturel de croire, que
la mélopée adaptée à ses rhythmes poétiques ne soit également la
reproduction de la mélopée des Anciens?
Il ne faut pas oublier que les hymnes ont été mis en musique
par ceux-là méme qui en composaient le texte et sous le titre de
mélodes on comprenaìt à la fois l'autenr des paroles et de la me-
lodie. Quelques fois méme ils chantaient à TÉglise leurs propres
ceuvres et réalisaient ainsi, dans le domaine sacre, ce type idéal du
poète, dont Tantiquité avait fourni tant d'éclatants ezemples, en réu-
nissant à la fois dans leur personne la triple dignité du poète, du
musicien et du chanteur.
C'est de ces poètes musiciens que nous allons nous occuper main-
tenant.
Les prlncipaux mélodes de TÉglise d*Orlent.
Quel a été le premier hymnographe de TÉglise grecque et à quelle
année de l'ère chrétienne faut-il remonter pour trouver le point de
départ de cotte longue et glorieuse phalange de chantres ecclésias-
tiques, dont quelques-uns ont égalé la splendeur des Hésiode et des
Pindaro ?
II ^erait difficile de le préciser : tels hymnes en usage aujourd'hui
encore, ^taient déjà populaires avant le temps de St-Basìle et de
St-Ambroise, comme par exemple l'hymne du soir; Phós hiìaràfi
aghias Doxis (<l>uic IXapòv àflaq ^àir\i) (1), dont St-Basile nous
apprend que de sou temps déjà les chrétiens l'estimaient d'une tra-
dition fort ancienne. — On ne se tromperait pas en le supposant
contemporain des apdtres.
(1) N« 2 de notre Becaeil.
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LBS CHANTS DB l'ÉGLISX ORECQUE -ORIENTALE 01
Tel est encore le chant : NOv ai Auvà^ei^ (Nyo ai dynàmis) qui
rempla9ait antiqaement le chant des ChérubiDs et qui se chantait
dans la messe des présanctifiés, antériear à la messe de StBasile.
Noas citerons eneore parmi les chants les plus anciens Thymne
très connue, mais dont on ignore Taateur, le ZiTTiadriu nàaa aàpS
(Sigisàto p&sa san) que Ton chante à la messe de St Basile le Sa-
medi Saint, et qui a été compose probablement aa lY»* siècle ; à
ce siècle appartient aussi TAirmos de la l'* Ode du Canon de Noel
XpMTTÒ^ T€vvfiTat (Cbristòs gennftte), cité par St-Grégoire de Na-
ziance dans aon homélie sur TÉpiphanie (1).
L'histoire de lliymnographie grecque peut se diviser en deux pé-
riodes, la 1** celle des Mélodes anciens, qui dura jusqu'au Vili»*
siècle, et la 2*^* perìodo, celle des mélodes recente, qui date du
VII!"* siècle, le siècle de St-Jean Damascène, jasqu*au XVII»*.
C'est en Bitbynie, que selon quelques-uns il faudrait aller chercher
le berceau de rhymnographie grecque. Parmi les mélodes de la
!'• epoque, antérieurs au V»* siècle dont le souvenir s'est conserve,
nous devons citer principalement Si-Auxence et St-Anthime.
Le V»* siècle vit naitre un des plus glorìeux représentants de la
l'* epoque de Thymnographie grecque, St-Romain le melode, clero
de rÉglise d'Émèse et diacre de Béryte, qui vécut sur la fin du
V»* siècle sous Tempereur Anastase I (491-518), et composa de
nombreux cantiques sur des sujets tirés de la Bible et de TÉvangile.
Ils affectent souvent la forme dialoguée et ont un caractère drnma-
tique et pathétique. St-£omain est appelé aussi Tauteur des Eon-
takion. Son premier Eontakiou est le célèbre *H ITapO^voc ari^cpov
(I partbénos simeron) déjà cité. Au VI»* siècle nona voyons Justi-
nien VEmpereur composer le chant des Chérubins.
Au Vili»* siècle Andrej évéque de Créte, écrivit le plus long
Canon (Méra^ Kavibv, mégas kanon) de componction (ou pénitentiel)
qui se trouve dans le Trioàùm^ et se chante en caréme. — Au
méme siècle Serge^ patriarche de Constantinople, écrivit le célèbre
hymne Acathistos^ dont nous avons parie plus haut. Pendant cet
hymne, aucun des fidèles ne peut s'asseoir ; d'où le mot : dKaOiaro^
(debout, non assis).
(1) K« 1 da notn R«caeil.
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62 MBMORIE
' Le YIII"'* siècle dot la sèrie des hymnogràphes de la 1^ epoque
et inaugure une phase nouvelle qui date de la reconstitution du
chant liturgique par St-Jean Damascène.
St-Jean Damascène écrivit le célèbre Octoèche^ c.-àr4. recueil
d'hymnes de la résurrection pour les Dimanches, dans les huit tons
de r£gli8e.
Il est aussi l'auteur des trois canons métrìques (en yers lambi-
ques) qu'on chante dans certaìnes solennités.
Le couyent de St-Sabbas en Palestine, sur lequel l'illustre évSque
de Jérusalem Dosiihéej dans son histoire des Patrìarches, jota tant
d'éclat, yit sa renommée s'accroitxe par un autre melode remarquable,
disciple de St-Jean Damascène, nous voulons parler de /S^Ct^m^, ou
Cosme (Koa^fi^) que Théodore Prodromo appello « TOrphée du
St-Esprit >, auquel l'Église grecque doit les hymnes d'une beante
suave et classique.
Oermain, patrìarche de Constantinople, au memo siècle, écrivit
diSérents idiomeles.
Au IX»*" siècle Leon le Saga, Empereur, composa le premier
les hymnes de la Bésurrection ('AvaartìiaiMa, Anastàsima), appelés
*6u)eivà, Eothinà, par ex., l'hymne automéle : ToT? MaOiiTai^ (Tu-
véXOuijiev (Tis Mathitès synélthomen).
Dans le méme siècle une femme, du fond de son couyent, illustra
son nom parmi les mélodes grecs ; c'est la vierge Caste (Kaaia) ou
Icasie, qui composa quelques hymnes très populaires, parmi lesquels
il faut signaler les idiomgles : Kópie f) eùnoWai^ à|iapT(aic, et cet
autre: AÙToùaTou ^ovapxncravTo^.
Au memo siècle, aussi, Joseph^ hymnographe, composa une grande
quantité de canons, que l'on trouve dans les Ménées et qui portoni
dans la 9"*® ode l'acrostiche de leur auteur : luiafjq), Joseph. Il est
aussi l'auteur du liyre liturgique intitulé Paraclétique (TTapaicXii-
TiKf|) qui contieni des hymnes pour tous les jours de la semaine,
chaque semaine étant consacrée à un des huit tons.
Nous voyons encore les Studites, Théodore et Joseph^ qui ócri-
yirent des idiomgles bien connus, et Théophane, auteur tirès élégant
de canons et d'idioineles.
Au X°® siècle un autre Empereur, Constantin Porphyrogenète^
comme plusieurs de ses prédécesseurs, ajouta la gioire de melode à
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LE8 CHANTS DB L*ÉGLISB ORECQUB-ORIENTALE 63
sa dìgnité imperiale et créa les chants dits Exapostilaria (*€EaiTO-
<TT€iXd(pia), qui regardent la mission sacrée des Apdtres, et qui se
chantent les Dimanches; ils appartienneot à la classe des idiomèles.
A partir du X""* siècle, l'Église d'Orient compte une tonfile sèrie
de mélodes, lesqaels en composant des idiomèles, des tropaires, des
Kondakia, des Apolytikia, ou autre sorte d'hymnes, saiyirent scru-
pnleusement les normes dn rbjthme et des chants primitifs.
Jasqn'au siècle passe leur nombre s'élève à près de trois cents,
qu'il serait impoesible et superflu d'énumérer tous; ce qui importe
de constater, c'^st qu'ils fcrment une chaine inintérrompuè de tror
ditionSy qui se rattachent intimemeni à la grande litiérature des
Andens, dont ils ont pris les normes poétiqnes, les principes me-
triques et Tesprit littén^ire, comme nous Tayons prouyé dans le cha-
pitre sur le rhythme poétique des hymnes.
Comment admettre — nons le répétons — qu'ils se soient inspirés
ponr Taccent de leurs paroles de l'esprit d'un Aeschyle, d'un Sophocle,
d'un Aristopbane et ne pas croire aussi que lorsqu'il s'agissait de
mettre ces vers en mnsique ils n'aient inyoqué la Muse de Pindaro et
d'Alceo?
Mais ici se placent deux questions: Les mélodes auront-ils fait
usage de l'ensemble des moyens d'expression que l'art musical des
Hellònes mettait à leur disposition et cet ensemble leur était-il connu
dans son intégrité?
A cotte dernièro question on peut hardiment répondre : cui, car si
quQlqu'un deyait étre initié à cotto partie intégrante de la ciyili-
sation hollénique, co sont cortainemont ces hommos, qui étaient à la
teto du mondo intelligent de leur tomps et qui ayaiont hérité de
toutes les disciplines* grocques. Quant à l'application entière de la
mélopée antiquo auz chants des chrétions, nous croyons qu'olle ne
pouyait étre complèto et on yoici les motifs.
Les anciens Grocs possédaiont au plus haut degré une scionce,
qui semblo s'étro porduo entièromont depuis: ceUe de distinguer
mire ce qui est profane en mìisique et ce qui ne Test pas.
L'étude de Y Ethos musical c.-à-d. do l'action des différonts
tons etc. sur nos sontimonts, était uno partie fort importante de
Finstruction musicale chez les anciens; le choix conyenable à fairo
en chaque circonstance des tons, des modes des rhythmos et de
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64 MEMORIE
toQt ce qui constìtue le caractòre dìstinctif d'un morceau de ma-
sìqne, était robjet de leur plus sérieuse attention.
IIs avaient dassifié ces moyens d'ezpression et il n'est point de
détail assez mìninie, ni de nuance assez fine, qui leur eùt écfaappé
et dont Temploi ne fftt soumis à une règie fixe et raisonnée.
Or est-il admissible que les SS. Pères et tonte la plus haute
Hiérarchie de TÉglise grecque qui seuls avaient le prìvilège de pouvoir
s'occuper d'hymnographie et de mélopée et dont l'esprit était forme
aux disciplines de la Grece ancienne, eussent ignoré cotte science
subtileP
Ne faut-il croire plutdt, que leurs sentiments à ce sujet eussent
été afiSnés et épurés encore par le principe étbique du Chrìstianisme,
et qu'ils se seront gardés d'introduire indifféremment dans le sein
de l'Église les divers genres de style, usités chez les anciens, dont ils
ayaient si bien appris à distinguer TÉthos particulier?
Ce n'est pas aux mélodes et bymnograpbes Byzantins, dotés de
cotte fine perception, propre à leur nation, entourés d'ailleurs de la
tradition musicale hellénique comme d'une atmosphère naturelle,
auxquels il aurait pu venir en idée de mélanger les modes légers
aux modes sévères et les rhytbmes mondains et frivoles aux rhythmes
solennels.
Aujourd'bui encore, ces nuances flnes entro les divers modes feont
observées dans l'Église Grecque et l'Église Busse, et combien plus ne
devons-nous pas nous attendre à voir ces règles en vìgueur dans les
àges de foi.
Nous croyons donc qu'on pourrait tirer de tout ceci la conclusion
suivante: S'il est un fait certain que le chant sacre de l'Église
d'Orient ait eu pour base la musique antique, et que grftce à l'esyrit
conservateur qu'elle a documenté en toutes choses, ces éléments bel-
léniques nous aient été transmis intacts par elle, il n'est pas moins
certain que les mélodes, en tant que nourris de l'enseignement hel-
lénique sur les principes éthiques de la musique, n'aient adopté
que celles des traditions musicales de l'antiquité qui fussent com-
patibles auec V esprit de VÉglise et des hymnes qu'ils avaient mission
d'interpréter musicalement. Par conséquent nous devons nous attendre
à ce que les CBuvres des mélodes de l'Église d'Orient ne nous éclairent
que sur une partie seulement de l'art musical des Hellènes: mais
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LB8 GBANTS DB L*ÉOLISE 6RBCQUB -ORIENTA LE 65
il est permis de supposer que ce sera la partie la plus noble, la
plus pure, et que laissant dehors le cdté profane — que d'autres
motifs encore, que nous allons aborder dans le cfaapitre suivant,
leur faisaient un devoir de negliger entièrement, — les mélodes nous
auront rappelé dans leurs chants la musique des Anciens dans ce
qa'elle aura de plus sublime.
Le caractòre general des chants de TÉglise d'Orient.
« La musique de l'Église chrétienne » — dit le D' Jean TeeUes
dans son ouvrage sur la musique des anciens Hellènes dans l'Église
grecque — «ne pouvait pasiStre une autre que celle de son temps et
ne pouvait en différer beaucoup, car si elle avait pris des allures
étrangères et inconnues, elle n'aurait certainement pas pu atteindre
son but, et ce but était, comme il ressort de plusieurs passages des
Saints Pères, un moyen d'éducation, de récréation et de purification
des passions » (pag. 14).
Les chrétiens primitifs, dont la vie était tonte simple et spiri-
tuelle et qui fuyaient tout ce qui était mondain, s'appliquaient à
observer la plus grande simplicité dans tous les actes de leur vie et
méme à Toffice divin. Us ont sans aucun doute suivi en matière de
musique les mémes principes qui avaient fait adopter en peinture
par exemple ce style d'une extrème sobriété et austérité, qui
étaient à leurs yeux aussi un moyen d'action pour réveiller des sen-
timents pieux.
C'est ainsi qu'ils auront exclu de leur musique d'Église les eia-
meurs excessives, le chant théàtral, ils en auront prohibé les modes
sensuels, les voix tendres, les ornements frivoles, les modulations
excitantes, et au lieu de cela tout dans leur musique, ainsi que dans
leur peinture hiératique, aura respiré la gravite et la simplicité.
Yoilà quel a été, n'en doutons pas, le caractère des premiers cbants
chrétiens dans les temps de dévotion et de repentance. Au courant
des siècles suivants, les àmes s'étant refroidies peu à peu et étant
devenues insensibles aux délicatesses des sentiments et indifférents à
ce qui pourrait les fìroisser, on a tenté d'introduire dans l'Église cer-
taines manières efféminées de chanter, qui donnèrent lieu plusieurs fois
aux Pères de l'Église d'imposer un frein salutaire comme il résulte
RMmìol mmneak ìialkma, Vm. 5
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05 MKMORIE
de eertains passages de St-Chryaoetome et d*ane lettre da VII* Concile
ani AlexandrìnSf où il ert dit:
< Qne tont ce qui joeqa'à préeent a été iimoyé et opere et tout
« ce quo Ton ferait dans Favenir contro les traditìons ecclésiastiqaeB,
< la doctrìne et la formule des Saints Pères, soit anathème )►.
Nieodème^ savant moine da Mont Athos, dìt éloqnemment à ce
sajet dfuis son PidàUan (c-àd. timon):
€ Poor cela St-Jean Chrysostome (I, Y, p. 120) défend les psal-
« modies tendres au coBor, les monvements dansants de ceox qui
^ battent la mesure, et les crìs prolongés et les voli désordonnées.
« Interprètant le psaume: Servez le Seigneur a?ec crainte, il disap-
« proavo sévèrement ceax qui mélangent ani chants spirituels les
« manières extérieores des théàtres et les notes et paroles insigni-
« fiantes (telles comme on ?oit aajourd'hui les térérismes et nénanismes
< et aatres paroles sans signification) et dit que ces chosee-là ne
« sont point dignes de ceox qai glorifient le Seìgnear, mais plutftt
« de ceax qui plaisantent et confondent et mèlent les jeux des démons
< à la doxologie angélique. Et en plus il enseigne à glorifier Dieu
« avec crainte et avec un coeur contrìt, afin que les bymnes soient
« àcceptés comme le parfum de Tencens. £n effet une musique im-
< modérée et qui s'applique à divertir outre mesure, ne platt autant
« qu'elle enervo.
< Poor cela les Saints Pères n'admettant à TÉglise que les voix
< humaines seulement appartenant à la seale nature, repoussent les
« orgues et d'autres instruments non convenables.
« Ce sont des abus pareils qu'ont tenté d'introduire dernièrement
« dans rÉglise quelques-uns des musiciens modèmes, car les com-
< positions qui s'attribnent à StJean Damascène et à d'autres mu-
« siciens, ne contiennent point ces voix insignifiantes. 11 parait qu'elles
« se seraient introduites au temps de Jean Cucuzeli. Mais les chants
« qui s'exécutent aujourd'hui par les chantres modemes étant le
« doublé et le triple da texte, paraissent ennuyeax et fastidieux à
< qui les entend.
« Pour cela nous prions les chantres réguliers à les chanter briè*
< vement, afin qu'ils réussissent mieux, et les Canons qui doivent
< étre chantés eo mesure plus lente, car en ceci consiste le fruit de
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LES CHANTS DB L'ÈaLISK GRECQUB-ORIENTALE 67
< rftme. On dit que les iérérismea farent introduits ponr attìrer le
< peuple à rÉglise » (l).
Cea écarts regrettables, ces infractions à Tégard dea traditions ne
se produisirent, h&tons-nous de le dire, que sar la surface da chant
de rÉglise, et en laissant inlactes les bases mdmes.
Le soin mème que les Pères de l'Église prireot à constater ces
infractions ayec la plus lonable franchise, nous permet de préciser
de quelle nature elles étaient.
Yoicì comment le VI Concile oBCuménìque s'exprìma à ce sujet dans
le canon N. 75 :
« Nous voulons que ceux qui se présentent à TÉglise pour chanter
«n'usent pas de clameurs désordonnées et ne forcent pas la yoìx
4 contre nature, ni ajoutent rien qui ne soit convenable et approprié
< à rÉglise, mais qu'ils ofirent avec beaucoup d'attention et de com-
< ponction leur psalmodie à Dieu, qui volt les choses secrètes, car
« la parole de Dieu enseigne, que les fils dlsraél soient dévots >.
En constatant quelle était la manière de chanter que l'Église ré-
prouvait, il est facile d'en déduire celle qu'elle approuvait et de con-
naitre son idéal en matière de chants sacrés.
Il devait Stre, nous l'avons déjà dit, en tous points conforme aux
aspirations générales de ces premiers temps de ferveur, de simplicité
et d'austérìté.
Mais si quelques-uns se figurent les chants dea chrétiens graves
et séyères et quelque peu empreints d'une monotonie mélancolique,
nous aimons au contraire à nous les figurer animés de ce soufBe
ardent qui donne la vie; il nous semble que les premiers chrétiens
dans leur sainte exaltation mettant tonte leur &me dans les paroles
qu*ils chantaient, devaient savoir donner aux plus simples phrases
musicales cotte perfection d'expression qui ravit et satisfait en m6me
temps Toreille et le codur (2).
(1) TTiiòàXiov, RecueH dee canon» de ioua ìe» ConeHea, iUtutréa et annatés
par NicoDÈMi, moine du Moni Athos. 2* édit. in-4*, p. 168. Athènes, 1841.
(2) Uae preafe aisez conolaante de Vhjpothòse que noas nous permettonB
rar la maniòre de chanter animée de» premiers sièclee, noas est fonrnie par ce
&it: les chants frife sont appelós anjoard*hai encore les chants aneiens, en op-
podtion anz chants ìenia, appelés modemes on nouveauau
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MEMORIE
Cette manière de chanter existe-t-elle encore dans TÉglise d'Orìent?
Oui, elle exìste.
Elle a resistè aux attaques les plus diverses, elle a triomphé des
pièges tendus, elle a surrécu heureusement, disons-le, à la corruption
regrettable, qui fiit la suite de la réforme commencée au siècle
demier, et qui sous prétexte de simplifier rannotation ancienne et de
la remplacer par un autre système, bouleversa en méme temps le
système tonai et créa une confusion où il est presque impossible de
se reconnaitre, et où les Grecs eux-m6mes ne se reconnaissent pas,
mélant les principes anciens aux principes modemes, le système tonai
des Grecs au système tonai des Occidentaux, modifiant, amplifiant
les mélodies anciennes, les couvrant de yocalises d'un goùt plus que
douteux, cbangeant les modulations et donnant en tout le tableau
lamentable de chants fusionnés aux éléments étrangers et gàtés par
une pratique qui s'est faussée entièrement sous des infiuences vraiment
barbares (1).
Le chant actuel grec, en un mot, est comme un palimpseste mu-
sicalj dont les caractères superposés laissent à peine deviner le texte
originai et traditionnel. Mais qu'importe, si ce texte existe, ne fùt-ce
qu'en un seul endroit, si le courant des traditions musicales, si
troublé dans son parcours, peut encore étre remonté jusqu'à sa source,
si Ton peut encore se désaltérer à ces ondes limpides ! C'est loin des
yilles, loin du bruit de ce monde qu^il convient de la cbercber:
c'est dans le silence harmonieux, dans les solitudes animées, qui
sont le refuge de tout ce qui craint le contact du monde, que l'on
pourra surprendre encore ces mélodies, qui y sont pour ainsi dire
en retraite, en attendant le jour où elles pourrout rentrer dans
le monde.
En parlant de ces couvents, refuges des mélodies traditionnelles,
c'est surtout au Mani-Athos, à la sainte montagne, que nous avons
Youlu faire allusion. C'est là où les cbants sacrés de l'Église By-
zantine peuvent étre entendus dans leur pureté, leur dignité originaire;
du moìns ils pouvaient Tetre encore, il y a quelque temps.
(1) L.-A. Bouroault-Dlcoudrat, pages 6 et 7 de ses Études sur la Muiique
Eccìéa. Oreeque, a constate cet état déplorable du chant dans la pratiqae; il
ne fait exception qae poar ano église de Smyrne, à St-Dimitri.
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LBS CHANTS DE l'ÉGLISB GREGQUB-ORIBNTALE 69
Nous les avoDS entendus ces chants simples et profonds, d'un dessin
mélodique si noble, d'une dignité si grande, sans aucun artifice,
mais pleins d'un art consommé; il nous a été donne de les entendre
chanter avec cette méme ferveur, cotte méme componction, que nous
supposons aux chants des chrétiens des premiers àges, et qui en font
comprendre le sens intime et sublime; nous avons pu admirer ces
beaux élans, rendant avec une justesse d'expression presque drama-
tique, non surpassée par aucune mélopée moderne, les sentiments les
plus divers, la douleur et Tallégresse celeste, Tangoisse de la péni-
tence, la joie de la résurrection.
Ces chants sont presque syllabiques, de rare en rare un ornement
mélodique fleurìt au milieu de cette mélopée, si concise dans les
formes et si bien proportionnée dans cette concision méme. Bien
de trop, ni trop peu; chaque syllabe refoit sa valeur, les accents
sont d'une justesse irréprochable. La melodie suit le texte, non pas
en esclaye, mais en compagne ideale, réglant son pas sur le sien.
L'une est l'ombre lumineuse de l'autre. C'est une yéritable école de
diction musicale, dont les règles, pour ne pas étre formulées, mais
simplement dictées par un sentiment juste^ n'en sont pas moins pré-
cieuses à étudier.
Nous parlerons plus tard de la nature de ce rhythme, qui est le
grand secret de la beante de ces chants; nous voulons seulement en
&ire ressortir ici le caractère general, et qui n'est ni colui de l'ar-
bitraire, ni colui de l'uniformité conventionnelle. Sa démarche, si l'on
peut s'exprimer ainsi, a quelque chose d'ailé, on pourraìt presque
dire de dansant; leur rhythme, dans ses mouvements libres et chastes
à la fois, nous a pam approcher celui de certaìns pas gracìeux qu'exé
entent dans les pays slaves du Midi les jeunes fiUes, tenant à la
main des voiles blancs.
Et pourquoi ne pas admettre que les chants religieux puissent étre
empreints de cette gaieté franche et honnéte, qui, selon St-Thomas,
est une des dix yertus morales?
On ne saurait definir si ce système rhythmique est binaire ou
temaire ; il est tantdt l'un tantdt l'autre, et c'est ce qui constitue son
abandon délicat et originai.
L'absence de la note sensible, les inflexions particulières aux tons
d'Église, les repos bien distribués, en font quelque chose de très à
part et de coroplet et achevé en soi.
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70 MBMoan
Impossible d'y ajonter une note, un seal accent, sans troubler l'en-
semble. La plus légère déviatìon à ce sujet cheque l'oreille des
Orecs comme une chose contraire au bon sena et à leurs sentiments
les plus ìntìmes.
Ce chant-là qui porte les marques de la plus haute antiquìté, par
cotte nùson meme, quo ce qui est simple précède toujours ce qui
est compliqué, se trouve, nous TaTons dit, dans les couTents da
Mont-Athos ; du moins, il devait s'y trouyer enoore il y a quelques
années.
Il nous a été donne d'en recueillir un certain nombre en les
écriyant sous la dictée d'un disciple du Bév. P. Barthélemy Kout-
lùumousyano8, ce moine érudit du Mont-Athos, qui avait fait de l'étude
et de la compulsion des textes liturgiques le but de sa vie, et dont
les travaux ont une si grande portée pour Fart sacre et un retentis-
sement si légitime.
Qu'il nous soit permis d'eiprimer, en terminante toute notre sin-
cère reconnaissance pour les précìeux renseignements que nous a?ons
re(U8 dans le courant de notre trayail.
Nous n'aurions point osé méme l'entreprendre si nous ne nous
avions pu appuyer sur les conseils précieux d'une autorité ausai com-
petente en cotte matière, et qui réunissait en elle une érudition
profonde avec la plus parfaite bienveillance et une patience ine-
puisable.
Cotte bienyeillance et cotte patience ne nous ont point fait défaut
un Seul instant, aussi bien dans la partie historique de notre trayail,
que pendant l'annotatìon des mélodies sacrées, travail assez délicat
et difficile, parco que les notions usuelles mélodiques et rhythmiques
y sont mises sou?ent au défi.
Les épreuYOs et contreépreuves auxquelles nous avons soumises nos
mélodies, écrites d'après l'ouie, nous font espérer d'avoir rénssi dans
notre tftche: d'inserire fidèlement et avec exactitude, gr&ce à un con-
cours favorable de circonstances, des chants que nous considérons
comme une des plus belles expressions du genie musical d'un peuple
et comme un moyen admirable d'instruction et d'édification.
Nous sommes heureux d'en pouvoir présenter quelques-uns aux
lecteurs de la Rivista Musicale en commen9ant par l'antique et cé-
lèbre Chant de Noel: Chriat est né — glorifiejs ! Xpiaiò^ rcvvclTai,
boEà(TaT€ !
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LBS GHANTS DB L*ÉOLI8E GRECQUE-ORIBNTALB
71
N. 1.
Christos genn&tal.
Du Canon de Noil omx Matines (Mattutino nel Canone di Natale).
Antérìear an IV* riècle.
Ce ehant est dté par St-Grégoire de Naiiance (828-389) dans son Oration de
J*Epiphaiiie. • ' .
(Vertion du Moni Athos),
E\pix6q.
fjxo? o'.
Prtmiar Toh. ÀiUgro,
Xpi - OTÒ^ T€v - va-TOi, bo - Ed-òd - T€ • Xpi -
Cristo nasce glorificate : Cri -
J J f> 1 f^-^U-j I j J J jTjTy^^
35
7=é:
arò^, tt Oò-po - vCbv .... d-irav-Tft-aa - T€ • Xpi - atò^,
sto, dai cieli incontratelo Cristo
u j I J r I r ^^ I ^ I J ^ j I ^ = j I in j ^
è - ir! Tfl^ ò - i|fdj-aii - t€ • <[ - ao - t€ tip Ko - pi - - ip
sopra la terra innalzatevi cantate al Sigtaore
I j j JN ^ J ji J J ^ rr^^^
^
irA-aa i\ 'yfi, koì iv €Ò-q>po-aO - - " V13, d-vu|Li
tutta la terra e con letizia inneg •
Cid«aeM
\ ^>t ^ jìj n } ji^^} 1^^
vf|-oa-T€ Xa - oi, 6 - ti Ò€ - òó - Eoa - tqi.
giate ó popoli, perchè è glorificato.
Analyse.
Ce chaDt est divise en deux parties, composées Tune de trois,
Tautre de deni^ membres niélodiques. Nous avons d'abord trois
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72
MEMOR»
phrases qui commenceiit par le mot « Christos » accentué chaque
fois d'une manière differente et qui constitue une magnifique progres-
Sion ascendante; c'est la proclamatìon de la naissance du Christ, « la
benne nouvelle » qui fut annoncée d'abord aux bergers. Il y a du
pathétique le plus noble dans cette phrase, qui revient à troia fois
sur ce nom, comme si elle ne pouvait se lasser de répéter la vérité
joyeuse.
La seconde partie est composée de deux phrases plus longues que
les premières, et représentant par conséquent la contrepartie, Téqui-
valent de la première partie comme extension, EUes contiennent l'appel
à tous de chanter le Seìgneur.
Les cadences ont lieu sur sol et ré et se répartissent de la ma-
nière sui?ante:
ISol
Ré
Sol.
. . i Sol
2« période <
L'architecture, la construction des périodes se présente sous cet
aspect :
sol 1 ré 1 sol
Bol 1 ré
Perìodo tenain
Periodo bin&ire
Architectare
binaire
La tonaUté est celle de Yhypodarien transposé à la quinte infé-
rieure.
Son amhitus est d'une septième — du ré inférieur à Yut supérieur.
Le rythme est libre.
La mesure initiale commence par un temps leve (anacrouse simple).
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LBS CHANTS DB L*B0L18S GRBCQUB -ORIENTALE
73
N. 2.
PhOs HUaròn.
Hymne chanié aux Vépres (Inno Vespertino).
Siècles antérìears aa lY^.
Hymne attrìbaé à Si-Athénogènea martyr (II* siòcle), et dont St-Basile
(iy« ùècle) déclare la masiqae d'ane traditìon dójà très ancienne.
(Versùm du Moni Aihoa).
ffxo^ P'. Deazième ton.
M. M. J = 88. AUttfro.
r^ j j j j j j QjfìU^ Jj JJJ]]^^
^C}^ l-Xa-pòv &-T(-a^ W - 2?i?
Luce ilare, di santa gloria
d-eo-vd - Tou
Dell'immortal
ITO - Tpó^
padre
ù-pa-vC-ou &-YÌ-OV Md-KQ - poc 'In - - - - oov Xpi - - are.
Où-pa-vC-ou d-fi-ov Md-Ka-po^ *\i\
Celeste, Santo, Beato,
Gesù
aou Xpi -
Cristo.
^Ji JftJ Jj jTTj jjjJljjitJ J'^^gìljjj
"EX-eóv-T€^ é-irt Tf|v 'H-X(-oo &Ó - aiv, l-òóv-rc; qpOti^ éa-irc - pi - vóv.
Venuti del sole al tramonto, Vedendo laoe vespertina
T> J|^ JJJJJJJ J>Jj)Jji^_jLr3:3JJj fj
^^voO•^€v fTa-T^ - pa, Yl-òv kqI à - yt-ov TTv€0 - fia
Lodiamo il Padre, il Figlio, e lo Spirito Santo,
Gc - óv.
Dio.
i Ili i i i-^i j.-ii^. Jiij j j j ^m
ft-Ei-dv ac èv nà - a\ xai-pot^ 6-jiv€t-oeai cpui-vat^ ol-ffi - ok
È cosa degna in tutti i tempi Lodarti con voci propizie,
, 2uhf|v, ' ó bt-òoù^, bx'ò 6 KÒa ' |Lio^ bé
0 Figlio di Dio, che vita concedi, Perciò il mondo ti
òo - léT^ rei.
glorifica.
4h2»^ CXapòv dr^a^ h6ìci\<; 9
'ABavdTOu, TTarpó? 6
Oitpaviov ócfioy MdKapo^, 10
•InaoO Xpiaté. 'exeóvTC? 8
èirl Tf|v 'HXiou bOoiv, 8
tbdvT€( (p(b^ éoircpivòv, 8
6|LivoO^€v TTarépa, Yiòv, 8
Kal (tx\ov TTvcOMa, G€Óv 8
AEiòv oc èv irdai Kaipo!^ 9
UMvctaOat qMUvatq ataiaK 9
Xxi GcoO tMii\y 6 biboù<; 9
btò ó Kóafio^ bè òoEd2:ei 9
Lace ilare, di santa gloria
Deiriromortal Padre
Celeste, Santo, Beato,
Gesù Cristo. Venati
Del sole al tramonto.
Vedendo lace vespertina
Lodiamo il Padre, il Figlio,
E lo Spirito Santo, Dio.
È cosa degna in tatti i tempi
Lodarti con voci propizie,
0 Figlio di Dio, che vita concedi,
Perciò il mondo Di glorifica.
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74 MBUORIB
Afudffse du « Phós HiJartm ».
Architeeture. Au point de vue de la constructìnn cette melodie,
si sérieuse et profonde dans sa simplicìté, est un des plus beaur
spécimens du distique musical, cette forme élémentaire dans la-
quelle le genie des peuples a aimé, depuis lés temps les plus reculés,
céuler ses chants et notamment ses chants épìques, comme par exemple
chez les Slaves la Bylina ou Legende héroique.
lei comme là-bas, Tunìque periodo nfusical consiste en une phrase
et contre-phrase, de proportions variables à chaque nouveau verset,
selon les exigences du texte, librement rhythmé, espèce de varìationB
vocales sur un thème (dessin) mélodique donne.
Cette frappante analogie avec un des types les plus anciens que la
tradition musicale populaire nous ait transmise, confirme en mSme
temps et les parchemins d'antique noblesse du Phós hiìaron^ et le
trait d'union qui existe entre le chant de l'Églìse Grecque avec
r&me du peuple. G'est aussi la meilleure explication, en dehors de
son mèrito musical, de la grande popularité de cet hymne.
La tcnalité du Phós hilaran maìntient le ichos deuteros ou se-
cond mode de TÉglise Grecque, son mode préféré.
Les cadences sur falli et réj c'est-à-dire une cadence impar£ùte
au centro du distique, une cadence parfaite sur la tonique à la fin.
L'ambitus d'une sixte ne descend que d'un ton au dessous de la
tonique ré et quatre tons au dessus (la); étendue tonale restreinte,
autre signe d'antiquité.
Le rhythme èst libre, non mesuré, avec cependant des retours ré-
guliers de deux accents principaux dans chaque phrase:
phòs hilar(te agias Ddxis
athatuìtu patrd5.
Il appartient aux rhythmes avec anacrouses et sa mesure initiale
devrait §tre notée — dans le sens moderne — avec un triple temps
leve, pareil à colui, plein d'élan, de la Marseillaise. Il ajoute au
caractère anime et ardent de cette hymne, qui, comme nous Tayons
dit plus haut (voir l'annotation n*' 2, p. 67), doit étre chanté gorgon
ou vivement, comme tous les anciens chants de l'Église Grecque
des premières ères.
Venise, 1884-87.
(A suivre).
Ella AdaIewsky.
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Saggio cronologico
delle opere teatrali (1754-1794) di I^iccolò Rccinni.
JL^on era, invero, troppo facile assunto riunire — fissando per
ciascuna in modo indubbio il luogo e la data della prima esecuzione
— tutte le opere teatrali di quel fecondissimo compositore pugliese
che fu Niccolò Piccinni. Il numero ingente dei suoi lavori ; le scarse
notizie esistenti su quelli di minore importanza; le affermazioni non
sempre esatte contenute nelle varie biografie, erano difficoltà che osta-
colavano in modo quasi sconfortante la via allo scrupoloso ricercatore.
Chi può asserire, infatti, quante opere scrivesse il Piccinni? < Sac-
chini m'assicurò — dice il Bumey — che nel 1776 il Piccinni era
autore di almeno 300 opere, tredici delle quali scritte in sette mesi ».
Ma in questa cifra, evidentemente, come osserva anche il Gerber, si
comprendevano del pari le messe, i salmi, i mottetti, le cantate ed
altro. < Io ho avuto tra le mani la lista cronologica delle sue opere
italiane composte in questo spazio di tempo, e ne ho contate 133 tra
serie e buffe ».
Ciò affermava il Ginguené (1), riferendosi al tempo che il suo fe-
(1) GmeuiHÉ P. L., NoUee sur la vie et ìea ouvragee de Niccolò Piccinni,
Parii, 1801.
Furono oonraltati altred:
AUgemeine MusUtaUaeke Zeitung, annata 1800-1801. Leipzig. Breitkopf and
Hftrtel.
GiRTASOin^ ^ifooa teoria di mu$ica, eoe. Parma, 1812.
GntnR, LexOum der TonkansOer. Leipzig, 1818.
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76 HBHORUB
dele amico s'era stabilito a Parigi: onde questa cifra va aumentata
coi melodrammi scrìtti in quella metropoli. Deploriamo che l'elenco
esaminato dal Oinguené siasi smarrito ; ciò avrebbe risparmiato a noi
lunghe ricerche e arricchito la storia musicale di un sicuro docu-
mento. Ma il numero di 139 opere che noi presentiamo in questo
saggio, non potrà, crediamo, esser troppo lungi dal vero: e siamo, ad
ogni modo, ben più innanzi della cifra di ottanta, fissata dal Fétis,
e da quella di centoquindici circa, del Florimo.
Quali notizie si hanno sui lavori di minor lena o che poco incon-
trarono il favore del pubblico? Taciuti nelle biografie, se ne trova
traccia soltanto nelle varie collezioni di libretti, e nelle cronache dei
teatri : ma se le prime non sono sempre accessibili a tutti (1), sono
OuYA C, Niccolò Picdnni, Estratto dalla Biografia degli uomini tUustri del
regno di Napoli (con ritratto inciso dal Morghen). Napoli, 1820. GenrasL
Orloff G., Essai sur Vhistoire, ecc. Paris, 1822.
ViLLAROSA (M. di), Mcmorie dei compositori di musica del regno di Napoli.
NapoU, 1840.
MiHURi-Riccio, Memorie storiche sugli scrittori del regno di NapoU, Napoli,
1844.
D^Arcaib F., I maestri italiani di musica a Parigi (Lalli, Piccinni, Saechini).
In Nuova Antologia, 1868, fase. VII.
Desrgiresterrbs G., La musica francese ed XVIII secolo. Niccolò PiceinnL
Torino, 1878. Loescher.
Florimo F., La scuola musicale di NapoU (toI. II). Napoli, 1881.
€ Barinon > . Numero unico pel monumento a Niccolò Piccinni. Bari, agosto
1881.
Consacrandosi aUa riverensa dei posteri la casa ove ebbe i natali Niccolò Pic-
dnni, questo ricordo pubblica H Comitato promotore. Bari, 1882. Aloszio.
A N. Piccinni. Discorsi ed onoranse (28 maggio 1882). Bari, 1882. Pansini.
Masi G., Inaugurandosi la statua a Niccolò Piccinni in Bari nelle Puglie,
sua patria. Bari, 1885. Lessone.
Panzacchi B., Una lotta musicale. — Oluck e Piccmni. In Nuova Antologia^
16 gennaio 1888.
Mascagni P., La commemorazione di Niccolò Piccinni. Discorso pronunciato
nel teatro di Bari il 27 maggio 1900. In Cronaca musicale, a. Y, nn. 4-5.
Si debbono aggiungere inoltre i dizionari del Fétis, del Grove, del Biemann,
del Clément-Laronsse, e tatte le cronistorie dei teatri italiani.
(1) Debbo ringraziare ancora nna volta, per le loro premurose oomunicazioni,
il dott. Wotquenne, bibliotecario del Consenratorio di Bruxelles ; il oomm. Torchi,
bibliotecario del Liceo musicale di Bologna, e il dott. Bonamici, di Livorno.
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SÀGGIO CflONOLOGIOO (1754-1704) DELLE OPERE TEATRALI DI N. PICCINNI 77
poche le città italiane che vantino una completa storia dei propri
teatri.
Dicemmo già che nelle poche biografie del Piccinni si lamentano
spesso — in fatto di date — contraddizioni e lacune : come se ciò
non bastasse, si aggiunga che il nostro compositore, seguendo l'uso
comune a quei tempi, ha musicato due ed anche tre volte il mede-
simo libretto (1); e che di un'opera in tre atti a sette od otto per-
sonaggi se ne faceva spesso la riduzione in due parti a quattro voci
0 viceversa (2), conservando la medesima musica, ma modificando il
titolo !
Se tali difficoltà avevano forse impedito che un lavoro biografico
completo sul Piccinni fosse stato sin qui prodotto, invogliavano però
a colmare la lamentata lacuna, almeno in parte, oggi che la patria
ha celebrato il primo centenario dalla morte di quel grande; perchè,
dallo specchio fedele della doviziosa produzione di lui, ne uscisse la
sua figura più bella e più ammirevole.
Scorrendo queste pagine — le quali, per quanto accuratamente com-
pilate, non cessano di essere, ripeto, che un modesto saggio — non
potrà non produrre un senso di orgogliosa meraviglia il vedere quanta
mèsse poteva produrre, nel giro di quarantanni, uno solo di quella
gloriosa falange di musicisti che, nello scorso secolo, sparsero la loro
fama per ogni dove. Era una produzione inaltemata che non aveva
mai sosta; in ogni città, in ogni teatro, in ogni stagione era un con-
tinuo avvicendarsi di opere nuove, di drammi seri, di giocosi inter-
mezzi, di liete farse, di ridicole burlette. Ventura dei tempi !
Al Piccinni fu altresì riserbata la sorte di tener alto il nome ita-
liano in un'artistica contesa col più celebrato fra gli operisti alemanni
del suo tempo. Gloria a lui, e gloria ai suoi numerosi compagni
d'arte ; la musica italiana di quel secolo fu un sole fulgidissimo di
canto e d'armonia che irradiò e allietò il mondo intero.
(1) € Si è dianzi accennato che non era raro presso gUtaliani di trattare due
0 più Tolte lo stesso soggetto. Piccinni ha composto dna Olimpiadi, dae Arto-
serse, dne Alessandro neUe Indie, due Bidone •. G. Desnoirbsterres, op. cit.,
pag. 158 — Cfr. però Alessandro neUe Indie, Ariaserse, Le finte gemelle,
(2) Cfr. la Direttrice prudente, Madama Arrighetta, gli Stravaganti, la
Erede riconosciuta
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78 MXMORIB
1. Le Donne dispettose. — Napoli, Fiorentini, autunno 1754.
Dramma giocoso a 8 voci. Testo di Ant. Palomba.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, La scuola mt/oieale di NapoUj rol. II e lY).
2. Le Gelosie. — Napoli, Fiorentini, prim. 1755, Dramma giocoso.
Spartito aatogr. al Coli. mns. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. II, pag. 246 e 259; omessa nel voi. lY).
Uipetnta al medesimo teatro nel 1763 (con nuova rousioaPV,
e nel carn. 1766, col titolo Le GMosie o le NoMee in con-
fusione, al Marsigli-Bossi di Bologna.
Cfr. 1770.
3. Il Curioso del proprio danno. — Napoli, Nuovo, carn. 1756,
Dramma giocoso a 8 voci.
Libretto al Liceo mas. di Bolo^a.
Spartito aatogr. al Coli. miis. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. II; omessa nel lY).
Riprodotto al medesimo teatro nel carn. 1758 e nel 1767
4. L'Astrologo. — Napoli, 1756. Notizia non riscontrata.
(Florimo, op. cit., voi. II, pag. 260; Riemann, Glément-
Larousse, ecc.).
5. Zenobia. — Napoli, San Carlo, dicembre 1756. Opera seria
in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Libretto al Liceo mas. di Bologna.
Spartito aatogr. al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. II; omessa nel voi. lY; B. Croce, /
teatri di Napoli, pag. 480).
Ripetuta nel med. teatro nel die. 1767 e nel giugno 1769.
6. Gaio Mario. — Napoli, San Carlo, 1757. Opera seria.
Spartito aotogr. al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. II, 258; omessa nel lY).
Ripetuta nel medesimo teatro nel 1765.
Libretto al Liceo mns. di Bologna.
7. La Schiava sirìa. — 1757. Dramma giocoso in 2 parti.
* Spartito aatogr. al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. II, 258, la registra senz*alcuna indi-
cazione del luogo di prima rappresentazione).
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SAGGIO CRONOLOGICO (1754-1794) DILLE OPBRE TEATRALI DI N. PIGCINNI 79
8. L'Amante ridicolo. — Napoli^ 1757. *
(Flormo, II, 260).
Ripetuta alla Villa Reale di Queluz (Lisbona) nel 1763, se-
condo la Bibliografia del Salyioli.
9. Famace. — Napoli, San Carlo, 8 maggio 1757. in. collabora-
zione con Davide Perez.
(Florimo, op. cit, IV ; Cbocb, op. cit).
10. Nitteti. — Napoli, S. Carlo, novembre 1757. Opera seria in
3 atti. Testo di P. Metastasio. In collaborazione con Qioac-
chino Cocchi.
Libretto al Liceo mas. di Bologna.
(B. Ceoob, op. cit., 486).
11. AleBsandro nelle Indie. — Uonta, Argentina, 21 gennaio 1758,
Opera seria a 6 voci in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Libretto alla Bibl. di 8* Cecilia.
Spartito aatogr. al Coli mm. di Napoli.
{Diario di Roma, ad ann.; Florimo, II).
Cfr. 1774, 1792.
12. Oli Uccellatori. — Napoli, 1758. Dramma giocoso. Testo di
C. Goldoni (?).
Notìzia non riscontrata. Il Clément e il Fétis asseriscono che
fri data in Napoli; il Riemann a Venezia! Il Pavan la dice
rappresentata a Roma. Lo Spinelli nella Bibliografia gol-
doniana cita il 1759 come Tanno della prima edizione co-
nosciuta. Ninna traccia nel 'Fiorirne (voi. IV), nel Wiel,
nel Diario di Berna,
13. La Morire di Abele. — Napoli, quaresima ? 1758, Oratorio in
2 parti. Testo di P. Metastasio.
(Florimo, op. cit, 11, 260).
Ripetuto in Roma, neirOratorio di S. Maria in Vallicella,
nel 1762, 1763, 1768, 1773.
14. Madama Arrìghetta. — Napoli, Nuovo, autunno 1758. Dramma
giocoso a 7 voci.
Spartito aotogr. (« Petiione ») e libretto al Coli. mos. di Napoli.
(Flormo, op. cit., II e IV).
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80 MIMORIB
Bipetuta al Formagliarì di Bologna nel gennaio 1761; al
Capranica di Boma (ridotta in 2 parti, a 5 yoci) nel cam.
1761; al Nuovo di Napoli (in 3 atti a 8 yoci col titolo
€ Monsieur Petitone ») nella primayera del 1763.
15. La Scaltra letterata. — Napoli, Nuovo, inv. 1758. Dramma
giocoso a 8 voci in 3 atti.
Spartito aatogr. e libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II e IV).
Bipetuta al Marsigli-Bossi di Bologna col titolo La Scaltra
spiritosa nell'autunno 1760 e al Carignano di Torino nel-
l'autunno 1761; col titolo originale nel cam. 1760-61 a
Parma e nell'aut. 1762 al Ducale di Milano.
16. Le Trame per amore. — Napoli, Nuovo, carnevale, 1759.
Dramma giocoso.
Libretto al Liceo mas. di Bologna.
(Omessa nel Florimo, voi. IV).
17. Siroe. — Napoli, 1759. Dramma serio in 3 atti. Testo di
P. Metastasio.
(Florimo, op. cit., II, pag. 260 ; omessa nel voi. IV).
.18. Ciro riconosciuto. — Napoli, San Carlo, novembre 1759.
Dramma serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito aotogr. al Coli. inos. di Napoli.
Libretto al Liceo mas. di Bologna.
(Croce, op. cit., 491 ; Florimo, II).
19. La Buona figliuola. — Roma, Dame, 6 febbraio (circa) 1760.
Dramma giocoso a 8 voci in 3 atti. Testo di C. Goldoni.
Spartito ros. al Coli. mus. di Napoli.
Libretto alla Bibl. di S' Cecilia.
Partitura col testo francese edita a Parigi.
(Diario di Roma, ad ann.).
Ripetuta nel maggio 1760 al Marsigli-Bossi di Bologna; nel-
Testate 1760 al Falcone di Genova; neirautunno 1760 al
Ducale di Milano; nel carnevale 1762 al Capranica di Roma
(ridotta in 2 atti), e al Ducale di Parma; nelFautunno
1762 al S. Samuele di Venezia, e al R. Ducale di Milano;
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8AOOIO CRONOLOGICO (1754-1794) DBLLS OPERB TEATRALI DI N. PIGCINNI 81
nel carD6?ale 1763 a Legnago; nel giugno 1768 al teatro
di Corte di Modena od titolo La Baronessa riconosciuta ;
con lo stesso titolo nel 1763 al S* Maria di Firenze; al Pri-
vilegiato di Vienna nel 1764 ; nell'autunno 1765 al Falcone
di Genoya; nel carn. 1766 a Pesaro; a Londra nel 1768
circa; al B. Ducale di Milano di nuovo deirautunno 1769;
nel carn. 1769 al Pace di Roma; a Parigi nel 1772; alle
Dame di Boma nel carn. 1774; al Nuovo di Napoli, col
titolo Cocchina nubile nel 1778; a Parigi nuovamente nel
1778 e nel 1790.
20. L'Origlile. — Napoli, Fiorentini, primavera 1760. Dramma
giocoso a 7 voci.
Spartito antogr. e libretto al Coli. mna. di Napoli.
(Flommo, op. cit., II e IV).
21. La Furba burlata. — Napoli, Fiorentini, autunno 1760.
Dramma giocoso a 7 voci. In collaborazione con iticela
Logroscino.
Libretto al CoU. mi», di Napoli.
(Floiumo, op. cit., lY; CaocBf op. cit., 444. Questo autore la
chiama la Fante burlata).
22. n Be Pastore. — Firenze, Pergola, ant. 1760, Dramma serio
in 8 atti. Testo di P. Metastasio.
Libretto nella Coli. Bonamici a Li Tomo.
Spartito aatogr. al Coli. mna. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II, IV; Grocb, op. cit., 510).
Bipetuta nel novembre 1765 al San Carlo di Napoli.
23. Le Beffe giovevoli. — Napoli, Fiorentini, inv. 1760. Dramma
giocoso a 9 voci.
Libretto al Coli. miis. di Napoli.
(Flobimo, II, IV).
Nella Bibliografia del Salvioli è citata col titolo Le JBeffe
giovanili,
24. Le Vicende della sorte. — Boma, Valle, 3 gennaio 1761.
Intermezzi a 5 voci in 2 parti. Testo di 0. Petrosellini.
Libretto alla Bibl. di S* Cecilia.
Spartito antogr. al Coli. mus. di Napoli.
{Diario di Roma ; Florimo, op. cit, II).
aétùia wmakak OaUtma, VIU. 6
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82 MEMORIE
Bìprodotta al Bangoni di Modena nel maggio 1765 ; al Fé-
licini di Bologna nell'agosto 1769 ; al Capranica di Boma
nel carn. 1774
25. Tigrane. — Torino, Begio, carn. 1761. Dramma serio in 3
atti.
Spartito autogr. al Coli. mos. di Napoli.
(Sacerdote, Teatro Begio di Torino^ pag. 66; FLORmo, op.
cit., II). .
26. La Schiavitù per amore. — 12oma, Capranica, carn. 1761,
• Farsetta a 4 yoci in 2 parti.
Libretto alla Bibl. di S' Cecilia.
(Il Diario di Boma accenna, in quell'anno, alle commedie
date al Capranica, ma non cita i titoli degli intermezzi in
musica rappresentativi).
27. Olimpiade. — Boma^ Dame? carn.? 1761, Dramma serio in
3 atti. Testo di P. Metastasio.
Il Fétis e il Florimo asseriscono che quest'opera fu data a
Boma nel 1761. Il Florimo nota trovarsi l'autografo nel
Coli. mus. di Napoli. Il Diario di Boma di quell'anno non
vi accenna; potrebbe però esser stata data al teatro delle
Dame nella stagione di carnevale.
Biprodotta al teatro Argentina di Boma nel febbraio 1768
(Libr. alla Bibl. di S. Cecilia).
Cfr. 1774.
28. La Marchesa spiritosa. — Napoli, Nuovo, 1761. Dramma
giocoso a 8 voci. In collaborazione con Ant. Sacchini.
Libretto al Coli. mus. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II, IV, ma ne omette la stagione).
20. La Buona figliuola maritata. — Bologna^ Formagliarì,
maggio 1761. Dramma giocoso a 9 voci in 3 atti.
Libretto al Liceo mos. di Bologna.
Spartito ms. al Coli. mas. di Napoli.
(C. Bicci, I teatri di Bologna, pag. 478; Florimo, op. cit.,
II e IV).
Biprodotta nell'autunno 1761 al Ducale di Milano e al S. Ago-
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SAGGIO CRONOLOGICO (1751-1794) DELLE OPERE TEATRALI DI N. PICCWNI 83
stillo di Genova; nel maggio del 1763 ài teatro di Seggio
Emilia, col titolo La Baronessa riconosciuta e maritata \
nel carn. 1764 al S. Moisè di Venezia; nell'estate 1765 al
Nuoto di Napoli coltitelo Cecchina i/haritata\ nell'aatanno
1769 di nuoYO al B. Ducale di Milano; all' Accademia
B. di Musica di Parigi nell'aprile 1770.
30. Demofoonte. — Seggio Emilia, fiera, 1761. Dramma serio in
8 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito autogr. al CoU. moB. di Napoli
(P. Fantuzzi, Catalogo delle rappr. in musica croste nei
teatri di Seggio dal 1701 al 1825, ecc.; Geryasoni, op. cit.).
31. Lo Stravagante. — Napoli^ Fiorentini, aut. 1761. Dramma
giocoso a 8 Yoci.
Libretto al Coli. mns. di Napoli.
(Flormo, II, IV).
Biprodotta, modificata con altra musica dà G. Coppola, al
medesimo teatro, nel 1781.
32. n CorioBO imprudente. — Napoli, Fiorentini, autunno 1761.
Dramma giocoso a 7 voci. Testo di Ant. Palomba. In col-
laborazione con A. Sacchini.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II, IV).
33. L'Astuto balordo. — Napoli^ Fiorentini, inverno 1761. Dramma
giocoso a 7 Toci.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Flobimo, op. cit., II e IV; Croce, op. cit., 444).
34. Artaserse. — Boma^ Argentina, 3 febbraio 1762. Dramma
serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Libretto alla Bibl. di S» CeciUa.
(Diario di Soma, ad ann.).
Cfr. 1768, 1772.
35. L'Astrologa. — Venesia^ S. Moisè, carn. 1762. Dramma gio-
coso a 6 yoci in 3 atti. Testo dell' Ab. Pietro Chiari.
Libretto alla Bibl. di S. Marco.
(T. WiEL, Catalogo, ecc. n. 649).
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84 MSMORIB
M. Le Arrentore di Bidolfo. — Bciogna, Marsigli-Bossi, cani.
176JÌ.. Intermezzi in 2 partii a 5 Toci.
Libretto «1 Lioeo nras. dì Bologna.
(C. Ri(jci, op.*di, 479).
Biprodotta al S. Samuele di Venezia nell'aat. 1762.
37. La Bella verità. — Bologna, Marsigli-Bossì, 12 giugno 176JÌ.
Dramma giocoso in 8 atti. Testo di G. Goldoni.
Libretto al Liceo mas. di 'Bologna.
Spartito aptogr. al CoUegio mas. di Napoli.
(C. BiCCit op. cit, 479).
38. Antigono. — NapoK, San Carlo, novembre 176J». Dramma
serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
(B. Crocb, op. cit., pag. 500; omessa dal Florimo, voi. IV).
Cfr. 1771.
39. n Gavalier parigino. — Napoli, Nuovo, inv. 1762. Dramma
giocoso a 8 voci.
(Florimo, op. cit., voi. II e IV).
40. Amor senza malizia. — Norimberga, Tour et Taxis, 1762.
Comunicazione del sig. Pavan.
(Florimo, op. cit., II).
Biprodott» al Falcone di Genova neir^tate 1770.
41. Le Donne vendicate. — Bama, Valle, carn, 1763. Dramma
giocoso a 5 voci in 3 atti. Testo di C. Goldoni.
Libretto al Liceo di Bologna.
Spartito aotogr. al Coli. mos. di Napoli.
(Il Diano di Berna, non accenna, in quell'anno, agli spetta-
coli dati al Valle).
Biprodotta al S. Samuele di Venezia nel carn. 1764; e al
teatro della Begia Fiera (?) nel 1767, secondo il Florimo
(op. cit, voi. II).
42. Il Cavaliere per amore. — Boma, Valle, carn. 1763. Dramma
giocoso in 2 parti a 4 voci.
Libretto al Conserv. mus. di Braxelles.
Spartito aotogr. al ColL-rous. di Napoli.
Biprodotto a Cento nel 1763 ; al Forroagliari di Bologna nel
gennaio 1766; a Pesaro nel carn. 1778.
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SAGGIO CRONOLOQIGO (1754-1794) DBLLB OPERE TEATRALI DI N. PIGGINNI 66
43. Le Goatadme biszarre. — Vefmma, 8. Samuela, anL 1763.
Dramma giocoso a 8 yoci in 3 atti. Testo dell'ab* G. Pe-
trosellini.
Libretto alla Bìbl. di 8. Marco.
(T. WiBL, òp. cit., N. 678).
Biprodotta al BaDgoni di Modena nel dicembre 1763; nel
cara. 1765 al teatro vecchio di Trieate; nel settembre 1765
(col titolo La Contadina hiMMorra) al Formagliari di Bo-
logna; a Lucca ed al Falcone di X^enova nel cam. 1766;
al B. Ducale di Milano nell'estate 1766; a Beggio nel car-
nevale 1770.
Cfr. 1774.
44. Berenice. — Napoli^ 1764 circa. Notìzia non riscontrata.
(Fétis, Florimo la citano senza indicazioni di luogo né di data;
Biemann, Glément e Salvioli le fissano soltanto con appros-
simazione).
45. n Perucchiere. — Sxnna^ Valle, carnevale 1764. Intermezzi a
4 voci in 2 parti.
Libretto al ConBenr. mui. di Broxellef.
(Il Diario di Boma ad ann.^ non indica le opere-date al Valle). •
46. L'Incognita perseguitata. ~ Veneaia^ S. Samuele» carnevale
1764. Dramma giocoso a 8 voci in 3 atti. Testo dell'abate
G. Petrosellivi {Enisiìdo Prosmdio P. A.).
Libretto alia BibL di $. Marco.
(T. WiEL, op. cit., N. 688),
Biprodotta a Trieste nel cam. 1765; al Formagliari di Bo-
logna nell'autunno 1769; a Lisbona nel medesimo anno; al
teatro de' Pascolini dt Urbino nel cam. 1772.
47. Qiìì Stravaganti. — Boma, Valle, 7 gennai(T 1764, Intermezzi
a 4 voci in 2 parti.
Libretto alla Bibl. di S» Cecilia.
Spartito antogr. al ColL mas. di Napoli.
(Diario di Boma, ad ann.).
Biprodotta al Tordinona di Boma nel gennaio del 1774 e. nello
stesso anno a Parigi ridotta in un atto col titolo: L'Esdave
ou le Marin généreux (Pari d'orch. edita a Parigi).
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86 MEMORIE
48. La Villeggiatura. — Bologna^ Formagliarì, cara. 1764, Dramma
' giocoso.
Libretto al Liceo miis. di Bologna.
(C. Ricci, op. cit, 484).
Il Florimo lo cita come dato nel 1762 senz'altra indicazione:
op. cit., II, 260.
49. L'Equivoco. — Napoli, Fiorentini, estate 1764. Dramma gio-
coso a 8 Yoci. Testo di Liviano Lantino.
Libretto al Coli. mos. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II e IV).
50. La Donna vana. — Napoli, Fiorentini, 1764. Dramma gio-
coso a 9 YOci. Testo di Antonio Palomba.
Libretto al ColL mas. di* Napoli.
(Il Florimo, nel yoI. IV, non cita la stagione in cai fa rap-
presentato).
51. n Nuovo Orlando. — Modena, Bangoni, 26 die. 1764.
Libretto al Liceo miu. di Bologna.
(A. Qandini, Cronistoria, ecc.).
52. La Schiava riconosciuta. — Parma, Dncale, cara. 1764-65.
Dramma giocoso a 4 yoci in 2 parti.
(Ferrari P. E., Spettacoli, ecc.).
Biprodotto nell'estate 1765 al Formagliarì di Bologna (Li-
bretto nel Liceo mas. di Bologna): al Piccolo teatro di
Dresda nel 1770.
53. n Barone di Torreforte. — Roma, Gapranica, 10 gennaio
(circa) 1765.
Intermezzi a 4 voci in 2 parti.
Libretto alla Bibl. di S» Cecilia.
Spartito antogr. al Coli. miis. di NapolL
(Diario di Roma, ad ann.; Florimo, op. cit, II).
Biprodotto a Firenze, Cocomero, nella prìmayera 1766.
Citato dal Salvioli col titolo II Barone di Terraforte.
54. Le Contadine astute. — Roma, Capranica, 7 febbraio (circa)
1765. Intermezzi a 4 voci in 2 parti.
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SAQOIO CRONOLOGICO (1754-1794) DBLLS OPBRB TBATRALI DI N. PICGINNI 87
Libretto alla Bibl. di S' Cecilia.
{Diario di Boma^ ad ann.).
Bipetuta, col titolo: Le Villanelle astute^ nel luglio del 1769
al teatro di Sinigaglia (Testo di G. Goldoni?).
r>5. H Finto astrologo. — Boma, Valle, 7 febbraio (circa) 1765.
Intermezzi a 4 voci in 2 partì.
Libretto alla Bibl. di S» Cecilia.
{Diario di Boma, ad ann.). Cfr. L'Astrologo^ 1756.
56. L'Orfana insidiata. — Napoli, Fiorentini, estate 1765.
Dramma giocoso a 8 voci. In collaborazione con Gennaro
Astarita.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, II e IV).
57. La Pescatrice, ovvero L'Erede riconoscinta. — Roma,
Gapranica, 9 gennaio 1766. Intermezzi a 4 voci in 2 parti.
Libretto alla Bibl. di S» Cecilia.
Spartito antoj^. al Coli. rous. di Napoli.
{Diario di Boma^ ad ann.; FlorimOi op. cìt., II).
Biprodotta al S. Maria di Firenze nel 1768; al B. Ducale di
Milano nell'autunno 1774.
Cfr. 1771.
58. La Baronessa di Montecnpo. — Uonta, Gapranica, 27 gen-
naio 1766. Intermezzi a 3 voci in 2 parti.
Libretto al Conserr. mas. di Bruxelles.
{Diario di Botna^ ad ann.).
59. L'Lucostante. — Boma, Gapranica, febbraio 1766. Intermezzi
a 4 voci, in 2 parti.
Libretto alla Bibl. di S* Cecilia.
Spartito ma. al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. II).
Biprodetto al Nuovo teatro di Bieti nel carn. 1768.
60. Il Fnmo villano. — Veneaia^ S. Moisè, aut. 1766. Dramma
giocoso a 7 voci in 3 atti. Testo di Antonio Palomba.
Libretto alla Bibl. di S. Marco.
(T. WiEL, op. cit., n. 717).
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88 MBMORIB
61. La Molinarella. — Né^foK, Naovo, autunno 1766. Dramma
giocoso a 8 Yoci.
Spartita antogr. e libretto al GoU. mas. di NapoU.
(Flordco, op. cit, n e IV).
62. n Qran Cid. — Napoli^ S. Carlo, novembre 1766. Dramma
serio in 3 atti. Testo di 0. Pizzi.
Libretto al Liceo mot. di Bologna.
Spartito aotogr. al GoU. mus. di Napoli.
(Plorimo, op. cit.,* II; Croce, op. cit, pag. 511).
63. Fiammetta generosa. — Napoli^ Fiorentini, 1766. Dramma
giocoso a 8 voci. In collaborazione con P. Anfoasi.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(FcoRiMO, voi. IV, senza indicazione di stagione).
64. La Francese maligna. — Napoli? 1766?
Il Biemann crede sia stata data nel 1766; il Clément nel
1767; altri nel 1769, a Roma. Ma per ciò che riguarda
quest*ultima città, tale notizia sembra del tutto improbabile.
65. La Finta baronessa. — NapoU, Fiorentini, estate 1767.
Dramma giocoso a 8 voci.
Spartito autogr. e libretto al Coli. mas. di NapoU.
(Florimo, op. cit., II e IV).
66. La Direttrice prudente. — Napoli, Fiorentinii autunno 1767.
Dramma giocoso a 10 voci.
Libretto al Coli. mas. di Napoli
(FL9R1M0, op. cit., IV).
Bipetuta al Pallacorda di Roma (ridotta a 4 voci in 2 parti,
col titolo: La Prudente ingegnosa) nel cam. 1769.
67. Mazzina; Acetone e Dindimenio. — Napoli^ 1767 circa.
Il Fétis e il Florimo (voi. II) la citano senza alcuna indica
zione di luogo e di tempo. Il Riemann e Clément ne indi-
cano approssimativamente la prima rappresentazione a Napoli
nel 1767 circa.
68. La Sciocchezza in amore. — Beggio Emilia, maggio 1768.
Dramma giocoso.
(P. Fantuzzi, Catalogo, ecc.).
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SAGGIO CRONOLOGICO (1754-1794) DSLLB OPERE TEATRALI 01 N. PIGGINNI 89
69. I Napoletani in America. — ^apo2», Fiorentini» estate Ì7ff0.
Dramma giocoso ^ 8 yoci in 3 atti. Testo di Fr. Gerlone.
Libretto al Liceo mos. di Bologna.
(Flosimo, op. cit, II; omessa nei lY).
70. La Locandiera di spirito. — Napoli^ Nuovo, aotnnno 1768,
' Dramma giocoso in 3 atti.
Libretto al Liceo miu . di Bologna.
Spartito me. al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit.. voi. II; omessa nel lY).
Biprodotta al Formagliari di Bologna nell'autunno del 1770.
71. Artaserse. — Napoli^ S. Carlo, 4 noTombre 1768. Dramma
serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito antogr. al Coli. inas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II e IV).
Dato a Torino nel medesimo anno (?), secondo il Florimo e
nel 1766 circa secondo il Clément: non è citato però dal.
Sacerdote nella Cronistoria del Teatro Begio.
Cfr. 1762, 1772.
72. n Volubile. — Boma^ Pace, 3 gennaio 1769. Intermezzi in 2
parti a 4 yoci.
Libretto al Conaerv. mas. di Bmzelles.
{Diario di JSoma, cui ann.).
73. Lo Sposo burlato. — Boma^ Valle, 3 gennaio 1769. Inter-
mezzi a 4 voci in 2 parti.
Libretto alla Bibl. di S' Cecilia.
Spartilo antogr. al Coli. rane, di Napoli.
(Diario di JSoiMa, ad ann.; Flobimo, op. cit., voi. 11)^.
74. L'Innocenza riconosciuta. — Sinigaglia^ 11 gennaio 1769.
Dramma giocoso.
(Comunicazione del dott. Badiciotti)«
75. La Finta clarlatana, ossia il Vecchio credulo. — Napoli,
Nuovo, cam. 1769. Dramma giocoso a 8 voci in 3 atti.
Libretto al Coli. mns. di Napoli.
(Flobimo, op. cit., II e IV).
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90 MEMORIE
76. Sara. — Boma, 1769? Oratoria.
Citato dal Fétis, dal Florimo, dal Biemann, ecc. Ma il Diario
di Roma non accenna affatto, nell'anno 1769, agli Oratoli
dati, in quaresima, a S. Maria in Vallicella e a San Girolamo
della Carità.
77. Demetrio. — Napoli, S. Carlo, 30 maggio 1769. Dramma serio
in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito autogr. e libretto al Coli. mos. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II e IV ; Croce, op. cit., 543).
78. Gli Sposi perseguiiati. — Napoli^ Nuoto, 1769. Dramma
giocoso in 3 atti.
Spartito autogr. al Coli. mus. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II; omessa nel IV).
79. Didone abbandonata. — Roma, Argentina, 8 gennaio 1770.
Dramma serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Libretto alla Bibl. di S« Cecilia.
Spartito aatogr. al Coli. mas. di Napoli.
{Diario di Roma, Qd ann.\ Florimo, II).
Cfr. 1783.
80. Cesare in Egitto. — Milano, Regio Ducale, gennaio 1770.
Opera seria a 6 voci in 3 atti. Testo di G. F. Bussani (?).
Libretto alla Bibl. di S* Cecilia.
Spartito autogr. al Coli. mus. di Napoli.
(A. PaquccI'Brozzi, Il R. Ducal teatro di Milano, ecc.).
81. La Donna di spirito. — Roma, Capranica, 13 febbraio 1770.
Il Diario di Roma annunzia l'opera senza indicazione d'au-
tore: nelle yarie biografie del P. si cita appunto un'opera
di lui con questo titolo.
82. Gelosia per geloaisL.— Napoli, Fiorentini, estate i77(?. Dramma
giocoso in 3 atti. Testo di G. B. Lorenzi.
Libretto al Coli. mos. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II e IV).
Riprodotta nel medesimo anno al Nuoto di Napoli.
Cfr. 1755.
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SAGGIO GRONOLOOIGO (1754-1794) DILLE OPERfi TEATRALI DI N. PICGINNI 91
83. n Begno della luna. — Milano, B. Ducale, primavera 1770.
Dramma giocoso a 7 yoci in 3 atti. Testo di C. Goldoni.
Libretto alla Bibl. di S» Cecilia.
Spartito aotogr. al Coli. mns. di Napoli.
(Pagucci-Brozzi, op. cit., ma per errore la pone all'aatanno;
registrata dal Florimo e da altri col titolo: « Il Mondo
della luna »).
84. L'Olandese in Italia. — Milano, B. Ducale, autunno 1770.
Dramma giocoso a 7 voci in 3 atti.
Libretto alla Bibl. di S* Cecilia.
(Paqlicci-Bbozzi, op. cit.).
85. Catone in Utica. — Napoli, San Carlo, 1770. Dramma serio
in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito ma. al Coli. mas. di Napoli.
(Begistrata dal Florimo, op. cii, li senza indie, di stagione;
omessa nel voi. lY).
86. Don Chisciotte. — Napoli, 1770?
(Citata nelle biografie e nei dizionari senz*a1tra indicazione).
87. n Finto pazzo per amore. — Napoli? 1770?
Così il Biemann e il Clément-Larousse.
11 Pavan cita una riproduzione BÌVHofburgtheater di Vienna
nel 1771.
88. Le Dne finte gemelle. — Boma, Valle, 2 gennaio 1771. In-
termezzi a 4 voci in 2 parti.
Libretto al Consery. mas. di Braxelles.
Spartito aotogr. al Coli. mos. di Napoli.
{Diario di Boma, ad arni.).
Biprodotto a Foligno, teatro dell'Aquila, nel gennaio 1773;
ad Ancona, teatro della Fenice, nel cam. 1774; a Parigi
nel giugno 1778; a Venezia, S. Cassiano, nel cam. 1783
(Testo di Giuseppe Fratini).
Dopo la rappresentazione di Parigi (1778) la critica trovò a
ridire sul poema € che per essere stato ridotto per la ca-
restia degli attori da tre a due atti e da sette a quattro
personaggi, parve insignificante ». (Dbsnoiresterres, op.
cit, pag. 76).
Cfr. 1774.
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va MEMORIE
80. Antigono. — Boma, Argentina? cara.? 1771. Opera seria ìd
2 atti. Testo ridotto del Metastasio?
Spartita antogr. al ColL mas. di Napoli
(Registrato dal Florimo, op. cit, yoI. Il, con la sola indica-
none « Roma, 1771 »).
90. La Donna di bell'umore. — J^opo/i, Fiorentini, cam.? 1771.
Dramma giocoso a 8 voci in 3 atti.
Spartito aotogr. e libretto al Coli. mas. di Napoli
(Plorimo, op. cit, II e IV).
91. La Corsala. — Napoli^ Fiorentini, autunno, 1771. Dramma
giocoso in 3 atti. Testo di 0. B. Lorenzi.
Spartito aatogr. a libretto al Coli. mas. di Napoli
(Florimo, op. cit., II e IV).
92. L'Erodo riconosciuta. — Venezia^ S. Benedetto, autunno 1771.
Dramma giocoso a 7 voci in 3 atti.
Libretto alla Bibl. di S. Marco.
. (WlBL, op. cit, N. 766).
È la « Pescatrice » (Boma, Valle, 1766), ampliata da due
a tre atti e da 4 a 7 personaggi.
93. Artaserse. — Napoli^ San Carlo?, carn. ?, 1773. Dramma
serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito aotospr. al ColL mi», di Napoli
(Florimo, .op. cit., voi. II, pag. 269 ; omesso nel voi. IV).
94. L'Astratto, ovvero il Oinocatore fortunato. — Venema,
S. Samuele, carn. 1772. Dramma giocoso a 8 voci in 3 atti.
Testo delFab. G. Petrosellini.
Libretto alla Bibl di S. Marco.
(T. WiEL, op. cit., N. 783).
Riprodotta al teatro di Reggio Emilia nel maggio del 1772
e al teatro di Corte di Parma nel carn. 1774-75:
95. L'Americano. — Roma, Valle, 20 febbraio (circa) 177J3. In-
termezzi a 4 Yoci in 2 partL
Libretto alla Bibl. di 8* Cecilia.
(Diario di Roma, ad ann.).
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SAGGIO CRONOLOGICO (1754-17)^4) DSLLB OPERE TEATRALI 01 N. PICCINNI 03
Riprodotto a Matetica nel gennaio 1777 ; al S. Oìo. Griso-
atomo di Venezia nell'ant. 1779; a Batisbona nel 1780
(Salvioli).
96. Le Trame zingaresche. — Napoli, Fiorentini, estate, 177JS.
Dramma giocoso a 8 voci. Tasto di G. B. Lorenzi.
Spartito aato^.e libretto al Coli, iniis. di Napoli.
(Flobimo, op. cit, II e IV).
97. Ipermestra. — Napoli, S. Carlo, 4 nov. 177JS. Dramma serio
in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito aatogr. e libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit, li e IV; E. Croce, op. cit, 547).
98. Scipione in Cartagena. — Modena, Teatro di Corte, 26 di-
cembre (circa) 177JÌ. Dramma serio in 8 atti.
(A. Gandini, op. cit).
99. La Sposa collerica. — Roma, Valle, 9 gennaio 1773. Inter-
termezzi a 4 voci in 2 parti.
Libretto al ComerT. mus. di Broxellee.
Spartito antogr. al Coli. miis. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II ; Diario di Roma, ad ann., senza indi-
cazione del nome del compositore).
Biprodotta all'Acc. B. di Musica di Parigi nel 1778.
100. I Furbi burlati. — Napoli, Fiorentini, prim. 1773. Dramma
giocoso a 7 Tocì.
Spartito antogr. e libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II e IV).
101. n Vagabondo fortunato. — Napoli, Fiorentini, autunno
1773. Dramma giocoso a 7 voci. Testo di Pasquale Mililotti.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, yoI. II e IV).
• Biprodotto a Poggia nel 1783.
102. Le Finte gemelle. — Reggio Em., earn. 1774. Dramma gio-
coso a 7 voci in 3 atti. Testo di G. Petrosellini.
Libretto alla Bibl. oom. di Seggio.
Spartito ms. al I^iceo mas. di Bologna.
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94 MEMORIE
Bìprodotta, col titolo « le Germane in equivoco » al
teatro di Sinigaglìa nella fiera del 1774 ; a Pesaro nel car-
nevale 1800, col titolo originale.
Cfr. Le due finte gemelle (1771).
103. Alessandro nelle Indie. — NapoU, S. Carlo, 12 genn. 1774.
Dramma serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Spartito autogr. e libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Flobimo, op. cit., II, IV; Croce, op. cit., 551).
Riprodotto alla Pergola di Firenze nel 1777.
Cf. 1758, 1792.
104. Olimpiade. — Napoli, San Carlo, novembre 1774. Dramma
serio in 3 atti. Testo di P. Metastasio.
Libretto al Liceo mas. di Bologna.
Spartito aatogr. al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., II ; omessa nel IV ; Croce, op. cii, 553).
105. La Contadina bizzarra. — 1774. Opera buffa in 3 atti.
Spartito aatogr. al Coli. mas. di Napoli.
(Flormo, op. cit., voi. II).
Cfr. le Contadine bizzarre, 1763.
106. Oli Amanti mascherati, — Napoli, 1774. Opera giocosa in
2 atti.
Spartito aatogr. al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. II).
Biprodotta al teatro dei Fiorentini in Napoli nel 1776 (Libr.
al Coli. mus. di Napoli).
107. L'Ignorante astuto. — Napoli, Fiorentini, carnevale 1775.
Dramma giocoso a 8 voci. Testo di Pasq. Mililotti.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, voi. IV).
108. I Viaggiatori. — Napoli^ Fiorentini, autunno, 1775. Dramma
giocoso a 7 voci. Testo di Pasquale Mililotti.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo, op. cit., voi. IV).
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SAGGIO CRONOLOGICO (1754-1794) DELLE OPERE TEATRALI DI N. PICGINNI 06
109. Enea in Coma. — Napoli, Fiorentini, 1775, Dramma serio
in 3 atti. Testo di Pasq. Milìlotti.
Spartito autogr. e libretto al Ck)ll. mas. di Napoli.
(Florimo, voi. II e lY ; senza indicazione di stagione).
110. n Sordo. — Napoli, 1775. Intermezzi in 2 parti.
Spartito autogr. al Coli. mas. di Napoli.
(Fétis, Fiorirne lo citano senz'alcuna indicazione di luogo e
di data ; il Clément lo registra come dato a Napoli nel 1775.
111. La Capricciosa. — Roma, Dame, 8 febbraio i77ff. Dramma
giocoso a 7 voci in 3 atti.
Libretto alla Bibl. di S> Cecilia.
Spartito antogr. al Coli. mas. di Napoli.
{Diario di Roma, ad ann.; Florimo^ op. cit., voi. II).
112. Badamisto. - Napoli? 1776?
(Citato nelle biografie e nei dizionari senz'altro indicazione).
n Plcclnni giunge a Parigi 11 31 dicembre 1776.
113. Roland. — Parigi, Acc. R. di Musica, 27 gennaio 1778.
Dramma in 3 atti. Testo di 0. Marmontel.
Partitura edita a Parigi.
(Oinguené, Fétis, Florimo, Desnoiresterres, ecc.).
114. Fhaon. — Chaisy, teatro di Corte, 1778. Opera in 2 atti.
Testo di Watelet.
(Clément-Laroasse, Biemann, ecc.).
115. n Vago disprezzato. — - Parigi, B. Àcc. di Musica, 16 mag-
gio 1779.
Libretto al Conserv. mas. di Bruxelles.
(Chiamato anche « Le Fai méprisé ». - Oinguené, Fétis,
FlorìmOi Clément-Larousse, ecc.).
116. Atys. — Parigi, Acc. B. di Musica, 22 febbraio 1780. Tra-
gedia lirica in 3 atti. Testo di 0. Marmontel.
Partitura d'orchestra edita a Parigi.
Spartito ms. al Coli. mas. di Napoli.
117. Iphigénie en Tauride. — Parigi, Àcc. B. di Musica, 23 gen-
naio 1781. Opera in 4 atti. Testo di Dubreuil.
Partitura d'orchestra edita a Parigi.
Copia ms. al Coli. mns. di Napoli.
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06 MBMORIS
118. Adele de Ponthieu. — Parigi, P. Saint-Martin, 27 ottobre
1781. Opera in 8 atti. Testo del Marchese di Saint-Marc.
Cfr. 1785.
119. Didon. — Foniainebkau, 16 ottobre 1783. Opera in 3 atti.
Testo di G. Marmontel.
Partitura dVchestra edita a Parigi.
Copia ma. al Coli. mas. di Napoli.
120. Le Donnear éveillé. — Parigi, Commedia italiana, 14 no-
vembre 1783. Opera comica in 4 atti. Testo di 0. Mar-
montel.
(Fétìs, Glément-LaroQsse, Grove, ecc.). .
121. Le Fauz lord. — Faniainehleau, novembre ? 1783. Commedia
in 2 atti in prosa e in versi. Testo di Giuseppe Pìccìnni
(primogenito di Nicola).
Partitura dVchestra edita a Parigi.
122. Diane et Endymion. — Parigi, Acc. B. di Musica» 7 set-
tembre 1784. Opera in 3 atti. Testo di J. F. Espio cav. de
Lirou.
Partitura d'orchestra edita a Parigi.
Copia ixM. al Coli. mm. di Napoli.
123. Lucette. — Parigi, Commedia italiana, 30 dicembre 1784.
Testo dì Gius. Piccinni.
(Fétis, Laroasse, Greve, ecc.).
124. Penèlope. — Fonlainébleau, 2 novembre 1765. Opera in
3 atti. Testo di G. Marmontel.
Partitura d*orchestra edita a Parigi.
Spartito me. al Coli. mns. di Napoli.
125. Adele de Ponthieu. — Scritta in Parigi nel 1785, con nuova
musica (Cfr. 1781) ma non rappresentata.
(Fétis).
126. Le Mensonge officieuz. — Parigi, Commedia ital., 17 marzo
1787. Testo di Giuseppe Piccinni.
(Fétis, Larousse, ecc).
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6AOGIO CRONOLOGICO (1754-1794) htLLt OPBRB TBATRALI DI N. PICCINNI W
127. L'ÉnlèYMdèttt dèe BabinM. — Opera scrìtte in Parigi
Bel 1787, ma non rappiBdeiftatà.
(Pótis).
128. CSljrtemnestre. — Opera scrìtte in Parigi nel 1787 ; provate,
ma non rappresentete.
(Pétis),
129. Vittorina. — Per Landra, 1790? Opera giocosa in 8 atti.
Testo di C. Goldoni.
Spartito ms. al Coli. mos. di Napoli. •
(Florimo, op. cit., voi. II ; scrìtte nel 1790, ma non rappre-
sentete, secondo il Clément). •
Il Piccixml toma a Ifapoli il 6 settembre 1791.
130. La Serva onorata. — Napoli^ Fiorentini, carne?.? 1792.
Dramma giocoso a 6 voci.
Libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Plorimo, op. cit., voi. IV).
131. Alessandro nelle Indie. — Napoli^'SM Carlo, 12 gennaio
179J2. Dramma serìo in 3 atti. Testo di P. Metastasip.
Musica in gran parte nuovamente composte. Gfìr. 1758, 1774.
Spartito &nix>gr. e libretto al Coli. mas. di Napoli.
(Florimo» op. cit., voi. II e IT).
132. Oionata. — Napoli, San Cario, 4 marzo 179S. Oratorio. Tèsto
di Carlo Semicola.
Spartito ms. e libretto al Coli. mas. di N|ipoll.
(Plobimo, op. cit, II, IV).
1 33. Ercole^ al Termodonte. — Napoli, San Carlo, 12 geimio
1793. Dramma serio a 5 voci in 2 atti.
Spartito mi. e libretto al Coli. mns. di Napoli.
(Florimo, op. cit, II, IV).
1 34. La Qrìselda. — Veneaia, S. Samuele, autunno 1793. Dramma
eroicomico, a 8 voci, in 2 atti. Testo di Angelo Anelli.
Libretto alla Bibl. di S. Marco.
(T. WlBL, op, cit, N. 1091).
. Vili. 7
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98 MEMORIE
135. Il Servo padrone, ossia l'Amor perfetto. — * Venejna,
San Samuele, cani. 1794. Dramma giocoso a 8 voci, in
2 atti. Testo dell'ab. Mazzola.
Libretto alla Bibl. di S. Marco.
(T. WiEL, op. Cit., N. 1111).
136. Lo Sposalizio di Don Pomponio. — Opera bufia in 3 atti.
Spartito ms. al Coli. mas. di Napoli.
(Il Florimo, op. cit, voi. II, la registra senza alcuna indi-
cazione; il Clément l'assegna al 1795 circa).
OPERE
delle quali sono ignoti la data ed il luogo di prima rappresentazione..
137. I Decemviri. — Opera seria in 3 atti.
Spartito ms. al Coli. mas. di Napoli.
138. Il Finto turco. — Opera buffa in 3 atti.
Spartito antogr. al Coli. rons. di Napoli.
139. Le Quattro Nazioni^ o la Vedova scaltra. — Dramma
giocoso su testo di C. Goldoni.
(Forse rappresentato in Boma verso il 1773).
Awertema, — Nelle varie biografie si citano» come scritte dal Nostro, alcune
opere del sao secondogenito, Lnigi (ad es. la Notte critica), o di altri composi-
tori del tempo (ad es. La Finta giardiniera deirAnfossi, e il Bitomo di 2>. Ca-
landrino del Cimarosa). Il Conclave deWanno 177à, poi, non è che nna satira
romana sni cardinali d*alIora, foggiata a guisa di melodramma (non vi mancano
nemmeno i nomi degli autori in yoga, Metastasio e Piccinni); satira di cai si
conservano numerose copie ms. e varie edizioni stampate. •
Alberto Cametti.
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SAGGIO CHONOLOGICO (1754-1794) DELLE OPERE TEATRALI DI N. PICCINNI 99
ELENCO ALFABETICO
(Il numero indica l'opera nelVelenco cronologico).
AdèU de Pmihieu, L18, 125.
Akimmdro neUe Indie, 11, 103, 131.
Awumte ridicolo, 8.
Amanti mascherati, 106.
Awierieano, 95.
Awu)r senza malizia, 40.
Antigono, 38, 89.
Artaserse, 34, 71, 93.
Astratto (Giuocatore fortunato), 94.
Astrologa, 35.
Astrologo, 4.
AsiMto balordo, 33.
Atys, 116.
Avventure di Rodolfo, 86.
Barone di Torreforte, 53.
Baronessa di Montecupo, 58.
Baronessa riconosciuta (V. Buona
figUuoia),
Beffe giovevoli, 23.
Bella verità, 37.
Berenice, 44.
Buona figliuola, 19.
Buona figliuola maritata, 29.
Coto Mario, 6.
Capricciosa, 111.
Goton^ m C7<»oa, 85.
Oaoa2t«re parigino, 39.
CSztHi2»^ |W afnore, 42.
Ceechina nubile (V. Buomi figliuola).
Ceechina maritata (V. Buona fi-
gliuola maritata).
Cesare in Egitto, 80.
Ciro riconosciuto, 18.
Chftemnestre, 128.
Conclave del 1774 (V. Avvertenza
finale).
Contadina bizzarra, 43, 105.
Contadine astute, 54.
Contadine bizzarre, 43.
Corsala, 91.
Curioso del proprio danno, 3.
Curioso imprudente, 32.
Decemviri, 137.
Demetrio, 77.
Demofoonte, 30.
i>ian0 et Endymion, 122.
Di^io», 119.
Didone abbandonata, 79.
Direttrice prudente, 66.
Don Chisciotte, 86.
Dontia rf» belVumore, 90.
Donna (2t spirito, 81.
Donna vana, 50.
Donne dispettose, 1.
Donne vendicate, 41.
Dormeur éveiUé, 120.
Due /ìnte gemelle, 88, 102.
^nea in Cuma, 109.
Enlevement des Sabines, 127.
fTguiVoco, 49.
ercole a/ rermo(2on/e, 133.
J5>ede riconosciuta, 92.
Esclave ou le Marin généreux, 47.
Fante fturZato (V. Ft«ròa 6urlato>.
Famace. 9.
Foone (V. P^on), 114.
Fai méprisé (V. Fo^o disprezzato).
Faux lord, 121.
Ftamme^a generosa, 63.
Finto baronessa, 65.
Ftnto ciarlatana (Vecchio credulo,
75).
PVnto giardiniera (V. Avv. finale).
Fmte gemelle (V. Due /inte gemelle).
Finto astrologo, 55.
Ftnto par<jo per amore, 87.
Ftwto iurco, 138.
Francese maligna, 64.
Fumo villano, 60.
Furba burlata, 21.
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100
BfEMOftIS
Furbi burlati, 100.
Oèlona per gelosia, 82.
Oeheie, 2.
Germane in equiifoco (V. Due finte
gemette).
Ownata, 182.
Gran Od, 62.
Griselda, 134.
Ignorante astuto, 107.
Incognita perseguitata, 46.
Incostante, 59.
Innocenza rfootiotcwrta» 74.
Ipermestra, 97.
Iphigénie en Tauride, 117.
Looafuiiiera ili spirito, 70.
Lf«celfe» 128.
Madama Arrighetta, 14.
Marchesa spiritOM<i, 28.
Jfoffjrtiia, Acetone e Dindimenio, 67.
Mensonge officieux, 126.
iSfo/tnareOa, 61.
Jfo9ulò (20Ì7a iiiNa (V. Bé^no deOci
Monsieur Petiton (V. 3fa(2ama ^r-
Jforto cfi ^fteJ^, 18.
NapoUUmi in America, 69.
NUUU, 10.
^o^(e cnMca (Y. Avvertensa finale).
Nuovo Orlando, 51.
Olandese in Italia, 84.
OKmpiade, 27, 104.
Orfana insidiata, 56.
On^Ofe, 20.
Penèlope, 124.
Ptfruccliiertf, 45.
Peseatrice (Erede riconosciuta), hi,
92.
PetOon (Y. Madama Arrighetta).
Phaon, 114.
PriMl^te ingegnosa (Y. Direttrice
prùdente).
Quattro nasioni (Vedova scaMra),
189.
i2ddàf»iiMo, 112.
Jiatto de2fe Sabine (Y. J^pOéMMMtt^
di» iSbòttitf»).
Segno deOa luna, 88.
Be PaOare, 22.
litlofiid db' Z>. (Mmàirino (Y. àt-
vertensa finale).
BxìUmd, 118.
iSara, 76.
iS^»2fra leticata, 15.
jSea7<ra spiritosa (Y. iS^ottm fetfcr.).
jSb^totNi rtconoscmta, 52.
Schiava stria, 7.
Schiaviti^ per amore, 26.
Sciocchesea in amore, 68.
Scipione m Cartagine, 98.
iSSsroa onorata, 180.
5tfrvo pckirofttf (^mor perfetto), 135.
iSiìroe, 17.
5brdo, 110.
<^XMa collerica, 99.
SposaUeio di D. Pomponio^ 186.
5|)0M pers^uttofi, 78.
iSjposo burlato, 78.
Stravagante. 81.
Stravaganti, 47.
Tifile, 25.
Trarne |)«r amore, 16.
Trame zingaresche, 96.
Uccellatori, 12.
Fo^aòofuio /brlMiialo, 101.
Fo^o dispreseato, 115.
FecioiMi sM^era (Y. Quollro ^ofiom*).
Viaggiatori, 108.
FtcetMle (ielfo sorte, 24.
Villanelle astute (Y. CtmtoA osiwCe).
Villeggiatura, 48.
Fittortfta, 129.
FoJuòiZe, 72.
-Zenoòìa, 5.
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La iQusiqne scandinave
avant le XIX** siede.
GHÀPrrRE I.
Dea orlglnes au XVULl» siede.
o.
'n peat confondre sons le nom de Scandìnaves les populations,
ethnographìquement si caractérisées, et donées d'une origìnalité in-
tellectaelle si forte et si distincte, qui occupent les trois pays septen-
trìonaux de l'Europe, le •DaDemark, la Suède, et la Norvège — unie
maintenant à la Suède après avoir longtemps partagé les destinées
du Danemark.
Politiquement, les royaumes scandinayes ont tenu, dans l'epoque
moderne^ une place considérable. Mais nous n'avons pas à envisager
ici ces aspects de l'histoire. Ce qui nous interesse, c*est le rdle in-
tellectuel de ces pays, fort lettrés, où la science est depuis longtemps
en bonneur, et qui ont produit un important contingent d'érudits, de
littérateurs et d'artistes. Aujourd'hui, en particulier, on sait quels
succès ont obtenus chez nous les puissants dramaturges norvégiens.
— Ces régions possèdent un des principaux éléments de la grande
poesie et dn grand art; un fonds très ricbe de traditions bérolques,
d'épiques souvenirs. Parallèlement à ces légendes séculaires, la na-
ture grandiose et sevère de ces contrées, en favorisant l'aptitude à la
rSverie, a engendré la disposition d'&me mélancolique et sentimen-
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102 MEMORIE
tale, d'où sont sortis des cbants populaires d'ane rare couleur, d'un
accent pénétrant. C'est de ce chant populaìre, de tant de relief, que *
chercbent aujourdliui, avec raison, à s*inspirer les mnsìciens qui
constituent là-bas une école originale et curieuse.
Il n'entre point dans notre pensée de méconnaitre les caractères
par lesquels se différencient le Danemark, la Norvège et la Suède.
Mais en considération des affinités de tout genre qui les relient,
nous avons cru, en yue d'obtenir une exposition plus complète à la
fois et plus brève, pouvoir tracer ep commun l'histoire des trois
royaumes, pour ce qui concerne l'art musical.
Sur la question des origines, nous serons, selon notre coutume,
fort concis, les études telles que celle-ci étant, par définition, con-
traintes d'écarter tout ce qui est obscur ou discutable. Nous ne par-
. lerons point de ces époques reculées, antérieures à la propagation du
cbristianisme, où régnait en Scandinavie le eulte d'Odin et tonte cette
mythologie imposante que Wagner a si admirablement mise en
oeuvre dans sa Tetralogie. Ce qui est certain, c'est que la poesie,
une poesie sans doute un peu fruste, mais remplie d'éclat et d'arome,
était en faveur à la cour des vieux rois de Norvège. Cette poesie,
comme il est arrivé dans la plupart des littératures primitives,
était chantée. La tradition a conserve le nom d'un scalde islandais,
Amor Jarlaskald, qui vécut au XP siede, où il fut le contemporain
des deux princes Magnus le Bon et Harald, fils de Sigurd. La mé-
lopée, fort colorée, d'une de ses complaintes, a subsisté, non sans des
surcharges et des variantes, dans le folkslore national. Au siècle sui-
vant, nous relevons la trace d'un autre scalde, également natif
d' Islande, Amald, loué pour ses talents poétiques par Saxon le
Grammairien, et qui fut attaché au roì de Danemark Waldemar le
Grand. Amald soutenait ses cbants à l'aide de cette harpe élémen-
taire dont nous avons eu à parler dans notre Sistoire de la Musique
allemande.
Nous nous bornons à indiquer ces souvenirs qui appartiennent, en
quelque sorte, à la préhistoire de la musique. Beaucoup plus tard,
les annales de cet art nous présentent le nom d'un dominicain,
Aquinus, fixé en Suède, mais vraisemblablement d'origine helvétique
ou souabe, et qui, travaillant en théoricien, composa un traité, en
un livre unique, le De numerorum et sonortim proportionibus,
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LA MU8IQUB 8CANDINATE AYANT LE XIX SlÈCLS 103
d'après les principes, à ce moment passablement démodés et arriérés,
de Boèce.
* Àu XVP siècle, en Saède, nous tronvons la musique très en faveur
à la cour de Gastave Vasa (1523-1560). Il attira dans son royaume
plosieurs musicìens étrangers. Au temps de ses fils, signalons, dans la
Ohapelle Boyale, la présence de chanteurs italìens. À la tdte de cette
Chapelle fut place, sous Charles IX, un maitre suédois, Torstenius
Johannis. Sous le règne de Gustave II Adolphe, au commencement
du XYII^" siècle, nous avons à noter Texistence d'un cours de mu-
sique à rUniversité d'Upsal, destinée à acquérir par la suite une si
grande notoriété musicale. D'autre part, nous rencontrons, en 1530,
la mention d'un premier recueil de chants, et c'est de 1567 que date
le Psautier Suédois.
En ce qui concerne le Danemark, ce fut vers 1595 que Christian IV
envoya en Italie, pour y perfectionner sèm goùt et sa capacité tech-
niqne, Jean Fontejo, homme de quelque valeur. C'était le temps du
grand rayonnement de l'école vénitienne. Fontejo se rendi t à Venise,
et y re9ut les le9ons de Jean Gabrieli, alors au sommet de la no-
toriété comme organiste de la Serenissime. A Venise m@me, le mu-
sicien du Nord publia deux livres de madrìgaux correctement écrits.
Il retouma dans s^ patrie/ et s*y trouvait, comme compositeur de
la Cour, en 1606.
La musique régulière, sous la forme qui était à la mode par tonte
l'Europe, était désormais introduite en Danemark. Un compositeur
de réel mérìte, Melchior Borchgrevinck, qui avait atteint sur Torgue
un degré considérable de virtuosité, et qui* était, lui aussi, attaché
au service royal, s'exer^a non sans talent dans le mSme genre ma-
drigalesque. Son recueil, en deux livres, parut à Copenhague méme
(c'est sans doute l'une des premières publications musicales qui portent
l'indication de ce lien d'origine) en 1605 et 1606. A coté de ses
propres compositions, il avait fait, dans cette coUection, une largo
place aux oBuvres des maitres les plus réputés de la Péninsule, tels
que Monteverde et Leo Leoni. Les paroles étaient italiennes; italien
aussi le titre, confu dans le goùt regnanti Giardino nuo/oo bellis-
simo di vari fiori mtisicali sceltissimi. L'artiste danois avait fait choix
de pièces à cinq voix, disposition alors très appréciée, nonobstant
sa difficulté, à cause de la plénitude qu'elle prète à l'harmonie.
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104 MSMoniB
Le madrigal et le motet étaient les formes artietiquea eo vogue.
On peut citer les motets de Hunnius, qui était né en TharìQge, mais
qui pratiqua Bon art en Daneouurk. ~ Dtns Tordre de la mueique
religieuae, il connent de mentionner le H^mU Eceìmae^ dooné à
$tockholm, en 1619, par Nioolaa Andrea qui ayait rempli dee fonotions
eooléeiastiquea en Imporne. Un suédois, Baawart, qui fit sa carrière
h Tótranger, écrivit plusieurs messes, d'un tour assei peu remarquable.
Il a?aìt toatefois une vóritable babileté dana la oombinaison poly*
pbQUÌque, Une de see messes, & trois chcsurs, eum triplici iaaso ad
arganum, est, sous le rapport de la dispesition coippliquée, vraiment
digoe d'attention.
La culture de Torgue marcbait parallèleoient à celle de la musique
vocale. Si nous trouvons un étranger, l'italien Siatini, ìl Torgue de
Téglise Saìnte*Marie de Gopenbague, nous rencontrons aussi, dans
la^ loSme yiUe, et vera la wéme date, dea organistea nationaux, par
exemplcv Laurent Schr<Bder, à l'églisa du Saint-Esprit U est l'au-
teur d'un éloge latin de la musique, Laus musicae^ où il traite la
question, còntroversée Ih comme ailleurs, de la oonvenànce et dea
avantagea de l' introduction de la musique dans le seryice divin.
Sobattenberg fut attaché à l'église Saint-Nicolas. Gomme compositeur
on lui doit les Caniianes saerae quatuar wcibus decantando^ et le
JvbilìAS 8. Bemhardi de nomine Jesus quaiuor vocibus decantaùis.
Un peu postérieur, le fils'de Laurent Schroader, Daniel, atteignit une
brillante réputation, et, doué de beaucoup d'application et de fecon-
dile, remplit asses longtemps l'emploi d'organiate k Stralsund, L'orgue
nous foumit encore le nom de Bertholosius qui fit tour à tour partie
de la maison dea rois de Pologne et de Suède.
La seconde partie du XVII« aiècie nous présente deux bommes qui
cut droit à une mention élogìeuse; l'un est Saur cu Saurins» né &
Eiel, auteur d'une grande cantate pour la cérémonie de la prestation
du serment au due de Holstein ; Taùtre est Fossius» dont le livre
manuserit Jk arte musie<n est signalé dans la Cimbria Utterata de
Moller, et qui, ayant fait ses ótudes à l'Université de Gopenbague,
longtemps cantar^ puis pasteur dans un village, publia une version
du Psautier en vers danois, sur lesquela il avait arrangé dee mélodies
de divers compositeurs allemands connus, comma Erìeger et Ham-
merscbmidt
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UL MU8XQUB SCANDINAVS. ATANT LE XO. SI^CLB 106
A la fiB du XVU* siècle, il y a lieu de relever, pour la Suède,
le Dom de Gustale Daben, présente, dans quelqttes livrea, comme
€ l0 premier compositeur suédois », — le premier, da moìns, de
ceux qui mériteut réellement ce titre.
D'autre part, en Norvège, c'est à ce marne . siede que remonte
Texistenoe des < musiciens des villes », en general assez médiocres,
mais dont quelques-uns, cependant, ont exercé une action utile sur
le déreloppement d'un art musical encore dans Tenfance. Ce fut seu-
lement à la fin du siòcle suivant que Fon decida d'attrìbuer de pré-
férence ces postes, comme garantìe d'instruction et de ménte, à des
membres de la Chapelle Royale (de Danemark).
L'aptitude à. Térudition et à la crìtique a toujoura été Tun des
apanages des peuples du Nord. Danois, Norvégiens et Suédois mon-
trèrent de benne heure, à cet ^gard, une grande puissance de trayail
et de compréhension, analogue à celle que, dans un précédent ou-
vrage, nous avons eu à vanter ches les adeptes germanìques de Tart
musical. Ces capacités du lettre et du savant appartenaient au plus
haut point à Sartorius, bumaniste et poète, qui parait Stre l'autcur
d'olì £!neomum firnsicae^ que Mattheson a loué pour les vastes con- »
naissances dont il témoigne, aussi bien que pour l'élégance sobre et
ch&tìée de la forme latine aous laquelle il est traité. Cet ouvrage
sert en quelque sorte de préface à un curieux écrit, destine à retracer,
sous le voile de l'allégorie, la ìutte entre le plain-chant et le cbant
figure. L'armée du cbant figure est censée avoir pour conducteur et
poor commandant Orphée en personne, ayant sous ses ordres, en
guise de guerriers, les chan^urs, les joueurs de flfite, les organistes,
le violonistea. — Sartorius n'était pas seulement un littérateur et
un tbéorìcìen. Pourvu, ^mme musicien pratique, d'une solide ins«
tructìon, il avait été, à dix ans, enfant de cboeur dans la Cbapelle
du due de Qottorp. Il a écrit des oanons extrémement bien faits.
* Coniar et professeur, il obtenait d'excellents resultata par la qualité
rare des cbodurs qu'il dirigeait, et qu'il avait babilement fafonnés.
A l'ordre de la littérature musicale se rapportent quelques-uns des
travaux du jésuite suédois Biedermann, qui alla enseigner la théo-
logie à Bome, où il mourut* Il est l'auteur de l'ouvrage, au titre
piquant, appelé: Utopia, mu Sahs musici^ quibus ladicra mixtim
e< seria dmarraniur.
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106 ' MEMORIE
Nous avoDS ailleurs mentioDoé Meibomius, figure originale, yrai
type de savant, non exempt de rudesse et de pédantisme, tei que
pouvait le concevoir le siècle de Vadius. Meibomius appartient à
Doke sujet actuel, puìsqu'il était né en Sleswig et qu'il fut attaché
à la reine de Suède, puis au roi de Danemark Frédérìc IH. La rare
valeur de pbilologue de Meibomius, sa compétence archéologique
ne sauraient étre contestées. Mais 11 portait dans la polémique des
habitudes fàcheuses de violence et de grossièreté. G*est à Faide de
ces procédés qu'il soutint la discussion engagée au sujet du seni de
ses ouvrages qui ait été publié à Copenh^ue, le De Proportionibus
dialogus^ entretien dont les itfterlocuteurs imaginaires ne sont pas
moins qu'Archimède, Apollonius, Théon d'Alexandrie, etc. Un des
vérìtables services que Meibomius rendit à la science fut la publi-
cation du texte de sept auteurs antiques qui ont traité de la mu-
sique: Aristoxène, Euclide, Nicomaque, Alypius, Gaudence, Bacchius
TAncien et Aristide Quintilien. — Nous aurons Toccasion, dans notre
Histoìre, en piféparation, de la musique italienne, de parler du Sa-
tyricon de Martianus Capella. Le neuvième livre, relatif à la mu-
* sique, de cet ouvrage, est joint par Meibomius aux sept traités,
complets ou fragmentaires, qu'il èdita ou restitua, en les enrichis-
sant d'un commentaire où la conjecture un peu libre a parfois trop
de part. Ce travail important, imprimé en Hollande, était dédié à la
reine Christine, qui attira l'auteur et le pensionna. Ce fut à la Cour
de cotte princesse que lui advint une mésarenture, dont Tinstigateur
était le médecin Bourdelot. Celui-ci suggéra à la souveraine l'idée
de faire chanter par Meibomius un morceau d'ancienne musique
grecque, en présence des courtisans. On peut juger du succès de
cotte tentativo, rendue plus comique par la lourdeur et le défaut
de justesse de la voix de l'helléniste. Il sut d'où partait le coup, et
se vengea en soufBetant le malicieux médecin.
Nous ne quitterons pas Meibomius sans rappeler les notes qu'il
fournit à une édition de Vitruve donneo par un autre érudit. Il s'j
rencontre des indications excellentes sur la musique antique. La sa-
gacité de notre auteur, en particulier, s'y est exercée sur la fameuse
description de l'orgue hydrauliquoi qui, par ses obscurités et ses
énigmes, a mis à la torture plusieurs générations d'exégètes.
La Finlande était encore suédoise lorsque la ville d'Abo, sa ca-
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LA MUSIQUE SCANDINAVE AVANT LE XIX SIÈCLE ' 107
pitale en ce temps-là, eut pour évéque Jean Gezelius, très ?ersé dans
la connaissance de Tantiquité, et qui a touché à la musique dans son
Encychpaedia synopiica ex opiimis et accuratìssimis Philosophis
coUecta. ~- Scbiebel, poète et musicien, recteur et cantor à Batz-
bonrg, en Danemark, fot liauteur d'un livre d'allure plus légère, les
MerveilUs curietises que la nature exerce par des sons harmonieux
sur Thomme, les animaux^ etc. — Nous citerons, toujours dans le
méme ordre d'idées, la dissertatìon du suédois Samuel Lychor, Dispu-
tatto de intendendis sonis. — Un autre suédois soutint à TUniversité
d'Àbo une thèse De tisu arganorum in templis, — La thèse d*01aus
Betzel De tactu musico est un peu postérieure. — Un excellent livre,
Orchestra, seu de saltationibus veterum^ plein d'aper9us judicieux
sur les danses des anciens et la rausique dont elles étaient accompa-
gnées, fut Toeuvre de Bìllberg qui, après avoir professe les mathéma-
tiques à Upsal, se fit receyoir docteur en théologie et devint évéque
de Stroegnces en Suède. — L'ouvrage du danois Gaspard Bartholin,
fils de Thomas Bartholin, illustre médecin du roi de Danemark, le
De tibiis veterum et earum usu, ne brille point par la méme su-
pérìorité dans le sentiment critique, mais il témoigne de très vastes
lectures. L'auteur d'ailleurs le composa à vingt-deux ans: il se voua
par la suite à des recherches d'anatomie et de science medicale. —
A titre de curiosité nous ferons une petite place à la dissertation
latine d'un antiquaire norvégien, Sperling, sur une monnaìe de l'im-
pératrice Tranquillina, femme de Gordien III. La descriptiob du revers
de cette médaille est pour cet érudit un prétexte à donner d'inté-
ressants détails sur la lyre des anciens et sur les rivalìtés qui se
produisirent, dans l'antiquité, entro les virtuoses sur les instruments
à cordes et les joueurs de flùte.
Yers la fin du XYIP siede, nous rencontrons un savant danois,
Schacht, dont l'activité fut multiple, et qui mena une vie assez
aventureuse. Ses études l'avaient conduit à Leipzig, à léna, à Franc-
fort. Il babita ensuite ITpsal et Yiborg. Il séjourna successivement
à Dantzick, à Eoenigsberg, à Copenhague, dans les Pays-Bas, avant
de se fixer en Finlande, où il remplit les fonctions de cantor et de
professQur. Quand il mourut, en 1700, il était recteur à Kierteminde,
en Danemark. Farmi ses ouvrages, demeurés manuscrits, figurent
diverses compositions musicales, et un lexique de musique, suivi
d'un traité de cet art, en langue latine.
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108 MEMORIE
La littérature musicale de toos les pays contient quelque disser-
tation snr Tapplication de la masique, comme procède thérapeutique,
aax personnes qui ont été piquées de la tarentule. La Scandinavie
ne fait pas exceptìon à cette règie. Un médecin de Copenhague, Jean
MuUer, publia en 1679 un in-quarto sur ce sujeti intitulé: De ta-
renttila^ et vi musicae in ^us curatione.
. Pour compléter ces indications sur la contribution des Scandinaves
i, TcBUvre de la théorie et de Térudìtion, nous n'avons plus à signaler
que la coUaboration de Bellmann et de Oeorge Wallerius, suédoìs
l'un et Tautre, pour Topuscule imprimé à Upsal sous ce titre: De
antiqua et medii aevi musica.
En dehors de ce qui se rapporto à Torgue, nous n'avons eu jusqu'à
préseut rien à dire de la musique instrumentale. Observons que ce
fut une anglaise, Arabella Hunt, morte en 1705, et dont Congrève
a célèbre les talents, que Ton fit venir pour enseigner l'art de jouer
du lutb à la princesse Anne de Danemark.
Chapitre il *
Le XVin<' siede.
Le XVIII<» siede a été pour la musique, un peu partout, une
epoque de croissance rapide, de riche développement* poussé dans tous
les sens. On sait notamment ce qu'il produisit en Allemagne, les
changements que determina dans l'aspect de l'art la venne d'bommes
tels que Bach, Haydn, Mozart et Beethoven, — pour tonte une paride
de sa carrière. Constitution decisive de l'originalité germanique dans
l'invention, immenses acquisitions dans le domaine de la tecbnique,
téls sont les deux caractères principaux de revolution musicale en
Allemagne au XVIIP siede. — Cependant l'Italie poursuivait, sur-
tout dans le genre dramatique, l'eclatante carrière commencée aux
siècles précédents, et la Franco prenait peu à peu un rang élevé
parmi les nations véritablement musiciennes.
Dans Iqs pays . scandinaves, ce XYIII* siede, ailleurs si^fécond,
ne fut guère encore qu'une ère de recueillement et d'étude, où 8*ac-
crut le dépOt de la science, où se répandit et se fortifia la connais-
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LA MUSIQUX SCANDINAVE AVANT LS XIX SINGLE • lOd
sance dn métier, où se prepara, en un mot, Tétat de choses qui de-
yait, dans notre sìècle, condaire les compositenrs dn Nord, ayani
pris enfin conscìence de lenr originalité nationale, à donner an monde
des (Bnvres d'nn relief distinct et d'nne savenr speciale. Nons n'al-
lons, pour le moment, rencontrer sur notre ronte qne les noms de
travaillenrs asses obscnrs. Ils marqnent dn moins les étapes d'nne
ronte ascensionnelle; c'est gr&ce à lenrs efforts prolongés qne ces ré-
gions, sltnées ani extrémités de 1* Europe, ont été progressivement
mises an point de participer avec snccès ani manifestations de la
vie musicale.
L'autonomie artistiqne n'étant pas jnsqne là, dans ces contrées,
décidément constitnéee, Tétranger, Italien on AUemand, était encore
assez firéqnemment appelé à y occuper la sitnation de maitre. C'est
ainsi qne, dans le premier qnart dn siècle, la Chapelle dn roi, en
Danemark, fnt dirigée par un habile mnsicien, Bernardi, qui arri-
vait dn pays des Scarlatti et des Marcello. En revanche, la muse
nationale apparaissait, sinon comme fort inspirée, dn moins comme
régulièrement cnltivée avec des compositeurs tels qne Thilo. Plus tard,
nous tronvons les gracienses pièces de clavecin, conrtes, mais d'un
tour élégant et délicat, de Musaens, anteur dn 'Divertimento musico
(r italien prévalait dans les titres, comme il est reste usité ponr la de-
signation mdme dn genre des morceanx, allegro, schermo ou andante)^
en Térìtable homme dn Nord, consciencienx et réfléchi, Mnsaeus se
croit obligé de démontrer dand une préface les inflnences des étndes
mnsicales sur le bon equilibro de Vime, D'antre part, Niels Bredal,
d'abord investi de fonctìons pnbliques en Norvège, puis établi à
Copenhague, écrivait des pièces vocales assez agréables et ingénieuses,
sons des appellations qui sont bien caractéristiques du temps: le
Berger irrésolu, ìe Solitaire, le Secruteur heureux^ etc. C'est à
peu près yers la mSme date qu*un antro danois, Bein, d'Altona,
8'exer9ait dans le genre sevère .dn choral à quatre parties.
On se rappelle encore quel snccès obtinrent, à TExposition de
1889 (et ce snccès s'est renouvelé à celle de 1900), les merveilleuses
fafences, d*nn décor tout ensemble si riche et si sobre, de la manu-
facture royale de Gopenbagne. Un des directenrs, an XYIII* sìècle,
de cet établissement si remarqnable par la qualité rare et fine,
hauteroent artistiqne, de ses produits, fnt un amateur fort distingue
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110 MEMORIE
de musique. Il se Dommait GroeDland. Aìmable et instruìt, il écrìvìt
pour le piano, et mit en musique des poésies allemandes. Il fut aussi
le collaborateur, au moins occasionnel, de Cramer pour la rédaction
de son Magasin de musique.
Ed Suède, dès la première moitié du siècle, nous avons à men-
tionner Johan Agrell, compositeur très estimé en Allemagne, où
Ton fit plusieurs éditions de ses ceuvres, — et un élève de Hàndel,
Bohmann cu Roman qui, se conformant à des habitudes alors assez
fréqifentes, italianisa son nom en se faisant appeler Romano, et qui
fut à la téte de la Cbapelle du roi. Il est assez ìntéressant de noter
qu'il donna des concerts publics à Stockholm. A ses aptitudes de
cbef d'orchestre il joignait celles de compositeur. Ses sonates pour
deux flùtes avec basse continue ont de la valeur; un des recueils
qu'il composa dans ce genre, imprimé à Amsterdam, porte la marque
de cette célèbre maison Roger dont, autre part, nous avons signalé
rimportance. Il s'appliqua également à la musique religieuse.
Organistes aussi bien qu'auteurs d'ouvrages théoriques, les suédois
Zettrin et Zellbell ont aussi le droit de n'étre point passés sous si-
lence. Le demier fut le fondateur de la Société d'harmonie, et l'in-
stigateur des concerts publics donnés au Palais de la Noblesse. Ce
fut là que, plus tard, on exécuta, un vendredi saint, la Création de
Haydn, avec tant de succès, que Touvrage dut, depuis, étre joué,
à la méme date, chaque année, attirant successivement des milliers
d'auditeurs. Zellbell vécut en partie sous le règne d'Adolphe Fré-
dérìc, grand amateur de musique, et lui-m§me violoncelliste habile,
tandis que la reine sa femme était une claveciniste passionnée.
Le nom de Philippe-Emmanuel Bach se rattache, d'une fafon in-
directe, à Thistoire de la musique danoise, ce maitre ayant donne
des conseils à Niels Schioerring, attaché un moment au personnel
musical de la Cour de Copenhague. Ce dernier publia un choix de
cantiques, avec basse continue, en langue danoise. Il avait projeté
un travail analogue, plus general et plus considérable, pour les can-
tiques en langue allemande. Il avait, à cet effet, rassemblé tout une
bibliothèque d'anciens livres, depuis le temps de la Réforme. Em-
manuel Bach eut entre les mains le manuscrit de ce volomineux
recueil, et y ajouta la basse chiffrée pour Taccompagnement. Cette
entreprise méritoire, d'ailleurs, n'aboutit point, car, pour prendre
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LA MUSIQUE SCANDIIVAVE ATA NT LB XIX SIÈGLE 111
lexpression de Victor Hugo, « la fin de l'auteur arriva avant la fin
da lÌYre ».
Laborieox et ìntellìgent, Schioerring avait forme une coUectìon
iconographìque curìeuse, comprenant les portraits de 1200 musiciens
plns ou rooins illustres. Cette sorte de petit musée a subsisté. Il n'en
fat malheureusement pas de mème de son importante bibliothèque,
qui, indépendamment des documenta relatifs à Tbistoire et à la tra-
dition da chant choral religieux, présentait un ensemble précieux
d*ouvrages musicaux de tout ordre, anxquels étaient jointes beau-
coup d'oeuvres se rapportant à la théorie et à toutes les branches
de la littérature technique. Schioerring était demeuré usufruitier du
tout, mais en en cédant la propriété au rei de Danemark; on sait
que la dynastie nationale a toujours été très soucieuse d*accroìtre
ainsì le trésor, de ses richesses scientifiques et artistiques, mis libé-
ralement à la disposition du public. Un incendio anéantit ce dépdt
d*une yaleur capitale, grossi pendant la vie entière d'un homme de
grand savoir et de rare compétence.
La deuxième moitié du siècle nous présente, en Suède, un homme
qui n'est mort que dans le ndtre, Haeffner, d'origine allemande, mais
devenu par adoption un suédois véritable, et qui, à toutes sortes de
points de vue, mèrito Tattention de l'historien. Lui aussi comprit
tout rintéret de Tancienne musique chorale religieuse; il s'effor9a
de la restituei; dans sa pureté, avec tonte sa forte physionomie, en
supprìmant les altérations que des réformes mal comprìses auraient
pù y ìntroduire. Gomme il arrivo généralement à ceux qui se livrent
à de semblables tentatives, il eut à lutter contro Topposition inin-
telligente des simples empiristes. Organistes et chantres se soucièrent
peu de rompre avec des habitudes, prises à tort sans doute, mais déjà
couvertes par une prescription quasi-séculaire. Peut-étre Haefifner ne
déploya-t-il point tonte la patience et tonte la modération désirables
dans les discussions quii eut à soutenir à ce propos. On doit, en tout
cas, lui savoir grò d'avoir, Tun des premiers peut-étre, senti la ne-
cessitò de {aire ressortir, en musique, le cachet national. Ce ne fut
pas seulement dans le genre religieux qu'il porta cette préoccupa-
tioii. Il s'occupa aussi à recueillir les vieux aìrs transmis par la
tradition, et, en les publiant, il consulta avec tact et respecta avec
goàt la tonalité primitive dans laquelle ils étaient con9us.
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112 mxmoriIe
San» parler de ses cotnpositions d'église — son office snédois à qaatre
Yoix avec orgue, d'un grand caractère, et ses préludes d'orgtie poar
les pièces da choral — Hsfiher a montré la vìgnenr de son vìvention
et la finesse de son sentiment artistique dans les mélodies qu' il
écrìyit sur des textes popniaires en langne snédoise. 11 y a du ine-
rite dans les nombreux morceanx quMl composa ponr les cérémonies
académiques de rUniversité d'Upsal, où il remplit les fonctions de
Direetùr Musices. Il y introduisit Tusagta da chosar à qaatre yoix
d'hommes. Lui-mème composa dans cotte forme plusiears pitees,
sortes de € marches » d'un style grandiose, chantées encore aujour-
d'hni par les étadiants dans certaines solennités. Plasìears mélodies
nationales farent arrangées par Ini en qaatuors vocaux. — A I|i ca-
thédrale d'Upsal il se montra organiste des plus capables. Ilavait,
à cet égard, lors de ses études poursuivies en pays germanique, re^u
les lejons- de Thabile Vierling. Correctear d'épreuves, à Leipzig, pour
la maison Breitkopf, il arait, dans sa jeunesse, acquis, en tes mo-
destes travaui, une peu ordinaire sdreté de coup d*csil et de main.
Hseffner fut très en favear auprès de Gustave III, le prìnce que
les historiens suédois ont surnoromé « le roi charmeur ». Son règne
fut, nous dit-on, une '< epoque joyeuse », un temps où se renouve-
laient sans cesse les partìes de plaisìrs, les festins, les < courses en
bateau », les bals. Ami des arts, Gustave III fonda TAcadémie
Boyale de Musique. Il s'intéressait beaucoup au théMre, et particu-
lièrement au théfttre musical. Il fit le pian d'un opera, Thétis et
Pélée^ dont le texte fiit écrit par Wellander, ainsi que d'un Qmtive
Vasa^ qui, avec la musique de Naumann, fut jòué prfes de deux
cents fois.
G'est sur Tordre de ce mdme souverain que fut élevé le bfttlment
de ropéra, inaugurò en 1782 et sur la scène duquel le roi lui*mème
devait, dix ans plus tard, tomber sous la balle d'Ankastroem. Gotte
salle, avec quelques changements peu importants, a servi jusqu' à
l'année 1891, date à laquelle a été livré au public le beau monu-
ment nouveau dont nous anrons à parler plus tard.
Gustave III fit de H^ffner son maitre de chapelle. Celuinsi, que
sa carrière d'abord ambulante d'accompagnateur et de chef d'orchestre
avait familiarìsé avec la musique dramatique, s'est adonné aussi à ce
genre. Il a fait représenter à Stockbolm trois opéras, des premiers
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ì.\ MUSIQLE SGANOINATK ATANT LE XIX SIÈCLE 113
sansdoute qai aient été spécialement écrits poar cette destination,
Electre^ Alcide, Renaud. Leur musiqoe, de structnre sérieuse et forte,
trahiBsait peut-Stre trop exclasiyement la préoccupation de se régler
sur le modèle de Oloek.
Au règne de Gustave III se rattache le souvenir d'un artiste qoe
quelqaes critìques n'ont pas hésité k qualifier de génial, Cari-Michael
Bellmaii, « chanteur ou plutdt improvisatenr », poète et masicìen,
mais musicien sMnspirant pour ses mélodies de la musique en son
temps courante < sur la scène, à Téglise, au foyer ». Entro cette
musique et les paroles de ses poèmes il y a une adaptation si par-
faite, que poesie et chant, désormais inséparables, sont, sous la forme
qu il leur avait donneo, demeurés durablement populaires.
Pnisque nous parlions à Tinstant de* théàtre, il n'est point hors
de propos de signaler les artiste's de chant que produisit, au XYIII*
- siècle, un pays qui devait plus tard étre colui des Lind et des Nilsson.
À Trai dire, nous ne pouvons tirer de Toubli que deux noms, Tun
et Tautre appartenant à la dernière partie de cette periodo. Le pre-
mier est colui de rexcellent ténor Earsten qui remporta de vifs succès
en Angleterre. Très complet, il ne brillait pas moins par la rare
élégance de son allure en scène et par ses talents d'acteur consommé
que par son éminent mèrito vocal. Des études patientes avaient per-
fectionné son organo, très sonore et très souple. II a laissé une fille,
qui a,^à un degré moindre, marqué sa trace dans les annales de
Tari, et que les plus àgés de nos contemporains, ceux du moins qui
ont pu visitor rAUemagne ib y a une cinquantaine d'années, auraient
eu encore Toccasion d'entendre.
L'autre nom est colui d'une cantatrice, Elisabeth Olin, qui fit
quelque temps les beaux jours, ou plutdt les beaux soirs, de l'Opera
de Stockbolm. Elle réussit notamment dans un gracieux ouvrage,
Cora, du maitre allemand Naumann, compositeur dont les réels me-
rites furent rejetés dans Tombre, par les succès du répertoire, plus
vivace, plus robuste et généreux, de Mozart.
Nous avons, en de précédents cuvrages, insistè sur V importance
des progrès de la lutherie, envisagés dans leurs rapports avec l'evo*
lution memo de l'ari Pour ce qui regarde les instruments à archet,
les trois royaumes du Noitl n'ont pas à revendiquèr la gioire, réservée
à d'autres pays, d'une fabrication caractérisée et originale. Il n'en
R$9itta mutieal» italiana ^ Vili < 8
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114 ' MEMORIE
est pas tout à fait de méme en ce qui concerne les instruments à
clavier. Dans ce genre Vhistoire artistique suédoise nous présente
Nicolas Brelin. Il avait imaginé, pour le clavecin, des améliorations
notables, mais qui se trouvèrent sans objet par suite de Texpansion
du piano au détriment de V instrument rivai. Les idées de Brelin,
exposées par lui dans un mémoire, ont attiré Vattention d*un homme
aussi avisé et aussi pénétrant que Marpurg, qui méme a traduit une
partie de cet essai. Nicolas Brelin avait cotte étendue d'esprit que
peut donner une vie incidentée durant laquelle Tactivité mentale
prend successivement des formes multiples. Il est assez remarquable
que le méme personnage ait été tour à tour jurìsconsulte et luthier,
soldat prussien et théologien, voyageur par aventure et artisan par
• necessitò. Cotte diversité d'eipériences, funeste pour une intelligence
débile, est salutaire à un cerveau vigoureux et résistant Admis un
peu tardivement dans l'Académie des Sciences de Stockholm, Brelin
a inséré dans les Transactions de cette institution célèbre des pages
qui sont aussi remarquables par la lucidité des aper9us que par la
rìgueur de la méthode et de Targumentation. Ajoutons que chez lui
le calcul du savant se doublait d*un très sdr instinct de praticien.
L'inventeur du clavecin royal — instrument ^ingénieux par sa ri-
chesse et sa variété de sonorité — Jungersen, ne doìt pas non plus
étre omis. Il avait d'abord été boulanger. Il arriva à entendre son
second métier non d'après les règles sommaires, mais en théoricien
éclairé, comme le démontrèrent les articles qu'il fournit à la Grtueiie
musicale de Leipzig. Clavecins ou pianos, il donna des modèles d'une
fabrication très soignée, capable de soutenir la comparaison avec ce
qui se produisait ailleurs de plus accompli.
C'est à Thistoire, malheureusement trop longue» des tentati ves in-
téressantes, mais, en definitive, avortées, qu'appartient Tessai curieux
de Bieffelsen pour construire un instrument, au son tout ensemble
très plein et très suave, compose d'un système de diapasons, mis en
vibration par un archet, mù à Faide d'un mécanisme auquel cor-
respondaient des toucbes. Ce melodicon, selon le nom que l'inventeur
lui donna, ne put, en dépit de perfectionnements successifs, étre cor-
rige de défectuosités inhérentes à sa nature méme et qui, tout compte
fait, le rendaient, pratiquement, inutilisable.
La virtuosità instrumentale ne fournit point, ici comme ailleurs,
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LA MliSIQUE SCANDINAVE ATANT LB XIX SIÈCLB 115
niatière à d' interminables listes. Elle offre néaninoins roccasion de
réunir certains souvenìrs et de grouper quelques noma. Pour Torgue,
tout d'abord, nons rencontrons Berlin, né prussien, mais établi long-
temps à Copenhagae, et finalement devenu, pour une quarantaine
d'années, titulaire du grand orgue de la cathédrale de Drontheim,
où il jouit d'une autorité artistique considérable. De ses compositions,
d*un tour solide et sérieux; il a survécu peu de chose. On lui doit,
dans Vordre didactique, un traité élémentaire, clair et bien distribué,
qu'il rédigea en danois, et que TAUemagne apprécia et traduisit.
Quant à Londicer, il avait eu dea débuts presque prodigieux. Ce
fut à treize ans qu'il devint, à Stockholm, organiate tout à la foìs
de la Cour et de Téglise Sainte -Marie Madeleine. Il était, à cotte '
date, revenu d'un voyage d'études qu'on Tavait, en le subventionnant,
envoyé faire à Cassel. Dès Tàge de sept ans, il avait compose et
dédié des oeuvres déjà régulières à de grands personnages. A Téglìse
S*-Jacques, ses improvisations enfantines avaient été quelque temps
l'objet de Tadmiration generale. Les renseignements font défaut sur
la suite de cotte carrière triomphalement inaugur^e, et qui ne réa-
lisa pas ce qu'elle annon9ait.
En passant aux instruments à cordes, c'est seulement pour mé-
moire que nous rappellerons la virtuosité de luthiste que déploya, avec
beaucoup d'autres aptitudes, un savant, h umaniste et musicien suédois,
Olaùs Bergrot, auteur de VExercitìum academicum insirumenta mu-
sica leniter delineans, titre dont le latin, comme on voit, rappelle
un peu colui des médecins de Molière, — Le violon, jusque là, dans
ces pays, n'avait pas eu de destinées particulièrement brillantes. Mais
il était cultivé avec savoir et avec gotìt dans les orchestres. Un de
ceux qui eurent, à cet égard, une benne influence sur le maintien
de la saine tradition, fut le danois Lem, qui a forme beaucoup d'élèves
capables. Le concerto de lui que Ton a publié à Vienne en 1785
ne révèle pas une imagination puissante, mais il témoigne d'une
rare connaissance du style et du mécanisme de l'instrument, et des
effets que l'on en peut normalement tirer. Lem avait eu pour maitre
un allemand, Hartmann, établi au Danemark, qui a beaucoup com<
pose sur des paroles danoises, qui a méme écrit un opera sur un
sojet de mythologie scandinave, la Mort de Balder, et à qui Meyer-
beer» comme nous l'avons note jadis, a emprunté l'uno des mélodies
de son Struensée.
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116 , MEMORIE
Si Lem, 6D tant qoe compositeury ne tira point un profit excep-
tioDirel des enseignements de ce Hartmann, — savant, mais peu ori-
ginai, et simple imitateur de Qlack, ^ il dnt au moins au coni-
merce avec ce musicien solide, imba de la forte culture allemande,
la rectitude de son sentiment artistique, le caractère sérieux et de-
licat de son exécution qu'il fit apprécier comme violon solo des
Concerts de^ la Cour. Étant donne le voisinage immédiat d'une pe-
pinière d* instrumentistes parfaits telle que TAllemagne, e* était
quelque chose, pour un pays de dimension, jsorome tonte, exigué, et
de population peu nombreuse, de pouvoir, échappant à la quasi ine-
yitable infìltration étrangère, confier de pareilles fonctions, avec une
* complète convenance, à un artiste national.
C'est surtout aussi en qualité de violoniste qu*01aùs Schall ménte
une place dans la nomenclature des musiciens distingués du Dane*
mark. Gompositeur, il a, vers la fin du siècle, fait représenter des
ballets brìllants, comme Seyfried et ridale de Ceylan, dont, par
une exception assez rare, la partition de piano existe. Il est égale-
ment l'auteur d'yn opera en deux actes, la Chanoine de MUan,
Mais ses duos de violon et ses concertos pour cet instrument peuvent
peut-étre passer pour ce quii a écrit de meilleur. Ses Études sont d'un
homme qui possédait à'fond la technique. 11 forma des élèves qui
contribuèrent h maintenir ou à élever le niveau de Texécution dans
la Chapelle Royale. Sa réputation avait dépassé les frontières étroites
de sa patrie. On le connaissait en Allemagne, où il s'était fait ap-
plaudir dans plusieurs villes. 11 eut d'ailleurs, dans ses voyages,
Toccasion de jouer en public, non sans succès, à Paris et en Italie.
Le roi, en lui conférant Tordre national, consacra son morite. De
tels encouragements, assez peu communs, ailleurs, avant notre epoque,
n'ont jamais manqué aux artistes danois, selon les tendances gène-
reusement libérales d'un gouvernement porte, en tout, à favoriser
les talents.
La harpe est devenue, de notre temps, un des organes intégr^nts
de Torchestre. Jadìs elle n*apparaissait guère que comme instrument
solo de concert ou de salon. Ce que sa facture dut, dans les demières
années du siècle, aux Krumpholz et aux Sébastien Erard, nous l'avons
expliquó dans un de nos précédente livres. Sur la harpe antérleure-
ment en usage, d'un maniement plus difficile et d'une moindre ri-
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LA MUSIQUE SCANDINAVE ATANT LE XIX SIÌ:CLB 117
chesse de ressourcee, un virtuose allemand, Eirchhoff, avaìt acquis
une extrème habìleté. Il se fixa à Gopenhague, y fut attaché à la
florissaute Chapelle da Boi, et y fit un fort long séjour, coupé seu-
lement par une excursion artistique, couronnée de succès, en Russie,
où Saint-Pétersbourg commenfait à devenir une des^cités les plus
musicales de l'Europe.^— Kirchhoff a compose pour son instrument
des roorceaux non dépourvus de mèrito.
Plus riche encore qu'au siede préeédent est, en Suòde, en Dane-
mark et en Norvège, la littérature speciale se rapportant à la mu-
sique, à son bistoire, à sa tbéorie et à son enseignement. Farmi les .
ou^rages ou opuscules purement bistoriques, nous trouvons tout d'a-
bord le livre élémentaire, en suédois, d' Orostander. — Niedt, qui
était né en AUemagne et qui avait d'abord rempli, à léna, Us fono-
tions de notaire, fit ensnìte à Copenbague une vraie carrière de coro-
positeur et surtout d*écrivain didactique. D'un esprit eajistique et'
agressif, il s'attira d'ailleurs plus d'estimo par ses connaissances quo
de sympathie par son caractère. Il y a de l'adresse et du talent dans
see pièces pour hautbois ou violon, mais la réputation lui vìnt plutòt
de ses écrìts, bien quo ^n A B 0 mtisical, à Tusage dei instituteurs
et iies étudiants, denoto une certaìne inoohérence. Les trois parties
de son traité d' barmonie et de composition constituent une expo-
sìtion intégrale de la science. La troisième partie, où les chapitres
sur le contre-point et les canons sont remarquables, est posthume,
et fut mise au jour par Mattheson.
Les idées de Bameau sur la basse fondamentale se répandirent
assez vite par toute l'Europe. Un suédois, Lo&fgroen, les exposa en
latin dans une thèse, une disputatio academica^ soutenue à l'Uni-
versité d'Upsal soos ce titre: JDe basso fundamentali.
C'est un peu à Tordre des amaieurs qu'appartient David Eellner,
qui fut ofQcier daos les armées suédoises, qui composa un traité de
droit public, et qui dirigea la partie musicale des offices à l'église
allemande de Stockbolm. Ses traités de basse continue et d'harmonie
ne dépassent guère les bornes d'une médiocrité bonnéte.
Il en est tout autrement de Chrétien Frédérìc Breitendicb, qui,
an palaie de Christianborg, fut organiste de la Chapelle du Boi, et
qui, compositeur laborieux et habile, a de plus laissé deux livres
excellents, VEssai abrégé pour aequérir soi-méme en peu de iemps
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118 MEMORIE
la praiique du chant choraly etc. et Vlnstruction sur la manière
d'apprendre soi-mème Vharmonie etc. Od volt par ces intìtulés, où
il est question de s'assimiler < soi-méme » la science, que ce n'est
pas de notre temps que datent, dans les titres, les promesses ìlla-
soìres et fallacieuses sur les connaissances à acquérìr < avec ou sans
maitre ».
Après nous étre borné à citer le traité du cbant de Hansen, nous
passerons à une autre branche d'écrits, à ceux dans lesquels la tbéorìe
de la musique est envìsagée par les points où elle confine à celle
de Tacoustique, à la physique generale, à ce que les Allemands du
temps de Schelling et de Fichte appelaient la philosophie natureUe.
En cet ordre de productions les travaux d'Eric Burman valent qu'on
s'y arréte un moment. Sans quitter le territoire de la Suède, il y
avait fait, en diverses localités savantes, des études fort complètes,
joignant les humanités à la culture des sciences exactes. Les beaux-
arts ne lui étaient point demeurés étrangers. Musicalement, il avait
profité des excellents enseignements de Zellinger, maitre de chapelle
distingue de la cathédrale d'Upsal. Par la suite, il professa les ma-
thématiques. Ses travaux d'astronomie lui firent un nom et le con-
duisirent à la Société Royale des Sciences. S'intéressant à la musique
dans les rapports qu'elle peut offrir avec les bautes connaissances
dont il s'était fait une spécialité, il écrivit en latin une dissertation
sur la Proportion harmonique. Mentionnons également son De laude
musices. Ce fut lui qui donna le sujet et determina les « positions »
d'une thèse universitaire soutenue par un certain Tobie .Westenbladt
et publiée sous ce titre : Specimen academicum de Triade harmonica,
(Un autre De triade harmonica fut l'oeuvre de Westblad, suédois,
ou plutòt, issu d'une famille israélite fixée en Suède).
Ce qui est assez remarquable en Barman, et ce qui prouve une
complexité d'aptitudes et de goùts dont il serait peu aisé de trouver
beaucoop d'exemples, c'est que ce savant, investi de dignités péda-
gogiques, fut en méme temps, comme directeur de la musique k la
cathédrale d'Upsal, le successeur de son maitre Zellinger.
Dans la serie des écrits où la musique est plutdt considérée comme
une science que comme un art, nous avons encore à citer la thèse
latine d'un danois, Jean Hansen, la Disputatio physica de sanorum
quorumdam in chordis conspiratìone ad principia physicorum expli-
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LA MUSIQUE SCANDINAVE AYANT LE XIX SIÌSCLK 119
caia. On voit par ce titre assez pea clair qn'il s'agissaìt là de la
questìoD, si mystérìeuse jusqn'à Helmboltz, da phénomèDe des har-
moniques. SìgnaloDS eneore le De horoìogiis musieo-auiomatìs du
suédois Asplind, ainsi que la thèse de sono soutenue par un étudiant
d'Upsal, Biberg, sousla présìdence du recteur Samuel Elingenstjerna.
— Un académicien de Stockholm, ScheSTer, a inséré dans les mé-
nioìres de la compagnie une Gomparaison tnathématiqfie du rapport
des sons entre eux, — Biese, qui eut le titre de valet de chambre
du roi de Danemark, a publié un traité du tempérament musical,
étudié au point de vue de Tacoustique plutdt que de la masique
proprement dite. — Nordwall s'est occupé de la vitesse du son, dans
rune de ces nombreuses thèses, documentées et intéressantes, que
produisit rUniversité d'Opsal. — On doit quelques savants opuscules
au danois Kratzenstein, à qui une invention mécanique assez curieuse
valut un prìx de TAcadémie des Sciences de Pétersbourg. — Tout
à la fin du siècie, nous rencontrons l'écrìt plein de savoir, la Dis-
sertano de imagine soni seu echo que coroposa le professeur Nord-
mark. Nous comprendrons enfin dans cette section Tessai de Straeble
sur le tempérament et Taccord des instruments de musique.
A Tordre des études de tour historique se réfère tonte une litté-
rature latine, d'orìgine universitaire, dans laquelle nous ferons figurar
la Dissertano de primis musicae Inventoribus d'un professeur pourvu
lui-méme d'un nom latin, Arrhenius, qui occupa la chaire d'hisfcoire
à Upsal. Beaucoup d'autres travaux se rapportent à Texamen, pour-
suiyi également dans la docte Allemagne avec tant de curiosité, de
diverses questions ayant trait à la musique des Hébreux de FAncien
Testament. G'est ainsi que le savant orientaliste des TJniversités d'Abo
et d'Upsal, Daniel Lund, qui finit par devenir évèque de Strengnoes,
écrivit un De Musica Hebraeorum antiqua, — Bartholin, mathé-
maticien, qui fut membro du Consistoire de Copenhague, et à qui
ses Yoyages chez la plupart des nations cultivées de l'Europe avaient
contrìbué à ouvrir l'esprit, a traité, avec une érudition qui nous parait
quelque peu oìseuse, des effets thérapeutiques de la musique sur le
roi Saul. — Le danois Sonno essaya de décrire les sonores et reten-
tissantes exécutions musicales, qui, d'après le Livre des Bois et les
Paralipomènes, avaient lieu dans le tempie de Jérusalem. — Eilschow
avait entrepris une oeuvre semblable, qu'il voulait faire très complète.
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120 MEMORIE
Il avait annoDcé une sèrie de monograpbies relati ves aux diversréié-
-menta de la muaique religieuse, vocale et instrumeotale, dea Juifs.
Mais il ne réalisa pas son projet. Il s*eB tint à un essai prélimi-
naire De ehoro antiquo a Davide instiiuto ut tempio inserviret.
Des sujets d'un intérét plus immédiat et plus aisénient perceptible
occupaient aussi les érudits du Nord. Par exemple, toujours avec
Temploi de la langue latine, nous trouvons/ sur les destinées de la
musique religieuse en Suède, la trace d*une lecture académìque ini-
portante, dans les fastes de V Université de Lunden. Ce travail cons-'
ciencieux est plein de curìeux renseignements. L'auteur y démontre
que, dans Téglise suédoise, les instruments ont été de tous temps
usités pour soutenir les voix, méme à l'epoque où étaient encore en
Jìonneur les hymnes en vieille langue gotbique. — Une autre dis-
sertation en langue yulgaire et ayant pour sujet la question, si fré-
quemment efBeuré ou approfondie, de Tintroduction de Torgué dans
l'office ebrétien, fut l'oeuvre du tbéologien Bbyzelius qui, après avoir
été l'aumònier de Cbarles XII, devint évéque de Lindkoeping. —
C'est encore l'orgue qui tient la place principale dans le livre écrit
en suédois par Hulpbers, de Westeras, qui d'ailleurs traite sommai-
rement dans cet ouvrage de la musique en general et des différents
instruments, et qui termine son oeuvre par une rapide description
des orgues les plus beaux et les mieux construits de la Suède.
Nous avons, dans nos études antérieures, rencontré un peu partout,
méme en Espagne, des ennemis de l'intervention de la musique dans
l'église. A vrai dire, ce que les adversaires de l'art redoutaient, c'était
moins son empiei que ses abus. C'est à ce point de vue, non exclusif,
mais sagement restrictif, que se place l'évéque de (Jotbenburg, Wallin,
dans son écrit : De Prudentia in caniionibus ecclesiasticis adhibenda.
— On autre membro du clergé, de'rang moins éminent, Lund, qui
avait appris la tbéologie à Wittenberg, la ville où Hamlet avait fait
ses études, et qui devint diacre à Flensbourg, s'est, comme le pré-
cédent, servi du langage des bumanistes pour composer, en style
cbàtié, son elegante Oratio de requisitis bonae cantoria.
Des considórations d'ordre moins étroit étaient aussi parfois TcBUvre
des latinistes. En ce sens, nous citerons la dissertation de Waldner
sur les arts libéraux, parmi lesquels, tout naturellement, la musique
est comprise. — Mucbler qui, au moins comme traducteur, en don-
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LA MUSIQUS SCANDIKAVB AYANT LE XIX SIÈCLB 121
nant une version des traitea de TaDglais Harris, s^ocoupa également
de l'art en general, était suj^ soédois par sa naissance dans la partie
de la Poméranie alors soumise à la Suède. Mais, en réalité, il était
alleoiand par la raoe, par son long séjour k Berlin, et par la langùe
dont il se seryait en éerivant
Gerstenberg, qui fut cdnsul de Danemark à Lnbeck, peut passer
pour ce qu\>n appelle un polygrapbe. Il fut poète, philosophe, cri-
tique d*art. Il a compose une sorte de tragèdie moderne, Minona
au les AngìO'Saxom^ pour laquelle un compositeur allemand a écrit
de la musique. Gerstenberg ayait complète è léna les études qu' il
avaìt comipencées à Altona. Il fut militaire, et fit la guerre contro
les Busses. Il a donne, en langue allemande, quelques essais de cri-
tique musicale, insérés dans dea périodiques germaniques tels quo le
Magasin des seimces et de la litiérature de Gosttingen, et le Ma-
gasin de muaique de Grajner. Parfois il s'attaquait à des sujets arides
et tecbniques, par esemplo en exposant une nouvelle manière de
cbififrer les accorda dans la basse donneo. Parfois il abordait des
questione moins sévères, notamment en se9 considérations judicieuses
sur le récitatif et Yslr dans l'opera italien, ou en son ingénieux
moreeau sur la poesie lyrique italienne.
L'art du midi est généralement instinctif, spentane. L'art du nord
est volontiers réfiéchi, et fonde sur une esthétique préalable. Aux
pays septentrionaux, dont nous nous occupons, Ton a toujours beau-
coup aimé raisonner, d'une fàfon generale, sur resdence de la mu-
siqne« sur ses applications, sur son influence, plus ou moins salutaire,
dans revolution de l' individu et de l'espèce. A ces différents objets,
également dignes de méditation, se rapportent des écrits tels que
colui du suédois Pape, De usu musices, ou le De usu miisices mo-
rali du finlandais Mecbelin, ou encore l'opuacule du danois Anchersen
en deux parties oonnexes, le De medicatione per mtisieam auquel
répond symétriquement le Quotnodo musica in corporè agii et vires
exercei. Le théologien Eosod, qui fut chapelain de la^Cour, à Co-
penhague, et qui se fit une réputation de prédicateur, se pla9a au
doublé point de vue du pbilosophe et de l'historien en développant
des considérations relatives à V Influence de la musique sur Tespèce
humaine, oh sont examinés les effets, nobles et purifiants, ou trou.
blants et lascifs, des modes, des mouvements, des rythmes dans Tap-
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122 MKMORIB
pareil d'art musical des anciens et des modernes. — C'est à peu près
la meme question qui «e trouve traitée avec plus d'ampleur, avec
une finesse supérieure de sentiment crìtique et hìstorique, dans un
ouvrage de Boye, recteur de TUniversité Fridericia, qui fut Tau-
teur de livres intéressants sur des sujets fort divers, qui se mèla
avec compétence de science politique et d'economie sociale, qui donna,
ni plus ni moins que Lucien, un : De la manière éTécrire Thisioire,
et qui, contemporain de £^ant, aiguìsa contro la doctrine du maitre
de Koenigsberg les armes de la polémique. L'oeuvre speciale, à la-
quelle nous faisions tout à Theure allusion, porte ce titre: De Tin-
fluence de la musique et du chant sur Vamélioration de rhomme.
Boye s'y mentre à la fois moderne, puisqu'il y joint la traduction
de rode de Dryden sur le pouvoir et les prestiges de l'art des sons,
— et classique, puisqu'il y interprete et y commente le passage où
Cicéron, d'accord avec Platon, soutient < nihil tam facile in animos
ieneros atque molles influere quam varios canendi sonos », ajoutant
que la musique, par sa vertu < et incitai languentes et languefacit
excitatoSj et tum remittit aninios^ tum cantrahit ». Cicéron insiste,
dans le méme passage, sur Timportance qu'il y eut, pour plusieurs
cités de la Grece, à conserver scrupuleusement, dans sa pureté, leur
ancien mode national, à le maintenir exempt d'altérations qui au-
raion t pu le rendre apte à inspirer, non plus la vigueur et l'energie,
mais la mollesse et la sensualité. — Boye, en regard des effets mer-
veilleux attribùés par la tradition à la musique antique, éyoque les
impressions, selon lui peut étre non moindres, que peut causer sur
les àmes la musique de certains artistes de son epoque. — Mais
Tauteur, si, par la plus grande partie de sa carrière, par ses ori-
gines et ses analogies intellectuelles, il appartient à Tàge antérienr
au nòtre, n'a publié l'ouvrage dont nous parlons qu'en 1824, c'est-à-
dire dans une periodo dont l'ótude ne fait pas l'objet du présent
travail. Sans doute, d'ailleurs, nous aurons plus tard l'occasion d'ex-
poser ce qu'au XIX<^ siècle ont produit de saillant et de caracté-
rìstique, par rapport à la musique, la pensée et l'art des trois pays
scandinaves.
Albert Soubibs.
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L'evoluzione
nella scrittura dei suoni njusicali.
J-^o già esposto la formula generale deirevoluzione, stabilita da
Herbert Spencer nell'opera {I primi principi) che costituisce Tintro-
duzione alla sua filosofia, quando delineai in modo sommario l'ap-
plicazione della teorìa alla storia della musica (1): « Integrazione
« di materia, accompagnata da dispersione di movimento, durante la
« quale la materia passa da una omogeneità indefinita, incoerente,
« ad una eterogeneità definita, coerente, mentre il movimento trat-
te tenuto subisce una trasformazione analoga ». E, dilucidando, in
riguardo all'arte musicale: « L'evoluzione conduce da una semplicità
« confusa ad una complessità distinta, da un ordinamento esteso,
« uniforme ed indeterminato ad un ordinamento concentrato, molti-
« forme e preciso, ogni integrazione parziale divenendo centro di mol*
« tiformità sempre crescenti ».
Nell'accennare alla notazione rilevai come dapprima vi abbia as-
sunto carattere speciale Vintegraaione della materia, mercè la quale
sparirono le grafie mnemoniche ed imprecise del medio-evo, e come
più tardi spiccò invece una continua tendenza della notazione ad uni-
ficarsi ed a semplificarsi ; — ma non misi in evidenza il fatto stra-
nissimo che la legge dell'evoluzione agì allora quasi direi a ritroso,
col ridurre l'eterogeneità, che appariva nelle diverse maniere di se-
gnare i suoni musicali pei vari strumenti (secoli XVI e XVII), a
(1) Rivista Muèicaìe Italiana, voi. V, fase. ^^ 1898.
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124 MEMORIE
quella omogeneità nettamente definita che possediamo oggidì. In altre
parole, l'eterogeneità che doveva essere il risultato finale dell'evolu-
zione sussisteva all'epoca del rinascimento, progredì rigogliosa e durò
evidentissima finché sorse la propensione a ridurre ad uno solo tutti
i sistemi di notazione; con ciò si fece ritorno all'omogeneità bensì,
ma ad una omogeneità ben differeote dall'iniziale, siccome quella
che si aiferma definita e coerente nel suo ordinamento concentrato e
preciso. Tenterò di dimostrarlo, prendendo come punto di partenza
la notazione greca.
.1 Greci avevano due sorta di notazione musicale: l'una e l'altra,
dal nostro punto di vista, si equivalgono. La prima, più antica, e
da principio solo diatonica, servì poi per la musica stromentale ; la
seconda, più recente, adatta a segnare le. alterazioni cromatiche ed
enarmoniche, fu assegnata alle voci. Ambedue si giovavano delle let-
tere dell'alfabeto, intere o tronche, diritte, inclinate o rovesciate, per
fissare i suoni, distinguendo quelli sotto le sillabe per il canto e
quelli al di sopra per l'accompagnamento. Yincentio Galilei ne pre-
senta il quadro sinottico per gli otto modi dell'arte greca nel Dia-
logo della mtisica antica^ et della moderna. Sono 288 lettere, regolari
od alterate, che in opere più recenti appariscono riassunte ed inter-
pretate con dettagli più semplici, come ad esempio nel Dictionnaire
de mtisiqìie del Biemaiui (1899). 11 metro della poesia stabiliva il
ritmo del canto ; nella musica stromentale invece i valori «si succe-
devano con quest'ordine:
L-
due tempi tre tempi qoattro tempi dnqae t^pl
ossia doppio, triplo, quadruplo, quintuplo valore dell'unità di tempo,
che era sòttointesa nella mancanza di qualunque segno. Per le pause
bastava mettere un A sotto i valori.
Nella sua omogeneità indiscutibile il sistema non mancava di com-
plicazione e di oscurità, per quanto si voglia ammettere perfetta la
prosodia, regolatrice della musica, come era intesa nella Grecia an-
tica. D'altronde difettava di logica il principio di stabilire figure
diverse per uno stesso suono secondochè questo si riferiva alle voci
od agli stromenti. Al giorno d*oggi la interpretazione dei pochi fram-
menti dell'arte greca giunti fino a noi solleva discussioni mai finite;
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L EVOLUZIONE NELLA SCRITTURA DEI SUONI MUSICALI
125
De fa fede Ylnno alla Musa^ che dall^epoca di Vìncentio Galilei^
primo editore del testo greco nella notazione originale, fu trascritto
in dodici maniere differenti nel ritmo e spesso apche nei suoni. Bi-
produco come curiosità il facsimile del Codice Veneto (secolo XII,
0 XIIIX che costituisce Tarchetipo da cui derivarono le varie cita-
zioni del famoso canto, la dilucidazione che ne fece V. Galilei nel
Dialogo citato, e l'ultima traduzione (1896) di esso, dovuta a Théo-
dore Beinach, competentissimo neirargomento.
4/;
e r '^, i e ì e
-^' -^ **, . .4 r. „f /; ^
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p M i M
^uqobÓTa
M i Et
Aaiou^ TÓv€
TMp a Mi
Air|Xi€ '^' diaidv
èu^evei^ Trdpeqe pòi
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126
MEMORIE
Hymne à la Muse.
Trascrisione di Th. Reinach.
? ? ?
p^^iq^3u J' J r. I pTr^^^
'A - €i-b€ MoO-aa )lioi <pì-Xti, ^aoX - irn? b' è-^if^^ xa-rdpocou, aO ■
g^E^Rpf^^^g^-^^^az^Tl^-jrTy
pT) bè adiv dir' dX-aé-uiv é - \ià<; <ppé-va(; 6o-v€( - tuj.
^^=f=^=^iE^^ì^m^^^^^^^
KaX-Xi - ó-iT€i-a ao-qpà imou - ailiv iTpo-Ka-6a-Yé - ti T€pir-vd>v,
ìM '^' r ; P ^E^p^g^^ 0 g )-r
Kal ao-<pè |uiu -aro-bó-Ta Aa - to0^.y^-v€, Ai^-Xi-€ irai-dv
^^^^^m^
ai
èu - |Li€-v€t(; irdp-ca-Té ^oi.
Il principio che informava la notazione greca passò presso i latini
colla costituzione, attribuita per errore a Boezio, delle lettere da À
a P per le note delle due ottave
^^
e più tardi delle sette prime maiuscole per le note
e delle loro minuscole per le note
con 2 per il la acuto.
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L EVOLUZIONE NELLA S*CRITTUBA DEI SUONI MUSICALI
127
Ne trovo esempio nel Dialogo già citato di Vincentio Galilei, il
quale dice averne presso di sé un libro j scritto qualche decina d'anni
ava9Ui che Guido d'Areaeo nascesse:
dchcdedchabcdaGFGG
SU no - men Do - mi • ni he - ne - di-^um in aae - cu - ìa
PGaGFPGPPEPGFEDCDD
A-diu~to - ri-um nostrum in no mi- ne Do - mi-nù
be - ne - die - tnm in sm -
A . din - to
ri . mn no-strnm in no
. mi - ne Do
mi - ni.
La notazione alfabetica fu detta impropriamente gregoriana, mentre
Tantifonario, ordinato da uno dei primi papi che assunsero il nome
dì Gregorio, era segnato con neumi. Questa notazione tachigrafica
e mnemonica, la cui origine, molto discussa, resta ignota, è composta,
come si sa, da punti, virgole e tratti torti e ritorti, la cui lettura
in maniera assolutamente precisa sarà forse sempre un problema in-
»>labile (1), perchè, i neumi, anziché fissare rigorosamente colla
scrittura l' espressione della musica, si prestavano soltanto per ri-
cordare una melodia già nota.
Quando nel decimo secolo sorse una certa tendenza a mettere in
relazione l'altezza dei suoni coU'altezza dei neumi, apparve in sulle
prime una linea a secco sopra il testo, ed in seguito una e poi due
linee colorate (in rosso pel /a, in giallo pel rfo), finché bastò una
lettera per indicare il punto di partenza dal suono fisso. La lettera
divenne chiave nelle trasformazioni:
(1) G. Hoadard con ricerche accaratissime stabilì Tanità di tempo per ogni
grappo di saon! nella interpretazione dei neomi, ciocché rappresenta la soluzione
pia probabile circa il ritmo, che taluno Terrebbe libero, altri oratorio.
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12B MEMORIE
CHIAVE DI r^
»: <: q^. q| -o: 3): gii: :)ii: (»= 9:
CHIAVE 01 ^1)0
r e- 9 c e ^ p ìt \^^\^
i M, I 1^ K Ile |g= |g:
CHIAVE DiiSol
6 é ^ è ^ é»
Col mettere linee parallele tra quelle già immaginate (Gaido
d'Arezzo) si arrivò al rigo ancora in uso oggidì pel canto fermo.
Intanto i due sistemi di notazione si fusero dopoché i punti Dea-
matici, messi ad altezze corrispondenti ai valori acustici che rap-
presentavano, suggerirono l'idea della forma quadrata per distinguere
le note. Il Biemanil (Dictionnaire de mttsique) ne dimostra il pro-
cesso di filiazione con piena chiarezza:
• •• Auu^um, iJtipiu%ùtum. imlhpuMOitm »Àp«Hrpphiv-9t DitUropkAftf T^if^^pJkM
Ì(t^Vtym fìAv^fJM yrjH^&pj .» 'ScatuNni.t .^ SaHitu /•. Ctufuum» n/taaa. fOim»
I. — Tavola generale dei nenmi.
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L^EVOLUZIONE NELLA SCaiTTURA DEI SUONI MUSICALI 129
A
n. — Estratto A^W AnHfonario di 8. GàOo (IX sec.).
III. — Dal X aU'XI seo.
VvtcratDr me us
IV. — Dal Xn al XIII sec.
M\/L^^
y. — Notazione quadrata (dal XII al XYI sec.).
Allora la notazione quadrata, mancante dei valori ritmici, diede
origine alla proporzionale, le cui regole, complicatissime oltre ogni
dire, dovevano cadere in processo di tempo per stabilire il sistema
odierno.
Vediamo ora per sommi capi come avvennero le modificazioni ed
innovazioni più importanti.
Oià nel secolo XIV cominciarono a comparire le indicazioni di
misura, che dovettero moltiplicarsi in maniera straordinaria allo
seopo di indicare il modo (schema ritmico), il tempo e la prelazione,
cioè la divisione e le suddivisioni ritmiche delle note di valore diverso.
Modo^ tempo e prolcusUme potevano essere perfetti od imperfetti se-
condochè assumevano ritmo ternario o binario. Ma tre sorta di punti
alteravano diversamente l'andamento regolare ritmico ; le proparaioni
entravano ad imbarazzarne la interpretazione, mentre VimperfeMione
Bigùia wmàieaU UaUona, VUI. 0
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130 ' MBMORIE
delle note e Vaumentojsione di alcuni seghi rispetto agli altri crea-
vano difficoltà di ogni genere ad ogni passo.
• La divisione per battuta iniziata verso la metà del secolo XVI,
e il riconoscimento di nuovi valori per il ritmo, valsero a distrigare
adagio adagio uno stato di cose così imbarazzato e confuso, avvian-
dolo verso quell'ordinamento preciso ed omogeneo, voluto dalla legge
d'evoluzione.
In quell'epoca altri sistemi di notazione erano stati inventati per
facilitare l'esecuzione della musica su certi stromenti. Possiamo anzi
ammettere cbe allora V eterogeneità della materia fosse giunta al
grado massimo.
Il liuto in&tti aveva cinque intavolature speciali» che mettevano
sott' occhio al suonatore, con principi quasi identici, la esecuzione
stessa della musica sulle corde dello stromento. La intavolatura ita-
iiana segnava sulle 6 linee orizzontali e parallele, che significavano
le corde del liuto, i numeri che corrispondevano al tasto su cui si
doveva premere per ottenere la nota della composizione, con valori
molto chiari al di sopra per marcare il ritmo. Nelle intavolature
francesi e tedesche si usavano invece le lettere dei rispettivi alfabeti»
però colle corde acute in alto, quando invece il liuto italiano si leg-
geva come se le corde dello stromento tenuto dal sonatore fossero
riflesse in uno specchio. Ma esisteva pure un antico sistema d'inta-
volatura tedesca, ingegnosissimo, mercè il quale restava soppresso il
rigo.'In proposito i lettori della Rivista Musicale Italiana ncorde-
ranno quanto dissi circa il Newsidler (Voi. P, fase. F, 1894); ri-
porto oggi il quadro esplicativo del Virdung (Musica getutseht und
ausgeMogen,ecc.. 1511)» avvertendo che nella corda più grave (posta
*in basso) si succedono le lettere maiuscole in linea verticale, e nelle
altre, procedenti verso l'alto a misura della loro elevazione, le mi-
nuscole in linea trasversale, raddoppiate quando l'al&beto è esaurito,
in modo che ogni tasto d'ogni corda resta figurato da una lettera
speciale.
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L EVOLUZIONE NELLA SCRITTURA DEI SUONI MUSICALI
131
L'ultima intavolatura di liuto, che fu in aso nella seconda metì *
del secolo XVU e che fini collo stromento, è la seguente, di cui
parmi non si occupassero coloro che studiarono la storia della nota-
zione musicale.
a % b e d e f g h %
I
^r » f f » J-ì-I-4.
iTTur-Hi^-F- nf r <• r e
g^i J il HF ^ ^ y—M-
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132
MEMOBIl
Corde a thoìo
2i j nH^=f— r-<M^
Con questa intavolatura è scrìtta Topera:
PIECES DE LUTH
Camposééa $wr diffèrens Modea
PAB JACQUES DE GALLOT
Avee Lea fohes d'Eapagne Ewrichiea de pluaieura beaux eoujpkt$
DEDIÉBS
A MONSEIGEUE LE COMTE DESTRÉE (1)
vieeadmiral de franee
A Paris
ek$M E'BonmM Bu* aular4 audsaui de la Haìk mt»
ewkrt ur9 in 8i
Ne presento saggio, trascrìvendo V intavolatura in notazione mo-
derna.
CoìUUHte
I 1 \.r'\ \.n\ r \r 1 11. ^ l^^l
la vt^effvme 9^
JanfCkantertilì^
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(1) Jpan eomte d^Estróes fa fatto Tioe-ammiraglio nel 1670, sicché Teditione
dei Qallot, dedicatagli con allnsione alla nomina, deve riferirai a qnest* epoca.
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L* BTOLUZIONl NELLA SCRITTURA DBI SUONI MUSlGiAj 133
Traaerùfùme,
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Credo che il grande J. S. Bach Don abbia disdegnato di scrivere
per questa specie di liuto il preludio che sta come 8^ nei 12 kleine
Pràhtdkn oder Uebungen fUr Anfùnger dell'edizione Peters. In&tti,
quantunque intitolato Pou/r le Luth^ esso non è trasportabile sulle
corde del liuto ordinario.
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134
MKMORUB
Ohiudendo ì dettagli che si ri&rìflcono alle intavolature di liuto
devo mettere in rilievo il fatto che già nella prima metà del cinque-
cento la musica per tale stromento era spesso divisa per battute
(Cfr. Newsidler, 1536).
Per la chitarra esistevano intavolature basate sullo stesso principio
che regolava quelle per il liuto: numeri o lettere minuscule sulle
linee-corde, colFaggìunta di maiuscole che indicavano la posizione
per la sìrappata^ caratteristica-dello stromento. Tali maiuscole costi-
tuivano pure da sole certe sonate, o per meglio dire uno strimpella-
mento armonico con una accentuazione ritmica molto rudimentale, per
la chitarriglia, ed erano anche segnate» come accompagnamento, sopra
la poesia di canzoni notissime, oppure come abbellimento della de-
clamazione poetica (Ofr. Biblioteca di rarità mttóicali, Voi. 3*).
Circa le intavolature d' organo il Biemann {Dictùmnaire de mu-
sique) ne cita un esempio in cui sotto le note superiori della com-
posizione, segnate nel rigo ordinario, stanno lettere e rispettivi valori
ritmici per le altre partL Io riproduco poche battute di un Veni
Sancte Spiritus di Oiosquino adattato all'organo in un libro di Jacob
Paix (Ein Schòn Nuta- und Qebrauchlich Orgel Tahulatur, Lauingen,
1583); lettere e valori di questa intavolatura si capiscono con tutta
facilità.
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L*KVOLUZIONB NELLA SCRITTURA DRI SUONI MUSICALI 135
La musica di cembalo (od arpicordo) si distribuiva su due righi,
il primo di cinque linee colle chiavi di «o2'oppure di do, e il secondo
di otto linee colle chiavi ài do e ài fa che fissavano la posizione
delle note.
Ho accennato così, molto in compiBudio, ad alcune notazioni usato
nei secoli XVI e XYII per stabilire quella eterogeneità che> affer-
matasi, come già dissi nell'intraprendere il presente studio, in grado
considerevole durante l'evoluzione della scrittura musicale, s'arrestò
non solo per un ulteriore sviluppo, ma anzi prese indirizzo verso una
omogeneità ordinata e precisa, quale la possiamo riscontrare o^-
giorno.
Il cammino fa lungo, e a determinarlo contribuirono varie effuse.
Menzionerò in primo luogo i perfezionamenti della stampa, che per-
misero di collocare le note molto al di sopra si al disotto del rigo,
cosa che rìesciva impossibile coi tipi mobili primitivi. Con ciò il rigo
potè fissarsi pentalineo, e le chiavi si ridussero necessariamente di
numero e di ufficio, fiicendo cessare quelle difficoltà noiosissime che
derivavano in special modo dall'impiego delle chiavette (chiavi tras-
portate) con le quali era spostato il tono.
Anche le svariatissime indicazioni di misura si ridussero notevol-
mente via via che si resero evidenti due sole forme di tempo, la
binaria e la ternaria, colle finissime varianti dei loro raddoppi.
In secondo luogo il pianoforte, «mercè opportune innovazioni che
ne resero ognora piti eccellenti il meccanismo ed il timbro, determinò
l' abbandono degli stroroenti da pizzico piti in voga, e quindi delle
loro intavolature; fu salva solo la chitarra, per la quale si comprese
come fosse agevolissimo scrivere la musica nella notazione ordinaria.-
Questa, unificata ad esprimere il concetto musicale, colla distru-
zione di tutti i sistemi che miravano soltanto alla pratica del sona-
tore, può ormai disegnare la finezza più decisa per l' esecuzione su
ogni stromento, le sottigliezze ed accentuazioni più minute del ritmo,
le sfumature più delicate per l'espressione; — in una parola oggi
essa arriva a dimostrare scolpita l' interpretazione sicura del senti-
mento stesso che ispirava il compositore, a cui offre ricchezza ine-
sauribile di mezzi per fissare ogni sua concezione.
Omogeneità, dunque, definita e coerente nel suo ordinamento con-
centrato e preciso, come ultima espressione odierna dell'evoluzione
nella scrittura dei suoni musicali.
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136 MKMORU
Eppure per la musica si tentò sempre di creare nuove forme di grafie !
Oli autori non mancarono di magnificarne i meravigliosi vantaggi
in confronto della notazione attuale. Dice il Weckerlin (Demier
mtisiciana) che la Biblioteca del Conservatorio di Parigi possiede
piti di 60 progetti diversi per la scrittura musicale, tutti rimasti
sconosciuti. È noto invece il sistema di J. J. Bousseau a numeri
(suoni) e lineette (valori), rimaneggiato dopo di lui da Galin, Paris
e Chevé. Fu anche proposta una intavolatura di pianoforte, molto
ingegnosa, e, a mio vedere, di una utilità pratica degnissima d' at-
tenzione (Cfr. Fétis, Biographie universeUe des tnusiciens al nome
Adomo). Ma la grafia attualmente in uso, ordinata da una legge
naturale, ha tanto, salde radici nel passato e tanta gagliardia di svi-
luppo per afiermarsi esclusiva su qualunque altra che si possa im-
maginare, pur perfettissima. Né credo che durerà la resurrezione di
quei segni convenzionali {agréments) coi quali si pubblica oggi la
musica di due secoli addietro per cembalo (Bach, Hàndel, ecc.), dal
momento che la notazione può ormai dettagliare fioriture di ogni
genere senza giovarsi di quelle figure che presterebbero ancora il
servigio dei neumi e che la forza ineluttabile deirevoluzione ha già
distrutto.
BassEDO, dicembre 1900.
D' Oscar Chilesotti.
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Arte contemporanea
LA TECNICA DEL CANALE D'ATTACCO
Sagoio pkr lo studio txorigo-pbatico
degù blsmknti fonxtigi dilla patella italiana nsll*kmi88ionb vogale.
Con 6 fignn e naiMitMl o«p«dÌMitÌ gmfld, pfOfpetU, eoe.
(ConinmaM. Y. voi. VII, fase. 3% pag. 501, anno 1900).
Capitolo Secondo.
Delle vocali primarie, loro stampi consonantici
e del suono naturale e normale.
in quella guisa che la musica possiede soltanto sette note diffe-
renti tra loro, coel la favella italiana non riconosce neiremissione che
sette vocali differenti. Fra queste sette se ne distinguono tre, che
per le loro proprietà spiccate e speciali diconsi vocali primarie ^ e
sono:
J, A, U.
La vocale A posa nel mezzo del sistema vocale; e rappresenta per
se stessa il vero e proprio suono vocale dal quale è, conseguentemente,
scaturito il suono musicale: perciò questa vocale vien detta pure
suono radicale originario.
La vocale I Begna il limite estremo del dominio vocale chiaro, ed
implicita in sé tutte le prerogative di questo dominio; mentre la vo-
cale U segna il limite estremo del dominio vocale oscuro e sta a
questo nella medesima proporzione della 1.
Questi due domini danno origine ai cosidetti timbri^ \ quali per'
la diretta relazione con quelli, prendono pure i loro nomi, cioè:
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13B ARTE CONTEMPORANEA
timbro chiaro, vocale primaria I; timbro oscuro, vocale primaria U.
Le altre quattro vocali non sono che gradazioni di quelle primarie
e, potremmo dire, ne riempiono gli interstizi.
Lo studio dunque delFemissioue vocale dovrà aver principio da
queste tre vocali primarie si differenti e distinte fra loro, e nelle
quali si compendiano non solo le proprietà speciali dei timbri^ ma
pure le qualità, difetti e fenomeni acustico-musicali del suono vocale.
Esse sono Valfa e V omega dell'emissione vocale: in esse si rispec-
chiano e si riflettono tutti i processi fisiologici, fonetici ed acustici
e tutti gli effetti artistico-tecnici d'esso suono, in relazione all'emis-
sione; in una parola, queste tre vocali sono la stessa emissione.
Ma prima di procedere a questo studio è indispensabile di riguar-
dare più dawìcino queste tre vocali primarie e separatamente nella
loro posizione e formazione nel canale d'attacco, ed in rapporto pure
al loro significato fisiologico e psichico; per quindi ricercarne la loro
provenienza embrionale, l'espirazione.
È, come abbiamo detto, la sorgente del snono vocale (comunemente
voce), appunto perchè trovasi per la sua posizione sopra la laringe,
presso la glottide solo e fisiologico punto della fonazione (v. Fig. 2*).
Inoltre è vocale radicale, imperocché da essa nascono, si ^ dipartono
•tutte le altre;, è suono originario perchè si produce nel focolare della
voce: Le corde vocali.
A causa della sua formazione viene detta pure neutra^ poiché si
emette senza il concorso particolare d'alcun organo movibile, né ne-
cessita nessuna speciale azione muscolare del canale d'attacco. La
produzione d'essa succederà mediante una semplice apertura dell'ori-
fizio boccale, in quella guisa che abbiamo già osservato nell'esercizio
gìnnastico-muto comulativo, tempo primo. Sembrerebbe dunque che,
data la facilità e la naturalezza della sua formazione, essa debbasi
trovare perfetta in tutti gli individui ; invece è ftcile d'osservare il
contrario: il come ed il perchè lo vedremo in seguito. In noi ita-
liani stessi, che possediamo la formazione di questa vocale in sommo
grado di perfezione, sia per la sua purezza, leggerezza e franchezza,
sia per la sua produzione immediata, pure è cagione — giusto per
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LA TECNICA DEL CANALE D*ATTACCO . 139
la sua fissilità e spontaneità, che degenera spensieratezza e trascnranza
— dì difetti e cattive abitudini vocali (1).
Per evitare tutto ciò è necessario porci in mente sino adesso quanto
segue. Cioè: che lo stesso suono vocale, o semplicemente vocale, il
quale chiameremo dapprima suono naturak, emesso da diversi in-
dividui, può dare dei resultati tra loro ben differenti. Di qui nasce
la necessità di stabilire un suono che chiameremo notfnale, il quale
corrisponda, ed il più esattamente possibile, alla sua posizione e for-
mazione naturale fisiologica; che è quanto dire: tutti gli organi
movibili del canale d'attacco, necessari alla sua produzione, si tro-
veranno corretti e posati convenientemente, ed agiranno consciamente
secondo i sani ed. esperimentati procedimenti, anche allorché questi si
allontanino un po' apparentemente dal fatto fisiologico del suono natu-
rale. Ottenuto nella suddetta maniera il suono normale, non avremo
che continuamente e costantemente ad esercitarlo in unione a tutti gli
altri suoni vocali, sino u tanto che non abbia raggiunto, in loro rela-
zione, un certo grado di perfezione che condurrà al suono ideale.
Questo conterrà, nella sua essenza, tutto ciò che intendiamo dire con
le espressioni: belUaMa di emissione, grande temperamento, grande
sentimento, ecc.; ed includerà, non soltanto la perfezione dei proce-
dimenti fisiologici fonetici ed acustici, ma pure quella dei procedi-
menti estetici e psicologici.
Vediamo adesso la formazione fisiologica della vocale A nel canale
d'attacco.
La' posizione neutra indifferente degli organi movibili nel canale
d'attacco si presuppóne durante l'inspirazione nasale, nella quale l'ori-
fizio orale trovasi chiuso leggermente. Aprendo questo lentamente e
rialzando nel medesimo tempo un po' il labbro superiore, senza però
fare abbandonare agli altri organi movibili la loro posizione indiffe-
(1) Ecco come sì esprìme il sig. Mfiller-Bninow intorno a questa vocale: e Lo
sTilnppo della vocale A, sino ^lla sna produzione rotonda e sonora, abbisogna di
quattro o cinque anni di stadio assiduo, onde poterla adoprare scolasticamente ed
artisticamente, e secondo il suo carattere vero e proprio. Èssa necessita, nella sua
significazione fondamentale di canto (snono vocale) completo e perfetto, la più
grande cura nelFeducazione e puoasi chiamare a ragione la più difficile tra le
vocali ». Non dimenticare che fti un maestro tedesco, e dei più giovani, che
oosL
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140 ARTE CONTEMPORANEA
rente e senza suscitare nessuna contrazione muscolare, si comincerà
il movimento dell'espirazione per la bocca — un'espirazione un poco
più energica che d'abitudine, e che avrà tutto il carattere della for-
mazione aspirata, però senza strepito, della H — cercando d^appor-
tarla insensibilmente e naturalmente alla fonazione, cioè alla vibra-
zione delle corde vocali, col congiungere queste insieme il più
leggermente possibile e su d'una nota delle più centrali.
Il suono così prodotto sarà il suono naturale fisiologico e proprio
ad una pura A.
Una formazione difettosa o trascurata di questa vocale può appor-
tare alle seguenti cattive abitudini: la voce bianca e Idkvoce guitur
vale; quest'ultima un difetto de' più odiosi nell'emissione vocale e
ben difficile ad estirparsi totalmente. Intorno alle cause ed ai rimedi
adatti per estirpare od almeno mitigare questi difetti vocali parleremo
più innanzi.
È facile assegnare a questa vocale la sua significazione psichico-
simbolica. Essa esprime tutto ciò che è materia prima, la natura, la
creazione, il rudimentale, la pace, la tranquillità, la soddisfazione, la
gioia, ecc.
Questa vocale, abbiamo già detto, segna il limite estremo del vo-
calismo chiaro; varcato questo limite entriamo immediatamente, e
naturalmente nel consonantismo. Dunque essa contiene, nella sua
produzione sommaria, la più grande quantità di stoffa consonantica
sopra tutte le altre vocali: la quale stoffa proviene. dalla stessa sua
espirazione molto più energica ed assottigliata che di quella della
vocale A. Quest'assottigliamento della espirazione viene prodotto so-
pratutto dalla lingua, la quale prende la sua più alta curva verso
il palato duro, mentre la sua punta non abbandona mai le radici
dei denti incisivi inferiori. La colonna sonora, passando per la stretta
fessura tra la lingua ed il palato duro, viene spinta verso i denti
superiori e là essa produce il suono caratteristico a questa vocale,
nel tempo stesso che la corrente dell'aria esce per l'orifizio boccale
al di fuora. Il labbro superiore è più rialzato che in qualunque altra
vocale appartenente al dominio chiaro. Il labbro inferiore vien sti-
rato leggermente ed appoggiato ai denti inferiori, coprendoli intierar
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LA TECNICA DEL CANALE D* ATTACCO 141
mente. L'orifizio boccale resta per tal modo aperto soprattutto late-
ralmente. La laringe unitamente airepiglottìde si porta nella più
alta sna posizione, mentre la mascella inferiore si abbassa pochis-
simo. Questa la sua formazione: in quanto alla sua posizione essa
è la vocale la più adatta per condurre la corrente dell'aria, divenuta
colonna sonora nella laringe, verso il palìtto duro presso i denti inci-
sivi superiori (vedi fig. 2*), cioè in quello spazio già da noi ricor-
dato e detto spazio di condensazione, il più propizio a sviluppare gli
armonici del suono o della colonna sonora divenuta nota musicale e
produrne la sua risuonanza. Perciò vocale di grande valore, di una
importanza sovrana neiremissione vocale, di prezioso rimedio per
combattere i difetti della voce gutturale e degli altri secondari detti
voci filacciose, scheggiate, rotte, ecc. Neiristesso tempo però, e giusto
per le sue proprietà spiccate e speciali, può apportare al difetto della
voce dentale; cioè rendere il condensamento della colonna sonora
troppo assottigliato ed affilato, perciò stridente; in una parola, troppo
consonantico.
Questa vocale, nella sua significazione psicologica, esprime senza
dubbio il penetrante, Tistigante, l'energico, l'efficace, il piccante, il
sarcastico, e forse pare il leggiadro, il lindo, il sottile, ecc.
U.
Questa vocale è, tanto per la nostra favella, quanto per la emis-
sione, la più difficile e la più refrattaria tra le vocali, segnando,
come abbiamo già veduto, il limite estremo del localismo oscuro,
che è quanto dire il più insonoro. Perciò essa necessiterà d'uno studio
più paziente ed accurato di qualunque altra vocale, onde ottenerne
il suono normale; cioè dare ad essa quella sonorità che si addice a
tutte le vocali nell'emissione, senza snaturarne per questo il suo
proprio carattere. L'espirazione che la produce è meno energica di
quella della vocale A e, come vedremo in seguito, essa nell'emis-
sione vocale è del tutto irrazionale alla formazione fisiologica di
questa vocale, che è la seguente: la mascella inferiore non trovasi
molto lontana dalla superiore, i labbri però si restringono, spingen-
dosi in avanti e chiudendo quasi tutto l'orifizio boccale. La laringe
e con essa l'epiglottide, si trovano nella più bassa loro posizione;
ciò che obbliga pure la massa linguale a tirarsi indietro, col rial-
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142
ARTI GOMTXMPORAMBA
zara un po' il dorso posteriore, abbassare il medio, facendo abban-
dcmare alla sua punta l'appoggio ai denti inferiori, voltandola un
po' in alto.
Figura secooda (1).
PoilsioM d«lle Toc«U primuit e dei loro sUmpi oonaonantlci nel cuale d*attMeo (tuono nalnnlo).
(a) Spuio 41 oondtnsMBonto del ioono Tocale. (() (Hlindro Tocele del sao&o natnnle.
(1) Poiisìone delle lingue e del Telo peletino neiremleeione il.
(1) » • • » I.
(8) » » » • U.
I, Cerità 1)OCoele; H, fkneele; UI, neeele.
La sua posizione, qual suono naturale, è in alto nella cavità fa-
ringea verso le narici inteme (vedi fig. 2»).
(ì) In questa figura ci è stato impossibile di indicare la posizione della ma-
scella, inferiore nelle tre vocali primarie ; e la posizione che si osserva deve attìì-
buirsi soltanto alla vocale A.
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LA TKGNICA DBL CANALE D* ATTACCO 143
Una formazione difettosa, o meglio, troppo naturale di questa vo-
cale primaria, può condurre ai difetti così detti della voce muaie,
faticale o velare.
Come cupo ed oscuro è il timbro caratteristico* di questa vocale,
così fosco, tenebroso il suo carattere simbolico. Si presta soprattutto
a dipingere situazioni orride, funebri, fantastiche, trucolenti, ecc.
Abbiamo veduto che ogni vocale primaria contiene in se stessa
una maggior o minor dose di stoffa consonantica; la 1 ne contiene
una quantità copiosa, la A una moderata quantità, e la CT una
quantità minima. Questo in relazione colla favella italiana. La co-
noscenza deUa stoffii consonantica delle singole vocali primarie ci per-
metterà di guardare più a fondo nella natura e carattere proprio e
speciale di quelle. A questa stoffa abbiamo posto il nome di stampo
consonantico; il quale non è altro adunque che quel rumore o stre-
pito leggerissimo e quasi inapprezzabile che fa Tespirazione prima
di divenir suono vocale nelle tre emissioni principali A^ J, U. Lo
stampo consonantico per la vocale A è V H (acca), per la vocale /
r J (i lungo), per la vocale i7 il F (vu).
Questi stampi consonantici, come puossi ben vedere, sono vere e
proprie consonanti in quasi tutti gli idiomi. L'italiano, il più sem-
plice, come abbiamo detto, di tutti, riguarda alfabeticamente VH e
l'cT*, come consonanti; ma fonicamente parlando esse non hanno
nessun suono proprio e dispariscono, immedesimandosi nelle loro vo-
cali primarie. In&tti V H seguendo in italiano fedelmente la legge
fisiologica e non presentandosi che come formula iniziale avanti alla
sua vocale, ed episodicamente seguendo alcune consonanti dentali
onde prestare loro il carattere gutturale, non ha alcun suono per
se stessa. La J^ del tutto disparsa nell'ortografia moderna, non
ha differenza fonetica alcuna dalla J. Della consonante Fé succeduto
invece il contrario. Anticamente, nei dialetti italici e nel latino, si
confondeva foneticamente con la V; oggi giorno essa è nella nostra
favella consonante indipendente. Da ciò concluderemo prima di tutto
che tra gli stampi consonantici il più razionale è lo stampo della
vocale I; poiché pure esistendo foneticamente, non forma con quella
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144 ARTE CONTEMPORANEA
che una medesima e stessa produzione; quindi che la favella ita-
liana, oltre essere la più semplice, la più para e la più fisiologica,
possiede anche l'espirazione la più naturale, la più sana e la più
favorevole all'emissione vocale, personificata dalla consonante J?, che,
giusto per il suo valore fonetico nullo, giustifica l'assenza in essa di
qualunque rumore e strepito aspirativo, tal quale viene prescritta ed
usata dai buoni sistemi e metodi d'emissione e di canto, tanto antichi
che moderni ; infine che la più irrazionale, tra gli stampi consonan-
tici, è la F a cagione della sua posizione del tutto opposta alla sua
vocale primaria (vedi fig. 2*).
Collo stesso criterio che ci ha condotti a chiamare le vocali pri-
marie A^ I, {7, emissioni vocali, potremo perciò chiamare gli stampi
consonantici H^ J^ F, espirazioni vocali, distinguendole così: H
espirazione naturale^ J espirazione raaionale, V espirazione irra-
tfianale.
La consonante n non è che un soffio, un alito leggerissimo muto
ed impercettibile, il quale, come espirazione naturale, fisiologica, pre-
cede l'emissione A, Essa serve di preparazione all'atto della fona-
zione in generale, e compendia in se stessa tutte le qualità indispen-
sabili alla buona messa del suono (1). Come sappiamo, esistono due
specie di messa del suono: P la messa col cosidetto cólpo di glot-
tide, che è da considerarsi come nociva nell'emissione vocale, e da
adoprarsi soltanto eccezionalmente per alcune qualità istrumentali
appartenenti alla tecnica delle corde vocali; 2<> la messa espirato-
muta, che è quanto dire collo stampo consonantico della vocale A^
la buona e la giusta appunto, perchè è la fisiologica messa del suono
e la sola da adoprarsi nell'emissione vocale.
La sua formazione succede, per maniera di dire, sul punto zero di
tutte le fonazioni ed articolazioni; e si avvicina molto per questo
alla formazione della vocale A, Abbiamo detto che la sua produ-
zione è del tutto disparsa nella nostra favella; pertanto essa può pre-
sentarsi, come elemento finale, nei cosidetti: « sospiro di soddisfazione
(1) Questa espressione di me$ia del suono non è da oonfondersi coiraltra:
messa di voce. Come pure distingaere suono ed emissione vocale.
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LK TBCNIGA DBL CANALB D*ATTACCO 145
0 dì affanno » (rinteriezione ah!) ed ancor, più ripetutamente accen-
tuata, nello « scroscio di risa », il quale non è altro che un succe-
dersi della vocale A preceduta o seguita da una leggera espirazione
(ah! ah! ah! cA! àh!^ ecc.). In tutti i c^si la sua produzione im-
plicita un movimento, una scossa leggera e spigliata del diaframma.
Questa relazione direttissima fra diaframma ed espirazione è già una
prova della necessità nell'emissione vocale di adoprare la respirazione
diaframmatica.
La sua posizione è ancora più bassa e prossima alla laringe che
non la vocale A (vedi fig. 2^).
In riguardo al psi celiaco significato -suo è certo che questo stampo-
consonantico, allorché si manifesta fonicamente, ne contiene in sommo
grado. Lo provano senz'altro le interiezioni, che, ben sappiamo, sono
le espressioni più usate nei momenti esaltati della passione, del do-
lore, della gioia, dell'affetto; ed alle quali questo stampo trovasi, e
sempre, collegato.
Questo stampo consonantico della vocale 1 non è altro che una
espirazione molto condensata ed assottigliata dalla speciale posizione
degli organi movibili nel canale d'attacco e dal movimento o spinta
più energica e più pronta del regolatore dell'espirazione: il diaframma.
La sua formazione è, nella nostra favella, identica a quella della sua
vocale; la sua posizione è verso il palato duro,, appunto nel centro
dello spazio di condensamento (vedi fig. 2*).
Esso implicita dunque in se stesso tutte le proprietà e preroga-
tive dell'emissione I; anzi, per dato e fatto della sua posizione con-
terrebbe quelle prerogative ancora in più alto grado e valore nella
emissione vocale, se a noi fosse possibile ammetterle un qualunque
suono caratteristico. Ma allora ci troveremmo già nel dominio con-
sonantico; e più precisamente all' «/" consonante palatina con suono
primario ed appartenente alle favelle teutoniche (1) ; ed inoltrandosi
(1) Un fatto filologico di np^ certo interesse a proposito della relazione tra la
/ tedesca ed il 6^ italiano, l*abbiamo neirespressione già^ che noi adopriamo
nel Hngaaggio famigliare in segno di adesione e di confennay rimpiazzando so-
yente U nostro m. Essa non è altro ohe Vja tedesco ancor più consonantizzato
all'italiana.
Rifitta mmieoU italiana, Vm. 10
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146 ARTE GONTBMPORANBA
sempre più in quel dominio, al g francese in genie ed agli elementi
consonantici italiani fricativi esplosivi 69^ e C Ma di questo più dav-
vicino, allorché parleremo delle consonanti.
Come la sua produzione, pure la sua significazione simbolica sarà
la stessa che quella della vocale L
Uno de' fatti fisiologici de' più gravi nella fonologia e degno di
riflessione per gli studiosi, lo dà questo stampo consonantico della
emissione oscura 27. Egli è interessante, non solo per la scienza, ma
pure sorprendente nel nostro caso per la sua efficacia nell'emissione
vocale. Avremmo dovuto in questa abbandonare forse il timbro oscuro,
pertanto si importante per la ricchezza e varietà dei colori fonetici
e pe' suoi caratteri psichico-simbolici, se non avessimo potuto ricorrere,
nella sua produzione, all'appoggio del suo stampo consonantico; il
,quale, non soltanto lo estrae dalla sua posizione naturale, la parte
superiore dellt cavità faringea, ma lo obbliga a piegarsi al palato
duro verso i denti incìsivi superiori ed a sfiorare, nella sua uscita al
di fuori, il labbro superiore.
Questo stampo consonantico è qualche cosa di più che la sola
stoffa consonantica della vocale U, che, come sappiamo, ne possiede
pochissima; esso stampo è vera e propria consonante, e non solo in
italiano, ma in tutti gli idiomi, se togliamo la liogua inglese — la
più inconseguente fonicamente di tutte le favelle — ove essa si con-
fonde quasi del tutto colla vocale {7, presentando una novella prova
in nostro favore, e giustificandone la denominazione d'espirazione irra-
zionale dell'emissione oscura (1).
Come consonante indipendente essa appartiene al gruppo delle so-
nore (grammaticalmente: liquide-semivocali), ed implicita per questo
nella sua produzione sommaria la vibrazione, sia pure leggerissima,
deUe corde vocali. Si forma così: la lingua posa nella sua posizione
ordinaria ; cioè giace in avanti con la punta appoggiata leggermente
(1) Nel linguaggio Bcien tifico della Fonologia questa oonaoiianta viene anche
chiamata appunto < appendice labiale irrazionale » .
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LA TECNICA DBt CANALI d'aTTACCO ^^^^^
alla radice dei denti incisivi inferiori. Il labbro superiore trovasi
rialzato» lasciando scoperti i denti superiori, i quali leggermente
vanno appoggiandosi sul labbro inferiore; questo si stira coprendo i»
totalmente i denti inferiori^ e dando all'orifizio boccale una forma ,
molto prossima a quella richiesta per l'emissione chiara L Questa
posizione apporta a correggere l'altra, si sfavorevole per l'emissione
vocale, delle labbra raggruppate e spinte in fuori propria della vo-
cale U. La sua posizione trovasi tra i denti superiori ed il labbro
inferiore (vedi fig. 2*). Porre bene attenzione di non confondere
questa consonante con la sua consorella sorda, la labio-dentale fri-
cativa Fj con la quale ha comune la posizione e la formazione, e si
distingue solo per la spinta molto meno energica della corrente del-
l'aria- prodotta dal diaframma e per il concorso delle vibrazioni delle
corde vocali.
Questa consonante sonora fricativa possiede al sommo grado la sin-
golarità psicologica di esprimere tutto ciò che è scorrevole, cullante,
ondulatorio e fluttuante.
Esercizt delle vocali primarie precedute e sorrette
dai loro rispettivi stampi consonantici (suono naturale).
Serie Prima,
EmnIsIo Olile. Espedienti gnid del snono netiinJe.
N. 1. - (H) A, I, U.
N. 2. — (F) U, I, A.
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148
ARTI GONTXBCPOBANSA
N. 3. - (J) I, A, U. (j) ^
N. 4. - (F) U, A, L I
(Vi
N. 5. - (JBT) A, U, I. I
N. 6. -(/)!, U,A. (j)l
V V
Eseremo mtmeale,
v/ V
V
jjj luj-rttz4JJ II j^^J
fH) Ì^"&fF) U I A (J)I A U(V)U A I(H)A U I (J
La formazione del suono non è né declamazione, né <
bensì stadio dell'emissione vocale, onde rendersi padroni
nismo e del meccanismo di qnello.
(1) Pare disoendeDdo e spostandone, a seconda dei casi e del bisog
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LA TBCaaCA DEL CANALE D*ATTAGCO . 149
L'esercìzio orale si &rà su di una nota la più comoda e la più
centrale della lingua parlata.
Ogni misura dell'esercizio musicale sarà uno studio a sé.
I primi tentativi vocali, tutti lo sappiamo, devono venir fatti in
una moderata estensione. La nostra moderna scala è già troppo estesa
per i primi passi nello studio dell'emissione: raramente s'incontrano
otto suoni di ugual forza e vastità nella voce di un principiante.
L'esaccordo del Medio Evo « la patria, il focolare del suono » come
il Crysander ben a ragione lo chiama, è abbastanza esteso per lo
studio delle vocali ed è da raccomandarsi almeno per imprimi tempi
di questo.
. È ben sottinteso^ che l'allievo, prima di cominciare questi eser-
cizi, abbia già per un periodo di tempo più o meno lungo, praticato
gli esercizi ginnastico-muti presentati più indietro; e giunto per
mezzo di quelli ad un certo grado di abilità nella conoscenza e si-
gnoreggiamento tanto degli organi movibili del canale, d'attacco,
quanto nell'azione della respirazione diaframmatica. Raggiunto questo
grado e compresane la necessità e l'importanza capitale, non avremo
adesso più bisogno di lottare contro cavità inesplorate e sbarrate,
contro organi volubili e ricalcitranti e contro sforzi e pressioni mu-
scolari. I difetti naturali di emissione, se soltanto occasionali e noi^
organici, le cattive abitudini di pronunzia ecc., avranno diminuito
d'influenza, se non del tutto disparsi. Dunque l'attacco delle emis-
sioni vocali A, J, Uj non creerà all'allievo nostro nessuna difficoltà;
tanto più che, oltre lo studio teorico sino adesso presentato, avrà
pure in suo aiuto il continuo controllo degli stampi consonantici. *
Faremo anche osservare che questi stampi, considerati come punto
d'appoggio articolatorio delle vocali primarie, produrranno una tran-
quilla e regolare espirazione, servendo nell'istesso tempo, a condurre
convenientemente la corrente dall'aria divenuta suono nello spazio
di eondensamento, per quindi poter venir gettata al di fuora ; mentre
l'attacco delle vocali in generale studiato senza alcun appoggio con-
soDUìtico, oltre sviluppare una espirazione irrequieta ed incerta, ob-
bligherebbe la colonna sonora a dirigersi e condensarsi nelle loro
rispettive naturali posizioni (suono naturale); in maniera prevaricata,
come abbiamo già osservato, nell'emissioni A^ U e forse esagera-
taonente giusta, ciò che è pure da evitarsi, nell'emissione i. Invece
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150 ARTB CONTEMPORANEA
gli stampi consonantici, ripetiamo, aiutano il suono vocale, nato nella
glottide tra le corde vocali, a portarsi al palato duro (appoggio)^
parete la più solida e la più sonora del canale d'attacco, verso i
denti incisivi superiori, nella parte anteriore della cavità orale o
avambocca; e là risuonare nella così detta maschera del viso (im-
posto). In questo pure saniamo, non solo il fatto fisiologicofonetico
della nostra favella, la quale consegna che sempre ed in qualunque
produzione fonetica, sia essa dentale, labiale, palatina, nasale o gut-
turale, la corrente dell'aria o colonna sonora deve attraversare la
cavità orale ed uscire fuori intieramente, e soltanto, per Torifizio
della bocca — ma bensì anco i precetti sull'emissione de' nostri
metodi dell'antica scuola italiana.
Sarà bene di consigliare all'allievo di dare agli stampi consonan-
tici H, J — che, come abbiamo già detto, sono nella nostra &•
velia l'uno scomparso foneticamente, l'altro scomparso nell'ortografia,
ma fonicamente immedesimato colla vocale I — un valore più ar-
ticolatorio; cioè esagerandone le loro proprietà consonantiche in re*
lazione alle proprietà vocali delle tre emissioni; che è quanto dire:
alla H un carattere consonantico aspirativo come nella nostra &vella
la interiezione (i) Ah! ed alla J un carattere fricativo, che si av-
vicini ai J e g francese ed al ^ italiano come formula mediana
(p. es. in magia): tutto questo però col solo pensiero, o meglio, più
mentalmente che effettivamente.
Gli espedienti grafici del suono naturale saranno da per se st^
ben chiarì e non necessiteranno dì una dettagliata spiegazione; spe-
cialmente allora quando avremo osservato attentamente l'antecedente
figura seconda. La freccia che in quegli espedienti forma angolo
acuto significa la direzione della colonna sonora nel canale d'attacco
del suono naturale nelle tre emissioni.
Questi espedienti manifesteranno la loro intiera importanza più
innanzi, allorché parleremo del suono normale o neutralizzamento
delle vocali primarie.
Adesso alcunché sulla posizione dell'orifizio boccale, della laringe,
della testa ecc., nell'emissione delle note dell'esercizio musicale. In
generale, ma non sempre né in maniera caricata, la posizione del
labbro superiore rialzato in modo da lasciare scorgere almeno un po'
la fila dei denti incisivi superiori, e del labbro inferiore stirato ed
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LA TfiCmCA DSL CANALK D*ATTACGO 151
appoggiato leggermente ai denti inferiori coprendoli, è da preferirsi
nelFemissione vocale all'altra posizione, presa come principio siste-
matico, delle labbra spinte in avanti e rattrappite, lasciando soltanto
una piccola nscita ovale alla condotta sonora. La prima posizione,
che come si vede e si vedrà chiaramente ad ogni passo è quella che
si addice al dominio vocale chiaro e fisiologicamente a tutti gli ele-
menti consonantici della nostra favella, favorirà il neutralizzamento
del vocalismo oscuro, permettendo al suono pure in quello di portare
e presterà alla pronunzia la sua proprietà incisiva e distinta, appor-
tando alla chiarezza ed alla comprensibilità immediata della i>aro2ei.
Sulla laringe non dovrà essere esercitata nessuna pressione; perciò
né abbassamento né alzamento volontario, prescritto; ma sibbene
lasciarla libera di seguire , oltre i movimenti fisiologico-fonetici
osservati nella formazione delle tre vocali primarie, pure i movi-
menti fisiologico-acustici dell'altezza o profondità del suono musicale
— tutti movimenti che, come vedremo più innanzi, si trovano tra
essi in strettissima relazione.
La testa compresovi il collo sino alle clavicole, e con essa tutti
i suoi sistemi muscolari, deye trovarsi nella posizione la più tran-
quilla e naturale in compatibilità coi differenti movimenti degli or-
gani del canale d'attacco, con una inclinazione piuttosto al basso
che all'alto ; e ciò onde liberare il più possibile la laringe da qua-
lunque contrazione e pressione, e permettere alla colonna sonora di
arrivare francamente e presto nello spazio di condensamento.
Osservato alla posizione delle labbra, l'apertura dell'orifizio orale
succederà col semplice abbassamento della mascella inferiore; un
abbassamento sempre moderato e possìbilmente uguale per le tre
vocali primarie. Quest'apertura é da osservarsi scrupolosamente nel
primo tempo degli esercizi d'emissione, dovendo più tardi subire
alcune modificazioni. La faccia, l'espressione del viso, deve essere
naturale, un po' sorridente, non mai esageratamente seria e triste
con inarcamento delle ciglia o raggruppamento d^Ue rughe frontali:
questo sarebbe un segno di sforzo di emissione o contrazione mu-
scolare.
È pure da raccomandarsi di studiare in piedi, od almeno seduti
comodamente; in maniera che tutti gli organi partecipanti sieno
liberi e pronti a qualunque richiesta partecipazione. Il migliore ac-
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152 ARTE GONTSBfPOaANBA
compagnamento della voce è un altra voce e non un istrumento tem-
perato come il pianoforte: nel nostro caso gli esercizi di emissione
verranno praticati tutt'affieitto a solo. Un diapason, nn violino, un
tasto del pianoforte basteranno per dare l'intonazione del primo
suono.
La durata di ciascuna misura deve essere di circa 10 secondi, e
coU'esercizio, procurare di portarla sino a 15 o 20 secondi. Nell'ab-
bandonare il suono evitare di ^diminuirlo esageratamente, ma la-
sciarlo con natural^za, appoggiando insieme le labbra. Prima di
attaccare l'altro suono è necessario fare una pausa di 4 o 5 secondi,
onde prendere nel modo già indicato, il respiro intiero, osservando
attentamente e coscenziosamente a tutto quello che Z stato detto ri-
guardo alla posizione e formazione delle vocali primarie e loro stampi
consonantici, alla respirazione, alla posizione della testa, del corpo ecc.
Il grado dinamico di questi esercizi musicali sarà il mf^ sino a
tanto che non vi saranno indicazioni speciali.
♦
L'esercitare l'allievo nello studio dell'emissione su di una sola
delle vocali primarie è riconosciuto oramai come un procedimento
difettoso, da evitarsi perciò il più possibile. Da qui la necessità di
esercitarle vicendevolmente ; e non soltanto per cagione dei movi-
menti fisiologici sì caratteristici, sì differenti assolutamente tra loro
e perciò molto più facili a discernerli e stabilirli nel confrontarli
simultaneamente, ma anche per giungere, in un tempo relativa-
' mente breve, e quasi insensibilmente, all'acquisto del suono normale,
che è quanto dire alla NetdrcUigBaBione delle tre emissioni primarie
e dei loro timbri.
È questa neutralizzazione lo scopo principale di questo studio;
non essendo nostra intenzione, né entrando nel nostro compito, il
raggiungere il suone ideale; poiché ciò ci condurrebbe nel campo
vero e proprio della declamazione vocale (o canto, come chiamar *si
voglia). La buona emissione vocale si ottiene sopratutto per mezzo
di detta neutralizzazione — da non confondersi col suono vocale
neutro A — che si ottiene dapprima coU'aiuto scambievole delle
vocali primarie tra loro, quindi coU'aiuto delle vocali secondarie, ed
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LA TECNICA DEL CANALE D* ATTACCO . 153
in ultimo per mezzo delle consonantiche articolazioni, che con quelle
troyansi in istretta parentela.
La neutralizzazione, s!intende, riguarda intimamente e principal-
mente il suono Tocale musicale; e secondariamente il suono orale;
ed è quel procedimento che, senza togliere alle tre principali emis-
sioni nessuna delle loro proprietà essenziali, serve a noi per salva-
guardarci di cadere in quei difetti e cattive abitudini che da esse,
come abbiamo veduto, si dipartono. Un riepilogo di essi difetti non
ci sembra qui ovvio del tutto.
Sappiamo già che dalle vocali primarie scaturiscono le differenti
qualità metalliche del suono vocale.
Dalla vocale I scaturisce la voce dentale, dalla vocale 17 la voce
nasale, velare e faucale a seconda della più o meno elasticità ed
ubbidienza del velo palatino. Qui incontriamo pure una prova delle
copseguenze prevaricanti, alle quali apporterebbe lo studio dell'emis-
sione con una sola di queste vocali. E noi italiani specialmente ne
sappiamo già qualche cosa di queste conseguenze nell'abuso che la
nostra vecchia scuola faceva nell'emissione della vocale A ; la quale
è vero ci apportava ad una tecnica perfetta delle corde vocali a dis-
capito però della varietà dei timbri e loro neutralizzamento, della
facilità di emissione, ed alla mancanza, il più delle volte, di forza
espressiva declamatoria.
Pur troppo bisogna riconoscere che giusto la vocale A è' quella
che più delle altre vocali primarie ha bisogno del procedimento
della neutralizzazione e di uno studio prolungato e prudente di os-
servazione. Oli stessi fatti fisiologici, che provengono dalla natura
della nostra favella, ci apportano a dei resultati inconseguenti, irra-
zionali intomo a questa vocale, mettendoci in imbarazzò onde darle
un carattere reciso ed assegnarle un compito nell'emissione vocale.
La volubilità e la malleabilità di questa vocale, che si riscontrano
in quei fatti, ci consolidano sempre più della sua difficoltà nell'emet-
terla giustamente. Le vocali J ed 17 sono è vero,- quali suoni natu-
rali, confini angolosi e difettosi del vocalismo; ma hanno, .oltre
l'aiuto dei loro stampi consonantici più &vorevoli alla buona emis-
sione che lo stampo della vocale j., pure una posizione più costante,
stabile, mentre la vocale J., sorgente del suono e della vita vocale,
nella sua stessa bellezza non si spoglia delle debolezze a questa ine-
renti: l'incostanza e l'instabilità.
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154
ARTE CONTEMPORANEA
Ma lasciamo l'iperbole e torniamo al pratico. Per meglio com-
prendere il processo della neutralizzazione delle vocali primarie ab-
biamo pensato primieramente e teoricamente di servirci degli stessi
espedienti grafici già presentati e che indicano il suono naturale,
contrapponendovene altri, da quelli derivati, che indicheranno il
suono normale o suono neutralizzato. Appresso, ed in maniera pratica,
presenteremo le vocali secondarie e ne dimostreremo l'importanza
qnale mezzo di neutralizzazione di tatto il vocalismo.
Ciome puossi ben vedere in quegli espedienti la colonna sonora,
qoal suono naturale, percorre il canale d'attacco, formando un an-
golo acuto. Questo angolo acuto, nel nostro caso, esprime grafica-
mente i difetti inerenti alle tre vocali primarie. Esso sarà perciò
da evitarsi il più possibile, dando per così dire a quella colonna una
forma più arrotondata, amalgamando il suono naturale, rendendolo
più omogeneo, più normale. Ciò potrà esprìmersi graficamente cos).
Prendasi, per esempio, l'espediente grafico del suono naturale N. 3 (1).
Oi
('>--~^>--
(A)
Suono natnnJo.
Suono nonnalo.
Riducendolo a quest'altra forma avremo il suono normale o neu-
tralizzamento delle tre vocali primarie, che è quanto dire: cerche-
remo di allontanare remissione chiara I dai denti, portandola un
po' indietro nella cavità orale; avvicineremo il più possibile l'emis-
sione oscura U verso l'orifizio boccale ed alzeremo la posizione del-
l'emissione primitiva A, portandola dalla cavità faringea nella ca-
vità orale. Per il neutralizzamento dell'emissione oscura abbiamo
già, come fu detto, un possente ausiliare giusto nella sua espirazione
irrazionale o stampo consonantico; per le altre due emissioni però
(1) Tatti gli altri namerì neiristesM guisa ridotti.
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LA TECNICA DBL CANALE D ATTACCO 155
le loro espirazioni o stampi saranno di aiuto ed appoggio per il loro
Ddutralizzam^to sino ad un certo punto: per ottener ciò completa-
mente sarà forse necessario aftcora di attendere e di trovare più in-
nanzi i loro definitivi ausiliari nello studio delle vocali secondarie.
Intanto sia qui ancora dimostrata la necessità, onde ottenere il suono
normale, di conoscere la posizione e la formazione delle vocali pri-
marie e sopratutto le posizioni sì differenti in cui'trovansi gli organi
movibili del canale d'attacco. Nella U ci ricorderemo di portare la
lingua un po' al basso senza gravare però Tosso di essa sulla la-
ringe: in quanto alla posizione delle labbra basterà pensare, pure
allorché 1' V non servirà d'attacco, al suo stampo consonantico. La
vocale / presenterà alcune difficoltà per portarla un po' indietro,
onde dare a questa emissione l'apertura necessaria della -cavità orale
per la condensazione del suo suono. Infatti la cavità orale è imba-
razzata quasi intieramente dalla massa linguale, la quale trovasi
nella sua più alta curva verso il palato duro. Rimedieremo in parte
a questo impedimento ricordandoci di tener appoggiata sempre la
punta della lingua alla radice dei denti incisivi inferiori e nell'i-
stesso tempo tentare di abassare il più possibile la mascella inferiore,
venendo cosi ad ottenere un allargamento, non solo dell'orifizio boc-
cale, ma pure della cavità orale.
Le difficoltà della vocale A saranno molto maggiori. Abbiamo già
accennato alle conclusioni, la maggipr parte irrazionali ed inconse-
guenti, alle quali apportano in questa emissione i fatti fonologici.
Noi crediamo bene di tenerci al più importante di questi, quello
delle Permutcuioni^ che, come sappiamo, consiste nel prestare ad
alcune articolazioni consonantiche palatine la caratteristica del suono
gutturale. E ragioniamo: se A appartenesse, come suono naturale,
al dominio del vocalismo chiaro, essa pure dovrebbe far ritenere a
quelle consonanti viandanti il suono dolce che esse hanno accom-
pagnate dalle vocali appartenenti a quel dominio. Invece essa le
permuta completamente, prestandole già un suono di carattere gut-
. turale e quello stesso che esse hanno accompagnate dalle vocali ap-
partenenti al dominio oscuro. Incorderemo pure il fatto filologico
comparativo che questa vocale in quasi tutti gli idiomi tende più
che altro al dominio vocale oscuro; dunque dedurremo che, onde
ottenerne la sua neutralizzazione o suono normale, sarà prudente.
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156 ARTB CONTEMPORANEA
almeno nella maggior parte dei casi ed allorché sopratatto non avremo
a combattere il difetto della voce gatturale, di dare ad essa una
lieve assonanza di carattere oscuro ; dtò alzando convenientemente il
velo palatino in forma rotonda, come abbiamo già indicato negli
esercizi ginnastico-muti di quell'organo, e tenere il dorso medio e
posteriore della lingua un po' rivolti verso il basso.
Sarà pure osservato in tutti gli esercizi musicali:
lo I colori differenti e caratteristici che produrrà ogni nofa
dell'esaccordo «u ciascuna delle tre vocali primarie; cioè: la sonorità
metallica e piena della vocale A^ la risuonanza energica e pungente
della vocale J, ed il rimbombo opaco, molle e rinchiuso della vocale U:
2^ La differenza fisiologica della forza dinamica di queste vo-
cali, che potrà riassumersi cosi:
S^ La difficoltà per inviare il suono della A alla U soprattutto
nelle note superiori dell'esaccordo, senza far nascere un piccolo stacco
0 scheggiamento. Qui si convergono e s'incrociano altre cagioni ed
altri fotti di ordine fisico-acustico, i quali provengono dalla rela-
zione intima fra suono e vocaT8 e che ci riserberemo di esporre, e
chiarire del nostro meglio, più innanzi. Per adesso, passiamo senza
altro allo stadio delle vocali secondarie.
{Continua).
€. Somigli.
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INTORNO ALLA MISURA. •
DEGLI INTERVALLI MELODICI
Ssperlsiaxe ed OsBervmzlonl.
1. — Dìcesi melodico rintervallo che passa tra due suoni mu-
sicali .prodotti successivamente, per distinguerlo i^AVintervaUo ar-
monico che è tra due suoni prodotti simultaneamente, o formanti
accordo musicale.
Questa distinzione ha ragione di essere, sia per l'arte che per la
scienza. In ogni fase della progressiva evoluzione dell'arte, la que-
stione dell'intervallo ebbe grandissima importanza, perchè esso va
riguardato come fattore principale del sistema; ma nell'ultima fase
(la moderna) ne acquistò ancor più. Infatti nella nostra musica l'in-
tervallo (per la sua ampiezza e distribuzione) divenne elemento costi-
tutivo, non solo del disegno melodico^ come in ogni tempo; ma anche
del disegno armonico che è caratteristico del nostro sistema.
Quante discussioni scientifiche siensi fatte in ogni periodo della
storia musicale, da Pitagora, Aristosseno, Euclide, ecc. fino a Dele-
renne e Mùhrìng e Bitter in favore e contro l'intervallo pitagorico
e sinfonico, si può leggere nel Journal de Physique^ del 1872, 1. 1,
pag. 109, Sur Thistoire de TAcousiique musicale, par E. Mebcadier.
Io mi limito a rilevare che oggi pure la questione degli intervalli
è viva più che mai: essa ha per oggetto precisamente il confronto tra
gli intervalli melodici e gli armonici.
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158 ARTE CONTEMPORANEA
Helmholfjs con una analisi profonda dei suoni isolati e in òbmbi-
nazione, avea dato una dimostrazione sperimentale (non soltanto psi-
cologica come per lo passato) degli accordi musicali addirittura
incontestata. Il risultato fu questo, che siccome le scale si considerano
come formole rappresentative dei sistemi musicali, così la scala acu-
stica 0 naturale
1 A A Jl A A i5. 9
è quella che rappresenta il ^stema moderno; perchè da essa si può
riconoscere il numero, l'ampiezza, i caratteri degli intervalli de* suoni
che la costituiscono e la loro mutua dipendenza»
Blasema coi suoi lavori pubblicati nei Bendiconti della B. Acca-
demia dei Lincei (2 e 16 maggio 1886) fece fare un vero passo alle
teorie di Helmholtz che egli aveva già propugnato nel suo libro:
Le san et la musique; infatti ci ha dato la chiave per isciogliere
queste e molte altre questioni, dimostrando, in una sintesi sistematica
dei rapporti acustici, la mirabile struttura e ricchezza del sistema
musicale armonico specialmente nelle modulazioni che gli sono ca-
ratteristiche (1).
Ciò non ostante in molti scrittori di cose musicali è entrata la
convinzione che alcuni intervalli omonimi de' suoni abbiano diversa
grandezza, secondochè si producono successivamente o simultanear
mente. I buoni artisti, specialmente i suonatori d'istrumenti ad arco,
che nelle esecuzioni seguono l'ispirazione del genio, sanno che il loro
orecchio esige certi spostamenti de' suoni e una conseguente disten-
sione 0 contrazione d'intervalli ai quali non corrisponde alcuna com-
binazione armonica sopportabile. D'altra parte è innegabile che il
predominio, in pratica, della scala temperata, posta tra la acustica e
la pitagorica, ha reso oltremodo difficile l'apprezzamento degli inter-
valli. Ne seguì che i teorici, pur riconoscendo i pregi in teorìa della
scala naturale, si schierano contro; giudicandola, come fa D' Oscar
(1) Nel mìo lavoro, la Enarmonia (Oiomale Arcadico, serie III, n. H), ho
tentato di dare una interpretazione artistica a quelle relarioni numeriche.
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INTORNO ALLA MISURA DBG LI INTERVALLI MELODICI 159
Chilesottì, insufficiente alla evoluzione compinta dell'arte moderna,
perchè è m aperto contrasto colFessenaa della modulcurione (!) che
è la sua grande risorsa (1); ovvero, rigettandola come impraticabile,
non solo per le difficoltà tecniche eccessive, ma per ragioni arti-
stiche consistenti principalmente^ neUa preponderanaa della melodia
sMa armonia (2).
L'unico argomento che abbia vero valore scientifico sono ancora
le esperienze dì Cornu e Mercadier del 1869-71 (3), perchè furono
dirette alla misura degli intervalli melodici, e gli autori hanno for-
mulato le loro conclusioni in forma determinata.
Esse suonano così:
I. Gli intervalli musicali de' swmi sueeessivi d'una melodia
senM modukufiom appartengono alla gamma pitagorica:
^ ^ 3* 2^ A ^ Z. 9
IL Gli intervalli de' suoni simultanei degli accordi, base del-
V armonia^ appartengono a sistemi diversi dipendenti dalla comples-
sità degli accordi. Ma quelli degli intervalli più, semplici, terze,
seste, accordi perfetti, ecc. possono considerarsi come appartenenti
alla sceda de' fisici.
Nel presente lavoro io mi sono proposto di riprodurre le esperienze
di Cornu e Mercadier in forma più sistematica e determinata e spe-
cialmente di dare ai risultati una interpretazione artistica più logica
. e precisa. Inoltre essendo nata tra i musici una certa diffidenza per
le teorie di Helmholtz(4) che si basano essenzialmente sulla scala
acustica e naturale, mentre la melodia sembra preferire la scala
pitagorica, mi propongo di richiamare al giusto prestigio le teorie
acustiche. Invero, a torto si contrappone, come contradittoria, Tespe-
(1) Bivista Musicale Itahana, voi. VII, fase. 2«, pag. 871, anno 1900.
(2) If. LftOH BouTROux, Bevue adeniifique, 10, 17, 24 mano 1900.
(«S) Comptea Bendns de FAcadémie dea Sciences.
(4) A. Layignac pensa che la teorìa di Helmholtz ne satisfaU paa ahtolument
Zet eens artUHques (La musiqùe et tee musieiens, Pftrìs, 1896).
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160 ARTB CONTEMPORANEA
rienza di Comn e Mercadier, alla teoria di HelmholtZ) pel fatto che
la melodia ammette degli intervalli che non esistono nell'armonia;
mentre si può dimostrare l'esistenza dell'interyallo pitagorico nella
melodia, come un corollario delle dottrine di Helmholtz intorno agli
accordi musicali; anzi se ne può ricavare perfino l'uso sistema-
tico dello stesso. Tutt'al più può considerarsi come una lacuna, in
Helmholtz, il non aver riconosciuto il vero intervallo melodico, come
riconobbe l'armonico.
Egli, a questo proposito, non ha che un parere congetturale: in-
fatti dice: « In una successione melodica di suoni la terza non è un
« intervallo caratterizzato in maniera certa. I musici sono abituati
« alle terze del - piano-forte troppo alte. Nella successione isolata
— (fo, m>, sol — io non saprei scegliere tra le due terze (armonica
« e pitagorica che differiscono d'un comma -^) ma nell'accordo sul-
€Yharmonium la pitagorica è insopportabile. Può essere che come
« sensibile la terza pitagorica sia più espressiva ».
2. Esperienze. — È noto che l'intervallo di due suoni si misura
dal rapporto dei numeri delle vibrazioni che si richiedono, in uno
stesso tempo, per produrre quei suoni : così se uno è prodotto da due
vibrazioni, mentre l'altro ne vuole tre, il rapporto -2- sarà la mi-
sura dell'intervallo de' due suoni. Con questa regola è fìicilissimo
calcolare gli intervalli de' suoni d'una melodia, quando si sappia
quante vibrazioni in uno stesso tempo corrispondano a ciascun suono
di ossia. Per contare queste vibrazioni, ecco come ho condotto l'espe-
rienza. Ho accoppiato un corista magnete-elettrico registratore (cioè
munito di setola di cignale all'estremità d'un rebbio che serve di
stile) al fonautografo di Scott, in tal guisa che le due punte degli
stili fossero distanti incirca due millimetri e poste sulla retta paral-
lela alle generatrici del cilindro ricoperto di carta annerita con nero
fumo. Il cilindro ruota automaticamente per un congegno di orolo-
geria: il corista che serve da cronometro, oscilla costantemente ani-
mato dalla corrente d'una pila Grenet, descrivendo collo stile sulla
carta una sinusoide più 0 meno distesa secondo la velocità di rota-
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INTORNO ALLA MISURA DB6LI INTERVALLI MILODICI 161
zione del cilindro, ma sempre con egual numero di vibrazioni nello
stesso tempo. Se nn cantore o nn sonatore eseguisce una melodia
dinanzi al paraboloide, lo stile del fonautografo traccierà simultanea-
mente la curva melodica accanto alla curva del corista. Ogni suono
secondo la sua altezza sarà rappresentato da una porzione di sinu-
soide caratteristica. Affinchè ognuno possa farsi Tidea del risultato
di questa operazione e del modo di numerare le vibrazioni corrispon-
denti a tempi uguali, riporto qui una porzione di disegno grafico
della prima melodia sulla quale ho fatto le prove. Questo disegno
serve pure di conti^llo ai numeri da me ricavati, potendo ognuno
da sé numerare le vibrazioni di parecchi suoni, dei quali ho segnata
la nota in margine al disegno sulla propria sinusoide. Avverto che
col La tottolineato si suol indicare il La della scala acustica, per
distinguerlo dal Ira pitagorico che è più alto d'un comma.
La curva del corista serve di cronometro. Basta numerare quante
vibrazioni rispondono in ciascun suono per un egual numero di vi-
brazioni del corista (io le ho calcolate per mille) e sapremo quante
vibrazioni rispondono ad ogni nota della melodia nello stesso tempo.
Ad esempio la sinusoide del La contiene 35 vibrazioni per 41 della
— 35
sinusoide sovrapposta del corista, quindi saranno -^ = 853,6 vibra-
zioni del La per ogni mille del corista: il La ne conta 40 per 46
del corista cioè ^ = 869, per mille. Facendo ora il rapporto
Za : La = 1,0179, si ottiene una frazione approssimativamente eguale
, 8i~
adgg..
Nel diagramma si potrà osservare che nel La figura soltanto
mezza vibrazione più che nel La, su quaranta del corista; sembra
poco; ma tanto basta perchè il La sia pittorico, e il La sia natu-
rale. Infatti si richiedono 80 vibrazioni nel secondo, perchè il primo
ne contenga un'intera in più, cioè 81. Nelle seguenti tabelle non ho
riportate le letture dirette, sibbene i numeri ottenuti dividendo tutti
' pel numero delle vibrazioni della tonica Bo. In questo modo sono
riportati tutti i valori nei limiti della scala, e i miei risultati sono
comparabili con quelli di Gornu e Mercadier.
Intorno al diagramma devo far notare che non essendo che l'ottava
Rétiàla muaicaU iialiama. Vili. II
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162
ARTE CONTBMPORANBA
parte incirca di quei diagrammi sui quali Lo preso la .medi
4^1 §<S
g <2 i^ ^ t O ^
I ^ -51 D, ^ ^ -^ ^
non può essere sufficiente per calcolare i numeri delle Tibrazioni
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INTORNO ALLA MISURA DKGLI LNTKRVALLI MELODICI
163
relativi di ciascuna nota segnata in margine. Io ho scelto qaella
porzione che conteneva le sinusoidi dei quattro La contenuti nella me-
lodia della prima tabella, che si leggono dal basso in alto come tutte
le note della melodia. Di alcune altre note, come dei terzo Sol e
delle ultime 8ol^ La, appare nel diagramma l'estremità della propria
curva e il principio della curva della nota che segue; quindi sarebbe
errore prendere la media di quelle vibrazioni per controllare i nu-
meri della tabella corrispondente che furono ricavati dall'intero dia-
granàma. Mio scopo era di dare un& garanzia per le note controverse
della Beala, che sona: il jSft, il La e il iSf>; ed a ciò è sufficiente il
diagramma. Ecco i risultati di otto prove :
1» Tabella. — Melodia del M* GuALTmi.
^^Mi —
w — rr-
w -s
r-H^^
=P=^
I
r 1
— ^j ■ .-
:-^-S
SOALB
B/
-4 —
— -J —
acustica
• 1.000
1,250
1,500
2,000
1,875
1.666
1,500
pitagorica
••
1,266
»
t
1,898
1,687
»
Mirar*
•
I
1.000
1,247
1,498
2,000
1,877
1,666
1,498
li
II
1.247
Ì,600
1,8752
1,668
1,600
m
1,255
1,497
1,860
1,657
1,497
IV
1.259
1,500
1,875
1,680
1,500
V
1,2496
1,500
1,900
1.6606
1,520
VI
1,242
1,499
1,844
1,651
1,499
VII
1,248
1,500
2,001
1,876
1.670
1,500
vin
1,252
1,499
2,002
1,8754
1,670
1,501
Digitized by CjOOQ IC
164
▲RTB CONTBICPORANBA
jb^
r^
11
"" ^ 1
,CL
=^
, — <o
IH
SOAU
— %■ —
— l^ —
aettstica
1,4059
1,500
1,666
2,25
2,000
1,875
1,666
1,500
pUagoriea
1.4288
9
1,687
2,278
•
1,898
1,687
t
Min»
I
1,408
1,500
1,680
2,256
2,000
1.888
1,682
1,4988
li
1,420
1,500
1,690
2,262
s
1,898
1,690
1,500
IH
1,480
1,499
1,686
2,256
1,92
1,686
1,501
IV
1,426
1,501
1,687
2,254
1,875
1,687
1,500
V
1,410
1,508
1,695
2,264
\ ■
1,892
1,700
1,500
VI
1,411
1,499
1,678
2,256
1,876
1,661
1,499
vn
1,401
1,500
1,702
2,252
1,875
1,700
1,502
vni
1,408
1,500
1,695
2,260
1,877
1,694
1,499
=B^
=p^
^
—f—
« ■
-^-
SOALB
- T
=^
acustica
1,888
1,500
1,666
1,125
1,875
1,666
1,500
2,000
1.250
pitagorica
»
•
1,687
*
1,898
1,687
«
s
1,266
Mirar*
I
1,833
1,500
1,666
1,124
1,875
1,666
1,503
2,000
—
u
1,SS6
1,500
1,664
1.126
1,875
—
—
—
—
III
1,S88
1,508
1,665
1,127
1,8925
1,650
1,501
—
—
IV
1,385
1,500
1,666
1,130
1,876
1,665
1,500
1.999 1.250
V
1,840
1,500
1,666
1,180
1,896
—
—
— —
VI
1,383
1,499
1,650
1,126
—
—
—
1
VII
—
—
—
—
—
—
—
—
VUl
1,840
1,501
1.665
—
—
—
—
—
—
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INTORNO ALLA MISURA DIGLI INTERVALLI MELODICI 165
I nameri della tabella scritti sotto ciascuna nota della melodia,
indicano l'altezza relativa di ciascun suono rispetto alla nota:
m
perciò il Do = l basso fu preso come tonica, alla cui scala sono
riferiti gli altri suoni. Perchè ognuno possa conoscere a quale scala
appartengano ho posto in testa ad ogni colonna de' numeri, i rap-
porti della scala acustica e della pitagorica.
Affinchè si dia giusto peso alla interpretazione artistica di queste
misure premetto alcune osservazioni. Le piccole divergenze oscillanti
de' numeri letti, dai valori teorici, si devono a cause d*errore ine-
renti, sia al modo di sperimentare, sia alle letture e ai calcoli.
Ho fatto eseguire le melodie a tre distinti artisti (due cantori e
un violinista) lasciando loro ignorare lo scopo di queste esperienze,
e raccomandando loro di eseguirle il meglio che potevano special-
mente rispetto all'intonazione. La prima e la seconda melodia erano
affatto sconosciute agli artisti, epperciò le lasciai alla loro libera in-
terpretazione senza far presentire alcun accompagnamento. L'osser-
vazione dei diagrammi dimostra che l'attacco della nota non è quasi
mai preciso, specialmente quando il canto non procede per gradi
congiunti. Lo stesso dicasi, ma in grado minore, del terminare del
suono che di rado conserva la stessa altezza. Le letture quindi vanno
fatte nelle parti centrali della sinusoide di cis^scun suono, che corri-
spondono all'istante in cui l'artista non ha preoccupazioni. Aggiungasi
che non è facile l'apprezzamento delle frazioni di vibrazione, benché
si possano stabilire due punti di coincidenza di fose (due massimi o
minimi nelle sinusoidi del suono e del corista che giaciano sulla
stessa verticale) che permettono di prendere numeri interi di vibra-
zioni. Il mio corista cronometro ne dà 500 Y.S. al secondo, e la
maggior parte delle note sono più basse, e quindi hanno vibrazioni
più ampie di quella che è assunta come unità di misura. Nel fare i
rapporti colla tonica poi basta un piccolo errore nella misura di
questo suono per impostare tutti gli altri.
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166
ARTS COr<TEMPORANEA
FiBalmente noto che sarebbe errore prendere la media dei yalori
delle note omonime che s'incontrano in tutta la melodia. Il Za, a
mo' d'esempio, nella melodia riportata, appare quattro Tolte; ma a
prima vista si capisce che i valori del secondo e del terzo La sono
costantemente superiori ai valori degli altri La\ epperciò si debbono
ritenere per valori diversi e non attribuire la divergenza a cause di
errore come se oscillassero intomo ad un valore medio. Ricostruendo
la scala sui valori ricavati dalla melodia, si ottiene, prese le medie
di ciascun suono:
Do
Bé
Mi
Fa
Sol
La
^'
1,000
1,12575
1,4998
1,8864
1,4998
1,66582
1,8728
1,1270
1,260
1,5002
1,6885
1,878 •
•
1,50002
1,6878
1,882
1,500
1.50008
1,6680
1,6608
•
1,5013
•
n valore del Bt supera il teorico di 2 vibrazioni, errore trascura-
bile, considerato che si richiederebbero 14 vibrazioni per innalzarlo
d'un comma: può attribuirsi all'esecutore della lY* e Y^ prova che
tende a contrarre l'inteiryallo di quinta, Za : £« e ad estendere quello
di sesta maggiore Be\Si, Il valore del Mi è evidentemente quello
della scala acustica. Analoghe considerazioni valgono per il Fa e
per il Sol. Il Si ha due o tre valori esageratamente alti, che inai*
zane la seconda e la terza media; ma considerando che per la pre-
valenza degli altri valori, si possono considerare come errore di ese-
cuzioQO 0 di lettura; e d'altra parte diiFeriscono dal valore pitagorico
non n^eno di 18 vibrazioni, è da ritenersi ohe anche Si appartiene
alla scala naturale. Besta il La che evidentemente ha due valoò
diversi;' la I\ la lY», e la Y* media rappresentano tre valori del La
acustici, la II* e la III* due valori pitagorici. Ciò si può rendere
evidente in altro modo:
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTBaVALLI MELODICI 167
È noto the nella scala aeustica i tre nomi :
&? :ZrO : iSi : = -2- : -g- : -g-
10 9
distano d*un tono minore -g-?= 1,1111 e d*un tono maggiore -^ ;
laddove nella scala pitagorica formano due toni maggiori -^ = 1,125.
Fatti i rapporti tra i yalori del La e del Sol che lo precede risolla:
!• Za: iS(0l= 1,1109 — tono minore
.^ ll« La\8ól= 1,1255 — tono maggiore
IIP Ira :ìS(0Z= 1,1251 — tono maggiore
IV» Zro:/SÌ9Ì= 1,1086 — tono minore
V» La :/SÌ9Ì= 1,1068 — tono minore.
Babta questo fatto per conchiudere che la melodia, almeno in parte^
s*è svolta snlla scala pitagorica? Dico di no! per due ragioni ! la
prima perchè il Si che segue i due La pitagorici conserva il valore
della scala aeustica, epperciò l'intervallo decresce divenendo tono
minore:
IP Si: Ira = 1,112 — tono minore
IIP &': Za := 1,115 — tono minore.
Il fatto quindi non indica altro che uno scambio d'intervalli, sicché
si avrà:
Od» . XX» . DI — 2 • 3 80 • 8
e fiicendo le debite riduzioni risulta:
8ol:La:8i = lx^:^. (a)
Questa nuova relazione ha una importanza capitale, perchè ci scopre
la seconda ragione d'ordine puramente artistico: infatti i tre rap-
porti (a) sono caratteristici dei primi tre gradi della scala acustica :
2)o:ite:-aft = l:-|-:-|-.
Dunque l'apparizione di quei due valori pitagorici del Za ci ft
sapere che s'è fatta una modulazione alla quinta del tono, e che il
Sol deve riguardarsi come tonica o primo grado della scala, per tutto
il tratto della melodia che si svolge nel nuovo tono. Notisi bene che
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It»
ARTE CONTEMPORANEA
qui s'è riconosciuto resistenza della modulazione, non dal
precede il 8ol^ che dà un buon indizio della modulazione
non assolutamente, potendo ammettere la melodia una ar
zione monotonale-cromatica), ma dal Za che da tutti i mi
musica si suppone inalterato e identico al La della scala
hi Do.
Per togliere ogni dubbio ho scelto un'altra melodia che
tiene alcun suono o nota modulata, ma che si presta ad
zazione con o senza modulazione. Ecco la tabella:
2* Tabella. — Corale di Graun.
Af-p—
a
^ 1
1 j—
— f—
rTT]
Qu'U
est
-i^
al
di -
1
de et
glo-ri .
Scali
acustica
1,000
1,500
1,250
1,000
1,500
1.666
pitagorica
1,266
1,693
Misare
I
1,000
1,500
1,249
1,000
1,498
1,659
II
1,500
1,250
1,000
1,503
1,666
^
Scale
actistica
pitagorica
cet I im
Mirare
I
II
tei
1,666
1,693
1,683
1,678
1,875
1,898
1,876
1.875
2,000
I
1,878 I 1,685
1,880 1,675
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INTORNO ALLA MISURA DBGLI INTERVALLI MELODICI
169
U
— =—73
1 r
• P
p
^
ì-
r
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1
C
Dle«
==H
« ej j
iii«*aM
Scale
actisHea
pitagorica
1,250
4*'
1,666
1,500
1,888
Wirara
I
1,250
' 1,665
1,499
1,884
1,252
1,126
II
1,258
1,663
1,500
1,8268
1,250
1,124
Anche questo corale di Graun era sconosciuto agli artisti ; quindi
nella tabella non è espresso se non il risultato della loro libera in-
terpretazione. Benché sembri diatonico e monotale, non contenendo
né suoni cromatici né note modulanti; pure al periodo centrale hanno
attribuito due La pitagorici; donde si capisce che il loro senso ar-
tistico vi preferiva una modulazione alla quinti 'del tono, come quella
che conferisce alla melodia maggior varietà e novità. In&tti facendo
i rapporti:
1 683
La: Sol = ^'^g^ = 1,125 = tono intero maggiore
= 1,111 =s tono intero minore
j^g- = 1,109= tono intero minore
1685
La : 801= -jQQQ- = 1,12333 = tono intero maggiore
un po' calante, perchè in discesa; é chiaro che anche qui s'è fatto
un puro scambio d'intervalli, e quindi è applicabile la relazione (a)
che stabilisce l'eguaglianza
Sol: La: Si = Do: Be: Mi
che significa modulazione alla quinta del tono. Dunque anche in
questo caso come nel primo sarebbe erroneo il dire che la melodia
si svolge sulla scala pitagorica per l'apparire del La pitagorico.
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m
àrtb qontbmporamka
Entrambe le melodie vamio divide Ita tre parti, delle quali la pdma
e l'aHima si srolgono sulla scala acustica che ha per tonica il Do:
la seconda parte pure si svolge sulla scala acustica e non sulla pi-
tagorica; ma deve riferirsi alla nuova tonica Sol:
w
Finalmente ho esperìmentato sopra una melodia assai nota, che ha
tutti i caratteri della dìatonicità, ma che si presta assai bene sia
all'armonizzazione monotale, sia alla politonale. È però d'avvertire
che l'esecutore non può considerarsi esente dall'influenza dell'armo-
nizzazioné politonale preferita dall'autore. È il seguente brano dello
Stabat del Bossini.
8* Tabblla. '— DallQ Stabai del Rossini.
9^
M -J- J r g:
■ #<
0 I f g
Qdmi - do
eor - pus
mo . ri -
• . tur
fte «t
SOALS
acustica
1,25
1.126
1,500
1.000 .
1,838...
pitagorica
1,2666
V
Mirara
.
I
1,250
1,130
1,500
1,000
1,833
n
1,251
1,119
1,499
»
1,385
m
1,258
1,128
1,498
»
1,829
IV
1,250
1,128
1,5003
»
1,319
Medie
1^51
1,1Ì5
1,4993
•
1,329
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INTORNO ALLA BIISDRA BEGLI INTERVALLI MELODICI
ni
XJLr pi J. J' >■ J'I J i
ft - ni -
DM . do •
SCALB
acustica
1,875
1,250
pUagoriea
l,898i
•
1,2656
Minre
I
1,900
1,265
n
1,900
1,270
m
1,910
1.260
IV
1,907
1,257
Medie
1,904
1^163
1,682
1,679
1,676
1,700
1,684
Qaesto è il caso che più davvicino s'accorda ai risaltati di Coma
e Hercadier e che pare favorevole -alle loro conclusioni.
Per rendercene ragione ricostruisco la scala coi rispettivi rapporti
caratteristici : - *
p. - f».
di - ri
1.125
1,000
1,189
•
1,1265
1,000*
1,1240
«
1,1287
»
1,1850
1,008
J,1273
11
Do
Re
Mi
Fa
Sol
La
Si
1.000
1,125
1,1278
1,251
1,268
1,829
1,4998
1,684
1,904
re : do
fw : re
la :
sol
si : la
1.125 tono Biagg.
1,112 minore
1,1231 maggiore
1,180 maggiore
1,1273 maggiore
1,1208 maggiore
(?)
In questo prospetto si potrebbe forse riconoscere la scala pitagorica
composta tutta di toni interi maggiori = 1,125 e di due piccoli semi-
toni fa : mi = 1052, e do: si = 1046.
Ila anche nell'ipotesi più favorevole non si potrebbe concbiudere
che la melodia Rossiniana sia stata eseguita su detta scala.
Gli: esempi antecedenti c'insegnano che l'inganno dipende dall'aver
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172
ARTK CONTEMPORANEA
riferito tatti i suoni al primo do^ considerato come tonica in tatto
il corso della melodia. Ora ciò non 6 possibile, poiché la tavola III
fa sapporre che gli esecatori hanno dato certamente alla melodia
Rossiniana una interpretazione politonale, che si accosta qnal più
qaal meno a quella del suo autore.
Siccome si trattava d'una esperienza decisiva per la tesi ch'io voglio
dimostrare mi sono premanito d'una prova dì fatto evidentissima.
Prima della melodia ho fatto eseguire il seguente solfeggio :
^V^
■■■w ■■
— ^ —
h
mi
1,245
re
1.13
sol
1,503
do
1,000
1,334
— 9 —
si
1,8758
mi
1,247
a
la
1,700
re
1,13
a»
do
1,004
Qui certamente non sono gli intervalli Pitagorici che dominano,
benché l'intonazione non sia la più perfetta. Ognuno riconosce in questo
solfeggio il disegno melodico del canto Rossiniano che fu eseguito
senza alcuna prevenzione e senza influsso di tutti gli altri fattori
della melodia specialmente del disegno armonico e del disegno ritmico.
Dunque si può conchiudere che a modificare il disegno melodico nel
testo sono concorse queste cause che esaltavano l'artista a dargli vita
ed espressione.
Infatti si vede che le prime tre misure appartengono senza dubbio
alla scala acustica che ha per tonica do^ e le tre seguenti rispon-
dono appunto ai rapporti della scala acustica minore che ha per
tonica il mi o il la. La cosa, veramente curiosa, è raccordo di tutte
le prove, nell'accorciare l'intervallo di quinta minore : fa: si=s 1,39,
che è caratteristico della scala pitagorica e non esiste nella scala
acustica [fa: si = 1,404 pitagorico, fa : si=i 1,4222 acustico].
Considerata la melodia nostra come una progressione politonale il
cui andamento fu assegnato alla parte di soprano, vedremo che questo
intervallo pitagorico tra la terza e quarta misura segna un difetto
di continuità nei legami tonali ; ma d'altra parte è una delle più
belle dimostrazioni delle teorie acustiche. Questo esempio intanto
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTERVALLI MELODICI 173
prova che in certi casi la melodia ammette veramente rintermUo
caratteristico della scala pitagorica.
3. — Siamo in grado ora di giudicare i risaltati delle esperienze
di Comn e Mercadier, benché sieno scarsi i dati che ci hanno lasciato.
Ammesso che sieno state condotte colla massima esattezza, hanno il
grave difetto di esprimere la media complessiva di tutti i suoni omo-
nimi che si trovavano nella melodia; senza distinguere e separare
quelle note che potevano avere diversa funzione tonale. Anche nelle
mie misure presa la media dei La^ otterrei un risultato poco diverso
dal loro: Za = 1,6758 valore vicino al pitagorico; ma resta violata
la più elementare regola di misura che vuole identità di condizione.
Tutt'al più quindi quelle esperienze, come le mìe, provano la pos-
sibile esistenza dell'intervallo pitagorico nella melodia.
Anche il modo di proporre i risultati (che io ho seguito per ren-
derli comparabili) è causa d'errore, nelFapprezzare gli intervalli
musicali i quali si devono misurare per rapporti e non per differenze.
Ammessi come perfetti i loro numeri :
Re = 1,127, Mi = 1,265, Fa = 1,329, La — 1,687, Si = 1,917,
prendo la quinta:
ia: 2^ = 1^=1,496
e la confronto con la quinta
facendo il rapporto :
5i:aft = 5g^= 1,515
ig§= 1,0129.
Le due quinte non sono eguali, ma la seconda supera la prima d*un
81
comma g^ = 1,0125. Ciò significa che nelle loro esperienze è com-
presa un intervallo che è caratteristico della scala acustica nella quale
la quinta del IP grado cala d'un comma sulle altre; mentre nella
pitagorica tutte le quinte sono eguali.
Più grave è ancora la conseguente interpretazione artistica quando,
conchiudono che gli intervalli d'una melodia sensa modulagioni ap-
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174 'ARTB CONTEMPOBANSA
partengono alla scala pitagorica; mentre dalle mie risulta chiaro:
che Xinteirvallo pitagorico è indizio di modulazione o esplicita o sot-
tintesa cioè intenzionale dell'artista ; e che i tratti di melodia diato-
nica decisamente monotonali appartengono alla scala acustica. Anche
di quella interpretazione possiamo farci una ragione supponendo che
quegli artisti abbiano attribuito una tendenza politonale ad una me-
lodia diatonica, come è avvenuto nella II* e III^ delle mie esperienze.
Tutti i musici sanno che è ben difficile trovare una melodia tale che
non possa ammettere se non armonizzazioni monotonali. Rossini, il
più fecondo creatore di melodie, per elevare all'altezza del suo genio
la melodia del Quando corpus^ che ha un disegno diatonico affatto
ordinario, la rivestì di esuberanti e ardite armonizzazioni politonali,
benché possa ammettere una ovvia e rigorosa armonizzazione mono-
tonale. Non potrebbe conchiudersi piuttosto dalle comuni esperienze
che i nostri artisti hanno dimostrato uno dei caratteri della musica
moderna, che è appunto la tendenza alla politonalità, come- quella
che dona alla melodia povera, vita, rilievo, novità e varietà? Chi
non sa il notevole sforzo di reazione degli stilisti in musica per ri-
dare le proprie armonizzazioni e cadenze puramente diatoniche e mo-
dali, alle melodie gregoriane che dai moderni furono rivestite del-
Tabito polinito della tonalità e politonalità?
'Avrei potuto spingere oltre le mie esperienze estendendole alle
melodie fiorite ai recitativi, al canto fermo... ma olfrecchè sarei uscito
dai limiti impostimi, per ora, del campo della tonalità; penso che
ciò che ho esposto, sia per la scelta metodica dei canti sia per la
esauriente interpretazione artistica, basti per poterne ricavare logica-
mente le seguenti conclusioni :
1^ Gli intervalli dei suoni d'una melodia diatonica e monoto-
naie appartengono alla scala acustica.
2^ ,Una melodia diatonica quando modula può ammettere inter*
valli che appartengono esclusivamente atta scala pitagorica; ma sol-
tanto tra due suoni (xppartenenti a diversa tonalità.
Ne vedremo in seguito il significato e la portata; ora &ccio os-
servare che non sono in contradizione colle esperienze di Comu e
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTKRYALU MELODICI
47S
Mercadier ; ma colle loro conclusioni che io ho ridotto entro termini
compatìbili coi principi della scienza e delFarte. Quella espressione
«nfiitica: La gamme pythagaridenne est lar gamme de la melodie sane
wioAUatìans^ ha un aspetto di verità nella prima parte» ma non fu
dimostrata la seconda parte.
Io dimando venia ai grandi maestri Bossini e Beethoven se oso
irmonizzare diversamente le loro melodie, sulle quali hanno sperimene
tato quei fisici : d'altronde ogni buon musico sa dire che nélV Anébinte
della sin fama in do mmore Vi sono modulazioni esplicite; e che il
coro del tramonto* nel IP atto del Chtglielmo Téli fui am<mi2zato
wù e senza modulazioni dallo stesso Bossini.
BnTHOTKM.
^^
i
■^ I hi^
n
P
m.
^m
Roseuii.
'^^W Andante è la terza che diviene pitagorica, nel coro Rossiniano
U terza, la sesta e la settima, come vedremo; intanto è evidente
che le melodie scelte da quelli sperimentatori sono tutt'altro che
tms modulations^ contenendo esse modulazioni neiraccompagnamento
fitto dagli stessi autori ; e prestandosi inoltre ad altre armonizzazioni
politonali svarìatissime.
Tutto dipende da un troppo rigido e matematico concepimento della
melodia. La curva melodica è dotata d'una plasticità meravigliosa
DeQe mani del genio artistico*, che consiste in ciò che i suoi suoni
poesoDo quasi sempre assumere diverse funzioni tonali, alle quali
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'*•
176 ARTS CONTEMPORANEA
soddisfano assumendo una certa altezza, determinata *in ultima ana-
lisi dall'armonia esplicita o sottintesa che accompagna ciascun suono.
Ogni mutamento di funrione tonale è una modulagione, che può
* avvenire non solo nel passaggio da nota a nota, ma anche durante
lo stesso suono (1).
Ora la tendenza delFartista di genio è di dare rilievo e varietà
alla curva melodica scegliendo per ogni suono quelle (funzioni che
sono meno uniformi e vicine,
Kcco in qual senso può dirsi che la melodia ami piuttosto la scala
pitagorica; perchè la frequenza dell'intervallo pitagorico è Tespres-
sione della politonalità o del continuo mutamento di funzioni tonali
che deve riguardarsi non come elemento essenziale alla melodia, ma
come rafiBnatezza d'arte; laddove la scala (acustica, la scala della
tonalità, essa sola ammette la monotonalità, la quale esclude per le
note omonime qualunque mutamento di funzione pel legame costante
ed identico che i suoni devono mantenere colla tonica o suono .fon-
damentale.
Ognun vede che da questo che ho detto, all'escludere la melodia
della scala acustica, troppo ci corre ; mentre risulta che la ordinaria
scala della melodia tonale è appunto la acustica; e che la pitago-
rica, non entra come scala (perchè non esprìme ma esclude la tona-
lità) sibbene i suoi intervalli caratteristici concorrano sistematicamente
per certe funzioni intertonali.
Siccome poi Gomu e Mercadier non s'arrestano alle conclusioni ora
discusse, ma ne ricavano, come legge, una conseguenza logica d'una
gravità eccezionale, così generalizzerò anch'io il mio concetto (nella
seconda parte di questo lavoro) esponendo le linee generali per una
teoria dei disegni melodici, facendola sgorgare appunto dai principi
d'armonia. Quei signori hanno separato la melodia dall'armonia, non
senza urtare contro il senso comune, che non concederà mai che vi
possa essere tanto e sì dolce connubio tra quei due elementi costi-
tutivi dell'arte nostra musicale, senza che essi abbiano alcun legame
(1) Cfr. Enarmonia (in CHomàle Arcadico, serie 3% n. 14).
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTERVALLI MELODICI 177
di mutua dipendenza. Ecco come si esprimono: «Une consóquence
« immediate de la distìnction de deux systèmes dMntervalles musi-
« caox (in melodici e armonici) c'est que les lois de formation des
« intervaUes des deux systèmes reposant sur des principes di/fé-
€ rentes, on ne doit accepter, pour en tirer une conséquence relative
€ à Tharmonie^ aucun raisonnement fonde sur des propriétés mèlo-
< diques^ et réeiproquement » (1).
A questa proposizione io contrappongo la seguente, che logicamente
soddisfa assai più e ai risultati delle comuni esperienze equamente
apprezzati, e alle nozioni fondamentali dell'arte musicale:
L'esistenaa di qualche intervallo pitagorico nella melodia non solo
è una necessaria conseguenza della teoria degli accordi musicali di
Relmholta^ ma da questa si può inoltre dimostra/re la legge secondo
la quale quelT intervallo entra a formare il disegno melodico.
(1) Comptes Bendas de l'Acadómie des Sciences, fóvrier 1869.
(Continua).
Boma, R. Isti tato Fisico^ dicembre 1900.
Dr. Oiuuo Zambiasi
Assistente nell'Ufficio centrale del Corista normale.
H99itta muticaU italiana, Vm. 12
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" LE MASCHERE „
Commedia lirica b giocosa in un prologo e tre atti.
Soggetto di Luigi Illiga — Musica di Pietro Mascagni.
J\ parte il successo o Tinsuccesso, per me l'idea più originale,
anzi assolutamente bizzarra, in questa molto giocosa commedia de
Le Maschere, è che la maschera italiana sisC destinata a rifecotidare
nel nostro teatro lirico. Quasi che ciò possa dipendere dall'umore di
un poeta e dal beneplacito incosciente di un maestro di musica. La
maschera, nel teatro italiano del cinque - sei - e settecento, è la con-
seguenza naturale della convenzionalità in cui l'arte della scena è
generalmente compresa. In questo circolo della convenzione, quando
il grado d'eccitabilità del pubblico spettatore è così modesto, e così
yiva invece la sua forza d'illusione, ch'egli non si turba coirassistere
airinfingimento ed anche col saperne le ragioni, si comprende il fondo
tipico della maschera. Essa è u!|a convenzione nella convenzione.
Essa è una comodità per il poeta che non vuol troppo dire, e per
il pubblico che non vuol troppo pensare. È un carattere fisso, in cui
quattro sottolineazioni bastano perchè tutto il resto sia subito com-
preso e facilmente gustato. Ma la fecondazione della maschera ita-
liana è già cosa del passato: il teatro di Goldoni; per noi d'oggidì
essa è un dato inutile.
E però nel librettista de Le Maschere ha prevalso il concetto di
un completo ritorno alla commedia armonica del 1600, mentre il
maestro si è preso il libretto musicandolo da vero ignorante, senza
un indirizzo qualsiasi. E mentre il primo carpiva brutalmente ad-
dirittura la sostanza e la forma del vecchio soggetto alle sue origini,
l'altro ancor più brutalmente glielo sciupava. 0 Gaspare Torelli, o
Orazio Vecchi, o Adriano Banchieri, la vostra gloria postuma non
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€ LB MASGHBRE » 179
potrebbe essere maggiore. 0 perchè, nuovi Illica e nuovi Mascagni,
non canterete ancora un qualche vecchio Àminta o una frolla Ama-
rìlli, e un Pantalone o un Graziano qualsiasi non sarà ancora Io
sfondo del vostro quadro? E con i vecchi tipi e le vecchie scene
saranno rievocati, anzi rimessi in moda i vecchi espedienti: il tar-
tagliare, l'eco, le bravate di un capitano Garden, le serenate a base
di spropositi, ecc., ecc. Ecco i ferri vecchi non pur dell'opera ita-
liana^ ma dell'ultima forma alquanto decadente del madrigale dram-
matico, destinati a rattizzare il successo dell'opera italiana nel se-
colo XX. Proprio cose da carnevale. Forse di qui vedesi tutta la
grossa burla che il librettista ed il maestrp de Le Maschere hanno
giocato al pubblico.
Giacché non la maschera come tipo, come fondo umano, impres-
sionò il poeta, ma le maschere tutte gli si fecero incontro come
curiosità umoristica, creandogli un colpo d'effetto in contrasto con le
pih note e radicate convenienze dell'opera. E al compositore, per
darla ad intendere, bastò di tanto in tanto una capatina, un tuffo
leggiero nella musica del settecento. — Gli è del Barnum autentico,
0 Signori. — Mettersi nella disposizione necessaria per riprodurre alla
meglio — così ad occhio e croce come ha fatto Mascagni — una ma-
niera musicale settecentista non è già cosa difficile; ma è certo senza
importanza; né la musica s'avvantaggia con maniere ed espressioni
antiche rimaste tali e quali erano un dì. Il vecchio tipo del Dottor
Graziano è modernamente riuscito un Beckmesser, e Pantalone un
Vito Pogner: guardate per combinazione, o Italiani, il prodotto eso-
peo e fatale e fate un confronto con il prodotto legittimo di Mascagni.
La riproduzione del vecchio tipo nell'opera d'arte moderna, per quanto
d'antico ambiente, vuol essere sempre determinata, accompagnata da
nuovi aliti di vita. Nelle Maschere questa vita non c'è. Vi è solo
la riproduzione convenzionale e balorda del vecchio che non c'inte-
ressa più, commisto con quel moderno vuoto e deforme di cui siamo
nauseati da un pezzo. Di qui s'intravvede chiaro tutta la rozzezza
e la vacuità del metodo mascagnano inaugurato per la musica de Le
Maschere; un metodo che permette di porre insieme, come Dio vuole,
la sinfonia, la scena Vili (famosa ormai per merito di Puccini), il
finale del primo atto, una rifrittura in concertato della serenata d'Jor,
il coro in cui le maschere dicono i lor complimenti a Rosaura, ecc. ecc. ;
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180 ARTB CONTEMPORANBA
che le citazioni son superflue. È una specie di labirinto in cui non
c'è modo di orientarsi ; è un tormento continuo fatto al più elemen-
tare senso d'arte. Una Belle Hélène o una Périchole sono capolavori
di stile in confronto, con Taltro vantaggio, per giunta, che essi riescono
nel loro scopo, cioè quello di divertire, mentre Le Maschere sono
lavoro di una pesantezza unica, un monumento di noia mortale.
Ad onta che si avessero realmente buoni esecutori (parlo della
Scala di Milano), questi non riuscirono mai a vincolare durevolmente
l'interesse del pubblico: anzi la soluzione di continuità parve all'or-
dine del giorno. In fatti né gli episodi né i personaggi dell'azione
hanno svegliato nella fantasia del maestro alcun che di caratteristico ;
la musica non li dipinge, non li sottolinea mai con immagini proprie
e adeguate. Le frasi musicali vengono ancor tutte e sempre da un
vecchio troncone; sempre l'identiche mosse, sempre le stesse risolu-
zioni. Non dirò quindi che il maestro si sia ingegnato di arricchirsi
di melodia e d'armonia vecchia o nuova, ma solo che egli si è ben
guardato di uscire dal solito circolo, in cui si trovano riunite a sua
disposizione, come in un distributore automatico, le più plebee e
le più usate combinazioni dell'una e dell'altra. Egli ha seguitato
a comporre improvvisando, cantando sempre secondo che gli crebbe
il becco 0 secondo detta dentro. — Ma dei Rossini non è più il
tempo, e se anche lo fosse. Mascagni ne possiede il talento al
rovescio. Mai come ora, dopo sei o sette fra opere, operette ed ope-
rine, la sua immaginazione musicale apparve più povera e sfinita.
Abbiamo avuto recentemente, a poca distanza l'una dall'altra, due
opere nuove, 2!aBà e Le Maschere. Due begli esempi ai giovani ! —
Se l'opera, come genere d'arte, s'agita in mezzo ai deliri che pre-
cedono l'agonia della morte, a peggio andare ora abbiamo un dottor
Balanzone o un Graziano qualsiasi che potrà fare da becchino. Sarà
almeno una maschera utile a qualche cosa. In quanto ai compositori,
ci sono, per fortuna, delle case di salute nelle quali si può fare una
cura perfetta. Ma per il Comitato della Scala, che non ha avuto
il coraggio di rifiutare una cosa come Le Maschere^ non saprei che
suggerire: forse la lanterna.
L. Torchi.
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LA -^ QUESTIONE DELLA SCALA ^
DAL PUNTO DI VISTA STORICO E GIURIDICO
Due parole di proemio.
Le condizioni particolari dei teatri italiani, i quali rispecchiano
ancora dal punto di vista delle loro proprietà il modo onde sono
sorti, la loro divisione cioè in palchetti di cui l'uso esclusivo appar-
tiene a dei privati, mentre l'ente Comune, una società, od altro
privato è il proprietario delle restanti parti dell'edificio; l'ibrida na-
tura giuridica del diritto di palco, e la conseguente indeterminatezza
dei rapporti che da esso scaturiscono, dovevano naturalmente nelle
varie vicende cui sono soggetti gli spettacoli scenici, vuoi per la
tirannia politica, vuoi per quella economica, provocare non infrequen-
temente delle contestazioni, e dare luogo a dei dibattiti giudiziari di
non breve durata e di grande interesse cittadino.
Il Begio di Torino, il Carlo Felice di Genova, la Pergola e il
Pagliano di Firenze, i teatri comunali di Reggio Emilia, Bologna,
Casale, il Begio di Parma, il Nuovo di Pisa, V Avvalorati di Livorno,
e per tacere di altri meno importanti, recentemente il Teatro delle
Muse di Ancona ed il Municipale di Modena, tutti hanno avuto la
loro questione^ perchè tutti si trovano appunto nelle condizioni di
competenza patrimoniale cui dianzi accennammo.
La Scala, che è il massimo dei teatri italiani, non tanto per la
sua grandiosità, quanto per la sua importanza artistica, doveva quindi
essa pure avere una questione^ ed è appunto quella che comune-
mente va sotto il nome di « questione della Scala >, termine molto
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182 ARTE GONTEBfPORANEA
generico ed elastico, che da piti di trm^ta anni è adoperato tra i mi-
lanesi per indicare le vicende più svariate di quel teatro. Senonchè
la « questione della Scala » dalle altre si differenzia, non solo per
•il numero delle cause cui essa ha dato luogo, quanto per la loro
singolare. importanza, e dal punto di vista giuridico, e 'da quello
artistico, dimodoché si può bene asserire che essa riveste una tale
gravità da oltrepassare le barriere cittadine, per diventare questione
di interesse nazionale.
E ciò è vero oggi più che mai, oggi che la < questione della
Scala » è entrata in una fase che diremmo decisiva, che supera di
gravità tutte le precedenti, perchè si tratta di chiaramente definire
che veste e che titolo di ingerenze abbia il Comune di Milano nelle
cose del Teatro alla Scala, e quali diritti ed obblighi competano ad
esso di fronte ai palchettisti del teatro medesimo :-è la que3tione fon-
damentale che si tratta di decidere, e dalla sua risoluzione può
dipendere forse addirittura la ragione di essere del più grande fira i
teatri italiani.
Queste considerazioni giustificano lo sviluppo che noi abbiamo dato
al presente lavoro. — Dal momento che la. causa recentemente dibat-
tutasi e non per anco definita tra i palchettisti ed il Comune di
Milano, non è che una fase della grande questione della Scala, era
necessario onde comprenderne la gravità non solo, ma anche la genesi
storica, ricercarne negli atti di fondazione di quel teatro le origini,
nelle varie vicende politico-economiche la ragione, nelle precedenti
cause tra Comune e palchettisti Taddentellato.
Ed è questo appunto che ci accingiamo a fare, colla certezza che
se l'opera nostra non corrisponde del tutto al bisogno, sentito special-
mente nel mondo artistico, di una monografia che metta alla portata
di tutti il conoscere di questa questione^ non si potrà però non lo-
dare la bontà degli intendimenti che ci spinsero a questo lavoro.
I.
Le origini del Teatro della Scala,
e il suo funzionamento fino all'anno 1867.
Erettosi nell'anno 1598 nel palazzo ducale di Milano un teatro
a tutte spese del Governo, il Collegio delle Vergini spagnuole,
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LA CQUESTIONB DELLA SCALA» 183
le cui rendite consistevano nella maggior parte in fondi della Ca-
mera, si trovò investito dello speciale privilegio di fare suoi anche
i proventi derivanti dal detto teatro» al qaale efifétto era autorizzato
a concedere, contro determinati compensi speciali, licenze per l'uso
dì pubblici giuochi, e per l'esercizio di pubblici spettacoli e diver-
timenti, tanto in quel teatro che in altri luoghi della città, ciò che
costituiva una privativa dello Stato, una vera regalla.
don istrumento a rogito Gredario, 24 febbraio 1665, l'Amministra-
zione di quel Collegio investiva a titolo di locazione ed affitto sem-
plice per anni tre e contro un determinato corrispettivo, certo Antonio
Laudi, concedendogli di far venire a suo beneplacito comici nella
città di Milano, far recitare commedie nel solito luogo od in un
altro da segnarsi nella Corte ducale, ed a tenere lotti grandi e pic-
coli d'argento ed altri giuochi di ventura, e tutto ciò con facoltà
di proibire ad altri di intromettersi nelle ragioni affittate con la
volontà di detto Lonati, e senza suo permesso, salvo però il fatto
del principe: in questo istrumento poi si legge tra i vari patti»
che si abbia a rifondere al Lonati di ogni danno, nel caso che non
si potesse mantenere il lotto d'argento sopra specificato.
Nell'anno 1708 quel teatro venne distrutto dal fuoco, ed i nobili
di Milano ottennero nell'anno 1717 dall'imperatore Carlo VI di rie-
dificarlo a loro spese, come infatti lo riedificarono, segnandosi ognuno
per il rispettivo palchetto da acquistarsi nel medesimo.
Come risulta da dispaccio 9 aprile di quell'anno, Carlo VI accet-
tava l'offerta della nobiltà di Milano, mosso specialmente dal riflesso
di salvare i muri superstiti che minacciavano rovina, e in vista
anche che la nuova opera si faceva senza aggravio e spesa del suo
reale patrimonio.
Dal canto suo l'imperatore prometteva alla nobiltà di Milano che
in ogni tempo il teatro sarebbe stato conservato all'uso cui era de-
stinato, e dichiarava essere per reale volontà che dei redditi del
medesimo continuasse a fruire il Collegio delle Vergini Spagnuole.
Nell'anno 1755, come emerge dallMnstrumento Gentorio 27 feb-
braio 1756, il Oovemo avocò a sé la regalla dell'esercizio dei pub-
blici spettacoli e dei giuochi, e passò ad appaltare l'esercizio del
ducale teatro a Gaetano Crivelli per anni 18, verso il corrispettivo
di imperiali L. 24.000 all'anno, e contro la sovvenzione di fiorini
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Id4 AETB GONTEMPORAinEA
100.000 che occorrevano per la riparazione delle piazze forti di
Stato. Si legge nel capitolato d'appalto approvato da S. M. Maria
Teresa con dispaccio 17 novembre 1755, che le prime parti dove-
vano essere tali da meritare il pubblico aggradimento, e che avessero
già esercitato nello stesso teatro di Milano, od in quelli di Napoli,
Venezia, Torino e Reggio; ed inoltre che, siccome il contratto era
stato concordato presupposta la permissione non solamente dei giuochi
nel teatro, senza dei quali non si potevano coprire le spese delle
opere, ma anche delle feste da ballo e delle maschere, cosi qualora
per qualsiasi anche pubblico motivo venissero sospesi i giuochi o
proibite le maschere, Tappaltatore sarebbe stato reint^rato di ogni
danno.
Nell'anno 1773, come si ha dall' instrumento 3 ottobre, rogito
Negri, la Camera appaltava a Felice Stagnoli, cui successe poi una
associazione di signori nobili milanesi, il ducale teatro per anni 12,
col diritto esclusivo dell'esercizio dei giuochi di azzardo da per-
sone nobili nel ridotto nobile, e da persone civili nel mercantile,
senza che non avrebbe potuto essere obbligato a continuare nell'ap-
palto: riservata però la licenza dei giuochi al solo Governo, e con
patto che in compenso di tutti i profitti accordati nel contratto, do-
vesse l'appaltatore dare nella stagióne di carnevale due opere serie
e sei balli, scegliendo per le prime parti attori che si fossero già
distinti nei primari teatri di Vienna e d'Italia, e anche dodici feste
da ballo, e nelle altre stagioni altre opere buffe, e delle commedie
italiane o francesi, salvo ogni diritto a compenso nel caso che per
fatto di principe o per qualsiasi altro infortunio, fossero impedite le
rappresentazioni per oltre tre giorni.
Due anni dopo il contratto Stagnoli, e precisamente nel 25 feb-
braio 1776, il teatro ducale veniva una seconda volta consumato dal
fuoco.
In seguito a tale evento, e per la intercessione dell'arciduca Fer-
dinando in allora luogotenente e governatore della Lombardia, l'im-
peratrice Maria Teresa, coi dispacci 18 marzo e 16 aprile 1776,
riconosceva la convenienza che venisse eretto un altro teatro, purché
fosse collocato in altro sito più libero e fuori recinto del palazzo di
Corte, e dichiarava che, pure consultando essa la sua connaturale
generosità, voleva che questa prevalesse per quella volta alle dispo-
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LA 4QUS8TI0NB DELLA SGALA» 185
sìzionì assai limitate con cui neiranno 1717 era stato permesso dal-
Taugusto suo genitore Carlo VI alla nobiltà milanese di costruire il
teatro nel sito, ove era stato recentemente consunto dal fuoco, per
cui per atto di sua benigna condiscendenza acconsentiva che venisse
all'uopo assegnato gratuitamente un luogo più opportuno, e che ne
venissero dalla B. Camera costrutti i muri di cinta ed il tetto, come
pure i comodi per il ridotto, pasticcierie, bottiglierie, ed altri che
già servivano al teatro distrutto, accettando Tofferta di 24.000 gi-
gliati fatta dai palchettisti del vecchio teatro, i quali avrebbero servito
per la detta nuova costruzione, bene inteso che tutto il resto dovesse
stare a carico dei detti palchettisti.
Ma avevano appena ottenuto una siffatta concessione, che i pro-
prietari dei palchi cambiarono di avviso, e presentarono al Governo
nel 27 aprile 1776 un grandioso progetto di contratto, consistente
nella costruzione di due nuovi teatri, l'uno grande, che è l'attuale
della Scala, l'altro piccolo che è quello della Canobbiana. Un tale
progetto incontrava l'aggradimento della sovrana, la quale v'impar-
tiva la sua approvazione coi reali dispacci 19 marzo e 15 luglio
1770, autorizzando la costruzione dei detti due teatri a tutto ca-
rico dei proprietari palchettisti del vecchio teatro; al quale effetto
concedeva facoltà all'asse ex-gesuitico di vendere, e al Corpo dei
detti proprietari di comperare pel prezzo già stabilito di L. 120.000
il sito della Scala, per fabbricare il teatro grande coi suoi annessi
corrispondenti al disegno dell'architetto Piermarini, e permetteva
inoltre al Corpo medesimo di prendersi per la costruzione del teatro
piccolo il sito tra la contrada Larga e quella delle Ore, occupato
in allora della Scuola Canobbiana e da altri luoghi della B. Camera.
E siccome nel primo dei suaccennati dispacci erasi la imperatrice
riservata di fare conoscere le sue disposizioni in quanto al concorso
della Camera in detta nuova costruzione, cosi nel dispaccio 15 luglio
dichiarava di accordare gratuitamente il detto corpo della Canobbiana
insieme ai suoi fabbricati e materiali di ragione della Camera, e
l'acquisto a carico di questa dei caseggiati attigui di ragione pri-
vata, perchè colla loro demolizione il teatro avesse a riuscire suffi-
cientemente capace dietro il piano dello stesso architetto Piermarini.
Concedeva inoltre la esenzione delle regie e civiche tasse di dazio
per i materiali nuevi occorrenti alla fabbrica dei due teatri, e con-
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186 ARTE CONTEMPORANEA
eludeva manifestando il desiderio che fosse fatto conoscere il suo reale
gradimento al corpo dei palchettisti per quanto avevano fatto e com-
binato/e la sua risoluzione di avere voluto facilitare col concorso dei
Olezzi sopra citati la esecuzione del progetto al fine ben anche di
procurare al pubblico ogni maggior comodo, decoro e divertimento.
In seguito a questi accordi avvenne che, nel dare mano ai lavori
per la costruzione del piccolo teatro, si rilevò la impossibilità di
procurare in esso a tutti i palchettisti del teatro grande il corrispon-
dente numero di palchetti senza un aumento sul già fissato numero
dei medesimi, e senza poter disporre di un'area maggiore.
Furono quindi fatte suppliche e domande dal corpo dei palchettisti
all'arciduca governatore perchè in via di grazia fosse provveduto per
la assegnazione di un piti ampio spaziò corrispondente al bisogno,
ed in pari tempo domandò lo stesso corpo a vantaggio dei palchet-
tisti il dono di L. 19.600, che essi avrebbero dovuto sborsare per
l'acquisto di tre palchetti dalla B. Camera, atteso il progettato aumento
dei palchetti.
Le quali suppliche e domande del 23 giugno e 7 luglio 1777, in
seguito a vari studi, furono accolte da S. M., e l'accoglimento venne
comunicato alla nobile delegazione del corpo dei palchettisti con
dispaccio del Ministro plenipotenziario conte di Firmian, 24 agosto
dello stesso anno, dove si legge che era data facoltà all'arciduca go-
vernatore di fare a carico della B. Camera il richiesto nuovo acquisto
di maggior numero di case, allo scopo di avere disponibile un'area
sufficientemente estesa su cui fabbricare un più vasto teatro, e che
si cedevano gratuitamente i palchetti sopraccennati mettendoli a piena
e libera disposizione e pertinenza del corpo dei palchettisti.
Tolte così di mezzo tutte le difficoltà, la costruzione dei due teatri
procedette per modo che nel giorno 3 agosto 1778 si fece la so-
lenne apertura del Teatro alla Scala, e l'altro venne compito non
molto tempo dopo, con dispendio a carico del corpo dei palchettisti
in complesso di un milione e quattrocento mila lire circa, come dalla
relazione 17 febbraio 1791 dei delegati del detto corpo.
Nello stesso giorno 3 agosto 1778, tra il Governo e la Delegazione
del corpo dei palchettisti debitamente autorizzata, si procedette alla
celebrazione dell'i nstrumento che valesse a fare prova dei reciproci
diritti delle parti, ed anche del pagamento delle L. 120.000 per
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LA «QUESTIONE DELLA SCALA» 187
l'acquisto del fondo detto della Scala: in questo instrumento a ro-
gito Negri, contenente tanto il progetto primitivo, quanto gli atti
comprovanti le modificazioni portate in seguito al medesimo, si
leggono i seguenti patti:
*V Che accadendo un incendio od altro infortunio per cui rovi-
nassero i detti due teatri, o altro di essi, devono essere a carico dei
palchettisti per i singoli palchi e rispettivi camerini, quanto della
B. Cantera, di cui si intende essere tutto il rimanente (fuorché il
fondo dei due teatri, venduto al corpo dei palchettisti, per quanto al
grande, e per il pìccolo conceduto gratuitamente in compenso delle
opere fatte dai palchettisti), debba essere, dicesi, a rispettivo carico
come sopra, di rifabbricsare nei medesimi siti e non altrove, sotto qua-
lunque pretesto, i detti due teatri, o teatro rispettivamente;
2^ Che tutte le spese delle fabbriche dei due teatri siano a ca-
rico del detto corpo dei palchettisti, senza che la Camera sia tenuta
ad alcuno benché menomo concorso a norma del dispaccio reale
15 luglio 1776, e relativo progetto;
3^ Che sarà tenuto il corpo dei palchettisti all'intiera manuten-
zione dei detti due teatri per anni 23;
4<> Che terminati i detti 23 anni, sarebbe cessato nel corpo dei
palchettisti il peso, della completa manutenzione per passare alla
B. Camera, ad eccezione dei palchi e dei camerini, che restavano a
carico dei singoli proprietari;
5** Che correlativamente a questa rispettiva ragione di dominio
era a farsi il riparto dei pubblici carichi;
6"* Che sarà nella sola B. Camera la piena facoltà e libero di-
ritto di appaltare l' esercizio delle pubbliche rappresentazioni in
entrambi i due teatri sotto quei capitoli che stimerà Essa di con-
venire coi futuri appaltatori, dai quali però non venga fatto alcun
pregiudizio alle ragioni dei palchettisti procedenti del presente
contratto ;
7"* Che tutte le rappresentazioni serie da farsi in tempo di car-
nevale dovranno eseguirsi soltanto nel teatro grande;
8"* Che il canone nella qualità rispettivamente in addietro pa-
gata dai palchettisti, e che dovranno rispettivamente pagare giusta
il praticato di addietro, la quinta fila dei palchetti, ed il loggione
nel teatro grande, la quarta fila ed il loggione nel teatro piccolo,
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188 ARTE CONTEMPORANEA
tutti i proventi di pasticcieria, bottiglieria, tutte le botteghe ed ogni
altro e qualunque altro prodotto vi potrà essere in conformità del
vegliante contratto colla nobile associazione dei teatrali spettacoli
(appalto Stagnoli), saranno della B. Camera, e formeranno la dote
di ambedue i teatri, e ciò oltre la privativa dei giuochi, che vi si
intenderà annessa, salvo il caso di una generale proibizione;
9^ Che tutti i palchi della !•, 2» e 3» fila del teatro piccolo,
tutta la 4* fila del teatro grande, ed anche i due della terza fila di
questo, accresciuti al di più di quelli che erano nel teatro incen-
diato, sarebbero di proprietà dei palchettisti o di chi li avesse ac-
quistati, senza che mai potessero essere obbligati al pagamento di
alcuno ben che* menomo canone in qualunque futuro tempo.
Il provento dei giuochi di azzardo continuò a far parte della dote
dei due teatri fino all'anno 1788, epoca in cui colle grida 6 no-
vembre di quell'anno fu ordinato che col giorno 26 del prossimo
dicembre dovesse cessare tanto nei teatri di Milano, quanto in tutti
gli altri teatri dello Stato, la riserva e privilegio accordato in fa-
vore di tali pubblici luoghi dall'editto 14 gennaio 1786, di tenere i
giuochi di azzardo.
Risulta dal rapporto a S. M. in data 2 settembre 1788, firmato
Eannitz, e dal decreto del Consiglio governativo diretto alla Camera
dei conti in data del 7 successivo ottobre, che erano stati fatti dei
reclami dai palchettisti prima ancora della pubblicazione di dette
grida per ottenere una indennità, e che avendo essi portato tali re-
clami al trono, l'imperatore Giuseppe II, aveva dichiarato di non
competere ai proprietari dei palchi di detti teatri alcun compenso
del pregiudizio che potessero soffrire andando a cessare i giuochi —
non dovere la Camera entrare né avere interesse negli spettacoli di
Milano ed altri teatri — e doversi nominare una commissione peSr re-
golare le spese dei teatri sul prezzo sicuro dei loro introiti qualora
non si fossero trovati appaltatori.
Emerge del pari dal su citato decreto 7 ottobre, e più precisa-
mente dall'estratto del rogito Negri 30 marzo 1791, come l'appalto
Stagnoli venisse prorogato al marchese Calderari per un anno, e cioè
fino al 1789, senza ver un aggravio e peso a carico del B. Erario, e
senza compenso ai palchettisti : i RB. teatri vennero poi successi-
vamente appaltati per anni nove a certo Gaetano Maldonati con
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LA «QUESTIONE DELLA SCALA» 189
tutti gli obblighi e diritti apparenti dal rogito relativo, esclasi tutti
i giuochi proibiti dalle sovrane risoluzioni.
Avvenuto in seguito in queste provincie il noto mutamento poli-
tico, «l'appalto dei mentovati teatri venne sotto la repubblica Cisal-
pina, mediante istrumento 27 vendemmiale, anno settimo repubblicano
(18 ottobre 1798) rogito Lonati, concesso a certo Benedetto Ricci e
• Oiov. Batt. Gherardi colla solita dotazione, esclusi i giuochi d'azzardo
e le lotterie, e coU'obbligo di dare nel Teatro della Scala tre opere
serie e quattro giocose, due almeno delle quali nuove, e dei balli,
scritturando all'uopo def primari soggetti, e cosi nella Canobbiana
tre opere in musica, coU'obbligo di essere aperti tali teatri per tutto
l'anno, meno l'autunno, e ciò per anni nove continui, e con patto
che qualora gli appaltatori avessero ottenuto licenza di nuovamente
introdurre nei teatri appaltati i giuochi di azzardo, dovessero pagare
alla nazione un particolare corrispettivo da determinarsi.
Una tale licenza venne poi in fatto concessa con favore di esclu-
siva in Milano per i detti due teatri, con atto 26 febbraio 1802,
anno primo della repubblica italiana, col quale in corrispettivo all'e-
sercizio di privativa dei giuochi di azzardo, gli appaltatori Bicci e *
Gherardi si obbligano di pagare al Governo L. 75.000 in quell'anno,
e L. 100.000 per ciascuno degli anni successivi fino al termine del
loro appalto.
Dall'anno 1802 fino al 1815 i giuochi di azzardo continuarono ad
essere permessi, e come si rileva dal contratto d'appalto 28 ottobre
1811 rogito Lonati, il nuovo appaltatore Francesco Benedetto Bicci
in corrispettivo all'appalto dei due teatri suddetti, e di quello nuovo
di Monza, non che dell'esercizio dei giuochi ristretti ai ridotti della
Scala e della Canobbiana, si obbligava di pagare al Governo L. 150.000,
oltre l'impegno da lui assunto di dare grandiosi spettacoli, e di isti-
tuire un'accademia di ballo.
*Caduto il primo regno d'Italia, la reggenza cesarea con avviso
2 maggio 1815 notificava al pubblico di volere appaltare per anni 3
gli spettacoli nei teatri della Scala e della Canobbiana coU'esclusione
dei giuochi e di qualsiasi assegno per parte del Governo, ma attesa
la mancanza di oblatori, e ritenuto la impossibilità di conciliare un
appalto, senza supplire al mancato provento dei giuochi, sopra rap-
presentanza del Governo l'imperatore Francesco I, in allora regnante.
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190 ARTE CONTBMPORANBA
ebbe a stanziare un sussidio annuo dì L. 200.000 a carico erariale,
mercè il quale sussìdio si potè provvedere all'appalto.
Venuto Tanno 1819, ed essendo prossima la scadenza dell'appalto,
sopra nuova rappresentanza del Governo 21 agosto 1818, in cmì sì
riscontrava la convenienza di tenere aperti i detti due teatri, lo stesso
imperatore Francesco I, con risoluzione 23 maggio 1819, dichiarava
che per dare ancora in tale occasione una prova della sua munificenza f
e del parziale suo favore per la città di Milano, ed al fine' di age-
volare la riuscita dell'appalto, assegnava altre 200.000 lire all'anno,
le quali sarebbero state poste a carico delle provìnce lombarde.
Ma aperta l'asta non si presentarono spiranti, per cui il Qoverno
locale credette, coi suoi dispacci 1 e« 6 febbraio 1820 d'invitare la
Direzione dei BB. teatri a convocare tutti ì palchettisti onde av-
visare al modo dì provvedere all'amministrazione di detti teatri, ed
affinchè, tenuto calcolo del sussidiò accordato da S. M., quei due
principali teatri della città di Milano non rimanessero chiusi con
detrimento degli interessi privati d'ogni proprietario di palchi, e a
danno del lustro e decoro della capitale lombarda.
Quale sia stato l'esito dì tale convocazione, ed anche soltanto se
abbia avuto luogo non si sa precisamente; fatto sta però che laj^e-
stìone dei teatri continuò nella pubblica amministrazione, e, come sì
rileva dall'avviso governativo 5 giugno 1829, e dal dispaccio 31 maggio
dello stesso anno, furono sempre mantenuti ed anzi accresciuti gli
stipendi governativi dietro sovrane risoluzioni.
Successo all'austriaco il governo nazionale, fu continuato l'assegno
annuale a carico erariale tanto per gli spettacoli, quanto per la scuola
di ballo nella misura superiormente enunciata, e ciò fino al 1867.
II.
La causa dei palchettisti della Scala contro il Go-
verno, per obbligarlo a continuare la sovven-
zione al teatro.
In quest'anno il potere esecutivo dello Stato, avendo eliminato dal
bilancio dell'Interno le somme che vi sì stanziavano per ì pubblici
spettacoli da darsi nei teatri demaniali, il Begìo Governo si trovò
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LA « QUESTIONE DELLA SCALA » 101
neirimpossiblità di continuare ai RB. teatri della Scala e della Ca-
nobbiana* l'assegno annuo erariale, che negli ultimi tempi d^l regime
austriaco era di L. 300.000 e sotto V attuale era stato ridotto a
L. 239.000, oltre il mantenimento della Scuola da ballo per circa
L. 44.000, e di provvedere per gli anni successivi all'esercizio e fun-
zionamento dei detti «due teatri giusta la pratica in corso, in quanto
che i redditi e la dote di cui si poteva disporre non erano sufficienti
per dare spettacoli coadeguati alla rinomanza di quei due teatri.
Parecchi proprietari dei palchi in essi teatri esistenti, ritenendo
di avere verso il Ooverno un diritto acquisito agli spettacoli che
esso da tanto tèmpo apprestava ad esclusiva sua cura ed a sue prin-
cipali spese, e ritenendo ancora che il Governo colla soppressione
del sussidio fino allora corrisposto, e col non provvedere altrimenti
agli spettacoli cofasueti, avesse disconosciuto formali impegni con
essi contrattualmente incontrati, pensarono, a tutela del propriojn-
teresse, di costituirsi in consorzio, nominando all'uopo una Commis-
sione esecutiva con incarico di trattare per un amichevole componi-
mento della vertenza, ed anche di procedere giudizialmente contro
il Governo per costringerlo alla esecuzione delle sopraccennate sue
obbligazioni. Ma non essendo riuscite a buon risultato le rimostranze
ed istanze premesse in via officiosa, furono le pretese dei palchettisti,
portate in giudizio dinanzi al Tribunale civile di Milano perchè
dichiarasse :
V A) Competere ai palchettisti del teatro alla Scala in Milano
la proprietà del fondo sopra cui è eretto il teatro medesimo; e così
pure rispettivamente la proprietà di tutti i palchi del teatro sud-
detto, con tutti gli accessori, menci palchi: proscenio I fila destra
entrando; nn. 1 e 2 II fila sinistra entrando; il palchettone, tutti i
palchi di y fila e quelli del loggione ;
B) Competere al Demanio jpro indiviso coi predetti palchettisti
della Scala, la porzione rimanente dell'edificio costituente il detto
teatro della Scala.
C) Competere ai palchettisti del teatro della Canobbiana di
Milano, la proprietà di tutto quel teatro, meno i palchi erariali, e
cioè: proscenio e nn. 1 e 2, II fila entrando; n. 6, HI fila sinistra en-
trando, n. 8, IH fila destra entrando, e come trovavasi intestato anche
nelle mappe censuarie, ecc.
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1^2 ARTE GONTEMPOBANBA
2"" Spettare ed incombere in ogni futuro tempo al corpo dei
proprietari palchettisti e dal B. Governo tutti i rispettivi diritti, fa-
coltà, ragioni, oneri, impegni ed obblighi pattuiti neiristrumento 3
agosto 1778 a rogito Negri, ed inserta scrittura 27 aprile 1776 di
progetto, per la manutenzione ed esercizio di detti teatri ;
3"^ Spettare conseguentemente in ogni futuro tempo al R. Go-
verno la esclusiva disponibilità dei canoni, dei proventi di V fila e
del loggione del teatro la Scala, della Y fila e del loggione del
teatro la Canobbiana, della tassa d'ingresso alla platea e palchi come
attualmente si pratica, delle mercedi locatizie che si percepiscono
dai locali annessi ai detti teatri, e di ogni altro qualunque prodotto;
e spettare al Governo il diritto di appaltare Tesercizio delle pub-
bliche rappresentazioni pei detti due teatri ;
4** Incombere relativamente al Governo Tobbligo in ogni futuro
tempo di mantenere aperti ed in attività di esercizio i detti due
teatri coi consueti spettacoli di opera e ballo, feste e commedie,
nelle stagioni di carnevale, quaresima, primavera ed autunno; nei
modi, forme termini e discipline, e col personale, e annessi q con-
nessi corrispondenti al rango ed alla rinomanza di detti due teatri,
come era stato fin allora praticato.
5"* Avere conseguentemente dovuto il B. Governo provvedere fin
dai primi del 1867, mediante i consueti inviti di concorso, all'ap-
palto degli spettacoli dei BB. teatri in base ed ai termini di detto
capitolato, corrispondendo all'appaltatore deliberatario i corrispettivi
stabiliti nel detto capitolato, o quegli altri minori in base a cui si
fosse potuto deliberare l'appalto ad idoneo impresario, colle prescritte
cauzioni, e cogli obblighi portati dal capitolato medesimo;
6<' Doversi ciò dal B. Governo immediatamente praticare e con-
tinuare, mantenendo nel regolare e completo esercizio i detti teatri ;
7^ Doversi in difetto nominare dall'autorità, giudiziaria a sensi
dell'art. 678 Cod. civ. ital., un amministratore che adempia ed ese-
guisca quanto dovrebbe il B. Governo giusta le domande sopra for-
mulate; e dovere il B. Governo versare annualmente e nelle con-
suete rate all'amministratore medesimo la somma di L. 300.000 per
essere erogata nei detti esercizi nei modi e termini del ripetuto ca-
pitolato, salvo resoconto come di ragione;
8® Dovere il B. Governo prestare al corpo dei palchettisti e loro
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LA 4QUBSTI0NB DILLA SCALA» 193
saccessorì e aventi causa, piena reintegrazione di tutte le spese so-
stenute e sostenibili per l'esercizio interinale di detti teatri, e pre-
stare piena ammenda di tutti i pregiudizi derivati e derivabili dal
mancato adempimento per parte del B. Governo a quanto sopra, da
liquidarsi in altra sede, rifuse le spese.
L'ufficio del Contenzioso finanziario, per i convenuti da esso rap-
presentati, conchiuse in via principale per l'assoluzione del Governo
ed Amministrazione dello Stato dalle domande attrici, in via sub-
ordinata, quando si fosse ritenuto che lo Stato non era completa-
mente libero dall'obbligo di provvedere agli spettacoli dei teatri della
Scala e della Canobbiana, si dichiarasse però che esso aveva facoltà
di appaltare l'esercizio delle pubbliche rappresentazioni in entrambi
i teatri, sotto quei capitoli che avesse ritenuti convenienti coi futuri
appaltatori, regolando in conformità al dichiarato nel sovrano decreto
settembre 1788, la misura, varietà e magnificenza degli spettacoli,
unicamente sul prezzo degli introiti di cui essi teatri sono suscet-
tibili.
Pretendevano i palchettisti che dal carattere del progetto o con-
venzione 27 aprile 1776 e relativo rogito 3 agosto 1778, si dovesse
dedurre che siccome i proprietari dei palchetti del vecchio teatro
avevano avuto di mira di assicurarsi in ogni futuro tempo il godi-
mento di quegli spettacoli che a cura della B. Camera si erano dati
fino in allora, non meno che il vantaggio dell'incremento dei mede-
simi, cosi i corrispettivi delle ingenti spese sostenute nella erezione
di quei due teatri non altrimenti si dovevano ravvisare che nella
avocazione fatta a sé dalla Camera del diritto di provvedere per
sempre all'appalto dei pubblici spettacoli con quella splendidezza e
quel decoro che fossero stati reclamati dalle esigenze del tempo e
del progresso delle arti per ogni tempo avvenire, supplendo del pro-
prio alla deficienza della dote costituita, e nelle garanzie assunte
dalla stessa Camera che con tale appalto non sarebbe mai stato re-
cato alcun pregiudizio alle ragioni dei palchettisti procedenti dal
contratto, ritenendosi compresa nella dote la privativa dei giuochi^
siccome annessa al canone da pagarsi dai palchettisti e ad ogni altro
prodotto derivabile dal contratto in allora vegliante colla nobile as-
sociazione appaltatrice dei teatrali spettacoli , successa nel contratto
Stagnoli.
Riaùia mntikaU italiana, VIU. 18
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194 ARTE CONTBlfPORANBA
Sostenevano poi che anche allora che Tobbligo di costituire una
congrua dote al teatro non risultasse dal rogito Negri, la diuturna
osservanza* di esso lo avrebbe in ogni modo giuridicamente posto
in vita.
Il Tribunale di Milano con sentenza in data 4 settembre 1868
accogliendo pienamente le domande dei palchettisti, dichiarava in-
combere al B. Governo, in attinenza alla prerogativa assunta in via
contrattuale ed in perpetuo coll'art. 3 agosto 1778 rogito Negri, e suc-
cessivamente sempre conservata e nel fatto osservata dall'appalto dei
pubblici spettacoli nei BB. teatri della Scala e della Canobbiana di
Milano, l'obbligo in ogni futuro tempo di mantenere aperti ed in
attività ed esercizio gli stessi due teatri coi consueti spettacoli d'o-
pera e ballo, feste e commedie, nella stagione di carnevale, quare-
sima, primavera ed autunno, nei modi, forme, termini, discipline, e
col personale, annessi e connessi corrispondenti al rango e rinomanza
dei teatri medesimi, secondo la pratica e coll'incremento motivato
dall'uso dei tempi e progresso delle arti; e dovere di conseguenza il
Governo stesso, stante l'impossibilità pienamente constatata di adem-
piere a quanto sopra coi soli proventi diretti di quel teatro e del
loro esercizio, sottostare a quelle maggiori spese il cui bisogno era
dimostrato dall'esperienza degli anni antecedenti, e dalle risultanze
degli anteriori e recenti appalti.
Dalla sentenza del Tribunale di Milano, appellò il Demanio, con-
cludendo come già. in primo grado, e questa volta con miglior
fortuna.
Considerò la Corte che dal momento che all'epoca del contratto
Negri il diritto di appaltare i teatri ed i pubblici giuochi, compresi
quelli di azzardo, costituiva una regalia, una prerogativa quindi della
sovranità di sua natura inalienabile, non si poteva comprendere come
nell'animo dei contraenti di allora fosse potuta sorgere l'idea di ren-
dere obbligatorio nella Camera, e per ogni futuro tempo, l'abdica-
zione e la rinuncia all'esercizio del diritto competente alla sovranità
di disporre a piacimento di una tale prerogativa, e di sopprimere
anche totalmente, come infatti avvenne alcuni anni dopo, l'uso dei
giuochi d'azzardo. I contraenti, in altri termini, non potevano avere
ritenuto il prodotto dei giuochi come un correspettivo del contratto,
per modo che mancando un tale prodotto o per fatto di principe, o
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LA 4 QUESTIONE DELLA SCALA > 195
per qualsiasi altra causa, lo Stato avesse dovuto supplire con uno
assegno proporaionale.
La concessione dell'esercizio dei giuochi rivestiva quindi piuttosto
il carattere di una concessione temporanea della regalia, da aggiun-
gersi agli altri enti costitutivi della dote, ma però senza garanzia,
e subordinata al fatto della continuazione dei giuochi, come era pro-
vato anche dalla modificazione portata al progetto, contenuta nella
riserva fatta nel contratto della esclusione dei giuechi nel caso di
una generale proibizione, senza che peraltro i delegati dei palchet-
tisti si fossero curati di stabilire per tale caso, anche soltanto in via
di massima, alcun compenso a carico della Camera, come sarebbe
statò ben naturale se avessero inteso che esclusivamente ad essa Ca-
mera dovesse incorrere Tobbligo di concorrere alle spese necessarie
per gli spettacoli, qualora i canoni dei palchi e gli altri proventi
teatrali non fossero stati sufficienti.
D'altra parte non sussisteva in fatto che la Camera avesse assunto
alcun impegno formale intorno al numero ed alla qualità degli spet-
tacoli, che ciò invero non.potea desumersi dal contratto dell'appalto
Stagnoli, in quanto dal patto ottavo di questo chiaramente potea de-
sumersi che veniva fatto riferimento al detto appalto, non già ri-
guardo alla quantità e qualità delle rappresentazioni da darsi, ma
unicamente allo scopo di precisare in che consistesse la dote dei
teatri, non mai per costituire alla Camera obblighi precisi.
Né migliore accoglienza fece la Corte all'argomento che i palchet-
tisti deducevano in favore della tesi da essi sostenuta, dal modo con
cui il contratto era stato fino a quei tempi eseguito, dalla diuturna
osservanza cioè da parte del Governo dell'obbligo di sopportare le
spese necessarie per l'esercizio dei due teatri; in quanto gli assegni
fatti al riguardo avevano sempre rivestito un carattere precario non
solo, ma ben anche di graziose concessioni, poiché si accordavano di
volta in volta per ogni appalto, e si facevano poi sempre dipendere
dalla suprema volontà del sovrano, il quale, sia per generosità, o
per amore ai suoi sudditi, o per viste politiche, accompagnava quelle
concessioni con le espressioni più atte a dimostrare come non fos-
sero che l'effetto della sua munificenza e del parziale suo favore per
la città di Milano.
Ma trattandosi non già di obbligo^ ma di facoltà^ questa non potea
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196 ARTI GONTKMPQBAMXA
Msere oggetto di prescrizione io loro &Tore da parte dei palchettirti.
In base alle suesposte considerazioni, la Corte di Milano, con sc-
ienza in data 10 agosto 1870, riformando la sentenza del Tribunale,
giudicò:
1<» Essere in conformità al convenuto fra la ducale Camera ed
il corpo dei palchettisti nell' instnimento 8 agosto 1778, a rogito
Negri:
A) Di proprietà del corpo dei palchettisti dei teatri la Scala
e la Cknobbiana i fondi su cui sono eretti i detti teatri, e così pure
tutti i loro palchi e corrispondenti camerini, meno quelli già accen-
nati nelle conclusioni dei palchettisti;
B) Competere prò indiviso alla pubblica amministradone ed
al corpo dei palchettisti la quinta fila di palchi ed il loggione deU^
Scala e la quarta fila di palchi ed il loggione della Canobbiana, i
quali palchi debbono intendersi formare parte della dote di ambidue
i suddetti teatri in uno agli altri prorenti di cui al mentovato ro-
gito Negri.
2^ Spettare al corpo dei palchettisti nei detti due teatri e loro
successori, e al Regio Qoyemo di cui i rispettivi diritti, facoltà,
ragioni al noto rogito, semprechò però tali diritti, obblighi, facoltà,
ragioni, non abbiano attinenza o riferimento agli obblighi ed oneri
che si vogliono imporre dai palchettisti al B. Gtovemo colle loro con-
clusioni 3, 4, 5, 6, 7, non esclusala subordinata; assolta di conse-
guenza la pubblica Amministrazione da tutte e singole le altre con-
clusioni, come pure da ogni pretesa e titolo di indennità di cui erasi
fatta riserva.
Contro questa sentenza ricorsero i palchettisti alla Corte di Cas-
sazione di Torino, la quale però con decisione 14 giugno 1872 con-
fermò la sentenza della Corte milanese.
III.
La causa tra la delegazione del palohettiLstl
e 1 palchettisti dissidenti per obbligarli al contributo.
La controversia tra i palchettisti e il Demanio era ancora pen-
dente, quando T Amministrazione dello Stato con atto 14 febbraio 1870
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LA «QUISTIONB DELLA SCALA» 197
a rogito Bellingeri, cedette senza alcun compenso al comune di Mi-
lano i diritti ad essa spettanti sui due teatri e più precisamente
« quella parte di proprietà che in forza dello {strumento 3 agosto
a rogito N^rì compete alla stessa Amministrazione dello Stato sui
fabbricati siti in questa città denominati V uno teatro della Scala,
Valtro teatro della Ganobbiana, descritti nel censo, coi mobili, attrezzi,
macchine, cordami e quant*altro serve ad essi di scorta, ecc. », e ciò
sotto la osservanza dei patti ivi specificati tra cui notevoli i seguenti :
1^ Il Comune si obbliga, relativamente ai teatri della Scala e
della €anobbiana, a non cambiare la destinazione conservandoli
sempre a solo uso di teatro. Non assume però obbligo cdcuno per gli
spettacoli.
2* Vertendo tra TÀmministrazione dello Stato e ì signori pal-
chettisti il giudizio iniziato con atto 27 novembre 1867 sul punto
se il Governo debba o meno mantenere ora ed in ogni futuro tempo
aperti ed in attività di esercizio i detti due teatri , si dichiara e
conviene a garatma del cessionario che, salvi i reciproci diritti delle
parti contendenti, esso Municipio rimane estraneo all'esito della con-
troversia, assumendo la proprietà erariale degli edifizi di cui alla
consegna sopra allegata, ^enz' altro onere all' infuori delle pubbliche
imposte, deir ordinaria e straordinaria manutenzione, e con espresso
esonero da ogni ohbUgo spedale sia verso i palchettisti^ sia verso
chiunque.
Di fronte ai patti surriferiti e a quanto era stato deciso dalla
Cassazione di Torino, non potendo i palchettisti della Scala tenere
obbligato uè il Demanio, nò il cessionario municipio, a sostenere le
spese per V esercizio dei teatri, pensarono di provvedersi essi mede-
simi, nominando per il triennio 18731876 una commissione la quale,
presi gli opportuni accordi col municipio, assicurò un soddis¢e
esercizio dei teatri, dietro un concorso dei palchettisti per la somma
di L. 50.000.
In confronto dei pochi renitenti si agì giudizialmente, e con sen-
tenza 7 luglio 1876 del Tribunale di Milano fu sancito l'obbligo
dei dissidenti, colla condanna loro al pagamento del contributo. A
fuel primo accordo tenne dietro un regolamento votato e deliberato
in apposita adunanza dei palchettisti nel giorno 16 marzo 1879, ed
una nuova convenzione stipulata dalla Commissione col Municipio
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198 ARTE CONTEMPORANEA
per la durata di anni nove, colla quale fu fissato in L. 200 mila
Tannuo contributo del Municipio e in L. 58 mila quello dei pal-
chettisti. Tale convenzione fu pure approvata dal corpo dei palchet-
tisti in adunanza 4 maggio 1879, colla quale fu anche nominata
la Delegazione.
In altra adunanza 13 luglio 1879 il corpo dei palchettisti approvò
il riparto del contributo tra i singoli titolari di diritto di palco,
tenuto conto sia dell'ordine dei palchi, sia della rispettiva posizione
nella medesima fila.
Venuta l'epoca dell'esazione del contributo, 6 dei 154 palchettisti
si rifiutarono al pagamento; e allora la Delegazione li convenne in
giudizio con citazione 12, 20 e 21 ottobre 1887 chiedendo che si di-
chiarasse obbligatorio anche per loro, come palchettisti della Scala, il
pagamento dell' annuo contributo pei rispettivi palchi e per il no-
vennio a partire dalla stagione di carnevale-quaresima 1879-80,
questo compreso, fino a tutta la stagione carnevale-quaresima 1887-
1888, nella misura deliberata nell'adunanza 13 luglio 1879 dal corpo
dei palchettisti.
Il Tribunale di Milano, con sentenza 19 maggio 1882, accoglieva
pienamente le domande della Delegazione. «
Da questa sentenza appellò l'avv. Antona-Traversi, l'unico dei con-
venuti comparso nel primo giudizio, ed appellò pure il duca Scotti
dichiarando dì contestare la legalità del consorzio quale era stato
costituito e quindi della relativa rappresentanza, la legalità della
adunanza dei palchettisti e dei provvedimenti in essa presi e l'ap-
plicabilità delle disposizioni di legge a cui l'appellata sentenza si
appoggiava.
« Ma la Corte d'Appellp di Milano confermò in tutto la sentenza
del Tribunale.
liicorsero i palchettisti dissenzienti in Cassazione, sostenendo che
male a proposito la Corte di Milano aveva invocato la figura giuri-
dica del condominio per tenerli obbligati al concorso; mentre invece
trattavasi di proprietà distinte e separate dei palchi, dalle quali non
derivava alcun diritto sul resto del teatro.
Qaesti concetti però non furono favorevolmente accolti dalla Ca%-
sazione Torinese, la quale avvertì anzitutto come né il rogito Negri
del 1778, né la sentenza del 1870, potevano esercitare una decisiva
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LA € QUESTIONE DELLA SGALA < 199
influenza in quella controyersia; poiché col primo erano stati bensì
stabiliti gli accordi tra il corpo generale dei proprietari dei palchi
e la Begia Camera, ma nulla erasi «detto circa la costituzione di
detto corpo, e i rapporti intercedenti tra i consociati.
Passando poi a considerare la questione dal punto di vista pret-
tamente giuridico, la sentenza, pure accettando il concetto della pro-
prietà distinta ed esclusiva dei palchi, osservò come del resto un di-
ritto di palco limitato all' angusto ambiente del palco stesso non
avrebbe ragione di essere, e che la vantata proprietà si ridurrebbe
ad una parola priva di senso, ove alla medesima non si intendesse
congiunto un diritto che si estrinseca al di fuori delle pareti del
palco, il diritto cioè di godere degli spettacoli teatrali, diritto che
giuridicamente può definirsi come una servitù attiva, e più propria-
mente come una servitù di prospetto.
Ma questa servitù esercitandosi, se anche in disuguale misura, at-
tesa la più 0 meno favorevole posizione dei palchi, sempre però da
tutti i palchettisti sulla medesima cosa ed indivisamente, ne sorge
spontaneo il concetto di una communio iuris, la quale non meno del
condominio è sorgente di rapporti obbligatorii tra i compartecipi.
Tra questi rapporti obbligatori, rientra indubbiamente quello san-
zionato nell'art. 671 del Codice civile, secondo cui le deliberazioni
prese dalla maggioranza dei partecipanti per l'amministrazione e per
il migliore godimento della cosa comune, sono obbligatorie anche per
la minoranza dissenziente.
Ma, dicevano i palchettisti dissenzienti, ammessa pure la teoria
della communio iuris, non si può poi sostenere che V annuo contri-
buto votato dalla maggioranza dei palchettisti per dare degli splen-
didi spettacoli all'intera cittadinanza, sia necessario alla cosa comune
e riflettente l' amministrazione e il migliore godimento della cosa
stessa: il teatro alla Scala è in ottimo statole non abbisogna di ri-
parazione 0 di abbellimenti j e perciò colla detta deliberazioiie si ob-
bligano i soci ad un nuovo concorso, ad un nuovo rapporto di comu-
nione, cosa sempre interdetta alla maggioranza dei condomini, e con-
traria alla ragione stessa della comunione.
Bispose la Cassazione Torinese che la deliberazione presa dalla
maggioranza rifletteva veramente il migliore godimento della cosa
comune, anzi, più che il migliore godimento, l'esistenza e la condì -
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200 ARTE CONTEMPORANEA
zione stessa al godimento, essendo manifesto che, chiuso il teatro, la
proprietà dei palchi si risolve in una proprietà insuscettibile di go-
dimento.
Il ricorso dei palchettisti fu quindi respinto.
IV.
La causa del palchettisti della Canobblana contro il
Comune di Milano per obbligarlo a sostenere le
spese di riparazione del teatro.
Era appena finita la lite tra i palchettisti della Scala, che un'altra
gravissima ne sorgeva tra essi e il Comune di Milano.
Con decreto 24 dicembre 1881 il prefetto di quella città, in se-
guito al disastri avvenuti in quell'anno nei teatri esteri, ordinava
alcune opere e cautele per tutti i teatri, senza delle quali non si
potessero aprire al pubblico.
Tali opere vennero dal Municipio eseguite in tutto quanto il teatro
alla Scala, e si incominciarono pure in quello della Canobbiana,
giusta il preventivo fattone dagli uffici municipali, ma vennero poi
sospese. Protestarono per questo fatto i palchettisti, cosicché il sin-
daco o&l loro la cessione gratuita della parte di proprietà spettante
al Comune se avessero desistito dalle loro pretese.
Ma, cambiata la rappresentanza comunale, la nuova Giunta non
solo non proseguì i lavori, ma neanche diede seguito alla proposta
della precedente amministrazione. Allora i palchettisti della Ca-
nobbiana fecero notificare alla rappresentanza medesima un atto
di protesta in data 23 dicembre 1884, diffidandola che non eseguen-
dosi tosto le prescritte riparazioni, sarebbe tenuta ai danni presenti
® futuri per il mancato uso dei teatri. Bispose il Comune che non
aveva altri obblighi airinfuorì di quello di mantenere la destinazione
del locale , conservandolo sempre a solo uso di teatro , ma senza
alcun impegno per gli spettacoli, e quello dell'ordinaria e straordi-
naria manutenzione, con esonero da ogni diverso obbligo verso i pal-
chettisti 0 chichessia; e che le opere ordinate dal prefetto non po-
tevansi comprendere nella manatenzione né ordinaria, né straordinaria^
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LA «QUISTIONB DELLA SCALA » 201
e Tayerle incominciate non significava obbligazione, essendo anzi la
sospensione dovuta al negato concorso nelle spese da parte dei pal-
chettisti.
Il Tribunale di Milano però, dinanzi al quale fu portata la ver-
tenza, respinse questi argomenti, notando come dal momento che, e
questo risultava anche dal preventivo dei lavori redatto dallo stesso
ufficio municipale, nessuna partita riguardava punto 1 palchi o an-
nessi camerini, ma bensì invece tutte si riferivano al teatro, il dovere
esclusivo di provvedere ai lavori stessi incombeva al Comune come
proprietario, e non poteasi quindi in nessun modo sostenere l'obbligo
di concorso nei palchettisti.
Né a costituire quest'obbligo ritenne il Tribunale potesse bastare
il fatto che il godimento del teatro era comune tra palchettisti e
Municipio, in quanto se non potea non ammettersi che i diritti degli
uni e delFaltro fossero tra loro connessi; sussisteva pur sempre di
fatto che le rispettive proprietà erano distinte, dalla quale distinzione
obblighi particolari, individuali scaturivano, e primo tra essi quello
della manutenzione della rispettiva proprietà.
Notò poi la sentenza che del resto l'obbligo del Comune di ripa-
rare a sue spese il teatro trovava fondamento, oltreché sui prìncipii
di diritto e di ragione, anche sui documenti, e cioè nel rogito Negri
del 1778 e neiratto del 1870, col quale il Comune si era obbligato
a non cambiare la destinazione dei due teatri, conservandoli sempre
a solo T)80 di teatro, ed assumendosi inoltre l'onere della ordinaria
e straordinaria manutenzione.
B siccome le op^re ordinate dalla prefettura rientravano indub-
biamente nelFobbligo della manutenzione, in quanto invece costi-
tuivano una condizione sine qua non perchè la Canobbiana fosse an-
cora teatro o no, così il Tribunale con sentenza in data 25 luglio
1885, accogliendo pienamente le domande dei palchettisti, giudicò
avere dovuto e dovere il Comune di Milano, quale proprietario della
parte a lui ceduta dal B. Governo della proprietà stabile del teatro
della Canobbiana, eseguire tutte le riparazioni e prescrizioni in-
giunte dal prefetto, e 'perciò fu condannato a rifondere ai palchettisti
il danno patito per il mancato uso del teatro e le spese di lite.
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ARTE CONTEMPORANEA
La fase odierna della questione della ^ Scala*.
Catisa tra palchettisti della Scala contro il Comune di Milano per
obbligarlo a costituire una dote come concorso nelle spese di
funeUmamento del teatro.
Vedemmo come l'accordo tra palchettisti e ComuDe abbia provve-
duto all'esercizio dei teatri della Scala e della Ganobbiana dal 1872
al 1885. Tale condizione di cose non fu interrotta dalla lite della
Ganobbiana, ma i palchettisti continuarono di anno in anno a pagare
il loro contributo e il Gomune accordò volta per volta un vistoso
s\iS8Ìdio e cosi si venne fino al 1897. Quando nel 2 maggio di quel-
l'anno, avendo il Corpo dei palchettisti presentata una domanda perchè
il Municipio si volesse accordare con esso per un contributo a tìtolo
di dote onde allestire i soliti spettacoli nel teatro alla Scala, il Consi-
glio Comunale, ritenendo che il Municipio neppure per ragione di co-
munione potesse essere obbligato a concorrere nella spesa per l'eser-
cizio del teatro, a voti unanimi deliberava, in vista dell'importanza
di questo punto di diritto, di astenersi dall'esame della convenienza
di accordare o meno la dote sotto l'aspetto amministrativo, fino a che
0 il Consorzio dei palchettisti avesse formalmente riconosciuto che
qìiesto obbligo non incombeva al Comune, o sulla sua esistenza o
meno non fosse stato deciso dall'autorità giudiziaria.
A questa deliberazione il Corpo dei palchettisti rispose citando il
Comune dinanzi al Tribunale di Milano con atto 16 giugno 1897.
Alla sua volta il Comune citava dinanzi allo stesso foro i BB. Mi-
nisteri delle Finanze e dell'Interno per essere rilevato dalle domande
dei palchettisti, e ciò»in base all'istrumento di cessione del 14 feb-
braio 1870, col quale il Comune era stato esonerato da qualsiasi
spesa verso i palchettisti e verso chichessia per gli spettacoli.
Le due cause vennero cumulativamente discusse il 10 ottobre 1900.
Sostenevano le ragioni dei palchettisti l'illustre prof. E. A. Porro, e
gli avvocati Calzini e Crespi ; quelle del Municipio l'avv. Casanova.
Conclusero i palchettisti che il Tribunale dichiarasse:
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LA «QUESTIONE DELLA SGALA» 203
I. Essere il Comune di Milano, nella sua qualità di compro-
prietario del teatro alla Scala, tenuto a contribuire in unione all'altro
comproprietario Corpo dei palchettisti, alle spese necessarie per la
conservazione ed il migliore godimento dell'ente comune teatro della
Scala, secondo la destinazione, il grado, e l'importanza rispondenti
alla struttura di esso teatro, ed alle convenzioni delle parti.
II. Dovere conseguentemente esso Comune di Milano, sempre
nella qualità e pel titolo suaccennati, versare in ogni futuro tempo
alla rappresentanza della comunione — rappresentanza da costituirsi
d'accordo e in difetto ai termini dell'art. 678 — quella somma annua
che in unione al contributo del Corpo dei Palchettisti sia necessaria
e sufficiente a mantenere, per l'avvenire come per lo passato, in istato
di lodevole attività ed esercizio il teatro stesso.
III. Rimettersi in ulteriore corso di causa la determinazione della
cifra del contributo complessivo e di quello di ciascuno dei comu-
nisti, da calcolarsi questo in ragione delle rispettive interessenze di
proprietà e vantaggi.
lY. Protestati fin d'ora* i danni immancabilmente derivanti sia
ajl'ente Comune, sia ai singoli comiproprìetari perula soppressione,
anche temporanea, del contributo da parte del comproprietario Comune
di Milano, e rifuse le spese e tasse tutte di cause e sentenze.
Tali domande poggiavano evidentemente tutte su un unico pre-
supposto, l'esistenza cioè tra le parti contendenti. Palchettisti e Co-
mune, di un vincolo di comunione, e fu su questo campo appunto
che più brillante cadde la discussione la quale, per essere stata sola-
mente giuridica, assume un aspetto più generale, più nuovo e più
elegante.
E invero, in linea di &tto*, sulla posizione giuridica del teatro
alla Scala, analizzato dal 'punto di vista della competenza patrimo-
niale, non fuvvi, né p9tea esservi contesa, in quanto la sentenza
dell'Appello milanese del 1870 l'aveva ben definita dividendo il teatro
in quattro parti distinte, e cioè:
a) Varea che è tutta di proprietà indivisa dei palchettisti ;
6) • palchi delle prime quattro file coi rispettivi camerini che
sono tutti di proprietà indivìsa dei Palchettisti e del Comune ;
* e) i palchi di V fila e di loggione che sono di proprietà indi-
vìsa dei palchettisti e del Comune;
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204 ARTS GONTEMPORANSA
d) tutti i fabbricati annessi (meno Tarea), e cioò vestibolo, cor-
ridoi, scale, platea, palcoscenico, ridotti, rampa-caralli, ecc. di pro-
prietà del Comune.
La questione invece nasceva quando si trattava di determinare la
natura dei rapporti che la situazione in cui si trova il teatro della
Scala rispetto al Comune e ai palchettisti, fa nascere tra di essi.
Questione ardua quanto altra mai, in quanto presuppone una in-
dagine sulla natura giurìdica del diritto di palco, forma ibrida, par-
ticolare di proprietà, non ancora bene determinata né nella giuris-
prudenza né nella dottrina, questione resa ancor più difficile nel caso
della Scala, in quanto il proprietario del teatro è allo stesso tempo
comproprietario di due ordini di palchi.
Sostenevano in sostanza 1 palchettisti che la materiale conforma-
zione delle varie parti di un teatro, la loro armonica e necessaria
coordinazione ad un unico fine, bastava di per si a dimostrare che
accanto al rapporto fisico ed economico insito nella destinazione, esiste
un rapporto giuridico tra i proprietari delle varie parti divise, in-
sito esso pure nella destinazione medesima, che va qualificato appunto
di comunione. ^
Ma non è solo alla conformazione architettonica del teatro, al puro
e semplice fabbricato che si deve avere riguardo: quell'ente che si
chiama teatro, non è solo una costruzione caratteristica destinata- ad
UDO scopo determinato, ma rappresenta anche un esejcizio, una azienda,
il cui funzionamento ne crea la estimazione, il cui valore si accresce
per la notorietà che va man mano acquistando, o che, acquistato,
si mantiene , per l'avviamento raggiunto e su cui si può S&re pre-
sumibile conto in avvenire. Ed ecco come allora la destinazione, che
prima era qualità dettata unicamente dalla struttura dell'edificio,
diventa in seguito un elemento economico che si immedesima con
esso, che lo integra, che serve ad accrescerne il valore a tutti gli
effetti, anche fiscali; ed ecco pure come lo stesso diuturno esercizio
di quell'ente può rappresentare un notevole coefficiente del progresso
delle arti, segnarne le più alte e varie manifestazioni e diventare,
con nobile tradizione, addirittura una istituzione di coltura e di edu-
cazione nazionale.
E un altro argomento in conforto della loro tesi, desumevano i
difensori dei palchettisti dall'atto di fondazione del teatro, in quanto
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LA «QUESTIONE DELLA SGALA» 205
questo contribniTa a dimostrare il coordinato proposito dei palchet-
tisti e della B. Camera Ducale, di dotare la città di Milano dì un
teatro che fosse rÌ8er?ato alle rappresentazioni serie ed agli spetta-
coli più alti e dignitosi, e di creare a tal fine un ente a cui fossero
assieonti i mezzi di furunanare, mediante un concorso pecuniario
rappiesentato dai frutti del teatro, dai proventi delle botteghe e dai
locali appigionati alla nobile Associazione degli spettacoli teatrali,
e dal canone dei palchettisti.
Posto in tale modo il principio della communio iwHs, i palchet-
tisti sostenevano che dal momento che il Ciodice civile (art. 676) fa
obbligo a ciascun partecipante di obbligare gli altri a contribuire
em esso alle spese necessarie per la conservazione della cosa comune,
rientrando nel caso indubbiamente tra queste spese quelle che ri-
guardatio il mantenimento della desUncunone all' edifido-teatro, il
Munidpio, come comunista, non poteva esimersi dairobbligo di contri-
buire insieme ai palchettisti a che il teatro alla Scala fosse aperto
agli q>ettacoli, a che cioè fosse conservato iv! modo corrispondente
alla sua destinazione, alla sua struttura, alla sua importanza ed alla
sua tradìziime.
Ma non era solo sulla teorica della communio iuris che verteva
la questione; die dal canto suo il Munidpio di Milano, pure ten-
tando di confutare gli argomenti surriportati, f&ceva però il masdmo
assegnamento sull'atto di cessione del teatro fatto dal Demanio al
Comune con istrumento 14 febbraio 1870, in quanto con esso al
patto iffìmo erasi bensì stabilito che il Comune si obbligava a non
cambiare la destinazione dei teatri alla Scala e della Canobbiana, ma
sobito poi si era soggiunto: « Non assume (il Comune) però obbligo
alemio per gli speUacdi >; e nel patto secondo poi tale concetto erasi
ribadito» pattuendosi dal Comune Yespresso esonero da ogni diverso
obbUgo (all'infoori delle pubbliche imposte, dell'ordinaria e straor-
dinaria manutenzione)^ speeiaHe sia verso i pakheitìsti^ sia verso
ekkmqwe.
P&r dò che riguarda questo secondo punto della discussione, i pal-
chettisti obbiettavano che il rogito di cessione non aveva avuto altro
scopo se noi di costituire delle cautele contro il perìc(do che le obbli-
gazioni contrattuali del cedente si ritenessero passate nel cessionario,
e non aver avuto riguardo a quegli oneri che incombevano sul De-
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206 ARTE COP^EMPORANEA
manió cedente^ non come Governo, ma come comproprietario del
teatro, o per lo meno come proprietario di una parte del teatro.
Se il contratto di cessione avesse detto che il Comune, subentrando
al Demanio, era esonerato da ogni obbligo incombentegli come par
tecipante della comunione creata del teatro, una tale clausola sa-
rebbe stata, evidentemente nulla, perchè neppure il Demanio può
arbitrarsi di trasferire maggiori diritti di quelli che possiede.
ì\ Tribunale di Milano però, nella sua recente sentenza in data
25 ottobre 1900, ha accolto pienamente le ragioni del Comune, me-
ravigliandosi ,come i suoi patrocinatori si siano lasciati trascinare
dalla parte contraria sull'incerto terrepo della communio iuris^ mentre
la questione poteva risolversi di fronte alle private statuizioni del
contratto.
In sostanza, ha detto la sentenza, la questione attuale è identica
a quella già agitatasi nel 1820: solo le parti si sono scambiata la
tesi. Allora era la Camera che pretendeva dai palchettisti uà au-
mento di canone in proporzione ai maggiori oneri che l'appalto del
teatro rendeva necessari, dopo l'abolizione dei giuochi, e per il cre-
scente costo degli spettacoli, ed 1 palchettisti resistevano invocando
il contratto che ad altro non li obbligava se non che al canone
giusta il praticato di addietro. *.
La B. Camera si persuase, sopra un semplice parere del proprio
legale, di essere nel torto e più non insistette, ma generosamente
supplì per mezzo secolo del proprio, a ciò mossa,, sia pare in realtà
da fini ben diversi da quelli apparenti della protezione delle arti e
del progresso culturale del paese.
Nel 1868, come oggidì, sono i palchettisti che, avendo prima il
Governo nazionale, ed ora il Comune cessate le straordinarie e apon-
tanee oblazioni, si sono inalberati: nel 1868, senza contraddirsi aper-
tamente colla tesi felicemente sostenuta dai loro maggiori, preten-
devano che le sovvenzioni da straordinarie e facoltative avessero a
diventare stabili ed obbligatorie in perpetuo; questa volta, in appa-
renza più modesti, andarono a disotterare le armi che V avversario,
dopo essersele foggiate, aveva gettato da un canto come inservibili,
per puntarle contro di lui, pretendendo dal Comune quanto la B. Ca-
mera aveva chiesto invano dai loro autori.
Passando poi ad esaminare la tesi della communio ifim, il Tribu-
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LA «QUESTIONE DELLA SGALA» 207
naie ha dichiarato che, per quanto abilmente presentata, non po-
trebbe essere più infondata, in quanto la comproprietà indivisa dei
palchi di quinta fila e del loggione non ha nello insieme tale im-
portanza da potere dare norma e carattere alle altre parti, ma va
piuttosto considerata come un accessorio ad altre proprietà indivi-
duali e distinte. In tutto il resto si è di fronte ad altrettante pro-
prietà particolari, collegate è vero in un medesimo rapporto, in
causa della destinazione che è data a ciascuna di esse per servire
ai pubblici spettacoli, rapporto però che non è di comunione ap-
punto perchè vi manca l'identità della cosa o di un diritto, su cui
dovrebbe applicarsi. Non è comunione di cose, perchè queste,* meno
le due ultime dei palchi o loggione, sono distinte individualmente;
neppure comunione di diritti, perchè questi, del pari che gli ob-
blighi corrispondenti, furono nelle statuizioni delFistrumento tenuti
distinti, per modo che ognuno dei contraenti ha propri diritti ed ob-
blighi che non sono quelli dell'altra parte, e se ci sono pure alcuni
diritti ed alcuni obblighi comuni, di questi tassativamente e non
d'altro, è a parlarsi, ma non certamente anche di comunione dell'in-
tero teatro. Vi è bensì un elemento che tutto lega ed unisce di
quanto — cose, diritti e doveri — costituisce l'ente teatro, o ha ra-.
gione di essere dal medesimo, ed è la destinazione, la quale è, e
non può essere che unica, quella di servire ai pubblici spettacoli.
Ma questa destinazione non è né cosa, né diritto, ma solo modalità
dell'uno e dell'altro, ragione d'essere del tutto, non l'essere stesso;
come tale non può da sola, senza altri elementi oggettivi, servire di
substrato ad un diritto qualsiasi, molto meno ad un diritto che rap-
presentare dovrebbe nella sua entità, un principio diametralmente
opposto a quello delle singole cose e diritti, onde lo si pretende
costituito, la comunione di fronte alla individualizzazione delle cose
e dei diritti.
Questa destinazione male si è voluta assurgere a dignità di diritto
per sé stante, e quasi immanente fino dall'origine del teatro ; molto
più dinanzi al contratto che dava facoltà alla B. Camera di prov-
vedere agli spettacoli, ma non gliene faceva alcun obbligo, ed avendo
determinato tassativamente gli oneri dei contraenti in ordine alla
dotazione degli spettacoli, non consentiva che, sotto alcun riguardo,
gli oneri medesimi fossero aumentati, e per tale modo, qualora i pro-
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208 ARTE CONTBMPORANBA
¥6Dti ordinari si fossero mostrati inadeguati, lasciava all'insindaca-
bile arbitrio delle parti di disinteressarsi degli spettacoli, se non si
intendeva da una di esse di provvedervi direttamente sobbarcandosi
a tutte le maggiori spese occorrenti, senza, in questo caso, potere ob-
bligare l'altra parte a concorrervi.
La sentenza ha quindi concluso col respingere le domande dei pal-
chettisti, attenuando in parte la loro sconfitta coU'accordare la com-
pensazione delle spese del giudizio.
Appelleranno i palchettisti P
Non sembra dubbio, se prima non intervenga un amichevole ac-
cordo col Comune, cosa che di tutto cuore desideriamo.
Che se tale accordo dovesse fallire, non è facile prevedere fino da
ora se in appello la sentenza del. tribunale verrà confermata.
La questione della Scala, pure non occupandoci del suo lato arti-
stico, è dal punto di vista giurìdico di una singolare importanza, in
quanto è questa la prima volta che è presentata ai magistrati la
tesi della comnmmo iuris^ per fame fondamento all'obbligo del pro-
prietario di contribuire coi palchettisti alle sqpese di funzionamento
del teatro.
Si è tentato in altri tempi di desumere queet' obbligo da un rap-
porto di condominio o comproprietà del teatro che si sosteneva esi-
stere tra proprietario e palchettisti, ma giustamente né la dottrina (1)
né la giurisprudenza accettarono questo concetto, come quello che
era in stridente contrasto colla esistenza di singole proprietà distìnte,
coordinate, sia pure, in un medesimo edificio, e con un unito criterio
architettonico.
Più tardi, nella lite insorta tra i palchettisti della Scala, la teo-
rica della comtnmno iuris fu accettata per dedurne l'obbligo dei pal-
chettisti dissidenti a contribuire alle spese di esercizio del teatro
votate dalla maggioranza, notandosi a buon diritto che il godimento
degli spettacoli che forma il sostrato economico essenziale del diritto
di palco, non poteva aver luogo prò diviso^ ma per opera di tutti i
titolari congiuntamente e indivisamente.
(1) Se te ne eoeettù T Ascoli, Studi di OiuriiprméUnMa teatrak. Fireme^ 1871.
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LA € QmsnONB. OBLLA SGALA » 200
Neirodìerna questione della Scala il campo di pratica applicazione
della teorìa in parola, si vorrebbe estendere fino al punto di fame
il fondamento di rapporti intercedenti tra proprietari di teatri e pal-
chettisti, cosicché quelli sarebbero tenuti con quésti a sopperire in
ragione dell'entità dei rispettivi interessi alle spese di esercizio del
teatro.
Se questa nuova applicazione sia giuridica, non é facile indagare,
senza dire poi che nel caso della Scala, a dire il vero, a questa, che
é la principale, va unita un'altra questione accessoria, dipendente
dalle condizioni speciali di quel teatro, in quanto é per due ordini
di palchi di comproprietà dei palchettisti e del Comune. È facile
comprendere quanto questa particolarità di fatto, della quale nel
primo giudizio non si é tenuto conto, può pesare in quello di appello.
Ha un bel dire la sentenza che commentiamo, che cioè la proprietà
indivisa dei palchi di quinta fila e del loggione non ha nello insieme
tale importanza da potere dare norma e carattere alle altre parti, e
che deve quindi più che altro considerarsi come un accessorio alle
altre proprietà individuali o distinte; ed hanno pure un bel soste-
nere i patrocinatori del Comune, che sarebbe assurdo che i parteci-
panti della quinta fila e del loggione debbano sostenere le spese
di esercizio dell'intero teatro, mentre questo è composto di altre
proprietà private bene importanti, che non si possono costringere a
contribuire a dette spese.
Una comunione tra palchettisti ed il Comune di Milano esiste in-
dubbiamente, ed é comunione di beni : sia pure limitata ad una parte
sola del teatro, ma in ogni modo non può a meno di indurre dei
rapporti vicendevoli tra i partecipanti per ciò che si riferisce al fun-
zionamento di questa parie, alla sua destinazione, che é appunto
quella di servire al godimento degli spettacoli.
Non si può confondere nel Comune di Milano la qualità di pro-
prietario del teatro con quella di comproprietario di due ordini di
palchi, per desumerne che, questo ente, non potendo sotto il primo
aspetto essere tenuto a contribuire alle spese di esercizio del teatro^
neanche vi si può costringere dal secondo punto di vista.
I rapporti che dalle due su descritte qualità si originano sono di-
stinti per il contenuto diverso che é in ognuno di essi, per il potere
RMtta muiieaU italiana, VDl. 14
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210 ARTE CONTEMPORANEA
che tionferiscono e per le obbligazioni diverse che impongono ; il fatto
di trovarsi riuniti non può alterare la loro essenza giuridica.
Questa considerazione, che meriterebbe uno sviluppo maggiore se
la tirannia dello spazio ce lo consentisse, ci apre la via per porre la
questione sotto un aspetto tale da darle una soluzione.
Altra cosa è pretendere che il Comune di Milano sia tenuto come
proprietario del Teatro della Scala a contribuire in ragione del suo
interesse alle spese di esercizio di quel tempio dell'arte, altro che
come palchettista debba cogli altri concorrere nelle spese medesime.
Nella seconda ipotesi la risposta affermativa non è dubbia di fronte
alla sentenza della Corte di Cassazione torinese del 30 dicembre 1885
che dichiarava esistere tra i palchettisti della Scala una communio
iuris: da un concorso nelle spese di funzionamento, sia pur tenue,
il Comune di Milano non può quindi in alcun modo esimersi a
meno che non preferisca l'abbandono della sua parte di compro-
prietà ai palchettisti ; e sotto questo aspetto perciò non può accettarsi
la sentenza recente dèi Tribunale di Milano che dichiara non sussi-
stere in alcun modo l'obbligo del Coibune di sopperire alle spese per
gli spettacoli.
Certo è però che quando anche nel giudizio di appello, se pure
non ostapo eccezioni di ordine, tale obbligo venisse riconosciuto, la
questione della Scala, non verrebbe tuttavia risolta in favore dei
palchettisti, perchè il contributo che il Comune dovrebbe pagare come
comjprqprieiario dei palchi, sarebbe troppo esiguo di fronte alle in-
gentissime spese che un decoroso esercizio del massimo dei teatri
italiani richiede. E t}ui nasce un'altra questione, che ò di capitale
importanza.
Il contributo del Comune avrà a determinarsi solo in relazione
degli interessi che esso ha nella Scala come comproprietario di palchi,
0 anche come proprietario del parterre dove si trovano le poltrone,
scanni, ecc.?
A noi sembra che la risposta affermativa si imponga, e appunto
per le ragioni fin qui espresse in ordine all'obbligo del contributo
che incombe al Comune come palchettista. Una sostanziale diversità
tra le due questioni infatti non esiste.
La Cassazione torinese decise che tra i vari titolari di diritto di
palco di un teatro esiste una communio iuris, in quanto tutti e in-
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LA € QUESTIONE DELLA SGALA» 211
divisamente godono deiredificio teatro secondo la destinazione sua e
sia pure da luoghi distinti e in diverso modo: Tidentità del diritto
e del suo oggetto e la simultaneità deiresercizio da parte dei titolari
fornì quindi il fondamento, di questa teorica, che perciò non può
ritenersi limitata nella sua applicazione ai soli palchettisti, mi a
tutti i titolari di posti di teatro analoghi sAVius di palco, essendo la
stessa la ragione del decidere. Così, a nostro parere,' dovrebbe agli
effetti del contributo, parificarsi al palchettista il titolare di diritto
di sedia, salva una diversa determinazione del contributo stesso, in
base al diverso interesse che un tale diritto racchiude.
E come uno, così tutti i titolari di diritto di sedia dovrebbero
essere chiamati a contribuire prò parte insieme ai palchettisti. Tale
obbligo evidentemente sussiste anche allora che uno solo sia il tito-
lare di tutti i diritti di sedia, uno solo il proprietario del parterre :
egli dovrà in ragione del suo interesse contribuire alle spese di eser--
cizio del teatro, né da tale obbligo varrà ad esimerlo la condizione
particolare in cui egli si trovi, di essere cioè allo stesso tempo pro-
prietario del teatro.
Applicando i principi suesposti alla questione della Scala, è ovvio
il notare che fissati in tale modo i metodi di determinazione della
quota per la quale il Comune è tenuto a contribuire alle spese
per gli spettacoli, la quota stessa viene ad assumere una tale entità
da permettere indubbiamente il funzionamento del Teatro della
Scala, e la tanta famosa questione della Scala, verrebbe una buona
volta per il bene dell'arte, ed anche con rispetto della legge, risolta.
Non nascondiamo però che contro la costruzione giuridica or ora
proposta, molte ed anche gravi obbiezioni si potrebbero sollevare. Ci .
sembra in ogni modo che questo sia T unico aspetto sotto cui la
questione della Scala dal punto di vista giuridico deve considerarsi,
se si vuole in qualche modo risolverla in favore dei palchettisti, am-
messo che alla discussione sulla esistenza o meno della communio
iuris, 0 per meglio dire sulle conseguenze che dall'applicazione di
questa teorica derivano, non faccia ostacolo e il rogito Negri, e l'atto
di cessione, e la sentenza della Corte milanese del 20 agosto 1870.
Ma a questa che è pure questione importantissima e pregiudiziale,
non potremmo ora rivolgere la nostra attenzione senza peccare di in-
delicatezza verso le parti contendenti.
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212 ARTIS GONTKMPORANBA
Non sapremmo in ogni modo meglio por termine al presente laToro,
se non colle assennate parole della Sentenza dei giudici di Milano,
augurandoci cioè che qualunque esito negli ulteriori gradi di giurìs-
diiione sia destinata ad avere la presente controyersia, nel più im-
portante centro della coltura italiana non si lascierà perire quella
ormai secolare istituzione il cui nome fu, è, e potrebbe essere ancora
in avvenire segnacolo e vessillo allo storico primato dell'Italia nostra
nella divina arte dei suoni.
Nicola Tabanelu.
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ilECEIìSIOIlI
Storia.
A. CAMBITI, BtiUni • Bama. Bravi appasti ttorid. — Bom*, 1900. Tip. dtiU Ptod.
< L'Accademia di Santa Cecilia — - solennemente festeggiando —
« la custodia degli autografi — della Norma e della Beatrice di
« Tenda — affidatale — dal Ministero della Istruzione — degno
« preludio — alle centenarie onoranze — a - Vincenzo Bellini — -
€ questi cenni storici — Alberto Gametti — offre ».
Ck>sl dice Tepigrafe. L'opuscolo dà — raccolte dai documenti con-
temporanei — compendiose notizie intomo alle prime rappresenta-
zioni delle opere belliniane ne' teatri di Roma, in quest'ordine : H
Pirata — gennaio 1829 (all'* Argentina >); La Straniera — feb-
braio 1832 (all' < Apollo >); I Caputeti e i Montecchi — febbraio 1833
(all' < Apollo»); La Sonnanibuta —ottobre 1833 (al < Valle»);
Norma — gennaio 1834 (all' «Apollo»); 1 Puritani — febbraio
1830 (all' « Apollo ») ; Beatrice di Tenda — gennaio 1837 (all' « A-
pollo »).
« Nel breve giro di otto anni » — conchiude l'autore — « tutte
«le opere di Bellini furono rappresentate su i teatri romani, ec-
« catto due : Y Adelson e Salvini e la Zaira. Ma V Adelson e Sai-
4. vini non si poteva considerare come lavoro destinato a valicare
« le porte dei Conservatorio napoletano. La Zaira, male accolta —
« e forse a torto — sul teatro di Parma, fini i suoi giorni innanzi
< sera, e la musica di questo spartito passò, in parte, nei Capuleti
< e Montecchi, Delle nove opere di quel grande è meraviglioso con-
« statare come pei Puritani, per la Norma, per la Sonnambula,
« tuttora accolte con sincero gradimento, non sia prossima l'ora in
« cui saranno escluse dal repertorio dei nostri teatri : è un terzo,
< appunto, delia produzione del Bellini : di quanti compositori del
« suo tempo si può dire che altrettanta parte sia sopravvissuta delle
« opere loro? ». R. G.
Digitized_^ CjOOQ le
214 RBGBNSIONI
BIOVANKI OAKEVAZZI, Papa demente IX poeta (OiaUo SotpIgUod. - Sec. XYII).
— Ifo^en», 1900. Porghleri e Pellequì.
Del nostro stupendo seicento* musicale italico rimane tanta e ^
viva e si geniale traccia, che ogni guai volta io veggo il ricerca-
tore studioso occuparsene con amore, sento più forte la fede nel
rinascimento, nella riscossa a cui s*avvia Tarte dei suoni nel nostro
paese. Cosi, leggendo 1* interessante volume del D' Giovanni Cane-
vazzi, penso quale prezioso contributo potrebbe attendersi agli studi
nostri dalla operosità unita de* letterati e de* musicisti, quando fra
\ojro potesse esservi un punto di intesa e gli uni non isdegnassero,
come oggi succede, occuparsi di ciò di cui si occupan gli altri.
Ben venga dunque, come segno di futura alleanza, questa pub-
blicazione. Essa ci fa conoscere intimamente la natura del dramma
per musica del secolo XVII, mediante una serie di componimenti
drammatici di Giulio Rospigliosi, che fu poi Papa Clemente IX, ce
ne descrive le scene e ce ne commenta, riproducendoli, degli squarci
importanti. — Quanti dei libretti d*opera che veggon la luce oggidì
potranno essere ricordati con onore, dopo duecentocinquant*anni,
ancor come semplice lavoro letterario? — E poiché non furono
mica musicisti da strapazzo, ma valenti maestri, coloro che quegli
antichi drammi vestirono di note, quali un Landi,' un Mazzòcchi
(Virgilio), un Marazzoli, un Rossi, un Abbatini, e qualcuna delle
loro partiture ancora ci rimane, cosi può lo studio del Canevazzì
essere un prezioso ausilio anche al musicista, affinchè egli completi
i suoi studi ani melodrammi del '600, i quali gli riveleranno modi,
forme, idee affini coU'arte nuova. Che da quel secolo di entusiasmi
fecondi e durevoli per una forma d'arte — V opera, che ebbe ad
affascinare ed afTascina tuttavia più di qualunque altra, il pubblico
d'Italia, parti l'impulso il più energico verso nuovi fatti. Che la
musica nel '600 entra un secolo più tardi delle altre arti nel mo-
vimento della Rinascenza, ma vi entra con una forza ben superiore
di molto, con islancio e con profusione di genio incomparabilmente
maggiore. Che non sapremmo come meglio dichiarare la fortuna
delle nuove idee e^ spiegarne il successo, se non riferendo l' una e
l'altro alla mossa, alla forte spinta di verità e sublimità artistica che
Qbbero nel secolo del Monteverdi e del Caccini, senza l'opera dei
quali noi non potremmo opporre al Gluck e al Wagner la paternità
delle loro potenti riforme.
n Canevazzi ha composto un libro facile e dilettevole. L'epoca
che precede Vopera ha in lui un conoscitore diligente. Se egli avesse
dato maggior vita specialmente a questa parte preparatoria del sog-
getto che aveva tra le mani, anche il musicista ardente potrebbe
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RBGSNSIONI 215
inspirarvisi. Cosi egli vi troverà la sintesi di un movimento mira-
bile nella storia del melodramma e degli ammaestramenti per l'av-
venire. Questo ò certo, ed è sincero Taugurio. L. Th.
MABIjÉ. arOBNl TREVISAN, Nei pHmo MtifMorlo di nometUeo Cimmrota. —
YmMU, 1001. SiMC. M. FonUna.
Il centenario della morte di Gimarosa ha offerto occasione a vari
scrittori di ricordare il grande maestro che profuse Tinesauribile
originalità del suo estro comico in tanti capolavori. Siamo lieti di
mettere in rilievo il fatto, colFaugurio che i musicisti italiani, nella
desolante incertezza del momento, vorranno fissare la loro atten-
zione sul geniale compositore, in cui rifulsero in tutto il loro splen-
dore le tradizioni della nostra scuola.
Tra le pubblicazioni in argomento, abbiamo letto con piacere
anche Topuscolo della signora Storni Trevisan. Vi è riferito, dalle
migliori fonti, ciò che si conosce circa la vita del Gimarosa ed il
brillante successo che ottennero le *opere di lui sulle scene d'Italia
e di oltre alpe, con qualche rettifica delle inesattezze in cui cad-
dero alcuni autori prima che apparisse la nuova edizione del Fio-
rimo sulla scuola napoletana (1882).
Troviamo però deficiente la parte critica, sicché la figura del
musicista non spicca in quella grandezza che gli riconobbero anche
gli stranieri, meno propensi a gradire le produzioni dell'arte ita-
liana. O. G.
B. GIOVANNI SEMBm A, La mu^Ua degli Ebrei, Coaferansa oon introdasìone dtl
P. Al6«andro Ohignoni. — Pnto, 1900. TipognlU inecesaorì Vettri.
L'introduzione, piuttosto che disporre all'argomento, è rivolta a
ricordare le vicende fortunose e Tinsuccesso finale di una Società
istituita a Genova allo scopo di aiutare la riforma della musica
sacra. Vi si ammira il tono gaio dello scrittore.
Nella conferenza il P. Giovanni Semeria ha raccolto le scarse ed
incomplete notizie giunte fino a noi sulla musica degli Ebrei, per
trarne qualche induzione sul carattere che Tarte dei suoni aveva
assunto presso questo popolo sotto Pinfiuenza di un sentimento re-
ligioso predominante.
Elgli dice che è difficile formarci oggi un concetto di quello che
fosse presso gli Ebrei la musica vocale; ma che ce ne può dare
un'idea Todierno canto orientale. € Questo è povero ; non solo manca
« dì armonici accordi, ma s'intreccia dei motivi melodici i più sem-
« plici e monotoni che si possa immaginare. Ma nella semplicità
4L e povertà sua mantiene qualche cosa di grave, di patetico, si di-
< rebbe Tespressione di una sofierta tristezza: almeno a noi nel
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216 RBGBNaiONI
€ sentirla vien voglia di piangere. Con ciò esso riesce nataralmente
< sacro ».
Più esauriente è la illustrazione che Fautore» colia scorta dei
Padri della Chiesa e di Giuseppe Flavio, presenta degli stromenti
in uso presso gli Ebrei. Si riferisce dunque ad un*epoca abbastanza
recente, mentre per i tempi antichi restiamo sempre alle supposi-
zioni.
L*autore conclude bene augurando per la riforma della nostra
musica sacra, a cui dobbiamo arrivare per vigore di riflessione e
di buona volontà, quando invece gli Ebrei non traviarono nella
espressione deirarte loro, essendo guidati dalla spontaneità del-
Tistinto e della devozione religiosa. ' 0. G.
MIOHXL BBENBT, JLes dmù^rU en Bramoe •oub VanHtim regime. — Pftris, 1900.
LlbniiM Fifl^lMtlier.
L*origine dei concerti si scorge in Francia nel secolo XVI quando
per colmare il vuoto fra le esecuzioni religiose o profane delle
corti cui conveniva un pubblico limitato e i concerti alPaperto,
divenne necessaria un'istituzione nuova che avvicinasse direttamente
gli artisti e i filarmonici. Celebre fu il Concorso o Puy d*Bvreux,
una festa annua con due concerti, cui partecipavano i fanciulli del
coro della cattedrale di Evreux e gli artisti chiamativi come giu-
dici 0 concorrenti; s*ebbero pure puys a Lione, a Rouen, a Caen ;
vi si eseguivano composizioni sacre e profane.
A Parigi, verso Tultimo quarto del secolo le sedute dell* Accademia
di Baif si possono considerare come la culla della futura Académie
franQaise e dei concerti a Parigi. Il momento storico più impor-
tante è la creazione del Conceri spiriiuel nel 1725 dovuta ad
Anne-Danican Philidor. M. Brenet ci dà del Concert spiriiuel una
storia diligente: nel 1758 Mondoville introduce il genere deirora-
torio ; e pure intorno a quel tempo s'aggiunse il concerto d'organo;
nel 1768 fa la sua apparizione il clavicembalo forte-piano, senza
però che il pubblico vi dia importanza. L'arte italiana ed i virtuosi
italiani ebbero parte rilevante nella vita musicale di Parigi.
I lettori della Rivista han già apprezzato la cura e l'erudizione
che l'egregio scrlttor francese dimostra nelle sue ricerche storiche;
dirò solo che il libro riesce non solo istruttivo ma anche dilettevole.
A. E.
BVaTAY HÒ€KEB, Dos grasse J>reÌge9Hm JTay*», Motmrt, Beethoven. — OlogAS.
Cari Fltmmiiif , V«rl«g.
Sviluppare la cronaca che riflette l'esistenza dei grandi artisti
ha, se non altro, il merito di renderli sempre più popolari. L'au-
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RBCSNSXONI 217
tore di questo libro ha impreso un simile compito, e sulla vita dei
tre grandi musicisti tedeschi ha steso narrazioni intessute di aned-
doti e circostanze, che li fanno meglio conoscere come uomini e pur
li lasciano comprendere come artisti, ma al circolo dei profani,
però, e degli amatori di novelle. Il fine dello scrittore è, come si
vede, molto modesto. Egli vi si adopera con ogni buona volontà e
racconta bene. Sul soggetto de* suoi racconti egli ricama sa Dio
quali aggiunte, quali brillanti fioriture, forse tutto un firmamento
dì stelle minori intorno ai tre massimi corpi celesti. Però, se nulla
è fuor di posto e i calcoli astronomici sono esatti — come per lo
meno saranno per certi lettori cortesi — il libro avrà raggiunto il
suo scopo. Ed io mi confesso soggiogato da questa semplicità e spon-
taneità del narrare. Fa tanto piacere nella vita dimenticare di es-
sere un uomo d*arte e di scuola per passare al posto di chi può.
ancora trarre qualche diletto dalla lettura di un libro scritto con
passione e vocazione. Tale è il volume deirHòcker e tali le mie
brevi ore di vita come profano. Ritorniamo fra i dotti. L. Th.
CABL KBBBS, JHtt0r»dorfiana. — Berlin, 1900. Verlag tod Gebrttder Paetel.
Se questo libro non contenesse altro che la parte che ora è di-
ventata centrale, cioè un catalogo, oggi il più completo, delle opere
di Carlo* Di tters von Dittersdorf, egli sarebbe già per questo una
pubblicazione utilissima, perchè atta a porre la figura di un famoso
compositore tedesco del sec. XVIII in ben più nitida luce di quel
che sia avvenuto fin qui. Ma TA. ha voluto far precedere 11 cata-
logo, che è illustrato da esempi musicali e commentato con pas-
sione ed interesse, da una biografia del Ditters e da un breve studio
intorno alle sue opere, e ciò fa del presente volume una mopo-
grafla veramente commendevole sotto il doppio aspetto storico e
bibliografico. Noi conosciamo per essa il titolo e, in certo modo,
rimportanza del contenuto di parecchie opere, specialmente sinfo-
niche e istrumentali del Dìtters che non ci erano note, e pur da
qualche suo scritto e da talune memorie apprendiamo nuove par-
ticolarità del suo talento, nuovi dati della sua vita.
Il volume si chiude con una rimarchevole analisi delle dodici
sinfonie sulle Metamorfosi di Ovidio, scritta in francese dal pre-
vosto J. T. Hermes di Breslavia nel 1786. L. Th.
SUJfOLFJB eBNÉB, MiUh9Uung«n fftr die Magari- €femeinde in Berlin, ZehotM
B«ft. Oktober 1900. -~ Berlin, 1900. E. S. Mittler nnd Solui.
Questo fascicolo, il decimo deiranno 1900, specialmente si di-
stingue per un interessante studio sopra un quartetto ed un terzetto
scritti dal Mozart per T opera La Villanella rapila del Bianchi
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218 . . RECENSIONI
(1785). Seguono uno schizzo biografico di Emanuele Schikaneder,
il librettista del Flauto màgico, ed alcune nuove notizie del prof. Bi-
schoflT di Graz sul suicidio del cancelliere Franz Hofderael, che si
diceva avesse tentato di uccidere sua moglie per gelosia di Mozart,
del quale essa era scolara. L. Th.
J>r. BICHABD VOK KMAJLIK, AJUgrieehiBCh^ 3fu9Ìk. Theorie, 0«Mhiehte imd stmm-
tUche D«BkiDiIer. — Stattgurt and Wien. J. Both^sehe YerUgebuidloiig.
In linea teorica, quel che TA. ci dice intorno alla musica degli
antichi Greci è cosa nota. Egli ha ordinato in guisa sintetica delle
nozioni storiche ed elementari sulla teoria musicale antica, chiudendo
Qon un prospetto cronologico che ne dimostra lo sviluppo pratico.
È la miglior parte dello scritto. Ma per ciò che riguarda Tesposi-
zione grafica degli inni greci, TA. ha voluto, ha creduto di espli-
carne il senso musicale con un'armonizzazione poco o nulla con-
sentanea col concetto delKantica pratica. Io non so perchè questi
volgarizzatori^ questi rcspigoiatori deirinnica antica vogliono co-
stringere il senso delle melodie tramandate, in modo che esse acqui-
stino un valore relativamente a noi moderni, e piuttosto non le
lascino nello stato della loro assoluta semplicità tipica. Come una
armonia ed un-istrumentazione, nel senso nostro, fu sconosciuta ai
Greci, così la sovrapposizione della pratica moderna al concetto,
alla teoria antica, diventa arbitraria, un mero non senso. Nessuno
conosce il sentimento recondito primitivo insito in una linea di me-
lodia greca ; se noi vi applichiamo il risultato di cognizioni che né
anche il medio evo, né anche la Rinascenza praticavano, possiamo
star sicuri che la nostra opera é caratterizzata collo stigmate del
più crasso dilettantismo. L. Th.
ARNOLD aCHEBING, Baeh's TextbehantUung. Ein Beitrag som VerattndniM Joh. Seb.
Bach'scher Yokal-SchOpAingen. — Leipzig, 1900. C. F. K&nt Naclifoigtr.
Uno studio critico ben fatto e piacevolissimo. Un po' troppo as-
soluto parmi il giudizio dell' A. suir eliminazione della personalità
nella musica polifonica del *500. Ma che non porta forse il sigillo
d^l sentimento personale e della libertà di concetto un madrigale
del Marenzio, una canzone di Orazio Vecchi o un mottetto del Pa-
lestrina? Del resto Telémento della personalità drammatica è tanto
più sensibile nella musica polifonica se sì vegga ciò che appare
sulla soglia del sec. XVII in fatto di commedie, pastorali, giuochi,
rappresentazioni a più voci, o in fatto di madrigali e di canzoni, in
cui le voci si alternano, riposano più spesso, si rispondono o cedono
runa all'altra la melodia, e fino interi brani a due voci si insinuano
ripetuta rQen te in composizioni a cinque e più voci.
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REGBNSIONI 219
Ma tralasciamo ciò : il sig. Schering aveva forse bisogno dì un
argomento di eflTetto da contrapporre all'opera del Bach, e per get-
tarvi sopra maggior luce ha sacrificato un pò* la verità della storia.
Dopo tutto, considerando il Bach come compositore di musica sacra,
la. maggior forza della personalità drammatica al posto dell'elemento
collettivo entra, è giusto, per moltissimo nella sua opera nuova di
vita e di forme.
É dunque precisamente in questo campo 'della musica vocale che
81 svolgono le considerazioni del Schering. Bach vi porta, vi crea
la vera, la perfetta espressione. E TA. lo prova identificando l'opera
del Bach con la essenza, con la parola del Protestantesimo. E vede
il titano della nuova musica in mezzo alla sua epoca, chiuso quasi
Della contemplazione dei fatti biblici, coi quali la sua arte ò indi-
visìbilmente congiunta; lo vede assorbire tutta la loro verità di
espressione, e nell'arte dei suoni tutta trasfonderla e colla soggettiva
espansione dell' ar/ia o coir oggettiva riflessione del corale, E qui
come anche, nella parte simbolica assegnata dal Bach alla specie
delle voci, il Schering ha campo di difibndersi in molte e giuste
osservaziopi, cui non manca la scorta di qualche esempio musicale
persuasivo. L. Th.
Critica.
A. JPXDOF^jr, I figli delia gloria. — Milano. 1901. U. HoepU editora. — L. 4.
I figli della gloria sono « le creature sovrane » di cui il Padovan
discorse altra volta (1): il poeta, il musicista, l'artista, il filosofo,
lo scienziato, l'esploratore, il guerriero, .il profeta. Del musicista
Fautore parla nel capitolo secondo. « Chi coltiva musica » — cosi
egli — « non può essere un'anima volgare, chi compone musica non
« può essere malvagio. Quando l'onda della melodia c'investe flut-
< tuando, essa dissipa ogni pensiero volgale e ci conforta e ci
« esalta finché ci abbandoniamo fiduciosi al suo invito come a una
« lusinga d'amore ». V'è qualche cosa, in queste parole, del lirico
entusiasmo del dolce stil novo:
< Faggon dinanzi a lei snperbìa ed ira.
« Ogni dolcezza, ogni pensiero nmìle
< nasce nel core a chi parlar la sente... »
(1) U. Hoepli, Milano 1898: Le creature sovrane. Ne fa fatta la recensione
nel £udcolo 1« dell'anno Y di qnesta Bivista,
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220 aECXNSiONi
con quel che segue. « Coltiviamo musica » — soggiunge il Padovan
— « se vogliamo esser buoni, coltiviamo musica se vogliamo nutrire
« la nostra mente di alti pensieri, lo ti invito a coltivar musica, o
€ lettore, se vuoi formarti una convinzione salda e non remo-
« vibile suUa tua vita futura. Ascolta musica, abbandonati senza
€ perplessità ma con grande fiducia alle malie di questa sirena :
€ essa non ti condurrà a perdizione, ma simile ad un faro ti in-
< dicherà la via per giungere al porto ». E questo è del petrar-
chismo :
e Tale è la vista che a ben far tlndace
< e che ti scorge al glorioso fine ; »
ma d*un petrarchismo — come dire? — stemperato nelFacqua santa
della Scrittura : € laudate Dominum in cymbalis bene sonantibus... ».
Fuor di scherzo, Adolfo Padovan à intorno alla musica nobilis^
simi pensieri; e dell'opera in ispecie di Ludovico van Beethoven
discorre con intelletto di critico dotto e sagace. Se bene non tutti,
credo, gli consentiranno in certe interpretazioni. Quella, segnata-
mente, ch*ei propone della nona sinfonia è tale — a mio parere
— da lasciar perplessi anche i più creduli. Che in fatti il secondo
tempo — lo scherzo — di questa grandissima tra le opere beetho-
veniane ricordi propriamente € quella parte della specie umana
« che si contenta di ciò che ha e gode senza pensare al poi » mi
par dubbio; che il terzo tempo — Vadagio — rappresenti a dirit-
tura « il mistico nirvana di Budda » mi sembra, a dir poco, di-
scutibile; che il finale poi sia € la pagina più potente di tutta la
«sinfonia», anzi meglio « lo sforzo più prodigioso di quel genio
€ sovrano » giurerei ch'ò falso.
Ma forse io ò torto. Anzi ò torto di certo; perchè, non avendo
nella vita futura una fede né « salda » né « irt^emovibile » (tut-
t*altro, anzi), è da inferirsene, secondo i principi della nova etica
padovaniana, che io non ò coltivato musica a bastanza. Non è vero?
R. G.
J^. J>B SIMONE BROITWBR, Uon Saverio, — NapoU, 1900. Libreria Detken • Bochol.
— L. 0,60.
Son noti i riscontri e le attinenze che la commedia napolitana
offre al melodramma giocoso. Il De Simone Brouwer studia un dei
tipi più singolari di questa commedia — don Saverio — che Fran-
cesco Cerlone, il Goldoni del mezzogiorno, introdusse in alcuni dei
suoi più celebrati lavori. Diligente ricerca, e allettevole semplicità
di stile. R. G.
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RECSHBIONI 221
ATMAn JOB NE88IBT, Bobmré Sehutnanm, -~ Fwrit, 1900. Ubniria FiiekfaMher.
L*autore stesso confessa d'aver scritto un panegirico anziché uno
studio critico. In realtà li panegirico giunge un pò* tardi, poichò da
nessuno si mette in dubbio la genialità di Scbumann; quando TA.
studia il grande musicista nel movimento musicale del secolo si
lascia sfuggire giudizi troppo alla lesta e che credo inutile presen-
tare al lettore. Nulla di più nocivo al pubblico dei dilettanti quanto
il dilettantismo della critica.
Il volume contiene pure i Con^^^// a/ ^iòi;an/ mu^/cte^ nella tra-
duzione francese di Fr. Liszt. A. B.
I/au»rtu*e du eirgue dfétè. Gatyon, i'audMonf — Paris, 1001. H. Slmonli Enpis édltear.
- L. 8,50.
È una cronaca delle rappresentazioni musicali in Parigi dal gen-
naio del 1899 al febbraio del 1900: per lo più arida, tutta ingombra
di nomi e di date, a pena qua e colà interzata di giudizi rapidi
risentiti recisi. Pure, nella ricercata brevità sentenziosa, certa acu-
tezza di critica non manca. Eccone qualche esempio, intorno a
cose dell'arte nostra. Su la < Bohème » di Giacomo Puccini: « Juxta-
€ position de motifs parcellaires dénués de tonte cohésion ; parti
€ pris de bel canto naivement insoucieux des exigences de la si-
€ tuation; orchestration tape-à roeil brutalement cuivrée avec des
€ encombrements de harpes prétentieuses; absence de tout pian
€ tonai; tohu-bohu des personnages, des instruments, des thèmes ».
Su Lorenzo Perosi: « Il a étudié Palestrina, Gabrieli, Vittoria,
cLassus; il vènere Carissimi; il porte au chant grégorien uneaf-
« fection qui lui vaut la reconnaissance de la « Schola cantorum » ;
€ il ne se poisse jamais aux fausses religiosités sirupeuses où
«s*englue Massenet; Il ne s'abandonne pas non plus aux fougues
4L inconvenantes d*un Rossini, dont les prétendus airs sacrés semblent
« toujours danser le cancan devant Tautel. De son tempérament
« italien, sévèrement mate, il conserve la vitallté nécessaire pour
< animer son inspira tion qui s*appuie sur les textes saints: ce
« n*est point le Mascagni de bénitier que j*aurais sifSé de si bon
« coBur, mais plutdt un Boito qui aurait beaucoup travaillé Bach ».
Su la musica di Ruggero Leonca vallo: cChez lui c*est — au lieu
41 de Tatmosphère musicale que le Tondichter du Ring s'entendait
« merveilleusement à créer autour de son drame — c*est un per-
« pétuel papillotage instrumentai procédant par petites touches ré-
« pétées, avec une fatigante multiplicité de menus soulignements
« orchestraux qui, loin de flxer Tattention de Tauditeur, la dis-
« persent le plus souvent. Apparemment le compositeur semble ré-
« pudier les antiques divisions en airs distincts et renoncer à Tusage
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232 RBCBNSIONT
« du catalogue des morceaux séparés si apprécié de Téditeur: en
« fait, à suivre l'oeuvre attenti vement, on constate vite que le mode
« traditionnel des numéros à effet reparaìt à chaque acte, pour la
« plus grande joie du public. Illusoire aussi, la prétendue utilisation
«des thèmes signiflcatifs; leur juxtaposition n'a rien de commùn
« avec le système logique, et si fécond en resultata, du leitmotif
€ wagnérien : . . . opera vieux-jeu avec cabalettes surannées, chanson
€ à boire, marche militaire, etc. >. R. G.
FBnj}iNANJ> TFOELLn Arthur Niàki9ch ab ManBch nnd KfliiflUtr. — Leipsif . Hamuuia
Seemann Naohfolger.
Difficilmente, in un rapido schizzo biografico, si poteva meglio de-
lineare la simpatica figura del grande direttore d'orchestra. Arturo
Nickisch è una tempra d'artista favorita coi doni più eccezionali.
Nel suo squisito ecclettismo egli conserva una distinzione e un sen-
timento personale cHe conquidono. Chi ricorda il Nickisch giova-
nissimo ancora, quand'era uno dei direttori d'orchestra al teatro di
Lipsia e sostituiva di solito il Reinecke ai concerti del Oewandhaics;
chi ha discusso d'arte con lui tra una partita e l'altra alle carte
0 a biliardo nel Wiener Cafè dove ci trovavamo la sera, riconosce
nei cenni del Pfohl un ritratto verissimo dell'artista e dell'uomo.
Lo scrittore lo segue nella sua vita movimentata, attraverso le città
dell'Europa e dell'America del Nord, dove egli lasciò di sé un nome
che non sarà si presto dimenticato. Noi che del plauso portato al
Nickisch sempre ci rallegrammo, ci compiacciiamo ancora che una
penna facile ed attraente, come quella del Pfohl, ci abbia ricordato
l'uomo e l'artista buoni e geniali entrambi. L. Th.
Estetica.
JP. 2>J7 BOBBBTO, I/Arte. — Torino, 1901. FratoUi Bocca editori. — L. 2*50.
Non SO se l'imagine risponda al vero esattam*ente; ma cosi è;
tutte le volte che m'avvien di pensare alla collaborazione del mu-
sicista e del poeta nel melodramma, mi ritornano alla memoria i
versi notissimi:
Or dentro ad ona gabbia
fere selvaggie e mansaete greggie
8*aDDÌdan sì che sempre il miglior geme.
Il migliore — colui che geme — ò, naturalmente, il poeta. Da
ciò, forse, i superbi bstidi e le bizze dei letterati contro « l'arte
sorella ». « Quanto alla musica » — scappò detto una volta al Gar-
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RECENSIONI 223
dacci (e ai versajoli d'Italia parve arguzia) — « la lascio sonare,
€ non mo ne intendo; e, piùsonan forte/ più mi piace; sono te-
« desco ». Ed ecco qua ora un dilicato lirico di Francia, il sig. Vii-
torio de Laprade, il quale vorrebbe a dirittura che non sonassero,
né forte nò piano ; e, poi che altro non può, si diletta per intanto a
dir corna della musica e de* musicisti profondendo in due volumi le
accuse (1). Metteva proprio conto che Federigo de Roberto si pro-
ponesse il compito della difesa ? Quella ch'ei fa, in ogni modo, nel
capitolo sesto del suo recente volume su Tarte, ò signorilmente
spbrìa e acuta.
< I cultori di musica > — scrive il Laprade — « sono spesso igno-
« rantl di ciò che non riguarda l'arte loro: anche i più insigni non
€ possono menomamente paragonarsi, per la potenza intellettiva,
4 per l'estensione dello spirito, per Tuniversalità delle attitudini, a
« un Leonardo o a u.n Michelangelo ». E il de Roberto oppone ì
nomi e gli esempi di Sant'Agostino e di Boezio, di Ouido d'Arezzo,
di Pier Luigi Sante da Palestriti, di Benedetto Marcello, e — se-
gnatamente — di Riccardo Wagner, la cui opera — non inferiore
per la vastità del disegno e per la potenza dell'espressione alle
grandissime di tutti i tempi — tradusse in sensibili forme le più
orìginali concezioni del genio fllosoflcp tedesco intorno ai destini
dell'arte.
La musica — soggiunge il poeta — non à che un'espressione am-
bigua, con due soli caratteri ben definiti : la gaiezza e la tristezza.
E ribatte il critico: Certo, il linguaggio musicale non può signifi-
care le idee, i pensieri, i ragionamenti, le operazioni in somma del-
l'intelletto: anzi né pur può significare, in ciò ch'asse anno di
proprio e distinto, le passioni. Ma, in compenso, i profondi turba-
menti, le secrete agitazioni, gli intimi fremiti della nostra fibra sen-
sitiva, e l'eccitazione e la depressione e la trepidazione e l'abban-
dono e lo slancio, che la parola è incapace a manifestare, non si
rivelano che nella musica; la quale, sola tra tutte le arti, esprime
le commozioni direttamente, e con una potenza a cui non giunge
alcon'altra.
« Il suono » — dice ancora, insistendo, l'accusatore — « parla sol-
« tanto al senso, non alla ragione: la musica esercita la sua azione
«nel campo della sensibilità organica, sul sistema nervoso: questa
« azione à un carattere dt necessità, di fatalità; l'uditore deve sop-
(1) jSmow de eritique idéaliste — e OorUre la muBique. Paris. Didier.
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224 RIGSNSIONI
« portarla senza poterla discutere; quindi Tarte che produce simili
« effetti è arte inferiore ». E di rimando il de Roberto: Fosse pure:
che valore avrà contro la musica l'addurre che quesfarte ha un
effetto estetico soltanto? « Non si potranno rovesciare i termini del-
« Targomentazìone e affermare che questa è Tarte più pura, Tarte
« più arte, Tarte per eccellenza ? ». Ed è anche Tarte più moderna,
la più veramente nostra. € L'avvenimento della musica ò contem-
€ poraneo a quello delia scienza; quest'arte non che decadere con
« la presente civiltà, è oggi al culmine della potenza ; è, per anto-
cnomasia, l'arte del nostro tempo. Se pure in tutte le altre arti
€ vi fosse vera e propria decadenza, e non già trasformazione, essa
« ci resterebbe, e per essa potremmo dire che l'arte non è morta ».
Ed ora, che replicheranno i poeti? R. G.
G. Jr. aCALIireEB, I»*99teHea di RnàMn. — NapoU, 1900. Libnrift Detken • BoclioU. -
L. 8.
M' incresce che l'indole della nostra Rivista non mi conceda
l'esame di questo libro. Debbo contentarmi a consigliarne la let^
tura agli studiosi d'estetica, i quali vorranno consentir con me nel-
l'ammirazione per la perspicuità e l'acutezza con cui sono dallo
Scalinger esposte commentate discusse le teoriche d'arte del genial
critico inglese. R. G.
A, SCHVTZ, Zur AeHhetih dér Musih. Du W«mii der Muik and ihre Betiehangen cor
gesfeinUm Oelstesleben. Fnr Jflngw and Pnand* der Tookanik. — Stottgirt, 1900. I. B. Meti-
lanchsr VerUg.
Un libro sull'estetica della musica, sia pure a titolo di semplice
contribuzione generale, non può esimersi dallo stabilire dei prin-
cipi provati sulla natura di quest'arte, dal giudicare in modo pro-
prio e razionale i rapporti che essa contrae colle arti sorelle e dal
dimostrare come questi principi si verifichino^ nel caso speciale e
insieme ad altre circostanze culturali e storiche, generatori di con-
tenuto e forma nell'opera d'arte. Il raccogliere delle informazioni
sull'uno o sull'altro punto questionabile della indagine estetica può
essere un'esperienza utile per i profani, ma difficilmente avrà forza
persuasiva né altro riescirà che un insieme slegato, incapace di
segnare una qualsiasi traccia a chi studia. Ora io non nego che
nel libro dello Schiìtz siano esposte in forma comprensiva e &cile
molte nozioni sull'estetica della musica. Solo io non le veggo de*
sunte da un principio unitario e non le veggo espandersi e rami-
ficarsi e raggiungere la pratica del fenomeno dell'arte. Non vi è la
spola del sistema che va e viene riducendo le fila del pensiero
scientifico nella trama dell'opera d'arte finita ; ma sono osservazioni
che si sbandano e talora si elidono. Se ciò era la mente istessa
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EEGBNSIONI 225
deiraatore, io non gli rinfaccerò di aver fatto opera inutile, ma
casuale certo e poco feconda di bene.
Che a formulare il piano dello Schùtz abbia presieduto un certo
ordine, non è dubbio. In alcune questioni principalissime egli anche
vede con occhio sicuro. Per es., che nella musica modernissima, nel
movimento attuale, noi assistiamo al fenomeno contrario della spiri-
tualizzazione, che fu la grandezza delKarte nel periodo Mozart-Bee-
thoven, è vero. Che secondo il principio del puro progresso musicale,
lo stesso Wagner rimane inferiore al Brahms è pure vero: cosi in
molte deduzioni sulla natura del genio musicale, suir importanza
del bello assoluto nella forma e su molti rapporti della musica con
fenomeni affini della coltura secolare, le osservazioni dello Schiitz
sono momentaneamente giuste. — Ma dove ha egli stabilito il prin-
cipio della spiritualizzazione, tanto relativamente al fenomeno as-
soluto, isolato deirarte, quanto alla sua manifestazione storica? Egli
errerà nell'uno e nel fa Uro caso. Poiché egli lascierà mancare to-
talmente la prova del primo, e pel secondo si contenterà di addi-
tare, come punto di partenza della nuova evoluzione, il periodo di
Beethoven, dimenticando che l'arte di due secoli precedenti era,
colla sua lirica e col suo dramma in musica, la forma più potente
nella vita dell'anima italiana e che, pur nel medesimo tempo, fin
la musica istrumentale di questa spiritualizzazione era piena. —
Ma dove ha stabilito egli 11 principio della forza e della grandezza
dell'arte vista nell'assolutismo della sua indipendenza? Il concetto
antico non è questo. Non è il concetto dell'età di mezzo, né quello
della moderna. Ad ogni modo egli non ha provato né che ciò sia
un errore, né che sia una verità: il resto è una curiosità storica
tra le mani dello Schùtz, mentre potrebbe essere un fenomeno in-
controvertibile di un'evoluzione necessaria, cui é soggetto lo stesso
principio antico. — Ma dove ha stabilito egli che il bello formale
offra troppo poco allo spirito e lo possa calmare ma non interessare
durevolmente? Goethe, Schiller e Wagner provano il contrario. Fu
una perfezione dell'individuo, una perfezione del suo senso artistico
che spinse questi uomini a cercare nel bello formale il modo di
estìnguere la sete di bellezza che era stata l'anima della loro vita,
e nella loro opera finale é alla forma che essi ritornano; é all'i-
deale della greca classicità che essi si rivolgono fidenti come in una
rigenerazione.
Cori io dovrei dire di parecchi altri punti o essenziali o di det-
taglio, che nel libro dello Schiitz appariscono annotati come cose
risapute; potavano alcuni essere trascurati appunto per ciò ed altri
ricevere ben diversa luce. Che il libro dello Schiitz serva, in guisa
Ri9iiia muticait italiama, Vm. 15
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226 RECENSIONI
informativa, a giovani cultori di musica, i quali dell'estetica non
facciano uno studio speciale, può essere. Ma non chiarirà le idee
dominanti oggidì e non ne arrecherà di nuove e molto meno di
originali. L. Th.
Opere teoriche.
MAX IA>EWBNGABD, Lehrbuch der Harmanie, fUr den UfUerrUht und 86Ìb§t'
unterrieht. - Berlin, 1900. Albert Stahl.
Ciò che Fautore di questo trattato si è proposto, vale a dire che
nella regola antica dell* armonia sia compreso . anche il risultato
della nuova pratica, e che ogni innovazione di questa non debba
intendersi che come uno sviluppo, un ampliamento di quella, è stata
pur Taspirazione di molti teorici moderni, e fra quelli che più riu-
scirono in questo compito difficile e delicato io nomino Bvaristo
Habert. Ma mi è grato di aggfunger subito che pur nel presente
modesto trattatela VA, ha con ogni diligenza fissata la base armo-
nica generale al caso isolato, che nella musica moderna ha rice-
vuto tante e cosi svariate applicazioni pratiche. Queste sono con
affetto particolare tenute presenti dairA., e specialmente nella parte
in cui egli tratta dei cambiamenti ornamentali e delle alterazioni
degli accordi moderni, esse ricevono una chiara sanzione; ciò pre-
cisamente che è oggetto della inquieta domanda di chi studia e si
esercita nel vasto campo della modulazione. ^ L. Th.
Stramentasione.
aAGLIA ACHILLE, Manuale del pianista. — Verona. B. CabUnea.
È un volumetto d*un centinaio di pagine. Non ha la pretesa d\
essere una storia del pianoforte; è però una compilazione conte-
nente le notizie principali suirorigine e lo sviluppo del nostro istru-
mento, ed i cenni più importanti dei più noti clavicembalisti e
pianisti dal 1500 ai nostri giorni.
Data la piccola mole del manuale, Fautore non può fare troppi
commenti sugli artisti e i libri menzionati ; e, nel dare giudìzi su
di essi, cita quasi sempre critiche tolte dà altri autori, cosicché il
suo Javoro ha carattere di compilazione.
In complesso questo manuale merita d*essere consigliato agli stu-
denti di pianoforte pei quali esso fu scritto, ed ai quali certamente
riusciranno utili le notizie e cognizioni in esso contenute ed esposte
con ordine e chiarezza. B. M.
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RECEN8IOM 227
C WITTING, Oeschichte de» VioUntpMs. — Kóìn a/&h.-Leipzig. H. vom Ende's Yerlag.
La letteratura del violino essendosi oggi enormemente arricchita
e fotta varia e complessa, esige che anche -lo studio di questo istru-
mento venga trattato in modo diverso da quel che è seguito fin qui,
e airerapirismò de' soliti maestri bisogna che si sostituisca un pro-
cedimento» che ha le sue basi sulla storia della tecnica e de* diffe-
renti stili. Solo allora si avrà il vero artista, mentre oggi, fatte due
0 tre rarissime eccezioni, si ha appena V esecutore. É dunque un
buon segno che il criterio, al quale ho accennato, sì faccia strada:
esso è chiamatola invadere ogni campo della cultura musicale e ad
instaurare la coscienza, il valore dell'opera d'arte di tutte le epoche.
A questo concetto risponde il libro del Wittin?, nel quale il let-
tore troverà, oltre T esplicazione delle forme da Gorelli a Spohr e
Paganini, un'infinità di dettagli sui modi di esecuzione e sulla tecnica
dell'arco. Dettagli di tecnica superiore, s'intende, poiché qui si è
nel campo dell'interpretazione di stile.
Questo libro ha la sua base nelVapprofondito studio dei nostri
classici italiani, e, mediante una quantità di buoni esempi, esso di-
mostra da che dipenda, nelle diverse epoche e scuole, l'impiego
dei mezzi di -espressione e dove mirino la tecnica e la dinamica
quando siano basate su principii estetici, non come volgarmente
s'intendono oggi da un pedagogo ammuffito tra i programmi ba-
stardi di una scuola italiana, ma come li insegna la coscienza della
cultura storica e l'esperienza dei fatti. L. Th.
Rieerche scientifiche.
LEON BOUTBOVX, Im generation de la gamme ditUonique, — Paris, 1900. Baretnx
àé la lU9Ué Scùntijlqm,
Scopo dell'autore è di conciliare le divergenze tra i fisici e i
musicisti sulla costituzione della gamma. L'intenzione non può che
meritare amplissima lode, perchè i maestri compositori, ignorando
le finezze della ^cala naturale, le relazioni degli armonici negli
accordi, e i suoni differenziali (risultanti) che ne derivano, non
sanno rendersi ragione di certo regole che il genio ha indovinato
da gran tempo, ma che trovano fondamento In dati ormai stabiliti
dalla scienza.
L'autore svolge con larga erudizione il tema impostosi; egli rac-
coglie ed ordina il risultato di studi apparsi in diverse opere, gio-
vandosi specialmente dell'Helmboltz, e con bell'arte espone quanto
si riferisce all'argomento. Non dice però cose nuove, tutt'altro anzi!
egli ha piuttosto cercato strade lunghe e difficili per giungere a ri-
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228 RECENSIONI
sultati ottenibili anche con mezzi assai semplici; ^ in ciò sta tutta
roriginaiità del suo lavoro. La gamma naturale (diatonica e croma-
tica) è disegnata dagii armonici del suono fondamentale, — le alte-
razioni cromatiche per la modulazione s'imponsrono nella ripetizione
degli intervalli della gamma su altri punti di partenza; — ciò è
chiaro e facile, ma il signor Boutroux si ò servito di altro processo
d*iuduzione nelPopuscolo che ora tenterò di compendiare.
Dal S"" armonico, abbassato di un*ottava, abbiamo Tintervallo di 5*
giusta dO'SOl; portiamo questo intervallo al di sotto del fondamen-
tale, ed avremo il fa; replichiamolo al di sopra quattro volte e
troveremo i suoni re, la, mi e st Evidentemente l'autore arriva
cosi a costruire Tantica gamma dei Greci {pitagorica), da lui detta
melodica. Ma qui egli si perde per ottenere con successive quinte
sopra il si e sotto il fa alterazioni <;romatiche che non hanno a che
fare colla scala pitagorica nò colla naturale.
Prende allora gli armonici 3* e 5% e, rilevando che quest'ultimo
« 81
è più basso -^^r- (comma) del suo corrispondente nella scala melo-
dica, porta i loro intervalli col fondamentale (-ò"^ t) ^^^^ '^ ^^^
per avere il re e il si, e sotto il do per avere il fa e il la. Cosi
facendo al m^ al la ed al si manca necessariamente un comma in
confronto dei suoni delia scala melodica, e per conseguenza è tro-
vata la scala naturale {tolemaica) che il Boutroux chiama armo-
nica e qualifica non naturale.
Quindi, per definire la consonanza, Fautore passa a dettagliare
i suoni differenziali che nascono dall' associazione degli armonici
i-2-3, 1-2-3-4-5, 1-2-3-4-5-6-7; e studia poi nella stessa guisa il tono
minore per dimostrarne la dissonanza per uno, due o tre suoni
differenziali, estranei all'accordo, che sono prodotti secondo la di-
versa distribuzione, i diversi rivolti e i diversi raddoppi dei suoni
che lo compongono.
Segue un breve accenno alle relazioni {battimenti) che succedono
fra gli armonici di due o più suoni, questione trattata con larghis-
simo sviluppo dall'Helrnholtz nel cap. X della Thèorie physiologique
de la musique.
Il confronto delle gamme di Pitagora e di Tolomeo dal punto di
vista artistico conduce l'autore ad accettare la prima (melodica)^
come quella che corrisponderebbe meglio all'arte odierna, sebbene
la seconda (per lui non naturale) si presti in modo perfetto per
l'armonia. Ma io non arrivo a comprendere come da tali premesse
il signor Boutroux possa giungere a questa conclusione; — la ben
5 27
nota difl3coltà del la -^ (scala naturale) invece del la -^^ (scala
o lo
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RSCENSIONI 229
pitagorica), con tulli gli accessori che ne derivano, si converte nel
disastro assolutamente gravissimo delle terze false negli intervalli
della gamma greca. C!onseguenza logica sarebbe piuttosto d* adat-
tarsi alle lievissime imperfezioni della scala temperata, che Tautore
non prende In esame se non di sfuggita nella conclusione del suo
lavoro.
Egli invece ritorna agli armonici, e, constatata l'impossibilità di
formare una gamma, adatta alle esigenze delParte, sulla base del
?• armonico, oserebbe ammettere l'impiego degli armonici 7*» ed li*»
nella scala diatonica. Su questo punto parmi non vi sia audacia,
perchè gli armonici 7*, 11®, 13s 17% 19*, ecc., devono proprio es-
sere considerati quali alterazioni cromatiche naturali dei gradi della
scala diatonica naturale, bene inteso che gi* intervalli di questa
fisseranno, calcolati su altro punto di partenza, le alterazioni cro-
matiche necessarie per la modulazione.
Circa la scala minore la definizione che il signor Boutroux no
cerca è negativa, ossia egli dice che non esiste tono di la minore,
ma che le note di una melodia in la minore appartengono al tono
di do, modo di la. É un giuoco di parole. Ammettiamo pure che
< ce qui constitue la base de la musique ce n'est pas la gamme
< considérée comme melodie, c*est la collection des notes diatoniques '
€ envisagées avec leur tendance résolutive plus ou moins marquée »
(pag. 56); ma la collection des notes diatoniques, a comune avviso,
forma kc scala, e leur tendance résolutive ne dirige Tandaroento
melodico — glissons; Tautore, a quanto pare, fa consistere il nodo
della questione nel riconoscere, o meno, per diatonici I gradi della
scala minore. Noi, al contrario di lui, li riconosciamo diatonici a
colpo d'occhio; il settimo s'impone, considerato tanto in riguardo
air armonia quanto alla melodia; il terzo costituisce il modo; il
sesto colle sue varianti si specifica caratteristico della tonalità; gli
altri sono comuni colla scala maggiore: perchè non dovrebbero es-
sere tenuti diatonici? Ed anche, ammesso e non concesso, se non
lo fossero, le alterazioni cromatiche non determinerebbero ten-
dances rèsolutrces assai marcate? In ogni caso il primo grado della
scala stabilirà il tono e il terzo il modo, secondo il vecchio stile.
Nella conclusione l'autore tratta ancora della consonanza, detta-
gliando le ricerche importantissime dell' Helmholtz sulla influenza
che i rivolti degli accordi, rattezza dei suoni e il timbro esercitano
per determinarla. Giustamente deplora che i musicisti partano da
altri princìpi per stabilire la definizione estetica della consonanza;
essi hanno finora trascurato di applicare la teoria dcirillustre pro-
fessore, teoria che non deriva da speculazioni astratte, ma riflette
fatti incontrastabili.
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230 RECENSIONI
Come risultato pratico dell' argomento svolto, il Boutroux rico-
nosce i servigi immensi prestati dalla scala temperata, che non
respinge, e suggerisce di attenuare, quando è possibile, colUmpiego
dei gradi più convenienti, le imperfezioni che una gamma rigida-
mente fissa produce nella musica moderna.
In ultima analisi, dopo uno studio cosi diligente, un tempera-
mento, per quanto larvato, finisce dunque colFimporsi ; il Boutroux
lo afiSda airorecchio in ogni occasione propizia, ed io credo che
precisamente cosi si sia sempre risolto in pratica un problema in-
solubile, a stretto rigore, dal lato scientifico. O. C.
Waf^neriana.
EXfJj ESGBLMANN, M^arzival und Lohengrin. Zwei Sagen ans dem Mitt«Ulter far
du Hani bearMtet. — Ologan. Cari Flemming Verìag.
La lettura di questo libro riescirà notevolmente interessante per
coloro che sentono la vivacità dMmmagini commista all'ingenua
espressione degli antichi raccontatori di leggende. Pochi hanno sa-
pulo risuscitare con mezzi acconci le sensazioni de' primitivi tempi
della poesia. Al Wagner ciò riesci in modo meraviglioso mediante
l'unione della favella e della musica. E noi sapemmo i destini e le
avventure degli eroi leggendari nell'alta forma del dramma. L'En-
gelmann, in quella di una narrazione piana, ci descrive ampiamente
6 fedelmente i fatti connessi colle saghe di Parzival e Lohengrin,
quali appariscono detratti alla fonte, cioè dal poema di Volframo di
Eschembach e da quello intitolato Schwanritter (il cavaliere del
cigno) di Corrado di Vurzburgo (1270). Una quantità rilevante di
aneddoti vengono ad aggiungersi ai motivi principali dell'azione
drammatica quale noi la vediamo in Wagner. Il poeta-musicista
mantenne soltanto ciò che serviva al suo fine. Ogni colto lettore
penetra volentieri nel mistero di queste saghe del XII e XIII se-
colo, quando esse vengono esposte nello stile e nella forma attra-
ente di un conoscitore profondo qual è l'Engelmann. Si rinnovano,
alla lettura di questi fatti poetici, si rinnovano con intenso piacere
ed efficacia stranamente accresciuta, le impressioni sublimi di quelle
opere d arte, che sono il più sereno vanto di questo secolo che
muore. * L. Th.
Varia.
StoHstiaeher BUckbliek auf die KOniglichen Theater tu Berlin, HotMiotfer, Kaeeei
und Wieabaden. - Berlin, 1900. E. S. Mittler and Sobn.
È una statistica degli spettacoli e del personale nei quattro teatri
di corte tedeschi menzionati nel titolo. Sappiamo quanto sia impor-
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RBGINSIONI 231
tante il movimento artistico in queste scene ; ed ora abbiamo anche
una idea più esatta delle mansioni dei singoli cooperatori, ciò che
per la cronaca, generalmente mal saputa in ItaHa, giova senza
dubbio. Omettiamo le considerazioni malinconiche per noi, alle quali
darebbero luogo questi prospetti statistici. Il teatro lirico in Gìar-
mania dà prova di un bene inteso ecclettismo e di una organizza-
zione; che risponde ai' bisogni di un pubblico colto e amantissimo
della scena lirica. La stabilità della direzione per buon numero di
anni, la durata dei contratti cogli artisti, la possibilità dei loro Gast-
spiele, Taltemazione delle serate d^abbonamento, la maggior proba-
bilità di appoggio airopera dei giovani compositori, son cose tutte
sconosciute nel bel paese che fu la culla delle arti ed oggi mostra
la decrepitezza di ogni senso estetico. L. Th.
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SPOSIiIO DEI PBI(I0DI6I
ITALIANI
Gazzetta Masieale (Milano).
N. 41. — Farina, Amilcare PonehiélU, — Untersteineb, Per il 150° anni-
versario della nascita di A, Sàlieri, — CorrierIi Le vite di Haydn, Mosar^,
Metastaeio scritte da Stendhal
N. 42. — Farina, A. PonehieUL — Corrieri, Le vite ecc. (coni.). — Un-
TERSTEiNERy PcT il 150° annivcrsario ecc„
N. 43^ — Seneb, Arte e natura. Due parole a G, Tébaìldini.
N. 44. — Lucchesi, Opera italiana errante. Tabanelli, Giurisprudenza tea"
trak. — Senes, Arte e natura ecc.,
N. 45. — Tebaldinj, Vorchestra del B. Conservatorio di Parma a Busseto.
— Tabanelli, Giurisprudenza teatrale. — I. S., Biforme ai ConservatorU di
musica?
N. 46. — Paladini, Il siumo degli strumenU e delle vocali e il loro timbro
secondo la teoria di HelmhoUe.
N. 47. — Paladini, Il suono ecc.. — Tabanelli, GHurisprudensa teatrale,
N. 48. — Cametti, AU Accademia di S. Cecilia,
N. 49. — Centenario Cimarosiano.
N. 50. — Checchi, I capricci della cronaca. — Centenario Cimarosiano,
N. 51. — Centenario Cimarosiano, — Tabanblli, Cronaca giudiziaria (La
claque).
If, 52. — Amore, 17 coro « guerra! gaerra! » neUa « N'orma >. — Cente-
nario Cimarosiano,
1901. N. 1. — Farina, Leopoldo Marenco, — Centenario Cimarosiano. — Al-
binati, Prospetto déUe opere nuove, rappresentate nel 1900.
N. 2. — Farina, Leopoldo Marenco (cont.). — Centenario Cimarosiano. —
Tabanelli, C^wrisprudenza teatrale [Diritto di scelta del direttore d*orche8tra].
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SPOGLIO DKI PKUODIGI 233
n B«OTO PalestriBft. Rivista mensile di Mosica Sacra (Fireoie).
N. 3, 4. — ArwMmomjk grommoiìca. — Il 2^ Gongreiso di Archeologia eri-
ttiana e la mutiea saera. — Marc' Antonio Ingegneri, — Haydn e U sentimento
religioso.
N. 5. — Armoniosa grctmmaOca. — La cappella Marciana e la riforma a
VenesieL — Protestanti e cattoHei, — Il ^ Congresso ecc.
La Cronaca Matleale (Pesaro).
N. 8-9. — Lozzi, Ancora di Pasgwde Bini, violinista pescarese. — Campana,
Uarte del canto (cont.).
N. 10-11. — Badiciotti, Pro domo nostra e per H violmista Bini — Cam-
pava, Varie del canto (coni.).
La Haora Magiea (Firenze).
N. 57. — Abate, Il teatro lirico esperimentale. — Quidam, La Messa da
€ Be^uiem » di 8. GaUotti.
N. 58. — Gaspkumi, La via unica. — Bonaybmtura, La bctnda e Vesercito,
— Lgsst, Une nouveUe biographie de MosarL
N. 59. — BojfATEincBA, JuUen Piot e il suo metodo per violino.
N. 60. — Abatk, Nuovo secolo, vita nuova. — Elia, Veritas ante omnia. —
Zara, Opera o operetta? [A proposito di Zaza).
La Bassegrna Nazionale (Firenze).
16, gennaio. — M. Akzolktti, In occasione del centenario di D. Gimarosa.
Le Cronache mosleall. Bivista mostrata (Roma).
N. 25. — Faustini-F ASINI, La « Cenerentola » da Laureile a Massenet.
N. 26. — Lauria, Canto moderno. La scuola di domani. — Parodi, Pen-
KMulo a Biset.
N. 27. — Falioar, Parigi a Chopin. — Cbecohi, Melodie viaggiatrici.
N. 28. — Di San Martino, Una visita a Paderemky. — Chilesotti, Deca-
denta o traviamento?
N. 29. Incagliati, « Zaza ^ di LeoncavaUo. — Faustiki-Fasini, A proposito
dello « Stabat » di PergdlesL
N. 30. — Falbo, Fra un melodramma e V altro. — Montepiorb, I concerti
romani e U Governo.
N. 31. — Sur Arturo SuUivan [Necrologia]. — Montbpiore, « Le Vergini 9
di A. LoMsi. — Fausini-Fasini, A proposito della « Beatrice di Tenda » .
N. 32. — Montbpiore, Vopera di Henry Expert. — Lauria, Ancora della
scuola di canto.
N. 88. — Beniamino Cesi.
Le Cronaehe Teatrali (Roma).
N. 20. — A proposito di « Cenerentola » di Massenet.
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234 SPOGLIO DBI PERIODICI
N. 21. — Cantanti-AUoì-i,
N. 25. — Beniamino Cesi. — La festa aW Accademia di S, CeciUa; Y Amico
di Bellini,
Masica sacra (Milano).
N. 10. — I decreti deUa Sacra Congregasione dei Bili. — I presti degU
organi, — Sttxtuti ddC Associaeione generale Ceciliana per le diocesi di Ger-'
manùi, A\MMa e Svizzera. — Schizzi sulTarte organistica in Italia,
*N. 11. — I decreti della S. C. — Un'associazione fra gU organisti.
N. 12. ^ I decreti della S. C. — Il Congresso di Storia della Munca a
Parigi. — La musica sacra a Costantinopoli, — Organisti e Organari.
Nuova Antologia (Roma),
lo gennaio. — Valetta, Cimarosa (con ritratto).
Blrista Teatrale Italiana (Napoli).
N. 1. — Pagliara R., Cimarosa. — Barimi G., Vita musicale romana.
N.'2. — Bracco R., Del teatro lirico italiano. Sintomi di decadenza. —
ViLLANis L. A., Echi Cimarosiani. — Samoogia 6., Il recHismo nel melodramma,
— Gì ROTTO N., L'arte mtmcale alla fine del secolo XIX. .
Santa Ceeilia. Rivista mensile di Masica sacra e liturgica (Torino).
N. 5. — Dupoox, Santa Cecilia patrona della musica sacra. — Capra, La
musica sacra alla metropolitana di Torino. — Gametti, Bollettino Musicale
Romano. — Masica: A. Cioognani, « Cantantibus organis *.
N. 7. — Sincero, •Veni Sancte Spiritus ^. — Una proposta. — Camstti,
Bollettino Romano. — Musica: A. Quartbro, • Sabe Regina >.
FRANCESI
La Tribune de Saint-Gerrais (Paris).
N. 9-10. — QoiTTARD, G, Carissimi (suite et fin). — ;Qa8toué, L'art grégo-
rien. — Villetard, Recherche et étude de fragments de manuscrita de plain-
chant. — AuBRT, Les raisons historiques du rythme oratoire. — Parisòt, Essai
d'application de mélodies orientales à des chants é^église.
N. 11. — D'Indt, Une École de musique répondant aux besoins tnodtmes.
— • Pirro, Les formes d'expression dans la musique de H. SchUts. — Aubbt,
Les Jongleurs dans Vhistoire,
La Yolx parlée et eliantée (Paris).
Novembre. — Talbert F., Des liaisons ou dela pronondation des eonsonnes
finales. — Congrès Medicai de Paris. — Communications diverses.
Décembre. — Labus, Hygiène vocale. Aphorismés éìémentaires. — Congrès
Medicai de Paris.
Janvier 1901. — Brisson, L'art de parler. — Labus, Hygiène vocale. —
QuiLLEMiN, Contre le préjugé des cordes sonores.
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SPOGLIO DEI PERIODICI «235
Le Guide Musical (Bruxelles).
N. 41, 42, 43, 44, 45. — A. Soubibs, La musique beige au XlX^siècHe, —
E. E., Le vamqueur du prix Bubinstein: Émiìe Bosquet,
N. 42. — P. DI Mékil, Le monument de Chopin. — G. Skrvières, Vexo-
Urne mtmcal à VExposiHon 1900. **
N. 42, 43. — J. G. Fréson, Lea représentationa Mozart à Munich,
N. 43. — H. Imbert, Lea Maìtrea muaiciena de la Benaiaaance frangaiae,
N. 44. — H. Imbbrt, Lea inatrumenta anciena à VExpoaition Univeraelle
de 1900, — J. G. Fréson, Lea repréaenlationa Wagner à Munich.
N. 45. — F. DE Mémil, L^Expoaition dea portraita d'artiatea dramaUquea et
hfriq'ues du aiècìe. — H. Imbert, La « Schola cantorum >.
N. 46, 47, 48, 49, 50. — Marnold, BicJiard Strauaa [Stadio importante].
N. 48. — G. Seryières, La Legende dela • Beine de Saba > et Topéra de
(XOounod.
N. 51. — G. Sertiìreb, Sur une -traduction ìyrique de « Fauat >. —
E. G., Lea ehanaonar poptilairea reìigieuaea de E, Jaquea-Dalcroee [Critica
&ToreTole ].
N. 52. — H. Imbert, Audition dea envois de Bome: deux ceuvrea de
M. Henri Babaud, — J. Br., U^Armide » de Gluch au Conaervatoire de
BruxeUea. — J. Robot, Nouveaux déeoréa: J.Maaaenet; Ch.Denepveu; Patd
Tuffanti
Addo 1901. N. 1. — M. Eufferatb, Interprétation et tradition [Lamenta
che nella nnova generazione venga meno il culto per Beethoven, e fra le cause
TA. prende ad esaminare questa: P« indebolimento > progressivo delle tradizioni
d*interpretazione]. — J. d'Offoél, A ptopoa du « Fauai ^ de Schumann [Con-
dode che « la masique du Fauat est un chef-d*OBQvre, mais que le Fauat, pris
daos Bon entier, nVn est pas un »].
Le Ménestrel (Paris).
N. 40-44. — La vraie Marguerite et V interprétation muaicale de Vàme fé-
wmUne d'aprèa ìe • Fauat » de Goethe (cont. e fine).
N. 40-48, 50-52. — Ethnographie muaicale, notea priaea à VExposition [Con
questo titolo Jalien Tiersot inizia una serie d'articoli intesi ad illustrare le ma-
niliestazioDi musicali dei Vàri, popoli, come vennero rappresentate alla recente
Efposiiione mondiale di Parigi: e finora si è occupato della musica di danza e
da teatro del Giappone].
N. 40-45, 47, 49, 50. — Le théàtre et lea apectaclea à VExpoaition, per
A. Pougìn (cont).
N. 45-50. — Peintrea méhmanea, p. Raymond Booyer [Serie d'articoli a base
di erudizione aneddotica, ed in cui, senza che vi si possa scorgere uno scopo ben
determinato, si parla di pittori musicisti o musicomani, di musicisti più o meno
pittori, di musica pittorica, di audizione colorata, di dilettantismo pittorico-
■wieale, eoe, ecc.]. * * •-
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236 . SPOGUO DEI PERIODIOI
Berve des Deax Mondes (Parìa),
ler novembre 1900. — C. Bellaigue, Les époques de ìa musique. La soncUe
pour piano.
l«r décerobre. — Les époqtieè de la musiqtte. Vopéra récitatif.
Le Théàtre (Parìe).
Octobre. I. — Jullien A., MademoiaeUe Aino Ackté,
> II. — Aderer a., « VArlésierme » à V Odèon.
Novembre. I. —
» II. Nomerò special. — ^ La Chterre en denteUes ».
Décembre. I. Numero spedai. ~ « VAasommoir ».
» IL — « La Ba80che » de M. Measager,
TEDESCHI
Maslkalisehes Wochenblatt (Leipzig).
N. 41, 42. — Per la storia delVOpera, di Alberto Fucbs.
N. 44. — Dite metodi di canto, di E. Senger [Una differensiazione iute*
ressante].
N. 45, 46. — Lettere di Hans von BUlow. Appunti di E. Sternfeld. —
Lothar Kempter: schizzo biografico di A. Nìggli.
N. 47, 48. — Monumenti delta musica in Baviera : piccole note. — Lothar
Hempter.
N. 49. — La babilonia anti-Bayreuthiana, di 0. G. Somreck.
N. 50. — Antico e nuovo nella musica, di Otto Waidapfel.
N. 51, 52. — Istrumenti e rappresentazioni chinesi, di J. Gebeschas.
1901. N. 1, 2. — L'importanza e T evoluzione storica delTuffieio di direttore
d'orchestra, con una piccola considerazione siHTefficacia delParte in generale,
di Gesh. V. Kenssler.
Neve Mnsikalische Presse (Wien).
N. 40. — Nuove biografie musicaU, di A. Seidl.
N. 41. — Friedrich Nietzsche. '
N. 42. — Della Unione de* Concerti in Vienna, di R. Geisler.
N. 43. — Nuove biografie musicali, di A. Seidl.
N. 44. — Friedrich Nietzsche.
N. 45. — Di sei conferenze popolari di B. Walìaschek suUa vita e ìe opere
di B. Wagner.
N. 47. — La nuova « Carmen » ali Opera di Vienna.
N. 48. — Musica mensurdU.
N. 49. — Jan Kubelik.'— Unioni di Canto Corale.
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BPOOLIO DBI PERIODICI 237
N. 50, 52. — I eatechiami iBustrati di soatanaa musicale, composti da Max
Hesse, di A. Erstmàry.
1901. N. 1. — Per VesUHca deUa musica, di A. Seidl.
Nene Masik-Zeitvnfir (Stuttgart-Leipzig).
N. 18, 20, 21, 22. — Vor hundert Jahren, v. A. Baumgàrtner [Uno studio
istorìco sul teatro di Monaco di Baviera dì un perìodo molto oscuro].
N. 19, 20, 21. — Die Musik ah Lebensbemf, ▼. Dr. A. Schtlz [Articolo
sentimentale sulVarduo cammino che deve percorrere il musico professionista].
N. 19. — Vom intemaiionalen mmikhistorischen Kongress in Paris, ▼. Dr.
Karl Grunskj [Resoconto agro-dolce del famoso Congresso]. — Moltke und die
Musik, y. Theo. Seelmann [In occasione del 100^ anniversario della nascita del M.].
N. 20, 22. — Von den SommerauffUhrungen der Munchener Oper, t. A. H.
[Soliti articoli critici].
N. 21, 22, 24. — Aus dem Leben Peter, Tsehaikowskys [Sunto illustrato
dei volume XI della collezione « BerUhmte Musiker » edita da r«Harmonie »,
Berlino].
N. 21. — Der Verismus in der Oper, v. n. n. [Si parla della nuova prima-
donna del teatro di Corte in Vienna, la quale « senza voce, senza gioventù e
senza bellezza (sic) e mediante soltanto un nuovo ed attraente stile di verismo
rappresentativo è divenuta l'idolo del pubblico e la calamita della cassa »].
N. 22. — Max Beger, v. Karl Straube [Cenno biografico e bibliografico di
nn giovane compositore il quale dà molto a sperare di sé]. — Dos Liszt-Museum
in Weimar, v. Prof. Bachmann [Descrizione dell'abitazione del L. in Weimar,
tramutata in museo].
N. 22, 24. — Von der fransosiscken Oper, v. K. Grunsky [Articoli sani e
ben fatti, frutto benefico delle relazioni e conoscenze scambievoli durante Tultima
grande Esposizione].
N. 23, 24. — Ueber Musik in China, v. Prof. Hermann Bitter [Dice poco
d'importante sulla musica delPestremo oriente]. — Cari Maria von Weber,
V. Edwìn Plasnick [In ricordo della rappresentazione della prima opera del W.
« Das Waldmàdchen > in Freiberg il 24 novembre 1800].
N. 24. — Heinrich Porges (Cenno necrologico). — e Zaza * von LeoncavaUo,
V. Erwin [Se ne constata il successo specialmente delFultimo atto].
Keae Zeitsehrift fiir Masik (Leipzig).
M. 41. — Edmund Singer, — A. Tottmanm, Neue Litteratur fiir Streich-
instrumenU,
N. 42, 43. ~ W. RiscHBiBTER, Ueber Modulation im Voeàlsatz,
K. 44, 45, 46. — Arnold Screking, BacKs Textbehandìung.
N. 44. — E. von Pirani fa una recensione favorevole delFopera Estetica della
Musica di A. Galli. — A. Tottmann fa la rassegna dì nuove opere di musica
da camera.
N. 47. — Edm. Bocblich parla del i° volume di lettere e scritti di Hans Bùlow.
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238 SPOGLIO DEI PERIODICI
N. 48. — E. von Pirani fa uno schizio di N. Paganini. — Pania Keber parla
del compianto maestro e critico H. Porges.
N. 51. — lì giubileo del * LóJiengrin » ti» Weimar — Guida aUa lettera-
tura violinistica,
N. 52. — S. K. KoRDES, 8ir Arthur Suìlivan,
N. 1. Anno 1901. — Bruno und Max Steindel [Due ragazzi precoci d'in-
gegno: pianista il primo, il secondo violoncellista].
INGLESI
Monthljr Masieal Record (Londra). *
Novembre. — Quotation in Music: continua uno studio interessante di
Franklin Peterson. — Old-fashUmed music, by E. Baughan. — The musical
mountebank [Una novella di G. Kuhnau che mette in ridicolo Caraffa]. —
Correspondence, — Reviews of New Music and New Editions, — Operas
and Concerts, — Musical Notes. — Musica.
Dicembre. — Quotation in Music; e. s. — Sham Ideals: E. Baaghan fa un
inutile giuoco di parole sul verismo. — The Schola Cantorum, — Sir Arthur
Suìlivan. — Le solite rubriche.
Gennaio 1901. — The Year 190Q: rassegna. — The phiìosophical side of
some laws of harmony, by L. B. Prouth. — Some futiUties in propheus, by
E. Baughan. — Music in Scotland, by Fr. Peterson. — Solite rubriche. •
Masic^ a Monthly Magazine* (Chicago).
Ottobre. — Women and Music: si persuada Amy Fay che le donne studiano
musica altrettanto seriamente che gli uomini: la ragione del loro insuccesso
deve ricercarsi altrove. — Scientific Voice teacting : Earleton Hackett satireggia
il Laringoscopio. — Qiannandrea Maseucato. -^ Saint-Saèns upon thee outlook
of art: Saint- Safins crede con Wagner e contro Wagner. È curioso. — Oott-
scTmUc: the first American pianista by E. Swayne. — Around Kitchi Grami,
by E. Cumingd. — A Time honored prejudice, by G. Mazzucato. — Compa-
rative Piano methods, by W. L. Calhoun. — Editoriàl Bric-a-Brac. — TJùngs
here and there.
Novembre. — Benjamin Franklin^s relation io music, .by 0. G. Sonneck. —
Nordica: A Study, by W. Armstrong. — Jenny Lindin St. Louis, by Th. Papin.
Memorizing and competent musical inierpretation, by S. B. Mathews. — Joseph
Joachim, by Edith L. Winn. — Symphony since Beethoven, by H. Imbert: os-
servazioni a Weingartner. — Editoriàl Bric-a-Brac. — Things here and there.
Dicembre. — Symphotiy since Beethoven, e. s. — Tschaikowshi in Leipsic
in 1S88: ricordi interessanti scritti dal Tschaikowski stesso. — School music
in the primary grades, by Ch. Rice. — TJie time marking system in music,
by T. Cari Whitmer. — Hope is green (dal tedesco di A. Kielland). — Music
in a liberal education. — Editoriàl Bric-a-Brac, — Things here and there.
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SPOGLIO DEI PERIODICI 239
Musical Beeord (Boston).
Dicembre. — Ph. Halei II concerto del pianista Donhanyi. ~ Programmi
ooDTenzionali : santo della interessante rassegna editoriale che si estende anche
sa parecchi altri argomenti. — 3fr. Edward Elgar's • Dream of Geroniiua > :
il competente Vemon Blackbam è ammirato della nnova cantata di Elgar. —
Mutie in New York, by Henderson. — Music and Matrimony, by Edith Ljn-
wood Winn: il tema trattato è molto complesso, ma artisticamente non ha nulla
di serio. — An American View of Chopin; and an Engìish View of musical
Criiieism, hj John F. Rnnciman. — A Plea for Imitative Music; sì; nella
musica descrittiva c*ò pare del bello e del bnono: tante grazie per Bach e per
H&ndel: mi contento di Riccardo Stranss. — The National Music Commission:
una bella satira che fa smascellare -dalle risa: è Timmagine di an Congresso
musicale in America. Si dice che Tantore F. B. Bnrton verrà qnanto prima in
Italia: già come Mark Twain. — Music in Berlin, by À. Bird. — Corrispon-
denxc. — Note critiche, ecc. ecc. — Musica.
Gennaio 1901. — The ast one bams, by Th. Tapper. — Form in Music,
by Percy Goetschins. — Varie altre rubriche. — Musica.
The Mnsteal Times (Londra).
Novembre. — A visit to Tenbury: molto interessante rassegna. — Snippets,
hy Joseph Bennet: sicuro, oggi noi vogliamo il foglio d'album; peggio per co-
loro che scrìvono delle tremende e coinvolte sonate e sinfonie. — A Humorous
deteh by Mendelssohn. — Pianoforte Teaching, — Occasionai Notes, — A
new English Composer: Dr. H. Walford Davies. — Beviews. — Foreign Notes.
— Musica.
Dicembre. ~ Arthur SulUvan, — Thomas Attwood (1765-1838), Schizzo
biografico. — Father Smith's Organ in St, PauVs CathedraL — Future Music,
by Joseph Bennet. — A new English Composer (interessante). — Solite ru-
briche. — Musica.
(lennaio. — Music in England in (he NinetketUh Century. — Dumps,' by
Joseph Bennet — 8ir Arthur SuUivan as a Church Musician, — Solite altre
rubriche. — Musica.
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QOTIZIB
Opere nuove e Concerti»
,% A Monaco di Baviera si rappresenterà, verso la fine di febbraio, « Herzog
Wmdfang », la nuova opera in tre atti di Siegfried Wagner; l'azione si svolge in
Germania nel XVIII secolo. Più tardi, al Hoftheaier di Monaco si avrà la prima
rappresentazione in Grermania dell'opera Messidor di Brunean; vi assisteranno il
compositore ed E. Zola.
«*« Al Hoftheater di Monaco di Baviera si rappresentò l'opera in un atto,
« Natale » , del maestro italiano Alberto Gentili, che fa allievo di Martacci ; se la
musica non fu giudicata personale, tuttavia Topera ebbe esito favorevole grazie
al soggetto.
«% La Cantata di Eward Elgar, intitolata * Dream of G^erontius », ò gin.
dicata un lavoro musicale nobilissimo, di grande importanza e di squisita poesia.
«% Il concerto per pianoforte, Op. I, di Bachmaninoff fu eseguito a Londra
con ottimo successo.
«*« La sinfonia in Mi maggiore, di Josef Suk, piacque a Utrecht.
«% La sinfonia N. 2 (Do minore), in cinque tempi, per orchestra, organo»
voci sole e coro, di Gustavo Mahler, direttore del Teatro dell'Opera Imperiale a
Vienna, ebbe a Monaco un successo brillante sotto la direzione dell'autore.
«% « Alessandro » , opera in un atto di Corrado Bamrath, fu rappresentata
con buon esito a Colonia.
«*« Con successo si ò data a Posen Popera < Der Bichter von Zaìamea >,
di Giorgio Jarno.
/» « The Wonder-Worker * , opera di A. W. Katelby, ebbe lieta accoglienza
al Gran Teatro di Fulbam.
»% « Jobin et Nanctte », opera di J. B. Weckerlin, ebbe una brillante pre-
mière al Casino di Etretat.
«\ « Don Juan de Garay », opera di Boniccioli, fu accolta freddamente a
Buonos-Ayres.
<j% A Brema ebbe buon esito la nuova opera « Das stille Dorf*, di A. v. Fieli ts.
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NOTIZIE 241
,% Àll*Opera dì Vienna < Ber Bundschuch », un atto di Jos. Beiter, ebbe
fortuna.
«% Dos Màrehen vom Kònig SoHan », naova opera di Rimsky-Eorsakow,
fo eseguita per la prima volta a Mosca con gran plauso.
«% « Mandanika », di G. Lazaras, buon esito ad Amburgo.
«% € Kom'g Droaselbari », di Enlenkampf, piacque ad Halle a. S.
/« « ^uggeUne », nuova opera di Ludovico ThuiUe, fu accettata all'Opera
di Berlino.
/« Il compositore spagnuolo Amedeo Vives fu soggetto di grande entusiasmo
a Bercellona, dove si eseguì la sua opera < Enda éTUriach » per la prima volta.
/« Nel ThécUre des Gaìeries, a BrusseDe, ebbe lieta accoglienza la nuova
open comica « Tambaur bttttant », della signorina E. DeirAcqua.
«% A Laìbach piacque la prima opera slovena, intitolata e Nicola$ Subic-
Zrmski », del compositore De Zaic.
«% « Der Eìephant », un atto di Bruno Oelsner, fu calorosamente applaudito
al teatro di Darmstadt.
«\ Ad Ulm, l'oratorio « Jephta », di Jos. Ant. Mayer, ebbe pieno successo.
«% L^opera nazionale di Moniusko, intitolata e Halka » , fu data nel dicembre
per la 500* volta al Teatro di Varsavia.
/« « Dos Bahrgeriehi », un atto di E. Farkas, Budapest.
/» € A Whiteehapeì Girl » con musica incidentale di P. Vernon, Norwich.
,% « Herod », con musica incidentale di S. Coleridge-Zaylor, Londra.
»% € Florodora », di Lesile Stuart, New Haven, Conn.
«% « Bohette », un atto di Missa, Coronet Theatre, Londra.
«% « Madame Bonaparte », ballo, musica di G. Pfeiffer, Parigi.
.% € Watteau », di Diet-Pujet, Parigi.
«% « Maitre Roland », del conte Zichy, Anversa.
«% < Clodvrigen ChtUdis », di Oscar Roels, Ghent.
WctQneriana.
«% n D.' Muck di Berlino sarà il direttore per Topera Parsifaì nella pros-
sima stagione di Bayreuth.
Nuove JPiMUcazionL
«% Ernest Chausson, « Vwiane », Foème gymphonique pouf orchestre. Le
Bailly, 0. Bomemann succ., Paris.
«% Moritz Moezkowski, Tre MoMurke per pianoforte, Op. 60.
«\ Albert Zabel (professore al Conservatorio di Pietroburgo), JBar/èn-iSb^iffo.
Leipzig, Zimmermann.
AMfia mmtieaU Oalùma, Ylll. 10
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242 NonziB
«*« N. von Wilm, Trio {E moli) fOr Pianoforte, Violine une ViohncélL
Leipzig, Eistner.
«\ Siegfried Fall, Trio (A moU) fUr Pianoforte, VioUne und ViokmceU.
«% Mili Balakoiew, Symphonie in C dur. Zimmermann, Leipzig.
«\ Siegmand von Haassegger, « Barbaroesa *, Symphonische Dictung, Bies
und Erler, Berlin.
«% Emil Saaer, Clamer Concert (E moli). Schott^s Sòhne, Mainz.
/» Bich. Stranss, Ztoei gròssere Oesànge fiir eme tiefe Stimme mit Orehestor-
beg1eit%mg, Leipzig, Forberg.
«*« E. Hamperdinck, Maurisehe Rapsodie fUr Orcheeter. Max Brockans,
Leipzig.
«% Una nnoTa Rivista Musicale.
Bi?eTÌamo questa circolare:
Paris, le l*' Janvier 1901.
Monsieur,
J*ai rhonneur d^appeler votre attention sar le projet suivant: n est de nature
à intéresser tons ceni qai s'occnpent d'histoire, de philologie et d'eethétiqne.
Après entente commune, MM. Bomain BoUand, professeur d^histoire de l'art à
rÉcole normale snpérieore: EmmaDuel, docteur èslettres, laoréat da Conserva*
toire de Paris; Laloy, ancien élève de TÉcole normale, aggrégé, des lettres, et
élè?e, pour le contre-point, de Vincent dlndy; Aubry, archiviste-palóographe,
ancien élève de TÉcole dea Cbartes; le sonssigné enfin, ont era le moment vena
de fonder nne Bevtte d'histoire et de critique m%meaìes qai anra poar objet
prìncipal d appliqaer à Tétade dea oeavres masicales fran9ai8e8 et anciennee, les
métbodes en asage dans les sciences aaxiliaires de rhistoire; elle compenserà noe
lacane de notre Enseignement supériear en rattacbant à la pbilologie nn art
sana leqael on ne peut avoir ane connaissance complète ni de la civilisation et
de la poesie antiqaes, ni de révolation qai s'est faite, depuis la Benaiasance,
dans la civilisation et dans la pensée moderoes. Elle fera noe large place anssi
à Texamen des OBavres contemporaines. En groapant de noaveaax concoors, elle
aboatira, je Tespère, à ane Uistoire generale de la masiqae.
Voici qaelqaes faits qui nous paraissent jastifier notre dessein.
Dans la plapart des pays où la scienoe historiqae est en honnear, il existe
des sociétés qai recbercbent et pablient les anciens textes musicaax. En Angle-
terre, la Pìaimong and Mediami mnsic Society, soatenae par Sir Jobn Stainer
et par treize vice-présidents , a reprodait en pbototypie, panni plasiears antres
-oavrages, le monament le plas important de la masiqae aa mojen àge (le G^rtt-
ditale Sarisburiensé). En Belgiqae, nne Socie té fondée en 1879 et prósidóe par
M. Gevaert, s'est propose de faire < an ìnventaire general de toates les cenvres
belges anciennes > . En AUemagne, P Académie royale des Beaox-Arts de Berlin
a provoqaé et dirìge ane pablication analogae {Urtext classischen Musiktoerke).
En Aatrìche, depais 1894, il y a ane Sociótó de méme natare, protégée par le
Ministre de Tlnstraction pabliqae, aux travaax de laqaelle ont prìs part dee
savants et des artistes tels qae Gaido Adler, Brabms, Hanslick, Habert^ etc.
En France, rìen de semblable. L'étade des anciens textes littéraires et des mo-
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, NOTiai 843
Bpments plastìqaes est seale organitée, Cenx gai vealent conoaitre not vieox
eompotiteors natìonanz d^^près let manoacrìts, ne tronrent mdme pas cbes noos
IflB iDstpiineDts de travail qui, aìlleara, aont à lear dìspoaitioD ; les notnbrenx
manoacrits épars dana nos Bibliotbòqaes et dans eellea de Tétranger qoi con-
tìeDoent tant de rìeheases fran^ses, n'oift pas étó l*objet d'nn catalogue apécial.
Loreqoe Guizot créa le Cornile dea travoMx hÌ8toriq%u$ et scientifiqìies (janVìer
1835) qnì, aree dea transformations diveraes, est reste le cantre de toatea los
graadea étndes d^histoire fiutes en debora de Tlnstitut el de TUnifersitó, Goizot
n^oablia pas la masiqne: par l'organa de trois membres da Comité (MM. Bottée
de Toolmont, Vincent et de la VillegilleX il fit donner am € Correspondants da
Miniatère > dea instractions pródses ponr la recbercbe et la reprodacUon rigon-
renaement ezacte de tons les apécimena de Tart mosioal ancien. Ponrquoi cette
idée eat-elle restée à pen près aans effet?
Dana le domaine de la mosiqae fran9ai8e, combien de parties reeiant encore à
eiplorerl Ponr le niojen àge, il conviendrait d'ótadier {et d*éditer) tons ces
poètes Ijrìqnes dont la liste est donnée en téte de oertains nuuinscrìts et dont
fes CBovrea sont dìspersóea dans les bibliotbèqnes de TEnrope. — Ponr l'ópoqae
de U Renaissance, qaelle disproportion entro le nombre et Timportance des étades
qui ont été consaerées aox arte plastiqoea (ilar des noaltres tels qne Delaborde,
Oarajod, 111 finta, Lafenestre, P. Mantz, Gebbat, Andrò M icbel, Lemonnier, Baudot,
Goiffrej, Palustre, Magne, Dimier ) et Toubli presque oomplet où Ton a laissé
la mosiqae des XV* et XVI« siècles ! Une belle publìcatioo de M. Henry. Export •
répare cet oobli; mais elle est loin d'avoir ópaisó lo sujet et elle appello nn
«ocnplément crìtique indieponsable. Au XVII« tiècle, les cbeOs-d'oeavre de Técole
fran^atise Ijriqne n'ont encore étó lobjet d'ancnn travail sérieax, les éditions
entrepriaea il y a quelques annóea par la maison Micbaélis étant trèe inexactea
et ittsafBsantea. — Au XVIII* siècle, ponr ne citer quo ce seni fait, n*est-il paa
étrange quo notre grand Rameau, cróatenr de la ^cience barmonique moderne,
n*aìt pas donne lieu à ano seule monograpbie importante, et quo son principal
coromentateur soit M. Hugo Riemann?
Nona ne nous engageons pas à oombler toutes ces lacunes à bref délai. I^es
rósoltats de notre bonne yolonté dépendront da ooncours moral et efiectif qne nous
troaverons antoor de nous.
Tont en nous effor9ant d'intéresser les artiates et lea amateurs éclairós, noos
▼oolions Yoir notre idée approuvée par les Maitres de Tenseigneroent (ponr bien
marquer notre inteotion de faire OBu?re de vraie crìtique) comme par ceux qai
ont qoalité ponr enconrager, en Frante, les étudecr d'art, et pour les diriger au
beauin; enfin, par tona les amis de la musique.
Notre premier appel a été en tendo et des maitrea éminents nous ont promis
lear concoars. Bien qoe la li»te de nos adbérenta ne soit pas dose, je citerai:
MM.
SiTLLT pR(n>H0MMK, de TAcadémie Fran^aise.
Eco. GuiLLACME, do TAcadémio Fran9aise, professeur d'estbétique et d*bistoire
de Tart au Collège de Franco, Direeteur de PAcadémie do Franco à Rome.
— HoMOLLfi, membro de Tlnstitat, direeteur de TÉcule fran9aÌ8e d'Atbènes.
— RsTHR, Massbiìkt» pALADiLBS, Lenepveu, meuibres de V Institat. *-
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244 Nonzn ,
•
BouTOif, Membre de rinstitni, Directeur dea Beaaz-Arts. — Th. DnBOis,
Menibre de Tlnstitot, Directenr da Conservatoire de inasiqae. — G. Lar-
ROUifET, Secrétaire perpétue! de rAcadémìe dea Beaoz-Arts. — *Perrot,
Membre de rinstitot, Directenr de l*École normale snpérìeare. — E. Mckts,
Membre de l'iDstitnt, Conservatenr des collections de TÉcole des Beanz-Arts.
— Em. Michel, Membre de rinstitot.
Latisbr, de TAcadémie Fran^aise. — Mokod, Membre de l'Iostitat, professeor
d*hÌ8toire à TÉcole normale sapérìenre. — Chcquet, Professenr de langne et
littératore germaniqaes aa Collège de France.
BouROAULT-DucouDRAT, Professcnr d'histoire de la mosiqiie ao Conservatoire. —
G. Facré, Widor, Profe^seors de composi tion, contre-point et fogne aa Con.
serratoire. — S. Rousseau, Professenr d*harmonie an Conservatoire.
Alfred Croiset, Membre de Tlnstitat, Doyen de la Facolté des Lettres de
rUniversité de Paris. — Maurice Croibet, Profeesenr de langne et litté-
ratare grecqnes an Collège de France. — Julbs Girard, Membre de llnstìtat
— Desroubseaux, Directenr-Adjoint à PÉcoIe des Ilantes Étndes.
Louis Haybt, Membre de Tlnstitat, professear de pbilologie latine aa Collège
de France.
Thomas, Professear de pbilologie romane à la Sorbonne. — Saolio, Membre de
rinstitnt, Administratear des mnsées (antiqaités nationales). — Prou, Pro»
fessear de paléograpbie à TÉcole des Chartes. — P. Laoombb, Inspeotear
general des Arcbives.
Gebhart, Membre de Tlnstitat, professear de littératares méridionales de PEarope
à la Sorbonne. — Dejob, Professear de littératare fran^aise à TUniversité
de Paris. — Meillet, Directear Adjoint à TÉcole des Haates Étades. —
Basch, Professear à TUniversité de Rennes.
YivcBNT D'Indt, Professear de composition mnsicale à TÉcoIe de masiqae
religiease.
Mbrcadié, Directear des étades à l'École polytecbniqae. — L. Boutroux, Doyen
de la Facalté des sciences de Besan^on.
Th. Ribot, Membre de Tlnstitat, professear de psychologie ezpérimentale aa
Collège de France. — Izoulet, Professear de pbilosopbie sociale aa Collège
de France. — Tarde, Professear de pbilosopbie aa Collège de France. —
Mabilleau, Directear da Masée social. — Séailles, Professear de pbilosopbie
à la Sorbonne. — Espinas, Professear d'histoìre de Téconomie sociale à la
Sorbonna. — Durkheim, Professear à rUniversité de Bordeanz.
L. BouRGEOis, Dépaté, Ancien Président da Conseil. — R. Poincaré, Dépnté,
ancien ministre, Président de TAssociation pbilotecbniqne. — Liard, Membre
de rinstitat, Directear de TEnseignement sapériear. — Rabibr, Directear
de TEnseignement secondaire. — Batbt, Directear de l'Enseignement pri-
maire. — P. FoNcm, Inspectenr general de TEnseignement — E. Maihjel,
Inspectear géoéral bonoraire. — Belot, Membre da Conseil Sapériear de
rinstrnction publiqne.
Cahen, Hutot, Victor et Paul Glachamt, Jourdan, etc etc. Professeors.
J'ai rbonnear de youb demander, Monsienr, si yoas étes dispose à encoarager
notre projet: en noas permettant d'inserire votre nom, avecies précédentB, panni
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NOTIZIE 245
noe < adhérents » ou < collaborateors > et en vous engageant à prendre un
abonn^ent, dèa la reception da premier numero (Paris, 20 fr. ; Departements,
22 fìr.; Étranger, 25 fr.). — La Bevue adresse nn appel general à tona les
amis dea Àrts, firan9aÌ8 et étrangers, en les priant de lai en?oyer des comma-
nieationa (étades, spéci raens, indications bibliographiqnesy etc) sar toas les mo-
numenta, inédits oa rares, d*ancienne masiqae fran9aÌ8e dont ila aaraient con-
nairaance.
Veoillez agréer rassnrance de ma hante considératìon.
JOLBS COMBABISU
^^, rtte de Tocqueville, Paris.
MonutnenH»
«% Vienna si è arricchita di dae monameftiti : qaello a Goethe inaagarato il
15 dicembre; laltro al Gatenberg inaagarato il 17 dello stesso mese.
/« Per l'inaagarazione del monomento a Schamann in Zwickaa, saranno
direttori dei concerti il D.' Reinecke di Lipsia e il D/ Joachim* di Berlino.
Varie.
^^ Riceviamo e pubblichiamo: «
Vienna, Gennaio 1901.
YOSSIOKORIA !
Nel luglio 1900 m'onorai di farvi pervenire una circolare, nella quale pregavo
di voler gentilmente collaborare al secondo volame della mia inchiesta wagne-
riana, rispondendo alla tesi : '
< Da quale opera di Biccardo Wagner vi sentite maggiormente attratto? >
domanda, a cui desideravo una risposta del tutto soggettiva e possibilmente con
una piccola motivazione. Nella speranza quindi che V. S. vorrà pure contribuire
alla buona riuscita della mia collezione, che già tanto entusiasmo ha destato
nella stampa europea, mi permetto di farvi noto il mio nuovo indirizzo:
VlENHA IV. SCBIKANEDERGASSE, 3,
al qaale prego caldamente di voler inviare il Vostro pregiatissimo scritto, non
più tardi del 1^ luglio a. e.
Pel secondo volume hanno già risposto circa 50 personalità delParte, fra cui :
0 prìncipe di Schoenaich-Carolath, Stockausen, Hamperdinck, il M.* Castelli,
Measchaert, Nicholl, Cesare Cui, il M.'' Frontali, Blflthgen, Echstein, il direttore
di orchestra Campanini, il violinista svedese Tor Aulin, la e diva > Bellincioni,
il baritono Arcangeli, il Dr. Obrìst, il compositore Erìk Meyer-Helmund, il
ÌL^ Gialdini, e così via. Questi nomi illu^rì addimostrano chiaramente con
quale interesse artistico sia stata accolta la mia inchiesta.
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246 NOTIZUB
Natro perciò certa speranza che anche Y. S. vorrà degnarsi d*appoggiare la
mia inchiesta masico-storica con un paio di righe, ed esprimendo anticipata-
mente i miei più sentiti ringraziamenti, mi segno con tatta stima ohbligatissimo
tJeo ToMicicH
Musicista.
«*« Grande saccesso hanno avuto i giovani pianisti Von Dohnànyi e Ossip
Chibrilowitsch. '
«*« Siegfried Wagner ha finito la sua nuova opera, < Hereog WUdfang *,
della quale ha pare scritto il libretto.
^*« Emilio Bosqaet, premio di Pianoforte al Concorso Rabinstein, ha suonato
tre concerti di pianoforte a Berlino coirassistenza deirOrchestra Filarmonica.
,*^ Moritz Rosenthal ha avuto ano sbalorditivo saccesso a Budapest.
^*^ Busoni, dopo aver brillantemente trionfato a Londra e in varie città della
Germania, ha avato an soccesso immenso a Magonza.
^% Parigi avrà presto un nuovo Conservatorio di Musica, che sarà eretto a
spese dello Stato. La spesa preventivata è di cinque milioni. Vada per l'Italia,
dove il Ministra per T Istruzione domanda di abolire i Conservatori bistenti.
^*^ La Francia produce annualmente circa 15.000 pianoforti ; la Germania
circa 60.000; mentre gli Stati Uniti dell* America del Nord producono 150.000 «
pianoforti airanno. Due case di Chicago fabbricano da sole più istramenti che
tatta la Francia.
^^ La città di Stoccolma htv recentemente fondato un Museo musicale storico.
Istrumenti, manoscritti, qaadri e ritratti vi sono raccolti.
«*« Dei 78.954.742 abitanti degli Stati Uniti d*Àuierica, secondo una nuova
statistica, solo il 2 % possiede un pianoforte. Se fosse vero, che felicità !
Necrologie.
^^ Il D.' Max Abraham, capo della casa editrice Peters di Lipsia a fondatore
di una pubblica Biblioteca musicale.
^^ Enrico Porges, distinto musicista e critico di Monaco.
^^ Ernest Thomas, critico : fondò nel 1887, a Parigi, Ulndépendanèe Mu9ieaìe,
^*« Dimitrì Slaviansky d*Agreneff, fondatore del Coro slavo-russo.
^*« Zdenko Fibich, direttore d*orchestra a Praga e del Coro russo di manca
sacra, compositore di numerose opere, sinfonie, di lavori corali ed istrumentali.
^*^ Enrico von Henogenberg, direttore di Composizione alla Hachschuìe di
Berlino.
^*^ Sir Arthur Sullivan, il più geniale fra i compositori inglesi odierni.
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L'agonia, che tenne più giorni sospesi gli animi nostri in una vi-
cenda di voti e di ansie e di trepidazioni e di sgomenti, s'è quetata
nella morte. Oggi, alle ore 2,55, nella città ch'egli prediligeva, Giu-
seppe Verdi à chiuso gli occhi per sempre.
Nell'ora tristissima ci riecheggiano alla memoria — e vi persistono
higubrì e implacabili come rintocchi — i v^rsi in cui dolorò il com-
pianto pel dissolversi d'un altro de' più eletti spiriti di nostra gente:
Ora è mancata ogni poesia.
Sonati sono i comi
d'ogni parte a raccolta;
la stagione è rivolta:
se tornerà non so, ma temo tardi.
Tardi; fors'anco non ^iù mai. Come col cantore d'Ameto tutta
un'età letteraria, cosi con Giuseppe Verdi tutto un ciclo musicale ful-
gidissimo si chiude. Egli era. l'ultimo dei nostri grandi: gigante ormai
^li solo tra* un popolo di gnomi. La perenne giovanezza del suo genio^
agile insieme e possente, pareva doverlo privilegiare — per qualche
misterioso prestigio — dalla sorte comune. Egli aveva veramente, per
tutte guise, trionfato del tempo. Vivo lui — e per lui solo — la patria
nostra poteva non anche disperare della gloria. Non v'era sventura ita-
liana che un prodigio del suo canto non avesse consolata, o non pò*
tesse ancor consolare. Non v'era miracolo nuovo che dalla sua fantasia
creatrice non fosse lecito attendere.
Dire dell'opera di Giuseppe Verdi in questo momento non pos-
aiajno, e non vorremmo. Un cenno afl^ttato parrebbe — e sarebbe —
pro&nazione. Nò quest'ora di pianto può consentire la critica.
Ma per due caratteri — possiamo fin d'oggi testimoniarne su la
sua tomba — l'arte di lui, quali che siano i rivolgimenti che l'avve-
nire prepara alla musica, parrà mirabile anche ai più lontani: per aver
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248* NÓTIZUE
proceduto, senza mai esitanze, senza mai pentimenti, senza mai ritorni,
in un perenne ritrovamento di inspirazioni più elevate, di più vividi
modi, di più armoniose espressioni; e per avere, se pur non precorsa,
interpretata ogni aspirazione nuova, tuttavia contemperando la moder-
nità alla tradizione, e serbando, pur nelle forme mutate^ schietta da
ogni imitazione o contaminazione straniera l'impronta purissima del pen-
siero latino. La maniera di Giuseppe Verdi non seppe stanchezza né
decadenza. In ogni nuovo lavoro Egli non à soltanto rivelato a' suoi
contemporanei qualche aspetto non ancora interamente noto del suo
genio multiforme, ma conquistata anche all'arte nostra Tespressione e
la significazione che Fanima italiana presentiva in confuso e cercava. E
l'opera dei suoi anni estremi — esempio forse unico nella storia mu-
sicale della patria — è anche di tutte la più armoniosa e la più salda
nella concezione, la più nobile e la più vivida nello stile.
Per questo, la vecchiezza del Maestro richiama alla mente quella
gloriosissima di Tiziano Vecellio, che la Morte coglie intento neUa me-
ditazione di nuovi meravigliosi accordi di colori e di forme. Ma per
questo soltanto. Che al pittor di Cadore, mentre il raggio del giorno
fuggiva, potè arridere in pensiero la visione d'un'altra luce, suscitata
dal suo genio : quella che prorompeva sfolgorando dall'arte, tutta impeti
e audacie, di Jacopo Robusti ; quella che si diffondeva serena su le ima-
gini voluttuose e rìdenti moltiplicate dalla fantasia del Veronese. A
tomo al cadavere di Giuseppe Verdi s'addensa in vece d'ogni parte la
tenebra. E la canzon del poeta disperatamente riprende:
Ma quel duol che più punge
È che nessun rimane, e nessun viene.
Nessuno^ pur troppo: nò d'Italia, nò di fuori.
Torino, 27 gennaio 1901.
LA DIREZIONE
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BliBI^CO DEI lilBKI
ITALIANI
BaraUi B.^ Destiamoci! [À proposito della riforma del canlo gregoriano].
Id-S*". — Lacca. Tip. Landi, 1900.
Mastroti K., Musica e Sacerdozio. Jn-S'». — Napoli. Tip. Fr. Giannini.
— L. 1.
Mielietti A«, Spadoni A., Pompacei B.^ Belasione sulla amministrasione
del Liceo musicale Bossini in Pesaro, settembre 1895, aprile 1900, In-4<>.
— Pesaro. Annerìo Nobili.
FRANCESI
Bedier J.^ Le roman de Tristan et Iseult traduit et restauré, Tiét de Gaston
Paris. In-18<». — Paris. Piazza et C. — Prs. 8,50.
Bedier J.^ La legende de Tristan et IseulL 1 voi. in-4<* illustre de 150 com-
positions en coaleor par R. Engels.— Paris. L*Édition d*Art. — Frs. 200.
De Nessiry A«, Bohert t^humann. Étade. Avec ìes conseils aux Jeunes mu-
sicien». In-12« — Paris. Pischbacher. — Frs. 3,50.
D'Udine J.^ Lettres paradooccUes sur la musique, In-16*>. — Paris. Fischbacher.
— Fra. 2.
Ganthier J., Les musiques higarres à VExposiUon de 1900, In-8". — Paris.
Ollendorf. — Frs. 6.
Grillet L.f Les ancétres du Viohn et du ViohncelJe. Les ìuthiers et les fabri-
cants éParchets, Préfaee de Th. Dubois. Voi. I (L*oavrage formerà 2 gros
▼ols. in-8«). — Prix de souscription: Frs. 27. — (Ansdtòt le tome II pam,
le prix sera porte à 30 frs.).
Gnex J., Le Théàtre et la Soeiété frangaise de 1815 à 1848, 1 voi. in-8'. —
Paris. Fischbacher. — Frs. 4.
Imbert H., La Symphonie après Beethoven. Béponse à M. F. Weingartner.
In-16». — Paris. Fischbacher. — Frs. 1,50.
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250 SLBNGO DBI LIBRI
Lisit F., LeWres. RaBseroblées et éditóes par La Mara. Voi. lY: LeUrea à ìa
Princesse Caroline Sayn-WiUgenstein, Gr. 8*. — Leipzig. Breitkopf q.
Hàrtel. — Fra. 10.
Parent H«, Bépertoire eneyeìqpédique du pianiste. 2 vols. in-16^ — Paris.
Haehette. — (En venie le tome I*', fre. d»50).
Stoulligr E., Lea annàlea du Théàtre et de la Muaique. 1899. Préfitoe de
M. A. Carré. Li-18«. ^ Paris. Ollendorf. — Vnu 8,50.
Ifagner B. et Fr; Llizt^ Correspondanoe. Trad. fr. par le prof. L. Schmitt
2 ToU. in-8*. — Leipzig. Breitkopf q. H&rtel. ~ Frs. 10.
TEDESCHI
Eie 0.; Das Klavier u. seine Meister, 2 Àofl. Gr. 8«. — Mtinchen. F. Brackmann.
BolPs mtuikaìischer Haìu- w. Familienkàlender 1901. 13 Jahrg. Gr. 4«. —
Berlin. Boll. n. Pickardt.
Gliallier E.^ Mànnergesang'-Kaiàiog. Eik Alphaòeiiióh jfeotdnttes YerÉeickmtà
Sàmmtì. Mannerchore m. u. ohne BegUigi. Itt-4^. -^ Gienen. E. Challier.
— Oroseer Liedtr-Kaiahg. 8 Nachtrag, enth. die nenen Erschiengn. yom
Jali 1898 bis Jnli 1900 etc. In-4o. — Giessen. E. Cballier.
Eeoarias-Sieber A., Hanca>ueh dar Klamar-iinterriekaere. Gr. 8*. ^ Qued*
linbarg. C. F. Wieweg.
Hansegger F., Ungere deutaehen Meiater Bach^ Moaari, Baathavan, Wagner^
Gr. 8*. — Mtinchen. F. Brnckmann.
Helm J., Aìlgemeine Muaik- u. Hanmmiaiahra, Gr. 8*. — Gùtersloh. C. Ber-
telsmann. ^
Hofìnéister f •, Handbach dar muaikahsehen LUeraiur od. Varaeiehniaa dar
im deutechen Reiche^ in den àndem deutaehen. SpraehgehiateB^ aawia dar
f. den Vertrieb in deutaehen Baiehe wid^., im Amlanda arschienanen Mu*
aikaìien, auch muM%al Schrifìtan, Abbildgn. u. plaat DaretaQgn. m. Anaaige
dar Verìeger u. Preiae. In alphabet Ordng. m. systematiach geordneter
Uebersicbt. 11 Bd. od 8 Erg&nzangsbd. Die von Anfang 1892 bis Ende
1897 neu erscbieneuen n. neu aafgelegten mosikal Werke enth. Gr. 4°. —
Leipzig. F. Hofmeister.
KaTeraa H,, Choral-Buch au den Melodieen f. daa evangeUacha Oaaangbueh
dar Prov. Brandeburg. Gr. 4*. — Berlin. Wiegand i. Grìeben.
Kralik R», AUgriechische Muaik, Theorve^ Gesehiehta u. admmtì. Denkmàìar.
Gr. 8-. — Stuttgart J. Roth.
Kraase L., Popuiàre Harmonielehre. Gr. 8^ — Leipzig. 0. Jnne.
— Systematischea Notanachreibheft m. Vorgeaohriabanen Beiapiakn efo* G. 8*.
— Leipzig. 0. Jane.
Krebs C.^ Dittersdorfiana. In-8». ^ Berlin. PaeteL
Lohe J. C, Lehrbruch der muaihakaohan KompoaiOon. 1 Bd. 6 Anfl. Gr. 8*.
— Breitkopf u. Hàrtel.
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BLXMCO DEI LIBRI 251
L^tlitp R. Q. Stein J., 60 Jahre HoftììMter, OtBMchU der heidm Wùher
Hofiheater unter der Begierungsteii de$ Kaken FVùnM Joteph L Fol. ili.
— Wien a. Magdebarg. Schallehn n. WoUbrflck.
LcBwengard M., Lehrbuch der Harmanie f, den UnterrtÒkt h, SeìbitimterrieìU.
2 Anfl. Gn 8*. — Berlin. À. Stabl.
Marquardt B«, Winke eur ModtikUùm, Id12<' — Berlin. A. Parrhjsius.
Herlan H., lUustrierie Geschichte (der Mueik) im 19 Jahrh. (in 10 Lfgn.)
1 Lfg. Gr. 8». — Leipzig. W. Friedrich.
May C, Der Meistergesang in Oetchiehte u. Kunei. Gr. 8*. — Leipzig.
H. W. Th. Dieter.
Moser A., Joseph Joachim. Ein Lebembiìd. 2 Anfl. Gr. 8*. — Berlin. Behr.
M Hhlenbeln J«^ Ueber Choràlgesang. Gr. B\ — Trier. Patilinas.
Mflnzer G., Zur EinfUhrung in B. Wagnera « Bing der Nibehtngen >. Gr. 8'.
— berlin. Harmonie.
Petrl B,, MusihaUeches Spruch-SehaUkàstlein, Musilaìische Haue- u. Lébens-
Begeln, verf. ▼. R. ScÀiamann eie. Gr. 8«. — Halle. Petri.
Plnmati D.» C, Musikaìisehes Fremd-wùrterbuch. In-16«.« ^ Stuttgart.
C. Grflninger.
Pphohl F., Arthur Ntkisch ah Mensch und KUnetler. Gr. 8". — Leipzig.
H. Seemann.
Prosniz k., Compendium der MueUcgeàchichte. 2 Bd. 1600-1750. Gr. 8^ —
Wien. A. HOlder.
Blehter E. F.^ Die praktiachen St^dien eur Theorie der Mueik. Im 3 Lebr-
bflcbem bearb. Gr. 8°. — Leipzig. *Breitkopf a. Hàrtel.
Blemann H.^ KaUchimnus der Harmonie- u, Modulationslehre. Vademecum
der Phraeierung, — Leipzig. M. Hesse.
BUckbhck^ 8tati8ti$cher, auf die Kònigl Theater zu Berlin, Hannover, Kasaeì
tt. Wieehaden f. d. J, 1899/ Gt. 8«. — Berlin. C. G. Mittler n. Sobn.
Schlldkneeht J», Orgehchule f, Prdparandensehuien, eie. In-4<>.-=-Begensbtirg.
A. Cpppenrath.
SchrcBder M», Ka/techìsmue de» Dirigierens u. Taktierens. — Leipzig. M. Heese.
^cliliz A., Zur AeetheUk der Mueik. 2 Aufl. der < Gebeimnisae der Tonkanst
1891 ». Gr. 8». — Stuttgart. J. B. Metzler.
Thayer A. W., L. van Beethovens Leben, 2 Anfl. Gr. 8^ — Berlin. W. Weber.
Trost A.^ Morite v, Sehwind u, das Wiener Opemhaua (Wien). Fol. —
Leipzig. G. Freytag.
Urban E., TabéUen der Mueikgeschiehte. Far Hocbschnlen a. Universit&ten
bearb. Gr. 8«. — Berlin. C, Habel.
Togeì M., Geschichte der Mueik von der ersten Anfdngen chrieUicher Mueik
herab bie auf die Gegenwari, Gr. 8». — Leipzig. Gebr. Hug.
Weber C. M. Y», Briefe an Hinrich Lichienstein. Hrsg. ▼. E. Badorff. Hit
3 Portr. Gr. 8^ -^ Braanechweig. G. Westermann.
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252 KLBNCO DEI LIBRI ,
Wlltbergrer H*^ OrgeUbegìeitung bu den Liedem dea Strassburger Dìòsesmh
geaanbuches PaàUite. In4*». — Strassborg. Herder.
Wlttingr C, Geschichte des VioUnspieh. Or. 8«. — EOln. H. ?om Ende.
Wohlfahrt H», Vorsehule der HarmonieUhre. 10 Anfl. Gr. 8*. — Leipzig^.
Breitkopf a. H&rtel.
INGLESI
Ble 0., History ofthe Pianoforte and pianofòrte players. In-8». — New York.
Dutton. — Prs. 6.
Boise 0. B.j Harmony mode pracOcaì: a comprehensive treaUse, In-12<>. —
New York. G. Schirmer. — Prs. 1,25.
Chapin A. A., Wotan, Siegfried and BrUnhiìde. Id12^. — New York. Harper.
~ Frs. 1,15.
Carrodus J« T., Chai9 io Vioìm studente on how to study the vioìin, Iii-12<*.
— New York, Scribner. — Fr. 1.
Elterlein E.^ Beethoven's eymphonies in their ideal significance expìained,
Inl2<». — New York. Scribner. — Prs. 1,50.
Goodrich A. J.^ Theory of interpretation appìied to àrOetie mueieaì perfor-
mance, ln-12«. — New York. Presser. — Prs. 2.
Gcetsohias P.^ Theory and praetice of tone-^elations, In-S'». — New York.
G. Schirmer. — Prs. 1,50.
Hnnoker J.^ Chopin, the man and hie music. In-12*. — New York. Scribner.
— Prs. 2.
Lahree H. C.^ Famoue violinists of to-day and yesterday. In -12®. — New
York. Page. — Prs. 1,50.
Lidgrey A. C, Wagner, In-12». — New York. Dutton. — Prs. 1,25.
LIszt F., Life of Chopin. ln-12«». — New York. Scribner. — Prs. 2,25.
Smith E,, Primer of vocal music. In- 12». — New York. Scott, Poresmann. —
Fr. 0,25.
Wagnalls M., Stare of the Opera. In-12». ~ New York. Ponk and WagoaUs.
— Prs. 1,50.
Williams C. I. Abdy, Bach. In.J2o. — New York. Dutton. — Prs. 1,25.
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ELBI^CO DBIxL^ 11^(1816^
Autori moderni.
DSringr C. M. — Op. 166. 24 Kìavier-EtUden. — J. Sehoberth. Leipzig.
Il professore DOring, di Dresda, al quale dobbiamo ana bella edizione della
Scuola della Velocità di Czernj, scrìsse questi stadi allo seopo di preparare
Pallievo alFopera di CzerDj. Utili in quanto a tecnica e dilettevoli, si raccoman-
dano anche per la cura che TA. rivolge all'educazione della mano sinistra; essi
otterranno favore presso gì* insegnanti.
Mugellini Bruno. — BaOata per P.forte, — J. Rieter-Biedermann. Leipzig.
Il pensiero forse non si presenta da principio cosi netto, e il secondo motivo
in Si bemolle minore non si distacca abbastanza dal primo; del resto composi-
zione elegante e di, effetto nella chiusa.
MtUler Cari C. — Op. 57. BriUe Sonate fìir Orgel — Breitkopf e H&rtel.
D*nna correttezza piacevole, senza dinotare il desiderio d*uno stile originale e
moderno.
Sonneek 0* 0. — Op. 12. Vermiachte Lieder. — Breitkopf e H&rtel.
Di carattere non ancora ben definito perchè possiamo scorgere le tendenze del
compositore.
Straoss Biohard. — Op. 45. Drei Mànnerch&re, — Adolf Fflrstner. Berìin.
I tre cori hanno per titolo: Sehiaehigeeang, Lied der Freundechaft, Ber
Brattang.
Tifi caratteristici sono i due primi, con momenti felici e qua e là i tratti
stilistici di Strauss. Libera la condotta delle voci, né il coro si svolge a quattro
parti reali: le voci procedono talora per ottava. Pagine piacevoli, non tengono
però nella produzione di Strauss che un posto secondario.
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254 ELENCO DELLA MUSICA
Stradai Aagast. — Im Sturm. Biade ^r P.forte. ~ Breitkopf e H&riel.
Bravour. Stadie fùr P.forte (da un Capriccio di N. Paganini). — J. Scha-
berth. Leipzig.
Trascrizioni per P.forte:
G. Frescobaldi, Passacaglia per Organo. — J. Scbabert.
' Anton Brcokner, Ottava Sinfonia. — Cari Haslinger quondam Tpbias. Wien.
Im Sturm è ano stadio di gran forza ed effetto, secondo Io stile degli stadi
di Liszt: il pensiero mosicale si mantiene continao, né viene travolto sotto i
passaggi pianistici. D*altro carattere e di piacevole eleganza si presenta lo stadio
imitato da Paganini. Lo Stradai, ano degli aitimi allievi di Liszt, conosce a
fondo le risorse della tecnica pianistica odierna e si compiace di metterle in
mostra. Un vero regolo ai musicisti è la splehdida trascrizione della Sinfonia
di Brackner, il forte sinfonista che solo dopo morte ottenne giustizia presso il
pubblico tedesco. Delle Sinfonie di Brackner più di frequente eseguite in Ger-
mania sono la qaarta — lavoro an pò* accademico — , la quinta, il cui finale
sta fra le più grandiose pagine della prodazione odierna, la settima e Fotta va;
le due altime si raccomandano per la correttezza delle proporzioni. In Atalia, in
Francia e nel Belgio il Brackner è ancora sconosciuto, e dobbiamo essere grati
allo Stradai di contribuire alla diffusione di queste sinfonie, che sarebbe vergo-
gnoso lasciare in dimenticanza; speriamo che A. Stradai vorrà continuare nella
sua bella iniziativa.
' •
Wtelimayer Tkeodor. — Schule der Finger- Technik, 5 Spedal-Ettiden fttr
P.forte.. — J. Schubert Leipzig.
Raccomandiamo agìi insegnanti la Schule der Finger- Technik : non è la ri-
petizione di cento altre raccolte d'esercizi, bensì un lavoro originale condotto
razionalmente su nuovi principi. Facciamo nostre le osservazioni premesse dal-
Tautore: dato che il grado di forza e d'indipendenza d'ogni dito è in ragion
diretta del numero di volte che il dito agisce, sorprende che nei soliti esercizi
le dita lasciate oziose sono appunto quelle più deboli, cos\ il quarto e qainto
dito. L*A. accenna a tre manaali in uso: in uno, sa 75 esercizi, il terzo dito
agisce 300 volte, il quinto 124; io un altro, su 23 esercizi pel qointo dito,
questo agisce 81 volte, invece il secondo e il terzo 197.248 volte.
L*uguaglianza di lavoro non si ottiene nello studio delle scuole, non nel co*
mune esercizio ascendente e discendente di cinque note» non negli arpeggi, oc-
corre dunque una serie graduata e classificata di esercizi spedali per oti«oere
ana perfetta indipendenza ed uguaglianza delle dita; a ciò mira il presente ma-
nuale, che ha diritto ad ogni lode.
I cinque Studi speciali sono trasformazioni di studi di Ealkbrenner, Craroer
e Ries, e servon d'esempio allallievo, che potrà applicare lo stesso noetodo ad
altri studi; è il mezzo più rapido di progresso per chi dispone di poco tempo
ed è costretto a limitare la materia di studio.
Giuseppe Maqrini, Gerente responsabile.
Torino — Vincenzo Bona, Tip. di S. M. e de' RR. Prìncipi
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-t-memoi^ie-i-
La niusique scandinave
au XIX^ siede.
Danemark et Suède.
V>. est surtout au dix-neuvième siècle que la musique scandinave,
s'émancipant peu à peu des influences étrangères, a acquìs une ori-
ginalité propre, un accent distìnct. Le présent travail sera consacré
à examiner tour à tour ce qu'a produit ce mouvement dans les trois
royaumes.
En ce qui concerne le Danemark, nous rencontrons tout d'abord
Weyse (1774-1842), à qui l'on doit des opéras, des coropositions re-
ligìeuses, une symphonie, d'autres pièces d'orchestre, de la musique
pour piano, etc. Un nom plus considérable est colui de Johann-Peter-
Emile Hartmann, né en 1805, et qui, par la suite, devint le beau-
pére de Gade. Son grand-pére, allemand (son nom a été mentionné
dans notre précédente étude), fdt, en 1763, musicien de la Chambre
du Boi, à Copenhague. Dans la mSme ville, son pére fut, pendant
de longues années, organiste de Téglise de la Qarnison. Quant à lai,
nous le voyons aborder la scéne, dés 1832, avec k Carbeau, puis,
en 1834, avec les Comes éPor, et, en 1835, les Corses. En 1840,
on le nomma directeur du Conservatoire de Copenhague. En 1874,
le cinquantiéme anniversaire de son entrée dans la carrière artistique
fut célèbre par un grand concert, dont le benèfico servit à créer une
fondation portant son nom. L' Université de la capitale lui conferà
letitre de docteur honoris causa. On Ta regardé comme ayant été,
dans ses oeuvres, le premier représentant de l'école romantique à
ai9iita mtuieaU italiana, Vm. 11
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256 MSMORIE
tendances scandinaves. En ce seiis il a précède son illastre gendre.
A ses (Buvres déjà énumérées joignons son opera Liden Krisien
(1846), la musique de scène qu' il composa pour plusieurs drames,
des ouyertures, des symphonies, des cantates (une, entre autres, en
1848, pour les funérailles de Thoryaldsen), un concerto pour violon,
des cycles de Lieder {Salomon et la Stdamiie^ Hjortens Flugi), et
de jolis morceaux de piano {Novelettes).
Son contemporain H.Hung, né en 1807, a été directeur des choBurs
à rOpéra, et fondateur de la Société Sainte-Cécile, sur laquelle nous
aurons à reyenir plus loin. Il fut l'auteur de la musique de scène
d'un grand nombre de drames.
Non moins populaires sont les mélodies de Joban-Ole-Emil Hor-
nemann (1809-1870). — Quant à Hans Matthison-Hansen (1807-
1890), qui d'abord étudia le droit, ce fut d'après les conseils de
Weyse qu'il se voua à l'art musical. Excellent virtuose sur l'orgue,
il fut, dès 1882, choisi comme organiste du Dòme de Boeskilde,
un des'postes les plus en vue du royaume. Pendant de longues an-
nées il occupa cotte position. Gompositeur, il n'a produit que de
la musique religieuse, un oratorio, Johannes, des psaumes avec or-
cliestre, des cantates d' église, des sonates, préludes et postludes
pour orgue, etc. Ne le séparons point de son fils, Oot&ed, qui fut
quelque temps son suppléant, et qui depuis passa à Téglise allemande
Friedrichskirche, à Copenhague, puis à Téglise St-Jean, et enfin à
la Trinité. Une bourse de la fondation Ancker lui permit d'étudier
à Leipzig. Il a contribué à la création, à Copenhague, d'une insti-
tution de concerts, Euterpe, qui subsista trois ans. Les concerts qu'il
a donnés en Danemark'et en Allemagne ont été très sui vis. Il y a
lieu de mentionner favorablement ses productions fort distinguées
(trio avec piano, sonate pour violon, sonate pour violoncello, mor-
ceaux pour orgue et pour piano, etc.).
Comme organiste, également, Berggreen avait acquis de la répu-
tation. On doit citer ses mélodies, où il s'est préoccupé du coloris
national. Au théàtre, à Copenhague, il fit jouer un ouvrage de demi-
caractère, le Portrait et le Buste. Son journal musical, Heimdal,
n'eut qu'une existence assez brève.
C'est, comme producteur, parmi les artistes « de transition » que
l'on peut classer Siegfried Saloman; son opera, Orage en BalécarUe,
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LA HUSIQUB SGANDINAVB AU XIX* SIÈGLS 257
snr un livret de Lyser, fut joué en 1844 au Théàtre Royal de Co-
penhague. La réassite, déjà brillante, fut encore surpassée par celle
de la Croix de diamantSj donnée troìs ans après, et montée presque
immédiatement à Berlin. Ces deux ouyrages étaient en troìs actes.
Le repertoìre de Saloman se complète par un acte, les Épreuves du
cceur^ représenté à Copenhague, et par une autre petite oeuvre, sur
un poème allemand, qui fut assez vivement goùtée à Darmstadt et
à Francfort.
Gomme violoniste, Saloman avait été élève de Christian Selmer,
et avait re^u, à Dresde, les conseils de Lipinski. Ses études d'har-'
monie, commencées avec Weyse, avaient été continuées auprès de
Frédéric Schneider. Esprit ouvert et omé, il sut intéresser le public
danois par des lectures publiques et des conférences. Après son ma-
riage aree la cantatrice suédoise Henrìette Nissen, il eut une existence
assez errante, qui, après Tavoir mene en AUemagne, en Suisse, en
Belgique, etc, le conduisit, finalement, en Russie.
À l'histoire du théàtre à Copenhague appartiennent les succès
remportés par Loewenskiold avec Sara, opera plusieurs fois repris,
et avec le ballet intitulé le Printemps à Athènes. — Quelques années
auparavant, Bredal, chef d'orchestre de ce théàtre, j avait fait re-
présenter, et, ce semble, sans grand éclat, une Fiancée de Lammer-
moor et un autre ouvrage intitulé les Ghierillas.
Nous ferons ici une place à.Édouard Lassen, qui était né à Co-
penhague en 1830, et qui fut, à Bruxelles, un des élèves les plus
distingués de Fétis. Il obtint, en 1851, le grand prix de composition
institué par le Gouvernement belge. Dans ses excursions artistiques
en Àllemagne, il fixa Tattention de Spohr et de Liszt, toujours si
généreusement sympathique aux talents jeunes, et par Y influence
duquel, à Weimar, on monta le Boi Edgard, opera en trois actes.
La musique fut très goùtée dans le milieu si artiste de la cour
grand-ducale, à laquelle Lassen fut peu de temps après attaché comme
chef d'orchestre, fonction qu'il remplit avec activité et compétence.
Sur la scène de Weimar, il fut de nouveau fort applaudi en 1860,-
quand il donna son Frauenloh^ dont le poème, dtì à M. Pasque,
ayàit pour héros, comme colui de Tannhàuser, un célèbre « min-
nesìnger ».
Il y avait égaleraent du savoir, du calcul, de la maturité et
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da talent dans la grande marche pour orchestre composée par le mème
à l'occasion d*uDe visite royale prussienDe dans le Grand-Daché. Une
belle symphonie, des lieder concis et expressife montrent aussi tout
ce qu'il y avait de sérieuse valeur en Lassen, qui, n'oubliant pas
ce qu* il devait de reconnaissance à Bruxelles, écrivit, pour étre exé-
cuté à Sainte-Gudule, un retentissant Te Deum^ lors de Taaniver-
saire du fondateur de la monarchie belgd Léopold I*'.
De Taveu general, un rang tout à fait à part appartient à Niels-
Wilhelm Gadei unanimement envisagé par la critique comme « le plus
éminent compositeur danois ». Fils d'un luthier, il se forma d'abord
lui-méme, et subit ensuite l'influence de deux hommes nommés ci-
dessus, Weyse et Berggreen. Ajoutons que, pour le violon, il fut
Télève de Wexschall, dont nous parlerons plus loin. Gade fit partie
de la Chapelle Boyale, et acquit, gràce à cotte circonstance, une
remarquable expérience pratique. A un concours ouvert en 1841 par
la Socìété de Musique de Copenhague, concours jugé par Fr. Schneider
et Spohr, il obtint le prix pour son ouverture intitulée: Échos d'Ossian.
Avec une subvention de l'État, il séjouma à Leipzig, où il fut bien
accueilli par Schumann et Mendelssohn. Ce demier fit jouer sa pre-
mière symphonie, en ut mineur. A la suite d'un voyage en Italie,
Gade suppléa quelque temps Mendelssohn à la téte de l'orchestre
du Gewendhaus, où il resta ensuite comme second, puis, après la
mort de l'auteur de Paulus^ comme premier chef. De retour dans
sa patrie, il y òbtint un poste d'organiste. Directeur des concerts
de la Société de Musique, il donna à ces exécutions un grand dé-
veloppement; le succès fut tei que l'on dut désormais, comme cela
se pratique à la Société des Concerts de Paris, donner deux fois
chaque programmo. Honoré des titres de Docteur et de Professeur
par r Université de Copenhague, il remplit quelque temps par interim
les fonctions de maitre de chapelle à la cour.
Gade, a écrìt Biemann, « fut le principal représentant du roman-
tisme parmi les compositeurs scandinaves, mais son scandinavisme ne
consiste qu'en un colorìs intéressant, en un soufBe poétique étrange;
les particularités harmoniques, mélodiques et rythmiques de la mu-
sique populaire du Nord ne s'étalent point en ses oeuvres d'une fa9on
criarde ».
Très actif comme professeur et chef d'orchestre, Gade a, comme
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LA MUSIQUE SCANDINAVI AU XIX* SIÈGLS 250
compoBiteur, beancoap prodait. Signalons ses huit symphonies, ses
cÌDq ou?ertares (en particulier celles à' Hamlet et de Mtehel-Angé);
ses Noveìettes pour orchestre; sa masiqne de chambre (quintette,
sextuor, octaor pour instruments à archet, trio avec piano en fa
majeur^ etc.); ses morceaux pour violon, piano; ses huit cantates
(surtout Cimala^ la Fiìie du Boi des Aulnes, Calanus, Psyehé);
ses Ueder allemands ou scandinaves; ses chosars avec orchestre; ses
choeurs pour yoix d'hommes, ses chcBurs mixtes, sa musique reli-
gìeuse. — Indiquons en terminant la publication relative à ce maitre,
qui porte la signature de Dagmar Ghide (Bàie, 1893).
Nou8 ne pouvons guère que nommer: Gerson, pianiste et compo-
siteur, dont Fon cite un Pater Noster pour quatre voix seules, avec
un choBur d'hommes sans accompagnement; — Helsted, auteur d*une
Symphùnie^ldyìle accuerllie favorablement à Leipzig en 1847; —
Comelius Gurlitt, qui a mentre quelque talent dans ses sonates, soit
pour piano et violoncelle, soit pour piano et violon.
Compositeur d'oBUvres pour sóli^ cboeurs et orchestre, et de chants
pour une ou plusieurs voix très estimés de ses compatriotes, Heise,
né en 1830, a fait jouer avec succès à Copenhague, en 1869, la
FiUe du Pacha. — Plus jeune de treize ans, Hamerik, élève de
Mattbison-Hansen et de Gade, puis, à Berlin, de Bulow, fut, gràce
à Berlioz, qu'il avait accompagné dans son voyage à Vienne, nommé
membro du jury musical de l'Exposition de Paris, en 1867. Il obtint
alors une médaille d'or pour son Hymne à la Paix^ exécuté par des
choeurs nombreux, un orchestre, deux orgues, quatorze harpes et
quatre oloches. Sur la liste de ses ouvrages figurent trois opéras:
Tovelille^ Hjalmar et Ingébùrg^ le Voyagewr (1872), un autre opera
sur un texte italien, la Vendetta, représenté à Milan en 1870; la
Trilogie juive et la Trilogie chrétienne, oeuvres chorales, cinq Suites
du Nord pour orchestre, cinq symphonies {Poétique, Tragique, Ly-
rique, Majestueuse, Sérieusé), un quatuor avec piano, une fantaisie
pour violoncello et orchestre, des cantates, des morceaux de chant, et
une composition que nous ne savons comment classer, parco qu'elle
porte ce titre singulier: Opera sans paroles (1883).
Depuis 1871, ce musicien dirige la section musicale de V Institut
Peabody, à Baltimore, où il a beaucoup développé Tactivité de la vie
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musicale. Les concerts Peabody, sous sa direction, exécutent des prò-
grammes d'une grande variété et d'une grande richesse.
C'est à la m§me generation qu'appartient Emil Christian Home-
mann, fils d'un artiste précédemment nommé, et compositeur distingue
•de mélodies. Il dirige à Gopenhague une école de musique.
Nous rencontrons maintenant tout un groupe d'élèves de Gade:
tout d'abord, Émile Hartmann, fils du musicien de grande valeur,
dont il a été question plus haui D'abord organiste d'une église de
Gopenhague, puis, en 1871, du Ch&teau, il a été ensuite obligé, par
raisons de sante, de se retìrer à SOlleròd^ dans les environs de la
capitale. Farmi ses oeuvres, nombreuses et diverses, nous indiquerons
les Danses populaires du Nord, pour orchestre, des Lieder, une
ouverture, trois symphonies, une suite d'orchestre, un choBur, Hiver
et Priniemps, plusieurs opéras: Die ErìendmOdchen (1867)/ Die
Niooej Die Korsikauer; un ballet, un concerto pour violon, un autre
pour violoncello, un trio avec piano, une sérénade pour piano, vio-
loncello et clarinetto, etc. — Plus jeune d'une dizaine d'années, Karl
Attrup a succède à son maitre Gade comme professeur d'orgue au
Conservatoire. Organiste tour à tour aux églises St-Frédéric et du
St-Sauveur, professeur d'orgue à l' Institut des Aveugles, il a fait
preuve de talent dans ses Lieder et dans ses ouvrages pédagogiques.
— Schytte, qui a refu les lefons de Liszt après celles de Gade, et
qui, depuis 1886, est, à Vienne, professeur de piano à l' Institut
Horak, s'est également fait remarquer par ses ouvrages d'enseigne-
ment. En tant quo compositeur, on lui doit un concerto, une oeuvre
intitulée Pantommes^ une sonate, des fantaisies, des Études spécicdes,
des scènes de ballet, une Symphanie enfantine, des lieder, et une
scène dramatique, Hero, exécutée au Thé&tre Boyal, à Gopenhague,
en 1898.
Nous avons encore à appeler l'attention sur Lange-MAller, né en
1850, dont, au concert danois de l'année demière, à l'Exposition de
Paris, on a exécuté deux compositions vocales: Nous te saluons,
Étoile de la mer et La Vierge sur les vagues; — et Frédéric Bung,
fils d'un des maìtres antérieurement énumérés, de qui, au méme
concert, le choeur a &it entendre: A ma Muse, et qui est actuel-
lement place à la téte de l'orchestre du Thé&tre Boyal.
Les journaux musicaux ont récemment publié l'information sui-
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LA MU8IQUE SCANDINAVE AU XIX* SIEGLB 261
yante : « La ville d'Aarhus, chef-lieu de la province de Jutland,
vien d'inaugurer son nouveau théàtre avec une oeuvre également
nouvelle du compositeur danois le plus en vue à l'heure actuelle,
Anguste Enna. L'opera en question est un conte musical: la Prin-
cesse et le Petit pois^ d'après Andersen. Un peu dans le mème gonre,
Enna vient de terminer un acte humoristìque: la Petite fUle et les
Allumettes, qui sera représenté prochainement à Bréme ». Enna est
né en 1860. Son grand-pére était d'origine italienne. Il a appris la
musique à peu près seul. D'abord auteur d'une operette, une Histoire
de viUage, représentée dans les petites villes de province, il a été
pianiste de bals, puis, en 1883, chef d'orchestre d'une troupe de
' théàtre faisant des « tournées ». Il composa pour son orchestre une
dizaine d'ouverture», puis publia des lieder^ des pièces pour piano,
une suite d'orchestre, une symphonie, etc. Boursier de la fondation
Ancker, il séjourna en AUemagne. Il a ensuite donne Die Hexe
(Copenhague, 1892, en allemand, à Berlin, 1893); Cleopatra (Gopen-
hague, \9Q^)\Ancas8ÌnetNicólette (1896). Un autre ouvrage, Lamico^
est,, nous dit-on, refu aux thé&tres de Copenhague et d'Anvers.
Après avoir parie, dans les limites assez étroites que notre cadre
nous impose, de la eomposition, nous ferons une petite part à l' his-
toire résumée de la virtuosité. A cet égard, pour ce qui concerne
le violon, nous rencontrons, dans la première moitié du siècle, Jansen,
né en Allémagne de parents danois, artiste de ménte, mais qui eut
une carrière malheureuse, et mourut niisérable en Italie ; — et Wex-
schall (1798-1845), excellent élève de Spohr, professeur très distingue,
maitre de Gade, comme nous l'avons note en passant, et, à partir
de 1835, violon sólo de la Chapelle Boyale'à Copenhague. — Un
autre habile instrumentiste, Eellermann, un peu postérieur, se fit
avantageusement connaitre par de nombreuses tournées de concerts,
et devint titulaire d'un des premiers pupitres de l'Orchestre Koyal.
Nous croyons pouvoir classer parmi les Danois les frères Boie, vib-
lonistes particulièrement appréciés dans les concerts de musique de
chambre; Tun d'eux, Heinrich, a compose pour le théàtre. — Comme
pianiate, nous mentionnerons Hartvigson, qui a compté parmi ses
maitres Gade et Bulow. Il s'est fait une situation enviable dans le
monde artiste de Londres, et il a été, en 1873, nommé pianiste de
la Princesse de Galles. Son frère, Anton, un peu plus jeune, est
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également, en tant qu'exécutant et professear, fort bien yu du public
londonien. — Un Autiste, Jensen, attaché à la Chapelle Boyale, écrivit
pour son instrument une assez grande quantité de pièces dénotant
beancoup d'expérìence technique. — Signalons aussi l'organiate Kat-
terfeldt, homme d'une réelle capacitò, qui finit par tenir, à Hambourg,
le grand orgue de Téglise St-Michel.
Nous avons, au passage, fait remarquer qu'un certain nombre de
composit-eurs danois ont été de bons chefs d'orchestre. A ce demier
point de yue, et pour ne rien omettre, qu'il nous soit permis, en ce
qui concerne la simple musique de danse, d'évoquer le souvenir un
peu ancien de Lumbye, que l'on a sumommé « le Strauss du Nord ».
Il se rapproche en effet de Strauss ainsi que de Lannen Excellent
« conducteur » en son genre, il a dirige à Paris une entreprise qui
tout d'abord obtint une réussite brillante, mais que des frais énormes
rendirent à la longue trop onéreuse. Il s'est produit aussi dans di-
verses grandes villes d'AUemagne, oii l'on appréciait ses « dons
d' invention », son aisance à créer des rythmes, son instrumentation
relativement soignée. Environ trois cents danses diverses sont sorties
de cette piume feconde.
En revenant quelque peu en arrière, nous grouperons ici certaines
indications se rapportant à la littérature musicale. Nous mentionne-
rons, par exemple, Mutzenbucher, mort en 1838, auteur de quelques
opuscules. Il avait forme une bibliothèque considérable et intéres-
sante. Amateur distingue, il jouait de plusieurs instruments et com-
posait avec goùt et savoir. — Dans une dissertation philosophiqne,
le théologien Roford, prédicateur écouté, exposa les effets de la mu-
sique « sur Torganisation humaine ». — Osted, qui occupa une
chaire à Copenhague, a touché à quelques-uns des plus complexes et
des plus délicats problèmes de l'acoustique dans sa Lettre, au cé-
lèbre professeur Pictet, sur les vibrations sonores. — Stieler fut
Tauteur d'un bon manuel didactique. — Dans cette sèrie nous ferons
encore entrer deux noms, ceux de Nìssen et de Gelbke. Nissen, con-
seiller d'État, attaché au Boi de Danemark, avait épousé la veuve
de Mozart. Cela le conduisit à s'occuper, pendant un quart de siècle,
d'étudier toutes sortes de matériaux et de documents concernant l'il-
lustre artiste. Il en resulta un livre plein de détails inédits, abon-
dant en lettres originales et en pièces authentiques. Ce qui est assez
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LA MUSIQUE SCANDINATE AU XIZ* SIEGLB 263
sìngttlier, c*est qne ce fut madame Nissen, deux fois veuve, survivant
à son second comme à son premier mari, qui tlut faire paraitre l'ou-
vrage consacré par les soins de l'an à la gioire de l'autre.
Quant à Qelbke, qui étudia à Leipzig et vécut à Hambourg, qui,
compositeur peu fécond et médiocrement correct, a tontefois, dans
un petit nombre de lieder, fait preuve d*originalité, nous en avons
dit quelque chose dane notre Histoire de ìa musique allemande, Nous
venons de voir un Danois travailler à consolider la gioire de Mozart;
nous avons maintenant affaire à un autre Danois s'efibr9ant de de-
molir ou du moins d*entamer la renommée de Mendelssohn. Contre
lui en efiet Gelbke écrivit un assezlong poème satirique; il le publia
chez Campo, le grand éditeur hambourgeois.
Selon notre coutume, nous ne devons pas oublier ce qui regarde
la presse musicale; aussi n'omettron&-nous pas de mentionner une
publication fort répandue, Musikbladet, qui parait à Copenbague.
Cotte ville possedè un Conservatoire, avec un corps enseignant de
quatorze professeurs. D'après les intentions du « donateur », à la
libéralité duquel est due la fondation de cet établissement, le nombref
des élèves ne doit point dépasser cinquante.
Une autre institution intéressante est, à Copenbague, la Société
Sainte-Cécile, créée, nous l'avons dit, par H. Bung. Tout d*abord,
l'unique but de cette association était le cbant des cboeurs a capeUa
des XVI et XYII siècles, principalement italiens. Par la suite, on
comprit dans le répertoire des oratorios de Bacb et de Hàndel, puis
des oeuvres plus modemes. C'est ainsi que, pour cet hiver, est an-
noncée Tezécution des BéaHtudes, de Cesar Franck. La Société Sainte-
Cécile se compose de deux cents membres, dont cinquante forment
le choBur mixte « des Madrigaux ». Le directeur actuel est, depuis
1877, le fils du fondateur, Frédéric Bung, dont nous avons parie
plus baut.
En terminant ce qui se rapporto au Danemark, — et non sans
avoir signalé le nom du savant critique musical, M. William Beb-
rend, à Tobligeànce duquel nous avons dù plusieurs indications
précieuses, — nous appellerons l'attention sur l' importance de la
chanson populaire danoise, dont, au reste, nous avons eu l'occasion
de parler dans un précédent travail. Les dilettantes de Paris ont pu
en prendre une idée, lors des concerts déjà cités de Y Exposition de
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1900, en écoatant quelques mélodìes qui comptent parmi les meil-
lears spécimens de cét ordre: BoselUz, Aage et Else^ Bamand U
jeunCj etc.
Nous passonsà la Suède, où, nousTavons vu, à la fin da XVIII® siècle,
r influence des Haydn et des Mozart s'était, pour ce qui regarde la
symphonie et la musique de chambre, beaucoup répandue. Sur le
théàtre c'était Mozart encore qui, avec Gluck, s'imposait à l'attentìoD.
Pèu à peu s'introduisit et se communiqua le goùt de Beethoven et
de Weber.
La musique recevait de précieux encouragements par l'intéret
qu'y prenaient les hautes personnalités de la famille royale. Le roi
Charles XIV Jean fit apprendre cet art au prince qui devait étre
Oscar P^ Peintre et poète, le roi Charles XV fut, par surcroit, mu-
sicien, et le prince Gustave, plus tard, composa des choeurs pour
hommes, qui aujourd' hui font partie du répertoire permanent de
toutes les sociétés de chant.
C'est rinfluence allemande que, comme compositeur, subit 0. Ahl-
str5m, mort en 1835, qui fut organiste de St-Jacob à Stockholm et
accompagnateur de la cour. On lui doit de la musique de chambre.
Notons aussi que, cédant à une préoccupatioa alors assez nouvelle,
il èdita un recueil de danses et chansons populaires suédoises. Il
convient de mentionner également le journal musical qu'il rédigea:
Musikalisk Tidsfoerdrife. N'omettens point de signaler, par la m§me
occasion, J. N. Àhlstròm, auteur d'opéras et de lieder^ que Riemann
. croit fils du précédent.
Un peu postérieur à 0. Àhlstrdm, Arrhen von Eapfelman, profes-
seur de musique à TAcadémie militaire de Garlsberg et membro de
l'Académie Royale de Musique, écrivit de préférehce sur des mélodies
suédoises. Les chants à plusieurs voix furent le genre qu'il cultiva
le plus volontiers. Il est l'auteur du Priniéfnps^ joli quatuor chanté
tous les ans, le 30 avrii, par l'Union Chorale « alors que, sur une
colline voisine de la ville, elle célèbre par ses hymnes le retour du
printemps dans le Nord ». Arrhen von Kapplman est mort en 1851.
C'est r influence allemande qui se fait sentir dans les compositions
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LA MUSIQUE SCANOÌNAYS AU XIX* SQEGLB « 265
de J. E. Nordblom (1788.1848). Quant à Franz Berwald (1796-1868)
(son OQcIe Johann a été un ?ioloniste remarqaable), il peat, dans
une certaine mesure, étre envisagé comme un précurseur. Son oduvre,
appréciée surtout depais sa mort, a exercé une action incontestable
sur les compositeurs plus modernes de la Suède. Ses ouvrages, estimés
de Liszt, loués par Hans de Bulow, ont eu du retentissement en
Àllemagne et en Angleterre. Il est, nous dit-on, « un grand nom »
sur le terrain de la mnsique instrumentale. Il faùt citer sa musique
pour orchestre (notamment sa Symphanie sérieuse) et sa musique de
chambre (quintetto, quatuor, trio), son concerto de yiolon, sa « com-
position avec texte tire du mythe d'Odin », pour solo^ choeurs, orgiie,
et deux fanfares placées Fune en face de Fautre, ses six opéras, dont
le meilleur est peut-étre Estreìla di Soria^ etc. Berwald, qui s'était
surtout forme lui-mgme, fut, à la fin de ^ vie, professeur de com-
position et d' instrumentation au Gonservatoire.
Né en 1809, docteur en philosophie en 1844, précédemment fon-
dateur de l'Union Chorale Universitaire de Lund, Otto Lindblad a
rendn, dans cette ville, de grande services au chant d'étudiants. Ses
mélodies sont remàrquables, et Fon n'a pas ménage les témoignages
d'admiration à ses quatuors et choeurs pour voix d'hommes. L'un
d*eux est devenu le chant national de la Suède. SignaloDS aussi les
Adieux au départ du hateau à vapeur, morceau très fréquemment
chanté en Scandinavie et en Àllemagne. Mais « la place d'honnenr »,
selon les écrivains suédois, appartient, en ce genre, à 6. Wennerberg
(né en 1817), « dont les hymnes patriotiques, depuis deux genera-
tions, électrisent le public ». D'autre part, il a « par des tons im-
mortels, peint la joyeuse vie des étudiants dans le recueil de duos
les Giuntarne ». Ce recueil se compose de duos pour baryton et
basse avec.accompagnement de piano, où est décrite avec humour
et « de main de maitre » Fexistence universitaire à Upsal. On lui
doit quelques morceaux de style religieux, plusieurs coUections de
chants pour solo^ duo et trio. Les hymnes^ dont nous nous parlions
tout à Fheure, sont souvent confus en forme de marche. Il en a
parfois écrit, non seulement la musique, mais aussi le texte. C'est
avec sa Marche que F Union Chorale remporta le Grand Prix au
concours de Paris en 1867. Get homme distingue, tour à tour poète,
musicien, critique, homme politique, qui a occupé quelque temps une
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266 • MBMORIB
chaire d' histoire de l'art, a été tour à tour conseiller d' État, mi-
nistre de r InstructioD publìque et des Gultes, et gouvemeur à Vexìd.
Il est juste de faìre ici une place à certains crìtiques de la pre-
mière partie da siècle, dont quelques-uns ont utilement contribué
au développement de l'art musical. Nous ne pouvons guère que nom-
mer l'académicien Envalson, auteur du premier dictionnaire musical
qui ait para en langue suédoise. Il avait, pour cette entreprìse, beau-
coup profité des ouvrages antérieurs de Bousseau, de Brossard, ainsi
que de la Théorie des Beaux-Arts de Sulzer. — Professeur, archéo-
logue, historien, poète, plusieurs fois élu recteur de TUniversité
d' Upsal, deux fois membre de la Diète, en position de se voir con-
férer la dignité episcopale, qu'il ne refusa que pour pouvoir se livrer
plus librement à ses travaux, Erik-Gustave Geijer est, dans ce siècle,
une des figures considérables de l' histoire intellectuelle et artistique
de la Suède. Ses lefons très suivies avaient fait de lui l'un des fa-
vorìs de la jeunesse. Ses rares facultés, dans l'ordre de la crìtique
historique, se déployèrent sur le terrain des antiquités scandinaves.
Compositeur, il a produit des oeuvres d'une valeur vérìtable. Pour
son importante coUection, en trois volumes, de Ghants populaires
suédois, il avait eu comme coUaborateur Afzelius, spécialement verse,
comme lui, dans Tarchéologie nationale, et qui enrìchit Touvrage de
notes da plus haut intérèt. Un troisième coopérateur, Groenland,
avait été chargé d'écrire les accompagnements de piano des chants
patiemment et intelligemment recueillis. — Beaucoup plus tard,
lorsqu'Erìk Drake donna une autre sène d'anciennes mélodies da
méme genre, ce fut encore Afzelius qui, par un commentaire aussi
ingénieux que savant, se chargea de déterminer le caractère de chaque
fragment, envisageant surtout le point de vue poétiqae, et notant
les rapports du sujet avec telle ou telle tradition populaire.
Un complément des plus importants fut apporté aux rechercbes
des Afzelius et des Geijer par Arwidson, à pen près leur contempo-
rain, né finlandais, tout d'abord titulaire d'une chaire historique à
r Université d'Abo, rédacteur de la Mnémosyne^ et qui, à la suite
de difficttltés avec le Gouvemement Busse, paraa en Suède. Il s'y
livra à de vastes travaux de littérature savante, soit avant, soit
après sa nomination comme conservateur de la Bibliothèque Boyale
à Stockholm. Ses rechercbes dans le Tiépartement des manuscrits, tant
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LA MU8IQUE 8CANDUIAYB AU UX* SIÈGLE 267
à Upsal que dans la capitale, lui fournirent les éléments des troia
volames où il recueillit des chants anciens en les ramenant à diffé-
rents types, la chanson de guerre, la chanson légère, la chanson de
danse, etc., etc. Qaelques-uns de ces chants, notamment dans la partie
pabliée en demier, sont notes avec un remarquable scrupale, un
louable scuci de respecter la forme originale, en ce qu'elle offre
méme de fruste et de primitif. — Pour les deux premiers volumes,
édités en 1834 et 1737, un maitre de chapelle, Eggert, avait foumi
des harmonisations, qui ne sont pas à Tabrì de toute critique.
Nous revenons à la composition avec J. A. Josephson (1818-1880),
qui étudia la musique à Leipzig et à Dresde, et fit un séjour à Bome.
Directeur de musiqae à Upsal, fondateur d'une Société philharmo-
nique, il put, gràce à elle ainsi qu'à l'Union centrale des Étudiants
et à l'Orchestre académique, donner presque tous les ans de grands
coDcerts soit à Upsal soit à Stockholm (il fit, dans ces séances,
entendre des oratorios de H&ndel). Organiste, en 1864, de la cathé-
drale d' Upsal, revétu, en 1874, de dignités universitaires, il a com-
pose d'exquises mélodies, une grande oeuvre pour soli, choeurs et
orchestre, et des chants à plusieurs ?oix d'un style élevé, notamment
Notre Paya.
C'est de méme en AUemagne, à Leipzig, que s'effectuèrent les
études d'Albert Bubenson, élève, pour le vìolon, de Ferdinand David,
et, pour la composition, de Hauptmann (il refut aussi les le9ons de
Cade). Yioloniste à l'orchestre de l'Opera Boyal de Stockholm, il s'at-
tacha, comme critique, à faire connaìtre les oBuvres de Schumann.
Il a été, en 1872, nommé directeur du Conseryatoiìre, fonction où
il a déployé un grand zèlo. Nous indiquerons, parmi ses oeuvres,
une symphonie en ut majeur, des suites d'orchestre, des ouvertures,
des quatuors pour instruments à cordes, une musique de scène pour
le JtUes Cesar de Shakespeare, et une autre pour un drame de
Bjdmson, une marche triomphale pour l' inauguration du nouveau
Conservatoire, des chants, etc. — Un de ses choeurs d'hommes, les
Croisés, est devenu très populaire. Trois pièces symphoniques inté-
ressantes de lui ont été exécutées au concert suédois du Trocadéro,
le 2 juin de l'année dernière.
Pour ce qui se rapporto au théàtre, il importe de donner un sou-
venir à Brendler, disparu prématurément en 1845; il y avait du
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268 MEMORIE
talent, de rìnspiration, dans la musiqne dont il avait accompagné
les drames intitniés la Mori de Spatara et Edmond et Clara, Ces
qualités se réalisaient encore avec plus d'amplear et de puissance
dans la partition d'un opera, Ryno, que la mort Telnpécha de maitre
en scène.
A. Lindblad (1801-1878) s'est place à un rang faonorable avec
son opera intitulé les Fraudeurs. — Nous insisterons un peu plus
sur Hallstròm, né en 1826, et qui, se destinant à la magistrature,
passa ses examens de droit en 1849. 11 fut l'ami du prince Gustave,
fils du rei Oscar II, et cité plus haut pour son talent musical. A la
mort du prince, le roi s'attacha Hallstrdm comme bibliothécaire. Il
a publié des chants à plusieurs voix et des mélodies, et, pendant
cinq ans, a dirige, dans la capitale, un institut renommé, d'où sont
sortis plusieurs excellents pianistes. Il a compose des idylles et des
ballades charmantes, et des chceurs d'hommes remarquables, parti-
culièrement VBymne à la Patrie^ tire de l'opera Vickingame' (1877),
où il a traité un sujet des anciens temps scandinaves. Les critiques
de son pays l'applaudirent d'avoir introduit des mélodies populaires
dans certaines de ses oeuvres (par exemple, dans la Jeune Fille en-
Uvee par le Gnome : 1875). « Il occupo — disent-ils — la memo
place dans l'histoire de notre opera que Glinka en Bussie et Sme-
tana en Bohème ». Ils signalent néanmoins, à d'autres pages de ses
oeuvres, l'imitation de Meyerbeer et de Gounod. Aux ouvrages de
théàtre que nous avons cités nous joindrons Hertig Magnus (1867),
et la Mqniagnarde enlevée.
Ce n'est, cfoyons-nous, que ,sous la forme de musique de scène
(pour Richard 111^ pour Jeanne d'Are et beaucoup d'autres drames)
que le théàtre a été abordé par Auguste Sdderman (1832-1876), com-
posi tour d'un ordre élevé, qui'n'avait pas révélé de dispositions mu-
sicales dans son enfance, mais qui depuis manifesta un talent rare
dans plusieurs genres, et qui a été, nous dit-on, « place au premier
rang par la voix populaire ». Chef des choeurs à l'Opera Boyal en
1860, et, en 1861, sous-chef d'orchestre de la Chapelle de la Cour,
il fit, en 1869 ej: 1870, un voyage d'étude à l'étranger, gr&ce à la
subvention Jenny Lind. On lui reconnait « un style vraiment sue-
dois ». C'est, dit-on, dans ses ballades qu' il a atteint le point cui-
minant de son art. Il en a écrit une dizaine pour choeur ou sólo
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LA MUSIQUE SCANDINAYK AU XIX* SlfeCLE 269
avec orchestre {le Pèlerinage à Kevlaar^ Tannhduser^ etc.)t doni
les écrivains du pays disent qu' 4^ elles sont ce qu'on possedè de
meìlleur et de plus caractéristique ». Il ne faut oublier ni ses choeurs
d'hommes qui jouissent d'une grande popularité, ni sa messe pour
soli^ chceur et orchestre, ni ses ouvertares de concert, ni ses can-
tates. Il y a de l'originalité dans ses mélodies, où il se mentre tour
à tour sentimental ou humoristique. Son harmonie est individuelle,
son orchestre d*ane ampleur et d'une solidité toutes modemes. —
La renommée de certaines de ses compositions {Noces de paysans^
suédois, Marche d' Ulfàsa) s'est répandue fort au delà des limites
de la Suède.
On nous présente également comme un artiste de véritable impor-
tance Ludvig Norman (1831-1885), qui publia ses premiers essais
musicaux à V ftge de onze ans, qui étudia à Leipzig, fut lié avec
Gade et avec Schumann dont il obtint les éloges, et qui se fit une
belle réputation de pianiste. Il a été, à partir de 1858, professeur
de composition au Conservatoire, et, à dater de 1861, premier chef
d'orchestre (et chef d'orchestre excellent) à l'Opera. Comme critique,
il écrivit, d'une piume elegante, des articles très remarqués. Son
activité multiple contribua à donner, en son pays, une impulsion
nouvelle à la vie artistique. Cet artiste laborieux et modeste avait
épousé la célèbre violoniste Vilma Neruda, devenue plus tard lady
Halle. Il y a de la science et de l'invention dans ses trois sym-
phonies, ses onvertures (notamment celle à'Antoine et Cléopdtre\
son octuor, son sextuor, son quintetto, ses quatuors, ses cantates,
chcBurs, morceaux de piano, mélodies vocales, etc.
Nous mentionnerons, en passant, comme intéressant V histoire de
la musique en Suède, la présence d'Ignaz Lachner (le frère de Franz)
comme chef d'orchestre de la Cour, à Stockholm, en 1858, et nous
signalerons, dans la composition pour orgue, les pièces dues à Q. Man-
kell, mort en 1880, et à O. W. Heintze, sensiblement postérieur, et
disparu seulement en 1895. — Avec ce dernier nous sommes arrivés
aux musiciens nés vers la fin de la première moitié du siede, tels
que Conrad 'Nordqvist (1840), fils d'un musicien de régiment, et qui
est devenu premier chef d'orchestre à l'Opera et à la Chapelle Boyale,
professeur au Conservatoire, organiste de la plus grande église de la
capitale. Il a été plusieurs années directeur de l'Opera, et a dirige
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270 MEMORIE
les concerta de rUnion Musicale. Ses études s'étaient poursuivies à
Fétranger. Instrumentiste habile, on lui doit une marche funebre
pour Charles XY, devenue populaire. II est un des hommes dont
r influence s*est fait sérieusement sentir dans le développement de
Tart musical en Suède.
Nous nous trouvons en présence d'une attrayante nature artistique
en la persònne d'Andreas Hallén, né en 1846, qui a fait ses études
à Leipzig et à Munich, qui a dirige les concerts symphoniques et
le choeur mixte à Gothembourg, sa ville natale, et qui, en 1884, a
forme, dans la capitale, la Société Philharmonique. Il a prèside à
des séances de musique vocale et instrumentale qui pendant dix ans
ont constitué un facteur essentiel de la vie musicale à Stockholm.
De 1892 à 1897 il a été chef d'orchestre à l'Opera. Critique et
compositeur, il a été Tun des premiers apdtres de Wagner en Suède,
non sans rencontrer ^à et là une opposition assez vive. Sur la liste
de ses oeuvres figurent des suites, des ballades, des mélodies, des
choeurs et autres ouvrages publiés en Suède et en Allemagne, et
dont plusieurs ont été exécutés à l'étranger. Il a cultivé avec succès
le genre du poème symphonique con^u à la manière de Liszt. Au
concert du 2 juin de l'année demière, au Trocadéro, l'on a exécuté
une charmante composition de lui, la Fée des Bois. Il y a un ca-
ractère personnel et, au gre de quelques-uns, vraiment suédois dans
ses opéras HarcUd Viking (qui a été joué à Leipzig), le Piège à
sarcières^ le Trésor de Valdemar (que le Théàtre Boyal a représenté
quarante fois).
La méme année (1853) a vu nattre B. Henneberg, dont la mu-
sique instrumentale a une haute valeur, — et E. SjOgren, qui s'est
produit avec succès dans le méme genre, et qui, de plus, est regardé
par ses concitoyens comme le meilleur de leurs compositeurs actuels
de mélodies. — C'est dans la catégorie de la musique instrumentale
que s'est distingue T. Aulin (né en 1866). — Quant à 0. V. Peterson-
Berger, né en 1867, on lui doit des opéras sur des sujets pris à la
legende cu à l'ancienne histoire des contrées du Nord, et traités dans
un style empreint de l' influence wagnérienne.
Plus jeune encore, Wilhelm Stenhammar (àgé d' à peine trente
ans) a écrit deux drames lyriques, montés l'un à Stuttgart, Tautre
à Stockholm. La première exécution de ce dernier, Tirfing^ a été
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LA MU8IQUB SCANDINAVE AU XIZ* SIÈGLE 271
0
conduite par lai au Théàtre Boyal, où il a été appelé depuis à di-
riger des opéras aussi bien que des concerts symphoniques. Il est
depuis trois'ans à la téte de la Société Philharmonique de Stock
bolm. On lui doit des ouvertures, des choeuis et ballades, un con-
certo pour piano (il est lui-méme excellent pianiste), trois quatuors
pour instruments à cordes, etc. Une gracìeuse composition de luì,
Flore» et BUmaeflor, a été exécutée cotte année à Paris. Avec sa
maitrise déjà réelle, il parait appelé à un bel avenir.
Son contemporain, Hugo Alfvén (1872), élève, pour le violon, de
Thompson à Bruxelles, et devenu violoniste à la Chapelle de la Cour,
a séjoumé en Franco et en AUemagne. On a donne, de lui, à Paris,
au concert, déjà mentionné, da 2 juin, un morceau intéressant: Pre-
lude et fugue. Il a écrit une sonate pour violon, une romance pour
ce m§me instrument, deux symphonies appréciées, une cantate, une
vingtaine de mélodies.
D'après une excellente étude de M. Lindgren déjà cité par nous
dans le travail précédent, nous grouperons ici les noms de quelques
autres compositears suédois du dix-neuvième siècle. Mentionnons, par
exemple, comnie ayant écrit pour le théàtre, sous la forme de TOpéra
de genre ou opéra-comique: Struve (mort en 1826); Dannstrdm 1812-
1897); Heland (néen 1843) ; Kjellander (né en 1859); Lewerth (1818-
1888); Olànder (1824-1886); Jacobsson (né en 1835). — Gomme
auteurs de symphonies citons Dente (né en 1838); Bystrdm (néen
1821); Andersen (né en 1845). Signalons aussi comme compositeurs
pour le ?iolon: Beckman (né en 1866); Valentin (né en 1853); Li-
Ijefors (né en 1871). — Comme compositears pour le piano: J. A.
Hàgg (né en 1850); Dahl (né en 1864); Back (né en 1868); Lund-
berg (né en 1863); SedstrOm (né en 1862); Brink (né en 1858);
B. Andersson (né en 1851); Lindegren (né en 1842); Bendahl (né
en 1847), etc. — Comme compositeurs pour Torgue: G. Hagg (né
en 1867).
Indiquons aussi les noms de quelques dames compositeurs: Elfrida
Andrée, Armanda Maier-Bdntgen, Laura Netzel, Valborg-Aulin, He-
lène Munktell et Ingeborg Stark von Bronsart, qui appartient main-
tenant à TAUemagne, mais qui est née suédoise.
Pour ce qui se rapporto non plus à la composition, mais à Texé-
cution vocale, on peut dire de la Suède qu' il est un pays riche en
IU9ùia mmicak iiaUama, Vili. 18
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272 MEMORIE
voix pures, sonores; elle a produit, à cet égard, de grands artistes.
En ce sena, nous évoquerons tout d'abord le souvenir de trois illustres
cantatrices, Henriette Nissen, Jenny Lind, Christine Nilsson.
Henriette Nissen a chanté un peu partout, et méme dans sa patrie.
Elle a été notamment attachée au théàtre de Stockholm en 1842 et
en 1849. Mais c'est ailleurs qu'elle a remporté ses succès les plus
décisifs, obtenus dans le répertoire italien. Toute jeune, àgée d'en-
viron seize ans, elle avait, à Paris, re^u les le9ons de Manuel Garcia,
qui, dans sa propre famille, a forme les deux élèves admirables dont
tout le monde sait les noms. Les débuts de la Nissen, aux Italiens,
dans le ròle d'Adalgiso, n'avaient pas produit une sensation extraordi-
naire. Mais elle fut mise en pleine lumière par une de ces occasions
qui manquent rarement au talent. A Timproviste elle dut remplacer
un soir, dans la Rosine du Barbier, M°* Persiani. Elle y fiit de
tous points cbarmante, et rendit avec un art délicat et simple la
brillante et légère musique de Rossini. Elle dut plus tard, en Italie,
un triompbe à Bellini, avec la Samnambule. Elle ne réussit pas moins
complètement dans les opéras, de style plus heurté, de la première
manière de Verdi, particulièrement Aitila, les Beux Foscari^ et ces
Lombardi qui devinrent, à TOpéra, Jérmaiem, avec son trio equestre.
Très vivement goùtée en Italie, M^® Nissen se fit aussi un grand
nom en Angleterre. Intelligente et cultivée, elle arriva rapidement
à parler l'anglais sans accent, et put, sans désavantage, se faire en-
tendre dans cotte langue. — Elle fut fort appréciée en Allemagne, où
elle parut tour à tour sur plusieurs tbéàtres importants. Après son
mariage avec Saloman, elle fit une grande excursion artistique dans
l'empire russe, où les voyages, à cette epoque, étaient longs et malaisés.
Elle alla jusqu'aux confins orientaux de la Russie d'Europe.
En écrivant Thistoire de la musique italienne, nous aurons souvent
Toccasion de dire quelles formes singulières prit parfois, dans les
différents pays d' Europe, Tentbousiasme provoqué par tei ou tei
€ sopraniste », par telle ou telle prima donna venne d'Italfe. Mais
nul engouement, dans le passe, ne fut plus fort que colui quo, dans
le dix-neuvième siede, on a témoigné, d'une fa^on bruyante et par-
fois bizarre, à l'égard de Jenny Lind. L'artiste que l'on a sumommée,
selon le goùt un peu prétentieux qui prédominait alors, « le rossignol
suédois », n'était pas d'ailleurs indigno de causer de pareils transports.
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LA MU8IQUE SCANDINAVE AU XIX* SIÈCLB 273
Chose étrange! Garcìa, qui Tavait pour élève en méme temps que
sa compatriote 'Nissen, préférait cette dernière, et, malgré sa rare
expérìeDce et sa finesse de tact, n'avait pas discerné ce qu'il y avait
de réellenaent exceptionnel dans les dons de Jenny Lind. Mais elle
fut encouragée par Meyerbeer, et Fon sait quel service elle rendit plus
tard au maitre en créant, à Berlin, avec infiniment de distinction et
de relief, le ròle principal du Camp de SiUsie^ qui dut à cette ìn-
terprétation transcendante une part de son succès. Ce fat l'influence
de Meyerbeer qui contribua à faire de Jenny Lind la cantatrice
favorite de la cour de Prusse.
Les étrangers n'ont pas été les seuis à rendre justice aux quali tés
aupérieures de cette grande cantatrice. Elle eut des succès signalés
en Suède, où elle fut mandée spécialement lors du couronnement da
roi Oscar. A Stockholm,.où de benne heure elle avait été remarquée
par le surintendant da théàtre de la cour, le comte Pùcke, elle avait,
antérieurement méme aux le^ons de Garcia, été frénétiquement ap-
plaudie dans la Vestale^ ainsi que dans deax rdles du répertoire si
caractérisé de Weber, Agathe et Euryanthe. On peut jager de Tac-
cueil qui lui fat fait dans sa patrie, quand elle y revint après la
gioire. Mais c'est surtout en Angleterre et en Amérique qu'elle fit
fiinatisme. A Londres, on encaissait avec elle des recettes de cin-
quadte mille francs, et à toutes ses représentations assistaient la
reine Victoria et le prince Albert. On se formait en baie pour la <
voir sortir du théàtre; dans ces circonstances, les places au premier
rang étaient Tobjet d'un trafic, et se louaient à un prix très élevé.
— En Amérique, elle eut d'abord pour impresario Thomme dont
le Bom légendaire est demeuré, à l'état de vocable usuel, dans plu-
sieurs langues, Barnum lui-méme, avec lequel, d'ailleurs, elle cessa
de s'entendre. Elle comprit que, profitant de la vogue, elle pouvait
se passer de manager. A cette epoque, déjà lointaine, les mceurs
dans le Nouveau Continent, étaient encore prìmitives. Avec le com-
positeur Benedict, qui lui servait d'accompagnateur, Jenny Lind,
dans un bateau, suivait le cours des fleuves. A toutes les localités
de quelque importance, on faisait escale, on débarquait le piano,
des 'commissionnaires plus ou moins nègres colportaient des affiches
imprimées en lettres colossales, on organisait instantanément un
concert. Les places étaient mises à Tenchère. En en payant ane au
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274 MEMORIE
prìx enorme et raineux de deux cents dollars, un tailleur fit sa for-
tune, parco quo nulle personne de Tendroit ne voulùt plus dès lors
étre habillée quo par le fournisseur capable d'un tei élan de prodi-
gante artistique. — A Faide de ces procédés élémentaires, donner un
concert et réaliser une grosse somme était l'affaire de deux ou trois
heures^ après lesquelles rien n'empéchait d'aller recommencer un peu
plus loin. A ce métier, en moins d'un an, Jenny Lind gagna plus
de trois millions.
La voix de Jenny Lind était d'une pureté, d'une fraicheur, d'une
légèreté extraordinaires. Son mécanisme vocal était très flexible et
très fin. A considérer l'expression dramatique, elle avait beaucoup
d'energie, d'ampleur, de la puissance, une constante tendance à la
noblesse et au pathétique. Mais un goftt 'sevère aurait pu critìquer
en elle un peu d'emphase, l'afifectation, T^cès de véhémence, une
certaine habitude de rechercher Teffet au détriment du naturel.
Une belle destinée de cantatrice a été également dévolue — nous
Tavons déjà rappelé dans notre Risloire du Thédtre-Lyrique — à
Christine Nilsson, qui, comme la précédente, a obtenu les plus écla*
tants succòs dans les deux mondes^ Il nous est agréable de constater
que c'est dans une OBUvre firan^aise, dans V Hamlet d'Arobroise Thomas,
que le talent de M."* Nilsson s'est peut-étre afi&rmé avec le plus
d'éclat. Elle était alors en parfaite possession d'une voix du timbre
I le plus clair et le plus riche, sonore et colorée dans toutes les parties
du registro, résonnant, à l'aigu, avec la vigueur, la netteté, le charme
d'une sorte d'imrmonica magique. La manière de l'artiste était hanlie
et aisée, sobre, pleine de goùt. Elle se. jouait des plus àpres diffi-
cultés du mécanisme, et, musicienne accomplie, elle présentait en
elle l'union toujours rare de facultés exceptionnelles et d'une cul-
ture très forte et très étendue.
La beante de M."*« Nilsson avait d'ailleurs contrìbué presque autant
que ses autres mérites à la mettre en lumière, dès 1864, lorsque
debutante encore obscure, à la vingtième année, engagée par M. Car-
valho, elle aborda au Théàtre-Lyrique le ròle de Violetta. Peu après,
dans la Flùte enchantée^ elle s'attaqua avec une indicible bravoure
aux vocalises suraigues de la Beine de la Nuit.
Si c'est à t^aris que M.°'<' Nilsson édifia sa réputation, d'assez
benne heure elle ces^ de s'y faire entendre. Ce fut dans d'autres
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LA MUSIQUB SCANDINAYB AU XII* SIÈCLE 275
pays, en Angleterre, en Bassie, en Amérique, qu'elle alla continner de
recueillir les plus chaleiireases ovations. En passant, notons ce point,
qa'en Angleterre son ìrréprochable sentiment musical, la souplesse
de sa technlque lui permirent de se mesurer avantageusement, dans
les festivals, avec le style à la fois sevère et orné de Hànd^l.
D'antres noms sont à joindre à ces trois noms célèbres; ceux des
trois filles de Berwald, de Louise Michaeli (1830-1875), de Carolina
Òstberg (1853), de J. Elmblad (1853), douée d'un beau talent dra-
matiqae, de Mathilde Jungstedt, de Sigrid Amoldson (1861), fille
de Fexcellent ténor 0. Amoldson (1830-81), d'Ellen Gulbranson (1863),
de la comtesse Taube, née Grabow, de Frederika Stenhamtnar. Des
noros comme ceux-ci, Arlberg, Willman,' méritent aussi de iìgurer
dans les fiistes de l'art Yocal en Suède, aussi bien que ceux de
MM. A. Odmann (1850) et C. F. Lundqvist (1841). Le fort ténor
Labatt (1838-1897), élève de TAcadémie de musique de sa ville na-
tale, Stockbolm, puis de Masset à. Paris, debuta à Stockholm en 1^
dans le rdle de Tamino, et ensuite, de 1868 à 1882, fit partie, à
Venise, du personnel de l'Opera de la Cour. Nous avons entendu
récemment à Paris le très distingue baryton John Porseli, né en
1868, qui a fait des études chez nous en 1894-95, au Conservatoire
et 80U8 la direction particulière de Saint Tves Bax. Il a joué à Stock-
bolm un grand nombre de rdles: Don Juan, le Hollandais du Vaisseau
Fcmtàme^ Guillaume Teli, tout récemment Beckmesser.
Pour ne rien laisser de còte dans Tbistoire de Tart da chant en
Suède, nous nommerons encore les cbanteurs Stenborg, Earsten, Du
Puy, Sallstròm, Gùnther, Strandberg; — les cantatrices Olin, Sta-
ding, Fròsslind, Widerberg, Hebbe, etc^v etc.
Le Nouvel Opera, à Stockholm, a coùté sept millions. A la sub-
vention d'État de quatre-vingt-dix mille francs, le roi, sur sa cassette,
ajouta une subvention annuelle equivalente. Le programmo d'inau-
guratìon, en 1898, fut compose de deux ouvrages dùs à des compo-
siteurs nationaux: les Fraudeurs de A. Lindblad, et Estrélla di
Scria de Berwald. La direction est actuellement exercée par M. le
chambellan A. Burén, qui à un répertoire étranger très étendu a
joint des opéras suédois de Berwald, Brendler, Hallén, Hallstrom,
Stenhammar, Òlander.
L'Opera de Stockholm a compté tour à tour, parmi ses chefs d'or-
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276 MBMORIB
cbestre, Norman, Dente, Nordqvist (sous la direction duquel s'est
trouvé place, au Trocadéro, pendant TExpoBition, l'orchestre da Con-
servatoire), Henneberg et Hallén.
Rappelons brìèvement Thistoire de l'ancieone Société d'Harmonie,
à laquelle, en 1860, a snccédé une association portant la méme ap-
pellation, à laquelle de grands senrices artistiques furent rendus par
le chanteur Isaac Berg, et qui exécuta des oratorios de H&ndel, Haydn,
Mendelssohn, sous la direction de J. Berwald. En 1860, Ludwig
Norman et Julius Gunther fondèrent la « Nouvelle Société barino-
nique », à laquelle succèda V « Union musicale » sous la direction de
Ludwig Norman et de Wilhelm Svedbòm, — puis de Franz Neruda.
— Nous avons dit que la « Société philharmonique » avait été fondée
par Andreas Hallén. Elle est dirigée actuellement par Wilhelm Sten-
hammar, et donne chaque année des concerts oli sont exécutées les
principales ceuvres pour choeur mixte et orchestre des maitres clas-
siques anciens ou modernes.
Au Conservatoire, auquel se rattacbe une école d*art lyrique, sont
cnltivées toutes les branches de Tart musical. Cet établissement ne
cesse de ce développer. La moyenne du nombre des élèves est d'en-
viron cent soixante-dix.
Dans ce qui se réfère à la presse musicale, nous indiquons le journal
Svensk Musiktidning (Stockholm), publié et redige par F. Huss. —
La fabrication des instruments s'est beaucoup perfectionnée depuis
quelques années. On peut citer en particulier les pianos à queue de
la maison Malmsjò, et les orgues d*Akerman et Lund.
Le chant choral d'hommes est activement cultivé dans la plupart
des villes de Suède. Le chaat des étudiants, en particulier, y cons-
titue « im art vocal à part », que Ton a Toccasion de goùter dans
les solennités académiques ou patriotiques, dans des concerts nom-
breux, sérénades, etc. Nous le trouvons à Lund et surtout à Upsal.
A son histoire se rattachent, indépendamment des noms cités plus
haut, ceux de TuUberg et d'Oscar Meijerberg. L'Union chorale
des étudiants d'Upsal a été définitivement organisée en 1842. Le
répertoire se compose principalement des choeurs issus de la chanson
populaire, avec ses notes caractéristiques de mélancolie penetrante
ou de verve joyeuse. L'amour de la patrie éclate dans nombre de
ces chants qui, partout répétés, sont devenus en quelque sorte des
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LA HUSIQUE SCANDINAVI AU XIX<^ SlÈGLB 277
chants natiODaax. Il ne faut pas oublier non plus la chanson à
boire, dont un poète populaire de la Suède, Bellmann, a écrit maintes
fois les paroles. Los voix admirablement disciplinées sont bonnes,
singalìèrement fratches et souples. Les meilleurs juges se sont trouvés
d'accord pour vanter, en ces choeurs, la perfection des nuances et la
viguear de Tattaque, la sùreté de Tensemble, la délicatesse de sen-
tìment, les effets variés obtenus par ces voix sans accompagnement.
On se rappelle le triomphe des cbanteurs d'Upsal à Paris en 1867,
epoque où, sous la direction du D.' Oscar Arpi, ils obtinrent une
médaille d'or, et exécutèrent à l'Opera plusieurs morceàux pendant
les entr'actes. La sensation n'a pas été moins vive, sous la direction
de M. Hedenblad, à Paris lors des expositions ultérieures, et à
St-Pétersbourg, à Berlin, à Dresde. Le choral se compose de deux
à trois cents chanteurs, répartis en quatre voix, parmi lesquelles
celles des basses sont les plus remarquables. De ce milieu sont fré-
quemment sortìs des artistes de premier ordre, qui, dans les grandes
circonstances, viennent mSler leurs voix à celles de leurs anciens
camarades.
L*organisation musicale de l'Uni versité d'Upsal est complétée par
une société de musique instrumentale, dont l'orchestre est dirige par
un professeur special qui fait aussi des cours sur la théorìe et sur
rhistoire de la musique. De là résultent des concerts, d'un vif in-
térét, de symphonie et de musique de chambre. — Il serait injuste
à ce propos, de ne pas éyoquer de nouveau un nom déjà inscrit dans
ces pages, celui de J. A. Josephson, qui a travaillé avec science,
abnégatìon, persévérance, à l'éducation musicale des étudiants.
Notons encore ce qu'est devenue, à Gothembourg,' la vie musicale,
par les concerts symphoniques, vocaux, et de musique de chambre,
— sartout à partir de 1860, et sous l'impulsion de deux musiciens
venus de Bohème, Jos. Czapek et Fr. Smetana, l'auteur de ce déli-
cienx opera, encore ignoré chez nous, la Fiancée vendue.
En 1897, à Stockholm, les forces musicales disséminées en diflférentes
villes se sont réunies pour un grand festival scandinave, rassemblant
sixcent cinquante chanteurs des deux sexes, qui représentaient vingt-
deux sociétés chorales de Suède, Norvège, Danemark, appuyées par
le concours de la Chapelle Boyale, renforcée de cent vingt instru-
mentistes. La sèrie des concerts alors donnés roula sur des pro-
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•278 MBMORIK
grammes exclusivement scandinaves. Ils eurent lieu dans ane salle de
fetes spécialement constraite à cet effet, à Taide de contribations
particulières. Peu après, qninze cents chanteurs venus de toutes les
partìe da pays donnèrent dans ce locai un concert monstre, poar le
25® anniversaire de l'ayènement du roi.
Nous avons encore à registrer les succès obtenus partoat par les
cantatrìces de quatuors, ainsi que celai des concerts symphoniques
organisés annaellement à l'Opera de Stockholm et de ceax qu'a di-
rigés Augaste Meissner. N'omettons point les séances de masiqae de
chambre données par D'Aubert, violoniste distingue, Book, et depois
ane dizaine d'années, Tor Aulin. — L'an passe, une association par
ticulière, le « Quatuor Mazer » a célèbre soii cinquantenaire.
Le chant et la masiqae en general sont enseignés dans toates les
écoles de la Suède. De ce cdté se tour ne tonte la vigilance de la
Famille Boyale et des pouToirs publics. Le prince royal Gustave est
président de l'Académie de Masiqae, dont il dirige en personne les
séances. Il a été le protectear effectif da festival scandinave de 1897,
dont il vient d'étre qaestion. Le roi Oscar II poète, écrivain, chan-
teur, passìonné poar la masiqae, et s'y adonnant d'une fa9on pratique,
a, jusqu'à son avènement, prèside l'Académie de Musique, où il a
fait, dans les discours qu'il eut Toccasion d'y prononcer, admirer
son talent d'orateur, et Tétendue de ses connaissances artistiques.
D'autre part, le Biksdag, à plus d'une reprise, a accordé des sub-
ventions et des récompenses à des musiciens, — notamment à Hall-
stròm, Hallèn, Hftgg, Sjògren.
En terminant ce qui est relatif à la Suède, nous signalerons ce
fait que Wagner semble de plus en plus y gagner du terrain, et
nous insérerons ici les noms d'un certain nombre de compositeurs
sur lesquels les détails nous manquent: Wikmausson, Stenhammar
pére et Akerberg, ainsi que les noms de musiciens ayant écrit pour
les voix, en solo, en quatuor ou en chceur: Orusell (17754838);
Kandel (1806-1864); Laurin (1813-1853); Frieberg (né en 1822);
Uddén (1799-1868); Cronhamm (1803-1875); Frigel (mort en 1812);
Gillo (1814-1880); Kòriing (né en 1842); Svedbom (né en 1843);
Hedenblad (né en 1851), et Gdsta Geijer (né en 1857).
Albert Soubies.
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Arte contemporanea
L'OPERA DI GIUSEPPE. VERDI
E I SUOI CARATTERI PRINCIPALI
v^on criteri positivi l'opera artistica del Verdi non è stata an-
cora, cfa'io sappia, osservata nella sua totalità, né giudicata, a cagion
forse delle difficoltà che, per questa specie di' fatti « sorgono quando
si dia alla critica un indirizzo che è fuori delle sue linee solite
0 del veccfaio costume. Per pochi fenomeni apparsi suirorizzonte del-
l'arte bisogna essere così circospetti. Le cause ed i coefficienti che
Topera del Verdi spiegano e talora veramente precisano, non sono
sempre palesi. Sono in parte cause storiche, atavistiche, insite nel
processo evolutivo dell'arte stessa; talvolta sono cause esteriori, dis-
giunte dal concetto iniziale, ma non dal successivo fenomeno con-
creto; tal' altra sono cause individuali, intime, profonde, ed ancora,
in fine, sono dipendenti da ^predilezioni momentanee dell'intelletto e
dell'animo , talché sembrano perfino arbitrarie. Tra queste , coeffi-
cienti di secondaria importanza si mischiano, creano pur essi, dàn
forma e stile, e modificano il modo di sentire dell'artista, il modo
di intuire e di dar effetto a' suoi ideali. Sono cause oggettive in
parte ed in parte soggettive ; si trovano le une in mezzo a un gran
complesso di fatti culturali , nazionali, politici ; sono predisposte le
altre e messe in luce dalla natura dell'ingegno e dallo stimolo del-
l'ambizione. Certo tutta una evoluzione si nota nel denso tessuto
dell'opera Verdiana, una evoluzione ed un progresso mirabili, per
quanto l' unità del concetto informativo si smarrisca nelle grandi
Aitiita tnuiieaté italiana. Vili. 19
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2S0 ARTE CONTEMPORANBA
lìnee e nei dettagli; anzi è ciò precisamente che ne rende difficile
una spiegazione persuasiva e completa.
Per Verdi non succede, come per altri grandi artisti, che la loro
produzione si coordini sotto un principio di cui si vede l'inizio, lo
svolgimento e il risultato finale. Qui invece Tesperimentazione segfue
un periodo più o meno lungo, al quale succedono nuovi saggi che
pure avvengono a sbalzi e non sono riducibili sotto il dominio di un'idea
principale. La libera effusione del sentimento d'arte corona in fine
trionfalmente questo sviluppo; ma questa fine, così sincera ed eletta,
non ha che poca o nessuna relazione colle £eisì mediane e coli' ori-
gine. Io non dico, si noti bene, che le qualità specifiche del genio
latino, le qualità personali, si come i difetti dell'artista, non siano
riconoscibili in fondo, ma solo che la superficie non è precisamente
lo specchio di questo fondo.
Anche l'opera del Verdi è legata alla storia culturale del suo tempo,
all'ambiente della contemporaneità , con cui egli ha quel debito al
quale nessun artista, nessun uomo si sottrae. Egli è stretto ad un
complesso di fatti, che nell'attività generale lasciano più facilmente
comprendere la sua particolare. Le 'acquisizioni della sua epoca de-
rivate dall'opera de' predecessori, e la loro infiuenza, sono altrettante
energie nuove per lui. Anch'egli si affidò alla face de' maestri ; anch'egli
sentì la forza della maniera popolare italica, la salute e fierezza della
terra natia che lo fecero balzare in faccia al mondo come un tipo, un
carattere, un individuo; e tutto ciò in tempi di fermenti politici, di
lotte contro oppressioni straniere, fra cambiamenti repentini nella si-
tuazione generale d'Italia, rivolte e guerre. L'onda incalzante dei fatti
lo costringe a gettarvisi in mezzo , egli ne è parte ; egli sente che in
essi è tanta vita di sé e dell'arte sua.
Della qual vita però, nel rapporto degl' incidenti personali, io non
mi occupo. Ciò è per me superfiuo. Sono pochi punti di vista, ma
essenziali, che io rilevo, intorno ai quali vengono a raggrupparsi
molte considerazioni di fatto e qualche inevitabile giudizio. Il Verdi
non fu un fantasista romantico , non un pensatore né un filosofo con
un indirizzo e sistema proprio; non s'arrischiò nelle altezze sublimi
e nelle profondità recondite della contemplazione ; nò anche fu un
tecnico bisognevole di chiamar 1' attenzione altrui sui mezzi mate-
riali del proprio successo; egli non teorizzò; non discusse la unilatera-
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L*OPERA DI GIU8IPPE VERDI E I BUOI CARATTERI PRINCIPALI 281
lità del SUO gasto , la piccina e pedante faccenda delle cognizioni sue.
Egli fu un artista. Il compito mio è quindi, a tal proposito, sempli-
ficato assai per la nattfra stessa e l'andamento pratico dell'arte Ver-
diana, arte vera, che non va misurata dairabilità tecnica dell'uomo
che la fa, ma dalla capacità del suo cuore. La mente dell' artista,
senza fermarsi alla superficie dei fenomeni sensitivi, s'inoltra fin
dove la face del dramma rischiara dall'alto, ma evita la regione delle
nebbie e delle follie sensuali. È impossibile esprimere per mezzo di
parole l'essenza del genio; ma il risultato del sao lavoro è espri-
mibile. Ecco ciò di cui si tratta.
Nella sua attività di musicista e d'uom di teatro non tutto è pa*
lese; l'ammirevole è spesso in alcune relazioni recondite. Prima di
tutto nelle relazioni coli' opera non sempre laudabile di chi gli forni
i libretti , opera che egli diresse e drizzò in più d' un caso. Poi
nei rapporti di somiglianze incidentali , nel mutamento e nell'ado-
zione di un estraneo indirizzo artistico, a cui, come alla luce de' suoi
dioscuri, egli non potè, non volle, non intese di sottrarsi. Sono tali
circostanze, pel critico, come la parte che sta innanzi a un tutto ar-
tistico, il porticus dell'edificio Verdiano; ciò che ne risulta è spesso
un'estetica che il compositore non scrisse e pur le sue note non men-
tiscono mai. Qual sia questa estetica vedremo senza pregiudizi e
reticenze; a noi basta ch'ella sia il risultato di un giudizio d'arte
pratico e sicuro.
L'arte del Verdi non è che una riconferma di quelle concezioni
universali, ricorrenti a periodi , che sono Vunde e il qtAo dell'opera
in musica: dalla lirica del coro tragico alla commedia d'intrighi,
dal sentire istintivo all' intellettualità. Chi conosce il processo di
quelle idee ordinatrici supreme nell'evoluzione dell'arte, trova tutto
storicamente e logicamente fondato, nulla* di casuale, nessuna sor-
presa, nessuna contrarietà. La critica non ha altro che da assegnare
al fatte speciale il posto, che gli compete nella scala di questo pro-
cesso evolutivo, e da riempire lo spazio che intercede fra le due di-
stanze — l'origine e la fine — con i risultati delle sue ricerche; a
patto però che essa sia in grado di ridurre i f&tti specifici sotto il
dominio di leggi generali, non valendosi di giudizi che mirino all'as-
sloluto tecnicismo materiale o ne derivino, o si risolvano in teoria e
scienza musicale, ma solo intenda a rivelare il contenuto spirituale
e la significazione estetica di opere d'arte singole e raggruppate.
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282 ARTE CONTEMPORANEA
Altrimenti intesa, una critìea non è possibile o è cosa vana e di
niun conto. L'arte, e specialmente la masica, è cosa talmente ela-
stica, è così estesa e comune la sua pratica, di natura cosi diversa
son gli nomini che se ne occupano e di essa giudicano col solo sen-
timento, che, stando ai pareri individuali, non ci si capirebbe pro-
priamente mai nulla.
Quando l'artista è vero, il giudizio della critica comune non lo
riguarda; le frasi — il più delle volte stimolo interessato alla sua
vanità — o son cose vili come l'animo che le detta e quello che le
accoglie, 0 sono una inconscia dilettanza da bimbi e per i bimbi ;
certo tutte materialità misere ed inutili. Pel critico , com' io lo in-
tendo, non si tratta di vedere, neiropera del Verdi, ciò che sia bello
0 brutto, ma solo di scoprirvi i caratteri che la distinguono e fanno
dell'artista, buono o cattivo, un tipo a sé. Al gusto, al sentimento
personale, all'immaginazione, al feticismo conceda chi vuole : il cri-
tico nulla può concedere. Egli va diritto per la sua strada, serena-
mente, in cerca di verità. Egli sa che essa è fiancheggiata di spini, e che
gli basterebbe abbassare la propria individualità per evitarli ad aver
successo ; ma egli non s'inchina dinanzi a idoli grandi o piccoli, non è
una creatura pieghevole e neanche compiacente, perchè in compenso
di certe approvazioni , non ama distruggersi ; perchè egli conosce che
siano l'abnegazione e il proprio dovere. Egli vive come l'artista e
con l'artista, compagno di lui nella prospera e nell'avversa fortuna;
osserva, trae le proprie conclusioni ed ha il coraggio dei proprìi con-
vincimenti.
È dunque con la massima energia che io insisto su questo punto,
usando pel Verdi e^ la sua opera di una critica, la quale non per-
mette strappo alcuno a indipendenza, chiarezza e determinatezza.
Quando vi sia un intelligibile tratto da rilevare, positivo o negativo,
non io l'ometterò ; ma non per questo, o esaltazione iperbolica, o esa-
gerata meraviglia, o lode o biasimo interverranno a squilibrarne il
merito o il demerito. La venerazione per l'uomo esiste dal momento
che esiste la serietà del suo proposito come artista, quella serietà
che è il motivo emozionale di tutta l'arte. Ma nella critica tutto ciò
non entra. Io so bene quel che la violenza dei fanatici permette e
non permette di dire. Essa scoraggia la gente moderata e la distoglie
da una critica di qualunque specie. Ma, per quanto siano rozzi e vii-
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L*OPERA DI OIUSBPPK VERDI E I SUOI CARATTBBI PRINCIPALI 283
lanì gli attacchi, io non consentirò a quella violenza un influsso qual-
siasi. Lungi dalle dispute appassionate, non è pei fanatici che io
scrivo queste modeste note. Io mi rivolgo a coloro che nell'arte, sì
come nella vita, veggono le cose secondo il peso loro proprio e così
le stimano, e sdegnano di mettere insieme le congruenti con le in-
congruenti, tanto da cavarne l'alterazione della verità e la con-
fusione.
Regolata a questo modo, una concezione dell'opera Verdiana come
io la intendo, non piacerà forse a molti, anzi alla maggioranza;
qualche inevitabile giudizio forse ripugnerà o parrà strano. A nes-
suno io contesto il dritto di pensare e sentire a modo proprio, purché,
quanto a' principii d'arte, non si pretenda di derivarne a base di pa-
negirici e di scienza speciale. L'arte del Verdi parve a certuni una
fortuna, ad altri una catastrofe. La fretta nel decidere : ecco la grande
colpevole. Nella contesa ognuna delle parti esagerò, al solito, la pro-
pria importanza, come fanno i musici che si rispettano, finché molte
opere d'arte ebbero il tempo di coprirsi d'oblio innanzi che venisse
la mente serena e mettesse a posto qualche principio visto imperfet-
tamente 0 dimenticato nel calore dell'entusiasmo che vede sorgere
Tedificio artistico, e per la passione di ammirarlo fuor di misura
0 di abbatterlo. Ecco; io suppongo di osservare l'opera del Verdi a
una certa distanza e colla serenità e la calma necessaria perchè essa,
rivelandosi nella sua interezza, lasci scorgere in ogni singola opera
le linee di contomo e i caratteri fondamentali suoi, primitivi ed ul-
teriori. Al resto ha pensato e pensa il pubblico che, per sua bontà
e piacere, biasima domani ciò che oggi ha approvato. E di ciò proprio
non mi cale.
L'arte delle pure e sublimi manifestazioni musicali , al principio
del secolo XIX, non aveva lasciato traccia di sé nella corrente della
musica teatrale italiana. Tutto aveva bensì proceduto sui fragili fon-
damenti dell'opera napoletana, assolutamente melodica di carattere,
una folle esaltazione, una manipolazione in tutte forme, del così detto
bel canto. L' egoistico sentimento dei maestri italiani , • giustificato
dalla colossale fortuna della loro opera, non aveva loro permesso che
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284 ARTB CONTEMPORANEA
di produrre nell'ambito delle forme tradizionali, senza accorgersi,
senza occuparsi d'altro. La musica istrnmentale italiana era caduta ;
unico e solo imperava il teatro lirico. La voce dei nuovi grandi ar-
tisti al di là dell'Alpi non era giunta agl'italici maestri che quale
un'eco vaga e confusa. Se questi tendevan loro l'orecchio, era sol per
udire dolci melodie; se eccezionalmente sfogliavano qualche lor par-
titura, era ancor sempre per cercarvi la cantabilità dolce ; tutto essi
sentivano e vedevano sotto quest'unico aspetto. Bossini per questo
aveva amato Haydn e Mozart, e Bellini per questo aveva amato Bee-
thoven. Ma le tre grandi anime non s'erano ancor fotte palesi. Non
Haydn rivelato aveva la grazia e la purezza sua nella sinfonica e
sublimata forma del canto popolare o nell' impressionante carattere
de' suoi Oratorii ; non Mozart la linea raffaellesca &tta melodia; non
Beethoven l'universale e profondo suo spirito. La vita del musicista
italiano, il suo ambiente, il suo pubblico, la sua arte era una ingenua
distrazione. L'anima di un uomo come Beethoven, che è tutta l'anima
antera dell'umanità coi dolori e le gioie de' suoi destini, era ignota
e ignota la sua arte. La società italiana che vide sorgere e circondò
Rossini, sferzata dall'oppressione, non gli domandò che di distrarsi,
e ai suoi successori immediati ancora domandò di distrarsi. L'opera
teatrale perciò non è scopo, ma semplice mezzo. Bellini e Donizetti
non interessarono nell'istesso modo di Bossini, ma della musica die-
dero quel ch'egli stesso vi aveva riconosciuto e forse meno. Nella
cosmopolita Binascenza del secolo XVIII, là dove la musica con mi-
rabili e nuove posse parve rinnovare le creazioni dell' epoca eroica,
raccogliendo gli uomini stanchi innanzi ad opere immortali, innanzi
a' nuovi templi d*Egina, alle statue di Fidia e di Michelangelo, là i
maestri e il popolo d'Italia non avevano ancora guardato. A Bossini
tuttavia il capolavoro riuscì. Guglielmo Teli è il capolavoro italiano
del secolo XIX.
Il successo dell'opera resta d'ora innanzi determinato da due cor-
renti : l'una fa capo a Bossini e l'altra a Weber. Ma, accecati dallo
splendore della nuova arte, Bossiniani furono tutti coloro che vollero
ottenervi successo. Bossini non era tenuto allora per un rivoluzio-
nario né, come più tardi avvenne, per un classico; egli restò piace-
vole e grandioso, e vide nella sua stessa linea pur Bellini e Donizetti.
È solo nel periodo dei rivolgimenti politici italiani, che la pompa
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L*OPBRA DI GIUSEPPE VERDI E I SUOI CARATTERI PRINCIPALI 285
Itossiniana, il suo tratto romantico e il suo difetto, diventa il carat-
tere essenziale del suo ultimo successore , il Verdi , mentre alcuni
altri infelici pedissequi stavano a rappresentare quell'indirizzo dotto
e patriarcale della musica, che al loro scarso talento rispondeva.
n principio del secolo XIX , in Italia e in Francia , ebbe nella
musica, come nell'arte in genere, nelle idee e nella vita, un riflesso
di classicismo greco; si vogliono i contorni e i fluttuamenti morbidi
della forma, le meravigliose gioie bizantine di Rossini e Cherubini,
di Méhul e Bojeldieu. Nessun miglior modello dopo il Terrore.
L'opera è fatta di arie ricercate; sono adornamenti e vesti circasse,
collane di perle musicali, amabili intrecciature di merletti, monili di
Atene e di Boma. Ecco gli anni classici di Cherubini e di Bossinì.
A grado a grado aumenta il furore degli ornamenti, la musica di-
venta una pletora di ricci, di fiorì, di nastri. È il furore di Bossini
e Donizetti, Auber e Bellini. Poi succedono gli artisti della moda
più liscia e fino penosamente candida, mostrantisi in tutta la lor cruda
distorsione; ecco Spontini, il nuovo Bellini e Mercadante, ed ecco poco
ào^VOberto del Verdi. Poi le bizzarrie scompariscono in tutto nel
1850; è l'epoca del Verdi rinnovato dal romanticismo francese. E
d'ora innanzi tutto si semplifica sino al grande agio e alla grazia
della nuova estetica, al movimento sentimentale del 1870 e alla prosa
sentimentale del 1880.
Bellini, tentato dal nobile pensiero che l'opera fosse riformabile
nella linea della semplicità e verità drammatica, aveva pur egli
esperimentata una prima applicazione di quel carattere Bossiniano
dianzi accennato, e precisamente ne' Puritani; egli era riuscito a con-
ferir nuova firescbezza alla melodia col ricorso a' canti popolari della
sua natia terra. Ma ciò riguardava ancor troppo la cosa in sé ; non
aveva eco, non trovava riverbero nell'ambiente; non si scaldava al
fuoco d'impressioni, d'idee e stimoli sociali. Arie potenti a doppia
monodia di voci colossali, duetti, cori all'unissono o all'ottava: no,
non era ancor il momento. D'altra parte Bossini, che aveva divertito,
cominciava a stancare; la sua musica invecchiava ed era messa in
disparte. A Bellini non eran bastate le forze per farsi guida alle
nuove idee ; egli si perdette mal pratico della strada ; per proseguire
nella linea di Gluck, Weber e Spontini, occorreva un'altra natura e
una testa che egli non aveva. Donizetti, più fortunato imitatore di
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286 ARTE CONTEMPORANEA
Rossini , volse lo sguardo alle tinte vivaci , ai colori deireffetto , e
sulle orme del maestro egli ricalcò, rifece in fretta, aiutato da una
vena facile e meravigliosa. Egli potè ridestare il &scino proprio di
questa vena italiana, che a Verdi in fine recò tanta seduzione di me-
lodia, quanta Rossini le aveva accresciuta novità ed imponenza. Il
seme era finalmente caduto su buon terreno.
Ma ora i tempi erano alquanto cambiati. Nella vita politica ita-
liana, al perìodo delle proteste platoniche era succeduto quello di un
importante movimento patriottico. L'Italia aspirava ad essere una na-
zione. Una specie delFarte teatrale, tanto più efficace per la forma
indefinita con cui essa esprime idee e sentimenti, non poteva rima-
nere indifferente o estranea a questo moto. E per Io stimolo mag-
giore di questa aspirazione, nell'epoca del risorgimento nazionale,
l'opera artistica di Verdi, come esagerazione sentimentale della ori-
ginai pompa Rossiniana, trova il carattere e l'ambiente suo proprio.
Gl'inni dell'Italia che anela libertà sono la gran voce del nostro po-
polo, che l'artista ascolta e fa sua voce. È questa proprio la musica
stessa, non lo scopo, non l'intendimento in chi la scrive; energie spon-
tanee coteste, che le si associano e la fanno più bella. Ecco il puro
italianismo di Verdi ; un periodo in cui, nell'opera sua, il sentimento
patriottico nella forma del canto, rude ma conquidente, prevale
sulla tradizione musicale italiana in sé. A chi bene osservi non riu-
scirà difficile scoprire che l'artista quella tradizione aveva ripudiata
e sfatta. Il genio della natura popolare s'agitava nei figli d'Italia;
egli trascinava con sé l'artista e questi, senza bisogno di modelli, ri-
faceva da capo. Il bel canto comincia a cedere. La perleggiante or-
chestrazione di Rossini si muta in una serie di effetti massivi e gran-
diosi — per Verdi canto e suono, in principio, sono una cosa sola — ;
lo sfratto a tutto che non sia musica italiana si comincia a conside-
rare ingiusto, e il nuovo venuto si trova solo a regger le sorti del
teatro lirico. Varia^ la base dell'opera, si snatura, non è piii ricono-
scibile ; essa ha spostato il suo corpo artistico un'altra volta. Di mon-
dana, elegante e frivola ch'eli' era, carica di note, splendida in vir-
tuosità, e nell'oblio di sé, e nella franchezza spudorata della sua
degenerazione, or drammatica, or cantabile, ma sempre leziosa, essa
é diventata, col Verdi, una forza drammatica unita e massiva, rozza
in confronto coi tipi precedenti, ma più varia di ritmo e d'armoDia,
più naturale, virile, sentita.
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L*OPSaA DI Giuseppi VERDI I I SUOI CARATTERI PRINCIPALI 287
Questa evoluzione del canto drammatico consistette in ciò, che il
principio melodico penetrò più energicamente nella sfera del dramma»
Fa esteticamente ana degenerazione, perchè Varia non fu più così
bella come prima, crebbe sino a deturpare il bel canto italiano, forzò
Tergano della voce e fece più urlare che cantare ; mentre poi, col suo
sovrappeso nell'opera, seguitò constringendo a sé quanti altri effetti
vi avevano con violenza palese; ma corrispose a un'effusione più di-
retta dei sentimenti, fu più eccitante e seppe entusiasmi nuovi. A
questo possesso dell' aria italiana il Verdi era solo spiritualmente
cresciuto, non tecnicamente. Lungi dall'essere un male, ciò fu un bene;
fu l'impulso incosciente verso una riforma.
Ed ecco il Verdi del periodo epico, il Verdi della pura italianità:
forte, fiero, audace, costringente come i fatti dell'epoca. La sua arte
ha del furore; egli è rozzo e violento, talora brutale. Una delle sue
partiture — Emonia Aitila, H Corsaro — • riassume le più notevoli
peculiarità del suo stile : melodia abbacinante, a ritmo irregolare, in-
cisa a fondo, una cornice pesante di istrumentazione, incidenti orche-
strali rumorosi e violenti. L'effusione dell'artista è giovenilmente
incauta, non conosce impedimenti e pericoli ; è l'effusione dell'arta
passata da un artista classico dell'Impero a un uomo della Rivolu-
zione ; è l'effusione di quella vita esuberante che non modera i suoi
trasporti, non ritoma sul già fatto, non controlla, non critica e va
dritto all'effetto senza curarsi dei mezzi. È violenta passionalità; la
passionalità della vita e dell'arte italiana.
»
* *
Il periodo che segna la prima . trasformazione delFarte Verdiana
non è così facile da caratterizzare. Anzi tutto questa trasformazione
non è decisiva né stabile ; per cui, se il criterio dei tre stili, gene-
ralmente adottato dai critici e dai biografi, può accettarsi come sem-
plice congegno e concessione indulgente ai profani, come criterio ar-
tistico-musicale manca di serietà ed è soggetto a riserve, visto che
non è possibile applicarlo rigorosamente alle opere dell'artista nel-
l'ordine della lor successione. Anche ora, nel periodo del primo rin-
novamento, l'aria italiana si può ritenere la base formale dell'opera;
anche ora la fantasia del Maestro pur sempre si compiace delle orgie
HinMifi muiìeaU ttaiiana, VIU. 20
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288 ARTE CONTBMPOBANBA
e degli orrori del romanticismo, degli eccessi della passione, de' suoi
accecamenti, delle sue più funeste tristizie, di nn feroce realismo,
in cai il talento ebbe a mettersi talvolta a servizio del bratto, del
triviale e del ripugnante. E^li accentuò anzi la forza del carattere
drammatico e con più vigore di prima e pensatamente vi insistette.
Anche ora gli effetti ruvidi, violenti e rumorosi lo ebbero a seguace
pieno di fuoco e temperamento, entusiastico dispensatore di tutto il
meglio di sé stesso, senza restrizione e senza cautela. Anche ora egli
ignorò la importanza della totalità neiropera e ne osservò l'esistenza
nei singoli frammenti, diretti ognuno dalle proprietà dell'aria can-
tabile per le voci e per gli istrumenti. Il mo pathos fu, come prima,
natiunlismo liscio e tutto forma di sentir forte e melodico. Nella
composizione prevalse la pratica all'arte; egli modulò i suoi canti
secondo l'uso popolare. Considerò la melodia principio cardinale; gli
piacque sceglierla dalla bocca dei popolo incolto e ridonargliela non
meno semplice e popolare, anche se l'artista che la ricantava era un
cavaliere medievale, un cortigiano del Rinascimento, una dama della
borghesia. .Anche ora il sentimento per lui esistette in quanto avesse
una sostanza nitida e precisa, un'efficacia immediata, o non esistette
affatto; e l'espressione sua fu la più aperta, plastica e tagliente, o
non fu affatto. Anche ora la peculiare sua bombastica gli valse qualche
trionfo memorabile — né forse mai disparve totalmente ; fu una pre-
dilezione d'artista •— il coro rumoreggiò, isolato o forte della sua
parte negli avvenimenti, e s'introdusse dovunque gli piacque, falla-
cemente, come effetto senza causa. La sua melodia fu di preferenza
una melodia sublimata all'esterno, quale comportava una cultura di
mente più rettorìca che fina. Anche ora gli strisciamenti del canto e
l'uso della ripercussione fotografica della melodia orchestrale non ces-
sarono di essere diuturne invocazioni al successo lirico e patetico,
poiché il suo senso naturale prevalse facile ognor più nel colpire ciò
che impressionava l'animo del suo pubblico.
Ma il cambiamento c'è, ed eccone le linee generali.
Anzi tutto il compositore ha esperimentato, forse a sua stessa sa-
zietà, un genere di opera troppo strettamente legata all'italianismo
epico, al periodo dell'inno di Mameli, dell'assedio di Roma e de' com-
battimenti. A questo periodo uno nuovo ne é succeduto e di relativa
calma; siamo al 1851 , l'epoca dell' Aleardi. Anche il Maestro si concentra.
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L OPERA DI OIUSBPPS TEROI K I SUOI CARATTERI PRINCIPALI ZS»
I suoi sfoghi sono meno impetuosi ; egli discerne, e raccoglie il suo
pensiero. D'altra parte diversi uomini inetti egli ha visto porsi nella
soa ste^a via, confidenti nelle arie, nelle marcie, nei cori dellltalia
liberata e della loro povertà intellettuale perfettamente compresi. Verdi
vuole, Verdi sa scegliersi un'altra via. Egli rende così più libera la
sua attività nella stessa misura delle fatte esperienze. L'antica tra^
dizione italiana, che egli ha gettato come un fascio d'arnesi inutili,
gli si riaffaccia alla mente. Egli non va d'accordo colla reazione,
vuol camminare coi tempi, ma non intende ripudiare del tutto il
passato. La doviziosa trivialità di gran parte della sua musica, scritta
in fretta negli anni della sua vena migliore, gli discorre solo di istinto
e di inesperienza, lo anima quasi a prove diverse. D'altronde, il fiato
puzzolente degli spudorati che ha di fronte lo costringe a volger loro
le spalle tanto più presto, E così cadono i suoi vecchi ideali. Dopo
Qo brusco movimento, il Maestro sorride pensando M'Atiila,
E però Verdi, con un'alterazione apparentemente piccola nel suo
metodo di comporre, non resta Verdi. La sua fisonomia sì, è intatta.
Varia ne è lo stimate di necessità^ l'aria cui tutto egli sacrifica;
ma la sua condizion di spirito è mutata, ma il lavoro della mente
è diverso.
V'è chi pensa che Verdi abbia detto l'ultima parola nella storia
dell'aria italiana. Io non lo credo. Come riadattando questa forma
tolta a* predecessori, ma ritoccata nel ritmo e drammatizzata, nulla
impedì al Verdi d^imprimer sé con immagini nuove, e come questa
forma è in perfetta antitesi con quella della drammatica classicità
del '600, così nulla impedisce che una novella vivificazione dell'aria
italiana del secolo XVII non possa rifecondare il dramma musicale.
Verdi restò, pur nel nuovo periodo, compreso del compito che pel
musicista emerge dall'aria, ma non per questo trascurò, come prima,
0 sviò i più minuti effetti del dramma ; non per questo egli li cre-
dette accessorii. L'aria rimase il suo culto; egli la volle ad ogni
costo, le riconobbe un dominio assoluto; la sua grande facilità e la
ricchezza della propria vena melodica gli permettevano ogni sorta di
nuove esperienze; ma la spiegò e la ridusse ancora ad una forma
meno trascendentale, pur avendola buona per esprimere, secondo ve-
rità, situazioni ed intere scene drammatiche.
Qui è il concetto fondamentale e positivo che trasforma l'arte Ver-
diana.
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290 ARTE CONTBMPORANKA
Ma Taitista trae partito anche da an'altra fonte di esperienze. Forse
fo un'eccezione, fa un tentativo. Per la prima volta la sua erudi-
zione musicale appare intaccata di Qermanismo nel 1850 (Stiffelio);
un sintomo oscuro, un rimprovero fuor di luogo e apparentemente
stolto per l'osservatore d'oggidì, ma non co^ per il pubblico e i giu-
dici dell'epoca:
n latto è che la passionalità e il carattere tengono più spesso e
meglio il posto della sciolta melodia primitiva. Bando agli effetti
aspri e al fare stereotipo egli non diede — guardate i Vespri Sici-
Uani — ma ^li tempera gli eccessi dell'isolato cantabile e talora,
meglio riassumendo la condizione di spirito della situazione, lo con-
verte in recitazione melopeica — guardate la Faraa del Destino^ il
B<Mo in Maschera, la Traviata — ed ha il concetto dell'efficacia
totale dell'opera — osservate il BaUo in Maschera e il BigoleUo.
La ricchezza barocca del sentimento pieno e volgare si mitiga; l'uso,
l'effetto delle masse, moderato in prima, abbacina e appesantisce
di nuovo ne' Vespri e nel Don Carlo. A più artistica forma era de-
stinato forse a non ceder mai. Una modesta intellettualità non di meno
subentra alla sbrigliata sensazione dell'effetto istantaneo, mentre nella
melodia sempre domina quella temperamentale plasticità, che è la
molla impulsiva di tutto. Non è più uno spreco, informativo e ma-
teriante prima, di forze musicali e nazionali insieme, di cui la cul-
tura nulla profittò e il pubblico si stancò si presto ; ma sibbene una
più savia direzione dei mezzi, che al fine guidano in consentimento
collo spirito pubblico.
Ciò che si osserva nella lìnea generica dell'opera dal lato della
musica vocale non è meno vero se si considera l'attitudine dell'or-
chestra. Essa precisamente interviene ora con una caratteristica dram-
matica più unita e continua e, maneggiata con maggiore abilità,
non individua più soltanto l'incidente isolato, ma, come espression di
questo e come accompagnamento, acquista un colorito tragico di cui
il Verdi prima non ebbe idea.
E però è ancora la melodia, in fondo, che ambisce ad esprimere la
situazione. Pur quando il caso voglia che il musicista occhieggi il
melodramma di Francia, la vera sua prima vaghezza esotica, egli non
cede il proprio, ma rifa a suo modo l'altrui. Così egli dà carattere
proprio a una maggior ricchezza armonica e a una più varia istru-
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L*OPBRA DI aiU8H»Pa TUU)I ■ I SUOI GARATTKRI PRINCIPALI 291
mentazione, entrambe importate. Ma egli non fa comicamente l'eru-
dito e ii tedesco come il senile &nciaIlo partenopeo. Egli vi?ifica la
melodia italiana, la melodia del sentimento e del caore. Il colore
forestiero, che la copre talvolta, non basta a nasconderla; un difetto
questo pel dramma di carattere, che diventa un tratto interessante
neiroggettivazione del musicista. Sì, gli elementi di arte forestiera
a quest'epoca — dal Bigoìeiio al Don Carlo — passati pel crogiuolo
del Verdi di?engono bizzarrie e artifici che sì scoprono subito, tanto
poco ai assimilano col suo sentimento personale e sincero. L'artista
non è ancora riuscito a una fusione perfetta. Or questa maggior cura
di assimilarsi elementi eterogenei di sostanza e forma una volta lo
tradiscono completamente: nel Dan Carìo^ l'opera di un'ambizione
rispettabile risolta nell'aridità.
Lo stile polifonico ora annuncia il suo dominio; nessun artificio
turba più l'accordo fra suono e parola, la piacevolezza non istà pel
carattere. Verdi, con nuova serietà di proposito, è l'artista del grande
motivo emozionale, arbitro del dramma, che egli domina con un'arte
tecnicamente assimilata e idealmente sua. La melodia n'ò pur sempre
il sigillo impresso con forza, ma non con violenza. 11 canto italiano
fiammeggia ancora, ma non è più il canto che sarà domani prover-
biale, non è più la lingua pura della nazione.
Il vero stimate, il vero vincolo nazionale nell'arte di Verdi è l'ele-
mento melodico-epico della prima maniera. Il cosmopolitismo dell'ul*
tima segue dopo l'epoca dei Vespri e del Don Carlo^ che contrasse-
gnano la frase intermedia. Si tratta di un passaggio. Basta osservare,
nel caso pratico, come egli intenda ancora l'accomodamento degli
elementi sonori, l'uso dei pezzi e dei numeri o nel centro o negli
estremi dell'opera, la scelta dell'orchestrazione. Tutto è ancor sulla
linea di passaggio da un'esperienza all'altra, tutto sta novellamente
riformandosi. L'artista ha sentito, ha ascoltato; le catastrofi, i suc-
cessi dell'opera gli si manifestano in una vasta serie di fatti non
pure speciali ma della musica in genere. Ora gli scambi tra popolo
e popolo, le comunicazioni facilitate, il contatto divenuto maggiore,
il nuovo assetto della politica Europea e la miseria della produzione
artistica paesana avevan fatto sì che gl'italiani volgesser gli occhi
all'estero: Verdi li volse con essi. Ma egli, il vessillifero della mu-
sica italiana, non smarrì se stesso per ciò ; egli aveva troppo senso
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E08 ARTS CONTEMPORANEA
pratico. Fu grande e modesto aoehe Dell'annegare la sua stessa per-
sonalità, quando la voce dell'arte nera giunse al suo vigilante orecchio.
Egli riconobbe il mutamento dei fatti artistici e culturali e prese
la corsa verso le aspirazioni nuove coll'anima di un giovine entu-
siasta. Orando e modesto veramente, egli ebbe ora la piena coscienza
della sua missione storica.
Ed ecco l'ultimo Verdi.
Sul cambiamento del pubblico gusto in arte premette, oltre il resto,
l'opera forestiera. Le brillanti opere di Meyerbeer segnavano ogni dì
nuovi trionfi. Meyerbeer, allo aenit della sua carriera, era l'uomo
del giorno. Egli aveva perfezionato la musica drammatica. Al con-
tatto del pubblico francese, la ruvidezza nativa si era temperata; la
sua virtù propria e spontanea raffinata, modellata mediante una grazia
e finezza artistica invano cercate nello spirito e nella cultura della
razza teutonica, ne aveva fatto il musicista cosmopolita. Egli ci af-
faticava un poco, è vero; il suo sapere sinfonico aveva dello strano
e dell'affettato; però la sua forza ti*agica c'imponeva, la sua poesia
era allettevole e, tutti d'accordo in Europa, noi ammirammo e gri*
damme al capolavoro. Come Guglielmo Teli e La muta di Portici erano
state un avvertimento per Meyerbeer, così lo furono gli Ugonotti per
Verdi; anzi la stessa personalità del maestro tedesco fu pel Verdi
un avvertimento e un esempio. Collo stile precedente, forse egli stesso
inconsapevole, avvenne una rottura completa. La sua vena, il suo
temperamento sj piegarono, senz'avvedersene e senza scomporsi, anzi
ringiovanepdosi, alle acquisizioni dell'arte cosmopolita Meyerbeerìana.
Il lavoro della italica fantasia aggraziò, abbellì; il canto italiano
restò 0 parve restare, ma la forma n'esci infranta. In compenso, il
carattere e l'intensità del sentimento, il maggior colorito e il nuovo
indirizzo dell'orchestrazione soddisfecero meglio. Guardate il dramma
di Schiller o di Shakespeare musicato dal Verdi del Maebeth, dei
Masnadieri o della Luisa MiUer, e confrontatelo col Simon Bocca-
negray col Don Carlo^ cclìV Otello. Le cavatine e le melodie da reg-
gimento, i larghi finali rumorosi sono diventati pezzi di espressione
intima, pitture trag^iche, scene di carattere. L'artista non si fa più
a raccontare una storia orribile in tempo di mazurka, non dà a una
scena funerea la sua inevitabile soluzione allegra, non più insomma
le incongruenze e gli stridenti contrasti del periodo precedente. La
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l'opera di 01U8BPPB ViaOI ■ 1 SUOI CABATTERI PRINCIPALI 293
stessa maestrìa orchestrale Heyerbeerìana, la stessa finena, facilità
e leg^gerezza francese, accostate prima, ma non raggiunte, sono ora di
fatto sorpassate. Dopo il Don Carlo Verdi ha ritrovato uno stile.
L*arìdezza» il tormento, la confasione sono sparite. La fiintasia e la
mano del maestro, libere o rinfrancate dopo un'esperienza salutare,
dopo un incidente estetico non propizio alla sua natura impreparata,
gli permettono di gettare la maschera; il nuovo equilibrio è lo stesso
prevalere nuovo, se non completo, della sua natura. Per lo meno quel
che le si era attaccato di velenoso ò reciso. Nella ferma natura di
quest'uomo il pathos ricorda ancora l'antica energia. Egli non ha pib
bisogno di ricordare con un paio di pezzi incidentali, che i Vespri
son opera italiana, uè di uccidere il BaUo in Maschera d'Auber
con Tarmi affilate alla grazia francese, perchè VAida e il Falstaff
sorpassano qualunque confronto; ciò che pur sia frammentario e for-
zato nel Don Carlo, cede alla totalità d'impressione e alla densità
dell' Ofeflo; nei dettagli l'interesse assoluto della melodia è passato
nell'armonia; lo stile polifonico sostituisce l'omofonico; la voluttà
dell'assoluto canto non ha più nessun potere su lui ; Verdi è diven-
tato sapiente.
E dopo ciò, Verdi — tutti declamano — resta Verdi. Ma Verdi è
la personificazione, l'evoluzione drammatica dell'aria italiana. Ora
lopera italiana considera il canto nella sua proprietà musicale, così
che la declamazione poetica, rinchiusa nella forma, rimane pura mu-
sica, aria teatrale. Ora Verdi passa al concetto opposto. Per lui la
declamazione poetica, altrimenti basata sull'accentuazione del discorso
musicale, ossia il canto, si spoeta e invece di dirimere le sue parti,
diventa, unita, il criterio direttivo dell'espressione e del canto; il
Maestro dà di piglio al recitativo a preferenza della melodia, anzi
ci vede chiaro per la prima volta il rapporto che l'accompagnamento
ha col canto; egli si accorge e insiste sul gran vantaggio di una buona
e forte declamazione ; prova col &tto che i suoni devono acconciarsi
alle parole, non le parole ai suoni ; rifiuta il dominio assoluto della
melodia, la piacevolezza e l'effetto; vuole quel naturalismo che risiede
nell'accordo perfetto fra musica e parola, rinnega il suo passato.
— Ma tutti declamano ancora : Verdi è sempre Verdi. — E si rift
la lunga palinodia e si concede che il metodo di composizione, coi
relativi elementi di progresso drammatico e musicale, sia cambiato
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204 ARTI GONTBMPOaANBA
dal BigoUtto in poi (cosa non vera), e a poco per yoIìa, ftcendo ce-
dere lo slancio in?entiyo nazionale e la sensibilità fn?ola a una pe-
netrazione maggiore, e allegando poscia quando l'eradizione indecisa,
quando lo sforzo palese, si arriva ad accostare, come in un processo
d'autogenesia continua, Topera italiana alla straniera, si arriva alla
confusione d'entrambe suggestionata dalla melodia infinita, che non
nasconde le sue traccio nell' J^ìAi, per concludere ancora tutti decla-
mando: Verdi è sempre Verdi.
Sì, come l'arte è natura e la natura è arte. Vero sotto forma di
sillogismo. Ora, al punto in cui siamo, è indiscutibilmente più arte che
natura: tale è la maniera di essere dell'artista. Ciò che avvicina il
nuovo al vecchio Verdi resta pur sempre il senso plastico specifica-
mente italiano della melodia e la temperata intellettualità che nel
fette artistico si equilibra, ma non soverchia come nell'opera tedesca.
Questo nuovo elemento, tradotto nella risoluzione polifonica delle parti
melodiche, è l'anello di congiunzione fra la natura del compositore
ed il sentimento della modernità. Meyerbeer e Halévy prepararono
la trasformazione del Verdi, Wagner la completò.
Stette Verdi sotto l'influenza di Wagner? È una questione ancora
aperta perchè non si è mai discussa serenamente. I panegirici, le
iperboli e la miglior pagina di contrappunto non hanno mai risolto
nessun problema in arte, mentre i successi reali portano avanti gli
uomini e le nazioni, tanto che essi possono diventare successi e tirannie
della moda. La Francia e la Qermania non ebbero meno successi
dell'Italia nell'opera de' nostri tempi. La musica italiana fece come
la politica italiana: prima risenti l'influenza di quelli, poscia l'in-
fluenza di questi. L'ultima maniera di Verdi è un composito dell'una
di queste influenze, nelle peculiarità del singolo pezzo di musica, e
dell'una d'altra insieme nella totalità dell'opera, con un amalgama
in cui è precisamente il suo carattere anfibologico a doppia veste :
l'una cosmopolita sovrapposta; l'altra nazionale sottoposta, cioè il
temperamento. Nella misura con cui Verdi accoglie nell'opera sua
elementi francesi ed elementi tedeschi, oliasi raffina e si perfeziona:
dal Meyerbeer al Wagner il progresso è immenso, come dal Don Cario
aU'OfeSo, tanto che l'una di queste opere non lascia sospettare l'altra.
Ciò che lascia al Verdi la italianità del sentimento è l'idea im-
perfetta ed oscura che egli ha, come gli stessi suoi connazionali.
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L^OPERA DI GIUSEPPE VERDI E I BUOI CA.RATTBRI PRINCIPALI 295
della musica francese e specialmente della tedesca. Come artista ita-
liano, egli attinge dove è più viva cantabilità. Quando la fonte fran-
cese s'intorbida egli attinge alla tedesca. La vivacità e la pieghevo-
lezza dell'ingegno italiano operano veri miracoli; egli percepisce,
accomoda, modifica, si assimila in modo meraviglioso le proprietà
superficiali dell'una e dell'altra. Occorre solo che l'età tolga all'ar-
tista la freschezza della melodia, in cui ^li più non ardisce di
essere semplice e spontaneo, ed egli vi dirà un'ultima parola: è forse
la parola dell'arte intellettuale. Data la linea rappresentativa in cui
procedeva la musa del Verdi, dopo aver rinunciato all'elemento po-
polare nazionale, dopo aver gettato il vecchio tronco dell'aria, l'in-
contro col Wagner del Tannhàuser era inevitabile. 11 suo detto: «la
musica dell'avvenire non mi & paura » è la convinzione solida di
un uomo che considera inattaccabile la sua natura d'artista e sa di
arrivare, ma è insciente della sua graduale evoluzione. Si vedrà in
che egli doveva rimaner ben lungi dai caratteri e dalle proprietà di
stile che distinguono il principio artistico germanico dal principio
romano, specialmente quando esse vengano considerate nelle loro con-
seguenze estreme.
Per la caratterizzazione dell'arte di Verdi importante è l'elemento
epico nazionale. Verdi confuse questo elemento con l'elemento arti-
stico : credette all'inattaccabilità vicendevole di queste due forze, ma
s'illuse; e il fatto che egli alle germaniche forme d'arte non era
cresciuto, doveva ritardare la fusione perfetta, se non forse impedirla;
così l'opera del Verdi, nell'ultimo suo stadio, è italiana di sentimento
0 più italiana delle altre.
In ogni modo. Verdi che era stato posto, dopo il Bigoletto^ alla
testa di una riforma dell'opera italiana, l'ha realmente compiuta.
Accostiamo questi caratteri, scoperti nel progresso generale dell'arte
Verdiana, al fatto concreto dell'opera d'arte, e vedremo quali ne siano
le risultanze specìfiche ; queste compensano della non poca fatica che
costa una simile indagine.
Rifiutata la divisione dell'opera di Verdi nei tre soliti periodi, che
abbiamo non di meno attraversati rapidamente, accentuandoli ancora
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296 AETB CONTKMPOHAMEA
per noD contrariare d'un colpo la consuetudine dei lettori, io la con-
cepirei come una serie ininterrotta e grandemente modulata di fatti, in
una scala che si estende dalla tragedia corale alla commedia giocosa.
Tra questi due estremi si eleva, svolgendosi lenta col suo tempo,
l'arte Verdiana e signoreggia senza forti scosse, senza rivalità e tur-
bamenti.
L'epoca di Verdi è epoca di entusiasmi per l'arte e gli artisti, che
noi non conosciamo. Li aveva rievocati la società al principio del
secolo. L'arte subiva rivolgimenti strani, cui l'uomo colto ed elegante
attendeva con interesse ardente, ammirazione e sorpresa. Il teatro li-
rico appassionava in modo speciale. La scuola classica, che abbatte
le opere dei musicisti galanti del secolo XVIII, è un avvenimento
europeo. Rossini che ritoma allo studio del vero giocoso, Spontini
che traveste il nudo con un drappo di arte greca e romana e che, rea-
gendo, sostituisce, come Cherubini, il convenzionalismo alla vita reale,
assumono, come personalità eminenti mediante i lor fatti dell'arte,
un'importanza generale; sollevano discussioni, lotte, eccitano l'ammi-
razione e le proteste dei fanatici. Il teatro lirico ha una viva letteratura
sua, per cui tutti si appassionano. La vista del compositore era un'emo-
zione ; egli era segnato a dito come un immortale. E così avvenne ai
fortunati che succedettero. La nuova scuola, che con Bellini e Doni*
zetti combatte per trent'anni e finalmente trionfa al momento della
Bivoluzione del 1848, preludia all'ultima fase di questi entusiasmi.
Verdi rappresenta l'alba del romanticismo.
Quando il nuovo maestro cominciò a scrivere, la scena lirica in Italia
era un semplice podio da cantanti. Spesso il soggetto era un pretesto
per far sentire dei concerti vocali. Le opere venivano composte in fretta
e senza pretesa, destinate a questo o a quel teatro come novità di
stagione. Esse erano commissionate da un impresario che se ne gio-
vava, se aveva fortuna, in un determinato periodo, passato il quale
non se ne parlava più. Le opere subivano una specie di influenza
regolativa dal pubblico cui erano destinate in prima. Spostato così
il principio direttivo dell'opera, come prodotto artistico, questa, nel
caso migliore, dovea soffrirne, quando non era il risultato di un rozzo
mestiere. Il pubblico si era creato l'operista a suo modo e lo ado-
perava come un giocattolo. Il libretto non aveva che un'importanza
sensazionale generica; tutto vi era tollerabile, purché servisse alla
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L*OP£BA D[ GIUSSPPK T|ROI I 1 SUOI CAnATTERI PRINCIPALI 207
composizione di qualche buon pezzo di masica facile e popolare. In
una più recente rappresentazione dell* OteUo di Rossini al teatro
S. Carlo di Napoli, per causa di una cattiva cantante della parte di
Emilia, si ommette?a il duetto « Vorrei che il tuo pensiero » e si
sostituiva con un*aria di Verdi caniÀta da Desdemona. U fatto delinea
la situazione più o meno uguale in tutta Italia. 11 Verdi non potò
cambiarla; ^li da principio si contenne' con l'afte e col pubblico
come i suoi predecessori. La cultura di questo pubblico era barbara,
ed egli le scelse ciò che le conveniva ; l'opera sua ha quasi sempre
i caratteri di un prodotto riflesso. Fra le prime opere ve ne sono
alcune di cui non metto conto parlare; altre che riescono ancora ad
attrarre, storicamente, qualche attenzione indiretta, mostrano la in-
capacità dell' arte italiana dell'epoca a intendere l' opera in musica
come opera d'arte.
Anzi tutto, per liberare la forte passionalità del suo temperamento
e accondiscendere alle tendenze del pubblico, il Verdi ricorse subito
a soggetti tragici. Egli rappresenta l'alba del romanticismo, ho detto,
e i soggetti li prende da Shakespeare, Schiller, Hugo, Byron, dal
teatro francese e spagnuolo: linee forti, grandi contrasti, effetti a sen-
sazione e sulle masse. Il soggetto assisteva la musica, che aveva esito
a sé: cori, inni di libertà, processioni, marcie, arie tragiche con pi-
stolotto di finale allegria, scene di congiure irrompenti, di ven-
dette ed eccidii, catapulte di violenze e sterminio, ombre di cimi-
teri, apparizioni di diavoli e di santi. Ma le forti figure egli le
cercò in Shakespeare e Schiller. E i sentimenti estremi, gli eccessi
di Shakespeare, i deliri, le bassezze e le turpitudini sue, le inquie-
tudini di questa grand'anima, i dubbi, i turbamenti diventarono po-
polari, triviali scene d'opera; esse sembrano in musica le cose più
comuni, si direbbero distrazioni, debolezze del genio. Al coro manca
il carattere considerativo ; esso è tutto un seguito di asperità e di
effetti superficiali. La cultura necessaria a tentare i soggetti scelti
non sempre aiutava il maestro: egli poco vede oltre le loro esterio-
rità. Perciò i soggetti germanici, scelti senza un'idea chiara del prin-
cipio d'arte germanico, mancarono tutti il loro effetto. Le opere create
pel momento scomparvero senza lasciar traccia, poiché anche lo stesso
carattere nazionale della musica molte volte si trovò fuor di luogo
e disperso dalle qualità del soggetto poetico. L'opera, nella mente
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296 ARTE CONTBMPORAMEA
di Schiller destinata a sorgere dalla tragedia in una forma ideale,
fu anzi tatto, come libretto^ una brutalità o un'azione puerile. Nella
decadenza del tatto degenerarono le parti. Ogni più ardita finzione del
dramma divenne un effetto materiale, un coro, una cavatina, un rondò.
E mentre, per quanto dozzinalmente manipolati dal poeta, i soggetti
erano in parte dignitosi e virili, non molto passò che la degenera-
zione si spinse nel vero disagio morale, nella morbosità, nelle pa-
rodie, e si passò al ditirambo, alla fantasmagorìa» alla coreografia,
alle orrìbili storpiature del teatro francese e spagnuolo, componendo
così per una specie di Porte Saint Martin italiana, proprìo come nella
decadenza del secolo XVII. L'esempio di Meyerbeer aumentò il guasto.
Si attenua la pompa dell' ambiente, ma si cerca medesimamente la
storia orrìbile colla varietà del contorno borghese e popolare. Gilda,
Azucena, Manrìco sono spostamenti che hanno della favola. Il vizio,
la malattia, le fogne brìllantì di leggerezza e di turpitudine, sentieri
sdrucciolevoli ed espressione pesante, vergini tramutate in coqueties,
maggiordomi e castellani educati alle bettole, vecchie zingare e storie
terrìbili, comicità e crudezze puerìli attorno a fatti tragici, a tombe
aperte, tutto il sacco del piii crudo romanticismo fu vuotato addosso
a' più ripugnanti soggetti, e il Verdi spiegò nuove rìsorse della sua vena
tragica e inventò nuove melodie. In complesso, da del Bernini si passò
a del Balzac diluito. L'epoca era decisamente cattiva. Che facessero
gli imitatori è inutile dire. Meyerbeer finì col cedere tutto il suo ba-
gaglio poeticomusicale; Verdi volle esser l'uomo del giorno come e più
di lui ; egli guardò nel caleidoscopio meraviglioso dell'accorto e ladro
giudeo: fatalmente egli trovò da eccitarsi nel barocco, quando il sno
ricco sentimento vi si affondò, lasciando sulle acque calme della su-
perficie soltanto la schiuma della sua melodia. Ogni tanto l'esistenza
di qualche brano, in cui egli era all'altezza sua di compositore ori-
ginale, gli bastò per far passare il resto.
Le regioni della fantasia non seducono il Verdi ; egli ama l'opera
tradizionale e borghese secondo gli permette la sua intuizione. Fra
non molta varietà di tipi, egli riesce nel secondo tentativo della com-
media d'intrighi, dopo averci data Topera tragica della gelosia. I so-
liti personaggi caratteristici della scena lirica ne fanno le spese, ma
il musicista vi infonde una vita nuova. La fortuna deiropera giocosa
lo trasse al Falstaff; dopo gli eccessi d'Otello, lo sedussero le bas-
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L*OPXRA DI OIU8IPPB TXROI K I SUOI GARATTXRI PRINCIPALI 299
sezze, le trivialità deirinsopportabile e perpetuo Falstaff; avrebbe
potato finire col cane Crabb. Fa T ironia stessa, T ironia 4lella vita
che lo allettò? Può darsi. Fu la visione sicura della decadenza del
dramma lirico, che indusse il buon vecchio a cercare un po' di
umorismo come per mitigare una afflizione cronica ? Può darsi. Che
la fine sua musica, impressionante — e per intellettualità e per sen-
timento — ci compensasse della calda melodia che avevamo perduta
nessuno penserà: le scintille del Falstaff non incendono, e noi do-
mandavamo l'incendio. Mentre l'OfeSo offriva realmente un'ebbrezza
di rappresentazione, il Falstaff era la cenere dell'ultimo grande in-
cendio. E Verdi finì con un soggetto che toccava ancora la corda
istintiva del realismo volgare in quel grottesco ambiente di comicità,
in cui la stessa sua giovinezza gli si era mostrata sfavorevole; egli
finì dove l'arte soverchia la natura, finì tra l'ironia della vita e del-
l'arte.
Il libretto di Verdi è pel critico una pillola amara. Tralasciando
quella ingenua rassegna Don Chisciottesca, che è VOberto conte di San
Bonifacio^ chi guarderà ancora da vicino gl'indovinelli interminabili
dei Lombardi^ gli espedienti e la coreografia della Giovanna d'Arco^ i
comodini lirico-fiintastici del Macbeth, le falsificazioni dei Masnadieri
e della Luisa Miller, le melensaggini dello Siiffelio, solo peggiorate
nella seconda edizione come Aroldo? Gli è proprio un correre al ga-
loppo dissipando la propria attività nella corruzione del bello e sco-
prendo con istinto bestiale tutte le più mostruose faccio del brutto.
Quale penosa situazione quella del musicista, costretto a consumare
il meglio delle sue forze giovanili in servizio di così ignobili arruf-
famenti e di così villano mestiere.
In fondo, Parte e il phatos di Shakespeare e di Schiller recavano
alla musica di Verdi il beneficio di quell'elevata sensazione, che i
librettisti si sforzavano a distruggere. Anche nella successiva fase del-
l'arte Verdiana il libretto fu trascurato, poche eccezioni fatte. Le
simpatie del maestro si volsero altrove. Alle stoffe dalla forza tragica
esuberante, dalla rettorìca impettita e gonfia, dal phatos drammatico
pesante, impetuoso, alle scene dai tremendi contrasti e dal senti-
mento inesorabile e feroce, educato alle conquise acclamazioni del
gusto popolare, agli applausi delle arene, succedono le riviste di un
nuovo cpmanticismo più affettato e più lirico, le orribili scene acca-
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300 ARTI GONTBMPORANBA
tastate del teatro spagnuolo, gli eccitamenti e la patologia del ro*
manzo nuovo. Il cambiamento è notevole. La corrente romantica fran-
cese invade V opera italiana con nuova violenza, e questa assorbe,
assimila avidamente. L'opera di Verdi conquista i pubblici stranieri.
La favella musicale, con nuova efficacia e ardimento, si universalin»,
lo stile si altera. Il primo a sentire la necessità di una simile ttsB-
formazione è il musicista, che neirambito de' vecchi soggetti ha im-
poverita la sua vena e si è ripetuto fra non dubbi insuccessi. Anche
la vita popolare italiana, rinnovata dalle rivoluzioni e dalle guerre,
domanda nuovi eccitamenti e Tarte una nuova favella; ciò che l'Italia
sfinita non trova può ben trovarlo la Francia. L'influenza della let-
teratura e del teatro francese è la più caratteristica. Parigi è il
focus e Scribe fece tre volte la parte di Fenice. Questo fuoco arro-
venta già col Bigoletio^ il dramma più turpe che abbia sorretto ma*
sica fluida e inspirata, col Trovatore e con la Forza del Destino,
soggetti terribili e ripugnanti fino al gusto esotico, cui l'opera s'ac-
costava ognor più. Nuovo campo all'intento del realismo del libretto
d'opera fu la Traviata — la corruzione, la tisi, il tanfo di cadavere;
e venne un nuovo successo di Schiller déguisé, Simon Boccanegra,
e vennero i libretti dello Scribe, dai Vespri al Don Carlo, che eb-
bero al loro attivo qualche bella scena di lirico e drammatico effetto,
per merito del compositore, a compenso dei trucchi che l'arsenale
francese aveva ceduto a tonnellate. Apparentemente il dramma di
Schiller {Don Carlo) si prestava alla musica; in fondo le figure del
dramma perdettero la Jor fisonoroia ; gli episodi religiosi e politici,
che ne son tanta parte, restarono irriflessi. Ma i concertati, i cori
giubilanti e le nenie, i cortei, i balli, le allegorie, le apparizioni de-
ponevano, meglio che qualunque altro testimonio, della inferiorità
estetica di questa colossale pièce coupée.
Nei drammi di poi, VAida eccettuata, l'opera rivive con arte assai
migliore. Ma neWAida del Du Lode il senso della totalità impres-
siva è rappresentato da due elementi musicali : il tono elegiaco per-
petuo ; il colore locale. 11 poeta rimane responsabile, come si direbbe,
di un corso completo d'egittologia.
La tragedia e la commedia Shakesperiana ricordano ancora al Verdi
l'alleanza antica, e il poeta risponde a' suoi nuovi bisogni. Egli è
eccessivo. 11 falso Jago, il destino tragico che agl'innocenti è verti-
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L*OPEBA DI Giuseppi VERDI X I SUOI CARATTBRI PRINCIPAU 301
gine, r erotismo e la fiamma della gelosia ritornano al Verdi sotto
la forma di predHezioni. Il poeta cioè gliele ritorna nella questio-
nabile rapidità detrazione, nella mancanza di equilibrio morale, nella
negazione di ogni sentimento umano, nella mostruosità dell'abisso in
cui getta l'innocenza, negli errori dellMstinto, nella stupidità che è
colpa. Ma il sentimento è profondo e il dramma è solido.
Falstaff: ecco il contrasto più completo che si possa immaginare.
OteUo'Falstaff: vale a dire di eccesso in eccesso sul tema della ge-
losia. La più crudele delle tragedie: la più pantagruelica farsa. La
gelosia, occhio di tutta la più orrenda mostruosità del male : la ge-
losia, occhio di tutto il superlativo ridicolo della goffaggine. L'unità
dei due soggetti è evidente.
Tali i caratteri fondamentali del libretto d'ideale Verdiano : crudo
e forte contrasto, luce piena o tenebre dense, porte spalancate del-
l'anima, rade energia. Verdi con arte incomparabilmente maggiore,
in fine, punge quella sua vena, che gli ha creato un ideale a suo
modo. Anche con questi ultimi sviluppi è sempre all't^pera, alla sua
falsariga che noi siamo richiamati. I progressi del Verdi sono gra-
duali nell'ambito di una forma che egli ha fatto a se stesso tradi-
zione. I soggetti 0 i canevacci hanno compiuto il loro viaggio intomo
alla modalità dell'una o dell'altra scuola, senza uscire dall'itinerario
prescritto dal genere d'arte in credito. Poiché sulle traccio del RU
goletto e del Ballo in Maschera si coordinarono le sublimate opere
di destinazione francese, anfibie come la personalità di chi le mise
in moda, e su quelle dell' Aida non eran possibili che ripetizioni.
Un incontro coll'opera leggendaria allemanna fu evitato di proposito,
fors'anche perchè nel temperamento del Verdi essa non capiva. Tutto
ciò che ebbe più sentor moderno fu come cristallizzato nella com-
media giocosa. — Il libretto di Verdi è pel critico una pillola amara.
Gl'italici scrittori di cavatine non si rallegrarono per certo che
maestro Verdi si ponesse con loro in sì viva concorrenza; la così
detta dottrina del Beai Collegio di Napoli scosse le spalle, e il bel canto
si mise a rìdere. Verdi proseguì tranquillo per la sua strada e trasse
a sé più di un vecchio camaleonte. Biassumere i caratteri dei primi
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902 ARTI GONTEMPORANKA
layorì del Verdi può essere un fuor d'opera per Testetica, ma come
punto di partenza di uno sviluppo artistico intelligente, la critica,
anzi che sdegnarli, li considera importanti. Dopo VOberio e il Finto
Siamaìao^ gli è un crescendo di schietto naturalismo e violenza
drammatica, n canto drammatico, in quanto può avere di questa
violenza, è il successo di Verdi. Melodia fortemente impressa sopra
un blocco massivo di sonorità, ritmica nuova e audace, istrumen-
tazione sferzante e rumorosa: ecco gli elementi di originalità del
Nabucco; la linea è dura, il disegno è greve, ma hanno entrambi
carattere e personalità, non piti solo la trascendentale pianezza del-
l'assoluta melodia; il sentimento vi è vero, profondo e commovente;
e ognun vede com'esso abbia, e di quanto, varcato i limiti delle pa-
rafemalie napoletane, per passare, .sia pure aspramente, sul terreno
della poesia e dell'arte reale. Questa, a mio avviso, è la genesi del
successo dì Verdi. Si tratta per lui di trovare un punto intermedio
fra la mollezza di Bellini, i giuocattoli di Rossini e l'ecclettismo di
Donizetti. Questi, coirintenzione di raffinare l'opera, l'aveva messa
sulla via della trivialità: nel dominio dolce della melodia è tutta
l'arte dell'operista. Il naturalismo di Verdi non poteva riuscire
fuorché accentuando fino alla violenza la passionalità della musica
Donizettiana e sopprìmendo il bel {canto. Verdi, con minor arte,
parla più direttamente al cuore degli uditori suoi. Quest'uomo segue,
libero affatto, il moto de' propri sentimenti, i quali, anche se poco
investiti dell'oggetto, diventano le passioni de' suoi personaggi e sono
rudi e forti, tutto fuoco nella voluttà e nel dolore, o non sono affotto.
Ciò non dà ancora stile, ma sì un tratto marcato specialmente nei
Lombardi e nell'imam; arie a tutto pasto, allegri agitati e galop-
panti, non importa se nella bocca dì pie suore o di focosi amatori,
di padri sdegnati o dì eroi insolenti. La musica per lui dev'essere
tutta anima e vita come la giovinezza. Questa indifferenza per la
cosa e la proprietà dell'espressione e questo zelo per la musica ta-
gliente è il fondamentale carattere della prima maniera Verdiana. Pezzi
interessanti, di espressione tenera e misurata, come nei Lombardi il
famoso terzetto, non distruggono il principio. Questo carattere è ac-
centuato assai neirj^mant e nei Bue Foscari, scema d'intensità
nella prolissa e fredda Giovanna d'Arco ed è fortemente visibile
nel Macbeth, nei Masnadieri, neW Aitila. Si pensi al brindisi di
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L*OPBaA DI GIUSEPPI VERDI E I SUOI CARATTERI PRINQPALI 303
Lady Macbeth, al coro degli assassini co' suoi pianissimi misteriosi
e staccati» alle arie di Moor e di Amalia. Quali strane incongraense I
Le aggiunte poste a ricamo di effetti sono tediose, la scena drammatica
è sempre la melodia stessa portata innanzi dall'impenitente galoppo
dell'orchestra. Ma il canto affettato e rozzo non ha riflesso nel dramma,
l'accento patetico è esagerato e nnicolore. Franz Moor canta come
Lady Macbeth, il segretario Wnrm come Emani, Luisa Miller come
Giovanna d'Arco, il vecchio Miller come Nabucco, gli assassini come
i cavalieri, le ancelle come i crociati, i pellegrini come le streghe.
D pubblico del teatro, del resto, ama il barocco, sia egli ricchezza, sia
&lsità di sentimento, vuol frasi analoghe e poco s'interessa di esatta
pittura musicale.
Verdi riesce da per tutto con la sola forma melodica. H recitativo è
forma a sé, relegato e disteso in formule altrettanto convenzionali. Non
è che molto più tardi che il recitativo assurge anche per lui a vera po-
tenza drammatica. Verdi è patetico sempre, ponderoso nella tenerezza
e nell'odio, nel semplice e nel drammatico. Così egli restò, ad esempio,
nel Bigóktto. L'aria di Oilda è un pezzo di bravura a la Dame
aux CaméKas o a la Eboli: Oilda è una coquette. II Duca di Man-
tova e i suoi cortigiani sentono della taverna, e il delitto sopra un
fiore di verginità, quando negli orecchi tintinna ancora la donna è
mobiìej paga molti diritti che il poeta Hugo non aveva sulla deli-
catezza del sentimento italiano. Questo predominio della natura me-
lodica in sé e per sé, non importa quali i caratteri e gli episodi, é
l'essenza medesima del Trovatore^ certamente nobile e bella nella
maggior parte del quarto atto. Ma il pensiero e il colorito, vero e
patetico per Azucena, non si stende sull'opera, come la bombastica
generale pesante, che pareva abbandonata nel BigokUo, e ritorna
quivi riaccendendo le incongruenze. Essa guasta ancora parecchi
punti della Traviata, l'opera della naturai pittura d'ambiente e del
miglior tono di conversazione, in cui, col predominio della passione
risolta in melodia intensiva, gli venne meno la brillante mobilità
del genio francese. La realistica pianezza dell'ultimo atto assume, a
un tratto, la forza espressiva della compassione e del presentimento
nell'arioso di Violetta, che parmi si stenda come un grand'arco «fra
gli estremi della natura umana, fra la gioia e il dolore, la vita e
la morte. Qui il Verdi é realmente un grande compositore dramma-
Astuta wtuaicait OaliafM, Vili. 21
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904 ARTB GQNTBMPORANBA
tico sulla base della melodia. E cosi gli successe nei Veipri Sia-
Uani^ con minor frescfaezsca della sua yeoa e col preconcetto di tem-
pecare le nionotonie della forma italica mediante i crudi colori, le
bizzarrie, la pompa di effetti, che colla materia poetica gli fwiTa&o
di Francia. Le arie e ì concertati principali di quest'opera lo pro-
vano. E ripensò le veodiie forme, e ritoccò reminiscenze corali Macbe-
tbiane, danze e canzoni di popolo ripensò e la originale freschezEa e
sensibilità; si attenne pur sempre alla terra ferma della melodia, ma
pagò non di meno li noriziato alla moda ultramontana. E il tratto
dei Veym è in sostanza comune al Bigóktto^ alla Tramata e ai
Ballo in Maschera. La grazia e il profumo gentile del sentimanto,
cui la musica della Tramata non cede, né quella del Bigotetto^
segue, nel Bàlio in Maschera, lieve e tragica la rotta del dramma;
è Jiel suo cuore, nella sua fine. La Formi del Destimo non ha tali
pagine nervose, ma ne ha di superiori per altra spedo, non con le giunte
intese a mitigare l'crror del dramma, si bene nella vis rappresoita-
tiva che ci trae dalla melodia alla declamazione. Il principio del
canto si sposta più ancora nel Don Cario. Se non che qui il tratto
naturale della vena Verdiana non piii poro, il viocob colla tradi-
zione italiana che si sp^za, rerudizione che sente la difficoltà e lo
sforzo, influiscono negativamente e dissolvono. ìiéiVAida l'equilibrio
si ristabilì, né si turbò piìl di molto. È la prova positiva che se-
guirà tra breve.
n pathos di Verdi, vibrante nello scolpire i sentimenti aperti e
decisi, non si eccita cosi nell'espressione di sentimenti misti, come
rassegnazione, raccoglimento dello spirito, sommessione, vergogna,
contemplazione, riposo della mente, meraviglia. Nelle regioni delle
penembre sentimentali il compositore non penetra; il lor carattere
complesso, a base di mezze tinte e di accenni indeterminati e con*
fusi, gli è ignoto anche quando la sua tavolozza è una dovizia splen-
dida e l'armonia una variegata altermizione di parti polifoniche. Verdi
anche in questo caso non sa mentire. Egli si esprime, come vuole la
sua natura, d'un colpo, con un vivo, unito e solitario effetto sull'animo.
Egli non sente le strane miscele de' turbamenti che vi si agitano e le
loro multiple oscillazioni nervose. Cosi, nel canto e nell'orchestra gli
risponde la forza dell'accento positivo unitario ed unicolore. Le proTe
che tali quadri, sul fondo di eccitazioni miste, non gli eran pos-
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L*OPBRA DI OlUSIPPa YftRDI I I SUOI CARATTiai PRINGIPAU SOp
àbili misa toocar« reitr9mo d'una di emt woa o»derQ peU>v-
verrione deireooMOQ, 90uo costìoue n^l eorao ddlU 9m op^r^ artiatm,
le stralli vioende di Giselda ne' LamtatH^ e d'Amalia nei M^mt^
éimri, la soena dei dempni e dogli angeli nella Otowamok éCAfCQy
la profezia del JUa^ucco^ la aiera?iglia e la re^^one delle spavento
nel Ifoc&eA, nei Jébimadmi e nell'iK^, le fiintaaie orientali dai
I/mAardi^ il quartetto e la fiolazioae tragica del BigQhtif^^ il t^rzQ
atto del Bàlio t» Ma9ehera^ la scena finale della Trmiata^ il tana
atto deir^ùfa, le allueinaziom d'Otolb ne' primi inocatri della fUi»
citi ineonsolata, u^e prime festite &Uacie, ne' prinù morsi della
gelosia, la scena dell'adaltera perdonata nelle SUfféUo, Tultii^o atte
del Simon JBocootuyra, non tanto aoArono de' contrapposti alfotfaiti
e rozzi, qaanto della pre?alenza dei loro eccessi isolati; ciò che ha
£stto dire a taluni, i quali forse giudicano le cose dalla loro saper*
ficie, che pel Verdi, la volgarità anche dopo momenti di espressione
vera ed eletta, è inevitabile.
Ma quando il suo sentimento si appoggi a un moto dell'animo
espresso ardentemente nella poesia, come negli inni della speranza e
della vittoria, nelle frasi di odio e protesta, nel Nabucco^ nei Xom*
hatrdi, w\Y Attila, nella Battaglia di Legnano e nei Vetjfri, nel Bi^
gcietio e neir^ùfo, allora nella sua anima, che ò la sua musica, ò
tutta la forza del natìo entusiasmo, è slancio eloquente, è fascino ir-
resistibile.
Il potere suo proprio di risolvere il disarmonico in armonia con mezzi
ideali e tecnici è cosa degli ultimi tempi. Da prima egli non armonizza,
non collega, ma disgiunge (e allora abbiamo la scena^tipo d'Amalia
pregante sulla tomba di Massimiliano Moor a doppio e successivo effetto
fuoebre-allegro), o accoppia ruvidamente i pih forti contrasti, come nel
BMo in Maschera, nel Bigoktto, nella Foraa del Destino, nella
l)ramata e nel Don Carlo; poscia, aumentata la sua capacita rap-
pres^tativa, abolito il passaggio improvviso al più rude contrasto,
scomparsa la mania del quadro raccapricciante a doppio effetto, egli
concilia e raccoglie sempre più le sue forme immaginose, e a quelle
aspirazioni, per le quali egli non aveva trovata la nota acconcia nei
Lombardi, nel Nabucco, nella Giovanna d'Arco e nel Macbeth, egli
dà corpo artistico nella Forsfa del Destino, nel Trovatore e nella
Traviata.
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306 ARTB GONTSMPORANIA
La scala dei sentimenti si estende dal Bigoletto in poi. Certe dub-
biezze, certi turbamenti, o silenzi della notte, o magnificenze di sole,
vertigini del senso o beatitudini, tenerezze blande e smarrimenti col-
pevoli, gioie e catastrofi presentite, avvilimenti, entusiasmi, con
tutti i loro svariati modi di essere, ricevono un'espressione sempre
più armonica e viva. Si pensino i preludi orchestrali della Tramata
e del Dan Carlo, il secondo atto e l'ultima scena d'OfeSo, la prima
scena del terzo atto i'Aida^ queir ^ùfo che è tutta una el^a
nella stessa gioia trionMe e chiassosa. Si pensino le crudezze fiinta-
sìose del Macbeth^ dei Lombardi e dei Masnadieri, la chiusa dei
Lue Foscari^ le strane allucinazioni del ^mon Boccanegra, e si
confrontino con le finezze terribili del BaUo in Maschera^ l'incontro
di Kodrigo e Don Carlo, la scena dell'auto-da-fè, il contrasto fra la
immane tragedia e le innocenti vaghezze popolari dei Fe^prt, i tur-
bamenti affannosi, misteriosi d'Otello, la nota incosciente, errante di
Desdemona ed Emilia, i silenzi delittuosi di Jago, la petulante far-
sicità di Falstaff. Quale trionfo, qual vita, quale cammino e quali
ignorate proprietà in questa elevazione costante del sentimento! E
si noti che qui, per ultimo, in questo etemo, vaniloquente ed inutile
Falstaff, sono pur sempre giuochi dell'umorismo che alla musica de-
rivano più dall'anima e dalla fantasia anzi che dalla testa, e che
questo è pur sempre il successo del Verdi storico e proverbiale, il
successo del suo carattere e della sua musica. L'espression comica è
per lui moto dell'anima, che combina col moto della melodia, come
in Bossini. Guardate il Finto Stanislao. L'Anacreonte di Passy non
s'è ancora rivelato al cigno di Busseto. Ma Falstaff è pretto studio
di Bossini. La stessa beffa, l'ironia, il giuoco musicale dei gesti, non
è mai di testa nel Falstaff o raramente; nella musica è la stessa
impressione fotografica, ma è cuore di melodia. FeUstaff è il mira-
colo della vecchiezza di Verdi. Sembrava che la lirica escludente
azione o passione tragica fosse negata al compositore. Il suo Finto
Stanislao era la pietra del paragone. Ma per chi ? Per quegli che
non aveva considerato la facilità della declamazione sul lieve com-
mento della musica, quale rilevasi nella Traviata, nella Foraa del
Bestino e nel Don Carlo. Chi ben consideri queste opere vi trova
quasi finiti i materiali del Falstaff. La stessa sensazione indetermi-
nata nel dominio di rimembranze e presentimenti sembrava inconci*
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L*OPBRA DI OIU8KPPI TIROI ■ I SUOI GARATTKRI PBINGIPALI 307
liabile col suo temperamento, non possibili per lui le porte semi-
aperte dell'anima ; e noi avemmo il realismo piano delle fantasie
roniantiche dell'epoca riyolazionaria, le nenie memoranti i paesi lon-
tani, le età passate e cadenti, i dolci e capi firasporti degli tzigani
del Trovatore e del BaUo in Maschera^ le bizzarrie e gli echi po-
polari dei Vespri e tatto questo merayiglioso Falstaff. Ogni cosa
parla dell'immenso viaggio compito dall'arte del Verdi nelle stermi-
nato regioni della melodia per riposare, in fine, sa questo lembo di
natara sana, l'arte più vera e più bella.
Qaesto ritomo alla natara si realizza nella specie lieta del sog-
getto, nella miglior disposizione, nell'alleggerimento ed equilibrio dei
caratteri, nella più composta e più varia dinamica deirespressione,
nella sua involontaria semplicità, per cui tutto, il tratto di spirito,
la comicità, il gesto grottesco, il contrasto, passa di sorpresa nella
fuggevole farsicità della melodia e del ritmo, con temi scherzevoli e
piccanti, con suoni strani di strumenti e strana designazione di tempi.
È tutta un'accentuistica a mezze tinte, che nell'evoluzione del Verdi
resta un punto degno di studio, quasi che egli, messa da parte la
sostanza musicale tragica, avesse riassunto in un tutto omogeneo i
segni caratteristici disuguali sparsi nella sua opera passata.
E così la verità del sentimento corona l'opera di formale bellezza, a
cui pure il Verdi ritorna, come ogni grande artista, dopo i suoi lunghi
viaggi nelle regioni del romanticismo. L'arte della pittura musicale,
così disugualmente sentita in confronto colla forza tragica, è per tal
modo riassunta nell'Aida, nélV OteUo e nel Falstaff^ altrettanto come
nelle similitudini, negli accenni, nelle descrizioni personali dei primi
libretti gli era spesso sfuggita. Cominciando dal RigoìettOj egli com-
prende sempre più questa pittura nell'unione dell'impressione visiva
e auditiva. È qui l'origine del nuovo gusto di Verdi. Il realismo di
Shakespeare è un'inanità nell'opera Macbeth; il terrore romantico e la
fantasiosa indeterminatezza di Schiller e di Byron son vuoti elementi
alla musica del Corsaro^ dei Masnadieri e della Luisa MiUer; ma
nel BaUo in Maschera, nel Simon Boccanegra e nel Don Carlo il
ditirambo Verdiano scorge le nuove faccio dell' espressione, penetra
nella sua natura con ben altre forze e vi si stende su ben più vasta
scala. Lo stadio della esperìmentazione cieca o semiveggente cede
all' indirizzo che, oltre le principali, illumina le sensazioni subordi-
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30B ARTB OONTtMHmANlA
ttttte; nuoto campo a ciò dono i Vè^ é il Dùn Oarlo; nell'^tdb m
sentono esM, con minor varietà di colorito, sol fondò elegiaco generale ;
neirOfeOo si rivelano in fbrme diflérenti e più intense, e divengono più
fine e complete nel TaUtaff. V espressione s' è acnita mediante il
maggior significato dell'orchestra, una capacità venuta col tempo e
con lo studio. Vi Contribuì l'acquisito sentimento che regge non più
le scene isolate soltanto, ma il lavoro intero. L'arte è coltivata meno
come pratica, le opere non sono più imposte, Vartista & per sé e non
pel pubblico. Vi contribuì il gusto del romanticismo francese nel
teatro, nella letteratura e nella musica, che rese insostenibile la me-
lodia sulle traccio cadenti dell'aria italiana : si portò la passione aU
l'estremo^ la sensazione fu grido estremo, il contrastò piacque perchè
estremo. Vi contribuì la moda in cui vennero la bizzarrìa e il tratto
scultorio sensazionale, fantasioso ma reale, parlante, costringente, che
r assimilazione italiana , volgarizzante per natura , temperativa del
crudo e del brutto, ridusse a sensazioni più miti e più piacevoli. Vi
contribuì la conoscenza delle partiture di Meyerbeer e Oounod, di
Berlioz e Wagner, che le ultime opere di Verdi rivelano completa-
mento. L'artista per vivere doveva modificarsi e si modificò.
Dell'efficacia straordinaria di un elemento della tragedia musioale
il Verdi si accorse solo tardi : il recitativo. Un'espressione giusta egli
la raggiunse quando nel canto infiuì, con la musica sua, la recitazione
drammatica. Da principio egli si atteneva ad alcune formule stereo*
tipe provenute da Rossini in gran parte, e ripetute di quando in quando.
La monodia aveva una linea plastica indipendente, talora accompa-
gnata soltento nel senso del ritmo o ripercossa simultaneamente da
uno 0 più istrumenti. II coro armonico si risolveva di frequente nel
canto all'ottava per rinforzo di espressione ; l'unissono era adoperato
per esprimere maggior dignità e solennità. Per la passione vibrante
la formula acconcia era il tremolo dell'orchestra. Ma di una giusta
espressione il Verdi tenne, in principio, poco calcolo; anzi nello sfogo
della melodia spesso la smarrì. Così,^.tanto la lirica come il recitativo
seguono delle forme senza fisonomia. Il cantante s'imponeva al com*
positore tiranneggiandolo e lo trascinava dietro a' suoi abusi per bril-
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l'opera di GIUSIPPB TKRDI M I SUOI CARATTERI PRINCIPALI 909
Isre ad ogni oosto. Occorre tempo prima ehe le parti siano invertite.
Il compositore d'altronde fiTOva pel sno motifo musicale, la cui
adattabilità era questione acceasoria. La primiti?a operoótft del Yeidi
è caratterizzata dalla energia e dalla salute cbe egli infonde nel mo-
tifo si da &rlo parer naovo ; la stessa mvidessa piacque, dopo Bos-
sini e Bellini. Ma ò strano che un così fine sentimento, com' è nel
terzetto del Conte Orfj non avesse per nulla a fecondare in Italia.
Grina^amenti di questa pagina, una delle pib geniali che penna
italiana abbia scritta, rimasero senza effetto pel giovine Verdi. Bgli
misurò se stesso noli' impressione della melodia popolare a forti sus-
sulti, abbellendola di qualche fioritura e cadenza, e così rese tipici
e popolari il Nabucco^ YErf$am^ e il MacbeO^.
Baramente egli riposò re&fpressione sua. Una prima volta e magni-
ficamente ciò gli riuscì nella preghiera del quarto atto del Nabucco.
Negli effetti passionali tipici Verdiani, la yendetta, la difesa dell'o-
nore, la punizione della colpa, lo scongiuro, la disperazione, l'amore
sofferente e contrastato, sentimenti molte volte aggiustati agli allegri
triviali delle arie, meno qualche eccezione, si potrà appena rinvenire
una corrispondenza qualsiasi coirespressione della parola. VAttUa e
la Lmsa Miller sono di queste eccezioni. Le specialità dei brindisi
del Maeheth e àAVAUrira venivano in moda; le melodie spesso stac-
cate in levare colla risposta subitanea del controperiodo, le introdu-
zioni, i sóli istrumentali coi passi d'agilità, ecc., son tratti che van
oltre il Trovatore^ ì Vespri e il Ballo in Maschera. La melodia
assoluta detta pur sempre legge. Ma che dire del Finto Stanislao,
una Rossiniana reminiscenza, come VOberto n'è una Belliniana, tutto
a base di perfidie nelle arie a svolazzi e ne' pesanti cori ? Ma come
ascoltare CHovanna cTAreo che canta arie di bravura, cadenze elsr
borato in tessiture da urli, con accompagnamenti galoppanti? Che
dire dei finali, degli inni e delle marcie? Con la musica dei demoni
e degli angioli si potrebbe fara un buon pezzo per una festa da ballo.
ìiAYEmani, nei Lombardi, nel Macbeth, nei Masnadieri^ nei Fo-
scari, la formula è pressoché uguale: introduzione, pezzo forte e passo
doppio. E però il compositore penetrava incidentalmente il significato
dej dramma. "SelV Attila^ nell'^lnVa e nei Masnadieri si riscontrano
gli elementi musicali drammatici del Trovatore: la tragedia brutale
scalda la sua vena; in mezzo alle situazioni più tese egli si accosta
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310 ARTS CONTBMPORANIA ^
involontarìamente a maggior novità. Anche le introduzioni istrumen-
tali sempre più se ne coloriscono. Qui e là è Meyerbeer che influisce.
Nella Battaglia di Legnano V orchestra assurge a potenza descrit-
tiva; il quarto atto è nuovamente inspirato alla maniera del maestro
tedesco, n pubblico che voleva melodia e melodia, non capiva l'am-
bizione del compositore e la portata della sua arte; coA nelVAlrira.
L'intimità meglio espressa è già nella Luisa Miller e nello StiffeUo^
quantunque più in pezzi isolati che in interi quadri. Nessun'anima
d'artista potrà dimenticare il quintetto della Luisa Miller^ il setti-
mino del primo finale e la preghiera dell'ultimo atto nello SUfféUo^
e il quadro susseguente, l'ultimo dell'opera, dov'è il sigillo dell'in-
gegno Verdiano, n quale però ci stoglie ancora sovente dall'idea del
suo progresso con quei tratti volgari, nei quali è fisM^ile a cadere.
Ma la forza dell'accento sensitivo rimase in genere esecrata; canto
e musica si portarono dietro mediocremente la eloquenza della favella,
e se non la sciuparono, certo non l'accrebbero come doveano. D'altra
parte, a qual potente verità e bellezza presto giungesse l'espressione
drammatica del Verdi, lo dice il terzo atto del Rigoletto^ il racconto
di Azucena e la scena del Miserere nel Trovatore. — La romanza
del prigioniero e il pianto di Leonora sono ispirazioni che non mor-
ranno. — La scelta dei pezzi si accentua e si affina ancora nei Vespri
SiciUani, nel Ballo in Maschera e nella Forga del Destino, lì tre-
mito convulso della creatura agitata, espresso cosi elementarmente
neìVEmani, nell'Attila e neWAlBira — in genere con una formula
trascendentale, un fortissimo a crome e semicrome alternate — ora
s'impernia su vere idee musicali e abbandona la dinamica astratta.
A questo proposito , le figurazioni orchestrali del Don Carlo ^ ^er
quanto nuove (solo troppo varie ed ammucchiate) ci richiamano stre-
nuamente all'esagerazione di que' primi impulsi descrittivi. La varietà
ritmica, che aveva distinto lo stile di Verdi da quello de' predeces-
sori, meglio fecondava nel canto incamminato di già verso la recita-
zione melopeica, ma degenerava neirorchestra.
Eccoci al punto. Per la stessa evoluzione delle cose e per sua na-
tura, il compositore dal dominio della melodia passava in quello del
canto declamato e del recitativo melopeico. Anche nei primordi della
sua carriera, il vantaggio dell'accentuazione giusta e naturale si av-
verte quando il testo sia favorevole, per esempio, ne' recitativi del-
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l'oPSRA di OIU8BPPB YBRDI E I SUOI CARATTBRI PRINCIPALI 311
V^ÌMÙra intrammezzati con qualche brano di melodìa, ed accoppiati
a framnaenti orchestrali descrittivi. Nello stesso Finto Stanislao^ a
parte il recitativo secco, la declamazione ò spesso naturale e di stile,
quantunque poveramente colorita. Il predetto vantaggio si nota pure
ne' recitativi de' Masnadieri^ e specialmente nelle tirate iéìV Attila
e della Baiiaglia di Legnano : in alcuni sono propriamente commiste
delle frasi di alto significato drammatico, di entusiastico slancio de-
clamatorio , sentite nelF armonia che forma discorso a sé, e nell'or-
chestrazione elaborata. Cosi nello Stiffelio^ col vantaggio di un mi-
gliore e più vivo colorito armonico. A parte le altre prime opere,
poco notevoli al riguardo , io credo siano V Attila, la Battaglia di
Legnano e la Luisa MiUer quelle da preferirsi per la qualità di una
giusta e bella arte del recitativo. Talora vi si direbbe vinta l'insi-
stenza di quella monotona e alquanto uniforme plasticità, che trae
naturalmente verso la melodia, vinta, dico, mediante il senso affatto
moderno di quella scultorietà musicale, che è tanto appariscente nel
Don Carlo.
Il fatto è che più si procede, l'istinto melodico ha come succedaneo
e come correttivo la declamazione musicale, senza che però si tratti
di un vero e proprio passaggio a un indirizzo d'arte germanico. Al
contatto colla natura meridionale, le maniere esotiche non preval-
sero ma cedettero. E ciò comincia a verificarsi quando alla vieta
forma del recitativo succede il discorso musicale affinato al tono con-
versivo, di cui è cenno nel Bigóletto di già, e più o meno sviluppo
nella Traviata e nella Fovea del Destino. Qui il Verdi, per questo
singoiar suo tratto della recitazione musicale, è tipico. E quando il
più libero alternarsi delle tonalità e il cromatismo lo permisero, fu-
rono le forme oraziane, di cui la declamazione del Don Carlo, del-
VAida e à^òW Otello recano spesso l'esempio. Verdi non sacrificò più,
come prima, all'una o all'altra corrente, al recitativo o al cantabile
Tun dall' altro disgiunto , ma fuse i due elementi , ma sostenne il
ritmo e sovr'esso spiegò ed incise il canto sillabico con precisione,
raggiungendo l'altezza del recitativo moderno.
Con ciò la freschezza nazionale e la sensibilità della musica di
Verdi non restò propriamente intatta. Lo dicano i Vespri Siciliani
e il Don Carlo. Egli non è libero, egli fa una certa violenza a sé
stesso. La tragedia i' Otello agi con nuova compressione sulla sua
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312 ARTK CONTEMPORANEA
fantasia. La melopea del recitativo gli si addimostrò più &migliare,
ma il dramma vivente neirorchestra, la costei missione rappresenta-
tiva lo distrassero dalla pianezza della melodia italiana, di che in-
vece è ricolma la drammatica Aida. Poteva egli , dato il crescente
interesse non cai rivelavanglisi questi due elementi, far rifalgere an-
cora il principio della melodia assoluta? Non è detto che ciò sia im-
possibile. Per Verdi questo non avvenne. La melodia lo abbandonò e
lo stile generale dell'opera non fu più soltanto suo. Poiché non si
lascia la maniera del RigolettOj senza doversi in qualche guisa com-
pensare di ciò che si perde. Verdi aspira a raggiungere nuove altezze
d'espressione; è ammirabile vederlo uscire trionfalmente da situazioni
cosi ardite e avventurose, vederlo vincere da vero artista. L'arte è
audacia, o non è. Oli elementi popolari del suo genio egli non li può
rinnegare, né li rinnega di fatto ne' luoghi più tesi e vibranti della
vita drammatica, nello SHffeUoj nel Tromtore, nel Boecanegra^ nel
Dan Carìo^ neWAida. Ma quand'egli abbia fatta base dell'opera la
musicale recitazione, come neìV Otello e nel Falstaff^ ed abbia risolto
gli accenti sensibili della melodia in altrettanti postulati armonici
pieni di senso, egli ha di tanto spezzata la forma, che essa agli ele-
menti popolari nazionali più nulla deve e neppur più al compositore
appartiene. Che il contenuto melodico resti molte volte ineffettivo,
nulla di strano dunque; la nuova veste non gli si accomoda : è una ma-
schera. Solo che in Verdi essa paralizza, mentre negli altri uccide.
La convenzione del teatro lirico ammette quella decorazione mo-
bile della scena che si dice il coro. Neil' opera italiana egli non
assunse veramente mai un'importanza reale; piacque in sé tanto
più quanto meno conferì vita al dramma. Noi non abbiamo più* il
sentimento del coro antico della tragedia e delle corodie classiche
del seicento. Il coro è un volgare strumento di sonorità, un apparato
di effetto e, come tale, interviene nell'opera per il bisogno di alter-
nare effetti. Così, anche nell'opera di Verdi, esso mantiene per molto
tempo, quasi per sempre, la posizione ereditata. Non il coro per il
dramma, ma il dramma per il coro. Da ultimo tuttavia egli si fonde
meglio coU'azione. Ma, eccettuati pochi cori della scena intema, i
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L*OPERA DI GIUSEPPE VERDI E I SOOI CARATTERI PRINCIPALI 313
qnali indinttametite caratterizzano rambiente o i suoi contrasti ed
Rintano, in eflétto, Io svolgersi del dramma, il coro delle opere di
Verdi è in generale nn riempitivo. Quando colla sua efficaeia sosti*
tnisee la pittura del eentimento personale, come nella Oiovanna
éPAreù, egli è freddo e melenso. LMnteresse dell' individao riflesso
dal coro è un'anomalia comune a molte opere moderne, è la insop-
portabilità delle loro sonnolenti pagine di musica.
Anche nell'opera di Verdi il coro decresce nella proporzione invei*sa
dell'interesse svegliato dalle personalità agenti. L'uso che egli ne fa,
come introduzione e chiusa agli atti, non sorprende. È per lo stesso bene
direi quasi dispositivo, acustico, che giustifica la così detta sinfonia;
è per la contemperanza degli effetti sul timpano deiruditore. L'O-
&erfo, i Lombardi, il Ifac&e/A, la Battaglia di Legnano, V Attila
hanno come d'obbligo la preparazione corale dell'ambiente, e di cori
queste opere son piene. Ma una cotal lirica massiva è più forzata e
a capriccio disposta nel Finto Stanislao e nella GHovanna d'Arco,
tutta introduzioni e descrizioni corali, inni, marcie, finali. Nell'^-
na$H, nei Vespri e nella Forsa del Destino il coro è un'ossessione.
Non solo è grave e nullo, come spediente per l'azione, ma l'impe-
disce, la esclude. Il coro ha effetto quando ha causa. V Attila è opera
d'azione di masse, e il cot*o che vi abbonda non è soverchio. UAroldo
lascia meglio comprendere la sua maggior parte di coro che lo SUf-
felio la sua minore. Il decrescere della parte corale si avverte già
nei Due Foscari (abbondante solo nell'ultimo atto), nei Masnadieriy
neWAlaira, nella Luisa Miller, nel Bigoletto. La IVaviata n*è piti
notevolmente diminuita, come il limoli Bocoanegra, un*opera meglio
equilibrata in tutto.
Nel Don Carlo e wWAida prevalse egualmente un concetto del
coro molto discutibile , vista la sua parte e causalità nel dramma ;
né il Yetdi ha saputx) mai scordarsi di questa sua affezione antica. Che
se il coro, in piti d'una sua opera, fu bello, grandioso, non è raro
tuttavia che egli, senza poterla salvare, isolandosi si distrugga.
E però anche il coro di Verdi s'è modificato assai. Quelle intro-
duzioni con le insopportabili e perpetue ancelle disposte in semicer-
chio attorno alla prima donna, i guerrieri, le vergini, i duci, i frati,
le Odalische, gli schiavi, egli seppe lentamente ridurre sotto forma
di quadri un po' meno nemici del senso comune ; ma non se ne sba-
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314 ARTB CONTEMPORANEA
razzò mai affatto. Il ditirambografo del Don Carlo passò agli iden-
tici effetti mWAida e nAVOieUo. I cori del Nabucco e del Cor-
saro^ i pellegrini e le odalische dei Lombardi^ le processioni del-
V Attila e della Battaglia di Legnano^ i banditi dei Masnadieri^
gli assassini e le streghe del Macbeth^ le ancelle deir^rmuit, i ca-
valieri del Trovatore e tatta la passamanterìa dogale dei Foseari^
omettendo altre non meno felici combinazioni, sono masse di statisti
pettegoli, poche eccezioni fatte. Essi non vivono realmente che pel
riflesso che hanno come contomo della scena. La loro espressione è
concordata, è racchiusa in formale trascendentali. Ma non è coA as-
solatamente del coro della Luisa Miller^ e, se non si può dire no-
bilitato nel Rigoletto e nel Trovatore, egli ha certo più carattere,
più compostezza e relazione coi fatti nella Traviata e nel Ballo in
Maschera. Il coro, di riempitivo oneroso e di spediente ha perduto
la bombastica rude e superba, per acquistare una maggior roovibilità
ritmica e un significato più naturale. Entra impreparato nell'azione,
nella situazione, s'immedesima, s'identifica cogli episodi e agisce come
u n'indi vidnalità. La sua posa statuesca non è più tale assolutamente
nel Simon Boccanegra. Anche pel coro il principio della melodia
indipendente, del canto portato, ha ceduto, se non in favore di quello
che regge il coro tragico nell'opera della Rinascenza, almeno a van-
taggio di una maggiore movibilità decorativa. La melodia vi è pure
sciolta nelle sue parti polifoniche indipendenti, mentre prima la sola
parte superiore aveva importanza melodica, e l'armonia non altra fun-
zione che quella di guida; la declamazione vi ha più senso e più
nervi. Il suo carattere passa da voce a voce, alternandosi con quel
giuoco continuo che dà risalto al canto drammatico. Il coro è musi-
calmente la forma dell' episodio o ne riflette l' impressione, mentre
per lo innanzi esso era l'effetto melodico astratto della massa ; la sua
intonazione conversiva e la sua ritmica sono una riflessione intelligente.
Ecco la lirica corale del Ballo in Maschera^ dell'ultra, dell' OfeZfo
e del Falstaff.
Quando l'opera italiana diede il passo a caratteri di musica eso-
tica, la forbitezza e il colorito locale e passionale del coro divennero
una nuova qualità anche in Verdi. L'Aida deve molto della sua im-
pressione totale alle sue caratteristiche corali anitarìe. 11 coro ebbe
a risolversi nella indipendenza di diverse monodìe, cosi che anche i
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L*OPiaA DI QIOSBPPI VERDI M I SUOI CABATTEBI PBINaPALI 315
sentimenti espressi, da prima pochi e limitati, ora si estesero sopra
una vasta gamma, e quindi alle considerazioni assegnate al coro cor-
rispose non solo la musica forte e patetica, ma quella commista di
accentuazioni diverse, di tratti pittoreschi e fuggevoli, dei quali si
hanno gli esempi migliori nelle ultime tre opere, ma specie nel
Falstaff.
Di un'efficacia propria della melodìa nazionale, anche qui, non è
più il caso di discorrere. A questi tentativi presiedette il desiderio
di scultorietà musicale libera da vincoli e da tradizioni.
L'opera corale del Verdi nacque cosi anch'essa, come la tragedia,
da una specie di festa di Dionisio, dallo spirito della musica, per
finire nel realismo del dramma e della commedia. Essa non conobbe
che Fombra lieve e sfatta del coro antico ; ciò non di meno il coro
vi ebbe talora importanza musicale ed etica e attraverso fasi differenti
si mutò nel coro rappresentativo. Il passaggio fu tanto più sicuro,
in quanto fu tentato dietro l'esempio, dopo molto pessimismo ed in-
credulità.
Io sono convinto che la perdita della musica strumentale italiana
abbia influito, per buona parte, sulla decadenza dell'opera. A partire
dalla tragedia greca sino all'opera moderna, nessuna epoca si conosce,
in cui la musica strumentale non fosse chiamata ad intervenire come
potente fattore drammatico. Lo dica l'opera italiana del seicento cogli
intermezzi, le sinfonie e le toccate del Monteverdi, del Cavalli e del
Cesti; lo dicano i drammi biblici di H&ndel, l'opera di Gluck, di
Weber e de' successori. Per gli Italiani, noti sprezzatori della mu-
sica strumentale dopo la metà del settecento, il motivo orchestrale
drammatico rimase nello stato di presentimento oscuro e non eccitò
più alcuno, tranne qualche sognatore isolato, nemico del teatro; e
quando i nostri ultimi operisti si accorsero dell'inanità dei loro sforzi
per dare espressione al dramma colla melodia vocale, dovettero as-
sistere al tramonto dell'opera italiana come altrettanti impotenti del-
l'orchestra. Che sapevano essi della grandezza musicale del seicento?
Che sapevano essi della orchestra Monteverdiana intesa al dramma,
creata pel dramma, tratta dalle sue parti caratteristiche, sentita nella
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3^6 AKTB CQNTSMPOaàNEA
sua capacità a trasformare Vepisodio drammatico in episodio musi-
cale? Che sapevano essi di Mosart, Beetboyen, Weber e Berlio»?
Cbe inteadeyaoo essi di attingere, se mai, alle loro opere, aH'infuorì
di una dolce cantabilità? Ebbene anche la melodia fini. Ed ora &*
temi l'opera, — No, all'efficacia rappresentatifa dell'orchestra, al suo
potere sinfonico essi non erano né cresciuti né preparati. Mancò ren-
tusiasmo, la tradizione s'irruvidì nell'affettata ignoranza; la musica
istrumentale non entrò più per nulla nell'educazione artistica; il
canto assorbì tutto; l'aria fu l'opera, Berlioz, una volta in Italia,
ha in tedio l'opera nostrana baciata, com'egli dice, mollemente dallo
scirocco e dagli scrittori di cavatine. Gli italiani appresero a fitr muf
sica tanto più applaudita quanto più volgare e scorretta. Solo Boa-
sini, dopo la triste epoca degli epigoni, fu ancora l'artista fine del-
l'orchestra; i suoi effetti, carezzevoli nel Barbiere e nel Conte Ory^
smaglianti nel Mosè e nel Cruglielmo Teli, sono vere conquiste. Chi
più ne profittò direttamente furono Auber e Meyerbeer, e dalle costui
mani l'operista italiano li ricevette sviluppati e più fini. Il magi-
strale trattamento dell' orchestra nélV Aida e nell' Otello deriva da
esperienza e dallo stadio di partiture tedesche e francesi, dal pen-
siero di ringiovanire e rinforzar la melodia con un elemento trascu-
rato, di cui l'artista sente con rimorso l'inestimabile valore. L'orche-
strazione dell' ^/ricolta, della Dannagione di Faust e del Lohengrin
fecero per la recente musica teatrale d'Italia quel che la continuata
serie di esperimenti, da Gluck a Wagner, avean fatto per la muaict
tedesca. •
Quando Verdi cominciò a scrivere, il canto dell'opera non tollerava
che degli accompagnamenti orchestrali stereotipi, delle introduzioni,
delle variazioni frìvole e fronzolute ed altre cose allegre. Neil' O&erto
le cantilene sono dolciumi e gli accompagnamenti terre cotte da vil-
lici. Nell'orchestra il compositore non ha scatto, né abilità descrit-
tiva, fuorché in incidenti isolati. Subito dopo il Finto Starnslao, e
sino all' Ernaniy sono più spesso colpi d'accetta che artistiche ?o*
norìtà.
L'attitudine dell'orchestra rimpetto al dramma, d'ora innanzi, è
duplice: quando ella sostiene il canto ritmicamente, lo rinforza e
aspetta a intervenire come potenza descrittiva in determinati episodi;
e quando, invece, ella segue vicin vicino il dramma, isolando meno
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LOPBBA DI GIU8BPPB YK^DI X I SUOI CAnATTERI PRINGIPAU 317
il momeoto della sua specializzazione rappresentativa. Nel primo caso •
essa è accompagnamento, nel secondo è specchio del dramma. Ma
questi due modi di essere deirorchestra non sempre sono distinti, uè
il progresso dell'uno decide Tabbandono dell'altro. In qualcuna delle
Verdiane opere giovanili il momento tragico sembra riflesso con
maggior vigore dairorchestra, relativamente alla pianezza degli ac-
compagnamenti. Nelle posteriori Tincidente orchestrale ^pare meno
suggestivo e dinamico; egli è che si isola meno, per l'attitudine ge-
nerale dell'orchestra divenuta commento al dramma.
Ma l'orchestra, nell'opera del Verdi, ha un valore, un interesse re*
lativo, determinato da istinto e cultura; anch' egli ha pagato alla
mancata tradizione istrumentale il suo tributo. Tuttavia, indipen-
dentemente dall'abilità e dai mezzi, ben pochi sono i casi in eui i
tratti principali del dramma, le situazioni più tese, o il sentimento
della natura esteriore, anche nelle sue prime opere, non siano dovu-
tamente rilevati dal sinfonista. Non si creda dunque che, sin da prin-
cipio, l'orchestra di Verdi altro non fosse che semplice accompagna-
mento e sonorità. Si potrà notare che essa, per non breve serie di
opere, non ha colorito né significazione, né varietà sufficienti, che
eventualmente essa isola l'episodio drammatico con una rude bravata,
per ritornare subito alla monotonia delle forme trascendentali, alle
acque calme o fluttuanti dell'accompagnamento. Anzi, quando il co-
lato drammatico è colpito simultaneamente alla parola del canto,
l'artista preme tanto sull'episodio, che l'incidente orchestrale diventa
una superfetazione. Persino nella timida composizione délVOberto, il
maestro assegna una veste importante al brano istrumentale descrit-
tivo. Sono talora graziose e morbide movenze esprimenti diverse con-
dizi<mi di spirito, tal'altra fluttuamenti e tremiti dell'armonia e del
ritmo, moti figurati degli strumenti ad arco. Quando Riccardo snuda
la spada per battersi con Oberto, l'orchestra sottolinea energicamente;
il duello e l'inseguimento sono preparati e descritti dall'agitarsi del-
Torchestra simultaneamente al coro; il gemito del morente, il sus-
surrar del vento (tipo al motivo del Bigoletto), la calma che segue
sono momenti, dei quali nessun tratto caratteristico è sfuggito al
compositore. Fosse pur anche mediante una semplice battuta, egli
accenna al sentimento che gli animi pervade.
Ora, anche in questo campo descrittivo sono sentimenti di uno spe-
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318 ARTE GONTBMPOaANSA
cìale carattere, che egli preferisce e riesce a rappresentare, mentre
l'espressione di tali altri egli trascura o vi ha esito freddo o gli è
negata. È il lato capo, terribile, feroce della passione che loaninoa
ed è suggestione alla saa capacità. Espressioni dell'odio, del racca-
priccio, dello smarrimento, lotte e furore di combattenti, paura, mi-
naccia, propositi infernali, vendette, sdegni, luoghi solitarii, orrore
di caverne e di cimiteri, apparizioni, simboli, delitto e morte; ecco
le forse che la descrizione orchestrale verdiana predilige ed infligge.
Vi sono opere tipiche per queste, come il Nabucco^ il Corsaro^ la
Luisa Miller, La minaccia di Zaccaria che libera Fenena, la scena
del delirio, il fulmine scoppiante sulla testa del re, la protesta e
l'insulto di Abìgaille, la terrìbile profezia di Zaccaria, la scena in
cui Nabucco, toccata la fronte, chiede a Dio perdono, sono momenti
di vera, solenne, efficacissima tragica orchestrale; alcuni sono in
realtà dei qiodelli. Nel Corsaro tali descrizioni hanno del solvalo;
l'orchestra è tutta scatti e sussulti; figure descrittive si levano mi-
nacciose a spire con una crudezza ed una violenza inaudite. Dal pre-
ludio sino alla fine dell'opera, lo stile è a base di simile realismo
aspro e talora brutale, artisticamente non rozzo, ma di impressione
manchevole e dissolvente ; è romantica fotografia della materia. E la
Luisa Miller non è dessa tutto un esempio di attenzione e di cura
orchestrale al dettaglio drammatico ? Lo smarrimento dell'anima, l'a-
gitazione, le invocazioni infernali, l'ambascia, i cupi silenzi rivelati da
cupi accordi delVarmonia, ed anche le stesse tenerezze, sono stati morali
riprodotti fino con motivi orchestrali reminiscenti. Neil' Emani gli
orrori di tenebrose caverne, le ombre del cimitero, la festività dei
balli e tutta cotesta scorza di personaggi violenti e sanguinarìi, of-
frono al musicista il destro per dipingere le sue scene coi colori più
forti e con poetico slancio di verità. Così nella Giovanna éC Arco,
dopo l'introduzione, all'allontanarsi del coro, tra gli orrori della fo-
resta e i rintocchi della campana de' morti; gli è un seguito di
dettagli orchestrali, che riflettono anche meglio l'intimo dei perso-
naggi. Orrore ne' Masnadieri, che l'orchestra esprime quando Carlo
contempla i banditi dormienti, oppure durante tutta l'ultima scena
raccapriccevole del terzo atto, quando egli medesimo scopre il de-
litto del fratello, che ha posto vivo sotterra il padre suo ; orror
tragico espresso con mezzi più comuni nei Due Foscari, più ac-
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l'opera di GIUSEPPE VERDI E I SUOI CARATTERI PRINCIPALI 319
eentoato ancora nella prima scena notturna iéìY Aitila e nell'agi-
tazione deireroe a contrasto col coro delle vergini. Orrore nel terzo
atto della Battaglia di Legnano, tutto a base di colorito fosco, di
cui Torchestra è cospersa nella perorazione dopo la scena del Giura-
mento; nélVAlzira, alla scena della punizione d'Alvaro mista con la
gioia selvaggia del martirio, fra Fabbattimento che tronca le parole,
e Tagitazione riprodotta, in questo caso, da una singolare plasticità
di figure.
Tale caratteristica dell'incidente orchestrale Verdiano, favorito da
un altro ordine di sentimenti romantici, passa nel Bigoletto, nel pre-
ludio, nella scena del ratto di Gilda e della scoperta, nell'agitazione
colpevole del duca, nelle imprecazioni ai cortigiani e nella tragedia
finale, che Torchestra sente in modo superlativo, parlante; essa si
ripercuote nello Stiffclio, alla scena del cimitero, con impressione di
drammatico terrore, con mezzi anche più scelti ed acconci, o nella
scena del duello e nell'agitata visione di Stankav ; ueìVAroldo è su-
bito reperibile nell'entrata dì Egberto, nella introduzione del secondo
atto e in molti altri episodi, nei quali è evidente che col permanere
di quel carattere in sé, l'arte del commento orchestrale si è acuita
nell'interno e umanizzata all'esteriore. Strano a dirsi, nel Trovatore,
l'opera tipo del Verdi, la terribilità del dramma non ispira al com-
positore adeguati commovimenti orchestrali. Ma per tale caratteristica
l'orchestra, nella Traviata, colla sua agitata attitudine, alla scena
del giuoco (forse la più bella ed importante dell'opera) e alla fine
del terzo atto, ha punti di non comune efficacia, quantunque noi
siamo già entrati in quella fase dell'attività Verdiana, in cui, più
che Tepisodio isolato, il maestro cura l'insieme drammatico. I due
momenti tengono a confondersi sempre più, ma non per questo è
minore, né meno peculiare e precisa, l'importanza dell'incidente or-
chestrale.
Nel prologo e nel primo atto del Simon Boccanegra sono pagine
descrittive dell'abbattimento tragico e del presentimento sinistro
ond'è ravvolta la situazione principale. Il loro uso diminuisce nei
Vespri Siciliani e nella Forza del Destino, opere ben importanti
per altra specie di pittura orchestrale, diminuisce nel Ballo in Ma-
schera, in cui tale pittura di carattere e d'ambiente, quantunque ricca
nei lampi della preveggenza, nei ruggiti dell'odio e della vendetta,
&Ì9Ì9ta mutieak itaUama^ VUI. 22
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320 ARTE CONTEMPORANBA
è più efficace per la commistìoDe di episodi contrapposti e di estremi .
toma invece a crescere nel Dan Carlo: la perorazione alla scena del-
l'eroe esterrefatto, mentre i frati si disperdono ne' meandri del chiostro,
Filippo in ginocchio innanzi alla tomba di Carlo Y, la morte di Bo-
drìgo, l'avvilimento di Don Carlo, l'apparizione del magno imperatore,
traggono all'orchestra il più alto interesse. Aida, cui il padre rinfaccia
la propria vergogna, la disperazione di Amneris, il terrore del quarto
atto, la punizione finale, sono soggetti di maggior efficacia descrittiva
che tutte le beatitudini e le tenerezze orientali. In Otello, al vele-
noso lavoro della passione che non ha tregua, l'orchestra dà fomite,
esca continua, essa ne investe con impeto i personaggi e la situa-
zione, li sublima, li abbatte, li trasfigura. Il presentimento d'Otello,
le sue viltà, i suoi sfoghi, i ruggiti e le tempeste della sua anima
incrudelita si sentono, nell'orchestra, agli assalti furibondi di Cassio
e Montano, di Otello e Jago, con l'ossessione di Emilia, le audacie
inconscie, le codardie involontarie di Desdemona, con i balenamenti
e il dolor muto della catastrofe. La figura, l'anima d'Otello, il suo
fatto, il suo rimorso hanno lo stigma eccessivo della caratteristica
Verdiana, la quale collega le ultime venture della potenza orche-
strale tragica colle violenti crudezze istintive delle opere prime.
Falstaff è la gioconda commedia della gelosia, non il dramma della
passione rngghiante; né pel sostrato dell'ironia e del sarcasmo la
musica istrumentale ha colorito e senso.
*
Ma se invece di sensazioni terribili e violenti, il compositore abbi-
sogni, per la sua orchestra, di piena e chiara luce o di miti velature, di
tinte sobrie o commiste a vivi ma dolci contrasti, proprie di sfoghi sen-
timentali più nervosi e fugaci, ma meno definiti, mai totalmente
accessibili, mai assolutamente aperti, un altro lato caratteristico del
talento di Verdi ci appare, più di rado attivo e meno efficace del
primo. 0 il compositore non sente la necessità della pittura orche-
strale, 0 non ne colpisce l'effetto persuasivo, conquidente, preciso.
Contro questi pericoli, in verità, egli si cautela: rifiuta il soggetto
che non dà apertamente e forti le sue sensazioni favorite ; non sempre
però la selezione è cosi perfetta, che qualche tratto non resti e feccia
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L OPERA DI GIUSEPPE TBRDI B I SUOI CARATTERI PRINCIPALI 321
appello alla coscienza dell'artista, la quale è grandissima sempre.
Stati morali come la gioia serena o presentita, la calma e l'agilità
dello spìrito, la giovialità, l'estasi, la beatitudine, l'animo fascina-
tore, la dolce speranza, la felicità nella gratitudine, lo spavento re-
presso nel cuore che palpita, il lamento, la lusinga, la compassione,
oìolti sentimenti incerti e ^arie impressioni della natura esteriore
eolle sensazioni relative, fenomeni cui accede l'arte mitigata e pen-
sosa (come la notte lunare, il riposo delle foreste, le calme de' pae-
saggi, la magnificenza del sole) non sono forti suggestioni pel Verdi.
La sua tavolozza orchestrale vi è poco cresciuta. L'esultanza di Oberto
nella scena del secondo atto, e il suo atteggiamento di fronte alle
esclamazioni del coro, è fredda scolastica ; essa non ha tono artistico
come la scena del duello o quella della lettera. Fede, esaltazione,
entusiasmo non si rivelano nella marcia de' Crociati Lombardi, ma
debole dramma a base di scale cromatiche e di tremoli fin dall'in-
troduzione; non il tono profetico nella pittura, non l'animata giovi-
nezza triste e pensosa delle schiave e neppure il necessario colore
drammatico nel preludio del quarto atto: gingilli orchestrali invece
di vere impressioni. La confusione del libretto è del tutto funesta
al compositore. Le scene fantastiche della Giovanna d'Arco^ dell'J^r-
nani, dei Masnadieri, del Macbeth, riflettono in altrettanti quadri
orchestrali, non le miti loro stranezze, bensì le loro impressioni si-
nistre e malefiche. Solo il primo e il quarto atto del Macheth fanno
eccezione. Ma nella scena del sonnambulismo, ad esempio, noi ritrove-
remo ancora il pittore dell'incidente d'impressione spaventevole, efficace
nella linea e con l'armi del suo successo. E questo neppur sempre. .
Giovanna d'Arco intenta al coro dei demoni e degli angioli, poi
cinta di catene, infiammata dall'ispirazione e dalla fede, Giovanna
d'Arco che si getta con la spada in pugno nel furor della battaglia,
poscia levata dritta sulla bara e rapita in estasi, non suscita nessuno
benché fuggevole cenno istrumentale ; e così neanche lo stato d'animo
dì Giacomo, quando dall'alto della torre egli guarda la stesa de' campi
nemici. La turba dei Masnadieri che si corica e si addormenta lascia
fredda, inerte l'orchestra ; non cpsì le tempeste, gli uragani del Na-
buecOj del Corsaro^ AeW Attila, del Eigoletto e àeìVOtello: ecco delle
pitture orchestrali terribilmente belle. Eppure anche là, nella sua di-
versa dinamica, l'immagine doveva esser densa di suggestioni. Sfide
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322 ARTE CONTEMPORANEA
e pugnalate, assassinii .e stragi, rampogne e maledizioni: tale è la
provvida specie del sostrato descrittivo dal Nabucco al Corsaro, dal-
V Emani 9IV Attila, iiiV Alzira al RigoUtto, dall'^roMò 2i\V Otello.
Vi è la evoluzione grafica dell'incidente orchestrale Verdiano. Il senti-
mento notturno delle cose è sempre la bella, viva e feconda sua pagina.
Il lento passaggio che si rileva a descrizioni di altra specie di sen-
timenti, da principio è fatto di mere apparizioni sporadiche. L'aurora
e le navicelle predanti n^W Attila sono, come pittura orchestrale, un'in-
tenzione irrealizzata; nella ^a/to^Jia <?t Zannano l'esultanza floreale,
il sito ombreggiate, l'acque rilucenti, l'estasi di Lida che siede al
rezzo, restano pure designazioni letterarie; cosi l'alba n^WAhira: il
personaggio è presente all'immaginazione soltanto nella sua qualità tra-
gica. Voi non udrete nell'orchestra i lieti concenti ài^W Attila, non le
seduzioni d'Alzira, ma sì le grida selvaggie e i fremiti dell'ambascia.
Lina cade ai piedi di Stifielio implorando perdono, e l'orchestra è
indifierente e nulla: il carattere delle armonie nel tempio, il pro-
strarsi del popolo atterrito dalla grandezza della religione: ecco il
motivo. Quando l'amorosa Luisa si getta nelle braccia del vecchio
Miller 0 a' ginocchi di Walther, il quadro è orchestralmente nullo.
L'impressione della notte lunare nel Ballo in maschera si converte
subito, senza una causa impellente, in tragica orchestrale.
Ma non è vero assolutamente che le sensazioni beneficanti non
prestino, in processo di tempo, al Verdi non solo motivi di accenni,
ma bensì il tema di immagini orchestrali, di pitture finite.
Già nella Battaglia di Legnano la solennità del momento di dolce
emozione è commentata dall'orchestra all'atto in cui Rolando ridona
il fanciullo alla madre, 0 quando l'aria echeggia del fragor dell'armi
e le campane squillano a festa. La introduzione del primo atto del
Simon Boccanegrg, dipinge l'Aurora; Amelia guarda il mare, e i
moti dell'anima sua sono tepidamente riflessi dall'orchestra; l'estasi del
padre che contempla Amelia, il doge dormiente^ Genova illuminata
e festosa, la benedizione degli sposi; ed ecco altrettante immagini
nello specchio della musica. Una delle più belle scene, che la mano
del Verdi fece stupenda, è la introduzione della Fcrisa dei Destino,
tutta presentimento e commozione per virtù del colorito orchestrale.
Ognuno ricorderà gli eleganti intermezzi del Don Carlo; i giar-
dini della regina, l'alba n^I terzo atto, una solinga e triste medita-
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L*OPBRA DI OniSIPPE VERDI S I SUOI CARATTERI PRINGIPAU • 323
zione piena di squisito sentimento della naturi^; ricorderà la mezza-
notte nel Falstaff, l'orientai profumo àAVAida^ la descrizione, poetica
in fondo dell'anima, nel principio del terzo atto, 'la notte, il chiaror
della luna, le ombre dei palmizi a le ri?e del Nilo, ma anche gli
inevitabili vortici, come impressione d'orrore che domina la fotojfrafia
dell'orchestra; ricorderà il primo atto dell'Otero e quanto sentimento
della gioconda natura, oltre il principio, vi sia nelle sue scene; ricor-
derà l'atmosfera di letizia infantile e suprema, quando il coro va in-
contro a Desdemona con le guzle e le arpe, tutta cosparsa di inci-
denti descrittivi con una- punta di tristezza soave. Nella espressione
del sentimento locale e nella descrizione del paesaggio il maestro
diede armonie seducenti all'orchestra nel secondo atto del Don Carlo,
e tali ne ritrasse pur la scena fra Eboli e Rodrigo. Nella nota del pre*
sentimento, il vero campo delle più efiGicaci possibilità orchestrali, il
Rigoleito^ il Ballo in Maschera e V Otello dimostrano successiva-
mente il progresso dall'incidente isolato alla inint^rotta serie di
simboli musicali, che si compenetrano, e lumeggiano, scena per
scena, il dramma intero. Tutto un presentimento di sventura e di
morte trascorre la gioconda e la triste musica deir^ù2a; tale pur
si spande ne' brani apodittici intersecanti ,ed avvivanti la scena fra
Desdemona ed Emilia nel quarto atto dell' OteZ/o, e, non più tragico,
ma aduggiante e sotto la veste dell'ironia, s'innesta fra il dire di
Ford, la stessa ironia, che l'orchestra tentò d'avvicinare con tcfcco
maestro nel terzo atto del Don Oarlo e nella smorfia del Rigoletto,
Ma l'orchestra ora è diventata organo dell'azione drammatica.
Questo è il risultato principale della sua evoluzione.
*
L'opera del Verdi, con tutti i progressi che nessuno negherà, non
ha raggiunto, nel campo della pittura orchestrale, i caratteri estremi
e la dovizia espressiva della musica sinfonica moderna. Le ragioni di
questo fatto sono troppo note: la forza personale, originale, del com-
positore non deriva, non emerge dall'abilità, ma dal sentimento; così
è da questa parte che l'opera sua va intesa e giudicata. Le pagine
sinfoniche del Verdi, veri poemi della natura umana, sono belle quando
provengono dal cuore. Egli, grande artista, non s'impensierisce pel
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324 . ARTE CONTEMPORANEA
maggiore a minore sfoggio di abilità tecnica; egli non confonde, come
molti altri che son falsi, i mezzi col risultato, la scuola con Parte.
Perciò gli stessi primitivi preludi sinfonici del Macbeth restano a
provare l'efficacia deirorcbestra in aiuto, a lumeggiamento della
scena, sia paesaggio o sia dramma, preludi che manifestano una ra-
pida, tersa e plastica vision delle cose, arte giovine e colorita, pene-
trante neirintimo mentre dipinge Testemo. Domina simile felice in-
tuizione drammatica e pittoresca nel preludio del quarto atto della
Giovanna d'Arco^ in quella pagina di lagrime che è il terzo pre-
ludio della Traviata^ e ne' diversi frammenti intermedii del Dm
Carlo. Ma sopra tutto rimarrà, verace e splendido esempio di espres-
sione intima e sentimento della natura, il terzo preludio dell'^ùlti,
un modello di altissima, indefinibile poesia.
Le sinfonie del Verdi, tra le quali alcune sono piene di slancio,
di vis ritmica e d'effetto, giunsero a noi come la conseguenza del-
l' indirizzo musicale di una determinata epoca. Ricordi del periodo
classico, esse rappresentano l'unico avanzo di grandi dominii, un
lembo rimasto, per cui non tutta quanta la tradizione del secolo XVIII
appare spezzata, un lembo di classicismo debolmente appicciato al-
l'opera romantica. La sinfonia, più tosto che eccitare, armonizzare la
nostra forza di sentire e dirigerla ad un determinato insieme di im-
pressioni, fatta un pezzo di musica stereotipo, privata di qualunque
rapporto coll'azione, si stacca dall'edificio dell'opera, è un vaniloquio
talvolta fin'anco ammirevole come effetto astratto, ma, come fattore
drammatico, è uno spediente nullo. Le sinfonie del Verdi soffrono
tutte degli stessi difetti. Uno dei preludi già citati vai meglio che
la sua più magniloquente sinfonia, e il terzo preludio dell' Jufa le
vai tutte prese insieme.
Con ciò io credo di toccare la peculiarità caratteristica migliore
e più potente dell'opera di Verdi, quella di un'arte che merita questo
nome, a differenza di molti esperimenti ginnici che oggidì sembran
qualche cosa e son nulla. Ciò che elevò l'artista fu il suo co-
stante progresso musicale poetico; fu il segreto per cui egli seppe
trasportarci in mezzo a scene, a drammi commoventi, a fantasie che
ci trassero lungi dalla vita reale e ci fecero vivere come per forza
d' incanto. Questo progresso musicale poetico è sparso su parecchi mo-
menti visibili: dopo il canto drammatico, l'accompagnamento istru-
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L*OPBRA DI GIUSEPPE YBRDI E I SUOI CARATTERI PRINCIPAU 325
mentale che, da semplice cornice, diventa quadro, paesaggio o dramma:
rincidente orchestrale descrittivo che, isolato prima, si fonde poscia
colFazione, con cui accentua la sua stretta affinità nella forma, nella
dinamica, nello stile.
Sn que' diversi momenti principali diressi la mia indagine non
breve, e man mano che essi apparivan chiari, io mi ingegnai di se-
guirli nella loro evoluzione progressiva, sia in un complesso di opere
sia nell'opera isolata. Come a tutti gli altri, diedi un valore, altri-
menti negletto ma che parmi giusto e doveroso rilevare, ai caratteri
ultimamente osservati nel cemento dell'orchestra, perchè generatori
di pitture sinfoniche, le quali rappresentano la scena dra,mmatica e
gl'intenti del poeta con quella necessaria efficacia, cui la stessa voce
umana in un col gestire vien meno.
E Verdi, raggiunta cosi la intera coscienza della sua missione
d'artista, fece di essa il carattere più alto e comprensivo della sua
opera totale.
L. Torchi.
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VERDI E LA CARICATURA
Oe rimmaginazione del caricatarìsta riceve alimento e forza solo
da quanto si discosta dalle leggi naturali e dalle abitudini normali ;
e la matita dell'artista si fa più spiritosamente briosa, allorché tro-
vasi al cospetto delle caratteristiche umane deformate da scherzo di
natura, esagerate da abitudini di vita, o comechessia fuorvianti dai
limiti che paiono fissati ai caratteri dell'uomo normale, la figura di
Giuseppe Verdi non doveva esser certo di quelle che davano modo
ai maestri della caricatura di segnare un'impronta durevole.
Pur la gran fama, e la diffusione immensa della sua musica non
potevano lasciar del tutto indifferente questo genere d'arte, e non
pochi tentarono di far crescere su un terreno per natura sterile, talora
perfino sconfinando dai limiti prefissi, prodotti ch'essi speravano buoni
e durevoli; e così i punti pib caratteristici e i più luminosi della
vita del maestro possono con sussidio della caricatura, essere ricor-
dati con interesse.
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VERDI E LA CARICATURA
327
Caratteristica principale della vita come della persona di Giuseppe
Verdi si è Tequilibrio, la normalità. Si direbbe anzi che in lui le
doti morali è le qualità fisiche, riunite in così armonico amplesso
tentino di presentarci il tipo nobile e progredito deiruomo normale.
E come mai, si domanderà, poteva l'artista porre in evidenza i
tratti anormali di un tal uomo, di cui era carattere precipuo la per-
fezione della normalità? A che doveva ispirarsi la punta mordace
del disegnatore?
VERDI
P«rr,. PILOTELT,
Fig. 1.
Non tratti del volto esagerati per contorno o proporzione: non espres-
sione particolare dei lineamenti che rivelassero' una tendenza speciale
dell'animo ; non la statara che sconfinasse per eccesso o per difetto
dalla media normale; non un'andatura ridicola o grottesca, pomposa
0 superba, od indicante una qualsiasi posa; non il modo di vestile
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328
ARTE GONTEMPORANBA
caratteristico per forma o qualità di stoffe, per taglio o foggie spe-
ciali. Né la sua arte era nella forma o negli intenti rivoluzionaria, e
neppure egli teorizzò mai,.nè fu indotto né trasse altri in polemica.
IL MAESTRO VER DI, par gédéo»
L.n. .. .. •■,■» ^4 .tf. .,• 1. » ." . VERDI
Fig. 2.
Nulla, insomma, nulla affatto prestava al desiderio dell'artista una
mano amichevolmente aiutatrice.
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TBRDI B LA GARICATUBA
329
Spigoliamo fra il materiale raccolto per una storia della caricatura
fifoc;E:>'E
Verdiana, per vedere commesso si sia tratto d'impaccio.
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330
▲RTB CONTKMPOaANSA
Ed ecco anzitutto la caricatura generica dell'artista che non sa
rappresentare in lui che irmusicista trasformato in un suonatore vol-
gare, al pih con qualche allusione alla sua'arte. Le principali, fran-
cesi, sono del 1867-68 e si riferiscono al tempo della prima esecuzione
del Don Carlos (Parigi, marzo 1867) ed ai furori destati dal Tro-
vatore nella medesima città.
M VERDI
Fig. 4.
Discreta quella del Pilotelli (fig. 1), pubblicata dal Bouffan il
27 marzo 1867 subito dopo la rappresentazione airopera.
« Ieri sera il Don Carlos non ebbe il successo che io sperava »,
scrive il Verdi al Senatore Piroli ; ed ecco spiegato il carattere quasi
oggettivo di questa caricatura.
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YBRDI E LA CARICATURA
331
Anche l'altra del Qódéon (fig. 2), che porta i due versi:
Mienx qne le marronier par le temps refroidi
L'art en ce mois de mars sar la scène a VERDI
Fig. 5.
Caricatura di Mailly. Verdi al momento del grande successo del Trovatore,
OOD si attenta di giudicare l'arte del maestro.
Caijatnon è piti felice. degli altri nella rappresentazione della fi-
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332
ARTE CONTEMPORANEA
gura che disegna (fig. 3] nel giornale umoristico Diogene; e Hum-
bert raffigura Verdi che porge al pubblico la sua Giovanna d'Arco
(fig. 4).
Non sappiamo trovar lo spirito che informa la caricatura del Mailly,
che mentre il Trovatore trionfa a Parigi non sa trovar di meglio che
raffigurar Verdi in un macinatore di caffè, colla lira appesa alle spalle
(fig. 5).
Fig. 6.
Più nobile, almeno come intendimento, è quella del Dantan apparsa
nel 1866, che ci dà un Verdi dalle zampe e dalla criniera leonina
(fig. 6) e che porta la scritta:
Il a dea fiera lions la griffe et la crinière.
Troaver est son triomphe à ce maitre hardi.
Il suit à travers champs dea chemins sans ornière.
L*art fleorira toQJours tant quMl aura Verdi!
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VERDI E LA CARICATURA
333
Artìsticamente più significanti sono forse quella del luglio 1883
(fig. 7), e l'altra pubblicata all'epoca dell'ulti ma visita di Verdi alla
capitale francese*, se non erriamo, nel 1898 (fig. 8).
Fig. 7.
Possono completare la serie delle caricature generiche le due pub-
blicate allorché si trattò di includere Verdi nella nuova infornata
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334.
ARTE CONTEMPORANEA
di senatori (1874) e si discusse in quale categoria di senatori egli
a? rebbe potuto entrare (figg. 9 e 10).
Dopo Tuomo, la sua* opera, ed ecco
una serie abbondantissima, se non sempre
interessante, di caricature delie opere
principali.
Il confronto di due esecuzioni del Tro-
vaiore a Parigi, 1857, all'Opera e al
Teatro Italiano dan modo al Micbelin
di satireggiare l'esecuzione, gli artisti,
la messa in scena (figg. 11 e 12). Si sa
che il Trovatore^ divenuto Le Trouvère,
era rappresentato allora per la prima
. volta airOpéra, mentre al Thédire Ita-
lien'ersL già stato rappresentato fin dal
dicembre 1854. Esecutori all'Opera erano
le sig.® Gueymard e Borghi-Mamo, e i
sig.^ Gueymard e Bonneliée. Al Teatro
degli Italiani in quell'anno erano inter-
preti del Trovatore la Fre'4Zolini, Mario
^^' ^' e Oraziani.
Maestro Verdi.— Jc lui aurais
bien fall passer, moi, a d'Annun-
zio, 8a piece itali enne.
Fig. 9. — Dal Giornale * II Trovatore „ 29 novembre 1874.
• Xa caricatura del Colonna di Napoli (fig. 13) si riferisce al con-
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VEBDI E LA CARICATURA
3^5
Fig. 10. — Dal Giornale * Lo Spirito Folletto „ 17 dicembre 1874.
IL TROVATORE ET LE TROUVERE At\ ITALIENS ET A L'OPERA,
par Marcelin.
tl-a«riMft.:l4.
» Tb I III . • J tal fi'B »KMlt»l —
Fig. 11.
BMMta mmieaU itakana, TIIL
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336
ARTE CONTKMPOBANEà.
tratto e alla sua esecuzione per l'opera La Forjsa del destino ^ scritta
per il teatro Imperiale di Pietroburgo, ed ivi rappresentata per la
prima volta il 10 novembre 1862.
IL TROVATORE ET LE TROUVÈRE, — par Maacelin (tolte).
IL TROVATORE ET LE TROUVERE. — par Maaceliiv (taite).
TwM»ir*.br.ll
Fig. 12.
Bappresenta le vicende di quest'avvenimento dall'istante in cui Verdi
riceve la proposta a quello in cui ritoma in patria. Si vede nelle poco
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VBRDI E LA CARICATUBA 337
IL TROVATORE ET LE TROtVÈRE, — par Marcelin (tuile).
rmmtmmtmttta
IL TROVATORI^ ET LE TROUVÈRE. - ptr Marcelin (suite).
IL TROVATORE ET LE TROUVÈRE. - ptf Marcelin (taile).
Fig. 12.
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338
ARTE CONTEMPORANEA
spiritose trasformazioni, che il disegnatore aveva un'idea assai curiosa
della Russia
IL TROVATOBB ET LE TROUVÈRE, — par Maacelin (tiiHe).
-MI ■MiMr.4«lir*HMItlK»<«ra««ìl«-T«<«|«MMr«Mh«»««
mmjdt
^
,. ,
Fig. 12.
L'insuccesso del Simon Boccanegra a Venezia nel 1857 provoca
alcune caricature, di cui diamo qui la riproduzione. Sono tolte dal
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TKBDl B LA CARICATURA
339
a-
.^ .a»
li
Sì
■si
■s -s
ca E
I -e
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340
ARTE GONTIMPORANVA
Giornale: L'Uomo di Pietra^ gennaio 1859 (fig. 14 e 15), ed a noi
Pigf. 14. — Dal Giornale * L'Uomo di pietra ,, 29 gennaio 1859.
pare ben curiosa la leggenda che sta scritta sotto una di esse : < Mu-
Fig. 15. — Dal Giornale " L'Uomo di pietra ,, 29 gennaio 1859.
nizione di dottrina musicale indispensabile pel pubblico che vuol
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▼IRDI ■ LA CARICATURA
341
divertirsi col nuovo genere di musica del M» Verdi ». Ed il disegno
vorrebbe rappresentare (fig. 16) Riccardo Wagner che in una carret-
tella trascina un carico di trattati di armonia e di contrappunto,
necessari, secondo Topinione di quei tempi, per comprendere la
musica del Simon Boccanegra !
Ljbififltt M dottrini anittlt ìifcfrtwfcfk Mi mWìi»
Uè^_ -^ z
Fig. 16. — Dal Giornale * L'Uomo di pietra ,, 29 gennaio 1859.
Nella stagione successiva (1858) FOpera doveva rappresentarsi a
Napoli. Pare che gli abbonati, dopo l'insuccesso di Venezia, vedessero
di mal occhio e non gradissero la rappresentazione di quest'Opera.
L'autore del disegno, che è il Colonna, cerca d'interpretare il loro
pensiero (fig. 17). Sotto al disegno sta la scritta: Prognostico per la
prossima stagione teatrale. Ben tornato. Si sa che queste prevenzioni
furono sfatate, poiché l'opera ebbe a Napoli un buonissimo successo.
L'il marzo 1867 si rappresentava per la prima volta il Don Carlos,
e giudice sovrano doveva essere questa volta il pubblico dell'Opera
di Parigi. 11 successo teatrale, come si sa, non fu felice, e la mu-
sica fu variamente giudicata.
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342
▲RTB CONTEMPORANBA
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YKRDI E LA CARICATURA
343
Una caricatura che si atteggia a critica, è quella pubblicata a
questo proposito il 29 marzo 1868 nel Trovatore (fig. 18).
11 caricaturista, che in quella musica non aveva saputo scorgere al-
cuna linea, alcun disegno, e
da tntto rinsieroe non avea
riportato che l'impressione di
un'immensa confusione, con-
creta il suo concetto in que-
sta immane caldaia, raffigu-
rante il Verdi stesso, da cui
escono, spinte dal vapor ac-
queo, le note a frotte, senza
nesso e senza una direzione
prestabilita.
Ed a proposito di questuo
pera, ecco una caricatura del
Teja pubblicata nel Pasquino ,
che vorrebbe commentare u-
moristicamente il libretto (fi-
gura 19).
E poiché abbiamo accen- Fig. 18.
nato alla matita del Teja, ci ^*^ " Trovatore , di Milano, 29 marzo 1868.
piace riportare qui una caricatura riferentesi air^ùifa, dettata dai
medesimi intendimenti (Gg. 20).
Sempre riferentesi dXYAida è una serie di caricature abbastanza
curiose pubblicate a Parigi, che qui riproduciamo (fig. 21). È un com-
mento bufibnesco delFazione, illustrato ed accompagnato dalla musica
(quasi sempre erroneamente trascritta) delle altre opere Verdiane.
La musica che accompagna ad es. il n. 2, è quella del Rigoletio:
« Questa e quella per me pari sono ». L'altra del n. 9 è del Tro-
vatore: < Giorni poveri vivea ». Al n. 14 si applica il cantabile del
Higoletto: «Bella figlia dell'amore», e cosi via.
Ed ecco, sempre a proposito déìVAida^ una caricatura portoghese
(fig. 22). Non potremmo indicare con precisione il valor della satira,
se par satira v'è.
Non frequenti volte la caricatura dell'opera Verdiana si atteggiò
al motteggio della politica italiana, pur tuttavia qualche saggio ab-
biamo potuto raccogliere.
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344
ARTI CONTKMPORANIA
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VERDI E LA CARICATURA
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316
ARTI O0NTBMPORANK4
DUETTO #fi>tr^— ^-^jtJS
Sopr.TeD» tf ^ * ' ^ -^ ^^:_
4 tv
T'a.mo, fti^Va.itio . U-grt .ine
Fig. 21.
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VBRDI E LA CARICATURA
347
CBCEURdcs
fVLBERTS
ucrifìcateurs.
9 11
ptmbas
Ga.ro nom.me che il mio
CBCEUR.
Cat.ti ve nu.o .ve d'Etio^iia
Fig. 21.
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348
ARTE CONTEMPORANEA
NM4
QIUTUOR.
.Vi ..ra IÌt«lia^TÌjrail Rr,?i . va Verdi
Detenaftul .la terra pò .ve .ra^cbia.Ta
Trovatore.
N?9.
DUO.
Andiam ver.6o la pa . tn . a
N?12.
Six tons
plus baut
1 50
Ab! qual cor Ira . dia
Fig. 21.
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TBRDI E LA CARIGATORA
340
Eccone un primo del 1866, in cui Vittorio Emanuele e l'Italia
si appropriano con altissimo significato ed intendimento nobilissimo
3raaȣS1^3v
Fig. 21.
le parole che nel duetto del Trovatore il Cammarano mise in bocca
a Manrico e ad Eleonora.
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'^)0
ARTB CONTEMPORANEA
Dopo Falto ideale della patria ecco raffigurato il volgare interesse
della politica quotidiana. La rappresentazione grafica però ne è briosa,
e non priva di sano umorisnao.
Fig. 22.
Nella prinaa (fig. 24) è TOpposizione che, credendo di aver disfatto
ed annientato il vecchio di Stradella, s'accorge che chi fu vinta e
cadde nel sacco si fu invece la figlia sua, la famosa pentarchiaL.
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VERDI ■ LA CARICATURA
351
Il disegno è di Casimiro Teja, ed apparve nel Pasquino del
27 dicembre 1885.
Fig. 23.
Nella seconda (fig. 25) il granitico Magliani si trasforma in Vio-
letta della Traviata e presenta le sue sembianze piene di vita e di
«Mffta mmtieàU iUMtma, Vm.
84
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352
ARTE CONTEMPORANEA
abbondanza nel primo atto, e 'scheletrite e deformi neirultimo.
Fig. 24.
Fig. ^.
Anche questa caricatura ha la firma dì Casimiro Teja e porta la data
del 24 gennaio 1886.
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VERDI E lA dXaiCATUBA
353
Ecco la leggenda che la illustra:
Libiam*(*) nei lieti calici
Che abolizione infiora
Del macinato orrìbile
Dannato alla malora
E del Corso forzoso
Condannato al riposo
Libiam Libiam Libiam
Addio del passato
Bei sogni rìdenti
Le rose al bilancio
Già sono pallenti
Milioni si vedono
A cento sparìr,
E i baoni che credono
Già tutti svanir 1
(*) Non si comprende come i corìsti, che nel prìmo atto grìdavano più forte:
libiam, aboliam, aboliam! ora scendano in orchestra a fischiare.
Fig. 26.
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354
ARTE CONTEMPORANEA
Anche la politica portoghese ha dovuto passare sotto il giogo della
caricatura Verdiana, e ne sìa prova il disegno che presentiamo, di
cui però ci sfugge il significato.
Oli eventi della vita musicale del grande Maestro diedero occa-
sione a parecchie illustrazioni. Negli ultimi anni, quando cioè la
gloria al maestro era già decretata, le caricature si fecero piti note-
voli e più abbondanti ; ne diamo in saggio qualcuno delle migliori.
^ L
Come rtiKHJi la tiipnt« al rederv rk« li <
Pig. 27. • Fig. 28.
La fig. 27 è tolta dal Giornale Lo Spirito FoUetto, P aprile 1880,
e rappresenta il Verdi accolto trionfalmente a Parigi in occasione
delle rappresentazioni di Aida. Una voce sola scordata, nel con-
certo delle lodi, quella del rospo che si permise qualche appunto
salace all'opera Verdiana. Un cartello appeso ad un'asticella porta
la scritta: « M. Camillo Sans-Sens commun ».
Il disegno della fig. 28 apparve nel Giornale « £' Uomo di Pietra »
di Milano il 22 aprile 1893. Neiroccasione delle Nozze d'argento dei
Sovrani d'Italia, molti principi italiani e stranieri si trovarono a
Roma nelFaprìle del 1893. Il caricaturista ha voluto significare che
Verdi solo pesava neiropinione pubblica assai di più, che tutti i
principi riuniti.
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▼BRDI ■ LA CARICATURA
355
La figura segnata col n. 29 è dovuta alla matita del celebre Caran
d'Ache e sì riferisce al viaggio di Verdi a Parigi nel 1894.
Oiuseppe ^eVerdi à Pari*
00 > Mffl/nMc RenottfUu d'un Oetogintin
. n -
Fig. 29.
La leggenda che accompagna ogni disegno ne spiega a sufficienza
il significato umoristico.
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356
ARTB GONTSMPORANBA
Neppur dopo morte Verdi è stato risparmiato dalla caricatura. Il
« Floh » di Vienna lo rappresenta (fig. 30) quale suonatore ambulante
di organetto che si presenta alle porte del paradiso per esservì ammesso.
Wagner in persona affacciandosi ad una finestra ammonisce il por-
tinaio, un San Pietro dalle sembianze rotondamente tedesche, di met-
tere alla porta quel volgare fabbricatore di musica da ballo!...
^Aontli
AO PABADIS DES M05IC1EN8
- Conclerge, Danquci-rooi & la port« c« inoolwr de talMfc
{Ftohf Vicnoo-)
Fig. 30.
Una serie di caricature che non possiamo ommettere, perchè forse
la più artistica, certamente la più umoristica, si è quella pubbli-
cata in varie riprese sul Otterin Meschino di Milano, all'epoca del-
l'OfeMo e del Falstaff^ di cui ci piace riportar qui le migliori.
La fig. '31 rappresenta il maestro e gli attori coperti da una cam-
pana di vetro, che stanno provando Y Otello. Nessuno dovea conoscere
i particolari di quest'opera importante prima della rappresentazione
in teatro, e la leggenda che sta sotto la caricatura indica quale prov-
vedimento il Ricordi aveva creduto di prendere affinchè nulla tra-
pelasse del gran segreto.
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YEBDI ■ LA CARICATURA
357
. Il n. 32 si rìferìsce pure alle prime rappresentazioDi dell'Otello,
ed è illustrato a sufQcieDza dalla leggenda che riportiamo.
Pig. 31. — Dal ■ Guarino „ 30 genn. 1887.
* Perchè di proeuv s*ha de senti nagott
Nemanch a la lontana,
El Ricord l'ha pensaa de quatta sott
Maester e cantant a ona campana.
)-
Dal • Guerino „ 8 febbraio 1887.
Quand el Verdi in personna el sarà stuff
De vegni a la ribalta a ringrazia,
E i Milanes — seguitaran di mes
A sbatt i man, a ciamall, a sbragià,
Per no iassai li muff
0 fai deventà matt,
Bisognarà che du corista in m^ja
Per lo men porten foeura quel ritratt
Che del nost Vece ha pitturaa el Barbig'a.
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358
ARTE OONTBMPORANKA
Ed ecco nella fig. 38 rappresentati i dae autori che danno rultimo
tocco al quadro finale.
Fig. 33. — Dal • Guerino „ 20 febbraio 1887.
Ultimo tocco di Verdi e Boito al quadro finale in cornice deW Otello.
La fig. 34 è un riuscitis-
simo medaglione - ricordo
portante TefiSgie dei due
autori del Falstaff. Il ca-
ricaturista bene augurando
all'arte italiana, fa voti
che all'ombra del cappel-
lone stia per fiorir presto
anche il.... Nerone.
E con questo augurio,
che sta per avere la lieta
sua attuazione, vorremmo
anche noi finire questi ap-
punti, se non restasse una
caricatura che pur non ri-
traendo le sembianze del Verdi ne ritrae un atteggiamento in forma
tanto umoristica che sarebbe peccato privarne i nostri lettori cortesi.
Fig. 84. — Dal • Guerino „ 12 febbraio 1898.
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▼ERDI ■ LA CARICATURA
359
Fra i ritratti del Verdi
eseguiti quando si rappre-
sentò il Falstaff nel 1893,
?e n'era uno che qui ri-
produciamo (fig. 35), in cui
accanto al Boito ritrattato
di &ccia in piedi, si vede il
Verdi colle mani sui fian-
chi in attitudine di riposo.
L'arguto caricaturista
del Cruerin Meschino ne
ritrae questo disegno (fi-
gura 36).
Qualunque nostro com-
mento guasterebbe l'im-
pressione di sano umo-
rismo che desta questa
caricatura e la leggenda
che la spiega.
11 materiale raccolto „. ^^
Fig. 35.
per la storia della Cari-
catura Verdiana è ancora abbondantissimo. Si potrà più tardi illu-
n inoro atteggiamento deUa gioTane senola musicale itaUana.
Coi B«a wml rem, io cfaeM • OAppelIoiif Ma onn ••mm m(ng«, io quanto • temastA,
Do Verdi I hamm Caa •olla folofrtfla; Chi sarà tra d« ior Verdi de bon.
Fig. 36.
strare efiBcacemente la vita del maestro con questo nuovo ed inte-
ressante elemento d'arte? Lo speriamo.
Giuseppe Bocca.
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ANEDDOTI VERDIANI
(Bicordi pbbsónau).
M.
Lodesto oltremodo come artista, come italiano l'orgoglio del
Verdi non conosce misura.
Bicordo che un giorno, ai Bagni di Montecatini, in una delle con-
suete passeggiate estive nel pomeriggio, mentre si parlava di musica
e delle diverse scuole e maniere contemporanee, il Maestro si arrestò
ad un tratto. E, ritto sulla ancor forte persona, con quella sua bella
testa fieramente atteggiata; sulla quale il sole vivido d' agosto dar-
deggiava un raggio infuocato, mi piantò in faccia quei suoi occhi
luminosi e mi apostrofò rudemente dicendomi: < Vi pare chela mia
fisonomia sìa quella di un tedesco?... Vi pare che sotto a questo sole
e questo cielo io avrei potuto scrivere il Tristano o la Trilogia?...
Siamo italiani, per Dio! in tutto, ani^he nella musica! ». Confesso
che rimasi muto, estasiato, come dinanzi alla visione d'un Verdi
immortale !
Una parentesi: descrivendo il Verdi ho qualificato i suoi occhi
coiraggettìvo di « luminosi ». Avverto che non l'ho detto a caso —
gli occhi del Maestro erano, in certi momenti, veramente tali. —
Chi mi fece notare, pel primo, lo strano fenoment) fu l'amico e scul-
tore insigne Giulio Monteverde. — Andando con lui una mattina
alle Sorgenti del Tettuccio, egU mi disse: Hai mai guardato il Verdi
da lontano? — Non so... non lo ricordo '— risposi. — Ebbene adesso
ne faremo insieme l'esperienza. — E invitandomi a camminare con
lui mi fece fermare ad un certo punto abbastanza lontano — un
cinquanta metri circa — da dove si poteva, senza essere notati, os-
servare tranquillamente il Verdi. — Questi era seduto sopra una
panca di legno in faccia al luogo ove noi ci trovavamo. — Lo vedi ?
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ANKDOOn VBRDUNI 361
— mi disse Monteverde. — Lo vedo sì, ma non ne distìnguo i tratti.
— Benissimo: aspetta ch'egli alzi gli occhi e vedrai. — Aspet-
tammo pazientemente qualche minato. — Finalmente il caso ci servì.
— Verdi, per non so quale motivo, sollevò improvvisamente le pu-
pille, e fu allora che mi apparve il fenomeno: mentre i tratti della
fisonomia del Maestro rimanevano confusi e indistinti, io vidi esat-
tamente i suoi occhi come se mi fossi trovato a' due passi* da lui.
— È un fenomeno di luce, mi disse il Monteverde, di cui non ho
mai notato l'uguale. Negli occhi del Maestro brilla una fosforescenza
che illumina i suoi occhi e ce li fa distìnguere quando il volto,
per la sua distanza, non può esserlo ancora.
Poiché sono a Montecatini ci resto ancora un momento per nar-
rare ttn episodio che vale, nella sua semplicità, a descrivere la bontà
ideiranimo di Lui e, in pari tempo, la sua sensibilità nervosa. —
L'uomo e l'artista ci hanno entrambi la loro parte.
Alceste Corsini, l'arguto e geniale Stenterello, .morto or sono cinque
anni, soleva venire a dare un corso di recite al piccolo teatro dei
Bagni di Montecatini durante il mese di luglio, nolla quale epoca
era certo di trovare fra i villeggianti del Tettuccio l'illustre Maestro.
Il quale era felice di andare di tanto in tanto a passare una serata,
insieme alla sua signora, dallo Stenterello Corsini e di battere anche
le mani alle arguzie del faceto artista toscano. Il povero Stenterello
ne era pazzo di gioia e non mancava mai di recarsi ogni mattina
al Tettuccio per consegnare personalmente al Verdi il programma
dello spettacolo serale. A questo proposito rammento un aneddoto cu-
riosissimo. — Nel luglio del 1892 il Corsini aveva annunziato da
tutti i muri e da tutti gli alberi di Montecatini la sua serata di
beneficio. — Per la circostanza egli aveva preparato un album in
bianco, coU'intenzione di arricchirlo delle firme più notevoli della
colonia bagnante e avere così un grato e serio ricordo della serata.
Sapendomi nelle buone grazie del Maestro, con il quale vedovami
insieme sovente, il Corsini venne da me e mi pregò di essergli in-
tercessore presso il Verdi onde ottenerne la preziosa firma. Alle sue
insistenti preghiere io risposi con un buon consiglio: incoraggiandolo
cioè a tentare egli stesso la prova senza intermediari di sorta. Al buon
Alceste, tanto ardito sulla scena, mancava però il coraggio necessario,
tanto che volle — ed ottenne — che io favorissi almeno con la mia
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362 ARTE CONTEMPORANEA
presenza il momento della sna dimanda. — E così fa stabilito che
egli, il Corsini, ci avrebbe aspettati, il Verdi e me, al ritorno dalla
passeggiata pomeridiana, sulla piazzetta che dà accesso alla parte
interna della Locanda Maggiore, ov'era situato il quartiere del Maestro.
L'appuntamento riuscì fortunatissimo. Io vedo ancora il Corsini col
suo bravo album in mano, avanzarsi trepidante innanzi al Verdi e
balbettare le prime parole, allorquando da una porticina terrena at-
tìgua alle cucine deiralbergo un maledetto guattero esce fuori mu-
nito di un enorme tam-tam, e all'improvviso, senza che nessuno di
noi si fosse accorto della sua presenza, ci scarica sulle orecchie la
più formidabile tempesta istrumentale che si possa mai immaginare !...
A quei colpi di tuono il Verdi è preso da un soprassalto nervoso fu-
riosissimo, e in men che non si dica, superando d'un salto, con una
vivacità giovanile incredibile, i quattro o cinque gradini della sca-
letta esterna, sparisce dai nostri occhi, lasciando in asso me e il po-
vero Corsini, il quale, esterrefatto da quella fuga, non si cura nem-
meno di raccogliere Valbum gettato rabbiosamente in terra dal Maestro.
Dopo un momento il Corsini ritrova però la sua bizza e la sua voce
toscana, con la quale comincia ad apostrofare eloquentemente il mal-
augurato guattero autore di tanta iattura ! Fu fortuna che vi fossi
anch'io, diversamente il guattero avrebj)e passato un brutto quarto
d'ora. — Stenterello era divenuto un leone! Faceva paura a vederlo!
— Il Verdi riparò la sera stessa alla involontaria sgarberia recan-
dosi in teatro, facendo chiamare nel suo palchetto il Corsini e met-
tendo tanto di firma in testa sìiYalbum del beneficato. — Povero Ai-
ceste! Come fosti felice quella sera e con quanta anima e spirito
recitasti il tuo « Fante di fiori ».
Questo tratto gentile del Verdi non è un caso solitario, ma non
è nemmeno un caso frequente. Spirito superiore, il Verdi è anche
un filosofo. — Come tale egli discende assai difficilmente al livello
comune o almeno non vi resta che pochissimo e sempre a disagio.
— Egli sa che questa sua discesa non può procurargli che due cose :
la seccatura o l'adulazione — ambedue aborrite da lui.
Un giorno una distinta signora fiorentina mi pregò che la pre-
sentassi al Maestro. — Prima di farlo io la prevenni che si fosse
guardata bene dall'esprimere in nessun modo la sua ammirazione per
l'Artista e la sua compiacenza nel conoscerlo. — Mi promise che sa-
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ANIODOTI TBRDIANI 363
rebbesi uniformata al mio consiglio, senonchè Temozione la vinse e,
non appena il Maestro le ^be pòrta la mano, la signora si die a
baciarla con trasporto, accompagnando i baci con esclamazioni di su-
prema ammirazione. — Il Verdi ne rimase cosi irritato che si sciolse
con mal garbo da quella effusione di tenerezza devota e le volse le
spalle senza pronunziare una sola parola. — Io poi ebbi da lui poco
dopo il resto... del carlino.
Ben diversa fase ebbe invece la presentazione di Gemma Bellin-
cioni. — La insigne artista tenne tanto caro il mio avvertimento che
io non aveva ancora terminato la formola sacramentale della presen-
tazione, che la celebre Violetta, con un trasporto istantaneo e pieno
di grazia, ricinse delle sue braccia la testa del Grande Maestro e
scoccò sulle di lui guancie due sonorissimi baci... E tutto ciò senza
profferire una sola parola Il Verdi ne ricevette una impressione
tutt'altro che spiacevole ; anzi ne provò un'intima compiacenza, e ri-
volgendosi a me, dopo che la Bellincioni si era già accomiatata, mi
disse: « Ecco, vedete, una donnina che mi piace... mi piace assai...
Peccato !... Peccato ! » Tutto il rammarico dell'illustre settuagenario
era racchiuso in quella triste parola !
L'irritazione nervosa del Verdi si dissipava facilmente senza lasciar
traccie; non così però il suo risentimento.
Un doloroso esempio, che ebbe una enorme importanza sullo svol-
gimento dell'arte nostra, fu l'improvvisa inimicizia sorta fra il Verdi
e il Mariani — alla quale il Wagner e le sue opere debbono il loro
ingresso trionfale in Italia. Qualunque possano essere state le cause di
questa inimicizia e da qual parte sia avvenuta la prima offesa ad un
legame quasi fraterno fra i due grandi artisti, certo è che il Verdi
serbò risentimento costante e profondo, non attenuato nemmeno dalla
morte prematura del Mariani. — Ormai è noto come il Mariani fu,
nel Dan Carlos^ il collaboratore del Verdi ; lo fu anzi tanto che, dopo
la sua morte, il Don Carlos sparì quasi del tutto dalle grandi scene
ove il Mariani Io aveva vittoriosamente condotto, o se qualche volta,
e a rari intervalli, tentò farvi ritorno senza la bacchetta del Diret-
tore Prìncipe, l'esito fu sempre mediocre, quando non assolutamente
cattivo. Ebbene, se il Verdi avesse avuto coscienza certa — come
l'aveva — che il sofBo animatore del Mariani sarebbe bastato a far
risorgere e rivivere il Don Carlos^ ebbene egli non avrebbe fatto ta-
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364 ARTE CONTBMPORANBA
cere il suo risentimento. — L'uomo era così fatto. — E pertanto il Don
Carlos^ che il Mariani aveva fatto passare bello e vittorioso dinanzi
ai pubblici di Genova, Bologna, Parma, Sinigaglia, ecc., entrò in un
perìodo di lenta decadenza da cui non è più uscito. — Il dissidio
col Verdi impedì al Mariani di dirigere YAida^ alla cui musica
la magica bacchetta del Mariani riservava forse una di quelle sor-
prese di cui egli solo possedeva il meraviglioso segreto. Vero è che
quella volta fu il Mariani che non consentì. — Le amichevoli sol-
lecitudini, mercè le quali si tentò di vincere la resistenza del celebre
direttore, furono tutte inutili. — Ormai la siepe era troppo alta e
spinosa perchè da una parte o dall'altra si potesse tentarne la salita.
— Oggi, tanto il Verdi che il Mariani sono morti e non è il caso
di rovistare sottilmente fra le ceneri di due fuochi del tutto spentì.
Se il Verdi, come uomo, non era immune di debolezze, come ar-
tista invece era di una grandiosità superiore.
*
La grandezza e la supremazia artistica dell'Italia: ecco il sogno,
l'idealità, l'aspirazione nobilissima del Verdi. — Compreso tutto in
questa grande missione di patriottismo e di arte, egli non si appaga,
come il Bossini, del conquistato fasto glorioso che, dopo VAida^ Egli,
forse, dispera di potere accrescere. Neil' apparente casalingo riposo
della sua Villa di Sant'Agata, Egli guarda, vigila, esamina 1' oriz-
zonte; e allorquando gli sembra che la luce d'oltr'alpe varchi i no-
stri monti e minacci inondare la terra d'Italia, il Vecchio Glorioso
ravviva la fiamma del suo intelletto e un nuovo incendio verdiano
divampa sulla scena.
L' eremitaggio di Sant' Agata, come il Verdi suoleva chiamario,
potrebbe paragonarsi al non meno solitario asilo di Caprera, dove un
altro Grande, cotanto simile al Verdi per austerità di carattere, per
fede politica e anche per sembianze, aveva un tempo modestamente
rinchiusa la sua persona gloriosa. — Da quel lembo isolato di terra,
ogni qualvolta però la libertà dei popoli oppressi mandava un grido
di soccorso, salpava, rapido come la folgore, Giuseppe Garibaldi, e il
Genio vittorioso delle battaglie aleggiava sempre vicino a lui. Vinta
la battaglia, conquistata alla patria un'altra verde fronda di lauro,
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ANEDDOTI TERDIANI 305
Oiuseppe (Garibaldi e Giuseppe Verdi rientravano modestamente nel
proprio asilo, sdegnosi entrambi d'un plauso che la sublime sempli-
cità della loro anima non riusciva a comprendere.
Bicordo ancora, come un avvenimento di ieri, la prir^a rappresen-
tazione àélYOteUo alla Scala. La vastissima sala rigurgitava del pub-
blico più disparato ed eletto che siasi mai dato convegno ad una
prima rappresentazione. Erano sedici lunghi anni che il genio del
Verdi rimaneva muto e inoperoso. Durante questo periodo, sulle scene
italiane e straniere era passata una generazione di musicisti vecchi
e nuovi, recanti ciascuno una nuova verdeggiante palma sulla crepi-
tante ara dell'arte. Gli stranieri, specialmente, avevano bruciato la
mèsse migliore, convinti che il fumo delle ormai passate glorie ver-
diane non avrebbe piti ingombrato la giovane atmosfera melodram-
matica.
L' annunzio dell' OteUo^ del nuovo e inaspettato tributo artistico
del Verdi aveva quindi riempito di profondo stupore il mondo mu-
sicale. — Che cosa avrebbe potuto mai essere la nuova musica con-
cepita dal settuagenario Verdi ? Sarebbe stata forse un ritomo a quel
famoso antico da Lui tanto predicato, ovvero la fantasia del Maestro
avrebbe saputo sciogliere un nuovo, ardimentoso volo attraverso le
imbalsamate foreste ielVAida? La voce interrogativa di quel pro-
blema serpeggiava difiBdente, avvalorata dalla tarda età del Maestro.
— Trepidanti e indifferenti, tutti avevano voluto ugualmente tro-
varsi quella sera alla Scala per udire e giudicare la musica del-
l'OfeWo.
Non era trascorso però il primo atto, direi anzi meglio, la prima
metà di esso, che ogni dubbio, ogni diffidenza era svanita. La voce
di Otello era pur sempre quella vittoriosa del Genio ridesto ; ed era
voce nuova, audace, inattesa, che distruggeva ogni legge e conven-
zione dell'antica tecnica e sorpassava ogni altro confine. — Eppure,
fenomeno mirabile, entro quella improvvisa distesa d'orizzonti nuovi
e luminosi continuava a rispecchiarsi limpida e serena la fisonomia
italiana del Verdi. — Lo stesso sorprendente fenomeno si rinnuova
nel Fàkiaffy suo ultimo capolavoro, vivido per freschezza ed origi-
nalità suprema d'immagini, di disegno e dì colore. — D sorriso, man-
catogli nei primi anni della sua carriera, il Vecchio Glorioso lo trova
vicino a' suoi ottant'anni, e lo trova limpido, spontaneo, disinvolto.
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366 ARTB CONTEMPORANEA
genialmente incantatore. — Noi italiani che possediamo la grande
opera buffa rossiniana, abbiamo veduto nel Falstaff un nuovo ed
inaspettato miraggio di cui non avevamo sentore : i francesi che ave-
vano la commedia musicale di Auber e Boildieu e i tedeschi che
pur vantavano quella di Mozart, rimasero stupefatti dinanzi a co-
desta inaspettata manifestazione di arte.
Precedendo di parecchi passi il movimento evolutivo del melo-
dramma comico contemporaneo. Verdi ha voluto che la sua ultima
parola trovasse una eco crescente di plauso nella generazione pros-
sima: la straordinaria modernità del Falstaff, forse eccessiva per
noi, costituisce la maggior gloria del suo autore. — Mentre il Verdi
scriveva la musica del Falstaff^ faceva la sua apparizione trionfale
la Cavalleria Rusticana del Mascagni.
Durante i primi deliri del pubblico romano per Cavalleria ebbi
occasione di visitare a Genova Tillustre Maestro. — Ebbene, la prima
dimanda che mi fece, vedendomi, fu questa: « Dunque è stato ve-
ramente un grande successo questo della Cavalleria al Gostanzi?
Ditemene qualche cosa ». — Era la prima volta, in molti anni, che
il Verdi dimostrava interesse e curiosità per un qualche fatto mu-
sicale.
Dopo un anno circa incontratomi col Verdi, questi a un certo punto,
aprendo una parentesi alla nostra conversazione, ebbe a dirmi: «A
proposito: ho sentito Cavalleria.,. — Ebbene? esclamai subito. —
Ah! un bel momento di sincerità, davvero! ». — E non aggiunse
altro.
Qualche anno appresso, quando il Mascagni aveva già scritto il
Fritz^ i BantzaUy il Silvano^ e il RatcUffe, il Verdi, parlando del-
Tautore di Cavalleria^ si espresse cosi: « Peccato! peccato! È un
giovane che sente la musica meglio di quanto la sappia; ma ormai,
lo credo fuori di strada ».
Sul conto del Puccini il Verdi non era da principio troppo te-
nero ; tutt'altro ! In seguito però modificò assai la severità del giudizio ;
tuttavia con molte riserve.
Una certa fede egli l'ebbe per il Pranchetti. « Quello — diceva
— è un giovane che la musica la sa sul serio, ma non avrebbe
dovuto studiare in Germania! ».
Il Maestro per il quale il Verdi ebbe, subito dopo il Guarany^ una
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AMBODOn TSHDUia 367
profezia splendida — che poi non si avverò — fa il Gomes. — E lo
si spiega. — Nella musica del Ouatany il Verdi ritrovava molto
di sé medesimo, e la f(^ e l'impeto dell'artista brasiliano gli ram-
mentavano le concitazioni geniali della sua giovinezza. — E il Gomes
sapeva e conosceva bene questa simpatia e questa fede del Grande
Maestro per lui, e negli ultimi anni quando, dopo il dmdùr^ egli
sentì vanire l'ultimo soffio delle sue balde speranze, ne provò ama-
rezza infinita — « Vedi — mi disse un giorno in un momento di
abbandono — la cosa che più mi addolora è di avere tradito la bella
profezia del Verdi... e di non aver potuto essere il suo successore!
Che genio — continuava — quello del Verdi! Dopo V Otello io non
arrivo più a misurarlo... Mi fo spavento!
La morte di Giuseppe Verdi ha fatto in questi giorni battere il
cuore dell'Italia in unico palpito. La melodìa verdiana ha risuonato
da un capo all'altro della penisola sollevando entusiasmi a cui non
era più avvezza. Giovarne vecchi ne hanno provato il fascino incan-
tatore con pari esultanza ; una corrente benefica attraversa in questo
momento l'Italia, rinfrescandone l'aria intellettuale. Auguriamoci che
questo soffio di patriottismo musicale non passi prima d'essere stato
fecondo.
G. MOKALDI.
lUntia muMicaU iltakkma^ ?m.
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*:#.
I HijiriiM
Prospeiio 9eno ìa pioMMa Mkhdamgélo Bwonarroti,
LA CASA DI RIPOSO PEI MUSICISTI (D
J\ scopo di raccogliere e mantenere nell'apposito edificio costrutto
in Milano, piazza Michelangelo Buonarroti, persone dell'uno e dell'altro
sesso, addette all'arte musicale, le quali abbiano oltrepassato l'età di
anni 65, siano cittadini italiani, e si trovino in istato di povertà »,
fu costruito da Giuseppe Verdi il ricovero intitolato: « La casa di
riposo pei musicisti ».
Nell'intenzione prima del maestro» tradotta anche in un progetto
particolareggiato, la Casa di riposo aveva proporzioni modeste: i
ricoverandi non dovevano oltrepassare il numero di sessanta, fra uo-
mini e donne.
(1) Parecchie delle notizie che qui riportiamo sono tolte dal giornale: L^edi-
ligia moderna.
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LA GA8A DI RIPOSO FKI MUSICISTI
309
Ma volendo poi il maestro estetdere i bcmeficii della pia istita^
rione e giudicando che il prìmitiyo progetto non corrispondesse esat»
Pianto
id pianù terreno.
Pianta
primo piano.
Primo Progetto.
i, Fsrtico «irrrauUto. — B, Atrio. — (7, C\ Scale per aeeeMO al aalono del prino plano
•1 alloffio del Diretten al eeeoado. — D, D\ Atrii earroixabili per i riparti delle donae
e degli aoBlBi. — S, JT, Cedila, diepenee, eco. — F, F\ Scale priscipali dei dee riparti,
illeaiBate dall*aIto. " 9, 0\ Camere a dee letti per aomini e per doxme. ~- H, JT, Oa-
■ere a qb letto per eoodiii e per dosile. — 7, Salone per concerti. — £, L\ Sefettorii per
■omM e per denoe. ~ Jf, Loggia ralla flMdata. — if, N\ Stante di ritrovo. — 0, Cor-
tOe raitfeo. — P, Utanderia.
tamente al fine vagheggiato, acquistò nuovi terreni atti alla fabbri-
eaàone e fece eseguire un nuovo disegno per il quale le basi deiredi-
fieio erano d'assai ampliate, ed il ricovero diveniva così atto a rac-
cogliere un centinaio di persone: sessanta uomini e quaranta donne.
Camillo Boìto, l'insigne architetto, fu scelto dal maestro per la
effettuazione del sao progetto: il Verdi gliene parlò per la prima
Tolta nel 1888, un anno dopo l'apparizione àAV Otello. Nel 1895
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370
ARTE CX>HT»fPOaANIA
cominciarono i lavori, che in pochi anni furono condotti felicemente
a termine.
Piama da pkmo terreno.
Progetto eseguito.
i, iDgnMO. — * B, PortiiMiia. — 0, AblUsion* d«l Diretiore. ~ D, Anminiftruione. —
B^ SUuia di goardia p«l portioalo. — F, F*, y«tiiboli per i riparti degli nomini e delle
donne. — 0, 0\ PnrUtorii. — J7, IT, Scale principali per i dne riparti. — I, 1\ Camere
da dne letti per nomini e per donne. — L, L\ Camere da nn letto. — Jf, Riparto dellMn*
fiurmeria. — Jf, Loggia terrena. — 0, Calino per i caloriferi e la lavanderia. — /*« Cortile
centrale. — Q^ Giardino per le donne. — il« Giardinetto pel Direttore. — 8^ Giardino per
gli nomini. — 7, Cortile mstico. — U^ LaTanderia e aadngatoio. — F, Rampa che aeende
al Botterraneo per cneina, cantine, ecc. -~ X, Rampa ohe scende al iotterraneo per depoaito
di biancheria, ecc. — f, Rialto sopra le caldaie del calorifero e della laTanderia. — Z, Scale
secondarie.
Al progetto che venne eseguito, si assegnò un'area che raggiunge
i mq. 4200, di cui 1900 sono coperti di fabbricati, 3000 destinati
a cortili, i due maggiori dei quali verranno trasformati in ameni
giardini, — Tuno per gli uomini e l'altro per le donne, — e corri-
spondono alle due ali del fabbricato che si dipartono dal corpo
principale.
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LA GASA DI RIPOSO PEI MUSICISTI
371
L'ingresso si apre al centro della fEUsciata principale rivolta verso
il piazzale Michelangelo. Dairingresso si passa in un androne, di fianco
Pùniia del primo piano.
Progetto eseguito.
À, À\ Setto principali per I riparti degli nomini e delle donne. — B, Salone per oonoerti.
— Of Locale nnito al aalone per eoncorti. — D, D\ Kefbttorii per gli nomini e per le donne.
— S, 1*, Locali di aerrliio per i refeitoril, col monta-piatti. — F, F*^ Altre atanie di aer*
risio. — 0, 0\ Camere da due letti per nomini e per donne. — H, IT, Camere da nn l^tto.
/• Oratorio. — L, Sacreetla. — M, Infermeria. — ilT, Scale secondarie. — 0, Camere per
le penone di eerrizio (nomini). — P, Ballatoio di comnnieaiione con Talloggio per le donne
di aerTixIo, poeto aopra Talloggio degli nomini.
JB. — Nel aecondo piano tono ripetnti i locali che atanno iopra quelli indicati con to
lettM* e, Q\ JET, R\ l9à M.l loeaU B, C, D, D* •à I abbracciano i dne piani. Sopra i
kcali B^ 1*, F, F* stanno dne temale.
al quale si hanno: la portieria, le sale per l' Amministrazione e l'al-
loggio pel Direttore; alle due estremità, in riscontro tra loro, due
brevi e ampie gradinate conducenti dall'androne al piano terreno,
che è rialzato.
Con queste due scale distinte ed opposte s'inizia la separazione
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872 AJLTE CONTCMPORANBA
dei due oompartiiiìaiiti, destioati l'uno agli uomini Faltro ali
(poiehò qnelli • queste mono sempre divisi: hanno tavola
separate le sale di ritrovo e di conversazione), i quali sei
completati a piano terreno da due parlatori distinti.
In ciascuno di questi comparti si hanno uno scalone ed i
di servizio che mettono ai piani superiori.
AI primo piano la parte centrale comprende le sale di
assai alte e ricoperte con tetto a terrazzo; nella restante
sono ordinate, in due piani sovrapposti, le celle, le quali I
tozze molto minori, in relazione con la larghezza, pur limiti
camera ha due letti; ma chi vorrà dormire solo, non avrà
dirlo al direttore. La camera si può dividere in due assai
mente. Una semplice parete aggiunta compie la trasform
ciascuna delle due camere che ne risulteranno avrà come le
porta d'entrata ed una spaziosa finestra. Il compartimento de
poi ò completato dalla infermeria e dai servizi relativi.
Le sale di riunione, di cui si è fatto cenno, assai spazici
alte, bene illuminate ed arieggiate, comprendono: il gran »
concerti, che occupa il mezzo del corpo di fabbrica princii
mandone la parte più notevole, e le due sale da pranzo che }
di fianco e che in certe occasioni servono a quello di e
mento.
Il salone pei concerti è uno dei più belli del genere. Tuti
^ I tomo sulle pareti Giuseppe Verdi fece dipingere i ritratti
I < sommi musicisti italiani. Si comincia dal Palestrìna, il più
si finisce con Gioachino Rossini, il più recente. Gli altri s<
rolamo Frescobaldi, Alessandro Scarlatti, Claudio Montevei
vanni Battista Pergolesi, Benedetto Marcello e Domenico G
Questo salone accoglierà senza più distinzioni uomini e di
si potranno allietare della musica dei migliori maestri di ogi
e di ogni paese.
Il fabbricato ha un cortile d'onore, al cui lato di fondo cor
una parte dell'edificio che si distingue dal resto per il caratb
grandiosa e severa sua architettura che ispira rispetto e vem
È in questa parte che, al primo piano, è collocata la Gappel
per le funzioni religiose, alle qaali i ricoverati possono assi
separati riparti.
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LA GASA DI ftlPOSO PEI MUSICISTI
373
Oltre quello d'onore, si hanno due altri cortili, dei qaali, quello
di maggiori dimensioni è destinato al riparto più numeroso degli
uomini e l'altro, più piccolo, appartiene al riparto delle donne.
Dettaglio del prospetto.
Dietro al fabbricato si aprono i cortili di servizio che hanno un
ingresso speciale pei carri; essi appartengono ai fabbricati rustici
comprendenti la lavanderia, gli asciugatoi e gli alloggi del perso-
nale di servizio.
Infine nel sotterraneo si hanno: la cucina, gli acquai, le dispense.
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374 ARTK GONTKMPORANBA
i montacarichi, i depositi di biancheria, i bagni, il calorìfero ed i
servizi relativi.
Meglio però di queste indicazioni generiche. Tesarne delle piante
gioverà a mettere in evidenza i vantaggi veramente pregevoli che
presenta l'ordinamento distributivo intemo di questo edificio, pei quali
si ritiene debba, in ogni sua parte, degnamente rispondere allo scopo
cui si volle destinato.
I motivi decorativi esterni dell'edificio, di carattere medioevale,
pel vario impiego dei materiali di diversa natura, per l'armoniosa
distribuzione, per i particolari e per l'insieme offirono nuovo argo-
mento di studio. Da essi l'edificio ritrae un carattere serio a un
tempo e gentile, che inspira e compendia l'alto sentimento cui l'e-
dificio stesso è informato.
Le decorazioni esterne hanno all'interno un opportuno richiamo,
segnatamente nelle parti frequentate dal pubblico, e cioè nelle sale
di riunione, nella cappella sacra e nel salone pei concerti. Tali deco-
razioni interne, ispirate esse pure a motivi medioevali, sono poli-
crome ed eseguite a tempera. Esse, mediante l'armonia dei disegni e
dei colori, danno a quelle sale una intonazione lieta e vivace che
ricrea e appaga lo spirito e concorrerà certamente a rallegrar l'animo
dei ricoverati.
Le spese per la costruzione oltrepassarono le L. 500.000, escluso,
beninteso, il costo dell'acquisto del terreno.
Pochi giorni prima d'essere colpito dall'attacco apoplettico, Verdi
fece la legale donazione di 2 milioni e mezzo alla Gasa di riposo, a
cui beneficio andranno anche i diritti di autore delle sue opere, di-
ritti che si elevano in media a L. 200.000 all'anno.
Ecco le disposizioni testamentarie riguardanti la Gasa dì riposo:
' Lascio aU'Opera Pia Gasa di riposo dei musicisti, eretta in ente
morale con Decreto SI dicembre 1899, oltre lo stabile da me fatto co-
struire in MUano, piazzale Michelangelo Buonarroti, e di cui all'istru-
mento 16 dicembre 1899, a rogito dott Stefano Allocchio:
* 1. Lire 50.000 di rendita italiana, consolidato 5 O/o, attual-
mente a me intestate su certificato N. 4;
' 2. Lire 25.000 di rendita italiana al portatore;
' 3. Tutti i diritti d'autore, sia in Italia che all'estero, di tutte
le mie opere, comprese tutte le partecipazioni a me spettanti, in dipen-
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LA GASA DI RIPOSO PXI MU8IGISTI 375
denza dei relativi contratti di cessione. Di tali proventi il Consiglio di
Amministrazione non potrà disporre che della somma di L. 5000 annue
per i primi dieci anni» e ciò allo scopo di fornire col residuo un capi-
tale in aumento del patrimonio dell'Opera Pia;
' 4. n credito di lire 200.000 verso la ditta 6. Bicordi e 0. di
Milano, sul quale viene ora corrisposto l'interesse del 4 O/o annuo, a
tenore della convenzione ora in corso;
* 5. La somma che venisse eventualmente restituita dal Municipio
di Milano a termine del contratto di acquisto del terreno nel cimitero
monumentale in Milano, ffttto a mezzo del mio avvocato Umberto Cam-
panari; *
' 6. Lascio alla detta Casa di riposo dei musioistì il pianoforte
grande formato Erard che trovasi nel mio appartamento a (Genova, la
mia spinetta che trovasi a Sant'Agata, le mie decorazioni, i miei ricordi
artistici, i quadri indicati con lettera speciale alla mia erede, e tutto
quanto la stessa mia erede crederà opportuno di lasciare per essere
conservato in una sala del medesimo istituto ,.
Nella cappella del pio istituto riposano ora le ossa di Giuseppe
Verdi e della consorte Giuseppina Strepponi.
La cripta era prima mascherata, coperta da un muro che la na-
scondeva ad ogni sguardo. Ciò erasi fatto al fine di evitare a Verdi
la vista del proprio sepolcro.
Morto Verdi, in 17 giorni venne tolta la copertura, si costruirono
due scale di marmo, si compi la decorazione definitiva della cripta
sotterranea e si fecero fondere le due grandi lastre in bronzo che
ricoprono oggi i due feretri. In così breve tempo non potevasi fieur di
meglio e di più.
Nel pio istituto saranno trasportati più tardi tutti 1 ricordi per-
sonali del Maestro, secondo il desiderio da luì manifestato.
Diamo qui sotto lo Statuto dell'Opera Pia: il regolamento non
venne peranco dettato, e non ve n'è urgenza, poiché per due anni
la Gasa resterà chiusa e non potrà ospitare alcun vecchio musicista,
dovendo il Consiglio pagare (colla rendita delle due annate) la tassa
di successione ed acquistare i mobili e gli arredi necessari.
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^6 ARTE CONTEMPOBANBA
STATUTO
§ 1. — Per iniziatiTa privata del maestro Giuseppe Verdi viene
costitaita on'Opera Pia Nazionale denominata Cctaa di riposo pei Mu-
sicisti, Essa ha la sua sede in Milano.
§ 2. — Scopo dell'Opera Pia è quello di raccogliere e mantenere
nell'apposito ospizio costruito in Milano, piazza Michelangelo Buonar-
roti, persone dell'uno e dell'altro sesso, addette all'arte musicale, le
quali abbiano oltrepassato l'età di anni 65, sieno cittadini italiani, e si
trovino in istato di povertà.
§ 8. — CoU'espreasione • addetti all'arte musicale , intendesi in-
dicare i maestri compositori, gli artisti di canto, i suonatori, e tutti
coloro che siansi dedicati per professione all'arte musicale.
§ 4. — D numero dei ricoverandi non potrà superare quello di
cento, nella proporzione di 60 uomini e 40 donne — per i primi anni:
salvo e riservato in prosecuzione di tempo al Consiglio d'Amministra-
zione di aumentarne il numero — mantenendo le stesse proporzioni —
ove ciò trovasse conveniente e possibile.
§ 5. — D patrimonio dell'Opera Pia viene costituito:
a) dalla proprietà dell'area e dello stabile costruito Ì9 piazza
Michelangelo Buonarroti (del valore attuale attribuito di L. 500.000),
e già assegnato all'erigenda Opera Pia con atto 16 dicembre 1899 a
rogito Allocchio;
b) da tutti gli oggetti e corredo di mobiglia, nonché dalle ren-
dite, che il maestro Giuseppe Verdi si è riservato di assegnare all'eri-
genda Opera Pia, pel suo regolare funzionamento, come da promessa
fatta nel surricordato atto 16 dicembre 1899.
§ 6. — n Consiglio d'Amministrazione sarà costituito da 7 membri,
designati nell'atto 16 dicembre 1899, rogito Allocchio, e cioè nelle per-
sone dei signori:
Bertarelli Dott. Cav. Ambrogio,
BoiTo Arch. Comm. Camillo,
Cabnelli Comm. Ambrogio,
Labadini Cav. Uff. Rag. Ausano,
Negri Comm. Dott. Gaetano, Senatore del Regno,
Ricordi Comm. Giulio,
Skletti Avv. Cav. Emilio.
Il Presidente sarà scelto fra i Consiglieri, e pel primo Consiglio
viene fin d'ora designato nella persona del Senatore Gaetano Negri.
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LA CASA DI RIPOSO PEI MUSICISTI 377
§ 7. ^ Al Consiglio d^ Anuninistrazione sarà aggiunto un Segre-
tario, il quale, occorrendo, avrà inoltre le funzioni di consulente legale,
sella persona del sig. Ayy. Umberto Campanari, pure designato nel-
l'atto 16 dicembre 1899, n^to Alloochio.
§ 8. ^ H primo Consiglio d'Amministrazione, come sopra costi-
tuito, rimarrà in carica per dieci anni successivi alla data in cui verrà
aperta la Casa di Riposo ai ricoverando
§ 9. — In caso che taluno dei membri venisse a mancare, oppure
rinunciasse alla carica prima dello spirare di tale termine, esso verrà
surrogato da altro Consigliere scelto a maggioranza dai Consiglieri ri-
masti in carica. In caso di parità di voti il Consigliere verrà scelto a
90irìe fra i due proposti.
§ 10. — Tre anni prima del compimento del decennio, di cui al
g 8, il Consiglio proporrà e farà approvare nei modi di legge, le norme
per la rinnovazione del Consiglio d'Amministrazione.
§ 11. — U Consiglio d'Amministrazione sarà periodicamente con-
vocato, e quando occorra anche in via straordinaria, sopra invito del
Presidente, a termine della vigente legge sulle Opere Pie, per delibe-
rare su tutti gli oggetti che in via generale interessano l'andamento
morale e l'economia intema dell'Opera Pia, o che in qualunque modo
0 limite impegni l'Amministrazione del patrimonio.
§ 12. — Per la validità delle deliberazioni occorrerà la presenza
del Presidente e di almeno due membri per gli affari riflettenti l'ordi-
naria amministrazione, e del Presidente e di almeno quattro membri,
quando si tratti di proporre riforme organiche e regolamentari del-
l'Opera Pia, ovvero per deliberare in quanto riguarda il personale sta-
bile degli uffici, o in generale per tutti gli affari pei quali ò richiesta
la superiore approvazione a termine della vigente legge sulle Opere Pie.
§ 13. — Le deliberazioni sono prese a maggioranza assoluta dei
presenti all'adunanza, e risultano dal verbale firmato dagli intervenuti.
A parità di voti rimane deliberato secondo il voto espresso dal Pre-
sidente.
§ 14. — n Segretario consulente legale avrà voto consultivo nelle
deliberazionL
§ 15. — n Presidente esercita l'alta sorveglianza sull'andamento
morale ed economico dell'Istituto, — ha la direzione superiore di tutti
gli affiuri d'Amministrazione, firma gli atti e le corrispondenze d'ufficio,
promuove le deliberazioni del Consiglio incaricato della relazione, — fa
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1
378
ARTI CONTEMPORANEA
• •*
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1^^
eseguire le deliberazioni prese, e nei casi d'urgenza dà le disposizio
riferendo al Consiglio nella successiva adunanza.
Nei casi di impedimento o di assenza del Presidente, le sue fìmzìi
vengono disimpegnate dal membro più anziano del Consiglio.
§ 16. — Tutti gli atti 0 contratti che importano obbligazione d
l'Opera Pia verso i terzi dovranno essere firmati dal Presidente o
chi ne fa le veci e dal Segretario.
In casi speciali potrà il Consiglio, mediante procura, delegare a n
presentarlo anche persona ad esso estranea.
§ 17. -^ Speciali regolamenti di amministrazione e d'ordine
temo, da approvarsi dalla competente autorità, provvederanno a <
terminare il modo d'applicazione del presente Statuto sia all'ammj
strazione del patrimonio che alla direzione intema dell'Istituto, eé
stabilire il personale occorrente tanto per l'uno che per l'altro servis
le incombenze di ciascuno di essi, i loro rapporti di dipendenza <
Consiglio e dal Presidente, gli stipendi di cui saranno retribuiti.
W lllif'll l-U'iii
Leonardo Dkcujos.
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SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA VERDIANA
di sa ohe il dolore riannoda i vinooli d'amore più assai che la
gioia; e la morte fulminea la quale colpì il Maestro che Ifu ed è
vanto nostro e gloria del mondo, ricongiunse nel pianto ogni Nazione
a questa gran madre dolorosa Italia.
Ma perchè la morte fu inaspettata (non si aspettano le sventure
della patria!) e il desiderio di porgere doveroso tributo alla memoria
di Verdi ne sospingeva, così non era possibile, per ragioni di tempo
e di luogo (che si può trovare a Pisa per sì fatto genere di lavori?)
raccogliere scrupolosamente tutto quanto era necessario per una Bi-
bliografia. Perciò domando venia se esco con un modesto Saggio, in
molte parti squilibrato, appunto perchè esso tende a diventare quan-
dochessia una Bibliografia completa.
Debbo innanzi tutto avvertire essermi io attenuto, quanto ai perio-
dici, specialmente a quelli di carattere non musicale, perchè pei musi-
cali viene fi^^ile la ricerca sulla scorta della cronologia, come più
innanzi si avverte nella Nota che il lettore troverà dopo l'elenco delle
opere del Maestro, evitando così una inutile massa di spogli. Per
esempio: Chi non consulterà, anche senza la mia Bibliografia^ la
GhugMetta Musicale di Bicordi, la quale è da sé sola, numero per
numero, la biografia più completa di Verdi? Per essa ho dato sol-
tanto alcune poche citazioni, direi quasi come campione. Ma a che
prò avrei notato tutte le recensioni delle opere, o — per venire agli
ultimi numeri — gli articoli usciti in occasione della morte del
Maestro?
Medesimamente ho tralasciato lo spoglio della Illustrcufione ita-
liana di Milano, perchè dell'intera raccolta di essa uscirà a giorni
Vindice generale^ e a questo si potrà utilmente ricorrere.
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380 ARTE CONTBHPORANBA
Figarìamoci poi l'ammasso di schede che avrei dovuto compilare,
se avessi tenuto conto dei giornali politici! Vedi anche per questi
Vawertenza della Nota citata.
Appaiono anche nel presente Saggio alcuni pochissimi Numeri unici,
notati per mostrare le intenzioni mie di tenerne conto, quando questa
Bibliografia possa uscire complèta. Allora si farà di Ognuno di essi
un diligente spoglio, come — ancora per campione — ho fatto qni
per uno di essi.
E come potrei dare Tindicazione di tutte le Commemorazioni di
Verdi tenutesi in questi ultimi mesi? Non v'è città o villaggio che
non ne abbia fatto parecchie! I giornali politici informino.
Avrei pure voluto dare una bibliografia ióonografioa^ ma per ora
mi contento di rimandare il ricercatore o al volume del Colamòam
su L'opera italiana, che è splendidamente illustrato, o ai numeri
unici indicati» o alla lUustrasicne Italiana, ecc.
Alcune delle mie citazioni bibliografiche sono seguite da frasi
tratte dallo studio citato: ciò ho creduto opportuno fare, a giustifi-
cazione dello spoglio stesso, il quale, nel caso particolare diveniva
interessante solamente pel brano da me riportato, come quello che
rilevava circostanze o apprezzamenti tipici o curiosi e degni di nota.
Un'altra lacuna di questo Saggio sarà la mancanza delle indica-
zioni risguardanti le lettere di Verdi. Ma per questo lato non sento
il bisogno di giustificarmi, perchè se avessi subito sotto mano un
completo indice di esse, edite od inedite, pubblicherei io stesso l'apt-
stclario verdiano.
Per ciò che riguarda la prima parte dì questo Saggio, ossia le
opere d' indole generale, ho fatto più diligenti ricerche tra le fónti
secondarie, che tra le principali, essendo queste universalmente co-
nosciute. E ho tralasciato parimenti i dizionari biografici che non ri-
guardassero esclusivamente la musica; perciò il lettore non vi troverà
né enciclopedie , né libri speciali, come sarebbe H parlamento ita-
liano del Sarti, che pure contiene la bi<^n*ftfi& di Verdi, ecc.
Oltre tutte le imperfezioni da me stesso notate, molte ancora cer-
tamente troverà il lettore , una fra l'altre d'aver dato come anonimi
certi studi che non lo sono. Ma nell'impossibilità (per le ragioni di
tempo e di luogo sopra accennate) di vedere personalmente le riviste
che li contenevano, e messo nel bivio di tralasciarne la citazione, o
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SAOGIO DI BIBLIOGRAFIA VIRDIANA 381
di darla così monca^ ho scelto questo secondo partito, come il minore
dei mali.
Ora chi comprende quanta fatica costino i lavori come questo mio,
ne scaserà facilmente i difetti e apprezzerà la scrupolosa coscienza
messa nelle lunghe e non sempre facili ricerche, fotte coH'intenzione
di giovare agli studiosi e di venerare così la memoria del nostro
grande Maestro.
I. - Vita.
a) Generalità*
Albicati G., Vedi Paloschi G., Piccolo Dizionario
Alfani a., [Biografia di Verdi: Sta in: Battaglie e Vittorie, -- Firenze,
1890, in-S*»!.
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1900, in-8^
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Cléxbkt F., Les Musiciens céUhres depuis le seizième siede jusqu^à nos
jours. Ouvrage illustrò de 44 portraìts gravés à Teauforte, etc. —
Paris, 1868, in-8<» gr., fig., pp. 680.
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Carriere della Sera, 1900, in-8*» gr., fig,, pp. vn-360. — [E cap. VI
(pag. 177-221) è intitolato Giuseppe Verdi],
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382 AaTE GOMTIMPOaANBA
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XI Aafl. — Leipzig, J. Schaberih, 1895, iII-8^
OuHMiNS H. yf,f BioffrajMeal dicUonary of musiciana. — London, No-
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plus de moitié. — Paris, 1860-1865, 8 voi, in-8*.
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teatrale e da concerto in ordine alla sua storia, — Torino, Fratelli
Bocca (tip. V. Bona), 1900, in-16*. — [Si parla di Verdi nel cap. XXV:
Diffusione ddl'opera\
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Ghislanzoni a., L'opera italiana, — r [Vi si afferma che ' Verdi vero-
similmente chiuderà la dinastia dei sommi maestri. , Sta in (Tozz.
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mann, 1875, in-8«, pp. 341. — [B cap. X è intitolato: Verd%\,
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Lbssona M., [Biografia di Verdi nel Volere è potere, — Firenze, 1869}
LiANovosANi L., Vedi Salvigli G., Saggio...
Maboillao, Histoire de la musique.,. en Italie, en AUemagne... — Paris,
1879, in-8».
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SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA VERDIANA 383
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degl'Istitati, delle Scuole, dei Collegi e delle Famiglie. — Torino,
Paravia, 1883, in-16«».
Masutto G., Maestri di musica italiani dd nostro secolo. Ricordi e cenni
biografici. — Venezia, Fontana, 1880.
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MiCHAXLis A., AUgemeiner FHhrer durch die Musik-litteratur, unter he-
scnderer BerUcksichtigung der Werke leòender Meister, soune wenig
gèkannter Musikgattungen. — Halle, 1888, in-16^
NiBKS F., A concise dictionary of musical temps, — London, 1885, in-8^
Padoyan a., / figli deUa gloria. — Milano, Hoepli, 1900, in-lG"".
— Le creature sovrane. — Milano, Hoepli, 1898, in- 16**.
PALoecm 6., Annuario musicale universale. Cronologia dei più notevoli
compositori, concertisti, teorici, crìtici, ecc. d'ogni tempo e d'ogni
nazione. Avvenimenti musicali importanti. Luogo e data della prìma
rappresentazione delle Opere più reputate. Centenari prossimi, età
di celebri maestri, coincidenze di data, ecc. Indice generale. — Mi-
lano, Bicordi. 1876, in-8* gr., pp. 87. — [Ne fdrono fette varie
edizioni, l'ultima è del 1899].
— Piccolo dizionario delle Opere teatrali rinomate, popolari, ecc., antiche
e moderne, italiane ed estere. — Milano, Bicordi, 1884, in-8*'. piia
lY edizione, pubblicata nel 1898, contiene notevoli aggiunte di
G. Albinati].
ProHL F., Die moderne Oper. — Leipzig, Beissner, 1894, in-lG'».
PiOGHi E., Considerazioni suUa musica odierna in Italia. — [Sta in:
Chzz. music, di Milano, 1846, pag. 76. Vi si afferma che * il solo
Verdi è il sovrano maestro , di quel tempo].
PouGiK A., Biographie universéUe des musiciens et httliographie generale
de la musique, par F. J. Fétis. Supplément et complément publiés
S0U8 la direction de M. Arthur Pougin. — Paris, Firmin-Didot,
1878-1880, 2 voi., in-8^
BmiAim H., MusUdexikon. Neue Aufl. — Leipzig, Esse, 1898, in-16*'.
BuGGiBO E., Vecchie storie musicali. — Genova, in-8*.
Salvigli G. [Luigi Lianovosani], Saggio di rettifiche ed aggiunte al Sup-
plemento Fétis, volume P, pubblicato a Parigi per Firmano Didot,
1878, in S"", riferibilmente a Maestri italiani e relative opere. —
Milano, Bicordi, 1878, in-16% p. 40.
— Saggio di rettifiche ed aggiunte al Supplemento Fétis (Voi. II), pub-
Rt9%»tn wnuieaU italiana^ Vili. 26
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384 AKTB «•KTSMPORAIfEA
Meato a Parigi -dala tip. Diéot mi tB80, nÉBrikOmeate « 1
kaliam • loro opere. — V^mem, ViswÉmi, lS8t, «^ ^Bslr. daJ-
VAreìmio 9m9U>, l«6Ì-82).
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« ieBa «M mnoa).
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386 ARTE CONTEMPORANEA
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libro d'oro della città. Medaglia d'oro coniata per ricorda»
fatto. Vedi: Gazz. music, di Milano, 1872, pag. 141].
Edwabds H. S., Giuseppe Verdi. — [Sta in : FùrtnighUy Review (Loi
V semestre, 1887, pag. 469].
Ehblioh H., Beim 84 JOhr: Verdi. — [Sta in : Deutsche Bevue, (I
gard), anno XXU [1897], 2<'yo1., pag. 3251
FooAZZABo A., Vedi Sanotis N. (Db), Giuseppe Verdi...
FoBTis II., B vecchio maestro. — [A proposito dell'annunzio del Foi
— Sta in: Gazz. music, di Milano, 1890, n. 49].
FoLOHiTTo, Vedi Caponi.
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388 ARTE CUNTEMPORANEA
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con 2 tavole.
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Ybogbiki A.^ Per Giuseppe Verdi : parole commemoratiye dette la sera
delli 8 febbraio 1901 nel Teatro Soeiale di Como. — Como, Tip.
CooperatÌTa eomense, 1901, in-8°, pp. 24, con ritratta
YisoNS, [Lettera con coi si annuncia a Qinseppe Verdi la sna nomina
a Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine dei Santi Maorisdo e Lanara
~ Sta in: Gazzetta Musicale, 6 febbraio 1887J.
[Vita {DaUa) di Verdi], — Sta in: Deuisehe Bevue. Maggio 1895.
Wallaschik B., Verdi und die Pólitik. — [Sta in: Die jSeii, — Wien,
2 febbraio 1901. È tradotto nella Lettura: Rivista mensile del Cor-
riere della Sera. Milano, marzo 1901].
— Verdi und die iTttw^.— [Sta in: Die Zeit. — Wien, 16 febbr. 1901].
Varia.
Annunzio 6. (D'), In marte di Giuseppe Verdi. Canzone, preceduta da
una orazione ai giovani. — Milano, Treves, 1901, in 8% pp. 28. —
[La Canzone sta anche nel giornale La Tribuna, Roma, 28 feb-
braio, 1901, n. 59].
Ansolstti M., Genj musicali. Sonetti. [Uno è intitolato: Verdi. — Sta
in: Rassegna nazionale, 16 novembre 1900].
BasbIsra R., Figure e figurine dd secolo che muore. — Milano, Treves,
1899, in-16*». — [L'ultimo capitolo è intitolato : * Giuseppina Strep-
poni e Giuseppe Verdi ,].
— Jl salotto deUa contessa Maffei... (6* ediz.). — Milano, Baldini e Ca-
stoldi, Tip. Pirola, 1900, in-16% fig., pp. 451. — [Vi si parla spes-
sissimo di Verdi].
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390 ARTE CONTKMPOBANKA
Babbisba B., Immortali e dimenticati. -— Milano, Coglìati, 1901, in-16°,
pp. 485. [Oontiene 8 capitoli sulla * Sera raggiante di Qiueeppe
Verdi , con numerose lettere inedite del Maestro].
BxLFOBTi A., Emanude Muzio, Vunico aUievo di GHueeppe Verdi. — Fa-
briano, Gentile, 1894, in•16^
BiLLiNi L., Al Maestro Verdi. Sonetto. — [Sta in : Strenna teatrale
europea, anno XI, 1848, Milano].
[Beneficenze fette da Verdi alla famiglia Piave. — Sta in : Chizz. musi-
cale di Milano, 1873, pag. 161].
Bbrtani P., [Lettera a Verdi colla quale gli chiede il rimborso delle spese
avute per recarsi da Reggio-Emilia a Parma a sentire VAida che
non gli piacqae. — Risposta di Verdi. — Sta in : Oazz. musie* di
Milano, 1872, pag. 166-167].
BiMA D. [Un sonetto intitolato ' Viva Verdi » dell'epoca del risorgi-
mento italiano. Sta in: Oazz. music, di Milano, 1890, n. 50].
BiAooi, Opinioni di Rossini su O. Verdi. — [Sta in : Gazzetta musi-
cale di Milano, n. 58, 1889. Estratto dal giornale La Nazione di
Firenze].
Blazb db Bubt, Vedi Filippi F., 1 detrattori...
Billow (Hans De) e Giuseppe Verdi. Due lettere. [Biilow & ammenda
di avere 18 anni addietro detto male di Verdi: questi risponde in
proposito. — Stanno in : Gazz. mtmc. di Milano, 1892, n. 82].
[Busseto. Inaugurazione del Teatro Verdi. — Sta in : Ghzz. music, di
Milano, 28 agosto 1868]. — [Si accenna all'esecuzione della sin-
fonia La capricciosa, scritta da Verdi all'età di 12 anni, e a sonetti
e opuscoli in omaggio a Verdi].
Busto di Verdi dello scultore Vincenzo Gemito. — [Riprodotto di faccia
e di profilo nella Rivista d'Itaiia, febbraio 1901].
Cambiagoio C, Verdi a Milan. Sogn de Meneghin. Scherzo poetico in
dialetto milanese. — Milano, Bemardoni, 1869, in-8^, pp. 14.
Caputo M. C, Per l'inaugurazione della Sala Verdi nel R. Conservatorio
di Musica di Parma. Scena lirica. — [Il soggètto è Vxbdi stesso.
Musica di Terenziano Marusi. — Sta in: Gtufz. music, di Milano,
1898, n. 8. — L'inaugurazione fu fatta il 27 febbraio 1898].
Chaudbuil, Vedi Filippi F., / detrattori...
Cigno (R) di Roncole. Numero unico, 27 febbraio 1901. — Milano,
T. Guidi, in-fol., fig., pp. 4.
Commemorazione rossiniana (Milano^ Scala, 8 aprile 1892). — [Verdi
diresse la ' Preghiera „ del Mosè. — Supplemento al n. 16, 1892,
della Gazzetta musicale di Milano].
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SAGGIO DI IflBLIOOaAFlA VEUDIANA 391
Contini P.» A Giuseppe Verdi. [Sonetto]. ~ Milano, Banzini, 1887,
m-16^, ona carta.
\_JDeereto del Municipio di Genova (7 marzo 1868) che conferisce la cit-
tadinanza a VerdL — Sta nel periodico: 17 TrowUare, Milano,
15 marzo 1868].
Eisinm-EisiNHOF À. (De), Vedi Lettere...
Fins F. J. [Gli articoli su Verdi della OazeUe musicale di Parigi (set-
tembre 1850), tradotti poi wVUltàUa musicale, 1850, n^ 70, 73, 75.
La risposta è nella (Gazzetta di Ricordi, 1851, n' 9, 11, 15].
Fétte (E cdebre Signor) ed U maestro Verdi. — [Sta in: Gazzetta mu-
sicale di Milano, 1850, n' 45-49, 51].
Filippi F., I detrattori ddla musica italiana, — [Sta in: Gazzetta mu-
sicale italiana, 1866, n^ 1 e 2. È una difesa di Verdi contro gli
attacchi del Fétis nella Biographie univers. des musiciens, del Blaze
de Bory nella Revue des deux mondes e del Chaudenil nel SUède].
FoGAZZABo A., Nel transito di Giuseppe Verdi. — [Sta in : H nuovo ri-
sorgimento, gennaio, 1901].
Frau (Giuseppina Verdi. — [Negrologio, in: Signale fUr die musika-
lisehe Wdt. — Leipzig, 1897, pag. 899].
Genova a Giuseppe Verdi. — [Pergamena offerta a Verdi dal Municipio
di Genova. — Sta in: Gazzetta musicale di Milano, 1898, n. 16].
OmoKONi A., DeUo spirito religioso neUa musica di Verdi. — [Sta in:
Gazzetta musicale di Milano, 1898, n. 20].
GiACOSA P., L^arte di Giuseppe Verdi. — [Sta in : Rassegna nazionale,
16 marzo 1901].
Gigante (11) di Busseto. — Pro Verdi. — Numero unico pubblicato per
cura di alcuni studenti a totale favore del monumento al Grande
Maestro. ~ Milano, li 27 febbraio 1901. Tip. Golio, in-fol., fig., pag. 8.
Giuseppe (Per) Verdi — XXVII febbraio MCMI — gli studenti univer-
sitari fiorentini. Firenze, Tip. Elzeviriana, in-foL, fig., pp. 6.
Giuseppina Verdi Strepponi [In morte di]. — [Sta in: (Gazzetta musi-
cale di Milano, 1897, n. 46].
Gandolfi B., Il giubileo artistico di Giuseppe Verdi. — [Sta in: Ras-
segna nazionale, voi. 50**, 1889].
GmsLANZONi A., Cenno necrologico [per la morte di Antonio Barezzi,
suocero di Verdi]. — [Sta in: Gazz. music, di Milano, 28 luglio 1867].
-— La casa di Verdi a Sani^ Agata. — [Sta in: (xazz. music, di Mi-
lano, 26 luglio 1868].
GuxBRAZzi F. D., Manzoni, Verdi e Valbo rossiniano, con note biogra-
fiche di B. E. Maineri. — Milano, 1874, in-16% pp. 106.
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Ef
M
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902 ARTE CONTIMPORAHKA
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14 novembre 1897. -^ Boms, a cura di L. Perelli (Tip. Forzi
1897, iii-8», pp. 7,
MAFFBt A., A Giuseppe Verdi che partila per Venezia. Versi — [
in: Bi^ta teatrale europea, anno 9"*, 1846. — Milano].
[Maffm a.], a (Giuseppe Verdi, gloria d'ItaUa. — [Ode, con ritr. —
in: Strenna teatrale europea^ anno 9"*, 1846. — Milano].
HADimi B. £«, Vedi Ovbbbaui F. D., Manzoni...
MASttAfl M. [Una poesia di Arrigo Boito, nella qoale si parla anch
Verdi. — Sta in: Gazz. music, di MUano, 1893, n. 82; ripor
d«l giornale inglese The Author\
Mabusi T., Vedi Caputo M. C, Per V inaugurazione..»
MA2£tOATO A., A proposito di * Roberto il Diavolo „. ^ [Sta in: (
zetUi musicale di Milano, 1846, pp. 164, 200. Si parla deU"
flnenza ohe le musiche di Verdi sono destinate ad esercitare e
qualità di esecuzione delle masse d'orchestra e cori ,].
■^ ShUla riforma degli istituti musicali. Relazione al Ministero della ]
blica istruzione. -^ Firenze, Regia tipografia, 1871, in-8, pp.
^ [La relazione ò sottoscritta da G. Verdi (Presidente della C
missione nominata dal Ministro Correnti), da L. F. Casamorata
P. Serrao e da A. Mazzucato che ne fu il redattore].
, Omaggio del giornale La Farfalla a Giuseppe Verdi. — MilanOi C.
prandi [1896], in-16% pag. 128. — [Raccolta di prose e poesJ
onore di Verdi. Notansi fra gli autori: Cavallotti, Tommaso
vini, Guglielmo Ferrerò, La Marchesa Colombi, Leopoldo Mare
Policarpo Petrocchi, Gemma Ferruggia, ecc.].
Morte (In) di Giuseppe Verdi. — [Sta in: Rivista di filosofia, pedag
e scienze affini. Gennaio 1901. Bologna].
Onoranze a Verdi. [Pergamena e lettera che nominano Verdi Fresia
onorario perpetuo à^W Istituzione Rossini di Bologna. — Sta
Gazz. music, di Milano, 20 giugno 1880].
' Otello „, dramma lirico e centomila lirico. Versi di Guerigo Mese
[il giornale umoristico milanese Guerin Meschino] ; musica di i
seppe Verdi. Teatro alla Scala: Stagione di quaresima in carne
1886-87: Impresa Flora e Fauna. — Titolo di Gioricordi. —
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SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA TgRDtANA
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i Redazione delki " Gazzetta mudecde „^ il bì^. Geremia
' signor Fitis e il M' Verdi, — [A proposito di quanto la
aveta scritto nei n' 45 e seg. del 1850 cirtóa il giudizio
su Verdi. — Sta itì: Gazz, niusió, di Milano^ 1851, n. 3].
rdi- Cai zado- Victor Hugo]. — [È accennato nel n** 5 della
uSic. di Milano^ 1857],
G. Verdi' Strepponi. — [Sta in: Gazz, music, di Milano ^
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? di ViUanova [fondato da Verdi. -^ Sta in: Gazz, Music,
w, 1888, n. 46].
Si parla dell'erigendo Ricovero pei musiciMi vecchi ed ina-
'^ Falstaff^, — Sta in: Gazz. music, di Milano, 1891, n. 27].
erdi ad intervenire al trasporto delle ceneri di Donizetti e
Bergamo, e alle feste pel centenario di Michelangelo a Fi-
- Sta in : Gazz, music, di Milano, 1875, pag. 299].
, Vet^di al teatro Manzoni [di Milano]. — [Sta in: Gaz-
sicale di Milano, 1889, n. 26. Paria di Verdi che assisteva
•appresentazione della Pamela nubile, recitata dalla Duse].
Smerdi]. Dopo V Otello. [Sonetto. — Sta in : Gazz. music, di
1889, n. 48].
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Casa edit. del Risveglio educativo, Tip. Elzeviriana di Gui-
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L,, ^/ Circolo Filo- Cantanti [di Milano. Concerto in occa-
lo scoprimento dei busti a Rossini, Bellini, Donizetti e Verdi.
n: Gazz, music, di Milano, 1888, n. 52].
lo (Parodia di quello di Verdi) al teatro Fossati di Milano.
Gazz, music, di Milano^ Ì888, n. 23].
Huseppina Strepponi, — [Sta in: Strenna teatrale europea
, anno III, 1840. — Biogr. e ritr.].
La Fenice „ di Venezia, [Inaugurazione di un busto a Verdi
Ione del centenario dell'apertura del teatro stesso; con ri-
ne del busto e le lettere del Comitato e di Verdi, in pro-
— Sta in: Gazz, music, di Milano, 1892, n. 42].
uovo) ^ Verdi „ di Busseto, — [Sta nel periodico: Il Trova-
[ano, 1868, n. 31].
r^p
Cfc:
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394 ARTB GONTBMPORANEA
[Teatro ^ Verdi „ in Padova. — Sta in: Gazz. music, di Milano, Il
pag. 313, %2\, 329, 337, con illustrazioni].
[Trionfo (II) musicale di Verdi. — Sta in: LiUrary Digest (New-Y<
novembre 1895].
Verdi. Numero speciale della Rivista Natura ed arte, 15 febbraio 1'
— Milano, Fr. Vallardi, in-8**, fig., pp. 110, con una tav. riti
Contiene: C. Db Lollts, Verdi ignorato. — A. SoiTBXDnr
maestro. — C. Pigobini Bbri, Verdi intimo. — U. Flkbbs,
hretti delle opere verdiane. — L. Sukeb, CoUre e fiori. — T. <
NizzABo, Per Giuseppe Verdi [Lirica]. — A. Soffbbdiki, Il m
cista fuori dd teatro, — A. Laubia, Gli esecutori dei mdodra
verdiani. — E. Chboohi, Ricordi verdiani. — D. Mitblli, In n
di (Giuseppe Verdi [Lirica]. — F. Giabblli, Verdi e Pirotto Tesn
mattoide. — Q. Zupponb Strani, Morto [Lirica]. — A. G. Gobk
Verdi musicista della rivoluzione. — Q. G. Abba, Voci di Mozziti
A. Bbunialti, Giuseppe Verdi al Parlamento. — 6. Mazzoni
Verdi e il romanticismo. — T. Massabaki, Dall'Albo di Oim
Verdi custodito nella stia villa di Sant'Agata [Lirica]. — E. Giani
^ Rigoletto „ [Lirica]. — D. Angbli, La fine d'un regno. — P
LuoA, Trittico [Lirica]. — A. Fbanohbtti, Giuseppe Verdi e la
sica tiazionale. — A. M. Sodini, U riposo estremo. — 0. Po<
Non è serio! — A. Fanzini, Tra la folla: al passaggio deUla l
— N. D'Abibnzo, a (Giuseppe Verdi. — L. Gobio, Gli editot
Giuseppe Verdi. — Tébésah^ 27 gennaio. — P. Nubba, Qitts
Verdi nella caricatura. — Fidblia, Giuseppe Verdi e il salotto (
contessa Maffei. — S. Fabina, Dopo U funerale. — I. V. Bi
L'ultima armonia [Lirica]. — Ricordi e documenti [Ed altri s(
e pensieri e piccoli ricordi ed omaggi, ecc.].
Verdi. — [La Roma letteraria dedica a Verdi il suo numero del 10
braio. Contiene scritti di Gaetano Negri, Gnoli, Fogazzaro, Me
verde, Lampertico, Ermete Novelli, ecc.].
Verdi. — Scena (La) illustrata. Rivista quindicinale di letteratura,
e sport. Anno XXXIV, n. 240, Firenze, XV ottobre MDGCC
Numero XX. — Firenze, Tip. della Scena Illustrata, 1898, ii
%•» PP- 14« — [È un numero unico dedicato a G. Verdi pel
85** genetliaco]. — [Altro numero unico verdiano fìi pubbli
dalla Scena illustr. nel 1900].
[Giuseppe Verdi]. — Supplemento straordinario alla Guazzetto must
di Milano, 27 novembre 1889. In 4'' fig. [Contiene scritti di Gi(
Carducci, Montalti, Giacosa, Panzacchi, Ricordi, ecc.; fra i fae-si
si notano una lettera del Carducci e la prima pagina della parti
autografa dell' Otello].
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SAGGIO DI BIBLIOGRAFIA VERDIANA
395
Famiglia Artistica „ [di Milano, la sera del 13 febbraio 1893.
i: Gazz, music* di Milano, 1893, n* 8-9].
Suu Eccellenza il Ministro della Pubblica Istruzione. To-
[E una lettera datata da Busseto, 14 ottobre 1861, colla
rdi approva e consiglia il Corista normale di Parigi]. —
periodico II teatro italiano, anno I, n. 2, air articolo : " Del
. - Milano, 1867].
/ M*^ Verdi al M° Florimo^ archivista del Collegio di mu-
fapoli. [Con essa Verdi rifiuta rofifertagli direzione del Con-
) di Napoli. La lettera contiene la famosa frase : Tornate
e sarà un progresso^ — [Sta nel periodico // Trovatore
n. 4, 1871].
. Sindaco di Napoli dopo le rappresentazioni dell* Aida
lan Carlo. Lamenta la negligenza con cui generalmente si
10 gli spettacoli teatrali. — Sta in : Gazz, music, di Mi-
3, pag. 126].
proposito di una pretesa cauzione che avrebbe voluto Tim-
per la prima esecuzione del Nabucco. — Sta in; Gazzetta
di Milano, 1876, pag. 41].
'- M"* Pedrotti, colla quale rifiuta Tinvito di andare a To-
ssistere alle rappresentazioni deìVAida. — Sta in : Gazzetta
di Milano f 1875, pag. 10],
data 6 febbraio 1861, colla quale ringrazia il presidente
iato che propugnò la sua elezione a Deputato pel Collegio
San Donnino. — Sta in: Gazzetta musicale di Milano^
•]•
baritono Giraldoni sulla maniera di cantare in generale
armente il suo Simon Boccanegra, — Sta in: Gazzetta
a Milano, 1860, n. 25. Estr. da una biografia di Verdi
\ a Parigi dagli editori Ponjeau de Laroche & C. nell'opera
t petits personnages].
Verdi. Progetto di onorare la memoria di Rossini colla
one di una Messa di requiem che avrebbe dovuto essere
lai più distinti maestri italiani „. — Sta in: Gazz. music,
I, 1868, pp. 379, 398-399].
re inedite,...
dCATO A., Sulla riforma.,,
f. — [Sta in: Gazz, music, di Milano, 1875, pag. 380].
useppe Verdi, XXVII gennaio MDCCCCI. Trittico poU-
- Sesto S. Giovanni (Milano), Tip. ^ C. Doni, 1901, in-16^
re
e:»
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885
ARTf CQIIT»(iH>ilANBA
Deutsche Bevus, 9^ ToL del 1987].
Zv.i(NCfi 8m Upa Wia^n^ dì SMto ^vìl^. PlurQi:^ ^(«i riqliìeqtp H
^ 8ta in; <f<w. «Hmf. c^^ 4«W, J890, ^ 50].
U. -- Op^re teatr»U« musica, sacra
Oberto conte di San Bonifacio. Dramma in due atti. — Milano, t
17 novembre 1889.
Esecatori: àoìme, Raineri-Marini, Shavo, Sacchi -Tlomìià: i
Marini.
Il finto Stanislao (Un giorno di regno). Melodramma giocoso indù
di Felice Romani. — Milano, Scala, 5 settembre 1840.
Esecutori : donne, Marini, Abbadia • Uomini : FerloéH, St
Salvi, Rovere, Vaschetti, Marconi.
Nabucco. Dramma lirico in quattro atti di Temistocle Bolwa. — li
Scala, 9 marzo 1842.
Esecutori : donne, Strepponi, Bdlimaghi, Ruggeri - Uomifii :
coni, Miraglia, Deriois, Rossi, Marconi,
l Lombardi aUa prima crociata. Dramma Hrìco in quattro atti d
mistocle Solerà. — Milano, Scala, 11 febbraio 1843.
Esecutori: donne, ì?m^^^^ Frezzolini, Gandaglia - XJomìm: 8
Dsrivis, Rosei, Marconi, Vairo, Guasco.
[Bffatta col titolo di Gerusalemme pel Teaitro ddl'Aeeaden
Parigi. — 22 luglio 1847. — Riduttori del libretto i sig^. J
e Vaez].
Emani. Dramma lirico in quattro parti di Francesco M^ Piave. -
nezia, La Fenice, 9 marzo 1844.
Esecutori: donne, Lowe, Saini - Uomini: Gtutsco, Superchi,
Sanner, Bellini.
I due Foscari. Tragedia lirica in tre atti di Francesco M* Piave. — I
Argentina, 3 novembre 1844.
Esecutori: donne, Barbieri- Nini, Ricci - Uomini: De Bc
Roppa, Mirri, Pozzolini.
Giovanna D'Arco. Dramma lirico in un prologo e tre atti di Temi
Solerà. — Milano, Scala, 15 febbraio 1845.
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SAGGIO DI BfHLlOGRAFIA VERDIANA
m
i : donne, Frezzólmi • Uomini : Poggi, Colini^ Mareoni,
la lirica in un prologo e due atti di SalTatore Camma-
*^apoli, San Carlo, 12 agosto 1845.
ri : doime^ Tad<dini, Salvetti - Uomini : Arati, CoktU, €em,
Benedetti, Rossi,
% lirico in un prologo e tre etti éi Temistocle Solerà. —
ja Fenice, 17 marzo 1846.
ri ; donne, Lowe - Uomini : Marini, Costantini, Guasco,
manelli,
Melodi*amma in quattro parti di Andrea Maffei. — L<Midra,
Ila Regina, 21 luglio 1847.
ri: donne, Jenny Land • Uomini : LaUache, Gardoni, Co-
ti^ Bùuché.
ìlodramma tragico in tre atti di Francesco M* Piave. —
'eatro Grande, 25 ottobre 1849.
ri : donne, Eapazzini, Barbieri- Nini - Uomini : Fraschini,
De Bassini, Petrovich^ Cucchiari, Alhanassich.
i Legnano, Tragedia lirica in quattro atti di Salvatore
io. — Roma, Argentina, 27 gennaio 1848.
ri : donne, De Giuli- Bersi, Marchesi - Uomini : Sottovia,
Testi, Giannini, Colini, Fraschini, Buti^ Ferri.
tfelodramma iragico in tre atti di Salvatore CammM'ano.
, San Carlo, 8 dicembre 1849.
ri : donne, Gazzaniga, Salvetti - Uomini : Selva, Malvezzi,
Bassim, Eossi,
Aroldo.
jdramma in tre atti di Francesco M* Piave. — Venezia,
?, 11 marzo 1851.
ri: donne, Brambilla, Saini, Casaloni, Morselli - Uomini:
%r€ai, PonZy Damini^ Kunerth^ ZuUani, Bellini, Rizzi.
►ramma in quattro parti di Salvatore Cammarano. — Roma,
ì gennaio 1853.
ri: donne, Penco, Gaggi, Quadri - Uomini : Gmcdardi, Mau-
Ideriy Bozzoli, Marconi ^ Fani.
Opera in tre atti di Francesco M* Piave. — Venezia, La
marzo 1858.
ri: donne, Salvini j Donatelli, Speranza, JBeriwi - Uomini :
Varesi, Zuliani, Dragone, Silvestri, Bellini, Borsata, Tona^
CO
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A k
398 ARTS OONTEMPORANEiU
I Vespri siciliani. Opera in cinque atti di E. Scrìbe e C. DaTeyri
Parigi, Opera, 13 giugno 1855.
Esecutori: donne, Lotti, Panizza -Uomini: Pancani, Ferri,
nago, Poggiali, Senigaglia,
Aroldo. Opera in quattro atti di Francesco M^ Piave. — Rimini, ^
Nuovo, 16 agosto 1857.
Esecutori: donne, Lotti, Panizza - Uomini: Panconi, Ferri,
nago. Poggiali, Senigaglia.
[È un rifacimento dello Stifdio, datosi la prima volta a Ti
Teatro Grande, 16 novembre 1850].
Un-baUo in maschera. Melodramma in tre atti. -- Roma, ApoUo, 1
braio 1859.
Esecutori : donne, Dejeau, Sbriscia, Scotti - Uomini : Fras
Giraldoni, Santucci, Bossi, Bemardoni, Bazzoli, Foffi,
La forza del destino. Melodramma in quattro atti di Francesco M* ]
— Pietroburgo, Teatro Imperiale italiano, 10 novembre 18€
Esecutori : donne, Barbot^ Nantier-Didier - Uomini: Ch^
Tamberlick, Angelini, De Bassini, Marini.
Nuova edizione con aggiunte e cambiamenti dell' A. — M
Scala, 20 febbraio 1869,
Ma€heth, Melodramma in quattro atti di Francesco M* Piave. -
renze, Pergola, 14 marzo 1847.
— Seconda edizione rifatta. — Parigi, Teatro lirico, 21 aprile 18
Don Carlos. Opera in cinque atti di Méry e Camillo Du Locle. -
rigi, Opera, 11 marzo 1867.
— Prima esecuzione in Italia. — Bologna, Comunale, 27 ottobre
Aida. Opera in quattro atti di Antonio Ghislanzoni. — Cairo (Eg
Teatro dell'Opera, 24 dicembre 1871.
Esecutori: donne, Grossi, Pozzoni - Uomini: Costa, Mangine
dini, SteUer, Stecchi-Bottardi.
; I ) — Prima rappresentazione in Italia. — Milano, Scala, 8 febbraio
' I; Esecutori: donne, Waldfnann, Stolz - XJoxmm : PafH>leri, Fat
; ' ; Maini, Pandolfini, Vistarini.
Simon Boccanegra, Melodramma in un prologo e tre atti di Fran
M* Piave. — Venezia, La Fenice, 12 marzo 1857.
— Nuova edizione rifatta. — Milano, Scala, 24 marzo 1881.
Esecutori : donne, D'Angeri, Cappelli - Uomini: Maurd, De Ri
Salvati, Bianco, Tamagno, Fiorentini.
Otello. Dramma lirico in quattro atti di Arrigo Boito. — Milano, -6
5 febbraio 1887.
I
I I
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Sàggio di ribliografu Ybrduna 399
Esecatori: donne, Pantaleani, Petrovich- Uomini: Tamagno, Maurel,
Parali, Famari, Navarrim, Limanta, Lagomarsino.
Fahtaff. Commedia lirica in tre atti di Arrigo Boito. — Milano, Scala,
9 febbraio 1893.
Esecatori : donne, Zilli, SteMe, Pasqua, Ouerrini • Uomini: Maurd,
Pini' Carsi, Garbin, Pardi, PdagaUi-RosseUi, Arimondù
Musica sacra.
Messa di requiem pel primo anniversario della morte di Alessandro Man-
zoni. — Milano, Chiesa di San Marco, 22 maggio 1874.
Esecatori : donne, Stolz, Waldmann • Uomini : Capponi, Maini.
Pater noster, volgarizzato da Dante, per coro a cinqae parti.
Affé Maria, volgarizzata da Dante, per ana voce.
Pezzi sacri: Te Deum, Stabat Mater; Laudi alla Vergine. — Torino 1899.
[Altre masiche minori, per chiesa, composte in giovinezza].
Compoòixioni varie»
Quartetto per istramenti d'arco.
Inno ddle Nazioni, versi di Arrigo Boito, composto per la grande Espo-
sizione di Londra ed esegaito al Teatro della Regina il 24 maggio 1862.
Cori delle tragedie di Manzoni, a tre voci.
Il Cinque maggio, a voce sola.
[Concerti e variazioni per pianoforte, Serenate, Cantate, Arie, ecc.,
tatte composizioni giovanili].
m. — Critica delle Opere.
Albibti L., 1816-1887. Il melodramma italiano [DalV " OteUo „ di Bos-
sini aU' ^ Otdlo „ di Verdi], — [Sta in : (Gazzetta musicale di Mi-
lano, 1887, n. 12].
^Alzira „ di Verdi. — [Sta in: (}azz. mus, di Milano, 1847, pag. 28. Vi
si legge : * Verdi ha parlato fino ad ora ai sensi, e pochissime volte
al caore... B momento di ana modificazione è solennemente gianto
per Verdi... l'arte vaole da lai ano scopo naovo, altre mire meno
illasorìe, meno sensaali; più intellettaali, più estetiche, più vere.
— Paò egli forlo? Crediamo che sì. — Vorrà egli farlo?... ,].
Appendice (Un^) musicale del sig. De Rovray (pseadonimo di P. A. Fio-
rentino) nel Moniteùr [a proposito della Traviata in particolare e
Ri9i$ln muMieaU italiana. Vili 27
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400 ARTE CONTEMPORANEA
di Verdi in generale]. — [Sta in : (hus9eUa muaicaU di MìUmo^ 1857,
pag. 385, 397, 414. — Al Fiorentino rispose pare II Trovatore di
Torino, novembre 1857 : risposta riportata nella OazzetUi Musicaìe
del 1857, pag. 397].
Aboais F. (DO, La prima e VuUima opera [^ OteUo ^] di Verdi, —
Nuova Antologia, I, 1887].
Babbili F., Note ed appunti sul ^ Falstaff „ di Verdi, — Torino, Ba-
ravalle e Falconieri, 1894, in-16*.
Basivi A., Studio sulle opere di G, Verdi, — Firenze, Tofiani, 1859,
in-8% pp. 324.
BiLLAiouB C, ** Falstaff „ au Théàtre de V Opera comique, — [Sta in :
Revue des deux mondes, 3* voi. del 1894].
— La musique italienne et V ^Othdlo „ de Verdi, — [Sta in: Rev%te des
deux mondeSf 1"* novembre 1894].
— Musique italienne et musiciens aUemands. — [Uno dei sottotitoli è:
Trois pièces religieuses de Verdi], — [Sta in: Revue des deujc
mondes, 1"* giugno 1898].
Bellini L., Sul ^ Nabucco „ dd M* Verdi. Sonetto. — [Sta in: Rivista
teatrale europea, anno 8'', 1845, Milano].
— Luigia, SuU' ^ Emani „ del ìt Verdi. Sonetto. — [Sta in: Strenna
teatrale europea, anno 8'', 1845, Milano].
Bertrand, Des nationalités musicales à propos de ^ Don Carlos „ de
Verdi. — [Sta in : Revue moderne, voi. 41«, 1867].
Blazk db Burt H., Musiciens eontemporains, — Paris, 1856, in-S*",
pp. 289. — [Le pagine 205-222 contengono un capitolo intitolato:
• Verdi : Nabucodònosor, Les deux Foscari „].
Boselli J., Échos de la dernière saison musicale. [Ritiene opera sba-
gliata il Falstaff], — [Sta in: Revue britannique, agosto 1894].
Bouroeaut P., G. Verdi et ^ Aida „. — Paris, 1880, in-4».
C. C, Dopo V ^ Otello „ [Sonetto a Verdi. — Sta in: Gazzetta musicale
di Milano, 1889, n. 12J.
Cantata (La) del M" Verdi per la grande Esposizione di Londra, e sua let^
tera. - [Sta in: Gazzetta musicale di Milano, 1862, n* 18, 19, 21,
e 22 : quest'ultimo numero porta l'esito deiresecu7Ìone e la poesia
della cantata].
Caputo M. C, La " Scala-rebus „ e le " Ave Maria „ di G. Verdi. -
[Sta in: Gazzetta musicale di Milano, 1895, n. 27].
Casamorata L. F., ^ Macbeth „, Melodramma di F. Piave, musicato dj
G. Verdi. — (Sta in: Gazz, music, di Milano, 1847, n» 15, 17, 18,
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SAGGIO DI BrBLIOORAPIA TEIIOIANA 401
20-22. È un'analisi tematica con saggariBEienti di modificazioni ri-
tmiche e melodiche].
Clèxesi F. et Labou8SE P., Dictiormaire des opéras^ contenant fana-
lyse et la nomenclatnre de tons les opéras..., revn et mis à jour
par A. Pongin. — Paris, Libr. Larousse, 1898, in-8*.
€oBio L., Una pergamena a Giuseppe Verdi. — [Sta in : Oazz, Mime,
di Milano, Supplemento al n. 2 del 1884. La pergamena fa offerta
a Verdi in occasione della rappresentazione del Don Carlos (nuova
edizione) alla Scala].
€oRBiERi À. 0., Le donne nelle opere di G. Verdi. — [Sta in: Gazzetta
musicale di Milano, 1895, n. 85].
Dbpakis G., a proposito del ^ Falstaff „. — [Sta in: Gazzetta letteraria,
Torino, 1898, 7, 18 febbraio].
Dbstbaobs É., Uévclution mtisicale chez Verdi, — ^ Aida „, ^ Othello „,
^ Falstaff „. — Paris, Pischbacher, 1895. — [Studio pubblicato
pure neWOuest Artiste (Nantes), 1895].
Don Carlos [Per recensioni la Gazz. music, di Milano ha fra Taltre un
Supplem. straord. al n. 12, 24 marzo 1867. È la critica del Prevost
nel giornale La Franee. — I* esecuzione a Parigi. — IT* esecu-
zione a Bologna, 2 ottobre 1867].
IDoni (Due) dei Milanesi a Verdi per la !• rappresentazione iéìTAida
alla Scala. Vedi: Gazz. music, di Milano, 1872, pag. 47 e 296].
Idil a., ^ Simon Boeeanegra ;, di G. Verdi. Costumi. — [Sta in : Gaz-
zetta musicale di Milano, 1890, pag. 90, 122].
Entusiasmo (Per un) americano [A proposito del Trovatore]. — [Sta
in: Gazzetta musicale di Milano, 1889, n. 11].
fiscuDiBB M., * Emani „... de Verdi. — Paris, Lévy, 1858, in-8^.
— *^ Les deux Foscari „... de Verdi — Paris, 1847, in-8^
* Falstaff „. Commedia lirica di Arrigo Boito ; musica di 6. Verdi. Giu-
dizi della stampa italiana e straniera. — Milano, Ricordi, 1894,
in-16% pag. 296.
* Falstaff „ (H) di Giuseppe Verdi. — [Sta in : Nuova Antologia. Serie
terza, voi. 43% 1893].
Filippi P., *" Aida „ [diretta dair Autore] alUOpéra di Parigi. — [Sta
in: Gazzetta musicale di Milano, 28 marzo 1880].
— Studio analitico sul ^ Don Carlos „ di Giuseppe Verdi. — [Sta in :
Gazz. music, di Milano, 1869, n» 3, 5, 7, 8, 11, 26, 28, 30, 32-34,
36, 38; 1870, n' 10, 12, 18; 1871, n' 29-31].
— '^ Un ballo in maschera „, Melodramma in 3 atti ; musica di G. Verdi.
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402 ARTE CO^rrBMPORANEA
— Sapplemento al n. 2, 1862, della Otugz. music, di MUano, pp. 6.
[In fine si accenna alla voce che Verdi non volesse più scrìvere
dopo quest'opera. Lo scrìtto destò polemiche per parte dell'impre-
sarìo — il Merelli — accasato di aver allestito l'opera ' per dispetto »;
accasa che egli tentò stornare scrìvendo che teneva ' in sommo
pregio il signor maestro cavaliere Verdi ,]. [Dello stesso Filippi vi
è nn altro articolo sol BaUo in maschera nella Rivista contem^
paranea].
Galli A., Cenni analitici intomo alT ^ OttUo „. — Milano, Sonsogno,
1887, in-16«.
^ Gerusalemme ,, (La), — [Sta in : Gazzetta musicale di Milano, 1847
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Ghislanzoni a., La musica di Verdi a Parigi ndl'anno 1851. — [Sta
in : Gazzetta musicale di Milano, 1866, n. 14].
GiovAONOLi R., I progenitori di ^ Falstaff „, — [Sta in: Nuova Anto-
logia, Roma, 15 aprìle 1898].
Giudizi della stampa italiana e straniera sull'opera Otello, — Milano,.
Bicordi, 1887, fascicoli 2, in-16^
Grande (La) dame. Bevue de l'élógance et des arts. Numero special con-
sacrò à Falstaff, avec 26 illustr. — Parìs, 1894, in-4«.
Uansliok £., Funf'Jahre Musik (1891-95) der Modcmen Oper, —
BerUn, 1896.
Labousse P., Vedi Clément F. et LaboussbT., Dictionnaire des opéras.,^
Levi P. [L'Italico], Lo spirito rdigioso ndla musica di Verdi, — [Sta
in: Gazzetta musicale di Milano, 1898, n. 18J.
— Verdi e il doppio problema della musica religiosa. Duplice soluzione.
[A proposito della Messa, del Te Deum e delle Laudi alla Vergine
Maria, — Sta in: Rivista d'Italia, Roma, Società editrìce Dante
Alighieri, anno IH, fascicolo 4"*, 15 aprìle 1900].
Mackenzie a. C, Tre letture sopra il ^ Falstaff „ di Verdi fatte alla
Royal Institution of Great Britain, Traduzione del maestro P. Maz-
zoni. — Milano, Ricordi, 1894, in-16*». — (Estr. dalla Gazzetta Mu-
sicale di Milano, 2** semestre 1893).
Maitland J. a. F., ^ Falstaff „ and the New Italian Opera. — [Sta in:
Nineteenth Century, London, V semestre 1893, pag. 803].
Matto (II) [?]^ AW amico E, Reyeì', critìco-musicale-appendicista del
Journal des débats, compositore, maestro, bibliotecario, ecc. ecc. r
[A proposito déìTAida],
Mal BEL V., A propos de " Falstaff „, — [Sta in: Revue de P<iris,.
maggio 1894].
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bAGGlO DI BIBLIOGRAFIA VERDIANA 403
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Mazzoni P., Vedi Maokknzie A. C, Tre letture,.,.
Mazzuoato a., ^ Luisa Miller „. Melodramma tragico in tre atti di Sal-
Tadore Cammarano; musica di Giuseppe Verdi. — [Sta in: Gaz-
zetta musicale di Milano, 1850, n* 88-41, 46].
Mkrklii B., Vedi Filippi P., *' Un ballo in maschera „...
Messa (La) da requiem di G. Verdi al teatro della Scala. (Supplemento
alla Gazzetta musicale di Milano^ anno XXXIV, n. 27. Domenica,
6 luglio 1879). [La messa fu diretta da Verdi stesso a benefìcio
degli inondati. Dopo l'esecuzione, Torchestra della Scala fece una
serenata innanzi sXÌ!Hòtd Milan^ dove era alloggiato il Maestro].
Mittana, La obra futura de Verdi. — [Sta in : La musica rdigiosa en
Espana (Madrid), 1898, n. 25-27.]
MoLMiKTi P., La leggenda d' ^ Otello „. —* [Sta in: Gazzetta musicale
di Milano, 1894, n. 41].
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logia, Roma, V febbraio 1897].
HoNTBcoBBOLi H., ^ Falstaff „ : de Shakespeare à Verdi. — [Sta in:
NouveUe Revue, voi. 81«, 1893].
NouiTLABD G., ^ OteUo „ de Verdi et le drame lirique. — Paris, Pisch-
bacfaer; et Florence, Loescber, 1887, in-lG"*.
Operas of Verdi. — [Sta in: Saturday Review (London), 1* semestre
1896, pag. 596].
Opere di Verdi rappresentate a Vienna. — [Dal 1843 al 1889. — Sta
in: Gazzetta musicale di Milano, 1889, n. 51].
Opere (Le) di Verdi a Parigi. — [Elenco delle prime rappresentazioni
colà, colla data, e il nome degli artisti. — Sta in: Gazzetta mu-
sieaU di Milano, 1894, n. 17].
^OtMo „ — [Sta in : Saturday Review, l* sem. 1887, pag. 147, 222;
2* sem. 1889, pag. 89, 73 ;2'' sem. 1891, pag. 77, 111].
* Otdlo „. — [Sta in: Saturday Review, 1894, voi. 78, pag. 430].
* OteUo jf. Numero unico — Milano, 25 dicembre 1886, Tip. Bellini.
* OtiUo „ (U) di Verdi. — [Numero unico pubblicato come Supple-
mento del Corriere della Serd\. — Milano, 1887.
P., Ancora la critica francese. — Risposta ad un articolo di Scudo pub-
blicato nella Revue des deux mondes, dicembre 1856, a proposito
delle opere di Verdi. — [Sta in: (razz. music, di Milano, 1857, n. 3].
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404 ART£ CONTSMPOaANEA
Panzacchi £., ^ Aida „, ^ [Poesìa. — Sta in: Gazzetta musicale d£
Milano, 1889, n. 48].
Parodia dOT ^ Aida „ [al San Carlino di NapoK. — Sta in: ii Tro-
vatore, Milano, 1878, a. 19.
PsNA A. Oofii, ^ Aida „. Ensayo critico mancai. — Madrid, Iglesias et
Oarcia, 1875.
PouGiN A., Vedi Glémint F. et LaroussbP., Dictionnaire dee opera»..,
Prbvost, Vedi Don Carloa.
Quartetto (Un) di Verdi. — [Sta in: Gazzetta musicale di Milano, 1873^
n. 14, e 1876, n» 24, 26, 46].
Rappresentazione (Prima) dell'opera Aida al teatro dell'Opera di Pa-
rigì (Supplemento alla Gazzetta musicate di Milano, 28 marzo 1880).
[Sono articoli estratti dai principali giornali di Parigi].
RicoBéì G., Un'opera nuova [^ Falstaff „] di Giuseppe Verdi. — [Sta
in: Gazzetta musicale di Milano, 1890, n. 48].
— Vedi Sai«t-SaéN8 C, [Dal Voltaire..,].
RoosYELT B., Milan and ^ Othello „: Street live of Verdi. — London^
Ward & Downey, 1887, in-8^
Saint-Sa£ns C, [Dal Voltaire, giornale di Parigi, la Gazzetta musicale
di Milano del 26 ottobre 1879 riporta tin articolo di Saint-Sa^ns
contrario a Verdi a proposito specialmente àelTAida. H Pungolo,
giornale di Milano, rispose ; e 8aint-Sa6ns cercò scasarsi con lettera
pubblicata dal Pungolo il 7 Novembre. 6. Bicordi nella Gazzetta
musicale di Milano del 9 novembre commentò la polemica].
Sassaboli V., Considerazioni sullo stato attuale dell'arte musicale in
Italia e sull'importanza dell'opera Aida e della Messa di Verdi.
Aggiuntevi le due lettere [vedi le Due lettere del Sassaroli] della
sfida da lai proposta all'editore Tito Ricordi e al Maestro Giuseppe
Verdi e dai medesimi rifiutata. — Genova, Tip. della Gioventù, 1876,
in-8«, pp. 44.
-^ [Dos lettere con cui propone di rifitre egli VAida sullo stesso libretto
servito a Verdi. — Sta in: Gazzetta musicale di Milano, 1876,
pag. 15, 16, 32].
Scudo P., ^ La Tramata „ de Verdi. — [Sta in: Revuedes deuxmondeSy,
15 dicembre 1856].
Seobé C, La storia di " Falstaff j,. — [Sta in : Rassegna nazionale,
voi. 71% 1893].
Shbdlock J. S., G. Verdi: ^ Falstaff „. — [Sta in: Academy (London),
anno 1894, voi. 45, pag. 442].
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SAGGIO DI BIBLIOGRAPlA VERDIANA
4(»
/ capolavori musicali del nostro secolo, (Atti dell' Acca-
impica di Vicenza, anni 1893-'95). — Vicenza, Paroni,
-S\
L., Verdi e le sue opere. — [Sta in: Gazzetta musicale di
1889, n* 27-30, 35-36, 39-47, 50; e 1890, n* 2-5, 8, 10,
1, 24, 26, 27].
di Verdi. Studio critico analitico. — Milano, C. Aliprandi,
li Operai, 1901, in-S**, pp. 299, con ritr. — [Dal Proemio:
oli che compongono questo libro, pubblicati alcuni anni
nella Gazzetta musicale, sono stati modificati e ampliati... „].
Avant ^ Falstaff „, M, Arrigo Boito, — [Sta in : Revue
amatique, Paris, 15 aprile 1894J.
Verdi's "" Falstaff „„ — [Sta in : The FortnigMy Review,
erie, voi. 53", 1893].
pallone [Poesia contro il M*' Vincenzo Sassaroli che voleva
iida. — Sta in Gazzl music, di Milano^ 1876, pag. 45].
? e artisti. — Napoli, Pierro e Veraldi, 1900, in- 16**, voi. 2.
[I, pag. 172 e seg., contiene: Giuseppe Verdi, La Messa
?m. Verdi, Falstaff^.
t A., La nota dominante. Questioni di stile musicale, in re-
)XV Otello di Verdi. — [Sta in: Gazzetta musicale di Milano ^
311.
)k), a propos de V ^Otello „ de Verdi [Raffronto con quello
i]. — [Sta in : La nouvelle Revue, Paris, 15 settembre 1894].
Falstaff ^. Numero speciale del periodico Vita moderna.
10, 12 febbraio 1898, in-folio, fig., pp. 16.
^ Rigoletto „) di Giuseppe Verdi al teatro Argentina di Roma,
e il Rigoletto fu chiamato Viscardello : modificazioni fatte
Qsura. — Sta in: Gazz. music, di Milano ylSòl, n. 40].
mo [di rìtorno dall'aver diretto VAida a Parigi]: 18 aprile
upplemento alla Gazz. music, di Milano, 15 aprile 1880).
i riportati articoli di tutti i principali giornali di Milano].
igi [quando ivi si rappresentò per la prima volta VAida.
Gazzetta musicale di Milano, 7 aprile 1880].
Falstaff „, Numero unico. — Milano, Treves, 1892, in-f., fig.
Jtello „, Numero unico. — Milano, Treves, 1887, in-folio, fig.
Otello yfj Numero straordinario. — Fiume, 2 aprile 1893.
S
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406 ARTE CONTEMPORANEA
IV. — Periodici musicali da consultare» conoscendosi
le date delle prime rappresentazioni, o di altro
avvenimento verdiano» ecc.
Nota. — Si notano qui ì periodici prìDcipalissimi ; ma il lettore
potrà ricorrere anche agli speciali giornali teatrali, particolarmente
di Milano, quali, ad esempio, Il Trovatore^ Il mondo artistico^ la
QiUBetta dei teatri^ il Gosmorama, ecc. [Vedine V elenco neirJln-
nuario della stampa del Berger, che da alcani anni si pabblica a
Milano]. Pei giornali italiani cessati si può consultare con utilità la
Guida della stampa periodica del Bernardini e molti altri repertori
simili, dei quali dà notizia il Fumagalli nella sua Bibliografia sto-
rica del giornalismo italiano (Firenze, 1894). Così pure il lettore,
colla scorta delle date, saprà da sé trovare, riguardo alle opere e
alla vita di Verdi, gli articoli dei giornali politici. Fra questi vanno
specialmente notati quelli del Filippi nella PerseveranMa di Milano,
di Leone Fortis nel Pungolo^ del D'Arcais, del Biaggi, di Ippolito
Valetta, del Depanis, ecc., ecc. — A facilitare le ricerche dei gior-
nali musicali vedi inoltre il seguente indice:
Frktstattsb W., Die musikalischen Zeitschriften seit ihrer Enistekwtg
bis zur Gegentoari; chronologisches Verzeichniss der periodischen
Schriften Uber Musik, Mùncben, 1884, in-8*' ; e direttamente per la
stampa francese, la Bibliographie de la presse,.. dell*Hatin.
La cronaca mtisicale (Pesaro).
Le cronache teatrali (Berna).
Le courrier musical (Parigi).
La fédération artistique (Bruxelles).
La France musicale (Parigi).
Oazette musicale de la Suisse Romande (Ginevra).
Gazzetta musicale di MUano.
La Guide musicale (Bruxelles).
Ilustracion musical hispano-americana (Barcellona).
L'insegnante di musica (Roma).
Le Journal musical: buUetin international critique de la bibliographie
musicale (Parigi).
Le Ménestrd (Parigi).
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8A0010 DI BIBUOGRAFU TXRDIANA 407
Monatshefte fUr Musik-Oeschichie (Berlino) [Esiste Vindice dei TolL I-X
(1869-78) compilato da B. Eitner].
MonMy musical recard (Londra;.
Musikalieche Wochenechrift (Lipsia) [Vi ò Vindice dei TolL I-XXV
(1870-'94) compilato da W. Fritssch].
Musical Timea (Londra).
Music: a monthly magazine (Chicago).
Neue Musik'Zeitung (Stuttgart-Lipsia).
Neue Zeiischrift fUr Musik (Lipsi^).
La nuova musica (Firenze).
Ouest AHiste (Nantes).
Ripista musicale italiana (Torino).
The Strand musical magazine (Londra).
Viertdjahrsschrift fUr Musihunssenschaft (Lipsia) [Ha Vindice dei yo-
Ituni I-X (1885-'94), compilato da R. Schwartz].
Der VclUcsgesang (Biel).
Pisa, aprile 1901.
Luigi Tobbi.
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LE DA.TE
Nascita — 10 ottobre 1813 a Bonoole.
Si reca a Milano e chiede di essere ammesso al Conserratorio
Giugno 1832.
Sposa Margherita Barezzi — 1835.
Le composizioni musicali 1839-1898:
G. Verdi intomo al 1839
(Da ona litografia
d«lla coU«zion« C. Yanbiancbi).
Opere teatrali.
1. Uberto, conte di S, Bonifacio (N. N.). — Teatro alla Scala di Mi-
lano, 17 novembre 1839.
Esecutori: Raineri-Marini, Skaw, - Salvi, MarinL
2. Un giorno di regno (1) (Romani). — Teatro alla Scala di Milano,
5 settembre 1840.
EseetUori: Raineri-Marini, Abbadia, - Salvi, Ferletti, Scalese.
3. Nabucodònosor (Solerà). — Teatro alla Scala di Milano, 9 marzo 1842.
Esecutori: Strepponi, Bellinzaghi, - Miraglia, Ronconi, Dérivis.
4. / Lotnbardi alla prima Crociata (Solerà). — Teatro alla Scala di
Milano, 11 febbraio 1843.
Esecutori: Frezzolini-Poggi, - Guasco, Severi, Dérivis.
(1) Riprodottosi poi sa altri teatri col titolo lì finto Stamiiho, titolo eba tro-
vasi anche neiredizione Ricordi. Qaetto libretto fìi scritto dal Romani nel 1818.
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LE OATK
lave). — Teatro Fenice di Venezia, 9 marzo 1844.
i: LOwc. - Guasco, Superchi, Selva.
cari (Piave). — Teatro Argentina di Roma, 3 noY. 1844.
l: Barbieri-Nini, ^ Boppa, De-Ba9€ÌnL
éTAreo (Sdera). — Teatro alla Scala di Milano, 15 feb-
. 1845:
i: Frezzolini-Poggi, - Poggi, Collini,
mmarano). — Teatro 8. Carlo di Napoli, 12 agosto 1845.
i; Tadolini, - Fraschini, Coletti,
lera). -^ Teatro Fenice di Venezia, 17 marzo 1846.
i: L5we, - Guasco, Costantóni, Marini.
Rave). — Teatro Pei-gola di Firenze, 14 marzo 1847.
i: Barbieri-Nini, - Brunacci, Varesl, Benedetti,
m (Maffei). — Teatro della Regina, Londra, 22 luglio 1847.
('; Lind, - Gardoni, Coletti,. Lablache, Benché.
(1) (Royer e Va6z). — Académie Royale de Paris, 26 no-
>re 1847.
i: Julian-Vangelder, - Duprez, Alizard, Prév6t, Brémont.
ì (Piave). — Teatro Grande di Trieste, 25 ottobre 1848.
ì: Barbieri-Nini, Rampazzini, - Fraschini, De-Bassini.
Ita di Legnano (Cammarano). — Teatro Argentina di
a, 27 gennaio 1849.
ì; De-Ginli, - Fraschini, Collini.
Uer (Cammarano). — Teatro S. Carlo di Napoli , 8 di-
)re 1849.
i: Gozzaniga. Sahindrì, - Malvezzi, De-Bassini, Arati, Selva,
i^iave). — Teatro Grande di Trieste, 16 novembre 1850.
/; Gazzaniga, - Fraschini, Collini.
[Piave). — Teatro Fenice di Venezia, 11 marzo 1851.
i; Brambilla Teresa, Casaloni, - Mirate, Varesi, Pons.
ire (Cammarano). — Teatro Apollo di Roma, 19 gen-
1853.
t; Penco, Goggi, - Boucarde, Guicciardi, Balderi.
Ita (Piave). — Teatro Fenice di Venezia, 6 marzo 1853.
i: Salvini-Donatelli, - Graziani, Varesi.
fs Siciliennes (Scribe e Duveyrier). — Teatro dell'Opera
arigi, 13 giugno 1855.
•; Crovelli, Sannier, - Gneymard, Bonnehée, Obin.
cn
SS
re
co
ra è OD rìiiiancggiameiito, con nuovo libretto, dei Lombardi, con
;zi e ballabili pel teatro suddetto.
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410 ARTE CONTSMPORANBA
21. Simon Boccanegra (Piave). — Teatro Fenice di Venezia, 12 m
1857.
Esecutori: Bendazzi, - Negrìni, Giraldoni, Vercellini, Echeverria
22. ArcMo (1) (Piave). — Teatro Nuovo di Eimini, 16 agosto 18{
Esecutori: Lotti, - Pancani, Poggiali, Ferri, Comago.
28. Un baUo in maschera (N. N.). — Teatro Apollo di Roma, 17
braio 1859.
Esecutori: Jnlienne-Dejean, Scotti, Sbrisoia. - Fraschini, Oiral<
Bossi, Bemardoni.
24. La forza del destino (2) (Piave. — Teatro Imperiale Italiani
Pietroburgo, 10 novembre 1862.
Esecutori: Barbot, Nantier-Didiée, - Tamberlick, Oraziani, De<
sini, Angelini. '
25. Macbeth (riformato) (Piave). — Teatro Lirico di Parigi, 21 a
1865.
Esecutori: Rey-Balla, - Monjauzé, Ismael, Petit.
26. Don Carlos (3) (Méry e Du Lode). — Teatro dell'Opera di Pa
11 mai^zo 1867.
Esecutori: Sass, Gueymard, - Morère, Faure, Obin, David, Castelli
27. Aida (4) (Ghislanzoni). — Teatro dell'Oliera al Cairo, 24 dicei
1871.
Esecutori: Pozzoni, Grossi, - Mongini, Steller, Medini, Costa.
28. Simon Boccanegra (rinnovato) (Piave). — Teatro alla Scala di
lano, 24 marzo 1881.
EsecutoH: D*Angeri, - Tamagno, Maurel, Salvati, De Retzké.
29. OtiUo (Boito). — Teatro alla Scala di Milano, 5 febbraio 188
Esecutori: Pantaleoni, Petrovicb, - Tamagno, Maurel, Paroli, Ni
fini. Li monta.
30. Falstaff (Boito). — Teatro alla Scala di Milano, 9 febbraio li
Esecutori: Zilli, Stehie, Pasqua, Guerrini, - Garbin, Maurel, Pi
Pini-Corsi, Pelagalli-Rossetti, Àrìmondi.
(1) È lo Stiffelio, riformato so nuovo libretto.
(2) Riprodotta, con aggiunta di pèzzi nuovi, al Teatro alla Scala il 20
braio 1869.
(8) Modificato e ridotto in quattro atti dalVautore, venne rappretenta
Teatro alla Scala il 10 gennaio 1884.
(4) Rappresentata per la prima volta in Italia al Teatro alla Scala 1*8
braio 1872.
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1.E DATE 411
Musica da oamera«
Sei romanze: Non Raccostare aU'urna -— More, Elisa, lo stanco poeta
— In solitaria stanza — NéU^orror di natte oscura — Per'-
duta ho la pace ~ Deh! pietosa, oh! addolorata (comp. nel 1838).
UEsìde, Aria. Poesia di Solerà (composta nel 1889).
La seduzione. Bomanza. Poesia di Balestra (composta nel 1889).
NoUumo a tre voci (Sopr., Ten. e Basso): ' Onarda che bianca luna ,,
con accompagnamento di flauto obbligato (composto nel 1889).
Album di sei romanze (composto nel 1845):
Il tramonto, poesia di Maffei: * Amo l'ora del giorno che muore ,.
La zingara, poesia di Meggioni: ' Che padre mi fosse ,.
Ad una stella, poesia di Ma£Fei: ' Bell'astro della sera ,.
Lo spazzacamino, poesia di Maggioni: ' Son d'aspetto brutto e
nero ..
Il mistero, poesia di Romani: ' Se tranquillo a te d'accanto „,
Brindisi, poesia di Ma£Fei: " Mescetemi il vin ,.
Il poveretto, Bomanza. Poesia di Maggioni (composta nel 1847).
Stomdlo: * Tu dici che non m'ami „ (composto nel 1869).
Inni.
Suona la tromba. Inno di Goffredo Mameli (composto nel 1848).
Inno ddle Nazioni, composto per la Grande Esposizione di Londra ed
eseguito al Teatro della Begina il 24 maggio 1862.
Musica strumentale.
Quartetto per due violini, viola e violoncello, scritto a Napoli ed ese-
guitosi in casa dell^utore il P aprile 1873.
Musica sacra.
Messa da requiem, per l'anniversario della morte di Alessandro Man-
zoni. Eseguita per la prima volta nella chiesa di San Marco in
Milano il 22 maggio 1874.
Pater noster, volgarizzato da Dante, per coro a cinque parti (due So-
prani, Contralto, Tenore e Basso).
Ave Maria, volgarizzata da Dante, per una voce (Soprano), con accom-
pagnamento d^istrumenti d'arco.
Eseguiti per la prima volta, il 18 aprile 1880, in un concerto
della Società Orchestrale del Teatro alla Scala di Milano.
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4i2 ARTE COXTKMPORANEA
Stabat Mater \ Parigi, Tontro dell'Opéim, 7 aprile 1898.
Te Deutn \ Torino, Salone Verdi dell'Esposizione, 26 eh
Laudi atta Verdine ) 1898.
CSompoaizioiii diverae inedite.
Dagli anni 18 fino ai 18, età nella quale si recò a Ifflano a sta
il contrappnnto, il Verdi Borisse una £MTagine di petzi; Marcie
banda a centinaia; forse altrettanta brevi Sinfimie che seryiyanc
chiesa, pel teatro e per accademie; cinque o sei tra C!oncerti e ^
zioni per pianoforte, che egli stesso snonaTa ndJe accademie; moli
renate. Cantate, Àrie; moltissimi Duetti, Terzetti e diverù pez
chiesa, fra cai uno Stabat Mater. Nei tre anni che passò a il
scrìsse poco, faorì de' suoi studi di contrappunto: due Sinfonie ci
rono eseguite a Milano in accademia prìrata; una Cantata che fii
guita in casa del conte Benato Borromeo; e diversi pezzi, la ma
parte bufi^ che il suo maesti*o gli fiEuwcva eomponre per esercizio,
non furono nemmeno istrumentatL Ritornato in patria, rieomin
scrivere Marcie, Sinfonie, Pezzi vocali, ecc.; una Messa ed un F
completi; tre o quattro Tantum ergo, ed altri pezzi sacri. Tra i
vocali vi sono i Cori delle tragedie del Manzoni, a tre voci, ed il C
Maggio, a voce sola. Tutto si è perduto, ad eccezione di alcune Sii
che si suonano ancora a Busseto, e della musica sulle poesie del
zoni, che lo stesso Verdi conservava.
Morte. — 27 gennaio 1901 a Milano.
G. Verdi sul Ietto di morte.
(Dft fotografia Oaigoni e Bossi - MiUno).
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INTORNO ALLA MISURA
DEGLI INTERVALLI MELODICI
Xlsperl«zxse ed. Osservasiosil.
{Cmt e fine, V. toI. Vili, fase, 1% pag. 157, anno 1901).
4. Statica e dinamica degli accordi musicali. — Ammetto con
Helmholtz che quel sistema musicale che è l'ultima espressione del-
l'arte e che talmente s'è imposto al mondo civile da sembrare a molti
connaturale all'uomo, il cui principio formale è la tonalità quale
fu inaugurata da Monteverde e definita da Fétis; abbia per formola
rappresentativa la scala acustica o naturale, i cui intervalli sono mi-
surati dai seguenti rapporti:
Gradi: I» II» ili» IVo ¥<> VP VII- VIIK
ir j • 1 9 5 4 3 5 15 rt
Valort : 1 : -^ :_:_:_:_:-_-: 2 .
Questi numeri indicano l'altezza di ciascun suono relativa alla to-
nica ^ suono fondamentale ; ma è possibile ricavare le altezze rela-
tive dei suoni ira di loro presi due a due, tre a tre ecc. paragonando
o, meglio, dividendo i due rispettivi rapporti Vuno per Valiro; così
per trovare l'intervallo tra il III® e il VP grado, divido rispettìva-
5 5 3
mente IIP : VP = -^ : -r^ ^ -j- ^ intervallo di quarta alla quale
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414
ARTB GONTBMPORANBA
4
darò il senso di quarta discendente, chiamando ascendente il n
VP : III» = -j^ : -j- = -g- 0 reciproco. Con questa regola si i
vano i rapporti melodici della scala ascendente :
lo : IP : III* : IV* : V* : VP ^ VIP : VIIP
A JI2. i?. JL i?. JL i?.
8 9 15 B 9 8 15
che dimostra la varietà dei gradi, dei quali neppur due vi sono e{
di seguito.
Queste relazioni, e quante se ne possono ricavare, sono indipenc
dal valore o altezza assoluta del suono fondamentale, il cui v)
si assume come unità di misura.
Quindi 8i mantengano identiche qualunque sia il suovm eh
adotta per tonica.
Dunque gli accordi perfetti :
^^
hanno la stessa formola:
1 1-^:^ = 4:5:6.
Analogamente :
li iy i'^^-^lO^
hanno per formola:
IVO . V» • VIP ^~- — J^ . A . J^ . A
e così di seguito. Questa legge non è puramente matematica
ancora eminentemente artistica. È canone fondamentale del sis
armonico moderno, che gli intervalli della scala, come di ogni
posizione musicale, si mantengano identici e nello stesso ordine,
lunque sia il tono in cui si eseguisce: condizione necessaria I
pel trasporto che per le modulazioni.
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTERVALLI MELODICI 415
Questo modo dì considerare gli accordi nei rapporti armonici dei
suoni che li compongono, può definirsi : Teoria della statica degli
accordi, perchè ha per oggetto la struttura, la posizione, la forma
deiraccordo, cioè tutto ciò che costituisce la sua essenza; indipen-
dentemente dai legami reciproci che gli accordi contraggono nelle
successioni armoniche (1).
Sotto questo aspetto il trattato di Helmholtz si può dire esauriente ;
infatti, contiene una maravigliosa analisi e classificazione dei prin-
cipali bicordi, tricordi, ecc. manifestandoci insieme la causa fisica
della maggiore o minore compatibilità simultanea dei diversi suoni
accettata dal senso artistico.
Quella che lascia molto a desiderare sia dal lato artistico, sia dal
lato acustico è la dinamica degli accordi ossia la teoria, degli ac-
cordi considerati nelle loro successioni armoniche; che ha per oggetto
le leggi secondo le quali si preparano e si risolvono, le cause della
maggiore 0 minore compatibilità successiva degli stessi; cioè una
analisi e classificazione delle forze tendenti sia ad attirarsi sia a re-
spingersi reciprocamente.
La dottrina di Helmholtz su questo punto si riassume cosi: L'intera
massa dei swmi e delle successioni armoniche deve presentare una
affinità stretta e sempre appregeahile con una tonica liberamente
scelta, dal punto di partenza e punto di arrivo di tutto Vinsieme
dei suoni. L'illustrazione dei gradi di affinità per la comunanza dei
suoni parziali è veramente felice , perchè manifesta una causa fisica
d'un fatto che pareva puramente psicologico. Ma il far dipendere
l'affinità melodica de' suoni dagli armonici, è un considerare la me-
lodia come caso particolare d'armonia, una armonia successiva, es-
sendo le cause delle consonanze armoniche, pure cause delle affinità
melodiche.
(1) Anche i trattati moderni d^armonia che si sforzano ridurre le tradizioni e
i precetti delParte in un sol corpo di dottrina, basato su principio scientifico,
adottano questa distinzione; ma sono ben lungi dal raggiungere cosi desidera-
bile perfezione (Gfr. 6. 6. Bernardi, Armonia, Manuali Hoepli, 1897).
Ri»i§Ui miuieaU italiana^ Vili.
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416 ARTft eovnMPOBAHmA
Io dio» efae non bcsU applicare àU'aeeorda 1« stesso ragioBamento
cke sì £& per i moni isolati della nelodia considerandolo onne na
individo» DKtticale» coma vaa sola foraa rbsltante dei sooi aaom che
A compone orile riraltaati degli aKrì accordi. L'annonia ma è come
la oompoflìsene dei oidori ; Tocddo non discerné tra i eolori qbwbìbì
d'uno spettro naturale ed uno spettro dipinto» fiale m semplice e
quale eospoetOt ma Foieechìo musicale percepisce j^ aoeerdi in suc-
cessione anàlitkamffltto e smteticameBte. CóUa smim eomprenie
raccordo mtemsivmmmte, come «a tatto inaieme di suoni, ed esàem-
mamenie come insieme armenko di pk accordi (lo parole e le pn-
posizioni). CoUa analisi non solo disceme ia ciascun accordo i singoli
snoni e i rapporti statici che lo caratterizzano, ma riferisoe ciascun
suono d'un accordo ai angeli sasni Mraeosrda che lo segae osria
melodicamente.
È questo un capitolo della dinaarìca degli accordi sul qimle ri-
chiamo Tatteniione dei fisici e dei musici e die è il punto di pa^
tenza del mio ragionamento. Suppongo i seguenti aeccHrdi legati in
successione armonica, in Do maggiore:
ABC
-^ — a.
IB2Z
T T "^
Considerati staticamente, sono identici, avendo la slessa formola:
1: -|-:4-:2 = 4:5:6: 8
per ciò che riguarda i loro elementi materiali, cioè il numero e l'am-
piezza degli intervalli. Ma riferiti alla stessa tonalità ognuno ha un
carattere tale, che anche senza successioni, cioè fatti sentire isolata-
mente, dopo scelta la tonica ed affermata la tonalità, si distinguono
immediatamente l'uno dall'altro da ogni buon musico. Questo carat*
tere può definirsi energia potensfiale o di posizione rispetto alla to-
nica, il che si esprime riferendoli al Do = l :
a[I:-5-:A:4b[44:2:A],c[4:«4:,].
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INTORNO ALLA MIBOIIA tfÉOU mtCKTALLT MILODICI 417
Queste fimaole éìomio che t rupparti cotta Umica mio iuHi di*
verti, mentm f'è Tisto ebe ì nip]K)rti reciproci dei eiiom sono eguali «
V*è un'altra prèfrietà statica ohe ooaoorre come firttora deireaer^a
petenaialer ed è fa sénriiuta dmrsa dei ìoro iniervcM ommimi^
ifwuKùio si cootidera ogni intevfallo con» risaltante dalla soTrappo-
81 «i0M dèi gradi diatoniei drtla scala.
Gradi diatonici:
B [FaiSol^-^, SoliLé=^ -^, La : Si ^-^, 8i : Do = ^]
C[Sol:La = ^,La:8i=-^,Si:I)a^^,Ih:IU=-^,
Vuol dire che la somma dei gradi diatonici costituenti gli inter-
valli omonimi sono eguali negli accordi A, B, C, ma fa distribu-
srione è diversa in ciascuno di essi. — Cosi le quarte:
Sol : Do = Do : Fa = Be : Sol
sono eguali in ampiezza, diverse per struttura.
Analogamente nell'analisi delle forze che danno movimento agli
accordi; distinguo prima quelle che risulteno dall'azione della to-
nica sui singoli suoni della scala, per cui si dice che ogni suono ha
una propria funzione tonale, come ha diverso intervallo colla tonica;
sicché ogni accordo ha una affinità colla tonica eguale alla somma
delle affinità dei suoni; da quelle che legano gli accordi Tun l'altro
e che io considero eguali alla somma algebrica delle affinità melo-
diche che hanno i singoli suoni d'un accordo coi singoli suoni del-
l'altro.
Mi prendo la libertà di spiegare il mio pensiero con una analogia.
Considero le forjfe tonali come attrazioni verso la tonica, le melodiche
come attrazione e ripulsioni elementari tra suoni di due accordi.
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418 ARTI OONTBMPORANSA
Qaelle in una saccessioDe, terminata artisticamente, passano per un
ciclo di trasformazioni di energie vive in potenziali e viceversaf tali
che la somma totale è zero quando il ciclo si cbiade. Le azioni re-
ciproche degli accordi compiono un lavoro elementare e locale mentre
le attrazioni tonali si estendono su tutta la composizione; le melo-
diche rispondono alla struttura degli accordi. — In arte si suol se-
parare le parti o andamenti melodici, ma tutta l'attenzione è rivolta
alla loro equa distribuzione e distinzione e alla buona conduttura
per la esecuzione. Artisticamente la partitura della successione pro-
posta avrebbe una cattiva struttura, per la somiglianza delle curve
melodiche :
g/ ^-
m
Ma teoricamente i legami melodici sono assai più varii e numerosi r
Ogni noia d'un accordo è legata melodicamente con tutte le note
delVaccordo vicino, con intervalli diversi. Così il Sol deiraccordo A
forma coi suoni dell'accordo B i seguenti intervalli:
Sol:Fa= |-, Sol: La = ~, Sol : I)o = -^, 8ol:Fa = -^
poi:
Mi : Fa = -}|, Jft : Za = 4"» ^« :Do=-^, Mi : Fa = ^
e così di seguito ai avranno tanti intervalli melodici quante sono le
cambinazioni di 8 suoni due a due.
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTERVALLI MELODICI
419
lo il ragionamento a tutti e quattro gli accordi, si pos-
are quattro suoni uno per accordo per costruire un anda-
sue, si avranno tante curve melodiche diverse quante sono
sioni di sedici suoni quattro a quattro.
>rma di analisi armonica può rassomigliarsi alla risolu-
forze nelle componenti, delle quali le tonali formano un
trale e le melodiche sono infinitamente varie per inten-
ne e senso. A prima vista s'intravede che i legami melo-
essere assai più liberi e varii che i legami armonici.
atura sono queste forxe melodiche? Se si ricavassero i
intervalli melodici della successione armonica A, B, C, D,
e che tutti si riscontrano nella scala naturale o acustica,
jherebbe la definizione di Helraholtz che le cause delle
irmoniche sieno pure cause delle affinità melodiche. Quindi
Iodica è una risultante delle tonali dei due suoni :
) Tintervallo melodico Mi : La si può risolvere in :
Mi : La := Do : La — Do : Mi ;
s
5^
3 '
= ó-, Do : Mi =
Mi : La
'attrazione o legame dei due suoni colla tonica è causa
mutuo 0 melodico. — Se non che il concetto di Helm-
siale ed è ben lungi dal soddisfare a tutto il sistema
[ quale ammette innumerevoli legami extratonali,
imo le due successioni A, B, C e A', B', G\ :
li
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À L
400 àBTE comanpotLàMmJi
lì saaao Mi Dagli aooordi A e A' ba tra intaryalli malodìai omo-
nimi eoi suoni Do, La, Be dai (lue acoordi B • B' ; ma ogni buon
mssiao n (dia ae gli aoaardi A a A^ si possono coandarare oooie
avanti la stassa funaioni tonali; i suoni dai dna B a B^ hanno tnttf
iifarsa fonzicMia oonsarvando lo stasaa noma. 11 ila, à II grado io B,
è IV in B' ; il Za, è VI grado in B ad è sacondo o nono in B' aoo.
L'aaoordo B è di sattima di saoonda spaoia sul saaondo grado in Do;
il W k aoaardo di satkima di dominanta in Sd. Vuol dira aha l'ac-
cordo F è riCirita ad altra tonica, a i suoi auooi hanno un aantfo
saoandario d'attrasiona dal quala dipandono dirottamaota, a solo in-
diraltamaata dai primo.
Dnnqua naoassariamanta nalla dna suocassicmi è mutata la natura
dai lagami melodici.
Lf| cosa si può oanoapira cori, coma il passaggio da un aontra ad
altro di aaardinata cartasiana ia gaomatrìa analitica, dova à nacas-
sario tener conto delle relazioni che legano i due centri. Sa il Mi
appartiene alla tonalità di Do, e il Xa a quella di Sol, per avere
rintervallo melodico La : Mi si deve levare dalVintervallo Iam : M
quello ài Do : Sol che separa le due toniche
La : Mi = [{La : Sol) : {Do : Sol)] : \Mi : Do]
e Confrontare coirintervallo Mi : Do; ciò significa che il legame
melodico dei due suoni, è ancora espresso in funzione dei loro legami
tonali ; ma in nM>do indiretto, cioè in funziona deirattnità delle daa
toniche.
Questo modo di vedere, tutto conforme all'arte, scioglie il nodo
della questione intorno agli intervalli melodici.
Vediamo infatti che cosa avviene degli intervalli melodici. Dalla
regola della scala si hanno le seguenti formolo :
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INTORNO ALLA MnORA OBOLI INTERVALLI MBLODICI 4^
A [1 .. 4 = 4: 4 B[4 :4=-|-= 4 c(-|.:4:-|-.f ]
A'[.= 4 = 4:4f[4=«:4:4],c[. = 4-.« = 4].
Scegliendo ora tre suoni per foripare una melodia si ha :
Mi : La : Sol ^=-j- : -j- 1 -^
nel primo caso.
Per avere la stessa nel IP caso è necessario riportare alla tonica
fondamentale Do = 1
^g
= ì
ì valori degli accordi B' e C che furono riferiti alla nuova tonica
secondaria Sol = 1^ il che si fa levando da ciascun intervallo di
B' e C rintervallo che passa tra le due toniche; così si avrà iiel
11^ caso:
^r o 1 5 93o3 5 5 81 3
Beco una curva melodica diversa dalla prima, che contiene un
suono non compreso nella scala naturale di Do, e che non ha colla
tonica Do alcuna relazione tonale o di affinità. Al suono estraneo
corrispondono intervalli pure nuovi.
Nella prima melodia si ha:
Mi : La =-^ e La : Sol =: -^;
nella seconda melodia si ha:
Mi: La= -^^ e La : Sol = -^^
entrambi gli intervalli melodici omonimi sono diversi. Il nuovo La
suol dirsi pitagorico perchè fa colla tonica Do un intervallo proprio
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ARTE GONTBMPORANBA
della scala pitagorica = Do : 2ia = ^ ^ = -jg-, ma i
nominazione impropria perchè è un suono isolato della scal
rìca e perchè coll'apparire di questo suono non tutti gli
4 81
non è
sono pitagorici p. es. la quarta La : Mi = -^ ^
tagorica, sapendosi che le quarte pitagoriche sono tutte eg
è eminentemente acustica ed è la IV» che giace sul Vr gr
scala acustica che ha per tonica il Sol. Anche la trasforma:
10 9
l'intervallo La : Sol di minore -g- in ms^giore -^ è indizi
tamento di tonica e comparato colla quarta & conoscere et
maggiore che separa i due primi gradi della scala.
Volendo ora classificai-e gli intervalli melodici e da essi
reciproche tra i due accordi A' e B', si concbinde:
Tutti gli intervalli de' suoni due a due sono acustici e
trano nella scala che ha per tonica il Sol collo stesso ordine,
e funzione tonale ; dunque tutti affermano la nuova tonalità
alla tonica Do, alla quale si suppone che appartenga raccor<
intervalli che contengono il Fa It sono estranei ; gli inter
contengono il La sono per la posizione pitagorici. Gli altr
mente sono equivoci potendo appartenere all'una e all'altr
Questi rappresentano l'attrazione indiretta per i due centri,
forze ripulsive; questi aifermano le due tonalità, quelli U
distaccarle.
Con simile ragionamento e analisi si avrebbe per gli intei
lodici seguenti tra E ed F che sono sedici:
E F
&=gy
w
135
Do : i>o t = Tpo non esiste nelle due scale acustica e pi<
128
81
Mi : Mi = -^ non esiste in nessuna; è enarmonia.
1
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTERVALLI MELODICI 423
Interralli pitagorici:
Ti TiM" 8 80 TV T.J,. 5 81
Do^ : -Bft = -5- 3j- Do, :-af» = -^-gg-,
T\^ . T^ ^ 81 j. T 6 80
Do, : Xa = -3- Qg-,2)o, :La = -5- -gj-.
Interyalli acasticì:
64
Sof:Doj| = -g-, Jlfi:Doj|=-|-;
Sol :Mi= -^^,Mi:La=-^^,Sol:La = -^
propri della scala in Be maggiore. Tatti gli altri sono acustici non
comuni alle due tonalità, ma proprii della prima e sono i seguenti :
Bo^ : Sol, Mi : Sol, Sol : Sol, Do^ : Sol.
Le forze quindi parte sono attrattive verso la prima tonica, parte
sono attrattive per la seconda e parte sono ripulsive o distruggenti
ogni senso di tonalità.
Siamo ora in grado di enunciare la legge di corrispondenza tra
gli intervalli e i legami melodici.
L In una successione armonica monotonale tutti gli intervalli
melodici appartengono alla scala acustica, e la forza che lega i due
suoni formanti un intervallo acustico (affinità melodica) si può con-
siderare (con Helmholtz) come risultante della affinità dei due suoni
colla tonica o centro. Non differisce dalla forza che lega gli stessi
suoni in intervallo armonico se non in ciò, che qui produce lavoro
potenziale, lì, energia viva.
II. In una successione armonica politonale gli intervalli melo-
dici tra due accordi appartenenti a diversa tonalità parte sono acu-
stici sulla scala dell'una o delFaltra tonica, parte non sono tali.
Le forze corrispondenti agli acustici sono di affinità, ma tendenti
verso due centri o toniche; le forze corrispondenti agli intervalli non
acusticif sono ripulsive o tendenti a diminuire il grado d'affinità.
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'ì
421 ARTE COfTTBMPORANlEA
III. Il numero degli intervalli non melodici cresce colli
dei toni (misurata col processo per quinte) o col diminuir
d'affinità tonale de* due accordi.
A determinare completamente Tintervallo melodico, è i
premettere la interpretazione dinamica degli accordi, che c€
determinare a qual tonalità appartengano e la funzione U
ne consegue. La ragione è perchè un accordo (p. es. Taccon
appartenere alla tonalità di Do come fondamentale, al ton
accordo di dominante, al tono di 8ol^ accordo di sotto-dom
P
^^
Ai tre signi 6cati rispondono tre categorie di rapporti m<
A e B, avendo tre gradi diversi di affinità. 1 criteri stati
bero bastare quando si conoscesse la struttura de' singoli
armonici, ma ciò tutt'al più servirebbe per gli accordi unii
se si estendono agli alterati, sarebbero insufficienti per la i
equivocità alla quale si prestano. Dunque restano i criteri
desunti dal contesto, o logica delle successioni. Sia ad es(
P
'^^=^^^^^
11 contesto dice che A può avere due funzioni una venx
verso B; Tanalisi dei legami melodici conferma l'interpretazi
gli intervalli melodici tra A ed E sono acustici apparten
scala in Do; gli intervalli di A con B sono acustici vers
Dunque in A avviene la mutazione di tono, che consiste ii
mento di funzione tonale^ da accordo fondamentale di poc
sul quale risolve E, ad accordo di sottodominante in Sol (
forma cadenza composta dì Sol. L'inganno di credere che
lozione avvenga in B e che tra A e B i rapporti melodici
tagorici viene dall'assegnare all'accordo A una sola funzioi
lità di Do.
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«TORNO ALLA MISURA DK&Ll INTCRTALLI MELODICI
m
0 antecedente dove si modula dal Do al Re non può
Dganno perchè i due accordi E ed F non possono ap-
lon ad una delle due tonalità ; i?i la modulazione si
allo colla spartizione degli intervalli melodici tra i
re finalmente che né la interpretazione dinamica, né
ne abbiano elementi sufficienti per dare ai suoni d'una
i determinati, come nelle monodie, e spesso anche nelle
recitativi dove le successioni armoniche sono appena
IH. stretto legame reciproco e neppure colla stessa me-
!, dalla quale si scostano con ritardi e anticipazioni mar-
questo caso rintervallo melodico è lasciato più o meno
elta deiresecutore, dove ha campo libero di esercitare
bico, dando allo stesso forme politonali svariatissime.
la statica degli accordi di Hclmholtz lascia campo aperto
one di intervalli melodici non acustici.
Intente da cercare se v'è una legge sistematica nella in-
tali intervalli,
ere conviene proporre il problema in altro modo: Dal
e due scale acustica e pitagorica si vede che esse dif-
tre suoni che danno alle due scale una struttura affatto
r\ì intervalli caratteristici omonimi differiscono d*un va-
aggiore pitagorica =
TLC- n 81 5 81
Mi: 1)0 = ^ = -^^
La
Si : Do
Tir. 27 5 81
243
128^
J5^ 81
8 80
ecc.
15
-g- sono i tre intervalli omonimi della scala acustica ;
intervallo pitagorico si può riguardare come un inter-
81
alterato d'un comma -^ che si chiama sintonico. Non
t che ogni intervallo acustico alterato d'un comma di-
ico.
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426 ARTE GONTBMPORANBA
Ciò posto, nel quadro sintetico del lavoro citato di Blasema (1) sì
vede a colpo d'occhio come quel comma entra sistematicamente a
formare colla scala naturale la struttura di tutto il sistema armo-
nico colle sue infinite tonalità maggiori e minori.
Io in seguito, col lavoro sulla « Enarmonia », mi sforzai di inter-*
pretare la funzione dello stesso comma che è essenzialmente dinamica
nell'istante della modulazione, entrando esso come fattore della mo-
dulazione, col mutare la struttura dei legami armonici e melodici
adattandola alla nuova tonalità.
La regola è semplicissima : Per modulare àUa quinta del tono
ascendendo o discendendo, come si deve innaUare o abbassare un deter-
minato suono d^un valore costante \ diesis, bemolle, bequadro = r^l ;
81
COSÌ si deve innahare o abbassare d'un comma = -^ il suono che
sta alla terza superiore.
Modulando dal Do al Sol riceve un diesis il Fa e un comma il
Im; dal Do al Si ^, ricevono un bemolle il Si e il Mi, va sottratto
un comma dal Be e dal Sol e così di seguito.
Una melodia quindi perde il carattere della monotonalità quando
accoglie un suono segnato sia dairaccidente o sia dal comma: e come
col diesis 0 bemolle acquista intervalli che non appartengono alla
prima tonalità o anche a nessuna delle due, così col comma acquista
intervalli proprii della seconda tonalità ovvero pitagorici ed estranei.
Così è spiegato il congegno della modulazione; è una trasformazione e
perturbazione di intervalli melodici, colle quali Vacddente ha per ufficio
di collocare i semitoni al loro posto nella nuova tonalità, e il comma
di distribuire i toni maggiori e i toni min(Mri come sono nella scala
acustica. Dunque il comma con tutte le sue conseguenze armoniche
e melodiche è essenziale alla scala acustica e non alla pitagorica
che non ammette differenza di toni maggiori.
La scala acustica quindi è la vera scala della melodia come della
armonia ; non nel senso che la melodia ammetta soltanto i suoi in-
(1) Rend. della R. Accad. dei Lincei, 2 e 16 maggio 1886.
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INTORNO ALLA MISURA OBOLI INTIRTALLI MELODICI 427
tervalli ; ma come quella che per la sua struttura e ricchezza di
suoni, somministra gli elementi d*ogni disegno melodico (tonale) fon-
damentale, e si presta a tutte quelle fioriture, ornamenti, nuancea
che sembrano staccare la melodia dairarmonia. Dalla stessa scala s'è
dimostrato che la melodia è legata all'armonia non solo per un prin-
cipio estetico come lasciano supporre Cornu e Mercadier; ma per il
valore de' suoi intervalli, per le trasformazioni di essi e per le ten-
denze tonali; così che dalla teoria statica degli accordi s'è potuto rica-
vare una teoria soddisfacente dei disegni melodici di quella classe
di melodie che appartengono al nostro sistema musicale.
5. Besta ora da verificare il mio assunto sperimentalmente e teori-
camente, — Per la verificazione sperimentale delle leggi delle suc-
cessioni armoniche politonali, io ho a mia disposizione 1' < Harmonium
colla scala matematicamente esatta ^t fatto costruire dal Direttore di
questo Istituto Fisico, Sen. Blaserna, e descritto da lui stesso (1).
Ogni suono della scala naturale ha quattro valori che differiscono pre-
si
cisamente del comma -^ sintonico ; perciò si presta non solo a tutti
gli intervalli puramente acustici e pitagorici, ma ad innumerevoli
altre combinazioni che potrebbero occorrere nelle strane modulazioni
dell'arte moderna. Lì si possono ricavare con esattezza gli intervalli
melodici corrispondenti ad ogni successione armonica, compararli
cogli intervalli delle diverse scale e scegliere gli esteticamente migliori.
Per la verificazione teorica applico all'analisi di composizioni clas-
siche queste regole di armonia dinamica basate sulla statica degli
accordi di Helmholtz ; incominciando dal corale di Graun Im morte
di Gesù^ sul quale ho fatto l'esperienza (tav. II).
(1) Rend. della P. Accad. dei Lincei, 15 dicembre 1889.
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Avn comumponAnMA
12 t 4» 61 8 » lOllliltM
*
m
^
F Y?1
^
^
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«( |N • ri • «kx alt kk'BW • M «1 •
IS 1« n 18 1» 20 91 n SI 24 iS 2*
=1—1-
r^
3
^
"-iP"
^
^
^
m
joar det cS«u Pa -> laii de Dìm lai nrà • me.
La parte del soprano è una melodia che ha i caratteri della dia-
tonicità e moDotonalità perchè si può considerare come distesa sulla
scala che ha per tonica il Fa, e non presenta indizio di modulazione
esplicita. Tuttavia dairarmonizzazione si vede che l'autore ha pre-
ferito di dare aHa curta melodica una piega politonale modulando
al tono di Do nella quarta misura e ritornando alla prims tonica
nelFottara. Prìroti di applicare la regola statica per dare le formofe
degli accordi e poi ricavarne h melodia, è necessario fare ^ìnterpr^
tazione dinamica. L'accordo 7 appartiene certamente al tono Doy tta
raccordo 6 è staticamente equivoco, perchè i suoi suoni figurano
tanto nella scala di Fa che nella scala di Do.
Artisticamente come appattenente al Fa sarebbe una combinazione
di cattivo gusto; sarebbe accordo di settima di seconda specie sul
sesto grado che ammetterebbe una risoluzione sopportabile se la me-
lodia fosse nella parte del basso, cioè se l'accordo avesse forma di-
retta non rovesciata ; mentre nel tono di Do è primo accordo di set
tima di seconda specie, ma sul secondo grado, dove gli accordi 5 e 7
rappresentano rispettivamente una elegante preparazione e risoluzione.
Quand'anche raccordo 7 fosse dubbio artisticamente noi sarà più
quando si applichi Tìnterpretazione dinamica esposta di sopra:
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w.
INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTERVALLI HBLODICI
e
<9-
^
m^
429
iiV''
H
5 9
3 • ^ ' 3
'r]
coiraccordo :
L 4 • 16 ' 2 • 4 J '
SO si hanno i seguenti intervalli melodici del La del-
oi suoni deiraccordo 7.
La : Si =
Ì5 5^ J _
16^ " '4 3" ~
_9
16
all'ottava superiore è -|-; similmente :
La:So!=^:^^ = ^
aito sono tutti intervalli appartenenti alla scala natu-
5r i due suoni Fa e Do, ma se confrontiamo il Re ot-
!?>^
15
5
4
16
' 3
•3
3
5
4
2
• 3
3
9
5
4
4
• 3
3
5 81 1 . . ^. . .,
= -5- -gQ "2" = terza minore dimmuita
2 81
3" 80 ~ quinta diminuita,
81 . , .
^ = comma sintonico.
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430
ARTB CONTEMPORANEA
Tatti i rapporti melodici del Re coi saoni dell* accordo 7, sono
alterati d*an comma sintonico. I due Re non sono unissoni, ma de-
vono subire alterazione enarmonica; la quinta diminuita d'un comma
esiste sul II® grado nella scala che ha per tonica Fa, e la terza mi-
nore è pitagorica per il posto che occupa, perchè nella scala naturale
dovrebbe trovarsi sul secondo grado. Tutti questi intervalli estranei
alla scala naturale svaniscono nel secondo caso, cioè col riferire al
Do l'accordo 6.
ite : òi = -jg- : -j- = -^
-^ terza minore acustica, omessa Tettava.
3 9 2
Ite : SoZ = -g- : "^ = — quinta giusta,
9 9
ite : JBc = -j- : -^ = 1 unìssono.
Dunque dinamicamente è preferibile considerare come avvenuta la
modulazione nel passaggio dalla terza alla quarta misura; tanto più che
applicando la stessa regola si troverebbe che l'accordo 5 ha rapporti
melodici coiraccordo 6 tutti acustici, restando turbata soltanto la distri-
buzione, secondo la quale si distendono sulla scala di Do, mentre i
rapporti degli accordi 4 e 5 sono distribuiti sulla scala di Fa,
Dunque si avrà: per
Fa=l
per
^ L 2 '8 • ^ J' ^ L32 • 16 • 8 • 2 J' ^ L 2 "4 ' ^ * 3 J'
A. T-L — llrT^S 3 9 3 1
^ L12 • 6 • ^J' ^ L32 • 4 ' 8 • 2"J'
m
Do = l
''L3 -Sì -6 ■ 8? [» •32-4 •8j'''l4 -T^-S-IJ®*^-
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INTORNO ALLA MISURA DBGU INTBRTALLI MELODICI
431
COSÌ di seguito fino al 17; dal 17-26 si riporta dì nuovo al Fa = 1.
Scegliendo un rapporto per ogni accordo si avranno le curve melo-
diche. La melodia del soprano risulterà come segue :
Do: lU Do:U
9 9,, -9 5459 9
J r 'f-^ ^^
m
3 5
2 '4 •
9. ,'9
Q . g .i: i: jj -4 •3-4 • 8 '8
.53459,
^ '3 '2 'I^ '4 '8
1 3.5 81.5 81^.3.3^,5 81.15,0.15.5 81^5 81.3. -
* 2*3 85'3 80'2'2'385'8"'**8'380'380'2'^
Per riportare alla tonica JPa = 1 i rapporti riferiti alla Do = l
si moltiplicarono per Tintervallo delle toniche Fa : Do = ^ .
Finalmente si hanno gli intervalli melodici: eseguendo le divisioni
dei rapporti successivi, si otterrà :
9 fK
Rapporti melodici = .3-,
5 2
5' 4' 3
8^ , 9 . 8
9» Ifgi 1»
9 15
9 MG ' 16 ®^^'
Questo disegno melodico è precisamente identico a quello che ho
ottenuto neiresperienza esposta nella tavola II'' e discussa nelle pa-
^ne seguenti, dove si è trovato che i rapporti:
Sol : La : Si = Do: Re: Mi
nel periodo centrale della melodia, e lo stesso risultato si ha dall'ana-
lisi : ^ : -9- ' "15 sono rapporti tra i gradi VP : VIP : Vili® della
scala di Fa = 1.
Inoltre la melodia è divisa in tre parti, delle quali la prima e l'ul-
tima appartengono alla scala naturale, riferite alla tonica Fa; la
seconda è tutta sulla naturale di Do.
Degli intervalli di passaggio il Do : Re deve considerarsi come
primo grado della scala che ha per tonica il Do; riferito alla tonica
Fa sarebbe pitagorico, infatti è tono intero maggiore Do : Re = -^
laddove nella scala naturale l'intervallo tra il quinto e sesto grado
9
tono minore.
UmiiUi mustcaU italiana^ Vili.
20
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432
ARTE CONTEMPORANEA
L'altro intervallo Do : La = -^ ài ritorno alla prima tonai
acastico perchè lega due saoni che nelle due tonalità hanno la s
altezza assoluta senza avere la stessa funzione. Finalmente oa
che nel modulare dal Fa al Do si segna col bequadro il Si be§
ed acquista il comma il suono alla sua terza superiore cioè i
secondo la regola suesposta.
Il caso considerato può definirsi melodia politonale diatonica,
quale non appariscono se non intervalli acustici e naturali, pure
riferisca a due toniche come vuole Tarte e la interpretazione
mica degli accordi. Potrebbe avere diversa armonizzazione e qi
diversa distribuzione e anche valore negli intervalli. Per esempio,
accordi 5, G, 7, 8 possono sostituirsi i seguenti:
P caso:
^^:ì4-ì-hé
r
monotonali nella scala naturale di Fa, ovvero:
11^ caso:
5 6 7 8
politonali diversi dal testo, con enarmonia sul Re del soprano.
Ecco le tre forme che assume la curva melodica:
^
Testo:
l* caso:
11^ caso:-^- ;
3
5
3
81
80'
5 81 3 , , .
~3" 80 • ~^' ^^° modulazione vicina;
3
_5_ 81_
3 80
; senza modulazione;
, con modulazione lontana.
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IXTORNO ALLA MISURA DB6LI INTSRYALLI MELODICI
433
Interpretando dinamicamente il II^* caso si vede che l'accordo 6 ap-
partiene alla tonica Fa = 1 e quindi è:
il 7 appartiene al Do = 1 e qaindi è:
' L32 • 3 • 4 • 8 J'
trasportando alla tonica Fa = 1 sarà :
' L 32 2 • 3 2 • 4 2 ' 8 2 J'
Donde si ricavano i tre rapporti melodici caratteristici:
Be : Fa r=:
oc IO O ì
81
9 3 - 27 5 81 X .^ .
8""2"-^ = l6" = '3"80=^^** pitagorica
5 81 . .X .
= terza pitagorica
Ee- s,^-AA.A_8L_
80
9 3 5 81
Re^ : Rcq = -g- -g- : -s- = -^ = comma pitagorico.
Fra il testo e il 1^ caso passa la differenza che il primo contiene
modalazìone alla quinta del tono, laddove il secondo modula dal 8i^
al Do che hanno affinità più lontana distando due quinte 8i^ : Fa : Do.
Si vede che quanto più sono lontani i toni tra i quali si modula e
quindi hanno minore affinità, tanto maggiore è il numero degli in-
tervalli melodici estranei alla scala naturale che dividono i due
accordi.
Lascio di analizzare la melodia della I* tabella perchè non pre-
senta alcun carattere diverso da quelli della melodia di Graun ; piut-
tosto analizzerò la melodia del Rossini (III* tabella) che ha una po-
litonalità assai complicata.
a a' b V e <f d 4' • •'
n W m
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434
ARTE CONTEMPORANEA
i
I
Questa successione può riguardarsi come una progressione p
naie rovesciata, ^rchè la parte simoietrica di quarta ascende
quinta discendente è data al soprano, invece che al basso. È mi
diatonica che ammetterebbe una armonizzazione monotonale. Pei
terpretazione dinamica osservo che ogni accordo è ripetuto in
che ò, e^ d, e, n... sono di posa e gli accordi ò', e', cf , e', n'...
di moto, questi di preparazione e quelli di risoluzione: benché
tici nella struttura, hanno diversa funzione. Ciò nonostante la m<
nelle tre prime battute conserva il disegno monotonale rìspet
Do = 1, 0 tonica, come si potrebbe verificare facilmente. Il
nodale è nel passaggio dalla terza alla quarta misura , dove il l
soprano ha un valore equivoco, secondochò si considera appari
alla scala di Do o come tonica alla quale si arriva per una
di quinte :
nel primo caso Tintervallo Fa : Si è acustico, nel secondo è
gorico; la dinamica degli accordi dice che e' è accordo perfei
Fa, ed n è accordo perfetto di Si maggiore, tra i quali non
alcuna affinità quando si passa dall'uno all'altro colla serie dell
dulazioni per quinte; l'acustica poi (1) insegna che dal jPa al
giunge per quinte ascendenti, non mai per quinte discendenti
Quindi il passaggio
^^
sarebbe un mero trasporto con rottura d'ogni legame tonale se
non avesse supplito con ripieghi, quale è, oltre la natura della
gressione diatonica, la ripercussione del La comune ai due ac
L'analisi riconosce questa interruzione dei legami tonali dal
senza di ogni intervallo acustico nei rapporti melodici dei due ac(
(1) Vedi Blasbrna, luogo citato.
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTERVALLI MELODICI 435
per
e per
sarà:
2).=l:e'[4:-f: 1: ^-J
Mi = 1
'•L4 -16*8 '3 '2]
Moltiplicando pel rapporto delle toniche i valori del secondo per ren-
derli comparabili col primo, si ottiene, essendo il rapporto
Do: Mt=-^^
e riportando tutti i valori entro Tettava:
«■[':4-4]
ed
r_6__5_81^.2^_5_81_._9_ l.^.AAJ?Ll
'•L4 880' 8 880*4 880*3 880J
ricavando i n4>porti melodici :
no: 15 81 r ^ 5 81
■^ = * = Itt 80 -^ = -^^ = ^ 80 '
Fa :FaìÌ = ^^ -^, Fa:La= j--^,
r o- 9 81 r D "IS 81
io : S» = -jg- -gg-, i>» : Jte = -g^- yg-,
, -, » 27 81 r r 81
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436
ARTE CONTEMPORANEA
Non y'è neppure un rapporto acustico, quattro sono pitagorici, gli
altri né acustici né pitagorici. La corrispondenza tra la esperienza
della IIl^ tabella e il risultato analitico, in un punto co^ difiBcile,
è una bellissima conferma delle teorie acustiche in generale e della
mia tesi in particolare. A prima vista si farebbero unissoni i due La
nei due accordi, il Si diverrebbe acustico e si avrebbe un ravvici-
namento notevole, ma resterebbe violata la legge fondamentale delle
modulazioni ! In questo caso discendendo dal tono di Mi maggiore
con una progressione modulante per quinte, non si ritornerebbe più
all'accordo e' di Fa, cioè Do : Fa : La, ma ad un altro accordo
Do : Fa : La i cui suoni calano tutti d'un comma.
Come esempio di melodia povera di armonizzazioni e per conse-
guenza libera nei suoi movimenti di dare alla sua curva, quella scelta
degli intervalli melodici, quelle inflessioni che la elevano ad un bello
ideale, citerò il duetto dello Siahat del Bossini.
L'analisi armonica deiraccompagnamento è breve:
Per quattro misure: Accordi alternati sulla tonica e sulla domi-
nante nei violini ; nella quinta misura, analoghi accordi sul Do li mi-
nore relativo, e nelle seguenti ritorno al tono fondamentale Mi mag-
giore con progressione modulante di quarta ascendente e quinta
discendente.
La curva melodica (esclusa una nota esornativa) è perfettamente
diatonica nel primo soprano, e considerata monotonalmente ha un
disegno chiarissimo d'intervalli puramente acustici. La sua parte
esornativa che le dona vita e splendore è elaborata dal secondo so-
prano con una armonizzazione veramente meravigliosa: tutto è ispi-
rato alle pure fonti della tonalità senza lasciar luogo al più piccolo
equivoco nell'interpretazione dinamica, sicché le si può applicare ap-
puntino l'analisi solita.
Qoig et ho -
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INTORNO ALLA MISURA OBOLI INTBR VALLI MELODICI
437
m
rr n-iy j^
Chi volesse tradarre in nameri tatti gli intervalli melodici trove-
rebbe che su venti note almeno che mutano funzione tonale, appena
due, la 15°*^ e la 19°^* sono segnate dal comma pitagorico.
All'opposto come modello di recitativo che non isfugge all'analisi
da me proposta, non ostante una armonizzazione succinta, che dimostra
nell'autore la più intensiva comprensione delle forme armoniche, è
il recitativo del 1** atto del Parsifal, del quale riporto le seguenti
misure :
GaUBXAUB.
Tho -
ran wir aaf Llnd-roagd» la of-fen Wotiii - rlg Hel-lnng ]ia-d«rt!
:^^
ili
-b^-
i^
^S
^m
=»
r
_^/wi>^ — —
È^
|CI
t i^
!szr
U^* —
:^
^
^
^
^
pS
^-
F*
^
:sz:
5^^*-
m
Ecco la misura degli intervalli melodici :
Si> : Be '. Do^^ : Do^\ Bo^: La: Fa. Mi: Be : Sol: La: Si> :Mi^ :Dot: La=
5 ' 15' 24» ^ 5 ♦ 4 ♦ 15» 8 ♦ 3 ♦ tf ' 16' 2 ♦ Us; ' 8
Due soli intervalli -^ e (^j non si riscontrano nella scala acu-
stica né nella pitagorica, sono però derivati dagli acustici ; gli altri
appartengono alla scala acustica di Be minore tranne l'intervallo :
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438 ARTE CONTEMPORANEA
&^ : Jft'l^, che segna una cadenza ingannata, che porta per conse-
— Per eleganza e varietà di disegno melodico e ardimento di armo-
nizzazioni il recitativo wagneriano si pnò mettere accanto al « La-
sciatemi morire » di Claudio Monteverde nel Lamento d'Arianna.
Conclusione. — Ho risposto all'argomento del mio lavoro colla
soluzione di due problemi:
I<> Data rinierpretaaione dinamica e artistica dutia melodia,
trovare U disegno melodico colla misura dei suoi elementi^ che sono
gli intervalli.
Al I* ho soddisfatto colle esperienze, constatando che il disegno
melodico d'una melodia monotonale consta soltanto d'intervalli acustici:
che la melodia politonale ammette intervalli non appartenenti alla
scala acustica tra due suoni appartenenti a due tonalità; la polito-
nale può considerarsi come composta di porzioni di melodia mono-
tonali rispetto a toniche diverse, separate da intervalli che possono
essere pitagorici o d'altre scale.
I miei risultati non differiscono da quelli di Gornu e Mercadier,
ma differisce l'interpretazione.
II^* Dato il disegno melodico dvma melodia per mejufo di ar-
monùsjsazioni, ricavare la misura degli intervalli e la interpretazione
dinamica.
A questo secondo ho soddisfatto completando la teoria statica degli
accordi di Helmholtz colla interpretazione dinamica degli stessi e
applicando le conclusioni alla analisi di melodie classiche. Ho riscon-
trato non solo l'esistenza di intervalli melodici non acustici ; ma an-
cora la legge sistematica secondo la quale entrano a far parte del
disegno melodico in conformità alle esperienze.
L'attribuire alla melodia come suoi proprii gli intervalli pitagorici
proviene dal modo erroneo di calcolarli, riferendo tutti i snoni alla
tonica fondamentale senza tener conto delle secondarie. — Le regole
esposte danno una analisi completa dei disegni di melodie ispirate
alla tonalità. Quindi il tema non è esaurito; infatti la storia musi-
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INTORNO ALLA MISURA DEGLI INTXRTALLI MELODICI 439
cale dice che v'è grande varietà di melodia tanto che d'ogni fase
musicale si paò desumere il carattere dalle melodie.
Neirantichità fino airorigine del discanius tutta Tarte si svolge
intorno alla melodia; la scuola greco-latina definì e classificò la me-
lodia assai meglio che la moderna. Fu precisamente Tintervallo me-
lodico che diede argomento a speealazioni filosofiche e matematiche,
fu preso a base di classificazione dei tre generi musicali diatonico,
cromatico, enarmonico.
Dall'origine del discantus fino a Bach le composizioni polifoniche
erano concepite estensivamente dal punto di vista melodico. Le regole
discantandixiisegu^YB,no a sovrapporre due o più melodie in modo da
conseguire una soddisfacente combinazione musicale.
Più tardi e un po' alla volta si venne concependo la musica in-
tensivamente per concatenamento d'accordi da risolversi in andamenti
melodici. Questo è il carattere della musica fondata sull'armonia e
sulla tonalità (l). Senza citare i sistemi musicali d'altri popoli, spe-
cialmente orientali, tanto basta per capire che non si potrebbero ap-
plicare i criteri della melodia tonale all'analisi di quelle altre melodie.
Di melodie ve n'è una infinita varietà: che la melodia ha una
libertà assai maggiore che non pare nella scelta dei suoni; noi siamo
ben lungi dall'aver gustato tutte le forme di nesso estetico de' suoni
considerati successivamente. Quindi le melodie su descritte non sono
che varie forme melodiche scelte dal genio dell'arte, che vanno giu-
dicate separatamente. Le scale possono servire a classificarle, ma le
scale si sono formate coi generi musicali, quindi le melodie assu-
mono i caratteri del sistema.
Per estendere a tutte le forme melodiche i principii esposti biso-
gnerebbe sapere fino a qual punto il principio della tonalità concorre
a formare la melodia. Allora è possibile un ravvicinamento e nna
comparazione.
(1) Qaci masici che confondono rarinonia col contrappunto ne ignorano le de-
finizioni e rìnegano la storia delVarte.
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440 ARTB CONTEMPORANEA
Ogni melodia ha una fisonomia e un timbro proprio che rice^
sistema o dal principio che la informa, ma la curva melodica i
nentemente plastica e pieghevole sicché si può adattare ad og
stema. Essa pure conservando il suo disegno fondamentale, può i
dorsi come sopra una superficie in uno od altro sistema con
meno garbo e corrispondente effetto estetico.
Ecco tracciata la via per la classificazione delle diverse m
e per uno studio metodico delle loro forme. Ma questo è argo
da trattarsi in altro lavoro.
Roma, R. Istituto Fisico, dicembre 1900.
Dr. Giulio Zàmbiasi
Assistente nell'Ufficio centrale del Corista n(
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GIURISPRUDENZA TEATRALE
DI SCELTA DEL DIRETTORE D'ORCHESTRA
rte di Appello di Perugia. Sentenza 14 agosto 1899) (1).
'alea££i prof, Enrico contro ti Municipio di Foligno.
kl direttore d'orchestra nella eseetmone di opere teatrali,
a chi ha il diritto e la responsabilità della esecwnone.
ppartiene aWautore od alVeditore che abbia acquistato
metà dell'opera; la reéponsabilità appartiene alV impresa
e.
trio del teatro puòj nel contratto colVImpresa, soltanto
re, ma non mai imporre il direttore di orchestra^ perchè
\ né il diritto né la responsabilità delF esecuzione.
Fatto e vicende della causa.
PO
te
QQ
CD
o
obre 1884, il Municipio di Foligno apriva un concorso
Professore nella scuola di strumenti ad arco^ di piano-
%nto, e di Direttore d'orchestra e di Maestro concertatore.
Enrico Galeazzi, che allora tro vacasi nella qualità di
musica e direttore d'orchestra a Pinerolo, sorrìse Tidea
e, sopratutto perchè credeva che il clima della verde
uo momento Teniamo informati dalFcgregio a??. Riccardo Tonni
&trocinatore del maestro Galeazzi, che h sentenza della Corte pe-
i cassata dalla Cassazione di Roma, rinviando lo parti dinanzi alla
ilo di questa città,
tfremo di iufurmare i lettori deiresito del nao?o giudizio.
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442 ARTE CONTEMPORANEA
Umbria sì confacesse meglio alla salute di sua moglie, e quindi
scrisse subito al sindaco di Foligno che avrebbe accettato il posto a
condizione che Vobbligo di dirigere l'orchestra in occasione di spetta-
coli musicali, di cui era parola nell'art. 12 del capitolato, venisse
convertito in dintto.
Il sindaco di Foligno, con lettera del 4 nmrzo 1885, gli rispon-
deva di avere comunicato la proposta alla Giunta, che l'aveva rico-
nosciuta accettabile, riservandosi però di sottoporla con parere favore-
vole al Consiglio. »
Animato da tali assicurazioni, il Oaleazzi abbandonò per volontaria
dimissione il posto che aveva occupato per un decennio a Pinerolo,
e recatosi a Foligno alla fine di marzo del 1885, inaugurò l'anno di
esperimento, accettando subito un numero di scolari maggiore di
quelli prescritti dal capitolato, ed ebbe plausi e ringraziamenti per
la sua bontà e cortesia, e per la stui spontanea abnegazione.
Un mese dopo il Oaleazzi faceva domanda al Municipio affinchè
venissero apportate varie modificazioni al capitolato, ed anche al
ricordato art. 12, nel senso che a lui spettasse il diritto di dirigere
gli spettacoli di musica che si fossero dati nei teatri di città: ed il
Consiglio, nella tornata del 30 maggio 1885, non dubitò di accondi-
scendere ai suoi desideri, modificando l'art. 12 nel senso che in cir-
costanza di opere in musica sia al teatro Apollo che al teatro Ferroni
al prof. Galeazzi sarebbe spettato Vassoluto obbligo e diritto di agire
come maestro concertatore e direttore di orchestra; e che su di tale
duplice incarico non avrebbe potuto pretendere dall'Impresa che una
semplice gratificazione di L. 300, qualunque fosse stato il numero
delle opere.
Trascorsero molti anni senza che alcun incidente turbasse le con-
venzioni intercedute tra il Municipio di Foligno ed il maestro Ga-
leazzi in ordine alla direzione degli spettacoli di musica nei teatri
di Foligno.
Senonchè nella stagione di carnevale del 1898, l'Impresa conces-
sionaria del teatro Apollo, oggi Piermarini, affidò la direzione del-
l'orchestra per la rappresentazione della Bohème al maestro professore
Enrico Nuti, anziché al Galeazzi, e ciò non ostante le energiche oppo-
sizioni del Municipio e i buoni uffici del sottoprefetto di Foligno e
del prefetto di Perugia.
Tutto riuscì vano. L'Impresa non volle rinunciare al maestro Nuti
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OIURISPRUDBNZA TEATAALE 443
p^cbè designato dalla Ditta Ricordi, proprietaria dello spartito, e
rAccademia teatrale, comproprietaria del teatro, nulla stimò di fare
perchè la scelta cadesse invece sul maestro Galeazzì.
In presenza di questo stato di cose, il Comune, con deliberazione
consigliare del 31 gennaio 1898, rifiutò di concedere airimpresarìo
la dote teatrale, in quanto appunto esso, anziché servirsi del maestro
del Comune, aveva chiamato alla direzione dello spettacolo un maestro
del di fuori.
Tale protesta venne portata a notizia deirAccademia teatrale con
atto del P febbraio 1898, e poco appresso TAccademia protestò alla
sua volta contro il Municipio di Foligno « per il tentativo diretto a
menomare la piena libertà sua di disporre del teatro Piermarini nei
modi e nei limiti deiristrumento di costituzione delFAccademia stessa
a rogito Ronchetti, 23 giugno 1821 ».
Ma né l'Impresa né TAccademia cedettero alle rimostranze della
Amministrazione comunale, e si fu allora che il Galeazzi, con atto
del 7 febbraio 1898, protestò non solo per i danni materiali, ma
principalmente per i danni morali che gli erano derivati dalla im-
meritata patente di inidoneità. Fallito il tentativo di definire ami-
chevolmente questa vertenza, il Galeazzi con citazione del 13 luglio
1898 convenne il Municipio di Foligno dinanzi il Tribunale di Pe-
rugia, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni di cui
sopra, domanda che fu per intero accolta con sentenza 23-28 feb-
braio 1899.
Appellò da questa sentenza il Municipio di Foligno, con atto
20 aprile 1899, ed ebbe nel nuovo giudizio miglior fortuna, che la
Corte di Perugia lo assolse completamente dalle domande del Ga-
leazzi.
Appunti critico-giuridici.
11 punto della questione si restringeva sostanzialmente alle conse-
^enze del fatto, di avere il Municipio di Foligno, colla modificazione
all'art. 12 del capitolato, assunto una obbligazione che non era in
sua facoltà di mantenere. 11 Galeazzi sosteneva che quel patto era
nullo e doveva quindi essere risoluto con la responsabilità dei danni
materiali e morali perché stipulato in mala fede, e per lo meno poi
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444 ARTE CONTEMPORANEA
incombeva al Municipio Tobbligo del risarcioiento dei danni per ina-
denipioiento dell'obbligazione assunta. Dal canto suo il Municipio di
Foligno adduceva che il Oaleazzi era anche esso consapevole della
impossibilità deiradempimento del patto, ed avendolo accettato non
poteva addossare al Municipio la responsabilità del rifiato deirAc-
cademia e dell'Impresa: in ogni caso poi, essendo in buona fede ed
avendo fatto tutto il possibile per Tadempìmento, fino al punto di
negare anche la dote per Tagìbilità del teatro, poteva tutto al più
essere tenuto a corrispondere al Galeazzi la gratificazione stipulata
e non conseguita.
11 compito della Corte riducevasi quindi evidentemente nel deter-
minare rindole del contratto, e neirapprezzamento del patto surro-
gato colla deliberazione del 1885 all'art. 12 del capitolato del 1883.
La prima questione fu risolta nel senso che non poteva essere
dubbio che il contratto in parola ricadeva sotto la locazione di
opere, onde valeva a maggior ragione la regola che nessuno può
stipulare in proprio nome fuorché per sé medesimo, imperocché obbli-
gandosi non le cose, ma l'opera personale, deve tra conduttore e loca-
tore esistere sopratutto la fiducia reciproca, e ninno può obbligare
altri a prestare o ricevere contro la sua volontà Topera altrui.
Osservò quindi la Corte che il Municipio col patto 12 del capi-
tolato non poteva aver inteso di obbligare sé stesso, ma bensì aveva
agito come un gestore di affari dell'Impresa teatrale, cui era riservata
la scelta del maestro, e dalla quale unicamente il Galeazzi aveva il
diritto di essere pagato. i
11 Galeazzi perciò, modificando il detto articolo nel senso di avere
diritto assoluto alla direzione dell'orchestra teatrale, aveva aggravato
la condizione giurìdica dell'Impresa rendendo obbligatorio per lei
ciò che era soltanto potestativo, ed in conseguenza avrebbe dovuto
trattare con l'Impresa, o con chi avesse avuto il diritto di obbligare
l'Impresa teatrale nella occasione di opere da darsi nei due teatri
di Foligno: restava quindi a vedersi se il Municipio cui unicamente
si rivolse il Galeazzi era la persona capace ad accettare la modifica-
zione proposta.
E a questo riguardo la Corte ebbe a notare che in tema di scelta
del direttore di orchestra, nell'esecuzione di opere teatrali, questa
spetta a chi ha il diritto e la responsabilità dell'esecuzione: il di-
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GIURISPRUDENZA TEATRALE 445
ne alFautore o all'editore che abbia acquistata la pro-
era; la responsabilità appartiene all'Impresa teatrale ed
te rirapresa, nelFassumere l'incarico della rappresenta-
pera, si accorda coll'autore o coll'editore per la scelta
di orchestra. « Spessissimo, anzi, accade che i cantanti
che propongono il direttore di orchestra, il quale per
3 un suggeritore nelle opere in prosa, e spesso dalla
al buon accordo del direttore coi cantanti, dipende il
l cattivo successo di una rappresentazione musicale.
1 caso poi è ammessa in modo assoluto la scelta del
orchestra per parte del proprietario del teatro, il quale vyy
intratto coll'Impresa, proporlo, ma non imporlo, per la iid
) non ha né il diritto né la responsabilità della ese- mc^
ual cosa l'imposizione del direttore di orchestra per parte
stario del teatro renderebbe spesso difficile e talvolta im-
agibilità del teatro stesso.
liritto alla scelta del direttore di orchestra, derivante
t sulla proprietà letteraria ed artistica, e dalle più ele-
Tole dell'esecuzione delle opere teatrali, non potea igno-
Galeazzi, e come cittadino, e più specialmente come
musica ».
;he egli, se domandando al Municipio di Foligno il
to del diritto assoluto di dirigere gli spettacoli che ve-
nei teatri di Foligno, intese di volere la concessione di
elusivo, domandò una cosa impossibile e che sapeva che
non avrebbe potuto accordargli; e perciò alla modifi-
art 12 del contratto non poteva attribuirsi altro signi-
questo, che il Municipio cioè per parte sua avrebbe
tta di tutto perchè il Galeazzi fosse assunto dall'Impresa
la direzione dell'orchestra, nell'occasione di spettacoli ai
igno.
lindi che il Municipio di questa città aveva fatto tutto
)erchè la direzione dell'orchestra fosse affidata al Ga-
lOteaglisi addebitare di non aver adempiuto al patto sti-
domande del Galeazzi dovevano essere respinte.
OD
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A
44(5 ARTE CONTBMPORANBA
Questo, in sostanza, il ragionamento so cui la Corte di Perugia
ha basato la sua decisione, che merita senza dubbio di essere lodata
in quanto, inspirandosi ad alti concetti dell'arte, ferma una massima
di diritto teatrale di grande importanza.
Ma venendo più propriamente alle particolarità di fatto che det-
tero luogo alla presente controversia, un accurato esame della que-
stione e delle varie fasi per cui essa è passata, ci induce a ritenere
che non sia stata retta la interpretazione data dalla Corte alla vo-
lontà delle parti contraenti, e che perciò non debbasi approvare la
sentenza che commentiamo, in quanto esclude nel Galeazzi ogni
diritto al risarcimento dei danni nei riguardi verso il Municipio di
Foligno.
E anzitutto dobbiamo porre questa questione, quale fu, cioè, pre-
sumibilmente, la causa, il motivo, che indusse il maestro Galeazzi a
chiedere la nota modificazione del patto 12, onde dedome poi la
estensione degli obblighi che le parti reciprocamente assumevano.
La risposta ci sembra chiara. Al patto 12 del capitolato stava scritto:
« Il maestro comunale, in circostanza di opere in musica, sia 'al
teatro Apollo, sia al teatro Ferroni, dovrà agire come maestro con-
certatore e direttore di orchestra, purché a ciò sia stato invitato
dall'Impresa, che resta libera nella scelta, e per tale duplice incarico
non potrà pretendere dall'Impresa stessa che una gratificazione di
L. 200, qualunque sia il numero delle opere.
< Detta gratificazione però, sarà ridotta alla metà, quando fosse
stabilito che le rappresentazioni non dovessero superare il numero
di 12 e venissero date con una sola opera ».
Al Galeazzi in questo patto non piacevano due cose, e cioè anzi-
tutto che il Municipio si disinteressasse completamente della scelta
del direttore di orchestra che l'Impresa avrebbe fatta,* mentre le rac-
comandazioni di un ente cosi importante avrebbero potuto certamente
pesare molto sulla bilancia in di lui favore; secondariamente che la
mercede fosse così tenue.
Chiese ed ottenne quindi che l'art. 12 suddetto fosse modificato,
e la seconda edizione fu la seguente: < In circostanza di opere in
musica, sia al teatro Apollo che al teatro Ferroni, avrà (il prof. Ga-
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GIURISPRUDENZA TEATRALE
447
luto obbligo e diritto di agire come maestro concerta-
ore di orchestra e, per tale duplice incarico, non potrà
airimpresa che una semplice gratificazione di L. 300,
ia il numero delle opere,
atificazione però sarà ridotta alla metà quando fosse sta-
rappresentazioni non dovessero superare il numero di 12,
late con una sola opera ».
% modificazione all'art. 12, al prof. Galeazzi veniva ar-
rovento annuo di L. 300 che andava ad aumentare il suo
li cui poteva dirsi parte; il Municipio poi veniva, in
si, a garentirgli tale aumento, garanzia che era già in
;enuto a prestare in vista delle assicurazioni che il Sin-
lato al Galeazzi prima ancora che questi accettasse il
a Foligno.
è, secondo noi, la portata delFarticolo 12 modificato : il
ìazzi chiedeva in sostanza un aumento di stipendio^ ma
e transitorio, sottoposto a condizione, sibbene stabile e
uesto aumento gli fu appunto concesso dal Municipio di
e egli desiderava e nella forma suesposta, con una pro-
propria del fatto del terzo ai sensi di cai all'art. 1129
ce
OD
està era veramente la base giuridica deirazione inten-
lestro Galeazzi, e non già la nullità del patto o la
i di esso da parte del Municipio; e se la Corte di
;luse rigettando completamente le domande del maestro,
0 perchè si volle attribuire al suo diritto una base ed
ma estensione che non aveva.
e, mantenuta nelle sue naturali e giuridiche proporzioni,
dubbiamente risolta favorevolmente per il Galeazzi, si è
ta perchè si volle farne una grande causa. E che nel
le si trattasse di promessa del fatto del terzo è facil-
trabile.
12 la direzione delForchestra era stata condizionata
l'Impresa, che rimaneva però libera nella scelta; nella
a questo patto si viene invece a gareotire espressa-
1 cazzi che la scelta sarebbe caduta su di lui e non su
licipio cioè promette al maestro che le Imprese avreb-
MieaUitaliana.Xni. • 80
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448 ARTI CONTEMPORANXA
bero sempre scelto lai come direttorCi corrispondendogli una data
mercede.
Quali le consegaenze di questo patto?
È fiicìle rispondere con quanto prescrive l'art 1129 del Cod. civ.,
che cioè la promessa dà soltanto diritto ad indennità verso colui che
si è obbligato o che ha promesso la ratifica del terzo, se questi ri-
cusa di adempiere Tobbligazione. Naturalmente però in questa inden-
nità non possono andare compresi i danni morali che il contraente
abbia risentito per il rifiuto del terzo, ma solamente essa riguarda
il quanti interest^ quanto cioè egli abbia perduto per avere il terzo
ricusato di adempiere Tobbligazione.
E invero nel caso in esame la condanna del Municipio di Foligno
al risarcimento dei danni morali sofferti dal Galeazzi non potea am-
mettersi dal momento che il Municipio stesso aveva fatto quanto
eragli stato possibile perchè il terao avesse ratificato la promessa;
ma pnrtuttavia sussisteva sempre il diritto del Oaleazzi ad avere
dal Municipio quella somma che egli avrebbe potuto percepire come
mercede se il terzo avesse prestato la ratifica^ se cioè l'Impresa lo
avesse assunto come direttore di orchestra, in quanto il Municipio
del pagamento di essa si era reso garante.
Posta in tali termini la controversia, si sarebbe adunque dovuta
risolvere colla condanna del Municipio a pagare al maestro L. 150,
che tale appunto era la somma che gli sarebbe spettata se egli avesse
agito in qualità di direttore di orchestra nella Bohème.
Né alla costruzione giurìdica or ora proposta si potrebbe opporre,
come fa la Corte di Perugia, che in tema di locazione di opera a
maggiore rigore vale la regola, che nessuno può stipulare in proprio
nome fuorché per sé medesimo, trattandosi di obbligazione eminente-
mente personale.
Non si saprebbe invero intendere quale debba essere il campo di
pratica applicazione del principio sancito dal legislatore nel citato
art. 1129, quando si volesse ammettere che i' terzi, di cui si può
promettere il fatto non possano essere locatori di opera, mentre al
contrario la locazione di opera è il contratto nel quale è caratteristica
ed essenziale l'obbligazione di fare.
D'altra parte, la promessa delle opere di un determinato artista
è, nel mondo teatrale, frequentissima, e nessuno si sognò mai di con-
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GIURISPRUDENZA TEATRALE 449
valore giuridico; ed anche il Vita-Levi {Locazione di
ypalti, voi. I, n. 35. Milano, 1876), benché pensi che nes-
salvo ntiandato speciale ad hoc^ locare le opere di un'altra
onosce però che nei casi in esame non può nascere altro
il diritto alla indennità verso chi condusse per il sud'
nediario tramite le opere di quell'artista^ ove questo
restare le opere^ indennità dovuta da chi ne promise la
une questioni in materia di cessione di ar tifiti, vedi il nostro Codice
lìlano, Hoepli, 1901), n. 117 e 193.
CESSIONE DI ARTISTA (D £S
te di Cassazione di Torino. Sentenza 27 novembre 1900). , ^-^
ite contro la Società anonima per Vesercizio del Teatro alla Scala. ^^7Z
impresario teatrale^ valendosi dei diritti risultanti dalla ^J
ra intervenuta fra esso e gli artisti teatrali^ cede uno ^^
sti {cessione d'artista) ad un altro impresario^ esso compie Ct
lo una cessione dei diritti e dei doveri che aveva verso
a.
i rapporti^ cioè quelli del cedente verso il cessionario e f^"
sa, e quelli del cessionario verso Vartista ceduto, vanno ^ ;
H con le norme della cessione y e non mai con quelle della ^
ne e sublocazione d'opera. ^;:)
che ha dato luogo alla sentenza che annotiamo, destò
ire nel mondo artistico, e noi trattammo già diffusamente
Rivista (Annata 1899, fascicolo IV) delle eleganti que-
ritto teatrale che in essa erano sorte, specialmente per
iarda la inappellabilità della protesta di un artista fatta
fc
Digitizedby VjOOQI'
450 ARTS CONTniPOKAIfBA
dalla Direzione teatrale o, in sua sostitnsioira, dal direttore
chestra. Un punto però che pare è della massima gravità ay<
trascurato, forse anche perchè non apparifa chiara in proposito
nione della Corte milanese: la sentenza della Gassaziose di '
viene in buon momento ora a sviscerare la questione, e pon(
massima di diritto teatrale che è della pib grande importum
E la questione è appunto questa, se cioè lo scambio di arti
canto, che avviene tra imprese di teatri, sia una sublocazione d'
ovvero una cessione.
Il Tribunale di Milano, in una bella ed elaborata sentenz
! 10 marzo 1899, aveva giudicato in conformità a quanto riteoi
i la Corte di Cassazione di Torino, che cioè si trattasse di ce»
ma la Corte di Appello di Milano, nella sentenza del 15 luglio
era andata in diverso avviso, ritenendo che nel fatto in contesti
si dovesse ravvisare non una cessione di diritto, ma una subloca
d'opera.
« Della qual cosa, diceva la Corte di Milano, — ed è questo
maggiore argomento, — si deve vieppiù andare persuasi quando
fletta che a ben considerare il contratto intervenuto fra Canori
Società della Scala, non si potrebbe rimanere in forse che quel
tratto vesta i caratteri speciali di una sublocazione.
« E infatti, i rapporti che intercedevano fra Canori e là De
erano quelli di una locazione da parte della De Frate e di
conduzione da parte di Canori, deiropera che la prima aveva
messa al secondo di cantare, dietro un determinato corrìspett
per un periodo di tempo parimente determinato, nel teatro Arge
di Roma. È ovvio che, avendo il Canori ceduto parzialmente ali
cietà della Scala quelle ragioni che aveva verso la De Frate d
gere l'opera sua nel teatro Argentina e in quanti altri fosse
piaciuto di scegliere, esso altro non fece che sublocare alla Se
della Scala quella sua ragione, mettendola, per un dato perioi
tempo, in quella condizione di conduttore in cui egli dapprin
trovava ».
Dalla quale teoria si deducevano queste conseguenze, che ciò
sendo la sublocazione un nuovo contratto tra il conduttore ed il s
tìttuario, non possono derivarne rapporti diretti fra il locatore ed il
affittuario, perchè mentre da un lato il subaffittuario è un estr
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GIURISPRUDENZA TEATRALE 4A1
contratto conchiuso tra il locatore ed il conduttore, dall'altro
è estraneo al contratto interceduto tra il conduttore ed il
rio, e non si può avere un'azione diretta dipendentemente
avenzione alla quale si è rimasti estranei. In tale modo
i negare alla De Frate che era stata ceduta ogni azione
pimento del contratto verso la cessionaria Società della
sudo cosi più che in un errore giuridico, in una vera enor-
) dal punto di vista logico, che, come bene ha notato la
torinese, non si saprebbe immaginare come un artista
are Fopera propria senza avere coirimpresa del teatro
quei rapporti contrattuali che l'indole dell'obbligazione 5^
5arte la Corte, con troppa fretta, dal fatto che il contratto
mo ed artista assume l'indole giuridica del contratto di
i opere, aveva dedotto che il successivo contratto che viene
lai conduttore di quest'opera con terza persona è una sub- ^
'opera. jpn;
tratto invece assume una figura a sé, in dipendenza del f^^
uto, come bene osserva il Vidari in una nota alla sentenza C^
zione torinese (V. Legge, annata 1901, I, 164). ^
iggiunge l'illustre professore dell'Ateneo pavese, quando il |j^
e di opere, valendosi delle facoltà contrattuali in lui rico- Ci'
dal locatore, cede Topera di questi a terza persona, non ^^
tutto il contratto conchiuso prima, o parte di questo; T^r
le i diritti che esso ha verso il conduttore, o parte sola De;:
diritti ; diritti che non assumono la natura di quelli de- S '
il primo contratto, bensì quella del nuovo contratto che ^
ide fra conduttore cedente da una parte, e cessionario "^^
Insomma è un nuovo contratto che si aggiunge al primo:
le desume e trae soltanto da sé stesso il proprio carat-
idico. Onde è che il conduttore non cede nulla del con-
prima; ma cede invece i diritti a lui competenti in virtù
rimo contratto ».
arte l'elemento personale, che è prevalente nella locazione
esiste al concetto di subloccusione, che è proprio della
cose in quanto questo contratto si risolve in una obbli-
dare, che si esaurisce in un unico momento, mentre invece
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452 ARTB GONTKlfPORANSA
nella locazione di opera, che consiste in un obbligo di fare^ all'e-
poca in cui avviene la pretesa sublocazione non sussiste ancora
l'oggotto del contratto ossia Topera, ma vive soltanto il diritto a
pretenderla, il quale diritto soltanto può essere oggetto di cessione,
non potendosi parlare di sublocazione di cosa (opera) che non è an-
cora dal locatore stata prestata, e che anzi questi può rifiutarsi di
prestare senza che per altro possa &>gi ad factum.
Meglio penetrando quindi l'indole giurìdica del contratto di cessione
di artista^ aveva osservato il Tribunale di Milano che tale cessione
non rappresenta che la cessione totale o parziale di quei diritti, che
per effetto della scrittura verso il cedente assunse l'artista. Onde il
cessionario, rispetto a questo, vien posto in luogo e vece del cedente
con tutti i diritti e gli obblighi ; del pari che l'artista ceduto deve
adempiere gli stessi obblighi quali avrebbe avuto in confronto del
cedente e ripetere dal cessionario i corrispettivi diritti.
Determinata in tal guisa, contìnua il Tribunale di Milano, la na-
tura giuridica di questo speciale contratto, torna tacile vedere che
due principalmente sono i rapporti o vincoli di diritto che ne origi-
nano: l'uno fra cedente e cessionario, l'altro fra quest'ultimo e l'ar-
tista ceduto. Per effetto del primo, il cedente è obbligato a garantire
l'esecuzione, da parte dell'artista ceduto, dell'opera di questo; ed ove
questo avesse a mancarvi, il cedente sarebbe tenuto a tutte le con-
seguenze che la legge stabilisce per l'inadempimento di una obbli-
gazione; mentre il cessionario è tenuto, a sua volta, a soddis&re al
cedente, o all'artista ceduto, il prezzo della cessione come fu conve-
nuto. Per effetto del secondo rapporto di diritto fin cessionario e
artista ceduto, questi è tenuto a prestare l'opera propria come avrebbe
dovuto prestarla al cedente ; e il concessionario, a sua volta, è tenuto
a valersi dell'opera di lui secondo i patti convenuti fira esso e il ce-
dente, i quali, s'intende, devono essere stati espressamente o tacita-
mente acconsentiti ed accettati dall'artista ceduto.
Né, conchiude su questo tema il Tribunale di Milano, toglie
al contratto di cessione d'artista di essere una « cessione di diritti »
la circostanza che il cedente abbia pattuito che il prezzo della ces-
sione fosse a lui direttamente pagato, per poi dal canto suo adem-
piere agli obblighi che per effetto del contratto stesso o di altro
avesse assunto verso l'artista ceduto ; imperocché, qualunque siano le
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GIURISPRUDENZA TEATRALE 453
ttabilite, i patti convenuti fra cedente ed artista ceduto,
pre che nei rapporti fra cedente e cessionario, il contratto
aso di cessione o totale o parziale di artisti scritturati
conto dal primo; che è quanto dire, di cessione del di-
Eurtista eseguisca l'opera per la quale fu scritturato e così
iamo che associarci all'opinione espressa dal Tribunale di
i quale viene ora ad aggiungere autorità la sentenza della
torinese.
ne di artista^ come figura giuridica contrattuale, non era,
to oggetto di studio da parte degli scrittori in materia
lercio osservammo che giunge in buon punto la sentenza
Qtiamo in quanto viene a determinarne l'indole giuridica.
>]ta avvenuta tale determinazione, certo è che più facile
trattazione completa della cessione stessa nei rapporti cui
nelle conseguenze giuridiche che induce, trattazione della
itito il bisogno, costituendo questa uno dei punti meno
) studiati del diritto teatrale.
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^^^s!
454 AaXB CONTBMPORANBA
MALATTIA DELL' ARTISTA U)
(Corte di Appello di Napoli. 29 agosto 1898; Gmrùpr. ùaL, 1898, 1, 2. 811 —
Ganatione di Napoli, 21 gennaio 1899 ; Oimritpr. UaL, 1899, 1, 256 ^ Corte
di AppeUo di Napoli, 80 genuio 1901; Gmrwpr. ML, 1901, 1, 2, 144).
Il iitnore De Lucia comhro f impresario Mmdla,
Varti8ta di teatro^ che ha pattuHo di adempiere i suoi impegni in
giorni determinati^ non può pretendere che Timpreeorio io am-
metta ad adempierli in giorni diversi, se per qmeOi stabUm fu
impedito per maJattia.
La malattia^ che impedisce ad un artista di teatro di adempiere
verso T Impresa ai proprii impegni nei giorni stabiliti^ è un
caso di forea maggiore; e mentre T impresario non pudpreten-
dere indennisso dalTartista^ questi pure subisce la sua parte
di danno perdendo il diritto al compenso.
Il tenore De Lucia fii scritturato nella stagione 1897*98 per ese-
guire 24 rappresentazioni al teatro S. Carlo, e rimpresarìo Mnsella
si obbligò di pagargli 2100 lire (oltre 300 lire in biglietti) per ogni
rappresentazione in cui cantava. Il termine, durante il quale il De
Lucia doveva essere a disposizione deirimpresa, era dal 26 dicembre
al 10 aprile, ma in questo tempo aveva il diritto di non fare mai
due rappresentazioni di seguito.
Alla terza rappresentazione, al secondo atto della Bohème, il De
Lucia accusò un improvviso abbassamento di voce, pel quale la re-
cita fu sospesa ed al pubblico venne restituito il danaro dei biglietti
acquistati. La malattia del De Lucia si protrasse per otto giorni, du-
rante i quali egli non potè eseguire quattro rappresentazioni annun-
ci) Per le consegaense giaridiehe cai dà laogo la malattia nel contratto di
■crittara teatrale, vedi il nostro Codice del Teatro (Milano, Hoepli, 1901), n. 104,
106, 107, 108, 109, 13d e pp. 57, 183 e 146.
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GIURISPRUOBNZA TEATRALE
455
conseguenza il teatro restò chioso, non essendovi altre
in iscena.
e consuetudini teatrali, Timpresario ritenne che il De
a fare non più 24, ma 20 rappresentazioni, le altre 4
uto il diritto di farle. Invece il De Lucia, il giorno prima
ì la sua scrittura, richiese il prezzo delle 4 rappresen-
eseguite, citando il Musella davanti il tribunale.
di De Lucia sostenne che, non avendo egli potuto can-
lattia, l'impresario aveva il dovere di &rgli rimpiazzare
)0 che era guarito, essendo stato altri tre mesi a sua
La difesa del Musella sostenne che l'artista doveva stare
le dell'Impresa tutto il tempo della scrittura, e che ciò
avvenuto per otto giorni, ed avendo mancato a quattro
ioni, non aveva il diritto di £arsi pagare per l'opera non
endo il caso di forza oiaggiore per malattia cedere a
ibo le parti contraenti, facendo perdere all'artista il di-
imare le recite, ed all' impresario il diritto di chiedere
ito dei danni, che nel caso in questione il Musella sostenne
issato le 40,000 lire, nei giorni in cui il teatro restò
CD
di Appello di Napoli, con sua sentenza 29 agosto 1898,
a sentenza del Tribunale di questa Città, accolse le ra-
asella per la recita del 30 dicembre 1897, notando che
fortuito non potè quella recita aver luogo, non era giusto
ucia potesse richiedere il compenso per un'opera che non
to, e che l'Impresa risentisse fra gli altri danni sofferti
^spensione anche il pagamento della recita stessa.
\^ però non fu deciso per quanto riguardava le altre tre
leva il Musella che egli, avendo il diritto di fieire can-
nei giorni 1, 3 e 5 gennaio 1898, e non avendo ciò pò-
: sua malattia, non era ad altro piiù obbligato. La Corte
qiuesta deduzione era più speciosa che solida, in quanto
alle che in 8 giorni, quantunque ne avesse avutoli di-
ella avrebbe fatto cantare il De Lucia per quattro sere,
0 tenne inoperoso in molte altre sere successive, nelle
bbero potute rimpiazzare le recite mancate, tanto più
petto di appalto della stagione teatrale non erano presta-
C»
Cr;.
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456 ARTE CONTEMPORANEA
bilite le serate in cai il De Lucia aresse doTuto cantare. D'altra
parte non eravi stato alcan ostacolo di tempo, perchè il Musella ne
aveva avuto abbastanza per adempiere alle sue obbligazioni ; nessun
ostacolo da parte del De Lucia, perchè questi dal 6 gennaio al
10 aprile erasi messo a sua disposizione; e di conseguenza nessuna
giustificazione legale per dichiarare giustificato l'inadempimento del
contratto da parte del Musella, e poco serio l'addurre di essersi vo-
luto servire dell'artista proprio in quel tempo che era stato amma-
lato, per negargli le sue competenze.
E al Musella che chiedeva di provare che la consuetudine tea-
trale stava in suo favore, rispose la sentenza che nessuna consue-
tudine può derogare alla buona fede che deve sopraintendere alla ese-
cuzione del contratto, onde la consuetudine secondo cui la malattia
dell'artista cederebbe a suo danno, facendo cioè perdere altrettante
recite agli artisti scritturati a recite, andrebbe intesa ed applicata
soltanto se le recite non potessero rimpiazzarsi per il tempo in cui
la malattia siasi verificata, o se, essendosi prestabilite all'artista le
serate di recita, proprio in quelle serate siasi ammalato.
Dalla sentenza della Corte ricorse il Musella alla Cassazione di
Napoli, sostenendo che i giudici di appello erano caduti in contrad-
dizione in quanto, una volta ammessa la massima che il caso for-
tuito il quale impedisce un attore va a carico di costui e dell'im-
presario, in guisa che questi perde il lucro del teatro, e quello la
recita, dovevano tale principio applicare tanto alla sera del 30 di-
cembre 1897, quanto alle altre tre recite che il De Lucia non potè
eseguire per l'infermità stessa nei giorni che l'impresario aveva de-
signato dal 30 dicembre al 6 gennaio.
E le ragioni del Musella furono accolte, osservando la Cassazione
che l'equità è moderatrice e non regolatrice del diritto, e che d'altra
parte non avrebbe dovuto la Corte negare la prova della consuetu-
dine in quanto, specie nel commercio, gli usi costituiscono altret-
tante condizioni tacite da ritenersi accettate dalle parti, se non vi siano
patti in contrario.
D' altronde, soggiunse, la mercede ed il compenso di opera prestata
è il corrispettivo dell'opera stessa, e se questa manca, cessa l'altro.
Nelle scritture teatrali primeggia, fra gli eventi fortuiti, l'infermità
dell'attore, la quale si risolve in doppio danno dell'attore stesso e
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0IURI8PHUDBNZA TCATBALK 457
dell* impresario, e tì provvede appunto V equità della consuetudine,
riducendo lo evento alla sola perdita del lucro del teatro per l'impre-
sario, e della recito per Tattore, e togliendo ogni azione di rivalsa
recìproca fra l'uno e Taltro.
Fra questo è compresa, senza dubbio, ogni pretonsione di prolun-
gamento dì tonnine per giungere al completomento delle recito, sicché,
come il Musella non avrebbe potuto obbligare il De Lucia a dare
tatto le convenuto 24 recito supplendo a quelle oiancato per infer-
mità, così il De Lucia non poteva costringere il Musella a pagargli
le recito stesse.
Ma, dimostrato che il potere non è dovere, se da questo nasce Tob-
bligo e da quello la facoltà potestotiva, e se il Musella con la con-
suetudine voleva provare che non doveva né potova, la Corto, vie-
tandogli la prova, negavagli un'altra parto dì quel diritto che pure
avevagli riconosciuto, assolvendolo del pagamento di una delle quattro
recito domandate.
La sentonza della Corto napoletona fu quindi cassato, rinviando
all'altra sezione della Corto medesima.
E questo, nella sua recento sentonza, in dato 30 gennaio 1901, si
è perfettomento attonuto ai concetti della sentonza Corto di Cas-
satone.
« L'Impresa toatrale, è detto in essa, è qualche cosa di vasto ed
« organico, che eccede e sto al di sopra delle singole contrattozioni coi
< singoli artisti: tutto vi è detorminato secondo un progetto presto-
€ bilito, sia per quanto rifletto le opere da rappresentore, sia per
« gli artisti che vi devono prender parto, sia per le masse corali ed
€ orchestrali che devono scritturarsi» sia per gli autori, le cui opere
« devono rappresentorsi. L'Impresa ha principalmento di mira le sue
€ obbligazioni verso il pubblico toatrale; al soddisfacimento di questo
€ obbligazioni deve concorrere il sìngolo artista con la sìngola sua
€ opera, la quale perciò diviene subordinato al movimento dell' in-
« sìeme. Il caso fortuito, adunque, verificatosi per l'infermito di un
€ artisto, deve sopportorsi dallo stesso e dall'impresario nel senso che
« questo non deve pagare l'equivalento di ciò che non riceve, e quello
€ è liberato dai danni ed intoressi per rinvolontorio pregiudìzio che
€ ha potuto arrecare per la sua malattìa (art 1226 Cod. civ.). Nella
« specie poi toma inutile il dire che le recito mancato ben potovano
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4SS ABra oontbmpokàiiba
« essere rimpìa&tate dunuite il corso della sorìttuniy quando si :
€ cIm il potere non è il do?ere, e non è fiutile par mi impresa
€ ha inteso grari danni per la malattia d*mi grande artista
« adibire a stagione teatrale inoltrata qiando i suoi in^e^
« sue convenimize noi eossentissero ».
Di fronte ai suesposti principii tornava quindi affatto frostn
prova testìmoiiiaie chiesta dal De Lucia, diretta a dimostrare (
omsaetodine egli aveva diritte di sopplire le recite mancate
giorni 1, 8 e 5 gennaio 1898, una volta ritenuto che la mali
un artista costituisce un caso di forza maggiore, e il cbumo |
derivato va inteso dalFartista col mancato pagamento della p
mercede, e dall'impresario coi mancati ìntnnti serali, e col pagi
per giunta degli altri artirti scritturati a nMse, e delle maasc
ed DrchestralL
Bologna, aprile 1901.
Nicola Tabait]
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?E6EIJgI0IJI
Storia.
JL roVBIMf Jmm Jae^uéa Baummtu m^ttiùiem. ~ Pmìs, 1901. Utodrit ntehbMhn.
Di Rousseau musicista molti hanno scritto, ma forse nessuno ha
portato neirargomento la serenità dei giudizi con cui oggi M. A. Pou-
gin stabilisce il giusto valore deirattività compiuta dal filosofo nei
campo deirarte musicale. Aggiungiamo che il libro del Pougin corre
spedito ed interessante dalla prima all'ultima pagina, dipingendo e
studiando nel modo più attraente le varie manifestazioni artistiche
di quel genio bizzarro che ormai ci è noto solo per il cinismo delle
Confessioni. Non possiamo fare un sunto del bel lavoro del Pougin:
sarebbe sciuparlo; esporremo piuttosto il Sommario dei capitoli che
lo compongono , colle conclusioni principali a cui arriva l'autore ,
nella fiducia d'invogliare alla lettura dell'opera quanti s'appassio-
nano di studi storici.
cThéoricien ignorant des principes de l'art, praticien incapable
« de les appliquer , Rousseau étonne souvent par la hardiesse , la
< finesse et la justesse de ses apergus lorsqu'il apprécie cet art en
< poète, en philosophe et en esthéticien », ecco il motivo dominante
d'ogni capitolo. Nel primo le Confessioni giovano ad affermare l'a-
more impulsivo di Jean-Jacques per la musica. Vi è citato ogni
brano che si riferisce all'istruzione irregolare ed incompleta che
egli ricevette, ed agli sforzi di luì per affermarsi, ciò malgrado,
musicista e compositore. Comicissima sopra tutto la scena di Lo-
sanna, quando Rousseau scrive e dirige il suo primo lavoro. Capisce
allora che nulla sa di musica, e per apprenderne qualche pò* non
trova di meglio che farsi maestro e comporre. A Chambóry
<je ne laissois pas d'y donner quelques petits morceaux de ma fa-
< con, et entre autres une cantate qui plut beaucoup. Ce n'étoit pas
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460 RECENSIONI
< une pièce bien faite , mais elle étoit pleine de chants nouveaux
< et de choses d^effet qa*on n*attendoit pas de moi ». Da questo mo-
mento ogniqualvolta Rousseau ha da parlare d^una sua composi-
zione la considera un capolavoro.
Ma la scrittura musicale lo aveva fatto tanto penare, e forse lo
imbarazzava ancora tanto , che a liberarsene, immagina un nuovo
sistema di notazione (cap. II). Fondando in esso la sua fortuna av-
venire, si reca a Parigi per sottoporre la Memoria alfapprovazione
deirAccademia di Francia. I^a critica più seria gli fìi fatta da Ra-
meau : < Vos signes, ine dit-il, sont très bons en ce quMls détermi-
« nent simplement et clairement les valeurs, en ce quMIs représentent
« neltement «les intervalles et montrent toujours lo simple dans le
« redoublé, toutes choses que ne fait pas la note ordinaire; mais ils
< sont mauvais en ce qu'ils exigent une opération de l'esprit qui
« ne peut toujours sulvre la rapidité de Texécution. La position de
« nos notes, continua-t-il, se peint à Toeil sans le concours de cette
«opération. Si deux notes, Tune tròs haute, Tautre très basse,
« sont Jointes par une tirade de notes intermédiaires, je vois du pre-
« mier coup d'oeil le progrès de Fune à l'autre par degrés con-
«joints; mais pour m*assurer chez vous de cette tirade, il fautné-
« cessairement que j*épelle tous vos chifTres Tun après Tautre; le
« coup d*cBil ne peut suppléer à rien ».
Poco appresso Rousseau si accinge a musicare Les Muses ga-
larUes; interrompe il lavoro per seguire come segretario il Conte
di Montaigu, ambasciatore di Francia presso la Serenissima Repub-
blica di Venezia, e lo riprende dopo dieciotto mesi al suo ritorno a
Parigi. Philidor lo aiuta per le travati de remplissage, com'egli
diceva; ma quando Rameau assiste alFesecuzione dello spartitoio
casa La Popelinière, < il m'apostropha avec une brutalité qui ré-
< volta tout le mondo, soutenant qu*une partie de ce qu'il venait
< d*entendre étoit d'un hommo consommé dans Tart, e le reste d*un
< ignorant qui ne savoit pas mème la musique. Et il étoit vrai que
« mon travail, inégal et sans règie, étoit tantót sublime, et tant6t
< très plat, comme doit ètre colui de quiconque ne s*élòve que par
« quelquos élans de genie et que la science ne soutient point
« Rameau prétendit ne voir en moi qu*un petit piliard sans talent
€ et sans goùt ». Naturalmente da questo momento Rameau diventa
un invidioso del genio musicale di Jean-Jacques!
La terrible jalousie de Rousseau si spiega ancora in occasione
deiroperaballet La Princesse de Navan^e , che Rousseau assume
di adattare al nuovo libretto Les féles de Ramire, < Je me tenis
« presque toujours à coté do mes raodèles » (Voltaire e Rameau).
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RECENSIONI 461
egli dice; ciò non tolse che il suo lavoro fosse tanto riescilo da
costrìngere Rameau a rifarlo. Inde trae di Rousseau, che non po-
teva comprendere il sentimento di disdegno che la sua presunzione
suscitava nell'animo del grande maestro.
Pel dizionario di musica (Gap. Ili) suggerirono Fidea e servirono
di fondamento al Rousseau gli articoli che aveva scritto per la
Encidopedic^ quando accettò la proposta di D*Aiembert e Diderot
di collaborarvi per la parte musicale. « Si le livre de Rousseau est
« défectueux, inégal, incomplet » dice il Pougin, « on doit recen-
te naitre aussl qu*il a été critiqué outre mesure, et qu*à coté de par-
« ties faibles il en contient d'excellentes. Il est certain qu'au point
« de vue technique il est insuflìsant (la musique a marche, d*ail-
€ leors, depuis lors); mais lorsque Rousseau s^attaque à la poesie,
< à Testhétique, à la philosophie de Tart, il s*élòve à une grande
« hauteur, il parie avec une véritable éloquence, et Ton retrouve
« en lui, avec Tingéniosité et la profondeur de la pensée, avec la
« sOreté du jugement, la puissance de sentiment de Thomme qui
« fut toujours sensible aux plus nobles corame aux plus intimes ma-
« nifestations de cet art qu*il adorait et qui fut la cause de ses plus
« pures jouissances ». Ed aggiunge: < Après cent trente-deux ans nous
« en sommes encore réduits à ce seul Dictionnaire , car tous ceux
< qui ont été livrés depuis au public , à commencer par celui de
« Gastil-Blaze, son détracteur acharné, ne vivant que par lui et par
« ies grossiers emprunts qu*ils lui ont faits audacieusement. Il est
« méme singulier de voir Gastil-Blaze ne negliger aucune occasion
« de dénigrer avec fureur son devancier, alors que, sans jamais le
« citer, il luì emprunte textuellement plus de trois cents articles».
Nel Gap. IV stanno raccolte tutte le notizie che riguardano Le
devin du viUage. Di fronte al successo brillantissimo che ottenne
1* intermezzo a Fontainebleau ed airOpéra , il Pougin osserva che
« se serait beaucoup dire que d*afflrmer que Rousseau a ócrit en-
« tièrement la musique du Devin du viUage. Il en a évidemment
« foomi le premier jet , Ies contours mélodiques qui donnent à
4c ToBUvre sa saveur et sa gràce, mais, tonte question d'inspiration
€ réservée, il n'était certainement pas devenu capable de construire,
« dans tous ses détails et dans toutes ses parties , une partition
« d*opéra, méme d*un opera en un acte, comme celui-ci. Il est dono
« incontestable que cette partition a dù ètre revue, corrigée, amen-
« dèe par un vrai musicien ». Francoeur, Jélyotte e molto probabil-
mente Philidor avevano rimaneggiato lo spartito, praticandovi qual-
che cosa di più del semplice travati de remplissage, di cui aveva
già piaciuto al Rousseau confessarsi incapace ; ma è assolutamente
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402 RECiNSioin
fiilsa Tasserzione, vérUabie petite infamie^ architettata con fii
fldia alla morte del Rousseau e ripresa molti anni dopo da
Blaze, il disinvolto saccheggiatore del Dizionario di musia
Rousseau si fosse appropriata imprudentemente 1* opera di u
sicista di Lione, Orenet o Oamter, morto due anni prima e
devtn du vitloffe comparisse sulle scene. Il Pougin ha saput
rare una brochure rarissima dell'epoca (1781), in cui è ih
in modo irrefragabile la stolta accusa.
Il Gap. y. dettaglia le vicende della femosa guerre des Bo%
dove Jean-Jacques spiegò con molto brio il suo mirabile inge
polemista. Dairesame della stranisaima sua Lettre sur la mn
che riaccese la lotta quasi spenta , risulta che Rousseau a^
v<riuto ridurre la musica drammatica alla espressione più rm
tale, proscrivendo qualunque forma di accompagnamento str
tale che non seguisse ali* unisono il disegno melodico del ca
qumdi gli accordi completi, perchè € c'est un principe certa
« fonde sur la nature, que tonte musique où Tbarmonie est
< puleasement rampile , tout accompagnement où tous les su
< sont complets, doit felre beaucoup de bruit, mais avoir tri
« d'expression, ce qui est précisément le caractère de la mi
€ fìrangaise ». Tale, secondo Rousseau, l'unico mezzo per vim
gusto depravato delPepoca!
Segue Tanalisi di altri scritti, poco noti, di Rousseau sulli
sica. Il Pougin ne cita qualche brano, che prova la squisita C
di percezione a cui sapeva giungere il filosofo quando non e
pastoiato nelle difflcoltà tecniche, per lui insuperabili. Tro^
ad esempio, ne\V Essai sur l'origine des langues : « C'est u
< avantages dn musicien , de pouvoir peindre les choses qu*
< sauroit entendre , tandis qu*il est impossible au peintre •
€ presentar celles qu*on ne sauroit voir, et le plus grand pi
< d*un art qui n*agit que par le roouvement est d*en pouvoi
« mer jusqu'à Timage du repos ».
Più tardi la guerre des glicchistes et des piccimUstes ecciti
vamente T estro polemico di Jean-Jacques. Ma questa volta i
lente campione della musica italiana prese partito per Glùck, £
inimicatosi anche con questi, s* immaginò che il compositor
avesse scritto della buona musica su parole francesi se noi
scopo di dare una smentita a lui che aveva sostenuto a
tratta che « la musique frangaise est détestabie et qu*elie ne
« et ne pourra jamais ètre que telle, parce que la langue frai
« est radicalement hostile à la musique ».
Nel Pyomalion Rousseau « eut la première idée de ce
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RECENSIONI
4(53
proprement de vos jour^ un mélodrarame, la musique,
symphonique, accompagnant le texte parie, ou lui
ntermède. Cesi, dans de moindres propositìons, Tappli-
principe rais en cBuvre par Beethowen dans Egmont,
Issohn, dans Le songe (Tune nuit (Tété, par Meyerbeer
ìnsée , et par bien d'autres ». Sulla collaborazione del
lUe vicende dello spartito ci presenta estesi ragguagli
M. Pougin tratta (Gap. VII) delle composizioni di Rous-
dopo la sua morte e pubblicate dai suoi amici ; cora-
^s consolations des misères de ma vie (95 pezzi per
ìhnis et Chloè, melodramma incompiuto, musica da
Felicissime per l'ispirazione melodica, palesano tutto
i-Jacques tentò sempre di nascondere con ogni cura,
ita imperizia del compositore. 0. G.
US A,f Catalogue de la Bibliothèque dtu Oonsérvatoire Soyai de
t Bruxelie*. Ànnexée I: Liòntti d'Opérat ti d'Oratorio» iiaUtm àu X Ylfi> stick*
, fìg. — Bruxelles, 1901. Schepens et K&tto.
no i musicisti che conoscono le principali opere di
lavalli e di Marcantonio Gesti, i più illustri rappresen-
era in musica del periodo posteriore alle origini, in cui
)mi di Pei'i e Monteverde? E quanti ricordano non pur
Legrenzi, dei Pollarolo, dei due Ziani, dei Pallavicini
Itri che illustrarono come stelle di minor grandezza nel
la storia del nostro teatro lirico?
di un piccolo numero di pubblicazioni fatte recente-
jrmania, nessuno degli spartiti di quel tempo è stato
posizione dei musicisti. I manoscritti, assai rari, sono
nei centri più lontani ed una gran parte di essi è scom-
per sempre, né sarebbe quindi più possibile farsi un
to del loro valore e dell'importanza loro,
ngono quindi più che i libretti, per renderci conto delle
ne degli autori, delle circostanze di rappresentazione, ecc.;
ci danno anche notizia del modo con cui fu accolta
pubblico, e specialmente ci danno conto delle varie
i un'opera nelle diverse città, degli artisti chiamati suc-
e ad eseguirla, dei rimaneggiamenti che Topera ha
re, di una quantità insomma di particolari interessanti
:ologo.
agioni che hanno indotto il sig. Wotquenne a compilare
logo.
nsomma alla storia del dramma lirico.
ce:
nusicaU italiana^ Vili.
$1
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464 RSGBNSIQNl
Il catologo compreode in prima luogo una Usta dei libreU
ordine alfabetico. Ricchissiioe sono in questa parte le indica
di ogni sorta che il Wotquenne fornisce^ e interessante assai
produzione delle scese, frentispizi^ figiure^ foosùMi Inter
nel testo.
Viene poi uà dizionario dei nomi accademici, paeudonimi,
girammi, ecc. — Segue Tindice dei cèmpoaìtori, dei librettisti e
attori ed attrici.
Come appendice s'aggiunge la lista deUe partiture iialtai
secolo XYU conservate a Bruxelles.
Ben venga dunque il sòguiio di questo catalogo» &ila eoo
pazienta erudizione e con taaAa signorile eleganza! €L
4M XF2« H^9U^ -^ fiuto, IMI. H. Walter (EHir. U U Bmrn i'kkMrm §* 4i trUt
«kalft. In aiiné«, N. 8).
L'autore ha riunito per la nuova Remce — fondata allo se
illustrare priticfpalmente la musica francese antica e raoder
i vari articoli che aveva scritto a riprese sul Canfioso liutista
Besard di Besangon. Sono dettagli che riguardano in particolar
il Thesaurus Harmonicus (1603) e il Nomcs Parius (1617)
nei quali stanno conservate, sotto il velame deirìntavolatura di
moltissime composizioni, belle ed iateressantà, di musicisti a
quasi tutti ignoti perchè manca ricordo di essi in pagine di più
accesso. Vi si aggiungono le poche notizie b^pgrafiche, giunt
a noi, del Besard e dì qualche musicista da lui citato. Uà E
de Paris, il graziosissimo scherzo Campanae Parisienses, un i
simple de Poiciou, un Bergamasco^ assai leg^adro, del Bes
una Courante d*A^leierre offrono saggio della musica di Hi
dinata dal Besard, mentre in proposito il Ghilesotti rimanda gli
tori alle diverse, trascrizioni da lui già inserite ìa opere specie
sendo oggi impossibile redizione della raccolta completa in
della fortuna scarsissima che a questi lumi di luna essa ine
rebbe.
BWDOLFB: QBNÉB^ MUtheUungém fOr die Momtutt-^emHnde in BerUn
Heft. Min 1901. — Berlin* 1901. E. S. MiUler nitd Sohn.
A signiQcare la venerazione e il culto che i tedeschi barn
l'arte di Mozart, esiste dal 1895, a Berlino, una Società che p
il nome dal grande compositore e ne illustra la vita e Tepoc
la pubblicazione periodica di memorie, scritti, ritratti e m
Quale felice e pratica intuizione deirimportanza che Tarte h
un popolo e della gratitudine che egli sente per chi glierha
La Germania è penetrata, prima di tutte le altre nazioni, nel
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RECE!«ST09r
46S
hanno queste belle e costanii manifestazioni ed ha
i competenza unica non solo per i propri artisti, ma
ìlli degli altri paesi tutti, cosi che egli è ancora alle
enio tedesco che noi dobbiamo il meglio dèlie cono-
e cosmopolita.
vicolo pubblicato dalla Comunità Mozart è una novella
ftamento, col quale uomini seri ed artisti eletti pro-
Ludi, le pratiche conoscenze, le audizioni e pubblica-
per mezzo delle quali il grande musicista di Salisburgo
:enio salutare, sui destini delTarte nella gran patria
noi vi leggiamo un interessante studio del chiaro
ìnée intorno al Beauniarchais e le sue commedie,
/ Siviglia e 11 matrimonio di Figaro, nel loro rap-
ere che se ne trassero ; a proposito di che, non solo
ed importanti gli esempi musicali del Paesiello, ma
icora quelli dello stesso Beaumarchais, il quale, com*è
e musicista e scrisse alcune arie e coupleis per le
3si del suo Barbiere di Siviglia, Dopo Beaumarchais e
toro passa a discorrere di Mozart.
0 moltre, in questo rimarchevole fascicolo, uno schizzo
ra Vincenzo Martin, il compositore della famosa opera
'osa rara; una piccola contribuzione circa il primo
zart in Italia (1769), con estratti di lettere finora ine-
e del padre. Quali tempi, quale Italia musicale allora
inaliti memorie!
ole comunicazioni contribuiscono airincremenlo della
3zartiana ; l'appendice musicale contiene un terzetto
[ozart: Mi lagnerò tacendo^ con accompagnamento di
ato. Fra le comunicazioni d'ufficio notiamo anche i
deirUnione-Mozart.
un ampliamento sempre maggiore a questa società
seria e benemerita delFarte, la quale ai di nostri
1 tanto del fumo delle feste e de' soliti peani, quanto
3rgico delle forze e delle competenze vere. L. Th.
\n9 léiswt^a Briefe an die Faràiin Carolyne Saffn-WiUffenHMn»
Un ToU in-8'* di pag. 244. — Leipiìg. Dmck ond Verlag Ton Breltkopf and
3 pochi uomini eminenti, il cui nome è unito ai fatti
iel sec. XIX, ci appariscono, come Liszt, nella luce
lì bontà e nobiltà di sentire, di elevatezza intellettuale
Queste lettere ce lo rivelano, il Liszt, l'amato e l'am-
)Uia, egli che fu la passione del suo secolo, in mezzo ad
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466 RXCENSION]
una infinita varietà di circostanze. L*epoca comprende gii ao
e 1861, successivamente al periodo in cui si svolge la co
denza già pubblicata dal 1847 al 1859. Avvenimenti dell
della politica, pettegolezzi delKalta società e delle Corti,
della famiglia e degli amici, ma sopra tutto le più fervide
sioni deiramore e della fede, sono i motivi capitali di queste
La fede di Liszt è qualche cosa che rasenta l'esaltazione
sincera e si accorda con intonazione meravigliosa alle espi
deiraffetto per la Principessa di Wittgenstein, la sua amica
e fedele, la sua ìnspiratrice, T anima della sua vita, qua
doveva divenire sua sposa. Ciò che più interessa sono le m<
tizie, che da queste lettere si raccolgono sull'attività del Lis:
compositore e suiropinione che egli ha dei migliori artis
sua epoca: opinione pt^cisa, che sorvola su tutte le me^
delle circostanze locali e su tutte le specie di gelosie ed
della vita.
Fra queste memorie vi ha ancora il testamento di Liszt,
di suo pugno il 14 settembre 1860 a Weimar; pagine di
sentire e di ricordi innumeri, che una vita fan degna d*es»
generosamente vissuta e sui quali campeggia sempre il n<
Carolina. Poco più di un anno dopo, la corrispondenza cei
vigìlia di quello che doveva essere il gran giorno. L*ultima
è in data 14 ottobre 1861: Liszt s'imbarcava a Marsiglia p<
tavecchia. A Roma l'attendeva la Principessa; egli vi gì
20 ottobre. Due giorni dopo doveva aver luogo, nella Ch
San Carlo al Corso, il matrimonio. Com*è noto, in seguito a
dine del Papa, fu protratto, né più si fece. L
B. KOTHE, AhrU» der MuHkg^BehiéMe. ffiobente Aaflag». — Lsiptig. VorUg
C. Leaelnii.
Io non credo che una storia della musica debba essere solta
sposizione di fatti e nomi regolarmente elencati. Questo con
del Kothe contiene poco più che la cronaca, la quale è uno d(
menti della storia, e, pur come cronaca, essa è incompleta par
La lacuna più grande si nota, compera da aspettarsi, nei se(
medio evo preparanti, collo sviluppo della teoria e dell'arte
cale sacra, da una parte, e col meraviglioso influsso della
popolare dall'altra, la nuova epoca, che già sulla soglia del l
colo si delinea nei suoi caratteri principali. È veramente qu
parte difficile che l'A. non ha né anche lontanamente intra
senza dire che per porre in rilievo questo movimento, occo
un continuo richiamo all'arte più antica, a quella de' Gre<
notare e spiegare l'affinità tra fatti di più specie nelle erigi
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HECSN8I0NI
467
) orìgini celtiche, brettoni e scandinave, nella quale
isa mente consi^^^tono grinsegnamenti utili della storia,
sappia derivarne delle leggi regolative delVestetica e
le arti.
\ trattare compendiosamente questa e tutte le altre
corre trovare il nesso che molte volte si rivela da cir-
Iroppo ancora trascurate, per potersi spiegare come s'è
indo rartistico edificio della musica. Il Kothe invece,
tratti di semplice cronaca, come dissi, si serve quasi
e di piccole note biografiche, e cosi, con elenchi di nomi
inda avanti questo suo libro, io non saprei veramente
)vo proQtto degli studiosi.
so una parte che, presa a sé, è meglio riuscita delle
onsta di alcuni appunti alla storia della costruzione
nti, che si coordina con quella dell'arte di suonarli;
ìttiva, nella sua compendiosita, la piccola contribuzione
el canto sacro tedesco; tutto ciò, s'intende, tenuto conto
iel Kothe, che è quello non tanto della classificazione
anto quello della semplice enumerazione.
ò delle lacune di questo libro, che vengono prima e
giore di tutte già notata. La dimostrazione che dai ru-
[^nto popolare rappresentativo, nelle feste profane, e
stioni con i canti narrativi e rappresentativi della
olico-roraana, conduce (seguendo l'istessa evoluzione
ana) dAVOraiorìo e all'Opera, mentre dalla parte op-
5ica artistica della società colta, dal secolo XV, tiene
strada colla musica polifonica profana, questa dimo-
3, compendiata (e bisogna che lo sia, perchè altrimenti
[tacia), costa sol poche pagine, manca affatto. E cosi
ler parecchi altri casi concernenti la storia antica e
iirorigine e lo sviluppo della musica istrumentale e le
ì appunti del Kothe non passano la materialità dianzi
t quale, presa a sé, ha il suo valore, e forse è questa
;he dichiara la destinazione del libro. L. Th.
lompendium der Musihge»chiehie fUr SthuUn und ConservtUorien.
Un rol. in-8'' dì pag. 304. — Wlmi, 1900. A. Holdsr.
pare, la consultazione dei materiali storici ha assistito
*rosniz capitolo per capitolo. Quanto questi materiali
»leti, si vede a colpo d'occhio; e come essi abbiano im-
e servito bìVa, nella sua bisogna, occorre spesso di
'ana la disinvoltura con cui egli afferma e giudica fatti,
a vi sono ancora dati storici sicuri. Dice, ad esempio.
u
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408 BSCBMIOIfl
che i madrigali (?) a cinque vod àBWAn/lpamaeù del Vecchi erano
eaeguiti dietro la scena. Dove le prove? «^Econ che brevi parole
se la spiccia, il signor Pro^niz, qaesta materia éeiVOpera e de* suoi
coefficienti ! Qui, nel campo AeWOratorio e della musìoe italiana io
genere e in quello della istruroeatale in ispecie, lungi dairaver co-
slraiiQ con materiali propriì, ha spizzicato motto superficialmente
in quelli raccolti da altri, senza giungere a risultaii conforieFoii
suJio sviluppo della composizione, e tralasciaado una quantità di dati
originali e finali.
Il libro ai chiude con due ptiscoie monografie su Handel e
Bach, che non riorganizzano e non riassumono nulla, ma stanno
troppo a sé.
Il compendio del Prosniz, per essere prudenicmente diviso in
varie parti, che TA.. pubblica Imtamcnte, darebbe a credere una
preparazione ben differente da quella che risulta neiraffeito. Poiché,
più di una iraacia, e non sempre esatta, egli non offre. Il lavoro
del denso riassunto sicuro, non solo narrativo, ma esplicativo, riso-
lutivo, manca.
Non so poi perchè, trattandosi della musica fra il 1600 e il 1750,
TA., oltre al non aver quasi per nulla svolta Topera italiana seria
e buffii del 700, abbia totalmente tralasciato di discorrere della
musica in Russia ed in Ispagna.
Ma per gli studenti, un disegno di lezioni in questo libro vi è, e un
bu(Hi corredo di opere da consultarsi, ancora. L. Th.
M. BIBMAlfK, G€9thiMU€ der MuHk sMt MUitihofmt (ISOO-l^OO). Un toI. ìb-8* di
^H' ymSH, ^ Bfrliii «Bd St^ttgftrt. IMI. Verli« t9B W. Spen^OB.
Non è molto, noi leggevamo ammirando la Storia della teoria
musicale del Riemann, e nel tempo stesso ci si annunziava, se già
non era pubblicata, la quinta edizione totalmente riveduta del suo
Lessico musicale; ed ora, a poco più di un anno di distanza, ci
capita sott*occhio quest'altra opera colossale: La Storia Ueila mu-
sica dopo Beethoven.
Non solo Tattiviti del Riemann ha del meraviglioso, ma le sue
conoscenze sorpassano in vastità e sicurezza qualsiasi più ottimistica
idea che npi ce ne potemmo formare, ter) r^rudizione axpplissima,
oggi una stupefacente cognizione della moderna musica pratica di
ogni specie e valore non solo, ma una illustrazione compieta di tutto
Il movimento delle idee e degli studi moderni.
Anzitutto devesi constatare come la posizione di storico sia presa
dalFA. seriamente e serenamente, fuori delle impulsioni de* partiti,
lontano dallo splendor passeggero di nuovi effetti, libero veramente
e senza posa.
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nECENSIOM 46^
"x> aU'ordinamento della ricchissima materia, egli ha pre-
apprcsentare un numero limitato di figure principali in
> dettagli, attorno alle quali ha schizzato figure secon-
egli ha ricomposto molte biografie e monografie. Ghts
gruppamento di singole biografie sia la forma ideale di
storico io non credo, e ne ho detto troppe volte le ragioni,
aliando questo libro com'è, FA. può presumere di aver data
chiara, ordinata (se non sempre risultato di mature idee)
)a moderna, delle sue correnti principali, dando ad ognuna
o secondo importanza reale dei fatti e degli uomini,
è divisa in quattro libri, alla lor volta ripartiti in diversi
primo libro arriva sino alla morte di Beethoven e com-
musica sulla scolla del secolo scorso; Beethoven dalla sua
fino alla morte; Francesco Schubert; Carlo Maria Weber,
la figura di Schubert si raggruppano Reichardt, Zelter e
attorno al Weber vengono in discussione l'opera fran-
iana dell'epoca, i principii della corrente romantica, Lo-
hr e Federico Schneider. Beethoven e Carlo Maria Weber
compresi dal Riemann in una sintesi perfetta della loro
me. Nella parte biografica, le fonti delle principali notizie
do libro comprende Tepoca Mendelssohn-Schumann, de-
oluzione della musica di concerto e delle sue istituzioni,
me, in Germania, di numerose società di canto (condizione
questa, insieme a buone orchestre, per poter affrontare l'e-
li opere classiche; istituzioni e condizioni quindi, Tuna e
in Italia mancano affatto), le riforme neirinsegnamento, il
^li sludi musicali storici, il virtuosismo e i hapellmeister.
dì due capitoli, uno dei quali è dedicato a Mendelssohn.
ta e le sue opere, e l'altro a Schumann, accanto al quale
^esentate le individualità secondarie di Carlo Loewe, Ro-
Lraann, Stephen Heller, Roberto Franz. Il libro si chiude,
ccellente capitolo intorno a Chopin, le sue opere e la rau-
noforte del suo tempo, con la parte che tratta dell'opera
ar fino all'avvento di Wagner. Mendelssohn è giudicato
e imparzialità: Se noi oggi gettiamo uno sguardo su la
Ile opere di Mendelssohn, ci salta agli occhi l'uguaglianza
egli trattava i diversi campi della composizione: io vorrei
ciò l'influenza, il lavoro continuo di quei principii, coi
le regolata la sua educazione artistica. Senza preferire
tro ramo dell'arte, continuamente al lavoro nelle branche
3 (l'ozio in casa di Mendelssohn era un'incognita), Men-
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470 RECENSIONI
delssohn si era abituato ad aver sott*occhio sempre, ad ud U
stesso, più lavori, vocali ed istramentali, orchestrali e di cene
Quindi è difficile, se non è impossibile, dire che egli si sia
tlto più famigliare coiruno o coli*altro di questi rami della ce
sizione La musica di Mendelssohn riposa essenzialmente si
coli tratti; non Telaborazione dei motivi, non il gran tratto
sviluppo tematico, non un crescendo che vi strappi Taninu
violenza e si elevi al conflitto tragico come in Beethoven: Tim
sione che fanno i suoi motivi è isolata nella loro conformazion<
Nei temi sta quasi sempre la parte propriamente creativa, m<
Telaborazione ulteriore è il risultato della sua cultura artist
della sua buona scuola e solo raramente porta nuovi effetti prie
Molto interessante è il capitolo intorno allo Schumann, and
giudicato con imparzialità, con viste, se non nuove, almenc
serene, composte, che non siano quegli degli ebbri sentlment
avvelenati dall'oppio, estenuati daireccitamento. Il Riemann ha
grande giustizia airindividualità di Schumann, ma ha anche i
le sue opere nella categoria cui appartengono: Schumann ri
sempre il raro pittore del piccolo paesaggio e della piccola t
intima: il resto non è per lui. Da questo punto di vista eg
giudicato rettamente ancora la musica delle Scene del Fatu
Suiropera da Weber a Wagner molto trovo di interessante,
muove dairopera francese (Auber, Hérold, Halévy, Adam), pa£
compositori italiani, Pacinl, Mercadante, Bellini, Donizetti, pò
inglesi Wallace, Balfe, J. Benedict, Macfarren, poscia a Meyei
al quale in parte si collegano Auber, Rossini e Verdi. Cosi al re
ticismo tedesco, trapiantato in Francia ed in Italia, TA. fa se
lo svolgimento che esso ebbe nella sua patria con K. Krei
Marschner, Lortzing, Flotow. Qui realmente, e in ispecie a p
sito dei nostri maestri italiani, si vede il lato debole di una s
fatta a base di biografie e di elenchi di opere. Assolutamente
doni il Riemann, questo sistema potrà essere adottato in un lei
ma una storia è il ragionamento sui materiali che un lessico
offrire, e non la loro riproduzione.
Se vi fu mai una parte interessante in un'opera storica, e
questa che segue nel terzo libro: Tepoca di Wagner-Liszt. Eb
a me duole il dirlo, essa è trattata in modo affatto superficiale. 1
diamoci: io ammetto il concetto dominante: Wagner-Liszt; ami
che egli abbia una preparazione nel capitolo su Ettore Berlioz,
pure accetto la parte che vi si raggruppa potente ed orig
Tunica corrente di musica nazionale però, cioè la corrente
musica russa (esclusi Rubinstein e Tschaikowski); ma non amj
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RECENSIONI 471 I
X) né la significazione isolata e quasi parallela -delle tre
ti della musica moderna, Berlioz, Wagner, Liszt, né la
[iella triade, che il Riemann si sforza di dimostrare come
dì tutto il movimento moderno della musica. So bene
a di tre monografie complete, che è quasi impossibile
e meglio, in poche pagine, sulla vita e le opere de' tre
iicìstì del secolo XIX, sviscerando in ognuno tutte le
lati immaginabili per far si che la loro posizione risulti
)spelto della vera arte; ciò non di meno io trovo inac^
incomprensibile quel conguagliamento di ideali, di con-
spiriluale e di tecnica, che il Riemann si sforza di dimo-
e qui il suo punto di vista erudito ha trasceso Per me H
che rapparizione di una mente superiore, come è quella 5
Wainier, dipende da un complesso cosi grandioso e ^
di fenomeni storici, quale il Riemann non ha neppure C
Le intravvisto, e che però danno allo storico la chiave F
la sua posizione. Bisogna convenire che sarà solo nel |7
la storia comprenderà la figura di Wagner e Timpor- fc
sua opera. jr^
libro è il libro degli Epigoni: consta di un eccellente ^
la successione classica e romantica in Germania, sulla \^
jzione all'estero che la rispecchia con infinita debolezza. £
speciale è dedicato agli epigoni Brahms, Bruckner e
apprezzamenti, per me falsi, sul conto di Bruckner, rim- g
el delitto di essersi arruolato sotto la bandiera di Wagner j^^
i dagrideali di Beethoven; quasi che un uomo che non •^^
lenio dell'uno o dell'altro, non potesse tentare con successo ^,J
del resto naturale, delle tendenze che egli è costretto a ^'j
ù falso parmi il concetto che il Riemann ha delParte ^>
Strauss, ridotta alla raffinata tecnica dell'istrumentazione. g; ,
li Riccardo Strauss non ò la rinunzia alla spontaneità e £^;i
non è il trionfo del tecnicismo, ed anche per essa, come
•i fatti artistici, è questione di tempo. Coloro che non
)a superficie delle cose e la vedono in ft*etta (se pur
i^edono), non sono atti a giudicare di queste cose.
capìtolo è dedicato alla scienza musicale e tratta del-
torica in Germania, in Francia, nel Belgio, in Inghilterra
i paesi, con molta competenza e con assegnazione pre-
caria importanza ed espansione di studi, nei quali i paesi
Ito la Francia, sono ancora cosi indietro. L. Th.
.s
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472 RBCENSIONl
W. JP08TSU jII^BOBF, Thè Opmm FmH ^md JVttMNf. Vn toL Ib^, A pig.
Ch. Seriboer*8 fons, New Ywk,
Per questa storia deiropera dalle sue origini fino ai gior
stri, TA. si è servito de* soliti materiali: ha scelto ciò cbe ma
mente conveniva per la specie de' suoi lettori, ed ha compec
n suo non è un libro di studio e di compulsione: deve
per le mani de^ii amatori di musica e co^ com*è fatto va f
tamente bene. Si sfiorano tutte sorta di argomenti, si ripeto]
rigirano tutte le questioni, dalla Camerata fiorentina fino ali
venticela di Bayreuth» e, meno male, si ricordano al lette
fondo al volume, due cose belle: la prefazione ^'Euridice é
e la prefazione M'Alceste dì Gluck.
L*opera presente, da Wagner in poi, è la parte meglio ti
di tutto il libro, lo non divido parecchie opinioni delFA^
quanto aìVOpera e Dramma e alle relazioni che egli nota
stile del Wagner, nelle due prime parti della Tetralogia, e 1
del Meyerbeer. Ho detto ancor io, e forse non degli ultimi,
vent* anni fa, pubblicamente, intorno alle relazioni di analog
certi motivi di Mendeissohn e Marschner e alcuni di Wagnc
oggi convengo che son ben meschine comparazioni codeste, dii
a una nuova potenza stilistica che tutto travolge e tutto rii
a suo modo. L*Apthorp dal suo punto di vista crede che Wi
solo e primieramente nel Siegfi^d^ riescisse a liberarsi dairinfl
di Meyerbeer, mentre io credo che egli ne fosse libero fi]
Tannhauser. Parlando di Bayreuth, le lamentele son giust
i principii sono penosi per tutti, per gli uomini e per le ii
zioni, e un giorno anche Bayreuth sarà per la Germania ci
deve essere.
Lo scrittore ha dello qualità di stile, che fanno del suo libi
lettura gradita forse non troppo ai veristi dell* attuale
italiana. L.
Critica.
B. CmmCCHI, e. Vérdi (ISlS-lPOi), (CollMioM Puitliewi}. — 1901. O. BaxMn
- L. 2.
Scritto per il popolo, in uno stile agile e vivo, questo libro e
assai piacevolmente l'intento, cheò < di riassumere non precisa
€ la vita del maestro, ma bensì lo svolgersi di quel suo geo
« ebbe limpidezza tutta italiana, che non conobbe vergognose
€ sazioni, e non patteggiò mai, neanche nelle opere più fret
« mente composte, con le corruzioni e con le deviazioni del gì
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avciNBioNi 478
Soltanto si desidererebbe che J* Autore serbasse (jnelche maggior
temperanza nei giudizi. Dei canti del Trovatore, ad esempio, non
81 p«ò dire, senza esagerazion di lode, che aian paradistaci (f>a-
gina i2$); e ancbe gli ammiratori piii candidi dell'opera verdiana
dureimnno fatica a consentire al Checchi che nel Ballo In Maschera
ala tale ei^anza <it^ /brme da richiamare al pensiero le linee pure
ed eleUe modellate doMo scadilo greoo (pag. 145). Per converso,
il Bulow Al qualctie cosa di più e di meglio che non un in^cppov'
tabtte ptantita (pag. 178). E deirautore del FUtro non dovrebbe
esser lecito passarsi con questo cenno affirettato di superiore disprezzo:
« q\kéirAt4ber che nella giocosa festività e nell*abbondante ricchezza
« di moUcetti seppe nascondere la mancanza quasi assoluta dt
« originalità virile ». Tanlo più quando la genialità la si trova poi
eoa cosi pronta indulgenza (indovinate?)... nella Cavalleria RustU
eana di Pietro Mascagni (pag. 17ft). R. G.
Btw0né ir. TJLOOOaM^ALLUOCX, M/é9otwHom0 éUU'mrte JtmHwmm ntt «eeoto XIX.
^ HwiUift. VCll. VlaoMM ll«flla, tdltora. - L. 8JM.
Mi permette il signor Taccone^ lincei — poi che al suo libro
non sarà per mancar 1* onore d* una seconda edizione — ch*io gli
consigli qualche ritocco al capitolo sesto?
Già. converrà aver pazienza, o incominciare dal titolo (€ La mu-
sica d*Qggi »). Promettere uno studio su < rivoluzione deirarte nel
secolo XIX », e quanto alia musica restringer l' indagine a questi
ultimi anni, può parer poco logico: comunque, la musica italiana
moderna non è poi tutta nell'oratorio e nel melodramma, di cui si
contenta a discorrere per quaranta pagine TAutore.
Poi, in proposito deiroratorio, non sarà bene ricordare il Toma-
dini? e qualche cosa pur dire dell'opera sapiente di restaurazione
che anche tra noi — non è gran tempo -*- richiamava la musica
religiosa airobliata purezza della origine sua?
Ancora: riguardo al melodramma, bisognerà &r ammenda di
qualche omissione; perchè tacer fino i nomi del Ganti, del Bara-
valle, del Mancinelli là dove pur distesamente si parla di Nicolò
Westerhout e di Pietro Floridia e di Umberto Giordano?
In flne, più d'un giudizio vorrà esser corretto. Il Ponchielli, ad
esempio, non fu Terede del Verdi — anche perchè, tra Taltro, il
Verdi gli sopravvisse. Che nella Cavalleria Rusticana 11 canto
sia spesso «all'unisono con Torchestra » è verissimo: ma che que^
sia un pregio, penso non lo credano altri che il Taccone-Gallucci e
il Mascagni. Non so se Giacomo Puccini saprà grado all'Autore del-
l'aver egli, gentil paraninfo, accompagnato di sue lodi « il felice
€ connubio (o Saffo I) della sentimentalità melanconica poncMel-
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474 RECENSIONI
I
liana con la virile e nervosa espressione verdiana » nella musica d
Manon Lescaut e della Bohème: ma so che gli studiosi del dran
musicale stupiranno di apprendere che io quelle opere « il waj
rismo sia fondamento di architettura orchestrale », e che
giustificare le molte (troppe) somiglianze che sono tra i lavori
maestro lucchese altri paragoni potevan soccorrere più acc
che non quello — irriverentissimo — con le Madonne del Sai
Del Verdi è ben detto: « la speciale caratteristica del son
€ maestro di Busseto è quella di esplicare la sua produzione n
« cale in armonia collo spirito del tempo ». Ma è mal detto
Wagner questo che segue : « Wagner ipnotizza soltanto coloro
' ' « sono, per cosi dire, iniziati nWideolOffia astrusa e profonda
- € l'austero compositore tedesco ». « L'opera di Wagner eccita 1
€ mirazione, spesso lasciando da parie il piacere e la soddisfazi
A € del sentimento naturale umano ». « Uesiguità della meli
€ rende monotona la musica di Wagner, e il monologhismo
« sistente e continuo allontana dall'opera sua il fascino della ^
€ neWarmonia del contrappunto ».
Ritoccare, dunque; anzi correggere; anzi, meglio, mutare; o
s'anco sopprimere. Perchè veda un po' il Taccone-Gai lucci se, a
riposato giudizio, non paia per una seconda edizione miglior pai
lasciar la musica a dirittura in disparte? R. (
e. FERINE LLO, Giuseppe Verdi, Un voi. in.8« di pag. 112. ^ Berlia, 1900. Bar
VerlagigMeUichaft fOr Literttar nnd Knnst.
La biografia di Giuseppe Verdi scritta dal sig. Pennello è
lavoro compilativo interessante, il quale dimostra come all'è
siasmo pel compatriota si possa unire la narrazione aneddotica é
sua vita. L'edizione è fatta con ogni convenienza, vi sono rac(
parecchi ritratti, caricature, ecc., e non manca una diligente
segna delle opere principali di Verdi: cosi che, nel compless
questo libro si raccolgono, in guisa di informazioni a bastanza
gettive, le notizie che maggiormente fermano l'attenzione sul
popolare dei compositori italiani moderni. L. T
E. HANSIiICK, Aum neuer und neueeter meit (Der modemeo Oper IX Tli«a) MmOci
Eritikea and Sehildeningen. Un rol. in-8<> di pag. 877. — Berlin, Allgemeiner Vtr«i
Deatoche Littentar, 1900.
Questo volume contiene recensioni e scritti su molta e divi
materia musicale, commentata e giudicata con quella opportu
di note e chiarezza di forma espositiva, che sono le peculiarità
talento di Hanslick.
Gli è con interesse speciale che si leggono gli appunti critic
le opere nuove, nuove almeno per noi, quali « La prigionien
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RECENSIONI
475
lei Goldmark, « Jolanthe » dello Tschaikowski, e * C'era
» del Zemlinsky. Nella parte dei « Concerti j» le novità
dano: vi è notevole un gruppo di opinioni critiche sui
rancesi D'Indy, Saint-Saéns, Dubois, Ghabrier, Frank, Lalo
i.
mente vero e brillante è Tarli colo sulla manìa del pia-
1 flagello che anche in Italia pur troppo comincia a far
me Ira chi suona e chi ascolta. Altri articoli notevoli
> biografici o critici o di polemica generale e locale,
ìon tutti certamente, ma in ispecial modo quelli che trat-
contesa intorno alla musica d'intermezzi per lavori
;i, di Franz Hauser (con lettere di Mendelssohn, 0. Jahn,
n, Seydelmann e Jenny Lind), di Wasielewski, il biografo
inn (con lettere inedite di Clara Schumann), di alcuni
szt e Wagner (tema che si presta alla polemica, af sar-
iwagncrìano incui l'Hanslick è proverbialmente maestro,
ministrazione di qualche non inopportuna doccia fredda
eniale ed innamorato Liszt), Da ultimo THanslick quasi
e di sottolineare la ingratitudine che Wagner, il grande
be pel suo devoto, affezionato e sacrificato amico Wen-
ssheimer, profittando di un libro scrìtto da questo. —
)trebbe cominciare come quel buon professore di filosofia:
mo. — Ma è tutto tempo perso. L. Th.
Estetica,
ki beata riva, — HìUdo, 1900. Fratelli Traret editori.
irultimo capitolo di questo libro alcune tra le pagine più
pensiero e più elette di stilo che intorno alla musica da
siano state scritte in Italia.
uono, ogni onda di suoni ha la virtù di chiamare il nostro
i svegliarlo e di fargli sentire la idealità fra la sua stessa
vita delle cose; ogni suono, ogni onda di suoni parla
e più profonda del nostro essere, e negli intervalli, vere
mare dei suoni, ci fa sentire la voce del silenzio. Cessano
ise i suoni, tacciono i rumori dell'esistenza, e appare il
iella vita. Anche nel tempo, cioè a dire nel tessuto dei
, non è possibile concepire l'essenza della musica se non
adersi del silenzio fra gli intervalli sonori, cioè a dire
)arizione del silenzio in forma di ritmo. Il ritmo genera
s dà una prima voce al mistero, sveglia in noi il sussulto
s
I
2:.
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« dell'esiatenes e il silenzio delle vita, è il sogno di ciò che oorre
« verse la morte e di ciò che è eterno ed infinito. Nel ritmo di
« manifesta il grande respiro delle cose e st* ripercuote il nostro
« piccolo respiro; ma solo qiuando la nostra esile e dCrfduia voce
€ individuale tace sul mare del silenzio, solo allora il ritmo dlreata
« musica, cioè a dire Tarte del Coro immortale. Come rinOinte ael
«venire alla luce non piange se prima non lia resptanto, cori dal
« ritmo delle cose, dal loro respiro nasce la loro voce e il loro Uih
€ guaggio. Il ritmo è Telemento maschile, Telemenfo fecondatorerdéRe
« tre arti musiche: poesia, musica e danza » « Ogni suono e
4 ogni accordo svegliano net silenzio che li precede e che li segno
« una voce che non può essere udita se ncm del nostro spirita II
« ritmo è il cuore delia musica, ma i suoi battiti non sono uditi
« se non durante le pause dei suoni. La successione dei suoni segna
« Tapparire della musica nel mondo dei fenomeni, nel regno di
€ Maya: il ritmo ci avverte della presenza della volontà nella vita
« universale, è il mistero che sta fuori di noi, che parla al mistero
«che è in noi. Il ritmo, che noi possiamo vedere espresso nel
« modo più immediato dal palpito delle steliee dal respiro del mare,
« è la voce stessa della volontà, è il suo messaggio più semplice e più
« profondo. Nel ritmo le aspirazioni della natura e le manifestazioni
« del genio umano si fondono neirnnità della vita; nel ritmo si ma-
« nifesta la potenza dionisiaca che supera anche la potenza geniale r.
« La poesia e la musica vivono nella notte, sono le sole arti
« notturne, le sole che non abbiano bisogno della luce per mostrarsi
« agli uomini, le sole che, nate dal silenzio che precede Tapparire
« della vita, generino il silenzio in cui parla la vita. La poesia e
« la musica si manifestano nel tempo, cioò a dire in una forma dr
« conoscenza più profonda di quella nella quale si manifestano le
« arti che vivono nello spazio. Il tempo è Tiropero della notte, lo
« spazio è rimpero della luce. Nel tempo il mistero parla nel ritmo
« dei suoni, appare nella musica Tunità di tutte le cose ; nello spazio
« si manifesta la pluralità, la diversità, il frazionamento della ve-
«lontà» essenza del mondo, negli individui innumerevoli; lo spazio
« ò il regno del giorno, Timpero delle illusioni; il tempo è Timpero
« dell'amore e della morte »
É filosofia, cotesta, fatta lirica per virtù d*entu8iasmo e d*amore.
E come impallidiscono, al confronto, le povere scede dei novissimi
estetisti pseudo-scienziati — caricature deirape oraziana, scarabei
stercorari industriantìsi a gara, per laborem plurimum^ a far pal-
lottole di fimo e a cercar di gabellarle per oro! R. G.
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BxcsNaoici 477
aClBMO aiGHELB, VmrU • to fotim (Irtratto 4^1» AMif « foUHem • ìdkrwif, iliUnio
1901). — Boma. StabiliMoto tipognileo della SVOima.
Dopo aver dimostrato che la folla è incapace non pur d*un*opera
ma sin d*an pensiero geniale, TAutore aggiunge: « Se non che
« questo principio si riferisce soltanto al modo dì pensare e d*agire
« della folla considerata dal punto di vista statico; non è applicabile
« alla folla considerata dal punto di vista dinamico, a tutta doè
€ la società umana nel suo sviluppo storico. È necessario dunque
« fissare ben chiaramente questa distinzione che, per non essere stata
« compresa dai più, ha dato luogo a moltissimi equivoci; altra cosa
« è la psicologia della folla quand'essa agisce quasi per improv-
« visazione in un solo e breve momento — altra cosa è la psicologia
< della folla quand^essa agisce lentamente e nel corso dei secoli. Nel
« primo caso le sue manifestazioni sono sempre inferiori a quelle
« deirindividuo; nel secondo caso invece non solo esse non sono
« sempre inferiori, ma talvolta son superiori ». Seguono gli esempi:
la creazione del linguaggio, della scrittura, delle leggende, dei miti.
Dopo di che s*apre un vocabolario della lingua italiana, e si legge:
« Folla - grande moltitudine di gente concorsa in un dato luogo
« e quid stipata ». E si pensa che il SIghele non avrebbe forse
titolato altrui d'ignorante e celebrato per novatore se stesso, se,
prima di accingersi a scrivere, si fosse dato cura di ben compren-
dere il significato delle parole che voleva usare. R. G.
A. IMBBRT, La 9ymphomU aprèm Bmath^oén» - Pnte. 1900. Ltlmiiie FiMslibMlMr.
La traduzione francese di un opuscolo di Felix Weingartner Die
Symphonia nach Beethoven (1) die occasione a polemiche e ri-
sposte da parte della critica francese; GII appunti mossi al Wein-
gartner sono : li giudizio severo eh*egli dà sa Scfaamann e Brahms
quali sinfonisti; e il fatto che nel parlare della produzione sinfo-
nica posteriore a Beethoven ci tace — eccettuato Berlioz — dei
muaicisti francesi. Hogues Imbert, di cui conosciamo parecchi volumi
di critica musicale, sottopone a diligente esame 1 giudizi e ragio-
namenti del Weingartner, e io fa nel modo più brillante e cortese.
Però a voler senza partito preso rendersi conto della questione
non panni si possa dir la critica deirimbert una confhtazione pro-
priamente detta dell'opera del Weingartno*; forse Tlmbert ha in-
terpretato troppo alla lettera alcune atfermazioni del celebre di-
rettore d'orchestra, il quale è pur crìtico di serio valore.
(1) F. WuiioARTNBR, Im SymphonU après Beethoven, Tradnotion fran^aise de
M*»* Camille Gherillard. Librairìe, Fisehbaoher. Paris.
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478 REGSN8I0NI
Accennerò a qualche punto. Il Weingariner scrìve : « Une
phonie de Schumann, bien Jouée à quatre mains, produit beau
plus d'effet qu'au concert ». Come mai, obietta sorpreso l'Ira
potrebbe il pianoforte rendere nella loro pienezza le inspira
del maestro? Io suppongo che il pensiero del Weingartne
questo : per dire quanto voleva dire, non poteva Schumann su
tentarsi del solo pianoforte, ed era forse necessario ricorrer
Torchestra? Il che ha altro signiflcato e non tocca punto ali
nialità d* inspirazione delle sinfonie di Schumann. L*osservazic
di carattere generale, e si può ripetere a proposito di molti i
nisti contemporanei; è un fatto che oggi la sinfonia non hi
quel contenuto, quella profonda signiflcazione che le dava Beetfa
\ e il pensiero apparisce più debole in confronto alle aumentai
1 sorse dell'orchestra moderna. Citerò di Schumann lo Scherzo
prima sinfonia; un pezzo bollo per piano o quartetto; Torch
; non è forse di troppo per dir tutto ciò? La terza sinfonia di Bn
mi fece ad una seconda audizione l'impressione d!un quai
strumentato per orchestra, non già d'un' opera immaginata
l'orchestra: anche la Sinfonia patetica di Tschaikowsky <
brillante eseguita al pianoforte che coU'orchestra ; Bruckner è
questo aspetto superiore a Brahms, egli crea per l'orchestra
rivela più robusto.
Assai più saltano all'occhio i giudizi del Weingartner su Bra
un'opera debole del maestro d'Amburgo gli fa un'iropres
« tourmentée, insipide, vide, morose » ; e studiando i procedir
tecnici dello stile parla « d'oeuvres guindées et anti-naturelles,
tonte la maitrise du travail technique n'arrive pas à échauffì
d* onde una monotonia che produce « un polson danger
Tennuil » — Termini invero un po' crudi trattandosi d'un
sicista contemporaneo; ma polche il Weingartner non è \
un nemico giurato della musica di Brahms, anzi mette la sin
in Re maggiore sopra le quattro sinfonie di Schumann e
chiara una delle migliori sinfonie dell'indirizzo neoclassico che
state composte dopo Beethoven, convien cercare altrove la ra
di tanta franchezza e severità di giudizio: cioè nella leggenda
tre B, che mette Brahms allo stesso livello di Bach e Beeth
e nell'idolatria che il partito Brahms — in opposizione al p;
Wagner — dimostra pel maestro; i buoni critici tedeschi
ancora alle loro chiesuole e non ammettono che dalla propr
fuori ci sia salute. Il Weingartner è superiore a tale puerili
n'è prova l'esame imparziale ch'egli fa dell'odierna musica a
gramma; si comprende che dovendo esprimere un giudizio e
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RECENSIONI
479
faccia con intransigenza d'espressioni. Però non è dif"
sre fin d oggi quale sarà il giudizio della critica in av-
parrni si possa negare alla musica di Brahms un certo
jcademico. Il Brahms al pari di Mendelsssohn — a cui
ione parallela nella seconda metà del secolo XIX — è
jntimento; ma anziché lasciarlo erompere par lo com-
rando il gesto, l'occhio sempre vigile allo specchio a
ì accademica nulla perda della sua correttezza. Perciò
soddisfa all'intelletto senza riuscire a destar entusiasmo,
ha piuttosto ragione nella seconda parte della polemica
a il silenzio tenuto dal Weingartner verso i sinfonisti
Weingartner protestò contro l'accusa di campanilismo
non ha ragione di essere di fronte alla propaganda
ella musica di Berlioz: altri scusò tale silenzio dalTes-
deJ Weingartner una conferenza tenuta a' vari pubblici
be dei sinfonisti francesi quasi nulla conoscono. Qui è
ìcennare alla mancanza di criterio, con cui procedono
9L le istituzioni di concerti, e di domandare ai direttori
(non escluso lo stesso Weingartner), perchè non fac-
cere al pubblico musicisti quali Saint-Saéns, Franck ;
imile si commette anche nel campo francese, dove il
a sa nulla di Liszt e di Bruckner. Provveda dunque chi
vere. A. E.
>
I
'5
s
ic
B &BSANGVEREIN IN BRESLA1T, MimtoHaehe Cone^rte 1*00-901.
imi dei quattro grandi concerti che mi stanno innanzi
serietà di questa Istituzione veramente unica nel suo
cui in Italia, la terra istorica della musica, non ab-
fiche una lontana idea — provano essi da soli la bel-
vità, la grandiosità del godimento procurato al pubblico,
to la fortuna di sentirli eseguiti coi mezzi noti, di cui
Società di canto Bohn di Breslavia. Noi ci stilliamo an-
vello a correr dietro a tutte le più crude manifestazioni
►tica, perchè tutto ci ha infiacchiti, anche la moda, la cui
itiamo che è fin troppo poca : noi vediamo la forma e
. I tedeschi, in arte più competenti e pratici di tutti,
1 cosa, e alla forma sanno applicare quel talento della
che assolutamente li distingue. E alla ricerca della
creazioni dell'arte, eccoli intenti, eccoli animati e stu-
tiè sotto nuove e originali forme di ogni epoca, le con-
icali si rivelino, si contrappongano, si confrontino. Na-
l'artista che sorge da questa educazione intesa con si
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480 RBGXN8I0NI
feconda ampiezza di vedute, con tanto senso' di praticità e
dall'egoismo, che è la vera malaria del musicista italiano, è
solo fatto della sua pratica d*arte, completo e colto, colto neir
letto e neiranima insieme, in cui piovvero le stille dell'arte i
di tutti gli uomini, di tutti i secoli, di tutte le scuole; e dove
talento tutto ciò feconda e porta a risultati meravigliosi, ma
gabilissimi. Noi attendiamo ancora, nella nostra proverbiale
nuità, il genio che venga a ricolmarci di opere, come il pii
Talbero del nostro frutteto artistico. È un gran pezzo che n
è passata la vanga su quel po' di terra: e I9 vanga dicono che 1
punta d'oro.
Ora eccomi ai concerti Bohn. L'idea è realmente brillanti
due di essi si è voluto mostrare come un determinato concetl
stato vestito di noto nello spazio di uno o più secoli. VArc
nella musica: tale è il concetto che si è svolto nel programn
(Concerto storico N. 83, che è il seguente:
La Fileuse, di Francesco Couperìn (1668-1733);
Spinnerlied (una voce con pianoforte), di J. Ph. Kirnb
(1721-1783);
Die Spinnerin (una voce con pianoforte), di J. A. Peter S
(1747-1800);
Romanza. Atto 2*^, N. 9 dell'op. La Dama bianca di F. A.
dieu (1775-1834);
Orelchen am Spinnrade (una voce con pianoforte), di F.
bert (1797-1828) :
0 susse Muiter (una voce con pianoforte), di G. I
(1796-1869);
Lied ohne Worte (Spinnlied), di F. Mendel^sohn-Bart
(1809-1847);
Quartetto. Atto 2s N. 8 dell'opera Marta, di F. F
(1812-1883).
— Quale dirigente di musica, in Italia, metterebbe un pez
Flotow nel proj?ramma di un concerto? No; Arminlo far evé
suoi derivati, ma classici. —
Spinnerlied (tre voci e pianoforte), di R. Schuraann (1810-^
Margarethe am Spinnrad, Aria, Atto 4°, N. 19 dell'opera J
di C. F.. Gounod (1818-1893);
Fileuse. Romance sans paroles (violino e pianoforte), di
Lotto (n. 1840) ;
Spinnerlied, idXVOlandese Volante, di R. Wagner, trascri
Liszt (181M886);
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RIGENSIONI
481
w, Étude de concert pour violoncello avec accomp.
0, di Emilio Dunkler (f 1871) ;
?e. Pianoforte, di G. Raff (18221882);
ipinnràdchen (Ghanson de Rouet), una voce con piano-
E. Paladilhe (n. 1844);
ir Màdc/ien, spinfU (tre voci con pianoforte), di Ales-
Wolf (n. 1863);
^e, pianoforte, di S. Stojowski (n. 1870);
und Lied, da U* Oratorio : Le qtuxUro stagioni di
In (1732-1809).
na del Concerto N. 81 è una illustrazione musicale
irephiera nell'opera da Gluck a Wagner; gli autori,
iati, sono: Méhui, Rossini, Weber, Spohr, Auber,
;rIioz, Verdi, Donìzetti, Lortzing, Mendelssohn, Meyer-
erto storico N. 82 è dedicato esclusivamente a Boe-
compositore di musica vocale.
concerto di cui ho avuto conoscenza, è stato il più
bello per la sua maggiore impronta storica, come la
3 solenne di un'epica età della musica italiana; glorioso
varietà sua cosi semplice e il godimento nuovo, che
oUana dì canti italiani e tedeschi del XVI secolo ha
pubblico degli uditori. E si cantò il madrigale dltalia
gotica, il balletto, la villanesca e il lied, infondendo nel-
iscoltatorì quelle sensazioni di amoro, di calma, di spen-
ia, di mestizia, di fino sarcasmo e di scherzo folleg-
musica nostra non più rivela cosi miti e cosi sane.
anco e dolce cigno, lo sconsolato madrigale dell'Ar-
ìatta canzone (7/1/ la gagliarda, di Baldassar Donato,
> napoliiana di Antonio Scandello: Bon zorno Ma-
ran miraggio di linee e colori, il meraviglioso madri*
3ci Lieto godea sedendo, di Giovanni Gabrieli, e i due
i dell'autore dì Siegfried: Ecco l'aurora ^e\ Marenzio,
Iva del Surìano, per terminare la parte della musica
a briosa, eccitante canzone àeWAmor vittorioso di
oidi. Nella seconda parte seguirono i canti tedeschi
1 Bruck, di Laurentius Lemlin, di Ludwig Senfl, di
iein, di Jacob Regnart, di Valentin Hausmann, di
1 Hassler.
incerto abbiamo Tenore e la soddisfazione d'aver eoo-
noi con qualche composizione a più voci de' nostri
li italiani del XVI secolo. Sapevamo da un pezzo che
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la musica del taostro secolo d'oro è coltivata dagli stranie
vero intelletto d'amore ed è terse più per essi che per noi r\
I tedeschi sono ahcor qui 1 vessilliferi e 1 pionieri. L'tittlone
Bohn, Che tvt le ^cietà tedesche di cantò tiene uno de' prin
non poteva non onorare anche una volta la musica italiani
esecuzioni sue, per le quali è tanto &mosa, ed a lei va ora
titudine nostra come parte di quella, certo non più grande, ci
cuore di ogni vero ftaliano. L
Opere teoriche*
t^9f. &. LXrtQl irFATlH, TtiUHatethi sui mòdo di ben mMMtfr».
Questo «Trattatello» si compendia in circa 50 pagine; le pi
delie quali (diciamo: quattordici) sono spese nella «Dedica
« Prefazione », nel « A chi legge », in semplici intestazioni, o i
addirittura in bianco. A pagina 15 appare la « Prima parU
modo di apprendere in breve tempo e con metodo pratico
li bel canto », intestazione che, si sottmtende, occupa due b
gine. Si osservi pure che il Professore comincia col dire che *
mia Intenzione di scrivere un nuovo metodo di canto ecc. ». A
termina questa « Prima parte », nella quale, oltre i caral
stampa « che non richiedono al certo l'uso della lente d*ÌB
mento », s*incontrano, tutto sommato, due o tre pagine in
La « Seconda parte, continuazione del metodo (sic) e prece
conservare buona e beila la voce» occupa le rimanenti, condii
ancor maggiore di carta bianca. Ed 11 contenuto delle poche
stampate? Qui aumentano le difficoltà di recensione e ci dichi
Incoitpetenti. Forse ci capirà più fàcilmente « quella buona <
gioventù del Friuli Orientale tanto naturalmente disposta
canto » alla quale TA. « vorrebbe veder dedicata questa ope
ma ci crediamo ben poco. C
MAX BATTKE, FrimavUta, Bine Methods, vom BlaU singen mu terìten.
1900. B. Salztr Kacbt, Sortlment.
Si biasima qui pure la deficienza di educazione ed isti
tanto generale che musicale dei cantanti d'oggigiorno: ed è
desco che scrive, naturalmente, per i tedeschi. E che cosa dov
scrivere e predicare al maestri e cantanti italiani se 11 pii
volte non ci paralizzasse il pensiero di spendere tempo ed Ine
inutilmente col predicare al deserto? Tenteremo questa v
allontanare II triste e scoraggiante pensiero; cercando plutt
riscaldarci ed animarci al fuoco sacro ed al lavoro assiduo de'
vicini d'oltre alpi.
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ReCBKSIp^^I
483
in questione è una nuova manifestazione nel carppo
lenrle a fondare, stabilire un nuovo ranoo di educazione-
> a sviluppare, con sistt^roa razionale e conseguente, nei
^te del canto il senso deirintuonare a prima vista sul
to vocale, in quello stesso modo che lo fanno 11 violi-
a» ecc., sui loro rispettivi strumenti; sensp che, sino
ilo pochi eletti possedevano e posseggono qual dopo
iato. E coli* A. si esclama : Quanta fatica materiale
ì risparmiala tanto ai maestri che agli scolari; qualità
iincera soddisfazione artistica ne ritrarrebbero essi, se
ivare a comprendere la necessità di un tale studio. Ma
compresi i direttori di società corali, conservatori,
»no in generale troppo pigri e non richiedono ai loro
ciò che veramente essi potrebbero dare e produrre,
urterebbe con sé troppa fatica e troppo disturbo. Invece
o di immagazzinare, inculcare nelle menti o meglio
i dei poveri allievi una quantità di pezzi, di arie, di
ire parti di opere, oratori, ecc., impedendo in tal modo
amo se talvolta con intenzione — ogni progresso verso
riflessiva ed indipendente. P'altra parte gii allievi —
amanti solisti, coristi, ecc. — dovrebbero ben scolpirsi
ia che Teducazione vocale non è né un passatempo ne
lalsiasi, come purtroppo viene sempre riguardata, ma
udio, un lavoro nobile e serio, più diflJcile forse della
i latina ; e non dimenticare che la musica in generale e
in particolare sono, tanto fisicamente che moralmente,
salutare immenso, preponderante.
il suo sistema sulle relazioni ed influenze scambievoli
i loro, appongiandone il lato pratico con delle tavole
le servono a condurre progressivamente lo studioso a
o da se stesso, colla riflessione, di qualunque intervallo,
ì modulazione. Sul valore pratico df questo speciale
lessiamo pronunciarci, mancandocene la riprova: però
di accentuare qui la necessità per tatti i cultori dei-
dì tale studio a cui si dovrebbe sopperire -^ come
a TA. — col nominare nei nostri conaervatori e scuole
estro d*ìntonazìone a prima viata in quella guisa che
maestro di solfeggio (1); ciò che servirebbe, oltre il
i
venir fraintesi diremo che il cosidetto solfeggio cantato, ohe viene
i, non apporterà mai ad un risaltato completo, genende, poiché
le, aggirandosi soltanto nei campo empirico, resterà una prero-
li eletti già sopra nominati.
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484 RBCENSIOMl
generalizzare una tale facoltà restata sino adesso allo stadio di
disposizione naturale, ad elevare e maestri e cantanti dal livello dei
mestieranti, e procurerebbe loro vere, sane e nobili soddisfazioni
artistiche. G. So.
e. SCHMtOEDEB, KaieehUmu» dm JHrtgiereHM tmd TnJkOmrmkM (D«r Kftpflllm«lst«r
sna Mia WirkOBgdtrab). Ub ?o1. ia-S* di piig. lOi. — Liipslf. Ilu HMM*t Teriaf.
Senza alcuna pretesa di dir cose nuove, TA. ha raccolto, in
questo libro, alcune nozioni suggerite dalla pratica, le quali po-
tranno giovare agli asordienti e anche agriniziaii. Nella tecnica di
dar la battuta ai suonatori d'orchestra sono contemplati tutti i casi,
e specialmente bene quelli del movimento iniziale che si può
trovare indifferenti parti della misura musicale; questo, sMntende,
sulla scorta di esempi pratici, senza dei quali è impossibile un risul-
tato qualsiasi.
La direzione propriamente (cioè Tintuizione dei tempi, fraseggia-
mento o modo di provare coU'orchestra, prove di xxxiopera^ di cori,
di parti a solo, di recitativi, il modo di dar segni, ecc.) è oggetto
di altrettanti paragrafi sempre corredati colle figure corrispondenti
ai moti della bacchetta e coi dovuti esempi.
E TA. spinge le sue considerazioni sul dirigente compositore e
critico e sui rapporti suoi con le altre persone o superiori o infe-
riori a lui, fino a passare in piccola ma graziosa rassegna ciò
che occorre sapersi dal dirigente in quanto agli strumenti.
I dirigenti d* orchestra si possono fabbricare e presentare sul
mercato in tanti modi ! ! — Raccomando questo libercolo, per ogni
buon fine ed effetto, alle oflicine italiane e ai poco discreti nostri
battitori di musica. Specialmente in Italia essi non han mai visto
né anche i cartoni di un libro che si curi di loro. É troppo poco
da vero; ma essi diranno di non averne bisogno. Sono tanto modesti !
L. Th.
8, JADASBOHIf^ JDar €^m^0ra^ba*9. Eine AnltltvBg ftlr di« Asifahmag dar CoBtÌBno>SUm-
man Ib dea Werken é»i altra MaifUr. Thonntghbas», InairaetioB Uading to tba parfonaaBea
of iha ConttBQO-Farta ìb tba worin of tha old maatan. La 6a««a eoHHnue. Una laatrae-
UoB ate. Un toI. ìb-8* di pag. 20i. — Laipaig, 1901. Dniek n. Varlag tob Braitkopr v. Hftrtal.
L*utilità di sapere ben improvvisare sul basso continuo è certa,
non solo per essere in grado di accompagnare, col pianoforte, Por-
gano 0 rharmonium, una enorme quantità di opere antiche, ma
anche per prepararsi a ley:gere con sicurezza partiture vocali e
istrumentali, la qual cosa facilmente deriva dal confronto fra le
note del basso continuo e quelle delle altre parti sovrapposte.
Lo sviluppo del presente esercizio non può essere che pratico,
slntende, e il Jadassobn l'ha cosi condotto limitandosi a indicare,
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RECENSIONI 485
ì esempi suoi, la speciale connessione, inversione, risolu-
ntazione d'accordi, e i rftardi ecc. di cui si tratta. Gli eser-
[uindi graduati in modo da superare rapidamente le
T accompagnare in modo corretto a quattro parti. Essi
un singolare interesse artistico quando si passi all'ac-
ento del Recitativo, di una melodìa corate e di pezzi a
siano istru menti, o sia canto con un istrumento con-
qual proposito 1*A. ha scelto, come esempi ed anche
portanti modelli delle opere di G. S. Bach.
ì termina molto opportunamente il suo libro con le pa-
lli:
ui veut cntendre vraiment bien accoropagner et qui
sr le fini de Taccompagnement construit au-dessas de Ja
se donne la peine d*entendre le chef d*orchestre Bach
agne un solo de telle faQon qu*on s*lmagine, que c*était
} et que la melodie faite pour la main droite avait été
u parava nt >.
arole scriveva Lorenzo Cristoforo Mitzler (1711-1788),
itico ben noto. Cosa farebbero oggidì i migliori direttori
Il posto di Bach? L. Th.
AT, KaieehUmuM der HarmofUe» und ModulatianaUhre (PnkttselM An- ^
mebrstiroraigen Tonsatz). — Leiptig. Max EatM*! VerUg. » t
lesto trattato del Riemann non è cosa nuova ; è già stato i
A. è andato riducendolo a proporzioni più modeste e S
vista dell'utilità che ne può trarre lo studente delle ^
armoniche. Cosi molta parte scientifica è stata tolta ^
Ite. Le riserve fatte altra volta sul sistema del Riemann, O
'osse diretto da unldea di approfondimento teorico ec- ^
langono, quantunque TA. abbia dato ragione a molta ^
ie. Per me resta il fatto che il metodo del Riemann è, B^.
ttto e provato qui un'altra volta, scientiBcamente più ^*
ostacoli delle innovazioni si vincono solo col tempo.
L. Th.
V, Vademecum dw FhraH9rm%g. Uà toI. ln-10* di pag. 100. ^ Laipiig.
Verlag.
ieri che sì e discussa la teoria e la pratica delfraseg-
stituita o, per essere esatti, sviluppata dal Riemann. In-
er la prima volta apparve nella Teoria delle belle arti,
hulz, nel 1772, ed ha avuto un seguito di comehti ed
i più o meno vicini alla parte maggiormente concreta
he riguarda il Riemann. I mezzi per riuscire ad una
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486 RBGKN8I0NI
ooQveniente lettura della musiea si risolvono nella corretta
buzioae delie pause dividenti le parti della melodia. Tutti
regolata serie d'esercizi svolge, punto per punto, le diverse
zioni che un passo melodico può opporre alla sua inlerpreU
artistica. L* opera del Riemann è pratica, ò semplice, è 'to
Coloro che parlano di segni complicati d^a Pàra&ieniaig, o
conoscono. Questo libix> è dedicato a coloro che vj)gUono im|
a leggere la musica. JU
a. e. BANISTBR, 2%e art of moduttiiing. A Sarles of papera on modslrtiiig «i
Bofettek — London. Wfllìftm Bmvm.
Noto in questo manualetto, fatto assai bene, una intuizione
dei procedimenti più facili per passare con rapidità da ui
ay'altro, e convengo specialmente nel sistema generale, che
ha suggerito di tener ben presente^ neiFarte della modulazic
specie del componimento a cui si applica. Qui il campo d*os
zione del Banister è piuttosto ristretto, in confronto delle
esperienze moderne : è limitato ad alcuni classici francesi e te
del sec XVin e XIX. Ma appunto, in questa circoscrizione
maggior possibile diligenza mette l'A. nell* analisi dei casi s]
che si offrono al suo intento, quello di mostrare come veni
gelata una buona modulazione al pianoforte.
É un manualetto pratico questo, che può molto bene servii
studenti di Composizione e di Fuga: la materia che loro s|
mente occorre non la troveranno cod concisa nei trattati d*Ar
0 di Composizione. L.
O. JB. BOISE, Hartn^nff mmd* prmeHemi, A eompnhensivv inètìm. Un voi. in-li
gkie 151. — New York, 1900. O. Schimer.
Si tratta di un riordinamento, in qualche guisa sempliQcat
rudimenti dell'armonia ridotti all'essenziale. E seguita, in (
libro, una forma cosi rigorosamente pedagogica, divisa in i
commenti, iIlustr<4zioni pratiche, eccezioni, definizioni, tutt
metodicamente distribuito, che non può .non portare il g
studente a buoni risultati, e sopra tutto imprimere chiarame
materia comune a tutti i trattati d'armonia. L.
BEMCT QOET8CH.IUS, The Theary and pracHee of tot%e-reiaHom», A <
coane of hannony eondaeUd apon a contnpontal bads. Un toI. in-8> di pag. 185,
York, 190a a. Sohirvor.
Per norUrapuntcU bastó deirarmonia, o armonia contrappi
rautore di questo Libro intende un sistema di esercizio aroQ
nel quale prevale assolutamente il principio delia melodia,
prodotto ultimo e migliore che gii accordi nel loro succeder
sono offrire. £^i è quindi collo scopo di portare il centro <
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RECENSIONI
487
^monia alla melodia, che questo trattato prepara i ma-
studio, i quali per ora rimangono quelli della pura
'on questo intendimento, certo nella pedagogia della
è ancor parecchio di buono da fare; e il Goetschius,
ercizi d*armonizzazione e col tener, rocchio fisso costan-
grandi modelli, che nell'armonia fanno prevalere il di-
utte le parti polifoniche, ha scritto veramente un buon
infatti contiene parecchie applicazioni, se non nuove,
pratiche e diverse da quelle che si sogliono riscontrare
trattati affini, e sente una certa originalità d'indirizzo.
;hius prosegue, in questa linea, verso l'effettuazione di
trattamento della melodia, da quegli esercizi che diveii-
iini corrette, fino ai modelli completi delle forme. Il libro
ève considerarsi base e chiave di un intero sistema che
utilissimo agli studi, e noi, che di trattati di melodia
manchiamo, dobbiamo incoraggiare questi tentativi. Essi
bbelliscono gli studi dt^irarraonia, ma naturalmente vi ac-
m principio giusto, che agisce come d'istinto e può esser
dicali riforme. E sarebbe ora. L. Th.
3
Musica sacra.
'O, Meaaa a GeaU JtedetUore. -- ìlìluo, Calcografia Musica aacra, ria Lan*
)nalità di Luigi Bottazzo si rivela in questa Messa con
e caratteristiche ed in tutta la sua vivezza.
ì veramente di un lavoro solido , pensato , elaborato e
on solo con una grande ed indiscutibile abilità tecnica,
con una freschezza di melodia, con una quadratura rit-
tamente sorprendenti.
canoni , imitazioni varie sono condotte con una magni-
ina sicurezza di svolgimento più unica che rara ; nobili
gli spunti melodici nei quali si intesse il lavoro contrap-
ed armonico, dotto, ma non scolastico, e vivificato da
giovanile entusiasmo che rende il lavoro facile e scor-
Igrado la grande ricchezza del suo contenuto musicale.
L^are di tante composizioni di genere sacro e condotte
alita di forma e di concetto, o con uggioso e pedante sco-
è un vero gaudio intellettuale il riposarsi nella contem-
i un lavoro che è vera opera d*arte sacra, e in cui la
3lla forma riceve grazia dalla dolcezza e ricchezza del
1 quale essa s'impronta. S.
u
e:.
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Goo^
488 RECENSIONI
J, J>t, MUHL1SUMBZN', Uéber CKormlg99ang. ^ Triei. Dfoek sud KomvÌMÌOBT«
PmUhos, Dniektrai.
È una piccola ed interessante brochure, dirò cosi, di polemic
tanto dotta ed elevata quanto calma e serena. L*A. combatti
terpretazione del Corale comunemente seguita e che pone il
del linguaggio secondo l'accento e la quantità delle sillabe
parole, e si schiera in prima lipea nella difesa della tradizioi
Medioevo , combattendo le vedute di un certo sig. M. P. , e
un'altra brochure si era fatto sostenitore del metodo del ritmo
parola usato nella diocesi di Strasburgo, ed aveva elevato dei
contro il nuovo metodo degli autori medioevali. S
Wagneriana.
O. MUNZEB, Zmr BinfUhrumg in Bieh. Wagnen Rimg d$t Nibtlumg€H, Verlagsgm
Hamumi», QoAttzo fiue. in-8*. — > Berlin W.
L'opera di Riccardo Wagner va facendo passi notevoli vei
sua popolarizzazione. Ostano, è vero, ancora gravi difficoltà,
tutto preconcetti e fini egoistici. Il progredire della conos
metterà lèntamente le cose a posto: sopprimerà tutto il fals
parato che sfrutta quest'arte danneggiandola, impedendole di
morsi qual'essa è; toglierà ad essa la vernice dell'epoca sfori
che segui la morte del Maestro; impedirà l'equivoco, a cui (
pubblico quasi dovunque soggiace per colpa di alcuni intransi
piccini e rozzi speculatori di ghiottornie musicali, per lasci
una nobile opera d'arte la sua vita vera, semplice, schietta, i
sonale come il genio che cosi l'ha voluta.
. E intanto noi abbiamo bisogno che libri facili, spiegazioni e
e coscienziose d'uomini versati nella materia aiutino quest'op(
popolarizzazione, ohe sarà lunga come l'esegesi de' più grandi i
da Bach a Beethoven. Se non che, oggi, se i mezzi sono più
e potenti, anche il concetto della nuova opera d'arte è assa
vasto e profondo. Cosi noi salutiamo tutti gli sforzi dei nuovi
tori e commentatori che lavorano per l'ideale comune.
Fra i libri venuti a proposito, il presente del D' Mùnzer va i
per la schietta sua semplicità di stile, di forma e di argomentai
per cui tutta la materia poetica e musicale della Tetralogia
neriana acquista, anche agli occhi del non iniziato e deirinc<
tento, un interesse nuovo e ricco di suggestione. Wagner ha s
Y Anello del Nibelungo con l'anima genuina e la fede di una intei
stenza. Il commento del critico deve elevare questa sua fede, q
entusiasmo, alla chiarezza del poema e lasciare che l'anima
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RBGBN8I0N1 489
quel ohe essa vi trova. E il Mùnzer è veramente spesso quest*anima
d'artista che dipinge, chiarisce e volgarizza. Egli ha fatto suo prò
di molte idee, che scrittori precedenti hanno espresso quando negli
studi estetici, quando ne* critici e specificamente musicali; ha spie-
gato lo sviluppo dell'azione tragica e la psicologia dei caratteri, la
forma poetica, la forma musicale, dando non solo al motivo con-
duttore una significazione chiara e sentita, ma alle costruzioni che
se no evolvono una motivazione, un'apparenza giusta, una poetica
maniera di essere. Nel tempo stesso che egli descrive la Tetralogia
nelle sue parti, anche le suddivisioni, a cui egli è logicamente co-
stretto, non sciupano, non scemano Timpressione deiropera totale.
La discussione non ò teoretica, per quanto non manchi di interesse
musicale; essa va dritto a colpire i punti più significativi deiropera
coi richiami ai motivi musicali tracciati, alla fine di ognuno dei
quattro fascicoli, in tavole separate. L. Th.
MiiBiea.
AI^nXANDME eULLMAlTT, Archi»09 de» MaUr«9 d9 POrgu9 ifo« XVi; XTIV
et XTUi* HèeUs, On woierit à Hendon et ohei PMitur.
Il quarto volume della quarta annata contiene la fine del libro
d'organo del Du Mage ed il principio del youveau Lfvre de Noéls
di L. G. d*Aquin, che vengono continuati nel primo libro della
quinta annata.
Sono composizioni molto caratteristiche, scritte su temi popolari
spiranti una gaiezza e freschezza unica : TA. perciò raccomanda
di trascriverle ed eseguirle per istrumenti in causa del loro ca-
rattere strumentale e popolare.
André Pirro vi unisce opportune indicazioni biografiche. S.
P. JPZATAJflA, Pnlmoa LXVII: Exsurgai Dtua. Hodos muioot 24 TociboB iiuMqulibos oonci-
DABdoa in MS chorM qaateraanim vocam digwtM «i lympholiiam omniom Iniinunentoroin noitii
temporis eomporait P.P. Partitio. — LipdM. Snmptibu, fjpis et chartie edltonm Breitkopf et
Blrtel.
Questo lavoro del f latania (salmo a 24 voci con orchestra) im-
pone il più grande rispetto, come quello in cui la serietà, la co-
scienza e la maestria del compositore si mantengono a un ben alto
livello. La forma del componimento è solida, raccolta e chiusa in un
semplicissimo concetto. Un andante, per soavità melodica II capo
saldo del componimento, è al centro; agli estremi capi sono un al-
legyH) e un fugato di bellissima fattura: il tutto è preceduto da una
introduzione orchestrale.
A giudicare simili lavori, che più depongono del sapere che del-
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490 RKOBNSIONI
Hmmagiaatjva di chi li ha falli, bisogna mettersi a uà puoi
vista adeguato e oonvenienle al* loro oarattere. E a quQslo pi
sito non vi sarà chi non ammiri nel covipoaHore la scienza
purezza delia scuola, ohe han reso la fimlaaia e la mano aoa ;
e potenti nel lavoro conlrappunlisftico delle voci: uu*ammin
capacità davvero» oggi a ben pochi concessa.
Nel disegno della melodia, noto, come sua qualità più beli
vivo discernimento della parli eifflcaci e vigorose della linea. {
nità e circospeziono degne di una menie disciplinata sono nella
dotta, neirequilibrio, neirimpasto delle voci e degli strumenti; i
le parti, in ogni luogo, si muovono facili a meraviglia ed a riscc
di effetti sicuri.
Si può avere un'idea diversa della musica sacra oggidì e ne
meno ammirare nel Salmo del Piatania l'opera di un valoroso mae
la cui fama è pari a quella del maggiori contrappualiati itali^
noi più vicini, a quella di un Ballabene e di un Raimondi. L
E. BOSSIt CanH lirici ad urna voce ooM tt^oompagnamento di pianoforte, 0\
2" ferie. — Leipiig e Mileno. Cerìech e Jftniehen.
È evidente, in questi canti^ ed è bella insieme la noa con
famigliarità che TA. ha con le più varie espressìonr musicali (
poesia; cosi che, pari alla spontaneità della concezione, risulta
plice e abbondantemente melodica (attuazione musicale. Pochi <
positori apprezzano sufflcienteraente oggi, in Italia, il valore di qi
semplici disegni di melodia e di si venusta temperanza di colo
che lascia alla parola un*espressione giusta, serena, sentita e
giunge un raro equilibrio artistico. Bd ecco delle eomposizioi
apparenza modeste, che sono delle finissime, delle vere opere d"\
L. T
Legislazione e Giarlspradenza.
a«v. Jir. TARAKELm B Codiùo del teatri -- MìImq, 1991. UUIeo Bo^i «Otti
L. 8.
« Da noi, a diflferenza della vicina Francai, non si è avttt(
« qui un manuale pratico nel quale siano raccolte ed ordinate
« le molteplici questioni giuridiche che riguardano il teatro. 1
« sogno di un Codice del Teatro pralico^ che servisse di guida i
4 contestazioni che specialmente sulle scritture teatrali si solle^
« non poteva dunque a meno di essere generalmente sentite
€ mondo artistico. Gol presente lavoro, ohe con maggior prop
€ potrebbe intitolarsi Delle scritture teatrali^ non preteodiam
«avervi completamente soddisfatto; e d'altra parte la tn^tlas
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RKCBNSIONI 491
a del diritto teatrale avrebbe indubbiamente sorpassato \
itreiti fn cui un manuale deve necessariamente contenersi,
aitando queste pagine, quanti hanno interesse nella gestione
ro potranno trovare la soluzione giuridica dei molteplici
ì loro occorrono, noi avremo ottenuto il nostro scopo. É
»ta speranza che licenziamo il Codice del Teatro alle
p,
lodestamente, TAutore nella prefazione. Troppo modesta-
lesto manuale in fatti è, pur nella voluta brevità concet-
terò trattato, singolarmente pregevole per la conoscenza
'cura che il Tabanelli vi dimostra della materia, per le co-
zie dei casi più signiflcativi occorsi e delie più sottili que- \
ise dalla giurisprudenza, e per T ordine e la chiarezza j
ssione e dello stile. R. G. l
ì
Tarla. ì
i
Domenico dinar osa nel primo emtUenario déUa «Ma morte. - XJ gon- p
91. Un voi. ÌD-4^. Rg, — Napoli. F Gunnini. •
olenne risposta alla rampogna che Francesco Plorimo nel I*
ì della sua storia della musica napoletana muoveva alla H
versa, obliviosa della sua gloria più pura, gli ammini- 5
3lla città, con unanime deliberato, nominarono un comitato
cedesse affinchè « la commemorazione centenaria riuscisse
degna del decoro della città e della gloria di Domenico
e posero a sua disposizione la somma di L. 25000, perchè,
a come meglio credeva, provvedesse e alla creazione di
nento in Aversa, e alla fondazione di un'opera di bene-
u
si preparano le solenni onoranze, e si escogitano i mezzi ^
sazione della nuova Opera Pia, il comitato dà alla luce il C i
irolume commemorativo, alla formazione del quale concor- ^ '
prose e versi illustri scrittori italiani e stranieri.
relenco dei principali:
or R. — Alfani A. — A n tona Traversi C. e G. — Anzoletti L. e M.
— Baccelli A. — Barrili A. G. — Boghen-Conigliani E. —
— Bracco R. — Cantoni C. — Capuana L. — Castelnuovo L.
Hi A. — Chiarini G. — Cesareo G. A. — Conforti L. — Conti A.
i — Costanzo G. A. — D'Arienzo N. — De Amicia E. — De
— De Gubernatis A. — Di Giacomo S. — D*Ovidio F. — Fai-
— Farina S. — Fogazzaro A. — Giuriati D. — Graf A. —
— Lioy P. — Lombroso C. — Malamani V. — Martini F. —
T. — Molmenti P. — Negri G. — Nitti F. S. — Panzacchi E.
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492 RBCBNSIONI
— Pascoli G. — Pastonchi F. — Pica V. — Pitró G. — Rapisardi M. —
Renier E. — Serao M. — Sergi G. — Targioni-Tozsetti G. — Tebal-
dini G. — Valetta F. — Verdinois F. — Verga G. — Villari P.
G. B.
Za BiMloUea 4M R. Istituto MusUmie di mrmMt. la Anmtario del B. Ittltsto Mukak
di PumiM. — FiiwM, 1901.
Anche nel secondo Annuario edito dal R. Istituto Musicale di
Firenze — del primo, pubblicato per Tanno scolastico 1898-1899,
ci occupammo Tanno decorso (1) — le notizie concernenti la biblio-
teca tengono un posto importante con la illustrazione dei principali
tra i doni, dei quali è stata arricchita la biblioteca stessa durante
Tanno scolastico 1899-1900. Trattasi di un notevole e prezioso
aumento di rarità, e al solerte bibliotecario professor Gandolfl, al
dotto commentatore della raccolta dei clmelii musicali florentini per
la mostra Internazionale della musica e del teatro in Vienna» che
procacciò al H. Istituto la massima delle onoriflcenze, il gran
premio, alla Esposizione di Parigi del 1900, non poteva sfuggire
Toccasione propizia per dimostrare il valore del nuovo corredo.
Interessanti ed adeguate alla entità del cimelio^ scarseggiando nelle
nostre biblioteche le opere del Carissimi, sono le pagine dedicate
al codicetto di arie e cantate da camera di diversi, ti*a i quali
figura quelTautore, ingegno insigne, che nella storia delTarte mu-
sicale è segnalato per aver maestrevolmente trattata la forma detta
cantata, sorta appunto nel secolo XVIII, e hanno una peculiare
importanza i cenni che riflettono il Canto-Dialogo della Musica di
Anton Francesco Doni (1544) non solo per il merito del lavoro, ma
altresì perchè, come ci fa conoscere il professor Gandolfl, l'esem-
plare acquisito ha il pregio rarissimo di contenere le quattro parti
canto, tenore, alto, basso, mentre i più dei pochissimi esemplari
noti sono incompleti.
Documento rilevante assai per Tarte e la bibliografla, a causa
della data delTedizione (1536), delia fama dei maestri registrati nella
tabula e della varietà dei tipi delle suonate e più che altro della
forma detta fantasia, che, cominciando ad introdurre speciali efletti
proprii al carattere del liuto, sviluppava i germi dello stile libero
nella composizione strumentale, è la Intabolatura de Lento del
Gasteliono, ritenuta dal Brunet il libro più antico stampato a Milano
con caratteri musicali mobili fusi.
(1) Vedi Bivista Musicale Italiana, voi VII, fase. 1% anno 1900, ptg. 160.
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RECENSIONI 493
lenta ta anche la Nobiltà di Roma, vilanelle di Gasparo
ri), curiosa per la musica a tre voci, intavolata alla
;a, che contribuisce ad aumentare il numero dei lavori
itore esistenti nella biblioteca, ma non vanno dimenticati
mo delle laicdi spirituali (1563), comunemente detto del
, che ne fu lo stampatore, con i copiosi particolari di
i salmi passaggiati per tutte le voci nella maniera di
L di falso-bordone (1615), che hanno un valore storico
ente per la musica rclipriosa, inquantochè sono documenti
le ci riconducono a quell'arte strana e barocca, praticata
) del seicento nelle chiese di Roma, e finalmente lo
ter di Luca Antonio Predieri, autore reputatissimo del ,
IL i
noderna, più vicina a noi, ha pure il suo efficace con- \
i relazione del bibliotecario ci presenta anzitutto alcuni j
i Gioacchino Rossini, ossia due ariette da esso composte ì
jiresimio amico Gav. Giuseppe Torre, la lontananza e i
)rdando che Tultima fu cantata per la prima volta al ;
)logico di Firenze per le feste fatte nel 1887 nel trasporto Z
orlali del geniale maestro nel tempio-pantheon di Santa i'
la piccola melodia, breve e felice cantilena su strofa del r
) poscia un'epistola, diretta allo Imperatore dei Francesi, ^
i quel colto e castigato artista di canto e autorevolissimo •»
le fu Nicola Tacchinardi, padre del professore cav. G. Tac- ^
ttuale direttore del R. Istituto Musicale di Firenze: atto -
che ci illumina intorno alle condizioni del teatro sulle fc
Senna al tramonto della sovranità cesarea. g
mottetto del chiarissimo professor Ceccherini, abbiamo fl
ul dono della iroisième messe solennelle del sommo Luigi j
a proposito del quale il Gandolfì, informandoci del suo 5
0 progetto di formare una collezione completa delle opere *"
chi fu lustro del nome fiorentino, ci riporta i titoli di
uì lavori di musica religiosa, teatrale e strumentale da
Iute. Vediamo, cosi, che, come è naturale, mentre tende
i acquisti preziosi per Tarte della musica in generale, la
del R. Istituto Musicale di Firenze nutre speciale amore
ne tradizioni locali. E. M.
f, Mu9il£<iUMche0 Fremdte&rterbueh. — Stuttgart. VerUg vod C. GrOninger.
>riccino compilato con diligenza, esattezza anzi e conci-
contiene quel tanto che è necessario a sapersi da un
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494 RBCX1C8I02CI
tedesco, cui non è famigliare ia terminologia tecnica musicale, e da
una preliminare lezione di pronuncia italiana passa al lessico pro-
priamente detto, più pratico e ricco di altri che vanno per la
maggiore. L. Th.
^. CHAMttBTf The ntw opera gtams Contalniag th« pìotB of tlM moft popnUr v/petws «ad
a •kovt Httgimphy ut ite MnpoMn. - Uk voi. In-lt*, «1 p^. IM.
fi cosa utile, in fatti, conoscere bene il soggetto dell* opera che
si va ad ascoltare al teatro; spesso accade di non avere né la pa-
zienza, né il tempo di leggerne il libretto. Per cui il libro del
Gharley sovviene a un vero bisogno degl* Inglesi ed Americani che
risiedono nel continente, ofiì^endo loro in brevi tratti l'argomento
delle opere più popolari. Egli ha tenuto conto del repertorio Inter-
nazionale (eccezion fatt^ per Topera russa, di cui non veggo parola)
quale specialmente si svolge in Germania. I diversi articoli sono
scritti con agilità e chiarezza. Quelli sulle opere di Mozart» Weber
e Wagner (complete queste ultime, meno Le Fate) sono i migliori.
L. Th.
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SPOGLIO DEI PBIflODM
ITALIANI
Atene e Roma (Firenze).
N. 26. Febbraio 1901. — F. BamoriiiO) La musica antica e il ircpl ikovawf^
di Plutarco néWeditione Weiì e Seinaeh.
Chineita Musicale (Milano).
N. 8. — Checchi, I capricci deUa cronaca, — Tabanelu, Maestri di musica
e MunicipL — Cambiasi, Centenario Oimarosiano.
N. 4. — Paladini. N. OaUo e la difesa ddVarte italiana, — Molhinti, Le
origini della commedia in Venesia,
N. 5. — Cambiasi, Centenario Cimarosiano.
N. 6. — Onoranze a Verdi,
N. 7. — Onoranze a Verdi, — Pirani, La Chrmania a Giuseppe Verdi,
N. 8. — Onorante a Verdi. — Checchi, I capricci deUa cronaca, — Cam-
biasi, Centenario Cimarosiano.
N. 9. — Onoranze a Verdi, — Zimmsrn, Da Londra,
N. 10. — Onoranze a Verdi, — Molmenti, Antichi trattenimenti musicali a
Venezia,
N. 11. — Onoranze a Verdi, — Farina, Certa scienza,
N. 12. — Onoranze a Verdi,
N. 13. — Onoranze a Verdi, — Zimmern, Da Londra,
N. 14. — Onoranze a Verdi, — Farina, Paolo Ferrari,
N. 15. — Onoranze a Verdi, — Checchi, I ctzpricci della cronaca.
La Cronaca Musicale (Pesaro).
N. 12 (1900). — (Giuseppe Verdi — B. Campana, Varte del canto, ^
P. S. EoDONiMO, « Le Maschere » .
N. 1 (1901). — Bonaventura, La musica in Portogallo e in Spagna, — H
monumento mondiale a Verdi,
N. 2. — BoNAYiNTORA, La musica in Portogallo e in Spagna — La messa
di Verdi a Vienna,
Rifiain muticaU UaUama^ Vili. SS
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496 SPOGLIO DEI PERIODICI
La Lettura (Milano).
Mano Aprile. — A. Lezio, Il pensiero arUstieo e poUtieo di Giuseppe
nelle me lettere inedite ed conte Opprandino Arrivabene,
n nnoTO Palestriua. Rivista mensile di Musica Sacra (Firenze).
N. 1. — Ghignoni, Nei noitri istituti di musica. — ImpressUmL — Anm
grammatica,
N. 2. — Ghiohoki, Musica del PerosL — Palici, S. Alfonso de* Ligu
N. 8. — Le antiche passioni in musica.
La Nuota Magiea (Firenze).
N. 61. — A. Francritti, Il sentimento artistico italiano neVopera di
— Gargano, Verdi e la critica, — Cordara, Pensieri su Verdi, — Dil
DE Paz, Il successore.
N. 62. — N. Abate, I nostri studenti di musica, — Richter, La mia
scensa con Rosenthal. — Falooni, I trattati di Jadassohn.
N. 63. — ScoMTRiMO, Salmo LXVII di P. Platania, — Alriiquì
E, Wagner e deWopera sua. — Falconi, I trattati di Jadassohn.
Le Cronaehe masleali. Rivista illustrata (Roma).
N. 1. — 1/ centenario di Cimarosa, — Faobtini-Fasini, Domenico dm
— Aneddoti su Cimarosa.
N. 2. — € Le Maschere » di P, Mascagni,
N. 3. — « Le Maschere » di P. Mascagni. — La musica italiana mi
quecenio,
N. 4. — GHuseppe Verdi.
N. 5. — La musica iUìliana nel einqìAeeento. — Torniamo Mantico, -
lettera inedita di Giuseppina Strepponi, — Le origini del < Bequ
di Verdi.
N. 6. — Vinno inedito di Cimarosa, — Falbo, Dopo « Le Masd^ere
Procida, Cimarosa e Tari, — Pagliara, Un nipote di Cimarosa.
N. 7. — Montefjore, Paderewski! — Procida, Cimarosa e Tari, — 7
dinamento delle bande,
N. 8. — MoNTBFioRB, € Bosina * nel « Barbiere ». — Procida, Cima\
Tari. — Varino, Aneddoti su Verdi.
N. 9. — MoNTEFiORE, t Stobat Mater » di Palestrina. — Miceli, La n
in Olanda,
N. 10. — Rollano, Il Cardinal Maggiore e V Opera in Francia, —
Intorno àUa musica sacra. — Falbo, Mustafà, Capocci e Morieoni
N. 11. — Incagliati, t Lorenza » di Mascheroni, — Rouillon, Il metoc
violino di J. Piot.
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SPOGLIO DCI PCRIODIGI 497
Le Cronache Teatrali (Roma).
N. 29-30. — « Le, Maschere » di Mascagni.
N. 82. — Giuseppe Verdi,
N. 34. — Concorso Cimarosa,
K. 35. — La eommemorajnone di Verdi in Bama,
Mosiea sacra (Milano).
N. 1. — I decreti della 8. C. dei BiH. — iSfe Palesirina po-^m dirsi autore del
Graduale Bomano delTedÌMione Medicea,
N. 3. — I decreti déUa 8, C, dei BiH. — L'edueasione liturgica deìV organista,
N. 4. — Organi vecchi ed organi nuovi, — La musica sacra a Malta,
Nuova Aatolocrla (Roma).
16 febbraio. — P. Bellezza, ManMoni e Verdi,
Blf ista d'Italia (Roma).
Febbraio. — P. Mascagni, Giuseppe Verdi.
Ri? Ista Teatrale Italiana (Napoli).
N. 3. — S. Procida, Giuseppe Verdi. -^ L. A. Villamis, « Le Maschere ».
N. 4. — P. Bettoli, « Le Maschere » .
N. 5. — I. Pizzi, Il « Falstaff » di Verdi,
N. 6. — E. MoscHiKO, Vapoteosi di Verdi. — G. Bubtico, Un muHcista poco
noto del settecento (P. A. Gugìieìmi),
N. 7. — L. Capuana, Nuovo ideale?
FRANCESI
La Tribune de Salnt-Gerfais (Paris).
N. 12 (1900). — A. Hallats, La Maison de la 8chola, — Clerval, La
mntrise de Notre^Dame de Chartres, — Aubrt, Les Jongleurs dans Thistoire:
Saint Julien-deS'Ménétriers.
N. 1 (1901). — H. QoiTTARD, Jacques Champion de Chambonnières, —
Ellion et d*Indt, Jeunes et vieiUes musiques. — Clertal, La musique reli-
gieuse à Notre-Dame de Chartres,
N. 2. — H. QoiTTARD. J, C, de Chambonnière, — P. Aubrt, Les Proses.
La Yoix parlée et chantée (Paris).
Féfrìer. — E. Grifpith Luxm, Vharmonie de la voix parlée, — J. Bklen,
La consonne U et nes deux formes: muette et aspirée, — Quillemin, Membranes
et tambours. Bàie du tympan dans VaudUion,
Mars. — GuiLLEMiN, Champs acoustiques. — H. Makubn, Défectuosité du
ìangage déterminant quelques troublm des fonctions cérébrales, — A. Lenoèl-
ZcvoRT, Uenseignement du chant et la diction au XX« siede.
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498 SPOGLIO DKI PSEIODICI
Avrìl. — A. AiKiM, Le réionnateur voeaì. — Lbrmotkz, La murtmOanee de
VauéUHon, — Gellé, Les aons vayeUes en fonetions du temps.
Le Conrrier musleal (Parìa).
N. 1. — DUdinb, Estai sur Vnupòratùm,
N. 2. — D'Udini, Essai sur Timpiraikm, — Daubrcsbk, Vaudition odlùrée,
N. 8. — Dbbat, Soirs de musique, — D'Udutb, EsmU sur VinipiraJtUm,
N. 4. ~ Dbbat, Verdi. ~ Db la Laubbncib, Le guài mutioalau XVIII* mède.
N. 5. — De la Laurbkoib, Le goùi mutioal eie.
N. 6. — Db la Laurebojb, Le gotU musical etc. — Makmold, La symphome
en Té mineiir de Cesar Franek.
Le Guide Musical (Braxelles).
N. 2, 8, 4. — M. EuPFBRATH, Interprétaiian et traditìan.
N. 2. — H. DB CoRzoN, Le eentenaire de Cimarósa.
N. 3. — L. DB RoMAiN, France et AUemagne.
N. 4. — H. Imbbrt, Verdi.
N. 5. — G. Sekyièhes, La renaissance de ìa • Sonate » paur piano; Paul
Duckas. — M. Rbht, L'vncident Weingartner.
N. 7. — J. TiBRSOT, Chansons populaires du Vivaraii. — H. Imbbrt, « Astarté»
de Xavier Leroux.
N. 8, 9. ~ H. Imbbrt, Les ancétres du violon et du viokmeelle. ^ * La fiVe
de Tabarin*, iniiBiqae de M. G. Pierné.
N. 10. — M. KoppBRATH, Peter Béno%t — F. db Mérjl, « Charlotte Cordai*,
masiqae de M. Hexandre Georges.
N. 11. — H. VE CmzoH, Croquis d'artÌ8tes:M'^Mólé''Truffier.'' E. FitRMKtt-
Gbyaert, Le dernier chanteur italien (Elogio del basso baffo Baldellì).
N. 12-13. — H. Imbert, Pierre de JelyotU.
N. 13. -- M. R., Le Festival Bach à Berlin.
N. 14. — M. Brenet, Ghrétry et Toumaioris. — Les droits d^auteur en
Belgique.
Le Ménestrel (Parìs).
N. 1-3, 5-8. — Cont. e fine della serie degli articoli di Raymond Boujcr :
Peintres méhmanes, i qnali, verso la fine, sono divenati più vani e più inte-
ressanti.
N. 1-4, 6, 8-14. — Le théàtre et les spectades à VExposition, per A. Poogio
(cout.).
N. 1-4. — Ethnographie musicale, notes prises à PExposition per Jalien TiefBot
(cont.: masica cinese ed indocinese).
N. 4. — Un articolo necrologrico sa Verdi, di A. Poagin.
N. 5. — La reine Victoria et les musiciens allemcmds, p. 0. Berggraen (arti-
coletto d^occasione).
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SPOGLIO DSI PSRIODIGI
409
13. — Le tour de Franee en mutique, p. T. Neakomm (coni.).
— L'art musical et ses mierprèUè depuù deux 8ièe1e$, p. Paal
tìtolo farebbe sapporre chi sa che importanza e profondità di studi
: si tratta invece di uaa brillante serie di aneddoti e di pettego-
^ri ai ricercatori francesi, riferentisi alla vita dei teatri mnaicali dì
uè secoli a questa parte, ed in cai, più che allo sviluppo dell'arte
bada agli intrighi, agli amorazzi ed agli amorazzi, alle invidie dei
ei ródeurB ài palcoscenico].
jàtre (Paris).
— À. ÀDERER, e Sylvie Oli la curieuse éTeanaur ». — H. db Curzov,
Vestaks >. — A. Jcllien, Les théàtres 1yriq%te8,
l, — La Béóuverture du Théàtre-Franfois,
— Giuseppe Verdi,
[. — A. Aderer, « Les rouges et les blancs ». — C. Joly, M^^ Thérèse
— A. Aderer, « La Cavalière ». — G. Jollinet, « La petite
— A. JuLLiEN, < La filk de Tabarin*.-^ L. Schhkidbr, Af. Gabriel
- Nomerò special < Quo Vadis?*,
d'Art dramatiquft (Paris).
- PiioDHOMMK, Le Théàtre lyrique à Vétranger. — Pottkchbr, La
matique. *
' Brussel, La schola cantorum,
Lyonnet, Queìques leUres inédites de Verdi. — Brussel, Le demier
Uen,
Derkkbourg, Conservatoire moderne d'art dramatique et lyrique.
TEDESCHI
lisches Wochenblatt (Leipzig).
- Uimportama e Vevolusione storica delTuffieio di direttore d'or-
una piccola considerazione suWefficacia delCarte in generale, di
assler.
. ^ FaUi apostoli f di 0. Armin : questioni sair insegnamento
0. — Prove acustiche per Vesistenxa del talento musicale innato,
sen. Molto interessante scrìtto: scientifico e pratico insieme.
Fonazione e risonanza degU organi del canto, di E. Senger.
). _ Un mezzo nuovo ed importante di iOrutione muiieale,
ìen parla delle note edizioni delle invenzioni e foghe di Bach fatte
lei Boekelman.
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500 SPOGLIO DEI PERIODICI
N. 14. — rOuverhtre della # Ifigenia m AiOide > di Qluck, di P. Ehle».
N. 15. — Nuotxk daboragUme di antiehe opere muticaK, Contro le opinioni
pantane dei clasgid, lo scrittore L. M., in base a ciò che fecero M<»sart •
Wagner, ammette che le antiche opere possano essere abbellite nel colorito e
nelPistmmentale.
N. 16. ^ Nuaw eoneiderajrioni Btorieo-mueicàii, di 0. Waldapfel.
None Mnsikalisehe Presse (Wien).
N. 2, 3. ~ Per fesUtica della musica, di A. Seidl. — Domenico Cimarowa.
N. 4, 5, 7. — Giuseppe Verdi. — Varmonica di B. Wagner m rapporto atta
fondamentale teoria di Seehter, di C. Hjnais.
N. 8. — Sciopero nei Teatro Nazionale di Praga.
N. 9, 10, 11, 12, 13. — Edueaeione musicale, di G. Qdhler. Stadio degno
di essere meditato da chi si appassiona per an determinato indirizzo da dare agli
stadi e pel modo di formare nn personale d* insegnanti capace di attuarlo. —
< Lobetane », di L. Thaille.
N. 14. — Festa musicale delTAUa Austria,
Neve Mvsik-Zeitvng (Stattgart-Leipzig).
N. 22, 23, 24 (1900), 1, 2. — DieMusik der Griechen, ?. Dr. Richard Batka
[Breve sguardo storico sulla musica greca].
N. 1, 2. — J^tti Lohengrin- Jubilàum, v. Prof. Bachmann [Beirarticolo in
occasione del 50° anniversarìo della prima rappresentazione del « Lohengrin » in
Weimar]. — Geigen und Geigenkauf, t. ^. Ealm [Notizie interessanti sul lu-
natico commercio degli istrumenti a corda].
N. 1, 2, 8, 4. — Joseph Bonaventure Laurens, v. Olga Stieglits [Àppanti
tolti dalla biografia del L.: «Une vie artistique», e pubblicazione nella lingua
orìginalei per la prima volta, di alcune lettere dello Schnmann al L., tolte dal
libro sunnominato].
N. 1. — Sir Arthur SuUivan, v. Max Welde. — (Necrologia). — Vom fran-
siysischen Bayreuth, t. Joh. Bejer [Si parla delle rappresentazioni nazionali in
Grange].
N. 8. — Am Grabe Lortsings, t. Georg Richard Krase. — Noch einiges sur
CharakterisHk Albert Lortzings, t. à. von Winterfeld [In occasione del f^ an-
niversario del L.].
N. 3, 4, 5. — Spontini and BeUstab, v. Dr. Adolf Kohut [In occasione del
50* anniversario dello S.].
N. 4. — Die Cimarosa-Aussiellung in Wien, v. Pr. [Descrizione delPesposi-
zione cimarosiana in Vienna]. — Die Ulmer Meister singer, v. Georg Richard
Kruse [Resoconto della « tabulatur » , regolamenti, nsi, ecc. della Società dei
maestri cantori in Ulm, 1599 1644]. — Tank, Gesang und Musik bei den
Wenden, y. Ewald Mailer [Uno dei suliti interessanti articoli]. — Die « Ma-
schere » von Pietro Mascagni, v. Erwin [Se ne constata il... fiasco].
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SPOGLIO DBI PERIODICI
501
È quasi totalmente dedicato alla memoria di Giuseppe Verdi. Degno di
;icolo di A. von Winterfeld « PersònUehe Erinnerungen au Verdi •
>tografie e facsimili tolti dal Masco istorioo musicale del sig. Nicolas
1 Franooforte sol Meno.
Dai Richard WagnerHam in Wi^reburg, t. Prof. Hermann ftitter
il Tentenne Wagner ooroponeva la saa prima opera « Le Fate >]. —
in wm Engìand ala Kunstmàcen, t. Max Welbe, etc. etc.
Zeitsehrift fOr Mnsik (Leipzig).
C. M. VON Satemah, Recensione della Gesckiehte dee Domehores in
iton Seydler. — Y. Joss-Prao, Critica dell'opera Dos Streichholp'
iiìg. £nna.
y. L. Schnackenberg parla delle altime composizioni di Max Reger.
parla di A. Lortzing.
- H. KliDg, parla del soggiorno di R. Wagner in Ginevra.
Benno Gbigek, Giuseppe Verdi,
Edwìn Neruda, SponHni,
Paola Rebsr, « Eroe und Peyehe > , musica di Max Sjenger.
P. Hjller-KOln, « Dm Mddehenherg ». Mnsik von Crescenzo Bnon-
tica favorevole].
- V. JosB, Der Gluckcyelue in Prag, — Edwìn Neruda, Opemiext
a.
- Rob. Mùsiol, Ein amerikaniacJies TonkUnetìer-Lexicon, — R. Lange-
Ein neus Klaoiereoncert von Emil Sauer.
INGLESI
ììy musical Record (Londra).
— The Queen and some famous musicians. — The proper bàlance
and Orchestra, di Eben, Proat. — Edward A. Baaghan, nel suo
ticolo The Prìff, ci dà uno schizzo riuscitissimo del vanitoso sapu-
he philosophical side of some ìaws of harmony, di L. Prouth. —
New Music and New EdiUons. — Musical Notes. — Musica.
- The battìe-cries of criticism, E. Baughan fa distinzioni fra' critici
icerca delle qualità migliori di questa razza. Ma i critici sbagliano ;
1 seno profeti. — The proper balance of Chorus and Orchestra^ di
conclns.). — The philosophical side of some ìaws of harmony. —
^erdì. — Sulite rubriche. — Musica.
- A Bureau for critìcs. E. Baughan ha un tema inesauribile fra le
lol continuare ; poi esso è anche piacevole. Fra molte divagazioni dice
. ~ Past and present of the Exercise and the Etude, by J. S. S.
pianisti. — The Home of the Meistersdnger. Grazioso articolo su la
imberga e le costomanze antiche de* cittadini. — The philosophical
e ìaws of harmony, by L. Prout. — Solite rubriche. — Masica.
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502 SPOGLIO DBI PERIODICI
Music, a Monthly Magasine (Chicago).
Gennaio. — Whai peopk gei from Mu$ie, bj H. Gale. Articolo brillante, in
coi si espongono appreztamenti sol Heder di diverse epoche e si fiuino oonfrontL
-^ Eniropean foMaeies and American Music, di 0. G. Sonnek. «Gli Americani
sono più inclinati a divenire gl^itatori dei musicisti europei, studiando con
notorietà europee per nulla originali oggi, come artisti: gli Americani &0GÌano
da sé. Io da parecchi anni sento questo consiglio e segna questa tendenia dei
giovani educatori americani; li ammiro ed ammiro anche alcuni compositori ame-
ricani, che reputo non inferiori a varie notorietà ed anche celebrità europee.
Ecco la risposta che io devo al signor Sonneck, Tautore dell'articolo, a cui è pia-
ciuto di ikre il mio nome». L. Th. — The Chevàlier Gluck and the leading
motive. Fantasia, in cui si finge un sogno e relativa intervista con Gluck sul
fnoUoo conduttore e la sua origine (dalla Sevue de Pari»), — An interview
wUh Mr, Harrieon M, Wild (A condoctor and his critics). — Il dirigente ò
Mr. Thomas e Torchestra quella di Chicago. — An appredation of Brahms,
by G. D. Gunn. — The songs of Robert Frane, bj Sydney Preston Biden. —
Camillo Saint-SaCns pubblica una bellissima sintesi di studi profondi di filosofia
sul tema : ^^érituàliem and MaiertaUsm (dal francese). — EdUoriaì Brie-a-Brae.
Rivista di vari interessi musicali in America; del pianista Harold Bauer di Parigi ;
dell*orchestra dì Thomas. — Noteworihy PersonàUHes, — Things here and thare.
Rivista interessante di varietà. — Bevietos and Noticee.
Febbraio. — The XlXth Ceniury and natwnal sehooU of mueie, by W. S.
B. Mathews. L*A. discorre dei diversi indirizzi della musica odierna in Germania,
in Francia e in Russia con qualche accenno al risveglio americano. — Dudky
Buek on the future of Music, Opinioni personali che esigerebbero sriluppo. —
Symphony eince Beethoven, Hugues Imbert, in risposta a Felix Weingartner,
tratta de* musicisti francesi. — E. Simpson, in un articolo intitolato: An Ame-
rican farm, some musical history, and a visit to Johan Swendsen, & la storia
del Quartetto Ursin, di origine Norvegese, e si occupa particolarmente dello
Swendsen e della sua carriera. — Noteworthy Personaìities, — Finck's « Songs
and Song-ìorOers » . E. Swagne discorre di un nuovo libro di Finck — Unwer-
sity Music from the Profisssor's standpdnt: a ìetter from Professor Stomky.
— Editoriàl Brie-a-Brac. Sul pianista Godowsky e i suoi concerti a Berlino —
nel prossimo anno Godowsky darà concerti in tutta TEuropa; — sai concerti dei
pianisti Dohnanyi e Ossip Gabrìlswitsch in America; — di varii interessi musicali
americani e deiropera inglese. — Things here and ihere. Rivista varia e corri-
spondenze dall'Europa. — Solite altre rubriche.
Musical Record (Boston).
Febbraio, Marzo, Aprile. — Questa Rirista è composta di molti breri articoli
educativi, storici, critici, di curiosità, ecc., fra i quali notiamo: The music of
the future: Two opinions. — Haroìd Bauer, — The Discipìe as Leamer, —
Form in Music (by Percy Goetschius) Edward Eìgar: A Sketch —• Training
of Chiìdren Voices. — The Weak Fingere. — ChiMood Songs. — Training
Audiences Method (J. Zosier). — On discovering Cfeniuses, — Form in Music
(Goetschius). Il testo è intramezzato da musica e ad ogni fascicolo mensile s'ac-
compagnano due album di musica per pianoforte e canto e pianoforte.
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SPOGLIO DEI PERIODICI
503
slcal Times (Londra).
- Victoria our heloved Queen. — The sisters of two great com-
nnerl Mozart (molto interessante). — Spiritual Songs, by J. Benne t.
England in the nineteenth century (F. G. E,). — Hans von BUÌow
(recensione del V volume degli scritti del Bùlow). — Occasionai
it to Couterbury on new century's day, — Professor Niecks on
- Arthur Sullivan. — Eemews. — Musica.
Giuseppe Verdi, — The sisters of two great composers. II, Fanny
— Music in England in the nineteenth century (F. G. E.). —
Boyal days of Arthur Sullivan. — Ear Training, — Beviews. —
Sir John Goss (schizzo bìografìco del distinto organista inglese
— Hymn-Tunes. — Permissible Fifths, — Occasionai Notes. —
Musica.
)
te
J
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I^OTIZIE
I&Htuti fnuHcali.
«*^ Parma. Società dei Concerti del Regio Conservatorio di Musica. >-
5* Concerto deiranno sociale 1899-900 (XXXV). — Mercoledì 21 novembre 1900.
Programma.
1. Rossini Q., Sinfonia alKopera « Torwaìdo e Dorliska ».
2. Verdi G. , a) Baìlabiìe « L'Estate » nellopera < I Vespri Siciliani » .
Mancikklli L. : b) Andante-Barcarola dagli < Intermessi » per la € Cleo-
patra ».
3. BsBTHOfBM L., Ouverture al ballo « Prometeo » , op. 48.
4. Waqher B., Siegfriedrldyll.
5. ScHUMANN R. , a) Abenlied per quartetto d*archi.
Brahms J., b) Allegretto grazioso dalla « Sinfonia iV. ^ > op. 73.
6. Mendelssohn L. F., Ouverture (op. 89) all'opera in an atto « Il ritomo «n
patria » .
L'orchestra e composta di professori ed alunni del R. Conservatorio e di soci
d'arte.
Direttore: G. Tebaldini.
»% — 1^ Esercitasùme degli alunni. — Giovedì 20 dicembre 1900.
Programma.
1. Mozart W. A., Ouverture all'opera « Le Nosse di Figaro > per orchestra.
Dirige Talanno Candiolo G. (Anno 7* di composizione).
2. Reihbckb C, « Undine > Sonata per flauto e pianoforte:
a) Allegro; b) Intermesso; e) Andante tranquillo; d) Finale, — C. Ceard
(Anno 4», prof. Cristoforetti).
3. Hatdn G., Quartetto in Sol min, (op. 74, n. 3);
a) Allegro; b) Largo assai; e) Minuetto ; d) FìmUs. — Bonaretti F. (Anno ò"",
prof. Franzoni). Azzi G. (Anno 6^ prof. Mantovani). Pedretti P. (Anno 7«,
prof. Franzoni). Franceschini A. (Anno 7°, prof. Carini). L'esecuzione dei
nam. 2 e 3 ò affidata all'alunno Pizzetti I. (Anno 8« di oomposÌEÌone).
4. Babrmakn C, Solo fantastico per clarinetto. — Maldotti A. (Anno 6<*, prof. Cas-
sani,, che accompagna al pianoforte).
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505
i D., Andante sostenuto per quattro violoncelli. — Veroni G., Fran-
A. (Anno 7«). Cornàglìa F. (Anno 5^), Cacciali 1. (Anno 6", pro-
arìni).
Divertimento per fagotto, con accompagnamento di pianoforte. —
U. (Anno 6**» prof. Jori), Cacciali i U. (Anno 9*, prof. Ficcarelli).
L., Ouverture all'opera t II portatore d'acqua » per orchestra.
alunno Barilli B. (Anno 4"* di composizione).
Tebaldini.
Esercitazione di classe. Lunedì 14 gennaio 1901. — Classe dì pia-
M*» Cav. Stanislao Ficcarelli.
NDEL880HN F. : a) Bouvrée ; b) Allegro (Lami B., anno 2®).
,KM£NTi M. I a) Notturno; b) L tempo della sonata in Si minore
E., anno 4*').
Traumes Wirren (Cariot C, anno 5*).
Paradisi P., a) Il fabbro armonioso; b) Presto (Caggiatì G.,
Mendelssohn F., Meditazione reìigiosa\ Moto perpetuo (Tedoldi A.,
nprovviso in Fa diesis (Anelli M., anno 6*).
-Sgambati G., a) Melodia; b) Toccata (Corazzi E, anno 7**).
., Sonata (appassionata). Allegro assai^ Andante con moto^ Allegro
pò (Cacciali U,, anno 9'»),
ma con variazioni per due pianoforti (Anelli M., Corazzi E.).
Joncertù delFanno sociale 1899-900 (XXXVIj. Sabato 16 marzo 1901.
Iella « Berìiner Kammermusik- Vereinigung » , composta dei solisti
reale di Berlino. — Signori professori: Ernest Ferrier (Pianoforte) ;
(Flauto); Emile Heise (Oboe), Oskar Schubert, virtuoso della Casa
etto); Hugo Rude! (Corno); Heinrich Lange (Fagotto).
Programua.
L., « Quartetto concertante * in Mi b maggiore, per Oboe, Clari-
Tno e Fagotto, con Pianoforte:
^gro; b) Adagio; e) Andantino co^i variazioni.
Sestetto in Si b maggiore (op. 6) per Pianoforte, Flauto, Oboe, Cla-
Zoxno e Fagotto:
egro; b) Larghetto', e) Gavotte; d) Andante quasi allegretto;
; vivace.
J., Capriccio su arie danesi e russe in Si b maggiore (op. 79) per
e, Flaato, Oboe e Clarinetto,
, Quintetto in Mi b maggiore (op. 16) per Pianoforte, Oboe, Gia-
como e Fagotto:
ive. Allegro ma non troppo; b) Andante cantabile ; e) Rondò, Al-
non troppo,
jenica, 17 marzo 1901, il Prof. Cav. Giuseppe Lesca, ordinario di
l. Istituto superiore di Magistero femminile in Firenze, tenne una
guente tema: Poeti e Poesia^ e lesse:
>
J
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506 NonuK
I. Poesia oampettra: hn iemenia, di Oiofannt Pascoli.
Poesia filosofica: AUoOUe Portai! di Arturo Graf; I due fanenM, di
G. Pascoli.
IL Poesia umanitaria: Nel carcere di Ontevra, di G. Pascoli; Nei peni-
ienMiario di VoUerra, di G. Lesca.
Poesia eroica: La ra^^sodia garibàidina, di G. Marradi; Congedo^ di G. Cardooci.
Direttore: G. TebaldinL
Opere nuove e Oaneerti»
»*« La nuova opera di Siegfried Wagner, Hereog WQdfcmg, non ebbe fortuna
né a Monaco né a Lipsia.
«% ÀI HofihecUer di Berlino venne accettata la nao?a opera Fettersnoth^ dì
Rie. Stranss.
«% L'ottava sinfonia (Do min.) di À. Brockner ebbe a Mannheim nn saccesso
entasiastìco.
«% Uno straordinario saccesso ba avuto il poema sinfonico di Riccardo Straoas,
« Ein Eldenkben » , nel settimo Concerto Filarmonico di Lipsia.
«% A Brema si è esegaito il Prologo orchestrale sinfonico di M. Schillings sul
« Re Edipo >, di Sofocle.
«\ La sinfonia in Be maggiore, di Sgambati, ebbe fovorevole accogliensa a
Montreal.
»*« I Concerti etorici della Società Bohn di Breslavia (Vedi recsnstòns in questo
fascicolo) destarono il più vivo interesse nel pubblico. La stampa applaude alle
nuove idee feconde nelFarte e nella culturs.
^\ Il programma del Concerto storico del signor W. Hlawatsch, di Pietro-
burgo, conteneva i nomi seguenti : Adam de la Hale, Andrea Gabrieli, Palestrìna,
Merulo, Bird, Frescobaldi, Monteverdi, Cavalli, Baxtehude, Pachelbel, Dondrieu,
Gorelli, Haendel, J. S. Bach, Padre Martini, Tartini, Beethoven, ecc. Sala affol-
lata; successo enorme.
«% La sinfonia in Si minore di Arensky, eseguita a Lipsia dairorchestra Win-
derstein, fu accolta col massimo favore.
«% La sesta sinfonia di Glazounow ebbe esito splendido a Magdeburgo.
*% Paul Bazelaine è un fiundullo prodigio: a undici anni egli ba suonato
recentemente ad Amburgo il Concerto per violoncello in La minore di Saint-Safins
e molti altri pezzi di Bach e Popper; il piccolo virtuoso fu ammirato.
«% Riccardo Stranss diresse recentemente il suo « HMenkben » in due Con>
certi a Barcellona e il suo « Don Chischiotte » a Wiesbaden.
«% Il concerto per Violoncello di Eugenio d*Albert fu eseguito per la prima
volta a Budapest.
«% Una Ouverture di Berliox (op. I) fu eseguita a Monaco sotto la direaione
del Weingartner: é un lavoro interessantissimo, eccitante, sviluppato con grande
slancio.
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NOTIZIE 887
de interesse suscitò a Vienna il concerto diretto dallo Stawenhagen
i Wagner e Liszt, fra cui la Sinfonia Dante,
resentazioni di opere nuove:
ìmar, di Th. Erler, in Planen.
:hen von Heiìbronn, di F. Lux, ad Augaburg.
eìine, di L. Thuìlle, a Brema.
fortuna, di R. Prochàzcha, ad Altenburg.
cto, di C. Cui, a Mosca. • • ' ^
•cel Durand, di A. Larrocha, a S. Sebastiano,
Vendetta j di E. Lefebvre, ad Algeri.
riotte Cordai/ 1 di A. Georges, a Parigi,
Alling^ di A. Eberhardt, in Ulm.
1^, di C. Dibbern, in Amsterdam. •
ia, di E. Enna, a Copenhagen.
adglockeny di J. Erb, in Carlaruhe.
M Baresch, di E. Caudella, a Bukarest.
ig Drosseìbart, di G. Kulenkampff, a Lipsia. ^ ,, .
►sa, di M. J. Erb, a Lipsia,
er a Venezia, di W. v, Baussern, a Weimar.
Hanz, dì L. Thuille, a Vienna.
zog Wildfang, di S. Wagner, a Monaco.
isìkaa, di A. Bungert, a Dresda.
irte, di X. Loroui, a Parigi.
idanga, di T. Breton, a Madrid.
^£rreno neutro^ di C. Gramman, ad Amburgo.
u-Bame, di P. Tschaikowski, a Riga.
fille de Tabarin, dì G. Pierné, a Parigi. '
Boi Dagobert, di M. Lambert, a Parigi.
Sire de Framboi»y, di Maynard, a Bruxelles.
ulwerbung, di F. Neumann, a Linz. )
dko, di Riraski-Korsakoff, a Pietroburgo. •
Meiliefvan Guìpen, di M. Boumann, all'Aia.
Regina della fonte, di L. Lacombe, a Sondershausen. ;
Princesse d^Auberge^ di J. Bloks, a Lione. '
Ianni di Lorena, di V. Joncière, a Berlino,
aìka, di A. Dvorak, a Praga.
ri di fanciulle, di C. Baongiorno, a Cassai.
natOB, di R. Francke, a Schwerin.
3/ra, di F. Braga, a Rio de Janeiro.
Hochlànder, di F. v. Holsteìu, ad Altenburgo.
rancoforte sul Meno, TOratorio e La leggenda dì 5. Bonifacio » , di
, ottenne un rimarchevole successo.
ìttanto avvenne pel nuovo Oratorio secolare: Ekkehard^ài U. Roebr,
k.
r£og Wildfang », di Siegfried Wagner, ebbe un bel successo al Teatro
di Lipsia.
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508 NOTIZIK
«*« Entasiastìoo sncoesso ebbe a Praga il la?oro del Bossi, CanUeum Canti-
confili, eseguito dalla Bohnisehe Gesangverein.
/» Il premio di 1000 franchi, offerto dairAocademia di Belle Arti di Bruxelles
per nn Concerto di pianoforte e Orchestra, fa Tinto da Louis Dolane, scolaro di
E. Tinel.
«% Diamo il programma delle rappresentazioni wagneriane estive al nuovo
Teatro Principe Reggente a Monaco di Baviera, costrutto sul tipo del Teatro
Wagner a Bayreuth:
Die Meistersinger wm NUmbergi 21 e 25 agosto; 2, 10, 14 e 26 settembre;
Tristan und leoìde: 23 e 27 a*;osto; 4, 12 e 20 settembre;
TannhaUser: 29 agosto; 6, 16, 22 e 28 settembre;
Lohengrin \ 81 agosto; 8, 18 e 24 settembre.
Oltre gli artisti ordinari del Hoftheater, tì prenderanno parte i signori: Georg
Anthes, Emil GerhaQser, W. Grflning, J. Baptist Hoffmann, Theodor Reicbmann,
Albert Beiss, Fritz SchrOdter, Ernst Wacbter, Hermann Winkelmann ; le si-
gnore: Pelagio Greeff Andriessen, Laura Hilgermann, Gisela Standigl.
Direttori d'orchestra saranno : B. Stavenhagen, H. Zampe, H. Rohr, Fr. Fischer.
Le rappresentazioni incominciano alle ore 5 pomeridiane; i biglietti costano
20 marchi.
«\ Triitano e Isoìda è stato rappresentato in inglese per la prima volta ad
Hall. La stessa opera ha suscitato interesse generale a Edinburgo.
«% A Lione è andato in scena, per la prima volta su terra francese e con gran
successo, il e Siegfried*,
«% La Società Riccardo Wagner di Mannheim si è sciolta, destinando la ri-
masta somma di 750 marchi a scopi benefici.
«\ A Dresda qualche giornale 8*è lamentato di non veder risolta ancora la
questione del monomento a Wagner. Così a Lipsia. Un primo fondo in danaro
fu stabilito in ambe le città a quello scopo. Si attende ora la organizzazione di
Comitati.
^\ A Parìgri il Chevillard, direttore dei Concerti LamDureui, diede una ese-
cuzione completa e magnifica del Bheingoìd con un successo colossale.
«\ È morta a Merano Alessandra von Schleinitz in età di 59 anni. Essa fu
legata da grande amicizia con Riccardo Wagner, sulle opere del quale scrisse pa-
recchi stadi.
«\ Alla città di Lipsia sono pervenati in eredità 6000 marchi destinati al
monumento di Wagner.
«\ Dal novembre del 1871 fino alla fine di dicembre del 1899^ in Italia si
ebbero 1673 rappresentazioni di opere del Wagner, cioè in media 61 alPanno.
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NOTIZIE 509
/, L'anniversario della morte di Wagner fu celebrato, in tutte le scene della
Germania, colla rappresentazione di opere del Maestro. Fra tutte, Tristano e
I%(Ma ebbe ancora il massimo degli onori.
/^ La Waìkilre è stata e-seguita per la prima volta in lingua russa al ! eatro
Imperiale di Pietroburgo con enorme successo.
,% A Torino si sta preparando un'esecuzione delPintera trilogia Vaneìlo M
Nibtlungo. Le rappresentazioni avrebbero luogo probabilmente nel prossimo mese
di novembre e dicembre.
Nuove FìMflicazioni.
»% Famous Composers and their Works. Philip Hale and Louis C. Klson,
Editors, J. B. Mi Hot Company. Boston.
Due numeri di una nuova dispensa di questa opera sono stati pubblicati. Il
primo tratta dei Critici musicali e della Critica; il secondo dei Direttori e
deUa direzione d'orchestra. Segue un articolo sui Compositori francesi. I prece-
denti fascicoli ebbero una vendita di 40.000 copie.
,\ Joseph Joachim. A biography, By Andreas Moser. Translated by Lilla
Durbam.
MonumetMm
•*• Un grazioso monumento si è inaugurato, a Varsavia, al compositore na-
zionale polacco Stanislao Moniuszko, nel foyer dell'Opera imperiale.
,% Antonio Carlos Gomes, il compositore del Guarany, ha il suo monumento
a Campìnas nel Brasile, dove egli nacque VÌI giugno 1839.
Varie.
,*, Il TS"»» festival renano sarà a Colonia il 26, 27 e 28 maggio.
«% La Biblioteca del Conservatorio di Parigi ha ereditato da Weckerlin la
maggior parte delle composizioni per pianoforte di Chopìn nell'autografo originale.
,*^ I«a città di Jena, che ha da qualche tempo una Casa di riposo per gli
scrittori tedeschi^ avrà fra non molto anche una Casa di riposo per musidstù
,*, Il violinista Kubelik ha dato a Vienna, nella passata stagione, sette
concerti.
,*^ La collezione di autografi dì Artaria fu venduta al Ministero prussiano
per il culto. 11 numero delle opere inedite è grandissimo: la raccolta fu pagata
200.000 marchi.
,*^ Neiranno 1900 sono stati esportati dalF America del Nord istrumenti mu-
sicali pel valore di 1.500.000 dollari.
,*^ In un concerto di beneficenza datosi a Berlino, il prof, 0. Fleischer fece
eseguire antica musica greca, cristiana ed ebraica, pare con non molto godimento
degli uditori.
•*• Quanto prima sarà inaugurato il nuovo teatro reale di Atene.
/, A Franco forte fu eseguito un poema sinfonico intitolato « Sadko » (tratto
forte dall'opera omonima).
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«
:i
510 NOTIZIS
/« Il direttore deIl*opera al CoYent Garden, durante la stagione esti
Otto Lohse.
^4. A Monaco, in un concerto storico della Scuola eordle^ furono, 1
eseguite compositioni di E. Felice dall'Abaco (1702-1742) e di Agostino
(1674-1688).
«*^ In nn concerto della Singakademie di Yienna fh eseguita, con m
eesso, una composizione di 6nsta?o Mahlev « Canto elegiaco » .
«*« Il Ministero prussiano del Culto ha stabilito di concorrere con
marchi, come prima rata, alla pubblicazione dei « Mom^menti deUa m\
Otrmania ».
«*« Le opere di Spontini sono a torto dimenticate ovunque. Appen
giornali tedeschi hanno ricordato quest'anno il 50^ anniversario della sa
Eppure egli aveva dominato per ventanni, solo e sovrano, alFopera di
dove, nel 1884, ebbe luogo Tultima rappresentazione del Ferdinando Co
transit
^*« Francoforte sul Meno ha avuto la prima esposizione delle e
E. Berlioz.
«% Il Cicìo-Oluck a Praga si chiuse col Paride ed EHena^ una riveli
«\ Arturo Sullivan ha lasciato una sostanza in danaro di 750.000
mobili ed oggetti preziosi per un milione.
«% LMmperatore d*Austria e il Ministero deiristruzione hanno assegr
rendita al compositore Ugo Wolf, da molto tempo affètto da uoa mal
cervello.
«% Un Museo Chopin sarà prossimamente inaugurato a Varsavia.
«% Un'opera postuma di Sullivan, The Esmercdda Iste, si sta prepai
Savoy-Theater di Londra.
«*« A Wùrzburg, il nuovo poema sinfonico < Sakimtaìa », di F. Scha
ebbe buonissimo successo.
^*, A Mannheim si ricostruirà il famoso Gran Teatro Ducale.
4*, A Monaco, Camillo Chevillard ebbe un notevole trionfo dirigendo
certo di musica francese coirorchestra Kaim.
^\ A Magonza, nei giorni 14, 17, 18, 19 e 20 aprile, ha avuto luogo il
di Beethoven sotto la direzione di F. Weingartner.
^*^ Il pianista A. Siloti sarà direttore dei prossimi concerti della 8oi
ìarmonica di Mosca.
«% A Dresda si è eseguito un nuovo Quartetto in Be minore^ di F.
«% L'opera Maura, di Paderewski, deve essere eseguita per la prin
a Dresda.
,*^ II direttore d^orchestra Nickisch si presentò come pianista nel pr
certo di musica da camera al Gewandhaus di Lipsia suonando la parte
noforte nel Quartetto di Brahma, op. 26.
^*, La sostanza di Brahms, di 210.000 fiorini, è divisa a metà fra la
Czerny di Vienna e la Società Liszt di Amburgo.
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5il
I nazionale ^Halka*^ di Moniaszko, ebbe a Varsavia la saa 500^
une. Fu data per la prima volta nel 1858.
ma sinfonico di Cesare Franck, * Le Chasseur MaudU*^ è stato
la prima volta a Wiesbaden, in un concerto dell'Orchestra Reale. Il
ncntato brillantemente, fu accolto con grande favore.
l Bauer ed Ernesto von Dohnanyi passano, negli Stati Uniti d'Ame-
fo in trionfo, l'uno come pianista, l'altro come pianista e composi-
Fritz Kreisler, il giovane ed eminente violinista aastrìaco.
nora Cosima Wagner è stata ricevuta dall'Imperatore di Germania,
conferito intorno alle rappresentazioni-modello delle opere di Rie-
;r, che avranno luogo all'Opera di Berlino.
a di Parigi dà 190 rappresentazioni all'anno; il Governo paga 800.000
coprire le spese; ma c'è sempre un gran deficit Durante 23 anni
ile ha rappresentato 41 opere nuove e 12 balli.
L Musicai Review di Boston : « Il Maschere di Mascagni è opinione
sia un fiasco». Ab, se fosse soltanto un'opinione!
ta^ns non è solo un grande compositore, ma un astronomo, i cui
mbblicati nel Bulìetin de la Société d* Astronomie. Ed ora egli si
ilosofia ed ha espresso le sue idee sul materialismo, l'idealismo, l'ira-
:. in un articolo pubblicato nella Nouvelle Bevue.
limic » di Chicago non poteva in gennaio sapere del nuovo progetto
r il Teatro La Scala di Milano dal Duca di Modrone. Del resto
ne del Teatro, dopo il primo triennio, dovesse terminare come ha
prevedeva il Musical Record di Boston due anni or sono.
OOO studenti di musica in Germania, il 20 per cento sono forestieri
ento sono femmine.
i Messager è stato scelto a successore di Maurizio Gran come diret-
Igiene d'opera al Covent Garden.
e Reszke, il celebre tenore, riceve quest'anno 500.000 franchi per
ppresentazioni.
ìere in dieci ore. Dice la Musical Revieio di Boston: I cittadini di
>ero recentemente la fortuna di udire la Melba come Gilda nel Rigo-
> p. m., la Gadsky come Santuzza nella Cavalleria alle 4,45, e la
, Tosca alle 8 p. m.
Bipkins, autore del libro A description and Hisiory of the Fiano-
norainato membro del Consiglio del Royal College of Music di
iecreto del re Edoardo VII, in sostituzione di Sir Arthur SuUivan.
s introdusse il nuovo diapason in Inghilterra, e nei suoi scritti
i piani Silbermann del palazzo di Postdam sono noa imitazione del
li Cristofori, primo inventore del pianoforte.
mtuieaU italiana^ VUI.
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512 NoniOB
Nèet€Ìo§ie.
«\ H. Barbedatta, musicografo, è morto recentemente a Parigi ii
72 mbL
^% Bernardo Mettenleiter, morto a Kempten, 8*era acquistata ona ce
taaooe come compositore di mosica sacra.
«% Adolfo Oimkel, eccellente violinista e compositore pieno di taleni
ciso da una donna, con un colpo di reTolver» dorante una corsa in tram
a Dresda.
/« A Monaco è morto, in età di anni 78, il fabbricante di pianofer
Cesco Eaim, che fondò T latitato e rOrcfaestra Kaim.
,% Il pianista e compositore Lodano YieQxtemps è morto in età di
Era fratello del celebre Tiolinista.
«*« Pietro Leonardo Benoit, compositore di Lucifero^ Carlo Carday e é
vjj sacra, eoa, morì ad AnTcna 1*8 mano.
*. «% Jnles Barbier, provreditore di libretti per Meyerbeer, Haléyy» ea
^ giorni presenti, antere di numerosi poemi e note commedie.
^ ^ «% Philippe Qille, che scrisse pareodii libretti (Manon, Lakmé, ecc.)
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EIiEI260 DEI IiIBSI
ITALIANI
ìoitieo del Liceo mancale Roenni di Pesaro pel 1898-99 (anno XVII).
Pesaro. A. Nobili.
menieo Cimarosa nd primo centenario ddla 9ua morte: 11 gett-
ai, In-8«, con 8 ta?. — Napoli. Tip. Fr. Giannini e figlio, — L. 5.
BelUm a Boma\ brevi appunti storici. In-16*. — Roma. Tipo-
Coggiani.
G. Verdi (ISIS-IBOI). In-16«, con ritr. ~ Firenze, G. Barbèra.
y A Oiuaeppe Verdi Versi. In-8«, con ritr. — Abbiategrasso.
inL
Temuàk del canto gregoriano. In-8*. — MondoTÌ. Tip. Veseovile.
K).
^•f TraUaUUo $uì modo di ben cantare. In-d*. — Milano. Caritch
len. ^ L. 1,25.
Le Maschere 9, loggeito di L. Illica, monca di P. MaseagnL
do 1901. Albom-rioordo. In-8^ fig. — Milano. Tip. G. Martinelli
j. 1.
FRANCESI
B.^ GMde de Tamateur d'ouvrages eur la Musique, 1e§ Muneiene
éàfre. Précède d*an Emi de claasemenfc d*ane Bibliographie generale
inqoe. In -8*. — Paris. Fischbacher. — Fr. 1.
La Luiherie. 1 toI. ^ Paris. J. Fissore. — Frs. 8,50.
Lee ancitree du Vichn et du VioìonceUe, Lee hUhiera et lee fahrir
vrcheU. 2 toI., in 8% — Paris. Schmid. — Frs. 80.
Jeamr-Jaequee Bomecau, wmeieien. 1 toL, iii-8<*, fig. — Paris.
lier. — Fra. 5.
Digitized b;
.Googl
514
ELENCO DEI UBRI
TEDESCHI
' ) '
ir
Batka R., Die Musik der Alien Grieehen. In-8«. — Prag. F. Ehriich.
Breoher Q., Ric?Mrd Strauae. Eine monograph. Skizze. — Leipzig. H. Se
Berìiog H.t sein Leben ti. aeine Werìce, v. Arth. Hahn, D' L, Voi
Poehhammer, etc In-8». — Leipzig. Seemaon.
Frimmel Th., X. V. Beethoven (BerUhmie Mmiker), Iii-8«. —
Harmonie.
Hansliok E*^ Aua neuer ti. neueater ZeU (Der modernen Oper IX TI.). I
Berlin. < Allg. Vereio f. deat. litterat. > ,
Harmonie-Kalender. Violine « tur Begleitg. » durch d. J. 1901, Fol. —
Harmonie.
Jadassohn S*^ Meìodik ti. Harmonik bei R, Wagner. In-8«. —
Harmonie.
Heuser K,^ Wie spieìe ich am besten Klavier? In-S*". — Leipzig. Rein
KOckert A*^ Im Gesangverein, Vortrdge iib, einige der f, den Cho
nothwend, theoreHaeh-pràkt Kenntnisse der Mti9ik, der Stimmorgan
Singene. In 8*. — Leipzig. 6ebr. Hag.
Kothe B.y Abrias der Muaikgeschiehte. 6 Aufl. In-8<>. — Leipzig. Lene
Krause T., Ueber Musik ti. Mtésiker. 8 Reden. In-8». — Berlin. E. S.
Lissfa F. Briefe hrsg. V, La Mara. 5 Bd. Briefe an Pflrstin C. Say
genstein. In-8<>. — Leipzig. Seemann.
Merian H., Moearts Meieteropern. In-S®. — Leipzig. Seemann.
Musiker- u. Dichterbriefe an Paul Kuceynski. In-8*. — Berlin. Harna
Nossig A.^ J. J, Paderewski. In-S^. — Leipzig. H. Seemann.
Pfohl F., Fiihrer dureh B. Wagner'a Oper : « TannMueer » . Eine pn
Eritik. 4. Anfl. In-8<*. — Leipzig. Reinbotb.
Plass L.^ Die deutsche orchestrale Tonkumi in Oefahr, Eine Denk-Scl
Berlin. A. Parrhyeius.
Pogsart £.^ Hermann Levi. Erinnerangen. MQncben. C. H. Beck.
Beinecke C.^ « Und manche liebe Schatten steigen auf*. Oedenkblà
beriihmter Musiker. In-8<». — Leipzig. Gebr. Reinecke.
Biemaun H., Munkalische RilckbUcke. In-8^ 2 Bde. — Berlin. Haraa
— Geachichte der Musik seit Beethoven {1800-1900). In-8». —
Spemann.
— Prdludien u. Studien. Gesammte Aufsàtze zar Aestetik, Tbeorìe n. Gè
der Musick. 2. Bd. In 8°. — Leipzig. H. Seemann Nacbf.
Schnerioh A», Die Froge der Beform der Katolischen Kirehenmusik
— Wien. Gerold u. Co.
Segniti E.^ Cari Beinecke, In-8\ — Leipzig. Seemann.
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BLBNGO DEI LIBRI 515
j Was m%u8 fnan v, der MudkgeaeMehie wissen? In-8*. — Berlin.
z.
isikaJiséhe. III. Bélart H., Richard Wagner in ZUrich {18491858).
— Leipzig. Seemann.
ler F., Die Sympkùnie naeh Beethoven, 2 Anfl. In S**. — Berlin.
r.
INGLESI
T« Poster^ TJie opera post and presenti an historical sketch. —
l^ork. Scribner.
9. C*9 The art of modulating, In-8<>. — London. W. Reeyes.
•f The new opera gìaes. Containing the plots of the most popolar
and a short biography of the composers, 4. ed« In- 12^. — Leipzig.
nboth.
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BDBI^GO DBIxIx^ n^aSIGjfl
Autori tnodemi.
Àndreoli Guglielmo. — Deux Morceaux paur Piano, BarearoUe, Sér
méìaneoUque,
Già li annunziammo; ora yèngon ristampati dagli editori Hag di Zarìgo.
Blamenthal Sandro. — Op. 2, 4. Zwei QumteUe fUr P.fi>rte, swei Vie
Viola und VioìonceU. — Leipzig. Ernst Ealenbarg.
Bossi M. Enrico* — Op. 101. 8ix Morceaux pour Piano. — Hog Frè
Già annunziato.
Cari Paez. — Berlin. D. Charton.
Il primo non s^impone forse abbastanza per carattere; T'è maggior naturi
neiradagio e nel finale (alla Tarantella)^ di effetto e esente da luoghi co
Cattanei Carlo. — Suite paasionnée.
I «^ -• Pezzi per pianoforte, inspirati ognuno ad un pensiero poetico. AfiBnchò Vi
- ^ . non si lagni del nostro silenzio a suo riguardo, diremo la yerità : sullo s*
} S^ di questa Suite si è già scritta in Italia troppa musica da teatro, la qua
• ;^ piacere a certo pubblico; uno stile simile non sarà mai accettato per buone
; Il musica da camera dai filarmonici di qualche gusto.
• *-
' ' ***" Da Yenezia Franeo.
1 1 Annunziamo la ristampa per cura degli editori Hug di Zurigo delle coi
' zioni per P.forte, Op. 8, 5, 7, che altra Tolta già segnalammo all*attenzk
I lettori.
Falconi Alfonso. — Op. 89. Peiei di notte (per P.forte). Notturno.
I nata. Valte, — Leipzig et Zflrich. Hug Frères.
Floridia P. — Op. 10. Six Pièces pour Piano: Maturka; Au lae du Kló
Beverie; ChanJt de la jeune fille\ Bavardage; Legende; Vabe-Capri
Leipzig et Zflrich. Hug Frères.
Piacevoli per l'idee, in carattere e scrìtte con gusto, sono pagine che me
fiiTore.
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BLINGO IMBLLA MUSICA 517
Oinseppe. — Op. 39. Detéx Morceaux p(mr piano. — Hag Frères.
mziato.
I Luca. — Due Campomùmi per Piano, Bomanga. Sèhergo. ~
^ et Ztlrìch. Hag Fròres.
> Jl* — Op. 4. Tantum ergo a quattro yod ed organo. — Torino,
rosino.
Frlts. — Op. 29. Concert (G moli) fUr Violoncello und Orchester,
T'AuiMug.
>n5. — Op. 87. Deux Morceaux pour Vioìon et Piano. — Leipzig.
B'orberg.
^ert. — Op. 30. Quartett N. 2 in A moli fUr P.farte, VioKne, Vioìa,
TioUmeeJl,
. Trio N. 2 in Es dar far P.forte, Violme und Viokmedl. —
g. F. E. C. Leackart.
ione non ri sostiene sempre ngaalmente; qaa e là baone cose, in com-
i oomporizioni di effetto.
eaaandro. — Op. 26. Pezzi per P, forte, Preludio, Bomanea^ Ma-
, Novelletta, Serenata,
. Minuetto, Arietta, Gavotta. — ZQrich et Leipzig. Hag Fròres.
I Gino* — Bomanee. — Milano. R. Fantnzzi.
f adbam Horaee. — Op. 80. 1^ Symphonieche Pràludien und Fugen.
ipzig. Breitkopf and H&rtel.
mo Topera importantissima deireminente polifonisia, e in particolare
r. 12 (dedicata a Cam. Saint-Sadns) in contrapj^anto quadruplo, la cui
eresserà gli studiosi.
ilio. — « Hoìie Meste » fUr gemiechten Chor, SolosUmmen und Or-
r, Ckwier-Partitur. — Leipzig. F. E. C. Leuckart.
I tende piuttosto a quello d* oratorio e alla ricerca dell* effetto; pur-
sona paigina si distacca vigorosa da quell'uniforme mediocrità.
ger Josef. — Op. 191 &. SexteU fìlr P.forte, Flòte, Oboe, Clarinette,
^ und Com {naóh dem Clavier-Trio N. 4 in ¥ dur). — Leipzig.
C. Leuckart.
di carattere, la semplicità e naturalezza delle idee raccomandano e
mpatica questa oomporizione.
u Georg. — Op. 25 Trio N.linV fUr P. forte, VioUne und Vio-
l —^Leipzig. F. E. C. Leuckart.
to compositore ci ricordiamo d*aTer in passato annunziato qualche co-
i Kartista s'è fiitto maturo e dimostra nel Trio che abbiara sott*occhio,
Blando; è un pezzo di effetto brillante.
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518 KLBMOO DELLA MUSIGA
Autori antichi.
Joh. Seb. Baeta* — 6 Praeludien und Fugen fUr OrgeH, fUr das P-f
noci HSnden bearbeitet von Eugen d? Albert. — Leipzig. Rob. Fori
— Praehidien wtd Fugen fUr Orgeì, fur P, forte eweihdndig bearbeitet Vi
gust Stradai — Leipzig. Edition Scbabert.
Oggi i maggiori pianisti amano intercalare nei loro programmi le comp<
originali per organo di Bach; e le trascrizioni saocedono alle trascrizic
^Albert dobbiamo i Preludi e Fughe in Do min., Sol magg.. Fa
La magg., Fa min., Be min.; allo Stradai i Preladi e Fughe in Sol
Be min., Mi bem. maggiore. Mentrechò il d* Albert è più sobrio neireffe
Stradai, che già apprezzammo qaale trascrittore abilissimo, tenta di tradì
piano la potente sonorità dell'organo, e Peperà loro ayrà certo il faT(
pianisti.
-)))•(((-
1 > -r
Giuseppe Magrini, Gerente responsàbile.
ToRiKO — ViNOEMzo fìoNA, Tip. di S. M. e de* RB. Principi
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•i-memoi(iei-t-
La musica in Italia nel secolo XYIII
secondo le impressioni di viaggiatori stranieri.
(Cofit e /Sue, V. yoI. VII, &8C. 4% pag. 698, ann. 1900).
Il 1758 è un anno fecondo di descrizioni di viaggi in Italia. Dopo
la Du Bocage abbiamo l'abate Morellet, dopo l'abate Morellet il
Grosley, uno dei più importanti osservatori stranieri delle cose nostre
nel secolo XYm.
L'abate Morellet (1727-1819), che ebbe qualche filma tra i « filo-
sofi > come difensore di Voltaire ed entrò all' Accademia finncese,
scrisse la relazione del viaggio da lui fiitto in Italia in occasione del
conclave tenutosi dopo la morte di Benedetto XIV. È più curioso di
scienza che d'arte, tanto che, quando si reca a trovar Tartini a Pa-
dova nel dicembre, si compiace più a discuter con lui di acustica
che a sentirlo suonare « un capriccio que je trouvais mediocre >,
perchè « il n'avait plus de doigts et fort peu d'archet >. Ma la sua
conversazione era vivace e lo dimostrava uomo di «beaucoup d'esprit».
RiHata mmicaU iiaUana, Vm. 85
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fV
«
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a;.
I»
520 MIMORIB
Tartini voleva fare accettare dall'Accademia delle Scienze
rigi il suo sistema snl principio dell'armonia (1). Il Morelle
non aveva letto l' opera del Tartini, credeva che egli non
€ d'autre prétention que de faire recevoir comme véritable bai
damentale le troisième son qui résonne lorsqu'on en fait entendr
autres, expérience qui lui appartient». Si accorse invece che
linista aveva idee molto più vaste: « il veut assigner le pi
prìncipe physique de l'harmonie; il rejette la colncidence ci
brations et il prétend le trouver dans le rapport de certaines orA
à certaines àbscisses: il prétend que ce rapport est toujours le
\ 'è^\\ que celui des termos de la proposition harmonique et il prou
passant que son prìncipe est universel dans l'ordre physique e
est une des clefs du système de l'univers >.
Temendo che l'Accademia non leggesse il suo lavoro « qui e
mal écrìt et qui est une énigme perpétuelle », Tartini ne avev
un piccolo estratto di 4 pagine in folio, ma il fisico Morelli di ^
i f j disse a Morellet che « la partie mathématique de l'ouvrage ei
1^ ^' I mauvaise ». Morellet parlò poi al violinista dell'esperìenza di De
[" I nella quale si sentono rìsuonare sul cembalo e negli strum
fiato diversi suoni che in nessun modo si possono riguardare
gli armonici del suono fondamentale. E Tartini gli disse ci
canto suo aveva fatto esperìenze analoghe ed aveva trovato
si toccano insieme i suoni ut^ ufi sol ut^ mi sol si sente un
armonico piti basso che il suono ut. E per ottenere questo ris
accordava il cembalo per quinte esattamente giuste.
Nel suo soggiorno a Boma il Morellet rìporta grande imprc
dal concerto dato al popolo per la festa di S. Luigi dall'ami
tore di Francia, Bochechouart. Al palazzo di Francia in piazza S
cello l'ambasciatore « avait fùt établir un orchestre d' instru
à cordes sur un échafaud dressé au devant de la fa9ade et un
orchestre d'instruments à vent vis à vis à l'autre c&té de la
place, chacun compose de plus de cent instruments ». Il popò
entusiasmava uscendo in frequenti esclamazioni: 0 benedetto.
(1) Lo pubblicò nel 1767 a Padova col tìtolo: Be' principU déWarmon
sicaU contenuta nei diatonieo genere, Cf. Tipaldo, Biografia degU ital
ÌMtri II, 31546.
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LA MUSICA IN ITALIA NEL 8IG0L0 XYIU 5tì
gttsto, piacer di morire ! (sic), ma i Franceisi, commenta il MorelM,
« dépourTus du sens auquel s'adressent les sons et aree des oreilles
donblées de maroqain, comme nous le disait Caraccioli, Tambassadenr
de Naples », non ci sentirano che « da brait ».
Quando avremo ricordato ancora un cavaliere Litta, che il Morellet
conobbe a Milano e gli fornì occasione non solo di sentir ogni giorno
buona musica, poiché era pure discreto compositore, ma di comporre
uno scrìtto De Vexpression en musigue (1), potremo passare ad nno
dei più importanti fra i viaggiatori che^ visitando la penisola, ne
ricavarono impressioni musicali, Pierre Jean Grosley.
Questo letterato (1718-1785), che dalla nativa Troyes, da lui am*
piamente illustrata, seppe, caso insolito negli scrittori di provincia,
allargar la sua fama ai centri maggiori dello spirito e della coltura
francese, venne per la prima volta in Italia come addetto alla toso-
reria generale dei viveri dell'esercito durante la guerra di succes-
sione austriaca. Non eran tempi da visitare da artista la pefbisola (2),
ma gliene rimase neiranimo un tei desiderio che, appena gli fii pos-
sibile, ci tornò e, già s* intende, compilò le sue brave observatiimB
sui nostri usi e costumi.
Le prime edizioni di quesVopera assai notevole vanno sotto il nome
di € deui gentilhommes suédois » ; nelle altre il Qrosley mise il
suo nome.
Il viaggio comincia dal Piemonte a metà circa del 1758 ed ab-
bonda di osservazioni assai giuste firamezzate di boutades che non
han fondamento nessuno. Dove diamine può, per esempio, il Grosley
aver pescato — ed il Lalande poco più tordi gli ruba la peregrina
notizia — che « les Turinois sont regardés par les Iteliens comme
les Gaseons de Tltelie »?
Ma noi non ci vogliamo occupare di lui che nelle sue relazioni
colla musica e, tralasciando di spigolare ciò che di curioso e d'im-
portante si riscontra nell'opera sua su altri argomenti, restringia-
(1) Fu pubblicato nel Mercure del norembre 1771 e nelle Arebwea ìiitérairea,
t. VI, p. 145. Vi si troTano idee ÌDgegnose.
(2) Si trattenne nelPÀlta Italia negli anni 1745 e 1746. Rimangono di qaesto
periodo alcane Lettres sur VltaUe assai spiritose {(Euvres inédites. Paris, 1818,
Yol. Il) e dei Mémc4r€8 mt les campagna de 1746 et 1746, Àmaterdam, 1777.
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522 MBMORIB
moci a metterlo a contributo per quanto si riferisce più direti
al nostro assunto.
Della musica italiana il Grosley ba fin dal suo afibcciars
penisola buoni saggi. Nelle prime città che incontra sente i
il violino € avec tous les harpégements et tous les démanchem
in chiesa, anche nei villaggi, « l'office a tout Tair d' un e
chacun y chantant sa partie selon la portée de sa voix et
formant par des sons pleins et soutenus la basse de toutes ces pa
Più si va innanzi e più il gusto si affina, tanto che — simil
assai curiosa — l'Italia « peut-étre comparée à un diapasoi
Naples tient Toctave ».
n soggiorno più lungo il Grosley lo fece a Venezia, ov'en
giato allo Sctido di Francia. A Venezia si legò d'amicizia e
doni (1) e collo Scarlatti e passò talvolta con loro giornate
Si terminavano con concerti pubblici e privati, cui il Gros]
suoi compagni — poiché il nostro, secondo l'uso del tempo, via
in compagnia e forse dei due gentiluomini svedesi cui attri
paternità dell'opera sua — erano ammessi sotto gli auspici del
comico e del musicista. Una sera ebbero persino, così racconta, ui
comica apposta per loro.
€ Le Goldoni et le Scarlatti », citiamo testualmente il G
« voulant nous donner une idée de leur thé&tre dans une saii
tous les théfttres étaient fermés, avaient pris la peine de ras»
une troupe d'elite, qui dans le sallon du théàtre de Saint Jean
sostome nous donna une des meilleures pièces en ce genre »<
biamo proprio credergli?
Non v'eran teatri aperti, ma musica se ne sentiva dovunq
piazza S. Marco ove talvolta < un homme de la lie du peup!
cordonnier, un forgeron avec les habits de son métier commei
air: d'autres gens de sa sorte se joignant à lui chantent cet
plusieurs parties avec une justesse, une précision et un goù
peine rencontre-ton parmi le plus beau monde de nos pays s
trionaux ». Meglio ancora nelle comunità religiose e nei famo£
servatori. Mentre visitano ai Servi la tomba di fra Paolo
(1) Il Goldoni però nelle sue Memorie nalla dice in proposito.
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LA MUSICA IN ITALIA NBL SSGOLO XVUI 523
« toute la jeunesse de la communité était à l'orgae qa'elle tonchait
alternatitemeiit. Gomme je leur criais viwi et bravo, le plus habile
se init au clavier et me rogala de cinq ou sii morceaux de diffé-
rents caractères, tous aussì bien choisis que bien exécutés >.
Dei Conservatort nota come la musica sia la parte capitale d'una
educazione « qui parait plus propre à former des Lais et des Aspasies
que des religieuses ou des mères de famille ». Comunque siasi, non
si può rimanére indifferenti alla musica brillante che vi si ese-
guisce, specialmente a vespro. « Elle est exécutée pour la partie vo-
cale et pour la partie instrumentale uniquement par les fiUes de la
maison qae Fon volt à travers la grillo gamie d'un crdpe léger, se
trémousser et se donner tous les mouvements qu'exige l'exécution
de la musique la plus vive: le tout presque toujours à l'italienne,
c'est-à-dire sans battement de mesure ». Un mottetto che sentì il
Grosley sotto la direzione di Scarlatti fece poco effetto perchè il
maestro « le battait à la napolitaine, c'est-à-dire en employant le
leve où les autres italiens emploient le frappé ».
Nella chiesa di S. Lorenzo il giorno del santo titolare il Grosley
assistette alle funzioni, rese più solenni da un'esecuzione musicale
monstre. Erano quattrocento tra voci e strumenti sotto la guida del
Sassone, compositore, s' intende, della musica. « Cet orchestre ap-
plique au revers du portail, en face de l'autel, embrassoit toute la
largeur de l'église qui dans sa totalité forme une espèce de grande
salle plus largo que longue: il était ólevé du sol à la hauteur de
douze pieds ou environ et distribué en compartiments systómatiques
et enjolivés avec go&t ainsi que les colonnes qui portoient tonte
la machine par des rubans, des guirlandes et de la toile bouil-
lonnée ».
Parecchie file di seggiole che voltavano la schiena all'altare erano
disposte in mezzo della chiesa e non furono rimosse nemmeno du-
rante la messa grande, che durò la bellezza di cinque ore {sic)
€ ausai chaudes qu'il étoit possible de les avoir h Venise dans le
mois d'Aoùt ». Le monache, tutte gentildonne, andavano e venivano
a due grandi inferriate presso l'altare e facevano conversazione di-
stribuendo rinfreschi a cavalieri ed abati che col ventaglio in mano
stavano in cerchio attorno alle inferriate. Il celebrante ed i suoi as-
sistenti stavano quasi sempre seduti «et ayant pour coup d'oail le
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QM MSMOB»
àoB de tonte Tassemblée someiit et e'essuyoient, paroiasant attendre
le diiier avec la plus vive impatìenoe >.
Il giorno deir Assunta simile spettaeolo nella chiesa omonima.
« Là la mnsiqiie étdt partagée en deax cboBurs qui se réanissoient
poar certains morceanx. Toute cotte mnsiqae malgré la variété et
la complication de ses partiee s'exécutoit sans battement de mesore.
Le compositear n' est occopé qu'à ezciter dn gesto on de la yoìx
comme un general d'armée l'est de ceux qui vont à la ebarge >•
I teatri ài Boma auffl^eriscono al Grosley le solite tirate sogli eu-
nucbi e sulle loro voci eSemminate. Meglio una voce di donna ancbe
meno perfetta o quella di un fanciullo cbe quei suoni flautati che
escono da corpi € qui leur aont si peu analogues ».
Non può nascondere però una viva ammiratone per il culto che
gli Italiani rendono alla musica. Per loro è una passione, un bisogno,
€ besoin relatif à leur tempérament sur lequel elle agit d' autant
plus délicieusement qu'elle est plus bruyante ».
Ed a riprova di questo suo giudizio riporta una conversazione
avuta con un prelato durante una festa in onore della promozione
del cardinale Friuli data dal principe di Yiana. Davano concerto i
migliori musici di Boma. Lo sconosciuto prelato, presso il quale se-
deva il Qrosley, gli chiese quali fossero le sue impressioni. « Je lui
répondis », scrive il nostro autore, < qu*à en juger par le plaisìr
qu'elle paroissoit faire aux connoisseurs je la croyois excellente, mais
que je n*en entendois que le bruit. — J*aime la franchise de votre aveu,
me dit le prélat en souriant, mais prenez patience: dans cinq ou
six mois vous commencerez à sentir de la melodie où vous n'entendex
que du bruit. Vous étes à cet égard comme un homme qui ayant
vécu dans un souterrain passeroit subitement au grand jour. Les yeux
éblouis n'aperceveroient rien et ils ne parviendroieot que par degrés
à déméler les objets et à les distinguer. — Mais, lui répliquai-je,
si vos virtuoses visent plus au bruit qu'à rharmonie • . . C*est à cela
prócisément que vous reconnattrez les mauvais ».
E qui il buon prelato gli raccontò un aneddoto del celebre Tar-
tina A detta sua, i migliori virtuosi d'Italia non si sentivano con-
sacrati famosi, fintantoché non fossero stati giudicati dal grande vio-
linista di Padova. E per ottenere un giudizio &vorevole spiegavano
«tous les tours d'adresse, de force et de souplesse: leurs doigts vo-
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LA MUSICA IN ITALIA NSL SSGOLO XPniI 985
lent, tour archet pótille et lonqa'ìls wt finì: < Gela est brillaat» dit
froidement Tartìni à la plnpart, cela est vif, cela est tròe fert, bhùb
eeh oe m'a rìen dit là, ajonte-t-il en portant la maio à son ccBor ».
Un'altra volta il Qrodey sì trovò in una converaaEÌone, ore sì af-
fettava di riguardare la mnsiea francese < Gomme une pnmonciatìon
aaissi mauvaise qne cfaoqnaate d'une langne que les Italiens seols
savent parler >. Essendo sopra^unto nn magistrato francese die
Mggiomava aUora a Berna, il Qrosley lo pregò di cantare qaalche
aria francese. Il magistrato cantò l'aria : « Da Dieu des coBnrs on
adoro l'empire », e la cantò « avec l'air, le godt et les agrémmts
dee meilleurs chanteurs de Paris >.
Il Grosley credeva d'averla spuntata, poioliè « les enchaines de cet
air excitoient dans nos Italiens un trémoussement quo je regardois
oomme une ex^essìon d'admiration et de plaìsir ». Ma quale non
fo il suo stup<m allorché, terminata l'aria, vide gli uditori gìanger
le mani ed alzare gli occhi al cielo e li senti recitare in tuono sordo
e lamentevok il versetto: Et aeeundmn muUiiudmem miseratiomm
iuarum deh miqmtatem meam.
€ Ils vouloìent dire », chiosa il Grosley, < que dans l'air qu'on
veneit de leur chanter ils n'avoient entendu que le verset du Mi-
screre. Et en effet tous les monvements d'admiration que les en-
chaines m'avoient pam leur arracher, les ayant pressés de s'expliquer,
ils me protestèrent que j'avais pris pour admiration ce qui n'étoit
qu'indignation excitée par l'ennui porte à son demier periodo ».
Napoli è, secondo il Orosley, il centro della musica in Italia, ma
si risente « un peu, ainsi que les autres arts, du goùt du terroir pour
le eaprieeiow et le airavagante ». L'opera di Napoli è lo spettacolo
più brillante, piti grande, più magnifico dell'Italia e senza contrasto
di tutta Europa: è variato da marcie, battaglie, trionfi. Truppe nu-
meroee, cavalli riccamente bardati, agili schermidori, tutto contri-
buisce a dar l'illusione della verità.
L'opera di quella, stagione era il Demofoonte di Metastasio messo
in musica dal Sassone (1). Tutta Napoli l'alzava alle stelle, giurando
(1) Vi cantayano il Babbi, Tommaso Gnardacci, Carlo Ambrogio, la prima
donna Caterina Gallo, Francesca Gabrielli e Maddalena Valle.
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5d6 MXMORII
e spergiurando che nessun maestro aveva mai trattato ood eccellen-
temente tale noto soggetto. Veniva in particolar modo applaudito il
duetto che termina il second'atto, < mais les larmes se mfilent aux
applaudissements dans l'ariette connue: Misero pargoUUot que li-
mante adresse à son fils qu'il tient dans ses bras. L'expression de
eette ariette étoit celle de la nature. Les Fran^oid présente à ce spec-
tacle oublièrent eux mèmes l'air gauche du soprano qui remplìssoit
le rOle de Timante et la dissonance de sa voix avec l'ónormité de
sa taille, de ses bras, de ses jambes pour mèler leurs larmes à celles
des Napolitains >.
Fioccavano naturalmente i bis ed allora < l'orchestre revient au
prelude, le castrat se promène circulairement et reprend l'ariette.
Gela se rópète quelques fois jusqu'à cinq ou sii fois et c'est dans
ces reprises que le chanteur épuise toutes les ressources de la na-
ture et de l'art par la variété des nuances qu'il répand sur les tons,
sur les modulations et sur tout ce qui tient à l'ezpression. Quelqne
légères que soient ces nuances aucune n'échappe auz oreilles italiennes;
elles les saisissent, elles les sentent, elles les savourent avec un plaisir
appelé l'avant goùt des joies du Paradis ».
U Grosley termina le sue osservazioni sull'Italia con una lunga
dissertazione intitolata: Essai éPhistaire comparée de la tnusigue iior
Uewne et de la musiqus frangaise (IV, pp. 84-136), che fu tradotta
dall'Hiller ed inserita nei n' 3-6 dei Woechenilichs Nachrickien und
Anmerkungen der Musile (1769) e gli valse pure una breve men-
zione nella Bibliografia del Lichtenthal e nel DiMioftario del Fétis.
Vi ribadisce le osservazioni fatte nella descrizione del viaggio con
qualche pizzico di erudizione ed esce in qualche giudizio meritevole
di esser ricordato, come p. e. il seguente sull'organo in Italia. < Chaque
note s'y £ait sentir distìnctement et le jeu plein, male et sevère ré-
pond à la majesté des lieux où cet instrument est admis. Il fait
comme la basse continue de la psalmodie et joue ensuite sa partie,
pianoy sans la broder ni Tallonger par d'inutiles fredons dans les pièces
mSmes où le champ lui est abandonné. Geux qui ont entendu à
Bome ou à Naples quelques-unes de ces musiques que l'orgue donne
à l'Élévation en parlent comme de pièces composées et exécutées
dans cotte noble simplicité qui caractérìse le sublime et qui Tac-
compagne toujours ».
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UL ICUSIGA m ITALIA USL SEGOU) JYUl 527
Alla « colluvie di settentrionali » che veniva a passare alcuni anni
« d'ineducazione » nell'Accademia di Torino, ove l'Alfieri dal « terzo
appartamento » sdegnoso guardava al « primo appartamento », teatro
dì s£u^iate preferenze usate ai paggi di Corte ed agli allievi fore-
stieri, appartenne Edmund Bolfe, di Heacham Hall nella contea di
Norfolk, n suo Continental Bairy (1) o, come l'intitola il recente
editore, E. Neville Bolfe, console britannico a Napoli, pronipote del-
l'autore, Old world joumey (viaggio del buon tempo antico), ci dà
preziosi ragguagli sulla vita dell'Accademia torinese, e qui non è il
luogo di occuparsene (2), ma ci porge pure notizie non trascurabili
sugli spettacoli, cui assistette a Torino ed in diverse altre città. Ce
lo ricorda anche l'Alfieri nella sua mirabile autobiografia: comple-
mento necessario del soggiorno all'Accademia era il viaggio d'Italia.
Del teatro fiegio di Torino pare che il Bolfe fosse piuttosto assiduo
frequentatore. Lo descrive minutamente, insistendo in particolar modo
sulla praticità di certa macchina per trasportare cavalli e carri al
piano della scena, come pure sui mezzi usati per allungarla. Così
nella stagione di carnevale del 1761 potè vedervi rappresentata una
battaglia « in cui v'era uno squadrone di circa 60 cavalli, che assa-
livano e si ritiravano con tanta regolarità che parevano in piazza
d'armi. Si rappresentava allora l'opera Tigrane » (3).
Altri teatri ricorda, ma più per l'architettura che per gli spetta-
coli. Fu a Parma nel settembre ed ottobre del 1760 per il ma-
trimonio dell'infante Isabella coU'arciduca Giuseppe d'Absburgo, poi
Giuseppe II, la violinista di cui ci parla la Du-Bocage, e vi assistè
€ ogni sera ad un bellissimo spettacolo d'opera ». In aprile 1761
s'avviò a Venezia, dopo aver passato l'invemp all'Accademia, e, fer-
(1) E. Ne71lle-Bolfe, Napìe$ in the Nineties. Naples, 1897, Emil Prass. È
una descrizione arguta e vivace dei costami napoletani contemporanei, cui l'A. ag-
giunse la pubblicazione del diario del suo antenato.
(2) Cfr. un mio articolo suUa Stampa di Torino, 4 ottobre 1899: Un compagno
cP Accademia di Vittorio Alfieri,
(3) Di Piccini. Vi cantavano Maddalena Parigi, Teresa Mazzoli, Pietro De Mezzo,
Gaetano Guadagni, Carlo NicoUni, Antonio Gotti.
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matosi a YeroDa, ne frequentò il teatro. Oli piacque me
€ non è molto grande, ma molto grazioso. Ne ho visti pod
siano piaciuti tanto: quanto alle voci, ohe è Tartìcolo princi
posso dire altrettanto ». Si trattane per TAseensione a Yenes
contenta di dire che i Veneziani vanno matti per l'opera, pi
gli altri Italiani ; per la fiera fu a Vicenza e di nuovo a ]
A Parma rìmafle j>arecchio tempo « on account of the Op
per le sue deooraùoni, la musica e i balli è uno dei migli
d'Italia. € Secondo l'uso francese »> scrive il Solfe, « le di
losche sono abolite e non mi par dubbio che di qui a qua
queste danze triviali {low dancing) non compariranno più
l'opera buffa. Presentemente Parma è una specie d'Accad
formare ballerini e presto potrà fornire a tutta Italia i mìg
lerini che ora vengono da Parigi ». Ed aggiunge questo pi
che ha il suo pregio. « Qui ogni cosa è più cara che alt
un forestiero l'ingresso a teatro è di tre lire di Piemonte, n
abitanti pagano soltanto quindici soldi della stessa moneta
Il 13 luglio partiva per Seggio, ove risiedeva la Corte d
fiera, perchè v'era « un'opera molto buona, ma non però
quella di Parma ». E di là si spinse fino a Napoli, visitai
città, dei cui teatri nulla dice, salvo di Lucca. Vi si tratj
l'autunno del 1761 e nota che quella stagione d'opera « sei
of drawing many foreigners », era un richiamo dei forestiei
Spicca tra i visitatori stranieri d'Italia nella seconda met
tecento l'abate Gabriel Franfois Coyer (1707-1782), se non
per la curiosa particolarità di aver compiuto tutto il lung<
col proprio legnetto guidato da un cavallo proprio. Go^ rac
terìa da dare anche lui alle stampe il suo Voyage éF Italie (1
sotto forma di lettere indirizzate ad una « respectable A
Era il vero tipo dell'abate del secolo XVIII: le sue descrizioD
(1) Voyage d'Italie, 2 voi. ìn-12. Paris, 1776, 1778, Dachesne.
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LA MUSICA IN ITALIA NBL SEGOLO XTIII 529
per certi riguardi le sue BagaUiUea morales^ ma le osser-
ìi profonde richiamano piuttosto alla mente il eoo libro
lesse commergante. Oomunqne, è un abate spregiudicato,
I eia poco lontano dai sessant' anni, e, come loda le vene-
une belle camation et d'une taille svelte », così parla, en
«ce de cause^ di materia teatrale. Possiamo quindi prender
icerone per gli anni 1768 e 1764.
in Italia dal Moncenisio, si fermò, com'è natunde, a To-
tò il teatro Begio e lo descrive « d'une grandeur dont lee
pprochent pas ». Non vi assistè però a spettacoli, perchè non
Kura di carnevale, e si dovette contentare « de l'opera co-
ses boufions ou leurs semblables qui ont donne tant de plaisir
)ur à notre benne ville de Paris ». Sentì la Guadagni,
ate actrice à qui on a crié bien dee fuora » : Pugnani (1),
Ls avez admiré à Paris, plaisait à son ordinaire ». Nota che
ino guardie in teatro: «ces gens-là veulent approuver ou
m ce qu'ils sentent : ils veulent ètre libres pour leur argent ».
)6ure que j 'avance, » scrive da Milano l'il ottobre, «les
l'agrandissent. Colui de Milan est plus grand que colui de
Era quello sorto nel palazzo ducale sulle rovine del vecchio
nel 1708 e pur esso destinato a rimaner preda di un in-
25 febbraio 1776 (2). « La forme de la salle en quarré long
BLVorable aux spectateurs. Lee logos appartiennent en propre
tei. Chacun éclaire la sienne, la tapisse à son gre, y met
3, en fait un cabinet d'assemblée: mais en l'absence du
re elle reste fermée du cdté des spectateurs. Cela est-il
e de voir l'intérieur d'une loge vuide? C'est un problème
lus donne à rósoudre ».
ano sentì « la célèbre Paganina que Londres et Berlin
rèe. On a bien crié des fuora. Ces frequente his pour des
ssez longuee allongent beauconp les spectacles ». Provano
nodo che € les Italiens aiment les acteurs beaucoup plus
ne les aimons » : infatti non si contentano di applaudire
lebre violinista.
CcBAN], Storia di Milano, II, 160-01 e IV, 54-58.
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530 MEMORIE
ma € il crient en nommant brava Pagtmina , bravo ChraMioU^ che
viva Cespi ». Al teatro di Milano vide « autant d'ecclésiastiquea que
de lalqaes », ma nessuno se n'adontava.
Da Bologna scrive entusiasmato: « Vous ètes trop jeune pour avoir
entendu le chevalier Broschi lorsqu' il enchanta Paris et Yersailles
sous le nom de Farinello (1). Sur la foi de la renommée j'avais
toujours regretté cotte benne fortune. Je l'ai entendu: mes oreilles
en sont encore pleines ». Dove lo sentì ? anzi è possibile che Io sen-
tisse? Farinelli, tornato di Spagna, non cantò più in pubblico e quasi
mai in privato.
Capitò a Soma all'aprirsi del carnevale del 1764. « Vous sentìriez-
vous assez de courage», scrive appunto da Roma, < pour essuyer
cinq heures d'opera? En Franco nous y ailons pour entendre et suivre
la pièce : ici c'est pour la conversation ou pour se visitor de loge en
loge: on n'ócoute ou on ne s'extasie qu'à l'ariette. Il estvrai qu'on
ne perd guère à la psalmodie du récitatif: mais les beaux vers de
Métastase sont aussi perdus Je vous ai dit que l'on n'écoutait que
l'ariette. Je me trompe: on prète aussi son attention aux récitatifs
obligós plus touchants que les ariettes, qui vont rarement au c<Bur ».
L'opera buffa è non meno frequentata dell'opera seria.
Uguale € fureur des spectacies » trova a Napoli, dove pur regna
la carestia, ma « la bonne compagnie n'a pas encore fiùm ». 11 teatro
deiropera presenta uno splendido colpo d'occhio, specialmente « lorsque
le Boi l'honore de sa présence, ce qui arrivo tous les dimanches ».
La € pièce du jour » è la Bidone abbandonata (2), colla famosa
Gabrielli, che fa la sua parte con tanta verità « qu'ii faut que le
pieux Ènee ait bien de la dévotion pour resister aux charmes de sa
voix et de sa figure ». Ad una monacazione sente Cafariello che
« t&chait de soutenir sa gioire » : la musica eseguita era « on ne peut
plus jolie ». Ma a Boma, per compenso, del € Misererò » d' Allegri
dice che € ce sont des gémissements qui déchirent le coBur » (3).
(1) Neirinverno del 1736-1737. Piacque perfino a Luigi XV che non amafala
masica e particolarmente la mnsica italiana.
(2) Del Traetta. Cfr. Ademollo, La piti famosa deUe eanianti itaHane neUa
seconda metà del «et^eento (Caterina Gabrielli), Milano; 1890, Ricordi; e Crocs,
I Teatri di Napoli, p. 505.
(3) Sulla mnsica nelle chiese notiamo questo accenno da Loreto: < Farmi les
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SECOLO ITIII 531
Frequenti sono nei due volumi del Goyer le considerazioni gallo
stato della musica e non manca in fine il suo bravo parallelo tra la
musica francese e T italiana, uno degli argomenti più triti di quel
tempo. Ci contenteremo di riferire qualche giudizio più curioso. La
musica da Torino* a Napoli va sempre perfezionandosi: a Napoli tocca
il colmo. Molti vi sono i conservatori, che forniscono di soggetti tutta
l'Europa. Più che altrove a Napoli la musica ha « une occupation
continuelle », nei teatri, nei concerti pubblici, nelle case patrizie,
nelle chiese, perchè « les Napolitaìns vivent plus par les oreilles que
par les autres sens ». E così dal più al meno in tutta Italia. « Les
violons, la harpe, le chant nous arrétent dans les rues. On entend
sur les places publiques un cordonnier, un forgeron, un menuisier
cbanter une aria à plusieurs parties avec une justesse, un goùt
qu'ils doivent à la nature et à Thabitude d'entendre des harmonistes
que Tart a formés».
• * ♦
« L'indigesta filza di epistole che si fingono scritte da inviati cinesi
in Europa e compongono i sei volumi àeilVE^ion chinais (1) » sono,
a giudizio dell' AdemoUo (2), < piene di acrimonia così stupida, figlia
di un'ignoranza così crassa e d'un'ostentazione di disprezzo così buf-
fonesca » contro la nostra musica teatrale, che non meriterebbero
di esser citate, se il fiEtmigerato cavalier Gondar, loro autore, non
avesse avuto il suo quarto d'ora di celebrità, illudendosi di rifor-
mare il gusto in Italia col gridare « il delenda Carthago contro il
melodramma italiano ».
Contentiamoci di dame qualche saggio. < Le Boi de Sardaigne »,
scrive nella lett. XI da Torino (tomo II, pag. 81), € passe pour avoir
la musique la mieux entendue et on conclut de là que c'est un grand
prince: par la raison qu'il sait se procurer une ;nodulation parfaite
cantiqoes il y en a un qui est indiqné dans le livret de dévotion à Tasage des
Fran9ais sur Tair des foUei éPEtpagne » .
(1) VEspion chimi8. k Cologne, 1765.
(2) Un avventuriero francese in Italia nella seconda metà del settecento.
Bergamo, 1891.
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et qae rbarmoiiie dans radministratìon forme nae gisncto partìe de
l'art de régner.
« Il y a aussi un opera italien à sa ooar: mais je ne troave pas
que ce soii la meilleare pièoe de sa musìqae. À l'opera fran^aia on
parie sane ehanter, à oelni d'Italie on chante sana parier. TTn anunl
y &it une déclaration d'amour à sa mattrosse avee une senio voyelle
qu'il roule pendant un quart d'heure dans sa benché.
€ Au spectacle du Palais Boyal on gagne dee ìnsomnies, k celni
de Tarin on tombe dans des assonpissements. Lea speetatenrs y ont
cet ayantoge qn'ils y sont aussi tranquillement que dans leurs lits:
OH y dormiroit paisiblement pendant les trois actes que dure l'opera
si on n'étoit réveilié de temps en temps par le bruit des ariettes ».
A Milano, come a Torino, si vedono sulla scena « deus ou trois
chfttrós qui vont, qui viennent et qui d'une voix efféminée chantent
gaiment leur martyre ». A Venezia ci sono quattro € spectacles
divins », i conservatori, dove « à peu de frais on peut se donner ce
Saint divertissement ». Nella lettera XCI da Bologna (tomo III, pa-
gina 166) vi è una pagina non priva di verità sulle condizioni della
musica saora. « J'allai d^nìèrement » , scrive il finto chinese, « à ce
qu'on appello lei une grand' messe en musique. £n entrant dans
l'église je orus d'abord étre à l'opera: du moìns il n'y a auoune dif-
férence qnant à la composition. Entrées, sympbonies, menuel», ri-
gaudons, airs à voix seule, duos, chodurs, accompagnements de tam«
bours, trompettes, timbales, cors de classe, hautbois, violons, fifres,
flageolets, en un mot tout ce qui sert à former lliarmonie d'un
spectacle se trouvoit employé à celui-ci.
« C'étoit un chef d'oBuvre d'impiété. Quand le oompositeur auroit
fait une noMase pour la déesse de la volupté il n'auroit pu employer
des sons plus tendres ni des modulations plus lascives
« Il y a surtout un hymne adressé à la Divinité, dont le premier
verset comm^ice par ces mots latins Tantum ergo^ qui est toujours
très divertissant. Il est d'abord question d'un adagio tendre et vo-
luptueux qui dispose l'àme à la tendresse. Ensuite vient un allegro
qui la retire de cet état de langueur et qui la réjouit infiniment.
Il finit parie mouvement vif et precipite du rigatuhn^ qui en Europe
est celui qui invite le plus à la danse ».
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LA MUSICA IN ITALIA NBL SEGOLO XVIII 533
Il vayage en Italie del Lalande (1) è aoo dei più meritamente
celebrati del secolo XVIII. Portando nell'osservazione degli usi, dei
costumi, delle arti dell'Italia lo spirito d'indagine che fecero di lui
uno dei più grandi astronomi di tutti i tempi, il Lalande lasciò in
nove volumi una testimonianza preziosa del viaggio che compì nella
penisola tra il 1765 e il 1766. Sarà dunque anche per noi una fonte
importante di notizie, di aneddoti, di osservazioni sulla vita musicale
del settecento.
Entrato in Italia dal Genisio, il Lalande si ferma parecchio tempo
a Torino e descrìve minutamente il teatro Règio « le plus étudié,
le mieux compose, le plus complet que l'on voit en Italie, le plus
richement et le plus noblement dècere qu'il y ait dans le genre
moderne ». Rimandiamo al testo del Lalande (I, 110 e seguenti),
come abbiamo già fatto per altri» il lettore curioso di questi par-
ticolari , e contentiamoci di rilevare come il Lalande , diligentis-
simo raccoglitore di notizie statistiche, ci parli della società dei
quaranta cavalieri, che esercivano l'impresa, col sussidio annuo della
cassetta regia di 18000 lire, più le carrozze e i cavalli fomiti pure
dal Be. L'allestimento di un'opera, dice il Lalande, costa circa cento
mila lire, perchè si hanno quasi sempre i migliori cantanti d'Italia.
Però i palchi non costano più di 100 lire, l'ingresso 30 soldi e per
abbonamento 12. Il teatro Carignano serve per le opere buffe. Di ar-
tisti torinesi ricorda il Lalande, elogiando « l'excellente musique »
della Cappella regia, Somis € qui étoit un des plus fameux violons
de l'Italie », Pugnanì, Viotti, Giardini, i Besozzi, due oboisti e uno
fagotto, e finalmente Pagin, Vachon e Lametti.
Del teatro di Milano, del Farnese di Parma, del teatro di Reggio
non abbiamo che le descrizioni; del Ducale di Parma, ci dice il
Lalande avervi veduto rappresentare il Bcyazet d'Apostolo Zeno, messo
(1) Voyage en liaUe per H. de Lalande. Seconde éditìon. A Paris, chez la
Yenve Desaint 1786, 9 voi. inl2. La prima edizione sotto il titolo: Voyage
cTun francais en ItaHe, 8 voi. in-12, fa stampata nel 1769 « à Yenise et se troave
à Paris, chez Desaint >.
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MIMORn
<!■■■ ^
in musica dal Bertoni, nota come lo spettacolo duri dal
mezzanotte e mezza ed abbia luogo di solito in maggio i
segaendo poi la commedia francese ed in carnevale l'open
A Bologna le € arts agréables > sono coltivate ìntensam
fatti vi si recinta la maggior parte dei suonatori delle
d'Italia, n teatro (il Comunale allora allora edificato) è beli
frequentato, € aussi brillant qu'à Paris, du cdté du bea
mème dans nos plus grands jours d'opera : les voyageurs ne i
pas d'y aller quand ce ne serait que pour connoftre à q
les femmes y portent le luxe », e per osservarne il caratte
et enjoué ». Vengono (e non era particolarità solo di Boi
compagnate dai loro . cicisbei e talvolta si vedono « don
mains à baiser à ceux qui aspirent à le devenir sans que le
trouvent cela extraordinaire ».
A Firenze, descritto al solito il teatro della Pergola e <
Cocomero (« le petit théàtre »), il Lalande riferisce un anc
rioso, di quelli di cui si potrebbe ripetere il noto : « se no
è ben trovato ». Un francese una sera appicca conversazioni
abate e^ parlando di teatri, Tecclesiastico si lagna delle no
colta che s'incontrano a serbare a Firenze i buoni artisti (
forestiere che l'inverno precedente il migliore dei suoi cas
aveva fatto venire da Napoli l'aveva piantato in asso, che
nere s'era ammalato, che € de peur de voir déserter son Op
avoit renforcé les danseuses, qu'il en avoit une surtout qui j
gure et ses talents faisoit l'admiration de tonte la ville, m
anglois la lui avoit débauchée ». Sorpreso di tali discorsi
d'un prete il francese gli chiede chi sia. « Son l'imprendi
l'opera, per servirla », gli risponde e di fatti era proprio l'in
A Lucca le arti parvero al Lalande molto ben coltivate
alla musica > a giudizio anche del Genson € notre plus
violoncello qui étoit en Italie en 1767 avec le prince h<
Brunswick », in nessun luogo, nemmeno a Napoli, si potev
un'orchestra così perfetta come la lucchese, né sentire una ^
quella della Bastardina.
Diffusissimo è il Lalande su tutto quanto riguarda Bom
dano quindi anche, le informazioni, ma per lo più di cara
tistico, sui teatri (Y, pp. 179-191), e specialmente sull'i
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LA MUSICA IN ITALU NEL SEGOLO XVIH Si5
« le plus frequente de tous », suirAliberti, sul Tordiuona, sul Oa-
pranìca, ove si rappresentayano opere serie o buffe. Mancano le im-
pressioni personali.
Queste sono rìserbate al volume che tratta di Napoli, nel quale
anzi un intero capitolo è dedicato alla musica ed agli spettacoli.
< La musique », scrive il Lalande, « est surtout le trìomphe des
Napolitains, il semble que dans ce pays-là les cordes du tympan
soient plus tendres, plus harmoniques, plus sonores que dans le reste
de l'Europe; la nation méme est toute chantante; le gesto, Tinflexien
de la voix, la prosodie des syllabes, la conversation mdme, tout y
marque et y respire la musique; aussi Naples estelle la source prin-
cipale de la musique italienne, des grands compositeurs et des
excellents opéras ». E cita oltre ai grandi nomi di Gorelli, di Vinci,
di Jommelli, di Durante anche quello piii modesto di « M. Qibert (1),
habile musicien franfois, connu par les petits opéras de la Sybille,
du Oamaval d'été, de la Fortune au village, d'Apelle et Gampaspe »,
che risiede da parecchi anni a Napoli e coltiva la musica « dans
la première école quii y ait et il puise à la source les musiciens
dont on a besoin pour la Franco et dont il fait des recrues de temps
à autre ».
Seguono le solite note sui « castrati » che possiamo anche trala-
sciare, qualche cenno sui teatri San Garlo, Fiorentini, Nuovo, e giu-
dizi pur essi non nuovi sul Metastasio. Dei cantanti nostri biasima
« le jeu (qui) est détestable en comparaison du ndtre ». I virtuosi
« ne se donnent pas la peine de jouer » ; quando lo fanno € c'est quelque
fois d'une fa^on très familiare et très peu respectueuse pour les spec-
tateurs; ils saluent les personnes de leur connaissance, mème au
milieu de leur jeu, sans crainte de déplaire au public, dont l'indul-
gence autorise depuis longtemps cet abus : on peut aussi Tattribuer
au peu d'attention qu'on donne au spectacle où Ton fait un bruit
insupportable soit dans le parterre soit dans les logos ».
Nel volume del Lalande dedicato a Napoli, il sesto, è pure assai
(1) Paul-César Gibkkt (1717-1787). Parecchi dei castrati della cappella del
Be di Francia a .Versailles, tra cai Albanese» f areno da lai scritturati a Napoli.
Lasciò, oltre le opere citate, i Soifègea ou ìeQons de musique, Paris, 1783.
BMàta mutieak UaUema, Vm. 86
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536 MBMORn
interessante il capitolo « Du travail dee cordes à boyanx et dee tan-
nerìes». Napoli e Roma hanno quasi il monopolio della fabbrica
delle corde per strumenti ad arco. Nonostante il segreto che i fab-
bricanti, cosa d'altra parte già notata dal Lalande in Francia, ser-
bano sui loro procedimenti, Tillnstre viaggiatore potè avere, mercè la
gentilezza del sig. Angelo Angelued, molti ragguagli. L'Angelucci,
che aveva negozio « près de la fontaine des serpents », era il piii
stimato commerciante in questo genere ed impiegava nelle diverse
parti del Regno più di cento operai. Rimandiamo il lettore che fosse
curioso di questi particolari al libro del Lalande (VI, 407-414).
Anche a Venesia trova il Lalande materia di dedicare un intero
capitolo agli spettacoli (Vili, pp. 204-215). Dopo Napoli Venezia è
€ Tendroit de tonte Tltalie où la musique est la meillenre et la plus
cultivée»: ma nel suddetto capitolo il Lalande parla assai più di
commedie che di musica.
Qualche cenno ancora su Padova e Verona, sotto il rispetto musi-
cale, e basti del Lalande. Di Padova nota che la musica della chiesa
del Santo è composta di quaranta persone, sedici per le voci e ven-
tiquattro strumenti e tra essi Tartini, Antonio Vandini di Bologna
€ fort estimé pour le violon (1) », l'oboista Matteo Bissioli di Brescia,
il piemontese Vallotti € maitre de chapelle l'un des plus estimés de
l'Italie » (2).
A Verona, ricorda il Lalande che in novembre 1765 vi si rappre-
sentava V Antigone, parole di Metastasio, musica di Qiuseppe Sarti.
€ Ce spectacle étoit compose sérieusement: il y avoit surtout une
actrice qui a paru depuis peu en Italie avec une voix surprenante.
Elle s'appello Aguiari, mais on la nomme plus oommunément la
Bastardina (3), parco qu'on prétend qu'elle est batarde née à Ferrare:
(1) Violoncellista, non TÌolinista, come asserÌBce il Lalande. Fa amico intimo
di Tartini, col quale si trovò a Praga nel 1728 e qnindi per tre anni al serrizio
del conte Einsky. Gfr. Yidal, Les instrumenU à archet, II, p. 373.
(2) Vercellese (1697-1780). Fu per molti anni maestro di cappella a Padova.
Gfr. P. Fansaoo, Elogi di Tartini, Vaìhiti e Goesi (Padova, 1780).
(3) Lncrezia Agnjari-Colla nata a Ferra» nel 1743, morta il 18 magfpo 1783.
Si ritirò dalle scene nel 1780 e sposò il direttore d'orchestra Colla. La sna voce
era veramente fenomenale ed entusiasmò i pnbblici d'Italia e di Londra.
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LA MUSICA IN ITALIA N«L SECOLO XTIII
537
itablement rìen entendu de si sÌDgalier que l'étendue
ilité de oette voix. Il y Avoit anssi dans ce temps-là un
iremière force à Verone, nommé Manzoli et une danseuse
I, la Mantuanina, dont le nom propre est Maria Bar-
1 ces actenrs viennent passer à Verone un temps mort poar
théàtres d'Italie et ne laissent pas d* y gagner beaucoop.
ine a 350 sequins ou 4200 livres ponr une qninzaine de
ioDS, c'est-àdire ponr le rnois de noTerobre que dure
le spectaele coftte 40000 livres aux entrepreneurs. Aussi
beau; les étrangers y viennent en foule et les habitants
en sont très empressés. Dans le camaval ile ont un opera
I a questo punto il famoso Musical Tour del Burney, ma
del musicologo inglese è troppo noto perchè occorra che
rmiamo sopra. Citiamo piuttosto il letterato francese Quys
I), che nel suo Vayage litiéraire de la Ghrèee (Paris, 1776)
le parecchie Lettres écritea cTItalie nel 1772, notandovi
), ove potè sentir buona musica, quella dell'abate Rossi
inze, il console Digne a Roma, la famiglia Auda ad Albano,
"adenigo a Veoezia l'autore ammirò la formosa M»" Balbi
a cbanté avec la voix la plus douce, la plus séduisante et
\ les gràces du chant les plus jolies barcaroles, puis des
Bile a fait chanter le savant Biornbstaldt suédois (1), qui
t mourir de rire surtout quand elle Ta prie de se faìre
I voulait lui plaire en chantant ».
0 capitano al servizio del re di Prussia, J.W. von Archenholtz
S), viaggiò nel 1780 tutta l'Italia, salvo la Sicilia. Nella
rastahl (1731-1779), dotto orientalista svedese, trascorse parecchi
ia. Fa pnbbUeato dopo la saa morte un suo libro di viag^ in di-
[^Europa: Resa tilì Frankrike, liaìien, Schujeiz, Tyshland, HoOand^
urkiet och Grekìand, Stockholin, 1780-84, di cui esiste anche nna
lana (Poscbiavo, 1785). Non vi si trova cenno dell'aneddoto narrato
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538 MEMORIE
descrizione dei suoi viaggi, che pubblicò col titolo Engìand und
ItàUen (Leipzig, 1785 e di nuovo 1788) (1), tratteggiò poco benevol-
mente lo stato deiritalia nell'ultimo quarto del secolo XVIII, onde
diede di lui severo giudizio il Ooethe neìV ItaUdmsehe Beige (2) e
gli rivolse contro 'una fiera invettiva il poeta irpino (Filippo de
Martino) nel PenfheeasHcan in Q^rmanum (3), specialmente per il
male che l'Archenholtz disse dei Napoletani.
Sentiamo però anche le sue testimonianze, magari con benefizio d'in-
ventario. € Oli spettacoli teatrali » dice di Venezia « si svolgono su sette
teatri: opera seria e bufih, balli, commedie, farse e marionette. I tre
primi generi non saprebbero destare interesse in coloro che hanno fre-
quentato tali spettacoli a Parigi, Londra o anche a Roma, Napoli, Torino
e Firenze. La musica è abbastanza buona, ma i costumi sono poveri
e la messa in scena miserabile ».
A Milano ammira il teatro della Scala nuovamente costrutto, « il
più vasto ed il più bello di tutta Italia », il ricco e bello apparato
del ballo Cleopatra, ma protesta « non aver mai veduto trattare in
modo così miserando un soggetto eroico ». Parlando di Firenze, nota
come il Granduca preferisca il teatro di commedia all'opera, come
nei palchi si giuochi durante lo spettacolo, si faccia chiasso quando
si canta ed invece silenzio, appena incomincia il ballo, che è del resto
di pessimo gusto. « I Fiorentini » aggiunge colla sua solita malevo-
lenza € al pari degli altri Italiani aborrono da ogni spettacolo che
faccia pensare ed applaudiscono tutto ciò che può grossolanamente
titillare i loro sensi ». Uguale malevolenza spira in ciò ch'egli dice
di altre città. A Livorno il forestiero paga doppio l'ingresso al teatro;
in caso di rifiuto gli si nega l'ingresso; i Livornesi si giustificano
dicendo che son loro che contribuiscono alle spese ed han diritto di
imporre una sopratassa agli stranieri. A Qenova lo spirito d'eco-
nomia, proprio di quella repubblica, domina anche negli spettacoli.
(1) Esistono parecchie edizioni della traduzione francese col titolo: Tabkau
de VAngkterre et de VltàHe. Bruxelles, 1788; Strasbourg et Paris, 1788;
I^ipzig, 1801.
(2) Lettera 2 dicembre 1786.
(8) Cfr. D'Ancona, L'ItaUa alla fine del $ee. XVI, p. 568; e B. GB0CB,Efea-
nota de Fonseea Pimenta, p. 15.
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LA MUSICA IN ITALIA NBL 8IG0L0 ITIII 530
Non bisogna aspettarsi di vedervi qaelle opere splendide che si rappre-
sentano anche in città molto più piccole. Se capita a (Genova nn
cantante di qualche reputazione, ciò non può essere che d'estate,
quando quasi tutti gli altri teatri d'Italia sono chiusi e quindi si può
avere uno spettacolo con minore spesa.
Di Roma TArchenholtz rammenta il Miserere deirAlIegrì « sublime
et inimitable qui serait bien digne d'étre détaillé par un AUemand »,
ed insiste specialmente nella passione che hanno i Bomani per gli
spettacoli, istituendo un parallelo tra il gusto musicale dei fiomani
e quello dei Napoletani.
I Bomani, egli dice, disputano ai Napoletani la gloria di essere
i migliori conoscitori di musica dell'Italia. Molti accordano loro
questo primato, ma bisogna riconoscere che mancano ai Bomani i
mezzi di perfezionarsi, mentre a Napoli abbondano^ I Bomani però
a sostegno della loro tesi allegano che tutte le opere che piacciono
a Boma sono sempre applaudite a Napoli, quelle invece che a Napoli
hanno ottimo successo, sono talora fischiate a Boma.
Entusiasmo ce n'è e molto nei teatri romani. Applausi, grida di
gioia, chiamate sono cosa abituale: spesso l'autore dell'opera che sta
in orchestra vien trasportato, seduto, come un trionfatore, sul suo
scanno, sul palcoscenico. Jomelii, racconta l'Archenholtz e non so se
è da credergli, fu l'iiltimo che ebbe tanto onore; Tanno seguente
un'altra opera sua non piacque ed il popolo infuriato lo costrinse a
lasciar l'orchestra e ad uscire dalla sala. Il maestro, così svergognato,
non volle mai più tornare a Boma (1). Al Mysliweczek (2), secondo
l'Archenholtz, poco mancò toccasse un caso consimile. Fortuna per
lui ch'era protetto dall'arciduca Ferdinando ed il pubblico lo risparmiò,
ma l'opera era veramente « détestable ».
' (1) L*Archenholts probabilmente vuole piuttosto aUadere agli insucoessi toc-
cati dallo Jomelii a Napoli dopo il sao ritorno dalla longa dimora a Stuttgart.
Da Roma appunto si era aUontanato per passare al serTizio di quella Corte.
(2) Giuseppe Mysliweczek detto il Boemo (1737-1781), studiò sotto Pescetti
a Venezia e scrisse giovanissimo per Parma, indi per Napoli, Roma e Monaco.
La sua prodigalità lo costrinse a sostenere frequenti lotte colla miseria. Mori a
Roma e fa sepolto per cura del suo ailieyo Barry in S. Lorenzo in Lucina. La
Gabrielli diceva che nessuno aveva mai scrìtto meglio per la sua voce.
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MKMORU
Per il deeennio 1775-1785 le testìmoDianze dei ?iaggiat
abbastanza numerose, ma in fondo poco importanti. Abbi
Datens (1730-1812), ì£énmiires S\m txnfogeur qui se repose
gevoli per tanti altri riguardi, un aneddoto curioso su un i
torinese, il marchese di Priero. Ad un concerto, cui assisteva
e dove cantava la Gabrielli e suonavano Pugnaui ed i fratelli
« un vallet de chambre entra avec une grande corbeille cou
marquis leva la serviette et prit dans la corbeille une tabati
qu*il donna à la Gabrielli, une épée riche à Pugnani, un éti
une montre à Tautre et les renvoya tous ausai satisfkits (
roissoit Tètre lui méme ».
Nelle Letires cFtm voyagewr anglois (2), che sono dell'irland
tino Sherlock e sollevarono grandi pettegolezzi per i giudiz
tati, anzi le sciocchezze, che vi si contengono, si trovano p
il d'Ancona, < cose notevoli ». Quanto a musica ci sarebbe
più da rilevare uno dei soliti paralleli tra la musica italian
cese e qualche aneddoto su canterine e musici (3).
Nel Moore, View of society and mcumers in Italy (4),
oltre a molte considerazioni sulla politica di Venezia, raggui
nuovi, ma ben presentati sui teatri veneziani. < On ne pai<
bagatelle à la porte, ce qui donne le droit d'entrer au parte
Fon a la faculté d'examiner tout à son aise et de se décid
place que Ton veut occuper. » A teatro la gente per bene '
più in maschera e così anche le dame possono scendere in
(1) Paris, 1807, 3 voi. m-8.
(2) Ho ooDsaltato Tedizione (anoDiraa) di Neafch&tel 1781: ne esistono
altre, per cai consulta d'Ancona, 1. e, p. 687.
(3) A Napoli « la race des sirènes n'est pas encore éteinte: il y a
de femmes qni cbantent divinement, mais elles se changent qnelqnefois e
Ges métamorphoees n*arrivent que dans le pays magiqae de ropóra(!!)
Sempre a Napoli: < Un soprano Tonait de finir un air: et je diaois à
(che stara sedata accanto a lai): Cet homme a bien obanté. Ce n'ei
homme, dit-elle, c*e8t un musico: il a fort bien obanté: c^est Tamant
dacbesse qae toos Toyes là. — Est-il possible? — C'est Trai, elle a
aimé : maintenant elle ne veat qae des musici* (p. 66-67).
(4) London, Strabam, 1781. Ne conosco solo la tradasione francese Et
godete et 9ur ìea maurs des liaUens, Laosanne, 1782.
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LA MUSICA IN ITALIA USL 8BG0L0 XyiII
54i
dei I<Nro cavalieri serventi: i palchi sodo scurif ma la aeena
ne illmninaiai, ecc.
m si fa più attenzione allo spettacolo che a Venezia : certi
ascoltano con molta devozione. Il pubblico se ne sta a mani
ogli occhi semichiusi, trattenendo il respiro, dna giovinetta
si mette a gridare di mezzo alla platea: Oh ! Dio, dove sona?
ì mi & morire. Ad nna prima rappresentazione un tale
rivolto al maestro : Meriterebbe d^essere nominata maestro
ila della Madonna e di guidare i cori degli angeli!
ualche altro aneddoto qua e là d sarebbe da spigolare;
le Lettres atr Tltalie del Dupaty (1) nn giudizio sul vio-
[ardini (2), il cui violino « est une voix ou en a une, il a
es fibres de mon oreille qui n'avaient jamais frèmi. Avec
nuité Nardini divise Tair! avec quelle adresse il exprime le
[mtes les cordes de son instrument! avec quel art en un
pure et travaille le son!» ed il giudizio suir« opera des
cui assiste a S. Ignazio di Boma in occasione della festa
juigi Gonzaga. E davvero meritava il nome di (^ra pwehè
roméne, on cause, on rit, on fait foule autour dee orchestres ».
0 sa quanta parte occupi nella vita di Gtoethe il suo viaggio
nel 1786-87 e quanto perciò sia stato studiato il bel libro,
K) di pensiero, cosi pieno di profonde impressioni, dell'ito-
Beise (3). Di musica però il Goethe non parla a lungo,
enza il 19 settembre 1786 assiste alla rappresentazione dì
€ del cui libretto mediocrissimo formavano Targomento tre
)d il loro rapimento dal serraglio. La musica non era cattiva,
ftbilmente d*un dilettante. Non vi ho trovato nn motivo nuovo
mi abbia colpito ». Degli esecutori gli piace solo la prima
nr la bella voce, la naturalezza, la graziosa e piacevole fisio-
il contegno decentissimo, per quanto trovi che le si prodighino
L DuPATT (1746-1788), LeUre$ mar fltalie éerUea en 1786. Delle molte
le ne fìuono Iktte ho 8ott*oecbio quella di Parigi, 1796.
ro Nardini (1722-1793), allievo di Tartini. Qaando lo sentì il Dapaty
"0 di cappella della corte granducale.
tgart and Tabingen, 1816, 8*. La tradazione italiana, molto mediocre,
iUa. Milano, 1877.
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542 MXMoais
applausi esagerati ed in complesso lo spettacolo stanchi, perchè dora
fin dopo la mezzanotte ed egli « non vede l'ora di andarsi a riposare >.
A Venezia, ai Mendicanti, (lettera 3 ottobre 1786) il Goethe proTÒ
una forte emozione musicale. « Le ragazze », egli terive, « eseguirono
un oratorio dietro una grata: la chiesa era affoUatissiina di persone,
bella musica, stupende le voci. La parte di SauUe, personaggio prin-
cipale del poemetto, era sostenuta da un vecchio. Non avevo idea di
una voce della natura di quella, alcuni passi della musica erano
bellissimi, il testo adatto al canto, ma di una lingua mista fra il
latino e l'italiano, che faceva proprio rìdere, se non che la musica
trova quivi largo campo a spaziare. Disturba però e spiace il noioso
battere del maestro. « Tutto quel picchiare (col rotolo di musica) di-
struggeva tutta l'impressione della musica... ogni armonia. Pare im-
possibile che il maestro, essendo musico, non lo senta e che voglia
rivelare la propria presenza con quel maledetto fracasso, mentre sa-
rebbe pur meglio cercasse far conoscere il pregio della sua musica
colla perfezione dell'esecuzione. Sapevo che regnava quest'uso in
Francia, ma non credevo doverlo trovare in Italia, dove il pubblico
pare esservi assuefatto ».
Nella stessa lettera il Goethe parla dello spettacolo del S. Moisò.
« La musica », dice, < difettava di carattere, mancava ai cantanti
l'anima, che sola può sollevare e perfezionare tale sorta di spettacoli.
Non si potea dire però che nessuna cosa fosse propriamente cattiva,
ma due donne soltanto facevano il loro possibile se non per cantare
addirittura bene, almeno per far buona figura ed ottenere applausi.
Erano giovani, belle, vispe, dotate di buona voce. Gli uomini per
contro avevano voci mediocri, erano freddi e pareva che non si des-
sero il menomo pensiero del pubblico ».
A Boma (lettera 22 novembre) a Santa Cecilia udì < una specie
bella e nuova di musica. Nella stessa guisa che si eseguiscono con-
certi di violino e d'altri strumenti si eseguivano colà concerti di voci
in modo che una voce, p. e., il soprano, era quella predominante, la
quale eseguiva gli assoli, accompagnata di quando in quando dai
cori e sempre poi, come ben si comprende, dall'orchestra. L'effetto
di quella musica era bellissimo » e gli piacque assai più dell'opera
/ Litiganti^ cui si recò alla sera, senza potervisi trattenere.
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LA 1CU8ICA IN ITALU NEL SEGOLO XTUI
543
;e Andres (1740-1817), letterato spagnolo, che ha lasciato
eia luminosa nella storia delle relazioni letterarie tra Italia
i nel secolo XYIIT, permise che fossero stampate le lettere
da lui scritte al fratello durante i sei anni di permanenza
. (17854791). Dalle Cartas familiares del abate D. Juan
a su Jiermano D. Carlos Andres dandole noticia delviage
a varias ciudades de Italia (1) stralciamo qualche impres-
isicale.
9uno spettacolo», scrive da Mantova il 1^ gennaio 1789
I, p. 238), « ho potuto godere dei più celebrati in Venezia,
elio, per così dire, spirituale, degli oratori nei Conservatori ».
pettacolo unico nel suo genere, quale non si vede in nes-
. città di Europa. « Oir cantar y aun cantar bien à una mu-
nada tiene de extraordinario, pero oir cantar tantas y por
ar todas bien, y mucho mas oirlas y aun verlas tocar el
todos loB instrumentoH y tocarlos excelentemente, es cosa muy
inaria que no se puede desfrutar sin igual admiracion y
a que deleyte y piacer».
[res fu certo nei teatri più famosi della penisola, ma si con-
accennare alla bellezza della loro costruzione e specialmente
ala e del S. Carlo, e non dice nulla degli spettacoli cui gli
di tanti altri personaggi celebri del secolo decimottavo, anche
mosa pittrice. Madame Yigée-Lebrun (1755-1842), si raffaz-
le memorie in quel periodo di produzione artificiale di simil
ii componimento tra lo storico e il romanzesco, che corse
) al 1840 alFincirca. Pur non avendo nei Souvenirs (2) che
)tto il nome di M"*« Yigée-Lebrun la genuina narrazione delle
nde e le sue schiette impressioni su uomini e cose, vi tro-
na certa veridicità, che non permette di trascurarli,
kta dalla rivoluzione, la Yigée-Lebrun emigrò in Italia, come
Lrìd, Sancha, 1791-94, 6 yol. in.l6.
18, 1835, 2 voi.
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544 MXBcoaiK
tanti altri fedeli per sentimento o per interesse alla Corte borbonica,
e si trattenne specialmente a Boma ed a Napoli. A Roma nel car-
nevale del 1791 con Angelica Eaufmann andò a sentire Crescen-
tini. « Son chant et sa Toix », scrive Tautore dei Sauvenirs^ « à
cotte époqae avaient la memo perfection: il jouait un ròle de
femme et il était affiiblé d'un grand panier comme on en portaìt
à la Conr de Versailles. Ce qui nous fit beaucoup rire. II &ut
ajouter qu'alors Crescentini avait tonte la fraìcheur de la jeunesse
et quii jouait avec une grande expression. Enfin, pour toul dire,
il sttccédait à Marchesi dont toutes les Bomaines étaient folles,
au point qu'à la demière représentation qu'il donna, elles lui par-
laient tout haut de leurs regrets: .plusieurs méme pleuraient amè-
rement, ce qui, pour bien du monde, devint un second spectacle ».
Ebbe anche occasione di sentire in un concerto la famosa Bantì (1),
il che a Parigi, dove pure la cantante era stata parecchie volte, non
le era mai stato concesso. « Je ne sais pas pourquoi », dice la pit-
trice, dalle cui labbra certo Testensore dei suoi souvenirs raccolse
dovizia di aneddoti, «je m'étais figure qu'elle avait une taille prò-
digieusement grande. Elle était au contraire très petite et fort laide,
ayant une telle quantité de cheveux que son chignon ressemblait à
une crinière de cheval. Mais quelle voix ! il n'en a jamais existé
de pareilles pour la force et l'étendue: la salle, tonte grande qu*elle
était, ne pouvait la contenir. Le style de son chant, je me le rappelle,
était absolument le méme que celui du fameux Pacchiarotti, dont
M"« Qrassini a été Télève ».
Ed aggiunge un aneddoto assai curioso. « Cotte faroeuse cantatrìce
était conformée d'une manière tonte particulière: elle avait la poi-
trine éle^ée et construite tout à fait comme un soufflet: c'est ce
qu'elle nous fit voir après le concert^ lorsque quelques damea et moi
furent passées avec elle dans un cabinet: et je pensai que cotte
étrange organisation pouvait expliquer la force et Tagilité de sa
voix » (2). Possibile, ma non pare curiosa la scena da baraccone di
carnevale col gabinetto riservato alle sole donne?
(1) Brigida Banti-Giorgi, 17591806.
(2) Riferisce anche il Fótis : « Apròe sa mort on oayrit bod corps ponr connaitre
la cause de la pnissance extraordinaire de sa yoix et Ten crai pooToir Patlribiier
aa Tolnme considérable de ses poamons ».
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SECOLO lYlII
545
ipoli la Vigée-Lebran laaeiò pareechi lavori del suo aggra-
innello (1) , tra gli altri un ritratto di Paesiello in atto di
e, che si trova ora al Museo di Napoli. QuelFinvemo fece
I freddo anche a Napoli e pittrice e modello si soffiavano
ato sulle dita. Si provò a far fuoco nello studio, ma « comme
upe bien plus en Italie d'avoir de la fraicheur que de la
, les cheminées sont si mal soigoées que la fumèe noos
L Les yeux de Paesiello en pleuraient et les miens aussi: et
»n90Ì8 pas comment j'ai pu finir ce portrait >.
elio era allora nel più bel momento della sua gloria* Nel
Bile contesse Scaromoski la pittrice assistette alla prima rap-
izione della Nina {2y La giudica « bien oertainement un chef
, mais tei est l'effet de la première impression ref uè que la
» de Paesiello, tonte belle qu*elle était, ne me faisait pas
de plaisir que celle de Dalayrac(3): il faut dire aussi que
ugazon n*était pas là pour jouer Nina ».
Yigée-Lebrun non trascorse tutto il tempo dell'emigrazione
a» ma se ne allontanò dopo tre anni per recarsi in Bussia e
1 Inghilterra. Nel partire dalla penisola si fermò ancora a
^ dove coirambasciatrice di Spagna ricorda essersi recata « au
e pour le début d*une belle actrice agée de quinze ans au
que son chant et surtout son expression rendaient éton-
(4). Assistette anche « au demier concert que donnait Pac-
i (5), ce célèbre chanteur, modèle de la grande et belle me-
talienne. Il avait encore tout son talent: mais depuis le jour
parie il n'a jamais chanté en public ». E finalmente ram-
pure il canto celeste, angelico delle giovanotte di uno dei fa-
^ns^vatorì e « plusieurs beaux concerta » cui intervenne a
r. BsLLiBRy Dictionnaire general dea artigtes de Vécole franqaist,
cantavano coUMnoomparabile Celeste Coltellini, Luigi Tasca, Gustavo
i, Giuseppe Trabalza, Camillo Guidi.
layrac (1753-1809) ebbe gran voga a Parigi sul finir del secolo XYIII,
poco rimane delle sessanta e più opere che diede al teatro tra il 1781 e
La sua mna è del 1786.
•D mi ò riuscito sapere di chi voglia parlare la Yigée-Lebrun.
Ì4-1821. Si ritirò appunto dalVarte circa il 1792.
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546 MiMoan
Milano, dove yi sono sempre « quelques fameox chanteurs et qaelqnes
grandes cantatrìces ».
Il poeta drammatico spagnolo, D. Leandro F. de Moratin (1), ebbe
nel 1792 dal suo protettore don Manuel Godoy, poi principe della
Pace, l'onnipossente favorito di Carlo IV, un lauto sussidio per in-
traprendere un lungo viaggio a scopo d'istruzione. Dopo aver sog-
giornato per circa un anno in Inghilterra, venne nell'agosto del 1793
in Italia e vi rimase fino al settembre del 1796, prendendo come
quartier generale Bologna e di là allontanandosi frequentemente per
compier viaggi nelle diverse parti della penisola.
Nella importante pubblicazione delle Obras postumas del Moratin,
compiuta per ordine e a spese del governo spagnolo (2), fu inserita
la descrizione del suo Viaje en Italia « por el interes que inspiran
las descripciones que hace de todas las ciudades que recorrió, de Ics
monumentos de las artes que fué encontrando, las observaciones que
iba haciende y mas de una véz, por las ocurrencias felices con que,
de cuando en cuando, alegra y ameniza oste gènero de narracion,
de suyo seco y duro ».
Tutto quanto si riferisce al teatro piace al Moratin, che fa og-
getto di studio speciale la drammatica, ma si occupa anche del teatro
musicale. Ci sarà dunque utile spigolare nel suo Viaje de Italia
tanto più che è forse dei molti viaggiatori stranieri che visitarono
l'Italia nel settecento uno dei meno conosciuti (3).
A Milano, che fu la prima città da lui visitete in settembre 1793,
il Moratin ammira la Scala, allora chiamata Teatro Nuovo, e ne dà
una lunga descrizione, della quale ci contenteremo di riportar pochi
passi. < La sala », scrive, < eccettaati alcuni casi straordinari, non
(1) 1760-1828.
(2) Obras pditumaa de D. Leàhdro F. di Moratin, poblicadai de orden y &
expensas del Qobiemo de S. M.: Madrid, impronta y estereotipia de M. Rivade-
neyra, 1867, 3 yoI.
(3) Se ne valse però assai largamente il Gian, Torino nei ricordi dei viaggia^
tori stranieri (Naova Antologia, 16 settembre 1898),
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SEGOLO XVIII
547
luce che quella che riceve dal teatro medesimo: il numero
nmenti dell'orchestra varia secondo le occasioni: il giorno
esistetti ad un'opera bufh ne contai sessanta: le decorazioni
{tesse che quelle di Madrid, eseguite dai Taddei: il cerosi
7a di venti voci ed in alcune scene del ballo contai ottanta
sul palco, però mi pare difficile da credere che talvolta siano
mto, come dice Lalande nel suo Viaggio d'Italia. Notai che
co ha qui libertà di far ripetere i passi che gli piacciono: non
) con grida e schiamazzi come gl'Inglesi: però non cessa
^ finché Fattore non ricomincia da capo ».
e ammiratore di Bologna ne loda il culto per le arti belle
mente per la musica che vi « se cui ti va con el mayor arder »,
d in tutti gli spettacoli sacri e profani, che si ripetono fre-
ente, i musici primeggiano « tanto per la composizione quanto
»ecuzione delle voci e degli strumenti ». L'Accademia filar-
n compone di soggetti di conosciuta abilità. Assistè ad una
che si celebrava annualmente in onore di S. Antonio da
iella chiesa di S. Giovanni in Monte e « mentre che le mie
erano dilettate dai suoni più deliziosi, si offrivano ai miei
grandi opere del Domenichino, del Quercino e dell'immor-
aello ».
in Bologna non ne vide aperti allora, perchè erano chiusi
lo Stato Pontificio a causa della rivoluzione francese, ma
e riportò gradita impressione dal teatro Nuovo (il Comu-
le paragona a quello di Milano.
ilogna in principio di ottobre 1793 si recò a Firenze. Ivi
7ola sentì Vlnes de Castro, < cosa indigna en cuanto al
B forse men cattiva quanto a musica (1), sebbene ne taccia.
mero vi erano < malisimos cómicos, malisimos cantores » :
B di spettacolo dopo la commedia II diavolo maritato a Po-
ava il primo atto d'un' opera buffa, e due sere dopo il se-
me farsa in seguito alla rappresentazione del Federico II
ila.
soggiorno fece il Moratin a Napoli e ne ritrasse copia di
rrancesco Bianchi (1752-1811).
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548 MIMORIS
osserrazioni, non tatto originali, ma sempre notevoli (1). Dopo aver
lungamente parlato delle chiese della città, passa con una transi-
zione « no ménos violenta que las pasadas » a parlar di teatri. Anche
trascurando le minute descrizioni che il Horatin fa di ogni teatro,
troveremo nelle sue pagine assai da spigolare.
Al San Carlo l'orchestra è numerosa e buona: gli attori di solito
di molta abilità nel canto, ma per lo più di nessun valore nella de-
clamazione: non si cerchi in loro né azione, né gusto, né decoro, né
proprietà: salgono sulla scena per cantar tre o quattro pezzi di mu-
sica e nuiraltro : tutto il resto lo disprezzano affatto. I costumi sono
ricchi, ma impropri e disadatti, inventati, si direbbe, da gente che
ignora assolutamente la storia e la favola, non meno delle regole del
buon gusto e della proporzione. Pennacchi spropositati, alti tanto
quanto gli eroi che li portano. Giasone con brache di terzo pelo nero,
calze di seta bianca e calzari greci ; Medea pettinata all'ultima moda: i
romani vestiti come i persiani e gli armeni come i russi: insomma
niente a posto. Le nuove decorazioni del pittore Domenico Chelli,
pesanti, confuse, cariche di colore, senza novità e senza gusto: nel-
l'opera Oiasone e Medea una decorazione rappresentava una città
con edifizi gotici e tra essi un antico monastero di benedettini e cofiH
via dicendo.
Mal distribuite le parti: « già si sa », aggiunge, « che gli eroi e
i semidei del teatro italiano mancano di t Cesare, Pirro, Ales-
sandro, Catone, Teseo, Ercole, domatori di mostri, tutti esprimono i
loro affetti con tuono sottilissimo od acuto: a questa ridicolaggine
se ne accompagna un'altra, nata dallo stesso principio. Siccome non
tutti « los capones » sono atti a disimpegnare le prime parti ed é
cosa stabilita che nessuno degli eroi della scena deve aver traccia
di virilità, si ricorre allo spediente di vestir le donne da uomini ed
esse rappresentano quei grandi personaggi il cui nome la storia non
ripete senza ammirazione e terrore. Nell'opera di Giasone e Medea
teneva la parte dell'intrepido Argonauta un < capon » chiamato Cor-
reggi, quella di sommo sacerdote < otro capon » chiamato Falcucci,
(1) Queste pagine del Morati n sono multo importanti, anche perchè il Croce,
che non lo cita, è breyissimo snlla stagione 1793-94 del 8. Carlo.
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SECOLO XTIII
ME
vecchio Età, re della Oolchìde, la faceva la signora Anna
Bernucci (1). Nell'opera intitolata Elvira vi sono cinque
lomo: due le facevano « los caponcillos arriba citados »,
la signora Davya e la signora Luisa Negli, e solo il te-
parlava in falsetto: cosicché dei feroci guerrieri del dramma
remo dire in spagnuolo dal Moratin, perchè anche
Tespagnol dans les mota brave Thonnéteté)
recian de escr y , y otros anunciaban en su rostro
s de la prenez o los de la menstr j^.
e lo spettacolo poi, nota ancora il Moratin, si vedono le
cupate da donnicciole, bambini, parrucchieri, soldati e gen-
e farebbero a pugni colla illusione scenica, se siffatti drammi
ero dare: ed i bambini, scalzi, giocano a nascondersi sotto
del monte Ida o al piede delle colonne che sostengono ì
►orticati del Campidoglio. Siccome la scena è grandissima,
ibra in essa piccino e sminuito: le stature colossali degli
[lesi non sarebbero proporzionate: e che figura fanno Sci-
Aquileo con una statura delicata e femminile ed una vo-
;ola da gatto famelico.
principale del San Carlo è, secondo il Moratin, la sua
ì: eccettuate le tre o quattro prime file di sedie, dice con
ìsagerazione, ed i palchi più prossimi alla scena, negli altri
si ode che lo strepito dell'orchestra. D'altronde il dramma
essa e la disattenzione è massima: talvolta, quando un pezzo
)curano di stare in silenzio, interrompendo il gioco o la con-
3, però non si sente se non da chi sta vicino alla scena:
sio che ci sia, appena una quinta parte dell' uditorio può
parole della declamazione o del canto. La compagnia di ballo
Croce, cit., p. 633. Le parti erano distribuite precisamente cosi: iSfa-
ro Falcucci, Argo, Vincenza Corregfgi, Oeta, Anna Devyc de Bernucci,
resa Macciorletti, Caìciope, Maddalena Amraonini. DeWEÌvira, rappre-
r la prima Yolta il 12 gennaio 1794, la distribazìone era la seguente:
oraenico Mombelli, Aìmonte, Ciro Falcucci, Osmida^ Vincenzo Correggi,
resa Macciorlettij Adallano^ Anna Davja de Bernucci, Ricimen, Luisa
nda, Maddalena Ammonìni. Cfr. Flokìììo^ La scuola musicale di Na"
m conservatori, voi. IV, p. 256-7.
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550 MBMOBIE
è numerosa, con dodici parti principali, ventiquattro figuranti o com-
parse. Parve al Moratin che ci fossero, quanto alla danza, soggetti
di abilità, ma non quanto alla pantomima. Nessuno poteva compe-
tere con quelli veduti a Parigi né coi soggetti ammirati a Madrid,
la Pelosini, la Favier, la Medina, Vigano, ecc.
Due sole opere vide il Moratin al San Carlo nel carnevale 1793-d4:
Giasone e Medea^ musica di Gaetano Andreozzi, e gli parve buona;
Elvira^ musica di Paesiello, che non piacque. Quanto ai libretti erano
di autori « vergognosi, che non osando far stampare il loro nome
meritano elogio, se non per la loro abilità, almeno per la loro mo-
destia ». E per dimostrare la sconclusionatezza, le inconseguenze, le
ridicolaggini loro e specialmente del libretto del Oiasone e Medea
ne dà una lunga analisi, piena di arguzia.
Lo spettacolo del San Carlo porge occasione al Moratin di dare uno
sguardo alle condizioni della musica nel Begno di Napoli. Questa
città è « la scuola della musica e tutta Italia riconosce questa sua
supremazia ». I viventi non son degeneri dalle tradizioni dei grandi
loro predecessori Porpora, Vinci, Leo, Scarlatti, Durante, Porgo-
lese, ecc., anzi si pubblicano continuamente a Napoli opere stimate
che fanno il giro dei teatri e manifestano che « en la ciudad de la
sirena», scrive il Moratin colla solita grandiloquenza castigliana,
« se estudia todavia la encantadora combinacion del tiempo y los
sonidos ». Di tutti i maestri di cappella italiani viventi, che compon-
gono opere teatrali, un terzo almeno è napoletano e sono i più noti,
Cimarosa, Paesiello, Tarchi, Traetta, Guglielmi, Andreozzi, Fioravanti.
Però né Napoli né il rimanente d'Italia può gloriarsi di produrre
poeti drammatici il cui merito sia anche lontanamente da parago-
narsi a quello dei suoi maestri.
Gl'impresari, continua il Moratin, sono i signori del teatro e si
procurano le opere nuove pagandole a prezzo vile agli scrittori af-
famati, che si trovano a bizzeffe. Il governo guarda colla massima
indifferenza questo ramo di coltura, che illustra la nazione: il so-
vrano stesso, che spesso si compiace d'intervenire ai primari teatri
della capitale, non manifesta particolar protezione per le muse: né
i suoi applausi né la sua approvazione a certi drammi dimostrano
intelligenza o buon gusto. Sfido! Era Ferdinando lY!
E, seguitando a ragionar della poesia nelle sue relazioni colla mn-
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SECOLO XVIII
551
[oratin lamenta che ì drammi di Apostolo Zeno e di Me-
lano stati messi in disparte, perchè la musica ormai tiraii-
i poesia, avvilita e schiava, è ridotta ad una parte accessoria
)r valore ed invece di Attilio BegolOj Tito ed Adriano non
più che opere come il Giasone. La poesia essendo ancella
ùca, questa si abbandona al calore della fantasia, che pre-
novità alla sincerità, il meraviglioso al verisimile e a forza
I e studio produce mostri.
lamazione teatrale, dicono gl'Italiani, ha da esser soggetta
ca e citano gli esempi degli antichi: ma in pratica li di-
) tali esempi e la loro musica, piena di varietà, di pompa,
applicata al teatro^ è una collezione brillante di inconse-
stramberie. Tanto nel genere comico quanto nelFeroico tutti
i della musica sembrano diretti a distruggere T illusione
[^uel recitativo monotono e fastidioso, quei preludi strumen-
infrenano e ritardano il progresso dell'azione nelle sìtua-
agitate, quella lentezza con cui il canto esprìme gli affetti
ìnti, quelle ripetizioni fuori di luogo, cui appunta tutti i
la musica insistendo mille volte su di una stessa idea, dando
i distinte e contrarie tra loro ad un medesimo affetto, am-
ando concettini, trilli e picchiettature, invece di esprimere
ita e vigore le agitazioni dell'animo, vengono presto a noia,
porta che vi sia varietà, novità, arditezza, invenzione in
iggi, se non vi è traccia di verisimiglianza: se il musico
le fatiche del poeta: se tutta la illusione teatrale sparisce
ieir orchestra e questa rende inutili gì' incantesimi della
Ei e dell'illuminazione, la bellezza dei costumi e dell'appa-
co, la declamazione, la parola, lo stile, quanto insomma
uto produrre le arti più seduttrici per render verisimile
) drammatica? Verrà il giorno in cui taluno di quei
mìni che il mondo produce di quando in quando, prescin-
costume, dagli esempi, dai principi stabiliti, saprà dar alla
I nuovo carattere e riconciliarla colla naturalezza da cui
>arta: però quando verrà questo giorno? La corruzione go-
le arti non dà a credere che potrà venir tanto presto.
)e considerazioni assai assennate e che dinotano nel Mo
:a sicurezza e bontà di gusto e di giudizio tengon dietro
i muBicaU italianu. Vili.
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662 MXMORIB
ancora alcuni cenni stigli altri teatri di Napoli: i Fiorentini ed il
teatro Nuovo, dove, eccetto il martedì e venerdì destinati alla com-
media, si danno con buona orchestra e mediocri cantanti opere buffe;
il Fondo oon una sola compagnia bufik e buona musica strumen-
tale, il San Ferdinando invece con compagnia bufla e comica al-
temantisi, ma < ambas malas ». Ai Fiorentini il Moratin sentì Le
no$0e inaspettate ed il Matrimonio segreto, della quale dà questo
strano giudizio: « quantunque molto difettosa è la meno peggio di
quante ho vedute a Napoli », ma riferendosi forse piuttosto all'in-
treccio che alla musica; al teatro Nuovo Le no$»e in garhugtio
€ muy mala » ; al Fondo Le donne dispettose e L'tmdaeia fortunata;
al San Ferdinando La donna trappoUera {!).
La composizione drammatica delle opere buffe è la più sciocca
che si possa immi^nare: tutto il merito sta nella musica. Questo
genere di componimento meriterebbe di esser esaminato lungamente^
ma chi non lo conosce anche in Spagna? 11 maestro e gli attori
fanno del libretto quanto loro pare e piace: allungando, accorciando,
alterando i singoli pezzi, collocando nel primo atto le scene delFul-
timo e sfigurandole in modo che il tristo autore non ci si raccapez-
zerebbe più: il peggio è che tali drammi non perdono nulla a tali
operazioni, tanto son cattivi. Altre volte (e questo succede anche per
le opere eroiche) si dà solo il primo atto, e si rappresenta il secondo
otto 0 dieci giorni di poi, oppure, se c'è qualche gran personaggio
da contentare, il terzo o secondo atto innanzi al primo. Cosicché
tante volte si vede ardere a Cartagine e distrugger dalle fiamme
Didone, col petto attraversato dalla fatai spada di Enea e poco dopo
compare la medesima Didone sana e fresca a udir rambascfata di
Jarba e ad accoglier il figlio d'Anchise.
11 5 marzo 1794 il Moratin, che era stato iscritto tra gli arcadi
col nome di Inarco Celenio (2), lasciava Napoli e si recava a Boma:
(1) Le noBBe inaspettate, libretto di anonimo, musicato da Gaetano Asdreoul
Le noBBe in garbuglio, libretto di G. M. D., moaicato da Giacomo Trìtto. Xe
donne dispettose, libretto di Giuseppe Palomba, musica di Gabriele Prota. L'alt-
dacia fortunata di Valentino Fioravanti sa libretto anonimo. Le donne troppo
liere di Domenico Cercià, pare sa libretto anonimo.
(2) Col nome arcadico firmò parecchie lettere indirizzate allora air amico
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LA MUSICA IN ITALIA NKL SECOLO XVIII 553
liiusi, come nel rimanente dello Stato Pontificio i teatri,
Lscurando le argute osservazioni del nostro sui costumi ro-
liamo senz'altro con lui a Firenze, ove giunse in fin di
ba città sentì, al teatro Nuovo, Yldmneneo coirAndreozzi,
ìrgola la Vedova raggiratrice colla Benini, cantanti tutt'e
)nosciute a Madrid, il che non toglie che il Moratin trovi
idare in tali spettacoli. Da Firenze il Moratin tornò al suo
onerale, Bologna, ove passò la primavera « a veder pro-
l udir litanie ». Questi furono gli unici spettacoli cui as-
> ad alcuni oratori in musica, ove vide una Maddalena,
fli parve Maddalena penitente, pettinata à la dernièrey
L, con gran falbalà, un San Pietro « capon, muy estirado
in » ed un San Giovanni Evangelista che non cessava di
bacco, mentre Giuseppe d'Arimatea piangeva la morte del
0 settembre del 1794 il nostro Moratin si allontanò da
lirigendosi per Ferrara, Verona, Vicenza e Padova a Ve-
enezia, come risulta da certe note sparse che furono pub-
appendice al Viaje (1), frequentò assai i teatri. Il S. Moisè
assai piccolo, ma abbastanza elegante: concorso brillante,
ton riccamente adornati, i palchi. I cantanti erano abba-
5ni. La Villeneuve aveva voce delicata e grata, azione
decoro e bella presenza. Si rappresentava il Matrimonio
Q Benedetto », dice altrove il Moratin, « è più grande del
n tonfo Melon, pubblicate in appendice al Viaje d'Italia nel 2° Yolurae
pósiumas. Non pare tenesse in gran conto la dignità arcadica, perchè
di queste lettere aggiunge sotto la firma : « Se vqoÌ ottenere uguale
lami tre duros » .
r póitumas, voi. II, p. 31 e seg.
lÉL nel diligentissimo catalogo parecchie volte citato non riferisce il
Villeneuve alla data 1794. È vero però che per le opere date al
irautunno di quell'anno: La bella pescairiee di Guglielmi, e Za ca-
ivvéduta di F. Bianchi, i libretti non danno i nomi degli artisti. Manca
! del Matrimonio segreto a tal data nel Wiel.
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554 MEMORIE
San Moisò ed è il primo che ho vedato a Venezia di forma regolare,
quasi ad elisse, troncata dalla bocca d*opera. Buona orchestra» molta
pompa e non cattivo gusto nei vestiari e nelle decorazioni... L'opera
buffa La principessa filosofa (1) era una cattiva imitazione del Desden
con el Desden (2), ridotte a duetti e quintetti le scene principali della
commedia spagnola. I partigiani della musica moderna vedano se c'è
più verisimiglianza e naturalezza nelle parti della Principessa e del
suo amante poste in solfa e se tutti i gorgheggi ed i trilli armo-
nici (con cui si falsa la verità e forza dell'arte) sono da paragonarsi
con una buona rappresentazione che, esprimendo quali sono gli affetti
dell'anima, imiti la naturalezza senza sfigurarla e produca il piacere
del riso o la dolce malinconia del pianto. Teneva la prima -psLvbe
l'Andreozzi, conosciuta già per la sua voce di flauto e la sua fred-
dezza boreale: gli altri cantanti valevano ben poco ».
Sentì pure al San Benedetto l'opera buffa Oro non compra
amore (3) colla Gasparjni, di cui loda la buona voce, la grazia e
l'intelligenza del teatro: essa ed il buffo erano nuovi e furono griu-
stamente applauditi. Alla Fenice finalmente, di cui loda la comodità
e l'eleganza, assistette alla rappresentazione deìY Achille in Saro (4)
con Marchesi, « molto applaudito quantunque cantasse meno bene
del solito », con Cari, primo tenore, che « sarebbe buono se gli anni
e la pinguedine non gli mozzassero i mezzi, salvo nei recitativi molto
ben detti », « cosa mala » gli parvero « el segundo caponcillo », la
{!) La principessa filosofa o siati controveleno, comedia « ridotta ad oso me-
lodrammatico » in 2 atti, poesia di anonimo, masica di Gaetano Àndreozzi, ebl^
per esecatorì Pietro Verni, Annetta Àndreozzi, Teresa Benvenati, Silyestro Oor>
radini, Giuseppe Zorelli, Camillo Baglioni, Andrea Verni.
(2) Di Agostino Moreto y Cavana (1618-1659). Ne dà an santo lo Scbaeffer,
Geschichte des Spanischer dramas, II, p. 156-158.
(3) Oro non compra amore o sia il barone di Mowbianca, dramma gioooeo
per musica in 2 atti, poesia d'ignoto, musica di Laigi Garoso, ebbe per esecu-
tori Andrea Verni, Teresa Benvenuti, Giulia Gasparìni, Marianna Gafferinl,
Camilla Baglioni, Stefano Mandini, Silvestro Corradini, Giuseppe Zorelli, Pietro
Verni.
(4) Dramma di Metastasio, musica di Marcello da Capua.' Oltre Marchesi» U
Casentini ed il Carri, lo eseguivano Francesco Tozzi, Angelo Monanni detto Man-
zoletto e el segundo caponcillo », Carlo Borsari, Rosa Morra.
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SECOLO XYIU 555
donna, la Casentini, e tutti gli altri. Ciò non ostante la Casentini per-
cepiva qaattrocento zecchini per la stagione: Marchesi solo trecento,
ma in più la casa e la gondola.
Tornando a Bologna, il Moratin ebbe una gradita sorpresa. S'era
tolto il divieto dei teatri, poiché ormai s'era fatto il callo alle no-
tizie di Francia, e così il nostro spagnolo potè anche veder animate
di pubblico plaudente quelle sale, che s'era dovuto contentar di visi-
tare a lumi spenti. Delle commedie udite dà i soliti sunti diligenti,
ma non tace delle opere.
Al teatro Nuovo (ora Comunale) udì VApeUe e Ccm^paspe di Zin-
garelli, «spettacolo di grande apparato e ricchezza: in orcheska ses-
santa strumenti : alcune scene dipinte a Bologna di merito sufficiente,
mal maneggiate però, come è solito in Italia. Cantò Crescentini, ri-
putato « el major cantor capòn » dopo Marchesi. Pessimo — il giu-
dizio è sempre quello — il libretto: buona la musica.
Nel teatro Casali (o Zagnoni), (l'antico Formagliari) si davano opere
buffe, tutte « muy malas », s'intende nel libretto, ma sostenute dalla
bontà della musica, come II fanatico in berlina (di Paesiello), 1
due baroni di Bocca Azzurra^ Il marchese Tulipano^ La moglie
corretta^ ecc.
Colla primavera il Moratin se ne partì di nuovo per un altro giro
in Italia. Per Piacenza se ne fu a Genova, dove non ricorda in oc-
casione di non so più qual processione che varì cori di bambini, che
cantavano, con voce stridula, vari mottetti; e da Genova venne a
Torino. Qui a causa della guerra colla Francia non c'erano teatri
d'opera aperti: « el són de Marte habia hecho enmudecer & las timidas
musas », il suono di Marte aveva fatto ammutolire le timide muse.
Visitò ciononostante il teatro Regio, di cui loda il fabbricato, e le cure
usate nelle minime cose dalla Società dei Cavalieri, allora assuntrice
dell'impresa. Basti dire « che nella sala della Direzione vi è un
grande armadio, che durante le opere è provvisto di tutto il neces-
sario per le cadute, svenimenti, emicranie, convulsioni, soffocazioni
ed altre disgrazie inopinate cui vanno soggette le Berenici, Armide,
Porcie e Pantasilee che gorgheggiano e saltano ». Da Torino per
Milano e Mantova se ne tornò a Bologna, donde un'altra volta ripartì
nell'ottobre 1795 diretto a Firenze.
Ivi vide alla Pergola Elena e Paride « opera molto cattiva, com-
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566 MiMoaiB
posta di peizi di manca di vari aotorì e molto malo esegeta » ed
al Cocomero, al solito, qoalehe atto di opera buffa, come brsa dopo
la rappreseatazione della commedia. I comici erano molto cattivi e
peggiori quelli che cantavano.
À Roma, dove sì trovò nel carnevale del 1796, essendo gli spet-
tacoli nuovamente permessi, sal?o per le tragedie assolutamente proi-
bite, potè andar al teatro. E la scelta l'aveva, poiché dopo parecchi
anni di carestia si apriron circa dodici teatri.
Al Ter di Nona c'era opera buffa con intermezzi danzanti. Vi
sentì la Sposa polaeea « con tutti i difetti e le nullità di tale stile
(s'intende, drammatico): se non era composizione del celebre poeto
melodrammatico Palomba, mentova di esserlo >: quanto alla musica
« v'erano molto buoni pezzi, ma molto male eseguiti; orchestra nu-
merosa e ben diretto ». Facevan da donne, secondo l'uso cestente dei
teatri di Boma, < dos caponcillos, desgarbados y sin voi » e gli altri
attori valevano poco. < È una singolarità dei teatri di Boma », ag-
giunge il Moratin, < vedere quei inascalzoni ballare, cantere o recitare,
&cendo le parti di dame delicate, di pastorelle, di ninfe o divinità:
la modestia ecclesiastica non permetto che il bel sesso trionfi sulla
scena colle sue grazie seduttrici, e come nel restonte d'Itolia si ve>
dono Cesari e Pini e Alcidi eunuchi, a Boma si vedono attrici la
cui voce farebbe scomparire un coro di benedettini e la cui barba e
le cui mosse tradiscono la virilità ».
All'Argentina v'era opera seria e ballo. L'opera era intitolato: Il
iriùHfo di Arbaee: ma « chi sia quest'Arbace », scrive argutemente
il Moratin, « nò di chi trionfi, né perché lo incatonino, né perché sale
sul teatro, nessuno lo può capire ». Primo « capon » era Andrea
Martini, chiamato comunemento il Senesino, inferiore, a giudizio del
Moratin, non solo a Marchesi, ma anche a Grescentini. « Ha buona
presenza >, aggiunge, « poca voce, sebbene grato all'orecchio : canto
con regola e gusto: però gli manca azione, gesto e sentimento: in
una sala privata il suo canto deve fare maggiore effetto ». Quanto
agli altri due < caponcillos » che facevano da donna « eran cosa
muy mala ».
Al Valle commedie con intermezzo di opera buffa. Si dava 1 ne-
mici generosi « con bella musica, allegra, espressiva, feconda, rapida,
piena di grazia, come Cimarosa le sa fare ». Tra gli attori, il buffo
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SECOLO XVIII
557
aveva bella voce, buono stile, grazia e moderazione nei gesti.
Don ?aleyan gran cosa, se se ne eccettua € un caponcillo »
voce cfaiara ed aggradevole, vestito da donna, assai buono e
i produrre qualche illusione.
al Capranica l'opera buffa serviva dì intermezzo alla com-
Pessimi i comici con gesti, voci, mosse < descompasados y
: tra i cantanti invece alcuni erano abbastanza buoni. L'opera
olata La cantatrice bÌMMarra: al solito il libretto è < cosa
i », la musica contiene alcuni buoni pezzi,
latro della Pallacorda, uno dei più piccoli dì Boma, che pa-
bulo, si davan pure, alternate, commedie ed opere buffe, senza
s >, ma cantanti pessimi, che stroppiavano la musica eccel-
ò talvolta capitava nelle loro mani. In un teatro posticcio
(tradicciola presso il ponte Sant'Angelo assistè anche il Mo-
a curiosa rappresentazione di una dì quelle farse che pren*
ne di Carro o Contrasto della GHucUata e ne dà una vivace
ne.
>ndo quanto mi fu riferito — narra il Moratin — le si dà il
CSorro, perchè anticamente queste compagnie di comici, anzi
lantes », giravano i paesi circonvicini su di un carro, sul
citavano e cantavano. E si chiamano anche Contrasto della
I perchè vi figurano sempre un paio di giudei con caratteri
ridicoli. Nel rozzo teatro ch'io vidi in una stradicciola presso
Sant'Angelo non v'era nulla che non fosse conforme al su*
ficìo: attori, &rse, balli, vestiari, decorazioni, musica, illu-
e, uditorio. Appena ebbe terminata la sua sinfonia quella
on oso chiamar orchestra, comparve un personaggio ridicolo,
(tito di nero, caricato di un gran mandolino: si sedette su
eggìola ad un lato del palco, si alzò lo sconnesso telone e
principio al dramma, cantato tutto con accompagnamento di
10, eccettuata la parte dell'amoroso, che recitava in prosa
riposo al musico o corifeo. I versi erano di dieci, undici,
illabe e anche più, secondo che era frullato all'autore: il
più strano ed infernale che sì possa udire, mi ricordava
3lle nutrici quando cantano : « Duermete, nino de cuna, que
is tienes la luna y à la cabacera el sol ». Tutta la grazia
maledetto canto consìsteva nel tirar fuori la voce con tutta
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Goi
558 MEMORIE
la forza possibile dei polmoni ed allargare le sillabe finali dei versi.
Bisognava vedere come sudavano quei barbari per accattare, a furia
di urli, gli applausi del rozzo uditorio. L'azione ed il gesto andavao
d'accordo colla musica in delicatezza e perfezione. La commedia si
intitolava II Tiranno punito dal Cielo, Lo strepito delFassemblea,
il tanfo di sudore, di sego, di vino, degli aliti pestilenziali non si
possono descrivere: è necessario veder questo spettacolo per formarsi
un'idea dei divertimenti del volgo di^Roma e di quel ch'è tal volgo.
Nonostante, mi rallegro di averci speso tre ore, poiché, avendo ve-
duto rappresentare la Ifigenia a Parigi e a Boma il Contrasto deOa
Giudiata, credo di aver visto il migliore ed il peggiore spettacolo
drammatico di Europa ».
A Bologna finalmente, dove si trovò nella quaresima del 1796, il
Moratin ebbe ancora ad ammirare la Bertinotti < una de las buenas
cantatrices de Italia », di cui loda la voce delicata, il sentimento e
la conoscenza del teatro: poco dopo la Billington «reputada porla
mejor que boy se conoce », e ne dà il seguente giudizio: «Aduna gran
conoscenza della musica unisce la voce più grata, le inflessioni più soavi
che si possano udire ed eseguisce i passi più difficili con una franchezza
e facilità che sorprendono : si aggiunga a questo una bella presenza,
molto decoro e compostezza. Si desidererebbe però qualche maggior
conoscenza e pratica della scena, vivacità ed espressione nelle sue
mosse, che in generale sono fredde o sbagliate o insignificanti. Cantò
con lei Mom belli, tenore di merito conosciuto. L'opera era la Merope(\):
la musica è del gusto che ha regnato molti anni fa ».
L'il settembre del 1796, lasciata Bologna, D. Leandro F. de Mo-
ratin se ne ritornava in Spagna, e^ come appare dalle sue lettere,
serbava per tutta la vita profonda impressione artistica e gradito
ricordo del suo lungo soggiorno tra noi.
Col Moratin siamo giunti quasi al termine di quel secolo deci-
mottavo, che ha tanta importanza nella storia della musica italiana.
Dopo di lui altri molti viaggiatori stranieri visitarono la nostra pe-
nisola, e lasciarono descrizioni e ricordi de' loro viaggi : ma, quanto
(1) Di Sebastiano Nasolini (1768-1810?) piacentino.
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LA MUSICA IN ITALIA NEL SECOLO XTIII 559
più ci avviciniamo a' tempi nostri, tanto più — salve parecchie lode-
voli eccezioni — ne scema il valore.
Terminerò dunque coll'arguto drammaturgo spagnnolo questa rapida
ed incompleta rassegna, augurandomi di aver portato un contributo
utile, per quanto piccolo assai, alla storia della musica italiana.
Possa il felice risveglio di questi studi fra noi esserci fonte di una
più giusta e più serena estimazione delle nostre glorie passate!
Giuseppe Boberti.
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Genesi della IQusica.
(Continnaz., V. voi. VII, fMC. 3*, pag. 461, anno 1900)
Capo XIII.
Del ritmo in genere.
Determinato il valore dei movimenti sonori, analizzate le diverse
serie delle vibrazioni costitative del saono che si compiono in un
dato tempo, e dimostrata la diversa forza e i diversi gradi dei me-
desimi nel tempo forte e debole, resta a vedersi come si possano, per
mezzo della sintesi, riunire assieme questi elementi per comporre e
formare razionalmente una melodia musicale.
La melodia è un' ordinata disposizione de' movimenti successivi
dei suoni, ma di quei suoni gradevoli detti appunto musicali, per-
chè la melodia ha per scopo la dilettazione del sentimento. Però
nell'insegnamento di essa, perchè possa dirsi razionale, è necessario
di partire dal semplice e da questo andare al composto. Essendo
pertanto il suono composto di varie serie di vibrazioni, non saremmo
fedeli al sistema sintetico, se non si imitassero i semplici movimenti
delle vibrazioni con quelli del suono.
La sintesi ordinata e simmetrica dei semplici movimenti che col-
piscono l'udito è ciò che dicesi ritmo. U fenomeno suono è avvertito
dall'udito nel suo assieme, e allorquando si distingue la proporzione
e la simmetrìa dei semplici movimenti vibratori nei loro rapporti
e nelle loro proporzioni il senso ne resta soddisfatto e il suono di-
cesi piacevole. È solo coll'intuìzione e col raziocinio che il musicista,
imitando questi semplici movimenti nei loro rapporti e nelle loro
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OBNBSI DILLA MUSICA 561
proporzioni coi movimenti di un suono giunge alla composizione del
ritano; e questo lavoro imitante la natura è lavoro artistico.
Qui noi dovremo considerare i movimenti del suono quali sem-
plici movimenti, astraendo, come fa l'acustico, dal suono piacevole
ed armonioso, imperocché è sotto quest'aspetto che va considerato
il ritmo.
Il ritmo è perciò di varie specie : se riguarda solamente la durata
dei diversi movimenti, non considerando le altre qualità del suono,
la forza cioè ed il grado di gravità ed acutezza, dicesi ritmo quan-
tiiativo. Questo si può esprimere in due modi, indicando il distacco
dei movimenti colla sola multiplicità e varietà delle note, ovvero
coll*aggiunta delle varie pause. Nel primo caso gl'intervalli tra una
nota e l'altra sono eguali e diversa è la durata dei movimenti, come:
Fig. 88».
«rr"=ftm'r=rd;f=
nel secondo caso è uguale la durata del suono e sono diversi gl'in-
tervalli rappresentati dalle pause, come:
Pig. U\
Il ritmo dicesi intensivo quando i movimenti e glMntervalIi sono di
eguale valore, ma espressi con diversa forza, usando segni speciali
per esprimerla, come:
Fig. 35».
Il ritmo graduale è quello che riguarda i varii gradi dal suono; se
questi gradi sono ordinati in conformità degli sperimenti, o sopra di
una scala maggiore o minore od anche cromatica, il ritmo si dirà
armonico ossia musicale; se tali gradi non sono ordinati ma liberi
come quelli proprii della favella, in tal caso si diranno enarmonici (l).
(1) I musicisti distinguono lo stUa mnsicale in armonicù ed in enarmonko.
Sebbene non siano concordi nel definire qaest*aUimo, io credo che debbasi rite-
nere per enarmonico quello in contraddizione coirarmonico, come appunto indica
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562
MEMORIE
I gradi del saono, quando sono ordinati, assumono per ciò stesso
diverso grado d'importanza, poiché ordine importa sempre diversità.
Nelle scale armoniche i suoni prendono il loro posto nel tempo o
nella battuta, come si è visto; e quindi ad alcuni spetta il tempo
forte, e ad altri il debole, secondo la naturale loro proprietà. Per
esempio nella fig. 33* si vede qual posto prendono nel tempo le varie
Pig. 36'.
T=rrf^T\UJ^ rnnc fH^^
T^jrfTffffì^^r^^^ rlT3 r r^ f r f ^
l^r-rrTH-r^lJln rjjf g^f
note ordinate sopra una scala a seconda delle loro relazioni e proprietà
naturali, le quali note succedonsi alternativamente nel tempo forte
e nel tempo debole.
Costitutivo essenziale del ritmo è la varietà dei movimenti, e questi
per esser varii devono essere o di vario valore, o di varia forza, o di
vario grado di elevazione. Per vario valore sMntende che i movimenti
debbono durare un tempo più o meno lungo e vario tra di loro; od
essendo della stessa durata, che sia almeno diverso T intervallo che
passa da un movimento alValtro. Oltre alla varietà si richiede eziandio
Tordine, la proporzione e la simmetria, non bastando un ordine pro-
gressivo 0 decrescente od un moto uniforme. I seguenti movimenti sodo
al certo ordinati, ma non producono buona sensazione perchè non
la parola stessa. Una tale distinzione incominciò a farsi in seguito agli studi
del suono sul monocordo, e quantunque non tutti i suoni del pentacordo e del
tetracordo siano, a rigor di termine, armonici nel senso di consonamey pare si
ritenne per armonica quella composizione basata su quelle scala dedotte dal so-
nometro. Ora anche la scala cromatica può dirsi dedotta dal sonometro, quindi
scala enarmonica non può intendersi se non quella che seguesi a capriccio e in-
dipendentemente dagli sperimenti, come la scala ▼ariabilissima del fiiTelltre e
della declamazione.
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GENESI DELLA MUSICA 563
contengono il ritmo, né le diverse parti corrispondono ad una misura
del tempo completa.
Fig. 87V
Così non costituirebbe il ritmo una scala di suoni, sia essa maggiore,
minore o cromatica, quantunque ordinata nel tempo pari o dispari,
se avesse un ordine ed un valore costantemente uguale od uniforme.
L'uniformità esclude adunque il ritmo ed è perciò nemica dell'arte.
Quantunque tra i costitutivi del ritmo vi sieno la forza ed il grado
di elevazione del suono, pure il fondamento del medesimo è la quan-
tità 0 il valore dei movimenti. Il ritmo puramente quantitativo si
può compiere da un timpano, da un tamburo o con qualunque stru-
mento su di un determinato grado di voce. Ma se si aggiunge la
forza e il diverso grado il ritmo acquista bellezza come nella poesia;
e se alla quantità ed alla forza si aggiunge la simmetria e la pro-
porzione dei gradi, si ha il ritmo musicale e la melodia.
L'ordine dei movimenti del suono, specialmente se intensivi e di
grado, viene a determinarsi dalla misura del tempo, poiché misurare
i movimenti vuol dire dare ad essi un valore secondo il quale ven-
gono a classificarsi nella misura stessa, che è quantità. Sicché valore
di movimento non può concepirsi senza misura, come non possono
concepirsi movimenti senza tempo; quindi il ritmo include la battuta
col suo vario valore, come include la quantità colla sua varia misura
di tempo. Prima di parlare del ritmo quantitativo é necessario cono-
scere quale sia la misura del tempjD la più naturale, se cioè il tempo
pari ó quello dispari.
Certamente che la misura più naturale del tempo è quella pari,
poiché cogli sperimenti si dimostra in primo luogo, ossia apparisce
fin dagli esperimenti più semplici, e corrisponde ai movimenti
delle vibrazioni che raddoppiansi ad ogni periodo. Disponendo
adunque con ordine le note cbrrispondenti a questi movimenti
nel tempo pari, si avrà l'espressione di un ritmo quantitativo. Le
note corrispondenti ai sopraddetti movimenti, incominciando dalla
breve, si succedono colla stessa proporzione dei suoni di periodo, poiché
ciascuna vale sempre il doppio della seguente. Come la minima vale
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604 iitBioRn
il doppio della semtminùna^ così questa vale il doppio della erama
e la croma il doppio della semicroma e così di segaito. La disposi-
zione simmetrica di qaeste note costitaisce un ritmo quaniitatiTO,
che dicesi frase, come può vedersi nei aegaenti esempi:
Fig. 88\
ovvero inversamente negli altri:
Fig. 89».
JJ.JJ»-JJJJJJ-
Da questi semplici valori l'arte sa trar profitto, scegliendo a pia
cere Fune o Taltro periodo ed anche per salto, conservando sempre
la necessaria proporzione, come:
Fig. 40*.
^ j j j j . _ j rm j _ ^ nn rrn . -
ovvero inversamente, come:
Fig. 41».
Nella disposizione inversa di queste quantità di tempo si rende ne-
cessario ripetere la nota di maggior valore, o meglio ancora facen-
dola seguire da una pausa, che altrimenti rimarrebbe sospeso il mo*
vimento e non concluderebbe la frase o la proposizione ritmica. £
un fatto evidente per se stesso, che la firase come il perìodo ritmico
e melodico concludono con una nota in tempo forte e perciò stesso
di maggior valore. Se la nota di conclusione talvolta apparisce di
egual valore, od anche di minore di certune situate in mezzo alla
frase od al periodo, ciò avviene perchè l'ultima voce si lascia cadere
con la naturai pausa; di qui quel detto — ultima versus non con*
sideratMT — che Tultima sillaba del verso non si considera, o meglio
si ritiene lunga anche se breve a causa deirarresto del suono o del
rilassamento delia voce.
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GENESI DELLA MUSICA
565
odo poi, che come si disse corrisponde alla parola circolo,
ia con note esprimenti suoni principali, parimente conclude
in una nota principale e di maggior valore: se qaesto va-
olta non è quantitativo, a ciò supplisce la forza, ossia il
te nel tempo,
t gli esempi:
42».
jj
^ —
48*
J J J I J r -
inza necessaria voluta dalla misura del tempo è di compiere
^ con le pause, altrimenti non potrebbe dirsi ordinato il mo-
nel tempo o nella battuta se questa rimanesse incompleta:
b se dopo una frase od un periodo ne dovesse seguire un
rere una proporzione quantitativa innanzi tutto si richiedono
ini, come si disse parlando dell'accento della parola, e uno
i termini deve essere o considerarsi come principale a cui
convenire gli altri due. Questa convenienza, che nella favella
mte se approssimativa, non basta nel ritmo musicale, ove
i la convenienza perfetta: poiché l'ordine dei movimenti nella
la una misura precisa e determinata. Nei seguenti esempi
e note sieno tre e diverse di valore, pure non sono conve-
a loro e non vi è proporzione:
44*.
->àì->ì.-
ote non rappresentano movimenti ordinati nel tempo, poiché non
idono alla battuta che ne è la misura, e non rappresentano
Icuna simmetria o vero ritmo musicale. Il ritmo della mu-
incolato alla misura del tempo, e se le note non corrispon-
\ richiesta misura saranno o mancanti od eccedenti. Se man-
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f OOgl(^
566 MEMORIE
caDti dee supplirsi alla mancanza completandone il valore, e se eccedono
la misura, dee di necessità completarsi la seconda e dispor le note in
modo che occupino il lor posto nella prima e nella seconda, nel tempo
forte e nel tempo debole, secondochè le note sono accentuate od ap-
poggiate all'accento. Ecco come si possono ordinare e rendere propor-
zionate musicalmente le note dei sopraddetti esempi nelle rispettive
battute e coi proprii movimenti naturali.
Fig. 45*.
= l_jniJr-l = l-r-nU-l = l-J.J^IJ=:
La nota accentuata è quella che segue la nota di minor valore, allo
stesso modo che nella parola, ma non sempre è nella medesima bat-
tuta, poiché dovendo la più breve occupare il tempo debole, questa ben
spesso occupa Tultimo della battuta, mentre la nota accentuata
dovendo occupare il tempo forte, il più delle volte occupa il primo
della battuta seguente. Ho detto il più delle volte, poiché accade che
la battuta abbia, come nel tempo ordinario, più di un movimento
forte allo stesso modo che nel ternario e nella sestupla. Tutto ciò
è ben naturale; dal momento che l'accento rappresenta maggior
quantità e forza, deve occupare il movimento forte, e quello debole
spetta alle note di minor valore.
Vi sono delle parole o delle frasi ritmiche anche di due sole note,
ma, come dicemmo altre volte, una di esse corrisponde a due termini.
L'ordinamento delle medesime note nel tempo importa che una delle
due occupi il tempo forte, e con ciò viene ad esprimersi non solo la
quantità ma ancora la maggior forza che riceve da quella posizione,
che non avrebbe se occupasse un tempo debole. Quindi le due note
di egual quantità convengono ad una terza nota che viene espressa
dalla sua posizione col tempo forte. E poiché all'arte sono concesse
parecchie licenze , anche l'arte musicale ha le sue figure come l'arte
rettorica. Pertanto essa fa uso delle anticipazioni, dei ritardi, della
sincope, delle parole o frasi tronche, e della sintassi figurata. Queste
figure accrescono la varietà del ritmo e lo mostrano in tutta la sua
bellezza; alterano in qualche modo il tempo e invertono le parti del-
l'accento e delle note deboli, ma non nell'insieme ed in regola gene-
rale, ma bensì in parte ed in via eccezionale.
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GENESI DELLA MUSICA
567
no quantitativo la battuta, relativamente alla forza, è di
specie, e non si distingue, come nel ritmo di grado, in bat-
0 battuta debole. È nel ritmo quantitativo musicale che
pih che mai la simmetria dei movimenti, e questa sim-
)pare manifestamente tra le frasi componenti il periodo,
ritmo ha un periodo che si compone di quattro frasi sem-
omposte, le quali frasi si possono diminuire ed anche
I quando il ritmo musicale si associa a quello della
e semplice, che potrebbe anche paragonarsi ad una parola,
;he è composta dei tre termini necessari per poter affermare
tonalità dei movimenti ; e perciò è quella che contiene un
ito, come:
JIJ_l=:l_;T7:iJr-l = l-rJllJr-l
7*.
JJIJ-l:.ljn71IJ-l = IJJ.7J]IJ.-l-
timi esempi non cessano di esser esempi di frasi semplici,
le abbiano più di una nota collocata in tempo forte. L'ac-
e proprio è uno solo, quello cioè preceduto dalla nota do-
lale si appoggia su di esso. Ciò si disse chiaramente parlando
itità della parola, e si mostrò parlando dei piedi dattilo e
le quantunque abbiano la prima sillaba di maggiore quan-
altre, non contengono un vero e proprio accento, o tutt' al
una varietà dell'accento, essendo esso più debole di quello
^ceduto da una sillaba più breve. Ad ogni modo la frase,
parola sdrucciola, ordinandola nella battuta, naturalmente
I in tempo forte, contiene un movimento debole e conchiude
forte. Qualunque altra espressione non può essere che arti-
uesta segue la stessa alternativa della frase naturale,
e complessa o composta è quella che contiene più accenti,
pio:
\a mutical* iiaUana, Vm. 88
P
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Gpogki
568 MBMORIB
Fig. 48».
IJjjr3IJr-l = IJ-^JjraiJr-l =
sono frasi di due accenti, e le seguenti di tre:
Fig. 49*.
IJ.r3Jir3IJr-l=i^JlJlJllJr_l =
ijrar3Jiijr-i = ijS.r3JiiJr-i
Volendo, si possono comporre frasi anche più lunghe e più complesse,
sia in tempo pari, che in tempo dispari. La frase più naturale è quella
espressa in tempo pari; ma rartista può variare il tempo e scegliere
a suo piacere il tempo dispari, ciò serve a rendere più vario il ritmo
stesso. Però nella melodia di carattere flebile e di tonalità minore il
ritmo dispari è più confaciente del ritmo pari: e di &tti la scala
minore ha la sua base sopra di un suono il cui fattore è numero
dispari, e la progressione ad essa propria è di seste parti come si è
dimostrato. Ciò nulla meno il ritmo pari si può ridurre a disparì;
e questo a pari, coll'accrescere o diminuire in proporzione le note
corrispondenti all'accento o col diminuir le deboli. Le seguenti frasi
di ritmo pari si possono ridurre come si vede in ritmo disparì e
viceversa:
Fig. 50».
IJJ IJ- I - UJTO I J- I = I
= ij j u ? I - 1 j r] Jl IJ r I =
Si avverta però che la nota corrìspondente all'accento non può dimi*
unirsi che proporzionalmente alla nota debole: cioè non può diminuirsi
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GENESI DELLA MUSICA
509
da renderla debole al pari o più della nota che va in tempo
mentre la debole quanto più diminuisce di valore e più &
*e forza all'accento.
re, la frase ritmica può essere di tempo pari, di tempo dis-
i tempo misto. La frase mista, o di tempo misto, è quella
9cipa di tempo pari e di tempo dispari. Accade frequente-
1 musica di dover adoperare in tempo pari movimenti anche
che si usano soprassegnare coi numeri 3 ovvero 6, per deno-
Bono teririne o sestine^ come si può vedere nel S^ e 4'' esempio
di sopra. Non è frequente il caso di dover adoperare in tempo
eruppi di note di tempo pari, come nel seguente esempio:
51»
1 1 jj.J^j.r] u.-. I -
trovano esempi, non solo di frasi, ma di intiere melodie svolte
;e dì 5 movimenti, che si compongono necessariamente di
uri e di tempo dispari o viceversa,
le costituisce un'eccezione nella musica misurata è regola
per il canto gregoriano e per la favella. La differenza che
i il ritmo della musica figurata e quello del canto gregoriano
in questo: che la prima svolge il suo ritmo e la sua me-
i determinata misura pari o dispari, che il musicista sceglie
pio di ogni pezzo musicale come il più confaciente alla me-
sa, e le frasi di ritmo misto sono in via eccezionale; mentre
0 compone sempre il suo ritmo e la sua melodia in tempo
1 ritmo gregoriano ha il suo tempo, poiché musica senza
in esiste, ma questo tempo è misto e subisce Tinfluenza
ola, che riveste colla melodìa e da cui ha origine. Il ritmo
rola sì è svolto mano mano coi diversi metri e colle diverse
Ila poesia congiunta col canto, ma questa congiunzione era
linaento al totale sviluppo ed al progresso musicale, che fu
iunto coiremancipazione di questo da quella.
iposizione dei diversi piedi e degli accenti nel verso hanno
illa distinzione del tempo pari dal tempo dispari, e ciò ap-
hiaramente dal metro dei versi giambici e di quelli trocaici
spongono naturalmente nel tempo pari. Oli altri versi, quali
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570 MEMORIE
pih quali meno, conservano un ritmo misto; il qual ritmo a poco a
poco, coU'alterazione delle quantità sillabiche, si venne ad assimilare
al ritmo puramente musicale e quindi alla distinzione dei movimenti
nel tempo pari e nel tempo dispari. La musica segna il progresso
che ha la sua origine e il suo principio nel ritmo della parola, e il
suo termine in quelli proprii delle vibrazioni del suono. Questo pro-
gresso è stato lento ma naturale, un progresso appreso dal sentimento
e intuito dal genio dei musicisti, di cui l'ingegno del filosofo ricercò
e ritrovò in seguito le leggi e le ragioni. L'uomo, seguendo i bisogni
del senso, empiricamente eseguisce le leggi naturali, e colla scienza
sperimentale addiviene alla loro razionale applicazione.
Ma ritorniamo alla frase del ritmo. Una frase ritmica appena enun-
ciata fa sentire il bisogno di una risposta e di una conclusione. La
conclusione è un giudizio ed un'affermazione che altre frasi ritmiche
convengono per proporzione e simmetria alla prima enunciata; e nel
concludere le diverse frasi formano un periodo. Le frasi ritmiche che
formano il periodo ordinariamente seguono la proporzione delle vibra-
zioni, cioè 2, 4, 8 ed anche 16 battute, secondochè sono semplici o più
0 meno complesse. Questo periodo ritmico è proprio della musica, in-
quantochè esprime i movimenti naturali dei suoni, senzachè questi
sieno vincolati dai movimenti della parola. Se però il ritmo dei
suoni riveste la parola, dovendosi acconciare alle frasi ed al periodo
di questa, va soggetta a variazioni^ specialmente nel numero delle frasi
e perciò anche nella forma del periodo stesso.
Le frasi ritmiche componenti il periodo, che nella melodia ven-
gono variamente rivestite dei gradi del suono, rappresentano la sim-
metria dei movimenti nello stesso periodo. Ordinariamente le frasi
ritmiche che compongono il periodo sono la ripetizione della prima
frase enunciativa il soggetto del ritmo. Dissi ordinariamente, poiché
talvolta la conclusione esige un leggero cambiamento nella parte or-
namentale, e tal altra l'artista, imitando il movimento della parola,
vuole annettere al movimento dei suoni un qualche significato, un
qualche affetto dell'animo, suggerito appunto dalla favella espressa o
sottintesa. In oltre l'arte mira a nascondere quella perfetta simmetria,
ragione del bello, che a lungo andare può sembrare uniforme. Si
potrebbero citare innumerevoli esempi di arie e suonate, di marce
e ballabili che seguono un fraseggiare perfettamente simmetrico, ma
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GENESI DELLA MUSICA 571
;erò di accennare ad alcuni esempi nei quali ?a unito il
suoni con quello della poesia, riproducendoli dai sommi
U'arte ritmica e melodica, quali sono il Bossini, il Bel-
nizetti e il Verdi.
qì nel « Barbiere di Siviglia » : Largo al factotum della
re un lungo pezzo musicale colla semplicissima frase ri-
lento :
= § r r i^i^i^l J 7 r 7 I =
: il vecchietto cerca moglie, con la seguente:
^ondo del < Guglielmo Teli »: Guglielmo, sol per te, usa
= i j I j j j j I j r: j r I =
ritmica della Cavatina nella < Sonnambula » : tutto è gioia,
è la seguente :
el coro : in ElvcMia non v'ha rosa :
:|rrr 1 ìl^I^^H I Uhi I =
. coro : 0 fosco cielo :
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572 ifiHORil
Chiara e vibrata è la frase del coro: DelTaura tua profetica, nella
< Norma », espressa così :
Fig. 58*.
- E J JIJ J I J ,^ J , I =
dolce e scafo quella della scena 3* dell'atto II: JftVa, o Norma:
Fig. 59\
Di Donizetti sono notevoli le frasi della € Luerejria Borgia » :
Come è hello, scena 3*, atto I:
Fig. 60*.
= E _ j j I ji ;^, _ I
e l'altra : Ama tua madre e tenero:
Fig. 61».
= Ejji.jj I jjj, I =
non che : di pescatore ignobile:
Fig. 62*.
e l'altra: Maffio Orsini^ signora, son io:
Fig. 63*.
Nella <L Favorita*: Bei raggi lucenti:
Fig. 64\
zz B ^ , j I n=3 J r I =
e la Bomanza: Spirto gentil:
Fig. 65*.
E J n i-i^r I
e così moltissime altre.
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GBNS8I DELLA MUSICA 573
Ielle prime opere del Verdi vi è una ricchezza straordinaria di
queste frasi ritmiche, che formano il soggetto di bellissime melodie.
Citerà della € Draviata » la frase del Valzer dell'atto I:
Pig. 66\
= «f'-lf''lM'Mf >'l =
L'Aria del finale I: Ah forale lui:
Pig. 67\
Quella dell'atto II: Pura siccome tm angelo:
Fig. 68*.
. BJJIJJ I J.Jj, I zz
L'Aria: di ProvenMa U mar^ il suol:
Pig. 69*.
B - , LT I ir fj r r I =
E l'Aria dell'atto IH: Addio del passato:
Fig. 70».
Nel « Trovatore » notevoli sono: l'Aria Ai nostri monti:
Pig. 71*.
E l'Aria : Di quella pira :
Fig. 72«.
if rf I LLL/n =
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574 MBMoaiB
E COSÌ dicasi delle altre innumerevoli frasi soggetto trattate da somm i
autori, sia nelle parti vocali come in quelle strumentali, che hanno
sempre l'origine loro nella frase ritmica scientifica, cioè nella piti
semplice espressione di tre movimenti ordinati nel tempo, proporzio-
nati e simmetrici.
La naturale e semplicissima espressione delle frasi ritmiche viene
alterata dall'arte, la quale cerca di ornarle con quegli elementi che
le appartengono, per presentarle all'udito con nuove e variate forme,
che sono ambitissimo intento dei musicisti.
In principio il ritmo della musica fu quello proprio della paroU.
Da un tal ritmo fino all'ultimo suo naturale sviluppo, quello cioè
che è conforme alle naturali proporzioni e simmetrie delle vibrazioni
dei suoni di periodo e dei suoni consoni, si dovette percorrere una
ben lunga via, ed una interminabile serie di esperienze. A tal fine
si cercò di dar forme eleganti alla parola, e queste si disposero con
ordine per soddisfare ai sentiti bisogni dell'orecchio. Le varie forme
della poesia condussero a poco a poco all'estremo limite consentito
dalla parola, e il desiderio di raggiungere anche maggior proporzione
e più perfetta simmetria di movimenti suggerì il divorzio del canto
colla poesia. Si sperimentarono i movimenti dei suoni disgiunti da
quelli della parola, e così si raggiunse la perfetta espressione delle
movenze dei suoni.
Dato un valore alle note colla misura del tempo, la frase ed il
periodo ritmico acquistò una forma propria ed una fisonomia sem-
plice e chiara, e perciò stesso facilmente riconoscibile. Si volle allora
di questa perfezione far partecipe la parola, e specialmente la poesia,
e si rivolse l'attenzione a quelle sillabe dotate di accento, le quali
consentivano una maggior larghezza di proporzioni, da poter in tal
guisa rendere pib proporzionate e simmetriche le singole parti di un
perìodo ritmico e melodico. In pari tempo non si trascurarono le
sillabe deboli e brevi, che per la ragione contraria poteano prestarsi
a propomoni più piccole fino a raggiungere e compiere la giusta
misura. Né furono paghi a questo; che il fascino di tali forme
trascinò i musicisti a sacrificar la parola al rìtmo dei suoni, or con
indiscreti vocalizzi, e peggio ancora colle ripetizioni delle parole e
delle frasi. In tal guisa i musicisti imitarono quel sartore, che, ta-
gliando una veste sopra di un sol modello, pretendeva rivestire con
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GENESI DELLA MUSICA
VtB
idi e piccoli, grassi e sottili, diritti, storti e gobbi di ogni
ìst* ultima forma risultante dal ritmo proprio dei suoni si
r troppo: e come ogni cosa, benché bellissima, perde di
1 resa comune, e addiviene noiosa e stucchevole col troppo
così anche questa speciosa veste applicata a tutte le forme
e poetiche, incominciò a dispiacere. Da ciò ne nacque una
pur troppo sconsigliata e non feconda dei migliori e più
effetti.
li caso gli eccessi son sempre riprovevoli; quindi se dee bla-
l'insistenza smodata che si fece su di una formola benché
e bella, non si può lodare il bando che si volle dare ad
ha un passato così ricco e glorioso. Non è al certo ragio-
li pretende toglier Fuso di una cosa utile e buona, sol perchè
i può abusare: se vi ha difetto è dovere che si corregga.
Capo XIV.
Della melodia.
usica comprende tre parti, quali sono l'armonia, la me-
1 contrappunto; e tutte queste parti hanno il loro fonda-
si ritmo, poiché riguardano i movimenti ordinati dei suoni,
ineamente o successivamente, il che importa per necessità
16 il suono si definisce « l'effetto prodotto nell'udito dalle
ie di movimenti simultanei, di un corpo, proporzionati ed
nel tempo », così Tarmonia dicesi « l'effetto prodotto nel-
li vari movimenti simultanei dei suoni proporzionati ed ordi-
:empo y^. La stessa definizione conviene alla melodia, ma con
fferenza, che i movimenti dei suoni non sono simultanei ma
t; quindi la melodia è « l'effetto prodotto nell'udito dai vari
li successivi dei suoni ordinati e proporzionati nel tempo ».
l'armonia ha per base le consonanze, che si dimostrano colle
ie di vibrazioni sperimentando un corpo sonoro, così il con-
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576 MEMORIE
trappunto ha per base e fondamento la melodia, e consiste appunto
nell* ordinare simultaneamente nel tempo varie melodie. Queste me-
lodie che si contrappongano non sono tutte dello stesso grado e della
stessa importanza, poiché ve n'ha una tra esse che è fondamentale,
che dicesi canto, colla quale le altre men secondarie devono conve-
nire nei punti principali come convengono i consoni col fondamen-
tale. Composta prima di ogni altro la melodia principale, a questa
si contrappone una o più melodie con leggi armoniche, e se le me-
lodie sono due, tre, quattro, ecc., si dirà contrappunto a due, tre,
quattro parti, ecc.
La differenza che passa tra il ritmo e la melodia è questa: che
il ritmo riguarda unicamente i movimenti che colpiscono Tudito per
la loro quantità e forza, è non come movimenti di suoni armoniosi
e proporzionati per grado di gravità ed acutezza. Pel ritmo basta
anche un suono solo ripetuto ad intervalli ordinati simmetricamente,
non ostante che questo suono sia o confuso a guisa di rumore, o
stridulo ed aspro come il sibilo. La piacevolezza del ritmo consiste
appunto nel sentire ì movimenti ordinati e proporzionati nel tempo,
nel qual ordine e nella quale proporzione simmetrica è riposta Tes-
senza e la ragione del bello.
Tutto questo non basta per la melodia, imperocché, oltre all'ordine
e alla simmetria dei movimenti, essa richiede che i detti movimenti
sieno di suoni armoniosi, non che proporzionati e simmetrici per
grado di gravità e acutezza. In una parola, che sieno suoni armoniosi
e risultanti da una scala razionale. 11 ritmo rispetto alla melodia è
come UDO scheletro non per anco rivestito di carne e di pelle o come
un quadro di figure sol delineate alle quali manchino i chiari-oscuri
e i colori naturali; o, se vuoisi, è come Tarchitettura semplice di
un edificio.
Le scale razionali dei suoni le abbiamo esaminate e dimostrate; e
vedemmo come la più semplice espressione delle medesime consìste
negli accordi maggiori e minori; la qual semplice espressione con-
viene anche al suono, considerato nei rapporti del medesimo colle
vibrazioni che lo compongono, il che vedemmo analizzando e sinte-
tizzando i corpi che lo producono. La melodia pertanto, che ha per
base e fondamento l'armonia, e più semplicemente l'accordo, primie-
ramente desume il suo carattere dairaccordo stesso. Quindi se il ritmo
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GENESI DELLA MUSICA Oél
ito coi suoni della scala maggiore dicasi melodia di modo
e, e se è rivestito coi suoni della scala minore dicesi melodia
I minore,
on toglie che la melodia non possa assumere anche altro
B secondario, il che avviene quante volte il ritmo è rivestito
àia mista o da quella cromatica, che perciò la melodia potrà
modo misto, o di modo cromatico. Se poi piacesse meglio,
lardo agli antichi, distinguere la melodia in diatonica e ero-
secondochè si prende per norma la scala diatonica ovvero
aromatica, ci6 sarà sempre conforme alla genesi musicale.
» la scala mista come la cromatica, sebbene non possano de-
ì dall'accordo maggiore o minore, presentano dei caratteri
In esse vi sono degli intervalli atti a dar maggior risalto
più sentita coloritura degli accordi stessi, maggiori o minori
IO, e che servono come gradevole e più delicato passaggio da
10 all'altro o da un accordo all'altro. La melodia non è che
aggio ordinato da un suono all'altro di una scala razionale ;
uesto passaggio i suoni, coll'accentuazione, prendono un carat-
accordo maggiore o minore ed assumono una forma speciale in
> cogli accordi stessi. Quindi come si può passare da un suono
per intervalli di quinta, di quarta, di toni e di semitoni,
dicesi comunemente per gradi diatonici, così vi si può pas-
ìhe per gradi cromatici ed anche più piccoli, purché con essi
guasti l'ordine naturale dei suoni che hanno nel tempo in cui
iono. Perciò come si può passare da un suono all'altro di
la maggiore, si può anche passare da una scala maggiore ad
3ore per tutti i gradi intermedi di cui sono capaci, e che
io può distinguere.
ssaggio da un accordo all'altro o da una tonalità all'altra
omunemente modulazione, termine preso dagli antichi, che
'ano modi le diverse tonalità dei loro canti. Lo svolgimento
5 composto di suoni compresi nelle scale razionali, semprechè
tti con ordine e proporzione nel tempo, non escono dagli ac-
aggiori 0 minori, anche se il passaggio da un suono o da un
all'altro venga fatto per gradi piccoli o grandi; per gradi
0 per salto, per gradi scientifici o introdotti dall'arte reto-
rivestire pertanto il ritmo con suoni la cui disposizione ac-
i :
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578 MEMORIE
centaata produce vari accordi che si succedono l'uno all'altro con
maggiore o minore frequenza è ciò che dicesi moduUunone^ o ftie*
lodia modulante. In tali melodie la scala cromatica vi entra per
accidentalità, come vi possono entrare altre scale costituite per gndi
enarmonici, il che succede di fatto nella voce e negli strumenti a
corda, allorché si passa da un grado all'altro dei suoni, non per inter-
valli staccati, bensì legati. Del resto la scala cromatica sta alla
maggiore ed alla minore come il genere alla specie, il che è evi-
dente dal momento che su di essa si possono formare tante scale
maggiori e minori quanti sono i gradi dei suoni che la compongono.
Le due scale, da me dimostrate, sono fin qui il risultato ultimo
dell'analisi e perciò rappresentano la più semplice espressione armo-
nica e melodica. Sono i due elementi da cui l'artista dee partire per
comporre della musica. Mano mano che dal semplice si va al com-
posto si segue il cammino della sintesi che è inverso a quello se-
guito dal progresso scientifico musicale che è l'analitico. Questo
cammino è inverso anche allo sviluppo storico che ebbe la musica,
per ciò che riguarda i modi o le modulazioni, nonché il ritmo e la
misura del tempo. I passaggi da un accordo all'altro e da un modo
all'altro nei tempi antichi erano confusi e incerti; essendfo duce il
solo sentimento e non la scienza, il progresso scientifico seguiva len-
tamente e a distanza i risultati empirici dei musicisti.
Tra le diverse specie di melodia merita speciale menzione quella
che segue i modi del canto gregoriano, detta appunto melodia gre-
gorianaj ma di questa parleremo a suo tempo, dimostrando la sua
base, il suo ordine nel tempo, od il suo ritmo.
{Continua).
B. Grassi-Làndi.
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LeS; Cliaiits de TÉglise Grecque.
ÉTXJIDE
{Suite et fin, V. voi. Vili, fase. l»'. pag. 43, ann. 1901).
N. 3.
Doxa sol tO deìxanti.
De la Doxologie qui se chante aux Matines.
Antériear an IV* siècle.
(Ferutòn du Moni Athos).
Pmniier toa piagai. ÀlUgrOi
F^F^Tj J J f J^J fM r r-p-^ rr j r r
Aó-Sa ao\ T(p bci-Eov-Ti tò q>di? bó - Sa ^ ó - vi - arox^ 9€ - Cp
Gioire à toi qui as montré la lomiòre ! Gioire aa plus haut dea Cienz, à Diea I
Kai è - irl Tfl^ ci - pf|
Sor la terre paiz
vr\ èv dv-epiIi-TTOi^ €Ò - òo-k( - cu
et ani hommes benne volonté.
Arehitecture museale.
nt I at I at |
Période carrée régnlière: 2 -|- 2 = 4.
Les trois premières phrases terminent sor do. — La quatrième et
dernière sur la. Il nous semble y voir cette tendance de passer de
la mediante majeare au ton mineur parallèle relatif, propre aussi
aux mélodies populaires slaves.
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580
MEMORIE
N. 4.
Meth imOn o TheOs.
Versets que Von chante à Camplies.
Sièdet antérieors ao TV;
(Venùm du Mont Athos).
Deuxiòas toa pliffil. AUtgro,
^n-^ J iP J J-UJ J ^-H--i J.^J' J 1 J J
Diea est avec nona,
TVÙ-T6 W-VI) Kal I^T-Tàa - 06 ò - TI
apprenei-le, 6 gena, et soyex vaincas: car
^^^^i.^f^.^^^=:^=^-YrfT^^ J I T j^ f ^-J
^€6* 1^-^urv ó 8€-óq. Kal xa-Xel-Tai tò 6 - vo-^a M€-t^*Xt)^
avec noas est Diea Et il sera appelé nonee dn
m4J^Lfc.uHjT"Fj j Hi
Bov'kffi dT-T€-Xo?,
grand Concile:
car avec noas est Diea!
La beante de cette melodie consiste dans son Ethos noble, expres-
sion de la confiance en ce secours divin, qu'afBrme la parole troìs
foia répétée: car Dieu est avee nous, répétitioo épique pleine de gran-
dear. — Qu'on observe aassi la belle proportion arehitectande des
deux parties dont se compose cette melodie, et la pbrase initiale,
avec le rhythme ailé de ces deux temps lefés:
TTT^T^
laquelle, en vertu de la loi generatrice de la première mesure que
noas aimons à constater ici, se retroave au début dela seconde partie:
Et il sera appelé^ comme rehaussée d'une fa^on exquise par cette
légère modification à la ligne mélodique, un si^ ajouté devant le
la final!
FTT^-ii^'iLi'i
Get hymne est un des exemples les plus heureux de TexpreasiTité
inhérente au 2^ mode piagai, le mode préféré des chants liturgiques
Qrecs.
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LBS CHANTS OS L'ÉGLISK GRKGQUB
581
L'architecture contient en mème temps la proportion binaire et
ternaire; c'est un mètre binaire compose 2 X S, comme la mesare
de 6/8, mais dans l'ordre supérìenr, noas voulons dire applique aai
unitéft-phrases au lieu dea unités-temps (« Zeiteinheiten »). Ed effet, en
▼oici la démonatration graphique:
I
II
1
2
TVI&T6...
8
6ti...
4
xal ...
5
M6TdXii<;...
6
Ó TI...
mais non pas dans le sens conventionnel moderne ; il faut y voir au
contxaire Tapplication de ce principe de la diversité dans l'unite, prò-
dame par le moine d'Arezzo.
N. 5.
Kyrie, tOn Dynameon.
Pour étre chanté à Complies en Caréme.
Sièdes antériean au lY*.
{Vertùm du Moni Aihot).
Tpoirdpiov (Troparion).
DMidèiM ton plagml. AUtgro,
KtL» - pi - c Ttftv òu-và-n€ - U)V
0 Seignear dea paiasanoes!
ned* i\ - M'Iw T^' - vou-
soia avee noos.
AX-Xov T*P ^-TÓ^
Car, en Térité,
aoO Po - H"®^ I *v eXi-Hi€-aiv oòk € - xo -
an amtre SauTear dans les afflictions point n^ayons :
Kù-pi - € vhy ^u-vd-^c-ulv è- X^ - ii-cov ii-|iA<.
0 Seignear dea pnistanoes, aies pitie de nona!
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582
MEMORIE
On ne sait ce qu'ìl faut ici admirer davantage: ce pren
suppliant, sor le retard non préparé: do^ si, si, oa le i
mode mineur au majear sar les paroles: dans les afflictio
Sauveur paini n'avons^ se tenninant sur le si naiurel si
sì bardi, avec un élan sublime d'appel confiant: Seigneur
sances triamphant ! Et ce retour en sol mineur sor le: aie
nous! mélange de l'étbos mineur et majeur, admirable <
néité et de vérité expressive, de sincère componction. Que
pare la version Agbiorite que nous donnons avec la versio
tion de TAnthologie de Gregorio Protopsalte de la grande
Constantinople, 1837, composés (?) par Pierre Lampadario
Veraion de Castaniinopìe.
-^rj-^ j i^^-jH j j j j à-r^H^^
KO-pi-€ Tdtiv òu-và-|Li€-iuv lice* Vj-mliv T^-vou' dX-Xov T^p
:|irrj-J ^ ^7 J J rJ J J J jj |J J J J J
Po - n-eòv èv eX{-Hi€-aiv o6k € - xo - M^v KO - pi - € xdw bu -
3^
è - Xé - Ti-aov i^-^d^.
ou bien encore avec la Version du Protopsalte de l'Églisi
à Venise:
Version de VÉgìide Grecque à Venise,
>J J.'1J J r J i-jjJ J-Jr^i^
KO-pi-€ tOùv òu-vd-^i€ - uAf ^leO* i^-)Lidiv yé - vou
:^J j J j^ J J i ^ ^J^ r ^ ^ JL
Tàp èK-TÓ^ aoO po-ì^-eóv
iy eX(-i|i€-(nv OÒK l ' X0-H6V
dans les affliotiond
^P^r r ^ ^ ^-^ i ^ P^^TT-f^
Ku - pi - € Toiv òu-vd - ^€-iIiv k - Xé-11 - aov i^-Md^.
Seignear des paissances aies pitie de nona.
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LX8 CHANT8 DI L^SOUSB ORZGQUB
S83
aarait étre douteux à laquelle il convìent de donner la
, laquelle des trois versions doit étre coDsidérée comme le
roriginal aatfeentique: Mt^ dsas rHymne de la Sainte
, vie, expreasivitét ligne soaple; dans la Teraon de Constan-
dans celle de Venise, od :
^^m^^m
rie inttiaT, dine raidevr iasupportabtoy froid, ssns vit, aans
ftme en un mot.
\ la version de Venise les sublimes modulations du minear
r ont dispara entièreaient ! Oii dSndt me pétrification; mé-
osé da Ghant précédent (N'' 4), le Mè^ iman a Theos^
Ilare binaire, noos royons dans le Kfrie iòn Dynameon^
[18 l'ordre métrique supérieur le principe de stractare ter-
9[ttnne modeste qui de la forme da € Dreitheiliges Lied »
> \à ferme Sonate-Sinfonie. — Voici les trois parties claire-
inées:
Seiipeiir des fouauioea
Sou aree doub!
ir, en Térìtó, hors de toi
n antre Saavenr
ans let afflietioiis point n*aT0D8.
Seignear des paissanoes
les pitie de noos!
I. majevr, partie animodalBi
, n. miaevr, parile métaboiigne
modalatoire.
HI. majear, retoar da l' motif.
Cadence finale rnmeurt.
animodale
ArMteeture temaire,
n* parile méiabofiqve
m« putto. Btiov da
!•' Boilf «t ConeliHioB
[
II
ni
2
Mce-...
8
axxov ...
4
poneòv...
5
bf exiijrcaiv ...
6
KOpi€ ...
7
éXèiaov...
vm.
89
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564
MEMORIE
N. 6.
I asOmatos phyBis.
Versets pour éire chaniés à Camplies.
Sièeles antérìenn an IV*.
(Venian dm Mani AÌho$).
I r r r i ^ J i ^ ^ j^ i ^ :i
Y^i-Toi? a€ ^J-^voK, Òo-Eo-Xo - Ktt
Traduethn: La natare inoorporelle, les Chérabins ayec des hymnes
Te glorìfient.
L'hymne / asómaios physis est un rare specimen de rhy
naire sytnétriqae et de période carrée conventionnelle dan
moderne. Ce serait une raison pour ne pas le croire d'une
très grande, et la note sensible {fa #) confirme ce soupfon
l'allure joyeuse et fraiche qui correspond bien au texte en
la popularité et constitue sa valeur.
N. 7.
Kyrie VasUeu.
Vera Hrés du « Oloria in excelsis ».
De la Dùxoìogie qui se chante à la fin des Matim
Antériear au IV* siede.
DMzièni* toB ptof»!.
KO-pi - € Ba-oi-XcO,
0 Seig:near Roi,
nou-pd
celeste
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LES CHANT3 DE L EGLISG GRECQUX
585
5^^ j If 1^^^ ^J^^ J ^ f^"^^"^^
Ttav - TO-Kpd - TOp»
toutpuissant
Kù - pi - € ul - è no - vo - T€-vè^,
Seìgnear, fìls unique,
UihlJ i J .T,^
pinate Kal fi - "fi-ov TTveO - pia.
irist et Saint Esprit.
nélodie, d'un charme inexprimable, d'une diction si noble et
nte à la fois, appartieni à la catégorie des chants idiomèles
eur melodie propre, non transférable (1), ne servant pas de
d'autres. C'est un fragment de la Doxologie. La diction»
e Tunion de la parole et du chant, est d'une haute perfection.
rquera que la ligne mélodique, qui généralement se meut
ìs conjoints, au nom de Jésus-Christ^ dans la phrase pré-
e la cadence finale, procède au contraire pardegrés disjoints,
idissant d'une quarte pour remonter aussitòt d'une sixte. —
i qu'ici rame se precipite à genoux, en élevant ses mains,
ste d'adoration vers ce nom sacre : musique de geste, si l'on
ainsi, que les Mélodes de l'Église Grecque, d'un tacite
b raùs par le méme sentiraent de vénération, ne manquent
introduire, faisant devant le nom de Jesus comme une gè-
musicale. Et si la musique en effet trouve Texpression juste
geste d'humilité, en revanche, dans la première phrase,
phe grandiose au Seigneur Eoi, Dieu du Ciel — épouranie
à quelle majesté, à quel aw-rfe/à superbe ne s'élève t elle pas?
notre ootice dans Tlntrod action, p. 53 da fascicle précédente tome Vili
sta Musicale Italiana^ sur la diiférence qui eiiste entra les eh anta
Ues et cenx qu'on appello automèle$.
■ki
I
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56^
MttìtOkTÈ
». 8.
Kyrie o Tlteotf .
Se la Dozológie.
(Version du Moni Athoi),
Qtttilime toB.
m
KO-pi-€ 6 Gc-òc ó 'Ap.vò< ToO OcoO ó Yl-ò?
ToOtTa-Tpò^ ó a! - puiv tì^v à-nap-ri - av toO kó - tffiou
> *
è-Xé-n"<yov V^d^ 6 at - pwv tò^ &-^ap-T( - a<; toO icó - a^ou.
Ce qui frappe, en deliors de la donceur modeste de ce Kyrie, d'est
le traitemetit de la note sensible 5t, snr les parola 6 aTpuiv; elle reste
non résolue, cotnme suspendae, note de passage pour ainsi dire, eflfet
très délicat que Ton rencontre dads les Chants du Vèneto, vestige
de haute antiquité dfl, peut-étrè, à certaines origines oommuned et aui
tapports ultérìeurs.
K 9.
1 Ptrthdnos syrneron.
Kantakùm automèle.
Y* siècle.
Célèbre caRtiqne de Noel compose par B* fiomiio, Mólodt.
{Vertion a^ioriU).
TraMèn* ton. AUtgro,
M j j j «n nrrrn ^ j j J ^
i. 'H TTap-e^-vo? <rf| - - ^c - pov
La Vergine oggi
T^ 6-1T€-poO-OI-OV
il Bopraioetaniiale
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LIS GHANT8 DS X.*;toMSE GRBGQUE
687
■m-n-^n-f
* J ■■■^
^
t(ic - - * «et. 9. «al i) rn »^ i»«ft - - Juw - ov T<i
partorifce E la teiera la spelonca al-
^ j j j j Ls^-n j-^-r-Trg ■ r^*"^"^
A-irpo-oi^Ttp irpe-aA -
rina«peaiibile offre.
T€i. 3. "At-t* • ^«1 +l€-Tà «•!
Gii angeli coi pa
ime - - vujv ftO'Eo-Xo-ToO - oi. 4. Md - yoi ftè
stori Ti cantano gloria. I Hagì poi
o j tj j j j-^j.i/^ n J ^ j-rH-7-1
colla stella viaggiano
01 5. h\* Vj-fia^
Poiché per
gÌF^F-g^M^J JyJ'rrrtrr^ J^^^JJrAJ
Tàp è-T€v-v/i - - 011 irm-òi-ov ve - ov 6 TTpo-aint - vuiv 0£-ò(.
noi è nato un fancinllo naoyo^ il Dio prima dei secoli.
Analyse.
Cet hymne est un des plus célèbres et des plus populaires de S^ Bo-
main (1). La version Aghìorite que Bous en donnons diffère en plus
d'un point de celles des traditions de l'Église telles qu'elles se sont
consenrées dans les yilles. — La Feraian abrégée, comme on la chante
à l'Église Grecque de Yenise, ne contient point par exemple la fraiche
snodoiaikm en u^ et le g^:9xieui gruppetto sor les loots «''Att^^ >^
ies anges et les pastetrrs, détaìl earaetéristique et musiqiie pitte-
resque comme l'aimaH la nafre «nfance de Tart; on n'y trouye point
(1) Mttode dn V' aiòde. Volr la parag raphe: Lei prmeipmitx Méìodee de
VÉgUee 4'Onent, de notre étade^ dans le fa«cicale psécédent à» <t9tte JJtrMto,
annóe Vili, 1901, p. 60.
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wn
588
MKMORU
trace non plus de l'intéressante modulation en fa mineur
est qaestìon des Bois Mages et de l'Étoìle, modulation qui
fort à sa place dans la partie centrale métabolique de a
qui se meut, dans la version de Yenise, dans un cercle
du seul et méme troisième mode.
Observons que le rhythme est tour à tour binaire et te
un libre mélange, et que les cadences font alterner fa et
en arrìver à une doublé consécration du /*a, ton fondamen
Essai d'analyse de Varchitecture muskaìe.
Cadences :
1
2
3
4
5
Fa Sol
Fa Sol
\Utmaj\Sol
Fam, Sol
Fa
Partie principale (Partie métabolique Partie coi
nnimodale modnlatoire) animo
N. 10.
E phònè tou lògou.
De rode VP du Canon de VÉpiphanie.
^nt heirmologique dit: Tón Photón.)
y siede.
{Version aghiorite).
r^«
Deaxiòme ton. AUsgro.
TlJV 0U)TIJV.
If. Jj^ J J^^'TJj j J j| Jj^^j^^
*H (pui'Vf) ToO Aó - Tow, ó XOx-vo^ toO q)ui-TÒ^ 6 *E-ui^ q
La Toiz da Yerbe, la lampe de la lamière, Tétoile
j j ji^ j J^~j n^j j I J)ì3^^
ó ToO *H - X( - cu TTpó - hpo - ^40^, iy xf)
da Soleil le Précarsear dans le
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LE8 CHANT8 DI L*ÀQLI8S ORBCQUS
589
)i€-Ta-vo-€t - T€ «a-oipo-a TÓKXa-o1(U Kol irpo-ka-Oa - i-pco
Faitee penitente à tona crìe (à tons) lee peaplee, pariflez-?oni
ee 1^0 yàp nd - pe-ori Xpi-orò? ex (peo-pdcTòv kóo - ^iov Xu - xpoO-fic-voc;.
paroe qae prósent est le Cbrìst qai sanve le monde de la corrapiàon.
Yoici un chant compose de neaf phrades mélodiqaes dont l'encha!-
nement est aussi heureux qa'intéressant — EUes semblent réparties
ainsì, d'après les cadences, qui ont lìea sur $ol et sur ré :
■•1
2 8
Cadences :
Sol"
1
Ré 1
RéH
S
Ré
•z
Sol
§
SolJ
^
Ré
Sol
Ré -
1
4. -
'■]
Od voit le parallélisme de la l'^ et de la dernière partie;non pas
parallélìsme méthodique, littéral, mais parallélisme spirìtuel. Un autre
parallélisme a lieu entre les deux périodes du milieu (2 et 3). Cotte
régnlarité est interrompue de la manière la plus heureuse par la
phrase N. 4, pour ainsi dire hors cadre.
La formule principale de cotte phrase est rappelée à la fin de la
dernière phrase.
La charpente musicale de ce chant si exprossif se présenterait dono
de la manière suivante:
Sol I Ré
Période ternatre
Rien n'est arbitraire dans ces chants, et l'on découvre dans chacun
le travail de la pensée en memo temps que l'inspiratìon du sentiment !
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590
MBHORIX
N. IL
Se nOon prottasma*
(Clèomi htirmoUgiqm).
TI* liècle.
Le «uitiftte -éei tFoU Wàntt dau la fanrnaiia jodente.
Qnfttdène mofl* piagai. Jfod«ralD.
fj. JJ J i J J J J! J J jTiJJ T h J J i
'Ek vó*ev iv^ò-<rraih'a tv * pdv^ou ^0HRe • P«Oc Xa-«àc (
Us iDtMaé étoet dn tTcaii iiD|>ie Les peaples
ragTij I jì j j J i J I J j ji ^QrjTjTn^
kXó - VII-OC ifvé-ov d-irei - \f\^ Kalbua-q>f) - yi - o^ Gc-o otu-t^^;'
remaa inspirant des menaces tft des blasphèmes en haine da Diea.
6-|uu>^ Tpd^ TTal - ba^ oòk è-òd - ^a • rw Jc 6u - fiò^ 6n * pi
Maia les troia enfanta n*oiit pas été attems par la farenr bea -
ìhJìi''iu-H-j\iii^'^^ w^^
tiale, ni le
ppó-^i-oy dXX' dv Tf)-xoOv'Ti Òpo-ao - pò - Xui
fen frémissant mn plein de rosee
I JJ)i;'^^i+t4-j.j;i^uijjJi^
iTvcO-^a-n
esprit
TTu • p(-auv 6v-T€^
dans le fea réunis
HiaX • Xov • *0 (»ii-€p - <i'\kyn\
chantaient: Oh aa dessns des lonanges
TO^ Tdiv Ha - T^-pov Kol fi - m&v 9€ - ò^ cò-XO'irt - Toq
de nos pères et notre DieOi soia bèni!
La declamati OD -si admirable dans sa vérité expressive, le feu et
ranimatìon, le pathétique de la dietion qui ne faiblit nulle part et
ooBdait vietorìeiiseflMDt; vers la péroraisoa qui couronne r^BOvre, ne
saaraient étre assez admirées, assez goùtées.
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LES GHANTS VK l'AOLISB ORECQUE
591
N. 12.
Paldos eu àgis.
Mirmoa de la Litwrgie.
VII« siècle.
Aatre chant des troia eofants dans la foarnaise ardente.
Qnatflèaifl ton plagml. Yi9ae;
I^^Jm^'J JÌ J^ j/]j;^'j.; l'h^^
I. TTci - * bo^ €0 4't^ èv T^ica^fU - vqi, IL ó TÓ-xo(Tf)^0€
g
. *)►
«-Té^ov-oi ÌKFdNia-TO, IIL tò t€ m^v tu - 3ioO*|i£-yo( vOv^ èvcp^oó
fic-vo^ IV. Tifjv ot-NOU-M^<^i)v fi • sa-aavt à • T^-pei ii^i&X - Xoti - oav *
ftjì j j'j-|fj.^!|Xj-jjj-^jJ^^Jj
V. TÒv kO - pi • ov (»^-v€^ - tc tò Ip • Tfl» VI. Kol ù-irc-pu-^ioO T€
BzJ n j ,n^
ei^ irdv-ra^ toù^ al - tX»
va<;.
Vtìihoe general eorrespaBi au caractère qn'attrìbuB rÉ?éque Chry-
sante, aux mélodles de ce mode: il est « caressant^ agréaile et ai-
trayant pour les passions ». — La phrase initiale rappelle une des
plus belles phrases du graduel des Dimanches du 1*' Avent :
Osiende nobis Domi$^,
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502
MBMORIB
N. 13.
Paxàdoxa syrneron.
Hymne idiomèìe dea Vépres de la Pentecóte.
Vin« siècle.
D^orìgine très antique, probablement compose par S^ Jean Dan
Cosmas (sec. Vili»).
QMtrìènie ton. Adagio.
TTò-pd-òo-Ea af| - ^c • • pov cl-bov t& £8-vii it(
Cose straordinarie oggi videro le genti
n AJTJj J iHj^TTJ-^ J J 5,j j^
èv nò • - - X€i Aa - v\h 6 t6 tò TTv€0-|ì<ì kq-tt^X - Bc tò fi -
nella città di David quando lo Spirito discese il Sf
^J-ih^-'WriHf^J J JJ ^ J ^
èv mi-pi-voi^ yXiba - aai?, xa-Od)^ 6 ec-n-tó-po^ Aou • kS^ è -
in focose lingue, come il teologo Luca ha p
j j j j j j i^s^-^^u^j ^urrm
<pil-al T^p, au-v^^T-^é - vujv xOùv Ma-8ì|-i
Dice infatti, che raccolti i di8cep<
q)Béf ' Ea - to;
ciato.
rgj j^j j~irrpi3iiN5j j y ; j^^
TOO
di
Xpi - axoO
Cristo,
è-Té-v€-T0 fi - xo^ Ka-6d-Tr€p <p€-po-M
si fece un suono come por
j j fT? rr ^^-J .L^ J J J J ^;^4-HHfl
pi-a( - - a^ irvo - f)^ kqI è-irXfi-puhac tòv ot - kov oO H -
impetuoso soffio e riempì la casa dove era
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LB8 CHANT8 LE L*É0U8S ORECQUB
503
I n J J JJI'I ri
m
sedati;
M€
- VOI*
e totti
• • Eov • Tó
cominciarono
9Wt
a parlare
Oai'
li - voK
insolite
W
parole,
<n.
là
inso
voi( h&f - ^a - ait He - vok bi
liti dogmi, insoliti
- b&f - • ^a -
insegnamenti
01
della
Santa
- <K
Tpi
^
^^
Trinità.
bo?.
Cet hymne a poar sujet la descente da Saint-Esprit à la Pente-
còte. 11 se divise en trois parties: la première et la S^^ partagéesen
qoatre phrases; la partie da miliea contìent sii roembres distincts.
Les proportioDS architectarales se présentent dono ainsi: 4 + 6 + 4.
La l** partie est ane sorte dMntrodaction, comme rindìqaent les
paroles; c*est Texorde. La modalation est stable ; les cadences affir-
ment qaatre fois ce sol — Li 2^^ partie commence le récit propre-
ment dit de TÉvangéliste Lacas; c'est la partie dramatiqae, et la
melodie soavent imitative rend avec ane grande vigaear et vérité
d*expression les émoavantes péripéties da miracle de la Pentecdte ; il
fitat remarqaer sartoat la manière ingéniease et vraiment grandiose,
impressionnante, avec laqaelle les paroles: « piata^ irvof)^, soaffle im-
pétaeax » sont rendaes. — La troisième partie, qui décrìt Teffet prodait
sur les Apfttres par la déversion da Saint-Esprit, a an beaa caractère
qui termine dignement l'ensemble: il s'y trouve ane progression de
petites phrases ascendantes, sar le texte : « paroles extraordinaires,
dogmes extraordinaires, enseignements extraordinaires » qai est d*ane
grande force dramatiqae; la phrase finale calme et ramène au ton
mi (tierce de ut) qae Ton n*avait pas entenda dans toat le morceau
(comme cadence).
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a«M
MKMORQI
La cHsposition et la distribation des cadeneas box sol et à» a-
deBcea sur rtf est remarquable par sa elarté et unite. — Le tableau
graphique lie cette nélodie «arait le suivant:
Modalations
et Cadenees
Phrases
ArdwUeture temaire.
Sol
I I I
IrUroduetùm
Bé^Sol-^
Dévehppement
Sel-lfi
I I
4
Candusion
1 I
N. 14.
Euphrenestho tk Ur&nla.
vili» siècle.
Hymne apolytikioD (dn Congé) attribaé à S^ Jean Damascène.
ir^-T^-TTT r t^ «< ^ J^ J J J J J j J ••
Si raU^iÌAO le oose celeetì, ep«Ui&o le eoee iorreatrì»
€ TI è-tro(-ii • ac xpA - a-ro?
poìdiè fece potensa
èv ppo-xi-o • VI «ÒToO ó Ké^-<K. è-iré-TiH'c
nel bvaocio uo il Signon cilpeetò
|J J J J J/3 Jj JJjj i Ji^ J J J J J ; J i^
Tfli 6d-vo-a-Ttp TÒv 6d
cella morte la
va-a-Tov. irpof-TÓ - o-TO*KO^Ttfhf-veicpilhf*-7l-vc-TO
morte prineganiio d^i ettlntl H latte.
*Ek Koi-Xi-ac à ' bou ép-pó-aa-To i^^^^* kqI ita-pé-axc ri^ kó - o-0^^l rò
Dal Tentre d'inferno ha liberato noi e conoeete al mondo la
UJJjJjJ
grande misericordia.
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LKS CHANTS DÌ L*ÉGLI81 ORECQUB
Tàs Hesperinàs.
léUomèh des Vépres de Bimanthe.
VUI» Mède.
Tire de l'Oetoéche de S« Jeaa DioMMèoe.
r toB. Adagio,
4^iu^ j jIjj N j j ^i^jj jj j-
) yespertiiie nostre orazioni accogli o Saot» &
lore,
€ Kol ira-pd-oxou f|-n!v d-<p€-ai-iv à
* ooAoedi a noi remiisione
>Aap-Ti -
dei^peecaFti,
«&v
JJ Jl J^j./:ljJ J j J-JJ J^i"Jj jJ
ó-vo^ et
lolo sei
6 . . Ò€Ì-€i-Ea^ èv KÓa • fiuirfiv
colai che ha mostrato nel mondo la
d- vd
J'j^rsjj
ra
»ne.
01V.
un chant dans le 1<" mode; son ambitus est de sii tons, il
da si au sól^ c*està-dire il descend deux tons au-deseous de
e ré et ne monta» que jufqv'au ^*
remière phrase est régulièrement rhythmée; on pourrait la
en quatre mesures de rhytbme carré:
jjjj IJj Ij^
iponst au eontndra s'affirandiit d*ane manière imprévue et
9 da rhythme symétrique en entremélant le rhytbme à 4 temps
imt à h tempe et à 8 tempa.
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506
MEMORIE
1 a •
Cette phrase se distingue en outre par la diyision ternair
merobres, et une répétition d'une agogé descendante, chaque foii
et augmentant d'importance à chaque reprise.
Il est impossible de ne pas songer à la construction de la
initiale de la 1^ Pytbique de Pindare. Meme diyision ternaire
agogé descendante, méme développement progressif du motif i
En transposant cette phrase de Pindare dans le tétracord
rieur du mode dorien
I^;^JJJI iJ^JJI J'Hj/^lj
et en la faisant suivre de la phrase du Tà^ écXTrepivà^
^: J j j N J j I j j j I J'J^J'j^rs I JJ
on dirait avoir devant soi la véritable conclusion de la mèlo
daresque, qui, comme Ton sait, manque dans l'origiDal de
par le P. Kircher.
N. 16.
Oralos 6n kèi kalòs.
Trqpaire de la Liturgie.
Vili* siècle.
De rOctoéche de S* Jean Damascène.
Troiatòme moda piagai (faria). Adagio et ÀU0gro.
Iryjj ijjj j-U^^jijj j^j^^
*Q-pal-0(; f\yf xal xa-Xò^ cU Ppd^-mv ó è-^è Oava-nij - aa^
BeUo era e baono al gnsto quel che mi rese mortale
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LI8 CHANT3 DB L*éOLISE ORBCQUB
597
(VarianU) [-J f ^ J jJP J j J J |
Eo-Ti TÒ EO-Xov rf^ Zuhf^ kl oG <pa-Tibv oò 6vf| - aicui dX • X&
è il legno della vita del quale mangiando non morrò ma
i-j-jsì r ^^-^^ ^ J ^ ^-^-^-^
aùv T<J» Xii-OTfl • nW| • aOii t( fiou Kù-pi - €. 'Ev xfl pa - ai
col ladrone: ricordati di me, o Signore, nel regno
m
aou.
tao.
Tys Magdallnis.
liiamèk.
Siècle IX*.
Eothinon (Hymne da Matin) de Leon le Sarant.
(Veriian du MotU Athos).
1 1 1 j jjjjj.ii'j j j-^
; Mat-fta-XT)-vf)^ Ma-p( •
Maddalena Maria,
O^ 2. Tf|V TOO ZuhTf) • pOC €Ò- or
mentre del SaWatore an -
Tj j j j n^ n ,j I . j j ^ ^ ^^
naniiava
- VI)? 3. Tf|V èK V€-KpÒV 'A-và
la dai morti risor
IV 4. KOi é^
e
qxl - - - v€i • av, 5. òi-a-mo-rcOv-Tc^
l'apparizione non erodendo
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8^o
■CMDflIX
o( Ma » 6v| - Tol 6a.iJlHvciM • ìov-to 66.tò t^ Kop
i Diseepoli limproTeravano là del cao
I JJJÌ;1j.JJUJ»Jj i!T h^^ ^ ^ ^JJJ}
hi
le
aq okKì] - • - póv 7. dX-Xà TOtq <jii-mc( • oi^ kq
dveiu Bla dai legai w •
J J i^J j-J J J Jj^j JX-I J r^'TTrgTT
0o-iiXi-o6èv • T€C Kal6aó - fxa - Ji, 8. irpò^r^»^ - pvr
mati e dai miracoli, alla pndicMio
hJ ^ j j ^ j^j ; j jT^r^^=^^^=^
=1=
fio d • 1160 - TéX • - Xov
De erano mandatL
TO. 9. Kal où fièv KO - pi - e,
E ta, 0 Signore,
10. wpòc TÒv àp-xi ' ((nu - Tov, d - v€-Xi^ - •
al principio d*ogm luce sei asceso,
8ìi^ìTo-Té - - pa-
il Padre,
Ifrol bèi ' ' ' Kfi -•- -^- TOv wchHra-tjD^ tév Xé -
e qnelir predica? ano dappertutto la pasdta
42. Tot? dmhtMi • et w»o • Toé • pi€ •
coi mbseolf comprorandola.
VOI. 13. ùtrt 0(
Perd6 noi
q)u»«^cr-6éi' - T€^ hi* at ' ' Td>v 14. òo^ • ^ . . q»
che fammo iHaroinati per loro glorifichiame
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LSS CBANTS DB L X0LI8B GRECQUB
Mév
la
aou 15. Tfiv ìk v€-Kpùv 'A-và - ara - aiv,
8aa dai morti resurrezione,
91-Xdv
0 filan
[ J2J1J J g-:^^
6pUI . . - 1T€ KO • • • pi-€.
tropo Signore.
Le chant « Tf)^ MarbaXiivftc » est un chant idiomèle ayant poar
texte le passage de TÉvangile qui raconte comment S^-Madeleine se
rendant au tombeau du Seigneur, apprit par TAnge la résurrection
du Chrìst. — Il semble empreint tantdt de cette < tristesse natu-
relle » qui remplissait les ccBurs des disciples, après que leur maitre
les eut quittés, tantdt, comme aux paroles: àveX/)<peii^ TTaTépa, on
sent comme un cri de triomphe venant changer cette tristesse en joie.
— Quoique assez dé?eloppé, ce chant est très sobre de modulation et
ne sort guère de rhypolydien et de ses congénères {fa avec siii),
S^Bo ton de TÉglise Grecque. — Ayant son point de départ de la tona-
nte de ut maj. il touche à la min. et sol (domK de ut)^ ayant d'ar-
riyer au fa; puis vient une 2''* partie en ré min.^ une autre qui par
sol min. et ut maj. termine également en ré min.^ au moyen de la
méme formule mélodique syncopée
auLu
et enfin une 4"^ et demière partie qui termine sur le ton fonda-
mental fa.
Le parallélisme des phrases s'y fait jour, mais d'une manière tout
à fait irrégulière. Sur les 16 phrases qui le composent il y a 7 phrases-
types qui se retrouvent dans le courant du morceau, mais qui ne se ré-
pètent pas identiquement comm'e on pourrait le croire, ni alterna-
tivement 2 par 2 ou 4 par 4. La 1'* phrase, par exemple, n'est répétée
qu'à la neuvième, la 2°"* à la IS*"^, la 6°^ qui contient la cadence
caractéristique se retrouve à la 8"« et 12"« phrase, etc., etc.
L'architecture de ce chant se présente ainsi:
ni94tia muiieaU itaikma, YIII. 40
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600
MBMORIB
I.
II.
1
1 1
lfk
1
1
2
1
1 1
Ire
1 1
Ire
1
4
1
I&
Tf^ MoT^aXiivf)^... òiamoToOv... Kal ai) fièv KOpic... Aio ol «puiTtarévrc^..
et appartìent donc au système binaire.
Cadence.
Nous &Ì8on9 remarquer dans la phrase o. 11 la cadence par éclepsis
à la quarte, si famìlière aux chants slaves et qui se tronye également
dans rode de Pindaro.
l4-£=f-^
La eadenee si originale par son rhythme syneopé, qui se présente
à la fin de la 6"«, de la S""" et de la 12"* phrase, se trouve admi-
rablement appropriée par son caractère énergiqne aux paroles qu'elle
est appelée à exprimer ; le noiot : < axXiipóv, la dnreté des codurs des
Apdtres», est bien caractérisé, ainsi que le « nurroO^cvoi, le témoi-
gnage, la preuve certaine », par laquelle les Apdtres appuyaient leur
prédication.
N. 18.
Metà tin Is adù.
Idiomèle.
IX* Biècle.
Kothinon (Eymoe da Matiu) de Leon le Savant, Empereur.
Devzième ton piagai. Adagio.
h' J J J-^J ^J igU|;J ili J '^"nHìI-^
Mc-TÒ rf\y d^ <[ - • òou Kpd-Oo - 6ov,
Dopo la in Inferno discesa
Kal t/|v ex V€-Kpdhf
e la dai morti
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LE8 CHANTS QS L*ÉOUSE ORSCQUE
mi
vd • ara • - - aiv,
Basnrretìone,
é-6uHto0v - Te; d^
afflitti, come
d • • x^ é • irì ti]» xu'-pui-Mit' oov^ Xpi - are, oi Ma-
era natarale, per la separazione tna, o Cristo, i di-
I n.i Jinj j-jF^^ j j j ^ ju f.^^
0r) . . . . xal, wpòq Ip^ya - (j( - • av
soepoli al la?oro
i'Tpa
si voi -
I jjj_,i rp-fyi^,L^jLnj^uu jT_j,ii
ntl
0OV xal wd-Xiv irXot - a xal Òùc - tu - a,
sero, e ancora barche e reti
kqI dr - • - - • pa oò-ba . - . . jioO dX - Xà aù Idi-rcp éfi-q)a -
e presa in nessuna parte, ma ta, o Salvatore, ap •
|^E^i4gL^=r-ÌT/=i J fffS=h2Trj^-
Via • - • • 8€l^, Uk Aca-tró • - • tì\(; wdv-rujv,
parso come Signore di tutte cose,
6€*Hi -
a de-
J?ZLl^ f^ JJJ a3:g:rffij:ZF"TTif
oK KC - • X€ù - e^
atra comandi
Pa-Xctv Kal i^v ó Xó - To<;, ^p
di gettare e fa la parola, fatto
I ^ j j i^j J^T^^-ji^=S^~r77p~^p
Tov cu - eO^, Kttl irXfl-Bo^ xdiv lx-6ù • - - uw
sobito, e moltitudine di pesci
ITO - Xù,
grande
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602
MXMOEIE
Tpiì^ j j rPT] ^(j.j j j j j ^,t._n(jj j j>3_j !
Kal b€tTr-vov Eé-vov f - • toi - fiov èv
e cena insolita pronta a
"rt OO >i€ - TO -
terra della quale
I J ^ [jpf i^j hP. Q,J jtJ Dj JJ^ J J ^
(JX^2^ujv TÓ re aou ti&v ^a - Oii-Turv
avendo partecipato i tnoi discepoli
anche
I UT r a.i '^-f-tr' ^lì '■i > ^^' ^m.
jia^ vOv vo-ì] - Tt&<;
noi ora mentalmente
KQ-rà d • il - - - • ui
rendi degni
iH:^^^^.-^h:.b^#±f LfaJ f J ;ìpì .1 ^^
<J0V èv-XpU-
di gustare,
- aa\ q>i-Xd • - - dv • Opui-nc
0 filantropo
Venise.
Ella AdaIbwskt.
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LA SONATA A KREUTZER
I nota ai concertisti ed ai virtuosi del violino (come del
3he le altre composizioni del sommo di Bonn), la Sonata a
' ha acquistato una certa rinomanza e popolarità (di nome
anto) pel grande successo ottenuto da quel breve romanzo
ò Leone Tolstol, che appunto dalla Sonata a Ereutzer sMn-
lanza e popolarità assolutamente fittizia , come si è accen-
ti apparente che sostanziale, perchè, contrariamente a quanto
nel campo della letteratura, dove il rumore sollevato da un'o-
isicale determina molto spesso la popolarità, e talvolta per-
ivelazione al pubblico del lavoro letterario donde il libretto
melodramma è stato tolto, il grande successo del romanzo
^ece non ha invogliato menomamente i violinisti a studiare
musicale dal quale esso s'intitola, paghi più che mai delle
ginnastiche alla Paganini, Sarasate, ecc., di cui la lettera-
certistica per violino non fa certo difetto,
fortunata invero la Sonata a Kreutzer !
Dota ai musicisti, nella novella del Tolstol essa vien desti-
appresentare una parte ben brutta, ad esercitare una fun-
n deleteria, ad essere come il simbolo di un elemento emi-
ite dissolvente, eccitante, inesplicabilmente dannoso qual è
9 la musica, nella tesi paradossale così asmaticamente so-
e sviluppata dal romanziere.
ile mette in bocca al suo strano protagonista certe teorie di
musicale ancor più strane , le quali tenderebbero alla sop-
I totale di quest'arte divina, perchè « cosa terrìbile in gene-
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604 MEMORIE
rale »; o per lo meno airannìentamento delle manifestazioni più ele-
vate e complesse del genio musicale, perchè producono < un'eccitazione
inesplicabile che è dannosa », rendendosi tollerabili appena le mani-
festazioni, che comunemente sono ideate di genere inferiore, quali una
marcia od una danza, che per lo meno corrispondono ad uno « scopo
determinato ».
Onde leggendo quelle due pagine di estetica musicale intromessa Del
romanzo, il lettore, che pure venne già messo a dura prova dalle
non meno strane teorie sull'amore e sul matrimonio che precedono^
ma che nutre pur sempre una grande ammirazione per il genio di
Tolstoi, si domanda quasi imbecillito: Ma queste saranno opinioni
che il romanziere ba messo in bocca al suo protagonista per dimo-
strarne vieppiti Tanormalità , oppure sono teorie proprie del roman-
ziere U quale si vale di questo artifizio per enunciarle? E pur trc^ypo
che sia veramente così lo dimostrerebbe il pit recente libro di filo-
sofia dell'arte: « Che cosa è l'arte?»^ in cui il romanziere russo
venne sviluppando ampiamente, sebbene con poco rigor di logica,
queste teorie, applicandole anche alle altre arti serrile : un libro assai
poco convincente e che dinaraatra una volta più come il Tolstoi, gran-
dissimo artìatBi sia un mediocre filosofo, le c«i tesi, molto smesso nto-
pisticbe e paradoasali^i possono soltanto avere una certa effieada per
la grandezza e neMltà dello scopo al quale esse sono iospirata
Ma , per ridarci al nostro argomento , eeme mai rAntore ha po^
tuto scegliere una composizione del più sereno ed equilibrato fin i
grandi musieisti « ha potuto seegliefe precisamente questa Sonata a
Krentzer p^ abbassarla come alla spiegazione musicale di nn or-
rendo delitto operato non dietro un impulso generosamente passio*
naie, come sarebbe il delitto d'Otello, ma dietro un impulso ignobile,
che è anzi il compendio di tntta ana serie di seatìmenti ignobili, di
vere iHruttave? « Questa Sonata a Xrentzer , il primo tempo presta
è lecito suonarlo in un salone ove son convennte dame eoi seni de-
nudati ? »
Così si esprime il Tolstoi, per il quale la Sanata a KreuUur < un
lavoro terribile », addirittura immorale, i^on solo basta, nella sanno*
velia, a servire da galeotto ai due esecatori, così da condurli insen-
sibilmente ed inesorabilmente all'adulterio, ma è tale da < sovreceìtart
in modo ineffiibile, anzi , da provocare addirittora in certi ambienti
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LA SONATA A KREUTZER
606
eerte idee ehe sarebbe brutto veder attuate! »; allo stesso modo che il
vino, l'acquavite bevuta a profusione, ed il fumo del tabacco inaspri-
scono il protagonista, e gli danno quell' ebbrezza ed inconsapevolezza
necessaria ad inveire dapprima turpemente contro la propria moglie,
a commettere scenate rivoltanti, ed infine ad ucciderla.
Oh isente sublime e casta di Beethoven i chi altri avrebbe potato
anche sospettare che la tua Sonata non sia lecito eseguirla in un
salone , ove son convenute dame coi seni denudati , non perchè sa-
rebbe come pro£uiarla davanti a un pubblico generalmente così fri-
volo e sciocco, ma perchè possa essere argomento e causa d' im-
moralità ?
Povera Sanata a KreuUfer ! quanta ignominia, potentemente de-
scritta, fosti destinata a rivestire !
Ma è poi proprio vero che questo primo tempo < presto » sia così
diabolicamente violento, suggestivo e sensuale, e che in esso si tro-
vino elementi passionali sviluppati in maniera inaudita e portati al
parossismo più che in qualsiasi altra composizione di Beethoven per
violino?
Esaminiamolo non con gli orecchi di un Posdnìcheff esaltato e mat-
toide, ma con quelli sani di un devoto cultore di musica, e vediamo.
m
Il «presto » in 2a minore è preceduto da un < Adagio sostenuto » in
la maggiore che incomincia con 4 battute di violino solo , ripetete
subito in minore dal pianoforte.
Adagio sostenuto.
Tiolino Mìo.
m
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r
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Questa specie di introduzione (non infrequente in Beethoven) ha
qui poca importanza musicale: è una specie di progressione che si
arresta alla sotto dominante per preparare T entrata impetuosa del
presiOj il quale, irrompendo suiraccordo della sotto-dominante ed in
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606
MEMORIE
tonalità minore dopo il maggiore dell'Adagio, produce un effetto di
sicura efficacia.
Presto,
i
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raU.
Il tema Tiene ripetuto dal pianoforte e subito violino e pianoforte
incominciano una specie di progressione
fioUno.
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LA SONATA A KREUTZER
607
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«. (1).
progressione assolutamente scolastica, poco originale e fredduccia.
Il secondo tema principale , tema contrappeso , viene enunziato
subito dopo dal violino.
TioUmo.
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11
(1) Le citazioni masicali sono forzatamente molto embrìonali, e lascio al let-
tore la cara di oonsaltare in proposito l'op. 47.
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eoè
auMoaiB
È un bel tema nobile, elevato e dotato di un* espressione calma,
pressoché divota, che fa bel contrasto coli' agitato minare antece-
dente. Tecnicamente è degno di nota la sua tonalità di mt maggiort
alla quinta della tonalità d'impianto la minore : una specie di infra-
zione alla regola classica e che sarà più tardi eseguita da Mendel-
sohn, Schubert, Bramhs ed altri.
Il tema viene subito interrotto con beireffetto da una nuova pro-
gressione
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progressione più ricca e meno scolastica della precedente e che alle
battute
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LA SONATA A KllKUTZER
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raggiunge una potenza d'effetto grandissima; Tunico punto della
Sonata in cui si possano rintracciare degli elementi passionali.
Entra subito un nuovo tema in mi minore
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610
MIMORIB
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musicalmente di ottimo effetto ^ patologicamente insignificante, né
sensuale , né dissolvente più di tanti altri temi di Beethoven , coi
quali esso ha una certa visibile parentela. Segue la cadenza in mi
minore ed il ritornello.
Dopo il ritornello abbiamo la parte dedicata allo svolgimento dei
temi fondamentali, e nella quale il divino Beethoven emerge di solito
ad altezze inaudite e giammai raggiunte da altri.
Modulazioni, progressioni dolorose o sfolgoranti di brio e di verve ,
deduzioni impreviste e sbalorditive, di solito formano la caratteristica
di questa parte ; ma nella Sonata a Kreutzer Beethoven si muove un
pochino a disagio. L'artifizio, lo sforzo, la scolastica vi sono evi-
denti e Beethoven, svolgendo a sazietà il tema in mi minare^
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^
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LA SONATA A RREUTZER
611
è ben lontano dal provocare le impressioni volute dal Tolstol: e che
altre composizioni dello stesso Beethoven sascitano con assai maggior
efficacia.
Anche la ripresa della prima parte della Sonata è condotta con
poco effetto, meccanicamente e senza genialità.
La ripetizione della prima parte, col secondo tema in la maggiore,
come vuole la regola , non aggiunge, né può aggiungere nuovi ele-
menti psicologici che possano giustificarci l'aspro apprezzamento dello
scrittore russo.
Più ricca d'effetto è la Coda , piuttosto estesa , e che racchiude
una progressione d'ottave molto bella e caratteristica in Beethoven.
* *
Riassumendo, questo tempo è una composizione che nel suo com-
plesso è splendida per fattura e tecnica musicale, e per bellezza di
idee, ma che non racchiude per nulla quegli elementi sovversivi ed
eccitanti voluti dal Tolstol e che si riscontrerebbero di preferenza in
altre composizioni per violino dello stesso Beethoven.
È un lavoro che ripete formule e frasi comuni a Beethoven e che
lascia trapelare discretamente lo scolasticismo sì da giustificare per
nulla l'interpretazione troppo fantastica ed assolutamente soggettiva
del filosofo russo.
E che troppo soggettiva ed ingiusta sia l'interpretazione che questi
seccamente pone in bocca del suo protagonista, lo prova l'apprezza-
mento che egli dà del secondo tempo Andante
Andante con variasioni
che chiama «poco originale», mentre tolto, forse senza accorgersi,
da un illustre nostro musicista contemporaneo, a tema di una ro-
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612 MIMOBU
maazft in un notissimo dramma lirico, oostitnisce ima delle gemme
dello spartitoi ; ed il gindizio sol Finale che dice « dì poco eletto ».
Ma il Finche è precisamente sbalorditivo per efficacia e yifaciià,
è uno scoppiettio sfolgorante ed inesauribile di note, che sono come
tante perle cadenti sopra un bacile d' argento e che ti lasciano tb*
bacinato innanzi a tanta fretchezia d* idee , unita a ooA potente
senso dell'equilibrio e dell'unità della composizione; in una parola,
della quadratura !
Basterebbe quest' ultimo tempo a rendere immortale questa So-
nata ed a rendala gradita ai Tiolinisti, se essi pib che a ftr ammi-
rare la scioltezza e l'agilità delle loro dita, mirassero a comuiictre
al pubblico, per mezzo dei capolavori dei grandi musicisti, un'anima
d'artista ed un vero sentimento d'arte.
Ma i concertisti preferiscono fare i funamboli ; e poiché la vera e
nobile letteratura musicale per violino è poco conosciuta, un grande
romanziere può fiirsi lecito non solo di fare degli apprezzamenti
stranamente fantastici su una Sonata a Kreutzer , ma di renderk
addirittura odiosa per l'atrocità del delitto, del quale l'innocente
Sonata parrebbe essere la causa determinante, senza che il buon pub-
blico possa dire al romanziere che questa volta ha torto.
DiKO SlSCBRO.
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Arte contemporanea
LA TECNICA DEL CANALE D'ATTACCO
Saggio pkr lo studio tsoricO'-pbatigo
degù elsmbnti fonetici della favella italiana nell*ein8si01is tocalb.
Con 6 flgiirt • bubmoiI Mpedi«Bti gTÈAtA^ proapvfeti, mc.
(CùfUinwu. V. Tol. Vili, fase. V, pag. 137, anno 1901).
Capitolo Terzo.
Delle vocali secondarle e loro efBLcada,
quale mezzo di neutralizzazione di tutto il vocalismo.
Le vocali E, 0 sodo dette secondarie perchè non contengono in
se stesse stoffa originale-primaria, ma non sono che gradazioni
delle vocali primarie, riempiendone i vani ed appianandone le diffe-
renze si spiccate. La prima trovasi fra I ed Aj ed appartiene perciò
al dominio chiaro; la seconda fra J. ed Z7, e viene considerata
per la stessa ragione vocale oscura. Queste vocali secondarie sono
suscettibili di modificazioni ; o meglio, si distinguono in ciascuna di
esse due suoni differenti; Tuno detto suono aperto, Taltro suono
chiuso. Designeremo il loro suono aperto con racconto grave: come
in rnènsa^ rèmo^ bòtta^ còlh, ecc. ; ed il loro suono chiuso con Tac-
cento acuto: come in mése^ réfe^ bótte, córto, ecc.; adoprando dapper-
tutto, per rappresentarle, le lettere minuscole.
Le vocali òeàò, non solo sono in strettissima parentela fonica colla
vocale A, ma pure trovansi, per la loro posizione e formazione, vici-
nissime e somiglianti a quella. Ammesso che la vocale A sia d'un
timbro nedtiala, cioè né chiaro, né oscuro, saranno appunto queste
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614 ARTI CONTKMPOAANXA
Tocali che, come prodotto e gradazione diretta, immediata di qaella,
ne stabiliranno un differente carattere. A rigore potremmo concia-
dere che la è non è che un* A molto chiara, e la ò un* A estrema-
mente oscura. La é invece è sola e diretta produzione e gradazione
immediata della I nella stessa proporzione che la ó alla V.
Prendiamo a riguardare, prima di tutto, separatamente le Tocali
secondarie aperte.
è.
I fisiologi non sono concordi nel trattamento di questa Toeale;
alcuni la fanno derivare da i, altri da A. Noi propendiamo per la
sua derivazione direttissima dalla J., poiché a ciò ci conducono due
fatti glottologici:
1^ il dittongo latino ae in saeculum, tremendae, ecc., il quale
si è generalmente convertito, nella &vella italiana, in è;
2^ la favella tedesca, la quale si serve per indicare questo suono
del medesimo segno A^ aggiungendovi semplicemente due cediglie,
dette Umlaut (a).
La sua posizione è presso la vocale A^ nella direzione della I
(vedi Fig. 3^). Il suono comincia già in questa vocale ad appropriarsi
le qualità caratteristiche al timbro chiaro; esso tende a condensarsi,
ad assottigliarsi mediante la formazione di questa vocale che è la
seguente: l'apertura deirorifizio boccale resta quasi la stessa che nella
emissione A; il volume della colonna sonora si condensa, si assot-
tiglia mediante l'inarcamento lieve del dorso anteriore della lingua;
mentre il dorso medio si allarga, toccando quasi le file laterali dei
denti. Il velo palatino, che forma l'apertura intema della cavità fa-
ringea, si allarga un poco; e l'epiglottide s'innalza insensibilmente,
portando seco, in questo movimento, tutta la laringe.
Neppure sul suo carattere psichico i dotti trovansi d'accordo; alcuni
opinano che questa vocale esprime specialmente l'appassionato, il
sano, le forze vitali, mentre altri le ammettono la prestanza a de-
scrivere la pluralità, il multiplo e pure la diminuzione, il rimpic-
cìolimento.
ò.
Questa vocale è, senza contrasto, una modificazione ed un prodotto
direttissimo della vocale A ; e segna già una gradazione del timbro
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LA TBGinC*. DO. CAKdLLB D*ATTAGGO 615
oscuro. La sua posiziose ò sopra la vocale A verso il velo palatino
(vedi Fig. 3^), e trovasi perciò nel mezzo deirorìfizio faucale : di qui
la sua straordinaria risuonanza d'un carattere tutt'affatto speciale. La
sua formazione succede presso a poco come nella vocale A. Soltanto,
e questo pure quasi insensibilmente, il dorso posteriore della lingua
tende a rialzarsi, mentre il medio e Fanteriore si ritirano un po' in-
dietro ; le labbra si dispongono a restringersi hteralouBfite « Tej^glot-
tide con la laringe ad abbassarsL
In riguardo al suo carattere simbolico sembra che essa si presti
segnatamente a dipingere la meraviglia, lo stupore, e talvolta pure
Terrore, il raccapriccio, il dolore.
Esercizi vicendevoli della vocale primaria I
e delle secondarie è ed d.
EMrdsSo onle.
I
N. 1. ~ (A I, è, ò. (l\^^
U. 2. ^ {/), I, d, ^. (iX
5. 8. -(ff), d, ^,1. (I),^ ^
^^A)
4t
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616 ARTI CONTIMPORANBA
V.A.-{E),Ò.I.è.(l)^^ ^1
N. 5.-{Hì,i,I,ò.(l\
V.(i.-{H),i,ò,I.{lX ^
Xa)
Esercizio musicale. — Lo stesso che per le vocali primarie.
Dagli espedienti grafici è ben facile il riconoscere di quale pratica
utilità saranno gli esercizi di questa serie, soprattutto per il neutra-
lizzamento del suono naturale della vocale A. È opinione generale
che l'italiano emette questa vocale nell'istesso modo tanto nella fa-
vella che neiremissione vocale. Quest'opinione, se trova forse un'orì-
gine giustificata nel fatto che la nostra favella possiede la più pura
e semplice formazione di essa, pure non è del tutto giusta, né fon-
data. In generale anche noi, benché in minor dose degli altri, dob-
biamo ammettere una certa difi'erenza tra emissione vocale (canto) e
&velia; prodotta dagli stessi fatti fisiologici e fonetici, ad alcuno dei
quali fu già accennato. Abbiamo veduto, negli esercizi della prima
serie, la necessità d'allontanarci, sia pure di poco, dal suono natu-
rale delle vocali principali, come si riscontrano nella nostra favella.
Appunto sono esse, che come materie, stoffe fonetiche originarie dei
timbri — e la vocale A soprattutto quale suono primitivo-radicale,
0 meglio, il suono vocale istesso — hanno bisogno di venir purgate,
lavorate, arrotondate, neutralizzate; in una parola: portate al suono
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LÀ TECNICA DKL CàNàLB D* ATTACCO 617
normale, il solo ammesso nella buona emissione. Sa questo cammino
ci conduce già, facendoci gradatamente e praticamente a?anzare, lo
studio delle vocali secondarie è, ò; specialmente, ripetiamo, per ciò
che riguarda la vocale A. Tralasciamo, per adesso, d'esercitare questa
emissione primitiva-radicale, giacché dobbiamo praticare giusto due
suoni, che si compongono della stessa sua stoffa; e ci dipartiamo,
aggirandoci di preferenza, dalla vocale J, che ci figuriamo già un
po' neutralizzata, e che per la sua posizione presso lo spazio di con-
densamento serve, meglio e più direttamente al nostro scopo; quello
appunto di condurre la colonna sonora sempre, e soltanto, verso il
detto spazio.
L'allievo novizio all'emissione vocale, il quale avrà praticato co-
scienziosamente gli esercizi ginnastico-mnti del canale d'attacco, non
troverà difficoltà di sorta nella formazione di queste due vocali secon-
darie. Ma avendo già osservato che ciascun individuo nell'emettere
lo stesso suono vocale può produrre una gradazione di carattere di-
verso, sarà bene fare nuovamente osservare quanto segue:
Sappiamo che la vocale J., suono neutro-originale, può propendere
nella sua produzione a due inclinazioni differenti, le quali apportano
alle due aberrazioni nel senso di emissione vocale e già sovente ri-
cordate: la voce gutturale e la voce bianca, a seconda che l'inclina-
zione di quella vocale sia troppo accentata verso il timbro oscuro e
verso il timbro chiaro. Se avremo dunque davanti a noi un soggetto
la di cui voce sia di carattere gutturale, allora non resterà che pre-
scrivere all'allievo uno speciale uso riflessivo della vocale secondaria
in antitesi a quella voce, che è quanto dire alla vocale é. Il con-
trario succederà per un soggetto dal carattere della voce bianca. Il
suo farmaco sarà il posare la sua massima attenzione alla emissione
della vocale ò, prendendone il carattere speciale rotondo e già d'un
reciso timbro oscuro onde prestarlo alla sua voce naturale, cb'è come
dire alla vocale A troppo bianca (chiara). Tutto questo aumenterà
ancor più d'importanza, s'intende, allorché s'agirà di combattere veri
e manifesti difetti e cattive abitudini d'insegnamento vocale.
Il difetto della voce gutturale, si sa già, resta e resterà sempre
della più grande difficoltà onde estirparlo del tutto. La causa risiede
semplicemente nel falso spazio di condensamento, il quale invece di
trovarsi verso il palato duro ai denti incisivi, resta nella parte infe-
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618 ARTI OONTEMPORANKA
riore della catità faringea, cioè nella gola; e là, sviluppandosi il
suono ed i snoi armonici in qaella stretta e stronata canta, man-
cante di qualanqae parete fiivorevole alla risnonaaza, ritirae quel
carattere sì ingrato di voce. Se in tal caso gli stessi eseroiif ginna-
stìco^muti e quelli delle vocali della prima e della seconda serie non
avessero condotto ad un resultato soddis¢e d'ammeglioramento,
indichiamo pure un altro rimedio, empirico ed ipotetico è vero, ma
forse di qualche utilità pratica: portare le labbra nella posizione
indicata per allontanare un pelo, un minuzzolo, un po' di cenere, ecc.
Soffiando ed espirando in tal modo cercheremo di portare la corrente
delFaria sino al processo della fonazione, cioè attaccando un suono
deiresaccordo. La voce verrà in tal modo, dopo un serio esercizio,
portata ai denti e forse corretta del tutto.
Negli esercizi della seconda serie evitare di dare tanto alla è che
alla ò un'esagerata risuonanta; ciò che apporterebbe nella prima ad
un'emissioDe triviale e piazzaiuola, e nella seconda ad un'emissione
un pò* caricata e sgradita. Ciò osserveremo soprattutto allorché eser-
citeremo queste vocali come punto di partenza od attacco. Qoeste
esagerate risuonanze provengono dalla loro posizione incerta, sospesa
nella cavità orale e dalla loro formazione allargata per la è, allun-
gata per la ò. Che queste vocali vengano controllate dal maestro
prestando a loro distinzione e moderazione. Agli attacchi di queste
due vocali abbiamo creduto bene prestare lo stampo consonantioo
della loro vocale d'origine, la H; essendo esso pure, e conseguente-
mente, la loro espirazione naturale.
n grado dinamico da darsi agli esercizi di queste vocali secondarie
sarà il piano. Nel rimanente attenersi al già detto per lo studio Mie
vocali primarie.
Potremo esercitare i numeri di questa serie pure coA:
N. 1. -^ (A J, è, d, r. (iK.^
eoo., ecc.
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LÀ TECNICA PBL CàNALV P*ATTACGO 619
Questa vocale segna il punto medio del vocalismo chiarOf un do-
minio ben semplice nella lingua italiana in proponione alle altre
favelle, racchiudendo nella nostra un ristretto numero di gradazioni
differenti. Per un esempio: la lingua tedesca include più di nove
gradazioni o colori diversi tra vocali pure e doppie appartenenti
al domìnio, chiaro, tra le quali la E sola include cinque grada-
zioni differenti. Se alcuni filologi italiani ammettono tre gradazioni
della vocale E nella nostra favella è certo però che nell'emissione
vocale non se ne osservano che due del tutto distinte : la già esposta
é e la é che veniamo appunto esponendo. Pur derivaodo dalla emis-
sione originaria J., come del resto tutti i suoni vocalici, cionon-
ostante essa trovasi in strettissima parentela, e per posizione e per
formazione, colla vocale primaria J, della quale non è che una gra-
dazione di timbro favorevolissima a correggere il suono naturale di
quella e trovarne il suo corrispondente suono normale. La sua posi-
zione è presso la vocale 1 tra questa e le vocale secondaria è (vedi
Fig. 3'). La sua formazione succede col rialzare il dorso medio della
lingua in una curva accentuata verso la volta palatina; la mascella
inferiore si accosta sensibilmente verso la mascella superiore, dando
airorifizio boccale un'ampiezza più trasversale che verticale. 11 labbro
superiore s'innalza, lasciando scoperti, quasi completamente, i denti
incisivi superiori, mentre Tinferiore si appoggia leggermente agli infe-
riori, coprendoli. La laringe, e con essa Tepiglottide, s'innalza sempre
più, e l'orifizio faucale segue pure nella sua forma l'orifizio boc-
xale (1). Osservare che qui pure la punta della lingua non abban-
doni la radice dei denti inferiori.
À cagione dell'uso molto frequente nella favella di questa vocale
la sua espressione psichico-descrittiva si generalizza, esprimendo forse
ia particolare l'indifferenza, i sentimenti ordinari, Tapatia, ecc.
(1) È degno di rimarco il fatto, che Torifizio fancale formato dal velo pala-
tino e da' saoi pilastri segae, nella formazione delle vocali, costantemente i mo-
timenti deirorifltio boccale, in qnella guisa che Tepiglottide segue la laringe nella
sua ascensione e discesa.
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620
ARTI CONTEMPORANIA
Se ai popoli germanici sarà difficile di aprire convenientemente
neiremissione vocale la è, altrettanto difficile sarà ai popoli latini,
e soprattutto per gli italiani, di emettere la vocale ó senza cadere in
un suono o troppo aperto, od esageratamente ottuso. Questa difficoltà
aumenterà ancora allorché, più innanzi, sarà questione dei registri e
delle note chiuse ed aperte.
Figura terza.
cilindro Tocale nentnliitato secondo le leg^l fisiologiche e fonetiche (saoao nonuJe).
Questa gradazione vocale trovasi nel punto medio del dominio
oscuro e la sua intima relazione con l'emissione primaria (7, rela-
zione di posizione e formazione, ci conduce a considerarla, senza con-
trasto, come una modificazione di quella, e favorevole ad essa nella
emissione vocale in quella stessa proporzione della é in riguardo al
timbro chiaro. La sua posizione è dunque in prossimità immediata
con la vocale U, tra questa e la vocale secondaria ò (vedi Fig. 3*).
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LA T£CNICÀ DBL CANALE D ATTACCO
621
Lassila formazione esige che le labbra si portino un po' in fuori,
dando una forma ovale sensibilmente pronunziata all'orifizio boccale.
Il dorso posteriore della lingua s'innalza quasi come nella {7, il
medio sì abbassa e la punta della lingua, col dorso anteriore, vien
portata un po' indietro. La laringe e l'epiglottide si abbassano pure
sensibilmente, mentre il velo palatino, coU'ugola, s'innalza verso le
narici inteme, dando all'orifizio &ucale la forma ovale.
Questa vocale ha come caratteristica la proprietà d'esprimere^spe-
cialmente i sentimenti elevati, religiosi, di pietà, di commiserazione,
e pure l'azione del comando, dell'ordine, ecc.
Esercizi della vocale primaria 1 e delle secondarie è ed ó.
Serie Terza.
EMrdiio onle. Ereditati gnfld.
N. 1. - (J). I, é, ó. il)-
V. 2. - (J), I, ó, é. (l)---
N. 3. - (F). 0, I,é. ( X )'">>► é
N. 4. - (F). ó. é, I. (i)'-
N. 5. - (/), «f, I, d. (i)--
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IATI OONTXMFtAANBA
N. 6. -.(J),^. <^, J. (l)--
Esercizio musicale — * Lo stesso che per le vocali precedenti.
Qui ^nntifConsigliama al maestro ài far» alzare all'allievo resaceordo
di tm semi-tono, così verremo già ad acquistare il 8i^. Faremo pure
osservare a proposito di qneeto esaceordo che per il primo mese (1)
sarà bene eiereitare tvtid gli allievi, sieno maseld o finanine ed
appartenenti a qualunque classifioazioee, suU'esaccordo di Do magg.
Allorché il maestro s! sarà pronunziato definitivamente snila classi-
ficazione, alla quale apparterrà la voce del soggetto, manterrà Tesac^
cordo in Do magg, per le voci di tessitura profonda ed alzerà almeno
sino a Mi ^ magg. Tesaccordo per le voci di tessitura acuta. Quello
che abbiamo detto per Tesaccordo di Do magg., intorno all'innalza-
mento di un semi-tono, si intenderà pure detto per l'esaccordo di
Mi ^ magg.
I movimenti fisiologici principali nello studio vicendevole di questo
due vocali secondarie chiuse, sono quelli della lingua e delle labbra;
cioè l'alzarsi verso la volta palatina, delineando una curva del dorso
medio della lingua, nella vocale secondaria di timbro chiaro e l'avan-
zarsi delle labbra in avanti, dando una forma ovale alla cavità della
bocca, nella vocale secondaria di timbro oscuro: a quei movimenti
sopratutto deve essere rivolta l'attenzione dell'allievo. Nel primo caso
si procurerà di tenere appoggiata leggermente, e sempre, la punta
della lingua ai denti inferiori ; nel secondo caso procureremo di mo-
derare l'allungamento, ed evitare specialmente l'aggruppamento delle
labbra per non arrecar pregiudizio alla chiarezza ed alla proprietà
di portare del suono nell'emissione vocale. Questi due movimenti ri-
chiedono speciale attenzione per non cadere in una caricatura, evi-
(1) Non intendiamo di stabilire assolatamente, ma approssimati vamen te, nna
certa dorata di tempo, né in veran modo limitare, e tanto meno intralciure
razione del maestro; il quale potrà a seconda del bisogno e dei casi Yarìare e
spostare, a sao talento, il materiale d'insegnamento da noi presentato.
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LÀ TECSIGA DSL CANALE 0 ATTACCO 683
tando Doiristesso tempo qualunque sforzo o contrazione muscolare.
In essi si dimostrerà, ancora una volta di più, l'utilità degli eser-
cizi ginnastìco-muti del canale d'attacco ; infatti nella produzione di
queste due vocali secondarie chiuse si ritroverà riuniti, certamente
in minor grado, i movimenti già osservati negli esercizi ginnastico-
muti delle labbra (let. D) e della lingua (l^t. J9).
Come ben vedesi dagli espedienti grafici di questa serie, il circolo
0 spazio di condensamento della colonna sonora, che nello studio delle
vocali primarie occupava intieramente la cavità orale, qui va sempre
più restringendosi e portandosi gradualmente verso il punto della
sana direzione, il palato duro. Il processo del neutralizzamento vo-
cale si presenterà perciò sempre più chiaro alla mente dello studioso.
Per le già dette ragioni ci dipartiamo qui pure dalla vocale primaria
1 nell'attacco del numero i; negli altri numeri prestiamo alla ^ ed
alla 6 lo stampo consonantico delle loro emissioni primarie aggiran-
doci però sempre suiremissione J.
Nello studio vicendevole delle vocali secondarie di questa serie
sarà pure facile riconoscere la gradazione speciale della vocale é in
relazione alla vocale i. Questa gradazione ci servirà come mezzo per cor-
reggere quelle voci che per inclinazicMie naturale o per cattiva abi-
tudine d'insegnamento, saranno contrassegnate dal difetto delia voce
dentalo; che, corno sappiamo, proviene da un'ei«agerazione del suono
naturale della emissione 1. L'assonanza della é prestata a questa
emissione, senza però confonderne la gradazione, sarà forse bastevole
ad allontanare questo difetto, del resto ben raro specialmente tra noi.
La stessa efficacia benefica alla neutralizzazione vocale possiede la
secondaria ó in relazione all'emissione 27; ma di ciò più innanzi.
Qui limitiamoci di esercitare questa gradazione oscura unitamente
al timbro chiaro; ciò che le presterà una sonorità brillante e la
proprietà di portare negatale in mrte dalla natura. — Potremo
esercitare i numeri di questa serie pure così:
N. 1. — (/). I, é. ó. L ^^-- ^ ^
ecc., ecc.
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6^ ARTE CONTEMPORANKA
Eaerdùo orale,
Esercizio cumulativo di tutte le vocali.
Serie Quarta.
N. 2. - (7), U, d, ò, A, è, é, L ^-( a)
Esercizio musicale. — Sempre lo stesso.
Adesso che abbiamo presentato tutti gli elementi vocali della &•
velia italiana non ci rimarrà che di unirli coll'esercitarli tra di loro;
0 meglio onde ottenere il grado desiderabile di neutralizzazione (suono
normale) delle altre due vocali primarie, che abbiamo tralasciate in
queste ultime serie e che si trovano s) allontanate nel loro suono
naturale dal sano spazio di condensazione adatto alla buona emissione
vocale, ci serviremo delle vocali della seconda e terza serie per ri-
trovare r^ e la {7; e ritrovarle neutralizzate completamente, cioè
rinnovate, depurate, scevre dalle loro inclinazioni difettose inerenti
alla loro stessa natura.
Inoltre cade appunto qui il destro di parlare deirinfluenza bene-
fica della vocale ó sopra la emissione oscura 27, sulla quale si fer-
merà segnatamente l'attenzione di quei soggetti, in cui il loro suono
naturale avrà delle tendenze verso ì difetti della voce nasale, foucale
e velare. La sostituzione deirassonanza di quella a questa correggerà
forse del tutto i residui di tali- inclinazioni. Un'importanza ancora
maggioro sarà da annettere a ciò che veniamo di dire allorché
avremo da combattere veri e manifesti difetti di quelle voci.
Il difetto di emissione tanto nasale che faucale o velare, ha per
causa principale la mancanza di energia ed elasticità dei muscoli
del velo palatino; i quali restando inerti, non permettono a questo,
nel dominio del vocalismo oscuro, di alzarsi verso le narici inteme
quanto sarebbe necessario, onde impedire alla colonna sonora di re-
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LA TECNICA DSL CANALI D*ATTACCO 625
stare e condensarsi o internamente nella parete molle del palato
(voce velare) o nella parte superiore della cavità faringea (voce fau-
cale) 0 direttamente nella cavità nasale (voce nasale). In tali casi
non saranno mai abbastanza da raccomandare gli esercizi ginnastico-
muti speciali del velo palatino.
Forre attenzione che Tallievo distingua scientemente la differenza
essenziale che esiste tra il suono vocale della è e della é^ e tra il
suono vocale della ò e della ó. In caso d' incertezza e confusione
l'esempio vivente, e dalla stessa bocca del maestro, sarà runico espe-
diente al quale ricorrere.
Prima di chiudere questo capitolo gettiamo uno sguardo di osser-
vazione alla disposizione, a tutta prima singolare, delle vocali nel
N. 1 degli esercizi della quarta serie, che ci condurrà a parlare di-
stesamente nel prossimo capitolo delle qualità fisico-acustiche del
suono 0 nota in relazione alla emissione delle vocali primarie e
loro gradazioni.
Questa completa disposizione delle vocali della nostra favella esce
fuori dalla consueta disposizione grammaticale che suona AjE^I, 0, Z7.
Se come suono originale primitivo il diritto del primo posto spetta
a rigore al suono vocale per eccellenza A, pure in riguardo al-
Temissione vocale questa disposizione non è più conseguente. In ap-
poggio a questa asserzione, del resto originalmente non nostra, oltre
la fonologia e la glottologia, che adottano questa disposizione, ab-
biamo pure nel caso nostro due ragioni d'indole artìstica — e per-
ciò importantissime per noi — che quella disposizione consolidano.
1^ La necessità di dipar^rsi in generale nello studio delle vocali dal-
l'emissione I neutralizzata come la più favorevole ad apportare e
sviluppare la colonna sonora nello spazio sano di condensazione in-
dicato ed indispensabile alla buona emissione vocale. 2^ Per seguire
naturalmente e facilitare i movimenti fisiologici di tutti gli organi
movibili del canale d*attacco nella loro produzione. — Infatti in
favore di quest'ultima ragione, avremo osservato che nella vocale I
tutti gli organi suddetti si trovano nella loro più completa posizione
caratteristica del timbro chiaro: e che man mano ci avviciniamo
all'emissione originaria A essi ritornano gradatamente ed insensibil-
mente, passando dalle gradazioni é, è, nella loro posizione naturale,
la neutra, per quindi seguire, naturalmente in una stessa direzione
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82d ARTB CONTBMPORANBà
ma ÌD?ersa alla prima, il loro fisiologico cammino, onde ra^giangere,
sempre gradatamente per la d e la <^, la poaiiione la più complicata
e caratteristica del timbro oscuro. Ma tatto ciò non è che un moTÌ-
mento solo, il quale si effiattuerà razionalmente, senza strappi, aè salti
inconseguenti, prestando ai suoni vocali, che a poco a poco yanno
producendosi nella cavità orale, scorrevolezza e distinzione.
Questa è la successione dunque la più adatta alla formazione ed
allo sviluppo del suono vocale divenuto pure musicale; e non solo
per mantenere a quello tutti i suoi pregi di varietà, di timbro, di
omogeneità e di pieghevolezza, ma pure permettergli di appropriarsi
tutte le qualità principali di questo: la vastità, la forza e Tespressione.
Capitolo Quarto.
Delle relazioni acusticlie e foneticlie
tra suono e vocale.
Qui sembrerà a taluno che a noi prenda vaghezza di entrare in
un campo estraneo all'ambito nostro, ed immischiarci in cose che
non ci riguardano. Questa opinione proverrà sicuramente dal punto
di partenza da cui ci siamo dipartiti in questo studio, il quale ci
conduce, naturalmente e per forza dello stesso discorso, come avremo
rimarcato, a considerare non solo che ciòcche andremo esponendo
più innanzi sarà in stretta ed immediata relazione col nostro sog-
getto, ma che con esso formi invece un tutto intiero ed indivisibile.
Intendiamo parlare delle differenti relazioni e rapporti tra il suono
vocale e il suono musicale suo derivato.
Tutti sappiamo che, come qualunque altro istrumento musicale,
l'organo vocale, T istrumento il più perfetto ed il più meraviglioso
perchè originale e naturale, ha pure il suo suono musicale o meglio
la sua gamma^ la sua estensione. Come abbiamo già veduto, questo
suono, questa estensione nascono dalla laringe e si estrinsecano, si
potrebbe dire inconsciamente, ooU'aspirazione H e coiremissione ori- '
ginaria Ay divenendo suono vocale soltanto allorché la colonna so-
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LA TECNICA DSL CANALI D ATTACCO 627
nora, biforcandosi in due bracci ai limiti «Btrenil dei quali risiadoBO
altre dua emissioni primarie di confine ma non originarie, arrivi a
circondare ano spazio, il pit adatto, il più fi^yorerole al ano conden*
samento ed airaccaxnnlamento ddle sue oeeillazioni onde sviluppare e
rendere i suoi armonici, ed acquisti, mediante le posiaioni differenti
degli organi movibili del canale d'attacco ed i differenti corpi risno-
catort, le proprietà dei due diversi timbri e loro gradazioni, unifor^-
mandosi pure alle leggi acustiche che su di esso (suono) influenzano
e si diveigono.
La scienza non ci ha ancoA chiarito iia maniera assoluta questa
relazione, s) importante neir emissione, fra suono e vocale. Alcuni
teorici asseriscono che suono e vocale sono sinonimi e giungono sino
a dire che sono la stessa cosa — ma non lo provano: altri tentano
invece di stabilire questa relazione senza arrivane però ad un resul^
tato pratico-razionale e sistematico. La stessa teoria del Sig. Koenìg,
se contenta forse dal lato acustico, lascia al certo insoddisfatti dal
lato glotMogioo, apportandoci ad uu resultato incompatibile colla
parola ed inaccettabile perciò all'emissioBe vocale. Noi non inteadiamo
di sviluppare qui completamente un tema A ocmplicMto; ci limiteremo
aoltaato ad esporre alcune riflessioni, frutto di eq^erienze e di risal-
tati d'indole piti che altro artistica, le quali potrebbero^ non fosse
altro, condurre ad uà risveglio di un tema A interessaste ed utile
al progresso vocale.
Dalla eateusiiHie dei suoni mumcali in relauone ai suoni vocali,
nascono i procedimenti dei cosidetti registri e da questi derìrano i
resultati delle classificazioni delle voci. Dalla relazione fra i suoni
della tessitura acuta e fra le vocali secondarie proviene la questione
A viva delle noie aperte e chiuse. Dalla forza dinamica del suono
musicale, in rapporto alle vocali primarie, uè nasce il precesso dei
euoni filati, che conduce alla cosidetta mesm di voce^ la perla del-
Temissione vocale.
Dapprima prendiamo a riguardare i procedimenti dei registri. Che
cosa è registro?
La pedagogìa del canto ci risponde: < Registro si chiama una
serie di suoni, i quali sono prodotti da uno stesso meccanismo
vocale ». La scienza (laringologia) ci spiega questo meccanismo cosi:
Nel produrre i suoni bassi (profondi) le corde vocali si trovano
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628 ARTE CONTEMPORANEA
intieramente accostate; lo stretto spazio che si presuppone tra di
esse (la glottide) viene limitato ad una finissima linea. Nell'istesso
tempo si rimarca che le corde vocali sono tese con forza e che ven-
gono scosse da forti vibrazioni. Nei maschi queste vibrazioni sono
visibili persino nello specchio laringologico. Questo trovarsi delle
corde vocali si strettamente unite e la loro grande tensione produce
naturalmente che la corrente dell'aria esce al di fuori a poco a poco
e che soltanto una piccolissima parte delle vibrazioni della colonna
sonora passano al di sopra per la glottide, mentre la maggior parte
di esse vengono respinte indietro. Esse giungono così nella trachea
e nelle sue dipendenze (bronchi, polmoni, cavità del torace, ecc. ecc.)
e vi trovano il loro maggior corpo di risuonanza, il che è facile
constatare col porre una mano sul petto. A questa sensibilità deve
il suo nome il così detto registro di petto.
Differentemente si presentano gli organi vocali nella produzione
delle note acute. Le corde vocali sono qui nella loro parte centrale
runa dall'altra molto allontanate, in modo che la glottide presenta
non più una finissima linea, ma bensì uno spazio dalla forma ovale.
Passa perciò per la glottide una quantità considerevolmente maggiore,
ed in un tempo molto minore, di espirazione sonora — ed inten-
diamo dire con questo un tutto solo formato dalla corrente d'aria e
dalla colonna sonora e sue vibrazioni — che non nelle note del re-
gistro di petto, e la spinta indietro delle vibrazioni della colonna
sonora non può più prodursi. Manca dunque nelle note acute la
vera e propria risuonanza di petto. L'aria che passa immediatamente
ed in grande quantità al disopra della glottide cambiata in vibrazioni
trova il suo corpo di risuonanza in parte nella cavità della faringe
ma sopratutto nella cavità nasale e nei seni frontale ed occipitale;
di qui la provenienza del nome di registro di testa.
Secondo la definizione scientifica dunque nella estensione del suono
vocale non s'incontrerebbero che due differenti meccanismi o registri:
l'uno per le note basse o registro di petto (voce laringea inferiore),
l'altro per le note acute o registro di testa (voce laringea superiore).
Qui pure si potrebbe forse scorgere una relazione strettissima col
suono musicale quando si pensi alle due chiavi — restateci qoasi
esclusivamente nella moderna notazione — di sol o di violino, di fa
0 di basso.
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Là tecnica dbl canale d'attacco 629
L'esperienza pratica però — e non soltanto la nostra, ma quella
della maggior parte degli antichi e moderai maestri — nel mentre
ci apporta ai medesimi resultati della laringologia pure c'insegna
altre conseguenze fisiologiche e fonetiche in rapporto direttissimo col
nostro compito, e ci dice:
Questi meccanismi sono principalmente prodotti dalla posizione in
cui trovasi posato il suono vocale (o voce) in tutta l'estensione del-
l'organo del canto.
Quindi, ammesso, senza contrasto, che suono e voce formino un
tutto intiero ed inseparabile, è conseguente che su di essi v'influi-
scano pure ponderatamente le vocali primarie J, J., {7, le loro gra-
dazioni secondarie e pure episodicamente le loro derivate articolazioni
consonantiche. Di qui l'utilità di conoscere nel nostro caso questi
diversi meccanismi, queste differenti influenze e la necessità di pos-
sedere e di eoUegare quelli, di padroneggiare e dirigere queste.
La voce umana» in rapporto al nostro sistema musicale occidentale,
comprende la seguente estensione:
'>jjjjJJfffr^^^|f7TTJ^frrrr^^
Eccezionalmente sino al 22e per i bassi profondi e sino al re^ mi
per i soprani leggeri. ~ ""
Ammettiamo pure che nella voce umana esistano soltanto due dif-
ferenti meccanismi vocali o registri. A questi però dobbiamo aggiun-
gere qualche cosa d'altro, o, più chiaramente, un altro registro vo-
cale, detto registro falso o di messo^ che appunto, come esprime
giustamente la sua denominazione, non è un vero e proprio mecca-
nismo a sé, ma una voce mediana, che tiene dell'uno e dell'altro dei
veri meccanismi ; una voce falsa, la quale non è né originalmente di
petto, né di testa. Potremo comprendere graficamente questo falso
registro se si osserverà attentamente la figura seconda. È quel braccio
sonoro, che dipartendosi dalla colonna diretta J., U si dirige verso
i denti e terminasi nella vocale /. Ne dedurremo che questi tre
registri trovansi nell'apparato vocale umano, nella medesima propor-
zione e direzione che le vocali primarie e loro gradazioni rispettive
0 vocali secondarie; conducendoci al seguente rapporto:
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630 ARTI OONTEMPORANBA
Rej^fl^ro di petto »s romie prìmaiu A
» di meuo «= » » J
» di tesU m » • U
0 meglio ancora e più completamente:
/.e \ e, A , l
I
I
MIOISTRO DJ àiEZZO t fiEQfSTRO Di PETTO i PESISTRO Di TESTA
£ noo ÌBCOAtriaiDO qui pure iLoa riprova della relasioM (Mtua
ìstessa) delle vocali é ^ eoa la vocale A^ della é con la I^ e della é
colla m
In qualunque voce, sia di donna o di uomo, si oeservaso più o
meno questi registri. Accenneremo qui alle differenze le più sensibili..
Le veci di donna fanno uso ordinariamente dei tre registri; il
contralto per^ fa raramente uso del registro di testa. Le voci ma-
schili usano soltanto il registro di mezzo e di petto; aggiungeremo
che il tenore, allorché sì serve esclisivamente del registro di testa
resta raramente nei limiti della buona emissione vocale e cade il più
ielle volte nel ridicelo e nel caricato. Il baeso fa uso esdnsìTo del
registro di pette e tanto più il basso profcad^.
In queste classificazioni però i teerid non si trovano 4* accordo;
noi ci atterremo, godati pure 4ai fatti fisìolegici e fteetici, air-espe-
rienaa pratico*artistica, la qaale viene ancor più a oonsolidmrrf •òhe
il registro di mezze non ba un vero e proprio nMocanismo, ma è una
comunanza dei dm diffn-enti meccanismi, un'intrusione del rogistro
di testa nel registro di petto e viceversa. Al fatte :
8e per ^esempio un soprano leggero o di nezzo carattere vocaliaseit
mila vocale A potii portare il registro di petto dal m e4o sino al
mi o /b. Il protrarro il rogistro di petto ^ disopra di qtesto limite
e su -quella vocale — beoebè nen sia del tutte impossibile — ^f9^
torobbe ad «no sforzo e contrazione muscolare anommle o dannesa,
non solo alla buona emissione vocale, ma pure alk salubrità della
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LA TECNICA DEL CANALE D ATTACCO
631
voce, rovinandola in breve tempo. Al fa comincerà il registro di testa
che si prolungherà sino al <^ ed eccezionalmente sino al mi, fa^
se, segnatamente, vocalizzerà"col timbro oscuro ó^ U. = ~
Figura quarta.
Jé
A,è,ò,
Pandignut di wpviioMiito dellft nladone intima
tra l*esten8Ìone del suono modeale e quella del suono Tocale (1).
Se egli invece vocalizzerà coiremissione chiara é, 1 avrà il registro
di mezzo dal ^' o ^ sino al m» o j^ ; al disopra di questo limite, e
con qualunque timbro egli vocalizzi, avrà esclusivamente il registro di
testa. Il registro di petto del Mezzo-soprano è più sviluppato, avendo
un'estensione che va dal soH o la sino al ^ o ^ i. Il registro di
testa può cominciare, come pel Soprano, tra mi e fa^ ed estendersi
sino al la^ eccezionalmente sino al do. Il Contralto , che suddividesi
in Alto e Contra-alto, ha un registrò di petto estesissimo. Nell'Alto
questo registro può estendersi dal /ai al ^i e per il Contra-alto
dal do H sino al la. Il registro di testa qui pure può cominciare da
(1) Non crediamo necessario di presentare pare una figura per le voci femmi-
nili, neiropinione che il nostro pensiero si palesi, con questa, già abbastanza
chiaro.
Ri9i»ia muticaU italiana, Vili. 42
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032 AETS COIfTSMPORAMXA
mt 6 portarsi sino ^ reeA eccezionalmente sino al j^if per il Centra-
alto e sino al b per l'Alto. Il registro di mezzo poiarà estenderai per
ambedue dal sol al ^ t. Teniamo a far rilevare che nelle voci dì
donna i registri di petto e di mezzo possono subire degli spostamenti
estendendosi o restringendosi, ma che il registro di testa resta fissato
invariabilmente al mi come nota mediana.
Osserviamo pure le voci maschili. Ecco come si presentano i re-
gistri in qaeste voci : Registro di petto del Tenore l^[gero dal re al
re; il registro di mezzo dal mi al ^ ed eccezionalmente sino al^.
Per il Tenore drammatico un sol registro di petto da £«a o Si sino al
5t_^ 0 si, eccezionalmente do (il ben riconoscibile do di petto). Per
il Basso 0 Baritono un registro di petto, che prende dal JB0 al r« ed
un registro di mezzo dal mi al sol.
Questo breve sguardo sulle classificazioni delle voci, oltre che ser-
vire come riprova al già detto più sopra, ci conduce ad una oonclu-
sione della più alta importanza, degna di esser sottoposta alla ri-
flessione degli studiosi e dei dotti, e che noi esponiamo qui come
esperimento. Eccola: L'intiero organo vocale ttmano^ tanto maschile
che femminile, è da riguardarsi come un solo isirumento^ la em
estensione dei suoni sia divisa, interrotta da due differenti proce-
dimenti fonetici (meccanismi); e che in tutte le classificagioni detta
voce umana, in cui quefforgano si compartisce, questa divisione,
questa interrtutione succede al mi presa come nota mediana e che
questa nota, come suono vocale, potrà essere considerata registro
di testa sulle vocali ó, U, resa registro di petto suUe vocali È, A,
ò, ritenuta registro di meeeo stiUe voccdi É, I (1). (Vedi figura
quarta).
(1) Un'altra testimonianza di questa condosione rabbiamo in alcuni soggetti
maschili, i quali posseggono non solo snoni profondi nel registro di petto nata*
rali al loro organo Toeale, ma pure una quantità di saoni acuti di puro ed esclu-
sivo xBg. di testa, che permette a quelli di giungere ad imitare beniesinio sito
airinganno, la tessitura del meszo soprano e talvolta del aoprano. Qaeste note,
non c*ò dubbio, suonano contro natura e cadono spesso nel ridicolo e nella cari-
catura; eppure sono yere e proprie note del registro di testa, con questa sola dif-
ferenza che nelle voci di donna quelle st^se note suonano naturalmente, troTan-
doYÌ in queste Tolgano vocale adatto e fisiologico, mentre, in un organo maschile,
esse possono paragonarsi ai suoni che produce un contrabbassista il quale testa
di eseguire sul suo istrumento un pezzo scritto per violino.
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LA TECNICA DSL CÀNÀLB d'ATTACGO 633
Il già detto sul procedimento dei registri ci porta consegaente-
mente a parlare della questione delle note aperte e chiuse, che con
quello si collega e vi trova la sua ragione di esistenza. Questa que-
stione è ben lontana dall'essere soddisfacentemente risolta. Essa pro-
▼ìeoe fisiologicamente dal fatto — non osservato da molti teorici,
ma pure importantissimo e degno di menzione — che il tenore al
disopra di un ^i ed il baritono al mì^, non possono, se non alla
4^ndizione di degenerare la voce in un grido, in un urlo, aprire con-
venientemente la nota come d'abitudine sulle vocali è ^1 d, ma sono
•obbligati di chiudere, coprire il suono, cioè oscurarne il timbro, ap-
prestando alla prima un'assonanza molto prossima alla é, ed alle
altre due un'assonanza che si avvicina alla d.
I pochi teorici, che prendono a riguardare questo fatto fisiologico,
asseriscono che sia una conseguenza o dell'innalzamento ed abbassa-
mento dell'epiglottide o del velo palatino. Noi propendiamo per l'a-
nione di quest'ultimo organo, e ci figuriamo questo fatto così:
Abbiamo tentato di stabilire, approssimativamente ed in via d'espe-
rimento, nella figura quarta l'estensione dei suoni nell'intiero organo
vocale. Avremo osservato pure che questi suoni, come le vocali nel
canale d'attacco, occupano una differente posizione, e che in ragione
di questa posizione cambia pure l'ampiezza del corpo di risuonanza
di essi nella proporzione seguente:
I suoni più profondi delle voci basse trovano il loro corpo di ri-
suonanza in tutto l'apparato respiratorio, cioè dal diaframma sino ai
seni frontale ed occipitale. Mano a mano che il suono s'innalza il
<;orpo di risuonanza si accorcia, abbandonando da prima il torace
quindi la trachea sino alla laringe. Qui succede, come abbiamo visto,
il cambiamento di meccanismo o registro; la voce, di laringea in-
feriore stata finora, diviene laringea superiore, cioè genuina, esclusiva
di testa, o mista, falsa di registro di mezzo. Adesso, s'intende, le
voci basse vengono escluse; ciò che segue riguarda le voci acute e
soltanto forse (1) le femminili. Sino a qui il corpo di risuonanza prin-
(1) Diciamo forse, poiché ci è impossibile financo d'esprimerci assolatamente in
questo riguardo snlle voci femminili.
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634 ABTK CONTBMPORANBA
cipale, cioè quello dove le note stesse si posavano, era formato da
pareti abbastanza resistenti e perciò sonore — se togli forse i ven-
tricoli laringei e la parete dell'epiglottide; e queste pure sempre ri-
suonanti in più alto grado della parete molle ed imbottita del Telo
palatino — . Arrivati dunque alle note già menzionate il suono cambia
addirittura di colore, di metallo, prendendo una risuonanza floscia e
cupa. È possibile che questo dipenda dal corpo di risuonanza attuale,
che, al di sopra di quelle note^ viene limitato dalla parte superiore
ed angolosa della cavità faringea, la quale ha per parete anteriore
il velo palatino. Questo, oltre prestare ai suoni superiori una certa
mollezza risuonatoria, ne copre pure, ed intercetta forse, una parte
delle vibrazioni della colonna sonora. Di qui le cagioni delle note
chiuse nelle voci di tessitura acuta; e la necessità, l'obbligo di ado-
perare su quelle note le vocali pure chiuse é, ó in luogo delle aperte
è <), e rendere la vocale primaria Adì timbro completamente oscuro;
ancora una conseguenza, ed una riprova fisiologica, della relazione
intima fra la vocale primaria del dominio oscuro 27 ed il registro di
testa 0 voce laringea superiore.
Il processo dei suoni filati, che apporta alla messa di voce, trovasi
pure 'in strettissima parentela colle vocali: vediamo. Avremo osser-
vato nel N. 3 degli esercizi della prima serie il fatto fisiologìco-
fonetico della forza dinamica differente delle tre vocali primarie, che
abbiamo riassunto cosi :
Se a questo fatto aggiungeremo l'azione regolata dell'espirazione^
secondo il rapporto acustico della dinamica del suono giungeremo al
resultato della messa di voce^ che viene considerato, ed a ragione,
come la pietra di paragone della completa educazione nell'emissione
vocale. Osserviamo questo fatto.
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LA TECNICA DEL CANALE DATTAGCO 635
L'acustica ci dice che « Testensione delle vibrazioni determina la
forza dei suoni ». Nel nostro caso Testensione di queste vibrazioni,
che è come dire le vibrazioni stesse più o meno grandi, proviene
dalla maggior o minor forza con la quale la corrente dell'aria, cau-
sata dai polmoni, regolata dal diaframma e dai muscoli delle costole
inferiori del torace, viene spinta verso la laringe. Da questo proce-
dimento sappiamo che dipendono tutte le gradazioni della forza del
suono, conosciute sotto il nome di dinamica e che si compendiano
nel crescendo e decrescendo o nel segno — =c: z:=-'
Ora l'elemento fonetico il quale si poserà più vicino alla laringe
sopra le corde vocali, sarà quello che nel miglior modo favorirà la
estensione naturale, immediata e completa delle suddette vibrazioni.
Ecco spiegata la proprietà dinamica e la potenza metallica della vo-
cale J., pure considerata qual suono normale, in proporzione delle
altre due vocali primarie, le quali sì trovano sì distanti da quel
punto e che come limiti estremi della colonna sonora, saranno più
appropriate, e naturalmente, la prima per il leggero appoggio,
la seconda per la sfumatura e fermata del suono. Nell'istesso tempo
viene pure provata la posizione di essa nella cavità faringea sopra
la laringe quale suono naturale, e, sempre in quella direzione, nella
cavità orale come suono normale.
Ma e con ciò avremo a concludere che soltanto sulla vocale A
sarà possibile di emettere un suono nel forte? No: la natura ha
concesso all'arte i mezzi di variare pure le sue proprietà fisiolo-
giche ; e nel raggiungere quelle variazioni, coll'allontanarsi il meno
possibile da quella, sta il segreto della vera arte. E noi per noif al-
lontanarci dal campo teorico-pratico, diciamo qui soltanto che, onde
ottenere la vocale I pure nel forte e rotonda nelle note acute ed
approssimativamente metallica nelle note di petto, saremo obbligati
oltre di dare ad essa l'assonanza del suo elemento secondario é, pure
e conseguentemente di abbassare un po' la mascella inferiore, e forse
anche far discendere un po' la laringe. Come pure in riguardo alla
vocale U; dovendola emettere sul forte, tanto nel registro di testa
che di mezzo, sarà inevitabile il darle l'assonanza del suo elemento
secondarioo e forse alzare un po' la laringe. Ma qui terminiamo, per non
cadere davvero nel risicò di sembrare intrusi nel campo rigoglioso
del suono ideale, la perfezione dell'arte vocale.
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696 AATB GONTIBiPORANBA
Compresa questa relazione fra forza dinamica del saono, tanto mu-
seale che vocale, in possessione del signoreg((iamento del diaframmat
della buona emissi<me di tutte le vocali neutralizzatef non sarà dif>
Scile, dopo (s'intende) un costante e controllato esercìzio pratico del
sistema che abbiamo presentato, di entrare in possesso gradatamente
e conseguentemente non solo dei procedimenti e deirunione dei re-
gistri e delle note aperte e chiuse ma anche di questa pa^la vocale
del canto italiano, che, noù si^piamo se disgraziatamente, tenta di
disparire a poco a poco dalle composizioni vocali moderne.
Prima di passare allo studio interessantissimo delle consouanti cre-
diamo utile di fare osservare che qui potrassi benissimo cominciare
a sviluppare nell'allievo la Tecmea delle carde vocaU^ la quale potri
andare di pari passo con quello studio, trovando^in esso un appoggio
validissimo come salvaguardia e consolidamento del già raggiusto
suono normale, che, come abbiamo veduto, è la base della tecnica
del cernie d'attacco.
(Continuay,
C. Somigli.
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LA NUOVA ROMANZA
(CoDtiDoai. e fine, V. voi. VII, fase. 2«, ptg. 354, anno 1900).
O.
"ccupiamoci adunque dei martiri e degli apostoli detta tmova
ramanea. Abbiamo anzitatto un piccolo grappo di compositori di
romanzot i quali, pur stando sotto Finflusso dominatore ed imme-
diato del genio di Biccardo Wagner, sono tuttavia forti personalità
artistiche, si che diventano alla lor volta capiscuola, seguono vie
nuove, e, se così si può dire, rappresentano il punto di partenza di
un nuovo periodo evolutivo.
Ho parlato di martiri. A chi questo epiteto potrebbe adattarsi
meglio che ad Alessandro Bitter? Egli si può inoltre veramente
chiamare il padre della nuova romansa. Fra i molti, anzi i troppi
che hanno composto nel cosidetto stile wagneriano^ questo poeta e
compositore di Monaco, che tuttora è misconosciuto e colpito d'ostra-
cismo, appartiene a quei pochi, i quali con abnegazione di sé stessi
abbracciarono l'idea di Wagner. Sarà certo riservato ad una prossima
epoca artistica di comprendere a fondo Alessandro Bitter come lirico,
e di riconoscere quanta profondità magistrale di pensieri egli abbia
avuto nell'espressione musicale, con quanto poetico realismo egli
abbia trattato il linguaio cantato, e con quanta potenza persuasiva
egli abbia saputo fissare nei suoni la mutevole espressione di una
poesia. Chi voglia conoscere il significato dell'espressione di Qoncourt:
« Tart intime » applicata alla lirica musicale, non ha che a leggere
con attenzione le € Notti d'amore » del Bitter, le sue « Cinque me*
Iodio semplici », le sue € Cinque poesie di P. Comelius » (op. 16),
le sue op. 20 e 21 ; non potrà non esseme profondamente commosso.
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638 ARTB CONTKMPORAMBA
Le « Notti d'amore » sono un ciclo di canti ad una e a due voci,
che appartiene al suo periodo giovanile, e che fu da lui dedicato al
maestro per cui egli aveva un'intima predilezione, a Biccardo Wagner.
In esse una coppia d'amanti felici e immuni dagli errori terreni,
immersa in un'estasi che ricorda quella del « Tristano », bisbiglia
parole d'amore, d'intensa aspirazione alla morte, e s'abbandona ad
ardenti sogni amorosi. Più semplice ci appare Bitter nelle « Melodìe
semplici ».
Esse sono caratterizzate da una grande soavità di intime attrat-
tive, e dall'efFetto artistico quasi incredibile ottenuto con un tninimum
di suoni. L'op. 16 è, a parer mio, la più notevole di queste raccolte.
Questi cinque canti, che presentano uguali difficoltà sia dal lato
tecnico che dal lato psicologico, sono tipici per la verità d'espressione
della declamazione, per la voluta e caratteristica parsimonia dell'au-
tore, che ottiene il massimo effetto coi mezzi più semplici della
ritmica illustrativa, della sequenza, della espressiva modulazione del
€ leitmotiv 1^: tipici sono essi infine per il sentimento onde ribocca
questo compositore. Sono il vero capolavoro della nuova arte della
romanza. Bitter ha una particolarità; alla chiusa della romanza egli,
fatti precedere alcuni accenti espressivi e drammatici, fa un'ampli-
ficazione puramente lirica e melodica del pensiero principale, facen-
dolo da ultimo apparire come idealmente trasfigurato. Ai superficiali
concertisti di professione, che vanno solo in cerca di « numeri »
preferiti dal pubblico, ed agli altri beoti della musica questo mondo
di suoni sarà eternamente chiuso; ma v'è oggidì una piccola comu-
nità di uomini dalla fine organizzazione artistica, ai quali le pro-
duzioni di Bitter ispirano sempre il più profondo entusiasmo e la
più schietta devozione dello spirito. — Più fortunato, più fecondo, più
tipico e coronato da maggiore successo è un altro apostolo della mo-
derna lirica: Biccardo Strauss, discepolo di Bitter. Questo ingegno
impetuoso e selvaggiamente geniale ha oramai già scritto, a parer
mio, i suoi canti migliori e caratterizzati da maggiore naturalezza
di sentimento; e per quanto riguarda tutte le sue romanze poste-
riori alVop. 29 io concordo pienamente con uno dei più fanatici
ammiratori di Strauss, un critico musicale « neo tedesco » di fama
ragguardevole — nomina sunt odiosa — il quale mi diceva aperta-
mente così : « Tranne una sola eccezione, io devo censurare aspra-
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LA NUOVA ROMANZA
mente le romanze più recenti di Strauss (egli intendeva di parlare
specialmente dell'op. 37 : « Sei romanze », e dell'op. 39). La mu-
sica è bensì espressione: ma qui invece di espressione efficace io
trovo soltanto sottigliezza, riflessione ed ingegno ». Nelle sue produ-
zioni più recenti si nota una certa irrequietezza delFespressione, una
sprezzatura d'intonazione, conseguenza di riflessioni cavillose, ed
inoltre un insopportabile predominio deirelemento decorativo nella
parte del canto e nella figurazione della parte del pianoforte, cose
tutte cbe non sempre permettono il godimento artistico in tutta la
sua purezza. Ma per contro le sue romanze anteriori, a partire dalle
« Sei romanze » di Schack incluse (op. 19), e fino alle « Tre ro-
manze » di y. I. BierbaQm (op. 29), racchiudono a profusione tita-
niche rivelazioni di mirabili misteri. Fortunatamente nella maggior
parte delle romanze di Strauss noi non troviamo quell'afTannosa ri-
cerca di sensazioni nuove e straordinarie, quella sovreccitazione ner-
vosa, che nuociono così spesso al buon effetto nelle sue produzioni
sinfoniche. Qui invece regna una calma celestiale, una chiarezza
spiritualizzata deirespressione : qui Strauss è apollineo: qui tace il
culto rumoroso di Dioniso, che c'inebria ma che così spesso ci stor-
disce nelle ultime opere orchestrali del maestro. La perla della sua
lirica mi par sempre Top. 27 : « Quattro romanze su poesie di
Henkell, H. Hart e Mackay » ; infatti qui Strauss ha quasi rag-
giunto rideale di conseguire con la voluta massima limitazione dei
mezzi istrumentali la massima verità d'espressione psichica, come
pure la più fulgida bellezza musicale. Che profondità psicologica nel
< Mattino », che purezza dì dizione nella « Cecilia », che slancio di
sentimento nella « Segreta domanda » ! Strauss è inimitabile sopra-
tutto pel modo come egli sa rappresentare il desiderio intenso, la
passione, l'ardore, l'amore che giunge all'estremo lìmite ed infrange
le barriere della schiavitù terrena : l'amore segreto e doloroso che
strugge, lo smarrimento di due amanti, che fatti oramai stranieri al
mondo, vaneggiano in mistici sogni, come Tristano ed Isotta. Ne ab-
biamo mirabili esempi nel « Viaggio notturno », nel « Sogno crepu-
scolare », nel € Mattino ». Riccardo Strauss fu pure uno dei primi
fra gli spiriti nuovi, che tentarono di assegnare un posto nella lirica
al momento sociale. « Qt4esf epoca di violenza immiserisce cuore e
cervello! » Nessuno avrebbe potuto meglio di lui fissare in tratti
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640 ARTE CONTEMPORANBA
COSÌ scultori! questo grido accusatore; le infiammate parole di
Henkell dovettero sollevare tutti i sentimenti umani di quest^aomo
libero e grande, spingendolo ad un'energica riscossa artistica. Da
queste creazioni liriche di Strauss, che sono le migliori, si effonde
come un magico fluido, che invade l'anima di chiunque sia snaeet-
tibìle di intimi godimenti, e che ci trae c<m forza irresistibile nella
disposizione d'animo voluta dal compositore. Alle volte si tratta sol-
tanto di una lievissima sfumatura o differenziazione dello stato
d'animo : ma anche allora Strauss ha la potenza di guidare e di de-
terminare con precisione il sentimento. Quello che più ci rapisce nei
suoi canti non è tanto l'invenzione melodica puramente museale
(sebbene anche questa sia tutt'altro che trascurabile), ma piuttosto
l'alito ardente della sua passione, Timmediata potenza emotiva delle
sue armonie, il mirabile slancio della declamazione nei momenti
estatici della poesia. Come coloritore della malinconia tormentosa e
del suo polo opposto, l'elemento burlesco, Strauss si rivela meno
efficace. Per contro egli raggiunge la perfezione nel dare una veste
poetico-musicale affatto nuova alle più riposte grazie di un Liliencron,
di un Dehmel, di un Mackay, di un Bierbaùm, e d'altri poeti mo-
derni, i quali non sono per nulla appropriati all'ambiente tedesco,
ristretto e meschino.
Lo stile di questo lirico è autonomo e non può essere imitato
felicemente, a dispetto degli sforzi convulsi di alcuni sbarbatelli
tedeschi affetti da idrocefalia musicale, che si costituirono testé in
« Circolo » a Monaco. Nel mondo dei poeti e dei pensatori è un caso
straordinario per non dire inaudito, che un lirico di tanta profon-
dità abbia potuto nel corso della sua vita conquistare stabilmente le
sale di concerto della Germania, e goda di una certa predilezione
da parte del grosso pubblico che assiste ai concerti, benché unica-
mente per riflesso della moda. Ad ogni modo anche nei programmi
dei cantanti progressisti non si trovano certo le migliori romanze di
questo maestro.
Corrado Ansorge è, a parer mio, il compositore più intimamente
affine a Bitter ed a Strauss. Nei suoi canti, di cui m'è noto solo un
piccolo numero, V « ultimo discepolo di Liszt » si rivela, riguardo
all'espressione musicale, uno fra gli artisti più squisitamente sensi-
tivi della nostra epoca « epigonica ». In aperto contrasto con Gio^io
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LA NUOVA ROMANZA 641
Stolzenberg, del cui naturalismo tratteremo più innanzi, Ansorsfe per-
corre le « vie deiranima », lungi dalla realtà del mondo. Sulle ali
del suo linguaggio musicale noi siamo trasportati in pieno misti-
cismo. Egli è il Maurizio Maeterlinck della musica, e come quest'ul-
timo; egli nelle sue romanze apre, a chi abbia fine senso musicale,
misteriosi accessi airinfinito. Ansorge, in quanto è nemico degli effetti
strepitosi e unicamente decorativi del realismo musicale moderno,
forse non deve essere considerato come un « epìgono », ma piuttosto
come una promessa di nuove aurore. Chissà che un giorno il simbo-
lismo non attecchisca anche nella musica ! Io qui mi riferisco sopra-
tutto alle « Otto romanze » op. 10. Chiunque abbia le facoltà psi-
chiche necessarie per assimilarsi le più tenui sfumature deirespresdione,
Bell'udire per la prima volta la parafrasi musicale ch'egli ha fatto
della poesia di Nietzsche : « Il sole cade », del « Segreto » e della
« Notte serena » di Dehmel, riconoscerà di trovarsi dinanzi a rive-
lazioni di un ingegno nuovo ed originale.
Per l'arte di caratterizzare i sentimenti più riposti, per la facoltà
d'intuire in certo qual modo il lato trascendentale di una poesia, e
di esprimerlo musicalmente con vera arte di psicologo, Ansorge sor-
passa di gran lunga tutti i suoi fratelli in Apollo ; persino Ugo Wolf
in suo confronto appare spesso grossolano e rozzo. %li raggiunge
la massima efficacia musicale quando descrive l'orrore della morte,
le &ntasie febbrili d'un'anima malata di tedio, quando spia l'alito
misterioso della notte, ispirandosi ad una percezione panteistica
dell'universo.
Quindi egli non è fatto per il grosso del pubblico. La pittura
musicale di Ansorge non risplende di colori abbaglianti e caldi ; essa
è piuttosto un chiaroscuro pieno d'incerte luci e della mistica quiete
di fantastiche penembre. E si noti che malgrado ciò le melodie di
Ansorge hanno una struttura chiusa, e s'imprimono facilmente nel-
l'orecchio. Nella scelta del testo Ansorge è uno fra i più radicali,
ed appartiene per così dire all'estrema sinistra musicale. Chi prima
di lui avrebbe mai pensato a mettere in musica Dehmel, Paul Yer-
laiue, Nietzsche, e persino la prosa di Prczybyzewski ? Fra pochi
anni Ansorge sarà senza dubbio non meno apprezzato di Bitter, Strauss
e Wolf. Finora — parlo per la Germania — egli naturalmente è
ancora quasi afiatto sconosciuto.
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642 ARTE CONTEMPORANEA
Ed ora discendiamo da queste superbe altezze, che sono di così
difficile accesso, ed occupiamoci di quei compositori di romanze, che
pur non essendo sommi, hanno tuttavia indiscutibili pregi artistici.
Anche questi come i primi si sono ispirati al sommo Wagner.
Anzitutto parleremo del geniale musicista Carlo Oleitz^ che attual-
mente vive a Berlino.
Visto che le creazioni del suo ingegno non erano apprezzate, e
non gli davano di che vivere, egli dopo un anno di miseria gettò
lo strumento ai piedi delVingrata Musa, depose Tufficio d'artista, e
vestita la llouse deiroperaio si mise alla macchina, per strappare
col lavoro meccanico alla società capitalistica i miserabili quattrini
occorrenti ad appagare le più imperiose necessità dell'esistenza, quat-
trini che gli erano stati negati dall'indififerenza di quel mostro dalle
mille teste che è il pubblico. Allora soltanto la curiosità generale
si volse a questo artista pieno di carattere, a quest'uomo inflessibile
che nobilmente calpestando ogni pregiudizio aveva compiuto il pas-
saggio dalla dorata miseria del proletariato artistico al proletariato
di classe, conscio delle proprie finalità. Pertanto Toperaio di fabbrica
Gleìtz, che nel cassetto degli utensìli nascondeva un gran numero
di grandi partiture orchestrali, di composizioni corali e di squisite
romanze, venne di bel nuovo restituito all'arte. La coscienza della
borghesia s'era alfine destata, per opera specialmente della « Società
protettrice delle arti ;► di Berlino.
Intanto uno dei suoi poemi sinfonici è già stato eseguito a Ber-
lino; ed anche le romanze (fra cui io mi limito qui a ricordare le
« 12 romanze > op. 2, le « 8 romanze » op. 12, e le « 4 romanze
per le fanciulle » per mezzo soprano, op. 14) vanno acquistando a
poco a poco la meritata rinomanza. Una fervida fantasia, un senti-
mento schiettamente romantico, una fiorente melodiosi della parte del
canto, emananti dallo spirito della lingua tedesca, e una foroaa di
composizione pianistica specialmente interessante dal lato armonico:
tali sono le qualità rivelate dalle produzioni liriche di questo com-
positore tanto bersagliato dalla sorte.
Le più belle fra le sue romanze sono : « Con grandi occhi infìn-
tili 3^ (op. 12, n. 2), « La leggenda della Fortuna » (op. 12, n. 7)
etì il € Canto d'amore » (op. 2), risonante d'armonìe ditirambiche.
Max Schillings, Fautore del pregevolissimo dramma musicale
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LA NUOVA ROMANZA 643
« Ingwélde » e dell'opera « Ber Pfeifuttag », come lirico ha sempre pro-
vocato un violento fuoco incrociato di opinioni disparate. Questo polifo-
nista per eccellenza, nel trattare la romanza per pianoforte si trova spesso
in un brutto dilemma, a causa delle esigenze di questa composizione,
che per quanto ricca, deve tuttavia essere chiara e proporzionata alle
condizioni dello strumento. Quanto io dissi nell'articolo precedente in-
tomo airillustrazione troppo « pianistica » ed ipertroficamente lussu-
reggiante del pianoforte, la quale soffoca senza pietà la parte del canto,
si adatta pure benissimo alle « Tre romanze » di Schillings (e Suona-
tore », « Canto del viaggiatore », « Primavera invadente »). Nei due
pregevolissimi canti : « Notte di luglio » e « Com'è mirabil questo smar-
rimento », che furono recentemente eseguiti per la prima volta in
Monaco da Eugenio Gura, egli ha molto maggior chiarezza d'espres-
sione, e riesce a destare maggior commozione.
Ermanno Zumpe ha potuto scrivere in testa ad una delle sue rac-
colte di romanze : « Queste romanae sono dedicate ad Eugenio Gura^
che se ne fece Ijanditore ». Ora un compositore, di cui Gura prende
a cuore la causa, non può più restare a lungo sconosciuto neppure
al grosso del pubblico. Il poeta preferito di Zumpe è C. F. Meyer.
È sorprendente come nelle sue romanze: « Il sacro fuoco », « Anime
dei canti », « Notte agitata », « Liutista », riboccanti iipathos ideale,
egli abbia saputo ingentilire il romanticismo un po' crudo del poeta
svizzero, e tradurlo in suoni. Zumpe è penetrato bene addentro nel-
l'essenza della nuova romanza. Egli ha corredato le sue composizioni
di molti segni di fraseggiatura per uso dei cantanti, ed in una nota
in calce alle sue « Tre romanze » scrive : « La parte del pianoforte
non deve essere trattata come un accompagnamento subordinato, bensì
come equivalente all'espressione del canto ». In lui è a rilevare in
modo speciale la libertà nella trattazione della parte del canto, che
spesso è in conflitto ritmico con la parte del pianoforte.
Il più fecondo fra i lirici neotedeschi, dopo Ugo Wolf, è Hans
Sommer. A tutt'oggi il numero delle sue romanze e ballate oltre-
passa di molto il centinaio. Anche la sua tempra artistica si adatta
perfettamente al programma di Biccardo Wagner. Egli è forse il
propugnatore più coerente dello stile declamatorio di Wagner nel
campo della lirica. È solo a causa delle speciali qualità del suo tem-
peramento artistico, in cui la calma rìtenutezza e l'apollineo senso
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644 ARTK CONTBMPORANBà
della misura prevalgono sul gaio culto di Dioniso e sulla sfreData
tendenza ad infrangere ogni regola, che Hans Sommer ha doTuto
limitarsi ad emulare il maestro, ed a creare più per riflessione che
per impulso, perchè tutte le sue sensazioni subivano il &scino tiran-
nico deir« Olimpico » ; ed è per la stessa n^one che egli, malgrado
il suo poderoso ingegno, non ha potuto scoprire un nuovo mondo di
suoni cosi smagliante come quello scoperto da Ugo Wolf, il « ge-
niale », i cui germi creatori tuttavia fruttificarono unicamente per
influsso del cigno di Bayreùth. Ma del resto anche entro ai limiti
abbastanza vasti della natura e della tempra artistica di Hans Sommer,
la sua musa ha potuto maturare i frutti pih dolci e più belli. Nella
scelta dei mezzi, che in lui sono sempre efficacissimi, egli è ^mpre
guidato da una fine intelligenza artistica, da una mano sicura, da
un gusto raffinato, che si rivela fin nella sua predilezione per Giulio
Wolff e Carmen Sylva, i due poeti a lui cosi cari e da lui ecelti
come testo. Se diamo una scorsa alla produzione multilaterale di
questo antico professore di matematica Brunswickese, dobbiamo re-
stare ammirati della ricchezza di colori e di sfumature dell'espres-
sione musicale, e del sicuro senso dello stile da cui egli è guidato
nel combinare fra loro i colori stessi. Il suo campo preferito è la
ballata e la canaane popolare: perchè qui egli, invece di servirsi
del suo talento per ricercare i più riposti sentimenti o per darsi,
per così dire, ad un lavoro di filigrana psicologica, può lasciar libero
corso alla sua sana ispirazione musicale in poderose creazioni para-
gonabili ad artistiche sculture in legno. Con ragione si considera
Martino Plùddemann come il riformatore della ballata posteriore a
LOwe, sulle basi gettate da Riccardo Wagner ; egli è il vero « Wagner
della ballata » ; ma anche ad Hans Sommer, che ha pubblicato due
splendidi volumi di ballate, deve essere senza invidia riconoeciuto il
merito di avere portato nuovo materiale per' il superbo edifizio sto- *
rico della canzone popolare descrittiva, e di avere felicemente am-
pliato ed arricchito lo stile dell'epica musicale mediante un ben
ponderato impiego delle conquiste della scuola neotedesca. Chi vuole
scrivere una ballata — e in questo genere di composizione musicale
sono molti i chiamati ma pochi gli eletti — deve non tanto essere
un artista di fine sentimento e un profondo conoscitore dell'anima
umana, quanto possedere una robusta vena popolare, una grande pu-
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LA NUOTA ROMANZA 645
rezza e spontaneità musicale, ed un sano temperamento artistico.
Queste qualità, unitamente ad una certa impersonalità del mentire
e ad un sicuro istinto pittorico-musicale, lo renderanno atto a fore
una efficace pittura musicale, dai poderosi contomi melodici, iélVepos
coi suoi rigidi lineamenti tedeschi, coi suoi dolci amorì femminili,
col suo puro incanto boschereccio, colle sue romantiche morti. Ed
Hans Sommer ha la fortuna di possedere tutte le qualità sopradette.
L'essersi egli occupato assai presto della canzone popolare ha pro-
mosso lo sviluppo delle sue naturali disposizioni, e il suo approfon-
dirsi con amore nella pura arte di verità dei suoi grandi predecessori
Lòwe e Plùddemanu, ha inoltre educato in lui il senso della pura e
sana arte armonica e della concisa omofonia.
Per lo stile popolare, che la melodìa deve avere nelle ballate, nulla
è pericoloso quanto il tremolante tessuto a filigrana di una polifonia
inspirata a delicati sentimenti, e quanto una emancipazione del det-
taglio concepito soggettivamente, la quale è bensì finemente artistica
ed interessante, ma nuoce all'insieme dell'azione oggettiva. È per
questo motivo che noi troviamo cosi raramente il lirico musicale e
il poeta epico fusi insieme felicemente in uno stesso individuo. Ed
in Sommer l'oggettivarsi della volontà a favore dello stile si può
appunto spiegare unicamente con un'eroica abnegazione da parte sua;
infatti in molte delle sue romanze ed in talune scene delle sue opere
drammatiche (€ Loreley », « Saint Foix », < L'uomo del mare »)
l'impressione dell'immediato e dell'originale viene sgradevolmente
turbata da arbitrii sc^gettivi, e da capricciose sottigliezze del pen-
siero melodico, che spesso è affatto insignificante, fino a non esser più
che un fi-eddo mosaico musicale. Ma nelle ballate di Sommer non
& mai difetto la melodia dai grandi tratti, sana e popolare, i cui
pesanti contomi fondamentali rimangono inalterati, malgrado tutte
le finezze ed i ritocchi della pittura musicale. Fra le più belle bal-
late di questo fecondo maestro io menzionerò il < Viandante not-
turno », tratteggiato in uno stile scultorio di semplicità grandiosa,
e le « Armonie del deserto », di Carmen Sylva; in quest'ultima bal-
lata, che è una delle più pregevoli che si siano scritte in Germania,
troviamo una potenza di fantasia che rapisce, ed una vivacità di colori
tutta meridionale. Lo stile di questa grandiosa poesia musicale rivela
la mano sicuramente plasmatrice del maestro, che già nell'opera 8
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646 ARTB CONTEMPORANEA
aveva dato prova del sno valore. Poiché solo un maestro poteva con
pochi motivi sommamente plastici creare un vero caleidoscopio di
scene e di avvenimenti psichici, che avesse unità e continuità orga-
nica di forma. Fra le migliori ballate di Sommer, che già comin-
ciano ad introdursi nelle sale di concerto, sono ancora da annoverarsi
« Il bandito », « Il fratello del brigante », « La canzone di Schill »,
B la romanza « Odysseus » di Dahn, che si ode cosi spesso a cantare.
« La strega Ambra » e « Edward Gray » non sono più da annove-
rare fra le migliori, perchè in esse l'autore fa alcune concessioni a
certi istinti del pubblico.
Hans Sommer, oltreché nella ballata, è sovrano nel dare un'ac-
concia espressione musicale al più fine umorismo, allo spirito gaio,
alla solennità, alla meditazione, ed al sentimento nazionale conside-
rato nella sua espressione puramente lirica.
Le sue canzoni popolari: « Se tu non fossi suonatore », « Il com-
pagno grigio », « Tre verginelle », sono risplendenti di verità, veri
capolavori d'intaglio musicale in stile Dùrer. Meno agevole è per il
nostro musico-poeta Tespressione del tripudio ditirambico, dell'ele-
mento erotico sentimentale, delle melanconiche aspirazioni, e della
grandiosità scultoria dell'inno inspirato alla natura, che ha fatto scri-
vere a Schubert e Beethoven fra i vecchi lirici, ed a Biccardo Strauss
e Ugo Wolf fra i moderni, le loro pagine più commoventi.
Farò qui un'enumerazione delle opere più importanti di Sommer
per ordine cronologico. Abbiamo i cicli lirico-epici, dal titolo « Con-
jsoni per le fanciulle », tratti da poesie di Oiulio Wolff: « Il cac-
ciatore silvestre», « Hunold Singuf », e le note 33 canzoni (op. 4);
8 romanze tratte da Wolf; « Tannhàuser » (op. 5) ; i « Canti di
Saffo » di Carmen Sylva (op. 6) ; le « Ballate e romanze » (op. 8 e 11);
« 9 canzoni » di Eichendorff (op. 9), e il ciclo garbatamente Italia-
neggiante: « Dal Mezzogiorno » (op. 10). Per quanto la musa di
Sommer abbia trovato nel cantante Eugenio Gura un prezioso coa-
diutore, tuttavia l'interesse della parte c61ta del pubblico tedesco per
il cantore di queste ballate dal genuino carattere tedesco è ben lungi
dall'avere profonde radici. Perchè la musa di Sommer trovi focile
accesso nei cuori tedeschi è necessario che rinomati artisti di canto
le porgano costante e valido aiuto. E sovente questo aiuto fa difetto.
Naturalmente ai matador da concerto torna più comodo cantare a
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LA NUOTA ROMANZA 647
squarciagola Hildach e Meyer, che non esercitare un'influenza educa-
trice sul pubblico mediante la disinteressata propaganda in ftyore
di un'arte più seria e perciò più nazionale nel senso migliore della
parola.
Lo scopo che mi sono prefisso nell'accingermi a questa trattazione
più estetica che critica mi vieta di fare un apprezzamento anche
solo approssimativo di tutti i rimanenti membri di questo € Gruppo
dei talenti ». Perciò devo limitarmi a schizzare in fretta ed in poche
righe ancora alcuni profili, a fare ancora alcuni nomi.
Felice Weingartner^ rinomato come direttore delle opere di Wagner,
non ha maggior talento come lirico che come autore di drammi mu-
sicali. Anche nelle sue numerose romanze e canzoni, fra cui io mi
limiterò a menzionare le < Tre poesie di Gamerling » (op. 17), le
< Otto poesie di Lenau » (op. 16), r« Harold », serie di nove canti
(op. 11) a le € Otto canzoni di Uhland » (op. 15), egli sostituisce alla
potenza persuasiva di una melodica originale la rouUne dell'eclettico
esperto, alla passione spontanea ed impetuosa la riflessione e gli ar-
tifizi armonici. La melodia del canto è per lui la cosa essenziale. '
C!iò è lodevole quando egli ha veramente qualcosa da cantare e da
dire; ma produce effetti anti-estetici quando, invece della melodia
che liberamente sgorga dal più profondo del cuore, troviamo passioni
studiate e ricerca di popolarità, quando nell'arte l'intuizione creatrice
è sostituita dal calcolo premeditato e dalla pura intelligenza. Per
contro Weingartner ha trovate veramente felici nel campo della pit-
tura musicale. Come nella sua opera « Malawika » egli vuole fare
sentire con la musica a chi ascolta il profumo dell'albero asohi^ così
nelle sue liriche egli descrive minuziosamente concetti come quelli
di < vetro fragile » e di < lamento soffocato », sollevando l'indigna-
zione di tutti i critici ostruzionisti , che tornano ad intonare con
enfasi le solite lamentazioni ed imprecazioni intomo alla € emancipa-
zione dal dettaglio ». In Felice Weingartner è impersonata la € mi-
stificazione di Wagner ». Egli volle a bello studio darsi un'aria
moderna, mentre la sua natura gli additava vie affatto diverse, le
vie già percorse da Mendelssohn e da Schumann. E questa sua in-
tenzione traspare disgraziatamente anche nelle sue produzioni liriche.
Come compositore di romanze, Eugenio d^ Alberi ci appare meno
pretensioso. Il geniale titano del pianoforte a coda si rivela pianista
RiwUta mutieaU italiana. Vili. 4S
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648 AlLTS COZ>rrEMPOaANEA
anche nella lirica. Nella storia della manca si conosce un solo caso,
in cai FinarrìTabile è stato raggiante, in cai cioè on grande pianista
fa nello stesso tempo on grande lirico; ed è il caso di Franz LìszL
La musa di Engenio d'Albert segae le orme di Schamann; solo li
declamazione è migliore, e Tabbellimento pianistico è pia moderno.
D'Albert, una Tolta scelto il motiyo per il pianoforte, ama mante-
nerlo logicamente fino alla fine ; donde spesso nasce ana incongmenia
masicale rispetto al senso delie parole. Nel genere borlesco, come
pare in qaello delicato e grazioso, egli ha spesso troTate assai buone.
Le produzioni dei lirici moderni ThniUe ed Hermmm Bi9ckoff
di Monaco riTelano Tinflaenza diretta di Biccardo Straoss. Essi sono
Tori artisti della decadenza, privi di ona fisionomia artistica loro
propria, ma in possesso di ana tecnica raffinata.
In CHmeppe Schmid di Monaco e nel giovane Siegnumd v. Hau-
segger di Graz noi abbiamo due astri sorgenti, ma non ancora risplen-
denti di tutta la loro luce. Ha un profilo spiccato e sao proprio
Ferdinando PfoJU, d'Amburgo, arguto critico musicale ed autore di
romanze. Fra l'altro egli ha scritto le interessantissime < Canzoni
delle Sirene », e le € Bende al chiaro di luna » (dal € Pierrot Lu-
naire > di Albert Qiraud), quadri bizzarri pieni di fimtasie spettrali,
in cui rautoie fa uso di un linguaggio a bella posta perrertito.
Oli ultimi tre lirici, di cui io voglio ancora parlare, se ne stanno
assolutamente soli ed in disparte. Tutti e tre seguono vie nuove per
giungere all'anima, ed il loro stile ha un'impronta originale; cosicché
essi vengono a trovarsi al difuori del ciclo evolutivo deir« orìgine
delle specie > musicale, essendo dal più al meno tutti e tre privi
di € collaterali ». Ed anche tra loro essi non hanno altro carattere
comune, se non appunto la loro posizione isolata.
Pietro Gast è lo pseudonimo di quel pregevole compositore, che
Federico Nietzsche sosteneva < essere l'unico musico ancora in grado
di scrivere una buona onceriwre ». Tutti sanno che il giudizio del
grande poeta-filosofo in questioni musicali, per quanto arguto e scevro
da ogni servilismo verso i grandi uomini della giornata, porta una
forte impronta personale, specialmente nel < Morbo wagneriano »,
e non può quindi avere un valore generale.
Ma tuttavia nell'apprezzamento ch'egli fa di Pietro Qast — lo
sconosciuto — considerato come lirico, egli non è andato tanto laagi
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L4 NUOTA HOMANZA 649
dal Tero. Ecco qaanto 8cri?e Nietzsche alla ftne del capitolo X di
una delle sue opere contro Wagner (s'intende come musico, e non
come uomo) (1): € Ciò che noi Aleianii troviamo mancare in Wagner
è: La gaia seienaay il piede l^giero; il brio, il fuoco, la grazia;
la logica più elementare; la danza delle stelle; le audacie dello
spirito; i fremiti luminosi del Mezzogiorno; la levigata perfezione
del mare ». — Ora io credo che oltre a me anche alcuni altri fra
i pochi, che conoscono le liriche di Oast, avranno certo trovato nelle
sue 25 fra romanze e canzoni finora pubblicate tutte queste qualità,
che a torto Nietzsche afferma mancare in Wagner. Ed ancora qual-
cos'altro: uno schietto panteismo espresso in suoni frementi ed im*
petuosi, una gioia dionisiaca di esistere, un culto appassionato del
sole, e sopratutto — cosa che colpisce in pieno viso tutti gli artisti
nevrotici, i lirici sveneyolmente erotici ed i € moderni » decadenti
— una naturalezza non comune deirespressione, una esuberanza di
fulgide melodie profuse con larghezza regale. Una vigorosa sanità è
la caratteristica più saliente di questa musica. Supposto che si possa
trovare un cantore che possieda in alto grado tutte le qualità mu-
sicali e tecniche, e la sensibilità artistica indispensabile per cantare
la < Morte beata », la € Gioia della vita » e la € Ganaone del cac-
«ciatore d'uccelli » di Pietro Oast (Op. 6, Lipsia, Hofmeister), ogni
uomo, che senta profondamente Topera d'arte, nell'ascoltarlo proverà
per qualche istante il sentimento della liberazione, della redenzione,
e si sentirà deliziosamente trasportato al disopra del tempo, dello
spazio, e degli affanni e delle cure terrene.
Ora solo una grande, una pura opera d'arte può avere questo so-
vrumano potere. Ci sarà dato di udire un giorno un tenore favorito
dalla natura a cantare con voce poderosa e giubilante, e con piene
note di petto, quella melodia in la^ magg.: € Sei gesegnet^ Eaueh
dcr LufUl » (Sii benedetto, alito dell'aria!), con quel si ^ àlto^ che
ne è come il culmine radioso? Si direbbe che lo stesso Zarathustra
abbia ispirato questa musica, tanto sovrumano è in essa l' impeto
gioioso e trionfale.
(1) « n caso Wagner. Un problema pei musicisti t. — < Nietzsche contro
Wagner ».
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^0 ARTI GONTKMPORANBÀ
Come melodista, Pietro Gast non può essere paragonato a nessuno
dei poeti della nuova romanza, né a Liszt, né a R. Strauss, né ad
Ugo Wolf. Egli ha un'impronta tutta sua propria; é un Alcionio^
il cui volo, ahimé! a pochi é dato seguire: un solitario! Fra i con-
certisti di professione, che così volentieri si attribuiscono il vanto dì
dischiudere nuove vie al progresso musicale, chi conosce Pietro Gtast?
E chi, pur conoscendolo, canta le sue melodie dionisiache? Pur troppo
esse danno poco profitto materiale, ed esigono dall'artista di canto,
che voglia in pubblico cimentarsi con esse, l'impiego di tutta la sua
potenzialità, l'emissione piena e senza riguardi della sua voce, e Ten*
tusiasmo più illimitato e sincero. E tutto questo difiBcilmente si può
trovare nei nostri artisti « di cartello » che danno concerti in firack
ed in veste di seta, prendendo pose eleganti e studiate ; tutto al più
si può fare un'eccezione per il vecchio Gura, per il giovane WùUner, e
per Heriha Riiter^\^ valorosa figlia di Alessandro Bitter. Ad ogni modo
se qualcun altro volesse arrischiarsi ad aprire un varco a Pietro Gast
nei cuori del pubblico, io lo consiglierei di incominciare, se é una
donna, con la < Morte beata » e con la « Canzone del cacciatore di
uccelli », e se é un uomo, con < Arabesco », con « Felicità arcana >y
e, volendo riportare subito un trionfo, con < Gioia della vita ».
Molto si é già detto intomo ad Ugo Wolf, questo artista geniale
e sventurato, che ora purtroppo é per sempre immerso nella demenza.
Egli ha suscitato l'ammirazione, l'invìdia, la malignità, il disprezzo
degli imbecilli e il culto idolatra dei fanatici. Ma chiunque possieda
una fine organizzazione artistica, esaminando più da vicino le can-
zoni di Mdricke, di Goethe e di Eichendorff, musicate da Wolf —
questo artista dall'esuberante energia creatrice ne ha composto com-
plessivamente oltre a 120 —, non può che rimanere compreso da
una sconfinata ammirazione per questa potente, originale e sana per-
sonalità artistica. Per me Ugo Wvlf è Tunica genio sarto dopo Frans
Schuòert. In&ttì, per fecondità e facilità del creare, e per ricchezza
di melodie Wolf può con ragione essere paragonato al re deUa ro-
manza. Anzi egli lo supera nella molteplice varietà dell'espressione
e degli stati d'animo, nella profondità della caratteristica, nella
verità della declamazione, e sopratutto nell' arguta intuizione della
parola del poeta, nell'amoroso rispetto ch'egli ha per quest'ultima, e
infine, se si vuole, anche nell'estetica letteraria. A questo riguardo
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LA NUOTA ROMANZA 651
è caratteristico un aneddoto, che mette bene in luce la tempra ar-
tìstica di Wolf, armonica ed educata in modo perfetto:
jLfmtutto egli leggeva la poesia nel più puro éUàleUo Siiriano^
ma con tanta profondità di sentimento^ che solo agli sciocchi la
cosa avrebbe potuto sembrare comica. Dopo aver letto la poesia di
M(hricke: < Io entro in una ridente cittaduzza », egU si volgeva a
noi dicendo: € Non vi pare che questa poesia sia cantabile? ». Ed
aUara cominciava a cantare.
Dunque egli prima di tutto pensava a penetrare le più intime
intenzioni delle parole del poeta, e poi cercala i suoni nei quali si
riflettesse come in uno specchio lo stato d'animo del poeta ed il con*
tenuto recondito inesprimibile, metafisico della poesia, realizzando
cosi la più intima fusione della forma poetica e di quella musicale
nella loro più schietta espressione. Ed è appunto questa la via che
dey'essere seguita dall'artista moderno nel senso migliore della pa-
rola. La versatilità di Wolf è sorprendente, e, ad eccezione di Ric-
cardo Wagner, non se n'ha altro esempio.
La canzone inspirata alla natura, nello stile d'Anacreonte e di
Watteau, la ballata epica e tragica, il couplet dal fine umorismo,
il canto religioso, l'inno d'amore, la satira musicale, la semplice
canzone a ritornello: la gaia spensieratezza, la gioia innocente, la
gp-azia, il misticismo, il culto di Dioniso, la leggiadrìa, la sotti-
gliezza, ed il sentimento erotico: tutte le forme, tutti gli atteggia-
menti della natura, tutti i sentimenti dell'anima trovano la loro più
sicura e vera espressione nella musica di questo Proteo geniale. Da
quanto ho detto sopra s'intende facilmente come i suoi canti portino
una spiccata impronta caratteristica, tanto nella parte del canto
quanto in quella del pianoforte, e siano ammirabili per la verità e
la giustezza della declamazione. A questo riguardo sono inarrivabili
il € Cavaliere del fuoco », il € Prometeo », che non fu ancora can-
tato da nessuno, il < Canto di Weyla », come pure € All'amata »,
« Addio », e € La tomba di Anacreonte » — per nominare solo
alcune fra le migliori delle sue numerose produzioni musicali.
A Wolf è stata spesso rimproverata, anche da parte di intenditori,
l'emancipazione e l'opprimente polifonia della parte del pianoforte.
Nella maggior parte dei casi questo rimprovero è ingiusto. Io non
nego che la sovrabbondanza degli ornamenti pianistici, ad es. nella
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662 AETI GONTBMPORAlfXÀ
romanza € Peregrinando >, poesa sembrare priva dì seopo; ma altrove
la pittura musicale del pianoforte generalmente appare conforme ad
UDO scopo ed indispensabile per intensificare respressione e rendere
più manifesto lo etato d'animo del poeta.
Io ho già sentito a cantare molte composizioni di Wolf e di pre-
ferenza quelle fra le sue romanze che sono più generalmente gostate.
Ho udito parecchie volte r< Oscurità >, Te Incontro », la « Tomba
di Anacreonte >, il patriottico < Biterolf », il burlesco € Messaggio
delle cicogne », e la leggiadra € Canzone d^li Elfi »; meno Bp&sso
la € Preghiera », il < canto di Weyla », le < Canzoni cofte » e le
€ Canzoni di Suleika », non mai però i canti € Ad un elleboro » I e II*
le dne € Peregrina », i € Confini dell'umanità », e < Sanyn^ed »,
che sono pieni di una mistica profondità di pensiero, e risplendenti
di pure bellezze musicali, e che naturalmente presentano sotto tutti
gli aspetti difficoltà non comuni. E nessuno fira gli artisti di canto,
che vollero attingere a queste fonti ancora inesplorate, si è ancora
arrischiato a cimentarsi con queste difficoltà. A me sembra però che
Ludwig TVtUlner possieda le doti necessarie per cantare queste ro-
manze. In nessun'altra produzione egli potrebbe come in queste pe-
netrare € sulle vie dell'anima » i segreti che un genio ha scoperto
nei suoi momenti più felici.
Dirò solo di passata, che nelle due « Peregrina » e nei canti € Ad
un elleboro » s'annidano i germi di procedimenti armonici afiiatto
nuovi, intomo a cui avranno da stillarsi il cervello i filologi musi-
cali dell'avvenire.
Oiorgio StoUenberg^ che da poco tempo io conosco, è il primo
esempio a me noto dell'armonica integrazione ed unione del lirico
poetico creatore e del lirico musicale, ambedue aventi un colorito
decisamente moderno ed una certa tendenza al naturalismo. Stolzen-
berg è il più maturo discepolo di Amo Holz. Egli ha scrìtto una
raccolta di romanze originalissime, dal titolo € Nuovi poeti in mu-
sica », che sono senza esempio per il loro carattere d'assoluta novità,
ma purtroppo non hanno ancora trovato un editore. Ho dinanzi agli
occhi un buon numero di queste romanze manoscritte, tratte dal
« Phantasus » di Holz. Traspare da esse una personalità artistica
in formazione, le cui doti eminenti si rivelano nella caratteristica
finezza della pittura musicale, nel sentimento che scaturisce diretta-
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LA NUOTA ROMANZA 663
mente dallo spirito delle parole, nella dedamazione piena di dram-
matica efficacia. Stolzenberg è nna duplice personalità artistica, è
mugico-kiterato; e lo dimostra la scelta e la trattazione delle poesie
liriche dei poeti nuovi e dei poeti musicali, ch'ali traduce in suoni,
lo dimostra la metrica naturale, ohe s'emancipa dalla rima e da ogni
serrilismo metrico, della quale egli si serve nel suo libro di poesie :
« Vita nuova > I e IL La metrica naturale non ha bisogno di rime :
essa s'eleva con rapido volo nell'etere, sulle ali leggere della musica
ìnsita nelle parole.
La prima serie delle opere complete di Stolzenberg, dal titolo
€ Nuovi poeti in musica », forma all' incirca un volume; le poesie
sono tratto da Holz, da Mombert, da Dehmel, da Yiktor, da Paul
Yerlaine e da Giovanni Schlaf. Per me non avrei mai creduto che
si potesse trovare un'espressione musicale per le liriche di Holz, con-
cise, dense di pensiero, prive di verbi, e quasi a scatti — tanto che
i maligni per dileggio chiamano il suo stile < lirico-tolegrafico » ;
ma Stolzenberg mi ha dimostrato tale possibilità. Nella sua romanza:
< EUa incedeva eretta fra gli àlberi fioriti » domina un fine umo-
rismo e si rivela la mano dell'artista; e nelle due romanze: < Draussen
die Lane > ed < Jdb kabe mein Leid » io trovo una delineazione
drammatica a grandi tratti, e un'assoluta emancipazione dal dettaglio.
Qiorgio Stolzenberg è il più radicale fra i lirici poetici e musicali
fautori del naturalismo, e &rà ancora parlare molto di sé; giacché
la sua tecnica naturalistica trova potenti ausiliarii nella sua fimtasia
piena d'efficacia melodica, nella sua forza creatrice, e nel suo umo-
rismo aureo e sgorgante dal più profondo dell'anima.
Non posso trattenermi dal riportare qui a modo di chiusa un saggio
dello stile del poeta Stolzenberg, che per il suo contenuto ci sembra
&re al caso nostro. Possa un editore dalle lunghe veduto aver cura
che lo stile nuovo del musico Stolzenberg non rimanga più a lungo
sconosciuto !
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654 ARTI GONTKMPORANKA
^ finge i^nen meine Sieber bor,
ben ^erjen t)on ®tein.
Sud bem ftlaoier
Z^dnen.
SReine tieffte @ee(e
3d^ brel^ mid^ ntd^t um.
34 metg:
l^inter mtr l^octen ®5|en.
3§re Ot)olaugen
ttSumen mid^ on.
3dJ fpiele parfer.
Sie mflffen!
ipU|(t4
iu il^ren pgen
ein roted, }u(Ienbed 3)ing . . .
34 (tt^Ie — berlegen. (1)
Sì, dietro a noi ci sono degli idoli. — Ma noi tuoniamo più forte — ed easi
cederanno.
Per tal modo io ho terminato di parlare di coloro che hanno por-
tato e continuano a portare del materiale per il mirabile edifizio della
€ nuova romanza », ancora incompiuto. Chi sarà il nuovo Wagner
della romanza, che coronerà questo edifizio con una cupola radiosa
come il sole?
Ed ora occorre che io dica ancor molto intorno ai cantari più va-
lenti della nuova romanza? intorno a coloro che hanno il compito
(1) Eccone la tradazione letterale:
Io canto a loro le mie canzoni — ai cuori di pietra.
Dal pianoforte — la^me. — L'anima mia dai più profondo — singhiozza.
— Io non mi volgo indietro. — Io so: — Dietro a me sono accosciati idoli. —
I loro occhi d*opale — mi affascinano. — Io suono più forte. — Essi devono
(cedere) I — Io grido! — D'improvviso — ai loro piedi — una cosa rossa, pal-
pitante ... — Io sorrìdo — inquieto.
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LA NUOTA aOJCAMZA 655
nobile di formare e di educare il gusto del pubblico, facendosi in-
termediarii fra esso e gli apostoli dell'arte nuova? In tal caso, io
dovrei pur troppo toccare un tasto assai doloroso: dovrei parlare
molto deirindolenza, della tardità intellettuale dei più fra questi ar-
tisti di canto, dei loro gusti retrivi, del loro orrore per la novità.
Tuttavia è innegabile che in essi è già incominciato un salutare ri-
sveglio. — Ma su dodici cantanti da concerto, con o senza € nomea »,
dieci crederebbero tuttora di &r cosa pericolosa e contraria alla tra-
dizione, e d'essere tacciati d'eresia, se i quattro quinti del loro pro-
gramma non fossero invariabilmente occupati dalla trìade dei lirici
tedeschi patentati : Schubert - Schumann - Brahms. « /{ buono si fa
strada dasè *. € Noi ci guarderemo bene dai mettere a repentaglio
la nostra rinomanza per un artista sconosciuto » : ecco le parole
che s'odono così spesso a pronunciare dalla maggior parte di questi
reazionari e vigliacchi dell'arte. Ma il pubblico, questo mostro dalle
mille teste, ordinariamente è molto restio alle fatiche mentali, e se
non viene qualcuno a scuoterlo energicamente, non si desta dal suo
usato letargo, e sonnecchia cullato dalle solite scipitaggini musicali
e dai soliti pezzi di bravura dei famosi acrobati della laringe, sullo
stampo di Marcella Pregi, di Marcella Sembrich, di Wedekind, e chi più
n'ha più ne metta. — Ma all'aurora terrà dietro luminoso il giorno.
— E — per quanto tardi — verrà tuttavia un tempo, in cui le me-
lodie nuove di un Alessandro Bitter, di un Riccardo Strauss, di un
Pietro Gast e di un Ugo Wolf non si troveranno più soltanto nei
programmi dei radicali, del partito progressista musicale.
Prima di terminare menzionerò alcuni di questi valorosi radicali^
che vanno esplorando i nuovi campi dell'arte. Tali sono: Ludovico
Wuttner ed Eugenio Oura, Sofia Sckróter, Olga Vandero, Ernesto
Ottone Nodnagel, Hertha Bitter^ Clementina Schònfield, Carlotta
Huhn, ed in parte anche Antonio Sistermans ed Hans Oiessen,
tenore dresdano. A tutti questi animosi convien rendere pubbliche
grazie in nome dell'arte.
Monaco, 1900.
Guglielmo Màuee.
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• L'AMOUR DU POÈTE , DE SCHUMANN-HEINE »)
Essai orltique.
O.
^n s*accorde en general à trouver qu'aa sìècie hors dnquel
nons venoDS à peine de glìsser Fincessaiite progressìon des connais-
sances humaines a faìt éclore maint prodigo dans le monde des
Sciences. On s'avise plus rarement de Tétonnante contribntion qu'elle
a apportée ani Lettres et anx Arts, en multipliant les découvertes
historiques, les recherches philosophiqnes et critiqnes, promptement
diffasées par le livre, le journal, le théfttre; en augmentant ainsi les
occasions de raisonnement, les exercices dialectiqnes: en un mot, la
culture intellectuelle.
Qr&ce à Teitension de cette culture, grftce à la facilité avec la-
quelle ses richesses circulent, les artistes des diverses catégories^
poètes, musiciens, plasticiens, explorent de plus en plus leurs do-
maines réciproques; ils élèvent le niveau de leur idéologie, ils for-
tifient leurs concepts et en élargissent Tamplitude.
A peine émanóe du centre des Vérités Primordiales, à peine ébau-
chée par un premier cerveau, à peine éclose à la vie du siècle, Tldée
▼ole et s'effuse, elle est nppréhendée par de nouyeaui créateurs qui
se Tapproprìent, la transforment, Télargissent, lui iropriment une
vigueur nouvelle: ainsi se font de perpétuels échanges, de perpétuels
éveils.
(1) Titre d*nDe tradaction de Dichierliebe faite par Tantear de oet article et
chantée pour la première fois par M»« Jane Arger à la Bodinière le 21 Jain 1900.
Actaellement sous presse chez Téditear Gninzard.
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€ L*AMOUR DU POÈTI > DE 8CHUMANN-HEINE 657
Farmi les générateors d'idées, le poète est pent-étre celai qui fait
les plus vastes semailles, gràce à la précision de son outil d'expres-
8Ìod: le langage. Tona les poètea ne sont paa ancore aptea à a^exalter
— sìncèrement da moina — en présence d'on tableau, d'une atatue
OH d'un quatuor; maia il n'est guère de peintre, de aculpteur ou de
oompoaitear qui ne doive qaelquea-unee de ses inspirations à une
<BU?re littéraire.
Le muaicien — sana nul doute faTorisé — dispose de deux moyena
très différents. Tantdt il a'exprime à Taide de la symphonie pure,
et alors il règie le jeu de son élucabration avec la mSme liberté
que le peintre ou le statuaire; tantdt il conclut une alliance ayec
la parole: et nous avons la forme chantée.
En cet état de coUaboration directe, la musique et le poème com-
posent un tout, n'ayant de yraie Taleur d'art qu'autant qu' il réalise
l'unite de concepi La plupart des opéraa clasaiques ne sonirila pas,
à ce point de vue, des cBUTres boiteuaes? L'espèce des paroliers,
versificateura et librettistes me semble appelée à se faire de plua en
plus rare. Pent-étre Terrona-noua un jour les compositeurs yocaux
auiTre tona l'illustre exemple de Wagner et de Berlioz et mouler
eux-mSmea leurs scenarioa aur le rhythme de leur penaée. Actuel-
lement ceux qui ont à la fois des tendances lyriques et de sérieuses
exigences intellectuelles ne rencontrent pas toujours le littérateur
frère suaceptible d'une complète fusìon d'idéal; ila délaiasent alora
le théfttre et se rejettent sur le simple liedj ou bien ils ont recours
au genre plus important appelé Liederkreis: cycle de melodica dé«
crivant une courbe psychologique, développant un drame intérìeur,
une action sentimentale.
G'est iians ce genre éminemment moderne que la musique et la
poesie nous révèlent le mieux leurs afiBnìtés (1). lei nous sommes
débarrassés de tonte fausse extérìorìté, de tout clinquant accessoire;
point de déclamations videe, point d'ensembles pompeux, point d'action
moufementée et multiple comme dans la cantate et l'oratorio; point
de vaines fa9ades: tout est en profondeur.
(1) Qa*oii lise à Tappo! de mes dires Les chansons de Miarha d*Alex. Georges-
BichepÌD, Le$ sóKiudea de P. L. Hillemacher-Harauconrt et La bonne cJMnson
de Faaré-Verlaine.
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658 ARTI CONTBBfPORANSA
Ah lìeu de se yoir imposer certaines données ou certaines coopes,
le poète a réalisé son oBavre en pleine liberté, dans le viei^e silence
de son ìsolement. Et qaand ses pages tombent sous les yeox du ma-
sìcien, c'est Videe pure que celui-ci voit à son tour briUer devant
Ini. Elle gisait dans les limbes de sa conscience, il a soffi d*an appel
ponr Ten faire sprtir; mienx encore, il est assailli par une fonie de
pensées connexes et congéniales; il les elaboro, les qnintessencìe comme
nn élixir dont il impregno chaqne phrase, chaque yocable, lenr
transmettant nne sayeur intense et nenye.
Telles sont les miraculeuses yertns, tei est le parfnm composite
que nous offre aa plus haut degré la coUaboration de Schumann et
de Heine dans ranumr du poète; coUaboration € spirìtuelle » 8*il
en ftit, car ces deux grands hommes enrent à peine Toccasion de se
croiser dans le chemin de la vie, € to meei in the flesh >, selon
une expression de B. L. Stevenson, rapportée par Marcel Schwob.
En 1828, à Munich, alors que Schumann n'était encore qu'un
étudiant en Droit, et n'avait pas méme le pressentiment de sa glo*
ricuse destinée, il put passer quelqnes henres aupròs de Heine, déjà
célèbre. Et ce fut seulement douze ans plus tard, après avoir écrit
surtout pour le piano, que Schumann se tourna vers le lied^ et choisit
pour les mettre en musique un certain nombre de poèmes du Buch
der Lieder que Heine avait publìé dès 1822.
L'année 1840 fut spécialement active pour Schumann. Absorbé par
la rédaction d'une feuille de combat qu' il avait fondée € die neue
Zeitschrift fUr Musik », il trouva en outre le temps d'épouser Clara
Wieck, d*étre nommé docteur en musique, et d'écrire plus de cent
lieder d*après Qcethe, Byron, Burns, Bùckert, Eemer, Eichendorff,
Beinick, Ghamisso, enfin d'après Heine qui lui foumit deux de ses
principales inspirations: le cycle de mélodies op. 24 et DichterUebe
portant le numero d'oouvre 48.
On comprend à merveille que Tadmirateur passionné de Jean-Paul,
l'ardent et fantaisiste évocateur des DavidsbUndìer, des PapUbms
et du Camaval ait eu une prédilection marquée pour le grand sen-
sitif Heine, pour ce talent savoureux, fait d'humour et de rèverìe,
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€ L*AMOUR DU POkTE » DI SCHUMANN-BUNE 650
qaì, qaoìqu'en ait pu dire maint détracteur, puisait sa force dans
une noble indépendance d*esprit, dans nn élan d'ftme sincère et li-
beral. Ce flit sans aucun doute cette similitude de tempérament et
d'intellect qni exalta le genie de Scfanmann, lai fit porter à la per-
fection ce genre du Liederkreia qne déjà Beethoven et Schubert
ayaient inauguré, presque négligemment, sans yoir tout le parti
qn'on poayait en tirer. L'un et l'autre, en écrivant < An die feme
Oeliebte > (1) et € die sehóne M&Uerin » (2) accommodèrent musi-
calement le premier ronron romantiqne qni lenr tomba sous la main ;
ìls n'enrent point l'idée de traiter comme cycle des poésies dìgnes
d*eax — des poésies de Goethe par exemple. — Le propre de Scha-
mann fut d'apporter et de rénnir dans le Liederkreia la mentalité
qui frissonne dans Toeuvre instramentale de Beethoven et Témotion-
nalité, qui palpito dans les mélodies détachées de Schubert. Yers une
Yoie nouTelle, indiquée senlement par ses deux grands prédécesseurs,
Schumann s'elanfa, les mains pleines de toutes les ressouroes d'une
musique plus évoluée et plus riche, d'une langue à la fois si forte
et si persuasive que maintenant encore nous y trouvons l'écho de
toatesnos aspirations.
Déjà Schubert avait eu sa part d'innovation en intronisant dans
le lied l'élément symphonique. Schumann alla plus loin avec ses
Liederkreis: très souvent la voix n'y a pas le rOle prìncipal et bien
des suggestions qu'elle ne pourrait faire naitre sont réservées au piano.
Le chant vocal garde une constante beante de lignes, mais les voix
expressives de l'instrument lui sont jointes; elles suivent la melodie,
la portent ou s'engendrent d'elle; parfois des thèmes distìncts en dé-
rìvent qui tantOt se meuvent en parallèle, tantdt prennent un libre
esser et parlent seuls. On volt qu'ici Schumann se mentre nette-
ment le précurseur de Wagner: comme lai et avant lui il emploie
les facultés expressives de la symphonie à traduire les sentiments les
plus complexes, les nuances les plus secrètes d'une &me de penseur.
(1) Poòme de Jeitteles.
(2) Poème de Wilhelm Mflller.
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C60 AHTX OONTXMPOaiNKA
« Hi
Le titre de € Dkhterliebe » < L'amour du Poète » (1) est, re-
marquons-Ie, de rioyentìon de Schumann. Les seize piècea qii*il de-
signe ont été extraìtes da recueil de Heine appelé Lyriaehes Inter-
meMBo^ comprenant soixante-dix poésies. Et la triple opération à laqaelle
s'est livré Schnmann, cboix, gronpementf tranecrìption musicale, me
semble réaliser ayec force oette création distincte et nonyelle dont j*ai
parie tont à Tbeure.
L'éfolntion psychiqne concentrée dans Diéhierliebe peut se diviser
en troie partiee à pen près égales. Les premières mélodies sont des
cantiqnes d'amour. Le Poète nous conte m^frement ses transports,
l'ÌTresse de sa passion; il rìt et pleure de joie tour à tour; et toutes
les merveilles de la Nature ou de l'Art qu'il contemple lui pa-
raissent un reflet de l'image chérie. Tout à coup la donnée cbange.
La femme adorée n'aime plus son Poète. Elle le méconnait, l'aban-
donne, le défie par son attitude et par ses actes. Lui, chancelle,
perd pied dans le désespoir, et nous suivons les étapes de souflfrance
de son coeur mutile: la rage sourde, à grand' peine contenne, les la-
mentations qui éclatent, les larmes qui débordent au sein de la Na-
ture indifferente; la chute terrible dans le réyeil, au sortir d'un
réve nocturne qui avait retracé les tableaux du bonheur éranouL
Allons-nous rester sur cotte crìseP Suffit-il que le Poète nous ait
marqué de ses accents persònnels cotte perpétuelle altemanoe de
Tespoir et de la déception? Non. Ce qui distingue le Poète-Liitié da
commun des mortels, c'est sa possibilité de se transfigurer au ftite
du calvaire. Sa douleur a été atroce; elle Ta courbé, broyé, elle i
pese sur lui comme la pierre d'un sépulcre. Mais dans l'excès mème
de son martyre il retrempe ses facultés créatrices. H se redresse,
reprend conscience de sa mission qui est d'enseigner les bommeset
de les guidar vers des contrées toujours plus lumineuses!
(1) J*ai choisi ce terme éqaivalent au sens Uttéral: Awwur dt PoHe^ afin
d^óviter toate ambiguitó dans notre iangae. Les amoars da Poète oonstìtaent
une sorte de contre-teDS aaqael te sont pio, je ne Bau ponrqnoi, tona lea adap*
tateara de Scbamann-Heine.
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€ L*AJf OUft- DU POkri » DS SCHtIMANN-HIINK 661
Ainsi se présente la dernière partie de DicMerliebe^ le troisième
panneau da triptjqne de Schumann. Lisez maintenant VltUermeMm>
de Heine. Yous y trouTerez de mnltiples beantés: une yerre ébloais*
sante, des jets brùlants de poesie enfermés en des phrases et dee mote
pittoresqaes et coneis, d*une élégance presqne attiqne. Mais yons
décoavrirez anssi des brusqueries un peu trìmles, nne fantaisie par-
fois extravagante, nne réelle affectation de bizarrerìe et d'incobé-
rence, nn manqne absoln de composition; tandis qne Dichterliebe
Yons ìmpressionnera plus fortement par l'unite de sa tenue, la gr&ce
de ses proportions et son parfait équilibre.
Qérard de Nenral (qui fut un des premiers introducteurs de Heine
auprès du public fran9ais) compare admiratiyement VmtermeMMO k un
rang de perles dont ohacune est nécessaire à la splendeur de Ten-
semble. Eh bìen! On peut dire que Schumann en composant Dieh-
terUebe a prxs seize perles d'un bel orìent et les a montées dans un
ordre special, pour en fidre une parure inèdite et harmonieuse.
Obligé de choisir et d'exclure dans Tceuvre touffue de Heine,
Schumann n'a pas seulement éliminé les poésies dont le caractère
ne conyenait point aux effets musicaux, il a rejeté toutes eelles qui
auraient nui à la judicieuse cohésion de l'ensemble, à cette pro-
gression dramatique qui tient constamment l'auditeur en éveil (1).
Et, sous la main du génial ouvrier des sons, se révèle magnifique*
ment la toute-puissance de la musique. Vis-a-vis du langage, elle
gagne en ampleur d'intuitions, en suggestivité ce qu'elle perd en
précision de détails; elle effiuse du mème coup certaines mièvreries,
eertaines boursouflures romantiques dont le texte de Heine n'est pas
exempt; quelques rides et marques de décrépitude qui se montrent
^ et là à nos yeux d'aujourd'hui.
Il est d'ailleurs surprenant de constater combien la langue parlée
par Schumann est restée alerte et jeune. Je suis de ceux qui suivent
aTOC infiniment d'intérét revolution présente de la musique, et qui
applaudissent sincèrement à toutes les innovations de bon alci, mais
(1) Schnmaiin a mdme mia en masiqae oinq poésiea de VlniermeMgo laos les
&ire figarer dans Dichterhebe. Voici lenra tìtres : dù LoioMume (op. 25, n» 7),
dein Angenchif E» ìeuchM meine Liebe (op. 127, n«* 2 et 8), Lehn dein Wang,
Mem Wagm róUet ìangioM (op. 142, n^ 2 et 4).
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662 ARTB CONTXHPORANIA
depuis Schumann il me semble qa*aucan maitre (1) n'a su rendre
ayec aiitant de plénitude toutes les naances de la tendresse et de
l'amertume. Cependant Schumann s^ezprime au moyen d'harmonies
qui sont devenues d'un empiei familier, et c'est leur amalgame avec
les tours mélodiques les plus simples, avec les rhythmes les plos
francs, qui produit ces composés parfaits dont la force n'a jamais
été surpassée.
Le genie a ses secrets. Il se nourrit d*un fond cache que tonte
minutieuse analyse, tonte glose technique sont impnissantes à dé-
couvrìr. Mais après ce que j'ai exposé du pian de DicMerliebe on
admettra sans donte qu'un commentaire non point philologique mais
psychologique, éclairant chacune des phases de ce monodrame, peut
devenir un ezcellent guide, tant pour le traducteur que pour Tin-
terprète.
En principe je ne suis pas partisan des substitutions d'un idiome
à un autre sous un texte musical. Mais on s'y trouvera contraint
tant que les diverses races se refuseront à l'assimilation, tant qu'elles
resteront obstinément encloses dans leurs idiosyncrasies de moeurs
et de langage; et cotte nécessité se &it surtout sentir dans un pays
comme la Franco où Ton a peu de goùt en general pour les langues
d'outre-frontière. Maint docte étranger s'indignerait à l'idée d'en-
tendre une traduction de DichterUehe. «Tavoue moi-méme préférer
de beaucoup le texte originai à la version que je me suis passionné
à construire. Mais j'ai pensé qu'en visant toujours l'esprit par dessus
la lettre, et en adoptant le souple tìssu de la prose, on pouvait ar-
river à draper sur la musique de Schumann une étoffe poétique, un
vStement de mots et de phrases qui, pour étre dépourvu des bro-
deries du nombre et de la rime, ferait cependant à peu près les
méme nobles plis que la chlamyde de Heine. Ainsi comprìse l'adap-
tation consiste à harmoniser constamment les deux courbes sonores
du langage et de la perìodo mélodique ; à faire palpiter cet essaim
(1) Exception fatte poor Borodine et pent-étre ponr Grieg.
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€ L*AMOUR DU POkTB » DE 8GHUMANN-HKINE W3
d'affinités subtìles qui fondent ensemble la masiqoe et le verbe ; à
choìsir des vocables snggestifs, complémentaires en quelque sorte, en
les cadenfant de fafon à reconstituer toajoors Tatmosphère où se
ment chaqne petit lied,
Cette recherche, négligée jusqu'ici par les tradncteurs, Ta été plus
encore par les ioterprètes. La plupart n'hésitent pas à porter une
main sacrilego sur le poème de Schumann-Heine pour Tamputerde
tei ou tei membre. lls considèrent des pages détachées de Dichter-
liebe — toujours les mémes — comme susceptibles de fournir un ou
deuz numéros d'un programmo de concert; ils ignorent le caractère
que ces pages empruntent à Toeuvre totale et ils contribuent largo-
ment de la sorte à la mésinterprétation. Quant auz soi-disant tra-
ditìons dont ils prétendent parfois s*inspirer, ce sont presque toujours
des masques de routine qu'il &ut jeter bas sans hésiter. J'admets
très bien que les symphonies, les opéras, les cantates, qui trouvent
généralement pour les diriger de hautes personnalités, s'imprègnent
dès leur venne d*indications indélébiles. Il n'en est pas de méme
lorsqu'il s'agit de musique de piano et surtout de lieder. Farmi les
chanteurs — exception faite, bien entendu, pour les élus qui ont le
don de création personnelle — combien en est-il qui soient capa-
bles de s'assìmiler le style d'un maitre nouveau, c'est-à-dire d'un
précurseur, et de le transmettre impeccablement ? Chez les plus mal-
léables, combien de temps dure l'empreinte avant de s'effacer?
Plutdt que d'accepter avec une foi aveugle — et paresseuse —
des traditions dont la source est plus ou moins trouble, mieux vaut,
il me semble, baser solidement son ezpression sur une étude appro-
fondie de la musique et de la poesie que Ton interprete. Cette me-
thode appliquée à Diehterliebe fera découvrir pour certaines pièces,
et non les moins connues, un sentiment différent de colui qu'on a
coutume de leur accorder. Et si, à vouloir l'extérioriser, on risque
de taire béler en chcBur les moutons de Panurge, on goùtera du
moins l'approbation des yrais artistes, et la joie superbe d'avoir
gravi les sommets où Schumann et Heine font planer leur voi.
Mifiita mutieak italkma, VUI. 44
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664 ARTE CONTBMPORANBA
Commentalre psyohologlque.
Les eantiques d'amour, — Le désir.
I. — Le Poète jette un regard en arrière (1) vers V instant
ému entre tous où il fit la confidence de sa jeane tendresse à la
Bien-aimée.
Les sentiments ìntimes de son cosur s'harmonisaient avec l'am-
biance : bourgeons rompant Técorce, chants aérìens d'oiseaox, ondu-
latioDS printanières sur lesquelles Taveu se balance et se déploie à
deox reprises, comme hésitant en sa chasjte ferveur.
II. — Voici la preniière oSrande: un touchant et sìmplet
madrìgal.
Le Poète a revétu son habit bleu-barbeau et d'un geste naif il
offre à sa Belle les fleurs écloses de ses larmes d'amour et les ros-
signols nés de ses soupirs (2).
III. — La rose, le lys, la colombe, le soleil (3), ces passions
d'autrefois pouvaient-elle étre autre chose que les divertissements
d'un coBur frivole?
Pour mieux exalter la sincérité de Theure présente, quel amoureux
n*a point renié les élans divers et contradìctoires de sa vie passée ?
La melodie volete, d'une allure rapide et brisée, les doubles
croches papillonnent sur chaque syllabe, mais tout à coup la basse
deyient, en se liant, plus ferme et plus pleine: et la musique, sans
rien altérer de sa ligne, s'élargit, s'attendrit, célèbre l'amour nouveau,
l'amour unique, yibrant par toutes les potentialités de Tètre!
(1) Le tradnctear qni emploie le tempt présent da verbe enlève à cotte pre-
mière pièce son caractère pré&tiel.
(2) Le genie de Borodine 8*eBt aoBsi ezercé snr nne traduction rosse da méme
tezte. La melodie à laqaelle je &Ì8 allosion (Fleurs d^amour) est un chef d*OBaTre
de préciosité nalve, d*art sincère et raffinò qne le terroir parfome eocore.
(3) Le Poète symbolise ainsi les fèmmes qn'il aima nagaère.
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€ L AMOUR DU POÀTS » DB SGHUMANN-HKINK 665
La possession.
lY. — Tant que le Poète resterà comme embaumé dans sa foi
d'un amour réciproque, il impregnerà ses accords de fraicheur et
de sérénité.
Cependant, quand les regards se sont longuement caressés, qaand les
lèvres se sont bues, si les mots € je t'aime » riennent à trembler
tout bas, l'ivresse, trop forte, se résout en sanglots.
y. — Chant splendide d*émotion pure, enreloppé d'un bruis-
sement, d'un poUen sonore presque immatériel.....
Le Poète emporte partout avec lui Temei subtil de son désir. Il
en trouye Técho dans la nature entière. Un lys qui se balance au
détour d'une allée grandit étrangement à ses yeux. Il contemplo, il
s'absorbe, et les vibrations de la fieur, dans laquelle il plonge son
àme, lui rappellent le contact frissonnant de la bouche adorée.
VI. — L'amoureux, quand il est poète, convie tous les étres
et toutes les choses au banquet de sa félicité. Les heures prósentes
ne sont pas seules colorées de ses extases. Celles du futur n'ont
plus d'ironique incertitude; celles du passe retracenten sa mémoire
avec une incroyable netteté des images qu'il identifie encore à son
amour.
Dans Cologne, fiUe auguste du Bhin, il est une cathédrale; dans
cette cathédrale un tableau figurant une radieuse Madone; et le
Poète découvre maintenant que cette Madone ressemble traits pour
traits à sa Bien-aimée.
La puissance evocatrice du souvenir est ici rendue par un tìième
d'une ampleur et d'une hauteur architecturales; un thème d'une
somptueuse nudité, austère comme un choral lutbérìen; avec de
fermes assises, sur lesquelles des piliers, des arceaux et des voùtes
s'élancent, dominent et surplombent en de vertigineuses perspectives.
La crise. — Les lamentaiions,
VII. — T a-t-il eu flagrante trabison? abandon violentP pro-
gressive indifférence? Peu importe au Poète! L'événement terrible
o'est la méconnaissance de son amour.
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666 ARTE CONTEMPORANEA
SoD amour! L'oSrande de son genie, ragenouillement de sa pensée
devant un charme féminin qu' il s'exagérait sans dente, qu' il parait
de toates les richesses de son cervean de poeto; son amour réconfor-
tant et caressant repoussé comme une denrée suspecte, comme un
fruit fade par celle qu*il jugeait aussi benne, aussi compréhensi?e
qne belle!
Comment s'arracher da coeur les souvenirs adorables des beures
de possession? Ces regards chargés de tendresse, et ces intonations
Yocales, ces mille paroles enfantines, ces fines attitndes, et ces baisers
magnétiques? L'oubliease a donc deserte ce monde menreillenx, ce
palais d'enchantement créés par leur amour? Ses extases étaient donc
feintes? Ses sentiments illusoires? Cela est impossible! Il a falla
qu'un yent de folie soufBftt sur elle et rompit la trame de ses états
conscients. Sans doute elle revoit le passe sous son vrai jour: et le
Poète s'imagine qu'elle souffre profondément de sa faute, et il n'a
pas le courage de lui en vouloir.
« Ich grolle nicht! » Je ne récrimine pas! Je n'accnse pas! Mon
coBur se tait! Tu as beau armer tes yeux d'un éclatant défi, tu as
beau te parer et briller sous tes joyaux, Bienaimée, ton àme est
sans lumière ! Le serpent du regret te ronge la poitrìne... tu soufires,..
tu es à plaindre... aussi ne céderai-je pas à un premier mouvement
de colere et de malédiction! Bien que meurtri par toi, mon caur
se tait!
Cotte indignation maitrisée par le Poète-Philosophe gronde sour-
dement dans les basses tandis que le rhythme intense et pressant
des accords scande les battements d*un coeur bouleversé (1).
Vili. — Àprès avoir pris à témoin de ses angoisses celle qui
en est la cause, le Poète se tourne vers l' indifferente Nature, qui
déploie toujours autour de lui son charme inconscient. Il se plaiot
avec candeur de ne pouvoir associer à son chagrin les fleurs, les
rossignols, les étoiles. En trois couplets semblables, il chante une
(1) Qa*on essaye de rendre cette crise d*&ine au moyen de la yertion Tai
pardonné. On n*y pent réassir. Sana s*écarter prédsément du sens littéral, ell«
enlòve aa poème de Heine-Schamann son caractòre ardent et nerreaz, elle lai
commanique une sorte de placidité, de grandenr altière qai le dénatorent
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€ l'amour DU POÈTE » DB SCHUMANN-HEINE 667
romance (1) d'un accent pénétrant, dont Taccompagnement est un
reflet de flenrs diaprées, de lueurs tremblantes d'étoile, de gazouillis
d'oiseaux et de froufrous d'ailes. Et quelle désolation assombrìt la
quatrième strophe, exaspère la conclusion symphonique!
IX. — Devant nos intimes douleurs la société humaine, avec
son train joyeux, nous parait plus cruelle encore que la Nature
en fSte
Loin d'étre bannie des assemblées, la parjure y danse au son des
instrumenta: car on célèbre ses noces, en grande liesse. Seuls les
anges gardìens se voilent la face en gémissant
Sur un rhythme léger de valse Téternelle mondanité déroule
sa farandole de plaisirs, en un dessin continu, élégant et frivole,
sans se troubler ni s'interrompre. Au second pian, les tristes exda-
mations du Poète apparaissent (a et là, comme superflues. Qu' im-
porte sa souffrance? Et qui, à part lui, disceme les lamentations
des bons anges?
X. — Aux oreilles du Poète résonne une petite chanson que
la voix adorée lui répétait naguère avec des inflexions trempées
de tendresse et d'amour.
Ah! quand il se croyait aimé, chaque souvenir emplissait son
cerveau d'images souriantes. L'ivresse du passe se liait d'une chaine
fratemelle à la douceur espérée de l'avenir. Maintenant la source
du bonheur est tarie, et plus les tableaux rétrospectifs ont de
charme, plus ils se teìntent d'amertume! '
Point de ressentiment, point d'obsédante vision (2), mais une me-
(1) Je me suis efforcé de rendre dans ma tradaction le earactère dix-hnit-cent-
trentesqae de la poesie et de la masique.
(2) lei comme en pUisieurs antres points da Liederkreis il me semble que
maint arobitieux compositeor de Técole contemporaine anrait Tolontiers choisi
des thèmes anx allures de caachemar, en toarmentant à plaisir ses harmonies
et ses rhjthmes. Dans une adaptation mélodiqne dn méme texte, un maitre de
hante lignee, Grieg, s*est gardé aussi bien qne Schamann de oette fansse ìnter-
prétation. Cependant son poème sonore est d*ane psjchologie moins profonde que
celai qni nous occupe. Le Poète y crie sa donlear sar un ton trop dramatique,
trop brìllant ponr étre sublime. L*émotion, très forte et très réelle, me semble
exprìroée aree un pea de grandiloquence.
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ARTI CONTSMPORANBA
lodie paisible, douce cornine la cantilène évcquée, douce comme l'a-
monr défant; un chant d^nne poignante grandenr, dont Técho de
détresse se répercate, se retarde et s'apaise longnement dans l'or-
chestre.
XI. — L'action se corse, le drame se precipite. L'Infidèle
a foUement aliène tonte possibilité de retour vers son Poète qui
anrait sì bien échangé avec elle les fleurs du Pardon contre celles
dn Bepentir. Ce pompenx hymen au son dea fltites pergàntes n*est
qu'nne eztrémité où la jeta sa nature impulsive, après la mine de
ses propres désirs.
Le Poète a cesse soudain de nous confesser ses langueurs. Il s'est
reculé, haletant, sur la scène. Le spectre de la Fatalité auquel il a
fait place, parie, raconte les faits, sans émotion. Il interrient ainsi
que le choeur antique pour mettre passagèrement au point les choses
humaines, constater leur vicissitude, leur coté relatif et banal (1).
XII. — Il est juste de dire que la souffirance fortifie et pu-
rifie: mais ce n*est qu'à partir du jour où son excès méme suscite
en nous, par réaction, les énergies voulues pour la vaincre et Té-
liminer.
Quand le Poète s*avisera du caractère universel et nécessaire de
la souffrance, il sera bien près d'en purger son coBur et de sentir
s'épanouir en lui des forces inconnues.
Sa sensibilité suraiguisée prète maintenant un langage aux fleurs,
qu' il accusait naguère d*étre muettes. Tandis qu' il se promène, dès
le prime-jour, dans un jardin solitairé, elles tournent vers lui leurs
visages, tout attendris des larmes de rosee que le soleil n*a pas en-
core séchées. Elles chuchottent, mais ce n*est pas pour le plaindre :
c'est pour plaider Tirresponsabilité de la coupable. Noble Poète!
Tello est Tidée qui se lève du fond de son S.me menrtrie et y étouffe
ses instincts d'amant dépossédé.
(1) Voilà penrqooi la mosiqae a laissé ton tour élégiaque et 8*e8t mite à TÌbrer
comme nne belle coalenr cUire, avec sa tonalité de mi bémoì majeor, son rhyUime
d6terminé, set accenta inoisifs. Voilà poarqnoi il oonvient de rioterprétar saos
lentear» sane lassitnde, sans faasse sentimentalité, presqae sans amertnme, sur
un mode détacbé, avec une sorte d*implacabilitó objective.
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€ L^AMOOR DU POkrB > DE SGBUM ANN-HnNB 669
Dans le pian mond, quiconque est mùr pour ascendre un degré
d*évolation doit subir fatalement le douloureux baptème de l'épreuve.'
Et, par cette loi, les justes rapporta s'établissent Ce n*est pas le
tortionnaire qui domine et rayonne: c'est le martyr. Les subyersift,
les rétrogrades, les iconoclastes, les destructeurs d*harmonie, ceux ou
celles qui agissent d'une fafon laide, &u8se, et mauraise, sont des
àmes embryonnaires, des faibles^ en dépit des ravages qu'en appa-
rence ils ezerceni
Les ruines qu'ils amoncellent sont des obstacles qui servent à
l'entraìnement des forts. Acceptons leur intervention, édifions-les de
notre sérénité. Tentons par notre exemple de les attirer dans des
sphères supérieures; et sans nous laisser écraser par eux, rendons-
leur, tant qu'il est possible, le Bien pour le Mal ! (1).
La musique debordo à chaque mesure d'une généreuse émotìon.
Come elle sait grandir avec la circonstance ! Fière collaboratrice,
elle s'élève encore plus haut que la poesie dont elle s'inspiro.
Quand les paroles se taisent, la symphonie prend un libre esser;
elle deyìent à elle seule plus expressive que n'importo quel verbo
chanté; elle degagé un thème nouveau, le thème évangélique du
pardon désintéressé: colui qui s'offre sans avoir été soUìcité par le
ropentir, et qui laisse tendue vers la pècheresse une main pleine de
puissances rédemptrices!
L'agonie.
XIII. — Tous ceux qui ont traverse de grands chagrins sa-
vent qu'alors le sommeil luiméme n'est plus ce hàvre de silence et
de repos où les facultés pensantes s'engourdissent. Le sentiment de
la vie réelle ne relftche pas son emprise et fait impitoyablement dé-
filer dans la chambre noire du cerveau des images et des tableaux
fiévreux qui attisent la souffrance.
(1) Tout ce déoehpj^emeni psyehologique à propos d*une simple strophe de
Heine ! Mais il faUait explìqner ayec dee mota ce qne Schamann a renda aree
des notes, ayec des chants, d*ane manière si snbstantielle et si saisissante. Son
piopre développement iymphonique est nne preuve eclatante dn caractère personnel
de sa mnsiqne. lei, oomme dans les mélodies X et XVI, elle cesse de souligner,
de commenter: elle innove, elle crée.
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670 ARTE CONTEMPORANEA
Mais la rancane da soayenir où le caachemar a distillé ses poisons
fait da moins troaver dans le réveil la détente et le soalagement
qai saivent les états de crise ; tandis qae le songe crael entre tons
est celai qai ressascite le bonhear à jamais dispara alors rien
n'égale Tatrocité de Finstant où Ton roavre les yeax; alors les chaines
de la réalité sont plas qae jamais meartrìssantes (1).
Le premier rève da Poète est la station la plas doaloareuse de
son agonie. Noas sommes jetés dans ane atmosphère noctame de ma-
laise et d'oppression, dès qae la voiz, solitaire, a exposé la tonalité
sombre de mi bémol minear. Gomme des larmes tièdes, les notes
tombent goatte à goatte; et des tamboars voilés de crèpe battent an
rbythme bref de deail et de sanglots. Qaand le Poète dit: J'ai cru
que tmyours tu m'aimais! ses accents se colorent d'ane ferveur
meryeillease (2), poar s'obscarcir aussitòt d'époavante L'orchestre
reperente an cri déchirant et fatai, et noas retombons dans an maet
épaisement, entrecoupé d*ane dernière batterìe fùnebre.
XIY. — Le second réve n'est plas tragiqae, il est mystérìeax
et saisissant. L'Infidèle se dresse deyant noas, presqae tangible;
mais elle a dù, poar an moment, se libérer des inflaences qui orien-
tent sa vie noavelle. Plas de défi en son maintien, plas de rictas
mensoDger sar ses lèvres; son port gracieax, ses harmonieases sé>
dactions s'alSSnent de gravite et de mélancolie.
De simples déplacements de rhythmes (3), et des eSets syncopés
noas peignent de vagaes soarìres parmi de vagaes larmes, évoqaent
je ne sais quelle précision dans l'incohérence, je ne sais qaelle fixité
dans Tindécision, snggèrent cet état troablant, cette demi-anxiété qui
caractérìsent certains de nos songes.
(1) Lea denz poésies de Heine qui exprìment óloqnemment ces émotions sont
éparaes dans VlntertneMMO sous les n*" 49 et 61. Rénnies dans Diekterìiebe, elles
prennent nne yalenr bien plus intense, en derenant parties intégrantes, cbainons
nécessaires de ce monodrame.
(2) Par le seni retrait d'an bémol, quel soleil entre dans cette phrase !
(3) Voilà comment Schamann fait conoonrìr les difficaltés de oonstmction à
la soayeraine conTenance de Tédifice. Vonlant ici encore noas donner ane ini-
pression de hantise, d*hallacination, il reprodait troia fois le méme tbòme, avec
les mémes barmonies et il tire un effet des plas henreaz des ezi^nces proso-
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« L* AMOUR DC POÌSTB » DB SCHUMANN-HEINB 671
La résurreciion,
XV. — Le Poète se ressaisit eDfin. Il ne bégaìe plus, ter-
rassé par la doalenr; il reprend possession de son riche clavier, il
se remet à former des images palpitantes de fraicbeur et de beauté.
Il arrìve à coucevoir un bonheur dont tous les éléments viendraient
de lui seni et dont la Bien-^imée serait aòsente. Cette foìs-ci son
réve est de bon augure: c'est un tableau lumineux sur lequel au-
cune ombre n'a glissé; c'est Tannonciation d*un état d'àme plus
yiril» un retour vers Tivresse poétique, qui, ani beures d'elucubra-
tion, fait agréer la vie comme un présent superbe.
Sur un thème de fanfare alerte et légère nous sommes transportés
tout à coup en un monde magique, parmi d'audacieuses fleurs, d'é-
tranges atmosphères vespérales, de bruissantes frondaisons, des eaux
rapides et des feux multicolores Les évocations surgissent, les
images s'ajoutent aux images, la musique module, escalade des tons
plus élevés, se corse d'accords plus nourris et plus eclatante
Alors, en pleine effervescence, le réve disparaìt; le Poète tombe, une
fois encore, du sommet de son illusion (1); mais sa chute n'est plus
si lourde, il s'est emparadisé si bien qu' il n'a plus de désespoìrs ni
de larmes: rien qu'un long soupir (2).
Le réve sera désormais Tasile contro les promiscuités blessantes de
la vie; le manteau de pierreries qu'on laisse tomber à regret de ses
épaules, avec l'espoir certain de le revétir bientdt.
diques qui l'obligent à varier les brisares de sa melodie. Je me plais aussi à
soali^er le changement de roesnre qui, sur cei parolea: « Et moi je saia à tes
genouz > dettine le mouTement des bras tendas, dans an élan ipontané, vera
Tapparìtion.
(1) Le thème initial, alangai, ralenti par augmentation, ezprime le sentiment
de cette noayelle chnte. Ceci est mienx qa*ane troayaille masicale, c'est le coro-
mentaire ezact de Tétat d'esprit du Poète. En reprenant pied dans la yie réelle,
il sent les yibrations da beaa réye se prolonger en lai les rayons de Taobe
Ini apportent nn pen de gratitade et d*espérance.
(2) Comme la phrase: « le réye disparaft » rbythme ce soupir! Après la me'
sare adagio où elle s'éteint, et le point d'orgae dont elle se ponctne, la sjm-
phonie revient; la fanfare éyocatrìce trayerse brièyement Tespace. La Mase se
retoame en s'en allant et jette nn regard amicai d*aa reyoir.
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672 ARTE CONTEMPORANKA
XVI. — Après s'étre assuré qu'ìl avait toujours le pouvoir
de fìiire surgir de l'ombre à la lamière un peuple chimérìque et
charmant, le Poète va rassembler toutes ses forces créatrices. Le
temps est passe des prostrations, et des intimes élégies, ayant pour
témoins les boìs, les oìseanx et les flears. Redevenu conscient de sa
mission le Poète sait quMl doit apporter au monde un ornement
inédit, une musique nourelle (1).
Ses joies et ses douleurs ne lui appartiennent pas; elles ne peu*
vent rester stérìles ! Et il prend son luth le plus sonore, il
monte sur la plus haute scène, il improvise un demier adieo à ses
souffrances. La femme qui nous vaut cette superbe exaltation poé-
tique, la femme dont l'inconsciente main faillit étre meurtrière
avant de se révéler providentielle, ne haute plus ces vers de son
adorable petitesse. Leur dédicace passe audessus cTette. Le Poète
expulse de son coeur les madrìgaux et les complaintes dont elle fat
la reine, il les enferme en un cercueil géant precipite par douze
colosses dans l'insondable mer.
Ce geste grandiose, cette imago saisissante sont exprimés par une
formidable marèe musicale, qui roule parallèlement les boules de
son rhythme (2). Gomme ces enfants qui emboitent irrésistiblement
le pas derrière les troupes nous sommes emportés malgré nous par
une allure héroique de cortège; nous suivons la marche imposante
du sarcophage; nous attachons nos yeux sur ce balancement, sur
cette chute qui fait rejaillir jusqu'au ciel une eau retentissante.....
Àlors, dans cette atmosphère de drame et d*effroi, s'élève le cri
le plus angoissé, le plus terrible qui ait été proféré jusqu'ici (3).
Mais à peine le Poète s'est il tenu debout sur le pie ténébreux de
son émotionnalité que nous le voyons s'élever (4) à larges conps
d'ailes vers les cimes lumineuses de l'apostolat
(1) SeloD la belle expression de Gabriele d^Annonuo.
(2) L*bannonie imitatiTe qui règne dans cette làèce ajonte nn effet pnùnnt
à rintériorìté d*expres8Ìon qai existe toigoara cbez Schomann.
(3) «Ce cercaeil contient Tor et le plomb de mon amour! » (littéralemeDt:
mes joies et souffrances d*amoQr).
(4) La transition enharmooiqoe d'ut dìèse à ré bémoì indiqae à merTeille ce
passage d'nn pòle à Tantre, cette relation d*extréraee.
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€ l'amour DU POiSTB » DB SCBUMANN-^XimB 673
Telle est la transfiguration que Tépilogue symphonique dessine.
Quand s'est dénoaée la fraternelle étreinte de la Poesie et de la
Musique, celleci s'attarde encore comma un pieux encens ; avec son
sublime langage sans paroles elle ramène la pensée radieuse du
pardon évangélique. Son motif (1) se développe en an monvement
de sobre allégresse; il chante le chaste énivrement da Poète qui
croit sentir en lui assez d*énergies rédemptrices pour purifier toutes
celles et tous ceux qui sont purifiables ! assez d'énergies rénovatrices
pour répandre, transformés en bienfaits, sur le grand nombre, tous
les maux qu*un seul étre lui a fait souffrìr.
Raymond-Dtjyal.
(1) Appara déjà, en un Um main élevé^ dans Tépilogne de la XII°« melodie.
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LA REVISIONE DELLE EDIZIONI MUSICALI
(Studio critico).
Lie edizioni musicali, per cura di qualche studioso, o per inte-
resse di molte Case Editrici, sogliono essere corrette, rivedute o di-
teggiate, in una parola commentate, e sarebbe cosa buona se i risultati
fossero corrispondenti alle esigenze artistiche ; ma quando il commento,
anziché lumeggiare, avvolge in nebbia ancor più fitta quella data
composizione musicale è, oltreché danno, profanazione all'arte.
Ad eccezione di qualche raro commentatore, che per acutezza e
genialità ha il primato sugli altri, come, per esempio, il Germer, il
Klindworth, ecc., della cui opera ci si può formare un concetto esatto
e chiaro, per quanto riguarda l'architettura di una composizione, così
nei suoi particolari come nella sua sintesi, ben poca cosa valgono gli
altri, cui vengono affidate opere di non piccolo valore.
Da molto tempo sono in vendita delle composizioni musicali, spe-
cialmente classiche, sia antiche sia moderne, che, maneggiate e ri-
maneggiate da questi pseudo commentatori, hanno i medesimi errori
della prima edizione quando non brillano di nuovi, talvolta più mar-
chiani dei primi.
I diversi collocamenti delle legature, specialmente lunghe (onde
una diversa analisi ritmica), il variar dei segni di colorito o della
indicazione di movimento, Tabolizione di qualche ritardo o il muta-
mento di qualche nota in un accordo dissonante, perchè non grato
all'orecchio, costituiscono i caratteri che, vari a seconda del gusto o
meglio dell'ignoranza del riveditore, differenziano più notevolmente
e più peculiarmente un'edizione dall'altra.
Se poi, anche non ponendo mente agli errori dei riveditori, ag-
giungiamo quelli che qualche composizione presenta in qualsiasi edi-
zione, forse per tradizione, c'è davvero da rallegrarsi!... Mi fu dato.
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LA RBVISIONB DELLE EDIXIONI MUSICALI
675
per esempio, nella mia prima giovinezza, di assistere in una città
tedesca dove la musica è molto coltivata, alle prove di una sinfonia
di Beethoven. Tanto nella partitura d^orchestra quanto nelle singole
parti, alla fine del primo ritornello, vi erano due battute di troppo.
Fatto osservare da uno dei Profeasori che ciò era contrario al buon
senso e alla logica, e che non era ammissibile Teseguire la sinfonia
con un simile errore, gli fu risposto dal Maestro-Direttore (persona
di non dubbio valore, e di cui, per ragioni di delicatezza, non faccio
il nome) che si era sempre fatto così, perchè la importante Casa
Editrice, dalla quale era edita la sinfonia in parola, non poteva ca-
dere in simili errori! Dopo animate discussioni e previo consulto
con un valente biografo e profondo cultore delle opere di Beethoven,
fa ammesso l'errore e la sinfonia potè essere eseguita, fortunatamente,
senza l'enorme svarione del proto.
Un altro di questi errori, di cui la paternità va probabilmente
ascritta all'edizione, si trova nella Preghiera o Aria di Chiesa di
Stradella (attribuita e forse giustamente a Niedermeyer). Qualunque
sìa la trascrizione e in qualsiasi edizione, nel primo ritmo della se-
conda parte, havvi una battuta in più, e con tale errore fu sempre
eseguita e tuttora si eseguisce nei concerti pubblici e nelle funzioni
religiose !
Ecco come sta scrìtto:
2.
8.
4.
rTTrrCJirrf'irffi
è
5.
^^
Pìe-tfc, Si - gno-r». Si-gnor pie
U
rETf r-r rr
7.
S
ÉuH
ma do
len
Bisogna essere assolutamente privi di quadratura e di senso ritmico,
per non sentire che la quinta battuta è una ripetizione della quarta,
e perciò di troppo. I ritmi della seconda parte di quest'Aria di Chiesa
sono di sei battute, e questo primo ritmo dovrebbe pure essere di sei.
Considerando poi che questa melodia, nella sua euritmia, deve avere
una relazione colla metrica del verso ed essere soggetta in certo qual
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676
ARTE GONTKBfPORANIA
modo alle parole, la quinta lattata è addirittura intollerabile. Per
giustificare in qualche maniera la sua esistenza, dovrebbe almeno
musicare qualche parola che avesse un senso, e questo non è.
Questo ritmo, sia esso musica vocale, sia pura, dev'essere scritto così:
Pie*tà, Si - gao-re, Si-gaor pto - tà
come del resto, non altrimenti può essere stato nella sua origine.
Un autore non troppo fortunato nei suoi commentatori è il Chopin.
Sarà la strana potenzialità espressiva delle sue opere, che, dato lo
stato psicologico in cui trovavasi quando scrìveva, raggiunge talvolta
il morboso; sarà l'incertezza in cui ci lasciano certe irregolarità di
ritmo, talvolta fantastiche e incomprensibili, o certe sue armonie ar-
rischiate e strane, fatto si è che, prima di accingersi a interpretare
una sua composizione, conviene pensarci e riflettere non poco.
Fra le interpretazioni date dai migliori commentatori delle opere
di Chopin, come il Marmontel, il EuUah, il Beinecke ed altri, tro-
veremo sempre delle grandi differenze, specialmente nell'analisi ritmica:
tutti hanno del buono, ma nessuno è corretto. L'unico forse cui pos-
siamo appoggiarci è il Klindworth (Edizioni Boote e Bock). La pro-
vata autorità di questo è una solida garanzia per poter seguire tutte
le sue indicazioni, senza tema di cadere in errore, e di ciò parla il
Gariel, con magistrale competenza, in un suo studio sul ritmo e la
interpretazione delle opere di Chopin {Rivisia Musicak Italiana^
anno III, fase. 1 e 3).
11 Gariel, oltre al constatare come il Klindworth sia il migliore
dei commentatori di Chopin, mette in evidenza gli errori nei quali
incorsero gli altri, li discute scientificamente e conclude dimostrando
egli stesso come si dovrebbero interpretare le composizioni dell' A., e
ciò in modo tanto chiaro e conrincente da confutare qualsiasi ob-
biezione. In quanto poi concerne la parte tecnica e precisamente la di-
gitazione di certe opere didattiche, è la stessa cosa, se non peggio.
Perchè le Case Editrici, che danno alla luce opere didattiche o
una raccolta di classici o che so io, ne affidano la revisione a questo
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LA BEVUIONB DBLLE BOiaONI MUSICALI 677
0 a quel Maestro pel solo ed unico motivo che gode fama di grande
esecutore?
L'essere pianista provetto non vuol dire essere buon insegnante e
non implica la capacità di dettare teorìe sulla tecnica, in ispecie ele-
mentare. Il virtuoso è cosa ben diversa dal pedagogo, e per la man-
sione di rivedere e diteggiare una serie di studi, nulla sarà più ef-
ficace del lavoro diligente, accurato e basato su lunghe esperienze
di un insegnante studioso e paziente.
n danno che arreca ad un giovane allievo Tapplicazione di un prin-
cipio tecnico sbagliato sarà sempre maggiore di quello che può recare
l'applicazione di una falsa interpretazione. Le opere di Beethoven,
Schumann, Chopin, ecc., essendo di carattere elevato e richiedendo
per la loro esecuzione dei musicisti non più principianti, questi, con
uno studio analitico prodotto da una coltura musicale adeguata, pò*
iranno da soli correggere gli errori dei commentatori e applicare da
sé la vera e giusta interpretazione ; invece, per un allievo iniziato
da anni nello studio di uno strumento con una digitazione e con un
principio tecnico falsi, non rimarrà altro che il doloroso ritornello:
« punto e da capo ».
Perciò voglio occuparmi della parte tecnica e particolarmente degli
studi in edizione economica riveduti, corretti e diteggiati da Giuseppe
Buonamici (Biblioteca del Pianista — Edizioni Bicordi). In questa
edizione troviamo studi del Czemy, Cramer, Diabelli , composizioni
dello Schumann, ecc., ecc., insomma buona parte del corredo indi-
spensabile a chi vuole imparare il pianoforte.
Anzitutto, che cosa ha voluto ed ha creduto di fare l'egregio maestro
Buonamici con tutto quell'enorme lavoro di digitazione? È egli con-
vinto che la disposizione delie dita, come la propone nei sullodati
studi, sia adatta per alunni principianti non solo, ma che porti a
dei risultati felici, con guadagno di tempo e cooperi alla formazione
di una tecnica buona e corretta? Ne dubito fortemente.
Non ch'io voglia per misoneismo attenermi alla strada vecchia;
è bene nella musica, come in tutte le altre arti, innovare e ricercare
il meglio, ma queste innovazioni non debbono avere soltanto ogget-
tivamente una pratica utilità.
Nelle principali scuole, o per meglio dire, sistemi per' insegnare
il pianoforte, ci dev'essere un principio fisso, per quanto riguarda lo
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678 ARTI CONTEMPORANBA
adattamento delle dita; dìfatti nella scuola, per es.^ del Marchisio,
del Bomaniello, del grande pedagogo Czerny, questo principio risulta
evidente e spiegato: troveremo che, mentre l'uno applica il sistema
« uniformità di figura, uniformità di posizione » e cioè Tapplicazione
delle dita in modo che Tunico o almeno il principale obbiettivo sia
quello di mantenere più che sia possibile ferma la mano, Taltro ha
il principio di non ribattere un tasto (anche in movimenti lenti) col
medesimo dito, spostando la mano, ecc., ecc. Sistemi che possono es-
sere buoni 0 almeno non dannosi, ma da questi a quelli eflTettiva-
mente nocivi c'è una differenza.
Cerchiamo ora di vedere qual è il principio seguito dal Buonamici
nelle edizioni di studi per pianoforte e prendiamo, per es., i 30 Studi
del meccanismo del Czerny (op. 849), scritti espressamente per i gio-
vani alunni.
Nella terza battuta dello studio n. 3, troviamo per la mano si-
nistra, che deve eseguire delle terae maggiori alternate con seconde
eccedenti, indicata questa digitazione:
^{^^^Trf^fe
ora, questa digitazione non è delle più chiare ed io mi domando per
quale motivo sul solala i è indicato il 2"" e 3^ dito anziché il 2« e 4^
Il primo inconveniente che ne deriva è che, per una successione di
bicordi, fra cui vi è anche una pausa, si è obbligati a spostare la
mano, mentre si potrebbe farne a meno ; il secondo che, avendo cinque
dita a disposizione, si prende una seconda eccedente, sol-lai (che
equivale ad una terza minore e cioè a tre tasti), con due dita vicine,
obbligandole ad allargarsi.
Queste terze (chiamiamole pur cosi) non si succedono tanto rapi-
damente, essendoci in mezzo una pausa di mezzo-quarto e non vi sa-
rebbe una necessità di cambiare dito sul secondo sol e cioè di pas-
sare dal 4:^ dito al 3^; perciò da questo cambiamento risulta evidente
che il principio del Buonamici è di cambiare dito dove viene ripe-
tuto un tasto. Difatti sul salsi applica il 4'' e 1^ dito e quando nel-
l'accordo seguente si ripete il sol col 2a# cambia dito, come si vede
dall'esempio.
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LA REVI8I0NB DBLLX EDIZIONI MUSICALI 679
Questo può esaere un sistema, una seuela, e fin qui sta Imie»
Tediamo ui po' più innanzi nel medesime stadio; alla priva bat-
tuta della seconda parte la mano sinistra fa:
'H-T-hrUl
< 1 < 1
4 4 4 4
precisamente una digitazione che ba tntt'altro principie di quello ohe
abbiamo constatato poc'anzi.
Benché questo passo sia quasi anakigo s quello di prima, perchè
la differenza consiste solamente nel &tto che nel secondo e quarto
accordo anziché un {ai vi è un re, troviamo che il sol^ nota ripe-
tuta come nella terza battuta dello studio^ viene indicata sempre collo
stesso dito e^ cioè il 4^ Quale è dunque il sistema del Buonamiei?
Se in questo passaggio lascia la mano tranquilla, non feicendo alcun
caso della ripercussione di un tasto col medesimo dito, perché nel
passaggio dell'esempio precedente, obbliga invece Tallievo a scostare
la mano e cambiare dito sulla ripetizione di una nota?
Se s^e US sistraaa e pnMnsam^te quest'oItkBar come sposta la
mano verso il grave nella terza battuta, faccia altrettanto per la prima
battuta ddla seconda parte, e la sposti verso l'acuto diteggiando il
passo cosi:
^^
^- D y D y D f^
Iti
5 4 0
Benché in ambo i casi non sia questa la digitazione migliore, si
spiegherà tuttavia il suo operato e risulterà che il suo sistema è ap-
punto quello di cambiare le dita: nel primo passaggio « essendo di-
scendente il movimento dal primo al secondo accordo, la mano ver-
rebbe spostata verso il grave:
lUHiia mu$ieak iiaUtma, VIIL 45
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ARTE CONTEMPORANEA
e nel secondo passag^o, essendo ascendente il movimento dal primo
al secondo accordo, la mano si sposterebbe essa pare verso l'acuto:
"'>' rr! T I
Oppure, come nel secondo passaggio mantiene la mano tranquilla,
non curandosi della ripetizione del sol col medesimo dito, applichi
la stessa digitazione al primo passaggio.
'^' l iHtT^
e sarà il sistema migliore senza dubbio.
Proseguiamo sempre nel medesimo libro di studi: nell'ottava bat-
tuta della seconda parte dello studio n. 4, troviamo questo passo così
diteggiato per la mano destra:
I4at ift<4 ifta4 ifta4
La digitazione della prima quartina di semicrome di questa bat-
tuta costituisce da sé una cosa talmente fantastica, per non dire as-
surda, che invero non meriterebbe alcuna discussione; se non per
altro, esaminiamola per vedere con quale criterio è stata applicata.
Dalle differenti dita segnate per le due ultime note di questa quar-
tina, che non sono altro che la ripetizione delle due prime, si do-
vrebbe dedurre che la base o meglio il principio di questo processo
sia unicamente quello di cambiare le dita il più spesso possibile.
Che in certi casi convenga in un passaggio, che si potrebbe ese-
guire con mano ferma, fare qualche cambiamento di dita, che a
primo acchito sembrerebbe anche strano e fuori posto, lo comprendo
benissimo : è anzi non di rado richiesto, per ottenere certi effetti spe-
ciali 0 certe finezze di tocco, che con una digitazione ordinaria non
si otterrebbero (Nelle opere di Liszt e Chopin troveremo parecchi
di questi esempi dettati dagli stessi autori). Ma qui nel caso
nostro, no.
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LA REVISIONE DELLE EDIZIONI MUSICALI
681
Il rapido spostamento che subisce la mano nel cambiare le dita
alle due ultime note della quartina è non solo inutile e fuori pro-
posito, ma benanco nocivo airesecuzione stessa. Si noti poi che per
queste quattro note, la semplicità delle quali non richiedeva neppur
rindicazione di un dito (perchè costituiscono un semplice intervallo
di ierMa minore^ cioè tre tasti vicini), il Buonamici ebbe il coraggio
di impiegare quattro dita per ridursi poi a prendere tutto Tintervallo
di ieraa con due dita vicine, cioè col 2"" e 3^
Come si vede, questo non è più un sistema o una scuola, bensì
un capriccio, una ricerca di difficoltà.
Ammettiamo pure che fin dai principi convenga abituare il gio-
vane alunno a certe difficoltà di tecnica, ma queste devono essere
relative, progressive e spiegate, o almeno devono procurare un'utilità
pratica per l'avvenire; diversamente non faranno altro che generare
confusione, imbroglio, pasticci, come del resto Tesperienza dimostra.
Nella quartina di semicrome che abbiamo testé esaminato, essendo
essa un intervallo di teraa, ì due 9i dovrebbero essere eseguiti col
1<> dito e i due re col 3^ Però, volendo evitare la ripercussione delle
dita a breve distanza e fare qualche cambiamento, questo, anziché
essere totale, come Io indica il Buonamici, potrebbe farsi o soltanto
alla nota inferiore oppure alla superiore:
^g
ÌH?fN
sarà almeno evitata la difficoltà che risultava prima col cambiamento
di tutte e due le dita e sarà pure evitata l'esecuzione spropositata
6 inutile del si-re col 2^ e 3<^ dito.
Le altre tre quartine di semicrome di questa battuta, costituiscono
una progressione ascendente per gradi congiunti di accordi di tei-za
e sesta figurati, i quali, scritti nella loro forma complessa, si do-
vrebbero eseguire con questa digitazione:
i^
a 9
1 1 1
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682 ARTE COIfTEHPORANEA
In generale, la digitazione migliore da appliearsi ai passaggi ebe
coBtHoiscono accordi figurati, è quella che si applicherebbe ai mede-
simi accordi, se fossero complessi, tenendo latafalaMste costo d^le
debite eccezioni motivate talvolta dal movimento, te progressioni e
da speciali esigenze di effetto. Ad esempio, i smecennati tre aocoidi,
in nn movimento lento e legato, o neir esecnzione SQU'orgaao, do-
vranno essere esegaiti con la sostituzione delle dita, e precisamente:
L$niù. *J ^
^
ma in un movimento accelerato, quesf applicazione non sarebbe pra-
tica e perciò non si può che ricorrere a quella poc'anzi esposta, cioè
di eseguire tutti tre gli accordi colle stesse dita. Perciè alle tre quar-
tine di semicrome, che vanno eseguite in movimento allegro e che,
come abbiamo visto, non sono altro che tre accordi, si dovrà appli-
care questa digitazione:
ÀlUgf,
p
g^
ifta» i&<6
che corrisponde a:
. a s a
Sistema semplice, naturale e molto pratico, secondo me.
Non cosi però la pensa il Buonamici, che airultima nota dì eia-
scuna quartina segna il 4<> dito invece del 5*. Le ragioni di questo
cambiamento sono, a mio parere, due e cioè: primo, evitare la ripe-
tizione, anche non immediata, di una nota col medesimo dito
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LA REVISIONE DCLLB EDIZIONI MUSICALI 663
(come 8Ì vede, Tiiltìma nota di questa quartina è la ripetìziene della
seconda); secondo, (e qd questo cambiamento di dita può essere più
giustificato) r(^»pmtunità di approfittare della ripetizione di una nota
per avere il 5** dito libero e già in posizione sopra la neconda nota
della seconda quartina, dove, collo stesso processo, viene a GHia ¥olta
preparato e messo a posto per la terza quartina e via di sofputo;
poiché abbiamo visto die la successione delle iare quartine non è che
una progressione ascendente. Vediamo infatti che, mettendo il 4* dito
sul secondo m2, il S^ andrà naturalmente sul posto del la; come dal
la, una volta sostituito col 4^", il 5'' dito si troverà sul si
1 I '"l
r^pCT^UT^
Pur essendo dunque generalmente ammessa quale base per diteg-
giare un accordo figurato, la stessa digitazione che si applicherebbe
ad esso accordo se fosse complesso, il Buonamici ha ricorso precisa-
mente al metodo della sostituzione delle dita:
^
donde :
^m
S
Come ho già detto, tale principio può essere buono in un movi»
mento lento, ma giammai in un movimento accelerato. Se il cam-
biaosento o la sostituzione del 4^ dito al 5° ha lo scopo e di evi-
tare la ripetizione, benché non immediata, di una nota' col medesimo
dito, e di preparare in certa qual maniera la posizione della mano
per l'esecuzione della successiva quartina di semicrome, in ambo i
casi questo vantaggio viene eliminato e completamente distrutto
dallo q)Ostamento che deve fare il 4<> dito per sostituire il 5"".
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684 ARTE CONTEMPORANEA
Aggiungiamo poi che con ciò si prepara una sola nota: si avrà li-
bero il 5"" dito per l'esecuzione della seconda nota della susseguente
quartina, mentre il P e 2« dito dovranno egualmente spostarsi di
un grado ascendente per Tesecuzione della prima e terza nota della
quartina successiva. Del resto, chiunque * provi a mettere la mano
destra sul pianoforte vedrà che per l'esecuzione delle note delle tre
quartine, essa si troverà in posizione di sesia^ o per meglio dire, col
P e 5^ dito dovrà prendere sei tasti vicini. Ora questa è una posi-
zione abbastanza ristretta per considerare come superfluo il fiire al-
largare, senza una reale necessità, il 2"" e 4"» dito per f&r loro pren-
dere un intervallo di qtMrta. Il vantaggio perciò che si ottiene
sostituendo il 4^ bì b^ dito non solo resta distrutto, ma risulta per-
fettamente irrisorio.
Dato dunque che il 1" e 2^ dito devono forzatamente spostarsi verso
l'acuto per la successiva quartina, il loro stesso avanzamento farà si
che la mano tutta avanzerà di un grado, ed il 5^ dito si troverà
egualmente a posto, pronto per la nota che dovrà battere nella se-
guente quartina. Dall'ultima nota di una quartina alla prima della
seguente, la mano, dalla posizione di sesia, passerà per un momento
a quella di quinta, ma l'avanzamento del pollice farà subito ritornare
la mano nella sua prima posizione, cioè di sesia, pronta e colle dita
a posto sopra le nuove note che dovrà eseguire:
Riepilogando, potremo stabilire che se da questa digitazione non
si hanno vantaggi veramente grandi, non si avranno però gì' incon-
venienti che risultano da quella indicata dal Buonamici, e che infine
sarà sempre più facile e più pratico stringere le dita e passare dalla
posizione dì sesia a quella di quinta, anziché allargarle e prendere
un intervallo di quattro tasti col 2^ e 4^ dito, cioè con tre dita vi-
cine, delle quali nessuna è il pollice, unico dito che ha la proprietà
di staccarsi dagli altri molto facilmente.
Volendo in generale adottare per la digitazione il sistema di cam-
biare le dita per evitare la ripercussione di un tasto col medesimo
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LA RETI8X0NB DELLE EDIZIONI MUSICALI 685
dito (intendo sempre parlare di ripetizione non immediata e cioè di
due note ugnali intercalate da una di differente nome), a me pare
che convenga eziandio tener conto del movimento complessivo che le
dita devono fare in un dato passaggio, perchè se il risultato della
esecuzione può avere un vantaggio (molto relativo però) dal non ri-
battere un tasto col medesimo dito, questo cambiamento può, a sua
volta, come abbiamo visto, recare all'esecuzione delle note successive
un danno ben più grande di quello che potrebbe derivare dalla ripe-
tizione di una nota senza cambiar dito. Tale sistema potrà essere
buono e vantaggioso per l'esecuzione di passaggi lenti o di carattere
melodico, ma che sia applicabile a studi come questi del Czemy,
studi elementari, scritti per principianti e più ancora per mani che
non raggiungono Vottava, a studi che hanno lo scopo (lo dice il Czemy
e non io) di sviluppare il meccanismo delle dita, no e mille volte
no ! Si persuada l'egregio maestro Buonamici che questo non è pro-
prio il sistema più adatto per conseguire tale scopo.
La difficoltà per un giovane alunno di eseguire bene questi 30 Studi
del Meccanismo non è tanto lieve e perciò sarà sempre più opportuno
diminuirla con della chiarezza, anziché aumentarla con delle digita-
zioni impossibili.
Prendiamo ancora, sempre dal medesimo libro, per es., lo studio
n. 23. Nella terza battuta troviamo questo passo per la mano si-
nistra :
L II. m.
^^'"bfaUUU
Ài I e al II la è indicato il 2» dito, al III il 1<^ dito: non più
dunque il sistema di evitare la ripetizione di una nota col medesimo
dito. Se dopo aver segnato i due primi la, che sono vicini, col 2* dito
il Buonamici fa eseguire col 1^ il III Za, una ragione di questo cam-
biamento ci dev'essere. Invece, esaminando il suddetto passaggio, ve-
dremo che non solo non esiste alcuna ragione plausibile per cambiare
dito sul III 2a, ma con questo cambiamento, che obbliga a sua volta
a segnare per le note successive un'altra disposizione delle dita, di-
versa da quella normale, si finisce per creare delle difficoltà, dove
si potrebbe benissimo fame a meno.
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ARTE GONTKMPOBAMSA
iD&ttì, collft 8q)pre88Ì0Be éA 2f^ dito per mettere il P sol III te,
si restrÌDge la smdo e si preide il 2a-mj, intenrallo ài qtuaria^ col.
1^ -e ò^ àiU^ per poi allargarla e prendera il a-m, ìniondlo di
jfumta, «col 2* e 5^ dito: e cosi risulta nen solo lo sproposito di ese-
guire un interraUe di quarta con l'estenfflone di etnqae dita, e vm
intervalle di quinta con l'esteBsiene di quditro dita, ma per firn
la qmnia m-mi osi 2<> e 5<» dito, il 2^ è obbligato a passare aopra
il poUioe, essendo stato quest'ultimo impiegato nella quarta la -mi
€he precede, e dofendo essere impiegato nuovamente nella quarta
te -mi che succede. Questa d^itazione potrebbe ancora passare « sa-
rebbe spiegata se la prima nota ddl'altimo quarto fosse più acuta
della prima del terso quarto, e un dò o un re :
^'"'^UUU'
e si dovesse, per avere libero il P dito per il <fo, mettere il 2* sul
8i^ e in conseguenza il l"" sul III la; vediamo invece che T ultimo
quarto è uguale al secondo, temt, intervallo di quarta^ che il Buo-
namici fa di nuovo prendere col 1^ e ò"" dito.
Nella digitazione di questo passaggio, essendo ormai escluso che
il sistema di evitare la ripercussione non immediata di un tasto sia
osservato dal Buonamici, a me pare che, «ome si eseguiscono i due
primi la col 2^ dito, si potrebbe benissimo eseguire anche il terzo
collo stesso dito. Bitengo che, non essendo necessario alcun restrin-
gimento 0 allargamento delle dita, perchè il passo è tutto compreso in
un intervallo di quinta^ la digitazione migliore e con evidente van-
taggio per l'esecuzione sarà quella che mantiene la tranquillità as-
soluta della mano:
I. n. 111.
?^^^^^» ^^S ^^5 ^^5
n sistema che ha dunque il Buonamici per diteggiare non è più
basato su principi atti o a sviluppare la tecnica o a facilitare l'ese-
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LA REVISIONE DELLE EDIZIONI MUSICALI * 687
cusioDe « a render questa nitida, ma è paramente un lavaro di ca-
prìccio, fatto eenza criterio o coecienza. Anche dove il Baonamici
potrebbe veramente indicare cambiamento di dita, perchè il cambia-
meniio è richiesto, egli fa l'opposto, seguendo il suo princìpio di non
aver principio.
Se prendiamo di&tti la settima battuta del medesimo studio su-
mero 23, troviamo questo passo per la mano destra :
i4,¥yjjMliy
«ce.
98StftS5SS8
Bitenendo che il Buonamici abbia considerato il passo nel suo
complesso prima di diteggiarlo, non sarà errore T eseguire il la -fa
della seconda quartina col 5^ e 3^ dito anziché col 4<> e 2^, come a
primo aspetto potrebbe sembrare migliore e più naturale : in tal guisa
si conserva libero e pronto il 2"* dito pel rej| della terza quartina.
Vediamo però che dairesecuzicme del soljj^'-la, intervallo ài seconda
minore, col 3* e 5"" dito risulterà un grande inconveniente: il S"" dito,
per quanto esercitato e flessibile, avrà sempre della difficoltà a pas-
sare sotto il 4<^, che viene soppresso, e avvicinarsi al 3\ A me pare
che se c'è un passaggio in cui il cambiamento delle dita, non solo
sarebbe opportuno, ma necessario, è precisamente questo.
Diteggiando il passo in parola, p. es., così:
jXSiÀjjJUUm
98a04aftt9
si avrebbe egualmente prontoie libero il 2^ dito pel re|, e Tinoon-
veniente che risultava dall'esecuzione iAaoljj^-la còl 3"* e 5^ dito, sa-
rebbe del tutto evitato, perchè preferibile e più pratico restringere
le dita e sopprimerne uno in un intervallo di terga (eseguire cioè
il fa^-la col 2^ e 5® dito) anziché sopprimere un dito in un inter-
vallo di seconda minore (eseguire il soljj^-la coi 3^ e 5^ dito) come
indica il Buonamici.
Di queste amenità sono ornati non solo tutti i 30 Stadi del Czemy,
dei quali abbiamo tolto ed esaminato qualche passaggio, ma tutta
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ARTE CONTEMPORANEA
la serie di opere corrette, rivedute e diteggiate dal Baonamici. Troppo
lungo sarebbe perciò analizzarle tutte; è ormai evidente che se l'edi-
zione in parola ha del buono, che non nego, non le manca il cattivo,
che è molto cattivo e che produce gli effetti che ognuno può im-
maginare.
Uno sguardo ancora alle Suonatine per pianoforte a quattro mani
del Diabelli (op. 163): trascrivo senza commento le tre prime bat-
tute àeWAllegro moderato della prima Suonatina. Credo sufficiente
presentare le suddette battute colla vera e giusta digitazione:
AUigro modirato, 8*-
i
S4 5811 as2at 54S4aS
^^1^
• a 18 5 5
4 S 4 4 S
g^^i^^^
^
1 a S 9 4 s
f^nj
e poi colla digitazione indicata dal Buonamici:
AUtgro moderato, y-^-^-»^*"^-»^
5BE
è
19 18 9 1
^1^^
8 9 19 4 8
■*-#-
9 8 9 8
^^=P=^
^
8 9 8 9
lasciando giudicare a chiunque, dal confronto, quale sia migliore e
più pratica. Per mio conto mi limiterò a far osservare che Tunico
scopo per cui sono state fatte queste Suonatine è quello di insegnare
a dividere e contare il Tempo, e per «raggiungere con maggior faci-
lità tale scopo, Fautore, nello scriverle, ha pensato con savio criterio
di lasciare la mano sempre tranquilla nell'estensione delle cinque dita,
evitando non solo il passaggio del pollice, ma perfino un più piccolo
spostamento come quello di giungere all'intervallo di sesta, affinchè
l'alunno, dopo aver messo a posto la mano sul pianoforte, non sia ob-
bligato a pensarci più e possa rivolgere tutta la sua mente al Tempo
e alla Divisione. Questa almeno è la mia convinzione. Il titolo stesso
di queste Suonatine « neirestensione di cinque note a mano
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LA REVISIONE DELLE EDIZIONI MUSICALI t)Oi^
tranquilla » che non è ommesso nell* edizione Baonamici, avrebbe
almeno dovuto ricordare al ri veditore lo scopo per cui l'autore le ha
composte, invece suona come un'ironia.
Non parliamo più nò di sistemi nò di scuole: abbiamo già con-
statato come questi non esistano nelle edizioni Buonamici. In ogni
modo il suo operato sarebbe ancora spiegabile, qualora tutti i cam-
biamenti, restringimenti e allargamenti di dita e gli spostamenti della
mano giovassero agli alunni e fossero fatti in omaggio al noto afo*
risma « il fine giustifica i mezzi ». Arrivando invece ad una gran
confusione, ò proprio il caso di dire che i mezzi giustificano il fico.
Egli ò ben vero che ciascuno ò padrone di applicare ad un passaggio
la digitazione che meglio crede o che più conviene alla conformazione
della propria mano, come ciascuno sarà padrone di interpretare una
composizione a suo modo; ma trattandosi di popolarizzare e far adot-
tare da altri la propria opinione, non basterà che essa esplichi la
nostra personalità; dovrà bensì essere basata su leggi e principi fissi,
derivanti entrambi da risultati di lunga esperienza e lunghi studi
pratici.
Non giungerà mai ad una buona interpretazione chi non ha curato
col massimo scrupolo la parte tecnica. La grande importanza di que-
st'ultima, non da tutti tenuta in bastante considerazione, mi spinse
a fare le precedenti osservazioni sull'edizione Buonamici, perchò ò
molto popolare e scorretta. Comprendo che ci sono, e fortunatamente,
altre edizioni straniere, senza bisogno di ricorrere a quella riveduta
dal Buonamici, ma via, possiamo desiderare che anche in Italia, e
da un'importante Gasa Editrice, come quella di Kicordi, che nulla
ha mai trascurato per il progresso artistico e scientifico della musica,
venga pubblicata un'edizione non zeppa di errori, e l'egregio maestro
Buonamici, che se avesse ponderato e non lavorato cosi a caso avrebbe
certo potuto fare qualcosa di meglio, converrà lui pure che non è
ammessibile e non ò permesso imporre o consigliare un simile sistema
di digitazione, tanto più in una serie di studi ed opere che costi-
tuiscono la base principale dello studio del pianoforte.
Aosta, dicembre 1900.
Gustavo Magrini.
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IL TEATRO LIRICO NAZIONALE
E LA PROPRIETÀ LETTERARLi ED ARTISTICA
i^a scomparsa del nostro S<Mnmo Musidsta ha fatto sorgere —
0 meglio risorgere — Tidea della istituzione di un Teatro Lirico
Nazionale. Invitati dal Conte di San Martino^ si riunirono all'Acca-
demia dì Santa Cecilia i rappresentanti della stampa romana per
deliberare circa le onoranze da tributarsi à Verdi, e votarono un
ordine del giorno nel quale, dopo aver approvata l'iniziativa dell'AC*
cademia per un nK)numento in Roma, T assemblea «ritenendo che,
più degna onoranza da tributarsi alla memoria di Verdi, sia l'isti-
tuzione in Roma di un Teatro Lirico, ove trovino degno asilo le ma-
nifestazìoBi del genio musicale, decide di iniziare unanimemente un
movimento inteso a ottenere dalle Autorità l'attuazione di tale dis^o,
dando incarico al Presidente dell'Accademia di fare tutte le pra-
tiche che possano facilitare il raggiungimento del nobile scopo ». La
stessa idea era sorta contemporaneamente a Milano, dove il critico
di un giornale quotidiano augurò che si avesse a instituire nella
capitale d'Italia txn Teatro Nazionale, centro del movimento lirico di
tutta la nazione.
Sarà possibile ottenere lo scopo desiderato, oppure — passato il
momento dell'entusiasmo — tutto cadrà nell'oblio, come pur troppo
avviene di sovente tra noi? Auguriamoci che ciò non accada questa
volta, e pensiamo che oggidì l'Italia, il così detto paese della musica,
è l'unico Stato civile che non abbia un simile istituto, mentre più
che ogni altra Nazione dovrebbe essa possedere un Teatro Nazionale,
oltre che per gli intendimenti altamente educativi che se ne trar-
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IL TEATRO LIRICO NAZIONÀLS B LA PROPRIBTÀ LETTERARIA ED ARTISTICA 691
rebWo, anche per Tincremente deirindostrìa teatrale, la quale con*
serva tuttora grande importanza fra noi, vml andrà sempre più deca-
dendo ote non si pensi a prorredere (1).
La questione è certamente assai complessa e di difficile attuazione.
Una prima e vitale decisione a prendersi sarebbe sulla convenienza
che un simile istituto avesse a sorgere in Boma, perchè capitale del
Regno, piuttosto che nel ma^or centro artistico dltalia^ a Milano,
nel Teatro alla Scala, che ha una immortale tradizione di gloria,
gode di una fama naondialoi^ e costituisce indubbiamente il principale
tempio dell'arte italiana.
Ma non è questa certo la più ardua delle questioni che si pre-
sentano; allorché la costituzione del Teatro Lirico Nazionale sia stu-
diata in ogni sua parte e si sia deciso in quale delle due città il
teatro debba aver sede, la sacrificata cederebbe certo il campo alla
prescelta, sottomettendo la propria nobile ambizione alla attuazione
della grande Idea.
La mente si ritrae spaventata, allorché incomincia a ventilare tutte
le difficoltà enormi che fanno ostacolo al nobile progetto. La Francia
ha un tempio dell'arte lirica,, ma esso è nato — e man mano si
accrebbe — contemporaneamente all'arte della musica teatrale. È
agli italiani, si deve dirlo con orgogliosa tristezza, che la Francia
deve la sua Académie Nationale de Musiqtie^ fondata con Patenti
Beali dall'abate Ferrin nel 1669, subito dopo le prime rappresenta-
zioni d'opere italiane, i cui esecutori erano artisti italiani, chiamati
dal Cardinale Mazzarino. E fu LuUi, il grande la cui gloria ci è
invano contesa dalla Francia, che le diede subito dopo ampio svi-
luppo, facendosi sostituire al Perrin nel 1672 con altra Patente di
(1) Tutti i paesi civili applicano la masica come mez20 potente di edacazione
e di ingentilimento dei costumi. Citiamo un esempio: in Amburgo, nello 5to(7/-
theater due Tolte per settÌTuana si danno spettacoli, a eni intervengono per turno
tutti gli loolarì della città, pagando soli S5 pfennig a testa ; ed il Senato sta
studiando una sovvenzione per rendere completamente gratuite le Schuler-
VorsUìlungen. Quanto siamo lontani da simile ideale ! (V. Somigli, Del Teatro
Beale d'Opera in Monaco, in Riviata musicale italiana, 1898, pag. 729).
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ARTB CONTEMPORANEA
Luigi XIV, in cui leggesi : « Et, d'autant que nous Térìgeons sur le
« pied de celles des académies d'Italie où les gentilshommes chantent
« pnbliquement en musique sans déroger, voulons et nous plaist que
« tons gentilshommes et damoiselles puissent chanter auidites pièces
« et représentations de notre dite Académìe royale, sans que pour
« ce ils soient censés déroger audìt titre de noblesse et à leurs pri-
« vilèges ». E da quell'epoca, da quando per volere del Ke molti
signori della Corte danzarono nel balletto « Les Fétes de TAmour
et de Bacchus », all'inaugurazione del primo teatro dell'Accademia,
il 15 novembre 1672, tutti i governi che si succedettero Jiella bella
terra di Francia, diedero sempre appoggio all'Accademia, conside-
randola come una istituzione di evidente utilità pubblica. I privilegi
a suo favore crebbero continuamente, a poco a poco si formò una
vera e propria Amministrazione collegiale, nel 1784 si vide la neces-
sità di creare allievi per l'Accademia e si decretò la fondazione di
una scuola per insegnare « tout ce qui peut servir à perfectionner
les différents talents propres à la musique du roi et à l'Opera », e
persino la Convenzione sentì di dover mantenere questa istituzione
nazionale, dettando, il 27 vendemmiale, anno III, delle disposizioni
speciali per essa, che prese nome di Théàtre des Aris < place sous
la surveillance et sous la direction speciale de la Bépublique ».
Una simile tradizione — rimasta ininterrotta, in virtù della quale
anche oggi l'Accademia Nazionale di Musica, retta da un Direttore
autonomo, ma sotto la diretta sorveglianza del Ministro della Istru-
zione e delle Belle Arti, percepisce una sovvenzione di ottocentom>la
franchi all'anno, — da che cosa può essere rimpiazzata nella costitu-
zione di un nostro Teatro Nazionale, il quale deve sorgere già perfetto
e completo?
Eppure le difficoltà non debbono spaventare , e se veramente la
cosa sarà studiata sotto tutti gli aspetti da persone competenti, e
se il potente grido sorto dall'anima del popolo allo sparire del
Grande, avrà fatto comprendere a chi presiede alla cosa pubblica
quale sia la forza dell'arte nella vita nazionale, l'Utopia potrà dive-
nire Realtà.
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IL TIATRO LIRICO NAZIONALE E LA PROPRIETÀ LETTERARIA ED ARTISTICA 693
Non certo io voglio oggi affrontare il difficile problema, alla cui
risoluzione tante energie e tanti studi dovranno concorrere. Io desi-
dero solo esprìmere le mie idee sopra una questione vitale, la cui
risoluzione è necessaria per poter affrontare le altre faccio del grande
poliedro.
Per fiirlo debbo mettere un dito sopra una piaga; ma chiunque
si già interessato un poco alle cose teatrali di questi ultimi tempi
dovrà convenire con me> che quanto verrò esponendo risponde ad un
sentimento generale.
Voglio parlare del diritto di autore in rapporto alle rappresenta-
zioni pubbliche di un'opera in musica.
La proprietà letteraria ed artistica è in Italia, come è noto, disci-
plinata dal Testo Unico 19 settembre 1882.
Questa legge, seguendo il principio accettato da quasi tutte le
legislazioni, stabilisce una durata limitata al diritto d'autore ; ma
finché Topera deiringegno non è passata nel dominio pubblico, l'autore,
0 colui al quale questi ha ceduto il suo diritto, può disporre in
modo assoluto dell'opera stessa ed impedirne qualsiasi riproduzione.
Questo principio di assoluta disponibilità vale tanto pel diritto di
pubblicazione, quanto per quello di rappresentazione: anzi il diritto
di rappresentazione è anche pib assoluto. Infatti, mentre per il di-
ritto di pubblicazione si sono stabiliti due periodi, nel secondo dei
quali chiunque può pubblicare l'opera altrui, pagando un premio
sopra il prezzo lordo dell'opera a colui — erede od avente causa
dell'autore — cui il diritto appartiene, per il diritto di rappresen-
tazione si è accolto un concetto piti assoluto : la legge stabilisce un
periodo unico di ottantanni, durante il quale il diritto di rappre-
sentazione ed esecuzione di un'opera adatta a pubblico spettacolo ap-
partiene in modo esclusivo all'autore o suoi aventi causa: trascorso
tale periodo l'opera cade nel dominio pubblico. Così ad esempio, il
Falstaff, l'ultimo capolavoro del Grande che piangiamo, pubblicato
e rappresentato per la prima volta nel 1893, non può essere pub-
blicato da chicchessia sino all'anno 1933; da tale epoca sino al 1973
chiunque potrà pubblicarlo purché ne faccia speciale dichiarazione
e paghi agli aventi causa del Maestro Verdi il cinque per cento sul
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ARTB CONTBBfPORANEA
prezzo lordo indicato sopra ciascun esemplare; Inveee per tutti e due
questi periodi il diritto di rappresentazione pennane assoluto nel pro-
prietario del diritto d'antere; vale a dire fino al 1973 nessuno potrà
mai rappresentare il FaUstaff senza il permessa speciale della Ditta
proprietaria.
Ora chiunque metta a raffronto queste diqposizioni legislative colle
condizioni attuali del raercato^ teatrale, si convincerà ftcilm^te come
esse rendano impossibile la costituzione di un Teatro Lirico NazioBaler
qualunque sìa la potenza dei mezzi tecnici e finanziarii coi quali
esso sia organizzato.
In Italia oggi esistono soltanto due grandi Case editorialfr le cui
passate rivalità sono a tutti note, e diedero luogo or sono pochi anni
ad un lungo dibattito giudiziale, pel quale fu inibjto ad una di esse
di pubblicare e rappresentare parecchie opere antiche, quali lì Bar-
biere di Siviglia, GugUeìmo 2W2, La Sann&mhvla^ Lueregia Borgia^
Linda di Chammmix, Maria di Bohati, Oli UgtmoiH, Boberù^ il
Diavolo, Lucia di Lammermoor, L'Elàir d'Amore^ La Favorite, /
Puritani.
Le^ opere in musica più importanti, nazionali ed estere, antiche
e moderne, appartengono all'uno o all'altro di questi due editori ; e
qualunque autore moderno il quale voglia fiursi conoscere ed apprez*
zare, deve cedere il proprio lavoro o all'uno o all'altro di essi ; quel-
l'autore, il quale volesse conservare la prq>rietà dell'opera sua, sar
rebbe matematicamente sicuro che il suo nome resterebbe nell'oblio,
e se anche il dramma lirico riuscisse ad avere un trionfo in qualche
teatro nel quale con gravi sacrifizii Tautore fosse riuscito a farlo rap-
presentare, in breve lasso di tempo sarebbe ugualmente sommerso
nella più completa indifferenza.
Basti citare un esempio: Hànsel und Chreiel di Humperdiuck ha
avuto un successo trionfale in tutto il móndo; dalla Germania è pas-
sato in Inghilterra e in America; e nell' anno scorso è entrato nd
repertorio dell'Opra Comique di Parigi, con un numero intermina-
bile di repliche. Questo capolavoro di grazia e di spontaneità, spo^
sate ad una scienza musicale profonda , non appartiene ad alcun
editore italiano; fu rappresentato in uno o due teatri della penisola,
ebbe ottimo successo per quanto rappresentato in modo non sufficiente,
e dipoi nessuno ne sentì più a parlare !
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IL TBATRO LIRICO NAZIONALB B LA PROPRIETÀ LETTERARIA KD ARTISTICA 605
In tale condizione di cose, come sarebbe possibile formare un re-
pertorio al Teatro Lirico Nazionale? Questo centro artistico, questo
focolare di istruzione e di educazione, deve, per poter adempiere alla
propria funzione altamente civile, aver modo di rappresentare tutte
quelle opere che siano giudicate degne di entrare nel suo repertorio;
coir ordinamento attuale della proprietà artistica ciò sarebbe im-
possibile.
Mi si potrebbe obbiettare che anche la legge francese sanziona il
diritto illimitato dell'autore e dell' editore, senza che perciò venga
ad essere escluso lavoro alcuno dal Teatro dell'Opera. Ma la risposta
è facile: occorre non dimenticare quanto si disse sopra e cioè che
questa istituzione è antica quanto è antico il melodramma in Francia,
e che essa appunto ha per abitudine costante di compensare i diritti
di autore mediante una percentuale sugli ingressi. Questa abitudine
ha creato quasi legge, ed il sistema della percentuale è usato co-
stantemente da quasi tutti i teatri francesi. Il Decreto 8 giugno
1806, all'art. 10, dichiarava — è ben vero — : « Les auteurs et les
entrepreneurs seront libres de déterminer entro eux, par des conven-
tions mutuelles, les rétributions dues aux premiers par somme fixe
ou autrement » ; ma nella pratica è Vauirement che si applica, e
l'autore è compensato mediante una somma proporzionale sopra
l'ammontare degli introiti, oltre ad un certo numero di biglietti di
favore.
In ogni modo poi, astraendo completamente dalla maniera di de-
terminare il compenso, a nessun autore od editore francese verrebbe
mai l'idea di impedire con esagerate pretese la rappresentazione di
un'opera sopra le scene di quel secolare teatro, perchè la tradi-
zione è così forte che ogni lavoro per poter avere il battesimo della
notorietà deve di necessità veder la luce alla ribalta dell'Opra.
Potremmo essere noi sicuri, che ugual cosa avverrebbe in Italia
dove tanti sono ì centri di irradiamento intellettuale, dove così acuta
è la questione editoriale, e per un teatro che deve imporsi alla tra-
dizione, aDzi far tesoro della tradizione stessa? ^
lo ritengo non potervi esser dubbio nel rispondere che si sarebbe
evidentemente sicuri del contrario.
Le leggi devono conformarsi all'ambiente; il diritto assoluto di
rappresentazione all'autore e ai suoi aventi causa non ha creato alcun
RMila mutieaU ìtalkma. Vili. ^^
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ARTI GONTEHPORANEA
inconveniente in Francia e nesrona voce si è levata a combatterlo,
perchè la tiadisioiie secolare permette la rappresentazione di ogni
lavoro sul teatro delV Aeadémie Nationale de Musique. In Italia
invece molte voci, per quanto ancora informi e non guidate da con-
cetti giuridici, si sono fatte udire contro un simile diritto assoluto,
che ha creato e crea inconvenienti gravissimi per lo sviluppo del-
l'arte teatrale; chi si accingerà a costituire un Teatro Nasionale
italiano — e avrà gloria imperitura chi vi riescirà — non potrà
non tener conto di tali voci, allorché si accoiigerà che gì' inconve-
nienti lamentati costituiscono un ostacolo insormontabile al nobile
progetto (1).
Vediamo che cosa è possibile fare a questo proposito, senza ledere
il sacro diritto di autore.
È troppo l'amore che portiamo alla proprietà intellettuale, per la-
sciarci condurre ad intaccarla, sia pure per scopo nobile: il nostro
ragionamento dovrà quindi essere improntato unicamente a concetti
giurìdici, giacché altrimenti potremmo essere tratti a conseguenze
contrarie a giustizia.
Ci perdoni adunque il lettore se dobbiamo accennare ad alcune
teorie della scienza giuridica; lo faremo senza dilungarci in disqui-
sizioni teoriche, solo accennando ai punti salienti che devono costi-
tuire il cardine di quanto crediamo debba farsi in proposito.
Sonò state infinite le discussioni sulla natura del diritto di autore;
quando fu abbandonato il concetto di un privilegio concesso dal Prin-
(1) À^eTAmo già scrìtto questo articolo, allorché la diaciuttone circa grincon-
venienti creati dall'attuale legislazione si fece più viva nei giornali, special-
mente in seguito alle intemste avute da dae giornalisti coi Maestri Mascagni
e Leoneavallo. La discussione non fu però svolta dal punto di vista giuridico,
mAtre ò questo l'unico campo in cui possa efficacemente essere portata; non
basta affermare gì* inconvenienti di un sistema, occorre trovare una base giurì-
dica per un sistema riformatore, a fine di non cadere neirarbitrìo e nella ingiu-
stizia. Da vano tempo stiamo studiando il tema, assai difficile e complesso; in
ogni modo quanto è esposto nel nostro articolo, può già servire di primo fonda-
mento allo svolgimento del tema.
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IL TBATRO LIRICO NAZIONALI E LA PROPRIETÀ LBTTERARU ED ARTISTICA 697
cipe ed accettato comunemente il concetto di una proprietà, le con-
seguenze del principio affermato spaventarono i più, e la proclama-
zione del diritto di autore fra le proprietà portò ad una limitazione
gravissima. 11 concetto di una proprietà assoluta ed eterna neirautore
6 nei suoi più lontani eredi era inapplicabile: le menti quindi dei
giuristi e dei legislatori si portarono a determinare un numero limi-
tato di anni, durante i quali soltanto il diritto deirautore poteva
aver valore. Il principio della perpetuità della proprietà letteraria
ed artistica, pur avendo caldi e convinti difensori (citiamo solo due
illustri, Laboulaye in Francia, Cavallotti in Italia), e pur essendo
stato tradotto in uno schema di legge, proposto al potere legislativo
in Francia, non ebbe alcun seguito; le legislazioni determinarono
un periodo di tempo, dopo il quale l'opera cade nel dominio pub*
blìco (1).
Eppure il principio della perpetuità non si è spento totalmente, e
timidamente incomincia ora a far di nuovo capolino nella scienza per
bocca di pochi animosi, i quali cercano di coordinare un sistema scien-
tifico, che conceda un diritto perpetuo all'autore e suoi eredi, senza
danneggiare i diritti intellettuali della collettività.
or inconvenienti del sistema attuale, che non vengono notati fino
a che l'erede spogliato della proprietà è un semplice privato, si pa<
lesarono da noi recentemente, allorché cadde nel dominio pubblico il
Barbiere di Siviglia. È noto che il Grande Pesarese volle si fondasse
nella sua patria un Istituto Musicale il quale doveva trarre molta
parte delle proprie risorse dai diritti d'autore sul Barbiere di Siviglia.
Il capolavoro cadeva nel dominio pubblico il 16 febbraio 1896: il
Ministro Barazzuoli si preoccupò della questione e, dando uno strappo
alla stretta legalità, con Decreto Beale 10 febbraio 1896 fece pro-
rogare di due anni la protezione dei diritti di autore sul Barbiere^
riservandosi di presentare alle Camere un progetto di revisione della
legge 19 settembre 1882, nel quale — secondo le idee del Ministro
— si sarebbe dovuto sostituire al dominio pubblico un dominio dello
Stato, erogando le somme incassate per diritti di autore all'incre*
mento degli istituti pubblici musicali.
(1) Fanno eccezione soltanto le leggi del Messico, del Goatemala e del Vene-
2aela, che proclamano perpetoa la proprietà sulle opere deiringegno.
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098 ARTE CONTEMI>ORANKA
La Commissione nominata dal Ministro per gli studi della re?isioDe
legislativa non accedette alle sue opinioni; la cosa quindi tramontò
e il Barbiere di Siviglia cadde nel dominio pubblico.
n Conservatorio di Pesaro ba perduto questo importante cespite di
rendita; ma in compenso quale vantaggio ne ha avuto il pubblico?
Esso certo non si è neppure accorto di avere nel suo dominio questo
capolavoro, né ha veduto diminuire i prezzi delle rappresentazioni.
Non intendiamo trattenerci più oltre su questo soggetto, che ab-
biamo voluto solo abbozzare, perchè il lettore ne abbia un conceto
sommario, e sappia come quei pochi e tuttora timidi sostenitori delli
perpetuità del diritto di autore, tendano allo scopo di dividere Is
protezione del diritto in due perìodi, un primo perìodo in cui sii
lasciato un dirìtto assoluto all'autore, un secondo in cui chiunque
possa pubblicare o rappresentare l'opera dell'ingegno, pagando un d^
terminato dirìtto agli eredi dell'autore, o allo Stato, o ad istituti di
pubblica utilità.
E questi brevi cenni abbiamo voluto e dovuto dare, perchè si veda
come in cotali studi — i quali sembrerebbero diametralmente opposti
al fine cui noi tendiamo, e cioè ad una certa libertà nel dirìtto di
rappresentazione, inquantochè porterebbero a rendere etemo il dirìtto
di autore — si sprìgioni invece in modo mirabile la scintilla che a
nostro credere può condurre alla risoluzione del problema che ci siamo
proposti.
Abbiamo già accennato da prìncipio che il concetto della suddivi-
sione del diritto d'autore in due perìodi, su cui oggi stanno discu-
tendo gli studiosi per arrivare alla perpetuità del dirìtto, fa accolto
da un'unica legislazione, la nostra, e ciò fino all'anno 1865.
11 legislatore italiano fece tesoro di un progetto di legge presen-
tato in Francia e poi abbandonato, e nel quale però si proponevi
addirìttura la perpetuità del dirìtto.
Ma è curioso a notarsi come l'ardito concetto dei due periodi sia
stato accolto nella nostra legge solo per la pubblicazione delle opere
dell'ingegno, e non per il dirìtto di rappresentazione delle opere
adatte a pubblico spettacolo, mentre sembrava invero più utile e più
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IL TBATRO LIRICO NAZIONALE E LA PROPRIETÀ LETTERARIA ED ARTISTICA 699
pratico applicare quello che in Francia chiamano domaine public
payanU alla seconda specie di opere intellettuali.
Ma se i legislatori si ritrassero spaventati davanti a questa ardita
concezione, non è men vero che essa era stata concepita ed attuata da
chi fa il padre della legge italiana sui diritti di autore. La Commis-
sione per la legge del 1865, composta di Scialoja, Castelli, De Foresta,
Àrrìvabene e Matteucci, aveva proposto che non appena un' opera era
stata stampata, chiunque poteva rappresentarla, pagando i^n periodo
fissato da speciali contratti o di un tanto per cento prestabilito dalla
l^ge. n relatore, Antonio Scialoja, così giustificava la proposta:
« Quando un'opera drammatica è rappresentata prima di essere pub-
blicata per le stampe, essa è per una parte nella condizione di una
poesia declamata o di un discorso recitato in pubblico ; non è vera-
mente pubblicata, sebbene acquisti una o più o meno estesa pubbli-
cità. Ma è pubblicata nell'unico modo nel quale può pubblicarsi ciò
che non si legge nel libro, e che risulta dalla composizione del
dramma, cioè l'azione. E perciò abbiamo in questa ipotesi riservato
all'autore l'esclusivo diritto della rappresentazione. Sicché a prima
giunta pare che per essere consentanei alla nostra dottrina, dovremmo
anche riservarglielo nell'altro caso in cui l'opera è messa a stampa.
Perciocché la stampa non contiene quel modo di pubblicazione spe-
ciale dell'azione, che dicesi rappresentazione dell'opera.
« Ma quando un'opera é di pubblica ragione, sotto la forma lette-
raria, non monta che possa esserne compiuta la pubblicità, anche
sotto un'altra forma, quale é quella dell'azione. È vero che un'opera
può essere bene o male rappresentata, e che può essere interesse del-
l'autore che sia rappresentata bene. Ma é vero altresì che quando
un'opera è messa a stampa, il pubblico intelligente, quello il cui
giudizio è caro all'autore, ha il mezzo di distinguere la parte che
spetta all'autore da quella ch'é dovuta agli attori. Oltre di che rare
volte avviene in pratica che le opere drammatiche si pubblichino
prima di essere state rappresentate, sicché la loro riputazione é già
fatta quando escono per le stampe. Ed infine, quando é data a tutti
la facoltà di rappresentarle, non è da temere che quelle di maggior
merito non siano in una o in altra occasione ben rappresentate; il
che basta a mantenerle nella meritata loro rinomanza ». E dopo aver
spiegato che ciò riesce utile anche all'autore, conclude: < Dall'altro
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700 ARTE CONTEMPORANEA
canto è più conforme al rispetto dovuto alle esigenze dell'universale.
Ed invero, quando si riserva all'autore la riproduzione di un'opera
stampata, ciascuno può non per tanto procacciarsene una copia, sen-
z'altro inconveniente che quello di pagarla un po' più cara. Ma non
può ognuno assistere allo spettacolo di un dramma, se questo non può
rappresentarsi da per tutto ; ed è difficile a^ai che si possa, massime
in luoghi di secondaria importanza, se devesi volta per volta diman-
darne il permesso all'autore ».
Le parole dell'illustre giureconsulto fanno pensare che ancora si
potrebbe accogliere il suo progetto, perfezionandolo e adattandolo ai
nuovi tempi; ma non vogliamo discutere di ciò, che esorbiteremmo da]
nostro tema.
Ci piace però notare che il progetto maturato fino da allora dal-
l'illustre italiano ebbe accoglienza in una legislazione estera; la legge
federale svizzera in data 23 aprile 1883 stabilisce che l'autore di
un'opera drammatica, musicale o drammatico-musicale può far di-
pendere la rappresentazione o esecuzione pubblica di essa da condi-
zioni speciali, le quali debbono essere pubblicate nella testata del-
l'opera; però la percentuale dovuta non deve superare il due per cento
del prodotto lordo della rappresentazione od esecuzione, e allorché il
pagamento della percentuale è assicurato, la rappresentazione o ese-
cuzione di un'opera già pubblicata non può essere rifiutata.
* *
Ma è tempo di tirare le vele: come il lettore ha già compreso,
se abbiamo accennato ai principii del cosi detto dominio pubblico
pagante^ si è perchè noi vorremmo applicare un sistema analogo per
il diritto d'autore sulle opere musicali da rappresentarsi nel Teatro
Nazionale.
La ragione precipua che si oppone alla obbligatorietà del diritto
di rappresentazione delle opere già pubblicate, è la seguente: l'autore
ha diritto di invigilare alla rappresentazione della propria opera, di
vedere se gli esecutori che ne debbono essere interpreti siano degni
del nobile officio, di impedire che il frutto del suo ingegno sia reso
irriconoscibile o deturpato da una cattiva o immatura esecuzione.
L'argomento è certamente poderoso, e nel caso di applicazione gene-
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IL TEATRO LIRICO NAZIONALE E LA PROPRIETÀ LETTERARIA ED ARTISTICA 701
rale, è degno di essere attentamente studiato da chi si accinga a
mettere in essere simile riforma. Ma nel caso di un Teatro Nazio-
nalOt istituito dallo Stato con scopi eminentemente educativi e con
regole e norme atte a raggiungere il nobile fine, il timore di una
esecwnone sommaria esula completamente. L*autore sa a priori che
il suo lavoro viene rappresentato non da un qualsiasi impresario senza
alcuna garanzia di serietà, non con scopi meramente speculativi, ma
in un teatro sovvenzionato dallo Stato e da esso regolato e sorvegliato.
Il suo diritto quindi alla integrità della propria opera è tutelato
ugualmente, la sua rispettabilità artistica non può essere manomessa.
Ci si potrebbe obiettare che in ogni modo si viene ad intaccare il
diritto esclusivo dell'autore, il quale deve potere, anche senza ragione
qualsiasi, disporre come meglio gli pare e piace dell'opera propria.
Ma anche questo argomento, poderoso e discutibile nella tesi gene-
rale, nel caso nostro viene combattuto vittoriosamente da un principio
generale di diritto, il quale in casi determinati ha già applicazione
anche nella legge italiana sulla proprietà letteraria, il principio della
espropriazione per pubblica utilità.
L'articolo 20 della legge 19 settembre 1882 così stabilisce: «I
diritti di autore, eccettuato soltanto quello di pubblicare un'opera
durante la vita dell'autore, possono acquistarsi dallo Stato, dalle Pro-
vincie e dai Comuni in via di espropriazione per causa di pubblica
utilità. La dichiarazione di pubblica utilità è fatta sulla proposta del
Ministero di Pubblica Istruzione, sentito il Consiglio di Stato. L'in-
dennità a pagarsi è stabilita in via amichevole. In difetto d'accordo
il Tribunale nomina tre periti per estimare il prezzo dei diritti da
espropriare. Questa perizia è parificata alle perizie giudiziali >.
Si ha in questa disposizione di legge l'affermazione solenne del
diritto nello Stato d'intervenire, allorché s'imponga l'utilità pub*
blica, la quale per i diritti d'autore non può esplicarsi che in scopi
educativi; in tali casi la nostra legislazione ammette che lo Stato possa
e debba diminuire il diritto del privato cittadino a favore della
collettività.
In realtà l'articolo 20 della legge, che ha pochi riscontri nelle
legislazioni estere, non fu mai applicato dal 1865 ad oggi; si pre-
senterebbe ora la opportunità di applicare il principio della espro-
priazione forzata in maniera veramente pratica.
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702 ARTE CONTEMPORANBA
Se è lecita una espropriazione totale, perchè non dovrebbe per-
mettersi — anche alla stregua dei più severi principi! del giure —
una specie di parziale espropriazione, quale è quella da noi progettata ?
Concludendo, il grave ostacolo alla fondazione di un Teatro Na-
zionale sarebbe eliminato con una legge, la quale determini che il
fatto della pubblicazione o rappresentazione di un'opera musicale
adatta a pubblico spettacolo, avvenuta tanto in Italia che all'estero,
genera Tobbligo di permetterne la rappresentazione sul Teatro Na-
zionale: l'autore o i suoi aventi causa dovranno depositare presso la
biblioteca del Teatro la grande partitura, per servire alla rappresen-
tazione; all'autore o suo avente causa spetterà una percentuale sugli
incassi, da determinarsi nella stessa legge, e ciò per tutta la durata
del suo diritto d'autore secondo le leggi vigenti.
Sarebbe così acquisita veramente al patrimonio artistico nazionale
tutta la produzione lirica nazionale ed estera; il Teatro Nazionale,
libero da ogni inciampo, e colla certezza di non dover corrispondere
agli autori che un diritto in proporzione degli incassi fatti, potrebbe
ampiamente prosperare e divenire veramente un focolaio di educa-
zione pel popolo, di studio e d'incoraggiamento per i giovani autori.
È un sogno il nostro? Noi non lo crediamo; se il problema sarà
ampiamente studiato da ogni lato, potrà essere risolto in modo degno
della nostra Nazione , degno del suo primato artistico. Per parte
nostra abbiamo voluto portare alla soluzione il modesto contributo
dei nostri studi.
Milano.
Avv. Ferruccio Foà.
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GIURISPRUDENZA TEATRALE
LA DITTA RICORDI CONTRO IL TENORE BONCI
Trìbanale penale di Bologna, 27 giugno 1901.
Non solo Timpresario di uno spettacolOy ma anche coloro che con--
corsero dolosamente alla esecuzione abusiva dello stesso^ debbono
rispondere così individualmente che di correità coli impresario^
del reato di cui altari. 34 della legge sui diritti di autore.
Fatto.
Per la sera del 29 novembre 1900 era annunziato pubblicamente
che al teatro Duse di Bologna il tenore Bonci avrebbe cantato dopo
lo spettacolo d'opera, alcune romanze.
Avvenne però che il Bonci, fra le altre romanze, ne cantasse anche
una della Bohème del Puccini, accompagnata al pianoforte dal maestro
Barone, e una del Rigoletto, accompagnata a memoria dall'orchestra,
diretta del pari dal maestro Barone.
Per tale fatto dava denuncia la Ditta Bicordi di Milano, per vio-
lazione di proprietà letteraria. — Di essa venivano imputati, oltreché
il Bonci ed il Barone, anche l'impresario dello spettacolo, Giuseppina
Barioni.
Svoltasi la causa innanzi alla Pretura Urbana di questa città, con
sentenza 23 febbraio 1901 venivano tutti ritenuti responsabili del
reato loro addebitato, e condannati ciascuno alla multa di L. 150,
oltreché nelle spese in solido, e nei danni verso la parte lesa costi-
tuitasi parte civile, da liquidarsi in separata sede.
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704 ARTE CONTEMPORANEA
Contro la sentenza interponevano appello i condannati, osservando
la Barioni di non essere responsabile deirawenuta contravvenzione,
perchè avvenuta ad insaputa di lei, e il Bonci e il Barone assume-
vano la propria irresponsabilità, anzitutto perchò non vi è azione
penale per abusiva rappresentazione ed esecuzione, quando della stessa
è responsabile chi della rappresentazione ed esecuzione si è assunta
rimpresa; in secondo luogo poi perchè in ogni modo non era su^i-
stente, o quanto meno provato con tranquillità, che essi sapessero
che l'opera prestata fosse in trasgressione ai diritti d'autore. Il Bonci
assumeva altresì che doveva dichiararsi estinta razione penale per
effetto del decreto d'amnistia 1® giugno 1901, dovendosi ritenere il
reato imputatogli una contravvenzione, o quanto meno, una trasgres-
sione sui generis, da equipararsi agli effetti della amnistia, alle con-
travvenzioni contemplate da detto decreto.
Con sentenza 27 giugno u. s. il Tribunale di Bologna confermava
in ogni sua parte la sentenza appellata, colla condanna degli appel-
lanti in solido nelle spese del secondo giudizio e tassa sentenza,
oltreché al risarcimento dei danni e spese di costituzione di parte
civile da liquidarsi in separata sede.
Data l'importanza della questione, giova riportare i motivi di detta
sentenza, della quale è estensore l'avvocato Silvio Longhi, che, benché
giovane, figura già tra i nostri penalisti più insigni.
« Osserva il Tribunale che infondate sono le eccezioni pregiudi-
ziali opposte dal Bonci.
€ È fuori di dubbio che la trasgressione di cui all'art. 34 della
« legge sulle opere dell'ingegno, costituisce la violazione di un di-
« ritto individuale (proprietà letteraria), anziché la violazione di una
« norma avente carattere di prevenzione.
€ Ciò basta per ritenere che trattasi di delitto anziché di con-
« travvenzione.
« E ancora meno fondato è il ragionamento col quale si vorrebbe
4c venire alla conclusione che il decreto 1^ giugno 1901 colla locu-
« zione ^contravvenzione" intenda riferirsi a tutte le trasressioni delle
« leggi speciali, siano esse delitti o contravvenzioni. Le norme fon-
« damentali del Codice penale valgono anche per le leggi speciali
« (art. 10 Codice penale) e non vi ha quindi motivo alcuno per ri-
€ tenere che per questa si usino espressioni che abbiano significato
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GIURISPRUDKMZA TEATRALE 705
« diverso dal significato che è attribuito alle espressioni usate dal
« Codice penale.
« Osserva, in fatto, doversi ritenere provato che Tesecuzione delle
« Romanze della Bohème e del Rigoletto in contravvenzione alla
« legge sui diritti d'autore, fu dolosa, e che alla stessa ebbero a
« prender parte dolosamente tutti tre gli appellanti.
« Invero, rimase assodato che la Ditta Bicordi, due o tre giorni
« prima, aveva rifiutato il permesso per l'esecuzione così di un pezzo
« del Rigoletto che del Faust, mentre nulla erasi richiesto della
« Bohème. Il Bossini, agente dell'Impresa, erasi allora recato ad
« avvertire di ciò il Bonci, il quale rispondeva: Va bene; pel pro-
< gramma combinerò io col maestro !! In seguito il Bonci con il Ba-
« rone provavano al pianoforte la Romanza della Bohème, e in
« orchestra il pezzo del Rigoletto, e questi due pezzi di musica
«( venivano anche eseguiti, come d'improvvisazione, nella serata del
« Bonci, sebbene il manifesto non facesse cenno genericamente che
« di alcune Romanze.
« Saputo poi che la ditta Bicordi avrebbe denunciata la trasgres-
€ sione, il Bonci faceva spedire in suo nome un telegramma alla
« Ditta, col quale chiedeva scusa del fatto, attribuendolo all'im-
< provviso entusiasmo del momento.
< Ora tutto ciò basta a far vedere che non solo la Impresa, ma
« anche il Barone ed il Bonci sapevano che coll'eseguire la musica
< accennata si venivano a violare i diritti della Ditta Bicordi, e si
« hanno anzi da ciò indizi sufficienti per ritenere che tutti tre agis-
ce sero di pieno e necessario accordo.
« Posto tal fatto, come non ritenere responsabile della violazione
« coU'impresaria Barioni, anche il Bonci e il Barone?
« Per l'art. 10 del Codice penale già ricordato le disposizioni ge-
« nerali del Codice penale sono applicabili anche alle leggi speciali,
« se non vi sia disposizione contraria esplicitamente espressa, e sono
« fra queste anche le norme sulla complicità e sulla correità. I prin-
« cip! della complicità e della correità si applicano adunque anche
< per la violazione della proprietà intellettuale, mancando nella legge
« in esame una manifesta disposizione contraria, quale -si potrebbe
« riscontrare invece nella legge sulla stampa. È dunque da ritenersi
« la massima che non solo l'impresario d'uno spettacolo, ma anche
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706 ARTE CONTEMPORANEA
« coloro che concorsero dolosamente alla esecuzione abusiva dello
< stesso, debbono rispondere, così individualmente che di correità col-
« Timpresario, del reato di cui all'art. 84 della legge sui diritti di
« autore.
< Osservato pertanto che tutti i motivi di appello dei giudicanti
« si presentano così in fatto che in diritto infondati;
€ Per questi motivi, ecc. ».
Appunti CEmco-GiURiDici.
La questione decisa dal Tribunale, se cioè in tema di rappresen-
tazione od esecuzione abusiva, una volta stabilita la responsabilità
per r impresario assuntore dello spettacolo, possa questa estendersi
anche agli artisti esecutori per dare luogo ad altrettante distinte
contravvenzioni, è nuova nella nostra giurisprudenza, e in pari tempo
della massima importanza per tutto il ceto degli artisti.
Non sapremmo meglio illustrarla che riportando quella parte della
dotta memoria compilata, con quelFacume e quella diligenza che gli
è propria, dal collega avv. Giuseppe Samoggia, difensore del Bouci,
che riguarda questo punto di diritto.
« Noi crediamo, egli dice, che in diritto la soluzione non possa
« essere dubbia.
« L'impresario che dà una esecuzione pubblica ed a pagamento
« di una produzione drammatica o musicale, fa traffico evidentemente
« del prodotto dell'altrui ingegno, sfrutta a suo profitto la proprietà
« ed il lavoro di altri, ed è giusto che debba corrispondere a questi
« una congrua compartecipazione nel lucro ch'egli ne trae. L'autore
« che fornisce la materia prima, ha diritto che la sua merce gli sia
« pagata da colui che la rivende al pubblico, nel modo stesso che
« viene retribuito colui che vi aggiunge del proprio il prestigio della
« propria interpretazione nell'atto che la riproduce: ma questo diritto
« gli spetta esclusivamente verso colui che smercia la cosa sua ed
« incassa l'equivalente della comunicazione che il pubblico ne riceve;
<c è lui che viola la legge, che usurpa la cosa altrui disponendone a
< proprio profitto, e deve perciò rispondere della usurpazione, deve
« col proprio patrimonio rifondere quanto del patrimonio altrui ha
« indebitamente percetto.
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GIURISPRUDENZA TEATRALI 707
< Ma ciò non riguarda l'artista che materialmente concorre come
« strumento alla riproduzione, facendo professione di eseguire lavori
« di tale natura.
< La questione è identica per tutti gli artefici nelle violazioni
« della proprietà, sia letteraria che artistica od industriale. È il caso
« dello stampatore, del traduttore, dell'incisore, nei rapporti coU'edi-
« tore di una traduzione o di una riproduzione di un libro: è il
« caso del pittore, dello scultore, del fotografo, dell'orafo, che per
« commissione altrui fa la copia di un quadro, di una statua, di un
« oggetto d'arte o di adornamento: dell'attore, del cantante, del-
« l'istrumentìsta, di fronte al capocomico od all'impresario : costoro,
« che lavorano per commissione avuta o sono stipendiati ad un tanto
« per giorno o per sera allo scopo di realizzare in forma sensibile
« 0 di riprodurre le altrui creazioni, non hanno né il modo né il
« dovere di procurarsi il consenso dell' inventore, né di esigere dal
« committente la giustificazione del consenso ottenuto.
« Bisolvere diversamente é andare contro il buon senso, é creare
« in pratica la confusione ed il disordine, é un invertire le parti, un
« rendere impossibile il funzionamento di qualsiasi azienda teatrale.
« Né si tenti una distinzione, che non potrebbe essere che empirica
4c ed arbitraria, fra artisti primari ed il servum pecus degli operai
« 0 delle masse salariate. Dal punto di vista giuridico la posizione
4c é la stessa: per quanti riguardi meritino i privilegiati della scena,
« per quanto sia doveroso, ed anzi necessario, nella scelta delle prò-
« duzioni tener conto delle speciali attitudini, delle preferenze insite
« nell'indole del loro talento, s'intende che tutto ciò, se rende in-
« dispensabili certi accordi coll'artista, non può indurre per lui al-
4c cuna responsabilità giuridica pel modo con cui il programma
< risulta stabilito. Il cantante fa la sua professione; canta, tanto più
« volentieri quando si tratti di parti in cui il suo talento ha maggior
< campo di figurare, e giustamente si rifiuta a produi*si in quelle
< che non sono, come suol dirsi, nei suoi mezzi: egli se la intende
< per ciò col Direttore, che per lui rappresenta in questo campo
« l'Impresa, ma spetta poi al Direttore sottoporre il programma al-
4c l'Impresario per ciò che si attiene alla parte amministrativa e fi-
« nanziaria, spetta all'Impresa procurarsi i permessi delle autorità
« e degli autori, e qualora per avventura le vengano negati, o non
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708 ARTE CONTIMPORANBA
< le riesca di ottenerli, spetta a lei contromandare la esecuzione e
4c disporre diversamente. In mancanza di contrordini, non si può
< pretendere dall'artista che si costitaisca quasi cerbero dei diritti
€ degli editori, e che la polizia delle contravvenzioni venga a Ini
€ affidata.
< Una sola eccezione, la cui ragionevolezza non può sfuggire a
€ chi ha pratica degli usi teatrali, deve farsi per i concertisti, cioè
« per gli artisti che compiendo un giro di concerti, tengono a loro
€ carico i contratti cogli editori per il repertorio da eseguire a loro
< scelta in un determinato numero di piazze: caso questo che non
€ ha nulla che fare con quello che ci occupa. Come non ha che fare
€ il caso in cui il cantante, richiesto di un bis^ sostituisce 11 per 11
4c un pezzo non compreso nel programma; è assodato che tanto la
< romanza della Bohème, come l'aria del Rigoìeito, erano state provate
< in precedenza e ne era stata fissata ed annunciata a molti la ese-
< cuzione: ma se si fosse trattato di una ispirazione istantanea del
€ Bonci, che l'Impresario, o il Direttore preposto da lui all'organiz-
< zazione del programma, non avessero potuto prevedere, non v*ha
€ dubbio che in tal caso la responsabilità penale sarebbe dell'artista.
« Soltanto, in questa ipotesi, scomparirebbe la responsabilità del-
< l'impresario; l'una e l'altra non possono coesistere, mentre a vicenda
€ si escludono: o l'esecuzione si deve esclusivamente ad iniziativa
4c dell'artista, e l'Impresario non è in colpa; o costui direttamente,
4c od a mezzo dei suoi incaricati e precipuamente del Direttore, ebbe
< modo di essere edotto dei pezzi che si volevano eseguire, e toc-
< cava a lui autorizzarne la esecuzione o dare gli ordini per contro-
€ mandarla.
« Né si dica, come ha fatto il Pretore, che la legge parlando
« di < rappresentazione od esecuzione > (art. 32), vietando il « rap-
€ presentare od eseguire » (art. 14), deve interpretarsi nel senso che
€ abbia inteso di colpire tanto l'organizzatore dello spettacolo, che
< l'artista esecutore. Prima di tutto l'impresario, se non eseguisce,
€ non rappresenta neppure, e questa interpretazione troppo letterale
€ porterebbe a scriminarlo completamente. Ma poi è trq)po palese
4c l'intenzione del legislatore, che, usando il doppio vocabolo, ha mi-
< rato evidentemente a colpire la esibizione dell'opera adatta a pub-
€ blico spettacolo, tanto se data in forma di azione teatrale, come
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OIUaiSPRUOENZA. TEATRALE 709
4L se eseguita senza Tapparato scenico, in forma di declamazione, di
« lettura o di concerto.
« In tutta poi la legge che esaminiamo si parla sempre di chi
« rappresenta od eseguisce^ come in altri articoli di chi traduce^
« puhhUea^ riproduce^ spaccia ^ intendendo con queste espressioni
« comprendere tanto chi addiviene alle operazioni anzidette nel pro-
« prìo nome ed interesse, quanto chi si vale delle opere altrui per
« &rle eseguire. Quando però siano in campo due persone, un com-
« mittente ed un esecutore, non v*ha dubbio che la sanzione della
« legge è rifolta esclusivamente al primo e non mai a cM inter-
ne viene prestando un'opera retribuita.
« Nello stesso senso il Codice civile dice ad esempio chi fàbbrica^
< pianta^ taglia alberi^ e simili, senza che alcuno dubiti che si tratti
« del contadino o del muratore, e neppure dell* agrimensore o del-
« Tarchitetto.
< Questo criterio fondamentale di interpretazione della legge è
« così radicato nella coscienza di tatti, che, mentre accade tutto
« giorno che si inizino processi per violazioni della proprietà, non
< solo artistica, ma anche letteraria ed industriale, dove si tratta di
« reati ben più gravi, di vere e proprie contraffazioni, non vi è
« esempio che si sia mai pensato a colpire coloro che per contratto
« prestano l'opera come professionisti nella riproduzione incriminata.
< Il concetto che domina costantemente è quello di tener distinta
« Topera del tecnico dalla speculazione del commerciante: chi fu
< incaricato della traduzione del romanzo straniero, il fonditore della
« statua, il chimico che ha dato la formola di un prodotto farma-
< ceutico, sono sempre immuni da responsabilità, mentre chi risponde
< del fatto è chi fece uso a suo profitto del lavoro dell'artefice e lo
< pose in commercio. Le rare fattispecie in cui si trova figurare il
< nome del traduttore, dello scrittore o dell'artista, offrono la riprova
< del principio affermato, perchè sono sempre casi in cui il tradut-
< tore faceva la speculazione per conto suo, o di concertisti, per i
< quali sono in vigore usanze e consuetudini speciali.
< Si noti poi che, nella più parte dei casi, lo specialista incari-
€ cato della imitazione, appunto per le cognizioni tecniche che gli
< sono indispensabili, non può a meno di non essere consapevole
€ della situazione irregolare in cui il committente si trova: mentre
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710 ARTI CONTBMPORANBA
« iDvece, quando non si tratta di contraffinzione, ma di semplice ese*
4c cuzione abusiva di un'opera destinata ad essere data come pubblico
4c spettacolo, la mancanza di permesso da parte delFautore non può
« risultare all'attore od al cantante se non ne abbia diretta confi-
€ denza dal capocomico o dall'impresario.
« I principi sul concorso materiale od intenzionale in materia di
< complicità non trovano applicazione al caso, poiché trattasi di fatti
« e di obbligazioni al tutto distinte.
« Nessuna legge proibisce la esecuzione in sé stessa di un pezzo
« musicale. Ciò che la legge incrimina nel caso di cui all'art 34,
4c è dato da due fatti: uno di amissiùne, che consiste nel non avere
4c preventivamente negoziato ed acquistato dall'autore il relatiro con-
< senso soddisfacendone i diritti dietro pagamento della quota che
« gli spetta ; e l'altro fatto che alla esecuzione sia ammesso il pub-
« blico a pagamento, cioè che si disponga, c<tkie proprietario, del-
€ l'opera dell'ingegno, usandone per fame spettacolo, vale a dire utì-
€ lizzandola nella propria sfera patrimoniale.
€ Ora entrambi questi fatti sono esclusivamente propri dell' Im-
€ presario e nulla hanno che vedere coll'operato dell'artista; il quale
« non fa che collaborare coU'autore, associando l'opera sua ed il suo
4c talento al prodotto dell'ingegno di un altro, in modo che ognuno
4c dei due porta il suo contributo, la cui risultante è data dallo
« spettacolo, ed ognuno per la sua parte prende un corrispettivo:
4c ma se per avventura uno di essi rimanga defraudato, non può dirsi
€ che l'altro, in quanto ne sia consapevole, abbia, per il fotto di
4c collaborare anch'egli nello spettacolo, cooperato direttamente, alla
< lesione del diritto altrui.
« La legge guarda unicamente a colui che dà lo spettacolo, e il
< reato si integra e si esaurisce nel fatto proprio di questi, senza
« che siano contemplate altre figure di responsabilità non conco-
4c mitanti.
4c È ovvio d'altronde che quando un fatto, non illecito per se
« stesso, lo diventa soltanto in quanto è messo in relazione con un
4c determinato dovere, esso non può formare oggetto di imputazione
4c se non per quegli a cui incombe il dovere corrispondente. Anche
« il reato di omissione non può addebitarsi se non a cui spetta la
4c osservanza del relativo precetto.
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OIUBXBPaUDKNZA TBATRALB 711
« Queste le rtLgiom per cui nella rappresentazione abusiva Tien
« meno ogni responsabilità per le persone incaricate della esecuzione.
« Il B06HINI {Legiskuhne e giurisprudeti0a sui cUritti éPautare^
« Hoepli, 1890, pag. 517), che può dirsi Fautore classico in questa
« materia, non ha mancato di ficursi la questione, e la risolre da pari
^ suo, cioè con acuto criterio di giurista: « Non ommetteremo di
soggiungere che gli artisti i quali non siano impresari od orgame-
Motori del concerto, o interessati nel medesimo, ma semplicemente
esecutori delle parti loro affidate, non cadono sotto le sanzioni della
legge. Essi invero non &nno un ìuero della violazione dei diritti
altrui: e se ricevono compenso dell'opera prestata, questa ncn ha
alcuna relamone col diritto d'autore^ o col consenso di questi, a cui
deve presumersi abbia avvisato 1* impresario, o l'organizzatore del
concerto. La cosa muterebbe aspetto quando essi fossero stati for-
malmente diffidati^ poiché in tal caso cadrebbero sotto le sanzioni
degli art. 63-64 Cod. pen. come complici >.
< Nel caso nostro la questione della responsabilità principale non
« può neppure porsi, poiché Vlmpresa ha mostrato, col fatto di pa-
« gare essa i diritti d'autore, di riconoscere come jHroprio l'obbligo
« di provvedere a tale negozio e l'intenzione, bene o male, di adem-
« pierlo essa stessa: non rimane dunque che Tipotesi della compli-
« cita, che, come vediamo^ la dottrina ritiene non possa sussistere se
« non vi fu formale diffida per parte dell'autorità o degli interessati.
« Ed è giusto, perché in seguito alla diffida, accanto alla dispo-
ne sizione della legge che riguarda il trasgressore, sorge una distinta
« e particolare ingiunzione che induce un obbligo nuovo e speciale
« all'artista, il quale non può più disinteressarsi del divieto come
« di &tto che riguarda i doveri dell'impresa soltanto.
< Anche le poche sentenze che toccano questa materia non prò-
« fessane diversa opinione : e il Rosmini cita appunto, come conforme
4c alla soluzione da lui data, un arresto della Cassazione di Francia
« del 25 aprile 1873 (Société des auteurs-Boudot) che ebbe a decidere
« una volta in analoga fattispecie {Annales de la propriété art.,
« litt. et industr., 1873, N. 2034, pag. 175).
€ In Italia non abbiamo che una sentenza della Cassazione di
4c Soma, 4 luglio 1891 {Foro It, 1891, II, 368), nella nota causa
« contro il cav. Tosi-Bellucci, sindaco di Modena, per certi pezzi mu-
RiMitta muiicaU itaUama, VllL ' 47
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712 ARTE GONTBMPORANBA
< sicali abusivamente eseguiti in un concerto dalla Società Filar-
< monica di quella città, di cui era presidente. Allora non si pensò
€ neppure di incriminare gli artisti che avevano cantato, forse perchè
< non vi era un Bonci, contro cui roditore avesse potuto utilmente
« rivalersi, ma denuncia e^ processo riguardarono esclusivamente il
« Tosi-Bellucci che aveva organizzato il trattenimento; e poiché la
« sua difesa aveva dedotto, fra gli altri mezzi di cassazione, che
< egli poteva al più ritenersi complice della violazione di legge
< commessa dai cantanti come autori materiali del fatto, la Gas-
< sazione osservava che « sarebbe invero cosa strana (sic) che si
chiamasse in giudisio^ come figura principale il cantante od il suo-
natore che eseguisce i peasfi indicatigli^ ed assumesse l'aspetto di un
complice chi dà il trattenimento, ne traccia il programma, distri-
buisce gli inviti, provvede alle spese ».
« Del resto, un esempio assai pratico varrà a chiarire sempre più
< la evidenza del concetto.
< Oltre i noli per la musica, vi sono negli spettacoli teatrali altri
< noli dovuti per le scene, per i vestiari e simili ; e non è raro che,
« per il mancato pagamento di essi, invece di un semplice debito
« civile, sorga materia per una querela penale, ad esempio, di truffiau
< In questo caso, potrà dirsi che il cantante, l'attore od il mimo,
< perchè indossarono il vestiario, di cui fu firodato il nolo, e se ne
< servirono per rappresentare la parte a loro affidata, anche se fu-
4c rono a conoscenza del torto patito dal fornitore, abbiano concorso
« come complici nella consumazione del reato?
Quale l'opinione più accettabile: quella del tribunale di Bologna,
0 queUa che abbiamo poco anzi esposta?
La questione è, come osservammo, gravissima, e meriterebbe un
lungo e paziente studio dei vari aspetti sotto cui si presenta, per
essere risolta: di ciò non ha tenuto conto la sentenza che commen-
tiamo, alla quale senza dubbio va rimproverata una soverchia laco-
nicità. È d'uopo intanto osservare come a torto si è preteso da al-
cuni che il tribunale abbia accolto il principio della responsabilità
degli artisti in materia di violazione di diritti di autore, ogni volta
che esista, quella dell'impresario.
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GIURISPRUDENZA TEATRALE 713
La sentenza parla di coloro che concorsero dolosamente alla ese-
cuzione abusiva, escludendo cosi che possa essere responsabile l'ar-
tista allorquando non sia stato a conoscenza della violazione in parola.
E in vero, se sta all'organizzatore dello spettacolo il mettersi in
corrente volta per volta coi diritti di autore, il che non è dubbio,
come si può ritenere responsabile l'artista dell'omissione in cui quegli
sia caduto?
L'omissione non può corrispondere che ad un obbligo, ma chi vorrà
sostenere che l'artista ha l'obbligo d'accertarsi che l'impresario ha
pagato prima dell'esecuzione dello spettacolo i noli dell'opera?
Un simile principio è evidentemente contrario ad ogni regola am-
ministrativa, e incepperebbe senza dubbio il buon andamento delle
gestioni teatrali, creando delle indebite ingerenze e dei conflitti.
La discussione adunque non può cadere che su questo punto, sul
sapere cioè se la responsabilità dell'artista sorga allorché egli sia
in dolo.
Ma qui altre e non meno gravi questioni si presentano.
A costituire in dolo l'artista, basterà provare in lui la semplice
scienjsa della violazione, o non sarà necessario un dolo piti y^ecifico,
una volontà maggiormente diretta alla violazione stessa?
Il Tribunale di Bologna ha condannato il Bonci perchè sapeva
che coU'eseguire quei dati brani di musica si venivano a violare i
diritti della Ditta Bicordi; ha ritenuto cioè che basti la semplice
scienza della violazione per dare luogo alla responsabilità dell'artista.
Tale teorica ci sembra però molto discutibile. Intanto se si vuole
ritenere responsabile l'artista di violazione nei diritti d'autore sarà
necessario risolvere una questione pregiudiziale, e cioè se l'artista che
canta in un teatro, data l'organizzazione dello spettacolo da parte di
un impresario, possa mai cadere nella violazione stessa. E qui sarebbe
opportuna una ricerca intima del contenuto giuridico del diritto di
rappresentaeione, che evidentemente esorbita dai limiti del nostro
lavoro.
Una volta poi fissato questo contenuto, necessiterebbe indagare se
in uno spettacolo teatrale possano sussistere tanti reati di esecuzione
abusiva, quanti sono coloro che vi prendano parte, o se il reato invece
non possa essere che unico^ come unico nel suo complesso è lo spet-
tacolo.
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714 ▲RTK CONTKMPORANBA
Perchè, in verità, se non la logica giaridica, il buon senso si ri-
beUa a vedere condannati per esecuiione abusiva il 8uonato;re di vì<k-
lino 0 di contrabbasso che fa parte dell'orchestra, od un corista. Ed
è a questa conseguenza che si giunge accettando il principio del
Tribunale bolognese, il quale non distingue fra artisti e artìsti, ma
genericamente parla di coloro che concorsero alla esecuzione abusiva;
ed evidentemente fra questi possono comprendersi tutti i componenti
l'orchestra, le masse corali, i vestiaristi, gli attrezzisti ecc., ed anche
il suggeritore.
La necessità di distinguere appare quindi evidente, ma con quali
criteri? Dal momento che è la scienza dell'esecuzione abusiva di uno
spettacolo che dà luogo alla responsabilità di tutti coloro che vi con*
corrono, quando questa sia provata, trattisi di professore di orchestra
0 di cantante, dovrà sempre essere irrogata una pena. Ci troveremma
quindi, in pratica, di fronte ad una gradazione di multe, la quale
andrebbe presumibilmente commisurata allo stipendio che il profes-
sore di orchestra, il cantante, percepiscono.
Tutto ciò sarà giuridico, ma ha dell'assurdo.
D'altronde non appare equo che sempre ed in ogni caso l'artista
possa trincerarsi dietro la responsabilità deirimpresario; e così si &
il caso che egli sia stato diffidato formaimmte a cantare, e allora
si ammette che, se non obbediscOi debba ritenersi colpevole del reato
di violazione. È evidente che in tale ipotesi il doh dell'artista è
specifico^ la sua volontà univoca^ diretta cioè alla violazione. — Egli
non può più schermirsi dietro la responsabilità dell'impresario, perchè
la diCBda pone in essere un nuovo rapporto più diretto, crea in lui
un obbligo determinato. — Ma è solo neiripotesi della diffida che
deve ritenersi responsabile l'artista?
La specialità dei casi suggerirà volta per volta diversi temperamenti.
Cosi riteniamo sufficiente a rendere responsabile l'artista, se Tedi*
toro ebbe in qualsiasi modo a proibirgli di prendere parte alla ese>
cuzione abusiva dello spettacolo.
Non disconosciamo però che col fin qui detto abbiamo appena sfio-
rata la nuova ed elegante questione, la quale, data la sua importanza,
richiederebbe uno studio diligente ed uno svolgimento completo.
Saremo lieti in ogni modo se alla sua soluzione avremo anche noi
contribuito, sia pure soltanto accennando i punti principali su cui
la discussione deve aggirarsi.
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0IURI8PRU0BNZA TEATRALK 715
INES DE FRATE
CONTRO
LA SOCIETÀ ANONIMA DEL TEATRO ALLA SCALA
Corte di Appello di Brescia: 22 aprile- 7 maggio 1901.
Neirultimo fascìcolo di questa Rivista, commentando la sentenza
della Cassazione torinese 27 novembre 1900, nella causa promossa
dalla signora Ines de Frate contro la Società Anonima per l'esercizio
del Teatro alla Scala, accennavamo alle eleganti questioni di diritto
teatrale che in essa erano sorte, specialmente per quanto riguarda
la inappellabilità della protesta di un artista fatta dalla Direzione
teatrale, o, in sua sostituzione, dal direttore d'orchestra.
Siamo lieti ora di annunziare che la tesi da noi sostenuta a questo
riguardo, combattendo la sentenza della Corte di Appello di Milano
(Vedi in questa Rivista, annata 1899, fase. IX), è stata accolta pie-
namente dalla Corte di Appello di Brescia cui la causa era stata
rinviata; e in pari tempo andiamo grati all'avv. Ferruccio Foà, di-
fensore della De Frate, che in una sua diligentissima memoria volle
riportare per esteso la nostra modesta opinione sull'importante argo-
mento. Crediamo di far cosa grata ai lettori riferendo le considera-
zioni di diritto della suaccennata sentenza che porta la data 22 aprile-
7 maggio 1901.
« DIRITTO
< Nell'interesse della convenuta, ora appellata Società Anonima per
< l'esercizio del Teatro alla Scala si è persistito e sì persiste nel so-
« stenere che il contratto a cui il Canori addivenne colla Società
€ stessa mediante la scrittura 12 settembre 1898, sia un contratto
4c di sublocazione d'opera e che questo, al pari dei congeneri contratti
« di sublocazione delle cose, non potesse per sua natura far sorgere
« verun diretto rapporto giuridico fra la locatrìce Ines De Frate e
« la subconduttrìce Società predetta; ma il criterio che servì di in-
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716 ARTE CONTEMPORANEA
4c dirizzo al Tribunale per la sua pronuncia circa Fazione promossa
€ dalla De Frate, criterio accolto anche nella sentenza 6 novembre 1900
€ della Cassazione di Torino, fu quello che al contratto stipulato
« colla succitata scrittura 12 settembre 1898 si addica invece la
« qualifica del contratto di cessione di diritti contemplato dairarti-
« colo 1538 Cod. civ.
< Questo criterio lo si riconosce di una esattezza incontrovertibile
« quando si ricordi la caratteristica differenziale fra queUa cessione
4c di locazione e quella di sublocazione che sono dall' articolo 1573
< Cod. civ. consentite al conduttore. La cessione della locazione, che
« può aver luogo anche prima che il contratto di locazione, sebbene
« perfetto nei suoi elementi, abbia avuto la sua esecuzione tra loca-
« tore e conduttore, ha per effetto che il conduttore immette in proprio
« luogo e stato il cessionario, il quale acquista così qualità di con*
€ duttore a fronte del locatore, ed azione diretta per ottenere da lui
« la esecuzione del contratto, cioè la tradizione della cosa e Tadempì-
< mento degli altri oneri inerenti al contratto stesso ; la sublocazìone
« airincontro, semprechè non la si voglia confondere colla cessione,
« presuppone pel suo stesso significato filologico che il contratto di
4c locazione già abbia avuto la sua esecuzione nei rapporti fra loca-
4c tore e conduttore, ed in forza poi della sublocazione il conduttore
« assume a sua volta qualità di locatore in confronto di un terzo,
< il subconduttore, colFobbligarsi personalmente verso costui alla con-
« segna della cosa locata ed agli altri oneri conseguenti. ^ Orbene,
« se nel contratto di locazione delle cose possono aver luogo tanto
« la cessione, quanto la sublocazione, invece nel contratto di locazione
< d'opere, data anche per ragione analogica Tapplicabilità al mede-
« Simo del succitato articolo 1573, si tratti poi di locazione operarum
« 0 di locazione operis^ appare bensì di piena effettuabilità il con-
4c cetto della cessione^ nel senso che il conduttore può sostituire a
« se stesso un terzo nel diritto di esigere direttamente dal locatore
« la pattuita prestazione d'opera, ma non è possìbile il concetto di
« una sublocaaione^ perchè una volta che il previo contratto di loca-
ci zione abbia avuto effetto colla prestazione d'opera da parte del loca-
le tore verso il conduttore, ogni oggetto di diritto nei riguardi del
« conduttore resta completamente esaurito.
< Il contratto pertanto di cui alla scrittura 12 settembre 1898 non
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GIURISPRUDENZA TEATRALE 717
« potè essere che un contratto di cessione da parte del Canori alla
< Società Anonima precitata, dei diritti che a lui competevano verso
< la De Frate in dipendenza del contratto di locazione d'opera di cui
« alla scrittura 14 agosto 1898; siccome poi quel contratto di ces-
« sione fra Canori e la suddetta Società Anonima trae la sua effi-
ge cienza e trova in certo qual modo il suo complemento nel prece-
« dente contratto di locazione d*opera, del quale ne è una estrinsecazione,
« così è a ritenersi, come appunto rettamente si ritenne nelVappel-
« lata sentenza, che, nel mentre da un lato la cessionaria Società
« Anonima prese posto e vece del Canori nei di costui diritti e doveri
« verso la signora De Frate, d'altro lato la De Frate, la quale se non
« figura intervenuta nel contratto di cessione ebbe però a darvi ese-
« cuzione, prese posto e vece del Canori nei di costui diritti e doveri
« verso la Società Anonima predetta in forza delle combinate dispo-
« sizioni delle due succitate scritture, colla sola esclusione del diritto
« di esigere il prezzo della cessione, perchè, avendo il Canori pat-
« tuito di esigere esso medesimo un cotal prezzo, restava inalterato
« nella De Frate il diritto di farsi pagare integralmente dal Canori
4c il prezzo del suo contratto di locazione d'opera. — Ciò stante, se
« non poteva competere alla De Frate azione ex contraciu per con-
« seguire dalla Società Anonima, più volte menzionata, le rate del
4c prèzzo del contratto di cessione, l'azione ex contraciu ben le com-
« poteva invece a base sempre delle combinate disposizioni delle due
« scritture suddette per la manutenzione d'ogni altro patto attinente
« al contratto di cessione medesimo, o, in difetto, per il correla-
le tivo scioglimento di contratto e ristoro di danni a senso dell'arti-
« colo 1165 Cod. civ.
« Applicando queste poche premesse di diritto alla tesi propugnata
«dalla attrice, ora appellata, Ines De Frate, cotal tesi merita di
4c essere assistita da una soluzione favorevole in massima agli intenti
€ della De Frate medesima.
« Si tenga presente diffatti che, a termini della scrittura 14 agosto
« 1898, il contratto di prestazione d'opera, in qualità di prima donna
« soprano assoluto, a cui si obbligò la De Frate verso il Canori per
< il Teatro Argentina, era sottoposto alla condizione sospensiva della
« approvazione da parte della Diregione o delV Editore e che, a ter-
€ mini della successiva scrittura 12 settembre 1898, la De Frate
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718 ARTI gomuebcporànsa
« se doveva invece per un certo tempo prestare l'opera propria al
« Teatro alla Scala, lo doveva però sotto Toss^vanza dei patti sti-
€ fidati fra essa ed il Canori pel teatro Argentina^ patti che, a
« seconda delle testuali parole di .detta scrittura, corrispondevano a
« queUi in uso presso la Scala. Si tenga presente che giusta il ca-
« pitolato in uso per la gestione del Teatro alla Scala all'epoca della
€ scrittura 12 settembre 1898 ed al quale le parti fecero riferimento
4c nella scrittura stessa colle espressioni qui or ora testualmente rì-
« portate, l'approvazione dei contratti cogli artisti era demandata ad
< una Commissione teatrale, che costituiva una personalità indipen-
« dente e distinta dall'Impresa per l'esercizio del teatro ; si tenga
< presente che soltanto in seguito, e cioè nel novembre 1898, fu com-
« pilato e messo in vigore un nuovo Capitolato, per effetto del quale
« l'approvazione dei contratti cogli artisti era inappellabilmente devo-
te luta al Direttore d'orchestra^ scelto dalla impresa coU'&ssenso dei
« concedenti il teatro; si tenga presente che, se per l'indole speciale
« dei contratti, del genere di quello in esame, e se per la necessità
« di togliere di mezzo con modi pronti ed economici gli impedimenti
« che si frapponessero al buon andamento degli spettacoli teatrali
« sono insindacabili gli apprezzamenti pei quali le Commissioni tea-
« trali mettono il loro veto al contratto di un artista coli' Impresa,
« si può tuttavia e seriamente contestare, in base all'articolo 1123
« God. civ., che una cotale insindacabilità abbia a proteggere anche
4c le pronuncio di protesta, a riguardo di contratti di artisti, in base
€ a capitolati entrati in vigore posteriormente a quei contratti e,
< quello che è ancora più, emesse da persone diverse da quelle ac-
€ cettate in detti contratti ed aventi rapporti di dipendenza colla
« Impresa, quale è appunto il Direttore di orchestra ; da ultimo,
« per non lasciare incompleto nessun ordine di considerazioni, si tenga
« presente che, attesa la condizione sospensiva a cui il contratto di
< hcatio operis in discorso per la specialità del suo scopo era stato
« vincolato, si deve eziandio riconoscere che non vi sarebbe titolo
« giuridico a querimonie avverso la Società esercente il Teatro alla
< Scala qualora la De Frate non avesse dato alla Società stessa tale
« saggio del suo valore artistico da potersene ripromettere un sod-
« disfacente risultato anche sulle importanti scene della Scala ed
< apparisse quindi giustificato l'uso che fu fatto della condizione
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OIURISPRUDINZA TKATRALK 710
« sospensira di cui sopra mediante quella protesta della quale si è
« tenuto parola; sì tenga presente tutto il preesposto e, quando pur
« si potesse sorpassare sulla circostanza che l'Impresa fu poco solle*
<c cita nel dare la notizia alla De Frate della protesta del maestro
^ Toscanini, non si potrà a meno tuttavìa di venire alle conclusioni
« seguenti :
< 1» Che non vi sono per ora elementi all'appoggio dei quali si
« possa &r ragione all'assunto dell'appellante Società Anonima suindi-
< cata e mandarla assolta senz'altro da tutte le domande contro di
< lei spiegate dalla Ines De Frate, e che mancano del pari elementi
« per poter ora accogliere le istanze qui espresse in forma di appello
« incidentale dalla Ines De Frate sotto le lettere A e C.
€ 2"» Che non ha veste la Ines De Frate per chiedere quel re-
«siduo prezzo del contratto di cessione in lire quattro mila di cui
« alla lettera b del suddetto appello incidentale, ma che, data la
« parziale inosservanza contrattuale da parte della cessionaria Società
« Anonima summenzionata circa la persona investita della facoltà di
« approvare o no gli artisti, sarebbe incivile che a riguardo della
4 protesta fatta a carico della De Frate dal Direttore d'orchestra
< ^oscanini si escludesse la ragione sindacatrice del Magistrato e si
« denegasse alla De Frate di porger prova per stabilirei come titolo
< di risoluzione del contratto di cessione 12 settembre 1898, la erro-
re neità della suddetta protesta nonché di stabilire i coefificienti del
« danno a lei derivatone.
« La prova all'uopo dedotta dalla De Frate, ed ammessa nella sen*
« tenza appellata, fu quella per testimoni, la qual prova, senza va*
« lutarne ora con intempestiva preoccupazione del merito tutta la
«eventuale efficacia nei suoi finali risultamenti, si presenta, tanto
« nella parte sostanziale quanto nella parte di contorno , corrispon-
« dente agli enunciati suoi scopi; cotal prova la è adunque, nei rap-
« porti oggettivi, a dirsi ammissibile, ad eccezione tuttavia delle
41 circostanze probatoriali di cui ai N^ 10, 11, 12, perchè queste con-
« cernono fatti già altrimenti posti in essere dalle risultanze di causa
« e circa i quali, del resto, non havvi neppure nessun contrasto fra
« le parti.
« In questa seconda sede l'appello incidentale della Ines De Frate
« venne, in via subordinata, esteso anche alla prova per interroga-
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720 ARTE CONTEMPORANEA
€ torio deiring. Gatti-Casazza, Direttore Generale della Società Ano-
« nima per l'esercizio del Teatro alla Scala, prova che non era stata
4c dal Trìbanale ammessa ; questa decisione del Tribunale però deve
« essere mantenuta, perchè, comunque vi sia qualche apprezzabile
« argomento per sostenere che Tinterrogatorio possa deferirsi anche
< alle persone che, senza essere materialmente presenti al giudizio,
« pure si immedesimano per ragione giuridica colla parte in causa,
« ciò non si verifica nel caso attuale, nel quale la Società Anonima
< preindicata fu chiamata ed intervenne in causa in persona del pro-
« prìo Presidente, il Duca Guido Visconti di Modrone, le cui funzioni
« di rappresentanza sono bene distinte dalle funzioni tecniche attrì-
< buite al Direttore Generale della Società Anonima suddetta.
« Passando a dire della domanda di garantia, stata avanzata in
« confronto del Canori e che pur forma tema dell'appello principale
< interposto dalla Società esercente il Teatro alla Scala, si osserva
« che la già data pronuncia di assoluzione del Canori da cotale do-
€ manda deve, benché per motivi diversi da quelli svolti nella recla-
« mata sentenza, essere tenuta ferma; e deve quella pronuncia di
« assoluzione essere tenuta ferma, perchè la suddetta domanda di
« garantia non ha più ragione d'essere nei rapporti delle L. 4000,
« chieste dalla De Frate alla precitata Società Anonima come residuo
« del prezzo del contratto di cessione portato dalla scrittura 12 set-
« tembre 1898, essendosi qui ritenuto che non spetta azion cÌTÌle
« alla De Frate verso la Società medesima pel pagamento di quel
< prezzo e perchè la domanda di garantia di cui sopra, non può esten-
€ dorsi a quelle somme, che furono dalla De Frate chieste alla su-
« indicata Società Anonima a titolo indennizzo, essendo evidente che
« tali somme rappresenterebbero un debito dipendente da esclusiva
« colpa della Società medesima. — Il giudizio emesso dal Tribunale
« sulla testé indicata domanda di garantia, doveva avere, come ap-
« punto ebbe per corollario, anche la condanna nelle spese a carico
« della parte da cui quella domanda era stata proposta/
« Bimane a versare sulla controversia istituita dal Canori colla
« citazione 15 gennaio 1899 avverso la Società Anonima per Teser-
41 cizio del Teatro alla Scala. — A riguardo di tale controversia la
« Società Anonima predetta oppose innanzi tutto in questa sede d*ap-
« pollo una eccezione pregiudiziale e cioè che la sentenza 4-11 lu-
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GIURISPRUDENZA TEATRALE 721
« glio 1899 della Corte d'Appello di Milano, che non fu dal Canori
4 impugnata con ricorso in Cassazione ed il cni annallamento fu
« ottenuto dalla sola De Frate, dovrebbe, in confronto del Canori,
€ avere forza di cosa giudicata, ma in proposito non si esita ad affer-
ai mare come verità giuridica che la testé accennata eccezione manca
< di legale fondamento. E Targomento di questa verità sta nel riflesso
« che, anche non tenendo conto della formola amplissima del dispo-
« sitivo della sentenza della Suprema Corte di Torino, 6-27 no-
« vembre 1900, che cassò senza limitazione di sorta quella 441 luglio
€ stesso anno della Corte di Appello di Milano, l'interesse del Canori
€ è essenzialmente dipendente dalFinteresse della De Frate, nel senso
< che l'esito dell'azione proposta dal Canori è subordinato all'esito
€ dell'azione istituita dalla De Frate colla precedente citazione 8 gen
« naio 1899 per ottenere sentenza che pronunci la risoluzione, per
€ colpa della Società Anonima esercente il Teatro alla Scala — del
€ contratto stipulato colla scrittura 12 settembre 1898. — Diflfatti il
€ Canori ha una interessenza attiva e passiva nel contratto di ces-
« sione 12 settembre 1898 ; attiva in quanto esso si è riservato il
« diritto di esìgere il prezzo di cessione ; passiva in quanto che ne-
« cessarìamente sta anche per lui quella condizione risolutiva di cui si
« è fatto cenno: ma è evidente che si avranno le conseguenze o dell'una
< 0 dell'altra di cotali interessenze a seconda che il contratto di ces-
« sione di cui sopra verrà o no dichiarato sciolto per colpa della
< Società cessionaria. — Da qui l'applicabilità a favore del Canori
< del disposto del N. 1 dell'art. 471 Cod. proc. civ., dove si stabi-
le lisce appunto che l'annullamento di una sentenza giova anche a
< coloro che hanno un interesse dipendente essenzialmente da quello
« della persona che ottenne l'annullamento, e così questa Corte di
< rinvio può ritenersi investita della cognizione di tutta la causa.
« Quell'intimo rapporto di cui or ora si è fatto parola, e che col-
« lega l'azione spiegata dal Canori* colla citazione 15 gennaio 1899
« alla azione spiegata dalla De Frate coll'anteriore citazione 8 gen-
< naio stesso, serve anche a rendere manifesto che non si hanno per
« anco gli elementi per emettere giudizio né sulle domande già for-
« manti oggetto delle conclusioni prese in via principale dal Canori
« avanti al Tribunale ed ora da lui riprodotte in forma di appello
< incidentale, né sulle domande della appellante Società esercente il
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722 ARTE GONTBMPOaANKA
« Teatro alla Scala, dirette ad ottenere Y assoluzione di detta So-
« cietà dalla azione in di lei confronto promossa dal Canori colla
« citazione 15 gennaio 1899, e raccoglimento della domanda neon-
« venzionale per la condanna del Canori a rifondere alla Società stessa
« le L. 4000, che essa ha pagato per di lui ordine e conto alla De Frate,
< nonché a risarcirle i danai. — Adertesi che commise equivoco il
< Canori in uno dei suoi capi di domanda, in quello con cui chiese
« la conferma della sentenza appellata per ciò che riguarda la do-
« manda di danni da luiproposta^ e commise equivoco, perchè nella
< sentenza appellata, nel mentre nel contesto della sua motivazione
«si dichiararono inutili le prove per testimoni e per interrogatorio
« dedotte dal Canori in vìa subordinata, si disse bensì che il Canori
< potrà 0 meno trarre fondamento per la sua domanda di danni dal-
« l'esito delle prove proposte dalla De Frate, ma non fu data nessuna
« pronuncia di obbligo a ristoro di danni a favore del Canori.
« Per quanto poi concerne le prove per testimoni o per interroga-
« torio, che anche in questo secondo giudizio furono riproposte dal
< Canori, basta osservare che non è del caso di versare circa la ac-
« coglibilità di cotali prove, dappoiché la loro ammissione fu chiesta
« soltanto in via subordinata e pel caso che nel presente giudizio
« d'appello fossero dichiarate inammissibili le prove testimoniali che,
« assecondando l'istanza della De Frate, già vennero consentite nella
« sentenza appellata.
« E che l'esito di queste prove testimoniali abbia ad essere tonato
« in conto anche per le future decisioni nei riguardi del Canori pare
« non lo si possa mettere in dubbio, perchè, in proposito, non è da
« lasciare prevalenza a qualche vieta usanza procedurale sul Utto
« che qui trattasi bensì di due cause, ma di due cause che, oltre
« all'essere state fra loro riunite , hanno fondamento negli identici
« titoli contrattuali e per le quali dovrà essere unica la ragione del
« decidere.
« La circostanza del favorevole risultato, che ebbe avanti la Gas-
« sazione il ricorso interposto dalla De Frate contro la sentenza della
« Corte d'Appello di Milano costituisce motivo per tenere a carico
< della Società Anonima esercente il Teatro alla Scala le spese che
« la De Frate ha dovuto sostenere nel giudizio d'appello a cui si
« riferisce la sentenza cassata e nel giudizio di Cassazione.
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6IURI8PRUD1NZA TEATRALE 723
« Per Io stesso motivo si ritiene di addebitare alla predetta So-
« cietà Anonima le spese che il Canori ebbe a sostenere nel giudizio
4c svoltosi avanti la Corte d'Appello di Milano.
« Nel giudizio che fti agito avanti questa Corte d'Appello la ap-
« pollante Società Anonima esercente il Teatro alla Scala ebbe par-
4c ziale vittoria in confronto alla De Frate, e tanto la De Frate che
« il Canori furono soccombenti nei rispettivi loro appelli incidentali,
« opperò sembra equo il compensare fra tutte le parti le spese del
« giudizio suindicato, mentre si riconosce che, attesa l'indole della
« pronuncia data dal Tribunale, fu giusto e prudenziale partito quello
« di tenere in sospeso nella sentenza appellata il giudizio sulle spese
4c circa le due cause iniziate colle citazioni 8-15 gennaio 1899.
« Per questi riflessi la Corte, ecc. ».
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724 ARTE CONTBHPORANBA
IL MAESTRO CIPOLLINI
CONTRO L'EDITORE SONZOGNO
Tribunale civile di Milano, 28 maggio 1901.
Con atto in data 20 maggio 1893 il maestro Cipollini cedeva alFedi-
tore Sonzogno la proprietà esclnsìva ed ogni altro diritto sulla sua
opera 11 piccolo Hatfàn^ e sì assumeva in pari tempo di scriverne
una seconda entro il 31 maggio 1896 per conto dello stesso editore
sul libretto che il medesimo gli avrebbe fornito. L'editore dal suo
canto si obbligava di corrispondergli, a titolo anche di retribuzione
della nuova opera, mensili L. 200 dal 1^ giugno 1893 al 31 maggio
1894 ed il 30 7o sul ricavo dei noleggi lordi del Piccolo Haydn,
e per il periodo di venti anni.
Il maestro Cipollini stava scrivendo la nuova opera sul libretto
della Milton Lenelos, scelto dal Sonzogno, quando le parti addiven-
nero nel 26 maggio 1894 ad un secondo contratto, in forza del quale
il maestro Cipollini cedeva al Sonzogno la proprietà esclusiva ed
ogni altro diritto anche della Ninon LeneloSy ed il Sonzogno per
parte sua in aggiunta alle mensilità già corrispostegli in forza del
precedente contratto, si obbligava di corrispondergli altre L. 1400
in sette mensilità dal 1® giugno 1894, a tutto dicembre stesso anno,
ed il 30 7o sul ricavo lordo di noleggi per il periodo di venti anni,
esclusi dal computo della percentuale i noli per la prima rappre-
sentazione e per le riproduzioni dell'opera al Teatro Lirico Interna-
zionale e alla Canobbiana. Il maestro Cipollini si assumeva inoltre
di comporre, dopo ultimata la Ninon Lenelos^ altre due opere, qua-
lora il Sonzogno avesse creduto di dargliene commissione, verso retri-
buzione di L. 4000 la prima, e di L. 8000 la seconda, oltre il 30 Vo
per la durata di anni 20, da pagarsi le suddette L. 4000 e L. 8000,
una volta ordinate le opere dal Sonzogno, in 48 mensilità di L. 2G0
ognuna, a partire dal V gennaio 1895, fino al dicembre 1898.
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GIURISPRUDBNZA TEATRALE 725
Fra maestro ed editore non djirarono a lungo i buoni rapporti.
Lamentandosi il Cipollini che il Sonzogno lo aveva defraudato della
dovutagli percentuale sottraendo alcuni dei teatri ove le opere erano
state rappresentate, ed esponendo una cifra di noleggio minore della
reale, conveniva Teditore dinanzi il Tribunale di Milano, chiedendone
la condanna al pagamento di L. 4800 oltre ai danni in L. 18.000.
Con sentenza 12 luglio 1900, il Tribunale nominava un arbitro
conciliatore col mandato di sentire personalmente le parti, tentarne
la conciliazione, ed ove questa non riuscisse, esaminare i libri e i
registri della ditta Sonzogno, proponendo poi le opportune correzioni
e rettifiche, e concretando a quanto ammontava il credito del maestro.
L'arbitro rag. Vittorio Scotti, riuscite vane le sue pratiche conci-
liative, provvedette alle verifiche, e nel giorno 20 gennaio 1901 depo*
sitò in Cancelleria la sua relazione.
Dopo ciò il maestro Cipollini citò nuovamente Veditore Sonzogno
con atto 10 marzo 1901 avanti il Tribunale di Milano, chiedendo la
risoluzione dei contratti 1893 e 1894, e la condanna del Sonzogno
a L. 22.800 a titolo di risarcimento di danni.
Ma tali domande sono state, con sentenza in data 22 maggio 1901,
in massima parte respinte.
Per quanto riguardava il contratto della Ninon Lendos^ ha osser-
vato il Tribunale che era gratuita asserzione del maestro Cipollini
che la sua opera avesse realmente incontrato il favore del pubblico
sì da meritare l'onore di parecchie rappresentazioni, e quindi non
poteva il Cipollini lamentarsi se era stata data una sera soltanto, e
in base a questo fatto chiedere la risoluzione del contratto.
Né tale risoluzione fu ammessa per i contratti riferentisi alle due
opere da destinarsi dal Sonzogno. Sosteneva il maestro, che avendo
percepito due mensilità di L. 250 cadauna al l*" gennaio e 1^ feb-
braio 1895, si doveva in questo fatto ravvisare la conferma dell'im-
pegno assuntosi dal Sonzogno di dargli la commissione delle due
opere; ma giustamente ha osservato la sentenza che col noto contratto
il Cipollini aveva incontrato una obbligazione condizionata nel senso
che a renderla perfetta era necessario il concorso della volontà del
Sonzogno coll'indicazione delle opere che egli avrebbe voluto fossero
musicate, indicazione che non era mai stata fatta: d'altra parte il
fatto del pagamento delle mensilità non poteva altro mostrare, che
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720 ARTS GONTSBIPMUIISA
allora dal Sonzog^o si vagheggiala il proposito di prevalisi ddle
facoltà che il secondo contratto gli accordava.
Non restava quindi che risolvere la questione delle percentuali pei
noleggi del Piecoh Hoydn^ e in questa parte riconobbe il Trìbanale
che il Cipollini era tuttora in credito verso il Sonzogno di L. 550,64.
. La sentenza ha quindi concluso colla condanna dell'ediUne Son-
zogno in L. 550,64 verso il maestro, compensando tra le parti le
spese, e rigettando le altre istanze del Cipollini.
Bologna, 20 luglio 1901.
Nicola Tabanelli.
NB. Nel prossimo fiiscicolo pubblicheremo un lungo articolo
sul € Nerone > di Arrigo Boito, che per ragion di spazio non ha
potuto trovar luogo in questo fascicolo.
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KECEIJSIOIJI
Storia.
OiuB^ppe rerM {Bibìkkem M Popolo). - Miluo, 1901. S«niof]io.
Anche senza considerare lo scopo a cui è destinata questa Biblio-
teca, il presente volumetto merita amplia lode. Non vale meno di
altri libri sullo stesso argomento, allestiti con fretta commerciale
ed annunziati pomposamente come lavoro di scrittori celebri, che
magari si vantano ignari di quanto si riferisce airarte musicale. Qui
invece Fautore (innominato) disegna con larghi dettagli la carriera
artistica del grande maestro, giovandosi principalmente della pub-
blicazione del marchese Monaldi, e cita spesso giornali dell'epoca e
giudizi di critici d'altri tempi (tempi migliori !), affinchè il lettore
possa formarsi un giusto criterio sul significato dell'opera compiuta
da Giuseppe Verdi nella storia della musica melodrammatica.
A rendere piacevole la lettura dell'opuscolo giovano vari aneddoti,
alcuni dimenticati, altri profusi ad ogni occasione; vi si aggiungono
qua e là lettere del Verdi, che fanno spiccare mirabilmente bene
la nobilissima figura dell'artista. Basterà che io citi in proposito la
lettera 9 dicembre 1871 con cui Giuseppe Verdi rispondeva a Fi-
lippo Filippi che gli annunziava il suo viaggio al Cairo per assistere
alla rappresentazione deWAida. Quale contrasto coi colpi di gran
cassa di cui rintuona troppo spesso l'arte moderna! 0. G.
E. nB SOXtBiriÉJBEf 1800-1900, Cent années d^ muHq%te franose. Apex^ histo-
liqae. — Paxta, 1901. Pugno.
Fin da principio l'autore si compiace di rilevare che « le Frangais
« est musicien par éducation, par goùt, par plaisìr ou par élégance,
« il l'est beaucoup moins par tempérament et par essence. La mu-
« sique est d'ailleurs la fille des peupies contemplatifis, ou l'expres^
Bietta mntieaU iiaUama, Vili. 48
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728 RECENSIONI
« Sion passagère des sensuels et des passionnés ; or, le Fran^ais es-
« sentiellement martial et frondeur, exubérant et spirituel, n*avait
« initialement rien de ce demi-spleen, de ce mysticisme intérieur,
« qui appelle les chants et feconde les harmonies ; c'est pourqaoi,
« né mcUin, U créa le vaudeville ».
E poi osserva che la prima parte del XIX secolo musicale francese
subì rinfluenza di Gluck, corrotta da Meyerbeer e Rossini ; che gli
anni di mezzo appartengono a Berlioz, mentre il dilettantismo si
satura del bel canto italiano ed Offenbach e s*apprète à faire tour-
€ billonner, dans un sabbat échevelé, la cascade des cervelles, s'épi-
€ lepsiant vers Tabime » ; e che finalmente la terza parte, dal 1870
fino a noi, sta in special modo sotto T influenza wagneriana: < on
< pressent, sans certitude^ un éveil nouveau, on cherche la formale
«definitive du drame, c*est la periodo de gestation, c*est Tado-
« lescence ».
Dopo di ciò viene uno schizzo su Méhul : musicista € bien au-dessus
« du public pour lequel il écrivait, peu encouragé dans une voie
< sérieuse, il semble tenir du prodige que, dans de conditions si peu
< propices, il ait perseverò à défendre son drapeau et à faire de
« son mieux centra Tinfluence italienne renaissante ». Perchè rin-
fluenza italiana influisce maledettamente male, specie nelle prime
pagine del libro di M. de Solenière. Il quale (à anche il parallelo :
< De mème qu*alors » (verso il principio del secolo XVII) « l'impor-
€ tation dltalie du genre fàux et plaqué de la Renaissance » (in
quanto riguarda l'architettura e la scultura) < stérilisa la fibre et
« le sentiment national qui s*étaient sì génialement manifestés dans
« le style ogival et cathédralesque, au profit d*une école neutre,
« composite, pompeusement mièvre et sans grandeur, de mème vers
< 1820, le goùt public, perverti par une nouveile invasion de Tart
< décadent italien, exigea de ses fournisseurs lyrìques, des prodnc-
« tions, où pùt se satisfaire sa passion nouveile des afféterìes vo-
« cales et des gràces conventionnelles ».
Del resto « Méhul, au seuil du siècle frangais, c*est beaucoup plus
« que Rossini à Thorizon italien, le premier embellissant une aurore,
< le seoond annongant le crépuscule d*une école dont Cherubini de-
« vait ètre le dernier grand représentant »
€ Rossini resta toujours un italien; il a beau dans OuUlaume Teli
« avoir réussi une sorte de musique descriptive^ il a beau dans
< certaines pages de cotte partition avoir transflguré son accent et
€ annobli de fagon extraordinaire sa verve mélodique, il n'en de-
« meura pas moins ce que les AUemands appellent un Welsch dans
« tonte Tacception du mot »
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RECENSIONI 729
« Rossini certes n*était guère une nature d*élite, et les faiblesses
« de sa piume justiflaient pleinement le sarcasme de Berlioz » ;
tuttavia M. de Solenière riconosce che Otiglielmo Teli « est un
« sommet », pur deplorando « que le genie qui le créa ne se manifesta
< pas selón un principe plus stable et dans des conditions plus
< réelles »: e riferisce il giudizio di A.Montoz: « Guillaume Teli...
« me parait Tidéal du Grand Opera francais ».
S'incontrano ancora nel volume des flonforis et des gargouillades
Ualiennes, ma, grazie a Dio, Tinfluenza italiana sparisce. L'autore
allora parla con giuste osservazioni critiche dei principali compo-
sitori francesi ora estinti, fermandosi qualche pò* su Auber, Berlioz
e Gounod; e chiude il lavoro con brevi cenni sui maestri viventi
e sulla giovane scuola ft*ancesej cui rappresentanti per la maggior
parte sono citati con A*asi ad effetto in un elenco poco espressivo.
0. G.
AI^AI.BBBT VOX SANBTSIN, UuHker und IHefUer-Briefé an Faui KuemtfnsM.
Uà Tol. iii-16« di pag. 288. — Berlin, « Harmonie ». VerlagegMellseìuft ftlr LiUnini and
Kust.
n nome di Paolo Kuczynski è ignoto pur oggi alla più gran parte
dei musicisti; ed appartenne tuttavia a un uomo, le cui creazioni
artistiche avrebbero meritato la stima dei contemporanei. Ora se
soltanto dopo la morte Tinteresse si destò intorno al suo genio, per
questo libro di lettere, che ci mostran l'artista nelle relazioni che
egli ebbe cogli uomini eminenti della sua epoca, tale interesse
aumenta e di molta e giusta luce si aggiova. Sapevamo di lui che
egli fu un musicista lieto del suo lavoro oscuro e tranquillo, che
fu scolaro di Hans von Bùlow e di Federico Kiel, che egli fu pro-
pugnatore deirarte di R. Wagner e amico personale del maestro,
che ^li ebbe relazione con Liszt e amò Adolfo Jensen come un
fratello, essendone del pari riamato.
Questa interessante raccolta di lettere di Hans von Biilow, Fe-
derico Kiel, Adolfo Jensen, Reinhold Becker, Franz Liszt, Adalberto
von Goldschmidt^ Franz Servais, Moritz e Aless. Mozkowski, Hans
Herrig, Alberto Lindner ed altri getta molta luce sul libro suo che
segnò di cosi viva impronta la personalità del Kuczynski, il libro
degli « Avvenimenti e pensieri ».
Le lettere di Adolfo Jensen, che fan parte di questa raccolta, il
Kuczynski le aveva già pubblicate, per quanto anonime; e poiché
redizione del volumetto era esaurita, la presente ristampa deve
dirsi la ben venuta, tanto più che ad essa vanno aggiunte molte
altre lettere.
Ad illustrare il nome del Kuczynski ora noi possediamo, oltre le
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730 BBCaNSIOMI
composizioni apparse dopo la sua morte, anche questo libro prege-
vole sotto il doppio aspetto, letterario e musicale. L. Th.
GEOUG MUKZBR, MeiwHch UmnéhiMr, Un toI. ia-8« di pag. 90. — B«riiii, 1901, < Bar-
monie ». YerlagigvMllBclimft fllr Lltentnr vnd Knut.
Nella raccolta di monografie che, sotto il titolo di Compasilori
famosi, vengono pubblicate dal D' Enrico Reimann, è apparsa re-
centemente questa biografia di Marschner, la quale si appoggia a
lettere e documenti trovati nelle biblioteche di Zittau, Hannover,
Breslavia, Lipsia, Berlino, ecc. Il volume è riccamente illustrato.
L. Th.
Critica.
O. BONI, Verdi. X'momo - X« iifMra - I/arHtta. — Pinni, 1901. L. Biltoi.
Al libro è premessa una dedica, che comincia colle parole: Net
fare, come più presto si poteva, questa monografia, ecc. E vera-
mente la monografia è un miracolo di prestezza se la dedica di
essa potè essere firmata il 14 febbraio 19011 Ciò però non vuol
dire che sia fatta male, mentre riassume con diligenza quanto fu
detto e ripetuto in libri e in periodici sulla vita e sulle opere del
grande maestro. Ma cosi la parte che riguarda la critica si pre-
senta in una forma molto ingenua, perchè Fautore ai limita alle
citazioni più opportune per dare risalto all'artista, trattando della
riforma wagneriana nel modo più superficiale e meno esauriente.
Forse la divisione del libro in tre parti, se facilitò il lavoro del-
Tautore, non riesce gradita al lettore, che deve saltare dall'una
airaltra per scorgere le relazioni che necessariamente s'impongono
tra esse.
Qualche affermazione dell'autore colpisce stranamente, per esempio
questa: < Nelle opere del Verdi, in quelle specialmente che son
« dette della prima maniera sua, i difetti abbondano: lo affermano
« i competenti, e chi non è tale ha l'obbligo di crederlo ». Ed anche
l'altra : « Il Wagner fa più in grande e con più fortuna, ciò che ha
< fatto tra noi il Carducci in piccolo ».
Né mancano gli errori : Il Barbiere di SMglia non fu fischiato
a Venezia (pag. 62); Gluck non ha intravista (pag. 99) una nuova
concezione del melodramma, ma ne ha attuata la riforma, senza
trovare chi lo seguisse nella via da lui battuta con splendido suc-
cesso, ecc. Sono inezie: le cito solo per provare con quanta atten-
zione ho letto il lavoro del signor Boni. 0. C.
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RSGKNSIONI 731
A,, aoVFMMI^lKI, Zé opw di Verdi, Stmdio critioo anaUtico. — KUaao, 1901. C. AUpnadi.
Ci ricordiamo di aver seguito con molto interesse la pubblicazione
del presente studio quando compariva nelle colonne della Gazzetta
Mustoale di Milano, Riunito in volume esso diventa un documento
di valore per chi potrà in avvenire scrivere di Giuseppe Verdi
colla serenità della critica storica, rilevando nel libro del Soffre-
dini i giudizi passionati dei contemporanei di un maestro che eser-
citò cosi forte dominio nel teatro italiano della seconda metà del
secolo XIX.
Oggi questo volume risente un po\ quantunque modificato ed am-
pliato, del tributo di ammirazione reso al maestro vivente nel gior-
nale di casa Ricordi.
Sotto un altro punto di vista parmi però che Tanalisi troppo mi-
nuziosa degli spartiti verdiani tolga efficacia al concetto cui s'ispi-
rava Tautore, Topera compiuta dal grande artista dovendo piuttosto
essere considerata a tratti larghissimi nelle creazioni geniali che
egli ha dato alle scene. Quantunque sia ben vero, è duopo ricono-
scerlo, che da questo lato è aperto facile il campo agli scrittori
che nulla sanno di musica: con frasi ben tornite e con belle parole
essi possono &re stupenda mostra dei loro principi estetici dicendo
mille minchionerie, e che pur troppo il pubblico gusta, mentre i
libri seri, come questo del Soffredini, non hanno fortuna. 0. G.
Opere teoriehe.
VITTORIO MICCI, Boifeggi pw tutu le voci, — London. Joseph Williams, 32, Qnat
Portland St. W.
ilingraziamo Tegregio A. per rinvio, in particolare direttoci, di
questo suo lavoro, il quale, sia per gVintendimenti seri a cui sembra
indirizzarsi, sia per la fama che precede lo stesso A., viene a risve-
gliare tutta la nostra attenzione e ad eccitare tutto il nostro zelo
ed interesse. Il lavoro porta per titolo: « Solfeggi per tutte le voci
dei pi& celebri Ck)mpositori e Maestri di Canto italiani del XVII,
XVIII, e principio del XIX secolo: (Scarlatti, Leo, Durante, Cima-
rosa, Zingarelli, Hasse, Guglielmi, Aprile, Manzoni, Felici, Marchesi,
Valenti, Cafora, Montuoli, Mosca, Rastrelli, La Barbiera, Glari, Co-
tumacci, Florimo, Porpora, Martini» Marcello, ecc.), tratti dai ma-
noscritti, ordinati e corredati di accompagnamento per pianoforte
da V. R. ». A capo pagina sta Tintestazione: € L'Antica Scuola Ita-
Hana di Canto » e la copertina porta in alto il motto: e Torniamo
all'antico. Verdi ». La raccolta sembra destinata ad essere divisa
in cinque serie; la prima, che attualmente ci sta sottocchio, con-
tiene 50 solfeggi per Soprano, mezzo Soprano e Tenore; le altre
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732 RECENSIONI
dovranno contenere: Solfeggi per Contralto e Basso, Solfeggi per
nìezzo Soprano, Solfeggi di perfezionamento e preparazione allo
studio degli Oratori e delle opere, Solfeggi a due e tre parti per le
diverse voci. Come ben si vede, un lavoro di grande mole, e tale
da non trovare forse nessun riscontro nella letteratura e pedagogia
deirarte vocale.
Conosciamo le difficoltà di tali ricerche e comprendiamo Timpor-
tanza e la responsabilità di un giudizio per emetterlo premataro
od affrettato: perciò ci riserbiamo di manifestarlo completo allorché
ci starà davanti Tintiera opera. Per adesso ci limitiamo a rivolgere
all'egregio A. una preghiera sotto forma di domanda, inspirataci
non solo dalla nostra indole e dai nostri ideali, ma bensi reclama-
taci, impostaci allorché trattasi di giudicare un lavoro il cui scopo
principale è quello di far rivivere la parte pratica — la più essen-
ziale, dunque — di quell'antica arte italiana di Canto, tanto strom-
bazzata ed idolatrata in questi ultimi tempi, che credevamo par-
troppo, per la maggior parte, dimenticata o perduta; di far rivivere,
risuscitare — dando loro nuova veste e giovanili sembianze — quei
solfeggi sui quali e per i quali si sono formati e modellati tanti
campioni, tante pure glorie italiane, la di cui perdita, o dimenti-
canza a quanto pare, viene si amaramente compianta e deplorata;
di giudicare un lavoro, infine, la di cui apparizione potrebbe salvare
(oh fosse vero!) od almeno impedire il completo sfacimento di que-
st'arte bella tra le beile, di quest'arte a cui si rivolgono tutte le
nostre energie, tutti i nostri aneliti quali essi sieno. Dunque nessan
riguardo gretto o meschino, nessuna adulazione e tanto meno niuna
attenuante, ma bensì ricerca di luce e verità. Ebbene, domandiamo
cortesemente al sig. Ricci di volerci scoprire, col comunicarcelo nel
seguito, il nome di quell'antico compositore o cantante che si na-
sconde sotto il doppio panno del suo Anonyrrums e che si presenta
per ben 22 volte ne' suoi 50 Solfeggi che stiamo sfogliando; e di
voler un po' precisare — come si usa oggidì in simili lavori — la
provenienza di tali manoscritti, indicando almeno il luogo del loro
giacimento; ciò, oltre prestare autorità assoluta al suo lavoro, faci-
literebbe forse altre ricerche che potessero venir fatte da altri nello
stesso senso. L'egregio A. ci perdonerà al certo questa curiosità,
tanto più conoscendo i tempi ben tristi per gl'ingenui; lui che al
par di noi presentemente, dimora in Inghilterra, nel paese per ec-
cellenza del praticismo e del traffico; tutte cose che si connubiano
malamente con sani e seri intendimenti d'arte ed il di cui fascino
morboso potrebbe talvolta divenire funesto alle fantasiose e tutt'altro
che flemmatiche menti meridionali.
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RECENSIONI 733
Se delusi nella nostra aspettativa e, ripetiamo, allorché ci sarà dato
di conoscere per intiero il lavoro, non mancheremo di prestare al
giudizio richiestoci tutta quella serietà e severità che merita un
tevoro nel quale sono in giuoco non solo tanti nomi di pure e splen-
denti glorie nostre — una tra le quali altissima, passata recente-
mente — , ma pure il nome di un altro italiano, di un moderno, di
un giovane compositore e maestro, pieno di talento e giustamente
ammirato e stimato, dal quale dobbiamo aspettarci soltanto serietà
e sincerità di produzione. G. S.
NB, — Per più chiarezza necessaria a chi legge aggiangeremo che gli altri
solfeggi, fatta eccezione di alcani portanti i nomi yenerabili di Leo (K* 29, 38),
P. Cafora (N. 30), Cimarosa (N. 20), Rastrelli (N. 21), G. Montuoli (N. 28),
C. Cotnmacd (N. 27), Guglielmo (N. 49), Valenti (N' 4. 33), sono devoluti alla
penna di Aprile (N^ 7, 9, 14, 15, 24, 31, 34, 35, 42, 45, 50), Marchesi (K* 36,
39, 41, 43), Fr. Florimo (N* 6, 8), al certo non appartenenti al perìodo di
quell'iln^tco al quale intendeva alludere il grande Verdi e tanto meno recla-
manti grandi disturbi di ricerche o spogli di preziosi manoscritti. In quanto al
N. 18 segnato A. Neumanef?) ammettiamo che Tegregio A. voglia designare
A. Niemann, cantante tedesco di una certa celebrità soprattutto nel repertorio
wagneriano, ma, se è così, non idoneo per apparire tra i campioni deirAtitica
Scuola Italiana di Canto.
Stramentaiione.
L. BOTTAZ2SO ed O. BAVANELLO, Z^armoniutn qutUe atrumenio lUurffieo. —
Toriso. M . Capra. — L. 8.
Se importante è già in tesi generale la pubblicazione dei sigg. Bot-
tazzo e Ravanello, essa assume poi un'importanza ed un valore
affatto speciali per il momento nel quale vede la luce. In realtà
questo libro viene a colmare una lacuna tanto strana, inesplicabile,
quanto vergognosa delia moderna letteratura musicale.
La letteratura musicale che in questi ultimi tempi si era già ar-
ricchita di importanti opere teoretiche e didattiche anche sulle
forme e manifestazioni meno usitate, aveva sinora dimenticato la
esistenza di quello strumento tanto modesto quanto caratteristico
ed importante che porta il nome di Harmonium.
È vero che il Oevaert nel suo splendito Traile (Vùistrumentation
lo chiama strumento « moitìé mondain, moitié religieux, d'une so-
norité bientót fatigante pour Toreille », ed osserva come il suo timbro
non ci dia un'impressione calma e grave, ed abbia piuttosto come
qualcosa di snervante ; ma, prescindendo da simili osservazioni (che
hanno una portata affatto personale) sul carattere estatico dello
strumento e che potrebbero essere differenti e di vario genere, egli
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734 UICIN8IONI
è certo che rHarmonium è oggidì uno stramenio molto diffuso,' el
è pur certo che i molti Metodi che dì solito si trovano in eoo-
mercìo col nome di « Metodo per Harmonium », non sono altro che
una raccolta di pezzi di varii autori, ridotti e rafEizzonati alla
beU*e meglio e che poco o nulla si adattano al carattere grava e
legato dello strumento.
Sia adunque doppiamente benvenuto il Metodo dei sigg. Bottazzo
e Ravanello !
Gli A. hanno diviso Topera in 4 parti, delle quali la prima che
tratta delle nozioni generali di musica, teoria elementare, scale,
rigo, ecc. ecc., evidentemente non è messa li che per cooKMlità di
qualche insegnante non troppo fiducioso della sua sapienza e biso-
gnoso a sua volta di una guida amorevole e discreta.
La parte seconda comprende la descrizione deirHarmonium, al-
cuni esercizi preliminari per Tuso dei pedali, col registro Espres-
sione chiuso, ed una buona scelta graduata ed ordinata di altri
esercizi neirestensione di una quinta, dì una sesta, settima ed oltre.
Seguono pezzetti a due parti, esercìzi di note doppie, esercizi per
lo strisciando delle dita, sostituzione ed accavalcamento delle me-
desime: il tutto ordinato progressivamente e con raro discemimenta
Nella parte terza troviamo studiato il modo di trattare VEsprts-
sione, lo studio degli abbellimenti : 20 pezzi di autori antichi e mo-
derni, e 10 pezzi (La Santa Messa) di Bottazzo e Ravanello che
sono un vero modello del genere e nei quali tutti gli effeUi proprii
dello strumento sono abilmente ricercati, studiati e messi in bella
ed artistica evidenza.
Termina il libro la parte quarta che comprende lo studio dei
modi ecclesiastici e le armonizzazioni à^Wasperges vidi aqttam,
con relativi versetti: la Missa Angelorum, i toni della Salmodia
armonizzati opportunamente, una buona scelta di Inni con oppor-
tuni interludi in tonalità gregoriana, ecc. ecc. e 42 versetti negli
otto toni gregoriani e che gli A. ci presentano come appartenenti
a Giacomo Carissimi, mentre alcuni di essi sono di autori dubbie
si trovano sovente classificati sotto altri nomi classici.
Questo veramente è un cenno troppo sommario della numerosa
materia che gli illustri autori hanno raccolto con diligenza minata,
criterio pratico sommo ed eccellente gusto artistico, offerendo per
tal modo agli studiosi, che proprio ne sentivano il bisogno, una trat-
tazione completa ed esauriente.
E tanto più è commendevole il lavoro, in quanto è di un'origi-
nalità assoluta, non trovandosi, ch'io mi sappia, neppure nella let-
teratura didattico-musicale della Francia e della Germania (paesi
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RECENSIONI 735
in cui Tuso deirHarmonium è ancora più diffuso che da noi) altri
con cui paragonarlo non solo per la sua completezza, ma sopratutto
per la praticità e serietà d* intenti coi quali è condotto, e per la
diretta e rigorosa osservanza dello scopo al quale deve essere de-
stinato lo strumento.
Onde i nostri cultori di musica religiosa devono essere vivamente
grati ai due illustri autori di questo eccellente metodo per aver
saputo procurare alla nostra letteratura un*opera tanto utile senza
punto ricorrere al fiicile e cosi frequente ausilio dei musicisti stra-
nieri, i quali, in questo caso, avrebbero ben ragione di invertire le
parti e &rsi esportatori di una cosa nostra. S.
Musica sacra.
JDU Mmàh^nHéetUinUthe CH&ruUlteforfn mu Bom, «on P. Bmphtiéi Moliiar Vot. l^.
— Leipsif . Lmickmit.
L*interessante pubblicazione del benedettino di Benion forma come
una specie di continuazione del Ntcovo studio di Mons. Respighi
che tanto rumore ha sollevato intorno a sé analizzando il periodo
delle riforme del Concilio di Trento e trattando specialmente del
graduaXe, del pontificale, del rituale.
Alle rivelazioni e documenti di Mons. Respighi il Molitor altri ne
aggiunge ritrovati neirArchivio di Stato di Firenze.
E cosi ancora una volta la storia abbastanza leggendaria creatasi
attorno ai libri corali deiredizione medicea viene irremissibilmente
sfatata e le idee dei Papi e della Chiesa nella riforma del canto
gregoriano ci appariscono nella loro vera luce; ed anche la dotta
Germania^ benché un po' in ritardo, viene a fare omaggio ai colos-
sali lavori dei Benedettini francesi e di Dom. Pothler.
Musica.
Arehévta dea MmUrea de VOrgue^ par A. OuUmant. ~ Mennon, cbez Paatoar, eli«miii
de la SUtioB.
Il primo volume della 5* annata contiene il seguito dei Noéls di
Louis Claude d*Aquin (1694-1772), e cosi nuove melodie di incom-
parabile freschezza e semplicità, e che forse sarebbero rimaste per
sempre nascoste e sepolte, vengono, grazie all'opera indefessa del
più illustre fra gli organisti viventi, rivelate al mondo musicale in
bella e chiara edizione. S.
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736 RECENSIONI
J>ehk9n(Uer dm» TotUeutist in OesterrHeh. Vili Jahrgang. Enter Tktil. Andréoi AiniMr-
sehmidt. Diatogi adir 6eiprdeh§ Mwùekm Goti und 9i$tir glàubigm Afb. — Zweitor TbdL
Johan Paekélbtl, Fugm a6«r dot Magnificat /Ar Orgtl odsr Kk9̧r, Dm rei, Ìh-Mm. di
pag. zni, 165 - xr, 105. — Wira, 1901. ArtarU nnd Co.
Preceduto Tuno da uno studio critico di A. W. Schmidt e l'altro
da un commento critico-biografico di H. Botstiber, questi due vo-
lumi aggiungono nuovo interesse alla nota pubblicazione dei Mo-
numenti della musica in Austria. I dialogi deirHammerschmidt
sono a due e tre voci : il trascrittore vi ha aggiunto Taccompagna-
mento deirorgano. Le fu^he per organo del Pachelbel sono lavoro
di dottrina e insieme di eleganza. Ai musicisti ora il trarre partito
da quesfarte antica, purissima e nobilissima. L. Th.
Tarla.
e, BEBOMANSy Le Conaervatoire Moyai de MuH^[ue de €Uind. Étnde nr ton hMoin
et son organiMitlon. Un toI. in-8o gr., di pag. 526. — Gind, 1900. M.me G. Bej«r, éditwr.
Tutte le più interessanti, tutte le più dettagliate notizie sull*ori-
gine e lo sviluppo del Cionservatorio musicale di Gand, il Bergoians
ha raccolto in questo splendido e prezioso volume. Ck>m*egli dice,
leggendo quest'opera si rivivono di qualche guisa i sessantacinque
anni deiresistenza del Conservatorio ; si constata la trasformazione
che vi ha subito Tinsegnamento, i servigi che la scuola rende al-
Tarte, lo sviluppo del gusto della popolazione gandese.
Fatto apprezzabilissimo, il Bergmans ha scritto le biografie dei
musicisti che si sono succeduti nei differenti corsi, molti di essi
avendo goduto una notorietà abbastanza grande. Alle biografie egli
ha voluto ancora aggiungere la lista delle opere in ordine crono-
logico fin dove ciò fu possibile.
Se tutti coloro che ne hanno il mezzo s*interessassero cosi delle
cose e degli artisti locali, anche la storia generale avrebbe le sue
basi più sicure. L. Th.
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SPOGIilO DEI PBJ^IODM
ITALIANI
Flegreft (Napoli).
5 loglio. — A. Cantalupi» La musica e T estetica medioevale.
Gazzetta Musicale (Milano).
N. 16. — A. ZiMMERN, Da Landra. — Tabanelli, Il diritto di palco
nei teatri.
N. 17. — Tabanelli, Il diritto di palco.
N. 18. — P. Gbignoni, Melologo Sacro. — Tabanelli, Il diritto di palco.
N. 19. — G. Senkb, La nuova sede della Società di Musica Saera di Firenze,
— Tabanelli, Il diritto di palco.
N. 20. — A. ZiMMERN, Da Londra. — Tabanelli, Il diritto di palco. —
G. Pavam, Prospetto delle Opere nuove straniere rappresentate nel 1900.
N. 21. — B. Barbiera, € Nerone » di A, Boito. — La nuova legge sulle
composisioni drammatiche e liriche al Reichstag di Berlino e Cosimo Wagner.
N. 22. — E. Checchi , I capricci della cronaca. — Tabanelli , H diritto
di palco.
N. 23. — R. Barbiera, G. Verdi e A. Maffei.
N. 24. — V. Fedeli, Verdi e la Francia. — Tabanelli, Il diritto di palco.
— Pavan, Prospetto delle Opere nuove straniere rappresentate nel 1900.
N. 25. — De Guarinoni, Congresso intemazionale di storia detta musica.
Parigi 1900. Relazione al Ministero della Pubblica Istruzione.
N. 26. — Checchi, I capricci della cronaca,
N. 27. — B. Conservatorio Giuseppe Verdi. — Saggi finali.
n naoTO Palestriua* Rivista mensile di Musica Sacra (Firenze).
N. 4. — P. Ghignoni, Melologo Saero. — D. C. Raspini, Beligione, Poesia
e Musica. — L. Bicchierai, Parallelo opportuno. — Armoniosa grammatica.
N. 5. — P. Ghiononi, Delle reminiscenze profane in chiesa. — P. Ghignom,
Aggregazione Ceciliana in Firenze. — Armoniosa grammatica.
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738 SPOGLIO DEI PERIODICI
La Cronaca Musicale (Pesaro).
N. 3-4. — F. Vatielli, < Nerone • di Botto. — Commemorazione di Verdi
a Senigallia.
La Nuora Musica (Firenze).
N. 64. — Dqranti, La « Tosca • di Puccini al teatro Verdi. — Torbidi-
HciROTH, GK studenti di musica. — àlhaique, di R. Wagner e deltopera sua.
— Valore, Per una setéoìa di vioUno. — Falcowi, I trattati di Jadauohn.
N. 65. — ViTARBLLi, Deirimportansa dei vocatiMsi nello studio dei canto. —
ÀLHAiQUEy Di B, Wagner e delTopera sua.
Le Cronache musicali* Bivista illastrata (Roma).
K. 12. — MoMTBFioRB, € LoTsma » di E. Mascheroni.
K. 13. — MoNTBPiORB, A. Nikish e T Orchestra Filarmonica di Berlino. —
Gasperiki, I problemi musicali di Aristotele. — Falbo, Per il centenario di
BeUini.
N. 14. — ScALiiiQBR, Costantino Pahimbo. — Bariki, AW Accademia di
Francia. — Sorgom, Johannes Brahms. — Gasperjni, I problemi musicaìi di
Aristotele.
N. 15. — Falbo, 7/ € Nerone » di Boito. — Lauria, Alfredo Sruneau. —
Gabpbrihi, I problemi musicali di Aristotele.
N. 16. — Falbo, Maseagnana. — Gabpbkini, I problemi ecc. — Bocchi, La
€ season » di Londra.
K. 17. — Il tempio déHa musica aìTEsposieione Pan^Americana. — Irtca-
oliati, Il tamburo neff esercito. — Gasperini, I problemi ecc.
N. 18. — Gasperiki, I problemi ecc. — Sorooki, La decadenza deOa panto-
mima. — Falbo, Un'intervista con LeoncavaJlo. — Varimo, La nuova opera
di Framchetti.
Musica sacra (Milano).
N. 5. — I decreti della S. C. dei Riti. — L'organo durante le ufficiature
liturgici^. — Organisti ed Organari,
N. 6. — I decreti della S. C. dei Riti. — Un ragionamento sbagliato. —
Da Cuvio a Vevey.
BiTlsta Teatrale Italiana (Napoli).
N. 8. — D. M., La € Fedora » del maestro CHordano al teatro S. Carh
di Napoli.
Anno 2. N. 1. — A. Consiglio, Verdi e Wagner.
N. 2. — L. A. YiLLANis, e Nerone » di A. Boito.
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SPOGLIO DEI PERIODICI 739
FRANCESI
La Tribune de Salnt-GerTais (Paris).
N. 3. — À. Pirro, F. Boberday. — H. Quittard, Jaeqme$ Champion de
Chambonnièrea. ^ Gastoré, P.-J. Seguin, — Brixit, Additìona inédites de
Dom Jumilhae (suite).
N. 4. — Brenbt, Jacques MauduiL — Quittard, J. C de Chamòonniires,
— Pirro, Fr. Roberday, — 6abiok£, Un Umbre populaire: T * 0 filli >.
N. 5. ~ Gaibser, L'origine du < Tonua peregrònuB ». — Breiit, Jaeque»
Mauduit — QuiTTARD, J. C, de Chambonnières. — Bremet^ Additions inéditei
de Dom JuwUlhae,
La Tolx parlée et ehantée (Paris).
MaL — M. CoLusR, L^obHruction nasale^ sea rapporta avec lea affecUona de
la gorge, etc. — J. Belek, Influente morak de ìindividu sur Témisskm de 2a
voix parìée et ehantée.
Jain. — H. Lavrakd, Le gargarismi camme moyen thérapeuiique. — H. Zwxl-
LIR6ER, Lea troubks de la voix chantM,
Le Conrrier musleal (Paris).
N. 7. ' Db la Laurkrcie^ Du goùt musical au XVIII* sUeU (fin). —
Marmold, B. Wagner et Tceuvre de Beethoven,
N. 8. — Marxold, B. W. et Tceuvre de B.^ Locard, Les tnaiires contem-
porains de VOrgue,
N. 9. — Mar50ld, B, W. et Vctuvre de B. — Locard, Les maUres contem-
porains de VOrgue,
N. 10. — liOCARD, Les maUres coniemporams de fOrgue, -~ Debat, « Le
Boi de Paria ». — « VOuragan ». — Balderbpbrger, Conférence éVintroduction
à une séance d'auvrea de C, Franek.
N. 11. — Boulkstir, Sur Mouaaorgaki. — Locard, Lea maìtrea contemporaina
de TOrgue,
N. 12. — Locard, Lea maitrea contemporaina de VOrgue, — Mareold, La
sonate en mi bemol minear de P. Ducas, — Boulebtje, Sur Mousaorgski,
Le Gnlde Mnsical (Bruxelles).
N« 15. — Fibrees-Getabrt, Beaumarchais musiden, — J. D'Offoèl, A
propos du « Leitmotif » [Parla d*iin tema del Freischiite], — L. Sihoi, Xavier
Sehloegel
N. 16. — H. DE CcRzoN, Un drame lyrique Utmrgique [La « Morte ed Aa-
suntione della Vergine » die da secoli si esegoisce in Ispagoa]. — G. Sbrtièrbb»
< Uìysse* à L'Odèon.
N. 17. — H. Fjerenb-Gevaert» A propos éVun eataìogue [quello della biblio-
teca del Conservatorio di Bruxelles, pubblicato da A. Wotqnenne]. — H. Imbert, Le
Boi de Paris, Masique de M. Georges Hfle.
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740 SPOOUO DEI PERIODICI
N. 18, 19. — M. Brenet, Le renpeet dea maitrei,
K. 18. — H. Imbert, € VOuragan », masiqne de M. Alfred BraDean.
N. 20. 21, 22. — H. Imbert, M. Alberi Carte.
N. 20. — Frahk Choibt, L*I$lande et la musiqìte.
N. 23, 24, 25, 26. — C. Mauclair, La rèHgùm de la musipte.
Le Ménestrel (Paru).
N. 15-26. — L*art musical et tee interprètes depuis deux siècìes, p. P. d'fistréea
(ont.).
N. 15-16. — Le théàtre et ìes spectades à VExpoeitUm, par A. Pongio (oont
e fine).
N. 15, 16, 21-26. — Le taurdeFranee en mmique, par T. Keakomm (cont.).
N. 17-24. — La mtisique et le théàtre aux Salone du Grand PàkuSy par
C. Le Senne [i soliti annaali articoli di rivista dei quadri dei Salone parig:ini e
che con la masica hanno una relazione molto stiracchiata].
N. 23, 27. — Penséea et Aphoriemee d^Antoine Bubmetein [eont),
N. 27. — Schumann réooluiionnairef par B. Berggrnen [L*art. accenna ad
alcune composizioni patriottiche del Maestro, scrìtte nel 1848].
Le Théàtre (Paris).
Avril. II. — R. CooLUB, < Les travatus d'Eercule » aux Bouffes-Paritiens.
Mai. I. — B. CooLUB, < La pente douce » au Vaudeville.
Mai. II. — « Patrie! * de V, Sardou à la Comédie-Frangaise.
Jain. I. — FouQUiER, La quineaine (héàtràU,
Juìn. II. — JuLLisN, « VOuragan » à VOpéra-Comique,
Jnillet. I. — 4-Cf^^i^ Nation. de Mueique: < Aetarté » , opera de M. X. Leroux.
Les Annales de la Masiqae (Paris).
N. 1. — De Solbnière, Céear Frank. — Hoodard, La Sehoìa Cantorum de
Saint Oervaie. — Dauriac, La eritique musicale. — Hellouin, La mode de la
Harpe au XVIII* siede,
K. 2. — BuELLE, ParàUéìisme dea musiquea antique, medievale et moderne.
— BouBSEAU, Verdi. — Montoroeuil, Verdi intime. — Dauriac, La eritique
musicale.
K. 3. — Beikach, Doubles croches et triaHets ches les Orees. — Hoodaki),
Bequéte a M. Buelle. — Azera, Défense de la Schola. — Houdard, La Sehoh
Cantorum.
N. 4. — Malherbe, Mozart et ses manuscrits. — Buellr, Béponse a M. Hou-
dard. — Houdard, La Schola Cantorum. — De Ménil, A propos des Chpmmns
de BiHtis.
N. 5. — Malherbe, Mozart et ses manuscrit» (fin). — De Méiil, A propos
des Chansons de Bilitis. -^ Combarieu et Houdard, Polémiq%»e à propos de ìa
Schola Cantorum.
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SPOGLIO DEI PERIODICI 741
N. 6. — Da URI AC, Critique Musicale, — Teppe, EmpUn de la ìangue vut-
gaire à Téglise, — De la Mdstière, DroiU cTaiUeurs, cTéditeura et d'exéeuiion.
Berne d'Art dramatique (Paris).
Mai-JQÌD. — Numero» eonaacrés au Théàtre PoéHque. — France, — Suède.
— Italie, — Angìeterre, — AUemagne,
Beroe dea Deax Mondea (Paris).
Jaillet. I. — É. BoD, Le « Néron » de Boito,
Berne d'histoire et de eritiqoe masicale (Paris).
N. 1. — Lalot, La ehanson firangaise au XVB tièeU d'après les pubìtca-
tiona de M, H. Expert — Rolland, La représentatùm d' < Orfeo » à Paris
et Yopposiiion rehgieuse et poìitique à V Opera, — Thomas, Le maitre de cha-
pelle de Charles VII. ~ Compositeurs fran^is du XVII* siècle: Sébastien
de Brossard.
N. 2. — Lalot, Le gewre enharmonique des Grecs. — Brenet, Un poète-
musieien frangais du XV* siècle: Eloy d'Amerval, — Lalot, La musique
frangaise à T epoque de la Benaissance. — Chant alsatien du XVII* siècle,
N. 3. — J. C, Danses frangaises et musique instrumentale du XV* siècle.
— Lalot, Le genre enharmonique des Orecs, — Chilbsotti, Musiciens frangais,
J. B. Besard et les luthistes du XVI* siede, — Tbibadt, Les notaiians
bysanUnes.
N. 4. — Mercadier, Études hisioriques sur la scienee musicale, XVII* siècle.
Les théories musicales de Descartes. — J. C, Danses frangaises (saite). —
Chilesotti, J. B, Besard (suite). — Gerold, De la valeur des petites notes
d'agrément et d'expression. — Aubrt, La legende dorée du Jongleur.
N. 5. — Lalot, La chanson frangaise à Vépoque de la Benaissance (fin).
^ Mercadisr, Études historiques (saite). — Dupomt, Les anciennes cloches
de Fabbaye du Mont Saint-Michel. — Aubrt, La legende dorée du Jongleur (iàn).
N. 6. — Rollaed, Notes sur T • Orfeo » de Luigi Bossi, et sur les musi-
ciens italiens à Paris, sous Mazarin. — Mercadier, Les théories musicales de
Descartes. — Bonaventura, Progrès et naUonalité dans la musique.^ Combarìeu,
Basse danse, Branle, Pavane et GaUìarde du XVI* siècle.
Reme de Paris (Paris).
15 Mai. — B. Rolland, Les fétes de Beethoven à May enee.
Berne generale (Bruxelles).
Jaillet. — J. Ryelandt, La « Sainte Godeline » de Tinel et le théàtre
chréOen.
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742 SPOGLIO DEI PERIODICI
TEDESCHI
MnsikalischeB Woeheiiblatt (Leipzig).
N. 17, 18. — Nuove cantideroMioni storieo^muneali^ di 0. WaldappeL
N. 19. — Su gii stipendi degli Organisti di Lipsia,
N. 20, 21. — lì significato dei compositori shm per la nostra vita miwiqiiie
moderna.
N. 22. — Questioni pratiche.
N. 23. — Lettera di Cosima Wagner al Beichstag.
N. 24. — Crìtica: Barbarossa di S. v. Haasegger.
N. 25. ^ Ulrich Hahn, T inventore della stampa dèOe note mutieaU, di
H. Riemann.
N. 26. — Crìtica : Composisiom orchestràH, di A. Bitter.
N. 27, 28. — La Passione di S. Marco e VOde funebre, di G. S. Bach
(E. Prìeger).
Neue MusikallBche Presse (Wien).
N. 16, 17, 18» 19, 20. — Bayreuth, e articoli di interesse locale.
N. 21, 22, 23. -- GoMer: Educasione mueieak.
N. 24, 25. — // monumento a Schumann.
Neue Musik-Zeitiing (Stattgart-Leipzig).
N. 6, 1, 8, 9. -^ Aus den Erinnerungen Sir Charles HaUeX t. B. R..^
[Tolto dal libro < Life and letters of Sir Charìes Halle» being an Antobiographj
(1819-1860) with Correspondence and Diarìes » ].
N. 6, 7. — Zur Lehre von der Tonbildung im Gesangunterriéht, ▼. Dr. Sch. St
[Àncora ano scritto in propaganda del metodo di emissione Mtlller-Bninow].
N. 1, 8, 9. <• Ungedruckte StammbuehblàUer vor eùum Viertelfahrhundert
T. Dr. Adolf Kohnt [Riprodazione di fogli d'album di celebrìtà musicali, tra le
quali H. Vieaxtenips, H. W. Ernst, Félicien, Da^id J. Labitzky, Mejerbeer,
Marschner, Thérèse Milanollo, Brahms, Bottesini, ecc.].
N. 7. — Max SchUlings [Cenno bio-bibliografico]. ^ Bepuem van Wolfg.
Am. Mozart v. Wilbelm Weber [Memorìa].
N. 8, 9. — i>»e Mu9ik des Geistes v. Dr. A. Schfltz [Riassunto del libro
dello S. e Zar Aesthetik der Musik » ].
N. 8. — Die Musik im Westen der Vereinigten Staaten v. Robert Leu
[Uno dei soliti interessanti articoli].
N. 9, 10, 11. — Die Erstauffiihrung von Joseph Haydns Jahreseeiten vor
100 Jahren v. Dr. Adolf Eobnt [In occasione del centenarìo della prìma ese-
cuzione].
N. 9. — Motti Uber Bach [Resoconto di nna conferenza tenuta dal M.].
N. 10, 11, 12. — Der KapeUmeister Friedrichs des Grossen ▼. Dr. Ad. Kohnt
[In occasione del secondo centenarìo di Karl Heinrich Qranns].
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SPOGLIO DSI PERIODICI 743
N. 10, 11. — Der Vater des Wàbers [Pel 100<> anniversario della nascita
del Lanner].
N, 11. — Georg Sehamann v. J. B. — W, A. Mascari m Neuatadt am Mam
▼. prof. Hermann Ritter [Memoria]. — Aus Monte Carlo v. Moritz t. Eaiserfeld
[Corrispondenza].
N. 12. -^ FUnftes Kammerm%mkfest in Bonn t. Th. Lohmer [Besooonto del
festival di masiea da camera tenuto in Bonn, 12-16 maggio 1901].
Neue Zeitsebrift tfìr Masik (Leipzig).
N. 12. — Victor Jose, « Der Pohmehe Jude*, Mosik von Cari Weisa. —
Edwid Neruda, € Die Bichterin » . Mnsik von E. J. Schwab.
N. 13. — S. E. EoRDT, Edward Qermann, — Ad. Stamm, Becensioni del
libro di F. Innk^ • Goethe's Fortsetzung der Mozarfscken Zauberflòte * .
N. 14, 16, 17, 18, 19, 20. — Bexmo Geiger, NowHis,
N. 14. — Georg Ricbter parla delle opere < Nausikaa*, di Angust Bangerte
« GrUn Ostem », di H. Eobler.
N. 15, 16. — A. ScHERiHG, Erstes deuUches Bachfesi in BerUn.—F. Eebkr,
« Hersog WUdfang > , opera di 8. Wagner. — Bob. Mubiol, Adolf Ounkel
[Necrologia del gioyane compositore di Dresda; scrisse pel teatro e musica stru-
mentale].
N. 19. — Ernest GQmthbr, Martin PHiddemann's Utste BaUadenhefte,
N. 20. — V. JosB, Wagner, Lissi und B. Strauss.
N. 21, 22. — H. Neal, Musikìeben in Heidelberg, — P. Hillkr, LiOìan
BlanveU. — B. Geiger, Einigea von und Uber 2>. Lorenzo Pero8Ì, Breitbanpt
parla del < Kam » ,f di d*Albert [A questo numero è unita una pagina inedita
di Liszt, il Sahno 129 per Barìtono solo, Coro ed Organo]. — Leipzig. C. J. Ealmt
Nachfolger.
N. 23, 24. — B. Mubiol, Der Takt bei Bob. Sehumann,
N. 23. — Arm. Schsrino, B, Sehumann ala Tragiker. — V. Jobs, Schumann's
VerhaUnis su Emesiine von Fricien. — B. Geiger, PÌMniasiestileke in Schu-
mann's Manier, — P. Miller, Das 78, Niederàheiniséhe Musikfest.
S. R. Eordy, parla con riserbo delFopera « Much Ada about Nothing » , di
Yilliers Stanford.
N. 25. — Bieh. Wagner und O, Verdi [Alcune belle parole di un discorso
tenuto a Berlino da E. von Pirani]. — B. Thiesben, Die 37, TontOnsUer-Ver-
sammhing in Heidelberg, — A. Wadback, 11 HessicK-phàtsisches Musikfest su
Worms,
G. Bichter parla con risierbo dell*opera € Manru » , di Paderewsky.
N. 27. — B. Geiger commenta la € Consone in morte di O, Verdi», di
D'Annunzio.
RM»1a muMÙMlé OoImhm, Vili. 49
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744 SPOGLIO DEI PKaiODIGl
INGLESI
Monthlj Musical Record (Londra).
Maggio. — The artistic sang^ di E. Baughan: baon articolo contro l'innatn-
ralezza e la contorsione delle liriche « à la Brahms >. — The phiìosophical tide
of some latos of hartnony, di L. Pronth. — The sister arts of painUng ami
music, giudizioso parallelo di J. S. S. — Musical Notes, — Bcviews, ecc. —
Musica.
Giugno* — On Conducting, di E. Banghan, paralleli so interpretazioni e belleica
di suono orchestrale. — The philosophicai side of some laws of harwum^, di
L. Prouth. — Solite rubriche.
Luglio. — Thf art of restraint^ di E. Baughan : colorito orchestrale e dina-
mica. — The philosophicai side of some laws of harmony, di L. Pronth. —
Solite rubriche.
Music, a Montblj Magazine (Chicago).
Magfcio. — EkcUi Oifford, Soprano — Commodùms Comservatory Buiìéin§s.
— The sympathetic resonance of the pianoforte^ di W. S. B* Mathews^ — OU
and yowsg musùss, di V. D^Indy. ~ The developmefU of programme mutiù,
di E. B/ Hill. — Edilorial Bric-a-Brac, ~ Things here and there,
Tlte Musical Times (Londra).
Maggio. — John Stainer (Schizzo biografico). — A curious musical instrument
(è il zapoteeano o marimba del Messico). — Occasionai Notes, — Bemetn, ecc.
— Musica.
Giugno. — Augusto WHhelmy (Schizzo biografico). — Sir John Ooss (Schino
biografico). — Music in the Rogai Academy Exhibition, — Solite rubriche.
Luglio. — Dr. Boyce (1710-1799), Studio. — Fifths permissible and oiher-
wise, di F. Cordar, Torecchio permette ciò che vieta la scuola. — Handefs òor-
rowings. — Psalm singing. — An hold4me ecmtr&versy, di J. Benaat. ^
Solite rubriche.
Musical Record (Boston).
Maggio, Giugno, Luglio. — Riviste di attualità, arte, studi, con aUnmm
di musica.
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I^OTIZIB
MUuti musicali,
/« Parma. Begio ContervaUmo di Munca, — Pbogramiia del Saggio degli
àhmni. — MeroolcNiì, 5 giagno 1901.
1. *P]zzETTi Ildebrando (1), THo in Sol min. per pianoforte» yiolino e tìo-
loncello: a) Con molto moto; b) Qwisi ìenio\ e) Non troppo presto — Tema
con vafùuùme — Presto; d) Finale.
Esecutori (2): Violino, prof. Marco Segrè; Violoncello, prof. Ugo Nastmcci;
Pianoforte, Ilbebrando Pizietti.
2. MiNDB L., OoneertefOdc (op. 30) per clarinetto con accompagnamento di pia-
noforte. Alunno: *Maldotti Angelo (8).
3. Candiolo Gilmo (4), Scherzo e Fuga per orchestra.
4. Bektboyen L., Andante in Fa maggiore per pianoforte. Alnnno: 'Cacciali
Ubaldo (5).
5. Weber A. M., Andante e Bondò Ungareee per fagotto con accompagna-
mento d^orchestra. Alunno: 'Bertoni Umberto (6).
6. Sgambati G., P Tempo del Concerto per piano ed orchestra (op. 15). Alunno :
Cacciali Ubaldo.
L'Orchestra è composta di N. 50 Esecutori: Alunni N. 85. Professori N. 15.
La Direzione dell^orchestra è affidata, pel N. 3, all'alunno Candiolo G.; pei
N. 5 e 6 all'alunno Campanini Gustavo.
I nomi preceduti da * appartengono ad alunni i quali hanno compiuto il corso
degli studi.
(1) Alunno licenziando di composizione. Scuola del prof. T. Righi.
(2) Alunni emeriti del B. Conservatorio di Parma.
(3) Scuola del prof. E. Cassani.
(4) Alunno del VII corso di composizione. Scuola del prof. T. Righi.
(5) Scuola del prof. cav. S. Ficcarelli.
(6) Scuola del prof. A. Jori.
Rinsia muitealé itaUana, Vili. 49*
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746 NOTIZIE
/« — 4* Eiercitagiane degli Alanni. — Lunedì, 17 giagno 1901.
Prooraiixa.
Porpora N., Sonata in Sol maggiore per tìoIìoo e pianoforte:
a) Grave eogienìUo-, b) Fitga;c) Aria; d) AUegro moderato. — Pedretti Pietro
(Anno 7% Fransoni); Teoldi Agide (Anno 5; crt. S. Ficcarelli).
Thomas F., Gk>DErROU> F., a) AtOumne; b) Grande studio per arpa. — Bomani
Nelda (Anno 5«, prof. I. P. Bua>
PoRCHiiLLi A., Capriccio per oboe con accompagnamento di pianoforte. —
Dei Campo Giacomo (Anno 5«, prof. B. De Stefani). Accompagna Palunno Bertoni U.
Hkrmark F., a) Grave; b) CangoneUa; e) Lento e Presto dalla Smte per
8 yiolini (op. 17). -- Bonaretti F. (Anno 5**); Pedretti P. (Anno 7«); Qhione F.
(Anno 4<^, prol B. Franzoni).
GouHOD C, Marche ^lenneBe per due arpe. — Banzi Ida; La Via Maria
(Anno 5^ prof. I. P. Baa).
Pbssard B., Ahdirsin I., a) Andahuse; b) Sehersino per flauto con accom-
pagnamento di pianoforte. — Morelli E. (Anno 3% prof. Cristoforetti). Aooom-
pagiia l^almino FnuieeiohiBi A.
Thomas F., Cantica per due arpe. ^ Banzi Ida; La Via Maria.
/« — Programma del Saggio Finale. — Venerdì, 21 giugno 1901.
1. Camparini Gustato (1), Introdusione Sinfomea airopera « La Torre di
2. PizzBTTi Ildebrahdo (2), Canzone a Maggio per solo, ooro ad orcheatn. —
Paxolo di Agnolo Poliziano. — Soprano signorina M* Teresina Ghelfl.
8. PizziTTi Ildebrando, Ouverture per orehestra alla tragedia « Edipo a Co-
lono » di Sofocle.
4. Camparihi G.» « La Begima di Maggio » Quadro Urico per solo^ ooro ed
orchestra. — Parole di Edmondo CorradL — Soprano signorina M* TeresiBa Ghdfi.
5. Brasms G., Besthotbii L., a) AOegrstto gratioso dalla e Sinfonia N. 2 » .
b) Pastorale per orchestra nel ballo < Prometeo».
6. Greith C, « Terra tranuit » Mottstta di Pasqua per ooro a 4 tocì ed
orchestra.
L'orchestra ò composta di N. 55 esecutori, dei quali 40 alanni. ^ Il ooro è
ternato di N. 45 ▼ocL
Opere nuove e Concerti»
«% Dos Màrehen vom Ghlck, Cantata per soprano, coro misto ed orehestrs,
di Franz Wagner, eseguita per la prima volta alU Singakademie di Lipsia.
•% UUragam, opera nuova di A. Bruneau, ebbe un buon successo alPOpen
comica di Parigi.
1) VII corso di composizione. Prof T. Bighi.
'2) Alunno licenziando. Prof. T. Bighi.
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MOTizii 747
«% Manrw, di Paderewski, a Dresda e a Lemberg, piacqae specie per ia bril-
lante stromentasione.
«% Eccellente impressione ha fatto la nnoTa opera Busaìka di Dworak.
«% Much odo about noihing, di Stanford, ebbe il previsto baon successo a
Lesdra.
«% L'Improvvisatore, è il titolo della nnoTa opera di D'Albert, che andrà in
sooM il prossimo inverno a Berlino.
/« La mano, nn piccante e interessante mimodrama di H. Berénj» piacqae a
Francofoffte s. M.
«% IHkw a VifUMia, Ltt dama giudice. Amen, Giuda licariota, Crieto rieorto,
tre opere e dne oratorii che non dispiacquero.
«% Famlaiia, di Miss Ethd Smyth, andò in scena al teatro di Garisrahe,
lodata da. Motti direttore, condannata dalla crìtica.
«*« Angelo, di Cai, ebbe saooesso a Varsavia.
^*« Goldmark sta componendo GoetM di BerKMngen,
WmgnerUma.
/« « Verdi, Wagner e Rloordi. — A Torino, nn Comitato presieduto
dal noto critico musicale Depanis, si era &tto promotore di una serie di concerti
wagneriani, che avrebbero dovuto effettuarsi in quella città dentro Tanno se-
guente. Ma il Comitato ha dovuto rinunziare al bel disegno, perchè roditore Bi-
cordi credette bene all'ultimo momento di aumentare circa del doppio il prezzo
dei noli, non stimando conveniente di agevolare un'Impresa per la quale < nel-
Taano della morte di Giuseppe Verdi » si voleva promuovere Teseobzione ia Italia
di opere musicali straniere.
« È da prevedere che l'editore milanese, sempre col nobilissimo intento di
onorare il Grande scomparso e di incoraggiarne il calte, rinunzierà ai noli delle
opere verdiane per lo meno nell'anno della morte del Maestro » (Dal Marsocco),
La aotiaia ha un lato vens ed è quello che riguarda il generoso editore: iblo
inveee di concerti si trattava nientemeiio che deiresecuzione dell* intera Tetra-
ìogia. E resetusione sarebbe stata degaa del capolavoro. Tutto era combinato:
il dìrattore scelto Luigi Maneinelli; gli artisti migliori d* Italia e di fuori
avrebbero preso parte alle esecuzioni: nessuno s'attendeva che la dilBooltà iasor-
montabile sarebbe proprio venuta dall'editore italiano delle opere di Wagner!
È toh) a chiedersi perchè mai il Ricordi tema cod forte del danno che arre-
cherebbe alla fama ed alk memoria di Verdi, un'esecurione dell'inetto in Italia:
fone ch'ali stima così poco il genio musicale di Giuseppe Verdi per temere
che il bagUoie d'una eoecuiione dell'opera massima di Wagner ne debba eclis-
sare per sempre la virida luce?
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748 NOTIZIE
ManutnenH»
«% È stato inaugurato a Zwiokaa il moniiinento a Schamann.
«*« L'imperatore di Raesia ha ordinato raccolte di denaro in tatto Timprao per
il monomento da erigersi a Glinka.
^*^ Pel monamento a Wagner da erìgersi a Berlino lì sono stati 71 concor-
renti. Nessono dei progetti fa accettato e si è bandito nn nnovo concorso.
«*« Nel 1903 si inaagurerà a Francoforte s. M. il monumento a BafiL
«% Gli scultori Felderhof e Bemewitz hanno vinto nel concorso pel monamento
a Brahms da erìgersi ad Amburgo.
«% Sallivan avrà un monumento nella cattedrale di S. Paolo a Londra e una
statua davanti al Savoy Theatre,
Varie.
^\ Congresio itUemoMiafiàle di Sdente storiche sotto T augusto patrocinio
di S. M. Yittorìo Emanuele III Be d'Italia.
In mancanza di notizie dettagliate (soci fondatorì, aderenti, comitati, letture,
temi da svolgere^ ecc.) riproduciamo T annunzio del Congresso diramato dalla
Presidenza e la circolare-programma della Sezione Storta deWarie Mumeafe e
drammaUea.
* Egregio Signore,
« Era opinione di molti studiosi che in un Congresso internazionale da tenersi
a Roma sai cominciare del nuovo secolo, si dovessero discutere le più notevoli
questioni sorte in questi ultimi cinquant*anni nel campo delle discipline storiche,
ponendo in chiara luce il loro sviluppo presso tutti i popoli civili, e rilevando
sino a qual punto Pltalia avesse partecipato a tale movimento scientifico.
« L'importanza storica ed artistica di Roma e il risveglio delle scienze storiche»
&vorito in Italia dall'unione politica delle sae regioni, parvero suggerire Toppor-
tunità di questo proposito. E la benevola accoglienza ad un inrito, fatto sic
dall'anno scorso, dimostra come il desiderio di singole persone risponda al desi-
derio comune di un ragguardevole numero di studiosi.
« L'elenco delle prime adesioni basta ad indicare nel modo più eloquente con
quanto entusiasmo sia stato approvato il disegno del faturo Congreseo intema-
eionàle di Sciente storiche.
« Siamo poi lieti di annunziare che il Congresso ha ottenuto TÀugusto patro-
cinio di S. M. Vittorio Emanuele III, il Re dotto e virtuoso, che fra le cure del
principato pone anco quella di proteggere le arti e le scienze; e che S. A. B. Loigi
di Savoia, duca degli Abruzzi, la cui gloria di ardito esploratore ha destato l'am-
mirazione del mondo civile, si è degnato assumere il vice-patronato per la Seiione
di storia delle esplorazioni e delle scoperte geografiche.
« Alla fatura solennità scientifica è ormai assicurato il favore dei Ministeri
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NOTIZIE 749
della Pabblìca Istrasione (1) e degli AffiRri Esteri, dei Manicipii di Boma, di
Napoli e di Venezia. Hanno ad essa aderito qnasi tutti i più cospicui sodalizii
del Regno: la Regia Accademia dei Lincei, la Società Reale di Napoli, la Reale
Accademia di Palermo» l'Istitato Lombardo, Tlstitato Veneto, il R. Istituto Sto-
rico Italiano, la maggior parte delle Regie Depntaziooi di Storia Patria e delle
Società storiche regionali, cospicui Atenei e Accademie deirestero. Grillnstri pro-
iÌBflBori senatori A$eoU, CamparetU e ViUari ne hanno accettato la presidenza
d'onore; e un Comitato di circa cento persone, costituito di eminenti scienziati
italiani e di illustri stranieri, raccoglierà e ordinerà il materiale fcientifloo, che
dere essere oggetto di discussione.
« Il Congresso comprenderà tutte le discipline di carattere storico, o che si
riferiscano alla storia della multiforme attività umana. Esso si dividerà in tante
Sesioni, quante saranno designate dalla natura degli studii, ai quali gli aderenti
si sono delicati. E per tanto, salvo il caso di ulteriori suddivisioni o raggrup-
pamenti, che si rendessero opportuni o necessari!, le principali Sezioni del Con-
gresso saranno le seguenti:
1) Paletnologia — Archeologia classica.
2) Numismatica.
3) Storia dell'antichità orientale e classica.
4) Storia delle letterature antiche.
5) Storia del diritto antico.
6) Storia medioevale e moderna, generale e diplomatica -* Scienza diplo-
matica e archivistica.
7) Storia delle letterature medioevali e moderne.
8) Storia dell'arte medioevale e moderna.
9) Storia del diritto moderno.
10) Storia delle scienze economiche e sociali.
11) Storia della filosofia e della pedagogia.
12) Storia delle religioni.
13) Storia delle esplorazioni e scoperte geografiche — Geografia storica.
14) Storia delle scienze matematiche e sperimentali.
15) Storia deirarte musicale e drammatica.
16) Metodica della storia.
(1) Rileviamo con vera compiacenza il favore accordato ad un Congresso di
Scienze storiche da S. E. il Ministro della Istruzione Pubblica, augurando che
tale fkvore non si limiti alla sottoscrizione della quota di membro fondatore del
OoQgresso (l 50).
Comunque speriamo che S. E. potrà ritrarre dal futuro Congresso un giusto
concetto suirìmportanza dello studio della storia musicale in Italia, mentre finora
non se ne accorse e non favorì chi alPargomento dedica ogni sua cura senza ba-
dare a sacrifizi d*ogni genere. Dico questo perchè T opportunità che offrono le
nostre Biblioteche a ricerche d'altissimo interesse per la storia delKarte italiana
svanisce di fronte ad un regolamento inqualificabile, osservato con un rigore deeno
di miglior causa; esso non permette agli studiosi il prestito di libri dei quali è
estremamente disa^vole, se non impossibile, la lettura in locali pubblici. Curiosa
cosa ! : ciò malgraao vi sono dei ffalantoominì che hanno la malinconia di lavo-
rare con successo per mettere in luce ie glorie del loro paese ! 0. C.
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750 NOTtlIS
« Saranno eselisi dalla diseustione qnei temi che per la loio natura non in-
teressino la maggioranza d«gli stadion, proponendod il Congre«o di pKsmtart
e avviare alla eolazione problemi d'importanza geaerale, i quali riehiedaAo Topera
oollettlTa dei dotti e, all'uopo, Tajnto di eodaliii eoientifiei.
e II CongresM potrà anehe dare ooeatione a camumetmoni seienHfidkej odi*
quali gli autori di qualche opera storica in preparaiione, o in corso di stampa,
rendano conto de* risultati ai quali aono pertennti, e, in via sommaria, faeoìano
noti gli argomenti prirìeipali che afralorano le loro conclasioni.
< S saranno, infine, opportuni, talora neoessarii, r«eocon<t paitioolari, i quali
con forma sobria e densa diano notizia del movimento scientifico delle Tane di-
scipline di carattere storico presso le singole Kazieni civili nella seconda meti
del secolo che si è testé chiuso.
e Con successive circolari ci proponiamo di diflbadere il nostro programma par-
ticolareggiato, essendo nostro vivo desiderio di completarlo con que* suggerimenti
che potranno venird dai dotti nazionali e stranieri, i quali desidereremmo pren-
dessero viva parte ad una grande esposizione del lavoro scientifico intemasioDale.
Sarebbe, nondimeno, opportuno che tali temi fossero comunicati al Segretariato
Generale del Congresso non più tardi del gennaio del 1902, per essere a tempo
distribuiti ai Membri del Comitato, ai quali spetterà esaminarli per Teventuale
coordinamento.
e Fra i propositi del Comitato Promotore ed Esecutivo vi sarebbe pnr quello
dMnaagQrare una mostra libraria delle pabblicazioni di carattere storico e di
storia delle singole scienze, fatte in Italia, sia da sodalizi scientifici, sia da pri-
vati, a cominciare dal 1860 (e anco anteriormente per le serie allora già iniziate);
di mettere in chiaro le relazioni fra la scienza nazionale e la straniera, e addi-
tarne i progressi e le lacane.
< Per riuscire a tale impresa, che speriamo contribuisca a mantenere sempre
più vivi i vincoli scientifici internazionali, e sia altresì di gflvamento alla srìoiza
italiana, confidiamo neiraiuto del Governo, delle RR. Accademie, delle BB. De-
putazioni, delle Società Storiche. E ci rivolgiamo anche ai singoli Editori ed
Autori, che le loro più importanti pubblicazioni potranno inriare alla Presidenza
dei Comitato Esecutivo, oppure al Segretariato Generale del Congresso.
< Per cara del Comitato Esecutivo, saranno prese e comunicate a tempo tutte
le opportune disposizioni, affinchè i Congressisti abbiano le consuete riduzioni
per i viaggi, per i mezzi di trasporto, per le abitazioni, ecc. Né esso tralascìerà
di adoperarsi affinchè tali agevolazioni si estendano oltre la città in cui il Con-
gresso avrà luogo.
« E fin d'ora possiamo, senz*alcnna esitazione, promettere che Roma e ritalia
faranno del loro meglio per accogliere degnamente gli stranieri. Il Comune di
Venezia ha già decretato liete accoglienze ai Congressisti, che quella città risi-
teranno nel recarsi a Roma; e la benemerita R. Depntazione di Storia Veneta
terrà per essi una seduta d*onore.
« L*alma Roma non solo darà libero accesso ai suoi musei , alle sue gallerìe,
ai suoi monumenti; ma con Tinaugurazione di nuove ed insigni mostre di arte
antica e moderna, di fotografie scientifiche, ecc., dimostrerà come e quanto essa
la dominatrice del mondo antico, partecipi al movimento intellettuale che rìnnon
i popoli moderni.
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NOTIZIS 751
« Si sono g:ià presi accordi affinchè in oceanone del futuro Congresso intema-
zionale si compia ano scavo nel vetasto saolo latino. E se le pratiche già ini-
date dal Gomitato avranno, come v'è ragione di sperare, buono effetto, il Con-
gresso si ehinderà con nna escursione nelle classiche terre di Napoli e Pompei.
< Il Comitato Tuole promettere meno di qnanto spera eompiere. Esso, tuttavia,
non crede di dover tacere che avranno luogo a cura della R. Accademia di 3. Ce-
dila alcune eseeuiioni musicali di carattere storico, le quali non mancheranno
di destare vivo interesse. Non intendiamo che il Alture avvenimento scientifico
perda minimamente il carattere di sobria austerità, che è proprio delU Scienia :
Ola, nemici di ogni pedanterìa, desideriamo che quello svago, che suole Sfcoom-
pagnare ogni Congresso, sia dato da esposizioni d'arte, da visite di musei e di
monumenti, da ricreazioni musicali. E porremo ogni studio perehò l'intiero pro-
gramma sia eoofdiaato ai fini strettamente scientifici del Congresso medesimo.
« U Congresso s'inaugurerà nella primavera del 1902. Indicheremo con ulte-
riore avviso i giorni precisi ne' quali esso avrà luogo, poiché desideriamo si tenga
in una stagione propizia in cai sia da sperare maggiore il concorso degli stranieri.
« Ci auguriamo che il nostro programma incontri il favore della S. Y. e degli
autorevoli suoi Colleghi, ai quali la preghiamo dame comunicazione.
< Il Presidente del Comitato esecutivo: Conte Enrico di S. Martuco
« Assessore municipale di Boma
«Pres. della B. Accad. di 8. Cecilia e della Società di Belle Arti.
« Il Presidente del Comitato promotore: Ettore Pais
< Prof. ord. dell'Università
t Direttore del Museo Nazionale e degli Scavi di Napoli e Pompei
< Il Segretario Generale: Prof. Comm. Giacomo Gorrimi
«deirUoiv. di Boma, Dirett. degli Archivi al Minist. degli Affari Esteri».
SEZIONE
STORIA DELL'ARTE MUSICALE E DRAMlftATICA
Boma, 9 giugno 1901.
Egregio Signore,
€ Nel trasmettere alla S. V. la Circolare-Programma del Congresso intemazio-
nale di scienze storiche del prossimo 1902, mi pregio di richiamare la sua at.
tenzione sopra la Sezione Storia delFarte musicale e drammatica, che viene ogni
giorno più ampliandosi e prendendo solida consistenza, in mezzo alla generale
simpatia e alla più benevola aspettativa.
« A tale Sezione intendiamo consacrare le più grandi cure, con l'intento di
farla riuscire degna dell'arte e della solenne circostanza.
« Posso dire fin d'ora che la Sezione consterà:
« A) di una parte teorica: storia e critica dell'arte musicale e drammatica,
questioni, voti, proposte, ecc.;
< B) di una parte teemco-seieniifiea^ cioè di questioni scientifiche e teeniehe
relative all'arte musicale e drammatica;
e O di una serie di esecuzioni musicali, ed eventualmente, di rappreeenta-
zioni drammatiche di carattere storico.
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752 NOTIZIE
< Aggiango, inoltre, che altre inisiatiTe, in preparazione, contribairanno, quali
utili complementi, ad assicarare il snccesso della Sezione.
« Gradirò, pertanto, che la S. V. mi riTolga liberamente tutti i consigli e sug-
gerimenti e proposte che la sna competenza ed esperienza facilmente le dette-
ranno; ed io assicoro ohe di eaii sarà tenuto il maggior conto nella redazione
del programma della Sezione.
< Nel tempo stesso, rìrolgo on caldo appello alla S. V. perchè cori la diffa.
sione del presente inTito, in modo che tatti gli istituti ed enti musicali e drus-
matici dellltalia e dell'estero, tutti i competenti e gli studiosi dell'arte mosietie
e drammatica abbiano a iscrìTersì al Congresso, e a prendere parte, nella pns.
sima prìmaTcra, al geniale couTCgno intemazionale in questa dttà.
< Le offro, frattanto, gli atti della mia distinta osserranza.
< U Prendente deUa SeMÙme
€ di Storia deJfarte mueiccde e drammatica
< E. DI San Martino ».
Aggiungiamo che, in conformità della circolare, il Conte di S. Martino bz
convocato una speciale commissione a S* Cecilia. Le ha sottoposto le risposte ri-
ccTute, le proposte giunte da diverse parti, e si è discasso a linee generali sol
programma da stabilirsi. Le deliberazioni adottate essendo soltanto preliminari,
non possiamo liberarle per ora alla pubblicità. La Commissione si radunerà an-
cora in questi giorni una volta, e procederà alFesame di altre proposte per la
Sezione musicale e drammatica. Il Conte S. Martino farà poi un viaggio in di-
Terse parti d'Italia e all'estero: e al suo ri tomo a Roma, in novembre, riconvo-
cherà la Commissione e stabilirà il programma concreto e definitivo.
Possiamo intanto dire che le adesioni e le iscrizioni della Sezione crescono, e a
quelle d'Italia se ne sono aggiunte della Germania e della Francia.
Ermete Novelli e Edoardo Boutet si occupano in ispecial modo del progn^Bma
drammatico, che avrà una parte notevole.
Terremo i lettori al corrente dello sviluppo della importante Sezione, e frat-
tanto rinnoviamo l'avviso che per iscrìversi occorre indirizzare l'adesione al St'
greiariato G^enerak dei Congresso presso ìa B. Accademia di 8^ CeeiUa, Boma,
Via d^ Grecif 18, unendo la quota d'iscrizione in lire dodici, e aggiungendo
lire tre per avere diritto al ricordo commemorativo del Congresso (riprodozione
artistica in argento di una antica moneta romana).
Chi pagherà lire cinquanta sarà Socio fondatore del Congresso,
Gl'iscritti riceveranno, a suo tempo, la tessera di riconoscimento, gli stampati
per le riduzioni e facilitazioni di viaggio, e, in ultimo, il volarne degli atti del
Congresso.
»% Congresso Intemasionale di Scienze storiche, — Boma, primayera 1902.
Roma, li 8 agosto 190L
Egregio Signore^
Con circolare 9 giagno u. s. ho annunziato che nel prossimo Congresso inter-
nazionale storico (Roma, aprile 1902) una importante sezione, la XVIII, sarà
esclusivamente dedicata alla • storia deWarte musicale e drammatica 9, e ne
accennai per sommi capi il programma.
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NOTIZIE 753
Costitoitosi poco dopo il Comitato proTTisorio della sezione fra le Tarie pro-
poste esso ha preso in considerazione la seguente:
< Etpositione storica deOe rappresenUuioni teatrali, nella produtione, negli
autori, nelle sale, nei paleoseenici, negli attori ^ nei costumi, nelle tele,
negli accessori, nei mamfeeti, ecc. > .
li solo enunciato Tale a dimostrare come ana tale esposizione potrebbe riascire
Tarla ed interessante. La vastità del compito potrebbe bensì far gnerra al snc-
cesso ; ma, riassumendo il tema per sommi capi ed esprimendolo nei saoi dati più
caratteristici, si potrebbe aTeme nnldea che fosse sintetica senza cessar di essere
pittoresca ed educatrice.
Si dovrebbe danqne astrarre, in massima, dall* antichità, senza rinunciare a
comprendere dell* antico teatro quei saggi che non esigessero eccesso di studi e
di ricerche, e limitarsi a risalire alle origini del teatro moderno, sia comico,
tragico, drammatico, che musicale e coreografico. Un rapido cenno della trasfor-
mazione dal teatro classico al medioevale potrebbe essere dato con qualche illustra-
zione grafica, per venire a una specifica raccolta di documenti, dal Rinascimento
sino ai giorni nostri, riproducendo e riunendo quanto sia possibile comprendere
nelle varie forme delle rappresentazioni tipiche.
Ad esempio: la pastorale italiana e le danze, i comici italiani in Italia ed in
Francia, il teatro di Shakespeare, il teatro di Molière, le commedie italiane nelle
eorti principesche ed ecclesiastiche, le prime e le successive forme del melodramma,
i primi balli spettacolosi, le riproduzioni auliche di spettacoli antichi, le rappre-
sentazioni di gala, allegoriche, patriottiche, sino alle forme attuali dei diversi
generi di arte teatrale.
Tutto ciò affidato a qualunque genere di docamenti, grafici, plastici, letterari,
originali e riproduzioni in stampe, disegni, macchiette in rilievo, bozzetti sceno-
grafici, attrezzi, copioni di opere celebri, partiture, strumenti, ritratti, ecc., che
verrebbero ordinati e coordinati in ragione dei tempi e dei luoghi, in modo da
dare un* idea approssimativa della trasformazione dei vari generi, e ricordarne le
fisionomìe nei tratti salienti.
Gli archivi dei grandi teatri, gli archi?! storici, i gabinetti di stampe, le
biblioteche, gli antiquari, gli amatori di cose vecchie e curiose, dovrebbero pre-
starsi alla costituzione di questa esposizione, la quale consentirebbe anche parziali
mostre collettive di ogni suo ramo e la esplicazione di complete cronistorie, sia
locali che individuali.
Tale esposùfione — una particolare sezione della quale sarebbe dedicata alla
memoria di Giuseppe Verdi {esposizione verdiana) — non potrebbe farsi senza
il volenteroso concorso delle persone e degli istituti e società che sono in grado
di facilitare il compito al Comitato o di assumersene una parte.
Pr^o, pertanto, la S. V. di volere nel più breve tempo possibile cortesemente
indicarmi se intenda prendervi parte, o prestarvi la Sua efficace cooperazione, e
in quale modo e misura.
Dipenderà dalle categoriche risposte che ci giù ngeranno il decidere se potremo
attuare questa geniale ed originale iniziativa in onore dell* arte italiana, o se
dovremo, nostro mal grado, e con vivo nostro rincrescimento, rinunciarvi.
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754 NOTIZUB
Gradisca frattanto, Chiarissimo Signore, gli atti della nostra particolare
Tanza.
Il Comitato provmono deUa tejnone ddTarte mumeàk e é^ammaHea:
Pretidente: E. di San Martino e Valperga.
Membri: Ermete NoTelli — Filippo Marchetti — Stanislao Falchi — Prin»
Lotì — Edoardo Bonet — Alessandro VesseUa — Rieeaido Gaodolfi.
Segretario: Alessandro Parisotti.
Risposta:
Al Prof. A. PiRiBOTTi, Segretario del Comitato ddla tegione mmneak e
drammatiea, B. Accademia di S. Cecilia, Via dei Greci, 18 -* Boma.
«*« Bevue d'histoire et de eriHque musicaleSf prìndpalement consaciée à la
mnsiqne fran9aÌ8e. Pnblication mensoelle honorée d'ane aonscription da Mlnìstèn
de rinstmction pablique et des Beanx-Arts.
< Paris, 8 jnin 1901.
< Momieur,
€ Aa nom des coUaborateurs de la < Bevae d'histoire et de critiqae mnà-
cales » dont tous troa?erez la liste ci-jointe, noas arons Phonnenr de roos in-
formez qae noas domandone anx Maitres les plas connos de Tart musical (bon
de Franco) de Touloir bien noas donner nne réponse à la qnestion salvante:
< QneUe e$t votre opinion sur lee auvree mueicaìei de M, SoàU-Saén»?
QuelUa eont celìee de ees eompoeithne qui voue paraiuent le pku digneg i'ee-
time? QueUe place aitribues-voue à M, Saint-SaSne dona ThMtokre de U
mutique au dix'^ewninu eièeìéf
« Noas ne cberchons pas des éloges coortois, mais une opinion sincère de
Maitres aatorisés.
« Si Tous Toalez bien noas enyoyer qaelqaes lignee de réponse (déyeloppée et
moti?ée, oa bien coorte, comme voas jngerez bon), noas serons heareax de las
insérer prochainement dans nn nnmóro special qai Toas sera enroyé.
e Veaillez agréer, Monsiear, Tassarance de notre haute considération et de
DOS eentiments les plas déToaés.
« Poar la Bevue d^Mstoire et de eritì^te mueicalee
€ J. CoMBARisu, Direeteur,
* « Profeseeur agrégi de fUmìtoernU t.
P. S, En pabliant Totre réponse, noas serìons heoreuz d^j joindre ane note
sar vons méme, si vous le permettei et si Toas Tonlez bien noas indiqner, poar
éviter des errears: 1* les liea et date de Totre naissance; 2* tos titres oflBdeli
et Tos fonctlons actaelles; 3* la date exacte de tos prìncipales oompoaitions oa
publications (avec tons renseignements qae Toas jagcdez atileB);4« Totre adresse
et, si possible, votre photographie.
Prióre d^adreeeer avant le 15 juiOet à M. le Prof. Juìee Combeaieu, SJi,
rue de Tocqueville, Parie, — Les réponses sont re^ues en fran^ais , alletnand,
anglais oa italien.
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NOTIZIE 755
^*« Jan Blochx ò saccedato al Benoit come direttore del CoiuerTatorìo di
AnTefsa.
«% Chicago arra fra non molto nna nnoTa sala da concerti del eosto di 300.000
dollari.
«*« Una scnola accademica, detta Conservaiono Ommppe Verdi, ò stata aperta
a Brema sotto la direiione della signorina A. di Catalto.
«% Il sig. F. Mendelssohn ha donato al Mosco di strumenti musicali di Berlino
nna coUeiione di 400 ritratti di musicisti.
Ifecrdogie.
«% Giorgio Vierling, stimato compositore di musica da camera, oratorii e
cantate.
«% jTar HallstrGm, compositore svedese assai noto.
«% John Stainer, compositore e professore di musica a Oxford.
«*« 6. C. Gnrliti, compositore e direttore di musica.
«*« Alfredo Piatti, celebre Tioloncellista, morto il 18 Inglio nella villa Lochis
alla Crocetta di Moszo, presso Bergamo. Era nato a Bergamo TS gennaio
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£Ii£I260 D£I LIBSI
ITALIANI
ÀnniuiKio (D*) G., In marte di G. Verdi; canzone preceduta da iiQ*orazione ai
gioTanL In-4**. — Milano. Fratelli Treves. — L. 1.
Boni Om Verdi: Vuomo, le opere, Tartista. 1 toI. inlB*" fig. — Parma. Battei.
- L. 1.
Pizzi I., Bicordi Verdiani inediti, con 11 lettere di 6. Verdi ora pubblicate
per la prima Tolta. In-16®. — Torino, Boni e Viarengo. — L. 1.
Soffredini A., Le opere di Verdi, Studio critico analitico. 1 toI., in-S". — Ki-
lano. C. Aliprandi. — L. 5.
Tabanelli N., lì codice del teatro. 1 toI., in-16«. — Milano. U. HoeplL —
L. 8.
Torchi L., La musica istrumeniak in Italia nei secoli XVI, XVII e XVIIL
1 yoL, in-8*. — Torino, Bocca. — L. 6.
Verdi Giuseppe. Biografia. In-16«. Bibl. del Popolo. — Milano, Sonzogno. —
L. 0,15.
FRANCESI
Aobert Cli., L'art mimique, suim d'un Traité de la Pantomime et du Balkt
1 Tol., in-8«. — Paris. A. L. Charles. — Pr. 5.
Brnnean A., La mtésique franoaise, 1 voi. in-S^". •— Paris. E. Fasqnelle. —
Fr. 3,50.
Jadassohn S.» La basse continue. Une Instruction ponr Texécntion des parties
chiffróes dans les chefs d^OBOvres dea anciens maitres. 1 toL, in-8*. — Paris.
Lib. Fischbacher. — Fr. 6.
— Tìièmes et exempUs pour Vétude de Vharmonie, Supplément aa Traité d*Har-
monie. In-8«. — Paris. Fischbacher. — Fr. 2,25.
MahillOD T. C, OataUogue descripUf et analytiqu/e du Musée instrìtmenial
l?Ustorique et teckmque) du Conservatoire royal de Musique de Bruxelk».
8* Tol., no« 1822 à 2055, in-d». — Gand. Ad. Hoste. — Fr. 5.
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KLENCO DII LIBRI 757
Biehter E. F., Exereices pour urvir à Vétude de Tharmonie pratique, Eztriits
da «Lehrbacb der Harmonie». Tndait par G. Sandré. In-8«. — Leipzig.
Breitkopf.
Soubies Am Hiataòre de la musique en BeUgique, Tome II. Le XJX« nècie.
1 voi., in-12«. — Paris. E. Flammarion. — Pr. 2,50.
TEDESCHI
Batka R., Siudien sur Oesehiehie der Musik in Bóhmen. InS". — Prag.
J. G. Calve.
BerlioK H., Die Kami dea Diriiierens. In-8^ — Heilbronn. C. J. Schmidt.
Eltner B., Biographieék-hibliogriigpJueehes Quelìen-Lexieon der Mueiker u.
Mueikgelehrien der ehristìichen Zeitrechnung bis sur Mitte dee 19. Jahrh,
IIl-8^ 3. Bd. — Leipzig. Breitkopf.
Beim £., Neuer Fiihrer durch die VioìiurLitteratur. In-8*. 2. Aafl ^ Hannover.
L. Oertel.
Jadassohn S., Oeneràlbaas. Bine Anleiig. filr die Ausfiihrg. der Continuo^
Stimmen in den Werken der aUen Meister. In-8<». — Leipzig. Breitkopf.
— MusikàHseìie KomposiUonàkhre. 4. Bde. lo-S». — Leipzig. Breitkopf.
— Die Lehre vom reinen Saise in 3 LehrbUehem, In -So. — Leipzig. Breitkopf.
Jahrbueh f, Deutschland Mànnergesangvereine 1901. 1. Jahrg. In.8«. — Leipzig.
A. Spitzner.
Kofler L., Die Kunst dee Almens àls Orundìage der Tonersetégung fUr
Sànger^ etc. ete. In-8«. — Leipzig. Breitkopf.
Kross E., Ueber das Studium der 2à Capricen Paganini^s u. die Art u.
WeieSf wie diese durch PaganinVs Hand- u. ArmsieUung aueh v. kki-
neren Hànden Uberumnden werden kihmen. In-4<^. — Maina. B. Schotti
Lehn^s Muaiker-Notisbuch. 1901, In-IG*". — Annover. Lehne n. Co.
Marx A. B., L. van Beethoven, Leben ti. Sehaffen. 5. Aafl. In-8<>. — Berlin.
0. Janke.
Merìan B., Geschichte d, Musik im 19. Jahrh, — Leipzig. H. Seemann.
Mey C, Die Musik ab tonende Weìtidee. Versuch e. Metaphgsik der Musik,
InS^, — Leipzig. H. Seemann Nachf.
Molltor P. B., Die Nael^TridenUnisehe Choraì-Beform su Barn. In-8*. —
Leipzig. F. E. C. Leackart.
Nagel W., Zur GeschichU der Musik am Hofe V, Darmstadt, In-8^. —
Leipzig. Breitkopf.
Pietzsch B., Tie Trompete aìs Ordiester^Insirument u, ihre Behandìung in
den versehiedenen Epoehen der Musik. In-4<>. — Heilbronn. C. F. Schmidt.
Poehhammer A., Musikàliséhe Eìementar-Chrammatik, Praktieeh-tearet, In^S*".
— Leipzig. H. Seemann.
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758 KLXNGO DBI LIBRI
Bichter À.^ Aufgabénbuch mu E. Fr. BichUrs HarmonièUhre. 16. Àafl. Ib^.
— Leipzig. Breitkopfl
— Die EìemefUarkenntniise der Muiik. In-8*. — Leipzig. Breitkopf.
Biohter £., Die prakti$ehen Stitdim eur Theorie der Muiik, In-8<>. — Leipsig.
Breiikopf.
Riemann H., KatecMimus der Mueikgeaehiehie. — Leipsig. M. Hesse.
Bitter H., Ueber die tmUerieOe u, eoziale Lage dee Ortheetermueiken, Iih8*.
— Mtlnchen. M. Poessi.
Seldi À., Modemer Oeiei tn der deuteehen Tonkunst. In-S*. — Berlin.
Hannonie.
Seydler Th., Moikriàl f, den UnierriM in der Eàrmamekhre. 2. Ànfl. It^.
— Leipzig. Breitkopf.
INGLESI
Chapin A. A., Maetere of MueiCt iheir Uvee and worke, In-12*. — Kew-Tork.
Dodd, Mead and Co. -- Doli. 1,50.
Henderson W. J., The Orchestra and Orchestrai Music Portralts. Iii-8«. -
London. F. Murray.
Mees A., Choirs and Choràl Music Id-12«. — New-York. Scribner. — Doli. 1,2S.
Beeve^ Musical Directory 190L In-8«. — London. W. Beeyee.
Banciman J. F., Old Scores and New Beadings, 2^ edit. In-8«. — LoadoA.
Unicom Press.
Tapper T., First Studies in music biography. Inl6*. — New-York. Theodore
Presser. — Doli. 1,50.
Ternham J. F., First Steps in ihe Harmonisation of Méhdies. In-8«. —
London. NotoUo.
Wilheli^J A. ami Brown I., A Modem School far the vioUn. — London
NoTello.
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BìxSlim DELL^ IQUSie^
Autori moderni.
Andreoli Gn^rUelmo. — Op. 22. Tre pezzi per P/orie a qmUro mani, —
Milano. G. Ricordi.
Monca di stile facile, che non aggiunge nnlla alla prodaiione dell'Andreoli.
Il quale nella Danza polacca non seppe eyitare la ripetizione di cose già dette
da Chopin; anche la Canzone Eònembranze e la Garetta non offrono idee nnove.
Bossi M. Enrieo. — Op. 122. Album pour la Jeunezee. — N. 1. Careeaes.
— N. 2. Souvenir. — N. 3. Scherzando. — N. 4. Nochime. — N. 5. Ba-
hiOage. — N. 6. 0<md(Mera,—l^. 7. Vàke Charmanie. ---Ì^.S. Berceuee.
— Lipsia e Milano. Carisch e Jftnichen.
I pianisti poco avanzati saranno grati al Bossi del regalo di queste pagine di
&cile esecuzione, che il lodare toma inutile; tutti sanno con quanta finitezza il
fecondo compositore tratti i piccoli soggetti, né egli prende la penna per ripetere
sé stesso.
GentiUi D. — e Gorgheggio > per VioUno sólo. — Trieste. C. Schmidt.
Una delle solite bizzarrie di stile imitatiTo non legittimata da un contenuto
musicale.
Habay Jend. — Op. 89. Dix Audes concertantez pour le Violon, — Leipzig.
Bob. Forberg.
Da segnalare questi studi, buoni per tecnica, stile scorrevole e di brillante
effetto.
Martaoei Giuseppe. — Op. 78. Tre piccoli pezzi per P.forte. — Leipzig e
Milano. Carìsch e J&nichen.
Nella Serenata, la melodia pur serbando il carattere di hdìe eantabilità, si
discosta dal comune per la varietà del ritmo. Il titolo di Minuetto dato al se>
coudo pezzo non deve spaventare i nemici delle arcadiche imitazioni delFantico;
«e ne ha an*impressione di dolcezza e di raccoglimento. Infine il Capriccio seduce
per queUa grazia personale che il Martuoci dimostrò nel genere scherzevole fin
dalle prime composizioni giovanili.
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760 XLENCO DELLA MUSICA
Maseagni Pietro. — La Gavotta deUe bamboU, per Quintetto a corda o Pioite
solo 0 a 4 mani. — Trieste. Carlo Schmidt
Non c*è né carattere, né spirito, né baon gasto nell^armonia.
Beger Max. — Op. 39. Drei seehssUmmige Chdre fUr 1 Sopran, 2 AU.
1 Tenar^ 2 Boss. — N. 1. Schtceigen, — N. 2. AbendHeéL — N. 3. JMikr
lingsbUeh.
Op. 46. — PhatUa$ù und Fuge fUr OrgèL
Op. 47. Seehs THos fUr Orgeh Canone, Giga, Canzonetta, Scherzo, Sidiiaiia,
Foga. — MQnchen. Jos. Aibl.
Max Beger, la cai atti?ità produttrice segniamo con compiacenza, conta fra i
più promettenti dei giovani artisti tedeschi. Le composizioni corali attestano Tat-
ti tndine a trattare i Tari generi; quelle per organo meritano in particolar modo
l'attenzione dei lettori: al culto aristocratico dello stile tì si aggiunge nn calore
giovanile che le distingue da tanta musica dotta e accademicamente fredda. Se
i Trii sono scritti in uno stile semplice^ invece la Fantasia e Fuga (Op. 47)
sul tema suggerito dalle lettere componenti il nome di Bach è opera d'artista
rafiQnato che non teme il difiBcìle, senza però far della tecnica lo scopo dell'opera
d'arte. Insieme colla Swìata per Violino e P.forte € annunziata lo scorso autunno >
è Topera più forte ed elaborata del Beger: l'artista sa che ha da far qualche
cosa di grande e vi si accinge con entusiasmo e con nobUtà d'ingegno che desia
sincera ammirazione in un giovane ventottenne. E questo per consenso dei critici
e del pubblico in Germania.
Bice! Tutorio. -> Melologhi: lì GhMnto. -^ Armonia, —Firenze. Ed. Scia-
bili]. — Pastelli musicali: Tìie Chmeras, — OobUn Marlcet, Cantata. ^
London. Joseph Williams.
Nel melologo riuscì al compositore di ben conciliare la forma musicale col
testo; però in quanto a pensiero ci voleva qualche cosa di più impressionante
per tradurre la poesia di Schiller: debolezza che incontrasi in Armonia — parole
di 6. Marradi. In generale la musica del Bicci è melodica e accurata nello 9^^^
se non personale ; talora caratteristica come nel princìpio della Cantata, la quale
non cresce d*attrattiva nella seconda parte.
Stranss Blchard. — Op. 40. Ein Heldenkben, Trascrizione per P.forte a
4 mani o per due pianoforti a 4 mani di Otto Singer. — Leipzig. F. £•
C. Leuckart.
Su di Una vita d'eroe, Tultimo dei poemi musicali di B. Strauss, la critica
si pronunziò con riserbo e in forma indecisa. A differenza di e Also spradt
ZarathtMtra > , una di quelle opere che nel loro indirizzo o si accettano o à
respingono del tutto, esso non presenta — almeno ad una prima audizione —
l'unità di carattere del poema suddetto o di TiU Euìenspiegel Accanto a pa^ne
molto straussiane — ci si conceda Tespressione — per l'effetto strumentale o per
la polifonia elaboratissima (tali la quarta parte « Le lotte deireroe » e la quinta
< Le opere pacifiche dell'eroe » — uno splendido cantabile costrutto su più di
venti temi tratti dalle opere anteriori di Strauss) altre ve ne sono di classica
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BLENOO DELLA MUSICA 761
semplicità. Poiché non è qaì il luogo di esaminare il poema in sé, il che richie-
derebbe nno stadio esteso anche sagli altri poemi di Straass, ci limitiamo a rac-
comandarne la lettara nella trascrizione per dae pianoforti, la quale va conside-
rata piuttosto quale mezzo di preparazione all'audizione orchestrale anziché quale
musica da eseguire al pianoforte; il colore orchestrale è, a parte lo scopo estetico,
necessario alla chiara comprensione della polifonia. Però anche la semplice lettura
al pianoforte dimostra a fÌEivore di Strauss la musicalità delle sue sinfonie a pro-
gramma e quanto errino colpro che in lui vedono solo un creatore di nuoTÌ effetti
orchestrali. Speriamo che non abbia a essere . lontano il tempo in cui vengano
eseguite in Italia e dal pubblico comprese le opere geniali d'un musicista che
è alla testa del movimento musicale odierno.
Quale aiuto all'analisi di Ein Heìdenleben raccomandiamo Teccellente guida
tematica di Friedrich Ròsch, pubblicata dallo stesso editore, e della quale esiste
pure una traduzione francese di E. Glosson.
-)))•(((-
Giuseppi Magrimi, Gerente responsabile.
ToRiHo — Vincenzo Bona, Tip. di S. M. e de' KR. Principi.
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-^memo^ie-j-
Le» Cfeant»
de la Liturgie de St JeaQ Cferysogtonie
dans TÉglise Bulgare.
Xie peuple bulgare a le sestiment, la passion méme de la muaique;
il se montre, à bon droit, fier et très fier de ses aìrs natioaaux cornine
de sa noufelle et florissante littératore; aossi bieii, a-t^il tort de n»
pas attacher le mdme intérét ì sa moùfae religìeuse.
A ce sujet, c'est eo ?aÌQ que les Balgares prétendent s'autorìser
de eertains actes de yandalisme pour ezpliquer Tabsence de doeu-
ments propres ì jastifier, chez leurs ancétres, Texistence d'un art
musical indépeidaut de celai des autres peuplea. L'on serait mal
venu de voakir mettre en doute les autodafés des Hilarìon et dea
Joachim (1): conTieat-il dayantage d' en exagérer la portée réelle?
Les Serbes, non plus que les autres peoples slares de la Péninsule, n'ont
pas de semblables griefs à jeter à la face des Greca modernes, et
oependant ils sont tout aussi pauyres en documenta sur l'histoire de
leur musique sacrée.
Au cours de longues et minutieuses rechercbes, il m'a été donne
de consulter, soit en Bulgarie, soit en Turquie, trois cents et quelques
(1) Cf. Leocr, La Bulgarie^ pagg. 50-51.
RùtUia mutieaU italiana^ VIU SO
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764 MXMORn
manoscrits litargìqaes sla?es. A part deox exceptions, dont il sera
parie plus loin, aucnn de ces oarrages ne portait trace de notation
musicale partìculière.
Au &it, les Slaves ayant refu leur liturgìe de Byunce, est-il
yraisemblable qu'ils n'aient pas également accepté d*elle, les ehants
religieux qui en font partie intégrante?
La tradition musicale des Byzantins nous a été conseirée dans ses
principaux éléments gr&ce à leurs notations figurées oa séméiogra-
phiques.
La séméiographie primitive; dérifée elle-mdme des signes proso-
diques grecs, et non pas, comme on Fa cru fort longtemps, des ca-
ractères démotiques égyptìens, exprimait le simple récitatìf des épìtres
et des évangiles. Befdtant bientftt une forme plus analytìque, cette
première écrìture musicale seryit de fondement à toutes les nota-
tions de mème genre employées dans les différentes confessions chré-
tiennes (1).
Chez les Grece en particulier, on vit se former presque simulta-
nément deux systèmes analogues: la notation HagiapoUte ou Damas-
céniennej et la notation restée très longtemps inconnue que j'ai
baptisée du nom de ConstantinapoUtaine (2).
Au X* siècle, les Busses embrassent la foi chrétìenne et refoivent
de Byzance leur clergé, leur liturgìe et leurs ehants.
Sur ces entrefaites, Tìnfluence du monarchismo palestinien deyient
telle, que le typieon de Si Sabbas et, par suite, la notation Hagùh
polite sont introduits dans S^ Sophie, et peu après, adoptós dans
toutes les églises de Tempire.
Bestés, de prime abord, étrangers à ce mouvement, les Busses ne
laissòrent point d'employer la notation de Gonstantinople qn'il est
aisé de reconnaitre aujourd'hui dans Técriture musicale des Baskolniks.
Par contro les Slayes de la Péninsule, définitivement asseryis au
pouYoir de Byzance sous le règne de Basile II, se yoient contraintB
d'employer dans leurs principaux ehants liturgiques, a?ec la notation
Eagiopolite^ le texte grec lui-méme.
(1) Cfr. BytonnUniiché ZeiUehrift, Vili, 1, pagg. 144-146.
(2) Cfr. « BaUetin de Tlnstitat archéologiqae rosse de Conitantinople », 1899.
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LK8 CHANTS DB LA UTUROIB DB 8T. JBAN GBRTSOSTOBfB 765
Qaelque singnliòre que puisse paraitre cette assertion, elle n'en
est pas moina fondée sur deox doemnentB de haute yaletir: le 8y-
nocUque de Boris, conserve à la Bibliothèque Nationale de Sofia (1),
et le Ms. N. 31 da monastèro balgare de Batchkoyo.
Dans le premier manoscrìt, redige en palèo-slave, le texte chanté
fidt exception: il est écrit en grec et la notation est celle de Jean
Damascène. Le Ms. de Batchkovo est un codex liturgique du XIV* si^le
dont les titres et sous-titres sont en slave alors que le texte musical
est grec et la notation celle de Jérusalem égalemeni
La situation religieuse des Jugoslaves déjà fort précaire sous les
empereurs byzantins, fut bientòt modifiée par la domination musul-
mane, qui supprìma successivement toutes les églises autocéphales au
profit de rÉglise grecque de Constantinople.
L'Église bulgare de Timovo fut la première «acrifiée (1393) et
réunie à celle de Constantinople bien avant la chute de l'empire.
Supprìmée à son tour vers 1469 et rétablie après un siècle, TÉglise
d'Jpeck perdit de nouveau son autonomie en 1765: le patriarche de
Constantinople Samuel en avait acheté la suppression à la Porte,
35000 aspres.
Deux années plus tard, le patriarcat d'Ocbrìda disparaissait gr&ce
À la mSme influence.
Au milieu de ces nombreuses vicissitudes le haut clergé slave ne
fut pas le Seul éliminé en vue de Tunité ecclésiastique grecque dans
tonte la Péninsule^
Le philétisme cependant Temporta; sous Timpulsion de ce senti-
menti de grandes évolutions religieuses et politiques s'accomplissent
soudain: après la perìodo d'asservissement, voici venir celle de la
libération.
Les Serbes sont les premiere à s'affranchir, les Bulgares suivent
leur exemple et en 1870, obtiennent de la Porte un firman qui con-
sacre de nouveau leur autonomie religieuse.
Dès l'origine de leur lutto separatiste avec le Patriarcat (Ecumé-
nique, les Bulgares reprirent possession de leur ancienne langue
(1) Le Synodique de Boris date da XIII* nòcle mais il n^eit, apparemment,
qa*ane copie d*iiii texte plus ancien.
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786
litargiqne. Dans rinterrane de 1857 à 1875 troie chaniires eipérì-
mentée, Jean Selyievtse, J. Harm et F. Dibitrìana, dotent leiir Égli»
de noayelles éditions de chants sacrée aprèe aroir adapté aa tote
slave les mélodies et la notation dee Orecs moderneB (1).
Je n'ai pas à entreprendre ìci V examen crìtiqne de cee dÌTenes
adaptations mueicales ; mon but est plus special et se nstreiflt à
rétude des mélodies ordinaires de la liturgie dite de 8^ Jean ClirT*
sostome. Beaaconp de ces chants n'ont été oonserrés que par la sanie
tradition orale ; il devient opportan de les publier sana retard.
Monsienr Manassi Pope Thodoro l'a fort bien compris, mais 9od
trayail manqne d'exactitude (2); il m'a dono para bon de le zepreDdi»
en son8-<»avre en me fondant sur la haute expérience da B. P. Chris-
tophe Portalier.
Les chants exécntés pendant la célébration de la liturgie gneque
de S* Jean Ghrysostome penvent se diyiser en denx cat^ries. U
première comprend les mélodies traditionnelles plas spécialemeot dé-
signées sous le nom générique de XetToupriKà é litnrgiques, tela Ie3
trois refraiDS qni accompagnent les antiennee da commeneement de la
messe: xax^ npeapeiat^ rf)^ Gcotókou, chez les Slaves MoxHTsaKH
Eoropo;i[in^, £ai<Tov fmfi^ u\è deoO ss cnacs hh cirae Eostt, le Mo-
VOT€vf|^ Uló^ = EAHHOpOOTHft CHHC, V ElcTOblKÓV saa: UXO^by 1« ^pi'
a&xxo^ :== TpHoparofte, VàlleMa de TÉpttre et de TÉvangile, le
Ttatépa utóv = OTi^a n cHBa, le Z€ d^voO^ev := Tene iioeia>y 1^
versets EI^ "Ario^ el^ Kupio^ = E^^hhb cbhtb, ElboMCv tò 901; =
BEjHfìXOìi CB'feT 'bCTHHHH; TÒ 6vo^a KupCou = Bjjpn Snia rocaojfi^'
La seconde catégorie renferme le x^poupiKÓv s=HiRe xepjBHicHf
le KoivwviKóv = npiraacTHH et V "AEiov ècrriv = ^ocroftHO ccrb
(1) Jean Seltibttss pnblia à Ini lenl, la pina grande partie des wtmg» de
chants liturgiqaea: Une AtUhologié (Imprìmerie Tadóe Daritchian, Constanti-
nople, 1857); Un Doxastarùm (Impr. Nat, Constantinople, 1864); an Stìch^-
rarion (Typogr. do journal La Maeédoine, Constantinople, 1868); nn MimAm
(Typ. da jonrnal La Macédome, Congtanttnople, 1869). — Jbaii Harm édiu
Les offUses €ha$Ué$ de la Semaine SainU (Impr. da joaraal La Macédome, 1869>
— T. DiBiTRiAHA pnblia an AnasUmmatarion (Congtantinople, 1872). -> h»
oarragea de chant litorgiqne pabliés de noe joan dans la Balgarie, le sont g^
néralement en notation earopéenne.
(2) BosecTBeHHéa JlaTypria, IIxobxhb^» 1897. Le méme anteur a égaleneot
pablié en notation earopéenne an Stichèrarian (Moscon, 1898).
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LBS CHA1IT8 DB LA LITURaiB DM 8T. JBAN GHaTSOSTOMB 767
remplacé aux fStes de N. Seignenr et de la S^ Yierge par Vhirmus
de la nenvième ode des laudes, et aux messes de S^ Basile par
VhirfMiS 'Eni ao\ x«tp€i KcxapiTuiM^vii = 0 tcb* pa^^yerca (1).
Ces mélodìes appartenant à un genre particulier dit papaéUque^
ont de ce chef, un caractère moins traditionnel que les précédentee;
le premier chantre vena se fieiit un jeu de les modifier à son gre,
le plus souvent, dans le seul bat d'afficher ses propres talenta de
compositeur.
A la Térité, ce ne fut pas trop le cas chez les Bulgares, mais par
contre, à Svéti Eral de Sofia, à Svéta Bogoroditza de Philippopoli,
«t dans nombre d'^lises de la Principauté, on goùte fort, depuis
peu, les messes harmonisées par les musiciens de Pétersbourg et de
Moscou !
De tous les chants liturgiques bulgares, ceux de la première ca-
tégorie attestent le mieux leur origine; l'analogie aree les airs grecs
est méme sur le point d'étre parfaite en plus d'un cas: dans Bh^c
noìsiieB^Tb HCTHHHH et Ey;i;H ftida rocno;i;He par exemple.
Le mode généralement employé dans ces chants liturgiques est
celui du 2^'^éeho3 considéré par les fiyzantins comme le plus noble
et le plus harmonieux.
Ce mode ayant une nature tonte speciale, il ne sera pas inutile
de donner ici quelques renseignements à son sujet.
L'échelle normale du 2^"^* échos comprend la quinte mi-si: au
delà de la sixte, on retombe dans le second mode piagai ; en ce cas,
le mi supérieur est bémolisé.
Finale
▲mbitiM I ordinairo
Gomparés avec ceux de notre gamme tempérée, les intervalles de
cette échelle présentent de curieuses particularités: l'intervalle sohla
est sensiblement de 3/4 de ton et le degré suivant la-$i, de 5/4 de ton.
Par un phénomène assez naturai, ces différences d'intervallo im-
(1) Je passe soas silence les rumxd et les MaxapiaToC bien qae la melodie en
soit fort belle; les Balgares comme les Grecs ne les chantent plas qa*à de rares
exoeptions.
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708 MIMORII
posées par la hi éPattraction mélodique, et parfaitement sensibles à
roreille lorsqu'on entend un Bolo, voire un duo de chantres exercés,
disparaissent on se modifient profondément dès qa*il s'agit d'une exé-
cution en choBur; et cela, tout ausai bìen chez les Qrecs que chez
les Bulgares.
Ces particnlarìtés d'intervalle disparaìssent-elles, on passe alors
dans le ton légétùs (X^tctoOi autre échelle commune au deuxième
échos et proche parente du dorìen antique:
J
%
« ^ "^
La modification de ces mSmes intervalles s'accomplit de trois ma-
nières: en premier Ueu, le la est simplement bémolisé, on obtient
de la sorte l'echelle
FÌB»le
^
dont le chant des réptms et colui de VaUduia oflfrent des exemples.
Dans le second cas, plus particulier aux Bulgares, le /a est sur-
élevé d*un demi ton. Le 2a et le mi supérieur redeviennent naturels;
on retombe ainsi dans le sol majeur de la musique européenne.
Toutefois le passage en sol majeur reste assez souyent indécis, in-
completa ce qui donne naissance à une gamme hybride dans laquelle
le fa est naturel ou dièze^ le la naturel ou hémol^ suiyant rattraction
mélodique. Je signalerai, à ce sujet, les airs MojiHTBaHn £oropo;(Hmi,
cnacHHH CHHe BoadS et cbath Bose empreints tous trois, du plus
pénétrant caractère d'humble et instante invocatìon, le csflTBy me-
lodie sublime de respect et d'adoration, le XBaxHTe rocno«]i(a, cbant
de la plus religleuse suavité, vérìtable modèle du genre jpapo^ué.
Dans tous ces chants liturgiques le rhythme est simple comme la
trame mélodique; la mesure à deux temps est la seule usitée: le
rhythme égal convient d'ailleurs essentiellement à la musique sacrée
par sa simplicité, sa noblesse et sa majesté.
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L18 CHAMT8 DB LÀ UTURGIS DB 8T. JBÀN GHRTSOSTOMS
769
Ces mélodies traditionnelles ont, dans leur ensemblef un je ne saia
quei d'archalque, de naif, d'étrange parfois, qui en fiait le charme
et la poesie. A part Thymne des chérubins et la Cammtmùm où les
neames et les vocalises peuyent se donner libre cours, la musique
en est porement syllabique; elle étreint les paroles et en fait jaillir
les fonnes et les formules qui doivent servir à traduire le texte.
n semble à première vue que cette sujétion verbale doive porter
atteinte à l'éclat mélodique: en réalité, elle demenre, ao point de
vue esthétique, la source naturelle et feconde de la véritable expression.
Quel art que colui de concentrer un sentiment, une émotion, Fin-
fini des mystères religioni dans les courbes gracieusos d'une simple
phraso musicale!
On se demanderà sans doute s'il ne sendt pas mieux d'harmonisor
cette messe. — En principe, la polyphonie est contraire aux tonalités
bysantines. Harmonisée, la liturgie bulgare perdrait, à n'en pas douter,
le charme qu'elle doit à son naturel et à sa simplicité; mais, con-
servant tonte sa religiosité elle acquerrait aussi, par là, un caractère
de haute noblesse qui la rendrait digne de supporter la comparaison
avec les liturgies russes les plus justement célèbres.
P. J. Thibaut.
Chants Bulgares
de la Liturgie de St. Jean ChryBOstome.
Bépons.
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LBS CHANTS DB LA LITURGIB 01 8T. JEAN GHRTSOSTOMB
771
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772
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LE8 GHANTS DB LÀ LITURGIB DI 8T. JEAN C^RTSOSTOMB 773
Bipons de VÉvangih,
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BCtaB H XyXOBH TBO 6 HJ
Aprèg fÉmfugik,
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Répons de la Grande Ekténie.
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Moderato,
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774
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UB CHANTS DE LÀ UTUROUB DI 8T. JBAN GHRT806T0M1 777
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Tropaire à la SairUe Vierge,
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Digitized by CjOOQ IC
T78
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LBS CHANTS DB LA LITUROIB DB ST. JBAN GHRTSOSTOMB 779
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51
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780
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Après la Cammunian des FidUes (Verset).
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Digitized by CjOOQ IC
LBS GHANTS DB LA LITURaiB DI ST. JEAN CHRTSOSTOMB 781
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Avant le Benvoi des Fidèles.
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782
MKMORIS
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Digitized by CjOOQ IC
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di Jacopo Toniadini.
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Eel fase. 4% voi. VI (1889) di questa Rivista, ho dedicato un
breve stadio al celebre musicista cividalese, tessendoDe a larghi tratti
la biografia e trattenendomi specialmente sul suo Oratorio < La Si-
surremane del Cristo >. Quest'opera, una delle poche del maestro che
abbian veduta la luce per le stampe, fu giudicata ricca di bellezze
artistiche e potè essere apprezzata in grazia delle esecuzioni accura-
tissime che ebbe a Firenze e a Cividale in circostanze assai favore-
voli. Ma non si può, dall'esame di essa soltanto, fieirci un concetto
completamente giusto del merito del Tomadini. La < Risurrezione >,
come fu scritto, risale al 1864 e si può dire un lavoro relativa-
mente giovanile. Da queiranno in poi, fino alFultimo istante della
sua vita, il Nostro non cessò mai dal comporre, e le opere posteriori
all'Oratorio recano una non dubbia impronta di continuo perfeziona-
mento e di maggiore elevatezza d'inspirazione. Sicché, ad illumioare
meglio l'artistica figura dell'illustre abate, pensai di sottoporre ai
lettori una fra le opere de' suoi ultimi anni, un'altra pietra miliare
importantissima della strada da lui percorsa, che a giudizio dei com-
petenti e a mio avviso, manifesta più chiaramente l'assiduo e saliente
progresso fatto in ordine di tempo dal compositore nel severo campo
della musica sacra.
Il Miserere in Mi minore che m' accingo a prendere in esame e
a cui avevo già accennato nel mio studio precedente, fu scritto ap-
punto nel 1881, due anni prima che il Tomadini venisse a morte,
e giace fra le numerosissime opere inedite del maestro. Fu es^oito
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IL ' ICISERSRB , IN MI MINORI DI JACOPO TOBCADINl
785
poche volte e sempre a Giyidale: neiranno stesso in cui fu composto;
neirSS, ai 21 di febbraio, in occasione del trigesimo dalla morte
del Tomadini, e finalmente neir85 e neir89, in solennità religiose
speciali.
11 lavoro è composto per dne tenori e basso, con accompagnamento
di qaintetto d'arco d'organo e timpani. Come si vede, son lasciati
da parte i legni e gli ottoni che compaiono, parcamente adoperati,
neirOratorio < La Bisurrezione >. Questo complesso di strumenti,
archi organo e timpani, era prediletto dal maestro ; se neirOratorio
egli si era servito quasi dell' intera orchestra, lo aveva f&tto perchè
le norme del concorso cui prendeva parte lo esigevano; ma, quan-
tunque sapesse valersene con mano sicura e con magistrale esperienza,
gli sembrava che i legni e gli ottoni nuocessero all'ideale ch'egli si
era formato della composizione sacra; non fossero cioè in armonia
col misticismo religioso. Qui poi si tratta di vera e propria musica
da chiesa, e tutti sanno che v'ha artisticamente differenza di carat-
tere fra un Oratorio e un Miserere.
La composizione che verremo esaminando consta di dodici tempi.
Incomincia con un Adagio in 4/4; l'organo fa udire un tema calmo
e triste:
Adagio.
che gli archi, entrando l'un dopo l'altro, contrappuntano con una
frase lamentevole e singhiozzante :
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786
MBMORIB
2. Adagio,
e dopo poche battute d'introduzione, il basso attacca il motivo:
3.
Mi-M-*r6-ro me-i
cbe nel suo spunto ricorda il tema fondamentale liturgico del pre-
ludio della « Risurreaione », e i violini primi lo contrappuntano
mantenendo il disegno melodico iniziale, mentre poco a poco entrano
in ìstile fugato tutte le voci a darne lo svolgimento ; gli altri stru-
menti parte armonizzano, parte si prestano a rinforzo del canto.
Questo assume un ritmo più largo alle parole : « Lava me ab iniqm-
tate mea », modulate airunissono dai tenori e all'ottava dal basso:
4.
^^
La - TA me
accompagnate da un leggerissimo movimento di terzine di semicrome
affidato ai primi violini:
5.
e sostenute dal canto delle viole:
6.
^
^
j. ^-Ij j #SÌ3
fincbè alle parole : « Quoniahi iniquitatem meam > ritoma il disegno
melodico primitivo dei violini, sopra un progressivo crescendo delle
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IL ^ MISBRERK , IN MI MINORE DI JACOPO TOMADINI
787
voci che da ultimo cadenzano largamente al verso: « conira me est
semper >, in Mi maggiore.
Segue YAd(igio un Andante cantabile, pure in 4/4, nella tonalità
di Sol magg. Gli archi soli brevemente preludiano :
7. Andante cantabile.
Quindi è affidata al basso, sulle parole: « Tibi soli peccavi ì^^ la
frase seguente:
^*v-rrjj^lTr"rrrr irrf
Ti
bi M
accompagnata da semplici armonie degli strumenti a corda. La frase
va acquistando sempre maggior espressione, finché al verso « Ut justir
ficeris > entrano contrappuntandola i bassi, e mercè un ottimo ef-
fetto di crescendo^ essa assume un carattere di vera grandiosità, so-
stenuta da un robusto movimento dei primi e secondi violini alle
parole : « Et vincas > :
9.
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4iUUìJ-=^
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788
MBMORIB
E qui brevissimo commento degli archi inspirato al preludietto
che sta in capo all'assolo del basso ; il quale fa poi ndire un nuofo
tema al verso : « Ecce enim in tniquUatUms conceptus sum >, mo-
dulato in si minare^.
10.
t>'yrr ir^JrTM^rg Irrori rrrr u
Ec-oe eaia in i - iii-qiii-ta*ti - bui eon-ce-ptu
I ooa-ee-ptuft ms
mentre il violoncello e il contrabasso mantengono il pedale insistente
della tonica di effetto molto cupo, e i primi e i secondi violini ese-
guiscono un movimento dì crome di caijittere speciale per i frequenti
ritardi che sembrano sospiri angosciosi. Alle parole: <Ecce enim
veriiatem > V Andante cantabile si muta in Andante mosso conser-
vando il tempo 4/4, e il basso attacca un terzo tema in Sol magg.
11. Andante mosso.
7-I rTr-p-ULg
Ee*oe e
nim
rinforzato dai primi violini e armonizzato e contrappuntato dagli altri
strumenti, nel quale sono di bei squarci, sebbene appaia un po' troppo
prolisso. Al conchiuder della frase, gli archi ripetono in tempo An-
dante cantabile il commento iniziale, melodicamente quasi identico
al preludietto, ma con novità d'istrumentazione.
E si passa ad un Allegretto in 3/4 e in Do magg. di carattere
haendeliano. Le voci espongono il tema armonizzandosi sulle parole:
« Asperges me hissopa ».
12. Allegretto.
^m
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sper - gM
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Digitized by CjOOQ IC
IL * BOSBRBBB , IN BH MUCOBB DI JACOPO TOBfADINI
789
Al Terso : « Lavahis me », il secondo tenore ed il basso escono nel
motivo seguente:
13.
sZZi
Tft • bis me
sostenuto dai violini, mentre alle viole è affidato un movimento di
terzine che sembra rispondere, pel concetto musicale, a quello dei
primi violini, già accennato, sulle parole : « Lava me ai iniquitatibas >
che appare nel primo tempo e sta quasi ad esprimere il mormorio
delle acque.
Lo svolgimento di questo motivo conduce ad un piccolo fugato al
verso: < Et super nivem dealbabor », dove la frase musicata assume
un'impronta gioiosa, e di qui si ritorna al disegno melodico ed ar-
monico del principio ielVAUegretio sulle parole : « Audiiui meo ».
11 motivo del < Lavahis m6 » si svolge nuovamente al verso : < Et
extdiahunt ossa ^umiliata » in cui il precedente movimento di ter-
zine successivamente si alterna fra i diversi strumenti, finché grada-
tamente si spegne alla fine del pezzo nei violoncelli, e serve a dare
lo spunto al brano che segue, un altro Allegretto^ in 6/8 e in Ira
minore.
Oli archi accennano il tema che vien quindi ripreso dal primo
tenore, ed il secondo tenore e il basso ne danno lo svolgimento. La
melodia ha una sentita impronta di sconforto e risponde logicamente
al concetto delle parole che riveste : < Averte fadem tuam » :
14.
^rnrrnzLJ\rr
Gli strumenti leggermente la contrappuntano lasciando spesso sco-
perte le voci, per far spiccare con maggior potenza il doloroso mi-
sticismo del versetto religioso. Cito la bella frase che precede la
modulazione in La magg. sulle parole: « Et omnes iniqmtates meas
dele », di sapore gounodiano :
Digitized by CjOOQ IC
790
MEMORIE
Lo spunto del nuovo motivo in La tnagg. è affidato al primo te-
nore e si svolge melodicamente puro e sentito sul verso: < Cor mundum
crea in tne >. Il violoncello va dolcemente contrappuntando.
16.
Cor
rr\ ft M-rj^^
dam
eor ramn
I r^LLT I rTxurfTr I rpg
a in
a in ine . .
Le altre voci quindi ripigliano la frase armonizzandosi e il con-
trappunto del violoncello passa nell'organo; poi, procedendo, il vio-
loncello e Tergano si uniscono seguendo un disegno indipendente, e
qui il primo tenore rimane spesso abbandonato dalle altre voci. La
frase risolve nuovamente in La minore e sulle parole : « Ne proidas
me >, il secondo tenore fa udire un nuovo spunto melodico meno
interessante del precedente, accompagnato dai pizzicati degli stru-
menti a corda:
17.
Ne prò - • i - ci* ai bm
Digitized by CjOOQ IC
IL * MISERERB , IN MI MINORE 01 JACOPO TOMADINI
791
Questo spunto è ripigliato dal primo tenore insieme al secondo, e lo
svolgimento di esso ci guida alla fine del brano attraverso una specie
di duetto fra le due voci, mentre il basso armonizza con un notevole
crescendo al verso: < Et spiritum sanctum tuum ne auferas amei^.
Qui V Allegretto si cambia in Andante poco mosso e il 6/8 in 4/4;
la tonalità passa in Be magg. Il tema, affidato al secondo tenore
sulle parole: « Redde mihi laetitiam >, è il seguente:
18. Andante poco mosso.
jf^ j J-^4:^Lr ^ LT I ^ ^ J ^
Bed
de
mi
Viene contrappuntato dai primi violini ed è suscettibile di molta
espressione poiché interpreta adeguatamente il concetto che lo informa
e non manca di certa ampiezza d'ispirazione. Svolto in parte, passa
al primo tenore nella tonalità della dominante, e ne continuano
quindi lo svolgimento in tempo un po' meno mosso^ i due tenori
sulle parole: « Et spiritu principali confirma m6 » ; e qui tutti gli
strumenti a corda armonizzano, sostenendo e contrappuntando con
un movimento ritmicamente energico.
Più che uno sviluppo del motivo iniziale, questo breve squarcio è
una specie d'intermezzo, cui succede nuovamente Y Andante mosso.
Il secondo tenore ripiglia lo spunto già accennato, e il primo, pro-
cedendo per imitazioni, coopera a dame un nuovo svolgimento fino
alla chiusa.
Una lunga corona separa questo pezzo dal seguente: un Adagio
in si^ y in tempo 4/4. I due tenori all'unissono e il basso in ottava
cominciano con un fortissimo sul verso : « Libera me de sangui-
nibus Deus » :
19. Adagio,
r^r r' r^'n r
Li-be - ra me li
be-n me
Poi vanno concertandosi, e mentre da principio le voci erano soste-
nute da tutti gli strumenti con un insieme pieno e vibrato, alle
Digitized by CjOOQ IC
7^2
MSMORIB
parole: < Dem scUtUis meae », rimangono scoperte. Cadenzano rallea*
tando il movimento e gli strumenti ripercuotono la cadenza per poi
attaccare il tempo che segue, un Allegretto in 3/4, in ri k
Prima i due tenori e sobito dopo il basso entrano ad es^rre il
nuOTO motivo sul Terso : Et extdtabit Ung^a mea »| che pel dis^o
melodico risponde a quello ricordato più indietro sulle parole: « JS<
extdtabunt ossa hwniliata ». Comincia sotto voce e gli strumenti ad
arco accompagnano con pizzicati:
20. Allegretto.
^
^
^
^
^
u.
^
. éptlk^
m
*
Et e-zol
bit
Il concetto musicale pecca qui di alquanta volgarità, ma si rialza
un poco nello svolgimento della frase fatto per imitazioni, al verso:
€ju$titiam tuam ». S^ue un secondo motivo molto più eletto sulle
parole : « Domine labia mea aperies >, nel quale il ritmo si allarga
e le voci rimangono scoperte alternativamente con successive riprese
di brevi fugati, sostenuti dal quintetto e dall'organo.
21.
La-M- a aio - a» pt-zi-
ItV^—
^^
La -bi-a m«-
• a a-
>■ >'', n tir
Jij-^
^
La-U-
Dopo questo passo, al verso : « et ossa mea nunUàbimi laudem
tuam », vien ripigliato il motivo iniziale ieW Allegretto con novità
e maggiore complesso istrumentale, e prestatosi ad un notevole cre-
scendo^ il brano risolve.
Gli succede un Adagio devoto in Be mm. in 4/4. Il num^o degli
strumenti ad arco è aumentato di un violino solista, che sulla
Digitized by CjOOQ IC
IL 'MISIRIRB, IN MI MINOaS DI JACOPO TOMADINI
793
quarta corda, come prescrìve il compositore, eseguisce una parte
indipendente, contrappuntando il canto affidato al basso sulle parole :
« Qtwniam si voluisses sacrificium », mentre il quintetto accompagna
altroye con pizzicati, altrove con lunghe note tenute. Biproduco il
punto più interessante del passo, che, per inspirazione alta e severa,
ritengo uno dei migliori di questo Miserere :
22. Adagio devolo.
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794
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IL ' MISBRSRl , IN MI MINORE DI JACOPO TOMADINI
795
Lo svolgimento procede sempre con la stessa elevatezza di concetto
ed il brano risolve in Be maggiore.
In Re maggiore ò pure il tempo successivo: Un po' più animato,
in 4/4. Le voci si armonizzano sul verso: < Benigne fac Domine »,
offrendo il motivo seguente:
28. Un po' più ammaio.
T
p Be-
ni-gne fite
=i^
"rfr
iM-ii-gne
#
fke Do-
^
La condotta di questo squarcio è piuttosto monotona e non molto
peregrina ne è la fattura; alle parole > < Ut aedificentur muri Jeru-
salem > compare un magro canone, presto interrotto.
Al « Tane accepicMs sacrificium » si passa ad un Allegro in
Mi minore. Le voci, che lo attaccano airunissono e all'ottava e pro-
seguono legandosi in un'armonia piena e sonora, sono sostenute da
un accompagnamento marziale. Gito lo spunto del motivo che com-
prende una caratteristica cadenza sulla dominante:
24. AUegro,
^m
y^
^
1
u
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m
j. i^ j j^
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^
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Tono
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ta • bit M • oop -
t« - bit M - eri-
fi - ei • nm Ja -
S^
^^
^
^
RMtta mutieaU itaU(ma, Vili.
62
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796
MAMOaiE
Sulle parole : < OblaHones et hoìooamta » si svolge un breye canose
alla quinta, e quindi appare un secondo spunto al verso: « Tunc
impanent super altare tuum » :
25.
i
M
ll_
m
i
rt
É
^
^
^
po-nflnt
ra-p6r al -
9F1^
che si presta a dare lo svolgimento del motivo iniziale e risolve in
Mi maggiore.
In questa tonalità e in tempo 2/4 è scritto il brano che segue:
Adagio devoto sostenuto^ sulle parole : < Gloria Patri et Filio »,
un altro pezzo del Miserere rimarchevole per eletta inspirazione. II
canto principale è affidato ai primi violini e si sviluppa in un mo-
tivo ascendente perfettamente consono al sentimento che lo detta;
sembra che la melodia tenti d'innalzarsi a raggiungere qualche cosa
d'inafferrabile. Quelli che udirono le varie esecuzioni, del Miserere
fatte nei tempi cui piii sopra ho accennato, ricordano questo come
uno dei brani più profondamente impressionanti. Ed infatti in nessuno
forse degli altri suoi lavori (eccettuando il Coro: Morte e Vita
deiroratorio : « La Risurrezione »), il fecondo musicista cividalese,
severo fino allo scrupolo, estrinsecò tanto calore e tanta potenza di
suggestione. I tenori e il basso rispondono al canto dei primi violini,
rinforzati dai secondi, dalle viole e dall'organo. Cito nella loro inte-
grità alcune battute di questo pezzo condotto con vera unità di linee
e suscettibile di un bellissimo crescendo^ a cui felicemente e per sua
natura si presta il disegno stesso della frase musicale.
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26. Achgio devoto sost,
VtoL 1 I
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fÌ9Ìé
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Témori
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W^S^^
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798
Questo braDO è separato per mezzo diunaluDga corona dal seguente:
un Allegro in j$, che conserva la tonalità di Mi tnagg. e che co-
stituisce Tultimo tempo del Miserere, (^xx&ei' Allegro è una fuga a
tre parti : Tunico pezzo di tutta la composizione svolto completamente
e strettamente in questo stile, e riesce di molto effetto per la ma-
gistrale fattura.
Eccone il soggetto proposto dal basso sulle parole : « Sicut erai in
principio », soggetto, che, come si vede, è abbastanza caratteristico.
27. AUegro.
^%^=i^^^^"P^-^' I f^,^Tl H J'J IJ r I p
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La risposta è affidata al secondo tenore e la ripetizione del sog-
getto al primo tenore. Il contro-soggetto, benché chiaro e mar-
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IL ^MISERXRS, IN MI MINORE DI JACOPO TOMADINI 799
cato, è meno interessante e subisce alcuni cangiamenti nel corso del
pezzo. Dopo un brevissimo divertimento ^ nella seconda esposizione
la ripercussione del soggetto nella tonalità della dominante passa al
primo tenore, il contro-soggetto al IP, la risposta al basso e la ri-
petizione del soggetto al secondo tenore. Segue un divertimento più
lungo del primo, suscettibile di buoni effetti di sonorità per Teccel-
lente disposizione delle voci. E via via sino alla stretta^ adoperando
i migliori artifici e terminando con la chiusa grandiosa e severa,
piena di forza e di colorito, notevole per un ritardando caratteristico
delle voci in cadenza piagale sulla parola € Amen ». Questo squarcio,
ricco di erudizione tecnica e ammirabile per perspicuità, dimostra
ancora una volta la speciale attitudine, corroborata da studi profondi,
che il Tomadini possedeva pel genere fugato che egli tratta con
grande sicurezza di mano e con elegante pieghevolezza.
Nel lavoro che abbiamo esaminato, gli archi in generale e sopra-
tutto i primi violini hanno una parte importante. Nell'Oratorio « La
Risurreaione », dove abbondano i cori, gli archi si prestano per lo
più solamente a sostenere le varie parti delle voci nei fugati con-
tinui e complessi. Qui invece è raro che non procedano indipenden-
temente da esse, svolgendo opportuni contrappunti spesso melodica-
mente interessanti quanto i motivi affidati alle voci, come ad esempio
nel primo tempo e nel « Gloria ». Anche il violoncello, che in tutto
rOratorio, meno in principio del Preludio^ si limita al modesto uf-
ficio di basso armonico, acquista nel Miserere una speciale impor-
tanza, e in parécchi punti, quale il quarto tempo Allegretto^ sul
canto del primo tenore che abbiamo citato ed altri, ha una parte
essenzialmente melodica.
I timpani compaiono in princìpio e in fine del primo tempo Adagio^
e in qualche battuta del crescendo che ricorre verso la metà di questo
brano sulle parole : « Dele iniquitatem meam ». Sono adoperati più
largamente nel quarto tempo Allegretto^ nel passo in minore; sol-
tanto all'attacco del sesto tempo Adagio \ nel settimo Allegretto \
in fine del nono del decimo e dell' undecime, servendo di rappicco
al pezzo che segue, e finalmente xì^W Allegro ultimo tempo, tacciono
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800
durante la foga sino alla sh^ita^ dove entrano ininterrottamente prò*
seguendo sino alla cadenza finale.
Di rado Tergano si rende indipendente ; trattato con molta cura
e dottrina, si limita per lo più a rinforzare opportunamente il quin-
tetto e le foci e a colorire certi dettagli, né mai predomina a de-
trimento dell'effetto complessivo. Quanto alle voci esse si mnoTono
sempre con singolare correttezza, e certi passi, sotto questo rispetto,
si possono davvero citare come modelli. In tutte le opere del Toma-
dini esse rivendicano tecnicamente il primato.
I brani migliori di questo Miserere sono: il primo Adagio^ in
cui rinsistente singhiozzo dei violini risponde logicamente al signi-
ficato delle parole che inspirano la melodia svolta dalle voci, dalla
quale emana un senso d'indefinibile tristezza ; il quarto tempo Al-
legretto, notevole per la mistica soavità della frase musicale; V Adagio
devoto col bellissimo contrappunto del violino solista di egregia ed
elegante fattura, concettoso e sobriamente espressivo; lo stupendo
€ Gloria » dove il misticismo assurge a vera espansione di lìrico
entusiasmo che erompe dalla frase ascendente dei violini primi, di
effetto suggestivo. Questo squarcio ha un'impronta tutta particolare,
e mentre risplende ne' suoi slanci di nobile poesia, si mantiene puro
di ogni influsso sensuale e profano. E merita di essere ricordato final-
mente Y Allegro ultimo tempo, di cui più indietro rilevammo i pr^,
il quale pecca soltanto di una certa prolissità nella chiusa dopo
la stretta.
Negli altri brani, se l'inspirazione non è sempre alta ed originale
come nei suddetti, la condotta è sempre irreprensibile e classica-
mente modellata, e in generale in tutto il componimento, pur rispet-
tando lo speciale carattere della musica sacra, è evitato il conven-
zionale e il pesante. Fatto degno di nota questo se si pensa che ai
tempi del Tomadini, per isfuggire a simili difetti, si cadeva nel ba-
nale e nel barocco.
Osservo ancora che, mentre nell'Oratorio le parti meno riuscite
sono i due a soli del soprano, i quali per concezione e per corret-
tezza di linee sono lasciati a molta distanza dai cori, in questo Mi-
sererei dove occorrono, sono trattati con garbo sapiente; basti ad
esempio quello per basso nélY Adagio devoto. Vero ò che qui il maestro
si muove nel suo campo prediletto; abituato alle frequenti ripetizioni
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IL 'MISBRKRB, IN MI MINORE DI JACOPO TOMAOINI 801
m
delle stesse parole, cui i testi sacri latini si prestano nella compo-
sizione liturgica, si trovò forse un po' imbarazzato di fronte al testo
italiano dell'Oratorio e il concetto musicale se ne risentì, mentre in
questo lavoro corre invece snello spedito ed efficace.
Lo spirito di ogni versetto è fedelmente riprodotto nelle note che
lo vestono; giusta è la distribuzione dei coloriti, accurata la spez-
zatura delle sillabe. E i differenti timbri delle voci sono scelti con
molto tatto ad esprimere i vari sentimenti di dolore, di tristezza, di
speranza.
Conchiudendo: quest'opera, malgrado certe piccole mende, conférma
e rischiara di nuova luce il non comune valore artistico dell'illustre
compositore friulano.
L. PlSTOBBLU.
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ScWUer et la HJugique.
^X^andis que Ooethe et ses rapporta avec la mosiqae ont été l'objet
de la part de quelques musicographes très distingués de savantes et
très intéressantes dissertations, on a laissé Schiller de cOté. Cependant,
ce grand poòte mérìte, à mon ayìs, tout autant Tattention dea mu-
sicìens que celle qu'on veut bìen accorder à son illustre rivai.
Il semble, au premier abord, qae Schiller n'a pas conna l'émo-
tion que produit la musique sur les àmes supérieures; qu'il y étaìt
ìndìfférent et ignorait la puìssance et le charme de cet art qui exer-
9ait sur Goethe une si grande impression. G'est une erreur manifeste.
Tout comme Tauteur de Fatisi^ colui de GhiUìaume Teli avait
une ftme sensible ouverte à toutes les manifestations des arts libé-
rauz ; Schiller ne serait pas le sublime chantre des douleurs et des
joies humanitaires, des aspirations du peuple vers un idéal élevé et
de son désir de s'affiranchir de tonte tyrannie en conquérant sa liberté,
car Schiller demeure un des représentants autorìsés de ces aspi-
rations-là, s'il avait été indifférent en présence de cotte autre mani-
festation glorieuse que la musique produit sur les masses. Une
nature d'elite, comme celle de Schiller, ne pouvait se soustraire à
la magie qui émane de Tart musical, ni méconnaitre son charme
irrésistible.
La grande place que tient Schiller dans Thistoire des lettres alle-
mandes, et par conséquent dans l'histoire de Tesprit humain, appella
Tattention sur tout ce qu'il a été comme sur tout ce qu'il a &it
J'ai dono essayé dans les lignes suivantes, de faire ressortir le rdle
que Schiller a tenu à l'égard de la musique de son temps et de
montrer Tattraction puissante que ses poésies magistrales ont exercée
sur plus d'un compositeur illustre.
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SCHILLER ET LA MUSIQUK 803
Jean Christophe Frédérig Schiller naquit à Marbach, dans le
Wùrtemberg, le 10 noyembre 1759. Il fat dono contemporain de
Haydn, de Qluck, de Mozart et de Beethoven.
Le pére da poète, Jean Oaspard Schiller, était alors lieatenant
d'infanterìe; c'etait un homme simple, laborieux, sevère pour loi-
mgme et pour les aatres, un vraì type d'honneur et de verta popa-
laire. Sa mère, qai s'appelait Élisabeth-Dorothée Kodweìss, était aussi
un excellent type des classes popalaìres en AUemagne, honnéte, douce
et affectuease. Elle aitnait la masiqae: elle chantait des mélodìes
popalaires en s'accompagnant sar la harpe.
Àprès le premier grand et retentissant succès qa'il remporta avec
son drame Les Brigands, qai farent joaés pour la première fois le
13 janvier 1782 sur le tbé&tre de Mannheim, Schiller, pour se sous-
traire au joug tyrannique que faisait peser sur lui son seìgneur et
maitre le due de Wfirtemberg Charles-Eugène, prit la résolution de
s'enfuir secrètement. Un ami intime de Schiller, Jean André Streicher,
pianiste, né le 13 décembre 1761 à Stuttgart, avait résolu de s'en-
fuir en méme temps que lui. Les deux amis mirent leur projet à
exécution. Streicher a raconté dans les moindres détails, avec une
grande simplicité, l'histoire de cotte fuite. Cédons-lai la parole pour
en rapporter les divers incidents.
Le 22 septembre 1782, par une magnifique soirée, tandis que le
due Charles-Eugène recevait avec éclat le grand-due Paul de Russie,
qui venait d*épouser sa nièce, la jeune et ravissante princesse Marie
de Wùrtemberg, tandis que les bois du chàteaa la Solitude reten-
tissaient encore des fanfares da cor, des aboiement'S des cbiens et des
crìs joyeux de Thallali, au moment où le ch&teau ducal, illuminé
jusqu'au fatte, éclairait au loin la forèt, et que princes et gentils-
hommes, électeurs, ducs et grands-ducs se pressaient autour du jeune
couple imperiai, une modeste volture sortait de Stuttgart, vers dix
heures, par la porte d'Essling, parco que c'était la plus sombre de
la ville et qu'un des amis les plus sùrs de Schiller, nommé Scharf-
fenstein, y commandait le poste en qualité de lieutenant: s'il s*éle-
vait quelque difficulté, on comptait Fécarter aussitòt par Tintervention
de Tofficier. Quel bonheur que dans ce temps-là ce ne fiit pas Tusage
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804 MBMORIE
de deroander leur passe-port auz Toyageurs en voitare ! Le « halte-là!
qui-vive » de la sentinelle, quoique les denz jennes gens s'y atten-
dissent, lenr fit une étrange impression. Ani questions da soas-officier,
qui sortit à Tappel du factìonnaìre : « Quels sont ces messieurs ? où
vont-ils?» Streicher répondit: «Le docteur Bitter et le doctear
Wolf. lls se rendent à Essling ». Après les avoir inserita sona oes
deax noiDS, on leur ouvrìt la porte.
Quand ils furent dehors^ ils se crurent échappés à un grand danger,
et, comme si ce danger avait pu revenir, ils échangèrent à peine
quelques paroles, tant qu'ils tournòrent autour de la ville pour aller
gagner la route de Ludwigsbourg. Mais lorsqu' ils eurent franchi la
première montée, ils retrouvèrent leur calme, leur liberté d'esprit;
Tentretien s'anima, et roula non seulement sur le passe le plus récent,
mais encore sur le prochain avenir.
Yers minuit ils virent au ciel, à la gauche de Ludwigsbourg, une
rougeur extraordinaire, et, quand la volture fut en vue de la SoU-
tude^ le ch&teau de cette residence, place sur une assez grande hau-
teur, se montra soudain, avec ses nombreuses dépendances, dans un
éclat enflammé, qui, à la distance d'une lieue et demie, faisait Feffet
le plus surprenant. La pureté et la sérénité de Vair permettaient de
tout distinguer si clairement que Schiller put montrer à son com-
pagnon le point où demeuraient ses parents, puis tout à coup, comme
frappé d'un trait sympathique, il s'écria, en étoufiant un soupir:
€ Ma mère !.... ».
Entre une et deux heures du matin, on arriva au relais d'Enti-
weihingen, où il fallut s'arréter. Après qu'on eut domande du café,
Schiller tira de sa poche un Cahier de poésies inédites de Schubart,
dont il lut les plus remarquables à son compagnon. A huit heures
du matin, les voyageurs atteignirent la frontière. A la vue des con-
leurs de TElectorat palatin, des poteaux et des barrières, rayés de bleu
et de blanc, qui lui annonsaient qu'il était libre, qu'il entrait dans
une contrée sur laquelle ne pesait pas le joug auquei il se dérobait»
Schiller, jusque-là un peu sombre, s'épanouit, et parut renaitre à una
vie nouvelle. A 9 heures du soir, on s'arréta à Schwetzingen pour
y passer la nuit; les portes de Mannheim, en ce temps-là ne s'ou-
vraient point après le crépuscule. Le 19 septembre, les voyageurs
furent sur pied de très bon matin, pour se préparer à faire leur entrée
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SCHILLER ET LA HUSIQUB 805
à Mannheim. On tira des coffres ce qu'ils conteoaient de mienx
pour s'assurer par le semblant de TaisaDce une considération qu'on
refose presqne tonjours à qui parait indigeni au malheureux. Schiller
n'avait poor tont biet que 23 florins et Streicher 28 ; mais le poète
comptait sur la Conjuratìan de Fiesque à Génes^ tragèdie républi-
caìne, pour ses premiòres dépenses, puis sur des honoraires fixes,
attachés au titre qu'il ambitionnait, et qui lui donneraient le temps
de sd créer d'autres ressources.
Persuadés qu'avant quinze jours ces présomptions seraient cbangées
en certitudes, les deuz amis montòrent une dernière fois en voiture
se dirìgeant vere Mannbeim qu'ils atteignirent au bout de deuz
heures, et où ils entrèrent sans qu'on les arrétàt à la porte ni qu' on
leur adressàt aucune question.
Schiller désormais libre put donner essor à son genie. Àprès maints
crucis embarras, des mécomptes sans nombre, et des misères noires,
à force de travail il arriva plus tard à se créer une position très
honorable. Quant à Streicher, il se rendit d'abord à Hambourg pour
parachever ses études musicales auprès de Gharles-Philippe-Emmanuel
Bach, le second fils de Tillustre Sébastien, qui fonctionnait à Ham-
bourg comme directeur de musique d'église.
Plus tard, Streicher se Sia à Vienne en Autriche comme facteur
de pianos. En 1793 il épousa Nanette Stein, née à Augsbourg le
2 janvier 1760. Cotte femme charroante, qui avait étó dans sa pre-
mière jeunesse l'amie de Mozart, voua plus tard à Beethoven Taf-
fection d'une sceur. Elle mettait de Tordre dans la garde-robe du maitre
et veìllait sur l'entretien de son linge et de ses hardes ; elle s'occupa
également avec zèlo du ménage toujours en désordre de Tauteur de
FideUo^ ce qui n'était pas une mince affaire. Beethoven savait qu'il
pouvait compter sur l'amitié de M^ Streicher et en usait sans scru-
pule. Dix fois par jour il lui envoyait quelque billet, parfois méme
des lettres de quatre pages, pour faire appel à son inépuisable
obligeance.
C'est sur l'indication et les conseils de Beethoven, que Streicher
inventa un mécanisme pour le piano dans lequel le marteau frappe
la eorde d'en haut. Streicher mourut à Vienne le 25 mai 1833; sa
femme Tavait précède de quelques mois dans la tombe le 16 jan-
vier 1833.
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806 MEMORIE
Occapons-nous maintenant des poésies que Schiller a spécialement
consacrées à la musique et dans lesquelles il exalte les impressioiis
qu'il a ressenties.
Il va sans dire, que la traduction de ces poésies daDS une autape
langae que celle dans laquelle Tauteur les a con9ues, efiacera le
rythme si harmonieux, la couleur vive ainsi que les belles qualités
du style, choses si essentielles qui dans la langue de Schiller font
de ces poésies lyrìques de véritables et inimitables che&d'ceuvre.
Voici d'abord quelques perles, cueillies dans les Tablettes vo-
Hves:
1. — Uart mtisical,
Que Tart plastique respire la vie; du poète, je veux un soufflé in-
spire; mais, seule, Polymnie exprime Tàme.
2. -— Certaines Mélodies.
C'est de la musique pour faire penser. Tant qu'on l'entend, on est de
giace. Ce n'est que quatre ou einq heures apròs qu'elle produit son ve-
ritable eflfet.
3. — Rubriques au-dessus des lignea de ces Mélodies,
Le chant est glacial et sans ftme ; mais le chanteur et l'accompagna-
teur sont poliment priés à la marge d'avoir da sentiment.
Ces vers étaient dirigés contre les mélodies de J. Fr. Beicbardt»
et contre les indications que les compositeurs placent au-dessus de
la portée, destinées à marquer le mouvement, le sentiment, comma
Adagio^ Allegro^ Dolce^ Orojrìoso, Cantabile, etc.
Jean-Frédérig Reichardt, compositeur, chef-d'orchestre et musico-
graphe, est né à Eoenigsberg en Prusse, le 25 novembre 1752 et
mort à Qiebichenstein, près Halle, le 27 juin 1814. En 1775 il fot
nommé maitre de chapelle à la Cour de Prédéric-le-Grand. Eeichardt
a compose une grande quantité d*opéras, des symphonies, de musique
de chambre, des concertos, ainsi que de la musique religieuse. L'acti*
vite littéraire de Beichardt fut très étendue.
Les distiques suivants qui généralisent l'esprit artistique, daos
uMmporte quelle branche de l'art, s'appliquent également à la mu-
sique et aux musiciens:
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SCBILLER £T LA MUSIQUB 807
1^ — Le Oénie,
L'intelligence, il est yrai, peat prodnìre ce qui a déjà été ; ce que la
nature a construit avec choix, d'après elle. La raìson b&tit par delà la
natnre, mais seolement dans le vide; toi ^eul, genie, tu accrois la na-
ture, sans sortir d'elle.
2. — Caractère du Genie,
Comment et par quoi se révòle le genie ? Comme se révòle le Cróa-
teur dans la nature, dans le tout infìni. L'éther est clair et pourtant
d'une profondeur immense ; ouvert auz yeux, il demeure un étemel my-
stère pour l'intelligence.
8. — L'imitateur.
De ce qui est bon faire quelque chose de bon, c'est ce que peut chaque
homme intelligent ; mais du mauvais le genie tire le bon. Tu ne peux
t'essayer, imìtateur, que sur ce qui est déjà forme; à l'esprit créateur,
cela mdme qui est déjà forme ne sert que de matière.
4. — L'union difficile.
Pourquoi le goùt et le genie veulent-ils si rarement s'unir ? Celui-là
ci'aint la force, celui-ci méprise le frein.
5. — Choix.
Si tu ne peux plaire à tous par une action ou par une oeuvre d'art
contente le petit nombre: plaire à beaucoup est mauvais signe.
6. — La Science,
Pour l'un c'est la grande, la celeste déesse: pour l'autre, une bonne
vache, qui lui foumit du beuire.
7. — L'idéal propre,
A tous appartient ce que tu penses, ce que tu sens est seul à toi.
Sens, si tu veux qu'il soit fa propriété, le Dieu que tu penses.
8. — Za Beauté,
La beauté n'est étemellement qu'une, mais le beau change diverse-
ment; ce qui seul fait cette unite belle, c'est précisément qu'il change.
9. — Le Théoricien,
Vous procédez d'après les lois, aussi toucheriez-vous assurément le
but, si seulement la majeure, si la mineure étaient yraies.
10. — L'imagination,
Elle peut, il est vrai, créer la matière d'un ouvrage, mais sa fougue
déréglée l'empéche de fa9onner. Ce qui est harmonieuz peut seul pro-
dnire l'harmonie.
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806 MEMORIE
11. — Le^on^ pour VéUve artiste,
Pour qae ta évites le pire dee dófiAote, la médiocrìté, n'évite trop tòt,
jeune homme, aucon des autres!
12. — La délicatesse dans le blàme.
Qu'appelle-t-on blftme délìcat? Celai qui épargne tes faiblesses? Non,
celai qai fortifie l'idée qae ta as de la perfectìcm.
13. — Les criiiques mns mission.
n est facile de bl&mer, et si difficile de créer. Voas qoi blÀmez oe
qai est faible, avez-voas donc aassi ces dons excellents qui récompai-
sent Vàme créatrice?
14. — - Aux supérieurs,
On aboie toajoars après voas. Bestez assis ! Les aboyeurs ont envìe
de ces places d'où l'on entend paisiblement aboyer.
15. — Le Virtuose.
Je saìs aax ordres de l'aagaste assemblée avec ma flùte, qai, comme
toat Yiemie me Tatteste, sonne absolament conmie an violon.
Il s'agìt ìci du Autiste aveugle Fr. L. Dulon, né à Oranieoboorg
le 14 aoùt 1769 et mort à Wurzbourg le 7 juin 1826. C'était un
virtuose très habile sur la flùte; il fitde grandes tournées artistiques
avec un immense succès et composa desconcertos, des variatioss, etc.
pour son instrumeni
Fassons maintenant aux grandes poésies lyriques du maitre.
1. — Laure au Piano.
Lorsque tes doigts, Laure, font résonner magistralement les cordes
de ton Piano, je demeure tantòt comme une statue sans àme, tantót
comme une £Une sans corps. Tu commandos à la vie et à la mort, avec
la memo puissance quo Pbiladelphia éveiUe des àmes dans mille réseanx
de nerfs.
Alors, par respect, pour t'entendre, les sooffles de Fair broissent plns
doocement Eivées à ton chant, les sphères attentives s'arrétent danfl
leur étemelle revolution, pour s'abreuver, à longs traits, de plaisir. En-
chanteresse ! tu les subjugues par les sons, conmie tu m'enchalnes par
les regards.
D'émouvantes harmonies, des torrents de volupté ruissellent des cordes,
comme s'envolent de leurs cieux des séraphins nouveaux-nés. Comme
autrefois, 8'élan9ant des bras gigantesques du chaos, les soleils éveillés
parla tempète de la création, jaillirent, étincelants, du sein de lanuit:
ainsi se precipite la magistrale puissance des sons.
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8CHILLKR KT LA MU8IQUE 809
Tantdt aimables et doox, comme le broìsseznent des ondes argentées
sur les cailloaz polis; tantòt majestneaz et magnifiques, comme les so-
norìtés paissantes de Torgae ; pois bondiss^nt impétaenx, comme roulent,
à grand brnit, du haat des rocbers, les torrents écameuz ; bientdt gra-
cienx marmare, caressant et léger, comme Tair tiède soufflé discrètement
dans la forét de trembles. Enfin plus graves et mélancoliqaes et som-
bres : on dirait le frémissement des ténèbres aa vide empire des morts,
où des harlements perdas se prolongent, oh le Cocjte traine ses flots
de larmes... Parie, jeane iille I je t'interroge, instrais-moi : As-ta fait an
pacte avec des esprits d'un ordre supórieur? Est-ce la langue, ne me
trompe pas, qu'on parie dans l'Éljsée ?
2. — La Puissance du ChanU
Voyez le torrent qui tombe du haut ' des rocs : il descend avec le
braìt de la foudre^ entralnant dans sa course les pierres de la montagne
et les troncs des chénes. Le voyageur écoute ce fracas avec un plaisir
m6lé de terrear. H entend le magìssement des flots et ne sait d'où ils
ylennent. Ainsi le cbsoìt s'échappe d'une source qu'on n'a jamais dé-
coaverte.
Qui peut expliquer la magie da chantre uni aux redoutables étres dont
le poavoir dirige les fils de la vie? Qui peut resister à ses accents?
Gomme s'il tenait entre les mains la baguette da messager des dieux,
il gouveme le coeur ému, il le fait descendre dans l'empire des morts,
il Télève vers le ciel, il le condnit de pensée en pensée et le berce, et
le mòne da plaisant au sevère, sur la flexible échelle des sentiments.
Qaelquefois, dans les cercles de la joie, pénètre tout à coup, avec sa
nature mystérieuse et gigantesque, un affireuz destin. Alors, toutes les
grandeurs de la terre s'inclinent deyant cet hOte étranger ; le vain bruit
de l'allégresse se tait, tout masque tombe, et, devant Timage victorieuse
de la vérité, s'évanouit tonte oeuvre de mensonge.
Ainsi, quand Tappel du chant résonne, Thomme se degagé de tout
vain fardeau, pour prendre sa dignité intellectuelle et sentir une force
sainte. H appartient aux dieuz suprémes ; rien de terrestre ne peut Tap-
procber, et tonte autre puissance doit rester muette, nulle fatalité ne
Fatteint, et les rides du souci s'effacent, tant que règne la magie du chant.
Et comme, après le regret sans espoir, après la douleur amère d'une
longue séparation, un enfant se precipite, versant les larmes brùlantes
da repentir, sur le coeur de sa mère, ainsi le chant ramène à la chau-
znière de sa jeunesse, au bonheur pur de son innocence, le fugitif sur
one terre lointaine, parmi des mceurs étrangères; il le remet aux bras
de la nature fidèle, pour réchauflfer son cceur glacé par les théories.
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810 MEMORIE
3. — La Danse,
Vois tonmer d'un pas flottant les couples, balancés comme les yagnesl
Le pied aìlé effleore à peine le sol. Voìs-je des ombres fagitdyes déli-
vrées da poids des corps ? des sylphes qui, au clair de lane, ^entrelacent
lear ronde aérìenne? Comme, bercée par le zéphyr, la fomée légère se
balance sar les flots argentés, ainsi le pied docile bondit sar la ragne
mélodiease de la cadence; le son des cordes marmarantes soolève les
corps éthérés.
Soadain, comme s'il voolait rompre de force la chaine de la danse,
an coaple bardi, là-bas, s'élance aa plas épais de la ronde. Devant lai
se fraye sabitement le passage, qai, derriòre lai, disparait; il semble
qa'ane main magiqae lai oayre et lai ferme le cbemin. Vois ! à Tinstant
il s'est évanoai aaz regards: dans on foagaeaz péle-méle croole et se
confond l'elegante stractare de cette mobile création Non! le voilà
qai flotte encore et ressort triomphsmt; le noead se débroaille; Tordre
n'a fEdt qae se rétablii avec an noavel attrait Toojoars detraiti ce
monde toarbillonnant se reprodait torgoars, et ane loi maette dirige le
jea de ces métamorpboses. Parie! d'où yient qae les figares vacillent,
sans cesse renoavelées, et qae le repos sabsiste dans ce moavant ta-
bleaa? qae cbacon, maitre et libre, n'obéit qa'à son propre coear, et,
dans cette coarse rapide, troave Taniqae chemin? Veax-ta le saToir?
C'est la paissante déesse de Tbarmonie qai ordonne en bel ensemble de
danse les bonds désordonnés ; qai, pareli à Némósis, dirige avec le freis
d'or da rythme la brayante allégresse, et apprivoise sa foagae.
Et c'est en vain qae poar toi retentissent les harmonies de l'anivers?
Le torrent de ce sablime concert ne te saisit-il pas ? ni la cadence ra-
vissante qae toas les étres te marqaent; ni le toarbillon de la danse
qai, à travers Tétemel espace, lance de brillants soleils dans les roates
bardiment entrelacées ? Ce qae ta respectes poartant dans le jea, ta le
fois dans l'action: la piesure!
4. — Fragment tire de '^ la Féted'Éleusis ».
(22"* strophe). Cependant de ses cordes d'or Apollon fidt sortir l'har-
monie, et l'aimable mesare des temps, et la paissance de la melodie. A
ces accords les Mases joignent le cbant de lear neaf voix, et, aa son
de leur choeor, la pierre doacement s'anit à la pierre.
(25"*' strophe). Et, gaidés par le choear fortanó des dieaz, les non-
yeaax citoyens, aa brait des mélodieax accords, firsmcbissent la porte
hospitaliòre.
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SCHILLER IT LA MU81QUE 811
5. — Frctgments Urea du ^ Le ConUe de Hahshourg „.
(3°"" strophe). L'empereur prend en main la coupé d'or et dìt avec
un regard satisfait: '^ La fète, il est vrai, est brillante, et splendide le
festin, pour charmer mon coeur rojal ; mais en vain mes jeuz cherchent
celui qui apporte la joie, le chanteur qui remuera mon ftme par de douz
accents, par des le^ons divinement supérieures ,
(4"' strophe). Et voilà que dans le cercle des princes qui Tentourent,
s'avance le chanteur à la robe trainante ; ses cheveux, blanchis par les
ans accumulés, tombent en boucles d'argent: * Une douce harmonie
sommeille dans l'or des cordes : le chanteur chante le salaire de Tamour,
il célèbre les choses les plus hautes, les meilleures, et ce que le coeur
yeut avoir, ce que les sens désirent ; mais, dis, quel chant est digne de
l'empereur dans sa féte la plus magnifique ? ,
(5*°" strophe). ' Je ne commanderai point au chanteur, dit le monarque
le sourire sur les lòvres ; il dépend d'un plus grand maitre, il obéit à
l'heure impérieuse. Gomme le vent d'orage bruit dans les airs, sans
qu'on sache d'où il vient et gronde ; conune la source jaillit des profon-
deurs cachées : ainsi la chanson du chanteur éclate du dedans, elle éveille
la puissance des sentiments obscurs qui merreilleusement dormaient dans
le coeur ,.
{^"^ strophe). Et le chanteur attaque vivement les cordes et se met
à les frapper puissanunent
6. — Fragtnent tiri de VHymne ^ Le Triomphe de Vatnaur „,
(22"** strophe). Tes chants firent retentir les enfers d'une harmonie
celeste, et domptòrent le farouche gardien, 0 chsoìtre de Thrace... Minos,
les jeuz mouillés de larmes, adoucit ses arréts de torture; autour des
joues de l'horrible Megère, les serpents crucis se baisèrent tendrement ;
les fouets ne résonnaient plus. Entrainé par la lyre d'Orphée, le vau-
tour s'envola loin de Tityus. Le Léthé et le Cocyte frappèrent plus dou-
cement leurs rives: ils écoutaient tes accords, chantre de Thrace I Tu
chantais l'amour, chantre de Thrace I...
7. — Frctgmenta tirés de " Hommage des Aris „,
Pièce Ijrique, représentée sur le théfttre de la Cour, à Weimar, le
12 novembre 1804.
La musique (avec la Lyre).
La magie des sons qui s'échappent comme une source des cordes de
ma Ijre, tu la connais bien et tu sais puissamment la faire mouvoir.
Ce qui, au fond de Tètre repose à l'état de pressentiment indéfinissable
ne peut seulement s'ezprimer que par mes sons. Un enchantement de-
&Ì9Uta mutieaU itaimna, YIII. 58
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612 MJBMMUl
licienx s'empare de tea sens lonque je fais coQler les flots d'Iiannonie;
le coaur est près de fondre de trìsteise et TAme désire s'e&voler larsqne
&uant résoDoer l'échelle des sona, je te transporte jnsqa'mox plus haotes
xégìons du beau ìdéaL
Terpatchare (avec la Cymbale).
Le beau divìn repose daiis le silenoe parfait; ce n'est qu'arec on
esprit serein qu'on peut le savourer.
La vie aime la manifestatìon esuberante; la jeuneBse reclame ses droits
et vent se réjouir. Avec la bride de la beauté, je guide la joie qui, h-
cilement, aime à dépasser les bomes du tact exquis. Aux corps loords
je donne des ailes de zéphjr, je mets de la sjmétrìe dans les pas de
la danse. Tout ce qui se meut je le dirige avec ma baguette ; le charme
est mon plus beau don.
Les lettns éorites far des h0inmes oélèbres seront toi^onrs les
bien Tenms. Que oe «oient de longoas ^ttres, lesquelias toochent
à mille détails qui éclairent d*une lumière nouvelle le csractèreie
rócrìvain, cu de courts billets, lesquels n'ont peutè-tre qu^nn intéret
purement biographique, toujours est-il qu^ elles permettent de con-
naitafe mmm la personBaKté et la tìb mthne de «rioi qui les a
éorites. Dans cdt ordre d'idéds la oorrespeodance mke Schiller et {
^oeithe office qMlqaes lettr4» ìntéressanies ooneenuoit la nnsiqae. |
L^amìtié qai 8*établit «ntre ces deux grands bomnws date ^
l'année 1794. A ce sujeft, Goethe s'eiprime aìnsi : « H y avait tB
Schiller une singolière puissance d'attraction ; il saisissait avecforc®
tous ceux qui s'approchaient de lui ».
Dans les Conversations de Goethe uvee Hckermann^ Pautaur de
Hermann et Dorothée revient à plusieurs reprises sur Schiller:
€ Tout en lui était fier et grandiose, mais ses yeux étaient doax!
Et, comme son corps, était son talent. H entrait hardimeDt dsDS us
SU] et, Texaminait, le tournait de ci, de là, le considérait de ce etite'
de cet autre, le maaiaift à droite, à ganebe. 11 ne considérait 90D
sujcrt; pour ainsi dire que 4u dehors; le faire se dÓYdlopper doQC^
ment à Tiiitérìeiir, cela n'était pas son affaire; son talent était t^
obang^ant. Ausai n'était-il jamais décide et ne pouvait finir. SoavBff^
9 cfaangea encore un rdle peu avant la répétition. Et comme il tUùt
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SCHILLER ET LA MUSIQUE 813
à Tcduvre hardimentt il ne cherchait pas à donner beaucoup de mo-
tìfs à chaque acidon. Je sais combien J'ai eu da mal avec luì poar
ChsiUaume Teìl^ lorsqu'il voulait que Geeslar cueillit tout Bimple-
ment xlm pelame poar la faixe tirer sur la tdte de rentfauL Cecì
était tout à &it eontraire à ma Datore ; et je le persuada! d'ameuer
et de motiver cette cruauté au moins en montrant l'enfant, fier de?aiLt
le bailH de Tadresse da son pére, et disaut que celui-oi atteindrait
bieo une ponioe sor un arbre à cent pas. S<^iller d'abod'd ne voulait
pas, mais il se rendit eaa&n à mes représentations et à ises priòres,
et fit camme je hù censeillais. Moi, par ooatre, souvent je motivais
trop, ce qui éloignait mes pièces du tbé&tre. Man Eugénie u'est qu'un
pur enchainemeikt de motifs, et cela ne peut pas réussir sur la scène.
€ Le talent de ScMUer était tout à fait créé paor le tbé&tre. Avec
chaque pièce il faisait dee progrès et marcbait vers la perfection;
cependant, fait curieux, il y avait en lui, enraciné dapuìs les Bri"
gands^ un certain penchant pour la cruauté, qui, m6me daus san
plus beau temps^ n'a pas touIu Tabandonner entièrement. Ainsi, je
me souviens encore parfaitement bien que dans Egmoni^ à la scène
de la prisoUf lorsqu'ou Ut à Egmont sa oondamnation, Schiller faisait
apparaitre dans le fond le due d'Albe en masque et drapé dans un
manteau, pour qu'il puisse se repattre de l'impresaion que la cou-
damnation à mort produirait sur Egmont. G'était une manière de
montrer le due d'Albe ìnsatiable de vengeance et de joie cruelle.
€ Je protestai, et le personnage fut écarté. Schiller était un grand
bomme singolier. Tous les huit jours c'était un étre nouveau et plus
parfait; chaque fois que je le reyoyais, je le retrouvais plus riche
de lectures, plus érudit, plus fort de jugement ».
« — Nous parlàmes alors de Fiesque de Schiller, qui avait
été joué le samedi précédent. C'est la première fois, dis-je, que je
voyais la pièce, et je me suis préoccupé de savoir comment on pour-
rait adoucir les scènes trop violentes ; mais il me semble que l'on
ne peut guère faire des changements sans détruire le caractère de
Tensemble ».
€ — Vous avez parfaitement raison, répondit Goethe, cela ne peut
pas se faire. Très-souvent Schiller a cause de cela avec moi, car lui
méme ne pouvait pas souflfrir ses preooières pièces, et lorsque nous
dirigeàmes ensemble le tbé&tre, il ne les faisait jamaìs représenter.
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814 MEMOaUB
Mais comme nous manquions de pièces nous aurions bìen aimé à
ajouter aa répertoire les troia certaìnes pièces violentes, fraìts de
sa jeunesse. II n'y avait pas moyen, le tout était trop entrelacé dans
ces (Buvres, de telle fafon que Schiller lui-méme, désespérant de
Tentreprise, abandonna son projet, et laissa les pièces comme elles
étaient ».
< — C'est dommage, dis-je, car malgré toutes les violences, ces
premières pièces me plaisent mille fois mieux qae toutes les pièces
&ibles, moUes, forcées et sans Datarci de nos poètes tragìques mo-
demos ; da moins chez Schiller, c'est toojoars un esprit et an ca-
ractère grandioses qui parlent ».
€ — Je le crois bien, répliqaa Ooethe. Schiller pouTait se toarner
comme il le vonlait; il ne poavait rien faire qai ne fùt bien an-
dessas de ce que les écrivains actuels prodaisent de meilleur; coi,
quand Schiller se coupait les ongles, il était plus grand que ces
messieurs ».
La conversation roula alors entièrement sur Schiller, et Goethe
continua ainsi :
« La prodactivité personnelle de Schiller reposait dans l'idéal, et
on peut dire qu'en cela il a aussi peu son égal dans une littératare
étrangère que dans la littérature allemande. C'est à lord Byron qu'il
ressemblerait le plus, mais celui-ci possédait une plus grande con-
naissance du monde. J'aurais aimé à yoir Schiller et Byron vivre
dans le méme temps, et ce que Schiller aurait pu dire d'un esprit
aussi parent du sien aurait été curieux. Est-ce que Byron avait déjà
publié quelque chose du vivant de Schiller?».
< J'en doutais, mais je ne pouvais rien affirmer avec certitude. Goetbe
prit le Dictionnaire de la conversation et lut Tarticle concemant
Byron, tout en y intercalant 9à et là mainte remarque en passant.
Il se trouvait que Byron n'avait rien fait imprimer avant 1807 et
qu'ainsi Schiller n'avait rien vu de lui».
< A travers toutes les oeuvres de Schiller, continue Goethe,
circule l'idée de la liberté, et cotte idée prit une autre forme à ce-
sure que Schiller avan9ait dans son déyeloppement et devenait autre
lui-méme. Dans sa jeunesse c'était la liberté du corps qui le préoo-
cupait et qui se montrait dans ses poésies ; plus tard, ce fut la li-
berté de l'esprit ».
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SGHILLBB BT LA MUSIQUE 815
« Sì Schiller était dans sa jeunesse si préoccupé de la liberté phy-
sìque, cela est dù en partie à la nature de son esprit, et plus encore
au joug qu'il avait dù porter lorsqull était à l'École militaire.
« Mais lorsqu'il fut arrivé à sa maturité et qu'il posséda une li-
berté physique suffisante, il voulut la liberté de l'esprit, et je pour-
rais peut-étre dire que cette idée l'a presque tue, car c'est elle qui
le poussait à vouloir exiger de sa nature physique des efforts au-
dessus de ses forces.
€ Lorsque Schiller arriva ici, le grand-due lui destinait une pension
de mille thalers par année, et il s'offrit à lui en donner le doublé
au cas où il serait arrgté dans ses travaux par la maladie. Schiller
declina cette dernière offre et ne voulut jamais en rappeler l'exécution.
« J'ai le talent », disait-il, < et je dois savoir me suffire à moi-
méme ». Mais comme dans les demières années sa famille s'augmen-
tait, il fallut pour vivre qu'il écrivit deiix pièces par an, et, pour
y arriver, il se for9a à travailler méme les jours et les semaines
pendant lesquels il était souffrant ; il fallait que son talent lui obéit
à tonte heure et fùt à ses ordres.
€ Schiller n'a jamais beaucoup bu, il était très modéré, mais, dans
ses momenta de faiblesse physique, il chercha à ramener ses forces
par un peu de liqueur et par d'autres spiritueux du m6me genre.
Cela consuma sa sante, et fut nuisible à ses cBuvres elles-mémes.
€ Car j'attribue à cette cause les défauts que d'excellents esprits
trouvent dans ses productions. Tous les passages auxquels on reproche
peu de justesse, je les pourrais appeler les passages pathologiques,
car il les a écrits à des jours où les forces lui manquaient pour
trouver les bons et les vérìtables motifs qui convenaient à la situa-
tion. J'ai le plus grand respect pour l'impératif catégorique de l'àme,
je sais combien de bien il peut produire, mais il ne faut pas le
pousser trop loin, car sans cela cette idée de la liberté absolue de
l'esprit ne méne certainement plus à rien de bon ».
« Plus un homme est élevé », dit Goethe, € plus il est sous
l'iofluence des démons, et il doit toujours prendre garde que sa ve-
lente ne suive une fausse route. Ainsi quelque puissance supérieure
a dirìge ma liaison avec Schiller ; nous pouvions nous lìer plus tdt
ou plus tard ; que cette liaison se nouàt justement à Tépoque de
mon retour d'Italie, et quand Schiller commen9ait à étre las de spé-
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816 miioRiM
cnlations philosophiques, (fest là un fait qui a ra pour n<ms deux
les plus ^nds résnltats ».
< Yoilà vnigt aB6 que le public dispute p<mr 8a?oir quel est la
pTus grand: Sebiller ou mei. Ile devraìent étre bfen contenta qu*il
y art là deux gaillards sur lesquels en peut dispiter ».
Panni cenx, qui plafaient Goethe au-dessus de Schiller, se trwi-
vait naturellement Zelter, Tami intime de Goethe. Dans une conTor-
sation que Lobe ent avec Zelter, à ToccasiOD d'une tournée artistiqne
qui amena le premier à Berlin, nons rapportons les iétaìls snifants,
que Lobe a publiés dans ses FeuiUes vóUmka sur ìa Ifioifue, sow
le titre ConversaUons avec Ghethe ei Zeltec
« Dans le courant de notre entretien nons en tìnmes à parìer des
autagonistes de Ooetiie rappelant que parmi ces demiets il s'en iarouf ait
qui luì préféraient Schiller. Les yenx de Zelter eommenfèrenf à
briller.
« La vilaine engeance », s'écrìa-t-il, « elle m^a donne jadis du fll
à retordre quand je voulais la combattre aree dea ai^uments Solidea.
Mais c'était une bétise de ma part, parceque je croyaiB à la cevrer-
Sion de rimbécìlKté hrumaine. Depuis, je me suis tranquillisé à ce
SQjet Tbì terrassé mes contradicteurs et je les ai mis en foHe ayse
ma brusquerie habituelle, qui, Dieu merci, est tonfonrs à ma dispo"
sition. Tout le respect à Schiller, naia crini qui le met aa méme
rang que Goethe, ov mfime ose le piacer au-dessna de lui, ne peni
pas plus mesurer la grandeur dea esprita, qie celui qui s'innigiBe
que le coq qui se treuve sur la tour de sa petite églìse esft ansai
élevé que le Mont-Blanc ! »
Jean-Christtun Lobe, né à Weimar le 30 mai 1797, laort à Leipxi;
le 27 juillet 1871, Autiste, théorìcien et compositeur des plus dìs-
tÌDgués, s*est fait une grande réputation par ses oeufres didactiquei
Chaslbs-Frédérig ZfiLTKR, né à Berlin le 11 décenbre 1758, moct
dans la méme ville le 15 mai 1832, ^ccellent Tioloniste et con^
»iteur, a été le professeur d'harmonie de Mendelssohn ; il dirigeait
a?ec grand taleut la Singakademie et fiit fondateur de la Léeder-
tafel à Berlin. La très intéressante cerreqpoidance entro Goethe et
Zelter a pam de 1833 à 1836 en sii volumes.
En parlaut de Sdiiller, Goethe disait encore à Eckermaan : « Quei
que le but que nous poursuiriona fùt le méme, nos deux natsres
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8GHILLIR ST LA BffUSIQDE 817
étaient bien différentes ; notre liaison derint par li sì intime, que
l'un ne pouvaU réellement pas yÌYre saiis l'autre ». Goethe me ra-
conta ensttite qnelqnes anecdotes sur sou ami, qui me parnrent
très-caractéristiques.
« Schiller, dit-il« comme on doit bien le penser, d'un caractère si
grandiose, avait une répugnance très prononcée pour toutes les dé-
monstrations d'admiration cxeuse^ pour toutes les fades apothéosea
qu'oB lui iaiaaii on qu' on voulait lui faire. Lorsque Eotiebue eoi
l'iittention de Touloir célébrer sa gioire daBS une démonatration pn*
bliqne, Sebiller tomba preeque malade, tant était profonde son antipa-
thie pour des scènes pareilles. La risite d* nn étranger lui était aussi
désagréable. Lorsqu'ìl ne pouvait recevoir immédiatement V étranger
qui se présentait chez lui, s'il lui avait donne rendez-vous pour quatre
heures de Taprèa-midi^ Tappréhenaion de ce moment le reiidait posi^
tiiement malade. St pariois aossi, dans de pareilles cirooostances,
Vimpatienoe le prenait et il deyenait méme un peu brusqne.
« J'ai été témeÌD un jour de la manière peu ayenante avec laquelle
il re9nt un ebirurgien étranger, lequel, pour lui faire une risite,
était entré sans se faire annoncer, de telle &9on que le pauvre homme,
tout décontenancé, ne savait comment se retirer assez vite.
€ Nous étions, comme je vous le disais et comme nous le savons
tous >, continue Goethe, < deux natures differente», non senlement
au point de vue intellectuel, mais ausai aa point de vne physiqne,
L'atmosphère qui faisait du bien à Schiller était pour mei dn poison.
Un jour, je vais chez lui ; il n'était pas là ; sa femme me dit qn'il allait
rentrer bientdt; je m^assieds à sa table de travail, pour prendre
quelques notes. JTétais assis depuis quelques instants, lorsque je me
sentis je ne sais quel malaise qui augmenta jusqu'à ce qu*enfin je
fusse sur le point de me trouver mal. Je ne savais à quei attribuer
cet état misérable qui m'était tout à fait extraordinaire, quand je
reniarquai que d'un tiroir près de moì sortait une odeur désagréable.
Lorsque je Touvris, je le trouvai à mon grand étonnement rempli
de pommes pourries. J'allai ausai tdt ouvrir une fenétre pour aspirer
Taìr frais qui me remit à mon aise. La fenune de Schiller, qui en-
trait, me dit alors que ce tiroir devait toujours étre plein de pommes
pourries, parco que leur odeur plaisait à Schiller et qu'il ne pouvait
vìvre et travailler sans elle ».
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818 MBMOaiE
Cependant, il convient d'ajouter, que Berlioz ne croyait pas à la
sìncérité absolue de Tamitié de Goethe envers Schiller.
Dans ses « Mémoires » le célèbre compositeur fran^ais, parlant
da séjoar qu*il fit à Weimar, s'exprime ainsi :
* . . . . Voilà Weimar. — A la bornie heure, je respire ici ! Je sens
qnelqne chose dans Tair qni m'annonce une ville littéraire, nne ville
artiste ! Son aspect répond parfaitement à Tidée que je m'en étais faite,
eUe est calme, Inmineuse, aèree, pleine de paiz et de réverie; des alen-
tours charmants, de belles eanx, des coUines ombreoses, de riantes vallées.
Gomme le coBor me bat en la parcourant! QaoiI c'est là le pavillon de
Goethe I Yoilà celai où fea le Grand-Dac aimait à venir prendre part
aaz doctes entretiens de Schiller, de Herder, WielandI Cette inscription
latine fat tracée sar le rocher par Tautear de Fausti £st-ce possible?
ces deax petites fenétres donnent de l'air à la paavre mansarde qn'habita
Schiller I C'est dans cet hamble rédait qae le grand po^te de toas les
nobles enthoasiasmes écrivit Don Carlos, Marie Stuart^ les Brigands,
WaUensteinX C'est là qu'il a véca comme an simple étadiant Ah! je
n'aime pas Goethe d'avoir soaffert cela! Lai qai était riche, ministre
d'Etat... ne poavait-il changer le sort de son ami le po^te?... oa cette
illastre amitié n'eat-elle rien de réell... Je crains qa'elle ait été vraie
da coté de Schiller sealement! Goethe s'aimait trop; il chérìssait trop
aassi son damné fils Méphisto ; il a véca trop vieaz; il avait trop peor
de la mort.
' Schiller! SchiUer! ta méritais an ami moins hamain! Mes yeox ne
peavent qaitter ces étroites fendtres, cette obscare maison, ce toit mi-
sérable et noir ; il est ane beare da matin, la lane brille, le froid est
intense. Toat se tait; ils sont toas morts... Pea à pea ma poitrine se
gonfie; je tremble; écrasé de respect, de regrets et de ces affections
infinies qae le genie à travers la tombe inflige qaelqaefois à d'obscars
sarvivants, je m'agenoaille aapròs de l'hamble seail, et, soaffiiunt, admi-
rant, aimant, adorant, je répòte : Schiller!... Schiller!... Schiller I... ,.
Dans la correspondance entre Goethe et Schiller, dont nous donnons
ici qnelques extraits, noas retroavons en premier lien les noms des
deux musiciens J. Fr. Beichardt et Zelter déjà cités plus haut.
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SCHILLER BT LA MUSIQUE 819
1. — Schiller à Goethe.
Jena, le 15 mai 1795.
Beichardt yient de nous faire offrir sa collaboration pour les Heures,
par rentremise de Hofeland.
2. — Goethe à Schiller.
Weimar, le 16 mai 1795.
Il est impossible de renvoyer Beichardt; mais il faut qae vons
teniez son importanité en bride.
11 est à sapposer qae l'offre de Beichardt de collaborer à la pu-
blìcation des Heures^ ne souriait pas trop aux deux poètes et que
pour se venger de leur indifférent dédain, Beichardt les flagella dans
ses écrits.
8. — Schiller à Goethe.
22 janvier 1796.
Voici une petite liyraison d'épigrammes. Ne faites pas copier celles
qui ne vons plairont point
Songez dono à régaler notre soi-disant ami Beichardt de quelques
Xenies. H yient de donner, dans le journal Deutschland qu'ódite Unger,
une critique des Heures, dans laquelle il s'émancipe horriblement contre
Yos Entretiens et autres articles, tandis qu'il cite longuement ceuz de
Fichte, de Woltmann, et les signale comme des modòles. Puisque cet
homme nous attaque sans raison et sans ménagement, il faut le pour-
suivre à outrance dans le8 Heures. Voici encore quelques flèches qui,
je l'espère, sauront bien atteindre messieurs nos amis, et leur entreront
tout droit dans la chair ^
Or, parmi ces épigrammes il s'entrouvait une à Tadresse de Bei-
chardt:
LiherU,
" La liberté est une parure merreilleuse. Mais, ainsi que nous pouvons
le constater, elle va à certains indiyidus, comme un collier à un porc! ,.
4. — Goethe à Schiller.
Les épigranmies ne sont pas encore copiées, et je crains que vous
ne me devanciez teUement sur cette route que je ne puisse plus vous
j rejoindre. La quinzaine prochaine est comme non avenue pour moi.
Le nouvel opera nous donne bien de Touvrage, mais aussi ce sera quelque
chose de jojeux et d'édifiant
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S20 MEMORIE
L'opera dont il est iet qireatioiiY étaìt Le$ modemes Arcadiens^
opera héfoI-cQinìqua en deux actes, texte de Christian Auguste Yuir
pms (1762-1827), musiqoe de F&AK901S Xayiss StLssMETSR, né en 1766
à Stayer, petite ?ille de la Haute-Autrìch«, et qid uourui à Vieime,
le 17 septembre 1803. Sùssmeyer avait été Télève favori de Mozart,
dont il termina le fameax Bequiem que Mozart avait laissé inacheyé
à sa mort. SdssmeTer sìittribuait les quatre demiers morceaux da
Bks irae^ k Scmeii$9, le Bénédkfw et T Agnus Bei. On ae savrait
poasser plus loin la modestie et l'abnégatfon. La Térìté est que
S&ssiaeyer a bien paracfaevé Tinstrameiitation da B^g^ùem, mais
qoant à la composition des quatre morceaux dont il s'attribue la
paternité» il les a écrìts sui les esquisses que le maitre lui avait
confiées avant d*expirer. Dans aucune de ses nombreuses oeuvres,
Sussmeyer ne s*est élevé à la hauteur de Tinspiration mozartienne,
à ces traits de genie qui distinguent les productions du grand maitre
de Tart musical.
5. -. Ooethe à Schiller.
Weimar, le 23 janvier 1796.
Me voici sur le point de mener une vie bien dissipée. Les priaces et
les prìncesaes de Darmstadt arrìvent aujourdliui. Demain il y aura
grande reception à la cour, puis dìner, concert, souper et bai masqué.
Lundi la représentation de Don Juan.
•Att sujet du célèbre opera Don Juan de Mozart, Ooetbe écrivit
encore à Schiller les lignes suivantes : « Si vous aviez pu assister
demièrement à la représentation de Don Juan^ vous y auriez vn
réalisées toutes vos espérances au sujet de Topéra. Mais aussi eette
pièce est tout à fait seule de sen genre, et la mort de Mozart a
détruit tornì espoìr de voir jamais qaekque ebose de sembtable».
6. — Goethe à Schiller.
Weimar^ le 81 janvier 1796.
Je vois par votre lettre que Beidìardt réd^ ea m6me tempe
l'écrit pérìodiqne Im Fnmce et c^ui intìtnlfé DeutsMand (l'Alkmagne).
Si c'est en effet lui qui s'est émaocipé de la sorte, noQS coavnrons sa
veste de buffle de tant de dragées en platre, à la fa^oD du camaval de
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SCHILLER XT LA MUSIQUE 8St
Rome, qn'on le prendra ponr un perroqnier. Nons connaissons ce faux
ami defoia longtemps, et si nous avons été indulgeiits envers ses impo-
litesses en general, c'est parce qae ìndivìdoellemeiLt il a tQ^j<><^^^ P^J^
son tribat avec beaucoap de régnlarité : mais poisqu'ìl £Edt mine de von-
loir le refoser, h&tons-nons de lui envojer un Pacha à trois qaenea da
renard enflammé. Je viens dójà de lai consacrer une dizaine de diatiques;
si Dieu le permei^ vons les aorez mercredi prochain.
7. — Schiller à Goethe.
Le ai janvier '96.
Vons ponvez dtre certain qae Beichardt est le rédacteor de la
jeune AUemagne, et qa^ a dit beaacoap de mal de vos Entretiens,
qaoiqne, dans le méme article, il yoas loae à pleine bonche, lai oa
l'aatear de oet artlcle, ce qni est la méme chose ponr noas. J'ajoaterai
que, mdme aa point de vae littóraire, cette critiqae est one prodaction
miflérable. Le livre de Heinses, dont je vìens de lire le compte-renda
avec pio» d'attenlion, est Yortement critiqaóf ce qui me fait beaoeoup
de peine, atitendn qa'ane stapidité est moins sajette a ótre eritiqaée.....
Le livre dont parie Schiller est no roman musical intitulé: « Hil-
degw^d de Hóhenthali^, de J. J. Wtlhdm Heinses (1749-1803).
8. — Goethe à SchiUer.
Weimar, le 4 fóvr. '96.
Le noavel opera (Les modemes Arcadiens de Sùssmejer) a obtenu
le Bofi&age de la foale; il prodait effectivement dans son ensemble un
bel effei La musiqae n'est pas profonde, mais très agréable, les costumes
et les décorations ont fait une bonne impression. Je yous enverrai un
de ces jours le liyret, afìn qae vous puissiez vous convaincre de la marche
singuliàre et archi-allemande que suit le thó&tre allemand
9. — SchiUer à Goethe.
Jena, 10 juin '96.
Je YOUS rappelle que vous aviez Tintention d'adresser une lettre
à Zelter à Berlin, dans la quelle je vous prie, de consacrer deuz mots
à notre Almanach. Lorsque vous l'aurez ainsi prévenu, je lui écrirai
aussi et lui euTerrai quelque chose à composer
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822 MBMoan
10. — Goethe à Schiller.
Weimar, le 18 juin '96.
Salnez bien Voss de ma part et renouvelez-loi en mon nom la rela-
tion qui, d'apròs sa nature, ne ponrra que s^améliorer encore. Si, comma
je ne le désire nnllement, il y a encore d'aatres hòtes présente, je yeux
leur offiìr de suite un cadeau amicai : ' Viens seulement de Giebichen-
Stein, de Malepartus I Tu n'es tout de mdme pas Beìnecke, tu es à demi
ours et à demi loupl „
Ce Xénion était dirìge contre Beicfaardt que les deux amia avaient
surnommé: Le PointUleux de Oiebichenstein.
11. — Goethe à SchiUer.
Weimar, 22 juin '96.
Zelter à Berlin est prévenu. Il serait bon que yous lui écrìviez
aussi de suite. J'ai un lied de Mignon qui dans le roman n'est que
mentionné et que je voudrais voir fìgurer dans TAlmanach. La qnestion
se pose, s'il ne vaudrait pas mieux s'entendre confidentìellement avec
Ungem ? S'il répondait de méme, la déclaration de guerre que nous ne
pouvons plus différer serait ainsi un fait accompli:
La * déclaration de guerre „ était dirìgée contre Beichardt à qui on
veut retirer la composition de Mignon, qu'on lui avait précédemment
confiée.
12. — Schiller à Goethe.
Jena, le 24 juin 1796.
J'écrirai à Zelter, aussitdt que je saurai que lui envoyer. Me
conseillerìez-YOus de faire mettre en musique mon poème de Cérès ? Je
croìs, que ce serait un excellent thème pour le chant,.8'il n'est pas trop
long. En attendant, et à Texception de tos propres oeuvres, il n'j a pas
à espérer autre chose de convenable pour la musique.
C'est une idée délicieuse que vous avez de vouloir omer l'Almanach
d'un chant extrait de Wilhelm Meister. En yérìté, nous pouyons étre
fiers de VAlmanach de cette année.
Il s'agit ici dii poèrae de Schiller, intitulé Plainte de Cérès,
déesse de la juste mesure et de la répression, ennemie de tout excès
et de tout désordre.
Cette poesie commence ainsi :
* L'aimable printemps a-t-il para?
La terre s'est-elle rajeunie? ,
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SCHILLER ET LA MU8IQUE 823
13. — SchiUer à Goethe.
Jena, le 1' aoùt '96.
Après bien des hésitaidons chaqae chose arrive néanmoins à reprendre
sa vérìtable place. De prime abord les Xénies étaient destinées à n'étre
qa'one amnsante boofifonnerìe, une niche, calccdée sor le moment m6me,
et ainsi c'était bien. Mais il y avait excòs, ce qui fit déborder le vase.
Après avoìr mùrement réfléchi à la chose, j'ai trouyé la solation la plus
natorelle da monde poor satisfaire à la fois vos désirs et la conyenance
de VAlmanach,
Ce qui poavait à la rignenr avoir droit à une certaine universalité et
qui me mit en les rédigeant dans un grand embarras, c'étaient les Xénies
philosopbiques et purement poétiques, bref, les Xénies innocentes, mais
aussi celles qui d*après la première idée ne l'étaient pas. Si nous pla9ons
celles-ci dans la première et la plus sérieuse partie de TAlmanach, parmi
d'autres poésies, et que, par contre, tout à part et à la fin de la pre-
mière partie, nous classions les gaies sous le nom de Xénies, comme
no^s avons fait Tannée passée pour les Épigrammes, alors tout serait
sauyé. Mises ensemble et sans mélange ayec les sérieuses, elles perdent
beaucoup de leur saveur amère; la bonne humeur qui les distingue en
general excuse chaque Xénie isolée, comme vous avez fait la remarque
Yons mème et, en mème temps, elles présenteront en quelque sorte un
tout complet De méme aussi les coups portés à Beichardt, nous les
mélangerons dans Tensemble au lieu de les piacer en téte, comme nous
Tayons d*abord fait. D'un coté Vhonneur et d'un autre coté Voffense
étaient tròp grands, quand nous lui fìmes cette distinction....
14. — SchiUer à Goethe.
Jena, 9 oct '96.
Etes-vous content de la musique ? Tout ce que j'en ai entendu dans
une exécution assez imparfaite, m'a beaucoup più. Mignon est touchante
et gracieuse; de mème, La Visite de moi, m'a produit aussi une très
bonne impression. Voulez-vous avoir la bonté, de ces 7 exemplaires des
mélodies ci-jointes, d'envoyer 6 à Herder et 1 au ConseiUer intime
Voigt?
15. — Goethe à Schiller.
Weimar, 10 oct '96.
Je ne puis encore rien dire de la musique. Je l'ai entendu exé-
euter, mais ayec les compositions de Zelter, remplies de particularités.
Cela ne suffit pas; il faut d'abord se familiariser avec celles-ci.
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16. ^ SchOler à Godhe.
Jena, le 16 oct '96.
Voos devriez bien lire le nouyel article da Journal DeutschUmd.
L'insecte n'a pas su faire aatr^ment que de piquer de noayeau. Yraimeat
noos devrions le harceler jasqu'à ce que mort s'en soive, sans cela nons
n'aurons jamais de paiz. Il a déversé tonte sa mediante bOe conlre
Celliniy et pour vons chioaner il a loué et donne méme les extraits qne
voos avez laissés de coté, etc
On dit que Beichardt se trouve actnellement à Leipzig, mais ni Kie-
thammer, ni Paolns, ne Tont aperta
Dans cette lettre, Schiller fait allusion à la Xénie^ intitulée : Le
Signe du Scorpioni € Mais voicì venir un mécbant insecte de G. b. n.;
il s'approche Tair caressant: ai vous ne fuyez vous étes piqué ».
Ce distique était dirige contre Beichardt, qm vivait alors à Gtie-
bichenstein, près de Halle.
17. — Goethe à Schiller,
Weimar, le 19 oci 1796.
n faudra laisser aboyer un bon moment le Spitz de Giebichenstèin
(Beichardt), jusqu'à ce que nous puissions enfin le &apper plus surement.
En general, on doit traiter tous les opposants négatifs qui veulent arra-
cher les plumes à ce qui existe, de la méme manière que ceux qui
nient le mouvement : il n'ya qu'à marcher continuellement deyant leurs
yeux. Je crains que, dans Téloge des morceaux supprimés de CdUni, U
ne cache une arrière-pensée.
Gomme il est en possession de l'originai, je redoute qu'il ne reta-
blisse les endroits, supprimés par moi et qu'il ne fasse imprimer l'en-
semble au complet, car il est capable de tout.....
18. — Schiller à Goethe.
Jena, le 9 dèe '96.
La Nouvelle Gazette de Hcmibourg, que je joins ici, tous prouvera
qu'on n'a pas encore vide son carquois contre nous. L'idée de cette le-
partie ne serait pas mauvaise si elle n'était pas si maladroitement exécutée.
N'y aurait-il pas sous jeu un Beichardt, — ou Baggesen — peut-étre ?..«-
19. — Schiller à Goethe.
25 dèe '96.
Le colis de ce jour a déjà été remis avant-hier à la messagòre et
aujourd'hui on me le retoume, parce que oelle-ci n'a pas pu se metfa«
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8GHILLBB XT LA MUSIQUB HSÒ
«n roni» à coBse de l'inonéation. €e contretempe fàchenz m'ost donblemeiit
désagréable oomm« rcfoa poureK jmger d'après le oositeiiia én «olà.
Beidiardt B'«st remoé et, soiyant mes próvìsioiis, il ne ybuì btoìt à &ire
qa'aTec moi et feint d'dtre Fotre ami Ckmune il s'appoie sor oe système
de Béparartdon, il me panlt orgent d'opposer à notre ad^enaire notve
BBÌon m. étroite. Je ne doÌB pas ignenter son «ttaqne iTìBcitwite, oomme
TOQS -le jngerez ToiBS-mdme: la répliqae doit dtre prompte et decisive.
J'y joins ìd le bronìllon de cette réponse qne je somnets à votro ap-
probatiofn. Si, poor Ini fermer phis sùrement la bondbe, vaia yooliee
ajonter qnelqnes mots, cela me serait d^antant plus «gróabte..^.
n s'agit ici du 10»» nutnèro du jonmal Beutschìand, redige par
Beichardt, et qui contenait une déclaration de Tauteur au public sur
les Xénies, que Keichardt qualifìe de pasquìnades d'un poète rempli
de morgue, et dans laquelle, en tertnes irrités et blessants, Eeichardt
parie de son dédain poor la oonduite basse et mépriaable que Schiller
aurait tenne envers lui^ tandis que Q«ethe i^ec boh véritable genie,
mSme qnand il le déshonore par des écarts de langage, pent eaoore
avoir quelque droit à une considération justìfìée par son morite.
20. — Goethe à Schiller,
27 dèe. '96.
Je re^oifi Totre colis à un moment où n'ai pas la tdte assez reposée
ponr m'oeonper sénensement de cette affaire, ni ponr prendre une de-
cision ferme à son égard. Laissez-moi vons esprimer à peu-près joaon
opinion, et ne vous h&tez pas trop. Ponr sa réplique Tadversaire a pris
tont son temps;réflécbÌB6ons mùrement gb écartant tonte précipitation
passionnée; comme il n'j a aucun terme fixé pour la réponse, tout
l'avantage est de notre coté. Cela est d'antant plus nécessaire, que
oette affaire doit dtre tndtée d'nne £ft9on circonspecte et prosalque.
Le premier mot devra avoir déjà une importance extréme. Je déske
que notre prose soìt anssi estbétiqae que possible, parlante, jxuidiqne,
soi^iistique, voire mdme amnsante et que, par sa liberté et sa vue d'en-
semble, elle rappelle celle des Xéniea, Votre artiole me porait trop sé-
rìenx et trop bon enfeuit Vons descendez lihrement dans l'arène du
combat en laissant à votre adversaire tous les avantages. Yous videz la
qnereUe en vons livront^ sans £ftire usage des armes que vous avez sous
la maini
A voi d'oiseau, voici ma pensée sor oette affledre: Un antenr anonjme
ródigeant deux joumaux, attaque un autre auteur qui, lui, signe ses ar-
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tsao MEMoau
tides dans son journal et dans 8on Almanach; il se plaint d'avoir éié
calomnié et attaqué comme citoyen dans quelqaes poésies!
M'est avis qae, dans cette occasion, on doit réolamer de luì qu'ìl sorte
de rincognito dans lequel il s'enveloppe et qa'il signe de son yàitable
nom les articles dans son journal, afin que Ton puisse au moins con-
naltre Tennemi; deuxiòmemènt, qu'il fisisse réimprimer les poésies qu'il
dìt étre dirigées contre sa personne, pour que l'on sache de quoi il
est question et sur quelle raison la dispute se base. Ces deux demandes
préliminaires doivent dtre élucidées en tout premier lieu; elles embar-
rasseront cruellement l'adversaire et, de quelque coté qu'il se toome,
nous aurons toigours la facilité de le persiffler. De cette manière, Taf-
faire prendra une toumure amusante; on gagnera du temps; d'aatres
adyersaires s'en méleront peut-étre aussi, à qui on pourra de ci, de lik, ^
décocher quelques camouflets. Puis le public deviendra indifférent et,
ainsi, tous les avantages seront pour nous.
Je trouverai probablement, pendant mon vojage, un moment de bonne
humeur et le temps nécessaire pour faire Tessai d'un article dans le
sens voulu. Comme nous ayons des amis qui s'intéressent à nous, il ne
nous faut pas nous lancer dans cette affaire, sans leur demander au préa-
lable le concours de leurs bons conseils
21. — SchiUer à Goethe.
Jena, le 7 juillet 1797.
J'ai décide que la partie musicale de V Almanach devait dire ter-
minée avant toutes les autres ; sans cela le compositeur n'aurait jamais
finì
22. — Schiller à Goethe.
Jena, 29 dèe. '97.
J'avais toigours espéré que la tragèdie sortirait de Topéra sous
une forme plus noble et plus belle, comme jadis elle est sortie des
choeurs des fétes de Bacchus. Dans Topéra, en effet, on s'abstient de
tonte imitation servile de la nature, et bien que cela ait lieu seulement
par une sorte de tolérance, l'idéal dramatique ne pourrait-il pas se gli^er
sur la scène par la mème YOÌe?Par la puissance de la musique, par Texci-
tation de la sensibilité que cet art afifranchit de ses grossières attaches,
l'opera predispose la pensée aux plus nobles sentiments ; la passion elle-
mème s'j montre comme un libre jeu parce que la musique l'accompagne,
et le merveilleux, qui y est toléré, doit rendre l'esprit plus indifférent
au sujet lui-mème
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SCHILLER IT LA MUSIQUI 827
23. — Goethe à Schiller.
Weimar, 81 janvier 1798.
Nona avons entendu hier on nouvel opera. Cinarosa, dans catte cgm-
position, déploie Tart d'aa maitre accomplL Qoant au temete, il est à la
manière itaUemie, et je me scds expliqué à ce si\jet comment il a^t pos*
sible que des niaiseries, des absnrdités mdme s'nnissent si hetireasement
aiix plus bautes magnifìceIL(^es de Tinspiratioii musicale. C'est Vhumaur
Seul qui produit ce résultat, car Vhumour, mdme sans étre poétique,
est une sorte de poesie, et nous élève par sa nature au-dessus du sujet.
Bi les Allemands comprennent si rarement cette poesie de l'humour,
c'est que les niaiseries qu'ils aiment, aree leurs goùts de philisdiis, soni
•elles qui ont une apparonee de eeusibiUté ou de ben secis.
L'opera da Cimieosa^ doot Ooetbe parie daod cette lettre, était
iotitulé; il Marito disperato, dout le texte italieu fut traduit en
allemand par Eiusiedel soue le titre : La jahuw punie {Die b^iraft$
Eifer8ucht). Cimarosa coi»posa cet opera en 1785 pour le thé&tra
des Florentins.
Dominique GiiaROSA, né le 17 décembre 1749 à Aversa, mourut
à Venise le 11 janvier 1801. Il fut un genie fécond et originai et
Tun des plus grands musicìans qu'ait produits l'Italie. Son opera
Il Matrimonio segreto, qu*il composa à Vienne en 1792, est censi-
déré généralement, et à juste titre, comme son chefd'oeuyre.
24. — SchHler à Goethe.
Jena, le 2 février 1798.
Vo8 observations sur l'opera m'ont rappelé les idées que j'ai large-
ment développées dans mes Lettres esthétiques. Quoique Testbétique soit
incompatible ayec la nullité, le frivole est enoore moins contraire ò sa
nature que le sérieux ; et comme il est plus facile à TAllemand de s'oc-
cuper et de se determinar que de se rendre indépendant, on le pousse
vers les dispositions esthétiques dès qu'on lui rend le sujet plus facile.
Yoilà pourquoi je préfère les gens d'affaires ou autres barbares aux gens
du monde oisifs cbez lesquels tout est sans force et sans consistance.
Si je pouvais servir cbacun à son goùt, j'enverrais les premiers à Fopéra
et les seconds à la tragèdie.
Riwitia muiicalé italiana. Vili. M
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828 MXMORII
25. -- SehiUer à Goethe.
Weimar, le 17 dèe- 1800.
Mejer et moi noos ferons avec plaisir tout ce qui sera en notx«
pouvoir pour dirìger les répétìtìons de yotre Iphi§énie, Il parati qa'on
ne la doxmera pas encore samedi prochain; on joaera ce soir-là Co^
fan tutte
L'opera Così fan tutte^ ossia la Scuola degU amanti^ de W. A. Mo-
zart, fat représenté pour la première fois à Vienne, le 26 jan?ier 1790.
G'est une oeuvre parfaite et exquise. Le livret italien de Da Ponte
flit traduit en allemand par Yulpius sous le titre : So sind sie AUe,
Mozart, né à Salzbourg le 27 janvier 1756, mourut à Vienne le
5 décembre 1791. L'admirable compositeur, sumomnié le Bapbaél
de la musique, a laissé une oeuvre considérable et étonnante par sa
diversité, que la maison si renommée de M. M. Breitkopf et H2rtel
à Leipzig a publiée au compiei. G*est bien certainement le mona-
ment le plus beau et aussi le plus durable que la postérité recon-
naissante ait élevé à la mémoire de Mozart.
26. — SchiOer à Goethe,
Weimar, le 28 dèe. 1800.
Vous savez que les opéras ne sont point de ma compétenoe. Je n'en
forai pas moins avec plaisir tout ce que je ppurrai pour colui 4ont tous
vous occupez et j'assisterai volontiers tous les jours aux répétitions, mais
je ne puis guòre vous promettre que ma.présence. Au reste, nous noos
reverrons ce soir à la répétition. Vous avez promis de nous procorer la
Oréation de Haydn pour notre fòte du siècle, et cependant le maitre de
chapelle, Ejrantz, vient de me dire de votre part que c'est moi qui dois
l'obtenir par Pintervention du coa^juteur. Ma lettre est £ùte, et j*at-
tends Tezprès qui doit aller lui la porter.
L'oratorio La Créationy que Joseph Haydn avait compose entre
les années de 1795 à 1798, fut exécuté pour la première fois an pa-
lais du prince de Schwarzenberg, à Vienne, les 29 et 30 avril 1798.
Haydn dirigeait lui-m6me l'orchestre, compose de tout ce qu'il J
avait à Vienne de talents distingués. Dans l'assemblée nombreuse et
brillante qui assistait à ces séances, on remarquait l'elite de la cour,
des gens de lettres et des artistes. € Nous vtmes », dit Garpani, « 9ò
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SCHILLER ST LA MUSXQUfi 829
déronler devant nous une longae suite de beautés inconnues jusqu'à
ce moment: les àmes, surprises, ivres de plaisir et d'admiratìon,
éprouvèrent pendant deux heures consécutives ce qu'elles avaìent senti
bien rarement: une existence heureuse, produìte par des désirs tou-
jours satisfaits».
La première exécution publique de ce» cbef-d'cBuvre eut lieu le
19 mars 1799 au Thé&tre National à Vienne. Le succès fìit colossal,
universel et durable.
A Paris, La Création fut exécutée à TOpéra le 24 janyier 1801.
Ce fut à l'occasion de cette solennité musicale qu'eut lieu l'explo-
Sion de la machine infernale, au moment où le Premier Gonsul Na-
poléon Bonaparte se rendait à l'Opera.
Le retentissement que cette oeuvre célèbre La Création produisait
dans tonte l'Europe eut pour résultat la fondation d'une grande quan-
tité de sociétés chorales mixtes qui, actnellement, sont encore flo-
rìssantes.
Ce qu'il y a de vraiment remarquable et touchant dans la vìe de
Joseph Haydn, c'est l'amitié sincère qu'il portait à Mozart son jeune
rivai, dont il admirait franchement le genie puissant. De méme que
les deux plus grands poètes*de l'Allemagne, Schiller et Goethe, se
sentaient attirés l'un vers l'autre, et cimentaient un attachement
réciproque que seule la mort put dissoudre, de mème, nous voyons
les deux grands musiciens du XVIII siede réunis par les mémes
sentiments d'une confraternite amicale qu'aucune rìvalité ne put
ternir: spectacle rare et digne d'élre cité.
Joseph Hàtdn est né le 1^' avril 1732, à Bohrau, et mourut à
Vienne, le 31 mai 1809.
27. — SchiUer à Goethe.
Weimar, le 28 avril 1801.
Vous avez vraiment beauconp perda de n'avoìr pu passer cette semaine
à Weimar, où le chant et la danse se sont donno la main pour nous
divertir de la manière la plus agréable. Je ne vons parlerai pas de nos
chanteors et de nos chanteuses, vons connaissez lem talent. Qnant aax
danseors, qui dans Tintermòde de Inndi demier ont pam la première fois,
ils ont excité une admìration fort donteuse; on est peu habitué ici anz
poses et aux mouvements singuliers qui consistent à étendre horizon-
talement la jambe, tantót en arrière, tantOt de coté. Cela paralt incon-
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830 MSHOIUS
▼enant et mdme indécent, et n'a Traiment rien de beau; mais la iégè-
rete de oes danseors et rharmonie parfaite de lean moayemeAts avec
les dìfférentes mesores de la nmsiqae sont iràs-agréables.^..
*
PaasoDC mahiteiiait en revue les compoBitìoDB mosicales de quel-
ques artistes célèbres qui se sont inspirés directement des poéeies
de Schiller.
Saiyaot l'adage bien eonnu : à tout Seigneur, tent bonnew, noas
commeiceiOQS par BeethoTsen. A ce snjet, dous emprontons à HJeetx>r
Beiii<nqiii, dans soi livr^ e A iravers Chant »^ aconsacré «ne belle
Éiude critique aux Symphonies de Beedioren, les lignee qu' il a
écrites sur la 9^^ Sj^mphanie avee Chmurs.
€ ..... Beethoven avait déjà écrit hnit symidionieB avant eeUe*ci.
Poar aller au delà d« point où il était alors parvenu à Taide des
seules ressonrces de Tinstrumentation, qaels moyens lai restai t-ìl 9
L'adjoDctìon des voìx aux instroiaentB. Mais pour observer la loi da
cre$eendOj et mettre en relief daos ToBuvre m§me la puiasanee de
raAixiliaire qu'il roulait deaner à Torcfaestre, n'était-il pas nécessaire
de laisser encore les inatraments figurer senls sur le pronier pian
du taUeau qu'il se propoeait de déroulerP... ».
Une feis eette donnée admise, on con^oit fort bien qu'il ait été
amene à cfaerdier uie mnsique raixte <iui pùt servir de liaison aux
deux grandes divisiens de la «ymphonie ; le récitatif instrumentad
fut le pont qu'il osa jeter entro le choMr et l'orcbeeiae, et sor leqnel
les instrumeots passèrent pour aller se joindre aux toix.
Le passage établi, l'auteur dut vouloir motiver, en rannon9ant, la
fusion qui allait s'opérer, et c'est alors que, parlant lui-méme par la
voix d'un coryphée, il s^écria, en l'employant, les notes du récitatif
instrumentai qu'il venait de faire entendre: Amis! plus de pareUs
OGcarib, mais commengcms des ehanisplus agréàbUs et plus remptis
de joie.
Yoilà dono, pour ainsì dire, le tratte d'alliance conclu entro le
ch<Bar et l'orchestre ; la mSme phrase de récitatif^ prononcée par Tuo
et par l'autre, semble éire la formule du serment. Libre au musi-
cien e&suite de choisir le texte de sa composition chorale : c'est à
Schiller que Beettioven va le demander; il s'eapare de VOde à U
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SGHILUBR IT LA MU8IQUI 83Ì
Jbfe, b colore io mille nnances qae la poesie tonte seule n'eùt jamats
pu rendre sensibles, et s'araace en augmentant jusqa'à la fin de
pompe, de grandeur et d'éclat.
Tello est peot-dtre la raison» plus ou baoìss plansiUe, de l'orde»*
lane e generale de cotte immense composition, dont none aUons mais-
tenant étadier en détail toutes les partiea.
Le premier moreeaur empreint d'une sombre majosté, ne ressemble
à aacun de ceax quo BeetbovoA écriyit antérieuremeat L'harmonie
en est d*une hardiesee quelque fois eieessive: les dessins les plus
orìginaux, les traits les plus expressifs, se pressent, se crmsent, s'eii-
trelacent en tout sens, mais sans produìre ni obseurité, ni racomte^-
ment; il n'en resulto, au coitraire, qu'ui effet parfaitement clair, et
les Yoix multiples de l'orckestre qui se plaignent ou meaacent, cha*
cune à sa manière et dans son style special, semblent n'^ forioer
qu'one senio ; si grande est la CDree du sentiment qui les anime.
Cet allegro maestoso^ écrit en ré-mineuTy commence eependant sur
Taceord de 2a, saas la tierce, e'est-à-dire sur ujie tenne des notes
loj mij disposées en quinte, arpégées en dessous par les premiers
violons, les altos et les contrebasses, de manière quo l'auditeur
ignoro s'il entend Taecord de la mneur^ colui do la majeur^ ou colui
de la dominante de ré. Qette longue indéeision de la tonalité donne
beauooup de force et un grand caractère à rentrée du tutti sur l'accord
de ré mineur. La péroraìson contient des accents dont l'ftme s'émeut
tout entière; il est difficile de non entendre de plus profondément
tragique quo ce cbant des instruments à vent sous lequel une pbrase
cbromatique en trèmolo des instruments à cordes s'enfio et s'élève
peu à- pen, en grondant comme la mer aux approcbes de l'orage. C'ost
là uno magnifique inspiration.
Nous aurons plus d'une occasion de faire remarquer dans cet ouvrage
des agrégations de notes auxqueUes il est naiment impossible de
donner le nom d*accords : et nous derrons reconnaitre quo la raison
de eoe anomalios nous écbappe complètement. Ainsi, à la page 17
do l'admìrablo morceau dont nous Yenons de parler, on trouro un
dessin mélodiquo de clarinettes et de bassons, accompagné do la fafon
sui vanto dans le ton d'ut mineur: la basse frappe d'abord fa dièse
portant septième diminuée, puis la bémol portant iierce^ quarte et
sixte augmentée^ et enfin sol^ au-dessus duquel les flùtes et les haut-
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MBMORIX
bois frappent les notes mi-bémol 5oZ, ut, qui donneraient un aeeord
de sixte et quarte, résolation excellente de l'accord précédente si les
seconds violons et les altos ne Tenaient ajoater à lliarmonie les dem
sons fa naturel et la bémolj qui la dénatnrent et prodaisent une con-
ftision fort désagréable et heureasement fort coarte. Ce passage est pen
chargé d*instmmentation et d'un caractère tout à &it exempt de
radesse ; je ne puis dono comprendre cotte quadruple dissonance si
étrangement amenée et qae rien ne moti?e. On pourrait croire à une
fante de gravure, mais en examinant bien ces deux mesures et celles
qui précédenti le doute se dissipo et Ton demeare convainca qae
tolle a été réellement l'intention do Tautour.
Le schermo vivace qai suit ne contient rien de semblable ; on y
trouve, il est ?rai, plusieurs pédales hautes et moyennes sur la to-
niquOf passant au traYors de Taccord de dominante ; mais j'ai déjà
&it ma profossion de foi au sujet de ces tenues étrangères à Thar-
monie, et il n'est pas besoin de ce nouvel exemple pour prou?er
rexcellent parti qu'on en peut tirer quand le sens musical les amène
naturellement. C*est au moyen du rhythmo surtout quo Beethoten
a su répandre tant d'intérét sur ce charmant badinage; le thème si
plein de vivacité, quand il se présente avec sa réponse fuguée entrant
au bout de quatre mesures, pétille de verye ensuite lorsqne la ré-
ponse, paraissant une mesure plus tdt, Yient dessiner un rhythme
temaire au lieu du rhythme binaire adopté en commenfant.
Le milieu 'du scherzo est occupé par xr^i presto à deux teny^ d'une
jovialité toute yìllageoise, dont le thème se déploie sur une pedale
intermédiaire, tantdt tonique et tantdt dominante , a?ec accompa-
gnement d'un contre-thème qui s'harmonise aussi également bien
avec l'uno et l'autre note tenue, dominante et tonique. Ce chant est
ramené en demier lieu par une phrase de bautbois d'une ravìssante
fraicbeur, qui, après s*étre balancée sur l'accord de neuvième domi-
nante majeure de réy yient s'épanouir dans le ton de fa naturel d'une
manière aussi gracieuse qu'inattendue. On retrouYO là un reflet de
ces donces impressions si chères à Beethoyen, quo produisent Taspect
de la nature riante et calme, la pureté de l'air, les premiers rayons
d'une aurore printanière.
Dans Vadagio cantabile^ le principe de l'unite est si peu observé
qu'on pourrait y yoir plutdt deux morceaux distincts qu'un seul. Au
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8GHILLKR BT LA MU8IQUE 833
premier chant en si hémól à quatre temps, succède ane autre me-
lodie absolument differente en ré majenr et à trois temps ; le pre-
mier thème, légèrement altère et varie par les premiers yiolons, &it
une seconde apparition dans le ton prìmitif poor ramener de nou-
Yeaa la melodie à trois temps, sans altératìons ni variations, mais
dans le ton de sol majeur; après qaoi le premier thème s'établit
définitivement et ne permet plus à la phrase rivale de partager avec
lui l'attention de Tauditeur. 11 faut entendre plusieurs fois ce mer-
veilleux adagio pour s'accoutumer tout à fait à une aussi singulière
disposition. Quant à la beante de toutes ces mélodies, à la grftce
infinie des omements dont elles sont couvertes, aux sentiments de
tendresse mélancolique, d*abattement passionné, de religiosité rfiveuse
qu'elles expriment, si ma prose pouvait en donner une idée sede-
ment approximative, la musique aurait trouvé dans la parole écrite
une émule que le plus grand des poètes lui mèroe ne parviendra
jamais à lui opposer. G'est une oeuvre immense, et quand on est
entré sous son charme puissant, on ne peut que répondre à la cri-
tique, reprochant à Tauteur d'avoir ici viole la loi de l'unite: tant
pis pour la loi !
Nous touchons au moment où les voix vont s'unir à Torchestre.
Les violoncelles et les contrebasses entonnent le récitatif dont nous
avons parie plus haut, après une ritoumelle des instruments à vent,
rauque et violente comme un cri de colere. L'accord de sixte majeure,
/a, 2a, ré^ par lequel ce presto debuto, se trouve altère par une
appogiature sur le si bémol, frappée en méme temps par les flùtes, les
hautbois et les clarinettes ; cette sixième note du ton de ré majeur
grince horriblement contre la dominante et produit un effet excessi-
vement dur. Gela exprime effectivement la fureur et la rage, mais
je ne vois pas ici encore ce qui peut exciter un sentiment pareli, à
moins que Tauteur, avant de faire dire k son corypbée : Gommengons
des chanis plus agréables^ n'ait voulu, par un bizarre caprice, ca-
lomnier Tharmonie instrumentale. Il semble la regretter , cepen-
dant, car entro chaque phrase du récitatif des basses, il reprend,
comme autant de souvenirs qui lui tiennent au ccBur, des fragments
des trois morceaux précédents ; et de plus, après ce méme récitatif,
il place dans rorches{re, au milieu d'un choix d'accords exquis, le
beau thème que vont bientdt chanter toutes les voix, sur l'ode de
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834 MSHOiUE
Schiller. Ce chant, d*nn caractère doni et ealme, svanirne et se bril-
lante peu à peUf en passant dea basses, qnì le font entendre les pre-
miòres, aux violons et aux instraments à yent. Aprèe une interrup-
tìoD soudaine^ Torchestre entier reprend la furibonde ritoarnelle déjà
citée et qni annonce ici le récitatif vocaL
Le premier accord est encore pose sur un fa qui est censé portar
la tierce et la sixte, et qui les porte réellement; mais cette fms
Tauteur ne se contente pas de l'appogiature si hémol^ il y ajoute celle
dtt Bol^ du mi et de Vui dièse, de sorte que Toutes les notes de ìa
Qàmme Diaianique Mineure se trouvent frappées en me me iemps
et prodttisent Tépouvantable assemblage de sona: /a, la, utdièse^ mi,
Jo2, 3i lémolf ré.
Le Gompositeur fran^ais Martin, dit Martini, dans son opera de
Sapho^ avait, il 7 a qnarante ans, youlu produire un hurlemoit d'or-
chestre analogue, en employant à la foia tous les intervallea diate-
niques, chromatiques et enharmoniques, au moment où ramante de
Phaon se precipite dans les flots : sans examiner l'opportunité de sa
teutatire et sans demander sì elle portait 00 non atteinte à la di-
gnité de l'art, il est certain que son but ne pouvait ètre méconnu.
Ici, raes efforts pour découvrir colui de Beethoven sont complètemeot
inutiles. Je vois une intention formelle, un projet caleulé et réfléehi
de produire denx discordances, aux deux instante qui précèdent l'ap-
parìtion successive du récitatif dans les instrumente et dans la vois ;
mais j'ai beancoup cherché la raison de cette idée, et je sois force
d'avouer qn'elle m'est inconnue.
Le ooryphée, après avoir chanté son récitatif, doni les paroles, nous
Tavona dit, sont de Beethoven, exposé seul, avec un léger accompa-
gnement de deux instruments à vent et de Torchestre à cordes eo
pi00ieato, le thème de VOde à la Jote. Ce thème pan^t jusqu'àla
fin de la symphonie, on le reconnait toujours, et pourtant il change
continuellement d'aspect. L'étude de ces diverses transformationa offre
un intérét d'autant plus puissant que chacune d'elles produìt une
nuance nouvelle et tranchée dans l'expression d'un sentiment unique,
colui de la joie. Gotte joie est au début pleine de douceur et de
paix; elle devient un peu plus vive au moment où la voix des femmes
se fait entendre. La mesure change; la phrase, cfaantée d'abord à
quatre temps, reparait dans la mesure à 6/8 et formulée en syncopes
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8CHILLEH BT UL MUSlOUl 835
eontìnuelles; elle prcmd alors m earactère plus fort, plos agile et
qui 86 rapprocbe de l'aceent gaerrier. G'est le cbant de départ du
héros sQr de vaincre ; on croit voir étìneeler 8<m anirare et entendre
le brait cadencé de tea pas. Un thème fugué, dans leqnel on r^
tronYe encore le des^in mélodiqne primitif , sert pendant qnelques
tempe de sujet anx ébati de rorcheatre: ce sont lee mouTemente
divers d'one fonie actìte et remplie d'ardenr Mais le choeur rentre
bientòt et cbante énergiqQement rbymne joyense dans sa fimplicité
première, aidé dee instntments à rent qai plaquent les accorda en
snivant la melodie, et trarergé en tona sene par un dessin diatonique
exécuté par la masse entiète dei instraments à cordes en unisona
et en octaves.
L'andante maestoso qui sait est une sorte de ehoral qn'entonnent
d*abord les ténors et les - basses du cboenr, rétmis à un trombone,
aux yioloncelles et aax contrebasses. La joie est ici religieuse, gra?e,
immense; le cboenr se tait un instant, ponr reprendre avec moina
de force ses larges accorda, après un solo d'orchestre d'où résulte un
effet d*orgue d'une grande beante. L'imitation du majestueux instru-
ment des teroples cbrétiens est produite par des flfites dans les bas,
dea clarinettes dans le chalumeau, des sons graves de bassoos, des
altos divisés en deux parties, haute et moyenne, et des yioloncelles
jouant sur leurs cordes à ride sol ré^ ou sur Vut bas (à vide) et
Yui du mèdium, toujours en doublé corde. Ce morceau commence
en sol, il passe en ut, puis en /a, et se termine par un point d'orgne
sur la septième dominante de ré. Suit un grand Allegro k 6/4, oh
se réunissent dès le commencement le premier thème, déjà tant et
si diversement reproduit, et le ehoral de V Andante précédent. Le
centraste de ces deux idées est rendu plus saillant encore par une
variation rapide du chant joyeux, exécutée au-dessus des grosses notes
du ehoral, non seulement par iea premiers violons, mais auasi par
les contrebaaaea. Or, il est irapoasible aux contrebaaaea d'exécuter
une succession de notes aussi rapides ; et Ton ne peut encore là a'ex-
pliquer comment un horame aussi habile que Tétait Beethoven dans
Tart de Tinstrumentation a pu s'oublier jusqu'à écrire, pour ce lourd
instrument, un trait tei que celui-ci. Il y a moins de fougue, moins
de grandeur et plus de légèreté dans le style du morceau suivant :
une gaité naive, exprimée d'abord par quatre voix seules et plus
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836 MXMOROB
chaadement colorée ensuìte par radjonction du choeur, en faitle fond.
Quelques accenta tendres et religìeux y alternent à denx reprises
différentes avec la gaie melodie, mais le mouvement devient plus
precipite, tout l'orchestre éclate, les instruments à percussion, tim-
bales, cymbales, triangle et grosse caisse frappent rudement les temps
forts de la mesure ; la joie reprend son empire, la joie populaire,
tnmaltaeuse, qui ressemblerait à une orgie, si, en terminant, tontes
les Yoix ne s'arrètaient de nonveau sur un rhythme solennel ponr
envoyer, dans une exclamation extatique, leur dernier salut d'amour
et de respect à la joie religieuse. L'orchestre termine seul, non sai»
lancer dans son ardente course des fragments du premier thème dont
on ne se lasse pas.
Une traduction aussi exacte que possible de la poesie allemande
traìtée par Beethoven donnera maintenant au lecteur le motif de
cotte multitude de combinaisons musicales, savantes auxiliaires d'une
inspiration continue, instruments dociles d'un genie puissant et in&-
tigable. La voici:
" 0 Joiel belle étincelle des dieux, fiUe de TÉlysóe, nous entrons
tout brùlants du feu divin dans ton sanctuairel Un pouvoir magique
réanit ceux que le monde et le sang séparent; à Tombre de ton alle si
douce tous les hommes deviennent frères.
* Celui qui a le bonheur d'otre devena l'ami d'un ami; celui qui pos-
sedè une femme aimable; oui, celui qui peut dire à soi une &me snr
cette terre, que sa joie se mèle à la nòtrel mais, que Thomme à qui
cotte félicité ne fut pas accordée se glisso en pleurant hors du lieu qui
nous rassemble I
" Tous les étres boivent la joie au sein de la nature ; les bons et les
méchants suivent des chemins de fleurs. La nature nous a donne ramonr,
le vin et la mort, cette ópreuve de Tamitió I Elle a donno la volupté an
ver; le chórubin est debout devant Dieu.
" Gail gail comme les soleils roulent sur le pian magnifìque du del,
de móme, frères, courez foumir votre carrière, pleins de joie comme le
héros qui marche à la victoire.
* Que des millions d'étres, que le monde entier se confonde dans on
méme embrassement! Frères, au delà des sphères doit habiter un pére
bien-aimé.
" Millions, vous vous prostemez ? reconnaissez-vous Toeuvre du Créa-
teur? Cherchez Tauteur de ces merveilles au-dessus des astres, car c'est
là qu'il réside.
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8GHILLKR Vt LA BfUSIQUI 837
* 0 Joiel belle étìncelle des dieox, fille de rÉljsée, nous entrons
tout brùlants da fen divìn dans ton sanctaairel
* Fille de TÉlysée, Joie, belle étincelle des dieaxi ,.
Beethoven composa également un chodur poar 3 voix d'hommes^
sor les paroles de Schiller, tirées de la demière scène du IV acte de
ChiiUaume TeU: le Chani des Moines:
Elle surprend Thenre demière
Le mortel qui ne Tattend pas;
Mdme aa milieu de sa carrière
Soavent il tronve le trépasl
Point de délai; rien qui Parrete;
n tombe plein de force encor;
Et, que son ftme au jour soit prète,
Ou porte le poids de sa dette,
Vers son Juge elle prend Tesseri
Sur la partition autographe Beethoven avait écrit : € En souvenir du
décès subit de notre ami, Ejrumpholz, le 3 mai 1817 » (Wenzel
Erumpholz moorut le 2 mai 1817).
Louis vàn Beethoven naquit à Bonn, le 17 décembre 1770 et monrut
à Vienne, le 26 mars 1827. Son pére était ténor dans la cbapelle
du prìnce électeur, où son grand-pére avait été basse, puis maitre de
cbapelle. En 1787 Beethoven fit un court séjour à Vienne. Le jeune
virtuose pianiste joua devant Mozart qui lui prédit un brillant avenir.
Lorsqu'il revint pour la seconde fois à Vienne pour s'y fixer défini-
tivement, Beethoven était ftgé de 22 ans. Il travailla la composition
musicale d'abord avec Joseph Haydn, puis ensuìte avec Schenck,
Tauteur du Barbier du Village^ et aussi avec Albrechtsberger et
Salieri. L'activité créatrice de Beethoven fut merveilleuse et feconde
en chefs-d'cBuvre de tous genres qui sont devenus l'apanage du monde
musical et lui ont assigné le premier rang parmi les compositeurs.
Beethoven forme avec Haydn et Mozart la glorieuse Trinité des
grands et incomparables maìtres classiques.
Une édition complète des ceuvres du sublime maitre, parut en
24 séries, chez Breitkopf et Hftrtel.
Les belles poésies lyriques de Schiller devaient exercer, sur un
genie comme colui de Franz Schubert, une puissante attraction. Effecti-
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839 MSMOftB
Y«ment, Sehfibert admirait Télévatioii, ìe sublime et Itt neblesse de
la pensée, telles qa'elles se manifestent dam foutes !es asnrns i»
ce grand poète. Il aimait & le suivre de la réalité présente à cet
idéal du beau moral vers lequel la fougae da maitre emporte comme
irrésìstiblement ses lectenrs,
Dans le ricbe écrin des Ghants et Ballades de Schiller, le jenne
compositeur tronvait des pierres fines destinées à jeter an très yif
éclat sur son superbe talent en éreillant et pro^oquant son inspiration.
La cadre de cette étude ne peroiettant pas de pouvoir entrer dans
une plus ampie dissertation sar la musìque que Schubert a composée
sur les poésies de Schiller, nòus nous bornons à donner la liste dans
Tordre chronologique de ces oBuvres remarquablea.
Année 1813.
Aspiration (1" version), pour Basse, 3 avril:
" Ahi si des profondeurs de cette vallèe que presse un froid brouillard ..
VElyaée (!'• vieraìon), 15 avril :
* Loin d'ici la plainte gémisaante «•
Thécla^ voix d'un esprit (I" version), 22 aoùtr
■ Où je suis, où je me retìrai ,.
Le Plongeur:
^ Qui de vons oserà, chevalier ou varlet, plonger dans ce gouffire? ..
La plainte de lajeune fiUe (l^ version):
* La forét des cb^es mugìt, les nuages s'avaocent ».
Trias, Quatre strophes tir Ses de VÉlysée:
N. 1. ' Une joie infinie inonde ici le coeur „ (Canon, 15 avril).
N. 2. ' Loin d'ici la plainte gómissante , (18 avril).
N. 8. ' Ici le pólerin vojageur étend ses membres fatigués et brù-
lants „ (29 avril).
N. 4. ' Ici s'embrassent les fìdòles époax » (8 mai).
Le Triomphe de Vamatir:
(9"* strophe)* Un juvónile esser, une ardenr printanière ,((}anon, 8 mai).
(15**® strophe). ^ Assis sur un trdne élevé, le fils de Satume brandit
sa foudre , (10 mai).
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SCHILLER KT LA MU8IQUB 830
Le Fugitif:
' La YÌFattte baleine da matin répand m firalebeur « {15 mai,
l** version).
Sentences de Canfucius:
' La marche da temps est triple » (Canon, 8 juillet).
Les deux ehemin» de la vertu:
^ Il est deux chemins par où Thomme s'élòve à la verta , (15 juillet).
Année 1814.
A Emma :
* Dans le lointain grìs et brumeux gite mon bonheur , (Avrìl).
Op. 58, N. 2.
La jeune étrangère:
* Dans un vallon, chez de pauvres bergers » (1" version, 16 octobre).
Ajnnée 1815.
L'Attente:
" N'ai-je pas entendu la petite porte s'ouvrir? ,. Op. 116 (27
fóvrier).
Amalier
'^ n était beau comme un ange, plein des voluptés de Walhatla ,.
Op. 178, N. 1 (19 mai).
Le Mystère:
" Elle n'a pu me dire un seni petit mot ,. Op. 178, N. 2 (7 aoùty
1»« versioi).
Au Printemps:
* Sois le bien vena, bel enfant! toi, les délkes de la nature I ^
Op. 172, N. 5 (6 septembre).
Adieux d'Hector:
" Hector veut-il s'óloigner de moi poui' toujours? ». Op. 58, N. 1.
UEspérance :
" Les hommes parlent et révent sans cesse de jours futurs meil-
leurs ,. Op. 87, N. 2 (2"»« version).
Le jeune homme au bord du ruisseau:
" Près de la source était assis le jeune adolescent ,. Op. 87, N. 8
(2"* version: la 1'* wrsion ^n fa mineur).
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840 MKMORIS
Le combat:
" Non! je ne combattrai pas plus longtemps ce combat «. Op. 110.
A la Jote:
* Joie, diyine étincelle .. Op. Ili, N. 1.
La Caution, Ballade:
' Damon, un poignard soos sa robe, s^est glissé près da tjran
Denys «.
La jeune étrangère: 2"* version (12 avril).
Chanson à boire le PUneh à chanter dona le Nord {V* yersion):
* Sor les lìbres hantenrs des monts ^ (18 avrìi).
Chanson à boire le Punch:
' Quatre éléments, intimement nnis, forment le monde «(ad toìx;
29 aoùt).
PlainU de Cérès:
" L'aimable prìntemps a-t-il pam? « (9 novembre).
Année 1816.
Le chevalier Toggenbourg. Ballade:
' Chevalier, ce coeor vons promet le Mòle amour d'ane soenr ,
(13 mars).
La plainte de la jeune fiUe :
2™ version. Op. 68, N. 8 (Mars).
Les quatre àges du monde:
' Le vin vermeil pétille dans les verres «. Op. Ili, N. 3.
Laure au Piano:
* Qaand tes doigts, Laure, parcoorent magistralement les tonches .
(Mars).
Le Fugitif:
2"** version (Mars).
Le Mystère:
2"« version.
Année 1817.
Le Pèlerin:
' J'ótais encore aa printemps de ma vie ,. Op. 37, N. 1.
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SCHILLER IT LA MUSIQUX 841
Le Chasseur des Alpes:
* Ne veaz-ta pas garder Tagneau? « Op. 87, N. 2.
Htédd, voix d'un esprit:
' Où je suis, où je me retìrai, qnand mon ombre fagitive t'échappa ? ,
(2«« version). Op. 88, N. 2.
Oroupe du Tartare:
' Ecoatez! Comme marmare la mer sooleyée ,. Op. 24, N. 1.
UExtase, à Laure :
' Laure, il me semble que je fuis aa-dessns de ce monde , (Ina-
cheyé. Aoùt).
Année 1818,
Chansan à hoire le Punch à chanter dans le Nord:
2— version, à 2 et à 8 voix (18 aoùt).
Année 1821.
Aspiraticn :
2"« version. Op. 89 (8 fóvrier).
Année 1825,
La NuU et les réves:
' Sainte nnit, ta descends ,. Op. 48, N. 2.
Année 1826.
Dithyramhe:
' Jamais, non jamais, crojez-moi, un dien n'apparalt seni ,. Op. 60.
Fragment du poème: Les Dieux de la Orèce:
12"'* strophe: " Monde charmant, où es^tn? «.
La plainte de Cérès:
Nonvelle version.
* La BataiUe:
' Pesante et sombre, vrai nnage de tempdte, l'armée en marche
ondale à travers la verte plaine ,.
Franz Peter Schubert naqait à Yiennei le 31 janvier 1797 au
n"" 72 du Himmelpfordtgrand, paroisse de Lichtenthal, dont son pére
dirìgeait Técole. G'est un des plos grands compositears de genie que
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842 MXMOfUE
rAUemagne ait produits, le maitre incomparable du Lied et ausai
l'un des meìUeurs compositeurs de mnsique ingtrameiitale*
Franz Scbubert mourut à Vienne, le 18 novembre 1828.
Sur la Pierre du tombeau, le poète Franz OriUparzer fit graver
répìtapbe suivante:
' La mort garde ici mie riche proie
£t des etpéranoM enoore plu« riebes «.
Une éditìon complète des oeuvres de Scbubert a para ebez Breit-
kopf et H&rtel.
Farmi les compositeurs allemanda, qui ont mia en mnsiqtie cer-
taines poésies de Scbiller, il eonviant de citer Andreas-Jacob Rom-
berg, yioloniste et condisciple de Beetboven à l'orcbestre du prìnce
électaur à Bonn de 1790 à 1793.
Bomberg écrivit de la musique pour des soli de chant avec or-
cbestre : La fitte infanticide^ Le pouvoir du Chant, Le Monologue
de la Pucette d'Orléans, Le Comte de Hahshourg, Aspiration, ainsi
que le Ghant de la Cloche. A l'exception de cotte demière oeuvre,
très meritante, les compositions de Bomberg sont aujourd*huì presque
toutes oublìées.
Le compositeur allemand Max Bbuch, ainsi que le compositeur
fran9a]s Vincent d'Indt, ont également mis en muaique le célèbre
poème du Chant de la Cloche de Schiller:
** Solidement ma9onné, dans la terre, le moule attend, forme d'argile,
durci par le fea. C'est aujourd'bnì que doit naltre la docbe I ,
Les magnifiques odurres dramatiques de Schiller» auzquale des
yers fortement frappés et patriotiques, brillanta d'or, de ciselure et
d'éclat, à panacbe de chevalerie, chantant baut le courage, la liberté,
l'amour, la tendresse, le dévouement, rebaussés par un élan et un
soufflé poétique des plus intenses, avec des situations dramatiques
incomparables, valurent à Tauteur un succès retentissant et durable,
devaient forcément exercer un attrait irrósistible sur les musiciens.
Chose extrémement curieuse, ce ne furent pas les coàipositeurs
dramatiques allemanda qui surent profiter de ces cbe&-d'a9uvre mais
bien dea musiciens ótrangers.
C'est ainsi qu'en Franco, les librettistes Hippolyte Bis et Jouj
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SCHILLXa IT LA. HUSIQUS 843
emprontèrent aa Oniilmime Téli de Schiller la plapart dee ntuatiou
et les péripéties du drame, ponr en faìre le liyret da grand opera
en quatre actes de GuiUaume TeU que toat le monde connaìt et
que BossiNi a Immortalisé avec sa musique ensoleillée. La première
représentatdon de ce chefd'oeuyre eut lieu à TAcadémie Boyale de
mnsìqae à Paris, le 3 aoùt 1829. Les rdles étaient ainsi distribnés :
Amdd, Adolpbe Nourrlt ; Walter, Levasseur; Qessler, Prévost; Gail-
laume, Dabadie; Mathilde, M.^^ Damoreau-Ginti; Jemmy, M»* Da-
badie, et Hedwige, W^ Mori.
La musiqne scénìque, ponr le GruUlaume TeU de Schiller, fot com-
posée par Bernard Ansslmb db Weber, lors des premières représen-
tations da drame à Berlin en 1795.
Un antro GhiUIaume Tell^ drame lyrìqae en trois actes et en
prose, paroles de Sedaine, mnsiqaè de Grétrt, représenté aax Ita-
liens à Paris, le 9 ami 1791, n'a absolument rìen de commnn aree
celai de Schiller.
Le librettiste attitré de Grétrj avait tire le snjet et les princi-
pales sitnatìons d'ano tragèdie de Guillaume TeU, oeavre de Lemierre,
qoi avait été Jouée à la Comédie-Fran^aise aa mois de décembre 1766.
Pendant le vojage qa'il fit en Saisse dans l'été de l'année 1831,
MsNDSLSSOHN, tròs fortomont impressionné par la lectoro da drame
de OuHlaume TeU de Sdiiller, eut l'idée de composer la mosique
scéniqne et il fit immédiatement part de ce projot à ses parents dans
la lettre qa'il lear adressait d'Engelberg, où il séjoamait alors mo-
mentaoément. Mendelssobn s'exprìme en ces termos:
£Dgelbei^, le 23 aoiìt 1831.
Le ocenr me debordo et il iaxii qne je me soolage, en Fons faisaoi; part
de mes imj^essioDà. Je yiens do me mettre, dans cotte charmante vallèe,»
à relìre le Guillaume TeU de Schiller, et j'achève à Tinstant la première
moitié de la première scène; — il n'j a toat de méme aacon art com-
parable à notre art allemand! Dien sait d^où cela Tient, mais je ne erois
pas qa'ancnn aotre penpìe soìt capable de comprendre, à plus foite
raison de faire rien de pareìl à ce commencement. — Y-oilà oe qui s'ap-
pelle -sn poème et on débntl D'abord ces vers si Hmpìdes, si clairs,
dont rharmonìe rappelle si hien le lac an brillant niiroir et toat ce «qni
caractérìse la Saisse; pois ce long et insignifiant bavardage des monta-
gaards, et enfin Baamgarten arrivant aa milieu de toat cela, — c'est
divinement beau ! Quelle fìralchear, quelle puissance, et conune cela vous
Ri9itta muticalt italiana. Vili 6ò
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844 MKMoaiK
entraine! — Mais en masique il n'y a pas encore une oeuvre pareille,
et cependant il faut aussi que la mnsiqae ait un joar quelque chose
d*aussi parfait. Ce que j'admire encore, c'est que Schiller s'est cróé à
lui-méme toute la Suisse, et bien qu'il ne l'eùt jamais vue, tout est, dans
son oeuvre, d'une fidéHté, d'une vérité saisissante: moeurs, habitants,
nature et paysage. — Je me sentis de suite en belle humeur lorsque,
dans ce village élevé et solitaire, mon vieil hòte m'apporta du convent
le volume de Schiller imprimé en caractòres qui me rappelaient la pa-
trie, et portant en tdte ce nom qui m'est si familier ; mais le commw-
cement de la pièce a, une fois encore, surpassé mon attente. Il fsasi
dire aussi qu'il j a plus de quatre ans que je ne l'avais lue. Quaod
j'aurai termine, j'ai l'intention d'aller au couvent et de jeter un p«i
mes impressioiis sur l'orgue. — Après midi, — Ne vous ótonnez pas de
ce que je viens de dire au sujet de QuiUaume TeU, relisez seulement
la première scène et vous le comprendrez. Des scènes comme celle où
tous les pàtres et les chasseurs crient: * Sauve-le! Sauve-lel Sauve-le! .
ou la fin de celle du Ortitli où le soleil se lève sur la scène vide, ne
pouvaient en vérité venir qu'à l'esprit d'un Allemand et d'un Allemand
qui s'appelait M. de Schiller. Or, la pièce tout entière fourmille de traìts
pareils. Laissez-moi vous citer l'endroit où, à la fin de la seconde scène,
Teli s'approche de Stauffacher aveo Baumgarten qu'il a sauvé, et termine
cette émouvante péripétie d'une manière si calme et si assurée; outre
la beante de la pensée, cela est profondément suisse. Belisez aussi le
commencement de la scène du Orùtli. J'ai compose ce matin la sym-
phonie que l'orchestre doit jouer à la fin, au moment où le soleil se
lève, mais je n'ai pu la composer que mentalement, car, sur le petit
orgue d'ici, il était impossible de rien faire de bon ,.
Malheureusement, Mendelssohn, detoumé sans nul doute par d'autres
préoccupations, ne donna pas suite à son intention.
Farmi les librettìstes italìens et franpais qui empnmtèrent ani
drames de Schiller le titre et les principales situations de leors
opéras, je citerai les suivants:
1 Briganti f opera en 3 actes, livret de Crescini, musique de Mkbca-
DANTB, représenté pour la première fois à Paris au Théàtre-Italien, le
22 mars 1836.
/ MastMdieri (Les Brigands), opera en 4 actes, livret de Maffei, mu-
sique de Verdi, représenté à Londres au théàtre de Druy-Lane, au moìs
de juillet 1847.
Luisa MiUer, opera, livret de Cammarano, musique de Verdi, repré-
senté à Naples, en décembre 1849.
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SCHILLER BT LA MU8IQUE 845
Don Carlos, grand opera en 5 actes, livret de Méry et Camille du
Lode, mnsique de Vbbdi, reprósenté à TOpóra de Paris, le 11 mars 1867.
Maria Stuarda, opera mìs en musiqne par trois compositeors ìtaliens
différents: Piirbb Casslla, Mergadantb et Dokizstti.
Marie Stuart, opera en 5 acies, paroles de Theodor Anne, musiqne
de NiKDKRMETEB, représenté à FAcadémie Boyale de musique, le 6 de-
cembre 1844.
WaUenstein, opera, mnsique de Masone, représenté au thé&tre del
Fondo, à Naples, en septembre 1873.
Un autre opera portant le méme titre, musique de Dbnza, fut éga-
lement représenté sur la méme scène, en mai 1876.
Citons encore la < Trilogie symphonique > que M. Vincent d' Indy
a composée sur le poème de Wallenstein.
Au sujet de Marie Stuart de Schiller, nous termìnerons cette
étude par les lignes que Hector Berlioz luì a consacrées dans son
livre Les Sairées de V Orchestre:
< — Pourquoì, reprend Corsino, après un silence et comme pour
rompre une conversation qui lui est pénible, n'étes-yous pas venu
avant-hier à la représentation de la Marie Stuart de Schiller ? Nos
premiers acteurs y figuraient et le chef-d'oeuvre n'a point été mal
rendu, je puis vous Tassurer.
< Vous ne m'en comptez pas moins, je Tespère, parmi les plus sin-
cères admirateurs de Schiller ; mais il faut yous avouer mon insur-
montable antipathie pour les drames dans lesquels figurent le billot,
la hache, le bourreau. Je n'y puis tenir. Ce genre de mort et les
apprèts qu*il nécessite ont quelque chose de hideux! Bien ne m'a
jamais inspiré une plus profonde ayersion pour la foule, pour la
populace de tout rang et de toute classe, que Thorrible ardeur ayec
laquelle on la yoit se ruer à certains jours yers le lieu des exécu-
tions. En me représentant cette multitude pressée, la gueule beante
autour d*un échafaud, je songe toujours au bonheur d'ayoìr sous la
main huit ou dix pièces de canon chargés à mitraille, pour anéantir
d'un Seul coup cette aifreuse canaille sans ayoir besoin d'y toucher.
Gar je con9ois qu'on yerse le sang de cette fafon, de loin, ayec fracas,
ayec feu et tonnerres, quand on est en colere; et j'aimeraìs mieux
mìtrailler quarante de mes ennemis que d'en yoir guillotiner un seul.
— Corsino, approuyant de la téte : Vous ayez des goùts d'artiste. —
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S46 mkmorh
Quant à cette panvre charmante reine Marie, dii Winter, je ooBTiens
qu'oD poumt fort bien la détrnire, sans aller aìnsi giter son beta
eoi. — Ehi eh! répliqae Dimsky, c'était pent-éta-e précisément àce
beau col qa'en Toulait Elisabeth. An reste, détntire est heureoaemeDt
tronvé; j^appronve le mot. — Oh ! Messieurs! poavez-voiis rire et piai*
santer d'une telle catastrophe, d*un crime si afireux !
Schiller moumt à Weimar le 9 mai 1805, &gé de qnaranten^inq
ans, cinq mois et viagt-neuf jours. L'enterveme&t eut lien dans la
nmt du samedi au dimanche 12 mai. Le dimanche, daas Taprès-
midi, on celebra les funérailles dans l'égliae de SainfrJacqoe& L'ad*
mirable Bejmem de MosEart fot exécuté par la ehapelle dacale, et
le sorintendant Voigt pronon9a un discours.
H. EXINQ
Prof, an Conaerratoin de mvsiqae àe Oaaèft^
Officier d'Àcadémie.
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D Solitaire gecoi]d, ou Prose de la niugique
di Poiitug de Tyard.
« kÀh homme acquiert, par son mérite, Testime dea premiers
« écrìvains de son temps» la faveur des rois, la bienveillance des
« femmes les plus célèbres par la naissance ou les charmes de leur
« esprit; cet homme, chargé de gioire et d'années, s'endori de son
« dernier sommeU avec la promesse et l'espoir d'une doublé immor-
« talité, et bientdt Toubli couvre sa mémoire >.
Così scriveva J. P. Abel Jeandet nel suo libro: Étuck sur le seù
sfième siècle. Franee et Bowrgogne. Pontus de l^rd^ seigneur de
Bissy, depuis évéque de ChcUan. Ouvrage cawrotmépar TAcadémie
de Macon. — 29 dicembre 1859. — Paris, A. Aubry, 1860, in 8%
pp. xn-240.
Disgraziatamente questa accuratissima monografia, che vinse il
concorso indetto idWAcadémie des seienees, arts, helles leitres et
d^agricuUure de Macon sopra un'Étude sur Pontus de Tyard^
évèque de Chalon et poète mdconncnSy sumommé de son temps VA-
nacréon frangais, fu tirata ad un numero limitato di esemplari
(400 copie ; delle quali solo 300 messe in vendita). Essa è perciò
poco nota e eob fìEicile a trovarsi; tanto piti che né il Lorenz nel suo
Catalogue general de la librairie frangaise^ né la Bibliographie de
la Franee la registrano. È però citata nel Manuel du lihraire et de
T amateur de livres del Brunet (Tomo V, alla voce Thyard); ed è
conosciuta dal bibliofilo Gustavo Mouravit, che la ricorda in una nota
apposta all'articolo Amour immortel nel Voi. I dell'opera di J. M.
Quérard : Les st/^erd^eries littéraires dévoiUes.
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848
MEMORIE
Tuttavìa non tanto la difficoltà di rinvenirla, che altri accenni
biografici sai Tyard si troverebbero altrove (1), quanto il mancare
Ritratto di PoNTUB DE Ttard,
che trovasi nel verto del frontespizio del Solitaire aecond,
nella monografia dello Jeandet la benché minima analisi del SoUtaùre
(1) Oltre che negli articoli di enciclopedie e dizionari, quali Le grand dietùm'
naire hiatorique del Moréri, la Biographie universeUe (Michand), la NouvéSe
bhgrapkie generale (FirminDidot), nel Fétis, neWAUgem. LiUer. der Muta
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IL 'SOLITAIRE 8EC0NO , DI PONTUS DB TTARD 849
seeondj rende piti che mai opportuno uno stadio, o — più modesta-
mente — un cenno intomo a questo libro di teorica musicale, per
la sua rarità avidamente cercato dai bibliofili (1), opera curiosa, se
non di intrinseco yalore, di uno dei più bizzarri e versatili ingegni
del secolo XVI.
* *
Alla descrizione del SoUtaire second sarà bene &r precedere qualche
notizia sommaria intomo alla vita del Tyard, fissando e giustificando
anzitutto l'ortografia del cognome.
Tyard è quasi sempre scritto in questa maniera sul frontespizio
delle sue opere, stampate lui vivente; tuttavia nel poemetto Ponti
Thyardei Bissiani^ ad Petrum Bansardum^ De CeUstìhus Aste-
rismis Poemaiium — Parisiis^ apud Galeoium à Prato, 1573,
in 4^ — lo troviamo anche coir A. La quale h fu poi adottata più
tardi da un discendente di Lui, il marchese Gaspare Pontus de
Thyard.
del FoRKEL (il quale altimo Io chiama Pokcs de Tbtard), si hanno notisie del
Tyard in:
La Groiz du Maine, Da Verdier, Bibìioth. frangaise.
Papillon, Bibìioth, des auteurs de Bourgogne,
Sainte-Marthe, Elogia,
G. Golletet, Vies dea poètee frangaia.
L. Jacob, De claris scriptoribus cubUhnensibus,
GoLomis, GaUia orientalis.
De Thou et Tbisbier, Élogea. — Tomo IV.
GovjBT, Bibìioth, frangaiee, — Tomo XIV.
KiOERON, Mémoires. — Tomo XXI.
Poètea firangais (Edizione Grepet). ^ Tomo II.
Hiatoire de Pontua de Tyard i auivie de la genealogie de ceUe maiaon
[pahblicata da L. G. Harim]. — Neuch&tel, 1784.
Martin, Notiee aur la vie et ìea ouvragea de Pontua de Tyard, — Paris,
1786.
Ma la più importante monografia resta sempre qaella dello Jeandet, otti mas-
simamente ho seguito quanto a notizie biografiche, avendo lo Jeandet potato
consaltare gran numero di documenti originali.
(1) L'edizione di Parigi, 1573, unita al Soiitaire premier^ è stata pagata 121 fr.,
alla yendita Solar; qaella di Lione 1555, senza il SoUtaire premier, 150 fr. alla
vendita Goete e 175 fr. alla vendita CaUhava.
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85D
MUfORIS
Nella grafia moderna della famiglia ed anche in alcuni docameatì
del secolo XYI lo troviamo scritto cosi: Thiard; ma il Gnmi
Ritratto che trovasi nelle Oaleries hiskniquM de VersaiUes,
Tyard (1) firmava costantemente Tyard^ come si rileva dai facsimili
degli autografi di Pontus, riprodotti dallo Jeandet (op. cit, pp. 186-87).
Conserveremo quindi anche noi tale ortografia.
(1) Così, e con questa ortografia, è chiamato il Nostro in una quartina che
Ste&no Tabonrot gli scrisse — sempre Lai vivente — sotto nn ritratto:
« Do. grand Tyard le beaa portrait témolgne
Son rare esprit et ses perfections;
Mais ses écrits font foi qae la Boargoigne
En rien ne cède ani autres nations. »
(Hist deF.de Thyard, pag. 58).
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IL * 80LITAIRX 8VC0ND , DI PONTUS DS TTARD 851
La data della nascita di Fontus de Tyard non è stata finora bene
accertata dai biografi; poiché, o per essere stati distrutti nel sao-
cb^gio subito dal Castello di Bissy nel 1591, o per altra causa
smarriti, non esistono documenti originali relatìyi ai primi anni del
Tyard. La maggior parte degli scrittori lo dicono morto a 84 anni ;
e questo è confermato anche da Jacques Goijon (1), che fu suo con-
cittadino e contemporaneo. Ora, siccome il Tyard — secondo un do-
cumento originale yeduto dallo Jeandet — morì nel 1605 (2), così
si può fissarne la nascita al 1521. La quale data concorda benissimo
colla dicitura del ritratto da noi riprodotto. Il che non aveva bene
osservato lo Jeandet e anche aveva tratto in errore il Fétis.
Il primo infatti ha un lontano sospetto che il ritratto in questione
sia stato fatto qualche anno prima del 1555; il secondo a proposito
di queir < en san an SI > scrìve: < Ce qui pourrait £aire penser
« que Tannée précise de sa naissance fut 1524 >.
Il dubbio e Terrore non avrebbero avuto luogo se lo Jeandet e il
Fétis avessero pensato una cosa semplicissima, cioè che Tedisione
del 1555 non è l'edizione prìncipe, ma semplicemente una ristampa
di quella del 1552. Ora mettete in questa, come realmente c'era, il
ritratto del Tyard en san an 31, e avrete una nuova conferma sul-
l'esattezza della data 1521, come anno di nascita del Nostro.
Pontus de Tyard, Signore di Bissy, nato al castello di Bissy-sor-Fley
(Dipart. di Sadne-et-Loire), apparteneva ad una nobile famiglia della
Borgopa. Destinato alla vita ecclesiastica, si diede, fino dalla gio-
vinezza, alle lettere ed alle scienze. Terminati gli studi all'Università
di Parigi, fece parte (1551) con Bonsard, Du Bellay, Jodelle, Belleau,
Baif e Dorat della famosa Plèiade (3), che fu l'inizio ^^WAcadémie
franQaise, nella quale Pontus ebbe a colleghi ed amici Carlo IX ed
(1) Jaoobi Joaxis àndrkae et Huookib GuuoNiini Opera varia, ex bibliotheca
PhUib. de La Mare, — Dirìone, Pbilib. Chayane, 1658, in 4^ — pag. 226.
(2) Il ritratto qui riprodotto dalle Oaìeries historiques de VersaiììeB porta
anch^eno segnato Tanno di morte: 1605.
(8) Lo Jeakdbt (Op. dt., pag. 19 e seg.) ha una ricca bibliografia intomo alla
Pleiade. Sa di essa (e sa Pontas de Tyard in particolare) yedi inoltre il Du Blbd,
qai sabito appresso cit., e Ferdinand Brunbtière, La Plèiade frangaise. [Sta
in: Revue dee deux tnondee, 15 dicembre, 1900 e seg.].
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852 MSMoauB
Enrico III (1). Quest'ultimo, dopo averlo fatto suo consigliere, lo
nominò vescoTO di Chftlon-sur-Sadne (1578); vescorato che Tyird
tenne fino al 1594, nel quale anno lo cedette a suo nipote Ciro per
dedicarsi nuovamente a' suoi studi filosofici.
Pel suo sapere gli fu applicato il motto d'Ovidio: Omnia Ponim
erat Tralasciando gli scritti minori, le sue opere principali sono:
In poesia:
Erreurs amouretises;
Livre de vera lyriques;
Nauvelles ceuvres poétiques.
In prosa:
Discours phihsophiques. Sotto questo titolo Tyard stesso riunì,
nel 1587, in un volume le seguenti opere, che prima erano state
pubblicate separatamente:
Solitaire Premier, ou Discours des Muses et de la fureur
poétiqtée;
Solitaire Seconda ou Discours de la Musique;
Mantice, ou Discours de la vérité de divination par astrologie;
Le Premier Curieux, ou premier Discours de la nature du
monde et de ses parties;
Le Second Curieux, ou second Discours de la nature du monde
et de ses parties, traitant des choses intellectueUes ;
ScèvCj ou Discours du Temps, de VAn et de ses parties.
Di queste opere noi prenderemo a considerare il solo Solitaire
Second, come quello che unico serve all' indole de' nostri studi ed
allo scopo prefissoci ; e sceglieremo la 2* ediz. (la 1* uscì dagli stessi
torchi nel 1552) anche perchè sconosciuta al bibliografo Papillon,
che pure ha — per quanto in modo errato — citato la prima nellt
Bihlioth. des auteurs de Bourgogne.
(1) Victor du Blid, VAcadémie frangati de Charles IX et de Henri IH
[Sta in: Nouvelle Eevue, 15 maggio, 1895],
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IL 'SOLITAIRK SXCOND , DI P0NTU8 DI TTARD
853
♦
♦ ♦
[PoNTUS DE Tyard], SoUtaire seconda ou Prose de la musique.
A Lion, Jan de Touraes, MDLV, avec privìlege du Boy, in 4"* fig.,
Frontespizio del SoUtaire second di Pontos de Tjard.
pp. 160 -h 12 n.n., con l grande tav. h- altre 2 carte di tav. sap-
plementarì. Carattere italico.
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864 BOMORII
Come si vede dal frontespizio, di cui, per Teleganza del fregio
che lo contorna, diamo qui la riproduzione, T opera si presenta a
primo aspetto anonima. Nel verso del frontespizio sta il ritratto che ab-
biamo riprodotto al principio di questo stadio. La carta a JS è occupata
nel recto da un sonetto, il cui autore è celato sotto le iniziali M. SC;
iniziali troppo trasparenti per non lasciar scorgere il nome di Maurice
Scève (1), « l'ami extrémement aimé, mais non jamais assez ho-
noré » di Pontus (2).
Nel verso della car. a ^ è la dedica che VA. fa alla saa dama
— A PASITHBE — firmandosi AMOUR IMMORTELLE, che è il
motto del giovane e amoroso poeta, e che trovasi in fine a ciascuna
dedica e a ciascun libro delle sue poesie.
La pag. 5, che segue, dà principio al trattato.
S'introduce TA. a parlare del modo di allungare la vita mediante
la tranquillità dello spirito e la temperanza, della quale dice essere
la musica vrey intage^ ed espone il soggetto^ dichiarando il perchè
di questo secondo SoUtaire. Fu per meglio far approfondire nell'arte
musicale la sua Pasitea e per compiacere a un desiderio di lei che
egli scrisse un tale libro.
Ma Pasitea, la musa ispiratrice del poeta, chi era dessa ? Questa
meraviglia, di cui egli canta la beltà e la grazia, esalta la virtù,
ammira lo spirito adomo di tutte le gentilles disciplines^ questa non
meno dotta che virtuosa donna, colla quale egli tratta dì poesia,
d'amore, di musica, di alta scienza, non sarebbe forse — si domanda
lo Jeandet — la Contessa di Retz ? E dell'opinione dello Jeandet è
pure Victor du Bled nello studio citato.
Claudia Caterina di Clermont, vedova in prime nozze di Giovanni
d'Annebault, rimaritata con Alberto di Gondi, duca di Retz, chia-
mata dai suoi contemporanei col titolo di Decima Musa e di Quarta
Grcufia^ sapeva parlare e scrivere elegantemente in greco, in latino
e in italiano, come sapeva trattare di politica e d'aifari di stato al
pari del più scaltro diplomatico.
(1) M. Scève, poeta, morto nella sua natale città di Lione il 1564. Era no
gran ricercatore di antiche curiosità, ed ebbe gusto raffinato per le arti, specie
per rarchitettnra e per la masica.
(2) PoxTus DE Ttard, Dìsc, phUosoph., SoKtaire premier, car. 51.
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IL ^SOLITAIRS SBGOND, DI P0NTU8 DE TYARD 856
Fra i poeti, dei qnali il suo castello era il ritrovo, eravi Poatas
de Tyard; e tutto concorre a far credere che sotto il nome di Pa-
sithée si celasse quello della Duchessa, di cui cosi egli canta:
Plas docte poesie en votre esprit est peinte
QaVnoqaes sur Hélicon Àpollon n'en pensa:
Un plus iliostre r^g onq Phébos nWan^a
Qii*est celai dont mon coear noarrit sa fiamme empreinte.
Ma torniamo all'argomento del Solitaire. Dopo l'accennata intro-
duzione, l'A. s'addentra subito nella materia. La musica — egli dice
— è di origine divina: la sua invenzione è da alcuni attribuita a
Mercurio, da altri ad Orfeo, ad Amfione, a Tamiro, a Pierio, a Fi-
lammone, a Licaone da Samo, ecc. I suoni anticamente erano da
alcuni distinti coi nomi di Hypaie^ Mese, Nete ; da altri con quelli
di Archos, Deuteros, ecc. E dopo aver detto dell'origine della Gamma
e della Chiave^ viene a parlare dell' J.rmonta, del come questa nasce,
degli intervalli, delle tre specie di musica in generale {diatonica,
cromatica ed enarmonica) e del tetracordo in particolare. Parla quindi
il Tyard del Diapason e delle combinazioni numeriche degli inter-
valli, riferendosi sempre alla, musica greca, che egli però non conosce
direttamente, ma solo per quello che apprese di seconda mano dagli
scrittori latini e particolarmente da Boezio e da Franchino Gafurìo,
« au quel — dice il Tyard — je doy, apres Boéce, le plus » (1).
Di tutte le proporzioni musicali il Nostro dà ragioni non solo nu-
meriche e grafiche (2), ma naturali, stabilendo rapporti con tutto il
creato, dai corpi celesti agli umani, e raffrontando i vari generi di
musica colle varie passioni dell'anima.
L'A. chiude il suo lavoro con un capitolo speciale intitolato: La
composidon et Vusage du Monocorde] istrumento che egli ha per-
fezionato e del quale è data la tavola illustrativa, che qui appresso
riproduciamo.
Alla tavola del Monocordo fanno seguito alcune poesie in lode
del Tyard, fra le quali un sonetto di Francesco Tartarei, di cui più
innanzi riporteremo alcuni versi. Vi sono inoltre alcune pagine con-
fi) Solitaire seconda pag. 119.
(2) Il testo è spesso intercalato da figore geometriche.
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856
MVMORIB
tenenti l'Indice delle cose notabili ; un avvertimento dello stampatore
sulle figaro grafiche; quattro tavole di queste figure; rerrata-corrìge:
VExtrait dea lettres du privilege du Boy e infine la data di stampa,
così: Achevé d^ imprimer le xvi de Novembre^ M.D.LV.
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IL ' SOUTAIRB SEGOND , DI PONTUS DE TTARD 857
Dall'esposizione sommaria fatta si vede che musicalmente questo
SoUtaire non ha importanza se non dal lato bibliografico della ra-
rità e del tempo in cui fu scrìtto, essendo uno dei primi trattati di
musica che si conoscano. Del resto le solite cose che si frovano in
tutti i trattati d'allora, senza teorie nuove in fatto di tecnica mu-
sicale, se si eccettua la curiosità del monocordo^ il quale non è poi
del tutto una creazione del Tyard e neppure s'ha a considerare come
uno strumento molto gioveyole alla pratica musicale.
Le benemerenze del Tyard per la musica non sono tuttavia né
piccole, né da disprezzarsi; perchè egli è tra i primissimi francesi
che si siano adoperati per dare vigoroso impulso agli studi musicali,
e non solo colle parole, ma coli' esempio, coltivando praticamente
l'arte e riuscendo eccellente esecutore: e ciò è bene che qui venga
notato, non essendo finora il Tyard mai apparso, come esecutore,
nei dizionari, nelle storie e negli altri scritti intomo alla musica.
Si è sempre creduto che il Baif fosse stato in Francia il fondatore
degli studi musicali ; e Victor du Bled nello studio citato si adopera
a difibndere questa credenza. Ma da un lavoro recente, come quello
del Dn Bled, si aveva il diritto di richiedere una maggiore cono-
scenza non solo della storia musicale, ma degli studi che lo hanno
preceduto. Che se il Du Bled avesse saputo l'esistenza dell'opera
dello Jeandet, avrebbe, per lo meno, sulla scorta di essa, meglio va-
gliato le sue notizie e maggiormente ponderato i suoi apprezzamenti.
Il merito del Baif (al quale si aggregò Thibaut de Courville) con-
siste nell'aver esso ideato e proposto a Carlo IX nel 1570 la fonda-
zione di un'Accademia, che avesse lo scopo di accordare la poesia
colla musica, legando l'una all'altra con leggi di prosodia, alla ma-
niera dei Oreci e dei Latini, e « de représenter la parole en chant
« accompli de sons, harmonie et melodie . . . renouvelant aussi l'an-
« cienne fafon de composer vers mesurés pour y accompagner le chant
< pareillement mesuré > (1).
(1) Vedi: Ed. Fréxt, L'Académie dee derniers Valois-, e Sainte-Beuve, Ta-
bleau de ìa poesie frangaise au XVI sièele.
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856 MBMORU
E il Baif non lasciò, nulla d' intentato, perchè la musica meglio
rispondesse alla parola, e le note non fossero solo una vana e mec-
canica successione di suoni, ma rendessero il significato e l'espres-
sione del verso e del sentimento. Nobilissimo proposito, che eUw in
Italia cult<m ed apostoli felici e fervidissimi nel Bore, nel Marenxio,
nel Monteverdi^ nel Caccini e in tanti altri, ai quali certamente
deve aver pensato Cristoforo Qluck nella sua riforma del melodramma:
riforma» che, a' dì nastri, Biccardo Wagner doveva portare all'ultiino
grado di perfezione.
Ma il Tyard a pag. 155-156 del nostro SoUtaire scriveva: « Je le-
< connoy encores aus partìes des vers qui requierent plus d'observadons
« (ce sont les syllabes) si peu de mesure certeine, que je n'oserois
< entreprendre d'en former une seule reigle : mesmes qu'à notre Mo-
< sique je voy defaillir Tocasion de plus vive eneigie, qui est de
« savoir acommoder à une Mode de chanter, une fa9on de vers con-
4c posee en piez et mesures propres: comme je croy les anciens Greca,
< et Himtce (si autre Latin y ha pris garde) avoir tres curieusem^t
4c observé . . . Bien voudróy je que qudqu'un plus hardi, et plus que
4c moy sufisant, entreprint, et vint à chef d'un art Poétique aproprié
« aus fa^ons Fran^oises; je requerrois qu'il prescrit des loix Musi-
le cales: nommees loix anciennement, pource que selon leur disposi-
< cion, laquelle il n'estoit permis d'enfreindre, la Mode de chanter,
4c et la fa^on des rimes estoient gardees inviolablemoit: joint que
«les premiers, privez de la commodité des lettres, aosquelles ìls
« pussent fior la conservacion de leurs loix, les chantoienti et ainsi
« les mantroient aus jeunes, à fin que le plaisir du chant, rechanté
« souvent, les imprima plus tenammeut en la memoire. Je requer-
« rois donq (veu je dire) qu'à Timage des Anciens (si bien lenrs
« Spondees, Trochees, Embateriee, Orthies, et telles autres tufm
« sont loin de Tusage de tous, et de la connoissance de peu) nox
« cfaanz ussent quelques manieres ordonnees de longueur de vers, de
« suite ou entremellement de Bimes, et de Mode de chanter, selon
« le merito de la matiere entreprìse par le Poéte, qui, obaervant en
« ses vers les proporcions doubles, triples, d'autant et demi, d'autant
< et tiers, aussi bien qu'elles sont rencontrees aus consonances, senrit
< dine Poéte-musicien, et temoigneroit que la harmonie et les Bimes
« sont presque d'une mesme essence : et que sans le mariage de eee
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IL '80LITAIRE SECOND , DI PONTUS DE TTARD 850
« deus, le Podte et le Musicien demeurent moina jouìssans de la
« grace qu'ils cherchent aquerir >.
Queste le idee del Tyard nel 1552, mentre il Baif estrinsecava
il suo progetto di fondare l'Accademia soltanto nel 1570.
L'iniziativa degli studi musicali in Francia si deve quindi al
Tyard, il quale alle conoscenze teoriche aggiungeva inoltre una pra-
tica, che lo faceva, a' suoi tempi, tra' migliori musicisti : e anche
mecenate egli era munìfico e intelligentissimo; e al suo castello di
Bissy dava concerti, ai quali concorreva il fior fiore dell'arte, del-
l'aristocrazia e della bellezza.
A sua lode e a testimonianza dell'alta stima in cui egli era tenuto
dai contemporanei, trascrivo alcuni versi tolti dal sonetto del Tar-
taret da me più sopra citato, e che, come abbiamo veduto, trovasi
in fine del Solitaire secondi
Qai est celai qui d*ane alle si forte,
Par nn sentier non tenie des plus vieni,
Hansse son voi maintenant jnsqn'anz lienz
On vertn senle anx grands onvre la porte?
Henrenx Macon, benrease Sa6ne encore
Qui jonssez d'un antre Pjthagore
Premier anteur des sona qn*il vons dódie.
E l'orientalista Guy Le Fèvre (1) cosi cantava:
A Scève an sens profond, Pelletier et Tjard,
0 Mnses, élevez trois colon nes à pari
Dans le tempie divin de votre mòre sainte,
Et soit d*nn yert lanrìer lenr docte téte ceinté;
Mais soit dn grand Tyart, la couronne à denz rangs,
Qui a si bien rejoint de la Ijre les fianca,
Et ranimant la Muse et la Mnsiqne, encore
A ranimó Platon, Boèce et Pytbagore.
(1) Era interprete del Re per le lingne straniere: collaborò alla celebre Bibbia
poUghUa del Plantik.
RMMta mutieaU iiaUana, Vili. 56
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860 MBMOUS
Come eseentore poi il Tjard mette?» tanta espressione nel eoBare,
da essere egli stesso vinto dal sentimento; talché e nel viso e negli
atti si trasformava a seconda delle passioni che voleva suscitare can-
tando sul liita Lo Aice Pasitea stessa a pag. 115 del nostro ScU-
imire: « Hier^oiF à ma requeste ayant [Tjard] sar ee Lnt sonné
« une sienne Ode finissaate par Epodo ren»plìe de quelqiMs panons,
« il devint m melaneolique^ que j'en pris pitie ».
In qod florido periodo musicale, che oomineU^ a svilupparsi nella
seconda BMtà del secolo XVI, e nel quale pochi erano i liutisti che
non fossero anche compositori, è possibile ohe un musioìsta, come il
Tjard, si cootentasas dri eseguire unicaneiite musica altrui ? 0 noo
piuttosto qualche suo madrigale (la corapo^ione allora &vorita) è
andato distrutto al Castello di Bissy, preso e saiccheggiatoi, come ab-
biamo già detto, nel 1591, o a quello di Bragny (ove il Tyard aveva
messo insieme una delle più ricche biblioteche del suo tempo), in-
cendiato nel 1636?
Ormai, dopo le diligenti ricerche fatte sul Tyard dallo Jeandet,
ogni speranza di raccogliere nuovi documenti originali sul nostro
Autore è vana; e più che alla dispersione, noi dobbiamo pensare alla
distruzione di quanto noi crediamo fermamente che sia esistito. Ma
il non conoscere alcuna composizione musicale del Tyard non scema
il merito di Lui, che fu, in Francia, tra gli astri maggiori che il-
luminarono la complessa civiltà del secolo XVI.
PUa, 1901.
Luigi Torri.
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Arte contemporanea
IL "^ NERONE , DI ARRIGO BOITO.
1 ragedia.
Arrigo Boito non poteva usar parola più propria a si<^mifìcare che
il testo, ch'ei pubblicava, era parte soltanto d'una sua più vasta opera,
complessa di tutti i ritmi delle arti chiamate « musiche » d'ai greci.
Ma certa critica spigolìstra in Italia non conosce altra tragedia
che r academica ; anche ignora che la dbcaden^a di questa forma
deirarte cominciò allora a punto ch'essa divenne alle mani de' retori
imitatori un'esercitazion letteraria, in cui s'offuscò lo splbndbre del^
l'antico spettacolo, e l'infinita ricchezza de' metri cedette alla fasti-
diosa ripetizione d'un unico verao, e vanirono le danze leggiadre, e
tacquero i canti che — misurati su la melodìa del flauto, o alterni
ne' semicori, o svolgentisi liberi nella voce dell'attore — davano a
ogni moto dell'anima l'espressione più intensa e più varia.
L'unità del miracolo scenico s'infranse dopo la morte di Euripide;
e a Riccardo Wagner soltanto era serbato di ricomporre l'obliata
armonia. Oggi le opere wagneriane sono ammirate anche da coloro
che non le intendono; e non di meno — vedete? — si continua a
spacciar ai creduli che là tragedia « è un poema rappresentativo >,
« un genere per eocelleiiza letterario », « una creazione dell'arte della
parola ».
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862 ARTE CONTEMPORANEA
E COSÌ, se intorno al Nerotie più non suotarono le irose fanfare
degli oricalchi che avevano accolto il Mefistofele (ricordate? — il
poeta allora scriveva:
n volgo intanto intuona per le piazze
Le fanfare dell'ire,
E grida a noi — tra le risate pazze —
Arte dell'avvenire!)
noi udimmo tuttavia la musichetta stridula de' pifferi nei concerti
dei critici pedanti (1).
I quali (parlo de' critici, non dei pifferi) credettero che il testa
che avevano innanzi fosse tutta la tragedia, e si accinsero a giudi-
carlo con quei metodi a punto con cui avrebbero esaminata un'opera
del Comeille o del yoltaire, o — al più — del Niccolini o del Cessa.
Imaginate le scede. Non so se Arrigo Boito le lesse. Se si, dovette
certo ripetere il motto con cui l'autore della Fedra si consolava de'
vituperi di certi censori:
'^ Homine imperito numquam quidquam i^justius ,.
* *
L'argomento richiama al pensiero, con la commedia di Pietro Cessa,
alcuni drammi tra i più celebrati nella storia delle lettere: V Ottavia
latina e l'italiana, il Britannicus del Bacine, il Paolo del Gazoletti.
Or quali espressioni e quali caratteri à la figura di Nerone in
questi lavori?
Vediamo.
Ci sarà più facile chiarire l'originalità e le ragioni dell'opera di
Arrigo Boito.
DAVOttatia latina possiamo passarci. Falsamente attribuita a Se-
neca (cui l'Alfieri — ricordate? — farà solennemente promettere che
le altre età sapranno
Scevro di tema e di lusinghe il vero),
(1) Non yorrei essere frainteso. Studi pregefoli in torno al Nerone non man-
carono: cito tra gli altri (e più d*ano certo mi sfugge) quelli di Gaetano N^ri,
di Enrico Gorradini, di Giovanni Ben, di Vincenzo Morello, di Luigi Lodi, di
Eagenio Checchi, di P. Levi, di Gustavo Balsamo Criyelli. Ma farono por troppo
eccezioni.
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IL * NBRONE , DI ARRIGO BOITO 863
questa tragedia non è che un'arida e prolissa esercitazione di scuola,
a pena rilevata all'altimo dalla vision del naviglio che adduce al
lido di morte l'infelice eroina:
Lenes aurae, Zephjrrique leves,
Tectam qnondam nube aetherea
Qui vexìstis raptam saevae
Virginis arìs Iphigeniam,
Hanc quoqae tristi procul a poena
PoriAte, precor, tempia ad Trìviae.
Urbe est nostra mitior Aulis
Et Taurorum barbara tellus.
Hospitis Ole caede litatur
Numen Superum: civis gaudet
Boma cruore (1).
Nerone non v'appare che fugacemente, a far pompa di propositi
empi (« Stulte verebor, ipse quum faciam deos » ; < Inertis est nescire
quod liceat sibi >; «Fortuna nostra cuncta permittit niti»), e a dar
ordini di supplizi e di stragi:
Mox tecta flammis concidant urbis meis.
Ignes, ruinae noxium populum premant,
Turpisque egestas, saeva cum luctu fames (2) ;
— iroso e tristo signore; < ìuvodìs infandi ingenii capaxque scelerum »;
figura, del resto, senz'anima; retorica e astratta personificazione del
male.
Che di quest*opera si ricordasse l'Alfieri appare, chi legga V Ottavia
italiana, a più segni evidente; tuttavia l'imitazione non procede oltre
i particolari ; nella concezione e nelle forme è tra le due tragedie
non somiglianza, ma contrasto.
(1) Versi 971-982: € Lievi aure e dolci zeffiri che un di portaste — rapita
« airara eradele entro an*eterea nube — Ifigenia, deh 1 recate pur costei lontano
« dalhi triste pena ai templi di Trivia. Aolide e la barbara terra de' Tauri son
< meno feroci di quest'Urbe nostra. Esse non offrono ai loro iddii che sangue di
« stranieri: Roma gioisce nelle stragi de* cittadini ».
(2) Versi 831-834: e Tosto la città sia distrutta dalle mie fiamme. Il reo popolo
sia straziato dal fdoco, dalle rovine, dalla trista indigenza, dalla feroce fame
luttuosa ».
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804 ARTE 'COMCTMPORANXA
Lo scrittore BstigiHDO^ttmanra dire ch'agli ave^a llanimo a Taoìte. £
a Tacito del pari Bfifennanra e»er risalito l'autor del SrUcmniem, il
quale anche rantavasi d'avere conquistato al sno nienso .più d'un'ima-
gine di quel prosatore, la cui terrìbile brevità — al tempo che la
nostra lingua fece le sue prove più ardite — aveva disperata Tao-
dacia, temeraria a dir vero, «del D&vanzati.
Se non che così l'Alfieri come il Racine videro nelle pagane degli
Annali più tosto l'arte defl letterato e il pensiero del cittadino che
non l'opera dello dìorìco; attesero, meglio che al racconto de' fatti e
alla descrizion de' caratteri, alle severe sentenze e ai liberi giudizi;
ammirati ai partiti, agli spedienti, agli scorci arditissimi dello stile,
poco si curarono dell'indagine del vero; Bè in quella narrazione con-
citata e serrata seppero scorgere — impressa da una rneravigliosa
scrutatrice e rivelatrice potenza d'odio — l'imagine de* tempi.
ChesarebbegiovatodelrestoP A che seguire nel tumultuoso succedersi
de^li avvenimenti,. ritratti dallo storico, tutte le rivelazioni H un'anima,
fosse pur singolarissima, se il darne una compiuta imagine nella tra-
gedia non era possibile senza moltiplicare i momenti scenici (1), e
senza così violare a ogni trartto le norme nella cm osservanza po-
nevasi l'eccellenza stessa delFarte? E a che cercare nelle credenze
e nei costumi le forme in cui s'atteggiò e i caratteri di cui s'impresse
la cìvrltà del popdlo in quel iperiodo 'della sua storia, se il lecarli
nella fioizion drammattica era vietato daiir'.imgufltia dei mezzi rap-
presentativi che una falsa interpretazione della retorica aristotèlica
imponeva ai tragedi?
(E così, il 'poeta francese e Titaliano oìtavanY) Tacito e te tradivano.
'E poi che iU -dar forma nell'arte al vere storico era 4or negato —
chiesto allo scrittore l'argomento <e ricordatene aloiroe frasi, dimen-
ticavano il mondo da lui rappresentate per esprrraere quello, ttftt9
diverso, del lor pensiero.
Certo, sarebbe difficile negar j)regio d'efficaisia all'invettiva di Agrip-
pina nel Bpttannioms:
(1) È quel dhe fece lo Shakespeare, U cui viaione — • mateYole e varia cove
la vita — dovefa parere al Voltaire (un aoademico) il sogno d*Qn ebro.
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 865
PouTsais, Néron; avec de tels ministres
Par des faìts glorieax ta te ybs signaler;
Poursttis. Ta n'as fatt ce pas pour recaler;
Ta main a commencé par le sang de ton fìròre;
Je prévois qae tes coaps vìendront jasqa'à ta mòre.
Dans le fond de ton coeor je sais qae ta me hais ;
Ta voadras t'affinnchir da joog de mes bienfaits.
Mais je veax qae ma mort te soit méme inatile:
Ne crois pas qu'en moarant je te laìsse tranquille:
Rome, ce ciel, ce joor qae ta re^as de rooi,
Partout, à toat moment, m'offrìront devani toi.
Tes remords te saivront comme aatant de Auies;
Tu croiras les calmer par d'aatres barbaries;
Ta farear, s'irritant soi-méme dans son coars,
D^an sang toajoars noaveaa marquera toas tes joars.
Mais j'espère qa'enfin le ciel, las de tes crìmes,
Ajoatera ta perte à tant d'autres victimes;
Qu'après t*étre coavert de lear sang et da mien
Tu te verras force de répandre le tien;
Et ton nom paroltra, dans la race fatare,
Aax plas craels tjrans ane craelle injare.
Voilà ce qae mon coear se présage de toi (1);
se bene è soverchia lode quella del Laharpe: < Je ne crois pas
que rinvective puisse imagìner rien au delà »; 6 il tono è troppo
forse, per un'imprecazione, oratorio; e la rampogna severa suona male
in bocca airAugusta, incestuosa e perversa, proetituita ai liberti, mez«
zana agli adultèri del figlio, maestra a Nerone di tutte le sozaure e
di tutte le infamie.
Ma osservate: a questo impeto d'ira Agrippina è mossa dalla
notizia del recente delitto dì Nerone; e il BriUmnicus vorrebbe
essere la tn^edia del fratricidio. Ora voi avete letto gli Annali.
E aprendo il volume del Bacine, voi pensate all' arte con cui il
poeta evocherà il convito neroniano: impazza l'orgia; son recate in
giro le tazze; un familiare di Britannico — alcuno forse dei patrisi
corrotti, che gli eran dati a compagni — assaggia la bevanda ; è tro-
vata calda; vi si versa dell'acqua; a un tratto il mite fanciullo re-
clina la testa coronata di rose, poi cade riverso sul letto triclinare;
(1) Britannicus, atto Y, scena vi.
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866 ARTE GONTBMPORANBA.
e, sorridente, Nerone ordina che ricomincino i canti e sì contìnui il
banchetto: «il fratello rinverrebbe tra poco: darglisi quel male di
cai cadeva sin da bambino ». Voi cercate questa scena; e v'abbattete
al gelido racconto di Burrhus. E vi vien meno persin la voglia di
sorridere alle parole di Giunia che nell'angoscia suprema dell'ora,
sul punto d'accorrere presso l'amante che muore, non dimentica le
maniere e il cerimoniale della Corte... di Luigi XIV (1).
Gli è che nella tragedia del Bacine la storia fu ciò ch'era stata
la favola boschereccia nell'idillio drammatico alle Corti dì Mantova
e di Ferrara, ciò che sarà poi il mito nelle fragili leggiadre fantasie
pittoriche del Watteau e del Boucher: un paese di sogno, traverso
a cui l'artista condusse Teletta accolta del suo tempo, a mirarvi, ri-
flesse in qualche imagine nobilitata, le forme a lei più care del co-
stume e della vita. Noi possiamo anche credere alla sincerità del
poeta quand'egli ci dice di aver composto il Britannicus con l'anima
ancor tutta accesa dalla recente lettura degli Annali (2); non per
questo meno la severa narrazìon tacitiana s'è alle sue mani rim-
picciolita nelle frivolezze eleganti d'un intrigo di palazzo e d'alcova.
Una fanciulla d'illustre sangue — Giunia Calvina — ama Britan-
nicus ed è amata da Nerone ; l'imperatore le sì ofte sposo; è respinto;
geloso, avvelena il rivale; Giunia ripara in mezzo al popolo ed è ac-
colta tra le Vestali.
Questo l'argomento della tragedia: una rivalità, come vedete, di
giovani prìncipi ardenti. Veramente le sacerdotesse di Vesta non
ricevevano che fanciulle non ancora giunte all' età dì dieci anni ;
ma quante nobili giovinette a' tempi del Bacine non avevano preso
il velo per un travaglio d'amore? A ogni modo, Nerone uccìde per
gelosia; è già una scusa. 11 poeta ne aggiunge un'altra: le tristi
arti e gli incitamenti d'un cortigiano perverso — Narciso — che
forma il disegno del delitto, ne prepara con accorta pazienza il com-
pimento, vi spinge — quasi a forza — Nerone, allor che il Cesare,
pentito, se ne vorrebbe ritrarre (3). A canto a questo ministro del
male, il Bacine pone l'ajo (un personaggio anche questo, come il cor-
(1) Britannicus, atto V, scene iv e v.
(2) Prefazione al BritannicuB,
(8) BritannicuSy atto IV, scena iv.
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IL * NSBONB , DI ABBIOO BOITO 807
tigiano, de' tempi) — Burrbus — assai saggio, assai virtuoso, assai,
al solito de' virtuosi, pedante, e alle faccende d'amore così nuovo
da credere che l'impeto d'una passione si possa vincere con argo-
menti come questi:
Yous redoutez un mal faible dans sa naìssance.
Mais si dans son devoir votre coeur affermi
Youloit ne point s'entendre avec son ennemi;
Si de vos premiers ans vous consultez la gioire;
Si vous daigniez, seigneur, rappeler la mémoire
Des vertus d'Octavie indignes de ce prix
Et de son chaste amour vainqueur de vos mépris,
Snrtout si de Junie évìtant la présence
Vous comdamaiez vos jeux à qaelques jours d*absence;
Crojez-moi, quelque amour que semble vous charmer,
On n^aime point, seìgneur, si Ton ne veut aimer (1).
Ed è tutta la compagnia di Nerone.
Di Seneca né pure il ricordo. E si comprende; il Cesare del Bri-
tannicm esce da tutt'altra scuola; à avuto a precettore il Boileau.
Non dal filosofo stoico, ma dal manieroso dittator del gusto academico
egli ripete ormai tutte le consuetudini del linguaggio e del pensiero.
À appreso a significare con la solenne dignità conforme al grado, di
cui un principe non deve mai essere — né parere — oblioso, ogni
atto che si riferisce alla sua persona:
Mes jenx, depuis longtemps fatigaés de ses soins,
Barement de ses pleurs daignent étre témoins (2).
S'è educato ad esprimere in languidi versi le sue pene d'amore:
C'est là qne, solitaìre,
De son image en vain j'ai vouln me distraire.
Trop présente à mes yeux je croyois lui parler;
Xaimois jusqu*à ses pleurs que je faisais cotder,
Quelquefois, mais trop tardy je lui demandois gràce:
•Pemployois les soupirs, et méme la menace^
VoUà comme, occupé de moti nouvel amour^
Mes yeux, sans se fermer, ont attendu le jour (3).
(1) Atto m, scena i.
(2) Atto II, scena ii.
(3) Atto n, scena ii.
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866 ARTE GONTBMPOaANBA
Anche s'è pi^to airoBo de' madrigali preziosi e, cavaliere com-
pito, sa, mentre s'inchina alla sna donna, sussurrarle con disinfolti
grazia frasi lusingatrìci e complimenti:
Pensez-Yons, madame, qu'en ces lieax
Sexile pour vous comioltre, Octavie ait des yeax?
Quei, madame, est-ce donc une légère offense
De m'avoir si longtemps cache votre présence?
Ce8 trésars doni le cid vouhtt vous embeUir
Lea avez'vous regus pour les ensevdir ?
Pourquoi de cette gioire exclos, josqu'à ce jour
Iftwez-vous, sana pitie, rdégué dana ma cour ?
J'ai parcomn des jeux la com*, Rome et l'empire.
Plus j'ai cherché, madame, et plus je cherche encor
En quelles mains je dois confier ce beau tréaor;
Plus je vois que Cesar, digne seul de vous plaire,
En doit Pire lui seul Vkeureux dépositaire.
Les dieux oat prononcé. Loin de leur contredire,
C'est à vous de passer de coté de l'empire.
En vain de ce prèsemi ils m'auroient honoré
Si votre cceur devoit en étre séparé;
Si tant de soins ne soni adoucis par vos charmes;
Si tandis que je donne aux veilles, aux alarmes,
Des jours toujours à plaindre et toujours enviéa
Je ne viens quelquefois respirer à vos pieds.
Songez-y donc, madame, et pesez en vous-mdme
Ce choix digne des soins d'un prince qui vous aime,
Digne de vos beaux yeux trop longtemps captivéa,
Digne de Vunivera à qui voua voua devez (1).
E basta, non è vero? In questo morbido signore chi ancora può
riconoscere l'istrione imperiale che guidò e travolse di delirio in de-
lirio il baccanale della decadenza romana?
(1) Atto II, scena in.
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IL * NSaONB, XU ARaiOO fiOlTO 860
Persino il motto degli Annali: « Hactenos Siero Aagitiis et scBle-
ribus velamenta quaesiv.it » — a cui il poeta protesta «eBSfirsi par-
ticolarmente inspirato (1) — non offre al Bacine occasione che d*un
nuovo tradimento alla storia. Certo Tarte del fingere dovette essere
per mille esempi nota al tragodo fiancese ; era arte di corte, «d ei
lo dice, del resto, con le parole di Giunia.:
Absente de la cour, je n'ai pas dù penser,
Seigneur, qu'en Tart de feindre il fallùt m'exercer (2).
Ma la dissimnlazione à espressioni e forme, secondo gli animi e
i costumi, diverse. Or quando nella scena tra Agrippina e Nerone
— una tra le più belle, dice il Geoffroy, che il teatro di tutti i
tempi conosca (!) — noi leggiamo ì celtebratìssimi versi:
Néron.
Qui, madame;, je veuz que ma reconnaissanee
Désormais dans lee coturs grave votre jmissance;
Et je bénis déjà cette heureuse froideur
Qui de notre amitié va raUumer Vardeur,
Quoi que Pallas ait faìt, il suffit, je FoubTie ;
Avec Britannicus je me reconcilie;
Et quant -à cet amonr qai nous a sépapés,
Je vous fais notre arhitre, et vous nous jugerez.
Allez donc et portez oetie joie à mon fròre.
Garàes, qu*on obéisse aux ordres de ma mère ; (3.)
ndi non possiamo trattenerci dal pensare che tutta querta ammanie-
ratnira di epiteti ricercati e di frasi eleganti sarà ancfhe, poi (Are
così piace ad Ippolito Taine, « artisticamente stupenda », ma non à
che far proprio con le feline blandizie di cui, secondo 11 racconto di
Tacito, il Cesare si giovò nei principii a coprir gli impeti della sua
malvagia natura.
Ohiudendo il TOlmme, si pensa che anche per Nerone ^aon T«re ìé
parole del critico: < Quand vous lisez les noms d'Ippolite ou d'A-
chille, mettez à la place oeux du prince de Condé ou du comte de
Guiche ».
(1) Prefazione al Britatmictts,
(2) Atto IV, scena ii.
(3) Atto II, scena vii.
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870 ARTE CONTEMPORANEA
Se non che, per invitarci a nna mascherata, era meglio, forse,
che il poeta avesse lasciato da parte gli Annali.
Liberando l'ultimo strale del Misogallo^ Vittorio Alfieri esclamava:
Tiene il Ciel da' ribaldi, Alfier da' baonL
I ribaldi erano, naturalmente, i dominatori.
€ Ira, vendetta, libertà » doveva fremere la tragedia :
Fia de' tiranni scempio
La sempre viva mia voce temuta.
Bisognava dunque attribuire al popolo ogni più generoso proposito,
sempre: a' re ogni più tristo. Come l'Alfieri si tenesse saldo a
questo pensiero è risaputo: già a un contemporaneo le sue « note
piene d'affanni » parevano incise col pugnale dei regicidi.
Né forse mai la punta penetrò più a dentro che nell'O^tot^ia.
La plebe aveva parteggiato per la sposa di Nerone; ma era stato
— narra Tacito — impeto breve. Il poeta muta il tumulto in ri-
bellione aspra e lunga; e nel contrasto fra il popolo anelante a
risorgere nel nome dell'oppressa e l'oppressore pone il motivo prin-
cipale dell'azione.
La tragedia diviene così una concezione politica; l'odio di parte
l'investe tutta come una fiamma.
Della complessa anima neroniana l'Alfieri non vede più natural-
mente che un aspetto: quello solo che giova al suo intento; il più
tristo — la ferocia.
II suo Nerone è un violento
pasciuto
Di sangue ognor, di sangue ognor digiuno ; (1)
un forsennato ebro d'eccidi, insaziato di stragi, travolto da un torbido
delirio omicida:
Uccidi, regna
E uccidi ancor ; tutte le vie del sangue
Tu sai
I Numi
(1) Atto II, scena vi.
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IL * NERONE, DI AaRIQO BOITO 871
Son usi ai fumi già dei sanguinosi
Incensi tuoi; stan d'ogni strage appesi
I voti ai templi già; trofei, trionfi
Son le private occisioni (1).
Le date della sua vita si contano dai delitti:
Mira Agrippina: ella il feroce figlio
Amava, si; ma il conoscea; né il volle
Mai dall'angoscia del rivai fratello
Liberar, mai. Sua feritade accorta
Prevalse poscia, e il rio velen piombava
All'infelice giovinetto in seno.
Vana fd l'arte della madre, e il fio
Tosto ella stessa ne pagava. Allora
Di sangue in sangue errar vie piò feroce
Neron vedemmo (2).
Non gli basta sconoscere la virtù, la persegue d'odio implacabile ;
ogni atto di pietà o di dolcezza Tirrita come un insulto. Avversa Ot-
tavia perchè buona:
Sua stolta pompa
D'alta virtù gli incresce; in lei del pari
Obedìenza, amor, timor gli spiace ; (3)
si gode d'insozzarne il nome di casta:
Potria smentir di Messalina il sangue
Chi d'essa nasce ? (4) ;
le ascrive a colpa fin l'origine illustre e la pietà per i congiunti:
Ella ebbe ardir di piangere il fratello;
Cieca obbedir la torbida Agrippina
La vidi; i suoi scettrati avi nomarmi
La udii; ben son delitti questi,
E bastano (5).
(1) Atto II, scena vi.
(2) Atto lY, scena i.
(8) Atto n, scena u.
(4) Atto II, scena ii.
(5) Atto II, scena ii.
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9R^ Aara comumpoRANSA
Chiamatala, la assale cmi brutale impeto di vituperi, torvo conci-
tato convulso, gli occhi iniettati di sangue (Ty, la voce rotta nelVaf-
fanno dell'ira, prorompente improvvisa nelle minacele di morto:
Chi sei, chi sei, perfida tu, che intera
Vaneggi Roma al tuo tornar? ed osi
Gridar tuo nome? Oc qui che fai? Qie imprendi?
Invan la plebe stolta
Vederti chiede» Ahi se mostrarti deggio.
Spero, qual merti, almen mostrarti estinto (2)
À la vertigine del sangue ; lo vede da per tutto ; stillanto dalle
armi dei pretoriani, travolto col limo nell'onda del Tevere, stagnante
in pozzanghere nelle strade tra il fango.
Prova un atroce diletto a imaginar le torture delle sue vittime;
vorrebbe, insofferento d' indugi, svenarle ad una ad una egli stesso,
triste che a ciò gli sia necessaria l'opera di ministri (3),
A Tigellino che ritorna dall'aver sedato il tumulto chiede:
E che? tu tomi
Senza sangue sul brando ? (4)
intoso che a vincere la ribellione è d'uopo £ar uso d'inganni, esclama:
Sempre arte, sempre?
Non ferro, mai? (5)
osservatogli ch'egli non può già uccider tutti, risponde torribile:
Men duole (6).
Ed è poca strage alla sua brama, questo, che Tigellino à apparec-
chiata e gli descrive:
Il di frsttonto
Si muore, e fian segnai funesto l'ombre
Di ragioni ben altre. Già già teciti
I pretoriani schieransi; proscritte
(1) « Oh di qual rabbia egli arde Nei sangainosi occhi feroci ! », atto^ III,
scena i.
(2) Atto IV, scena iv.
(8) Atto IV, scena iv.
(4) Atto IV, scena iv.
(5) Atto IV, scena iv.
(6) Atto IV, scena iv.
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IL * NERONE, DI ARRIGO BOITO 873
Son già più teste. H nuovo sol yedrassi
Sorger nel sangue (1).
Or fate che in questo demente alla ferocia sia pari l'ebrezza del
domìnio; e avrete intera la figura del Nerone alfieriano. Ciò che
perde Ottavia non è la sua dolcezza soltanto, né il fascino di Poppea,
è anche — è sopra tutto anzi — il favor popolare :
Roma Ottavia chiamando, Ottavia uccide (2).
Nerone non soffre limiti alla sua signoria, non freni al suo ar-
bitrio. Non gli basta oltrapotere, vuole anche onnipotere. À ucciso
la madre perchè la sospettò ambiziosa d'imperio ; s'è via via disfatto
de' riprenditori importuni; a ogni censura di privati cittadini &
risposto violento con un ordine di morte. Ma l'anima innumerevole
della moltitudine ei non può spegnerla: la strage toglierà di mezzo
alcuni ribelli, altri ne sorgeranno; né se pur egli avesse uguale al
desiderio il potere e gli riuscisse di fare — in un folle impeto d'ira
— a tomo a sé il deserto, ciò gli gioverebbe. Nella infinita accolta
dei soggetti é il segno della sua possanza; ma é anche in essa una
minaccia perenne, una forza oscura e terribile ch'egli non può né
misurar né piegare, k bisogno del popolo, e deve temerlo in ogni
ora. Costretto a cedergli un istante, e a richiamar dall'esilio la
sposa, ne concepisce un odio inestinguibile. Non é egli più dunque
il signore di Boma?
Ciò che al più vii de' servi miei non vieta
Forza di legge, il susurrar del volgo
Fea che s'attenti oggi a Neron vietarlo ? (3)
La infida schiatta
Della vii plebe osa dolersen? osa
Pur mormorar del suo signor dov'io
H signor sono? Ormai d'Ottavia il nome
Non che a grido innalzar né pure udrassi
Sommessamente in fra tremanti labbra
Mai proiferire, o ch'io Néron non" sono (4)1
(1) Atto 11^ scena i.
(2) Atto I, scena ii.
(8) Atto I, scena i.
(4) Atto I, scena iii.
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874 ARTE CONTEMPORANEA
Ormai egli non ha più propositi che di vendetta;
A questa Idra rabbiosa
Lasciar nìnn campo vuoisi: al suolo appena
Trabalzerà rultima testa in cui
Boma fonda sua speme, e infranta a terra
Lacera, muta, annichilata cade
La superba sua plebe. Appien finora
Me non conosce Roma; a lei di mente
Ben io trarrò queste sue fole antiche
Di Ubertà (1).
Tu corri, Tigellino, al campo;
Tacitamente i pretoriani aduna,
Terribil quindi esci improvviso in armi
Sovra gli audaci; e i passi tuoi sian morte
Di quanto incontri (2).
Tigellino soccorre al suo signore con Tinsidia: Ottavia è accasata
di turpi amori con uno schiavo — Éucero; impotente a scolparsi, se
ben pura, temendo che i tormenti le strappino dalle labbra
Di non commesso né pensato fallo
Confesslon mendace, (3)
si uccide con un veleno che Seneca le porge. Le ultime sue pa-
role a Nerone sono d'un'accorata dolcezza tutta nuova alle consue-
tudini del teatro alfierìano :
Tu, Nerone, i miei detti ultimi ascolta.
Credimi, or giunge il fatai punto in cui
Cessa il timor, né il simular più giova
Ov'io pur mai fatto l'avessi. Io moro
E non mi uccide Seneca... tu solo.
Tu mi uccidi, o Neron; benché non dato
Da te, il velen che mi consuma è tuo.
Ma il veleno a delitto io non t'ascrivo
(1) Atto I, scena iii.
(2) Atto III, scena iii.
(3) Atto V, scena v.
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IL * MBRONS , DI ARBIOO BOITO 875
£ ti perdono io tatto.....
Io ben poteft
Tutto, 0 Neron, tranne il mio onor, donarti,
Per te soffrir, tranne Tinfamia, tutto.
Abbiti pace... Intorno al sanguinoso
Tuo letto... io giuro... di non mai venime
Ombra dolente... a disturbar... tuoL.. Bonni (1).
Fra tanto la plebe, cbe alle calunnie di Tigellìno à prestato fede,
si placa.
E, rivolto al retore, Nerone dice:
Salina or Roma tutta e il campo
Ch'io costei non uccisi; e in un pur s'oda
Il delitto di Seneca, e la morte (2).
Ora tatto ciò era, per gli intenti che TÀstigiano si proponeya, certo
assai abile; la soavità della vittima, la perfidia del cortigiano, la
credulità del popolo, la stessa vittoria che ottiene il delitto, tatto
in somma conferiva a far più odiosa la figura del Cesare, e la tirannide,
quindi, piil abbietta.
Né mai in fatti tra quanti dominatori malvagi TAlfierì evocò su
la scena, altro gli venne imagìnato più esecrabile di questo. Fi-
lippo II — gelido, solitario, implacabile, astato, dissìmalatore, tor-
tuoso — (un de' caratteri che il poeta ritrasse con maggior verità
psicologica e con più viva potenza d'arte) quasi attrae per certa
sua cupa grandezza; la vastità del disegno e l'ardor dell' ambizione
rendono al meno non ispregevole Timofuie; ma qaal sentimento può
suscitar questo Nerone se non di terrore e d'orrore?
Nel rispetto della storia e dell'arte è un'altra cosa.
La povertà psicologica di un personaggio costretto all' espressione
perennemente uguale d'un unico sentimento è palese. Oltre che, l'an-
gustia delle forme che gli erano imposte, e più l'essere il popolo
nel pensiero del poeta un'astrazione, tolsero che l'Alfieri desse alla
moltitudine viva rappresentazione nel dramma. Voi vi attendete che
(1) Atto V, scena v.
(2) Atto V, scena uUima.
Xiwittit musicaU ilttliana. Vili. &1
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876 ARTE CONTEMPORANEA
essa invada a ogni tratto la scena, e l'empia de' suoi gesti, delle sue
Toci, dei suoi impeti, de' suoi tnmnlti; e a pena in vece ne giunge
nel palazzo il remore lontano.
Del resto la plebe non sognò mai libertà sotto Nerone; né è
vero che odiasse l'imperatore: l'amò anzi perchè l'inebriava di spet-
tacoli e di feste, e perchè avversava i patrizi. A Ottone e Yitellio
l'esser stati familiari del Cesare sarà titolo per giungere all'impero.
E Svetonio ci narrerà che « la tomba del figlinolo d'Agrippina fa
€ per molto tempo onorata di fiori primaverili ed estivi >.
Aggiungete che Nerone non fu soltanto un feroce, nò un feroce
sopra tutto: la crudeltà in lui non procedette — come in Caligola e
in Domiziano (1) — da naturale istinto che fireddamente si compiace
alla vista delle altrui sofferenze; ma ebbe una cagione sempre d'al-
tronde — da un' estetica perversa, da gelosia, da superstizione, da
paura.
Se non che all' Alfieri era necessario, a tutt' i modi, un tiranno.
Non so se bìT Ottavia abbia voluto alludere il Cessa nel prologo delia
sua commedia con questi versi:
Il personaggio dalla rea memoria
Che comparir vedrete innanzi a voi
Non ò già quel Nerone delle vecchie
Tragedie, ana figura che spaventa
Con gli occhi, e lento incede sopra l'alto
Coturno, e fatti a suono di misura
Tre passi, dice una parola anch'essa
Misurata, e prescelta tra le truci
Di nostra lingua.
Non sarebbe in tutto giusto: il Nerone alfieriano — vedemmo —
prorompe negli atti e nelle parole impetuoso anche troppo. Il mio
eroe, aggiunge a ogni modo il poeta, è un'altra cosa: è quale
lo si ammira vivo
Emerger dalle pagine immortali
Di Svetonio e di Tacito.
(1) SviTOHio, Vita di Caligola, XI, XXVII, XXVIII, XXIX, XXXI, XXXU.
XXX; Vita di Dominano, X, XI.
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IL * NERONE, DI ARRIGO EDITO 877
S?etoDÌo: ecco uno scrittore di cui i tragedi della scuola classica
avevano scordato persino il nome.. E si comprende. Il biografo dei
Cesari fu, come oggi direbbesi, un verista: ebbe la curiosità e l'a-
more delle ricerche minute, dei particolari caratteristici, delle indi-
screzioni intime, degli aneddoti rivelatori. Libero da ogni preoccupa-
zione letteraria o civile, egli non soggettò i fatti all'idea né la narra-
zione a sistema; non ricercò, come Tacito, gli artifizi oratori — il
gesto solenne, la forma incisiva, la parola che soverchia la cosa — ;
non intese alla grandezza del racconto, né al commovimento degli
affetti, né alla severa e sapiente armonia della composizione; badò,
più tosto che a scegliere, a raccoglier notizie, e parve scrivere come
in un affollarsi di ricordi, serbando — involontario forse — al discorso
Timprowiso e l'imprevisto d'una conversazione. Cercava nel Cesare
l'uomo; e dove Tacito non aveva rappresentato i suoi personaggi che
alla luce de' fatti più importanti alla storia del popolo o dell'impero,
ei li ritraeva nelle mutevoli vicende e in ogni più vario momento
della vita; e non — come lo storico — nelle lor qualità essenziali
soltanto 0 secondo le linee compendiose d' un tipo, ma in tutto ciò
ch'essi avevano di singolare e di proprio — nell'aspetto del corpo,
nelle consuetudini e ne' costumi, e nell'indole dell'animo e dell'in-
gegno.
Vaga dell'astratto, la tragedia d'imitazione classica doveva fasti-
dire questa abbondanza di particolari precisi. Doveva in vece com-
piacersene la poesia del Cessa, che recavasi a vanto di procedere
Da quella scola che piglia le leggi
Dal verismo stimando che in ogni arte
Sia bello il vero (1) .
E da Svetooio, in fatti, assai più che da Tacito, Pietro Cessa de-
rivò atteggiamenti, episodi, imagini, frasi alla sua commedia.
Ma come la materia storica s'è mutata nell'opera a rappresenta-
zione d'arte? E poi che il poeta volle < presentar su la scena il vero
Nerone >, « cosa > — egli aggiungeva — < non mai tentata da
altri » (2), in qual modo all'intento à corrisposto l'effetto?
Ecco. Ciò che noi chiamiamo carattere è — direbbe l'Ardigò —
(1) Nerone^ Prologo.
(2) Nerone, Prefazione.
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876 ARTB OONTSMPORAlfSA
« il ritmo d^na psiche >, il prevalere di certo tendenze nell'aiioiie (1).
BiveUtor del carattere è il fatto. Noi non possiamo, per un esempio,
dar lode ad altri di cor&ggioeo se non b Todemmo di fronte a un
perìcolo; non d' inoorrattibile se almen non sappiamo ch'egli abbia
resistito a una lusinga, a nna promessa, a un'offerta. E ancora, se
quel pericolo fa l'unico, ed era lieve; se la promessa T offerta la
lusinga erano di poco conto, e non furono seguito da altre; nd non
avremo pib che un indido. Ci bisogna, per «n'indunone sicura,
0 che i fÌEitti sian molti, o che qod solo che ci è noto abbia una
non dubiti^le importanza. Bspoieosa diretta, in somma, n<a neo
abbiamo che dell'anima nostra; i noeti delle attrai ooscienze ci eoi-
fiene congetturarli dalle manifestasioni esteriori; oosi che il già*
disio in tomo a un earattere è sempre una sintesi dì impressioDi elie
acquista valore dalla qualità delle osservazioni raccolto.
Or bene, il dramma letterario ripeto in questo riguardo le oondidosi
stesse della vita. Bsso non ofire allo spettatore che mamfesioMim
esteriori a punto, non gli rivela delle anime se non ciò che tramare
dal discoiBO o prorompe negli atti. L'analin intima — lo psicolo-
gismo come oggi dicono — in cui è la maggior forza del narratore,
l'espressione diretta dei sentimenti, che è il privilegio del musicista,
gli son negati. Su la scena il carattore non può rivivere che per
virtù d'un unico mezzo, di singolare efficacia per altro: l'azione.
Ora chi voglia giudicare il protagonista della commedia del Coesi
da ciò che egli vi opera, difficilmento potrà consentir nella lode di
cui il poeta fu così largo a sé stosso.
No, questo Nerone non è da vero l'eroe tristo e grottosco, cupiUnr
incredibilium^ la cui ìmagine, nel sanguigno crepuscolo della Roma
decadente, emerge indimenticabile dalle pagine di Tacito e di Sfe-
tonio. I delitti e le follie, che nel racconto di questi storici sono i
fatti della sua vita — in cui intera egli espresse la singolarità dell'in-
dole bizzarra e feroce, falsa invida vana, insaziate di orgie* e anelante
a sempre nuove esperienze, trasmodante nel desiderio perenne del-
l'incredibile dell'intenteto dell'inaudito, trascinate dalla vertigine a
(1) Il Sergi definisce il carattere: « quel modo di operare, qnelhi namen di
< esplicare TattÌTità individuale in ogni evento della vita nel seno deQa conTÌ-
< venza sociale » {Le degenerazioni umane).
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IL ' NBBeslE 9 DI ARRIGO B(MTO 879
dar fonna di vero a ogni più ebra visione — non sono pit che
un ricordo nell'opera dd poeta moderno. Il makrieidiOf le necittoni
dì Britannico e di Ottavia, l'incendio dell'Urbe, ì sapplisi atrocemente
estetici dei orìsiiaiiit la baechica corsa per le città della Greàa ac-
clamanti al facile vinoitor di tntt' i giochi, — i vari momenti in
somma in cui la leggenda e la storia ai scoprono l'anima del figlinol
d'Agrippina tutta rivelantesi in mia tumultuosa palpitaùon di vita
— non inspirarono al Gossa che alcuni fuggevoli accenni, qualche
imagine veemente, qualche gruppo di versi. Non altro. E pure, to-
gliete a Nerone questi fatti, e la sua vita vi apparirà di poco diversa
da quella di troppi altri Cesari che ebbero a' suoi conformi i costumi
e le turpitudini e le vanaglorie, non l'anima inimitabile e incomu-
nicabile; né mille particolari — pur esatti e di singolare impor-
tanza a lor luogo e di straordinaria efficacia nella rappresentazione
totale — varranno, da soli, a rivelarvene l'imagine vera ed intera.
In un solo luogo della commedia il Cossa chiede alla storia qualche
cosa più che non una notizia o un episodio o una frase; ed è là
dove ritrae la fuga e la morte dell'Imperatore.
Il monologo del quarto atto, e tutto il quinto — composti, così
l'uno come l'altro, su l' innanzi di Svetonio — rappresentano con
mirabile efficacia le ansie e le angoscio e le allucinazioni della paura,
lo strazio della rinuncia a un sogno di potenza e di gloria, l'infinito
orror della morte. Qui veramente Nerone occupa, meglio che di pa-
role, de' suoi atti la scena; e alcuni aspetti di quel carattere ci
rivivono innanzi alla mente nell'intensa vita dell'arte.
Ma sono soltanto alcuni aspetti; e non è che un istante.
Notate ancora: tutto questo epilogo della commedia altro non è che
un' aggiunta: la favola imaginata dal Cossa à suo scioglimento con la
morte di Egloge. Ora, fino al momento in cui la notìzia della ribellione
interrompe il convito — scialba ricordanza del banchetto di Britannico
— che cosa à fatto Nerone? À obliato ed amato; obliato non pur
l'imperio ma se stesso, inebriato alle carezze d'una danzatrice ch'egli
tolse « ai torbidi teatri > e cui fece tempio della sua casa; lieto di
paragonarsi ad Alcide languente tra le braccia d'Onfiile, dimentico
nella servile opera feminea delle sue imprese e della sua gloria.
(Tn eroe che rimane inoperoso tanto tempo assai poco può rivelarci
del suo carattere, anche quando abbia — come questo del Cossa --
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880 AHTS CONTEMPORANSA
facile la paiola, e, oltre che facile, arguta imagincea sqaisitameDte
elegante anche troppo; troppo certo per un retore nodrito di corrotti
letteratura quale fu il Nerone della storia.
E pur questo poco è (duole dirlo) in gran parte £el1so.
Poi che l'azione si riduce quasi tutta a una favola d'amore, la
prima domanda che soccorre al pensiero è questa: come ama Nerone?
Aprite il libro e leggete — nella prima scena tra il Cesare e la
danzatrice — :
NERONE
T'inoltra : ieri
Danzar ti vidi assai leggiadramente,
E mi piacesti — Il tuo nome?
EGLOOB
Mi chiamano
Egloge.
NERONE
La tua patria?
EGLOGE
Io nacqui in Grecia.
NERONE
Tu pure Grecai Amabile paese
È il tuo, bionda fanciulla: à il privilegio
Della bellezza. In quella terra tutto
È bello, dairniade al Partenone.
Fin Leonida re co' suoi trecento
Quando mori, creava la più bella
Delle battaglie — Oh benedetto il suolo
Dove natura artistica produce
Statue divine e pia divine donne!
L'entusiasmo è vaporato in un madrigale.
Dopo aver rivolto alla fanciulla alcune altre domande : «Sei libera?
E gli anni 4;uoi?» (di passaggio, l'inchiesta ricorda un po' troppo, e
non bene, quella d'un officiale dello stato civile: come vi chiamate?
qual nome avete? dove siete nato?), Nerone, per darle un'idea della
sua potenza, le narra come egli, una notte che s'annoiava, bruciasse
Roma:
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IL ' NBRONE , DI ARRIOO BOITO 881
Ardea la lampa
Monotona d'innanzi agli occhi miei
Che cercavano il sonno: arda una Ince
Più vasta, dissi — E sorsi, e braciai Boma (1).
E come Egloge dice, sorrìdendo, « hai meravigliosa potenza >, Ne-
rone continua:
Eppur non giunge
A qudla d^ tuoi sguardi, o àUeUairiee
BéUis$ifna !
Il racconto terrìbile s'è rìsolto in un altro madrìgale.
E il dialogo prosegue così (« questo tao corpo Che le mani for-
maroQ delle Grazie », — « Più che libera tu sei In queste sale
imperatrice », ecc. ecc.), tra adulazioni e lezi, per un declivio fio-
rito di tutte le più molli rose d'Arcadia.
Sarà, pensate, arte di seduttore esperto, che vuol vincere con la
illecebra della lode le resistenze prime.
E scorrete alcune pagine ; e vi fermate a un' altra scena d' amore
(atto in, scena vi).
Nerone sta ritoccando la statua in cui à ritratto nell' attitudine
della danza la fanciulla.
NSB0N8
Sorda
Materia, io vo' che sotto il mio scalpello
Abbi palpiti e sangue.
BOLOGE (avvicinandosi a Nerone)
U marmo è sempre
Freddo, o Nerone.
NKRoms
Ed il tuo bacio è fuoco.
(1) È un'imitazione del luogo àelV Assuero in Boma di R. Hambrlino:
E ta, 0 serena
Notte, che sei col tuo corteo di stelle?
Che fa di te quando le fiamme acoesi?
Bendeano i tuoi minuti astri sembianze
Di faville onde ayesse i neri spazj
Qna e là spmzzati il mostnioso incendio.
(Tradazione di Vittorio Bettbloni, Canto IV, pag. 166).
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K ARTE GONTBMPORANBA
Pare una leggiadretta antitesi di qaaldie monsignor petrarchisfau
Poco oltre:
NSBOKl
Oh, sei pnr vaga,
0 tenerezza miai
EGLOOE
Ti sembro forse
Più vezzosa di ieri?
NERONE
E cotUetnplarti
Una volta potrò senza ch'io trovi
L% quel tuo volto una bellezza nova?
È una sdolcinatura del Metastasìo.
Seguono i bisticci:
B0L06B
Io non mi curo
Di go€emar provincie.
NEBONE
Hai miglior &to;
Tu governi Nerone.
EGLOOE
Oggi non danzo più.
NERONE
Le cose tnorte
Non tocchino lo spirito che avviva
L*età d'una fanciulla.
E il dialogo finisce con una galanterìa:
EGLOOE
E se ritoma
L'imperatore?
NEBONE
Il lampo del tuo sguardo
Lo vincerà,
E non mai — per quanto si cerchi — un impeto dei sensi, non
mai un'audacia di espressione o di pensiero, non mai un fremito di
desiderio.
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IL 'NSRONB, DI ARAIQO BOITO 883
Dopo ciò, se vi prenda vaghezza di conoscere a che trascorresse
nelle cose d'amore la natura del Nerone storico, e di quali diletti
si compiacesse la saa < ars amandi », ecco:
« Super ingennoram paedagogia, et nuptarum concubinatns, Vestali
« virgini Bnbriae vim intnilit Pnerom Sporum, erectts testibns,
« etiam in muliebre natura transfigurare conatus, cum dote et flam-
« meo, per solemne nuptiamm, celeberrimo officio deductum ad se
« prò uxore habuit... Hunc Sporum Augustarum ornamenti^ excul-
« tum, lecticaque vectum, et circa conventus mercatusque Grraeciae,
« ac mox Bomae circa Sigillarìa, comitatus est, identidem exosculans.
« Naro matris concubitnm appetisse... nomo dubitavit; utique post-
€ quam meretrìcem quam fama erat Agrippinae simillimam inter con-
« cubinas recepit. Olim etiam, quoties lectica cum matre veheretur,
« libidinatum inceste, ac maculis vestis proditum, affirmavìt » (1).
« Suam quidem pudicitiam ncque adeo proetituit, ut contaminatis
« poene omnibus membris, novissime quasi genus lusns excogitaret,
« quo ferae pelle contectus emitteretar e cavea, virorumqne ac femi-
« narum ad stipitem deligatorum inguina invaderet; et quum affa-
le tim desaevisset, conficeretur a Doryphoro liberto, cui etiam, sicut
« ipsi Sporus, ita ipso denupsit, voces quoque et ejnlatns vim pa-
« tientium virginnm imitatus > (2).
(!) Svnoiiio, Vita éU Kerme, XXYIII:
« Oltre i ntnperii verso giovanetti e adolterii, sfonò Rabrìa vestale. Certo Spoio
« giovanetto^ fiottigli tagliare i testicoli fonandosi quasi di cambiargli natura, con
« dote e velo celebrato lo sposalizio, con cerimonia solenne lo condasse a casa e se
« lo tenne in luogo di moglie. Qnesto suo Sporo, vestitolo da imperatrice, accom-
« pagnò seco in lettiga per tutte le adunanze e i mercati di Qrecia, e in Roma
< fin nei Hgilkmi^ baciandolo. Tutti sanno che sinvogliò di sua madre. A ogni
< modo ricevette tra le tue concubine una, la quale per fama rassomigliava ad
« Agrippina. Una volta che fu portato in lettiga con la madre, dicono che avesse
«usato con lei, per le macchie della veste».
(2) Ivi, XXIX:
< Fa si largo donatore della sua pudicizia, che avendo contaminate tutte quasi
« le membra del suo corpo, ultimamente, come nuovo scherzo, trovò, coprendosi con
« la pelle di qualcLe fiera, farsi trarre da una gabbia e andar alla volta delle parti
e genitali de* maschi e delle femmine, legati a un palo, e malmenatosele, si faceva
< atterrare da Dorìforo suo liberto, cui, come Sporo ad esso, erasi maritato, eon-
«trafPacendo le voci e i gemiti d*una vergine che patisca violenza ».
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884 ARTE CONTEMPORANEA
« In stagno Agrippae fabricatod est ratem, coi superpositam con-
< vivinm navium alìorum tracta moveretur. naves auro et ebare
< distinctae remigesque exoleti per aetates et scientiam libidinam
« componebantor. crepidinibus stagni lapanaria adstabant illastrìbns
« feminis completa et contra scorta yisebantur nndis corporibns.
« iam gestns motusque obsceni ; et postqoam tenebrae incedebant,
< quantum iuxta nemorìs et cìrcumìeeta tecta consonare canta et
« luminibus clarescere. ipse per licita atque inlicita foedatus nihìl
« flagitii reliquerat, quo corruptior ageret, nisi paucos post dies noi
« ex ilio contaminatorum grege (nomen Pythagorae fiiit) in modani
« soUemnium coniugiorum denupsisset inditum imperatori flammeam,
« visi auspices, dos et genialis torus et faces nuptiales^ cuncta de-
« nique spoetata, quae etiam in femina noi operit » (1).
Ab, il Bacine à &tto scuola anche in Italia — non è vero?
Ma al Cessa poco importava l'amante : altri erano gli aspetti ch*6i
voleva sopra tutto ritrarre nel suo eroe.
< La crudeltà e il suo amore alle arti » — così egli nella predi-
zione — < ecco le due sole qualità che costituiscono il carattere di
Nerone >. Le due sole, veramente, è troppo affermare: lo stesso poeta
ne rappresentava, assai bene, una terza: la codardia; e di una quarta
— la libidine — ò parlato poc'anzi. A ogoi modo, Nerone ebbe certo
— tra le altre — anche le qualità che il Cessa ricorda. Ma vi à
cento maniere d'esser crudeli, ve n'à mille d'essere artisti. Qaale
forma assunse in Nerone la ferocia? Quale fu il concetto e il senti-
mento ch'egli ebbe dell'arte? Questo dovrebbe rivelarci la commedia,
da che essa intende a rappresentare non un tipo astratto di crudele
(1) Tacito, AnnaK, XV, 87:
« Nel lago d' Agrippa fabbricò un ta?olato mobile, ove pose il convito tirato da
« galee, tutte commesse d'oro e d*a?orio. Remavano sbarbati giovani, coUocatì se-
« condo Tela, e maestrìa di libidini. Eranvi accellami e selvagginmi di vari capi
«del mondo, e pesci insin dell'oceano: camere rizzate in sa la riva del lago, piene
«di gentildonne: e a fronte, pattane ignade con gesti e dimenarìMmpadicbL
« Venata la notte, i boschi e le case dintorno risonavano, e risplendevano di casti
« e di lami. Per non lasciar alcuna nefandigia lecita e non lecita, indi a pochi
< giorni tolse per manto ano stallone di qoella mandria detto Pittagora: fu cele
«brato lo sposalizio con tutte le sacre cerimonie: messo incapo al nostro inipe-
«ratore il velo giallo; &tto gli augarj; la dote; il letto geniale; acoesi i torchi;
«e finalmente veduto fare, quanto coprono anco le femmine con la notte ».
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IL ^NEEONR, DI ARRIGO BOITO 885
e di artista, ma quel crudele e quell'artista che furono a punto in
Nerone.
Or bene della ferocia del suo eroe il Gessa ci offre due esempi.
Il primo è in quel pensiero che sorge improyyiso nella mente del
Cesare, tra le carezze dell'amante:
Hai fatto bene
A spogliar d'ogni gemma il delicato
Tuo collo, — vi riman più spazio ai baci.
E pater dire che, se n'ho talento,
Un cenno mio basta a troncarlo/
Debbo al tuo cospetto
Bammentarmì che sono il regnatore
Delle provincia, io che dai guardi pendo
Di debole fanciulla, io che a tua voglia
Opero e penso, e rìnnovello Alcide
Che regge la conocchia alla sua donna
Tra i forti vizi ed i sprezzati affetti
Di nostra stoica età. Quando ciò volgo
Nel mio cerveUo, il prepotente amore
Che mi soggioga si tramuta in ira,
E poiché non m'è dato liberarmi
Dai lacci suoi, vorrei con le mie mani
Cercar nelle tue viscere qual sia
La vera causa del poter tiranno
Ch'esercita su me la tua bellezza (1).
Ed è un pensiero di Caligola, ricordato da Svetonio : « Quoties
« uzoris vel amiculae coUum exoscularetur addebat: Tarn bona cerviz,
< simul ac lusserò demeteretur. Quin et subinde jactabat ezquisiturum
€ se vel fediculis de Caesonia sua cum eam tanto opere diligeret » (2).
L'altro esempio è nello spediente imaginato da Nerone — < scherzo
degno di te » gli dice Menecrate — per accertarsi
Se veramente dalle stelle piova
La luce del futuro.
Annunziatogli Babilio astrologo, egli dice al suo buffone:
(1) Atto ni, scena vi.
(2) Syromio, Vita di Caligola, XXXIII.
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886 A&TS CO!fTEMPORANIA
Ad un mio cenno
L'astrologo conduci innanzi a quella
Fenestra; indi abbracciatolo, lo innalza
E giù lo scaraventa.
Babilio si salva con un'astuzia. Ecco la scena:
NEBONI
Or di', Babilio,
Dunque io sono spacciato?
BABILIO
Del dimani
Paventa: fl tempo è burrascoso.
NEBOKB (eondueendo Babilio verso la finestra)
Eppure
Nella sua maestà rìsplende il sole
E toma primavera
Meco vieni
E innanzi a quella scena di splendori
Rallegrati per poco, o tenebroso
Veggente di sventure.
MSKECBATE (abbracciando Babilio)
£ non ti pare
Ammirabil veduta?
BABILIO (spopentandosi)
É la promessa
Di donna menzognera; il suo sorriso
Non corrisponda al core.
MSNEOBATE
Ed il tuo core
Che ti promette in tal momento?
BABILIO (con un grido)
I Dei
Mi salvino!
NERONE
Che dici?
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IL 'nkronSi di arrioo boito 887
BASILIO
Io son nel punto
P^giore di mia vita; le sne mani
sa me la Parca.,
Per me?....
Ma per te iremo, Nerone!
NIBOKB
BABiLio (con voce solenne)
Morrai
Trascorsa un'ora ch'io sarò spirato.
NBBONE (abbracciando con gran tenerezza Babilio)
Abbracciami, Babilio (1).
Ed è — a fiurlo a posta — un fatto della vita..* di Tiberio, nar-
rato da Tacito: « Quando egli yoleya sapere un segreto, in cima
« d'una casa posta sopra uno scoglio un suo liberto fidato e gagliardo
« ftceva per quelle rocce la yia innanzi e conduceva su l'indovino ;
« s'ei pareva ignorante o ciurmadore gli era data la spinta in mare.
« Condotto TransuUo (astrologo caldeo) su per quei greppi, e do-
mandato, predisse appunto l'imperio e ciò che doveva avvenire a
« Tiberio, il quale gli domandò se egli aveva studiato la sua sorte
< e qual fortuna corresse quell'anno e quel dì. Egli, calcolato tempi
e aspetti dei pianeti, prima sì rimescolò, poi si atterrò; e quanto
< più guardava, più gli si arricciavano ì capelli ; finalmente gridò
< che in gran punto e forse ultimo era. Allora Tiberio l'abbracciò...
< E sempre l'ebbe per intrìnseco amico » (2).
Ma l'artista?
Ecco: nella commedia del Cessa Nerone ricorda con vano orgoglio
la vittoria ottenuta nel Circo atterrando il più forte pugillatore
delle Oallie (3); si vanta d'aver là ove sorgevano i tuguri della
vecchia Roma disteso portici e archi, e terme e teatri (4); esalta
«
«
(1) Atto III, scena v.
(2) Tacito, Annah\ libro VI, XXI. La tradnzione è qaelia del Dayahzati.
(8) Atto I, scena ii.
(4) Atto I, scena ii e atto II, scena viii.
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ARTS COVTEMPORAVKh
la limpida armonia de* concetti e dei yersi nelle tragedie di So-
focle (1); si accinge a dar spettacolo di sé cantando nel pabblieo
teatro (2) ; ascolta, senza turbarsi, nella taverna l'invettiva d'un cit-
tadino, rapito alla bellezza della voce e al fascino della declama-
zione (3); ritrae nel marmo l'amata X^); compone nel convito on
ditirambo (5); sul punto di lasciar per sempre la Casa Aurea non à
pensieri che per la sua cetra (6); ricotto in condizione di miseria
estrema 9 cerca materia di versi nella bizzarra infelicità de' suoi
casi (7); si apparecchia a morire recitando un'ode d'Orazio (8);
sogna, pur negli ultimi istanti, circhi e teatri, e i plausi d'immensa
folla, e le corone di rose e di lauri (9); si uccide pronunciando le
parole :
Che grande
Artefice perisco (10).
Tutto questo è conforme al vero storico; ed era anche — secondo
i tempi — fino a un certo segno, nuovo. Fino ad un certo s^o: il
vanto, per esempio, di aver suscitata
suU^mmonda
Berna dei padri .... la bella,
La nuova Roma
ò già nel Pdolo del Gazoletti (11) ove la figura di Nerone à dallo
spettacolo dell'incendio ben piti terribile grandezza; e, a tacer d'altro,
ancora dal Paolo — di cui dirò tra poco — è derivato in ciò che
ò di più significativo l'episodio della taverna (il rimanente è un'imi*
tazione del canto primo dell'Assuero in Boma di Roberto Hamer-
(1) Atto I, scena ii.
(2) Atto I, scena ix.
(3) Atto II, scena yi.
(4) Atto III, scena yi.
(5) Atto IV, scena i.
(6) Atto IV, scena vi.
(7) Atto y, scena ii.
(8) Atto y, scena ii.
(9) Atto y, scena ii.
(10) Atto y, scena iii.
(11) Paoh, atto ly, scena ii.
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IL * NERONE , DI ARRIGO BOITO 889
ling (1)) non pur nelFinvenzione, ma fin negli att^fgiamanti dello
stile e della frase (2).
(1) Tradazione del Bstteloni, pag. 7-50: « La taverna di Locusta ». Altre
molte imitazioni si possono notare. Menecrate, per esempio, ricorda il Sacco del
poema. Nella commedia, Nerone scaglia la tazza contro il baffone fuggente
(atto IV, scena ii), nel poema il Cesare scaglia contro Barro faggente an pa-
g^nale (Canto VI, pag. 267). B i particolari della foga e delle allacinazioni
(atto IV, in fine, e atto Y) si confrontano con molti laoghi consimili dei
Canti y e VI deir^isauero (pagg. 249-251, 258266, 267-275).
(2) Paolo, atto III, scena i?.
Da questa tragedia, del resto (ch*egli non citò se non per dirla in tatto diversa
dall'opera saa), il Cessa à derivato più d'ana scena.
Secherò dae soli esempi: il dialogo con cai si chiade il primo atto:
MBMECRATE
E il morto aveva
Quattro ville
. tei dissi.
NEROKE
Ebbene?
MENECRATK
Ebbene?
Io non ho ville.
NERONE
Intendo; ne avrai una;
imitato da
questo del Paolo:
MERONB
Congiura? Ricco di più ville il feci!
TIGELLINO
Sette n*ba.
NERONE
Tu?
TlGELLINO
Sol quattro.
NERONE
Undici n*hai (atto IV, scena i);
e la descrizione della morte di Trasea :
Il centurione
Ch'apportava il decreto del Senato
Lo rinvenne tranquillo ascoltatore
Di Demetrio filosofo. — Àiriniquo
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ARTE CONTEMPORANEA
Ma ò una yerità, questa della commedia del Cossa, più di paiole
che di atti; e una verità, a ogni modo, di particolari.
Noi apprendiamo, da ciò che esso il Cesare dice, che Nerone era
ceteradore e poeta, pugillatore ed auriga, edificator q[>leiidido e at-
tore; ch'ei si compiaceva di tutte le arti, e n'esercitays pili d'una.
Bene. Ma anche Caligola costruiva con magnificenza, era per diletto
lottatore e cocchiere, schermiva con armi affilate nel Circo, e yì gui-
Annunzio eruppe il grido de* congiunti
E dei servi, — io lÀ stavo in mezzo ad essi :
n vecchio solo tacque, e parve lieto,
E poi ch*ebbe abbracciata la sua figUa,
. Si fisce aprir le vene, e poche accolte
Stille di sangue nella man tremante,
Ne sparse il snolo, offerendole a Giove
Liberatore, — indi si volse a noi
Meravigliati, e disse: Addio! voi ìaseio
In prava età ; vi giovi affrancar Vanimo
Con forti esempi {Nerone, atto II, scena t:;,
inspirata a questa della morte di Seneca nel Paolo:
Quando il messo di Cesare intimato
Ebbe airUlustre, ch^ei morir dovea,
Questi nò ciglio mosse, né colore
Mutò; che da gran tempo ogni novello
Giorno accettar solea siccome estremo.
E poichò l'agio di testare e il dritto
Gli fu conteso, ai desolati amici
Rivolto: « Ebben, dicea, s'altro non posso
Per voi, VesempU) di mia vita almeno
Vi resti, uUimo dono, e tal che tolto
Da nissun vi sarà >. — Ciò detto, stese
A me le braccia, intenerito al seno
Mi strinse e a moderar Tacerbo affanno
Mi confortò. — « Certo rimedio il tempo
Alle piaghe del cor; temprassi intanto
Di sua perdita il dnol con Fonorata
Memoria delle giuste opere sue».
E perch*io sorda a ogni conforto, e seco
Morir volendo, il feritor chiedea,
« T*ho mostro, ei disse, addolcimenti a questa
Povera vita; lo splendor t'alletta
Della morte? Lo avrai. Noi moriremo
Animosi del par: tu più lodata». — (Atto V, scena i).
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IL ' NERONE , DI ARAIGO BOITO 891
dava carri, e dava pubblico spettacolo di suoi canti e di sue danze;
« né per altro > — narra Svetonio — « aveva annunciato una veglia
<f il dì che fu ucciso, se non per presentarsi in quell'ora più libera-
le mente su la scena» (l). E anche Comodo scendeva nell'arena a
combattere coi gladiatori. Mostrate quale fu in Nerone l'artista, qual
sogno d'arte fu il suo; quale è l'estetica che si richiama dal suo
nome. E fate che quest'estetica e questo sogno, come presero forma
nella vita, prendano pur forma — non fosse che un istante — in-
nanzi ai nostri occhi nella rappresentazione.
11 moto di sdegno con cui Nerone getta lo scalpello, disperato di
poter infondere « palpiti nella sorda materia > (atto III, scena vi), è
un comun gesto riferito a troppi artefici (fu attribuito anche a Mi-
chelangelo), e nulla ci rivela di particolare in torno allo scultore. La
gioconda ode del quarto atto, tutta composta com'è di ricordi classici
e foggiata sul metro delle canzoni libere del Guidi, nulla ci dice in
torno all'educazione letteraria e alle attitudini poetiche del Cesare.
E nulla ci apprendono le parole di Atte:
La mente à greca,
Romano il core
(atto III, scena i); anzi non gioverebbero purtroppo che a sviarci:
Nerone ebbe romano, come il core, l'intelletto. L'inno che egli scioglie
nel primo atto alla Grecia per la gloria del Partenone e ìl^W Iliade
e delle belle battaglie suonerebbe più appropriato in bocca d'un esteta
moderno. All'Eliade Nerone chiese ben altro: vi cercò il campo li-
bero alla mascherata dei suoi ridevoli trionfi, gli agoni — non più
aperti alle prove de' belli efebi — ma corsi dagli uomini del mestiere
di cui il Cesare si sorprese a invidiar la gloria; ne' Greci egli mostrò
d'apprezzare, meglio che i discendenti d'Omero e di Fidia, gli inten*
ditori eleganti ed esperti de' certami e de' giochi. Nel suo ritomo
in Boma egli non recava frammenti d'antica bellezza, non vasi né
statue (le statue de' vincitori le aveva anzi abbattute e fatte trasci-
nar nelle fogne perchè più nonne restasse memoria), ma ghirlande;
e le ghirlande di tutti i giochi pendevano dal carro ove aveva trion-
fato Augusto, e ove — abbattuto l'arco del Circo Massimo — tra
(I) SvsTOMio, vita di CaUgola.
Ht0titn musuait tt*iliat-a. Vili 58
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892 ARTE CONTEMPORANEA
un corteo di festeggiatori gettanti al popolo oro e confetti, Tlmpe-
ratore mosse, per vie cosparse di fiori, al tempio d'Apollo, a?Tolto
in un manto di porpora a stelle d'oro trapunte, redimito della co-
rona olimpica e tenendo nella destra la pizia.
L'estetica di Nerone fu, innanzi tatto, un'estetica di decadenza. La
società in cui il Cesare viveva aveva guasto lo spìrito da una let-
teratura falsa e declamatoria; ricercava nei prosatori e ne' poeti non
i sentimenti e i pensieri, ma le frasi, comprendendo in una sola
ammirazione Sofocle e Afranio, Vergilio e Seneca, i lirici greci e
i corrotti scrittori del tempo , vaga solo di figure retoriche e di spe-
dienti oratori; prediligeva nelle arti plastiche non l'ideai grazia
delle età più pure, ma il realismo e lo sforzo delle decadenti, —
le statue colossali come quella che alta cento venti piedi fu eretta
nell'antiportico della Casa Aurea, i gruppi enfatici complicati veementi
come il marmo rodiano delle Dirci; confondeva col grande il gigan-
tesco e l'enorme; avida dì commozioni violente, s'inebriava all'epopea
sanguinosa dell' anfiteatro ; degli strazi e delle stragi si componeva
una voluttà acre ed un gioco; chiedeva eccitamenti ai sensi stracchi
nella viva rappresentazione di ciò che i miti contenevano di più fe-
roce e di più osceno — protesa anelante esaltata agli effetti statuari,
ai ricercati aggruppamenti delle membra, alle sapienti attitudini dei
lottatori e dei mimi.
Tutto ciò era proprio del tempo. Ma Nerone era anche un per-
vertito; l'ultimo prodotto di una stirpe — quale fu la domina
— di fraudolenti e di violenti, di libidinosi e di ladri; la sua in-
dole reca impressi i segni della degenerazione intellettuale e mo-
rale. E il pervertito esagerò, naturalmente, le tendenze e i gusti
del tempo; fece della falsità letteraria una consuetudine, foggiandosi
sentimenti fattizi per esprimerli in frasi sonanti e cercando materia
di declamazione fin ne' rimorsi; dichiarò bello il mostruoso; sognò
palazzi chimerici — fatti di marmo e d'avorio, fregiati d' oro e di
madreperle e di gemme — assurde imprese — tagliar l'istmo di
Corinto, scoprir le sorgenti del Nilo, scavare un canale da Baja ad
Ostia — città favolose accoglienti tutti gli splendori di Niniveedi
Babilonia, di Menfi e di Tebe; invaso dal delirio degli applausi, an-
tepose il lottatore al poeta e l'istrione al tragedo, anelò a tutte le co-
rone di tutti i certami, giudicò angusta scena alle sue prove Boma
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IL * NERONE , DI ARRIGO BOITO 893
e volle correr trionfatore le Provincie; auriga, rischiarò le corse dei
suoi carri con fiaccole viventi ; atleta, imaginò di rinnovare la gloria
d'Ercole prostrando nel circo un leone; comediante, non si contentò
di comparir su la scena in figura di Edipo, di Alcmeone, di Oreste
— coperto di catene d*oro, guidato per mano come un cieco, imitante
gli orrori e i vaneggiamenti del matricida — volle rappresentare
anche « Oanace > e simular con la voce e coi gesti gli spasimi e
le doglie del parto; corego, fece della tortura un'arte, e nelle cru-
deltà nove — complicate a un tempo e violente — die forma a tutti
i sogni d'una &ntasia fervidamente inventrice nel male.
La vita fu per Nerone una mutevole tragedia di cui egli era l'eroe
onnipossente.
Travolto dalla follia dell'arte in un turbine di allucinazioni d'ora
in ora rinnovellato, presto egli non giunse più a distinguere la realtà
dalla finzione; volle provar nel vero tutti i sentimenti dei personaggi
storici 0 imaginari che aveva rappresentato su la scena o per cui
s'era acceso nella lettura dei poeti, attuare tutte le chimere della
sua fantasìa, rivivere — intensamente e compiutamente rivivere —
ogni sua più ebra visione.
Tale in Nerone l'artista: un composto di retore e di decadente,
di grottesco e di truce, di grandioso e di folle.
Quello che il Cessa ci à ritratto — borghese figura di dilettante
che finisce, al solito, a innamorarsi della modella — è da vero, per
quattro atti al meno, come dice il poeta,.... un'altra cosa.
Ma non ò tutto.
La figura del Cesare non può essere a capriccio separata dall'i-
magine del mondo che fu suo. Non giova il dire che « in Nerone
l'uomo politico fu nullo » (1). Sarà vero, forse; ma anche è certo che
in Nerone esistette sempre — fino all' estremo — l' imperatore: E
l'imperatore, se talor parve indulgere a certe affettazioni di noncu-
ranza bizzarra, ricercò tuttavia sempre ogni più fastosa apparenza
del dominio e si piacque a tutti gli splendori d'un lusso ancor senza
esempi nell' Urbe. Pescava con reti d' oro e di porpora; viaggiava
preceduto da una folla di corrieri rilucenti di falere e di armille;
cantava in mezzo a uno stuol di fanciulli dalle lunghe chiome odorose,
(1) Ntrone, Prefazione.
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894 ARTE CONTEMPORANEA
in yesti eleganti, fregiati d'anelli; protraeva i oonnti nel Campo
Marzio e nel Circo, servito da quante cortigiane erano in Boma. Né
ricorderò (troppo son note) le niagnificenze della Casa Aurea. Ora
una commedia, in cui — come in questa del Coesa — Clnyio Bufo e
Vinicio rappresentano tutta la magistratura delFimperq, e nelle sale
del palazzo melanconicaroente deserte il principe del Senato e il pre-
fetto del Pretorio cercano in vano un annunciatore e non iroTano
ciie una liberta, e il Cesare non & compagnia mai che d'an istrione
e d'una danzatrice; una commedia tale non par la più atta da vero
(mi consentiranno in ciò, penso, anche gli ammiratori del poeta) a
darci imagine di quella prodiga e fervida vita che il racconto di
Svetonio e di Tacito rievocano in torno a Nerone.
E osservate ancora. Poi che la &vola era scarsa di vigor dranmia-
tico, il Coesa pensò di ravvivarla rappresentando di contro all'obliosa
leggerezza del Cesare la < vigile coscienza di Boma ». Ora, fin che la
retorica patriottica non inspira che alcuni cittadini congiuranti nel
secondo atto contro il tiranno^ noi possiamo anche, senza troppo do-
lercene, sopportar la noja di uno spediente ormai stracco e perdonare
al tradimento del vero storico per l'amor delle frasi (1). Ma la cosa
passa il segno quando di quest'idea civile ò &tta simbolo Atte, la
dolce umile schiava asiatica che Tacito e Dione Cassio ritrassero, alla
quale il Cossa afEida per i tre primi atti della commedia il com-
pito, assai vano, di richiamare il Cesare a' doveri di un saggio r^-
gitore di popoli, e per gli altri due quello, non meno arduo, di in-
segnargli a morire.
A un certo punto Nerone, fastidito, le dice:
Non ti pigli l'estro
Di darmi lezione di morale
Filosofìa già n'ebbi troppe
Da Seneca (2).
(1) La congiara del 65 non fa inspirata, come è noto, da amor dì libertà r
intendeva ad abbattere non il Cesarismo, ma Nerone, in farore di Gaio PisozM
< largo donatore » — dice Tacito — « e prodigo anche, il che piaceva a molti die in
secolo 8i corrotto non amarano imperatore avaro ed austero ». E vi si aoeottarono
con altri, uomini yilissimi come Flavio Selvino « perduto in lussuria a sonno »
e Afurio Quinsiano e del suo corpo peggio che donna, yituperato da Nerone eoo
▼ersi infami » (Tacito, AnnaU^ XV, 47 e segg.).
(2) Atto II, scena viii.
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IL 'NIRONI, DI ARRIGO BOITO 895
Parole al vento! Le lezioni continaano; più tediose anche, e
più lunghe. E l'orgoglioso imperatore, che non sofferse in torno a
sé né pure i volti accigliati (Trasea fu fatto morire perchè pareva
col cipiglio tacitamente rimproverarlo), deve ascoltare, paziente, a
tutte le ore, da una liberta, intemerate come queste:
Insensato, il Dio che invochi
È il tuo peggior nemico. — Io vo* parlarti,
Unir dovessi la parola estrema
All'estremo sospiro, e s'ascoltavi
Pur or codardamente le rampogne
Del primo ch'incontrasti nella via,
Ascolterai me pure. — E sei tu forse
Il successor dei Cesari? — Gli oppressi
Popoli di Germania^ ancor non vinti.
Fasciano i corpi sanguinosi, e nuove
Nel fondo dei lor boschi impenetrati
Preparano battaglie: alla congiura
Tendon gli orecchi gli altri confinanti,
E rodio stesso dd romano nome
Unisce i Galli che ne son vicini
Ai remoti Britanni, — A tanti estemi
Nemici dell'imperio aggiungi i tuoi
Eserciti, rissosi, malcontenti,
E questa plebe che ti sta d^intomo
Piena d'odio e di fame. E tu, Nerone,
Che fai? Come provvedi alla mina
Che ti minaccia? Tu canti; e allorquando
È duopo di mostrarsi eroe sul campo,
Ti piace meglio il plauso tributato
All'eroe della scena. Oh per gli Dei
Tutelari di Roma e dell'imperio,
VergogtuUi, Nerone! Esci di questo
Ozio una volta, e non per prodigate
Vane magnificenze, ma per grido
Di fatti generosi in te risorga
La maestà dd popolo di Roma (1).
(1) Atto II, scena via.
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896 ARTE CONTBMPORANBA
Fate Saturnali
Sopra tutta la terra, o genti schiave,
£ alzate Tinno della gran vendetta;
La terrìbile via del Campidoglio
Che i vostri Be salivano in catene,
È divenuta via d'una taverna,
E la 8pada di Cesare cadeva
Di mano aU' ubbriaco successore! (1)
Se tu m'ascoltavi,
Avresti con l'esempio e con le leggi
Risuscitata alla grandezza antica
Questa Roma bastarda, effeminata,
Nell'ozio avvezza di sciupar la gloria
Che i padri le lasciarono, pugnando
In tutti i campi che stan sotto il sole! (2)
Una sol volta pensa
Di qual patria sei figlio, ai suicidi
Eroici delle tue vittime, e in questa
Ora di prova innalzati per poco
Dalla bassezza tua (3).
Ah, ma dunque à fatto scuola anche l'Alfieri; non è vero?
E dopo ciò?
E dopo ciò la critica continuerà allegramente a sentenziare che il
Nerone di Pietro Cessa è (1& ^^^^ non è elegante, ma non è mia)
< di ima meravigliosa verità poetica e storica che non ha forse esempi
« nell'arte ».
Assai prima che la commedia del Cossa suscitasse in Italia tanto
clamore di plausi, un poeta sorto dalla scuola romantica — Antonio
Qazoletti — publicava, quasi inosservato, il Paolo^ « tragedia in
cinque atti, in versi, dedicata alla memoria di re Ca^Io Alberto».
Con quest'opera il disegno si allarga a comprendere un più vasto
mondo:
(1) Atto II, scena viii.
(2) Atto IV, scena v.
(3) Atto IV, scena v.
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 897
Centro dell^oniverso, ultima prova
Della potenza e delForgoglio nmanOi
Di rivali città colle macerie
Edificata, colle spoglie opime
De' popoli arricchita, arbitra e donna
Di regni e re, giardino d'ogni bene
Che il mondo allegra, e d'ogni mal sentina.
Caos immane di vita e di morte,
Di grandezza e viltà, di luce e d'ombra.
Ecco Roma — de' Cesari la Roma,
Or di Nerone. Archi, teatri e fori,
E greche arti e latine, e non men d'oro
Che di gloria raggiante il Campidoglio,
La fan superba e invidiata. — 0 avello
Splendido fuor, putrido dentro! — Roma
È ancor, stupenda più che mai non fosse;
Ma i romani ove sono? — Are e delubri
Tutti n'ebber gli Dei, fede nissuno.
Venere prava e truculenta ebbrezza
IH vino e sangue smagliano gve^ petti
Di si valida tempra, e oscuri e scemi
Fan gVintéUetti che dier legge al mondo.
Curvi i patrizi aU^efferato impero
I/un solo e tristo, su clienti e servi
La pressura rinversano; blandita
0 calpesta la plebe, e abietta sempre,
Pane invoca e circensi, e abiura patria
E libertà — .
Ne' sotterranei della tua Babelle
Scendi, o smarrito pensa tor
I/ogni stirpe accolti
E d'ogni terra qui vedrai credenti,
Lievito e seme d'un'età novella,
Affratellarsi in umiltà di fede.
In santità d^affetto, in fiamma accesa
Di sacrificio. Onda lustrai li terge
D'ogni ruggine antica; e le rideste
Menti, e i rifatti cor visita e affranca
La parola e lo spirito di Dio.
L'umanità non pere: ella si spicca,
Vergin farfalla, dalle immonde spoglie,
E batte aura più pura a miglior sorte.
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89H ARTE CONTEMPORANEA.
Così il poeta nel prologo.
Ora la persecuzione dei cristiani si iniziò, come è noto, nel 64;
ed ebbe non so se io debba dire la ragione o il pretesto (1) dairin-
cendio di Boma. < È > — scrive il Renan — «il momento più solenne
«nella storia del Cristianesimo. L'orgia di Nerone fonda la supre-
me mazia della Chiesa romana; fa della città dei martiri la seconda
« Gerusalemme; compie la mitologia cristiana levando di contro
« alla figura di Gesù il Mostro generato dall' incubo del terrore,
«il cupo Gigante del Crepuscolo del mondo; apre il poema della
« morte, la sanguinosa epopea da cui sorgeranno radiose tutte le con-
« quiste della nuova fede » (2). E con profondo accorgimento a ponto
il Gazoletti, volendo rappresentare il contrasto fra la società pagana
decadente e la cristiana avviantesi sublime d'entusiasmo al martìrio
donde uscirà vittoriosa nei secoli, fece dell'incendio dell'Urbe centro
all'azione del dramma.
Ancor vivo Nerone, la leggenda — raccolta poi da Svetonio, da
Dione Cassio e da Plinio e diffusa dai padri della Chiesa — narrò
(è noto anche questo) che l'imperatore desse fuoco alla città per fa-
stidio degli angusti vicoli e dei tuguri e per vaghezza dello spet-
tacolo delle fiamme, e ne accusasse i cristiani, « a divertire i^ —
dice Tacito — « il grido che lo voleva pur reo di quella infamia ».
Ma il tragedo non accolse che in parte la tradizione.
£ se n'era scostato, del resto, anche Roberto Hamerling nel suo
Assuero in Bama^ conosciuto fra noi per la traduzione bellissima del
Betteloni. In questo poema — ricordate? — il bizzarro proposito sorge
improvviso nella fantasia del Cesare su la fine d'un baccanale, ove
egli apparve in figura di Dioniso, adorno il capo dell'infula sacra,
sovra un carro gemmato tratto da due leoni, fra uno stuol di menadi
e di satiri e di coribanti e di fauni. Bi volto a' suoi seguaci, Nerone
esclama:
(1) Pascal, L'incendio di Boma e i primi cristiani. Non ostanti le molte
obiezioni del Sabbatini, .del Coen, del Cbiappelli e di altri, ì* opinione che
deirincendio sieno stati autori alonni fanatici della nnom setta mi pare finora
la più accettabile e la più salda.
(2) Renan, L'Antéchrist
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 899
" Date di piglio orsù a le spente faci,
E nova fiamma raccendete in quelle.
Via correte, correte; imperversando
Per la città avvolgetevi, rapite
Seco voi quanto vive, in turbinoso
Vortice; io Toro a piene mani spargere
Farò in mezzo alla plebe, che briaca,
Ad onor mio, non sarà tarda a mescersi,
Tumultuando e infui-Xando, a voi.
Or qual può degno fine
Aver codesto sovrumano, ingente
Baccanal, senonchè fine di foco
Immenso e sacro? La città infinita
Arder non deve, a imagin nostra, in bacchiche
Splendide fiamme? Sopra i tetti e intomo
Le incendiarie fiaccole avventate;
Bruciar de la diletta e antica Roma
Denno in tal gaia festa i marmi stessi;
Splendan le forre degli albani monti,
£ tutto luccicando il mar Tirreno
Di porpora s'infiammi, e ripercota
Codesto di Nerone allegro incendio ! , — (1).
La notizia dell'incendio giunge poi al Cesare in Anzio, poco dopo
che alla soglia del palazzo, ov'egli banchetta con a fianco Sporo
lo schiavo
favorito, l'amabile fanciullo,
il bel coniuge suo —
il mare à recato il cadavere di Agrippina: additando ai convitati
il riflesso dell'Urbe lontana, avvolta nelle fiamme e nel fumo, Nerone
prorompe nel grido:
Ecco le tede mortiiarie accese !
A Boma! a Roma! (2)
L'invenzione avvicina due date veramente un po' discoste (l'Au-
gusta morì nel 59); pure nella pompa melodrammatica dell'effetto
(1) HAMERLiirOy Assuero in Roma. Canto II, pag. 105 — (cito e citerò sempre
la tradazione del Betteloni).
(2) Hambrliho, Assuero in Roma, Canto III, pag. 146.
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900 ARTE CONTEMPORANEA
assai bene risponde alla verità artistica e umana del carattere di
Nerone.
L'artifizio del Oazoletti è men poetico. Sazio delle carezze di Poppea,
rimperatore si accende per Oinnia Silena (una creatura del poeta,
come la Oiunia del Bacine), che egli vide:
la casta
Prece recante di Minerva all'ara
Nel silenzio e nell'ombra (1).
Seneca accetta volontieri la cura di persuader la fanciulla alle
nozze con Nerone, confidando che nel nuovo amore si disacerbi la
feroce indole del suo allievo.
Siede
Signor del mondo un traviato spirto,
Su cui ben più de* miei lunghi precetti,
Più degli antichi di valore esempli,
Potè il consiglio e l'amistà de' tristi,
Potè la gentilizia indole acerba
Degli Enobarbi. — Or questo il campo, questo
È Tagòn di te degno. Ardisci! — Bella
Non è mai tanto la virtù, né forte,
Quanto se amore l'accompagni! — Ascendi
11 talamo di Cesare; soavi
Catene ordisci a queU'indomit'alma,
E la guida e la reggi a miglior segno.
Dal cammin de' tiranni la radduci
Sul cammin degli eroi! — Questo è ben altro
Che consumar suoi giorni in vano sfogo
Di derisi compianti ! Ardisci : a fianco
* Seneca avrai. Con me saranno i voti
E gli applausi di Boma (2).
L'eloquenza del retore — che precorre Giovenale e il Leopardi (3),
avrebbe facile vittoria dell'inesperta, se a canto a lei non vigilasse
(1) Atto I, scena i.
(2) Atto I, scena ii.
(3) I versi:
A Voi serbato
E a' vezzi vostri è accendere i sa premi
Impeti di valor (atto I, Eoena ii)
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IL ' NERONE « DI ARRIGO BOITO 901
Paolo. Iniziata alla nuova religione dalF Apostolo, Oiunia è accolta
tra i cristiani e sposata a Eudoro — un giovane centurione segna-
latosi nelle guerre contro i Parti — a cui Paolo l'affida con queste
parole:
Ben più che una sorella, Eudoro,
Io ti presento ; alla saggezza tua,
Al tuo coraggio una consorte affido.
Dissi che gli occhi ed i sospir d'un grande
Pendon 80vr*essa. Or tutto sappi : Augusto
Rivale avrai, lo stesso Augusto. — Vane
Contro tanta virtù stimò le prove
Della forza e dell'oro, e mano e trono
Le offerse: ultima infamia di corrotta
Civiltà, che far suol del maritale
Nodo a brevi libidini pretesto
ricordano altri notissimi deUa canzone leopardiana « Nelle noMze della soréBa
Paolina» (31-87).
Il passo:
Qaando ricordo delle antiche donne
I casti lari, e abbandonar le veggo
. La spola e Tago e le dolci carezze
Della tenera prole, e f&rsi incontro
Qlorlof^e e modeste al trionfante
Sposo; a qoel forte ed amoroso petto
Serrarsi, e riposar nella certezza
Del talamo, dei figli e della tomba,
Alto ribrezzo inesprìroibil provo
Dei feroci odi e più feroci amori,
Delle pompe cradeli, e dei cradeli
Piaceri, ond*oggi si compon la vita
Di romana matrona, e di cai Teco
Basta sovente a intorbidar la calma
Della mia soIitnJine';
si confronta a questo di Giovenale:
Praestabat castas hamilis fortana Latinas
Quondam, nec vitiis contingi parva sinebant
Tecta labor somnique breves et veliere Tosco
Yeiatae dnraeqne manns ac proiimns urbi
Hannibal et stantes Collina tnrre mariti.
Nane patimar longae pacis mala; saevior armis
Lnzaria incabait victamqae alciscitnr orbem.
(Satira VI, vv. 287-294).
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002 ARTK CONTCMPORANEA
£ orpello. Ah no, contaminato il nuovo
Tempio di Cristo non sarà dal bacio
D'un empio re! No, questo fior cresciuto
Quasi a prodigio in arido deserto
Profumar non vedrò le oscene coltri
D'ebbro tiranno ! — Ella è tua sposa (1).
Così che quando — nel convito apparecchiato sul lago d'Agrippa
— Nerone ordina a Tigellìno di condurgli innanzi < volente o ri-
trosa» la fanciulla inutilmente invitata e pregata, Eudoro soccorre
pronto alla difesa : la lettiga in cui i pretoriani anno fatto salire a
forza Giunia è circondata da immensa moltitudine di popolo e tra-
fugata (2).
Nella scena che segue è deliberato Tincendio:
NEBOÌTB
Vendetta io vo'. Quella ferita,
Che sanar non può il ferro, il foco sanL
Fa di costor quel che de' lupi ascosi
Nelle tane inaccesse: i lor covili
Ardi, incendia, distruggi. Da gran tempo
Di quel vecchiume mi contrista il lezzo
Ardi, incendia, distruggi; ed abbia il caso
Tutta la gloria delle mie vendette.
TIQELLINO
Io farò meglio ancor: de' torti tuoi
Farò vindice Roma. Al primo alzarsi
Delle fiamme s'udran voci diverse
Accusar dell'incendio i già sospetti
Settatóri di Cristo. Nel trambusto
Delle grandi sventure dall'accusa
Breve al sangue è la via, breve dal sangue
Alla strage. Cosi nella vendetta
De' propri danni suoi vendica Roma
L'offesa maestà del mio signore (3).
Dicevo che l'artificio è poco poetico. Ed è anche poco credibile:
Nerone non aveva certo bisogno di struggere una intera città per
(1) Atto II, scena ti.
(2) Atto III, scena vi.
(3) Atto in, scena vi.
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 903
liberarsi da una setta già odiata dal popolo e già accusata di tutte
le nefandezze e di tutte le infamie. A ogni modo, assegnando alla
persecuzion dei cristiani una cosi povera causa, il Gazoletti sciupava,
pur troppo, gran parte della grandiosa bellezza ch*era nella sua con-
cezione.
Ma da questo momento la tragedia si eleva.
Boma divampa. Su la più alta loggia del suo palazzo, Nerone con-
templa, rapito, Topera devastatrice. Subitamente irrompe Paolo, se-
guito da Tigellino e da alcuni armati : à forzato l'ingresso ; nessuna
forza umana è riuscita a trattenerlo. £ là per un momento — in
quella notte, al sanguigno riflesso delle fiamme, nel rombo che
giunge dalla città incendiata sinistramente rotto a quando a quando
dallo scroscio degli archi e delle mura crollanti — si trovano a
fronte l'Apostolo delle genti e l'Anticristo. Paolo chiede ragione al-
l'imperatore delle accuse sparse contro i cristiani tra la plebe, della
strage de' suoi fratelli innocenti. Cerca di persuadere da prima ; poi
prega; poi minaccia. E l'invettiva è terrìbile; vi passano per entro
tutte le vampe delle profezie d'Israello. A ogni istante Tigellino fa
per avventarsi: Nerone lo rattiene. La novità della dottrina, l'impeto
dell'eloquenza, la grandezza dell'ora attraggono l'artista. All'ardita
fede cristiana il paganesimo oppone — in questo momento supremo
— la sua ultima gloria: il senso vivo, se pur corrotto, dell'arte. E
la scena termina splendidamente:
PAOLO
Indietro,
Indietro tutti dal leo^ dì Giuda,
Or ch'egli rogge di dolore e d'ira
Sulla prole trafìtta I — Indietro tutti
Dal veggente di Dio! Curvati al suolo,
Onde t'alzasti, o coronato fango,
E ascolta. Agli occhi miei squarciato è il velo
Dell'avvenir: sento sui labbri il tòcco
Degli accesi carboni, e parlo. — 0 popoli
Che siete e che sarete, o re che siete
E che sarete, o secoli che furo
E che saranno, io profetizzo a voi!
(le guardie si avventano contro Paolo)
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904 ARTB CONTEMPORANEA
NKBOKB (trattenendole)
Fermate!
PAOLO (ritto presso U verone)
Ecco la grande, ecco la forte
Babilonia novella, fulminata
Cader per opra de' suoi figli ! — Eccesso
D'abusato vigor passa in delirio.
Passa in furore, in morte. — Ecco la casa
Del demente che abbrucia... Eccolo!... ei ride,
Ride tra i guizzi delle fiamme e canta!...
Arde e canta il demente!... 0 sapienza,
0 grandezza terrena!...
TiGELLiKo (per allontanare Nerone)
Almen permetti...
NERONE
No, no, restiamo
Seducente, strano
Fanatismo è in costoro, e... di facondia
Non ignobile vena.
PAOLO
Ardi, Roma, ardi,
E sinistra comèta ai re tiranni
Splenda il tuo rogo! — Invan per dieci e dieci
Secoli io veggo affaticarsi il braccio
De' carnefici : invan l'ottuse lame
Alla cote affilar de' bordali
Ghiacci; invan tirannia ferita e stanca
Sul divin volto al Redentore il bacio
Rinnoverà di Giuda, e fatta volpe
Volpe e serpente, striscerà fin dentro
Ai sacrari del Tempio... invan! — Spezzato
Dalla parola è il ferro, dall'amore
Smascherata la frode ! — A' suoi felici
Incunaboli toma e a' dritti suoi
La civile ragion, né deviarla
0 arrestarla potrebbe altri che Dio ! —
Popoli oppressi d'ogni tempo, questo
Ricordate e soffiite! In dignitosa
Calma, in costanza, in altezza d'affetto
E di pensier soffrite! — E quando l'ora
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IL 'NERONE, DI ARRIGO BOITO . 905
Del riscatto maturi, e la promessa
Terra alfin vi sorrìda, il lacrimato
Retaggio in pace ed umiltà raccolto,
In virtù difendete! — Io veggo... io veggo...
Gloria in etemo a Dio Signore!
(cade sulle ginocchia e rimane assorto in estasi contemplativa. Pausa).
TiGiLLiNO (a Nerone)
Imponi!
KEBONE (dopo qualche istante di riflessione)
Morrà!... Ma non tormenti!...
(alle guardie che s'avventano contro Paolo)
E non catene !... (1).
L'ultimo atto si svolge nella carcere ove l'Apostolo attende il sup-
plìzio. Paolo conforta i fratelli alla speranza, e li prepara alla morte.
Giungono Eudoro e Oiunia a offrirgli uno scampo. L'Apostolo rifiuta:
sa di dover rendere col suo sangue testimonianza della verità divina
che à rivelata alle genti. In vano la fanciulla gli descrive i martiri
serbati ai cristiani:
D'atroci
Ineffabili spasimi la morte
È ai fedeli inasprita. Orrende istorie
Ci fur conte per via, da cui rifugge
Atterrito il pensier. Molti dannati
Alle belve fameliche, le carni
Senton pria di morir da ingordo dente
Spiccarsi a brano a brano, e stritolare
I cranY e l'ossa: altri di pece il nudo
Corpo spalmati e a rozza trave appesi
Nelle piazze, negli orti, ardono a lento
Foco, schiarando delle accese membra
L*orgie ai tiranni. E se tu pure?...
Paolo risponde:
Quand'anche la ferocia umana
Prova facesse in me della più industre
Crudeltà sua, le pene mie pur sempre
Lievi sarìano al paragon di quelle
(1) Atto lY, scena ni.
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906 ARTB CONTKMPOBAKKA.
Che il profetico agnello in 8ò raccolse;
£ n'ayrei maggior gloria
Non yi turbi però de' miei martiri
Vano fantasma ; io morirò di spada (1).
Subitamente su la soglia della prigione compare il carnefice e
chiama: < Paolo di Tarso! ». Rispondono voci di fedeli: < Egli solo?
E noi? ». * Paolo di Tarso! » — ripete il carnefice. E l'apostolo:
< Eccomi! ».
(s'inginocchia)
Iddio Signore,
Che dall'abisso deU'error chiamato
Alia serena altezza della fede
M'hai nella grazia tna, pietoso accogli
L'mnil servo che riede, ed esaudisci
I voti suoi !... Per me non più: per questi
Innocenti, che soffi-ono in tuo nome
E a tua lode, io t'imploro! E non per essi
Soltanto, ma per tutti i figli tuoi.
Per la tua chiesa tribolata e oppressa,
A cui tante di ferro e di menzogna
Aspre battaglie l'avvenir prepara. —
(si alza. Il sole nascente si intromette per U balcone del fondo ed
avvolge di vivissima luce la persona dd martire. Gemiti de' pri-
gionieri cristiani).
Andiamo (Rincammina).
Ebben... quai gemiti?... Mi cinge
Un'aurèola di luce... Il paradiso
Comincia... e voi gemete?... Orsù, fratelli.
In tuonate un osanna... Io vi precedo!
(si consegna al carnefice. I cristiani lo seguono sino alla porta, tra^
scinandosi sulle ginocchia e baciando Vorme de^ suoi piedi) (2).
Sarebbe ingiusto chiedere al Oazoletti ciò che si aveva diritto di
attendere da Pietro Cossa. Al dramma Nerone non partecipa che
nel momento in cui Fazione è più viva; non occupa la scena che per
due atti: protagonista è Paolo. Un compiuto ritratto del Cesare non
(1) Atto V, scena ni.
(2) Atto V, scena ultima.
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IL * NBRONB , DI ARRIGO BOITO 907
era dunque consentito al poeta; né il tentarlo gli sarebbe stato pos-
sibile senza alterar di proposito Tarmonia della tragedia.
Dobbiamo cosi contentarci a pochi tocchi. Sono, in compenso, di
una mirabile esattezza.
Certe brutalità di sentimento e di linguaggio, come questa:
Gimiia si cerchi,
.^.. D'amore o d'odio a sfogo
La pretendo, la voglio/
rivelano bene il sensuale Tiolento, — lo stupratore di Bubria, il oon-
taminator della madre.
E quel violento è — nella tragedia come nella storia — anche un
corrotto, che pasce la fantasia d'imagini lascive e si compiace alla
vista de' bei corpi commisti e dei sapienti atti impudichi:
mSBONE
0 sapltente
Tiberio, aHor, che delle regie cure
Posto rincarco, alla tua Capri in seno
Ti riducesti I Più di te felice,
Quel che i tormenti d'un^intera vita
A te mostr&ro, io giovinetto appresi,
E faccio. —
A superarti, o divo
Figlinol d'Augasto, io non farò di Capri
La Boma mia, sì la mia Roma in Capri
tramuterò. — Versami un nappo onoora,
Bella baccante I (beve, i$uli (die dame)
E voi, matrone illustri,
Caste figlie di Pindo, a queste facili
Frigie e jonie beltà le rugiadose
Vostre membra intrecciate, ed una ridda
Vi tramiesdii e ewnfonéa! Il piacer sélo
Ogni disttmza aggmmglia, — Io qsL.. Bon veggo
Altro che Nnmil —
E quel corrotto — ancora come nella storia — cerca nelle atti-
tudini dell'innocenza e del pudore un incitamento ai sensi languidi,
e nel possesso delle membra intatte vagheggia un saper novo di
piacere:
Ritùia mmicaU italiana^ Vili. 59
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906 ARTB CONTEMPORANEA
E dir, che tatto
Dato avrei, tatto: quante son qui carni
Di piacer palpitanti, aliti misti
Di profumo e di fiamma, umide ciglia
Stillanti amor,,, tatto, conyìti e danze,
Giochi e corone, per il freddo amplesso
D'an'insalsa pudica!... E credei, stolto,
Dal pudar, ch^è ignoranza, esprimer succo
Di voluttà! Stoltezza...
E in fine — a compiere per questo aspetto la figura — ecco
n sognator de' prodigiosi imeni,
il cinedo di Doriforo e l'amasio di Sporo, Tosceno ostentatore d*ogui
più ebra dissolutezza:
Ov'è la grande
Incantatrice mia, la mìa tiranna?...
Venga Poppèa. — Ritroverò nd bado
Di quelle labbra velenose U fiore
Di cento bocche imtnacólate, — Venga...
No, non venga Poppèa! — No,,, guerra eterna
Al sesso infido e menzognero!,,. Leggi
Nuove a natura io detterò,,, S^ arrechi
Il vélo nuzial,,, fumin gVincensi,,,
Ardan le tede,,, ad Imeneo s^intuoni
Canto di nozze non udito mai,,.
Venga,,,
L'altro aspetto è rappresentato nella scena dell'incendio.
Nel poema di Boberto Hamerling, mentre Boma arde, Nerone sale
col suo corteo di menadi e di baccanti su la torre di Mecenate a
contemplar lo spettacolo a traverso lo smeraldo polito
la diletta
Sua preziosa gemma, tra le pure
Limpidezze di cui gode egli spesso
Ammirar gli spettacoli del circo,
E nella qual traluce ora l'incendio
Li un verde chiaror molle corretto.
Le fiamme si curvano docili a' suoi piedi, come il leone che gli si
posa al fianco. Suonano sa la terrazza gioivo grida ed ebre rìsa.
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IL * NERONE , DI ARRIGO BOITO 900
e i baci scoccanti sai sen delle menadi, e gli aurei tintinnì delle
coppe urtate. E il Cesare, fatta recare la cetra, scioglie un inno, in
un agile ritmo, libero incomposto mutevole come la fiamma. Canta
da prima la sventura di Priamo e l'orrida notte d'Ilio; poi esalta il
fuoco, imagine dell'avida e fervida anima sua, messaggero della luce,
elemento dell'infinito splendore; il fuoco che trasfigura in oro ar-
dente tutte le cose, e tende all'alto come lo spirito, e balza dall'urto
delle nuvole e de' marmi, e splende nel color delle rose e scintilla
negli sguardi delle femine e nel vino.
E più audace Prometeo non son io
Poiché del foco e della luce io verso
Sul capo vostro, o umani, intero il dono?
Temettero gli dei, quando Fetonte
Dei cavalli del sole assunse il freno.
Che il divin foco, ond'essi, invidi, sono
Poco larghi alla terra, intomo intomo
Si diffondesse appieno.
Or ha Nerone Dionisio il grande
Miracolo compito, e il mondo esulta
In giubilanti ardori: hanno le tede
De* miei ciò fatto, che i cavalli stessi
Del sol non han potato. Una gigante
Fiaccola accender volli, e Roma elessi
Per lucignolo a quella. Essa da tante
Età ai popoli tutti umor suggendo,
U più vitale umor, pingue s'è fatta
Cosi che intera or dentro brucia e intomo
Allegramente, e vince in lume il giomo. —
£ una rievocazione bellissima, che di molto avanza quella tentata
— in condizioni non diverse — dal Oazoletti nel quarto atto della
sua tragedia. Se non che l'Hamerling quanto è imaginoso e sma-
gliante descrittore, e lirico a tratti di ricca e larga inspirazione,
altr' e tanto si rivela nella creazion de' caratteri fiacco e mal certo.
Cessato il canto — dopo un altro episodio descrittivo (le fiere che il
fuoco caccia da' lor covi invadono il Circo) — Nerone in un lungo
dialogo con Tigellino indugia a ricercar le cagioni che lo traggono
a dilettarsi del male, e di pensiero in pensiero si conduce a meditare
sui misteri dell'essere, del volere, della vita. La dissertazione è assai
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910 ARTB GONTEMPORANBA
prolissa 6 assai, anche, Mieosa; e finisce a turbar l'impressione
di bellezza che le pagine precedenti anno suscitata. Vi compiacente
dell'eroe bello e feroce; ed egli tì si muta a un tratto in un ma-
linconico discepolo di Emanuele Kant e dell' Hegel. Pure Nenme è
così fatto nel poema sempre: 1' « elegante annojato », il < befiBudo
signore », che Roberto Hamerling volle ritrarre, non appar che fuga-
cemente; a ogni tratto, quando meno Te l'as^ttate, vi ai pone
d'innanzi il filosofo, e vi tocca ascoltare un sermone. E il filosofo tì
persegue in tutti i luoghi — nel tripudio del baccanale, tra gli adu-
nati tesori della Casa .Aurea, in mezzo alle allucinazioni del rimorso,
nella taverna e nel tempio; e i sermoni si succedono a ogni propo-
sito — in tomo all'amore e all'adulterio, in tomo alla religione e
alle nozze, in tomo al dolore e al piacere, in tomo... persino (oh
Arturo Schopennhauer !) alla vanità infinita del tutto. All'ultimo non
rimane a Nerone altro ascoltatore che un soldato un germano;
s'intende. E il Cesare muore filosoficamente, come uno stoico antico
0 come un neo-criticìsta moderno, dopo aver lungo tempo dibattuta
in pensiero la questione se più valga esser grande o felice. Ma Ne-
rone è — dice il traduttore — un simbolo: « personifica il tipo
dell'uomo giunto al sommo di sua potenza e pur caduco, di fronte
ad Assuero eterna imagine della natura umana » (1). Sarà vero: se
non che alle opere d' arte noi chiediamo non astrazioni ma figure
vive. Ora V Assuero in Boma è come il palazzo della leggenda:
fulgido di meravigliose ricchezze, ma popolato sol d'ombre.
Ma ritorniamo al Paoìo.
Più sobrio, il Oazoletti non esce dalla poesia della tradizione; e
d'innanzi allo spettacolo dell'incendio coglie nel suo eroe l'ebrezza del
sogno violento — la follia devastatrice, la vanità del delitto, il
novo delirio di un'estetica che à gioia perversa dal male:
NEBOKE solo
(dopo alquanti momenti di silenzio e meditazione)
Boma arde... Fiamme parricide il capo
Ardon dell'universo — ed io le accesi !
Distruggere! Distruggere! Suprema
Vduttà degli Dei! — Forse per altro
(1) Prefazione del Bettilori.
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IL * NULONS , DI ARRIGO BOITO 911
jSi erw Umsù, che per distrugger sempre ?....
Arde Rama e per me! CKove i viventi
Spense coU'acqua: io stermino col foco
Onesto deiruomo più superbo nido,
E, cammei dall' Olimpo, io pur dalTaUo
Del palazzo d^ Cesari vagheggio
Uopera mia,,,,
(avanza verso il fondo e s'arresta a cofUempUsre Fincendio)
Sibilan le fiamme
D'ogni parte sboccanti: il crepitare
Dell'arse travi» il diroccar frequente
Delle mura e dei tetti, la commossa
Aria, che il fumo in atre spire avvolge,
0 come velo fonerai distende
Sulla vasta di morte orrida scena,
Tanti suoni confusi un'armonia^
Un accordo compongono ben degno
Degli orecchi d'un Dio! (toma std davanti)
— Tardo
Ad oprar nacqui... Or ben, l'altro momento...
Dell'essere universo in me raccolgo,
Disfaccio e sperdo: e se brillar m'è tolto
Fecondo sole sul maturo autunno
Di quest'abbietta umanità, che importa?...
Del fulmine il feral raggio mi resta,
Pur ch^io risplenda! Bastò un tempio acceso
Alla fama d'Eròstrato: al mio nome
Basterà forse quest'incendio ! — E poi,
Quan^oggi struggo, ricomporre io stesso
Domani non potrò ? La rinomanza
Eclissar di Quirino, e sull'immonda
Roma de' padri suscitar la bella.
La nuova Roma di Nerone?... (slanciandosi verso U fondo)
Avvampa,
Abbrucia, in fumo ti dilegua e in polve,
0 fenice immortale! Un genio amico
Meditando sorvola al tuo famoso
Rogo,,, famoso, perchè avrà il compianto,
L* elegia di Nerone! (1)
(8t<MCca una cetra daUa parete e seduto di fronte aUHncendio ne tragge
alcuni accordi)
(1) Atto IV, scena ii.
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912 ARTX CONTBMPORANKA
Ma tutto questo non dovrebbe avere nella tragedia altro valore
che d'episodio. Un più vasto disegno — vedemmo — inspirava la
concezione del Oazoletti. E ricordando i versi del prol<^ noi do-
mandiamo: quale rappresentazione anno nel dramma la mistica Boma
di Paolo e la Boma voluttuosa di Nerone ? in quali forme si esprime
e di quali imagìni si avviva il contrasto fra quella para alba ra-
diosa e quel corrusco tramonto di porpora e di sangue?
Ecco. Nel terzo atto il Grazoletti finge il convito sul lago d'Agrìppa,
descritto da Tacito nel libro XY degli Annali. La scelta parrebbe,
per la rappresentazion del costume, felicissima, poi che veramente
in quell'orgia la dissolutezza romana attinse l'estremo del delirio.
Ha chi legge avverte subito il dissidio ch'è tra l'idea e l'espressione,
tra lo splendore del sogno e la povertà dei mezzi dell'arte. La festa è
quasi interamente sottratta allo spettatore; non ne giunge da prima
che il remore lontano, non ne passa che una fuggevole imagìne nei
versi di Seneca:
Udite?... Suoni,
E canti, e balli, e diluviar di rose
Ne* purpurei triclini, e di lascivie
Ogni modo, ogni forma: e, quasi vili
Sian d'Italia i prodotti e del suo mare
All'epa ingorda di costor, venirne
Dal freddo scita e dall'etiope adusto
Mobili stagni ed isole natanti
Di straniere lautezze apportatori (1);
solo all'ultimo essa irrompe su la scena in una mascherata di tri-
toni, di nereidi^ di zeffiri, di driadi, di satiri e di baccanti:
(1) Atto ITI, scena v.
Ricordano qnelli àeìV Assuero: *
Or chi potrebbe
Namerar della mensa le soavi
Raffinatezze e i rari cibi e indastri?
Qaanto è più in mar gas toso, in terra e in aria,
Qnivi apprestato è in yarìe e dotte gaise
In cento vasi argentei... ecc.
(Canto III, pag. 135 e segg.).
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 913
(i sopravvenuti si aggruppano intomo a Nerone)
VOCI DITSR8B
Gloria a Nerone! — Al vincitore! — Al Nume!
Olona e trionfo!
NSREIDI E TRITONI
A lui del mare i iratti!
DRIADI E SILVANI
E della terra.
ZETFIRI
..... E gli arabi profumi.
E i fiori
SATIRI E BACCANTI
A lui di Bacco il prezioso
Licor che allevia della vita il peso ! (1)
Pare — salvo il ritmo e l'arguzia — un trionfo camescialesco.
Certo il tripudio dionisiaco ne' giardini di Nerone rappresentato nell'J^-
suero (2) era altra cosa. Ma il poeta tedesco poteva usare di tutte le
virtù della parola e dìfiTondersi nella descrizione a suo agio; Fitaliano
era costretto in vece a un'espressione unica: il dialogo. Con quale ardore
non dovette egli anelare a una più ricca e libera forma ! Pensate al
baccanale del Yenusberg nel Tannhauser: ai fascini e ai fulgori pro-
fusi nell'orchestra e su la scena; alla visione voluttuosa che si di-
spiega nelle danze; ai richiami delle sirene, mormorati in canti ove
la parola vanisce, tra languide armonie, in sospiri; al turbine
della sinfonia che tutto avvolge e travolge nel trascinante ìmpeto dei
suoi ritmi, nella frenetica ebrezza delle sue sonorità più violente.
Nel secondo atto sono parte descritti e parte adombrati alcuni insti-
tot! e costumi del cristianesimo primitivo: la donazione delle ric-
chezze, la pubblica confession dei peccati, la solennità delle agapi
firateme, la mistica comunione della preghiera. Se non che noi cer-
chiamo una rappresentazione più particolare e più concreta, una ve-
rità più profonda e più intima: l'imagine viva di quel momento unico
nella storia della conscienza cristiana, di quell'ora di trepidazione e
(1) Atto ni, scena vii.
(2) Assuero m Boma. Canto II.
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014 ARTB GOMTBMPORAMSA
di ardenza, di sgomento e di fede, di entusiasmo e di terrore. Ma
le estreme angoscio e le estreme esaltazioni dell'anima trascendono
il potere circoscritto che la parola à nel dramma; a pena può oto-
carie la lirica, in cui è già come un presentimento della melodia:
compiutamante rivelarle non può che la musica. E il sentimento delle
moltitudini — i fremiti, le estasi, e le ebrezze e il delirio delle
anime concordi — non à che un'espressione adeguata suprema nel-
l'arte: l'espressione musicale, che è già diffusa nel mormorio innu-
merevole e nel grido — la polifonia del coro.
Concludendo, la concezione del Gtazoletti eccedeva la forma angusti
e consueta del dramma letterario^ Per ciò essa non si è rivelata che
in parte ; in quel che aveva di più singolare e di più vasto, do^va
rimanere pur troppo quasi interamente inespressa.
Arrigo Boito riprese con più largo intendimento il disegno. Di-
reste che egli abbia inteso cimentarsi proprio là dove al Gazoletti
era fallita la prova; che — artefice, egli, di poesie e di musiche —
siasi proposto di tradurre in una forma ricca di tutte le espressioni
e avvivata da tutti i ritmi la smagliante visione che nel prologo del
Paolo era passata suscitando desideri intensi di bellezze promesse
in vano.
Se veramente sia, non so. Certo, riguardando all'opera degli scrit-
tori che l'avevan preceduto, il Boito dovette comprendere che la
figura del Cesare — esinanita tra le morbidezze del BritannicuSj dif-
formata dalle violenze dell' O/tovta, rimpicciolitasi nel realismo bor-
ghese della commedia cossìana, a pena abbozzata nel Paolo — non
poteva essere ricreata nell'arte se non rievocandole a tomo la vasta e
ardente vita dell' Urbe, la civiltà complessa e corrotta che l'Alfieri e
il Bacine e il Cessa avevano o disdegnata o negletta e che il Gazo-
letti soltanto aveva poco più che travista come nell'attimo d'un ba-
glior fuggitivo.
E questa civiltà ei la penetrò fin nell'intimo; non pago, come
rUamerling, alle apparenze più note, alle forme esteriori, ma avido
d'ogni memoria e d'ogni segno che gliene discoprisse l'anima pro-
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IL ' NERONE , JOI ARRIGO BOITO 915
fonda; e ne chiese Timagine, meglio che alla riflessa narrazione
degli storici — agli Annali di Tacito, ai ritratti di Sfetonio, alle
deche di Dione Cassio, all'antologia giudaica di Giuseppe Flavio —
alla commossa rappresentazion dei poeti, all'ingenua testitaionianza
degli indotti, all' ardente lirismo delle leggende anche tarde —
alle pagine di Seneca, di Lucano, di Petronio, di Persio, di Gio-
venale, di Marziale (1), agli scritti di Clemente Romano, d'Ireneo e
di Giustino, alle lettere apostoliche e all'Apocalisse.
Non so che dopo il Flaubert la poesia d'un'antica età sia stata
ricercata con più fervore d'indagini. Né mai forse il precetto del
satirico romano fu con più fede osservato: Arrigo Boito s'è vera-
mente obliato nella sua visione, à intensamente vissuto in quel-
l'età di cui gli giungevano per mille vie da lui ritrovate le voci;
e nel suo sogno, come già nella tradizione e nella storia, Nerone è
passato in mezzo alle profuse imagini del piacere e del lusso, in un
tumulto di sentimenti e di fantasmi e in un clamor d'inni e di
suoni — tra le grida di trionfo e il clangore delle buccine, e tra
i fremiti del terrore e dell'orrore, e le imprecazioni e le abomina-
zioni e le maledizioni.
La tragedia si presentava cosi alla mente del poeta, fin dalla prima
idea, sconfinante oltre i termini delle consuete norme drammatiche
in una multiforme rappresentazione d'insieme ch'era vano chiedere
alla semplice arte del verso, che l'armonia soltanto di tutte le arti
ritmiche poteva creare.
L'originalità del Nerone^ la sua essenziale ragion di vita, è a punto
questa: che esso non è la concezione d'un verseggiatore, distesa poi
nelle forme più atte a rivestirsi di note e foggiata secondo le ne-
cessità del melodramma — non è in somma una composizion lette-
raria che debba poi tradursi nel linguaggio dei suoni — ma è la
creazione d'un artista multanime, sdrta da un'inspirazione complessa,
poetica e plastica e musicale ad un tempo.
A chi legga le parole di questa tragedia con l'evocazione simul-
tanea della scena e avvertendo al solco di luce che la musica à la-
sciato nel verso, avviene di ricordare la sentenza di Federigo Schlegel :
(1) Giovenale e Marziale scrìssefo — come ò noto — sotto Domiziano; ma da
Nerone a Domiziano non corsero che pochi anni» e i tempi non eran mutati.
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916 ARTB CONTBMPORANKA
< La vera forma è quella che nasce dal di dentro; quella che, detenni-
< nata dal soggetto stesso dell'azione, ne rivela l'intima essenza » (1).
Qui veramente, secondo l'espressione del filosofo, la forma è creata
dal fondo. La complessità delle espressioni è imposta dalla com-
plessità del fantasma. Né per altro noi sentiamo alla lettura di
continuo presente il fascino di quell'arte che Leonardo chiamava
< la figuratrice dell' invisibile », se non perchè la finzione, che si
colora nelle imagini plastiche e verbali, muove « dal cuor delle cose >
e si propaga in quel mistero del mondo interiore al quale non giunge
alcun'altra arte.
Vedremo più oltre in quale diversa guisa la poesìa, la mimica e
la musica cooperino all'espressione del dramma. Qui giova insistere
su questo carattere di complessità cui s'informa la concezione. Qiova
insistere, di fronte agli errori che tuttavia prevalgono nella critica
d'arte. Troppo, ancora oggidì, scrittori coltissimi e degni — per
tutt'altri rispetti — di fede, mostran di credere che qualunque sog-
getto capace d'elaborazione letteraria possa esser materia a tragedia
musicale. Troppo ancora s'indulge alla falsa opinione che la musica
possa aggiungersi a una poesia già formata, come (l'esempio è del
Gluk) il colore a un disegno. Troppo si persiste a ritenere che la
differenza tra l'antica forma e quella creata dal rinnovamento wagne-
riano sia in ciò solo: che nell'una la parola (quando non era negletta
del tutto) si restringeva à dar al canto l'inspirazione iniziale, mentre
nell'altra essa regola ogni più vario atteggiamento della melopea e
delle armonie. Bisogna combattere questi giudizi fallaci. Bisogna
ricordare agli obliosi e costringere gli ignari a meditare queste parole
di Riccardo Wagner: < Nella tragedia la musica non è una qua-
< lunque parte di un tutto; è la parte che ndV origine era U t%Uto;
< è la fonte stessa del dramma. Essa canta ; e ciò ch'essa canta m
< lo vedete su la scena. Il simbolo scenico la rivela ai vostri occhi,
« come la madre rivela ai figli i misteri della religione col racconto
« della leggenda » (2). Bisogna ripetere — fino alla sazietà anche,
se occorra — che nel dramma musicale la molteplicità delle espres-
sioni dev'essere non suggerita dalla vanità o dal desiderio di accre-
(1) Corso di letteratura drammatica, lezione XIII.
(2) Geaammelte Schriften, toI. IX, 862.
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IL * NERONE , DI ARRIOO BOITO 917
scere seduzioni allo spettacolo scenico, ma resa necessaria dall'indole
8tQ3sa della concezione così vasta e profonda da non potersi rivelare
compiutamente se non in un linguaggio novo, formato da tutti i
ritmi. Bisogna in somma risolutamente affermare che non v'è tragedia
nel vero senso della parola se non là dove verso e canto e sinfonia
e mimica sorgano in un medesimo tempo da un'unica inspirazione
complessa.
Il Nerone è la prima opera nostra che tutta s'informi a tale
concetto.
Per ciò la poesia di questa tragedia appare profondamente diversa
non solo dai consueti libretti de' verseggiatori italiani — scenari
offerti alle or tristi or liete improvvisazioni degli Stenterelli e dei
Truffaldini della moderna giovane scuola — ma pur dagli altri melo-
drammi, meritamente celebrati, dello stesso autore.
Lasciamo il Mefistofele, opera — come dicono — di transizione,
arditissima a ogni modo per i tempi in che fu composta, restata pur
troppo non imitato esempio di nobiltà severa negli intendimenti e nello
stile. ManeU'JBSro e Leandro^ e nella Gioconda^ e uéiV Otello^ e nel
jPaZsto/f Arrigo Boito non uscì dai confini dell'inspirazione letteraria;
recò a perfezione una forma, non la trascese né accennò a volerne creare
una nuova; parve, e fu veramente, il continuator geniale di Ottavio
Binuccini e del Metastasio e del Romani ; riprese, come essi, ad ela-
borare una materia che già nella poesia aveva raggiunta la sua
compiuta espressione, contento a riatteggiarla di nuovi modi; e ogni
sua cura restrinse a conseguire una più viva efficacia di situazioni
or delicate or violente, una più moderna rapidità di movimento sce-
nico, e una pieghevolezza — segnatamente — e un'agilità e una
dovizia di metri, di suoni, di ritmi e di rime, in cui già fosse come
il presentimento della melodia, e libera e varia e mutevole si dise-
gnasse al desiderio del musicista la linea armoniosa del canto. UEro
e Leandro e il Falstaff ^ sopra tutto, potranno difficilmente essere
superati per questo riguardo. Il Boito rimase in essi fedele alla tra-
dizione. Per ciò questi lavori, nei tratti più veramente belli, appa-
gano alla lettura intei-amente; e se bene, creati per essere tradotti
in un più lirico linguaggio, accennino di continuo il limite in cui
la parola si risolve nella musica, pur non lo varcano; e appaiono in
sé stessi finiti. Il poeta scorge il compositore, per vie fiorite, alla
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018 AATB CONTBMPOEANKA
plaga de' sogni ; ma nulla gli rinuncia dell'arte sua. Egli sa cbe il
soggetto avrà una seconda espressione in un'altra arte, ma pur vuole
che quella prima ch'ei gli dà sia in tutto compiuta, e tragga intera
dall'intimo delle proprie forze — e non d'altronde — la ragion sua.
Leggendo in vece la poesia del Nerone^ noi ci accorgiamo a ogni
tratto d'essere d'innanzi ad un'espressione parziale. Sono alcune note,
cotesto, di più ricchi accordi, tuttora ignorati. Sono sparse voci di
un'armonia, che altre voci soltanto potranno c<HDpiere e far rifùlgere
intera. Ma se la rivelazione, che ci si offre oggi nella sola parola,
è di necessità incompiuta, noi sentiamo per contro che tutte le virtù
di tutte le arti del ritmo Bono comprese nella concezione del dramma.
Arrigo Boito non procede piii ora, come un tempo, da un racconto
0 da un dramma per rifoggiarlo e ricomporlo; ma, emulo dei pt
nobili tragedi, risale per forza propria alle poetiche origini della
favola che l'à sedotto, e anima e avviva in un ferver di creazione
originale gli elementi raccolti dalla tradizione e dalla storia.
E per ciò storia e leggenda compongono nell'edera sua una r9q>-
presentazione di meravigliosa grandezza.
Tra le credenze con più fede accolte nel I secolo dai cristiani era
quella del prossimo ritorno di Gesù trionfatore, nunzio della finale
vittoria divina. « Il Signor nostro^ con acdamazione di conforto,
« con voce di arcangelo^ e con tromba di Dio discenderà dal
€ Cielo » (1). € Egli apparirà con gli angeli della ma potensa per
« essere glorificato ne' suoi santi e reso maraviglioso in tutti i ere-
« denti » (2). € Siate pasfienti sino aUa venuta del Signore ; ecco
« il lavoratore aspetta il prezioso frutto della terra serenamente
< finché esso abbia ricevuta la pioggia della prùna e delF ulHma
« stagione. Siate ancor voi paaienti^ perchè Vawenimento del Si-
€ gnore è vicino » (3).
(1) Paolo, I lettera ai Tessaloniceai, IV. 16.
(2) Paolo, II ietterà ai Tessalonicesit I, 8, 10.
(3) Lettera di Giacomo, V, 7, 8. — La questione, vìva tra i dotti, su l'anten-
licita di alcune ili queste lettere non ci rigaarda. La ricordo come docuneati a
cai il Boito à attìnto con pieno diritto d^artista.
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 919
Ma ravvenimento del re^o di Dio doveva essere, secondo la pro-
messa degli antichi Veggenti d'Israele (1), preceduto da un'età di
corruzione estrema; nella quale, tra il succedersi di flagelli d'ogni
maniera, tutte le infamie, tutte le abbiezioni, tutte le sozzure sareb-
bero prevalse, e, risorto il culto degli idoli, un re sacrilego avrebbe
corso il mondo seducendo gli spiriti oon mentiti miracoli e persua-
dendo gli uomini, traviati dall'errore, a prostrarglisi e ad adorarlo.
« Qtiel giorno non f?errà che prima non sia venuta Vaposiasia e
« non sia manifesto l'uomo del peccato^ il figliuol deUa perdisione,
« queir avversario che s' innaìea sopra qualunque è chiamato dio,
« ialt^è siede nel tempio di Dio mentendo se stesso e dicendo che
« egli è Dio. Del quale empio Vawenimenio sarà^ secondo Vopera-
« gùme di Satana, con ogni potenga, e prodigi, e miracoli di men-
« gogna > (2). < Negli ultimi giorni sopraggiungeranno tempi tri-
« stissimi. Perciocché gli uomini saranno amatori di se stessi, avari,
4 vanagloriosi, superbi, bestemmiatori, e scellerati ed ingrati. Sa-
« ranno mancatori di parola, calunniatori, tnoonUnenti, spietati,
« crudeli verso i buoni, traditori, temerari, gonfi, amatori delle va-
« lutià ami che di Dio > (3).
Or questo tipo di futuro seduttore, formato in parile de' lineamenti
dell'Antioco di Daniele, di Balaam e di Nabucodònosor, venne più e
più col tempo improntandosi di caratteri attinti alla realità presente.
A quegli nomini, incolti e semplici e ardenti — venuti dall'Asia e
viventi appartati nel sobborgo più povero e più sudicio dell'Urbe, presso
il porto ove si sbarcavano le merci recate d'Ostia sopra le chiatte,
tra le fabbriche di minugie e le concerie e le taverne infami — lo spet-
tacolo di Roma, co' suoi culti innumerevoli, col suo prodigo lusso,
co' suoi costumi sfrenati, co' suoi giochi lussuriosi e crudeli, dovette
certo parere mostruoso. Presto la città fu designata col nome della
più corrotta di cui si avesse memoria — Babilonia — ; e fu rappre-
sentata in figura di meretrice vestita di porpora e di scarlatto, adorna
d'oro e di gemme e di perle, stendente avida le mani ai mercatanti
cbe le rocavan profumi e monili, e prostemantesi alle fornicazioni
(1) Vanide, ¥11, 25 ; Dmteronomio, XXXIV, 2.
(2) Paolo, II ai Teasalonicesi, II, 3, 4, 9.
(8) Paolo, II a TimoUo, III, 2, 3, 4.
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920 ARTE CONTBMKORANEA
di tutti i re della terra (1). I prodigi che apparivano su la terra e
nel cielo — e di cui gli astrologhi che attorniavano Fimperatore si vai*
sarò per trascinarne la superstizione a nuove follie — i parti strani,
le comete, le aurore boreali — ove credevansi veder imagini di
corone e di spade e strisele di sangue — le accese nuvole dalle
insolite forme, nelle quali il popolo cercava e scorgeva apparenze di
animali fantastici e di titani e di battaglie; tutti in somma i fatti
naturali men comuni del cui ricordo son piene anche le storie degli
scrittori più gravi (2), conferivano a far piii frenetica un'esaltazione
che l'indole della gente, e la consuetudine delle profezie e delle vi-
sioni, e l'ansiosa aspettazion del miracolo promesso rendevano già
prossima al delirio. Si parlava di rivi di sangue, di meravigliosi ef-
fetti della folgore, di fiumi che risalivano il loro corso, di sorgenti
d'improvviso inaridite o avvelenate. Bifiorite dal libro di Enoch, si
diffondevano le leggende più strane in tomo all'inferno, agli angeli
ribelli, ai giganti colpevoli che avevano provocato il diluvio. I segni
del prossimo apparire del regno di Dio erano dunque palesi. Quel re
crudele che empieva delle sue follie il mondo, e viveva in palazzi
chimerici, ed ergeva idoli colossali di bronzo e d'oro, e pretendeva
adorazione dagli uomini — € Nero ille luiuriosus » — serbiamo
all'ingenuo latino tutta la sua efficacia — < vanus atque superbos, vi-
rorum succuba et rursum virorum appetitor, ac proximarum quarumque
mulierum spurcissimus violator » (3), non era egli forse lo stesso
genio del male? E quando, arsa Boma, i cristiani furon trascinati ai
supplizi, e fatti, tra i plausi e i dileggi d'una folla briaca, essi at-
tori di quegli spettacoli dalla cui vista avevano aborrito pur sempre,
non vi fu più alcun dubbio: l'annunciato regno del male si avve-
rava; l'Anticristo era Nerone.
Alla persecuzion dei cristiani la tradizione mesce il nome e la
persona di Simon Mago.
(1) È la rappresentazione che ne dà VApoeaUaae (XVII, 4, 5. XVIII, 3, 12, 13, 16),
ina era già viva assai prima, come paò vedersi da molti laoghi deUe lettere di
Paolo, di Giacomo e di Pietro.
(2) Tacito, XV, 46, XVI, 13; Svbtohio, VUa di Nerone, XXXVI, XLVI;
Dione Cassio, LXI, 18; Marziale, Ep, I, XIV.
(3) Sancti Gborgii Florbntii Greoorii epbcopi taaransis Hist eeeL
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IL 'NERONE, DI ARRIGO BOITO 921
La figara del tristo profeta è storicamente tra le più incerte; e
la difficoltà di ricostruirla secondo un criterio di rigorosa esattezza
s^accresce per ciò che nella letteratura clementina Simon Mago è
spesso pseudonimo di Paolo di Tarso. Pur da questa oscurità e
da questo mistero emerge ricca e densa di simboli la leggenda.
Nelle lettere degli Apostoli ricorrono continui gli ammonimenti ai
fedeli contro le seduzioni dei falsi dottori € fabbri di favole e di
« genealogie »(!),< rinnegatori di DiOj seminatori d'inganni^ mer-
« catari di finte parole > (2), € invasi dallo spirito d'Anticristo > (3),
« trasognati schernitori e corrompitori di tutte le cose^ mentitori
« sterili e gonfia simili a nuvole senz*acqua sospinte qua e là dai
« venti^ ad alberi appassiti, sterili, due volte morti, diradicati, a
« fiere onde del mare schiumanti le lor brutture, a spenti astri va-
4 ganti cui è riserbata la caligine delle tenebre in etemo > (4). Già
in quel primo periodo la fede cristiana era insidiata dalle travianti
credenze onde si alimentarono le eresie de' secoli posteriori. L'epi-
stola di Paolo ai Colossesi ci mostra fiorente fin d' allora (circa
Tanno 60) una teosofia commista d'antichi miti, di giudaismo ebio-
nita, di metafisica greca e di insegnamenti attinti ai dogmi cristiani ;
una religione d'eoni increati; una complicata teorica d'angeli e di
dèmoni; e il presentimento, ancora, e le origini di quelle aberrazioni
intellettuali e morali che dovevan riuscire alle dottrine frigie del
li secolo, ritallite sul tronco dell'antico mistico culto de' corìbanti
e dei galli (5). Nella Palestina l'esempio del Profeta e del Precur-
sore suscitavano imitatori a ogni momento. Nell'anno 44 Theudas
aveva annunciata la liberazione degli Ebrei dal servaggio, invitando
la folla a seguirlo nel deserto e promettendole che le avrebbe fatto
passare il Giordano a piedi asciutti: doveva essere questo il batte-
simo che avrebbe iniziato i fedeli al regno di Dio. Poco tempo in-
nanzi — cito dal Renan (6) — il paese di Samaria s'era levato
alla voce d'un Veggente che solennemente affermava aver avuta dal
(1) Paolo a Timoteo, 1^ epistola, I, 4.
(2) Pietro, !• epistola, II, 1, 2, 3.
(3) Giovanni, i* epistola, IV, 1, 2.
(4) S. Giuda. Lettera, 4-19.
(5) Paolo ai Colossen, lì, 4-23.
(6) Renan, Lea Apótree,
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▲RTB CONTBMPOBAIOBìl
cielo la riyelaeione del luogo ove Mosè aveva nascosto gli stromenti
del culto. Verso il 56 un giudeo d'Egitto traeva a Oemaalciniiie
un'immensa turba per condurla sul monto degli Olivi, ore & una
sua parola le mura della città dovevano cadere ad un tratto. Sulla
fine dell'anno 62 — racconta ancora il Benan — un Gesù figlio di
Hanan, sorta di Geremia resuscitato, prese a correre giorno e notte
le vie di Gerusalemme gridando: Voce déWOrimte! Voce delT Oc-
cidente! Voce dei quattro venti! Voce ooniro Oerusalemme e eaniro
il Tempio! Voce contro gli sposi e le spose! Voce contro tutto il
Popolo! Lo flagellarono; non si rimase dal gridare. Lo percossero
con le verghe fino a strappargli le carni: ripeta, in suon di pianto,
la lamentazione. E così continuò fino all'assedio (1).
11 soprannaturale incombeva dunque e premeva da ùgid parte.
Dagli stessi seguaci della nuova fede il potere di operar miraooli
non era attribuito soltanto agli apostoli, che l'avevano da Dio, ma
anche ai £Eittucchieri, che lo tonevano da Satana.
E quale artofice di magie a punto, Simone è rappresentato dai
Fatii^ in Samaria. < Or in quella eiiià era prima stato un uomo
€per nome Simone^ che esercitava le arti magiche e seduceva fé
« genti. E tutti dei maggiore ai minore avevan fede pi Int, dicendo:
« Costui è la gran potenza di Dio. E credevano in lui^perdò che
« egli li aveva da gran tempo con le sue magiche arti fascinati » (2).
Convertito da Filippo, egli invidia agli Apostoli il dono soprannatu-
rale e offre lor danari per conseguirlo. È maledetto e cacciato (3;.
Da ciò l'odio violento e implacabile ch'ei concepisce contro ì Cri-
stiani. La tradizione lo ritrova a Soma, al fianco di NerDoe. < JBa-
€ bebat enim Nero secum Simonem magum, visum iotius maUtiae
€ et omnis magicae artis magistrum » (4). A Boma» il falso dottor
di Samaria è divenuto il contrafEEittore per eccellenza di Cristo, non
pur YAntiapostoh ma V Antimessia. La Orande Esposieione a lui
atti'ibuita (tarda composizione, di qualche discepolo forse, ove il pen-
siero del teurgo dovette alcun poco alterarsi) manifesto un largo
(1) Renan, L' Antéehrist,
{2) Fatti degli ApostoU, Vili, 9, 10, 11.
(3) Fatti degìi ApostoU, Vili, 14, 26.
(4) Sanoti Georgh Florbntii Giìboouii HisL eccl, Uh.
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IL ' NXRONB , DI ARRIGO BOITO 923
eclettismo, impregnato di paganesimo e penetrato di formule gno-
stiche, che comprende tutte le rivelazioni e cerca di fonderle in un
solo ordine di ?eri. Ma le idee cristiane vi abbondano. — Il cristia-
nesimo stesso, del resto, pervenuto a genti d'imaginazione ricca e
avvezza alle plastiche forme dei miti, si avviava a un più complesso
riordinamento della sua dottrina. La filosofia giudaica alessandrina
e la parafrasi caldea non furono senza effetto su la concezione del
Logos. La mistica scala del semitismo egiziano riscintillò nelle so-
yrapposte gerarchie degli Angeli, degli Arcangeli, dei Troni ^ delle
Potenze, delle Dominazioni (1). E il figliuolo di Dio venne trasfi-
gurandosi in una incarnazione del Nume stesso, rivelatosi in umana
forma ai mortali. Come più tardi Apollonio di Tiana (2), Simone
si prevalse di queste credenze in sno vantaggio. Si annunciò quale
la Divinità incarnata (8). Persuase ai creduli — narra Ireneo —
che egli medesimo era i^parso in Samaria in figura del Padre,
aveva sofferto in Giudea nella crocifissione visibile del Figlio, si rive-
lava ai Gentili per l'inspirazione dello Spirito Santo. L'Urbe fu presto
piena de' suoi prodigi. Da per tutto ove Pietro e Paolo si presen-
tavano, ivi appariva il Seduttore, il Nemico. Un caso occorso nel
Circo a un attore rappresentante il volo d'Icaro — di cui è ricordo
in Svetonio (4) — darà origine alla leggenda della sua morte. Simone,
dicendosi mandato da Dio, promette di ascendere al cielo da un'alta
torre ; la torre è costrutta, per voler di Nerone, nel Campo Marzio ;
l'uom di Samaria vi sale; « Veramente non è egli » — dice il Ce-
sare rivolto agli Apostoli — « verace Cristo e non Mago? Vedete
com'ei penetra fra le nubi > ; se non che Pietro impone agli an-
geli di Satana, che trasportano a volo il taumatui^go, d'abbando-
narlo a sé stesso ; < cadde » — racconta l' autore della Passione
di Pietro e Paolo — « nel luogo detto Sacra Via e, rotto in quattro
« parti, adunò quattro sassi che stanno tuttora a testimonianza
« dell'apostolica vittoria » (5).
(1) Paolo agU Efesii, U 20, 21, 22, 23. — Ai Colossesi, I, 15, 16, 17, la
(2) LuciAKO Alessandro.
(3) Paolo ai Tessaloniceait II, 4.
(4) Svetonio, Vita di Nerone^ XII.
(5) Passio Sanetorum Apostolarum Petri et Pauli — Acia Peiri et PattM,
— Lini rom. pont. De Passione Petri et PauU. — Marcelli epistola,
RMata mmieaU italiana, VIIL 60
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924 ARTE CONTEBfPORANBA
Frattanto egli è Tartefice d'ogni male. Persin l'incendio di Soma si
ricollega in una tradizione della quale ancor ci rimangono memorie
alla sua disfatta: e a lui la leggenda cristiana reca la causa delle per-
secuzioni in cui Pietro e Paolo ottennero la gloria del martirio. L'odio
terribile di Nerone contro i nazzareni ci è rappresentato come l'effetto
dei mali consigli e delle tristi arti del Samaritano. < Hoc (Simone)
« eliso per apostolos Domini Petrum atque Patdum (Nero) comtnotus
< contra eos Petrum cruce Paulum gkuUo iuhet inierfiei » (1). La
stessa credenza nel < fuoco stmggitore della figura del mondo > (2) è,
nel racconto, per Tinterpretazione perversa di Simone rivolta in daooo
de' seguaci di Gesù, condannati a morir tra le fiamme — umane fiac-
cole accese a illuminare i giochi imperiali (3). Col supplizio dei fedeli
che l'àn maledetto e respinto, il Nemico trionfa. La profezia s'è avve-
rata; nel tempio di Dio accanto al Mostro è l'Apostata: l'avvenimento
dell'empio si attua, secondo la predizione, < con ogni potenza e prò-
« digi e miracoli di menzogna >. E l'Apocalisse, ancor piena (se
dobbiamo credere a una probabile congettura) del ricordo di Simone,
ne perpetuerà l'infamia in figura di agnello-dragone, rappresentan-
dolo annunciatore e stromento dell'Anticristo-, falso Messia che &
cadere il fuoco dal cielo, e dà vita e parola alle statue, e impronta
gli uomini de' caratteri della Bestia (4).
(1) Sancii Georgi I Florenth Grbgorii Hist eccì.
(2) Passio Sanctorum Apostolorum Petri et Pauli.
(3) Lini rom. poni. De Passione Petri et Pauli. — Passio Sanctorum Aposto-
ìarum Petri et Pauli,
(4) Apocaìissey XIII, 11 e seguenti:
eli. Poi yidi un'altra bestia, che saliva dalla terra, ed ayea due coma amili
a quelle dell'Agnello, ma parlava come il dragone.
« 12. Ed esercitava tutta la podestà della prima bestia, nel suo cospetto; e
facea che la terra, e gli abitanti d*essa adorassero la prima bestia, la cui piaga
mortale era stata sanata.
« 18. E faceva gran segni; sì che ancora faceva scender fuoco dal deloinsa
la terra, in presenza degli uomini.
< 14. E seduceva gli abitatiti della terra, per i segni che le era dato di &re
nel cospetto della bestia, dicendo agli abitanti della terra che facessero una im-
magine della bestia, che avea ricevuta la piaga della spada, ed era tornata
in vita.
< 15. E le fu commesso di dare spirito air immagine della bestia, si che ancori
rimmagine della bestia parlasse; e di far che tutti coloro che non adorassero
rimmagine della bestia fossero uccisi.
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IL ^ NBRONB , DI ARRIGO BOITO 925
Or questo travestimento della leggenda non è in tutto senza rela-
zione al vero.
Il sistema composito e sopra tutto gnostico che si disse professato
da Simone doveva rappresentare un pericolo certo pel Cristianesimo,
il quale assai più aveva da temere dalle dottrine che gli assomi-
gliavano che non dagli insegnamenti che gli si levavan di contro
risolutamente diversi , anzi avversi. La confutazion di questi era
nella stessa predicazione della parola di Dio; quelle, se ben non
erano, dovevan parere contraffazioni speciose che nascondessero, sotto
apparenze ingauDevoli, insidie senza fine. Il mito che della metafìsica
Elena — il Primo Pensiero della teurgia simoniana — fece una
meretrice comprata dal Mago sul mercato di Tiro, adombrando così
Torigine orientale della dottrina seduttrice, non è dunque, chi ben
riguardi, privo di significazioni profonde.
Dall'altra parte, Nerone non apparve un mostro soltanto a' Cristiani.
Jfon^^rtim lo chiama apertamente VOctama{l). ìlrex crtidelis delle
lettere apostoliche è bene il rex ferox di Marjriale{2)j Vurbis tyrannus
quem premit turpe jugo della tragedia latina (3). L'autore degli Epi-
grammi ne dileggiò la follia (4); Persio ne derise la retorica e lo
vilipese vivente (5) ; Lucano gli insorse contro violento ; Giovenale,
« 16. Faceva ancora che a tatti, pìccoli e grandi, ricchi e poveri, liberi e
serri, fosse posto un carattere in sa la lor roano destra, o in sn le lor fronti.
< 17. E che ninno potesse comperare, o vendere, se non chi avesse il carattere,
o il nome della bestia, o il numero del suo nome » .
(1) Oeiavia, v. 372.
(2) De Speetaculis, II.
(3) Octavta, v. 260.
(4) De 8pectaeuUs, IL
(5) Satire I e IV. Terribili in quest!altima i versi:
At si unctos cesses, et figas in cute Solem,
Elst prope te ignotns cubito qui tangat, et acre
Despaat in mores; penemque, arcanaque Inmbi
Runcantem, populo marcentes pandore vulvas.
Tu quum maxillis balanatum gausape pectas,
Inguinibus quare detonsus gurgulio exstat?
Quinquae palaestritae licct haec piantana vellant,
Elìxasque nates tabefactent forcipe adunca,
Non taroen ista filix allo mansaescit aratro.
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9m ARTI GaNTaHPoaAm^
DMsoeiido riroBÌa ainivettìvai lo infiuttò ptrrtcida e firatrieìdai» avre-
lenatore e istrione (1).
AB«Mn: la commoM de' oostvmit se ton segnava la fitvolaggiata
distratone uiìTorsale, ammiiEiava però per chiari indiai il disso^
Yem di ana civiltà ormai pervenuta a qaeirestreino di potenxa oltK
cai il decadimento è sieoro. L'avvenimento d'in naovo mondo si mtfeaò;
se bene non fu del mondo di Dio, ma del Gristìanesimo. Che Belle
descrizioni si esi^rasse non ò dubbio. Ma che, por nell'ardenza
CafedimM, fnqae vieeia pmiebeniaa erora sagittia.
Vifitiar hoc pacto: sic naTinas. Uia rabter.
Caecnm valnus habes; sed lato balteos auro
Praetegìt: ut maTis, da verba, et deoipe nervoa,
Si potM. — Egregitim qnam me Ticìnia dicat.
Non credam ? — Vno si {mllea, improbe, nummo
^ facis, ia penem qoidqaid tibi yeait amaram,
Si pateal malta eantas vibice flagellas,
Kequidquam popolo bibalas donaverìs aurea.
Eetime qùod non es; toUat tna mnnera cerdo:
Tecnm habitat et »>rì8 qoam sit tibi onta sapeRex.
(1) Satka Vili:
Libera si dentar popolo soiragia, qois tara
Perditos, ot dabitet Senecam praeferre Neroni,
Caiaa sopplicio non debait una pararì
Simia nec aerpens onoa nec colleoa onos?
Par Agamemnonidae crimen, aed oaoaa fiacit rem
Diaaimilem: qoippe Ole deia aoctoriboa oltor
Patria erat caeai media inter pocola; aed nec
Electrae ingoio ae polloit ant Spartani
Sangoine coniogii; nollia aconita propinqnia
Miscoit; in acena nomqoam cantavit Oreatea;
Troica non acripait. Qoid enim Virginioa armia
Deboit nlciaci magia, aot com Vindice Galba?
Qoid Nero tam aaeva crodaqoe tirannide fécit?
Haec opera atqoe hae aont generoai principia artea,
Gaodentis foedo peregrina ad palpita canto
Proatitoi Graiaeqoe apicem meroiase coronae
Maiorom efflgiea habeant insignia vocis;
' Ante pedes Domitii longom te pone Tyeatae
Symm atqoe Antigones aot peraonam Menappilea
Et de marmoreo citbaram aoapende ooloaao
(verao 215 e aegg.). Di qaeati versi ai ricordò, come vedremo, il Boito.
Anche: Satira, I, vera! 58-62.
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IL ' NaaONBt U ARRMO BOTTO 927
deU'iDvettiyat si cogliesse mollai j^rte di ?ero è anche eertow Alenili
passi delle lettore di Paolo si confrontaDO con molti luoghi, inspirati
airosserrauoiie del reale^ di scrittori latini ohe di hii non ebbero
notizia — come non egli di loro. Il lusso toocara ?erameiite i con-
fini della follia. Le migliaia di sesteni piofasi in un vin di rose (1)
possona sembrare una favola solo a chi non ricordi la Cena ritratta
nel S9iyiric<m di Petnuiio (2) e i molti vivi particolari su la son-
tuosità dei conviti sparsi nella satira undecima del poeta aqninate (S).
Che se il nome di Babilonia con cui Berna fu designata dai padri
della Chiesa si attiene a una consuetudine tutta propria del pen-
siero e del linguaggio ebraico, non è mm vero però che anche alla
mente de' pagani contemporanei lo spettacele deirUrbe richiamava
Tìmagine e il ricordo delle più lussuriose città orientali. La Corti-
giana ieìVApoealisse^ languente — sazia di piacere — in mezse al
doni e a* profumi de' mercatanti della terra, tra suon di eeterateri
e di auledi, non è fbrse già tutta in questi versi di Giovenale:
lam prìdem Syrus in Tiberìm defluxit Orontes
Et linguam et mores et cum tibicine chordas
Obliquas nec non gentìHa tjmpana sonum
Yezit et ad circum iussas prostare puellas ? (4)
Sibarì, Tiro, Bodi, e la molle e coronata di rose Taranto, sembra-
vano esser trasmigrate in Boma (5). La città, che sotto Augusto s'era
piegata alla gentilezza dell'arte e del costume di Grecia, cedeva
ormai tutta alla seduzione orientale. L'Asia e l'Egitto non le recavan
soltanto le gemme e l'oro e le porpore, ma anche i modi e le foggio
e i riti e i culti e le superstizioni e le credenze. I veri padroni del-
l'Impero e dell'Urbe — i retori, gli artefici, i precettori, gli attori, i
cantori, i taumaturghi, i prosseneti — venivano dalle Prorincie. Il
(1) SvKTONio, Vita a Nenms, XXVII.
(2) Il passo è noto sotto il nome di < Otna di Trimaickme ».
(3) GiOTBHALK, Satira XI, veni 14-21, 119-129, 1S7-141, 163-166.
(4) GiovENALB, Satira III, 62-66.
(5) GiovBKALB, Satira VI, Tersi 295*298:
Bino fioxit ad istos
Et Sybarìs ooUea, Une et Rhodos et Miletos
Atqne coronatvm et petolans roadidomqae Tarentam.
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ARTB GONTEBfPORANXA
sogno d'un impero orientale, già vagheggiato da Antonio (1), risor-
geva ad ora ad ora piii fascinante. I re d'Armenia e de' Partì erano
i fovoritì del Cesare (2); ridotto in miseria, Nerone penserà di chie-
dere la prefettura dell'Egitto (3).
Quanto alle libidini, il festino sul lago d'Agrippa, le nozze con Sporo,
gli stupri, gli ostentati adultèri e gli incestì del Cesare son storia.
Ma non eran costumi di Nerone soltanto. Quando nella lettera di
Paolo ai Bomani ci abbattiamo in queste parole : < Le femmine anno
mutato Tuso naturale in quello che è contro natura, e simigliante-
mente i maschi sonosi accesi nella lor lussuria gli uni verso gli
altri » (4), ci convien riconoscere che TApostolo è non pur veritìero
ma sobrio. Persio e Giovenale sono ben altrimenti duri e precisi (5).
Il cinedo dalla pelle liscia (tota nitor in cute) e daUa zazzera pro-
fumata (6) e l'adultero accolto nelle case per soccorrere di sua giova-
nezza le stanche forze de' mariti imbelli (7) esercitavano apertamente
e potevano senza in&mia confessare i lor costumi. Gli imenei im-
periali suscitavano imitatori a ogni momento (8). Nei misteri della
Dea Flora (e Bonae Secreta Deae »), a cui non convenivano che le
donne e ove ebbero officio di sacerdotesse Messalina e Poppea, le
(1) Orazio, I, xxxvii.
(2) SviTOKio, Vita di Nerone, XIII. LVII.
(3) SvETOHio, Vita di Nerone, XLVII.
(4) Paolo ai Romani, l, 26, 27.
(5) Vedi Ìd Persio sopra tatto la Satira IV che si viiol scritta contro Nerone,
in Giovenale le Satire I, II, VI e IX.
(6) Giovenale, Satira IX, versi 43-47.
(7) Giovenale, Satira IX, versi 70-80:
Vemm, at dissimales, nt mittas cetera, quanto
Metiris pretio, quod, ni tibi deditns essem
Devotusqno cliens, nxor tua virgo maneret?
Scis certe, qnibns ista modìs, qnam saepe rogaris
Et qnae pollicitus. Fagientem Kaepe poellam
Ainplexa rapai; tabuias qaoque ruperat et iam
Signabat: tota vix hoc ego nocte redemi,
Te plorante foris: testis inihi lectalas et tu.
Ad quem pervenit lecti sonus et dominae vox.
Instabile ac dirimi ooeptum et iam paene solatum
Coniagiam in maltis domibas servavit adulter.
(8) Marziale, Epigrammi, libro I, xxv; Giovenale, Satira I, versi 68-63,
Satira li, versi 117-120.
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IL ^NERONE, DI ARRIGO BOITO 929
patrizie si sollecitavano tra musiche inebrianti con osceni atti alle
orgia del tribadismo (1). I templi dlside, di Cibele e di Cerere eran
Mti ritrovo di piaceri infami e d'amori (2). E la diffusa lussuria
era favorita eccitata esasperata, quando non anche educata e scal-
trita (3), dagli spettacoli, dalle rappresentazioni drammatiche, dalle
pantomime, rievocanti, atteggiate fin ne' particolari, le sensualità più
violente o più squisite de' miti greci : Europa violata dal Toro, Leda
amata dal Cigno, Amimene posseduta da Nettuno, e l'onta di Pa-
sifae, e la voluttà di Danae, e l'ebrezza dilettosa di Arìadne.
Nei teatri, del resto, nel Circo sopra tutto, si raccoglieva ormai
intera la vita pubblica dell'Drbe. La folla innumerevole e varia, in
cui si mescevano ai Romani gli Etiopi ricciuti, e i Sicambri dalle
lunghe chiome, e gli Egiziani e gli Arabi e i Sibei e i Cilici — tutte
le fogge, tutte le lingue, tutte le stirpi (4) — passava da una festa
goduta a una festa attesa, da un combattimento di gladiatori a una
naumachia, dalla crocefissione di un condannato a una strage di femine
e di belve (5). Le più crudeli scene si succedevano pel diletto pervertito
e feroce, non mai sazio, delle moltitudini adunate: il figlio di
Alcmena rapito nell'aria dal toro (6): Ercole furioso, avvampante sul
monte Età, strappantesi dalle carni la tuuica di pece infiammata (7);
(1) Marziale, Epigrammi, libro I, xxxvi, xoi, xov; Giovenale, Satira VI,
yerai 314-316:
Nota Bonae secreta Deae, qiium tibia Inmbos
Incitat et coma parìter vinoqae feruntur
Attonitae crinemqae rotant alalantqae Priapi
Maenades; o qaantas tane illis nientibuB ardor
Concubitas, qaae vox saltante libidine, qnantas
Ille meri veteris per crura inadentìa torrens!
(2) Giovenale, Satira VI, versi 486490; Satira IX, versi 22-25.
(3) Giovenale, Satira VI, versi 63-67:
Chironomon Ledam molli saltante Bathyllo,
Taccia vosicae non imperat; Appaia gannit,
Sicat in amplexn, snbidam et miserabile; longam
Attendit Thjmele: Thymele tu ne r astica discit
(4) Marzule, De Spectacuìis, III. «
(5) Marziale, De SpedacuUs, VII. Vili. IX, X, XI, XII, XUI, XIX, XX.
XXI, XXII, XXIV, XXV, XXVI, XXIX, XXXI; SvKTONio, Vita di Nerone, XII;
Giovenale, Satira Vili, versi 186-187.
(6) Marziale, De Spectaeulis, XVIII.
(7) Ib.
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ARTB CONTEMPORANEA
Orfeo sbranato dagli orsi (1); Dedalo precipitato dal cielo e divorato
dalle fiere (2). L'autor degli Epigrammi poteva senza ironia esclamare:
Omnis Cesareo eedat ìabor Amphyteatro (8). I mimi e gli istrioni,
ricercati amatori, esercitavano le reni delle nepoti di Cornelia e di
Lucrezia (4). E la follia giunse a tale, che senatori e cavalieri
non disdegnarono di scendere nell'arena (il caprìccio deirimperatore
li trovò volenterosi (5)) e fin le donne trascorsero a trattar per di-
letto il tirso d'Accio e la maschera (6) e si compiacquero d'eserci-
tarsi a' giochi del Circo (7).
Né a questo traviar de' costumi, per cui parve che tutti i vizi di
tutti i tempi fossero convenuti nell'Urbe, la civiltà latina aveva
ormai piti che opporre. Mancava all'universale (i pochi, educati alla
disciplina stoica, sotto Nerone non contano) il concetto — che gli
antichi avevan posseduto esattissimo e che il Cristianesimo recherà in
sé profondo — della serietà della vita. Il sentimento della città e
della patria erano vaniti nel sogno immenso della conquista, nella
dedizione di tutti i potori alle mani d'un solo. La letteratura si ri-
solveva in una perenne ricerca d'effetti oratorii; sdrta* dalle scuole
dei retori — in cui il precetto di Cicerone: < quando il dicitore in-
voca la storia gli è consentito mentire > era esteso a ogni forma
dell'arto della parola e a ogni materia — si svolgeva tutta al di
fuori, in un linguaggio pretenzioso e pomposo, in un artificio d'ima-
gini violente, di traslati bizzarri e di vani accozzi di sentenze, nel-
l'espressione esagerata di pensieri e di sentimenti mentiti. — La
religione antica trovava ogni giorno più increduli e piti svogliati gli
animi, e in vano Augusto aveva cercato di ravvivarla. Gli intelletti
si volgevano altrove. Da ogni parte del bacino del Mediterraneo —
dalla Siria, dall'Egitto, dalla Persia, dalla Oiadea, dalla Caldea —
convenivano nell'Urbe i miti e le superstizioni straniere. Maghi, astro-
(1) Marziale, De Spectaculis, XXIII.
(2) Marziale, De SpeetaeuHst X.
(8) Marziale, De Spectacuhs, I (Si riferisce a* tempi di Domiziano, ma — gii
avvertii — i costumi non erano mutati).
(4) GioYEKALE, Satira VI, versi 71-80.
(5) SvBTONio, Vita di Nerone, XI.
(6) Giovenale, Satira VI, 65 e seg.
(7) Giovenale, Satira VI, 245 e seg.
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IL * NBRONB , DI ARRIGO BOITO 9^1
loghi, matematici^ indovini, negromanti, predicatori di nuove sètte,
invadevano Boma; sfrattavano l'ignoranza delle mottitndini oob mi-
racoli e prodigi ; interpreti di aagnrìi e di sogni, seminavano fole e
terrori; attorniavano e sedncevano T imperatore (1). Nerone, Ottone,
Yitellio furono interamente in leu: balìa (2). Bisorgevano i culti sotter-
ranei, i misteri orfici e frìgi, i riti atroci ed osceni dei coribanti e
de' galli (3). La religione mistica d' Iside, molle di feminea tene-
rezza e di soavità materna; la religione astrale de' Caldei ebe
dalle torri ergentisi su le città accerchiate di sette ordini di mura
tinte ne' colori dei sette pianeti avevan scrutato nel firmamento le
manifestazioni sensibili della Volontà Divina e tracciata al Sole la
via dei cieli; la pensosa e severa religione di Mitra, che le le-
gioni di Pompeo avevano portata dalla città di Sennacherib, e a
cui sMnchin^anno Aureliano e Giuliano — rivelante agli uomini il
senso della vita presente e celebrante nelle grotte naturali (simboli
della vòlta celeste) l'anabasi e la catabasi ^elle anime; trovavano
credenti e seguaci a ogni ora (4)w Nei sacrari e nei templi degli dei
stranieri si alternavano gli incantesimi, i sacrifici, e le iniziazioni e
le lustrazioni e le espiazioni. Una vertigine di soprannaturale travol-
geva le menti. Le imaginazioni avide di miti e di simboli, le coscienze
bramose di consolazioni e di speranze si abbandonavano con insolita
ardenza alle fedi recenti. Nuove parole, nuove preghiere, nuove for*
mule s'udivano nelle moltiplicate riunioni segrete. E lo spazio pareva
popolarsi di demoni e di genii che intervenissero a far della vita un
miracolo perenne.
Di tali elementi si compone, e in tale vita si svolge l'azione della
tragedia d'Arrigo Boitow
11 Cristianesimo l'avviva della sua fede, delle sue preghiere,
de' suoi inni, de' suoi puri affetti, delle sue ansie, delle sue aspet-
(1) QtoywsàLK, Satira VI, versi 510-515, e tutta la Satira XY.
(2) Tacito, Annali XII, 52, Storia, 5, 22; Svetoxio, Vita di Nerone, 86,
46, rUm di Viéeìho, 14 ; Zonaras, Annali, VI, 5.
(3) Dcpuis, L'origine de toìés Us eulUs) Windishmamk, MOra-, Giotbital]:,
Satira VI, versi 521-580, 547-550, 585^90, 610-614. e totta la Satira XV.
(4) lYi.
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932 ARTE CONTEMPORANEA
tazìonì, del suo martirio, della sua gloria (1). L' attraversa come
un turbine, travolta nella corsa frenetica, in un fragor di timpani
e di cimbali, la mistica orgia dello stuol di Cibele (2). La pe-
netra e ravvolge il mistero degli incantesimi e delle espiazioni nel
culto fantasioso e simbolico e nella religione complicata ed astrusa
del Mago, fatta di metafisica alessandrina e di imitazioni crìstitne
e di paganesimo aberrante, e di superstizione e d^orientalismo e di
idolatria (3). Vi si agita la folla patrìzia e volgare, barbara e latina;
il corteo dei mimi, dei citaredi, degli auledi, delle ambubaje, delle
cortigiane, delle danzatrici ; le torme dei cavalieri e dei corrieri e
dei pretoriani e dei legionari e degli ausiliari; la moltitudine dei
plebei, degli artisti, dei mercanti, dei liberti, degli schiavi, dei sa-
gittari, dei gladiatori, dei bestiarii ; il popolo vario e commisto, che
tumultua in un folle impeto di piaceri e d'ardori, che s'inebria alle
lascivie e alle stragi, che acclama al Cesare e gli compone il trionfo,
che insulta e impreca ai cristiani, che s'accalca e ferve nel Circo,
avido di spettacoli e di sangue (4). Alcuni passi dei Fatti e delle
lettere degli apostoli vi si ricompongono a crear la figura cristiana,
ardente e soave di Fanuèl (5). La tradizione dell'Àntimessia vi si
riatteggia in Simone, falso dottore e falso profeta, tentator dei fedeli,
seduttor delle turbe, perverso consigliere del Cesare, artefice primo
della persecuzione da cui s'inizia gloriosa l'epopea del Martirio (6).
Il mito dell'Elena cortigiana vi rivive in Asteria, soggetta al Tau-
maturgo, fascinata dal male, attratta verso il Matricida da un im-
puro fermento d'amore (7). Terpnos, Sporo, Tigellino,M. Anneo Lucano
e in parte Bubria vi son rievocati dalla storia. E da una intima com-
penetrazione della storia con la leggenda vi balza — mirabilmente
(1) Atto I, pp. 30-36; atto III, pp. 114-134, 137-144; atto IV, pp. 167-174,
182-196; atto V, pp. 237-242.
(2) Atto I, pp. 98-9y.
(3) Atto I, pp. 10-19; atto II, pp. 71-94.
(4) Atto I, pp. 48-68; atto IV, pp. 147-180.
(5) Atto I, pp. 82-41 ; atto III, pp. 114-156, 125-144; atto IV, pp. 167-175,
181-196.
(6) Atto I, pp. 10-19; atto II, pp. 7194; ;atto HI, pp. 129-140; atto IV,
pp. 167-180, 184.
(7) Atto I, pp. 19-28, 30-32; atto II, pp. 89-106; atto III, pp. 120124;
atto IV, pp. 181187, 194196; atto V, pp. 221-237.
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IL 'NERONE, DI ARRIGO BOITO 933
viva — la figura di Nerone; retore e malvagio, pazzo e crudele, su-
perstizioso e beffardo, traviato artista e ridevole poeta, infinto fin nei
terrori e mentitore fin ne' rimorsi, perseguitato dalle ombre e sprez-
zator degli iddii, istrione e corego, Cesare e Anticristo, trionfatore
de' contemporanei e sacro al vituperio dei venturi (1).
A questo intrecciamento di elementi storici e leggendari ofirono
occasione alcuni fatti della vita del Cesare. Li richiamo rapidamente.
« Nerone violò » narra Svetonio « Bubria Vestale » (2) — « Uccisa
Agrippina », racconta Tacito, « assalito da terrore, stette tutta la
notte affisato e muto, aspettando con la luce del sole la sua rovina » ;
si trattenne poi per le castella della Campania « confuso di come s'en-
trare in Boma » (8), « né si mosse finché plebe e senato non trassero
ad incontrarlo » (4). Angosciato tuttavia dalla paura, travagliato dallo
spettro materno, percosso — com'egli diceva — dalle furie con fiac-
cole ardenti, « fece fare a certe maghi incantesimi e sacrifici, ten-
tando invocare i Mani e placarli » (5). — Per una delle infinite
contraddizioni di cui abbonda il suo spirito, l' imperatore che sa-
crificava umane vittime agli astri, e credeva nelle virtù degli amu-
leti e degli scongiuri e soggiaceva alle fole dei matematici e
degli indovini (Babilio astrologo l'ebbe gran tempo in suo potere) (6),
si ritrovò essere anche un audacissimo svelatore delle ciurmerie
delle scienze magiche e delle superstizioni ai suoi di più diffuse (7).
— Che egli incendiasse Boma è dubbio; ma è certo che dell'incendio
apertamente si compiacque (8). — E già ricordai in proposito della
commedia del Cessa — ed è del resto notissimo — che il Cesare
antepose a ogni altra gloria quella di citaredo e di cantore e d'attore.
(1) Atto I, pp. 7-19. 41-68 ; atto II, pp. 89-107 ; atto IV. pp. 157.180 ;
atto y, pp. 200-242.
(2) Svetonio, Vita di Nerone, XXVIIl.
(3) Tacito, Annali, XIV, 10.
(4) Tacito, Annali, XIV, 13.
(5) Svstonio, Viki di Nerone, XXXIV.
(6) Svetonio, Vita di Nerone, XXXVI, XLVI.
(7) Svetonio, Vita di Nerone, LVI; Plinio, Hist nat, XXX, ii; Paubania, II,
xzxvii, 5.
(8) Svetonio, XXXVIII; Dione Cassio, LVIII.
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934 ABT« OONTXMPOBiLlllA
e ch'ai teoiy negli spettacoli del Ciico t^tte le inYeiizioiii e le fan*
tasie a 1 capricci della aa& estetica atroce.
Or Arrigo Boito imagina che il Mago a coi il Matricida ehte^
i riti espiatori del suo delitto sia a punto Simone. H Tanmatiugo,
che empie Boma delle sue malie e si spaccia per la Forza stessa di
Dio, odia i cristiani, p« che in vano à chiesto a Fannòl il dono
del miracolo. Placata la Nemeei; spinto per consiglio di TigelliBo,
Nerone a Boma — ov'egli rientra in trionfo fra i plausi, i canti e
le danse (atto I); — Simone, avido di avvincere a sé lo spirito super*
stizioso del Cesare, lo attrae nel suo tempio, ove, tra gli idoli e i
simboli, e al chiaror del braciere che arde suscitando faville dai me-
talli preziosi e dalle gemme, dovrà apparirgli la dea che à regno
sui terrori e su la notte. La dea non è ohe Asteria, la £uioiiilla
travolta nei misteri del Mago. Ma essa ò tradita dal sno amore per
Nerone. Scoperto l'inganno, il Cesare trascorre — violento prima, poi
impetuosamente ilare — il sacrario, infirangendo e incendiando ogni
cosa; i marmi, i bronzi, l'ara, le statue, e le imai^ni e gli strumenti
del culto. Simone è condannato a volare nel Circo il dì delle Lu-
carie. Promette ohe s'ei^erà al cielo pur che in quel giorno scorra
sangue cristiano (atto II). Egli stesso si reca néirorto ove al crepusc<do
i sanaci di Gesù si raccolgono a pregare; e consegna Fanuèl ai preto-
riani (atto III). Nel Circo le donne cristiane son condotte a morire^ trasci-
nate per l'arena dai tori, piagata dai dardi de' sagittari, sbranate dai
veltri. A Fanuèl è serbato il supplizio di Lauraolo. In vano Bubrìa che
l'ama — e che, convertita alla fède de* nazzareni, n<Ki à tuttavìa mai
disertata l'ara di Yesta *- tenta di salvarlo col privilegio dell'antica
legge. Svelata da Simone, essa è tratta a forza nel « branco delle
Dirci >. Or tutta l' arena echeggia di squilli feroci e d' urla e di
plausi e di fragori terribili e di frenetiche rìsa. Ma improvvisamente
grida di spavento erompono dal fondo del criptoportico e dalla parte più
alta dell'edificio, ove appaiono cirri di fiamme e lingue di fuoco. È
l'incendio, che i seguaci del Mago anno appiccato alle fornici. Le
vampe si propagano rapidamente : crollano gli archi e le mura del-
l'Anfiteatro; rOppidum non è più che una voragine di fumo e di
fuoco (atto IV, parte I). Nello spoliario — il sotterraneo del Circo
ove si depongono i morti — Fanuèl ritrova il cadavere di Simoo
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IL 'NSRONfe, DI ABRtdO BOITO 995
Mago, iafhuito da Dio, e xaecoglié le ultime pait)]e di Bubrìa che gli
spira tra le tHBcda ia aa segno di delizie immortali (aito lY, parte II).
Nerone à sapato della congiura dei e^gaaci del Mago; ma à Tie>
tato a TigeUìao d'attraversarla, lieto dello spettacolo che il caso gli
offre. S «lestre ia devastaEiooe s'estende terrìbile, e dalla città nu-
vole di famo — che la lace sinistra colora — s' innaltano di mo-
mento in momento attraversate dai tizzoni ardenti lanciati dagli
schianti del faooo, rimperatore> nel suo teatro scoperto sotto il cielo
caliginoso, prokae la notte banchettando, con Tigellino — il fkyorito,
Sporus — il cinedo, M. Anneo Lucano — il poeta. Erculeo — il
sicario, Terpnos — il musico, Alituro — i*arcimimo. Si inneggia al
fuoco, tra le danze lasciTe delle fanciulle gaditane, in una musica
orgiastica di stromenti percossi : crotali, cimbali, timpani, sistri. Ma
non soltanto per ammirare la bellezza delle fiamme Nerone à con-
vitato i suoi diletti. D'innanzi a quella scena atrocemente grandiosa
egli evocherà il mito d'Oreste nella tragedia eschilèa. Sul palcosce-
nico, avvolto in un lungo pallio nero, coperto il viso dalla maschera
tragica, il Cesare appare cingendo con le braccia la statua di Atena.
Da principio la rappresentazione segue fedele il testo greco. Ma come
il ricordo del delitto s'atteggia di precise imagini nel coro, e
scoppia l'urlo terrìbile : « Matricida] », il delirìo invade Nerone. Inn-
tilmente Gobrìas — che à olBBcio di scabillarìo — cerca di rìchia-
marie alla parte del personaggio scenico: in vano le Enmenidi tor-
nano con grandi gesti al prìmo grìdo. In mezzo all'arco della porta
minore appare Io spettro di Agrìppina. Nerone si strappa la maschera,
e lacera il pallio: è in preda alle Furie. Il coro, atterrìto, scompare
in fuga; gli spettatorì s'avvicinano ansiosi al proscenio. Il Matricida,
scorto Erculeo, lo ghermisce per i capelli, lo trascina a forza su la
scena; e là, fra il terror degli astantì, rìevoca, con voce concitata,
tutti i particolari del suo delitto. Quando discende, la sala è deserta:
i convitati sono fuggiti arrovesciando i candelabri e le mense. Subi-
tamente gli sorge d'innanzi Asteria, strìngendo nel pugno un gruppo
di serpi. Or le nubi di fumo che invadono il cielo dell'Urbe si son
fatte più corrusche e piti dense; e il teatro è rìschiarato a pena da
quel rìverbero bieco. Nerone nel delirio non sa ormai distinguere la
fanciulla dalla Erinni ; le si lancia contro credendo di uccidere la
viva imagine del rimorso. L'arma con cui la colpisce si spezza : è un
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936 ARTE GONTEMPORANBA
pugnale da scena. Giungono lugubri voci annuncianti la dissoluzione del
mondo. E una visione terribile a poco a poco si forma; le figure oi^a-
stiche dei mosaici che adomano il proscenio si trasmutano nei cadarerì
delle Dirci straziati nel Circo : corpi di donne e di fanciulle^ in tragici
aggruppamenti, entro una luce livida e fioca. Il Cesare si stringe ad
Asteria, furiosamente baciandola in un impeto di voluttà e di terrore.
Languida, inebriata, la fanciulla gli si abbandona tra le braccia;
il suo voto si compie; appuntandosi alle carni una piccola lama, nel-
Furto di un ultimo amplesso se la configge nel cuore. Risorgono le
voci ; gli spettri delle vittime di Nerone ingombrano le porte. Cor-
roso dall'incendio che si propaga, crolla il muro del teatro imperiale;
nel vano appajono le luminarie degli orti coi cristiani che ardono,
nelle tuniche picee, legati ad alti pali. E Nerone cade svenuto tra
gli squilli furiosi delle trombe nel cielo^ e nel fragore immenso d'un
grido che lo maledice in eterno (atto V).
0 indugiato su quest'ultima scena — in cui il dramma attinge
la sua catastrofe — perchè tutta la anima la poesia dell'Apocalisse.
Le ombre, gli squilli, le grida, le maledizioni che l'empiono non sono
artifici 0 partiti di poeta che romanticamente si compiaccia del
macabro e del fosco: sono elementi in vece di quella delirante lette-
ratura che il fantasma di Nerone suscitò fra i cristiani. Ricordate
che la visione attribuita all'evangelista Giovanni fu materiata dei
terrori propagatisi alla notizia che il Mostro, scampato alla morte,
riparato presso i Parti, sarebbe tornato all'impero più torbido e vio-
lento contro i perseguitati. E non a caso, né per vaghezza di simboli
strani, il Boito volle illuminare il convito neroniano coi sette cande-
labri ardenti, e far ministra dell'orgia la cortigiana ebbra che — se-
duta sopra un drago di bronzo dalle sette teste, vestita di porpora
scarlatta e d'oro, coronata di gemme — erge trionfalmente la coppa
ricolma (1).
(1) È la rappresentazione di Roma neW Apocalisse :
« 3. ... ed io ?idi una donna, che sedeva sopra una bestia di color di tcarlatto,
piena di nomi di bestemmia, ed avea sette teste, e dieci corna.
« 4. ^ queììa donnaf ch'era vestita di porpora^ e di scarìatto, adoma (foro,
e di pietre preziose, e di perle, avea una coppa d'oro in mano, piena d'abbo-
minazioni, e delle immondizie della sua fornicazione.
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 937
Poi che razione trascende i casi delle persone — di cui si intrec-
ciano gli episodi vari del dramma. La favola di Nerone non tanto à
valore per sé quanto per le figurazioni alle quali dà luogo, per l'argo-
mento in somma ch'essa offre alla rappresentazione di quel contrasto
di sentimenti e di credenze in cui è più propriamente la significft-
zion profonda cosi della storia e della leggenda come della tragedia.
E il contrasto si svolge per diversi modi, potentissimi tutti: tra la
dottrina vera e la falsa; tra la superstizione e la fede; tra la lus-
suria e l'amore; tra l'ebrezza di godimento e di dominio, e l'ardor
di sacrificio e di rinuncia; tra la decadenza che si rispecchia è si com-
piace nel Cesare, e il presentimento dell'avvenire che si esalta e si
affisa in Dio. L'intreccio, dopo averli paratamente ritratti, pone un
istante a fronte i due mondi: nel Circo. Con Simone e Nerone il
paganesimo trionfa. Ma è trionfo efimero: il Mago cade infranto da
Dio, e in torno all'imperatore delirante, vittima di qxkelVistrionismo
eh 'è la fonte stessa della perversità sua, gli squilli delle trombe an-
geliche annunciano, dopo il regno del male, l'avvenimento del regno
di Dio: la futura vittoria della fede cristiana.
Da questo momento che importanza possono ancora avere per la tra-
gedia i casi di Nerone? Quelli tra i crìtici i quali credettero che
soggetto del dramma fosse la vita del Cesare, dirittamente (a lor
modo) giudicarono che l'azione non aveva catastrofe; avrebbero anzi
dovuto affermare senz'altro che propriamente azione non v'era. L'op-
porre — come altri fece — che « dopo l'incendio di Roma quella
« vita non presenta più nulla di singolare perchè Nerone rimase
« qual'era fino all'estremo » non è esatto: per non citar che un esempio,
l'ultimo anno, la vicenda di folli confidenze e di terrori all'annuncio
della ribellione di Vindice, i particolari della fuga, potevano essere
— e furono di fatto ad altri — argomento a rappresentazione scenica
Tìva e attraente.
La verità è che la materia del dramma doveva essere ricercata non
nei fatti di Nerone, ma in un più vasto complesso di elementi.
Qaale, vedemmo. Or bastava por mente a ciò: ne sarebbe apparsa
« 5. E in sa la saa fronte era scritto un nome : Mistero, Babilonia la grande,
la madre delle fornicazioni, e delle àbbominazioni della terra *.
I Bette squilli annunciano i sette flagelli straggitori della figura del mondo.
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938 ARTE CONTEMPORANEA
cbiarisama la mirabile unità d'astone di quest'opera, chiasa dallo
scìeglimeato pik appropriato, più poetico, più veramente tragico cbe
laatasia d'artista potesse imaginaré e ritrarre.
Se dunque è vero che la tragedia dev'essere — come scrive Bic-
cardo Wagner — « concepita nel seno della musica », se, in altri
termini — «ome il Nietzsche commuta — essa < deve sorgtt^'dauao
« stato diomsiaoo dell'anima agognante di rivelare il suo sogno d'eb-
be brezza », nessuna opera risponde a questa legge d'estetica meglio
del Nerone di Arrigo Boito. L'inspirazione che l'anioia muove —
vedemmo — dal mondo interiore, dalle profonde intimità del senti-
mento; e per ciò a punto è tale che, dopo essersi determinata nella
parola e atteggiata di visibili apparenze nella plastica della scena,
anela ancora alla musica dal cui regno è sorta e nelle cui forme
soltanto può trovare la sua espressione compiata.
Se non che nel dramma musicale armonia e melodia, mimica e
parole, se bene tutte concorrono in un unico intento, stan tuttavia tra
loro in rapporti ad ora ad ora diversi secondo i Biomenti vari e le
mutevoli necessità dell'azione. « Perchè l'espressione abbia unità vera,
« occorre che la forma scelta sia tale che per essa la più vasta con-
« cezion del poeta possa in ogni istante tutta rivelarsi alla commo-
« zione dello spettatore. Pw ciò le arti — poesia, musica, danza —
«si riveleranno in manifestazioni di volta in volta diverse; quando
« tutte insieme, quando a due congiunte, quando una sola separata-
« mente — secondo che richiede l'azione drammatica la quale sol-
€ tanto dovrà determinare la misura e il grado d'intensità ohe cia-
« scuna, in ogni momento, deve avere. Talora la mimica si arresterà
« e il personaggio rimarrà immobile come per ascoltare il dibattito
« che gli si agita nel pensiero; tale altra il volere darà alla sua ri-
« soluzione l'immediata espression del gesto; tale altra alla musica
« sola sarà affidato il compito di tradurre l'empito del sentimento, il
« brivido della passione; tale altra, ancora, tutte insieme le tre arti
< — strettamente allacciate — dovranno in un'egual misura coope-
« rare alla rivelazione del dramma La musica stessa non dovrà
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IL * NBRONB , DI ARRIOO BOITO «• 999
« svolgersi in tutta la sua ampiezza se non là ov^ella deve avere in-
« tero dominio; in quei momenti per contro in cui la parola à nel-
4c l'azione l'importanza maggiore la musica le dovrà esser soggetta.
« Ora quest'arte possiede a punto la facoltà di piegarsi obediente a
« ogni più diversa necessità del linguaggio senz'esser costretta mai a
« tacere del tutto; essa può dunque lasciar libero campo alla parola
4c pur non mai rimanendosi dall'arricchirla col suo commento » (1).
Così Biccardo Wagner.
E il più acuto de' suoi interpreti continua: « Poi che nella tra-
4c gedìa l'unità dell'espressione à da essere non materiale ma intima
« (deve procedere — cioè — dall'intento di manifestare intera ai sensi
« e all'anima la concezione poetica), è evidente che essa importa la
« necessità di mutamenti continui nel vario intrecciamento delle arti.
« n fondamento dell'espressione artistica rimane pur sempre la pa*
« rola. Il linguaggio — è noto — à sua origine nel grido, nel suono
« musicale; ma quando, dopo aver percorso tutto il dominio del pen-
« siero, esso deve esprimere l'intima essenza del sentimento, si trova
«costretto a risolversi un'altra volta nella musica (2); donde segue
« che se la parola è il fondamento dell'espressione drammatica, la
« musica — che è la radice e il fior della parola — dovrà nella
« tragedia occupare il luogo a cui le dà diritto l' importanza
« della sua origine e de' suoi fini. Poi che nel seno di essa è conce-
« pito il dramma, e poi che per essa si attua l'unità dell'espres-
« sione, la musica non tacerà mai del tutto; ma non è men vero per
« questo che l'intensità sua potrà -— dovrà anzi — perennemente
« variare sopra tutto nei suoi rapporti con la parola. E così di
« ciascun'altra arte in relazione a quelle cui è congiunta. Che se in
« un particolare momento del dramma, una di esse acquista impor-
€ tahza snprema, le altre dovranno per ciò a punto attenuarsi o ri-
« trarsi » (8).
(1) Riccardo Wagner, Opera e dramma. Le parole citate boro a pagine 187
del libro IV e 189 del libro III deiredizione originale.
(2) Sono note le osservazioni di Hbrbert Spencer, sa la mosicalità del lin-
gnaggio ne* momenti di più int^ìnsa commozione. Psicologia, voi. II, parte YIII,
capitolo II.
(3) H. S. CuAMBBRLÀiN, Le drame wagnérien, pp. 130, 131.
Rifitin mutieaU italiana^ Vni. 61
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940 ABTB GONTEMPORANBA
E un'altra cosa ancora ci conviene osservare quanto alla poesia.
Poi che nella tragedia la musica rivela direttamente la passione con
una immediata potenza ignota alle altre arti, la parola non è più
costretta a descrivere e a commentare i vari moti dell'anima; e può
per tal modo raggiungere a tratti una rapidità, una sobrietà, una
concisione che nella forma del dramma letterario — ove essa è tutto
— le sono negate^ se non voglia di necessità riuscire incompiuta ed
oscura. Anche le è consentita, in altri momenti, un'arditezza che
nell'antica forma — disciplinata dal rigor delle leggi letterarie —
parrebbe, e sarebbe, intollerabile licenza. Quando la passione attinge
il più acuto lirismo, e la sinfonia tutto travolge nel suo impeto, la
parola può bene, repudiando le leggi astratte del discorso, dissiparsi
nei suoni, risolversi un'altra volta nell'onomatopeja e nel grido onde
nacque, perdersi nel linguaggio rotto e incoerente della passione. Si à
in questo caso l'attenuazione via vìa più profonda del senso delle frasi,
la liberazione del verbo da ogni costrizione delle convenzioni logiche,
la dedizione della parola alla signoria della musica. Il linguaggio
non serve più che a dar colore all'espressione, a produrre un effetto
di suoni; la musica avvolge i versi, sovverte e scompiglia le compa-
gini metriche, ne stacca alcune parole e le fa riscintillar come gemme,
trasfigura le altre; allunga certe sillabe, altre ne restrìnge e contrae,
altre distrugge; e tutto trascina e trasmuta, dissolve e ricompone nella
soverchiante veemenza delle sue sonorità e de' suoi ritmi (l).
Dopo di che, ecco.
Della plastica scenica il Boito si giova sopra tutto per la rievocaziime
della vita esteriore romana. Non mai, ch'io sappia, fantasia di poeta
drammatico apparve più ricca di colori e di forme. Bicorrono, leg-
gendo, di tratto in tratto al pensiero le maliose magnificenze del
Veronese. Se non che l'artista moderno è anche un dotto; le m»
concezioni plastiche son vere ricostruzioni di una civiltà studiata e
rivelata fin ne' particolari più minuti. Né mai, pur fra tanto splen-
(1) Gli stadiosi delle opere wagneriane penseranno al canto d'amore che nel
terzo atto del Siegfried celebra le nozze deireroe con la Valchiria, e all'inno
d'Isolda morente nel Tristano. Anche le tragedie greche (ed è strano ohe non
sia stato osservato) abbondano nei momenti più Teramente musicali di passaggi
onomatopeici fatti di interiezioni e di gridi. Cosi, per non citare che nn esempio,
il lamento dell'eroe nel Fiìottete di Sofocle.
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IL ' MXRONI , m ARBIOO BOITO 941
dorè e tanto sfarzo, egli si lascia vincere alle sedazioni degli effetti
ricercati per un fine d'ozioso diletto. Le vane pompe dell'opera meyer-
beeriana — la più falsa tra le molte falsissime forme del melodramma
ottocentesco -- sono ignote al Nerone. Alle mani del tragedo la
mimica ritorna qual' era ne' suoi dì più felici : « animata scoltura » ;
non mai partito d'ornamentazione fantasiosa o bizzarra, ma mezzo,
potentissimo sempre, d'espressione del dramma. Se l'imagine del tor-
bido delirio frigio non fosse necessaria alla rappresentazione del costume
di quell'età in cui alle nuove superstizioni si mescevano le antiche
rinascenti, il mistero delia notte romana non sarebbe violato dall'orgia
de' ooribanti (atto I, pp. 28, 29) travolta nella corsa frenetica che
Giovenale descrisse:
Ecce furentis
Bellonae matnsque deum choros intrat et ingens
Semivir, obsceno facies reverenda minori,
Mollia qui rapta secnit genitalia testa
lam pridem, cui rauca cohorSi cui lympana cedunt
Plebeia et Phrygia vestitur bucca tiara (1).
Né le fanciulle gaditane intreccerebbero danze su l'Appia e nel tri*
clinic scandendo coi passi e coi gesti i floridi dattili e i corimbi
lascivi d'una strofe d'amore (atto I, pp. 49, 50; atto V, p. 201), se
delle lor grazie impudiche, educate a tutti gli allettamenti del senso,
non si fossero giocondati per uso i conviti romani e le feste (2). In-
spirata al racconto di Tacito (3), materiata qua e colà di particolari
attinti a una descrizione di Svetonio (4) e intimamente congiunta
all'azione è la vision del Trionfo che avvolge la fine del primo
atto in un fol(^orìo di smaglianti imagini profuse (attol, pp. 47-68).
(1) Satira VI, Yerei 510-515.
(2) GiovBiTALX, Satira XI, verri 510-515:
Forsitan exspectes, ut Gaditana canoro
Incipiat prarire choro, plaosaqae probatae
Ad terram tremalo descendant clone paellae,
Irritamentam Yeneris languentis et acres
Divitis nrticae.
Marziale^ Epigrammi, l, xuii.
(3) Tacito, AnnaU, libro XIV, 12 e seg.
(4) SvBTOHio, Vita di Nerone, XXV, XXX.
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942 ARTK CONTEMPORANEA
«Vennero — narra lo storico — le tribù, e schiere di donne e
fanciulli, &tti gradi per vederlo passare come in trionfo » (1). E
tutta veramente la Boma imperiale è nel corteo, che, nella tragedia
come nella storia, muove alla volta del Cesare dubitoso e atterrito.
Passano i corrieri mauritani ; le coorti de' pretorijtni cui precedono gli
eneatorì con le loro buccine squillanti ; le torme dei Bheti e dei
Galli dalle capellature tinte del color del sangue; le decurie delle
guardie germane rilucenti nelle armi; e, tra la moltitudine che ac-
corre dall'Urbe e s'incalza, le frotte degli acclamatori e ì gruppi dei
falangarii e le turbe confuse d'Armeni, di Etiopi, di Indiani, di Egi-
ziani, di Greci ; e patrizii e aurighi e liberti in elegante lacerna; e
nelle gaje vesti gli artisti dionisiaci ; e i senatori in lacticlavio e i
tribuni ; e, sconvolgendo nell'impeto della corsa la folla e le schiere,
i cavalieri augustani « creati dal Cesare perchè applaudissero dì e notte
alla sua bellezza e alla sua voce, e lo chiamassero con titoli divini > (2).
E passano, alto levate o recate sui carri e sui fercoli, le imagini trion-
fali del paganesimo; le aquile e le insegne guerresche, i simulacri
degli iddii, i simboli dei conviti e della scena. Le falere, le collane,
le armille, le loriche, gli scudi, i cristalli e le gemme scintillano
nel sole che sorge. E la folla tuttavia cresce; s'accalca; invade i
campi di là dalla via; unisce ai plausi studiati degli acclamatori
l'impeto e l'entusiasmo delle sue grida. E nelle voci, or incomposte
or concordi, risuonano tutte le imprese vere o mentite del Cesare
— il taglio dell'istmo, le rivelate origini del Nilo, la sconfitta
degli Armeni, le vittorie nei giochi ellenici (3) — e si alternano
tutte le lodi: della bellezza, della potenza, dell'audacia, dell'arte,
della grazia, del canto. E l'entusiasmo tocca il delirio quando, tra
il propagato clamore, negli squilli degli eneatori saliti su le tombe
e sul tumulo, si avanza — recata dagli schiavi etiopi e circondata dai
giovinetti asiatici dalle lunghe chiome odorose (4) — la lettiga impe-
riale, coronata da un fastigio di gemme, chiusa nel velario di porpora
fulgido di smeraldi e di perle altemantisi nelle lunghe fimbrie , e le
(1) Tacito, Armali, libro XIV, 15.
(2) Tacito, Annali, libro XIV, 15.
(:^) SvETONio, XIIT, XXIII, XXIX, XXXI, XXXVII, XL, LV; Tacito, ^ii-
noli, XV, 18, 39, 42.
(4) Svetomio, Vita di Nerone, XX.
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IL ' NiaONE , DI ARRIGO BOITO 943
voci si confondono in un solo grido: <cAve, Cesare !i^ e, spinto da
Tigellino, Nerone appare in tunica d*oro e di j acinto mentre i tribuni
corrono a baciargli le mani (1), e fiori, e nastri, e fronde di palma, e
ghirlande piovono sul trionfatore.
Poi che la rappresentazione è qui tutta diretta — per imagini fisive
— il compito della poesia di necessità si restringe. La parola non è
in fatti usata in questa scena che per dare la significazione al grido.
Non periodi, dunque, non frasi regolari in cui si svolga un pensiero,
non aggruppamenti di sistemi di metri; ma esclamazioni e interiezioni
avvicendata nel verso sciolto dalla rima, di continuo spezzato inter-
rotto ripreso. Come queste:
IL POPOLO
È salvo! Gioia!
ALTRE VOCI DEL POPOLO
Al colle! Al colle! Al colle!
GLI AOOLAMATOBI
Ave Nerone! A noi tua lieta stella rifulge!
LE SCHIERE OHE PASSANO
Ave Nerone! Ave Nerone!
OLI ACOLAMATORI
Largo!
Largo alle schiere.
ALTRE VOCI *
Olà! Largo alle schiere!
GLI ACOLAMATORI
Ave Cesare*!
IL POPOLO
Ave.
UNA COMPAGNIA d'aRTISTI DIONISIACI
Ave Cesare!
GLI ACOLAMATORI
Augusto! Augusto!
(1) Tacito, ArmaK, XIV, 10.
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/
944 ARTS CONTIMPORANIA
I GBNHOiri
Ave Zesar!
OLI ACOLAMATOBI
MOLTE YOOI
Udìtel Udite!
Udite!
I DIONISIACI
È sacro il coro.
GLI ACCLAHATOBI
Ei giunge.
LA PLKBB
Ei giunge! £i giunge! È là!
GLI AUGUSTINI
« L'Amazzone
Greca s'avanza.
LA PUEBB
È già vicino! Gioia! (1)
Del pari la musica non trova qui luogo (salvo alcuni accenni
cjie sùbito dileguano) a forme simmetriche e chiuse di arie di
danza, di monodie, di cori. I modi in cui essa dovrà svolgersi son
determinati dalla plastica della scena. Gli infiniti atteggiamenti tra-
N verso a cui passa di momento in ' momento mutevole la vision del
trionfo impongono al linguaggio dei suoni, una varietà perenne di
tonalità e di ritmi, di discordi e di accordi, di movimenti e di figure,
che solo potrà dispiegarsi in una composizione sciolta da ogni regola
scolastica, liberamente svolgentesi in tutte le dovizie d'una complessa
polifonia stromentale e vocale. Ha oltre che la vita del ritmo, la
musica recherà anche a questa scena ciò ch'essa sola può dare: Tu-
nità dell'impressione ; facendo su tutto rifulgere la significazion del
sentimento concorde che per varie guise tumultuosamente s'esprime
nei canti della folla, e negli atti, e nelle esclamazioni, e nelle grida.
( 1) Atto I, pp. 51-53, 56-58, 58-00.
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IL * NBRONB , DI ARRIGO BOITO 945
OsservaKioni alcun poco dìfeise occorrono per la prima parte del-
l'atto quarto: Il Circo Massimo.
Qui la rappresentazione della vita dell'Urbe — colta in uno de' suoi
aspetti essenziali — si svolge no^ più in un momento unico, ma in una
serie di episodi con sottile arte collegati e variati. La scena ò nell' Op*
pidumj fra i due grandi archi centrali, di cui l'uno si apre su l'Arena,
l'altro riesce sul Foro Boario. Entra per quest'arco la viva luce diurna ;
su la soglia opposta fiammeggia il riflesso delle vele di porpora tese
sul podio a riparo dal sole. Vortici di folla irrompono da ogni lato.
E gli episodi si succedono: cozzano le fazioni rivali in tomo all'auriga
di parte prasina ritornante vincitore della gara; sfilano, preceduti dal
lanista, i gladiatori avviantisi all'arena — traci e sanniti, mirmilloni
e reziari; attraversano VOppidum movendo alle precinzioni dell'an-
fiteatro il volgo dei tunicati e de' pileati, e i liberti, i cavalieri, i magi-
strati, i senatori, le matrone — su le cui vesti tra i ricami d'oro e
d'argento rifulgono i prodigi dell'^r^ plumaria e si alternano il roseo
pallido, il cèreo, il ceruleo, il croceo chiaro, il glauco, con tutte le piti
preziose porpore tranne l'ametistina e la jacintina interdette (1); si
dispongono gli apparecchi del supplizio dircèo in cui per il capriccio
del Cesare due patrìzi sono eletti a rappresentare i personaggi di
Anfione e di Zeto (2); passa, atroce visione, il corteo delle Dirci
cristiane che i bestiari percuotono coi flagelli e cui seguono i sagit-
tarìi con gli archi e ì dardi e le faretre; prorompono i vituperi e.i
dileggi e gli insulti della plebe più sordida in torno a Fanuel con-
dotto a morire su la croce (3).
Ma vi è altro. La tragedia musicale à, tra le sue molte virtù, ignote
alla letteraria, anche questa singolarissima; che la multiformità delle
espressioni le consente pur di rappresentare una contemporaneità di
(1) SvBTOHio, Vita di Nerone, 32: e Vietò Taso dell'ametista e della porpora ».
(2) Sybtonio, Vita di Nerone, 12: «lodasse qoattrocento senatori e seicento
cavalieri romani, talani de* più ricchi e reputati, a combattere con Tarmi, e degli
stessi ordini ad andare contro le fiere e ad cUtri eeerdei dei cmfUeairo ». —
QiovBNiLE, Satira Vili, versi 192 e segg.:
Quanti sua fonerà vendant,
Quid refert? vendnnt nullo cogente Nerone,
Nec dnbitant colsi praetoris vendere ladis.
(3) Tacito, Annali, XV, 41.44.
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946 . ARTI CONTBMPOaAMBA
azioni. Meniare questi vari episodi si svolgono, il dramma procede
ne' dialoghi (in cui la parola à importanza suprema) tra Simone e
Gtobrias, tra Tigellino e Nerone, tra l'Imperatore e la Vestale.
Né basta: incessantemente giungono neìVOppidum i clamori del Circo
(l'arena è — come dissi — sottratta agli sguardi), gli squilli che
annunciano i combattimenti e le stragi, le voci incitatrici, e i plausi,
e gli urli, e gli osceni scherzi, e le risa (pag. 158-166, 175). Qui
ancora, come nel Trionfo, la parola non dà (né altro potrebbe dare)
che la significazione del grido (l). Bievocare la gioja feroce delle
moltitudini adunate, con tal continuata potenza che l'imagine dì essa
(1) LB GRIiyA DEL CIRCO
Yogliam le Dirci !
MOLTE VOCI LONTANI
Uccidi! Ucddi!
UNA TOCB
Non sa morir.
MOLTE YOCl YICINR
Vile! hai paura.
Basta!
Basta ! Yogliam le Dirci 1 Basta !
UNA TOOB
Bravo !
UN*ALTRA TOCB
Bel colpo !
UN GRIDO GENERALE
Basta.
MOLTE TOGI
Morte al reziario.
UNA TOOE
Gli pungi la ventraja!
MOLTE VOCI LONTANE
AirOreo ! AirOroo !
MOLTE YOCI RIDENDO
Ah ! Ah !
UBA VOCE
La spada Dnisa.
UN*ALTRA
Lo staffile !
GRANDI RISA X 80B10NAZZI
Ah ! Ah ! Ah ! Ah !
GRIDA GBKBRAU
No! No! No! No! (s'ode wwMqmUo)
MOLTE YOCI
Le Dirci!
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IL ' NKRONS , DI ARRIGO BOITO 947
occupi l'anima dello spettatore pur tra il succedersi e lo svolgersi
de' diversi avrenimenti sa la scena, è serbato alla musica; alla quale
qui veramente il Boito riconosce ed affida il compito di < figuratrice
dell'invisibile ».
Così questa prima parte dell'atto quarto è per tal modo composta,
che le manifestazioni. delle varie arti, pur procedendo congiunte, de-
vono or l'una or l'altra prevalere (la mimica negli episodi, la parola
ne' dialoghi, la musica nell'espressione dei sentimenti e nella rievo-
cazione del tumulto del Circo) secondo le necessità d*ora in ora mu-
tevoli dell'azione.
Ma altri momenti v'ànno in cui l'imagine e il sentimento ce-
dono nel dramma al pensiero; in cui per la scena, in somma,
ciò che più importa è non la commozione o la visione ma la no-
zione. Qui il discorso si svolge in tutta la sua ampiezza e secondo
regole proprie, e il concetto si determina con compiuta efficacia nella
parola. Vedete l'orazione studiata e preparata con arte che il Cesare
recita su la fossa ove à sepolto l'urna del cenere materno (atto I,
p. 11-12); la descrizione che Simon Mago fa della decadenza romana
(atto I, p. 89); 1 versi di Nerone declamati dagli artisti dionisiaci
(atto I, p. 57); l'inno in cui si dispiega la < Grande Esposizione »
della teurgia simoniana (atto II, p. 77-78); la parabola dell'Evan-
gelo di Matteo rifiorita nel ricordo di Bubria (atto III, p. 116-117);
tutta — fino al delirio — la rappresentazione della tragedia eschilèa
(atto y, p. 207-211). Sono tratti, cotesti, di vera e squisita lettera-
tura; a cui la musica potrà aggiungere i suoi commenti (giova spe-
rare anche efficacissimi), ma che in tanto si presentano in sé finiti,
perchè — espressioni di concetti — traggono il lor valore dalla im-
portanza stessa delle cose significate.
Altri momenti ancora v'ànno — qua e là sparsi, fugaci spesso e
improvvisi — in cui la parola o ritrae un £Eitto o esprime il motivo
d'una situazione o d'un atto, e dovrà rilevarsi dalla trama musicale,
nella declamazione, nitida spiccata scolpita. Qui pure il linguaggio
primeggia, e l'espression verbale si disegna in contomi precisi e
recisi. Tali le formule del rito che Simone pronuncia (atto I, p. 17), la
richiesta del dono del miracolo nella tentazione di Fanuel (atto I, p. 39),
le sentenze di morte che il Cesare detta a Tigellino (atto I, p. 65),
gli ordini del Mago ai sacerdoti e ai tempieri (atto II, p. 85-88),
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948 ARTE CONTEMPORANEA
tntta la fine dell'atto secondo, le pagine 129-132, 133-137 del terzo,
i dialoghi coi dianzi ò accennato del quarto.
Ancora. Oltre che precisa, rapida e tutta cose è la parola qnando
Fazione più urge : lo stile sopprime allora ogni imagine accessoria, ogni
proposizione secondaria, ogni inciso ; lascia intera alla mimica e alla
musica Tespression del sentimento; abbozza di scorcio l'idea. Non
posso prodigare gli esempi ; ne recherò uno solo : la scena con cui
s'apre la seconda parto del quarto atto. Fanuel e Asteria cercano
nello spoUarium il corpo di Bubrìa, ch'essi credono morta:
ASTERIA
Scendi (FanìM la raggiunge. Entrano insieme).
Cerchiam fra i morti.
FANUàL
Orror di tomba
Emana lo spoliario
ASTERIA
Cerchiam.
(Incomincia ad aggirarsi lentamente guardando a terra lungo la parete
centrale. Al lume della torcia che tiene in mano s'intravede, là dove
passa, la struttura irregolare del sotterraneo, FanuU va frugando a
sua volta nell'ombra lungo la parete di destra. Si parlano a distanza),
FANUÌEL
Cadde la prìma.
ASTERIA
AUor qai giace.
(Fanuil s'imbatte in un corpo, si china, lo tocca, riconosce al tatto le
fascie curuli d'un auriga. Va oltre),
ASTERIA
Ecco là dei cadaveri.
("Indica un gruppo di morti stesi a terra nell'angolo della parete sinistra.
Fanuèl accorre e li guarda).
FANUÈL
Un reziario, due sanniti, un trace.
ASTERIA (atterrita),
Simon Mago!
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IL ' NERONB , DI ARRIGO BOITO 949
FANtJÈL
Ove?
«
ASTERIA
(indicando con ribrezzo, senza accostarsi^ il cadavere di Simon Mago,
gettato un p(f pii^ lontano, in un'insenatura dd muro).
Là.
FAKUÈL (dopo averlo guardato fissamente).
Da Dio fu infranto. Abbominato sia.
(ffawia verso U centro dd sotterraneo. Il suolo è ingombro (farmi gla-
diatorie).
ASTERIA
Cerchiam.
(Fanuèl scorge, sopra un letto funebre, giacente come una morta, una
donna in veste bianca).
FANUÌL (chiamando con voce agitata).
Asteria.
ASTERIA (accorre colla face).
È lei?
FAKutL (gettandosi sul corpo di RubriaJ.
Martire mia!
Cieli... Respirai... Vivrà!
(affannosamente).
Squarciale i panni ! Salvala I
(Asteria, mentre Fanuèl parla, lacera la veste di Rubria sul fianco).
FANUàL
È svenata.
Cerca le sue ferite. Io l'ho veduta
Sanguinar nuda nel nembo infernale !
Salvala! Cerca... cerca sotto il core...
Là... sotto il core la feri lo strale
D'un sagittario.
Ebben? (aspettando ansiosamente).
ASTERIA
(guardando la ferita di Rubria attraverso lo squarcio ddle vesti)
Spavento! Muore (1).
(1) Atto lY, pp. 182-187. -^ Un esempio consimile è nello stesso atto dopo la
morte di Babria, pp. 195-196.
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950 ARTI GONTSMPOaANXA
La parola non potrebbe essere più sobria. Dirà la musica l'ansia
e l'angoscia di quelle anime; rivelerà il gesto i moti impromsi di
terrore e d'orrore; qui la poesia non isvolge, enuncia — non scolpisce,
incide.
Altrove in vece essa si dissolve ne' suoni ; il linguaggio inguaio
rotto anelante ci rivela che il tragedo tutto à chiesto alla pib far*
Vida delle arti, e l'inspirazione musicale gli è sOrta e gli si è im-
posta con tal veemenza nell'anima da travolgere fin la parola nelle
sue leggi. Sono i tratti del dramma, cotesti, in cui la passione tra-
bocca violenta e, nella vertigine, la ragione s'o£Eusca. Tale, presso alla
fine, l'ultima scena d'amore tra Asteria e Nerone :
ASTERIA (con impeto)
Siam conginnti nel fuoco.
NERONE
•E nell'orrore.
Stringimi a te.
ASTERIA
SI.
NERONE
Non abbandonarmi!
ASTERIA
Mail Mail
NERONE
Quel buio varco mi spaventa.
ASTERIA
, Avvincimi
Tutta... cosL..
NERONE
Non lasciarmi.
ASTERIA
Son tua!
NERONE
Salvami se se' viva! Oh si... sL.. freme
La tua carne... Un uman pianto sul volto
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO
95i
Inalbato dall'estasi ti sgorga...
Ohi terrìbile incanto... strano incanto...
n tao fioco pallore sparge influssi
Atrì, d'astri, su le anime.
Chi ti contempla lungamente muore.
ASTERIA
Tutto il mio corpo come un'arpa tesa
Sino alle estreme acri acutezze vibra.
Freme ogni fibra
Ove la man tua preme. Tutta accesa
In un volo si stende l'alma e fugge
Ascendendo nell'estasi. Mi guardi...
Ah... pietà... no... lo spasimo mio rugge
Al fiammar d^ tuoi sguardi. NoL. tu m'ardi.
Ah... taci... taci... taci... o U sogno sfugge...
0 U fascino s'infrange... tad... taci.
Amor! Silenzio... murmure di baci.
Non
guardar.
NERONE
Ah! su me i
s'awentan martiri!
ASTERIA
La martire del senso a te
Guardala, è tua.
s'avventa !
?
NERONE
Che vuoi
DaU'
amor tuo.
ASTERIA
NERONE
Vieni!
Morir distrutta
ASTERIA
Sbranami tutta!
Pero
ce imene!
NERONE
ASTERIA
A te.
(baciandolo)
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ySC ARTB GONTEMPORANBA
NSBOKB
81...
(andante e addosaata all'altare di Bacco).
ASTKBIA
Fa ch'io muoja.
ySBONE
Le labbra...
ASTERIA
A te.
Morir nel bacio!
Ah! Gioia..
(e ritnane inerte neU'amplesso di Nerone) (1).
Qai, come neirinno d'amore che celebra le nozze radiose dell'Eroe
con la Valchiria, la signoria della musica sai verso è palese.
E alla musica pure cede ogni altra espressione in quelle scene la
cui significazione profonda non può essere rivelata che dal linguaggio
ideale del ritmo. Tale il delirio del quinto atto, dal momento in cui
il Matricida ritrova sé nell'eroe greco e urla il nome di Agrippina,
a quello in cui egli cade, folle di terrore, tra i sorgenti fantasmi
delle sue vittime, mentre dal rogo di Roma rievocante le fiamme
di Sodoma, e dalle luminarie atroci e da' supplizi, assoi^^e n^li
squilli e nelle grida la profezia apocalittica dello sfiioelo del Paga-
nesimo e dell'Impero (atto V, pagg. 211-225, 237-242). L'antitesi che
nel concetto drammatico è tra la scena del Trionfo e quest'ultima
(sì che la tragedia tutta si svolge fra l'esaltazione del Cesare e la
maledizione dell' Anticristo) si ripercuote pur ne' mezzi dell'arte ; poi
che r una si esprìme nel mondo tutto determinato della plastica
scenica, l'altra si compone e vanisce nell'infinito mistero dei suoni.
Ma il grido che su la fine della tragedia suscita le apparizioni degli
spettri (da sette giorni, racconta il Cesare, l'urlo vola su l'incendio)
noi l'udimmo fin dall' inizio, in quella notte nella cui ombra si
svolgono le prime scene. Notte d'incanti e di malìe, di 'presentimenti
e di misteri, d'amorose gioie e di terrori. Tutti i profumi che la
Cortigiana arde nell'orgia protratta impregnano l'aria. Giungono» or
sì or no, frammenti di canzoni che il vento reca e disperde. Sono
(1) Atto V, pp. 228-237.
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IL ' NKRONX , DI ARBIOO BOITO 953
emistìchi d'Orazio e di Catullo; scalpitanti anapesti di Ibico (1),
molli endecasillabi di Petronio (2). E i versi ricfaiamano imagini la-
scive ; nomi di fanciulle e d'amasii ; ricordi d'ebrezze godute, attese
di ebrezze promesse. Al canto che muor lontanando per i clivi della
via latina, risponde pur da lungi la strofe sospirosa di Saffo :
La luna e le sette stelle
tramontano lungo il mare;
già Fora anelata fugge
ed io solitaria piango (3).
E altri canti rispondono; treman nell'aria un istante; dileguano.
Sono i desideri, gli aneliti, gli struggimenti del senso; le sparse
voci del piacere in cui Boma langue, come Sibari, nell'incanto not-
turno, tra le coppe e le rose. Ma dagli acquedotti remoti risuonano
gli « appelli » delle guardie romane. Or s'odono, nel vento, scherzi
e rìsa d'epigrammi e d'atellane che l'insonne plebe dell'Urbe alterna
nelle sue veglie. A un tratto una voce terrìbile annunzia l'astro dalla
chioma di fuoco, presagio di sventure e di stragi (4). Echeggia dalla
buja campagna la profezia del figlio di Hanan; risponde da porta
Capena l'esametro dell'ecloga vergiliana che predice alle genti la
(1) È il frammento 2* nella raccolta del Bergk : la traduzione è letterale e
ritmica.
(2) Il testo latino dice:
qualis noz fait Illa, di diaeqae
haesimas calentes
et transfnndimns hinc et hinc labellis
errantee animas
ego BÌc perire coepi.
Il Boito à tradotto felicissimamente:
e Quale notte fu quella ! 0 Divi ! o Iddio !
trasfondeva col bacio il labro al labro
l'anima errante ! In quella notte Amore
a morir m'insegnò
(3) Letteralmente: € È tramontata la luna e la Plejade, è mezza notte, il
tempo passa, e io dormo sola * . La traduzione del Boito serba fin la melodia
del verso.
(4) Sybtorio, Vita di Nerone, XXXVI : « Apparì allora per parecchie notti
« una cometa, che il volgo crede significare mutamento di principi > ; id. Tà-
cito, Annali, XIV, 22.
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o^i
954 ARTI CONTBMPORANBA
venuta d'una nova progenie dal cielo. E scoppia un lùgubre grido:
« Nerone Oreste! Matricida! » (1); tace; ritorna; si ripete; si
propaga; lo seguono altre minaccie più cupe: « Bidonaci Britan-
nico! », < Guai a Boma! > La scena è ormai avvolta nell'ombra d'un
sogno. E in questo sogno tutti gli elementi del dramma son trave-
duti, con la rievocazione di ciò che s'è compiuto e col presentimento
di ciò che si deve compiere : ardita sintesi che s'esprime ne* suoni,
e di cui è fatta interprete la musica < rivelatrice — essa sola —
dell'anima dei fatti ».
Ma più spesso la musica dovrà nel Nerone continuare la poesia,
e la nota intrecciarsi alla parola in un'unica forma armoniosa che
serbi intera a ciascuna la propria virtù espressiva. Cercate in prova
le scene ove il sentimento è pensoso e raccolto, e la commozione
non trascende in delirio, ma si diffonde intima e pura nell'anima,
penetrandola senza turbarla. Sono — tra le molte — quelle che ri-
traggono la pace de' cristiani nell'orto mistico (atto III, pag. 114-119),
l'idillio di Fanuel e Bubria (atto I, pag. 32-36, atto III, pagine
125-129), l'addio del Nazzareno ai fratelli (atto III, pag. 137-139),
la confessione accorata e l'estrema soavissima vision delia Martire
(atto lY, pag. 190-194). Leggendo, voi ricevete l'impressione come
d'una musica indistinta e lontana, di cui vorreste — e non potete
— fermar nella mente i contorni, e che pure, mentre vi sfugge*
vi pervade i sensi col fascino d'una dolcezza infinita. Ciò che Fran
Cesco De Sanctis scrisse di certe canzoni del Petrarca: « che mentre
« la parola ti dà l'imagine, il suono te ne dà il sentimento », è prò
fondamente vero, in un più intenso grado, di queste pagine, ove la
lirica è recata a quell'estrema significazione oltre cui il passaggio
dall'una arte nell'altra sembra non pur naturale ma necessario. Qui
dalle vaghe ìmagini profuse il linguaggio suscita ad ora ad ora vi-
sioni sconfinanti nell'indeterminato del ricordo e del sogno; e il
verso s'intesse de' più dolci suoni del nostro idioma, traccia fioriti
meandri alla melodia nella strofe. Qui veramente la musica inco-
mincia, come dice il Mazzini, dove la parola s'arresta. E solo chi
(1) È UDO appunto dei motti che corsero contro Nerone: «perone, Oreste,
< Àlcmeone matricidi. Nerone la nuova sposa e la madre uccise. Chi dice che
«Nerone non sia della stirpe del grande Enea? Questi ha tolto via la madre»
« quegli portò via il padre » . Svetohio, Vita di Nerone, XXXIX.
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IL ^NEEONB, DI ARRIGO BOITO 965
non à senso d'arte pnò non intendere che qaesta poesia fu scritta
con l'anima traboccante d'armonie, nel presentimento del canto.
Aggiungete a tutto ciò il prestigio di una decorazione e d'un al-
lestimento scenico informati ad un'arte erudita e squisita, studiosa
dell'esattezza storica fin ne' particolari più minuti delle acconciature
e delle foggio; e avrete un'imagine (se languida, mia colpa) della
rispondenza che è in questa tragedia tra la vastità della concezione
e la varietà e la ricchezza — veramente mirabili — delle forme.
'*%
Così, valendosi di tutte le espressioni delle arti ritmiche e varian-
done i modi ad ora ad ora secondo le diverse necessità dell'azionei
Arrigo Boito potè conseguire ciò che rende l'opera sua singolare da
ogni altra: la rievocazione, in torno alle figure del dramma, del
mondo onde son circondate e di cui esse compendiano in sé e rive-
lano alcuni dei caratteri più importanti.
Di parecchi aspetti della vita pagana ritratti nella tragedia ò già
parlato accennando alle scene del Trionfo e del Circo.
Il lettore anche sa che il delirio di superstizioni onde fu travolta
la Roma neroniana offre argomento alla creazione di Simon Mago.
Ma il taumaturgo non è soltanto colui che placa i Mani d'Agrippina,
è anche il predicatore di una dottrina nuova e il sacerdote di un culto.
E questa dottrina si enuncia e questo culto si svolge in tutta la
pompa de' suoi riti nel secondo atto della tragedia.
Alcuni particolari di tale rappresentazione furono dal Boito attinti
bIY Assuero di Boberto Hamerling : così i caratteri che, incisi su
lamine d'oro, descrivono nel tempio la genealogia degli coni ricor-
dano le cifre misteriose che serpono su le pareti della stanza di
Apollonio di Tiana (1); così, ancora nel dramma come nel poema,
il Negromante appare tra le nubi che vaporano da bracieri accesi,
compie il sacrificio del sangue, suscita entro specchi di lucido me-
tallo apparizioni di spettri (2).
(1) Nerone, atto II, pag. 72; Acmero, canto V, pag. 240. — Tradazione del
Bettelohi.
(2) Nerone, atto II, pp. 75-66; atto I, pag. 17; atto II, pp. 75 e 94;
Aasvero, canto V, pp. 223, 244 e segaenti.
Ri9Ìtia.m*uieal*%tak9M,ym 68
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056 ARTS OONTBBCPOaANBA
Il resto è derivato direttamente dalla leggenda; dalla testimoniansa
di Qiastino, dalla tradizione raccolta da Epifanio ^ da Origene, da
Tertulliano, da Ireneo.
II sistema teurgioo della Qroinde Esposmone, che la letteratora
cristiana attribuisce al Mago, pone in cima a tutte le cose « Goloi
< che è, che è stato, che sarà », il Jhaveh Samaritano, l'Essere etemo,
uno, generantesi da sa, nel cui seno infinito tutto esiste eternamente.
Il mondo si svolge in una gerarchia di principii astratti, simili ai
rami dell'albero cabbalistico e agli coni della formula gnostica. La
potenza divina si attua in incarnazioni successive, maschili e fe-
mìnili, il cui fine è la liberazione della creatura dai lacci della
materia. La prima di queste potenze è T Intelligenza del Mondo,
rUniversale Provvidenza; e n'è incarnazione Simone. A canto ad essa
è la potenza feminile, il Grande Pensiero, cui è dato il nome di
Elena a simboleggiare l'oggetto della etema ricerca, la cagione perenne
delle infinite discordie tra gli uomini (1).
Tutto ciò accorda non soltanto — come fu osservato — l'esegesi
allegorica di Filone e la cabbala, ma anche le credenze astrologiche,
e quel misticismo mitriaco che, già fiorente a' tempi di Nerone,
doveva più tardi contrastar al Cristianesimo l'impero delle coscienze.
Nelle grotte, ove i seguaci del dio persiano si accoglievano, i sim-
boli astrali rappresentavano la v<a del firmamento e la doppia rivo-
luzione celeste — quella delle stelle fisse e quella dei pianeti, sor-
genti le prime di luce e di splendore, serbati gli altri alla trasmi-
grazione delle anime. Alle due estremità erano jrappresentati i tropici
del Cancro e del Capricorno — la porta degli dei e la porta degli
uomini, per l'una delle quali le anime discendono a prender ferma
nei corpi mortali, per risalire poi a traverso Taltra alle loro origini
celesti. Dal Canoro al Capricorno e dal Capricorno al Cancro si svol-
gevano le dodici costellazioni. Desiderosa del corpo, l'anima discen-
deva, ebra d'un miele che le dava l'oblio della luce etema. La ca-
duta era graduale. Da un pianeta all'altro lo spirito perdeva la saa
purità originaria, s'impregnava della sostanza siderale, si rivestiva
d'un involucro etereo d'ora in ora pib visibile, ricevendo via ria da
ciascun pianeta le qualità necessarie all'esistenza terrestre; finché,
(1) Renan» Les Apótres,
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IL ' NBAONB , M ARIUeO BOITO 957
di caduta in caduta, perveniva al mondo della vita. Nell'anabasi
l'anima seguiva il cammino opposto, a grado a grado spogliandosi
delle qualità umane e riconquistando Torìgine divina (1).
Aggiungete a ciò i ricordi de' culti sotterranei (tutte le credenze
aberranti vennero dal Boito fuse nel simonismo &tto per tal modo
simbolo d'ogni falsa dottrina cui s'oppone la purezza del sentimento
cristiano), e le figurazioni dell'Apocalisse da cui à attribuita al tristo
Profeta la virtù di dar spirito e parola ai simulacri e agli idoli (2)
e avrete la ragione dei simboli del Tempio — ove tra statue d'avorio
policromo l'Ecuba Triforme impugna con le sei mani le sei faci ardenti
a illuminar le pareti su cui si svolgono, in forma d'albero, le genea-
logie degli esseri — e gli elementi dell'inno proposto da Gobrias e
ripreso dai credenti:
OOBBIAS
Proàrche, Bythos, Sigeh, Logos, Anthropos,
Zoe, Noùs, Ecclesia, eccelsa Ogdóade;
Noi t'adoriamo!
I CBBDKNTI
— Profondo Abisso, imparscrutata origine
Degli Enti Primi e immenso mar degli Esseri ;
Noi t'adoriamo!
— Sigizie, Spirti, genii, forme, Imagini.
Potenze assunte nel divino Plérome;
Noi t'invochiamo!
— Eóni e voi che date norme a* fulgidi
Pianeti in ciel dove han suo moto Tanime;
Noi t'imploriamo!
— Per te preghiam, per te che gemi e sanguini
Nell'ombra etema, agitabonda Pininikos;
Per te preghiamo!
— In te speriam, Simon, Divin Paràklito
Disceso in terra col celeste Pnéuma;
In te speriamo!
— In te crediam, nel tuo Mister, nel Calice
Cruento che in tua man ferve e s'imporpora;
In te crediamo!
(1) Obiowb, Cantra CeUum*, PoRriiuo, De attiro Nympharum; Microbio, Jn
Sommmm 8eifiom$\ A. M. Gisqobt, Le eulU de MUhra.
(2) Apocahsse, XI, 18.
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%8 ARTI GONTBMPORANBA
— Sull'infinita, che s'evolve, pagina
Del elei ta scrìvi il tuo pensier coi fulmini;
In te crediamo!
— Dell'effigiato Nume il bronzo e Febure
Per te commosso, profetizza e palpita;
In te crediamo!
— Nei tuoi potenti segni e nel battesimo
Del sangue e della fiamma e nel tuo tempio d'or
Tu etemo vivi e regni e fendi l'etere
Superno che s'infiamma intomo al tuo splendor.
— Proàrche, Bythos, Sigeh, Logos, Anthropos,
Zoe, Noùs, Ecclesia, eccelsa Ogdóade;
Noi t'adoriamo! (1).
E al mitraismo del pari si ricollega il sacrificio del sangue che
nella tragedia — come del resto nella letteratura dei padri della
Chiesa — acquista una particolare significazione dal carattere, che
gli è dato, di falsificazione d*un mistero cristiano (2). < Simon Mago,
< in mitrìa e tiara d'argento, col petto scintillante di gemme, appare
< ai fedeli sulla gradinata dell'altare tenendo tra le mani, coperte da ud
« drappo prezioso, alto levato un calice d'oro. Due sacerdoti sostengono,
« sotto il calice, un bacino d'oro. Quattro flabelliferì ergono dietro il
< Mago i loro flabelli di piume bianche; due hieroduli reggono, con
« le braccia alzate sopra il capo, due urne d'oro da cui vaporano
< aromati fumanti ; un altro innalza un vaso di bronzo su cui arde
< una fiammella turchina; un altro tiene aperto d'innanzi al petto
« un dittico dove son tracciati dei simboli. Ai piedi della gradinata
< stanno alcuni giovanetti con grandi arpe, e cetre, e sistri. Nella
« cella i devoti guardano, in atto d'ansiosa aspettazione, il calice rag-
« giante. D'un tratto un largo fiotto di sangue trabocca spumeg-
« giando nel calice e cade nel bacino sottoposto. Nello stesso momento
(1) Atto II, pp. 77-79.
(2) Il Cristianesimo fa, come è nofo, gran tempo confaso con altri calli orientali.
Ancora Adriano non distingaeva i segnaci di Gesù dagli adoratori di Serapide.
Celso e Tertnlliano notano le somiglianze tra la dottrina cristiana e le mi-
triache. Ma che Pun ealto attingesse elementi dalFaltro par finvola; in ogni
modo la religione di Mitra ebbe -^ come la cristiana — la penitenza, Pofferta del
pane e della coppa, la credenza nella resnrrezione.
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IL 'NBRONI, DI ARRiaO BOITO 959
« sorge dal braciere ardente una densa colonna di fumo che invade
« il sacrario e nasconde il taumaturgo alla vista dei credenti » (1).
È la pioggia del sangue che nei riti della religione di Mitra rin-
novellava i credenti in eterno.
. Or notate: nel tempio di Simone non trovan quasi luogo gli umili ;
SL pena v'appar qualche schiavo in rozza tunica con la fronte se-
cata dallo stigma dei fuggitivari ; del resto, matrone adorne di vesti
ricchissime, liberti in pomposa lacerna, eleganti cavalieri ed aunghi
d'ogni &zione compongon la schiera de' devoti del Mago (2). E da
ciò pure, come dal rafiOronto tra la complicata sontuosità di questo
culto e la disadorna purezza del cristiano, sorge più vivo quel con-
trasto a cui il Poeta volle dar forma nella tragedia.
Nella rappresentazione dell'accolta cristiana Arrigo Boito à alcun
poco illeggiadrita la storia. Ciò che di torbido era in quegli animi,
l'agitazione d'odio contro il paganesimo e l'impero, non appare né
pur fugacemente nel dramma. Solo contro Simone, Fanuèl à parole
terribili (3). Vero è che soltanto la setta ebionita partecipava alle
passioni violente dei fanatici della Giudea, e che gli Apostoli non si
rimasero mai dal consigliare il rispetto e l'obedienza a' potenti (4).
D'altra parte il sentimento che si espresse nelle fantasie apocalit-
tiche doveva informare nella tragedia le visioni dell' ultimo atto,
e il Boito volle evitar forse la noja di ripetizioni vane. Ma sopra
tutto, come osservò acutamente il Benan, quel che più importa
nel Cristianesimo è l'ardente entusiasmo, la sovrumana arditezza,
il sublime disprezzo della vita; ciò che ne forma l'incanto è la
parola nuova di speranza e d'amore ch'esso difiònde tra le genti (5).
« (Je sont ces petits recueils de sentences et de paraboles que dé-
« daignent les traditionistes exacts » — lasciamo alla prosa dell'amabile
filosofo francese tutta la sua grazia originale — « ce sont ces aide-
« mémoire où les moins instruits et les nioins bien renseignés dé-
« posent pour leur usage personnel ce qu'ils savent des actes et des
(1) Atto II, pp. 74, 75.
(2) Atto II. pag. 71.
(3) Atto I, pp. 3540; atto III, pp. 134-139; atto IV, pp. 184.
(4) Faolo ai Bomani,Xlll,ì'l, ai FiHppesi, II, 1246, ai Tessaìonieesi, IV, 11,
a Tito, III, 1 ; Pietro, 2^ epistola, III, 13 18.
(5) Antéchrist, introduzione.
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900
▲RTB GONTBICPOBIMBA
< piFoles de Jesus, qui wont dertinées à Atra la leetare, la ctonie
« de ratenir. Jesus, Jésos seni eut, dans TodaTre mjsìéntwa de la
« croisBance chiétienne, tonjoiirs la grande, la triomphante, la déci-
de sive part. Chaqae livre, chaque institaiion chrétienne Taut eo pro-
< portion de ce qu'elle *oontient de Jésna. Las ÉYangiles synoptiqttes,
< où Jésos est tont, et dont on peut dire en un sens qu*il est le
« Téritabla auteur, seroni par excelleoce la li?re chrétian, la line
< eternai » (1).
Diresta ohe il poeta siasi inspirato a questo pansiaro. Certo è che
pur ?aIendoei nel dramma di tutti gli elementi, anche i mm pori,
dal GrìstianesiQio, agli Tolla serbare inalterata alla rappreaentarione
diretta tutta la 8oaYit& dal sentimento dell' Evai^alo. L' imagina di
QeBù 8<MTÌda qui dolcissima nella visioni dell'Oriente natio; la pa-
rola di Gesti è come diffiosa nella luca onde s'allieta il plaaid*orio.
Una serena gioia, una consolaÌ7Ìca speranza tengono gli animi in
quest'asilo di pace, lontano ai romori dell'Urbe, dove tra esortadooi
e preghiere le donne e i fanciulli intrecciano cansoni e ghirlande
per i vivi e per i morti, per il dolore e per l'amore, per il martirio
e per le nozze. E le voci suonano alterne — come negli inni della
Chiesa da cui la musica avrà la rivelazione, tutta cristiana, dell'ar-
monia:
— A me i ligustri,
A te gli allori.
— Frugan le industri
Dita nei fiori
— N'escan corimbi
D'edera inserti,
— Corone e nimbi,
Ghirlande e serti.
— A te il viburno
E l'amaranto
— Rigira il canto
Mutando turno.*
— A te il giacinto
Che il sangue accoglie
D'un vago estinto
Nelle sue foglie.
— Oh date a piene
Mani le rose!
Vigili spose,
Lo sposo viene.
— Spogliate i clivi.
Le vaUi e gli orti!
Fiori sui vivi!
Fiori sui morti I
— Fiori al delirio
Pio dell'amore!
— Fiorì al dolore!
Fiorì al martirìo!
— Fiorì silvani
Bianchi e vermigli!
— 0 date gigli
A piene mani!
(l) Antéchmt, pp. 476, 4-/7.
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IL * NSaom « DI ABBieO BOITO 9Gi
— Casto un segreto
D'amor ci leghi.
— Canti chi è lieto,
Chi è triste preghi,
lieto è chi crede
Con fermo core
Nel Dio verace.
— Amore!
— Pedel
— Amore! Amore!
— Speranza!
Pace (1).
■
Si ripensano le parole della Visione di Giovanni: «Cantano nn
« canto nuovo. Sono i puri, costoro, che seguono TAgnello dovunque egli
« vada, che son stati eletti da Gesù tra gli uomini per essere offerti
« come primizie a Dìo » (2).
n Boito anche comprese ohe ogni rìelaborasione troppo personale
della poesia cristiana non poteva che scemarne la casta bellezza. Egli
dunque non inventò, né ricompose; derivò dai testi e tradusse: al più
raccolse in poco il molto; e nella lìngua mutata e nello stile gareggiò
di sublime semplicità con l'originale.
Così la preghiera a Dio padre rìsuona nel verso italiano purissima :
Padre nostro che sei ne' cieli, sia
Benedetto il tuo nome.
Venga il tuo Regno alla tua gente pia,
Sia fatto il tuo voler in terra, come
Nell'Empire immortale.
n nostro pane cotldian ne dona...
Liberaci dal male (3).
E nel ricordo di Fanuèl il sermone su la Montagna rifiorisce
nelle stesse parole con cui lo diffonderà tra le genti Matteo, « il pub-
blicano scrittore » — dice il Buskin — « armonioso anche là dove
« Luca è formalci Giovanni misteriosa, Marco breve; il cui libro sce-
« glieremmo fra tutti quelli della Bibbia se dovessimo eleggerne un
« solo per un amico solitario o prigioniero ».
(1) Atto ni, pp. 117-119.
(2) Apoeàlme, XIV, 4.
(8) Atto I, pp. 30-31.
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962 ARTE CONTKBCPORANKA
Narra TEvaiigelista :
« Ed egli, vedendo le turbe, salì sopra il monte; e postosi a se-
« dere, i suoi discepoli si accostarono a lui. —
< Ed egli aperta la bocca, li amuiaestrava dicendo:
« Beati i poveri in ispirito, poi che per essi è il regno dei Cieli.
« Beati coloro che fìinno cordoglio, poi che saranno consolati.
€ Beati i mansueti, poi che essi crederanno la terra.
« Beati i misericordiosi, poi che misericordia sarà loro fiitta.
< Beati i puri di cuore, poi che vedranno Iddio.
« Beati gli umili, poi che saran chiamati figliuoli di Dio.
« Beati coloro che son perseguitati, poi che ad essi appartiene il
« regno de' Cieli » (1).
E il Boito:
FAKUÌL
E vedendo le turbe ad udir pronte
Sali sul monte,
Le benedisse
£ disse:
— Beati ì mansueti,
Perchè saranno della terra i Re.
LB DOXNB OBISTIANE
Beati i mansueti.
FAKUÀL
Beati quei che piangono, perchè
Saranno lieti.
LE DONNE
Beati quei che piangono.
FANUÈL
Beati quei che vivono in desio,
Perchè li udrà il Signore.
GLI UOMINI
Beati!
FANUàL
Beati quelli che hanno puro il cuore,
Perchè vedranno Iddio.
(1) Matteo, 6, 1-11. Vedi anche Luca, 6, 17-24.
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IL ' NKRONS , DI AaRIOO BOITO 903
TUTTI
Beati !
FANUÈL
E beati, fra ranime fedeli,
Tutti gli afflitti, i poveri, gli oppressi.
Perchè per essi
È il Reame de' Cieli.
TUTTI
Beati! (1).
E da Matteo ancora — dalla parabola delle vergini saggie e delle
vergini folli — è inspirata Tallegoria che, nella squisita monodia di
Babria, segue a questo racconto.
« Allora » — dice l'Evangelista — < il regno de' cieli sarà simile
« alle dieci vergini, le quali, prese le lor lampane, uscirono fuori
« incontro allo Sposo.
« Or cinque di esse erano saggie, e cinque folli.
« Le folli, prendendo le lor lampane, non avevano preso seco l'olio.
« Ma le saggie avevano, insieme con le lampane, portato l'olio
« ne' lor vasi.
< Ora, tardando lo Sposo, tutte furono assalite dal sonno, e si ad-
€ dormentarono.
< E su la mezza notte si udì un grido : Ecco lo Sposo viene.
« Allora tutte le vergini si destarono e acconciarono le lor lampane.
« E le folli dissero alle saggio:- dateci del vostro olio poi che le
« nostre lampane si spengono.
« Ma le saggie risposero e dissero: Non faremo, che non accada
« che non ve ne sia assai per noi e per voi ; andate più tosto a co-
« loro che ne vendono, e compratene.
« Ora, mentre quelle andavano a comprarne, venne lo Sposo; e le
« vergini saggie che erano apparecchiate entrarono con lui, e la porta
« fu chiusa.
« Vennero poi le altre vergini, dicendo: Aprite, Signore, Signore.
« Ma egli rispondendo disse : Io vi dico in verità che non vi conosco.
«Vegliate dunque; però che non sappiate nò il giorno nò l'ora
«che il Figliuol dell'Uomo verrà ».
Più raccolto — ma non men soave — il poeta:
(1) Atto III, pp. 114.115.
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964 AETI GOMTBBIPORAmU
BUBBIA
Vigiliamo. È la sera. Arde la face.
D'intorno ad essa ci aduniamo in pace.
Viene il Signore ma nessun sa quando:
Beati quei che troverà vegliando.
Veglia la saggia vergine,
Tien la sua lampa viva,
Infonde in lei l'aspergine
Dalla caduca oliva.
Veglia: lo Sposo viene.
Lieta sarà nell'ora dell'imene
(depone la lampa sulla tavola dei fiori).
L'altra al riposo molle
Cedendo s'addormenta.
Dorme la vergin folle
E la sua lampa ò spenta.
Dorme: lo Sposo viene.
Mesta sarà nell'ora dell'imene.
Viene il Signor ma nessun sa quando;
Beati quei che troverà vegliando (1).
Dove la frase « Lo Sposo viene » « Viene il Signore », che quattro
volte si ripete, à pel dramma, oltre l'evangelica, una significazione
profonda di annuncio e di promessa, certa neiranimo de* Cristiani,
dell'avvenimento del regno dì Dio.
E la stessa idea, congiunta all'altra della prossima fine del mondo
da cui quell'atteso miracolo doveva essere preceduto, ritoma nelle
parole che Fanuèl, tradito da Simone, rivolge ai compagni. Ecco la
scena:
I GBISTIAia
(si slanciano contro Simon Mago gridando:)
Morte!
SIMON MAGO (chiedendo aiuto alle guardie)
Olàl
I CRISTIANI (mentre lo afferrano)
Morte a Simone!
(1) Atto III, pp. 116*117.
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IL * NBRONS , DI A&RIGO BOTTO 966
FàlfUÈL
(interp(mendo8i, e<m un ge$to pacato, Ubera Simon Mago daU'asioUo;
poi dice ai Cristiani:)
Non resistete eX malvagia L'esempio
Ne dio il Signore, U Signor sia con voi.
Nessun chieda ragione
Se piace a Dio di far possente un empio
Per infrangerlo poi.
(Simon Mago t^aUontana. Fanuèl ripiglia pia dólcemente :J
Vivete in pace e in concento soave
D'amore, mani aperte alla carezza.
Sia sulle vostre labbra il bacio e l'Ave
E l'allegrezza.
Siamo al vespro del mondo all'ora incerta,
Non cessate d'orare;
Forse doman sai'ò come nn'offerta
Sparso sovra l'altare.
La giornata è compita
Pel fratel vostro, e il suo carco depone,
Voi camminate in novità di vita
Ed in pienezza di benedizione.
Quando toma la sera,
Col mesto incanto delle rimembranze,
Unite anche il mio nome alla preghiera.
Unite anche il mio nome alle speranze.
V'amai dal di che il cuor vostro ho raccolto,
Non so quale m'attenda ora crudel...
Ma so che più non vedrete il mio volto... (1).
Qai non Tinspirazione soltanto — la dolcezza accorata e il pre-
sentimento della morte — ma fino i pensieri e le frasi son derivati
dalle lettere degli Apostoli : « Non siate vinti dal male, ma ricevete
« il nude per il bene » (2). « Chi resiste alVautorità resiste al co-
« mando di Dio » (3). « Se pur ancor patite per giustizia^ beati voi;
« non vi contristate : ansi santificate il Signore in cuor vostro^ e siate
^pronti sempre a rispondere a chi vi domanda ragione della fede
« cVè in voi con mansuetudine e con amore » (4). < L'amor fraterno
(1) Atto III. pp. 137-138.
(2) Paolo ai Bomani, XII, 2.
(8) PiOLO ai Romani, XIII. 2.
(4) i' Uttera di Pietro, III, U. 15.
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986 ARTE GONTEMPOaANEA
« dimori tra voi » (1). < Siate gli uni verso gli (diri benigni e mise-
« ricardiosi^ parlando a voi stessi con salmi ed inni e laudi spirituali,
« cantando e salmeggiando nel eiwr vostro al Signore » (2). « Bai-
< legratevi^ fratelU^ siate consolati, abbiate un medesimo sentimento,
« e state in pace. Salutatevi con un santo bado » (3). « Serviamo m
« novità di vita » (4). < La salute è ora più che non crediamo vi-
« dna a nd: la notte è avanaata; il giorno già viene » (5). < U
« tempo è ormai abbreviato » (6). * Or la fine d'ogni cosa è pros-
« dma: vigilate aUe orasioni » (7). « Quanto a me, io san per essere
« sparso a guisa d'offerta sopra Voltare. L'ora estrema mi sovrasta. Io
« ò combattuto il buon combattimento; io ò finito U mio carso; io
« ò serbata la fede » (8). * Se al sacrificio della fede vostra deve
« giovare il mio sangue, io ne gioisco; rallegratevene voi pure » (9).
I versi che seguono:
S'agita retara,
Palpita il voi degli angeli sa noi:
Gloria al Signore;
Seguitemi cantando un lieto canto!
se ricordano quelli della tragedia del Gazoletti:
Mi cinge
Un'aureola di luce Il paradiso
Comincia e voi piangete? Or su, fratelli,
Intonate un osanna. Io vi precedo,
anche richiamano Tesortazione agli Efesi: « Inebriatevi dello Spirito;
cantate e salmeggiate al Signore ».
Al supplizio Fanuèl si avvierà ripetendo le parole del Simbolo
apostolico:
Credo in un Dio solo ed eterno
(1) Paolo agli Ebrei, XIII, 1.
(2) Paolo agli Efesi, IV, 32, V, 19.
(3) Paolo ai Corìnti, XIII, 11, 12 (seconda lettera).
(4) Paolo ai Bomani, VII, 6. — L'altra frase e in pieneiza di benediiione >,
ò par della lettera ai Romani, XY, 29.
(5) Paolo ai Bomani, XIII, 11-12.
(6) Paolo ai Corìnti, VII, 29.
(7) Pietro, IV, 7.
(8) Paolo, ^» lettera a Timoteo, V, 6, 7.
(9) Paolo ai FiUppeei, II, 17, 18.
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IL 'IIKRONB, DI ARRIGO BOITO 967
mentre in torno a lui nel tumulto plebeo suoneranno atroci le ca-
lunnie cui eran fatti segno i cristiaui: ribelli all'impero, odiatori
dell' uman genere, uccisori di fanciulli, avvelenatori e incendiari (1).
Il Sermone della Montagna: « Beati i perseguitati ! » non era dunque
stato ricordato in vano.
. A questa eroica dolcezza fanno contrasto le scene, cui già accennai,
con Simon Mago, le quali rivelano in Fannèl una potenza d'odio pari
alla potenza d'amore. L'anatema scagliato contro il Taumaturgo
(atto I, pag. 40), la spietata risposta: < Cosi non sia » che nel se-
condo dialogo ricorre a ogni preghiera di Simone (atto III, pagine
133-137), il gesto e la parola che rievocano l'inganno di Satana e
il ribrezzo del serpente (atto III, pag. 137) sono d'una violenza estrema.
E l'ira è tale che non la placa né anche la morte : pur d'innanzi al
cadavere del Nemico Fanuèl non ha una parola di pietà né un pen-
siero di perdono; s'arresta un istante, e maledice:
Da Dio fu infranto: abominato sia! (Atto IV, pag. 184)
Tutto ciò è con profonda arte informato al linguaggio e al senti-
mento del tempo.
Né il caso di Bubria che nell'indotta mente cerca accordare due
fedi cosi diverse e confondere, com'ella dice,
nella stessa vampa
L'ara ardente di Vesta e la pia lampa
Della vergine saggia
parrà incredibile a chi ricordi i molti esempi consimili che la storia
offre pur in età più a noi vicine : Pretestato quindecimviro, ponte-
fice di Vesta e ierofante di Iside; Aconia Paolina iniziata ai misteri
di Bacco e di Cerere, di Cora e d'Ecate d*Egina; Simmaco pontefice
di Vesta e del Sole, curiale di Ercole, credente in Iside e in Mitra.
Ma ritorniamo all'asil di pace. Non piacque il « mistico orto » a
un de' nostri critici più acuti, il quale osservava che < i seguaci di
« Gesti avevano altri luoghi di riunione ». Anche parve a questo
scrittore che il linguaggio dei cristiani nel Nerone fosse < troppo
«materiato di paganesimo»; ond'egli, in proposito dei versi:
(1) Tacito, AnnàU, XV, 41-44, Storie, V, 6 ; Svetonio, Vita di Nerone, 16 ;
Dione Cassio, XXXVII, 17; Paolo at Eomant, XIII e segaenti; Pietro, Iniet-
terà, II, 12, 13, 15, III, 16.
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006 ARTS CONTIMPOaANBA
0 date a piene
mani le rose
non senza arguzia notava: < Così cantano i neofiti che evidentemente
« sanno Orazio ».
Ora ecco. Quanto al luogo, le catacombe eran più poetiche forse;
se non che avanti la persecuzione i cristiani avevano uso di raeco-
gliersi nelle case de' più notabili o de' più agiati (1). Parrà da vero
tanto strano che alcuna di queste case avesse un orto? — Quanto al
linguaggio, ò dimostrato — panni — che esso fu attinto a documenti
cui mal si saprebbe negar fede ; né che vi si trovi qualche imagine di
poeta classico (altre ne ricorrono ne' versi:
A te il giacinto
Che il sangue accoglie
D'un vago estinto
Nelle sue foglie
che rievocano le greche favole di Giacinto e di Ajace» cantate da
Ovidio) (2) può sembrar strano; espressioni e figure del paganesimo erano
in Boma nel comun fondo della lingua; persino i canti sibillini ne ab-
bondano (3) ; e la stessa arte cristiana, del resto, derivò ancora per molti
anni dai miti latini ed ellenici le sue rappresentazioni, e all'Ermes
erioforo di Tanagra chiese il simbolo del Buon Pastore, e del gruppo
di Eros e Psiche si valse a ritrarre l'anima umana che s'esalta nel
bacio del divino amore (4). E l'imagine de' fiori, ovunque ei s'ab-
battessero a trovarla, doveva essere tra tutte cara a quegli uomini
che le dolcezze d'una eterna primavera pensavano serbate agli eletti
Inter odoratos flores et amoena vìreta (5).
A ogni modo non si tratterebbe d'Orazio; Temistichio
Manibus date lilia plenis
(1) Paolo ai Corinti, XVI, 19, ai JBomam, XVI, 5, XIV, 15, 23, Mti, XX, 8-9.
(2) Metamorfosi, lib. X e XIII.
(3) Renan, Saint Paul
(4) Venturi, Storia deffaHe iUùiana^ voi. L e Dai primordi dell'arte crìctiaDa
al tempo di Giastiniano t .
(5) Draconzio, Be Beo, I, ni, verso 679.
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IL ^NsaoMS, DI ÀBRieo Borro ^ 960
è dì Vergilio, nel canto VI ieAV Eneide. Pedanterìe; non ò vero? Ma
chi accasa un poeta d'infedeltà alla storia dovrebbe almen provvedere
— io penso — di non essere, egli, infedele alla poesia.
*
* *
Ma se Fanuèl e Bubria àn rilievo nel dramma non tanto da' sen-
timenti lor singolari quanto dalla significazione che in essi acquista
la complessa vita del tempo; se, creatura di sogno, Asteria non esce
dal mistero della leggenda che per illuminarsi un attimo nell'ardor
d'una passione delirante e vanire ; se Tigellino e Qobrias son ri-
tratti di scorcio e Sporo e Terpnos e Lucano son muti ; la figura del
protagonista à tale intensa verità di caratteri propn da dover essere
annoverata tra le più originali e geniali di cui l'arte moderna si
vanti.
Anche per essa Arrigo Boito non stette pago alle apparenze più
note ; rifuggi sopra tutto dairastrarre da alcune qualità del perso-
naggio storico un tipo. Egli non foggiò in somma, secondo l'uso degli
scrittori che l'avevano preceduto, l'imagine d'un dissimulatore o d'un
feroce o d'un licenzioso o d'un fatuo, ma volle ricercare qual fatuo
qual feroce qual dissimulatore qual licenzioso fosse stato Nerone,
e tale rappresentarlo — individualità viva — su la scena.
Ora, a che inclinasse l'anima del Cesare già in parte abbiam ve-
duto parlando della commedia di Pietro Cessa ; per l'altra parte, ecco.
Nerone fu un degenerato in im'età di corrotti. I vizi del tempo si
ritrovano nel suo animo tutti, ma impressi de' caratteri che la psi-
chiatria ci insegna essere proprii a punto delle degenerazioni intel-
lettuali e morali. In lui la lussuria è sadismo, la leggerezza è im-
pudenza, la vanità è follia di grandezza, la crudeltà è mezso di
compiacimento estetico con mille sottili arti proseguito. Non cercate
ne' suoi atti la logica: Nerone è una creatura ibrida, ambigua,
contraddittoria. Disprezza i liberti che àn governato l'impero sotto
Claudio, e si lascia guidare dai dissoluti e dagli adulatori che gli son
da presso (1). Tiene a vile il denaro sì da voler tolti a un tratto tutti
(1) Tacito, Annali, XIII, 14. 20, XIV. 8, 57.
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970 ARTI CX)NTKMPORANKA
ì tributi diretti ; ma quando le sue pazzie anno imporerito Terario,
accusa d*imaginate congiure i più ricchi per aver pretesto a confiscare
i lor beni (1). Ama ripetere a ogni momento che il suo potere non
à limiti e che tutto gli è lecito; ma ogni moto della plebe lo ritroya
pauroso e tremante, pronto a concedere tutto ciò che gli si chiede (2).
Lo direste vile, e tale veramente vi si palesa in molti incontri ; pur nei
perìcoli piti gravi vi si scopre, contro ogni aspettazione e fuor d'ogni
misura, confidente e incurante: avuta in Napoli la notizia della ri-
bellione delle Gallie, si reca nel ginnasio ad ammirare con lieto volto
la lotta degli atleti, e per otto giorni più non risponde né al Senato
né ai familiari, posta in oblìo la cosa, tutto intento al diletto degli
spettacoli e de' giochi; chiamato a Roma da nuovi avvisi, fa venire
a sé i suoi più fidi e disposto confusamente di ciò che era da farsi
consuma il restante del giorno a udire certi strumenti musicali ad
acqua allora allora trovati, promettendo che ne avrebbe pubblicamente
trattato in teatro, « se così a Vindice fosse piaciuto » (3). Uccide per
un nonnulla ; per una lode negatagli, per un epigramma, per un'espres-
sione del volto in cui gli paia di scorgere o sospetti un rimprovero;
ma risparmia gli autori dei motti che lo accusano matricida e tiranno,
e perdona agli insulti atrocissimi di Isidoro filosofo e di Dato istrione (4).
Si circonda di astrologhi e di maghi, raccoglie amuleti, osserva su-
perstizioni ed auguri; poi, fatto incredulo a un tratto, insozza il si-
mulacro della Dea Siria cui serbavasi da gran tempo devoto (5) e
alterna ai sacrifizi i sacrilegi (6).
Tutto ciò rivela, in un'indole naturalmente malvagia, le volubilità
e le incoerenze e le incostanze che la moderna scienza à per segni
certissimi della dissoluzione della psiche (7). Nerone non riconosce
(1) Tacito, Annali, XIII, 50, 51, XV, 18, 72; Stetohio, VUa di Nerone,!,
XXX, XXXII.
(2) SvBTONio, XXXVIl, XLV; Tacito, Annali, XV, 89.
(3) Syetonio, Vita di Nerone, XL-L.
(4) Tacito, Annali, XVI. 22, 24; Syetonio, Vita di Nerone, XXXVIl, XXXIX.
(5) Veramente la parola, propria sarebbe an*altra : e urina contaminaret » dice
SVETOKIO, LVI.
(6) SvETONio, Vita di Nerone, XXXVI, XXXVIII, XL, LVI; Tacito, AnnaH,
XV, 57, 36.
(7) Sergi, Degenerasione : Pasti, pp. 64, 65 ; Lombroso, Genio e FolHa (primi
capitoli).
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IL * NERONE , DI ARRIGO BOITO 971
altra norma ai propri! atti che il muteTole capriccio dell'ora. Manca
in lui non pure ogni armonia tra le facoltà dello spirito, ma ogni
serietà di sentimento e di pensiero, fin la coscienza del vero e del
falso, del bene e del male. Educato agli esempi delle crudeltà fred-
damente meditate e dei delitti, tra le coperte arti e gli intrighi
del palazzo, con d'innanzi agli occhi lo spettacolo ad ogni momento
rinnovellato del sangue; innalzato ancor fanciullo all'impero del
mondo e costretto a riconoscere l'inizio della sua fortuna e della sua
potenza da un parricidio, Nerone si persuade assai presto che nulla è
sacro nel mondo, e che la vita non à valore che per l'ebrezza dei
godimento e del dominio. E i suoi contemporanei l'odono in fatti
protestare a ogni ora che la virtù è una menzogna, che l'uomo
onesto è colui che liberamente e senza ambagi confessa la propria
impudicizia, che grande è quegli solo che sa abusare di tutto, tutto
distruggere, tutto dissipare (1).
Ma in fondo al malvagio bizzarro è il retore: la follia di Nerone
fu sopra tutto — come avvertì acutamente il Benan — una perver-
sione letteraria.
Quello spirito prodigiosamente falso era il più atto a cedere al
triste fascino d'una consuetudine che traviava a' suoi tempi anche
i migliori. Nelle* scuole retoriche, mantenute a spese del pubblico
erario, gli animi e gli ingegni si avvezzavano a comporsi senti-
menti fattizi per esercitazione di stile, s'addestravano a mentire
alle verità anche più salde per la lode della sottigliezza e per l^amor
delia frase. Ne nasceva un'educazione al tutto falsata; una fantasia
piena di casi ricercati e violenti ; il gusto delle esagerazioni e delle
cavillazioni ; uno stile perennemente anfanante in cerca di un me-
raviglioso che obbligasse i lettori — come diceva il poeta — ad al-
largare i polmoni e ansimare (2). L'abito contratto negli anni in
cui il pensiero sì forma non era più deposto. Senatori, uomini con-
solari, magistrati si sottoponevano a ridevoli cure per far morbida
e chiara la voce; invitavano gli amici a certami di dispute, a puerili
academie di declamazione: recitavano in pubblico, dopo lunghe pre-
parazioni, con gesti faticosamente studiati, i lor componimenti.
(1) SvBTONio, loc cit, 29, 30; Dionb Gabbio, LXI, 4, 5.
(2) Perbio, I; Raffaello Vescovi, Pre fagiane aUe e Satire » di Giovenale.
Ri9iita mHtiealt ftaiiSita. Vili 63
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974 ARTB CONTBMPORANCA
ei migri (l). A?yisato da Elio liberto, mentr'egli attende a' giochi
in Acaja, che le cose gli volgono contrarie e ch'è necessario il suo
ritorno in Berna, risponde « do?er anzitutto badare alla propria
€ reputazione d'artista » (2). Bimane indifferente ai proclami di Vin-
dice, ma yitnperato in uno di essi come « tristo citaredo », raccoglie
il Senato perchè vendichi la sua fama (3). Costretto a fuggire, sarà sua
prima cura di trovar carrette per recar seco gli stromenti musicali
del teatro (4).
Ma non è tutto.
L'illusione del reale nell'atto della finzione estetica, che nel-
l'artista sano di mente non dura che un istante (e forse non si
scompagna mai, né pure un momento, dalla coscienza — sia pure
attenuata — dell'individualità propria), fu continua in Nerone.
Sogno e realtà si confondevano nel suo delirio. Vedeva sé, le sue
donne, il suo mondo negli eroi e nelle eroine delle tragedie e dei
poemi; e recava per converso nella vita le parole, le attitudini, i
gesti di tutte le creature dell'arte i cui sentimenti egli aveva rievo-
cati nel canto o simulati sul teatro. Per lui la rappresentazione si
continuava oltre la scena; più vasta anzi, poi che comprendeva e fon-
deva in una sola infinita visione tutte le peripezie e tutte le leg-
gende, tutte le fEivole e tutti i miti. Da ciò quella sua estetica atroce
che lo traeva a plasmare nel vero le imaginazioni che pitture scul-
ture drammi racconti gli suscitavano nel cervello. Da ciò anche
quella falsità continua per cui pare ch'egli reciti fin nei momenti
più terribili della sua vita. Vedete, in Svetonio e in Dione Cassio, i
particolari della sua fuga. Inseguito dai soldati di Galba, riparatosi
nella valle di Faonte, pur nell'angoscia suprema dell'ora, Nerone
cerca in ogni nuovo caso che gli occorre argomento a confronto tra
la sua sorte e quella dei personaggi più illustri della storia e del-
l'arte; si paragona ad Edipo; ricorda le parti di principi infelici
da lui rappresentate sul teatro; fa so soggetto di pompose sentenze
(1) SvETOHio, Vita di Nerone, XXIII.
(2) Svetonio, Vita di Nerone, XXIII.
(3) SvETOHio, Vita di Nerone, XLI.
(4) Svetonio, Vita di Nerone, XLIV; Dione Cassio, LXII, 26.
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IL ' NBaONB , m ARRIGO BOITO 975
morali; cerca espressioni alla sua paura e alle sue ansie nella reci-
tazione enfatica di versi d'autori greci e latini (1).
Tutto ciò è ridevole e tristo. L*istrione ò rimasto nel Cesare fino
all'estremo. Ma più tristo anche è che Tistrione prenda a materia delle
proprie declamazioni le sue infamie; che la fatuità retorica in lui si
unisca alla vanità del delitto (2), ed egli melodrammaticamente si
compiaccia della propria scelleratezza neiratteggìamento di un eroe
che il Destino travolge e cui incalzano implacate le Furie (3).
Ora Arrigo Boito à, con intuizione di poeta e di psicologo, colto
il carattere essenziale dell'anima di Nerone.
La falsità di queirindole si rivela con tanto più profonda evi-
denza nella tragedia, in quanto il fatto che occupa la conscienza del
Cesare è tale che ogni più fredda anima ne sarebbe straziata in
etemo.
L'uccisione di Agrippina ci sarà narrata dallo stesso protagonista
nel quinto atto, in pochi versi la cui terribile concisione ricorda
Tarte di Tacito:
...Tu tremi, ammutolisci, eppure
Parlare osasti quando mi narravi
La^ trace notte e là, snl lido un'erma
Gasa deserta, ov'arde un lame languido,
Cogli altri rei varchi la soglia Tultima
Schiava fagge t'inoltri. In solitudine
Tetra giacea, là, sol suo letto desta
Agrippina (son tue parole, ascolta!)
£ avea..:.. l'ansia de' naufraghi sul volto.
Vile! e tu primo avventasti a quel lugubre
Capo il colpo di mazza (4).
Quando la tragedia si apre, il matricidio è da poco tempo com-
piuto. Nerone erra per la Campania in delirio. Un grido di spavento
lo annuncia ; ed egli irrompe su la scena ravvolto in una toga funebre.
(1) Syitohio, Vita di Nerone, XLII, L; Dionb Cassio, LXIII, 28-80.
(2) La vanità del delitto è nno dei caratteri più noti di quei degenerati che
il Lombroso chiama nella sua classificazione, ormai accettata da tutti, « delin-
quenti-nati ».
(3) Stetonio, rUa di Nerone, XXXIV, XLI; Dione Cassio, XLIII, 28.
(4) Atto V, pag. 217.
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976 ARTE CONTCMPORAMCA
recando tra le braecìa un'arna cineraria. Le parole concitate ch'ei ri-
volge prima a Tigellino, poi a Simon Mago, rìrelano una tamnltaosa
agitazione. Ma non è dolore ; è terrore. Il supenitizioso Cesare che pro-
diga le vittime amane per disperdere i presagi del cielo (1) , che per
un augurio infausto si ritrarrà subitamente dal viaggio, gran tempo
vagheggiato, di Alessandria (2), e ristarà su la soglia del tempio di
Eleusi impotente di attraversarla poi che un banditore vieta agli scel-
lerati d*entrarvi (3) — à paura dello spettro materno, k accisa Agrip-
pina perchè la temeva, ed essa gli risorge ora dinnanzi più terribile,
«poi che i morti anno una ignota potenza che vince ogni forza e
ogni le^. Non piangere gli bisogna (in tutta la scena cerchereste
in vano un pensiero, anche improvviso, una frase, anche fugace,
d*affetto), ma assicurarsi contro l'Ombra che lo persegue. E non è
pietà che lo chiama a quell'officio, cui ora s'accinge, di dar sepoltura
al cenere materno, ma fede cieca nella magica efficacia del sacrificio,
nel poter delle formule e de' riti. Vedete (poi che la superstizione
à questo carattere a punto, di dar alle pratiche esteme l'importanza
suprema) con quanto riguardosa osservanza egli compia ogni atto della
cerimonia espiatoria, e ripeta i gesti complicati e le parole oscure
del culto:
siMOK MAGO (porgendo Vuma cineraria a Nerone)
Si sotterri Tuma.
A te; paventi?
UTEBOXI
No.
TiGELLiMo (dalTAppia) ^
Presto.
NERONE
M'i^uta.
(Simon Mago lo aiuta a calar l'urna ndta fossa).
SIMON MAGO
Là,
(1) SvBTONio, Vita di Nerone, XLIV ; Tacito, Annali, XV, 47.
(2) Tacito, Annali, XV, 36 ; Svbtokio, Vita di Nerùne, XIX.
(3) SvrroKio, Vita di Nerone, XXXIV.
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IL ' NERONE , DI ARRIGO BOITO 977
KERONE
Più profondo. Più profondo ancora.
('Siman Mago comprime Vuma netta huca^ poif eolla vanga, la eapre di
terra finché la fossa è ricolma).
SIMON MAGO
È fatto.
NERONE
È fatto. Nascondi la vanga.
(Simon Mago va a nascondere la vanga fra i ruderi, poi rilama;
prende dall'acerra alcuni grani d'incenso, li sparge suU'aitk thnnurìa, tm-
merge Vaspersorio ndl^idria, raccoglie da terra il velo nero, lo distende),
smoH MAGO
Ti copra l'atro vel.
(Copre la testa e il viso di Nerone col v^y insino al petto).
Abbassa il capo
, Sotto Taspergin sacra.
NERONE
(eseguisce carne un lugubre automa gli ordini di Simon Maga e con voce
lamentosa implora :J
Ajntal Ajnta
L'anima miai
SIMON MAGO
(tracciando coll'aspersorio dei segni arcani néWaria)
Eedimo te. Ti prostra.
Amen rispondi.
NERONE
(tutto prostesa, toccando cótta fronte la terra, ripete)
Amen*
(La luna si svolve dalle nubi piò dense; la sua luce traspare velata),
SIMON MAGO
Ti rialza.
(La ajuta a sollevare il capo e il pettOf ma la mantiene ancora genuflesso).
SIMON MAGO
Qaest'ò l'ora che scendono i demoni
Dalla region lunare. Ecate langae.
Spargi i libami pria che si nasconda.
(La luna si fa più torbida. Siman Maga s'affretta a porgere a Nerone
la tazza libatoria).
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973 ARTE CONTEMPORANEA
NERONE
È sangue?
SIMON MAGO
È sangue; inaffiane la fossa,
Ma nel versarlo torci il volto.
NERONE
È giusto.
Ma par neirangoscìa della paura e neirorror del rito funereo, per-
mane il retore e Tistrìone prevale. Il delirio che lo travolge rievoca
a Nerone altri deliri celebrati nelFarte; ed egli pensa che la sua
sorte non è senza grandezza se destini al suo consimili vivono im-
mortali nei versi e nelle musiche di tragedi divini. Le espressioni
che egli usa son ricercate eccessive violente — intese a dare del suo
turbamento un'imagine eroica, k incontrato nella fuga Asteria, e
l'imaginazione alterata gli à finto nella fanciulla l'Erinni. Or non
cosi forse le orride figlie della Notte comparvero subitamente ad Oreste
dopo il matricidio ? « Eccole » — dice l'eroe greco nelle Coefore^ « si-
mili a Gorgoni, avvolte in negri panni, attorte le chiome di affollate
serpi » (1). E a Tigellino — già fatto inconscio plagiario — Nerone:
L'Erinni! là...
. . , .... La vidi, sùrse
Cinta di serpi. Squassava una face,
Poi la ingojò la notte.
E si compiace di quell'imagine, come del paragone tra l'insonnia
della plebe romana e l'inquietudine angosciosa dei Cesari, stirpe di
semidei cui preme terribile il Fato (atto I, pag. 9).
Tutto, del resto — la notte, le luci incerte delle fiaccole, gli arcani
canti che il vento reca e dissolve — par comporgli da tomo una
fantastica scena per una qualche rappresentazione di non più veduta
potenza. Anche lo seduce in quel mistero l'apparato della liturgia, la
pompa teatrale del rito cui egli s'è preparato con lunga arte studiando
non pur i gesti e le formule, ma fin le parole che dovrà pronun-
ciare su la fossa.
(1) Recherei la traduzione del Bbllotti se essa non fosse, per le necessità
del verso, qoa e colà infedele.
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IL 'NBHONB, di ARRIGO BOITO 979
Vedete a punto Torazione funebre.
Incomincia con una reminiscenza della preghiera eschilèa : < Grande
messaggero degli dei superni e inferi, sotterraneo Mercurio, deh
m'odi ! & ch'io sappia che m'ànno inteso i demoni custodi delle case
paterne, e che pur m'à ascoltato la terra, essa che produce e nodrisce
tutte le cose e tutte nuovamente le riceve » (1).
0 Terra! 0 buona Dea! mia prima madre!
Tu che cai labbri déUe tue ferite
Porgi ai figli crudeli e fiori e bi^de,
Ne' tuoi misteri un'ottra madre accogli.
Lo scolare di Seneca ricorda i suoi autori; se non che, indulgendo
al gusto corrotto, guasta la libera imitazione con imagini forzate e
con giochi vani di parole.
Dopo l'invocazione, secondo il precetto della retorica, « l'esposizion
del &tto », chiusa solennemente da una sentenza:
Queste ad un lido fatai insepolte ceneri tolsi.
Qui le trassi dove stende Roma sue tombe;
Sacro sempre fu ridonare agli estinti la patria.
Poi si svolge, largamente, il compianto:
Non a te, madre mia, gli alteri tumuli carchi *
D'urne Domizie.
Sol tuo rogo affrettato ambra non arse,
Poeta non cantò, donna non pianse
E non fu conclamato il tuo gran nome,'
0 figlia di Germanico, tre volte
Imperatoria !
Miseranda! Io stesso
Colgo la cieca notte e mi nascondo
Per darti pace e ignota sepoltura.
Ecco: il delitto è ancor recente; Nerone à poc'anzi lasciato il luogo
ove ei volle rivedere la madre morta. Pure il ricordo del matricidio
non suscita in lui un moto di dolore né un fremito; non gli trae
dall'anima un grido. Non l'opera sua egli piange, ma la povertà delle
esequie indegne della donna che fu sorella e consorte e genitrice d'im-
(l) È la preghiera di Elettra nelle Coefore,
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960 ARTX CONTBMPOaANKA
peratori. Chiama la madre « figlia di Qermaiiico » « tra Yolte im-
peratoria». E freddamente si dUetta a compor frasi eleganti su la
pompa dei fanerali che le avrebbe volato apprestare, quasi che gli
incensi e i canti de* poeti e le acclamazioni della plebe dovessero
bastare a placar qnei Mani e sperd^re fin la memoria delie scelle-
ratezze compiute.
In fine Nerone sMoginoccbia (à meditato ogni atto) ed esclama:
Ecco mi prostro, m'atterro, m'accuso.
Se degli estinti lo sguardo penetri
Nell'alme nostre, il mìo contempla, o madre,
Interno orror.
Quest'è l'ultimo vivo
Di tua tragica stirpe: in me il Destino
Tutte addensa sue forze e le óonsuma.
M'invade il Nmne antico. È l'opra mia
L'opra del foto.
Ah ben dicea quel grido: (ergendosi fieramente)
Io sono Oreste! (1).
Io sono Oreste! Tutto Nerone è in questo grido. Il Matricida si
atteggia nel gesto deireroe — sorto, come l'ultimo Atride« da una
tragica gente, prescelto dal fato per un'opera che trascende ogni
umana legge. 11 suo delitto è la sua grandezza. E l'orazione funebre,
cominciata con una preghiera, finisce in un'apologia.
Compiuto il rito, la triste cura è cacciata. Ma un'inquietudine
assale l'anima del Cesare: come rientrerà in BomaP La plebe, i se-
natori, i tribuni accorrono alla sua volta. Pur Nerone esita. E non si
rianima se non quando ode suonare nel canto degli artisti dionisiaci
i suoi versi. Dice il carme i
I DIONISIACI.
L'ebra MimàUone già die fiato alla Bacchica tromba,
Sotto il secòspite sta già il tauro ne' ceppi superbo;
Doma un giogo di fior la lince, le Mènadi ardenti
• Evion! , gridano ed * EvTCon! , l'eco remota ripete (2).
Son versi, come vedete, miserevoli ; gonfi di frasi pretensionose e
pompose. Ma non fu osservato (ed è strano) che essi appartengono i
(1) Atto I, pp. 11.13.
(2) Atto I, pag. 57.
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IL *NBaONB, DI ARRIGO BOITO 081
noa satira di Aalio Persio: alla prima, a punto, in cui son dileg-
giati gli ampollosi poeti del tempo. La maggior parte de' commen-
tatori li attribuisce anzi senza più a Nerone ; altri, col Monti, inclina
a credere — e pare più conforme al vero — che con essi l'animoso
scrittor di Volterra imitasse lo stile « del rìdoTole yerseggiatore co-
ronato » contro cui doveva poi hnciare l'epigramma, smussato dalla
prudenza di Anneo Cornuto: « Àuricnlas asini Mida rei habet». Eccoli,
a ogni modo, nell'originale:
* Torva mimalloneis implerunt comua bombis,
Et raptum vitulo caput ablatura superbo
Bassaris, et Ijncem Msenas flexura corymbis
Evion ingeminat: reparabilis adsonat Echo ..
Nerone ascolta, rapito. « Cantano i versi miei », à detto a Ti-
gellino. « Plaudono i versi miei ! » or gli ripete, invaso d'immensa
gioja mentre le acclamazioni si propagano su l'Appia. Nella vanità
sodisfatta di poeta egli à oramai obliato ogni pensiero. E quando,
come &scinata dal carme, la plebe ripete l'invito « Canta voce di
cielo ! Canta l'ode d'amore ! Canta ! Canta !» e la lode dell'artista
sovrano — cantore ed auriga, ceteratore ed attore — risuona nelle
voci concordi, Nerone rinasce libero e forte, e corre al Trionfo, ebbro
dì vanagloria, superbo di svelarsi al po|)olo che l'invoca nella sfol-
gorante improvvisa apparizione d'nn semidio vittorioso (1).
Da questo momento — e fino all'ultimo atto — Agrippina è di-
menticata.
Il ricordo del matricidio ricorre, bensì, ancora — ma' fatto ormai
un motivo poetico. La Nemesi è placata (2). Nerone — nel suo pensiero
— è già Oreste dopo il sacrificio all'ara di Febo; à per volere dei
Numi compiuto un'opera di terribile giustizia (3); e la grandezza
tragica del Destino lo circonda d'un fascino immortale. Curioso dei
misteri soprannaturali, avido del meraviglioso e dell'incredibile, egli
chiede ora a Simon Mago la rivelazione d'una dea nova. Crede alle
' fole del Taumaturgo, come crederà alle ciancio di Cesellio scopritor
(1) Atto I. pp. 57-68.
(2) Atto II, pag. 91.
(8) Le parole ch*egU dice nel second^atto « Io non. senza ragion la madre
Qccui » (pag. 96) son qaelle medesime di Oreste nelle Coofore (ultima scena).
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983 ARTE CONTEMPOaANEA
dei tesori nascoti ne' campi di Cartagine da Didone faggi tiva (1). Dalla
snperstizìoDe del Cesare, già rappresentata nel primo atto (2), il
Boito trae qui argomento a rappresentare il carattere del suo eroe
in nuovi aspetti. Il Matricida, la cui mente è piena di prodigi e
di miti, ricorda la favola di Pigmalione che animò la statua plas-
mata dalle sue stesse mani, il folle sogno di Caligola che chiamara
(1) Tacito, Annali XVI, 1, 2, 3,
(2) Alla scena dell'incantesimo sono da aggiungere i particolari di qnest'altn
che pnre ritrae la credali tà superstiziosa del Cesare:
(Nerone guarda pa%iro8amente H sepolcro dove sorgeva Asteria).
TIGELLINO
Ebbene? Sparve.
KEROME
(sempre cogU occhi rivolti al sepolcro, cupamente)
S'ergea fra Boma e me !
TIOELLINO
Torci Panello;
Sperdansi i rei presagi.
(Dicendo queste ultime parole rivolge il castone d'un suo anéOo neìtifUemo
della mano; Nerone lo imita),
TIQBLLINO
Ed or che guardi?
NBROHB (fissando la pietra miUiaria)
A qnella pietra s'arrestò Tiberio
i'aoroso di Boma.
TIQBLLINO
Erri, ei dio volta
Al settimo milliario e Thai varcato.
NERONE
(volge gli sguardi if^uieti sul posto dove Aa sotterrata Puma ed esdama
atterrito:)
Si scorge il labbro della fossa !
(TigéHmo va a calpestare quelle MÓUe per disperdere le traecie del seppellimento-
Nerone lo ha seguito),
(8'odono dalla parte di Boma dei clamori lontani).
TiGELLiNo (prendendo per mano Nerone)
Andiamo.
(Atto I, pp. 42 e 43).
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IL 'NERONE, DI ARRIGO BOITO 983
anelante la nuda fulva turgida luna al talamo imperiale. Nello
specchio oy'^li tiene fissi gli sguardi gli appare Timagine di Asteria.
(Un raggio iridiscente scende daUa voUa del Tempio e illumina Asteria
la cui immagine si riflette nello specchio),
NERONE
Ah! sparisci!
(Atterrito, impugna il maglio di ferro e sta già per colpire lo scudo,
ma sàbito s'arresta). ^
No No. Sei del miraglio
L'illuslon. Ma ben ti ra£Sguro.
(Avvicina lo smeraldo all'occhio:)
Voglio indagar. Come mi guarda fiso!
Strano mister. Par specchiato sembiante.
(Ravvicina, con intensa curiosità, allo specchio e lo tocca; abbandona lo
smeraldo:)
Oh! qual pallor sul suo volto e sul mìo!
Vediam (si volge e vede Asteria sull'altare).
Ahimè! La Dea vivente! Asteria!!
f Inorridito, fugge verso l'angolo opposto a quello dello specchio e si copre
gli occhi colle mani).
Pace! Non m'accecar!
(Porta la mano destra aUe labbra in segno d'adorazione e, sema osare
d'alzare gli sguardi, si avvicina ai piedi della scalea e bacia il
primo gradino).
T'adoro. Bacio
L'altare tuo, pallida Dea, tremenda
Protettrice dei morti! Un giorno in Tauri
Tu promettesti pace a un matricida,
La stessa grazia imploro; al par d'Oreste
lo non senza cagion la madre uccisi.
Dal sno spettro mi salva!
ASTERIA
(sempre immota, fissandolo, con un accento languido di sogno:)
Sorgi e spera.
NERONE
(sollevando la testa e gli occhi poco a poco insino ad Asteria.)
Oh! come viene a errar presso il mio core
La tua parola! Al par d'un bronzo echèo
Risponde il core.
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984 ARTE CONTK31PORANKA
(8org9 ìenUxmenU e, • guardando Asteria, si toglie dal eoUo U
di smeraldi} tnentr^egli compie quest^atto, Asteria con eguale Im-
tezza e cogli occhi fissi su Nerone si toglie dal coUo le serpi awoUe
e le lascia cadere neUa cista mystìca che le sta d^aceanto).
NBBONB
Ta dal sen dianodi
La vivente lorica, io sorgo e getto
L'offerta ai piedi tuoi.
(Getta la collana di smercddi sul tripode dell'altare, alla portata della
mano d'Asteria).
Più che ti miro,
Più fatale m'appari e arcana e beUa
Nel tao fùlgido nimbo! E t'ho confusa
Co' miei sozzi fantasmi ! Or riconosco
La tua divinità! Da quella notte
Che m'apparisti fra le tombe io vivo
Con te, con te soffro, sogno, deliro,
Siam da temici nodi avvinti insieme
Viscere e cor e tu nel cor mi rodi.
Sul volto ho il tuo paUor, son la tua preda,
Estreme infliggi angoscie a me! mia Dea, *
Perchè m'annodi egro così, perchè?/
(con parola sempre piU^ infiammata:)
Forse un immenso spasimo d'amore
È quél che grida in noi, mio paUidHncuho,
E fama il Matricida e in lui ti béiL.
Taffascina del sangue il bel cinabro...
Dammi U tuo morso! estatico l'attendo
E e offro U labro!!
(poi seguendo collo sguardo le movenze d'Asteria, prosegue:)
Ecco: la Dea si china.
Coglie il monil. Il sen s'ingemma. Bella
Fra i lividi smeraldi!!
Ah! scendi! scendi
Sul sognator d^ prodigiosi imeni!
Come sciolta dal ciel cade una stella,
3cendi vèr me, Selène! Ecate! Asteria!
Vago Eòne lunar! Magica Iddia
Dai niiUe nomi, scendi! ognun di quelli
Sarà un nome d'amor!
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IL 'NEBONB, DI ABR160 BOITO 986
Ma immota resti,
Dea degli alti silenzi, al par dell'astro
D'onde tu migri nell'ore incantate.
No nel tuo core uman sangue non pulsa,
Ma il fii^do icore de' Celesti. Guarda I
Io rapito dal senso, amor spirando,
Qui giacio
(S^è geUcUo sui gradini dell'altare sempre cogli occhi fissi in Asteria e
eoUe braccia tese verso di lei. Essa rimane immòbile presso alTara
cóUa tesia ammeseiata; come irrigidita deiPestasi),
KEBONE
Ohi duolo l Una immortai tu sei!
Donna ti voglio e anelante nei fremiti
Fieri del bacio!! Ah! ch'io non maledica
La tua Divinità!! Già U sacrilegio
Portai su Vesta aUor che a forza avvinsi
Bubria, vergine sacra, a pie dell'ara
Ma delitto pia nuovo e assai più forte
Consumerò!!
L'oracol grida invan su me, non temo.
Vedi che inerte giacio agonizzando
Sotto i tuoi piedi,,. Ah! dammi U bacio,,, il bacio
Blando,,., lento..,, che muor col sogno e bea
L'alma..., e dissonna U senso,.,. Oh! Amore.,,.
La fantasia di chi legge rievoca le tede nuziali accese per Tin-
faniìa di Sporo, il sangue di cui si tinse Taltare di Vesta, le ultime
parole di Agrippina al sicario. Anche qui è tutto Nerone. È il « cu-
« pitor incredibilium » in quel folle sogno dell'imeneo con la Dea. È
la vanità del delinquente e del pazzo in quell'ostentato ricordo delle
turpi nozze e del sacrilegio e del matricidio, quasi che Taver violata
ogni piti pura norma di vita facesse del Cesare un nume degno del-
l'amore d'un'immortale. È il pervertimento dei sensi in quell'acre
desiderio del morso nelle labbra sanguigne, in quella brama di vio-
lente ebbrezze struggitrici, in quel pensiero che finge imagini di spas-
mosa lussuria cercando nella stessa freddezza della dea un incita-
mento di saper novo, in quel delirante linguaggio che associa il
piacere all'angoscia, l'amore all'agonia.
Pure basta che Asteria si riveli donna, e ogni incanto sensuale
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V^OO ARTB GONTEÌCPORANKA
vanisce. Per uno di quei contrasti improvvisi che bizzarramente s'it-
vicendano nel suo spirito, Nerone, fitto in un sùbito incredalo, or si
diletta ad infrangere le imagini che poc'anzi gli inspiravano nn re-
ligioso timore. Lo sprezzatore delle religioni risorge. Anche riappare
il crudele. Già lo udimmo nel primo atto dettar freddamente le
sentenze di morte, comprendendo tra i condannati anche Burrhus sol
per compiacere a Tigellino, anche Trasea non per altro che per fa-
stidio del volto burbero e accigliato (1). Le pene che egli trova ora per
la fanciulla e per Simone rivelano una crudeltà ingegnosa che si com-
piace di sottili accorgimenti.
NERONE {a Simon Mago deridendolo)
0 Gran Forza di DioI {al Decurione)
Libero ei sia;
Costor dai ceppi han gloria, {a Simon Mago)
0 Paracletol
Già udii narrar di te che t'ergi a volo
Pe* cieli. Ebben, ah! ah! tu volerai
Nel Circo il dì delle Lucane.
NERONE
{al Decurione, indicando Asteria che s'è riavuta)
Decurione
Questa,- degli angui amor, falsarda Erinni,
Nel vivano dei serpi.
A questi comandi Nerone mesce giochi di parole, ironici motti,
atroci derisioni. È il beffardo feroce che oltraggia la memoria di
Claudio (2), che alla zia ammalata la quale accarezzandogli la barba
gli dice: « com'io la vedrò rasa sarò contenta di morire » risponde:
« la farò radere tosto » (3), che a Burro promette di mandare on
rimedio per la gola e gli manda un veleno (4), che raccomanda ai
medici « di curar senza indugio i condannati » significando in tal modo
con lugubre scherzo Tatto del tagliar loro le vene (5).
(1) Tacito, Annali, XVI, 22; Sybtomio, XXIII.
(2) SVETONIO, loc. Cit.
(3) SvBTONio, Vita di Nerone, XXXIV.
(4) SvETOXio, Vita di Nerone, XXXV ; Tacito, XIV, 51.
(5) SvsTOifio, loc. cit..
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IL ' NXRONK , DI ABRIOO BOITO 967
Poi un'altra volta il retore fatuo trionfa. Nerone à distrutto qualche
simulacro, e senz'altro si gloria vittorioso degli Iddìi. Sale su l'altare:
KEBONK
Or che % Numi san vinti, a me la cetra,
A me l'aitar!
iGFobri(M prende daUa mensa una corona d'alloro e glida porge. 'Nerone
s'incorona. — Oóbrias, Tigellino, Terpnos, i Pretoriani si schierano
davanti aU'aUaré).
NBR0K1&
Udite.
TioKLLiNo {agli altri)
Udite I
NERONX
Io canto.
{ff atteggia come ^Apollo Musagete e incomincia a preludiare).
Bi troviamo l'artista nel Circo (atto IV); non più, come dianzi, il
poeta e il citaredo, — ma Tordinator di spettacoli e il corego. Con
geniale arditezza, Arrigo Boito ritrae il Cesare nello stesso fervore
della sua creazione perversa, nell'ansia della rappresentazione. Giochi
e supplizi che dovranno tradurre in vive imagini le complicate e vio-
lente fantasie della decadenza greca sono opera sua. L'ordine degli
spettacoli reca:
" I gladiatori di Preneste
* Il supplizio di Dirce, pantomima
" Coi tori e i veltri e con la morte vera
* Di femine cristiane „ (pag- 153).
Nerone compare nell'Oppidum mentre si svolge nell'arena il com-
battimento dei mirmilloni e dei reziari. À la testa cinta dalla corona
radiata e i capelli, d'un biondo ramigno, cincinnati su la fronte, ar-
ricciati con arte somma, lunghi dietro il collo (1). I suoi calzari son
coperti di perle. Porta una piccola mappa verde assicurata alla cin-
tura; tiene tra le dita il suo smeraldo volgendo a torno lo sguardo
(1) € Circa caltam habitamqae adeo pndendas nt comam semper in gradns for-
matam, peregrinatione etiam pone Terticdm sommiserit > . — Stetomio, Vita di
Nerone, LI.
Binila muiieaU UaUana, VIU. M
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068 AaTB GONTKMPOEAICBA
incerto de' miopi. Or egli tende l'orecchio alle grida della molti-
tudine nel Circo. Plaudono le morti sapienti, dileggiano la indotte.
Subitamente erompe una voce: € Vogliamo le Dirci! »; altre toci
rispondono; il clamore si propaga. «Non odi — dice Nerone i
« Tigellino — la plebe che ruggeP » e si aggira concitato verso il
cripto-portico. Scorto Alitnro — l'arcimimo — l'imperatore lo chiama:
Olà, presto, Alituro,S
S'affirettì la tragedia {AlUuro esce correndo e sean^pare).
NIRONB
{ad alcune guardie che sopraggiungonó)
E Toi scacciate
Quei gladiatori. Allo spoliario i morti!
Date le Dirci al popolo! Via! Presto!
{Affaccendato come un ordinatore di spettaceli, chiede a Ocbriae ed a
Terpnoa con grande concitazione:)
Son pronti i tori? e le funi? e la scena
Del Giterone? e 1 veltri? e i sagittari?
{Chiamando con forte voce come ad appdlo:)
I personaggi d'Anfione e Zeto!
aoBRiAS {indicandoli tosto)
Davanti a te.
(i due personaggi si presentano: Zeto porta una dava e ddle funi.
Anfione una cetra),
NEBOKB
{ad Anfione strappandogli la maschera)
Giù la maschera, Yàlens.
{strappando la maschera a Zeto)
Giù la maschera, Cnèo. Si mostri il volto
Di due patrizi pantomimi al sole.
Via presto! In scena! Le Dirci! Le Dirci!
E come il corteo tristissimo giunge, l'imperatore lo contempli con
quello stesso avido sguardo con cui scruterà l'agonia di Asteria nel
baratro dei serpi (1). Poi, quando, svelata Bubrìa (alla vista delU
fiBinciulla ch'egli à contaminata Nerone non à un fremito: la nomiflc
(1) Atto V.
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IL * NKROMS , DI AARIOO BOITO 989
prima — raTTisandoIa — freddamente, poi la derìde beflhrdo) (1),
le Dirci s'avviano tra squilli feroci al martirio, il Cesare conduce
Ali turo e Vàlens davanti al marmo rodiano:
NIROKB
A noi!
La Tragedia ne chiama. In scena! In scena!
Balzan già i tori nel Circo ! Istrioni I
Questa è l'effigie del supplizio, (a Vedetta :)
Guarda!
Tebe una Dirce ed io ne uccido cento.
Cento aspetti ha la scena!
(Scoppia un altr'urlo farmidabUe nel Cireo).
Udite! Udite
L'urlo di Roma! B gran delirio irrompe!
Mano aUe funij aUe belve^ aUe donne!
Tutte un Eroe denudator le abbranchi.
Le avvinca nude in groppa al furtale
Nembo d^ tauri, ebòre d^orror, fugate
Dai veltri in caccia, irte di dardi, esangui
BeUe, riverse, i grembi al sol, nd cerchio
Dd concavo smeraldo agonizzanti,
LA PLEBE E OLI ISTBIONI
Gloria a Nerone!
NERONE {avviandosi al podio)
Il Mostruoso è il Bello!
Qui è qualche cosa più che l'impeto e la bellezza — a ogni modo
tnirabili — del verso; è la sovrana virtù della parola che crea.
L'estetica di Nerone è ben questa; il delirio d'una fantasia ebra
di sogni violenti, l'arte d'un pazzo atroce e lussurioso — in cui ri-
vivono gli istinti atavici della ferina lotta con la femina, e pel
quale le ferite son vivide labbra invitanti ai baci, e sono incita-
mento al piacere le nude carni straziate ed il sangue.
Ma un più vasto spettacolo si ripromette l'artista, — mille volte
sognato nella lettura dei versi di Yergilio e d' Omero. A Tigellino
ohe gli parla della congiura, risponde imperiosamente: < Taci ». Poi
lo conduce in disparte:
(1) Atto IV, pag. 173.
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990 ARTI CONTEMPORANEA
NERONE
Astuto Agrigentino e non t'avvedi
Ch'io già tatto sapea? Guai se l'incendio
Tenti stornar ch'il caso m'offre. Goail
TIOELLINO
Crolli il mondo me morto.
NERONE
No! me vivo,
Me vivo crolli! Abbia V immenso esodio
Me spettator.
TIGBLLINO
E poi?
NERONE
Poi ciò che struggo
Risorge. H mondo è mio. Pria di Nerone
Nessun sapea quanto osar può chi regna.
Qui non bisognano commenti. Noterò solo che il sentimento —
tutto neroniano — di questa scena à rilievo da frasi storiche. € Id-
« superbito dei trionfi » — narra Svetonio — « soleva dire che
< nessun principe, prima di lui, aveva conosciuto quanto poten
« fare »(!).« Dicendosi in certo discorso familiare ' morto io vada
« la terra in fiamme *, * Anzi ' soggiunse, * me vivo ' > (2).
Dopo il corego, l'attore. Imaginate l'orribile angoscia d'un sur-
tista drammatico cui una strana somiglianza di casi tra il soo
passato e la finzione poetica costringa a rivivere su la scena
tutti i momenti d'un'ora d'in&mia trascorsa. Pure Nerone à scelto
non per leggerezza soltanto ma con meditato proposito V Orestiade,
Gli è che in lui la fatuità dell' istrione si associa alla lugubre va-
nità del delinquente folle: egli vuole recare nella rappresentazione
il triste privilegio d'una esperienza tanto più rara quanto più scel-
lerata, e s'è inoltre da gran tempo avvezzato a veder sé in Oreste e
la propria grandezza nel suo delitto. E osservate: della Trilogia ei
sceglie a punto il terzo dramma, dal quale — placate le Furie —
l'eroe greco esce non pur libero mjà glorificato. Le prime parole
(1) Syetokio, Vita di Nerone, XXXVIII.
(2) SvETOKio, Vita di Nerone, XXXVII.
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IL * NBRONK , DI ARRIGO BOITO 991
ch'egli dovrà dire non sono forse queste: < Regina Athena, io vengo
a te, mandato da Lozias. Accogli benigno un infelice, non più reo
da che à espiata la colpa»? Anzi non fa né pur colpa: quando
le Erinni gli domanderanno: < Ài tu uccisa la madre? », egli potrà,
non senza orgogliosa fierezza, rispondere: «Siami testimone Apollo:
merHamente Vò uccisa ». La rappresentazione àeWOresiiade dev'essere
dunque per il Cesare un altro trionfo, di attore e di eroe, che egli
prepara a se stesso.
Ma Nerone — vedemmo — è vile quanto è vano. E allorché nel
coro delle Eumenidi risuona l'urlo « Matricida », la paura, ch'ei
credeva vinta dopo l'espiazione per sempre, lo riprende, così vio-
lenta ora da travolgerlo negli orrori d'una allucinazione delirante e
mostruosa. Dovrebbe rispondere: « Pensi che il suo sangue sia stato
senza ragione versato? » (1), e gli prorompe in vece dall'anima il
grido:
Atroce Madre!
Fiera murena al mio scettro annodata!
Orido dell' anima, certo, ma che pur s' esprime con una remini-
scenza poetica (2) — tanto il retore à piena di frasi letterarie la
mente. D^ questo momento il turbine della follia si abbatte sul
Matricida. Bisorgono nella fantasia di Nerone, ad uno ad uno,
i particolari del suo delitto, e una forza invincibile (la stessa che
trae i colpevoli sul luogo del malefìcio) lo costringe a ridirli tutti.
E la scelleratezza rievoca altre infamie, e il delirio non à più
tregua (pag. 215-242). E tuttavia osservate: anche nel vaneggiamento,
se la ragione è sconvolta, il folle orgoglio del Cesare non si placa:
il suo è — per lui — l'immenso dolore d'un immortale; ed egli è
ancora ai propri occhi « un Nume », « un Nume che crea fan-
tasmi », un dio che — turbato — uccide (3).
(1) Eumenidi QaeUa che Nerone recita è, in parte, una riduzione della tra-
gedia eschilèa.
(2) « Certo ella era una murena o una vipera che avvelenava tutto ciò che
toccava». Così Oreste nelle Coefore,
(3) Asteria, bada! LMnsania riarde.
Tu regni sagli spettri ed io li creol
Bada, ò tremendo cader nelle mani
D'un Dio vivente!...
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ARTE CONTBMPORANBA
Che la bellezza di una concezione psicologicamente e poetìcament»
cosi geniale, come questa della figura di Nerone nel dramma del
Boito, sia stata disconosciuta dalla maggior parte dei crìtici, può
parere — ed è certo — assai strano.
Né io ribatterò le troppe censure.
Parve ai più che l'anima del protagonista fosse dominata da im
sentimento unico, mentre è certo in vece che essa si ritela — come
vedemmo — nella tragedia non pure in quel pib profondo carattere
che la fa singolare da ogni altra, ma in tutta la varietà delle com-
plesse e mutevoli attitudini sue.
Si scambiò la paura col rimorso e si volle far colpa ad Arrigo
Boito d'aver attribuito a Nerone un sentimento che contraddicen
alla perversità della sua indole; quasi che la lettura del dramma
non bastasse a persuadere che il Cesare non è mai pentito — né
pure un istante — del suo delitto.
La voluta freddezza retorica deirorazìone su la tomba di Agrippina
fu apposta a manchevolezza del poeta che non sapesse esprìmere eoo
imagini convenienti il dolore; ed era in vece accorgimento consape-
vole di arte sottile e sapiente.
Si credette che un sentimento di pietà persuadesse a Nerone di
dar sepoltura alla madre, e si confrontarono i versi del Boito alla
divina poesia di Sofocle nelV ^.n^^one : paragone assurdo, poi cbe
non la gentilezza del sentimento né Y affetto inducono il Cesare a
quell'atto, ma la superstizione.
L'esagerazione, ricercata a disegno, dei gesti e delle parole di
Nerone fu recata a difetto dell' educazione romantica (già, si disse
anche questo) di Arrigo Boito. E pure, quanto alla mimica, la con-
suetudine del recitare enfatico, anche fuor di scena (1), notissima
agli studiosi della vita del Cesare — doveva al meno esser tenata
in qualche conto anche da quei critici i quali non avessero ricordato (e
non è da credere) i costumi d'un tempo in cui, per non citare
che qualche esempio, i patrocinatori conducevano tra alti lai in-
nanzi al giudice i loro clienti in vesti di lutto, coperti il capo di
(1) Anche oggi, che la recitazione ò tanto più aobrìa, gli artisti drammatid
si rivelano faólraente alPosserratore per la prontesxa e Tabbondania e feaagera-
zione dei gesti.
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IL * tXMROHM , DI ABBIOO BOITO 003
polvere, o — interrotta rarringa — straodavano loro in nn sùbito
impeto la tunica perchè la vista delle cicatrici inducesse a compas-
sione gli astanti, e una patrìzia per iscolparsi da un'accusa capi-
tale poteva irrompere seguita dai consaguinei nel pubblico teatro
mentre fervevano i giuochi commovendo gli animi coi disperati atti
e coi lamenti. Quanto alle imagini, a persuadere che il Boito era
stato sobrio anche troppo, sarebbe bastata la lettura di qualche
passo di Seneca o di Lucano. Questo, ad esempio:
Hic nocte coeca gemere ferales deos
Fama est; catenis Incus excassis sonat
niulantque Manes. Quidquid audire est metus
mie videtnr: errat antiqnis vetus
Exnissa bustis turba, et insultant loco
Majoris notis monstra. Qnin tota solet
Micare fiamma silva, et excelsae trabes
Ardent sine igne. Saepe latrata nemas
Trino remugìt; saepe simnlacris domas
Attonita magnis. Nec dies sedat metnm.
Nox propria luco est, et superstitio infemm
In luce media regnat (1).
Il gusto del tetro, la predilezione per un orrido fantastico, l'abuso
delle apparizioni di larve e di spettri erano nello stile dei tempi:
che se certe aberrazioni della scuola romantica ricordano i peggiori
esempi della letteratura decadente latina, non par giusto recarne la
causa... ad Arrigo Boito.
Al quale più d'uno volle &re anche, amorevolmente, qualche lezione
di storia.
E poi che Nerone, parlando della madre, esclama: « Morì maledi-
cendomi! » si osservò che questo contraddice?a alla verità narrata da
Tacito, secondo cui Agrippina < avrebbe pdrto serenamente il ventre di-
« cendo al sicario * qui ferisci '; oltre che la parola e il gesto della male-
« dizione sono parola e gesto cristiani». Veramente, ecco, non parrebbe:
il verbo makdicere nel senso di imprecare è della latinità classica
(maledicere alicuì à Cicerone, e Plinio — siamo ai tempi di Ne-
rone — à il participio makdiehm); e in questo significato a punto
(]) Seneca, Tteste, Tersi 666-675.
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994 àrtb gontbmporansà
l'osa il Matricida nella tragedia. Né la frase riferita da Tacito, che
a ogni modo a serenità non accenna (il « serenamente » è un'aggiunta
assai libera del commentatore) toglie che il Cesare potesse credere
che a lui avesse imprecato in pensiero Agrippina morendo. Del resto
neìVOetavia — opera d'un imitatore di Seneca — le parole dell' Au-
gosta sono così riportate: « Hie est, hie est foeéUendus, monatrum qui
qui tale tulit ». Ora ciò che fu lecito al tragedo antico, in tempi
in cui il ricordo del delitto era vivo, dovrà esser vietato al moderno
per l'autorità d'un racconto storico interpretato a caprìccio?
Anche si disse che «pontefice massimo della religione trìon&le»
Nerone non poteva tremare « davanti a un Mago celebrante inespri-
mibili riti ». Ma l'esser pontefice massimo della religione trionfale
(chiamiamola pure, se vi piace, così) non impedì a Nerone di < tre-
mare per tutte le sue membra », assalito da improvviso sbigottimento
nel tempio di Vesta ov'erasi recato per pregare propizia la dea alla
sua gita in Egitto (1).
< U ricordo del delitto » — sì aggiunse — < non dette mai a
« Nerone il terrore che il Boito gli attribuisce da principio per la
« supposizione che Roma, il Senato e la plebe lo accolgano con fieri
« propositi di vendetta ». Ecco: di fieri propositi di vendetta Nerone
nella tragedia non parla; dice, dubitoso tuttavia e tremante:
Se rìvarco le mora a chi mi volgo,
Al Senato o alla plebe?
e le parole rendono esattamente la narrazione di Tacito: < Tamen
< cunctari in oppidis Campaniae quonam modo urbem ingrederetur,
« an obsequium Senatus, an studia plebis repererit anxius » (2).
In fine la verità storica parve anche tradita in danno di un poeta
insigne — Lucano — che il Boito pone tra i fEuniliari del Cesare
nel convito dell'ultimo atto: « tale non fu » — si sentenziò —
« l'uomo che poetò e morì da filosofo ». Mi dispiace per i dilettanti
della sentimentalità poetica: Marco Anneo Lucano fu proprio tale.
Celebrò le virtù singolari di Nerone, da cui fu nominato questore,
poi augure. Proibitogli di legger versi in pubblico, se ne risentì
(1) Tacito. Annali libro XV, 36.
(2) Tacito, AnnaU, XIV, 13.
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IL *NSRONX, DI ARaiOO BOITO 996
profondamente, lanciò epigrammi contro l'imperatore e prese parte
alla congiura dei Pisoni. Condannato a morte, si mostrò altrettanto
Tigliacco quanto era stato ?iolento; pianse ai piedi del Cesare, pregò
gli fosse risparmiata la vita, trascorse sino a macchiarsi deU'in&mia
più turpe accusando, per salvar sé stesso, la madre. Né la stoica
morte può cancellare queste vergogne.
Ma io avevo promesso di non ribattere le censure. Basta, dunque
— non è vero?
Ed ora dovrei parlare della forma letteraria.
Ma qualche cosa già ne ò detto esaminando 1 rapporti che nella
tragedia del Boito la poesia à con le altre arti. E poi, tra i lettori
della Bhista quanti mi avranno seguito fin qui? Sarò dunque, anche
per amor dei pochi che rimangono, brevissimo.
« Un style dramatique p — scrive il Sainte-Beuve — < c'est
« quelque chose de vif, d'entrecoupé, qui se déploie et se brìse, qui
< monte et redescend, qui change sans effort en passant (f un per-
« sonnage à Vautre, et varie dans k méme personncye selon les
« tnomenis de la passion ». E tale a punto, ricco, vivo , pieghevole
è lo stile del Nerone. Una semplicità soavissima (già ne vedemmo
gli esempi) perennemente informa il linguaggio de* cristiani. Pom-
poso in véce e fastoso, scintillante d'imagini e adorno e sovraccarico
di risonanze e di rime — come di rabeschi e di gemme una stoffa
sontuosa — è il discorso del Mago. Come in questo passo della
Tentazione:
S'avanza una gran nube
Di turbe, Echeggian trionfali tube.
È il matricida, ei vien col suo corteo
D'istrioni e d'Eumenidi all'assalto
Del mondo reo.
Per te, per te fulgida un'oi*a ascende!
Dammi la fé che spiri e quella Grazia
Che sol l'impronta di tue palme accende
E afferriamo quest'ora!
Guarda quaggiù: Pel sangue che l'inonda
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096 àRTB GpNTBlfPORAiniA
L'arca d'oro di Gesare sprofonda,
Furibonda roìiia e precipizio;
Plebi nefande confase nel vizio
Plaudono a Roma che canta e che crolla.
Tremano tutti: Cesare, la folla,
Le coarti. Fischiò negli angiporti
Già il grecalo rubel. Cadono i morti
Nel Circo e cadon nel triclinio i tìtì
E i Numi in eid! Con me su quei captivi
Del fango e della porpora distendi
Le tue mani, la tua Magia mi vendi;
Due Sovraumani vedrà il mondo allor!
Vendi i prodigi tuoi, t'offro dell'or.
E mentre tutta fantasiosa e fiorita d'orientali vaghezze è la pa-
rola d'Asteria, mirabilmente varia ad ora ad ora risuona quella del
Gesare: quando imperiosa e recisa, quando incomposta e violenta,
quando compiacentesi nelle ambagi d'uno stil ricercato ed ornato —
ambizioso di sottili eleganze, di artifici retorici, di parole rare e
preziose. Per questo riguardo molto giovò ad Arrigo Boito lo stadio
(che ogni pagina del suo lavoro rivela profondo) de' corrotti scrittoli
vissuti nell'età di Nerone. Lo scolare di Seneca, quando il capriccio
0 l'impeto della passione non lo fa dimentico dell'educazione lette-
raria (quando l'oblia, la sua natura prorompe — e pnr ne vedemmo
esempi moltissimi — in una estrema, persin brutale talora, vivacità
di linguaggio), si esprime veramente nelle forme che la letteratura
de' suoi tempi ebbe più care. Disdegna allora la frase che corre
immediata all'idea, e si gingilla nelle pompe di un'enfasi preten-
ziosa e studiata. Chiama « labbra delle ferite della terra > i solchi
(pag. 12), « vivente lorica » il gruppo di serpi che Asteria à avvolti
in tomo al collo (pag. 97); prega che la dea discenda fino a lui
Come sciolta dal elei cade una stella,
paragona a < spiranti anime » le luci oscillanti de' ceri (pag. 101);
volendo significare (un pensiero, come vedete, assai comune) che la
parola della fanciulla trova un'intima rispondenza nel suo core, cerca
un'imagine remota nei «suoni de' bronzi echèi» (pag. 98); si di-
letta di giochi di parole: icore e core (pag. 99), astri ed atri
(pag. 232); persegue epiteti strani e inconsueti: « ne&rio orrore»
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IL ^NXaONB, DI ARRIGO BOITO 097
(pag. 101), € ebrioso compare » (pag. 106), « immenso esodio »
(pag. 166), < falsarda erìnni » (pag. 108), « volto inalbato dall'estasi »
(pag. 232),... e così via.
Or tutta questa varietà di espressioni (a pena Vò potata accen-
nare perchè m'affretto alla fine) à efficace rilievo dalla varietà —
pur grandissima — de* ritmi. Poi che nell'opera di Arrigo Boito la
metrica è creata sempre, in ogni sua forma, non dal capriccio del
poeta 0 del musicista, ma dalla qualità stessa e dall'intimo del sen-
timento e del pensiero.
Così era nella tragedia greca. Vedete nélY Agamennone la scena
di Cassandra. Due momenti diversi della passione, impetuosa prima
e incomposta, poi raccolta e riflessa; e — correlativamente — due
forme. E tutte le gradazioni in queste forme. Da prima quattro
coppie di strofi offrenti la vicenda del canto e della declSimazione mi-
surata: alle grida della Veggente il corifeo risponde freddamente in due
trimetri. Poi la regolarità della composizione metrica si turba: atterrito
dalla insistenza della profezia, il Coro incomincia a commoversi, e il
distico è seguito da versi cantati. In fine, come il delirio di Cas-
sandra accenna a placarsi, pur continuando a significare nel canto
la sua visione, essa fa seguire la monodia da due versi declamati;
e la recitazione passa dal Coro alla Veggente. Quindi si svolge —
terribilmente lucida e calma — la predizione in trimetri. — Vedete,
ancora, come nei Sette a Tebe il terrore delle vergini si esprìma nel
ritmo ineguale dei versi docmiachi; come nel Jane la vicenda dei
suoni accompagni il lamento di Creusa rivelante la violenza patita
dair amante divino poi prorompente nelle imprecazioni contro il sedut-
tore — insensibile, nella sua serenità olìmpica, alla disperazione
della donna che à tradito; come nelle Supplici il compianto funereo
assuma a volta a volta la forma corale, la forma del commos^ la
forma del canto alterno nei semicori delle madri e dei fanciulli. E
potrei prodigare gli esempì. L'infinita varietà de' ritmi trovati dai
poeti lirici risfolgorò nel dramma di Eschilo, di Sofocle e di Euri-
pide: l'anapesto di Tirteo misurò il passo degli Eupatridi; il dat-
tilo grave e pomposo degli innografi esaltò Dario tornante dal regno
dei morti a confortar di suo consiglio la propria stirpe umiliata; nella
melodia triste del treno si effuse il presentimento dei Persiani ser-
bati all'onta di Salamina; e a ogni più vario atteggiarsi del metro
die norma sempre la volubile necessità dell'azione.
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998 ABTB CONTEMPORANEA
Così è, del pari, nell'opera di Bìccardo Wagner. Nella Trilogia
e ne' Maestri Cantori^ nel Tristano e nel Parsifal le forme nie-
trìche sorsero a un tempo stesso con Fimagine e col pensiero. E non
per altro se non perchè tutti i sentimenti vi si avvicendano, noi vi
scorgiamo prodigati tutti i modi della poesia: e versi rimati e versi
assonanti succedere a versi regolati dalle tesi e dalle arsi, e i ritmi
ascendenti alternarsi ai ritmi discendenti, e le dipodie alle tripodie,
e ai decasillabi i dodecasillabi; e l'allitterazione, or fuggevole e irre-
golare, or prolungata e ostinata, suscitare ad ora ad ora dalle parole
somiglianze di concetti e contrasti; e dove più languido e molle si
effonde l'affetto ivi fiorire ricchissima la lusinga della rima. Vedete
come nella strofe di Parsifal si ripercotano i suoni che il Puro
Folle à poc'anzi appreso dal linguaggio delle Seduttrici. Vedete
come all'imprecazione di Brunilde accresca violenza l'allitterazione
ostinata della consonante più aspra. Vedete come la canzone di
Segfried, ingenua splendida rude, appaja tutta regolata dal ritmo
stesso del lavoro a cui attende, gioivo, l'eroe. Vedete Ma non
posso, dicevo, troppo indugiare negli esempi.
E così è ancora in questo Nerone^ ove l'endecasillabo sciolto — usato
dal Boito nel dialogo discorsivo, come il trimetro giambico e il te-
trametro trocaico dai tragici greci — cede via via ne' momenti più
lirici ai ritmi agili rapidi brevi, ai settenari e ai quinari, e alle
strofe animate mosse irrompenti ove la .passione più incalza; e le
più varie forme si disegnano, persistono, si dissolvono, si ricompon-
gono, mutevoli e ricche come la stessa visione del poeta.
Aggiungete che mentre il linguaggio de' cristiani suona sempre in
quel verso sillabico e rimato che ebbe poi dagli inni della liturgia
nova le prime forme regolari, i personaggi del paganesimo — Nerone
in ispecie — si valgono per contro unicamente dello sciolto o del
verso armonizzato di antichi ritmi.
E in proposito di questa ritrovata armonia, so che alcuni come
dire? alcuni (diciamo così) professori di metrica si son data vana
faccenda per iscoprire le lunghe e le brevi negli esametri e nei tri-
metri del Nerone.
Pace, austeri intelletti!
non si trattava di questo. Se Arrigo Boito si scostò dall'esempio del
nostro lirico più grande, le cui odi riproducono il suono dei versi
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IL ' NSRONK , DI ÀRRIQO BOITO 999
greci e latini Ietti secondo Taccento grammaticale, non si smarrì
né anche a cercare, come già il Tolomei e la sua scuola in Italia e
gli scrittori della Plejade in Francia, le arbitrarie leggi di una quan-
tità di cui le lingue moderne àn perduta ogni traccia. Fece ciò che
ì poeti moderni inglesi e tedeschi avevan fatto: prese, cioè, a fon-
damento della quantità Taccento della parola, e sostituì la sillaba
accentata all'arsi, Tàtona alla tesi. < Tutti sanno » — scriveva nel
1878 Giuseppe Chiarini (non so se tutti veramente sapessero allora,
certo oggi molti àn dimenticato) < che i metri classici, particolar-
ie mente Tesametro, sono da oltre un secolo adoperati in Germania ;
« e forse per ciò alcuni han creduto erroneamente che la lingua te-
« desca sia quantitativa al modo della greca e della latina. S*inse-
« guano, è vero, nei trattati di metrica tedesca le regole per distin-
« guere la quantità delle sillabe ; ma questa quantità ha poco o niente
« che fare con l'antica, ha poco o nessun valore nel verso, il cui ritmo
« riposa unicamente sull'accento. Anche i versi di metro antico sono
« nella lingua tedesca versi ritmici, in quanto la loro armonia risulta
« dagli accenti della parola, non dalla quantità ; e sono formati con
« le regole medesime praticate dagli inglesi i quali le appresero forse
« da loro. Chi apre un libro di metrica inglese o tedesca, e ci trova
«la stessa nomenclatura de' trattati di metrica classica antica, s'in-
« ganna a partito se argomenta da ciò che un giambo o un trocheo
« inglese o tedesco siano la medesima cosa che un giambo o trocheo
« greco 0 latino. In questo la quantità è indipendente dall'accento,
< in quello è determinata sopra tutto dall' accento ». Erano apparse
allora (o primavera italica così presto vanita!) le prime Odi Bar-
bare; e il Chiarini aggiungeva: « Si può scommettere cento contro
« uno che, se il Carducci nel comporre i metri delle sue Odi avesse
< seguito il sistema tedesco e fosse riuscito a riprodurre la metrica
« antica con la fedeltà maggiore possibile in una lingua moderna, la
« più gran parte dei lettori italiani (e ci metto anche quelli che
« hanno studiato tanto quanto un po' di latino nelle scuole, anzi ce
« li metto per primi) avrebbe giudicato i suoi versi molto più bar-
« bari che non quelli delle Odi Barbare. Ma questo non conta. Io
< sento gli ostacoli immensi da vincere per rendere accettabili agli
« orecchi italiani altre armonie di verso da quelle cui sono assue-
< &tti; sento altre difficoltà grandi e non poche che dovrebbe aSron-
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1000 ARTE GONTBIIPOBANIA
< tare chi volesse riprodurre piU esattamente nella nostra lingua, col
< metodo dei tedeschi, la metrica antica; sento quanto in cotesto
« metodo c'è d'incerto per la questione, non ancora definita, delle arsi
« principali e delle secondarie nel verso latino; e ciò non pertanto
< credo che la cosa, almeno per alcuni metri, non sia impossibile,
< credo anzi che sarebbe utile e bello il tentarla > (1).
E la tentava il Carducci stesso in una sua lirica (« Nevicata >),
poi esso il Chiarini, e il Mazzoni, e il Fraccaroli,e il Morici, e altri
e altri. E la tenta oggi, in una più vasta opera, Arrigo Boito.
Le norme da lui seguite si possono compendiare così:
I. Del verso antico son serbati il numero dei piedi, la regolare
vicenda delle arsi e delle tesi, e la cesura.
IL Dove cadono in quello le arsi principali, cade nel verso ita-
liano un accento acuto, o un grave de' più segnalati.
Ili. Le sillabe che nel verso greco e nel latino sono in tesi, sono
prive d'accento neUMtaliano o anno al più racconto grave se quella
in arsi à Facuto.
Ecco alcuni esempi.
Gli esametri del Boito anno quasi tutti la cesura eemiquinaria
(TT€vOimifji€p/)0 — dopo Tarsi del terzo piede; come questo:
L'ébra MimdUone | già || die \ fiato aUa \ Bàcchica \ trómba (2)
che riproduce, esattamente, la melodia del greco
Mf)vtva|€ib€ Ocld II TTnlXiiidlbcù) *Axt|Xf)o(;
letto secondo gli accenti ritmici.
E il Boito li intrecciò ne' più diversi modi : ne fece di tutti dat-
tili (salvo Tultimo piede) come questo:
ÉvYon I gridano ed | Evl'on \ Téco rejmóta ri | spónde:
variò la vicenda dei gruppi bisillabi e trisillabi, come in questi altri:
Sótto il se|céspite | sta || già il j tàuro ne' | céppi supèrbo.
Dòma un | giógo di | fior || la | lince le | Mènadi arldéntl
(1) GioBBPPE Ohiarihi, I Critici italiani e le prime Odi Barbare,
(2) Segno con Tacoento le sillabe in arsi, lascio senta accento qndle in tea.
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IL * NBRONB , DI ABRIOO BOITO 1001
Oànta I róde d'a{mór || non | prima a{dita dal | móndo.
Qui le I trassi | dóve i stènde || Bóma sue i tómbe (1).
Ave Ne|róne a | nói || tua | lièta | stélla ri|fiilga.
Una Yelstàle a giajràr || non s^ajstrìnge. Per | Giòve;
intese in somma con ogni più sottile artificio ad ottener la ricchezza
de' suoni che gli antichi avoTano raggiunta in questo meraviglioso
lor metro.
Nella traduzione dell'Ode di Saffo, la tetrapodia hgaediea con
anacrusi
\j \ J. \^ \j I J. \j X sj
ta resa con perfetta rispondenza d'accenti ritmici: le arsi e le tesi
del verso
bclbuKC fiì^v I &a€Xdvva (2)
si ritrovano esattamente in questo vaghissimo :
La I luna e le | sètte stélle
e negli altri che seguono:
tra|móntano | lungo il mare
già I Torà ane|làta fugge
ed I io solijtària piàngo (3).
E il trimetro giambico
SjJ.yjl.\sjJLsjL\s^JLs^±
rivisse — talora con la cesura semiquinaria (dopo la terza tesi) —
(Su té quell'in|no|| che incatéjna Tànime)
— talora con la cesura semisettenaria (dopo la quarta tesi)
(Mi narra cójme uccisa ||fd|. Con quésta man)
(1) In qaesto esametro la cesura è posta dopo il quarto piede OouKoXiicfi).
(2) Saffo, frammento 52.
(8) LUndole deUa nostra lingua (e TosBervazione vale anche per il trimetro
giambico e il tetrametro trocaico di cui dirò subito) non consenti al Boito di
&r distinzioni tra arsi principali e arsi secondarie. Tutte le arsi — così le prin-
cipali come le secondarie — vennero rese con Taccento ritmico. La distinzione
potrà ristabilirla la musica facendo cadere sulle principali il tempo forte.
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1002 ARTI GONTBMPOaAlfBA
più spesso senza cesura — nei versi tradotti da Eschilo che Nerone
recita nel quinto atto. Eccone alcuni:
ETJMENIDI
* Oreste! Oréjste! Uccisa hai tu | la madre !
ORESTS
Si.
SUMEIODI
* Mi nÀrra có|me uccisa fu. |
OBBSTB
Con quésta man,
* Con qnést'acùjto glàdio.
SUMSNIDI
Né I ti penti?
OBXSTE
Nó.|
BUMKNIDI
■ Eppur a té I die* vita.
OBXSTB
Quinidi giusta fu
■ Sua morte ,.
Ed ecco in fine il tetrametro trocaico catalettico con la dieresi
dopo il primo dimetro
(come nell'esempio:
k\jLfpipr\y elxoioa fiop<pav||KXf)l(; dvalitdra (i)i*
nel dialogo di Simone e di Gfobrias nell'atto terzo:
SIMON ItAOO
Ricomincia il | tao laménto). ||
OOBBIAS
Ahi PieU d'un i cièco!
(1) Saffo, frammento 85.
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IL *• NERONB , DI ARRIGO BOITO 1003
SIMON ItAOO
(Or t'inoltra | lènto, lènto || camminando | mèco.
OOBBIAS
Scémo due fi|gare umane || chiuse in bruno amimànto.
SIMON MAGO
Sento un suón di | vóci arcane. ||Tóma al tuo comjpiÀnto.
Né a questa ricchezza di suoni si stette pago il Boito. Tentò VaU
litteraeianey di cui nella lingua nostra erano già esempi (ne die dei
bellissimi il Parini — come questo:
lieve lieve per l'aere lambendo);
alla rima al meego — eoA cara ne' versi de' dugentisti e del Pe-
trarca — aggiunse la rima iniziale; e seppe anche trovare intreccia-
menti novi di ritmi diversi in una stessa melodia, serbando a un
tempo, or in fuggevoli risonanze or in serie ordinate di strofi, i suoni
deirendecasillabo e del settenario.
Co^ in questi versi:
Tremano tutti: Cesare la folla
Le coorti: fischiò negli angiporti
Oià il greculo rubel
. . . . Con me su que' captivi
Del fango e della porpora distendi
Le tua mani, la tua Magia mi vendi (1).
Sul volto ho il tuo pallor, son la tua preda.
Estreme infliggi angoscie a mei Mia dea,
Perchè m'annodi egro cosi, perchè?
(1) Atto I, pag. 39. Eccoli in settenari:
Tremano totti: Cesare
La folla le coorti,
Fischiò negli angiporti
Già il greculo mbel.
Con ma sa qoei captivi
Distendi le tae mani.
La toa Magia mi vendi.
Ri9i»ia muiicaU %UiUana, Vili ^^
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1001 ARTE CONTIMPORàNBA
Forse un immenso spaaimo d'amore
È quel che grida in noi» mio pallid'inoabo
E t'ama il Matricida e in Ini ti bei.
T'a£Eia8CÌna del sangue il bel cinabro.
Dammi il tuo morso! estetico Tattmdo
E t'oflfro il labro (1).
E così questi altri: i pib belli, forse, die abbia composto il Boito.
e tra ì più eletti, certo, della lirica nostra moderna:
aUBBIA
Narrami ancora, mentre m'addormento,
Del m^r di Tiberiade, tranquilla
Onda che varca in Galilea...
FAKuMi (quasi cuttandola)
Laggiù,
Fra i giunchi di Oenèsaretìi, oscilla
Ancor la barca ove pregò Gesù.
Quella cadenza placida di cuna
Invita a stormi i bimbi sulla prora...
Dormi quieta, dormi.
SUBBIA (con un fU di voce)
Ancóra... ancóra.
FAKUÈL
Lenta salta dal Libano la luna,
Era quell'ora in cui soigon gl'ineantL..
(1) Atto II, pag. 98.
Saonano in settenari cosi:
Sol volto ho il tao pallor,
Soa la tua preda: ettrame
infliggi angoscia a me!
Mia dea, perchè m'annodi
Egro ood, perchè?
Forse un immenso spasimo
D*amore è quel ohe grida
In noi, mio palld'incQbo !
E t*ama il Matricida
E in lai ti bèi. Taffl^dna
Del sangue il bel cinabro.
Dammi il tno morso! Estatico
L'attendo e Voffro U labro.
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IL *BnUIOini, IN ABAieO BOITO 1006
BUBBIA
Ancóra... ancóra...
VANVÈL
Uscian le turbe erranti
Per la lunare aurora; udiasi allor,
Nel yespero, vagar parole pie
Di pace e vooi oranti...
BUBBIA
Amore! Amor!
FANT7ÌL
E per le vie di Màgdala, fra i fior.
Cantare infanti e sospirar Marie (1).
(1) Atto lY, pag. 193.
Sono, par in gettenari (parte accoppiati), vaghissimi:
Del mar di Tiberìade tranquilla onda che taroa
In Galilea...
rmuÈL
Lifcggiù,
Fra i giunchi di Genèiareth, oscilla ancor la barca
Ove pregò Gesù.
Qaella cadenza placida di cuna invita a stonni
I bimbi sulla prora. Dormi quieta, dormi.
Lenta salìa dal Libano la luna; era quell'ora
In cui sorgon gli incanti.
BUBBIA
Ancóra... ancóra...
FAHVftL
Uscian le tnrhe erranti per la lunare aurora;
Udiasi allor nel vespero vagar parole pie
Di pace e voci oranti.
E per le vie di Màgdala, fra i fior cantare in&nti
E sospirar Marie.
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1006 ASLTB CONTBMPORANBA
E cos), concludendo...
No; concluderemo poi, quando ci sarà nota la musica.
Pedanti amici e nemici, riprenderemo allora — vi do fin da
oggi convegno — la nostra cicalata or interrotta. Volete?
BOMUALDO GUNL
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GIURISPRUDENZA TEATRALE
I PALCHETTISTI DEL TEATRO VITTORIO EMANUELE H
CONTRO IL COMUNE DI RIMINI
(Trìb. cìt. di Forlì, 1015 maggio 1901).
Fatto e vicende della causa.
V-^oll'ingegno dell'architetto Poletti e col denaro del pubblico, co-
struivasì, or sono cinquantanni, dal Municipio di Bimini un Teatro
monunoientale che fu poi, dopo il risorgimento d'Italia, dedicato al
nome dì Vittorio Emanuele IL
Nel 1856, ayyicinandosi il momento deirinaugurazione ed essendosi
dal Municipio stabilito di vendere la maggior parte dei palchi al
doppio scopo di sollevarsi alquanto dall'ingenti spese sopportate e di
procurare anche col contributo dei palchettisti nelle spese annue degli
spettacoli una congrua dotazione, costituivasi una specie di società
dei condomini palchettisti, ed a norma dei rapporti fra loro, si for-
mava in data 10 settembre di queiranno uno Statuto o Regolamento
che ebbe vita fino al 25 aprile 1900, giorno in cui si deliberarono
dalla società importanti modifiche, delle quali è opportuno riferire
il tenore:
Gli articoli P e 2<> premettono che il fabbricato del teatro è di
ragione del Municipio, e che i palchi coi relativi camerini sono degli
acquirenti o condomìni con divieto di qualsiasi innovazione.
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iWè ARAE GONTBMPORANIA
30 e 4<>. — Biguardano le adunanze dei palchettisti, che si di-
chiarano valide se interviene la metà dei condomini, e nella terat
convocazione qualunque sia il numero degli intervenuti.
7<^ — Ogni palchettista avrà altrettanti voti quanti saranno i
palchi di sua ragione; ed il Sindaco, echi ne & le veci, avrà cinque
voti, in corrispondenza dei cinque palchi prescrìtti dallo stesso Co-
mune per le rappresentanze.
IQo — XiO deliberazioni in seduta saranno prese dai condomini
a pluralità di voti a scrutinio segreto, e saranno obbligatorie per tutti
i palchettisti sebbene non intervenuti, qualunque ne sia l'oggetto.
18^ — La dote del teatro è formata dal contributo annuo dei
palchettisti, di un'annua assegnazione in contante per parte del Mu-
nicipio (da votarsi ed assegnarsi dal generale Consiglio nella circo-
stanza in cui formasi la tabella preventiva dell'annata), ed anche
dalle corrisposte d'affitto di quei palchi che dopo l'esperimento d'asta
rimanessero invenduti.
Successivamente è detto che il contributo dei palchettisti sia
riscosso dall'Esattore comunale col procedimento di mano regia; che
tutti i pagamenti si facciano con mandati da emettersi dall'Ammi-
nistrazione comunale; che il Municipio curi l'affitto dei palchi in-
venduti, ed il prodotto aumenti la dote per lo spettacolo, e che non
riuscendo l'affitto, si cedano all'impresa.
Le aste diedero per risultato la vendita di 58 palchi, sei rimasero
invenduti, cioè di proprietà del Municìpio insieme a tutto il resto del
fabbricato, come si è detto sopra, ed ai cinque palchi riservatisi per
comodo delle rappresentanze comunale, governativa e militare. — Dì
seguito altri 15 palchi ritornavano in proprietà del Comune per
cessione fatta da palchettisti, che preferirono disfieirsene per non sot-
tostare al pagamento del contributo e delle tasse relative, restando
il teatro per lo più chiuso, od aprendosi con spettacoli meschini.
Nel 1899 deliberandosi sulla proposta d'un contributo per un de-
coroso spettacolo musicale nella stagione estiva, si convenne dai con-
domini di apportare modificazioni al Regolamento, e di ciò si incaricò
una Commissione con mandato di riferire nel 1900.
Dì fatto l'adunanza 25 aprile 1900 coU'intervento di 27 palchet-
tisti si teneva per deliberare sulle modificazioni al Regolamento e
sul contributo per spettacolo in musica nella stagione estiva.
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OniBISPRUDENZA TEATRALE 1009
In quella seduta à approvarono le modificazioni allo Statuto, delle
quali ora giova solo ricordare quella dell'art 7, per cui si apportò
limitazione al numero dei voti spettanti ai proprietari di più palchi
fissandolo a due, tanto pel Sindaco che per qualsiasi altro privato.
La discussione sul secondo oggetto che era alFordine del giorno
fu rinviata al 28 aprile; e fu aperta con 28 intervenuti.
Dopo la discussione, essendosi dal Sindaco dichiarato che inten-
deva disporre di voti 26 in base al disposto dell'art. 7 del Begola-
mento vecchio per essere il Municipio proprietario di 26 palchi,
quindici dei condomini abbandonarono la sala delle adunanze.
Rimasero 12, oltre al Sindaco che votò con 26 voti: Tesito della
votazione fu di 37 voti favorevoli al proposto concorso di L. 5000
per lo spettacolo del 1900, essendosi astenuto dal votare uno dei
presenti.
n Consiglio comunale, nella seduta 8 maggio 1900, approvava
Foperato del Sindaco neiradunanza dei palchettisti del 28 aprile, e
riconoscendo l'obbligo nei palchettisti di contribuire allo spettacolo
musicale nella misura stabilita nell'adunanza stessa, dava facoltà
alla Giunta di provvedere per il reparto e di concedere la dote.
Ai palchettisti dissidenti, che avevano per lettera protestato, fu data
partecipazione della deliberazione consigliare.
Apertosi il teatro con spettacolo d'opera, i palchettisti dissidenti
in data 4 agosto notificavano al Sindaco una protesta dichiarando di
voler far uso dei palchi anche durante Vattuaìe spettacolo in musica,
senza che tale fatto suonasse approvazione alla deliberazione suddetta.
Terminato poi il corso delle rappresentazioni, e dopo aver pagato
metà del contributo, protestando però di ciò fare unicamente per evitare
atti esecutivi, fecero notificare in data 26 agosto un atto di citazione
al Sindaco ed altri 11 soci votanti nell'adunanza 28 aprile 1900, per
comparire davanti al Tribunale di Forlì, chiedendo dichiararsi nulla
la deliberazione suddetta, e parimenti priva d'ogni efficacia per gli
eflTetti del pagamento del contributo teatrale la conforme delibera-
zione 8 maggio 1900 del Consiglio comunale di Bimini, e conse-
guentemente non tenuti ed obbligati essi istanti e gli altri palchet-
tisti non intervenuti, al pagamento della proporzionale quota ripartita
sulla somma di L. 5000 e deliberata nella suddetta illegale adunanza,
con la condanna solidale dei convenuti alle spese del giudizio.
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1010 ARTS GONTUiPOBANEA
Dai conveDuti si sollevarono anzitutto eccezioni pr^odiziali ; in
merito si concluse per ottenere tenuti i palchettisti dissidenti a pagare
le stesse quote di contributo, in quanto avevano usato, e nonostante
le proteste, del loro palco, e si erano perciò in tale modo avvantag-
giati indebitamente d^li spettacoli.
Il Tribunale di Forlì, prima di entrare nel merito delle questioni
sollevate, giustamente ha osservato che conveniva definire l'indole e
gli scopi della Società dei condomini palchettisti, per inferirne quali
norme erano da assumersi per la definizione della controversia.
<t Non è neppure il caso, osserva la sentenza, di soffermarsi ad
« esaminare se sia una Società commerciale, ed è anche manifesto
< che non è una comunione di beni quell'aggregato di piccole prò-
« prietà, in cui si potrà ravvisare una specie di finalità comune, ma
« dove ciascun palco resta di assoluta proprietà ed uso individuale
« coi diritti ed obblighi inerenti.
« Del pari esulano gli estremi della società civile nel senso giù-
« ridico della parola qual'è disciplinata dalle disposizioni del titolo X,
« capo I del Codice civile, difettando i due requisiti della comunione
« e del guadagno.
4( Si tratta invece d'una società sui generis che si è formata allo
« scopo di procurare in un sol vantaggio morale e materiale dei
« soci, coU'uso proficuo e naturale delle singole proprietà aggregate,
« anche il decoro, il diletto e Teducazione artistica della cittadinanza,
« per mezzo di convenienti spettacoli musicali.
< Simili società possono dirsi extra legem^ nel senso che alle stesse
<i la Legge non ha dato norme, ma vanno disciplinate e governate
« nel loro svolgimento dagli statuti e regolamenti che i soci si sono
<c liberamente dati. Il Regolamento approvato e accettato da tutti i
« membri deirAssociazione, ne costituisce la legge, essendo una specie
« di convenzione, che come tutte le convenzioni tien luogo di legge
« tra le parti, quando riunisca i caratteri essenziali voluti dal Co*
« dice civile.
« E non si deve dimenticare ciò che la giurisprudenza è venata
« affermando in ordine alle controversie sorte tra i soci di tali società,
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OIURI8PRUDKNZA TEATRALE lOll
« cbe cioè i Tribunali ordinari non possano essere consultati allorché
< si tratta di amministrazione interna e di interpretazione o modi-
« Reazione di regolamento, ma solo allorquando vi sia questione di
« proprietà, di attacco al diritto patrimoniale, potendosi in casi simili
« giudicare sulla regolarità della deliberazione da cui un socio o più
< soci derivano la lesione di un loro diritto patrimoniale ».
Venendo poi, dopo aver rigettato le eccezioni pregiudiziali sol-
levate dal Comune di Rimini, alla questione di merito, il Tribunale
ha ritenuto la irregolarità della votazione per mancanza del numero
legale, e ciò tanto coirapplicazione del vecchio che del nuovo Rego-
lamento approvato nella precedente seduta del 25 aprile.
Restando nell'applicazione del Regolamento vecchio, tutta la que-
stione verteva sulla interpretazione deirarticolo 7 soprariferito.
11 Sindaco (e con lui gli altri undici votanti) aveva ritenuto di
poter disporre di 26 voti, o quanto meno di 21, quanti sarebbero 1
palchi di proprietà del Municipio.
Si sosteneva dai convenuti che altro erano i palchi invenduti^ altro
i palchi ritornati^ ma la sentenza ha rigettato questa distinzione con-
siderando che tanto gli uni che gli altri erano di proprietà muni-
cipale, e al Sindaco non potevano in ogni modo, per Tarticolo 7 dello
Statuto, spettare più di cinque voti, perequanti palchi potessero re-
stare invenduti e di proprietà municipale.
Applicando poi il regolamento nuovo, ossia le modificazioni appor-
tate al vecchio nella seduta del 25 aprile, il numero dei votanti
nella seduta del 28 aprile si assottigliava ancor più, poiché al Sin-
daco, come ad ogni altro proprietario di più palchi, erano stati riser-
vati due voti soltanto.
Restava da combattere un'ultima eccezione, sostenendo i convenuti
che i palchettisti, avendo usato dei palchi durante gli spettacoli, ave-
vano con ciò ratificato il deliberato che ora impugnavano. Ma evi-
dentemente di ratifica non si poteva parlare dal momento che essi
avevano protestato contro le deliberazioni.
Quanto al fatto del loro intervento agli spettacoli, che era stato
messo a base della riconvenzionale dai convenuti, la sentenza pur non
riconoscendo che a questa si attagliasse la figura della negotiorum
gestio né Vactio mandati diveda^ in quanto queste non potevano sus-
sistere di fronte alle proteste dei palchettisti, ha ritenuto però che
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1012 ARTE CONTKXPORANEA
non si potesse negare al Municìpio Tesperìmento delI*atione de in
rem verso^ in quanto nel caso ne ricorrevano gli estremi.
Oiova riportare estesamente quella parte della sentenza che a questo
punto importante si riferisce. Dopo avere con molta dottrina esposto
la teorica dell'o^^to de in rem verso per determinarne gli estremi,
la sentenia prosegue: « L'impresa cittadina non avrebbe aperto il
« Teatro Y. E. a decoroso spettacolo musicale, se non otteneva dal
€ Comune e dalla Società dei palchettisti una dotazione di L. 8000,
< quale somma fu versata dal Comune nella convinzione di emgerla
€ poi dai palchettisti per la loro quota.
« Ora se il Municipio non avesse rimborso alcuno di ciò che ha
« erogato pei palchettisti, niun dubbio che la cassa comunale ne
« subirebbe danno.
« D'altro lato, per il fatto delVapertura del Teatro a decoroso spot-
« taccio, i palchettisti tutti hanno risentito un vantaggio o morale o
« materiale, perchè hanno potuto godere lo spettacolo colle fiuniglie,
« 0 lucrare affittando il palco, ciò che non sarebbe avvenuto se il
« Teatro restava chiuso, come i dissidenti avrebbero dimostrato di
< volere colle loro proteste dirette al Manicipio perchè non desse
<i esecuzione alla deliberazione 28 aprile.
< Ricorrono dunque i due estremi del vantaggio da una parte e
« corrispondente danno dall'altra, che fanno luogo airesercizio del*
€ razione de in rem verso che vuole ristabilito VequiUbrio tra le parti.
« Ma si obbietta dagli attori che non può parlarsi di vantaggio
« indebito allorché si usa del proprio diritto, come avrebbero fatto
« i palchettisti coll'usare del loro palco ; e in appoggio alla loro ecce-
« zione citano il trattato deirAscoli, La giurisprudensa teatrale, ove
« è scritto: « Ogni palchettista, come il proprietario, può aprire il
« Teatro a spettacoli, anche senza il consenso degli altri palchettisti:
€ ma in tal caso chi apre il teatro non ha diritto di far concorrere
« gli altri nelle spese ».
< Al che giova rispondere che il diritto del palco senza lo spetta-
le colo dato col danaro anticipato dal Municipio valeva un bel nulla,
« ed i proprietari del palco non avrebbero tratto diletto morale e
4c lucro materiale coiraffittarlo. Dunque bisogna distinguere il diritto
< del palco, dalla rappresentazione scenica che a quel diritto apporta
« 0 quanto meno aumenta il valore. E ciò era ben noto ai palchet*
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GIURISPRUDBNZA TEATRALB 1013
<€ tisti, essere cioè poco apprezzabile il diritto di palco senza lo spet-
« taccio, poiché sìa per disposizioDo del Begolamento sociale, come per
« consuetudine longeva, hanno sempre pensato a renderlo fruttifero
« col contribuire pecuniariamente alla messa in scena d'uno spetta-
<K colo musicale che senza il contributo dei palchettisti non avrebbe
« potuto espletarsi.
« Né nella stessa assemblea del 28 aprile 1900, in cui fu presa
« quella disgraziata deliberazione, gli attuali attori espressero mai
« ridea di non Tolere concorrere alla dotazione, ma solo ne fecero
« questione di modo, e di quantitatiTO. Per cui non si comprende
« come (dopoché gli altri palchettisti tutti, anche i non intervenuti
« all'assemblea, hanno col fatto del pagamento riconosciuto l'obbligo
« consuetudinario di concorrere nella dote), soltanto gli attori si rifiu-
4: tino ad ogni concorso, pur avendo goduto lo spettacolo avversato.
« Il caso prospettato dall'Ascoli non è analogo all'attuale. Un pal-
« chettìsta qualunque, se vorrà aprire il teatro a spettacolo senza aver
« avuto il consenso ed il contributo degli altri, saprà che lo sfogo d'un
« simile capriccio è a tutto suo rischio e pericolo, saprà in anticipa-
« zione che niuno deve concorrere nella spesa : e in tal caso non si
« potrà dire giuridicamente aver egli risentito il danno, 0 quanto meno
« si dovrà conchiudere che egli alla spesa fatta ebbe compenso nella
« soddisfazione d'un capriccio e nella gratitudine degli accorsi.
€ Ma qui la cosa corre ben diversa. Senza il contributo dei palchet-
« tisti, l'opera non si dava assolutamente e il Teatro restava chiuso.
« Non ci fu soddisfazione di capriccio: l'impresa aprì il Teatro perchè
« dopo le proposte fatte da una deliberazione sociale, le vennero dal
« Municipio sborsate in anticipo le L. 8000.
< Non è un impresario matto che venga posteriormente a chiedere ai
« palchettisti di contribuire ad uno spettacolo che esso fantasiosamente
«e capricciosamente volle darsi il lusso di ammanire: è l'Ente Co-
« mune che — sia pure erroneamente — ha creduto di fare un anticipo
« per conto ed incarico dei palchettisti, e ciò non per capriccio, ma
< nell'interesse pubblico, convinto che la erogazione gli sarebbe poi
< proporzionalmente rimborsata da condomini palchettisti.
< Né si ricorra infine alla volgare osservazione che di tal guisa rien-
« trerebbe per la finestra ciò che fu cacciato dalla porta. Di chi la
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1014 ARTE CONTEMPORANEA
< colpa? Sono evidentemente gli attori che hanno dato laogo alla rien-
« tratura. Se essi non intervenivano al Teatro mostrando una coerenza
« sdegnosa e disinteressata di condotta, i votanti del 28 aprile avreb-
< bere dovuto giuggiolarsi la spesa e il danno consecutivi all'esecuzione
< dell'illegale deliberato : ma dal momento che sul danno altrui i dis-
« sidenti hanno voluto innestare il loro profitto, il Tribunale crederebbe
< di venir meno ai dettami di una scrupolosa onestà se cresimasse
€ questo utilitarismo sbocciato sul danno di altri. Quindi un rimborso
« è dovuto dagli attori che hanno profittato dello spettacolo, non certo
« oltre i limiti del vantaggio da essi risentito, e nei confini dettati
« dal Regolamento, niun caso dovendosi fare del contributo stabilito
« dalla deliberazione 28 aprile irregolare e nulla ».
Appunti ceitico-giuridici.
Il Tribunale di Forlì ha risolto molte ed eleganti questioni di
diritto teatrale, e con grande chiarezza ed acume giuridico. Diamo
quindi una lode sincera alla Sentenza che commentiamo, della quale
è estensore l'egregio giudice aw. Oiov. Yitt. Talice e che segna una
deroga, purtroppo isolata, a quel laconismo in cui si rinchiudono le
decisioni della nostra magistratura quando si tratti di questioni atti-
nenti al teatro, quasi che i rapporti cui dà origine l'esercizio di
questi luoghi di divertimento e insieme di educazione, non meritas-
sero la protezione della legge.
Non possiamo a meno però di notare come, tra le varie questioni^
quella più importante, in quanto ferma un principio generale, non
fu forse studiata e sviluppata come meritava. Alludiamo a quella
actio de in rem verso^ a quell'azione cioè di indebito arricchimento,
che il Tribunale ha ammesso in favore del Comune di Rimini, in
quanto questi, nonostante la nullità della deliberazione, pretendeva
dai palchettisti dissidenti un compenso corrispondente all'utile che
avevano ricavato dall'uso dei loro palchi.
Ed esponiamo subito la nostra opinione al riguardo.
Acciocché si possa parlare di obbligazione nascente da un gua-
dagno senza legittima causa, in altrui danno, rìchiedesi il cumula-
tivo concorso di tre estremi essenziali (1) :
(1) Giorgi, Obbligazioni, VI, n. 9.
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GIURXSPRUOBNZA TEATRALE 1013
A) La locupletazione;
B) La mancanza di causa giusta;
C) Il danno del terzo.
Che locupletazione vi sia stata nel caso in esame, non è a porsi
in dubbio, consistendo essa nelFaver i palchettisti dissidenti goduto
dello spettacolo; ma cosi non è a dirsi della causa ingiusta^ che invece
difetta completamente.
< Locupletazione ingiusta, diremo ancora col Giorgi (op. e voi. cit.,
« pag. 12), vale locupletazione conseguita senza averne il diritto.
« — Ora, senza diritto deve dirsi un arricchimento quando manca
« volontà 0 colpa di colui alle spese del quale si opera, né concorre
« obbligazione preesistente o testo di legge sul quale fondarla.
< Volontà del danneggiato, perchè volenti non fit iniuria: onde è
« che egli pretenderebbe a torto lagnarsene, quando avesse con piena
« coscienza e capacità rinunziato, anche tacitamente, al suo diritto.
« Colpa, perchè, se il danno fosse imputabile al danneggiato, non
« avrebbe diritto a verun compenso, reputandosi non esistente: qui
« culpa sua damnum sentii^ non intelligitur damnum sentire ».
Ora, di fronte a questi principii, come si può sostenere che i pal-
chettisti dissidenti si siano arricchiti senza diritto ? Non esisteva forse
nel Comune di Bimini la volontà e la colpa nel sostenere le spese
dì cui chiedeva proporzionalmente il rimborso? Dal momento che i
palchettisti dissidenti avevano dichiarato che in base ad una delibe-
razione nulla non avrebbero pagato il canone, se il Municipio per-
sistette nel mandarla in esecuzione, non rinunciò con questo tacita-
mente al suo diritto verso di loro? Né vale il dire che il Comune
aveva convinzione di esigere da essi la quota : non basta la convin-
eioncj è necessario il diritto. E d'altra parte il Comune se un danno
ha risentito, deve imputarlo a sua colpa^ essendo evidente che non
avrebbe dovuto dare esecuzione ad una deliberazione che non aveva
virtù di obbligare la Società.
E veniamo al danno.
La sentenza lo fa consistere nel fatto che se il Municipio non
avesse rimborso alcuno di ciò che ha erogato pei palchettisti, niun
dubbio che la cassa comunale ne risentisse danno.
Ma come si può parlare di danno, se questo deriva da colpa del
danneggiato ?
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1016 ARTR CONTSMPORANXA
Il Municipio poteva ben aspettarsi che il rimborso non anebbe
a?ato luogo, dal momento che non sussisteva la condizione essenziale
a renderlo obbligatorio, ossia una deliberazione valida, e se non volle
riconoscere il suo errore, ne incolpi se stesso. AmnMttefido il contrario
si cade evidentemente in una contraddizi<me: se la deliberazione è
nulla nei riguardi dei dissidenti, come si può poi mettere in eseca-
zione, e chiedere da essi il rimborso?
La nullità e la validità hanno adunque i medesimi effetti, la stessa
forza obbligatoria!
E d*altronde, come ben osservava l'egregio aw. comnL Francesco
Yendemini difensore dei palchettisti dissidenti, non si può parlare
di vantaggio indebito allorché si usa del proprio diritto.
E i palchettisti, usando del loro palco, hanno appunto usato del
loro diritto e nulla più ; né basta l'opporre in ecmtnurio che il diritto
di palco, senza lo spettacolo dato col danaro anticipato dal Municipio,
valeva un bel nulla.
Bisogna, osserva il Tribunale, distinguere il diritto del paleo^ dalla
rappresentazione scenica che a quel diritto apporta o quanto meco
aum^ta il valore; e la distinzione é giusta, ma non é approfondita.
D diritto del palco non consiste, nella sua finalità utHe^ Ae nel
diritto di godere delle rappreueniasioni che si daranno nel teatro
secondo la destiamone sua^ da un luogo speciale che appunta si
denomifia palco (1).
Il diritto di palco non é adunque in sostanza che un diritio di
godimento. Ora, in difetto di patti speciali, il palchettista ha diritto
di godere del suo palco tutte le volte che nel teatro si diano degli
spettacoli, ed é anzi questo il solo modo che gli é concesso di uaare
della proprietà che ha sul palca
Può poi il palchettista esser tenuto a concorrere nelle spese per
gli spettacoli, il che avviene appunto quando sussista fra i titolari
del diritto di palco e il proprietario del teatro un vincolo sociale ;
ma questo è un rapporto ben diverso e regolato dalle norme stata-
tarie. Si pobrà perciò far questione se il palchettista abbia TobUigo
di contribuire alle spese d'apertura, ma é indiscutibile che egli ha
(1) Vedi sulla natura giuridica del DinUo di pàho li nostra mosofrafift in
<:orso di pubblicazione nella Oazgetta Musicale di Milano.
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OlUaiSPRUDSNZil TEATIULE 1017
in ogni caso il diritto d^assistere agli spettacoli, a meno di an patto
contrario esplicito, il che si verifica appanto quando sia stato dichia-
rato nello statato che il palchettista che non vuole sobbarcarsi al-
l'onere del contributo, debba lasciare il palco a disposizione deirim-
prcfsa, come avviene per il Comunale di Bologna. Ma quando questo
patto manchi, non si può presumere, importando rinuncia ad un diritto.
Nel caso di Kimini, i palchettisti avevano quindi indubbiamente
il diritto di assistere agli spettacoli dal loro palco per il solo fatto
che il Teatro era aperto: si poteva discutere suU'obbligo del con-
tributo, ma, come vedemmo, la sentenza ha dichiarato che questo
non sussisteva per la nullità della deliberazione. Accettando la tesi
sostenuta dalla sentenza, sarà osservazione volgare la nostra, come la
chiama il Tribonalet ma non per questo meno vera, rientrerebbe per
la finestra ciò che ò uscito per la porta, e, in altri termini, una de-
liberazione nulla avrebbe Teffetto di vincolare i palchettisti dissidenti
come una efficace.
Né si dica in contrario che i palchettisti non dovevano intervenire
al teatro mostrando una coerenMa sdegnosa e disiftieressaia di con-
dotta, e che in tale caso il danno subito dal Municipio non sarebbe
stato risarcibile. Sono queste frasi e non prìncipii.
Non si tratta qui né di coerenza, né di sdegno, né di disinteresse,
ma di sapere se i palchettisti avevano diritto di usare del loro palco,
e Taffermasione non ci pare dubbia.
In una incoerenza, invece ad palchettisti, è incorso il Tribunale
quando^ pure ammettendo coirAsooli che il palchettista che apre di
sua Yolontà e sema il consenso degli altri il Teatro, non ha il di-
ritto di farli concorrere nelle spese, ha poi disconosciuto che tale
principio si attaglia perfettamente al caso in questione.
Sta bene che il palchettista sapeva in anticipazione che gli altri
non avrebbero concorso nelle spese, ma anche il Comune prima di
dar lo spettacolo non doveva sapere che la deliberazione presa, essendo
nulla, sarebbe stata inefficace di fronte ai dissidenti?
E se per persuaderlo di ciò ci volle ufta sentenza, di chi è la colpa?
E del resto perchè il Comune ha voluto fare degli anticipi a chi
non ne voleva?
Non è il caso di dire: donasse videtur! La teoria del Tribunale
evidentemente non regge ai colpi di una sana critica.
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1018 ARTE CONTKMPORAIIBA
IL BAEITONO BELLETTI
CONTRO
L'IMPRESA DEL TEATRO COMUNALE DI BOLOGNA
(Trib. cìt. di Bologna, 11 luglio 1901).
Fatto e vicende della causa.
Neiraprìle u. s. l'Impresa del Comunale di Bologna, dovendo alle-
stire snlle scene di quel teatro la Manon di Massenet, scritturava
nella qualità di secondo baritono e per la parte di Bretigny, il signor
Attilio Belletti. Incominciate il 21 aprile le prove dell'opera, il Bel-
letti vi prese parte con soddis&zione dell'Impresa fino al 2 maggio,
ma improvvisamente il giorno successivo fu dall'Impresa protestato.
AUa mattina del 4 venivano affissi in tutta Bologna e nelle città
vicine i manifesti annunzianti la première della Ma»um^ e nella com-
pagnia di canto, benché sciolto da ogni vincolo coU'Impresa, figurava
anche il nome del Belletti come quello che doveva sostenere la parte
di Bretigny. Per tale fatto il Belletti, da noi patrocinato, citò l'im-
presa avanti al Tribunale, il quale con sua elaborata sentenza redatta
dall'egregio giudice avv. Mario Galassi ha cod deciso la questione:
« Considerato che la prova proposta in via subordinata dal oonve-
< nuto si appalesa senz'altro inutile perchè il &tto asserito dal Zeni,
< di avere cioè affisso nell'atrio del teatro un cartello indicante k
« sostituzione del Belletti per la prima rappresentazione, è ammesso
< pienamente dall'attore, il quale non senza fondamento afferma che
< l'avviso anziché entro il teatro avrebbe dovuto essere posto fuori,
« onde gli accorrenti allo spettacolo avessero avuto notizia della so-
« stituzione prima, anziché dbpo ricevuto il biglietto.
« Considerato che il Belletti in sostanza basa la sua domanda su
< questo fatto, e cioè che sebbene fino dal 8 maggio lo Zeni sapesse
€ di avere sciolto il contratto col Belletti, permise che il nome di
< costui figurasse nel cartellone, e dice che ciò fu fatto ad arte dal-
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GIUBnPHUDBMZA TBATBALB 1019
« rimpresario per la certezza ohe il debutto di esso Belletti avrebbe
« richiamato ìd teatro maggior numero di ooncittadini.
« Prescindendo da quest' ultima affermazione, della quale mancò
« ogni elemento di prova, e che sembrerebbe anche poco fondata attesa
« la brevità e poca importanza della parte che il Belletti avrebbe
« sostenuta, sta in fiitto che lo Zeni usò del nome del Belletti quando
« non aveva pib diritto di furio. Dato anche per ammesso, ciò che
« lo Zeni è venuto affermando, e cioè che egli non fu in tempo a
« rettificare il cartellone già stampato, e che fu affisso la mattina
« del 4 maggio, certo si è che egli doveva almeno con un avviso
« sovrapposto al cartellone dare notizia al pubblico dell'avvenuto cam-
« biamento. Il non averlo &tto, anche trattandosi di parte non prin-
« cipale, si risolve in una negligenza dello Zeni, che lo costituisce in
« colpa, e lo rende responsabile delle conseguenze della omissione,
« come quegli che anche con l'avviso dato la sera airinterno del
« teatro, efficace fino ad un certo punto, solo per quelli che andavano
« ad assistere allo spettacolo, non aveva &tto tutto ciò che la pru-
« denza richiedeva.
« Che nella specie l'omissione sia imputabile allo Zeni è fuori di
« dubbio, perchè egli era pienamente consapevole dei suoi atti e pie-
« namente libero di eseguirli od ometterli.
« Che il fatto sia colposo, non può essere dubbio, dal momento
« che la indicazione del nome del Belletti nel cartellone fu l'effetto
« della negligenza dello Zeni, che è tenuto anche per la colpa lie-
« rissima.
« Che il fatto fosse illecito non si potrebbe neppure contestare, perchè
« dal momento che lo Zeni usò del nome del Belletti quando questi
« era già stato protestato, violò un diritto del Belletti stesso, in quanto
« il nome fa parte del patrimonio di una persona e come ogni altro
« bene patrimoniale deve dalla legge essere protetto.
« Che finalmente il &tto sia causa di danno, non pare meno chiaro,
« perchè sebbene nella specie non sia molto facile poter stabilire con
« certezza l'entità del danno sia patrimoniale che morale, e questo
« danno, data la poca grarità del fatto, possa in definitiva essere liqui-
« dato in misura assai minore di quella che il Belletti osi sperare,
« tuttaria non potrebbe a priori escludersi, perchè la ommissione
« dello Zeni era certamente atta a produrlo.
BMBia imuieak Ualùma, TIII. 66
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10^ ÀBTB GONTBMPORANKA
< Come risulta dalla esposizione del &tto è ayyeirato questo, che
€ l'avere lasciato sul cartellone il nome del Belletti, produsse l'equi-
< voce in cui cadde il giornale II Besio del Carlino di aver ritenuto
€ che l'artista che aveva agito sotto le spoglie di Bretigny fosse il
€ Belletti, ed il cronista affermò che se Fera cavata discretamente,
€ Il fittto poi che solo dopo la prima rappresentazione il nome del
« Belletti fu sostituito nei carteUoni afiKssi per la città, era tale cer-
« tamente da indurre la persnasione, anche di fronte al silenzio d^li
< altri giornali della città intomo al nome del Belletti, che questi
« avesse debuttato poco felicemente. Come si vede, un danno, sia pure
< semplicemente morale, il Belletti dovette risentire e dì questo danno
« lo Zeni deve rispondere perchè avrebbe potuto con maggiore dili-
« gonza evitarlo.
< Considerato che pel concorso di tutti gli elementi voluti dalla
< legge, essendo accertato il diritto in genere al Belletti del rìsar-
< cimento del danno, il Collegio crede che se ne possa senz'altro &re,
« secondo equità, la liquidazione senza uopo di rinviare le partì ad
« un separato giudizio.
< E qui occorre subito osservare che sebbene, come si è veduto, il
« fatto dello Zeni abbia potuto produrre al Belletti un danno morale,
« in quanto egli aveva ragionevole argomento di ritenere che i con-
< cittadini dopo quel fatto lo considerassero come artista che avesse
< infelicemente debuttato, questo danno non può essere liquidato che
< in misura molto tenue, perchè se anche Io Zeni avesse operato la
e sostituzione nel cartellone e, peggio, se avesse, con una fascia incol-
€ lata sul cartellone stesso, avvertito il pubblico, l'impressione pel
« valore del Belletti non sarebbe stata molto favorevole e qualche
< dubbio non sarebbe certo mancato anche se al pubblico fossero
« stati ignoti i rapporti fra lo Zeni e il Belletti e la Commissione
« degli spettacoli.
< Il collegio poi non crede che il fatto abbia prodotto conseguenze
< materiali, o quanto meno gravi per le speranze del Belletti, perchè
< nell'opera del Massenet egli rappresentava una parte poco impor-
< tante e poco adatta a far conoscere agli intelligenti e sopratotto
< agli impresari i suoi meriti o demeriti, tanto è vero che i croni^
« teatrali deìV Avvenire e della QoBBetta deU Emilia, come del resto
< sogliono fare tutti, diedero relazione in massa dell'esito dello spot-
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QIURIflPRUDKMZA TEATRALB 1021
« taoolo per ciò che rìgaardava le parti minori, senza distinzione di
< sorta, e quanto al Besto del Carlino^ dicendosi dal cronista che il
< Belletti cantò discretamente non si disse che avesse cantato asso-
< latamente male, e che il giudizio del pubblico in teatro fosse corn-
ac pletamente sfavorevole. Vagliate queste circostanze, il Collegio crede
< che il danno preteso dal Belletti possa essere equamente compen-
< sato >
Appunti critico-giuridici.
Che il nome riguardato come espressione della personalità e dello
stato di famiglia, costituisca un diritto individuale in grado eminente,
è universalmente ammesso in ogni paese civile. E invero esso si con-
fonde col diritto stesso della personalità umana, col diritto del cit-
tadino di non esser confuso con altri, affinchè ad ognuno si ascriva
il merito o il demerito delle proprie azioni. Il nome costituisce ap-
punto il miglior modo per attuare questo diritto a distinguersi, onde
la necessità di una protezione giuridica contro le sue violazioni. E
tale protezione ognuno intende come debba più severamente appli-
carsi nei casi ove la proprietà del nome, non va scevra di un con-
tenuto patrimoniale, quando cioè si tratti dì locatori di opere o di
commercianti, i quali si siano acquistata col tempo e col lavoro una
fama, una reputazione, cosicché l'usurpazione del loro nome si risolva
in una usurpazione di clientela. L'artista di teatro è appunto un lo-
catore di opera, e ognuno intende quali gravi pregiudizii possa por-
tare la usurpazione del suo nome che venga fatta da altri, e ciò
molto più poi quando si attribuiscano a lui i demeriti di chi abbia
agito in vece sua. Ciò è accaduto appunto al signor Attilio Belletti.
Egli aveva locato Topera sua all'Impresa del Comunale, e questa
naturalmente acquistava anche il diritto di far figurare il suo nome
nella compagnia di canto. Se non che, prima ancora dell'andata in
iscena dello spettacolo, il contratto di scrittura fu risolto, e venne
meno conseguentemente anche il diritto dell'Impresa di usare il nome
dell'artista. Invece i manifesti annuDzianti la première della Manon
che ebbe luogo il giorno successivo alla protesta, poi*tavano il nome
del Belletti, e l'Impresa si rendeva così responsabile di un vero e
proprio ctbuso di nome, in quanto, appunto nel momento in cui ve-
niva usato, il Belletti non faceva più parte della compagnia di canto.
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1022 ARTB GONTBMPOBANKA
Che di tale abuso doTesse rispondere Tlmpresa, è cosa che non ha
bisogno di essere dimostrata, in quanto in ogni modo la ommessa
canceUazione del nome importava quella mancanza di diligenza, quella
colpa che basta dì per sé a dar vita ad un'azione di risarcimento di
danni. Né ad escluderla o renderla meno grave poteva, come osservò la
sentenza, influire il fatto che nella sera del 4 maggio H manifesto affisso
neJTiNTEKNG del teatro non portava il nome del Belletti, ma bend quello
del baritono Ferretti che fu chiamato a sostituirlo, che appare anzi più
evidente la mala fede dell'Impresa la quale avrebbe dovuto annan-
ciare la sostituzione al pubblico prima di entrare in teatro e non
dopo che era già entrato. D'altra parte è sulla fede degli avvisi esposti
fuori del teatro che il pubblico acquista i biglietti: quelli collocati
néiVintemo non hanno di fronte a lui alcun valore, quando anche
importino delle variazioni nella compagnia di canto, e per ciò non è
tenuto a consultarli. E in vero la base giuridica del contratto che
interviene fra l'Impresa e gli acquirenti di biglietti non può essere
costituita che dagli avvisi attaccati per la città, perchè solo di questi,
e non di quelli messi nello intemo del teatro, il pubblico può pren-
dere conoscenza. — L'Impresa, d'altronde, se avesse voluto evitare
l'equivoco, doveva eseguire la sostituzione in tutti i manifesti (né le
mancò il tempo per farlo, poiché la protesta fu resa nota al Bei-
letti il mattino del 3 maggio e la rappresentazione ebbe luogo la
sera del 4) e non limitarsi a quello posto neU'intemo del teatro, che
non ha di fronte al pubblico alcun valore.
Nicola Tabanblll
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IIBCÌEIJSI05I
Storia.
JV«/. EUeEiriO DE* BUABIKONI, Beiamione 9%U Congresto intemm&ionate di
sUrim éétU muHca t«aato«4 « Parigi W IMO; lOiiifUro dtUa PibbUea IfinisioM (Alr«Mi
dal Sufpkmmiù al BolkOino uj/Mak del 18 aafgio 1901). — Boa», 1001. L. CeeehiaL
Una relazione simile, pel Ministero della Istruzione Pubblica, e
inserita in un Bollettino ufficiale, è qualche cosa che ci fa strabi-
liare. Non eravamo avvezzi airapparizione di interessamenti in
Gavore della storia della musica per conto di chi siede suirìstruzione
in Italia! Questo ci affida sui sentimenti di simpatia che certo avranno
penetrato il cuore del signor Ministro alla lettura, e conseguente
ponderazione, delle belle pagine colle quali Tegregio Professore Gua-
rinoni adempì il suo officio.
L*autore della relazione infatti ha dettagliato con tutta diligenza
e dottrina molte delle questióni musicali che al Congresso di Parigi
ebbero ampio svolgimento; noto specialmente quelle che si riferi-
scono alla musica greca, alKinterpretazione dei neumi, e in gene-
rale airarte del cinquecento.
Ma ho sottocchio anche i Procès-verbaicx sommaires del Con-
grès Memational d'hisioire comparée tenu à Paris du 23 au
28 julUet i900, e con ricerche e confronti nella huUième section
(histoire de la musiqìiej scorgo che non di tutto ciò che vi fu
trattato il Prof. Guarinoni diede ragguaglio al nostro Ministro di
Pubblica Istruzione. Ecco gli argomenti da lui omessi:
Séance du jeudi 26 juillet (soir).
M. TiERSOT Ut une communication de M. Sàint-Saens relative
à la Notation.
M. R. RoLLAND Ut une notice de M. Schedlock sur Purcell
et Bach.
M. Bonaventura lit une notice de M. Ghilesotti sur Besard.
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1024 RBGIN8I0NI
Séance du samedi 28 juUlet.
M. LiONBL Dauriag parie de la Pensée musicale.
M. Rollano Ut un mémoire de M. Lindgrbn sur YHistoire de la
polonaise.
Il Ut ensuite une notice de M. Brenet sur Éloy d'Amerval.
M. R. Ck)MBARiEn Ut un mémoire de M. Landormy sur la for-
mation d*une ligue pour protéger la musique.
M. Lalot lit une communication de M. Meerens sur Diterses
questions d'acottstique.
In compenso egli solo parla del sig. Federico Hellouin , il cai
< lavoro — Appunti pet^ la storia del metronomo in Francia —
< a tutti parve chiaro, netto, preciso, sostanziale, e certo, fornisce
€ una pagina molto interessante al resoconto ed alla storia generale
€ della musica ». Mi lusingo che alla Minerva se ne resterà con-
vinti ; ma io non capisco il perchè della relazione incompleta. Forse
fautore ha creduto che per una prima volta non conveniva Sssare
troppo a lungo e troppo in largo Tattenzione del lettore; e ciò va
bene. Se non che allora perchè servirgli il Toni^ peregrinus e
gli i[%o{ bizantini piuttosto che la Storia della polonese o Purcell
et Bachi '
Intanto i musicisti dovranno sempre attendere da Parigi il vo-
lume ufficiale degli Atti del Congresso per apprezzare, come si
conviene, il lavoro compiutovi. 0. C
Congrès imiernaticnal dPhUtoire de la mm«<«m« tMa à Paris à la BibUotkif^ àt VOftre
da 88 an 29 Jollièt 1900 (YIII* Section do Congrès d*m8tolre eomparée). J^oeumonU, me*
iNoirt*, «t WBuoD, pttMiés par Us toint de M. J%dee Cembarieu-, Dinetavr da la Bmm
d'hiitoir* 4t et criUjm muticaUe, dólégoé par la Comité da Congrèa. — SoUtim», 1901. Imfri-
miTM SiKhd'Pkrr;
Attendevo con impazienza questa pubblicazione, annunziata da
qualche mese, perchè le relazioni apparse in vari periodici sulla
Sezione musicale del Congresso storico di Parigi, quantunque in-
complete, parziali e troppo vacue, lasciavano scorgere che vi si
erano trattate questioni interessanti. Il bel volume, edito per cura
di M. Jules Combarieu, non mi ha deluso nell'aspettazione; The
letto attentamente col più vivo piacere, provando solo il ramma-
rico di non aver potuto assistere, per motivi sui quali ormai è
inutile ritornare, alle discussioni che certi argomenti, che oggi
appassionano gli studiosi, hanno sollevato fra i congressisti. Su tali
discussioni M. Combarieu tagliò corto, accennandovi appena.
Credo che non sia erronea l'impressione che ricevetti dal com-
plesso delle memorie lette al Congresso: ristrette per necessità a
piccola mole, esse rappresentano nella maggior parte sunti di la-
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RBCBNSIONI 1025
Yorì compiuti 0 studi preparatori a lavori da compiersi, ed anche
aggiunte a temi già svolti in articoli speciali o considerazioni nuove
su essi.
Non è dunque il caso di riassumere scritti per sé stessi molto
compendiosi: non potrei riescirvi senza guastarli; d'altronde alcuni
furono già inseriti nella eccellente Revtie d'histofre et de critique
musiccUes diretta da M. Gombarieu:
RoMAiN RoLLAND, Noies suT V< Orfeo » de Luigi Rossi A sur
les musfciens itaUens à Paris, sous Mazarin;
L. Lalot, Le gente enharmonique des Grecs;
Michel Brenet, Un poète-musicien du XV siede: Eloy
d'Amerval;
D' 0. Chilesotti, Mi^siCiens frangais: Jean-Baptiste Besard
Si les luihistes du XV r siede;
R. P. Thibaut, Les notations byzantines;
Th. Gerold, De la valeur des petites notes d'agrément <k
d'expression ;
P. AuBRY, La legende dorée du jongleur;
Arnaldo Bonaventura, Progrès <fc nalionalité dans la mu-
sique;
R. P. Thibaut, AsstmUations des < Èchoi p byzantfns ik des
modes latins avec les anciens tropes grecs.
Darò l*elenco delle altre memorie, permettendomi solo qualche
osservazione.
Della musica greca si occuparono: E. Rublle {Le Chantgno-
stico-magique des sept voyelles grecques) ; Elie Poirée {Chant des
sept voyelles. Analise musicale), e Th. Reinach {Vharmonie des
sphères), F. Tiersot, Th. Reinach ed Elie Poirée parlarono anche
sulle diverse interpretazioni dei due Inni ad Apollo, recentemente
scoperti.
Circa l*arte bizantina Dom Hugues Gaisser spiega L'origine éb la
vraie nature du mode dit < Chromatique orientai ».
Sulla musica del medio evo abbiamo due memorie di G. Houdard
concernenti la notazione neumatica; egli le aveva già date alle
stampe subito dopo la chiusura del Congresso. Dom Hugues Gaisser
vi contrappone le Observations sur la communication de M. Hou-
dard, e presenta pure Vorigtne du « Tonus peì^egrmus ». Segue
lo scritto, veramente notevole, di Liborio Sacchetti, Le chant re-
ligieux de VÉglise orthodoxe russe.
Un argomento assai importante riguardo le origini deirarte mo-
derna svolse al Congresso J. Tiersot: Des transformations de la
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1Q26 axciNSiONi
tonaliié éb du róle du dièze A du bómol depuis le mayen dge
jtfsq'au X VII* siede; ma qui egli riduce il suo studio ad un Résumé
di poche pagine. Mi auguro che M. Tiersot sia ora intento ad am-
pliare il lavoro ed a corredarlo degli esempi opportuni per chiarire
definitivamente la questione che egli ha saputo trattare con tanta
dottrina.
Ck)ntinuo a citare:
Shbdlogk, PurceU 4b Bach (2 pagine);
A. LoNGo, Observaikms sur la vcUeur historique des compo-
sittons pour davecin de Dominique Scarlatli (2 pagine);
Adolf Lindgrbn, Contribuilon à Vhisiotre de la* Polonese >.
Qui leggo: < Dans le livre de luth de Besardus {Thesaurus har-
€ monicus, — CJologne, 1603) se trouvent quelques < choreae polo-
< nicae », mais elles montrent, du propre aveu de Squire (autore
€ deirart. Polonaise nel < Dictionary » de Greve), very slightly the
< rythm and peculiarities of Polish national music, A sont poor
« la plupart composées par un Vénitien naturalisé sous le règne de
« Sigismund III (1587-1632) ». Farò 11 nome del Vénitien naturalisé:
Diomede Catone, liutista e cantante molto abile. Non è a maravi-
gliarsi che le sue Choreae polonicae non sieno ciò che s*intende
oggi per polonese, perchè al tempo di Catone Diomede la polonese
non era ancora nata; ma non arrivo a capire per qual ragione non
sieno da prendere in esame e considerazione come tipo di danze
polacche le danze polacche scritte (e perchè no raccolieì) in Po-
lonia da un veneziano naturalizzato polacco. Io le conosco, e le ho
trovate cod originali che nessun altro genere di ballo può esser
loro paragonato. E poi curioso che tutu gli altri esempi presentati
dal Lindgren {Vaccompagnemeni est suppriméfìl) non hanno alcun
carattere di somiglianza colla moderna polonese. Ma allora tanto
valeva studiare anche il Thesaurus harmonicus!
Seguono circa la musique moderne:
G. HuMBERT, Les principes naturels de revolution musicale;
Ilmari Krohn, De la mesure à 5 temps dans la musique
finnoise (spiega nel solo modo persuasivo questo ritmo stra-
nissimo) ;
P. Landormy, Des moyens d'organiser en France une ligue
pour la proiection et le développement de Vari musical
Nella parte V {Varia) noto: Mberens, Réforme du système tmh
sical.
L* autore, riferendosi ad alcune sue pubblicazioni suir acustica
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RKGBNaiOMI 1087
musicale, deplora che non si sia badato alla scala musicale, da lui
27 25 27
fissata colla 4* nel rapporto -^, la 6» min. -^ e la 6' magg. -^.
Non conosco le opere del Meerens; tuttavia non esito a qualiS-
care'sbagliata la sua scala. Se nella scala di «o/?n^n. il fa resta nel
27
rapporto -^ col do, che non è tonica, si tratta sempre di qnei
casi che rendono impraticabile nella modulazione la scala naturale
per rimpossibile alterazione di un comma in certe noto. E poi se
27
il do quarta di sol è preso nel rapporto di -^, il fa, settima mi-
nore di sol, non resta più nello stosso intervallo col do. D'altronde
provi il Sig. Meerens a mettere la 4» -g- sulla 5» (-|-X-|5- = ^)
e sentirà quale deliziosa 8* ne risulti. Troppo si è discusso sugli
altri intervalli proposti dal Meerens per ritornare sopra una que-
stione che non ò più questione. La quale, del resto, dal lato pra-
tico è oziosa: fino a che Tarte avrà per base la modulazione nessuno
saprà impiegarvi suoni diversi da quelli della scala temperata.
Né credo che il sig. Meerens sia più avveduto nella sua pro-
posta di notazione musicale: 4 linee e 3 spaz! per i sette suoni,
con un numero quale indice delFottava a cui si riferiscono. Pare
impossibile che non si voglia capire come nel nostro sistema di
notazione, ormai perfetto, la lettura non presenti punto difficoltà,
mentre le difficoltà sorgono solo neiresecuziòne di ciò che rocchio
e rintelligenza leggono facilmente 1
Tra le altre memorie della parte V* cito come più importanti
VHistoire du métronome en France ii Hèlouin e Le Vandalisme
nmsical di Julbs Gombaribu, che, se ben ricordo, trattò questo
tema, su cui dovrebbe fissarsi Tattenzione d*ogni serio cultore del-
Tarte, anche nella Rivista Musicale Italiana deiranno scorso.
Il programma del Concerto Storico, organizzato da M." Julien
Tiersot e Charles Bordes ed eseguito nelle sale del palazzo del prin-
cipe Roland Bonaparte, e i voti espressi nel Congresso chiudono il
volume. 0. C.
P. AXTBnYf MuHeoloifU médiévaU^ HUtoire et méOioiUs. Fkg. ti-IM, ia-S» gr. ^
Parw, 1900. WolUr. — Fn.^20.
In questo elegante volume, che è il primo di una serie di Me'
langes de Mtisicologie critique, Tautore ha raccolto il suo corso di
10 lezioni professato M'InslìiiU Catholique di Parigi nel 1898-1899.
Non è, come avverte il dotto A. nella prefazione, nn^opera di po-
lemica : e meglio avrebbe potuto dire che non è colpa sua se questa.
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1028 RBCXNSIONl
come ogni opera di musicologia sacra rigidamente condotta con
metodi scientifici, sembrerà precisamente una polemica appassionata.
Senonchè, per fortuna, la logica dei fatti ha una forza dialettica
che nò si sminuisce con le parole, né si distrugge con privilegi, da
qualunque Autorità essi emanino.
E qui i Catti sono non solo ordinatamente ma, direi, elegantemente
esposti come si conviene in un corso di insegnamento superiore.
Naturalmente non tutte le osservazioni dell'A., in un libro che ne
è cosi ricco, potranno essere condivise dai lettori; ma le discre-
panze parziali non tolgono ch*esso non sia un modello di corso su-
periore di storia musicale. Io son sicuro che i corsi di Storia delia
Musica che si tengono nei nostri istituti musicali non sono da meno,
nò per copia di erudizione, nò per ordine e limpidità di dettato:
ò sol da dolersi che non se ne pongano in pubblico prove simili a
questa.
La prolusione parte da un'osservazione vera ed acutamente di-
mostrata: il considerare la Musica come scienza non ò unMdea no-
vissima: è al contrario perfettamente medievale. Che poi della
scienza, e dell'essenza sua e de* suoi metodi, il concetto moderno
(approfondire una specialità) e il concetto medievale (armonizzare
in un vasto insieme le specialità tutte quante) siano antitetici, è ovvio
e naturale. Ma ciò non toglie che questa idea fondamentale deve
guidarci sempre, quando s*ha a trattare con testi e con autori del
Medio Evo. E perciò non ò un paradosso il cercare e trovare, in
quella età, le rispondenze fra la musica e le arti architettoniche
(qua e là rargomento gli prende la mano, però: le alte guglie e
leggiere dei templi gotici non mi paiono responsabili deirelevazione
più acuta delle voci nelle sequenze, in paragone del canto-piano ! ):
e cosi fra la musica e la lingua {liturgica dice TA., ma ò epiteto
non buono, perchò queste relazioni variano specialmente col variare
della lingua dal latino ai diversi volgari, e specialissimamente anzi
nella musica profana); e infine tra la musica e le scienze. La effi-
cacia profonda (e disastrosa, a mio avviso) che ebbe sulle teorie
musicali la Filosofia scolastica ò qui brevemente ma limpidamente
toccata; che quest*efi1cacia però dalle teorie astratte passasse allora
nella pratica comune profana, e che anzi si debba far sentire per^
fino nelle traduzioni in notazione moderna, è per me inconcepibile.
Ma di ciò altrove.
Le quattro lezioni che seguono sono più spiccatamente storiche.
Le due prime mettono in luce Topera intelligente di Pier Benedetto
Jumilhac (1611-1682) e di Giovanni Lebeuf (1687-1760) per venir
poscia a D. Martino Gerbert [1720-1793] il dotto autore del De Ccmiu
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RECENSIONI 1029
et musica sacra (1774) e benemerito collettore della grande rac-
colta degli Scriptores de mimica medii aevi (1784). Il continuatore
della collezione Gerbertina, il De Coussemaker (1805-1876) occupa
la quarta lezione, che tutta, e ben giustamente, ò un ragionato
elogio del suo metodo storico-critico e delle opere sue principali,
ancora non invecchiate, a cominciare dalla Hisloire de rHarmonie
au moyen dge, nella qual* opera per la prima volta si spiegò se-
condo verità la natura della notazione neumatica. Si sa che il Nisard
ne rivendicò la priorità, ma giustamente TA. ricorda qui lo studio
del Gombarieux, che ridusse al vero le querimonie del Nisard (in
questa Rivista, II, 185) scrivendo uno dei capitoli più interessanti e
curiosi della storia musicale moderna. Complemento necessario
della Hist. de l'Harm. è il volume, più maturo e più concludente,
VArt harmonique attx XIP et XIII^ siècles; ma il monumento
più insigne dell'operosità del De Couss. è formato dai 4 grossi vo-
lumi degli Scriptorum de musica medii aevi, nova series. Nella
stessa lezione è trattato del Fétis (1784*1861), Taccanito rivale del
De Coussemaker, e ne è messa in rilievo tutta la farraginosa e
(frettolosa attività, senza metodo, senza critica, senza scrupoli. Non
sarà mai abbastanza ricordato (specie in Italia dove la Biographie
universelle des musiciens e la Histoire generale de la musique
occupano ancora un posto troppo onorevole negli scaffali delle bi-
blioteche musicali), che se la Biographie è comoda perchè mette
sotto mano un numero immenso di notizie, non c*è mai da fidarsi
di alcuna di esse se non la si controlli prima accuratamente; e
quanto alla Hisloire non ò che un paradooce en cinq volumes,
una grossa pietra apportata au monument tmposanl el loujours
inachevè de la bélise humaine.
Le due lezioni che seguono sulle Edizioni dei libri di canto li-
turgico, e suìVOpera dei Benedettini sono due capitoli interessanti
e istruttivi per la nota questione della restituzione del vero canto
gregoriano, e sulle benemerenze acquistate in questo campo dai Bene-
dettini di Solesme, gli editori della grandiosa Paiéographie musicale.
L*ottava e la nona lezione rientrano nel terreno della metodo-
logia pura, runa sul Metodo filologico, l'altra sul Metodo storico
nella musicologia, o in altre parole sono una esposizione limpida
dei criteri! che debbono guidare prima nella ricostruzione e pub-
blicazione di un testo micsicale medievale, poi nell'apprezzamento
che di esso testo deve fare la scienza; e infine dei sussidii che a
questo apprezzamento debbono dare le scienze affini, la diplomatica
e le arti figurative. Chiude il volume un capitolo sugli Elementi
di bibliografia musicale: utilissimo per quanto dà, sebbene non dia
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1030 BLECWtfSlOìil
quanto si desidererebbe ; ma Tepiteto di confido non è Catto, pur-
troppo, per gli studi blbliogi*aflci, qualunque ne sta Toggetto e lo
scopo. In complesso, un buono e utile libro. A. Rkstori.
A. JBAimOT, X. BRAKOnr €• P. AUBItT, Zmi» et l>9M»rt9 frmnfmU dm XIII*
MUeU. Texie 9t «MMigiM. — F^. zxit-171 in-4* gr. — Paria. 1901. Waltw. Pza. M.
È questo il quarto volume dei Mèlanges de Musicologie cri-
tique, la cui pubblicazione fu intrapresa dairAubry, e del primo
del quali rendemmo conto qui sopra. Questo quarto volume è il
frutto di una volenterosa collaborazicne, in cui Tarchivista Brandin
si occupò più particolarmente della parte paleografica e della esalta
riproduzione dei codici; mentre TAubry curò la parte musicale e
Jeanroy, il chiaro professore dell'Università di Tolosa, tenne per sé
rillustrazione filologica e letteraria dei testi. Questa collaborazione,
che farebbe presupporre, già da so sola, un ottimo risultato, fu in-
vece, pel modo con cui s'è svolta, il vizio radicale dell'opera. Come
ò lealmente detto fin dalle prime parole, mancava allo Jeanroy
ogni nozione musicale: « sans dotde mon exceUeni collaborateur^
M. Aubry, eut pu me foumir sur ce sujet toules ìes lumtòres
qui me manquent; mais nous avons travcUUé à cUstance^ et une
perpélueUe consultalion n'eut poini èie sans difflciUtés. Tai donc
pris le parli de kUsser M. Aubry iirer de l'elude des mélodies
ioutes les conclusions qu'il jugera convenahles et me suis bomé
à Cexamen des textes ». Da ciò un distacco irrimediabile, e se
anche le conclusioni collimano, la trattazione non cessa dall'essere
nettamente separata; noi non abbiamo qui un'opera, ma due mo>
nografie rilegate insieme. Il che ò tanto più spiacevole in un genere
còme il discordo dove parole e musica, ragioni metriche e melo-
diche, non si sovrappongono soltanto (come negli altri generi lirici
alto-ft^ancesi e provenzali) ma veramente si fondono in un tutto
indissociabile. 11 difetto è sensibile anche nella disposizione tipo-
grafica. Noi abbiamo prima il testo dei lais e descorls dato nelle
forme strofiche e con l'apparato delle varianti pag. [1-73]; poi il
medesimo testo ò ripetuto a linea intera sotto il r^o musicale
[pag. 74-162], e cosi chi legge la melodia perde di vista necessa-
riamente la struttura strofica, e riesce penosissimo fame il con-
fronto. Non era difllcile, in tanto lusso di edizione, fondere una
cosa e l'altra e dare insieme il testo stroficamente disposto con la
melodia verso per verso: questa disposiziono avrebbe anche rispar-
miato airAubry la frequentissima superflua ripetizione di una stessa
tVase musicale. Per es. questa semplice cadenza [XXV, 6]:
M 1 1 1 1^
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RBGXN8I0NI 1031
è ripetuta sedici volte ; se i versi fossero in colonna, bastava porla
sai primo. E lo stesso dicasi pei ritomi simmetrici della frase nel-
Ilntemo della strofa, e pel ripetersi della melodia tra strofe con-
secutive.
La parte letteraria di quest'opera consta di due capitoli. Nel
primo si dimostra che lai e descort non sono che due nomi diversi
di un solo genere poetico, e se ne studia la struttura nelle strofe,
nelle rime, nei versi. Io dò questa dimostrazione per concludente,
perchè volendo limitarmi alla parte musicale non vi trovo argomenti
per dimostrare con certezza il contrario. Osservo però che sono
chiamati espressamente descort nella rubrica o nel testo poetico i nove
(non 8 come dice l'A. a pag. vi) numeri : T, II, III. VI, VIII-XI, XIII ;
e sono detti lai i 14 numeri: XII. XIV, XVI-XVIII, XX-XXVII,
XXX; [i numeri V, XV, XIX, XX Vili, XXIX non hanno alcuna ap-
pellazione, il IV è detto iVote, e il VII cfiarU e chanson\. Or è un
bel caso che tutti senza eccezione i descort sieno di padre conosciuto,
mentre i lai sono quasi tutti anonimi (9 contro 5). Questo potrebbe
indicare che, data pure Tidcntità fondamentale, descorts è il nome
assunto fra i poeti d*arte, e la musica appoggia quest'osservazione ;
essa nei descorts è più ornata e melismatica, meno tonale, e non
ha quell'impronta popolare e quei ritorni simmetrici che paiono
propri dei lais^ come si vedrà negli schemi posti più oltre e tutti
fomiti dai lais. Ck)munque, pure accomunando lai e descort^ le di-
visioni strofiche introdotte dairautore sono dì non poca importanza,
perchè su esse si basano le deduzioni relative alla natura e all'origine
di questo genere. Ora l'A. stesso ha osservato che non sempre la
ragione stroflca è data dalle rime, o dagli aggruppamenti metrici o,
infine, dalle maiuscole colorate dei capoversi segnati nei codici.
Unico criterio è il mutamento dell'unità musicale; la fine del periodo
musicale non è controversa; dopo di esso o si cangia melodia e
strofa, 0 si ripete la melodia con altra strofa di egual costruzione
e, quasi sempre, di eguali rime. Non dirò che questo criterio mu-
sicale non oVlvdi qua e là qualche dubbiezza, ma infinitamente meno
d'ogni altro. Ora, lo Jeanroy (p. xvii, nota) e l'Aubry (p. xix) affer-
mano che fra le divisioni strofiche e le musicali la concordance s'esl
faite aisément et comme d'elte-méme. Mi sia permesso dubitare
che il musicista ha qui subito la suggestione del letterato, mentre,
come ho detto, avrebbe dovuto avvenire il contrario. E appoggio
subito con una prova di fatto questo dubbio che, altrimenti, pec-
cherebbe d'insolenza ; il laiXXlV è diviso in nove strofe, il lai XXVIII
in diciassette: orbene questi due lais sono elicali ed hanno V identica
melodia; è evidente che, se è vera una divisione, è falsa l'altra, e
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1032
RBCKN8I0NI
viceversa. Al Jeanroy rìesciva più difficile acc(»rgersi dell* identità
perchè, specialmente alle strofe i, 2, 3, il XXIV ha alcuni versi
maschili cui corrispondono nel XXVIII versi femminili; ma Tidentìtà
musicale è tanto più rimarchevole in quanto la melodia dei due iais
è tratta da due codici diversi e» credo, indipendenti.
Ma v*ha di più ; questa stessa melodia ci ritoma innanzi una
terza volta nel lai XXVII, presa dallo stesso codice del XXTV; la
triplice concordanza è data dallo schema seguente :
(1) XXIV, -'.
= 1
= XXVIII,
=, 1+ 2 -XXVII,
= 1+2
2
=
3+4
3 + 4
3':
=
5+ 6*Ì =
6 + 6 = 7+8
4.:
=
7+ 8.:
5
=
9 + 10 =
9^10
6
=s«— 1 =
11 + 12= =
11 + 12
7
13
=
13+14
8 +
8Mi
s=— ' =
14 + 15 = -J =
15 + (16 + 17) + 18
= 9
=
- = 16 + 17
—
19
Dopo quest*esempio, non mi perito di porre altre poche osserva-
zioni, specialmente su queste 'divisioni stroflche, cosi come le feci
alla lettura: rifare e controllare tutto non è possibile. In massima
(1) In questi schemi la doppia = è, al solito, eguaglianza, la sempb'ce — (non
accompagnata da =) è QD*estr6ma somiglianza, la punteggiata ... indica nna rela-
zione meno stretta. Le strofe XXIV: 1, 2, 8 (e le rispettive di XXVII e XXVIII)
hanno questa particolarità che la frase melodica è distica, AB, e che i versi pari
di tutte tre hanno sempre la frase B, mentre i dispari nella seconda mutano
alquanto, À': e così nella terza, A'' ; il che potrehhe indicare il tutto come uni
strofe unica (di 30 versi) tripartita. Notisi anche che XXVin : 14, è di sei versi,
mentre la parte corrispondente XXIV : 8, ne ha di più, perchè ripete la stessa
cadenza musicale (la quale esige che i versi 79, 83, 87, sieno segnati come rime
al mezzo, non come versetti indipendenti). Lo stesso avviene di XXVII : 17, che
è una meccanica ripetizione di 16. È evidente che ripetere la stessa frase melo-
dica qualche volta di più o di meno, non turha l'eguaglianza musicale : press*!
poco (per un esempio a* profani) come avviene nelle ehansans de gestCt ove le
lasse non sono mica musicalmente diverse tra loro, perchè ahhiano didotto o
sedici anziché dieci od otto versi. Come sopra è indicato XXVII : 7 + 8 =5 -f-6,
e potrehhe aver ragione, perchè, tranne . una o due note , anche XXIV : 4, e
XXVIII : 7 + 8, sono identiche alle rispettive 8 e 5 + 6. Infine XXVII : 19 è uni
sola frase musicale di 5 versi, mentre XXIV : 9 e XXVIII: 16 -f 17 la ripetono
talquale (10 versi).
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RXGBNSIONI 1033
credo che quando il periodo musicale è finito» senza ritorni di frasi
0 cadenze, si debba segnare una strofa nuova. Cosi la strofa XVII, 2
che ò detta di 56 versi (pag. ix, linea 12) mi pare da dividere
in due, 27-56*»** (perchè manca un verso in -aM^) = 57-82 (2).
Anzi la melodia non vieterebbe di dividere in quattro, perchè
27-41 : 42-56»>i« : : 57^ ; 67-82. Anche XVII, 7, potrebbe dividersi in
due [ai vv. 235-54 e 255-62J, ma la continuità del senso e il perdu-
rare, con lievi varianti, della stessa frase di cadenza, inducono
anche me ad ammettere una strofa unica (3); ma i vv. 263 alla
fine sono una vera coda finale.
Nella struttura della strofa, notisi ancora che in Vili : ì, la me-
lodia pare segnare una divisione, 1 (vv. 1-10) e 1*>^« (vv. 11-22); e
altrettanto, malgrado la continuità delle rime, sembra necessario
nella IX : 6, cioè dividere in 60-73 e 74-83. Quanto alla identità fra
strofe, segnalata dalKA. a pag. xii, di regola, ma non sempre, le
corrisponde identità melodica; per es. Teguaglianza fra le strofe 5 e 6
di XI è di struttura ma non di musica. Era poi da notare che la
strofa esastica II : 2 (pag. ix, linea 1), ha la rimalmezzo in -ór ai
versi pari, la quale nella musica è nettamente accusata con la ri-
petizione del 1*" emistichio musicale; al v. 12 è dunque correzione
certa : Dont n'iert ia ior la paine achievée.
Tornando alla divisione dei lais, date le^ precedenti osservazioni,
11 lai XVII mi pare offra lo schema seguente:
(4) XXII:
— =
1 =1*^
2 =2W»
3 =4
r'^ 5
5W» -
-== 6
7 J
_= 7Mf
(2) Anche qai la frase melodica dei vv. 27-31 è ripetuta tre volte nella prima
strofa, e solo dne nella corrispondente parte della seconda (vv. 57-66; v. nota
preced.). Una conferma che si tratta di due strofe egaali e consecutive, è il fatto
che sopra la seconda il copista ha creduto superfluo di scrivere la notazione mu-
sicale. — U V. 64 mancante era forse : Volans et isneaua (cfr. v. 39).
(3) A questa strofa XVII, 7 (e non a XXVII, 7) rimanda la nota 6, pag. ix.
Così pare nella nota 1, stessa pagina, TXI, 1 non parmi rinvìo esatto.
(4) 1 w» =. vv. 15-26 . 2 w« = vv. 57-82 . 5 *« = vv. 185-214 . 7 Wi = vv. 263-72.
La relazione tra 5^ e 7 sta neiridentità della frase iniziale, e dei vv. finali
207-14 identici con i w. 255-62.
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1034
RICBN8I0NI
Come il preoedente, il lai XVIII ha carattere narrativo, ed è no
séguito di frasi melodiche di estrema semplicità, e tutte, quasi, di-
stiche; esso ha questo schema:
(5)XVni:
.1-2
1 3= 6
_i 4—7
_: 6— 8
1 9 =.13
lOJ =14 = 17 — 20
llj =.15»18»21
12; »16»19 — 22
Nel lai des Amants (XX), anch'esso di melodia assai semplice
e che si direbbe d'indole più narrativa che lirica, Teguaglianza fra
1 = 2, 3 = 4 è confermata dalla musica. Nel XXI la melodia esige
una divisione alquanto diversa, perchè la 1* strofa deve esser divisa
in due: 1 (vv. 1-9) e i^^* (vv. 10-17). Ciò rivela una costruzione assai
elegante (6):
1
— = ìbis
2» 8» 4
— = 5
6= 7= 8
— = 9
10=11 = 12
(5) Basterebbero, sempre, lievi correzioni per ottenere fra le frati unite eoo
linea semplice la eguaglianza. Le relazioni punteggiate tono queste ; nella me-
lodia distica della 9 (e 13) la frase A ò identica alla B della 3 e 6. La parte
monorìma della 23 ha l'andamento melodico preciso della 1, a una sol nota di
distanza: ma poi 23 termina con una cadenza finale presa d*altra fonte. Gran
parte di questa notazione musicale fu felicemente restituita dall^Aubry, per^
le indicazioni metricbe sono semplici e chiare. Vedremo più oltre che anche k
melodia di questo lai non è originale.
(6) Per Tequazione lOea 11 =» 12 deyesi notare chela melodia dei tt. 152-^
deT*e8sere invertita (e il senso non vieterebbe di invertire i veni stean), e dopo
il 153 molto probabilmente manca qualcosa. La formula melodica 154-6 data
una volta nella 10 è ripetuta tre volte nelle 11 e 12 (v. nota 1). Notisi
infine cbe la 13 è una vera coda perchò tutta formata della 2* parte d^
10-11-12.
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RECENSIONI 1035
Il lai del Kiecrefuel malgrado l' identità di struttura di molte
strofe non ha eguaglianze musicali se non 1 = 2, 12 = 13. Invece
la melodia del lai des Piu:elles (XXIII) rivela divisioni diverse dalle
segnate ed è peccato che manchi la fine della musica, perchè pro-
babilmente anche qui avevamo una costruzione simmetrica (7):
1
2 = 3 = 4
5
5»«=7
6 = 7W» •
8=^9
Di una simmetria assai semplice risulta il lazs d'Aelis (XXV)
quando si divìdano, come credo si debba, in strofe distinte le iden-
tiche 4» e 8*:
1
2 — 3
- = 4 = 4Wf
5
6
7
= 8 = 8Wt=r9
Queste divisioni, e molte altre che potrebbero forse essere in altri
lais, aflfermano limpidamente che in questo genere poetico i soli
criterii filologici non bastano a stabilire la struttura metrica; ma
non infirmano, io credo, le conclusioni del Jeanroy contro il Wolf.
che cioè tra il lai e la seqtcenza o prosa non ci sia eguaglianza
né derivazione. I lai, musicalmente studiati, rivelano delle interne
simmetrie (non tutti, a dir vero, ma le elaborazioni artificiose di
(7) La 5Mt a Yv. 83-98 e la 7 &^ » tv. 129-37. Questo schema risalta rispet-
tando la costruzione strofica data dal Jeanroy, e la restituzione melodica del-
PAubry pel lungo tratto 101-137; ma il testo, con non maggiori mutamenti, si
presterebbe ad una restituzione musicale che rendesse 5=s6 = 7. Insomma è
questo il solo caso in coi il copista ha lasciato in bianco un tratto di cui non
è limpido il modo di restituzione; ciò è forse spiegabile pensando che Tama-
nuense stesso ayesse innanzi un originale poco chiaro, e ne sarebbe una conferma
Tessersi egli stancato e aver smesso di copiare la musica verso la fino del lai,
Rintta mu8ieai§ italiana. Vili. 67
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1036 ascsN8io:«i
Adam de Givenci, Gaatier de Dargies e Guillaame le Vinier non
possono esser chiamate in causa in questa ricerca); pure queste
simmetrie son ben più libere e variate che non nelle sequenze
rigidamente astrette alla l^ge del parallelismo. Io inclino quindi
airopinione del Jeanroy, ma non la credo co^ matematicamente
provata che non valga la pena di rimetterla sul tavolo anatomico
della musicologia filologica; e non nego che una dissezione minuta
e compiuta non possa portare a inaspettate conclusioni.
Escluso che il lai o descort derivi dalla sequenza^ lo Jeanroy
propugna un'orìgine celtica. A questa derivazione TAubry ha ore-
4uto di portare per parte sua una conferma, osservando che molti
lai hanno conservata nei mss. tutta la notazione musicale, mentre
altri sette, anonimi, hanno larghi tratti in bianco da lui, con sicuri
criterii, restituiti ; egli inoltre ha creduto vedere tra i primi e i
secondi una differenza estetica: più ricercati e fioriti i primi, piii
semplici e popolari i secondi; sicché specialmente in questi ultimi
s*avrebbe a cercare non certo gli originali ma le derivazioni o al-
meno le imitazioni delle melodie dei lais di Bretagna, tanto celebrate
e amate nel Medio evo. — Mi sia permesso di diro che la conclu-
sione può essere esatta, perchè se il ^ deriva da esemplare celtico
è molto probabile che Teco più fedele ne sia conservata nelle me-
lodie più facili e popolareggianti; ma le premesse sono inesatta.
Anzitutto Taver lasciato in bianco dei tratti di rigo musicale di-
pende semplicemente da questo, che il copista si è accorto in tempo
di avere innanzi la ripetizione esatta di una frase, di un periodo o
di una strofa precedente e s*è risparmiato T inutile fatica di rico-
piarla. Io dò di ciò la dimostrazione in nota (8) e davanti al fatto
(8) Tatti i tratti lasciati in bianco (pag. xxii) sono i segaonti :
XYII: 82-42 e 55-63: ripetizioni immediate della frase precedente — 58^:
ripetizione della strofa precedente (cf. nota 2) — 90-10«{ : ripetizione immediata,
che realmente dovrebbe cominciare col t. 88; il copista se n*ò accorto solamente
dopo tre versi e allora interruppe rinatile copiatura — 124>65 : rìpet della strofii
preced. — 172-81: rip. immediata della frase preced. — 225-72: qui i vv. 225-34
ripetono la frase immediatamente precedente, àoUanto % tw. ^5-64 ripetono tre
voUe ìa fra$e 185-9, I ?y. 255 alla fine ripetono la prima atrofia dd laL
XVIIl: vedi noU 5.
XX: 12-23, 42-51: rìpetiuoni immediate ed eridenii; anche qai dovrebbe
cominciare col v. 37 ; il copista se n'ò accorto 5 veni dopo — 145-9^ 152-7: ripe-
tizione immed. della frase preced.
XXI: 33-47, 48-62: duplice ripetizione deUa strofe 18-32; 99-148: i
vv. 95-115, 116-136 sono rip. conseoutive della str. 74-94; mÀUmio Ì99. 137-48
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BKGKNBIOHI 1037
non po9sono esserci obiezioni. Solo mi si potrebbe chiedere: perchè
altre volte ci so& pur ripetizioni di frasi e di strofe e il copista ha
scritto tutta la notazionef al che io osserverei che nessuno di noi
può farsi mallevadore della intelligenza, della attenzione e nò meno
della coerenza logica degli scrivani medievali. E del resto io ho
notato altrove esempi di amanuensi che s*accorgevano troppo tardi,
o anche non s'accorsero afiGitto, delle varie ripetizioni delle melodie
che copiavano (0).
In secondo luogo la differenza estetica fra queste melodie di lais
francesi, la sento anchMo : ma non proprio esclusivamente fra la
serie dei tutto-notati e dei parte-notati. Questi ultimi sono, è vero,
di modulazione piana e sillabica e perciò d*ìndole popolareggiante,
ma non sono ì soli: ve ne hanno dei simili, e forse ancor più ca-
ratteristici, pur nella serie a notazione intera: e fra tutte queste me-
lodie e più di tutte la notazione eguale dei lata XXIV-XXVII-XXVm.
A questo proposito, infatti, parmi molto significativa la constata-
zione ch*io feci della identità della musica in questi tre lais, di cui
due sono profoni e uno religioso. L* ipotesi che uno dei tre abbia
servito di modello agli altri due, dev'essere assolutamente scartata;
il XXVII ha un passo che non sfuggi airacutezza del Jeanroy:
102. — El lai des Hermins
Ai mia reton roumanee, ecc.
nel quale, come vedesi, il poeta: oppose au lai lui-méme (c'esi-à-
dire à la melodie, gt^e l'auteur a trouvée toule fatte) la raisoh
ripetono la strofa 5 (w, 63-7 3) ^ ma la ripetizione ò resa evidente dalla iden-
tità delle rime.
XXII: tatte ripetizioni immediate dell|^ frase melodica che è sempre dìstica,
AB. Il copista sistematicamente ha scritto la mosica di tre Tersi : AB, A
lasciando in bianco il resto delle lasse.
XXIII: 40-67: ripetizione duplice della str. antecedente -- 101-37: t. nota 7
— 160-80: rip. della strofib precedente.
XXV: 17-25, 81-37, 61-67: rip. immediate della frase distica pncedente;
45-53: ripete il periodo 37-44; 69-81: rip. della stessa frase monorima
— 84-89: daplice rip. di 81-83; 98-) 13: duplice rip. della stro& antecedente.
Son dnnqae due casi soli in cai la ripetizione non ò immediata, quelli che io
scrissi sopra in corsivo, ma in XXI: 137-48 essa è resa evidente dalle rime.
Riroane XYII: 285-54, e sopra un caso solo non appoggerei una teoria di vasta
portata : preferisco credere a una eccezionale accuratezza del copista^ o semplice-
mente che egli trovasse nel suo esemplare ravviso che quel tratto era una ri-
petizione.
(9) Si veda questa Biviata, II, p. 23 e segg.
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1038 RECENSIONI
ROMANCE, c'esUàrdire les paroles franoaises qu'U y a adaptées. Il
modello dunque musicale di tutti tre i lais è il lai des Hermins,
or perduto, ma che rimanderebbe, secondo il Jeanroy a origine
celtica, perchè « les Hbrmins, doni fati mention notre pièce, ne
soni pas évidemment les habitants de V Armenie, mais ceux de
celie Ermonie ou Ermenie qui aurait élé la patrie de Trislan ».
E il fatto che, malgrado tanta povertà di testi, per ben tre volte
ci viene innanzi questa notazione e in lais dandole cosi diversa,
dimostra all'evidenza trattarsi d*una melodia conosciuta e amata,
fluttuante per cosi dire fì*a la moltitudine: e alla mercè di chiunque
sapesse aggiustare una novella reson roumance sulle note del canto
antico (10).
Ma v*èdi meglio; questo fatto si ripete una seconda volta, e in
circostanze non meno curiose e significanti. In un ms. d'origine in-
glese noi troviamo una poesia latina intitolata Cantus de Domina
e un lai francese à la Vierge di struttura identica, con notazione
musicale (n** XXX); essendo queste due poesie un evidente ricalco
runa dell'altra, per noi è inutile la questione quale fu scritta prima e
qual dopo: musicalmente esse sono una sola unità (11). Or questo laih,
nel codice, cosi rubricato: Cantus de domina post cantum AaHz. Noi
abbiamo un lai amoroso d'Aelis (XXV), ma con questo cantus non
ha nulla a che fare né per la metrica né per la musica. Invece
opportunamente il Jeanroy ricorda (p. xv) che noi troviamo men*
zione di un antico lai d'Aeliz cantato da un irlandese, e però si-
curamente celtico. 0 non potrebbe il cantus de domina essere ri-
petizione 0 almeno eco fedele della vecchia melodia?; esso è una
(10) Non ò possibile, e non ha molta importanxa, deddore qaale dei tre hm
ci rispecchi con maggior precisione la fonte cornane (ìai des Hermms), lì mio
riseryatissiroo parere ò favorevole al lai devoto, anzichò ai dae profani; per qaeste
ragioni: 1<> nelle strofe 1-2-3 oye, come già dissi, il XXIY e XXVII hanno
alcune rime maschili che il XXVIII ha femminili, la cadenza che rìpercoote
sempre Taltima nota s*aggÌQsta più nataralmente alle femminili; 2» lo ite«o
afTiene nei versi XXVIII: 81, 84, che sono femminili (e qui concorda anche il
XXVII: 79 e simili), mentre sono maschili i corrispondenti XXIV: 79 -{-80»
83-f-84, 87 + 88. Inoltre già avvertii che questi versetti 79, 83, 87 devono
essere vere rimalmesso (v. nota 1), ma siccome la melodia non lo indica meno>
inamente, mi pare sia più schietto e più originale il XXVllI (e XXVII) che non
le hanno, mentre quello del XXIV pare uno sfoggio inutile e posteriore.
(11) Cfr. note a pag. 16J e 162; ivi TAubry attserisce che il prototipo sia il
Ìai3 latino, ma la verità ò che non ne sappiamo niente e che non abbiamo argo-
monti neppure per istituire un calcolo di probabilità.
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RECENSIONI 1039
serie di sei motivi melodici, graziosi, facili e tonali. La frase post
canlum Aaliz vale certamente come: dietro la melodia, secondo
la melodia (il J. per intuito tradusse; sur le chant d'Aélis), e non
nel senso di segtìendo o accompagnando la melodia, quasi fosse
un discanlus o una seconda voce adattata al canto di Aeliz. Vieta
di pensare a ciò Tandamento della melodia, spontaneo e per nulla
tormentato come soleva essere dai barbari discantores; e di più le
troppo noie indicazioni tecniche, che sono tenor e gontra, non
POST (12). Ma è ozioso perdersi in minuzie, quando possediamo la
prova provata che le melodie di questo canile appartengono anche
esse al vecchio e comun patrimonio musicale del popolo. Infatti un
francese, Ernoul le Vieux, in un lai de Vancien et du nouveau
Tesiament (XVIII) d'indole affatto narrativa (e perciò più affine
agli antichi lais di Bretagna), usa di questi motivi melodit^i, adat-
tandoli a suo talento su versi svariati ; sicché cogliamo qui sulfatto
la disinvoltura medievale (e medievale soltanto?) con cui altri
appropriavasi e trattava la roba non propria. Per gli opportuni
riscontri si paragonino le frasi iniziali dì ambedue; mentre la ca-
ratteristica successione XXX : 4, Vzrge pure surm^ontez è
ripresa tal quale neir ultima strofa di Ernoul: Par baptesme . . .
cuilé (si cfr. nota 5). La strofa 2 del canius è Tesemplare melodico
di Ernoul 3 e 6; e la terza del cantus, di Ernoul 4 e 7 e più an-
cora 11 = 15 = 18 =21 (si veda lo schema del XVIII a pag. 1034).
La quarta melodia del canti^ è resa monostica in Ernoul 5, e distica,
lievissimamente alterata, in 8 e 12 =: 16 ecc. La quinta del cantus è
una variante della quarta, che in Ernoul non parmi adottata. Non
è probabile che Ernoul sì sìa valso proprio di questo cantus de
domina; hanno attinto entrambi a una comune fonte melodica {lai
d'Aeliz), che il canttcs ci offre più schietta e limpida, Ernoul più
intorbidata.
Altri argomenti, e non senza valore, porta lo Jeanroy a prò della
derivazione celtica. E musicalmente io non vedo quali difficoltà si
oppongano ad accettarne le conclusioni; il fatto di adattare parole
nuove a melodie vecchie, cosi strano per noi, era de' più comuni
(12) Questo senso potrebbe essere invece quello della rabrìca nel lai XYI di
Gualtiero di Coincl, che è detto: iin« ìai$ de nostre dame contre ìe ìaimarkiol
Qui il vedere se trattasi di un discanto, oppure di un semplice imprestito, sa-
sebbe fiftcile airAubry, poiché la melodia del lai Markioì ci è conservata nei can-
zonieri W (= parigino 844) al foglio 212, eò (= par. 12615) al fol. 72. Duolmi
non conoscere questa notazione.
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1010 RSCIK8I0MI
nella tecnica medievale, e possiamo constatarlo dalle liriche più an-
tiche {Qrundriss: 210, 7) ai tardi precetti delle Leis d'Amor, secondo
le quali anzi, quasi una metà dei generi poetfci doveva, o almeno po-
teva, far uso di melodie preesistenti. Né è poi da credere che questi
suoni di Bretagna che tanto piacevano in Francia, fossero qualcosa
di essenzialmente o recisamente diverso dalle melodie più semplici
e popolari che noi conosciamo in altri generi lirici. Se è lecito giu-
dicarne da questi lais, essi erano un séguito di frasi melodiche,
distiche, tristiche o tetrastiche, spontanee ed eleganti, ripetute due,
tre 0 più volte (13), in una, due o tre strofe, e poi abbandonate del
tutto per passare ad altra frase, e cosi via di séguito. Ora, s'io non
m'inganno, appunto questo seguirsi di melodie variate e diverse
per la misura, pel tono e per Tespressione, ripetute sufficientemente
da poterle capire e gustare, ma non tanto da ingenerare sazietà,
era quello che di speciale e di affascinante dovevano trovarvi gli
uditori, avvezzi alla lunga monotonia dei poemi e puossi dire anche
degli altri generi lirici con molte strofe sempre metricamente e
musicalmente identiche Tuna all'altra. E questa varietà appunto
era e rimane la caratteristica essenziale del laU caratteristica che
agli artificiosi e compassati Provenzali doveva sembrare una vera
BOOfnjcordanza, donde il nome di descort; sicché, parmi, queste os-
servazioni vengono a corroborare quelle del Jeanroy per ben altra
via ottenute (14).
Se tale era la natura originaria e popolare dei lai o descort,
agli artisti desiderosi di provarsi in esso genere ma con maniere
virtuosità non erano aperte che due vie, e vi sì misero con impegno
(18) Se ho cercato bene, le ripetizioni maggiori sono: 4 Tolte per nna frate
tetrastica (XXIII: 33-98 e corrispondente 113-128), ma i versi sono oortlasimi ;
4 Tolfe, spesso, per tristici pare di versi corti; 8 volte per ana frase dìstica
[16 versi A^B*] in XVII: 215-80; e 16 volte la frase monorima già dUta a
pagina 1030.
(14) Cfr. pag. VI e segg.» xjy, n. 2. Perciò resta dimostrata la deflniiione del
deaeort data dal rimario del Donale (cfr. Appel, Vom De»cart, in Zeits* fSr
rom, Philt ^I» P- 210), che cioò esso sia una: catUikna habens 8<mo8 divenoi,
e questa è la ratio sine qua non del discordo. Che poi gli ani nella varietà delle
strofe abbian veduto o cercato Tespressione dei vari e tarbinosi sentimenti d'amore;
che altri intaoni un discordo perchè è in disaccordo con la dama, mentre cante-
rebbe un accordo se Amore gli fosse benevolo; e così di ségaito, fino a osar varie
favelle nella stessa poesia per esagerare la discordanza ; mi paiono tatte eotti-
glieize e ricami e oonoetti posteriori, ohe non furono causa né della cosa in tè
né del nome, ma anzi suggeriti da quella e da questo.
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RECENSIONI 1041
degno di miglior causa. Gli uni, per maggiore varietà, abolirono o
quasi il ritorno delle Arasi simmetriche cadendo nella melopea sle-
gala e stranamente contrastante coi vincoli minuti della struttura
metrica; è il difetto che i maestri d'artificio come Folchetto e
G. Faidìt non seppero evitare pur nella melodia delle canzoni. Gli
altri allungarono assai la strofa con piccoli membretti e con frasi
melodiche diverse, la quale dà cosi Tiroprcssione del descort: ma
poi la poesìa intera ò composta di ripetizioni successive di essa
lunga strofa e relativa melodia, e questo snatura, anzi distrugge
l'essenza del descort, e ne fa una vera canzone a strofe lunghe di
versi corti. Tale è per es. il lai XV di Gautier de Goincl composto
di 3 strofe di 36 versi ciascuna, e pochi altri esempi fornisce la
lirica provenzale (15). Per questi, data tale struttura della strofa,
forse all'alio pratico la impressione musicale non era distinguibile
dal vero descori: ma in pura teoria credo che non abbiano diritto
ad esser chiamati cosi. Singolare poi fra tutte è la poesia 10, 45
dì Àimerico da Pegulhan; essa si compone di 3 strofe di 43 versi
ciascuna (16) rigorosamente identiche, seguendo cosi le tradizioni
della studiata lirica provenzale: la melodia invece varia da strofa
a strofa secondo la regola del lai; sicché, avuto riguardo al doppio
aspetto metrico e musicale, la poesia merilerebbe il bizzarro e con-
tradditorio nome di chanso-4escorts.
E per finire, due parole su la parte più propriamente musicale.
Nessuno porrà In dubbio, data la competenza specialissima dell'Aubry,
la natura della notazione musicale : « la mtcsiqtce des lais appartieni
à /'ars mensorabilis du douzième et du treizième siècle. Ce soni
des mélodies mesurèes en rythme temaire et avec les valeurs ftxes
de la docirine franconienne*. Cosi infatti è scritto; ma io non credo
che cosi debba essere eseguito. Non bisogna mai dimenticare che la
monodia profana del Medio Evo non ebbe mai una notazione sua pro-
pria; quando incominciò a parere degna d'esser raccolta e scritta
(tardi, purtroppo!) s'acconciò a quella notazione che usava la scienza
officiale, cioè le scholae delle abbazie e dei chiostri ; e cosi dapprima la
scrittura neumatica, poi i neumi su uno, due, e infine quattro righe ;
(15) Vedi: Appsl, artic. dt., pag. 215.
(16> Così contò il Diez, ed ogni altra disposizione strofica è erronea. Anche i
versi monosillabi sono separati dagli altri da dae pause mnsicali sempre segnate
nel ms. e tono sempre note per sé stanti, non ripetendo mai la nota del ?erso
precedente. Avverto però ch'io conosco soltanto la notazione che questa poesia
ha in W, e ignoro quella di R.
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1042 RECENSIONI
ossia la notazione del canto gregoriano. Che figura facciano i mo-
tivi melodici, cosi simmetrici, cod tonali, del popolo, nella grave
scrittura del canto-piano, ce n'è un esempio calzante e direi perfino
esilarante nel grazioso canltcs de domina già citato. D*altra parte
frattanto il bisogiio dei discantores e della nascente polifonia aveva
reso necessario di misurare le note (perchè senza di ciò è impos-
sibile far camminare d'accordo due o più voci) e quindi di archi-
tettare un sistema grafico che indicasse la misura. La quale deve
essere ternaria, perchè tre sono le persone della santissima Trinità!;
e basti questo a caratterizzare un sistema polifonico che è un con-
tinuo compromesso fra gli apriorismi sofo-teologici e la forza delie
cose. Per fortuna la melodia non è una creazione di scienza come
la polifonia; essa nasce spontanea e porta con so il proprio ritmo
e la propria divisione, essa vola su le ali del verso, e queste ali
non s*hanno a strappare o a stroppiare, perchè chi scrisse ha usato
la notazione senza misura del canto fermo o quella a misura spesso
ripugnante della polifonia. E dico ripugnante, perchè vorrei sentire
Francone in persona a cantare una serie di versi pari in misura
dispari senza snaturarli; tanto che, del resto, TAubry stesso concede
que peul'éire ces mxmodies, théoriquement mesuréeSy étaienl dans
la pratique chantées assez libremenL Cosi è : la verità ha la forza
della natura: expeUa^ purea iamen usque recurretl (17),
Dopo ciò, lo confesso, mi hanno sorpreso assai queste palmole:
nous ne donnons pas ici la traduction de ces cantilènes en no-
taiion moderne, parce que c'est un travail facile que iout lecieur
pourra (aire. Io non so se in Francia sia eoa estesa la cognizione
dei meandri della scrittura franconiana; in Italia, credo, siamo
assai più indietro. Ma la questione non è di indietro o di avanti:
non è, cioè, di quello che i lettori potranno o non potranno fore
da sé con maggiore o con minore facilità; è invece di quello che
un pubblicatore di testi medievali dovrebbe fare a prò di tutti i
suoi lettori, e non per uno o due o dieci o dodici. Così non si ha
una pubblicazione di melodie medievali, ma una pura e diligente
riproduzione tipografica dei manoscritti; nel qual caso per quei
dieci o dodici che sanno da sé leggervi e studiarvi addentro, era
meglio, molto meglio, dar tutto in fac-simile, come quei tre sped-
mens splendidamente eseguiti che furono intersecati al volume.
(17) 11 citato eanius de domina che è in canto-piano al n. XXX e in misura
franconiana nel ìai XVIII di Emoul, è un esempio eloquente della poca impor-
tanza che ha il sistema di notazione in queste monodie.
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BECBNSIONI 1043
Un piccolo problema è dato dai due lai (XXII) del Kievrefuel o
(XXIX) de la Vierge; essi hanno identica strottura stroQca, sicché
Fano è evidente ricalco delFaltro, mentre la melodia è differente;
è an caso singolare che avrebbe meritato qualche osservazione.
Certe linee melodiche mi sembra che concorderebbero con poco
sforzo, specialmente con trasporti di chiave (che è la correzione
più attendibile, perchè gli sbagli di chiave sono i più facili e i più
frequenti nei codici musicali medievali); ma non ne vorrei trarre
alcuna conclusione: soltanto con Tesame del ms. e col confronto di
varie lezioni, se la melodia è conservata in altri codici, potrebbesi
chiarire questa singolarità. A. Restori.
Critica.
JS. HEUBBRQBM^ IfH JPV»|^«r, Otumaelto Emys flber du Operarepsrtoire dtr Oegtnwart.
— Lripsig, 1901. Htrmaan Stenuum Nachfblgvr.
In questo volume THeuberger ha raccolto le critiche scritte negli
ultimi dodici anni per diversi giornali tedeschi. Il suo libro ci porge
cosi una rivista dei principali e più importanti avvenimenti che si
riferiscono al teatro lirico di Vienna e Monaco, dall'opera tedesca
alla czeca e airitaliana, con qualche saggio sulle apparizioni spo-
radiche di opera francese, spagnuola e russa. Sono in realtà queste
critiche abili e diligenti lavori. Obbiettive in massima parte, esse
si addentrano a bastanza neir indole della moderna opera, quella
cai parmi che Tingegno dello scrittore si applichi con miglior suc-
cesso. Esse hanno altresì il pregio di designarne con chiarezza le
qualità e i difetti con intuito sicuro e indipendenza e di presentarci
un quadro assai più che cronologico di questo importante movi-
mento, che preludia forse ad un assetto più duraturo e rispettabile
dell'opera avvenire.
É impossibile rilevare qui i punti di vista secondo i quali il let-
tore spregiudicato può trovarsi in pieno disaccordo coirfleuberger.
Bgli è, del resto, un ecclettico di tale elasticità di apprezzamenti,
che a tutti forse più che allo scrivente può facilitare questo compito.
Nei casi più opposti egli ha sempre evitato un giudizio che potesse
comprometterlo nell* avvenire incerto. Egli si è cautelato. Ma si è
sempre fatto vedere buon conoscitore del tema che ha trattato, non
ponendosi troppe obbiezioni circa il valore dell'opera d'arte presa
a giudicare e difendendo nei miglior modo i luoghi più scoperti
delle sue recensioni. La parte in cui questo equilibrio è meglio
riuscito parmi la critica dell'opera tedesca che l'Heuberger vera-
mente predilige, difende e protegge, meno poche eccezioni. Del-
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1044 RECENSIONI
Topera dei veristi nostri egli ha scritto col compiacimento e la sa-
perRcialità che vengono da un'anima gentile; se non che le sue
critiche, ristampate e rilette, mal reggono già e peggio reggeranno
all'opera, sia pur breve, del tempo. L. Th.
T. Kit A USB, Ueber Musih und Mutiker, Dr«l B«d«n. I. Anf Robert Badadce. IL Anf Allwrt
LOMhboni. lU. su JahriiundOTtiraiidi. — BarUn, 1900. Bnwt SiegfHed Ifitttor urna Sokn.
I primi due discorsi sono apologetici, in onore del distinto diret-
tore d'orchestra e compositore Roberto Radecke e del Lòschhom,
famoso insegnante di pianoforte. Il terzo discorso è una rassegna
degli avvenimenti musicali compresi nel secolo XJX in (Germania.
In quest'ultima parte specialmente, lo stile è un po' gonfio e qualche
esagerazione fa capolino. Ma come ricordi di una vita in gran parte
vissuta in mezzo agli avvenimenti e agli artisti, non son prive
queste pagine di qualche interesse retrospettivo.
Questi discorsi furono tenuti all'Istituto accademico per la mu-
sica sacra di Berlino. L. Th.
Estetica.
M. KHBTSSSOBMAR, Binige BemerkHnffen liber den Vortrag alter BrumUc* —
L«ipsif, 1901. VerUg toh C. F. Poten.
Enrico Panzacchi, discorrendo meco un giorno di cose d'arte, ebbe
a dirmi come egli intendesse una vivificazione delle* antiche opere mu-
sicali al pari di quelle dell'antica pittura. Esse in realtà potrebbero
ofirire un godimento nuovo, potrebbero, dovrebbero anzi penetrare
nella nuova pratica come gU antichi capolavori delle altre arti. Egli
è purtroppo così che solo per la musica ciò non succede; è cosi
che di tutto un tesoro di opere d'arte noi vediamo di quando in
quando solo una esumazione, la quale lascia il tempo che trova —
e, mi perdoni il Kretzschmar, cosi succederebbe dell'opera del
Quantz sul Flauto traversiere qualora si ripubblicasse — e si sot-
terrano per la seconda volta il più spesso le opere stesse che si
pretende esumare, sia che si pubblichino per le stampe, sia che si
eseguiscano dinnanzi al pubblico. Il primo inconveniente è che il
musicista pratico non conosce e, se conosce, non apprezza le edi-
zioni rinnovate di quegli antichi monumenti; ai giovani si consiglia
purtroppo di non annettervi importanza alcuna, almeno in Italia.
Ben dice il Kretzschmar avvisando V accompaffnamenio (l'im-
provvisazione sui basso continuo) come il punto principale in cui la
pratica degli antichi ha bisogno di essere studiata. Ma altro il dire,
altro il fare; la stessa erudizione tedesca è, a questo proposito, de-
boluccia anzi che no, e il Kretzschmar è fra quelli che avrebbero
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RECENSIONI 1045
potuto fare dì più. Nella quisticne deiraccompagnamento abbiam
visto uomini colti sul serio, provvisti di ingegno e d*energia essere
tuttavia in preda dei più grossolani errori, ed altri musici pratici
commettere arbitrii solo giustificati dalla loro perfetta ignoranza
del mezzi stabiliti ed autorizzati, i quali ad una determinata epoca
artistica si convengono. Così la ricostituzione di lavori bellissimi e
pur di alcune semplicissime pagine abbiam visto diventare una stu-
pida, indecento mascherata.
Anche la conformazione deirorchestra è argomento d*ìmportanza
capitalo toccato dal Kretzschmar. Oggi si eseguisce la musica an-
tica con tutti i mezzi consentiti dal senso moderno, con tutti i rin-
forzi, i coloriti, la dinamica propria del nostro periodo. Che genere
di riproduzione sia questo non si capisce; a noi semplicemente ri-
pugna. Chi guida lorchestra ha ragione di considerarsi padre di
quello opere, che del loro autore non hanno più che scheletri ri-
conoscibili a pena. Completare, migliorare, elaborare opere antiche:
qual brutto compito riservato al leggero musicista d'oggidì: forse
riprodurre è men brutto, ma è insudiciente e da per tutto manca
il senso per ciò: trasfondervi la vita che è lor propria, ecco ciò che
resta a farsi: ma occorre genio e studio. Rivivere nello spirito di
queste opere è facoltà di pochi, ma è negato ai musici industri e ai
facili raccoglitori di cose piccanti pel piccolo mercato. Ora quei
pochi non hanno Taiuto che meriterebbero; ma farebbero certo e
molto se coloro che possono dall'alto, passassero dalle parole, essi pei
primi, ai fatti.
Al congresso di Storia della musica tenutosi Taltr^estate a Parigi
mi consta che Vincenzo D*Indy ebbe parole di rimprovero e di
sdegno per quei musicisti che manomettevano i capolavori dei grandi
maestri con riduzioni arbitrarie, aggiunte, rimedii e cambiamenti.
Egli fece dei nomi e citò anche la Passione di San Matteo di Bach
elaborata dal Qevaert, per dimostrare quali maestri si siano abban-
donati a questa volgare manipolazione, che per molti ha assunto
il carattere di un'orgia impudente sulle opere dei grandi padri della
musica. Come il Kretzschmar ha già cominciato con qualche pic-
colo esempio, scopra e vada toccando più forte nella piaga, esponga
i nsultati delle sue ricerche, consigli pure ed ammaestri, ma defe-
risca al pubblico senza pietà i profanatori ; che in caso contrario
noi vedremo prender voga un sistema di vivificazione delle opere
musicali antiche, che non è per nuli'affatto quello cui accennavami
Enrico Panzacchi. Ne sono ben certo. L. Th.
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1046 RECENSIONI
Opere teoriche.
F. BICCT, Solfeggi per tutte le voci (7. fudoolo precedente).
Edimburgo, 21 agosto '01.
Stimalissimo Signore,
Ricevo in questo momento copia della Recensione apparsa nel-
Tultlmo numero della Rivista Mìisicale, sul primo volume della
mia « Collezione di Solfeggi per Canto di antichi autori italiani ».
Oltremodo grato a Lei per la sua cortesia ed alFegregio critico
per le lusinghiere espressioni usate a mio riguardo al principio ed
alla fine deirarticolo, mi affretto a risolvere un dubbio che, non
ostante debba apparire gratuito e ingiustificato per quelli che mi
conoscono, potrebbe ledere presso tutti gli altri la mia riputazione
di artista.
Sulla duplice premessa che i tempi corrono « ben tristi per gli
ingenui» e che 1* Inghilterra è il paese «per eccellenza deiraffa-
rismo e del traffico », il sig. G. S. mi chiede di precisare la pro-
venienza dei manoscritti da cui ho tratto la massima parte dei
Solfeggi. La domanda è onesta, la curiosità giustissima ed io, con-
sapevole del modo che si pratica nei casi di esumazione di vecchi
manoscritti a scopo di erudizione, mi sarei fatto un dovere di pre-
venire questo suo desiderio, se non ci fossero state due ragioni che
me ne hanno ritenuto. La prima si è che indirizzandosi il mio
lavoro agli studiosi del canto per puro scopo didattico, mi sembrò
che rintrinseca bontà dei Solfeggi avesse per lo scolare un'impor-
tanza molto maggiore (se non dico esclusiva) della cognizione biblio-
grafica del loro luogo di origine. La seconda si riferisce invece alla
« nequizia dei tempi » lamentata dalfegregio scrittore. Quest'opera
infatti, sia per la sua mole, sia per la ristrettezza del tempo che mi
concedono i miei doveri d'insegnante, non potrà esser compiuta che
fra qualche anno; ed io ho creduto bene di provvedere al mio inte-
resse col non indicare ad altri la strada tenuta sinora, prima di
averla tutta percorsa. Ora la mia intenzione era appunto (com'è
sempre) di far seguire all'ultimo volume dei Solfeggi un'appendice
dove, notato il loro luogo di origine, avrei chiarito anche il cri-
terio che mi ha diretto nell'ordinari! e presentarli nella forma
attuale agli scolari come materia di studio. Di fronte però al so-
spetto avanzato dalla Rivista che essi possano essere apocrifi, mi
affretto a dichiarare che, valendomi di uno speciale permesso, io
trassi tutti quelli — meno tre — che fanno parte del primo libro,
da vecchi manoscritti appartenenti alla Biblioteca del R. Istituto
Musicale di Firenze.
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Un*altra domanda cortesemente mi dirìge il sig. C. S. : « di sco-
prire — cioè — // nome di quelVantico compositore o cantante
che si nasconde sotto il doppio panno del suo Anonymtcs e che
si presenta per ben 22 volte nel primx) libro.
Ecco: prìma di tutto non è colpa mia se per ragioni didattiche
ho dovuto nel primo volume far larga parte agli Anonimi invece
che ai Solfeggi segnati da chiari compositori (che appariranno del
resto nelle successive Serie), come sarebbe stato forse mio interesse
di fare. Poi debbo confessare che, alieno come sono da ogni ricerca
bibliografica che sia fine a sé stessa, non conosco il nome di questi
autori, né mi son troppo stillato il cervello per conoscerlo; ma
sarei ben grato a quel paziente ricercatore che, una volta o Taltra,
volesse illuminare la mia ignoranza. Quello che posso dire è questo»
che nei mss. compulsati da me nella Biblioteca di Firenze ho tro-
vato parecchie Raccolte di Solfeggi « di Autore Anonimo »; che di
queste Raccolte talune mi sono ricapitate sott*occhio in altri volumi
(anche spostate per servire ad altre voci) andando sempre sotto
la stessa designazione, e che perfino singoli solfeggi appartenenti
a queste collezioni, trovati a caso qua e là in altri libri, conser-
vavano sempre la denominazione di Anonimo. L'essere dunque tali
Raccolte inserite fra altre manoscritte di chiari compositori antichi.
Taverne lo stesso stile, lo stesso sapore e la stessa purezza melo-
dica, mi fecero chiudere un occhio sulla loro paternità sconosciuta,
tanto più essendo noto che molti solfeggi buttati giù alla buona dai
nostri vecchi maestri e rimasti nelle scuole, sono stati poi in molti
casi, senza nome e senz'ordine, copiati in volume.
Pur troppo — duro destino degli eruditi . . . ingenui come me! —
una brutta sorpresa mi attendeva. Ultimamente, quando il primo
volume dei Solfeggi era già stampato, mi capitò tra mano un vec-
chio libro intitolato: « Solfèges d'Italie » (1), dove trovai pubblicati —
col basso solo s'intende — diversi dei solfeggi raccolti con tanta
fatica a Firenze ed altri che non conoscevo, appartenenti anch'essi
agli stessi maestri. Non farà meraviglia se dico che ho approfittato
di questo libro per arricchire la mia (Collezione di nuovo materiale,
se non inedito, pure pochissimo conosciuto, riserbandomi di modi-
ficare nel successivi volumi il cenno riguardante i mss.
Ancora due parole ed ho finito. Il sig. G. S. fa speciale menzione
del numero 10 segnato < A. Neumane », supponendo che abbia
Catto confusione col Niemann. Questo solfeggio — il solo del primo
volume non tratto dai mss. — si trova in un vecchio libro a stampa
(1) Londra. Presso Monzani e C.
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1018 ABCCN8I0N1
appartenente ali* Istituto Musicale di Firenze, intitolato: «A. Neu-
mane — Istradamento al Canto. Esercizi e Solfeggi. — Firenze —
Calcoprafla Musicale F. I/orenzi ».
A diro il vero, non mi riusci di trovare il nome delKA. in nes-
suno dei dizionari musicali più noti che consultai. Mi decisi però
a scegliere uno de* suoi studi, perchè al punto in cui ne feci dso
rispondeva al disegno didattico del libro, e perchè, al tempo stesso,
non mi parve che né per lo stilo né per l'epoca uscisse dalle linee
generali del lavoro.
Con perfetta stima
Suo (a>bL^
ViTTOHio Ricci.
JEL BBLLBRMANN^ J>9r ComtrmpuMkt, Mit uUraiditD in Un Test gedrakten Kotankii-
fpielen nnd ftlnf LithognpUerten Tftf«lii in Farbendrack. Viert« Anflaga. Un voi. in*8l*, di
pnf. 480. — Berlin, 1901. Verlif von Jalint Sprintar.
Scriveva il Bellermann nella prefazione alla prima edizione di
questo suo libro (1861): « Io presento al pubblico uno scritto sul
Contrappunto nel quale ho esposto l'andamento degli studi che deve
fare il compositore principiante quando voglia riescire al sicuro
possesso di una condotta scorrevole e sicura delle voci. Per guanto
oggi si componga e per quanto varie siano le cose che si compongono,
è raro il caso che in questo ramo importantissimo della tecnica
musicale della composizione, cioè nella condotta delle parti, si fac-
ciano gli studi necessari, — anzi noi non possediamo neppure
un opera de' tempi recenti la quale impartisca il necessario insegna-
mento 3>.
É eccessivo pessimismo, è smania di rilevare tutto il male pos-
sibile negli ordinamenti pedagogici de' nostri Gonservatorii di mu-
sica, l'affermare che lo studio del contrappunto vi è in generale
negletto al massimo grado, cosi che il giovine musicista il più delle
volte copre malamente con un mucchio di effetti esteriori nella
istrumentazione e nel colorito armonico la mancanza di fondamento
e di scorrevolezza nella condotta delle voci, lio sappiamo, è ecces-
sivo pessimismo, è smania di dir male di tutto, e c'intendiama —
Ma non si neghi che oggi si vuole, negli studi teorici, saltare ge-
neralmente dall'armonia alla composizione, pretendendo compensare
con l'uso e l'abuso della polifonia la mancanza di cognizioni e di
esercizio nel contrappunto. Da simile errore ne è conseguito uno
spostamento di principi, un continuo decadere di quelle discipline
che hanno costituita la forza de* più grandi maestri e ne hanno
rinvigorito il genio, un continuo precipitare di errore in errore.
Ultima conseguenza di questo sistema: si accumulano e si mettono
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RSGBNSIONI 1049
Tun dietro air altro più serie di accordi finiti, invece di pensare
che gli accordi sono primieramente la conseguenza della simollanea
unione di più parti condotte in modo melodico. È la melodia che
deve da sovrana dettar la legge. È in ciò che consiste la vera plu-
ralità della parti; così si ò sviluppata la nostra musica dopo il se-
colo decimoterzo.
Da questo concetto guidato, il Bellermann ha impreso a trattare
del Contrappunto, e del Contrappunto ha discusso nel duplice modo
storico e scientifico specialmente nella parte preliminare della sua
opera, che si può chiamare una storia esemplificata e documentala
del Contrappunto. E se 1* innalzare il suo edificio sulle basi dei
maestri cinquecentisti significa essere antiquato, rappresentare un
punto di vista antiquato o che so io. come qualcuno ha detto, ciò,
stia tranquillo il Bellermann, fo molto onore al libro e a chi Tha
scritto. In, ogni modo, la presente quarta edizione del suo lavoro,
edizione richiesta e necessaria, è una risposta eloquente, anzi è
Tunica risposta ad una osservazione che ha in sé tutti i caratteri
classici di una peregrina ignoranza.
Coloro che realmente vogliono sapore che sia il contrappunto,
come si pratichi, di quafarte stupenda egli sia informatore fecondo,
dovrebbe consultare le composizioni dei quattro- e cinquecentisti
innanzi tutto. Il concetto della cantabilità e combinabilità artistica di
diverse melodie nella loro disposizione verticale non fu mai più cosi
bello e cosi pieno di vivo efi*etto. Chi non comincia da Dunstable e
Dufoy non avrà mai un*idea esatta di che cosa sia la genialità del
musicista melodico e né anche comprenderà mai Tufflcio vero del
sincero e forte compositore moderno. Lo stile a capella ha queste
mosse genuine e questi semplici caratteri, e quello stile per la mu-
sica fu ed è tutto. Ora egli è appunto dai fondamenti di questo stile
che il Bellermann si diparte nelKesposizione della sua teoria, delle
regole e dei rispettivi esempi: la teoria d'un uomo veramente colto,
una pratica autorevole e conquidente.
Bisogna persuadersi che il contrappunto è melodia, è Tunione di
più melodie. Questa persuasione vincerà molte contrarietà, specie
nei giovani discenti, che la scuola barbara e fiacca d'oggidì non
vince. Il contrappunto è ritmo, e sul ritmo ancora, come sulla me-
lodia, ben vengano lo ricerche del Bellermann, mature sulla scorta
della storia e della pratica secolare. Il contrappunto è determinato
da rapporti acustici e questi rapporti medesimi esso pure determina
— ed ecco ancor qui il Bellermann pronto a darci una splendida
prova del senso di modernità cui egli ha praticamente applicato la
ricerca scientifica, rimandando lo studioso al suo concetto del con-
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1050 RECENSIONI
trappuntodetermiQato dalla melodia o determinante alla sua volta
l'accordo armonico.
Dalla fissazione degrintervalli egli perviene alla propria notazione
e ne passa in rassegna critica le diverse specie, poscia ai s^^ì
traspositori e alle tonalità. Le specie delle tonalità antiche sono
tutto per la comprensione deirarte antica, dei suoi canoni, delia sua
forma melodica e dei suo sentimento; e quest'arte antica è una buona
volta la l>ase dello studio. Essa, per una ricorrenza tutt'altro che
casuale, si riannoda alFarte delle primitive civiltà, alla sua espres-
sione ed al suo carattere. Si potrebl>e dire, in questa parte, rias-
sunta Tessenza storica del contrappunto di cui il Bellermann fa la
base del suo lavoro, ciò che medesimamente si dovrebbe pur fare
oggidì dai docenti e dai discepoli, se gli uni e gli altri si prefig-
gessero di trarre un godimento artistico da ciò che essi troppo fa-
cilmente, anzi volgarmente, credono una disciplina pesante e una
afflizione cronica. Quale errore! Essa è Tuno e Taltro perchè co^
la vogliono, non perchè lo sia.
Ed ora il Bellermann entra propriamente nel dominio della tecnica
pura del contrappunto.
Sulla essenza del contrappunto semplice esplicata dal Bellermann
poco vi è da dire. È eminentemente istruttivo il veder fissati con
tale chiarezza i concetti originali delle consonanze e delle disso-
nanze su documenti della storia, per cui di tutta una luce di con-
vinzione e di fondamento scientifico appare circonfusa Tesposizione
teoretica. Essa è in realtà raflbrzata altresì da continue prove di
fatto. Tali prove documentano gli esempi e partono dall'epoca dei
discantisti e mensuralisti per far capo ai fiamminghi maggiori ed
agli Italiani del secolo d*oro, il decimosesto.
Anche il Bellermann tien conto della classificazione sistematica
del contrappunto semplice nelle sue cinque specie a seconda che
egli è a due, a tre o quattro parti. L*aver adottato la denomina-
zione e il modo delle antiche' tonalità non è inutile sfoggio di eru-
dizione, ma una conseguenza necessaria e precisa dell'impiego di un
determinato canius firmics. Il musicista riceve cosi il fondamento
più solido della sua cultura e si avvezza ad imprimere nelle to-
nalità specifiche il carattere distinto che esse ebbero nella loro
origine storica, comprendendo bene che la tonalità è strettamente
collegata all'indole della melodia.
Si deve perdonare alla mezza cultura di un Luigi Cherubini la
ostinazione con la quale egli formò leggi a suo modo in fatto di con-
trappunto, anche contro le approvazioni dell'orecchio e del sentimento»
che nella musica dovrebbero essere tutto, là dove l'orecchio e il
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RECENSIONI 1051
sentimento, sia il moderno, sia Tantico, dovrebbero essere la guida
migliore per lo meno. Tutti sanno, per esempio, con quale eccessiva
pedanteria egli proscrisse Tuso di quelle note di passaggio, che si
trovano in rapporto dissonante, anche contro Tappoggio dei migliori
esempi, contro Tautorità stessa di un Palestrina. É perciò notevole,
a questo proposito, un capitolo nel libro del Bellermann, in cui,
dietro più sano consiglio, gli scrupoli, le pretese licenze od errori
che, al dire del Cherubini, esistevano nelFuso di tali note di pas-
saggio suirultimo quarto della misura pari, sono confutati.
Io non starò a dire del materiale successivamente trattato prima
di giungere alla esplicaelone delle forme di fkiga e canone. Solo
noterò che bisognerebbe nella scuola procedere con simile riparti-
zione e regolarità, pure a costo di qualche lentezza nello svolgi-
mento di tutta questa materia, per riescire con sicuro successo a
dominare le forme di imitazione, le quali, purtroppo, allo stato degli
studi come si praticano oggidì, per il discente sono come una so-
vrapposizione di nuovo cibo in uno stomaco carico di roba non an-
cora digerita.
Nella introduzione del capitolo sulla fuga ho assai apprezzato la
teoria e la esemplificazione delle risposte al soggetto ; essa è chiara,
varia, ricca, ricercata ingegnosamente per ogni suo modo di essere
e con precisione di termini e di contrasti. Questo trattamento della
risposta al tema è ottima base alla teoria della imitazione. Siste-
mato ed appoggiato che esso sia alle opere de* grandi maestri,
acquista unMmportanza reale e s'adorna di una bellezza che è sfug-
gita purtroppo a molti dei teoretici nostri.
Dopo che l'allievo si sarà esercitato neirinvenziooe e nelle risposte
ai temi, passerà a comporre la fuga a due parti. Ma quanto sia ne-
cessario insistere anzi tutto nella prima delle due pratiche, lo dicono
gl'intenti della scuola moderna sempre più e con molta ragione
convinta che Tinvenzione dei temi debba lasciarsi interamente al-
lallievo.
Ed ora il Bellermann seguita e completa lo svolgimento della fuga
con esemplificazioni da due a quattro parti, ciò che preludia al con-
trappunto doppio all'ottava, alla decima ed alla duodecima. Ognun
sa che l'importanza di questi modi del contrappunto è, per le suc-
cessive specie della fiiga, grandissima. Sviluppate poscia le regole
per l'imitazione, le forme del canone e successivamente trattato il
periodo da cinque ad otto voci e la fuga moderna vocale e stru-
mentale, il volume ha la sua chiusa.
Importa notare che gli esempi contenuti in questo trattato sono di
fonte autorevolissima e pura. Il giovane intelligente, affidandovi la
R%9Ì9Ìa muiicalt ttalitMa^ Vili 08
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1052 RECENSIONI
sua educazione musicale, sarà certo di fondarsi bene con scienza e
pratica in una disciplina che è la base delia composizione.
L. Th.
cT. fEMBA UBt Hartnonie- und MelodieUhre. Pnkiisches Lehrbnch mit rielen Beispielea
der herrorragendgten Komponitten. 2. Aaflage. ~ Leipzig. Verlag Hermann Seemsnn Nac)ilblg«r.
Non potendo riformare la materia d'insegnamento dell'armonia,
non potendo sconvolgerne Tordine e la graduale successione, è mira
costante di molti trattatisti d'oggidì quella di raggrupparvi attorno
le maggiori cognizioni possibili, un pò* troppo ammucchiate forse,
facendovi coincidere il massimo delle applicazioni collaterali e degli
svolgimenti successivi ; cosi che dal campo della teoria assoluta essi
passano volentieri, e spesso saltano a pie pari, in quello della com-
posizione, evitando con ogni sforzo quello del contrappunto o fa-
cendolo apparire come un campo a sé, situato quando più innanzi,
quando a lato di quello dell* armonia. Dappoiché, essi dicono, le
norme della condotta libera e rigorosa delle voci si riferiscono al
periodo polifonico e questo par quasi ritengano faccia da sé.
Ck)si si nota, nel trattato del Pembaur, la tendenza a non eser-
citare Tallievo solo con esempi di unioni di accordi, ciò che equi-
varrebbe airassoluta teoria, ma a dar loro più praticamente la
forma ritmica, figurata e melodica e a far che il discente accosti
il più che sia possibile il caso concreto della caratteristica armo-
nizzazione moderna. Non si é contenti di riuscire a fargli contrarre
una certa famigliarità con un ramo della composizione, ma si vuole
che egli penetri subito nella officina del compositore. Su questo si-
stema ò fondato il metodo del Pembaur. E, ammettiamo pure, fino
a che si tratti degli accordi armonici e delle loro classificazioni, il
il suo intento, a parte Topportunità o meno di certi dettagli, dietro
la guida sagace di un buon maestro, può essere raggiunto. Di fronte
però a certe esemplificazioni che presuppongono neirallievo la co-
noscenza sicura, se non il dominio assoluto, di quelle leggi che re-
golano il moto delle parti, T allievo potrà trovarsi incerto e per^
plesso, tanto più poi quando abbia a trarre profitto dalla qui esposta
teorica della melodia. Le forme di questa non sono disgiunte da
quella concomitanza continua di parti mobili che la determinano, la
esplicano e le conferiscono carattere e senso. Per cui il suo isola-
mento plastico sul fondo deirarmonia, la sua esistenza quasi come
astrazione può guidare a concezioni imperfette e a proprii errori.
Io espongo il mio dubbio, pur convenendo che il trattato del
Pembaur sia opera rimarchevole di sintesi teorico-pratica, la
quale potrà determinare, assieme ad altre congeneri, una certa
evoluzione negli studi dell'armonia e della composizione. Siamo lon*
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RECENSIONI 1053
tanì ancora dai giorno in cui questo desiderio di somma concisione
e praticità debba essere coronato da veri successi ; non credo che
ì due anni, ai quali il Pembaur restrìnge lo studio deirarmonia e
della melodia, rappresentino un vero risparmio; ma può essere non
fuor di luogo, anzi può valer la pena che la pedagogia musicale
prenda nota di una tendenza che cerca di farsi strada negli studi da
qualche tempo, e che la disciplini e la regoli meglio. L. Tu.
J. HSLMy Die Portnen der musikaiisehen Kompoaition in ihren GrandsOgen systema-
lUch and leichtfanlich dargestellt. Yierte, dorchgesehene Aoflage. — Erlangen a. Leipzig, 1901.
A. Deiebert.
Dopo aver descritte e praticamente dimostrate le forme del con-
trappunto, l'À. offre un prospetto analitico ed esemplificato delle
principali forme della composizione. La struttura dei singoli com-
ponimenti può essere benissimo appresa con la scorta di questo
libro, il quale da ultimo contiene ancora un breve cenno storico
su la musica ed i compositori. L. Th.
Stramentazione.
Cataioffo della collezione etnognflco-masicale Kraos in Firenze. Sezione Istrumenti mnsicali. —
Pirente, 1901. Landi.
« credo far cosa utile e, a quanto io sappia, non ancora
«posta in effetto, pubblicando oggi la nota degli strumenti della
< nostra collezione, classificali secondo il concetto etnografico, esclu-
« dendone quegli esemplari che hanno un valore puramente storico-
« musicale ».
Cosi, scrive A. Kraus figlio per spiegare la pubblicazione del pre-
sente opuscolo. Il quale non può che far nascere nei musicisti vivis-
simo il desiderio di vedere illustrata con qualche dettaglio la pre-
ziosa raccolta di strumenti musicali (1076) formala dai signori Kraus
in Firenze, almeno in quella parte che riguarda la storia dell'arte
moderna. Non spelta a noi rilevare quanta utilità possano trarre
da essa gli studi etnografici. Di fronte al catalogo gentilmente in-
viatoci dal sig. Kraus, noi non sappiamo che invidiargli i liuti, gli
arciliuti, le tiorbe, le chitarre e i violoncelli antichi che egli pos-
siede, e consigliare a quanti musicologhi passano per Firenze la
visita deirinteressanlissimo Museo di via Cerretani, n. 10. 0. C.
e WASSMANN, EtUdeokuttgen zur Erleichterung und Etteeiterung der Viotin-
teehnik dureh trelbatftndige Ausbilduitg dea Taatgrfilhls der Fhiger, 2. veibea-
serte Anflage. — Heilbronn, 1901. C. F. Schmidt.
In questo scritto sono sviluppati teoricamente e praticamente i
due concetti fondamentali di una più precisa tecnica e scuola del
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1054 RBGBNSIONI
violino: il sistema di doppio attacco delle quinte e la divisioiie della
diteggiatura, cioè Tadozione di dodici posizioni in luogo di sette.
Da ciò pare all'autore si ottenga un miglioramento notevole anche
neirintonazione. Simili tentativi non sono nuovi; già THermann e
k) Schróder, nei loro trattati, diedero ampie e serie prove che la
nuova tecnica del violino ha ragione di essere preferita, per quanto
non abbia ancora raggiunto Io scopo. É certo che la divisione delle
posizioni della mano è razionale. Adottando le sole sette posizioni,
le distanze sono troppo grandi e in uno spazio che comprende tutte
le tonalità sono necessari altri punti di fermata.
Gli esercizi e gli studi, che a questi concetti corrispondono, sono
chiari e in numero sufficiente. L. Th.
Bieerehe seientiflehe.
J'IEBBB BONNIER, 1? audiHon {BibUothèqw mtfmationaU de ptffchoìotfié txpirimmtais^
normaU §1 patkoìogiqw). — Paris, 1901. OcUre Doin.
Pierre Bonnier è autore già salito in bella fama per altri lavori
sull'argomento, inseriti in periodici scientiQcì. Del libro, che oggi
riassume le principali questioni circa il fenomeno deirudito, non si
può fare la recensione: l'opera acquista tale importanza che, a
comprenderne il significato, deve esser letta e studiata attentamente
pagina per pagina. D'altronde non riguarda l'arte musicale che da
un lato molto ristretto, estendendosi invece nella parte che si nTe-
risce alla storia naturale della funzione, alla fisiologia dell'organo
nell'uomo ed alle speculazioni filosofico-naturali relative al senso.
Tuttavia citerò qualcuno dei principi fondamentali che informano
il libro, affinchè il lettore si faccia un concetto preciso sul finissimo
spirito critico con cui il Bonnier svolse, in maniera nuova e con-
vincente, un tema che dopo Helmholtz poteva sembrare esaurito !
Suono e rumore, fenomeni d'ordine fisiologico e psichico (quindi
soggettivi), sono due sensazioni diverse, corrispondenti a forme dif-
ferenti d'un solo fenomeno fisico, YébranlemenL € C'est la simpli-
.€ cité ou la complexité de la forme du phénomène qui éveille en
« nous la sensation de son ou celle de bruit ».
Intensità, altezza e timbro sono qualità comuni al suono ed al
rumore.
Il timbro ha dato origine ad una strana confusione tra la nozione
di forma e quella di composizione. Semplici o complesse le vibra-
zioni hanno sempre una forma ; la loro semplicità o la loro com-
plessità è precisamente una qualità della loro forma, che viene
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axcxMSiONi 10G6
determinata nella complessità dalla composizione degli armonici.
Il timbro dipende dunque dalla forma àeXYèbranlemenL
€ Le Umbre d'un son compose risulte de la combinaison des
< timbresrespectifsdessons, — fondamental et harrnonique^ — qui
<le composent
< Le timbro d'un son simple est Timpression aensorielle que laiase
< dans notre oreille la forme de l'ébranlement périodique, comme
€ la hauteur est celle que laisse sa périodicité, Tintensité celle que
«laisse son amplitude.
< Le timbro d*un bruit est colui d*une vibration* composée d*un
« nombre variable de vibrations pendulaires qui n*ont entro elles
« que des rapports de ooincidence et non des rapports harmoniques
< simples ».
L*analisi scompone, distrugge la forma, cambia profondamente la
natura dell'oggetto esaminato. « Ce que l*on trouve dans l*analyse
< n*est pas ce qui existait dans la synthèse... G*est Toreille qui dé-
€ finit le Umbre, et il est bien certain qu*elle ne le dóflnit que par
< la forme, que Tébranlement soit simple ou complexe, car l*oreille
< est fncapable de décomposer, et en cela elle se comporte abso-
€ luroent comme toos nos autres sens, dérivés dn tact comme elle».
L*autore finisce presentando dettagli interessanti circa fatti paUv
logici, assai curiosi, concernenti Taudizione ; e in un'appendice ri-
porta una discussione che ebbe a sostenere con M. Bgger, alla
Société de biologie, a proposito della orientazione auditiva , tema
che attrasse sempre in ispecialità le osservazioni del Bonnier.
0. C.
e STUMFI* und K, X. SCHAEFER, TontabeUen efUhaltend di€ 8ehwinin'$%g*'
gahten der 19 • ttuflgen temperirten und der 95 - stn/lgen enharmonisehen
X0««r 4Èuf C inn^rhatò 10 Octmwn in 8 Stimmungem. ~ Uipzlf , 1901. VarUf nm
Joluna Ambrosiai BarUi.
Come contributo all'acustica e alla scienza della musica, queste
tabelle numeriche delle vibrazioni corrispondenti ai suoni della
scala di dodici gradi, temperata ed armonica, sono di positivo e
reale vantaggio; rappresentano anzi una vera acquisizione impor-
tante. Noi non possedevamo fino ad oggi, a questo proposito, delle
tavole complete ed esatte. Non lo sono in fatti né quelle del Preyer
nò quelle del Riemann. Il bisogno pratico negli studi acustici è tale
che esso ha suggerito le tabelle presenti, più ampie e precìse di
quelle che si sogliono vedere nei libri di fisica.
Esse sono nove. Le tre prime contengono il numero esatto delle
vibrazioni per ognuno dei dodici suoni della scala temperata CCdo)^
= i6, a (lay = 430, «. | C, = i6, n, a' = 435. \ C, = i6, ss, a* =
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ÌOdò RECENSIONI
440. Le sei altre rappresentano il numero delle vibrazioni corri-
spondente ad ogni suono della scala enarmonica per C, = 16, a^ =
426 */,. I C, = i6, a* = 426, e? (= tab. IV con firazioni decimali) |
C, = i6 ^/^g , a* = 435 \ C, = 16. ai, a* = 435 (=? tab. VI con frazioni
decimali) \C^ = 16 */,. a' = 440. \ C^=i6,5, a^=440(= tab. Vin
con frazioni decimali).
Sul metodo seguito nella composizione di dette tabelle e sulla
precisione del calcolo il riferimento dello Scbaefer è sufficiente-
mente esplicativo, come pure lo è la precedente dettagliata espo-
sizione dello Stumpf circa lo scopo e la ripartizione del lavoro.
Sopra tutto interessante è la dimostrazione dei rapporti numerici
che determinano i puri accordi perfetti contenuti nelle sei ultime
tabelle enarmoniche. Cosi dicasi del calcolo che regge la deriva-
zione dei suoni e del metodo logaritmico seguito per ottenere le
tabelle della scala temperata e quelle successive della intonazione
pura.
L*idea degli egregi autori si è dunque affermata in un ben pra-
tico modo e agli studi deiracustica essi hanno costantemente offerto
un contributo prezioso. Sarà gran tempo risparmiato agli studiosi,
e della precisione raggiunta, insieme allo sviluppo maggiore nella
applicazione del calcolo, la scienza si varrà assai meglio dì prima.
L. Th.
TTagrneriana.
E, KLOSSy Wagner, wie er war und teard. — Berlin, 1901. Verlsg von Otto EL«ii«r.
Queste poche pagine del Kloss vogliono stabilire una specie di
linea fondamentale, secondo la quale il Wagner deve essere giu-
dicato come uomo. L*A. ce lo dipinge prima nelle circostanze più
modeste della sua vita, scopre colla maggiore serenità possibile le
sue qualità e i suoi difetti, chiarisce il suo carattere e Timmagine
della sua vita, ce Io rappresenta generoso, prodigo, non curante
gVinteressi materiali, violento, eccessivo, superbo e però simpatico
sempre e grande attraverso le necessità e le esigenze del genio.
Ancora il Kloss discute e chiarisce alcuni punti controversi sul
caso Nietzsche e su la posizione e la parte che verso Tarte del
Wagner assunsero la moglie Gosima, Liszt e il giovane Re di Ba-
viera. In complesso una brochure interessante, che avvicina urna*
namente il maestro agli amici suoi. L. Th.
H. BÉLABTf B. Wagner in Zarieh (1849-1858). — Leiptig, 1001. Heniuon Senaaaa
Nachfolger.
Si tratta di un opuscolo in cui l'A. racconta come originarono gli
scritti e le opere di Wagner create dal 1849 al 1858 nelFasilo di
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BXCEMSIONI 1057
Zurigo. In ultimo il Bélari contrappone a questo periodo di lotta e
di concentramento Tevoluzione degli anni di Bayreuth. Per conse-
guenza la narrazione muove dall*anno in cui il Wagner dovette
abbandonare la vita pubblica deirarte, di cui era nauseato» per vi-
vere gli anni deiresiglio, dell*incerta ^stenza e della miseria.
Il Bélart ci presenta il Wagner come scrittore e musicista; lo
considera nella sua famigliarità, nellMntimità, in quanto ^li fece
neirinteresse di Zurigo e nelle sue relazioni personali. Egli ba per
moltissima parte attinto agli scritti ed alle lettere del maestro. Con-
siderato cronologicamente, Topuscolo contiene una raccolta di infor-
mazioni combinata con diligente uniformità e, poiché, in massima
parte, a lato deirasserzione presuntiva ci vediamo il documento sto-
rico, francamente non ci possiamo non contentare. Sulla parte degli
apprezzamenti al Bélart deve essere spesso mancata Topportunità e
il tempo di assodare i suoi concetti. In fatti ciò che egli afferma
sulla filosofia dello Schopenhauer in astratto, non regge alla più
innocente critica: egli è rimasto per lo meno assai superficiale.
Come pure il concetto del supentomo del Nietzsche, cosi grosso-
lanamente esposto in quattro righe, è confuso e poco comprensibile.
Generalmente si vuol comprendere Wagner nel movimento attivo
filosofico di un periodo del quale, giudicando a mente sana, egli non
subì che un riflesso come artista entusiastico. Sarebbe bastato al
Bélart di circostanziare questa posizione assunta dal Wagner ri-
spetto alla filosofia, prima di Schopenhauer, poi di Nietzsche. Tut-
tavia nella sua sostanza principale Topuscolo ha un significato pro-
prio e fra tutti quelli che si scrivono letteralmente carichi di fidasi
inutili, questo almeno ci richiama al periodo di Zurigo con una
rappresentazione complessiva di circostanze, che ne fanno un tutto
obbiettivamente e praticamente inteso. L. Th.
B. SEOXrTZ^ B. Wagner und ZMptdg (1813-1833). — Leipzig, 1901. Hermann Seemann
Nachfolfer.
Il Segnitz ha sviluppato qualche punto della biografia del Glase-
napp — un contatto che era inevitabile — e taraltro ancora della
Mittheilung an meine Freunde dello stesso Wagner. Però egli
ci ha dato un quadro, o per meglio dire, diversi quadretti della
vecchia Lipsia musicale e borghese della fine del secolo XVIII e
del principio del XIX, che sono proprie ricostruzioni interessanti
della vita cittadina in mezzo a cui si svolge Tinfanzia del Wagner,
eccezion fetta di un breve intermezzo vissuto a Dresda.
L'A. ha ricordato, al suo proposito, molte note vicende del giovine
Wagner studente e nvusicus in fieri, documentando tutto diligen-
temente ed ha sopra tutto proceduto secondo verità a presentarci
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1068 RBCXNSIONt
rincipìente compositore uscito dalla scuota del Weinlig, vestito e
calzato della più vetusta e grassoccia pedanteria, un Wagner qua-
drato e melenso al punto, nelle sue prime musiche — una suonata,
una polonese^ due sinibnie e un*opera « Ld Nozze » — da non la-
sciare neppure lontanamente supporre, noux dirò il musicista che
muove alla conquista del mondo, ma né anche un felice e contento
conservatore della scuola Lipsieae del *40 e del *50.
Il Segnitz ha però sorvolato a qualche punto de^o di maggior
interessamento cronologico e biografico e forse non privo di qualche
dettaglio curioso. Wagner amò Lipsia come il fumo negli occhi.
Oli è che imparò presto a conoscervi queiristinto di contrarietà —
divenuta poi persecuzione — che doveva renderlo sempre più in-
viso alle artistiche conventicole cittadine. La seconda sua sinfonia
— in do —, ricalcata snW eroica e la nona, gli disse quel ch*egli
chiamò la bontà dei Upsiesi, la quale doveva diventare più tardi
la guerra al suo nome, guerra accademica e borghese che ebbe il
suo culmine più ridicolo in una ormai famosa esecuzione del pre-
ludio dei Maestri Cantori al concerto del Oewandhaus. L. Th.
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SPOGLIO DEI PERIODICI
ITALIANI
Gmsietta Maaieale (Milano).
N. 28. — F. PoKTANA, Antonh GkiàlanzonL — A. ZimcRN, Da Londra.
K. 39. — Db OuABiKon, Congreiw mtematùmaHe di «tori» della mu8iea,
Parigi 1900. Relazione al Ministero della Pubblica Ittnizioiie. — Tabanelli, H
diritto di palco nei teatri.
K. 30. — E. Dblphin, Cfinevra musicale, — Tabaitblli, 17 diritto di paleo,
N. 81. — E. Delphih, Cfinevra mueieale, — Le aniicìèe canini popolari ita-
liane, — Db Quarivoni, Congresso intemaz., ece.
N. 32. — E. Delphin, Ginevra musicale, — Tabanelli, Il diritto di palco,
N. 33. — P. Ohighoni, « In soìio tubne et choro ». — Chilbsotti» 2ki scala
naturale ed il sistema di 53 gradi,
N. 34. — Checchi, I capricci della cronaca,
N. 35. — Cbilbsotti, La soda naturale ed il sistema di 53 gradi,
N. 36. — Pucci, Sulh musica teatrale ridotta per banda, — Monacehsis,
IdinauguroMione del teatro Principe Beggente a Monaco,
X. 37. ~ Sbnbb, Il centenario di V'incenso Bellini.
N. 38. — Lozzi, Due sopranisti celebri contro un trionfante soprtmista. —
Cambiasi, Per il centenario BtUiniano,
N. 39. — Maktovani, Mozart a Milano, — Lezzi, 2>Me sopranisti, ecc.
N. 40. — Fedeli, Il centenario di Bellini.
N. 41. — Mantoyani, Mozart a Milano, — Adelaide Borghi-Mamo,
Il Saggiatore. Rivista di scienze, lettere ed arti (Pisa).
N. 1. — G. BoK, Il « Nerone » di A, Boito e la critica. — E. Camobsi, Le
« Suites éP orchestre > di J. Massenet.
N. 2. — L. Torri, Un grande dimenticato (Luca Marenzio). — A. Bona-
YBBTURA, Il fonografo e la musica popolare.
N. 3. — Q. BoN, Oiowmni Bardi dei Conti di Vemio,
N. 6. — L. Torri, Compositrici italiane dei secoli XVI e XVII,
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1060 SPOGLIO DEI PERIODICI
La Cronaca Musicale (Pesaro).
N. 5-6. — P. Azzurri, Commemorazione di Giuseppe Verdi, — B. Campaxa,
Ai direttore della e Cronaca Musicale » (sulTarte del canto).
La Nuora Musica (Firenze).
N. 66. — L. Torrigi-Heiroth, Ancora alcune parole sui ^vocaKjrsi*. —
A. Falconi, I trattati di 8. Jadassohn.
N. 67. — A. Bonaventura, L'arte del clavicembalo, — L. Viyarblli, Unul-
tima parola suUa questione dei < vocaHssi ». — A. Falconi, I trattati ecc
Le Cronache mosicall. Rivista illustrata (Roma).
N. 19. — ** Luigi MancineUi. — Gasperini, I problemi musicali di Ari-
stotele,
N. 20. — Bonaventura e Falbo, Per la tutela delle opere nmsicaK,
N. 21. — Falbo, Giovanni Sgambati, — Gasperini, I problemi musieàUài
Aristotele, — Varino, Alfredo Piatti, — Italo, 17 teatro gratuito.
N. 22. — Sgambati, A scanso di equivoci. -^IncAQUkri, Il giubileo di Bay-
reuth. — Foà, Per la tutela deUe opere musicaU,
N. 23. — Top., Il caso LeoncavaUo. — *** Camillo Saént-Sa^ns, — Montb-
PIGRE, A proposito di commemorasioni,
N. 24. — Cardamone, Alfonso Bendano. — Di Giacomo, La cansonetta di
Piedigrotta,
N. 25. — Gentili, Per gU studi classici, — *** Per la tutela delle opere
musicali,
Mosica sacra (Milano).
N. 7. — Leone XIII a Soksmes. — Musica « amica tempUs * ? — Orgtm
vecchi ed organi nuovi, — Organisti ed Organari,
N. 8. — I decreti della 8. C, dei Biti in materia di musica sacra. — Tra
gU Apennini. — Organi vecchi ed organi nuovi. — >! vescovi e la musica sacra.
N. 9. — I decreti della 8. C. dei Biti. — Un'accademia Gregoriana a Fri-
burgo. — Certi giornaU..,.. a Napoli ed altrove! — Organisti ed organari^
Una scuola-modello di canto Gregoriano.
FRANCESI
La Tribane de Saint-Gervais (Paris).
N. 6. — A. Gastoué, Les transformations des timbres Uturgiques. — M. Beenst,
Jacques Mauduit — R. P. Lhoméau, Des mélodies à rgthme Kbre.
N. 7, 8. — Gastoué, Les transformations des timbres Uturgiques. — C. Bexoit,
La grande messe en si mineor de J. 8. Bach. — H. Gaisseb, La riforme re
maine du plain-chant après le Concile de Trente, — A. db la ROb, Deux
textes sur Vécriture de la mesure vere 1700. — V. dIndt, La question grégo-
rienne en Allemagne. — A. Gastoué, Le beau dans Vart grégorien. — M. Breiiet,
AddiU'ons inédites de Dom JumUhac.
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SPOGLIO DEI PERIODICI 1061
La Yoix parlée et ehantée (Paris).
Jnillet. — A. Lenoél Zevort, L'enseignement du chant, de la mimiqtie et
de la di^ion au XX^ siècle. — J. Belen, La cansonne x et aes différentes formes
d*artieulation,
Aoùt — À. ScHiFF, Dea rapporta entre le nes et les organea aexuela de la
(emme.
Septembre. — J. Micbelson, Cervean et hngage, — J. Belen, A propoa de
vocahaation,
Octobre. — J. Belen, Le profeaaeur de chant. Définition de la fonction
airtiatìqtie.
Le Gonrrier mnsioal (Paris).
N. 13. — LooARD, Lea maUrea contemporaina de VOrgue. — J. Marnold,
B, Wagner et Tceuvre de Beethoven,
N. 14. — M. Daubressb, Vaudition coìorée. — J. Marhold, B. W, et Vceuvre
de B. — P. E. Ladmirault, A propoa de «Falataffp.
N. 15. — L. Db la Laurercie, A propoa de critique muaieale, — E. Dbstramobs,
Lieder contemporainea.
N. 16. — Ch. Malhbrbb, Mimque frangaiae et preaae étrangère.
Le Guide Musical (Bruxelles).
N. 27-28. — C. Mauclair, La religion de la muaique (seguito e fine). —
Ch. Marteks, La SainteChdelive d'Edgard Tinel.
N. 27-28, 29-30. — H. Imbert, Aaaociation dea muaieiena auiaaea.
N. 29-30. — M. KuFFERATH, Bayreuih, — H. Fjerkms-Gbvabrt, La mtmque
frangaiae du XIII^ au XX* siede.
N. 31-32. — Anselmb Vikée, Easai d'un ayatème general de muaique, —
M. K., A Bayreuih.
N. 33-40. — E. Destranqep, « VOuragan », de M, Alfred Bruneau. Étude
analjtiqae et tbématiqne.
N. 33-34. — H. DE OuRzoN, Le Comervatoire de Paria. Voyage géograpbiquo
à trayers les lanréats du siècie. — P. Dukas, Le preatige de Bayreuth.
N. 35-36. — H. DE CuRZON, Croquis d^artiatea, M** De Nuovina.
N. 37-38. — G. Samazehilh, Lea repréaentaiiona de Béeiera.
N. 40. — H. DE CuRzoH, Jenny Lind. — Lettre de Mozart.
N. 41. — E. B., Une lettre de B. Wagner [Diretta al critico A. Stahr;
riguarda la concezione del carattere di Lohengrin]. — E. E., A Vaurore du aiècle
[Riferisce alcune amene asserzioni del filosofo Biscbner sulla musica].
Le Ménestrel (Paris).
N. 28-39. — L'art musical et uà mterprètea deputa deux aiècles, p. P. d'Estrées
(cont.).
N. 27, 29, 31, 32, 34, 35, 37, 38. — Le tour de France en muaique, par
E. Ncnkomm (cont.).
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1062 SPOGLIO DEI PBBIODICX
N. 31, 39. — Pensées et Aphorismes cFAniùime Bubimiem (coai).
N. 32-36, 38, 39. — N<^e8 cTeihnogrttphie musicaìe [Articoli interenuiti
dettati da quel diligente munoografo che è J. Tienof ed in coi finora ai dìseorre
della magica indiana e dei canti deirArmenia].
N. 35-37. — Courte monographie de ìa Sanate, par A. Pongin [Non contiene
cose nnove, ma è nn riassonto conciso ed«istrntti?o della materia].
N. 28, 33, 34, 36-39. — Nella sene d'articoli intitolati: Petitee hoUm ìom
portée, Raymond Boayer discorre di parecchie cose: e così deirammirazione di
Wagner verso Mozart; delle memorie di Maria Bashkirtseff; di Mozart a
Parigi, ecc.
Le Théàtre (Paris).
Jnillet. II. — Aeadémie Nation. de Mutiqu/e, DatiMs de jadie et de nagmin,
Aoftt. I. — A. JuLuia, « Mòreitte » à TOpéra-Comique, — Ds Cuiuoa,
M^ Lucy Berihet de T Aeadémie NaHotude de Mueique.
Aoùt IL — Db Gurzom, < Carmen » aux Arèttes de Ntmee,
Septembre. L — Le théàtre Antoi/%e.
Septembre. II. — Le$ eoneoure du eonservatoire. — A. Jullibn, c GuiOawme
TeU > à VOpéra. ~ G. Jolt, c Le Vaieeeau Faniàme > à Bayreuih.
Octobre. I. — M. Monnet-SuUy.
Lm Annales de la Masiqne (Paris).
N. 7. — Dauriac, La critique mueieale. — Db Billt, La ktngtie vuìgake à
VÉglise, — H. Etmirn, Éttide aur la décentraliiation mueieale. ^ Db Fatb, Dee
Jurée de Coneoure,
N. 8. — F. Hbllouix, Hietoire du Métronome en FVanee. — Db Fati, Dei
Jurée de Coneoure.
N. 9. — L. Dauriac, Critique mueicak. — Oh. Malhxrbe, A propoe de h
partition <f e Isie > de LutU, — Db Fatb, Dee Jurée de dmeoure,
Beyae d'Art dramatlqne (Paris).
Joiliet-Aoùt. — H. Lbcohtb, Hietoire du théàtree.
Septembre. — J. Lorbhtowicz, VOpéra en Pdtogne,
Beyae dea Deax Monde» (Paris),
l*" Septembre — C: Bellaiode, Un poète musicfen. ^ Franz, GrUìparMer.
l' Octobre. — Bbllaigdb, Un opera national eapagnol^ « Loe Pùrùteae*»
Berne d'histoire et de critiqne mnsleale (Paris).
N. 7. — J. CoMBARisn, «7*. /. Boueeeau et h méìodrame, — C. Jovrdaji, A
propoe du ckant natiofial du 14 juiUet,
N. 8. — P. Waqvek, Thèsee grégoriennee. — P. Thibault, Lee Eehoi òy-
zantine. — A. Bonaventura, Progrèe et nationalité.
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SPOaUO DEI PBRIODICI 1063
Berme det Remes (Paris).
U Aoùt — C. Mauclair, Jjh S^ola Cantorum et Véducaiùm marak des
musieiens.
Reme Franeo-Boamalne (Paris).
N. 4. — Ch. MiLHERBE, Mu9ique frangaise et presse étrangère,
N. 5. — H. Klikg, L'ouverture de « Don Jtum » de Mozart. — S. Golb-
ITBIKU, « Petru Maree » [Premier opera ronmain representé le 1' noyembre 1900
à Bucarest]. — Db Curzon, Madame de Nuovina,
TEDESCHI
Masikallsches Woehenblatt (Leipzig).
N. 29. — Otto Waldappeì: Einige Beinerkungen und Funàamentaleàtze
einer ausserhietorischen Musiktheorie [Tratta di questioni d^armonìa teorica].
N. 30. — Vor fiinfundzwamig Jahren [Pel giabileo di Bayreuth].
N. 81-83. — Recensioni e critiche.
N. 34, 35. — Zur Verstàndigung Uber Johannen Brahms,
N. 36. — Osservazioni di L. Wathmann all'articolo di 0. Waldappeì (N. 29).
N. 87-39. ~ Recensioni e crìtiche.
Neae Mnslkalische Presse (Wien).
N. 26-27. — Director Anton Benneuntz, — Unsere deutschen Meister Bach,
Mosart, Beethoven, Wagner.
N. 28, 29. — CongresB ungarischer Mueiker in Budapest
N. 30, 81. — Die metaphisischen Urgesetze der Meìodik [Osservazioni sopra
un libro di À. Mey].
N. 34-87. — Zur Krise in Conservatorium.
N. 38. — Arthur Seidl: Modemer Oeist in der deutschen Tonkunst. —
JBUehard Wagner. — Credo [Osservazioni a libri dello Seidl].
N. 39. — Die DarsUìlung des Todes in der Musik, di W. Mauke.
Nene Mnsik-Zeitniig (Stattgart-Leipzig).
N. 13, 14, 16. — Richard Strauss Liederkomposiiionen v. B. R. [Si parla
distesamente dell'abbondante produzione vocale dello S.].
N. 13, 14, 16. — Berlioe v. Karl Omnsky [Rassegna crìtica delle composi-
zioni berlioziane].
N. 18, 14. — Aus der WeU des BaUets bis gegen Ende des 19^ Jahrhun-
derts ▼. Ernst Kreowski [Seguito di un articolo di contenuto un po' frìvolo],
N. 18. — Zur Charakteriitik Cari Maria v. Webers t. Dr. Schtlz [Conti-
nuazione e fine di uno studio psicologico sul W.]. ~ Drittes sehwabisehes Mu-
nkfest in Augsburg v. A. H. — D<is 78*ttn Niederrheinische Musikfest v. Karl
Wolff [Resoconti di fesHvaìs musicali sì numerosi ed importanti in Grermania].
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1064 SPOGLIO DEI PERIODICI
— Dos eraU deutsche Musikfest und dessen Schopfer v. A. v. Winterfeld
[Sguardo retrospettivo sul primo festivcd tedesco tennto io Frankenhaasen Del 1810
ed organizzato da G. F. Bischofif].
N. 14, 16. — Emanuel Schikaneder v. Georg Richard Erose [In occasione
del 150> natalizio dello S., uditore drammatico, impresario e librettbta].
N. 14. — Bei den tanzenden JDerwischen v. Ferdinand Pfohl [Geniale arti-
colo sulla musica e danze dei dervìsci]. — Vom Tondiehter der « Carmen »
▼. prof. Hermann Ritter [Schizzo aneddotico]. — Alìerìei aus dem KunstlebeH
Budapest v. Arthur Schfinemann [Uno dei soliti interessanti articoli].
N. 15. — È esclusivamente dedicato al Wagner ed a Bayreuth in occasione
del 25* anniversario delle rappresentazioni wagneriane.
N. 16. — Joseph Joaehim v. A. Eccarius Sieber [Per il TO' anniversario del
grande violinista]. — Dos erste LorUsing Denkmàl [Resoconto deirinaugnrazione
del primo monumento del L. in Pyrmont].
Nene Zeitsehrift fUr Mnsik (Leipzig).
N. 28. — Prof. Serikg, Der OesangurUerrickt an den deutschen Lehrer-
seminaren.
N. 29. — Dos Meìophantasma, eine neue Kunstform, — Rustoh , Dos
Preissingen Sdchsischer Mànnerchóre aus jP. JuU im AussteUungspaìast su
Dresden,
N. 30 31, 32-33. — A. N. Harzen-MAller, MusikaUs(^èes aus der Grossen
BerUner KunstaussteUung 1901,
N. 32 33. — E. Neroda, Das Pyrmonter LortzingfesU
N. 34 35. — B. Geiger, € Nerone » von A, Botto. — A. W. Gottschalg,
Etn neues, gane bemerkenswertlies Orgelwerk in Neudictendorf, — E. Kcbujìo,
Nichi die Totenmaske, sondern die Gesichtsmaske Beethoven's aus dem Leben.
— P. Reber, Die Musile des Stamberger Sees.
N. 36 39. — H. Kling, Hector BerUoe in Genf.
N. 36. — P. Hiller-KOln, Zur Froge der zwanweisen Landestrauer der
Biihne und Musik.
N. 37. — P. Reber, Das Miinchner Prinz Begenten-Theater,
N. 38. — Dr. Ad. Mirus, Die Meisterschuìe von Busoni su Weimar. —
P. Killer, Vom Juhildum der Polyhymnia und dem damit verbundenen
Wettsingen.
N. 40, 41. — Max Rikoff, Autographiana.
N. 40. — W. Pischer-Briepe, J. Seb. Bach*s an den Bat su Pìanen.
N. 41. — G. Rotter, Auch « Etwas * Uber Verdi.
Zeitsehrift der International en Masikgesellsohaft (Berlino).
Luglio. — Die Mitarbeit der Frau auf dem Feìde der musiAoUschen Er-
ziehung der Jugend [L. Mailer indica il campo di attività della donna nellMs-
segnamento della musica]. — Stanford^ s New Opera (« Much Ada about
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SPOGLIO DBI PERIODICI 1065
Nothing »), di Cb. Maclean. — Théàtres ìyriques et grands coneerts à Fari8,
di M. Chassang.
Agosto. — Dos Musikìeben in Bmsland 1900-1901 [Interessante rassegna
di N. Findeisen]. — The Bach Festival at Bethìehem^ Pennsylvania, U. S, A.
— Music in London.
Settembre. — Bayreuther Eindriicke [Riflessioni sa particolari difettosi della
direzione scenica di Bayreath]. — The London opera season. — A. Travelìer's
Note from Delphi,
Ottobre. — Wagner-Akten, di G. Mnnzer [Docamenti che meglio precisano
i concetti di Wagner come nomo e come artista]. — Das rómische MusikUeben
im Jahre 1901, di F. Spiro [Crìtica sfavorevole degli avvenimenti musicali di
Boma nel 1901]. — Mu9ih in Stockholm,
INGLESI
Monthlj Musical Record (Londra).
Agosto. — Some reactions : E. Baughan nota alcune incoerenze deiraltimo
stile mosicale, specialmente riferendosi all'opra. — J. S. S,, in Poets and Mur
sicianSt discorre delle varie inclinazioni e del carattere di alcuni grandi poeti
tedeschi e inglesi, dimostrando la tendenza dei musicisti della nazione tedesca a
fimigliarìzzare con gli altri artisti. — The philosophical side of some lavos of
harmony, di L. B. Proath (coutin.). — Tschaìkowsky as a songswriter, di
£. Newmann; è 'un interessante articolo sui caratteri delie liriche dello Tschai-
kowsky. — Revietos of New Music and New Editions. —• Rassegna dei concerti
e delle opere nella stagione londinese — Musical Notes. — Musica.
Settembre. — Stands music where it did?\ rassegna critica, di E. Baug^han,
sullo stato attuale della musica. — The philosophical side of some laws of
harmony, di B. Prouth (coni). — Comelius Ousìitt (notizia bibliografica). — The
concert season. A retrospect — Solite rubriche. — Musica.
Mnsic, a Monthly Magazine (Chicago).
Giugno. — Beminùcences of the season : breve ma diligente rassegna della
stagione musicale di Boston. — The rise of program music: è un'interessante
contribuzione alla storia della musica descrittiva. — The art of accompanying,
by B. Gluckenberger. — Women's amateur musical clubs, by R. Fay Thomas ;
lettura sull'associazione femminile dei dilettanti di musica. — Theodore Thomas;
a sketch, by an old admirer: schizzo biografico sul celebre direttore d'orchestra
T. T., lavoro imparziale e ben fatto. — Editorial Bric-a-Brac. — Things
here and there. — Altri articoli d'importanza locale.
Luglio. — Thayer, the Beethoven Biographer: schizzo cronologico sul Tlmyer
e l'opera della sua vita: la biografia di Beethoven. — A New contribuiion to
musical esthetics, di B. Swayne. — The rise of programme music, di E. B. Hill,
note sul progresso attuale della musica a programma. — Theodore Thomas: a
Sketch (cont.). — Leaves from my student days (by Gene). — Music in the
insect worìd (dal Signale di Lipsia). — Editorial Bricca- Brac. Things here
and there.
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1066 SPOGLIO DII PERIODICI
The Musical Timea (LoDdn).
Agosto. — Eaton Famng: sehino biografico del chiaro mnsicista inglese. —
HandèTs borrmoingi (cont.). — Ocea$ùmal Notes. — Charìe» Stdanum f
(schizzo biografico). — Alfredo Piatii f (schizzo biografico). — Corrispondense —
Rassegna — Musica.
Settembre. — MmUbran and MuUow, notevole articolo di F. 6. E^ quasi
tatto riferentesi a' più interessanti aspetti del talento ddla Malibran. — Noiet
on the worda of Beethoven*8 choraì Symphony. — Schuberfe eettmg of ihe
twènty-ihìrd peakn, ^ Hander$ òorrowmgs (oont). — Solite rmbriche.
Ottobre. — Aìfired flòJKfW, schizzo biografico. — F)rieérieh Chrywmder f
(note biografiche).
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I^OIPIZIB
Opere nuove e Concerti»
^^ XJn*opera in due atti intitolata Urvasi del compositore Dlussky, eseguita
privatamente a Pietroburgo con considerevole effetto, sarà adita in pubblico nella
prossima stagione.
«% Due nuovi lavori, A la VHÌa Medieia di E. Busser e un Cantico per due
flauti ed archi di liassenet, furono eseguiti a Yicby con pieno successo.
^% Come prima novità della Grande Opera di Parigi si annuncia Topera
Les Barbares di C. Saint-Sa3ns.
9*^ La censura russa ha tolto il divieto di rappresentare Topera di Rubin Stein
« Il mercante di KcUasehnikoff > .
4% L'Opera Comique avrà una novità: La troupe Jolic<Bur di À. Goquard ;
Le Boi d'Ye di E. Lalo e GriseHdis di Massenet.
^*, L* opera biblica SulanUta di S. Goldfaden ebbe un qualche successo a
Trieste.
4c% L*opera Nausikaa di A. Bungert è in preparazione al teatro di Amburgo.
«% A Vienna avrà luogo la prima rappresentazione della nuova opera di
A. Dvorak, BtMsalka.
^•^ Dona Meda è il titolo di una nuova opora dì Oscar da Silva, rappresen-
tata con successo a Lisbona.
Monumenti*
«% Il modello da erigersi a Baden al compositore Carlo MillOcher fu esposto
al pubblico. È dello scultore Bock.
Varie.
^\ Ermanno Zumpe è stato nominato Direttore àéìVAccademia musicale di
Monaco.
«% La Società milanese, che si era costituita per eseguire gli Oratori del
Perosi, ha chiuso il suo primo anno d*affari con una perdita di 28.000 lire.
Rieiil't musPiaU italiana^ Vili. 69
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1068 NOTIZIE
t
^*« L^orchestra Kaim di Monaco ripeterà a Parigi, dal 17 al 20 aprile 1902
sotto la direzione del Weingartner, Tesecazione delle nove sinfonie di Beethoven
contenute nel programma della festa musicale di Mainz in onore di Beethoven.
«*, E. Colonne, il direttore dei Concerti dello Chàtelet di Parigi, ai reca colU
sua orchestra in Germania per dar?! oogcerti nelle principali città.
^*^ La scuola magistrale di Pianoforte al Conservatorio di Vienna avrà a primi
professori Alfredo Grùnfeld ed Emilio Saaer.
,*, Il Gran premio di Boma fa assegnato al signor M. Caplet
^*^ L'orchestra Kaim di Monaco darà concerti in primavera nelle principali
città dltalia.
«% A P} rmont avrà luogo nel prossimo anno una gran festa musicale dedicata
esclusivamente a Edoardo Qrieg.
^•^ Il violoncello di Alfredo Piatti fu venduto per 80.000 marchi al banchiere
Mendelsohn di Heriino, che è un abile violoncellista.
,*^ Al GewandhauB di Lipsia si eseguiranno nella prossima stagione lavori
dei principali sinfonisti moderni. Fra i solisti notiamo il violinista A. Fiedemann,
la pianista M. Girod, i pianisti Backhaus e Pugno.
Necrologie.
^•^ Edmondo Polignac, nato nel 1834, scolaro di Beber, uno dei primi parti-
giani di Wagner, compositore di numerosi lavori vocali ed istruroentali.
«% Edmondo Audran, compositore delle operette Les Noces cTOUveUe e La
Mascotte, di anni 59.
^*« Riccardo Eleinmichel, nato a Posen, compositore e pianista, editore dei
Signaie, è morto a Berlino in età di 54 anni.
^^ Isabella Galletti Gianoli, rinomata cantante, ò morta a Milano.
^^ Federico Chrysaader, musicologo, è morto a Bergsdorf pi^aso Ambuigo.
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BLEI^CO DEI MBKI
ITALIANI
AJbiclni A., VeréUt parole coramemoratiTe dette la sera del 7 febbraio 1901
nel Teatro Comaoale di Forlì. In-4. — Forlì, Tipog. G. B. Groppi.
Ambrosio (D') E., Beìasùme del Liceo MutioaU EoMmt di Pesaro. In-8. —
Pesaro, A. Nobili.
.irmuario dei R. Conservatorio di musica di Parma per Vanno scolastico 1699-
1900, In-8. — Parma, Battei.
Botto A., Nerone. Tragedia in 5 atti. In-16. — Milano, Treves. — L. 5.
Gamblast P., NoUsia sìéRa vita e sulle opere di Domenico Cimarosa. In-8
Milano, 6. Ricordi. — L. 2.
Carraglia C, Musica ekusica e romantica. Conferenza. In- 16. — Parma, Tip.
A. Bartolì.
Cioci A., Cansone a CHtéseppe Verdi. In-8. — Pistoia, Tip. G. Fiori.
Gasparella G., Filippo Filippi, musicista e critico d'arte [In < Atti dell* Acca-
demia Olimpica di Vicenza », Voi. XXXII].
Ghignoni A., Per Griuseppe Verdi. I caratteri deW opera immortale. Conferenza.
In-8. — Genova, Tip. della Gioventù.
M acciò D. e Rossi G. F., In memoria di Giuseppe Verdi. Commemorazioni.
In-8. — Firenze, Tip. G. Bencini. — L. 0,50.
Musatti C, Drammi musicali di Carlo Ooldoni e d^aUri, tratti daUe sue com-
medie. In-8, 2* ediz. — Bassano, G. Pezzato.
OJetti U., Elogio di Giuseppe Verdi. Inl6. — Spezia, Tip. dell'Iride.
Front E., Strumentazione. Versione ital. di G. Ricci. In-16, 2* ediz., riveduta.
— Milano, U. Hoepli. — L. 2,60.
Spinelli A. G., NoOsie spettanti alla Storia della musica in Carpi. In-8. —
Carpi, Tip. Comunale.
Stomi Trovlsan M., Nel primo centenario di Domenico Cimarosa (note bio-
grafiche). In-8. — Venezia, Tip. succ. M. Fontana.
Tillanls L. A., L'arte del ekmcemhato. In-16, leg. — Torino, Bocca. — L. 8.
Zoccoli E., V estetica di Arturo Schopenhauer: propedeutica al Inestetica Wag-
neriana. In-16. — Milano, G. Agnelli. — L. 1,50.
FRANCESI
Bonnier P., Vaudition, In-18. — Paris, Doin. — Fr. 4.
DTrelshanvers-Der j F. V., < Le Vaisseau fantóme » de B, Wagner, Faits,
appréciations, et analjse thématiqae. In-8, 2* édit — Leipzig, C. Wild.
Riditia m%uieaU italiana^ Vili. 69*
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1070 ELENCO DEI UBRI
Lai8 et Descorts Frangais du XIII^ siècie. Texte et mnsiqoe, pnbliés par
A. Jeanroy, L. Brandin et P. Aabry (3™* voi. dea € Mélanges de Musicologie
critique >). In-8. — Paris, H. Welter. — Pr. BO.
Mémoires de Musicologie Sacrée, las anz assises de tnasique relìglease les 27,
28, 29 septembre 1900 à la Schola Cantornm. In-8. ~ Paris» H. Welter.
- Pr. 5.
Saint- Ylctor, Les prpses de. Texte et musique. Précédées d^ane étade critiqae
par E. Misset et P. Aubry (B^e volume des « Mélange» de Musicologie cri-
tique»)- In-8. — Paris, H. Welter. — Fr. 30,
TEDESCHI
ÀSKtalod E.» Aus meinem KUnsterìeben àU Primadonna in DetUscMand,
Oesterreich u. Italien. In-8'. — Hamburg, Verlagsanstalt u. Druckerei.
Batka R , Studien zur Geschichte der Musih in Bóhmen, In-8. -> Prag,
J. G. Calve.
Bellermann H., Der Contrapunkt. Mit zahlreichen in dero Text gedr. Noten-
beispielen u. 5 lith. Taf. in Parbendr. In-4. 4. Aufl. — Berlin, J. Springer.
Challler £., Qrosser Mdnnergesang Katalog. Hilfregister zum Hauptband. In4.
— Giessen, E. Challier.
Eckardt A., Sammìung v. Prdlitdien, ChoralbearbeUungen u. Uebergànge%
Nachspielen, Tonsatzen tn. freiem Motiv u. Arien m. Orgelbegìeitung -rw»
gottesdienstlichen- sowie Koneertgebrauche. In-8. — Essen, 6. D. Baedeker.
Emerich F., Der Kunst-Gesang in Deutschland, In-S. — Berlin, Harmonìe.
Festgabe des Wagners- Vereins Berlin zu Feier des 2Sòdrigen Bestehends der
Bayreuiher Festspieìe In-8. — Berlin, P. Thclen.
Hehrenfels C. F., Die WertscMtzung der Kumt bei Wagner, Ibsen und
Tolstoj, In-S. — Prag, Bericht der Lese- und Redehalle der deutscben
Studenten.
Helm J., Die Formcn der Musikaìischen Komposition, in ihren GrundzOgen
systematisch ti. ìeichtfassUch dargesteUt. In.8. 4. Aufl. — Leipzig, A. Deichert
Nachf.
Heinze L. u. Osbarg W., Theoretiseh'praìUiaehe HarmonieMire naeh pddtt-
gogischen Grundsàtzen, nebst speAeUer u. ausfiihrì, Behandig, der Hanna-
nicen der Kirchentonarten bearb. In 8. 12. Aufl. — Breslau, H. Handel.
Heaberger B., Im Foyer, Gesamroeltc Essays tìb. das Operarepertoire der Gè-
genwart. In-8. — Leipzig, H. Seemann.
Hofmann B., Praktische Instrumentationsìehre, In-4. 2. Aufl. — Leipzig,
DOrffling u. Franke.
Jahrbuch der Musikbibliothek Peters f, 1900, P. Jahrg. In-8. — Leipzig,
G. P. Peters.
Kloss E., Wagner, wie er war und ward, Ein Wort zur Klàrg. Uh, den Mcbter
als Menschen. In 8. — Berlin, 0. Elsner.
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ELENCO DEI UBBI 1071
Kotschedoff Y., Hiìfbuch /*. den Kìavierìehrer. In-8, — Berlin, G. Plothow
in Komm.
Krause T., Ueber Mwnk u, Musiker. In-8. — Berlin, Mittler a. Sohn.
Kretzschmar H., Einige Bemerkungen Ub. den Vortrag aUer Musik. In-8. —
Leipzig, 6. P. Peters.
Marx A. B., Beethoven. 5. Àufl. — Berlin, Janke.
Herian H., Ge$eJUchte d. Musik im 19. Jahrh, — Leipzig, H. Seeroann.
Pembaar J., Harmonie und Melodieìehre, Praktisches Lehrbnch m. vielen
Beispielen der hervorragendsten Komponisten. In-4. 2. Anfl. — Leipzig,
H. Seemann.
Belnhardt E. T. a. Jensen^ CJMràUmch eum evangeHschen Qtsanghuch fikr
Obì- u, Westpreussen, In-4. — EOnigsberg, Grftfe n. Unger.
Sakolowskl P., Ernst v. Schuch. In*8 — Leipzig, H. Seemann.
Straass F., Erinnerungen aus meinem Lében. In 8. — Hamburg, Verlagsanstalt
u. Drackerei..
Stnmpf C. a. Schaefen K. L., Tontabelìen, enth. die SchwingungssàKUn der
12'Stuf, temperirten u. der 26stuf. enharmon, Leiter auf C innerhaìb
10 Octaven in 3 Stimmgn. In-8. — Leipzig, J. A. Barth.
Wassmann C, Enideckungen sur Erleichterung u. Ertoeiterung der VioUn-
technik durch selbstàndige AusbUdung des Tastgefiihls der Finger, In-4.
2. Anfl. — Heilbronn, C. P. Schmidt.
Verseichniss der im J, 1900 erschienenen Musikalien, auch musikàiischen
Schriften m. Abbiìdungen w. Anseige der Verleger u. Preise, In 8. —
Leipzig, P. Hofmeister.
Wegtoeiser, pràktiseher , fUr Bagreuther Fef^ielbesucher, m. e, Titelbiìd
R. Wàgners von V. Lenbach, — bajreath, Nierenheim n. Bayerlein.
Wild F., BayretUh 190L Praktisches Handbach f. Festspielbesacher. In-8. —
Leipzig. C. Wild.
Wonderlich 9., Anleitung sur Instrumentierung v. Choràlen, Chorìieden u.
OesangstUcken jeder Ari. In-8. 2. Aufl. — Leipzig, C. Merseburger.
Zerlett J. B., Chorgesangschule, 1. 2. Tb. In-b. — Hannoyer, C. A. Gries.
INGLESI
Blackbnm, Ternon, Bayreuth and Munich, A travelling record of German
operatic art. In-12. — New- York, Mansfield and Co. — Doli. 0,75.
Henderson W. J., What is good Music? Saggestions to Persone desiring to
coltivate a Taste in musical art In-8^. — London, F. Murray.
Marchesi M., Ten singing lessons. Preface by Mad. Melba. In-8. — New-York,
Harper. — Doli. 1,50 net.
Sbarp, B. Farqnharson, Makers of Music. Biographical sketches of the great
composers, witb chronological sommaries of their works etc. In-12. —
New-York, Scribner. — Doli. 1,75.
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BLBIÌ60 DBLL^ IQUSIG^
Autori nu>demi.
Cieognani €(• — Op. 23. Pagine sparse. 6 pezzi per p.forte: Musette — Ca-
priccio — Serenata — Piceoia dansa — Momento musicale — Jf eloncoma.
— Firense. Ediiioni della < Nuova Musica » .
La ricerca dei particolari sembra preoceapare più che Teffetto complenÌTo della
composizioDe, nò il pensiero è sempre sostenuto ; oiò senza far torto alla serietà
deirautore.
Jadassohn S« — Op. 138. Moments Musieaux: Preambolò; Allegretto eu^pHc'
doso; Cansone; Ballata. — London. W. Bosworth.
Koptlaieff À. — ComposiMÙmi per P. forte.
Op. 8. N. L ÉUgie. — N. 2. Fo&e.
Op. 9. Seènes du bài masqué.
MendelSBOhn Arnold, — « Der Sehneider in der HÓUe > , humorisUsche Bài-
lode aus « Des Knahes Wundsrhom > filr Tenor solo, vienHmmMgen
Mànnerchor und Orchester, — Leipzig. Bob. Forberg.
La Tivacità dei ritmi e Teffetto strumentale rendono questa composizione ab-
bastanza caratteristica e mascherano la scipitezza del testo.
({aartero Antonio, — Missa brevis in honorem S. Caeciliae, a sei Tod Tirili
in dne cori — Proprietà deirautore. — Torino. Stab. M. Capra.
Senza pretendere a profondità di pensiero VA. bada aopratutto a esser melo-
dico; lo stile, quantunque non sempre omogeneo, è semplice e alieno da effetti
teatrali.
SchnltKe-Blesantx Clemens. — Composisioni per P^forte: Patìieticon —
CouJeurs — Course foUe — Marche humaristique — Métamorphoses *
Aventurier, — Collection Litolff.
Non senza effetto, ma di carattere superficiale e di poca originalità.
Zenoni Baldi, — Op. 4. Zwei geistìiche Ch&re (0 bone Jesu — Tend^rae faeiae
sunt) fiir gemischten Chor a cappella.
Op. 5. Vier Trias fìtr Orgél. — Leipzig. J. Bieter-Biedermann.
Primi saggi che presentano fayoreyolmente il compositore.
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BLENCO DILLA MUSICA 1073
AutoH afUUM.
Baeh J. L. — Sonata C-moU fUr die Orgél Traserisione per P.forte a 2 mani,
di Auo. Straoal. — Leipxig. Editìon Schaberth.
Non occorre ripetere le lodi e raccomandare le magnifiche trascrizioni dello
Stradai.
Simone Majr G. — Annunciamo la ristampa della Smfama e di dne Arie
per canto e piano tratte dall'opera Cfinevra di 8eoMÌa, editore Carlo Schroidl
di Trieste.
->»•(«•
Giuseppe Maorini, OeretUe respotisoòtZe.
Toamo — Ymonizo Bona, Tip. di S. M. e de* RR. Principi.
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INDICE DELLE OPERE RECENSITE
Aubry P., Musicologie medievale.
Histoire et méthodes, 1027.
*• Giuseppe Verdi (Biblioteca del
popolo), 727.
Aversa a Domenico Cimarosa nel
primo centenario della sua morte,
491.
Aymar de Nessiry, Robert Schu-
^mann, 221.
Banister H. C, The art of modu-
lating, 486.
Battke jf., Primavista. Eine Me-
thode, Yom Blatt singen zu ler-
nen, 482.
Bélart IL, R. Wagner in Zarich
(1849-1858), 1056.
Bellermann fT., Der Contrapunkt,
1048.
Bergmans C, Le Conservatoire
Royal de musique de Gand, 786.
Biblioteca (La) del R. Istituto mu-
sicale di Firenze, 492.
Bohn'scher Oesangverein in Breslau,
Historische concerte, 479.
Boise 0. B., Harmony made prac-
tical, 486.
Boni 0., Verdi. L'uomo, le opere,
l'artista, 780.
Bonnier P., L'audition, 1054.
Bossi E., Canti lirici a una voce,
490.
BoUazzo L., Messa a Gesù Reden-
tore, 487.
Bottazzo L. e Ravanello 0., L'ar-
monium quale strumento litur-
gico, 733.
Boutroux L,, La generation de la
gamme diatonique, 227.
Brenet 3f., Les concerts en France
sous l'ancien regime, 216.
Cornetti A,, Bellini a Roma, 218.
Canevazzi O., Papa Clemente IX
poeta, 214.
Catalogo della collezione etnogra-
fico-musicale Kraus in Firenze,
1053.
Charley F., The new opera glass,
494.
Checchi K, Verdi, 1813-1901, 472.
Chilesotti 0., J. B. Besard et les
luthistes du XVI* siede, 464.
Congrès intemational d'histoire de
la musique, 1024.
Conti A., La beata riva, 475.
De' Ouarinoni E., Relazione sul
Congresso intemazionale di storia
della musica, 102S.
Denkmàler der Tonkunst in Oes-
terreich, 736.
De Roberto /., L'arte, 222.
De Simone Brouwer F., Don Saverio,
220.
Èngelmann E., Parzival und Lo-
hengrin, 230.
Forster Apthorp. TT., The Opera
Past and Present, 472.
Oenée R., Mittheilungen fflr die
Mozart-Gemeide in Berlin, 217.
Oenée i?., Mittheilungen fìir die
Mozart-Gemeide in Berlin, 464.
Ouiltnant A., Archives des Maitres
de rOrgue, 489.
Guilmant A., Archives des Maitres
de rOrgue, 735.
Hausliek E., Aus neuer und neu-
ester Zeit, 474.
Hanstein A. von , Musiker und
Dichter-Briefe an Paul Eucziuski,
729.
Helm J., Die Formen der musika-
lischen Komposition, 1053.
Heuberger R., Im Foyer, 1043.
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1076
INDICE DELLX OPKRE RECBNBITB
Rocker (?., Das grosse Dreigestim
Haydn, Mozart, Beethoven, 216.
Imbert H,, La syinphonie après
Beethoven, 477.
Ippavich O, L., Trattatello sol modo
dì ben cantare, 482.
Jadas8ohn 5., Der Generalbass, 484.
Jeanroy A., Brandin L. et Àubry
P., Lais et Descorts fran9aÌB dii
XII I« siècle. Texte et musique,
1030.
Klo88 E.f Wagner, wie er war und
ward, 1056.
Kotìie B., Abriss der Musikgéschì-
chte, 466.
Kralik R. wn, Altgrìechische Mu-
sik, 218.
Krebs C, Dittersdorfiana, 217.
Kretzsehmar If., Einige Bemerkun-
gen ùber den Vortrag alter Ma-
8ik. 1044.
La Mara, Franz Liszt's Briefe au
C. Sayn- Wittgenstein, 465.
Loewengard M.y Lehrboch der EEar-
monie, 226.
Molitor È,, Die Nach-Tridentinische
Choral-Beform za Rom, 735.
Muhlenhein J., Ueber Choralgesang,
488.
M&nzer O,, Heinrich Marschner,
780.
MUmer G., Zar EinfQhrang in R.
Wagners Ring, 488.
Ouvretise (V) du cirque d'été, Gar-
9on, Taadition! 221.
Padovan A., I figli della gloria,
219.
Pembaur J., Harmonie- and Melo-
dielehre, 1052.
Fercy OoeUchius, The Theory and
practice of tone-relations, 486.
Perinelìo C, Giaseppe Verdi, 474.
PfoM jP., Arthar Nickisch, 222.
Piumati G., Musikalisches Fremd-
wOrterbach, 493.
Plalania P., Psalmas LXVII: Exsur-
gat Deas, 489.
Pou^n A,, J. J. Roasseaa, 459.
Promiz A.j Compendiam der Mu-
sikgeschichte, 467.
Eicci V., Solfeggi per tatte le voci,
731, 1046.
Riemann iJ., Katechismas der Har-
monie und Modulationslehre, 485.
Riemann H., Geschichte der Musik
seit Beethoven (1800-1900), 468.
Rietnann H,j Vademecam der Phra-
sierang, 485.
Sagìéa A^ Manuale del pianista,
226.
Scalinger G, if., L'estetica di Raskin,
224.
ScheringA.f Bach's Textbehandlnng,
218.
Schroeder t?., Katechismas dee Di-
rigierens and Taktierens, 484.
SchiUz A,, Zar Aesthetik der Ma-
sik, 224.
Setneria G., La masica degli Ebrei,
215.
Segnitz E.^ R. Wagner und Leipzig
(1813-1833), 1057.
Sforni- Trerisan. M^ Nel primo cen-
tenario di D. Cimarosa, 215.
Sighele 5.. L'arte e la folla, 477.
Soffredini A., Le opere di Verdi 731.
SoUfiière E. de, 1800-1900. Cent an-
nées de masique fran9aÌ8e, 727.
Statistischer Rackblick auf die E5-
niglichen Theater za Berlin, Han-
nover, Eassel and Wiesbaden,
280.
Stumpf C. and Schaefer K. L., Ton-
tabellen enthaltend die schwin-
gangszahlen der 12 — stafigen
temperirten und der 25 — stu-
figen enharmonischen Leiterauf
C innerhaJb 10 Octaven in 8 Stim-
mangen, 1055.
TabaneUi N., lì codice del teatro,
490.
Taccone Gallucci N,, L'evoluzione
dell'arte italiana nel secolo XIX,
478.
Wassmann C, Entderkangen lur
Erleichterung and Erweiterang
der Violintecnnik durch selbst&n-
dige Ausbildang des TastgefShls
der Finger, 1053.
WiUing C, Geschichte der Violin»-
piels, 227.
WoUfuenne A,, Catalogne de la Bi-
bliothèque duconservatoire Royal
de mxisique de Bruxelles, 463.
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INDICE ALFABETICO
Albertis D., 15.
Arefiti F., 10.
Barbella E., 15.
Basili A,, 36.
Beccatelli F., 15.
Bencini Cr., 15.
Bertoni F., 29.
Bibliografia Verdiana, 378.
Campeggi F., 15.
Canti Bulgari, 763.
Canti della Chiesa greca, 579.
Canto (arte del), 137, 613.
Casa di riposo pei musicisti, 368.
Cirri J., 36.
Concorsi. 508.
Critica, 219, 472, 730, 1043.
Della Ciaia, 12.
Divertimento, 11.
Durante F., 11.
Edizioni musicali, 674.
Estetica, 222, 475,^ 1044.
Ferracci ^ 10.
Oaluppi B., 30.
Genesi della musica, 560.
Giurisprudenza teatrale, 441, 703,
1007.
Intervalli, 157, 413.
Istituti musicali, 504, 745.
Legislazione e Giurisprudenza, 490.
Le Maschere di Mascagni, 178.
Marcello B., 15.
Martini G. B., 16.
Melodia, 575.
MìSKRERE di Jacopo Tomadini, 784.
Modonesi F., 11.
Monocordo, 854.
Monumenti, 245, 509, 748, 1067.
Monza C, 36.
Musica, 489, 735.
Musica sacra, 43, 487, 735, 763,
784.
Musica Scandinava, 101, 255.
Necrologie, 246, 512, 755, 1068.
Nebone di A. Boito, 861.
Nuove pubblicazioni, 241, 509.
Opere nuove e Concerti, 240, 506,
746, 1067.
Opere teoriche, 226, 482, 731, 1046.
Pescetti G. B., 29.
Picciuni N., 75.
Pontus de Tyard, 846.
Predieri G. B., 10.
Proprietà letteraria ed artistica,
6y0.
Beichardt J. F, 806.
Ricercare, 14.
Ricerche scientifiche, 227, 1054.
Ritmo, 560.
Romanza, 637.
BiUini G. M.y 20.
Bulini G. F., 29.
Sacchini A., 39.
Salutini F. 15.
Scala (Teatro alla), 181.
Scarlatti A., 11.
Scarlatti /), 11.
Schiller F., 802.
Schumanny 656.
Scrittura musicale, 122.
Secolo XVI, 1.
Secolo XVn, 1.
Secolo XVI li, 1, 519.
Secolo XIX, 255.
Serini G. i?., 29.
Digitized by CjOOQ IC
1078
INDICE ALFABETICO
SoLiTAiRE Sbcomd di Poiitus de
Tyard, 847.
Sonata, 12.
Storia, 212, 459, 727, 1028.
Strumentazione, 733, 1053.
Stadio, 12.
Teatro lirico nazionale, 690.
Tomadini J., 784
Varie, 230, 245, 491, 509, 736, 748.
1067.
Verdi (?., BibliograBa. Le date, 378,
408.
Verdi (7., Carioatora, 32 G.
Verdi (?., L'opera di G. Verdi e i
suoi caratteri principali, 279.
Verdi G., Ricordi, 860.
Wagneriana, 230, 241, 488. 508.
747, 1056.
Zipoli D., 2 e seg.
•DOC^
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Digitized by CjOOQ IC
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(MVCKSm or MICHitA*
BOUND
NOV 14 194*
3 9015 02335 7836
k'*t^^-*-
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