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Full text of "La Civiltà cattolica"

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LA 


CIYILTA  CATTOLICA 


ANNO  QUARANTESIMOTTAVO 


Serie  XVI,  vol.  IX,  fase.  1117.  1  21  dicembre  1896. 


LA 


CIVILTA  GATTOLIGA 


ANNO  QUABANTES1MOTTAVO 


Beat  us  populus  cuius   Dominus  Dens  eius. 
PSALM.  CXLIII,  18. 


VOL.   IX. 
DELLA    SERIE    DECIMASESTA 


I   O ^  vw— 

V* 
^^Kivir^ 


ROMA- 

DIREZIONE  E  AMMIXISTRAZIONE 

Via  di  Ripetta,  246 

1897 


FEB  -9-1957 


PROPRIETA    LETTERARIA 


Koma,  Tip.  A.  Befani,  Via  Celsa  R. 


L'  EUROPA  AL  PRINCIPIO  DEL  1897 


i. 

Siamo  entrati  nel  primo  dei  quattro  anni,  che  ci  separano 
dalla  fine  di  questo  fortunosissimo  secolo  XIX.  Quattro  anni 
«oli!  E  in  verit£  poca  cosa,  al  bisogno  che  vi  sarebbe  di  riparar 
tanti  mali  accumulati,  di  guarir  tante  piaghe  inciprignite  e  di 
saldar  tanti  debiti,  perche  il  secolo  nostro  non  trasmettesse  al 
•ventesimo  un'eredita  di  affanni  e  forse  anche  di  stragi,  non  dissi- 
mUe  da  quella,  che  esso  medesimo  ricevette  dal  suo  imraediato 
predecessore. 

II  secolo  diciannovesimo,  che  vale  illuderci?  ha  un'agonia 
tormentosa,  la  quale  non  promette  punto  di  rimettere  della  sua 
<rrudezza,  prima  che  sopravvenga  la  morte.  Onde  tutto  pur 
troppo  fa  temere  che  il  mondo  civile  vada,  nei  primi  anni  del 
novecento,  a  dibattersi  tra  nuove  piu  terribili  difficolta,  per  ces- 
sare  le  quali  sia  d'uopo  ricorrere  a  quella,  che  fu  chiamata 
Y  ultima  ragione  dei  re,  ma,  a  certi  periodi  storici,  puo  e  deve 
anche  dirsi  il  rimedio  estremo  della  Provvidenza  divina,  per  la 
•restaurazione  della  societa. 

Riguardiamo  il  mondo  odierno.  Non  si  sono  mai  fatte  udire 
tante  assicurazioni  di  pace,  tra  piu  formidabili  apparecchi  di 
guerra.  E  vero  che  le  nazioni  vogliono  seriamente  la  pace? 
Noi  non  osiamo  affermarlo,  perche  non  arriviamo  a  persua- 
dercene,  ed  anzi  ci  pare,  a  parecchi  segni,  di  riconoscere  in 
alcune  di  esse  una  certa  impazienza  di  venir  alle  mani.  Questo 
pero  e  indubitato,  che  tutte  paventano  grandemente  la  guerra; 
perche  tutte  intendono  benissimo,  che,  ove  essa  scoppiasse, 
sarebbe  quasi  di  sicuro  guerra  universale  e,  per  gli  armamenti 
di  terra  e  di  mare  recati  all' ultima  perfezione,  tornerebbe 


6  L'  EUROPA 

certamente  micidialissima,  mentre  poi  a  nessuno  e  ora  possi- 
bile  di  prevedere  quali  conseguenze  ne  deriverebbero,  riguardo 
alPassetto  politico  del  mondo  civile. 

Posto  cio,  noi  non  siamo  lontani  dal  convenire  nel  seguente 
concetto  che,  secondo  il  Morning  Post,  Francesco  Crispi,  datosi 
alia  vita  epistolaria,  avrebbe  espresso  per  lettera,  il  23  no- 
vembre,  ad  una  Vendita  berlinese  di  caritd:  «  Alcuni  sosten- 
*gono  che  1' Europa  e  favorevole  alia  pace.  E  un  errore.  Le 
potenze  che  meditano  una  rivincita,  accarezzano  dei  progetti 
ambiziosi  ed  evitano  di  lanciarsi  in  una  guerra,  soltanto  perche 
la  temono.  Ma  il  giorno  in  cui  esse  si  crederanno  sicure  del 
successo,  non  esiteranno  piu  e  1' Europa  diverra  un  immenso 
campo  di  battaglia. » 

Questo  vaticinio  non  sorride  per  fermo  a  nessun'anima  gen- 
tilmente  cristiana,  e  noi  da  parte  nostra  vorremmo  con  tutte 
le  nostre  forze  poter  frastornare  Pavveramento  dalla  societa, 
che  amiamo.  Ma  giova  considerare  le  condizioni  politiche  e  mo- 
rali  del  mondo  presente,  per  dedurne,  come  ed  in  qual  misura, 
il  nero  pronostico  sia  fondato  nella  realta;  non  pure  afflne  di 
non  perderci  in  fanciullesche  illusioni  da  ottimisti,  od  in  esage- 
rate  querimonie  da  pessimisti,  senza  verun  pratico  pro ;  ma  al- 
tresi  per  confortarci  a  confidare  sempre  piu  nella  Chiesa  catto- 
lica,  la  quale  sola,  incontro  a  tante  minacce,  mostra  di  posse- 
dere  vita  e  virtu  riparatrici. 

II. 

Quale  anzitutto  ci  si  affaccia  lo  stato  del  mondo  civile,  al 
principiar  di  quest'anno  1897,  se  lo  si  consider!  in  ordine  alle 
relazioni  internazionali  ?  —  Queste,  non  vi  e  dubbio,  costitui- 
scono  la  parte  piu  alta  della  politica  e  da  esse  principalmente 
dipende  la  stabilita  della  pace,  ed  il  conseguente  florire  della 
pubblica  prosperita  in  ciascun  paese.  Quindi  la  politica  interna 
sempre  si  risente  della  buona  o  cattiva  politica  esteriore;  e 
percio  non  v'e  messaggio  di  Capo  di  Stato,  o  discorso  della 
Corona,  il  quale  non  riserbi  le  prime  parti  alle  relazioni  inter- 


AL   PRINCIPIO    DEL    1897  7 

nazionali,  procurando  ogni  volta  di  dar  ad  intendere  che  esse 
sono  eccellenti  e,  oltre  tutti  i  desiderii,  paciflche  e  cordiali. 

Ma  che  cosa  veramente  puo  oggi  in  tal  proposito  asserirsi 
o  credersi  di  sicuro  da  qualsiasi  anche  piu  potente  Monarca? 
Niente.  Oggi  qualunque  affermazione  riguardante  la  politica 
internazionale  e  sempre  di  necessitk  arrischiata  e  soggetta  da 
un  di'all'altro  a  mentite,  non  potendosi  reggere  che  a  troppo 
mutabili  vedute  di  opportunismo.  Sempre  per  conseguenza 
dalle  persone  gravi  le  si  vorra  attribuire  un  valore  molto 
relative,  tanto  da  non  poterne  trarre  pronostici  per  la  dimane. 

Infatti,  non  essendo  piu  vincolo  delle  nazioni  il  diritto,  ma 
in  quella  vece  la  forza,  ne  siegue  che  la  tranquillita  del  mondo 
civile  stia  tutta  raccomandata  all'instabilissima  fortuna  d'un 
equilibrio,  che  la  diplomazia  e  incaricata  di  riparare  quasi  di 
minuto  in  minuto,  con  continui  avvedimenti,  e  destrezze  e  pun- 
telli.  Or  da  tale  inviluppo  di  mosse  e  di  fatti  senza  posa  can- 
gianti,  come  le  parvenze  d'una  fata,  trarre  illazione  certa  degli 
eventi  venturi,  noi  non  vediamo  possibile  ad  un  uomo,  tranne 
nellMpotesi,  che,  questo  uomo  sia,  per  la  sua  potenza  morale 
e  materiale,  1'arbitro  supremo  del  mondo  civile. 

Tale  in  verita  fu  per  qualche  anno  considerate  Napoleone  III; 
tale,  dopo  la  costui  ruina,  ancora  per  qualche  anno  il  Principe 
di  Bismark:  quindi  la  parola  del  Sire  francese  ai  ricevimenti 
.  di  capodanno.  aspettata  come  un  oracolo,  dava  Toroscopo  del- 
1'avvenire,  rialzando  o  abbassando  i  fondi  pubblici  in  tutta 
Europa ;  e  simile  effetto  produceva  quella  del  Cancelliere 
germanico.  Ma,  nell'ora  presente,  nessun  Monarca  o  nessun 
uomo  di  Stato  in  Europa  gode  piu  di  quella  preponderanza; 
nemmeno,  come  ci  pare,  lo  Czar,  benche  1'abilissima  diplomazia 
deH'ultimo  Ministro  russo  degli  esteri,  improvvisamente  man- 
cato  durante  il  viaggio  del  giovane  Nicolo,  abbia  conferito  al 
•  Colosso  moscovita  un'ingerenza  formidabile  sulle  sorti  del 
mondo. 

Nessun  Governo,  pertanto,  di  nessuna  Potenza  civile  ba 
oggi,  secondo  noi,  veduta  siciira  degli  avvenimenti  che  si  pre- 
parano;  ma  in  tutti  e  somma  incertezza,  in  tutti  trepidazione 


8  L'EUROPA 

continua,  che  li  costringe  a  procrastinare  ogni  risoluzioner 
afferrandosi  intanto  questo  o  quell'appicco  per  tirare  innanzi. 
Aggiungasi  a  tutto  cio  la  cupidita  nei  maggiori  Potentali 
di  buttarsi  addosso  al  carcame  ottomano,  per  contendersene  le- 
spoglie  e  soprattutto  per  impadronirsi  del  Bosforo,  cupidita  ere- 
sciuta  a  dismisura,  mentre  le  iniquita  senza  nome,  che  da 
oltre  un  anno  il  Turco  commette  in  Armenia,  a  Costantino- 
poli,  a  Greta,  fanno  presentire  prossima  la  distruzione  di 
tanto  abbominio  della  civilta  umana.  Aggiungansi  gli  arma- 
menti  della  Grecia  per  Fannessione  di  Greta,  ora  anche  ufficial- 
mente  proclamati  dallo  stesso  Re;  le  aspirazioni  della  Serbia 
e  del  Montenegro  a  riunire,  ciascuna  per  proprio  profltto,  i» 
una  grande  Serbia  tutti  i  fratelli  sparsi,  dalle  Bocche  di  Cat- 
taro  alia  Dalmazia  ed  alia  Bosnia;  fino  in  Transilvania,  in  paesi 
soggetti  all'Austria  o  ad  altri  Governi;  le  rivalita  di  dominio,. 
o  almeno  d'influenza,  tra  1'Austria  e  la  Russia  negli  Stati  bal- 
canici;  le  irrequietezze  minacciose  degli  irredentisti  italiani 
per  Trento  e  Trieste,  e  i  sempre  vivissimi  ardori  francesi  di 
rivincita  contro  PAllemagna  e  di  vendetta  contro  P  Italia. 

III. 

A  mantenere  balenamento  cosi  funesto,  oltreche  la  man- 
canza  di  criterii  assoluti  di  diritto  internazionale,  da  noi  teste- 
accennata,  concorrono  le  molteplici  questioni,  tutte  gravissime^ 
gravide  tutte  di  conseguenze  enormi  per  1'equilibrio  europeor 
che  sono  accese  per  ogni  dove,  e  alcune  delle  quali  hanno  in 
questo  medesimo  inomento  raggiunto  il  massimo  grado  d'in- 
tensita. 

Lasciamo  da  parte,  se  vuolsi,  le  rivolte  delle  colonie  ame- 
ricane  di  Spagna,  per  reprimere  le  quali  questa  nazione  e  co- 
stretta  a  sacrifizii  d'oro  e  di  sangue  che,  quando  pure  le  pro- 
curassero  per  adesso  una  tregua,  rinnovati  pero  la  finirebbero,. 
tra  le  vampe  gloriose  del  suo  eroico  patriottismo.  E  ad  ogni 
modo  il  contegno  degli  Stati  Uniti,  dichiaratisi  apertamente,. 
nel  recentissimo  Messaggio  del  Cleveland,  partigiani  dell'auto- 


AL   PRINCIPIO   DEL    1897  9 

nomia  di  Cuba,  fa  prevedere  che  in  un  tempo  piu  o  meno  lon- 
tano,  la  famosa  legge  del  Monroe  vorra  estendersi  sino  all'espul- 
sione  dalle  colonie  americane  di  tutte  le  Potenze  d'Europa,  con 
cozzo  inevitabile  tra  1'antico  ed  il  nuovo  mondo. 

Omettiamo  pure  anche  le  pretensioni  russe  sull'estremo 
Oriente,  di  cui  il  gigante  moscovita  diede  sufficiente  saggio, 
quando  impose  al  Giappone  la  pace  colla  Cina,  aiutatrici  la 
Germania  e  la  Francia,  acquiescent!  per  amore  o  per  forza  le 
altre  Potenze  europee,  e  di  cui  dk  cenno  tuttora,  destreggiao- 
dosi  per  ottenere  alle  proprie  ferrovie  il  passo  oltre  la  grande 
rauraglia,  in  alcune  province  del  Celeste  Impero.  Or  non  puo 
dubitarsi  che  siffatte  pretensioni  infiammerebbero  infinite  ge- 
losie,  ove  si  facessero  a  serrare  piu  da  presso  e  piu  concre- 
tamente  la  preda  ambita. 

Quante  altre  ragioni  di  conflitto  pero,  anche  fuori  di  queste,  e 
piu  che  bastevoli  per  mandare  a  fuoco  e  fiamme  1'Europa! 
L'lnghilterra  vede  sempre  minacciata  dalla  Russia  la  sua  ege- 
monia  nelle  Indie;  e  le  converra  pure  un  giorno  o  1'altro  re- 
sistere  gagliardamente,  o  lasciar  libero  sfogo  anche  alia  Rus- 
sia, in  un  mare  che  ora  e  esclusivamente  suo.  Intanto  essa  si 
prepara  da  provvida  mercantessa  un  nuovo  immenso  teatro 
di  monopolii  commerciali  in  Africa,  che  ha  recinta  da  ogni  parte 
e  di  cui  possiede  le  zone  piu  feconde.  Ma  vi  trova  rivali  disposti 
ad  arrestarla  colla  forza;  e  principalmente  per  1'occupazione 
ostinata  dell'Egitto,  della  quale  il  dispendio  di  denaro  egiziano 
per  Dongola,  fatto  in  onta  alle  Potenze  tutelari,  e  le  dichiara- 
zioni  ardite  di  lord  Salisbury,  che  ribadivano  pure  teste  il 
proposito,  provoca  continuamente  la  Francia,  a  cui  la  via  del 
Mar  rosso  e  divenuta  piu  che  mai  indispensabile,  dopo  la  con- 
quista  del  Madagascar. 

Si  vuol  forse  qualcosa  di  piu,  per  conchiudere  che  1'Europa 
£  tutta  un  vulcano  acceso,  il  quale  potrebbe  da  un  momento  al- 
1'altro  scoppiare  con  boato  spaventosissimo?  Ebbene,  accenne- 
remo  sol  di  passaggio  alle  rivalita  di  stirpe,  rincrudite  dappoi 
che  1'egoismo  voile  prendere  il  posto  dello  spirito  uniflcatore 
del  cristianesimo,  dalle  quali  escono  fuori  il  pangermanismo 


10  L'EUROPA 

ed  il  panslavismo,  a  soffocare  1'indebolita  gente  latina,  minac- 
ciando  addirittura  un  rovescio  totale  dell'antico  assetto  europeo: 
accenneremo  flnalmente  ai  pericoli  quotidian!  di  cozzo,  fuori 
del  continente  europeo,  fra  le  colonie  che,  in  parte  il  bisogno, 
in  parte  la  moda  spingono  ogni  di  piu  fortemente  a  dilalarsi, 
con  iscarsissimo  pro  di  quella  civilta,  onde  menasi  tanto 
scalpore,  ma  coll'esito  certo  di  dare  ai  barbari  spettacolo  delle 
nostre  vergogne ;  siccome  vediamo  gia  avvenire  in  Africa,  per 
esempio,  dove  francesi,  belgi,  russi,  italiani,  inglesi,  tedeschi 
si  bisticciano  sol  per  ingordigia  di  guadagno  e  di  signoria.  In- 
tanto  di  la  dell'Atlantico  I'America,  proflttando  di  tanti  guai, 
s'avanza  con  giovanile  baldanza,  nelle  vie  dei  progress!  raate- 
riali,  verso  la  meta  agognata,  che  £  d'intronizzare  il  Nuovo 
Mondo  sopra  le  ruine  dell'Antico. 

IV. 

Che  cosa  hanno  fatto  per  prevenire  lo  sfacelo,  non  diciamo 
le  piccole  Potenze  d'Europa,  naturalmente  incapaci  di  muoversi, 
ma  le  grandi,  o  quelle  che  son  ritenute  tali?  Hanno  fatto 
cio  che  unicamente  potevano.  Armatesi  sino  ai  denti,  si  sono 
strette  nei  due  grandi  gruppi  della  Triplice  e  della  Duplice, 
intorno  ai  quali  s'aggirano,  come  porta  il  tornaconto,  i  satel- 
liti  minori,  rimanendosi  1'  Inghilterra  a  spiare,  secondo  il  so- 
lito,  1'occasione  di  farla  in  barba  a  tutti.  Con  questo  s1  il- 
lusero  d'aver  assicurata  la  pace;  ma  indarno.  Perocch6  gl'in- 
teressi  medesimi  particolari  ed  il  bisogno  particolare  di  difesa 
spingono  ciascuno  degli  alleati  a  cercare  neH'altro  gruppo 
quelle  guarentigie,  che  non  trova  nel  proprio.  E  cosi  si  6  venuto 
sempre  piu  assodando,  in  questi  ultimi  tempi,  che  la  Germania, 
di  nascosto  dall'Austria,  tratta  secretamente  colla  Russia  per 
difendersi  dalla  Francia;  1'Austria  s'avvicina  alia  Francia,  per 
preinunirsi  contro  1' Italia;  1' Italia  poi,  accortasi  che  soltanto 
I'lnghilterra  la  puo  efficacemente  aiutare  nel  Mediterraneo,  fa  una 
politica  inglese  contraria  alia  Russia,  e  per  cio  stesso  poco  favo- 
rita  dalla  Germania,  che  ha  bisogno  di  far  dimenticare  a  Nic- 


AL   PRINCIPIO   DEL   1897  11 

colo  II  le  antipatie  del  suo  genitore,  per  le  propensioni  troppo 
inglesi  del  defunto  Imperatore  Federico. 

Quel  che  noi  sostenemmo  sempre,  6  un  fatto  ormai  dimostrato, 
che  la  triplice  e  la  duplice  non  sono  solido  baluardo  di  pace. 
E  il  fossero  anche  per  sfe  medesime,  a  che  mai  cio  gioverebbe, 
mentre  nell'interiore  stesso  delle  aazioni  sussistono  attivissime 
tante  cause  di  discordia,  anzi  di  dissolvimento  e  di  ruina? 

La  Russia,  nonostante  1'immanita  della  sua  mole  ciclopica, 
e  afflevolita  dal  nichilismo,  che  le  corrode  le  viscere;  e  finanzia- 
riamente,  non  bastando  a  s6  stessa,  si  vede  costretta  a  rendersi 
tributaria  della  Francia.  Questa  poi,  pur  essendo  meravigliosa 
sempre  per  gl'impeti  del  suo  patriottismo,  non  ha  peranco 
trovato  un  centre  stabile  di  gravita,  tra  rassolutismo  cesareo 
e  la  demagogia,  e  si  travaglia  senza  posa,  sballottata  da  ogni 
maniera  di  partiti,  mentre  neppure  tutti  i  cattolici  francesi 
sanno  sacrificare  certe  inclinazioni,  per  seguire  risolutamente 
la  via  loro  tracciata  dal  Papa,  in  cui,  come  scriveva  anche 
di  fresco  il  Card.  Rampolla,  sarebbe  pur  necessario  che  s'incam- 
minassero,  per  il  bene  della  Religione  e  della  stessa  lor  Patria i. 
In  Germania  £  scemata  di  molto  quella  forza  di  coesione  che 
proveniva  dall'orgoglio  entusiastico  delle  vittorie  guerresche, 
anziche  dagli  ordinamenti  interior!;  e  per  tacere  della  piaga 
socialista,  avemmo  di  cio  indizio  non  lieve  nel  recentissimo 
processo  per  i  brindisi  di  Breslavia,  onde  trasparve,  con  uni- 
versale  sgomento,  tutta  un'orditura  di  maneggi  polizieschi  cosi 
potente,  che  decise  della  caduta  del  Cancelliere  Caprivi. 

L'Austria-Ungheria  poi  si  presenta  innanzi  in  aspetto  d'un 
gran  corpo,  le  cui  membra  mancanti  d'omogeneita  si  mutano 

1  Accenniamo  alia  lettera  del  15  nov.  1896  che  il  Card.  Segretario  di 
Stato  indirizz6  al  Direttore  falYUnivers  Monde,  la  quale,  benchfe  chiaris- 
sima,  fu  og-getto  di  vivaci  polemiche,  pretendendo  alcuni  dissident!  che  il 
Papa  intendesse  di  mutare  alquanto  il  suo  programme,  per  rispetto  alia 
Repubblica.  Eppure  il  Ministro  del  Pontefice  avea  scritto :  «  Tenga  per 
fermo  che  nulla  sara  modificato  ».  lu  verita  non  vediamo  come  possa  mo- 
dificarsi  una  massima  cosi  giusta  e  cosi  pratica  come  questa:  cessate  da 
ogni  dissensione  per  darvi  tutti  uniti  con  tutte  le  forze  alia  restaurazione 
di  una  Francia  cristiana.  Or  questa  appunto  e  non  altra  e  la  massima 
inculcata  dal  grande  Leone  ai  cattolici  francesi. 


12  L'EUROPA 

e  si  respingono,  per  disciogliere  la  comunione  della  vita.  II 
dualismo  della  Cisleitania  e  della  Transleitania  fu  1'errore  fon- 
damentale,  che  getto  nell'Impero  degli  Absburgo  i  semi  della 
dissoluzione,  per  Fodio  implacabile  che  da  un  secolo  arma  le 
sette,  contro  questo  palladio  provvidenziale  di  conservazione 
cristiana  nel  centre  d'Europa.  L'Ungheria,  venuta  ora  intie- 
ramente  nelle  mani  delle  sette  medesime,  fa  per  opera  d'un 
Governo  giudaicomassonico  gli  ultimi  apparecchi  della  procla- 
mazione  d'una  Repubblica  magiara,  fissata  forse  gia  per.  il 
luttuoso  giorno  in  cui  Faugusto  e  sventurato  Francesco  Giu- 
seppe scendera.  nella  tomba.  Infatti  1'opera  di  separazione  dal- 
1'Austria  vi  e  mandata  innanzi  alacremente,  colle  leggi  anticri- 
stiane,  col  successivo  rifluto  d'ogni  solidarieta  tra  le  due  parti 
dell'Impero,  nelle  varie  appartenenze  della  vita  politica  ed  ammi- 
nistrativa,  persino  col  rigetto  del  compromesso  finanziario  per 
le  spese  comuni;  ed  all'intento  stesso  son  fatte  abilmente  ser- 
vire,  dal  partito  liberale-massonico-kossutista,  spadroneggiante 
nella  Camera  dei  deputati  e  nel  Governo,  le  aspirazioni  del  par- 
tito nazionale  di  Apponyi,  le  voglie  orgogliose  di  prevalenza 
dei  sei  milioni  di  magiari  sovra  tedeschi,  sloveni,  ruteni,  croati,. 
schiavoni  e  rumeni,  e  le  differenze  religiose  di  cattolici,  sci- 
smatici,  calvinisti,  protestanti  e  giudei.  Soltanto  il  grande  par- 
tito cattolico  sta  in  Ungheria,  sotto  la  condotta  del  Principe 
Primate  e  dei  Conti  Zichy  ed  Esterhazi,  a  difendere,  contro- 
separatist!,  antimonarchici  e  miscredenti,  la  Corona  di  Santo- 
Stefano  e  la  grandezza  tradizionale  della  forte  nazione,  che 
riconosce  per  sua  signora  Maria. 

In  Austria,  sfumato  col  ministro  Windisgraetz  il  segno- 
della  coalizione  dei  partiti  liberale  tedesco,  di  Hohenwarth  e 
dei  Polacchi,  svanita  nell'universale  discredito  ogni  autorita- 
del  partito  tedesco,  che  pretendeva  sovrastare  a  tutte  le  altre 
nazionalita,  czechi,  slavi,  italiani,  croati,  rumeni,  polacchi  si 
dilacererebbero  a  vicenda,  con  irreparabile  ruina  della  Dina- 
stia  e  dell'Impero,  se  un  nuovo  sofflo  generoso  di  fede  e  di 
patriottismo  non  avesse  dato  vita  alia  coalizione  dei  cattolici 
e  degli  antisemiti,  che,  per  quanto  e  lecito  argomentare  dal 


AL   PRINCIPIO   DEL   1897  13 

felicissimo  esito  delle  ultime  elezioni,  sembrano  destinati  a 
riannodare,  sotto  la  Corona  degli  Absburgo,  in  un  vincolo  d'in- 
teressi  spiritual},  i  popoli  della  Cisleitania  e  forse  anche  la 
Transleitania. 

L' Italia,  Cenerentola  delle  nazioni,  per  la  sua  guerra  al 
Ponteflce,  che  le  attira  tutti  i  castighi  di  Dio,  si  mostra  ben 
piu  sventurata.  Incapace  railitarmente  e  flnanziariamente  di 
sostenere  1'onore  di  grande  Potenza  a  cui  voile  con  troppa  alte- 
rigia  assorgere,  soffoca  ogni  di  piu  sotto  1'enorme  incubo, 
schiacciata  dalle  tasse  esorbitanti,  dai  debiti  crescenti,  dalla 
miseria  dilagante,  dalle  vergogne  morali  incessanti,  mentre  in 
Africa  e  costretta  dalla  sua  propria  insipienza  a  piegare  il  collo 
sotto  la  legge  d'un  vincitore  barbaro,  il  quale,  Fumilia  piu  an- 
cora  nella  gara  della  civilta,  che  in  quella  delle  armi.  Dilacerata 
da  fazioni  senza  numero,  tutte  personali  od  egoistiche,  non  le 
riesce  di  costituire  un  Governo  che  abbia  base  solida  nel  Par- 
lamento  e  nel  paese,  e  vede  altresi  tramontane  Tunica  forza 
che  rimanevale,  per  conservare  la  sua  unita,  perche,  non  solo 
le  istituzioni  vengono  in  discredito,  ma  anche  il  principio  mo- 
narchico  si  svigorisce.  II  parum  de  Principe,  nihil  de  Deo  e 
diventata  massima  di  Governo,  a  tal  segno,  che  i  Ministri  pa- 
ventano  soprattutto  di  veder  messa  in  discussione  la  Corona, 
siccome  fu  ad  esuberanza  dimostrato  dal  modo  con  che  pro- 
posero  al  Parlamento  la  dotazione  del  Principe  ereditario. 

V. 

Tale  il  quadro  sintetico  a  grandi  linee  delle  condizioni  in- 
terne di  alcuni  Stati  soltanto.  Certamente  esso  e  tetro  e  non 
puo  non  mettere  in  cuore  fosche  apprensioni  per  1'avvenire 
delPEuropa.  Ma  quanto  piu  nero  si  farebbe  quel  quadro  e  piu 
fosche  diver rebbero  queste  apprensioni,  ove  volessimo  entrare 
in  un'  analisi  particolareggiata  e  descrivere,  per  ciascuna  na- 
zione,  a  norma  di  fatti  e  di  documenti,  la  confusione  e  la  per- 
versione  delle  idee,  non  solo  di  religione,  ma  anche  di  sem- 
plice  naturale  giustizia  ed  onest£ ;  la  turpissima  corruttela  dei 


14  L'EUROPA 

costumi  che  tutto  invade,  ed  insozza  di  stomacoso  lezzo  cosi 
Ie  amministrazioni  pubbliche,  come  i  privati  istituti  ed  il  sa- 
cro  focolare  della  famiglia ;  lo  scatenamento  del  volgo  scami- 
ciato  e  delle  sette  anarchiche  che,  per  la  debolezza  del  go- 
vernanti  e  1'insipienza  del  codici,  sanno  di  poter  tutto  osare 
e  gia  si  preparano  a  dare  1'ultimo  crollo  alia  societa:  nono- 
stante  tutto  questo  poi  la  folle  indifferenza  delle  plebi  che,  come 
se  nulla  fosse,  si  divertono  e  nel  divertimento  affogano  mise- 
rie,  dolori,  paure,  dandosi  apertamente  a  vedere  sflduciate  della 
politica,  delle  leggi,  della  scienza,  dell'  industria,  delPagricol- 
tura,  del  patriottismo,  d'ogni  cosa ;  come  se  realmente  fossimo 
a  queirestremo  disperato,  in  cui  n6  puo  piii  temersi  che  il 
male  peggiori,  ne  e  piu  possibile  pensare  a  rimedii. 

VI. 

I  liberali,  comunque  poi  si  classiftchino  o  si  distinguano, 
son  essi  quelli  che  diedero  la  spinta  alia  societk  verso  1'abisso 
a  cui,  come  vedemmo,  trovasi  ora  cosi  vicina.  E  di  vero,  la  pro- 
clamazione  dei  diritti  dell'uomo  contro  i  diritti  di  Dio,  e  la  con- 
seguente  detronizzazione  delle  leggi  e  del  diritto  divino  nel- 
Tordine  pubblico,  colla  violenta  distruzione  del  legame  necessario 
tra  la  societk  civile  e  la  Chiesa,  rappresentante  in  terra  e  vin- 
dice  delle  leggi  e  del  diritto  di  Dio,  non  furono  forse  opera 
dei  liberali?  Costoro  propriamente  sono  i  rei,  nell'epoea  mo- 
derna,  di  quel  triplice  delitto,  che  Isaia  rinfaccia  al  mondo  del 
suo  tempo.  I  liberali  transgressi  sunt  leges,  mutaverunt  ius, 
dissipaverunt  foedus  sempiternum.  E  per  questo  triplice  delitto, 
come  continua  lo  stesso  profeta,  la  maledizione  6  piombata  sulla 
terra  a  divorarla,  una  insania  generale  ha  fatto  dar  volta  ai 
cervelli,  e  pochi  si  ritrovano  che  per  senno  ed  onestk  sieno 
degni  del  nome  di  uomini  l. 

Cosi  non  si  pud  andare  avanti!  ripetono  tutti  quelli  che 
hanno  buon  senso.  E  quindi  rampolla  una  specie  di  fatalismo, 

1  «  Propter  hoc  maledictio  vorabit  terrain  et  peccabunt  habitatores  ei  us: 
ideoque  insanient  cultores  eius,  et  relinquentur  homines  pauci.  »  Is.  XXIV. 


AL   PRINCIPIO   DEL    1897  15 

che  dispone  gli  animi  ad  accettare  qualunque  soluzione,  pur- 
che  sia,  e  purche  apra  una  breccia  di  uscita  dal  cerchio 
di  ferro,  che  ci  stringe  da  ogni  lato.  Condizione  di  cose  so- 
prammodo  opportuna  agli  ardimentosi  ed  ai  tolli,  cui  basterk 
di  gettare  in  mezzo  una  favilla,  per  eccitare  chi  sa  quali  in- 
cendii  e  quanto  funesti!  Opportuna  specialraente  al  socialismo, 
il  quale,  come  tutte  le  dottrine  puramente  negative,  non  aspetta 
altro  che  di  trovare  moltitudini  scontente  e  scoraggiate,  per 
fame  strumento  di  rivolta,  sotto  il  pretesto  della  riforma  so- 
ciale.  Cosi  e  gik  avvenuto  nella  storia,  che  ci  mostra  il  nichi- 
lismo  politico  terminare  sovente  nelPanarchia  sociale. 

II  liberalismo,  cagione  prima  e  principalissima  di  tanto  pe- 
ricolo,  pare  che  ora  cominci  ad  avvedersene.  Quindi  e  che 
dalle  sfere  sue  piu  elevate  manda  il  grido  deH'allarme,  e  si 
fa  propugnatore  della  cosi  detta  politica  conservative  in  presso 
che  tutti  i  Governi  ed  i  Parlamenti  d'  Europa.  Ma  che  vuole 
oramai  conservare,  esso  che  fin  qui  ha  continuato  a  distrug- 
gere,  esso  che  e  sorto  al  mondo  per  distruggere,  e  porta  nelle 
sue  viscere  1'  istinto  della  distruzione  ? 

Conservare,  per  il  liberalismo,  vuol  dire  negativamente  non 
distruggere  piu,  e  positivamente  mautenere  incolume  ed  intatta 
1'opera  sua.  Or  questo  secondo  membro  implica  una  contrad- 
dizione  col  primo;  e  pero  contraddittorio  dimostrasi  tutto  il 
programma  conservatore,  venendosi  per  esso  a  dire  che  bi- 
sogna  non  distruggere,  ma  mantenere  vive  ed  attive  tutte  le 
cause  della  distruzione. 

Bisogna  che  rimanga  in  credito  il  sentimento  religioso  :  ma 
la  gioventu  deve  educarsi  laicamente,  e  laica  deve  essere  la 
societa;  cio  e  quanto  a  dire  noncurante  e  spregiatrice  di  reli- 
gione.  Bisogna  che  non  vi  siano  piii  attentati  contro  Tor- 
dine  sociale :  ma  nelle  cattedre  si  mantengano  i  professori  di 
socialismo  ed  i  giornali  e  gli  arruffapopolo  siano  liberi  di 
spargere  tutti  i  principii  sovversivi,  purch6  lascino  a  chi  legge 
od  ascolta  di  tirarne  le  pratiche  conseguenze.  Bisogna  che 
piu  non  si  rubi:  ma  continuino  a  tenersi  in  onore  sistemi  e 
metodi  incapaci  di  dare  altro  fuorche  panamisti  e  saccheggia- 


16  L'EUROPA 

tori  di  banche,  eccellenze  deplorate,  onorevoli  ladri  e  commen- 
datori  per  le  career!  di  Regina  Coeli.  Bisogna  voler  la  giustizia 
e  la  moralita:  ma  condannare  quali  retrivi  e  nemici  di  progresso 
quelli  che  pretendono  esservene  una  sola,  assoluta  ed  immu- 
tabile  per  tutti,  ossiano  Governi,  ossiano  uomini  privati,  ossiano 
depositarii  del  Potere,  ossiano  sudditi  e  semplici  cittadini. 

Questo  signiflca,  nel  sistema  liberalesco,  essere  conservatori. 
Conservare  il  fuoco  acceso  e  voler  che  non  bruci:  conser- 
var  la  putredine  e  pretendere  che  non  ammorbi :  conservare 
nel  bilancio  1'eccesso  delle  spese  sulle  entrate  e  proclamare  il 
pareggio.  Cosi  si  e  insieme  e  sinceramente  conservatori  e  fran- 
camente  liberali,  al  modo  che  in  Italia,  per  esempio,  la  intende 
chi  ha  il  mestolo  in  mano.  Ma  non  s'intende  e  non  si  vuol  inten- 
dere,  che  per  essere  conservatore,  e  raestieri  avanti  tutto  dete- 
stare  il  liberalismo.  Diciamo  anzi  piu  precisamente :  in  pratica, 
ossia  giusta  la  realta  concreta  e  presente  delle  condizioni  so 
ciali,  basta  non  essere  ne  poco  ne  molto  liberale,  per  essere  dav- 
vero  conservatore. 

Possiamo  concedere  agevolmente,  che  non  tutti  i  liberali  pre- 
videro  prima  tutte  le  conseguenze  disastrosissime  della  loro 
ribellione  contro  Dio  e  contro  la  Chiesa,  ne  tutti  le  approva- 
rono  poi.  E  un  fatto  storico  innegabile  pero,  che  i  frammas- 
soni  di  tutti  i  paesi  e,  a  capo  dei  frammassoni,  la  Sinagoga, 
che  li  governa,  non  altrimenti  che  per  i  principii  liberali,  pro- 
cedendo  con  logica  inesorabile  d'  una  in  altra  conseguenza, 
arrivarono  a  piantare  in  mezzo  al  mondo  moderno  il  loro 
trono,  ed  ora  vi  fanno  moralmente,  finanziariamente,  politica- 
mente  da  padroni,  non  solo,  ma  anche  da  dittatori,  da  despoti, 
da  tiranni. 

II  liberale,  esterrefatto  e  fors'anche  preso  da  rimorso,  vor- 
rebbe  impedire  le  estreme  stragi  di  questo  mostro  ateo  e  san- 
guinario,  che  trascina  a  sfacelo  gli  Stati  e  la  societa  tutta  quanta. 
Ma,  non  avendo  il  coraggio  di  rinnegare  se  stesso,  il  libera- 
lismo si  trova  impotente  ad  una  opposizione  efflcace,  e  nei  Go- 
verni e  nei  Parlamenti  si  contenta  di  proclamarsi  conservatore : 
vale  a  dire,  come  ben  notava  nel  Congresso  recente  di  Lione 


AL   PRINCIPIO   DEL   1897  17 

il  Signer  Delahaye,  che,  per  meritare  il  suo  nome,  egli  presta 
serapre  e  dappertutto  concorso,  autorita  e  voto  a  conservare  il 
mostro,  che,  senza  di  lui,  cadrebbe  presto  annientato,  sotto  i  colpi 
delP  indignazione  e  della  giusta  vendetta  popolare.  II  conser- 
vatore,  sclamava  il  Delahaye,  «  dorme  ed  addormenta  i  suoi 
compatriotti,  in  aspettazione  d'una  nuova  Giovanna  d'Arco,  che 
riaccenda  nei  loro  cuori  1'odio  dello  straniero.  » 


VII. 


Dopo  cio,  la  conclusione,  che  noi  dobbiamo  trarre  dalla  no- 
stra  rapida  occhiata  alle  condizioni  dell'  Europa,  sul  principio  di 
quest'anno,  sembra  evidente.  La  conclusione  e  questa.  L'Europa 
si  avviera  a  riparare  i  suoi  gravissimi  malanni  ed  a  cominciare 
con  buoni  auspicii  il  secolo  XX,  se  subito  darassi  con  tutte  le 
forze  a  combattere  il  liberalismo. 

Lo  fara  T Europa? 

Un  primo  albore  di  speranza  potremmo  additare  nelle  vel- 
leita  di  ritorno  alia  Chiesa  ed  al  Papa,  che  di  tratto  in  tratto 
si  manifestano.  Intanto  e  certissimo  che,  nonostante  lo  studio 
continue  della  diplomazia  italiana  per  far  ribadire  dalF  Europa 
ufficiale  le  catene  del  Capo  della  Chiesa,  le  Potenze  non  si 
sono  lasciate  adescare  a  muoversi  per  quella  via,  e  pero  si 
trovano  ancora,  dopo  ventisei  anni  dalla  breccia,  al  punto  me- 
desimo  in  cui  erano  nel  1870.  Nessun  Principe  cattolico  osa 
venir  in  Roma,  temendo  di  fare  sfregio  al  Yegliardo  del  Va- 
ticano;  e  persino  i  Monarchi  acattolici,  che  vi  son  venuti,  pre- 
ferirono  di  offendere  il  liberalismo  italiano,  anzich£  mancare 
di  riguardo  al  Supremo  Gerarca  del  cattolicismo.  Qui  1'istinto 
della  conservazione  prevale  evidentemente  sopra  tutti  i  pre- 
giudizii,  le  passioni,  le  ire  del  Jiberalismo,  alleato  col  masso- 
nismo  cosmopolita;  e  si  vede  per  conseguenza  quanto  forte- 
mente  sia  ancora  radicata  nel  mondo  la  persuasione,  che  solo 
la  Chiesa  possiede  intatto  il  patrimonio  dei  principii  supremi 
di  ordine  e  di  giustizia,  che  la  Chiesa  6  la  sola  Potenza  mo- 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1117.  2  21  dicembre  1896. 


18  L'EUROPA  AL  PRINCIPIO  DEL  1897 

rale  capace  di  ritardarne  alia  societa  la  perdita,  o  di  reinte- 
grarnela. 

Anzi  gli  splendori  di  cotesta  Potenza  morale  della  Chiesa 
si  sono  negli  ultimi  auni  molto  accresciuti,  non  gia,  come  di- 
cono  i  liberali  italiani,  per  la  caduta  del  Potere  temporale, 
ma  perche  la  Chiesa  cattolica,  e  in  particolare  il  Papato,  nel- 
T  accasciamento  di  tutte  le  altre  istituzioni,  fecero  prova  d'una 
virtu  interiore  che  non  viene  meno  giammai. 

La  Chiesa  non  si  e  compromessa  con  nessun  errore  del 
liberalismo.  La  Chiesa  ne  ha  costantement  e  biasimata  la  ma- 
ligna  natura,  ed  ha  sempre  con  mano  ferma  procurato  di  fra- 
stornarne  i  danni.  La  Chiesa,  con  a  capo  il  Ponteflce  Sommo, 
pur  non  riflutando  nessuna  delle  legittime  conquiste  moderne, 
chiamo  senza  posa  i  popoli  ad  una  strenua  resistenza  contro 
il  liberalismo,  per  difendere  1'  altare  ed  il  focolare  egualmente 
minacciati. 

Ora  un  soffio,  antiliberale,  potente,  messosi  tra  le  moltitudini, 
ci  prova  1'azione  cattolica  vigorosamente  alimentata,  non  solo 
in  Italia,  ma  anche  nelle  altre  nazioni  cattoliche,  dalla  parola 
del  Vicario  di  Cristo.  L'azione  cattolica,  organizzata,  discipli- 
nata,  potentemente  diretta,  mira  a  schiantare  dal  mondo  mo- 
derno  il  regno  del  liberalismo  distruggitore,  per  rimettervi  il 
regno  paciflco  e  conservatore  del  Vangelo  :  essa  ha  dunque  uno 
scopo,  non  di  distruzione,  ma  di  conservazione.  E  1'antisemiti- 
smo,  ora  fjcosi  forte  e  fortunato  specialmente  in  Austria,  ove 
sappia  mantenersi  dentro  termini  ragionevoli,  T  aiutera  a  rag- 
giungerlo. 

Che  cio  avvenga"  il  piu  tosto!  Ecco  il  nostro  augurio  di 
capodanno:  e  preghiamo  Dio  a  volerlo  colla  sua  benedizione 
rendere  efficace. 


XVI. 


La  Botanica  agricola  del  secolo  XIX.  II  ristoramento  delle 
terre.  I  concimi  vegetali.  -  -  La  fissazione  dell'azoto.  II 
sistema  Solari. 

La  Botanica  del  secolo  XIX  non  puo  certamente  vantarsi 
d'avere  introdotte  nell'uso  comune  piante  di  si  ampia  utilit£ 
come  la  Zea  ma'is  o  Granturco  e  come  il  Solanum  tuberosum 
o  Patata,  che  sono  divenute  1'alimento  ordinario  d'interi  popoli, 
massime  la  seconda,  in  climi  troppo  rigidi  per  menare  a  ma- 
turit&  i  cereali  piu  gentili.  Neanche  essa  avrebbe  alcun  suo 
regalo  da  mettere  a  confronto  con  quelli  del  Gaffe,  del  Cacao, 
del  Tabacco  e  della  Canna  da  zucchero :  lo  stesso  zucchero  di 
Barbabietola  e  un  ritrovato  del  secolo  scorso;  e  se  al  mo- 
mento  in  cui  scriviamo,  gli  economisti  calcolano  a  1,094,000 
tonnellate  la  scorta  visibile  di  zucchero  esistente  nel  mondo, 
la  Botanica  moderna  non  puo  farsi  un  merito  di  tanto  cumulo 
di  dolcezza  offerto  al  genere  umano,  se  non  in  quanto  ha  pre- 
sieduto  al  perfezionamento  delle  varied  di  radiche  a  cio  desti- 
nate,  per  rispetto  sia  della  grandezza  che  tocca  1'incredibile,  e 
sia  della  ricchezza  di  succo  zuccherino. 

In  cosiffatti  miglioramenti  arrecati  all'agricoltura  piu  che 
nella  introduzione  di  nuovi  vegetali  utili,  risiede  il  merito  della 
Botanica  del  nostro  secolo ;  a  cui  si  deve  in  buona  parte  1'essersi 
accresciuta  la  produzione  delle  terre  coltivate  a  tal  segno,  che, 

1  Vedi  quad.  1114,  pag.  438. 


20  LA   STORIA   NATURALB    DELLE   PIANTE 

aumentatasi  in  tutti  i  paesi  civili  la  popolazione,  del  doppio 
come  in  Francia,  del  triple  come  in  Germania  e  flno  del  de- 
cuplo  come  negli  Stati  Uniti  del  Nord  e  nell' Australia,  il  pro- 
dotto  annuo  della  terra  sopravvanza  al  bisogno,  ne  si  cono- 
scerebbe  piu  da  veruno  quel  che  e  la  fame,  se  non  la  rendes- 
sero  possibile  le  estorsioni  dei  Governi  e  le  male  arti  degli 
specolatori. 

Ad  agevolare  cotesta  sovrabbondanza  di  produzione  con- 
corse  certamente  la  Meccanica  con  le  sue  macchine  rurali,  il 
cui  uso  e  i  vantaggi,  quali  noi  li  vediamo,  si  riducono  a  un 
nonnulla  a  rispetto  di  quel  che  prestano  in  regioni  dove  e 
scarsa,  per  la  pochezza  degli  abitatori,  la  mano  d'opera,  e  i 
latifondi,  tenuti  da  Compagnie  speculatrici,  sorpassano  per  va- 
stita  quelli  di  Roma  antica.  Quando  in  un  solo  di  essi  la  nelle 
immense  pianure  della  Florida  si  veggono  procedere  di  fronte 
sedici  macchine  aratrici  a  vapore,  a  cui  succedono  le  semina- 
trici,  e  a  tempo  suo  le  mietitrici,  che  falciano  il  grano  e  tutto 
da  se  lo  legano  in  covoni,  raccattati  poi  essi  pure  meccani- 
camente,  e  infine  le  trebbiatrici  e  se  altro  v'e;  facilmente  s'in- 
tende  come  da  tali  sorgenti  possano  muovere  quei  fiumi  di 
vettovaglie  che  giungono  ad  inondare  (e  sarebbe  per  se  un 
bene)  i  mercati  ancora  dell'Europa.  Ma  quei  fiumi  stessi  cor- 
rerebbero  ben  piu  scarsi  e  poco  penerebbero  ad  inaridire,  se 
i  nuovi  studii  intorno  alia  Fisiologia  delle  piante  e  in  ispecie 
intorno  al  processo  della  loro  nutrizione,  non  avessero  insegnato 
il  modo  di  mantenere  la  perennita  alle  stesse  sorgenti,  cioe  la 
fertilita  delle  terre,  restituendo  loro  gli  elementi  che  nel  racco- 
glierne  il  prodotto  si  e  loro  sottratto. 

I  nostri  vecchi  avevano  ben  avvertito  che  la  produzione  delle 
piante  estenua  la  terra  che  le  produce,  e,  a  compensarla  della 
perdita,  da  tempo  immemorabile  le  davano  il  concime  com- 
posto  di  materie  principalmente  animalr,  macerate  dalla  fer- 
mentazione.  Ragionando  con  piu  esatta  cognizione,  noi  diciamo 
oggi  che  le  radici,  sebbene  possano  assorbire  gli  elementi  di 
che  la  pianta  si  compone  e  nutre,  quali  il  terreno  allo  stato 
naturale  li  contiene,  cio  nondimeno  quegli  stessi  elementi  meglio 


NEL   SECOLO   XIX  21 

si  assorbono  e  si  assimilano  dalla  pianta,  quando  le  si  presen- 
tano  nei  composti  provenienti  dalla  decomposizione  di  sostanze 
organiche.  E  cosi  il  concio  non  solamente  restituisce  alia  terra 
cio  che  le  si  tolse,  ma  glielo  restituisce  nelle  migliori  condi- 
zioni. 

Se  non  che  basta  vedere  le  carra  dei  covoni  e  del  fieno  e 
degli  altri  prodotti,  che  ad  ogni  raccolto  si  portan  via  da  un 
campo,  per  intender  tosto  che  i  pochi  barocci  di  governo  re- 
cativi  in  cambio,  non  sono  un  compenso  pari  alia  perdita  so- 
stenuta.  E  poi  non  v'e  contadino  il  qual  non  sappia  che  il 
governo,  per  quanto  abbondante,  poco  o  nulla  giova  all'intento 
del  ringranare  con  profitto,  poichfe  il  secondo  e  il  terzo  rac- 
colto di  uno  stesso  cereale  torna  ogni  volta  piu  scarso :  donde 
I'antichissima  pratica  degli  avvicendamenti,  pei  quali  si  da  agio 
alia  terra  di  rifornirsi  degli  elementi  necessarii,  chiedendoli 
all'aria  o  alle  pioggie  o  alle  lente  composizioni  chimiche  che 
in  lei  stessa  si  operano ;  al  qual  uopo  o  si  lascia  riposare  del 
tutto,  abbandonandola  a  pascolo  naturale  per  un  paio  d'anni, 
come  si  pratica  nell'Agro  romano ;  ovvero  si  applica  di  seguito 
ad  altre  coltivazioni  diverse. 

Ma  la  nuova  Botanica  agricola  non  si  tenne  paga  a  queste 
regole  d'  esperienza  volgare.  Applicando  al  caso  le  osserva- 
zioni  accurate  e  le  riprove  del  metodo  moderno,  saggio  chi- 
micamente  i  varii  prodotti  che  la  terra  rende  ai  nostri  agri- 
coltori;  e  vi  riscontro  in  tutto  13  elementi:  solfo,  fosforo,  po- 
tassio,  ealcio,  magnesio,  ferro,  azoto,  idrogeno,  ossigeno,  e  in 
ultimo  il  silicio  e  il  cloro,  non  indispensabili  alia  vegetazione 
ma  utili,  e  il  sodio  di  funzione  ignota.  Scendendo  poi  piii  al 
particolare,  determine  la  proporzione,  in  che  ciascuno  di  essi 
concorre  alia  composizione  di  ciascun  prodotto,  p.  e.  della 
paglia,  della  pula  e  del  grano,  sicche,  pesati  i  covoni  di  una 
messe,  ognuno  puo  computare  la  quantita  assoluta  dei  varii 
minerali  sottratti  dal  raccolto  alia  terra  o  all' atmosfera,  che 
di  questa  altresi  si  doveva  tenere  e  si  tenne  conto. 

Ora  di  cotesti  elementi  il  concio  non  ne  restituisce  alia 
terra  esausta  che  una  parte,  e  neppur  questa  dosata  in  ragion 


22  LA   STOR1A   NATURALB    DELLE    PIANTE 

delle  perdite.  Sorgeva  adunque  spontaneo  il  pensiero  di  cercare 
altre  vie  di  compenso,  e  la  piu  ovvia  era  quella  di  restituire  alia 
terra  i  principii  a  lei  tolti,  sotto  la  forma  minerale  di  acido 
fosforico,  potassa,  calce  ecc.,  che  sono  i  cosi  detti  concimi  chi- 
mici :  e  senza  questionare  sulla  giustezza  di  quella  denomina- 
zione  di  concimi,  erano  usati  anche  nei  tempi  scorsi  e  si  usano 
per  tradizione  antica  dove  si  spargono  di  calce  o  di  gesso  i 
campi  e  i  prati,  o  dove  le  terre  si  migliorano  con  la  giunta 
di  terricci  contenenti  dei  fosfati ;  ma  oggidi  la  pratica  e  ridotta 
ad  arte  e  a  scienza,  non  vi  si  risparmiando  neppure  1'  analisi 
chimica  dei  terreni  per  accertare  di  quali  elementi  abbondino 

0  sovrabbondino,  come  talora  accade,  e  di  quali  scarseggino. 
Con  cio  parrebbe  spianata  ogni  difficolta,  specialmente  dopo 
che  la  riprova  ha   dimostrato   come  le  piante  si  approprino 
assai  bene  que'  supplementi  minerali :   ma  1'agricoltore  e  in- 
nanzi  tutto   buon   massaio;  e  poco  si  curerebbe  di  uno  spe- 
diente  che,  pur  raddoppiando  i  prodotti  del   podere,  fosse   di 
tanto  costo  che  gliene  riducesse  a  poco  o  nulla  il  vantaggio. 
Or  fra  gli  elementi  minerali  quello  per  1'appunto  che  occorre 
in  maggior  copia,  che  alle   piante  fa  di  bisogno   quanto  agli 
animali  1'ossigeno,  vogliamo   dire  1'azoto,  coi    composti  che 
se  ne  fabbricano,  e  un  ingrediente  cosi  dispendioso,  che,  attesa 
ancora  1'incertezza  del  raccolto  per  le  vicende  atmosferiche, 
pochi  s'indurrebbero  ad  usarlo.  Fortunatamente  v'e  una  classe 
di  piante  che  s'  incaricano  esse  di  elaborare  cotesto  prezioso 
elemento,  purch6  gli  altri  si  somministrino  loro  con  larghezza ; 
e  sono  le  Leguminose,  il  cui  frutto  e  chiuso  in  baccelli,  come 

1  piselli,  i  fagiuoli,  i  ceci,  la  lupinella.  Donde  lo  traggono  esse? 

La  storia  delle  ricerche  fatte  intorno  alia  formazione  delle 
materie  azotate  nelle  piante  puo  dare  un'  idea,  a  chi  non  1'  ha, 
delP  accuratezza  e  perseveranza  con  che  la  Botanica  moderna 
si  studia  di  svelare  i  segreti  della  Natura  vegetale.  II  Bous- 
singault,  che  fu  il  primo  a  studiare  la  questione  con  una  serie 
di  esatte  esperienze,  ne  ebbe  a  conchiudere  che  le  piante  non 
traggono  giovamento  dall'azoto  puro,  che,  quantunque  in  pic- 
cola  quantita,  si  trova  mescolato  all"  atmosfera.  E  cio  non  per- 


NEL   SECOLO   XIX  23 

tanto  pare  che  i  fatti  attestino  il  contrario.  Lo  stesso  Boussin- 
gault  ebbe  a  riconoscere  che  1'azoto  contenuto  nel  raccolto 
superava  in  quantita  quello  che  s'era  somministrato  alia  terra. 
E  vi  si  aggiunga  che  1'  azoto  dei  concimi  non  e  assorbito  mai 
per  intero  dalle  piante,  e  una  buona  parte  di  esso  si  va  a  per- 
dere  sotto  forma  di  nitrati,  che,  sciolti  nelle  acque  delle  pioggie, 
s'infiltrano  nel  sottosuolo.  Di  piii,  osserva  il  Beherain,  le  selve 
non  ricevono  mai  concime,  e,  pur  consumando  una  quantita 
notevole  d'  azoto,  conservano  perenne  la  loro  fertilita.  Quindi 
il  Ville  mise  piu  tardi  in  dubbio  le  conclusioni  del  Boussin- 
gault,  ma  nuove  esperienze  le  riconfermarono,  ed  ora  si  hanno 
per  istabilite. 

Donde  viene  dunque  1'azoto  delle  piante?  Si  penso  di  attri- 
buirne  1'origine  siirammoniaca  che  &  un  composto  d'idrogeno 
e  d' azoto,  come  ognun  sa.  Ma  I'ammoniaca  stessa  come  entra 
nell'  atmosfera  ?  Una  via  6  la  seguente.  Si  sa  che  sotto  la 
scossa  della  scintilla  elettrica  P  azoto  e  1'  ossigeno  dell'  aria 
si  combinano,  e  quindi  nelle  vaste  regioni  tropicali,  dove  sono 
frequenti  i  temporal!,  1'oceano  riceve  delle  quantita  notabili  di 
acido  azotico  o  nitrico,  formato  per  combinazione  diretta  degli 
elementi  dell' aria.  Ball' altro  canto  i  nitrati  che  si  formano 
nel  suolo,  trascinati  dalle  acque  di  scolo  nei  fiumi,  vanno  a 
scaturire  con  essi  nel  mare.  Bel  solo  Reno  si  £  calcolato  che 
esso  ve  ne  reca  annualmente  da  50,000  tonnellate.  Nell'  acqua 
marina  pero  i  nitrati  non  si  conservano  nel  loro  essere  ma 
si  trasformano  in  ammoniaca;  e  a  cio  concorre  tutta  la  rigo- 
gliosa  nazione  delle  Alghe  marine,  che,  assorbendo  in  vita 
P  acido  nitrico,  morte  poi  che  sono,  nel  decomporsi  lo  resti- 
tuiscono  convertito  in  gas  ammoniacale.  Cosi  1'oceano  puo 
considerarsi  come-un  immense  serbatoio,  dove  P  atmosfera 
trova  come  riparare  le  perdite  dell'azoto,  rapitole  senza  posa 
n&  risparmio  dalla  vegetazione  terrestre;  e  questa  stessa  sot- 
trazione  cosi  attiva  spiega  come  nell' aria  I'ammoniaca  non 
si  riveli  in  quantita  molto  considerevole. 

Restava  pero  a  chiarire  in  qual  modo  le  piante  s'impos- 
sessino  di  questo  elemento,  e  parrebbe  che  quest'ufficio  fosse 


24  LA   STORIA   NATURALE   DELLE   PIANTE 

compiuto  dalle  foglie,  che  sono  1'organo  dell'assorbimento  at- 
mosferico.  Difatti  il  Ville,  il  Sachs,  lo  Schlosing  hanno  dimo- 
strato  con  esperimenti  comparativi  che  la  vegetazione  si  av- 
viva,  quando  si  mescolino  alPambiente  delle  esalazioni  ammo- 
niacali :  e  per  questa  ragione  appunto  si  veggono  talora  crescere 
a  smisurata  altezza  e  lussureggiare  i  Pelargonii  ed  altre  piante, 
quando  crescono  in  prossimita  delle  latrine,  ancorche  i  vasi  in 
che  sono  piantati  sieno  piccoli  e  con  poco  terriccio :  e  per  la 
stessa  ragione  1'acqua  della  pioggia,  abbonita  dairammoniaca 
che  essa  toglie  cadendo  airatmosfera,  ristora  le  piante  assai 
meglio  che  qualunque  inaffiamento  artiflciale.  E  cio  nulla 
ostante  la  questione  non  si  tiene  ancora  per  risoluta.  Parec- 
chi  negano  che  1'assorbimento  si  faccia  per  mezzo  delle  foglie, 
e  si  citano  esperienze  nelle  quali  la  pianta,  riparata  dalla  piog- 
gia, non  si  mostrava  per  questo  meno  ben  nutrita  delle  altre. 
L'argomento  in  verita  non  conchiude,  ma  non  e  questo  il  luogo 
di  discuterne  il  valore.  Quel  che  si  puo  concedere  e  che  1'am- 
moniaca  atmosferica  non  venga  soltanto  assorbita  dalle  foglie, 
ma,  penetrando  una  parte  di  essa  nel  suolo  insieme  colParia, 
quivi  pure  si  offra  alle  barbe,  che  dal  canto  loro  se  ne  im- 
padroniscono  e  la  trasmettono  alle  cellule  lavoratrici. 

E  qui  nuove  meraviglie  e  inaspettate,  offerteci  appunto 
dalle  Leguminose,  di  cui  dicevamo  piu  sopra  che  sono  rico- 
nosciute  come  egregie  accumulatrici  di  azoto.  Senza  conoscere 
ancora  questo  elemento  ne  quanto  al  nome  ne  quanto  alia 
cosa,  gli  antichi  avevano  gia  essi  pure  osservata  la  virtu  fertiliz- 
zatrice  di  quelle  piante ;  donde  la  pratica  del  sovescio,  che  con- 
siste  nel  seminare  a  leguminose  il  campo  esausto,  e,  cresciute 
le  piante,  passarvi  coll'aratro  o  colla  vanga  e  rivoltando  la 
terra,  sotterrarvele.  La  pratica  e  cosi  utile,  che  ancora  ai  di 
nostri  il  Ville  ed  altri  si  sono  accaldati  a  raccomandarla  e 
promuoverla;  ma  ella  costa  il  sacriflzio  di  un  raccolto,  e  per 
Fagricoltore  egli  e  un  sacriflzio  duro.  A  questo  pero  ha  ri- 
mediato  il  nostro  Solari  coll'invenzione  del  suo  metodo,  come 
or  ora  diremo.  Intanto  restava  a  sapere  per  qual  segreto  pro- 
cesso  le  Leguminose  riuscissero  a  tesoreggiare  tanta  quantita 


NEL    SECOLO   XIX  25 

cTazoto  ancora  nei  terreni  piu  smunti.  La  scoperta  tuttora  re- 
cente  fu  fatta  dalPHellriegel  e  dal  Willfurth,  e  riscontrata  poi 
dagli  altri  Botanic!  agricoli  universalmente.  Nel  fatto  sta  che 
qui  pure  ci  troviamo  inaspetta taint nte  in  faccia  ad  un  popolo 
di  piccoli,  d'  infinitesimi,  operai  sotterranei,  che  avranno  forse 
in  quelle  latebre  qualche  altra  incombenza,  e  veramente  sanno 
anche  trasformare  il  ioduro  e  il  bromuro  di  potassio  in  iodato 
e  bromato,  ma  per  1'interesse  delle  Leguminose  e  deH'agri- 
coltore,  il  vero  merito  e  la  missione  loro  e  di  decomporre  la 
ammoniaca  recata  al  suolo  o  dall'atmosfera  o  d'altronde,  e  ri- 
dottone  1'azoto  in  azotati,  cederli  alia  pianticella  su  cui  vi- 
vono. 

Oramai  il  Rhizobium  leguminosarum  ha,  col  nome,  una 
storia  compiuta.  Quel  Rhizobium  dice  ai  grecisti  che  il  nostro 
raicroorgauismo  vive  sulle  barbe  delle  Leguminose,  dalle  quali 
e  alloggiato  e  spesato,  ma  col  ricambio  di  una  grassa  pen- 
sione.  Quivi  infatti  lo  trovarono  i  due  citati  Botanici,  a  cui 
dettero  nell'occhio  certe  minute  nodosita,  che  aveano  scorte 
nelle  barbe  dei  Lupini  e  di  altre  piante  della  stessa  catego- 
ria.  Aperti  quei  nodi,  che  erano  della  sostanza  della  radice, 
poco  penarono  a  notare  che  nelle  cellule  si  annidavano  certi 
microbii  estranei,  di  forma  allungata,  irregolare,  ramificata, 
recanti  in  vetta  o  altrove  dei  rigonflamenti  sferici  od  ovoidali, 


Fig.  1.  Cellule  di  una  nodosita  radicale  di  pisello. 

che  staccandosi  davano  origine  ad  un  nuovo   individuo.  Met- 
tendo  in  varii  modi  a  contatto  la  semenza  di  cotesti  microbii 


26 


LA.    STORIA   NATURALE    DELLE  PIANTE 


colle  piante  delle  Leguminose,  inoculandola  cio6  a  piantine  di 
saggio  o  governandole  con  barbe  contenenti  il  Rizobio,  o  con 
liquid!  di  coltura,  dove  s'erano  moltiplicati  ad  arte,  ecc.,  si  pose 
in  sodo  che  le  piante  cosi  aiutate  attecchivano  assai  meglio 
delle  altre.  Procedendo  poi  tuttavia,  si  venne  a  riconoscere 
che  quel  popolo  di  beneflci  operai  &  diviso  in  due  Arti :  quella 
del  fermento  nitroso  e  quella  del  fermento  nitrico:  ognuna 
si  occupa  del  suo  mestiere  senza  entrare  nell'altrui.  II  fer- 
mento nitroso  afferra  Pammoniaca  e  la  trasforma  in  azotiti, 
p.  e.  di  sodio  o  di  potassio,  che  le  cellule  della  radice  som- 
ministrano  di  leggieri  insieme  con  Possigeno  occorrevole.  Sot- 
tentrano  allora  i  piccoli  arteflci  del  fermento  nitrico,  che  non 
hanno  gP  ingredient!  o  il  segreto  per  decomporre  Pammoniaca, 
ma  per  ossidare  un  azotito  e  trasformarlo  in  azotato,  sono 
maestri:  e  compiuto  appena  il  lavoro,  il  protoplasma  delle 
cellule  entro  cui  sono  immersi  e  Partista  e  la  sua  fattura,  si 
appropria  questa  che  oggimai  e  in  pronto  per  Puso  della 
pianta,  e  fa  posto  per  quello  che  verra  poco  stante:  giacch& 
in  quelle  ombre  di  sotterra  non  si  fa  distinzione  di  giorno  e 
di  notte,  n6  ci  si  ragiona  ancora  della  giornata  di  otto  ore. 
Abbiamo  detto  della  distinzione  che  v'e  tra  i  microbii  del  fer- 
mento nitroso  e  del  nitrico;  ma  da  notizie  piu  esatte,  si  ri- 
leva  dovervene  essere  anche  fra  gli  stessi  Rizobii,  poichS 
quelli  di  una  leguminosa,  p.  e.  del  Lupino  prosperano  bene 
trasportati  ad  altra  pianta  della  stessa  specie,  ma  falliscono 
sopra  un'altra  specie,  p.  e.  sul  Pisello:  ed  osservano  in  con- 


Fig.  2.  Nodositk  delle  radici 
del  pisello. 


Fig,  3.  Nodositk  delle  radici 
di  lupino. 


NEL   SECOLO   XIX  27 

formita  di  cio  i  Botanici  che  anche  le  nodosita  delle  barbe 
differiscono  notevolmente  di  forma  nelle  diverse  specie.  Ma 
non  e  da  sostare  in  tali  disquisizioni  piu  sottili. 

La  morale  di  tutte  queste  sottili  indagini  si  e  cominciata 
a  tirare  sono  oramai  40  anni  dal  Lawes  e  dal  Gilbert  in  In- 
ghilterra  e  dallo  Schaltz  in  Germania  e  dal  Boussingault  in 
Francia,  con  quell'aumento  nella  produzione  del  suolo  che 
accennavamo  da  principio.  In  Italia  poi  va  nominato  per  sin- 
golar  merito  il  Solari,  che  dal  1872  in  qua  e  venuto  ognora 
promovendo  il  miglioramento  delPagricoltura  in  questa  terra, 
benedetta  dal  cielo  per  la  bonta  del  suolo  e  del  clima ;  e  non 
pertanto  ridotta  fra  le  meno  fertili  per  la  imperfezione  dei 
metodi;  sicche  non  solo  deve  chiedere  all'estero  una  parte  non 
piccola  dei  suoi  alimenti,  ma  soffre  ogni  anno  lo  strazio  e  la 
vergogna  di  oltre  a  100,000  suoi  cittadini,  costretti  dalla  fame 
a  trasmigrare  in  un  altro  emisfero.  Del  metodo  del  Solari 
abbiamo  ripetutamente  parlato  nelle  nostre  Appendici  di  Scienze 
naturali.  Qui  basta  accennarne  che  vi  e  raccolto,  emendate  e 
recato  a  compimento  cio  che  la  Botanica  agricola  ha  scoperto 
e  determinate,  all'effetto  di  restituire  in  breve  spazio  alia  terra 
e  mantenerle  perenne  la  sua  primitiva  fertilita. 

XVII. 

Le  fibre  tessili.  II  bisso.  1  surrogati  del  lino  e  della  canapa. 
Crine,  ovatta,  seta  vegetale.  Juta  e  Ramia. 

Come  alia  Botanica  anteriore  andiamo  debitori  dei  princi- 
pali  prodotti  che  la  terra  ci  somministra  per  sostentamento 
della  vita,  cosi  alia  stessa  dobbiamo  le  principali  fra  le  sostanze 
vegetali  che  tessute  ci  rivestono,  e  ci  servono  a  cento  altri  usi 
di  comodita  o  di  lusso.  Da  tempo  immemorabile  fu  coltivato 
il  Lino,  e  se  ne  conservano  tuttora  i  tessuti  intorno  alle  mum- 
mie  egiziane,  antiche  di  quaranta  secoli.  E  qui  sarebbero  da 
ricordare  i  celebri  tessuti  del  Bisso,  se  eglino  fossero  stati 
veramente  fatti  di  lino  ovvero  di  cotone,  come  alcuni  opinano. 


28  LA    STORIA   NATURALE    DELLE    PIANTE 

Un  argomento  contro  questa  supposizione  6  gia  il  vedere  come 
il  bisso  si  mettesse  per  preziosita  accanto  alia  porpora,  stoffa, 
come  si  sa,  di  tanto  costo,  che  si  aveva  per  propria  dei  re : 
e  tale  doveva  essere,  qualunque  sentenza  si  tenga  intorno  alia 
materia  adoperata  per  dare  alia  porpora  il  suo  colore  e  il 
lustro,  fosse  la  goccioletta  sanguigna  estratta  dai  Murici  o 
altra  chiocciola,  fosse  1'umore  non  punto  piu  abbondante  estratto 
dai  gamberi  comuni.  Ora,  per  quanto  si  supponga  fabbricato 
con  perfezione  un  tessuto  di  lino,  non  6  facile  a  credere  che  il 
pregio  suo  e  il  prezzo  lo  facesse  appaiare  con  una  stoffa  di 
tanto  valore. 

Piu  verisimile  &  pertanto  che  il  bisso  si  traesse  da  quel 
fitto  ciuffo  di  flli  sottilissimi  e  lustranti  come  la  seta,  onde 
le  Pinne  dei  nostri  mari  si  abbarbicano  allo  scoglio.  Quei 
fllamenti  si  tessevaao  flno  all'altrieri  in  alcune  parti  del  mez- 
zogiorno;  benche,  andando  ogni  di  piu  in  disuso  i  telai  dome- 
stici,  quest'arte,  se  ancor  dura,  poco  indugera  a  spegnersi.  Di 
solito  i  pescatori  strappano  quel  ciuffo  alle  Pinne,  come  ad  altre 
conchiglie,  a  cui  tolgono  anche  la  scorza  terrosa,  perch6  appa- 
riscano  le  tinte  spesso  bellissime  del  guscio,  che  allettano  i 
compratori.  E  li  allettano  anche  le  Pinne,  ripulite  che  sieno, 
con  quelle  loro  valve,  che  per  la  grandezza  superano  ogni  altra 
conchiglia  dei  nostri  mari,  per  la  forma  imitano  comechessia 
un  presciutto,  e  piacciono  per  la  sottigliezza  e  pel  colore  di 
un  sanguigno  trasparente.  Ma  i  pescatori  antichi,  nello  spo- 
gliare  la  Pinna  dei  suoi  filamenti,  miravano  al  tessuto  che  se 
ue  traeva  dagli  uomini  dell'arte,  e  s'  intende  che  potessero 
salire  a  gran  valore  sia  per  la  scarsita  della  materia,  sia  pel 
lustro  onde  ritraevano  della  nostra  seta,  in  quei  secoli  o  sco- 
nosciuta  o  non  conosciuta  abbastanza. 

Del  Cotone  accennammo  gia  che  Plinio  ne  fa  menzione 
come  di  un  arbusto  dell' Alto  Egitto,  e  Arriano  ricorda  i  tes- 
suti  che  se  ne  fabbricavano  nell'  India,  e  si  vendevano  dagli 
Arabi  nei  porti  del  Mar  Rosso.  Scoperto  il  Nuovo  mondo  e 
venute  cosi  in  possesso  dell'  Europa  immense  regioni  adattate 
a  quella  coltura,  le  fabbriche,  che  in  Italia  gia  esistevano  dai 


NEL    SECOLO   XIX  29 

secolo  XIV  e  nei  Paesi  Bassi  e  in  Inghilterra  dal  secolo  XVI, 
si  moltiplicarono  rapidamente.  Le  stesse  macchine  da  sgra- 
nare,  stappolare,  filare  e  tessere  il  cotone,  che  diedero  il  mag- 
giore  impulse  all'  impiego  di  questa  materia  tessile,  sono  un 
ritrovato  del  secolo  decorso.  L'uso  poi  della  Canapa  6  forse 
antico  quanto  quello  del  lino. 

Per  questa  parte  adunque  non  rimaneva  alia  Botanica  del 
nostro  secolo  se  non  il  far  conoscere  altre  specie  di  fibre 
tessili,  che,  mescolate  alle  antiche  o  sostituite,  ne  diffondessero 
maggiormente  la  comodita.  Come  essa  si  sia  disimpegnata  di 
questo  compito  lo  dicono  le  presso  a  200  specie  di  piante  fila- 
mentose  ben  conosciute  dai  negozianti  e  industriali,  e  in  con- 
fuso  eziandio  dai  nostri  agricoltori,  che  se  ne  veggono  ribassato 
il  prezzo  della  loro  canapa  o  del  lino  ordinario. 

Fra  queste  6  nota  oramai  anche  ai  profani  la  Juta  detta 
aitresi  canapa  delle  Indie  Orientali,  di  Calcutta,  dell' Indostan : 
in  realtk  ella  ci  viene  niente  meno  dalle  Indie  Occidentali,  cio& 
dall'America  meridionale.  Si  ricava  da  varie  piante  annuali 
del  genere  Chorchorus  delle  tigliacee,  e  v'£  il  Ch.  capsularis 
e  Volitorius  ecc.  Si  ottiene  per  mezzo  della  macerazione  e 
della  pettinatura,  come  la  canapa  e  il  lino.  Le  fibre  hanno 
un  bel  lustro  e  sono  lunghe,  ma  poco  resistono  alle  lavature 
e  aU'umidita,  onde  s'adoperano  di  preferenza  a  fare  tapped, 
cortine  e  poi  tele  da  sacchi  e  da  involti;  e  a  mescolarle  con 
altre  fibre  nei  tessuti  misti;  e,  le  inferiori,  per  la  fabbrica- 
zione  della  carta.  L' Italia  ha  un  jutificio  a  Terni,  dove  si  pre- 
para  soprattutto  la  tela  da  sacchi,  pm  o  meno  fitta  a  seconda 
della  richiesta. 

Abbastanza  conosciuta  di  nome  e  anche  la  Ramia  o  Ra- 
mie. Le  sue  fibre  bianche  e  setacee  si  ricavano  da  parecchie 
specie  di  Ortiche,  e  in  particolare  dalla  bianca  o  cinese,  che 
si  coltivano  nelP  Indo-Cina,  neir  India,  nelle  Antille,  nell'Ame- 
rica  Centrale.  Al  dire  del  Palladino,  P  Urtica  utilis,  la  candi- 
cans  e  la  nivea  furono  coltivate  per  saggio,  nei  1870,  dal 
Prof.  Araudon  a  S.  Maurizio  Canavese,  e  se  n'ebbe  un  discrete 
raccolto  in  due  tagli,  ma  questi  eran  pochi  a  rispetto  dei  tre 


30  LA   STORIA    NATURALE   DELLB   PIANTE 

e  cinque  che  se  ne  fanno  nei  paesi  piu  caldi.  Metteva  pero 
il  conto  di  tentare  quelPesperienza,  attesa  la  bellezza  di  cotesta 
fibra  e  la  sua  resistenza,  onde  vince  al  confronto  colla  canapa 
e  col  lino. 

Per  accennare  alcuna  cosa  in  particolare  di  altre  specie, 
sono  oltre  a  40  quelle  che  servono  a  far  cordami,  prendendo 
in  cio  il  posto  della  canapa  ancor  migliore,  come  e  del  Bambu, 
Bambusa  arundinacea,  Wild. ;  e  a  proporzione  YAbroma  an- 
gusta,  L. ;  1' Agave  americana,  L.,  YAnona  squamosa,  e  la  Ca- 
raguata  o  Canapa  del  Paraguay,  piu  resistente  della  canapa 
a  lunghe  immersioni  e  percio  preferita  in  mare:  ecc.  ecc. 
DelYAnanasso,  Bromelia  ananas,  L..  si  fabbrica  il  tessuto  finis- 
simo,  detto  non  per  celia  Battista  di  ananas :  anche  la  Brous- 
sonetia  papyrifera,  Vent.,  o  Morus  papyri fer a,  L.,  o  gelso 
del  Giappone,  da  la  materia  a  tele  d'  incomparable  finezza. 
II  cosiddetto  crine  o  pelo  vegetale  con  che  s' imbottiscono  i 
mobili,  viene  d&irArenga  saccharifera;  altre  volte  invece  dalla 
Raphis  flabelliformis,  L.,  o  dalla  Agave  vivipara,  detta  pure 
Sisal  o  Canapa  del  Messico,  cio6  del  Yucatan,  donde  ha  por- 
tato  il  suo  nome  di  Pita:  e  non  dimentichiamo  la  Tillandsia 
arucoides,  le  cui  radici  aeree  somministrano  in  copia  fibre 
adatte  allo  stesso  uso.  La  tela  ortica  porta  con  pieno  diritto 
il  suo  nome,  non  perche  punga,  ma  perchS  composta  delle 
fibre  dell'  Urtica  cannabina  o  canapa  del  Canada  o  di  Si- 
beria. ISovatta  o  lana  vegetale,  detta  pure  lana  di  Ceiba, 
proviene  da  un  Bombax;  e  altre  volte  faWOchroma  lagopus, 
Sw.,  o  zampa  di  lepre.  I  francesi  le  danno  il  nome  di  Edredon 
vegetal  o  Patte  de  lievre. 

Di  coteste  fibre  non  poche  ritraggono  tanto  della  seta,  sia 
per  la  finezza  sia  pel  lustro,  che  ne  hanno  preso  il  nome  e 
non  di  rado  ne  prendono  il  posto  nei  tessuti.  Di  tal  fatta  e 
la  seta  vegetale  di  varii  Bombax,  provenienti  dal  Brasile,  dove 
crescono  il  B.  carolinum  o  paina  di  imbirueu  e  il  B.  sp.,  o 
paina  amarella  de  paineira  de  pedra ;  e  da  Venezuela,  e  da 
Nicaragua,  dove  cresce  il  Gatillo,  altra  specie  di  Bombax;  e 
dalle  Indie  o  colonie  Neerlandesi  e  Cambogia,  che  posseggono 


NEL   SECOLO   XIX  31 

il  B.  pentandrum;  e  dalle  Indie  francesi  e  Coromandel,  dove 
un  altro  Bombax  produce  il  cotone  seta,  o  Kapok,  o  silk 
cotton,  come  dicono  gli  Inglesi.  Vi  sono  poi  le  Chorisie,  la 
pecholtiana  e  la  speciosa,  paina  de  paineira  macho  e  femea 
nel  volgare  dei  Brasiliani,  e  YEchites  suberosa,  e  la  Slipecoma 
peltigera  o  Paina  loura  o  Cipo  de  pennas,  e  YEchites  gran- 
diftora  o  silk  grass,  cioe  pianta  della  seta,  e  V Agnus  scythicus 
del  Pacifico,  detto  anche  Pulu,  e  il  Vincetossico ;  e  troppi  altri 
di  cui  si  fa  attivo  commercio,  e  vuol  dire  che  ne  e  altrettanto 
generale  1'uso  e  il  consumo,  poniamo  che  il  piu  delle  volte 
sia  ad  insaputa  di  chi  porta  indosso  tal  seta :  ma  egli  avrebbe 
torto  da  lagnarsene,  poiche,  all'occhio  tanto,  la  stoffa,  special- 
mente  se  tessuta  a  flli  misti,  non  si  riconosce  dalla  schietta 
e  piu  costosa ;  ed  egli  e  mille  altri  se  ne  addobbano,  e  fanno 
a  buon  mercato  la  figura  dei  signori.  0  non  e  un  vantaggio 
questo  nelsecolo  delle  apparenze? 

XVIII. 

La  guttaperca  ed  il  cauciu.  II  cauciu  vulcanizzato,  e  I' ebonite. 

Se  discorressimo  qui  in  genere  dei  prodotti  vegetali  di  mag- 
giore  utilita  introdotti  dalla  Botanica  moderna,  avremmo  a 
dedicare  in  questo  luogo  un  articolo  intero  alia  gutta  percha 
e  al  cauciu,  le  cui  applicazioni  sono  cosi  varie  e  cosi  impor- 
tanti  ed  universali,  che  il  mancare  quelle  due  sostanze  reche- 
rebbe  un  vero  rivolgimento  nell'assetto  del  mondo  moderno. 
Se  non  che  la  prima  di  queste  materie,  la  cui  introduzione 
propriamente  appartiene  alia  Botanica  del  secolo  XIX,  non  ebbe 
tempo  appena  a  farsi  conoscere  ed  apprezzare,  che  n'erano 
gia  quasi  esaurite  le  fonti  dalla  dissennata  cupidigia  degl'in- 
cettatori. 

La  gutta-percha,  dal  Malese  gatha  percia,  era  conosciuta 
e  usata  da  lungo  tempo  dagli  Asiatici,  ma  non  fu  recata  in 
Europa  se  non  nel  1844.  Essa  e  una  gommo-resina  che  si  estrae, 
per  incisioni  nella  corteccia,  da  alcuni-  Palachium,  Payena, 


32  LA    STORIA    NATURALE    DELLE    PI  ANTE 

Bassia  e  Isonandra,  alberi  che  crescono  nella  penisola  di  Ma- 
lacca, nelle  isole  di  quei  mari,  e  specialmente  a  Sumatra.  Da 
principle  si  raccoglieva  dal  Palachium  gutta,  Burck.,  albero 
dell'isola  di  Singapore;  ma  gia  nel  1852  questa  pianta  era  scom- 
parsa  per  la  sconsigliata  pratica  introdottasi  di  tagliare  a  dirit- 
tura  il  tronco  per  meglio  sfruttarne  tutto  il  succo.  Non  ne  ri- 
mase  piu  che  qualche  campione  nel  giardino  botanico  di  Bui- 
tenzorg.  La  stessa  sorte  tocco  al  Palachium  borneense  (di 
Borneo),  Burck.,  e  ai  due  P.  Treubii  e  P.  oblongifolia,  Burck., 
che  fornivano  una  buona  guttaperca  in  cambio  della  gutta  pri- 
mitiva. 

Un'applicazione  rilevantissima  della  guttaperca  e  quella  del 
rivestirne  i  cavi  sottomarini,  siano  telegraflci  o  telefonici,  nel 
che  essa  e  preferita  al  cauciu;  il  quale  e  bensi  un  coibente 
ugualmente  impenetrabile  all'elettrico,  ma  si  salda  assai  piu 
difflcilmente  dove  ne  sia  rotta  la  continuita.  Nelle  linee  sot- 
terranee,  sia  detto  di  passaggio,  si  sostituisce  volentieri  al 
guscio  costoso  di  guttaperca  un  involucre  di  paraffina  o  legno 
parafflnato. 

-  II  cauciu  piu  abbondante  della  gutta  e  applicato  ad  ogni 
maniera  d'usi,  tanto  che  se  ne  impiegano  annualmente  da  10 
milioni  di  chilogrammi,  si  ritrae  da  molte  piante  equatorial! 
appartenenti  alle  Euforbiacee,  alle  Apocinee  ed  alle  Autocarpee. 
Tali  sono  la  Castilloa  elastica,  Cav.,  dell' America  centrale;  la 
Jatropha  elastica,  L.,  della  Guiana  e  del  Para;  la  Siphonia 
Brasiliensis,  la  Cecropia  peltata,  L.;  poi  la  Vakea  gummi- 
fera,  Poir.,  del  Madagascar;  VUrceola  elastica,  Roxb.,  di 
Borneo;  e  molte  altre,  specialmente  delle  Hevee. 

La  Botanica  moderna  ha  qui  pure  il  merito  di  avere  mol- 
tiplicate  le  fonti  di  cotesta  utilissima  sostanza,  ma  Tinvenzione 
prima  ne  appartiene  al  secolo  precedente.  Essa  si  attribuisce 
a  un  certo  Fresneau  che  avrebbe  scoperta  questa  gomma  re- 
sina  a  Caienna  fino  dal  1730:  certo  il  Condamine  ne  diede  la 
descrizione  scientifica  nel  1751.  II  Mackintosh  die  voga  nella 
prima  meta  del  nostro  secolo  ai  tessuti  impermeabili,  che  por- 
tano  il  suo  nome;  ma  gl'Indiani  vi  si  erano  gia  apposti  da 


NEL   SECOLO   XIX  33 

tempo  immemorabile.  II  Grassart  nel  1791  fece  i  primi  tubi 
di  cauciu,  e  il  Nadler  imagine  i  fili  elastici,  che  involtati  nel 
cotone  davano  nastri  e  stoffe  elastiche,  che  fu  una  grande  no- 
vita  a  suo  tempo.  Un  ritrovato  di  sommo  rilievo  fu  quello  del 
vulcanizzare,  come  dicono,  il  cauciu,  cio6  medicarlo  con  una 
dose  determinata  di  zolfo,  con  che  gli  si  toglie  il  difetto  d'in- 
cornire  pel  freddo  perdendo  la  pieghevolezza  e  Telasticita,  di 
lasciarsi  attaccare  da  certi  solventi,  ecc.  Autore  ne  fu  1'Hancock; 
sulle  cui  tracce  proseguendo  il  Goodyear  con  aumentare  la  dose 
dello  zolfo  fino  al  30-40  per  cento  e  aggiungervi  qualche  altra 
sostanza,  come  creta,  gesso,  terre  colorate,  smeriglio  ecc.,  ne 
ottenne  Y  ebonite  o  cauciu  indurito,  dell'aspetto  e  della  durezza 
del  corno,  onde  si  fanno  pettini,  isolatori  elettrici,  manichi  di 
coltelli,  istrumenti  di  fisica  e  musicali,  pomi  da  ombrelli,  mazze, 
stecche,  squadre,  lastre  da  impellicciare,  calamai,  ventagli, 
portasigari,  scatole,  coti  da  affllare;  e  chi  piii  ne  vuolepiu  ne 
metta,  bench6  il  detto  basti  a  dimostrare  che  la  Botanica  del 
secolo  XIX  non  ha  minor  merito  per  averci  fornito  materia 
abbondante  ad  applicazioni  cosi  svariate,  di  quello  che  n'avesse 
il  secolo  precedente  nel  darcene  la  prima  indicazione. 


Serie  J  VI,  vol.  IX,  fasc.  1117.  3  23  dicembre 


XXXI. 

Col  difetto  di  forma,  di  cui  discorremmo  nel  precedente 
guaderno,  corre  intimamente  congiimto  nelle  Ordinazioni  An- 
glicane  il  difetto  di  debita  intenzione,  la  quale,  com'e  ben 
noto,  e  assolutamente  richiesta  alia  validita  di  tutti  i  sacra- 
menti:  «  Si  quis  dixerit  in  ministris,  dum  sacramenta  confi- 
ciunt  et  conferunt,  non  requiri  intentionem  faciendi  saltern 
quod  facit  Ecclesia;  Anathema  sit  ».  Cosi  deflni  il  Concilio  di 
Trento  2;  cosi  insegnano  anche  i  principal!  canonist!  anglicani 3, 
e  cosi  esige  la  natura  stessa  delPatto  umano,  con  cui  il  ministro 
dellaChiesa  deve  compiere  il  rito  sacramentale  da  lei  prescritto 4. 

Delia  esistenza  di  questa  intenzione,  come  avverte  espres- 
samente  la  Bolla,  la  Chiesa  non  giudica  se  non  in  quanto  si 
manifesta  esternamente :  De  mente  vel  intentione,  utpote  quae 
per  se  quiddam  est  interim,  Ecclesia  non  iudicat:  at  qua- 
tenus  extra  proditur,  iudicare  de  ea  debet.  La  Chiesa  quindi 
ritiene  e,  sino  a  prova  del  contrario,  vuole  che  sia  da  tutti 
ritenuto,  che  tale  intenzione  non  manchi  ogniqualvolta  il  mi- 
nistro compie,  in  modo  serio,  il  rito  sacramentale  da  lei  pre- 
scritto, servendosi  della  materia  e  della  forma  che  ella  ado- 
pera.  Per  questa  ragione,  mentre  la  Chiesa  non  ha  mai 

1  Vedi  i  quaderni  1113,  1114,  1116. 

*  Decretum  de  Sacramentis,  Sess.  VII,  can.  11. 

*  0.  J.  REICHEL,  A  Complete  Manual  of  Canon  £,«%•.  Londra  1896,  pp.  11-12. 

*  «  Dicendum  quod  instrumentum  inanimatum  non  habet  aliquam  inten- 
tionem respectu    effectus,  sed  loco    intentionis   est  motus   quo  movetur   a 
principal!  agente ;  sed  instrumentum  animatum,  sicut  minister  Sacramenti 
non  solum  movetur,  sed    etiam  quodammodo    movet    seipsum  in  quantum 
sua  voluntate  movet  membra   ad  operandum;  et    ideo    requiritur  eius  in- 
tentio,  qua  se  subiiciat  principal!  agenti,  ut  scilicet  intendat  facere    quod 
facit  Christus  et  Ecclesia. »  S.  TOMMASO,  Summa  Theologica,  III.  P.  quaest.  64, 
art.  8  ad  l.m 


LA   CONDANNA   DELLE   ORDINAZIONI   ANGLIGANE  35 

riconosciuta  la  verita  del  sacramento  conferito  da  pazzi,  da 
ubbriachi  o  per  giuoco,  ella  ha  pure  sempre  accettato  il  Bat- 
tesimo,  per  esempio,  amministrato  da  un  eretico  o  anche  da 
un  pagano,  purche  chiaramente  si  appalesasse  nel  foro  esterno 
aver  egli  seriamente  usata  con  la  materia  prossima,  la  do- 
vuta  forma  sacramentale. 

Per  la  medesima  ragione,  la  Chiesa  non  ha  mai  dubitato 
della  validita  delle  Ordinazioni  fatte  da  vescovi  empii,  eretici 
o  scismatici,  accettando  quelle  de'  Nestoriani,  de'  Monofisiti  e 
di  altri  oriental!  dissidenti.  In  tutti  questi  casi,  al  dir  di  S.  Tom- 
maso,  il  ministro  del  Sacramento,  pel  fdtto  stesso  che  delibe- 
ratamente  usa  in  modo  serio  il  rito  approvato  dalla  Chiesa, 
si  suppone  di  ragione  che  agisca  come  suo  rappresentante: 
in  verbis  autem  quae  profert,  essendo  parole  della  Chiesa, 
exprimitur  intentio  ipsius  Ecclesiae,  quae  sufficit  ad  perfec- 
tionem  sacramenti,  nisi  contrarium  exterius  exprimalur  '. 

Ma  se  1'eretico  ministro  del  Sacramento,  a  sostenere  il 
proprio  errore,  ex  industria  corrompe  o  rigetta  il  rito  catto- 
lico,  e  nel  compiere  il  Sacramento  adopera  una  nuova  forma, 
la  quale  esclude  il  signiflcato  delle  forme  cattoliche,  puo  un 
tal  ministro  supporsi  che  abbia  1'intenzione  richiesta  alia  vali- 
ditk  del  Sacramento,  faciendi  saltern  quod  facit  Ecclesia? 

Tale  appunto  e  la  questione  di  cui  si  tratta,  quando  si  di- 
scute  della  validitk  degli  Orclini  conferiti  da'  vescovi  anglicani 
col  nuovo  rito  di  Eduardo  VI. 


XXXII. 

Cosi  proposta,  la  questione  non  puo  avere  altra  soluzione, 
se  non  quella  negativa  datale  gi&  da  Giulio  III  nel  1553-1554, 
da  Paolo  IV  nel  1555,  da  Clemen  te  XI  nel  1704  e  recente- 
mente  da  Leone  XIII  nella  sua  Bolla  dell' 8  settembre  1896: 
«  Si  ritus  immutetur,  eo  manifesto  consilio  ut  alius  inducatur 

1  Summa  Theologica,  1.  c.,  art.  8,  ad  2. 


36  LA.    CONDANNA. 

ab  Ecclesia  non  receptus,  utque  id  repellatur  quod  facit  Ec- 
clesia  et  quod  ex  institutione  Christ!  ad  naturam  attinet  sacra- 
menti,  tune  palam  est  non  solum  necessarian!  sacramento  in- 
tentionem  deesse,  sed  intentionem  immo  haberi  sacramento 
adversam  et  repugnantem.  » 

La  dottrina  qui  si  chiaramente  enunziata  dal  regnante  Pon- 
tefice,  fu  proposta  con  non  minore  precisione  nell'anno  740  dal 
suo  Antecessore,  Papa  Zaccaria.  Questi  era  stato  informato  da 
due  illustri  ecclesiastici,  Virginio  e  Sidonio  *,  che  un  tal  sa- 
cerdote  della  loro  provincia  de'  Bavaresi  (Baioariorum)  «  dum 
baptizaret,  nesciens  latini  eloquii,  infringens  linguam  »  cor- 
rompeva  la  forma,  dicendo:  Baptizo  te  in  nomine  patria  et 
filia  et  Spiritus  Sancti,  e  che  S.  Bonifacio,  Arcivescovo  di 
Magonza,  giudicando  invalido  un  tal  Battesimo  aveva  loro  or- 
dinato  di  battezzare  di  bel  nuovo  tutti  coloro  che  da  quel  sa- 
cerdote  fossero  stati  battezzati  nel  modo  predetto. 

A  questo  proposito  dunque  il  Ponteflce  Zaccaria  scrisse  a 
S.  Bonifacio  la  famosa  lettera,  del  1°  luglio  del  746,  ricordata 
anche  nel  Decreto  di  Graziano  2 :  «  Sanctissime  frater,  si 
ille  qui  baptizavit,  non  errorem  introducens  aut  haeresim, 
sed,  pro  sola  ignorantia  romanae  locutionis  infringendo  lin- 
guam, ut  supra  fati  sumus,  dixisset,  non  possumus  consentire 
ut  denuo  baptizentur.  »  Riconobbe  dunque  il  Ponteflce  che  se 
1'  anzidetta  corruzione  della  forma  fosse  stata  effetto,  non  gik 
dell'ignoranza  della  lingua,  ma  si  bene  del  deliberate  propo- 
sito introducendi  errorem  vel  haeresim,  il  Sacramento  sarebbe 
stato  certamente  invalido.  In  altri  termini,  riconobbe  il  Pon- 
teflce che,  nella  fatta  ipotesi,  quel  cambiamento  sarebbe  un 
argomento  che  chi  si  serve  d'una  forma  sacramentale  corrotta, 
non  intende  fare  con  essa  cio  che  la  Chiesa  fa  con  la  sua. 


1  Tutti  e  due  furono  poscia  Vescovi,  il  primo  di  Salisburgo,  1'altro  di 
Passavia.   Cf.  Ph.  JAFFE,    ~Monumenta  Moguntina.    Berlino   1866,    pag.  167, 
nota    3  e  4. 

2  Part.  III.  De  Consecrations,  Dist.  IV,  can.  86.  II  testo  da  noi   citato 
e  quello  pubblicato  dal  JAFFE  nella  sua  Bibliotheca  Serum  Germanicarum, 
Tom.  Ill,  ut  supra,  pag.  168. 


DELLE   ORDINAZIONI   ANGLICANE  37 

XXXIII. 

Cosi  ragiona  anche  S.  Tommaso,  fedele  interprete  della  tra- 
dizione  cattolica.  Discorrendo  il  Santo  Dottore  della  validita  della 
forma  sacramentale,  quando  le  determinate  parole,  ond'essa  si 
•compone,  corrupte  proferuntur,  distingue  accuratamente,  come 
gia  fece  il  Pontefice  Zaccaria,  i  casi  ne'  quali  cio  avvenga  per 
ignoranza,  da  quelli  ove  cio  si  faccia  di  proposito  deliberato.  In 
questi  casi,  «  Dicendum,  scriv'egli,  quod  ille  qui  corrupte  profert 
verba  sacramentalia,  si  hoc  ex  induslria  facit,  non  videtur 
intendere  facere  quod  facit  Ecclesia;  et  ita  non  videtur  per- 
fici  sacramentum  *.  » 

Trattando  poscia  exprofesso  la  questione,  di  cui  qui  ci 
occupiamo,  se  cioe,  salva  la  validita  del  Sacramento,  si  possa 
mutare  la  sua  forma,  aggiungendovi  o  detraendovi  qualche 
cosa,  insegna,  che  «  Circa  omnes  istas  mutationes  quae  pos- 
«unt  in  formis  sacramentorum  contingere,  duo  videntur  esse 
consideranda ;  unum  quidem  ex  parte  eius.  qui  profert  verba, 
•cuius  intentio  requiritur  ad  sacramentum ;  et  ideo  si  intendat, 
per  huiusmodi  additionem  vel  diminutionem,  alium  ritum  in- 
ducere  qui  non  sit  ab  Ecclesia  receptus,  non  videtur  perfici 
sacramentum :  quia  non  videtur,  quod  intendat  facere  id  quod 
facit  Ecclesia  -. » 

Non  altrimenti  hanno  sempre  ragionato,  secondo  che  afferma 
!o  stesso  Gasparri 3,  i  piu  illustri  teologi  come  il  Cardinale 
De  Lugo  4,  tra  gli  antichi,  e  il  Cardinale  D'Annibale  5,  tra  i 

1  Summa  Theologica,  III,  P.,  quaest.  60,  art.  7  ad  3.™ 

1  Ibid.,  art  8.  Respondeo  dicendum. 

3  De  la  valeur  des  Ordinations  Anglicanes,  Parigi  1895,  pag.  25. 

.v  De  Sacramentis  in  genere,  Disp.  II,  num.  116.  ,Lione  1670,  pag.  32. 
Ivi  il  DE  LUGO  rettamente  osserva,  che  «  S.  Thomas  non  negat  universa- 
liter  valorem  Sacramenti  cum  intentione  inducendi  novum  ritum,  sed  argui- 
tive  infert  probabiliter  defectum  debitae  iutentionis. »  Cio  e  vero  se  si  con- 
«ideri  soltanto  la  novitd,  del  rito,  prescindendo  ciofe  dalla  sua  significazione 
opposfa  al  rito  cattolico. 

*  Summula  Theologiae  moralis.  Vol.  Ill,  §.  241  nota  21.  Roma  1892, 
pag.  209. 


38  LA   CONDANNA 

moderni.  Quest!  cosi  scrive :  «  Quod  autem  quidam  decent  sa- 
cramentum  non  valere  si  minister  immutaverit  aliquid  acci- 
dentaliter  (e  a  fortiori  se  si  trattasse  di  una  mutazione  sostan- 
ziale\  ut  novum  ritum  vel  errorem  introducat,  sic  accipiendum 
est,  quia  non  creditur  habere  intentionem  faciendi  quod  facit 
Ecclesia....  Quaestio  igitur  in  praesumptionem  recidit;  et  facti, 
non  iuris,  est.  » 

La  piena  giustificazione  di  questa  presunzione  appare  ma- 
nifesta,  sol  che  si  consider!  non  doversi,  nelle  forme  de'  Sacra- 
menti,  badare  soltanto  alia  materialita  delle  parole,  ad  esempio, 
se  sieno  grammaticalmente  di  genere  mascolino  o  femminino, 
se  possano  intendersi  in  questo  o  in  quel  senso;  ma  bisogna 
attendere  anche,  anzi  principalmente,  al  signiflcato  specials 
e,  per  cosi  dire,  concrete  che  loro  viene  attribuito  da  chi  le 
proferisce.  Quando  dunque  tali  parole,  nel  comune  linguaggio 
del  ministro  che  le  usa,  e  atteso  lo  scopo  per  cui  furono  intro- 
dotte  esono  da  lui  adoperate,hanno  un  significato  evidentemente 
opposto  a  quello  che  loro  e  stato  sempre  dato  dalla  Chiesa, 
potra,  bensi,  asserirsi,  che  quel  Ministro  voglia  fare  Yopposto 
di  quel  che  fa  la  Chiesa,  ma  non  potra  giammai  supporsi  che 
voglia  fare  la  medesima  cosa. 

XXXIV. 

Ora  questo  e  non  altro  e  il  caso  degli  Ordini  conferiti  con 
YOrdinale  di  Eduardo  VI.  Che  il  detto  Ordinale,  compilato  da 
eretici  notorii  e  sostituito,  per  sola  autorita  laica,  al  Ponti- 
flcale  cattolico,  sia  diverse  da  questo,  e  un  fatto  ammesso  da 
tutti  '.  Parimente,  che  esso  sia  diverse  da  tutti  gli  altri  an- 
tichi  Pontifical!  d'  Oriente  e  d'  Occidente,  riconosciuti  validi 
dalla  Ghiesa  e  conservati  anche  da  scismatici  ed  eretici,  nes- 
suno  ha  mai  osato  di  negare,  ed  e  stato  da  noi  sufflciente- 
mente  dimostrato  nell'articolo  precedente  2.  Anzi,  perche  tra 

1  Cf.  G.  W.  CHILD,  Church  and  State  under  the  Tudors.   London  1879, 
pp.  114-117;  ESTCOURT,  The  question    of  Anglican    Ordination    discussed^ 
Londra  1873,  passim, 

2  Pagg.  671-674. 


DELLE   ORDINAZIONI   ANGLIGANE  39 

quelli  svariati  Riti,  nessuno  rispondeva  al  gusto  e  a'  propositi 
de'  Reformatori  anglicani,  percio  quest!  s'indussero  a  non  te- 
nerne  conto  e  a  introdurre,  come  fecero  di  fatto,  il  loro 
nuovo  Ordinale. 

Inoltre  e  indubitato,  che  tutte  le  innovazioni  liturgiche,  se 
gnatamente  quelle  che  risguardano  il  rito  delle  Ordinazioni, 
furono  fatte  da'  compilatori  dell' 'Ordinale  *,  non  a  caso  o  per 
errore  o  per  ignoranza;  ma  ex  industria  e  con  animo  deli- 
berato  di  escludere  dalle  nuove  forme  tutto  cio  che,  trovan- 
dosi  nelle  antiche,  ripugnava  o  in  qualche  modo  opponevasi 
alle  dottrine  da  loro  professate  2. 

Cosi,  ripudiando  i  Riformatori  inglesi  la  dottrina  cattolica  re- 
lativa  all'esistenza  e  alia  natura  del  Sacramento  dell'Ordine,  sic- 
come  attestano  i  loro  atti  e  i  loro  scritti3,  si  adoperarono  eziandio 
a  sopprimere  nelle  forme  consecratorie  ogni  determinazione  sia 
dell'Ordine,  sia  della  potesta  che  con  esse  si  dovrebbe  conferire ; 
donde  ebbero  origine  quelle  loro  forme  vaghe  e  indeterminate 
di  cui  discorremmo  altrove  4.  Che  poi  quest'errore  fondamen- 
tale,  non  fosse  un  semplice  loro  errore  private,  ma  si  bene  un 
errore  professato  pubblicamente,  si  deduce,  non  solo  dalle  testi- 
monianze  degli  scrittori  inglesi  di  quel  tempo ;  ma  altresi  dal- 
1'esplicita  dichiarazione  che  si  legge  nel  XXV0  dei  Trentanove 
Articoli  di  Religione  anglicana,  compilati  e  sostituiti  alia  Pro- 
fessione  di  Fede  cattolica,  nel  medesimo  tempo  che  il  nuovo 
Ordinale  fu  compilato  e  sostituito  all'antico  Pontiflcale  catto- 
lico.  Eccone  il  testo :  «  Duo  a  Christo  Domino  nostro  in  Evan- 

1  Essi  furono  Cranmer,  Ridley,  Goodrich,  Holbeach,  Taylor  ed  altri. 

1  Veggasi  DOM  GASQUET,  Edtvard  VI,  and  the  JBook  of  Common  Prayer, 
pp.  261  e  segg. ;  Cf.  N.  POCOCK,  The  Principles  of  the  Reformation  etc.,  Lon- 
dra  1875,  pp.  12  e  19;  The  English  History  Review,  num.  4,  ottobre  1886. 

3  BUHNET,  History  of  the  Reformation,  Vol.  I,  pag.  461  e  Vol.  IV,  pag.  471 ; 
HUNT,  Religious  Thought  in  England,  Vol.  I,  pag.  43.  Cf.  CHILD,  op.  cit., 
Appendix,  pp.  293-304.  Una  piena  raccolta  delle  sentenze  de'  compilatori 
dell'Ordinale  fu  preparata,  ad  uso  della  Commissione  romana,  da'  teologi 
inglesi  MOVES,  GASQUET  e  DAVID  FLEMING.  Per  speciale  favore  .ci  e  stato 
concesso  di  consultarla  e  verificare  1'accuratezza  dell'asserzione  fatta  nel 
testo. 

*  Quad.  1116,  pag.  670  e  seg. 


40  LA   CONDANNA 

gelio  instiluta,  sunt  sacramenta :  sc.  Baptismus  et  Coena  Do- 
mini. Quinque  ilia,  vulgo  nominata  sacramenta,  sc.  Conflrmatio, 
Poenitentia,  Ordo,  Matrimonium  et  Extrema  Unctio  pro  sacra- 
mentis  evangelicis  habenda  non  sunt,  utpote  quae  partim  a 
prava  apostolorum  imitatione  profluxerunt,  partim  vitae  status 
sint,  in  Scripturis  quidem  probati;  sed  sacramentorum  eamdem 
cum  Baptismo  et  Coena  Domini  rationem  non  habentes;  idea 
nullam  habent  caeremoniam,  nullumque  visibile  signum  a  Deo 
institutum  1. » 

Negata  la  verita  del  Sacramento  delPOrdine,  era  naturale 
che  i  compilatori  delYOrdinale  negassero  altresi  i  dommi  inti- 
mamente  connessi  col  medesimo  Sacramento,  quali  sono  la 
reale  presenza  di  Gesu  Cristo  nella  Eucaristia,  il  Sacerdozio- 
propriamente  detto,  il  Sacriflcio  deH'Altare.  Esclusero  dunque- 
dalla  loro  nuova  Liturgia  la  Messa,  decretando  che  «  Missarum. 
sacrificia,  quibus  vulgo  dicebatur  Sacerdotem  offerre  Christum 
in  remissionem  poenae  aut  culpae  pro  vivis  et  defunctis  blas- 
phema  figmenta  sunt  et  perniciosae  imposturae  2. »  Elimina- 
rono  quindi  dal  loro  Ordinale  tutte  quelle  ceremonie  che  sup- 
pongono  tali  dommi  o  ad  essi  si  riferiscono,  come  sarebbero- 
la  consecrazione  con  i  sacri  olii  3,  la  traditio  o  consegna 
degli  istrumenti 4,  eccetera.  Chi  poi  facesse  un  riscontro  tra 
il  rito  delle  Ordinazioni  secondo  il  Pontiflcale  cattolico,  e 
quello  secondo  Y Ordinale  eduardino,  vedrebbe  di  subito  coi> 
quanto  studio  si  sia  evitato  di  nominare  in  questo  il  Sacer- 
dozio,  il  Sacerdole,  V  Altar  e,  il  Sacri ftcio,  e  come  si  sieno  si- 

1   The  Book  of  Common  Prayer,  Oxford,  University  Press,  pag.  532. 

*  Cosi  nel  XXXI  de'  Trentanove  Articoli  di  Religione.  Si  vegga  la  nota 
alia  pag.  2GO  del  quad.  1113 

3  Nel  Pontificate  cattolico  usato  in  Inghilterra  prima  della  Riforma  di 
Eduardo  VI,  ne\YAdmr:nitio  ad  Sacerdotes,  si  diceva:  «  Unguntur  presby- 
teris  maiius,  sicut  Episcopis,  ut  cognoscant  se  hoc  sacramento  grattam  con— 
secrandi  accipere  » 

*  Nel  medesimo  Pontificate   il    candidate  al  Sacerdozio  era  ammoiiito, 
che  gli  Ordinandi  «  accipiunt  et  calicem  cum  vino  et  patenam  cum  hostiis 
de  manu  episcopi,  quatenus  his  instrumentis,  potestatem  se  accepisse  agno- 
scant  placabiles  Deo  hostias  offerendi:  Ad  ipsos  namque  pertinet  -sacrarnentunt 
Corporis  et  Sanguinis  Domini  in  Altare  Dei  conficere.  > 


. 


DELLE   ORDINAZIONI   ANGLICANE  4t 

stematicamente  mutilate,  adulterate  o  del  tutto  soppresse  le 
formule  e  le  preghiere,  le  quali  si  riferivano  alle  cose  signi- 
ficate  sempre  e  da  per  tutto  dalla  Chiesa  con  quelle  parole  *. 
Pretendere  dunque  che  il  Vescovo  anglicano,  ordinando  con 
questo  suo  nuovo  Rito,  che  e  la  negazione  del  Rito  cattolico, 
intenda  fare  quello  che  la  Chiesa  fa  col  suo,  sarebbe  come 
pretendere  che  due  forme  di  natura  e  di  significato,  non  solo 
diverse,  ma  opposto  possano  avere  un  solo  e  medesimo  effetto 
formale. 

XXXV. 

Nel  resto  che  cosa  intende  e  che  cosa  ha  sempre,  in  Oc- 
cidente  e  in  Oriente,  inteso  di  fare  la  Chiesa  nel  conferire 
a'  suoi  ministri  gli  Ordini  sacri?  Studiando  le  sue  esplicite  di- 
chiarazioni  e  massimamente  le  sue  Liturgie,  e  manifesto  che 
el  la  intende  ed  intese  sempre  di  fare  quel  che  fece  Cristo  nel- 
rultima  sua  Cena,  di  fare  cioe  veri  sacerdoti 2,  i  quali  avessero 
non  solo  la  potesta  di  predicare  la  parola  di  Dio  e  di  ammi- 
nistrare  i  Sacramenti,  ma  fossero  altresi  insigniti  del  Sacer- 
dozio  visibile  ed  esterno  dal  medesimo  Cristo  Signor  nostro 
istituito 3  allo  scopo  di  consacrare  e  di  offerire  sugli  Altari  il  suo 
vero  Corpo  e  sangue,  sotto  le  specie  del  pane  e  del  vino. 
«  Christus,  cosi  il  Concilio  Tridentino,  sacefdotem  secundum  or- 
dinem  Melchisedech  se  in  aeternum  constitutum  declarans,  cor- 
pus et  sanguinem  suum  sub  speciebus  panis  et  vini  Deo  Patri 
obtulit;  ac  sub  earundem  rerum  symbolis  Apostolis,  quos  tune 
Novi  Testamenti  Sacerdotes  constituebat,  ut  sumerent  tradidit; 

1  Si  veg-ga  su  questo  punto  1'eccellente  opuscolo  del  P.  SYDNEY  F. 
SMITH,  Reasons  for  rejecting  Anglican  Orders,  Londra  1895,  pp.  69  e  segg. 

*  Al  Sacerdozio  si  riferiscono  tutti  gli  Ordini  ammessi  dalla  Chiesa: 
«  Si  quis  dixerit,  praeter  Sacerdotium  non  esse  in  Ecclesia  catholica  alios 
ordines  et  maiores  et  minores,  per  quos  velut  per  gradus  quosdam  in  Sa- 
cerdotium tendatur;  A.  S.  »  Cone.  Trid.  Sess.  XXIII,  De  Sacramento  Ordi- 
nis,  can:  2. 

3  «  Visibile  et  externum  sacerdotium  ab  eodem  Domino  Salvatore  no- 
stro institutum  esse....  catholicae  Ecclesiae  traditio  semper  docuit.  »  Ibid. 
Cap.  I. 


42  LA    CONDANNA 

et  eisdem,  eorumque  in  sacerdotio  successoribus  ut  offerrent, 
praecepit  per  haec  verba:  Hoc  facite  in  meam  commemora- 
tionem,  uti  semper  catholica  Ecclesia  intellexit  et  docuit  *.  » 

E  forse  questo  quel  che  intesero  i  compilatori  deir Ordinale  e 
intesero  e  intendono  di  fare  i  Vescovi  anglicani,  consecrando  e 
ordinando  col  medesimo  Ordinale?  Se  cosi  fosse,  perche  mai 
i  primi  ex  industria  mutarono  le  antiche  forme,  in  tutto  cio  che 
si  riferiva  al  Sacerdozio,  e  gli  altri  deliberatamente  si  servono 
delle  forme  cosi  mutate  ?  Perche  mai  questi  e  quelli,  abban- 
donati,  col  Pontiflcale  cattolico,  tutti  i  Riti  antichi,  introdussero 
novum  ritum  db  Ecclesia  non  receptum,  e  Fadoperano  tuttora? 

La  risposta  e  chiara.  Essi  cosi  fecero  e  cosi  fanno,  per- 
che positivamente  esclusero  ed  escludono  il  Sacerdozio  pro- 
priamente  detto.  Essi  vollero  e  vogliono,  con  quelle  forme  e 
con  quel  rito  costituire  soltanto  un  Ministro,  il  quale  si  chiami 
Presbitero  o  Vescovo;  ma  non  vollero  mai,  ne  vogliono  fare 
un  vero  Sacerdote.  I  genuini  Anglicani,  quelli  che  non  sono 
Ritualisti^  confessano  cio  con  franchezza  e  lealt& :  «  La  maggio- 
ranza  degli  inglesi  anglicani,  cosi  attesta  uno  scrittore  dello 
•Speaker  2,  non  ha  mai  supposto  che  il  suo  Glero  possedesse  i 
poteri  proprii  del  Sacerdozio  romano  cattolico,  ed  ha  sempre 
respinta  ogni  pretesa  d'  autorita  fondata  su  tali  poteri  sacer- 
dotali.  »  «  Con  la  Riforma,  scrive  un  altro  3,  i  capi  della  Chiesa 
d'lnghilterra  si  sepafarono  deliberatamente  ed  effettivamente 
dalla  Chiesa  di  Roma,  ripudiarono  il  suo  insegnamento  sul 
Sacerdozio  e  sulPEpiscopato,  e  percib  non  ebbero  mai  neWor- 
dinare  alcuna  intenzione  di  conferire  un  Sacerdozio,  consi- 
derando  essi  il  Sacerdolalismo  come  un'ingiuria  al  Sacerdozio 
di  Cristo,  senza  fondamento  nella  Scrittura  e  ripugnante  a  tutte 
le  dottrine  cardinali  delPEvangelio  ».  Un  terzo  4  aggiunge: 
«  L'ecclesiastico  della  Chiesa  Romana  e  un  vero  Prete,  il  cui 

1  Decretum  de  Sacriftcio  Missae,  Sess.   XXII,  cap.  I. 

2  Num.  del  26  settembre  1896. 

3  Vedi  The  Rock,  num.  del  25  settembre  1896. 

4  II  DOTT.  RYLE,  Vescovo  Anglicano  di  Liverpool,  gik  citato  nel  quad, 
precedente  pag.  685. 


DELLB   ORDINAZIONI   ANGLICANE  43 

principale  ufflcio  e  d'offrire  il  Sacrificio  della  Messa.  Dall'altra 
parte  Fecclesiastico  della  Chiesa  Anglicana  in  nessun  modo  £ 
Prete,  sebbene  sia  cosi  chiamato:  egli  e  soltanlo  un  Presbi- 
tero.  »  Un  quarto  *  conchiude :  «  Noi  non  crediamo  che  vi  sieno 
Ordini  nel  senso  cattolico,  e  consideriamo  1'imposizione  delle 
mani  come  una  semplice  formale  aramissione  nel  ministero  di 
tina  denominazione  (setla)  qualunque.  Nella  Chiesa  poi  episco- 
pale  (anglicana)  noi  riceviamo  Fufflcio  di  ministrare  al  popolo 
dall'ufficiale  capo,  il  Vescovo...  Stando  alia  tacita  confessione 
della  nostra  Chiesa,  in  essa  non  esistono  ne  vescovi,  ne  sacer- 
doti,  ne  sacrificii...  Si  faccia  quel  che  si  vuole,  noi  non  pos- 
siamo  offerire  sacrificii.  Noi  siamo  soltanto  Ministri,  come  i 
nostri  fratelli  delle  Chiese  (protestanti)  dissidenti. » 

Con  ragione  danque  1'Emo  Cardinale  Vaughan,  Arcive- 
scovo  di  Westminster,  scriveva  non  ha  guari  ad  un  Angli- 
cano:  «  Non  e  possibile  ignorare  questo  fatto  storied  e  dot- 
trinale  che,  da  tre  secoli,  la  Chiesa  Anglicana  ha  ripudiato  il 
carattere  essenziale  del  rito  cattolico  deH'Ordinazione,  e  ha 
usata  invece  una  forma,  la  quale  era,  di  proposito  deliberate, 
destinata  ad  escludere  1'idea  d'un  Sacerdozio  sacrificante 2. » 

Dire  pertanto,  come  purtroppo  e  stato  detto  da  qualcuno, 
che  chi  ordina  conformandosi  aWOrdinale  di  Eduardo  VI,  seria- 
mente  intenda  fare  con  esso  veri  preti,  veri  sacerdoti,  come  gli 
fece  Cristo  e  come  gli  ha  fatti  sempre  la  Chiesa,  e  una  mostruosa 
assurdita  3.  Onde  sapientemente  avvertiva  il  Franzelin  4 :  «  Cum 
sacramenta  novae  legis  sint  visibilia  signa  efficacia,  illud  ope- 
rantur  quod  significant:  absurdum  ergo  est,  ritum  visibilem 
•in  quo  excluditur  significaiio  potestatis  sacerdotalis  conferen- 

1  II  Vicario  di  Hexton  neirJScho  citato  dal  Tablet  (19  dec.  1896,  p.  975). 

8  Lettera  al  signer  HO\VEL  del  2  ottobre  1894.  Vedi  il  Tablet,  numero 
del  13  del  medesimo  mese  ed  anno,  pag-.  581. 

3  Non  altrimenti  dovra  giudicarsi  dell'asserzione  di  coloro,  i  quali  pre- 
tendono,  che  i  compilatori  deirOrdinale,  abolendo  il  Sacerdozio  e  il  Sacri- 
ficio e  rigettando  tutti  gli  antichi  riti  per  introdurne  uno  nuovo  che  rispon- 
desse  alle  loro  eresie,  vollero  solamente  richiamare  il  rito  della  Ordinazione 
alia  pratica  de' tempi  apostolici  e  alia  sua  primitiva  istituzione ! 

*  Votum  del  25  febb.  1875,  pag.  9.  Arch,  del  S.  Ufficio. 


44  LA   CONDANNA 

dae,  esse  sacramentum  ad  hanc  ipsam  potestatem  conferen- 
dam.  » 

XXXVI. 

Dal  fin  qui  detto  appare  manifesta  la  vanita  dell'accusa  che 
il  signer  Lacey  muove  contro  la  Bolla  di  Leone  XIII  neirul- 
timo  numero  della  Contemporary  Review  l.  La  Bolla,  secondo 
lui,  nella  sua  parte  dottrinale,  si  svolgerebbe  tutta  dentro  i 
limiti  angusti  di  un  circolo  vizioso,  provando  1'  invalidita  della 
forma  dal  difetto  di  debita  intenzione,  e  viceversa  questo  da 
quella ;  si  che,  « lette  separatamente,  quelle  prove  lasciano  il 
lettore  incerto  su  cio  che  la  Bolla  abbia  voluto  dire  »  2. 

Checche  sia  degli  altri  lettori,  siamo  certi  che  almeno  il 
signer  Lacey  e  i  suoi  confratelli  Ritualisti,  i  quali  si  affatica- 
rono  tanto  per  impedire  la  pubblicazione  di  questa  Bolla  3,  hanno 
perfettaitiente  capito  «  cio  che  essa  ha  voluto  dire  ».  Se  fossimo 
privi  di  senno,  gli  crederemmo  ingenui ;  se  fossimo  maligni,  di- 
remmo,  che  appunto  per  essere  il  significato  della  Bolla  chiaro- 
e  perentorio  agli  occhi  loro,  si  sforzano  essi  con  cavilli  e  sofismi 
di  oscurarlo  agli  occhi  altrui.  Ma  non  possiamo  credere  1'uno, 
ne  vogliamo  affermar  1'altro;  avvertiamo  soltanto  che  la  pre- 
detta  accusa  del  signor  Lacey  e  assolutamente  falsa.  Poiche  come 
1' invalidita  della  forma  non  si  prova  dal  difetto  d'intenzione,  cosi 
questo  non  si  prova  da  quella.  L'invalidita  della  forma  anglicana 
si  dimostra,  come  vedemmo  nell'articolo  precedente,  dal  fatto- 
che  quella  forma,  considerata  in  se  stessa  e  negli  aggiunti  storici 
che  ne  determinarono  la  compilazione,  e  vaga  e  indeterminata; 
manca  de'  principali  elementi  essenziali  e  comuni  a  tutte  le 
forme  cattoliche ;  tace  cio  che  di  natura  sua  la  forma  del  Sa- 

i  Num.  372,  Decembre  1896.   The  Sources  of  the  Bull.  pp.  793-803. 

*  «  The  two  arguments  combined  will  make  an  excellent  circle.  Read 
apart,  they  leave  us  wondering  what  the  Bull  does  mean.  »  Ibid.  pag.  79ti. 

3  Si  vegga  quanto  scrivemmo  dell'azione  del  Lacey  e  del  Puller  a 
Roma,  nel  quad.  1113,  pag.  264.  Nel  resto  a  convincersene,  basterebbe 
Icggere  quello  che  lo  stesso  Lacey  asserisce,  nel  suo  articolo,  delle  sue 
relazioni  con  alcuni  Emi  Cardinali  e  con  due  membri  della  Commissione- 
roinana. 


DELLE    ORDINAZIONI   ANGLICANE  45 

cramento  deirOrdine  dovrebbe  significare.  In  tutto  questo  F  in- 
tenzione  eretica  del  ministro,  che  attualmente  si  serve  di  quella 
forma,  non  entra  per  niente ;  la  forma  sarebbe  e  resterebbe 
invalida,  quand'anche  il  ministro  anglicano  volesse  fare  con 
essa  quello  che  la  Chiesa  cattolica  fa  con  la  sua. 

Parimente  il  difetto  di  debita  intenzione  nel  ministro  an- 
glicano non  si  deduce  dal  semplice  fatto  che  egli  nelle  sue 
Ordinazioni  si  serve  d'una  forma  invalida ;  ma  bensi  dal  fatto, 
da  noi  ripetutamente  ricordato,  che  egli,  conformandosi  seria- 
mente  al  suo  Ordinale,  si  serve  d'una  forma  che  sa  essere 
stata  mutata  ex  industria  e  sostituita  deliberatamente  a  quella 
del  Pontiftcale  cattolico  ad  inducendum  novum  ritum,  cioe  un 
rito  diverse,  e,  nella  sua  adeguata  signiflcazione,  opposto  a  quello 
usato,  non  solo  dalla  Chiesa  Romana,  ma  altresi  da  tutte  le 
Chiese  d'Oriente  e  d'Occidente  dalla  piii  remota  antichita  sino  ai 
giorni  -nostri.  Rilegga  il  signor  Lacey  con  maggiore  attenzione 
la  Bolla  di  Leone  XIII,  e  restera  convinto  del  gravissimo  abba- 
glio  in  cui  e  caduto. 

XXXVII. 

Non  e  nostra  intenzione  confutare  tutte  le  affermazioni  piu 
o  meno  ardite  o  false,  onde  ribocca  lo  scritto  del  signor  Lacey 
nella  Contemporary  Review.  Ne  cio  appare  necessario,  ba- 
stando  a  tale  scopo  quanto  fu  da  noi  esposto  e  dimostrato 
negli  articoli  precedenti.  V  ha  pero  una  grave  accusa  che  non 
possiamo  lasciare  senza  censura.  II  Lacey  accusa  il  Santo  Padre 
di  essere  stato  reo  di  uno  sproposito  madornale  (extraordi- 
nary blunder)  *,  asserendo  nella  sua  Bolla,  che  nel  1704  era 
gi&  stabilita  la  pratica  da  seguirsi,  quando  nelle  Ordinazioni 
fosse  stata  omessa  la  traditio  instrumentorum. 

Prima  di  esaminare  la  «  prova  »,  con  la  quale  il  Lacey  so- 
stiene  la  sua  accusa,  sar£  bene  notare  che  la  riferita  affer- 
mazione  della  Bolla  si  fonda  sopra  numerose  decisioni  date 
dalla  medesima  Congregazione  del  Santo  Ufflcio  prima  del 

1  Ibid.  pag.  799. 


46  LA   CONDANNA 

1704;  decision!,  le  quali,  con  gli  atti  e  con  i  voti  che  le  ac- 
compagnano,  se  si  volessero  pubblicare  tutte,  riempirebbero 
almeno  due  grossi  volumi  in  folio.  Un  cenno  della  esistenza 
di  quest!  document!  fu  gia  da  no!  dato  altrove  *,  con  le  pre- 
cise indicazioni  delle  loro  date  (1603-1699)  e  del  titolo  gene- 
rale,  sotto  il  quale  si  trovano  unit!  e  conservati  nelPArchivio 
del  Santo  Ufficio.  Eccone  uno  del  1697.  Monsignore  Scana- 
gatta,  Vescovo  d'Avellino,  soffrendo  di  chiragra,  aveva  tra- 
scurato  per  qualche  tempo  di  fare  nelle  Ordinazioni  la  con- 
segna  degli  strumenti  prescritta  dal  Pontiflcale.  Conosciutasi 
la  cosa  dall'Emo  Card.  Orsini,  allora  Arcivescovo  di  Bene- 
vento  e  poscia  Papa  Benedetto  XIII,  quest!  riferi  il  caso  alia 
Congregazione  del  Santo  Ufficio,  domandando,  come  si  legge 
negli  atti,  non  iam  an  sint  ordinationes  repetendae,  sed 
solum  de  modo  ordinationis,  num  absolute  an  sub  conditione 
sit  iteranda.  II  dubbio  fu  sciolto  col  seguente  Decreto:  «Feria 
V.  die  1  August!  1697,  proposito  iterum  et  mature  discusso 
dubio,  an  ordinationes  factae  per  Episcopum  Abellini  qui  per 
se  ipsum  instrumenta  seu  materiam  subdiaconatus,  diaconatus, 
presbyteratus  respective  non  porrexit,  sint  nullae  et  invalidae, 
et  an  praedicti  in  Ordinibus  sacris  ordinati  sint  absolute  or- 
dinandi  vel  potius  sub  conditione  tantum ;  SSiiius  (Innocentius 
XII)  auditis  etc.  decrevit,  in  casu  de  quo  agitur,  tutius  esse, 
quod  sub  conditione  reiterentur  collationes  sacrorum  Or- 
dinum.  » 

Questo  Decreto  e  anteriore  di  sette  anni  a  quello  dato,  nel 
1704,  da  Clemente  XI  nel  caso  del  vescovo  anglicano  Gordon,  e 
fa  parte,  come  dicemmo,  di  una  lunga  serie  di  simili  Decreti 
pubblicati  dalla  medesima  Congregazione  del  Santo  Ufflcio  du- 
rante  tutto  il  secolo  che  precedette  1'anno  1704.  Non  puo  dun- 
que  dubitarsi  dell'assoluta  esattezza  e  verita  storica  della  pro- 
posizione  di  Leone  XIII  affermante  il  fatto,  che  al  tempo  di 
Clemente  XI,  e  precisamente  nel  1704,  mancando  la  consegna 
degli  istrumenti,  praescriptum  de  more  erat  ut  ordinatio  sub 
conditione  instauraretur.  Donde  segue  che  lo  «  sproposito 

1  Vedi  il  quad.  1114,  pag.  436. 


DELLE    ORDINAZIONI   ANGLICANE  47 

madornale  »  non  e  stato  commesso  da  chi,  sulla  fede  di  tali 
e  tanti  documenti,  ha  asserito  quel  fatto ;  ma  bensi  da  chi  lo 
ha  negate,  ignorando  e  forse  neppur  sospettando  1'esistenza 
di  questi  document!  *. 

XXXVIII. 

Lo  «  sproposito  »  poi  appare  ancor  piu  «  madornale  »,  se 
si  esamini  la  prova  che  il  Lacey  offre  2  per  convincere  la 
Bolla  di  una  falsita  storica.  Tutta  questa  prova  consiste  in 
una  Risoluzione  della  Congregazione  del  Concilio  di  data 
posteriore  al  1704  e  citata  da  Benedetto  XIV  3.  Nella  Riso- 
luzione si  prescrive,  ut  verificatis  expositis,  ciofe  la  mancanza 
della  consegna  degli  strumenti,  Episcopus  procedat  ad  secreto 
iterandam  ordinationem  ex  integro  sub  conditione  4.  Per  pro- 
vare  con  essa  la  tesi  difesa  contro  la  Bolla,  dovrebbe  sup- 
porsi,  come  il  Lacey  di  fatto  suppone  5,  che  la  citata  Risolu- 
zione fosse  assolutamente  la  prima  di  tal  genere  che  venisse 
mai  sancita  dalla  Chiesa;  ora  cio  e  manifestamente  dimostrato 
falso  da'  documenti  del  Santo  Ufflcio  sopra  accennati.  Anzi, 
neppure  puo  supporsi  con  verita,  che  essa  sia  stata  la  prima, 
in  un  senso  relative ,  nella  serie  di  simili  decisioni  date  dalla 
Congregazione  del  Concilio.  Infatti  gli  AUi  di  questo  Tribu- 
nale,  che  il  Lacey  sembra  confondere  col  Santo  Ufficio,  aper- 

1  II  signer  Lacey  avrebbe  potuto  avere  almeno  un  dubbio  sulla  verita 
dell'accusa  fatta  alia  Bolla,  consultando  1' opera  a  lui  nota  del  P.  LE 
QUIEN,  Nullitt  des  Ordinations  Anglicanes  (Paris,  Simart,  1725).  Ivi  (Tom.  II, 
p.  390)  si  legge  il  caso  di  Mgr.  Du  Moulinet,  Vescovo  di  Seez,  il  quale, 
come  nel  caso  da  noi  riferito,  aveva  omessa  nelle  ordinazioni  la  consegna 
degli  strumenti.  La  soluzione  data,  nel  1604,  da  Papa  Clemente  VIII  si 
trova  espressa  nelle  lettere  del  Cardinale  Bubalip,  Nunzio  in  Francia: 
«  Sanctitas  Sua,  scriv'egli,  tutiorem  partem  amplectens,  declaravit,  reordi- 
nationem  sub  conditione  fieri ;  hos  autem  Ordines  ob  non  servatam  formam 
in  Pontificali  Romano  praescriptam  nullos  extitisse.  » 

*  Contemp.  Rev.  pag.  799. 

3  De  Synodo  Dioecesana  lib.  VIII,  cap.  10.  Tom.  XI,  1854,  pp.  268-272 

4  L'identica  soluzione  fu  ripetuta  nel  1796.  Vedi  Lib.  Dccret.  146,  Arch, 
della  Congr.  del  Cone. 

5  Alia  pagina  citata  della  Contemporary,  egli  piglia  ci6  per  concesso 
Such,  dic'egli,  is  the  origin  of  the  practice. 


48  LA.    CONDANNA 

tamente  attestano  il  contrario.  Stando  alia  Raccolta  pubbli- 
catane  recentemente  dal  Pallottini  *,  la  detta  Risoluzione  sa- 
rebbe  stata  preceduta  almeno  da  altre  tre  o  quattro  del 
medesimo  tenore.  In  queste  poi  come  in  quella,  la  Congrega- 
zione  del  Concilio  non  avrebbe  fatto  altro  se  non  ribadire 
1'antica  pratica  e  conformare  la  .propria  condotta  a  quella 
tenuta,  molti  anni  prima,  dalla  Suprema  Congregazione  del 
Santo  Ufficio. 

XXXIX. 

II  Santo  Padre  ci  assicura  che,  prima  di  dare  la  sua  sen- 
tenza  deflnitiva  sul  valore  intrinseco  delle  Ordinazioni  Angli- 
cane,  voile  da  se  e  con  gli  Emi  Giudici  della  Suprema  esa- 
minarne  attentamente  e  per  lungo  tempo  tutte  le  ragioni,  mas- 
simamente  quelle  ch'erano  state  discusse  pro  e  contra  da 
valenti  teologi,  canonist!  e  storici  nella  speciale  Commissione 
romana,  da  lui  a  questo  scopo  espressamente  istituita:  Istaec 
omnia  diu  mullumque  reputavimus  apud  Nos  et  cum  Vene- 
rabilibus  Fratribus  Nostris  in  Suprema  iudicibus.  II  Santo 
Padre  voile  inoltre  prima  di  proferirla  considerare  anche  Top- 
portunita  della  sua  sentenza :  conveniret  ne  expediretque 
eamdem  rem  auctoritale  Nostra  rursus  declarari;  soddisfa- 
cendo  cosi  agli  scrupoli  di  coloro,  i  quali  temevano,  che  una 
nuova  autorevole  dichiarazione,  avrebbe  potuto  forse  intral- 
ciare,  o  almeno  arrestare  in  qualche  modo  il  felice  movimento 
di  ritorno  al  Cattolicismo  veriflcatosi  da  qualche  tempo  in  In- 
ghilterra.  Se  non  che,  nelle  circostanze  present!  e  dopo  le 
acri  polemiche  sostenute  durante  gli  ultimi  due  anni  in  favore 
della  validita  di  quegli  Ordini,  non  solo  da'  Ritualisti,  ma  al- 
tresi  da  alcuni  scrittori  cattolici,  era  ovvio  e  naturale  che, 
se  il  Papa  avesse  taciuto,  perniciosus  error  gigneretur  non 
panels  qui  putent  se  ibi  Ordinis  sacramentum  et  fructus 
reperire  ubi  minime  sunt,  per  cio,  conchiude  Leone  XIII,  vi- 
sum  est  in  Domino  sententiam  Nostram  edicere. 

1  Collectiu  omnium  Conclus.  et  Resolut  Congreg.  Concilii  etc.  Tom.  XVI, 
Roma  1892,  pp.  63-68. 


DELLE    ORDINAZIONI   ANGLICANE  49 

Non  dunque  la  politica  ',  o  qualsiasi  altro  motivo  di  pru- 
denza  umana,  ha  indotto  Leone  XIII  a  condannare  le  Ordina- 
zioni  Anglicane,  ma  la  sola  incontrastabile  evidenza  della  loro 
nullita,  e  T  imperioso  dovere  onde  egli  e  stretto  verso  Dio 
e  verso  le  anime  redente  col  sangue  di  Cristo.  Fedele  al  suo 
ufflcio  di  Supremo  Maestro,  Padre  e  Pastore  di  tutti  i  cristiani, 
egli  non  pote  e  non  voile  lasciare  in  un  errore  cosi  funesto 
tanti  suoi  figli,  i  quali,  sebbene  sieno  da  lui  separati,  pure 
sinceramente  cercano  il  Regno  di  Cristo  nell'unita  della  fede. 

Egli  dunque  ha  parlato,  e  il  suo  linguaggio  e  stato  chiaro, 
preciso,  e  rivestito  di  tutte  quelle  qualita  che  apertamente  di- 
mostrano  la  sua  sentenza  essere  stata,  non  solo  un  Atto  sa- 
piente,  giusto  e  doveroso  della  suprema  autoritii  della  Chiesa ; 
ma  altresi  un  suo  Atto  da  valere  in  pet^petuo,  rato  e  irrevo- 
caUle  2.  Leone  XIII  ha  ferito  a  morte  le  Ordinazioni  angli- 
cane  proprio  nella  loro  essenza,  dimostrandole  e  dichiarandole 
nulle  e  invalide  per  intrinseco  difetto  di  forma  e  d'intenzione. 
Cosi  con  1'unitk  di  dottrina,  Leone  XIII  ha  mostrato  che  la 
Santa  Sede  conserva  altresi  Punita  di  linguaggio,  bellamente 
illustrato  e  confermato,  nella  prima  parte  della  sua  Bolla,  dagli 
Atti  di  Giulio  III,  di  Paolo  IV  e  di  Clemente  XL 

Amore  di  verita  ci  mosse  a  commentare  questo  nuovo  do- 
cumento  di  Leone  XIII,  e  a  trattare  un  soggetto  di  cosi  alta 
importanza,  sia  che  si  consider!  in  se  stesso  e  in  risguardo 

1  Come  falsamente  asserisce,  nel  gia  citato  numero  della  Contempo- 
rary (pp.  804-809)  un  altro  scrittore,  il  quale  si  nasconde  sotto  il  nome  di 
Catholicus.  Sotto  questa  maschera  ci  sembra  riconoscere  quel  medesimo 
E.  J.  D.  che  negli  ultimi  anni  si  e  servito  delle  pagine  del  detto  perio- 
dico  per  censurare  ex  professo  gli  Atti  del  Pontificate  di  Leone  XIII.  I 
nostri  lettori.  ricorderanno  la  risposta  che  facemmo  a'  suoi  articoli  sulla 
«  Politica  del  Papa  »  e  sul  «  Papa  e  la  Bibbia  »  ne'  quaderni  1019,  1020,  1029. 

*  II  signer  Lacey  nel  suo  articolo  pag.  803  erra  e  fortemente  s'illude, 
giudicando  altrimenti  della  condanna  pronunziata  da  Leone  XIII  contro  la 
validita  delle  Ordinazioni  Anglicane.  Nel  medesimo  errore,  fatale  a  molte 
anime  e  ripugnante  al  testo  della  Bolla  e  alle  intenzioni  del  Santo  Padre, 
e  caduto,  con  nostro  grande  stupore,  il  periodico  irlandese,  The  Irish  Ec- 
clesiastical Record,  nel  numero  teste  pervenutoci  dello  scorso  mese  di 
decembre,  pag.  1116. 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1117.  4  23  dicembre  1896. 


50  LA   CONDANNA   DELLE    ORDINAZIONI   ANGLICANE 

alia  nazione  britannica,  la  quale  per  senno  e  potenza  e  la  piii 
vera  imagine  del  romano  impero;  sia  che  si  faccia  ragione 
della  salute  eterna  di  tanti  milioni  di  anime,  quanti  da  tre 
secoli  vivono  separati  dalla  vera  Chiesa  di  Gesii  Cristo.  Se  da 
una  parte,  il  pensiero  che  una  nazione  nobilissima,  e  quasi 
naturalmente  cristiana,  qual  e  1'inglese,  e  restata  per  si  lungo 
volgere  d'anni  senza  il  Sacriflcio  delPAltare  e  senza  il  Sacer- 
dozio,  induceva  nell'animo  nostro  tristezza  e  dolore,  dalPaltra, 
la  dolce  speranza  di  vedere  in  esSa  ristabilito,  con  la  sottomis- 
sione  piena  e  perfetta  alia-  Sede  di  Pietro,  quel  che  forma 
1'essenza  della  religione,  grandemente  ci  confortava  e  sospin- 
geva  a  far  qualche  cosa  per  una  causa  gia  da  molti  anni  con 
grande  diligenza  ed  amore  da  noi  studiata.  Non  fu  dunque  spi- 
rito  di  parte,  non  talento  di  polemiche  e  contese,  o  qualsivoglia 
altro  motivo  men  che  degno  d'animo  cristiano,  quello  che  ci 
mosse  a  imprendere  il  presente  lavoro;  ma  si  la  riverenza 
dovuta  alia  veritk  storica  e  teologica,  e  la  brama  d'essere  utili 
ad  una  nazione  che  1'esempio  di  Leone  XIII  e  le  sante  me- 
morie  de'  nostri  Martiri  inglesi  ci  fanno  dovere  di  onorare  ed 
amare. 


P.  S.  Mentre  stavamo  per  licenziare  alle  stampe  quesf  ultimo  foglio,  ci 
e  giunto  datt'Inghilferra  il  GUARDIAN  del  9  decembre,  con  altre  osservazioni 
del  signer  Lacey  sulla  Bolla  e  sui  nostri  primi  due  articoli.  Ne  esamineremo 
il  valore  nella  ristampa,  che  sard  presto  fatta  a  parte,  di  questa  nostra 
breve  trattazione. 


LA  PSICOLOGIA  TEDESCA 
IVELLA.  :E»E;DA.OOGJTA_ 


SOMMARIO:  18.  La  Germania  e  la  pedagogia.  Herbart:  la  sua  posizione 
nella  storia  universale,  secondo  il  Prof.  Rein.  —  19.  Antecedent!  fllo- 
sofici  di  Herbart:  Hegel,  Herbart  riguardato  qual  creatore  dell'intel- 
letto  e  della  volonta  nel  fanciullo !  L'ego  risultante  nel  suo  sistema 
dalle  immagini  mentali,  le  quali  sono  il  campo  dell'  attivita  pedago- 
gica. —  20.  L'interesse.  Origine  storica  dell' applicazione  della  dottrina 
dell'interesse.  La  percezione :  1.°  Illustrazione  del  Prof.  Noire.  2.°  Ci  avvi- 
ciniamo  alia  nozione  di  un'idea  universale.  I  passi  formal!  della  cono- 
scenza.  Incoerenze  circa  1' individuality  nel  fanciullo.  Crudezze  ed  errori 
di  questa  Pedagogia  Generale.  —  21.  Psicologia  fisiologica.  L'evoluzione 
e  la  biologia  comparata.  Ipotesi  fisiche.  Metodi  psico-fisici.  La  psico- 
genesi  e  lo  studio  deH'infanzia.  La  teorica  della  ricapitolazione. 


XVIII. 

Froebel  ci  ha  servito  d'  introduzione  nel  mondo  del  pen- 
siero  filosofico-pedagogico  tedesco.  La  Germania,  oggidi,  e 
riguardata  come  il  focolare  della  luce  che  irradia  la  moderna 
educazione.  Non  dobbiamo  abbandonare  questo  suolo,  ora  che 
vi  abbiamo  posto  il  piede.  Per  i  frutti  piu  eletti  dell'educazione 
pratica  ci  rivolgeremo  bensi  alfcrove,  ma  non  cosi  per  la  teoria. 

Non  ne  possiamo  fare  a  meno.  Ivi  dobbiamo  andare  ed  ivi 
trattenerci.  Gli  stessi  pedagoghi  della  Francia  si  rivolgono  alia 
Germania.  In  quanto  agP  Italiani,  quantunque  abbiano  eredi- 
tato  tendenze  ed  abiti  di  mente  fllosoflci  ed  etici,  che  fanno 
scorgere  lo  Scolasticismo,  il  Cattolicismo,  ed  anche  il  Gesui- 
tismo  nel  loro  modo  di  scrivere  e  di  pensare,  contuttocio, 
anch'essi  infarciano  le  loro  pagine  di  definizioni,  di  massime 
e  di  varie  altre  citazioni  tolte  per  lo  piu  da  Kant,  Fichte 
Herbart  e,  anche  da  Buchner,  nel  che  fanno  malissimo. 


52  LA   PSICOLOGIA   TEDESGA 

Non  vogliamo  dire  con  cio  ch'  essi  abbiano  sul  serio  im- 
piegato  il  loro  tempo  nel  cercar  di  comprendere  i  loro 
colleghi  d'oltr'alpe.  V'e  ancora  rimasto  troppo  buon  senso 
nei  loro  scritti  pedagogic!  per  supporre  che  noi  ammet- 
tiamo  una  idea  cosi  ingiuriosa.  Quanto  agli  Americani,  essi 
hanno  acquistato  il  diritto  di  preferenza  in  siffatta  materia. 
Hanno  energia  e  danaro  abbastanza,  di  Ik  dall'Oceano,  per 
permettersi  la  spesa  di  tempo,  di  pensiero,  di  abbonamenti 
di  libri,  di  giornali  e  d'  ogni  altra  cosa,  onde  tentare  di  com- 
prendere Herbart,  per  esempio.  Ma,  com' 6  noto,  la  gente 
ricca  puo  procurarsi  rafflnatezze,  dalle  quali  altri  farebbero 
meglio  a  stare  ad  una  rispettosa  distanza. 

Alia  Germania  dunque  volgiamo  i  nostri  passi,  con  1'a- 
nimo  preoccupato  ed  oppresso,  ma  sostenuto  dal  sentimento 
del  dovere.  Lessing  scrisse  una  tesi  sulP  educazione  del  genere 
umano ;  Schiller  scrisse  romanzi  sull' educazione  morale;  Goe- 
the scrisse  grandi  romanzi  didattici ;  Fichte  parlo  alia  nazione 
Germanica  sull'  educazione.  Qual  meraviglia  poi  che  Herbart 
abbia  posto  il  coronamento  all'opera,  trattando  piu  pienamente 
la  parte  teorica  della  pedagogia  generale?E  qual  meraviglia, 
per  conseguenza,  come  si  esprime  un  pedagogo  americano, 
che  «  la  maggior  parte  dei  trattati  di  pedagogia,  scritti  piu 
di  trentacinque  anni  fa,  siano  ora  senza  valore  agli  occhi 
de'moderni  insegnanti? »  Non  £  soltanto  la  psicologia  idealistica 
di  Herbart  quella  che  ha  rovinato  la  psicologia  dell'Europa 
cristiana  e  dell'America,  ne  di  certo  avrebbe  potuto  tanto,  se- 
non  dove  fosse  venuto  meno  il  senso  comune;  ma  e  anche 
la  psicologia  fisiologica  del  Wundt.  Di  questa  a  suo  tempo 
avremo  occasione  di  parlare.  Basta  Herbart  per  incominciare. 

Ed  in  primo  luogo,  collochiamolo  al  suo  posto  nella  storia 
del  mondo.  Per  cio  fare,  dobbiamo  ricorrere  al  Prof.  Rein  di 
Jena,  1'attivo  propagatore  e  promotore  dell' Erbartianismo  ai 
tempi  nostri.  Egli  ci  dice  che  il  mondo  non  precede  mai  a 
scosse  o  a  salti.  Ogni  cosa  che  si  effettua  sul  mondo  e  non 
solo  uno  sviluppo,  ma  un  progresso.  Uomini  che  avevano  rice- 
vuto  un' educazione  giudaica  furono  i  primi  Cristiani.  Uomini 


NELLA  PEDAGOGIA  MODERNA  53 

che  avevano  ricevuto  un' educazione  Scolastica  furono  i  primi 
Umanisti.  Uomini  che  erano  stati  educati  cattolicamente  furono 
i  prirai  Riformatori.  Non  ostante  le  sue  tendenze  rivoluzionarie, 
«  Lutero  (nella  mente  del  Prof.  Rein)  riraase  un  buon  cat- 
tolico.  »  Non  ostante  la  rivoluzione  ch'  egli  ha  effettuata, 
Bismarck  e  rimasto  serapre  profondamente  conservatore.  La 
stessa  legge  (dice  .egli)  si  verifica  nel  caso  del  grande  orga- 
nizzatore  storico-educativo  Giovanni  Federico  Herbart.  Essa 
verificasi  nel  fine  e  nei  mezzi  educativi  di  questo  fllosofo, 
ossia  in  cio  che  oggi  distinguesi  col  nome  di  «  nuova  pe- 
dagogia».  Questa  nuova  pedagogia  e  conservatrice ;  eppure 
e  riformatrice.  Essa  e  conservatrice  in  quanto  che  le  sue  ra- 
dici  sono  profondamente  abbarbicate  nel  suolo  nazionale  e  cri- 
stiano;  ed  ivi  continuamente  cresce.  Ma  essa  6  del  pari  rifor- 
matrice ;  poich6  essa  puriflca  ed  elimina  tutto  cio  che  piii  non 
contiene  un  vero  principio  vitale.  Che  cos'e  che  determinajl 
valore  degli  elementi  dell'  educazione,  in  guisa  da  distinguere 
cio  che  e  permanentemente  valido  e  duraturo,  da  cio  che  e 
temporaneo  ed  efflmero?  Come  scienza,  6  1'etica  educati va  che 
determina  tutto  cio ;  come  criterio  etico,  £  il  valore  ed  il  me- 
rito  della  vita  individuale  giudicata  dalla  vita  sociale  con- 
temporanea,  o  dalle  istituzioni  sotto  le  quali  viviamo.  Ora, 
la  vita  individuale  non  ha  valore  che  in  quanto  essa  sviluppasi 
moralmente  e  (ci  si  perdoni  la  parola  barbara  del  detto  Pro- 
fessore)  sensazionalmente ;  ossia  nel  carattere  e  nella  volonta 
dell'  individuo.  Questo  sara  dunque  il  grande  scopo  dell'  edu- 
cazione: formare  il  carattere.  Ma  per  cio  che  riguarda  la 
forma  della  cultitra  da  imporsi  alia  volontk  e  al  carattere  del- 
F  individuo,  cio  puo  decidersi  soltauto  per  mezzo  di  uno  studio 
accurate  delle  fasi  dell'umana  cultura,  o  mediante  lo  sviluppo 
storico  del  grande  organismo  sociale  nel  quale  1'individuo  vive. 
Donde  segue  che  i  mezzi  d' educazione  saranno  tali  da  assi- 
curare  una  connessione  intima  fra  lo  sviluppo  dell'  individuo 
che  «  si  adatta  »  e  lo  sviluppo  dell'  organismo  sociale  al  quale 
egli  «  e  adattato  ».  Notate  qui  la  base  dei  due  grandi  principii 
erbartiani  dell'  Interesse  e  della  Percezione.  L'  Interesse  (se- 


54  LA   PSICOLOGIA   TEDESCA 

condo  Herbart)  6  la  vita,  1'energica  attivita  propria  di  una 
volonta,  la  quale  vien  sempre  piu  sviluppata  nella  forma  di 
un  carattere  complete,  secondo  ch'  essa  vien  sempre  piu  inte- 
ressata  in  cio  che  la  circonda;  una  vera  educazione  creerk  un 
«  multiforme  interesse  ».  La  Percezione  e  il  modo  della  cono- 
scenza  intellettuale,  il  quale  soltanto  costituisce  la  vera  cono- 
scenza,  la  vera  scienza. 

Quest'e,  in  pochi  e  brevi  termini,  il  carattere  dell'Erbartia- 
nismo,  quale  esso  veniva  esposto  da  uno  dei  suoi  piu  cospicui 
rappresentanti  nel  Marzo  del  1896,  sotto  il  titolo:  «  L'antica 
e  la  nuova  Pedagogia  in  Germania  ».  Dobbiamo  confessare 
che  la  nostra  esposizione  non  corrisponde  alia  vaga  e  nebu- 
losa  dichiarazione  del  Prof.  Rein.  Ma  ne  abbiamo  dato  il  sunto, 
cosi  come  ci  e  riuscito  d' intenderla. 

XIX. 

La  prima  gioventu  dell'  Herbart,  come  quella  del  Froebel, 
trascorse  fra  gli  fatui  splendori  intellettuali  di  cio  che  si  suole 
chiamare  da  taluni  «  i  massimi  trionfl  dell'  intelletto  umano  »; 
vale  a  dire  sotto  le  influenze  di  Kant,  di  Fichte,  di  Schelling  e  di 
Hegel.  La  filosofla  trascendentale  e  il  nucleo  ed  il  midollo  del 
sistema  di  Herbart,  per  cio  che  si  riferisce  alia  personalita 
umana,  alia  sua  origine  ed  al  suo  destine.  Ed  in  modo  spe- 
ciale  su  Hegel  i  discepoli  di  Herbart  si  appoggiano,  in  quanto 
che  le  dottrine  eghelliane  corroborano  notevolmente  la  dot-, 
trina  erbartiana  dell' « Interesse  »,  nella  quale  si  contiene 
Fessenza  stessa  della  formazione  del  carattere  e  della  volontk 
secondo  i  principii  erbartiani.  Poichfe  Hegel  concentro  tutto 
il  complesso  dei  diritti  morali  e  politici  in  quelPassioma  cer- 
vellotico :  «  La  volonta  vuole  volere  » ;  od  in  altri  termini  : 
«  La  volontk  creasi  nei  suoi  tentativi  di  voler  volere  »....  (spie- 
gazione  piu  oscura  ancora  deiristesso  assioma).  Tuttavia  nella 
mente  delPautore  cio  significa  che  la  volonta  e  un  generatore 
trascendentale  (!)  di  nuove  determinazioni  nello  spazio  e  nel 
tempo,  ed  e  un  atto  continue  di  propria  rivelazione  ossia  della 


NELLA  PEDAGOGIA  MODERNA  55 

rivelazione  dell'uomo  a  se  stesso!  Questa  legge  funziono  ori- 
ginariamente  nell'atto  col  quale  la  prima  volonta,  chiaraata 
Dio,  voile  altre  volonta,  trascendentali  al  pari  della  sua,  anime 
viventi,  chiamate  uomini.  Questa  e  la  prima  rivelazione  di  Dio; 
la  prima  religione  rivelata.  La  seconda  fu  quella  concepita 
dal  Cristianesimo,  quando  parlo  del  «  Figlio  dell'Uomo  »  rive- 
lante  in  modo  perfetto  la  volontk  di  Dio  nelFuomo.  L'uomo 
stesso  continua  la  rivelazione  della  volont&  coH'imprimere  la 
sua  volonta  trascendentale  sul  mondo  che  lo  circonda,  in  deter- 
minazioni  di  tempo  e  di  spazio;  e  cio  facendo  egli  diventa 
sempre  piii  conscio  di  se  stesso.  Ed  inflne,  la  coscienza  ele- 
mentare  e  rudimentale  ch'egli  ha  di  se  stesso,  s'  innalza  e  si 
perfeziona,  per  mezzo  del  pensiero  e  della  riflessione  sui  suoi 
proprii  atti,  in  cio  che  tanto  dall' Hegel,  quanto  dal  Kant  chia- 
masi  «  pensiero  puro  ».  Cosi,  intellettualmente  ed  eticamente, 
YIo  dell'individuo  e  ritratto  indietro  in  relazione  intima,  ed 
identity  di  operazione,  con  Fattivita  propria  dell'/o  assoluto  (!!) 
e  la  stessa  formula  esprime  Toperazione  di  ambedue :  «  La 
volonta  vuole  volere  ».  Cosi  Hegel;  e  con  quanta  chiarezza  lo 
giudichi  il  lettore  ! 

Herbart,  per  tanto,  introdusse  una  modiflcazione  in  tutto 
questo  trascendentalismo.  Egli  trovo  nel  fanciullo  un'attivita 
propria,  la  quale  differisce  considerevolmente  dal  puro  lo 
eghelliano.  L'anima  dell'uomo  non  e  che  una  sola  sostanza  sem- 
plice,  non  avendo,  a  suo  modo  di  vedere,  alcuna  attivitk  pro- 
pria, ma  una  sola  qualita.  E  una  delle  sostanze  semplici,  le 
quali  costituiscono  gli  elementi  ultimi  di  tutte  le  cose  finite  nel 
tempo  e  nello  spazio.  Le  cose  finite  sorgono  dalle  collision!  di 
queste  sostanze  reali  ed  ultime,  fra  di  loro.  L'  intelletto  umano 
e  la  volont^  sorgono  dalle  collision!  fra  queste  sostanze  sem- 
plici. (Che  si  potea  dire  di  piii  assurdo  ?)  L'  identita  personale 
e  F  individuality  (secondo  lui)  non  hanno  in  se  nulla  che  sia 
sostanziale  o  permanente :  sono  semplicemente  la  risultanza 
della  reazione  degli  ultimi  atomi,  gli  uni  contro  gli  altri. 

In  un  fanciullo,  quest'ultimo  atomo  chiamato  anima,  (o  tapi- 
nella,  a  che  sei  ridotta)  viene  ad  urtarsi  contro  altre  sostanze 


56  LA   PSICOLOGIA   TEDESGA 

semplici.  Reagisce  contro  1'attacco;  e  questa  reazione,  o  propria 
preservazione  (Selbsterhallung),  produce  una  immagine  o  rap- 
presentazione  mentale.  La  somma  di  tutte  queste  rappresenta- 
zioni  prese  insieme,  costituisce  1'intelletto!  Ora,  siccome  queste 
immagini  o  rappresentazioni  tendono  a  sopprimersi  vicendevol- 
mente,  la  soppressione  parziale  di  una  rappresentazione  o  imma- 
gine, per  opera  di  un'altra,  da  luogo  al  sentimento;  e  la  lotta 
fortemata  di  una  immagine  o  rappresentazione  contro  altre,  che 
tendono  a  sopprimerla,  produce  il  desiderio.  II  desiderio  diventa 
volonta,  quando  esso  e  seguito  dalla  supposizione  che  Toggetto 
del  medesimo  sia  accessibile.  Donde,  come  esprimesi  T  Herbart, 
« 1'atto  crea  la  volonta  del  desiderio  »  ossia  « la  volonta  e  creata 
dal  desiderio  per  mezzo  dell'atto  ».  Gi  duole  di  dovere  intrat- 
tenerci  in  coteste  stravaganze  da  manicomio ;  ma,  come  i  de- 
boli  di  cervello  tanto  piii  ammirano  una  teoria  quanto  meno 
1'intendono,  ci  e  giuocoforza  seguir  col  pensiero  anche  cotesti 
nebulosi  scrittori  della  scuola  eghelliana.  Seguitando  adun- 
que,  domanderemo  al  Sig.  Herbart:  Ov' e  T/o?  Che  cosa  e 
mai  quesf/o?  Ecco:  L'/o,  secondo  lui,  e  la  risultanza  delle 
immagini  o  rappresentazioni  mentali,  (Vorstellungen)  le  quali 
si  uniscono  e  si  compenetrano  1'una  con  1'altra  in  una  sola 
sostanza,  1'anima.  Donde,  1'umana  personalita,  1'  individuality 
la  volonta,  il  carattere,  sono  tutti  una  creazione,  risultante  dagli 
urti  e  dagli  attriti  degli  ultimi  atomi.  Essi  sono  una  creazione 
degli  attriti  e  delle  collisioni  atomistiche  tanto  quanto  lo  sono 
le  stesse  rappresentazioni  o  immagini  mentali. 

Ed  eccoci  in  pieno  materialismo. 

Tutto  cio  che  e,  e  diventato  cio  che  e,  intanto  e  per  quanto 
e  il  pensiero  riflesso,  o  combinazione  di  collisioni,  che  sonosi 
prodotte  in  qualche  anima.  Despotismi,  guerre,  rivoluzioni,  pira- 
midi,  crociate,  inquisizioni,  cattedrali,  dinastie,  religioni,scienze, 
tutte  queste  cose,  dice  un  erbartiano,  altro  non  sono  che  «  pen- 
sieri  riflessi  ».  Sono  il  mondo  oggettivo  create  dalle  anime ; 
o,  se  piu  vi  piace,  secondo  una  piu  recente  terminologia,  tutte 
quelle  cose  sono  create  dai  «  cervelli  ».  Ogni  anima  crea,  alia 
sua  volta,  il  mondo  nel  quale  essa  deve  vivere. 


NELLA  PEDAGOGIA  MODERNA  57 

Ed  eccoci  ritornati  al  puro  idealismo. 

Ed  ora  qual'e  la  coaseguenza  pedagogica,  quali  gli  effetti, 
di  questa  bella  dottrina  ?  La  conseguenza  e  che  tutto  dipende 
dalla  selezione  e  dalla  combinazione  delle  dette  iramagini  o 
rappresentazioni  mentali,  delle  Vorstellungen,  che  sorgeranno 
nella  mente  del  fanciullo,  o  piuttosto  che  formeranno  il  suo 
spirito,  la  sua  volonta,  il  suo  carattere,  la  sua  individuality. 
Siflfatto  processo  viene  da  Herbart  compendiato  in  due  parole: 
Interesse  e  percezione. 

XX. 

L'idea  dell'Interesse  si  spaccia  presto.  Non  fa  mesderi  defi- 
nirla,  poiche  trattasi  di  cosa  che  tutti  sanno ;  ed  infatti  nessuno  si 
ferma  per  esaminare,  analizzare  o  definire  quesfidea,  quan- 
tunque  libri  e  periodici  siano  pieni  di  stupende  discussioni  in 
proposito.  Essa  significa  la  soddisfazione  che  un  fanciullo  puo 
trovare  neH'imparare,  con  1'idea  associata  di  un  rinnovamento 
di  zelo  che  lo  spinge  innanzi,  quando  egli  e  soddisfatto  di 
quanto  ha  gik  compiuto.  E  questa  e  una  definizione  molto  cora- 
plessa  di  una  cosa  molto  semplice  e  molto  naturale.  II  mera- 
viglioso  sta  in  cio  che  una  nozione  cosi  elementare,  come  quella 
della  soddisfazione  o  contentezza  di  un  fanciullo,  abbia  pottito 
giungere  al  punto  di  essere  illustrata  da  un  corredo  cosi  ampio 
di  letteratura  pedagogica. 

Eppure,  anche  questo  fenomeno  puo  spiegarsi  in  qualche 
modo,  e  lo  stato  di  questa  gravissima  questione  puo  essere 
debitamente  definite.  Sembra  che  in  certi  paesi,  qualunque  in- 
teresse  in  materia  di  educazione  siasi  smarrito,  tanto  per  cio 
che  riguarda  1'intelletto,  quanto  per  cio  che  riguarda  special- 
mente  la  morale.  Ne  gPinsegnanti,  tali  quali  sono,  ne  gli 
scolari  (e  questi  meno  di  tutti,  se  educati  da  quella  genia 
d'insegnanti),  si  danno  il  minimo  pensiero  della  virtu,  del  ca- 
rattere, o  di  alcun'altra  di  quelle  belle  qualita,  che  sono  la  luce 
e  lo  splendore  dell'educazione  cattolica,  specialmente  quand'essa 
£  nelle  mani  d'insegnanti  religiosi.  Anche  i  giuochi  e  i  diver- 


58  LA   PSICOLOGIA   TEDESCA 

timenti,  che  floriscono  e  giovano,  ove  sono  cuori  innocent! 
€  virtuosi,  sono  diventati  una  cosa  del  passato,  e  sono  scom- 
parsi  dal  mondo  pedagogico,  insieme  ai  Sacramenti,  i  quali 
mantengono  1'innocenza  e  promuovono  la  virtu.  Donde  proviene 
quella  straordinaria,  artiflciale,  ostinata  insistenza  sulPinteresse 
nello  studio,  nei  divertimenti  ecc. ;  fatto  che  le  persone,  le  quali 
non  hanno  mai  conosciuto  altra  educazione  aU'infuori  di  quella 
della  Chiesa  Cattolica.  non  possono  altrimenti  spiegare.  Due  si- 
stemi  religiosi  avevano  fatto  quant'era  in  poter  loro,  per  estin- 
guere  qualunque  raggio  di  letizia  dalla  vita  della  gioventu.  L'uno 
era  il  Puritanismo  protestante,  che  considerava  il  giuoco  e  il  di- 
vertimento come  parte  del  peccato  originale  corruttore  di  tutta 
la  natura,  e  lo  teneva  per  tale.  L'altro  era  il  Puritanismo  cat- 
tolico,  comunemente  noto  sotto  il  nome  di  Giansenismo,  il  quale, 
proscrivendo,  non  meno  rigorosamente  del  suo  confratello  pro- 
testante, le  belle  qualitk  di  una  natura  espansiva  data  da  Dio 
al  fanciullo,  vi  alimentavano,  invece,  una  santitk  ipocrita,  ed 
inoculavano  nelle  povere  anime  innocenti,  la  melanconia  della 
falsitk  e  delPorgoglio. 

La  percezione  puo  essere  meglio  spiegata  colPesaminare  le 
deflcienze  del  sistema  del  Pestalozzi.  Questo  sistema  aveva  inco- 
minciato  con  le  percezioni  o  intuizioni  del  senso,  e  con  queste 
praticamente  terminavasi ;  poichS  il  pasticcio  irrazionale  «  della 
forma,  del  numero  e  del  linguaggio  »,  col  quale  Pestalozzi  cerco 
di  corredare  e  di  completare  la  sua  dottrina  dell' « intuito  del 
senso  »,  non  poteva  certamente  servire  per  ispiegare  il  pen- 
siero  e  la  conoscenza  intellettuale.  Rassomiglianze  accidentali, 
per  mezzo  della  forma,  della  quantita,  del  numero,  ed  inven- 
zione  ed  uso  delle  parole  possono  dare  associazioni  di  fanta- 
smi,  con  una  relativa  categoria  di  parole  per  classificarli.  Ma 
questa  non  e  cultura,  e  nemmeno  senso  comune.  Un  pazzo, 
infatti,  possiede  quegli  elementi ;  e  li  possiede  in  grado  super- 
lativo. 

Spieghiamo  dunque  «  la  percezione  »,  prima  nella  fraseo- 
logia  Erbartiana;  quindi  la  spiegheremo  nella  nostra. 

Un  atto  di  «  percezione  »  non  6  una  percezione  piu  elevata  del 


NELLA  PEDAGOGIA  MODERNA  59 

senso,  secondo  Herbart,  ma  e  assolutamente  una  reazione  contro 
di  essa.  Lo  spirito  non  vede  1'oggetto  come  i  sensi  lo  vedono. 
Esso  non  vede  Poggetto  come  cosa  reale,  tangibile,  visibile,  de- 
terminata  dai  limit!  del  tempo  presente  e  del  presente  spa- 
zio.  Esso  ignora  il  valore  precise  dell'oggetto  sotto  questi  due 
aspetti.  Invece,  esso  rintraccia  le  cause  e  le  forze  cbe  hanno  pro- 
dotto  1'oggetto  reale;  vede  le  varie  metamorfosi,  per  le  quali  le 
cause  e  le  forze  hanno  fatto  capo  a  tale  oggetto ;  esso  discerne 
quelle  stesse  forze  ed  energie  come  distinte  ed  indipendenti  da 
questo  precise  risultato,  ora  presente  al  senso,  ed  in  quelle  con- 
sidera  1'elemento  permanente,  quella  forma,  che  puo  determi- 
narsi  nel  future,  indipendentemente  dalle  condizioni  present!. 
Insomma,  sospende  un  oggetto  reale  fra  due  catene  d'  idee, 
una  serie  di  forme  passate  ed  una  serie  di  forme  future ;  e  per 
questa  via  giunge  a  comprenderlo. 

Per  esempio :  Desideriamo  comprendere  quell'oggetto  visi- 
bile, ora  presente  dinnanzi  a  noi,  e  che  si  chiama  pane.  II 
Prof.  Noire  descrive  un  diagramma,  e  ci  mostra  il  processo  di 
percezione  altrettanto  chiaramente  quanto  se  la  stessa  per- 
cezione  fosse  un  oggetto  tangibile,  collocato  sotto  i  nostri  sguardi. 
Infatti,  e  degno  di  nota  come  i  diagrammi  sieno  diventati  un 
elaborate  istrumento  dell'odierna  psicologia  educativa.  Egli  so- 
spende «  il  pane  »  nel  mezzo,  e,  innanzi  e  indietro  al  medesimo, 
egli  colloca  i  multiformi  presupposti  e  le  conseguenze  risul- 
tanti,  ossia  i  fatti  e  le  forme  che  costituiscono  1'idea  del  pane. 
Ed  e  pure  da  notarsi  che  ciascuno  di  questi  antecedent!  e 
conseguenti,  ha  la  sua  serie  collaterale  d'  idee  che  lo  spie- 
gano  alia  sua  volta.  Di  guisa  che,  dovendolo  esporre  nel- 
1'ordine  suo,  il  processo  della  percezione  implicherebbe  le  se- 
guenti  nozioni:  Grano,  segala,  maturazione,  trebbiatura,  casci- 
nale,  mulino,  macinazione,  farina,  pasta,  lievito,  lupulo,  area, 
impasto,  infornata,  PANE,  cibo,  mangiare,  nutrizione,  digestione, 
calore  animale,  tessuti  organici,  forza  muscolare  rinnovata,  ecc. 
Quando  si  e  giunti  a  siffatta  percezione  del  pane,  si  e  raggiunta 
una  percezione  abbastanza  compiuta  e  perfetta  del  medesimo  *. 

1  N.  JB.  Quel  che   dice   1'autore  della  percezione  va  piu  propriamente 


60  LA   PSICOLOGIA   TEDESGA 

Ed  ora  spiegheremo  questo  laborioso  saggio  di  psicologia 
pedagogica  secondo  i  nostri  propri  termini.  E  1'Idea  univer- 
sale  riflessa  della  filosofla  scolastica  e  aristotelica,  corroborata 
con  le  quattro  cause  supplementary  Efflciente,  Materiale,  For- 
male  e  Finale.  Ecco  tutto.  Era  veramente  il  caso,  per  un  cer- 
vello  trascendentale  tedesco,  di  metter  fuori  come  una  novita 
questo  concetto,  ricamandovi  sopra,  in  pari  tempo,  una  serie 
di  crudezze  fllosoflche  mal  digerite,  d'incoerenze  e  d'errori! 

La  somma,  percio,  e  la  sostanza  della  pedagogia  erbartiana 
consiste  nel  coltivare  Tintelligenza,  Vintus  legere  degli  Scola- 
stici,  per  mezzo  della  riflessione  e  del  raziocinio,  e  di  stimolare 
cosi  lo  studio,  come  la  formazione  del  carattere,  colPinteressare 
gli  scolari  a  cio  ch'essi  fanno,  principalmente  per  mezzo  del 
successo  del  loro  lavoro.  E  per  venire  a  una  conclusione  pra- 
tica  cosi  semplice  ci  era  bisogno  di  tutto  quel  castello  fabbri- 
cato  sulle  nuvole? 

Egli  espone  un  piano  per  ottenere  il  successo.  Questo  piano 
e  compreso  nei  suoi  «  passi  o  gradi  formali  della  conoscenza  ». 
II  principio  di  questi,  che  non  e  qui  luogo  di  esaminare,  e  quello 
di  disciplinare  le  nostre  facolta;  non  quello  di  provvederle  e 
fornirle  di  fatti.  Eppercio  quei  gradi  vengono  chiamati  gradi 
«  formali ».  Siffatto  principio  non  e  utilitario;  o  piuttosto,  e  uti- 
litario  nel  senso  piu  elevato  e  piu  proprio  del  termine,  cioe, 
nel  senso  che  nulla  puo  essere  tanto  utile  ad  un  uomo  quanto 
la  buona  disciplina  ed  un  ordinato  tirocinio  delle  sue  facoltk. 
Quindi,  le  pagine  di  Tito  Livio  o  di  Cornelio,  mentre,  appa- 
rentemente,  sembrano  concentrare  lo  spirito  dello  scolaro  sopra 
una  cosa  sola,  possono  servire  come  un  ottimo  mezzo  d'istru- 
zione;  e  cio  per  due  motivi.  Primieramente,  perche,  come  ogni 
letterato  n'e  persuaso,  la  cultura  o  disciplina  mentale  degli 
studii  classici  e  d'un  genere  superiore.  In  secondo  luogo,  il  nu- 
mero  delle  discipline  e  nozioni  collaterali,  che  si  collegano  alia 
piena  intelligenza  d'un  autore  classico,  sono  numerosissime : 

applicato  all' idea  della  cosa  percepita,  e  a  un'idea  comprensiva,  che  ab- 
bracci  tutto  quanto  a  quella  di  qualche  modo  si  riferisce.  Beato  il  Prof. 
Noire  se  la  pu6  avere  anche  solo  del  pane  che  mangia ! 


NELL  A  PEDAGOGIA  MODERNA  61 

leggere,  scrivere,  composizione,  etimologia,  rettorica,  mitologia, 
storia,  geografla  ecc. 

Non  ostante  che,  secondo  la  psicologia  erbartiana,  la  mente 
del  fanciullo  sia  un  composto  di  rappresentazioni  o  immagini,  ed 
altro  non  rimanga  da  fare  che  disporre,  combinare  e  sistemare  le 
dette  immagini  nell'ordine  che  si  preferisce,  di  guisa  che  f'edu- 
catore  diventa  cosi  praticamente,  a  giudizio  dell'Herbart,  il  crea- 
tore  della  mente  del  fanciullo,  tuttavia  riconosce  (bonta  sua)  una 
personalita  distinta  e  una  indipendente  individuality  in  questa 
creatura  cosi  formata,  attribuendole  una  volonta  trascendentale, 
cioe  una  volonta  che  vuole  volere.  Capitelo  se  vi  basta  1'animo ! 
Egli  intende  che  1'educatore  si  faccia  un  dovere  di  lasciare  1'm- 
dividualita  del  fanciullo,  per  quanto  e  possibile,  intatta:  manco 
male!  Diversamente,  se  disturbata,  riescirebbe  difficile  a  questi 
di  giungere  alia  conoscenza  di  se  stesso.  In  pari  tempo  Her- 
bart  riconosceva  la  necessitk  della  coercizione  e  di  una  regola 
moderatrice.  In  realta,  il  bisogno  di  coercizione  apparivagli 
molto  piii  evidente  che  non  quello  della  liberta. 

Tutto  cio  pone  nella  debita  evidenza  ed  in  un  giusto  ri- 
lievo  1'attrattiva  particolare  della  filosofla  trascendentale  psi- 
cologica  e  pedagogica  dell'Herbart  sulle  menti  tedesche.  Essa 
lascia  cosi  un  vasto  campo  aperto  alia  discussione!  Si  puo 
leggere  a  diritto  e  a  rovescio,  come  si  vuole;  dal  sotto  in  su 
e  dall'alto  al  basso ;  potete,  se  piu  vi  piace,  tracciare  una  li- 
nea  diagonale  attraverso  il  suo  sistema,  o  secondo  qualunque 
angolo  la  compiacente  geometria  possa  suggerirvi;  ed  in  tutte 
queste  varie  direzioni,  otterrete  idee  che  verranno  a  cozzare 
con  quelle  che  il  vostro  vicino  viene  accumulando  col  seguire 
una  linea  diversa.  Vfe  il  campo  aperto  per  le  discussioni  erbar- 
tiane,  per  gli  annuarii,  le  associazioni,  i  corsi,  a  non  parlare  dei 
diagrarnmi,  dell'  «  istruzione  concentrica  »  e  delPapparato  sinot- 
tico,  di  cio  che  vien  chiamato  dai  tedeschi  «  materiale  apper- 
ceWvo  ». 

• 

Per  esprimerci  con  una  frase  erbartiana,  gli  atomi  radicali, 
individual!  del  sistema  moderno,  di  Herbart,  sono  continua- 
mente  in  collisione;  essi  agiscono  e  reagiscono;  essi  si  sop- 


62  LA   PSICOLOQIA   TEDESGA 

primono  parzialmente  a  vicenda,  e  lottano  efficacemente  con 
tro  la  reciproca  soppressione.  L'  «  intelligenza  »  erbartiana 
consiste  nella  reazione  contro  T  «  attacco  » ;  il  «  sentimento  » 
produces!  per  effetto  della  soppressione  «  passiva  » ;  la  «  vo- 
lonta  »  creasi  col  dare  una  interpretazione  individuale  propria 
alle  piu  alte  astrazioni  dell'Herbart;  tutte  stravaganze  di  mente 
inferma !  E  se  una  siffatta  volontA  vien  debitamente  stimolata 
da  salarii  e  professorati,  come  e  il  caso  per  gli  Stati  Uniti 
d' America,  e  chiaro  che  il  ciclo  erbartiano  della  cosmologia 
pedagogica  fark  fortuna! 

XXI. 

Non  v'e  che  una  sola  nube  di  malaugurio  all'orizzonte ;  e 
questa  cresce  e  s'ingigantisce  rapidamente.  Intendiamo  par- 
lare  di  cio  che  chiamasi  psicologia  flsiologica ;  la  quale  e  rin- 
forzata  dallo  sviluppo  storico-psicologico  della  teoria  dell'Evo- 
luzione.  L'argomento  e  interessantissimo :  ma,  disgraziatamente, 
dobbiamo  esser  brevi,  e  quel  che  piu  monta,  senza  pregiudizio 
della  chiarezza. 

Dobbiamo  premettere  che  v'e  un  fatto,  cosi  detto  scienti- 
fico,  e  che  v'e  un  metodo,  che  fra  tutti  gli  altri  metodi  vien 
considerato  il  piu  scientiflco,  ed  ambedue,  il  fatto  ed  il  me- 
todo, posseggono  e  dominano  appieno  la  mente  di  uomini,  i 
quali  sono  essi  stessi  considerati  come  uomini  di  scienza  per 
per  piu  titoli  di  preminenza.  II  fatto  e  1'Evoluzione  organica 
nel  campo  della  biologia;  il  metodo  e  quello  cosi  detto  com- 
parative. La  fllosofla  razionale,  ad  eccezione  del  trascenden- 
talismo  germanico,  e  stata  dai  cervelli  balzani  cancellata 
dai  ruoli  delle  scienze  vigenti.  Le  pretese  della  letteratura, 
si  sono,  secondo  essi,  ecclissate  d'innanzi  alia  luce  sfolgo- 
rante  di  un  secolo,  che  e  diventato  eminentemente  « scien- 
tifico  ».  La  matematica  ed  i  metodi  matematici,  con  il  loro 
rigore  logico,  sono  rimasti  in  grande  considerazione  e  sono 
molto  apprezzati ;  ma  soltanto  in  una  sfera  loro  propria.  Essi 
non  dominano  piu  ogni  scienza,  come  gik  in  altri  tempi,  al- 


NELLA  PEDAGOGIA  MODERNA  63 

lorquando  i  matematici  della  fine  del  secolo  scorso,  si  prova- 
rono  di  relegare  le  idee  di  Dio,  dell'anima,  dell'immortalita, 
nelle  regioni  delle  quantita  astratte,  immaginarie  e  indeter- 
minate, per  mezzo  di  un'applicazione  forzata  dei  loro  metodi 
irreligiosi  e  singolarmente  indipendenti  dalPuso  della  matema- 
tica.  Oggidi  non  rimane  che  un  solo  campo  degno  dello  spi- 
rito  filosoflco  moderno,  il  campo  delle  scienze  flsiche.  E  qui 
due  metodi  tengono  il  predominio  assoluto.  Uno  e  il  metodo 
induttivo  del  «  laboratorio  »,  il  quale  puo  essere  veramente 
scientiflco,  ed  e  tale,  quando  e  diretto  come  si  deve.  L'altro 
e  il  metodo  comparativo;  e  questo  e  veramente  il  padrone 
assoluto  nel  campo  della  odierna  biologia.  II  suo  c6mpito  e 
semplicemente  quello  di  confrontare,  di  paragonare  le  diffe- 
rent! fasi  o  stati  dell'esistenza  organica  nella  scala  della  vita 
organica;  interpretando  e  spiegando  gli  stati  piu  elevati  per 
mezzo  degP  inferiori,  e  Tuomo  per  mezzo  del  protozono !  Esso 
paragona,  in  ogni  singolo  oggetto,  le  differenti  fasi,  per  le  quali 
la  forma  adulta  e  perfetta  viene  raggiunta  dalle  forme  infe- 
riori embrioniche ;  e  spiega  il  perfetto,  lo  sviluppato,  il  noto 
ed  il  differenziato,  per  mezzo  dell'  imperfetto,  del  rudimentale 
e  di  cio  che  e  praticamente  ignoto.  Esso  paragona  fra  loro  i 
differenti  stadii  biologici,  per  i  quali  e  passata  la  storia  di 
questo  globo  terracqueo,  quali  essi  sono  distinti  e  classiflcati 
nelle  epoche  geologiche;  e  trovando  ad  un  termine  la  perfetta 
speciflcazione  delle  forme  e  delle  nature  esistenti,  ed  aH'altro 
termine  strutture  e  funzioni  tali  da  presentare  in  compendio 
le  piu  semplici  rivelazioni  del  complesso  problema  della  vita, 
esso  spiega  cio  che  e  per  mezzo  di  cio  che  fu.  Questo  e  il 
metodo  comparativo  della  biologia ;  e  le  tre  serie  comparative 
summenzionate  sono  rispettivamente  distinte  con  i  nomi  di  tas- 
sonomica,  ontogenetica  e  fllogenetica.  E,  come  vedrassi,  1'ap- 
plicazione  di  tutto  cio  all'educazione  e  diretta  ed  immediata. 
Ma  ci  si  conceda  di  aggiungere  un'altra  considerazione. 
La  stessa  scienza  della  pura  fisica,  la  quale,  quando  e  trattata 
con  i  metodi  della  vera  induzione,  e  perfettamente  razionale,puo 
essere  trattata  in  modo  diverse,  come  si  e  visto  fare  nel  corso 


64  LA   PSICOLOGIA   TEDESCA 

di  quest'ultima  generazione.  Essa  pud  essere  trasformata  in  un 
semenzaio  di  teorie,  le  quali  non  hanno  relazione  alcuna  con  i 
suoi  fini.  Cio  si  ottiene  coll'  introdurre  ipotesi  noa  dimostrate, 
gratuite,  le  quali  pongono  la  scienza  a  servizio  di  una  biologia 
non  dimostrata  e  senza  base.  Forze  flsiche,  come  il  moto  ed 
il  calorico,  sono  adoperate  al  servizio  e  per  comodo  di  certe 
spiegazioni  sui  fenomeni  della  vita  e  delle  sensazioni.  E  cio 
si  fa  semplicemente  col  richiamare  1'  attenzione  al  fatto  che 
in  ogni  azione  organica  vi  sono  certe  condizioni  di  moto,  di 
calorico,  ecc.,  donde  falsamente  s' inferisce  T  azione  organica 
consistere  in  calorico,  moto,  ecc.  Ed  e  cosi  che  si  passa  il  ponte 
che  dal  mondo  inorganico  e  fisico,  conduce  alForganico,  alFani- 
mato,  all'umano. 

La  trattazione  ipotetica  dei  problemi  flsici  e  comoda.  Nes- 
suno  e  tenuto  a  dimostrare  una  ipotesi  con  argomenti  apodit- 
tici.  Ma  T  ipotesi  e  di  botto,  e  senz' altro,  presa  come  base  e 
fondamento  logico  di  tutto  cio  che  vi  si  ediflca  sopra,  o  che 
vi  si  e  gia.  ediflcato.  Piu  comodo  ancora  e  il  metodo  della 
biologia  comparata.  Esso  non  fa  che  confrontare;  eppoi  con- 
chiude,  facendo  a  meno  delT  induzione.  Non  pretende  d'  es- 
sere rigorosamente  logico.  Appena  scorge  una  rassomiglianza, 
dice  all'istante:  «  Non  v'ho  forse  detto  ch'era  cosi?  Che  an- 
date  cercando?  L'uomo  altro  non  e  che  un  protozono;  soltanto 
un  poco  piii  sviluppato:  ecco  tutto. »  Un  protozono  e  un  feno- 
meno  fisico,  che  va  spiegato  per  mezzo  del  moto,  delle  vibra- 
zioni,  degli  urti,  disposti  e  combinati  in  un  dato  modo. 

Donde  le  stramballate  conclusion},  prima  delle  quali  que- 
sta,  che  1'  uomo  e  adequatamente  spiegato  dai  suoi  nervi ;  e  la 
Psicologia  che,  fino  ad  ora,  supponevasi  potesse  essa  spiegarlo, 
deve  essere  richiamata  alia  sua  propria  base,  cioe  deve  essere 
trattata  dal  punto  di  vista  fisiologico.  Donde  la  psicologia 
flsiologica  del  Fechner,  del  Lotze  e  del  \Yundt. 

II  Wundt  puo  dimostrare  con  le  sue  tavole  logaritmiche 
che  una  pressione  di  100  grammi  produce  una  sensazione  che 
e  3698  volte  maggiore  in  intensita.  della  sensazione  prodotta 
dalla  pressione  di  Vs  di  gramma.  La  fame,  la  sete,  la  stan- 


NELLA  PEDAGOGIA  MODERNA  65 

chezza  vengono  misurate;  i  different!  stati  della  coscienza  (con- 
sciousness) sono  determinati  secondo  le  loro  dimensioni !  Sen- 
timento,  volonta,  attenzione,  coscienza,  intuito,  percezione,  ven- 
gono sottoposti  ai  «  metodi  psico-fisici  »  del  nuovo  «  labora- 
torio  sperimentale  ».  Vi  sono  fenomeni  temporanei  di  process! 
mental!;  e  vi  sono  alterazioni  dei  medesimi,  fra  le  quali 
1'ipnotismo.  Yi  sono  process!  morbosi  e  di  decadenza,  fra  i 
quali  tutte  le  specie  di  delitti,  ed  in  particolare  la  morbo- 
sita  degli  affetti.  V'e  la  psicologia  flsiologica  sociale.  E  se 
insorgono  difficolta,  a  queste  si  provvede  col  comporre  nuove 
leggi  corrispondenti  alia  molteplicita  delle  leggi  invocate  dalla 
Evoluzione  darviniana  per  mettere  insieme  la  teorica  della 
Selezione  naturale. 

La  seconda  conclusione  che  notiarao  e  questa,  che,  cioe,  i 
sens!  e  Tanima  del  fanciullo  non  si  sviluppano  soltanto  in  modo 
accidentale;  ma  sono  creali  e  svolti  (evolved)  dnrante  i  prim! 
anni  della  vita.  Nessuno  piu  del  Preyer  si  e  applicato  aile  ri- 
cerche  della  psicogenesi,  ossia  della  evoluzione  del  senso  e 
dell'anima  del  fanciullo.  «  Studio  del  fanciullo  »  ossia,  «  Scienza 
dei  fanciulli  »  (espressione  della  massima  importanza  ai  no- 
stri  giorni)  significa,  in  primo  luogo,  la  scienza  delFem- 
brione  umano;  in  secondo  luogo,  lo  studio  o  la  scienza  del- 
1'infanzia  fino  all'etk  dei  tre  o  quatlro  anni;  terzo,  lo  studio  dei 
prim!  anni  di  scuola ;  quarto,  gli  studii  suiradolescenza.  Lasciando 
1'embrione  al  Preyer,  notiamo  che  le  sue  ricerche  sulFinfanzia, 
fino  ai  tre  o  quattro  anni,  si  riferiscono  aU'evoluzione  dei  sens!; 
quindi  viene  1'evoluzione  dell'intelletto  per  effetto  della  com- 
binaziqne  delle  impression!  visuali  e  tattili,  poiche  «  un'idea, 
dic'egli,  e  una  sensazione  determinata  in  ordine  al  tempo  e 
allo  spazio  » ;  poi  segue  la  formazione,  ossia  il  nascere  della 
volonta,  per  mezzo  delle  idee  motrici,  dei  moti  impulsivi,  ri- 
flessi  ed  istruttivi.  L'  opera  delle  madri  e  delle  bambinaie  si 
richiede  onde  perfezionare  la  nuova  scienza  psicologica  di 
questa  prima  eta,  la  quale  si  considera  piena  e  completa  al- 
1'epoca  della  evoluzione  fisiologica  psicologica.  Per  il  periodo 
dei  primi  anni  di  scuola,  si  richiede  che  gl'insegnanti  non  solo 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fate.  1117.  5  24  dicembre  1896. 


60  LA    PSICOLOGIA   TEDESGA 

conformino  la  loro  educazione  ai  risultati  gia  ottenuti,  ma  che 
essi  vi  cooperino  per  mezzo  dell'osservazione  e  degli  esperi- 
inenti.  Siamo  (secondo  lui)  giunti  in  tempi  di  grandi  ricerche 
e  di  somma  precisione  in  fatto  di  pedagogia.  Alia  fine,  e  per 
la  prima  volta  nel  corso  della  storia,  siamo  giunti  al  punto 
sospirato  che  1'intero  sistema  degli  studii  deve  concentrarsi  e 
fondarsi  sui  risultati  del  «  laboratorio  sperimentale  ».  In  Ame- 
rica, per  esempio,  i  fanciulli  sono  presi,  misurati,  poi  interro- 
gati ;  sono  introdotti,  due  o  tre  alia  volta,  nello  spogliatoio 
delle  scuole  ;  ogni  parte  del  corpo  e  debitamente  misurata  con 
criteri  special! ;  denti,  occhi,  polmoni,  naso,  gola,  orecchi,  sono 
scrupolosamente  esaminati,  e  cosi  pure  la  precisione  e  la  Fa- 
pidit&  dei  movimenti  vengono  controllati.  Si  applicano  equa- 
zioni  per  determinare  la  grossezza  delle  scarpe  e  degli  abiti; 
si  applica  il  metodo  dei  gradi  percentuali  del  Galton,  ecc.  Si 
fanno  domande  «  senza  pertanto  offendere  la  delicatezza  di  co- 
scienza  (consciousness)  del  fanciullo  ».  Ma  e  nell' ultimo  periodo, 
quello  dell'adolescenza,  quando  le  questioni  divengono  impor- 
tanti.  Perocche,  da  questo  punto,  si  veriflca  una  nuova  nascita, 
quella  del  sentimento  sociale.  E  la  gioventu  dell'  uno  e  dell'  altro 
sesso  puo,  meglio  di  chiunque  altro,  spiegare  che  cosa  suc- 
ceda ;  argomento  sul  quale  non  e  qui  luogo  d'insistere. 

La  terza  conclusione,  stando  all'accennata  teoria,  e  impor- 
tantissima.  E  quella  della  teoria  della  «  ricapitolazione  »,  sulle 
basi  della  quale  il  Ziller  ed  i  suoi  discepoli  tedeschi  hanno 
cercato  di  coordinare  tutto  quanto  il  curriculum  degli  studii. 
Essa  prende  le  mosse  dal  supposto  principio  che  ogni  fanciullo 
riproduce,  o  ripete  nel  suo  sviluppo  mentale,  le  stesse  fasi  evo- 
luzionistiche,  percorse  dal  genere  umano,  nel  suo  sviluppo  pro- 
gressive dal  protozono  fino  alPuomo.  Nella  stessa  guisa  che 
ael  sistema  del  Preyer  la  pedagogia  si  fonda  sulla  base  onto- 
genetica,  cosi  nelle  mani  del  Ziller  essa  viene  perfezionata  sulla 
base  fllogenetica.  Cio  signiflca,  secondo  lui,  che  mentre  il  fan- 
ciullo sviluppasi  come  un  automa  isolate,  e  viene  acquistando 
sensi,  anima,  volontk,  egli  riassume  rapidamente  e  sommaria- 
mente  gli  sperimenti  brutali,  animali  e  selvatici  delPoriginale  e 


NELLA  PEDAGOGIA  MODERNA  67 

primitiva  natura  umana.  Stando  le  cose  in  questa  guisa,  e  impor- 
tante  di  non  perdere  un  tempo  superfluo  nella  ricapitolazione 
evoluzionistica.  Certo  e  che  ad  un  momento  dato  cessa  la 
forza  dell'eredita  evoluzionistica;  eppercio  «  1'istruzione  »  che 
fa  superare  al  fanciullo  i  termini  raggiunti  dagli  avi  nel  pas- 
sato,  non  deve  indugiare  un  istante  nel  condurre  e  collocare 
il  fanciullo  nella  sfera  umana  che  gli  compete.  Gli  insegnanti 
sono  seriamente  ammoniti  che  le  favole,  per  esempio,  ed  i 
racconti  delle  fate,  sono  un  ritorno  alia  fase  mistica  delPuman 
genere;~che  i  giuochi  del  rincorrersi  1'un  Faltro  sono  un  ritorno 
alPera  dell'uomo  selvatico  che  va  a  caccia,  e  del  bruto  o  del 
selvaggio  che  e  inseguito.  Per  conseguenza,  e  cosa  conveniente 
che  i  giuochi  infantili  siano,  nel  piu  breve  tempo  possibile, 
adattati  alia  fase  umana;  come,  per  esempio,  giuocare  al  ca- 
vallo  e  cocchiere,  alia  diligenza,  ferrovia  o  tram  elettrico.  Di- 
sgraziatamente,  la  via  dei  ritorni  ai  periodi  primitivi  e,  com'essi 
dicono,  meno  resistente.  Eppercio  il  «  giardino  d'infanzia  »  ha 
un  obbligo  speciale  che  pesa  sulle  sue  spalle:  quello  di  non 
essere  retrogrado  nelle  sue  influenze. 

Come  tutto  cio  funzioni,  lo  vedremo  brevemente  in  un  pros- 
simo  scritto  sulla  pratica  pedagogica  moderna. 


NOTTE  DI  NATALE 


BOZZETTO  SICILIANO 


Un  raggio  di  luna,  biancheggiando  per  la  cella  scura  e 
umidiccia,  scendeva  a  baciargli  la  fronte  pallida,  i  ricci  ne- 
rissimi,  tacito  e  delicate  come  carezza  materna. 

E  in  quell'ora  pel  povero  coatto,  che  pregava  a  ginocchi 
alia  sponda  del  tavolaccio,  aveano  voci  nuove,  di  tutta  dolcezza, 
1'acuta  brezza  marina  e  il  flotto  morto,  che  si  frangeva  spu- 
mando  appie  della  casa  di  pena,  e  la  cima  svelta  del  vicino 
Stromboli  coronata  di  vapori  rossicci  e  Talito  degli  arauceti, 
che  giungeva  sino  a  lui  come  un  saluto  dalla  costa  lontana. 

Udiva  levarsi  di  fuori  un  indistinto  concerto  di  voci  festose, 
un  chiamarsi  e  rispondersi  amichevole  e  gaio  in  quel  pitto- 
resco  dialetto  della  sua  Sicilia...  e  a  quando  a  quando  la  cam- 
panetta  unica  del  villaggio,  che  pareva  cantasse  anche  lei 
colla  sua  voce  argentina:  Cristo  oggi  £  nato,  venite,  ado- 
riamo....  e  piu  in  Ik  una  cornamusa  che,  avvicinandosi  tratto 
tratto,  con  quelle  note  acute  e  come  di  preghiera  pareva  par- 
lasse  di  speranza  ai  poveri  relegati. 

Affranto  dalla  lunga  veglia  e  come  rapito  da  quegli  ac- 
cordi,  il  poveretto,  tra  lacrimoso  e  sorridente,  abbandonava  il 
capo  sul  duro  giaciglio  e,  mormorando  parole  di  perdono,  a 
poco  a  poco,  cosi  ginocchioni  si  addormentava. 


Perche  anche  lui,  il  pavero  Guido,  1'avea  festeggiato  tra 
quelle  mura  nude  e  ferrigne,  il  suo  Natale;  1'avea  festeggiato 
col  candore  d'ifti'anima  onesta,  afflittissima,  e  vero,  ma  pur 
rassegnata. 


NOTTE   DI   NATALE  69 

Onesto,  ei  1'era  sempre  stato.  Ah !  non  era  stato  lui  certo 
che  quella  sera  di  marzo  aveva  d'una  facilata  fatta  la  festa  a 
Zio  Liborio,  il  vecchio  usuraio.  Tra  di  campi  e  di  vigne  egli 
poteva  dirsi  agiato  a  dovizia  per  aver  nulla  a  spartire  con 
quelFarpia.  E  questi  se  n'era  fatti  dei  nemici,  succhiando  il 
sangue  dei  poveretti! 

Lui,  Guido,  non  viveva  che  per  Dio  e  per  la  sua  Lilla,  la 
•cuginetta  divenuta  da  sei  mesi  sua  sposa,  la  trovatella  di  Villa 
Lante  che  Massaro  Gesualdo  e  'Gna  Margherita,  ai  quali  san 
Cataldo  glorioso  non  facea  mai  la  grazia,  avevano  accolta  in 
luogo  di  flgliuola  e  cresciuta  come  cosa  santa,  come  la  figlia 
della  Madonna. 

Era  stato  il  brigadiere,  quello  scomunicataccio  che  avea 
fatta  la  guerra  al  Papa,  e  che,  tomato  in  paese,  avea  preso 
a  girare  attorno  alia  sua  Lilla,  con  quegli  occhi  di  falco,  quella 
montura  che  gli  piangeva  addosso  e  quel  taschetto  sempre 
sulle  ventiquattro ;  lui  che,  roso  dall'invidia,  aiutandosi  di  quel- 
1'altro  arnesaccio  di  Campiere  Meno,  aveva  celato  il  vero  col- 
pevole  e  fatta  a  lui,  Guido,  Yinfamita. 

E  il  poverino  si  era  visto  ammanettare,  condurre  cosi  a 
piedi  a  Palermo  e  di  qui,  sulla  fede  di  quei  due  cani  senz'anima, 
relegare  alle  Lipari. 

—  Ma  se  gli  uomini  possono  simiglianti  infamie,  o  che 
nemmeno  in  cielo  v'ha  giustizia  pei  poveretti  ? 

Gosi  Guido  avea  dubitato?  Davvero  che  neppur  lui  avrebbe 
saputO  ridirlo. 

Gerto  pero  dall'istante  in  che,  vedendosi  tutto  solo  per  la 
prima  volta  nella  celletta  della  casa  di  pena,  gli  era  balenato 
il  pensiero  cattivo,  da  quell'istante  Guido  avea  smarrita  la  pace. 
Non  aveva  piu  forza  neppur  di  pregare. 

Rivolava  col  pensiero  alia  sua  Lilla  e  la  rivedeva  la  sul  banco 
delle  Assise,  pallida,  pallida  e  stremata...  e  poi  farsi  di  bragia 
e  scoppiare  in  singnlti  all'  udir  susurrarsi :  —  To'  la  sfacciata, 
come  ammicca  il  suo  damo !  —  E  non  poter  difenderla,  lei  il  cuor 
suo,  lei  cosi  giovanina!  E  pensare  che  quest' agonia  durerebbe 


70  NOTTE    DI  NATALE 

ancora  vent'anni !  Sentiva  allora  la  sua  fede   farsi  languidar 
languida... 

E  Pangioletto  che  la  Lilla  portava  in  seao?... 

A  questo  pensiero  poi  un  flotto  di  sangue  gli  martellava 
le  temple,  lo  toglieva  di  senno.  Levava  il  pugno  convulse...  e 
allora  che  imagini,  che  volti! 

Erano  spettri  e  demonii  che  gli  straziavano  la  sua  creatura, 
1'anima  dell'anima  sua !...  una  ridda,  una  danza  macabra  che 
pareva  ululasse :  Vedi  premio  dell'onestk !... 

Ed  ei  si  contorceva  ruggendo,  cercando  dominare  quelle 
larve...  ma  allora  era  la  figura  del  brigadiere  che  gli  ghignava... 
e  la  montura  gli  piangeva  addosso  sempre  piu,  e  quegli  dima- 
grava,  intisichiva,  s'ischeletriva  e  squadrandogli  phi  e  piu  volte 
in  faccia  le  dieci  dita  come  contasse:  —  Cento,  susurrava,  cento 
ai  buoni  in  questa  vita  e  poi...  e  poi... 

Ma  quell'incubo,  quell'ossessione  riusciva  salutare  all'anima 
umile  e  forte,  che,  ritrovando  in  quello  spasimo  la  virtu  di 
pregare :  —  Dio,  ^Cio  mio !  ripeteva,  non  per  me,  no !  ma  per 
quella  mia  poveretta! 

E  Dio  visitava,  1'ergastolo  del  condannato. 


II  direttore  della  cam  di  pena,  radunati,  un  giorno,  i  for- 
zati  —  era  a  mezzo  il  dicembre  —  in  tono  piu  dell'usato  pa- 
terno  annunziava  loro  la  visita  di  due  missionarii  dalla  vicina 
Messina. 

—  Figliuoli  —  dicea  quel  signore  per  solito  cosi  burbero  — 
del  male,  sentite,  non  ve  ne  faranno,  no  certo,  e  del  bene  di 
sicuro :  non  foss'  altro  vi  apprenderanno  a  portar  meglio  la  vo- 
stra  sciagura.  E  la  mia  strenna. 

Un  lampo  di  gioia  negli  occhi  di  molti,  un  tremito  con- 
vulso  in  taluno  di  quei  volti  fatti  stupidi  dal  dolore,  un  mor- 
morio  di  simpatia  salutarono  quest' annunzio.  Solo  qualcuno  di 
quelli  che  avean  trattato  piu  a  lungo  e  da  presso  i  signort 


NOTTE   DI   NATALE  71 

facevano,  cosi  per  dire,  gli  spiriti  forti:  —  Gesuiti?...  alia 
larga ! 

Ma  il  P.  Salvatore  e  il  P.  Vito?  Cento  almeno  dei  miei 
lettori  li  conoscono :  flguratevi  se  furono  in  angustie  per 
«osi  poco ! 

Vennero  adunque.  E  la  notte  del  Natale  la  casa  di  pena 
albergava  un  ospite  di  piu,  1'  amico  del  prigioniero,  prigioniero 
egli  pure,  il  Dio  degli  sconsolati  e  dei  poveretti.  E  quelle 
facce  illuminate  da  una  gioia  serena  e  profonda  dicean  chiaro 
quai  prodigi  Egli  operi  in  cuore  di  chi  in  Lui  cerca  conforto. 

Fin  dal  primo  di  Guido  avea  ricuperata  la  calma.  II  vec- 
chio  gesuita,  1'uomo  senza  cuore,  1'ebbe  per  poco  ascoltato 
che,  scorgendo  tanto  tesoro  di  virtu  in  mezzo  a  quella  fogna 
<di  ogni  delitto,  stringeasi  lungamente  al  petto  Pinfelicissimo... 

—  Padre,  chiedeva  Guido  col  candor  d'un  fanciullo,  lei  pure 
tni  crede  reo  perche  sto  qui  all'isola? 

—  No,  no,  anima  cara,  che  anzi  tutto  faro  per  cavartene... 

E  le  lacrime  di  quell'uomo,  uso  a  tergerne  tante,  scorrevano 
mute  e  cocenti  su  quella  fronte  cosi  giovane  e  solcata  dal 
dolore. 

Guido  adunque  quella  notte  sperava  ancora,  pregava.  E 
mormorando:  —  Lilla,  tupure  perdona...  e  quando  verrk  il  no- 
stro  angioletto  insegna  anche  a  lui  a  perdonare...  —  chiudeva 
gli  occhi  al  sonno,  cosi  ginocchioni,  sorridendo  come  un 
bambino. 

E  rivedeva  in  sogno  la  culla  del  bimbo  celeste  e  intorno 
a  quella  una  gloria  di  testoline  bionde,  rosate...  ed  una  fra 
tutte  che  gli  sorrideva  carezzandolo  di  uno  sguardo  lungo, 
amorevole...  lo  sguardo  innocente,  il  sorriso  buono  della  sua 
Lilla... 

E  la  cornamusa  liparota  moltiplicava  i  suoi  accordi,  or  fle- 
bili  or  trillanti,  sotto  la  casa  dipena,  bagnata  dal  flotto  morto 
del  Tirreno. 


72  NOTTE   DI   NATALB 


Quella  sera  al  palazzo  del  Fioralice,  Ik  alia  Marina,  fer- 
veva  un  insolito  tramestio.  Quella  casa  di  solito  era  cosi  muta 
e  several...  la  contessa  Luigia  parea  vi  riflettesse  1'immenso 
vuoto  dell'anima  sua,  il  suo  dolor  senza  fine. 

Yesliva  sempre  a  bruno,  riceveva  poco  o  punto :  ma  era 
poi  cosi  buona  con  tutti  e  faceva  altrui  si  gran  bene,  lei  che 
tanto  male  ne  avea  ricevuto! 

Comunque  si  fosse,  nel  vecchio  palazzo  merlato,  —  di  quel- 
1'ordine  mis  to  di  gotico  e  di  moresco  che  dice  cosi  bene  la 
tra  i  fantastici  giardini  di  Palermo,  —  notavi  quella  sera  un 
va  e  vieni  frettoloso  della  servitu,  quel  rnovimento  un  po'  con- 
fuso  che  accompagna  un  servizio  insolito,  non  previsto. 

-  Ma  che?  la  carita!...  la  carita  ha  i  suoi  limiti,  bimba 
mia,  —  borbottava  il  vecchio  maggiordomo,  —  la  carita!  usque 
ad  aras,  come  dice  Don  Prosdocimo  il  ragioniere...  ed  io  tra- 
duco:  sino  alle  infreddature,  ai  malanni.  E  che!  non  bastava 
aver  preparato  con  tanto  amore  il  cestino  del  poverello?  Bi- 
sogna  proprio  che  la  signora  si  scomodi  lei  stessa...  a  quat- 
tr'ore  di  notte? 

—  Gia,-  ripigliava  la  Giannina  con  quel  suo  sorriso  biric- 
chino,  —  gi£,  articolo   primo,  non   e  il  cestino  del  poverello 
che  noi  recheremo  in  chiesa,  zietto  del  cuore,  ma  il  corredino 
del  Bambino  Gesu;  cosi  dunque... 

—  Ma  la  ti  par  giusta  che  la  signora  abbia  a  scomodarsi... 

—  A  quattr'ore  di  notte!  dico  bene? 

—  Zitta!  lei  cosi  malandata?  Gli  e  ch'io  la  ho  vista  na- 
scere,  la  ho  vista ;  e  la  sua  salute  mi  preme. 

—  E  anche   quella   di    un    certo    Don  Giacomo   maggior- 
domo: non  e  cosi? 

—  Si,  si,  si  e  anche  la  tua,  monella  che  non  sei  altro,  tu 
che  ami    sempre  di  sgambettare  perche  si  ammirino   i  tuoi 
begli  occhi. 

—  Oh !  oh !  sono  anche  belli  ?,..   ma  vedi  zio  che  mi  fa  il 
galante!  Senti,  zietto,  prosegui  la  buona  fanciulla  carezzan- 


NOTTE   DI   NAT  ALE  73 

dogli  i  capelli,  facciamo  il  bene  allegramente,  come  dice  la 
signora,...  la  quale,  sia  detto  tra  virgole,  non  e  poi  una  pasqua, 
lei  che  ne  fa  tanto  del  bene!... 

—  Cosi,  cosi...  --  sospiro  il  vecchio  avviandosi  --  cosi  da 
vent'anni!  Vent' anni,   e   tentennava  il  capo   in  atto   di  com- 
passione,  vent'anni  dal   di   in   che  fu   rapita  la  bimba...  e  il 
conte  poi  ne  mori  di  dolore!  Poveri  signori!  Povera  casa!... 

La  Giannina,  seguendo  cogli  occhi  umidicci  il  buon  vecchio, 
si  die  un'uHima  ravviatina,  caccio  dentro  la  cuffietta  bianca 
un  ricciolo  impertinente  e  corse  a  cercare  il  cestellino  di  Nalale. 

Era,  giusta  1'  usanza  dei  signori  siciliani,  un  corbello  di 
vimini  bianchi  finissimi  dove  tra  uno  sfoggio  di  trine  e  di 
raso  cilestro  era  disposto  e  sparso  di  fieri  spicciolati  tutto 
un  corredo  da  bambino,  lavoro  della  signora  e  della  buona 
Giannina. 

II  costume  porta  che  si  mandi  in  dono  alia,  chiesa,  dove  il 
curato  ne  regala,  dopo  il  battesimo,  qucl  bambino  che  sia  nato 
la  notte  istessa. 

—  0  se  non  ne  nasce  nessuno!...  0  se  due? 

—  Che  dimande?  State  buoni! 


Questa  volta  pero  la  contessa  volea  far  le  cose  per  be- 
nino.  Gia  conosceva  la  storia  della  Lilla,  venuta  a  dimorare 
per  quel  suo  processo  in  una  casetta  del  vicinato.  E  quando, 
verso  il  mezzodi,  apprese  die  la  poverina  gemeva  tra  gli  spa- 
simi  di  un  parto  affrettatole  da  tanti  dolori,  la  buona  signora 
prese  a  pregare  per  la  meschina  per  cui,persuasa  com'era  del- 
1'innocenza  di  Guido,  sentiva  in  cuore  vivissima  simpatia. 

Quando  dunque  sulle  dieci  ore  riseppe  che  un  angioletto 
era  sceso  a  sorridere  nella  modesta  -  casetta,  abbandonandosi 
a  un  impulso  gentile:  —  Giannina,  cliceva,  fate  presto  attac- 
care.  Andremo  insieme  in  chiesa  ed  io  saro  la  madrina. 

Figurarsi  se  la  Lilla  fu  consolata  e  contenta,  ella  che,  ba- 
ciando  per  la  prima  volta  la  sua  creaturina,  priva  di  quelle 
feste  e  di  quegli  agi  di  che  in  altri  tempi  1'avrebbe  circondata : 


74  NOTTE   DI   NATALE 

—  Come  il  Bambino,  aveva  mormorato  cogli  occhi  gonfii  di 
pianto,  come  il  Bambino  di  Betlem. 

Scoccava  la  mezzanotte  quando  il  gruppo  signorile  facea 
in  chiesa  il  suo  ingresso  fra  un  bisbiglio  di  approvazione  e, 
scortato  dalle  figlie  di  Maria  in  due  file,  bianchi  i  veli,  bian- 
che  le  vesti,  avviavasi  al  sacro  fonte. 

La  gran  dama,  abbrunata  sempre,  pareva  trasfigurata.  In 
quel  volto  su  cui  leggevi  di  solito  il  piu  grande  dei  dolori, 
una  maternita  straziata,  sentimenti  nuovi  imprimevano  uua 
bellezza  ideale.  Ora  fissava  sorridendo  il  bimbo  che  le  dormia 
sulle  braccia  tra  una  nube  di  veli...  un  bocciuolo  di  rosa  sulla 
neve  del  campo. 

—  Alia  sua  destra  la  Giannina  recava  il  cestellino  di  Natale. 
A  sinistra  Giacomo  il  maggiordomo,  serio  e  impettito  nel  suo 
lungo  abito  gallonato  d'oro,  col  tricorno  sotto  il  braccio  e  in. 
un  vassoio  d'argento  il  regalo  del  battesimo  pei  poveri  della 
parrocchia. 

Sostarono. 

—  Luigi,  —  chiedeva  il  sacerdote,  —  credi  tu  nel  Dio  dei 
cieli  che  ti  ha  creato?..  credi  tu  nel  Dio   che   si   fece   per  te 
1'uomo  del  dolore?...  E  con  sentimento  di  fede  la  gran  dama 
rispondeva  pel  suo  protetto:  Credo. 

Si:  ella  credeva  nel  Dio  degli  umili  e  degli  sconsolati,  ella 
che  delPumilta  conosceva  il  mistero,  ella  che  del  dolore  sentiva 
cosi  viva  la  punta !  Ella  credeva  per  se,  per  la  creaturina  ignara 
tuttavia  della  vita... 

E  1'acqua  misteriosa  scendeva  sulla  fronte  del  bimbo  a 
dischiudergli  gli  orizzonti  infiniti. 

Sorrideva  1'angioletto  alia  pia  signora,  fissando  in  lei  i  grandi 
occhi  celesti,  e  quella  tremava,  trasaliva  convulsa,  quasi  ritro- 
vasse  in  quel  punto  le  gioie  tutte  di  un  tempo. 

A  stento  si  fu  tratta  a  pie  dell'altare  che,  sollevando  il  pic- 
cino  in  atto  di  offerta :  —  Gesu,  mormorava,  tu  mi  dai  nuovi 
dolori  da  lenire,  tre  angeli  da  consolare  e  difendere...  io  li 
prendo,  Gesu,  da  quest'ora  son  rniei. 


NOTTE   DI   NATALE  75 


Tre  anni  scorsero  di  per  di  da  quel  natale  benedetto,  tre 
lunghi  anni  pero,  di  lacrime  inconsolabili  pei  due  poveretti, 
•d'inutili  tentativi  per  la  signora.  I  due  testimoni  eran  la,  ne 
sconfessavano :  la  legge  manteneva  i  suoi  diritti,  inesorabile. 

In  casa  Fioralice  Lilla  era  piu  che  donna  di  compagnia,  poco 
men  che  flgliuola. 

La  gran  dama  non  si  saziava  di  leggere  in  quegli  occhi 
innocenti,  in  quel  sorriso  buono  lo  splendore  di  un'anima  cosi 
simigliante  alia  sua.  Fatte  per  intendersi,  quelle  due  anime 
si  confondeano  in  un  affetto  pieno  di  abbandono,  che  nell'una 
non  era  piu  sola  carita,  nell'altra  non  piu  sola  riconoscenza. 
Qual  era  quel  nuovo  e  quasi  istintivo  sentimento,  che  ne  1'una 
forse  ne  1'altra  intendeva?  Perche  la  giovinetta  palpitava  tra 
le  braccia  della  signora  quando  questa  le  mormorava :  —  Lilla, 
figliuola  mia,...  un  cuor  mel  dice:  io  ti  rendero  il  tuo  Guido? 
Perche  la  signora  treraava  al  posar  le  labbra  su  quella  fronte 
di  neve  allorche  la  gentile  creatura:  —  Potessi  anch'io,  rispon- 
deva,  renderle  la  sua  figliuola?  —  Ma  la  Gilda,  Tangioletta  di 
pochi  mesi,  era  morta...  era  morta  di  certo.  Chi  Tavea  morta  cosi 
piccina  ?  E  perche  ?  Astio,  forse,  invidia,  vendetta  ?  Chi  poteva 
ridirlo?  E  oggi  pure  chi  lo  potrebbe? 

Chi  trionfava  pero  fra  tante  araorevolezze  era  Gino  il  pic- 
colo re  di  quella  casa,  il  re  di  cuori  come  gli  avea  posto  nome 
Giannina,  lei  che  il  bambinello,  imbeccato  dal  vecchio  Giacomo, 
chiamava  trillando :  donna  di  picche. 

Egli  veniva  su  buono  tanto  e  carino !  Aveva  ereditata  la  pieta 
del  suo  babbo,  il  candore  della  sua  mamma!  Quando  sull'imbru- 
nire  il  piccino  ripeteva  sulle  ginocchia  materne  la  sua  pre- 
ghiera,  sembrava  ne  meditasse  3  intendesse  ogui  parola,  mentr,e 
con  quella  vocina  di  angelo :  —  Bambino,  ripeteva,  bambino 
del  paradiso,  rendimi  il  mio  babbo,  non  lasciare  soffrir  piu 
a  lungo  la  mamma...  ed  io  saro  buono.  Rendici  il  babbo  e  pi- 
gliati,  se  vuoi,  la  nostra  vita. 


76  NOTTE   DI   NAT ALE 

E  i  grand!  occhi  del  fanciullo  si  velavano...  Oh!  non  vi 
avea  dunque  un  angelo  che  portasse  al  cielo  quelte  lacrime? 

Quel  mattino  intanto  Gino  si  godeva  i  rezzi  della  Villa 
Giulia,  il  gioiello  della  cilia  felice.  Colla  Giannina  giocava  a 
rimpiattino,  ma  quando,  quatto  quatto  dietro  ua  cespuglio, 
se  la  vedeva  sgusciar  davanti  lesta  e  spensierata  come  una 
passeretta,  non  sapeva  frenare  un  trillo  argentine  e  quella 
a  voltarsi  di  scatto,...  ed  egli  era  scoperto  e  correa  tra  le 
braccia  della  buona  fanciulla  e  allora  eran  risa!....  E  lei  gli 
sflorava  una  guancia  accesa  dal  soverchio  correre  mentre,  re- 
candoselo  sulle  ginocchia,  proferiva  lenta,  insinuante  una  ma- 
gica  parolina:  C'era  una  volla...  —  Ed  egli  allora  ad  ascoltarla 
a  lungo  immobile,  sgranando  i  begli  occhi  di  cielo.  Erano 

«...  Storie  vecchie,  infantili 
«  Di  castelli,  di  fate,  di  valletti  gentili  » 

fanciulle  dai  capelli  d'oro,  draghi  coll'ali...  E  il  Re  diceva  alia 
fatina  buona  : 

«  Io  non  ho  figli,  fata:  —  suvvia  fammi  un  bambino, 
«  I  dentini  di  latte  —  e  le  labbra  di  vino.  » 

E  la  fata  a  cogliere  una  rosa  piccina  e  toccarla  colla  sua  verga 
di  smeraldo,  una...  due...  tre  e  paffete  ne  scattava  fuori  1'erede 
del  trono.  Ma  poscia  giungevano  mascherina-verde  e  berret- 
tina-rossa,  le  due  fatine  puntigliose,  e  tu  tira  di  Ik  ch'  io  tiro- 
di  qua,  che  e,  che  non  e?  te  Io  cambiavano  in  un  flauto  fle- 
bile,  doloroso,...  con  quel  che  segue,  che  la  Giannina  la  sapea 
lunga,  ma  lunga  assai. 

E  non  sapeva  il  piccolo  re  di  cuori  che  sotto  tanta  gal- 
loria  i  fldi  soggetti,  di  cui  formava  la  felicita,  celayano  una 
vera  cospirazione. 


Al  palazzo  infatti  la  contessa  e  la  Lilla  erano  in  faccende 
dattorno  a  un  presepio,  la  gentile  creazione  del  Poeta  di  As- 
sisi.  Questo  pero  era  di  piu'un  vero  gioiello  d'arte,  una  ri- 
produzione  quasi  dissi  fotograflca  di  luoghi  e  costumi.  Una 


NOTTE   DI   NATALE  77 

ricchezza  di  famiglia,  che  la  contessa  traeva  fuori  dai  vecchi 
armadi  per  rallegrarne  il  Natale  del  suo  bambino.  E  non  potea 
dirlo  suo,  ella  che  gli  avea  posto  tutto  il  suo  amore  ? 

Uno  sfondo  di  arazzo  ritraeva  le  colline  lieveraente  ondu- 
late  della  Palestina,  e  le  cabe  e  le  torri,  e  i  tetti  d'oro  della 
santa  cittk:  un  paesaggio  lunare  di  tutta  bellezza.  Le  collinette 
di  sughero  poi,  gli  alberi,  i  prati,  i  torrenti,  la  grotta,  mezzo 
grotta  mezzo  capanna,  ricordavano  fln  nelle  particolaritk  piu 
minute  il  teatro  del  mistero.  Qui  le  macerie  d?un  vecchio  acque- 
dotto,  piu  lungi  una  tomba  giudea,  poi  la  maghreb  dei  pastori 
cogli  arrnenti  sbandati  e  la  torre  in  rovina,  e  in  fondo,  la 
sulla  via  del  deserto,  sotto  un  gruppo  di  palme  tutta  una  ca- 
rovana  intenta  a  una  Stella,  i  re  magi. 

Si  lavorava  appunto  a  disporgli  nel  modo  piu  artistico,  e  la 
Lilla  porgeva  alia  signora  con  un  sorriso  il  re  moro,  fiera- 
mente  campato  sul  suo  dromedario,  allorchfe  si  udi  una  scam- 
panellata  e  il  maggiordomo  comparve  sulla  soglia: 

—  Un  telegramma  per  la  signora. 

Lilla  coll'usata  sua  delicatezza  usci,  per  rintracciare  non 
so  che  cammelliere. 

La  contessa  lacero  la  busta  e  corse  cogli  occhi  alia  se- 
gnatura:  —  11  P.  Salvatore!  —  sclamo;  ma  non  pote  legger 
piu  oltre.  Tremava  a  verga  a  verga,  sudava  convulsa. 

E  quando  si  riebbe:  —  Brigadier  e  morto,  balbettu  tor- 
nando  a  leggere,  morto  confessando  innocenza  Guido...  li- 
berta  ottenuta... 

Due  righe  di  lacrime  le  solcarono  il  volto  accesissimo,  ma 
aveva  negli  occhi  un  lampo  di  gioia  inflnita. 

Si  aggrappo  alia  seggiola  temendo  di  venir  meno.  Ma 
alFaprir  le  mani,  addio  Re  Melchiorre!..  patatrac!...  chi  glielo 
avrebbe  detto  che  dovea  pagar  proprio  lui  pel  brigadiere?... 

—  Povero  re  moro !  —  borbotto  il  vecchio,  non  sapendo  se 
dovesse  chinarsi  a  raccattarne  i  pezzi  o  chiamar  al  soccorso 
per  la  sua  signora. 

Ma  questa:  —  Zitto,  rnormoro  riavendosi,  zitto,  non  dir 
nulla :  arriva  Guido  stanotte  e  tu  andrai  ad  incontrarlo. 


78  NOTTE   DI   NATALB 


L'avean  posto  a  letto  col  primo  crepuscolo  proprio  come 
gli  uccelletti,  e  il  piccolo  re  di  cuori,  stanco  dal  grande  ar- 
meggiare  della  mattina,  vi  si  era  rassegnato  di  buon  animo. 
Ma  avea  ancora  un  dubbio:  —  Perche  mai  ban  chiuso  1'uscio 
che  mette  al  salone  grande?  0  che  entrerk  di  Ik  forse,  il 
Bambino? 

—  Ch  i  sa  ?   rispondea  la  mamma,  baciandolo  sui  capelli 
per  celargli  un  sorriso. 

—  Ma  verrk  poi  davvero?...  oh!  voglio  dirgli  ancora  pel 
babbo,  voglio  dirgli... 

E  ripetendo:  —  Babbo...  Bambino...  —  con  una  manina  al 
collo  della  sua  mamma,  pari  ad  un  uccelletto  in  quel  lettucdo 
bianco  e  lindo  come  un  nido,  si  addormento. 

Mezzanotte  scocco  solenne  fra  1'allegro  vocio  della  cittk  in 
festa.  Ed  ecco  schiudersi  d'  un  tratto  la  porta  misteriosa  e 
apparire  in  tutta  la  sua  leggiadria  la  grotta  fra  una  gloria 
di  lumi.  Due  pastori  nascosti  dietro  una  cortina  dieder  flato 
alle  cornamuse  e,  mentre  udivasi  una  festosa  strappata  al  cam- 
panello  di  casa,  la  voce  trillante  della  Giannina  intono  soa- 
vissima : 

Tu  scendi  dalle  stelle, 

0  Re  del  Cielo, 
E  vieui  in  una  grotta 
Al  freddo,  al  gelo... 

Al  repentino  barbaglio,  alle  note  improvvise  si  scuote  il 
bimbo,  siede  a  mezzo  il  lettuccio  volgendo  intorno  i  grandi 
occhi  azzurri  come  trasognato,  lacrima,  sorride,  trema  con- 
vulso,...  all' ultimo  balza  giu  dal  lettuccio  e  cerrendo  cosi  mezzo 
nudo  a  pife  della  grotta :  —  Sar6  buono,  comincia  come  fuori 

di  se,  saro  buono,  Bambino ma  tu  rendimi  il  mio  babbo  e 

togli,  se  vuoi,  la  mia  vita... 

—  No,  no  angelo  caro!...  —  Era  Guido  che  lo  stringeva  fra 
le  braccia,  troncandogli  le  parole  coi  baci.  —  No,  angelo  buono! 
il  tuo  babbo  £  qui  e  la  tua  vita  gli  e  preziosa  troppo...  — 


NOTTE   DI   NATALE  79 

Scolori  la  povera  Lilla,  strozzata  da  un  groppo  di  pianto. 

—  Lilla,  Lilla,  fanciulla  mia  !...  —  fece  il  povero  marito  al- 
largando  confuse  le  braccia. 

La  contessa  vi  spinse  la  giovinetta.  Ma  questa,  arrove- 
sciando  il  capo  sull'omero  del  suo  Guido:  --  E  troppo...  e 
troppo...  diceva  a  flor  di  labbra  e  cadea  tramortita. 

—  Mamma,  mamma,  —  gridava  Tangioletto  aggrappandosi 
a  lei  e  carezzandola,    -  mamma,  non  mi  morire! 

E  la  signora  le  sflbbiava  la  veste  sul  collo,  bagnandole 
d'acqua  fredda  le  tempie...  Quand'eccola  appuntar  un  dito  sovra 
una  viva  macchia  rossa  che  spiccava  come  un  fiore  sotto  il 
collo  di  neve  della  svenuta,  e  scolorandosi  alia  sua  volta  e  giun- 
gendo  levate  le  mani  in  atto  di  angoscia: 

—  Guido,  sclamava,  Guido,  ditemi  per  carita,  pel  poco  che 
ho  fatto  per  voi:  la  Lilla  era  flgliuola  vera  dei  contadini  di  Sala? 

—  No  signora,  —  e  sudava  freddo  e  tremava,  —  no  signora: 
a  me  solo  il  rivelarono:  Lilla  &  una  trovatella... 

—  Dell'ospizio  ?...  fece  quella  fremendo. 

—  No,  no;  la  raccattarono  all'angolo  di  Villa  Lante... 

—  La  villa  della  Signora!  proruppero  Giacomo  e  laGiannina. 
Ma  la  gran  dama  piu  non  gli  udiva.  Era  caduta  a  ginocchi, 

avvinghiandosi  alia  svenuta.  Sotto  il  fuoco  dei  suoi  baci  Lilla 
aperse  gli  occhi  e  reclino  il  capo  su  quel  seno  anelante. 

E  la  contessa,  sedato  il  primo  impeto,  sorridendole  con  amore 
infinito:  —  Gdlda,  —  le  disse  soave,  Gilda,...  la  mia  flgliuola  !... 


—  Nonna,  interrogava  pensosamente  il  minuscolo  contino 
di  Fioralice,  puntando  un  ditino  al  presepio,  —  nonna,  e  quegli 
altri  due  Ik  che  aleggiano  sulla  grotta? 

—  Tu  dovresti  conoscerli,  rispose  col  suo  piu  bel  bacio  la 
contessa  Luigia,  —  sono  gli  angeli  piu  cari  a  Gesu :  Vangelo 
delVinnocenza  e  I'angelo  della  preghiera... 


RIVISTA  BELLA  STAMPA 


Prof.  GIOVANNI  ROSSIGXOLT.  --11  Determiniamo  nella  socioloyia  posi- 
tt'ra.  Nnova  rirendica^ione  del  libero  arbitrio  contra  sofismi 
•uuori  o  rinnovellati.  Siena,  tip.  edit.  S.  Bernardino,  1895.  Un 
opusc.  di  pagg.  85  in  8°  pice. 

II  ch.  Autore  ci  presenta  in  questo  suo  opuscolo  una  compiuta 
nionografia  etico-filosofica  del  Deter  minis  mo,  mettendolo  in  mostra 
quale  6  in  so  stesso  e  tratteggiandone  lo  magagne.  II  determinismo 
e  parte  della  soc/'ologia  positiva  ;  e  come  indica  la  voce,  onde  si 
nomina,  sosticne  non  essere  1'uomo  padrone  o  signore  clegli  atti 
della  stia  volonta,  ma  esservi  determinate  da  cause  fisiche  o  mo- 
rali  di  modo,  che  gli  parra  di  esser  libero,  nientre  nel  fatto  non  e: 
in  una  parola  e  la  neyaxione  del  Uhero  arbitrio.  Esso  scaturi  dalla 
scuola  di  A.  Comte.  Dalla  quale,  tra  le  altre  luminose  opinioni  scien- 
tlfiche,  usci  la  idea  sonsistica,  che  figlio  due  portentose  gemelle,  di 
cui  1'una  0  quella,  che  eguaglia  1'uomo  all'animale,  salvo  un  solo 
grado  di  superioro  nobilta  bestiale,  1'altra  e  quella  che  fa  1'uomo 
privo  del  liboro  arbitrio,  negandoglielo  assolutamente,  ossia  il  Deter- 


11  ch.  Autore  fu  indotto  a  scriverne  la  nionografia  etico-filosofica 
clal  veclere,  come  cotesto  strano  errore  si  divulghi  dalle  cattedre  uni- 
vcrsitarie  in  Francia,  in  Germania  e  nelle  nostrali,  ed  escano  per 
le  stampe  volumi  soritti  da  uomini  d'ingegno  a  sostegno  del  mede- 
simo,  e  questo  con  tale  ardore,  come  se  fosse  una  verita  lampante 
uscita  qual  nuovo  sole  ad  illuminare  ]o  menti  umane,  manciple  di 
una  volgare  illusione  fino  dall'inizio  dei  secoli.  II  ch.  Autore,  for- 
uito  di  ampia  cognizione  di  cotesti  volumi  e  dei  filosofi  antichi  e 
di  quelli,  che  precedettero  i  moderni,  stiinge  e  incalza  da  ogui  lato 
1'errore:  cita  le  obbiezioni,  che  si  oppongono  al.  libero  arbitrio  e  le 
dissolve,  apporta  gli  argomenti,  che  i  piu  grandi  maestri  in  deter- 
minismo  adoperano  in  favore  del  loro  errore  e  te  li  annienta  con 
un  limpido  e  serrate  ragionare.  Egli  possiede  la  materia  del  suo 
argomento,  e  percio  signoreggia  gli  avversarii  in  ogni  punto  della 


RIVISTA    BELLA    STAMP  A  81 

sua  trattazione.  Gli  equivoci,  le  definizioni  inesatte,  le  ipotesi  cam- 
pate  in  aria,  gli  assurdi,  a  cui  necessariamente  si  perviene,  ed  altret- 
tali  siniili  gemme  scientifiche  sono  messe  in  bella  mostra  e  fatte 
luccicare  agli  occhi  del  lettore  nel  loro  falso  bagliore. 

L'opuscolo  e  partito  in  dieci  paragrafi,  a  cui  va  innanzi  una 
introduzione  ai  lettori.  II  determinismo  ebbe  sostenitori  fra  gli  antichi 
filosofi.  tacque  nel  medio  evo,  die  qualche  sentore  di  so  in  sul  finire 
di  esso,  piu  spiccata  alz6  la  voce  a'  tempi  di  Lutero,  di  Calvino  e 
di  altri  loro  pari,  piu  forte  si  fe'  udire  uel  secolo  scorso ;  ma  a'  di 
nostri  impegno  una  lotta  di  coltello  contro  il  libero  arbitrio.  Pre- 
messo  questo  sunto  storjco  ben  disegnato,  eccovi  la  tesi  che  intende 
propugnare  il  ch.  Autore :  «  Cume  e  assurdo  il  liberalismo  dei  deter- 
ministi,  cosi  e  assurda  la  loro  criminologia  (§.  1).  »  Imperocche,  con- 
siderate il  determinismo  in  se  stesso,  abolisce  la  liberta  civile,  come 
diritto  nafurale  (§.  2),  ed  e  la  negazione  del  diritto  penale  (§.  3). 
Chi  si  fa  ad  esaminare  i  suoi  argomenti,  ben  tosto  si  avvede, 
che  si  appoggiano  su  qnattro  equivoci ;  i  quali  riescono  a  con- 
fondere;  1°  il  fatto  della  libertiX  colla  iuterpretazioue  scientin'ca  di 
esso;  2°  la  liberta  col  capriccio;  3°  la  liberta  colla  spontaneita; 
4°  la  liberta  colla  ragione.  Sgombrato  1'animo  da  codesti  equivoci 
colla  luce  del  vero,  cadono  ad  un  tratto  tutte  le  difficolta  piu  appa- 
riscent.i,  che  i  deterministi  hanno  mosso  contro  il  libero  arbitrio,  ed 
apparisce  immoto  1'ordiue  morale,  giuridico  e  sociale  qual  torre, 
che  non  crolla  contro  al  soffiare  dei  venti  deterministi.  Difatti.  au- 
nientata  col  libero  arbitrio  la  imputabilita,  figlia  della  liberta.  che 
rimarrebbe  nel  mondo?  Xon  altro  che  il  diritto  della  forza  (§.  IV). 

Xon  e  cosi,  oppongono  qui  il  Fouillee  e  lo  Spencer :  con oscete 
voi  a  fondo,  essi  dicono,  tutto  il  vostro  essere  fisiologico,  psicologico 
e  morale,  tutto  1'  intreccio  e  tutta  la  storia  della  vostra  psiche  ?  Or 
bene,  se  uon  si  conosce  nulla  di  questo  od  in  mi  sura  assai  scarsa, 
niuno  pud  dire:  io  sono  libero;  e  chi  lo  dice  6  un  illuso.  Cos! 
argomentano  questi  due  grandi  maestri  coutro  il  fatto  del  libero 
arbitrio.  A  cotesto  argomento  di  ricambio  rispondesi:  Xiuno  conosce 
con  sicurezza  I'artifizio  che  adopera  la  natura  nella  formazione  di 
quel  pane,  di  quelle  frutta,  di  quella  carue  che  serve  di  nutri- 
mento  alFuomo  sotto  il  larorio  della  vitalita.  Eppure  chi  oserebbe 
negare  il  fatto  ?  Xiuno  per  fermo.  Dicasi  altrettanto  del  libero  arbi- 
trio. Xelle  obbiezioni  determiuiste  evidentemente  si  confonde  il  fatto 
del  libero  arbitrio  colla  interpretazione  scientifica  del  medesinio. 
Solenne  equivoco !  (§.Y).  —  Tornano  alia  carica  il  Fouillee  e  il  Wundt 
scrivendo :  posto  il  vostro  principle,  Fatto  libero  sarebbe  una  specie 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1117.  6  24  dicembre  1S96. 


82  RIVISTA 

di  creazione  ex-nihilo,  ovvero  una  produzione  senza  causa.  Eisposta : 
esaminate  voi  stessi :  nelle  vostre  determinazioni  voi  mirate  ad  un 
fine,  e  questo  fine  S  un  bene  appreso  come  tale,  il  quale  tanto  piu 
vi  stimola  all'opera,  quanto  e  piu  forte  1'allettamento,  che  vi  oflfre: 
eccovi  in  ultima  analisi  il  motivo:  niotivo  per  niun  conto  necessi- 
tante,  rimanendo  sempre  libera  la  volonta  ad  accettare  od  a  respin- 
gere  1'offerta  a  suo  grado.  I  deterministi  equivocando  suppongono, 
che  il  principio  di  causalita  sia  necessitante  di  sua  natura  (§.  YI).  — 
Indi  si  passa  al  terzo  equivoco,  il  quale  consiste  nella  povera  con- 
fusione  tra  la  liberta  del  volere  e  la  spontaneita  dell' appetite  sensibile: 
fatta  un  po'di  luce  su  cid  che  spetta  alia  prima  e  alia  seconda,  1'equi- 
voco  scomparisce  (§.  YII).  Ma  non  sempre  la  liberta  corre  diritto; 
accade  che  ella  si  arresti  a  fronte  degli  ostacoli,  che  inceppane 
e  travolgono  il  suo  moto  libero  (§.  YIII).  Qui  si  affaccia  il  quarto 
equivoco,  il  quale  e  una  confusione  tra  la  libera  volonta  e  la  ra- 
gione.  Libera  e  la  volonta,  ma  essendole  maestra  e  duce  la  ragione, 
fate  che  questa  sia  ottenebrata  dall'errore,  dal  pregiudizio  e  dalla 
passione,  fallace  sara  il  suo  giudizio,  che  serve  di  guida  alia  vo- 
lonta e  questa,  qual  nave  condotta  da  mendace  nocchiero,  dara  si- 
curamente  attraverso  (§.  IX).  Concorrono  a  questo  alcune  cause 
accecanti,  la  varieta  dei  temperamenti  e  dei  caratteri,  dei  quali  si 
ha  un  quadro  colle  varieta  delle  tendenze  dei  medesimi  in  sulla 
fine  del  libro  (§.  X).  Di  qui  si  vede  quanta  e  quale  forza  abbia 
1'educazione  cristiana  a  correzione  dei  medesimi,  disciplinata  sotto 
la  infallibile  norma  dataci  da  Cristo  in  queWabneget  semetipsum. 
Se  un  giovinetto  pigliera  cattiva  piega,  difficilmente  si  raddrizzera 
appresso:  viceversa  se  pieghera  al  bene  sottoposto  a  questo  soave 
giogo  del  vangelo,  fanciullo,  giovine  maturo,  e  vecchio  vi  durpra  saldo 
contro  1'urto  delle  passioni. 

Terminiamo  questa  rivista  con  un  fatto  storico,  col  quale  si 
dimostra  quanto  valgano  i  nuovi  orizzonti  scoperti  dai  nostri  maestri 
in  determinismo  non  meno  su  la  cattedra,  che  nei  loro  volumi. 
Omettiamo  la  enumerazione  dei  molteplici  mezzi,  che  essi  hanno 
adoperato  e  adoperano  per  dare  un  fondamento  sodo  alia  loro  teo- 
rica,  che  abbiamo  in  parte  descritta  nella  rivista  del  bel  volume 
pubblicato  per  le  stampe  dal  ch.  Pellizzari  1.  Nel  1885  si  tenne 
in  Roma  un  congresso  antropologico  internazionale  criininale.  I 
grandi  maestri  e  i  loro  discepoli  vi  trassero  in  buon  numero. 

II  fatto  del  libero  arbitrio  usciva  cosi  malconcio  dai  loro  discorsi, 
©he  era  disdegnato  qual  ciarpa  vecchia  da  gittarsi  al  dileggio  co- 

1  V.  quaderno  1101. 


DELLA   STAMPA  83 

mime.  Vi  fir  chi  ebbe  il  coraggio  di  levarsi  alia  difesa  e  disse  : 
«  lo  sono  libero,  perch&  mi  sento  libero.  »  Fu  il  Righi.  II  Molescott 
non  si  tenne  al  suono  di  questa  voce  cosi  ragionevole  :  scattd  qual 
molla  di  sotto  al  pressoio,  e  ruppe  in  queste  parole  :  «  La  dichia- 
razione  del  preopinante  ha  lo  stesso  valore  come  se  avesse  detto :  —  e 
il  sole  che  si  leva,  perchd  io  lo  vedo.  —  Per  me  la  quistione  e  risolta, 
ed  essa  e  la  base  dei  nostri  lavori.  »  Uno  scoppio  di  battimani  e 
di  applausi  segui  cotesta  sentenza,  niuno  avvedendosi,  che  cotale 
sentenza  confondeva  la  percezione  dei  sensi  coll'  intuito  del  fatto 
del  libero  arbitrio  immanente  nella  coscienza  dell'  uomo  l.  Ma  se  fu 
malcapitato  il  Righi  in  cotesto  Congresso,  ne  uscirono  peggio  che 
malcapitati  i  capi  di  esso  nei  due  Congressi  antropologici  criminali 
adunatisi  in  Parigi  nel  1889  ed  in  Bruxelles  nel  1892  2.  Nel  primo 
la  dottrina  del  Lombroso,  circa  il  delinquente-nato  e  il  delinquente 
d'oeeaswne  vi  fu  rifiutata,  1°  perche  le  anomalie,  che  egli  ha  tro- 
vato  nei  delinquent!  abbondano  anche  nelle  persone  oneste  ;  2°  per- 
che tra  il  Lombroso  e  i  suoi  discepoli  non  vi  e  accordo  nell'  asse- 
gnare  i  caratteri  organici  nei  delinquent!;  3°  perchS  le  passioni 
non  dome  e  gli  abiti  radicati  modificano  a  poco  a  poco  il  sistema 
muscolare  ed  il  nervoso  nei  delinquent!,  di  guisa  che  nel  loro  volto 
si  legge  scolpita  1'abitudine  del  delitto.  —  Al  Congresso  di  Bruxelles 
i  maestri  della  scuola  aDtropologica  non  coniparvero  sotto  colore  di 
un  pretesto  di  niuu  conto.  Ma  anche  in  questo  tocco  loro  una  di- 
sfatta;  imperocche,  dopo  una  stringata  e  forte  relazione  del  Manou- 
vrier,  istituitasi  una  grave  discussione,  fu  conchiuso  alia  fine  colla 
condanna  in  sentenza  definitiva  della  teorica  del  tipo  delinquente 
anatomicamente  determinata,  e  si  rifiuto  parimente  il  concetto  di  un 
delitto,  come  se  fosse  un  fenomeno  bio-patologico.  —  Dal  23  al  29  di 
agosto  dell'anno  stante  si  tenne  il  quarto  Congresso  d'antropologia 
criminale  in  Ginevra.  Yi  apparirono  il  Lombroso,  il  Ferri,  il  Gra- 
rofolo,  il  Morselli  ed  altri  professori  nostrali.  II  Lombroso,  colto  il 
destro  di  una  sua  comunicazione,  tornd  alle  sue  prime  teoriche, 
benche  modificate  ne'  suoi  scritti  susseguenti.  Qui  il  dottor  Dallemagne 
gli  assestO  una  buona  picchiatina,  dicendo  :  «  0  il  Lombroso  tiene 
ferme  le  sue  prime  dottrine,  o  no.  Ce  lo  dica.  Griacche,  se  egli  sta 
saldo  in  esse  nonostante  le  sue  posteriori  modificazioni,  e  ritratta 
le  concessioni  che  ha  dovuto  fare  sotto  il  lume  delle  prove  lam- 
panti  in  contrario,  1'  antropologia  criminale  e  la  sua  riputazione  se 
ne  sono  ite  e  non  contano  piu  nulla.  »  Sorta  appresso  la  questione 

1  Pag.  42,  43 

2  Pag.  24. 


84  RIVISTA 

intorno  al  diritto  naturale  ed  al  libero  arbitrio,  1'abbate  De  Baets 
difese  energicamente  F  uno  e  1'altro  contro  un  cotale  che  sosteneva 
doversi  tutto  questo  alia  evoluzione.  Parld  pure  il  Perri  intorno  a 
questo  argomento  e  dicendo  avervi  due  teorie,  la  materialista  e  la 
spiritualista,  conchiuse  non  ammettere  ne  1'  una  ne  1'altra  ed  in 
ispecie  la  seconda  siccome  cosa  dei  crodenti :  «  Non  essere  egli  uno 
di  questi  e  professare  Fateismo.  »  Questa  conclusione  gli  fruttd 
una  gentile  toccatina  da  parte  del  Le  Jeune.  «  II  sig.  Ferri,  sog- 
giunse  egli,  ha  dichiarato  di  essere  ateo  ;  del  che  io  non  1'aveva 
chiesto.  Quanto  a  me  non  credo,  che  vi  possrt  essere  alcuno  vera- 
mente  ateo.  » 

In  conclusione,  da  cio  che  dis'se  il  Ferri  nei  suoi  discorsi,  la  scuola 
antropologica  italiana  ha  dovuto  indietreggiare  e  darsi  per  vinta  su 
parecchi  punti  delle  sue  teoriche,  magnificate  quali  nuovi  orizzonti 
scientifici.  Lo  stesso  Lombroso  in  una  sua  relazione  fe  capire,  come 
noto  Le  Jeune,  che  alia  fin  de'  conti  il  delinquente-nato  e  un  ma- 
lato  da  doversi  curare  coi  mezzi  chirurgici,  in  luogo  acconcio,  sotto 
1'intlusso  della  morale  e  della  religione  cougiunta  ad  una  cura 
medicale  1.  Non  vi  e  dubbio,  1'  aver  tentato  nuove  vie  per  chiarire 
le  origini  e  le  cause  del  delitto,  e  gli  studii  costanti  ed  unanimi 
che  hanno  fatto  i  nostri  professori  intorno  a  questo  tema  tornano  loro 
ad  onore  ;  ma  dovevano  usare  maggior  modestia,  e  non  gittare  il  di- 
sprezzo  sopra  la  scienza  che  da  secoli  campeggiava,  negaudo  asso- 
lutamente  il  libero  arbitrio  e  condannandolo,  come  se  fosse  stato 
e  sia  una  illusione  signoreggiante  dall'  inizio  dei  secoli  le  menti 
di  tanti  ingegni,  che  fiorirono  ed  illustrarono  il  mondo  coi  loro  dotti 
ed  iusigni  volumi  senza  numero. 

II. 

HKXRI  DE  L'EPINOIS.  —  Les  Catacombes  de  Rome.  Nouvelle  edition 
revue  et  augmentee  de  plusieurs  appendices  par  M.  PAUL  ALLA.RD. 
Ouvrage  orne  de  dix-sept  planches  d'apres  les  fresques  des  Cata- 
combes. Bruxelles,  A.  Yromant  (rue  de  la  Chapelle,  3),  1895, 
8°  di  pp.  292. 

« II  presente  libro  non  pretende  d'essere  un  libro  scientifico ;  si 
bene  riassumendo  le  opere  di  uomini  scienziati  vuol  farle  conoscere, 
leggere,  amare.  »  Cosi  scriveva  il  compianto  Autore  nella  prefazione 
delle  due  precedent!  edizioni  del  1874  e  del  1879.  Questa  terza, 
ritoccata  e  condotta  fino  al  preseute  stato  degli  studii  da  quelPesimio 
storico  de'  primi  secoli  cristiani  che  e  1'Allard,  conserva  il  mede- 

1  Vedi  Eevue  Neo-Scolastiqne,  n.  4,  1896. 


BELLA   STAMPA  85 

simo  intento,  ed  e  quindi  diretta,  non  propriamente  ai  dotti,  ma 
alle  persone  colte  del  mondo,  ai  sacerdoti  che  non  possono  appli- 
carsi  a  studii  piu  ampii  in  tale  materia,  ai  giovani  seminaristi  che 
hanno  bisogno  d'incentivo  agli  studii  piu  maturi  per  mezzo  di 
letture  sode,  attraenti,  meglio  proporzionate  alia  loro  presente  col- 
tura  ed  al  tempo  onde  attualmente  possono  disporre. 

Peru  1'Autore,  come  nota  1'Allard,  «  ha  voluto  sovra  ogni  cosa 
mostrare  a'fedeli  come  debbano  appoggiare  la  pieta  alia  scienza  e  come 
debbano  quindi  farsi  un  concetto  esatto  delle  origini  della  Chiesa,  te- 
nendosi  egualmente  in  guardia  e  dalla  sfiducia,  ingiuriosa  a  venerabili 
tradizioni,  e  dalla  credulita  eccessiva  pertntto  ci6  che  e  leggenda  seuza 
autorita.  Per  raggiungere  questo  fine  non  poteva  scegliere  miglior 
via  di  quella  che  ha  scelto  di  fatto:  prendere  cioe  come  guida  il 
De  Rossi,  togliere  da  questo  genio  tanto  sicuro  e  tan  to  moderate  il 
lume  necessario  a  penetrare  nel  fondo  della  Roma  sotterrauea,  e 
visitare,  seguendo  i  suoi  passi,  qual  pellegrino  istruito  e  rispettoso, 
le  tombe  de'  martiri,  i  cimiteri  degli  antichi  cristiani,  i  primi  san- 
tuarii  della  Chiesa  nascente  (p.  5).  » 

Precede  ne'  primi  tre  capi  un  riassunto  storico  degli  studii  sulle 
catacombe,  ricominciati  nel  secolo  XVI  dopo  lungo  oblio,  e  delle 
varie  vicende  che  subirono  fino  al  massimo  loro  fiore,  raggiuuto  ai 
di  nostri  per  opera  specialmente  del  De  Rossi  e  del  nietodo  eccel- 
lente  della  sua  scuola.  Seguono  cinque  capitoli,  che  divisano  la 
storia  delle  catacombe  in  altrettanti  grandi  periocli,  da'  primissimi 
tempi  fiuo  alia  pace  di  Costantino,  al  sorgere  delle  basiliche  ed  alle 
susseguenti  traslazioni  delle  reliquie  dei  martiri  nell'interno  della 
citta.  Cos!  le  catacombe,  prima  per  qualche  tempo  restarono  meta 
di  pii  pellegrinaggi;  piu  tardi  a  poco  a  poco  s'andarono  abbando- 
nando,  fin  che  rimasero  pressoche  del  tutto  dimenticate,  di  parec- 
chie  anzi  perdendosene  ben  anco  la  traccia.  L'  autore  non  tralascia 
a  suo  luogo  di  notare  le  false  opiuioni  che  ebbero  corso  in  que- 
ste  materie  e  che  tuttavia  si  vanuo  ripetendo  da  alcuni ;  mentre 
pure  sono  apertamente  contrarie  ai  fatti.  che  le  scoperte  audarono 
comprovando.  Cos!  p.  e.,  ricorda  come  il  p.  Marchi  dimostrasse  pel 
prirao',  le  catacombe  non  essere  per  nulla  antiche  arenarie,  ado- 
perate  in  luogo  di  cimitero.  bensi  veri  sotterranei  scavati  espres- 
samente  ael  tufo  dai  cristiani  per  seppellirvi  i  defunti  (p.  55  e  segg.). 
Piu  innanzi  dimostra  come  i  fedeli  non  avevano  nessun  bisoguo  di 
celebrare  di  nascosto  la  memoria  de'  morti  nelle  catacombe,  poiche 
la  legge  ne  dava  loro  diritto.  «  Les  Chretiens  ne  coustituaieut  pas 
vis-a-vis  du  gouvernement  une  societe  secrete,  Us  ont  an  contraire 


86  RIVISTA   BELLA.   STAMPA 

formS  une  association  legate,  dont  le  gouvernement  a  vio!6  le  droit 
lorsqu'il  1'a  pers6cutee  (p.  88).  »  La  quale  tesi  viene  poi  ampiamente 
provata  nelle  pagine  seguenti. 

La  seconda  parte  dell'opera,  dal  capo  X  in  poi,  tratta  del  sim- 
bolismo  cristiano  nelle  pitture  e  scolture  delle  catacombe  e  del 
modo  onde  solevansi  rappresentare  i  misteri  della  fede,  i  sacra- 
menti,  la  vita  avvenire,  il  culto  della  Yergine  e  de'  Santi,  la  Chiesa, 
il  Primato  del  Eomano  Pontefice.  La  storia  della  Chiesa  ne  va  sin- 
golarmente  illustrata  ed  in  ispecie  la  teologia  trova  su  quelle  mura, 
entro  quegli  arcosolii,  su  que'  sarcofagi,  in  quelle  iscrizioni  argo- 
menti  nuovi  e  preziosi  a  conferma  della  verita  rivelata.  «  Nulla  ci 
annunzia  quella  lenta  formazione  de'  dogmi,  onde  parla  il  razio- 
nalismo;  niente  ci  dimostra  che  la  religione  siasi  a  poco  a  poco 
caricata  di  favole,  tutto  invece  ci  rivela  la  perpetuita  e  1'unifor- 
mita  della  dottrina.  Pu6  darsi,  e  si  ebbe  di  fatto,  un  vero  progresso 
nella  maniera  di  presentare  un  emblema,  di  ricordare  una  credenza, 
secondo  che  la  pace  e  la  liberta  francavano  la  Chiesa  dagli  impacci 
della  disciplina  dell'arcano  (p.  250).  »  E  1'Autore  continua  osser- 
vando,  come  a  difesa  della  verita,  negli  studii  archeologici  delle 
oatacombe,  Iddio  ci  abbia  posto  in  mano  una  nuova  e  possente  arma 
contro  la  falsa  scienza  del  secolo  presente,  la  quale,  con  la  sua 
critica  raffinata,  tutto  vuole  mettere  in  dubbio,  tutto  distruggere. 
«  Qual  soddisfazione  pel  prete,  pel  fedele,  e  scoprire  questi  nuovi 
orizzonti,  tornare  a'  prinii  giorni  della  religione,  ed  in  faccia  ai 
furori  dell'empieta,  ravvivar  la  sua  fede,  a  Roma,  sulle  tombe 
de'  martiri !  Ah,  lo  studio !  Vasto  e"  il  suo  campo,  illimitata  la  sua 
ricchezza!  Per  la  gioventu  specialmente  e  1'idea  del  lavoro  che 
prelude  agli  anni  maturi  della  vita,  e  1'esercizio  maschio  delle  fa- 
colta  dello  spirito  e  delle  forze  dell'anima;  pel  prete,  dev'essere 
qualche  cosa  di  piii  ancora...  E  proprio  de'  cattolici  andare  in  cerca 
di  questi  piaceri  delicati  e  di  queste  nobili  gioie;  sarebbe  altri- 
menti  studio  vano,  se  la  scienza  non  dimostrasse  la  verita,  e  se 
la  dimostrazione  della  verita  non  suscitasse  dal  fondo  del  cuore  una 
preghiera  (p.  253).  » 

Ed  infatti  ce  livre  est  un  acte  de  foi,  dice  1'Allard  (p.  5),  ed 
ogni  lettore  che  lo  prenda  in  mano  sentira  quest'atto  di  fede  en- 
trargli  nell'anima.  II  libro  per  giunta  non  ha  nulla  di  arido  e  ben 
meriterebbe  d'essere  tradotto  nella  nostra  lingua  per  essere  diffuse 
piu  largamente,  come  s'  e  detto,  tra'  giovani  e  tra  le  persone  colte 
del  mondo,  non  escluse  le  signore  e  le  signorine,  che  alle  frivole 
letture  preferiscono  le  cose  sode,  ma  pur  sempre  attraenti. 


BIBLIOGRAFIA 


AMBROSINI  A.,  prof.;  VERGANO  N.,  prof.  —  Sillabario  e  libro  di 
lettura  per  la  prima  Classe  elementare  maschile  e  femminile.  16* 
di  pp.  132.  —  Cent.  55. 

—  Libro  di  lettura  per  la  seconda  Classe  elementare  maschile  e  feiM- 
minile.  16°  di  pp.  102.  --  Cent.  70. 

—  Libro  di  lettura  per  la  terza  Classe  elementare  maschile  e  femmi- 
nile. 16°  di  pp.  160.  --  Cent.  90. 

Compilati  in  conformita  dei  Programmi  ministeriali  29  novembre  1894, 
con  la  collaborazione  del  sac.  Luigi  Casanova,  rettore  dell'Istituto 
dei  Sordomuti  poveri  di  campagna  in  Milano.  Milano,  E.  Trevisini 
editore,  1896. 

Sono  libri  benfatti,  bene  stampati,  steriali,  e,  cio  che  e  piu,  alia  legge 
adorni  di  molte  belle  figurine,  con-  di  Gesu  Cristo,  salvo  qualche  spruzzo 
formi  ai  vigenti  programmi  mint-  d'  italianismo  moderno. 

BACCOLO  P.  ERMENEGILDO,  S.  I.  —  Manuale  d'esercizii  di  devo- 
zione  e  di  preghiere,  offerto  ai  Fratelli  coadiutori  della  Compagnia 
di  Gesu.    Venecia,  tip.  Emiliana,  1896,  in  32°  di  pp.  390. 
Vi  6  una  raccolta  di  preghiere  e       una  quarta    di    novene    e  tridui    in 
di    esercizii  divoti ;    un'altra  di  me-      onore  dei  Santi  e  Beati  della  Com- 
ditazioni  e  considerazioni ;  una  terza      pagnia    di    Gesu.  Quindi    il  libro    e 
di  sacre    novene    in  onore  di    Gesu      utilissimo    a    molte    altre    persone, 
Cristo,  della  Vergine  e  d'alcuni  santi,      oltre  quelle  a  cui  £  offerto. 

CARTASEGNA  DOMENICO,  mons.  —  Institutiones  Theologiae  Dogma- 
ticae  Moralis  probatis  auctoribus  excerptae  a  Dominico  Cartasegna 
sacerdote,  ab  intimo  cubiculo  Leonis  XIII  P.  M.,  Aedis  Metropo- 
litanae  Canonico  et  in  Seminario  Archiepiscopali  Genuae  de  re  sa- 
cramentaria  Doctore  ad  usum  divinae  scientiae  studiorum.  De  Sa- 
cramento Ordinis.  Genuae,  ex  typogr.  archiepiscopali,  1896,  16° 
gr.  di  pp.  210. 
Coll' usata  chiarezza,  buon  ordine  giate  sull'autorita  dei  migliori  au- 

e  solidita   dei   suoi  precedent!  trat-      tori ;  e  la  divisione  a  domande  e  ri- 

tati,  il  ch.  Autore  ci  offre  qui  quello      sposte  facilita  lo  studio  alia  comune 

che  riguarda  il  Sacramento  dell'Or-      degli  scolari. 

dine.  Le  sentenze  sono  tutte  appog- 


BIBLIOGRAFIA 


CARBONE  CESARE,  sac.  clott.  —  L'autenticita  degli  Opuscula  Coe- 
lestina  rivendicata  contro  un  recente  biografo  di  S.  Pier  Cele- 
stino  \.  Caserta,  tip.  Sociale,  189G,  in  8°  di  pp.  30. 


II  rev.  D.  Cesare  Carbone  pub- 
blico  1'a.  1894  uno  atudio  critico  su- 
gli  opuscoli  di  Celestirio  V  (Aquila, 
tip.  Mele).  rivendicando  con  ardore 
al  suo  santo  concittadino  il  merito 
d'averli  lui  composti.  D.  Cesare  pero 
afferma  in  parecchie  pagine  che  la 
lettura  di  questi  piccoli  trattatelli  fa 
scorgere  al  dotto  osservatore  clie 
ess*  sono  compendii  ovvero  compi- 
lazioni  di  opere  antecedent},  frutto 
delle  attente  letture  del  Santo.  Cosi 
il  trattato,  che  va  col  titolo  «  De  sen- 
tentiis  Patnim  Eremitarum  >  e  un 
compendio  breve  del  libro  V,  Verba 
Seniorum,  delle  Vitae  Patrum.  (Vedi 
Analecta  Bollandiana,  torn.  XV,  fa- 
scicoio  I,  p.  103).  II  rev.  Can.  Peni- 
tenziere  dolla  cattedrale  di  Sulmona, 
S'g.  D.  Giuseppe  Celidonio,  in  un  suo 
lavoro,  intitolato;  Vita  di  8.  Metro 
del  Morrone,  Celestino  P.  V.,  scritta 
su  documents  coevi,  e  di  parere  con-, 
trario  a  quello  del  rev.  Carbone,  e 
propugna  che,  Fra  Pietro  non  fu  lo 
scrittore  degli  undici  opuscoli  (lib.  I, 
c.  XV).  Nel  preseute  opuscolo  prima 


sono  riferiti  i  giudizii  favorevoli  dei 
periodici  intorno  al  primo  studio  di 
D.  Cesare  Carbone,  quindi  sono  ripro- 
dotti  i  parecclii  passi  del  medesimo 
studio,  ne'  quali  la  paternita  di  Cele- 
stino V  rispetto  agli  undici  opuscoli 
e  piu  o  meno  chiaramente  ristretta 
al  senso  di  compilazione  di  massime 
e  pie  sentenze.  Dal  che  pare  che  il 
rev.  D.  Giuseppe  Celidonio  neppure 
voglia  ammettere  che  S.  Celestino 
fosse  compilatore  o  raccoglitore  di 
sentenze  dei  Santi  Padri  e  della  Sa- 
cra Scrittura.  Noi  che  stiamo  fuori 
della  lotta  diciamo  con  tranqitillita 
(con  tranquillita,  perche  nelle  discus- 
sion! 1'ardore  non  accresce  il  valore 
delle  ragioni)  che  S.  Celestino  aveva 
tal  grado  di  cognizioni  che  ben  po- 
teva,  a  maniera  di  oppunti,  darci  la 
raccolta  o  compilazione  degli  undici 
opuscoli.  Piuttosto  consigliamo  mag- 
giore  studio  e  raffronto  dei  medesimi 
opflscoli  colle  fonti  donde  sono  stati 
attinti.  raffronto  indicate  dai  Bollan- 
disti  nel  loro  periodico  Analecta  Bol- 
landiana. 


CA^7ATO^:I  ANGELO,  arciprete  di  Castione  Veronese.  —  Le  Litanie 
.della    SS.   Yergine   Maria   spiegate  al  popolo    con  discorsi  istrut- 
tivi  o  morali.  Trento,  tip.  Artigianelli,  1896,  due  voll.  in  16°  di 
pp.  XXXIV-422;  444. 


strando  ancora  il  legame  che  unisce 
tra  loro  le  varie  invocazioni  della 
SS.  Vergine.  Non  sono  prediche,  ma 
piuttosto  materie  per  prediche,  e  i 
sacri  oratori  potranno  giovarsene  pei 
loro  discorsi,  non  meno  che  gli  altri 


Dopo  i  lavori  del  Bersani,  del  Cen- 
turione,  (U'H'Albertetti,  del  Donepa- 
na,  del  Kenrik,  del  Grassi,  del  P.  Ce- 
lestino da  Cadelbono  e  di  altri,  si 
presenta  anche  questo  a  spiegare  le 
litanie  lauretane,  e  lo  fa  con  sodezza, 
con  unzione  e  lucidita  grande,  mo- 
CEL1DONIO  GIUSEPPE,  can.  pen.  -  Yita  di  S.  Pietro  del  Morrone, 

Celestino  Papa  V,  scritta  su  document!  coevi.  Sulmona,  tip.  An- 

geletti,  1890,  voll.  4  in  10°  di  pp.  180;  ISO;  180;  190. 

Una  vita  piena,  divota,  popolare       flnora  da  nessuno.  Percio  il  rev.  D. 
di  S.  Celestino  V  non  era  stata  scritta       Giuseppe    Celidonio,    tesoreggiando 


fedeli  per  le  loro   spiritual!   letture. 


BIBLIOGRAFIA 


89 


quanto  si  e  venuto  man  mano  scri- 
vendo  su  quel  gran  Santo,  ne  ha 
compilata  una  che  da  quelle  qualita 
non  si  dipartisse.  Egli  ne  riunisce  e 
raggruppa  i  fatti  sotto  Ie  quattro 
parti  che  piu  spiccano  in  S.  Pietro 
del  Morrone,  e  sono  di  Anacoreta, 
Archimandrita,  Sommo  Pontejice  e 
Taumaturyo.  A  ciascuna  di  esse  parti 
ha  assegnato  un  libro.  Una  disser- 
tazione,  che  precede  il  primo  libro, 
tratta  dei  fonti  delia  vita  di  S.  Pier 
Celestino.  In  fine  del  libro  IV  v'  e 
un'appendice  sulla  uon  autenticita 
degli  Opuscula  coelestina,  dei  quali 
ci  occupiamo  sotto  il  nome  di  Car- 
bone. 

L'Autore,  nello  sceveramento  delle 
notizie  vere  dalle  false,  segue  gli 
scrittori  contemporanei.  Egli  mostra 
cognizione  delle  fonti,  e  con  tale  su- 
pellettile  evita  gli  stolti  raccontari 
che  1'ignoranza  e  la  malizia  adden- 
sarono  nelle  vite  di  Celestino  V.  Non 
tralascia  di  indicarli  in  note  e  ap- 
pendici.  Piace  assai  leggere  nel  lib.  I, 
pag.  16  seg.  e  nel  lib.  IV,  pag.  151 
il  giudizio  favorevole  che  reca  delle 
Analecta  Bollandiana,  e  gli  aperti 
e  ben  meritati  biasimi  degli  scritti 
del  Fabbro,  del  Marino  e  del  Telera. 
Del  Processus  inforrnativus  che  si 
conserva  in  Sulmona,  egli  dice  che 
non  puo  provarsene  ne  1'  autenticita 


n6  la  non  autenticita  (Lib.  I,  p.  23); 
quanto  poi  al  Processo  o  sommario 
Aqutlano,  il  medesimo  sospetta  che 
sia  adulterate  (Ib.  pag.  52).  In  molte 
altre  cose  appare  la  diligenza  e  1'a- 
more  alia  verita,  oncle,  in  generale, 
la  presente  vita  e  ben  fondata  su 
salde  basi.  Ora  poche  osservazioni. 
L'Autore  ammette  1'autobiografia-del 
Santo,  e  da  essa  prende  parecchi  fatti; 
gravi  scrittori  invece  la  rigettano,  et 
gutdemmossi  dalle  due  ragioni  onde 
egli  confuta  1' autenticita  degli  Opu- 
scula Coelestina,  e  sono  la  tarda  pub- 
blicazione  clella  medesima  e  il  valore 
intrinseco.  Inoltre  egli  asserisce  che 
fra  Pietro  Morrone  dimoro  qualctie 
anno  in  Roma;  ma  dopo  un  luugo 
studio  negli  autori  contemporanei  noi 
non  abbiamo  trovato  traccia  di  tal 
dimora  (vedi  Civilla  Cattolica,  fasc. 
1084,  pag.  445-446).  II  luogo  della 
carcere,  che  falsamente  e  nobilitato 
dal  nome  della  vetusta  Antenna,  e 
quello  della  sepoltura,  sono  pieni  di 
memorie  che  qui  indarno  si  cercano. 
Rispetto  alle  osservazioni  dell'Autore 
contro  cio  che  disse  la  Civilta  Cat- 
tolica (Ib.  p.  453)  sull'influsso  delle 
profezie  nell'elezione  al  papato  di  fra 
Pietro,  noi  non  le  indicammo  gia  per 
unica  causa,  ma  bensi  per  uno  di 
quei  tanti  element!  onde  ciascuno  e 
figlio  del  suo  secolo. 


COSTANZ1  ENEICO,  prof.  —  II  Razionalismo  e  la  Eagione  storica.  — 

Saggio  apologetico.  Terza  edizione  riveduta  ed  ampliata  dall'autore. 

Un  vol.  in  8°  grande  di  pagg.  451.  Siena,  presso    1'  ufficio   della 

Biblioteca  del  ckro,  1896,  in  8.° 

Delle  tre  edizioni,  che  il  ch.  Au- 
tore  fece  di  questa  sua  opera,  la  prima 
del  1886  fu  di  pagg.  Ill;  la  seconda 
del  1888  di  pagg.  XV,  226;  la  pre- 
sente di  pagg.  451.  Laonde  nella  pri- 
ma fu  gittato  il  seme  del  grandiose 
concetto  dell1  opera;  nella  seconda  il 


seme  gittato  germcgli6  ed  aggrandi, 


e  nella  terza  nel  suo  svolgimento  si 
aperse  in  vago  e  pregiatissimo  fiore. 
Nella  Civ.  Cattolica  si  fe  della  se- 
conda edizione  una  rivista  di  gran 
lode  del  libro  con  viva  raccomanda- 
zione  di  esso  ai  lettori  del  periodico. 
A  ci6  che  si  scrisse,  non  che  tome 
sillaba,  dobbiamo  anzi  aggiungere 


90 


BIBLIOGRAFIA 


una  piu  ampia  commendazione  del la- 
voro.  Giacche  in  questa  edizione  accre- 
sciuta  del  doppio  su  la  precedente 
s'inoontra  un  piu  esteso  svolgimento 
del  concetto,  splendido  per  i  nuovi 
lumi,  sotto  i  quali  si  considerail  grave 
tema,  rincalzato  da  nuovi  e  poderosi 
argomenti.  II  ch.  Autore  ha  conservato 
la  stessa  partizione  delle  edizioni  pre- 
cedenti.  Diviso  1'argomento  in  tre 
parti,  nella  prima  si  premettono  al- 


in  tre  capitoli;  nella  seconda  si  espo- 
ne  La  storia  razionalistica  in  otto 
capitoli;  nella  terza  si  tratta  della 
Ragione  storica  in  diciotto  capitoli. 
Questo  libro  forma  il  vol.  IX  della  Bi- 
blioteca  del  Clero,  pubblicazione  perio- 
dica  per  facilitare  al  clero  1'acquisto 
delle  opere  piu  importanti  moderne. 
Cotesta  scelta  non  fa  che  suggellare 
le  lodi  e  le  raccomandazioni  della 
Civ.  Cattolica.  V.  Quad.  985. 


cune  consider azioni  generali,  distinte 

DALLE  SPINE  LA  ROSA.  —  Bozzetto  storico.  Elegante  volumefcto 
in  32°  elzeviro  di  pp.  88.  Roma,  tip.  Befani,  1897.  —  Cent.  25. 
Questo  bozzetto  accenna  elegan-  siepi,  o  nelle  aiuole  materiali  degli 

temente,  piu  che  non  riproduca,  un 

fatto  non  punto  poetico  e  romanzesco, 

benche    raro   ad    accadere,  e   prova 

come  il  motto  che  ha  per  titolo,  non 

si  avveri  meno  nell'intreccio  morale 

dei  casi  della  vita,  di  quello  che  nelle 

DE  LA  GIRENNERIE  MARIE-THERE8E.  --  Le  Livre  de  1'Apdtre. 
Fragments  recueillis,  avec  lettres  de  Sou  Eminence  le  card.  Fer- 
rata,  et  de  S.  Gr.  Mgr  Benechau  et  lettre-preface  de  S.  GK  Mgr  Bon- 
nefoy.  Paris,  Lecoffre,  1897,  16°  di  pp.  XX-304.  —  Fr.  3,00. 


orti  e  dei  giardini.  E  un  volumetto 
di  garbata  edizione,  dilettoso,  istrut- 
tivo,  che  correra  con  buon  frutto  per 
le  mani  della  gioventu  di  ogni  con- 
dizione. 


Se  v'era  nel  laicato  persona  a  cui 
stesse  bene  il  parlare  d'apostolato, 
era  certamente  questa  gentildonna, 
che  gia  da  buon  tempo  ne  sta  dando 
1'esempio,  essendo  che,  «  rinunciando 
(come  dice  il  Vescovo  di  Tulle  pa- 
gina  VIII)  alle  dolci  relazioni  e  a  tutte 
le  gioie  del  focolare  domestico,  e  rac- 
cogliendo  intorno  a  se  buon  numero 
d'operaie,  se  n'e  formata  una  famiglia 
adottiva,  che  le  andra  debitrice,  oltre 
che  del  suo  modesto  benessere,  di 
quel  prezioso  tesoro  che  e  lo  spirito 
di  fede  e  di  pieta. »  In  tal  maniera 
ella  coepit  facere  et  docere:  e  non 
solo  ha  fatto  precedere  all'insegna- 
mento  1'esempio,  ma  quello  ha  voluto 
darcelo  non  di  suo,  bensl  facendo  par- 
lare le  bocche  piu  autorevoli  ed  elo- 
quenti,  cioe  le  bocche  di  Gesu  Cristo 
e  degli  Apostoli,  quelle  dei  Padri  della 


Chiesa,  quelle  dei  Santi  e  delle  Sante, 
quelle  degli  autori  piu  rispettabili  di 
tutti  i  tempi  fino  ai  dl  nostri.  Da 
questo  solenne  concerto  di  voci  esce 
un  suono  che  scuote  potentemente 
lo  spirito,  e  lo  sprona  a  non  conten- 
tarsi  di  pensare  a  se  stesso,  ma  a 
promuovere  il  bene  altresl  dei  fra- 
telli  con  tutti  i  mezzi  che  sono  In 
nostro  potere.  II  libro  ha  sei  parti : 
Perche  dobbiamo  essere  apostoli?  — 
La  divina  istituzione  dell'apostolato. 
-  Le  obbiezioni  contro  1'apostolato. 
—  Le  condizioni  dell'apostolato.  — 
Le  virtu  dell'apostolo.  —  Le  prove 
e  le  gioie  dell'apostolo.  Da  tutte  que- 
ste  pagine  spira  un  caldo  soffio  di 
zelo,  che  si  comunica  efficacemente 
al  lettore,  sia  ecclesiastico  o  secolare, 
sia  uomo  o  donna;  e  per6  noi  cre- 
diamo,  che,  se  questo  libro  fosse  lar- 


BIBLIOGRAFIA 


91 


gamente  sparse  anche  tra  noi  in  lin-  pria  famiglia,  e  di  non  tenue  fo- 
gua  italiana,  riuscirebbe  di  gagliardo  mento  ai  Congressi  Cattolici  e  ad 
stimolo  a  que'  tanti  che  par  non  sap-  altre  simili  opere,  che  da  alcuni  anni 
piano  uscire  dalla  cerchia  della  pro-  vediamo  con  giubilo  fiorire  in  Italia. 
DELAMA  DIONISIO.  —  Institntiones  Theologiae  moralis  in  usum  Se- 

minarii  Tridentini  concinnatae  a   D.  Delama,  phil.  ac   S.  Theol. 

doctore   etc.   Tridenti,  typ.  ed.   «  Artigianelli  »  due  voll.  in  8°  di 

pp.  236-614. 

Ex  libris  Itbri  fiunt,  e  cosi  dal 
notissimo  compendio  di  teologia  mo- 
rale del  Gury  sono  nate  queste  isti- 
tuzioni,  1'autor  delle  quali  si  e  pro- 
posto  di  conservare  la  materia  e  il 
metodo  di  quel  compendio,  apponen- 
dovi  pero  quelle  osservazioni  e  quelle 
giunte  che,  in  molti  anni  di  magi- 
stero,  gli  vennero  fatte,  consultando 
altri  degni  autori,  e  soprattutto  in- 
serendovi  i  decreti  delle  Sacre  Con- 
gregazioni,  pubblicati  dopo  1'nltima 
edizione  di  quel  testo  scolastico. 
Oltre  ci6  egli  ha  corroborate  prin- 
cipalmente  la  parte  prima  di  queste 
istituzioni,  cio6  la  generale  o  fonda- 
mentale,  impregnandola  tutta  dei 
principii  e  delle  dottrine  di  S.  Tom- 
maso,  per  seguire  anche  in  questo 
1'indirizzo  dato  agli  studii  dal  re- 
gnante  Sommo  Pontefice.  Nella  se- 


conda  parte,   che    6    la    speciale,  ci 
sembra  trattata  con  particolar  dili- 


genza  e  accuratezza  T  importante 
materia  de  iustitia  et  iure,  in  tre 
disputazioni;  la  prima  delle  quali 
stabilisce  i  principii  della  giustizia 
e  del  giure,  la  seconda  parla  della 
violazione  della  giustizia,  la  terza 
della  riparazione  mediante  la  resti- 
tuzione.  Nessuno  pretendera  che  fra 
le  innumerevoli  sentenze  che  in  que- 
st'opera  si  trovano  non  se  ne  incon- 
tri  nessuna  di  scarso  merito,  e  che 
fra  tante  monete  non  ve  n'  abbia  al- 
cuna  calante  ;  ma  in  generale  sono 
tutte  di  buona  lega  e  di  buon  peso. 
L'ordine  poi,  la  chiarezza  e  le  altre 
qualita  proprie  di  un  libro  scolastico 
qui  si  ravvisano  in  grado  non  co- 
mune,  e  tra  esse  quella  non  ultima 
di  avere  tenuto  conto  dei  Moralisti 
recenti,  quali  sono  il  D'Annibale,  il 
Ballerini,  il  Bucceroni,  il  Lehmkuhl, 
eccetera.  Chiude  1'opera  un  utilis- 
simo  indice  delle  cose  notabili. 


DE  LITALA  GIUSEPPE.  —  Q.  Orazio  Flacco,  eccetera. 


Per  un  particolare  motivo  giova 
tornar  sopra  a  cio  che  scrivemmo  (1° 
Sabato  di  novembre,  p.  347)  esami- 
nando  «  L'arte  poetica  d'Orazio  riordi- 
nata  ed  annotata  »  dal  signer  Giu- 
seppe De  Litala.  Parlando  delle  note, 
cosi  dicemmo:  «  Sono  generalmente 
erudite  ed  assennate.  Non  tutte  per6, 
e  al  certo  non  6  tale  la  seguente  ap- 
posta  al  verso:  Hie,  dum  sublimis 
versus  ructatur  et  errat.  II  commen- 
tatore  vuol  difendere  Orazio  contro 
quelli  che  biasimano  la  forma  depo- 
nente  ructatur,  asserendo  non  essere 


quasi  mai  usata  nella  lingua  latina, 
e  dice  cosi :  —  Prima  di  ogni  cosa, 
e  registrata  come  tutte  le  altre  di 
uso  classico  nel  vocabolario  della 
lingua  latina;  inoltre,  domando  io  a 
questi  signori,  se  il  poeta  non  si  fosse 
servito  di  ructatur,  come  avrebbe 
compiuto  il  verso?  (!)  Dinanzi  a  que- 
sto non  v'&  che  rispondere  (?);  quindi 
le  osservazioni  dei  pedanti  muovono 
il  riso  (?!)  (p.  53).  —  Oh!  via,  Non 
tali  auxilio,  nee  defensoribus  istis 
Horatius  eget.  Anche  uno  scolaretto 
avrebbe  saputo  dire  eructat  (usato 


BIBLIOGRAFIA 


daVirgilio:  atque  omnern  Cocyto  eru- 
ctat  arenam]  e  il  verso  procedeva 
ugualmente. » 

Or  pare  die  il  signer  De  Litala 
abbia  creduto  (V.  la  Critica  di  Sari, 
N.°  dal  5  al  10  decembre  1896)  che 
noi  con  queste  parole  volessimo  ag- 
giustare  il  latino  in  bocca  ad  Orazio. 
Ma  lia  preso  un  grosso  abbaglio.  Non 
abbiamo  censurato  la  parola  usata 
da  Orazio,  ma  la  difesa  fattane  dal 
signor  De  Litala.  Le  osservazioni  dei 
pedanti  rnuovono  il  riso,  verissimo; 
ma  non  per  le  ragioni  addotte  dal- 
1'autore ;  quel  suo  quindi  e  anch'esso 
ridevole.  II  dire  che  Orazio  uso  quella 
parola  per  conipiere  il  verso  (come 
di  un  poetuccolo  italiano  si  direbbe 


per  far  la  rima]  non  e  un  difenderlo, 
e  un  ingiuriarlo.  Ne  piu  felice  difesa 
si  fa  di  lui  aggiungendo  che  quella 
parola  e  registrata  nel  vocabolario  : 
non  tocca  ad  Orazio  il  comparire 
dinanzi  al  tribunale  dei  compilatori 
del  vocabolario  per  essere  giustifi- 
cato,  ma  tocca  a  quei  compilatori  il 
'  comparire  dinanzi  al  tribunale  d'Ora- 
zio  a  rendergli  conto  se  abbiano  fatto 
tesoro  di  tutte  le  sue  perle.  Dunque 
che  si  doveva  rispondere  a  que' pe- 
danti censori?  Mandarli  a  scuola  da 
Orazio,  o  piuttosto  mandarli  dal  bi- 
dello  a  ricevere  le  scudisciate. 

Questo  abbiamo  voluto  qui  notare 
solo  per  cessare  da  noi  anche  il  so- 
spetto  di  un  sacrilegio  letterario. 


ERRORI  spacciati  per    le  vie  di  Koma    dai  Protestanti   Metodisti   e 
da  altri   pretesi  evangelici.  Osservazioni  di  D.  M.  P.  Prato,   tip. 
Giachetti,  1896,  16°  di  pp.  64. 
La   pubblicazione    di    questo  li- 
bretto   popolare   e    cosa    veramente 

provvidenziale  e  di  somma  opportu- 

nita.   Faccia   Iddio    che    si   diffonda 

abbondantemente  e  rechi  quei  frutti 

che  e  destinato   certamente   a  pro- 

durre,  mentre  in  esso  sotto  la  veste 

di  una  forma  limpida,  piana,  vivace 

e  popolare   si   e  saputo    raccogliere 

un  fiore  di   dottrina  teologica   e   di 

erudizione  altresi  da   soddisfare  in- 

tieramente   anche    le   persone   colte 

che  vogliano  percorrerne  le  pagine. 

Dopo  diciannove  paragrafl  nei  quali 


al  nostro  buon  popolo,  non  solo  a 
Roma  ma  un  po'  dappertutto  nelle 
grandi  e  piccole  citta  e  fino  in  qual- 
che  villaggio,  vi  si  trova  una  suc- 
cosa  appendice  che  ti  espone  in  for- 
ma catechistica  quanto  ogni  buon 
cattolico  non  deve  ignorare  intorno 
alia  Chiesa  ed  al  Sommo  Pontefice. 
Possiamo  davvero  concludere  che  nel 
suo  genere  e  un  libricciuolo  modello, 
ed  utilissimo  in  ogni  parte  d'ltalia, 
dove  malauguratamente  vada  ser- 
peggiando  la  mala  pianta  delPeresia. 
Pei  prezzi  di  vendita  vedi  1'an- 
nunzio  nella  copertina  di  questo  me- 
desimo  quaderno. 


ad  uno  ad  uno  sono  ribattuti  i  prin- 
cipali  errori  che  si  vanno  ricantando 
<j.  L.  P.  —  Al  nuovo  grande  vocabolario  della  Crusca.  Firenze, 

tip.  Ciardi,  1896,  16°  di  pp.  96.  —  L.  1,20.  Vendibile  nelle  li- 

brerie  Paravia,  Bemporad,  e  Paggi.  Firenze. 

E   una  preziosa   raccolta  di  bei      e  parte  non  hanno    quivi  tutti  i  si- 
modi  toscani,  divocaboli  e  di  esempii, 
parte  de'  quali  non    sono    registrati 
neppure  nel  gran  Vocabolario  e  Glos- 


sario  moderno,  con  tanta  cura  com- 
pilato  dall'Accademia  della  Crusca ; 


gnificati  e  gli  usi  che  si  veggono 
negli  esempii  citati  dal  ch.  Autore 
di  questo  supplemento,  da  lui  con 
molta  diligenza  estratti  ora  da  clas- 
sici  scrittori  ed  ora  da  quelli  che 


BIBLIOGRAFIA 


93 


meriterebbero,  a  suo  avviso,  di  ve- 
nire annoverati  tra  i  nuovi  testi  di 
lingua.  Tutto  ci6  che  concorre  ad 
accrescere  il  tesoro  della  nostra,  pe- 
raltro  ricchissima  favella,  ha  da 
aversi  sempre  in  altissimo  pregio. 
Nondimeno  ci  abbattemmo  in  questa 
raccolta  in  alcuni  modi  che  non  ci 
parvero  di  buona  lega,  come  p.  e. 
allettare  (p.  17)  per  tirare  addosso 
de'  malanni,  benche  confortato  da 
un  esempio  del  Giambullari,  ci  sem- 
bra  troppo  alieno  dall'uso  comane 
e  de'  classic!  scrittori,  i  quali  1'ado- 
prano  nell'  istesso  senso,  in  cui  i  la- 
tini  usavano  Vallicere,  donde  viene 
il  nostro  allettare.  Parimente  non  ci 
pare  troppo  chiaro  1'esempio  di  Dante 
(Conv.  IV,  24)  per  ammettere  che  il 
verbo  Calunniare  (p.  36)  si  possa 
adoperare  eziandio  in  senso  di  Per- 
fidiare.  Se  1'antiquato  vocabolo  latino 
Certatore  (p.  42)  non  ha  altro  appog- 
gio  che  Tautorita  di  Leone  B.  Al- 
berti,  dubitiamo  che  possa  meritare 
tutto  il  favore  dell'Accademia.  Cosl 


pure  il  Cupere  (p.  61),  benche,  usato 
una  volta  da  Dante,  venne,  crediam 
noi,  giustamente  escluso  dalla  Cru- 
sca,  perche  affatto  latino  e  fuor  d'uso, 
e  non  dovrebbe  ora  introdursi.  All'i- 
stesso  modo  non  venne  citato  il  verbo 
Impropriare  (p.  95)  nel  senso  di  usare 
con  proprieta  p.  e.  le  parole,  sebbene 
in  quel  significato  se  ne  trovi  un 
esempio  nel  Boccalini,  per  la  buona 
ragione  che  quel  verbo  pare  piu  ac- 
concio  a  significare  piuttosto  il  con- 
trario,  quando  pur  se  ne  volesse 
far  uso. 

Queste  poche  osservazioni  non 
scemano  punto  il  pregio  dell'  im- 
portante  raccolta  fatta  con  tanto 
buon  senno  e  perizia  di  lingua  dal 
Ch.  Autore  G.  L.  P.  a  cui  e  1'Acca- 
demia  e  quanti  sono  amatori  del 
nostro  bell'  idioma  e  cultori  delle 
lettere  italiane  sapranno  moltissimo 
grado  per  questo  suo  dotto  ed  ela- 
borate supplemento  al  Dizionario 
della  Crusca. 


GRANDI  CALLISTO,  sac.  —  Un  vero  riformatore  sociale  o  Giovanni 
Ciapparelli,  amico  del  popolo  e  padre  dei  poveri.  Como,  tip.  Ca- 
valleri  e  Bazzi,  1896,  32°  di  pp,  320.  —  Yendibile  per  una  lira, 
a  beneficio  delPIstituto  Zitelle  Povere,  presso  la  Direttrice  di  quel- 
Plstituto,  Como,  Yia  Yalduca,  55. 

II   Santo    Padre    ha  benedetto  e      cattolica,  che  oggidi  e  tanto  neces- 

saria  per  salvare  la  societa.  Un  Ciap- 
parelli perparrocchia,ed  anchemeno, 
e  la  questione  sociale  6  bella  e  sciolta, 
dolcemente  e  senza  scossa  di  nessuna 


commendato  quest'operetta  come  op- 
portunissima  nei  tempi  che  corrono, 
essendo  che  la  vita  del  Ciapparelli  e  la 
Enciclica  Sulla  condiztone  degli  Ope- 
rai  messa  in  pratica  un  mezzo  secolo 
e  piu  prima  della  sua  pubblicazione. 
II  Ciapparelli  e  il  Luzzago  di  Como, 
e  la  sua  vita  torna  efficacissima  a 
promuovere  coll'esempio  quell'azione 

LATINI  P.  SIL VESTED  dell'Addolorata  miss.  ap.  —  Fatina,  ovvero 
gli  schiavi  cristiani  e  POrdine  Trinitario.  Memorie  del  1>645.  Cuneo, 
tip.  Isoardi,  1896,  16°  di  pp.  296.  --  L.  1,00.  Si  vende  a  bene- 


classe  sociale.  L'  egregio  prevosto 
Grandi,  nel  compilare  e  pubblicar 
questa  vita,  ha  fatto  un  vero  bene- 
fizio  ai  grandi  ed  ai  piccoli. 


94  BIBLIOGRAFIA 

fizio  delle  feste  centenarie  dell'Ordine  chesi  celebreranno  nel  1898. 
Dirigersi  alia  Casa  Generalizia,  S.  Grisogono,  Roma. 


E  un  romanzo  o  una  storia?  Ne 
1'uno  ne  1'altro,  propriamente  par- 
lando,  ma  dell'uno  e  dell'altro  v'e 
qualche  poco.  Sono  notizie  storiche 
nella  sostanza,  ma  nella  forma  sono 
drammatizzate  e  colorite  a  mo'  del 
romanzi,  per  farle  meglio  gustare. 
E  1'Autore  e  riuscito  benissimo  nel 
suo  intento.  Questo  racconto,  il  quale 
mette  del  continuo  a  riscontro  i  pa- 
timenti  atrocissimi,  che  gli  schiavi 
cristiani  soffrivano  in  Africa  dalla 
bestial  crudelta  dei  musulmani  loro 
padroni,  coi  prodigi  di  carita  che 
operavano  a  grave  lor  costo  i  reli- 
giosi  Trinitarii  per  liberarli  e  redi- 
merli,  ha  scene  commoventissime  che 
ti  fanno  or  piangere  or  fremere,  ed 
or  t'inondano  1'anima  di  santa  gioia. 
Ad  ogni  pagina  poi  ti  senti  mosso 
a  benedire  quell'Ordine  provviden- 
ziale,  che  fu  capace  di  strappare  a 
si  spietato  martirio  quasi  un  milione 
di  cristiani,  spendendovi  attorno  cin- 


que miliardi  e  quattrocento  milioni 
di  lire  (p.  109),  e  dando  non  rare 
volte  in  ostaggio  a  quei  barbari  i 
suoi  proprii  soggetti.  A  si  grandioso 
portento  che  cos'ha  da  contrapporre 
lavantata  filantropia?  Noi  affrettiamo 
coi  voti  il  settimo  centenario  di  que- 
st'Ordine  insigne,  che  sara  celebrate 
nel  1898,  e  ci  auguriamo  che  allora 
alia  redenzione  dei  cristiani  dalla 
pirateria  o  barbarie  musulmana,  oggi 
cessata,  avra  gia  largamente  sosti- 
tuito  la  nuova  missione  che  gli  offre 
nell'Africa  centrale  1'infame  tratta 
dei  Negri  a  trecento  e  quattrocento 
mila  per  anno.  « L'angelo  messag- 
gero  della  fondazione  dell'Ordine  Tri- 
nitario  teneva  a'  suoi  fianchi  due 
schiavi,  uno  bianco  ed  uno  moro:  la 
redenzione  del  bianco,  simboleg- 
giante  i  cristiani,  fu  compita  nei  se- 
coli  trascorsi;  resta  la  redenzione 
del  moro,  simboleggiante  il  nero  afri- 


cano  (p.  293).  » 

LICITKA  ANGELO.  —  L'Alpinismo  in  Italia.  Studio  su  la  storia  e 
su  le  manifestazioni  dell'Alpinismo  nel  sentimento  educative,  re- 
ligioso,  nell' arte  e  nella  scienza.  Ragusa,  tip.  Destefano,  1896, 
16°  di  pp.  96. 

getto,  e  con  un'aria  spigliata  e  vi- 
vace che  torna  molto  grade  vole.  Gli 
Alpinisti  leggeranno  volentieri  que- 
sto  libro  perche  tractant  fabrilia 
fabri;  lo  leggeranno  anche  i  non 
Alpinisti  per  giungere  almeno  col- 
1'occhio  dove  non  ardiscono  spingere 
il  piede ;  per  tutti  infine  sara  questa 
una  lettura  molto  istruttiva,  molto 
amena,  e,  ci6  che  piu  vale,  molto 
innocente,  da  poter  mettersi  in  mano 
a  chi  che  si  voglia. 


Giovandosi  degli  scritti  de1  piu 
rinomati  alpinisti,  come  p.  e.  del 
Sella,  del  Lioy,  dello  Stoppani,  del 
P.Denza,  ed  anche  del  P.  Secchi,  ben- 
che  questi  non  entri  nel  numero  degli 
alpinisti,  ed  aggiiingendovi  libera- 
mente  le  riflessioni  sue  proprie,  1'Au- 
tore,  dopo  esposta  come  in  un  quadro 
la  storia  dell'Alpinismo  principal- 
mente  in  Italia,  ne  studia  le  diverse 
relazioni  indicate  nel  titolo,  e  lo  fa 


con  molta  conoscenza  del  suo  sog- 

MACCALLINI  E.  —  II  suono  e  la  luce.  Analogie  e  discorsi.  Aquila, 


BIBLIOGRAFIA 


95 


tip.  Mele,  1896,  8°  di  pp.  288. 

Mele,  Aquila. 

Non  e  davvero  la  necessita  che  per 
libri  di  lettura  dilettevole  ed  insieme 
scientifica  ci  faccia  ricorrere  del  con- 
tinuo  all'  estero.  Eccone  uno,  a  cui 
non  manca  nulla  per  allettare  e  trat- 
tenere  utilmente  ogni  persona  colta, 
con  una  catena  non  interrotta  di 
ragguagli  scientific!,  di  raffronti,  di 
riflessioni  inaspettate,  che  addestrano 
la  mente  alia  osservazione  della  na- 
tura  e  la  sollevano  a  gustarne  le  ar- 
monie  ed  ammirarne  1'Eterno  Arte- 
flce,  perocche  il  ch.  Autore  non  par- 
tecipa  alia  melensa  fisima  di  certi 
scienziati  alia  moderna,  che  teme- 
rebbero  di  perderne  il  titolo  se  mo- 
strassero  di  sospettare  che  le  crea- 
ture presuppongono  un  Creatore. 

II  presente  volume  ha  due  parti. 
Nella  prima  si  espongono  le  analogie 
della  luce  e  del  suono,  ovvie  alcune 
di  loro  e  conosciute,  ma  che  danno 
luogo  ad  altre  piu  intime  e  maravi- 
gliose,  a  misura  che  si  precede  nel- 
1'analisi  di  quei  due  messaggieri  di 
ogni  Bello  sensibile. 
MARCHESE  P.  YINCENZO,  0.  P 

Siena,  tip.  ed.  S.  Bernardino, 

Tutti  conoscono  questo  celebre 
Domenicano,  che  Iasci6  si  bel  nome 
nella  letteratura  artistica  e  religiosa, 
e  per6  daranno  il  ben  venuto  a  que- 
sto libro,  che  loro  presenta  raccolti 
insieme  i  suoi  ultimi  scritti,  di  ge- 
nere  per  lo  piu  istruttivo  ed  estetico. 
In  essi,  come  generalmente  in  tutti 
i  suoi  lavori,  egli  si  mostra  profondo 
nei  pensieri,  nobile  nello  stile,  squi- 
sito  nel  gusto.  Si  legga,  fra  gli  altri, 
MONINI  STEFANO,  sac.  dott.  - 

lini-Prosperi,  1896,  8°  di  pp. 

Chi  era  Buschetto?  Un  grand'ar- 
ehitetto  e  meccanico  del  sec.0  XI  che 
ide6  il  celebre  Duomo  di  Pisa  nel 


—  L.  2,00.  Yendibile  presso  la  tip. 


Segue  un'Appendice  di  bellissimi 
raffronti  fra  1'ordine  flsico  e  1'ordine 
morale  e  d'  ambedue  questi  ordini 
col  soprannaturale.  Lo  diresti  un  ben 
riuscito  poemetto  scientifico  e  reli- 
gioso  insieme. 

Vengono  per  ultimo  tre  discorsi : 
il  primo,  detto  per  1'  inaugurazione 
dell'  Osservatorio  geodinamico  in  A- 
quila ;  il  secondo,  accademico,  sulle 
maraviglie  dell'Universo,  nel  quale, 
essendosi  notati  i  danni,  provenuti 
dal  prosciugamento  del  Lago  Fucino, 
il  ch.  Autore  v'  aggiunge  una  Ri- 
sposta  a  chi  aveva  impugnato  cote- 
sto  suo  giudizio.  II  terzo  discorso  fu 
pronunziato  alia  prima  solenne  adu- 
nanza  della  nuova  Commissione  geo- 
dinamica  italiana  in  Aquila,  e  s'  in- 
tende  quale  ne  dovette  essere  ljar- 
gomento. 

Raccomandiamo  senza  meno  que- 
sto ottimo  libro  di  lettura  alle  bi- 
blioteche  delle  famiglie  e  degl'Isti- 
tuti. 

—  Ultimi  scritti.  Seconda  edizione. 

1896,  16°  di  pp.  X-216.  —  L.  1,50. 
Popuscolo  « sulle  benemerenze  di 
San  Tommaso  d'Aquino  verso  le  arti 
belle  »,  ovvero  il  discorso  «  sulle 
arti  belle,  considerate  nelle  attinenze 
colla  poesia  e  colla  musica  »,  oppure 
i  pensieri  «  sul  camposanto  »,  e  non 
si  potra  non  ammirare  questo  spirito 
gentile,  che  sa  si  bene  sposare  la 
dignita  dei  concetti  all'eleganza  della 
forma. 

Buschetto  pisano.  Pisa,  tip.  Orso- 

108.  —  L.  1,80. 

1063,  e  non  nel  1064,  ovvero  in  altro 
anno,  come  ben  prova  1'A.  da  una 
iscrizione.  Ma,  donde  era  il  Buschet- 


96 


BIBLIOGRAFIA 


to?  Ecco  la  questions .  Alcuni,  pog- 
giandosi  unicamente  sul  Vasari,  lo 
dissero  greco;  altri,  confutando  i 
pvimi,  aflfermano  che  almeno  non  e 
certo  esser  il  Busclietto  di  Grecia; 
anzi  alcuni  lo  vogliono  pisano.  Ci6 
fecero  il  Morona  (Pisa  illustrata  nel- 
I'arte  deldisegno),  il  Dal  Borgo  (Dis- 
sert, sull'orig.  dell' Univ.  di  Pisa,  p. 
55),  il  Cicognara  e  altri.  II  Monini 
prende  a  illustrare  due  cose  princi- 
palmeiite:a  rivendicare  a  Pisa  1'onore 
d'aver  dato  i  natali  all'Architetto,  e 
a  tessere  un  elenco  de'  procurator! 
del  Duomo  pisano;  e  ci  pare  resti 


provata,  con   document!,  1'una  cosa 
e  1'altra. 

Qualche  appunto.  L'opuscolo  mag- 
giormente  si  gusterebbe,  se  fosse 
stato  piii  curato  lo  stile  e  la  lingua. 
Chi  fara  buon  viso  alia  dedica?  «  Spe- 
ciali  ragioni  vogliono  che  si  offra 
questo  libro  al  Cav.  Roncioni...l'Au- 
tore  dedica.  »  E  poi :  «  Anelava  di 
desiderio  IL  vedere  »  (p.  15).  Simil- 
mehtc:  «  Che  nel  1108  il  duomo  ERA 
sempre  incompleto,  risulta  »  (p.  16); 
ed  altre  inesattezze  che  speriamo 
scompariscano  in  altra  edizione. 


MORINO  GIOVANNI.  —  Enchiridion  Theologiae  iloralis  ad  mentem 
S.  Alphonsi  M.  De  Ligorio  Episc.  et  Doct.  addita  Constitutione 
Apostolicae  Sedis,  Cura  et  studio  loannis  Morino  Congregationis 
Missionis.  Torino,  tipografia  Salesiana,  1897.  Un  Vol.  8°  di  pp.  218. 
—  L.  3. 


Come  1'A.  stesso  protesta  nella 
prefazioncina,  non  e  questo  un  trat- 
tato  compiuto  di  teologia  morale  fatto 
per  chi,  ancora  ignaro  di  tale  difficile 
disciplina,  si  fa  tutto  nuovo  a  stu- 
diarla.  No.  £  un  compendio;  maun 
buon  compendio,  esatto  nelle  defini- 
zioni,  nitido  nelle  soluzioni,  chiaro 
nell'esposizione  delle  opinioni  diffe- 
rent!, e  fedele  alia  dottrina  di  S.  Al- 
fonso de  Liguori.  Ammette  che  il 
Santo  Dottore  insegno  il  probabilismo, 
cio6  esser  lecito  nel  concorso  di  due 
opinioni  veramente  probabili  seguir 
quella  che  favorisce  la  liberta.  In 


qualche  particolare  pero  ci  sembra 
che  egli  s'allontani  alquanto  dalla  via 
diritta  e  piana  del  probabilismo,  come 
per  1'assoluzione  deirecidivi,  rispetto 
alia  quale  si  schiera  dalla  parte  dei 
teologi  meno  indulgent!.  — Checche 
pero  sia  di  cio,  non  dubitiamo  di  rac- 
comandare  1'ottimo  volume  del  ch. 
teologo,  noto  gia  per  la  sua  grande 
Te^logia  morale.  I  Confessor!  avranno 
in  esso  un  buon  prontuario  e  se  ne 
potranno  utilmente  valere  coloro  che 
devono  prepararsi  a  qualche  esame 
per  i  concorsi  o  per  le  ordinazioni. 


NATALE  (S.).  —  Raccolta  di  Sennoni  in  versi  in  parte  inediti  per 

la  solennita  del  S.  Natale.  32°  di  pp.  56.  --  Cent.  30. 
-  Zoboli  Luigi,  prev.  La  notte  di  consolazione,  ossia  dialoghi  e  mo- 
nologhi  al  presepio  del  Bambino  Gesu.  In  32°.  —  Cent.  25. 

—  L'anima  innainorata  alia  grotta   di   Betlemme.  Nuova   raccolta  di 
dialoghi  e  poesie  diverse  da  recitarsi  davanti  al  Presepio.  In  32. * 
—  Cent.  30.  Modena,  tip.  dell'Immacolata  Concezione. 
Ci  duole  che  questi  cari  lavoretti      terli  annunziare  prima  delle  feste  del 

non  ci  siano  giunti  in  tempo  da  po-      santo  Natale. 


BIBLIOGRAFIA 


97 


OLCESE  GrIACOMO,  sac.  -—  Storia  civile  e    religiosa   della  citta  di 
Recco.  Oenova,  tip,  della  gioventu,  1896,  8°  di  pp.  YIII-332.  - 
L.  4,00.  Si  vende  a  beneficio  dei  restauri  della  Parrocchia  di  Ca- 
sanova. 
La  storia  civile  e  religiosa  della 

citta  ligure,  Recco,  &  tutta  raccolta 

nel  presente  libro  con  amore  e  dili- 

genza.  Le  notizie  religiose  e  quelle 

che  risguardano  gli    uomini  illustri 

di  Recco  (S.  Giovanni  Buono,  il  Ni- 

coloso,  i  Lagomarsino,  eccetera)  sono 

abbondanti  ed    attraenti.    L'archivio 

comunale,  quello  della  Plebana,  dei 

paesi  vicini,  di  Torino  e   di  Genova 


hanno  fornito   all'Autore  una    fonte 


di  documenti  da  tesoreggiare.  Ca- 
smona  e  Ricina  si  fanno  nel  pre- 
sente lavoro  rispondere  a  Camogli 
e  a  Recco  (p.  9;  14).  L'Autore  divaga 
troppo  nel  campo  della  storia  dei 
Longobardi,  degli  Avvocati,  dei  Po- 
desta  e  di  altre  simili  parti  della  storia 
universale  (pp.  22  segg.,  pp.  31  segg.). 
Infine  osserviamo  che  1'edizione  e  lo 
stile  qua  e  la  sono  alquanto  trascu- 
rati  (pp.  30;  pp,  111). 


OEANO  PAOLO.  —  Psicologia  della  Sardegna.  Roma,  tip.  della  Casa 
editrice  italiana,  1896,  16°  di  pp.  148. 


Secondo  1'Autore,  i  preti  in  Sar- 
degna «  leggono  tutti  la  Civilta  Cat- 
tolica, giornale  che  va  dappertutto 
meravigliosamente,  e  su  quelle  pa- 
gine  velenose  addestrano  il  loro  me- 
schino  e  gonfio  intelletto  idropico 
alle  difese  di  una  religione,  che  va 
sempre  piu  dimostrandosi  come  un 
grave  malanno  che  cruel  la  Sardegna 
soprattutto  ».  Di  questa  piaga  che  6 
la  religione,  si  crucia  in  modo  par- 
ticolare  1'Orano,  il  quale  pero  scrive 
pagine  veramente  velenose  contro  i 
preti  rei  di  difenderla,  e  vorrebbe  che, 
per  adesso,  di  cento  chiese  se  ne 
chiudessero  cinquanta,  per  conver- 
tirle  in  iscuole,  giacch6  come  egli, 
ridendosi  delle  statistiche,  seguita 
trionfalmente  a  dire,  «  ogni  chiesa 
che  se  ne  va,  ogni  scuola  che  si 
apre  e  una  sezione  di  cellulare  e  di 
reclusione  che  si  vuota  ».  Dello  spa- 
ventoso  aumento  dei  delitti  dei  mino- 
renni  conseguito  dal  chiudere  chiese 
ed  aprire  scuole  dove  s'  impara  «  a 
liberarsi  dei  mille  impacci  domma- 
tici  »,  e  del  sovrabbondare  nelle  car- 


ceri  gli  alunni  di  tali  scuole  sugli 
analfabeti,  1'Orano  non  sa  nulla  a 
quanto  pare ;  lo  sanno  pero  le  tel- 
line,  non  che  i  lettori  della  Civilta 
Cattolica. 

Che  cotesta  Psicologia  anticri- 
stiana,  dato  un  calcio  verso  il  cielo, 
caschi  a  sedere  nel  brago,  nessuno 
se  ne  maraviglia,  percbe  e  di  regola. 
Tradidit  illos  in  passiones  ignomi- 
niae.  E  vi  consuonano  le  lubriche 
analisi  che  il  presente  opuscolo  ci  da 
della  danza  d'  amore.  Ella  k  vera 
psicologia,  ma  di  quella  da  uomo  psi- 
chico,  secondo  che  scriveva  in  greco 
S.  Paolo,  e  che  la  Vulgata  traduce 
animalis  homo. 

Per  tutto  il  resto  non  abbiamo  tro- 
vato  in  queste  pagine  altro  che  qual- 
che  descrizioncellaossianica,  qualche 
riscontro  materialistico,  qualche  os- 
servazione  vuota,  che  ci  ha  proprio 
rammentato  il  «  meschino  e  gonfio 
intelletto  idropico  »  traveduto  dal- 
1'Autore,  forse  per  un  fenomeno  di 
estrinsecazione,  nei  bravi  preti  sardi, 
lettori  assidui  della  Civilta  Cattolica. 


PAILLER  J.,  abbe.  —  Instructions  d'un  quart  d'heure,  fruit  de  qua- 
Serio  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1117.  1  26  dicembre  1896. 


98 


BIBLIOGRAFIA 


modelli  a  quei  sacerdoti  che  debbano 
predicare  ad  udienze  intolleranti  di 
lunghe  prediche. 


rante  ans   de  Ministere.  Paris,  T6qui,  1897,  16°  di   pp.  672.  - 

Fr.  4,50. 

II  pregio  principaledi  queste  pre- 
dichine  e  quello  d'  essere  insieme 
brevi  e  sugose,  perci6  utilissime  come 

PASTOR  LODOVICO,  prof.  —  Storia  del  Papi  dalla  fine  del  Medio 
Evo,  con  1'aiuto  dell'Archivio  segreto  pontificio  e  di  molti  altri 
archivii.  Trad,  italiana  del  sac.  C.  Benetti  eseguita  sulla  I  e  II 
edizione  tedesca.  Vol.  3.°  Storia  dei  Papi  dalla  elezione  d'  Inno- 
cenzo  YIII  fino  alia  morte  di  Q-iulio  II.  Trento,  tip.  ed.  Artigia- 
nelli,  1896,  8°  di  pp.  XXIV- 840. 

Annunziamo  la  traduzione  italiana      di  Alessandro  VI,  di.Pio  III,  e  Giulio  II, 

la  quale  dette  all'illustre  A.  occa- 
sione  specials  di  spiegare  le  sue  rare 
doti,  di  moltiplicar  le  ricerche,  e  di 
mostrare  bellamente  intrecciate  in- 
sieme la  liberta  dello  storico  all'os- 
sequio  filiale  verso  la  Santa  Sede. 


di  questo  terzo  volume,  del  quale 
abbiamo  fatto  lunga  e  particolareg- 
giata  rassegna  nel  nostro  volume 
quinto  della  presente  serie  a  p.  710 
e  segg.,  quando  venne  alia  luce  nel- 
1'originale  tedesco.  Ai  meriti  gene- 
rali  della  storia  del  Pastor,  che  sono 
principalmente  metodo  strettamente 
critico,  maravigliosa  padronanza  del 
soggetto,  ricchezza  di  documenti 
spesso  inediti,  maniera  di  narrare 
nobile  ed  attraente,  si  aggiunge  in 
questo  volume  1'  importanza  tutta 
speciale  della  materia,  che  com- 
prende  i  pontiflcati  d'Innocenzo  VIII, 

EADINI  TEDESCHI  G.,  mons.  -  II  Giardinetto  di  Maria,  ossia  Ma- 
nuale  di  Pieta  del  Pellegrino  a  Lourdes  ed  a  Paray  con  guida 
illustrata  di  Marsiglia,  Lourdes,  Tolosa,  Paray  le  Monial  e  Lione. 
2a  e'dizione  notevolmente  accresciuta.  Treviso,  tip.  Mander,  32'  di 
pp.  640.  —  L.  2,00. 
Sono  qui  riunite  tutte  le  pratiche 

di  pieta  adattate   ai  pellegrini,  con 

aggiunte  d'inni  sacri  e  divote  can- 


Tutta  la  stampa  seria  d'ogni  paese 
essendosi  unita  con  noi  a  commen- 
dare  altamente  1'originale  di  questo 
volume,  ci  teniamo  dispensati  dal- 
1'aggiungere  altro  intorno  a  questa 
versione,  notando  solo  che  essa  e 
riuscita  fedele  e,  tranne  alcuni  nei, 
veramente  italiana. 


zoncine   musicate    dal    Capocci,  dal 
Parodi  e  da   altri.  Vi   e   anehe   una 


Guida  dei  santuarii  francesi,  e  molte 
belle  fototipie  ti  metton  sott'occhio 
luoghi  e  fatti  memorabili.  II  lavoro 
tipografico  e  anch'esso  commende- 
vole. 


RIGUTINI  G.  e  OSCAR  BULLE.  —  Nuovo  dizionario  italiano-tede- 
sco  e  tedesco-italiano.  Fascicolo  decimo.  Milano,  Hoepli,  1896,  in-8.° 


Con  questo  fascicolo  si  principia  il 
secondo  volume  (parte  tedesca-ita- 
liana).  Dall'  esame  del  fascicolo  si 
vede  subito  che  questa  parte  e  ancor 
piu  vasta  e  piu  accurata  dell'altra  e 


la  ragione  sta  appunto  nella  maggior 
copia  di  vocaboli  che  la  lingua  te- 
desca possiede. 

Ogni    dispensa    costa    L.    1,40.    II 
prezzo  del  primo  volume  (gia  com- 


BIBLIOGRAFIA 


99 


piuto)  e  di  L.  12,60  e  legato  alia  ru-      Milano,  si  puo  avere  un  fascicolo  per 

stica.  L.  14,50    solidamente    legato.       esame. 

Scrivendo    all'  editore   U.    Hoepli  in 

SCHANZ  P.,  prof.  dr.  —  Das  Alter  des  Menschengeschlechts,  nach  der 
heiligen  Schrift,  der  Profangeschichte  und  der  Vorgeschichte.  (BAR- 
DENHEWER,  Biblische  Studien.  I.  Band.  2  Heft).  Freiburg  im  Breis- 
gau,  Herder,  1896,  8°  di  pp.  XII-100.  —  March!  1,60. 
La   capitale   questione    deir  Eta      gli  uomini  serii  una  chimera;  tutto 


del  genere  umano  e  qui  scientifica- 
mente  discussa,  a  norma,  (come  dice 
il  titolo)  della  Scrittura,  della  storia 
profana  e  della  preistoria. 

La  S.  Scrittura  non  ha  inteso  di 
determinare  1'eta  dell'uomo,  n6  di 
stabilire  una  cronologia.  Poich6  i  te- 
sti  ebraico,  samaritano  e  greco  (LXX) 
presentano  differenze  cronologiche 
assai  notevoli,  1'esegeta  puo  muoversi 
liberamente  tra  1'anno  4000  ed  il 
6000  a.  C.  Puo  anche  estendersi  al- 
quanto  piu  in  Ik,  se  tanto  occorra. 
—  La  storia  profana  al  principle  del 
4°  millenio  a.  C.  ci  mostra  in  Egitto, 
nell'Assiria  e  nella  Caldea  una  ci- 
vilta oramai  compiuta;  convien  dun- 
que  tener  conto  de'  secoli  occorsi 
alia  formazione  di  tal  civiltk.  Ma  per 
ci6  bastano  al  piu  due  millennii.  La 
storia  profana  non  richiede  piu  di 
quel  che  la  S.  Scrittura  concede.  — 
Le  scienze  preistoriche  non  hanno 
dato  finora,  se  non  sentenze  incerte, 
spesso  campate  all'aria  e  senz'om- 
bra  di  prova.  I  cento  o  dugentomila 


al  piu  alcuni  prendono  dai  dieci  ai 
quindicimila  anni  incirca  e  questo 
pure  come  semplice  ipotesi.  Ma  pe- 
rocch&  gli  scienziati  s'accordanonel- 
1'esigere  un  certo  tratto  di  tempo, 
tra  la  prima  apparizione  dell'uomo 
nel  periodo  paleolitico  fino  all'epoca 
in  cui  raggiunge  il  pieno  grado  della 
sua  civilta,  1'esegeta  si  trova  con 
loro  d'accordo  e  non  ha  bisogno  nep- 
pure  qui  di  un  eta  di  gran  lunga 
superiore  a  quella  ehe  gia  la  Scrit- 
tura gli  offre,  cio6  di  6000  anni. 

L'A.  non  si  mostra  soltanto  co- 
noscente  di  tutta  la  materia  che  va 
svolgendo  sotto  ogni  senso,  ma  6 pure 
assai  bene  agguerrito  contro  le  vere 
difficolta ;  non  le  schiva,  anzi  le  mette 
in  rilievo  nella  loro  crudezza  (p.  e. 
quella  del  diluvio,  p.  56),  ma  insieme 
mostra  il  modo  di  ben  risolverle. 

Simili  dimostrazioni,  strettamente 
scientifiche,  confortano  assai  1'animo 
del  lettore  credente,  e  gli  insegnano 
a  distinguere  la  vera  scienza  dalla 
falsa  ed  arrogante. 


anni  del  Lyell  sono  giudicati  da  tutti 

STOPPANI  P.  —  Lourdes.  Con  prefazione  di  A.    Conti.  Milano,   ti- 
pografia  Cogliati,  1890,  16°  di  pp.  XYI  -  208  --  L.  2.  00. 
«  Devesi  credere  o  no  ai  miracoli      tenza  divina,  per  concederla  poi  agli 

uomini  della  Scienza ;  la  quale  par 
tanto  umile  col  ripetere  fatti,fatti, 
esperienza,  esperienza  ;  ma  trascende 
i  fatti  colle  ipotesi  strane,  fino  a 
credere  che  si  possa  tutto  a  un  tratto 


di  Lourdes?  La  risposta  il  lettore  la 
trovera  leggendo  il  libro  (p.  XIV).  » 
E  ci  si  trova  in  effetto,  e  piena  e  in- 
contrastabile.  Al  quale  proposito  ci 
piace  di  riportar  qui  alcune  parole 
di  A.  Couti  nella  prefazione  a  questo 
libro.  «  Per  gVipnutismi  e  le  sugge- 
stioni  si  tenta  rovesciare  1'onnipo- 


allungare  una  gamba  piu  corta  e 
ricupernre  improvvisamente  la  sanita 
di  una  tubercolost  ricl  terzo  suo  pe- 


100  BIBLIOGRAFIA 

riodo  fatale,   quando    gia  i  polmoni       Inscienza  »  (p.  VII).   E  noi  aggiun- 
sono  presso    che  consumati.    Sacro-      giamo  altres\  Presunzione. 
santo  nome  la  Scienza ;  ma  questa  e 

TEPE  BERNARDO  G.  S.  I.  —  Institutiones  Theologiae  in  usum  scho- 
larum.  Volumen  quartum  continens  Tractatus  De  Sacramentis  in 
genere  et  in  specie  et  de  Novissimis.  Parisiis,  sumptibus  P.  Le- 
thielleux,  1896,  16°  di  pp.  824. 

—  Index  alphabeticus  generalis  omnium  Tractatuum  et  quaestionum 
quae  continentur  in  quatuor  voluminibus  infra  descriptis.  Parisiis, 
idem,  di  pp.  20. 

Con  questo  quarto  volume  si  com-  la  modernita  benintesa,  e  gli  altri 
piono  le  Istituzioni  Teologiche  del  pregi  scientific}  e  didattici  da  noi 
P.  Tepe,  da  noi  piu  volte  annunziate  notati  nei  precedenti  volumi,  riful- 
e  raccorcandate,  e  un  accurate  indice  gono  anche  in  quest'ultimo,  cosl  che 
alfabetico  serve  di  corona  all'opera.  noi  crediamo  che  quest'opera  sia  per 
La  solidita,  la  brevita,  la  chiarezza,  incontrare  1'universale  favore. 

TUCCIMEI  G.,  prof.  —  La  teoria  dell'Evoluzione  e  le  sue  applica- 
zioni.  Roma,  tip.  dell'Unione  cooperativa  editrice,  Porta  di  Yia 
Salaria  23A,  1896,  16°  gr.  di  pp.  45. 

Non  sono  che  45  pagine,  mascritte  tenta  con  isconsigliate  pubblicazioni 
da  mano  maestra  e  bastevoli  a  orien-  di  dar  corso  anche  in  Italia  a  quel 
tare  il  lettore  nella  questione  circa  sistema,  di  cui  il  ch.  .Autore  mette 
1'Evoluzioiie.  Tornano  piu  che  mai  lestamente  in  chiaro  la  debolezza  e 
acconce  in  questo  momento,  che  si  le  male  tendenze. 

VILARRASA  EDUARDO  M.a  arcip.  dr.  —  La  Leyenda  de  oro  para 
cada  dia  del  ano.  Vidas  de  todos  los  Santos  que  venera  la  Iglesia. 
Contiene  toda  la  obra  de  Ribadeneira,  las  noticias  de  Oroisset, 
Butler,  Godescart,  etc.  etc.  el  Martirologio  romano  con  sus  adi- 
ciones  hasta  el  presents  ano.  y  un  vocabolario  alfabetico  de  todos 
los  santos  con  indicacion  del  dia  en  que  se  encuentra  su  vida. 
Quinta  edition,  completada  con  los  vidas  de  los  Santos  canonizados 
desde  1855  hasta  la  fecha  y  una  serie  de  estudios  refutando 
errores  rnodernos  sobre  la  vida  de  N.  S.  Jesucristo  y  los  Santos. 
Precedela  un  prologo  del  Rdo  P.  Fr.  Ruperto  de  Manresa,  cap. 
Tom.  primero.  Barcelona,  L.  Gonzalez  y  Comp.  ed.,  1896,  in 
8°  gr.  —  Ciascun  fascicolo  una  Peseta. 
Splendida  raccolta,  magnifica  edi-  cristiano  un  pascolo  salutare  per  tutti 

zione,  opera  che  altamente  onora  la      i  giorni  dell'anno. 

pieta  spagnuola   ed    offre  al  popolo 


BIBLIOGRAFIA  101 


AVVERTENZE 

circa  le  Bibliosrafie  del  Periodico  "  LA  CIVILTA  CATTOLICA 


1."  La  Bibliografia  delta  Civilta  Cattolica  £  destinata  a  dar  conio  di  quelltt  opere 
delle  quali  si  mandano  gratuitamente  alia  Direzione  due  copie,  e  che  sleno  ricono- 
tciute  meritevoli  d'essere  raccomandate.  L' esame  piu  disteso  e  la  confutazione  del  li- 
bri  rei  si  rlservano  alia  Rivista  della  atampa. 

2.°  Agli  annunzii  del  titoli  spesso  fa  seguito  un  breve  cenno  del  contenuto  nel  libra 
n  del  suoi  pregi ;  ma  spesso  ancora  si  omette  questo  cenno,  specialmente  quando  si  ri- 
leva  abbastanza  dal  titolo  stesso  la  contenenza  ed  II  merito  del  libro ;  e  percid  il  sem- 
plice  annunzio,  nella  nostra  intenzione,  eqtilvale  ad  una  raccomandazione.  Cib  vale  al- 
tresl,  generalmente  parlando,  per  le  edizioni  di  una  stessa  opera  che  seguitano  dopo 
la  prima  e  per  Estratti  di  Periodici. 

3.°  Siccome  lo  spazio  che  pud  concedersi  alle  bibliografie  e  relativamente  ristretto, 
cos\  sono  esclusi  da  esse  i  libri  di  lingue  straniere,  eccettuata  qualche  opera  insigne 
<j  d' '  interesse  universale. 

4.°  Per  la  stessa  ragione  non  si  da  luogo  agli  annunzii  di  libretti  di  piccola  mola 
«  non  ispeciale  importanza;  come  ad  esempio,  discorsi  accademici,panegirici  spiccio- 
lati,  orazioni  funebri  (se  non  si  tratti  di  defunti  commendevoli  per  meriti  insigni), 
poesie  e  prose  di  occasions  ecc.  ecc. 

5.°  Non  si  ammettono  annunzii  o  programmi  di  giornali  o  di  opere  da  pubbli- 
care,  se  non  quando  se  ne  sia  incominciata  la  pubblicazione  e  questa  sia  giudicata 
profittevole.  I  giornali  o  periodici  non  si  anniinziano  se  non  dopo  un  certo  tempo  dalla 
loro  pubblicazione  e  quando  ne  sia  fatto  regolare  invio  alia  Direzione. 

6.°  Stante  il  gran  numero  di  opere  e  di  opuscoli  che,  dai  benevoli  Autori  ci  sono 
indirizzati,  non  ci  e  possibile  annunziarli  con  quella  prontezza  che  essi  bramerebbero. 
Non  maraviglino  dunque  se  talaolta  vedranno  tardare  d'alcuni  mesi  I'annunzio  desi- 
derata. Noi  procuriamo  di  serbare  in  cib,  in  quanta  &  possibile,  I'ordine  del  tempo 
in  cut  ci  sono  spediti,  dando  ordinariamente  la  precedenza  a  qnelli  che  ci  giunsero 
prima. 

7.°  Altre  volte  poi  il  non  comparire  I'annunzio  proviene  dal  non  aver  not  ricevuto 
il  libro  speditoci. 

8.°  Atteso  la  suddetta  ristrettezza  dello  spazio,  non  ci  e  possibile  annunziare  quei 
libri  che  ci  sono  spediti  dopo  uno  o  piu  anni  dalla  loro  pubblicazione. 

9.°  Si  desidera  che  i  libri  che  ci  sono  mandati  per  la  Bibliografia,  specialtnente 
se  trattano  di  religione,  sieno  muniti  ddl' approvazione  dell'Autorita  Ecclesiastlca. 

10.°  Queste  avoertenze  intorno  agli  annunzii  bibliografici,  si  vogliono  in  gran 
parte  applicare  anche  alle  riviste. 

11.°  Xe  la  Direzione,  ne  I' Amtninistrazione  della  Civilta  Cattolica  assumono  I'im- 
pegno  di  dare  altre  indicazioni  delle  opere  annunziate,  oltre  quelle  che  si  trovano  sotto 
i  titoli  rittpettivi  e  che  sono  tolte  dalle  pubblicazioni  medesime;  e  tanto  meno  di  prov- 
vederle,  eccetto  il  caso  in  cut  sia  avvertito  tronarsi  le  dette  pubblicazioni  vendibili  presso 
I'Amminitttrazione  della  Civilta  Cattolica,  Koma. 


CRONAGA  GONTEMPORANEA 


Roma,  1-15  decembre  1896. 


I. 

COSE  ROMANS 

1.  Pellegrini  tirolesi  e  napolitani  dal  Papa,  deputazione  di  Perugia  e  di 
Gradoli.  —  2.  Chiusa  del  centenario  de'  prodigi,  avvenuti  nel  secolo  pas- 
sato  in  Roma.  —  3.  Risposta  alia  stampa  anticristiana  sul  fatto  de'  pro- 
digi  stessi.  —  4.  Violenze  anticlerical!  a  Marino;  un  ricordo  della  vio- 
lenza  del  13  luglio  1881.  —  5.  L'Unione  degli  Sludii  sociali  e  YOpera  dei 
Congressi.  —  6.  Chiesa  monumentale  in  Milano,  da  aprirsi  all'  alba  del 
1°  gennaio  1900.  —  7.  Contro  le  scatole  di  cerini  pornografiche. 

1.  In  quest'anno  e  stato  celebrate  nel  Tirolo  (e  noi  lo  narrammo 
nelle  Cose  Varie)  il  centenario  della  consecrazione  di  quella  regione 
al  Cuor  di  Gesu,  fatta  pubblicamente  dall'  autorita  civile,  dopo  le 
lotte  sostenute  dai  Tirolesi  contro  la  repubblica  francese  per  la  fede 
e  la  patria.  Quasi  compimento  del  centenario,  prima  che  spirasse  il 
presente  anno,  gli  eredi  de'  forti  figli  del  Tirolo,  in  numero  di  cento 
incirca,  sono  venuti  a  Roma  ad  attestare  al  Capo  della  cristianita  la 
loro  fede.  Yennero  essi  in  sul  flnir  del  mese  di  novembre ;  ma  1'udienza 
solenne  del  S.  Padre  fa  il  5  decembre.  Insieme  coi  lontani  Tirolesi 
v'era  un  numero  anche  maggiore  di  Napolitani,  dicono  300,  venuti 
a  visitare  la  basilica  di  S.  Clemente,  titolo  cardinalizio  del  Card.  San- 
felice  di  Napoli,  per  ringraziamento  della  costui  ricuperata  sanita. 
Anche  i  pellegrini  napolitani  erano  alia  Messa  e  udienza  papale,  e 
con  loro  le  deputazioni  di  Perugia  e  di  Gradoli.  Quei  di  Perugia  e 
Gradoli  erano  venuti  a  ringraziare  Sua  Santita  per  1'onore  impartito 
ai  loro  concittadini  e  condiocesani  il  Card.  Satolli  e  il  Card.  Ferrata, 
elevati  alia  sacra  porpora  e  insigniti  del  cappello  cardinalizio.  La 
Messa  del  S.  Padre,  e  1'udienza  che  segui,  fu  nella  sala  ducale,  tra- 
sformata  in  cappella.  Durante  la  Messa,  i  cantori  della  Sistina,  di- 
retti  dall'insigne  Mustafa,  eseguirono  bellissimi  mottetti  musicali, 
tutti  composti  dallo  stesso  Maestro.  Dopo  la  Messa  del  S.  Padre 
e  quella  di  ringraziamento,  assisosi  il  Papa  dinanzi  1'altare  riceve 


CRONACA   CONTEMPORANEA  103 

i  pellegrini  in  varii  drappelli :  i  tirolesi  in  prima,  distinti  in   varie 
schiere,  poi  i  napolitani  e  quindi  quelli  di   Perugia   e   di  Gradoli. 
I  Tirolesi  offrirono  al  Papa  alcuni  doni.   «  Notiamo   il  dono   dell'il- 
lustre   scultore   Augusto   Valentin   di   Brixen   (Tirolo  Austriaco)  che 
consiste  in  una  statua  del  Sacro  Cuore  di  Gesu  in  atto  di  benedire ; 
il  lavoro  e  di  una  finezza  straordinaria  sia   per  le  tinte,  e  per  i  co- 
lori,  sia  per  la  posa  e  pel  panneggio.  Esso  poi  e  tanto  piu   pregevole 
in  quanto  che  la  statua  e  di  legno,  tutta  di  un  pezzo ;  il  legno  spe- 
oiale  da  cui  e  ricavata  la  statua  si  rinviene  nelle  Alpi  tirolesi   e  si 
chiama  xirmo.  II  Santo  Padre  gradi  moltissimo  1'offerta,  mostrando- 
sene  soddisfattissimo,  ed  ebbe  parole  lusinghiere  per  1'autore,  intrat- 
tenendosi  benignamente  con  lui  per  qualche  tempo.  II  signer  Lindner 
dlnnsbruck,  regio  fornitore  della  Corte  austriaca,  presento  al  Santo 
Padre  un  magniflco   cero   finamente    lavorato  e  colorato.  II  lavoro  e 
valutato  di  circa   1000   fiorini.  II  signor   Veihnlnwieder   presento  al 
Santo  Padre  una  copia  della  storica  e  venerata   immagine  del  Sacro 
Cuore  entro  una  preziosa  cornice.  Dopo  la  Messa,  e  prima  che  questi 
«ignori  presentassero  i  doni,  il  Santo  Padre  benedisse  la  bandiera  tiro- 
lese,  antichissima,  come  si  puo  vedere   dagli  strappi   e   dalle  lace- 
razioni  del  tempo.  La  bandiera  e  di  color  crema,  e  porta  nel  mezzo 
una  croce,  con  il  Cuor  di  Gresu,  trapunto  in  oro,  e  con  la  seguente 
scritta  :  In  hoc  signo  vinces.  La  bandiera  data  da  un  secolo  ed  appunto 
in  questi   giorni  compie  il  100°  anno    dacche    s'inalbero  da  Andrea 
Hofer  sui  campi  di  battaglia  contro  i  repubblicani  francesi  che  ave- 
vano  invaso  il  Tirolo.  Beda  "Weber  uno  dei  piu  rinomati   poeti  tiro- 
lesi, di  tal  guisa  accenna  alia  bandiera  del  suo  paese :   «  .  .  .  Finche 
« I'lnn  scendera  verso  1'oriente,  il  valore  tirolese  vivra.  Esso  ha  in- 
«  trapreso  con  eroica  audacia  un  combattimento  a  oltranza  per  la  li- 
«  berta.  Non  e  per  una  futile  gloria  che  tu  ti  sei  sollevata,  o  mia  pa- 
<  tria.  Fedele  al  vecchio  sangue  germanico,  per  difendere  il  nome  e 
«  la  virtu  degli  antenati,  tu  hai  spiegato  con  gioia  la  tua  bandiera. 
«  Sopra  i  campi  del  ferro  e  della  strage  i  tuoi  figli  sono  per  quella 
«  bandiera  morti  gloriosamente,  sono  caduti  per  risorgere  in  un  mondo 
«  migliore...  »  Oltre  1'antico  vessillo  di  Andrea  Hofer,  il  Santo  Padre 
benedisse  una  nuova  bandiera  in  tutto  simile  all'antica,  con  le  stesse 
decorazioni  ed  iscrizioni.  L'asta  porta  alia  sommita  una  croce.  I  Ti- 
rolesi avevano  altresi  con  loro  un  piccolo  stendardo  bianco  e  giallo 
con  la  scritta:   Tirolo   Cattolico.  I  pellegrini,  durante  la  presentazione 
della  bandiera,  detta  centenaria,  del  Sacro  Cuore,  hanno  cantato  un 
inno,  sotto  la  direzioue   del  prevosto  Mitterer,  che  ha  per  la   circo- 
stanze  composta  la  musica  su  parole  del  P.  Norberto  Stock,  Cappuc- 
cino. Alia  fine  di  ogni  strofa,  i  pellegrini  agitavano  entusiasticamente 
i  cappelli.  Alle  10  e  tre  quarti,  il  Santo  Padre,  levatosi  e  benedetti 


104  CRONACA 

di  nuovo  i  present!,  poneva  termine   all'  udienza  ritirandosi  tra  gli 

incessant!  evviva  ed  agitare  di  cappelli  e  bianchi  lini  degli  astanti l.  > 

2.  E  bene  che  rimanga   memoria  storica  del  fatto   della  celebra- 
zione  del  centenario  per  prodigi  avvenuti  in  Roma  nel  secolo  scorsor 
cominciando    il    9    luglio    1796  ;    anno,    in  cui  parecchie  imagini  di 
Maria  SS.  e  anche  del  Crocifisso  apersero  gli  occhi.    Di  questo  fatto- 
storico  abbiamo  gia  parlato  due  volte    con    qualche    ampiezza  ;  nella 
cronistoria  delle  Cose  JRomane   (quad.  1107,  pag.  358)   e  piu  esplici- 
tamente  nella  Rivista  della  stampa  (quad.  1115,  pag.  569),  ove  addu- 
cemmo  le  prove  scientifiche  e  storiche  d'  uno  di  que'  miracoli  avve- 
nuti. Yarii   sono   stati  i  modi   onde  i  Romani,   per   cura  del  Circola 
dell' Imrnacolata,    hanno  mostrato  a  Dio  la  riconoscenza  per   que'  pro- 
digi nel  corso  di  quest'  anno.  Ci6  sono  specialmente  novene  e  tridui 
di  preghiere,  di  predicazione    e    di   manifestazioni  di  fede  colla  fre- 
quenza  ai  Sacramenti.  Ne  nominiamo  tre,  di  cui  potemmo  fornirci  i 
document!  autentici  :    ossia,   la  novena  celebratasi  nella  chiesa  della 
Consolazione,   annessa    all'Arcispedale    omonimo,  i  giorni   precedent! 
all'Assunta  di  quest'anno  1896  in  memoria  dell'aprimento  degli  occhi 
della  Madonna  delle  grazie  ;   il  triduo  celebratosi  nell'  istessa  chiesa 
il  13,  14  e  15  novembre  per  il  medesimo  aprimento  di  occhi  di  Gesu 
Nazareno ;  e  finalmente  lo  splendidissimo  triduo  al  Gesu  per  la  chiu- 
sura  solenne    del   centenario  i  giorni  11,  12  e  13  decembre,   per  la 
qual  festa  si  trasporto  provvisoriamente  in  quel  tempio  1' imagine  di 
M.  Addolorata,  venerata  nelle   Cappellette   di   S.  Luigi  in  S.  Igna- 
zio.  Al  Gesu  1'ultimo   giorno,  alia   benedizione   del   Sacramento,   fu 
bellissimo   lo    sfilare    d'  un    200  giovani    de'  varii  circoli  cattolici  di 
Roma  colla  torcia  in  mano.   Alia   porta  del  tempio   farnesiano  legge- 
vasi  questa  iscrizione  dettata  dallo  stesso  Card.  Vicario  :   Vergine  Be- 
nedetto, —  Come  un  giorno  da  mute  imagini  sfavillando  —  //  vostro 
mater  no^Guar  do  —  Imminenti   annunciava  —  /  castighi  della  divina 
giustizia  — mOggi  dopo  un  secolo  riguardate  pietosa  —  La  vostra  Roma 
—  Qui  supplichevole  —  E  con  essa  raccomandale  al  Figlio  —  L' Italia  e 
la  Chiesa.  II  giorno  17  poi  la  venerata  imagine  fu  riportata  a  Sant'  I- 
gnazio  con  solenne  corteo  di  oltre  100  socii  di  varie  societa  cattoliche 
con  torce  e  200  tra  signori  e  signore  con  cerei  a  lampada,  oltre  nu- 
merose  alt  re  persone  che  s'  unirono  al  pio  corteggio. 

3.  II  foglio  ebraico,  o  meglio  razionalistico,  di  Roma   non  ha  ta- 
ciuto  di  questa  splendida  manifestazione  di  fede  de'  Romani ;  ma  so- 

1  Cosi  la  Voce  della  Verita,  n.°  281.  La  medesima  effemeride  descrive 
molto  bene  la  foggia  di  vestire  de'  pellegrini  tirolesi,  secondo  1'uso  de'  loro 
paesi ;  della  qual  foggia  di  vestire,  trovandosi  ora  essi  nella  solenne  occa- 
sione  di  visitare  il  Papa,  fecero  uso  con  piu  liberti  che  nel  Tirolo  stesso 
ove  il  decadimento  delle  anticbe  usanze  6  gia  manifesto. 


CONTEMPORANEA  105 

lamente  per  dirla  barbarie  (sono  sue  parole)  ;  per  dire  che  con  ci6  i 
cattolici  sfruttano  I'  ignoranxa  e  la  superstixione  a  vantaggio  de'  loro 
scopi  politici;  per  dire  che  i  miracoli  del  secolo  scorso,  narrati  dalla 
storia,  sono  una  commedia;e  per  rimproverare  la  longanimitd  del  Governo 
e  Yapatia  de!  ciltadini  a  non  dar  tregua  ai  clericali,  i  quali  ancora 
hanno  1'audacia  di  vivere  e  respirare  in  questa  terxa  Roma,  cheMeve 
essere  la  cittadella  del  laicismo  l.  Ma  questa  non  e  che  la  conclusion  e 
della  predica  anticristiana.  II  corpo  di  essa  e  far  credere  a  chi  nulla 
sapesse  del  fatto,  che  esso  6  un'  impostura  del  Governo  pontificio 
del  1796,  il  quale,  affinche  il  popolo  non  si  turbasse  per  le  invasion! 
del  Bonaparte,  lo  voile  distrarre  con  falsi  miracoli,  cercando  (come 
dicono  i  messeri  di  quel  foglio)  un  diversivo  potente,  per  aver  docile 
quel  popolo,  di  cui  conosceva  bene  la  roxxexxa,  la  volultd  del  sangue,  la 
superstixione  e  il  fanatismo.  Chi  volesse  toccar  con  mano  la  malignita 
anticristiana  di  quella  diceria,  intitolata  Un  centenario,  non  ha  che  a 
rileggere  quel  che  noi  scrivemmo  nel  quaderno  del  5  dicembre  di 
quest' anno  nella  Rivista  della  stampa,  ove  esaminammo  a  tutto  rigore 
scientifico  le  prove  storiche  del  miracolo,  avvenuto  in  una  delle  ima- 
gini,  cioe  in  quella  della  Madonna  dell'Archetto  che  e  in  via  S.  Mar- 
cello.  Dicemmo  ivi  essere  stati  bene  ottantasei  testimonii  che  videro 
il  fatto,  testimonii  d'  ogni  classe  di  cittadini  che  lo  giurarono  in  for- 
male  processo,  tra  cui  testimonii  scienziati  e  prima  del  fatto  anche 
indifferenti  e  scettici.  Or  che  valgono  le  affermazioni  gratuite  del  fo- 
glio giudaico  nel  1896  (cioe  un  secolo  dopo)  contro  ottantasei  testi- 
monii d'un  secolo  fa  che  giurarono  d'  aver  visto  il  fatto  ?  Chi  ha 
buon  senso  lo  dica.  Ne  giova  tirar  fuori  dall'  arsenale  rettorico  i  vo- 
caboli  superstixione,  fanatismo  e  barbarie;  poich6  quello  che  si  chiama 
cosi,  per  ischerno,  e  innanzi  tutto  un  fatto  storico.  Ora  i  fatti  son  di 
macigno,  o  signori,  e  per  quel  fatto  militano  86  testimoni  oculari. 
Distruggete  quelle  testimonianze,  se  potete,  e  vi  daremo  il  premio. 
Ma  finche  quelle  resteranno,  la  vostra  opera  e  davvero  barbarie  sto- 
rica  e  indegna  della  luce. 

4.  L'effemeride  anticristiana,  di  cui  parlammo  qui  sopra,  rimpro- 
verava  Yapatia  de'  cittadini,  spronandoli  a  inflerire  contro  i  cattolici. 
Questi  incitamenti  a  violare  la  liberta  per  opprimere  i  cattolici  non 
sono  solamente  scritti  sulla  carta.  Talora  vengono  messi  in  opera, 
come  accadde  1'8  decembre  a  Marino  uno  de'  vicini  castelli  romani. 
Ivi  i  cosi  detti  socialisti  videro  di  mal  occhio  la  solenne  dimostra- 
zione  di  fede  sincera,  data  dai  loro  concittadini  e  dalle  societa  catto- 
liche ;  e  prendendo  a  pretesto  i  discorsi  fatti  sul  socialismo  dal  pre- 
dicatore,  decisero  di  fame  vendetta  insieme  con  alcuni  di  Roma, 

1  Tribuna,  n.°  346. 


106  CRONAGA 

che  invitarono  percio  a  Marino  per  il  giorno  8.  Durante  le  funzioni 
del  pomeriggio,  si  recarono  nella  chiesa  cattedrale,  guidati  da  un 
tale  venuto  da  Roma,  il  quale,  prima  che  il  predicatore  salisse  sul 
pergamo,  gli  si  avvicino,  minaccioso,  eccitando  cosi  la  prima  scintilla 
di  disordine,  che  divampo  poi  in  giusto  e  santo  sdegno  popolare  & 
generale  su  di  lui,  il  quale,  poco  mancd  non  restasse  vittima  dell'indi- 
gnazione  popolare  ;  e  se  fu  salvo,  lo  dove  alia  protezione  e  al  coraggio 
d'un  sacerdote.  Infatti,  questi,  facendogli  scudo  della  sua>:persona,  per 
evitare  scandali  e  tristi  conseguenze,  lo  accompagno  sano  e  salvo  sino 
alia  porta  della  chiesa.  La  sera  stessa  i  socialisti  vollero  fare  una 
dimostrazione  contro  i  cattolici;  ma,  giunta  la  forza  da  Roma  ne- 
mando  in  catorbia  ventisei.  Questi,  almeno,  non  sono  cittadini  apati 
pel  cuore  degli  scrittori  del  foglio  accennato  di  sopra  !  —  A  questo 
fatto  di  violenza  vogliamo  unirne  un  altro.  Non  e  esso  di  fresca 
data,  ma  tale  e  la  scoperta  d'una  medaglia  commemorativa.  Tutti 
sanno  come  1'  infausta  notte  del  13  luglio  1881,  certuni  (seguendo  i 
principii  del  solito  foglio  anticristiano)  volevano  gentilmente  gittare 
al  flume  la  venerata  spoglia  di  Pio  IX.  Ora,  quel  che  nessuno  sospet- 
tava,  di  quel  fatto  si  conio  una  medaglia  commemorativa,  la  cui  sco- 
perta rimonta  al  7  decembre  di  quest' anno.  Cosi  lo  narra  il  Fanfulla. 
« In  un  banco  di  rivenditori  di  vecchi  ninnoli  e  stata  trovata  ieri  una 
bellissima  e  rara  medaglia  di  argento  dello  spessore  di  due  millimetri 
e  del  valore  di  circa  20  lire,  coniata  (a  quanto  sembra)  per  premiare 
coloro  che  nella  celebre  notte  del  13  luglio  1881  si  opposero  al  tra- 
sporto  della  salma  di  Pio  IX.  Nel  diritto  della  medaglia  e  stampata 
a  caratteri  romani  il  verso  di  Giovenale  :  Immortale  odium  et  nunquatn 
sanabile  vulnus.  E  nel  centre  :  Pio  Scatizzi.  Nel  rovescio  :  Ai  Ro- 
mani —  che  giudicarono  —  il  Papato  —  la  sera  —  del  13  luglio  1881* 
Durante  il  memorabile  tumulto,  cui  il  trasporto  della  salma  di  Pio  IX 
diede  luogo,  sei  furono  gli  arrestati  e  tra  questi  lo  Scatizzi.  »  Ecco- 
un  monumento  della  liberta  del  Papa  in  Roma  ! 

5.  A  chi  e  punto  punto  addentro  nello  svolgersi  della  vita  cattolica 
pubblica  in  Italia,  non  e  sfuggito  il  parlare  alquanto  acre  di  alcuni 
contro  1'  Unione  cattolica  per  gli  studii  sociali,  a  cui  presiedono,  come 
presidente  onorario  Mons.  Callegari  di  Padova  e  come  presidente  effet- 
tivo  il  prof.  Toniolo  di  Pavia.  Vorrebbero,  cioe,  costoro,  oltre  la  coor- 
dinazionedelle  varie  societa  cattoliche  d'ltalia,  anche  1'intero  amalgama- 
mento  di  esse  colla  gran.de  Opera  de'congressi  cattolici.  Dalla  quale  unione 
costoro  pronosticano  un  gran  bene,  mentre  altri  vi  scorgono  una  di- 
minuzione  di  spontaneita  e  di  forza  ne'  movimenti.  I  primi  poi  tira- 
ran<j  fuori  anche  Pautorita  del  Papa.  Ora  Mons.  Yescovo  di  Padova, 
presidente  onorario  dell'  Unione  stessa,  si  affretto  a  scrivere  a  Sua 
Santita,  pregandola  a  degnarsi  di  significargli  quali  appunto  fossero 


CONTEMPORANEA  107 

gli  augusti  suoi  voleri  coll'unico  intento  di  compierli  pienamente 
tostoche  fossero  conosciuti.  Ed  il  Santo  Padre,  dapprima  per  lettera 
del  suo  Segretario  particolare  in  data  23  novembre,  gli  faceva  dichia- 
rare  essere  suo  desiderio  che  1'Unione  per  gli  studii  sociali  sia  con- 
servata,  e  che  non  dovevasi  tener  conto  di  cio  che  stampano  i  giornali ; 
quindi  incaricava  1'  Emo  Card.  Rampolla  Segretario  di  Stato  a  diri- 
gere  a  Monsignor  Vescovo  una  lettera  d'  appro vazione  e  d'incorag- 
giamento.  Essa  reca  la  data  del  24  novembre,  ed  e  riportata  da  tutti 
i  giornali.  Ci  piace  di  notare,  parlando  degli  studii  sociali  in  Italia, 
oome  ora  il  prof.  Toniolo  ha  cominciato  un  corso  di  lezioni  all'Acca- 
•demia  pontificia  romana,  trattando  temi  di  economia  sociale  in  rap- 
porto  colla  morale  cristiana  e  col  progresso  sociale.  L'nditorio  e  com- 
posto  quasi  esclusivamente  di  studenti  dell'  Universita,  che  ascoltano 
intenti  la  dotta,  calorosa  ed  eloquente  parola  del  professore  pisano. 

6.  II  P.  Gerardo  Beccaro,   de'  Carmelitani  Scalzi,   al   tempo   del 
Congresso   eucaristico   di  Milano,  fe'  opera    perche   s'innalzasse   una 
chiesa  al  SS.  Sacramento,  erigendo  ivi  stesso  la  cosi  detta  Lega  eu- 
•caristica.  La  chiesa  pero  e~  provvisoria.  Or   egli   ha   concepito   1'idea 
di  sostituire  alia  chiesa  provvisoria   una   chiesa   stabile  e  grandiosa, 
qual  monumento  della   fede  e  della   divozione   suscitatesi   nei    cuori 
de'  cattolici  di  tutto  il  mondo   in   questo   scorcio  di  secolo ;  preziosa 
•eredita  che  il  secolo  che  muore  lascia  al  secolo  che  nasce,  e  fara  si 
che  la  traviata  umanita,  ripudiati  gli  errori  e  1'invadente  immoralita, 
trovi  la  sua   salvezza   all'ombra   della  Chiesa   cattolica.  Ma  oltre   ad 
essere   1'erigenda   chiesa  monumento   della   fede  e  della   divozione  a 
Gesu  Sacramentato,  sara  pure   santuario  e  luogo  di  singolare  suffra- 
gio  alle  anime  dei  cari  defunti,  non  solo  pe'  meriti  infiniti   di  Gesu 
ia  Sacrifizio  e  in  Sacramento,  ma  anche  per  le  speciali   pratiche    di 
pieta  e  le  incessanti   preghiere  che  i  fedeli,  prostrati   avanti   1'Ostia 
sacrosanta,  innalzeranno   a  Dio  ripetendo  colla  Chiesa  quelle   bellis- 
sime  parole :  Ipsis,  Domine,  et  omnibus  in  Christo  quiescentibus  locum 
refrigerii,  lucis  et  pads  ut  indulgeas  deprecamur.  II  P.  Beccaro  ha  espo- 
sta  al  Papa  questa  nobile  idea,  affinche  lo  benedicesse  nella  sua  in- 
trapresa  e  con  lui  tutti  quelli  che  lo  coadiuveranno  con  offerte  e  con 
qualsiasi  altro  mezzo,  affinche  il  monumento  a  Gesu  Sacramentato  sia 
eretto  ed  aperto  solennemente   al   culto,  allo  spuntar  dell'alba  del  1° 
gennaio  1900,  quasi  ingresso  trionfale  di  Gesu  Sacramentato  nel  nuovo 
secolo.  A  tale  istanza  Sua  Santita  ha  risposto  con  un  breve  di  com- 
inendazione. 

7.  Da  un  tempio  monumentale  da  erigersi  scendiamo  alle  scatole 
de'  oerini.  Anch'esse  non  sono  estranee  alia  vita  cristiana  vera,  di 
cui  Roma  e  altrice  e  madre.  In  tenui  labor,  at  tennis  non  gloria.  Al- 
cuni  giovani  cattolici  di  Liguria,  dunque,  si  fecero  promotori  d'una 


108  CRONACA 

modesta,  ma  santa  impresa,  quale  &  quella  di  combattere  la  porno- 
grafia  dilagante  sulle  scatole  di  fiammiferi,  opponendo,  per  cosi  dire, 
scatola  a  scatola.  Essi  ordinarono  per  proprio  conto  una  forte  quan- 
tita  di  scatole  di  cerini,  ornate  di  caratteristici  disegni,  e  ne  fecero 
largo  spaccio  in  commercio  coll'appellativo  di  Scatole  Dran.  Vollero 
essi  inoltre  portare  a  cognizione  del  Santo  Padre  la  loro  umile  opera, 
acciocche  1'apostolica  benedizione  rendesse  piu  fruttiferi  i  loro  sforzi, 
ed  all'uopo,  per  mezzo  di  Monsignor  Giacomo  Eadini  Tedeschi  otten- 
nero  fosse  presentato  al  Santo  Padre  in  elegante  astuccio  un  saggio 
delle  scatole,  raccolto  entro  un'artistica  custodia  d'argento,  fregiata 
dello  stemma  pontiflcio  in  rilievo.  Leone  XIII  fece  rispondere  al  Pre- 
sidente  del  Comitato  pro  mo  tore,  per  mezzo  di  Monsignor  Eadini  Te- 
deschi, che  aveva  gradito  il  dono  e  benediceva  la  bella  opera.  Per 
amor  del  verb  dobbiamo  pero  aggiungere  che  anche  in  Eoma  stessa, 
anzi  fin  dal  1894,  la  ditta  «  Domenico  Santelli  »  in  via  Frattina  fece 
fabbricare  allo  stesso  scopo  scatoline  del  genere  di  quello  della  Li- 
guria,  or  mentovate. 

II. 
COSE  ITALIANS 

\.  L'assassinio  della  cos\  detta  Contessa  Lara  (Evelina  Cattermol).  —  2.  Apo- 
teosi  anticristiane  della  stessa;  manifestazioni  del  mondo  contemporaneo. 
—  3.  Eccidio  della  compagnia  del  capitano  Cecchi  nell'Africa.  —  4.  Fine 
dell'inchiesta  sulle  ladrerie  amministrative;  sentenza  sulla  cattura  del 
Doelwyk.  —  5.  Appunti  storici, 

1.  Abbiamo  sotto  gli  occhi,  mentre  scriviamo  questa  pagina,  una 
intera  bibliografia,  riguardante  la  vita  e  la  morte  cruenta  d'una  scrit- 
trice,  teste  assassinata  in  Eoma,  conosciuta  nel  mondo  letterario  e 
mondano  col  pseudonimo  di  Contessa  Lara,  e  in  verita  Evelina  Cat- 
termol. La  morte  e  la  vita  di  costei  con  1'apoteosi  fattale  sulle  gaz- 
zette  ci  manifesta  la  corruzione  del  mondo  contemporaneo,  di  quel  mondo 
che  si  nasconde  nei  salotti  eleganti  dietro  le  vegliate  porte,  e  sulle 
paginejde'  fogli  quotidiani  deride  volterianescamente  la  severa  vita 
cristiana.  Ci  segua  il  lettore,  e  avra  di  che  istruirsi.  —  Evelina  Cat- 
termol, figlia  di  padre  inglese,  nacque  a  Cannes  in  Provenza,  altri 
dice  a  Firenze,  ove  il  padre  era  professore  di  lingua  inglese  e  anche 
Console  d'Inghilterra,  secondo  alcuni.  Narrano  che  ella  riceve  una 
buona  educazione  presso  le  Eeligiose  del  S.  Cuore  a  Parigi  e  che  tor- 
nata  in  famiglia,  e  seguendola  in  varie  citta  d'Europa,  pote  imparare 
diverse  lingue.  Stabilitasi  finalmente  a  Firenze  vi  sposo  un  figlio  del 
ministro  italiano  Pasquale  Mancini.  Qual  fosse  fin  d'allora  la  vita  intima 


CONTEMPORANEA  109 

dell'Evelina  c'e  svelato  da  un  orrendo  fatto  di  sangue,  avvenuto  il  7 
giugno  del  1875  a  Milano,  probabilmente  non  molto  dopo  il  suo  ma- 
trimonio,  essendo  essa  nell'eta  di  25  anni.  All'alba  del  7  giugno  di 
quell'anno,  dunque,  due  uomini  si  trovavano  uno  di  fronte  all'altro 
nella  pianura  lombarda:  il  Cav.  Eugenio  Mancini,  marito  dell'Evelina 
e  Giuseppe  Bennati,  addetto  al  Banco  di  Napoli.  Erano  due  avversarii 
che  s'erano  sfldati  all' ultimo  sangue  e  stavano  di  fronte  colla  pistola 
in  pugno,  accompagnati  dai  cosi  detti  padrini.  La  sorte  di  sparare  pel 
primo  favori  il  Mancini,  che  alzata  la  pistola  feri  il  nemico  in  pieno 
petto.  Questi  giro  su  se  stesso,  cadde  a  terra  e  poco  dopo  mori.  Perche 
questo  delitto?  L'Evelina  aveva  avuto  pessima  relazione  col  Bennati, 
e  scoperta  una  volta  in  flagrante  delitto,  accese  Fira  del  marito,  il 
quale,  ucciso  prima  il  Bennati,  si  separo  poi  per  sempre  dalla  sua  moglie. 
D'allora  in  poi  1'Evelina  col  pseudonimo  di  Contessa  Lara  si  diede 
tutta  alia  vita  letteraria,  scrivendo  versi  e  prose,  specialmente  ne'  gior- 
nali  letterarii  ed  umoristici.  Che  se  1'arte  letteraria  deve  essere  istru- 
mento  d'educazione,  come  niuno  dubita,  s'imagini  ognuno  qual  edu- 
cazione  doveva  sgorgare  dalla  mente  e  dal  cuore  della  Contessa  Lara. 
I  due  volumi  de'  suoi  versi  e  le  sue  prose  sono  frementi  d'erotismo 
e  di  volutta,  e  le  gentili  signore  imparavano  da  essi  colpe  e  vergogne. 
Alia  corruzione,  come  e  solito,  tenne  dietro  1'incredulita,  e  la  Contessa 
Lara  scrisse  anche  da  scredente ;  almeno  cosi  le  torno  conto  per  inte- 
resse  e  vanita,  checche  fosse  nel  fondo  del  cuore.  In  fatti,  passato  il 
fantasma  della  vita,  e  ridotta  agli  estremi,  quando  si  trovo  dinanzi 
al  gran  problema  della  vita  in  tutta  la  sua  realta,  ella  si  appiglio  alia 
soluzione  cristiana,  che  senza  dubbio  1'era  rimasta  in  fondo  alia  co- 
scienza:  crede  a  Gesu  Cristo,  gia  da  lei  altre  volte  bestemmiato  % 

1  Questo  sonetto  della  Contessa  Lara  dimostra  la  parte  di  scredente 
che  ella  recit6  nella  vita,  finche  vide  danzare  innanzi  a  s6  le  ore  future  e 
finch6  la  vita  non  fu  spoglia  delle  illusion!  de'  sensi.  II  Crocifisso  da  lei 
bestemmiato  le  fu,  per6,  prodigo  della  sua  grazia.  In  quel  sonetto  ella  diceva : 

0  bronzeo  Cristo,  che  da  canto  a  '1  letto 
Dove  sogno  1'obtto  dolce  e  profondo 
De  '1  viver  gramo,  il  sanguinoso  petto 
Scopri  ed  inviti  a  sacro  amplesso  il  mondo, 

Non  per  1'eterno  fuoco  maledetto, 
Non  pe  '1  Tuo  cielo  placido  e  giocondo, 
Ma  sol  perche  ne  '1  Tuo  pietoso  aspetto 
Fis6  mia  madre  1'occhio  moribondo, 

Qualunque  sia  di  mia  giornata  il  corso, 
Torno  ogni  sera  a  Te:  come  si  riede 
A  un  amico,  a  un  ricordo,  a  una  speranza. 

Ne  ti  domando,  o  Cristo,  altro  soccorso 
Che  quest 'atto  di  car  a  ultima  fede, 
Per  ogni  giorno  che  a  lottar  m'avanza. 


110  CRONACA 

chiamo  un  suo  ministro,  si  confesso  delle  sue  colpe,  tornando  a  quei 
che  volentier  perdona.  La  parte  di  cronaca  dell 'ultimo  giorno  della  Con- 
tessa Lara  e  questa.  Abitava  ella  in  Yia  Sistina.  II  30  novembre  a 
sera,  un  tal  Giuseppe  Pierantoni,  pittore,  che  frequentava  la  sua  casa 
per  motivi  che  e  bello  tacere,  sia  per  ragioni  di  gelosia  sia  perche 
ella  gli  ricuso  del  denaro,  afferrata  una  pistola  che  la  Contessa  aveva 
sempre  a  lato  del  letto,  (e  la  diceva  1' ultimo  suo  amico)  la  feri  mor- 
talmente  alle  viscere.  Curata  inutilmente  dai  medici,  il  di  appresso 
ella  stessa  dimando  d'un  sacerdote.  E  il  P.  Catello  accorse  da  S.  An- 
drea delle  Fratte,  portandole  i  conforti  religiosi,  confessandola  e  dan- 
dole  1'estrema  unzione.  Alle  7  della  sera  Evelina  Cattermol  non  era  piu. 
2.  Dicemmo  che  la  morte  di  Evelina  Cattermol  e  i  comment!  fat- 
tine  alzano  un  lembo  che  ci  fa  vedere  la  corruzione  del  mondo  con- 
temporaneo.  Cid  diciamo  non  tanto  per  la  parte  rappresentata  da 
questa  disgraziata  scrittrice,  ma  piu  per  1'apoteosi  che  le  fecero  altri 
scrittori,  al  pari  di  lei  mondani  e  corruttori,  come  ora  vedremo.  Ella 
in  fatti,  in  qualche  modo,  tanto  per  se  quanto  per  gli  altri,  riparo 
al  mal  fatto  colla  conversione  che  possiamo  credere  sincera,  avvenuta 
1'ultimo  di  della  sua  vita.  Qualche  indizio  di  ritorno  a  Dio  ci  e  dato 
scorgere  anche  in  quel  che  altri  ha  narrate  intorno  a  lei  negli  ultimi 
giorni.  «  Mentr'  ella  moriva  (narra  il  pubblicista  Diego  de  Miranda)  una 
fanciulla,  una  popolana,  s'aggirava  angosciata,  smarrita,  per  le  stanze 
vuote.  Interrogata,  narrd :  « ler  1'altro,  verso  sera,  entrai  in  chiesa 
e  mi  avviavo  all'altar  maggiore,  quando  vidi  una  signora  che  pre- 
gava  singhiozzando  forte  e  piangendo  dirottamente.  Eravamo  sole  in 
chiesa;  m'avvicinai  per  confortarla,  per  interrogarla...  Mi  disse:  Sono 
tanto  infelice,  cara...  Pregate  per  me.  M'inginocchiai,  e  pregammo 
insieme,  perche  anch'io  sono  tanto  disgraziata.  E  quando  glielo  ebbi 
detto,  uscendo  di  chiesa,  mi  disse  di  venirla  a  trovare,  che  avrebbe 
cercato  di  essermi  utile,  d'aiutarmi....  E  sono  venuta  oggi.  Quando 
le  fu  narrate  1'atroce  fatto,  la  povera  fanciulla  fuggi  via,  piangendo. 
Coea,  anche,  e  stato  detto  che  la  Contessa  Lara,  morendo,  ha  perdo- 
nato  1'uccisore ;  ma  come  solenne  sia  stato  il  perdono,  non  formale 
voce  assolutoria,  ma  supremo  trionfo  dell'anima  puriflcata,  svincolata 
da  ogni  umana  passione,  nessuno  ha  detto.  »  Tutte  queste  particola- 
rita  che,  innanzi  tutto,  riparano  in  qualche  modo  il  male  operate  dalla 
Contessa  Lara,  e  poi  fanno  conoscere  come  1'incredulita  di  molti  scrit- 
tori e,  piu  o  meno,  un'affettazione  a  scopo  di  lucro,  queste  partico- 
larita,  diciamo,  sono  state  messe  da  banda  in  questa  occasione  da 
scrittori  di  una  oerta  specie  e  hanno  fatto  di  questa  infelice  un  tipo 
ideale  che  e  semplicemente  anticristiano.  Un'altra  scrittrice  pseudo- 
niaaa  col  nome  di  Febea1,  nel  far  1'apoteosi  dell'uccisa  ha  scritto 
1  Nel  Don  Chisciotte. 


CONTEMPORANEA  111 

osi .-  -  Se,  invece  della  Contessa  Lara,  si  trattasse  d'un  Conte  Lara 
(che  avesse  menata  quella  vita  stessa  di  disordini  morali)  tutti  avreb- 
bero  detto  (dice  Febea):  «  Che  cuore,  che  uomo,  che  galantuomo,  che 
«  brava  persona!  E  nient'altro.  Nessuno  si  curerebbe  di  sapere...  se, 
«  a  giornata  finita,  amasse  chiedere  a  una  dolce  e  lieta  ora...  (qui  si 
€parla  di  cose  contro  la  legge  cristiana)  il  legittimo  svago,  il  meri- 
«  tato  compenso  di  tanto  arduo  lavoro  e  tanti  doveri  compiuti.  Ad 
«  ogni  modo,  se  qualcuno  nella  commemofazione  funebre  del  Conte 
€  Lara,  qualcuno,  inopportunamente,  per  la  tristezza  del  momento, 
«  capitasse  a  parlare  della  intimita  piu  gelosa  della  sua  vita,  ne  trar- 
«  rebbe  argomento  a  dimostrare,  quanta  esuberante  affettuosita  e  te- 
c  nerezza,  quanta  larga  onda  di  vita  fluisse  da  quel  cuore  a  quel  cer- 
«  vello.  Cio  e  stato  detto  anche  per  un  gran  Ke  !  Quella  grande  figura 
«  s'e  delineata,  per  questo,  piu  simpaticamente  vivida  e  forte,  innanzi 
«  alia  immaginazione  dei  posteri ».  Dunque  (conclude  Febea}  si  deve 
dir  1'istesso  trattandosi  d'una  donna,  invece  d'un  uomo,  della  Con- 
tessa Lara  invece  del  Conte  Lara.  E  questa  ella  chiama  logica,  inti- 
tolando  1'articolo :  Logicamente.  Ma  non  si  avvede  Febea  che  1'errore 
e  nella  prima  proposizione  del  suo  sillogismo,  cioe  che  in  un  uomo 
si  possano  appro vare  i  traviamenti  contro  il  sesto  precetto  della  legge 
di  Dio,  in  un  uomo,  intendiamo,  battezzato  e  cristiano.  La  manifesta- 
zione,  pero,  di  Febea  e  utile  per  conoscere  la  perversita  del  mondo  con- 
temporaneo ;  essa  ci  fornisce  una  pagina  storica  degna  di  tramandarsi 
ai  posteri,  della  qual  pagina  il  piu  importante  e  il  sapere  da  quali 
corrottissime  sorgenti  scaturiscano  al  popolo  nelle  gazzette  e  ne'  pe- 
riodici  le  idee  di  moralita,  ordine,  diritti,  doveri,  Dio,  religione,  patria 
e  ogni  cosa. 

3.  Al  leggere  i  corsi  di  geografla,  1'almanacco  di  Gotha  e  al  ve- 
dere  le  carte  geografiche  africane,  gran  pa^rte  dell' Africa  e  sotto  il 
protettorato  italiano.  Senza  parlar  dell' Eritrea  propriamente  detta: 
v'e  1'Abissinia  tutta  quanta ;  vi  sono  i  distretti  degli  Havab,  dei  Bo- 
gos,  e  di  altri  popoli,  in  paesi  che  sono  un'appendice  dell'altipiano  etio- 
pico;  poi  v'e  il  territorio  dei  Danakil  tra  Massaua  ed  Assab;  poi  il 
sultanato  di  Raheita  sul  mare  e  finalmente  tutto  il  paese  de'  Somali 
dalle  foci  del  Giuba  al  Capo  Gruardafui.  Quest'ultimo  protettorato  fu 
preso  dall'Italia  nel  1889" per  dimanda  di  varii  Sultani  di  quei  paesi. 
Qua  e  la,  inoltre,  da  parecchi  anni,  si  erano  costituite  societa  italiane 
di  commercianti,  di  geografi  e  di  esploratori.  Nota  e  la  societa  presie- 
duta  dal  capitano  Filonardi,  e  nota  e  la  spedizione  del  capitano  B6t- 
tego  ad  esplorare  il  Giuba,  del  qual  esploratore  non  si  sa  ancor  bene 
che  cosa  sia  accaduto  e  dove  sia.  Tuttocio  serva  ai  lettori  per  farsi 
un'idea  di  quel  che  siamo  per  narrare.  Pare  che  tutta  quella  gente 
abbia  poca  volonta  d'essere  protetta,  specialmente  quando  e  provocata 


112  CRONACA 

dalla  prepotenza  europea.  Lo  sanno  i  morti  di  Abba  Garima  e  i  su- 
perstiti  della  disfatta.  Or  ecco  annunciarci  un  nuovo  eccidio  di  com- 
mercianti  ed  esploratori,  ai  quali  non  sembra  estraneo  anche  qualche 
scopo  politico.  Antonio  Cecchi,  console  italiano  ad  Aden,  era  andato 
a  Mogadishu  (nella  costa  de'  Somali)  per  insediarvi  la  societa  com- 
merciale  italiana  del  Benadir,  che  subentrava  alia  societa  del  Filo- 
nardi.  Ci6  posto,  ecco  la  notizia  dell'  eccidio,  trasmessa  dall'  agenzia 
officiosa  del  Governo.  « II  console  Ceechi  arrive  a  Mogadisciu  col 
Voltttrno  il  23  novembre  e  credette  di  organizzare  una  carovana  per 
visitare  la  sponda  del  fiume  Scebeli.  Egli  parti  il  25  novembre  alle 
ore  15,  accompagnato  dai  comandanti  Maffei,  della  Staffetta,  e  Mon- 
giardini,  del  Volturno,  Quirichetti,  direttore  della  dogana  di  Moga- 
disciu, dagli  ufficiali  Smuraglia,  Baraldi,  De  Cristofaro,  Sanfelice, 
Guzzolini,  Baroni  e  Gasparini,  dal  macchinista  Olivieri,  dal  fuochista 
Eolfo,  dal  domestico  Caramella,  dal  timoniere  Vianello  e  dai  marinai 
Gregante  e  Bonasera.  La  carovana  era  scortata  da  70  ascari  armati. 
I  bianchi  erano  tutti  provvisti  di  cavalli.  Dopo  5  ore  di  marcia  la 
carovana  pernotto  a  Lafole,  situata  a  circa  20  chilometri  da  Mogadi- 
sciu. Improvvisamente  i  Somali  nomadi  assalirono  il  campo,  uccidendo 
sei  ascari.  Le  sentinelle  nostre  respinsero  1'assalto  abbattendo  parecchi 
Somali.  Fatto  giorno,  la  carovana  ripiego  su  Mogadisciu,  tirando  contro 
i  Somali  ritornati  in  nuinero  grandissimo  e  continuanti  ad  irrompere 
sui  lati  della  strada.  I  nostri,  uniti,  continuarono  a  difendersi  valo- 
rosamente,  finche  gli  ascari,  in  parte  caduti,  in  parte  fuggiti,  i  ca- 
valli fiaccati  dalla  marcia  faticosa  e  feriti  essi  stessi,  dovettero  soc- 
combere.  »  Tra  i  morti  si  contano  diciotto  ascari  e  tredici  italiani. 
Antonio  Cecchi,  illustre  viaggiatore,  era  nato  a  Pesaro  nel  1849. 
Dedicatosi  alia  marina,  divenne  presto  capitano;  prese  parte  alia  spe- 
dizione  dell'Antinori  e  Martini,  visito  i  Galla,  fu  colla  prima  spe- 
dizione  di  Massaua  e  presentemente  era  Console  italiano  ad  Aden 
e  Console  generale  pel  Zanzibar.  Egli  aveva  pubblicato  le  opere :  Da 
Zeila  alle  frontiere  del  Cassa  e  YAbissinia  settentrionale.  Ora  il  Go- 
verno ha  spedito  il  cap.  Sorrentino  colle  credenziali  di  Console  del 
Zanzibar,  e  dicono  anche  per  far  giustizia  degli  uccisori  del  Cecchi. 
Ma  noi  crediamo  che,  se  malagevole  cosa  e  il  proteggere  gli  Africani, 
piu  malagevole  ancora  e  il  fame  giustizia,  specialmente  con  poche 
forze,  ne'  loro  orrendi  paesi  e  coi  criteri  alquanto  puerili,  onde  si 
procede  finora  in  Italia  sulle  imprese  coloniali. 

4.  Oltre  all'eccidio  africano,  or  ora  narrate,  due  sono  i  fatti  della 
politica  in  questa  prima  meta  di  decembre.  II  primo  6  1'assolutoria 
data  dalla  Camera  a  certe  ladrerie,  commesse  sotto  il  ministero  del 
Crispi  nella  distribuzione  delle  offerte  pel  terremoto  di  Calabria  e 
neH'amministrazione  della  consulta  araldica.  La  commissione  d'  in- 


CONTEMPORANBA  113 

chiesta  aveva  dichiarato  che  in  ambedue  i  casi  v'erano  stati  furti ; 
quanto  alle  offerte  pel  terremoto,  cioe,  aveva  dichiarato:  primo,  che 
il  servizio  dei  soccorsi  ai  danneggiati  fu  sottratto  all'ufficio  compe- 
tente;  secondo,  che  il  servizio  stesso  non  fu  ordinato  in  modo  da 
guarantire  il  regolare  andamento,  tanto  piu  che  carte  e  document! 
non  si  rinvengono;  terzo,  che  non  fu  dato  pubblico  e  compito  reso- 
conto  delle  soinme ;  quarto,  che  le  somme  furono  destinate  per  ordini 
di  Crispi  ad  usi  diversi,  e  le  somme  distribuite  ai  sindaci  furono 
invertite  non  a  scopo  di  pura  carita,  senza  che  1'  autorita  volesse 
impedirlo.  La  relazione  parla  poi  d'una  somma  di  ottomila  lire,  ri- 
tirata  da  un  incognito  con  un  biglietto  di  Crispi,  e  che  fu  data  giusta 
le  istruzioni  personali  di  lui ;  istruzioni  non  registrate  al  protocollo. 
Cose  simiglianti  furono  provate  riguardo  alia  consulta  araldica.  Or 
venute  fuori  le  dette  conclusioni  nella  Camera,  il  Galli,  gia  sotto- 
secretario  ai  tempi  del  Crispi,  fece  una  lunga  difesa ;  il  Di  Eudini, 
spinto  forse  da  motivi  d'ordine  superiore,  dichiaro  non  volersi  far 
mallevadore  di  nulla,  e  la  Camera,  stanca  di  questi  scandali,  mise 
una  pietra  su  tutto.  Una  volta  lo  scandalo  era  il  rubare,  ora  si  dice 
cosi  la  discussione  che  se  ne  fa  per  la  giustizia.  Non  £  che  noi  vo- 
gliamo  dar  sentenza  di  cic>,  su  cui  si  rifiuto  di  darla  il  Parlamento  ; 
ma  diciamo  che  tutto  questo  &  poco  soddisfacente ;  molto  piu  che  lo 
stesso  Galli  nella  sua  difesa  disse  chiaro  che  una  famiglia  fu  favorita 
piu,  non  solo  perche  era  stata  danneggiata  dal  terremoto,  ma  altresi 
perche  s'era  resa  benemerita  della  causa  patriottica.  Del  resto  da  una 
Camera  ove  molti  sono  stati  deplorati  (tutti  sanno  che  cosa  cio  si- 
gnifica)  non  poteva  aspettarsi  altro.  Pur  troppo  e  una  vecchia  piaga 
questa  d' Italia,  cioe  che  i  denari,  offerti  per  le  pubbliche  calamita, 
arrivino  tardi  e  male  al  loro  scopo.  Quando  avvenne,  nel  1882,  1'inon- 
dazione  del  Yeneto,  le  ingenti  somme  raccolte  (dicono  un  milione  e 
duecento  mila  lire)  non  erano  ancora  distribuite  il  28  luglio  1883, 
quando  avvenne  il  terremoto  di  Casamicciola.  —  II  secondo  fatto  che 
vogliamo  accennare  e  la  decisione  della  Commissione  delle  prede  ri- 
guardo alia  cattura  della  nave  Doelwyk,  contenente  le  armi  per  Me- 
nelik  e  catturata  dagl'  Italiani.  La  Commissione  ha  deciso  che  la  nave 
fu  confiscata  legittimamente,  perche  presa  in  acque  italiane  e.diretta 
al  nemico ;  ma  che,  essendo  ora  stata  fatta  la  pace,  si  deve  restituire 
il  carico  ai  loro  padroni.  Le  critiche  fatte  a  questa  sentenza  sono  le 
seguenti :  Se  la  nave  fu  bene  acquistata,  perche  si  deve  ora  restituire  ? 
non  essendo  obbligo  di  restituire  quel  che  &  stato  legittimamente 
preso;  se  poi  non  e  un  dovere  la  restituzione,  ma  un  regalo  che  si 
fa  a  Menelik  dopo  la  pace,  che  c'entra  la  Commissione  delle  prede? 
Non  6  questa  un'attribuzione  del  Governo?  Tutto  fa  sospettare  che 
sotto  vi  sia  stato  qualche  accordo  con  Menelik  e  che  la  sentenza 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1117.  8  26  dicembrt  1896. 


114  CRONACA 

della  Commissione  abbia  recitato  un  po'  di  commedia.  Ed  e  cosi  facile 
rappresentarla  da  chi  ha  in  mano  autorita,  forza  e  denari  ! 

5.  APPUNTI  STORICI.  —  1.°  Sevizie  soldatesche.  Quella  schiavitii  in 
guanti,  come  si  pu6  chiamare  il  militarismo  odierno  (e  con  cid  indi- 
chiamo  quel  che  T3ha  di  esagerato  nella  milizia)  ha  in  questi  giorni 
registrato  un  altro  fatto  crudele  ne'  suoi  fasti.  II  capitano  d'artiglieria 
Mesturini  fu  impiitato  d'aver  fatto  legare  alia  coda  d'un  mulo  un  sol- 
dato  di  nome  Lombardo,  per  cosi  obbligarlo  a  marciare,  dichiarandosi 
questo  impotente  a  farlo.  La  cosa  fu  provata  in  tribunale,  e  fu  pro- 
vato  altresi  che  non  e  solo  il  suddetto  capitano  ad  infliggere  quel  cru- 
dele supplizio.  Ora  il  bello  si  &  che  il  tribunale  inilitare  ha  mandate 
assoluto  il  Mesturini.  La  sentenza  e  degna  di  figurare  nella  storia. 
Essa  dice  cosi :  « II  metodo  usato  dal  Mesturini  per  facilitate  la  marcia 
«  (sic)  al  Lombardo,  non  costituisce  abuso  d'autorita,  perche  diretto  al 
zgiusto  fine  di  aiutare  nelle  marce  i  soldati,  che,  per  nessuna  ragione, 
« in  montagna,  possono  lasciarsi  indietro.  »  Dalle  quali  parole  segue 
che  il  legare  una  persona  dietro  un  animale,  qual  e  un  mulo,  e  un 
atto  di  umanita!  E  buono  a  sapersi.  —  2.°  Le  idee  cavalleresche  anti- 
cristiane  sul  duello  conculcate.  II  fatto  che  qui  narriamo  e  piccola  cosa, 
all'apparenza,  ma  grande  pel  significato.  II  ricorrere  al  duello  per 
risarcimento  d'onore  o  per  decidere  liti,  e  (secondo  i  concetti  cristiani) 
cosa  contraria  alle  leggi  divine  e  anche  ridicola.  Or,  in  quanto  esso 
e  cosa  ridicola,  convengono  jjia  molti  anche  non  cattolici.  Ci  piace 
quindi  farlo  conoscere.  II  deputato  Ferri  fu  sfidato  a  duello  dal  depu- 
tato  Santini  (due  legislatori  del  popolo  italiano);  e  questi  mando  a 
quello  due  altri  deputati,  quali  cavalieri  e  gentiluomini  in  tutta  forma, 
a  intimargli  la  cosi  detta  sfida  d'onore.  Ora,  il  Ferri  colla  sua  risposta 
ha  rotto  1'incanto  di  questa  cavalleria  crudele  e  ridicola,  dicendo  ai 
due  gentiluomini  che  egli  non  reputava  cosa  seria  il  duello,  ma  se  il 
Santini  aveva  qual  che  cosa  contro  di  lui,  venisse  pure  in  casa  sua  e 
all'uopo  gli  avrebbe  fatto  sentire  la  punta  de'  suoi  stivali.  I  due  messi 
riferirono  al  Santini  che  il  Ferri  colla  sua  risposta  aveva  messo  sossopra 
il  codice  cavalleresco  e  quindi  non  se  ne  fece  nulla. 


CONTEMPOR ANE A  115 

III. 

COSE  STRANIERE 

SVIZZERA  (Nostra  Corrispondenza).  \.  Echi  del  fatti  di  Zurigo:  la  Mis- 
sione  apostolica  per  gli  operai  Italian!  nella  Svizzera.  —  2.  L'Esposi- 
zione  nazionale  di  Ginevra:  la  lettera  pastorale  di  Ms.  Deruaz;  le  feste 
ed  i  congressi :  le  giornate  cantonali :  il  Villaggio  Svizzero  e  la  Chiesa 
cattolica.  —  3.  Adelrico  Benziger;  Plinio  Bolla;  G.  Ignazio  von  Ah,  com- 
missario  episcopale,  parroco  in  Kerns. 

1.  La  Giviltd  Cattolica  £  si  e  gia  sufficientemente  occupata  di  fatti 
dolorosi,  piu  per  la  Svizzera,  che  per  gli  Italiani,  avvenuti  il  25  luglio 
p.  p.  a  Zurigo :  ne  e  mia  intenzione  raccontarli  di  nuovo.  Tuttavia 
credo  necessario  il  far  alcune  riflessioni  sulle  cause  che  li  hanno  pro- 
dotti.  Molto  si  e  scritto,  ingiornali  ed  opuscoli,  in  Italia  e  fuori,  sulla 
ragione  di  quella  improvvisa  scena  selvaggia.  Si  e  detto  che  ne  fu 
causa  la  facilita  onde  1'operaio  italiano  da  di  piglio  al  coltello;  il 
poco  rispetto,  che,  non  rade  volte,  ha  per  la  donna  altrui,  e  per  la 
roba  d'altri;  la  concorrenza  efflcace,  che  fa  all'operaio  svizzero,  e  spe- 
cialmente  all'operaio  germanico ;  perch&  colla  sua  attivita  sagace,  e 
colla  sua  parsimonia  vien  da  molti  industrianti,  e  direttori  di  lavoro 
preferito ;  si  voile  ancor  ricercar  la  causa  nella  trascuranza  degl'Ita- 
liani  di  uniformarsi  alle  abitudini  locali  e  nelle  antipatie  tra  latini 
e  teutonici.  Tutte  queste  cause,  in  diversa  proporzione  pero,  certa- 
mente  hanno  influito  alia  caccia  dell1 'Italiano ,  consumata  a  Zurigo;  ma 
perd  la  causa  fondamentale,  nella  quale  troviamo  il  germe  di  quelle 
scene  or  ora  enumerate,  e  ben  altra,  e  pur  troppo  ha  radici  piu  pro- 
fonde  di  quello  che  non  si  pensi.  La  causa  sta  nello  scristianizzamento, 
e  meglio  ancora  nell'indifferentismo  pratico,  pel  quale  1'operaio  niuno 
o  quasi  niuno  concetto  ha  di  religione,  totalmente  ne  trascura  le  pra- 
tiche,  ed  invece  con  una  frenesia  spaventevole  si  getta,  nel  tempo 
che  e  libero  dal  lavoro,  alia  dissipazione  ed  all'osteria,  intieramente 
disamorandosi  della  famiglia ;  e,  quando  poi  e  occupato  nel  lavoro. 
vi  e  animate  da  una  rabbiosa  cupidigia  di  guadagno,  che  fra  non 
molto  ci  condurra  alia  attuazione  del  pazzo  sogno  di  Darwin,  la  lotta 
brutale  per  1'esistenza.  So  che  questo  flagello  divien  pur  troppo  ge- 
nerale  nella  classe  dei  lavoratori ;  ma  1'esser  generale  non  toglie  che 
non  sia  stato  a  Zurigo  il  movente  primo  ed  efficace  de'disordini  del 
25  luglio,  sia  da  parte  degl'Italiani,  sia  da  parte  de'  Tedeschi. 

II  numero  degl'Italiani  che  coll'aprirsi  della  primavera  si  riversa 
nella  Svizzera  in  cerca  di  lavoro,  per  ripartirsene  col  principiar  del 

1  Cfr.  la  Cronaca   nel    fascicolo  del   15   agoste   1896,  p.  480    del  me- 
desimo  periodico. 


116  CRONACA 

freddo,  $  considers  vole.  La  direzione  della  Gothardbahn,  in  aprile  ed 
in  ottobre  deve  non  solo  tener  pronti  ampii  e  numerosi  carrozzoni  pel 
treni  ordinarii ;  ma  deve  anche  ordinare  due  corse  giornaliere  speciali 
per  servizio  degli  operai  italiani,  (quasi  tutti  sono  dell'alta  Italia)  che 
vanno  o  vengono  per  la  Svizzera  interna  e  la  Germania.  Questa  im- 
migrazione  periodica,  ben  pud  calcolarsi  che  ascenda  a  circa  40,000 
persone;  e  computati  coloro  che  si  sono  definitivamente  stabiliti  fra 
noi,  si  puo  ritenere,  che  la  Svizzera  accoglie  circa  60,000  Italiani. 

II  forte  degli  operai  italiani  trova  sua  occupazione  a  Zurigo,  citta 
che  ora,  dopo  1'aggregazione  del  grosso  coinune  di  Aussershill,  e  di 
altri  comuni  vicini,  novera  ben  150,000  abitanti :  fra  i  quali  vi  sono 
numerose  rappresentanze  di  tutte  le  nazionalita  e  di  tutte  le  religioni. 
GTItaliani,  che  nella  maggior  parte  appartengono  alia  classe  dei  mu- 
ratori  e  degli  scalpellini,  prima  dei  fatti  del  25  luglio,  erano  ben 
14,000.  Ora  quale  e  la  condizione  di  costoro?  Sotto  1'aspetto  del  lu- 
cro,  e  buona,  benche  non  manchino  coloro,  ai  quali  vien  meno  il  la- 
voro  e  per  vivere,  e  per  ritornare  in  patria.  Nell'autunno  passato  i 
giornali  annunziavano,  che,  secondo  le  statistiche  postali,  qualche  mi- 
lione  di  franchi  era  stato  spedito,  alle  loro  famiglie,  dai  varii  operai 
italiani,  sparsi  per  la  Svizzera.  Ma  sotto  1'aspetto  morale,  e  triste, 
triste  assai.  Non  mi  occuperd  dell'abbandono  assoluto  in  cui  son  la- 
sciati  da  parte  delGoverno  italiano,  e  de'  suoi  rappresentanti  all'estero  : 
ma  si  dell'abbandono  religioso.  Anche  quelli  che  dai  loro  paesi  par- 
tono  colle  migliori  disposizioni,  per  esser  fedeli  alia  loro  fede  e  co- 
stumati,  allorquando  si  trovano  la  fra  i  protestanti,  in  quell' ambiente 
di  indifferentismo  desolante,  senza  sacerdoti  che  li  assistano,  quasi 
senza  chiese,  senza  conoscenza  sufficiente  della  lingua  tedesca,  per 
poter  trarre  giovamento  dall'assistenza  che  agli  operai,  anche  fra  i 
protestanti,  prestano  sacerdoti  cattolici  tedeschi ;  senza  veruna  pratica 
di  pieta,  senza  lo  splendore  delle  feste  religiose  della  patria ;  fra  1'attiva 
propaganda  settaria  e  socialista,  troppo  facile  e  che  si  dimentichino 
della  Eeligione  che  li  vide  nascere,  e  che  si  avviino  alle  osterie,  e 
di  qui  per  la  facile  china  dell'intemperanza  e  della  scostumatezza. 
Lo  dico  ahime !  con  dolore,  ma  da  noi,  anche  nella  Svizzera  italiana, 
poco  buona  fama  gode  1'operaio  italiano.  Ed  i  matrimoni  spesso  sono 
fatti  senza  alcuna  osservanza  delle  leggi  ecclesiastiche,  e  la  figliuo- 
lanza  e  trascurata,  senza  istruzione,  con  pessimi  esempi  sotto  gli  oc- 
chi,  non  rade  volte  neppur  battezzata.  E  quanti  sono  di  questi  sven- 
turati  che  precipitano  nel  delitto,  s'intruppano  fra  i  vagabondi  e  gli 
scioperati  della  citta,  e  scompaiono  senza  che  nessuno  sappia  ne  come, 
n&  dove,  ne  quando !  Davvero  che  si  sente  stringere  il  cuore,  nel 
veder  tante  povere  anime  si  abbandonate ! 

Ma  ora  Iddio  voile,  che  1'anima  veramente  apostolica  di  D.  OHu- 


CONTEMPORANEA  117 

seppe  Luraghi,  parroco  dei  SS.  Apostoli  Pietro  e  Paolo  (diocesi  di 
Milano),  si  consacrasse  con  tutto  lo  zelo  a  far  riparo  a  male  si  la- 
grimevole.  Egli,  confortato  da  lettere  del  Card.  Eampolla,  a  nome 
del  Sommo  Pontefice;  del  suo  Arcivescovo,  il  Card.  Ferrari ;  del  Yi- 
cario  Generale  di  Milano,  Mons.  Yescovo  Mantegazza;  da  Mons.  Ye- 
scovo  Molo,  e  dalle  parole  e  dagli  aiuti  efficaci  di  Mons.  Battagliar 
Yescovo  di  Coira,  nella  cui  diocesi  trovasi  Zurigo,  stabili  di  recarsi 
a  questa  citta,  dove  gia  da  qualche  anno  passava  alcuni  mesi  nel- 
1'estate,  e  cola  fondare  una  Missione  Apostolica,  per  gli  operai  italiani* 
Lo  scorso  anno  in  primavera  vi  si  reco,  dopo  aver  costituito  un  co- 
mitato  provvisorio,  officio  del  quale  fosse  provvedere  ai  bisogni  della 
Missione,  ed  assicurarne  la  stabilita.  Non  occorre  dirlo,  che  grandi 
impedimenti,  anche  da  parte  di  chi  piu  doveva  favorir  l'impresa> 
trovo  sul  suo  camniino :  la  sua  buona  volonta  molti  ne  supero,  altri 
rimangono;  ma  1'aiuto  di  Dio  e  1'assistenza  e  la  cooperazione  dei  cat- 
tolici  italiani,  faran  si  che  pieno  successo  risponda  ai  sudori  dello 
zelante  Missionario.  Le  circostanze  presenti  sono  causa,  che  la  minor 
parte  degli  Italiani,  che  si  trovano  a  Zurigo  durante  il  tempo  dei  la- 
vori,  puo  vantaggiare  dell'opera  del  M.  R.  D.  Luraghi.  Per  moltipli- 
carsi  in  certo  qual  modo,  egli  diede  alia  luce  un  giornale  settima- 
nale,  illustrate,  che  esce  a  Milano-Zurigo,  in  due  edizioni,  una  per 
1'Italia,  1'altra  per  la  Svizzera  e  Yienna,  col  titolo  //  Lavoratore  Ita~ 
liano.  II  primo  numero  e  apparso  nel  luglio  p.  p.,  ed  e  1'organo  of- 
ficiale  della  Missione.  Ne  e  direttore  il  Sac.  Griacomo  Pastori,  ed  e- 
compilato  con  intelligenza  ed  amore,  veramente  popolare,  come  dev'es- 
sere  per  rispondere  allo  scopo  prefisso.  Inoltre  D.  Luraghi,  all'intento 
di  togliere  1'operaio  italiano  dall'isolamento  in  cui  giace,  e  di  ordi- 
nare,  anche  per  il  bene  materiale,  1'emigrazione  italiana,  ha  fondata 
il  30  agosto  p.  p.,  a  Zurigo  una  Lega  Operaia  Cattolica  Italiana,  sotto 
il  patrocinio  di  S.  Giuseppe :  ne  6  presidente  onor.  1'avv.  Serralunga> 
effettivo  il  Sac.  Luraghi  ed  in  breve  vi  si  ascrissero  ben  trecento  per- 
sone.  Ho  potuto  esaminarne  gli  statuti  e  li  ho  trovati  compiuti,  pra- 
tici  ed  efficaci.  II  20  ottobre,  tra  1'universale  simpatia  dei  Zurigani 
anche  protestanti,  la  nuova  associazione  festeggiava  la  benedizione  del 
vessillo  sociale.  II  concorso  ai  sacramenti  fu  consolante :  ben  trecento 
operai  fregiati  del  distintivo  papale,  prescelto  dalla  lega  operaia,  si 
accostarono  alia  mensa  eucaristica.  II  corteggio  era  di  oltre  un  mi- 
gliaio  di  persone,  con  tre  corpi  musicali,  e  le  rappresentanze  di  trenta 
societa  cattoliche.  Don  Luraghi  parlo  commosso  nella  chiesa  stipata ; 
e  poi  il  corteggio  sfilava  per  la  Bahnhofstrasse,  la  contrada  piu  si- 
gnorile  e  frequentata  della  citta,  fra  il  rispetto  di  tutti.  Un  sol  fi- 
schio  si  udi,  e  parti va  da  un  socialista  italiano.  E  questa  bella  festa 
diede  anche  il  consolante  risultato  di  avvicinare  gli  operai  italiani  ai 


118  CRONACA 

tedeschi,  perche  le  riunioni  ebbero  luogo  nella  Gesellenhaus  (casa  degli 
operai  tedeschi  cattolici).  In  questa  casa,  che  costo  oltre  200,0006-., 
1'operaio  ha  tutto  ci6  che  pud  desiderare,  vitto,  teatro,  scuola,  giuoco, 
chiesa,  tutto.  Ora  si  spera  che  lo  zelo  di  D.  Luraghi,  e  dei  suoi  amici, 
riesca  a  metter  su  una  scuola  italiana,  domenicale ;  un  luogo  di  riu- 
nione,  sul  genere  delle  Katholisches  Gesellenhaus,  per  gli  operai  che 
sin'  ora  altro  non  ne  hanno  che  le  bettole,  le  pubbliche  vie,  e  peg- 
gio;  ed  anche  una  chiesa,  una  parrocchia  italiana!  Oh!  che  allora 
certamente,  i  disordini  che  proruppero  alle  scene  selvaggie  del  25  p.  p. 
luglio,  non  saranno  piu  possibili  * ! 

2.  II  18  ottobre  si  chiudeva  a  Ginevra  1'Esposizione  nazionale 
Svizzera.  Nelle  nostre  corrispondenze  vi  abbiamo  gia  piu  volte  accen  - 
nato,  ed  ora  vogliamo  occuparcene  di  proposito,  non  tanto  per  dir 
di  quello  che  e  comune  a  tutte  le  esposizioni,  ormai  fin  troppo  fre- 
quenti,  quanto  per  dir  di  cio,  che  vi  fu  di  parti colare  e  proprio. 
E  la  particolarita  di  questa  esposizione  si  fu  il  carattere  religioso, 
che  ne  adorno  la  festa  di  apertura,  e  che  vi  si  impresse  stabile  nella 
Chiesa  cattolica  del  VillaggioSvizxero.  Nel  programma  officiate  per  1'inau- 
gurazione,  che  avvenne  il  1°  maggio  p.  p.,  dalle  8  alle  9  antimeridiane 
era  stabilito  il  servizio  divino  alia  cattedrale.  La  cattedrale  di  Ginevra  fu 
usurpata  dai  Calvinisti,  quindi  in  essa  vi  fu  la  funzione  religiosa  pei 
protestanti:  ma  allo  stesso  tempo,  nella  chiesa  del  Sacro  Cuore,  i  cat- 
tolici si  radunavano  per  ascoltar  la  messa  solenne  di  apertura  dell'espo- 
sizione.  La  chiesa  era  gremita  di  gente :  vi  erano  i  rappresentanti  del 
corpo  diplomatico,  i  delegati  de'  Cantoni  cattolici  svizzeri,  i  deputati  cat- 
tolici di  Ginevra,  molti  sindaci,  ed  altre  persone  official! .  Mons.  D&rua% 
aveva  per  la  circostanza  pubblicata  una  opportunissima  lettera  pasto- 
rale, la  quale  era  gia  stata  letta  la  domenica  precedente  in  tutte  le 
chiese  e  cappelle  parrocchiali  del  Canton  di  Ginevra.  In  essa  egli  fa- 
ceva  saggiamente  notare,  che  le  opere  piu  ammirabili  dell'uomo  sono 
una  manifestazione  della  potenza,  della  sapienza  e  bonta  di  Dio  :  per 
cid  a  Dio  il  primo  onore,  che  ne  risulta.  E  poi  ordinava  che  si  fa- 
cessero  in  tutte  le  chiese  speciali  preghiere,  per  tutto  il  tempo  del- 
1'esposizione,  affinche  il  Signore  benedicesse  1'opera  e  coloro  che  ne 
erano  gli  autori,  e  le  belle  speranze  su  di  essa  fondate  non  isvanis- 
sero.  L'esposizione  fu  costituita  in  quarantasette  gruppi,  la  maggior 
parte  de'  quali  furono  occupati  dalle  Industrie  nazionali  (orologeria, 
intaglio,  seterie,  eccetera).  Ye  ne  erano  pero  anche  per  1'educazione, 
le  societa,  gli  alberghi,  le  belle  arti,  agricoltura,  eccetera.  Degno  di 
esser  ricordato,  oltre  il  gruppo  dell'elettricita  compitissimo,  si  e  il 
pavilion  Pictet.  II  nome  di  Raoul-Pictet,  nel  cui  laboratorio  per  la  pro- 

1  Chi  volesse  occuparsi  di  quest'opera,  e  prestarle  aiuto,  si   rivolga  al 
Sac.  Giuseppe  Luraghi  Pfarrhaus  Unterstr.  Zurigo. 


CONTEMPORANEA  119 

duzione  dell'acetilene  a  Parigi  successe  recentemente  imo  scoppio, 
che  levo  molto  rumore  e  polemiche,  e  che  ha  teste  pubblicata  un'opera 
importante,  dal  titolo  Etude  critique  du  mdterialisme  et  du  spiritua- 
lisme,  nella  quale  combatte  il  materialismo,  non  sara  nuovo  ai  no- 
stri  lettori.  Famoso  fisico-chimico  ginevrino,  inventore  e  perfezionatore 
di  macchine  frigorifere,  colle  quali  ottenne  la  liquefazione  dell'ossigeno 
e  dell'azoto,  ed  ora,  benche  messa  in  dubbio  quella  dell'acetilene, 
aveva  esposto  una  numerosa'  varieta  di  macchine  di  termodinamica. 
In  una  sala  contigua  valenti  professori  davano  conferenze  sulle  sco- 
perte  del  celebre  chimico :  la  prima  fu  data  dallo  stesso  Kaoul-Pictet, 
sopra  la  storia  della  termodinamica. 

Tra  le  feste  che  furono  celebrate  a  Ginevra  nell'occasione  del- 
l'esposizione, ricorderemo  quella  dei  giornalisti.  I  giornalisti  furono 
bene  i  beniamini  del  comitato  dell'esposizione,  perche,  da  tutte  le  parti 
della  Svizzera  vi  convennero  con  viaggio  gratuito,  accolti  con  grande 
onore,  si  ebbero  aperte  tutte  le  porte  dell'esposizione,  banchetti  e 
passeggiate  splendide,  senza  alcuna  distinzione  di  partiti,  di  lingua, 
di  religione.  La  festa  duro  ben  tre  giorni,  30,  31  maggio  e  1°  giu- 
gno.  Alcuni  giorni  prima  (25  -  27  maggio)  vi  si  era  tenuto  l'XI°  con- 
gresso  della  societa  svizzera  di  geografia,  sotto  la  presidenza  del  si- 
gnor  Arturo  de  Claparede.  Nei  giorni  27  -  29  dello  stesso  mese  anche 
i  vecchi  cattolici  tennero  a  Ginevra  il  loro  sinodo,  sotto  la  presi- 
denza di  Isacco  Reverchon,  nella  chiesa  di  Notre-Dame,  eretta  col  da- 
naro  dei  cattolici,  e  loro  cosi  odiosamente  confiscata.  Questo  sinodo 
fu  un  anacronismo,  col  quale  mal  si  contracambio  il  patriottismo, 
onde  i  cattolici  si  erano  adoperati  per  la  buona  riuscita  dell'esposi- 
zione. "Vi  intervenne  il  vescovo  nazionale  Herxog:  ma  in  fondo  in 
fondo  il  sinodo  non  servi  ad  altro,  che  a  far  meglio  notare  la  deca- 
denza  della  cosi  delta  Chiesa  nazionale ;  perche,  non  ostante  il  grande 
lavoriOjSiriusci  a  raccogliere  soltanto  cinquanta  persone  in  tutta  la  Sviz- 
zera, ed  a  Ginevra  !  Altri  congressi  furono  celebrati :  quello  degli  al- 
bergatori,  \ino  elettrotecnico  internazionale ;  uno  per  gli  interessi  fem- 
minili ;  uno  d'antropologia  criminale,  e  via  discorrendo !  Dall'8  al  18 
agosto,  si  tenne  un  grande  tiro  a  segno,  con  numerosi  e  splendidi 
premi  pei  vincitori.  Ma  le  feste  caratteristiche  furono  le  giornate  can- 
tonali.  Esse  furono  celebrate  nell'ultimo  periodo  dell'esposizione  co- 
minciando  dal  20  settembre,  che  e  la  festa  della  Confederazione  sviz- 
zera (terza  domenica  di  settembre).  Ciascun  giorno,  escluse  le  sole 
domeniche,  fu  consecrato  ad  uno  dei  Cantoni  confederati,  secondo  1'or- 
dine  stabilito  dal  1"  art.  della  costituzione  federale.  II  comitato  cen- 
trale  dell'esposizione  si  adoperd,  affinche  le  varie  compagnie  ferro- 
viarie  svizzere  concedessero  per  ciascun  Cantone,  nel  giorno  assegna- 
togli,  straordinarie  diminuzioni  sui  prezzi  di  viaggi:  cosi,  v.  g.,  pel 


120  CRONACA 

14  ottobre,  giornata  del  Ticino,  con  soli  fr.  15.00  si  andava  da  qua- 
lunque  stazione  ferroviaria  del  Canton  Ticino  a  Ginevra,  con  la  fa- 
colta  di  starvi  cinque  giorni.  II  giorno  20  settembre  fu  la  giornata 
federate;  il  21,  quella  del  Cantone  di  Zurigo,  poi  di  Berna,  Lucerna, 
eccetera;  1'ultimo  giorno,  18  ottobre,  fu  la  giornata  di  Ginevra  e  si 
chiuse  1'esposizione.  Scopo  di  queste  giornate  era  di  agevolare  ai  cit- 
tadini  dei  varii  Cantoni,  il  visitare  assieme  1'esposizione  e  di  tribu- 
tare  omaggio  di  riconoscenza  ai  varii  Cantoni  per  1'appoggio  prestato 
all'esposizione. 

Cio  che  pero  controdistinse  questa  esposizione  da  tutte  le  altre, 
si  fu  il  Villaggio  Svizzero.  II  villaggio  svizzero  fu  costrtiito  apposta, 
perche,  son  per  dir  in  miniatura,  rappresentasse  la  patria  nostra  tutta, 
nel  suo  aspetto  geografico  e  morale.  Per  cio  vi  si  riprodussero  i  no- 
stri  monti,  le  valli,  i  laghi,  i  finmi,  le  cascate,  le  selve  nostre :  i  tipi 
piii  notevoli  dell'architettura  svizzera,  secondo  le  varie  regioni  ro- 
mande,  tedesche,  italiane  e  romancie,  vi  erano  rappresentati,  assieme 
uniti,  con  mirabile  armonia  e  abbondanza  di  particolari  veramente 
meravigliosa.  E  quel  villaggio  era  vivo :  vivo  della  vita  svizzera,  della 
vita  delle  nostre  Alpi,  coi  snoi  graziosi  costumi ;  colle  Industrie  ed 
occupazioni  svariate  delle  popolazioni  dei  monti  e  delle  campagne ; 
colle  feste  popolari,  le  danze,  le  lotte  ginnastiche,  i  tiri  con  la  ba- 
lestra,  e  tutto  quello  che  6  manifestazione  del  viver  del  popol  nostro. 
Certo  che  fu  una  felice  idea  questa :  fu  come  la  perla  dell' esposi- 
zione di  Ginevra.  Ne  la  religione  fu  dimenticata :  e  per  rappresen- 
tare  allo  straniero  il  tipo  di  un  villaggio  svizzero,  i  protestanti  di 
Ginevra  non  hanno  pensato  a  niuna  delle  varie  sette  riformate,  che 
dividono  gli  animi  fra  noi ;  non  hanno  pensato  alia  Chiesa  nazionale 
del  vescovo  Herzog;  ma  hanno  pensato  alia  Chiesa  cattolica  romana. 
I  miei  lettori  mi  seguano  per  poco  entro  questo  villaggio  e  ne  sa- 
ranno  piu  che  persuasi.  Dal  parco  dei  piaceri  (Pare  de  plaisance)  per 
un  piccolo  ponte  (riproduzione  del  ponte  de  la  chapelle  sulla  Reuss) 
si  entra  nel  villaggio.  Nello  sfondo  ti  si  presenta  una  piccola  mon- 
tagna  artificiale,  con  rocce  scoscese,  precipizii,  foreste,  pascoli  con 
mandrie ;  mentre  che  1'eco  delle  rupi  ripete  i  canti  dei  pastori  ed  il 
cupo  fragore  di  una  cascata  alta  40  metri.  Su  di  un  sentiero,  che 
s'inerpica  per  la  montagna,  si  scorge  una  graziosa  cappelletta,  quali 
si  vedono  nei  paesi  cattolici.  Nel  vivo  del  monte,  s'apre  una  lunga 
grotta,  che  conduce  ad  un  bel  panorama  delle  Alpi  bernesi :  e  all'in- 
gresso  di  questo  tunnel,  sta  una  statuetta  antica  della  Madonna,  entro 
una  piccola  nicchia,  rozzamente  scavata  nello  scoglio.  A  pie'  della 
montagna  si  trova  il  villaggio,  e  su  di  un  praticello,  che  s'incontra 
ad  un  crocicchio  di  vie,  salutiamo  un  Crocifisso,  come  se  ne  vedono 
nella  maggior  parte  dei  paesi  cattolici  tedeschi.  Nel  mezzo  del  vil- 


CONTEMPORANEA  121 

laggio,  domina  la  chiesa,  che  e  una  chiesa  cattolica.  Le  finestre  a 
color!  del  coro  sono  figurate  colle  imagini  dei  SS.  Apostoli  Pietro  e 
Paolo.  Yi  ha  un  solo  altare  e  su  di  esso  sta  aperto  un  messale;  nel 
mezzo  un  tabernacolo  antico,  con  una  pisside  pure  antica,  quasi  a 
ricordare  la  SS.  Eucaristia.  Sulle  pareti  della  chiesa  sonvi  bellissimi 
dipinti :  a  sinistra  1'abate  S.  Gallo,  coi  suoi  benedettini,  fonda  il  mo- 
nastero,  donde  la  citta  omonima,  e  la  civilta  della  Svizzera,  come  lo 
ricorda  una  iscrizione,  che  vi  si  legge  sotto :  piu  in  la  la  regina  Berta, 
che  viaggia  a  cavallo  colle  sue  dame,  ed  un' iscrizione  ci  rammenta 
che  esse  dovevano  lavorare,  come  le  donne  dei  contadini.  A  destra 
e  dipinta  la  predicazione  di  S.  Colombano,  che  abbatte  gli  idoli  e  che 
passo  poi  in  Italia  e  fondo  il  celebre  monastero  di  Bobbio.  Li  ap- 
presso,  ci  sorride  la  serena  figura  del  B.  Nicolao  della  Flue,  il  pa- 
trono  della  Svizzera,  che  si  reca  alia  Dieta  di  Stanz  per  rappacificarvi 
i  confederati  dissenzienti :  piu  in  giu  un  araldo  a  cavallo  sta  leggendo 
agli  abitanti  di  un  villaggio  la  prima  convenzione  fra  i  Yaldstetti 
del  1291.  Cosi  ricordi  religiosi  e  patrii  s'intrecciano  armonicamente. 
Ne  manca  la  cantoria,  sotto  la  quale  sono  appesi  molti  quadri  di  sog- 
getto  religiose,  e  fra  essi  una  copia  in  legno  vecchia  e  cariata  della 
Madonna  di  S.  Luca,  della  cappella  Borghese  in  S.  Maria  Maggiore. 
Accanto  alia  chiesa  s'innalza  agile  il  campanile,  colle  sue  campane, 
che  tre  volte  il  giorno  salutano,  anche  la  fra  gli  splendori  dell'espo- 
sizione  ginevrina,  la  Madre  di  Dio  e  degli  uomini.  Fuori,  alia  sini- 
stra, sta  un  piccolo  cimitero  colle  sue  croci  modeste.  Tutti  coloro  che 
entrano  nella  chiesa  del  Villaggio  Svizxero  spontaneamente  levano  il 
cappello,  e  sentono  che  lo  spirito  della  Chiesa  cattolica  vi  aleggia  so- 
vrano.  Oh!  che  davvero  la  Svizzera  torni  a  fiorire  quale  ce  la  rap- 
presenta,  non  so  per  qual  forza  di  verita  storica,  il  Villaggio  Svixzero 
dell' Esposizione  naxionale  di  Ginevra  nell'anno  1896. 

Ed  ora  devo  pur  dire  qualche  parola  di  critica,  su  questa  esposizio- 
ne,  che  fino  ad  ora  son  venuto  ammirando.  Appena  accennero  che  anche 
a  Ginevra  si  pago  di  troppo  il  tribute  al  verismo,  che  distrugge  1'arte, 
nel  gruppo  detto  arte  moderna.  Ma  uno  spettacolo  disgustevole  ci  e 
stato  offerto  dal  Villaggio .  dei  Negri :  poiche  si  deve  sapere,  che  ac- 
canto  alia  nobile  ed  idillica  idea  del  Villaggio  Svizzero,  si  ebbe  quella 
di  un  villaggio  di  negri,  composto  di  ben  226  di  questi  infelici,  colle 
loro  armi,  strumenti  musicali,  utensili  domestic!,  animali,  scimmie, 
pappagalli,  eccetera.  Fu  costruito  al  nord  del  parco  dei  piaceri,  e  vi 
si  imitavano  fedelmente  le  capanne  degli  indigeni.  Costoro  venivano 
dalla  Senegambia  (Baols  Bambaras,  Onolofs  e  Peulhs)  a  gruppi  di  in- 
tiere  famiglie,  ed  attraversarono  il  mare  sul  bastimento  Beam.  Si 
assunse  questa  impresa  il  sig.  Alexandre,  che  per  varii  anni  aveva 
soggiornato  in  quelle  region!.  Questi  indigeni  dovevano  dare  spetta- 


122  CRONACA 

colo  alle  turbe  curiose,  di  danze  guerriere,  di  feste  religiose  mussul- 
niane  o  feticiste,  di  esercizii  di  nuoto,  gettandosi  in  una  vasca  pro- 
fonda  tre  metri,  per  raccogliere  le  monete  che  gli  spettatori  vi  lan- 
ciavano ;  e  delle  loro  abitudini  sociali  e  famigliari.  Ma  il  porre  la  in 
mezzo  agli  splendori  della  civilta  europea,  quei  poveri  selvaggi,  nella 
nudita  del  loro  stato,  a  dar  di  se  misero  spettacolo,  non  fu  certa- 
mente  cosa  bella  e  nobile.  La  ragione  di  questo  fatto,  non  fu  altra 
da  quella  del  guadagno. 

3.  II  9  ottobre  p.  p.  abbiamo  dovuto  veder  scomparire  di  mezzo  al 
movimento  commerciale  svizzero  il  sig.  Adelrico  Benziger  di  Einsie- 
deln,  illustre  industriale  e  sincero  cattolico.  Era  nato  1'anno  1833, 
figlio  del  sig.  Nicola  Benziger,  uno  dei  fondatori  della  celebre  casa 
Benziger  di  Einsiedeln.  Nella  sua  lunga  vita  passo  molti  anni  nel- 
1'America  del  Nord  e  coopero,  con  attivita  sagace,  a  condurre  la  casa 
Benziger  ad  essere  una  delle  piu  important!  dell'Europa  e  dell'Ame- 
rica  Settentrionale.  Pio  IX  lo  aveva  nominate  cavaliere  dell'Ordine 
di  S.  Gregorio  Magno  e  Luigi  II  di  Baviera  lo  aveva  decorate  della 
medaglia  d'oro  per  arte  e  scienza.  —  II  23  agosto  p.  p.  spirava  in  Oli- 
vone  (Val  di  Blenio)  sua  patria,  il  consigliere  nazionale  avv.  Plinio 
Bolla,  uno  dei  primi  causidici  del  Canton  Ticino,  e  capo  del  partite 
radicale  ticinese.  Benche  giovane  ancora,  dotato  com'era  di  intelli- 
genza  acuta  e  fredda  come  i  ghiacciai  che  coronano  la  sua  bella  valle, 
era  la  mente  direttrice  del  suo  partite,  che  in  lui  fece  una  grave  per- 
dita.  Pur  troppo  le  straordinarie  doti  della  sua  intelligenza  Tavranno 
reso  an  cor  piu  colpevole  nel  sostenere  che  fece  gli  errori.  —  II  1°  set- 
tembre  i  cattolici  della  Svizzera  tedesca  hanno  avuto  una  luttuosa 
perdita  nella  persona  del  parroco  di  Kerns  (C.  Unterwalden)  Gius.  Ign. 
von  Ah,  uno  dei  pru  illustri  oratori  e  pubblicisti  cattolici  della  Sviz- 
zera. Era  nato  nell'a.  1834:  aveva  fatte  le  sue  prime  prove  nella  par- 
rocchia  cattolica  di  Berna ;  ed  alia  sua  attivita  si  deve,  se  i  cattolici 
bernesi  colle  offerte  di  tutto  il  mondo  (Pio  IX  aveva  dati  fr.  50,000), 
poterono  costruire  una  splendida  chiesa,  che  poi  durante  il  Kuliur- 
ka/mpf,  fu  confiscata  e  data  ai  vecchi  cattolici.  Fu  dal  1859  al  1863 
vicario  a  Friburgo,  e  poi  dopo  quattro  anni  di  dimora  a  Stanz,  nel  1867 
veniva  nominate  parroco  a  Kerns,  ove  rimase  sino  alia  morte.  Diede 
molti  scritti  alle  stampe;  omettendo  quelli  pubblicati  nei  gioraali, 
Vaterland  di  Lucerna,  nelle  Monats-rosen  degli  studenti  svizzeri,  ed 
in  altri  nei  quali  era  note  col  nome  di  Weltiiberblicker ;  ricordero  la 
"Vita  di  S.  Carlo  Borromeo,  quella  del  B.  Nicola  della  Flue,';  i  lavori 
storici  nell'edizione  delle  lettere  della  Confederazione ;  le  opere  let- 
terarie  Sylvania  Der  Kleine  Geiger;  i  drammi  popolari  di  Leone  di  Lu- 
cerna, Casa  Winkelried,  eccetera.  Ma  non  devono  esser  dimenticate 
le  sue  prediche,  per  le  quali  si  acquisto  fama  singolare.  Gia  presso  a 


CONTEMPORANEA  123 

morire,  ricordava  come  egli  avesse  trovato  il  suo  tesoro,  per  la  pre- 
dicazione,  nella  S.  Scrittura,  e  nei  SS.  Padri;  e  conchiudeva  dicendo, 
che  se  fosse  ancora  vissuto  a  lungo,  altro  non  avrebbe  letto  che  la 
S.  Scrittura  ed  i  Santi  Padri,  e,  soggiungeva :  se  io  fossi  papa,  vorrei 
che  i  giovani  chierici,  almeno  per  sette  anni,  si  dedicassero  a  tale 
studio. 

IV. 
COSE  VAR1E 

1.  Collocamento  della  prima  pietra  del  porto  di  Costanza.  —  2.  La  que- 
stione  di  Barotze.  —  3.  La  poverta  di  Berlino.  —  4.  I  delinquent!  in 
Francia.  —  5.  Imputati  prosciolti  e  condannati  durante  1'anno  1894. 

1.  Collocamento  della  prima  pietra  del  porto  di  Costanxa.  E  tra- 
scorso  appena  un  anno  e  un  mese  da  quelle  feste  magnifiche,  cele- 
brate a  Cernavoda  e  ad  Orsova  per  1'inaugurazione  del  ponte  sul  Da- 
nubio  e  delle  Porte  di  Ferro,  e  gia  una  nuova  festa  ci  richiama  ancora 
alia  stessa  terra  della  Dobrugia  nella  Romenia  transdanubiana.  II 
ponte  sul  Danubio,  opera  gigantesca,  cominciata  1'a.  1889,  racchiu- 
deva  una  grande  idea  d'economia  e  di  pace,  e  il  porto  di  Costanza 
sul  Mar  Nero  sara  la  esecuzione  di  tale  idea.  Un'opera  non  pofreva 
star  senza  1'altra;  se  il  ponte  Carlo  I  e  stato  1'attuazione  di  un  gran 
concetto,  il  porto  di  Costanza  non  gli  sara  inferiore  ne  in  magnifi- 
cenza  ne  in  bellezza.  II  treno  degli  invitati,  partito  da  Bucarest,  il 
28  ottobre,  alle  ore  7,45,  giunse  a  Cernavoda  Pod  alle  11,5.  Sem- 
brava  che  attraversasse  una  strada  trionfale ;  poiche  tutte  le  stazioni, 
lungo  quel  tratto  di  via,  erano  adorne  di  bandiere  e  verdi  festoni,  e 
i  contadini  nei  loro  abiti  di  festa  facevano  ala  dinanzi  ai  loro  vil- 
laggi.  In  questo  primo  treno  presero  posto  i  ininistri,  i  presidenti  e 
vicepresidenti  delle  Camere,  gli  ufficiali  della  Corona  e  alcuni  gene- 
rali.  A  Cernavoda  Pod  vi  fu  fermata  e  tutti  presero  parte  ad  una  re- 
fezione;  quindi  si  continue  il  viaggio  e  si  giunse  a  Costanza  all' 1,45  pm. 
La  stazione  era  decorata  sfarzosamente ;  su  tutta  la  grande  strada  e 
sul  viale  fino  alia  spiaggia  s'innalzavano  antenne  ornate  di  festoni  e 
bandiere;  dalle  finestre  pendevano  tappeti  orientali  e  stoffe  vario- 
pinte;  in  piazza  dell'Indipendenza  la  statua  di  Ovidio  sembrava  ele- 
varsi  su  una  base  di  fiori.  La  folia  s'accalcava  da  per  tutto  e  coi  suoi 
fez,  turbanti  e  ricami  d'oro  e  d'argento,  accresceva  splendore  a  que- 
sto quadro  incantevole,  illuniinato  da  un  sole  estivo. 

Alle  2  ilz  il  treno  reale  giunse  alia  stazione,  salutato  dalle  salve 
dei  cannoni  delle  navi  ancorate  nella  rada,  dal  suono  dell'inno  na- 
zionale  e  dal  lieto  tintinnio  dei  sacri  bronzi.  II  sindaco  offre  subito 
il  pane  e  il  sale,  augurando  il  benvenuto  ai  Sovrani  con  un  breve 
discorso,  al  quale  il  Re  risponde  alcune  parole  di  ringraziamento ; 


124  CRONACA 

•quindi  i  Sovrani,  i  Principi,  sua  altezza  imperiale  il  Granduca  Boris 
Viadimirovic  e  il  loro  seguito  salgono  in  vetture,  ed  il  corteo  reale 
oomincia  a  sfilare  in  mezzo  a  due  cordoni  di  soldati,  che  rattengono- 
la  foga  del  popolo.  Al  porto  i  Sovrani  furono  ricevuti  dal  Yescovo 
scismatico  del  Basso  Danubio,  Partenio,  dal  clero  della  citta  e  dagli 
iavitati.  La  cerimonia  religiosa  fu  celebrata  dal  Vescovo  Partenio  in 
un  padiglione  innalzato  iunanzi  al  nuovo  scalo,  con  un  gusto  vera- 
mente  squisito.  Dopo  la  funzione,  recata  sulla  tavola  la  pergamena 
<;ommemorativa,  fu  flrmata  con  una  penna  d'oro  dai  Sovrani  e  dai 
principi ;  il  calamaio  anch'esso  d'oro  rappresentava  un  masso  di  pie- 
tra. Quinci  i  reali  si  diressero  verso  un  piccolo  palco,  tappezzato  di 
rosso  con  sopravi  la  prima  pietra.  Questa  era  un  masso  riquadro  del 
peso  di  quarantasei  tonnellate,  nel  cui  mezzo  era  stato  incavato  un 
foro,  dove  aveva  da  riporsi  la  pergamena,  racchiusa  in  un  tubo  di 
cristallo.  II  re  con  una  mestola  d'oro  fe'  atto  di  spalmare  la  pietra 
«on  cemento  che  gli  fu  presentato  in  un  vassoio  di  argento ;  poi  i 
Sovrani  col  seguito  batterono  con  un  martello  d'argento  i  soliti  tre 
colpi.  Intanto  la  grande  grue  (detta  Titano  a  cagione  della  sua  enorme 
grandezza)  avanza  verso  il  masso  il  suo  braccio  immenso.  Tuonano 
d'un  tratto  i  cannoni  delle  navi,  le  quali  erano  venute  a  schierarsi 
rimpetto  al  molo,  risuonano  le  cainpane  delle  chiese;  le  orchestre 
suonano  1'inno  nazionale  e  il  popolo  prorompe  in  grida  di  gioia.  La 
collina,  che  circonda  il. porto,  e  gremita  di  gente,  e  sul  mare  si  don- 
dolano  migliaia  di  barche  tutte  messe  a  festa.  Lo  spettacolo  e  magni- 
fico !  Finalmente  la  grue  solleva  i]  masso  e  lo  depone  in  una  fossa 
aperta,  la  dove  deve  cominciare  il  grande  molo  del  nuovo  porto 
che  sara  lungo  800  metri.  Questa  diga  correra  diritta  sin  presso 
alle  cosiddette  vigne ;  un'altra  diga  piu  piccola  e  trasversale  si  fer- 
mera  ad  una  distanza  assai  grande,  a  fin  di  dare  1'entrata  alle  navi 
-di  gran  corpo.  Cosi  il  porto  sara  al  riparo  dei  venti  e  della  fortuna 
dei  flutti.  II  medesimo  avra  la  profondita  di  venti  metri  e  percio 
potra  ricevere  una  cinquantina  di  grandi  navi;  inoltre  conterra  due 
bacini,  uno  grande,  e  uno  piccolo  formato  dal  presente  porto,  reso 
piu  profondo.  La  pietra,  adoperata  per  la  costruzione,  e  estratta  dalle 
cave  di  Canara,  che  e  distante  quaranta  minuti  di  viaferrata.  In 
quest'occasione,  il  ministro  dei  lavori  pubblici,  il  sig.  Stoicescu,  ram- 
mento  opportunamente  che  la  Romenia,  dacche  fu  presa  a  governare 
1'a.  1866  dal  principe  di  Hohenzollern,  CarlOj  oggi  suo  re,  coll'aiuto 
di  Dio  e  della  sua  provvidenza  (in  Romenia  i  pubblici  omciali  non  si 
vergognano  di  ricordare  spesso  Dio  e  la  sua  provvidenza)  si  vantaggid 
ognora  piu  nell'  imitazione  delle  nazioni  incivilite.  Essa  risplende  la 
prima  tra  i  tre  Stati  danubiani  per  progredimenti  d' istruzione,  di 
agricoltura,  d'igiene,  di  abbellimento  di  citta,  di  vie  di  comunica- 
-eione  (3000  chilometri  di  vieferrate)  e  di  ben  disciplinata  milizia. 


CONTEMPORANEA  125 

2.  La  quistione  di  Barotze.  Nelle  pratiche  per  il  trattato  dell 'anno 
1890,  il  Ministro  Hintze  Kibeiro  ottenne  che  la  linea  divisoria  delle 
sfere  d' influenza  di  Portogallo  e  d'Inghilterra  nell' Africa  centrale  fosse 
determinata  dal  corso  dell'alto  Zambese  sino  alia  confluenza  di  questo 
fiume  col  Cabompo,  e  quinci  dal  corso  di  quest'ultimo  flume.  Intro- 
ducendosi  un  tale  principio  nell'articolo  4°,  il  limite  era  eccellente, 
presupposto  che  1'Inghilterra  non  restava  dalla  risoluzione  di  aprirsi 
un  cammino  per  lo  Zambese;  era  un  confine  che  lasciava  un  campo 
immense  all'espansione  di  Portogallo  in  Angola,  come  si  pare  subito 
a  chi  getta  un'occhiata  su  quella  regione.  Andato  a  male  il  trattato 
dell'a.  1890,  fu  molto  se  1'undici  di  giugno  dell'anno  appresso  si  per- 
venne  a  stipulare  nelPart.  4°,  che  la  linea  divisoria  partirebbe  dalle 
cataratte  di  Catima,  rimonterebbe  il  centro  del  letto  dello  Zambese 
sin  dove  questo  entra  nel  regno  di  Barotze  e  quinci  oltre  si  confon- 
derebbe  col  confine  occidentale  del  medesimo  regno  indigene,  (il  quale 
rirnaneva  nella  sfera  britannica),  sino  a  tan  to  che  esso  confine  fosse 
determinato  meglio  da  una  commissione  mista  anglolusitana.  La  dis- 
posizione  di  questo  articolo,  accettata  in  mezzo  a  gravi  e  difficili  cir- 
costanze,  non  e  certo  favorevole  al  Portogallo,  come  e  quella  dell'ar- 
ticolo  4°  del  trattato  del  1890 ;  dacche  e  difficile  trovare  i  confini 
d'un  regno  indigeno  e,  posto  che  si  trovino  mai,  sono  variabili  da 
un  momento  all'altro  ;  sicche  sarebbe  sempre  rimasto  aperto  il  campo 
alia  discussione  tra  i  due  Governi. 

Col  modus  vivendi  del  31  maggio  dell'a.  1893  il  Governo  porto- 
ghese  pervenne  a  fare  accettare  all'Inghilterra  il  confine  dell'articolo 
4°  del  trattato  del  1890,  cioe  il  confine  dello  Zambese  e  di  Cabompo, 
confine  sostenuto  dall' articolo  8°  della  convenzione  dell'a.  1891,  se- 
condo  il  quale  le  potenze  si  obbligavano  a  ncn  intervenire  in  veruna 
maniera  nella  sfera  d'influenza  dell'altra.  Questo  stato  precario  duro 
sino  al  luglio  dell'a.  1896,  e  fu  prorogato  sino  al  luglio  del  1898, 
per  accordo  firmato  al  principio  dell'anno.  Codeste  stipulazioni  tem- 
poranee  danno  maniera  e  modo  ai  Portoghesi  di  raffermare  la  loro  so- 
vranita  presso  lo  Zambese  e  il  Cabompo,  rendendo  vane  le  pretensioni 
d'Inghilterra,  fondate  sui  maneggi  del  regulo  di  Barotze,  dei  mis- 
sionarii  protestanti  e  degli  agenti  della  compagnia  South  African,  per 
la  determinazione  definitiva  dei  limiti  presso  i  medesimi  fiumi.  Infatti, 
non  appena  il  Governo  portoghese  con  sagacia  diplomatica  ebbe  otte- 
nuto  una  tale  vittoria,  fu  presto  a  fondare  presso  a  quei  fiumi  una 
colonia  penale  militare  come  chiaro  segno  di  occupazione  effettiva ; 
spese  e  sacrifici  mai  non  ne  scossero  la  costanza.  Cosi  sorse  la  colonia 
di  Mosico,  piu  nota  col  nome  di  Poho,  quindi  quelle  di  Nana  Can- 
dundo  e  di  Cachenghe,  le  quali  fecero  che  i  reguli  della  vasta  regione 
di  Lubale,  tentati  a  disertare  dal  regulo  di  Barotze,  si  dichiarassero 
vassalli  di  Portogallo. 


126  CRONACA 

3.  La  povertd  di  Berlino.  Una  descrizione  oltre  modo  commovente 
della  grande  miseria  che  regna  in  certi  quartieri  della  capitale  ger- 
manica,  e  comparsa  nel  Volk,  dalla  quale  togliamo  alcuni  tratti  piu 
rile  van  ti. 

II  giornale  parla  delle  abitazioni  d'affitto  (Miethswohnungen)  ove 
si  ammucchia  la  povera  gente.  « Entrammo  in  un  bugigattolo  di 
appena  8  mq.,  scarsamente  illuminate  da  un  piccolo  abbaino  aperto 
tra  il  solaio  e  la  parete,  ove  tutta  la  mobiglia  consisteva  in  un  mise- 
rabile  letto :  era  1'abitazione  di  una  vedova  con  due  ragazzi,  la  quale 
doveva  pagare  anticipatamente  180  marchi  (225  lire)  di  pigione  men- 
sile.  La  poverina  cercava,  o  meglio,  tentava  di  sostentare  se  e  la 
prole  facendo  la  lavandaia,  mentre  dalla  Cassa  (hi  poveri  riceveva  un 
sussidio  che  le  copriva  un  terzo  della  pigione.  La  donna  parlava 
senz'alcun  segno  di  esacerbazione ;  ma  nel  suo  dire  traspariva  un 
senso  di  fatalismo  che  mi  penetro  nell'  anima  piu  di  quello  che 
avrebbe  potuto  fare  uno  scoppio  di  rancore.  Nell'  andarmene,  mi 
accorsi  che  c'era  uno  dei  figli,  che  si  stava  rannicchiato  su  di  una 
cassa  posta  nell'angolo  buio  sotto  aH'abbaino,  non  difeso  da  alcuno 
schermo  contro  la  pioggia.  Quando  gli  rivolsi  la  parola,  egli,  intimi- 
dito,  si  tiro  piu  indietro  nel  suo  cantuccio :  allora  misi  la  mano  in 
tasca,  e  con  due  parole  amichevoli  gli  diedi  qualche  cosa,  accarez- 
zandogli  le  pallide  gote.  In  quel  momento  mi  parve  che  anche  nel 
povero,  desolato,  glaciale  tugurio  spirasse,  come  di  fuori,  un'aura  di 
primavera.  Dio  ti  guardi,  piccino  mio ! 

«  Attraverso  un  atrio  elegante  e  ben  riparato,  un  cortile  ed  un 
bell'orticello,  giungemmo  ad  una  casina  da  giardino  che  presentava 
di  fuori  un  grade  vole  aspetto,  se  si  prescindeva  dal  fatto  che  la 
vetrina  e  le  finestre  ai  lati  di  questa  eran  coperte  da  miserabili 
stracci.  Picchiammo :  dopo  aver  parlamentato  alquanto,  ci  fu  aperto. 
Dinanzi  ai  nostri  occhi  si  offri  il  quadro  della  desolante  miseria  che 
accompagna  i  poveri  delle  grandi  citta:  il  piccolo  spazio  era  pieno 
di  cenci  e  di  rottami ;  qualche  pentola  e  caldaia,  da  alcuna  delle 
quali  emanava  un  orribile  fetore.  Era  1'abitazione  di  una  donna  con 
tre  fanciulle;  la  piii  grande  si  guadagnava  a  malapena  il  pane  facendo 
la  lavandaia;  la  seconda,  quattordicenne,  stava  presso  la  madre;  la 
piu  piccola  andava  a  scuola.  Dimandammo  la  madre  se  questa  pic- 
cina  avrebbe  potuto  guadagnarsi  qualcosa ;  e  per  tutta  risposta  la 
donna  trasse  innanzi  la  fanciulla  e  ci  mostro  un  povero  corpicciuolo 
mal  coperto  da  cenci,  con  le  piu  dolorose  tracce  della  scrofola;  la 
faccia  della  bimba  appariva  come  conficcata  fra  le  spalle,  smunta  e 
disfatta  dai  patimenti ;  e  sembrava  ci  dicesse  nel  suo  sguardo  di  sof- 
ferente :  uomini  cattivi,  che  volete  da  me?  lasciatemi  marcire  ne'miei 
dolori  e  morire.  II  padre  aveva  abbandonato  la  famiglia ;  la  madre 
erasi  sin  allora  adoperata  a  guadagnarsi  1'affitto  coll 'aver  cura  della 


CONTEMPORANEA  127 

pulizia  dell'abitazione ;  ma  questa  era  stata  venduta  e  1'incarico  era 
stato  da  to  ad  altra  persona.  Che  fare?  la  miseria  nera  sta  dinanzi 
alia  sciagurata  famigliuola. 

«  Entrammo  in  un'altra  casuccia  di  un  sol  piano,  con  solai  da  abi- 
tarsi  (Mansardenwohnungen)  sotto  il  tetto :  la  casuccia  era  vecchia, 
screpolata,  cadente,  come  e  facile  trovarne  a  Berlino  ove  circa  trenta 
mila  abitazioni  sono  disabitate.  La  padrona  di  questa  miserabile  anti- 
chita  era  una  vecchia  zitella  che  abitava  in  altra  parte  della  citta, 
e  non  vi  si  faceva  veder  mai,  se  non  per  la  riscossione  dell'affitto, 
ch'essa  richiedeva  puntualmente.  Salimmo  su  di  una  misera  scala  di 
legno  ed  entrammo  in  una  stretta  eameraccia  ove  stava  un  ciabattino 
occupato  nel  suo  lavoro  all'incerta  luce  di  un'abbaino ;  la  sua  moglie, 
una  vecchierella,  usci  al  nostro  entrare.  Un  letto,  un  comodino,  una 
sedia;  ecco  tutta  la  mobilia.  Dal  tetto  entrava  la  pioggia:  ed  il  vec- 
chio  ciabattino  era  in  continua  lotta  con  questa  per  impedirle  d'inon- 
dare  il  letto  e  tutto  lo  stambugio.  Egli  era  molto  triste,  solo  com'era 
con  la  sua  vecchia,  mentre  la  numerosa  sua  figliuolanza  era  da  lui 
disgiimta.  Alia  mia  domanda  se  questa  avrebbe  potuto  aiutare  un 
po'  i  vecchi  genitori,  mi  rispose :  ah  quelli,  anche  quelli  non  hanno 
niente.  L'aflStto  era  di  180  marchi ;  la  Cassa  pei  poveri  dava  qualche 
sussidio,  dal  quale,  tolto  1'amtto,  restavano  10  Pfennig  (men  di  3 
soldi)  al  giorno :  il  guadagno  del  mestiere  era  irrisorio,  giacche  non 
bastava  per  il  fuoco.  Chi  sa  dirmi  come  si  puo  far  a  trascinare  la 
vita  con  questa...  somma?  » 

4.  /  delinquenti  in  Frantia.  II  sig.  Tarde,  direttore  dei  lavori  stati- 
stici  al  ministero  per  la  giustizia,  statuisce  le  seguenti  proporzioni :  nel 
popolo  agricolo  ci  sono  0,84  delinquenti  sopra  10,000  anime ;  negl'indu- 
strianti  1,32;  ne'  commercianti  1 ;  nelle  professioni  liberali  2,39  sopra 
10,000  anime.  Fra  le  professioni  liberali  il  Clero  da  0,71  delinquenti 
sopra  10,000;  i  professori  e  insegnanti  1,58;  i  medici  1,86;  i  farmacisti 
3,79;  le  ostetrici  8,60;  gli  scrittori  e  scienziati  4,49;  gli  artisti  4,02: 
gl'impiegati  delle  poste  7,45  ;  i  notai,  avvocati,  procuratori  e  gli  uscieri 
28,13  per  10,000.  Quelli  dunque  che  meglio  conoscono  le  leggi  e  atten- 
dono  ad  applicarle,  son  essi  appunto  che  le  trasgrediscono  piu  di  fre- 
quente,  senza  tener  conto  qui  dei  casi  certamente  non  pochi,  in  cui 
codesti  signori,  merce  la  loro  conoscenza  delle  leggi,  riescono  a  rasen- 
tarle  girandovi  intorno,  senza  lasciarsi  cogliere  in  fallo.  Inoltre,  i  de- 
putati,  ministri  e  scrittori  di  gazzette,  che  blaterano  contro  i  delitti 
del  clero,  escono  precisamente  da  quelle  categoric  che  forniscono  mag- 
gior  copia  di  delinquenti,  cioe  dagli  scienziati,  dagli  avvocati  e  simili. 
Le  classi  liberali  e  letterate,  venute  su  coll'educazione  e  1'insegna- 
mento  officiate  dell'Universita  di  Francia,  sono  le  piu  pervertite,  le 
piu  incancrenite.  Fra  i  letterati,  i  professori  e  i  maestri  son  quelli 
che  presentano  la  proporzione  piu  favorevole ;  ma  perche,  fra  loro, 


128  CRONACA   CONTEMPORANEA 

c'&  il  25  o  30  per  100  di  religiosi  e  di  snore,  mentre  i  maestri  han 
conservato,  a  dispetto  del  laicizzamento,  assai  bene  le  tradizioni  e 
pratiche  religiose.  Nelle  altre  categorie  di  letterati  la  proporzione  sa- 
rebbe  ancor  piu  forte,  se  tutti  i  delitti  andassero  puniti.  Soltanto 
nella  faccenda  del  Panama  molte  centinaia  dei  colpevoli  sfuggirono 
alia  legge ;  e  quanti  altri  affari  di  simil  genere,  ma  meno  chiassosi !  I 
commercianti  e  industrianti,  compresi  anche  gli  operai,  non  offrono  una 
criminalita  molto  alta,  contuttoche  la  sfrenata  concorrenza  renda  ognor 
piu  difficile  e  penosa  la  lotta  per  la  vita.  II  clero  e  ben  vendicato  da 
questa  statistica;  infatti  esso  e  il  corpo  morale  per  eccellenza.  Certa- 
rnente  ha  qualche  menda,  ma  i  rimproveri  che  gli  si  possono  fare  sono 
minori  che  a  ogni  altra  classe ;  senza  dir  poi  che  esso  &  odiosamente, 
bramosamente  sopravvegliato,  spiato,  e  che  i  suoi  membri  sfuggono 
meno  d'ogni  altra  persona  al  castigo,  qualora  cadano  in  fallo.  Ond'e 
che,  a  dispetto  di  tutti,  il  Clero  e  la  speranza,  la  miglior  guarentigia 
dell'avvenire  della  Francia,  che  Dio  non  lasciera  in  abbandono. 

5.  Imputati  prosciolti  e  condannati  in  Italia  durante  I' anno  1894 . 
Togliamo  dalla  Statistica  giudiziaria  penale  per  1'anno  1894  pubbli- 
cata  recentemente  dalla  Direzione  generale  della  Statistica,  il  quadro 
che  ci  offre  il  numero  degl'  imputati  prosciolti  e  dei  condannati  nelle 
varie  Kegioni  d'  Italia,  durante  1'anno  1894. 


COMPARTIMENTI 

IMPUTATI 

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prosciolti 

condannati 

nel  periodo 
dell'istruzione 

nel  periodo 
del  giudizio 

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28  969 
47  597 
45  130 
47  595 
36792 
29499 
68844 
126  905 
18  266 
35  437 
54  927 
54  742 
96314 
41  323 

780  578 

6732 
3604 
5840 
4556 
3  790 
3930 
3  404 
4537 
15183 
1  787 
2908 
6  401 
7  069 
15  768 
7188 

92697 

34   86 
36.  48 
34   43 
30.  80 
34.  20 
36.  89 
32.  15 
30.  73 
27.  95 
20.  66 
16.  79 
24.  01 
26.  99 
33.  18 
42.  26 

30.  36 

14692 
9363 
13015 
11  899 
10687 
9  301 
9  590 
10  118 
39  155 
7343 
14  120 
21  749 
20  903 
42  019 
13  635 

247  589 

38.  68 
37.  56 
33.  58 
32/01 
30.  62 
30.  00 
39.  27 
24.  07 
38.  22 
49.  16 
45.  95 
42.  27 
48.  36 
52.  63 
40   22 

39-  79 

23  075 
15  347 
25  495 
24972 
23996 
21  513 
14592 
31  815 
62695 
7  519 
16  308 
23  845 
21  922 
37  117 
19933 

37°  '44 

60.75 
61.  56 
65.  78 
67.  17 
68.  76 
69.  40 
59.  75 
75.  67 
61.  19 
50.  34 
53.  07 
51.  83 
51.  71 
46.  49 
58.  80 

59.48 

47.  84 
52.  98 
53.  56 
55.  33 
50.  42 
58.  47 
49.  47 
46.  21 
49.  40 
41.  16 
46.  02 
43.41 
40.  05 
38.  54 
48.  24 

47.42 

Emilia      

Marche  ed  Umbria  . 

Campania  e  Molise  . 
Basilicata  

Puglie        

Sicilia   

E 

DI  DUE  INCENT1VI  DI  SOCIALISMO 


I. 


—  In  punto  di  socialismo,  oggimai  tutto  il  mondo  e  paese. 
Da  per  tutto  esso  alza  la  testa,  fa  le  sue  prove  e  minaccia  d'  in- 
ghiottire,  in  una  comune  catastrofe,  la  proprieta  ed  il  capitale. 
Questo  si  dice  da  un  pezzo  a  sazieta,  e  piu  lamentevolmente 
lo  ripete  quella  parte  delle  cosi  dette  classi  dirigenti,  che  si 
compone  di  piu  o  men  grassi  borghesi,  di  possidenti,  di  com- 
mercianti,  di  banchieri,  di  padroni  di  offlcine.  Costoro  non  sanno 
persuadersi  che  nell'  Italia  il  risorgimento,  ossia  la  rivoluzione, 
da  loro  promossa,  abbia  cosi  presto  generate  il  socialismo,  il 
quale  dalle  citta  maggiori  va  propagandosi  rapidamente  nelle 
minori,  e  da  queste  nelle  borgate  e  nelle  campagne;  e  dalle 
turbe  degli  uomini  si  diffonde  pure  nelle  turbe  delle  donne: 
cosi    che   questo  malanno  comincia  a  dilagare  da  due  come 
flumane,  Tuna  d'ire  maschili  e  Taltra  di  furie  femminili. 

—  Come!  esclamano  meravigliati,  ecco  poco  piu  di  tren- 
tacinque  anni  da  che  le  nostre  plebi  sono  state  redente  a  li- 
berta,  che  hanno  una  patria,  che  godono  nuovi  diritti  politici; 
e  gia,  nelle  ambizioni  di  sociale   benessere,  competono  colle 
plebi  di  altri  paesi,  adulte  e  quasi  invecchiate  nelFesercizio  di 
questa  liberta  e  di  questi  diritti. 

Codesta  e  meraviglia  proveniente  da  corto  vedere  o  da 
quella  cecita,  che  non  fa  discernere  il  nesso  che  lega  il  risor- 
gimento rivoluzionario,  accarezzato,  al  socialismo  temuto.  Non 
si  e  mai  voluto  comprendere  che  1'uno  e  1'altro  hanno  iden- 
tica  1'origine  di  principii  e  di  fatti,  ed  usano  gl'  identici  mezzi 

8eri»  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1118.  9  4  ffewaio  1897. 


130  DI   DUE   INGENTIVI   DI    SOCIALISMO 

per  giungere  al  fine,  e  Tuno  anzi  e  mezzo  necessario  al  fine 
deiraltro.  Quelle  stesse  negazioni  di  diritto,  che  hanno  con- 
dotto  il  liberalismo  borghese  alia  rivoluzione  politicoreligiosa 
contro  la  legittima  autorita,  debbon  condurre  naturalmente  la 
plebe  alia  rivoluzione  politicosociale  contro  la  legittima  pro- 
prieta;  giacche  le  due  cose  poggiano  sopra  un  cardine  mede- 
simo;  e  non  e  dato  di  scardinare  socialmente  il  principio  del- 
Fautorita,  salvo  quello  della  proprieta. 

Quella  stessa  massoneria  che  ha  prodotta  e  governata  la 
rivoluzione,  supposta  nazionale,  perche  dalle  mani  del  princi- 
pato  doveva  far  cadere  la  sovranita  nelle  mani  della  fazione 
che  si  arrogava  il  nome  di  nazione,  doveva  produrre  e  go- 
vernare  1'altra  rivoluzione  che,  senza  tante  ipocrisie,  si  ban- 
disce  per  sociale  e  mira  a  togliere  agli  autori  e  fautori  della 
prima,  col  godimento  della  male  usurpata  e  peggio  ammini- 
strata  sovranita,  ancor  quello  del  bene  che  posseggono. 

Quelle  stesse  congiure  e  violenze,  che  hanno  portata  al 
trionfo  la  rivoluzione  del  liberalismo,  si  preparano  per  por- 
tarvi,  tra  le  rovine  dell'opera  sua,  1'altra  alia  quale  la  bor- 
ghesia  liberalesca  balordamente  ha  agevolata  la  via,  atterrando 
il  baluardo  dell'autorita,  che  al  tranquillo  possesso  della  pro- 
priet£  era  insuperabile  schermo.  Si  e  ricopiata  in  Italia  la  ri- 
voluzione francese;  e  quale  stupore  se,  contro  chi  1'ha  mossa, 
se  ne  veggono  sorgere  le  logiche  conseguenze? 

II, 

Che  la  conseguenza  del  socialismo,  inclusa  nei  principii  del 
liberalismo,  si  sia  tanto  allargata  ed  abbia  fatta  si  forte  presa 
in  Francia,  dopo  un  secolo  di  liberta  novella,  s'  intende :  ma 
che  Fabbia  fatta  e  la  faccia,  massimamente  nelle  plebi  rusti- 
che  d' Italia,  appresso  un  sette  lustri  appena  di  redenzione  po- 
litica,  si  dice  duro  a  comprendersi.  Ma  duro  e  per  chi  guarda 
alia  superflcie  dei  fatti,  non  per  chi  penetra  le  cagioni. 

Gia  trentacinque  anni  di  un  lavorio  indefesso,  legale  ed  il- 
legale,  coperto  e  scoperto,  cospirante  a  dissolvere  tutti  i  vin- 


IN    ITALIA  131 

coli  della  societa,  non  sono  tanto  pochi.  Bastano  a  formare 
quasi  per  intero  una  generazione.  La  rivoluzione  francese, 
dopo  alcuni  anni  di  frenesia  vandalica,  fece  una  sosta:  sog- 
giacque  alia  dittatura  napoleonica  ed  a  guerre  diuturne,  che 
di  dentro  ne  impacciarono  il  moto,  e  per  qualche  rispetto  la 
costrinsero  di  dare  indietro.  Non  cosi  e  stato  in  Italia,  dove 
Topera  corrompitrice  del  liberalismo  non  si  e  abbattuta  in 
intoppi  di  nessuna  sorta:  anzi  e  stata  favorita  con  ogni  stu- 
dio dal  Governo  che  1'ha  capitanata. 

Oltre  cio,  questa  rivoluzione,  con  apparenze  regie  sempre 
e  monarchiche,  ancora  quando  spezzava  troni  e  corone,  e  pro- 
gredita  pur  sempre  d'accordo  colle  sette  massoniche  e  si  e 
valsa,  per  riuscire  ne'  suoi  intend,  d'ausiliarii  di  qualunque 
pelo,  non  esclusi  i  demagoghi  piii  sbracati.  Di  fatto,  sino  al 
compimento  dell'unitk  politica,  che  fu  concetto  supremamente 
demagogico,  essa  cammino  appoggiata  quasi  pid  agr-irrego- 
lari;  che  ai  regolari;  e  la  storia  narra  quanto  bene  i  primi, 
nelle  due  Sicilie,  nelle  Marche,  neirUmbria  ed  intorno  a  Roma, 
la  servissero.  Quindi  e  che,  sotto  1'ampio  manto  della  sua  mo- 
narchia,  fino  dagli  esordii,  accolse  quanto  pote  di  democrazia. 
Non  giudico  ne  meno  stabile  1'edifizio  che  costruiva,  se  non 
ne  rafforzava  le  mura  maestre  col  puntello  dei  plebisciti.  Con- 
seguentemente  le  leghe  settarie,  che  prima  involgevano  a  pic- 
coli  gruppi  la  Penisola,  si  moltiplicarono  tosto  come  i  funghi 
e,  purche  avessero  innocuo  il  titolo  e  legale  la  bandiera  di 
mostra,  ogni  libertk  goderono  di  disciplinarsi  in  secreto,  come 
meglio  loro  paresse. 

Aggiungasi  a  questo  il  codice  della  nuova  morale  e  del 
nuovo  diritto,  canonizzato  da  un  Governo,  che,  per  potervi  con- 
formare  la  politica  sua,  dove  promulgarsi  ateo  in  massima  e, 
nella  pratica,  anticristiano.  Aggiungasi  la  licenza  di  una  stampa, 
che  non  campava  di  altro  alimento  che  non  fosse  menzogna, 
empieta,  vilipendio  di  quanto  e  piu  sacro  in  cielo  ed  in  terra. 
Aggiungasi  1'esempio  solenne  di  socialismo,  che  diede  ai  po- 
poli  il  Governo,  decretando  i  beni  della  Chiesa  per  beni  dello 
Stato;  e  violando  cosi  un  diritto  di  proprieta,  che,  per  esser 


132  DI   DUE   INCENTIVI    DI   SOCIALISMO 

santo,  era  considerate  universalmente  dalla  plebe  anche  piii 
inviolabile  del  comune.  Finalmente,  a  tacere  d'altro,  si  osservi 
come  intanto  che  il  Governo  pervertiva  il  popolo,  con  quella  che 
fu  delta  corruzione  legalizzaia  della  stampa  e  della  scuola  e 
strappavagli  cosi  Dio,  colla  religione,  dal  cuore,  pian  piano  poi, 
per  Feccesso  esorbitante  delle  gravezze,  gli  toglieva  il  pane 
di  bocca  e  lo  riduceva  all'estremo  della  disperazione. 

Se  tutte  queste  cause  si  riguardino  insieme,  non  che  stupire* 
del  celere  apprendersi  che  ha  fatto  il  fuoco  del  socialismo  nelle 
popolazioni  d'ltalia,  si  ha  piii  tosto  di  che  meravigliare  che  an- 
cora  non  sia  cosi  diffuso  e  gagliardo,  che  divori  nelle  sue  flamme 
le  classi,  le  quali  si  dicono  dirigenti  e  della  rivoluzione  gu- 
stano  gli  onori  e  i  vantaggi  piu  lauti. 

Se  non  che  mette  il  conto  che  si  avvertano  due  cause  prin- 
cipalissime,  e  piu  particolari  all'Italia,  che  meglio  di  altre  al 
vampiro  del  socialismo  accrescono  vigore  ed  audacia;  la  mi- 
seria  derivante  dai  dissanguamenti  fiscali,  e  lo  scandalo  continue 
delle  pubbliche  ladrerie  e  dei  peculati. 

• 
III. 

L'accusa  di  affamatore  del  popolo,  che  generalmente  si 
scaglia  da  per  tutto  e  in  ogni  tono  contro  il  Governo,  e  pur 
troppo  giustiflcata  dal  fatto  e  dall'attestazione  universale.  Per 
non  dire  dei  sedici  milioni  di  pane,  che  esso  cava'  di  mano  ai 
poveri  sulle  Opere  pie,  per  farli  mangiare  ai  loro  amministra- 
tori,  non  e  egli  spettacolo  atroce,  unico  nel  mondo  incivilito 
e  senza  esempio  nelle  storie,  quello  delle  migliaia  e  migliaia 
di  possidentucci,  espropriati  dei  loro  possessi,  perche  inabili  a 
pagare  tributi  di  poche  lire?  «Mentre  1'Italia  sciupava  sulle 
rupi  dell'Abissinia  e  sulle  sabbie  del  Mar  Rosso  seicento  mi- 
lioni di  lire,  in  poco  piu  di  un  decennio,  sono  avvenute  50,503 
devoluzioni  al  demanio  di  piccoli  lembi  di  terra  e  di  misere 
capanne,  per  mancato  pagamento  d'imposte»;  scriveva  teste 
il  senatore  Girolamo  Boccardo  1.  Nel  solo  anno  1892,  narrava 

1  Socialismo  sistematico  e  socialisti  incoscienti,  pag.  14.  Roma  tip.  For- 
zani,  1896. 


IN   ITALIA  133 

poco  fa  il  deputato  Alfredo  Baccelli  al  Parlamento,  furono  con- 
fiscate 1662  minirae  proprieta,  per  quote  d'imposte  non  supe- 
rior! a  2  lire;  e  Perario,  per  acquistare  la  somma  di  lire  1900, 
ne  ha  spese  oltre  3000  in  procedimenti  giudiziali,  ed  ha  por- 
tato  via  il  piccolo  avere  a  1882  poveri  disgraziati  1.  Or  come 
non  pensare  che  tutti  quest' infelici  diventino  propensi  a  intrup- 
parsi  coi  socialisti? 

Chiunque  a  mente  riposata,  e  senza  nebbia  di  passionati  pre- 
giudizii,  studia  1'aumento  continuo  delle  tasse,  gravanti  sempre 
piu  anche  le  cose  piu  necessarie  alia  vita,  deve  concludere,  che, 
a  farlo  apposta,  non  si  potrebbe  far  peggio,  per  indurre  il  po- 
polo  ai  piii  disperati  partiti. 

«  Negli  anni  di  perfetta  pace,  che  corsero  dal  1871  al  1893, 
scrive  il  suddetto  senatore,  la  tassazione  in  Italia  e  ctescitita 
del  30  per  cento;  il  debito  nazionale  si  e  aggravato,  in  ven- 
titre  anni  di  pace,  di  circa  quattro  miliardi  di  lire  2,  e  gl'inte- 
ressi  di  quel  debito,  indipendentemente  dai  debiti  dei  comuni 
e  delle  province  e  dal  debito  fluttuante,  assorbono  un  terzo  delle 
entrate.  E  siccome 

Regis  ad  exemplum  totus  componitur  orbis, 

cosi  le  flnanze  locali  seguirono  Tandazzo  della  flnanza  dello 
Stato.  La  somma  delle  entrate  comunali,  nel  1891,  raggiungeva 
540  milioni  e  mezzo  di  lire.  Nel  1871  la  sovrimposta  eccedeva 
di  poco  i  78  milioni  e  mezzo:  nel  1891  saliva  ad  oltre  122  mi- 
lioni, cioe  a  quasi  due  quinti  piu.  Nel  1871  il  dazio  consume 
era  di  poco  piu  di  71  milione  di  lire;  nel  1891  toccava  quasi 
i  146  milioni,  ossia  piu  del  doppio.  E  si  tratta  di  due  forme 
dMmposte  assai  male  distribuite,  le  quali  creano  una  vera  e 
generale  sperequazione  fra  i  contribuenti,  ed  ancora  piu  grave 
fra  i  comuni.  II  dazio  consumo,  piu  elevato  nei  centri  popolosi, 
pesa  piu  gravemente  sulle  classi  meno  abbienti:  la  sovraim- 

1  Ivi. 

4  Ai  30  giugno  del  1896  tutto  il  debito  pubblico  era  di  L.  12,946,833,426 
col  peso,  a  carico  dello  Stato,  di  L.  582,882,457.  In  Europa  tre  nazioni  sol- 
tanto  passano  nel  debito  1'Italia,  e  sono  la  Francia,  la  Germania  e  la  Russia. 


134  DI   DUE    INCENTIVI   DI    SOCIALISMO 

posta,  viceversa,  nei  comuni  rurali,  schiaccia  le  piccole  pro- 
prieta.  Mentre  i  debiti  comunali  erano,  nel  1877,  di  circa  757 
milioni  e  mezzo,  si  spingevano  nel  1891  a  quasi  un  miliardo 
e  200  milioni;  e  quelli  delle  province  salivano  da  poco  piu  di 
62  milioni  e  mezzo,  nel  1873,  a  quasi  175  milioni,  nel  1891,  il 
che  e  quanto  dire  ch'erano  quasi  triplicati  d. » 

Da  cio  s'inferisca  Fimpoverimento  in  cui  ogni  anno  piu  scade 
il  grosso  della  nazione.  In  veritk  1'Italia,  gran  merce  delle  spo- 
gliazioni  fiscali,  che  costituiscono  uno  spietato  socialismo  di 
Stato;  per  la  massima  parte  de'suoi  cittadini,  borghigiani  e 
campagnuoli,  si  viene  trasformando  in  un  paese  di  pitocchi,  di 
miserabili  e  di  affamati :  e  vengono  propriamente  i  brividi  in 
pensare  a  quello  che  sara,  quando  si  sieno  spenti  quei  resti 
di  religione  che  ancora  durano  nel  petto  di  molti,  e  quando> 
sia  cresciuta  la  generazione  che  si  tenta  ora  di  educare,  senza 
fede  e  senza  Dio,  cioe  senza  il  freno  salutare  alle  cupidige  ed 
ai  furori  piu  bestiali.  «  La  storia,  conclude  il  Boccardo,  che  le 
allegate  cifre  ci  narrano,  e  storia  di  privazioni,  di  sofferenze  e 
di  dolori;  ed  il  malcontento  che  ne  risulta  e,  per  le  idee  sov- 
versive  e  per  il  socialismo,  una  propaganda  ben  piu  efficace 
di  tutte  le  declamazioni  dei  capisetta  e  dei  volgari  agitatori 2.  » 

I  Governi,  diceva  il  Guerrazzi,  s'intendon  fra  loro  per  dare 
addosso  alia  setta  delFInternazionale.  La  setta  e  il  ruggito;  ma 
il  leone  sta  nella  miseria  del  popolo.  Mettete  in  prigione  la 
fame,  se  vi  riesce. 

IV. 

E  in  effetto,  gli  odii  e  le  maledizioni  delle  turbe,  ridotte  all'ine- 
dia,  non  per  istigazione  di  segreti  eccitatori,  ma  spontaneamente 
si  scaricano  e  si  accumulano  sopra  il  Governo,  e  d'indi  si  span- 
dono  sopra  la  borghesia,  che  del  Governo  e  parte  potissima  e 
sostegno  interessato.  Tutti  i  cosl  detti  signori  vi  sono  involti. 
II  popolo  si  vede  rincarare  tutto,  e  di  cio  che  piu  gli  bisogna,. 
o  deve  far  senza,  o  far  uso  insufflciente.  Lo  provano  le  stati- 

1  Ivi  pagg.  10-11. 
1  Ivi  pag.  13. 


IN    ITALIA  135 

stiche  della  consumazione.  «  La  quantita  di  caff6  importato  nel- 
1'anno  1895-96,  fu  per  5647  quintal!  minore  di  quella  venuta  nel 
1894-95:  quella  dello  zucchero,  minore  per  quintali  9312;  quella 
del  petrolic,  minore  per  quintali  61,963:  e  cosi  via  via  i.  » 

Col  primato  delle  tasse  e  dei  delitti  di  sangue,  1' Italia  ha 
in  Europa  quello  altresi  del  piu  alto  prezzo  del  sale :  e  di  qui 
il  flagello  della  pellagra,  che  nel  contado  di  una  grande  por- 
zione  delle  sue  terre  settentrionali  vi  fa  strage;  mentre  nella 
Sicilia,  nei  monti  della  Calabria  e  nelle  pianure  delle  Puglie, 
il  difetto  del  pane  di  grano  fa  ricorrere  la  numerosa  povera- 
glia  al  nutrimento  dei  legumi  e  delle  radiche  silvestri.  I  de- 
biti  e  i  balzelli  impossibilitando  ai  possidenti  di  terreni  il  ri- 
sparmio,  i  lavori  agrarii  sono  ristretti  al  puro  necessario;  e 
la  mancanza  dei  lavori  strema  sempre  piu  i  braccianti  rifiniti; 
come  stremano  gli  operai  delle  citta  fallimenti  dei  commer- 
cianti  e  dei  padroni  di  offlcine,  che  si  succedono  con  una  con- 
tinuita.  lagrimevole.  Basti  dire,  per  un  esempio,  che  i  protesti 
di  cambiali,  nella  sola  citta  di  Roma,  pel  primo  semestre 
del  1896,  non  sono  stati  inferiori  ai  45,000 :  che  come  Ernesto 
Pacelli  lo  annunziava  al  Consiglio  comunale  il  21  decembre 
del  1896,  le  carrozze  ed  i  cavalli  padronali  sono  diminuiti  di 
oltre  1000,  che  dal  1°  gennaio  1'esattoria  municipale  ha  spic- 
cate  piu  di  60,000  diffide,  per  mancato  pagamento  di  tasse; 
che  le  subaste  annuali  passano  le  700;  che,  999,000  sono  i 
pegni  al  Monte  di  Pieta,  per  14  milioni  all' anno;  e  poteva 
dire  che  i  ricorsi,  non  d'individui,  ma  di  lamiglie,  alia  Con- 
gregazione  di  carita.  per  sussidii,  nei  registri,  sommano  a 
40,000.  E  tutto  questo  nella  splendida  Capitale  del  bell'italo 
Regno !  Quale  meraviglia  pero  che,  da  ogni  regione  della  Pe- 
nisola,  la  gente  emigri  nelP America  a  miriadi,  in  cerca  di  modi 
da  campare  la  vita? 

Data  la  disperazione  della  fame,  cui  aggiungono  stimoli 
d'ira  tanti  bisogni  artificial!  e  tanti  vizii,  fatti  contrarre  al 
popolo;  e  date  le  idee  di  sbrigliata  liberta,  onde  per  ogni 

1    BOCCAHDO,    1.    C. 


136  DI   DUE    INCENTIVI   DI    SOCIALISMO 

guisa  si  sono  invasate  le  teste  della  plebe  piu  rozza,  si  scorge 
subito  quanta  sia  la  materia  infiammabile,  che  si  offre  agli 
arruffoni  delle  sette,  di  suscitare  incendii  di  vendetta  contra 
le  classi  dirigenti,  o  i  signori  governanti,  che  da  lunga  pezza 
si  vengono  premeditando.  Per  ora,  11  fuoco  seguita  a  covare 
sotto  terra:  ma  chi  sa  prevedere  come  potrk  divampare,  quando 
una  congiuntura  propizia  apra  al  fuoco  uno  sfogo  inaspettato? 
I  casi  non  rimoti  della  Sicilia  e  della  Lunigiana  stanno  li  ad 
indicarlo. 

II  povero  popolo  e  sempre,  in  tutte  le  rivoluzioni,  lo  stru- 
mento  gabbabile  e  gabbato,  ma  utilissimo,  degli  ambiziosi  e 
dei  mestatori.  Del  popolo  si  servi,  anzi  nel  nome  e  pei  diritti 
del  popolo,  pretese  operare  il  liberalismo,  per  giungere  alia 
signoria  di  tutta  1' Italia;  e,  giuntovi  poi,  lo  ha  felicitate  com' 6 
al  presente,  spolpandone  cioe  le  ossa,  per  « far  milionarii  i 
vampiri  »  suoi  favoriti,  secondo  il  lamento  del  deputato  Ro- 
mano alia  Camera  di  Montecitorio.  Ora  il  popolo  attirano  a 
se,  seducono  e  spingono  avanti  contro  il  borghese  liberalismo,. 
i  corifei  delle  leghe  demagogiche,  agognanti  a  scavalcare  i 
suoi  ingrassati,  per  sostituirgli  un  socialismo  che  alia  sua  volta 
ingrassi  loro.  Ed  il  popolo,  sempre  uguale  a  se  stesso,  va  loro 
dietro  e  con  loro  s'imbranca;  e  li  segue  tanto  piu  volentieri, 
quanto  piu  gli  sembra  impossibile  che  il  socialismo  dei  dema- 
goghi  lo  burli  e  malmeni,  peggio  di  quel  che  ha  fatto  e  fa  il 
liberalismo,  o  sabaudismo  dei  borghesi. 

V. 

Si  dira  che  la  miseria  e  da  per  tutto  incentive  di  sociali- 
smo, posta  la  depravazione  degli  spiriti  che  il  liberalismo  da 
per  tutto  ha  diffusa.  II  suo  sistema  politico  ed  economico  di 
governo  e  di  principii  vi  conduce  infallibilmente,  come  causa 
ad  effetto.  II  socialismo  di  Stato,  che  ora  fiorisce  in  Europa, 
naturalmente  dovrk  fruttificare  il  socialismo  di  plebe,  ossia  il 
disordine  dell' anarchia,  se  non  sopravviene  un  soccorso  della 
Provvidenza  a  frastornarlo. 


IN   ITALIA  137 

Questo  non  si  nega,  ma  per  1' Italia  si  avvera  in  grado 
sommo,  attesa  T  enorme  sproporzione  che  6  corsa  e  corre, 
tra  le  ambizioni  del  dominante  liberalismo  e  le  forze  del 
paese.  Subito,  a  un  tratto,  appena  strette  alia  peggio  in  un 
fascio  le  regioni  della  Penisola  e  raffazzonata  F  unita  dello 
Stato,  esso  ha  voluto  fame  una  Potenza  di  prima  riga,  in  ogni 
cosa:  di  un  neonato  malnato,  ha  presunto  fare  in  un  giorno  un 
robusto  gigante.  Percio  i  milioni  si  son  venuti  via  via  but- 
tando  a  mani  profuse,  si  sono  moltiplicati  i  debiti,  aggravati 
<T  anno  in  anno  i  tributi,  disseccate  le  fonti  della  pubblica  e 
privata  ricchezza.  «  In  Italia  da  812  milioni,  che  gia  era  nel  1861, 
il  bilancio  si  spinse  ad  un  miliardo  e  600  milioni  nel  1865,  ne 
piu  seppe  scostarsi  da  questa  cifra,  se  non  per  brevi  period! 
e,  in  ultima  analisi,  per  aumentarla  ancora.  L'  Italia  armata, 
che  nel  1862  spendeva  212  milioni,  ha  oggi  una  complessiva 
spesa  di  guerra  e  marina,  che  molto  non  dista  dal  mezzo  mi- 
liardo. Ci  si  stringe  il  cuore,  se  ai  250  milioni  che  il  solo  mi- 
nistro  della  guerra  vuole  dal  paese,  paragoniamo  i  5  milioni 
(la  quinta  parte  di  cio  che  costa  un  vascello  corazzato)  che  il 
ministero  della  economia  nazionale  conserva  ai  servizii  del- 
1'  agricoltura  l.  » 

E  tutto  questo  scialacquamento  e  sfoggio  di  Potenza  mi- 
litare,  a  che  fine  si  e  fatto?  AI  fine  di  conseguire  poi  i  bei 
trionfi  di  Dogali,  di  Saganeiti,  di  Amba-Alagi,  di  Makalle,  di 
Abba-Carima  e  le  glorie  della  pace  di  Addis-Abeba. 

Da  tanto  sparnazzamento  del  sangue  vitale  della  nazione, ' 
e  venuto  il  decadimento  o  il  disagio  di  assaissimi  ricchi,  Fim- 
poverimento  generale  degli  agiati  ed  il  rifinimento  della  massa 
popolare,  rosa  dalla  fame  e  fremente  di  rancore,  d'invidia  e 
di  dispetto.  La  licenza  della  stampa,  della  irreligione  nelle 
scuole  e  delle  associazioni  ha  sfruttata,  a  pro  della  demagogia, 
questa  condizione  di  cose :  e  per  tal  modo,  nella  mite  e  civile 
Italia,  in  breve  giro  di  tempo,  e  spuntato  il  brulicame  di 
socialism©,  che  la  borghesia  liberalesca  non  cessa  di  deplo-. 

1  BOCCARDO,  1.  c.  pag.  16. 


138  DI    DUE   INCENT1VI   DI    SOCIALISMO 

rare.  Awelenato  il  nutrimento  delle  anime,  coll'istruzione  per- 
vertitrice,  e  sottratto  quello  del  corpo,  coll'eccesso  delle  divo- 
razioni  fiscali,  non  e  a  stupire  che  da  ogni  lato  vi  sorgano,. 
per  1'  ordine  sociale,  minacciosi  i  pericoli. 

Si  flnse  che  pericolose,  anzi  dannose,  per  la  civilta  novella,, 
fossero  le  union!  dei  frati  e  delle  monache;  percio  il  libera- 
lismo,  con  procedimenti  da  socialista,  le  disciolse  e  ne  ingoio 
i  beni.  Ai  corpi  morali  dei  frati  e  delle  monache,  sotto  il  pa- 
trocinio  della  liberta,  sono  succedute  le  sette  proteiformi  del 
socialismo,  per  insegnargli  che  la  legale  violazione  del  settirao- 
comandamento  del  decalogo  spesso  ha  per  pena  la  legge  del 
taglione. 

In  conclusione  adunque  la  miseria  nazionale,  che  non  ha  la 
pari  in  Europa,  e  divenuta  per  F Italia  un  incentive  di  socia- 
lismo, piu  acuto  che  altrove. 

VI. 

A  questo  pero  va  accoppiato  1'altro  incentive,  forse  ancora 
piu  stimolante  a  confondere  il  mio  col  tuo,  che  e  lo  scandalo- 
in  materia  di  fur  to  del  denaro  pubblico,  senza  uguale  nel 
mondo. 

Ai  termini  di  denaro  pubblico  diamo  qui  un  senso  largo,, 
in  quanto  lo  estendiamo  al  denaro  anche  di  quegli  enti  col- 
lettivi,  i  quali  comprendono  interessi  di  veramente  pubblica 
ragione.  Or  chiunque  usa  correre  un  giornale  italiano,  stam- 
pato  ovechessia,  dica  se  quasi  cotidianamente  non  gli  avviene, 
che  Tocchio  cada  sopra  il  racconto,  quando  della  prevaricazione 
di  un  ufflciale  dello  State ;  quando  della  falsificazione  di  titoli 
di  credito ;  quando  d&Wappropriazione  indebila  di  somme 
spettanti  al  Governo,  od  a  municipii,  od  a  Casse  di  risparmio, 
od  a  Congregazioni  di  carita,  od  a  banche  ed  altri  simili  istituti; 
quando  del  fallimento  piu  o  meno  doloso  di  societa  o  case 
d'industria,  di  commercio  o  di  navigazione;  quando  in  genere 
di  vuoli  di  casse,  colla  fuga  dei  cassieri.  Tutte  le  forme  pos- 
sibili  della  ladreria,  dalle  piu  delicate  alle  piu  grossolane, 


IN   ITALIA  139 

si  veggono  praticate  da  quest!  infedeli  custodi,  o  amministra- 
tori  di  pubbliche  sostanze,  i  quali  appartengono  proprio  alia 
borghesia  dirigente,  e  sono  spesso  fregiati  di  croci  cavalle- 
resche  e  di  commende  della  Corona  d' Italia. 

Gia  flno  dagli  esordii  del  cosi  detto  risorgimento  nazio- 
nale,  il  popolo  present!  che,  sotto  la  finta  dell'amor  di  patria 
e  del  bene  del  paese,  tanti  e  tanti  non  celavano  in  cuor  loro, 
se  non  Tamore  dell'  interesse  ed  il  bene  del  marsupio  da  in- 
grossare.  Si  comincio  tosto  a  coniare  e  spendere  il  vocabolo 
di  affarismo,  cui  si  die'  valore  di  patrioUismo.  II  banchetto, 
o,  come  lo  defini  Alfonso  Lamarmora,  Valbero  della  cuccagna 
del  bilancio,  co'  suoi  annessi  e  connessi,  divenne  il  termine 
ambito  di  novanta  sopra  cento  fra  i  piii  benemeriti  apostoli, 
martiri  e  confessori  dell'  Italia  una,  con  Roma  capitale.  Le 
fortune  improvvise,  i  subiti  guadagni  e  gli  accumulamenti  di 
non  pochi  fra  costoro,  i  quali  prima  erano  in  cenci  ed  avevano 
addosso  piu  debiti  che  la  lepre,  e  presero  a  scialarla  da  si- 
bariti,  con  palazzi,  con  ville,  con  pariglie  pompose  e  livree, 
apersero  gli  occhi  ad  una  moltitudine  di  baccelli;  e  diedero 
a  divedere  dove,  per  essi,  fosse  andata  a  parare  Timpresa  del 
fare  1'  Italia. 

E  notorio  lo  sfogo  di  rimorso  della  coscienza,  che  Massimo 
d'Azeglio  e  Cammillo  di  Cavour  fecer  tra  loro  due,  intorno 
alia  morale  dai  due  pesi  e  dalle  due  misure,  scrivendosi:  — 
Se  facessimo  per  noi,  in  private,  quello  che  facciamo  per  1' Ita- 
lia, saremmo  pure  i  gran  birbanti !  Ed  e  memorabile  la  sen  - 
tenza  del  primo  di  loro,  il  quale,  contemplando  con  gioia  la 
bell'opera  della  nuova  Italia,  non  si  saziava  di  ripetere  :  —  Ora 
che  abbiamo  fatta  1'  Italia,  ci  convien  fare  gl'  Italiani. 

II  tempo  a  lui,  allora  provetto  negli  anni,  non  ha  concessa 
la  consolazione  di  ammirare  il  trionfale  passaggio  della  mo- 
rale da  gran  birbanti,  dalla  vita  pubblica  alia  vita  privata,  e  di 
vedere  gl'  Italiani  belli  e  fatti,  proprio  a  viva  immagine  della 
madre.  Ma  li  vede  e  se  li  gode  la  generazione,  che  gli  e 
succeduta.  Dopo  le  famose  ispezioni  alle  banche,  che  misero 
in  evidenza  tanti  ladroneggi,  siamo  via  via  venuti  al  punto, 


140  DI   DUE    INCENTIVI   DI   SOCIALISMO 

che  ogni  giorno  se  ne  scopron  di  nuovi,  1'uno  piii  inopinato 
dell'altro,  in  tutti  luoghi,  ne'  quali  si  e  trovato  denaro  da  ru- 
bare.  In  verita  nulla  dies  sine  linea.  Da  per  tutto  rapine,  con- 
cussioni,  frodi,  cambiali  false,  corruzioni,  vendite  di  favori, 
dilapidazioni  svergognate,  trafugamenti  di  fondi  assegnati  alia 
beneficenza,  mangerie  di  mille  specie.  Tirati  i  conti  delle  ru- 
berie  dei  60  milioni  della  banca  roraana,  degli  altri  50  del 
banco  di  Napoli,  e  dei  150,  tratti  teste  m  luce  dalla  relazione 
del  senatore  Inghilleri,  sull' inchiesta  per  le  spese  di  costru- 
zione  delle  strade  ferrate,  si  viene  a  concludere  che  le  divo- 
razioni,  compiutesi  nell'ultimo  quinquennio,  toccano  la  bella 
somma  di  oltre  50  milioni  ciascun  anno.  Vi  si  aggiungano 
tutti  gli  altri  ladronecci  scopertisi  fino  ad  ora,  e  gli  altrettanti 
che  non  si  scopriranno  mai,  e  si  dica  se  i  nuovi  Italiani  non 
sieno  degni  della  nuova  Italia,  fatta  come  il  d'Azeglio  la  con- 
fessava  fatta. 

Diego  Taiani,  essendo  ministro  guardasigilli,  nella  tornata 
del  1°  aprile  1879,  ragionando,  sino  da  allora,  del  gran  male 
dei  pubblici  latrocinii,  pot6  uscire  in  questa  proposizione,  che 
dai  deputati  si  ascolto  con  religioso  silenzio :  «  II  male  6  pro- 
fondo  ed  organico  >.  Ne  di  proferirla,  con  tanta  solennita,  ebbe 
torto;  poichfe  lo  Stato  italiano,  costituito  per  virtu  di  annessioni, 
dal  morale  principio  suo  costitutivo  necessariamente  doveva 
trarre  il  vigore  del  suo  sviluppo.  Dall'  Italia  superlativamente 
cosi  fatta,  avevano  da  uscire  pure  Italiani  cosi  fatti.  L'adagio 
della  Scuola:  Propler  quod  unumquodque  tale,  et  illud  ma- 
gis,  non  poteva  nemmeno  in  questo  caso  fallire;  ne  &  fallito. 

Anzi  il  vizio  organico,  contratto  ab  origine,  fa  ora  sentire 
a  tutto  il  corpo  del  regno  d' Italia,  giunto  alia  virile  eta,  le  con- 
seguenze  sue  piu  esiziali.  Se  volessimo  raccogliere  una  scelta 
delle  lamentevoli  descrizioni  e  delle  querimonie,  di  cui  ribocca 
al  presente  il  giornalismo  liberalesco,  avremmo  di  che  comporre 
un  volume.  Ma  ci  basti,  per  saggio,  riferirne  due.  Ecco,  sotto 
il  titolo  L'ltalia  ladra,  come  dianzi  si  sfogava  la  moderatissima 
Gazzeiia  di  Parma,  nel  settentrione  della  Penisola : 

«  Lo  spoglio  dei  giornali  ci  fornisce  una  lunga  cronaca  inte- 


IN    ITALIA  141 

ressantissima  dell'Italia  ladra.  La  legione  dei  cassieri  che  scap- 
pano,  dei  bancarottieri  che  si  rifanno  una  verginita.  commer- 
ciale  pagando  il  cinque  per  cento  ai  creditori,  delle  banche 
che  chiudono  gli  sportelli  e,  spalancando  la  cassa,  vi  lasciano 
scorgere  un  vuoto  desolante,  dei  commendatori  che,  per  com- 
binazione  fortunata,  si  fanno  tradurre  a  Regina  Coeli,  e  innu- 
merevole. 

«  Si  ruba  un  po'  dappertutto :  nelle  banche  e  nelle  pubbliche 
amministrazioni :  nelle  aziende  private  e  nei  dicasteri.  Lo  sbruffo 
e  la  via  maestra,  per  la  quale  soltanto  arrivano  felicemente  in 
porto  gli  affari :  il  successo  e  una  questione  d'  interessenza 
con  chi  sindaca  la  legalita  dei  mezzi  per  ottenerlo. 

«  Ne  si  deve  credere  che  la  corruzione  sia  unicamente  in 
alto  e  derivi  dall'  esempio.  No :  e  tutto  quanto  1'  ambiente  che 
e  guasto.  II  furto,  la  frode,  1' imbroglio  non  e  privilegio  di 
casta.  Se  gli  amrainistratori  di  certe  compagnie  ferroviarie 
rubano  agli  azionisti,  il  personale  ferroviario  ruba  ai  viaggia- 
tori,  i  cittadini  si  rubano  scambievolmente,  vendendo  merce 
avariata  o  differente  dal  campione. 

«  I  documenti  ufflciali  sovrabbondano  per  stabilire  con  certa 
scienza  che  1' Italia  non  e  che  una  vasta  trappola,  tesa  alia 
buona  fede  pubblica,  la  quale,  alia  sua  volta,  va  scomparendo, 
creando  cosi  essa  stessa  un  rimedio  al  male. 

«  Si  comprende  di  leggeri  come,  dato  un  siffatto  ambiente 
morale,  1'antico  e  poetico  brigantaggio  italiano  vada  scompa- 
rendo. Non  c'e  piu  sugo  ne  tornaconto  a  fare  il  brigante, 
quando,  per  riescire,  basta  essere  commendatori  *.  » 

Ed  il  Corriere  di  Catania,  dal  mezzogiorno,  col  suo  stile 
etneo,  dopo  paragonata  T  Italia  agli  acquedotti  di  Parigi  (vulgo 
cloache)  dedalo  gigan'tesco  di  melma  pestilenziale,  faceva  eco 
alia  Gazzetta  di  Parma  in  questi  termini:  «  Vengono  a  giorno 
le  latebre  della  corruzione  italiana,  delle  quali  non  si  era  intrav- 
veduto  sino  ad  oggi  che  qualche  lembo,  e  della  cui  esplora- 
zione  nessun  Governo,  impigliato  nelle  fatali  esigenze  del  par- 
lamentarismo,  ha  saputo  e  voluto  fare  il  suo  programma,  un 

1  Num.  del  10  novembre  1896. 


142  DI   DUE   INCENTIVI   DI    SOCIALISMO 

programma,  sul  quale  sarebbe  valsa  la  pena  di  vincere  puri- 
ficando  il  mondo  finanziario  ed  amministrativo  inquinati,  o  di 
cadere,  rimettendoci  la  croce  del  potere.  Gli  arresti  di  cassieri 
e  amministratori  municipali,  di  direttori  di  banche,  di  funzio- 
nari  di  dicasteri  centrali,  che  hanno  fatto  costare  500  mila  lire 
la  correzione  del  codice  Zanardelli,  e  sparire  cento  mila  lire  di 
tappezzerie  non  acquistate  mai,  si  moltiplicano  da  un'  ora  al- 
1'altra,  e  avrebbero  raggiunto  gia  una  cifra  spaventevole,  se  il 
mondo  parlamentare,  in  tutta  la  sua  estensione,  non  fosse 
divenuto  un'  immenso  sodalizio  di  malfattori,  cointeressati  a  de- 
linquere  e  ad  assicurarsi  reciprocamente  1'impunita. 

«  Chi  e  onesto  ?  chi  non  merita  la  taccia  di  divorare  tutto 
quanto  gli  cada  sottomano,  nelle  alte  sfere  dell'amministrazione 
e  della  banca  ?  chi  ha  il  diritto  di  portare  alta  la  fronte  e  di 
sfidare  senza  paura  le  inchieste  e  i  procedimenti  penali,  fra 
tanta  rovina  di  fame  immacolate  e  integerrime?  C'  e  qualcuno 
che  si  trovi  in  questa  eccezionale  condizione,  tra  i  privilegiati, 
che  dalle  Alpi  al  Lilibeo  guidano  comuni,  opere  pie,  ammini- 
strazioni  ed  istituti  di  ogni  genere  ed  importanza  ? 

«  Non  si  potrebbe  affermarlo.  Mold,  troppi  ancora,  non  col- 
piti  dalla  giustizia  penale,  pretendono  che  si  giuri  sulla  loro 
onesta.  Ma  certo  e  che  il  popolo  italiano  ha  tanta  coscienza  di 
quanto  c'  e  di  infetto  e  di  marcio  nella  vita  pubblica,  che,  se 
non  restasse  in  piedi  e  fuori  della  galera  nessuno  dei  pezzi 
grossi,  barbassori,  amministratori  e  despoti  del  giorno,  non  ne 
sarebbe  per  nulla  sorpreso. 

«  Perche  la  corruzione  si  e  sviluppata  in  cosi  larga  scala, 
che  puo  dubitarsi  che  vi  possano  essere  delle  eccezioni,  dei 
Baiardi  della  moralita,  senza  taccia  e  senza  paura  *.  » 

VI. 

Posta  questa  condizione  di  cose,  non  punto  esagerata  da 
scrittori  che  avrebbero  anzi  ogni  vantaggio  ad  occultarla  o 
sminuirla,  non  accade  dilungarsi  a  mostrarne  le  tristissime 

1  Num.  del  15  novembre  1896. 


IN   ITALIA  143 

conseguenze,  rispetto  ai  criterii  moral!  che  della  proprieta  il 
popolo  si  e  formati.  —  Dove  sono  tutti  ladri,  e  chi  piu  in  alto 
sta  piu  ruba,  il  diritto  del  possedere  si  considera  abolito.  Venga 
Toccasione  propizia,  e  noi  faremo  della  roba  di  questa  ladra 
borghesia  il  governo,  che  essa  fa  del  sangue  che,  colle  tasse, 
ci  spreme  dalle  vene.  Oggi  a  te,  dimani  a  me.  Intanto  rubi 
chi  puo,  solo  che  rubi  a  man  salva,  in  barba  al  codice  cri- 
minale  dei  borghesi. 

Cosi  si  odono  ragionare  le  plebi,  in  quella  che  i  signori 
delle  classi  dirigenti  insegnano  loro  di  continue,  col  malo  esem- 
pio,  la  dottrina  del  Mirabeau :  «  Chi  vuol  riuscire  nel  mondo, 
uccida  la  coscienza.  »  E  pur  troppo  siccome  ragionano,  cosi 
vengono  operando.  Di  cio  fanno  fede  le  statistiche  dei  delitti, 
tra  noi  sempre  in  via  di  acrrescimento.  Le  ultime  ci  offrono 
lo  spettacolo  del  loro  graduale  progresso,  in  queste  cifre.  Men- 
tre  del  1887  i  reati  denunziati  furono  526,000,  del  1890  mon- 
tarono  a  609,009;  del  1892  a  661,000;  e  del  1894  a  705,000: 
e  per  la  massima  parte  furono  reati  di  furto.  Sul  pessimo  esem- 
pio  dei  malfattori  crocesignati,  ben  si  vede  come  il  popolo 
ruit  in  peius,  con  un  progresso  di  civilta  a  rovescio,  o  piu 
tosto  con  un  regresso,  che  fa  tornare  alia  barbarie. 

Ma  6  soverchio  fermarsi  sopra  questo  incentive  podero- 
sissimo  di  socialismo,  che,  in  punto  di  ladrerie  del  pubblico 
denaro,  assegna  all' Italia  risorta  il  primato  europeo,  che  gik 
occupa  in  punto  di  omicidii. 

Non  basta  forse  per  s6  questa  ignominia,  a  confondere  le 
meraviglie  e  le  lamentazioni  della  borghesia  liberalesca,  per- 
che  la  lue  socialistica  tanto  nelle  plebi  nostre  si  propaga? 
Taccia  e  si  vergogni  di  piangere,  con  lagrime  da  coccodrillo, 
la  strage  che  nelle  coscienze  essa  mena;  e  lasci  a  noi,  catto- 
lici  o  clericali,  il  levare  alta  la  voce  in  riprovazione  di  si  or- 
rido  vitupero.  Noi  possiamo  levarla,  e  forte  e  sonante,  giac- 
chfe  noi  soli  possiamo,  a  fronte  scoperta,  mostrarci  netti  da  ogni 
complicity  nel  delitto  sociale  della  popolare  corruzione.  I  servi, 
i  ligi,  gli  addetti  al  liberalismo,  impauriti,  per  conto  della  loro 
borsa,  si  lambiccano  il  cervello  a  trovare  nel  loro  laicismo 


144 

civico,  nel  diritto  nuovo  da  loro  intronizzato  e  nel  libero  pen- 
siero  che  idolatrano,  il  modo  efficace  di  moralizzare  la  na- 
zione.  Ma  indarno,  poichfe  troppo  sono  faori  di  strada. 

II  modo  unico  e  vero  e  salutare,  a  cui  debbono  e  possono 
ricorrere,  &  quello  che  suggeriamo  noi  senza  stancarci :  ed  6 
d'instaurare  ab  imis  fandamentis  quelPordine  morale  e  reli- 
gioso,  che  essi  hanno  socialmente  distrutto,  appunto  per  fare 
a  lor  guisa  ed  utile  1' Italia. 

Bisogna  rifare  quel  cammino  a  ritroso,  al  quale  il  Papa 
Leone  XIII  non  cessa  di  esortare  gP  Italiani.  Se,  a  riparo  del 
male,  non  procurano  di  ristabilire  pian  piano  i  principii  del- 
Pimmutabile  giustizia,  senza  cui  i  Regni  e  gl' Imperil  crollano, 
ed  a  primo  elemento  della  educazione  pubblica  non  pongono 
la  fede  cristiana,  senza  cui  Ponest&  £  equivoca,  vanamente  si 
affaticano  &  moralizzare  il  popolo,  Pesercito  degP  impiegati 
e  le  turbe  dei  cassieri,  che  dalla  loro  scuola  civicamente  laica 
si  allevano.  Ai  furti  si  aggiungeranno  sempre  furti,  ai  delitti 
delitti ;  e  forse  il  di  verrk  nel  quale,  non  sapendo  piu  in  che 
maniera  salvare  dai  ladri  il  tesoro  pubblico,  si  rivolgeranno 
ai  frati,  come  gik  in  altri  tempi  si  fece,  afflnchfe  custodiscano 
essi  quel  poco  di  sucide  lirine  e  di  monetuzze  di  nichelio,  che 
i  patriotti  nel  fondo  delle  casse  avranno  lasciato. 


GLI  HETHEL-PELASGI 


LA  LACONIA 


SOMMARIO:  Confini  della  Laconia  e  qualita  delle  sue  terre.  Versi  di  Euri- 
pide  e  di  Omero.  L'epiteto  y.vjTwsaaa  e  il  nome  K^xsioi.  Opinion!  diverse 
di  Polluce,  Strabone,  Esichio  e  d'altri.  II  Taigeto,  il  Parnon  e  il  fiume 
Eurota.  Etimologie  de'  nomi  Lacedemone  e  Lelegi,  secondo  Esiodo  e 
Strabone.  Aristotele  intorno  all'antichita  e  diffusione  de'  Lelegi.  Se  i 
Lelegi  migrarono  da  Greta  in  Laconia  o  viceversa.  Dell'idioma  de'  Le- 
legi. Sparta  e  scarsita  de'  suoi  monumenti.  Giudizio  che  ne  da  Tucidide. 
Amicla  e  la  statua  di  Apollo.  Origine  orientale  de'  nomi  con  la  radice 
Ap.u-.  La  citta  di  Paris,  <Mptg  o  f&apai.  La  tomba  a  cupola  di  Vaphio. 
Altre  tombe  a  cupola  scoperte  dallo  Tsountas.  Gli  autori  delle  tombe 
a  cupola  nella  Laconia.  Opinione  del  Perrot  contraria  a  quella  di  Ero- 
doto  e  di  Ateneo.  Gli  Achei  nella  Laconia  e  nell'Argia.  I  Laconi  in 
Italia.  Conclusione. 

Dopo  P Arcadia  dobbiamo  dire  della  Laconia,  regione  anch'essa 
abitata  fin  dall'etk  piu  lontane  da'  Barbari  e  pero  da  preellenici 
al  pari  di  tutti  gli  altri  del  Peloponneso  preistorico.  E  primie- 
ramente  tornera  profiltevole  alle  nostre  ricerche  etnografiche 
il  mandar  innanzi  qualche  breve  notizia  della  natura  del  paese, 
de'  suoi  monti  e  de'  suoi  fiumi,  donde  meglio  si  potranno  cono- 
scere  Pindole  delle  genti  primitive  che  I'abitarono,  le  loro  virtu 
fisiche  e  morali  e  quanto  confer!  a  far  de'  Laconi  uno  de'  piu 
famosi  popoli  non  solo  del  Peloponneso  ma  di  tutta  la  Grecia 
eziandio,  della  quale  ebbero  un  tempo,  presso  che  universale 
signoria. 

La  Laconia  6  una  lunga  valle  chiusa  per  tre  lati  da  monti 
e  aperta  al  mare  dal  quarto.  I  suoi  confini  a  settentrione  son 
le  radici  delle  montagne  meridionali  di  Arcadia,  donde  partono 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1118.  10  4  gennaio  1897. 


146  GLI   HETHEI-PELASGI 

due  catene  di  monti,  dirigendosi  parallelamente  verso  il  mez- 
zodi  e  sono  il  Taigeto  e  il  Parnon  :  quello  divide  la  Laconia  e 
la  Messenia  e  va  a  terminare  al  proraontorio  del  Tenaro,  oggi 
Capo  Matapan,  la  punta  piu  meridionale  di  Grecia  e  d'Europa  ; 
1'altro  si  stende  lungo  la  costa  orientale  e  termina  al  promon- 
torio  di  Malea.  Lunghesso  tutta  la  valle  fra  due  file  di  mon- 
tagne  scorre  il  flume  Eurota  che  sbocca  al  mare  detto  Golfo 
Laconico.  Euripide  cosi  descrive  la  natura  delle  terre  della 
Laconia: 

IIoXuv  JJLEV  apotov,  exTiovetv  S'ou  p"a5cov 
Ko:Xr]  yap,  Spsac  raptSpofJiog,  ipor/ela  t£ 


Ha  vasti  campi  ma  legger  fatica 
Lavorarli  non  e.  Che  cava  e  d'aspri 
Monti  ha  corona  intorno  ed  a'  nernici 
Non  agevole  cosa  e  aprirsi  un  varco. 

Lo  stesso  poeta  fa  le  piu  belle  lodi  della  terra  dei  Messe- 
nii,  la  quale  peraltro  fu  nel  principio  parte  della  Laconia. 
Omero  chiama  Lacedemone  xrjiwsaaav,  epiteto  molto  disputato 
fra'  gli  eruditi  antichi  e  moderni. 


01  o'si^ov  xot'XrjV  AaxeSafywva  xrjiweaaav  2. 

Polluce  spiega  questo  epiteto  [AsyaXrjv,  omb  TWV  XYJTWV,  come 
similmente  spiega  i  Kfpmoi  del  v.  581  del  II  delPIliade,  ptsyaXoc, 
Magni  3.  Le  ragioni  di  Polluce  non  sono  degne  di  essere  discusse 
perch&  soprammodo  deboli  ed  arbitrarie.  Egli,  infatti,  crede  che 
Lacedomone  fu  chiamata  xYjuosaaa,  grande,  dalle  balene,  le  quali 
son  le  piu  grandi  fra  gli  altri  natanti  o  che  vivono  in  acqua; 
ovvero  per  cio  che  Lacedemone,  posta  non  lungi  dal  mare, 
nutre  di  somiglianti  cetacei,  od  anche  perchfe  ivi  il  mare  del 
continue  ne  getta  sul  lido  :  ^  GaXaaaa  aovs-/^  XT^T/]  ex^aXXet.  Se- 
nonch^  tan  to  K^ie-.c:  quanto  xTjicoeaaa  sono  diversamente  inter- 

1  EURIP.  fragm.  452. 
8  HOM.  //.  II,  581. 
3  POLL.  9,  20. 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  147 

pretati.  In  K^TEWL  Strabone,  Esichio  ed  altri  veggono  un  iOvwc&v 
per  Misii,  ed  anche  Alceo  disse  Kr^ewv  per  Muaov  *.  KrjTusaaa, 
scrive  Strabone,  ovvero  come  leggono  altri  xatstasaaa,  puo  deri- 
vare  da'  Ceti,  gran  mostri  marini,  dbtb  TWV  XTJTWV,  ovvero  dalla 
grandezza,  cio  ch'e  piu  probabile:  o-sp  5oxc!  T^Savwiepov  s?vai. 
Kacexaeaaa  poi  da  taluno  s'interpreta  per  xaXajjuvBwSy],  abbon- 
dante  di  calaminta,  cioe  di  menta  (cf.  Diosc.,  3,  43);  da  altri 
cavernosa,  perciocche  le  aperture  e  rotture  del  suolo  fatte  dai 
terremoti  diconsi  xaie-uot 2.  Ma  consta  altresi  che  il  nome  della 
menta  presso  i  Beoti,  secondo  Esichio,  e  xa:=Ta,  e  leggesi  pari- 
mente  nel  Lessico  Omerico:  Tive?  5e  xaXafjuvOwoyj-  xa'.sta^  (sic, 
senza  accento)  yap  cputbv  ft  xaXajr.vSo;  UTC'EVUDV  xaXel-rat  3.  Noi  cre- 
diamo  non  potersi  sciogliere  una  questione  fi-lologica,  il  cui 
soggetto,  cioe  la  voce  usata  da  Omero  parlando  di  Lacedemone, 
non  e  autentico,  leggendosi  dagli  uni  xrj-ooeaaav  e  dagli  altri 
xoasTaeaaav,  dove  le  radici  si  possono  agevolmente  identiflcare, 
ma  non  sono  per  nulla  identiflcabili  le  signiflcazioni. 

Due  catene  di  montagne  il  Taigeto  e  il  Parnon  corrono 
lungo  tutta  la  Laconia,  ma  differiscono  nella  forma  e  nella 
grandezza.  II  Taigeto,  TaOysiov,  TO  Tr/jyeiov  5po?,  ed  anche  al 
plurale,  ta  TaOysia  4,  Taygeta  di  Virgilio: 

.  .  . .  o  ubi  campi, 

Sperchiusque,  et  virginibus  bacchata  Lacaenis 
Taygeta    5  ! 

fu  celebre  per  la  caccia  e  per  Forgie  di  Bacco  e  pero  fre- 
quentato  dalle  donne  Laconie  che  vi  solevano  talvolta  giocare 
a  modo  delle  Baccanti.  La  sua  forma  espressa  da  Omero  nel- 
1'Odissea,  e  quella  della  lunghezza  7^pi|r/,xetov  6,  grande  cioe 
d'  ogni  parte,  e  massiccia,  perciocche  la  catena  non  e  quas 

1  Cf.  DE  CARA,  Gli  Hethei-?elasgi,  Vol.  I,  pp.  222,  223,  224,  40  7,  655. 
1  STRAP.  VIII,  V,  7. 

3  APOLL.,  Lex.  Horn.  s.  v.  xrpcossaav;  cf.  Thes.  Ling.  Gr.  pp.  1536,  1537, 
s.  v.  xyjTOjSTjs ;  e  pp.  809,  810,  s.   v.  Ka-.adag. 

4  POLYAEN.  VII,  49. 

8  VERG.,  Georg.  II,  487,  488. 
6  HOM.,  Odyss.  VI,  103. 


148  GLI    HETHEI-PELASGI 

interrotta,  come  quella  del  Parnon,  ma  si  avanza  maestosa 
per  70  miglia  dall' Arcadia  flno  al  Capo  Matapan.  II  Taigeto 
si  innalza  sopra  Sparta  e  la  sua  cima  principale  delta  antica- 
mente  TaXei6v,  oggi  S.  Elia,  raggiunge  P  altezza  di  2409  me- 
tri;  superba  vetta  sacra  al  sole  nelle  passate  eta,  e  a  cui  si 
offriva  sacrifizio  di  cavalli  e  d'altre  vittime.  La  Cappella  di 
S.  Elia  e  a'  di  nostri  la  rneta  d'  un  annuo  pellegrinaggio  che 
si  fa  a  mezza  estate. 

Questo  monte,  il  piii  eccelso  di  tutto  il  Peloponneso,  fu 
ricco  di  miniere  di  buon  ferro,  di  cave  di  marmo  e  di  por- 
fldo  verde.  Del  ferro  si  fece  uso  per  la  fabbrica  delle  armi, 
di  strumenti  di  agricoltura,  e  massimamente,  per  P  eccellenza 
della  tempera  detta  Laconica,  ebbero  fama  le  lime,  le  trivelle 
e  tutti  i  ferri  onde  si  lavora  la  pietra.  N£  fu  minore  la  copia- 
degli  animali  d'  ogni  sorta,  specialmente  de'  selvaggi  che  su 
per  que'  monti  selvosi  potevano  errar  liberamente,  ma  non  del 
pari  sicuramente,  mercecchS  le  cacce  sul  Taigeto  v'erano  fre- 
quenti  fln  da'  tempi  piu  remoti,  e  la  stessa  Artemide  vi  an- 
dava  armata  d'arco  e  di  turcasso  4,  seguita  da'  cani  famosi 
della  Laconia,  forti  e  coraggiosi  e  dagli  antichi  molto  cele- 
brati  2.  Anche  oggidi,  secondoche  narrano  i  viaggiatori,  la 
razza  de'  cani  laconii  serba  la  sua  flerezza 3.  Nelle  foreste,  come 
scrive  Pausania,  vanno  in  copia  scorrendo  camosci,  cinghiali, 
cervi  ed  orsi:  nape^s-coa  §£  xal  5c6Xou  16  TaOysTov  TWV  aiywv  toutwv 
$ypav  xal  uwv,  uXsiairjv  Se  xal  eXatftov  xal  dcpxtwv  4.  L'altra  catena 
dei  monti  e  detta  Parnon,  ma  dissimile  in  cio  dal  Taigeto, 
ch'essa  e  meno  elevata  ed  6  rotta  in  piii  parti  staccate.  Quella 
parte  della  catena  che  dicevasi  propriamente  Parnon  ed  oggi 
porta  il  nome  di  Malevd,  formava  il  natural  confine  tra  PAr- 
cadia,  la  Laconia  e  PArgolide.  La  sua  direzione  e  verso  il 
sud-est,  e  le  pendici  oriental!  che  si  stendono  flno  alia  costa  ad 


1  HOM.,  i.  c. 

2  ARISTOT.,  Hist.  An.  VI,  20;  XEN.,  de  Venat.  10,  §.  1;  VEUG.,    Georg. 
Ill,  405. 

3  MURE.,  Journ.  of  a  Tour  in  Greece  ecc.,  II.  231. 

4  PAUS.  Ill,  1,1. 


NEL   CONTINENTE  ELLENICO  149 

altezza  notevole,  comprendono  il  distretto  che  ha  nome  Tza- 
konia,  corruzione  del  nome  della  Laconia,  dove  si  conserva 
tuttora  un  dialetto  simile  al  greco  arcaico,  sebbene  il  Thiersch 
opini  che  gli  abitanti  di  Tzakonia  sieno  i  discendenti  degli 
antichi  Cinurii  *. 

Tra  il  Parnon  e  il  Taigeto,  per  quanto  e  lunga  la  valle, 
scorre  il  flume  Eurota,  Eupwia;,  ma  gli  antichi  suoi  nomi  fu- 
rono  Bwfxuxas  e  "Ifxepo?  2,  e  oggidi  prende  tre  diversi  nomi : 
Iris  nella  valle  superiore,  Niris  nella  media  e  dalla  valle  di 
Sparta  fino  al  mare,  Basilipotamd.  Ed  ora  passiamo  alia  qui- 
stione  del  nome  e  dell'origine  etnica  de'  Laconi  o  Lacedemoni 
o  Spartani  che  son  tre  nomi  della  stessa  gente. 

Stefano  di  Bisanzio,  parlando  di  Lacedemone,  Aaxc6~a''jj.wv, 
citta,  dice  che  per  sincope  si  ebbe  Aaxwv:  AeyeTa:.  xal  xa^a 
auyxoTujv,  Aaxwv;  ma  poi  soggiunge  che  Aaxwv  sembra  primi- 
tive e  non  sincope :  "Eoixs  5e  npwcdtuicav  elvat,  xal  ou  auYxorofj  3. 
Per  rispetto  all'origine  scrive  che  il  primo  nome  fu  Sparta 
da  Sparto,  flglio  di  Amiclante,  che  fu  figlio  di  Lelege,  che  fu 
flglio  di  Sparto  4.  Ma  Pausania  stima  che  i  Lelegi  furono  cosi 
cognominati  da  Lelege,  il  quale  fu  indigene  e  primo  regno 
nella  Laconia,  come  attestano  gli  stessi  Lacedemoni:  CQ;  5£ 
aOtol  Aaxe8ai|Aovioi  Xsyo-jat,  AeXs?  auio^Owv  wv  e(3aaiXei>ae  Tipwtos 
Iv  T?J  yfj  Ta'jTY],  xal  &xb  TO'JTOU  AeXsY£?  wv  ^PX£V  wvo[j,aa0r]aav  °. 
Esiodo  (fragm.  25),  seguito  da  Strabone,  da  al  nome  di  Le- 
legi etimologia  greca  da  Xeyw,  raccogliere,  radunare.  La  stessa 
natura  del  vocabolo,  scrive  Strabone,  mi  sembra  signiflcare 
che  (i  Lelegi)  anticamente  furon  certi  uomini  raccogliticci  e 
misti  di  varie  genti:  Tfj  yap  iiujioXoyca  TO  auXXsxiou;  yeyovfvai 
Tiva$  ix  TiaXaiou  xal  jxiyaSa?  acvLTTeaOac  |xot  Soxel 6.  Cotesta  etimologia 
suppone  che  il  nome  di  Lelegi  sia  greco,  cio  che  non  si  puo 

1  THIERSCH.,  Abhandlung.  der  Bayr.  Akad.  Vol    I,  p.  511  e  segg. 

*  Cf.  Etym.  M.  s.  v.;  PLUT.,  de  Fluv.  17. 
3  STEPH.  B.  s.  v.  Aaxe&aijicov. 

*  STEPH.  B.  1.  c. 

5  PAUS.  Ill,  1,  1. 

6  STRAB.  VII,  VII,  2. 


150  GLI   HETHEI-PELASGI 

ragionevolmente  concedere.  I  Lelegi  furono  popoli  barbari 
preionii  nell'Asia  e  preellenici  in  Grecia.  La  loro  condizione 
di  barbari,  secondo  Strabone,  si  puo  congetturando  raccogliere 
a  questo  segno  ch'  essi  faron  compagni  de'  Carii,  e  come  da 
altri  si  opina,  la  stessa  gente  de'  Carii,  ovvero  coabitanti  con 
questi  e  commilitoni.  Nella  Caria  si  veggono  in  molti  luoghi 
castelli  deserti  de'  Lelegi,  e  tombe  che  tuttora  si  chiamano 
Lelegii,  AsXeyca  xaXo'jfxsva.  Quella  che  ora  dicesi  Ionia,  fu 
prima  tutta  abitata  da'  Lelegi  e  da'  Carii.  Sede  antica  dei 
Lelegi  furono  i  luoghi  vicini  all'  Ida  presso  Pedaso  e  il  flume 
Satnioente.  Ma  Lelegi  e  Carii  come  il  rimanente  delle  genti 
pelasgiche,  delle  quali  anch'  essi  furono  non  piccola  parte, 
vagarono  pertutto  e  fln  dalla  piu  remota  antichita,  come  dimo- 
strano  le  Repubbliche  di  Aristotele.  Ed  in  vero  nelle  Repub- 
bliche  dell'Acarnania,  dell'Etolia,  degli  Opunzii,  de'Megaresi, 
de'  Leucadii  e  nella  Beozia,  Aristotele  trova  che  i  loro  popoli 
primitivi  furono  Lelegi.  Ci  son  parimente  ricordati  i  Lelegi 
dagli  antichi  scrittori  nelle  isole  dell'  Egeo  ed  a  Greta  al  tempo 
di  Minosse ;  a  Chio,  a  Samo,  in  tutta  la  costa  che  e  tra  Efeso 
e  Focea,  in  parte  della  Caria,  a  Mindo,  a  Suangela,  nella  Pisi- 
dia,  e  flnalmente  nel  continente  ellenico  come  nella  Beozia  e 
nel  Peloponneso  J. 

In  tutte  le  contrade  d'Asia  Miuore,  della  Grecia  e  delle 
isole,  dove  abbiamo  veduti  i  Lelegi  soli  o  in  compagnia  de'Carii, 
vedemmo  gia  i  Pelasgi  e  dello  stesso  tempo,  il  che  fa  mani- 
festo segno  che  i  nomi  de'  Lelegi,  de'  Carii  ed  altrettali  por- 
tati  da  codesti  barbari,  sono  nomi  particolari  onde  si  distingue- 
vano  le  numerose  popolazioni  appartenenti  alia  grande  fami- 
glia  nota  sotto  il  generale  appellativo  di  Pelasgi.  L'etimologia 
dunque  del  nome  di  Lelegi  mal  si  ricerca  nelle  lingue  arie, 
perciocche  tutti  i  popoli  barbari  d'Asia  e  di  Grecia  preesi- 
stettero  agli  Arii  che  verranno  a  formar  prima  una  parte  e 
poi  il  tutto  delle  genti  elleniche  o  greche  del  continente  asia- 
tico,  delle  isole  dell'  Egeo  e  della  Grecia  propria.  Nel  nostro 
1°  Volume  scrivemmo  a  lungo  de'  Lelegi,  delle  loro  abitazioni, 

1  STEAB.  VII,  VII,  2;  XIII,  1,  58,  59;  IX,  11,  3;  XIV,  I,  G. 


NEL   CONTINENTE    ELLENICO  151 

della  loro  ceramica,  delle  torabe,  della  parentela  co'  Misii  e 
dell'etimologia  del  nome  loro,  e  ad  esso  rimandiamo  il  cor- 
tese  lettore  i. 

La  questione  che  si  potrebbe  fare  per  rispetto  a'  Lelegi 
della  Laconia,  e  quella  di  sapere  se  essi  vi  sieno  venuti  ad 
abitare  al  tempo  stesso  che  li  vediamo  al  servizio  di  Minosse 
nelP  isola  di  Greta,  e  gia  valenti  nell'arte  nautica  e  militare ; 
ovvero  se  dalla  Laconia  passarono  a  Greta  o,  finalmente,  da 
questa  in  Laconia.  Attesa  la  speciale  qualita.  di  navigator 
de'  Lelegi-Carii,  la  priraa  ipotesi  non  ci  sembra  punto  impro- 
babile,  conciossiache  nulla  vietasse  che  uno  stuolo  di  navi 
lelegie  si  dirizzasse  verso  Greta  mentre  un  altro  andasse  ;ad 
esplorare  i  lidi  e  le  terre  della  Laconia,  essendo  Tuna  a  dirim- 
petto  dell'altra,  1'  isola  di  Greta  e  la  terra  di  Laconia.  Che  se 
poi  si  voglia  fare  la  scelta  fra  le  due  rimanenti  ipotesi,  se 
cioe  i  Lelegi  venissero  da  Greta  in  Laconia  o  dalla  Laconia 
tragittassero  a  Greta,  noi  stiraiamo  piu  probabile  la  prima  che 
la  seconda  e  per  la  ragione  dianzi  indicata,  che  i  Lelegi,  gente 
di  mare,  prescelse  naturalmente  le  vie  di  questo  al  migrare, 
che  non  le  vie  di  terra  piu  lunghe,  disagevoli  e  non  conformi 
al  loro  genio.  Ondeche,  secondo  noi,  prima  si  volsero  a  Greta 
e  poi  da  Greta  alia  Laconia. 

Dell'  idioma  de'  Lelegi  non  altro  sappiamo  se  non  che  do- 
vette  esser  il  medesimo  che  quello  de'  Carii,  sia  perche  vis- 
sero  sempre  insieme  Lelegi  e  Carii,  e  sia  perche,  secondo 
alcuni,  questi  due  nomi  segnano  uno  stesso  popolo.  E  poiche 
dell'  idioma  de'  Garii,  de'  Misii  e  di  tutti  i  popoli  barbari  del- 
1'Asia  Minore  fu  da  noi  discorso  nel  1°  Vol.  di  quesfopera, 
non  porta  il  pregio  di  ritornarvi  sopra.  Leggevamo  pertanto 
con  molto  piacere,  nella  Revue  critique,  la  recensione  che  del 
libro  del  Kretschmer  fa  1'Henry,  valente  glottologo  francese. 
L'opera  pubblicata  quest'anno,  ha  per  titolo :  Einleitung  in 
die  Geschichte  der  griechischen  Spraclie,  cioe  «  Introduzione 
alia  storia  della  lingua  greca  ».  A  proposito  delle  lingue  del- 
1'Asia  Minore  il  dotto  Autore  dice  quel  che  noi  abbiamo  sem- 

1  DE  CARA.  o.  c.  pp.  312,  317,  265,  267.  268,  278,  390,    445,  616.  669. 


152  GLI   HETHEI-PELASGI 

pre  scritto  e  che  P  Henry  compendia  in  queste  parole  :  «  Les 
langues  de  I'  Asie-Mineure,  lycien,  cilicien,  carien,  lydien,  pi- 
sidien,  etc.,  minutieusement  eludiees  dans  les  elements  donl 
se  composent  les  appellatifs  qu'elles  nous  out  Ugues,  ne  tra- 
hissent  rien  d'une  origine  indo-europdenne,  et  les  rappro- 
chements qu'il  est  donne  de  relever  ca  el  la  sont  factices,  dus 
d  des  emprunts  ou  a  de  simples  coincidences  *. 

A'  Lelegi,  primi  abitanti  della  Laconia,  successero  nella 
signoria  e  regnarono  a  Sparta  i  Principi  Achei  con  Menelao, 
fratello  di  Agamennone  e  il  costui  flglio  Oreste  e  poscia  Tisa- 
meno  flno  all'invasione  dorica.  Della  citta  di  Sparta,  illustre 
per  la  sua  potenza  guerriera,  come  quella  che  fu  delta  madre 
di  capitani,  poco  ci  e  noto  e  si  puo  certamente  affermare 
aver  Tucidide  colto  nel  segno  allorche  dello  stato  e  della  fu- 
tura  condizione  di  Sparta  scriveva  :  «  Se  la  citta  de'  Lacedemoni 
divenisse  deserta  e  ne  restassero  solamente  in  piedi  i  templi 
e  Faree  degli  edifizi,  opino  che,  trascorso  un  lungo  tempo,  poco 
crederebbero  i  posteri  alia  fama  della  loro  potenza,  avvegnache 
delle  cinque  parti  del  Peloponneso  due  sieno  in  loro  balia,  e 
comandino  a  tutto  il  resto  e  a'  molti  alleati  fuori  del  Pelopon- 
neso 2.  »  E  ne  da  questa  ragione  :  «  Imperocche  non  essendo 
fabbricata  la  citta  a  case  contigue,  ne  avendo  templi  ed  altri 
ediflzii  di  grande  splendore,  ma  essendo  formata  secondo  1'an- 
tico  costume  di  Grecia,  di  sparsi  villaggi  o  paghi  (xatoc  xw^ag 
8£  TO)  TuaXaao  TTJC;  cEXXa§oc;  tponw  owaaSeforjj),  non  da  mostra  di 
grande  ampiezza.  Ma  se  la  cosa  medesima  intervenisse  agli 
Ateniesi,  dalla  manifesta  bellezza  delle  rovine  della  citta  si 
penserebbe  essere  stata  la  loro  potenza  due  cotanti  piu  che 
in  fatto  non  e  3.  » 

Nella  pianura  di  Sparta  e  a  poca  distanza  da  lei,  sorgevano, 
prima  dell'  invasione  dorica,  altre  citta  d'origine  achea,  Amicla, 
e  Paris,  delle  quali  diremo  qui  succintamente. 

Amicla,    'AjiuxXai,   sulla   destra   riva    dell'Eurota   e  a  20 


1  V.  HENRY,  nella  Rev.  crit.  d'hist.  et  de  lift.,  15  Juin  1896,  p.  467. 
*  THUCYD.  I,  X. 
3  THUCYD.  1.  c. 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  153 

stadii  da  Sparta  verso  mezzodi,  fu  chiara  in  tutto  il  Pelopon- 
neso  a'  tempi  eroici.  Le  si  da  per  fondatore  Araicla  o  Ami- 
clante,  padre  di  Giacinto,  e  dicesi  parimente  essere  stata  la 
sede  di  Tindaro  e  de'  Dioscuri  Castore  e  Polluce,  chiamati 
Amyclaei  Fratres.  Oraero  la  ricorda  in  quel  verso: 

0?  t'ap  'A|iuxXa£  efyov.  "EXcc;  x's-^aXov  TiToXceOpov  l. 


Adoravano  gli  Amiclei  Apollo,  la  cui  statua  colossale  e  il  trono 
furono  molto  celebrati  e  se  ne  pud  leggere  la  minuta  descri- 
zione  in  Pausania  2.  La  statua  era  d'almen  30  cubiti  ;  antica 
e  fatta  senz'arte,  poiche  dalle  mani,  da"  piedi  e  dalla  testa 
infuori,  il  rimanente  e  simile  a  una  colonna  di  bronzo.  In  testa 
ha  1'elmo,  e  nelle  mani  Tarco  e  la  lancia.  II  de  Ronchaud 
nondimeno  trova  che  questo  simulacro  di  Apollo  Amicleo  segna 
un  qualche  progresso  nell'arte  per  rispetto  aglMdoli  di  legno 
(xoana\  dove  la  forma  umana  si  vedeva  appena  indicata  3. 
L'  Apollo  Amazzonio,  di  cui  scrivemmo  altrove  e  che  fu  cosi 
denominato  dalle  Amazzoni,  le  quali  dal  Termodonte  ne  ave- 
vano  portato  1'  imagine  e  il  culto  in  Grecia,  era  di  legno  4. 
II  sito  di  Amicla  e  tuttora  incerto.  Altri  la  pose  a  Skla- 
vokhdri,  ma  il  Leake  suppose  ch'essa  dovette  sorgere  tra 
Sklavakhdri  e  Sparta,  sopra  il  colle  di  Aghia  Kyriaki  mezzo 
miglio  distante  dall'Eurota  5.  Anche  in  Italia  sulla  costa  della 
Campania  fra  Terracina  e  Gaeta,  nelle  maremme  sotto  Fondi, 
vi  fu  un'  Amicla,  di  cui  Marziale: 

Caecuba  Fundanis  generosa  coquuntur  Amyclis  6, 

ma  che  cesso  d'esistere  al  tempo  di  Plinio,  lasciando  il  suo 
nome  al  «  Sinus  Amyclanus  »  7.  Si  vuol  fondata  da  una  banda 
di  Laconi  che  avrebbero  abbandonato  la  patria  loro,  Amicla, 

1  Horn.  11  II,  584. 

2  PAUS.  Ill,  XVIII,  9  e  segg.;  Ill,  XIX,  2. 

3  Cf.  Dictionn.,  SAGLIO,  p.  318,  s.  v.  Apollo. 
*  Cf.  DE  CARA,  o.  c.  p.  532. 

5  LEAKE,  Morea,  Vol.  I,  p.  135  e  segg.;  Peloponnesiaca,  p.  162. 

MARTIAL.  XIII,  115. 
7  PLIN.  H.  N.  XIV,  8. 


154  GLI   HETHEI-PELASGI 

infestata  da  sciami  di  serpenti.  Che  che  sia  delle  leggende 
d'Amicla  campana  e  laconica,  questo  solo  ci  sembra  doversi 
notare,  che  i  nomi  con  la  radice  AJJIU-  manifestano  non  dubbia- 
mente  origine  orientale.  Tali,  a  cagion  d'esempio  sono  :  'A|iu- 
•/Xai  o  'A[Au  xXa  ;  "A|xu-p-oc,  citta  della  Tessaglia  presso  il  flume 
dello  stesso  nome  che  sbocca  nel  lago  Bebeide  ;  'A[iu-£wv,  citta 
della  Caria,  le  cui  rovine  esistono  sul  lato  orientale  del  monte 
Latmo,  lungo  la  via  da  Baft  a  Tchisme1,  "A{iu-/.-o;,  flglio  di 
Nettuno,  Re  de'  Bebrici  nella  Bitinia  ;  figlio  di  Priamo  ;  figlio 
di  Oflone,  un  Centauro;  "A{iu-^vot  o  'Ajiu-ii-ove?,  popolo  del- 
1'Epiro  2;  'Ajiu-ixwvY],  flglia  di  Danao;  'A[iu-v-To>p,  padre  di  Fenice, 
e  parecchi  altri  3.  Nel  nostro  libro  :  Gli  Hyksos  o  Re  Pastori 
d'Egitto,  trattammo  a  lungo  degli  Amu,  popoli  della  Siria  set- 
tentrionale  e  dimostrammo  con  le  iscrizioni  geroglifiche  della 
XVIII  e  XIX  dinastia,  Tidentita  loro  con  gli  Hyksos  e.i  Kheta 
(Hethei)  del  poema  di  Pentaur  4.  Non  e  pertanto  inverosimile 
che  la  radice  Amu  o  Amy  che  fu  il  nome  de'  popoli  della 
Siria  settentrionale,  i  quali  appartennero  alia  confederazione 
de'  Rutennu  e  poscia  degli  Hethei,  si  trovi  in  nomi  personali 
e  locali  dell'  Asia  Minore  e  della  Grecia,  dove  migrarono  gli 
Hethei-Pelasgi,  e  pero  gli  Amu  ch'erano  anch'essi  della  stessa 
famiglia. 

Un'altra  delle  cento  citta  della  Laconia  fu  Faris  (Oapts,  o 
<Dapc£,  <Dapaf)  e  cosi  e  nominata  nelPIliade: 

Oaptvis,  27Eapt7]vt£  TioXuTp^pwva  te  Meaarjv  5. 


Pausania  pero  riferisce  che  gli  Spartani  e  le  genti  vicine  la  chia- 
mavano  Pharae,  uu6  Se  T&V  ZTiapTtaTwv  xai  Tipoaoi'xwv  xaXou{xsva)v 
<Dapa£  6.  Era  posta  nella  pianura  di  Sparta  sulla  via  da  Amicla  al 
mare,  e  fu  citta  antica  degli  Achei.  Faris  e  stata  riconosciuta 

1  LEAKE,  Asia  Minor,  p.  238. 
4  STEPH.  B.  s.  v.  Xaovta. 

3  NONN.  41,  153. 

4  DE  CARA,  Gli  Hyksos  o  He  Pastori  d'Egitto,  Aamu  o  Amu,  pp.  133, 
167,  168,  169,  176,  177,  181,  229,  234,  265,  268,  272,  273,  322,  323,  837. 

B  HOM.  II.  II,  582. 
6  PAUS.  IV,  XVI, 


NEL    CONTINENTE    ELLENICO  155 

nel  villaggio  abbandonato  di  Vaphio  o  Bafid,  che  sta  a  mez- 
zodi  del  posto  dove  fu  Amicla  e  che  pare  essere  stato  presso 
Godena  '.  Nelle  vicinanze  del  flume  Eurota  vedesi  una  col- 
lina  isolata  con  due  vette,  donde  si  domina  tutta  la  pianura. 
La  cima  piii  alta  porta  il  nome  di  Paliopyrgos,  1'altra  e  co- 
ronata  da  una  tomba  preistorica  a  cupola,  che  nota  prima  e 
ricordata  da  parecchi  viaggiatori  e  archeologi,  non  fu  esplo- 
rata  debitamente  se  non  dallo  Tsountas  nel  1889,  per  com- 
missione  della  Societa  archeologica  di  Atene.  La  ricchezza  e 
varieta  della  suppellettile  di  questa  tomba,  simile  alle  tombe 
d'Orcomeno  e  di  Micene  nella  parte  architettonica,  resero  im- 
mortale  il  nome  di  Vaphio  dove  fu  scoperta,  e  quello  del  suo 
fortunate  e  dotto  scopritore.  Noi  qui  descriveremo  brevemente 
la  tomba  e  ricorderemo  cio  che  vi  fu  trovato  e  trasportato 
al  Museo  della  Societa  in  Atene. 

La  tomba  quando  fu  visitata  dallo  Tsountas,  era  in  catti- 
vissimo  stato :  la  cupola  era  crollata  e  1'architrave  della  porta 
giaceva  a  terra;  de'  due  pieritti  1'uno  era  intero  e  delPaltro 
avanzava  una  sola  meta.  Essa  per  la  sua  posizione  sopra  un 
colle  e  per  la  sua  forma  conica,  doveva  farsi  vedere  di  lon- 
tano  e  chiamar  1'attenzione  de'  ricercatori  di  tombe  e  di  te- 
sori.  II  corridoio,  5p6[xoc,  che  conduce  alia  tomba  e  lungo  quasi 
30  metri,  (29m,  90);  il  diametro  della  rotonda  piu  di  10.  Da- 
vanti  la  porta  vi  e  una  fossa  scavata  che  serviva  per  i  sa- 
grifizii.  Nel  centro  della  rotonda  sepolcrale  o  tholos,  una  fossa 
quadrangolare  chiusa  da  lastre  di  pietra,  racchiudeva  il  tesoro 
o  gli  oggetti  preziosi,  gemme  con  intagli,  gioie  ed  armi  d'oro, 
d'argento  e  di  bronzo,  specchi  e  due  tazze  d'oro  con  rilievi 
lavorati  a  sbalzo  che  sono  una  maraviglia  per  la  verita  ond'e 
figurata  la  scena,  dove  si  veggono  tori  selvaggi  in  diverse 
attitudini  e  tutte  naturali,  e  gli  uomini  che  danno  loro  la  cac- 
cia.  Chi  sia  vago  di  leggere  la  descrizione  artistica  partico- 
lareggiata  di  queste  tazze  puo  consultare  il  Perrot 

1  CONZE  e  MICHAELIS,  Annal.  dell'lstit.  di  correspond,  archeolog.  1861, 
p.  48  49. 

*  PERROT,  Hist,  de  I' Art  dans  VAntiquiti,  Vol.  VI,  p.  784  e  segg-. 


156  GLI    HETHEI-PELASGI 

Due  altre  tombe  scavate  nella  roccia  furono  scoperte  a  pochi 
minuti  dal  villaggio  di  Godena  a  mezzodi  e  a  levante  di  Mah- 
mud-Bey.  Lo  Tsountas  scopriva  parimente  a  sud  est  di  Sparta 
e  alia  distanza  di  sei  ore  di  cammino,  una  tomba  a  cupola  in 
una  piccola  pianura  circondata  quasi  d'ogni  parte  da'  contraf- 
forti  del  Taigeto,  e  che  chiamasi  Arkinae  o  Archina.  La  tomba 
sia  per  le  dimensioni  e  sia  per  la  suppellettile  non  e  gran 
cosa.  Uif  altra  simile  a  questa  fu  dallo  stesso  archeologo  sco- 
perta  dal  lato  occidentale  del  Taigeto  e  a  vista  del  golfo  Mes- 
seniaco,  nel  demo  di  Abbia,  a  due  ore  da  Kardamyle  verso 
il  settentrione  e  nelle  vicinanze  deH'antica  Gerenia.  La  sup- 
pellettile e  piii  copiosa  e  piu  ricca  della  precedente,  e  fra  gli 
altri  oggetti  si  trovarono  due  statuette  di  piombo,  Tuna  di 
uomo,  Paltra  di  donna. 

II  Perrot  spiega  la  presenza  delle  tombe  a  cupola  in  La- 
coma,  appoggiandosi  a  cio  che  scrissero  Erodoto  e  Strabone 
intorno  le  migrazioni  de'  Tessali  in  Beozia,  donde  si  partivano 
de'  Minii  ed  altre  tribu  beote  e  venivano  a  porre  stanza  sulle 
pendici  e  nella  valle  del  Taigeto,  dove  rinnovarono  i  nomi 
d'Arne  e  di  Leuctra,  e  co'  nomi,  secondo  il  Perrot,  vi  avreb- 
bero  portato  Tarte  di  que'  sepolcri  a  cupola,  de'  quali  ave- 
vano  un  esemplare  insigne  ad  Orcomeno  in  Beozia  *.  Erodoto 
al  libro  IV,  capo  CXLV  cosi  scrive:  «  I  nepoti  degli  Argo- 
nauti,  cacciati  da  Lemno  da  que'  Pelasgi  che  avevano  rapite 
da  Braurone  le  donne  degli  Ateniesi,  avevano  navigato  alia 
volta  della  Laconia,  dove  si  fermarono  sul  Taigeto  e  vi  ac- 
cesero  il  fuoco.  »  Qui  e  nel  seguito  del  racconto  Erodoto  non 
parla  se  non  de'  Minii  di  Lemno  nepoti  de'  Minii  Argonauti  e 
non  gia  d'una  migrazione  di  Minii  e  di  Beoti  dalla  Beozia.  Al 
capo  CXLIX  non  si  parla  di  Minii,  si  bene  nel  capo  prece- 
dente, ma  in  questo  non  v'e  allusione  a  migrazioni  dalla  Beo- 
zia. Da  quanto  dice  Erodoto  cio  solo  possiamo  dedurre,  che 
sul  Taigeto  in  Laconia  vi  furono  de'  Minii  venuti  da  Lemno, 
il  che  ci  sembra  sufficiente  per  ispiegare  le  tradizioni  arti- 
stiche  riguardanti  le  tombe  a  cupola  de'  Minii,  recate  in  La- 

1  PERROT,  o.  c.  p.  410  e  segg. 


NEL   CONTINENTS   ELLENICO  157 

conia,  perciocche  nulla  vieta  d'ammettere  che  le  tradizioni  di 
faraiglia  si  conservassero  in  Beozia  come  a  Lemno.  D'altra 
parte,  convien  ricordare  che  prima  dell'invasione  dorica  la 
Laconia  fa  nella  signoria  degli  Achei,  de"  quali  scrivemmo 
esser  venuti  dall'Acaia  Ftiotide  nel  Peloponneso  condottivi  da 
Pelope.  Del  resto,  la  conseguenza  che  si  vuol  trarre  dalle  cose 
finora  esposte  e  sempre  la  stessa,  qualunque  tradizione  si  vo- 
glia  seguire  intorno  le  tombe  a  cupola  della  Laconia.  Impe- 
rocche  siifatto  genere  di  costruzioni  che  troviamo  in  Laconia, 
nell'Attica  e  nella  Beozia,  si  vede  nell'Asia  Minore,  donde  i 
Carii-Lelegi  ed  altre  tribu  hetheo-pelasgiche  seco  lo  recarono 
nelle  isole  e  sul  continente  ellenico  nelle  loro  migrazioui.  Onde- 
che  le  tombe  a  cupola  si  possono  attribuire  agli  Achei  come 
a'  Minii  e  ad  altri  popoli  preistorici  di  Grecia,  perciocch&  fu- 
rono  tutti  d'origine  hetheo-pelasgica. 

Senonche  metterk  bene  riflettere  che  se  Pelope  si  trasse 
dietro  gli  Achei  della  Ftiotide,  il  maggior  numero  tuttavia  delle 
tribu  che  seco  vennero  d'Asia  in  Grecia,  fu  certamente  di 
Frigii  e  di  Lidii,  cio  che  per  noi  e  di  grande  importanza  per 
rispetto  alle  tombe  a  cupola  ed  a'  tumuli  che,  secondo  Ateneo, 
si  vedevano  in  tutto  il  Peloponneso.  Citiamo  qui  il  passo 
prima  in  volgare  e  poi  nel  greco  idioma.  «  Veggonsi  pertutto 
nel  Peloponneso,  ma  nella  Laconia  massimamente,  grandi  tu- 
muli che  dicono  esser  tombe  di  que'  Frigii,  i  quali  seguirono 
Pelope.  »  'looic,  S'av  xal  Tffe  IIsXo^ovv^oou  Tr^via^ou,  [xaXtata  3e  Iv 
i  )ra)[iaT:a  jAiyaXa,  a  xaXoOai  Ta^ous  T&v  [Asia  TiiXoKOC, 
La  ragione  di  questo  fatto  1'abbiamo  dallo  stesso 
autore  nel  periodo  precedente  che  dice  cosi :  «  La  Frigia  e  la 
Lidia,  nazioni  barbare,  furono  conosciute  da'  Greci  dal  tempo 
che  Lidii  e  Frigii  discesero  nel  Peloponneso  in  compagnia  di 
Pelope.  Imperocche  nella  Lidia  e  il  Sipilo,  e  da  essa  mold 
1'accompagnarono  al  pari  de'  Frigii,  non  solamente  perche  son 
confinauti  ma  per  cio  eziandio  ch'erano  soggetti  a  Tantalo  2.  » 
Di  che  si  puo  conchiudere  primieramente  che  Tuso  delle  tombe 

1  ATHEN.  Deipnosoph.,  XIV,  p.  625. 
1  ATHEN.  1.  c. 


158  GLI   HETHEI-PELASGI 

a  forma  di  grand!  tumuli  fu  comune  nell'Asia  Minore,  e  ch'esso 
fa  tanto  proprio  de'  Carii  e  de'Lelegi,  quanto  de'  Lidii  e  del 
Frigii  ;  e  secondamente,  che  siffatto  uso  fu  introdotto  in  Grecia 
e  specialmente  nella  Laconia,  da'  popoli  asiatici  venuti  con 
Pelope,  donde  sempre  piu  si  conferma  che  la  Laconia  fu  nel 
principio  occupata  e  tenuta  dagli  Hethei-Pelasgi,  essendoche 
Lelegi,  Achei  Ftioti,  Frigii  e  Lidii  preistorici,  ciofe  gli  Asii,  fu- 
rono  tutti  popoli  hethei-pelasgici. 

Ma  la  tradizione  antica  riconobbe  ne'  Laconi  origine  pe- 
lasgica  come  negli  Argivi,  e  pero  queste  due  denominazioni 
etniche  di  Laconi  e  di  Argivi  furono  scambiate  fra  loro  non 
altrimenti  che  le  due  regioni  della  Laconia  o  Lacedemonia  e 
1'Argia.  Strabone,  infatti,  scrive  gli  Achei  Ftioti  aver  abitato 
la  Laconia,  e  che  per  1'eccellenza  del  loro  valore  il  Pelopon- 
neso  fin  da'  piu  antichi  tempi  chiamato  Argo,  prese  dagli 
Achei  il  nome  di  Argo  Acaico;  n&  il  solo  Peloponneso,  ma 
la  Laconia  in  particolar  modo,  porto  questo  nome:  e  percio 
quelle  parole  del  Poeta  :  Dov'era  Menelao  ?  Non  era  forse  in 
Argo  Acaico? 


TIOU  MevsXaog  erjv; 

r)  oux  "Apyeo?  f;sv  'Ax^xoO;  (Od.  Ill,  249,  251). 


si  sogliono  interpretare  :  Non  era  forse  in  Laconia  '  ?  E  cosi 
Elena  e  detta  da  Omero  'Apysca  e  da  Virgilio  Argiva,  ed  era 
moglie  di  Menelao  Re  di  Sparta.  Servio  poi  dice  i  Pelasgi 
coloni  de'  Lacedemoni:  De  his  (Pelasgis)  varia  est  opinio; 
nam  alii  eos  db  Atheniensibus,  alii  a  Thessalis  dicunt  origi- 
nem  habere  2. 

Questa  varieta  di  nomi  sotto  i  quali  ci  si  danno  a  vedere 
i  Pelasgi,  dimostra  sempre  una  cosa  sola  da  noi  mille  volte 
ripetuta,  essere  cioe  le  primitive  popolazioni  della  Grecia  le 
ramificazioni  della  grande  famiglia  degli  Hethei  di  Siria, 
d'Asia  Minore  e  del  Ponto,  un  di  fra  loro  confederati  e  con 
propri  nomi,  e  poscia  dispersi  per  le  isole  e  i  continenti  di 

*  STRAB.  VIII,  V,  5. 

*  SERV.  ad  VERG.  Aen.  VIII. 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  159 

Grecia  e  d'ltalia.  Quando  percio  si  dice  che  i  Pelasgi  abbiano 
la  loro  origine  dagli  Ateniesi,  da'  Laconi  e  da'  Tessali,  nul- 
1'altro  si  puo  intendere  se  non  che  1'Attica,  la  Laconia  e  la 
Tessaglia  furono  nel  principio  sedi  de'  popoli  pelasgi,  come 
PArcadia,  la  Macedonia,  la  Tracia,  1'Epiro,  il  Peloponneso  e 
tutta,  insomma,  la  Grecia  primitiva,  al  pari  delle  isole  del- 
1'Egeo  e  di  buona  parte  d'ltalia  meridionale  e  centrale. 

E  di  vero,  per  quel  che  si  attiene  al  nostro  discorso 
su'  Laconi  in  relazione  con  1'Italia,  narrano  gli  antichi  esser 
i  Bruzii,  i  Campani,  i  Sabini,  i  Sanniti  e  i  Tarentini  colonie 
de'  Laconi.  Accennammo  gia  ad  Amicla,  cittk  antichissima  fra 
Gaeta  e  Terracina,  di  cui  cosi  scrive  Servio :  Inter  Caietam 
et  Tarracinam,  oppidum  constitutum  est  a  Laconibus,  qui 
comites  Castoris  et  Pollucis  fuerunt,  et  cum  Glauco,  filio  Mi- 
nois,  in  Italiam  venerunt,  et  ab  Amyclis,  provinciae  suae 
Laconicae  civitate,  ei  inditum  nomen  est  '.  II  verso  di  Vir- 
gilio  qui  commentato  e: 

....  ditissimus  agri 
Qui  fuit  Ausonidum,  et  tacitis  regnavit  Amyclis. 

Ma  piu  particolarmente  si  assegna  a' Sabini  origine  laco- 
nica  da  Giustino  2,  da  Dionisio  di  Alicarnasso  3,  il  quale  si  rife- 
risce  alle  storie  loro  domestiche ;  da  Plutarco  4 ;  da  Servio  5 
che  cita  Catone  ed  Aulo  Gellio,  e  da  Gemisto  6.  II  testo  piu 
importante  di  Dionisio  dove  afferma  che  le  storie  patrie  dei 
Sabini  fanno  venir  i  Lacedemoni  in  Sabina  al  tempo  che  Li- 
curgo  dettava  le  sue  leggi  a  Sparta,  e  conforme  a  quello  di 
Plutarco  :  Sa[frvoi  5e  [fouXovxai  Aaxs5ac[j,ovf(Dv  eauTOus  dbrocxous  ye- 
yovevat,  e  concorda  con  cio  che  scrive  Servio :  Sabini  a  Lace- 
daemoniis  originem  ducunt,  ut  Hyginus  ait,  De  origine  ur- 
bium  italicarum....  Cato  autem  et  Gellius  a  Sabo  Lacedaemo- 

1  SERV.  ad  VERG.  Aen.  X. 

*  JUST.  Hist.  XX,  II. 

J  Dio.  HAL.  Antiquit.  Rom.  II. 

4  PLUTAR.  in  Vita  Numae. 

5  SERV.  ad  VERG.  Aen.  VII. 

6  GEMIST.  De  reb.  Peloponn.  Orat.  I. 


160  GLI   HETHEI-PELASGI   NEL   GONTINENTE    ELLENICO 

nio  trahere  eos  (Sabinos)  originem  referunt.  Non  e  questo  il 
luogo  ne  il  tempo  di  porre  la  questiorie  de'Sabini,  sotto  il 
qual  nome  si  comprendono  mold  altri  popoli  non  ignoti  del- 
1'Italia  centrale  e  meridionale,  ma  ben  ci  e  permesso  di  portar 
giudizio  sull'origine  loro,  la  quale  da'  testi  citati  si  ripeterebbe 
da'  Laconi.  Ora  ci  sembra  non  esservi  ragione  ne  fatto  che  ci 
obblighi  di  ammettere  cotesta  origine  determinata  a'  soli  La- 
coni, come  non  ci  potemmo  indurre  ad  approvare  la  venuta 
di  Evandro  e  de'  suoi  Arcadi  alle  sponde  del  Tevere  *.  Ma  se 
il  nome  particolare  e  proprio  di  Laconi  e  di  Arcadi  sia  stato 
usato  per  quello  generale  di  Pelasgi  in  cui  sono  compresi  La- 
coni ed  Arcadi,  1'origine  laconica  de'  Sabini  non  solamente 
non  fa  difflcolta,  ma  si  vuol  ritenere  per  tradizionalmente  pro- 
babile  e  vera. 

Se  delle  cento  citta  della  Laconia,  che  tante  furono  un 
tempo,  e  si  restrinsero  piu  tardi  a  sole  trenta,  noi  qui  ne  ab- 
biamo  ricordato  soltanto  qualcuna,  la  nostra  brevita  non  deve 
dar  maraviglia  al  lettore ;  perciocchfe  la  parte  geograflca  per 
noi  non  e  lo  scopo,  si  bene  un  mezzo  e  quasi  un'  occasione 
di  trattar  le  origini  etniche  de'  popoli  preistorici  che  formano 
il  soggetto  delle  nostre  ricerche,  e  con  le  origini  far  altresi 
congetture  ed  indagini  intorno  le  loro  arti  e  le  loro  religiose 
credenze.  Cio  che  noi  scriviamo  succintamente  e  come  in  com- 
pendio,  si  potra  piu  tardi  allargare  e  perfezionare  da  altri 
per  nuove  scoperte  di  monumenti.  Quello  pertanto  che  forse 
restera  di  questa  nostra  non  lieve  fatica,  e  cio  che  ne  costi- 
tuisce  il  suo  pregio  ovvero  il  suo  difetto  che  diremo  sostan- 
ziale  od  essenziale,  e  la  verita  dell'identita  originaria  degli 
Hethei-Pelasgi  e  delle  loro  migrazioni  nelle  isole  e  nel  con- 
tinente  greco  ed  italico. 

1  Nel  precedente  articolo,  pag.  657,  mancano  alcuni  period!  dove  si  fa- 
cevano  due  ipotesi  sulF  eta  del  culto  di  Pane.  La  prima  era  fondata  sugli 
ottocento  anni  prima  di  Erodoto,  c  i  cinquecento  altri  dopo,  che  formano 
XIII  secoli  a.  G.  C.  La  seconda  ipotesi  e  dell'VIII  secolo  avanti  1'era  nostra 
e  coincide  con  la  fondazione  di  Roma,  Nella  pubblicazione  del  II  volume 
tutto  cio  sara  rimesso  al  posto. 


LE  LITANIE  LAURETANE 

STUDIO  STORICO  CRITICO  l 


ARTICOLO  II. 

LA   STORIA. 

7.  Gome  s'&  gia  indicate  nel  precedente  articolo,  prima  che 
comparisca  il  testo  odierno  delle  litanie  lauretane,  s'incontrano 
verso  la  fine  del  secolo  XV,  e  piu  specialmente  nella  prima 
meta  del  XVI,  parecchi  testi  di  litanie  mariane,  che  in  se- 
guito  avremo  occasione  di  esaminare  con  miglior  agio.  Alcuni 
sono  assai  differenti  da  quel  di  Loreto,  altri  piu  o  meno  gli  si 
accostano  da  vicino,  ma  niuno  contiene,  o  nel  titolo,  o  nelle 
preghiere  che  accompagnano  la  litania,  una  qualsivoglia  indi- 
cazione  che  accenni  a  Loreto.  Per  la  qual  cosa  le  ricerche 
storiche  intorno  il  testo  lauretano  si  possono  fare  indipenden- 
temente  dai  testi  accennati. 

II  canonico  Vogel  raccoglie  e  monumentis  nostris,  come 
egli  dice  2,  cio&  dagli  archivii  di  Recanati  e  Loreto,  le  tre  se- 
guenti  notizie,  senza  pero  confortarle  di  nessuna  prova,  forse 
perchfe  i  monumenti  stessi  nulla  dicono  di  piu. 

a)  II  di  15  novembre  1531,  ponendosi  la  prima  pietra  di 
marmo  pe'  sontuosi  ornati  all'esterno  della  Santa  Cappella  di 
Loreto,  «  decantatae  fuerunt  per  Capitulum  Lauretanum  Lita- 
niae  Virginis  Mariae,  teste  Petro  Paulo  Laurentii  Notario  Re- 
canatensi  qui  adfuit. » 

b)  Nel  1547   il   canonico   di   Loreto,  Giovanni  d'Albona, 
lascio  in  testamento  agli  Agostiniani  di  Recanati  una  somma 
di  cento  florini  d'oro,  con  tal  condizione,  «  ut  singulis  sabbatis 
Missam  celebrarent  Virginis  Matris  Mariae  cum  suis  litaniis 
cantando  vel  legendo. » 

1  Vedi  quad.  1115  del  5  dicembre  1896,  p.  542  e  segg. 

*  De  Bed.  Recan.  et  Laurel,,  p.  315.  Cfr.  SAUREX,  Die  lauret.  Lit.,  p.  13. 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1118.  11  7  gennaio  1897. 


162  LB    LITANIE    LAURETANE 

c)  II  p.  Raffaele  Riera,  penitenziere  di  Loreto  fln  dal  1554, 
nella  storia  che  scrisse  della  Santa  Casa  «  Litaniarum  meminit 
quas  peregrini  Lauretum  (anno  circiter  1558)  venientes  ca- 
nebant. » 

Da  queste  laconiche  notizie  non  possiamo'sapere  se  le  litanie 
del  1531,  cantate  a  Loreto,  e  le  altre  imposte  agli  Agostiniani 
di  Recanati  nel  1547  fossero  esattamente  le  odierne,  ovvero 
appartenessero  ad  una  delle  lezioni  piu  antiche.  Ad  ogni  modo 
resta  certo,  e  non  e  poco,  che  nel  1531  era  gia  in  uso  nel  san- 
tuario  di  Loreto  una  qualche  litania  della  B.  Vergine,  e  che 
nel  1547  quivi  stesso  gia  costumavasi  cantare  o  recitare  una 
litania  mariana  in  giorno  di  sabato ;  poiche  e  piu  che  proba- 
bile  che  il  canonico  Giovanni  d'Albona  imponesse  agli  Ago- 
stiniani di  Recanati,  quel  che  gia  da  lungo  tempo  aveva 
veduto  praticarsi  in  Loreto  i.  La  qual  cosa  riceve  forse  buona 
conferma  da  un  certo  maggior  lustro  esterno,  che  proprio  in 
questi  anni  ebbero  le  divozioni  solite  a  celebrarsi  nella  S.  Casa 
per  1'istituzione  di  una  Schola  di  putti  cantori,  fondata  quivi 
da  Paolo  III  (1534-1549)  ad  laudes  B.  Virgini  decantandas, 
e  precipuamente  a  fine  di  ottenere  grazie  e  favori  contro  gli 
imminenti  pericoli  dell'invasione  turchesca  2.  Ora,  niente  e  piu 
naturale  che  tra  queste  laudi  si  cantassero  anche  le  litanie  della 
B.  Vergine,  poiche  pure  con  tal  titolo  di  laudi  le  troviamo  desi- 
gnate, e  poiche,  come  vedremo,  il  primo  uso  pubblico  delle 
litanie  mariane  s'incontra  appunto  in  occasione  di  grandi  ca- 
lamita. 

Quanto  al  testimonio  del  Riera,  esso  e  per  noi  di  minore 

1  Oltre  la  pratica  comune  e  molto  antica  della  Chiesa  di  consecrare  il 
sabato  in  onore  della  Vergine,  s'aggiungeva  a  Loreto  questo  motive  parti- 
colare,  che  la  Santa  Casa,  secondo  1'asserita  tradizione,  sarebbesi  posata 
nel  Piceno  in  giorno  di  sabato,  e  precisamente  il  sabato  innanzi  la  dome- 
nica  seconda  di  Avvento. 

*  TURSELLINI,  Lauret.  Hist.  lib.  Ill,  cap.  Ill:  «  Precipua  erat  cura  (pue- 
rorum),  ut  non  minus  castitate  morum,  quam  suavitate  vocutn  sanctissimam 
Virginem  delinirent.  Ergo  hi  ex  praescripto  Pontiflcis  in  opportuno  loco 
(Canonicam  vocabant),  intentibre  cura  educati  institutique,  B.  Mariae  car- 
mina  in  eius  sacello,  statis  quotidie  canebant  horis,  pacem  ac  veniam  a  Deo 
Deiparaque  orantes  et  opem  Italiae  contra  Turcarum  rabiem  exposcentes. » 


STUDIO    STORICO   CRITICO  163 

importanza.  Quest' autore  nel  Capo  XVIII  della  sua  storia  della 
S.  Casa 1  riporta  per  intero  una  lunga  relazione  delle  cose  di 
Loreto,  inviata  il  1°  maggio  1559  da  un  padre  della  Compa- 
gnia  di  Gesu  di  quel  nostro  Collegio  al  p.  Generale  Lainez  in 
Roma.  Tra  1'  altro  descrive  le  numerose  schiere  di  pellegrini, 
quas  hisce  diebus  excepit  Sanctissima  Domus  Lauretana,  e 
in  particolare  si  ferma  a  dipingere  con  vivi  colori  la  pieta  ed 
il  fervore  di  ben  tremila  veronesi,  i  quali  «  asciverunt  etiam 
sibi  Religiosos  viros,  qui  litaniis  Divae  Virginis  et  Sanctorum, 
psalmis  quoque  et  hymnis  decantandis  praeessent  ».  Giunti 
alia  piazza  si  prostravano  ripetutamente  a  terra  e  salutavano 
la  Vergine  et  praecatiunculam  illam:  SANCTA  MARIA  DE  LAU- 
RETO,  ORA  PRO  NOBis,  ingeminabant.  Quindi  accese  le  candele, 
con  mirabile  divozione  entravano  in  chiesa,  nee  desistebant 
ab  illis  vocibus:  SANCTA  MARIA,  ORA  PRO  NOBIS. 

Da  questo  solo  neppure  qui  possiamo  determinare  qual 
lezione  di  litanie  adoperassero  i  buoni  veronesi  ed  i  loro 
preti,  e  P  argomento  per  se  dimostrerebbe  soltanto  che  fuori 
di  Loreto  il  canto  pubblico  di  una  qualche  litania  mariana  era 
gik  in  uso  verso  quell'  anno.  Cio  non  ostante,  che  in  mente  allo 
scrittore  della  relazione  ricorresse  allora  una  qualche  forma 
di  litanie,  per  lo  meno  simile  alia  nostra,  si  potrebbe  forse 
indicare  da  quel  ch'egli  accenna  poco  dopo.  Perocche,  raccon- 
tando  la  prodigiosa  liberazione  di  un  prigionero  a  que'  di  av- 
venuta,  dice  che  apparuit  ei  in  visu  pientissima  afflictorum 
consolatrix  Maria 2.  Ora  quest'  invocazione  di  Consolatrix 
afflictorum  si  legge  cosi  nelle  nostre  litanie,  come  in  alcune 
altre  prelauretane.  L'  argomento  6  debolissimo ;  ma  pure  nella 
presente  deflcienza  di  documenti,  ogni  piccolo  cenno  puo  gio- 
vare  allo  scopo.  Posti  pero  i  buoni  indizii,  datici  qui  dal  Vogel, 
questa  lacuna  sark  di  leggeri  riempita,  se  qualche  amatore 


1  RAPHAELIS  RIERA  S.  J.,  Eistoria  Almae  Domus  Lauretanae,  Cap.  XVIII, 
p.  118.  E  pubblicata  dal  MARTORELLI  nel  Teatro  istorico  della  Santa  Casa 
Nazarena  (Roma,  1732,  Tom.  I). 

»  L.  c.  p    120. 


164  LE   LITANIE    LAURETANE 

delle  cose  lauretane  si  prenda  cura  di  ricercare  di  nuovo  gli 
archivii  di  Loreto  e  di  Recanati. 


8.  II  primo  documento,  che  con  assoluta  certezza  ci  pre- 
senta  una  lilania  determinata,  solita  a  cantarsi  ogni  sabato  e 
nelle  vigilie  e  feste  della  B.  Vergine,  proprio  in  Loreto  e  nella 
Santa  Cappella,  si  deve  ricercare,  dove  forse  altri  meno  si 
aspetta,  cioe  tra  le  composizioni  musicali  di  Costanzo  Porta. 
Nessuno  flnora  avverti  questa  particolarita  e  neppure  che  il 
Porta  fosse  il  primo  a  vestire  di  note  il  testo  di  una  litania 
mariana  *. 

Quest'  illustre  Conventuale,  cremonese  di  nascita  ed  uno 
tra  i  piii  celebri  compositori  dell'epoca  palestriniana,  da  Ra- 
venna, dove  era  stato  maestro  fin  dal  1567,  fu  chiamato  nel  1574 
a  dirigere  la  Cappella  di  Loreto,  e  1'anno  seguente,  come 
primizia  delle  composizioni  quivi  scritte,  pubblico  coi  tipi  del- 
FAngeleri  di  Venezia  1' opera:  Litaniae  Deiparae  Virginis 
Mariae  ex  Sacra  Scriptura  depromplae.  Quae  in  Alma  Domo 
Lauretana  omnibus  diebus  sabbati,  Vigiliarum  et  Festorum 
eiusdem  Beatae  Virginis  decantari  solent.  Cum  musica  octo 
vocum  GONSTANTII  PORTAE  eiusdem  Almae  Domus  Musicae 
Magistri.  Venetiis  1575.  Apud  Georgium  Angelerium  2. 

1  E  portentosa  la  fecondita  de'  classici  maestri  della  scuola  fiamminga 
e  delle  varie  scuole  d'ltalia  nel  secolo  XV  e  XVI.  Tutto  mettevano  in  mu- 
sica; perfino  gli  Oremus  della  Messa.  E  nondimeno  non  si  sa  cbe  abbiano 
musicato  qualche  testo  di  litanie  mariane,  prima  del  Porta:  segno  chiaro  che 
esse  non  erano  nelPuso  comune  e   pubblico   della  Chiesa,  come  s'e  detto 
nel  precedente  articolo. 

2  La  piu   accurata   e   la  piu   ampia   biografia  del  Porta  ci  e  data  dal 
BUST,  II  Padre  G.  B.  Martini  (Bologna,  Zanichelli,  1891),  Vol.  I,  pp.  235-249. 
Vedi  anche  TKBALDINI,    L'Archivio   musicale   della   Cappella  Antoniana    di 
Padova  (Padova,  tip.  Anton,  1895),  p.  6  e  segg ,  p.  19  e  segg.,  dove  ne  tratta 
assai  largamente  e  fa  la  critica  delle  sue  opere.  II  Porta,  stato  maestro  al 
Santo  di  Padova  nel  1565,  si  considera  come  fondatore  di  quella  celebre  Cap- 
pella. A  Loreto   non  fu  chiamato  nel  1575,  come  affermano  quest!  Autori, 
ma  nel  1574,  come  consta  da  una   nota   dell'archivio   della  S.  Casa,  gen- 
tilmente  indicataci  da  un  amico  di  cola.  II  Porta  tornb  a  Padova  nel  1595 
e   quivi    mori    il    26  maggio  1601.  Tra  le  rare  copie   a  stampa   delle    sue 
Litanie,  se  ne  conserva  una   qui   in  Roma  alia  Biblioteca  Casanatense,  se- 
gnata:  O.  in.  123. 


STUDIO    STORICO   CRITICO 


165 


II  medesimo  testo  appare  poi  neiranno  seguente  1576  in 
due  diversi  libretti,  stampati  a  Macerata  coi  tipi  del  Mar- 
tellini ;  1'uno  e  una  raccolta  di  opuscoletti  fatta  per  ordine  di 
MODS.  Marco  Gonzaga,  Vescovo  di  Mantova,  che  ha  per  titolo 
Cause  el  Rimedii  della  Peste ;  1'altro  e  una  breve  storia  della 
S.  Casa,  scritta  da  Bernardino  Cirillo,  patrizio  aquilano  ed  ar- 
ciprete  di  Loreto,  con  altre  aggiunte  a  comodo  de'  pellegrini 
che  visitano  quel  Santuario;  in  ambidue  la  litania  e  annunziata 
coll'  identico  titolo :  Litaniae,  Deiparae  Virginis  ex  Sacra 
Scriptura  depromptae,  quae  in  alma  Domo  lauretana  omni- 
bus diebus  Sabbathi,  Vigiliarum  et  Festorum  eiusdem  Beatae 
Virginis  decantari  solent  *. 

E  bene  metterla  qui  sott'occhio  al  lettore,  pero  tralasciando 
per  brevita  le  prime  invocazioni  Kyrie  eleison  ecc.,  che  sono 
le  solite,  ed  omesso  pure  YOrapro  nobis  e  le  altre  consuete 
risposte  che  accompagnano  i  singoli  titoli. 


Gen.  3 
Eccl.  24 

Ibid. 
Gen.  2 

Ibid. 
Prov.  9 
Gen.  28 
Gen.  49 
Num.  35 
lud.  15 
Exo.  15 
Exo.  25 
Exo.  30 
Gen.  27 
Sap.  7 
Cant.  2 
Exo.  3 
lud.  6 
2.  Reg.  1 
Cant.  7 
Cant.  4 

Ibid. 

Ibid. 

Ibid. 
Prov.  31 

Eccl.  5 


Sancta  Maria 

Sancta  Dei  Genitrix 

Sancta  Virgo  Virginum 

Mater  viventium 

Mater  pulchrae  dilectlonis 

Mater  sanctae  spei 

Paradisus  voluptatis 

Lignum  vitae 

Domus  sapientiae 

Porta  coeli 

Desiderium   collium  eternorum 

Civitas  refugii 

Gloria  Hierusalem 

Sanctuarium  Dei 

Tabernaculum  foederis 

Altare  thymiamatis 

Scala  lacob 

Speculum  sine  macula 

Lilium  inter  spinas 

Rubus  ardens  incombustus 

Vellus  Gedeonis 

Thronus  Salomonis 

Tunis  eburnea 

Favus  distillans 

Hortus  conclusas 

Fons  signatus 

Puteus  aquarum  viventium 

Xavis  institoris  de  longe  portans 

panem 
Stella  matutina 


Eccl.  6          |  Aurora  consurgens 
Cant.  6         j  Pulchra  ut  Luna 
Ibid.         i  Electa  ut  Sol 
Ibid.         ,  Castrorum  acies  ordinata 
Hierem.  14   :  Solium  gloriae  Dei 

|  A    cunctis    periculis,    libera  nos 

Virgo  gloriosa 
Per  salutarem  Conceptionem. 

tuam 

Per  sanctam  Xativitatem  tuam 
Per  admirabilem  Annuntiationem 

tuam 
Per  immaculatam  Purificationem 

tuam 
Per     gloriosam     Assumptionem 

tuam 

Peccatores,  te  rogamus  audi  nos. 
Utverampoenitentiam  nobis  im- 

petrare  digneris 

Ut  societates  tibi  peculiari  obse- 
quio  devotas  conservare  et 
augere  digneris 

Ut  Ecclesiae  sanctae,  cunctoque 
populo  christiano   pacem  et 
unitatem  impetrare  digneris 
Ut   omnibus   fidelibus   defunctis 
requiem  aeternam  impetrare 
digneris 
Mater  Dei 


1  Cause  et  Rimedii  della  peste  et  di  qualsivoglia  ultra  infermita,  ecc. 
Macerata,  1576,  p.  68.  Di  questo  raro  libretto  conosciamo  due  altre  edizioni 
stampate  nel  1577,  1'una  in  Macerata,  1'altra  in  Firenze.  Ambedue  riportano 
le  medesime  litanie  scritturali. 

CIRILLO  BERNARDINO,  Trattatt  sopra  I'historia  della  Santa  Chiesa  et 
Casa  della  gloriosa  Madonna  Maria  Verging  di  Loreto,  Macerata,  1576.  Le 
litanie  si  leggono  a  p.  103  tra  le  aggiunte  e  non  nel  corpo  del  Trattato. 


166  LE   LITANIE   LAURETANE 

Seguono  i  tre  Agnus  Dei l,  VOra  pro  nobis  Sancta  Dei  Ge- 
nitrlx  e  la  segaente  Orazione: 

OREMUS 

Pietate  tua,  quaesumus  Domine,  nostrorum  solve  vincula  peccato- 
rum,  et  intercedente  Beata  Maria  cum  omnibus  Sanctis  tuis,  nos  famulos 
tuos,  benefactores  atque  loca  nostra  in  omni  sanctitate  custodi,  omnesque 
consanguineitate,  afflnitate  atque  familiaritate  nobis  coniunctos  a  vitiis 
purga,  virtutibus  illustra,  pacem  et  salutem  nobis  tribue;  hostes  visi- 
biles,  et  invisibiles  remove,  carnalia  desideria  repelle,  aerem  salubrem 
et  fertilitatem  indulge,  amicis  et  inimicis  nostris  charitatem  largire 
atque  oppidum  Lauretanum  cum  omnibus  in  eo  habitantibus  ab  omni 
peste,  infideliumque  feritate  et  potentia  illaesum  conserva,  et  omnibus 
fidelibus  viviset  defunctis  in  terra  viventium  vitamet  requiem  aeternani 
concede,  et  Pontificem  nostrum  N.,  Protectorem,  omnesque  Praelato& 
et  cunctum  populum  Christianum  ab  omni  adversitate  custodi,  et  bene- 
dictio  tua  sit  super  nos  semper.  Per  Christum Dominum  nostrum.  Amen* 

9.  Park  certo  meraviglia  che  la  prima  stampa,  che  finora 
si  conosca,  di  litanie  solite  a  cantarsi  nel  Santuario  di  Loreto, 
non  present!  quelle  che  posteriormente  ebbero  il  primato  e  per 
esso  il  vero  e  proprio  titolo  di  litanie  lauretane.  Ma  cio  non* 
vuol  dire  che  quest'ultime  in  tal  tempo  non  fossero  gia  in  uso 
nello  stesso  Santuario.  Nello  stesso  libretto  del  Cirillo,  dopo 
le  litanie  scritturali,  seguono  (a  carte  110)  Aliae  Litaniae  Bea- 
tae  Mariae  Virginis,  e  sono  le  odierne  nostre  lauretane,  con 
in  fine  1'Orazione  Gratiam  tuam.  Parrebbe  quasi  ch'esse  siano 
estranee  a  Loreto  e  prese  d'altronde  a  coraodo  de'  devoti  ed 
a  titolo  di  varieta.  Senonche  due  anni  piii  tardi,  cioe  nel  1578, 
appariscono  la  prima  volta,  per  dir  cosi,  nella  lor  veste  pro- 
pria  e  sole,  in  un  altro  libretto  pubblicato  dal  Martellini  di 
Macerata  e  anch'esso  scritto  apposta  pe'  pellegrini  che  visi- 
tano  la  S.  Casa  2. 

1  II  PORTA  aggiunge  immediatamente  all' Agnus  Dei  un  mottetto  sulle 
parole  :  «  Ave  Maria  gratia  plena,  Dominus  tecum,  benedicta  tu  in  mulie- 
ribus,  et  benedictus  fructus  ventris  tui,  lesus;  Sancta  Maria,  Regina  coeli, 
dulcis  et  pia,  o  mater  Dei,  ora  pro  nobis  peccatoribus  ut  cum  electis  te 
videamus.  » 

!  L'Historia  di  Santa  Maria  di  Loreto  di  GIROLAMO  ANGELITA.  Tradotta 
in  lingua  volgare  da  M.  GIULIO  CESARE  GALEOTTI  d'Ascisi.  Con  il  compendia 


STUDIO   STORICO    CRITICO  167 

Di  fatto  a  p.  107  leggiamo :  Letanie  die  si  cantano  nella 
Santa  Casa  di  Loreto  ogni  Sabbato  et  fesle  della  Madonna. 
Seguono  le  litanie  lauretane  come  oggi  ancora  si  recitano, 
poi  i  soliti  tre  Agnus  Dei  e  quindi  la  rubrica:  Dopo  dette 
alcune  altre  orationi,  et  canlalo  I'Aue  Maria,  ouero  qualche 
motetto  in  laude  della  Madonna  nell'Organo,  b  in  musica,  si 
dica  I'oratione  seguente,  che  e  1'orazione  Pietate  gia  riferita. 

E  dunque  evidente  che  ambidue  i  testi  furono  in  Loreto 
adoperati  per  lo  meno  contemporaneamente,  1'uno  e  Taltro 
godendo  eguale  autorita. 

Ma  si  puo  fare  ancora  un  passo  piu  innanzi.  Perocche 
1'apparizione  improvvisa  delle  litanie  scritturali  ed  una  cotale 
tendenza,  che  insieme  si  manifesta,  di  farle  valere  in  luogo 
delle  lauretane,  e  forse  la  miglior  prova  che  abbiamo  per 
dimostrare,  che  le  nostre  litanie  erano  gia  adoperate  in  Loreto 
ben  prima  del  1575. 

In  un  codice  della  Biblioteca  Vaticana  1  si  conserva  la  se- 
guente lettera  dell'  arcidiacono  di  Loreto  Giulio  Candiotti  al 
Santo  Padre  Gregorio  XIII: 

Beat."10  Padre  Santo 

Mando  con  ogn'  humilita  a  Y.  Beat.ne  le  laudi,  6  lettanie  moderne 
della  s.ma  Yergine,  cauate  dalla  sacra  Scrittura,  quali  in  musica  si 

dell'lndulgenze  concesse  da  vari  sommi  Pontefici  alia  Santa  Casa  di  Loreto 
el  aUuni  auertimenti  per  Peregriniche  vanno  a  visitare  essa  Madonna  b  aUri 
luoghi  Santi.  In  Macerata,  Appresso  Sebastiano  Martellini,  M.  D.  LXXVI1I. 

Pare  che  il  VOGEL  e  con  lui  il  SAUREN  non  conoscano  n6  questo  li- 
bretto, ne  le  sue  varie  successive  edizioni,  che  pure  sono  document!  assai 
important!  nella  presente  questione.  II  SAUREN  (p.  16)  cita  un1  altra  pub- 
olicazione  del  1578  ed  6  il  Thesaurus  piarum  et  christianarum  institutio- 
num,  in  usum  catkolicae  iuventutis,  praesertim  vero  sodalitatis  Deiparae 
Virginia,  emendatus  nunc  editus  per  IOANNEM  PERELLIUM  (Ingolstadt  1578), 
dove  per  la  prima  volta,  a  quanto  pare,  sono  pubblicate  in  Germania  le 
litanie  scritturali  e  le  lauretane.  II  testo  6  preso  evidentemente  dal  libretto 
del  CIRILLO,  poichfc  le  due  litanie  vi  sono  disposte  allo  stesso  modo  e  con 
lo  stesso  titolo.  Del  Thesaurus  noi  conosciamo  un'altra  edizione,  stampata 
a  Verona  nel  1583,  dove  pure  allo  stesso  modo  appaiono  le  due  litanie.  Ma 
queste  varie  copie  di  un  medesimo  documento  non  recano  nessun  nuovo 
lume  alia  storia. 

1  Cod.  Reg.  2020,  fol.  363. 


168  LE   LITANIE    LAURETANE 

cantano  la  sera  verso  1'Aue  Maria  li  Sabbati,  vigilie  e  feste  della 
Madonna,  le  feste  principal!,  e  nella  venuta  de'  Principi  grandi  in 
questa  S.ta  Casa,  e  Chiesa  di  Loreto,  per  dar  occasions  a  V.  S.tach'a 
honor  dell'  istessa  Yergine  li  medesimi  giorni  possi  far  introdurre,  che 
si  cantino  in  san  Pietro  et  altroue  doue  sono  le  deuotioni  di  tanta 
Regina,  e  comodo  de'  cantori :  et  ne  le  mando  altre  senza  musica, 
come  altre  in  musica,  e  senza  si  manderanno,  quando  si  sappi  di  cio 
la  S.  S.tamente. 

(Prosegue  la  supplied  e  chiede  al  S.  Padre  la  fondazione  di  una  com- 
pagnia  o  societd  in  onore  de'  SS.  Angeli ;  quindi  chiude  con  quesla  data :) 

Di  S.ta  Maria  di  Loreto  il  di  V  di  febraro  M.  DLXXYHT  di 
Y.  Beat.ne  Humiliss.mo  e  deuot.mo  seruo 

G-ITTLIO  CAKDIOTTI  di  Sinigag.a 
Archidiacono  di  Loreto. 

Le  litanie  scritturali  si  chiamano  qui  moderne,  cioe  recent! ; 
col  quale  cenno  si  fa  supporre  apertamente  che  siano  state 
composte  di  recente  e  messe  in  luogo  di  altre  litanie,  gia  in 
uso  prima  di  loro.  Che  poi  esse  siano  davvero  moderne  per 
fattura,  basta  dar  loro  un'  occhiata.  Mentre  le  lauretane  pro- 
vengono,  per  dir  cosi  inconsciamente,  da  altre  simili  serie  d'  in- 
vocazioni  alia  Vergine  assai  piu  antiche,  come  vedremo  a  suo 
luogo,  le  litanie  scritturali  sono  composte  di  getto,  con  par- 
ticolare  artificio,  con  istudio  di  citazioni,  e  senza  nessuna  rela- 
zione  alle  varie  litanie  precedent!,  che  si  conoscono. 

Forse  il  fatto  si  puo  spiegare  in  questa  maniera.  Pio  V 
nel  1571  aveva  espunto  dalPO/ftemw  B.  Virginis,  e  con  di- 
sapprovazione  assai  calcata,  certe  preghiere  e  certe  litanie  che 
si  leggevano  in  alcune  antecedent!  edizioni  del  medesimo  Offl- 
cio.  Puo  essere  dunque  benissimo  che  per  salvare  a  Loreto 
1'  uso  gia  introdotto  di  cantare  le  litanie  alia  Vergine,  si  stu- 
diassero  cola  di  sostituire,  o  meglio  di  porre  a  flanco  della  gia 
consueta,  un'altra  lezione,  che  per  1'autorita  della  fonte  ond'era 
cavata,  ciofe  dalla  S.  Scrittura,  non  suscitasse  ombra  di  dubbio 
intorno  la  sua  bonta  e  legittimita.  Se  cosi  e,  un  tal  tentative 
cadrebbe  opportunamente  poco  prima  del  1575,  che  £  1'anno 
appunto  in  cui  appariscono  tali  nuove  litanie  nella  stampa  mu- 
sicale  di  Costanzo  Porta. 


STUDIO   STORICO   CRITIGO  169 

Quale  deflnitiva  risposta  sia  stata  mandata  al  Candiotti  da 
Gregorio  XIII  non  e  noto.  Sappiamo  bensi  che  la  supplica  fu 
fatta  esaminare  a  Roma  da  un  qualche  teologo  consultore, 
come  appare  dal  voto,  che  si  legge  in  un  altro  codice  della 
medesima  Biblioteca  Vaticana  *. 

Litaniae  Deiparae  Virginis  e  Laureto  transmissae  deuotae  et  piae 
mihi  uidentur.  Nam  licet  S.mae  Dei  Matri  ea  tribuuntur,  quae  iuxta 
litteralem  sensum  de  ipsa  dicta  non  fuerunt  et  magna  eorum  pars, 
etiam  in  sensu  mystico  Christo  eius  filio  et  huius  sponsae  ecclesiae 
imprimis  conveniant :  nihilominus  quia  ab  ipsamet  ecclesia  (ut  in 
officiis  ipsius'B.  Mariae  quisque  uidere  potest)  non  pauca  ex  illis  in 
eiusdem  genitricis  Dei  laudem  afferuntur,  illorum  titulorum  accomo- 
dationem  improbare  non  auderem. 

Non  tamen  eas  tanti  facerem,  ut  si  quis  sanioris  iudicii  easdem 
in  Yrbe  et  consequenter  in  uniuerso  orbe  recitandas  iudicaret,  quod 
id  Summi  Pontificis  auctoritate  fieri  conveniret.  et  eo  minus,  quod  nee 
nunc  primum  in  lucem  prodeunt,  et  quod  magis  deceat  huiusmodi 
sacra  non  ab  aliis  ad  hanc,  sed  ab  hac  ad  alias  ecclesias  mitti  et 
traduci.  et  ob  id  etiam,  quia  in  reformando  paruo  officio  B.  Mariae 
inter  cetera  quasdam  beatiss.39  eiusdem  Virgin  is  proprias  litanias, 
quae  in  ueteri  habebantnr  aliqua  ex  parte  (si  recte  memini)  harum 
similes,  Fe.  re.  Pius  Y.  penitus  abolevit.  Quare  nouam  hanc  laudandae 
et  inuocandae  Matris  Dei  formam  tamquam  propriam  et  singularem 
almae  illi  et  singulariss.ae  eius  domo  (sic)  relinquerem,  uel  si  aliis 
communicanda  videatur,  ad  eas,  non  tamquam  a  Superior!  aliquo 
praelato  traditas,  sed  ut  a  deuotis  hominibus  receptas  transferendas 
censerem. 

II  teologo  consultore  non  fu  dunque  favorevole  alia  sup- 
plica  del  Candiotti,  e  dal  suo  modo  di  scrivere  lascia  travedere 
apertamente  che  a  Roma,  in  quel  tempo,  non  v'era  uso  di  can- 
tare  litanie  nelle  devozioni  della  B.  Vergine  2. 

t  Cod.  Vat.  6171,  fol.  66. 

s  I  due  preziosi  document!  vaticani  ftirono  dapprima  semplicemente 
indicati  dallo  SCHMID  (Studien  iiber  die  Reform  des  rdm.  Breviers  u.  Missale 
unter  Pius  V.)  nella  Theolog.  Quartalschrift  di  Tubinga,  1884.  p.  651.  11 
SAUREN  li  pubblico  per  intero  (p.  14),  ma  con  alcune  lievi  inesattezx.e,  dovute 
senza  dubbio  al  suo  copista.  Noi  li  ridiamo,  dopo  averli  di  nuovo  riscon- 
trati  in  fonte.  Merito  del  ch.  Autore  e  stato  di  notare  qui  1'abbaglio  dello 
SCHMID,  quasi  che  in  que'  documenti  si  trattasse  delle  litanie  lauretane  ; 
abbaglio  grave,  che  gia  cominciava  ad  introdursi  anche  nelle  trattazioni, 


170  LE    LITANIE   LAURETANE 

10.  Riuscito  vano  questo  tentative,  le  litanie  scritturali  co- 
minciano  subito  a  declinare,  mentre  prendono  maggior  voga 
le  lauretane.  Due  anni  piu  tardi,  in  una  seconda  edizione  del- 
YHisloria  in  volgare  delPAngelita  a  comodo  de'  pellegrini, 
di  nuouo  ristampata  con  licenza  di  Monsig.  Prothonotario 
Vincenzo  Casale  governator  di  essa  Santa  Casa  e  de  Supe- 
riori  \  a  pag.  105,  hanno  il  posto  d'onore  le  lauretane  col 
medesimo  titolo,  con  la  rubrica  e  con  VOremus  PIETATE,  gia 
riportato.  Seguono  poi,  a  carte  109,  Allre  litanie  die  si  can- 
tano  nella  S.  Casa  di  Loreto  ogni  sabbato  et  feste  della  Ma- 
donna cauale  dalla  Sacra  Scrittura.  Qui  le  litanie  scrittu- 
rali, sebbene  conservino  il  primo  titolo,  sono  pero  gia  discese 
di  un  grado,  poiche  non  si  veggono  piu  congiunte  con  1'ora- 
zione  lauretana  Pietate,  ma  con  Tordinaria  Gratiam  tuam. 
In  seguito,  nello  scorcio  del  secolo  XVI,  esse  sono  state  bensi 
ristampate  piu  volte  specialmente  ne'  libri  divoti  fuori  d'lta- 
lia,  ma  col  solo  titolo  di  Litaniae  ex  S.  Scriptura  depromptae, 
senza  piu  la  nota  quae  in  alma  Domo  Lauretana  decantari 
solent.  Per  lo  contrario,  questa  nota  si  mantiene  quasi  co- 
stantemente  2  nelle  medesime  stampe  in  capo  alPodierno  testo 
lauretano.  Piu  tardi  ancora,  nel  secolo  XVII,  le  litanie  scrit- 
turali vengono  di  mano  in  mano  dimenticate,  flno  a  sparire 
interamente  dai  libri 3. 

Cio  che  confer!  piu   d'ogni   altra    cosa  a   far  prevalere  il 

come  ad  esempio  nella  Geschichte  des  Breviers  del  BAEUMER  (Friburgo,  1895), 
p.  453.  Senonche  per  provare  che  quivi  si  parla  delle  litanie  scritturali,  il 
SAUREN  tiene  una  via  lunga,  indiretta  e  poco  dimostrativa,  mentre  la  cosa 
torna  da  se  evidente  dalle  stampe  del  PORTA,  del  GONZAGA  e  del  CIRILLO 
piu  sopra  citate. 

1  Macerata,  1580. 

s  II  B.  PIETRO  CANISIO  nel  suo  Manuale  Catholicorum  in  usum  pie  pre- 
candi  collectum  (Ingolstadt,  1587)  reca  le  litanie  del  nome  di  Gesu,  quelle 
de'  Santi  e  le  lauretane  (p.  398),  ma  con  questo  semplice  titolo:  Litaniae 
de  Maria  semper  Virgine  et  Domina  nostra  sacrosancta. 

3  Un'ultima  volta  le  vedemmo  stampate  in  un  officiolo  della  B.  Vergine 
scritto  in  lingua  fiamminga  (Hantwerpen,  1647).  A  p.  565:  Litanie  van  de 
H.  Maghet  ende  Moeder  Godts  Maria,  getrocken  uijt  de  Heylighe  Schrifture; 
ma  piu  innanzi  a  p.  572:  Litanie  van  de  H.  Maghet  ende  Moeder  Godts 
Maria,  die  men  noemt  van  Loretten. 


STUDIO    STORICO    CRITICO  171 

testo  delle  lauretane,  oltre  il  poco  favorevole  accoglimento 
dell'altro  testo  in  Roma,  furono  senza  dubbio  le  replicate  edi- 
zioni  del  citato  libretto  a  comodo  de'  pellegrini.  Posta  la  de- 
vozione  grandissima  delle  cristianita  verso  la  Santa  Casa, 
one  particolarmente  nella  seconda  meta  del  secolo  XVI  prese 
proporzioni  assai  vaste,  e  posti  i  nuraerosi  pellegrinaggi  che 
d'ogni  parte  d'ltalia  cola  affluivano,  si  spiega  assai  bene  come 
le  litanie  di  Loreto,  quasi  a  ricordo  del  Santuario  si  propa- 
gassero  sempre  meglio,  e  venissero  oramai  da  tutti  indicate 
•col  semplice  titolo  di  Litanie  di  Loreto  e  fossero  anche  accolte 
favorevolmente  in  Roma. 

Di  fatto  nel  1587  Sisto  Y,  che  piii  d'ogni  altro  precedente 
Ponteflce  aveva  ornato  d'insigni  privilegi  il  Santuario  di  Loreto, 
flno  ad  erigere  quella  borgata  in  citta  ed  a  crearvi  un  proprio 
vescovado  distinto  ed  indipendente  da  quello  di  Recanati  ', 
chiesto  dai  PP.  Carmelitani  di  un'  indulgenza  per  le  litanie 
del  nome  di  Gesu,  aggiunse  pure  una  speciale  indulgenza  a 
quelle  della  B.  Vergine,  raccomandando  ai  predicatori  di  pro- 
pagarne  1'uso  tra'  fedeli,  e  fissando  per  sempre  il  testo  si  del- 
Tuna  come  dell'altra  :  Volumus  autem  ut  praedictae  Litaniae 
nominis  lesu  et  Beatae  Mariae,  iuxta  morem  et  consuetudinem 
in  Romano,  Curia  et  Domo  Beatae  Mariae  Virginis  usitatam, 
recitentur  2. 

Che  per  questa  disposizione  del  Sommo  Ponteflce,  tanto 
onorevole  pel  Santuario  di  Loreto,  le  litanie  lauretane  otte- 
nessero  cola  piena  vittoria  sulle  altre  loro  rivali  della  S.  Scrit- 
tura,  e  per  se  chiaro.  Mons.  Rutilio  Benzoni,  vescovo  allora 
di  Loreto  le  fece  cantare  solennemente  durante  il  sinodo  dio- 
cesano  da  lui  celebrato  nel  1588  3  e  dalle  nuove  edizioni  del 
libretto  pe'  pellegrini  dell'Angelita,  piii  volte  gia  ricordato, 
furono  tolte  quinc'  innanzi  le  litanie  scritturali  e  conservate 
le  lauretane  *. 

1  Bolla  Pro  Excellent  del  16  marzo  1586. 
4  Bolla  Reddituri  dell'll  luglio  1587. 
3  VOGEL  1.  c.  p.  316. 

'*  P.  e.  nell'edizione  di  Macerata  del  1593  si  leggono  a  p.  171  le  Li- 
taniae Domini  N.  lesu,  e  a  p.  175  le  odierne  lauretane.  Ambedue  sono  pure 


172  LE^  LITANIE   LAURETANE 

11.  Altrove  pero  passarono  ancora  molti  anni,  prima  che 
le  nostre  litanie  ottenessero  compiuto  trionfo.  Dalle  parole 
citate  di  Sisto  V  parrebbe  a  prima  vista  che  fossero  non  solo 
conosciute  ed  accolte  in  Roma,  ma  anche  adoperate  nelle  fun- 
zioni  ecclesiastiche  in  Romano,  Curia.  Nondimeno  questo  inciso 
non  si  riferisce  necessariamente  alle  lauretane,  e  puo  re- 
stringersi  alle  sole  litanie  del  Nome  di  Gesu,  che  si  recita- 
vano  gia  da  molti  anni  nelle  Congregazioni  contro  la  bestem- 
mia,  istituite  in  Roma  ed  altrove  dai  PP.  Predicatori  sotto  il 
titolo  appunto  di  Congregazioni  del  Nome  di  Gesu. 

Diciamo  questo  perche  non  si  saprebbe  indicare  una  qualche 
pubblica  chiesa  di  Roma,  dove  in  quegli  anni  e  quasi  in  tutto 
il  resto  del  secolo  XVI  si  cantassero,  almeno  per  consuetudine, 
le  litanie  lauretane.  Altri,  per  esempio,  s'aspetterebbe  d'incon- 
trarle  di  primo  acchito  nella  Chiesa  di  S.  Maria  di  Loreto  della 
Compagnia  de'  Fornari  al  foro  Traiano,  eretta  fin  dal  1507,  con- 
secrata  nel  1534  e  compiuta  nel  1580.  Or  ecco  quanto  ne  dice 
il  diligente  Panciroli :  «  Et  acciocche  vna  si  bella  chiesa  fosse 
ben  mantenuta,  ci  sono  Preti,  Chierici,  Sacristani  et  vn  Con- 
fessore.  Ci  e  di  piu  un'organista  co'l  mastro  di  cappella  per 
mantenerci  la  musica  ne  i  giorni  di  festa,  e  ne'  sabbati  la  sera 
per  cantare  la  Salue  Regina i.  » 

E  ben  vero  che  Pierluigi  da  Palestrina,  musico  le  litanie 
lauretane,  assai  probabilmente  dopo  1'indulgenza  di  Sisto  V, 
e  le  avra  senza  dubbio  fatte  cantare  in  qualche  luogo  da'  suoi 
cantori.  Ma  esse  rimasero  sconosciute  ed  inedite  fino  ai  nostri 
giorni  in  un  codice  del  capitolo  di  S.  Pietro  2,  mentre  altre  sue 

annunziate  nel  frontispizio  del  libro  con  questa  scritta :  Aggiuntoui  anco..* 
le  litanie  del  Sig.  e  della  Madonna,  che  si  cantano  ogni  sabbato  e  feste  di 
essa  Mad. 

1  Tesori  nascosti  dell'alma  citta  di  Roma,  con  nuouo  ordine  ristampati. 
Roma,  1625,  p.  296.  Nella  prima  edizione,  che  e  del  1600,  il  PANCIROLI  di- 
chiara   di  non  saper  nulla  di  queila  Chiesa.  Chi  scrive  desiderava  di  fare 
.alcune  innocenti  ricerche  a  questo  proposito  negli  archivii    della  Compa- 
gnia dei  Fornari;  ma  gliene  fu  negate  il  permesso! 

2  Si  leggono  a  p.  78  e  segg.  del    Tomo  XXVI    delle  sue   opere  (edit. 
Breitkopf  ed  Hartel  di   Lipsia).  La  sola  differenza  daH'odierno  testo  e  che 
invece  di  Virgo  praedicanda   sta  Mater  praedicanda.  Nel    medesimo    vo- 


STUDIO    STORICO   CRITICO  173 

litanie  con  testo  assai  diverse  furono  da  lui  messe  a  stampa 
per  comodo  delle  chiese  alcuni  mesi  priraa  della  sua  morte. 

Quest' ultima  pubblicazione  palestriniana  ci  da  tuttavia  in 
corapenso  una  notizia,  che  assai  difflcilmente  sarebbesi  incon- 
trata  altrove.  Vogliam  dire,  essa  ci  rivela  che  in  quegli  anni 
gia  s'era  incominciato  ad  introdurre  il  canto  di  una  qualche 
litania  mariana  nelle  Confraternite  del  SS.  Rosario,  sia  in 
Roma  che  fuori.  Litaniae  Deiparae  Virginis,  tale  n'6  il  titolo, 
quae  in  Sacellis  Societatis  Rosarii  ubique  dicatis  concinuntur i. 
II  testo  &  composto  con  molta  liberta,  nuovo  in  parte,  in  parte 
preso  da  altre  litanie  lauretane  o  dalle  litanie  scritturali  che  piii 
sopra  abbiamo  recato.  E  notevole  poi  la  disposizione  data  per 
ragione  del  canto  a  questa  litania.  Essa  e  divisa  in  cinque 
parti,  cosi  da  cantarsene  una  ad  ognuno  de'  cinque  misteri  del 
S.  Rosario;  ogni  parte  poi  finisce  sempre  col  gruppo  d'invo- 
cazioni  sotto  il  titolo  di  Regina,  come  nelle  litanie  lauretane, 
salvo  che  dopo  Regina  Confessorum  viene  Regina  Praedica- 
torum,  in  omaggio,  come  pare,  alFinclito  Ordine  domenicano. 

Quanto  al  testo,  esso  e  di  poca  importanza  pel  nostro  studio, 
non  altro  essendo  se  non  una  di  quelle  pressochfe  innumere- 
voli  forme  di  litanie,  che  dopo  la  Bolla  di  Sisto  V  cominciano 
a  pullulare  nelle  stampe  sullo  scorcio  del  secolo  XVI. 

lume  sono  pubblicate  altre  due  litanie  inedite  del  Palestrina  ;  1'una  a  p.  67 
da  un  coJice  della  cappella  pontificia,  1'altra  a  p.  95  da  un  codice  barbe- 
riniano.  Ambedue  hanno  in  qualche  modo  il  testo  lauretano,  ma  notevol- 
mente  raccorciato;  in  particolare  la  prima  presenta  solamente  undici  invo- 
cazioni  e  tra  queste  tre  estranee:  Mater  dulcissima,  Mater  piissima,  Virgo 
clementissima.  Queste  singolari  composizioni,  se  mostrano  che  qua  e  cola  in 
Roma  s'erano  cantate  in  quegli  anni  anche  le  litanie  lauretane,  non  bastano 
a  provare  una  consuetudine  comune  alle  varie  chiese. 

I  Musica  D.  IOA.NNIS  PETRI  ALOYSI  PRAENESTINI  Chori  S.  Petri  de  Urbe 
Magistri.   Liber   Primus.    Romae,   apud    Franciscum    Coattinum,    MDXCIII. 
Quest'edizione  e  citata  dal  BAINI  (Memorie  storiche  ecc.  II,  p.  243).  Gli  edi- 
tori  di  Lipsia  nel  volume  XXVI  delle   Opera   omnia   riportarono    1'edizione 
del  1600,  pubblicata  da  Angelo  Gardano  di  Venezia.  II  titolo  ed  il  contenuto 
della  nuova  edizione  sono  i  medesimi,  ma  con  questa  aggiunta:  Additae  Lita- 
niae, quae  in  Sancta  Ecclesia  Lauretana  utuntur.  Auctore  ORLANDO  LASSO. 

II  testo  di  queste  litanie  e   identico   all'odierno  lauretano.  Com'e  noto 
Orlando  di  Lasso,  fin  dal  1557  maestro  alia  corte  di  Baviera,  mori  in  Mo- 
naco 1'anno  1594. 


174  LB   LITANIE   LAURETANE 

12.  E  questa  e  pure  una  particolarita  singolare  di  questa 
storia.  Perocche  la  diffusione  delle  litanie  di  Loreto  per  mezzo 
dei  manual!  di  pietk  e  1'indulgenza  data  loro  dal  Papa  attrassero 
Fattenzione  degli  ascetici  sopra  questa  speciale  forma  di  pre- 
ghiere ;  e  pure  accogliendo  essi  quanto  veniva  loro  offerto  dalla 
Chiesa,  si  diedero  a  comporre  litanie  d'ogni  specie  con  ammi- 
rabile  feconditk,  ma  non  sempre  con  pari  sodezza  di  dottrina 
e  felicitk  di  espressione. 

Un  certo  Ascanio  Collesino  di  Venezia  ci  risparmia  la  cura 
faticosa  di  andarne  in  traccia;  poiche  nel  1599  ne  raccolse  ben 
trentadue  da  varii  libri  gik  impressi,  pubblicandole  in  un  vo- 
lume che  ci  sta  sotto  gli  occhi  l.  Sei  sono  dedicate  alia  Ver- 
gine,  compresa  la  lauretana  odierna  col  suo  titolo  oramai  sto- 
rico:  Litaniae  de  B.  Virgine  in  aede  Loretana  did  solitae. 
Di  queste  una  e  tutta  composta  di  titoli  simbolici ;  un'altra,  pel 
Rosario,  comincia  sempre  con  Rosa:  Rosa  Verbi  parens,  Rosa 
spina  carens,  Rosa  semper  vernans,  Rosa  Angelorum  iubilus, 
Rosa  Palriarcharum  letitia,  Rosa  Praedicatorum  subsidium, 
e  cosi  via,  con  le  risposte  ad  ogni  titolo :  Maria,  succurre  nobis. 
L'ultima  e  curiosa  insieme  e  puerile.  Ne  diamo  un  piccolo 
saggio : 


Ave  et  Eva,         ora  pro  nobis 
Ave  fecunda,     „  „ 

Eva  secunda.    .  r 

Virgo  et,  Virga,      „  „ 

Virgo  paracliti,  „  „ 

Virga  Moysi...   „  „ 


Coelum  et  Cella,    ora  pro  nobis 

Coelurn  Dei, 

Oella  Verbi... 
Portus  et  Porta, 

Portus  salutis, 

Porta  virtutis, 


Un  altro  fecondo  raccoglitore  e  compositore  di  litanie  fu 
il  nostro  p.  Tomaso  Sailly  (1558-1623),  belga  di  nazione  e  di 
gran  fama  a'  suoi  tempi.  Dopo  aver  dato  alle  stampe  nel  1588 
un  primo  libro  di  litanie  sulla  vita  e  passione  del  Signore,  pub- 
blico  dieci  anni  piu  tardi  un  intero  Thesaurus  Litaniarum  pel 
Signore,  per  la  Vergine,  pe'  Santi,  dove  le  litanie  mariane  sono 

1  Thesaurus  Sacrarum  Precum,  sine  Litaniae  variae  ad  Deum  Pa- 
trem,  ad  Deum  Filium,  ad  Deum  Spiritum  Sanctum,  ad  B.  Virginem,  ad 
Sanctos  Angelas  ,et  ad  plures  Sanctos  et  Sanctas  Dei,  una  cum  septem  Psal- 
mis  poenitentiaUbus  etc.  Venetiis,  1599. 


STUDIO    STORICO    CRITICO  175 

disposte  per  ogni  giorno  della  settimana,  cominciando  da  quelle 
di  Loreto  col  loro  proprio  titolo  *.  Qaesto  Thesaurus  fu  accolto 
dai  contemporanei  con  si  gran  favore,  che  se  ne  fecero  ripe- 
tute  edizioni  a  Bruxelles,  a  Parigi,  a  Colonia,  con  sempre  nuove 
giunte  di  altre  litanie,  fino  a  darne  una  per  tutti  i  giorni  del- 
Panno,  cavata  dal  Martirologio  romano. 

Con  gli  scrittori  privati  gareggio  pure  il  piissimo  principe 
Guglielmo  di  Baviera,  il  quale  come  primizia  di  una  sua  dome- 
stica  tipografla  mise  fuori  un  fascio  di  trentadue  litanie,  dedi- 
candole  a  sua  sorella  Maria  Arciduchessa  d'Austria  2.  Tra  le 
quattro  marine,  il  primo  posto  tengono  anche  qui  le  Litaniae 
de  Beata  Virgine  in  aede  Loretana  did  solitae,  che  sono  le 
nostre. 

13.  Senonche  a  metter  freno  a  tanto  rigoglio  di  litanie,  anzi  a 
proibire  assolutamente  ogni  novita  in  questaparte,ClementeVIII 
fece  pubblicare  il  di  6  settembre  1601  il  severo  decreto  del 
S.  Offlcio  Quoniam  multi,  col  quale,  mantenendo  le  litanie  con- 
tenute  ne'  libri  liturgici  e  quelle  della  B.  Vergine  di  Loreto, 
proibisce  che  mai  piu  altre  se  ne  divulghino,  o  si  adoperino 
le  gia  divulgate  nelle  pubbliche  orficiature,  senza  1'approva- 
zione  della  S.  Congregazione  dei  Riti  3. 

II  Duca  di  Baviera,  per  salvare  il  suo  Fasciculus  ricorse 
subito  a  Roma,  dichiarandosi  pronto  a  fare  le  correzioni  che 
gli  venissero  indicate;  ed  il  Santo  Officio  rivide  ogni  cosa  e 
delle  trentadue  litanie  gliene  approve  ventisette,  ch'  egli  mise 
subito  a  stampa  in  una  sua  seconda  edizione  del  1602  4.  Meno 


1  Thesaurus  Litaniarum  ac  Orationum  sacer.  Cum  suis  adversus  sec- 
taries Apologiis.  Bruxellae,  1598. 

2  Fasciculus  Sacrarum  Litaniaram  ex  Sanctis  Script uris  et  Patribus. 
Monachii,  Anno  Jubilaeo,  1600. 

3  «  Quoniam  multi  hoc  tempore,  privati  etiam  homines,  praetextu  alen- 
dae  devotionis,  novas  quotidie  litanias  evulgant,  ut   iam  prope  innumera- 
biles  formae  litaniarum  circumferantur,  et  in  nonnullis  ineptae  sententiae, 
in   aliis   (quod    gravius    est)  periculosae    et    errorem    sapientes    invenian- 
tur,  etc.  » 

*  Fasciculus  Sacrarum  Litaniarum   ex   SS.    Scripturis  et  Patribus,  ab 


176  LE    LITANIE   LAURETANE 

fortunate  fa  invece  il  p.  Sailly;  perche  il  suo  Thesaurus  fu 
messo  inesorabilmente  all'  Indice  del  libri  proibiti  con  decreto 
del  3  agosto  1603,  dove  tuttora  si  trova  4.  II  buon  padre  do- 
vette  rassegnarvisi;  ma  nel  1609,  pubblicando  il  Thesaurus 
con  altro  titolo  e  con  le  debite  restrizioni  e  correzioni,  dichiaro 
non  esser  suoi  gli  errori  condannati  nel  suo  libro,  ma  degli 
editori,  che  nelle  ristampe  seguenti,  a  sua  insaputa,  gli  ave- 
vano  malamente  alterato  il  testo  primitivo  e  rovinato  ogni 
cosa  2. 

Per  tale  solenne  costituzione  di  Clemente  VIII  le  litanie 
lauretane,  vinta  ogni  concorrenza  e  conseguito  il  trionfo,  rima- 
sero  le  sole  mariane  riconosciute  nella  Chiesa.  Se  a  Loreto 
durante  il  descritto  periodo  di  fecondita  litaneutica  si  traforas- 
sero  altre  litanie  della  B.  Vergine,  diverse  dalle  nostre,  non  sa- 
premmo  dire.  II  Sauren  3  lo  afferma,  fondandosi  sopra  una 
rubrica  del  Thesaurus  del  Sailly,  che  leggesi  nelPedizione  di 
Colonia  del  1600,  messa  all'indice:  Litaniae  Beatissimae  Dei 
Genitricis  Mariae,  in  sacra  aede  Loretana  per  dies  Hebdo- 
madae  did  et  cantari  solitae.  Ma  probabilmente  quest'e 
un'aggiunta  dell'editore ;  perche  nella  prefazione  della  prima 
edizione  di  Bruxelles  (1598)  il  Sailly,  senza  alludere  per  nulla 
alle  consuetudini  di  Loreto,  dichiara  d'aver  egli  tutto  da  se 
disposte  le  litanie  mariane  per  ciascun  giorno  della  settimana 
a  solo  comodo  dei  devoti. 


ipsa  Sacrae  Inquisitionis  Congregations  Romano,  correctus  et  approbatus. 
Monaehii,  1602.  Cfr.  SERA.TUUS  NIC  ,  Litaneutici,  seu  de  litaniis  libri  duo.  Co- 
loniae,  1609;  p.  52. 

1  Anche  il  Thesaurus  Sacrarum  Precum  del  COLLESINO  ebbe  la  stessa 
condanna  all'indice  per  decreto  del  7  agosto  1603. 

"  Thesaurus  precum  et  exercitiorum  spiritualium,  in  usum  praesertim 
Sodalitatis  Partheniae.  Antverpiae,  1609.  Parecchie  litanie  deU'edizione 
proibita  sono  qui  ristampate  sotto  1'egida  dell'approvazione  ottenuta  dal 
Duca  di  Baviera.  Nella  prefazione,  parlando  il  SAILLY  di  quelle  della  sua 
prima  edizione,  dice:  «  Numquid  ergo  illae  offenderant?  Nihil  profecto  prout 
a  me  editae;  licet  quod  vino  praestantissimo  fere  evenit,  alias  in  terras  de- 
vectae,  inscio  me  immixtionem  satis  improbam  passae,  praeter  ius  fasque 
immutatae  ne  dicam  violatae.  » 

3  P.  22. 


STUDIO   STORICO    CRITICO  177 

Ad  ogni  modo  il  vescovo  di  cola,  Mons.  Benzoni,  in  osse- 
quio  al  decreto  di  Roma,  proibi  subito  il  canto  di  ogni  altra 
litania  e  la  nuova  edizione  del  manuale  pe'  pellegrini  dell'An- 
gelita  omette  oramai  anche  le  litanie  del  SS.  Nome  di  Gesii, 
conservando  le  sole  lauretane  1.  Per  tutto  altrove  nelle  Con- 
gregazioni  Mariane  e  nelle  pubbliche  devozioni  alia  SS.  Ver- 
gine,  torno  facile  la  sostituzione  delle  litanie  lauretane  alle 
altre  gia  in  uso,  particolarmente  poi  nelle  Confraternite  del 
Rosario,  a  cagione  della  speciale  indulgenza,  accordata  ai 
Confratelli  da  Paolo  V  nel  1606  ogni  qual  volta  assistessero 
al  canto  di  queste  litanie  durante  le  consuete  ftmzioni 2. 

Per  parte  loro  i  PP.  Domenicani  nel  capitolo  generale  ce- 
lebrato  in  Bologna  nel  1615  stabilirono,  che  in  tutte  le  loro 
chiese  e  conventi  nelle  divozioni  del  sabato  dopo  la  consueta 
Salve  Regina  si  cantassero  le  litanie  lauretane.  Hinc  factum 
est,  conchiude  il  Miechow,  da  cui  abbiamo  preso  queste  due 
ultime  notizie,  ut  is  laudabilis  mos  in  plurimas  familias  etiam 
saecularium  introductus  sit,  ut  convocatis  sub  noctem  dome- 
sticis,  has  Litanias  publice  decantent  vel  recitent3. 

14.  Tornando  a  Roma,  Tuso  di  cantare  le  litanie  lauretane 
nei  giorni  di  sabato  e  nelle  feste  principali  della  Madonna  comin- 
cia  con  piena  certezza  nella  Basilica  Liberiana  Tanno  1597,  e 
cio  per  disposizione  del  Cardinale  Francesco  Toledo  della  Com- 

I  BENZONII  Commentariorum  ac  Disputationum  in  Beatissimae  Vi/ginis 
Canticum  Magnificat.  Venetiis,  1606.  Lib.  I,  Cap.  XXI,  p.  134.  —  Hi*t<,ria 
della   Traslatione  ecc  ..  con  le  Litanie  che  in  detto  S.  Luogo  si  cantano  ogiti 
Sabbato  et  Feste  della  Madonna.  Loreto,  1604. 

*  MIECHOW,  Discursus  predicabiles  etc.  p.  19. 

3  Ib.  p.  16.  Una'prima  notizia  dell' uso  domestico  di  recitare  le  lita- 
nie della  B.  Verg-ine  incontrammo  nelle  Costituzioni  della  casa  relig-iosa 
di  N.  S.  della  Solitudine  di  Napoli,  istituita  «  per  ricoverare  e  raccogliere 
in  essa  le  verg-ini  orfane,  fig-liuole  de'  spagnuoli,  acci6  ivi  sieno  allevate 
sino  aU'eta  da  rimediarle.  »  Al  Capo  X  di  esse  Costituzioni,  scritte  il  1  ag-o- 
sto  1589  ed  approvate  da  Sisto  V  con  la  Bolla  Salvator  noster  del  14  lu- 
glio  1590,  si  leg'g'e:  «  Dopo  cena,  finita  la  ricreazione,  si  suonera  alle  li- 
tanie di  Nostra  Sig-nora  e  tutte  anderanno  alia  cappella,  e  la  maestra  co- 
mincera  le  litanie  di  Nostra  Sig'Qora,  e  risponderanno  le  altre.  » 

II  testo  intero  di  questo  documento  6  riportato  nella  citata  Bolla. 
Serit  XVI,  vol.   IX,  fasc.  1118.  12  7  gennaio  1897. 


178        LE   LITANIE    LAURETANE  -  STUDIO    STORICO    GRITICO 

pagnia  di  Gesu.  Quest' insigne  Porporato,  come  in  vita  era 
stato  divotissimo  di  S.  Maria  Maggiore,  cosi,  venuto  a  morte 
nel  1596,  istitui  quivi  per  testamento  una  cappellania  di  dodici 
sacerdoti  con  offlcio  di  attendere  alle  funzioni  liturgiche  in-- 
nanzi  la  S.  Imagine  e  con  obbligo  speciale  di  cantare  le  litanie 
lauretane  ne'  sabati  e  nelle  feste  della  B.  Vergine.  Phi  tardi 
nel  1613,  Paolo  V,  dopo  avere  solennemente  consecrata  la 
nuova  Cappella  borghesiana  di  S.  Maria  Maggiore,  stabili  pa- 
rimente  per  conto  suo  nella  bolla  di  fondazione,  che  ne'  sabati 
e  feste  della  Madonna  si  cantassero  innanzi  F  Imagine  le  litanie 
lauretane  in  musica  a  due  cori;  e  perche  questa  divozione  non 
si  confondesse  con  1'  altra  del  Cardinal  Toledo,  determine  che 
i  cappellani  toletani  cantassero  le  loro  litanie  la  mattina,  e 
quelle  da  lui  istituite  si  eseguissero  la  sera,  finite  Vespero, 
come  si  continua  ancor  oggi  *.  Su  quest' esempio  di  S.  Maria 
Maggiore,  il  canto  di  queste  litanie  divenne_poscia  comune  in 
.molte  altre  chiese  di  Roma,  specie  in  quelle  dedicate  alia 
Vergine. 

Quest'  e  per  sommi  capi  la  storia  delle  litanie  lauretane, 
fino  al  punto  della  loro  definitiva  approvazione  pontificia 2.  Pero 
a  compimento  di  questo  studio  resta  ancora  a  vedere  quali 
siano  le  loro  prime  origini  e  qual  relazione  esse  abbiano  con 
le  litanie  mariane  che  le  precedettero.  Cio  faremo  in  un  terzo 
ed  ultimo  articolo. 

1  DE  ANGELIS,  Basilicae  S.  Mariae  Maioris...  descriptio.  Romae,  1621. 
Lib.  Ill,  Cap.  Ill,  p.  52;  lib.  XI,  Cap.  XVIII,  p.  235. 

*  II  SAUREN  (p.  27  e  segg.)  accenna  ad  altri  decreti  posteriori  riguar- 
danti  le  litanie  lauretane;  ma  cio  esce  dai  limiti  che  abbiamo  prefisso  a 
questo  studio. 

Una  notizia  a  titolo  di  erudizione.  L'irreperibile  Miss  DIANA  VAUGHAN 
nella  seconda  edizione  della  sua  Neuvaine  Eucharistique  (Paris,  Pierret, 
1896),  p.  135  e  segg.,  pubblica  una  litania  peruviana  della  B.  Vergine,  che 
dice  approvata  da  Paolo  V  ed  a  lei  inviata  da  un  bon  chanoine  de  I'Amfrique 
du  Sud.  Miss  DIANA,  cioe  chi  scrive  per  lei,  afferma  che  queste  litanie  sono 
plus  pieuses  encore  que  celles  de  Lorette;  la  qual  sentenza  suona  male  assai 
posta  la  solenne  approvazione  che  hanno  per  tutta  la  Chiesa  le  sole  litanie 
di  Loreto.  Nel  resto  le  litanie  peruviane  si  compongono  di  invocazioni  lau- 
retane e  di  altre  simili  prese  da  litanie  piu  o  meno  antiche.  Se  non  sono- 
anch'esse  un  mito,  potrebbero  appartenere  al  periodo  della  fecondita  lita- 
neutica  verso  la  fine  del  secolo  XVI. 


EMMA 

i  ;M  A.   E   I>OJPO 


VIII. 
/  laureati. 

II  valoroso  Giulio  La  Rosa  ottenne  con  plauso  la  sua  laurea 
in  medicina  e  chirurgia.  Questo  era  naturale,  e  tutti  se  1'aspet- 
tavano;  cio  che  nessuno  s'aspettava,  e  Giulio  meno  di  tutti, 
fu  che  il  Collegio  dei  professori,  tutto  di  suo,  lo  propose  per 
assistente  alia  Direzione  dell'ospedale  dei  Pellegrini.  Cio  in 
merito  del  saggio  che  egli  aveva  dato,  durante  la  pratica,  di 
fermezza  di  mano  e  di  precisione  sicura  nelle  operazioni  chi- 
rurgiche.  Giulio  toccava  il  cielo  col  dito :  vi  era  onore,  gua- 
dagno,  speranze  lusinghiere. 

Ne  scrisse  alia  madre,  invitandola  a  cambiare  Campobasso 
con  Napoli,  e  mettere  dimora  stabile  con  lui,  che  non  poteva 
riflutare  la  fortuna  di  cominciare  la  sua  carriera  alFOspedale 
dei  Pellegrini. 

,  Ma  la  buona  vedova,  beata  del  successo  trionfale  delPamato 
flgliuolo,  gli  rispose  tuttavia,  che  ella  era  troppo  lieta  di  saperlo 
si  ben  ripagato  delle  fatiche  de'  suoi  studii,  ed  approvava  la 
risoluzione  di  fermarsi  in  Napoli,  ma  che  non  le  dava  1'animo 
di  abbandonare  la  sua  vita  quieta  e  tranquilla  in  provincia,  e 
che  non  poteva  in  coscienza  staccarsi  dalla  flglia,  la  quale, 
benche  felice  nel  suo  matrimonio,  pure  aveva  maggior  bisogno 
dell'assistenza  di  lei.  Si  contentasse  dunque  Giulio,  che  ella 
venisse  qualche  rara  volta  a  vederlo,  e  trovasse  modo  di  ve- 
nire spesso  a  Campobasso  a  consolare  i  parenti. 

Non  ostante  la  quale  disdetta,  il  giovane  medico,  lasciata 
la  stanza  di  studente,  voile  addirittura  aprir  casa,  in  un  mo- 
desto  quartieriao  che  gli  piacque,  perche  centrale,  ed  era  di 
fronte  al  Gesu  Nuovo,  poco  discosto  dalla  Via  Toledo;  e  i 


180  EMMA,    PRIMA   E    DOPO 

suoi  balconi  rispondevano  sulla  piazza  ove  sorge  il  monumento 
consacrato  dalla  pieta  napolitana  alia  Vergine  Immacolata. 

All'opera  fastidiosa  di  mettere  casa  gli  porse  amorevol- 
mente  la  raano  la  zia  Cecilia,  che  godeva  in  cuor  suo  di 
vederlo  in  Napoli,  e  di  sentirsi  ormai  sgravata  del  peso  di  man- 
tenerlo  a  sue  spese;  Di  che  Giulio  ebbe  tutto  1'agio  di  festeg- 
giare  cogli  amici,  laureati  come  lui,  Ja  luna  di  miele  del  dot- 
torato.  Tra  questi  era  un  laureate  in  lettere,  un  cotal  Gen- 
naro  Semmola,  di  Pozzuoli,  buontempone,  se  altri  mai,  e  a 
farlo  apposta,  figlio  d'una  sorella  dell'  ingegnere  Rubino,  padre 
dell'Emma.  Giulio  1'aveva  convitato  a  uno  splendido  desinare 
di  compagni,  con  cui  inaugurava  la  casa  nuova.  Gennaro  pre- 
gollo  di  farsi  vedere  a  Pozzuoli  alia  sua  festa  di  famiglia,  giu- 
randogli  che  aveva  la  certo  Lacrima  cristi,  che  lo  aspettava 
a  gala,  e  non  voleva  lasciarsi  bere  senza  di  lui.  Egli  ignorava 
che  Gennaro  fosse  parente  dei  Rubino,  e  molto  piu  gli  umori 
geniali  tra  lui  e  la  signorina  Emma.  Ad  ogni  modo  1'  inge- 
gnere Rubino,  com'era  naturale,  fu  il  primo  invitato.  Gen- 
naro si  reco  in  persona  a  supplicarlo  a  nome  de'  suoi : 
venisse  egli,  la  sua  zia,  le  sue  flgliuole :  e  sarebbero  la  gioia 
della  giornata. 

L'  ingegnere  non  si  fece  troppo  pregare  :  gli  baleno  subito 
alia  mente,  questa  essere  felice  occasione  per  divellere  una 
volta  dalla  sua  stanza  la  povera  Emma,  la  quale,  sebbene  assai 
bene  guarita,  rifuggiva  dal  mostrarsi  in  pubblico.  A  gran  pena 
lasciavasi  essa  condurre  alia  Messa,  le  domeniche,  e  piu  age- 
volmente  al  teatro,  perche  di  sera.  Tanto  le  tornava  acerbo  il 
farsi  vedere  imperfetta  nel  camminare !  L'amorevole  babbo  si 
pose  in  cuore  di  stuzzicare  i  suoi  ferruzzi  per  dar  leva  alle 
sue  donne,  cui  prevedeva  poco  disposte  ad  una  scampagnata, 
massime  la  moglie  e  1'  Emma. 

Entro  nelle  trattative  con  solenne  diplomazia,  mentre  si 
stava  a  tavola;  e  gia  aveva  tirato  dalla  sua  la  moglie,  che 
dovesse  bellamente  rinfiancare  le  sue  ragioni. 

-  Sono  gia.  trascorsi   due  mesi,  disse   egli   alle  flgliuole, 
dacche  siete  di  nuovo  in  famiglia  e  ferme  in  casa:  credo  non 


VIII.   I   LAUREATI  181 

vi  tornerk  discaro  il  fare  una  giterella,  per  rompere  un  tratto 
la  vita  monotona. 

—  Dove   ci   vuoi  condurre  ?  dimando  P  Ida,  tutta  vispa   e 
contenta  :  forse  a  Portici  o  a  Torre  delPAnnunziata,  neh  vero? 

—  lo  indovino,  interruppe  Emma :  babbo  ci  vuole  condurre 
a  Piedigrotta,  ove  ci  ha  dei  lavori... 

—  Gi&  ci  siamo  state  un'altra  volta,  osservo  Ida :  quando 
la  Direttrice  ci  condusse  a  vedere  le  navi  pavesate  nel  porto 
per  la  festa  del  Re. 

—  E  vero,  me  ne  ricordo  anch'io.  E  dopo  si  fu  a  fare  una 
colezione.  sulla  collina...  abbiamo  anche  ballonzato  tutte  insieme 
come  tante  matte. 

—  Ma  questa  volta  sarete  savie,  disse  il  babbo,  e  pure  ci 
divertiremo  un  mondo.  Si  va  dallo  zio  Spiridione... 

-  A  Pozzuoli?  dimando  Ida. 

—  Chi  sono   gli  altri   invitati?  dimando  Emma  al   tempo 
stesso. 

—  Chi  lo  sa  ?  Parenti,  amici... 

— :  lo  temo,  disse  subito  Emma,  che  sia  troppo  strapazzo 
cosi  lontano... 

—  Che  che  ?  o  che  si  va  a  piedi  ? 

—  Si,  si,  figlia  mia,  incalzo  la  Nunziata:  il  Dottore   assi- 
cura  che  un  po'  di  moto  ti  giovera  assai  a  rinforzare  il  piede. 

Ida  era  sul  punto  di  scusarsi  dall'andare,  per  non  lasciare 
Emma  tutta  soletta  in  casa.  Ma  udito  il  decreto  del  medico 
e  Pautorita  della  madre,  si  volse  a  dar  animo  alia  sorella,  ed 
a  prometterle  che  essa  le  farebbe  da  cavaliere  servente  dan- 
dole  il  braccio  dove  che  abbisognasse.  II  dabbene  babbo,  lie- 
tissimo  di  avere  cosi  felicemente  vinto  il  suo  punto,  propose 
alle  bambine  che  intanto  preparassero  qualche  ninnolo  gra- 
zioso  da  fame  presente  al  cugino  dottore ;  proposta  che  esse 
accolsero  a  gala. 

Ne'  due  giorni  che  precedettero  la  gita,  le  due  sorelle  non 
ebbero  pure  un  istante  di  noia;  erano  occupatissime.  Filoso- 
favano  insieme  della  foggia  di  vestito  piu  opportuna  per  quella 
comparsa,  del  cappellino,  dei  vezzi,  del  ventaglio.  Sopra  cia- 


182  EMMA,    PRIMA   E    DOPO 

scuno  del  gravi  argomenti  si  bisticciavano  un  poco,  ma  in- 
fine  prevaleva  1'opinione  dell'Emma,  piu  saputa  nell'arte  del- 
1'attillatura,  sopra  la  bonarieta  dell'Ida,  sempre  arrendevole, 
per  compassione  alia  povera  sorella.  In  un  punto  solo  non 
giunsero  ad  accordarsi :  1'Emma  voleva  al  seno  una  rosa ;  lad- 
dove  1'Ida  teneva  fermo  per  un  mazzolino,  che  in  se  riunisse 
i  tre  colori  nazionali.  Era  seraplice  quistione  di  gusto  e  non 
di  political  perche  1'una  e  1'altra  non  possedevano  altre  idee 
che  le  succhiate  dai  librettucciacci  della  storia  patria,  che  cor- 
rono  nelle  pubbliche  scuole,  e  chiosate  poi  piii  bugiardamente 
dalla  parlantina  liberalesca  delle  maestre. 

IX. 
Una  visione  improvvisa. 

II  giorno  26  luglio  di  buon  mattino  una  bella  carrozza  a 
quattro  sederi  si  fermava  al  Largo  di  S.  Doraenico  dirimpetto 
alia  porta  dell'mgegnere  Rubino ;  Emma  ed  Ida  erano  gik  in 
assetto  di  tutto  punto,  esse  e  le  borse  da  viaggio,  e  con  que- 
ste  discesero  a  pte  della  scala  ad  aspettare  la  Nunziata,  la 
quale  non  finiva  piu  di  raccomandare  alia  cameriera  quello 
che  avesse  a  fare  durante  la  sua  assenza.  Finalmente,  quando 
a  Dio  piacque,  discese  anch'essa  per  le  lunghe  scale,  soffiando 
e  borbottando  contro  le  figliuole  scappate  giii  sulla  piazza. 
Da  ciascun  pianerottolo  rivolgevasi  ancora  alia  fantesca,  che 
stava  appoggiata  alia  ringhiera,  ripetendo  nuovi  ordini  ed 
awisi,  mentre  quella  ripeteva:  —  Faccia  buon  viaggio,  si,  s 
sicura,  faccia  buon  viaggio. 

II  convoglio  si  mosse.  Per  le  donne  la  citta.  porgeva  un 
aspetto  nuovo:  erano  a  guisa  di  viaggiatrici  straniere  che  non 
avessero  mai  visto  la  via  Trinita  Maggiore,  Toledo,  Capodi- 
monte.  A  quell'ora  mattinale  in  cui  i  dabbene  napolitani  schiac- 
ciano  ancora  il  sonnellin  delPoro,  le  vie  appariscono  presso- 
che  deserte.  Per  le  signorine  era  una  serie  di  spettacoli  at- 
trattivi,  il  rivendugliolo  che  lessava  le  lumache  e  scodellavale 
ai  poveri  clienti,  i  quali  immollano  nella  broda  saporita  la  in- 


IX.    UNA  VISIONE   IMPROVVISA  183 

tera  pagnotta;  tornava  bella  la  vista  delle  navi  ancorate  nel 
porto  e  la  selva  delle  loro  antenne,  e  il  barchereccio  minuto, 
attorno  a  cui  gia  formicolava  una  chiassata  di  marinai,  di  pe- 
scatori,  di  monelli.  Soprabbella  per  tutti  e  pur  sempre  nuova 
era  la  vista  del  Vesuvio.  Quella  mattina  il  pino,  come  i  na- 
poletani  chiamano  la  colonna  di  fumo  che  sorge  perenneraente 
in  vetta  al  monte,  saliva  dritto  a  filo,  variopinto  e  cangiante 
sotto  i  raggi  del  nuovo  sole,  e  si  spandeva  in  un  nero  cap- 
pellaccio  enorme,  i  cui  lembi  si  sfloccavano  lentamente  nel- 
1'atmosfera  tranquilla. 

Ida  non  sapeva  ritrarne  1'occhio,  Emma  si  rizzava  ogni 
momento  per  rimirare  indietro  quello  spettacolo;  e  lo  stesso 
signor  Livio,  che  pure  aveva  visto  cento  volte  il  fenomeno,  vi 
restava  intento  e  flso,  ricavandone  lietissimo  pronostico  d'una 
giornata  tranquilla  e  ridente. 

Al  capo  di  Posilipo,  per  contentare  Emma,  si  discese  tutti 
a  piedi.  Ella  voleva  godere  agiatamente  del  panorama  incan- 
tevole  che  si  spiegava  loro  davanti.  Cosi  essa  diceva,  in  ve- 
rita  poi  frugavala  una  voglietta  secreta  di  darsi  un  po'  di  atto 
alia  vita  e  provarsi  a  movere  il  piede  con  arte  da  dissimu- 
larne  il  difetto.  II  signor  Livio  diede  il  braccio  alia  moglie, 
ch'era  grassoccia  e  poco  dilettante  di  camminate ;  Ida,  lo  diede 
alia  sorella,  Emma  studiava  ogni  mossa  per  andare  innanzi 
ritta  ritta  e  pari  pari;  e  pure  Fessere  cosi  a  flanco  delFIda, 
agile  quanto  una  rondine,  dava  maggior  risalto  al  suo  cammi- 
nare  pur  sempre  difettoso.  Ella  sentiva  lo  sforzo  inutile,  e  ne 
provava  in  cuore  un  avvilimento,  una  stizza,  che  a  mala  pena 
poteva  soffocare.  Or  mentre  camminava,  come  poteva  il  meglio, 
poverina,  tapinandosi  in  cuore,  e  sorridendo  in  volto  alia  so- 
rella che  faceva  le  meraviglie  di  quelle  scene  svariatissime 
che  lor  si  paravano  dinanzi,  il  babbo  grido :  —  Cansatevi,  can- 
satevi.  —  Le  fanciulle  si  ristrinsero  all'un  de'  lati.  Ed  ecco 
sopraggiungeva  un  biroccino  a  gran  corsa,  con  sopravi  in  seg- 
giola  un  solo  viaggiatore,  che  faceva  schioccare  la  frusta.  Ad 
Emma  vacillo  il  piede,  una  flamma  le  accese  il  volto:  era 
Giulio. 


184  EMMA,   PRIM  A  E   DOPO 

X. 

/  dottori  sdottorano. 

Era  Giulio  La  Rosa,  in  petto  ed  in  persona,  il  quale  puuto 
piu  si  aspettava  quell'  incontro  che  se  1'aspettasse  Emma.  Giu- 
lio aveva  spensieratamente  tenuto  1'invito,  imraaginando  che 
Gennaro  avesse  in  animo  di  fare  una  allegria  a  Pozzuoli  coi 
colleghi  dottorini  novelli,  appunto  come  aveva  fatto  egli  nella 
casa  nuova  a  Napoli  per  celebrare  il  suo  dottorato.  Trat- 
tenne  il  cavallo,  balzo  a  terra,  come  prima  ebbe  ravvisato  i 
signori  Rubino.  Si  sentiva  impacciato  a  discorrere,  specie  col- 
1'Emma.  Ma,  da  valoroso,  fece  animo  forte  a  subita  disdetta; 
come  chi  sente  annunziarsi  una  visita  importuna.  e  subito  in- 
fila  un  complimento  al  visitatore  che  si  presenta. 

—  Bene,  benone,  arcibenissimo !  sclamo  egli...  Non  me  lo 
aspettavo...  Ma  capisco  che  loro  vanno  dal  signor  Spiridione... 
E  la  piii  graziosa  celia  che  mi  potesse  fare  quel   monello  di 
Gennaro. 

—  Noi  tre  ci  guadagniamo  un  tanto  per  ciascuno,  rispose 
la  signora  Nunziata,  a  cui  piu  direttamente  volgeva  Giulio  la 
parola. 

—  Anzi,  il  guadagno  e  tutto  mio. 

--  E  bene,  disse  il  signor  Livio,  il  guadagno  sia  di  tutti. 
Ce  lo  spartiremo.  Intanto  la  sua  presenza,  caro  dottor  La 
Rosa,  e  il  flocco  della  festa. 

Emma  ed  Ida  appro vano  con  inchini  e  con  sorrise  paro- 
lette  il  detto  del  babbo  e  della  mamma.  Giulio  dimando  al- 
FEmma  del  come  migliorasse  il  suo  piede. 

-  Non  perfettamente  ancora,  rispose  Emma  rossa  di  scar- 
latto,  ma  un  po'  di  megliuccio  mi  pare  di  sentirlo. 

—  E  sempre  buon  segno  quando  si  va  a  scarrozzare,  e  a 
mezza  via  si  balza  a  piedi.  Faro  anch'  io  lo  stesso :  e  mise  il 
cavallo  al   passo,    con  le   redini  aggrovigliate   ad  un   porno 
della  seggiola. 

—  La  venga   qua,   signor   Giulio,   interruppe  1'ingegnere 
venga  qua  presso  di  me,  che   abbiamo  tante   cose  da  .dirci... 


X.   I   DOTTORI    SDOTTORANO  185 

e  lasciamo  alle  signore   1'ambito  onore  di   aprirci  la  strada, 
noi  staremo  alia  retroguardia. 

La  Nunziata  si  pose  a  destra  dell'Erama,  a  cui  1'Ida  aveva 
dato  il  braccio,  e  continuarono  cosi  la  loro  passeggiata;  e  a 
breve  distanza,  venivano  insieme  ragionando  1'  ingegnere  e  il 
giovane  medico.  II  quale,  benche  non  ne  desse  alcun  indizio, 
pure  era  coll'animo  in  tempesta,  e  cio  gli  toglieva  di  godere 
tutto  il  bello  di  quella  amenissima  spiaggia.  Aveva  innanzi 
gli  occhi  F  Emma,  ma  quanto  diversa  da  quella  che  aveva 
cominciato  a  conoscere  nel  collegio  della  zia  Cecilia,  e  cbe 
un  anno  addietro  gli  aveva  accesa  in  cuore  una  fiamma  si 
ardente!  Non  era  piu  quella  fanciulla  tutta  brio,  tutta  vita, 
che  non  sapeva  nfe  poteva  starsene  un  pochino  tranquilla; 
ch'era  sempre  in  moto,  sempre  in  atto  di  fare  o  ilisfare  il 
gia  fatto,  e  che  nelle  ricreazioni  soleva  destare  tra  le  com- 
pagne  1'emulazione  del  far  chiasso.  L'avvenenza  del  volto  non 
era  punto  sminuita,  aveva  anzi  acquistata  un'aria  piu  dolce  ed 
amabile,  un  colorito  piii  delicate :  agli  occhi  di  Giulio  sem- 
brava  assai  piu  graziosa  che  prima;  ma  quel  piede  ch'era 
rimasto  leggermente  difettoso,  e,  quel  ch'era  peggio,  senza 
speranza  di  rimedio,  guastava  tutto.  Se  gli  fosse  stato  possi- 
bile  di  toglier  quello  sconcio,  anche  a  costo  di  strapparsi  una 
fibra  del  cuore,  1'avrebbe  fatto,  senza  esitare  un  istante:  ma 
era  un  sogno,  una  vana  lusinga.  Ne  1'arte,  n£  1'amore  davano 
nulla  a  sperare;  e  la  poverina  avrebbe  continuato  tutta  la 
vita  a  ranchettare  in  casa  e  fuori  e  tra  le  brigate. 

Ci  penso  pure  il  babbo,  che  vedeva  la  flgliuola  camminare 
disagiata;  e  temendo  non  forse  essa  troppo  si  stancasse,  fece 
segno  a'  vetturali  di  fermarsi.  Rimontarono  tutti  in  carrozza, 
e  continuando  il  loro  viaggio  spesso  fermavansi  a  godere  le 
deliziose  viste  del  golfo  di  Pozzuoli,  chiuso  tra  il  capo  di  Po- 
silipo,  e  il  capo  Miseno,  le  vicine  isolette  di  Nisida  e  di  Pro- 
cida,  e  Ik  giu  piu  lontano  1'isola  d'Ischia,  sempre  gradevolis- 
sime  allo  sguardo,  ancorchfe  vedute  altre  volte. 

Giunsero  a  Pozzuoli  verso  le  sette,  lieti  e  rinfrancati  di 
quella  brezza  mattinale  che  avea  loro  allargati  i  polmoni  e 


186  EMMA,   PRIMA  E    DOPO 

stuzzicato  1'appetito.  Le  carrozze  sostettero  sulla  spiaggia,  nella 
via  che  conduce  all'antico  tempio  di  Serapide.  La  famiglia 
Semmola  stava  sul  poggiuolo  di  casa,  attendendo  i  nostri  pas- 
seggeri,  e  come  li  ebbero  in  vista,  cominciarono  a  dar  loro 
il  benvenuto  coll'agitar  delle  mani  e  delle  pezzuole.  II  neopro- 
fessore  Gennaro  era  disceso  alia  porta,  per  far  loro  i  primi 
onori.  Saluto  gli  zii,  si  congratulo  con  PEmma,  die  un  ba- 
ciozzo  sonante  al  suo  carissimo  Giulio  e  poi  senza  piu  gli  in- 
trodusse  in  casa,  conducendoli  ad  una  sala,  messa  tutta  a 
flori  e  piante  forestiere,  dalla  quale  si  poteva  con  uno  sguardo 
abbracciare  tutta  la  distesa  del  golfo.  , 

I  vicendevoli  saluti,  i  baci,  le  strette  di  mano,  le  congra- 
tulazioni,  i  mirallegro  fecero  per  un  breve  tratto  d'ora  riso- 
nare  lietamente  quella  sala;  quando  Gennaro,  rizzandosi  di 
botto,  e  facendo  1'atto  del  servitore  che  alza  la  portiera,  si 
sberretta  e  chiama  i  signori  a  tavola ;  disse :  —  A  loro  com- 
modo...  e  buon  appetito. 

Al  quale  invito  cosi  comicamente  bene  eseguito,  si  arresero 
tutti  ridendo.  La  tavola  era  fornita  d'ogni  ben  di  Dio,  e  lo 
spensierato  chiaccherio  dei  giovani  la  rendeva  piu  gradita.  I 
laureati  ebbero  posti  in  capo  alia  tavola,  1'uno  a  fianco  del- 
1'altro  e  aveano  di  rincontro  le  due  sorelle  Rubino,  ai  posti 
d'onore  erano  i  babbi  e  le  mamme  e  altri  onorevoli  convitati. 
Frullava  discorsi  di  cento  cose :  ma  il  gallo  dell'aia  era  pur 
sempre  il  dottorino  di  lettere,  Gennaro.  Faceva  smascellare 
dalle  risa,  rifacendo  i  suoi  professori  all'ultimo  esame:  non 
li  mordeva,  no,  ma  coglieva  il  lato  cornico  di  ciascuno,  con 
una  rara  felicita.  Le  s  ignore  si  deliziavano  udendolo  e  ve- 
dendolo  rifare  la  lezione  del  canonico  Mirabelli,  che  egli 
chiamava  il  suo  vecchio  e  dotto  professore  amabilissimo.  Ed 
entrava  a  ripetere  la  dissertazione  di  quel  celebre  filologo, 
sopra  il  Trinumo  di  Plauto:  da  prima  compicciando  alcune 
eleganti  frasi  in  latino,  poi  dilagando  nei  commenti  in  vol- 
gare,  e  finalmente  improvvisando  la  traduzione  di  tutta  una 
scena  nel  piii  scacato  napoletano  d'abbascio  o  puorto.  Gennaro 
la  sapeva  per  lo  senno,  e  la  drammatizzava  coi  gesti  del  Mi- 
rabelli, che  avrebbero  fatto  ridere  i  morti. 


X.    I   DOTTORI   SDOTTORANO  187 

II  bello  era  che  Gennaro  conchiudeva  poi  serio  serio :  — 
Ma  quei  tempi  sono  passati!  Ora  do  principle  ad  Una  vita 
nuova,  tutta  gravita  e  decoro.  Siamo  Dottori,  e  tu  sai  bene, 
caro  Giulio,  bontempone  la  parte  tua,  che  all'ombra  degli  al- 
beri  nascono  i  pensieri  elevati  e  severi:  io  comincio  a  raffaz- 
zonarmi  per  la  cattedra...  mi  sento  increspare  le  rughe  in 
fronte... 

—  E  sark  un  carnevale  pei  tuoi  scolari.  Ma,  di  grazia,  hai 
gia  qualche  promessa?... 

—  Promessa  ferma,  no,  ma  buone  speranze,  quasi  sicure. 

—  In  Napoli? 

—  In  provincia. 

—  Gik  si  sa,  osservo  1'ingegnere,  si   comincia   fuori,  e  si 
finisce  dentro:  ogni  cosa  a  suo  tempo. 

XL 
La  Solfatara. 

Si  era  mangiato  e  bevuto  allegramente :  1'ingegnere,  vol- 
tosi  ai  due  gio7ani,  li  richiese:  —  Avete  architettato  qualche 
gita  nei  dintorni  di  Pozzuoli,  per  passare  lietamente  la  gior- 
nata? 

—  Architettato,  architettatissimo,   rispose   Gennaro,   come 
no?  ci  ho  fatto  uno  studio  dotto,  erudito,  sapiente...  Noi  si  va 
alia  Solfatara,  all'Averno...  Ma  prima  e  da  consultare  il  bene- 
placito  delle  nostre  signore. 

La  Nunziata  disse  subito :  —  Per  me,  lascio  i  giovinotti  cor- 
rere  la  cavallina...  Io,  'mi  contento  di  una  passeggiata  am- 
modo,  neh  vero,  signora  Semmola? 

—  Ma  sicuro !  rispose  la  madre  di  Gennaro.  Andiamo  pian 
pianino  sino  al  tempio  di  Serapide;  e  ci  terra  compagnia  la 
signorina  Emma...  Voi  altri  andate  a  scavallare  per  monti  e 
per  valli:  speriamo  che  siate  tutti  qua  per  le  cinque. 

—  Mancomale!  intervenne  qui  1'ingegnere  signer  Livio.  Io 
andro  con  1'Ida  e  coi  dottori ;  e  sapremo  bene  frenarli  a  tempo 
e  ricondurli  a  desinare. 


188  EMMA,    PRIMA   E    DOPO 

—  E  1'appetito  non  ci  manchera,  conchiuse  Gennaro...  Mi 
racconiando,  Mamma,  fateci  trovare  dove  affondare  il  dente. 
Pensate  che  appetite  avranno  due  dottori  novellini  e  reduci 
dall'Averno. 

Le  due  brigatelle  si  separarono,  scambievolmente  augu- 
randosi  il  buon  viaggio.  Come  furono  partiti  gli  esploratori 
dell'Averno,  1'Emma,  facendo  vista  di  voler  piii  da  presso  am- 
mirare  le  varie  specie  di  fiori,  che  adornavano  la  sala  e  il 
verone,  che  rispondeva  sul  mare,  si  trasse  alquanto  in  di- 
sparte  dalla  madre  e  dalla  zia.  Sentiva  imperioso  il  bisogno 
di  dare  sfogo  aH'affanno  dell'animo  trambasciato.  Le  cadevano 
dagli  occhi  furtive  le  lagrimette,  che  venivano  accolte,  come 
rugiada  ne'  calici  di  quei  flori,  i  quali  non  potevano  com- 
prendere  il  suo  affanno  e  molto  meno  sentirne  compassione. 
—  Era  ben  meglio  che  non  fossi  venuta  qua!  Se  1'avessi  pre- 
visto  che  qui  era  Giulio!  Ah  Giulio,  Giulio,  se  non  t'avessi 
mai  veduto,  mai  conosciuto,  sarei  ora  meno  infelice !  Ecco  tu 
m'incontri  qui...  non  mi  aspettavi...  dovresti  farmi  almeno  un 
sorriso  di  festa,  e  tu  invece  ti  allontani  subito  e  te  ne  vai  a 
diporto,  mi  lasci  sola,  non  facesti  pur  segno  di  dolerti  di  la- 
sciarmi  qui  abbandonata!  Restava  solo  che  mi  dicessi:  Di  te 
non  m'importa  piu  nulla...  Dopo  tanti  anni  di  studio,  non  hai 
ancora  imparato  a  conoscere  gli  strazii  d'un  cuore  che  ama, 
e  che  non  osa  zittire?...  Oh  avessi  almeno  portato  meco  il 
mio  Leopardi,  per  uccidere  questa  noia,  che  mi  diviene  cru- 
dele... 

Mentre  cosi  sfogava  Fanimo  suo  la  giovine  infelice,  fu  in- 
vitata  dalla  zia  a  scendere  nel  giardino.  Emma  gentilmente 
accetto;  riprese  il  cappellino  e  Fombrello,  e  avviossi  a  fianco 
della  madre,  che  le  diede  il  braccio  nello  scendere  per  le 
scale.  La  zia  le  introdusse  nel  giardinetto,  e  conducevale  per 
tortuosi  sentieri  alle  cavernette  tappezzate  di  muschio,  e  lun- 
ghesso  le  pergole  delle  viti  ricche  di  grappoli,  ad  una  graziosa 
vasca.  Nel  suo  mezzo  sorgeva  un  vivo  zampillo  d'acqua,  che 
ricadendo  dall'alto  con  un  gradevolissimo  mormorio,  percoteva 
sovra  un  piccolo  scoglio,  ove  sedeva  un  puttino  di  bronzo,  in 


XI.   LA   SOLFATARA  189 

atto  di  pescare  dei  Ciprini  dorati,  che  sbucavano  di  tratto  in 
tratto  dai  loro  nascondigli.  Quivi  si  fece  un  po'  di  sosta,  sovra 
certi  sedili  di  rami  rusticaraente  contesti,  poi  una  nuova  sosta 
sotto  una  cupoletta  di  ellera  e  di  vilucchi.  Ma  la  conversazione 
languiva.  Si  ammirava  e  taceva.  Per  ravvivare  la  scena  muta 
la  signora  Semmola  condusse  le  Rubino  fuori  di  la,  e  fece 
loro  una  grande  chiacchierata  sulle  rose.  Avevano  infatti  colk 
parecchi  cespi  di  rose  delle  piu  belle  che  si  potessero  vedere 
con  due  occhi,  e  per  giunta  tardive  assai,  sicchfe  erano  allora, 
malgrado  i  calori,  in  sul  piii  lussureggiante  rigoglio.  Questo 
flore  elettrizzo  un  poco  la  Emma',  che  gradi  Tofferta  di  un 
mazzo  delle  piu  leggiadre,  che  la  zia  promise  di  farle  trovare 
acconcio  dal  giardiniere  quando  essa  tornasse  a  Napoli. 

Di  qui  si  mossero  le  signore  pel  tempio  di  Serapide.  Ra- 
gionavano  tra  loro  le  signore  madri.  Emma  ascoltava  fredda, 
distratta.  Altri  pensieri  1'assorbivano,  malinconiosi. 

L'altra  brigatella  uscita  fuori  deirabitato  prese  la  volta  della 
Solfatara.  L'allegria  schietta  e  cordiale  che  regnava  in  mezzo 
-ad  essa,  alleggeriva  non  poco  la  malagevolezza  del  cammino 
erto  e  sassoso.  Gennaro,  che  ben  conosceva  Pingenuiti  della 
cugina,  faceva  da  cicerone,  e  sparava  erudizioni  novissime  e 
al  tulto  inedite,  le  quali  egli  si  cavava  dal  cervello.  Ida  si  con- 
tendeva  protestando  che  non  le  gabellava  per  buone,  e  Gen- 
naro rincarava  la  dose,  si  che  era  una  festa  per  1'ingegnere 
e  per  Giulio.  Quando  giunsero  alquanto  trafelati  al  cratere  della 
Solfatara,  voltosi  all'Ida  le  disse:  —  Bada  bene,  cugina  mia 
dolce,  di  camminar  leggera,  leggera,  perchfe  ora  traversiamo 
la  crosta  di  un  fumaiuolo  dell'  inferno ;  e  qui  sotto  a'  nostri 
piedi,  vi  sono  i  bagni  solforosi  per  i  diavoli  e  per  le  diavolesse. 

—  Baione,  che  non  sei  altro !  non  mi  metterai  paura ;  no, 
-di  certo.  Qui  sento  che  camminiamo  sul  sodo:  non  vedi  che 
ci  cresce  1'erba? 

—  Tanto  meglio,  se  non  hai  paura :  ma  non  son  io  un  ciar- 
latano.  Guarda.  E  cosi  dicendo  da  di  piglio  ad  un  rocchio  di 
macigno,  lo  solleva  in  alto,  e  poi  lo  lascia  cadere  sul  suolo. 
A  quel  colpo,  s'intese  immantinente  un  cupo  rombo  sotterraneo. 


190  EMMA,   PRIMA   E   DOPO 

Ida  die  uno  strillo  e  si  strinse  al  babbo,  impallidita  e  scla- 
mando :  —  Mamma  mia,  che  spavento ! 

Non  e  a  dire  quanto  ne  ridessero  saporitamente  i  due  giova- 
notti  e  1'ingegnere.  Gennaro  pretendeva  che  li  da  presso  era  pro- 
prio  il  portone  maestro  delPinferno,  e  che  il  puzzo  di  zolfo  che  si 
cominciava  a  sentire  dai  crepacci  del  suolo  veniva  dalla  cucina 
del  diavolo.  Citava  in  prova  versi  di  Virgilio,  a  proposito  e  a 
sproposito,  che  era  una  gioia  a  udirli.  E  per  dare  la  quadra 
anche  a  Giulio,  assicurava  che  i  medici  facevano  tesoro  di  quel 
fumo  per  guarire  le  emicranie.  Ma  che  cotesto  costava  poi  un 
Peru,  a  cagione  della  grande  difficolta  che  vi  era  di  insaccarlo. 

—  Insomma,  gli  rispose  Ida,  si  vede  che  abbiamo  ragione 
noi  che  ti  crediamo  un  po'  poeta,  un  po'... 

—  Di',  di'  tutto,  Ida :  anche  un'impertinenza  dal  tuo  bel  boc- 
chino  la  sento  volentieri. 

—  Via,  che  vuoi?  noi  in  casa  Rubino  diciamo  che  sei  un 
grande  studioso,  ma  un  po'  parabolano,  e  che  ne  sballi  di  quelle 
dell'ottanta. 

—  Adagio  a'  ma'  passi,  disse  Gennaro.  II  puzzo  ci  e,  si  o 
no?  viene  dall'Averno,  si  o  no?  Dunque? 

—  Dunque  io  me  ne  scappo,  conchiuse  Ida. 

E  lesta  lesta,  piantando  la  brigata,  torno  indietro.  E  questa 
la  segui  volentieri,  girando  alle  falde  del  Monte  Nuovo,  anzi 
che  guadagnare  la  cima.  L'ingegnere,  che  non  era  piii  dell'erba 
d'oggi,  fu  contento  di  risparmiare  questa  salita  che  sarebbegli 
costata^una  pettata  niente  gradevole. 

XII. 

11  lago  d'Averno. 

Giulio  pure  pigliava  gusto  a  ribruscolare  qua  e  la  saggi 
di  pietre  e  di  erbe,  che  per  lui  erano  soggetti  di  studio.  Ida 
gli  porgeva  aiuto  il  meglio  che  sapeva,  .portandogli  pietre  ed 
erbe,  che  a  lei  parevano  un  po'  singolari  di  fazione.  Di  che 
Gennaro  faceva  i  commenti  piu  lepidi  del  mondo,  inventando 
a  modo  suo  la  storia  naturale  e  le  proprieta.  di  ciascun  pezzo 


xii.  IL  LAGO  D'AVERNO  191 

da  collezione,  e  ne  sballava  con  sussiego  di  quelle  che  non 
avevano  ne  babbo  ne  mamma.  Giunsero,  cosi  celiando,  al  Lago 
Lucrino.  E  Gennaro,  voltosi  alia  cugina,  pretendeva  che  ella 
dovesse  pare  fare  colta  di  spigole,  che  ottimissime  abbondano 
in  quello  stagno,  e  fritte  tornerebbero  piii  utili  che  tutti  i  sassi 
e  le  erbacce  di  che  s'aveva  piena  la  pezzuola. 

Prima  di  affrontare  1'Averno  si  riflato  un  tratto  al  rezzo  d'un 
olivo,  per  buona  fortuna,  sperso  Ik  tra  quei  sasseti.  Giulio 
distribui  dei  bravi  Avana,  traendoli  dalla  bolgetta  che  aveva 
portato  opportunamente :  per  Ida  invece  trovo  una  boccetta  di 
liquore,  e  gliene  mesce  un  bicchierino.  E  poiche  ella  si  con- 
tendeva,  avendo  paura  degli  spiritacci  forti  -  -  Che  che  ?  disse 
Giulio,  1'ho  portato  apposta  per  le  signore.  E  un  semplicissimo 
alchermes  di  Firenze,  che  possono  pigliarlo  anche  le  bambine... 
-  Allora  e  proprio  adattato  per  me,  interruppe  Gennaro, 
fa  ch'  io  lo  assaggi. 

—  Poerino!  gli  rispose  Giulio  facendogli  il  verso;  sei  cosi 
tenerino...  te  ne  daro,  se  ce  ne  resta...  Perche  hai   gia  tanta 
parlantina  scientiflca  a  bocca  asciutta,  che  guai  a  noi,  se  innaffli 
ancora  il  parlatorio. 

—  Io  parlo  per  vostro  bene,  e  la  scienza  che  parla  in  me. 
Ora  e  necessario  che  io  armi  di  dottrine  forti  la  mia  cugina, 
prima  di  passare  la  terribile  soglia  dello   speco   misterioso. 
ElPha  un  coricino  di  educanda,  e  qui  c'e  bisogno  del  coraggio 
d'una  amazzone... 

E  sbotto  a  magniflcare  le  paurose  scene  che  incontrereb- 
bero  nell'antro  della  Sibilla  e  nell'Averno.  Caron  dimonio  con 
occhi  di  bragia,  e  le  orche  e  le  versiere  che  intorno  a  lui  si 
accapigliavano.  e  i  diavoli  sgambucciati  che  trasportano  a  ca- 
valluccio  i  passeggieri  sull'onda  bruna,  e  le  feroci  Erinni  con 
le  criniere  di  serpenti,  e  altre  fanfanate  da  far  raccapricciare. 

Se  non  che  la  Ida,  gik  un  po'  agguerrita  dalle  scaramucce 
precedenti,  taglioi  corto,  con  una  risata :  -  -  Chi  ti  credesse ! 
Se  non  hai  altri  fumaiuoli  d' inferno,  puoi  andarti  a  riporre. 

Con  tutto  cio  Ida,  non  essendo  mai  penetrata  nell'antro, 
un  po'  di  pauriccia  latente  non  la  dissimulava :  e  pareva  cer- 


192  EMMA,   PRIMA  E   DOPO   -   XII.   IL   LAGO   D'AVERNO 

care  negli  occhi  ora  del  babbo,  ora  del  dottor  Giulio  qualche 
cosa  che  la  rassicurasse.  II  dottore  le  rispose  col  verso  di 
Dante,  rifatto :  —  Lasciate  ogni  paura,  o  voi  che  entrate...  Non 
si  sa  che  nessuao  abbia  mai  lasciato  la  vita  in  questo  inferno; 
e  la  signorina  pure  ne  uscira  freschissima  come  una  rosa. 

Cio  detto,  i  viaggiatori  entrarono  negli  aditi  tremendi  del- 
1'Averno,  e  Gennaro,  piu  matterullo  che  mai,  ad  ogni  passo 
esagerava  i  pericoli  immaginarii  che  si  correvano,  e  faceva 
scoppiare  dalle  risa  Ida,  G Julio  e  il  grave  signer  Livio.  Videro, 
e  tornarono  come  tutti  gli  altri  veggono  e  tornano.  E  si  mi- 
sero  allegramente  in  via  per  Pozzuoli. 

Vi  giunsero  poco  dopo  le  quattro,  ed  ebbero  tutto  Fagio 
di  riposare,  e  con  un  po'  di  spuntino  prepararsi  al  pranzo.  E 
Gennaro  ebbe  ancor  tempo  di  berteggiare  il  medico  per  la 
raccolta  del  pietrame  e  del  dotto  fleno. 

Emma,  colla  madre  e  cogli  zii,  era  ritornata  molto  tempo 
innanzi,  e  sedeva  a  un  tavolino,  scartabellando  alcuni  giornali 
di  mode  illustrati,  per  cacciare  la  noia  e  que'  pensieri  che  le 
aveano  messo  addosso  un  malumore  indicibile.  Ad  un  tratto 
s'  intese  per  le  scale  la  voce  di  Gennaro,  il  quale  entrava  in 
casa  canterellando  una  canzone  napolitana : 

Quanno  so'  ffatto  eennere 
Allora  m'  amarrai... 
I'  t'amo,  t'amo  assai ; 
E  tu  nu'  mpienz'  a  mme  ! 

Era  quasi  il  caso  di  Emma,  che  per  buona  fortuna  non 
pose  mente  alia  canzone  che  Gennaro  cantava  a  casaccio. 
ElPera  gik  troppo  imbarazzata,  non  sapeva  se  dovesse  mo- 
strarsi  lieta  con  Giulio  e  colla  sorella,  ovvero  simulare  fred- 
dezza  e  indifferenza.  Avrebbe  voluto  da  un  canto  che  essi 
s' avvedessero  del  suo  interno  dispettuccio,  dall'altro  temeva 
di  darne  indizio,  per  non  doversene  pentire  piu  tardi.  Erano 
le  sue  prime  guerriglie,  sempre  dolorose  alle  anime  gentili 
che  sentono  ed  amano  appassionatamente. 


RIVISTA  BELLA  STAMPA 


i. 


V1VAT  GHRISTVS 

QVI   DILIGIT    FRANCOS 


OB    MEMORIAM    AVSPICATISSIMI    EVENTVS 

QVVM    FRANCORVM   NATIO 

PRAEEVNTE   CLODOVEO    REGE 

SE    CHRISTO    ADDIXIT 

ODE 

E  un  onore  per  noi  il  fregiare  le  nostre  pagine  di  questa 
nobilissima  poesia,  la  quale  restera  monumento  di  una  fre- 
schezza  di  mente  e  di  penna  al  tutto  singolare  in  un  Vegliardo 
scendente  per  la  china  del  decimottavo  lustro.  Del  merito  in- 
trinseco  stimiamo  superfluo  il  parlare:  solo  invitiamo  il  let- 
tore,  dopo  che  avra  letto  le  qui  cantate  geste  di  Clodoveo,  di 
Carlo  Magno,  di  Goffredo,  di  Giovanna  d'Arco,  e  il  recejite 
trionfo  della  fede  cristiana  a  Reims,  lo  invitiamo  a  dirci  se 
la  musa  di  Saffo  e  quella  d'Orazio  abbiano  mai  vestito  del 
loro  magico  verso  cose  piu  grandi. 


GENTIUM  GUSTOS  DEUS  EST. 

STERNIT  J^SIGNES  HUMILESQUE  PBOMIT: 

ExiTUS   REBUM    TENET    ATQUE   NCTU 

TEMPERAT  AEQUO. 


TEUTONUM  PRESSUS  CLODOVEUS 
Ul  STTOS  VIDIT  TRKPIDOS  PEBICLI, 
FERTUR  HAS  VOCES  ITERASSE,  AD  ASTRA 


Serie  XVI,  vol.  IX,  fate.  1118.  13  8  gennaio  18i>7. 


194  RIVISTA 


DlVE,  QTJEM  SUPFLEX  MEA  S.AEPE  CONIUX 
NUNCUPAT  IESUM,  MIHI  DEXTER  ADSIS; 
Si  IUVES  PROMPT  US  YALIDUSQTJE,  TOTUM 

ME    TIBI    DEDAM. 

ILLICO  EXCUSSUS  PAVOR  :  ACRIORES 
EXCITAT  VIRTUS  ANIMOS  ;  RESURGIT 
FR ANGUS  IN  PUGNAM;  RUIT,  ET  CRUENTOS 

.  DlSIlCIT    HOSTES. 

VICTOR  i,  VOTI  CLODOVEE  COMPOS, 
SUB  IUGO  CHRISTI  CAPUT  OBLIGATUM 
PONE  ;  TE  REMIS  MANET  INFULATA 

FRONTE  S^CERDOS. 

LuDOR?  EN  SIGNIS  POSITIS  AD  ARAM 
IPSE  REX  SACRIS  RENOVATUR  UNDIS, 
El  COHORS  OMNIS  POPCTLUSQUE  DIO 

TlNGITUR    AMNE. 

EOMA    TER    FELrX,    CAPUT    0    RENATAE 
STIRPIS    HUMANAE,    TUA    PANDE    REGNA  ! 

NAMQUE  VICTRICES  TIBI  SPONTE  LAUROS 

FKANCIA    DEFERT. 
TE    COLET    MATREM  ;    TUA    MAIOR    ESSE 

GESTIET  NATU  :  POTIORE  VITA 
CRESCET,  AC  SUMMO  BENEFIDA  PETRO 
CLARA  FERETUR. 

UT  MIHI  LONGUM  LIBET  INTUERI 
AGMEN  HEROUM  !  DOMITOR  FEROCIS 
FULGET  ASTOLFI,  PIUS  ILLE  SACRI 

lURIS    AMATOR, 

EEMQUE  ROMANAM  POPULANTIS  ULTOR 
BlS  PER  ABRUPTAS  METUENDUS  ALPES 
IRRUIT,  SUMMOQUE  PETRO  VOLENTES 
ASSERIT  URBES. 


BELLA   STAMP  A.  195 

LAETTJS  ADMIROR  SOLYMIS  POTITAS 
VINDICES  SANCTI  TUMULI  PHALANGES: 
ME  PALAESTINIS  RENOVATA  CAMPIS 

PROELIA  TANGUNT. 

0  NOVUM  ROBUR  CELEBRIS  PUELLAE 
CASTRA  PERRUMPENS  INIMICA!  TURPEM 
GALLIAE  CLADEM  REPULIT  IOANNA 

FRETA. 


0  QUOT  ILLUSTRES  ANIMAE  NEFANDA 
MONSTRA  CALVINI  DOMUERE,  GENTEM 
LABE  TAM  DIRA  PROHIBERE  FORTES 

SCEPTRAQUE  REGNI  ! 

QUO  FEROR?  TEMPTJS  REDIT  AUSPICATUM 
PRISCA  quo  VIRTUS  ANIMIS  CALESCAT. 
ECCE,  EEMENSIS  CIET  ATQUE  ADURGET 

CORD  A  TRIUMPHUS. 

GALLICAE  GENTES,  IUBARIS  VETUSTI 
NE  QUID  OBSCURE  T  RADIOS,  CAVETE  : 
NEVE  SUFFUJSTDAT  MALESUADUS  ERROR 

MENTIBUS  UMBRAS. 

Yos  REGAT  CHRISTUS,  SIBI  QUOS  REVINXIT 
OBSEQUI  SECTIS  PUDEAT  PROBROSIS  ; 
OCCIDAT  LIVOR,  SOCIASQUE  IN  UNUM 
COGITE  VIRES. 

SAECLA  BIS  SEPTEM  CALOR  ACTUOSAE 
PERSTITIT  VITAE,  RENUENS  PERIRE  : 
CURRITE  AD  VESLAM  *  :  xovus  AESTUABIT 
PECTORE  FERVOR. 


*  Flumen  alluens  Remos,  ubi  rei  christianae   apud   Francos  dedicata 
sunt  initia. 


RIVISTA 


DlSSITIS  FLORET  MAGIS  USQUE  TERRIS 
GALLICUM  NOMEN:  POPULIS  VEL  IPSIS 

ADSIT    EOIS,    FlDEIQUE    SANCTAE 

YOTA  SECUNDET. 

NIL  FIDE  CHRISTI  PRIUS:  HAG  ADEMPTA 
NIL  DIU  FELIX.  STETIT  TTNDE  PRISCAE 
SUMMA  LAUS  GENTI,  MANET  INDE  IUGIS 
GLORIA  GALLOS. 

LEO  XIII. 


II. 


NOURRISSON,  membre  de  1'  Institut.  —  Voltaire  et  le  Voltairianisme. 
Paris,  P.  Lethielleux  libraire-editeur,  1896,  8°  di  pp.  672. 

Non  e  questo  un  libro  d'  occasione.  Yoltaire  e  morto  da  piu 
d'  un  secolo ;  anche  1'  eco  del  centenario  che  si  tentd  celebrarne,  da 
molti  anni  si  e  dileguata;  nessuno  oggi  a  lui  pensa.  Ma  Yoltaire 
incontrastabilmente  appartiene  alia  storia,  e  sotto  questo  rispetto 
merita  d'  essere  studiato ;  ne  per  farlo  con  imparzialita  e  profitto 
pud  esservi  tempo  piu  opportune  di  questo,  nel  quale  intorno  a  lui 
tutto  tace. 

A  tale  studio  si  e  accinto  il  ch.  Autore,  ben  noto  per  molti 
altri  lavori,  premettendovi  larga  preparazione.  Non  ha  trascurato 
nessuno  dei  tanti  scritti  pubblicati  intorno  a  Yoltaire,  almeno  dei 
piu  important!  e  dei  piu  recenti;  e,  cid  che  e  ancora  piu  forte  a 
credere,  egli  ha  «  da  un  capo  all'altro,  e  senza  omettere  nulla, 
studiato  nel  loro  contesto  tutte  le  opere  di  Yoltaire  »  (p.  48).  Cosl 
preparato  si  §  messo  al  non  breve  ne  leggero  lavoro,  col  quale  ci 
mostra  in  prima  quello  che  fu  Yoltaire  in  mezzo  alle  agitazioni 
febbrili  della  sua  lunga  camera,  e  poi  quali  sono  le  idee  tumul- 
tuose  delle  quali  ha  infarcito  i  suoi  innumerabili  scritti;  ossia  ci 
fa  conoscerer  prima  la  sua  vita,  poi  la  sua  filosofia ;  prima  1'  uomo, 
poi  il  pensatore. 

Kella  prima  parte  egli  esamina  in  altrettanti  capi  la  sua  gio- 
ventu  -  -  il  suo  soggiorno  a  Cirey,  dove  con  Gabriella  Emilia  di 


DELLA   STAMPA  197 

Breteuil  maritata  al  marchese  du  Chatelet  pass6  quindici  anni  di 
adultero  concubinato  —  la  sua  dimora  a  Potsdam  sotto  le  all  di  Fe- 
-derico  II  Ke  di  Prussia  —  la  sua  vecchiaia  passatu  da  gran  signore 
-a  Ferney  —  la  patria  —  la  tolleranza  —  la  destinazione,  che  per 
lui  fa  il  teatro  (benche  non  raggiungesse  ne  Corneille,  ne  Racine, 
n&  Moliere)  e  soprattutto  la  poesia  leggera,  nella  quale  non  ha  ri- 
vali;  e  poi  da  questo  lungo  e  minuto  esame  cava  il  seguente  giudizio. 
«  Sarebbe  cosa  irragionevole  il  risguardare  Yoltaire  quale  rap- 
presentante  delle  idee  religiose  e  politiche  del  secolo  in  cui  visse, 
«ome  parimente  non  vi  sarebbe  ne  giustizia  ne  giustezza  nell'  at- 
tribuire  a  lui  tutte  le  ispirazioni  generose,  che  anirnarono  quell'eta 
torbida,  ma  innovatrice.  Uomo  d'  uno  spirito  abbagliante,  d'  uno 
spirito  atto  a  dar  le  vertigini,  egli  per6  non  potrebbe,  sotto  verun 
rispetto,  essere  qualificato  come  un  grand' uomo.  Mandato  ora  in 
•carcere  ed  ora  in  esiglio  per  cagione  delle  insolenze  della  sua  gio- 
ventii,  odioso  ad  .un  potere  del  quale  mendico  i  favori  assai  pin 
<;he  non  ne  denunziasse  o  combattesse  gli  abusi,  sostenuto  da  lon- 
tano  da  una  fazione  che  da  vicino  lo  disprezzava  od  anche  lo  de- 
testava,  impaziente  di  qualsivoglia  freno  alia  sregolatezza  del  suo 
pensiero  o  al  disordine  della  sua  morale  condotta,  sempre  aggressivo 
e  sempre  pauroso,  di  tutta  la  sua  vita  non  fece  altro  che  una  lunga 
catena  di  doppiezza  o  d'egoismo,  di  malumore  o  di  servile  adula- 
zione;  e  se  egli  cooperd  a  preparar  1'avvenire,  meno  d'ogni  altro 
•del  suo  secolo  porse  1'  esempio  della  devozione  ad  una  causa  e  del 
sacrifizio...  II  secolo  XYIII  si  era  nobilmente  invaghito  d'egua- 
.glianza  civile  e  di  liberta  politica ;  Voltaire,  invece,  nato  borghese, 
fece  sforzi  continui  per  entrar  nella  classe  dell' aristocrazia  e  man- 
tenersi  nel  numero  dei  privilegiati.  II  secolo  XYIII  ebbe  una  specie 
-di  culto  per  1'idea  di  patria;  Yoltaire  non  cessO  niai  di  prostituir 
-questa  idea  a'  suoi  interessi  e  a'  suoi  capricci.  II  secolo  XYIII  si 
segnald  per  un  vivo  amore  dell'  umanita ;  Yoltaire  non  ebbe  in  conto 
d'uomini  altro  che  i  ricchi,  i  nobili,  i  letterati.  Finalmente  il  se- 

0010  XYIII,  sotto   1'equivoco   nome  di  tolleranza,  reclam6  energi- 
•camente  la   liberta  di  coscienza  e  la  liberta  di  pensiero;  Yoltaire, 
combattendo  con  rabbia  il  cristianesimo,  non   ebbe  altra  cura  che 
•quella  di  sostituire  all' intolleranza  naturale   d'una  Chiesa  rintol- 
leranza  contro  natura,  non  pur  d'  una  setta,  ma  d'  una  consorteria. 
Figlio  del  suo  secolo,  ma  inferiore  al  suo   secolo  in  cid  che  ebbe 
•d' eccellente,  la  sua  vita  ne  rispecchio  soprattutto  i  folli  ardori,  le 
inquietudini,   le   imprevidenze,  i  dubbi  e  le   negaziohi  »   (p.  455). 

11  quale  giudizio,  se  per   cio  che   riguarda  il  secolo   XYIII  6  un 


198  RIVISTA 

po'  troppo  indulgente  e  troppo  gallofilo,  per  quel  che  spetta  a 
Yoltaire  ci  sembra  giusto. 

Tale  fu  1'  uomo,  ne  punto  di  meglio  il  pensatore.  Se  pur  S  degno 
di  questo  noine  e  di  quel  di  filosofo,  chi  non  fece  mai  altro  che  sfio- 
rare  tutte  le  piu  important!  questioni,  senza  internarsi  mai  in  alcuna ;. 
chi  aveva  il  prurito  di  parlar  di  tutto  e  di  tutti,  finendo  sempre 
col  burlarsi . d' ogni  cosa  e  d'ogni  persona;  chi  ne'  suoi  scritti  si 
die  a  vedere  uomo  d'  ingegno  vivo  e  versatile,  ma  senza  carattere. 
L'Autore  lo  mostra  mettendo  in  vista  le  principali  idee  di  YoltaireT 
raccolte  sotto  i  seguenti  capi :  —  la  filosofia  —  i  filosofi  —  le  idee- 
—  1'  anima  —  la  liberta  —  Dio  —  la  morale  —  la  politica ;  doiide  rac- 
coglie  che,  contrariamente  a  quel  personaggio  della  Favola,  di  cui 
fu  detto  qaidquid  tanyit,  inaurat,  tutto  cid  che  Yoltaire  tocca,  lo- 
imbratta  e  lo  profana.  Certamente  vi  sono,  nella  farragine  de'  suoi 
scritti,  molte  pagine,  nelle  quali,  con  uno  stile  sempre  chiaro  e 
incantevole,  talvolta  anche  eloquente,  sono  affermate  1'  anima,  la  li- 
berta, Dio  e  il  dovere ;  ma  in  quei  libri  medesimi  s'  incontrano  poi 
molte  altre  pagine  in  cui  egli  sostiene  tutto  il  contrario.  In  mezzo- 
pero  a  quelle  continue  contraddizioni,  a  quel  perpetuo  va  e  vieni 
d'  una.  intelligenza  sbrigliata  e  senza  bussola,  e  facile  vedere  il  fondo- 
in  cui  essa  e  venuta,  come  per  istanchezza,  ad  arrenare,  e  questo- 
fondo  e  lo  scetticismo :  uno  scetticismo  che  comincia  coll'ironiar 
prosegue  coll'  invettiva,  tinisce  con  uno  scoppio  di  risa. 

Ed  ecco  la  conclusione  a  cui  viene  1'A.  «  Senza  dubbio  Yol- 
taire e  uno  scrittore  essenzialmente  francese,  cioe  che  appartiene 
come  in  niodo  esclusivo  alia  sua  nazione  e  al  suo  secolo,  laddove 
i  veri  scrittori  grandi  sono,  in  qualche  guisa,  di  tutti  i  paesi  e  di 
tutti  i  tempi.  Riconosciamo  altresi  che,  sotto  certi  rispetti,  Yoltaire 
e  uno  dei  genii  piii  nazionali  e  piu  caratteristici  della  Francia.  Ne 
segue  forse  che  egli  ne  rappresenti  le  parti  alte,  ch'  egli  sia,  come 
diceva  il  Lamartine,  la  medaglia  della  Francia,  e  che  si  debba 
ammirare  in  lui  una  delle  manifestazioni  piu  eccelse  dello  spirita 
francese  ?  Non  sarebbe  piu  giusto  affermare  che  egli  ne  rappresenta 
soprattutto,  colla  vivacita  piacevole,  le  deplorabili  debolezze,  e  collo 
slancio  vittorioso,  1'incurabile  leggerezza?  Ci  sia  permesso  un  con- 
fronto :  succede,  a  un  di  presso,  del  Yolterianismo  in  Francia  com© 
del  Machiavellismo  in  Italia:  e  una  disposizione,  una  qualita  di 
stirpe,  e,  per  cosi  dire,  una  produzione  del  territorio.  Studiando  da 
vicino  il  Machiavelli,  si  giunge  facilmente  a  convincersi  che  egli 
non  ha  fatto  altro  che  dare  il  suo  nome  alle  attitudini  di  astuzia 
politica  e  di  raffinata  dissimulazione,  che  sono  proprie  degP  Italian! 


BELLA   STAMPA  199 

(contro  questa  proposi&ione  universale  noi  protestiamo)  ed  espressa- 
mente  degl'  Italian!  del  secolo  decimosesto.  Lo  stesso  6  di  Yoltaire. 
In  realta,  Yoltaire  non  ha  tanto  create  il  Yolterianismo  colla  sua 
influenza,  quanto  accreditato  colle  sue  opere  una  denoniinazione, 
che  abbraccia  meriti  e  difetti  particolari  ai  Francesi  di  tatti  i  tempi, 
ma  singolarmente  a  lui  stesso  e  a'  suoi  contemporanei  »  (656).  E  piii 
sotto.  «  Dopo  aver  latto  dell'  anima  una  metafora,  della  liberta  una 
illusione,  della  virtu  una  chimera,  Yoltaire  fa  di  Dio  un'  astrazione, 
e  collo  scetticismo  riesce  ad  una  specie  di  nichilismo  »  (p.  669). 

Ecco  la  somma  di  questo  poderoso  volume.  II  lavoro  non  ci 
sembra  nuovo,  nel  senso  odierno  della  parola;  pero  le  cose  che  ci 
erano  note  illustra  e  compie  con  molte  particolarita,  e  le  sparse  in 
piu  libri  raccoglie  in  uno.  Ma  se  nuovo  non  pud  dirsi,  e  vero  nei 
racconti,  e  giusto  per  lo  piii  negli  apprezzamenti  e  soprattutto  nel 
giudizio  sopra  Yoltaire,  ed  e  pieno  nelle  uotizie,  essendo  queste 
cavate  da  tutte  le  opere  del  fecondissimo  scrittore  e  da  tutti  i 
lavori  di  quanti  di  lui  s'  occuparono.  La  qual  cosa,  se  dall'  un  lato 
conferisce  al  volume  gravita  e  sicurezza,  dall'  altro  gli  scehia  qua 
e  la  piacevolezza  e  scioltura,  riuscendo  beue  spesso  ima  catena  di 
citazioni  tratte  dai  libri  di  Yoltaire  e  da  quelli  de'  suoi  contempo- 
ranei :  lavoro  serio,  che  dev'  essere  costato  alPA.  uua  fatica  improba, 
€  che  non  poca  •  ne  costera  a  quegli  studiosi  che  voglian  valersi  di 
esso,  non  essendo  a  cid  aiutati  da  altro  che  da  un  magrissimo  in- 
dice,  composto  di  sole  diciotto  parole,  poste  in  fronte  ai  diciotto 
capi  dell' opera. 

Un'  altra  osservazione.  Col  dire  che  abbiamo  fatto  pocanzi  che 
questo  lavoro  e  pieno  nelle  notizie,  non  abbiamo  iuteso  affermare 
che  mai  non  presenti  qualche  lacuna.  Per  esempio,  ci  sembra  che 
qualche  parola  intorno  alle  relazioni  letterarie  del  Yoltaire  col  no- 
stro  Bettinelli,  in  un  libro  di  questo  genere,  noil  avrebbe  dovuto 
mancare.  Ne  hanno  parlato,  tra  i  Francesi,  oltre  al  Yillemain,  il 
Suard  nelle  sue  Melanges  de  litterature,  e  nel  1895  il  Bouvy  nel 
suo  Voltaire  et  les  polemiques  italiennes  snr  Dante;  non  doveva 
dunque  tacerne  un  libro,  pubblicato  nel  1896,  coH'inteuto  di  dare 
ai  lettori  una  piena  e  particolareggiata  informazione  intorno  a  Yol- 
taire. La  reciproca  stirna  del  letterato  francese  e  dell' italiano,  che- 
fu  chiamato  da  quello : 

Compatriote  de  Yirgile 

Et  son  secretaire  aujourd'hui; 


200  RIVISTA 

la  visita  dello  scrittore  Mantovano  al  patriarca  di.  Eerney  alle  De~ 
liees;  il  carteggio  amichevole  scambiato  fra  loro  due,  fin  tanto  che 
il  Gresuita,  scandalizzato  da  scritti  posteriori  del  grande  empio,  non 
ruppe  con  lui  ogni  commercio  e  non'lo  prese  in  orrore;  la  con- 
cordanza  del  dittatore  della  francese  repubblica  letteraria  coll'  autore 
delle  Letter  e  virgiliane  in  vilipendere  Dante ;  e  soprattutto  la  que- 
stione,  se  quella  concordanza  nascesse  da  idee  scambiatesi  nella 
suddetta  visita,  come  opina  il  sullodato  Bouvy  (p.  305),  o  fosse  in- 
Tece  indipendente  da  quel  colloquio,  come  sostiene  Aronne  Torre 
nel  Oiornale  storico  della  letteratura  itaUana  (vol.  28,  p.  224); 
tutte  queste  cose  noi  siamo  di  parere  ehe  avrebbero  somministrato 
materia  ad  alcune  pagine  di  una  non  inutile  curiosita  letteraria. 
Ci  piace  chiudere  questa  breve  rassegna  col  trascrivere  1'epi- 
grafe  molto  nota,  ma  felicissima,  che  fu  proposta  da  incidersi  sotto 
la  statua  eretta  a  Voltaire,  tuttavia  vivente,  da  alcuni  suoi  amnii- 
ratori.  Ne  fu  autore  1' Abate  Kiballier,  sindaco  della  Facolta  teolo- 
gica,  Gran  Maestro  del  Collegio  delle  Qdattro  Nazioni ;  e  ci  sembra 
che  le  interne  qualita  di  Yoltaire  in  questa  iscrizione  siano  espresso 
anche  meglio  che  le  sembianze  esteriori  in  quella  statua. 


EN    TIBI    DIGNVM    LAPIDE 

QVI 

m   POESI   MAGNTS 

IN  HISTORIA   PARVTS 

IN   PHILOSOPHIA   MINIMVS 

IN   RELIGIONE   NTLLVS 

CVIVS 

INGENITM   ACRE 
IVDICIVM    PRAECEPS 
IMPROBITAS    SVMMA 

CYI 

ARRISERE   MVLIERCVLAE 
PLAVSERE   SCIOLI 
FA VERB   PROFANI 

QYEM 

1RRISOREM   HOMINVM   DEVMQUE 

SENATV8   POPVLV8   ATHEO-PHTSICVS 

AERE    COLLECTO 

STATVA   DONAVIT 


DELLA '  STAMPA  201 


III. 


EvoluKione  e  Dbg  ma  pel  Padre J.  A.  ZAHM  C.  S.  C.,  dottore  in  Fi- 
losofia  per  nomina  di-S.  S:  Leone  XIII,  prof,  di  Fisica  nell'Uni- 
versita  di  Notre  Dame  (America).  Yersione  autorizzata  dall'autore, 
per  ALFONSO  MARIA  GALE  A.  Siena,  presso  I'ufficio  della  Biblio- 
teca  del  Clero,  1896,  8.°  di  pp.  373. 

Abbiamo  lodati  prima  d'ora,  secondo  il  merito  che  a  parer  nostro 
avevano  ed  hanno,  altri  scritti  del  ch.  Autore.  Ci  rincresce  di  dover 
dare,  per  nostra  parte,  un  giudizio  affatto  contrario  a  rispetto  del- 
1'opera  qui  annunziata. 

Gia  dovrebbe  bastare  a  mettere  i  lettori  in  sospetto  contro  questo 
iibro  il  vedere  come  il  ch.  Autore,  in  appendice  al  medesimo  pro- 
pone in  grandi  lettere  il  dubbio :  «  Pud  un  buon  cattolico  essere  evo- 
luxionista  ?  »  e  lo  fa  sciogliere  dal  protestante  Gladstone,  che  gliene 
in  via  la  decisione  nel  seguente  non  invidiabile  complimento :  «  La 
teologia  d  stata  finora  sotto  una  specie  d'intimidazione,  dalla  quale 
£  tempo  di  riscuotersi,  e  io  mi  rallegro  di  vedere  che  Ella  si  avanza 
fra  i  primi  in  questo  salutevole  progresso.  L'evoluzione,  a  niio  cre- 
dere, non  che  screditare  la  Bibbia,  sempre  piu  la  sublima.  » 

Una  siffatta  citazione  in  questione  tale  non  si  farebbe  niai,  qui 
in  Italia  da  un  sacerdote ;  essa  consuona  per6  collo  spirito  e  cogli 
atti  di  certe  scuole  di  malintesa  conct'liazione,  che  si  sono  venute 
formando  nel  vecchio  e  nel  naovo  mondo,  durante  gli  ultimi  anni. 
E  vi  consuona  altresi  il  concerto  di  alcuni  ben  noti  giornali  cat- 
tolici  non  italiani,  che  applaudiscono  all'opera  del  Zahm,  fino  a 
dire  non  esservi  nulla  in  essa  che  non  sia  vero  o  che  possa  non 
esser  vero,  e  che  \' Evoluzione  e  Domma  del  Doit.  Zahm  contras- 
segna  il  1896,  come  1'avvenimento  piu  memorabile  avveratosi  in 
esso.  Per  noi,  questo  coro  di  elogi  enfatici  contrassegna,  rispetto 
a  tutti  quei  paesi,  il  1896  assai  meglio,  cioe  assai  piu  sfavorevol- 
mente  che  Fopera  stessa.  Abbiamo  infatti  positive  ragioni  per  du- 
bitare,  che  a  tali  elogi  sottoscrivano  i  Yescovi  di  cola,  legittimi  cu- 
stodi  che  sono  della  sana  dottrina,  nelle  Chiese  loro  affidate. 

Neppure  e  da  credere  che  i  pubblicisti  di  cola  si  uniscano 
tutti  a  quel  concerto.  Ecco  come  paiia  uno  di  loro.  «  A  noi 
non  e  riuscito  di  trovare  in  questo  Iibro  nessun  nuovo  argomento 
in  favore  dell'evoluzione,  nessuna  difficolta  sciolta,  nessuna  lacuna 


202  RIVISTA 

colmata,  in  una  parola,  cosa  veruna  che  non  fosse  stata  gia  detta 

altrettanto  bene,  e  talora  anche  meglio,  da  altri II  vero  e  che 

se  il  Dott.  Zahm  avesse  fatto  uu'opera  cosi  meschina  contro  1'evo- 
luzione, come  1'ha  fatta  per  1'evoluzione,  il  suo  libro  si  sarebbe  riguar- 
dato  non  ingiustamente  come  una  disgrazia  per  la  letteratura  catto- 
lica  ].  »  Non  tornerebbe  forse  difficile  il  procurarsi  una  serie  di  pareri 
ugualmente  sfavorevoli,  ma  non  ne  vediamo  il  bisogno,  dappoiche  que- 
sta  infelice  apologia  dell'evoluzionismo  sta  qui  sotto  i  nostri  occhi  e 
dice  da  se  quel  che  vale. 

Che  cosa  sia  da  pensare  di  quel  sistema,  lo  dimostrammo  quante 
volte,  e  non  furon  poche,  ce  ne  fu  porta  1'occasione.  Lo  abbiamo 
considerato  sempre  dal  solo  lato  scientifico :  la  nostra  domanda  fu 
sempre  questa  sola:  «  Che  cos' e  I'evoluxionismo  davanti  altribw- 
nalc  clella  scienxa  positive*,  e  della  logica?  »  E  raccogliendo  le  obbie- 
zioni  non  mai  sciolte  dei  suoi  avversarii  e  le  confessioni,  ripetute 
anche  dallo  Zahm,  dei  suoi  patroni,  abbiam  dovuto  conchiudere  ogni 
volta  che  esso  non  pu6  qualificarsi  se  non  come  un  tessuto  di  para- 
logismi  volgari,  di  supposizioni  arbitrarie,  non  sostenute  dai  fatti 
anzi  confutate,  di  aforismi  fantastici  e  di  sotterfugi  indecenti  alia 
serieta  della  scienza.  Mostrammo  come  quell'edifizio  fantastico  piu 
che  per  altro  si  sostenesse  in  pie  per  1'appoggio  pressoche  unanime 
prestatogli  dagl'iucreduli,  che  vi  rizzarono  il  loro  feticcio  di  scienza 
moderna ;  e  vituperio  a  chi  non  gli  piegasse  i]  ginocchio ! 

Gli  spiriti  indipendenti  sono  pochi,  e  cosi  fra  i  cattolici  ancora 
un  buon  numero,  nei  paesi  d'oltralpe  e  d'oltremare,  trovarono  la 
via  di  mezzo,  che  era  di  ribenedire  quell'idolo,  barattandogli  la  testa 
che  paresse  un  Santo;  e,  sia  per  giustificazione  propria  o  per  allet- 
tamento  agli  altri  che  gli  s'inginocchino,  non  rifinano  mai  di  ritor- 
narci  fuori  colla  tesi  che  «  1'evoluzione  non  si  oppone  al  domma  » 
e  che  «  si  pu6  essere  buoni  cattolici  ed  evoluzionisti  insieme.  » 

Come  se  il  primo  e  vero  impedimento  all'ammettere  1'evoluzio- 
nismo  venisse,  pei  cattolici  di  studio,  dal  timore  d'andar  contro  la 
Bibbia!  Ma  per  nulla!  Esso  proviene  dall'insussistenza  scientifica 
di  quel  bel  sistema:  posta  la  quale,  richiede  certamente  anche  il 

1  «  We  have  been  unable  to  6nd  in  the  book  any  n-ew  argument  in 
favor  of  evolution,  any  difficulty  solved,  any  gap  bridged  over  —  in  fact 
any  thing  that  has  not  been  as  well,  or  even  better,  said  by  others...  The 
true  fact  is  that  if  Dr.  ZAHM  had  made  out  such  a  poor  casea  gainst  evolution, 
as  he  has  made  out  for  it,  his  book  would  have  been,  not  unjustly  cha- 
racterized as  a  disgrace  to  Catholic  literature.  »  The  Messenger  of  the  Sacred 
Heart,  luglio  1896,  pp.  196,  198. 


DELLA    STAMPA  203 

rispetto  alia  Bibbia  che  non  s'interpretino  e  scontorcano  le  adora- 
bili  parole  dell'Eterna  Verita  a  capriccio  della  fantasia :  a  tacere 
delle  buffonerie  e  sconcezze  di  stile  gnostico,  che,  abbandonatisi 
«u  quel  pendio,  vi  tramescolano  di  leggieri  certi  evoluzionisti  cat- 
tolici. 

Dei  varii  sensi  di  che  e  capace  assai  volte  il  testo  ispirato, 
sara  da  buon  fedele,  il  supporvi  (se  gia  non  6  definite  dal  Magi- 
stero  autentico)  quello  che  o  solo  o  meglio  d'ogni  altro  si  accorda 
coi  dati  della  ragione  perfezionata  ossia  della  scienza.  Questo  s'e 
volute  dir  sempre  dai  Dottori ;  e  non  gia  che  sia  lecito  il  supporre 
alia  parola  di  Dio  qualunque  significato  fantastico,  come  nou  si 
supporrebbe  a  quella  d'un  uonao.  L'evoluzionismo  passi  prima  i  suoi 
esami  al  tribunale  della  scienza,  e  ne  esca  colla  patente  di  sistetna 
fondato  sopra  evidenti  principii,  deduzioni  logiche  e  fatti  positivi, 
e  allora  soltanto  meritera  di  venir  messo  a  confronto  colla  Rive- 
lazione,  se  per  caso  potesse  prestare  i  suoi  servigi  ad  intenderne  i 
sensi,  che  sarebbe  gran  gloria  della  nostra  corta  ragione  umana. 
Ma  finche  egli  non  presenta  altro  che  la  speranza  di  future  dimo- 
striizioni,  e  talora  confessa  ingenuameute  che  non  gli  resta  piu 
neauche  quella;  finche  s'appoggia  sopra  assiomi,  corne  quello  p.  e.  che 
i'embrione  deve  rappresentare  nel  suo  svolgimento  gli  stadii  per 
cui  passd  la  specie;  finche  seguita  a  ragionare  come  se  la  logica 
non  fosse  fatta  per  lui ;  finche,  sconfessato  da  Xaturalisti  di  primo 
grido,  non  ha  piu  neppure  fra  gl'increduli  chi  tend  di  dargli  rm 
assetto  di  consistenza  scientific^;  ridotto  al  mestiero  di  frasario  uffi- 
c-iale,  nel  quale  si  avvolgono  stucchevolmente  le  osservazioni  dei 
fatti,  che  soli  c'interessano ;  e  all'ufficio  di  rimario,  sul  quale  qualche 
Naturalista  disoccupato  si  diverte  a  far  sonetti,  alia  rima  obbligata 
delle  supposte  evoluzioni :  finche  le  cose  stanno  cosi,  diciamo,  e 
inutile  ed  e  maraviglia  insieme  darsi  dei  cattolici  che  si  fanno 
premura  adesso  d'introdurre  questo  fallito  della  scienza  in  sagrestia, 
e  gli  offrono  una  cattedra  di  ermeneutica,  e  in  uno  slancio  di  mistica 
zoppa  si  uniscono  al  Signer  Gladstone  nella  convinzione  che  «  1'evo- 
luzione  sublima  la  Bibbia  * . 

Ecco  perche  noi  abbiamo  sempre  tenuta  la  questione  sul  terreno 
scientifico ;  mentre  il  voler  attirare  i  fedeli  sul  terreno  teologico,  che 
non  e  da  loro,  ci  e  sembrato  ognora  nou  pericoloso  soltanto,  ma 
a  dirittura  insidioso. 

II  Dott.  Zahm  nel  comporre  il  suo  libro  non  ebbe  certamente 
intenzioui  altio  che  rettissime.  Gli  scritti  suoi  precedenti  a  cui  abbiamo 
procurata  di  gran  cuore  la  maggior  diffusioue  che  per  noi  si  potesse, 


204  RIVISTA    DBLLA   STAMPA 

attestano  del  suo  zelo  per  la  Religione  e  hanno  senza  dubbio  giovato  a. 
moltissimi  e  all'estero  e  qui  fra  noi.  Nell'opera  presente  il  suo  buon 
volere  1'ha  trascinato  a  secondare  di  soverchio  quello  spirito  di  conci- 
liazione  che  si  risolve  in  cedere  e  concedere  ai  nemici  in  ragione  piu 
della  pace  sperata  che  della  giustizia  e  della  verita.  Si  pud  peccare  per 
troppa  tenacita,  ma  si  pu6  peccare  ancora  per  troppa  condiscendenza. 
II  ch.  Autore  qui  ha  sacrificato  alia  pace  non  diciamo  la  Fede,  no ; 
ma  la  scienza ;  e  questo  ancora  e  troppo.  Per  giudicare  con  qualche 
vera  competenza  1'evoluzionismo  conviene  essere  Naturalista ;  ma  per 
riconoscerne  le  pecche  logiche  e  sistematiche,  basta  essere  Filosofo,  e 
il  Zahm  ne  e  maestro. 

Quanto  alia  versione  italiana  del  presente  libro  il  lettore  inten- 
dera  che  nessuno  pud  rallegrarsene.  Finora  la  vertigine  evoluzio- 
nista  non  era  quasi  penetrata  tra'  cattolici  in  Italia,  ne  molto  meno 
si  sarebbe  trovato  facilmente  un  ecclesiastico,  che  si  fosse  dichia- 
rato  ex  professo  per  quel  sistema,  non  che  lo  avesse  patrocinato 
pubblicamente.  II  libro  del  Sac.  Zahm  viene  a  recarci  questo  poco 
lodevole  esempio,  e  pur  troppo  esso  e  attissimo  a  travolgere  le 
menti  degl'ingenui  che,  rassicurati  dai  bei  titoli  e  dalla  precedente 
fama  dell'Autore,  crederanno  di  potersi  affidare  cecamente  ai  suoi 
giudizii. 

Non  occorre  dire  che  noi  sconsigliamo  recisamente  questo  libra 
come  inopportuno  e  dannoso  a  chiunque  non  ha  la  volonta,  i  mezzi 
e  il  tempo  per  formarsene  da  se  un  giudizio. 


BIBLIOGRAFIA  ' 


ALIBRANDI  ILAKIO,  prof.  —  Opere  giuridiche  e  storiche,  raccolte 

e  pubblicate  a  cura    dell'Accademia  di  Conferenze    storico-giuri- 

diche.  Yol.  I.  Roma,  tip.  Poliglotta,  1896,  4°  di  pp.  608. 

Questo  primo  volume,  dopo  un'ac-      onorata    de1  suoi    dotti  discorsi,  nei 

curata  biografia,  ci  offre  riunite  ven-      quali,  ugualmente  che  nelle  lezioni 

tidue  dissertazioni  gia  edite  dell'  il-       tenute  dalla  cattedra  e  nelle  memorie 

lustre  professore ;  il    secondo    com-      stampate,  ad    un  poderoso    ingegno 

prenderk  gli  scritti  inediti.  E  questo       e  ad  un  tesoro  di  cognizioni  mostro 

e  il  monumento,  che  1'Accademia  di       sempre  accoppiata  una  modestia  si 

conferenze   storico-giuridiche   erige       amabile,  che  a  tutti  lo   rese  supre- 

all'uomo  che  per  tanti  anni  1'aveva      mamente  caro. 

AUREOLI  PIETRO,  arc.  —  Compendium  sensus  litteralis  totius  Di- 
vinae  Scripturae  a  cl.  theologo  Fr.  Petro  Aureoli  Ord.  Min.  ar- 
chiepiscopo .aquensi  Universitatis  Parisiensis  olim  professore,  doctore 
facundo,  novissime  in  lucem  editum  a  Fr.  Philiberto  Seeboeck 
eiusdem  Ord.  alumno,  S.  Theologiae  lectore.  Ad  Claras  Aquas  (Qua- 
racchi),  ex  typ.  Coll.  S.  Bonaventurae,  1896,  16°  di  pp.  XXXVI- 
580.  —  L.  4,00. 

II  libro  delVAureolo  sotto  il  ino-  non  aboia,  come  e  vezzo  di  molti, 
desto  titolo  di  Interpretations  lette-  con  note  ed  illustrazioni  quasi  rifatto 
rale  nasconde  una  vera  Introduzio-  il  testo.  E  1'edizione  6  veramente 
ne  ai  libri  santi,  quale  la  singolare  critica :  valga  per  ogni  elogio.  Ad 
erudizione  dell'Autore  poteva  ai  suoi  un  breve  proemio  tien  dietro  la  vita 
di  fornirci.  L'editore,  con  sano  giu-  dell'autore,  simpatica  figura  che  po- 
dizio,  non  ha  voluto  fare  che  opera  trebbe  ritrarsi  in  tre  linee:  lo  stu- 
critica.  Come  dunque  non  son  da  dioso  profondo,  erudito,  originale,  — 
chiedere  &\YAureolo  le  recenti  opi-  I'assertore  dell'infallibilita,  —  il  vin- 
nioni  e  i  modi  nuovi  d'  interpretare,  dice  dell'Immacolata.  —  Segue  una 
cosi  non  e  a  lamentare  che  T  editore  brbliografie  di  tutte  le  opeie  edite 

1  Nota.  I  libri  e  gli  opuscoli,  annunziati  nella  Bibliografia.  (o  nelle  Ftiviste 
della.  stampa)  della  «  Civilta  Cattolica  »,  non  puo  1'Amministrazione  assumere 
in  nessuna  maniera  1'incarico  di  provvederli,  salvo  che  i  detti  ibri  non  sieno 
indicati  come  vendibili  presso  la  stessa  Amministrazione.  Cio  vale  ancbe  per  gli 
annunzi  fatti  sulla  Copertina  del  periodico. 

L '  AMMINISTRAZ  i  ONB. 


206 


BIBLIOGRAFIA 


benemerenza,  fra  i  tanti  che  i  RR. 
PP.  di  Quaracchi  si  vanno  ogni  dl 
acquistando,  contribuendo  cotanto 
allo  sviluppo  degli  studii  teologici. 


ed  inedite  del  Doctor  facundus;  viene 
ultimo  un  indice  critico  dei  nume- 
rosi  codd.  mss.  sui  quali  si  appoggia 
il  nuovo  testo. 

E  un  nuovo  titolo  alia  pubblica 

BECCARIA  PIETRO,  sac.  —  Oratoria  ed  epigrafia.  Casale,  tip.  Pane, 

1896,  16°  di  pp.  184.  —  Cent.  75. 

II  Beccaria  e  gia  noto  per  altri  briosa  festivita  ond'e  tutto  animato 
scritti  letterarii,  e  pei  giudizii  favo-  la  quale  toglie  la  noia  che  recar  so- 
revoli  che  ne  hanno  dato  personaggi  gliono  i  precetti  didattici.Questi  sono 
d'autorita,  come  pu6  vedersi  in  fine 
di  questo  stesso  volume.  Crediamo 
dunque  che  anche  il  presente  sara 
ben  accolto,  specialmente  pel  buon 
sapore  di  lingua  (bizzarramente  or 


italiana  or  latina)  e    per  una   certa 


per  domanda  e  risposta,  e  sono  attinti 
da  buone  fonti ;  ma  in  essi  avremmo 
desiderato  un  po'  piu  d'ordine,  o  al- 
meno  che  1'ordine  fosse  piu  in  vista. 
Ed  anche  la  grafia  e  1'acribia  ci  sa- 
rebbero  piaciute  curate  meglio. 

BIANCHETTI  ENRICO.  --  I  sepolcreti  di  Ornavasso   scoperti  e  de- 
scritti  con  26  tavole  eliotipiche.   Torino,  Paravia,  1895,  8°  gr.  di 
pp.  310. 
Dobbiamo  alle  cure  amorose  e  di- 

ligenti  del  ch.  Prof.  Ermanno  Fer- 

rero  la  pubblicazione  di  questo  no- 

tevole  lavoro  del  Bianchetti,  tolto  ai 

vivi    mentre    cominciava    appena  la 

stampa    delle    prime    129  pagine,  e 

dalla   pag.   248    mancava  il   mano- 

scritto,   propriamente    detto,    ma   si 

avevano  soltanto  degli  abbozzi  e  delle 

note.   II    Ferrero    con   quelli   e  con 

queste  termino    il    lavoro    e    vi  ag- 

giunse  di  suo,  come  n'era  stato  pre- 

gato    dall'  autore    stesso,   un   indice 

analitico  ch'e  perfettissimo. 

I  sepolcreti  descritti   sono   quello 

detto    di    S.  Bernardo,    e    1'  altro  di 


tutti  e  due  furono  scoperti  dall'Au- 
tore  ad  Ornavasso  nell'estremo  con- 
fine meridionale  di  Valle  d'Ossola 
nell'alto  Novarese  e  a  poca  distanza 
del  Lago  Maggiore.  Sembra  che  co- 
testi  sepolcreti  appartenessero  ad  una 
popolazione  indigena  affine  a  quelle 
del  Ticino  e  del  Lago  Maggiore  verso 
Settentrione.  Secondo  il  De  Vit  (La 
Provincia  romana  dell'Ossola,  ossia 
delle  Alpi  Atrezziane,  Lib.  Ill,  1892) 
i  primi  abitatori  delle  Alpi  e  delle 
valli  di  cui  si  tratta,  sarebbero  stati  i 
Leponzii.  Per  la  descrizione  degli 
oggetti  trovati  negli  scavi,  riman- 
diamo  il  lettore  all'opera  e  alle  ta- 
vole fototipiche  che  sono  d'una  rara 
bellezza. 


Perfona,  vicini  ma  distinti  fra  loro ; 
piii  antico  e  il  primo,  dove  si  ri- 
scontra  il  solo  rito  d'  inumazione  e 

CALMES  P.  TH.  prof,  au  Grand  Seminaire  de  Rouen.  --La  pro- 
priet§  devant  le  Socialisme  contemporain.  Paris,  Lecoffre,  1897, 
16°  di  pp.  XXXII-228.  —  Frs.  2,50. 

Dopo  una  dotta  e  ben  ragionata  fino  ai  di  nostri,  1'Autore  entra  in 
introduzione,  nella  quale  e  esposta  materia  esaminando  la  proprieta  pri- 
persommi  capi  la  storia  del  Socia-  vata  in  opposizione  alle  diverse  forme 
lismo  dalla  Repubblica  di  Platone  di  comunismo;  poi  dimostra  che  il 


BIBLIOGRAFIA 


207 


diritto  di  proprieta  e  per  essenza 
esclusivo.  II  rimanente  del  lavoro  e 
come  diviso  in  due  parti:  1'una  teo- 
retica,  che  comprende  il  fondamento 
e  il  titolo  primitive  della  proprieta: 
1'altra  storica,  nellaquale  1'esperienza 
si  unisce  col  ragionamento  per  pro- 


vare  che  il  regime  collettivo,  cosi 
nell'antichita  come  nei  popoli  mo- 
derni,  e  un  regime  artificiale,  che 
non  vien  giustificato  ne  dalla  Bua- 
origine  ne  da'suoi  risultamenti.  E 
un  libro  sodo,  chiaro,  opportunis- 
simo. 


CALO  LUIGI,  sac.  —  S.  Beatrice  Y.  e  M.  e  i  secoli  di  persecuzione 
della  Chiesa.  Napoli,  tip.  dell'Accademia  reale  delle  scienze,  1895, 
16°  dipp.  170.  —  Prezzo  L.  2,50,  pressola  libreria  cattolica  Alfredo 
Colangeli,  Roma,  Piazza  S.  Luigi  dei  Francesi,  29,  30. 


Delle  due  parti  in  cui  e  diviso  il 
libro,  la  prima  va  tutta  in  descrivere 
compendiosamente  i  primi  secoli  della 
Chiesa,  colle  lor  lotte  e  i  loro  trionfi, 
colle  loro  usanze  e  i  loro  riti,  cose 
tutte  carissime  ad  ogni  cuore  cri- 
stiano,  che  gode  ineffabilmente  d'as- 
sistere  a  quei  gloriosi  primordii  della 
sua  madre,  la  Chiesa.  Cosi  descritto 
il  campo  o  1'ambiente  in  cui  fiori 
S.  Beatrice,  il  ch.  Autore  passa  poi 
nella  seconda  parte  a  narrarne  (per 
la  prima  volta)  la  vita,  raccoglien- 
done  le  memorie  principalmente  dai 
Bollandisti  e  dalla  illustrazione  che 
1'insigne  archeologo  De  Rossi  fece 
del  Cimitero  di  Generosa,  in  cui  fu 
sepolta.  Cosi  egli  ci  rappresenta  la 
cura  amorosa  che  ella  ebbe  nel  sep- 
pellire  i  corpi  de'  suoi  fratelli  mar- 
tiri  Simplicio  e  Faustino,  gettati  nel 
Tevere  sotto  Diocleziano,  la  sua  vita 
di  preghiera  in  casa  della  veneranda 
Lucina,  il  suo  magnanimo  rifiuto  di 


ne  fu  la  conseguenza ;  finalmente  la 
sua  sepoltura  accanto  ai  fratelli,  1'ap- 
parizione  a  Lucina,  e  la  grande  ve- 
nerazione  che  godette  nella  Chiesa. 
Non  molte  cose  per  verita,  ne  molto 
ampiamente  sviluppate;  «Maseper 
la  difficolta  dei  tempi,  in  cui  S.  Bea- 
trice visse,  non  si  e  potuto  piena- 
mente  lumeggiarne  e  la  figura  e  il 
culto,  sara  pero  sempre  dolce  van- 
to  di  averne  ridestat6  la  memoria 
(p.  161).  »  Piuttosto  qualche  lettore 
molto  sollecito  dell'euritmia,  notera 
che  anche  nella  seconda  parte  la 
cornice  del  quadro  e  forse  piu  grande 
di  quello  che  la  figura  mostrasse 
giustamente  richiedere;  ma  questo 
difetto  estetico,  se  pur  e  tale,  noi  lo 
perdoniamo  di  gran  cuore  all'autore, 
in  grazia  dei  bellissimi  rabeschi  on- 
d'egli  ha  saputo  fregiare  quella  cor- 
nice, cioe  delle  tante  preziose  notizie 
intorno  a  quell'epoca  veneranda,  che 
si  fanno  leggere  col  piu  vivo  diletto. 


sacrificare  agl'idoli  e  il  martirio  che 

CAPOGROSSI  COLOGNESI  LUIGI,  aw.  —  Su  le  co-nsegu&nxe  (jiuri- 

diche  del  giuramento   decisorio  falso.  Fabriano,  stab.    tip.  Gentile, 

1895,  8°  di  pp.  52. 


Questo  opuscolo  e  diviso  in  quat- 
tro  capitoli.  Nel  primo  si  espone  in 
particolare  la  legislazione  del  diritto 
romano.  Nel  secondo  si  stabilisce  lo 
stato  della  questione  messa  in  con- 
troversia.  Definite  che  il  giuramento 
decisorio  e  un  mezzo  col  quale  si  ri- 


solve  definitivamente  la  controversia 
giudiziale  e  colui  al  quale  e  de- 
ferito  il  giuramento  viene  costituito 
giudice  in  causa  propria,  si  propon- 
gono  tre  quistioni  legali,  che  scatu- 
riscono  da  quel  si  risolve  definitiva- 
menti  la  controversia, 


208 


ticoll,  del  quali  1'uno  e  1 'art.  1370 
del  cod.  civ.  e  1'art.  221  del  nuovo 
cod.  pen.  Giacche,  mentre  il  primo 
dichiara  col  giuramento  decisa  la 
quistione,  1'altro  concede  il  diritto 
di  perseguire  il  reo  di  falso  giura- 
mento  con  procedura  penale.  Una 
schiera  di  valenti  giureconsulti  si 
sono  messi  all'opera  per  risolvere  la 
quistione,  battagliando  chi  per  1'una 
soluzione,  e  chi  per  un'altra.  La  prima 
quistione  si  offre  tutta  da  se.  11  giu- 
rameuto  deferito  tronca  il  litigio  in 
favore  di  chi  ha  giurato.  Niuno  quindi 
potendo  contendergli  il  diritto  indi 
acquisito  secondo  1'art.  1370  del  cod. 
civ.,  ne  consegue  che  egli  sia  fran- 
cato  da  qualunque  attacco.  Ma  vi  e 
pure  1'art.  221  del  nuovo  Cod.  pen. 
e  qui  spunta  la  seconda  quistione. 
Si  puo  egli  far  richiamo  al  Pubblico 
Ministero  contro  chi  ha  giurato  il 
falso,  e  sia  punito  del  suo  reato  in 
conformita  della  legge?  Non  pochi 
risolvono  la  controversia  in  senso 
affermativo,  e  negano  che  vi  sia  in 
cio  contraddizione  tra  1'articolo  del 
cod.  civ.  e  1'articolo  del  cod.  pen.  su 
citato.  Giacche  non  s'intacca  punto 
il  diritto  acquisito  per  mezzo  del 
giuramento  decisorio,  in  quanto  che 
si  punisce  soltanto  la  violazione  pub- 
blica  della  giustizia  a  riparazione  del 
reato  commesso,  cosa  di  spettanza 
del  P.  M.  E  qui  nasce  la  terza  qui- 

CAPPELLAZZI  ANDREA,  sac.  - 
S.  Bernardino,  1896,  16°  di  pp 
II  Cappellazzi  e  uno  dei  piu  pro- 
fondi  scrittori  che  vanti  al  presente 
1'Italia  in  materie  filosofiche.  Lo  ri- 
petiamo  volentieri  ad  ogni  nuovo 
suo  scritto  che  ci  avvenga  di  an- 
nunziare,  e  lo  ripetiamo  ciascuna 
volta  con  nuovo  convincimento.  II 
presente  volume  pero,  in  cui  i  prin- 
cipii  dell'antica  filosofia  si  applicano 


stione:  la  parte  offesa  non  ha  ella 
il  diritto  di  chiedere  il  suo  ed  il  ri- 
sarcimento  dei  danni  sofferti  ;dallo 
spergiuro  ?  Su  questo  punto  il  di** 
battimento  diviene  piu  forte  e  strin- 
gente.  Quelli  che  stanno  per  la  prima 
e  la  seconda  soluzione  naturalmente 
sono  contrarii  a  coloro,  che  Trisohrono 
la  quistione  in  senso  affermativo:  II 
ch.  Autore  cita  i  nomi  dei  giurecon- 
sulti, che  combattono  pro  o  contro 
le  soluzioni  indicate,  reca  i  loro  ar- 
gomenti,  apporta  una  dovizia  di  casi 
risoluti  in  un  senso  o  in  un  altro 
dalle  Corti  di  Assise  e  in  fine  con- 
chiude:  «  II  giuramento  decisorio  in 
virtu  dell'art.  1370  del  cod.  civ.  ri- 
solve  la  controversia  civile  e  la  de- 
cide completamente.  Ma  nel  caso  di 
giuramento  decisorio  falso  esso  deve 
andar  soggetto  alle  conseguenze  or- 
dinarie  dei  reati.  Libera  adunque  la 
parte  offesa  di  muovere  la  querela 
di  spergiuro,  e  iniziato  il  procedi- 
mento  penale,  libera  di  costituirsi 
parte  civile,  per  ottenere,  in  seguito 
alia  condanna  penale,  il  risarcimento 
dei  danni  provenienti  dallo  sper- 
giuro (pag.  39).  »  Nel  capitolo  IV  alia 
duplice  quistione,  se  debbasi  conser- 
vare  la  prova  del  giuramento  e  man- 
tenere  il  reato  di  spergiuro,  risponde, 
che  si,  chiedendo  che  si  armonizzi 
meglio  la  legge  e  cosi  sia  posto  fine 
ad  ogni  litigio. 

Le  questioni  moderne.  Siena,  tip. 
VI -432.  --  L.  4,00. 
alia  soluzione  delle  questioni  mo- 
derne, come  interessera  un  maggior 
numero  di  lettori,  cosi  diffondera 
piu  largamente  i  rigagnoli  delle  pure 
dottrine  scolastiche.  Accenniamo  sol- 
tanto agli  argomenti  trattati  mae- 
strevolmente  in  queste  pagine :  La 
questione  scientifica,  la  morale,  la 
didattica,  la  storica.  la  letteraria,  la 


209 


domestfca,  Ytconomica,   la   militare, 
la  civile,  la  sociale,  la  religiosa.  Ri- 
spetto  a  ciascuns  11'  ch.  Antore  sta- 
bilisce  princtpii  solidi  e  chiari,  con- 
trapponendoH  agli  equivoci,  agli  er- 
rori,   alle    fluttuazioni    del    pensare  ; 
moderno. 
Un-  difetto    meramente   materiale 

CAS  AS  J.  B.,  doc.  presb.  —  La 
cansas;  inedios  de  terminaria 
S.  Francisco  de  Sales;  1896, 
La  presente  opera  si  divide  in  tre 
parti:  cagioni  della  guerra  cubana, 
mezzi  acconci  a  domare  la  ribellione 
e  mezzi  atti  a  svellere  dalle  radici 
i  germi  del  separatismo  ultramarino. 
Tra  le  cause  immediate  vanno  ram- 
mentate  I.  la  trascuratezza  dei  ge- 
nitori  nell'  educare  e  nell'  istruire 
rettamente  i  figliuoli,  onde  questi 
poi  nulla  sanno  della  patria,  la  Spa- 
gna,  e  troppo  venerano  il  yankismo 
cioe  gli  usi  nordamericani;  II.  il  per- 
messo  dato  a  turbe  di  Protestanti  di 
riempire  1'isola  di  templi,  di  scuole 
e  d'istituti  (pag.  30  e  seg.);  III.  il 
matrimonio  puramente  civile ;  IV.  il 
filibusterismo  nelle  scuole  e  nella 
stampa;  VI.  il  bandolerismo  (malan- 
drinaggio);  VII.  lo  nauiguismo.  in- 
fame  setta  secreta,  originata  dagli 
schiavi  (pag.  123  seg.).  Queste  ca- 
gioni  ed  altre,  che,  per  amore  di 
brevita,  tralasciamo,  a  molti  Cubani 
fanno  spesso  misconoscere  i  diritti 
altrui  e  le  ragioni  che  verso  loro  pos- 
siede  a  saeculo  la  patria.  E  un  quadro 
spaventevole  che  induce  ogni  osser- 
vatore  riflessivo  a  disperare  della 
buona  riuscita  della  guerra  di  Cuba. 
L'Autore  e  vissuto  in  mezzo  a  quegli 
laolani  per  oltre  sette  anni,  in  con- 
tinue e  varie  attinenze;  sicche  cio 
che  afferma  non  e  frutto  di  un  pes- 
simista,  ne  una  ricopiatura  frodolenta 
propria  di  certe  gazzette.  Quanto  ai 
Serie  XVI,  vol.  IX,  fuse.  1118. 


deHa  edizione  e  1'  intollerabile  e  ve- 
ramente  ecoessiva  scorrettezza  di  al- 
cuni  fogli  nel  riprodorre  i  nomi  fo- 
restieri.  E  si  la  tipografia  di  S.  Ber- 
nardibo  di  Siena  si  suole  meritamente 
lodare  per  l'e!eganza  e  accuratezza 
delle  sue  edizioni. 

guerra  separatista  di  Cuba.  Sus 
•y  de  evitar  otras.  Madrid^  tip.  de 
8°  di  pp.  490. 

rimedii,  o  mezzi  che  si  vogliano  dire, 
il  rev.  Casas  desidera  maggior  cono- 
sciuiento  della  topografia  dell'isola, 
ben  intesa  distribuzione  di  navi  da 
guerra  lungo  le  scogliere,  in  mille 
guise  frastagliate  a  ricovero  dei  ri- 
belli,  formazione  di  grossi  villaggi 

0  di  citta  invece  dei  troppi  casolari, 
indit'esi,  malsani  e  nidi  di  scostuma- 
tezza(pag  147-1 53),  eccetera.  L'abban- 
dono  fisico  e  morale  nel  quale  vivono 

1  coloni    di    Cuba,  mostra  la  negli- 
genza  del  Governo  liberale  di  Madrid, 
come  la  mostro  il  governatore  Mar- 
tinez Campos  nel  rimuovere  che  fece 
i  cattivi  uffiziali  amministrativi  che 
il  medesimo Governo  vi  riteneva  (Ci- 
vilta    Cattolica,    ser.    XVI,    vol.    Ill, 
pag.  15Q-151).  Uno  dei  mezzi  sugge- 
riti   dall'Autore   non  ci  sembra   ora 
pratico,  ed  e  d'introdurre  in  ufficio 
di  consiglieri  presso  i  tribunali  i  Re- 
ligiosi  di  qualsiasi  Ordine.  Noi  desi- 
deriamo   che  la  perla  delle  Antille, 
si  popolata  (da  1,522,000  abitanti),  si 
fertile  e  piena  delle  piii  antiche  me- 
morie  spagnuole  rimanga  in  possesso 
della  nazione  cattolica,  ma   insieme 
temiamo  che  i  germi  della  ribellione 
seminativi  dai  liberal!,  massime  colla 
persecuzione  religiosa  sino  ai  nostri 
di  (pag.  378-384  di  quest'opera),  non 
abbiano  recato  il  frutto  della   sepa- 
razione. 

14  8  gennaio  1897. 


210 


BIBLIOGRAFIA 


DALLA  SANTA  GIUSEPPE.  —  Un  documento  inedito  per  la  storia 
di  Sisto  Y.    Venexia,  tip.  ex  Cordelia,  1896,  in  16°  pice. 


Ogni  nuovo  documento  che  metta 
in  luce  le  virtu  de'  Vicarii  di  G.  C  , 
e  sempre  il  ben  venuto.  Dell'umile  e 
dotto  Fra Felice  Peretti,  dell'energico 
Sisto  V,  piu  libellisti  e  romanzieri 
(p.  e.  Gregorio  Leti)  ban  parlato  ma- 
le; ma,  grazie  a  Dio,  la  verita,  a  poco 
a  poco,  si  fa  strada.  Questo  docu- 
mento e  1'atto  di  rinunzia  da  lui  fatto 
nel  1564  di  sua  «  spon,tanea  volonta... 


di  ogni  dominio  e  proprieta  di  tutte 
cose  tanto  stabili  come  mobili  »  esi- 
stenti  presso  di  lui  «  in  esecution  del 
Sacro  Concilio  sopra  la  reforma  di 
regolari  »;  e  conferma  il  giudizio  dato 
di  Sisto  V  dal  de  Hiibner,  cbe  «  egli 
disprezz6  le  riccbezze  di  questo  mon- 
do,  compiacendosi  della  sua  poverta 
di  Monaco.  »  (Sixte  q*tnt,  Paris,  1882, 
t.  1,  p.  214). 


DAZZI  PIETRO.  —  II  libro  per  la  quinta  classe  elementare  maschile, 
secondo  i  nuovi  programmi  .ministeriali.  Con  numerose  vignette. 
Firenze,  R.  Bemporad  e  figlio,  1896,  16°  di  pp.  456.  —  L.  2,00. 


II  libro,  che  e  bello,  generalmente, 
per  lingua  e  stile  e  per  utili  nozioni 
storiche  e  scientifiche,  avrebbe  anche 
una  bonta  negativa  quanto  alia  mo- 
rale cattolica,  se  non  si  veriflcasse 
qui  il  proverbio  in  cauda  venenum. 
Di  Ferdinando  IV  dice  ch'era  «  uno 
de'  principi  piu  malvagi  che  abbia 
avuto  il  regno  di  Napoli  (p.  394)  ». 
Pio  VII  era  uomo  «  di  spiriti  liberali 
(p.  395)  ».  «  Bisognava  (per  fare  del- 
1' Italia  divisa  una  nazione)  togliere  lo 
Stato  a  tutti  i  regnanti  (quindi  anche 
al  Papa)  meno  che  a  uno  (p.  413)  (al 


di  levare  a  cielo  il  liberalismo  e  le 
society  segrete,  senza  scrupolo  di 
lodare  le  rivoluzioni  (pp.  413,  415). 
Loda  anche  ui>  libro  condannato 
dalla  Chiesa :  Le  addizioni,  di  P. 
Maroncelli.  In  somma,  questo  libro 
non  e  da  consigliare,  poiche  i  rivolu- 
zionarii  vi  si  offrono  ai  fanciulli  quali 
eroi  e  martiri  (p.  425  e  segg.).  Non 
manca,  e  superfluo  il  dirlo,  la  frase 
stereotipata  che  a  Napoli,  sotto  Fran- 
cesco II,  «  era  il  piu  infame  Go- 
verno  che  si  possa  immaginare  »  (p- 
426). 


Piemonte)  ».  E  cosl  1'A.   e   in    vena 

DE  BROGLIE,  abbe.  —  Religion  et  critique.    Oeuvre  posthume  re- 
cuellie  par  M.  1'abbe  C.  Piat  professenr  a  1'Institut  catholique  de- 
Paris.  Paris,  librairie  Y.  Lecoffre,   1896,  16°  di  pp.  LX-360.  — 
Fr.  3,50. 
In  quattro   parti   e  diviso  questo 

lavoro,  scritto  dal  De  Broglie  in  fogli 

sparsi,  raccolti  poi  dopo  la  sua  morte 

e  ridotti  ad  unita  dal  Piat.  La  prima 

parte  si  aggira  sulla  definizione  della 

religione,   definizione    che    1'illustre 

autore  ha  saputo  determinare  e  rin- 


giovanire,  sfatando  insieme  i  tanti 
pregiudizii  moderni,  che  corrono  at- 
torno  su  tal  materia.  La  seconda  ha 
per  oggetto  quella  che  egli  cbiama 
trascendenza,  ossia  spiceata  superio- 
rita  storica  del  cristianesimo,  grande 


e  vitale  problema,  intorao  a  cui  la 
critica  da  mezzo  secolo  ha  concen- 
trate tutti  i  suoi  sforzi.  La  terza  parte 
svolge  le  relazioni  tra  la  religione  e 
la  scienza.  La  quarta  finalmente  con- 
sidera  la  religione  in  ordine  alia  fi- 
losofia  razionale.  Come  si  vede,  il 
soggetto  risponde  ai  bisogni  pre- 
senti,  ed-e  trattato  colla  sicurezza 
e  la  scioltura  propria  dell'Ab.  De 
Broglie,  che  fu  uno  degl'intelletti  piu 
forti,  che  onorassero  ai  giorni  nostri 
la  Francia  cattolica. 


BIBLIOGRAFIA 


211 


DE  N AVERT  RAOUL.  --  II  baratro.  Racconto  del  secolo  XYIII.  Ver- 
sione  dell'avv.  Ugo  Flandoli.  Modena,  tip.  pontif.  dell'Immacolata 
Concezione,  1896,  due  voll.  in  32°  di  pp.  240  ;  256. 


Bellissimo  racconto,  assai  attraen- 
te  e  moralissimo,  col  quale  la  bene- 
merita  tipografia  modenese  ha  chiuso 
1'anno  trigesimo  nono  delle  sue  «Let- 
ture  amene  ed  oneste  ».  Anche  nel 
nuovo  anno  ella  proseguira  nella  lo- 
devolissima  impresa  di  fornire  a'suoi 
associati  racconti  benfatti,  bene  stam- 
pati,  e  a  poco  prezzo.  Imperocche  per 


cinque  lire  annue  da  anticiparsi, 
ognuno  riceve,  franchi  di  posta,  sei 
volumi  di  circa  300  pagine  1'uno,  e 
di  piu  24  copie  di  sei  appendici  di 
32  pagine  Puna,  da  diffondersi  fra 
il  popolo.  Noi  non  conosciamo  in  Ita- 
lia pubblicazione,  che  sia  morale, 
dilettevole  e  poco  costosa  al  pari  di 
questa. 


DE  SIMONE  GENNARO,  aw.  —  Memorie  di  D.  Costantino  Posti- 
glione,  monaco  cassinese.  Napoli,  tip.  De  Bonis,  1896,  4°  di 
pp.  YHI-132. 

che  sopravvisse  fu  a  tutti  esempio 
di  ubbidienza  e  di  annegazione  reli- 
giosa.  II  fondamento  della  sua  vita 
santa  era  II  pensiero  assiduo  e  pro- 
fondo  della  morte,  che  1'incito  a  di- 
sprezzare  il  fascino  delle  cose  mon- 
dane  e  a  rivolgere  a  Dio  tutte  le  sue 
inclinazioni.  Chi  scorre  in  queste  pa- 
gine ci6  che  oper6  il  Postiglione  da 
secolare  e  da  religiose  nei  suoi  48 
anni  che  pass6  su  questa  terra  (1846- 
1894),  non  pu6  non  esclamare :  Ecco 
la  vita  d'un  uomo  veramente  grande ! 
Notiamo  che  1'edizione  e  bella  e  ac- 
curata,  come  ancora  che  le  memorie 
sono  state  raccolte  e  scritte  dall'avv. 
De  Simone  con  diligenza  e  con  affetto 
di  amico  intimo  del  Postiglione. 

DE  STERLICH  RINALDO.  --  Socialisms  dalla  Catteira  alia  Piazza- 
Seconda   edizione.  Roma,  tip.  Raponi,  1895,   32°   di   pp.   176.  — 
L.  2,00. 
Questo   libro,  non   corredato  da 

un  indice,  non  pu6   essere   tolto    in 

mano  se  non  da  chi  ha  tempo  e  vo- 

glia  di  leggerlo  tutto  da  capo  a  fondo. 

Lo  dice  lo  stesso  autore  (p.  57  n.°  IX) 

e  aggiunge  che  egli   segue  questo 


La  vita  che  annunziamo,  e  tale 
<;he  secolari  e  religiosi  vi  troveranno 
molto  da  imitate.  Pietro  Postiglione 
fu,  nel  secolo,  cristiano  a  tutta  prova, 
eia  nella  professione  di  medico,  sia 
nel  soccorrere  alleindigenzedel  pros- 
simo  da  zelante  membro  della  so- 
<;ieta  di  S.  Vincenzo  de'  Paoli,  sia  in 
fine  nel  far  parte  dei  congressi  cat- 
tolici.  All'opera  dei  congressi  catto- 
lici  egli  appartenne  di  nome  e  di 
fatto,  ed  essendo  nel  consiglio  di  di- 
rezione,  in  ogni  manifestazione  cat- 
iolica  si  trov6  sempre  in  prima  fila; 
sicche  per  la  sua  fede  e  costanza  me- 
rit6  di  essere  insignito  della  croce 
di  cavaliere  dell'ordine  Piano.  Entrato 
nell'Ordine  Benedettino,  nei  due  anni 


sistema.  Faccia  pure  il  comodo  suo; 
ma  abbia  anche  riguardo  a  quello 
-de'  lettori.  —  Premesso  ci6,  diciamo 
che  quest'operetta  e  come  la  prefa- 


zionedi  un'opera  di  maggiorpolso  che 
il  ch.  Autore  ci  promette;  e  contiene 
quanto  basta  a  far  vedere,  a  chiun- 
que  non  abbia  le  traveggole  agli  oc- 
chi,  1'abisso  a  cui  ci  trascina  il  so- 
cialismo  della  cattedra,  donde  come 
logica  conseguenza  vien  poi  nell'or- 
dine  de'fatti,  quello  della  piazza.  Egli, 
prendendo  a  confutare  le  teorie  cer- 
vellotiche  del  socialismo  dottrina- 


212 


BIBLIOGRAFIA 


rio,  svolte  da  varii  autori,  e  special  - 
mente  dal  Prof.  Ferri,  da  a  cono- 
scere  con  argomenti  chiari,  palpabili, 
popolari  che  esse  alia  fin  de'  conti 
altro  non  sono  se  non  ingenue  utopie 
o  malvage  imposture.  Nello  svolgi- 
mento  di  questa  sua  confutazione  ri- 
levasi  valente  logico  e  insieme  uomo 
di  esperienza,  di  senso  pratico,  e  buon 
conoscitore  del  cuore  amano,  il  quale 
tante  volte  sotto  1'ipocrita  maschera 
delle  dottrine  umanitarie  cela  il  piu 
sordido  individualismo  o  egoismo.  E 
poi  scrittore  facile,  spigliato  e  ar- 
guto  che  si  fa  leggere  volentieri.  Ci 
piacque  moltissimo  quant' egli  ra- 
giona  nel  capitolo  XV  intorno  alia 
coltura  popolare  troppo  estesa,  e  per6 
cagione  del  crescere  o^ni  giorno  al- 
1'infinito  il  numero  degli  spostati ;  e 
quanto  aggiugne  circa  la  superficia- 
lita  degli  studii,  lamancanza nell'edu- 
cazione  che  si  voile  stoltamente  sepa- 
rata dall'istruzione,  e  altre  materie 
somiglianti,  in  cui  trovammo  i  suoi 
giudizii  in  tutto  conformi  ai  nostri. 
Tuttavia  ci  permetta  il  ch.  Autore 
di  notare  alcune  cose  che  stonano 
maledettamente  con  tutto  il  resto 
della  sua  pregevole  operetta,  ovvero 
colla  verita  storica.  A  pag.  13  egli 
dice:  «  L6  spiritismo  in  tutto  il  suo 
apogeo  non  ha  mai  arrecato  alcun 
danno  serio  alia  societa.  »  Pu6  dirlo 
soltanto  chi  non  si  e  curato  di  stu- 
diarlo  a  fondo,  n6  si  e  tolta  la  briga 
di  seguirne  lo  svolgimento.  A  p.  65 
onora  il  gran  padre  de'  socialist!, 


Carlo  Max,  del  titolo  «  di  gran  pen - 
satore,  filosofo,  economista  »  le  cui 
dottrine  chiama  elevatissime  e  a  p.  121 
soggiugne:  «  Ammiro  in  Carlo  Max  il 
genio  altissimo»  ecc.  A  pag.  91  asse- 
risce  che  «  i  miracoli  non  si  discu- 
tono,  perch6  sono  oggetto  di  Fede!  » 
Nel  che  il  ch.  Autore  confonde  due 
cose,  la  causa  coll'effetto,  e  la  virtu 
divina  operatrice  del  miracolo,  col 
fatto  stesso  miracoloso.  Questo  e 
sempre  discutibile,  flnche  non  viene 
approvato  dalla  chiesa,  la  quale  non 

10  sanziona  se  non   dopo   un   lungo 
esame  e  una  diligentissima  discus- 
sione ;  e  anche  cosi  non  si  pu6  dire 
che  sia  ogni  miracolo  oggetto  di  fede, 
ma  soltanto  quelli  che  vengono  nar- 
rati  dalle  Sante  Scritture  e  che  la 
stessa  Chiesa  accetta  e  non  discute. 
A  pag.  137  non  si   capisce   bene    se 
sia,  come  esser   dovrebbe,  un'ironia 

11  chiamare  spirito   generoso,  uma- 
nitario,  fraterno   quello   dei    rivolu- 
zionarii  del  93  in  Francia.  Cosi  pure 
ci  lascia  un  po'  perplessi  intorno  al 
vero  spirito  che  in  forma    questo  li- 
bro  il  vedere  che   non   vi  «i   anno- 
vera  tra  le  vere  cause  del  socialismo 
1'irreligione  propagata  tra  le  molti- 
tudini,  e  come  rimedio  il  ritorno  ai 
principii   e   alle   massime   del  Van- 
gelo  e  alia  pratica  della  carita  cri- 
stiana,  unico  vero  balsamo   per  le- 
nire  i  dolori  dell'umanita  sofferente. 
Ma  sembra  che  il  ch.  Autore  ne  vo- 
glia  trattare  nell'opera  che  ci  pro- 
mette.  Vedremo. 


DI  SEGKJR  mons.  —  Le  meraviglie  di  Lourdes.  Traduzione  dalla  XXVII 
ed.  Francese  di  Gr.  Serafini.  Con  appendice  dei  miracoli  e  avve- 
nimenti  piu  important!.  Torino,  libreria  Salesiana,  1896,  32°  di 
pp.  304.  —  Cent.  25. 

FLANDOLI.  Vedi  DE  NAYERY. 

FRANCHINT  MARIO.  -  Yita   di  Nessimo.    Bologna,    tip.    Andreoli, 
1897,  16°  di  pp.  234    —  Cent.  80. 
Che  robae  questo  NESSUNO?  Pare       biato  quel  nome   bizzarro;   e  difatti 

un  Qualcuno   a  cui   sia  stato   affib-      neH'ultima  pagina  vi  troviamo  acco- 


BIBLIOGRAFIA 


213 


dato  il  suo  bravo  cognome  o  sopran- 
nome  di  SCHIENADASINO,  ed  anche 
espresso  il  suo  merito  caratteristico, 
che  e  quello  d'avere  inventato  LA 

FlLOSOFIA  DELLA    SGH1ENA,  C10C  1'arte 

di  goder  sempre,  indurando  la  schie- 
na  alle  contrarieta  aella  vita.  Insom- 
ma  e  uno  stuzzica-appetito  cotesto, 
e  Tappetito  restapoi  pienamente  sod- 
disfatto,  leggendo  i  casi  di  questo 
capo  ameno  di  NESSUNO,  che  va  in 
cerca  della  felicita,  e  gira  e  rigira 
linisce  poi  col  trovarla,  chi  il  cre- 
derebbe?  proprio  nella  SCHIENA,  fi- 
losoficamente  (o  piuttosto  cristiana- 
mente)  indurata. 

1  ragazzi  e  le  ragazze  che  amano 
di  divertirsi,  e  anche  quegli  ominoni 


che  non  vogliono  poi  star  sempre 
colle  ciglia  aggrottate  sui  libri  se- 
rii,  piglino  in  mano  questa  prosa 
eroicomica,  e  ci  troveranno  quel  gu- 
sto che  trovasi  nei  confetti  chiudenti 
in  seno  il  fogliolino  sentenzioso.  E 
dopo  d'essersi  'molto  divertiti  e  non 
poco  istruiti,  accompagneranno  con 
un  ultimo  riso,  mescolato  di  qualche 
sospiro,  la  lettura  del  seguente  epi- 
tafflo: 

Lungo  disteso  in  questa  tomba  glace 

NESSUN,  che  dorme  un  sonnellino  in  pace. 
Non  ebbe  borsaben  fornita  e  plena, 

Ma  ben  plena  e  fornita  ebbe  la  schiena. 
ScniENADASiNo  qulndi  si  chiamo, 

Che  1'ebbe  dura  quanto  bisogno. 
Chi  si   trova  quaggiu  senza  conforto, 

L'avra,  se  il  vuol,  da  questo  bravo  morto. 


KATALOG  der  Herder'schen  Yerlagshandlung  zu  Freiburg  im  Breis- 
gau.  1801-1895.  8°  di  pp.  256. 

LEITNER  FRANZ  Dr.  Subgerens  des  georgianischen  Clericarseminars 
in  Miinchen.  —  Die  prophetische  Inspiration.  (Dell'  ispirazione  della 
S.  Scrittura).  —  (BARDETSHEWER,  Biblische  Studien.  I.  Bd.  4,  5  Heft). 
Freiburg  im  Breisgau,  Herder,  1896,  8°  di  pp.  X-196.  —  Mki  3,50. 


E  uno  studio  pieno  e  compito  so- 
pra  la  divina  Ispirazione,  perche  cio 
significa  1' 'Ispirazione  profetica,  an- 
nunziata  nel  titolo.  II  ch.  A.  la  esa- 
mina  come  atto  divino  dirigente  I'in- 
telletto  e  la  volonta  dell'uomo,  non 
gia  in  relazione  alia  costui  parola  o 
a)  costui  scritto;  essendoche  deli'ispi- 
razione  sotto  questo  rispetto  sonvi 
giaaltri  lavori.  II  trattato  va  di  mano 
in  mano  sciogliendo  le  molte  que- 
stioni  che  si  possono  fare  sulla  divina 
Ispirazione  e  non  gik  con  metodo  a 
priori,  ma  secondo  che  se  ne  parla 
nell'antico,  nel  nuovo  Testamento, 


nei  Padri  e  negli  stessi  scrittori  ere- 
tici  (montanisti,  gnostici,  manichei) 
i  detti  dei  quali  sono  diligentemente 
notati  ed  esaminati.  Quindi  il  trattato 
ha  naturalmente  tre  parti;  alia  fine, 
quasi  appendice,  si  parla  del  carisma 
dell'  assistenza  divina,  concessa  da 
Dio  alia  Chiesa,  assistenza  che  e  un 
dono  differente  dall'  ispirazione,  che 
fini  cogli  Apostoli. 

Col  presente  studio  si  chiude  de- 
gnamente  il  primo  volume  del  pe- 
riodico  Biblische  Studien,  pubblicato 
dal  Bardenhewer. 


NEDIANI  TOMMASO.  —  In  solem  et  pulverem.  (Nove  liriche).  Bri- 

sighe.Ha,  tip.  Servadei,  1896,  16°  di  pp.  96. 

A  questo  cantore  non  pu6  certa-  rie  XVI,  vol.  IV,  p.  590.  Lo  invitiamo 
mente  negarsi  anima  di  poeta  e  le  per6  a  curar  meglio  un'altra  volta 
altre  qualitk  che  dicemmo  nella  Se-  la  stampa,  affinche  1'edizione  riesca 


214 


BIBLIOGRAFIA 


casillabo  e  per6  stride,  come  i  due 
precedent!,  in  una  ode  (p.  11)  tutta 
di  novenarii  (versi  acefali  e  slombati, 
che  il  Carducci  ben  poteva  rispar- 
miarsi  d'evocar  dalla  tomba).  Tali 
anche  i  seguenti,  che  dovrebbero 
essere  endecasillabi : 


Di  parlare  agli  umili.  La  grotta  (p.  26) 
Insieme  col  suon  di  candide  preghiere  (p.  26) 
Ma  non  sent!  tn  dal  faro  a  la  laguna  (p.  43) 
Da  le  istoriate  sale  or  fatte  oscure  (p.  52) 
E  a  te  non  valse  la  pietosa  istoria  (ivl) 
Or  che  sparir  le  fiere  genti,  viole  (p.  54) 
Fior,  d'amore,  e  di  bellezza  arrisa  (p.  83). 


non  solo  elegante  come  questa,  ma, 

che  piu  monta,  corretta.  E  corretta 

non  e  la  presente,  la  quale  a  molti 

errori   d'ortografia  e  di   punteggia- 

tura,  che  rendon  piu  oscuro  il  senso 

delle  parole,  gia  qualche  volta  offu- 

scato  da  carducciana  nebbia,  ne  ag- 

giunge  altri  che  fan  perfino  compa- 

rire  i  versi  metricamente    sbagliati. 

Tali   sono  «  Di  due   cuori   legati  in 

catena  »  e  «  Arridente  di  piccola  fata» 

e  «  Des'iato   calava   alia  sera  »,  che 

con  quella  dieresi  si  allunga  a  de- 

PIAT.  Vedi  DE  BROGLIE. 

SERAFINI.  Yedi  DI  SEGUR. 

SPILA  DA  SUBIACO  P.  BENEDETTO.  --  Memorie    storiche    della 

Provincia  Riformata  Romana.  Vol.  2°  e  3.°  Milano,  tip.    Capriolo, 

1896,  8°  di  pp.  852  e  328. 

Del  1°  Volume  di  queste  Memo- 
rie dicemmo  nella  Serie  XIV,  Vol .  VIII, 
Quad.  969,  pag.  351.  Or  ci  rimane  a 
dire  del  2°  e  del  3°  volume,  ne'  quali 
il  ch.  Autore  raccolse  quanto  gli 
venue  fatto  di  estrarre  da  documenti 
autentici,  manoscritti  o  impressi,  in- 
torno  agli  uomini  e  alle  cose  piu  me- 
morabili  appartenenti  alia  Provincia 
romana  dei  Minori  Riformati,  senza 
omettere  un  cenno  de'  fatti  ed  uo- 
mini illustri  di  altre  Province  della 
Riforma  Francescana.  Nel  2°  volume 
ci  mette  sott'occhio  le  apostoliche  fa- 
tiche  de'  suoi  Confratelli  nelle  Mis- 
sioni  loro  affidate  dalla  S.  Sede  nel- 


1'Asia,  nell'Africa,  nella  Turchia  Eu- 
ropea  e  in  altre  parti  d'Europa  e  nelle 
due  Americhe,  specialmente  nella  Me- 
ridionale.  E  una  rassegna  rapida,  come 
esigeva  1'abbondanza  della  materia, 
ma  bastante  a  darci  una  grandiosa 
idea  del  tanto  faticare  e  patire  che 
iecero  e  fanno  a  gloria  di  Dio  e  a 
bene  delle  anime  i  PP.  Riformati.  Ci 


vediamo  passare  dinanzi  tutta  una 
schiera  di  uomini  apostolici,  di  con- 
fessori  e  di  martiri  della  fede,  fino 
al  P.  Salvatore  da  Cappadocia  test6 
ucciso  con  undici  cristiani  in  odio 
della  fede  dagli  stessi  soldati  turchi, 
e  quindi  gittato  co'  suoi  tra  le  flamme. 

Nel  3°  volume  il  ch.°  Autore  an- 
novera  que'  Riformati  che  vennero 
promossi  alle  cariche  dell'  Ordine  e 
fuori  del  medesimo,  tra  i  quali  molti 
segnalaronsi  per  fama  di  santita  e 
dottrina.  Poscia  nell'  ultimo  capitolo 
da  contezza  del  Monastero  di  Santa 
Chiara  in  Rieti,  ove  fiorirono  Sucre 
che  onorarono  con  la  loro  virtu  la 
Riforma,  e  tutto  1' Ordine  Serafico. 

Sebbene  qualche  suo  apprezza- 
mento,  ove  tratta  delle  Missioni,  non 
concordi  con  le  nostre  idee,  non  la- 
sciamo  per  questo  di  commendare 
debitamente  un'opera  degna  d'ogni 
elogio  e  che  torna  di  grande  onore 
aH'Ordine  seraflco  e  alia  Chiesa. 


ARCHEOLOG-IA 


53.  I  monument!  del  sacro  pallio  nell'esposizione  Orvietana  e  le  piu  an- 
tiche  forme  della  detta  insegna.  —  54.  II  pallio  nei  piu  antichi  mu- 
saici  di  Roma.  —  55.  La  sciarpa  profana  (lorum)  e  la  sciarpa  sacra.  — 
56.  L'omoforio  o  pallio  sacro  di  Grottaferrata.  —  57.  La  discesa  al  limbo, 
1'ascensione  e  la  Pentecoste  sul  pallio  bizantino  di  Grottaferrata. 

53.  /  monumenti  del  sacro  pallio  nell'esposizione  Orvietana 
e  le  piu  antiche  forme  della  detta  insegna. 

Xelia  mostra  sacra  e  archeologica  di  Orvieto,  fra  i  tanti  paramenti 
antichi,  era  esposto  eziandio  il  celebre  pallio  o  omoforio  di  Grottafer- 
rata. E  non  era  il  solo  monumento  di  grande  importanza  per  la  storia 
del  piu  insigne  fra  i  vestimenti  liturgici,  quale  e  appunto  il  pallio 
sacro.  Yi  si  trovo  un  grande  disegno  a  colori  dell'antica  .pittura  nel 
sotterraneo  romano  di  san  Clemente,  dove  il  papa  san  Clemente  I7 
vestito  solennemente  del  pallio,  celebra  la  santa  messa.  Yi  erano  poi 
moltissime  fotografle  contenenti  la  storia  degli  abiti  vescovili  e  anzi 
tutto  lo  sviluppo  del  sacro  pallio  per  le  diverse  eta.  Yi  si  ammiro 
finalmente  fra  1'altro  un  dittico  della  casa  Barberini  di  Roma,  che 
mostra  un  tipo  assai  chiaro  e  pregevole  dell'antichissimo  modello  clei 
sacri  pallii,  cioe  del  lorum  dei  consoli,  vogliam  dire  di  quell 'ornato 
secolare,  a  cui  il  sacro  pallio  •  nella  sua  forma  primigenia  e  assai 
affine. 

II  pallio  sacro,  che  oggidi  suole  mandarsi  dalla  santa  sede  agli 
arcivescovi,  e  formato  d'una  striscia  di  bianca  lana,  che  circonda  le 
spalle  e  ha  nella  parte  del  petto  e  del  dosso  una  piccola  appendice 
rettilinea.  Solo  sei  croci  nere  ne  formano  I'ornato.  All'  insegna  di  si 
modesta  apparenza  conviene  oggidi  il  piu  alto  significato,  cioe  del  con- 
ferimento  del  sommo  onore  sacerdotale  da  parte  di  san  Pietro,  alia 
tomba  del  quale  i  pallii  si  conservano. 

II  pallio  dei  vescovi  nell'antichita  ecclesiastica  ed  anche  il  pallio 
di  cui  si  serviva  il  papa  nei  primi  secoli  dopo  Costantino,  non  era 
di  questa  forma  piccola  e  ristretta.  Esso  consisteva  invece  in  una  assai 
lunga  striscia  con  due  sole  croci  verso  le  estremita.  L'antico  pallio 
cominciava  il  suo  giro  intorno  alia  persona  sotto  il  ginocchio  sinistro 


216  ARCHEOLOGIA 

per  andare  alia  spalla  sinistra,  passare  sul  dorso  e  tornare  per  la  spalla 
destra  alia  parte  dinanzi,  dove  sotto  il  petto  si  piegava  e  tornava  di 
nuovo  sulla  spalla  sinistra;  finalmente  di  dietro  pendeva,  e  sempre 
alia  parte  sinistra,  fino  giu  alia  medesima  attezza.  Si  confronti  il  se- 
guente  disegno  num.  2 


1.  Lorum  o  fascia  secolare. 


2.  Pallio  antico.         3.  Pallio  medioevale. 


Dunque  si  soleva  portare  la  sacra  fascia  in  maniera  assai  piu 
solenne  che  non  1'ha  1'uso  di  oggidi.  La  fascia  poi  era  allora  espres- 
sione  semplicemente  della  dignita  di  vescovo  e  pastore,  tanto  nel- 
1'  Oriente,  dove  tutti  i  gerarchi  1'avevano,  quanto  nell'  Occidente, 
dove  medesimamente  in  molte  parti,  e  specialmente  nelle  Gallie  e 
nell' Africa,  il  pallio  era  un  comune  ornato  liturgico  dei  sacri  pastori. 

L' imagine  sopra  accennata  di  S.  Clemente,  che  data  dal  sec.  XII, 
fa  vedere  che  allora  era  gia  successo  un  gran  cambiamento  del  co- 
stume latino  intorno  al  pallio.  Ivi,  come  lo  mostra  il  num.  3  fra  i 
nostri  disegni  schematic!  a  questa  pagina,  la  striscia  e  priva  del  franco 
e  leggiero  movimento  intorno  alia  persona,  qualita  dei  vestiti  classici ; 
ma  intorno  alle  spalle  sta  una  parte  fissa,  composta  da  due  semicerchi 
che  sono  congiunti  ad  angolo  sul  petto  e  sul  dorso,  e  dal  mezzo 
pendono  due  lunghe  strisce  davanti  e  dietro  in  linea  retta.  In  altre 
pitture  coetanee  la  parte  posta  intorno  alle  spalle  ha  gia  la  perfetta 
figura  ovale. 

Peraltro  quella  mutazione  nell'indossare  il  sacro  pallio,  che  mostra 
la  faniosa  pittura  di  S.  Clemente,  non  fu  introdotta  solamente  al  tempo 


ARCHEOLOGIA  217 

dell'origine  della  pittura,  cioe  nel  secolo  XII;  ma  gia  dal  secolo  IX 
sappiamo,  che  si  inizio  a  Roma  un  nuovo  modo  di  vestir  il  pallio, 
e  differente  dal  primitive. 

II  biografo  di  S.  Gregorio  Magno,  Giovanni  Diacono,  ne  offre  un 
cenno,  donde  si  vede  che  la  mutazione  introdotta  circa  la  meta  di 
quel  secolo  e  stata  quasi  precorritrice  della  maniera  medievale  del 
secolo  XII.  Giovanni  dunque,  descrivendo  una  imagine  di  S.  Gregorio 
dipinta  ancora  al  tempo  di  questo  papa,  crede  di  dover  avvertire  il 
lettore,  che  il  suo  pallio  now  per  medium  eorporis  sed  ex  latere  pendet 
(1.  4  c.  84).  Egli  conosceva  gia  un  nuovo  uso,  di  avere  cioe  la  lunga 
parte  della  striscia  pendente,  come  dice,  per  medium  eorporis. 

A  Roma  si  osserva  perd  che  il  papa  Gregorio  IV  (827-844)  nel 
musaico  eseguito  sotto  lui  nella  basilica  di  S.  Marco  porta  ancora  il 
pallio  ex  latere,  vuol  dire  all'antica,  pendente  dalla  spalla  sinistra  e 
non  fisso  intorno  al  petto  e  al  collo.  Di  piu  Leone  IV  (847-855)  in 
una  pittura  sua  nel  sotterraneo  di  S.  Clemente,  fatta  similmente  in 
tempo  di  sua  vita ,.  lo  ha  pure  cosi  ex  latere.  Ed  S  questo  Pultimo 
nonumento  del  pallio  portato  alia  primitiva  maniera,  che  conosciamo. 
In  ambidue  i  monumenti,  quello  di  Gregorio  IV  e  quello  di  Leone  IV, 
la  forma  del  pallio  corrisponde  esattamente  alia  descrizione  del  pallio 
primitivo  presso  il  citato  diacono  Giovanni  *. 

Siccome  Giovanni  Diacono  scrisse  circa  Panno  880,  il  nuovo 
uso  di  far  cadere  il  pallio  per  medium  eorporis  deve  essere  stato  intro- 
dotto  da  uno  dei  quattro  successori  di  Leone  IV,  cio6  Benedetto  III, 
Nicola  I,  Adriano  II  e  Giovanni  VIII. 

Dai  tre  secoli  che  corrono  fino  all'origine  del  sopraddetto  affresco 
di  S.  Clemente  papa  all'altare  col  pallio  medievale,  restano  in  tntta 
Roma  soltanto  due  monumenti  con  figure  vestite  del  sacro  pallio. 

L'una  e  un  affresco  di  scuola  apertamente  bizantina  nello  stesso 
sotterraneo  di  S.  Clemente,  dove  S*  Clemente  papa  indossa  il  pallio 
piuttosto  alia  maniera  greca  di  allora;  1'altro  e  1'affresco  di  S.  Ur- 
bano  fpapa  presso  1'antica  tomba  di  S.  Cecilia  nella  catacomba  Cal- 
listiana,  anch'esso  poco  decisive  per  la  storia  del  pallio,  perche  disgra- 
ziatamente  troppo  danneggiato. 


1  «  Pallio  a  dextro  humero  sub  pectore  super  stomachum  circulatim 
deducto,  deinde  sursum  per  sinistrum  humerum  post  tergum  deposito,  cuius 
para  altera  super  eundem  humerum  veniens  propria-  ret5titudine,  non  per 
mediums  eorporis,  sed  eJr  latere  pendet  »  E  lo  stesso  andamento  che  abbiamo 
descritto  alia; pa g.  215  s.;  soltanto  e  esposto  con  altroi online. 


218  ARCHEOLOGIA 

54.   //  pallio  nei  piu  antichi  musaiti  di  Roma. 

Per  tornare  al  primitive  pallio  romano  (clelle  origini  del  quale  ci 
dovremo  occupare  piu  innanzi)  esponiamo  qui  la  serie  dei  monumenti 
di  Roma,  dove  questa  veneranda  insegna  si  vede  ancora  rappresentata 
nella  forma  antica,  e  facciamo  I'enumerazione  andando  addietro  nei 
tempi. 

Prima  di  Gregorio  IV  (f  844)  il  papa  Pasquale  I  (817-824)  ci  ha 
rilasciato  la  sua  flgura  col  pallio  in  tre  chiese  romane,  in  quelle  di 
S.  Cecilia,  di  S.  Prassede  e  di  S.  Maria  in  Domnica. 

Leone  III  (705-816)  fu  autore  del  musaico  del  triclinio  lateranense. 
Sebbene  il  presente  stato  del  musaico  tutto  riformato  non  offra  piii 
per  se  nessuna  certezza  sui  pallii,  che  ivi  appariscono,  ne  abbiamo 
pero  antichi  disegni  fedeli  ed  assai  istruttivi. 

Gl'  important!  affreschi  del  cimitero  di  S.  Callisto  con  le  figure  dei 
papi  Cornelio  e  Sisto  II  e  dei  vescovi  Cipriano  ed  Ottato,  tutti  de- 
corati  del  pallio,  sono  del  tempo  incirca  dello  stesso  Leone  III. 

Yerrebbe  ora  il  papa  Giovanni  VII  (705-707)  col  suo  ritratto  con- 
servato  nelle  grotte  di  S.  Pietro ;  ma  mi  sono  convinto  che  ne  la 
figura  presente,  troppo  ristaurata,  o  per  meglio  dire  cambiata,  ne  gli 
antichi  disegni,  per  cagione  del  loro  carattere  arbitrario,  offrono  nes- 
suna sicurezza  riguardo  all' indossamento  del  pallio. 

Molto  piu  importante  ed  esatto  e  il  testimonio  che  rende  del  pri- 
mitive pallio  il  grande  musaico  di  Giovanni  IV  (640-642)  all'oratorio 
di  S.  Venanzio  nei  battistero  di  S.  Giovanni  in  Laterano.  Ivi  vestono  i 
pallii  cinque  persone,  il  papa  Giovanni  IV  e  il  suo  successore  Teo- 
doro,  poi  i  santi  vescovi  Venanzio,  Domnione  e  Mauro,  tutti  nella  me- 
desima  maniera  antica  che  abbiamo  descritta  di  sopra. 

Le  piu  antiche  figure  finalmente  che  a  Roma  si  sono  conservate 
«ol  pallio,  sono  quelle  del  musaico  di  S.  Agnese  fuori  le  mura,  ese- 
guite  sotto  Onorio  I  (625-638),  e  rappresentano  lo  stesso  Onorio  e, 
come  sembra,  il  papa  Simmaco.  Le  chiamo  le  piu  antiche,  perchS  il 
ritratto  di  Pelagio  II  sulla  pittura  musiva  di  S.  Lorenzo  fuori  le  mura, 
la  quale  sarebbe  del  tempo  di  Pelagio  II  stesso  (578-590),  e  percio 
di  eta  piu  remota,  e  infatti  inutile  per  il  nostro  scopo,  essendo  quasi 
tutta  rifatta  modernamente.  E  lo  stesso  vale,  e  piu  ancora,  della  cosi 
detta  figura  di  Felice  III  (526-530)  sul  musaico  a  S.  Cosma  e  Damiano 
al  Foro  Romano. 

Se  vogliamo  incontrare  monumenti  piu  antichi  del  secolo  VII,  che 
diano  un  concetto  del  sacro  pallio,  bisogna  uscire  fuori  di  Roma. 
Accenniamo  ai  musaici  di  Ravenna,  tanto  preziosi  per  1'archeologia  e 
per  la  storia,  i  quali  mostrano  nei  secolo  VI  S.  Massimiano,  S.  Apol- 


ARCHEOLOGIA  219 

linare,  S.  Urso  ed  i  vescovi  Ecclesio  ed  Ursicino  coi  pallii,  costante- 
mente  nell'antica  e  primitiva  foggia  a  noi  gia  nota.  La  piu  vetusta  rap- 
presentazione  pero  dell'  insegna  si  ha,  come  pare,  nel  celebre  rilievo 
in  avorio  della  chiesa  cattedraie  di  Treviri.  In  questo  maraviglioso 
lavoro  del  secolo  Y,  dove  e  eflBgiata  una  solenne  traslazione  di  reli- 
quie,  i  due  vescovi,  seduti  insieme  in  una  bella  vettura  e  tenenti  la 
cassetta  delle  reliquie  sulle  ginocchia,  portano  ambedue  il  pallio  an- 
tico.  cioe  sulla  spalla  sinistra  e  col  giro  intorno  al  dorso  e  al  petto. 


55.  La  sciarpa  prof  ana  (lorum)  e  la  sciarpa  sacra. 

Per  vedere  quanta  sia  1'analogia  fra  la  forma  del  pallio  sacro  au- 
tico  e  1'  insegna  profana  chiamata  lorum,  basta  dare  una  occhiata  al 
vestito  di  certi  dei  piu  alti  personaggi  della  comitiva  di  Costantino  il 
Magno  nei  rilievi  del  suo  arco  a  Eoma.  Essi  portano  sopra  gli  altri 
abiti  tutta  la  stessa  lunga  e  stretta  striscia,  e  solamente  1'andamento 
di  essa  intorno  al  corpo  si  differenzia  da  quello  dell'antico  pallio.  Nelle 
loro  figure  la  striscia  o  sciarpa,  dopo  esser  passata  dal  lato  sinistro 
del  petto  sull'  omero  sinistro  e  addietro  le  spalle,  non  gira  sopra 
1'omero  destro,  ma  sotto  il  braccio  destro  e  torna  cosi,  per  la  via  piu 
breve,  sulla  spalla  sinistra,  donde  discende  addietro  come  il  pallio. 
Si  veda  il  disegno  num.  1  alia  pag.  216.  Cosi  incontriamo  lo  stesso 
lorum  nei  dittici  dei  consoli  ancora  nel  secolo  Y,  p.  e.  in  quello  del 
console  Felice  presso  Daremberg  e  Soglio,  Dictionnaire  des  antiquitfe, 
p.  1906. 

Yi  e  pero  nelle  forme  del  lorum  uno  sviluppo :  altri  esempii  ab- 
biamo  del  medesimo  vestimento,  dove  tan  to  gli  ornati  quanto  i  giri 
che  fa  intorno  alia  persona,  sono  piu  ricchi  e  variati.  E  a  questo  ge- 
nere  del  lorum  piu  perfezionato  o,  se  vogliamo,  piu  complicate,  appar- 
tiene  quell' importantissimo  lorum  barberiniano  dell'esposizione  sacra 
di  Orvieto,  che  abbiamo  citato  all'esordio  del  paragrafo  53.  Codesta 
larga  e  sontuosa  sciarpa,  che  quivi  veste  un  console  anonimo  del  se- 
colo Y,  fa  il  solito  giro  dal  petto  sinistro  sulla  spalla  sinistra  e  poi 
sotto  il  braccio  destro,  ma  tornata  sulla  spalla  sinistra  viene  di  nuovo 
fuori  sotto  il  braccio  destro,  pero  piu  basso  delPordinario,  si  piega 
sotto  il  ventre  e  finisce  sopra  il  braccio  sinistro  del  personaggio  cosi 
curiosamente  fasciato.  In  un  altro  nostro  lavoro,  riferentesi  alia  storia 
degli  abiti  sacri,  diamo  la  riproduzione  della  fotografia  fattane  in 
Orvieto  *. 

'  II  detto  lavoro  forma  parte  della  Festschrift  zum  elfkundertjdhrigen 
Jubilaum  des  deutschen  Campo  Santo  in  Rom.  Freiburg,  1897,  Herder. 


220  ARCHEOLOGIA 

Non  e  questo  lorum  della  decadenza,  ma  1'altro  piti  semplice, 
secondo  noi,  e  seoondo  1'opinione  emessa  gia  da  altri,  che  servi 
di  modello  alia  forma  dell'antico  pallio  vescovile.  Non  diciamo  gia 
che  il  sacro  pallio  sia  stata  una  concessione  dalla  parte  degl'  impera- 
tori  cristiani,  sentenza  di  alcuni  che  crediamo  priva  di  solido  fonda- 
mento  e  sottoposta  a  serie  difficolta  storiche.  Ma  altra  cosa  e  quello 
che  sosteniamo  noi,  cioe  che  1'autorita  ecclesiastica,  volendo  intro- 
durre  una  insegna  per  aggiunger  dignita  alia  persona  del  sacro  pa- 
store  nelle  azioni  liturgiche,  si  attenne  nella  scelta  del  vestito  ad 
una  forma  di  ornamento  gia  usata  e  la  trasformo  al  suo  scopo,  san- 
tificandola  per  mezzo  delle  croci,  e  scegliendo  an  che  nella  maniera 
di  portarla  una  maniera  differente  da  quella  usata  dai  dignitarii  seco- 
lari.  In  quel  tempo,  come  e  notissimo,  non  esistevano  ancora  vesti 
sacre  del  clero  di  forme  different!  dalle  vesti  dei  secolari,  e  solo  piu 
tardi  il  cambiamento  del  vestito  secolare  comincio  a  produrre  la  diffe- 
renza.  Quella  sacra  striscia  dei  vescovi,  era  il  primo  abito  distintivo 
che  sia  stato  ammesso  dalla  Chiesa.  La  possiamo  chiamare  sciarpa 
sacra  vescovile,  perche  in  fondo  era  una  veste  dello  stesso  genere 
delle  nobili  seiarpe  profane  o  lora. 

E  poi  cosa  assai  naturale  che  proprio  la  sciarpa  abbia  dovuto  ser- 
vire  per  la  prima  insegna  ecclesiastica ;  imperocche  non  vi  ha  vestito 
semplice,  che  si  adatti  meglio  ad  esprimere,  per  le  diverse  maniere  onde 
si  adorna  e  si  addossa,  i  diversi  gradi  che  si  vogliono  contrassegnare. 

Noi  crediamo  che  al  principio  anche  il  prete  ed  il  diacono  usa- 
rono  semplicemente  una  tale  sciarpa  gettata  sopra  gli  abiti  di  forma 
comune,  per  farsi  riconoscere  nel  sacro  ministero  per  quei  dignitarii 
che  erano.  La  sacra  sciarpa  del  prete  e  del  diacono  e  la  stola,  ma 
portata  da  ambidue  in  modo  differente. 


54.  L'omoforio  o  pallio  sacro  di  Grottaf errata. 

II  pallio  sacro  conservato  a  Grottaferrata  e  di  origine  greca  ha 
secondo  1'uso  greco  il  nome  omophorion.  Questa  grandiosa  opera  di 
seta  bianca,  ornata  di  ricchissimi  ricami,  rappresenta  ancora,  in  quanto 
alia  sua  forma  in  generale  ed  alia  maniera  onde  fu  portata,  il  vero 
pallio  dell'antichita,  non  quello  dell'  Occidente  nel  tempo  medioe- 
vale.  La  lunga  fascia  fu  indossata,  come  la  sacra  sciarpa  primitiva, 
riposando  cio&,  sulla  sinistra  spalla  e  cadendo,  dopo  il  giro,  innanzi 
e  di  dietro  giu  dalla  medesima  parte.  Un  concetto  ne  da  il  disegno 
num.  2  alia  pag.  216  e  la  descrizione  dell'antico  uso  alia  pag.  215  s. 

L'omoforio  di  Grottaferrata  porta  quattro  croci  e  sono  esse  appunto 
i  campi,  dove  fa  la  piu  bella  mostra  di  se  il  lavoro  di  ricamo. 


ARCHEOLOGIA  221 

La  prima  di  queste  croci  sta  vicino  all'estremita  anteriore,  la  se- 
conda  presso  la  posteriore,  le  altre  due  ornaDO  le  parti  del  petto  a 
destra  ed  a  sinistra.  Oltre  a;  cid:vi  e  lar  figura  del  Salvatore,  vestito  da 
re  e  sacerdote ;  e  il  suo  posto  si  trova  sopra  la  spalla  sinistra  (dove 
il  pallio  girava  due  volte)  per  indicate  secondo  1'uso  de'  Greci  quello 
stesso  che  indicava  la  figura  della  pecorella  nel  medesimo  luogo  in 
altri  pallii  orientali,  cioe  che  il  sacro  pastore  porta  i  fedeli  sulle  spalle 
colla  carita  di  Cristo  sommo  pastore.  Diamo  quivi  la  riproduzione 
d'una  fotografia  del  detto  Salvatore,  tanto  come  tipo  dell'arte  quanto 
per  mettere  sott'occhio  il  singolare  pallio  onde  e  ornato. 


L'eta  dell'omoforio  di  Grottaferrata  risale  al  secolo  XIII  incirca. 

Tanto  si  pud  dedurre  dal  tipo  iconografico  delle  molte  sue  figure, 
confrontandole  con  dipinti,  musaici  e  miniature  di  provenienza  bizan- 
tina  che  hanno  la  data  sicura  dell'anzidetto  tempo.  Ma  piu  stringente 
ancora  sembra  la  prova  che  ne  abbiamo  dalla  paleografia.  La  forma 
delle  lettere  maiuscole  coi  nomi  dei  profeti  sopra  le  loro  figure,  e 
similmente  di  quelle  scritte  sopra  le  scene  bibliche  corrispondono 
all'eta  accennata. 

Di  data  piu  recente  6  solamente  il  drappo  sottoposto  al  ricamo. 
Al  tempo  stesso  di  questo  rinnovamento  pare  appartenga  1'iscrizione 
in  oro  sugli  estremi  orli  del  sacro  pallio.  Essa  dice  da  un  lato: 

f  T6  HAP^N  '2MO#OPION  'YHAPXEI  TOY  HANI 
EPQTATOY  MHTPOHOAITOY  HAAAI2N  HATP2N 

e  dall'altro: 


222  ARCHEOLOGIA 

'YHEPTIMOY  KAI  EEAPXOY  HACHC  AXAIAC 

KYPOY  eEO$ANOYC  'ETOYC  ZPKC'  'INDIKTI2NOC  d  AHPIA...  TOY  XPI- 

[CTOY    1618  l- 

In  italiano :  Qnesto  pallio  e  del  sacratissimo  metropolita  dell'an- 
tica  Patrasso,  venerabilissimo  ed  esarca  di  tutta  1'Acaia,  Signore  Teo- 
fane,  nell'anno  7126  indizione  1.  Aprile...  e  di  Cristo  1618.  Questa 
iscrizione  non  altro  ci  mostra  che  il  nome  del  proprietario  del  sacro 
vestimento  nel  secondo  decennio  del  sec.  XVII.  Donde  sia  venuto  alle 
mani  del  metropolita  Teofane  1'oggetto  che  e  assai  piu  antico,  non  lo 
sappiamo;  ma  la  congettura  piii  verosimile  si  e  che  sia  stata  una 
sacra  eredita  nella  sede  di  Patrasso.  Similmente  si  ignora,  come  il 
pallio  sia  venuto  da  Patrasso  a  Grrottaferrata ;  nemmeno  il  diligente 
bibliotecario  dell'abbazia,  a  cui  mi  sono  rivolto  con  una  relativa  do- 
manda,  ha  potuto  indicare  qualche  cenno  storico  sulla  traslazione. 
Solo  in  un  inventario  dell'abbazia  composto  nel  1727,  come  avverte 
mons.  Farabulini  2,  si  troverebbe  scritto :  «  Un  omoforio  di  damasco 
con  figure  di  ricamo  d'oro  »  ;  e  sarebbe  secondo  lui  il  nostro  sacro 
pallio. 

Le  scene  ricamate  nell'omoforio  sono  tutte  del  nuovo  testamento. 
Esse  si  dividono  sulle  suddette  quattro  croci  nella  maniera  seguente. 
Sopra  1'una  delle  due  croci  corrispondenti  al  petto  del  vescovo  si 
sviluppa  in  mezzo  e  in  un  campo  piu  grande  la  scena  della  Nativita 
del  Signore,  la  quale  e  accompagnata  di  sopra  dalla  rappresentazione 
dell'Annunziazione  e  di  sotto  da  quella  del  battesimo  nel  Giordano, 
ambedue  in  quadrati  piu  piccoli.  Yi  si  legge  sulle  relative  scene 
H  XY  rENE(SIS),  0  EYAITEAISMOS  ,  H  BAHTHSIS. 

Sull'altra  croce  del  petto  si  vede  la  rappresentazione  «  di  tutti  i 
santi  T>  ;  sopra  e  quella  della  trasfigurazione,  sotto  e  quella  dell'entrata 
in  Gerusalemme  colla  processione  delle  palme :  01  AFIOI  IIANTES, 
H  METAMOPOQ(Sn;) ,  H  BAIO$OPOS  (quae  portat  ramum 
palmae).  Abbiamo  dunque  ivi  due  effigie  di  Cristo,  che  si  compiono  vi- 
cendevolmente :  di  sotto  Cristo  re  umile,  nell'esordio  della  sua  pas- 
sione  (Rex  tuus  veniet  tibi...  pauper  et  ascendens  super  asinam  etc. 
Zach.  9,  9) ;  e  di  sopra  Cristo  nella  gloria,  re  elevato  sopra  la  terra. 
Questa  e  la  stessa  contrapposizione  che  £  gia  adoperata,  mettendo  una 
scena  sopra  1'altra,  nel  quarto  secolo,  sul  famoso  sarcofago  di  Giunio 
Basso  nelle  grotte  di  S.  Piotro  in  Yaticano. 

1  Alcune  parole  hanno  accenti  e  spiriti  ed  altre  no.  Si  avverta  che 
invece  dell'2  neH'originale  si  ha  sempre  la  forma  to,  come  era  solito  allora. 

*  «  Arcbeologia  ed  arte  rispetto  a  un  raro  monumento  greco  conser- 
vato  nella  badia  di  Grottaferrata  ».  Roma,  1883.  Pag.  61. 


ARCHEOLOGIA  223 

Segue  'la  terza  croce  che  stava  vicina  al  ginocchio  sinistro  del  ve- 
scovo,  e  ha  in  mezzo  la  storia  della  Crocifissione,  in  alto  quella  della 
Presentazione  (occursus),  e  abbasso  quella  della  dormizione  (assunzione) 
della  Madonna:  H  STAYPQSIS,  H  YIIAIIANTH,  H  KOIMHSI2. 
Finalmente  la  immagine  della  quarta  croce,  portata  dal  rescovo 
sul  dosso,  contiene  in  mezzo  la  risurrezione  del  Salvatore,  sopra  poi  la 
sua  ascensione,  e  sotto  la  discesa  dello  Spirito  Santo :  AXASTASIZ, 
ANAAHWIS,  IIENTHKO(STH). 

Anche  questa  ultima  immagine  importantissima  abbiamo  fatto  foto- 
grafare  per  la  riproduzione,  ed  e  la  prima  pubblicazione  che  se  ne  ha  in 
questa  grandezza.  Le  dedichiamo  volentieri  uno  studio  piu  accurate. 


57.  La  discesa  al  limbo,  V ascensione  e  la  Pentecoste 
sul  pallio  bizantino  di  Grottaf  errata. 

Codeste  tre  scene  ci  offrono  come  uno  specchio  dell'arte  bizantina 
in  quella  epoca  della  sua  seconda  maggior  fioritura,  quale  fu  il  tempo 
del  secolo  XII  e  XIII. 

Le  composizioni  si  presentano  assai  ben  ordinate,  il  disegno  e  arti- 
stico  e  le  figure  mostrano  quella  misura  di  grazia,  della  quale  lo  stile 
bizantino  e  capace. 

Frattanto  gli  aggruppamenti  non  sono  in  nessuna  inaniera  inven- 
zione  dell'artista,  ma  si  regolano  interamente  secondo  le  usate  leggi 
ed  abitudini  dell'  arte  greca,  le  quali,  come  e  noto  abbastanza, 
avevano  le  forme  stabili  e  a  cosi  dire  tipiche  per  le  varie  rappresen- 
tazioni  sacre.  Yi  erano  perfino  i  canoni  scritti  che  davano  la  dire- 
zione  ai  pittori.  Tali  direttivi  si  sono  p.  e.  conservati  nelle  notizie 
tradotte  dal  greco  nell'evangeliario  n.  98  di  San  Gallo  nella  Svizzera 
nel  sec.  9-10,  e  meglio  ancora  nel  libro  dei  pittori  del  monte  Atlws, 
opera  assai  piu  tarda,  ma  composta  con  element!  di  antica  eta.  I 
tipi  si  ripetono  nelle  diverse  produzioni  bizantine  con  tanta  costanza , 
che^si  pud  assai  utilmente  illustrare  1'una  rappresentazione  mediante 
la  corrispondente  d'un  altro  maestro. 

In  quanto  alle  scene  del  sacro  pallio  di  Grottaf  errata,  gia  nion- 
signor  Farabulini  nella  sua  dotta  illustrazione  del  pallio  si  e  servito 
di  questo  metodo  e  con  ottimo  successo.  Noi  per  spiegare  le  storie 
rappresentate  nella  aggiunta  riproduzione  della  fotografia,  ci  serviremo 
di  due  serie  di  sirnili  storie,  non  citate  dal  suddetto  autore,  cio§  di 
quella  della  porta  di  bronzo  fondata  da  Gregorio  YII  per  la  basilica 
di  S.  Paolo  alia  Yia  Ostiense  e  di  quelle  della  eccellente  tavoletta  a 


musaico   del   sec.    XI   incirca,   conseryata  nell'opera    del   duomo  di 
Firejize  A. 


1,  DISCESA  AL  LIMBO.  Invece  della  risurrezione,  .del  corpo  glo- 
rioso.  dal  sepolcro  indicata  dall'iscrizione  Ana^tasi*,  viene  qui  rappre- 
sentata  1'apparizione  del  Salvatore  risorto  nel  limbo,  .appunto.  come 
nqlla  suddetta  porta  di  S»  Paolo  e  nella.xplativa  tavoletta  di  Firenze, 
dove,  cosi,  nell'una  come  nelFaltra,  e  scritto  rnedesimamente  ANACTA- 
CIC.  II  Kraus,  parlando  della  scena  di  Firenze,  tiene,  per  erroneo  questo 


1  Le  scene  della  porta  di  San  Paolo  sono  pnbblic.ite  nel  Nicolai,  Delia 
basilica  di  S.  Paolo,  Roma  1815,  tav^  XI  SP.  DeJla  tavoletta  di  Firenze  si 
trova  una  fototipia  nella  «  Zeitschrift  fur  cbristliche  Kunst  »  torn.  4  (1891*), 
tav.  IX  col  commentario  di  F.  Sav.  Kraus  p.  200  ss. 


ARCHEOLOGIA  225 

titolo  della  tavoletta;  ma  erroneo  non  e  affatto,  perche  era  proprio 
uso  ordinario  rappresentare  cosi  la  risurrezione.  Si  volevano  rilevare 
i  suoi  effetti  a  pro  dell'umanita  redenta  per  mezzo  della  liberazione  dei 
padri  del  limbo  operata  dal  glorioso  Eisorto,  che  ivi  spiega  i  primi 
beneficii  della  redenzione. 

II  Salvatore  nella  nostra  figura,  apparente  in  un  cerchio  ovale  di 
luce,  prende  per  mano  pietosamente  Adamo  a  destra  ed  Eva  a  sini- 
stra,  ambedue  vestiti  e  di  eta  matura,  mentre  a'  suoi  piedi  giacciono 
infraate  e  rovesciate  a  terra  le  valve  dell'  inferno.  Sotto  questa  porta 
si  nasconde  la  forma  mostruosa  dell'  impotente  Angelus  dbyssi.  La 
chiave  del  suo  regno  e  gittata  per  terra. 

II  liberatore  divino  ha  a  sua  destra  tre  santi  re  ornati  di  nimbo, 
e  colla  corona  in  testa.  Uno  e  probabilmente  Davide.  Dietro  ad  essi 
si  vedono  le  teste  di  tre  donne.  La  prima  persona  a  sinistra  di  Cristo 
pare  sia  San  Giovanni  Battista  col  nimbo,  il  quale  conduce  al  Reden- 
tore  parecchi  padri  del  limbo. 

Nella  tavoletta  di  Firenze  abbiamo  la  medesima  composizione,  ese- 
guita  con  meno  figure,  ma  piii  artisticamente  e  con  piu  sveltezza  e 
grazia  dei  movimenti :  Cristo  apparisce  volando  cogli  abiti  sollevati 
dal  vento  in  alto  e  calpesta  le  porte  dell' inferno,  mentre  le  chiavi 
spezzate  giacciono  attorno.  La  porta  di  S.  Paolo  poi  mostra  le  porte  e 
le  chiavi  nella  medesima  parte  inferiore  della  scena,  ma  mette  Eva 
con  Adamo  a  destra  del  Salvatore,  e  a  sinistra  tre  santi  del  limbo 
con  Davide  al  primo  luogo. 

II  re  Davide  sta  nell'  omoforio  col  suo  nome  0  IIP03>(HTHS) 
AAA  nel  quadretto  a  sinistra  di  chi  guarda.  A  destra  nel  quadretto 
corrispondente  si  vede  un  altro  profeta,  il  giovanetto  Daniele,  colla 
scritta  0  IIPOO(HTHS)  AANIHA.  Daniele  vi  sta,  perche  colla  sua 
liberazione  dalla  grotta  dei  leoni  e  il  tipo  di  Cristo  risorto  dalla  morte, 
e  Davide  vi  si  trova  perche  aveva  cantato  nel  salmo  4 :  Quoniam  non 
derelinques  animam  meam  in  inferno,  nee  dabis  sanctum  tuum  videre 
corruptionem. 

2.  L'ASCENSIONE.  II  Salvatore  torna  al  cielo  in  un  cerchio  di  oro 
sostenuto  da  un  angelo  alato  a  destra  e  uno  a  sinistra.  Egli  bene- 
dice  i  discepoli  che  stanno  in  terra.  Essi  sono  dodici  invece  di  un- 
dici,  e  in  mezzo  a  loro  spicca  la  figura  maestosa  della  madre  di  Dto  in 
atteggiamento  di  orante.  Due  angeli  le  stanno  addietro,  e  sono  quelli 
che  apparvero  dopo  che  il  Salvatore  si  era  sottratto  agli  occhi  dei 
presenti  (Act.  1,  10  s.). 

Codesta  maniera  di  rappresentare  1'ascensipne  del  Signore  la  ve- 
diamo  gia  in  una  pittura  del  sotterraneo  di  S.  Clemente  a  Roma  del 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fase.  1118.  15  9  gennalo  1897. 


226  ARGHEOLOGIA. 

sec.  IX,  pittura  che  altri  falsamente  interpretano  come  assunzione  della 
Madonna. 

L' imagine  di  Firenze  non  divaria  in  nulla  dalla  scena  descritta, 
solo  che  in  fondo  si  vedono  le  cime  di  alcuni  alberi  ricordanti  il  monte 
Oliveto,  e  che  gli  apostoli  hanno  qui  assai  maggior  movimento  e  la 
Madonna  piu  espressione  di  grandezza.  —  Sulla  porta  di  S.  Paolo  gli 
alberi  stanno  in  altro  posto  della  scena,  gli  angeli  hanno  il  loro  po- 
sto  piu  avanti,  e  la  santissima  Vergine,  con  tutto  che  sta  in  mezzo, 
non  forma  cosi  il  centre  della  scena  sul  monte. 

3.  LA  DISCESA  DELLO  SpiRiTO  SANTO.  Nella  nostra  scena,  come 
nelle  altre  due  rappresentazioni,  dodici  apostoli  stanno  schierati  in 
un  semicerchio.  La  Madonna  in  tutte  e  tre  non  apparisce.  La  ra- 
dunanza  e"  in  un'  aula  di  forma  ellittica.  La  sala,  almeno  nell'  ima- 
gine di  S.  Paolo  fuori,  e  come  pare  anche  in  quella  di  Firenze,  e  sor- 
montata  da  una  cupola,  e  si  vedono  le  linee  curve  dell'architettura 
che  accompagna  il  sno  andamento  in  alto,  linee  tenute  falsamente 
dal  disegnatore  delle  porte  di  San  Paolo  per  raggi  con  dentro  le  lin- 
gue  di  fuoco.  Le  lingue  non  si  scorgono  in  nessuna  delle  nostre  tre 
rappresentazioni . 

Un  particolare  assai  curioso  e"  il  tondo  inferiore  della  nostra  scena 
di  Grottaferrata,  dove  si  vede  un  vecchio  colla  corona  in  testa,  che 
tiene  con  ambedue  le  mani  una  striscia  o  un  panno  esteso,  forse  per 
qualche  scrittura.  Nella  tavoletta  di  Firenze  e  la  stessa  figura  in  un 
tondo,  e  il  tondo  fa  tutto  da  se  una  parte,  divisa  dal  resto  della 
scena.  A  S.  Paolo  stanno  nello  stesso  luogo  sotto  un  arco  tre  persone, 
quella  in  mezzo,  come  pare,  e  coronata,  e  sopra  e  scritto  OTArAOCE. 

II  Nicolai  osserva  (p.  291):  «  Forse  si  voile  indicare  il  dono  delle 
lingue  con  questa  parola  che  e  una  abbreviatura  delle  due  <DTLQN 
TAQSSAI.  » 

La  vera  chiave  ci  viene  offerta  dal  libro  dei  pittori  dell'Athos.  Ivi 
sotto  il  n.  319  (ed.  ted.)  si  dice  che  questa  rappresentazione  deve  avere 
un  vecchio  incoronato  il  quale  tiene  innanzi  a  sei  un  panno  con  dodici 
fogli  rotolati  e  porta  sopra  la  testa  la  scritta  il  tnondo.  Abbiamo  dun- 
que  nell'accennata  figura  il  tnondo  e  1'allusione  all'effetto  maraviglioso 
dello  Spirito  Santo,  il  quale  converte  il  mondo  e  apre  la  strada  alle 
prime  conversion!  e  all'unita  delle  genti  col  dono  delle  lingue  4.  Dopo 
cio  crediaino  soverchio  il  confutare  1'opinione  di  quelli,  i  quali  nella 
figura  isolata  della  parte  inferiore  hanno  veduto  la  madre  di  Dio. 

1  Cf.  BROCKHAUS,  Die  Kunst  in  den  AthosUostern.  Leipzig  1891.  Pag-.  134. 


GRONAGA  CONTEMPORANEA 


Roma,  16-31  decembre  1896. 


I. 

COSE  ROMANS 

1.  Discorso  di  Leone  XIII  ai  Cardinal!,  il  23  decembre;  commenti  fattine 
dai  nemici  del  Papa.  —  2.  Ancora  sulla  Missione  di  Monsignor  Macario; 
slealta  governativa.  —  3.  Testo  del  discorso  accennato.  —  4.  Una  que- 
stione  politica  al  Consiglio  comunale  di  Roma,  ossia  proposta  di  rimu- 
nerare  i  patriotti.  —  5.  Decreti  delle  Congregazioni  romane.  —  6.  Morte 
del  Card.  Boyer.  —  7.  L'opera  Passeggiate  educative  Pippo  Buono. 

1.  II  23  decembre,  antivigilia  del  Natale,  il  Sacro  Collegio  del 
Cardinal!  circondava  Leone  XIII  nella  sala  del  trono,  e  per  bocca  del 
suo  nuovo  decano,  il  Card.  Oreglia  di  Santo  Stefano,  offriva  i  suoi 
ossequi  all'augusto  Capo  della  Chiesa.  II  Card.  Oreglia  nel  suo  di- 
scorso aveva  'brevemente  accennato  all'opera  salutare  del  Ponteflce  di 
accrescere  1'infl.usso  della  Chiesa  su  tutti  i  popoli  per  1'eterna  sal- 
vezza  delle  anime.  A  quest'  idea,  appena  toccata  dal  Card.  Decano, 
rispose  con  certa  ampiezza  Leone  XIII,  e  con  decoro  e  maesta  riven- 
dico  ancora  una  volta  la  sua  piena  indipendenza,  di  cui  fu  privato 
dal  Groverno  della  penisola,  indicando  inoltre  il  perpetuo  osteggiarlo 
che  fanno  in  tutto  quello  che  egli  opera,  come  accadde  ultimamente 
nel  tentato  riscatto  de'  prigionieri.  Parlo  all'istesso  tempo  con  forza' 
e  con  chiarezza.  Quanto  alia  forza,  essa  fu  manifesta  a  tutti,  e  ci  e 
nota  da  chi  fu  presente.  Prese  a  rispondere  al  S.  Collegio  stando  se- 
duto ;  ma,  cominciato  a  parlare  degli  sforzi  da  lui  fatti  per  ricondurre  i 
popoli  alia  Religione  di  Cristo,  ed  a  mano  a  mano  scaldandosi,  egli  s'alzo, 
continuando  in  piedi  il  suo  discorso,  accentuandone  le  frasi  col  gesto. 
Tomato  a  sedere,  s'alzd  nuovamente  quando  parlo  de'  prigionieri  che 
egli  voile  liberare,  indotto  solo  dalPamor  patrio  e  dalla  sua  paternita 
spirituale ;  atto,  ei  soggiunse,  che  fu  pubblicamente  abbandonato  al  vi- 
lipendio  e  alia  calunnia.  Al  qual  punto,  con  accento  di  amarezza,  ri- 
cordo  la  causa  donde  e  scaturito  q'uest'ultimo  fatto,  cioe  il  dissidio 
dello  Stato  dalla  Chiesa  che  pesa  come  un  infortunio  sulle  italiche  swti. 


228  CRONACA 

Quel  dissidio  e  la  trista  condizione  fattagli  dalla  Rivoluzione  (voleva 
dire  il  Papa)  lo  espone  al  rischio  di  non  poter  neppure  esercitare  la 
carita,  senza  essere  infamato  e  senza  che  1'atto  pietoso  sia  considerate 
quale  un  affronto  e  un  pericolo  pel  Governo,  come  di  fatto  si  consi- 
dero.  Che  il  Papa  abbia  parlato,  oltreche  con  forza,  anche  con  chia- 
rezza,  ce  lo  dicono  gli  stessi  suoi  nemici,  sui  quali  il  discorso  non 
manco  di  fare  impressione,  come  poteva  farla  in  chi  non  crede  al  Papa 
e  alia  Chiesa.  Yalga  per  tutti  il  sig.  Luigi  Lodi,  uno  di  quelli   che 
credono  che  1'aver  tolto  1'  indipendenza  al  Capo  della  Chiesa  sia  stata  la 
maggiore  opera  de'  secoli.  Egli  dice  dunque :  «  Leone  XIII  e  stato  pre- 
ciso...  Egli  ha  ripreso  la  tesi  papale  (e  quando   I' ha   Lasciata?)  della 
necessita  d'uno  Stato  proprio...  II  Papa  ha  parlato  piu  limpidamente 
del  soli  to,  e  ha  fatto,  ripeto,.  cosa  degna.  Perche  a  chi  rappresenta 
una  tradizione  di  secoli  sta  bene  di  non  avere  ambiguita  che  possano 
sembrare  paurose;  ed  e,  artisticamente,  bello  questo  vecchio  che,  le- 
vandosi  flero,  laggiu,  nel  suo  grande  palazzo  solitario,  di  contro  que- 
sta  Roma  che  si  e  come  sovrapposta  a  lui,  crescendo  i   colli   sovra- 
stanti  di  abitazioni  e  di  istituti  nuovi,  esclama:  — lo  disfard  tutto ! 
—  E  cosi  bello  lui,  in  quel  suo  palazzo,  con   simile  linguaggio,  che 
a  me  viene  il  desiderio  di  applau-dirlo.  »  Quindi  il  sig.  Lodi  si  volge 
ai  giornalisti,  compagni  della  sua  fede,  cui  chiama  «  animali  viscidi, 
deformi,  ripugnanti»,  perche  si  umiliano  alle  parole  del  Papa  e  si  scu- 
sano  *.  —  Quanto  al  riscatto  de'  prigionieri,  noi  nel  Quad.  1115  pagg. 
517,  518  sostenernmo  gia  che  gravi  indizii  provavano  come  il  Governo 
avesse  attraversata  1'opera  del  Papa.  Ora,  all'occasione  del  discorso  pa- 
pale,  portavoce  dell' idee  dei  governanti  hanno  confermati  quest' indizii, 
giustificando  cosi  anche  meglio  i  lamenti  del  Papa.  «  II  Papa,  escla- 
«  mano  costoro,  liberando  i  prigionieri  se  avesse  potuto,  avrebbe  re- 
«  cato  un  colpo  gravissimo  a  quelle  istituzioni,  che  egli  aspira  ad  ab- 
«  battere...  II  Governo,  che  deve  esser  conservators,  hapos to  a  quella 
«  intrapresa  le  diflicolta  che  si  potevano  da  lui:   era  semplicemente   il 
«  suo  dovere  2.  »  Non    basta.  «  Noi    siamo    sicuri,  dicono    altri,  che 
«  senza  il  pericolo  veramente  enorme   di  veder   riuscire   la   missione 
«  Macario,  cioe  il  Papa  fare  atto  di  chiara  ed  aperta  sovranita  in  una 
«  questione  cosi  grave,  1'on.  Rudini  non  avrebbe  mai  caricato  la  pro- 
«  pria  coscienza  di  una  tanta  infamia  (chi  parla  cosi  e  guerriero,  di 
«  quelli  che,  stand?  a  tavolino,  vorrebbero  la  guerra  e  chiamano  infa- 
«  mia  la  pace).  Egli,  che  nell'aprile  aveva  lasciato  i  prigionieri  par- 
«  tir  per  lo  Scioa  per  non  sub  ire  patti  assai  meno  duri  di  quelli  ac- 
«  cettati  di  poi,  quando  fu  informato  di  cio  che  il   Pontefice  prepa- 

1  D.  Chisciotte  n.°  357,  ove   il   sig.  Lodi   prende  il  pseudonimo  di  Sa- 
raceno. 

*  D.  Chisciotte  n.°  357. 


CONTEMPORANEA  229 

«  rava,  non  vide  piil  ne  la  questione  coloniale,  ne  il  prestigio  del- 
-«  1'esercito,  ne  niente ;  vide  solo  che,  se  il  Papa  avesse  ottenuto  tutti 
«  o  parte  dei  prigionieri,  il  mondo  avrebbe  detto  che  il  vero  Re  di 
«  Italia  era  Leone  XIII,  e  non  ragiono  piu,  mando  a  chiamare  Ilg, 
«  gli  apri  le  casse  dello  Stato,  e  gli  diede  facolta  di  accordare  a  Me- 
«  nelik,  in  nome  dell'  Italia,  quanto  egli  avrebbe  potato  pretendere,  a 
«  patto  che  Macario  tornasse  a  mani  vuote  e  Nerazzini  coi  captivi  J.  » 
Queste  parole  e  bene  sieno  conservate;  le  quali  (eccetto  1'utopia  di 
•dire  infamia  la  pace),  esprimono  la  verita  sui  maneggi  sleali  dei  go- 
vernanti  in  quest'ultima  fase  della  guerra  africana. 

2.  Di  questa  slealta  del  Governo  abbiamo  una  novella  prova 
nella  relazione  molto  particolareggiata  che  troviamo  in  una  lettera 
ficritta  il  22  dicembre  da  Roma  all'Avenir  di  Reims;  e  noi  da  certa  fontf 
«appiamo  che  la  sostanza  e  vera,  benche  YOpinione  dica  di  no.  Narra, 
dunque,  il  corrispondente  ben  informato  del  snddetto  giornale  che  subito 
dopo  Abba  Carima,  il  nuovo  ministero  presieduto  dal  Rudini,  sgo- 
mento  per  la  tristissima  condizione  seguitane  e  pei  moti  minac- 
•ciosi  popolari,  non  vide  altra  speranza  di  salute  fuorche  in  un 
intervento  del  Papa  presso  Menelik,  per  mezzo  della  Francia  e  della 
Russia.  Fu  dunque  pregato,  dice  il  giornale,  un  biondo  amico  del 
Marchese  di  Rudini,  pronipote  d'un  Pontefice  e  Principe,  (leggi  Prin- 
cipe Odescalchi)  di  portare  la  proposta  dell'interyento  in  Yaticano. 
II  biondo  Principe  fu  ricevuto  dal  Santo  Padre,  che  gli  promise  di 
fare  a  Menelik  la  domanda  della  liberazione  dei  prigionieri,  non  pero 
per  mezzo  della  Russia  o  della  Francia,  ma  direttamente.  Quindi  fu 
spedito  Monsignor  Macario,  latore  al  Negus  della  magnifica  lettera 
papale,  con  quelle  vicende  che  sono  a  tutti  note.  Cosi  VAvenir. 

Dal  quale  racconto  e  manifesta  1'esattezza  della  frase  adoperata 
•dal  Santo  Padre  nel  suo  discorso,  di  cui  qui  sotto  registreremo  il 
testo,  quando  disse  d'aver  accolta  I' idea  della  mediazione  per  la  libe- 
razione dei  prigionieri,  mediazione  ad  ogni  modo  intrapresa  dal  Pon- 
tefice solamente  per  impulse  di  nobile  carita,  di  cui  in  ogni  tempo 
la  storia  gli  rendera  lode.  Si  ricava  altresi  da  quel  racconto  quanto 
inverecondo  fosse  il  contegno  dell'  Opinione,  effemeride  piu  confidente 
•e  domestica  del  Presidente  del  Consiglio,  la  quale,  ritornato  Monsi- 
gnor Macario  senza  i  prigionieri,  perche  gl'intrighi  della  Consulta  glieli 
-aveano  strappati  di  mano,  s.tampava  che  gia  «  soltanto  eld  non  e  uomo 
di  Slato  poteva  pensare  che  la  mediazione  del  Papa  potesse  approdare 
ad  un  risultato  utile. »  Ma  chi  avea  supplicate  il  Papa  di  quella  me- 
diazione? Chi  avea  in  quella  mediazione  ravvisato  la  sola  tavola  di 
salvezza  dell' Italia?  Oh  sappiamo  bene  ormai  quanto  poco  uomini  di 

1  Mattino  n.°  358. 


230  CRONACA 

Stato  sieno  gli  uomini  di  Stato  che  reggono  le  sorti  d'  Italia  e  che 
ispirano  YOpinione!  E  sappiamo  di  pifl  come  la  slealta  di  costoro  ar- 
riva  persino  ad  impedire  che  riesca  una  mediazione  del  Papa,  da  loro 
stessi  richiesta  a  mani  giunte.  Almeno  avessero  il  pudore  di  tacere 
e  di  far  tacere  i  denigratori  del  magnanimo  Pontefice,  che  hanno  cosi 
slealmente  trattato.  No.  Invece  lasciano  giornali,  come  il  Don  Chistiotte, 
il  Resto  del  Carlino,  il  Popolo  romano,  ed  altri  maggiori  e  minori, 
anche  amici  del  Governo,  calunniare  impunemente  di  bugiardo  il  Le- 
gato pontificio,  e  malignare  turpemente  sull'atto  stesso  del  Papa,  e 
YOpinione  vien  fuori  in  sostanza  a  canzonare  la  missione  papale, 
che  i  suoi  padroni  aveano  con  umili  preghiere  impetrata.  Oh  YOpi- 
nione pud  sfidare  quanto  vuole  YEco  di  Bergamo  e  gli  altri  giornali 
cattolici  a  rimproverarla  di  poco  rispetto  per  la  missione  pontificia  1 
I  fatti  sono  la  migliore  risposta  alle  sue  disfide,  e  i  fatti  dimostrano 
che  il  Papa  ebbe  ogni  ragione  di  far  noto  un'altra  volta  con  nobilis- 
sima  fermezza  al  mondo  cattolico  gli  oltraggi,  onde  pur  al  presente 
continua  ad  essere  vittima,  come  in  passato,  da  parte  dell'ltalia  le- 
gale  e  del  costei  governo,  cosi  detto  moderate,  il  Yicario  di  Cristol 
3.  Ecco  il  testo  del  discorso  papale,  in  risposta  ai  Cardinali.  «  La 
nostra  tarda  eta  e  le  frequenti  amarezze  d'animo  ci  rendono  piu  gra- 
dita  la  consolazione  di  celebrare  ancora  una  volta  le  sante  solennita 
natalizie  accompagnati  dai  voti  del  sacro  Collegio.  Eiconoscenti  al 
Signore,  Padre  d'ogni  bonta,  che  si  degno  assisterci  amorosamente 
sinora,  scongiuriamolo  ogni  giorno  di  non  permettere  che  torni  disu- 
tile  alia  sua  Chiesa  quest'ultimo  scorcio  della  nostra  vita  mortale  \ 
ma  ci  si  faccia  la  grazia  di  poterlo,  qual  si  sia  la  sua  durata,  con- 
sacrare  tutto  a  gloria  sua,  e  singolarmente  all'opera  ristoratrice  che  il 
signer  Cardinale  menzionava  poc'anzi.  Poiche  e.verissimo  che  nella 
diu turn  a  varia  procella  che  affatica  individui  e  popoli,  era  dover 
nostro  additare  a  comune  salvezza  la  sovrumana  virtu  della  religione 
di  Cristo.  Infatti  lo  studio  di  amicare  agli  istituti  cristiani  questo 
secolo  sospettoso  e  restio,  fu  uno  degli  intenti  che  proseguimmo  con 
piu  amore  nel  cammino  non  breve  del  nostro  ministero.  Per  questo 
ci  sforzammo  piu  volte  di  invitare  le  genti  a  fissare  attenti  lo  sguardo, 
non  adombrato  da  preconcetti,  sulle  genuine  sembianze  della  Chiesa 
e  del  pontificate  ;  le  quali  ove  fossero  meglio  conosciute  dagli  uni, 
men  travisate  studiosamente  dagli  altri,  basterebbero  a  dileguare  ogni 
pregiudizio,  a  conquistare  le  menti  piu  indocili,  perocche  la  Sposa 
del  Nazareno  apparirebbe  qual  e,  non  gia  nemica,  ma  aiutatrice  di 
ogni  buon  incremento  civile.  Allora  potrebbero  veramente  confidare 
gli  umani  sodalizi  di  aver  pace  durevole,  salute  vera,  mediante  gl'in- 
flussi  del  Cristianesimo  che  tornerebbero  a  vivificare  le  appartenenze 
degli  ordini  civili  e  sociali.  Per  quanto  e  da  noi  non  distoglieremo  la 


CONTEMPORANEA.  231 

mira  ne  il  cuore  giammai  da  cotesto  intento  supremo.  —  Yero  e  che 
1'alto  ufficio  che  ci  incombe,  arduo  per  se  stesso,  piu  malagevole  e 
reso  dalle  congiunture  present!.  Non  parliamo  del  contrast!  che  in- 
contro  e  incontrera  ognora  nel  mondo  1'apostolato  della  verita  e  della 
giustizia  ;  parliamo  bensi  delle  condizioni  esteriori  alle  quali  da  piu 
di  cinque  lustri  e  costretto  il  sommo  Gerarca.  Poiche  vani  sono  i 
sofismi  e  le  flnzioni  giuridiche  :  spenta  nella  sua  forma  provviden- 
ziale  1'  indipendenza  dell'apostolico  seggio  non  c'e  via  di  serbarne 
incolume  in  modo  sicuro  e  dicevole  la  dovuta  liberta.  Che  fanno  le 
leggi  introdotte  a  custodia  della  persona  e  della  dignita  del  Ponteffce  ? 
Sperimentammo  anche  di  fresco  quale  efficacia  di  patrocinio  dobbiamo 
aspettarci  da  esse.  Da  poco  era  corsa  in  Orie^ite  la  nostra  parola  a 
pro  dei  miseri  Armeni,  quando  in  un  momento  angoscioso  per  la  peni- 
sola  nostra  accogliemmo  il  pensiero  di  consolare  in  terra  lontana  e 
nemica  centinaia  di  valorosi  traditi  dalla  fortuna  delle  armi.  La  pa- 
ternita  spirituale  e  1'amor  patrio  ci  mossero,  e  il  desiderio  di  giovare 
intravvide  ma  non  euro  la  possibilita  di  quel  che  avvenne  di  poi. 
Ebbene  ha  potuto  ognuno  vedere  come  perfino  quell'atto  caritatevole 
sia  stato  pubblicamente  abbandonato  senza  difesa  al  vilipendio  e  alia 
calunnia.  L'  indirizzo  delle  nuove  cose  e  lo  spirito  che  le  informa  e 
dunque  sempre  quel  medesimo  ;  si  persiste  a  tener  vivo  il  grave  dissi- 
dio  che  turba  milioni  di  coscienze  e  pesa  come  un  infortunio  sulle 
italiche  sorti.  Lacrimevole  errore  e  sa  il  cielo  quanto  a  noi  doloroso ; 
esso  pero  non  affievolisce  le  nostre  speranze,  perche  anche  sulle  vie 
dell'umana  politica  veglia  arcanamente  dall'alto  Colui  che  stringe  in 
pugno  il  cuore  degli  uomini  e  nell'ora  della  misericordia  risana  le 
nazioni.  Rendiamo  il  piu  sincere  ricambio  degli  amorevoli  augurii  al 
sacro  Collegio,  pregandogli  la  piu  larga  copia  di  celestiali  favori,  e 
sia  pegno  dell'auspicio  1'apostolica  benedizione  che  ad  esso  come  pure 
ai  Vescovi,  Prelati  e  quanti  sono  presenti,  con  paterno  affetto  im- 
partiamo  i.  » 

1  In  un  altro  discorso  (pero,  di  carattere  intimo)  tenuto  dal  S.  P.  agli 
antichi  ufficiali  dell'esercito  pontificio,  il  27  decembre,  egli  ribadi  la  ne- 
cessita  della  sua  indipendenza  territoriale,  la  triste  condizione  a  lui  fatta 
dalla  rivoluzione,  accennando  anche  alia  speranza  di  rivedersi,  quandoches- 
sia,  nuovamente  attorniato  da  cotanlo  fedeli  e  yrediletti  figliuoli,  cioe  dagli 
antichi  difensori  della  S.  Sede.  —  Or,  queste  parole  del  Papa  hanno  gittato 

o  scompiglio  ne'  giornali  liberali,  e  in  prima  nell'officiosa  Opinione,  la 
quale  scrisse  che  «  non  potra  mai  tollerare  che  i  clericali  escano  dalla 
predicazione  all'azione  »,  e  che  «  se  cio  avvenisse,  la  repressione  sarebbe 
energica.  »  Oh !  i  liberali ! !  II  desiderio  d'un  vinto  di  ritornare  all'antico 
grado  (e  non  altro  significano  le  parole  del  Papa)  e  da  loro  soffocato  come 
una  ribellione  !  E  quali  dignitose  coscienze  e  nette  parlano  di  ribellione !  Un 

augurio  innocente  del  Papa  mette  sossopra  i  suoi  nemici,  quasi  che  Anni 
bale  fosse  alle  porte  di  Roma! 


232  CRONAGA 

4.  II  18  decembre,  al  Consigiio  comunale  di  Eoma,  fu  fatta  una 
discussione  alquanto  politica  nella  forma,  ma  semplicemente  furbesca 
in  realta  ;  intendiamo,  per  parte  del  proponent! .  Sara  ntile  il  par- 
larne.  —  Quella  sera,  dunque,  la  rappresentanza  nmnicipale  era  quasi 
plena  ;  il  che  e  raro  ad  accadere.  Degli  ottanta  Consiglieri  erano  pre- 
senti  settantacinque,  mancando  il  Giobbi  (morto  ultimamente)  e  quat- 
tro  altri,  due  cattolici  e  due  liberali.  Perflno  Baccelli  e  Caetani  erano 
ricomparsi  per  la  prima  volta,  dacche  erano  saliti  alle  cime  del  po- 
tere.  La  ragione  di  questo  gran  numero  di  Consiglieri  era  il  doversi 
fare,  quella  sera,  la  nomina  delle  Commissioni  per  parecchie  opere 
cittadine  :  Congregazione  di  carita,  Ospedali,  Ospizio  di  S.  Michele, 
Liste  elettorali,  eccetera,  tutte  cose  importantissime.  De'  Consiglieri 
cattolici,  uno  riusci  per  la  Congregazione  di  carita,  uno  per  gli  Ospe- 
dali, parecchi  per  le  Liste  elettorali ;  ma  niuno  per  1'Ospizio  di  San 
Michele.  Cio  fatto,  ecco  all'  improvviso  venir  fuori  il  Sindaco  Ruspoli 
con  una  vecchia  proposta,  che  dormiva,  non  si  sa  da  quanto  tempo, 
tra  gli  ordini  del  giorno,  cosi  intitolata  :  Provvedimenti  a  favore  di 
quegli  impiegati  comunali  che  presero  parte  alle  palrie  battaglie  o  che 
soffersero  prigionia,  esilio  ed  emigrazione  per  cause  politiche  sotto  il 
Governo  pontificio.  II  Sindaco  aveva  scelto  il  tempo  opportune  alia 
proposta ;  poiche  proposte  di  simile  specie  non  possono  passare  senza 
1'approvazione  della  meta  piu  uno,  almeno,  de'  Consiglieri  asse- 
gnati  al  Comune,  ossia  si  richiedono  41  voti.  Or  egli  aveva  dinanzi 
a  se  75  Consiglieri,  de'  quali  la  maggioranza  era  liberale,  e  trattavasi 
d'una  causa  patriottica  (ove,  generalmente,  si  vota  colla  testa  nel 
sacco).  Quindi  crede  poter  vincere  facilmente  la  causa.  Alia  improv- 
visa  proposta  del  Sindaco,  sorse,  benche  impreparato,  a  parlare  uno 
de'  Consiglieri  cattolici,  1'Avv.  Filippo  Pacelli,  membro  della  Com- 
missione  che  invigila  alle  pensioni  degl'  impiegati  comunali.  Egli  fece 
considerare  che  la  nuova  proposta  avrebbe  portato  un  notevolissimo 
aggravio  al  Comune,  il  quale  spende  gia  sei  milioni  per  stipendi  e 
pensioni  ai  pubblici  official! ;  che  tale  aggravio  si  sarebbe  senza  dub- 
bio  accresciuto  in  futuro,  dovendosi  logicamente  poi  estendere  a  molti 
altri ;  ricordo  che  altre  volte  s'  era  dovuto  rifiutare  la  pensione  anche 
ad  altri  che  effettivamente  servivano  il  Comune.  Disse  inoltre  che 
niuno  di  coloro  che  erano  considerati  nella  proposta,  quando  soffer- 
sero prigionia,  esilio  ed  emigraxione  erano  a  servizio  del  Comune ;  al 
piu,  avendo  essi  sofferto  per  motivi  politici  e  non  civici,  si  rivolgano 
al  potere  politico  per  essere  guiderdonati,  non  gia  al  potere  civico  e 
municipale.  Soggiunse  fiaalmente  che  a  simili  martiri,  appunto  pel 
loro  martirio,  dopo  il  1870  furono  gia  dati  officii  municipal!.  II  Pa- 
celli parlo  egregiamente,  e  se  avesse  potuto,  avrebbe  di  certo  ag- 
giunto  quanto  la  proposta  del  Sindaco  strida  coi  principii  generali,  cioe, 


CONTBMPORANEA  233 

che  sieno  premiati  coloro  che  si  ribellarono  ai  loro  Sovrani ;  con  che 
si  appro va  il  principio  che  p.  es.  a'  tempi  nostri  i  socialist!  potreb- 
bero  ribellarsi  ai  Governi  costituiti.  Cosa  dai  liberali  negata  ;  infatti, 
il  di  di  Natale,  qui  in  Roma,  volendo  alcuni  socialisti  adunarsi  e  fare 
quel  che  facevano  i  martiri  prima  del  1870,  furono  issofatto  messi  in 
manette  e  condotti  a  vedere  il  sole  a  scacchi ;  dicono  che  sieno  stati 
presso  a  ottanta.  Chissa  che  qualche  future  Consiglio  municipale  non 
faccia  per  loro  una  proposta  simile  a  quella  del  18  decembre!  Ve- 
dremo.  Intanto,  le  parole  del  Pacelli  non  approdarono  a  nulla.  Dalle 
urne  fatidiche  uscirono  40  si  e  29  no.  I  cattolici  furono  compatti  e 
unanimi  a  dir  di  no.  De'liberali,  anche  quelli  che  consideravano  la 
proposta  economicamente  sbagliata,  votarono  si,  eccetto  il  ViteJleschi 
e  il  Caetani  che  ebbero  il  coraggio  di  andarsene.  —  Ma  1'affare  non  e 
finite.  Perche  e  sorto  un  dubbio  che  sara  risoluto  dal  Consiglio  di 
Stato.  In  fatti,  la  legge  dice  che,  affinche  simili  proposte  sieno  con- 
siderate come  approvate,  deve  concorrere  la  metd  piu  uno  de'  Consi- 
glieri  assegnati  al  Comune.  Ora  i  Consiglieri  assegnati  al  Comune  di 
Roma  sono  80.  Quindi  la  legge  non  pud  aver  valore.  I  liberali  dicono 
che,  essendo  morto  teste  uno  de'  Consiglieri  ed  essendo  essi  ora  79, 
il  numero  40  verrfica  il  testo  della  legge ;  al  che  replicano  i  cattolici 
che  la  legge  parla  solo  de'  Consiglieri  assegnati  al  Comune.  Per  il  che 
adhuc  sub  iudice  lis  est.  Questo  e  il  fatto ;  ma  esso  ha  una  retro- 
scena,  in  cui  si  scorge  che  nella  proposta  la  politica  e  stata  un  pre- 
testo,  e  che  la  realta  vera  e  questa.  Molti  di  que' martiri,  adoperati 
negli  uffici  municipali  dopo  il  1870,  sono  ora  vecchi  e  inutili.  Biso- 
gnerebbe  disfarsene.  Ma  come  fare  a  metterli  in  mezzo  alia  strada? 
Sono  stati  martiri  si,  ma  discreti.  Quindi  la  trovata  dei  provvedimenti 
di  cui  qui  si  e  parlato. 

5.  DECRETI  DELLE  CONWREGAZIOXI  ROMAKE.  —  I.  Per  gli  ecclesiastid 
e  regoldri  che  studiano  nelle  Universita  del  Governo.  II  Card.  Yerga, 
Prefetto  della  Congregazione  de'  Yescovi  e  Regolari,  pubblico  il  21 
luglio  1896  un'istruzione  sui  chierici  che  devono  studiare  nelle  Uni- 
versita del  Governo  4.  Eccone  il  sunto.  1.°  I  Vescovi  e  Superior!  re- 
golari  non  mandino  i  loro  giovani  alle  Universita  senza  gravi  ragioni 
e  solo  in  difetto  di  simili  istituti  ecclesiastici.  —  2.°  Niuno  del  clero 
secolare  frequenti  le  dette  Universita  senza  licenza  del  proprio  Ve- 
scovo.  —  3.°  Gli  Ordini'e  Congregazioni  regolari,  che  non  hanno  1'of- 
ficio  d'insegnare,  non  debbono  mandarvi  i  loro  alunni.  Gli  Ordini  e 
Congregazioni  che  hanno  tale  ufficio  non  debbono  mai  mandarvi  i 
novizi.  —  4.°  Nelle  dette  Universita  si  seguano  solo  i  corsi  neces- 
sarii  ai  gradi  accademici.  — 5.°  Quelli  che  sono  mandati  a  quegli  studii 

1  DairAnalecta  eccl.  di   Mons.  Caddne,  fasc.  di  dicombre  1896. 


234  GRONACA 

devono  aver  compiuto  con  soddisfazione  il  corso  di  filosofla  e  teologia ; 
e  devono  esser  tali  che  non  disonorino  il  sacerdozio  e  diano  speranza 
fondata  di  buona  riuscita  senza  scapito  della  Fede.  —  6."  Durante  il 
corso  dell' Cniversita  abitino  o  nel  Seminario  o  presso  religiose  co- 
muriita  o  buoni  sacerdoti  o  i  proprii  parenti.  —  7.°  Studiando  i  giovani 
in  altra  diocesi,  i  due  Vescovi  s'intendano  per  la  vigilanza  degli  stu- 
denti,  i  quali  talora  devono  presentarsi  al  Yescovo  del  luogo.  — 
8.°  Quanto  agli  studenti  regolari,  niancando  nel  luogo  dell'Universita 
la  casa  del  proprio  Ordine,  siano  invigilati  dal  Superiore  piu  vicino 
o  da  altra  persona  provata.  Inoltre  i  Superiori  in  tali  aggiunti  non 
mandino  mai  a  tali  studii  uno  solo,  ma  almeno  due.  —  9.°  Si  scel- 
gano,  ,tra  le  Universita,  quelle  che  presentano  meno  pericoli ;  e  se 
qualche  professore  insegnasse  esprofesso  cose  contro  la  Fede  o  i  co- 
stumi,  o  si  passi  in  altra  Universita  o  si  lascino  quelle  lezioni  in  quanto 
lo  permettono  le  leggi  accademiche.  —  10.°  Se  gli  studenti  ecclesia- 
stici  dovessero  servirsi  di  libri  di  corso  contrarii  alia  Fede,  o  ai  co- 
stumi,  o  alia  Chiesa,  procurino  i  Vescovi  e  i  Superiori  di  dare  ai 
loro  alunni  1'antidoto  con  altri  libri ;  e  li  distolgano  dalla  lettura  di 
giornali  e  periodici  pericolosi.  —  11.°  Ubbidiscano  ai  professori  del- 
l'Universita e  si  mostrino  ossequiosi  con  decoro ;  non  si  ascrivano  a 
circoli  studenteschi,  ne  si  associno  a  tumultuare  contro  i  professori. 
—  12.°  Procurino  i  Yescovi,  che  hanno  la  sede  ove  sono  Universita, 
di  mantenere  o  fondare  convitti  di  studenti  ecclesiastici,  a  cui  pre- 
sieda  un  sacerdote  che  regoli  la  vita  di  quelli  con  esercizii  di  pieta 
e  di  studio.  —  13.°  Nelle  vacanze  gli  studenti  regolari  tornino  nelle 
case  religiose ;  tanto  essi  che  i  chierici  secolari  poi  facciano  gli  eser- 
cizii spirituali. 

II.  Libri  proibiti  con  decreto  del  Card.  Steinhuber,  Prefetto  della 
Congregazione  dell'Indice,  (18  Decembre  1896).  —  Chabauty'E.  A.  Etu- 
des scripturales,  patristiques-theologiques  et  philosophiques  sur  1'ave- 
nir  de  1'Eglise  catholique,  selon  le  plan  divin,  ou  la  regeneration  de 
1'humanite  et  la  renovation  de  1'imivers.  Poitiers,  imprimerie-relieure 
Oudin  et  C.,  1890.  —  Le  Systeme  de  la  Renovation  n'a  pas  ete  con- 
damne  en  lui-meme  par  1'Eglise.  Reponse  aux  adversaires.  Poitiers, 
typographie  Oudin  et  C.  —  Discussion  du  Systeme  de  la  Renovation: 
(Revue  mensuelle;  18  fascicoli).  —  Etat  de  la  question  eschatologique 
ou  des  choses  finales  au  XIX  siecle  et  le  Systeme  de  la  Renovation. 
L'encycliquft  sur  les  etudes  bibliques  et  ce  systeme.  Poitiers,  typo- 
graphie Oudin  et  C.  —  Miralla  Constancio  (verum  nomen:  D.  Jose  Fer- 
randiz  Ruiz).  Memorias  de  un  Clerigo  pobre,  con  un  prologo  de  Ramon 
Chies.  Madrid,  Jose  Matarredona  Editor,  1891.  —  Marsigli  Prosper® 
(verum  nomen:  D.  Jose  Ferrandiz  Ruiz).  El  Papa  y  los  peregrines; 
oronica  verdad  de  la  romeria,  jubileo  en  Roma  y  bodas  de  Leon  XIII. 


CONTEMPORANEA  235 

Version  castellana  de  P.  Biosca.  Madrid,  imprenta  de  Ramon  Angulo 
San  Vincente  Baja,  78.  1888.  -  -David  L.  0.  Le  Clerge  Canadien,  sa 
Mission,  son  (Euvre.  Montreal  1896.  Deer.  S.  Off.  Ferr.  IV.  9  Decem- 
bris  1896. 

6.  II  giorno  16  decembre  1'agenzia  telegrafica  Stefani  pubblicava 
la  notizia  della  morte   del   Card.  Boyer,   Arcivescovo   di   Bourges.  II 
Card.   Giovanni  Pietro  Boyer  era  nato  a  Paray-le-Monial  il  27  luglio 
del  1829.  Ne'  primi  anni  della  sua  carriera  sacerdotale   insegno  teo- 
logia  ad  Aix  in  Provenza.  Leone  XIII  nel  15  luglio  1878,  nominatolo 
Vescovo  titolare  d'Evaria  lo  die  a  coadiutore  di  Mons.  Feron  Vescovo 
di  Clermont,   al   quale   succedette   il  24   decembre   1879.  Egli  forni 
Clermont  d'un  nuovo  seminario,  fu  nominate  Conte  romano  ed  ebbe 
il  sacro  pallio.  II  19  gennaio  1893   fu   promosso  all'Arcivescovato  di 
Bourges  e  il  29  novembre  del  1895  nominate  Cardinale  di  Santa  Chiesa. 
II  Card.  Boyer  e  morto  eon  segni  di  singolare  pieta;  e  nel  testamento, 
pubblicato  dai  giornali  francesi,  diede  disposizioni  che  hanno  fatto  in 
tutta  la  Francia  ottima  impressione,  vietando  le  cosi  dette  pompe  fu- 
nebri  (cerimonie  tutte  civili  introdotte  ne'  funerali),  volendo   solo   la 
solennita  delle  preghiere  della  Chiesa,  prescrivendo   il  convoglio  dei 
poveri,  che  ricordasse,  disse  egli,  I'umilta  della  sua  culla,  e  ordinando 
ttna  distribuzione  di  lemosine  ai  poveri. 

7.  Tra  le  societa  e  circoli  cattolici  onde  si  rinfranca  la  nuova  vita 
pubblica  cristiana,  risorta  in  Italia  dopo  la  rivoluzione,  dobbiamo  far 
debita  menzione  d'un'opera,  modesta  all'apparenza,  ma  promettitrice 
di  buoni  frutti.  Essa  ha  per  titolo  Passeggiate  educative  Pippo  buono. 
Si  sa  che  Pippo  buono   era   nominate   S.  Filippo  Neri,    I'Apostolo  di 
Eoma,  negli  anni  suoi  giovanili ;  e  si  sa  come  S.  Filippo  educasse  i 
giovinetti,  mescolando  1'utile  aldolce.  Questo  quanto  alnome  dell'opera. 
Lo  scopo  e  indicate  assai  bene  dal  giornaletto  omonimo  che  si  pub- 
blica due  volte  il  mese  *.    L'intendimento   e   raccogliere   quei  giova- 
netti  nei  quali  e  trascurata  maggiormente  1'istruzione  religiosa  e  allet- 
tandoli  con  passeggiate  ed  allegri  trattenimenti   condurli   nelle  feste 
alia  s.  messa  e  far  loro,  per  mezzo   di   sacerdoti   cooperatori,  lezioni 
di  catechismo,    avvicinarli   ai   ss.  sacramenti    e   insensibilmente  edu- 
carli,  togliendoli  dall'ozio  e  dai  vizi,  in  mezzo  ai  quali  vive  gran  parte 
della  nostra  gioventu,  che  dovra  formare  un  giorno  la  futura  nazione. 
Tale  opera  e  rivolta  unicamente  ai  figli  del  popolo,  poiche  le  famiglie 
agiate  e  ricche  hanno  abbastanza  mezzi  per  istruire  religiosamente  i 
propri  figli,  ne  mancano  all'uopo  istituzioni.  Essa  opera  non  intralcia 
1' opera  di  alcuno,  ma  e  in  certo  modo  di  aiuto  ai  maestri  e  ai  geni- 

1  Direttore  &  il  8ig.  Francesco  Sabatini;  la  direzione  6  in  Roma, 
delle  Grotte,  n.°  iO. 


236  CRONACA 

tori,  poiche  i  giovani  ascritti  debbono  mensilmente  presentare  la  pa- 
gella  scolastica  e  un  certificate  dei  genitori,  da  cui  sia  manifesta  la 
loro  condotta  privata.  Finora  sono  395  i  ragazzi  ascritti  all' opera.  Non 
e  molto,  nella  chiesa  del  S.  Cuore  'al  Circo  Agonale  fu  con  gran  so- 
lennita  benedetta  la  bandiera  pei  giovanetti  delle  Passeggiate  educa- 
tive Pippo  buono.  Essa  e  composta  d'un  drappo  candido,  che  deve  sim- 
boleggiare  la  purezza  de'  giovani;  d'una  croce  di  porpora  nel  mezzo- 
che  deve  ricordare  1'ardore  della  Fede ;  del  motto  Servile  Domino  in 
laetitia  che  e  come  un'eco  degli  ammaestramenti  di  S.  Filippo;  e  d'una 
fascia  azzurra  che  ricorda  la  Yergine  Santissima.  Alia  benedizione  della 
bandiera  era  presente  1'eminentissimo  Card.  Agliardi.  Mons.  Cassettar 
vicegerente  di  Roma,  fe'  la  cerimonia  della  benedizione,  e  la  Contessa 
Maria  Mattei,  nata  Marchesa  Patrizi,  ne  fu  la  madrina.  La  bandiera 
fu  quindi  recata  all'aperto  pel  Circo  Agonale  fino  alia  sua  sede,  ed 
era  seguita  dai  giovani  dell'opera,  dalla  gente  che  aveva  assistito  alia 
cerimonia  e  dal  concerto  della  gioventu  romana. 

II. 
COSE  ITALIANS 

1.  II  Natale  e  la  stampa  anticristiana,  —  2.  Manifestazioni  dell'idea  socia- 
lista  in  Italia.  —  3.  L'esposizione  artistica  di  Firenze;  monumento  a 
Donatello.  —  4.  I  giurati  assolvono  un  omicida.  —  5.  Appunti  storicu 

1.  Ogni  anno  al  ricorrere  della  gran  festa  cristiana  ricordante  la 
nascita  dell'  Uomo  Dio,  venuto  a  redimerci  e  a  recare  la  buona  no- 
vella ai  mortali,  la  stampa  anticristiana  tenta  sviare  i  deboli,  anneb- 
biando  il  gran  fatto  storico  e  riducendolo  alle  proporzioni  di  una  leg- 
genda.  E  agli  scritti  fanno  riscontro  ignobili  figure.  Noteremo  due 
soli  esempi :  lo  scritto  di  Yincenzo  Morello  *  e  quello  di  Otto  Cima  2. 
II  primo  coll'articolo  Afrodite  bestemmia  alia  vita  eterna,  che  e  la 
buona  novella  recata  da  Cristo  agli  afflitti  mortali,  e  insegna  il  ser.- 
sualismo  piu  smaccato ;  il  secondo  col  Natale  sotterra  guida  i  lettori 
a  considerare  un  cadavere  donde  esce  un  brulichio  di  vermi,  e  chiama 
questa  Tunica  vita,  non  gia  1'eterna,  di  cui  la  nascita  di  Cristo  e 
preludio  all'afflitto  mondo.  II  piu  bel  castigo  a  darsi  dai  cristiani  a 
costoro  che  cosi  scrivono  (posto  che  il  Governo  lascia  impuniti  gli 
oltraggi  al  primo  articolo  dello  Statute)  sarebbe  di  spendere  in  altro 
modo  i  loro  soldi,  piuttosto  che  comprare  per  se  e  pei  figli  questo 
veleno  anticristiano.  II  primo  de'  giornali  qui  eitati  in  nota,  oltre  lo 
scritto,  reca  anche  un'  infame  vignetta  che  deve  muovere  a  stomaco 

1  II  suo  pseudonimo  6  Rastignac  (Tribuna  n.°  357). 
Italia  del  popolo  n.°  2357. 


CONTBMPORANEA  237 

ogni  battezzato.  Contro  di  essa  protestd  solennemente  il  «  Comitato 
regionale  per  1'Opera  de'  Congress!  »  di  Lucca ;  il  quale,  convocato,  ap- 
provo  questo  telegramma  che  spedi  al  Ministro  di  grazia  e  di  giustizia, 
Costa.  «  Al  Ministro  Guardasigilli,  Roma.  II  Comitato  regionale  to- 
€  scano  dell' Opera  dei  congressi  cattolid,  convocato  appositamente,  ese- 
«  crando  unanime  1'empia  vignetta  pubblicata  nel  numero  odierno 
«  del  giornale  La  Tribuna,  pro  testa  energicamente  contro  1'  insulto 
«  al  sacrosanto  mistero  e  reclama  presso  Yostra  Eccellenza  ferma  ed 
« efficace  tutela  del  rispetto  dovuto  alia  religione  cattolica,  unica 
«  religione  dello  Stato.  LORENZO  BOTTINI  presidente.  »  Anche  da  S.  Gio- 
vanni Yaldarno  cosi  fu  telegrafato  da  quel  comitato  interparrocchiale. 
«  Ministro  Guardasigilli.  Roma.  La  Presidenza  del  Comitato  interpar- 
«  rocchiale  di  S.  Giovanni  Yaldarno,  riunita  in  seduta  straordinaria, 
«  protesta  vivamente  contro  1'empie  vignette  del  Don  Chisdotte  e  della 
«  Tribuna  profananti  la  Nativita  del  Redentore,  e  chiedono  all'Eccel- 
«  lenza  Yostra  che  sia  maggiormente  tutelato  il  rispetto  alia  religione 
«  dello  Stato.  Presidente  Giuseppe  Galiberti.  »  Una  simile  protesta, 
mandata  pero  al  Ministero  dell'  interno,  fu  spedita  da  Livorno  dal 
Cav.  d'Achiardi;  e  mentre  scriviamo  ci  giungono  notizie  di  altre  pro- 
teste  di  Roma  e  di  Messina. 

2.  L'idea  socialistica  s'e  manifestata  in  questi  giorni  in  Italia  in 
due  o  tre  fatti;  non  grandi,  a  dir  vero,  ma  sempre  significanti.  II 
primo  e  una  proposta,  la  quale,  se  si  effettuasse,  sarebbe  un  gran  passo 
al  collettivismo.  E  questo  un  modo  di  vivere  in  cui  lo  Stato  sarebbe  il 
padre  comune  che,  annesse  e  assorbite  le  rendite  di  tutti,  penserebbe  poi 
al  vitto,  vestito  e  letto  per  la  gente.  La  difficolta,  come  ognun  vede, 
e  nella  seconda  parte.  Or  la  proposta,  fatta  da  alcuni  socialist], 
al  Comune  di  Roma,  tra  cui  parecchi  deputati,  e  nientemeno  che  il 
Comune  pensi  a  dar  vitto  e  vestito  agli  scolari  delle  scuole  comunali. 
A  questo  rscopo  s'aduno  un'assemblea  di  socialist!  che  stabili  quanto 
segue :  «  L'assemblea  ritiene  che  il  Comune  di  Roma,  riducendo  le 
spese  di  lusso,  come  la  dote  al  teatro  Argentina,  e  con  provvedi- 
menti  finanziarii,  come  1'applicazione  della  tassa  progressiva  di  fa- 
miglia,  o  almeno  della  tassa  proporzionale  pei  redditi  superior!  alle 
100  mila  lire,  debba  assumere  al  piu  presto  possibile  il  servizio  del 
vitto  e  degli  indumenti  per  gli  alunni  delle  civiche  scuole,  e  mentre 
da  una  parte  incarica  una  Commissione  di  presentare  quest'ordine 
del  giorno,  quale  espressione  dei  voti  della  cittadinanza,  dall'altra 
invita  gli  operai  all'organizzazione  in  partito  di  classe  quale  unico 
mezzo  per  strappare  ogni  riforma  alia  classe  dominante.  »  II  secondo 
fatto,  rivelatore  dell'  idea  socialistica,  e  stata  la  discussione  contro  la 
lista  civile  del  Re  nello  stesso  parlamento,  il  18  decembre.  Si  trat- 
tava  di  dare  come  onorario  al  Principe  di  Napoli  un  milione  di  lire. 


238  GRONAGA 

E  benchd  il  Re  facesse  sapere  che,  almeno  per  questa  volta,  egli  avrebbe 
poi  versato  1'equivalente  nel  Tesoro  dello  Stato,  per  non  aggravare 
le  esauste  finanze,  pure  i  socialisti  della  Camera  s'alzarono  contro. 
L'lmbriani  voleva  solo  diminuire  d'un  milione  la  lista  stessa  del  Re, 
il  Costa  poi  voleva  che  si  togliesse  addirittura  colla  lista  civile  la 
stessa  monarchia.  Ne  nacque  un  gran  tafferuglio  e  il  Presidente  gli 
tolse  il  permesso  di  parlare  dicendo :  «  Quando  si  hanno  coteste  idee, 
non  si  viene  qui  a  giurare  fedelta  alle  istituzioni  » .  E  il  Costa  di  riman- 
do :  « I  nostri  elettori  ci  hanno  mandate  qui  per  difendere  le  loro  idee. » 
Ma  non  giovo ;  il  Costa  fu  ridotto  al  silenzio ;  non  pero  che  egli  e  i 
suoi  amici  non  vomitassero  prima  molti  improper!  contro  la  monarchia. 
Ai  vituperi  riparo  il  Di  Rudini  con  una  proposta  di  plauso  ossequioso 
al  Re.  Le  parole  del  presidente  della  Camera,  on.  Villa,  son  degne 
di  considerazione.  Disse  egli,  in  sentenza,  al  Costa :  Quando  si  e  giu- 
rato  fedelta,  non  si  parla  cosi.  La  considerazione  e  questa.  Molti  Mini- 
stri,  generali,  ufficiali  tradirono  il  giuramento  fatto  ai  loro  Sovrani  in 
Italia.  Or,  com'e  che,  invece  d'esser  trattati  da  ribelli,  furono  pre- 
miati?  Com'e  che  la  ribellione  fu  gabellata  per  martirio?  Ecco  il  de- 
bole  del  liberalismo.  Esso  non  vuole  ora  che  si  faccia  a  se  quel  che 
esso  ha  fatto  ad  altri ;  e  cosi  non  ha  poi  armi  contro  il  socialismo. 
Questo  nuovo  flagello  ha  ora  in  Roma  un  nuovo  giornale  col  titolo 
Avanti,  e  nel  primo  numero  recava  un  articolo  intitolato  Qui  si  passa, 
quasi  tutto  inteso  a  rispondere  alle  parole  dal  Rudini  dette,  non  ha 
guari,  ad  Andrea  Costa :  Di  qui  non  si  passa. 

3.  II  19  decembre  s'apri  a  Firenze,  coll'  intervento  di  Umberto  e 
Margherita,  de'  Principi  di  Napoli  e  dei  Duchi  d'Aosta,  1'esposizione 
di  Belle  Arti,  chiamata  la  Festa  dell'arte  e  de'  fiori.  Essa  e  stata 
promossa  dalla  Societd  di  Belle  Arti  e  dalla  Societd  toscana  di  orticol- 
tura,  fondate  circa  50  anni  fa.  La  mostra  artistica  ha  preceduto  di 
tempo  quella  de'  fiori  che  si  fara  nel  prossimo  maggio.  Fu  costruito 
a  cio  un  nuovo  palazzo  nel  contro  di  Firenze  ed  e  di  purissimo  stile 
fiorentino,  con  una  facciata  elegantissima  a  graffiti  su  campo  azzurro. 
Ne'  giardini  sorge  un  gruppo  fantastico  dello  scultore  Fazzi,  e  intorno 
intorno  sventolano  stendardi  dai  colori  italiani  e  fiorentini.  Oltre  le 
statue,  si  numerano  nelle  sale  700  quadri  di  pittori  italiani  e  80 
di  pittori  stranieri.  I]  21  dello  stesso  mese,  colta  1'occasione  della 
mostra,  s'innalzo  al  Donatello  un  monumento  nell'insigne  basilica  di 
S.  Lorenzo.  Donatello,  diminutive  di  Donate,  fu  il  primo  scultore 
del  suo  secolo,  contemporaneo  ed  amico  del  Brunellesco :  nacque  in 
Firenze  nel  1383  e  morivvi  nel  1466,  lasciando  insigni  capilavori  di 
arte  scultoria  a  Firenze  e  a  Venezia,  ove  ammiransi  i  bassirilievi 
intorno  alia  vita  di  S.  Antonio.  A  questo  insigne  rappresentante 
dell'epoca  del  rinascimento  in  Italia  penso  d'elevare  un  monumento 


CONTEMPORANEA  239 

il  Gircolo  degli  artisti  di  Firenze.  Lo  scultore  e  stato  Eaffaello  Eoma- 
nelli,  che  ha  rappresentato  il  Donatello  giacente;  in  alto  un  putto 
che  guarda  e  in  un  tondo  centrale  la  figura  della  Madonna  col  bam- 
bino Gesu;  il  tutto  ornato  in  modo  che  rammenti  in  qualche  ma- 
niera  per  sentimento  e  per  istile  1'opera  del  Donatello.  Un'  iscrizione 
alia  base  dice :  A  Donatello  la  patria  —  Auspice  il  Circolo  degli  artisti 
— Anno  MDCCCXCVI.  All'occasione,  tanto  dell'apertura  della  mostra, 
quanto  dello  scoprimento  del  mausoleo  al  Donatello,  furono  fatti  pa- 
recchi  discorsi :  dal  March.  Kidolfi,  dal  Sindaco  Torrigiani,  dal  Mi- 
nistro  Gianturco  e  da  Mons.  Giovannini,  qual  Priore  della  basilica 
di  S.  Lorenzo.  II  discorso  di  Mons.  Giovannini,  fatto  alia  presenza 
di  Ee  Umberto,  ebbe  la  sfortuna  d'essere  lodato  dalle  effemeridi  li- 
berali  La  Nazione  e  il  Fanfulla.  Quest'ultima  giunse  perfino  a  pre- 
dire  lo  scandalo  dell't/m'tfd  cattolica  e  dell'  Osservatore  cattolico,  i  quali, 
dice  il  Fanfulla,  non  sanno  distinguere,  come  esso  Fanfulla  distingue 
c  cid  che  e  fede  da  cio  che  e  testardaggine,  cid  che  e  liberta  da  cid 
che  e  setta  »  :  sono  parole  di  quel  giornale. 

4.  L'istituto  moderno  de'giiidici  popolari,  detti  giurati,  creato  per 
sentenziare  de'  delitti,  continua  a  dar  cattivo  saggio  di  se,  ed  ha  mani- 
festato  ancora  una  volta  la  sua  inettitudine  a  pronunziar  giudizii, 
pe'  quali  si  richiede  assennatezza,  veduta  complessiva  delle  cose  e 
ragione  spoglia  di  contorni  fantastici  e  sentimentali.  II  fatto  che  vo- 
gliamo  registrare  e  semplice :  I  giurati  hanno  assoluto  un  tal  Ben- 
venuti,  uccisore  della  sua  sorella.  Tutto  e  qui.  —  Ma  (avranno  pen- 
sato  cotesti  giudici  ipnotizzati  dall'avvocato)  il  Benvenuti  ha  commesso 
1'omicidio  in  un  impeto  di  furore  che  lo  porto  fuori  di  se.  —  Otti- 
mamente ;  ma  questo  criterio  di  giudicare  lo  puo  avere  solo  Domi- 
neddio,  che  scruta  il  cuore  e  le  menti;  a  noi  poveri  mortali  (in 
ispecie  poi  ai  giurati)  chi  dara  la  mezza  canna  od  il  termometro  per 
misurare  cola  dentro  alia  testa  dell'omicida  il  grado  di  furore  piu  o 
meno  intense  ?  A  noi  sembra  che  (eccetto  pochissimi  casi)  gli  omicidii 
si  commettano  per  lo  piu  in  un  impeto  di  furore.  —  Ma  il  Benvenuti 
uccise  la  sorella  dopo  averla  sorpresa  in  flagrante  delitto  con  un 
drudo,  svergognando  cosi  la  sua  famiglia.  —  Ah !  buoni  giurati,  cause 
siffatte  non  mancheranno  mai  a  qualsiasi  omicida  del  mondo.  E 
allora  e  bell'e  spacciata  la  giustizia  umana.  Ogni  qualvolta  si  com- 
mettera  un  delitto,  si  supporra  il  delinquente  divenuto  un  bruto  per 
quel  mezzo  quarto  d'ora,  e  si  rimandera  poi  a  girar  libero  tra  gli 
uomini.  La  sentenza,  di  cui  qui  si  parla,  e  stata  data  il  30  decembre 
in  Eoma,  nel  1896.  Dopo  negata  la  reita  del  Benvenuti,  quanto  al- 
1'omicidio,  restava  a  giudicare  d'un  peccadiglio  di  minor  grado  :  1'avere 
cioe  1'imputato  recato  seco  arma  proibita.  Manco  a  dirlo.  I  Giurati 
1'assolsero  anche  da  questo  peccato  veniale.  La  terribile  scena  di  san- 


240  CRONACA 

gue,  di  cui  era  materia  il  giudizio,  accadde  il  27  giugno  di  quest'anno 
in  una  casa  di  Via  Napoleone  III.  La  giovane  uccisa,  aveva  25  anni 
e  chiamavasi  Ines  Benvenuti. 

5.  APPUNTI  STORICI.  —  1.°  Per  I' Armenia.  Mentre  le  Potenze  europee 
fanno  pompose  manifestazioni  colle  loro  flotte  nei  mari  d'  Oriente, 
senza  conchiuder  nulla  in  pro  degli  Armeni  uccisi  dai  Turchi,  due 
riunioni  popolari,  si  sono  tenute  in  Italia  per  raccogliere  soccorsi.  La 
prima  in  Milano  nella  chiesa  di  S.  Antonio al  31  novembre  (e  ne 
parla  a  lungo  1'  Osservatore  cattolico  nel  n.°  277),  la  seconda  in  Roma 
nella  sala  Dante,  la  sera  del  23  decembre.  Di  queste  due  riunioni, 
la  prima  era  stata  promossa  dai  cattolici,  la  seconda  da  un  comitato 
di  protestanti.  La  proposta  dei  cattolici  milanesi  fu  la  seguente : 
«  I  cattolici  milanesi,  rilevando  nella  condizione  straziante  fatta  al 
popolo  armeno  in  seguito  alle  recenti  stragi  un  episodio  della  guerra 
religiosa  dell'  islamismo  contro  il  cristianesimo,  ed  un  effetto  della 
politica  internazionale  inerte  e  sospettosa  delle  potenze  europee,  do- 
lenti  che  1'Italia  sia  incapace  di  adempiere  in  questa  circostanza  la 
missione  civile  di  tutrice  degli  oppressi,  fanno  voti  che,  poich&  non 
&  possibile  compiere  altro  atto  piu  efficace  di  fratellanza  cristiana 
verso  le  infelici  vittime  d'Oriente,  nessuno  dimentichi  di  soccorrerle 
nella  desolazione  attuale  con  sussidii  pecuniarii ;  e  si  augurano  intanto 
che  un  sollecito  prevalere  delle  influenze  cristiane  nei  Governi  e  nei 
popoli  d'Europa  oggi  dominati  dalle  influenze  massoniche  e  semiti- 
che,  affretti  il  giorno  in  cui  1' islamismo  e  come  setta  religiosa  e  come 
istituto  politico  venga  chiamato  a  rispondere  del  sangue  versato  e 
delle  infamie  commesse  ed  energicamente  impedito  dai  manomettere 
piu  oltre  i  diritti  dell'  umanita  e  della  civilta.  »  La  proposta  della 
riunione  di  Roma  era  materialmente  quasi  1'istessa.  Una  letterina  del 
sig.  Gladstone  diretta  al  capo  del  comitato,  il  sig.  Wall,  cosi  diceva: 
«  Eigregio  Signore,  lo  so  quanto  possa  la  profonda  sensibilita  del  po- 
polo italiano,  e  spero  che  1'adunanza  da  tenersi  in  questi  giorni  abbia 
ad  appro fittairsene  in  favore  degli  Armeni  sofferenti.  Finora  il  Sultano  e 
riuscito  ad  infliggere  un  tale  obbrobrio  alle  sei  potenze,  quale  1'Europa, 
per  quanto  si  sappia,  non  tollero  giammai ;  voglio  pero  sperare  che 
il  giorno  di  redenzione  e  di  rendiconto  sia  vicino.  Sono,  egregio  si- 
gnore,  vostro  fedele  ed  obbediente  servitore,  W.  E.  Gladstone.  21  dec. 
1896.  »  —  2.° 'Una  frana  spaventosa  a  S.  Anna  Pelago  (Modena).  Questa 
frana,  che  ha  recato  una  rovina  immensa,  come  or  ora  diremo,  e 
stata  provocata,  come  sembra,  dai  flume  Perticara  in  basso  e  dalle 
infiltrazioni  delle  acque  de'  laghi  dell'Appennino  in  alto ;  talche  il 
terreno  sinosso  dalla  base  s'e  messo  in  movimento,  facendo  cadere  piu 
di  100  case  e  rovinandone  oltre  150.  La  frana  comincio  il  21  decem- 
bre, alle  8  pomeridiane.  La  piu  parte  della  gente  era  a  letto,  la 


CONTEMPORANEA  241 

quale,  cominciando  le  case  a  scricchiolare,  usci  subito  spaventata,  man- 
dando  grida  di  terrore.  Un  corrispondente,  dal  luogo  della  disgrazia, 
cosi  ne  scrive  al  Corriere  della  sera:  «  S.  Anna  giace,  o  giaceva,  nell'in- 
senatura  della  giogaia  dell'Appennino  al  confine  modenese  (distante 
chilometri  94  carrozzabili  da  Modena),  tutta  ridente  del  superbo  pae- 
saggio,  rivaleggiante  coi  piu  celebrati  della  Svizzera,  amenissima  per 
boscaglie  salienti  sino  alia  vetta  dell'Appennino,  feconda  di  campi  e 
praterie  coltivati  mirabilmente.  Ai  piedi  di  Sant'Anna  scorre  il  rio 
Perticara  che  mette  nello  Scoltenna,  braccio  superiore  del  Panaro. 
Lo  spettacolo  della  rovina  &  veramente  spaventevole.  Yi  sono  chilo- 
metri quadrati  di  terreno  capovolto,  corso  da  profonde  spaccature  che 
bizzarramente  hanno  formato  larghe  conche  che  1'acqua  subito  riem- 
pie,  o  masse  coniformi  simili  a  crateri  di  vulcani.  II  caseggiato  cen- 
trale,  che  costituiva  il  nucleo  della  borgata,  e  ridotto  ad  un  mucchio 
di  rottami.  I  muri  ancora  ritti  hanno  grandi  spaccature  che  lasciano 
vedere  1'interno.  La  chiesa  della  borgata,  costruita  nel  1600,  e  crol- 
lata:  il  campanile  crollo  pure  quasi  subito,  travolgendo  cinque  cam- 
pane,  delle  quali  tre  si  poterono  salvare...  Tra  i  fabbricati  crollati 
erano  alcune  ville  eleganti,  perche  Sant'Anna  andavasi  facendo  una 
delle  piu  ricercate  stazioni  dell'Appennino.  Cid  che  stringe  il  cuore 
e  la  vista  delle  macerie  delle  case  dei  proprietari  e  dei  coloni  indi- 
genti.  Sono  150  fabbricati  demoliti,  seppellendo  masserizie,  bianche- 
rie,  scorta  di  vettovaglie,  scorta  di  sementi,  foraggi,  valori,  denari. 
Sono  180  le  famiglie  senza  tetto,  raminghe  d'abitazione  in  abitazione, 
accolte  fraternamente  dagli  abitanti  dei  paesi  e  delle  ville  del  cir- 
condario,  consolate  dalla  pieta  dei  concittadini,  dalle  premure  e  dai 
soccorsi  delle  autorita.  » 

III. 
COSE  STRANIERE 

FRANCIA  (Nostra  Corrispondenza) .  1.  Lo  Czar  a  Parigi,  1'alleanza  russa 
e  Je  relazioni  estere.  —  2.  Nicol6  II  coi  principi  d'0rle"ans,  col  Cardi- 
nale  Arcivescovo  di  Parigi;  visile  a  Notre  Dame  ed  alia  chiesa  russa. 
—  3.  11  primo  Congresso  nazionale  dei  cattolici.  —  4.  Una  maggioranza 
clericale  alia  Camera?  —  5.  Miglior  contegno  della  Camera  nelle  di- 
spute scolastiche  e  religiose. 

1.  L'Imperatore  e  I'lmperatrice  di  Russia  hanno  dimorato  in  Fran- 
cia  dal  giorno  5  al  9  dello  scorso  ottobre.  Nessun  Sovrano  straniero 
fu  mai  festeggiato,  esaltato,  adulato,  come  qui  da  noi  questi  due  con- 
iugi  imperiali.  Era  un  entusiasmo  generale  che  rasentava  il  delirio. 
Taluni  vi  hanno  sc6rto  una  manifestazione  del  sentimento  monar- 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1118.  16  9  gennalo  1897. 


242  CRONACA 

chico,  una  consegu.enza  delle  costumanze  e  tradizioni  monarchiche, 
persistent!  ancora  a  dispetto  di  tutto.  Non  monta;  il  popolo  ci  ve- 
deva  una  occasione  di  palesare  il  suo  patriottismo,  onde  rallegravasi 
perche  la  Francia  non  e  piu  isolata  di  mezzo  ai  popoli  d'Europa. 
Ma  e  proprio  vero  che  esiste  un' alleanza  tra  Francia  e  Eussia? 
Conviene  riconoscere  che  la  parola  alleanza  non  venne  mai  proferita 
nei  varii  discorsi  official!,  e  che  verun  documento  o  proclama  offi- 
ciale  fu  pubblicato  a  questo  proposito.  Peraltro  ci  fu  ricambio  di  pa- 
role significative.  A  Cherbourg,  ove  approdo  lo  Czar,  il  sig.  Felice 
Faure  1'assicuro  nel  suo  brindisi,  essere  sincera  1'amista  iella  Francia 
e  del  Popolo  francese.  Nicolo  II,  nel  brindare  alia  Marina  francese, 
da  lui  passata  a  rassegna,  rispose :  «  Toccando  il  suolo  di  una  nazione 
arnica,  esprimo  i  medesimi  sentiment!  teste  da  voi  manifestati ».  A  Pa- 
rigi  il  Presidente  della  Repubblica  parlo  dei  «  vincoli  che  uniscono 
i  due  paesi  in  un'armonica  operosita  e  scambievole  fiducia  nei  loro 
destini  » .  Lo  Czar  di  rimando  disse :  «  Fedele  a  tradizioni  indimen- 
ticabili,  sono  venuto  in  Francia  per  salutare  in  voi,  signor  Presi- 
dente, il  capo  della  nazione,  a  cui  ci  uniscono  preziosi  vincoli.  »  Al 
pranzo  dopo  la  rassegna  di  Chalons,  lo  Czar  assevero :  «  Avete  ra- 
gione,  signor  Presidente,  dicendo  che  i  due  paesi  sono  uniti  da  inal- 
terabile  amicizia.  Fra'  nostri  due  eserciti  esiste  un  intimo  sentimento 
di  fratellanza  d'armi.  »  Certamente  queste  parole  sono  delle  piu  espli- 
cite,  e  basteranno  anche  ai  meno  contentabili.  Se  non  fu  proferito 
il  vocabolo  alleanna,  se  non  esiste  trattato  solenne,  gli  e  perche  le 
due  potenze  non  si  propongono  veruna  guerra,  ne  di  attuare  verun 
disegno,  che  richiedano  sforzi  comuni.  II  21  novembre,  discutendosi 
il  bilancio  alia  Camera,  il  sig.  Millerand  ha  fatto  rilevare  che  1'ac- 
cordo  colla  Russia  avea  condotto  la  Francia  a  Kiel,  come  pure  ad 
un'azione  in  comune  con  altre  potenze  (la  Grermania  ecc.)  per  risol- 
vere  il  conflitto  cino-giapponese,  e  nelle  facoende  deH'Armenia.  Oltre 
di  che,  la  Francia  ha  imprestato  alia  Russia  parecchi  miliardi.  Ora 
si  vorrebbe  sapere  qual  pro  ne  abbia  tratto  la  Francia,  per  evitare 
nocevoli  illusion!.  II  sig.  Hanotaux,  ministro  per  gli  affari  esteri,  ha  - 
risposto  :  «  Quel  che  pud  e  dev'essere  detto  in  parole,  e  stato  detto 
in  termini  misurati,  concordat!  e  precis!  da  S.  M.  1'Imperatore  di 
Russia  e  dal  signor  Presidente  della  Repubblica  a  Cherbourg,  a  Pa- 
rigi  ed  a  Chalons.  Dunque  il  ministro  per  gli  affari  esteri  s'attiene 
a  quelle  dichiarazioni.  Gli  uffici  che  gl'incombono,  un  interesse  d'altro 
rilievo  che  la  Camera  intendera,  1'obbligano  a  non  aggiunger  nulla 
sul  conto  di  un  accordo,  che  nessuno  pensa  piu  a  negare  o  a  porre 
in  dubbio  adesso.  »  Si  asserisce  1'accordo,  o  1'alleanza,  ma  non  si  da 
il  menomo  indizio  su  quello  che  chiedeva  il  sig.  Millerand,  e  che  ben 
altri  al  par  di  lui  vorrebbero  sapere.  E  chiaro  che  la  Russia  aspetta 


CONTEMPORANEA  243 

1'ora  sua,  mentre  la  Francia  sembra  non  far  altro  che  seguirla.  Oggi 
lo  Czar  e  padrone  della  Francia  come  della  Eussia,  dicono  molte  gaz- 
zette.  E  innegabile  che  finora  la  Francia  non  ha  ottenuto  nulla,  pro- 
babilmente  perche  nulla  ha  domandato.  Resta  sempre  a  temersi  che 
non  ci  trovera  da  ultimo  il  proprio  conto.  La  Russia  intende  ne  piu 
ne  meno  (secondoche  opinano  persone  ben  informate  delle  cose)  che 
a  far  sua  1'eredita  del  gran  malato,  la  Turchia  d'Europa  e  d'Asia; 
essa  vuol  recare  ad  effetto  la  unione  dei  popoli  slavi  e  di  tutti  gli 
scismatici  sotto  il  suo  scettro.  Pero  minaccia  1'esistenza  dell'Au- 
stria  e  gl'interessi  dell'Inghilterra  come  quelli  della  Francia  nel- 
1'Oriente  ed  altresi  nell'Egitto.  Un  diario  fa  notare  che  di  qui  a 
vent'anni  la  pop«lazione  della  Russia  avra  raggiunto  i  150  milioni  di 
anime,  lo  Czar  dunque  avra  tanta  potenza  da  assestare  egli  solo  la 
questione  d'Oriente  ed  agglomerare  ogni  cosa.  Quanto  sarebbe  neces- 
sario  annichilire  fra  poco  la  Germania,  per  ingrandire  la  Francia, 
per  procacciarle  un  baste  vole  ampliamento,  e  spacciarla  dal  suo  po- 
tente  vicino  di  verso  levante  !  Allora  la  guerra  si  farebbe  a  breve 
andare,  perche  la  Germania  non  pensa  neppure  alia  minima  conces- 
sione!  E  poco  probabile  che  la  Prussia  sia  disposta  a  siffatta  intra- 
presa ;  essa  piuttosto  pare  tutta  intesa  ad  allargare  le  sue  Industrie 
interior!,  a  compire  la  sua  rete  ferroviaria,  coll'aiuto  di  capitali  fran- 
cesi.  La  Francia  intanto  ha  cercato  di  ristabilire  le  buone  relazioni 
coll'Italia,  mediante  i  trattati  di  commercio,  navigazione  ecc.,  con- 
chiusi  con  essa.  E  opera  di  buona  politica,  all'uopo  di  apparecchiare 
la  costei  separazione  dalla  triplice  alleanza.  L'Austria  potrebbe  anche 
essere  disposta  un  giorno  a  raccostarsi  alia  Francia,  massimamente 
dopo  le  rivelazioni  del  principe  Bismarck,  che  per  satollare  1'odio  suo 
contro  Guglielmo  II,  non  rifugge  neppure  dal  distrugger.  1'opera  pro- 
pria.  Del  rimanente  e  noto  che  1'imperatore  di  Germania  cerca  di 
mettersi  in  buone  relazioni  colla  Francia,  e  difatti  i  rapporti  che 
intercedono  tra  i  due  paesi,  sono  da  parecchio  tempo  buonissimi.  Si 
e  notato  che  al  Reichstag  tedesco  il  sottosegretario  di  Stato  sig.  Marschall 
di  Bieberstein  riconobbe  che  1'accordo  franco-russo  era  un  fatto  del 
quale  tutti  debbono  tener  conto.  Nello  stesso  tempo  assicuro  che  le 
intraprese  coloniali  e  gl'interessi  della  Germania  nelle  altre  parti  del 
mondo  condurranno  la  Germania  a  concordia  di  opere  con  le  stesse 
potenze,  colle  quali  aveva  qui  di  corto  esercitato  un'azione  comune. 
Ora  proprio  colla  Francia  e  la  Russia  la  Germania  si  e  adoperata 
nella  Cina,  in  Armenia  ecc.  Dopo  il  buon  accordo  colla  Russia,  e 
stimata  e  cercata  1'amicizia  della  Francia.  Ma  si  sapra  trarne  van- 
taggio  per  rassodare  la  nostra  condizione  ed  i  nostri  interessi  in  guisa 
da  non  essere  alia  merce  di  una  sola  potenza,  sia  pur  anche  la  Rus- 
sia? Senza  tradire  la  propria  alleata,  ben  si  buo  procacciare  in  Tina 


244  CRONACA 

cotal  misura  tutte  le  amicizie  che  vengono  profferte.  Per  ottenere  lo 
sgombero  dell'Egitto,  a  cagion  d'esempio,  e  necessario  il  concorso  di 
altre  potenze,  senza  quello  della  Eussia. 

2.  Lo  Czar  ce  ne  ha  dato    anche  1'  esempio.  Ha  visitato  le  corti 
d'Austria-Ungheria,  di  Germania  e  d'Inghiltarra  prima  di  recarsi  da 
noi;  ed   ha   pur   proferito    parole  di  amicizia.  Meglio  ha  fatto  qui  a 
Parigi :  il  di  seguente  al  suo  arrivo  ha  convitato  a  colazione,  all'am- 
basciata  russa,  il  duca  di  Chartres  e  gli  altri   principi  e  principesse 
della   reale   famiglia,  residenti  in  Francia,  come   pure  i  'Capi    delle 
grandi  famiglie  realiste,  fra  cui  il  duca  di  Lhuynes  lo  ha  salutato  in 
nome  del  duca  d'Orleans,  dianzi  ricevuto  a  Vienna  dallo  stesso  Czar. 
Dunque  Niccolo  II  vuol  tenersi  in  buone  relazioni  colla   reale  fami- 
glia, se  mai  avesse  di  bel  nuovo  a  regnare.  D'altro  canto  Niccolo  II 
diede  una  lezione  ai  nostri   reggitbri  :  domando  di  ricevere  la  visita 
dell'Emo  Card.  Eichard  Arcivescovo  di  Parigi,  e  cosi  obbligo  il  Go- 
verno  ad  invitarlo  ancora  al  ricevimento  all'Eliseo.  Lo  Czar  non  ha 
mancato  di  visitare  Notre  Dame,  dove  lo   accolse  il  Cardinale   attor- 
niato  dal  Capitolo    metropolitano.  Come    giunse  a  Parigi   Niccolo   fu 
sollecito  di  recarsi  tosto  alia  chiesa  russa,  per   ringraziare  Iddio  del 
felice  viaggio  compito,  e  supplicarlo  di  conservargli  la  sua  protezione. 

3.  II  primo  congresso  nazionale  dei  cattolici  della  Francia  si  tenne 
a  Eeims  dal  20  al  25  ottobre,  presieduto  dal  conte  Theiller  de  Pon- 
cheville,  gia  deputato.  Pel  numero  degl'intervenuti  non  pud  parago- 
narsi  che  ai  congressi  del  Belgio,  della  Germania,  dell'Austria,  d'ltalia 
e  di  Spagna.  Ma    questo    esordio   fu   osteggiato  da  varie    circostanze 
sfavorevoli ;  la  stagione  inoltrata,  i  molti  pellegrinaggi  nel  corso  del- 
1'anno,  la  disunione   dei   cattolici.  I  monarchici  non  vi  si  sono  fatti 
vedere ;  ma  la  rilevan/.a  del  congresso  fu  nondimeno  grandissima  per 
ogni  rispetto.  II  congresso    tratto  con   senno  e  zelo  di  tutti  gl'  inte- 
ressi  della  Chiesa  e  della  patria,  ed  anche  specialmente   delle  que- 
stioni  sociali.  Facendo  adesione  alle  conchiusioni  di  un  dotto  eccle- 
siastico,  dichiaro  che  il  Concordato,  applicato  che  fosse  con  giustizia 
ed  equita,  sarebbe  del  tutto  bastevole  a  far  salda  la  concordia  fra  la 
Chiesa  e  lo  Stato,  e  far  sicura  la  Chiesa  della  condizione  e  della  li- 
berta  che  le  sono  dovute.  II  congresso  si  e  dichiarato  in   favore   del 
diritto    d'  associazione,  che  in  Francia    non    esiste ;  nel  che  va  d'ac- 
cordo  colla  Eussia,  la  quale  esclude  parimente  in  modo  reciso  questo 
diritto  essenziale,  senza  cui  non  puo   sussistere  alcuna  liberta.  Fu- 
rono    discusse  e  giudicate,  secondo  i  principii   di  giustizia,  le  leggi 
sulle  fabbricerie  delle   chiese  e  la  tassa  di  accrescimento.  Ma  il  piu 
largo  campo  nelle  tornate  del  congresso  fu  tenuto  dalle  opere  di  pieta 
e  di  vantaggio  morale,  non  che  dalJe  questioni  sociali,  e  aderi  al  pro- 
gramma  di  Malines,  decretato  il  5  marzo  di  quest'anno  dai  Vescovi 


CONTEMPORANEA  245 

e  dai  delegati  delle  diocesi,  adunati  nella  metropoli  belga.  Eccone  i 
paragrafi :  I.  Istituzione  e  svolgimento  de'  circoli  operai  e  delle  opere 
economic-he  attinenti  ad  essi.  —  II.  Istituzione  e  svolgimento  di  tutte 
le  associazioni  acconcie  a  far  piena  1'  educazione  e  1'  istruzione  pro- 
fessionale  del  ceto  operaio,  e  specialmente  de'  patronati  e  delle  scuole 
di  economia  domestica.  —  III.  Istituzione  di  unioni  professional!,  che, 
senza  escludere  altri  elementi,  leveranno  cerne  pel  loro  primo  nucleo 
fra   questi   circoli   e    queste  associazioni.  Tali   unioni   saranno  miste 
o  composte   soltanto  di  operai,  a  seconda    delle    circostanze.  Benche 
esclusivamente  economiche  debbono  avere,  per  quanto  si  pud,  un  ca- 
rattere  religiose,  che  fa  d'uopo  svolgere  con  efficacia.  Bisogna  inoltre 
che  siano  ordinate  per  modo,  che  senza  essere  per  un  lato  ostili  ai 
padroni  o  minacciose  contro  la  costoro  autorita,  forniscano  dall'altro 
agli  operai  un  efficace  rimedio  ai  danni,  che   potrebbero   subire  nel- 
1'isolamento  dell'individualismo.  —  IV.  L'istituzione  delle  varie  opere 
di  risparmio,  di  preveggenza,  di  sussidio  in  caso  d'infermita,  di  di- 
sgrazie,  di  mancanza  di  lavoro  e  di   vecchiaia,  e  particolarmente   di 
societa  di  mutuo  soccorso.  —  Y.  La  creazione  delle   opere,  divisate 
pel  solo  impulso   private  o  col   concorso   della  legge  a  migliorare  le 
abitazioni  delle  famiglie  operaie,  specialmente  poi  quell'opera  che  si 
propone  di  aiutare  1'operaio  a  procacciarsi  una  casa  di  sua  proprieta. 
—  YI.  La  creazione  in  acconcia  [misura  di  Consigli    d'  officina  o  di 
conciliazione.  —  YIL  L'istituzione  di  societa  di  temperanza  e  la  pro- 
paganda  anti-alcoolica.  —  YIII.  I  padroni    e   coloro   che  participano 
la  loro    autorita  o  la   loro    malleveria,  quali  i  direttori  di   fabbriche 
industrial!  od  altre,  i  membri  de'  Consigli  d'amministrazione,  ed  anche 
gli  azionisti,  attenderanno  a  procacciare  ai  loro    operai    1'  immeglia- 
mento  della  loro  condizione   morale  e  di  quella   materiale,  mediante 
gli  spedienti  accennati  nella  lettera  collettiva  de'  vescovi.  Per  1'  im- 
megliamento  della  loro  condizione  morale ;  procacciando  che  abbiano 
miglior  agio  di  soddisfare  ai  loro  doveri  religiosi ;  rimovendo   le   oc- 
casioni   che   metterebbero  a  pericolo  la  loro   fede  e  la  loro  costuma- 
tezza ;  osservando  molta  circospezione  nella  scelta    dei  capi,  mezzani 
e    soprastanti ;    incoraggiando    e    proteggendo  le   opere    istituite   per 
moralizzare  gli  operai  e  le  famiglie  loro,  per  preservare  la  gioventu, 
per  educare  cristianamente  i  loro  figli   ecc.  —  Per  1'  immegliamento 
della  loro  condizione  materiale ;  cercando  all'occorrenza  i  mezzi  da  ren- 
dere  piu  rimunerativo  il  lavoro,  meno  faticoso,  meno  rischioso  per  la 
sanita  e  per  la  vita;  combattendo  lo  sciupio  del  salario,  e  agevolando 
il  collocamento  dei  risparmii;  creando    opere    valevoli   ad  assicurare 
agli  operai  un'abitazione  dice  vole,  un  cibo  sano,  una  opportuna  assi- 
stenza  in  caso  d'infermita,  di  disgrazia  o  di  mancanza  di  lavoro;  in- 
somma  una  talquale  sicurezza  ed  anche   agiatezza   per  adesso,  e  pel 


246  CRONACA 

future  un  soccorso  che  conferira  a  metterli  in  salvo  dalla  miseria.  — 
IX.  L 'opera  della  stampa  popolare  e  la  istituzione  di  circoli  di  studii 
social!.  —  Oltre  alle  opere  dianzi  accennate  s'incoraggiera  a  pro  degli 
abitatori  delle  campagQe,  1'istituzione,  1'ampliameuto  ed  il  perfezio- 
zionamento  dei  sindacati  agricoli,  formati  con  diversi  nomi.  Fra  le 
opere  di  questi  sindacati  meritano  speciale  menzione  e  raccomanda- 
zione,  nell'interesse  dei  piccoli  agricoltori,  le  casse  Reiffeisen.  Simil- 
mente  dicasi  delle  societa  di  mutuo  soccorso,  che  in  modo  speciale, 
sono  utili  ai  lavoratori  de'  campi. 

Nell' ultima  tornata  il  Congresso  delibero  il  seguente  indirizzo  al 
S.  Padre :  «  I  cattolici  di  Francia,  adunati  a  Congresso  nazionale  in 
Reims,  prima  di  separarsi  vogliono  umiliare  di  bel  nuovo  a  pie  di 
Yostra  Santita  1'unanime  espressione  del  loro  devotissimo  ossequio 
alia  Santa  Sede  ed  alia  persona  Yostra.  Da  figli  obbedienti  della  Chiesa 
e  servitori  amantissimi  della  Patria  francese,  hanno  aderito  intera- 
mente  a  tutte  le  nor  me  e  ai  consigli  dati  dal  Capo  della  Chiesa  ai 
cattolici  francesi.  E  su  questo  campo  hanno  fatto  proposito  di  pro- 
cacciare  risolutamente,  uniti  con  tutti  i  loro  fratelli  cattolici,  e,  se 
e  possibile  coll'aiuto  di  tutti  gli  onesti,  la  rivendicazione  dei  loro  di- 
ritti  e  delle  loro  liberta  cristiane,  e  la  revoca  di  tutti  i  provvedimenti 
che  vi  recano  offesa.  Col  medesimo  spirito  di  unione  e  concordia,  hanno 
deliberate  di  promuovere,  nella  cerchia  delle  loro  forze  e  della  loro 
competenza,  tutte  quelle  opere  che  intendono  cosi  alia  difesa  o  alia 
propagazione  della  fede  e  della  pieta  cattolica,  come  all' immeglia- 
mento  delle  condizioni  morali  e  material!  del  popolo,  e  alia  buona 
armonia  fra  le  diverse  classi  sociali.  Persuasi  poi,  come  i  cattolici  di 
ogni  paese,  che  il  Papato  ha  d'uopo  di  essere  fornito  delle  guarenti- 
gie  di  una  indipendenza  sovrana  per  esercitare  con  tutta  1'efficacia 
la  propria  azione  a  pro  delle  anime,  della  civilta  e  della  pace  del 
mondo,  sta  loro  a  cuore  di  affermare  la  loro  devozione  costante  alia 
causa  dell'  indipendenza  civile  della  Santa  Sede.  —  Reims,  addi  25  ot- 
tobre  1896.  »  Nel  risguardo  politico  il  Congresso  delibero  che  s'  in- 
stituira  in  ogni  dipartimento  un  comitato  elettorale  cattolico,  incari- 
cato  di  compaginare  le  forze  locali,  e  in  mira  di  tutte  le  elezioni.  A 
brevi  periodi  si  terranno  adunanze  regional!  per  ooncertarsi  intorno 
alia  tutela  dei  loro  diritti  e  dell'ampliamento  delle  opere  loro.  Ogni 
anno  si  ordinera  un  congresso  nazionale.  Si  e  istituita  una  delega- 
zione  all'uopo  di  apparecchiare  la  costituzione  dei  comitati  di  dipar- 
timento ed  il  prossirno  congresso  nazionale,  che  si  terra  in  Parigi  nel 
dicembre  1897.  Call' indirizzo  mandate  al  S.  Padre  ben  si  vede  che 
i  cattolici  si  sottomettono  senza  restrizione  alcuna  alle  istruzioni  im- 
partite  da  Leone  XIII,  e  che  accettano  la  cooperazione  dei  monar- 
chic! e  di  tutti  gli  onesti  che  lor  si  vogliano  unire.  E  noto  che  i 


CONTEMPORANEA  247 

monarchic!,  per  comando  del  loro  capo,  debbono  sempre  dare  il  voto 
pel  candidati  piu  favorevoli  alia  causa  cattolica.  Al  quale  proposito 
convien  rilevare  che  il  matrimonio  del  duca  d'Orleans  con  un'arci- 
duchessa  ha  spinto  ad  una  certa  vivaeita  lo  spirito  monarchico  in 
Francia,  stimolato  gia  dalla  visita  dello  Czar.  Non  ostante  tutti  i  dis- 
sidii  fra  le  case  di  Borbone  e  di  Absburgo,  il  popolo  ha  sempre  con- 
servato  per  1'Austria  grande  simpatia,  che  per  la  maggior  parte  pro- 
cede  dal  sentimento  cattolico. 

4.  Eadicali  e  socialisti  rimproverano  adesso  al  ministero  ed  alia 
maggioranza  di  esser  passati  nel  campo  clericale.  II  12  novembre  uao 
dei  deputati  di  Reims,  il  sig.  Mirman,  interrogava  il  ministero  sui 
congressi  clerical!  tenutisi  a  Reims,  rimbrottando  il  Governo  di  tol- 
lerare  che  le  leggi  sieno  violate  dai  cattolici  nemici  sempre  della  Re- 
pubblica,  mentre  aveva  proibito  che  si  radunasse  la  societa  dei  pro- 
fessori  de'  collegi  e  licet,  tutti  ferventi  fautori  della  Repubblica.  II 
sig.  Rambaud,  ministro  pel  pubblico  insegnamento,  gli  fe'  vedere  che 
il  sig.  Bourgeois,  suo  antecessore  radicale,  erasi  comportato  egualmente 
perche  quei  professori  avevano  agito  contro  le  leggi  ed  i  regolamenti; 
altri  invece,  che  alle  leggi  e  ai  regolamenti  si  attennero,  han  potuto 
adunarsi  e  costituire  societa.  II  sig.  Darlan,  ministro  pei  culti,  mo- 
strava  dal  canto  suo  che  le  adunanze  dei  vescovi  e  il  congresso  degli 
ecclesiastici  a  Reims  si  erano  mantenuti  nel  campo  prettamente  reli- 
gioso.  In  quanto  poi  al  congresso  nazionale  dei  cattolici,  il  Governo 
non  deve  impensierirsi  dei  discorsi  de'  laici  e  de'  sacerdoti  liberi 
(cioe,  non  stipendiati  dallo  Stato),  piu  che  non  dei  discorsi  de'  con- 
gressi socialisti  e  liberi-pensatori.  II  Governo  essere  geloso  difensore 
dei  diritti  dello  Stato,  e  risoluto  a  far  si  che  tutti  rispettino  1'auto- 
rita  civile.  Che  ad  ogni  modo,  il  presente  ministero  camminava  sul- 
1'orme  del  suo  antecessore  radicale.  I  signer  i  Bourgeois  e  Combes, 
dell'ultimo  ministero,  sforzavansi  di  bel  nuovo  ad  agitare  lo  spau- 
racchio  del  clericalismo  e  del  parti  to  cattolico,  minaccianti  di  subis- 
sare  lo  Stato  e  la  societa  laica  :  ma  nulla  valse.  La  Camera  mostro 
la  propria  fiducia  verso  il  ministero  con  306  voti,  di  cui  230  repubbli- 
cani,  contro  124.  «E  questa  la  prima  volta  dal  1877  in  poi,  che  un 
ministero  ottenga  una  maggioranza  in  una  questione  clericale  »  escla- 
mava  il  sig.  Jaures,  caporione  de'  socialisti,  in  una  gazzetta  il  giorno 
appresso.  Poi  lamentossi  nella  Petite  Republique  in  questa  forma  : 
« lo  chiedeva  un  giorno  al  sig.  Giulio  Ferry  :  «  Ma  in  fin  dei  conti, 
il  vostro  ideale  qual  e  ?  »  Ed  ei  mi  rispose  :  «  Compaginare  1'uma- 
nita  senza  Dio  e  senza  padrone.  » -  La  borghesia  opportunista  non  ri- 
spetterebbe  certamente  adesso  queste  parole.  Ecco  cio  che  fa  il  peri- 
colo  clericale  ;  ed  ecco  perche  la  vecchia  compage  governativa,  che  i 
radicali  vogliono  maneggiare  tuttora  contro  i  curati,  riesce  del  tutto 


248  CRONAGA 

inefficace —  Fu  ancora  notevolissimo    nella   giornata   di    giovedi,  il 
veder  quanto  sia    divenuta    vana  ed  impotente    la  lotta    tradizionale 
contro  il  clericalismo  nella  sua  forma  prettamente  radicale.    Da  non 
pochi  giorni  ci    dicevano    alcuni    buoni  repubblicani  :   «  Basta   che  i 
socialist!    non    s'  inframmettano  di  soverchio  nella    discussione  ;    che 
non  la  mutino  in  interpellanza  socialista  ;  che  ci  lascino  guidare  la  bat- 
taglia !  La  maggioranza    repubblicana  puo    ancora    mettersi    insieme 
nell'idea  di  far  resistenza  alia  Chiesa.  »  L'esperienza  gli  ha  ammoniti 
aspramente  che  vivevano  pe'  ricordi  del  passato   e    che   stranamente 
vieto  era   il   loro  sistema  di  combattere.  II  vero  si  e  che   la   Chiesa 
svolge  di  bel  nuovo    da    qualche    anno  la  sua  influenza  ed  efficacia. 
E  vero  altresi  che  in  questo  momento  la  politica  dell'articolo  7  e  del 
decreti,  e  perfino  tutte  le  possibili  soppressioni  di  assegno  sarebbero 
del  tutto  impotenti.  Se  la  Repubblica  pote  combattere  contro  il  partito 
clericale,  vent'anni  fa,  con  questi  spedienti  repressivi,  fu  perche  questi 
spedienti  erano  spalleggiati  da  una  politica  repubblicana.  »  II  Gau- 
lois  dal  canto  suo  rileva  :  « Finora  la  Repubblica  era   il  reggimento 
negativo    che  strillava    ad    ogni  tratto  abbasso  qualche   cosa.  Dopo  la 
esperienza  che  ieri  han  fatta  a  proprie  spese  i  piu  accaniti   sprezza- 
tori  dell'  idea  religiosa,  oggi  sono  concordi    a  dichiarare    che  non  la 
si  deve  piu  assalire.  Avesse  anche  solo  il  risultamento   di  aprire  il 
varco  a  qualche  cosa  simile  a  tolleranza,  la  seduta  di  ieri,  che  ha  visto 
sfrondare  del  suo  orrido  lo  spettro  clericale,  come  spediente  di  Governo, 
non  sarebbe  senza  vantaggio».  D'altra  parte  il  Radical  asserisce  che 
la  caduta  del  rninistero  Meline  sarebbe  soltanto  un  lieve   incidente, 
ne  basterebbe  a  distruggere  il  novello  raggruppamento  avvenuto  nel 
Parlamento  e  che  e  tutt'altro  che  una  fortuita    e  momentanea   lega. 
5.  Avremmo  dunque  cosi  una  maggioranza  quasi  reazionaria?  Vi 
si  potrebbe  credere.  Poscia  la  mossa  del  sig.  Hubbard  intesa  a  sop- 
primere  1'ambasciata  presso  la  S.  Sede  fu  respinta  con  una  maggio- 
ranza di  poco  meno  di  quattro  cento  voti.  Altre  proposte  antireligiose 
so.no  state  anch'esse  respinte.  A  tenore  della  legge  del  1886  le  scuole 
dei  Fratelli  dovevano  essere  laicizzate  entro  il  periodo  di  cinque  anni ; 
e  cosi  fu  fcitto.  Non  ci  sono  piu  che  cinque  Religiosi  nelle  pubbliche 
scuole.  Le  scuole   poi   delle    fanciulle    hanno  a  essere   laicizzate   di 
mano  in  mano  che  accadono  vacanze  di  posti.  La  proposta  del  socia- 
lista Millerand,  di  laicizzare  in  due  anni  tutte  le  scuole  di  fanciulle, 
e  stata  respinta  con  327  voti  contro  239.  Vero  e  che  c'entra  in  parte 
la  questione  economica.  II  laicizzare  le  6850    scuole    rimanenti,  esi- 
gerebbe  un  aumento  di  quattro   milioni    annui,  oltre  68  milioni  per 
quattro  mila  edifizii  scolastici.  Le  9230  maestre  religiose  si  appagano 
di  modestissimi  alloggi;  inoltre  molti  degli  edifizii  scolastici  d'adesso 
sono  proprieta  loro,  e  furono  lasciate  per  testamento  col  patto  espli- 


CONTEMPORANEA  249 

cito  che  servano  soltanto  a  maestre  religiose.  Notiamo  di  passata, 
che,  sebbene  il  bilancio  assegni  ai  95,250  maestri  e  maestre  laiche 
119  milioni,  essi  tutti  non  ne  sono  per  nulla  soddisfatti,  e  doman- 
dano  aumenti.  II  bilancio  stenta  gia  abbastanza  per  provvedere  agli 
aumenti  previsti  dalla  legge  del  1886,  e  che  ogni  anno  ascendono  a 
parecchi  milioni.  La  Camera  si  e  un  po'  vendicata,  accrescendo  di 
4,300,000  franchi  i  sussidii  per  edifizii  scolastici,  e  ristabilendo  i 
300,000  franchi  che  il  Governo  voleva  risparmiare  mediante  la  sop- 
pressione  delle  scuole  normali,  che  non  hanno  piil  di  6  alunni  da 
tre  anni  in  qua.  Gli  e  vero  che  in  un  anno  di  elezioni  non  e  da 
persone  prudenti  sopprimere  certe  spese,  onde  traggono  vantaggio 
certe  elezioni,  ne  d'imitare  d'altro  canto  gli  elettori  con  laicizzamenti 
troppo  stridenti  e  troppo  numerosi.  In  quanto  all' insegnamento  il 
relatore  sig.  Bouge  ha  fornite  cifre  significative.  Sulla  fine  del  pre- 
ceduto  anno  scolastico  i  110  licei  e  i  227  collegi  dello  Stato  nove- 
ravano  86,000  alunni,  e  80,000  gl' istituti  dei  frati  e  delle  monache. 
Alia  riapertura  delle  scuole  gl' istituti  dello  Stato  hanno  perduto  800 
alunni,  che  certamente  si  ritroveranno  presso  quelli  religiosi.  Ma  c'e 
di  meglio  ancora.  Sopra  gli  86,000  alunni  degl' istituti  officiali,  soli 
18,000  pagavano  pensione  intera,  50,000  fruivano  di  condono,  di 
diminuzioni,  e  18,500  favoriti  di  borse  di  studio  stanno  a  carico  del- 
1'erario,  riempito  da'  contribuenti.  Quanto  maggiormente  scema  il 
numero  degli  alunni,  tanto  piu  si  aggrava  la  parte  dello  Stato  nel 
mantenere  i  suoi  istituti.  Ogni  anno  c'e  da  assegnare  a  questo  scopo 
fondi  supplementari.  Soltanto  con  un  grande  rinforzo  di  danaro,  di 
gratuita  e  di  riduzioni,  riesce  lo  Stato  a  riempire  le  sue  scuole  se- 
condarie,  nelle  quali  tuttavolta  va  scemando  ogni  anno  il  numero 
degli  alunni. 

INDIE  ING-LES1  (Nostra    Corrispondenza).  1.  Guerra,    fame    e    peste.  — 

2.  Contrassegni  della  peste,  scoppiata  in  India,  e  studii  dei  medici.  — 

3.  Varii  rimedii  proposti  da  varii  dottori  ;  strana  cura  del  dott.  Frank 
Fawkins ;  storia  della  peste  dell'  India.  —  4.  Siccita  e  osservazioni  del 
sig.  Hutchins. 

.    J"  Tr 

1.  A  peste,  fame  et  hello  libera  nos  Domine.  Da  questo  ultimo  flagello 
siamo  oramai  liberi,  se  pure  si  pud  chiamare  flagello  la  guerra  di  Chitral, 
limitata  ad  una  remota  provincia  del  settentrione,  e  terminata  colla 
vittoria  per  le  armi  britanniche.  Ora  ci  troviamo  sotto  1'  incubo  della 
peste  che  non  vuol  cessare,  anzi  minaccia  di  spargersi  un  po'  per 
tutta  1'  India  e  far  buona  compagnia  alia  fame  che  oramai  si  fa  sen- 
tire  in  molti  distretti,  e  se  il  Signore  non  ci  manda  pioggia,  si  fara 
quasi  generale  per  tutto  il  paese. 


250  CRONACA 

2.  La  peste  scoppid  a  Bombay  alcuni  mesi  fa,  e  nessuno  sa  aneor 
dire  se  nata  spontaneamente  in  casa  o  importata  da  Hongkong  o  da 
Bagdad.  Sul  principio  le  si  diedero  varii  nomi,  e  non  si  voleva  con- 
fessare  esser  ella  la  vera  peste,  la  peste  bubonica  che  aveva  gia  altre 
volte  disertato  1'  Europa,  e  ultimamente  avea  fatto  prodezze  a  Hong- 
kong. I  sintomi  della  strana  malattia  peraltro  erano  tutti  caratteristici 
della  peste,  e  i  buboni  sotto  le  ascelle  del  paziente  ne  facevano  fede 
manifesta.  Se  non  che  i  medici  non  erano  ancora  convinti,  e  cid  per- 
che  nell'attento  esame  del  sangue  e  del  siero  dei  buboni  degli  appe- 
stati  non  avevano  ancora  trovato  il  bacillo  caratteristico  della  peste ; 
e  come  si  fa  ad  avere  la  peste  senza  averne  il  bacillo?  Ora  pero  pos- 
siamo  consolarci.  II  Dottor  Dutt  di  Calcutta  e  riuscito  finalmente  a 
scoprire  nel  sangue  degli  appestati  il  grande  assassino,  1'autore  della 
terribile  malattia,  il  temuto  bacillo  della  peste.  II  Dottor  Dutt  ha 
trovato  il  bacillo,  e  i  Professori  Haffkine  e  Hankin  ne  hanno  descritto 
i  rei  costumi,  la  vita  randagia,  il  trasferirsi  che  fa  da  un  corpo  al- 
1'altro,  da  un  paese  all'altro,  e  per  chi  ne  vuole,  ne  stanno  allevando 
un  esercito.  Grazie  dunque  alia  batteriologia,  se  avessimo  in  futuro 
la  sorte  di  incontrarci  con  questo  bel  mobile  sappiamo  chi  e,  e,  uomo 
avvisato  mezzo  salvato.  Quantunque,  a  vero  dire,  flnora  questo  bacillo 
si  e  dimostrato  assai  discrete.  Fino  al  13  ottobre  passato,  le  vittime 
della  peste  sommavano  a  215  sopra  325  casi.  I  dottori  promettevano 
che  in  poche  settimane  avrebbero  sbarazzato  Bombay  di  quel  forestiere 
malaugurato,  ma  invece  sembra  che  il  bacillo  voglia  mettervi  su  casa, 
a  dispetto  di  tutti  i  medici  del  mondo.  II  10  corr.  accaddero  entro 
48  ore  26  nuovi  casi,  dei  quali  23  ebbero  a  soccombere.  Nella  setti- 
mana  che  flni  col  10  ottobre,  Bombay  ebbe  623  morti  di  varie  ma- 
lattie,  laddove  nella  corrispondente  settimana  dell'anno  scorso  i  morti 
furono  solamente  429.  In  Bombay  il  Governo  ha  fatto  di  tutto  per 
separare  le  case  infette  e  impedire  il  propagarsi  dell'  infezione,  ma 
trova  molti  ostacoli  specialmente  da  parte  dei  privati  che  fanno  ogni 
sforzo  per  occultare  il  male,  a  fine  di  non  essere  costretti  ad  andare 
al  lazzaretto.  II  male  intanto  tende,  benche  lentamente,  a  propagarsi  *. 
Calcutta  ha  gia  avuto  qualche  caso,  e  le  condizioni  di  questa  citta 
sono  assai  inferior!  a  quelle  di  Bombay.  In  quasi  tutti  i  porti  del- 
1'  India  sono  state  ordinate  osservazioni  e  quarantene  per  le  navi  pro- 
venienti  da  Bombay,  ma  le  ferrovie  non  fanno  quarantena,  e  queste 
hanno  trasportate  fuori  della  citta  migliaia  e  migliaia  di  persone  che 
fuggono  dal  quartiere  infetto.  Finora  le  vittime  sono  stati  tutti  indi- 
geni,  ma  mentre  scrivo  giunge  la  nuova  che  un  europeo  e  morto  del 
terribile  morbo.  II  presente  non  incute  molto  timore,  ma  che  accadra 
1  Pur  troppo  su  i  primi  di  del  mese  di  decembre  si  e  avverato  quel 
che  il  nostro  Corrispondente  scriveva  il  20  novembre. 


CONTEMPORANEA  251 

in  future  se  il  temuto  bacillo  riesce  ad  allearsi  colla  fame,  ormai  certa 
per  molti  distretti  dell' India?  In  alcune  delle  province  a  maestro, 
il  bestiame  per  mancanza  di  foraggio  muore  abbandonato  nei  campi, 
e  1'aria  non  restera  per  certo  avvantaggiata  dalla  presenza  di  tante 
carogne. 

3.  E  le  medicine  contro  la  peste?  Oh  di  queste  ogni  giorno  n'esce 
fuori  una  rniova.  Un  corrispondente  del  Madras  Mail  dopo  aver  data 
la  peregrina  notizia  che  la  peste  risale  ai  tempi  del  Profeta  Salomone, 
asserisce  che  questi  la  guari  in  Aden  col  dare  ai  pazienti  semi  di 
caffe  arrostiti  e  unti  di  burro  diluito ;  donde  1'  autore  della  ricetta 
conchiude  colle  lodi  del  caffe  ed  esorta  ognuno  a  fame  il  maggior  uso 
possibile.  Questo  corrispondente  del  Profeta  Salomone  deve  essere,  a 
quanto  pare,  un  mercante  di  caffe.  Altri  come  il  D.r  Tersin  ha  man- 
dato  dall'Annam  a  Calcutta  una  certa  quantita  di  siero  preso  da  pic- 
cioni,  topi  ed  altri  animali  artificialmente  appestati  per  inoculare  1'in- 
fezione  bubonica.  Medici  poi  e  ciarlatani  Indu  e  Maomettani  corrono 
il  paese  infetto  a  spacciare  le  loro  miracolose  medicine.  II  D.r  Frank 
Fawkins  e  un  giovane  medico  di  Bombay,  specialista  in  malattie 
contagiose,  che  si  crede  possessore  di  un  rimedio  infallibile  contro  la 
peste  bubonica.  Si  presento  tempo  fa  alia  Commissione  sanitaria  di 
Bombay  e  le  profferse  i  proprii  servigi  a  benefizio  degli  appestati. 
Credeva  venuta  la  sua  ora,  ma  sfortunatamente  la  via  della  gloria  gli 
venne  chiusa  dal  fermo  benche  gentile  rifiuto  della  Commissione,  che 
ormai  e  piu  seccata  dei  medici  e  delle  medicine  che  della  stessa  pe- 
ste. Meditava  tristamente  sulla  instability  della  fortuna,  quando  due* 
giorni  dopo  gli  capito  un  biglietto.  cosi  concepito:  «  Caro  Dottore.  Mio 
marito  sta  molto  male,  e  temo  non  sia  colto  dalla  peste.  Per  .amor 
di  Dio,  venite  subito.  »  Nellie  Jardine.  Jack  Jardine  e  F  amico  del 
cuore  del  nostro  dottore,  e  per  sopra  piu  sposo  novello.  Oh !  adesso 
e  giunta  la  mia  ora,  pensa  il  Dottore,  e  via  a  curare  la  peste  del  caro 
amico.  Alia  porta  della  casa  trovo  la  Signora  che  lo  aspettava :  gra- 
zie,  Dottore,  dice  ella:  avete  fatto  bene  a  venire,  sta  cosi  male  !  II  po- 
vero  Jack  giaceva  immobile  sul  suo  letto  e  affatto  inconscio.  E  peste, 
e  peste,  grida  il  dottore,  e  seiiza  por  tempo  in  mezzo,  aiutato  dalla 
Signora  piu  morta  che  viva  pel  timore  di  perdere  il  marito  durante 
la  luna  di  miele,  fa  accendere  nella  camera  del  paziente  un  piccolo 
braciere,  vi  pone  sopra  una  padellina  che  riempie  di  varie  droghe. 
AI  denso  fumo  e  alia  puzza  abbominevole  che  si  alzo  dal  braciere  il 
Dottore  e  la  Signora  stentarono  a  tenersi  fermi,  mentre  il  povero  am- 
malato  pur  restando  fuori  dei  sensi  tossiva  disperatamente.  Allora  il 
Dottore  mescolo  il  contenuto  della  terrina  con  un  po'  di  olio,  e  con 
questa  miscela  unse  tutto  il  corpo  del  paziente,  facendogliene  allo 
stesso  tempo  prendere  qualche  parte  internamente,  e,  assicurando  la 


252  CRONACA 

Signora  che  presto  1'ammalato  si  riavrebbe,  sicuro  del  fatto  suo  prese 
per  allora  commiato.  Dopo  alcune  ore  ritorno  a  visitare  1'amico,  ma 
quale  non  fu  la  sua  meraviglia  quando  gli  vide  la  faccia  coperta  di 
un  folto  pelo  nero  come  1'ebano?  A  tal  vista  il  Dottore  trasali;  egli 
non  si  aspettava  dalla  sua  medicina  un  effetto  cosi  strano,  tanto  piu 
che  naturalmente  1'amico  Jack  aveva  un  volto  bianco  bianco  e  quasi 
quasi  senza  un  pelo,  mentre  in  quella  vece  aveva  una  bella  capiglia- 
tura  bionda.  La  Signora  esterrefatta  guardava  il  Dottore,  e  questi  quel 
pelo  misterioso  che  in  poche  ore  era  nato  sulle  guancie  delFamico. 
Del  resto  la  febbre  non  era  punto  calata,  e  i  soliti  buboni  non  appa- 
rivano  ancora.  Ma  che  importa?  Peste  bubonica  era  quella,  e  la  me- 
dicina dovea  trionfarne.  Pero  fece  coraggio  alia  povera  Nellie  e  pro- 
mise che  sarebbe  tomato  piu  tardi :  continuasse  ai  debiti  intervalli 
ad  ungere  il  marito  e  a  fargli  bere  alcuni  sorsi  della  meravigliosa 
medicina:  chi  la  dura  la  vince.  Torno  una  terza  volta  sull'imbru- 
nire,  a  visitare  il  malato  e  trovo  la  Signora  in  convulsion!  di  spa- 
vento.  Sul  letto  dell'ammalato  e  sparse  per  terra  giacevano  le  ricche 
ciocche  dei  biondi  e  ricciuti  capelli  del  povero  Jack,  e  la  sua  testa 
•era  nuda  bianca  e  lucente  come  una  palla  di  bigliardo,  mentre  la  sua 
faccia  era  coperta  di  un  pelo  nero  come  1'ebano.  II  Dottore  era  con- 
fuso,  perplesso,  annichilato,  e  quel  che  piu  monta  il  corpo  del  po- 
vero paziente  era  tutto  una  piaga.  Pien  di  flducia  pero  nel  buon  suo 
cesso  della  sua  medicina  fece  animo  alia  Signora,  e  se  ne  andd  pro- 
mettendo  che  sarebbe  ritornato  dopo  aver  preso  parte  ad  un  pranzo 
ufflciale  dal  quale  non  poteva  dispensarsi.  Or  accadde  che  a  notte 
inoltrata  1'Ispettore  Generale  Dottor  Waxey,  facendo  ritorno  in  car- 
rozza  dallo  stesso  pranzo,  ebbe  quasi  a  schiacciare  sotto  le  ruote  un 
Europeo  che  giaceva  svenuto  in  mezzo  alia  via.  Portato  entro  la 
casa  di  quello  venne  riconosciuto  per  Jack  Jardine.  Accorse  in  fretta 
il  D.r  Fox  mentre  si  mandava  per  la  Signora  Jardine.  In  questo  mentre 
il  nostro  Dottore  Frank  Fawkins  arrivava  a  casa  Jardine,  dove  gli  fu 
detto,  che  mentre  la  Signora  era  assente  per  un  momento  dalla  ca- 
mera dell'  infermo,  questi  si  era  levato  dal  letto  come  furioso  ed  era 
fuggito  di  casa,  e  allora  si  trovava  presso  il  Dottor  Waxey.  Cola  si 
porto  sgomentato  il  Dottore,  e  venne  accolto  con  una  tremenda  raman- 
zina  dal  vecchio  Ispettore,  che  lo  sgrido  severamente  per  aver  curato 
in  maniera  cosi  stravagante  e  quasi  fosse  affetto  da  peste  il  povero 
Jack  Jardine,  mentre  non  si  trattava  di  altro  che  di  un  leggiero  colpo 
di  sole,  e  fini  dicendo :  «  Ecco  qua  •  questo  Dottore  in  erba  che  pre- 
tendeva  di  cacciare  la  peste  da  Bombay,  e  fu  a  un  pelo  in  vece  di 
cacciare  violentemente  il  povero  Jack  dal  mondo.  Lei  meriterebbe  di 
essere  deferito  alle  autorita  ed  espulso  dal  servizio.  Preferisco  gli  idioti, 
signore;  preferisco  gl'idioti.  »  Questo  fatto,  com'e  naturale,  fece  il  giro 


CONTEMPORANEA  253 

del  giornali,  non  punto  a  vantaggio  del  glorioso  avvenire  del  Dott.  Faw- 
kins,  e  a  lode  della  scienza  europea.  Del  resto,  come  gia  dicemmo,  la 
peste  non  incute  molto  timore,  perche,  quantunque  sia  falso  che  questa 
terribile  malattia  non  sia  mai  prima  d'ora  apparsa  di  qua  dall'Indo,  pure 
e  vero  che  non  fece  mai  molta  strage.  Sembra  che  la  peste  bubonica 
ami  le  regioni  temperate  e  rifugga  parimente  dai  caldi  stemperati 
come  dal  troppo  freddo,  di  che  non  la  si  pud  accusare  di  cattivo  gusto. 
Certo  e  pero  che  essa  in  questo  secolo  fece  la  sua  comparsa  in  Gu- 
zerat,  in  Kattyawar  e  in  Hyderabad  nel  1815  dopo  tre  anni  di  fame. 
Eitorno  nel  1836  e  si  fe'  sentire  alquanto  a  Pali  nel  Marwar,  e  mori 
spontaneamente  in  ambedue  i  casi  nella  stagione  calda.  I  nativi  la 
chiamano  Maha  murree. 

4.  Che  se  il  flagello  della  peste  fa  poca  paura  ai  privati  e  al  Governo, 
il  flagello  della  fame  che  ci  minaccia  tiene  invece  in  sospensione  tutti 
gli  animi.  In  Europa  quando  uno  non  sa  che  dire,  ovvero,  parlando 
non  vuol  dir  niente,  parla  del  tempo,  argomento  che  non  dura  mai  il 
medesimo  per  una  settimana  di  fila.  Qui  invece,  quando  le  stagioni 
corrono  regolari,  nessuno  pensa  a  questo  fonte  perenne  di  conversa- 
zione, perche  la  pioggia  e  il  secco  si  succedono  non  ad  intervalli  di 
un  giorno  o  due,  ma  di  mesi  e  mesi,  colla  massima  monotonia  e  rego- 
larita.  Questo  anno  pero  non  e  cosi.  II  monsone  del  sud-ovest  in  alcune 
province  fu  tardivo,  dappertutto  fini  troppo  presto,  e  quello  del  nord-est 
non  si  fa  ancora  vedere,  e  noi  come  tanti  astronomi  stiamo  continua- 
mente  contemplando  il  cielo  per  vedere  se  spuntano  finalmente  le  nubi 
che  ci  devono  recare  la  tanto  desiderata  pioggia.  E  qui  e  da  notare 
una  coincidenza  singolare.  In  un  numero  della  Nature  del  passato  aprile 
il  Sig.  D.  E.  Hutchins,  Conservatore  di  foreste  al  Capo  di  Buona-Spe- 
ranza,  predisse  che  i  rnonsoni  dell'India  avrebbero  fallito,  e  fondava  la 
sua  predivdone  sulla  teoria  dei  cicli.  Secondo  lui  il  ciclo  di  nove  anni 
e  mezzo  e  uno  dei  piu  important!  fattori  che  entrino  nelle  variazioni 
atmosferiche  dell' Africa  meridionale.  Or  cola  nel  1876-77,  cioe  appunto 
19  anni  fa,  mancarono  quasi  interamente  le  pioggie  regolari  del  sud-est, 
e  nell'India  quelle  del  monsone  di  sud-ovest,  donde  la  terribile  sic- 
cita  e  carestia  che  diserto  questo  ultimo  paese.  La  medesima  cosa  si 
•fe  rinnovata  questo  anno  in  ambedue  i  continenti,  e,  cio  che  aumenta 
la  meraviglia,  la  stessa  siccita  ebbe  luogo  19  anni  fa,  ed  e  ritornata 
anche  questo  anno  in  Australia.  E  ella  una  fortuita  coincidenza  cotesta? 
Forse  e  troppo  presto  per  giudicare  della  causa  di  questi  curiosi  sin- 
cronismi ;  quello  pero  che  6  fuori  di  dubbio,  e  la  certa  relazione  che 
corre  fra  le  condizioni  meteorologiche  del  sud  dell 'Africa  e  quelle 
•dell'India. 


254  CRONACA 

IV. 
COSE  VAR1E 

1.  Natura  delle  Porte  di  Ferro.  —  2.  Correzione  delle  Porte  di  Ferro.  — 
3.  La  Gerarchia  napoletana.  —  4.  Notizie  sulle  carceri  e  sui  detenuti 
in  Italia. 

1.  Natura  delle  Porte  di  Ferro.  La  dove  il  Danubio  si  apre  un 
varco  tra  le  alpi  transilvaniche  per  un  tratto  di  100  chilometri,  e 
specialmente  fra  Drenkowa  e  1' isola  Sib,  alle  Porte  di  Ferro,  stretti, 
vortici  e  cataratte  costitaiscono  tutte  insieme  un  ostacolo  grave  alia 
aavigazione.  I  vortici  sono  formati  dalle  rocce  ineguali  che  sorgono 
dal  letto  del  fiume,  e  che  appunto  vicino  alle  Porte  di  Ferro  sono 
d'assai  maggiori.  Essi  cominciano  dal  cosiddetto  «  Struden  » :  li  una 
grossa  barra  granitica  taglia  obliquamente  la  corrente,  e  per  la  cor- 
rosione  di  questa  la  scinde  in  varie  ramificazioni.  A  forza  di  mine 
e  stata  gia  da  molto  tempo  migliorata  la  navigazione  del  fiume,  ed 
anche  il  gorgo  fortissimo  che  si  forma va  sotto  quel  risalto,  e  stato 
in  gran  parte  diminuito.  Poi  vengono  le  cataratte  di  Bazias  con  re- 
stringimento  della  corrente  e  con  rapide :  li  sono  pure  la  rupe  Ba- 
bakaj  assai  sporgente  e  gli  scogli  di  Stenka  che  sono  da  3  decimetri 
a  1  metro  e  7  centimetri  sotto  il  livello  delle  acque.  Piu  in  la  tro- 
vansi  le  rupi  di  Kozla,  di  Dojke,  di  Bivole  e  di  Izlas  e  i  banchi  di 
Tachtabia  ove  la  corrente  per  esser  piu  bassa,  e  ancor  piu  rapida. 
La  corrente  poi,  dopo  esser  passata  tra  le  strette  rocce  di  Greben  (e 
gli  argini  sassosi  di  Inez,  piega  ad  angolo  retto  verso  il  famoso  passo 
di  Kazan.  Mentre  il  Danubio  dalla  sua  ordinaria  larghezza,  da  uno 
a  due  chilometri,  si  restringe  presso  Dojke  a  380  nietri  e  (al  tempo 
delle  acque  basse)  a  220  metri  presso  Greben,  vicino  a  Kazan  invece 
si  serra  fra  le  rocce  sporgenti  entro  151  metri.  Conseguenza  di  un 
siffatto  restringimento  e  un  prodigioso  ingorgo  di  acque.  Per  avere 
un'idea  del  paesaggio  s'immaginino  i  lettori  alFentrata  del  passaggio 
del  fiume  due  ripide  scogliere  e  rocce  nude :  a  sinistra  una  via  vera- 
mente  artistica  e  lunga  aperta  da  30  anni,  sotto  le  rupi  pendenti 
dall'alto :  la  poi,  dove  maggiore  e  la  stretta,  due  pareti  di  sasso  che 
si  levano  a  perpendicolo  a  325  metri,  1'una  a  destra  del  Mirotsch 
Planina,  1'altra  a  sinistra  del  monte  Schukamare.  A  foggia  di  quinte 
da  teatro  si  presentano  poi  enormi  denti  a  fila,  contro  cui  la  corrente 
si  spezza;  mentre  a  sinistra  si  precipita  giii  da  uno  spalto  un  fiu- 
micello  appunto  li  ove  la  corrente  e  piu  stretta  e  profonda  32,6  metri 
e  raggiunge  una  rapidita  impetuosa.  La  larghezza  minima  e  di  151 
metro  e  70  centimetri :  e  siccome  quasi  uguale  e  la  profondita,  la 


CONTEMPORANEA  255 

corrente  prende  un  taglio  quadrate.  Questo   passaggio    bipartite   del 
Kazan  si  estende  per  circa  un  miglio  geograflco. 

2.  Correzione  delle  Porte  di  Ferro.  I  tentativi  per  correggere  il 
corso  di  questo  tratto  del  Danubio  rimontano  ai  primi  imperatori  ro- 
mani,  e  per  le  vicende  politiche  s'  indugio  sino  al  congresso  di  Ber- 
lino  (a.  1878)  a  mettere  mano  all'opera.  II  congresso  ne  die  1'  inca- 
rico  all'Ungheria,  uno  degli  Stati  vicini  piu  capevole  di  tanto  ardimento. 
L'Ungheria  nell'  imprendere  1'esecuzione  della  convenzione  fece  sten- 
dere  da  una  commissione  internazionale  un  parere  sui  disegni  proposti. 
L'  impresa  richiese  tanti  lavori  preparatorii  che  passarono  dieci  anni 
prima  che  1'  importante  lavoro  fosse  cominciato.  Finalmente  nell'anno 
1888  furono  stabiliti  per  legge  come  provvigione  nove  milioni  di  fio- 
rini  per  1'esecuzione  del  lavoro  alle  Porte  di  Ferro,  e  il  15  decem- 
bre  ne  fu  fatta  la  solenne  inaugurazione. 

Le  scogliere  delle  Porte  di  Ferro  cominciano  presso  1'  isola  Ada 
Kaleh  ed  hanno  una  larghezza  da  600  a  950  metri  e  una  lunghezza 
di  2  chilometri  ed  una  rapida  corrente  a  cagione  della  conformazione 
speciale  del  letto,  specialmente  alle  sponde,  ove  era  inoltre  impedita 
la  navigazione  dalla  bassezza  delle  acque.  Un  viaggiatore  cosi  si 
esprime :  «  Quella  parte  delle  rocce  che  e  al  disopra  delle  acque  e 
frastaglia  per  ogni  verso  il  letto  della  corrente,  ha  1'aspetto  coine  d'un 
dorso  sassoso,  lungo  300  metri,  a  cui  piu  in  giu  si  concatena  una 
miriade  di  scogli  e  di  punte  che  formano  il  passaggio  al  banco  roc- 
cioso  chiamato  Prigrada.  Quest'ultimo  che  si  stende  obliquamente, 
di  verso  la  sponda  sinistra,  su  quasi  tutta  la  larghezza  del  letto  del  fiume, 
forma  il  maggiore  ostacolo  delle  cataTatte.  La  pleiade  di  scogli,  che 
attorniano  1'  isola  di  Balmi,  e  tanto  piu  pericolosa  alia  navigazione 
in  quanto  le  acque  che  formano  un  ristagno  straordinario  sul  banco 
soprastante,  traboccano  in  un  canale  largo  solo  113  metri,  fra  Pri- 
grada e  uno  sprone  di  roccia  sporgente  dalla  riva  sinistra,  e  rag- 
giungono  il  massimo  grado  di  velocita,  vale  a  dire  4  metri  e  75  cen- 
timetri.  Le  controcorrenti  e  i  vortici  rendono  sommamente  pericoloso 
quel  posto ;  si  spiega  quindi  perche  fosse  famoso  fin  da'  tempi  piu 
remoti.  La  piu  perfetta  conoscenza  del  luogo  e  le  piu  grandi  cautele 
non  erano  bastevoli  a  evitare  ogni  pericolo  per  la  navigazione  di 
questo  tratto.  »  —  II  disegno,  ormai  eseguito,  ebbe  in  mira  il  for- 
mare  canali  protetti  da  argini,  che  hanno  presso  le  cataratte  la  lar- 
ghezza di  60  metri  e  una  profondita  di  5  m.,  e  presso  le  Porte  di 
Ferro  una  larghezza  di  72  metri  e  3  di  profondita.  Per  la  costruzione 
di  quest'opera  sono  stati  fatti  saltare  in  aria  380,000  metri  cubi  di 
roccia,  furono  costruiti  560,000  metri  cubi  di  argini  in  pietra  e 
100,000  metri  quadra ti  di  scarpata  per  il  canale  e  per  gli  argini, 
ricoperta  qua  e  la  in  gran  parte  di  pietre.  L' inaugurazione  avveune 


256  CRONACA    CONTEMPORANEA 

con  gran  solennita  il  27  settembre  dell'a.  1896,  e  v'erano  presenti 
1'  imperatore  Francesco  Giuseppe  d'Austria,  re  Carlo  di  Eomenia,  re 
Alessandro  di  Serbia  e  solo  vi  mancava  il  principe  di  Bulgaria,  Fer- 
dinando.  Orsova,  citta  ungherese  sul  confine  della  Romenia,  ebbe 
1'onore  e  la  fortuna  di  ospitare  un  popolo  intero  di  varie  stirpi,  fe- 
stante  per  la  grau  conquista  del  lavoro  e  per  la  speranza  di  maggiori 
commerci.  (Da  un  viaggiatore  e  da  altri.) 

3.  La   gerarchia    napoletana.    A   proposito    della   morte   dell'Emo 
Card.  Sanfelice,  Arcivescovo  di  Napoli,  ci  piace  far  notare   le   gran- 
dezze  di  quell'antichissima  sede,  anzi  apostolica,  gloriosa  di  aver  avuto 
prelati  insigni  per  scienza,  nobilta,  e  soprattutto  per  santita. 

Questa  sede  va  gloriosa  di  118  pastori,  de'  quali  cinquantuno  fu- 
rono  soltanto  vescovi  e  cominciarono  con  S.  Aspreno  messo  dagli  Apo- 
stoli  e  finirono  con  S.  Marciano  al  secolo  X  ;  sessantasette  Arci vescovi 
cominciati  nell'anno  990  con  Sergio  I,  quando  fu  elevata  a  metropo- 
litana  la  chiesa  di  Napoli  da  Papa  Giovanni  XIII.  Fra  questi  prelati, 
ventisette  furono  principi  di  S.  Chiesa,  e  il  primo  fu  Annibaldo  da" 
Ceccano  nel  1326;  due  ascesero  anche  la  cattedra  di  S.  Pietro,  cioe 
Giampietro  Carafa,  (1549-1557)  sotto  il  nome  di  Papa  Paolo  IV,  e 
Antonio  Pignatelli  (1686-1691)  che  assunse  il  nome  di  Innocenzo  XII. 
Ha  avuto  anche  de'  religiosi,  specie  benedettini  e  teatini,  e  sono  stati 
nove.  Dall'Arciv.  Luigi  Ruffo  Scilla  in  poi,  gli  ultimi  quattro  furono 
tutti  cardinali :  1'ultimo  Arcivescovo  non  Cardinale,  fu  Gianvincenzo 
Monforte  a  principio  di  questo  secolo  (18012).  Ma  quello  che  forma 
la  massiina  gloria  della  sede  partenopea  e  la  santita  onde  furono  ricchi 
quei  successori  degli  apostoli:  ne  conta,  venerati  sugli  altari,  come 
santi  trentadue,  e  come  beati  tre. 

4.  Notizie  suite  Carceri  e  sui  detenuti  in  Italia.  Gli  stabilimenti  di 
detenzione   preventiva,  di   pena  e  di   correzione  in  Italia   fino   al  30 
giugno  1894  erano  in  complesso  n.°  1605,  epotevano  contenere  103,097 
individui.  Nelle  carceri,  negli  stabilimenti  di  pena  e  di  correzione  vi 
erano  7881  cella  per  la  segregazione  continua,  3449  celle  per  la  se- 
parazione  notturna  e  91,767    posti   per   vita   comune.  II  numero  dei 
detenuti  negli   anni  1892,  1893  e  1894  (30  giugno)  fu  il  seguente: 

1892 N.  69,316 

1893 »     64,194 

1894 »     70,939 

Nell'anno  1893-94  pel  mantenimento  dei  detenuti  si  spese  ]a 
somma  di  L.  14,966,197,06  da  cui  del'alcando  L.  2,345,065,15  per 
guadagni  ricavati  dal  lavoro  o  per  altri  introiti  si  ha  che  le  spese 
nette  di  mantenimento  ascesero  a  L.  12,621,131,91. 


DI  UNA  ACCADEMIA  COSTITUZIONALE 


i. 


Nel  campo,  e  tra  i  piu  forti  campion!  del  sabaudismo,  si 
e  dianzi  levata  una  disputa  bizzarra,  intorno  a  quello  che  si 
venera  per  sacro  palladio  della  nuova  Italia,  lo  Statute.  La 
disputa,  conforme  lo  ha  notato  la  Tribuna  di  Roma  *,  e  stata 
puramente  accademica,  s'  intende ;  ed  ha  lasciato  il  tempo  che 
ha  trovato.  Nelle  menti  che  pensano  pero  ha  potuto  gittare 
semi  di  verita,  che  non  resteranno  forse  infecondi. 

L'origine  non  si  potrebbe  dire  quale  sia  stata.  Poco  fa,  noi 
pubblicammo  un  articolo,  sul  valore  pratico  e  teorico  che  il 
parlamentarismo  dk  alia  vieta  formola  costituzionale,  del  Re 
che  regna  e  non  governa.  E  lo  pubblicammo,  non  per  mettere 
sul  tappeto  oziose  questioni  costituzionali,  ma  per  iscolpare  i 
cattolici  dall'accusa  d'inerzia  e  freddezza,  verso  il  principle 
d'autorita,  sussistente  uella  Monarchia  che  regge  1' Italia.  Ne 
ci  riusci  difficile  dimostrare  che  questo  principio,  stante  F  aperta 
violazione  fatta  dello  Statuto,  non  sussisteva  altrimenti  che  in 
una  finzione,  essendosi  preteso  di  ridurre,  nella  Monarchia,  il 
Principe  ad  una  mera  impersonalita  politica  e  morale,  sedente 
in  trono.  E  non  recammo  ciance,  ne  flabe ;  ma  fatti,  argomenti 
e  documenti,  che  provavano  la  rivoluzione  operatasi  del  costi- 
tuzionalismo  legale,  in  parlamentarismo  abusive,  sotto  Fillu- 
sorio  pretesto,  che  il  Re  costituzionale  deve  regnare,  perche 
Re,  ma  non  pub  governare,  perche  irresponsabile.  Posto  cio, 
ne  tirammo  per  conseguenza,  che  vanamente  i  liberali  chie- 
dono  ai  cattolici  1'ossequio  e  1'appoggio  ad  un  principio,  che 

1  Num.  del  10  gennaio,  1897. 
Strie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1119.  17  25  gennaio  1*97. 


258  DI   UNA   ACCADEMIA 

i  liberal!  stessi  hannjo  spento  dove  avrebbe  da  avere  la  natu- 
rale  ed  essenziale  sua  sede,  e  messovi  invece  magni  nominis 
umbram  *. 

ISOpinione  liberals  prese  come  «  lanciato  contro  di  se  il 
pesante  articolo  della  Civilta  Cattolica  2  »  e  s'  inganno ;  che 
non  mirammo  punto  a  lei,  avvegnache  vi  alludessimo  ad  al- 
cuni  suoi  concetti,  che  servivano  di  rincalzo  alia  nostra  tesi. 
La  quale,  con  tutt'altro  intendimento  dal  nostro,  e  poi  stata 
ripigliata  in  mano  da  un  deputato  anonimo,  nella  Nuova  An- 
lologia,  coll'articolo  Torniamo  allo  Statulo  3,  d'onde,  fra  i  mag- 
giorenti  del  giornalismo  liberalesco,  e  sorto  1'accademico  torneo. 

II. 

Lo  scrittore  non  si  &  tardato  a  risapere  essere  il  gia  mi- 
nistro  Sydney-Sonnino.  Costui,  togliendo  a  trattare  la  perico- 
losa  questione  del  potere  regio  nelle  libere  istituzioni,  si  e 
studiato  di  evitare  gli  scogli,  nei  quali  urtarono  Ruggero  Bon- 
ghi,  co'  suoi  Doveri  del  Principe,  ed  Eduardo  Scarfoglio,  col 
suo  Maltino:  di  che  il  primo  perdette  le  grazie  della  corte, 
ed  il  secondo  ebbe  sequestrate  il  giornale.  L'accorto  israelita 
e  stato  piii  destro:  con  molta  arte  ha  girate  le  punte,  senza 
toccarle. 

Assunto  suo  e,  in  sostanza,  che  la  corruzione  della  vita  pub- 
blica  liberale  in  Italia,  e  dovunque  florisce  il  parlamentarismo, 
viene  da  cio  che  1'autorita  del  Re  e  del  Parlamento  e  tutta 
passata,  col  potere  esecutivo,  nel  Ministero;  cosi  che  il  reg- 
gimento  politico  6  ora  mutato  nella  stessa  radice,  contro  la 
lettera  e  lo  spirito  dello  Statute.  In  cambio  di  una  Monarchia 
democratica,  si  ha  una  vera  oligarchia,  senza  freno  di  sopra 
e  senza  sindacato  di  sotto.  Questo  e  il  male  che  tutto  ha  in- 
fettato  e  guasto  1'organismo  del  Governo. 

1  V.  Civilta  Cattolica,  nel  quaderno  1116, 1'articolo  I  Cattolici  e  il  Regno 
parlatnentare. 

4  Num.  del  5  gennaio,  1897. 
3  Fascicolo  I  del  gennaio  1897. 


COSTITUZIONALE  259 

Ma  qual  e  il  riraedio  ?  Che  si  rientri  nella  buona  strada,  e 
si  torni  all'osservanza  stretta  dello  Statute.  Si  reintegri  il  Re 
ne'  suoi  diritti,  si  liberi  il  Parlamento  dai  lacci  del  Ministero, 
e  si  riconduca  questo,  che  e  potere  unicamente  responsabile, 
all'ufficio  suo  di  iatermediario  fra  la  Corona  e  il  Parlamento. 

A  quest' appello  di  riforma  chiaro  6  che,  dalle  varie  fa- 
zioni  del  sabaudismo,  non  poteva  rispondersi  se  non  in  vario 
modo.  L' una,  coll'aulica  Nazione  di  Firenze,  ha  fatto  plauso 
ed  e  andata  in  brodo  di  succiole,  all'  idea  di  raccogliere  il 
piu  di  autoritk  che  fosse  possibile  in  mano  del  Re :  Faltra,  colla 
spregiudicata  Lombardia  di  Milano,  si  e  scandalizzata  [della 
proposta  di  spossessare  il  Parlamento  della  sovrana  ed  effet- 
tiva  potesta,  che  gli  compete :  la  terza,  colPufflciosa  Opinione 
di  Roma,  si  6  meravigliata  che  siasi  dato  corso  ad  un  para- 
dosso,  il  quale  tenderebbe  a  sminuire  la  responsabile  onnipo- 
tenza  del  Ministero. 

Ma,  in  somma,  nessuna  parte  si  6  ardita  di  negare,  o  di  met- 
tere  in  dubbio,  che  lo  Statuto,  quale  usci  dalle  mani  di  Carlo 
Alberto,  sia  violate.  Quindi  1'invito:  Torniamo  allo  Statuto, 
benchfe  sia  di  voce  nel  deserto,  non  e  invito  senza  ragione. 

III. 

Ed  ecco  in  compendio  gli  argomenti  del  Sonnino.  Da  una 
usurpazione,  e  proceduta  un'altra  usurpazione  peggiore.  La 
Camera  si  £  appropriati  i  diritti  del  potere  esecutivo,  in  quanto 
e  perche  ha  voluto  che  i  ministri  rappresentassero  la  sua  mag- 
gioranza,  da  questa  fossero  indicati  e  da  questa  dipendessero  : 
ed  il  Ministero  quelli  della  Corona,  trasferendoli  nella  Camera, 
dalla  quale  riconosce  1'esistenza  sua. 

Da  quest'abuso  &  derivato  che  «  il  Ministero,  facendosi  stru- 
mento  e  sgabello  delle  pretese  dottrinarie  e  delle  crescenti 
usurpazioni  della  Camera  dei  deputati,  che  vorrebbe  arrogare 
a  se  sola  il  diritto  di  parlare  come  interprete  della  volontk 
della  nazione,  e  riuscito  a  dichiararsi  a  sua  volta  la  emana- 
zione  legittima  e  autorizzata  della  rappresentanza  nazionale, 


260  DI    UNA   ACCADEMIA 

ad  una  progressiva  ed  effettiva  usurpazione  di  quasi  tutte  le 
funzioni  normal!  della  Corona,  facendone  altrettante  funzioni 
direttamente  da  se  dipendenti,  e  tende  sempre  piu  a  mettere 
nell'ombra  il  Principe ;  mentre  al  tempo  stesso  ha,  d'altro  canto, 
snaturate  o  distrutte  le  funzioni  proprie  della  Camera  elettiva. 
La  Camera,  avendo  voluto  invadere  le  competenze  altrui  e 
governare,  e  venuta  invece  a  perdere  anche  di  fatto  Peser- 
cizio  libero  delle  stesse  funzioni  legislative,  attribuitele  dallo 
Statuto;  e  si  trova,  ogni  giorno  piu,  mancipia  del  Ministero.* 

L'autore  si  ferma  lungamente  a  discorrere  dei  procedimenti 
con  cui  sorgono  i  Gabinetti  e  si  mantengono,  a  dispetto  quasi 
di  Dio  e  dei  santi,  come  se  avessero  un  titolo  giuridico  pro- 
prio  e  diritti  loro,  fuori  della  Corona  e  del  Parlamento.  Questo 
e  un  nuovo  potere,  sorto  a  poco  a  poco,  ed  intrusosi  fra  le 
ruote  maestre  del  meccanismo,  delle  quali  ha  occupato  il  luogo ; 
ma  non  compreso  nello  Statuto.  Esso  ora  si  contrappone  alia 
Camera,  nel  nome  dei  diritti  del  Governo,  proprii  della  Corona; 
ed  ora  contrasta  alia  Corona,  invocando  i  diritti  della  mag- 
gioranza  dei  deputati,  della  quale  si  arroga  di  essere  il  rap- 
presentante.  Tal  e  il  Ministero,  considerato  come  istituzione 
sui  iuris,  da  se. 

Ora  lo  Statuto  dispone  tassativamente,  che  il  Re  nomina  e 
revoca  i  suoi  ministri:  che  a  lui  solo  appartiene  il  potere  ese- 
cutivo ;  che  egli  nomiua  a  tutte  le  cariche  dello  Stato  e  via  via ; 
e  quanto  alle  funzioni  dei  ministri  (che  di  Ministero  non  fa 
mai  parola)  stabilisce  urticamente,  che  essi  sono  responsabili 
dell'azione  del  Principe,  e  debbono  controflrmare  le  leggi  e  gli 
atti  del  Governo.  Fuori  di  cio,  lo  Stato  piglia  persona  nel  Prin- 
cipe :  egli  ne  rappresenta  la  tradizione,  la  continuita,  la  stabi- 
litk  degli  ordinamenti ;  in  lui  si  epHoga  1'interesse  generale,  pel 
presente  e  pel  future. 

Adunque,  soggiunge  egli:  Torniamo  allo  Statuto.  «  Da  tale 
ritorno  dipende  tutto  il  risanamento  della  nostra  vita  parla- 
mentare,  compresevi  tanto  la  liberazione  del  deputato  dalle 
pressioni  degli  elettori,  perche  giorno  per  giorno  s'  intrometta 
nelPamministrazione  della  cosa  pubblica,  per  favorire  i  loro  in- 


COST1TUZIONALE  261 

teressi  personal! ;  quanto  la  liberazione  dei  ministri  dalle  ille- 
cite  pressioni  ed  ingerenze  parlamentari.  Rivendicate  al  So- 
vrano  i  suoi  diritti,  e  facilmente  vi  riuscira  delimitare  i  po- 
teri  della  Camera  elettiva,  rinfrancare  quelli  della  Camera 
vitalizia,  e  per  di  piu  riattivare  la  vita  e  1'azione  di  entrambe, 
ritornandole  alle  loro  vere  funzioni.  » 

Ed  inflne  conchiude:  «Vogliamo  la  monarchia  liberale  e 
rappresentativa  dello  Statute,  col  Monarca,  principe  effettivo  ed 
attivo,  non  consegnato  bendato  nelle  mani  di  un  maire  du 
palais,  che  si  chiami  il  presidente  del  Consiglio.  La  Camera 
elettiva  e  il  Senato  vitalizio  debbono  cooperare  attivamente 
alia  legislazione,  ed  inoltre  sindacare  sempre,  discutere  e  fre- 
nare  gli  atti  e  1'indirizzo  del  Governo,  mediante  la  loro  azione, 
tanto  sui  ministri  responsabili,  quanto  sulle  leggi  e  sui  bilanci 
da  loro  presentati.  Ma  essi  non  debbono  esercitare,  ne  diret- 
tamente,  ne  per  mezzo  di  uno  o  piu  loro  delegati,  il  potere  ese- 
cutivo,  che  e  di  esclusiva  competenza  del  Principe ;  il  quale  a 
sua  volta,  come  ogni  altro  potere  o  persona,  e  subordinate 
alia  legge,  nella  formazione  della  quale  concorre  anch'egli, 
col  diritto  di  proposta  e  col  diritto  di  sanzione. » 

IV. 

Tutto  bene.  Ma  si  ha  da  tornare  allo  Statute  soltanto  per 
quel  che  riguarda  le  prerogative  regie,  messe  in  un  canto,  o 
non  anzi  ancora  per  quel  che  riguarda  altri  molti  diritti,  dallo 
Statute  affermati,  ed  arbitrariamente  avuti  in  non  cale  ?  Spesso, 
troppo  spesso  si  odono  e  si  leggono  lamenti  acerbi  di  trasgres- 
sioni,  non  meno  patenti  che  odiose,  di  quel  patto  fondamen- 
tale,  che  pure  fu  soggetto  implicito  dei  plebisciti  famosi. 

La  requisitoria  del  deputato  Sonnino  ci  ha  rimessa  in  mente 
1'altra  del  deputato  Giuseppe  Romano,  il  qjuale,  anni  indietro, 
ricorrendo  le  elezioni  per  la  XV  legislatura,  aiutava  i  suoi  gia 
colleghi  a  fare  un  esame  di  coscienza  costituzionale. 

Dopo  numerati  i  danni  finanziarii,  morali  e  sociali  arrecati 
al  paese,  cosi  passava  specificatamente  alle  violazioni  dello  Sta- 


262  DI   UNA   ACGADEMIA 

tuto :  «  Ne  abbiamo  violate  Particolo  24,  in  quanto  ai  diritti 
politici,  e  pel  modo  in  cui  abbiamo  ottenuto  il  diritto  all'am- 
missibilita  alle  cariche  civili  e  militari,  conferite,  non  secondo 
il  merito,  ma  con  le  passioni  di  partito.  Ne  abbiamo  violato 
1'articolo  26,  che  guarentisce  nel  modo  piii  assoluto  la  libertk 
del  cittadino  e  vieta  di  manometterla  con  leggi  eccezionali;  da 
noi  sancite.  Ne  abbiamo  violati  gli  articoli  25  e  29,  col  sistema 
tributario,  che  fa  pesare  i  carichi  dello  Stato,  piii  sul  povero 
e  meno  sul  ricco;  e  con  le  tasse  di  registro,  di  successione 
eccetera,  che  confiscano  una  parte  di  quella  proprieta,  che  la 
Statuto  dichiara  inviolabile.  Ne  abbiamo  violati  gli  articoli  27 
e  28,  con  arbitrarie  visite  domiciliari  ed  arbitrarii  sequestri 
della  stampa.  Ne  abbiamo  violato  1'articolo  32,  con  arbitrii  che 
inceppano  il  diritto  di  adunarsi  paciflcamente  e  senz'armi  *. » 

Ne  qui  e  tutto,  ne  qui  e  il  peggio.  Egli  avrebbe  potuto 
aggiungere:  —  Noi  abbiamo  violato  1'articolo  1°  dello  Statuto, 
che  proclama  la  religione  cattolica,  religione  dello  Stato,  arti- 
colo  che  manupropria  fu  scritto  da  Carlo  Alberto  in  testa  al 
foglio  che  conteneva  gii  altri;  e  lo  abbiamo  violato,  favoreg- 
giando  tutti  i  culti  opposti  al  cattolicismo  e  perseguitando  in 
aspre  guise  il  solo,  che  lo  Statuto  riconosce  per  proprio  della 
nazione.  Di  phi,  in  odio  a  questo  1°  articolo,  abbiamo  violato 
il  29°,  consumando  quelPimmane  atto  di  spogliazione  dei  beni 
della  Chiesa  e  degli  Ordini  religiosi,  il  quale,  secondo  il  di- 
ritto, tanto  costituzionale,  quanto  naturale,  grida  vendetta  al 
cospetto  di  Dio  e  degli  uomini. 

Or  il  Sonnino  a  qual  mira  vorrebb'egli  rivolta  la  sua  ri- 
forma,  ossia  il  suo  ritorno  allo  Statuto?  A  risarcire  forse  tutti 
i  diritti  lesi,  cosi  del  Principe  e  del  Parlamento,  come  dei  citta- 
dini  in  genere  e  della  Chiesa? 

Y. 

Niente  affatto.  Egli  la  vorrebbe  unicamente,  per  salvare  il 
suo  partito  dallo  sfacelo  in  cui  cade,  e  chiudere  la  via  al  so- 

1  I  doveri  della  XV  Legislature,,  pag.  11. 


COSTITUZIONALE  263 

cialismo  e  al  cattolicismo,  che  minacciano  di  succedergli.  Lo 
die"1  egli  apertamente  nella  sua  conclusione :  «  Vogliamo  noi 
un'Italia  clericale,  liberale-temperata,  o  radicale-socialista  ?  Tra 
non  molto  bisognera  scegliere  fra  le  tre  cose.  »  Sopra  tutto 
Tltalia  cattolica,  «  la  cui  organizzazione  fa  passi  da  gigante  », 
gl'incute  terrore  e  raccapriccio.  Ed  appunto  per  tenerle  testa, 
egli  perora  la  causa  del  Principato  liberale,  ed  invita  i  par- 
tigiani  suoi  a  rafforzarlo. 

Lasciamo  stare  1'  ingiuria  che  egli  fa  al  buon  senso  comune, 
mettendo  moralmente  a  paro  i  due  sistemi  piu  contrapposti 
che  si  possano  flgurare.  Si  scusi  ancora  in  lui,  israelita  di 
nazione,  il  maltalento  verso  la  religione  cattolica.  Ma  come 
perdonargli  Foffesa  ch'  egli  reca  a  questa  religione,  che  e  la 
nazionale  degl'  Italiani,  non  solo  pareggiandola  colla  mostruo- 
sita  socialistica,  ma  condannandola  pubblicamente  di  «  despo- 
tismo  soffocante  ogni  liberta  civile  e  morale  » ? 

E  si  che  in  un  liberale  sabaudista,  sia  pure  per  giunta 
figliuolo  di  Giacobbe,  a  questi  lumi  di  luna  e  fra  tanto  lezzo 
di  turpitudini  liberalesche  che  ammorba  1' Italia,  ci  vuole  una 
bella  fronte,  per  levarsi  ad  oltraggiare  la  morale  della  Ghiesa 
cattolica,  e  ad  invocare  un  accrescimento  di  autorita  regia 
«he  la  «  infreni  »,  e  «  difenda  contr'essa  la  moralita  sociale  »  ! 

Dopo  trentasett'anni  di  signoria  incontrastata,  il  liberalismo 
e  riuscito  ad  inondare  tutta  quanta  F  Italia  di  miserie,  di  fame, 
di  omicidii,  di  suicidii,  di  malcostume,  di  peculati,  di  concus- 
sioni,  di  ruberie  di  ogni  specie,  ad  ornare  il  suo  Parlamento 
di  deplorati,  ed  empire  le  galere  di  ladri  suoi  crocesignati :  e 
questo  rampollo  d'  Israele  ha  F  audacia  di  alzare  la  voce,  affin- 
che  la  Chiesa  non  sopravvenga  a  ristorare  tante  ruine,  a  me- 
dicare tante  piaghe,  a  lavare  tante  contaminazioni  che  rendono 
FItalia  favola  delle  genti? 

Egli  vitupera  la  Chiesa  siccome  nemica  «  della  liberta  di 
coscienza  e  di  pensiero  ».  Or  ecco  in  che  maniera,  non  un  cle- 
ricale, ma  un  ligio  a  questa  liberta,  Edoardo  Scarfoglio,  parla 
della  morale  del  liberalismo  sabaudo  e  di  quella  della  Chiesa. 
II  semita  Sonnino  si  prenda  dall'italiano  Scarfoglio  questa  so- 


264  DI    UNA   ACCADEMIA 

lenne  lezione :  «  Gia  noi  vediamo,  aceanto  alia  ruina  del  ba- 
rocco  ediflzio  amministrativo  dello  Stato,  raffazzonato  di  travi 
fradice  e  di  vecchi  calcinacci,  durare  diritto,  intatto  nelle  sue 
antiche  forme  Porganismo  della  Chiesa.  Mentre  lo  Stato  laico 
si  putref^  nella  corruzione  e  nelFegoismo,  e  non  appare  se  non 
come  un  sistema  d'  interessi  e  di  concupiscenze  ignobili,  la 
Chiesa  parla  ancora  alle  anime  in  nome  della  virtu,  della  fede,. 
della  pieta,  di  tutti  quanti  gli  elementi  immateriali  della  na- 
tura  umana.  Se  ancora  qualche  essenza  ideale  permane  nella 
nostra  vita  di  fakiri  anestetizzati  e  di  bruti  voluttuari,  essa 
precede  dalla  Chiesa.  Lo  Stato  non  fabbrica  che  dei  contri- 
buenti  e  dei  burocrati :  la  sola  Chiesa  cerca  ancora  di  educar 
delle  anime :  e  in  questo  deserto,  muto  d'ogni  entusiasmo,  di 
ogni  passione  generosa,  d'  ogni  idea  morale,  ch'  e  divenuta 
1'Italia,  il  prete  che  addita  agli  uomini  Yal  di  la  e  ordina 
loro  nel  nome  di  Dio  di  spogliarsi  d'  ogni  appetito  carnale  e 
d'ogni  preoccupazione  terrena,  e  ancora,  come  nel  piii  folto  e 
nel  piu  fosco  medioevo,  F  ultima  difesa  dell'  idealita  e  della 
civilta  umana,  contro  la  barbaric  soverchiante  1.  » 

Ne  sara  superfluo  unire  a  questa  1'altra  lezione,  che  viene 
dal  liberissimo  di  coscienza  e  di  pensiero  Pungolo  parlamen- 
tare  di  Napoli ;  il  quale,  ragionando  appunto  della  morale 
cattolica,  che  gli  amici  del  Sonnino  ban  voluta  abolire,  cosi 
dipinge  quella  che  le  hanno  surrogata :  «  Se  si  voleva  abbat- 
tere  la  morale  cattolica,  era  necessario  trovarne  una  diversa. 
Invece,  mentre  il  prete  continuava  a  predicare  il  suo  vangelo, 
1' Italia  laica  insegnava  la  morale  della  prepotenza,  e  ai  puri 
sacrifizii  degli  umili  frati  cristiani  controponeva  Pingrassa- 
meiito  dei  ladri  del  pubblico  danaro,  e  alle  opere  feconde  del 
missionario  metteva  a  fronte  le  geste  dei  fabbricatori  di  carta 
falsa  2.  » 


1  11  Mattino  di  Napoli,  num.  del  67  gennaio  1897. 
*  Num.  dell'8-9  gennaio  1897. 


COSTITUZIONALE  265 

VI. 

Si  domandera :  —  E  il  costrutto  di  quest'appello  al  «  grande 
partito  che  restituisca  alia  Corona  i  diritti  sanciti  dal  patto  ?  » 
Lo  abbiamo  avvertito  da  principle:  praticamente  nessun  co- 
strutto. Fuori  di  qualche  cortigiano  di  tre  cotte,  che  ha  bat- 
tute  le  mani.  il  pubblico  1'ha  accolto  con  una  scrollatina  di 
spalle,  o  COQ  un  sorriso  di  pieta.  —  Le  proposte  del  Sonnino 
si  conformano  piu  o  meno  allo  Statute,  hanno  del  buono,  po- 
trebbero  rimediare  a  mold  sconci;  ma  arrivano  troppo  tardi. 
Sero  medicina  paratur.  Cosi  hanno  osservato  i  piu. 

La  Tribuna  ha  data  censura  di  antiquati  ai  concetti  espo- 
sti  dallo  scrittore.  Ammesso  ancora  che  consuonino  colla  let- 
tera,  non  consuonano  piu  collo  spirito  dei  tempi.  «  Nuovi  con- 
cetti sono  sorti  e  si  sono  radicati  nelle  menti,  intorno  alia  par- 
tecipazione  del  popolo  nel  governo  degli  Stati.  »  Allo  scritto 
quindi  del  Sonnino,  il  foglio  degli  scribi  suoi  congeneri  rico- 
nosce  «  un  grande  valore,  soltanto  per  Tanalisi  profonda  e  per 
la  descrizione  che  fa  dei  vizii  innegabili  del  sistema  parla- 
mentare,  come  si  e  venuto  sviluppando  fra  noi ;  ma  principal- 
mente  come  sintomo  eloquente  di  quella  condizione  degli  animi 
che  il  regime  parlamentare  stesso,  coi  risultati  dati  sin  qui, 
£  venuto  determinando.  Ma  se  egli  descrive  con  molta  preci- 
sione  i  mali,  non  indica  nessun  rimedio.  » 

—  Come!  si  potrebbe  incalzare;  e  il  Torniamo  allo  Sta- 
tute, non  e  egli  il  rimedio  dei  rimedii? 

No,  perche  la  lettera  mortiflca  e  lo  spirito  viviflca.  II  ri- 
medio vi  e,  rna  la  Tribuna  lo  accenna,  non  lo  dichiara,  con- 
tentandosi  di  dire  che,  «  se  fosse  indarno  cercarlo  in  alto,  non 
manchera  chi  vorrk  cercarlo  in  basso  *.  »  Ed  intenda  chi  puo. 
Conclusione  accademica ! 

UOpinione  invece  ripudia  addirittura  le  proposte  del  Son- 
nino, perche,  se  si  accettassero  e  si  mettessero  ad  effetto,  «  ben 
lungi  dal  tornare  allo  Statuto,  si  tornerebbe  a  cio  da  cui,  in 

1  Num.  del  10  gennaio  1897. 


266  DI    UNA   ACCADEMIA 

omaggio  della  Monarchia  liberale,  si  deve  rifuggire,  ossia  alia 
responsabilita  del  Principe,  che  e  quanto  dire  alia  negazione 
dello  Statulo  l.  »  Ed  in  sostegno  di  quanto  asserisce,  ricorre 
al  Corriere  della  Sera  di  Milano,  nelle  cui  pagine  1'amico 
Torraca  ha  confutato  il  Sonnino,  in  rnodo  riciso  «  negando 
che  una  trasformazione  si  sia  operata  nell'applicazione  dello 
Statuto  ». 

Come  si  vede  qui  e  proprio  il  si  ed  il  no,  che  tenzonano- 
nei  cervelli  dei  nostri  liberali  sabaudisti  di  prima  sfera.  Ne  il 
Torraca  dice  baie,  per  ridurre  al  silenzio  1'avversario.  Porta 
brave  storie  e  cita  bravi  documenti.  La  storia  e  di  due  casi, 
nei  quali  Vittorio  Emanuele  ripugnava  a  sancire  leggi  cher 
per  essere  contrarie  alia  Chiesa,  contraddicevano  la  sua  co- 
scienza  di  Re  cattolico.  I  documenti  poi  sono  due  lettere,  di 
Giorgio  Pallavicino  Puna  e  di  Massimo  d'Azeglio  1'altra,  le 
quali  lo  persuasero  a  sacrificare  la  coscienza  di  cattolico  ai 
voleri  della  maggioranza  della  Camera ;  cosi  che  il  Re  trionfb 
di  se  stesso.  E  dopo  illustrate  questo  eroismo  di  Re  costitu- 
zionale,  prosegue  dicendo: 

«  Eloquentissimi  sono  questi  esempi,  contro  la  tesi  soste- 
nuta  dallo  scrittore  della  Nuova  Antologia.  NelTesercizio  dello 
stretto  diritto  statutario,  proposto  ora  come  rimedio  alle  in- 
fermita  della  vita  parlamentare,  un  Re,  come  Vittorio  Ema- 
nuele, corse  pericolo  due  volte,  e  con  lui  ne  corsero  il  Pie- 
monte  e  1' Italia. 

«  Bisogna  pure  che  il  Re  abbia  una  guida,  una  bussola. 
Quale  sara  essa,  dove  egli  la  trovera,  fuori  delle  manifesta- 
zioni  della  rappresentanza  nazionale,  che  e  1'organo  piu  na- 
turale  e  legittimo  dell'opinione  pubblica?  Senza  dubbio,  puo  er- 
rare  cento  volte  anche  quella;  ina  almeno  e  uno  scudo  che, 
sempre  e  in  ogni  caso,  covre  la  Corona  e  la  salva.  II  giorno 
in  cui  il  Re  di  suo  arbitrio  potesse  scegliere  e  licenziare  i 
ministri,  in  quel  giorno  la  Monarchia,  scoverta  e  responsabile, 
sarebbe  irreparabilmente,  mortalmente  ferita  2.  » 

1  Num.  cit. 

*  Num.  del  5  gennaio  1897. 


COSTITUZIONALE  267 

Adunque,  per  questi  signori  gentiluomini  parlamentari,  tutti 
fior  di  moderazione  e  di  cavalleresca  moralita,  1' ultima  con- 
seguenza  della  presente  disputa  intorno  allo  Statute,  e  questa, 
semplice  e  limpida  come  un  raggio  di  sole.  —  Nello  Stato 
costituzionale,  il  Principe  non  puo  avere  personale  coscienza, 
ma  deve  appropriarsi  ed  impersonare  la  coscienza  del  Parla- 
mento :  cioe  di  almeno  la  meta  dei  deputati,  piu  uno ;  siano 
poi  costoro  ebrei,  turchi,  massoni,  quacqueri  e  deplorati  della 
piu  bell'acqua.  Perocche  in  questa  cosi  fatta  meta  dei  depu- 
tati, piu  uno,  il  Principe  ha  la  sua  guida,  il  magistero  della 
onesta  sua,  la  regola  della  sua  fede,  il  suo  Papa. 

Ancora  questa  conclusione  e  accademica  :  ma  davvero  non 
pecca  di  oscurita. 

Non  procediamo  innanzi  nel  riferire  quello  che  in  molti 
altri  giornali  e  venuto  fuori,  dal  vespaio  che  il  Sonnino,  col 
suo  grido :  Torniamo  all)  Staluio,  ha  stuzzicato. 

I  piii  arguti  hanno  trovata  contraddizione,  fra  gli  articoli 
che  in  esso  atto  assegnano  al  Re  solo  il  potere  esecutivo,  colla 
nomina  e  revoca  de'  suoi  ministri,  e  gli  altri  articoli  che  de- 
cretano  responsabili  i  ministri,  accusabili  dalla  Camera  dei  de- 
putati e  giudicabili  da  una  corte  di  giustizia.  E,  per  dir  vero, 
e  negozio  spinoso  il  mettere  in  armonia  disposizioni  giuridi- 
che  si  contrastanti.  Ma  tutti  i  giornali  si  accordano  in  isco- 
prire  e  lamentare  il  guasto  della  vita  politica,  ed  il  perver- 
timento  nel  quale  il  sistema  parlamentare,  praticato  come  si 
e  fatto  sin  qui,  ha  gittato  il  povero  nostro  paese. 

VII. 

Si  voglia  o  non  si  voglia,  tutto  il  meccanismo  di  quest'or- 
digno  appare,  agli  occhi  ancor  meno  esercitati  nelle  specula- 
zioni  teoriche,  una  perpetua  fictio  iuris,  ossia  un  grossolano 
giuoco  di  prestigio,  che  oggimai  non  gabba  piii  nessuno. 

In  cima  alia  grande  macchina  si  ha  la  Monarchia,  potere 
supremo,  invibkibile,  perche  regna  senza  responsabilita  e  non 
governa ;  e  dev'esser  centre  cardinale  di  tutto  il  sistema,  che 


268  DI    UNA   ACCADEMIA 

ne  prende  il  nome.  Ma,  oltreche  una  Monarchia  regnante 
e  non  governante  e  tal  cosa,  che  non  entra  nell'  intelletto 
umano,  nel  caso  concrete  poi,  come  la  storia  insegna,  si 
osserva,  che  Vinmoldbilttd  di  questa  Monarchia  va  in  fumo,  tutte 
le  volte  che  la  responsabilita  del  Governo  deve  cadere  sopra 
la  persona  di  qualcheduno.  Lo  seppe  Carlo  I  d'  Inghilterra ; 
lo  seppero  Luigi  XVI,  Carlo  X,  Luigi  Filippo  e  Napoleone  III 
di  Francia;  lo  seppe  Isabella  II  di  Spagna  ;  ed  in  Italia  lo  sep- 
pero, del  1848,  Ferdinando  II  di  Napoli,  salvatosi  col  cannone,. 
Leopoldo  II  di  Toscana,  scampato  nelPAustria,  e  il  Papa  Pio  IX,. 
profugo  in  Gaeta. 

Che  se  flno  ad  ora  nella  nuova  Italia  il  caso  non  e  occorso 
per  anco,  cio  si  deve  alia  singolarita,  che  non  si  e  per  anco 
fatto  nascere  il  bisogno  di  sindacare  nelle  piazze  questa  respon- 
sabilita. 

Si  facciano  pur  voti  che  mai  non  nasca,  se  sark  possibile: 
ma  se  dovesse  venir  1'ora  di  farla  nascere,  tutti  sanno  che  essa 
flnirebbe  col  ricadere  sopra  chi  mai  i  costituzionali  non  vor- 
rebbero  che  la  dovesse  avere,  e  nondimeno  sempre  ne  suol 
portare  i  pesi  ed  i  dolori.  Del  resto  e  fresca  la  memoria  delle 
malevolenze  che,  a  voce  e  per  la  stampa,  si  eccitavano  dai 
provocatori  di  torbidi  contro  la  Corona,  dopo  i  guai  africani 
e  la  disfatta  di  Abba-Carima,  1'anno  scorso.  Et  haec  olim  me- 
minisse  iuvabit. 

La  responsabilita  invece  deve  stare  tutta  sopra  le  spalle 
dei  ministri,  che  fanno  schermo  alVirresponsabile  Monarchia. 
Cio  per  diritto.  Ma  di  fatto  le  persone  piu  inviolabili,  da  questo 
lato,  sono  per  1' appunto  i  ministri;  i  quali  di  tutto  avrebbero 
a  dar  conto,  e  giammai  non  lo  hanno  dato,  ne  lo  danno  di 
nulla :  cosi  che  essi,  sotto  nome  di  ministri  di  liberta,  possono 
essere  a  un  bisogno  veri  satrapi  e  tiranni.  Basti  ricordare^ 
per  P  Italia,  le  dittature,  non  brevi,  di  Agostino  Depretis  e  di 
Francesco  Crispi. 

II  che  e  cosi  certo,  che  non  solamente  non  e  mai  accaduto, 
fra  noi,  che  un  ministro  fosse  legalmente  costretto  a  soppor- 
tare  le  conseguenze  della  sua  costituzionale  responsabilita,  con 


COSTITUZIONALE  269 

tutto  che  le  occasion!  assai  volte  si  sieno  offerte,  ma  se  cio 
dovesse  accadere,  non  si  leverebbe  un  ragno  dal  buco ;  perche, 
dopo  quasi  cinquant'  anni  di  esercizio  dello  Statuto,  manca  tut- 
tavia  una  legge  sopra  questa  responsabilita  ministeriale,  da 
esso  promulgata  e  sancita. 

II  ricordato  Giuseppe  Romano  chiari  lucidamente  questo 
punto  capitalissimo,  mostrando  ad  evidenza  1'orrido  despoti- 
smo  che  proviene  nel  pubblico  Governo,  dalPessere,  secondo 
le  istituzioni  vigenti  nell' Italia  libera,  i  ministri  responsabili 
senza  responsabilita ;  assurdo  che  non  par  concepibile  e  pure 
sta  di  fatto. 

Si  legga  e  si  mediti  bene  questa  sua  pagina,  da  quelle  aquile 
di  sabaudisti,  che  nel  Ministero  responsabile  veggono  guaren- 
tita  la  libera  sovranitk  della  nazione  e  tutelata  quella  del 
Principe. 

«  II  Governo  costituzionale,  non  avendo  lo  sconflnato  po- 
tere  dei  Governi  assoluti,  e  costretto  a  nascondere  il  dispo- 
tismo  dello  accentramento  sotto  la  maschera  della  libertk  ed 
a  vivere  di  espedienti,  per  sottrarsi  alia  responsabilitk  de'  suoi 
atti  ed  alle  violazioni  del  patto  fondamentale.  Da  cio  avviene 
che  il  potere  esecutivo  6  suo  malgrado  costretto  a  manipo- 
lare  le  elezioni,  e  rifuggirsi  sotto  quattro  paracadute. 

«  II  primo,  di  non  far  mai  la  legge  sulla  responsabiltk  mi- 
nisteriale ;  mancanza  che  rende  irresponsabili,  non  pure  tutti 
i  ministri,  ma  tutti  i  funzionarii  dello  Stato,  i  quali,  sapendo 
che  i  ministri  sono  coslretti  a  difenderli,  commettono  tutti  i 
soprusi  loro  comandati,  o  dal  proprio  arbitrio  voluti.  II  se- 
condo, la  creazione  degP  innumerevoli  Consigli  che,  colla  so- 
pralegge  de'  loro  imposti  ed  irresponsabili  pareri,  legittimano 
o  autorizzano  tutti  gli  arbitrii  del  potere  esecutivo,  e  costano 
molti  milioni  ai  contribuenti.  II  terzo,  di  valersi  delle  inchieste 
e  delle  facoltk  di  nominar  Commissioni,  per  rimandare  al  di- 
menticatoio  quei  provvedimenti  che  non  si  vogliono.  Ed  il 
quarto,  che  quando  il  Parlamento  fa  una  legge  che  non  acco- 
moda  ai  ministri,  questi  si  servono  dei  regolamenti  per  ren- 
derla  lettera  morta.  » 


270  DI   UNA   ACCADEMIA 

Ora  andrebbe  aggiunto  il  quinto  del  decreti-legge,  messi 
in  voga  dal  Crispi,  in  virtu  dei  quali  i  ministri  fanno  ese- 
guire  le  leggi,  avanti  che  dal  Parlamento  sieno  discusse  ed 
approvate. 

«  Ma  codesti  meschini  espedienti,  seguitava  a  scrivere  il 
Romano,  peggiorano  il  male.  L'accentramento,  nei  Governi 
liberi,  e  tale  tirannide  che  gl'incatena,  ne  paralizza  1'azione, 
li  trascina  sempre  piii  nell'abisso  del  male,  alia  catastrofe. 
Esso,  rendendo  impossibile  ai  ministri  la  cognizione  degP  im- 
mensi  affari  che  si  agglomerano  nella  sede  del  Governo,  fa 
ricadere  il  potere  nelle  mani  della  burocrazia,  la  quale  nel 
fatto  regna  e  governa  senza  alcuna  responsabilita.  Dal  che 
consegue  che  se  i  ministri,  con  gli  accennati  espedienti,  si 
sottraggono  alia  responsabilita  legate,  piii  grave  poi  pesa  sopra 
di  loro  la  responsabilita  morale:  e  la  pubblica  opinione  seve- 
ramente  li  condanni,  non  pure  pe'  fatti  loro,  ma  per  tutti  gli 
errori  e  le  colpe  della  burocrazia  *. » 

Sicuramente  la  impostura  e  la  menzogna  di  fatto  della  li- 
berta,  guarentita  di  diritto  dalle  istituzioni,  non  si  potrebbe  il- 
luminare  meglio  di  cosi. 

E  che  dire  del  potere  legislative,  che,  stando  al  sistema, 
esercita  la  sovranita  propriamente  giuridica  e  nazionale,  perche 
emanate  e  delegato  dall'unico  sovrano,  che  e  il  popolo?  Si 
consider!  il  numero  degli  ammessi  per  diritto  ad  eleggere  i 
rappresentanti  popolari,  comparativamente  alia  vera  moltitudine 
del  popolo:  si  consider!  come  di  questi  ammessi,  o  inscritti, 
la  meta  circa  si  astenga  sempre  dalle  urne :  si  consider!  come 
i  voti  degli  elettori  si  dividano  tra  i  candidati:  si  consider! 
quanti  voti  ogni  candidate  eletto  raccolga  in  suo  favore  :  si 
consideri  finalmente  con  quali  arti,  imbrogli  ed  inganni  si  usi 
accaparrare  i  voti;  e  poi  si  definisca  il  valore  effettivo  della 
rappresentanza  nazionale  al  Parlamento. 

Percio  quella  fictio  iuris,  che  riluce  nella  irresponsabilitd 
regia,  che  nei  casi  piii  gravi  risponde  di  tutto,  e  nella  respon- 

1  L.  cit.  pagr.  15. 


COSTITUZIONALE  271 

sabilita  ministeriale,  che  non  risponde  mai  di  nulla,  splende 
fulgida  nel  fatto  della  sovranitd,  esercitata  dal  popolo,  col 
mandare  i  suoi  rappresentanti,  che  rappresentano  poco  piii 
di  se  stessi,  a  fare  leggi  e  regnare  in  nome  suo. 

Questa  nostra  altresi  e  conclusione   accademica ;  ma,  per 
verita  di  fatti  e  virtu  di  logica,  non  inferiore  alle  precedent!. 


Till. 


Qualcuno  forse  c' interroghera :  —  Perche  dare  peso  a  que- 
st'accademia,  che  riconoscete  anche  voi  senza  sugo? 

—  Adagio ;  rispondiamo  noi.  Senza  sugo,  per  la  riforma  pra- 
tica  del  sistema  liberale,  si :  ma  non  senza  sugo,  per  gl'  inse- 
gnamenti  che  se  ne  cavano. 

Fra  la  confusione  delle  idee  in  cui  oggi  si  vive,  importa 
assai  il  dimostrare  con  sempre  piu  chiara  evidenza,  non  so- 
lamente  il  niun  conto  che  il  liberalismo  fa  delPautorita  so- 
ciale,  ma  la  schernevole  menzogna  a  cui  pretenderebbe  di  ri- 
durre  la  suprema,  reggitrice  degli  Stati. 

Tolto  Dio  da  quest'autorita,  falsatane  percio  Forigine  e  spo- 
statane  la  sede,  1'ha  sguarnita  a  un'ora  stessa  di  ogni  forza 
morale,  legittimando  cosi  1'abuso  di  ogni  tirannide  e,  per  la 
dissoluzione  dei  vincoli  che  collegano  le  varie  parti  deH'umano 
consorzio,  avviando  i  popoli  all'anarchia.  II  liberalismo,  che  e 
anarchia  della  ragione,  direttamente  guida  all'anarchia  negli 
atti.  Di  ogni  individuo  costituendo  un  dio  a  se  medesimo,  lo 
conduce  ancora  a  non  volere  dipendere,  se  puo  e  flnchfe  egli 
puo,  se  non  da  se  medesimo.  La  formola  del  «  Re  che  regna 
e  non  governa  »,  esprimente  la  somma  autorita  civile,  ridotta 
ad  un'ombra  senza  corpo,  per  via  di  un  processo  rigidamente 
dialettico,  si  risolve  nell'altra  formola :  «  Ne  Dio,  ne  Re,  ne 
padrone  ». 

Oltre  cio,  grandemente  importa  il  vedere  sempre  meglio 
1'ignominia  della  babele  entro  la  quale  il  liberalismo  si  av- 
volge,  e  1'abisso  verso  cui  corre.  Lo  Stato  liberale  procede, 


272  DI   UNA   ACCADEMIA   COSTITUZIONALE 

senza  bussola,  alia  ruina  sua  e  si  trascina  dietro  pur  troppo 
i  piu  preziosi  beni  della  nazione.  Onde  non  si  puo  intendere 
che  vi  sieno  cristianelli  i  quali,  vedendo  pur  quel  che  si  vede, 
si  rallegrino  di  questo  andare,  e  tengano  per  ottima  alia  patria 
1'odierna  condizione  di  cose,  avvegnache  si  dura  per  la  Chiesa 
vessata,  si  angustiosa  pel  Papa  oppresso,  e  si  disastrosa  per 
la  intera  Penisola,  dove,  come  teste  publicamente  affermava  il 
regio  procuratore  generale  di  Bologna,  la  immoralitk  ha  ca- 
gionata  «  la  bancarotta  della  coscienza  ». 

Ma,  per  buona  sorte,  quest'  illusi  dai  ludibrii  della  fantasia, 
o  sedotti  dall'orgoglio  del  cuore  sono  il  minimo  numero,  e  si 
puo  dire  che  nella  bilancia  non  pesano.  L'operoso  e  molte- 
plice  movimento  che,  nei  cattolici  di  ogni  regione,  si  palesa 
invece  contro  1'apostasia  sociale  del  liberalismo,  da  a  scorgere 
che  la  loro  grande  massa  sente  i  danni  e  le  pene  dell'essersi 
da  tanto  tempo  voluto  separare  la  civiltk  dalla  fede,  Cristo 
dalla  Italia. 

Dal  grido  adunque  del  deputato  Sonnino  a'  suoi  partigiani : 
Torniamo  allo  Statute,  per  opporci  alia  Chiesa,  tutti  i  veri 
italiani  cattolici  piglino  occasione  di  stringersi  viepiu  al  Pa- 
pato,  e  di  ripetere  Paltro  grido :  —  Torniamo  alia  Chiesa,  per 
affrancare  la  patria  dai  liberali  e  dai  giudei! 


A  PROPOSITO  DI  UN  LIBRO  DI  TOMMASO  CARLYLE  l 


Gil  Eroi.  La  prima  volta  che  vedemmo  questo  titolo  in 
fronte  a  un  libro  di  Tommaso  Carlyle,  provammo  un  certo 
senso  di  diffldenza  intorno  alia  felice  trattazione  di  un  tal  sog- 
getto.  Ci  erano  noti  1'autore  ed  altri  suoi  libri  riboccanti  di  pa- 
radossi,  noto  il  suo  panteismo  alia  maniera  di  Fichte,  nota 
P  indoie  del  suo  ingegno  forte  si  ma  bizzarre  e  scompigliato, 
nota  in  fine  la  raccomandazione  di  sua  moglie,  donna  di  let- 
tere  anch'essa,  ad  una  giovane  arnica :  «  Per  caritS,  non  ispo- 
sate  mai  un  genio,  in  nessun  caso.  »  Da  tali  notizie,  come 
ognun  vede,  non  si  poteva  da  noi  trarre  un  troppo  felice  pro- 
nostico  intorno  al  suo  modo  d'apprezzare  gli  eroi.  Ne  migliori 
disposizioni  c'indusse  nell'animo  uno  sguardo  dato  all'indice, 
nel  quale  trovammo  annoverati  fra  gli  eroi  due  soli  figli  della 
Chiesa  Cattolica,  Dante  e  Napoleone;  dei  quali  pero  il  primo 
fu  piuttosto  un  genio  che  un  eroe,  il  secondo  fu  della  Chiesa 
piuttosto  persecutore  che  flglio  vero;  cosi  che  d'eroi  stretta- 
mente  cattolici,  in  tutto  quel  volume  parlante  solo  d'eroi,  non 
e  nominate  nessuno. 

Ora  poi  che  questo  libro  e  stato  tradotto  e  si  diffonde  an- 
che  in  Italia;  ora  che  potrebbe  far  del  male  anche  tra  noi, 
atteso  il  credito  dell'Autore,  chiamato  da  alcuni  il  piu  grande 
Inglese  che  sia  comparso  dopo  Shakspeare,  ne  prendiamo 
occasione  per  trattare  un  po'  di  proposito  questo  soggetto. 

I. 

E  primieramente  quale  idea  si  e  egli  il  Carlyle  formato 
dell'eroe?  Che  cosa  intende  significare  con  questa  parola? 

1  TOMMASO  CARLYLE,  Grli  Eroi.  Traduzione  e  note  di  MARIA  PEZZE  PA- 
SGOLATO  con  prefazione  di  ENRICO  XENCIONI.  Firenze,  Barbera,  1897. 
Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1119.  18  25  gennaio  1897. 


274  GLI   EROI 

II  nome  d'eroe,  d'etimologia  molto  incerta,  nell'antichita 
pagana  si  dava  a  certi  uomini  leggendarii,  riputati  discendenti 
dagli  Dei,  ed  appellati  altresi  Semidei ;  oppure  ad  uomini  straor- 
dinarii,  cui  venivano  attribuite  geste  che  avevano  del  sovru- 
mano,  e  pero  sembravano  avvicinarli  agli  Dei,  e  loro  procac- 
ciavano  onori  divini.  Tali  furono  principalmente  un  Teseo,  un 
Perseo,  un  Minosse,  un  Ercole,  fra  tutti  il  piu  famoso  i.  In 
diversi  tempi  pero  questo  vocabolo  venne  prendendo  signifi- 
cati  alquanto  diversi,  ma  in  fondo  ad  essi  serbo  sempre,  appo 
i  Greci  principalmente,  quasi  nota  caratteristica,  1'idea  di  una 
dignita  e  preminenza  in  tutto  o  in  parte  sovrumana,  quasi  di 
un  dio  minore,  che  operasse  tra  gli  uomini  cose  degne  di  lui. 
Di  qui  la  frequenza  dell'applicare  alle  stesse  persone  ora  il 
nome  d'eroi,  or  qwello  di  semidei. 

Ma  essendo  gli  Dei  d'allora  quei  miracoli  di  santita  che 
tutti  sanno,  ben  si  comprende  qual  cosa  poteva  il  mondo  aspet- 
tarsi  dai  Semidei.  Con  un  Giove  adultero,  un  Mercurio  ladro, 
un  Marte  sanguinario,  una  Venere  rotta  a  lascivia,  si  capisce 
be!  fiore  di  galantuomini  che  potevano  essere  i  loro  o  discen- 
denti o  imitatori,  chiamati  eroi.  Salvo  la  codardia,  impossible 
a  conciliarsi  coll'eroismo,  tutto  il  resto  poteva  correre,  mas- 
simamente  se  protetto  da  nerborute  membra  e  spavalderie  da 
smargiasso.  Tra  per  questo,  e  perche  la  maggior  parte  di 
quelle  leggende  sono  favolose  e  la  storia  confondesi  troppo 
spesso  colla  mitologia,  nessuno  oggi  piglia  sul  serio  Fantico 
eroismo;  e  gli  stessi  eroi  d'Omero  (il  quale  peraltro  e  stato 
il  piii  prodigo  di  questo  nome),  toltone  in  parte  il  valore  guer- 
resco,  piu  d'una  volta  destano  il  riso. 

Quantunque  pero  gli  eroi  di  que'  tempi  sieno  da  lunga 
pezza  sepolti  nella  dimenticanza,  e  si  ricordino  solo  come  or- 
namento  d'erudizione;  il  nome  d'eroe  non  e  morto  colle  pa- 

1  Ed  anche  il  piu  incerto.  Varrone  vuole  che  gli  Ercoli  fossero  43,  Dio- 
doro  3,  Cicerone  6,  e  che  le  prodezze  di  molti  fossero  attribuite  ad  un  solo. 
Altri  non  veggono  in  Ercole  che  un  personaggio  allegorico,  e  lo  confon- 
dono  col  sole,  cosi  che  le  sue  12  fatiche  rappresenterebbero  i  12  segni  dello 
zodiaco. 


A   PROPOSITO   DI   UN   L1BRO   DI  .TOMMASO   CARLYLE         275 

gane  leggende,  ma  e  passato  anche  ad  uomini  nati  sotto  il 
sole  della  oivilta  cristiana.  Or  siccome  questo  sole  beneflco  ci 
ha  rischiarato  e  perfezionato  assai  meglio  il  concetto  di  Dio, 
cosi  di  luce  piii  bella  parea  dovesse  vestire  il  concetto  del- 
1'uomo  che  nella  comune  opinione  abbia  un  non  so  che  di 
divino,  e  meriti  il  nome  d'eroe.  Migliorato  oltre  ogni  dire, 
anzi  rifatto  in  degnissima  forma  il  tipo,  non  era  naturale  a 
seguitarne  che  si  nobilitasse  di  molto  anche  la  copia? 

Eppure  non  e  stato  sempre  cosi.  Si  6  fatto  di  quel  titolo 
piii  che  mai  buon  mercato.  Non  solamente  si  e  dato  a  chi  de- 
stava  ammirazione  per  atti  straordinarii  di  coraggio,  non  solo 
a  chi  sacriflcava  se  stesso  pel  bene  degli  altri  o  pel  trionfo 
d'un  principio  giusto,  nei  quali  casi  (come,  fra  gli  altri,  in 
quello  di  Pietro  Micca)  poco  vi  sarebbe  a  ridire;  ma  fu  ap- 
plicato  anche  ad  uomini  non  punto  piii  degni  che  gli  eroi 
del  paganesimo.  Cosi,  per  esempio,  eroe  fu  chiamato  Pie- 
tro I,  imperator  delle  Russie,  ne  noi  gli  negheremo  concetti 
alti  e  felici,  e  coronati  da  buon  successo;  ma  un  uomo  che, 
sul  finir  d'un  banchetto,  si  fa  menare  innanzi  certi  prigionieri 
di  Stato,  e  li  a  tavola,  tra  un  sorso  e  1'altro,  a  colpi  d'accetta 
li  decapita  di  propria  mano,  e  un  altro  giorno  fa  cadere  an- 
che la  testa  del  suo  flglio  Alessio,  lo  chiamino  pur  altri  un 
grande  eroe,  noi  lo  diciamo  piu  volentieri  un  grande  carne- 
fice.  Eroe  parimente  fu  detto  Federico  II,  re  di  Prussia ;  ma 
Voltaire  che  il  conosceva  per  lunga  pratica,  lo  disse  «  tutto 
impastato  di  passioni  imbellettate  di  saviezza  »;  ed  e  noto  che 
in  tutti  i  suoi  palazzi  teneva  statue  d'Antinoo  e  compiacevasi 
di  venir  paragonato,  nel  piii  turpe  dei  vizii,  all' imperatore 
Adriano.  Ai  giorni  nostri  poi  avemmo  ed  abbiamo  tuttavia 
gli  orecchi  rintronati  dal  grido,  che  acclama  Eroe  dei  due 
mondi  cbi  dei  due  mondi  non  fu  altro  che  il  flagello  e  il  vi- 
tupero.  Per  le  quali  cose  il  Tommaseo,  nel  suo  Dizionario  dei 
sinonimi,  pote  dir  giustamente:  «  I  moderni,  che  dei  rottami 
delle  religioni  disfatte  si  servono,  talvolta  senza  saperselo,  chi 
per  disfare,  chi  per  rifare  la  cristiana,  hanno  strascinato  co 
testo  eroismo  per  tutti  i  trivii.  » 


276  ,  GLI   EROI 

II. 

Ma  il  Carlyle,  noi  domandiamo  di  nuovo,  che  intende  egli 
per  questo  nome? 

Noi  avevamo  diritto  d'esigere  che  fin  dal  principio  ci  desse 
dell'eroe  una  idea  determinata,  mediante  una  definizione  o 
dichiarazione,  piu  o  meno  giusta  non  monta,  ma  almeno  lim- 
pida.  Invece  nulla.  Si  contenta  di  dire,  con  altisonant!  parole, 
che  la  storia  universale,  la  storia  di  cio  che  1'uomo  ha  com- 
piuto  al  mondo,  non  e  altro  in  sostanza  che  la  storia  dei  po- 
chi  grandi  uomini  che  sono  comparsi  quaggiu ;  che  essi  sono 
i  veri  creatori  di  tutto  cio  che  la  moltitudine  degli  uomini 
presa  insieme  e  arrivata  a  fare;  che  ad  essi  dunque  1'uma- 
nit£  deve  una  specie  di  culto,  come  ad  eroi  e  semidei  (pa- 
gine  2-3).  Ma  quando  veniamo  al  concrete  ed  al  pratico,  non 
determina  nulla  di  cio  che  richiedesi  a  costituire  un  eroe: 
svolgendo  il  volume  da  cima  a  fondo,  indarno  vi  si  cerca  un 
periodo,  che  esprima  una  idea  chiara  e  precisa. 

.Cio  che  egli  non  fa,  proviamoci  a  farlo  noi,  cioe  provia- 
moci  a  raccogliere  gli  element!  necessarii  per  costruire  il  con- 
cetto dell'eroe;  e^lo  faremo  sviscerando  1'idea  madre  acchiusa 
nel  significato  primitivo  di  questo  nome,  che  valeva,  come  ab- 
biam  detto,  UNA  IMAGINE  DI  Dio  OPERANTE. 

Da  questa  idea  raccogliesi  in  primo  luogo  che  eroe  suona 
assai  piu  di  grande.  Per  esser  grande,  basta  sollevarsi  sul 
comune  degli  uomini ;  ma  per  essere  eroe,  convien  levarsi  sul 
comune  dei  grandi.  La  grandezza  non  basta,  ci  vuole  un  lampo 
della  divinita.  Lampo  che  e  assai  superiore  all'ordinario  lume 
del  volto  di  Dio  segnato  sopra  noi  tutti  e  consistente  nella 
ragione,  il  quale  fa  1'uomo,  ma  non  il  grande  e  molto  meno 
1'eroe. 

Ma  se  questo  lume  non  basta  a  formare  Peroe,  che  sara 
poi  se  in  qualche  azione  particolare  faccia  difetto?  Per  quanto 
ella  sia  apparentemente  grandiosa,  se  non  e  ragionevole,  ha 
poco  deH'umano,  nulla  del  divino,  quindi  non  puo  in  verun 
conto  chiamarsi  eroica.  A  cagione  d'esempio,  nell'atto  di  Mu- 


A    PROPOS1TO   DI   UN   LIBRO   DI   TOMMASO    CARLYLE         277 

zio  Scevola,  che  stende  la  mano  sul  bragiere  per  punirla  di 
un  involontario  e  non  suo  fallo,  noi  vediamo  alcun  che  di  dis- 
sennato,  di  spavaldo  e  di  barbaro  piii  che  d'eroico.  E  nella 
Lucrezia  Romana,  che  si  uccide  per  non  sopravvivere  al  dis- 
onore  involontariamente  patito,  troviamo  debolezza  piu  che 
fortezza,  giusta  il  dire  del  poeta: 

Rebus  in  mdversis  facile  est  contemnere  vitani; 
Fortius  ille  facit,  qui  miser  esse  potest. 

Per  lo  stesso  motive  dal  novero  degli  eroi  vanno  esclusi 
tutti  i  fanatici,  che  con  cieca  avventatezza  e  furore  morboso 
corrono  incontro  ai  pericoli  ed  alia  morte  stessa,  come  nel 
tempo  antico  i  Sacerdoti  di  Cibele  e  di  Bellona,  nel  medio 
evo  i  Flagellanti,  e  nel  secolo  scorso  i  Convulsionarii  di  S.  Me- 
dardo.  Dove  la  ragione  non  brilla,  molto  meno  puo  splendere 
1'eroismo. 

Dalla  stessa  idea  segue  in  secondo  luogo  che  altra  cosa-e 
1'eroe,  altra  il  genio.  E  vero  che  nel  genio  sfavilla  il  lampo 
della  divinita,  ma  e  un  lampo  di  divina  sapienza,  mentre  nel- 
1'eroe  si  ricerca  un  lampo  di  potenza  e  di  forza.  II  genio  rifulge 
nelle  qualita  della  mente,  quindi  nelle  scienze  e  nelle  arti;  Teroe 
nelle  qualita  dell'animo,  quindi  nelle  opere.  II  genio  scopre  cose 
occulte  o  inventa  cose  nuove;  1'eroe  fa  azioni  straordinarie.  II 
genio  e  uomo  di  scrittoio;  1'eroe  di  campo  pubblico.  Percio 
sono  genii  un  Platone,  un  Agostino,  un  Alighieri,  un  Colombo, 
un  Galileo,  ed  il  vivente  Edison,  senza  che  possano  chiamarsi 
eroi ;  ed  altri  invece,  che  diremo  piu  sotto,  sono  eroi  e  non 
genii. 

Di  qui  una  conseguenza  consolante  per  tutti.  Siccome  nelle 
qualita  della  mente  ha  maggior  parte  la  natura,  in  quelle  del- 
l'animo la  volonta  e  certi  principii  educativi  motori  di  grandi 
azioni,  cosi  il  genio -nasce,  Feroe  si  forma.  Xon  chiunque  lo 
voglia  puo  riuscire  un  genio,  ma  chiunque  puo,  se  1'occasione 
presentisi,  raggiungere,  almeno  in  un  certo  genere,  1'eroismo, 
come  si  vede  nel  fatto  di  tanti  fanciulli  e  donne,  che  diedero 
per  Gesu  Cristo  allegramente  la  vita. 


278  GLI    EROI 

III. 

In  terzo  luogo  1'eroe  si  distingue  dal  gitisto  e  virtuoso.  Non 
ogni  giusto  ft  un  eroe,  ma  ogni  eroe  dev'esser  giusto,  almeno 
in  un  certo  grado,  perche  parte  dell'  eroismo  e  la  virtu.  In- 
fatti  il  Die  della  ragione  e  della  civilta  cristiana  ft  un  Dio  tre 
volte  santo :  come  dunque  potra  F  uomo  essere  eroe,  cioft  un 
riflesso  di  Dio,  una  imagine  di  Dio  operante  degna  di  un  certo 
culto,  se  in  quella  imagine  i  raggi  della  virtu  non  risplendono, 
e  peggio  ancora  se  il  vizio  vi  stende  la  sua  ombra  di  morte? 
Si  aggiunge  che  il  concetto  d'  eroe  inchiude  quello  di  forza : 
or  chi  non  sa  che  la  forza  maggiore  ft  quella  che  si  esercita 
nel  dominio  di  se  medesimo?  La  sentenza  dei  libri  santi,  che 
melior  est  pattens  viro  forli,  et  qui  dominatur  animo  suo 
expugnatore  urlium  (Prov.  XVI,  32),  la  vediamo  confermata 
dal  fatto  di  tanti  espugnatori  di  fortezze  e  vincitori  d'eserciti, 
che  soccombettero  poi  nelle  lotte  interne  contro  le  loro  pas- 
sioni,  principalmente  dell'ira,  dell'orgoglio,  della  concupiscenza. 
Viceversa,  chi  sa  vincere  in  certi  incontri  se  stesso,  si  solleva 
sopra  rumano  e  raggia  intorno  un  non  so  che  di  divino,  che 
ft  proprio  appunto  dell'eroe  :  Non  ulclsci,  Deo  facit  aequalem 
(CHRYS.  Horn.  41  in  Ada).  Per  la  qual  cosa  con  ragione  fu 

detto : 

Ardua  res  vicisse  alios :  victoria  maior 
Est  animi  fluctus  composuisse  sui. 

Questo  dunque  dev'essere  il  primo  fondamento  dell'eroismo, 
la  virtu,  e  tra  le  virtu  particolarmente  un  alto  disinteresse, 
senza  del  quale  nelle  azioni  piu  splendide  non  si  ha  che  egoi- 
smo,  e  Tegoismo  non  fu  giammai  grandezza.  Cio  apparisce 
non  solo  nella  maggior  parte  dei  grandi  conquistatori  antichi 
e  moderni,  (che,  al  trar  de'  conti,  non  lavoravan  per  altro  che 
per  una  smisurata  ambizione  d1  innalzar  se  medesimi  sulle  ro- 
vine  altrui),  ma  in  molti  ancora  di  quelli  che  un  nome  illustre 
acquistaronsi  per  una  vita  apparentemente  morale  e  virtuosa, 
e  furon  detti  Savii  o  Filosofi.  Qual  era  infatti  la  molla  segreta 
di  quella  loro  vita  si  regolare  ?  Se  cerchiamo  un  po'  addentro, 


A   PROPOSITO    DI   UN    LIBRO    DI    TOMMASO    CARLYLE         279 

vi  troveremo  1'orgoglio,  la  mania  di  distinguersi  dagli  altri 
uomini,  di  farsi  notare  a  dito  come  un'eccezione.  Cosi  si  spiega 
Diogene  nella  sua  botte  o  con  in  mano  la  lanterna  in  cerca 
d'un  uomo ;  cosi  Crate  tebano,  che  getta  a  perdersi  in  mare 
le  sue  ricchezze  dicendo :  mergo  vos  ne  mergar  a  vobis,  in 
cambio  di  distribuirle  ai  bisognosi ;  cosi  Focione,  che  rimanda 
ad  Alessandro  la  somma  d'oro  con  dirgli :  mi  lasci  essere  vir- 
tuoso. In  fondo  a  tutta  questa  teatralitk  tu  non  trovi  che  orgo- 
glio,  non  trovi  che  immensa  stima  di»se  medesimo  congiunta  con 
altrettanto  disprezzo  degli  altri,  non  trovi  che  egoismo.  E  vero 
che  una  tal  vita  costava  loro  sacrifizii  non  lievi,  ma  quei  sa- 
criflzii  noa  erano  offerti  ad  altra  divinita  che  aH'orgoglio;  e 
allora,  domanda  il  Balmes,  che  virtu  e  mai  questa,  quale  eroi- 
smo?  Questo  e  un  rovesciare  tutti  gli  altri  idoli,  per  mettere 
se  medesimo  sopra  1'altare. 

Peggio  poi  se  all'orgoglio  si  aggiunga  la  cupidigia ;  e  Funo 
e  1'altra  (per  notarlo  qui  di  passaggio)  ci  dan  la  misura  del- 
1'eroismo  di  certi  patriotti  moderni,  che  sotto  colore  di  far 
Fltalia,  bravamente  si  fecero  il  proprio  nido,  ovvero  la  tana, 
come  il  Leone  di  Caprera;  in  gola  al  quale,  per  placarne  i 
famelici  ruggiti,  fu  anche  gittata  Foffa  dei  due  milioni,  che 
egli  eroicamente  ingoiossi. 

Posto  dunque  nelF  uomo  il  fondamento  della  virtu,  posto  un 
alto  disinteresse,  per  cui  apparisca  esser  tutto  non  per  se  ma 
per  gli  altri  e  per  la  causa  da  lui  sposata,  se  in  lui  si  manifest! 
esuberanza  di  vita  interna,  energia  d'animo  indomabile,  nobile 
sicurezza  di  se  (conscia  virtus}]  se  si  veggano  in  lui  risplen- 
dere  geste  superior!  al  consueto  a  vedersi  negli  uomini  an- 
corche  grandi,  e,  dove  occorra,  anche  patimenti  straordinarii 
con  magnanima  generosita  tollerati ;  noi  allora  saluteremo 
1'eroe  e  cadremo  in  ginocchio  dinanzi  a  lui.  E  il  suo  merito 
sark  piu  o  meno  grande,  la  nostra  venerazione  piu  o  meno 
profonda,  secondo  che  in  piu  qualitk  o  in  una  soltanto  la  sua 
grandezza  risplenda,  in  tutta  la  vita  sua  o  solo  in  qualche  atto 
particolare.  Ma  se  gli  faccia  difetto  o  la  moralita,  o  il  disin- 
teresse, o  i  fatti  veramente  grandi,  ben  potrk  aversi  la  vanild 


280  GLI   EROI 

che  par  persona,  cioe  1'ombra  dell'eroe,  la  contraffazione  del- 
1'eroe,  non  gik  1'eroe. 

IV. 

Tipo  dell'eroe  fu  S.  Paolo.  Chi  osserva  questo  altero  israe- 
lita,  atterrato  innanzi  a  Damasco  da  una  luce  dall'alto,  risorgere 
tramutato  di  lupo  rapace  in  generoso  leone ;  spezzare  i  ceppi 
del  Giudaismo  sotto  il  quale  era  nato,  e  muover  guerra  al 
Gentilesimo,  per  farli  currare  ambedue  dinanzi  alia  Croce; 
alternar  le  visioni  del  terzo  cielo  colle  lotte  e  le  vittorie  nel- 
1'arena  delle  coticupiscenze  terrene;  percorrere  trionfalmente 
le  contrade  della  Siria,  della  Cilicia,  della  Macedonia,  di  tutta 
1'Asia  Minore,  dimentico  di  se  stesso  e  sol  curante  la  gloria  di 
Colui  che  lo  manda;  in  Atene  sbalordire  o  confondere  i  sa- 
pienti  dell'Areopago;  in  Listri,  mescolando  lo  splendor  dei  pro- 
digi  a  quello  dell'eJoquenza,  porgere  occasione  d'essere  accla- 
mato.qual  dio,  ma  quegli  omaggi  sdegnosamente  respingere; 
a  Filippi,  vedutosi  aperto  il  carcere  allo  strepito  d'  un  terre- 
moto,  riflutarsi  d'  uscirne  se  i  suoi  stessi  nemici  non  vengono 
a  supplicarnelo ;  a  Gerusalemme,  dalla  gradinata  della  torre 
Antonia,  con  tutte  le  sue  catene,  arringare  il  popolo  con 
cuore  impavido ;  e  finalmente,  dopo  superati  i  nstufragi,  le  bat- 
titure,  le  lapidazioni,  le  carceri,  coronare  in  Roma  la  sua  glo- 
riosa  carriera  con  una  non  men  gloriosa  morte  di  spada ;  chi 
1' osserva,  diciamo,  con  attenzione,  ferito  da  tanti  raggi,  uon 
puo  fare  che  non  esclami :  ecco  un  essere  che  ha  del  sovru- 
mano,  ecco  un  eroe ! 

E,  si  noti  bene,  non  eroe  in  una  sola  azione,  come  Orazio 
Coclite,  Pietro  Micca  ed  altri,  ma  in  tutta  la  vita.  Distinzione 
importantissima,  perchS  fuor  della  Chiesa  si  potrk  ben  trovare 
qualche  azione  eroica,  ma  non  cosi  facilmente  una  vita  da  eroe. 

Ne  molto  inferiore  alia  grande  flgura  di  Paolo  e  quella  del 
Saverio.  Un  uomo,  che  si  accinge  alia  trasformazione  morale, 
non  d'  una  provincia  o  d'  un  regno,  ma  di  un  nuovo  mondo,  e 
dalle  tenebre  della  barbarie  vuol  condurlo  alia  luce  della  ci- 
viltk  cristiana ;  un  uomo,  il  cui  nome  ricorda  cinquantadue 
regni  conquistati  alia  Fede,  senz'  altra  ricchezza  che  un  bre- 


A   PROPOSITO   DI   UN   LIBRO   DI   TOMMASO   CARLYLE         281 

viario  e  un  bordone,  senz'altra  arme  che  un  crocifisso,  cento 
e  piii  sette  confuse  e  sgominate,  mille  templi  diabolic!  rove- 
sciati,  e  infedeli  battezzati  sol  di  sua  mano  piii  d'  un  milione 
e  dugentomila ;  un  uomo,  che  legge  nei  cuori,  e  squarcia  il 
velo  dell'avvenire,  e  col  taumaturgo  braccio  comanda  agli  ele- 
menti,  quasi  depositario  della  divina  onnipotenza ;  un  uomo, 
che  sulla  soglia  di  un  altro  impero  da  conquistare  si  sente 
mancar  la  vita,  e  carico  di  trofei  chiude  gli  occhi,  come  il 
guerriero  che  si  addormenta  sopra  un  fascio  d'allori  alia  vi- 
gilia  di  nuovi  trionfi ;  un  uomo  infine,  che  ancor  dopo  morte 
e  venerato,  non  sol  dai  Cristiani,  ma  ancor  dai  figli  di  Mao- 
metto  e  dagli  adoratori  degl'  idoli,  che  traggono  da  lontano  a 
baciar  la  polvere  del  luogo  ove  giacque  Tamico  del  cielo,  il 
dio  della  terra ;  se  quest'  uomo  non  e  un  eroe,  chi  mai  al 
mondo  potra  chiamarsi  tale  ? 

Eppure  il  nome  di  Paolo  e  quel  del  Saverio  abbiamo  indarno 
cercato  tra  gli  eroi  del  Carlyle.  E  indarno  pure  altri  nomi, 
raggiaiiti  di  luce  diversa  ma  anch'essa  splendida,  come  sareb- 
bero  il  gran  lottatore  Gregorio  VII;  il  gran  padre  del  mona- 
chismo  occidentale  e  della  civil  ta  cristiana; 

I  due  campioni,  al  cui  fare,  al  cui  dire 

Lo  popol  disv'iato  si  raccorse; 

(Par ad.  XII.) 

il  capitano,  Che  il  gran  sepolcro  liberb  di  Cristo ;  1'eroe  della 
carita  nel  secolo  XVII ;  e,  per  nominare  anche  una  donna, 
Giovanna  d'Arco. 

Che  se  volessimo  spigolar  qualche  flore  anche  dai  campo 
delle  ultime  generazioni,  non  ci  parrebbe  difficile  trovare  eroi 
tra  quei  bravi  della  Vandea,  che  per  la  religione  e  la  patria 
sostennero  a  lungo,  contro  i  rivoluzionarii  di  Francia,  colla 
corona  al  collo  e  in  mano  la  marra,  quella  che  giustamente 
fu  chiamata  guerra  di  giganti ;  ne  di  tal  nome  immeritevole 
diremmo  quell'altro  martire  della  fede  e  della  patria,  Andrea 
Hofer,  gloria  del  Tirolo,  che  dopo  tante  vittorie  riportate  sui 
Francesi  e  sui  Bavari,  dato  da  un  traditore  in  mano  al  nemico, 
e  in  Ala  posto  a  dormire  in  una  camera  ov'era  un  gran  cal- 
dano  di  carboni  accesi,  veggendo  tramortita  per  la  maligna 


282  GLI    EROI 

esalazione  la  sentinella  che  il  guardava,  e  assopito  in  un  mor- 
tale  deliquio  1'ufflciale  che  dormivagli  a  lato,  in  luogo  di  fug- 
girsene  a  salvamento  fra  i  b-uoi  Tirolesi,  ando  a  svegliare  i 
soldati  delle  altre  stanze,  perche  accorressero  a  salvar  la  sua 
guardia.  Eppur  sapeva  che  in  Italia  lo  aspettava  la  morte ! 

V. 

Non  si  creda  pero  che  questi  soli,  ed  altri  simili  illustri 
per  grandi  geste  abbian  diritto  al  nome  d'eroi.  A  molti  per 
le  grandi  geste  manco  1'occasione,  non  Tanimo.  Tali  sono  in 
gran  parte  quegli  uomini  insigni  per  singolare  virtu,  che  nel 
linguaggio  ecclesiastico  si  dicon  Santi. 

II  cuore  del  Santo  e  cosi  elevato,  che  respirando,  diremmo 
quasi,  in  un'atmosfera  celeste,  e  avendo  la  sua  conversazione 
ne'  deli,  mostra  tener  del  divino,  e  pero  deU'eroico.  Quei  grandi 
rovesci  di  fortuna,  quei  grandi  colpi  che  trasportano  da  una 
famiglia  in  un'altra,  da  una  in  altra  nazione  la  potenza  e  la 
gloria,  che  cosa  sono  per  lui?  Un  cambiamento  di  scena  e 
nulla  piu.  Esaminate  pure  ad  uno  ad  uno  tutti  i  suoi  senti- 
menti,  li  troverete  tutti  sublimi.  Chi  ama  egli?  Dio  e  il  suo 
simile  in  ordine  a  Dio.  Chi  odia?  Nessuno.  Che  desidera?  La 
virtu.  Che  teme  ?  La  colpa.  Che  spera  ?  II  cielo.  Percio  di  fronte 
ai  pericoli  6  tranquillo,  di  fronte  alle  minacce  indomito. 

E  noto  il  colloquio  che  ebbe  un  giorno  Timperatrice  Eudossia 
con  un  ufflciale  della  sua  corte,  allorche,  sdegnatissima  contro 
il  Grisostomo,  che  apertamente  riprendevala  de'  suoi  disordini, 
deliberossi  o  di  guadagnarlo  a  se  o  di  prenderne  flera  ven- 
detta. Chiamatosi  dunque  quei  confldente,  gli  aperse  1'animo 
suo  e  gli  chiese: 

—  Or  non  sapresti  tu  suggerirmi  qualche  mezzo  opportuno 
per  ottenere  il  mio  intento? 

—  No,  Maesta,  ve  lo  dico  rotondamente,  io  uon   ci  veggo 
ne  via  ne  verso. 

-  Come !  E  non  si  potrebbe  tentar  quest'uomo  con  larghe 
offerte  ? 

—  Tempo  perduto :  le  ricchezze  e  gli  onori  egli  li  apprezza 
meno  del  fango  che  calpesta  col  piede. 


A   PROPOSITO   DI    UN   LIBRO   DI   TOMMASO   CARLYLE          283 

—  E  noi  batteremo  la  strada  opposta :  cercheremo  di  spa- 
ventarlo  colle  minacce. 

—  Peggio,  assai  peggio,  il  suo  petto  e  di  bronzo. 

—  Se  le  minacce  non  bastano,  verremo  ai  fatti,  lo  mande- 
remo  in  esiglio. 

—  E  che  importa  a  lui  delPesiglio  ?  Ei  va  dicendo  che  tutta 
la  terra  e  un  esiglio  e  che  la  sua  patria  e  altrove. 

—  Ed  io  lo  gettero  in  un  fondo  di  carcere. 

—  Gettatelo,  ma  non  potrete  mica  incatenare  il  suo  spirito, 
che  anche  da  quel  fondo  gridera  Non  licet. 

—  E  allora  lo  faro  uccidere  a  dirittura. 

—  Tanto  meglio  per  lui,  e  quel   che   desidera,  uscire  dal 
mondo,  per  passar,  coin'ei  dice,  ad  una  vita  migliore. 

—  Ma  insomma  che  non  vi  sia  modo  di  reprimere  quest'uomo  ? 
Che  non  si  possa  trovar  cosa  al  mondo  che  gli  torni  dura  ed 
amara  ? 

—  Maesta,  io  non  ne  conosco  che  una  cui  egli  tema,  1'offesa 
di  Dio :  se  vi  riesce  d'indurvelo,  siete  vendicata ;  ma  non  ispe- 
rate  di  riuscirvi. 

Or  questi  magnanimi  sensi  non  sono  proprii  solamente  dei 
Grisostomi,  ma  tutti  i  Santi  all'occasione  sono  Grisostomi;  tutti 
san  dire,  e  quando  il  caso  portavalo,  tutti  hanno  detto :  Tesiglio, 
la  carcere,  la  morte  si,  la  violazione  de'  miei  doveri  non  mai. 
Non  sono  eroi? 

VI. 

E  nelle  varie  condizioni  della  vita,  negli  ufficii  diversi  in 
cui  puo  trovarsi,  1'uomo  santo  e  un  modello  di  perfezione.  Chi 
serve  bene  il  suo  Dio,  serve  bene  anche  il  suo  padrone,  bene 
il  suo  sovrano,  bene  la  patria  sua.  Non  v'e  soldato  piu  intre- 
pido,  non  magistrate  piu  integro,  non  cittadino  di  lui  piu  probo. 
Potrete  affidar gli  Tamministrazione  della  pecunia  pubblica,  senza 
timore  che  ve  la  faccia  passare  nella  propria  cassa,  all'uso 
dei  moderni  CommeHdatori ;  potrete  farlo  assidere  in  qualsiasi 
tribunale,  senza  pericolo  che  il  peso  dell'oro  gli  pieghi  in 
mano  la  bilancia  della  giustizia;  potrete  collocarlo  sul  trono, 
e  non  avrete  un  despota  che  dica  lo  Stato  son  io,  o  chiami 


2X4  OLI   EROI 

i  suoi  soldati  came  da  cannoni,  ma  un  Ludovico,  un  Fer- 
dinando,  una  Pulcheria,  un'Elisabetta,  che  formeranno  la  de- 
lizia  e  la  gloria  dei  loro  popoli.  Se  poi  1'uomo  giusto  sara 
sublimato  alia  Sede  di  Pietro,  avremo  i  fasti  dei  Gregorii 
Magni,  dei  Leoni  Magni,  degrinnocenzi  III,  e  le  splendide  lotte 
degli  Ildebrandi  cogli  Arrighi  IV,  degli  Alessandri  III  coi  Bar- 
barossa,  dei  Bonifazii  VIII  coi  Filippi  IV,  dei  Pii  VII  coi  Bona- 
parti.  Ebbene,  in  queste  coppie,  tra  i  due  antagonist!  qual  si 
mostra  piu  grande? 

Per  tal  maniera  il  Santo  nelle  condizioni  ordinarie  della 
vita  si  conduce  sempre  da  valentuomo  perfetto;  ma  se  poi  si 
presentano  occasioni  straordinarie  di  contrasti,  di  persecuzioni, 
di  pubbliche  calamita,  noi  allora  lo  vediamo,  spargendo  bene- 
ficenze,  slanciandosi  in  mezzo  ai  pericoli,  stidando  allegramente 
la  morte,  mostrarsi  eroe. 

Anzi,  a  dir  piu  giusto,  i  Santi  furono  tutti  eroi,  perche  tutti 
nella  virtu  si  segnalarono  in  altissimo  grado,  e  col  taumaturgo 
braccio  comandarono  alia  natura,  mostrando  nella  lor  fronte 
un  raggio  della  divinita,  senza  di  che  la  Chiesa  non  li  sublima 
alFonor  degli  altari ;  ma  non  pochi  di  loro  ebbero  a  quel  titolo 
un  altro  diritto,  perch&  aireroismo  della  virtu  e  allo  splendor 
dei  miracoli  aggiunsero  quello  delle  illustri  geste  operate  a 
pro  dell'universale.  Quindi  non  e  maraviglia  che  ai  raggi  della 
loro  maesta  e  grandezza  si  piegassero  le  piu  superbe  fronti, 
come  un  Teodosio  dinanzi  ad  Ambrogio,  un  Attila  dinanzi  a 
Leone,  un  Totila  dinanzi  a  Benedetto,  un  Agilulfo  dinanzi  a 
Gregorio,  e  che  le  intere  popolazioni  si  accalcassero  sul  loro 
passaggio,  acclamandone  i  nomi,  baciandone  le  vestimenta, 
profondendosi  in  atti  d'ossequio  e  di  venerazione. 

VII. 

Ma  una  classe  fra  tutte  le  altre  attira  i  nostri  sguardi  e 
la  nostra  ammirazione,  quella  che  segnalossi  non  per  grandi 
geste,  ma  per  grandi  patimenti,  quella  dei  Martiri. 

II  Tintoretto,  che  nella  Scuola  di  S.  Rocco  in  Venezia  ci 
dipinse  cosi  bene  il  Calvario,  popolandolo  di  tante  figure,  che 
il  suo  quadro,  pel  numero  di  queste  e  per  la  bellezza,  e  una 


A   PROPOSITO   DI    UN    LIBRO   DI   TOMMASO    CARLYLE          285 

delle  meraviglie  della  pittura,  era  desiderabile  che  rincontro 
a  quello  ci  colorisse  un  altro  gran  quadro,  rappresentante  i  Mar- 
tiri  di  Gesii  Cristo.  Lk  in  alto  dominerebbe  anche  in  questo  la 
grande  figura  del  Crocifisso,  ma  avrebbe  ai  due  lati  S.  Pietro  e 
S.  Paolo  cogli  altri  apostoli,  e  attorno  attorno,  in  diversi  gruppi 
raccolti,  si  vedrebbero  quegli  altri  valorosi  di  tutti  gli  ordini,  che 
gli  diedero  sangue  per  sangue.  In  mezzo  alle  belve  e  alle 
caldaie  bollenti,  alle  falci  e  alle  spade,  ai  graffi  e  agli  uncini, 
alle  ruote,  agli  eculei,  e  ad  altri  strumenti  di  carneflcina  qua 
e  Ik  disposti,  brillerebbero  quei  drappelli  d'eroi  nelle  lor  varie 
divise,  mostrando  commiste  ai  rozzi  panni  del  volgo  le  clamidi 
dei  cavalieri,  i  pallii  dei  magistrati,  i  manti  dei  principi,  le 
stole  dei  sacerdoti,  le  mitre  dei  vescovi,  tutti  cogli  occhi  volti 
alia  Croce  e  sfavillanti  d'ardore ;  ne  vi  mancherebbe  la  madre, 
che  in  mezzo  ai  cadaveri  di  sei  flgliuoletti,  tutta  del  loro  san- 
gue spruzzata,  s'  inginocchia  dinanzi  al  settimo,  e  gli  parla  del 
suo  latte  e  delle  sue  viscere,  per  paura  che  a  quel  tenerello 
non  manchi  il  coraggio  al  sacrifizio.  Sotto  il  quadro  la  scritta : 
Eamus  et  nos  ut  moriamur  cum  eo.  (lo.  II.  16). 

Generosi !  E  perchfe  poi  soggettarsi  a  tanti  martorii  ?  Per 
non  bruciare  dinanzi  ad  una  statua  un  grano  d'  incenso,  per 
non  dire  alia  fede  di  Cristo  un  semplice  no ;  al  quale  d'altronde 
venivano  sollecitati  colle  promesse  piu  lusinghiere  di  ricchezze 
e  d'onori.  Non  e  questo  uno  spettacolo  di  sovrumana  fortezza  ? 
L'empieta  forse  un  giorno  potra  giungere  a  rovesciare  i  tem- 
pli  dei  Martiri,  a  spezzarne  le  tombe,  a  cancellarne  le  epigrafl, 
ma  a  cancellare  dal  mondo  rammirazione  del  loro  eroismo  le 
porte  dell'  inferno  non  giungeranno. 

Eroismo,  che  fu  da  loro  mostrato  anche  in  que'  luoghi  e 
in  que'  tempi,  in  cui  nulla  v'era,  che  potesse  umanamente 
sorreggere  la  loro  costanza;  come  accadde  principalmente  nel 
fatto  di  Sebastiano,  prima  guerriero  di  Gesare,  poscia  di  Cristo. 
Scopertolo  tale,  Diocleziano  lo  dk  in  mano  a'  suoi  arcieri  per- 
ch&  sul  fare  dell'alba  lo  prendano  a  bersaglio  delle  lor  frecce, 
in  maniera  pero  da  spegnerlo  a  poco  a  poco ;  ed  eccolo  il  capi- 
tano  della  prima  coorte  al  chiaror  del  crepuscolo  condotto  in 
un  cortile,  spogliato  della  militare  divisa,  legato  ad  un  palo,  coa 


286    GLI  EROI  -  A  PROPOSITO  DI  UN  LIBRO  DI  TOMMASO  CARLYLE 

dinanzi  gli  sgherri  che  appuntano  le  balestre.  Ah!  non  era 
quella  una  morte  da  soldato,  e  molto  meno  da  valoroso  guer- 
riero  qual  egli  era.  Qual  differenza  tra  la  morte  che  aveva 
tante  volte  affrontato  in  battaglia,  e  questa  morte  oscura  e 
desolata  che  ora  incontra!  Dall'albero  del  suo  supplizio  eigira 
attorno  lo  sguardo,  e  non  un  amico  si  yede  al  flanco,  non 
una  persona  benevola  che  lo  animi  colla  voce  e  col  gesto, 
non  un  compagno  che  possa  altrui  raccontare  la  sua  costanza. 
In  un  luogo  silenzioso  e  deserto  venir  preso  di  mira  con  un 
feroce  trastullo  da  pochi  arcieri,  forse  dei  barbari  della  Nu- 
midia;  e  in  questa  scena  oscura  e  volgare,  piii  simile  all'uc- 
cisione  di  un  viandante  caduto  in  mano  dei  masnadieri,  che 
alia  gloriosa  confessione  della  Fede,  dover  bere  a  lenti  sorsi 
una  morte  amara  e  crudele,  oh  quanto  al  guerriero  doveva 
tornar  penoso !  Eppure  in  questa  penombra  a  noi  sembra  piii 
grande  che  nella  luce  smagliante  delle  battaglie.  E  gia  s'ode 
un  flschio  e  si  vede  una  freccia  che  tremola  nelle  sue  carni: 
poi  due,  poi  quattro,  poi  altre  molte ;  fintanto  che  tutto  coperto 
di  frecce  da  parer  come  un  istrice,  senza  alterigia  e  senza 
vilta,  come  il  Paziente  del  Golgota,  anch"1  egli  sul  suo  albero 
china  la  testa.  Ecco  la  calma  dei  Martiri,  ecco  la  loro 
grandezza ! 

Ebbene,  di  tutte  queste  cose  il  nostro  puritano  scozzese  par  che 
non  siasi  giammai  accorto.  In  tutta  la  lunghissima  schiera  dei 
figli  illustri  della  Chiesa  non  ha  saputo  trovare  nulla  d'eroico, 
nulla  di  grande.  Dinanzi  allo  spettacolo  delle  lor  geste,  egli,  con 
tutta  la  sua  scienza  storica  e  psicologica,  con  tutta  la  sua  filo- 
sofia  panteisca,  non  e  altro  (per  usare  una  bizzarra  sua  frase, 
detta  in  altro  proposito)  «  non  6  altro  che  un  paio  d'occhiali 
dietro  i  quali  non  vi  son  occhi.  » 

E  dove  li  ha  dunque  messi  i  suoi  occhi?  E  andato  a  flc- 
carli  nell'orpello  preso  per  oro,  e  nelle  lucciole  prese  per  lan- 
terne.  In  faccia  ai  veri  eroi  ha  messo  yli  occhiali  senza  gli 
occhi,  e  quindi  non  li  ha  veduti  punto:  in  faccia  agli  eroi  falsi 
ha  messo  gli  occhi  (miopi)  senza  gli  occhiali,  e  quindi  li  ha 
veduti  male,  e  gli  sono  sembrati  veri. 

Ma  di  questo  in  altro  quaderno. 


XIX. 

La  Botanic <i  estetica  nel  nostro  secolo.  L'estetica  nell' Orticol- 
tura.  Le  viti  e  le  frutte  in  serra.  Le  obbiezioni  gastrono- 
miche.  La  Floricoltura.  Le  piante  ornamentali  pel  fo- 
gliame:  e  per  la '  fioritura. 

Sia  detto  per  amor  del  vero,  la  Botanica  utilitaria  del  no 
stro  secolo  anch'essa,  non  ostante  la  insensibilita,  inevitabile 
in  chiunque  fa  la  professione  di  utilitario,  trova  il  modo  tut- 
tavia  di  nobilitarsi  con  un  fare  estetico  ed  artistico.  Cio  si 
avvera  segnatamente  nelle  coltivazioni  delle  frutte  e  degli  or- 
taggi.  Certo  chi  eatra  in  una  di  quelle  serre  dove  i  coltiva- 
tori  inglesi  e  belgi,  nel  cuor  del  verno  e  nel  mezzo  di  campi 
coperti  di  neve  e  ghiaccio,  fanno  florire,  allegare  e  maturare 
fra  pampini  verdeggianti  un'intera  vendemmia  di  grappoli 
dorati;  non  ci  si  congratulera  meno  con  gli  autori  per  la  bel- 
lezza  di  uno  spettacolo  cosi  nuovo,  che  pel  provento  onde  ne 
e  compensata  P  opera.  II  Meredith  che  fu  il  primo,  per  quanto 
pare,  a  tentare  cotesta  industria  della  frutticoltura  nelle  serre, 
intorno  al  1860,  ne  ottenne,  in  breve  giro  d' anni,  grappoli  di 
8  a  10  libbre  inglesi;  oggidi  ne  provengono  di  8  a  10  chilo- 
grammi.  Se  dal  celebre  tralcio,  recato  per  saggio  dagli  esplo- 
ratori  ebrei,  non  pendevano  che  due  o  tre  grappoli  cosi  fatti, 
il  portarli  col  debito  riguardo  doveva  ben  richiedere  P  opera 
e  la  forza  di  due  portatori.  Fra  le  stufe  piu  notevoli  di  tal 
genere,  e  sono  diventate  oramai  comuni  in  Inghil terra,  si  ci- 

1  Vedi  quad.  1117,  pag.  19. 


288  LA   STORIA   NATURALE    DELLE  PI  ANTE 

tano  quella  del  Giardino  Reale  di  Frogmore  e  quelle  della 
Societa  Reale  di  Orticoltura  di  Londra  a  Chinvick.  Ma  sopra 
tutte  si  segnala  quella  di  Killin  nella  villa  di  Killen,  del  Mar- 
chese  di  Breadalbane,  sia  per  1'antichita,  giacche  rimonta  circa 
al  1831,  e  sia  perchfc  &  riempita  tutta  da  una  sola  gigantesca 
vite.  I  due  tralci  principali  che  le  si  lasciano,  corrono  per  la 
lunghezze  di  oltre  a  62  metri.  I  grappoli,  che  vi  allegarono 
nel  1888,  furono  3170,  ma,  mozzati  gli  altri,  non  se  ne  lascia- 
rono  maturare  che  550,  i  quali  diedero  un  raccolto  del  peso 
di  408  chilogrammi  d'  uva  nera  (giacche  e  della  varieta  Black 
Hamburg)  come  se  1'avesse  rincotta  il  sole  d'Agosto  e  di  Set- 
tembre. 

E  poi  quanta  grazia  non  si  mette  dai  giardinieri  nella  col- 
tura  degli  alberetti  nani  ed  arbusti  fruttiferi,  cresciuti  in  piena 
terra  a  spalliere  e  cordoni  e  spire?  in  cui  i  rami,  mantenuti 
in  postura  orizzontale,  riescono  piu   fecondi  pel  ritardato  af- 
flusso  del  succhio,  e  si  veggono   piu    carichi  di  frutti   che  di 
foglie.  E  similmente  nella  coltura  dentro  a'  vasi  e  alle  cassette ; 
facilissima  ancora  ai  dilettanti,  e  leggiadra  quanto  quella  delle 
piante  ornamentali  e  dei  fiori,  sia  che  vi  si  educhino  pianti- 
celle  legnose  ovvero  graminacee,  come  ad  esempio  le  Fragole. 
Massimamente  poi  per  la  scelta  che  vi  si  fa  di  quelle  varieta 
che  recano  frutti   piu   vistosi  per   istraordinaria  grandezza  o 
per   gaiezza  di  tinte.  Per   ambedue  i  quali   rispetti   appena 
sembra  potersi  sorpassare  cio  che,  con   innumerevoli  esperi- 
menti,  non  eseguiti  a  caso  ma  guidati  dalle  cognizioni  fisiolo- 
giche,  si  e  ottenuto  dai  nostri  giardinieri.  La  fragola  Royal  So- 
vereing,  p.  e.,  coi  6  centimetri  che  misura  in  lunghezza  e  gli 
altrettanti  in  diametro  dalla  parte  superiore  dove  rigonfla  in 
forma  di  cuore,  e  col  suo  smagliante  rosso  di  carminio,  man- 
terra  per  lungo  tempo  e  forse  in  perpetuo,  col  nome  il  vanto 
di  Sovrana  Reale  delle  Fragole.  Piii  in  la  non  si  va.  Ma  dove 
essa  non  compare,  saranno  credute  facilmente  regine  vere  la 
Marguerite  o  la  Ruhm  von  Coten;  e  pretendenti,  non  senza 
titoli,  al  trono,  la  Competitor,  la  Konig  Albert  von  SacJisen; 
e  principesse  del  sangue,  la  Theodore  Mulie,  la  Laxton  Noble 


NEL   SECOLO   XIX  289 

e  tutta  una  corte  di  altre  nobili  varieta,  segnalate  ciascuna 
per  le  forme,  le  tinte,  la  copia  e  la  grossezza  ancora  dei 
frutti,  poiche,  al  dire  dell'  Heineraann,  sei  soli  di  quei  piu 
giganteschi,  riuniti  sulla  bilancia,  si  sono  veduti  raggiuDgere 
il  peso  incredibile  di  500  gramrai. 

Simili  maraviglie,  che  oramai  per  la  frequenza  non  sono 
piu  tali,  ci  si  mostrano  nella  coltivazione  delle  altre  frutta.  Chi 
ne  vuole  acquistare  un'idea  all'infuori  delle  Mostre  orticole, 
prenda  uno  dei  cataloghi  degli  Stabilimenti  d'Orticoltura,  ilia- 
strati  da  figure,  che  danno,  ritratti  al  naturale,  gli  articoli  piu 
degni;  quello  p.  e.  del  citato  Heinemann  di  Erfurt,  che  stende 
il  suo  commercio,  come  in  Francia,  in  Inghilterra,  in  Russia, 
cosi  ancora  fra  noi;  e  di  Ik  ci  vengono  pure  quei  pacchetti 
di  semenze,  messi  in  vendita  dai  fiorai,  colFefflgie  colorata 
della  pianta  o  del  fiore,  e  1'istruzione  per  uso  dei  dilettanti. 
In  quei  cataloghi  figurano,  fra  le  altre  cose,  efflgiati  al  vero  i 
giganti  di  ciascuna  delle  province  di  Flora  orticola :  e  1'enorme 
pera  Le  Lectier,  panciuta  a  mo1  di  trottola  rovesciata,  alta  piu 
di  12  centimetri  e  larga  10 ;  e  1'emula  sua  Docteur  Jules  Guyot 
di  forme  piii  snelle,  alta  13  cent,  e  larga  9;  e  la  splendida, 
feconda  e  delicata  Marguerite  Marillat  di  13  cent,  su  10  *. 

Ma  sarebbe  andare  nell'un  via  uno,  se  volessimo  enume- 
rare  anche  per  sommi  capi  le  maraviglie  di  effetti  magnifici 

1  F.  C.  HEINEMANN,  Kgl.  Preuss.  Hojlieferant.  Erfurl  (Thiiringen).  — 
General  Catalog.  1897.  Dando  questo  indirizzo  avremo  risparmiato  a  qual- 
che  gentile  lettore,  devoto  di  Flora,  la  fatica  del  domandarcene,  come  spesso 
accade,  per  lettera.  Aggiungiamo  che  le  istruzioni  per  la  coltivazione,  sia 
degli  alberi  nani  fruttiferi  e  delle  Fragole,  in  piena  terra  e  in  vasi;  sia 
degli  Asparagi  e  Funghi ;  ed  altre  assai  riguardanti  colture  di  profitto  o  di 
ornamento,  s'inviano  di  quivi  stesso,  contenute  negli  opuscoli  corrispon- 
denti:  Die  PJlege  der  Obstbaume  in  Topfen  und  Kiibeln.  Mk.  0,30  —  Die 
Kultur  der  Erdbeeren  Mk.  0,30  ecc.  E  vi  si  trova  persino,  nell'opuscolo 
Der  Schmuck  des  Altars,  una  Istruzione  circa  il  modo  di  adoperare  con 
garbo  e  giudizio  le  piante  e  i  fieri  a  ornamento  delle  Chiese  e  degli  Altari. 
Cotesti  scrittt  per6  sono  compilati  in  lingua  tedesca,  e  non  sappiamo  che 
sieno  voltati  neppure  in  francese.  Questa  difficolta  non  impaccia  nel  Ca- 
talogo,  dove  i  titoli  sono  espressi  anche  in  italiano  o  almeno  in  francese ; 
e  i  nomi  delle  specie  e  varieta,  delle  piante  o  semi  o  bulbi,  in  latino,  giusta 
1'uso  comune. 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1119.  19  27  gennaio  1897. 


290  LA   STOR1A   NATURALE    DELLE    PIANTE 

e  graziosi,  a  che  1'orticoltura  moderna  ha  guidato  e  ognor 
guida  la  Natura  ubbidiente;  e  non  solo  nella  coltivazione  delle 
frutte,  ma  in  quella  degli  ortaggi  in  genere,  siano  erbaggi 
o  siano  legumi.  Per  certuni,  cotesti  trionfl  dell'arte  non  hanno 
altro  pregio  che  quello  dell'apparenza.  II  tipo  degli  Asparagi 
sono  per  loro  quei  magri  fusti  selvatici,  amarognoli  al  palato, 
tali  quali  si  coglievano  gia  neH'et&  della  pietra,  dall'uomo 
quaternario,  lungo  le  fratte :  di  Fragole  non  ce  n'e,  per  loro, 
che  superino  le  montanine,  che  spontanee  crescono  nei  boschi: 
delle  frutte  e  poi  delle  uve  maturate  in  serra  si  sente  dire 
ognora  con  vilipendio  da  chi  non  le  assaggio,  che  sono  e  deb- 
bono  essere  insipide  o  agreste.  Ognuno  ha  i  suoi  gusti;  e  cer- 
tamente  non  e  cosa  facile  il  supplire  coll'arte  tutte  le  condi- 
zioni,  richieste  nei  suoi  lavori  dalla  Natura.  E  cio  nondimeno 

10  smercio,  che  hanno  p.  e.  quelle  uve  inglesi,  e  il  caro  prezzo 
a  che  se  ne  vuole  dai  voluttuosi  Epuloni  di  cola  imbandita  la 
tavola,  non  solo  nei  conviti  ma  nei  pasti  privati,  dice  abba- 
stanza  che  il  palato  loro  non  partecipa  ai  nostri  disdegni.  Esso 
avrk  invece  a  noia  quelle  sconciature  di   uve  avvizzite,  che, 
appese  dai  palchi  delle  nostre  dispense,  se  ne  calano  per  ceppo 
o  Capo  d'anno    sul    piatto  a  rammentarci    fuor   di    tempo  le 
mummie  deU'Egitto.  0  se  ne  mandino  a  offerire  i  campioni 
in  Inghilterra!  e  si  vedra  se  riescano  a  soppiantare  gli  appe- 
titosi  e  freschi  grappoli  di  Frogmore.  E  poi  FOrticoltura  nella 
creazione  delle  sue  varieta  non  si  propone  affatto,  il  piii  delle 
volte,  di  sconvolgere  1'ordine  naturale,  ma  soltanto  di  peren- 
nare  e  svolgere    cogl'  incrociamenti    delle    fecondazioni,  colla 
scelta  dei  semi  e  colla    opportuna   composizione  dei  terricci, 
le  quality  il  cui  germe  vede  manifestarsi  in  qualche  individuo : 
e  in  cio  fare  non  bada  solo,  trattandosi  di  frutti  e  piante  man- 
gerecce,  alle  belle  apparenze,  bensi,  e  non  meno,  alia  delica- 
tezza  degli  aromi  e  alia  squisitezza   dei   sapori :  e  di  coteste 
qualit^  se  anche  un  selvaggio  puo,  per   uso   suo,  far  giudice 

11  gusto  proprio,  non  ne  segue   che   quel   giudizio  distrugga 
Taltro  procedente  dai  plebiscite  di  buongustai   esercitati  alia 
giusta  estimazione  di  ogni  leccornia. 


NEL   SECOLO   XIX  291 

Lasciate  pero  da  parte  tali  question!,  sembra  piuttosto  a 
noi  che  i  nostri  Orticultori  italiani  avrebbero  a  mettere  ogni 
studio  per  non  restar  dietro  a  quelli  di  altre  nazioni  in  que- 
sto  ramo  della  Botanica  a  cui  si  sono  dedicati.  Scorrendo  i  ca- 
taloghi  d'oltremonti  e  d'oltremare,  sara  un  caso  1'incontrarci 
in  qualche  prodotto,  cbe  al  nome  si  riveli  d'origine  italiana ; 
mentre  negl' italiani  ancora  figurano  come  piu  pregevoli  i  fore- 
stieri.  E  non  e  a  pensare  che  per  mal  animo  quelli  tacciano 
di  noi;  poiche  in  cotesto  non  si  scorge  rivalit£  di  nazioni;  e 
in  ciascuna  gli  Orticultori  si  fanno  un  pregio  di  offerire  i  pro- 
dotti  ottenuti  in  un'altra,  distinguendoli  come  piu  accreditati, 
dalle  proprie  imitazioni.  Avviene  insomnia  qui  pure  il  mede- 
simo  che  per  Pagricoltura,  che  da  paesi  tanto  meno  favoriti 
ebbe  a  ricevere  il  miglioramento  dei  metodi,  le  varied  mi- 
gliori  dei  cereali,  il  trattamento  piu  proficuo  degli  alberi  e 
delle  viti.  Tanto  e  vero  che  la  natura  non  supplisce  coi  suoi 
doni  all' industria,  e  mentre  la  lepre  si  trastulla,  la  tartaruga 
le  vince  il  pallio.  Ma  rifacciamoci  sui  nostri  sentieri. 

II  regno  vero  della  Botanica  estetica  e  il  mondo  delle 
piante  d'ornamento,  legnose  ed  erbacee,  da  fogliami  e  da  flori. 
Al  solo  pensiero  d'avere  ad  enumerare  i  tesori  di  tal  genere, 
accumulati  e  creati  dai  Giardinieri  del  nostro  secolo,  cadrebbe 
il  cuore  ad  ogni  scrittore  per  la  vastita  della  materia:  peg- 
gio  poi  se  1'avesse  a  rinchiudere  in  un  volume,  e  noi  dovremmo 
spacciarcene  in  poche  pagine.  Fortunatamente  i  Botanici  estetici 
non  esigono  qui  ne  un  inventario  ne  una  descrizione  delle  bel- 
lezze  vegetali  che  sono  usi  di  contemplare  in  se  stesse,  ma 
soltanto  un  ricordo  che  richiami  loro  in  questi  mesi  invernali 
le  sodddisfazioni  provate  nella  stagione  migliore. 

Ricordiamo  loro  adunque  in  prima  le  grandi  figure  degli 
alberi  ornamentali,  specie  le  Conifere,  che  flno  alia  meta  del 
nostro  secolo  appena  si  scorgevano  nei  giardini,  sia  per  lo 
stile  regolare  in  che  questi  erano  disegnati,  sia  perche,  intro- 
dotti  di  recente,  non  erano  rappresentati  che  da  individui  di 
poca  eta.  Oggi  vediamo  negli  annessi  piii  modesti  dei  villini 
la  maestosa  Araucaria  imbricata  stendere  attorno  i  suoi  gi- 


292  LA   STORIA    NATURALE    DELLE    PIANTE 

ganteschi  rami  orizzontali,  piramide  vegetale  d'  architettura 
perfetta  poichfc  i  rami  inferiori  strisciano  in  giro  sul  suolo:  e 
non  v'  £  botanico  estetico  a  cui  non  si  riversi  la  bile,  occor- 
rendogli  di  vedere  il  sacrilegio  de'  padroni  ignoranti  che  glieli 
mozzano,  come  fossero  un  ingombro.  L'Araucaria  non  ha  da 
temere  altro  emulo  che  il  Cedro  del  Libano,  Cedrus  Libani, 
con  quei  suoi  rami  che  si  adergono  invece  come  i  bracci  dei 
candelabri,  e  se  ne  veggono  oramai  di  cosi  aitanti,  che  comin- 
ciano  a  richiamarci  i  famosi  cedri  della  Scrittura.  I  Cipressi 
nostrani  a  fuso,  e  le  Cipresse  a  rami  spanti,  poco  si  usavano 
nei  giardini  pel  significato  funebre  che  vi  si  conn'etteva.  Oggi 
ne  abbiamo  una  dovizia  di  specie  e  di  varied ;  e  v'  e  la  C. 
glauca  e  la  pendula,  e  T  usitatissima  Laivsoniana  e  altre  assai. 
Cosi  pure  dei  Ginepri  o  Juniperus,  fra  i  quali  dominano  la 
/.  eoccelsa,  la  japonica,  la  rirginiana :  e  dei  Pini,  come  la 
P.  alba  e  la  balsamea  e  la  nobilis,  che  sono  americane,  come 
Yaustralis  e  austrakana,  e  la  pinsapo  spagnuola,  e  la  cana- 
rienns  delle  Canarie,  e  altre  venti  di  varie*  provenienze :  Ac- 
cenniamo  soltanto  alle  Tuie,  Thuja  compacta,  nepalensis,  ta- 
tarica  ecc.,  alle  Retinospore,  ai  Tassodii,  alle  Cryptomeriae, 
e  per  ultimo  alia  faniosa  Wcllingtonia  gigantea  o  Sequoia 
che  in  una  delle  sue  due  specie  si  vede  prosperare  sulle  rive 
dei  laghi  Lombardi. 

La  Girikgo  biloba,  quel  paradosso  botanico,  che  colle  sue 
foglie  sottili  e  stiacciate  dissimula  agli  occhi  profani  il  suo  vero 
essere  di  conifera,  ci  aprirebbe  qui  un  passaggio  naturale  alle 
altre  circa  700  specie  o  varieta  di  alberi  e  di  arbusti,  fra  i 
quali  un  Giardiniere  piio  scegliere  oggidi  nel  formare  i  bo- 
schetti  e  le  macchie  richiesti  dallo  stile  moderno.  S'  intendera 
che  dobbiamo  oltrepassare  la  porta  di  cotesto  museo  senza 
entrarvi.  Appena  &  se  dalla  soglia  daremo  uno  sguardo  e  un 
saluto  alle  tre  splendide  tribu  delle  Camelie,  dei  Rododendri 
e  delle  Azalee,  su  cui  la  natura  pare  che  abbia  provati  tutti 
i  colori  della  sua  tavolozza ;  e  poi,  perch&  e  vecchia  cono- 
scenza  nostra,  alia  Serpentaria  o  Aristolochia  sipho ;  e,  per 
la  stessa  ragione,  alia  graziosa  Glycine  sinensis  colle  sue 


NEL   SECOLO   XIX  293 

•ciocche  di  fiori  violazzurri,  i  quali  ci  rammentano  pel  colore 
quei  della  degna  Paulownia  imperialis,  tanto  benemerita  del 
nostri  passeggi  orabrosi.  Se  si  entra  a  parlare  di  alberi  e  di 
arbusti  fioriti,  non  taceremmo  certo  la  Magnolia  grandiflora 
o  Liriodendrurn  lulipiferum,  divenuto  ora  cosi  volgare,  mentre 
e  pur  di  tanta  nobilta  per  1'eleganza  del  portamento  e  per  la 
grazia  e  fragranza  orientale  del  flore,  e  infine  pel  cinabro 
smagliante  dei  semi.  Una  menzione  la  vorrebbe  essa  pure, 
benche  tanto  piu  modesta  la  Bignonia  catalpa,  con  la  sua  so- 
rella  radicans,  che  tutti  riconoscono,  ai  suoi  flori  tubulari  di 
colore  ranciosanguigno,  addossata  ai  muri,  che  essa  riveste  e 
addobba  al  tempo  stesso.  Benche,  se  e  per  questo  servigio,  lo 
presta  nientemeno  nei  nostri  climi,  e  con  vantaggio,  VAbutilon 
hybridum,  colla  sua  indeficiente  floritura  e  colle  sue  numerose 
varieta,  Tuna  piii  elegante  dell'altra;  e  in  capo  a  tutti  la  tribu 
<lelle  presso  a  200  varieta  di  Clematis,  scelte  fra  le  innume- 
revoli  ottenute  nei  semenzai. 

Ma  noi  qui  non  intendevamo  ancora  toccare  delle  magni- 
ficenze  dei  fiori,  sibbene  delle  piante  che  sono  per  se  stesse 
ornamentali,  ancor  senza  fiorire.  Onde  ogni  Botanico  estetico 
ci  terrebbe  il  broncio  se  non  rammentassimo  almeno  il  popolo 
peregrino  delle  Palme,  venute  a  vivere  e  moltiplicarsi  nei  no- 
stri climi  come  in  una  seconda  patria:  YAreca  Baueri  con  la 
sorella  rubra;  le  Chamaerops  grande  e  piccola,  excelsa  e 
humilis;  e  la  Corypha  australis,  e  il  Pandanus  utilis,  e  tutta 
la  cognazione  delle  Phoenix,  e  la  Latania  borbonica,  e  la 
Pitchardia  filamentosa,  e  le  Cocos,  le  Sabal,  le  Kentia;  che 
sorgendo  o  sparse  o  in  gruppi  in  mezzo  ai  pratelli,  ne  rom- 
pono  la  monotomia  e  ne  mantengono  la  freschezza.  V'e  poi  il 
popolo  delle  Felci  per  ornamento,  in  ispecie,  dei  luoghi  om- 
brosi, e  delle  rocce  e  macerie :  PteridifBleclini,  Adianti,  Asplenii, 
Polipodii,  Aspidii,  Polistichi,  Slrutiopteridi,  Atirii,  Onoclee,  Or- 
munde,  Woodsie,  tutte  capilavori  d'intaglio  delicato ;  e,  per  in- 
corniciare  le  acque  degii  stagni  e  rigagnoli,  ed  infiorarle  ben 
anche,  Calle  e  Nelumbii  e  Ninfee  e  Papiri  e  Scirpi  e  ValK- 


294  LA    STORIA    NATURALE    DELLE    PIANTE 

snerie  e  la  Victoria  regia  le  cui  vaste  foglie  reggono  senza 
stento  a  galla  un  grosso  marmocchio. 

Ritornando  pero  alle  macchie,  in  che  si  esercita  partico- 
larmente  lo  studio  e  il  senso  artistico  dei  nostri  Giardinieri, 
ed  ecco  loro  alle  mani  e  il  Ginerio  delle  Pampas,  e  la  Nico- 
tiana  colossea,  e  la  Perilla  nanchinese,  e  una  ricchezza  di 
Ricini  e  di  Solani,  e  la  notissima  Musa  Ensete,  e  Tritome,  e 
Canne  dalle  foglie  o  verdi  o  rosseggianti,  a  prescindere  ancora 
dalla  splendida  e  perenne  fioritura. 

Pei  disegni  rabescati,  con  che  si  impreziosiscono  i  tappeti 
erbosi  il  Giardiniere  non  ricorre  oggi  piu  alle  petruzze  colo- 
rate  d'un  tempo;  quando,  al  dire  di  Oliviero  de  Serres,  le  ri- 
prese  sue  erano  il  mirto,  la  lavanda,  il  ramerino,  il  bosso;  e 
poi  la  maggiorana,  il  timo,  la  salvia,  la  camomilla,  la  menta 
e  perfino  il  prezzemolo.  Oggidi  il  semenzaio  e  la  stufa  inver- 
nale  somministrano  per  quei  lavori  tinte  non  meno  varie  e 
vivaci  e  delicate,  che  ad  una  ricamatrice  la  sua  paniera :  Pe- 
largonii  zonali,  fasciati,  sul  verde,  di  giallo  o  di  sanguigno  o 
di  bianco;  Alternantere,  dipinte  a  vivi  colori  di  rosato,  verde 
e  giallo ;  Cdlei  di  cento  composizioni  e  sfumature  di  porporino- 
e  di  verde.  E  basti  cosi,  che  si  hanno  pur  da  rammentare, 
poichfe  piu  non  possiamo,  le  creature  sovrane  da  cui  hanno 
preso  nome  e  Flora  stessa  e  il  suo  regno. 

Ma  per  questo  capo  sara.  miglior  consiglio  oramai  rimettere 
il  lettore  ad  un  Catalogo  qualsivoglia  di  Fioricoltura.  Quivi  la 
lunga  serie  delle  specie  e  delle  varieta.  lo  colpira.  ancor  mena 
deH'avvedimento,  onde  queste  furono  aiutate  a  svolgersi  nelle 
quality  piu  pregevoli  sotto  varii  rispetti:  altre  di  piccola  sta- 
tura  ed  altre  di  grande  cresciuta;  e  raccolte  o  spante;  e  re- 
sistenti  alle  strette  del  caldo  e  del  freddo  o  alia  natura  sfavo- 
revole  del  terreno;  precoci  o  tardive;  e  coi  flori  doppii  o  stra- 
doppii  o  sdoppii,  ma  notevoli  per  grandezza,  per  regolarita  di 
forme,  per  eleganza  di  macchie  e  per  fragranza.  Le  varieta.  di 
Rose  cosi  ottenute,  di  Camelie,  di  Dahlie,  di  Garofani,  di  Pe- 
largonii,  di  Antivrini,  di  Violacciocche  ecc.  ecc.,  avrebbero- 


NEL   SECOLO   XIX  295 

fatto  onore  al  giardino  di  Armida ;  ne  altre  se  non  delle  piu 
scelte  se  ne  mettono  in  opera  da  un  Giardiniere  di  riputazione. 
La  coltivazione  dei  soli  Crisantemi  occupa  non  pochi  dilettanti 
per  la  novitk  degli  effetti,  onde  quell'  arbusto  suol  rispondere 
alia  coltura:  ed  ogni  anno  all'entrare  del  verno  se  ne  fa  una 
mostra  solennissima  in  Parigi.  Altri  hanno  1'ambizione  delle 
Eriche,  altri  delle  Calceolarie,  e  cosi  via.  E  mentre  le  specie 
gik  possedute  s'ingentiliscono,  altre  ne  giungono  di  continue 
di  fuori,  ed  altre  colte  nei  nostri  campi  si  nobilitano.  Cosi 
THeinemann  ha  coll' industriosa  cura  di  parecchi  anni  con- 
vertito  in  un  damerino,  anzi  in  una  famiglia  di  damerini,  quel 
zotico  deirEUeboro ;  al  quale  la  rusticit&  della  sua  origine  vale 
intanto  a  florire  allegramente,  quando  le  altre  piante  sono 
ingranchite  dal  freddo. 

Resisteremo  questa  volta  risolutamente  alia  tentazione  di 
affacciarci  alle  serre  calde,  dove  la  Botanica  estetica  ha  rac- 
colto  il  bottino  fatto  dai  suoi  emissarii  nei  paesi  tropicali.  Co- 
testo  si  e  un  tesoro  da  crederlo  sognato  nelle  Mille  e  una 
Notti,  se  non  si  vedesse  in  veglia  ad  occhi  aperti.  Quivi  sono 
quei  Caladii  dalle  foglie  a  targa  in  punta,  con  un  verde  di 
sraeraldo  che  si  sposa  col  rosso  di  rubino  e  col  bianco  delle 
perle.  Quivi...  ma  non  cominciamo ;  chfe  una  sola  Orchidea  (era 
una  Catleia)  pote  infatuare  cost  di  se  un  Botanico  estetico,  che 
egli  la  compro  senza  esitare  per  10,000  franchi.  Lontano  dagli 
occhi  nostri  queste  Sirene ! 


EMMA 


XIII. 
11  pranzo  della  laurea. 

Intanto  s'apri  1'uscio  del  salotto,  e  1'Ida,  tutta  giuliva  e- 
accesa  in  volto,  saluto  la  mamma  e  le  signore  che  stavano- 
con  lei,  poi  corse  a  dare  un  bacio  all' Emma,  con  una  tene- 
rezza  che  mai  la  maggiore. 

-  Come  ti  senti,  Emma  ?  ti  sei  divertita  ?  hai  veduti   gli 
avanzi  del  tempio  di  Serapide  ? 

—  Mi  sento  bene,  e  mi  sono  divertita  cosi  cosi.  E  tu,  sei 
stanca  ? 

—  Un  pochette  si,  ma  ho  riso  tanto   con   quel  giovialone 
di  Gennaro  e  con  Giulio,  che  non  ti  so  dire.  Anche  il  babbo 
ci  ha  preso  spasso,  e  non  ha  guari  sentita  la  stanchezza.  Ti 
raccontero  tutto  quando  saremo  sole. 

Entravano  i  due  giovani  col  signer  Livio,  I'Emma  si  levo, 
e  1'Ida  accosto  due  seggiole  pei  giovani  dottori. 

-  Non  s'incomodi,  signorina,  disse  Giulio.  E  subito  Gen- 
naro soggiunse  :  —  M'  hai  fatto  un  piacerone,  mia  cara  Emma, 
a  venire  fin  qui :    se  avessi  accompagnata  la  nostra  brigata, 
ti  saresti  divertita  assai. 

—  Potevo  a  rigore  far  quella  gita,  disse  Emma.  Ma  il  me- 
dico non  vuole  che  mi  stanchi. 

—  E  ha  ragione  da  vendere  e  da  serbare,  aggiunse  Giulio. 
Poco  alia  volta,  chi  va  piano  va  sano. 

—  E  mia  sorella  non  si  e  stancata  ? 

—  Che  ?   disse   Gennaro :   correva   come  un  daino,  e  per 
giunta  ha  faticato  e  sudato  cercando  erbe  e  pietrame  pel  mio 
dotto  amico  qui  vicino,  che  ha  questa   fisima.    Basta,  che  lui 
n'aveva  una  fazzolettata  in  mano,  oltre  le  saccocce  piene,  e 


EMMA,  PRIMA  E   DOPO  -  XIII.    IL   PRANZO    BELLA   LAUREA  29? 

la  Ida  pure  sarebbe  tornata  qua  trafelata  sotto  il  peso  della 
scienza,  se  io  non  mi  caricavo  della  sua  pezzuola  plena  di 
ciottoli.  E'  ce  n'e  da  acciottolare  via  Toledo... 

—  Non  creda  nulla,  signorina,  disse  Giulio  ridendo.  Abbiamo 
fatta  la  cerna  prima  di  muoverci  daH'Averno,  ed  erbe  e  mi- 
nerali,  tutto  si  accomoderk  in  un  panierino,  che  portero  a  Na- 
poli  senza  sudare  un  pelo. 

Tra  queste  ciance  faceva  1'ora  di  pranzare.  I  dottorini  eb- 
bero  il  posto  di  rispetto,  le  fanciulle  capitarono  quasi  dirim- 
petto.  Esse  e  i  novelli  laureati  tenevano  il  campanello,  con 
gran  piacere  della  brigata  che  vi  prendeva  sollazzo.  Gennaro 
non  ismentiva  la  sua  riputazione  di  capo  ameno.  E  fin  dai 
principii  pretendeva  che  Giulio  dovesse  cedere  mezza  la  sua 
parte  all'Ida,  e  pagarle  la  giornata  di  lavoro,  e  a  lui  Gen- 
naro passare  il  resto,  perchS  anch'esso  erasi  sobbarcato  al 
peso  della  botanica  e  della  mineralogia.  A  Giulio  poi  si  do- 
veva  una  frittata  con  gli  zoccoli  di  gneis,  di  serpentine,  di 
granito,  e  di  pietre  volcaniche... 

Ida  ci  rideva  a  cuor  consolato,  e  un  poco  arrossendo,  di- 
veniva  piu  bella,  con  quel  suo  sembiante  grazioso  ma  sempli- 
cetto  e  buono.  Ed  Emma  che  vedeva  Giulio  afflssarsi  nella 
sorella  con  sorriso  di  compiacenza,  ne  risentiva  un  certo  dis- 
agio,  che  gelosia  non  era,  ma  qualcosa  di  somigliante.  Ella, 
la  povera  zoppetta,  seduta  a  tavola,  e  attillata  qualcosa  meglio 
che  Ida,  appariva  certo  piu  avvenente  per  correttezza  di  forme 
e  per  una  certa  dignita  signorile ;  ma  di  lei  non  si  parlava. 

Giulio  non  poteva  negare  agli  occhi  suoi,  che  Giulia  vin- 
cesse  d'  assai  in  esterni  pregi  la  sorella,  come  la  vinceva  per 
ingegno  e  per  coltura.  Osservava  tuttavia  che  dove  1'  Ida  nulla 
mostrava  di  artiflcioso,  Emma  non  disprezzava  1' arte  del  ben 
parere.  II  folto  volume  dei  capelli  era  raccolto  sul  capo  e  tenuto 
in  freno  da  un  cerchiello  d'acciaio  brunito  e  da  certe  forcine 
di  tartaruga,  che  lasciavano  tuttavia  scherzare  liberamente 
qua  e  fa  e  sul  collo  certi  ricciolini,  a  crescere  vaghezza 
all'  ampia  fronte  e  a  tutto  il  viso.  In  cuor  suo  Giulio  ragio- 
nava,  che  Raffaello  non  avrebbe  trovato  che  emendare  in  quei 


21)8  EMMA,   PRIMA   E    DOPO 

lineamenti,  ma  avrebbe  di  botto  dato  di  mano  al  pennello, 
perch&  non  restasse  senza  copia  un  originale  tanto  perfetto. 
Per  questo  il  giovane  medico  si  sentiva  in  cuore  una  lotta 
terribile,  quando  volgeva  lo  sguardo  o  la  parola  alle  due  Ru- 
bino.  Ma  da  forte  schermidore  cercava  di  parare  gli  assalti 
di  amore,  non  volendo  rivelare  il  suo  cuore,  se  non  a  ragione 
veduta.  II  suo  maggiore  sforzo  mirava  a  tenersi  in  bilico;  a 
guisa  d'  un  funambolo  giocava  di  bilanciere,  con  motti  e  cor- 
tesie  egualmente  distribuiti,  che  non  accennassero  al  suo  pen- 
colare  verso  la  Emma ;  tanto  piu  che  un  nuovo  disegno  sem- 
brava  gli  ragionasse  in  cuore. 

II  curioso  era  che  Emma  pure  dal  canto  suo  mareggiava 
nella  sua  burrasca;  e  mal  poteva  simulare  una  perfetta  in- 
differenza,  quando  vedeva  Giulio  sorridere  e  trattar  quasi  di- 
mesticamente  colla  sorella  minore.  Ma  anch'essa  quest!  se- 
creti  affanni  del  cuore  soffocava  in  guisa,  che  non  ne  traspa- 
riva  fiato.  Giulio  ed  Emma  si  studiavano  1'uno  e  Paltra  di 
leggersi  negli  occhi  le  occulte  impressioni  dell'  animo ;  e  1'  uno 
come  1'altro  sforzavansi  di  non  tradire  il  segreto. 

Gennaro  invece  che  di  nulla  sospettava,  ciarlava  alia  sciam- 
mannata,  e,  a  farlo  apposta,  erasi  imbarcato  in  una  questione 
di  madonna  Laura  e  madonna  Beatrice,  e  dava  torto  marcio 
al  signer  [Petrarca,  perche  si  fosse  intabaccato  d'una  bella 
provenzale,  mentre  tante  belle  italiane  avrebbero  potuto  ren- 
derlo  felice.  Giulio  per  mutare  discorso  gli  diceva  che  non 
era  anche  tempo  di  sciogliere  il  problema,  e  per  celiare  gli 
raccontava  che  un  dei  sette  Sapienti  delP  anticbit&  consigliava 
i  giovani  di  studiare  prima  il  problema  fino  alia  morte... 

—  E  allora  quando  si  ammogliano?  dimando  Ida  colla  sua 
dolce  vocina. 

II  che  desto  uno  scoppio  di  risa  allegrissime.  Gennaro  colse 
la  palla  al  balzo,  e  con  fiero  cipiglio  se  la  prese  con  Giulio : 
—  Dottore  Giulio  La  Rosa,  io  mi  maraviglio  di  te...  Tu  sei  un 
uomo  apostata  dal  buon  senso,  io  protesto  contro  di  te  e  contro 
tutti  i  sette  Sapienti  antichi,  fossero  anche  settemila  io  li  sfldo 
tutti  a  duello...  e  mi  fo  campione  della  signorina  Ida,  che  ha 


XIII.    IL   PRANZO   DELLA   LAURBA  299 

subito  veduta  la  profonda  grulleria  della  loro  sapienza...  Tu, 
Giulio,  devi  subito  disdirti  qui  coram  populo,  e  promettermi 
i  confetti  delle  tue  nozze... 

E  Giulio  ridendo :  —  Se  tu  mi  prometti  i  tuoi... 

—  lo  non  posso  prometter  uulla :  i  miei  confetti  sono  in 
mano  del  Ministro  della  pubblica   istruzione.  Se  lui  mi  spe- 
disce  una  carta,  come  la  desidero  io,  i  confetti  sono  assicu- 
rati,  se  no,  no.  Tu  invece  sei  nato   col   cintolino  rosso.  Non 
avevi  ancora  bene  in  capo  1'  alloro  dottorale,  e  gik  ti  floccava 
addosso  impiego,  e  dico  impiego  a  Napoli,  onore,  quattrini... 
Tu  devi  disdirti...  e  testimoni  della  tua  abiura  saranno  le  si- 
gnore  e  le  signorine. 

—  Rinnego  tutti  i  Sapienti  antichi  e  moderni,  e  i  futuri  se 
vuoi...  ma  una  condizione  resta  ferma.  E  Seneca  il  Morale  che 
te  la  pone :  Lunga  e  la  via  dei  precetti,  breve  quella  degli  esem- 
pii...  Dunque... 

Per  fortuna  s'  era  allora  servito  un  brillante  e  razzente  La- 
crimacristi.  Gennaro  infilo  il  dirizzone  del  vino :  mescolo  Giu- 
none  pronuba  e  Bacco  Lieo,  sfodero  una  serie  di  profezie  e 
di  presentiment!  e  di  pronostici,  1'  uno  piii  ameno  che  1'  altro. 
I  commensali  alzarono  il  bicchierino,  fu  un  acciottolio  di  toc- 
catine  e  di  complimenti.  Emma  tacque,  Ida  non  venne  meno 
alia  comune  allegria :  sollevo  il  suo  calicetto  e :  —  Bevo,  disse, 
alia  salute  e  prosperity  dei  due  novelli  dottori,  e  faccio  voti 
perche  i  loro  allori  si  mantengano  sempre  verdi  e  rigogliosi. 

—  Grazie,  signorina,  disse  Giulio. 

—  Grazie,  centomila  grazie,  grido  Gennaro. 

E  il  convito  prosegui  dello  stesso  tenore  sempre  allegro  e 
cordiale. 

XIV. 
La  sera  d'un  bel  giorno. 

A  ora  giusta  si  riparti  per  Napoli.  Le  Rubino  lasciavano 
a  Gennaro  i  loro  graziosi  regalucci,  ed  in  contraccambio  Emma 
e  Ida  si  portavano  un  trionfo  di  rose  centifoglie  delle  piu  sgar- 
gianti  che  mai  cantasse  Anacreonte.  Ma  ne  i  complimenti  ne 


300  EMMA,   PRIMA   E    DOPO 

le  rose  poterono  tanto  sul  cuore  degli  amanti  che  quella  notte 
sognassero  sogni  rosati. 

Giulio,  rientrato  in  casa,  non  penso  pure  a  gittarsi  in  letto. 
Era  stance  anzi  che  no  della  gita  all'Averno,  e  piu  ancora  delle 
tbrze  fatte  tutta  la  giornata  per  serbare  Tequilibrio  tra  le  due 
sorelle,  1'Emma  e  1'Ida.  E  pure  sentiva  che  di  chiudere  1'occhio 
al  sonno  era  nulla.  Accese  un  sigaro  e  f u  a  fumarlo  sul  bal- 
cone,  sperando  che  la  frescura  notturna  gli  calmerebbe  la  tern- 
pesta  nervosa.  Nella  piazza  sottoposta  strepitava  il  chiasso  dei 
rivenditori  di  frutta,  de'  giornalai  della  sera,  degli  strilloni 
d'ogni  razza  e  forma  che  su  quell'ora  squarciano  gli  orecchi 
de'  passanti :  Giulio  non  udiva  nulla.  Ascoltava  solo  il  cuore 
che  martellava  forte.  Accanto  al  suo  primo  amore  profonda- 
mente  radicato  nell'animo,  cominciava  a  far  capolino  il  secondo 
affetto,  natogli  quel  giorno  stesso  nel  cuore,  non  sapea  neppur 
egli  come;  avrebbe  voluto  soffocarlo,  opprimerlo,  colla  potenza 
del  primo;  ma  la  fantasia  gli  dipingeva  Ik  presenti  le  due  Ru- 
hino,  con  tutte  le  loro  doti,  le  maniere  soavi,  e  i  singolari  pregi, 
che  a  suo  bell'agio  aveva  attesamente  osservato.  -ITEmma,  nel 
ritornare  a  Napoli,  s'era  mostrata  taciturna;  nell'atto  di  licen- 
ziarsi  e  neH'augurarle  la  buona  notte,  Giulio  aveva  osservata  in 
lei  una  insolita  sostenutezza;  dove  che  Ida  era  un  flore  di  fan- 
ciulla  semplice  e  schietta...  —  Ma,  no,  no,  non  voglio  pensarvi: 
gia  troppo  sono  infelice  nel  primo  amore:  mandero  tutto  a 
traverse...  mi  faro  violenza;  alia  fin  fine  non  sono  piu  un  ra- 
^azzo...  E  1'  Emma?...  Ah  lo  capir&  da  se,  quanto  mi  costa... 
Povera  Emma!  mi  ama  tanto!  --  E  qui  si  passava  la  mano 
sulla  fronte,  che  era  come  una  fornace.  Come  mai  potrebbe 
egli  avere  il  coraggio  di  accrescere  la  infelicitk  della  Emma, 
egli  che  non  vedeva  al  mondo  creatura  che  fosse  piu  degna 
del  suo  affetto?  lui  abbandonarla?  Ben  era  vero  che  mai  non 
gli  era  sfuggita  dal  labbro  alcuna  promessa;  mai  non  le  aveva 
detto:  lo  t'amo.  Verissimo,  non  1'aveva  detto  a  parole;  ma 
col  fatto?  Perche  la  cercava  egli  con  tanto  ardore,  perche  aveva 
mostrata  tanta  sollecitudine  per  lei?...  perche?...  E  come  avrebbe 
ella  risaputo  ch'egli  1'amava,  se  egli  stesso,  si,  egli  stesso  non 


XIV.    LA   SERA   D'UN   BEL   GIORNO  301 

avesse  lasciato  trasparire  negli  sguardi  quello  che  si  tenea  ce- 
lato  nel  cuore?...  Si  si,  egli  aveva  troppo  parlato  cogli  occhi!... 
Ma  era  pur  visibile,  che  essa  non  era  pivi  quella  ch'egli  aveva 
cominciato  ad  amare.  0  ch'egli  era  colpevole  della  sventura 
di  Emma?  doveva  egli,  perchfc  lei  era  sventurata,  legarsi  per 
sempre  a  una  zoppa?  in  casa,  fuori,  alle  veglie,  alle  feste;  sem- 
pre  appaiato  ad  una  sposa zoppa?...  Dovrebbe  pure  capacitarsene 
anche  lei...  Essa  non  capirS  nulla:  forse  odiera...  —  Mi  odii 
pure,  non  Podiero  io  mai:  Pamero,  si,  Pamero  sempre.  Emma, 
tu  sarai  mia,  non  sarai  mia ;  sarai  il  mio  tormento,  com'io  son 
destinato,  mio  malgrado,  ad  essere  il  tuo.  E  PIda?...  Ah  non 
mi  avvelenar  1'animo,  Ida ;  togliti  dal  mio  pensiero :  amo  tua 
sorella,  la  tua,  la  mia  sorella:...  ma  non  chieder  da  me,  quello 
che  piii  non  ti  posso  dare :  lasciami,  cara,  lasciami  in  pace.  Ma 
tu  mi  stimi;  si,  te  ne  sono  grato,  anch'io  stimo  te;  ma  ti  basti 
questo,  non  mi  chieder  di  piii;  non  posso.  — 

Questa  interna  battaglia  aveva  stancato  orribilmente  il  po- 
vero  Giulio.  Chiuse  i  cristalli,  e  si  sdraio,  tutto  vestito,  sul 
letto.  Ed  ecco  arrivava  sotto  le  sue  flnestre  uno  dei  mille  or- 
ganini,  che  passeggiano  Napoli  di  sera ;  e  vi  si  posava,  a  ma- 
cinare  agiatamente  un'aria  della  Norma.  DalParia  Giulio  corse 
alle  parole :  Mira,  Norma,  a'  tuoi  ginocchi...  Si  confuse  la 
mente,  da  un'  idea  ne  scoppiava  un'altra,  era  un  tramestio, 
un  tumulto... 

II  fiero  garzone  si  senti  commuovere;  divenne  piccino  pic- 
cino,  era  tutto  in  sudore,  scoppio  in  un  pianto  dirotto.  Che 
notte ! 

XV. 

Chi  I'avrebbe  sognalo? 

Sullo  scorcio  del  mese  di  settembre  tornando  una  mattina 
a  casa  dall'  Ospedale,  Giulio  trovo  una  lettera  sul  suo  tavolino. 
dalla  cui  soprascritta  conobbe  ch'essa  era  delPamico  Gennaro. 
Strappo  la  busta  con  vera  ansieta,  immaginando  qualche  possi- 
bile  novella  delle  cugine  di  Gennaro.  Era  invece  una  lettera 


302  EMMA,   PRIMA   E    DOPO 

tranquilla  e  lieta,  che  nulla  aveva  che  fare  ne  con  Emma  ne 
con  Ida. 

Gennaro  partecipava  la  sua  nomina  ufflciale  a  professore  di 
quarta  classe :  —  Indovina  dove  ?  Non  ti  apporresti  alle  mille. 
A  Campobasso !  nel  ginnasio-liceo  Mario  Pagano,  quasi  quasi 
in  casa  tua !  —  E  Gennaro  pregava,  che  Giulio  impegnasse  sua 
madre  a  trovargli  un  quartierino  cola,  arioso,  allegro,  e  che 
non  danneggiasse  troppo  la  borsa  d'un  professore  novellino. 

Giulio  tolse  un  biglietto  di  visita,  vi  scrisse  a  matita:  «  Faro 
piu  e  meglio  che  non  dimandi,  a  patto  espresso  e  condizione 
sine  qua  non,  che  vieni  in  persona  a  prendere  la  risposta 
dopo  cinque  giorni,  precisamente  il  27  settembre,  alPora  di 
desinare.  Serbo  per  quell' ora  un  sacco  di  mirallegro,  degli 
Avana  di  sotto  il  banco,  e  un  mondo  d'  informazioni  intorno 
a  Campobasso.  A  rivederci. » 

Fece  impostare  il  biglietto  per  Pozzuoli;  e  senza  por  tempo 
in  mezzo  scrisse  una  lettera  alia  sua  madre  Donna  Colomba, 
non  gik  perchfc  essa  cercasse  stanza  per  Gennaro,  ma  a  dirit- 
tura  lo  accogliesse  a  dozzina  in  famiglia ;  e  le  dava  assicu- 
razione  che  il  professore,  oltreche  suo  amico  del  cuore,  era 
onoratissima  persona,  di  probitk  specchiata,  e  di  si  squisita 
educazione  che  ella  si  chiamerebbe  contenta  di  averlo  dozzi- 
nante  e  commensale. 

Donna  Colomba  rispose  cosi  prontamente  che  Giulio  pote 
avvisarne  1'amico  a  Pozzuoli  prima  ancora  che  questi  venisse 
al  flssato.  Scrisse:  «  Mia  madre  t'aspetta  a  Campobasso  colle 
braccia  aperte.  Le  stanze  ch'erano  a  me  destinate  serviranno 
per  te ;  ti  troverai  soddisfatto  per  ogni  rispetto,  te  1'assicuro. 
La  posizione  e  assai  favorevole  allo  studio.  Pel  Collegio  starai 
ad  uscio  e  bottega.  In  verbo  quattrini  t'  intenderai  con  mia  ma- 
dre, che  ti  fark  i  ponti  d'oro.  II  resto  a  voce,  dimani.  Addio. » 

II  di  seguente  i  due  amici  erano  ristretti  allo  stesso  desco 
e  soli,  perche  Giulio  aveva  in  animo  di  non  lasciar  partire 
il  professore,  senza  metterlo  a  parte  de'  suoi  guai  in  amore, 
e  averne  il  parere.  Gennaro,  in  apparenza,  spensieratone,  era 
in  fondo  un  giovane  di  mente  e  di  cuore,  e  poi  si  trattava 
delle  sue  cugine. 


xv.  CHI  L'AVREBBE  SOGNATO?  303 

Dopo  la  prima  galloria  di  abbracciari  e  di  grazie  e  di  rai- 
rallegro,  a  Gennaro  premeva  di  sapere  qualcosa  della  citta  e 
dei  cittadini  di  Campobasso:  e  il  dottore  si  alzo  i  manichetti 
per  iscodellargli  la  piii  attrattiva  descrizione  del  suo  nido  na- 
tivo.  —  Napoli,  gi£  si  sa,  &  una  sola,  ma... 

—  Vedi  Napoli,  e  poi...  vivi,  disse  Gennaro. 

—  Ma   troverai   una  cittadina  a  modo,  che  per  essere  di 
provincia,  non  manca  del  suo  bello.  V  e  la  parte  alta  che   si 
stende  sopra  una  collinetta  e  sale  sino  a  un  vecchio  castello 
mezzo  diroccato ;  vi  e  la  parte  nuova,  che  e  un  pezzo  di  Na- 
poli, fatto  apposta  e  mcsso  li. 

—  Curiosi  noi  napolitani  di  Napoli!,  osservo  Gennaro.  Noi 
sappiamo  a  menadito  la  geografia  da  Portici  a  Pozzuoli;  piii  Ik 
e  come  la  China...  lo  imparo  oggi  come  e  fatto  Campobasso. 

—  E  il  fato   comune  di  chi  nasce    nelle   grandi   citta :   si 
trova  tutto  vicino  a  casa,  ne  si  cerca  altrove,  senza  un'occa- 
sione  o  necessita. 

—  Gia,  mi  dicono   che  i  parigini   sanno  a  mente  la  loro 
Parigi,  e  fuori  della  cinta  non  c'e  piu  mondo. 

—  E  bene,  impara  Campobasso  dentro  e  fuori.  Ne'  dintorni 
troverai  passeggi  in  mezzo  a  campagne  ricche  e  gaie,  e  uccelli 
in  copia.  Se  ti  frulla,  potrai  tirare  una  schioppettata  alle  passere. 

—  Se  fossero  galline  ! 

—  Anche  alle  galline  potrai  tirare,  ma  colla  forchetta... 

—  A  proposito,  interruppe  Gennaro,  come  si  sta  a  bucolica, 
in  que'  paesi  ? 

—  Si  va  a  desinare  dal  caldarrostaro,  e... 

—  Bravo,  trippa !  Queste  sono  le  belle  cose  per  dirle  qui, 
ove  mi  fai  guazzare  nelle  leccornie:  ma  la  ci  vuol  altro... 

—  Ben  be'  fatti  animo:  non  morrai  di  stento,  troverai  la 
una  cuoca,  dottoressa  in    re   macaronica,  e  pej  resto   gli   e 
come  a  Pozzuoli  e  a  Napoli.  Anzi  qualcosa  meglio,  piu  casa- 
lingo  e  piu  igienico :  roba  buona  e  cucinata  col  timore  di  Dio. 
lo  non  isto  mai  meglio  che  quando  (pur  troppo  e  raro !)  quando 
passo  una  settimana  colla  vittitazione  di  casa  mia. 

—  Ben  venga  la  vittitazione  di  casa  tua.  Prometto  di  in- 


304  EMMA,   PRIM  A    E    DOPO 

naffiarla  anche  per  benino,  per  onorare  la  tua  memoria  scien- 
tifica:  il  prime  brindisi  lo  faro  a  te... 

—  E  farai  andare  in  brodo  di  succiole  mia  madre  e  mia 
sorella.  E  sia  detto  non  per  vanto,  ti  mesceranno  un  falerno, 
come  dite  voi  altri  letterati,  un  falerno  che  ti  rendera  poeta 
il  doppio  di  quel  che  sei,  da  fare  strabiliare  i  tuoi  scolari. 
Fuori  di  celia,  mia  Madre  beve   quanto   un   canarino,  ma  lo 
vuol  buono,  e  lo  fa  fare  di  uve  scelte  in  quel   po'  di  vigneti 
che  abbiamo  al  sole.  Ha  questa  divozione... 

-  Eccellentissima  divozione !  Sai  ch'  io  sono  de'  piu  divoti 
che  io  conosca,  mi  ediflco  di  me  stesso. 

—  Te  lo  voleva  avvertire  come  un  punto  capitale,  e  ora 
me  lo  scordavo.  In  fatto  di  divozione,  ti  sara  bisogno,  pro  bono 
pads,  di  non  avventurare  qualche  proposizione  troppo  moderna, 
troppo  universitaria...  Perche  con  quelle  animine  di  messer  Do- 
mineddio,  non  te  la  passeresti  liscia.  Sono  buone  come  un  pan 
di  zucchero,  ma  piglierebbero  fuoco  e  ti  caverebbero  gli  oc- 
chi.  Io  quando  sono  la  sto  in  decretis,  e  magari  accompagno 
mia  madre  alia  S.  Messa,  e  porto  io  il  suo  ben  grosso  libro 
di  preghiera.  Lei  ne  va  tutta  in  solluchero,  e  tornata  in  casa, 
mi  da  il  piu  profondo  bacio  che  si  abbia  nel  cuore...  Io  non 
sono  po' poi  un  turco:  ma  queste  divozioni  le  fo' solo  per  lei... 

—  Uomo  avvisato,  mezzo  salvato !  disse  Gennaro. 

—  E  t'importa:  se  vuoi  entrare  nelle  loro  buone  grazie  ed 
essere  confettato  di  tutte  le  piu  squisite  amorevolezze.  Basta, 
hai  giudizio,  fanne  uso.-E  non  solo  colle  donne  di   casa,  ma 
in  generale  colla  gente  del  paese. 

—  Siamo  intesi :  gik  lo  capivo  da  me,  che  le  nostre  idee 
tolleranti   non  sono   merci   d'esportazione.  Puta  me  Harpo- 
cratem! 

XVI. 
Uno  strano  consulto. 

Si  era  discorso  assai  e  ciabato  e  celiato  a  piacere.  Giulio 
aveva  dato  un  monte  d'indirizzi  e  di  commissioni  per  la  fa- 
miglia  e  per  gli  amici  di  Campobasso.  Gennaro  voleva  fare 


XVI.    UNO    STRANO    CONSULTO  305 

ima  visita  allo  zio  ingegnere,  prima  di  tornare  in  casa  del- 
1'amico,  che  gli  offriva  una  camera  e  ua  buon  letto  per  la 
notte.  E  gia  era  suiraccommiatarsi,  quando  Giulio  serrandogli 
la  mano,  —  Non  sia  detto...  Domani  tu  partirai  a  buon'  ora,  io 
ci  ho  un  malato  urgente,  non  ti  potro  parlare...  Non  voglio 
che  parti  senza  dirti  tutto... 

—  Parla,  spiffera  dall'a  alia  zeta.  Ho  tutto  il  tempo. 

—  Credilo,  Gennaro,  io  ti  ho  il  volto  d'uomo  contento,  ma 
ho  il  diavolo  in  cuore. 

Gennaro  si  fece  serio,  dicendo :  —  Che  &  ?  Dispetti,  invidie 
dei  colleghi? 

—  Nulla  di  cotesto:  il  marcio  6  qui;  e  Giulio  premeva  il 
petto. 

—  Spiegati. 

—  Sono  infelice  in  amore,  e   non   ci  veggo   rimedio   pos- 
sibile. 

—  Lo  trovero  io :  parla,  ma  parla  come  amico   ad   amico 
che  non  parla.  Celio  spesso  e  volentieri,  ma  tu  sai  che  un  se- 
greto  affidatomi,  vive  e  muore   qua,  non   passa   la  soglia  di 
casa. 

Giulio  si  continue :  —  Forse  tu  ne  hai  avuto  qualche  sen- 
tore,  ma  insomnia  il  fatto  e  che  mi  sento  preso  fieramente  di 
una  tua  cugina... 

—  Gran  che!  Sposala,  e  tutti  lesti.  Io  n'avro   un   piacere 
matto.  Gik  si  sa,  se  non  vuoi    vivere  eternamente  scapolo,  fa 
pur  mestieri  che  una    volta  o    1'altra   tu  t'innamori  di  qual- 
che ragazza:  scegli  quale  vuoi  delle  due:  io  ti  fo  il   sonetto. 

—  Tu  fai  le  cose  liscie;  ma  vorrei  un  po'  vederti  neVmiei 
panni!  A  dar  consigli  non  duole  il  capo;  ma  quando    un   di- 
sgraziato  si  trova  tra  Scilla  e  Cariddi,  non  gli  riesce  si  facil- 
mente  di  prendere  un  partito.  H 

—  Questa  fe  la  prima  volta  che  io  non  ti  comprendo,  Giu- 
lio; che  vuoi  tu  dire? 

—  Che  vuoi?  avevo  posti  gli  occhi  sulla  tua  cugina  Emma, 
assai  prima  che  le  incontrasse  quel  caso  funesto  del  piede.  Io 
Tamava,  e  Tamo  ancora  d'un  affetto  vivissimo :  per  una  parte 

Serie  XVI,  vol.  IX,  faac.  1119.  20  27  gennaio  1897. 


306  EMMA,   PRIM  A  E    DOPO 

mi  parrebbe  di  farle  an  torto,  se  ponessi  in  altra  persona  il 
mio  amore:  per  un'altra  parte,  o  come  posso  risolvermi  a 
chiederla  per  moglie  con  quel  difetto  di  cui  non  guarira 
piii  mai? 

Gennaro  s'impensieri,  abbasso  il  capo,  si  lisciava  il  mento, 
come  chi  delibera  di  un  partite  non  agevole:  —  Ma,  dimmi, 
le  hai  tu  dato  parola? 

—  0  questo  no. 

-  Le  hai  manifestato  i  tuoi  sentimenti. 

—  Neppure. 

-  Allora  sei  libero  come  1'aria.  Te  lo  dico  da  galantuomo, 
come  lo  penso,  ancora  che  si  tratti  d'una  mia  cugina... 

-  Libero,  libero,  e  presto  detto.  Non  mi  sono  sbilanciato 
in  parole,  ma  gli  occhi,  il  fare,  le  visite  durante  la  sua  conva- 
lescenza...  come  si  fa  a  non  si  lasciare  intendere  piii  che  poi 
non  si  vorrebbe? 

-  Si  si,  e  verissimo,  disse  Gennaro :  certe  cose  le  ragazze 
le  capiscono  per  aria:  ma  e  sempre  vero  che  promessa  non 
ci  e  corsa...  Non  fa  torto  ne  a  lei  ne  a  te  avere  mostrato  un 
po'  di  simpatia...  E  tu  e  lei  siete  liberi :  cosi  la  penso  io. 

—  Ma  ti  pare  ella  una  bella  cosa  lasciare  in  asso  una  fan- 
ciulla  amata  gia  proprio  di  cuore,  solo  perche  le  e  incolta  una 
disgrazia?  Tanto  piii  che  io  non  arrivero  mai  a  scordare  del 
tutto  il  suo  affetto;  come  non  giungero  a  vincere  le  mie  ripu- 
gnanze  sino  a  farla  mia  compagna  dinanzi  alia  legge.  Ecco 
il  contrasto,  lo  stiracchiamento  perpetuo,  che  mi  strugge...  e 
mi  avvelena  la  vita. 

—  Tu  se'  uno  de'cavalieri  antiqui.  Dovevi  nascere  ai  giorni 
della  Tavola  rotonda:  Re  Arturo  ti  faceva  caporale  degl'in- 
namorati.  Ma  che?  Ma  che?  Non  siamo  piu  a  que'  tempi.  A'di 
nostri,  colla  civilta  nostra  di  balle  di  cotone,  di  parlamenti,  di 
ferrovie,  solo  la  promessa  vale  qualcosa...  1' avere  fatto  1'oc- 
chio  pio  a  questa  o  a  quella  non  lega  veruno,  e  le  ragazze 
lo  sanno,  nessun  cavaliere  moderno  puo  condannare... 

—  E  le  cavalieresse  dei  nostri  saloni  ? 

—  Che  mi  vai  cavalierando?  Senti,  trovane  un'altra...  Tru- 
ditur  clavus  clavo,  ci  diceva  il  nostro  professore  Mirabelli,  e 


XVI.   UNO    STRANO    CONSULTO  307 

lo  traduceva:    un  diavolo  ne  caccia  1'altro.   Ma  qui  non  sa- 
rebbe  il  caso... 

—  Basta,  conchiuse  Giulio,  vai  a  vedere  tuo  zio :  quando 
torni  qua  ti  diro  il  resto  del  segreto,  cio  che  aggrava  1'un 
cento  il  mio  malessere... 

—  No,  no,  no.  Non    vado  da  zio...  M'hai  a  dire  tutto,  se 
no,  non  mi  muovo  di  qui :  sono  di  marmo.  Due  parole,  spac- 
ciati,  ed  escimi  d' indovinello. 

—  L'  indovinello  sarebbe  che  F  altra  sarebbe  quasi  trovata... 
e  io  la  discaccio  phi  che  posso  dalla  mente  e  dal  cuore...  per 
non  far  torto  ad  Emma,  che  ad  ogni  modo  non  potrei  sradi- 
care  dal  fondo  dell'anima  mia.  Intendi? 

—  Malattia  complicata !  al  palpito  del   cuore,  sopravviene 
la  debolezza  del  cervello.  Gioia  mia,  disse  Gennaro  con   fer- 
mezza,  tu  fai  male,  malissimo.  Tu  dei  essere  piu  uomo... 

—  Potere! 

-  Si  puo  quando  si  vuole :  e  si  vuole  quando  la  ragione 
delta  che  bisogna  volere...  Basta,  alle  corte,  mi  diresti  chi  e 
costei,  che  comincia  ad  invadere  di  contrabbando  il  tuo  cuore  ? 

—  Si,  posso  dirlo,  ma  solo  a  te,  e  fuori  di  te,  neppure  al- 
Faria  che  respiro.   Sono    tre   lettere    sole:  Ida,  la  sorella  di 
lei,  Ida. 

Gennaro  salto  addosso  a  Giulio,  e  schioccandogli  sulla  bocca 
un  bacio  sonante:  —  Scellerato!  esclamo,  perche  nol  mi  di- 
cesti  prima...  La  questione  si  scioglieva  da  se,  tuttd  era  chiaro, 
limpido  come  cristallo... 

—  E  a  me  pare  che  tutto  e  tenebra,  buio  pesto.  0  come 
si  fa  a  coglier  la  piu  giovane,  dopo  amoreggiato  colla  mag- 
giore  ? 

-  Capisco,  disse  Gennaro,  non  e  naturale,  e  in  certe  fa- 
miglie  non  si  ascoltano  dimande,  se  non  cominciando  dalle  piu 
alte  canne  dell'organo.  Ma  zio  Livio,  e  uomo  del  tempo  suo, 
6  non  patisce  di  tali  ubbie.  Ti  dark  quella  che  chiedi,  la  Mamma 
sara  contenta,  Ida  capira  che  a  volersi  maritare,  pel  tempo  che 
corre,  bisogna  badare  a  prendere  la  mano  che  si  offre... 

—  Ma  Emma  ?  la  mia  Emma ! 


308      EMMA,    PRIMA    E   DOPO  -  XVI.    UNO    STRANO    CONSULTO 

-  Emma,  Emma  stessa,  se  non  ha  grilli  romantic!  nel  cer- 
vello,  dovra,  manco  male  sanguinante  un  po'  il  cuore,  dovra 
farsi  una  ragione;  dovra  persuaders!  che  non  le  si  fa  torto, 
che  non  ha  avuto  promesse,  che  non  e  violate  nessun  diritto... 
e  che  lei  non  puo  ragionevolmente  imporre  a  un  pari  tuo, 
che  si  sposi  una  zoppa,  solo  perche  le  hai  fatto  gia  qualche 
complimento...  Questo  e  il  mio  verdetto. 

—  Se  tutti  pensassero  come  te!  disse  Giulio ..  II  peggio  e 
che  io  stesso... 

—  Vai,  non  ti  fare  illusion!.  Ora  vo  a  vedere  zio. 

-  Gi£  s'intende,  acqua  in  bocca. 

—  0  che  mi   pigli  per   un   bambino?  Acqua  in  bocca,  si. 
Trattero  con  zio,  con  zia,  con  Emma,  con  Ida,  come  se  tu  non 
fossi  mai  stato  al  mondo. 

—  Quando  torni,  ti  diro... 

—  Quando    torno,  interruppe   Gennaro,  mi  dirai   se   vuoi 
essere   savio,  o  se  vuoi  essere   pazzo   in   mezzo  al  cervello... 
Non  vedi  che  6  cosa  passata  in  giudicato?  Qualche  ombra  di 
sconvenienza  si  potrebbe  trovare  se  tu,  disdetta  PEmma,  cer- 
cassi  un  flore  lontano  lontano  nelle  selve:  ma  quando  tu  stendi 
la  mano  a  un   fiore    dello   stesso    cespo,  mostri   il   cuor  tuo 
buono  colla  famiglia  Rubino.  Essa  non  sa  nulla  del  tuo  primo 
affetto  per  la  maggiore.  E  se  lo  sapesse,  capirebbe  che  tu,  for- 
zato  a  mutare  oggetto,  non  sei  uscito  dalla   casa  loro.   Dun- 
que,  bene  mio,  siamo  intesi.  Quando  torno,  non  tornare  anche 
tu  dai   paesi  di  Amadigi  di  Gaula  e  di  Lancillotto   del  Lago. 
Siamo  a  Napoli,  nel   1871,  e  in   quest'anno  e  cosa   indicata, 
indicatissima  il  ragionare  colla  testa,  chi  1'  ha,  e  non  col  cuore, 
che  e  buono    per  la  civetta...   II  piu   che  ti  posso  permettere 
quando  torno  da  zio,  6  che  facciamo  un  po'  di  ritocchino  con 
quel  tuo  vinino,  che  proprio  mi  ha  baciato  1'ugola.  E  poi  si 
dorme.  Domani  mi  accompagni  alia  stazione,  e  io  volo  a  Cam- 
pobasso,  persuaso  che  tu  ti  accommoderai  colla  Ida,  a  poco 
a  poco,  gia  si  sa ;  ma  senza  uscire  dal  seminato.  Se  no,  io  ti 
fulminero  di   lettere   formidabili,  prosa  e  verso   del  Vesuvio. 
Addio,  addio. 


RIVISTA  DELLA  STAMPA 


i. 


L' Italia  presente  e  i  suoi  fati  del  signer  FILIPPO  OTTONIERI.  Roma, 
Ermanno  Loescher  e  C.,  1897.  Un  Yol.  in  8°  gr.  di  pagg.  158. 

Chi  legge  questo  libro  deve  alia  fine  sclamare  sfiduciato :  ebbene, 
non  v'e  piii  rimedio !  L'ltalia  non  ha  che  da  raccomandarsi  al  bec- 
camorto ! 

Fortunatamente  perd  1'Italia  vera  e  reale  e  altra  cosa  dall'Italia 
descritta  qui,  con  color!  tanto  foschi,  da  quel  qualunque  signore  che 
e  indicate  col  nome  di  Ottonieri,  il  quale,  all'usanza  del  liberaloni 
pari  suoi,  mescola  tutto  insieine,  popolo,  patria,  state,  nazione,  go- 
verno,  e  ne  fa  un  minestrone  veramente  orribile  d'ogni  schifezza  e 
bruttura,  cui  appiccica  Fetichetta  doiYJtalm  presente. 

E  questo  il  primo  e  sostanziale  errore  del  libro  che  vogliamo 
esaniinare :  confondere,  cioe,  FItalia  degli  italiani  con  quella  di  pochi 
farabutti  o  faccendieri,  ingannati  ed  ingannatori.  Sicuramente  che  a 
questo  patto  la  diagnosi  dei  mali  del  paese  voluta  imprendere  dalFA. 
non  potra  camminare ;  giacche  dara  per  malattia  di  un  soggetto  quella 
che  e  invece  di  un  altro,  dell'Italia  reale  quella  che  e  d'un  Italia 
artefatta.  Quindi  andra  in  fumo  1'intento  stesso,  manifestato  nella 
Prefazione,  di  dare  al  popolo  italiano  coscienza  dei  vizii  che  lo  aftlig- 
gono,  perche  risolvasi  a  vincerli. 

Altro  svarione  incorso  dalFOttonieri  e  aver  obliterate  le  cagioni 
principalissime  dei  malanni  d'ltalia,  per  noverarne  e  sviscerarne  molte 
false,  ovvero  accidental!,  le  quali,  a  paiiar  proprio,  piuttosto  che 
cause  si  dovrebbero  dire  effetti  delle  non  accennate. 

Da  ultimo,  FA.  sciupa  tutte  le  sue  pagine  e  spreca  tutto  il  suo 
inchiostro  in  lamentare  morbi,  ulceri  e  guai ;  ma  non  sa  trovare  qualche 
rimedio  che  valga  a  guarirli.  Ossia,  veramente  egli  ne  indica  uno, 
che,  a  senno  suo,  sarebbe  anche  il  solo,  e  senza  cui  tornerebbe  inu- 
tile pensarne  altri.  Questo  e  di  educare  il  popolo  italiano ;  ma  poi 
egli  stesso  dipinge  questo  popolo  come  una  plebe  d'ignoranti,  di 
ebeti,  di  egoisti,  di  poltroni  e  di  nevrotici,  impossibile  ad  educarsi. 


310  RIVISTA 

Non  avevamo  dunque  ragione  noi  di  affermare  che,  secondo  1'Otto- 
meri,  per  1'Italia  la  d  bell'e  spacciata,  e  non  si  salva  piu?  . 

E  dover  nostro  per6  di  mostrare  come  quegli  strafalcioni  che 
ascriviamo  aH'Ottonieri  sono  veramente  deH'Ottonieri :  ed  eccoci 
all'opera  di  soddisfarvi  punto  per  panto. 

Quanta  al  primo,  cioe  alia  straua  confusione  che  egli  fa  della  nazione 
italiana  coll'oligarchia  spadroneggiante,  la  quale  usurpa  il  nome 
d'ltalia,  ne  potremmo  raccattare  degli  argomenti  un  po'  per  ogni  pa- 
gina  del  libro ;  ma  contentiamoci  intanto  del  primi  due  Capitoli.  — 
Detto  che  il  sentimento  nazionale  e  patriottico  e  condizione  indispen- 
sabile  dell'esistenza  di  un  popolo  e  che,  per  conseguenza,  tutti  i  popoli 
civili  antepongono  il  proprio  paese  ad  ogni  altro,  nonostante  qualunque 
propaganda  di  universale  fratellanza  ed  ogni  pregiudizio  socialistico, 
FOttonieri  sostiene  che  «  gl'italiani  disgraziatamente  battono  la  via 
opposta,  con  danno  e  discredito  dell'intera  nazione  »  (pag.  14).  Se- 
condo lui  «  mold  in  Italia  si  fanno  quasi  un  merito  di  prodigar  le 
loro  simpatie  a  tutti  i  nostri  nemici »  (pag.  16);  n&  vi  6  fra  noi 
coscienza  nazionale,  ne  vi  e  alcuno  il  quale  pensi  a  formarla.  Non  i 
preti,  che,  per  V opera  nefasta  delpapato,  (pag.  17)  la  combattono,  isttt- 
lando  odio  e  disprezzo  contro  la  patria  e  le  istituzioni  (pag.  19); 
non  i  maestri  laici,  che  quanta  a  patriottismo  non  valgono  piu 
dei  preti  (ivi) ;  non  il  Governo,  non  altri  infine,  perche  nessuno  fece 
mai  alcun  che  di  serio  per  dare  al  popolo  italiano  la  coscienza  di  se 
stesso,  della  sua  missione,  del  suo  an  venire  (id).  In  Italia  dunque, 
giusta  I'Ottonieri,  non  e  patriottismo. 

«  E  quello  (soggiunge  egli  poi)  che  maggiormente  impensierisce 
si  &,  che  la  mancanza  di  patriottismo  in  Italia  non  deriva  da  cir- 
costanze  accidental!,  ma  e  il  sintomo  piu  caratteristico  della  imper- 
fetta  costituzione  del  carattere  del  popolo  italiano  (pag.  21)  »,  un 
popolo  tutto  indifferenza  ed  apatia,  propria  degli  esseri  degenerati,  un 
popolo  pieno  d'  ignoranza,  che  equivale  alia  cecita.  «  I  nostri  operai, 
i  nostri  contadini  sono  abbrutiti  »  e  pensano  solamente  a  soddisfare 
i  bisogni  animaleschi ;  le  cosi  dette  classi  dirigenti  hanno  per  norma 
delle  loro  azioni  1'  egoismo  piu,  gretto.  «  E  pero  tutte  le  volte  che 
cercate  il  popolo,  vi  accade  d'imbattervi  in  un  volgo  disperso  che 
nome  non  ha,  il  quale  vi  guarda,  ora  dimesso  e  inebetito,  ed  ora 
bieco  e  furibondo  (pagg.  23,  24).  » 

Cosi  egli.  E  sarebbe  molto  difficile  trovare  un  intransigente 
clericale  italiano,  che  abbia  scritte  o  dette  tante  male  parole  contro 
i  suoi  compatriotti,  quante  ne  vediamo  qui  ammonticchiate  in  poche 
pagine  del  liberalissimo  Ottonieri.  II  quale  dice  s6  «  un  solitario  in 


BELLA   STAMPA  311 

mezzo  alia  societa  presente alieno  dalle  passion!  che  1'agitano, 

sdegnoso  della  fortuna  »  (Prefai.);  ma  in  realta  lascia  trasparire 
anche  troppo  d'essere  un  crispino  impenitente,  a  cui  la  mutazione 
d'indirizzo  governativo  f6  scoppiar  1'atrabiliare,  si  che  se  la  prende 
alia  cieca  contro  tutti  e  contro  tutto. 

Noi  siamo  per  nostra  parte  contentoni  che  da  bocche  e  da  penne 
liberali  escan  fuori  tante  grosse  verita  a  carico  della  baraonda  ita- 
lianissima,  verita  da  noi  stessi  cento  volte  ripetute,  ma  a  noi  non 
mai  credute,  e  per  aver  dette  le  quali  siam  anzi  di  continue  messi 
in  voce  di  antipatriotti.  Ma  si  stia,  di  grazia,  in  chiave,  e  per  bizze 
partigiane  non  s'insulti  la  nazione  vera,  la  vera  Italia,  la  Patria 
nobile  e  grande,  che  noi  amiamo  quanto  altri  mai.  Non  si  dica  che 
gl'italiani  mancano  di  patriottismo ;  perche  ci6  e  una  menzogna  che 
ci  awilisce  gratuitamente  in  faccia  agli  stranieri,  mentre  d'awili- 
mento  abbiamo  gia  troppe  cagioni  reali  e  palesi.  senza  che  andiamo 
a  cercarne  di  calunniose.  II  patriottismo,  che  l'0ttonieri  insieme 
colla  banda  liberale  vorrebbe  sentir  scoppiare  come  una  polveriera 
in  favore  delPunita  statuale,  coacepita,  manipolata  e  mantenuta  dalle 
sette,  a  proprio  esclusivo  profitto,  quel  patriottismo  in  seno  al  po- 
polo  italiano  certo  non  esiste  ora,  come  non  e  esistito  mai.  Ed  e 
pur  bene  che  ci6  riconoscano  e  confessino  coll'Ottonieri,  altri  pala- 
dini  assai  dell' Italia  una  ed  indivisibile  quali,  ad  esempio,  uno  Scar- 
foglio,  che  nel  Mattino  del  bel  primo  d'  anno  scriveva :  «  Non  mai, 
come  ora,  si  e  sentito  quanto  v'  ha  d'  artificiale,  di  caduco,  di  vi- 
zioso  nell'unita  italiana.  L'unita.e  stato  un  sogno  di  Mazzini,  tra- 
dotto  in  atto  da  Garibaldi :  i  lombardi  e  i  piemontesi  aspiravano  al 
piu  ad  annettersi  la  Lombardia  (Voleva  dir  la  Vene%ia?).  Questa 
meschinita  di  ambizioni,  quest'angustia  di  ideali,  questa  miseria  di 
sentimenti  sono  state  mascherate  sotto  molte  chiacchiere  e  molte 
menzogne  rettoriche,  ma  non  distrutte.  Esse  covano  in  fondo  al- 
1'anima  italiana  e  alia  prima  occasione  si  sono  schiuse  di  nuovo, 
come  microbii  deposti  nel  sottosuolo.  »  E  conchiudeva :  «  Una  co- 
scienza  nazionale  e  un  orgoglio  nazionale  non  possono  esistere  ove 
una  nazione  non  c'e.  » 

Ma  una  nazione  non  c'  e,  perche  a  nazione  si  e  eretto  il  sogno 
di  Mazzini  e  di  Garibaldi,  non  Pideale  che,  per  testimonianza  dello 
Scarfoglio,  sta  in  fondo  all'  anima  italiana ;  e  patriottismo  non  c'  e, 
perche  a  patria  non  si  voile  che  un  manufatto  galvanizzato  di  spi- 
riti  settarii,  senza  e  contro  1' anima  della  patria. 

Si  giudichi  di  qui  a  chi  convenga  1'  accusa  d'  antipatriottismo 
scaraventata  dall'  Ottonieri.  Al  popolo  italiano  in  ogni  modo  no : 


312  RIVISTA 

poiche  in  petto  a  lui  vive  1'anima  d' Italia,  la  quale  da  continua- 
mente  prova  di  vero  e  grande  amore  della  patria,  pur  solo  tolle- 
rando  senza  ribellioni  F  incubo  che  la  soffoca.  Quel  medesimo 
pertanto  per  cui  1'Ottonieri  accusa  il  popolo  italiano  di  dappocag- 
gine  e  perfino  di  quwtismo  poltrone  (pag.  28)  e  invece  sublime 
dimostrazione  di  patriottismo. 

Egli  si  stupisce  che  per  la  disfatta  di  Adua  gl'  italiani  non  ab- 
bian  saputo  far  altro  che  piangere.  Ma  che  cosa  dunque  voleva 
egli  che  facessero  ?  La  rivoluzione  forse  ?  L'  Ottonieri  e  tanto 
ingiusto  contro  la  massa  dei  suoi  concittadini  in  questo,  quanto 
nell'affermare,  a  prova  di  stravagante  niobilita  del  carattere  italiano, 
che  «  quando  si  parlo  della  guerra  coll'Abissinia,  il  paese  intero 
parve  invaso  d'ima  gran  febbre  bellica  »  (pag.  27).  Baie!  Baie!  II 
paese  detestd  sempre  profondamente  la  guerra  d'Africa  ;  e  la  febbre 
bellica,  e  prima  e  poi,  fu  sempre  solo  di  quei  quattro  gatti  di  crispini, 
giornalisti  e  politicanti,  che  facevano  chiasso  per  mille  e  per  milroni 
e  pretendevano  di  essere  il  paese. 

Ci  vorrebbe  pur  poco  a  capirla,  che  in  Italia  il  grande,  Tenorme 
equivoco,  in  cui  si  casca  e  di  non  separare  il  paese  da  coloro 
che  parlano  e  scrivono  e  fanno  spropositi  in  nome  di  esso.  Di 
qui  avriene  aH'Ottonieri  (come  a  troppi  altri,  del  resto)  che,  scan- 
dagliando,  pur  con  lodevole  diligenza,  i  morbi  onde  6  aftlitta  la  vita 
politica  italiana,  cosi  al  di  dentro  come  al  di  fuori,  e  in  particolare 
discorrendo  degli  errori  nella  politica  coloniale,  dalla  pag.  34 
alia  107  del  suo  libro,  insieme  con  molte  verita  asserisca  delle  fan- 
donie  e  soprattutto  uon  colga  punto  1'origine  prima  ed  universale 
di  tanta  iliade  di  guai :  il  che  e  quanto  noi  ci  proponevamo  di  provare 
in  secondo  luogo. 

L' Ottonieri  passa  in  rassegna  quelle  che  siamo  abituati  a  chia- 
mare  le  istituzioni,  Senate,  Camera,  ministri,  magistratura,  esercito 
e  perfino  la  Corona  ;  ne  fa  un'  analisi  spietata  e  riepiloga  poi  il  tutto 
in  conclusioni  del  genero  di  queste  :  «  II  pervertimento  del  sistema 
parlamentare  fra  noi  pud  dirsi  ormai  completo,  e  chiunque  abbia 

senno  prevede  che  non  e  possibile  contiuuare  di  questo  passo 

Fra  tutti  i  mali  che  derivano  dal  paiiamentarismo,  £  questo  il  piu 
grave  e  doloroso.  Esso  distrugge  ogni  garentia  di  libertii,  e  rende 
la  vita  civile  peggiore  di  quella  che  conduce  un'  orda  di  selvaggi 
(pagg.  47-49).  >- 

E  sta  bene  :  noi  non  diremo  di  no,  avvegnache  sieno  veil  questi, 
che  i  liberali,  dopo  tauto  battere  e  ribattere  nostro,  hanno  final- 
mente  imparato  da  noi.  Ma  quali  cause  poi  vi  assegna  nella  sua 


DELLA   STAMPA  313 

diagnosi    1'  Ottonieri  ?   «  Eicercare  di    chi    sia    la    colpa   e  inutile 
(egli  afferma) ;  essa  e  di  tutti  e  di  nessuno  (pag.  43).  » 

No,  ribattiamo  noi :  ne  e  di  nessuno  ne  e  di  tutti ;  perocch6  i 
colpevoli  vi  sono,  ma  pochi,  ben  determinati  e  gia  bollati  a  fuoco 
per  sempre  nella  storiu. 

Ha  per6  torto  l'0ttonieri  di  fare,  nonostante  quella  scettica  di- 
chiarazione,  un  capro  emissario  delle  masse,  ossia  delle  moltititdini, 
delle  quali,  prima  di  lui,  non  ci  ricorda  d'aver  sentito  sparlare  con 
tanto  cipiglio  e  strapazzo  altrove,  che  nella  Ga.xxetta  di  Venexia  dal- 
1'on.  Macola.  Non  istiamo  ad  esaminare  quanto  siavi  d'esatto  in  quello 
che  egli  afferma,  cioe  che  da  tali  masse,  inette  a  scegliere  i  migliori, 
non  possono  uscire,  nella  maggioranza  dei  casi,  che  deputati  senxa 
meriti,  senza  cultura  e  senza  carattere  (pag.  43),  i  quali,  alia  loro 
volta,  dato  qual  e  il  sistema  parlamentare,  colla  Corona  priva  d'ogni 
vero  e  reale  potere,  tanto  nel  bene  che  nel  male  (pag.  39),  condur- 
ranno  sul'  banco  dei  ministri  i  meno  capaci  e  meno  eneryici,  de- 
boli  e  cedevoli  ad  ogni  esigenxa  delle  camorre  parlamentari  (p.  47). 
Ma  non  confessa  forse  egli  medesimo  che  «  due  terzi  circa  di  co- 
loro  i  quali,  in  ragion  dell'eta,  potrebbero  essere  elettori  »  non  lo 
sono  perche  analfabeli,  e  che  degli  stessi  iscritti  come  elettori  la 
rneta  non  si  presenta  alle  urne  ?  (pag.  43). 

Le  masse  dunque,  o  le  moltitudini  da  voi  tanto  olimpicamente 
dispette,  hanno  ben  poco  a  vedere  nella  cancrena  delle  istituzioni, 
della  quale  cancrena  voi  vi  avvicinate  a  toccar  la  radice  sol  quando 
scrivete,  che  «  sul  continente  europeo...  le  istituzioni  sono  un  pro- 
dotto  artificiale;  non  emanano  dalla  vita  intrinseca  del  popolo,  ma 
dalla  speculazione  astratta  e  dottrinaria  e  dalla  imitazione  »  (pag.  36). 
Per  iscoprir  questo  per6  nell: 'Italia  presente,  non  era  mestieri  d'alcuna 
alchimia  di  legislazione  comparata  colT  Inghilterra,  ma  bastava  un 
po'  di  cognizione  limpida  del  modo  come  quest'Italia  presente  fu 
fatta,  e  un  po'  di  lealta  per  confessarlo.  Or  o  1'una  o  1'altra  cosa  e 
mancata  all'Ottonieri. 

Egli  (e  non  egli  solo,  perche  e  questo  bisogno  comune  dei  libe- 
rali  italianissimi)  dovrebbe  indursi  finalmente  ad  ammettere  che 
la  visibile  e  palpabile  separazione,  esistente  in  Italia,  tra  la  grande 
maggioranza  del  popolo  ed  il  nucleo  de'  suoi  legislatori  e  gover- 
nanti,  pone  quest'ultimo  nell' impossibilita  di  ritrarre  dal  popolo 
sangue  puro,  per  ritemprarsi  ed  espellere  da  se  i  mali  germi  che 
tutto  1'impestano  e  lo  divorano.  Tra  popolo  e  Governo,  nell'Italia 
presente,  e  un  abisso ;  sicche  la  vita  dell'uno  si  svolge  indipenden- 


314  RIVISTA 

temente  dalla  vita  dell'altro,  come  in  due  circoli  viziosi  perfettamente 
eccentrici,  che  di  per  se  non  presentano  uscita. 

E  di  cio  I'origine  va  proprio  cereata  nelle  origini  stesse  del- 
1'Italia  presente,  le  quali  per  conseguenza  ne  spiegano  anche  i  fati. 
Giacchd  si  ha  un  bel  ratfazzonare  la  storia  per  far  cantare  ai  bimbi 
degli  asili  quel  che  non  d,  ossia  che  1'  Italia  presente  usciva  fuori 
dagli  impeti  patriottici  dell'anima  nazionale,  bella  della  sua  unita 
di  Stato  libero  ed  indipendente  dall'Alpi  al  Ldlibeo,  con  in  cuore, 
capitale  predestinata  dai  secoli,  la  gran  Roma,  in  capo  la  corona 
gloriosa  di  Savoia,  neHa  destra  svolazzante  al  sole  il  tricolore  ves- 
sillo.  Questa  e  rettorica  bella  e  buona,  come  ben  diceva  lo  Scar- 
foglio,  la  quale,  se  pud  trovarsi  a  posto  in  una  prosa  secentistica 
del  Carducci  *,  starebbe  pero  molto  a  disagio  in  una  storia  fatta 
a  base  di  documenti. 

Fuori  d'  Italia,  piu  facilmente  che  da  noi,  si  puo  scrivere  tutta  la 
verita ;  o  infatti  anche  recentemente  ce  la  dava  con  bastante  chiarezza 
e  con  buoni  documenti,  nella  Revue  des  deux  Mondes,  un  uomo  di 
iinportanza  diplomatica,  il  Conte  Benedetti,  in  due  articoli  del  15  otto- 
bre  e  del  1  novembre  1896,  che  1'Ottonieri  avrebbe  ben  fatto  a  leg- 
gere,  prima  di  licenziare  per  le  stampe  la  sua  brochure.  Egli  avrebbe 
cosi  probabilmente  compita  la  storia  lamentosa  dei  fati  dell'Italia 
odierna,  coll'esposizione  veridica  delle  loro  supreme  cagioni ;  e  certo 
si  sarebbe  risparmiata  la  carica  a  fondo  contro  la  Francia,  nel 
terzo  paragrafo  del  Capitolo  quarto,  che  &  una  vera  ingiustizia  2. 

II  Beuedetti  pone  nel  suo  lavoro  a  confronto  1'opera  del  Cavour 
e  1'opera  del  Bismark,  celebrati  amendue  per  creator!  deH'unita  delle 
rispettive  nazioni,  italiana  e  germamca.  Or  bene  di  Cavour,  egli  in 


1  Si  allude  al  discorso  sul  tricolore,  recitato  dal  poeta  di  Satana  a 
Reggio  Emilia,  nel  centenario  della  handiera  bianca  rossa  e  verde. 

*  L'Ottonieri,  misogallo  alia  Crispi,  dipinge  la  Francia  quale  nemica  ca- 
pricciosa  e  quasi  istintiva  dell'Italia.  Ma  egli  dirnentica  che  senza  1'oro  ed  il 
sangue  francese  1'Italia  non  si  sarebbe  fatta,  e  che  Napoleone  III,  per  favorir 
I'ltalia,  tradi,  testiraonio  il  famoso  Conte  Arese,  la  Francia  e  persino  la  co- 
scienza.  A  lui,  entrato  trionfante  in  Milano  a  fianco  di  Vittorio  Emmanuele, 
ed  alia  sua  grande  Nazione  il  Municipio  milanese  prometteva  la  viva  ricono- 
scenza  dell1  Italia  redenta,  in  un  indirizzo  entusiastico  del  6  giugno  1859. 
Quella  riconoscenza  poi  fu  esuberantemente  dimoatrata,  col  nascondere  in  un 
cortile  la  statua  dell'Imperatore,  col  laaciare  senza  aiuto  la  Francia  stritolata 
dalla  Gerrnania;  poi  coll'entrare  in  Boma  a  auo  dispetto,  quando  essanon  po- 
teva  piu  muoversi,  e  collo  stringersi  nella  triplice  alia  sua  giurata  nemica. 
Sfidiamo  noi  a  pretendere  che  la  Fraucia  faccia  le  carezze  a  cosi  tenera  e 
grata  vicina  ! 


DELL  A   STAMPA  315 

pieno  accordo  colTArtom,  confidente  del  Cavour  ed  illustratore  del- 
1'  Opera  parlamentare  di  lui,  afferma  che  il  suo  disegno  primitive  era 
stato  di  liberare  dagli  austriaci  il  lombardo-veneto  per  unirlo  al 
Piemonte,  e  far  quindi  una  Confederazione  di  tutti  gli  Stati  ita- 
liani,  sotto  la  presidenza  del  Papa,  giusta  le  idee  del  Gioberti  e 
del  Balbo.  Al  Congresso  di  Parigi  del  1856,  infatti,  nessuna  traccia 
della  fusione  della  Penisola  italiana  in  unico  Stato  ci  rivelano  le 
note  parecchie  presentate  dal  Cavour  ai  plenipotenziarii  di  Francia 
e  d' Inghilterra,  anzi  ne  traspare  tutto  il  contrario:  a  Plombi&res 
nei  colloquii  del  ministro  piemontese  con  Napoleone  III,  che  pre- 
pararono  la  guerra  del  1859,  fu  tassativamente  prefinita  la  libera- 
zione  dell'  Italia  dall'Alpi  all'Adriatico,  e  questa  stessa  precisa  mi- 
sura  e  segnata  dalT  Imperatore  all'impresa  delle  armi  alleate  nel 
proclama  di  Milano. 

Solaniente  dopo  il  trattato  di  Yillafranca,  al  Conte  di  Cavour  si 
dispiegarono  innanzi  congiunture,  prima  non  previste  ne  sperate, 
che  lo  fecero  entrare  nel  divisamento  dell' Italia  una,  voluta  dai 
mazziniani  per  la  Kepubblica,  risolta  oramai  dal  Cavour  per  la  Mo- 
narchia  di  Savoia.  E  cid  e  cosl  vero,  che  Camillo  Cavour,  il  quale 
irritato  per  Villafranca  erasi  in  un  prinio  impeto  di  sdegno  ritirato 
dal  Governo,  scrisse  il  25  gennaio  1860  al  Principe  Napoleone 
queste  parole,  citate  dal  Benedetti :  «  La  campagna  politica  e  mili- 
tare  seguita  al  trattato,  fu  piu  vantaggiosa  all'  Italia  della  canipagna 
militare  che  lo  precedette.  Per  essa  1' Imperatore  Napoleone  acqui- 
st6  titoli  maggiori  alia  riconoscenza  degli  italiani,  che  non  per  le  bat- 
taglie  di  Magenta  e  di  Solferino.  0  quante  volte  nella  solitudin'e  di 
Leri  ho  esclamato :  sm  benedetta  la  pace  di  Villafranca !  » 

Per  verita,  senza  Villafranca  e  le  conseguenti  negoziazioni  di 
Zurigo,  non  si  sarebbe  avuto  quel  mezzo  tempo  d'  incertezze  diplo- 
matiche  e  d'  immobilizzazione  degli  eserciti,  francese  in  Lombardia, 
austriaco  nella  Yenezia,  onde  col  rinfianco  del  famoso  non  inter- 
vento  della  sfinge  napoleonica,  negli  Stati  centrali,  diserti  di  ogni 
Governo,  profittarono  gli  arruffoni  carbonari  vecchi  e  nuovi,  per 
manipolare  i  famosi  sufli%agi  d'annessione  al  Piemonte.  L'oro  e  le 
armi  del  Piemonte  aiutarono  intanto  il  Garibaldi  a  compir  1'opera 
nel  mezzodi.  Cosi  e  chiaro  che  1'  unita  d'  Italia  fu  piu  effetto  di  ca- 
sualita  fortunate,  di  tradimenti  e  di  violenze,  che  di  genio  politico 
o  di  bravura  militare  :  indubbiamente  poi  ad  essa  rimase  del  tutto 
estranea  la  grande  maggioranza  della  popolazione. 

Ed  ecco  il  peccato  originale  che  si  perpetua,  rendendo  impos- 
sibile  nell'  Italia  presente  la  solidarieta  tra  Governo  e  popolo,  indi- 


316  RIVISTA 

spensabile  alia  vita  di  qualunque  Stato,  e  facendo  che  ad  ogni  pi$ 
sospinto  sorgano  su  le  velleita  separatiste  delle  disparate  regioni, 
non  ispente  mai,  ma  a  mala  pena  sedate  colla  proclamazione  di  Roma 
a  Capitale  dell'unico  Regno. 

La  quale,  se  per  una  parte  spianava  la  via  aH'unita  d'  Italia, 
rizzava  per6  innanzi,  dall'  altra,  minaccioso  il  problema  del  con- 
flitto  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  dentro  le  mura  della  citta  eterna, 
conflitto  che  quell'unita  istessa  poteva  perdere  irreparabilmente.  N& 
la  celebre  formola  cavouriana :  libera  Chiesa  in  libero  Stato  era  fatta 
per  isciogliere  la  questione,  bensi  soltanto  per  iscansarla  momen- 
taneamente,  tramandandone  agli  av venire  il  troppo  pesante  fardello. 
Qui,  osserva  molto  acutamente  il  Benedetti,  1'orgoglio  di  una  nomea 
grandiosa  fece  velo  alia  mente  del  Cavour,  come  poi  fece  velo  a  quella 
del  Bismark.  Solamente,  mentre  quest'  ultimo  sopravvive  fremente  a 
veder  le  conseguenze  del  suo  orgoglio  nel  declinare  deH'Allemagna 
davanti  ai  trionfi  dell'  egemonia  russa;  a  Camillo  Cavour  la  morte 
risparmift  1'amarezza  di  mirar  co'  suoi  occhi  quel  suo  gran  fallo 
attorcigliarsi  senza  posa  in  intiniti  nodi,  ognor  piu  fieri  ed  ango- 
sciosi,  intorno  al  collo  d' Italia,  e  come  teste  disse  il  Pontefice  ai 
Cardinali,  TURBARE  MILIONI  DI  COSCIENZE  E  PESA.RE  COME  UN  INFORTUNIO 

SULLE    ITALICHE    SORTI. 

Trattando  dell'  Italia  presente  e  tie'  suoi  fati,  parrebbe,  a  vero 
dire,  che  questa  grossa  questione  della  coesistenza  in  Roma  del 
Papa  e  del  Monarca  Sabaudo,  nonche  quella  dell'accentramento  delle 
varie  popolazioni  italiche  in  una  rigida  unita  di  Stato,  opposta  alia 
legge  etica  e  storica,  avessero  dovuto  costituire  ii  nerbo  del  libro 
dell'Ottonieri ;  perocche  realmente  in  esse  s'impernia,  diremmo  cosi, 
il  centre  d'  infezione  di  tutta  1'  Italia  preseute,  verso  cui  tutte  le 
piaghe  descritte  dall'Ottonieri  non  sono  che  effetti,  o  per  paiiare  con 
linguaggio  medico,  nient'altro  che  sintomi.  Ma  1'Ottonieri  si  guarda 
bene  in  tutto  il  suo  libro  dal  dime  verbo.  Perch£  dunque  1'  ha 
scritto  ?  Esso  riesce  cosi  ad  un  compianto,  in  pratica  interamente 
sterile  e  vano. 

L'Ottonieri  con  parola,  se  vuolsi,  chiara  ed  incisiva  descrisse 
lungamente  i  sintomi  del  malore  onde  1'  Italia  presente  e  aggravata, 
ma  non  pote  o  non  voile  fame  la  diagnosi.  Qual  meraviglia  che 
gli  tornasse  assolutamente  impossible  d'  iudicarne  poi  una  cura 
qualsiasi  efficace,  o  almeno  plausibile  ? 

Egli  mostra  a  dito  lo  stato  d'avvilimento  in  che  1'Italia  giace, 
rispetto  alle  altre  nazioui,  ed  il  pericolo  che  corre  d'esserne  so- 
praffatta,  come  egli  si  esprime,  nella  odierna  concorrenza  per  la  vita 
{p.  109).  Ma  poi,  quando  detta  il  rimedio,  non  sa  ordinarci  che 


DELLA    STAMPA  317 

di  gettare,  come  Brenno,  la  spada  sidla  bilancia  dell'incerto  equi- 
libria europeo  (pag.  149).  Or  chi  non  vede  eke  il  chiamare  alia 
guerra  un  paese  finanziariamente  e  moralmente  disfatto,  un  paese 
il  quale  da  che  esiste  conta  militarmente  solo  delle  sconfitte,  un  paese 
che  dalla  lotta  con  un  re  barbaro  dell'Africa  &  uscito  or  ora  colla 
piu  spaventevole  delle  catastrofi,  si  risolve  in  araara  irrisione  ? 

L'Ottonieri  fa  vedere  all'  interne  1'Italia  presente  in  procinto  di 
saltare  in  aria,  da  un  giorno  all'altro,  per  un'esplosione  Tiolenta  di 
socialismo ;  perche,  a  suo  senno,  in  nessun  altro  paese  d'  Europa 
gli  operai  vivono  cos)  stentatamente  e  cosl  incerti  del  domani,  come 
in  Italia;  i  lavoratori  delta  terra  sono  travagliati  dalla  miseria 
ed  abbrutiti  come  fra  noi,  i  piccoli  proprietarii  sono  piu  angarmti, 
la  borghesia  e  cosl  ignorante  ed  egoista  (pag.  126).  Ma  qual  riparo 
sa  egli  poi  suggerire  contro  tanta  minaccia,  onde,  sempre  a  detto 
suo,  quello  die  un  giorno  si  verificava  per  opera  dei  barbari 
esterni,  potra  oggi  accadere  per  la  insurrezione  dei  barbari  interni  ? 
(pag.  137).  Nessuno.  Egli  non  fa  che  ripetere  :  educate  ed  istruite 
il  popolo.  Ma  dell'elemento  migliore,  piu  sano,  piu  efficace  e  ne- 
cessario  d'  istruzione  ed  educazione  popolare,  che.  e  la  religione, 
rOttonieri  non  fiata.  Ah !  egli  capisce  troppo  bene  che  per  farsi 
diffonditrice  ascoltata  di  religione  vera  tra  le  plebi,  la  parte  dirigente 
dell'  Italia  odierna  dovrebbe  cessare,  come  ben  disse  or  ora  al  Senato 
Ton.  Yitelleschi,  dal  far  la  guerra  al  Yaticano.  Ma  questo  pel 
malaugurato  puntiglio  politico  e  settario  della  questione  romana, 
quella  parte  dirigente  non  vuole.  Dunque.... 

L'Ottonieri,  infine,  deplora  la  prostrazione  universale  e  F  indiffe- 
renza  assoluta  di  tutti,  nobilta,  borghesia,  plebe,  per  quel  che  ri- 
guarda  le  sorti  del  paese,  e  si  sfiata  a  gridare,  poco  devotamente  in 
Tero,  che  affidarsi  alia  Proviidenzn  e  stoltezxa  (pag.  109),  e  ad 
incitare  alia  concordia,  all'operosita,  al  sacrifizio  per  compiere  gli 
alti  doveri  che  incombono  di  salvare  la  societa.  Ma  perche  nou  ha 
una  parola  sola  di  rimprovero  contro  coloro  i  quali,  mantenendo 

10  stato  presente  di  guerra  al  Papa,  impediscono   tanta    parte   dei 
niigliori  cittadini,  quali  sono  i  cattolici  fedeli  al  Yicario  di  Cristo, 
di  portare  cosi  nel  campo  amministrativo  come  in   quello   politico 

11  contribute  della  loro  niente  e  del  loro   braccio  per  la  restaura- 
zione  della  Patria  ?  Un  eccitamento  a  far  giustizia  al  Papa  sarebbe 

^  a  mille  doppi  piu  utile  della  sua  astratta  e  timida  critica  intorno  al 
decentramento  e  della  questione  se  questo  debba  essere  istituxionale 
ovrero  territoriale ;  cid  che  in  verita  poco  conclude  (pag.  144),  ma  di- 
mostra  per6  aperto  la  grande  paura  dei  liberali,  che  si  spezzi  come 
yetro  quella  unita^  la  quale  a  parole  proclauiano  intaugibile  ed 
eterna. 


318  RIVISTA 

L'Ottonieri  avn\  senza  dubbio  tante  buone  intenzioni :  ma  si  deve 
accorgere  che  il  pregiudizio  religiose  congiunto  col  pregiudizio  po- 
litico tutte  le  ha  frustrate,  suggerendogli  un  libro,  il  quale,  pur 
col  merito  d'aver  coraggiosamente  indicati  i  mali  dell'  Italia  al  pre- 
sente  ed  i  fati  spaventevoli  che  1'attendono  in  un  prossimo  awe- 
nire,  non  giovera  a  nulla  u6  per  guarir  quelli  ne  per  frastornare 
questi. 

Cosi  il  suo  augurio  che  Dio  salvi  I' Italia  dal  severo  ed  ineso- 
rabile  gmdixio  delta  Storia  (Prcfaz.)  dovra  ritorcersi  a  sua  pro- 
pria  condanna. 

II. 

L'art  de  I'  imprimerie  a  Venise.  FERD.  ONGANIA.  Edit.  M  .  DCCC  .  xcv-vi. 
In  8°  gr.  di  pp.  YIII-228  (200  pagg.  di  facsimiles  a  colon). 
—  Lire  20. 

Se  Venezia  non  &  la  prima  citta  d' Italia,  dove  apparvero  edi- 
zioni  a  stampa,  poiche  Roma,  o  piuttosto  1'officina  in  Monasterio 
Sublacensi,  1'ha  preceduta  di  quattr'anni,  essa  guadagnossi  per6  il 
primato  nell'arte  tipografica,  lasciando  subito  dietro  a  s6  le  piu  ce- 
lebri  officine  di  Germania  e  battendo  una  via  tutta  sua  propria.  13 
primo  libro  quivi  stampato  nel  1469  da  Giovanni  di  Spira  contiene 
le  Epistolae  familiares  di  Cicerone.  Morto  Giovanni  1'anno  mede- 
simo,  il  fratello  suo  Yindemino  ne  ereditd  con  1'arte  1'attivita.  Fino 
al  1477  Vindemino  ebbe  a  pubblicare  buon  numero  di  edizioni, 
tra  le  quali  le  edizioni  principes  di  Virgilio,  di  Sallustio,  di  Mar- 
ziale,  di  Quinto  Curzio,  del  De  natura  Deoruni  e  De  Officiis  di 
Cicerone,  del  Canzoniere  del  Petrarca  e  della  Divina  Commedia  col 
Commento  di  Benvenuto  d'lmola. 

Nel  1470  giunsero  a  Yenezia  due  altri  artisti,  il  Yaldalfer  di 
Ratisbona  e  il  Jenson  di  Sommervoire  nella  Champagne.  II  primo 
tra  le  altre  pubblicazioni  mise  in  luce  la  celebre  edizione  del  De- 
camerone,  di  cui  oggi  non  si  conservano  che  cinque  copie,  una  sola 
delle  quali  e  intera  ed  appartiene  ora  alia  biblioteca  di  Spencer, 
comperata  in  un'auzione  di  Londra  uel  1812  dal  marchese  di  Bland- 
fort  per  2260  lire  sterline,  o  vogliamo  dire  56,000  franchi. 

II  Jenson  passo  ogni  altro  nella  fama  e  fu  dai  contemporanei 
chiamato  Artis  librariae  mirabilis  inventor  e  da  Francesco  Colu- 
cia :  Vir  praestam,  authoritate  Pontificis  maximi  Comes  Palatinusf 
impressoriae  artis  princeps.  Di  fatto,  pe'  suoi  meriti  nell'arte  fu 
nominato  Conte  romano  da  Sisto  IY.  Maestro  nell'arte  dell'  incisione, 
fu  il  primo  ad  incidere  i  tipi  sopra  i  migliori  modelli  de'  mano- 
scritti^italiani  ed  il  suo  carattere  romano  rotondo,  detto  antico,  ed 


BELLA   STAMPA  319 

il  suo  gotico  rotondo  sono  giudicati  dai  conoscitori  come  niodelli 
di  mirabile  purezza. 

Tra  gli  altri  stranieri  tipografi  di  Yenezia  va  ricordato  Eraldo 
Rathold,  il  primo  ad  introdurre  nel  1476  1' iuquadratura  a  disegno, 
le  iniziali  ornate  e  gli  ornamenti  del  frontespizio,  e  nel  1482,  forse 
pure  per  la  prima  volta,  le  figure  policrome.  Nel  medfsimo  anno 
appaiono  le  vignette  inserite  nel  testo  ed  il  disegno  lineare  rag- 
giunge  1'apogeo  nella  Ipmrotomachia  di  Polifilo,  stampata  da  Aldo 
Manuzio  nel  1499.  Sui  principii  del  cinquecento  il  disegno  lineare 
a  poco  a  poco  si  abbandona  e  comincia  a  farsi  innanzi  il  chiaro- 
oscuro,  ritrovato  da  Ugo  da  Carpi,  com'egli  se  ne  vanta  in  una 
supplica  alia  Serenissima. 

n  Manuzio,  celeberrimo  letterato  e  tipografo,  nato  nel  1450  a 
Bassiano  presso  Yelletri,  apri  nel  1489  a  Venezia  la  prima  tipografia 
per  gli  autori  greci,  le  cui  edizioni  susseguitesi  fino  al  1515  rima- 
sero  per  sempre  famose.  Nel  1501  pubblico  il  Yirgilio,  adoperando 
per  la  prima  volta  il  carattere  di  sua  invenzioue  detto  di  cancelle- 
ria,  ed  e  quel  bellissimo  italico  corsivo,  che  tutti  conoscono,  .in- 
ciso  dal  grande  pittore  ed  orefice,  Francesco  Raibolini  di  Bologna, 
detto  il  Francia. 

Parimente  a  Yenezia  per  la  prima  volta  si  adoperano,  nel  1498, 
i  caratteri  mobili  per  la  stampa  delle  note  musical!,  inveutati  da 
Ottaviano  Petrucci  di  Fossombroue.  Tale  sistema,  poscia  abbando- 
nato  per  qualche  tempo,  forse  perche  il  Petrucci  non  voile  trasmet- 
terne  il  segreto,  fu  riscoperto  nel  1536,  da  Francesco  Marcolini  ed 
adoperato  particolarmente  dal  franeese  Francesco  Grardano,  ed  iu 
seguito  da'  suoi  figliuoli  Angelo  ed  Alessandro.  Le  rinomate  edizioni 
de'  nostri  classic!  maestri  del  500  uscirono  in  gran  parte  dall'offi- 
cina  di  questa  famiglia. 

Anche  solo  da  queste  piu  die  sommarie  notizie,  che  ricaviamo  dalle 
importanti  ed  erudite  prefazioni  di  M.  Le  Monnier  e  cji  C.  Castellani,  ben 
si  scorge  con  quanta  ragione,  negli  iucunabili  e  nelle  edizioni  venete 
dei  primi  decennii  del  secolo  YI,  il  ch.  Editore  ravvisa  un  duplice  pre- 
gio :  1'artistico  industriale  e  1'artistico  storico,  per  cosi  chiamarli.  Di 
fatto  queste  edizioni  offrono  anzitutto  un  prezioso  modello  da  imitare 
agh'  artisti  tipografi,  quaato  alia  bonta  delle  impaginazioni,  giustezza 
delle  proporzioni,  eguaglianza  di  colorito,  scelta  di  ben  appropriati 
e  ben  condotti  ornamenti,  come  ue  giudicauo  conoscitori  di  vaglia, 
quali  il  Fulin,  il  Castellani,  il  Duca  di  Rivoli,  il  Brown  ed  altri,  che 
sull'arte  tipografica  veneziana  scrissero  assai  pregevoli  monografie. 
Di  piu  le  stesse  edizioni  rispecchiano  il  carattere  nazionale  del  loro 
tempo,  i  costumi  sociali,  lo  stato  delle  arti  del  disegno,  e  sono  in- 


320  RIVISTA 

sieme  una  fonte  preziosa  di  notizie  storiche  contemporanee,  che  inu- 
tilmente  si  cercherebbero  altrove. 

Ora  il  ch.  Ongania  ha  voluto  offerire  in  sussidio  a  questo  du- 
plice  intento  i  fac-similes  di  quanto  piu  interessa  conoscere  intorno 
ben  120  opere,  pubblicate  in  Yenezia  dal  1469  al  1539,  e  sono  le 
piu  stimate,  le  piu  important!  per  la  storia  e  per  1'arte,  le  piu  rare. 
Qui  trovi  i  frontespizii  e  le  pagine  con  contorni  in  miniatura  od 
incisione,  tutti  i  precipui  ornamenti,  tutti  i  modelli  di  caratteri,  tutte 
le  lettere  iniziali,  dalle  piu  semplici  alle  piu  complicate  per  fattura 
e  disegno,  le  imprese  o  segni  o  stemmi  di  tutti  i  tipografi  veneti 
di  quell'epoca,  le  filigrane  della  carta  adoperata  in  Venezia,  ossia 
que'  segni  o  rabeschi  che  si  veggono  per  trasparenza  sui  fogli  ed 
indicano  le  cartiere  dove  furono  lavorati,  per  ultimo  un  saggio  delle 
superbe  legature  gia  in  uso  pe'  codici  e  continuate  ad  adoperarsi 
per  le  stampe.  La  stessa  copertina  del  volume  che  esaminiamo  6 
una  stupenda  illustrazione  in  fototipia  di  un'antica  legatura.  Delle 
imprese,  filigrane  e  legature  il  ch.  Ongania  ci  da  in  tre  distinti 
capitoli  la  storia  e  1'uso. 

Tutto  poi  e  condotto  con  quella  diligenza  di  amatore,  finezza  di 
gusto,  scelta  giudiziosa  ed  esattezza  di  esecuzione,  che  sono  il  pregio 
singolare  di  quanto  esce  dalle  mani  di  quest'illustre  Editore.  Giu- 
stainente  egli  e  pieno  d'entusiasmo  per  quegli  antichi  artisti;  ma 
componendo  in  loro  memoria  questo  monumeuto  di  storia  e  d'arte 
tipografica,  egli  forse  senza  avvedersene  fa  di  se  stesso  il  miglior- 
elogio,  dimostrandosi,  come  quegli  antichi,  artista  e  letterato  ad  un 
tempo. 

Alia  presente  pubblicazione  faranno  seguito  altri  simiglianti  vo- 
lumi  intorno  1'arte  tipografica  in  Roma,  Milano,  Bologna,  Ferrara, 
Firenze,  Xapoli,  Pavia,  Messina,  Genova,  Torino,  Palermo,  Gaeta, 
Forll  ed  altri  luoghi  d'ltalia,  e  ne  uscira  un'opera  di  suprema  im- 
portanza  col  titolo  generale:  L'art  de  I'imprimerie  pendant  la  re- 
naissance italienne. 

III. 

Uno  synardo  al  movimento   cristiano   democratize  in  Europa   di 
SPECTATOR.  (Rasseyna  nazionale,  1°  Gennaio  1897,  pag.  135). 

La  Rasseyna  nazionale  nel  quaderno  qui  sopra  citato  (pag.  148- 
150)  torna  a  battere  il  solito  tasto  e  scioglie  nuovamente  la  lingua, 
per  cantare  una  vecchia  canzone.  E  1'eterna  questione  tra'  cattolici 
e  liberali ;  questione  sorta  (come  tutti  sanno)  per  due  insegnamenti 
papali,  a  cui  i  liberali  non  vogliono  addirittura  sottomettersi,  e  a 
cui  i  cattolici  uno  ore  affermano  doversi  obbedienza  di  mente  e  di 


DELL  A   STAMP  A.  321 

opera.  I  due  insegnarnenti  (di  cui  il  primo  e  teoretico,  il  secondo 
pratico)  sono :  primo,  la  necessita  dell'indipendenza  territoriale  del 
Papa  per  la  sua  piena  liberta ;  secondo,  il  divieto  finora  mantenuto 
dal  Papa,  di  accedere  alle  urne  politiche. 

Chi  desiderasse  istruirsi  su  queste  due  cose  potra  consultare 
con  frutto  1'articolo  Cattolici  liberali  e  cattolici  clericali  della  CV- 
rilta  (quad.  1105,  p.  1-19),  ove  que'  due  punti  furono  da  noi 
ampiamente  trattati,  appunto  contro  la  Rasseyna.  Ora  e  inutile 
ritornarvi.  Non  sara  inutile  pero  rispondere  al  nuovo  sofisma  dello 
stesso  periodico  liorentino,  molto  piu  che  crede  avere  sciolto  il  pro- 
blema  del  circolo  quadrato,  chiudendo  trionfalmente  il  paralogismo 
col  dire  :  «  I  Gesuiti  della  Civilta  si  guarderanno  dal  rispondere 
(p.  150).  » 

Ebbene  la  risposta  &  delle  piu  facili.  Se  la  Rassegna  non  de- 
sidera  altro,  e  presto  servita.  Xe  lo  facciarao  tanto  per  difenderoi, 
che  e  cosa  di  poca  importanza,  quanto  perche  si  conosca  il  vero. 

Eichiamiamo  brevemente  1'ordine  delle  idee  in  mente  ai  lettori. 
Dopo  aver  noi  mostrato  che  a  que'  due  insegnamenti  ^apali  si 
doveva  obbedienza  da  tutti  i  cattolici,  sorse  la  Rasseyna  a  negarlo. 
In  fatti  nel  quaderno  del  16  agosto  1895  approvava  la  disubbi- 
dienza  al  Papa  lodando  gl'  Italiani,  i  quali  <  ban  saputo  distiuguere 
'<  nel  Pontefice  una  duplice  personalita.  quella  del  Capo  religiose, 
«  a  cui  ubbidiscono  riverenti,  e  quella  di  Capo  politico,  a  cui,  nel 
«  caso  presente  (delle  urne),  non  credettero  opportuno  obbedire  » . 
L'istesso  ripeteva  nel  quaderno  del  1°  maggio  1896,  dicendo  che 
in  que'  due  punti  indicati  di  sopra,  si  differenziano  i  cattolici  dai 
liberali  (pag.  25);  ue'  quali  due  punti  questi  non  credono  dovere 
ubbidire  al  Papa.  Di  cid  la  Rasseyna  li  lodava  e  li  approvava,  per 
la  ragione  che  in  cose  di  politica  al  Papa  non  e  dovere  ubbidire. 

Noi  allora  levandoci,  lion  gia  in  tono  di  maestri  o  superiori 
(che,  sel  persuada  la  Rasseyna,  cio  e  sempre  le  mille  miglia  lon- 
tano  dall' intendimento  de'  nostri  scritti)  ma  solo  qua'i  modesti  di- 
fensori  della  verita  manomessa,  negammo  1'ipotesi  foudamentale  della 
Rasseyna,  eioe  che  si  trattasse  formalmente  di  cose  di  politica.  E 
discorremmo  ampiamente  le  ragioni  di  questa  nostra  negazione,  le 
quali  possono  ridursi  a  due.  1.°  II  Papa  qui  insegna  e  comanda 
come  Capo  reliyioso,  e  apposta  usavamo  il  corsivo  (quad.  1085, 
pag.  555),  non  come  Capo  politico,  o,  secondo  che  dicono  i  libe- 
rali ainici  eel  alleati  del  periodico  fiorentino,  come  pretendente. 
2.°  Le  ragioni  altissime  dell' insegnamento  e  del  comando  papale 
sono  tutt'altro  che  politiche,  perche  sono  la  necessita  della  reale  e 
visibile  indipendenza  e  liberta  del  Yicario  di  Cristo  e  della  Chiesa 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1119.  21  2<)  gennaio  1S97. 


322  RIVISTA 

cattolica  e  la  misura  pratica  di  tale  liberta  e  indipeudenza,  non- 
ehe  i  modi  di  guarentire  effettivameute  1'uua  e  1'altra;  misura  non 
gia  confonue  al  beneplacito  del  Governo  italiauo,  ina  giusta  il  giu- 
dizio  del  Papa  stesso,  che  6  il  solo  competente  a  giudicarne. 

Questo  noi  dicevamo  e  questo  noi  ripetiamo  ora  senza  mutar 
sillaba.  La  Rassegna  Nazionale  ha  un  bel  dimenarsi  per  con- 
t'ondere  le  teste  con  intromission!  esotiche,  come  quella  del  Capo 
politico  e  del  Capo  religioso,  o  1'altra  dell'  infallibilita,  che  qui  ha 
a  fare  mono  del  cavolo  a  merenda.  Si  tratta  dell'obbligo  di  sotto- 
mettersi  ad  ordiui  precisi  del  Papa.  Ma  una  volta  che  fosse  per- 
messo  a  qual.unque  semplice  cattolico,  prima  d'ubbidire,  di  chiedere 
al  Papa  le  sue  credenziali,  per  verificare  se  esso  parla  come  Capo 
politico  o  come  Capo  religioso,  1'obbligo  stesso  sarebbe  bello  e  ito 
in  fumo.  Si  tratta  di  sommissione  a  comandi  espliciti  ed  iterati  del 
Yicario  di  Cristo,  e  qualunque  sana  teologia  insegua  che  essa  ob- 
bliga  in  coscienza,  sia  il  comando  infallibile  o  no. 

Or  giudichi  oguuno  tra  la  Rassegna  nazionale  e  noi.  Noi  di- 
ciamo :  II  Papa  comanda  1'astensione  dalle  urne  politicho  per  ra- 
(lioni  altissime,  ciod  d'ordine  spirituale ;  il  Papa  (e  FP^piscopato  cat- 
tolico con  esso  lui)  insegna  che  nelle  present!  circostanze  la  tem- 
porale  sovranitcl  5  necessaria  alia  liberta  della  Chiesa.  Dunque  chiun- 
que  vuol  rimanere  buon  cattolico,  deve  stare  col  Papa  nell'una  e 
nell'altra  cosa,  e  questo  dovere  E  UN  DOVERE  DI  COSCIENZA.  La  Ras- 
segna per  contrario  pensa,  dice  e  stampa :  —  Tutto  questo  non  6 
che  politico,;  dunque  noi  rimaneudo  buoui  cattolici  con  tutta  co- 
scienza possiamo  in  tutto  questo  schierarci  contro  il  Papa.  Anzi  (vedi 
Rassegna  na,\ionale  del  1  Gennaio  1897,  Ai  nostri  amid}  questo 
o  il  nostro  program nia ;  opposto  del  pari  ai  settarii  liberal!  ed  ai  cat- 
tolici intransigent!. — Conseguenza:  La  Rassegna,  per  quanto  na- 
zionale  sia,  e  cattiva  cattolica,  si  ribella  pertinacemente  al  Papa, 
semina  perfidiosamente  lo  scisma  tra  i  figli  di  lui. 

Ci  sembrava  e  ci  sembra  questo  discorso  al  tutto  esattamente 
cattolico.  Ma  i  teologi  della  Rassegna  1'hanno  trovato  acerbo  ed 
hanno  scoperto  che  esso  svela  anche  tenden,\e  creticali,  niente- 
meno.  E  hanuo  detto:  —  Come?  E  dunque  dovere  dei  cattolici 
seguire  in  politica  la  direzione  della  Curia?  Niente  affatto.  E  dato 
1'epiteto  di  prosa  alia  dottrina  da  noi  esposta,  soggiungono  che 
«  se  si  prendesse  sul  serio,  si  arriverebbe  ai  risultati  piu  mera- 
«  vigliosi.  La  politica  affatto  egoista  e  talvolta  inetta  che  alcuni 
«  Papi  fecero  nelT  interesse  della  loro  potenza  domestica  ed  in  fa- 
«  vore  dei  loro  nipoti,  sarebbe,  secondo  la  teoria  della  Civilta  Cat- 


BELLA   STAMPA  323 

«  tolica,  stata  sempre  obbligatoria  in  coscienza  per  i  veri  cattolici. 
«  Per  tutto  un  secolo  la  politica  papale  (1455-1550)  si  manovrfc  ai 
«  comandi  delle  Case  Borgia,  Delia  Rovere,  Cibo,  Medici,  Farnese. 
«  La  coscienza  cattolica  ha  partecipato  a  questa  manovra  alternata  ? 
«  No ;  essa  ha  dato,  per  bocca  del  Savonarola,  una  ben  altra  rispo- 
«  sta.  Non  si  poteva  essere  anche  allora  veramente  cattolici  senza 
«  lavorare  oggi  per  e  coi  Borgia,  domani  per  Delia  Rovere  e  Me- 
«  dici  ?  I  Gesuiti  della  Civilta  si  guarderanno  dal  risponderci.  »  — 

Oh!  anzi,  rispondiamo  subito  senza  esitazione  Teruna. 

E  chiaro  il  giochetto  di  cotesti  teologi.  Dall'  insegnamento  teo- 
rico  e  pratico  del  Papa  in  quanto  Papa,  passano  alle  azioni  e  geste 
del  Papa  in  quanto  Re  temporale.  L'obbedienza  che  noi  dicemmo 
doversi  avere  agl'insegnamenti  del  Papa  come  Maestro  della  Fede 
e  della  morale,  fosse  anche  politica  la  materia,  e  ora  da  essi  appli- 
cata  ad  altre  cose  del  tutto  estrance  al  nostro  intento  e  alle  nostre 
parole.  E  applicata  cioe  a  quelle  operazioni  politiche  dei  Papi,  quando 
erano  Re  temporal!  e  guidavano  il  loro  Stato,  per  esempio,  facendo 
alleanze,  stipulando  trattati,  investendo  questo  o  quello  del  governo 
d'una  provincia,  parteggiando  per  uno  o  per  1'altro  Stato,  assoldando 
milizie  e  cose  simili.  Spostata  cosi  la  tesi  del  discorso,  gridano :  Chi 
dira  che  questa  politica  dei  Papi  sia  obbligatoria  in  coscienza  pei 
cattolici  ? 

Non  si  turbino  i  teologi  della  Rassegna.  Ricordino  solo  questo 
pezzo  di  catechismo,  e  basta. 

Degli  atti  politici  del  Papa,  quand'  era  Sovrano  civile  e  quando 
ritornasse  tale,  i  cattolici  giudichino  pure  come  si  giudica  degli 
atti  politici  di  qualsiasi  Re,  secondo  le  norme  comuni  della  giusti- 
zia,  del  rispetto  e  della  carita ;  nessuno,  e  molto  meno  noi,  avra 
nulla  a  ridire.  Ma  agli  atti  del  Papa  come  Maestro  della  Fede  e 
della  morale  (sia  pure  la  materia  politica)  tutti  devono  obbedienza, 
sotto  pena  di  non  essere  veri  e  schietti  cattolici.  E  a  tali  atti,  per 
disgrazia  di  chi  non  vuole  saperne,  appartengono  pur  troppo  i  due 
famosi  a  cui  alcuni  non  vogliono  obbedire,  e  viceversa  non  appar- 
tengono aflatto  quelli  citati  dagli  scrittori  della  Rassegna. 

Quindi  sieno  pur  tranquilli  e  non  temano  di  nulla.  Se  crede- 
vano  di  diventar  eretici,  ammettendo  la  nostra  dottrina,  sappiano 
che,  ammettendola,  saranno  cattolici  quanto  Leone  XIII,  che  gia  tante 
volte  ripete  que'  due  insegnamenti,  e  li  ripete,  non  gia  come  Re, 
ma  come  Maestro  de'  cristiani  e  custode  dei  diritti  della  Chiesa,  che 
sono  i  diritti  del  Regno  di  Dio  sulla  terra. 

Ma,  e  pur  vero,  non  v'  ha  peggior  sordo  di  chi  non  vuole  udire. 


BIBLIOGRAFIA  ' 


ACQUATICCI  G.  —  Esposizione  sommaria  della  Divina  Commedia  di 
Dante  Alighieri  ordinata  e  illustrate.  Cingoli,  tip.  Lucchetti,  1897, 
16°  di  pp.  XII-352.  —  L.  2,00.  Rivolgersi  all'Autore  in  Treia. 


Non  sono  ormai  troppi  quest! 
lavori  danteschi  che,  come  funghi, 
ci  vediamo  quasi  ogni  di  spuntar 
dintorno?  Cosi  dicono  molti,  ma  al- 
tri  rispondono  che  no,  se  si  tratti  di 
lavori  che  abbiano  una  indole  e  un 
intendimento  speciale.  E  tal  ci  sem- 
bra  il  presente,  che  prescinde  dalle 
dottrine  fllosofiche  e  teologiche  e 
dai  cenni  storici  che  rendono  in  molti 
luoghi  oscura  e  difficile  la  Divina 


1'aspetto  generate  artistico,  in  cui 
vedesi  esposta  «  1'umanita  con  le  sue 
passioni,  con  le  sue  virtu,  co'  suoi 
vizii,  che  per  tempi  ne  avvenimenti 
si  muta,  e  serba  un  eterno  palpito 
di  vita  nel  Poema  sacro,  dove  passa 
tutta  quanta,  ed  e  giudicata  da  tale, 
che  si  e  eretto  giudice  secondo  le 
leggi  del  giusto  e  del  vero  »  (p.  IX). 
II  lavoro  e  riuscito  utile,  gradevole, 
adatto  alia  comune  intelligenza. 


Commedia,  e  ne  offre   in  compendio 

ANZOLETTI  LOUISE.  —  La  croyance  an  Surnaturel  et  son  influence 
sur  le  progres  social.  Essai  historique  et  religieux.  Traduit  de 
1'Italien  par  M.m9  Louise  Vismara,  avec  1'approbation  de  1'Auteur, 
sur  la  seconde  edition,  revue  et  augmentee.  Paris,  Lyon,  Del- 
homme  et  Briguet  editeurs,  1896,  XXVII1-416. 
Questo  lavoro  della  illustre  Tren-  censore  ecclesiastico,  Mons.  Sala,  una 

tina,  del  quale  abbiamo  gia  fatto  am- 

pia  rassegna  (ser.  XV,  vol.  XII,  pa- 

gina  75),  con  vivo   piacere    annun- 

ziamo  ora  tradotto,  e  molto  bene,  in 

lingua  francese  da  una  gentildonna 

milanese  di  nascita,  ma  francese  di 

origine.  La  presente  edizione    porta 

in  fronte,  oltre  una  bella  lettera  del 


altra  di  Mons.  Angeli  a  nome  del 
Sommo  Ponteflce  all'autrice,  e  una 
terza  di  Mons.  Vescovo  di  Laval  alia 
traduttrice,  nelle  quali  ci  gode  rani- 
mo  di  veder  confermate  le  lodi  che 
noi,  tra  i  primi,  demmo  a  questo  bel 
libro,  e  incoraggiate  le  due  egregie 
gentidonne  ad  altri  lavori. 


I  Irbri  e  gli  opuscoli,  annnnziati  nella  Bibliografia.  (o  nelle  Ftiviste 
della.  stamps,)  della  «  Civilta  Cattolica  »,  non  pud  1'Amministrazione  assnmere 
in  aessuna  maniera  1'incarico  di  provvederli,  salvo  che  i  detti  libri  non  sieno 
indicati  come  ve»dibili  presso  la  stessa  Amministrazione.  Cio  vale  anche  per  gli 
anminzi  fatti  sulla  Copertina.  del  periodico. 

L'AMMINIBTRAZIONB. 


BIBLIOGRAFIA 


325 


BALDISSERRI  L.  e  CONTI  D.  —  Lezioni  teoriche  e  storiche  per  le 

scuole   di   Religione.    Imola,  tip.  Graleati,  1896,    di    pp.    224.  — 

L.  1,00. 

Queste  lezioni  formano  un  boon 
corso  di  religione,  composto  ad  uso  del 
giovani  gtudenti  delle  scuole  seconda- 
rie.  E  diviso  in  quattro  parti  princi- 
pal! :  Dio,  Dio  Uomo,  L'Uomo  (i  suoi 
doveri  e  i  mezzi  di  salute)  e  un  breve 
sunto  delta  storia  sacra  da  Adamo  a 
•Gesii  Cristo,  e  da  Gesu  Cristo,  secolo 
per  secolo,  fino  a  noi.  Gli  autori  inter- 
-calarono  al  testo  alcuni  detti  anche 
<li  uomini  profani  e  alcune  strofe 
<iei  nostri  poeti  per  rendere  ai  gio- 
vani piu  gradita  la  lettura.  La  mi- 
glior  parte  di  questo  corso  ci  sembra 
il  breve  sunto  storico  della  storia 
sacra.  Le  parti  precedent!  potrebbero 
forse  trattarsi  con  miglior  ordine  e 
piu  solidita.  Per  noi  il  miglior  ordine 
BELLACOSA.  ^Vedi  DE  SIENA. 
BELBER  J.,  prof.  dr.  —  Die  Selbstvertheidigung  des  h.  Paulus  im 

Galaterbriefe.  (BARDENHEWER,  Biblische  Studien.  i.  Bd.    in.  Heft). 

—  Friburgo,  Herder,  1896,  8°  di  pp.   VIII-150.  —  Fr.  3. 

11  ch.  A.  ci  presenta  qni  un  dotto, 
ampio  ed  accurate  commento  del- 
Yautodifesa  di  S.  Paolo,  contenuta 
ne1  primi  due  capi  dell'Epistola  ai 
•Galati  (I,  11  flno  II,  21).  La  missione 
apostolica,  che  S.  Paolo  ricevette 
direttamente  da  N.  S.,  le  sue  rela- 
zioni  con  gli  altri  Apostoli,  la  sua 
andata  a  Gerusalemme  per  vedere 
Pietro,  le  controversie  sui  riti  ebraici, 
la  resistenza  in  faccia  a  Pietro  ed 
altri  punti  important!',  che  si  colle- 
gano  a  tali  questioni,  sono  stati  sem- 
pre  discussi  dai  teologi  e  dagli  sto- 
rici  di  quei  primi  tempi  del  Cristia- 
nesimo  per  le  varie  difficolta  che  pre- 
sentano.  II  Belser  dimostra  assai  fe- 


e  quello  in  cui,  provatasi  la  missione 
divina  di  Gesii  Cristo,  si  stabilisce  la 
fondazione  divina  della  Cliiesa  e  da 
questa  si  passa  ai  suoi  insegnamenti. 
Per6  non  vogliamo  negare  che  anche 
1'ordine  preferito  dagli  autori  di  que- 
sto corso  possa  esser  utile.  Brame- 
remmo  anche  piu  solidita  in  certe  pro- 
ve, p.  e.  a  pag.  120,  ove  si  parla  del- 
1'ispirazione  della  Bibbia,  non  basta 
citare  alcuni  detti  di  grandi  uomini. 
Ma  forse  a  cio  puo  supplire  la  viva 
voce  del  maestro.  La  gentilezza  degli 
autori  non  isdegnera  queste  due  brevi 
osservazioni,  le  quali  non  tolgono  che 
questo  lavoro  sia  da  noi  commen- 
dato.  Anche  1'edizione  e  buona  e  mite 
il  prezzo. 


licemente  come  nella  cronologia  dei 
fatti  non  vi  sia  discordanza  alcuna 
tra  il  racconto  di  S.  Luca  negli  Atti 
apostolici  e  quello  di  S.  Paolo  nella 


citeta  epistola;  rileva  i  validi  argo- 
menti  che  vi  si  rinvengono  pel  pri- 
mato  di  S.  Pietro,  e  di  continuo  tiene 
conto  delle  sentenze  piu  recenti  dei 
dotti  protestanti  e  cattolici,  altre  ac- 
cettando,  altre  scartando  con  sode 
ragioni. 

In  particolare  ci  sembra  degna 
di  nota  la  determinazione  del  paese 
dei  Galati,  che  non  si  deve  collocare 
con  alcuni  piu  moderni  autori  nella 
provincia  romana  di  Galazia  di  piu 
recente  istituzione  (Antiochia  di  Pi- 
sidia,  Iconic,  Listra,  Derbe),  si  bene 
nell'antico  paese  de'  Celti  o  Galati 
nell'Asia  minore  (p.  5  e  sg.).  II  Belser 
con  forti  ragioni  mantiene  la  sua 
sentenza  eziandio  contro  1'  ultimo 
scritto  del  Ramsay  (The  Galatia  of 
St.  Paul  etc.  in  Essays  chiefly  in  Bi- 
blical and  Patristic  criticism  etc. 


I 


326  BIBLIOORAFIA 

Oxford,  1896,  Vol.  IV).  —  S.Paolo,  po-      preparazione  dell'apostolato,  a  somi- 
cbi  giorni   dopo    la  conversione,  da       glianza  di  Mose,  di  Elia,  del  Battista 
Damasco  pass6  direttamente  in  Ara-       e  di  Gesu  medesimo  (p.  28).  —  Con- 
bia  (Gal.  1,17).  Ora  il  riscontro  dei       vincente  6  pure  la  dissertazione  con- 
varii   testi   tra  loro   (pp.   22-32)  ri-      tro  lo  Zahn  (p.  127  e  segg.),  il  quale 
chiede  una  permanenza  dell'Apostolo       voile  posta   la  disputa  di  Paolo  con 
piuttosto    lunga    (piu    di  due    anni,       Pietro  prima  del  concilio  apostoHco 
p.  34)  in  quella  regione.  L'A.  scorge      di  Gerusalemrae. 
qui  un  secreto  ritiro  nel  d^serto  in 
BELTRAMI.  Vedi  FERRI. 
BERRUTI  P.  D.  CELESTINO,  rettore  maggiore  della  Congregaziona 

del  SS.  Redentore.  --  Lo  spirito    di  S.  Alfonso   M."  De  Liguori. 

Terza  edizione.    Prato,  tip.  Giachetti,  1896,  16°  di    pp.  XII-344. 
-L.  2,00. 

Eccellente  lettura  spirituale,  e  esclusi  alcuni  domestici)  persegui- 
adatta  ad  ogni  classe  di  persone,  tato,  ebbe  per  le  mani  ogni  sorta  di 
perch6  questo  libro  espone  la  vita  negozii  e  diresse  nella  via  spirituals 
interiore  di  un  Santo  che  fa  genti-  ogni  qualita  di  persone.  Qui  dentro 
luomo,  fu  sacerdote,  fu  religiose,  fu  dunque  ce  n'  e  per  tutti,  e  il  ristam- 
missionario,  fu  scrittore,  fu  vescovo,  pare  questo  libro  6  stato  un  benefizia 
fu  onorato  da  molti,  e  da  molti  (non  fatto  a  tutti. 
BISOGNI  EUGENIC,  march.  —Della  famiglia  Bisogni  o  Fisogni.  Cenno 

storico.  Napoli,  tip.  F.  Giannini,  1896,  8°  gr.  di  pp.  92. 

La  famiglia  Bisogni  assai  antica  nealogico.  L'abbondanzadellenotizie, 
nel  bresciano,  si  trapianto  a  Monte-  sparse  nel  testo  e  nelle  note  di  que- 
leone  e  a  Napoli.  L'Autore  ne  rin-  sto  lavoro,  mostrano  la  diligenza  e 
traccia  1'origine  sin  dagli  antichi  Ro-  1'erudizione  del  sig.  Bisogni,  che  nel 
mani  e  ne  divisa  la  nobilta,  i  feudi,  frugare  molti  archivii  e  molti  libri 
i  patronati  ecclesiastici,  i  personaggi  non  ha  perdonato  a  nessuna  fatica. 
piu  insigni,  lo  stemma  e  1'albero  ge- 
BOSIO  GASPARE,  teol.  can.  prof.  —  La  chiesa  parrocchiale  di  San- 

tena.  Studio  storico.  Torino,  tip.  S.  Giuseppe,  1896,  16°  di  pp.  58. 
BOUDON  E.  —  L' amour  de  Jesus  au  Tres-Saint  Sacrement  de  1'Autel 

par  H.  M.  Boudon    grand   archidiacre  d'Evreux   avec  traduction 

italienne  en  regard.  Rome,  impr.  vaticane,  1896,32°  di  pp.  XL  VIII- 

384.  —  L.  2,00. 

Libro  tradotto    in    varie    lingue       avuto  amplissima  diffusione  ;  e  1'avrk 
viventi  ed  anche  nella  latina.  In  Ba-      anche  in  Italia,  aiutato    com'e  dal- 
viera,  in    Fiandra    e    in  Francia  ha      1'elegante  edizione. 
BRIGANTI  ANTONIO,  mons.  —  S.  Antonio  abate,  detto  il  Grande,  e 

il  suo  secolo.  NapoH,  tip.  D'Auria,  1896,  16°  di  pp.  342.  —  L.  1,50. 

In  un'ampia  introduzione  6  con-  tore,  del  qual  fatto  si  additano  le 
siderato  il  grande  fatto  storico  del  cagioni  nelle  condizioni  in  cui  ver- 
Monachismo  orientale,  che  in  S.  An-  sava  il  mondo  e  la  Chiesa  dalla  meta 
tonio  riconoscejil  suo  primo  istitu-  del  terzo  secolo  alia  meta  del  quarto. 


BIBLIOGRAFIA  327 

Poi  segue  la  vita  del  S.  abate,  tolta  stesa  in  modo  che  edifica  e  insieme 

principalmente    da    S.    Atanasio,    e  alletta. 

CAEDULLO  SIMONE,  can.  prof.  -  -  La   consecrazione  del  Vescovi. 

Versione  e  commenti.  Palermo,  tip.  Pontificia  di  M.  SS.  del  Perp. 

Soccorso  e  di  S.  Gius.,  1896,  16°  di  pp.  72.  —  Cent.  30 :  franco  di 

posta  cent.  35.  Rivolgersi  alia  direzione  delle  «  Letture  Domeni- 

cali  »   Palermo. 
€AROSELLI  AUGUSTO,  aw.  —  Q.  Orazio  Flacco.  Odi,  Epodi,  Carme 

secolare.  Traduzione  in  versi   italiani.  Iniola,    tip.  Galeati,  1896, 

24°  di  pp.  242.  —  L.  2,50. 

Ecco  un   altro  traduttore   d'Ora-  ganza  dellafrase,  con  una  certa  fre- 

zio,  che  entra  franco  nell'arringosenza  schezza  di  colorito  ha  dato  a  vedere 

ombra  di  prefazione,  e  ti  presenta  di-  che  fra  tante  versioni  d'Orazio  puo 

nanzi   1'una  dopo   1'altra  le   liriche  tener  luogo  onorato  anche    la   sua. 

oraziane   tradotte,    senza   mettere   a  Non  sappiamo    pero    il    perch6   egli 

nessuna  n6  un  titolo  in  fronte   che  abbia  usato    sempre  un    ritmo  poco 

ne    indichi  1'argomento,   n6  a   piedi  rispondente  all'originale,  cioe  la  larga 

una  nota  dichiarativa.  In  tutto  il  li-  ed  elastica  strofa   leopardiana,  com- 

bro,  salvo   il   titolo,    cercheresti  in-  posta  di  soli   endecasillabi   e   sette- 

vano  una  parola  di  prosa,  a  pagarla  narii,  la  quale  ne  ben    riproduce  la 

un  occhio ;  cosi  che  tu  diresti  ch'egli  concisione  e  vibratezza   della  strofe 

lo   abbia  fatto  per  conto   proprio   e  oraziana,  e  a  tutte  le  odi  da  un  an- 

senza  pensiero   di   farlo  leggere  da  damento  monotone,  che   genera  sa- 

altri.  Cost  forse  vorra  la  moda.  Co-  zieta.  Forse    per  non    far  sentire  la 

munque   sia,    egli   mostra  col   fatto  traduzione,  non  ha  fatto  sentire  ab- 

di  non  essere  stato  un  temerario  nel-  bastanza  1'originale,  e  1'ombra  d'Ora- 

1'accingersi  all'arduo  lavoro,  e  col-  zio    potra  dire :  lo,    in  italiano,  non 

1'artistica  fattura  del  verso,  coll'ele-  avrei  verseggiato  cosi. 

CASCAVILLA  M.,  can.  prof.  dott.  —  Du  Yicaire  Capitulaire.  Paris, 

P.  LethieUeux,  in  16.° 
CICERONIS  (M.  TULLI).  —  Somnium  Scipionis.  Con  note  italiane 

di  Edoardo  Ciravegna  e  Giovanni  Marchesa-Rossi.  Milano,  Albrighi, 

Segati  e  C.°,  1897,  in  16.°  —  Cent.  60. 

E  un  libretto  acconcio  alle  scuole       ben  diviso  in  paragrafi,  con  titoli  e 
-di  latinita,  ad  uso  di  traduzione.  E       note  in  italiano. 

OOLACICCHI  MUZIO.  —  Proposta  per  una   speciale   istituzione  di 
credito  a  favore    dell'Agricoltura.  Frosinone,   tip.  Stracca,    1896, 


€OLLANA  di  letture  drammatiche.  —  Anno  XII.  Fasc.  1-6.  Torino, 
libreria  Salesiana.  Si  pubblica  un  fascicolo  ogni  due  mesi.  Prezzo 
dell'associazione  per  un  anno  L.  2,25. 

Le  suddette  dispense  contengono :  Testone,  S.  Marziano.  Dramma  in 
A.Michelotti,  Alessandro  d'Orlowsky.  quattro  atti.  —  Ha  ricevuto  il  diplo- 
Dramma  in  quattro  atti.  —  Sac.  Carlo  ma:  che  cosa  ne  faremo?  Commedia  in 


,'J28  BIBLIOGRAFIA 

tre  atti.  —  Bramante,  ossia  una  ven-      —  Maria  Stnarda.   Dramma   storico 
detta  di  Attila.   Dramma  in  quattro      in  tre   atti.  —  Bozzetti  comici. 
atti  con  prologo  di  A.  M.  Guazzone. 

COLLANA  di  vite  di  Santi.  Anno  XL VI.  Disp.  272.  —  Yita  di  S.  For- 
tunato,  parroco  ;  e  Yita  dei  BB.  Domenico  e  Agnello.  Monxa,  tip. 
de'  Paolini,  1896,  32°  di  pp.  48. 
CONTI.  Vedi  BALDISSERRI. 

CONTINI  P.,  prof.  cav.  —  Le  armonie  della  vita  nell' infanzia,  nel- 
1'adolescenza  e  nella  giovinezza.  Nuovi  componimenti  poetici  per 
le  scuole  e  le  famiglie.  Milano,  tip.  Agnelli,  1897,  10°  di  pp.  XL- 
448.  --  L.  3,00. 

Questolibropu6considerarsisotto  giovinetti.  Sotto  il  patriottico,  non  vi 
tre  aspetti :  morale,  letterario,  pa-  mancano,  e  vero,  i  soliti  inni  ai  so- 
triottico.  Sotto  1'  aspetto  morale  e  liti  santi  del  moderno  calendario  ita- 
irreprensibile,  anzi  positivamente  lo-  liano,  Vittorio  Emannele,  Cavour, 
devole,  perche  educative.  Sotto  il  Garibaldi,  Cairoli  eccetera,  ma  non 
letterario  &  pregevole,  non  ostante  sono  gravidi  di  bestemmie,  come- 
alcune  trascuratezze  qua  e  la,  ben  tanti  altri  dei  loro  simili. 
perdonabili  in  un  libro  fatto  per 

CORSANI  LUIGI,  mons.  —  Morale  pratica.  Prato,  tip.  Giachetti,  1896r 
16°  di  pp.  142.  —  L.  2,00. 

Nel  Quad.  1105,  pag.  93,  parlammo  sacro  ministero:  1)  I'ujKcio  parroc- 
con  lode  (e  meritamente)  del  primo  chiale  in  genere ;  2)  la  sua  assistenza 
volumetto,  contenente  gli  utilissimi  agli  infermi  ;  8)  la  direzione  di  chi 
e  tutti  pratici  consigli  d'un  vecchio  tende  alia  perfezione  ;  4)  la  prepa- 
e  sperimentato  confessore,  qual  fu  razione  de'giovanetti  alia  confessions 
Mons.  Corsani.  L'  istesso  ripetiamo  e  comunione.  E  un  libretto  di  con- 
di  questo  secondo  volume.  Esso  ab-  sigli  tutti  amichevoli  e  pratici,  non 
braccia  quattro  punti  speciali  del  gia  un  corso  sistematico  dottrinale. 
D'AMICO  MAURO  LUIGI,  sac.  —  Compendio  della  Dottrina  Cristiana, 
compilata  su  diversi  autori,  con  i  piu  comuni  esercizii  di  pieta.  Ca- 
tania, tip.  Roma,  1896,  16°  di  pp.  104. 

DE  MARTINIS  RAFF  ABLE.  —  luris  Pontificii  de  Propaganda  Fide. 
Pars  prima  complectens  Bullas,  Brevia,  Acta  SS.  a  Congregation  is 
institutione  ad  praesens  iuxta  temporis  seriem  disposita,  cura  ac 
studio  R.  De  Martinis  eiusdem.  Congr.  Consult,  et  Missionis  Sa- 
cerdotis  etc.  Yol.  YI.  (Pars  secunda).  Romae,  ex  typ.  Polyglotta 
S.  C.  de  Propaganda  Fide,  1896,  4°  di  pp.  476. 
DE  MARTINO  FEDERICO  primicerio  della  cattedrale  di  Sorrento.  - 
Prontuario  della  pia  opera  la  Propagazione  della  Fede.  Terza  edi- 
zione.  Napoli,  tip.  napoletana,  1896,  32°  di  pp.  136.  —  Cent.  80. 
DE  NARDIS  GIUSEPPE,  can.  —  II  sacerdote  cattolico.  Napoli-Ifoma, 
stab.  Festa,  1896,  in  16.° 

In  occasione  della  prima   messa      brata   in  Capri   nella  gia  Cattedrale 
del   Sac.   D.  Kaffaele   Serena,  cele-      di   S.  Stefano,  il   degnissimo    Arci- 


BIBLIOGRAFIA.  329 

prete  Can.  De  Nardis  pronunzi6  que-      cieta  per   la   religions  che   predica, 
ate  eloquent!  parole  e  tutte  calde  di      per   la   morale    che    insegna,   per  i 
affetto,  dimostrando   come  il  sacer-      conforti  che  dispensa. 
dozio  cattolico  6  yera  vita  della  so- 

DERYIEUX  ERMANNO.  —  Collezioni  di  Storia  Naturale.  Norme  ge- 
neral! e  pratiche,  pubblicate  per  gli  allievi  delle  scuole  normali, 
preparatorie,  tecniche,  operaie  ecc.  Torino,  Gr.  B.  Para  via,  1896, 
in  8.° 

DESHAYES  F.  prof.  —  Nouvelle  methode  pratique  pour  la  recerche 
des  empechements  de  consanguinite.  Paris,  Berche  et  Tralin,  Le 
Mans,  Leguicheux-Gallienne,  1896,  16°  di  pp.  32. 
Nolle  nonlievi  difficolta  che  in  tali      metria  veramente  leggiadra.  Che  se 
ricerche  spesso  s' incoptrano,  il  sussi-      il  nuovo  modo,  direi  quasi  algebrico, 
dio.  che  qui  offre  il  ch.Autore.e  prezio-       di  rappresentare  con   simboli  i  ter- 
so  assai.  Non  solamente  1'errore  non       mini  delle  medesime  parra  a  prima 
e  piu  possibile,  ma  le  serie  genealo-      vista  men  facile,  ogni  difficolta  ap- 
giche  ancora  si  sviluppano  con  aim-      parente  sparira  tosto  coll'uso. 

DE  SIENA  FASQUALE,  sac.  —  Theologiae  moralis  rudimenta  per 
Thomam  Bellacosa  jam  Episcopum  Cavensem  et  Sarnensem  nunc 
a  P.  De  Siena  in  Lyceo  archiepiscopali  neapolitano  professore 
Theol.  moralis,  notis  et  additamentis  ac  recentioribus  Rom.  Pon- 
tificum  Constitutionibus  et  SS.  Congregationum  decretis  necnon 
casuum  reservatorum  Dioecesis  neap,  explanatione  locupletata. 
Editio  quarta  perquam  perpolita  et  aucta.  Neapoli,  ex  typis  D'Au- 
ria,  1897,  8°  di  pp.  YIII-404.  —  L.  4,  50.  Rivolgersi  all'Autore, 
Yico  Sedile  Capuano  10. 

Commendammo  i  pregi  non  ordi-  sciuto  il  patrimonio  della  scienza  mo- 
narii  di  questa  opera  nelle  tre  prime  rale  in  questi  ultimi  tempi.  Esortiamo 
edizioni.  La  quarta  che  qui  annun-  tutti  i  confessori  ad  aquistarla,  es- 
ziamo  si  avvantaggia  sulle  prece-  sendo  giovevolissima  per  la  solu- 
denti  per  le  moltissime  note  aggiunte,  zione  de'  casi  che  loro  si  presen- 
e  per  le  nuove  decisioni  delle  Sa-  tano  ed  anche  per  sostenere  esami 
ere  Congregazioni,  che  hanno  accre-  e  concorsi. 

DI  MONTALEMBERT  conte,  uno  dei  quaranta  deH'Accademia  fran- 

cese.  —  I  Monaci  d'Occidente  da  San  Benedetto  a  San  Bernardo. 

Prima  traduzione   ilaliana   sulla  2a  edizione   di  Parigi   del  1863, 

corretta  ed  accresciuta  da  Alessandro  Carraresi.  Yol.  1°,  2°,  3°,  4°, 

Siena,    presso   1'ufficio   della    «  Biblioteca   del  'Glero  »,    1894-97, 

8°  di  pp.  580;  644;  308;  392.  —  Prezzo  del  1°  vol.  L.  5,00:  del 

2°  vol.  L.  5,00:  del  3°  vol.  L.  3,00:  del  4°  vol.  L.  4,00. 

Non    v'  fe   nessuno   fra    i    nostri       annunziati  volumi   la   storia  giunge 

lettori  a  cui  non  sia  noto  1'alto  pre-       fino  alia  gigantesca  figura  del  mo- 

gio  di  quest'opera  e   la  fama  mon-      naco  Ildebrando,  poi  papa   Gregorio 

diale  del  suo  autore.  Col  quarto  degli      VII,   qui    inaestrevolmente    dipinta. 


330  BIBLIOGRAFIA 

Con  un  quinto  volume  sara  compita      Avvertiamo  che  i  due  ultimi  volumi 

questa  pubblicazione,  una  delle  piu       non  furono  tradotti   per  la  edizione 

pregevoli  fra  quelle   che   sta   dando       di  Firenze  del  1861,  e  potranno  acqui- 

alla  luce,  nella  Biblioteca  del  Clero,  la      starsi  ancbe  separatamente  da  quelli 

tanto  benemerita    tipografia  sanese.       che  posseggono  1'edizione  fiorentina. 

DIRETTORIO  dei  chierici   e    del    seminarist!,   ovvero    Manuale  di 

pieta  ad  uso  dei  seminari  d' Italia,  corapilato   da   un   prete  della 

Missione.  la  edizione.  Napoli,  tip.  Bellini,  1896,  32°  di  pp.  360.  - 

Cent.  80.  Yendibile  nella  Porteria  dei  PP.  della  Missione,  Yer- 

gini  51,  Napoli. 

Questo  manuale  contiene  tutto  norme  per  gli  esercizii  spiritual!, 
quello  che  un  chierico  deve  pensare,  per  la  meditazione,  per  le  vacanze, 
quanto  alle  massime  regolatrici,  e  per  lo  studio,  per  le  ricreazioni,  pel 
tutto  quello  che  deve  eteguire,  quanto  tratto  co'  secolari,  eccetera.  Alia  fine 
alia  pratica ;  affinche  egli  riesca  de-  vi  e  anche  quella  parte  del  pontifi- 
gno  sacerdote,  quale  Dio  richiede.  cale  romano  che  riguarda  le  varie 
Esso  racchiude  altresl  regolamenti  e  ordinazioni. 

DOCUMENTS  et  Manuscrits.  L'Eglise  de  Tours  et  la  Municipality 
an  XV1F  siecle  (1600  - 1655).  Paris,  typ.  Firmin-Didot,  1896r 
in  8.° 

DOUBLET,  can.  —  Gesu  Cristo  studiato  riguardo  alia  predicazione  in. 
S.  Tominaso  d'Aquino.  Vol.  I.  Torino,  tip.  Pontificia  P.  Marietti, 
1897,  16°  di  pp.  XII-420. 

Che  le  opere  di  S.  Tommaso  siano  1'oratore  cristiano  dall'Angelo  della 
una  miniera  pei  teologi  e  pei  filosofi  Scuola.  Egli  le  raggruppa  tutte  sotto 
non  e  chi  ignori :  che  contengano  il  piu  augusto  e  il  piu  fecondo  dei 
molti  e  ricchi  tesori  anche  pei  pre-  nomi,  Gesu  Cristo;  e  sebbene  egli 
dicatori  son  pochi  che  sappiano,  e  tema  d'essere  accusato  di  parecchie 
meno  che  se  ne  giovino  in  pratica;  omission!,  noi  dubitiamo  piuttosto 
forse  perche  quei  tesori  hanno  biso-  che  pecchi  alquanto  per  soverchia 
gno  d'essere  spogliati  del  loro  invo-  abbondanza,  essendo  che  questo  pri- 
lucro  troppo  scolastico,  e  sceverati  mo  volume,  che  incomincia  dalla 
da  question!  e  da  tesi  di  cui  il  sacro  generazione  del  Verbo,  non  si  stende 
oratore  non  pu6  valersi.  Fece  dunque  piu  oltre  dei  misteri  della  santa  In- 
opera  utilissima  il  ch.  Autore,  col  sob-  fanzia.  Ma  il  lettore,  in  mezzo  a  tanta 
burcarsi  a  questo  non  lie  ve  lavoropre-  copia,  ha  la  facolta  della  scelta,  senza 
paratorio,  raccogliendo,  coordinando,  che  sia  il  caso  di  dire:  inopetn  me 
ed  anche  vestendo  di  una  certa  forma  copia  fecit. 
oratoria  le  ricche  materie  offerte  al- 

ESEMPI  di  alcuni  Santi  proposti  alia  imitazione  delle  anime  amanti 
del  Signore.  Operetta  di  una  adoratrice  perpetua  del    SS.  Sacra- 
mento.  Geneva,  G.  Fassicomo,  1896,  in  32.°  —  Cent.  25. 
FERRERI  G.  d.  S.  p.  —  II  sordomuto  e  la  sua  educazione.  Vol.  III. 
(Storia).  Siena,  tip.  ed.  S.  Bernardino,  1896,  16°  di  pp.  440.  - 
L.  3,00. 


BIBLIOGRAFIA 


Nel  presente  volume  1'Autore 
parla  delle  origin!  dell'arte  d'istruire 
i  sordomuti,  delle  opere  comparse 
nella  Spagna,  in  Inghilterra,  in 
Olanda,  in  Germania  ed  in  Francia, 
prima  che  la  medesima  arte  entrasse 
nel  dominio  pubblico,  e  della  ma- 
niera  d'  insegnamento  segulto  in 
Francia  e  in  Germania,  dei  lavori 
pubblicati  sulla  fine  del  secolo  XVIII 
e  delle  cagioni  che  diedero  luogo  alia 
controversia  delle  due  scuole  classi- 
che,  francese  e  tedesca  e  insieme  alia 
diffusione  dell'istruzione  dei  sordo- 
muti nelle  nazioni  civili.  Quindi  viene 
unostudiospecialesull'educazionedei 
sordomuti  nei  varii  Stati  della  nostra 
Penisola.  Esso  e  diviso  in  due  pe- 
riodi,  il  primo  dei  quali  parte  dal- 
1'a.  1784  (quando  il  sac.  Silvestri 
apri  in  Roma  la  prima  scuola  italiana 
per  1'istruzione  dei  sordomuti)  e  va 
sino  all'a.  1873,  data  del  congresso 
di  Siena,  fra  gli  educator!  dei  sordo- 
muti italiani;  il  secondo  periodd  com- 
prende  gli  studii  e  1'opera  delle  no- 
stre  scuole  dall'a.  1873  all'a.  1892. 
Questa  parte  si  legge  con  diletto  e 
con  profltto  di  non  poca  istruzione ; 
qui  appare  la  virtu  eroica  di  molti 
ecclesiastic!,  i  quali,  privi  dei  sussidii 
•del  Governo  e  solo  ricchi  della  ca- 
rita  di  Gesu  Cristo,  hanno  operate 
assai  in  bene  di  molte  infelici  crea- 
ture. L'Autore,  in  un  riepilogo  som- 
mario,  segue  il  processo  evolutive 
dei  metodi  usati  per  1'  istruzione  dei 
sordomuti  nelle  altre  nazioni,  durante 
il  periodo  che  corre  tra  1'a.  1830  e 


1'a.  1880.  In  fine  sono  considerazioni 
e  statistiche  sullo  stato  presente  del- 
1'  istruzione  dei  sordomuti  nelle  na- 
zioni civili.  Ne  prendiamo  questo 
saggio :  secondo  gli  ultimi  censi- 
menti  1' Italia  ha  circa  15,300  sordo- 
muti, 1'Olanda  1977,  la  Francia  20,000, 
laGranbrettagna  1 5,715, 1'Austria  Un- 
gheria  48,000  (!),  la  Danimarca  1,411, 
la  SpagB»  10,000,  la  Grecia  1,200,  il 
Portogallo  3,000,  la  Russia  95,000,  la 
Svezia  5,000,  gli  Stati  Uniti  33,878 
e  la  Repubblica  Argentina*  14,000. 
Hanno  cura  dell'  istruzione  dei  sor- 
domuti la  Danimarca,  1'  Italia,  la  Sve- 
zia, la  Germania,  1'Inghilterra,  la 
Svizzera,  la  Francia,  1'OIanda,  il  Bel- 
gio,  gli  Stati  Uniti  e  il  Canada ;  ne 
hanno  poca  o  nessuna  cura  la  Russia, 
la  Spagna,  il  Portogallo,  la  Grecia, 
1'America  meridionale  e  la  Russia. 

L'Autore  si  e  valso  di  molte  opere, 
monografie,  relazioni  e  pubblicazioni 
periodiche,  massime  dei  lavori  del  ba- 
rone  Degerando,  di  Edoardo  Walther 
e  di  Tommaso  Arnold.  Cosi  abbiamo 
la  storia  dell'  istruzione  dei  sordo- 
muti di  cui  finora  si  era  scritto  ben 
poco  in  Italia,  che  pure  vanta  studii 
sodi  suir  insegnamento  orale  e  sulla 
pedagogia  dei  sordomuti,  principal- 
mente  per  costante  operosita  del  pe- 
riodico  senese  «  L'  Educazione  dei 
sordomuti  ».  Chi  desiderasse  pieni 
ragguagli  sull'opera  del  P.  Ferreri 
legga  cio  che  abbiamo  scritto  del 
primo  e  secondo  vol.  nel  nostro  pe- 
riodico  ser.  XVI,  vol.  Ill,  pag.  93  : 
vol.  IV,  pag.  591. 


FERRI  L.,  BELTRA.MI  A.  —  Esempi    e   studi   di  Letteratura   stra- 
niera.    Torino,  tip.  salesiana,  1896,  8°  di  pp.  272.  —  L.    1,20. 


Molto  saviamente  i  compilatori 
mandano  innanzi  fin  da  principio 
quest'avvertenza :  «  Presentando  al 
pubblico  italiano  questo,  ci  si  per- 
metta  il  vocabolo,  assortimento  di 


letterature  straniere,  noi  non  inten- 
diamo  punto  di  approvare  le  opere 
in  genere  ne  degli  scrittori  da  cui 
furono  tradotte,  ne  di  coloro  che  le 
voltarono  nella  nostra  lingua.  See- 


332 


BIBLIOGRAFIA 


piglia  mille  svariate  forme.  II  volume 
6  anche  arricchito  di  notizie  biogra- 
flche,  riviste  criticbe,  e  studii  com- 
parativi.  A  noi  sembra  per6  che  que- 
sto  libro,  quanto  pud  esser  utile 
a1  provetti  cbe  gia  si  sono  format! 
lo  stile  sui  classic!  latini,  greci  ed 
italiani,  altrettanto  dannoso  torne- 
rebbe  agli  inesperti,  generando  nella 
loro  testa  confusione,  ed  impedendo 
la  formazione  del  letterario  buon 
gusto. 


glier  quello  cbe  ci  parve  buono  ovun- 
que  ci  venisse  fatto  di  trovarlo,  e 
sorvolar  su  quello  cbe  non  &  tale, 
ecco  1'intendimento  nostro  (p.  8).  » 
Gli  autori  sono  prosatori  e  poet),  an- 
ticbi  alcuni  e  molti  reoenti  ed  anche 
contemporanei ;  e  tu  ti  vedi  passar 
dinanzi  francesi,  tedescbi,  inglesi, 
spagnoli,  americani,  russi,  giappo- 
nesi,  cbe  in  vesti  diversa  e  con  di- 
ve rso  accento  can  tan  o  pur  sempre 
quel  bello  universale  ed  umano  cbe 
si  fa  sentire  da  tutti,  ma  cbe  poi 

FINOTTI  G.  —  L'insegnamento  religiose.  Oaserta,  stab.  tip.  A.  Sac- 
cone,  1896,  16°  di  pp.  48. 
In  quest'opuscolo   si   tratta  con       dell'  insegnamento  religiose,  per  non 

ragioni   ed   autorita  della   necessitk      cadere  nell'ateismo  sociale. 

FOSCHI  FEDERICO,  Mons.,  Vescovo  di  Cervia.  —  Siuodo  diocesano 
celebrate  nei  giorni  18,  19,  20  ottobre  1892.  Traduzione  in  lin- 
gua italiana  della  parte  che  si  riferisce  al  popolo.  Cervia,  tip.  Sa- 
poretti,  1896,  16°  di  pp.  112.  —  Cent.  80.  Per  i  diocesani  di  Ger- 
via  cent.  50. 
Si  veda  quanto  abbiamo  detto  pagina  96,  commendandola  secondo 

della  intiera  opera  nel  quad.  1045  a      il  merito. 

GAETA  SALVATORE,  sac.  prof.  —  S.  Ludovico  d'Angio  vescovo  di 

Tolosa.  Napoli,  tip.  Festa,  1896,  16°  di  pp.  192. 
-  Breve  vita  della  Serva  di  Dio  Giuseppina  Faro  da  Pedara.  Napoli, 
Carlo  de  Rubertis,  1896,  16°  di  pp.  116. 
Le  vicende  e  le  virtu  di  quel  ram-      maniera  semplice  e  naturale,  cbe  suol 


essere  la  piu  gradita  a  cbi  nelle  vite 
dei  Santi  non  cerca  altro  cbe  il  pa- 
scolo  della  pieta. 

Ancbe  istruttiva  e  piacevole  tor- 
nera  la  memoria  della  verginella  Pe- 
darese,  vissuta  dal  1847  al  1871,  e 
morta  in  odore  di  santita. 


polio  della  real  casa  angioina  di  Na- 
poli, che  doveva  cingere  la  corona  e 
prese  invece  il  cappuccio  e  poi  fini 
con  in  capo  la  mitra,  non  sono  senza 
grande  allettamento  ed  istruzione  a 
chi  le  percorre  con  occbio  attento. 
E  tanto  piii  volentieri  si  leggeranno 
in  queste  pagine,  perch6  scritte  in 

GAMBETTI  PIETRO.  -  -  II  VI°  centenario  della  traslazione  della 
S.  Casa  di  Loreto.  Ricordi.  Loreto,  tip.  Brancondi,  1896,  16°  di 
pp.  116.  --  Cent.  60. 

E  una  relazione  anipia,  partico-  compagnarono  questo  solenne  cente- 
lareggiata,  affettuosa  dei  fatti  e  delle  nario,  destinata  a  tramandarne  ai 
circostanze,  che  precedettero  e  ac-  posteri  la  memoria. 

GAR1NO  GIOVANNI.  —  Nuova  grammatica  greca  ad  uso  dei  ginnasii. 


BIBLIOGRAFJA 


333 


Parte  prima.  Fonologia  e  Morfologia.  Torino,  tip.  Salesiana,  1896, 
16°  di  pp.  Vin-136.  —  L.  0,80. 


Questa  prima  parte  della  gram- 
matica  greca  del  sacerdote  D.  Gio- 
vanni Garino,  e  secondo  i  programmi 
governativi  e  in  generale  e  buona 
della  bonta  che  riconosciamo  nelle 
grammatiche  dell'Inama,  del  Macinai 
e  del  Biacchi.  Egll  si  e  attenuto  fe- 
delmente  ai  dotti  lavori  di  filologia 
classica,  stampati  in  questi  ultimi 
anni,  come  sono  tra  gli  altri  la.  Lingua 
greca  antica  del  Pezzi,  e  il  Compendia 
di  grammatica  comparata  del  greco 
e  del  latino  di  V.  Henry.  La  diffe- 
renza  tra  questa  e  le  altre  gram- 
matiche simili  la  vediamo  nella  sua 
piccola  mole,  nel  poco  prezzo  e  in 
alcuni  miglioramenti,  divisati  dal- 
1'Autore  cosi :  «  Tra  i  miglioramenti 
important!  e  di  diversa  natura  in- 
trodotti  in  questo  lavoro,  citero  il 


radigmi,  1'aver  posto  gli  aggettivi  in 
05  immediatamente  dopo  la  declina- 
zione  del  temi  in  a  e  in  o,  e  1'aver 
riunito  insieme  la  trattazione  dei 
verbi  in  muta,  liquida  e  nasale,  in- 
serendovi  a  suo  luogo  anche  i  tempi 
secondi,  che  nella  grammatica  in 
grande  erano  come  in  appendice.  Ai 
detti  miglioramenti  si  puo  aggiun- 
gere  1'aver  dato  quasi  sempre  la 
traduzione  delle  forme  poste  per 
esempio  di  qualche  regola,  1'aver  a 
suo  luogo  stese  lunghe  liste  di  queste 
o  quelle  forme  necessarie  a  sapersi, 
e  1'aver  infine  nella  rassegna  delle 
classi  verbali  distribuito  i  diversi 
tempi  di  un  verbo  in  colonna,  affinche 
sia  piii  facile  1'  impararli.  »  Si  noti 
che  la  medesima  grammatica  e  per 
il  solo  ginnasio. 


numero  di  molto  accresciuto  dei  pa- 

GHISLANZONI  NARCISO,  sac.  —  Una  corsa  in  Oriente.  Lecco,  tip.  del 
«Resegone»,  1896,  16°  di  pp.  X-342.  —  L.  1,50.  Dirigersi  alia 
tip.  del  «  Resegone  »  Lecco. 

sono  i  libri  descrittivi  dell' Oriente, 
e  tuttavia  ugualmente  utili,  perche 
varii  secondo  le  varie  impressioni  e 
riflessioni  di  ciascun  viaggiatore. 
PerclJ  il  libro  del  rev.  Ghislanzoni 
ben  puo  figurare  tra  i  libri  di  buona 
e  amena  lettura.  Sol  notiamo  che 
1'edizione  e  la  lingua  richiedevano 
maggiore  attenzione. 


II  presente  libro  contiene  la  de- 
scrizione  del  viaggio  da  Milano  a 
Roma,  ad  Alessandria  di  Egitto,  al 
Cairo,  ai  Luoghi  Santi  della  Pale- 
stina,  in  Siria,  a  Costantinopoli,  Ate- 
ne,  Napoli  e  Geneva.  La  narrazione 
e  semplice,  naturale  e  piena  di  os- 
servazioui  istruttive,  massime  ri- 
spetto  alia  citta  di  Alessandria,  Co- 
stantinopoli e  Atene.  Molti  e  recenti 

GOLIZIA  P.  BERNARDO,  capp.  —  Gesii  Cristo.  Introduzione  agli 
studii  biblici.  Assist,  tip.  Metastasio,  1896,  8°  di  pp.  136.  — 
L.  1,35.  Rivolgersi  all'Autore  in  Assist  convento  dei  Cappuccini, 
od  alia  libreria  Festa  in  Roma  e  in  Napoli;  o  Tappi  in  Torino 
via  Garibaldi  20. 
Chi  ama  le  grandi  sintesi  (quelle, 

s'intende,    che    non    sono    arbitra- 

rie,  ma  fondate  sui  fatti)   trovera  in 


questa   operetta    di   che    deliziarsi, 


non  solo,  ma  di  che  istruirsi.  L'Au- 
tore  ha  svolto  il  concetto  di  S.  Ago- 
stino,  e  a  parer  nostro  assai  bene, 
cioe  che  omnis  Scriptura  divina... 


BIBLIOORAFIA 


Christum  narrat:  tutta  la  S.  Scrit- 
tura  risuona  di  Gesii  Cristo,  e  che 
Cristo  e,  come  dire,  1'idea  dell'opera. 
In  fatti  Cristo  stesso  disse:  Consul- 
tate  le  Scritture,  esse  rendono  testi- 
monianza  di  me  (Gio.  5,  39),  e  al- 
trove,  che  si  dovevano  adempiere  le 
cose  che  su  lui  erano  scntte  nella 


ne' prcfeti  e  ne' salmi  (Luc. 
24,  44).  L'Autore  prova  bene  la  gran 
tesi,  prima  con  autorita  estrinseche 
e  poi  con  argomeuti  iutrinseci,  pas- 
saudo  in  rivista  tutte  le  parti  della 
Scrittura.  E  questo  un  punto  che 
andrebbe  bene  che  avessero  di  mini 
i  cultori  degli  studii  biblici. 

GODTS  F.  X.  C.  SS.  R.  --  Scopuli   vitandi   in    pertractanda  quae- 
stione  de  conditione  opificum.  Editio  tertia.  Typis  .Societatis  S.  Au- 
gustini,  Desclee,  De  Brouwer  et  Socii,  1896,  8°  di  pp.  430. 
Quest'opera  nel  Belgio  in  cui  fu       dizione  della  classe    operaia,  il  non 

scritta,    e    principalmente   dal  clero 

pel  quale  fu  scritta,  benchfc  sia  utilis- 

sima  anche  ai  secolari,  fu  letta  avi- 

damente,  atteso  1'ardore  degli  animi 

che  cola  regna  intorno  alia  questione 

sociale,  e  soprattutto  il  merito  intrin- 

seco  dell'opera  stessa.  Gli  scogli  che 

1'A.  addita  da   evitarsi   nel  trattare 

la  detta  questione,    sono  il   non  te- 

nerla  in    quel    conto  che  merita,  il 

riguardarla  come  cosa  nuova,  il  non 

esaminare  abbastanza  1'Enciclica  He- 
rum    Novarum,     il    non    attribuirle 

1'importanza  che  ha,  la  poca  unione 

coi   superiori  e   i  confratelli,    il  di- 

sprezzare  i  ricchi  e  i  padroni,  il  cu- 

rar  poco  il  miglioramento  della  con- 

GRAZIANI  ENRICO,  Mons.  Vescovo  di  Sarsina.  —  Vade-Mecum  per 
la  retta  amministrazione  del  Sacramento  della  Penitenza  e  per 
prepararsi  agli  esami  della  Confessione  e  ai  concorsi  delle  Par- 
rocchie.  Bagnacavallo,  tip.  Serantoni,  1896,  16°  di  pp.  288.  - 
L.  1,50.  Dirigersi  al  sig.  D.  Giuseppe  Graziani,  segretario  vesco- 
vile  in  Sarsina. 

tere  questo  manuale  al  paro  coi  vo- 
lumetti  ugualmente  piccoli  di  mole 
ma  segnalati  per  merito,  che  portano 
in  fronte  i  bei  nomi  del  Frassinetti 
edel  Berardi.  Se  lo  provvedano  quanti 


inculcare  abbastanza  ai  ricchi  e  ai 
padroni  i  loro  doveri,  il  piaggiare 
gli  operai  avvertendoli  sempre  dei 
loro  diritti  e  non  mai  dei  loro  do- 
veri, il  non  predicare  abbastanza  al 
popolo  la  santificazione  della  festa, 
1'assoluto  rigettare  o  1'esagerare  il 
salario  minimo  e  il  salario  di  fami- 
glia,  ed  altri  ed  altri  fino  a  trentadue. 
I  quali  punti  il  ch.  Autore  tratta  con 
tanta  cognizione  di  causa,  con  tanto 
amor  di  pace  e  d'unione,  che  meri- 
tamente  ha  riscosso  le  lodi  di  molti 
illustri  Prelati,  e  dei  giornali  piu 
accreditati  del  Belgio,  della  Francia, 
della  Germania.  Noi  gli  auguriamo 
la  stessa  sorte  anche  in  Italia. 


Veramente  un  ottimo  libriccino, 
che  dobbiamo  chiamar  cosi  pel  suo 
piccolo  sesto,  conveniente  ad  un  vero 
Vade  mecum,  ma  non  per  la  quan- 
tita  del  contenuto  che  e  un  empo- 
rio,  e  meno  ancora  pel  suo  valore. 
Dottrina  solida,  regole  precise,  so- 


esercitano  il  sacro  ministero,  e  se  ne 
chiameranno  contenti. 


luzioni  pratiche.  Non  esitiamo  a  met- 

LECOMTE  et  VENAULT,  abbes.  —  Choix  d'Homelies  et  de  discours 
de  Saint  Charles  Borromce,  traduits  en  fran^ais  pour  la  premiere 


BIBLIOGRAFIA 


335 


fois  par  MM.  les  abbes  Lecomte 
M.  1'abbe  J.  Pailler.  Paris,  Tequi 
Era  oratore  S.  Carlo?  Un  gran 
Vescovo,  un  gran  carattere,  un  grande 
riformatore  si  certamente;  ma  era 
poi  anche  un  gran  predicatore  ?  Certo 
e  che  quand'egli  annunziava  la  pa- 
rola  di  Dio,  le  grand!  moltitudini 
pendevano  'intente  dalle  sue  labbra, 
e  non  pochi  davano  in  lagrime  e  sin- 
ghiozzi,  e  ne  seguivano  notevoli 
emendazioni  di  costumi,  che  e  il  vero 
trionfo  dell'eloquenza.  Ma  il  merito 
di  chi  era?  Del  predicatore  o  della 
predica?  Noi  crediamo  che  per  due 
terzi  fosse  della  persona,  perche  la 
santita  col  sol  mostrarsi  sul  pergamo 
e  sempre  eloquentissima ;  ma  per 
1'altro  terzo  il  merito  ci  sembra  del 


et  Venault,  sous  la  direction  de 
,  1897,  16°  di  pp.  640.  —  Fr.  4,50. 
discorso  medesimo,  perche  la  parola 
d'un  santo,  benchfc  spesso  non  si  con- 
formi  alle  regole  dell'arte,  ha  pero 
di  tratto  in  tratto  degli  strali,  delle 
fiamme,  degli  scatti  vivissimi  d'una 
efficacia  tutta  sua  propria,  che  in- 
darno  si  cercherebbero  nei  piu  ela- 
borati  sermoni.  Or  quest!  appunto 
s'incontrano  bene  spesso  nelle  omelie 
di  S.  Carlo,  e  per6  va  data  lode  ai 
traduttori  che  traendole  dal  testo 
latino  dell'edizione  originale,  le  hanno 
regalate  alia  Francia ;  e  vogliamo 
sperare  che  non  sia  per  mancare  piu 
lungamente  chi  le  divulghi  anche  in 
Italia. 


LEGA  (La)  pel  riposo  festivo  spiegata  al  popolo.  Crema,  tip.  S.  Pan- 
taleone,  1896,  in  16.°  —  Cent.  20.  Copie  50  L.  7,50. 

LETTURE  CATTOLICHE  di  Torino.  Anno  XLIV.  Gennaio-otto- 
bre  1896.  Disp.  517-526.  Toritio,  libreria  salesiana.  Prezzo  di  as- 
sociazione  per  un  anno  L.  2,25;  per  un  semestre  L.  1,25.  Esce 
una  dispensa  ogni  mese. 

Maria  Ausiliatrice  accorda  a'  suoi 
divoti,  pel  sac.  G-.  S.  Francesia.  — 
Risposte  brevi  e  famigliari  alle  obbie- 
zioni  piu  diffuse  contro  alia  Religione 


di  mons.  Gastonc  dei  Conti  De  Sigvr. 
—  Mons.  De  Segur.  Le  meraviglie  di 
Lourdes.  Trad,  di  G.  Serafini. 


Le  suddette  dispense  contengono: 
Cenni  biografici  del  giovane  Giuseppe 
Busetta.  —  Zenone  e  Giustina.  Rac- 
conto  storico.  —  Un  serafino  in  terra, 
ossia  S.  Francesco  d'Assisi.  Vita  po- 
polare  compilata  dal  sac.  Andrea  Bel- 
trami.  —  La  causa  della  nostra  con- 
solazione,  ossia  raccolta  di  grazie  che 

LOJODICE  P.  COSMA.  —  Vita  della  Yen.  Madre  Suor  M.  Giovanna 
Guillen  Agostiniana.  Bologna,  Mareggiani,  1896,  16°  di  pp.  436.  — 
L.  3,00.  Vendibile  in  Roma,  Via  S.  Uffizio  1,  e  in  Via  della  Scrofa  80. 
Questa  venerabile  monaca,  nata  vale  ancora  della  vita  scrittane  dal 

in  Orihuela  nella  Spagna,  e  vissuta 

dal  1575  al  1607,  si  segnald  per  1'in- 

nocenza  della  vita,  per  1'orazione   e 

la  mortificazione.  La  narrazione  che 

ne  fa  il  P.  Lojodice  e  tratta  dai  pro 

cessi   istituiti  nella  sua  patria,  e  si 


P.  Mancebon,  stato  per  qualche  tempo 
suo  confessore,  e  delle  moltissime 
giunte  fattevi  da  un  anonimo  Padre 
Agostiniano  spagnuolo.  Sara  letta 
dalle  anime  pie  con  profitto  e  con 
piacere. 


LOSCHI  GIUSEPPE,  prof.  —  Precetti  di  arte  del  dire  con  un  piccolo 


336  BIBLIOGRAFIA 

dizionario  di  voci   errate  o  improprie.    Udine,  tip.  del  Patronato, 

1896,  16°  di  pp.  176.  -  -  L.  2,00. 

Questo  autore  e  egli  venuto  a  spetto  al  presente  volume,  denso  di 
reear  vasi  a  Samo?  Sembra  dubi-  buoni  precetti  e  bene  esposti.  Forse 
tarne  egli  medesimo,  e  pero  si  giu-  ad  alcuni  sembrera  troppo  magro, 
stitica  facendo  riflettere  che  questo  ma  noi  crediamo  cbe  in  mano  a  un 
volumetto  fa  riscontro  al  sommario  buon  professore,  che  sappia  svilup- 
di  storia  di  letteratura  italiana  da  pare  gli  element!  qui  contenuti,  potra 
lui  pubblicato,  dai  competenti  ac-  servire  di  testo  sufficiente,  ne  dav- 
colto  con  favore,  e  da  noi  pure  lo-  vero  gli  scolari  si  lagneranno  della 
dato  nel  quaderno  del  6  luglio  1895.  sua  brevita. 
Le  quali  lodi  volentieri  ripetiamo  ri- 

MAILLET.  —  Le  Socialisms  chretien  a  1'ecole  d6mocratique  de  Liege. 

16°  di  pp.  70. 

MAJOCCHI  RODOLFO,  sac.,  dott.  —  Di  alcune  iscrizioni  romane, 
cristiane  e  longobardiche  scoperte  in  S.  Pietro  in  ciel  d'oro  di 
Pavia.  Pavia,  tip.  del  private  Istitnto  Artigianelli,  1896,  8°  di 
pp.  32. 

-  Un  diploma    inedito  di  Re  Lotario   riguardante  la  citta  di  Como. 
(20  agosto  949).  Torino.  G.  B.  Para  via,  1896,  in  8.° 
Nella    prima    memoria  il  ch.  A.,       gobardica,  quella  del  re  Ansprando, 
coll'aiuto  delle  iscrizioni  da  lui  sco-      che  si  era  lamentata  distrutta,  ed  ha 
perte  negli  scavi  della  gloriosa  ba-      invogliato  gli  studiosi   ad   altre  ri- 
silica  di  Luitprando,  ci  ha  dato  sicuri      cerche. 

indizii   dell'esistenza  di  un  cimitero  La  seconda  memoria  pubblica  per 

cristiano  in  quel  luogo,  sin  dalla  meta  la  prima  volta  ed  ampiamente  illustra 
del  secolo  sesto  almeno,  ha  salvato  un  diploma,  con  cui  Re  Lotario,  nel- 
e  fatto  conoscere  un  notevole  fram-  1'anno  949,  fa  una  certa  donazione 
mento  di  un'  insigne  epigrafe  Ion-  ad  un  tal  Nazario  giudice  regio. 

MALTESE  F1LIPPO  NERI.  —  L'educazione.    Vittoria,   1895,  32°  di 

pp.  152. 

Parla  in  cinque  articoli  della  reli-  dando  buoni  ammonimenti,  benche 

g-ione  del  cuore,  della  religione  ester-  non  sempre  gli  riesca  esatto  il  modo 

na  ovvero  culto,  dell'  uomo  morale,  d'esprimersi,  come  quando  gli  sfugge 

dell'  economia  domestica,  dei  doveri  «  la  frequenza  dei  sacramenti,  detta 

fra  marito  e  moglie,  fra  genitori  e  in  teologia  grazia  abituale  »  (p.  84). 
figli ;  e  ne  parla  da  vero  cristiano 

MARTA  L.  —  Eredita  d'amore.  Racoon  to  illustrate  con  14  incisioni. 

Genova,  G.  Fassicomo  e  Scotti,  1896,  due  voll.  in  16°  di  pp.  184; 

172.  —  L.  1,00. 
MAUMUS  P.  VINCENT  0.  P.   —  L'Eglise  et  la  France  moderne. 

Paris,  Lecoffre,  1897,  16°  di  pp.  XII-296.  --  Fr.  2,50. 

Bel  tema  e  ben  trattato.  Merite-      viste   francesi   non   mancheranno  di 
rebbe   una   larga  rassegna,  e   le    ri-      farla.  Per  noi  basta  annunziarlo,  di- 


BIBLIOGRAFIA  337 

cendo  che  e  un  lavoro  informato  alia  contro  il  comune  nemico,  che  6  il 
politica  iarga,  illuminata  e  conci-  partito  radicale  socialista.  Questo  e 
liante  di  Leone  XIII  rispetto  alia  lo  scopo  del  libro,  ma  nel  corso  di 
Francia;  e  un  nuovo  appello  ai  cat-  esso  son  trattate  le  quistioni  piu 
tolici  per  stimolarli  a  conformarsi  gravi  e  piu  vitali  del  nostro  tempo, 
alle  intenzioni  del  Sommo  Pontefice,  e  trattate  in  maniera  che  alia  sicu- 
e  ad  unire  insieme  tutte  le  loro  forze  rezza  della  dottrina  accoppia  1'  ele- 
per  muovere,  in  ben  serrata  falange,  ganza  e  la  soavita  della  forma. 
MAYR  ALBEET.  —  Zur  Geschichte  der  alteren  christl.  Kirche  von 

Malta.  Munchen,  J.  G.  Weiss'sche  Buchdruckerei,  1896,  in  16.° 
MEMORIE  della   Pontificia  Accademia   del  Nuovi   Lincei.  Volume 

undecimo,  Roma,  tip.  della  Pace,  1895,  8°  di  pp.  288  e  tav.  XIV. 
MEREGALLI  LUIGI.  —  I  Redenti.  Racconto.  Geiwra,  Fassicomo, 

1896,  16°  di  pp.  176.  —  Cent.  50. 

I  redenti  sono  due  fldanzati  che  granellare  un  buon  gruzzolo  di  de- 
lottano  contro  i  presuntuosi  senti-  nari  e  ad  unirsi  in  matrimonio  colla 
menti  d'un  Barone,  padre  dello  sposo,  giovane  che  gli  conserve  costante 
il  quale  non  voleva  permettergli  le  1'affetto.  E  una  vittoria  della  liberta 
nozze  con  una  giovane  plebea.  II  individuale  e  un  inno  alia  nobilta 
giovane  diseredato  giunge,  lavorando  del  lavoro.  II  romanzo  non  manca 
in  un'officina  di  Germania,  a  rag-  di  attrattiva. 

MINIS TERO  di  Agricoltura,  Industria  e  Commercio.  Direzione  gene- 
rale  della  statistica.  —  Annali  di  statistica.  Statistica  industriale. 
Ease.  LXI.  Notizie  sulle  condizioni  industrial!  della  Provincia  di 
Trapani.  Roma,  tip.  Nazionale,  1896,  16°  di  pp.  74.  —  L.  1,00. 
Vendibile  presso  i  F.1U  Bocca,  Roma. 

—  Statistica  della  stampa  periodica  nell'anno  1895.  Roma,  tip.  Nazio- 
nale, 1896,  8°  di  pp.  88.  --  L.  2,00.  Vendibile  presso  i  Fratelli 
Bocca,  Roma. 

—  Statistica   dell'  Istruzione    superiore.    Anni   scolastici    1893-94    e 
1894-95.  Roma,  tip.  Bontempelli,  1896,  8°  di  pp.  X-41.  —  L.  1,00. 
Vendibile  come  sopra. 

MORICI  MEDARDO,  dott.  —  La  famiglia  di  Pandolfo  Collenuccio. 

Lettere  inedite  di  Ciriaco  d'Ancona  (1438-1440).  Pistoia,  tip.  Flori 

e  Biagini,  1896,  in  16.°  —  Ciascun  fascicolo  L.  1.00. 

Gli  studii  di  Giulio  Perticari  e  di  procurato  di  diradare  queste  tenebre 
William  Tartt  sull'infelice  umanista  con  uno  scritto  dello  stesso  Pandolfo. 
pesarese  del  secolo  XV,  Pandolfo  Col-  contenente  la  genealogia,  gli  stemmi 
lenuccio,  sono  monchi  e  inesatti;  la  e  le  memorie  della  sua  famiglia.  Egli 
>-ita  poi  del  medesimo,  scritta,  or  lo  ha  scoperto  in  un  manoscritto,  in- 
sono  otto  anni,  dal  Dott.  Alfredo  Sa-  titolato  Croniche  di  Gualdo,  della  bi- 
viotti,  e  bensl  commendevole,  ma  la-  blioteca  lacobilli  del  seminario  di  Fo- 
scia  avvolta  nelle  tenebre  la  fami-  ligno.  E  un  vecchio  zibaldone  di  Du- 
glia  Collenuccio.  II  Dott.  Morici  ha  rante  Dorio,  benemerito  raccoglitore 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1119.  22  29  gennaio  1897. 


338  BIBLIOGRAFIA 

di  memorie  patrie   nel   secolo  XVII.  quali  due  sono  del  tutto  inedite,  tre 

Gli    anacronismi    non    mancano  nel  poco  note ;  tutte  poi  egualmente  im- 

documento  collenucciano.  portanti  e  per  il  personaggio  che  le 

Quanto  alle  lettere  inedite  di  Ci-  scrisse  e  per  i  tempi  de'  quali  trat- 

riaco  d'Ancona,  ossia  Ciriaco  de'  Piz-  tano.  II  Dott.  Morici  nei  due  opuscoli 

zicolli,    lo    scopritore    della   scienza  si  mostra  erudito  e  diligente  inda- 

antiquaria,  ease   sono    cinque,  delle  gatore. 

MORISOT,  abbe,  miss.  ap.  —  Instructions  sur  les  fetes  de  1'annee. 
Paris,  P.  Tequi,  1897,  due  voll.  in  10°  di  pp.  454  ;  506.  —  Fr.  4,00. 

MOSCARDI  VINCENZO,  can.  prof.  —  II  ven.  Sertorio  Caputo  nella 
mente  di  Anton  Ludovico  Antinori.  Aquila,  tip.  Aternina,  1896, 
in  8.° 

A  ridestar    la    memoria   di  quel  confermate    dal     celebre    abruzzese 

dotto  e    santo    educatore    che    fu  il  Anton   Ludovico    Antinori.    La  dili- 

P.  Sertorio    Caputo  d.  C.  d.  G.,  an-  gente  ed  accurata  monografla  riesce 

dato  in  Aquila  con  altri  suoi  colle-  a    questa    giustissima   conclusione  : 

ghi,  intorno  al    1596,  a  fondarvi  un  «  Scioccamente    si    irridono   i  Santi 

nuovo  Collegio,  il  degno  autore  ha  da  chi  non  ha    occhi  per  vederne  i 

tessuto  questa  monografia,  traendola  naeriti    e    i    pregi.  Ma  i  Santi   sono 

dagli  scritti  di  quattro  contempora-  sempre  uomini  di    mente,  di  cuore, 

nei,  non  sospetti  di  troppa  credulita,  di     carattere  :    sollevati    al    somrno 

cioe  del    medico    Ciurci,  del    giure-  ideale  del    Vero    e  del   Bene    sanno 

consulto     Cesura,    del    grammatico  dare  una  norma  certa,  sicura  e  co- 

Fonticulano  iuniore  e  del  poeta  Sin-  stante  alle  loro  azioni,  a  sollievo  dei 

ceretto  dell'Aquila,  le  testimonianze  ioro  fratelli  ed  a  gloria  di  Dio.  » 
de'  quali  furono   poi    ripubblicate  e 

NEUMANN  Or. ,  A.  prof.  dr.  —  Relazione  del  I  Congresso  internazio- 
nale  degli  Archeologi  cristiani  tenuto  a  Spalato  Salona  nei  giorni 
20-22  agosto  1894.  (Estratto  dal  «  Bullettino  di  archeologia  e  storia 
dalmata  »  fasc.  8-12  a.  1894).  Spalato,  tip.  Zannoni,  1895,  8°  di 
pp.  128. 

NITTOLI  S.,  prof.  —  Tavola  sinottica  dei  complement!  italiano-latini. 
Quadri  sinottici  delPuso  dei  casi  latini.  Terza  edizione.  Sansevero, 
tip.  Morrico,  1896,  in  16.° 

PALOMES  ANTONIO.  —  Dei  Re  di  Sicilia  normanni,  svevi  e  ara- 
gonesi  di  Palermo  e  di  Monreale.  Accenni.  Paleritio,  tip.  ed. 
Tempo,  1896,  in  16.°  —  Cent.  70. 

Gli  nccenni  dei  Re  di  Sicilia  sono  s  mento  le  ingiustizie  commesae.  In- 
esatti,  eccetto  cio  che  a  pag.  17,  tanto  aspettiamo  la  seconda  edizione 
lin.  1,  si  riferisce  rispetto  alia  morte  della  sua  opera  «  /  Normanni  in 
di  Enrico  VI:  At  28  di  novembre  Sicilia  »  che  dapprima  uscl  alia  luce 
del  H97  mori,  qual  vine,  in  Mes-  in  dialetto  siculo.  La  medesima  com- 
sina.  Ora  noi  non  diremmo,  qual  prendera  cinque  volumi  in  ottavo 
viste,  posto  che  rivoco  nel  suo  testa-  Lemonnier,  di  400  pagine  1'uno. 


BIBLIOGRAFIA 


339 


classe  sociale   e   specialmente  della 
gioventii. 


PASQUALI  P.  LUIGI.  —  Esempii  meravigliosi  e  critic!  proposti  per 
la  gioventu  contro  1'  incredulita.  Quinta  edizione  corredata  di 
esempii  nuovi  e  recent! ssimi.  Roma,  tip.  Befani,  1897,  in  16°  di 
pp.  372.  —  L.  1,25.  Per  1'  acquisto  dirigersi  esdusivamvnte  al- 
1'Autore,  S.  Maria  in  Campitelli,  Roma. 
Auguriamo  a  questa  5a  edizione  zelo  illuminate  del  ch.  Autore  rag- 

dell'ottimo  libro,  che  sappiamo  essere      giungeranno   cosi   quello  scopo,  che 

assai  copiosa,  un  esito   eguale  alle      tanto  egli  desidera  pel  bene  d'ogni 

precedent]',   succedutesi   nel  giro  di 

pochi  anni.   La   profonda  pieta  e  lo 

PENSIERI  divoti  per  la  Santa  Comunione  appropriati  alle  solennita 
eel  altre  feste  dell'anno.  Operetta  di  una  adoratrice  perpetua  del 
SS.  Sacramento.  Genova,  Gr.  Fassicomo,  1896,  in  32.°  —  Cent.  30. 

PICCOLO  TEATRO  per  le  Case  di  educazione.  Modena,  tip.  delPIm- 
macolata  Concezione,  in  32.° 
Ecco  il  contenuto  dei  nuovi  fascicoli  usciti.  Fasc.  88.  Giuseppe  Ebreo. 

Dramma  in  5  atti  del  sac.  L.  Felicetti.  —  Cent.  40.  —  Fasc.  89.  Mea  culpa. 

Commedia  in  3  atti  del  sac.  E.  G-.  F.  —  Cent.  40.  —  Fasc.  90.  L'eredita  di 

Cirillo.  Commedia  in  3  atti  di  G.  Pedrocchi.  —  Cent.  40.  —  Fasc.  91.  II  trionfo 

del   Cristianesimo.   Dramma    in   3   atti   del    sac.  De    Bei  2.  —  Cent.  50.  — 

Fasc.  92.  II  sig.  Bicicletto.  Commedia  in  due  atti.  —  Cent.  30. 

Componimenti  drammatici  opportunissimi  pel  prossimo  carnevale. 

PIETRAMELLARA  GIACOMO.  —  Raccolta  di  divise  o  motti  araldici. 
Serie  I.  Roma,  tip.  Poliglotta,  1896,  16°  di  pp.  96.  --  L.  3,00. 
/  motti  (ovvero  le  divise  e  le  im-  liti.  L'Autore  promette  di  dare  un 


prese)  in  latino,  in  volgare  italiano, 
francese,  spagnuolo  e  in  tedesco,  ap- 
partengono  alle  famiglie  italiane  e 
sono  disposti  in  ordine  alfabetico, 
come  pure  i  cognomi  ai  quali  si  ri- 
feriscono  essi  motti.  In  questa  prima 
serie  sono  unite  le  divise  di  tutti  gli 
ordini  cavallereschi  esistenti  o  abo- 


elenco  delle  divise  delle  famiglie  di 
altre  nazioni  d'Europa.  Una  compiuta 
raccolta  di  tali  divise  pu6  riuscire 
assai  utile  alle  famiglie  nobili  e  agli 
eruditi.  L'edizione  e  accurata  e  la 
disposizione  dei  motti  e  dei  nomi  e 
cosi  chiara  che  ne  rende  facile  la 
ricerca. 


PIF.  —  Novelle  e  capricci.  Seconda  serie.  Genova,  Fassicomo  e  Scotti, 
1896,  32°  di  pp.  184.  —  Cent.  70. 


Dev'essere  un  bell'umore  questo 
Pif,  e  molto  conoscente  ed  amante 
dei  giovani,  i  quali  dalla  lor  parte 
debbono  volere  a  lui  molto  bene. 
Egli  sa  divertirli  in  mille  maniere, 
e  tenerli  pendenti  dalle  sue  labbra 
le  ore  intere,  ne  solo  i  fanciulli, 
ma  anche  i  giovanotti  coi  baffi. 
O  faccia  loro  un  lungo  racconto,  o 
narri  una  novella,  e  sempre  una  festa 


per  loro,  e  finisce  troppo  presto  ai 
loro  desiderii.  Ma  il  suo  merito  par- 
ticolare,  a  parer  nostro,  spicca  prin- 
cipalmente  nel  profilo  «  Un  Podesta 
niodello  »,  nel  bozzetto  «  II  cavaliere 
Lattughetta  »,  nello  schizzo  «  Checco 
Ventola  »,  nell'acqua  forte  «  II  ca- 
pitan  Battocchio  »,  e  in  altri  simili 
disegni  condotti  con  tanta  verita 
d' espressione,  con  tanta  vivezza  e 


340 


BIBLIOGRAPIA 


prio  cosi .'  Ecco  dunque    una  buona 
strenna  pel  prossimo  carnevale. 


leggiadria  di  tinte,  che  ti  rallegrano 
indicibilmente  lo  spirito,  e  ti  strap- 
pano  dal  labbro  un  bravo,  bene,  pro- 

PINY  P.  ALESSANDKO,  0.  P.  —  L'abandon  a  la  volonte  de  Dieu. 
Retraite  de  dbc  jours  d'apres  le  Pere  A.  Piny  maitre  en  Theolo- 
gie.  Nouvelle  edition  par  le  Pere  M.  Augustin  Charmoy,  lecteur 
en  Theologie,  des  Freres-Precheurs.  Paris,  P.  Lethielleux,  16°  di 
pp.  XXVIII-384.  —  Fr.  3,00. 

avveniinenti  indipendenti  dalla  no- 
stra  volonta.  Questa  esecuzlone  dei 
divini  voleri,  fatta  con  disinteresse  e 
semplicita,  e  1'abbandono  alia  volonta 


di  Dio,  di  cui  con  molta  unzione  di- 
scorre  1'Autore.  II  libro  e  una  ri- 
stampa,  essendo  il  detto  Padre  morto, 
il  20  gennaio  del  1709. 


Questo  libro  contiene  una  serie 
di  meditazioni,  le  quali  confortano 
rani  ma  a  ndarsi  di  Dio  e  delle  sue 
disposizioni,  e  ad  avere  per  unico 
scopo  del  proprio  oprrare  1'esecuzione 
de'  divini  voleri.  Questi,  come  ognun 
sa,  ci  sono  manifestati  dalla  legge 
di  Dio  e  della  Chiesa,  dagli  obblighi 
del  nostio  stato  o  professione  e  dagli 

PISTELLI  E.  d.  S.  p.  —  Le  scuole  private.  Lettera  aperta  a  S.  E.  il 
Ministro  della  Pubblica  Istruzione.  Firenxe,  libr.  Chiesi  1896,  in  8.° 
Questa  lettera  contiene  dodici  di-  p.  es.  che  sarebbe  follia  chiedere  la 

mande  molto  giuste  ed  eque  al  Mi-       liberta.   d'insegnamento    (pag.  14)    e 

nistro  della    pubblica   istruzione    in 

favore    delle    scuole   private    (posto 

che  non  ci  sia  la  liberta  d'insegna- 
mento). Qua  e  la  pero  1'Autore  as- 

serisce  alcune  cose,  che  dai  cattolici 

ben  pensanti  non  si  accettano;  come 


che  una  legge  non  ha  virtu  di  far 
cristiana  la  scuola  (pag.  22) ;  colla 
qual  proposizione  pare  si  voglia  in- 
sinuare  1'  inutilita  d'una  legislazione 
scolastica,  cristiana,  che  tutti  tanto 
desideriamo. 

POLLEN  I.  H.  S.  I.  —  The  life  and  letters  of  Father  John  Morris 
of  the  Society  of  Jesus.  1826-1893.  Londra,  Burns  and  Gates, 
1896,  16°  di  pp.  294. 


La  vita  del  Padre  Giovanni  Morris 
e  la  vita  di  quei  tanti  gloriosi  Inglesi, 
che,  nati  nel  protestantesimo,  nel 
nostro  secolo  man  mano  riconobbero 
le  turpissime  cagioni  della  fatale  se- 
parazione  dell'/soto  degliAngioli  dalla 
vera  Chiesa,  ritornarono  valorosa- 
mente  al  seno  della  loro  madre  e 
sino  alia  morte  si  adoperarono  a 
tutt'uomo  a  procacciare  ai  loro/  con- 
cittadini  la  medesimafelicita.  II  Padre 
Morris  partecip6  al  noto  «  Oxford  Mo- 
vement »,  al  ripristinamento  della 
gerarchia  cattolica  nella  sua  patria 
'a.  1850)  e  coopero  assai  all'ordina- 


mento  della  costituzione  ecclesiastica 
delP  Inghilterra.  Ma  1'opera  princi- 
pale  che  attir6  tutte  le  cure  e  le 
sollecitudini  del  Morris,  fu  la  beati- 
ficazione  deiMartiri  inglesi,decretata 
e  soiennizzata  dal  regnante  Sommo 
Pontefice.  Senza  i  suoi  studii  labo- 
riosi  su  un  tale  argomento  (dei  quali 
havvi  buona  testimonianza  nell'ap- 
pendice  di  questo  libro,  ed  e  un  lungo 
catalogo  di  varie  ope  re),  senza  la  sua 
attenzione  inflnita  e  fatiche  incre- 
dibili  nell'istruire  i  processi,  una  si 
grande  glorificazione  della  Chiesa 
inglese  e  una  si  splendida  giustifl- 


BIBLIOGRAFIA 


341 


sioni  nel  suo  viaggio  per  la  nostra 
penisola;  care  e  piacevoli  le  memorie 
d'un  Wiseman,  d'un  Newman,  d'un 
Manning  e  d'un  Gladstone,  dei  quali 
il  Morris  fu  amico  sincere  e  intimo. 
La  vita  posteriore  di  uomo  religioso, 
di  direttore  delle  anime,  di  maestro 
dei  novizii  e  di  persona  tutta  data 
allamortificazione  e  allaannegazione, 
e  forse  meno  dilettevole;  ma  ehe 
colpa  o  difetto  ha  mai  un  ritratto 
Be,  pur  ricopiando  fedelmente  le  tat- 
tezze  di  un  uomo,  non  le  presents 
quali  desidera  il  senso  ? 


cazione  della  medesima  contro  le 
accuse  degli  eretici,  quale  fu  la  bea- 
tificazione  dei  martiri,  forse  flnora 
non  si  sarebbe  ottenuta. 

Al  dotto  lettore  non  deve  la  pre- 
sente  vita  sembrare  ne  troppo  breve, 
ne  troppo  fredda,  poiche  1'Autore  ha 
avuto  sempre  di  mira  il  bene  e  1'edi- 
ficazione  del  pubblico,  ai  cui  occhi 
e  gusto  queste  mancanze,  se  pure  vi 
sono,  scompaiono.  Nel  resto  vivace 
e  la  descrizione  degli  anni  giovanili 
del  Morris;  leggiadre  le  lettere,  che 
sono  gran  parte  di  questo  libro;  gra- 
ziose  le  avventure  e  belle  le  rifles- 
PEECCHIA  GIOVANNI,  aw.  —  Eegole  per  1'applicazione  e  per  la 

liquidazione   delle  Tasse   di  Eegistro   secondo   la  Legge   italiana. 

Yol.  I.  Ancona,  tip.  Marchetti,  1896,  1G°  di  pp.  140.  —  L.  2,00. 
PEOCTER  P.  GIOVANNI,  prov.  dei  Domenicani  in  Inghilterra.  - 

II  Domenicano  Savonarola  e  la  Eiforma.  Eisposta  al  dott.  Farrar, 

decano  di  Canterbury.  Milano,  tip.  S.  Giuseppe,  1896,  16°  di  pa- 

gine  76. 

II  Dottor  Farrar,  in  una  sua  con- 
ferenza  sui  Capi  della  Riforma,  an- 
novero  tra  questi  il  Savonarola.  II 
presente  opuscolo  e  una  risposta  a  tale 
falsissimaaccusa,  rispostaapoditticae 
trionfante.  Noi  non  crediamo  si  possa 
leggerla  tutta  senza  convenir  piena- 
mente  coll'Autore,  tanto  piu  che  que- 
sti si  mostra  sempre  assai  tempe- 
rante,  e  non  pretende  di  scusare  il 
Savonarola  da  qualsivogliaaltro  fallo. 
Nella  vita  pubblica  del  Savonarola 
vi  sono  due  parti :  la  prima  e  tutta 
splendida,  la  seconda,  in  mezzo  agli 
splendori,  presenta  alcune  macchie. 
A  cancellar  queste  macchie  inten- 
dono  ora  parecchi  cultori  degli  stu- 
dii  storici,  e  tra  essi  si  distingue 
EANDAZZINI  SALVATOEE,  archi vista  comunale.  —  I  reali  privilegi 

riguardanti  il  Patrimonio  fondiale  di  Caltagirone,  esemplati  sugli 

original!  in  pergamena  e  tradotti  in  italiano.  Caltagirone,  tip.  Scuto, 

1896,  in  8°  di  pp.  102. 

E  una  pubblicazione  di  documenti  tagirone  da  molti  Re  diSicilia:  Xor- 
originali,  contenenti  parecchie  dona-  manni,  Svevi,  Aragonesi  e  Spagnuoli. 
zioni  prediali  fatte  alia  citta  di  Cal- 


1'egregio  Domenicano  P.  Ferretti,  il 
quale  a  tal  uopo  ha  pubblicato  di 
recente  «  Per  la  causa  di  Fra  Giro- 
lamo  Savonarola  fatti  e  testimonian- 
ze  »  in  numero  di  121,  che  su  que- 
sta  materia  spargono  certamente  non 
poca  luce.  Vedremo  se  questa  luce 
si  fara  piena  all'apparire  del  promesso 
libro  del  prof.  Luotto  «  II  Savona- 
rola di  L.  Pastor  e  il  vero  Savona- 
rola ».  Certamente  un  libro  che  pur- 
gasse  questa  grande  figura  storica 
da  ogni  taccia,  specialmente  di  dis- 
obbedienza  al  Pontefice,  sarebbe  il 
migliore  dei  monumenti  da  erigersi 
alia  sua  memoria,  nel  quarto  cente- 
nario  dalla  sua  morte,  che  ricorre 
nel  prossimo  anno. 


342  BIBLIOORAPIA 

RANDI  D.  LUIGI.  --  Gino  Ginori  e  Francesco  Civelli  poeti  del  se- 

colo  XVI.  Firenze,  1896,  16°  di  pp.  48. 

In  occasione  delle  nozze  Ginori-  patria  Firenze ;  di  Francesco  Civelli 
Civelli,  il  Randi,  che  fu  maestro  dello  da  Cantu  riporta  alcune  poesie  latine 
sposo,  con  accurate  biografie  rin-  di  vario  metro,  migliori  assai  che  le 
fresca  la  memoria  di  due  antenati  italiane  del  Ginori;  ma  le  une  e  le 
della  nobile  coppia;  e  di  Gino  Ginori  altre  acconce  a  far  fede  deH'animo 
pubblica  per  la  prima  volta  i  sei  so-  nobile  e  della  mente  colta  dei  loro 
netti  delle  Cacciate  Fiere,  che  sono  autori,  degnissimi  entrambi  che  i  ne- 
una  fiera  invettiva  contro  i  principali  poti  cerchino  in  loro  e  titolo  di  gloria 
vizii,  che  deturpavano  allora  la  sua  e  sprone  a  generose  imprese. 

RICCI  LORENZO.  —  Vita  nova,  Racconto  illustrate  con  12  incisioni. 

Genova,  G.  Fassicomo  e  Scotti,  1896,  16U  di  pp.  222.  —  Cent.  50. 
ROBERTI  P.  GIUSEPPE  M.a  dell'Ordine  dei  Minimi.  —  Tre  discorsi 

in  lode  di  S.  Simeone  profeta  detti  in  Potnigliano  d'Atelle.  Roma, 

tip.  Poliglotta,  1896,  in  16.°  —  Cent.  50. 

Non  sono  molti  i  discorsi  stampati  scritte  le  virtu  e  le  glorie,  non  tor- 
intorno  al  santo  profeta  Simeone ;  e  neranno  discari  ai  suoi  devoti  e  ai 
per6  questi  tre  in  cui  ne  sono  de-  sacri  oratori. 

RODR1QUEZ  P.  TOMAS.  —  Estudio  sobre  los  escritos  de  Santo  To- 
mas  de  Villaneuva  de  la  Orden  de  San  Agustin  por  el  P.  Fr.  To- 
mas  Rodriguez  Procurador  General  de  la  misma  Orden.  Segunda 
edicion.  Salamanca,  imprenta  de  Calatrava,  1896,  16°  di  pp.  150. 
—  Vendibile  per  L.  1,50  in  Roma,  Via  S.  Uffizio  1,  e  in  Via  della 
Scrofa,  90. 

Questo  libro  e  ordinato  a  mo-  come  interprete  della  sacra  Scrittura. 
strare  i  fondamenti  che  vi  sono  per  Speriamo  che  il  libro  fornira  un  va- 
dichiarare  S.  Tommaso  da  Villanova  lido  appoggio  alia  domanda  gia  fatta 
Dottore  della  Chiesa.  Sono  dunque  alia  Santa  Sede  dall'episcopato  spa- 
esposti  i  grandi  meriti  ch'egli  ha  gnuolo,  e  servira  insieme  a  prepa- 
come  teologo  dogmatico,  come  mo-  rare  1'opinione  pubblica. 
ralista,  come  ascetico,  come  mistico, 

ROMEO  SALVATORE,  sac.  -  -  II  Giorno  e  scelte  poesie  liriche  di 
Giuseppe  Parini,  con  studii  e  commenti.  Vol.  I,  contenente  il 
Mattino  e  il  Mezzogiorno.  Catania,  tip.  dell'Etna,  1895,  16*  di 
pp.  88.  —  Cent.  65. 

In  una  prefazioneoprolusioneche       riarsi  d' aver  dato    all' italiano  Par- 
vogliamo   chiamarla,  molto  sensata,      naso  un  Foscolo,  un  Alighieri  e  un 
si  ragiona   del  carattere  del  Parini,      Leopardi.    Buono   e   copioso  il  com- 
della    sua    satira,   della   sua  arte,  e       mento,  nel  quale  alle  note  d'  erudi- 
della   nuova    scuola   da    lui   aperta,      zione  s'  intrecciano  le  dichiarative  e 
che  alle  nenie  accademiche  aostitui      le  estetiche. 
una  poesia  tutta   cose,   e   pote  glo- 
SAEY  PROSPER.  —  La  voyante  de  Paris.  (Extrait  de   la  « Revue 


BIBLIOGRAFIA  343 

Generate »  aout  1896).   Bruxelles,   Soc.  Beige   de  librairie,   1896, 

in  16.° 

Cenno  storico  e  scientifico   sulla      sui  giornali.  II  Saey  la  giudica  os- 
infelice  signorina   Enrichetta  Coue-      sessa. 
don,  il  cui  nome  corse  recentemente 

SALGARI  EMILIO.  --  Attraverso  1'Atlantico  in  pallone.    Torino,  C. 

Speirani,  1896,  8°  di  pp.  246.  —  L.  3,00. 

E  un  bel  romanzo   descrittivo   e       Giulio  Verne.  II  libro  e  illustrato  con 
istruttivo  del  genere  del  romanzi  di      disegni  di  G.  G.  Bruno. 

SCHIAPPACASSE  NICOLO,  sac.  -  -  Galloneto  in  Val  di  Polcevera. 
Cenni  storici  con  copiose  note  e  documenti.  S.  Pier  d' Arena,  tip. 
Salesiana,  1896,  16°  di  pp.  152.  —  L.  1,60.  Si  vende  a  benefizio 
della  chiesa  parrocchiale  di  Gallaneto.  Eivolgersi  in  Geneva  alle 
Librerie  :  Arcivescovile  (Piazza  Nuova)  ;  Lanata  (Piazza  San  Lo- 
renzo) ;  Fassicomo  (Piazza  S.  Matteo). 
Dello  scopo  e  del  pregio  della  quad.  1093,  pag.  97  del  nostro  pe- 

presente  opera   sulle   parrocchie  li-      riodico. 

guri,  abbiamo  parlato  abbastanza  nel 

SCHIAYI  LORENZO,  can.  prof.  --  Corso  inferiore  d'istruzione  reli- 
giosa.  Catechisnio  che  fu  commendato  da  S.  S.  Papa  Pio  IX  e  pro- 
posto  dalPEmo  card.  Giuseppe  L.  Trevisanato,  patriarca  di  Yenezia 
ai  Yescovi  suffraganei  per  uso  della  gioventu  nelle  scuole  ecc.  Edi- 
zione  YII  ritoccata  dall'Autore  in  eonformita  agl'insegnamenti  dei 
Sommi  Pontefici  Pio  IX  e  Leone  XIII  e  con  riguardi  al  Manuale 
Bibl.  del  Vigouroux  e  Bacuez  ecc.  Padova,  tip.  del  Seminario,  1896, 
16°  di  pp.  XII-330.  --  L.  2,00. 

II  corso d'istruzione  religiosadello  passo  dal  noto  all'ignoto  per  convin- 
Schiavi  6  da  noverarsi  tra  i  migliori;  cerli  della  verita)  ma  quello  che  piu 
e  noi  ne  parlammo  gia  altre  volte,  si  adatta  alle  varie  eta  e  classi  di 
p.  es.  nel  la  serie  VI,  vol.  IV,  p.  230.  scolari,  i  quali  si  suppongono  gia  cri- 
In  questa  settima  edizione  sono  state  stianie  voglionomeglioistruirsi  nella 
fatte  molte  utili  aggiunte.  II  metodo  Religione.  La  materia  per6  del  libro 
del  libro  e  1'ordine  delle  materie  non  e  eccellente  e  copiosa,  e  acconcia  ai 
e  gia  quello  analitico  (piu  acconcio  bisogni  de'  nostri  tempi, 
agli  adulti  quando  si  procede  passo 

SETTIMANA  (LA)  Eucaristica.,  —  Operetta  di  una  Adoratrice  per- 
petua  del  SS.  Sacramento.  Quarta  edizione  accresciuta  coll'ag- 
giunta  di  pensieri  divoti  per  la  SS.  Comunione,  appropriati  per 
le  solennita  e  altre  feste  dell'  anno  e  di  alcuni  esempii  di  Santi 
proposti  alia  imltazione  delle  anime  amanti  del  Signore.  Geneva, 
G.  Fassicomo  e  Scotti,  1896,  68°  di  pp.  192.  —  Cent.  60. 

STEFINI  ATTILIO.  —  L'educatore  secondo  la  mente  di  Ausonio  Fran- 


344  BIBLIOGRAFIA 

chi.  Appunti  presi  alle  sue  lezioni  di  pedagogia.  Milano,  libreria 
religiosa  G.  Palma,  1896,  in  16.°  —  Cent.  25  franco  di  posta. 
Benche  queste  pagine  sieno  pub-      cetti  del  celebre  filosofo.  Per  parte 
blicate  sotto  il  titolo  di  appunti  presi      nostra  poi  non  possiamo  che  appro- 
da  un  discepolo  e  non  di  testo  edito       vare  cotesta  pubblicazione.  V  e  piu 
dal  maestro,  cio   non   pertanto,  poi-      sapienza   educativa  in   quest!  pochi 
che  il  Franchi   permise   allo  Steflni       fogli,  che  in  molti  dei  verbosi  volumi 
di  darli  alia  luce,  possiamo  ben  ere-      della  pedagogia  contemporanea. 
dere  che  esprimano  fedelmente  i  pre- 

STROPPA  G.,  sac.  —  Inscriptiones  de  Jeremiae  Bonomelli  Cremo- 
nensium  Pontiflcis  rebus  gestis.  Cremonae,  H.  Maffezzoni,  1896, 
16°  di  pp.  72. 

Sono    64    iscrizioni,    scritte    con      leo,  pel   quale   preghiamo  noi   pure 
molto  buon  gusto,  ricordanti  le  geste       1'illustre   Vescovo  di  voler  gradire, 
del  RevmoVescovo  di  Cremona,  Mon-      benche  forse  alquanto  tardivi,  i  no- 
signor  Bonomelli,  e  a  lui  offerte  in      stri  omaggi. 
occasione  del  suo  pontificate  giubi- 

TACCONE-GALLUCCI  NICOLA,  barone.  —  Discorso  pronunziato  nel- 
1'Adunanza  inaugurale  del  1°  Congresso   Cattolico   delle  Calabrie 
(13  ottobre  1896).  Reggio  Calabria,  tip.  Morello,  1896,  in  16.°  - 
L.  1,00.  Yendibile  presso  lo  stabilimento   Morello  in  Reggio  Ca- 
labria. 

Questo  nobile  discorso,  che,  dopo  dimento,  e  valse  al  ch.  Autore  e  alia 
uno  sguardo  ai  secoli  antichi,  di-  sua  degna  famiglia  1'apostolica  be- 
pinge  1'odierna  condizione  della  Chie-  nedizione.  Ce  ne  rallegriamo  con  lui, 
sa  in  faccia  al  liberalismo,  presentato  augurando  che  la  sua  parola  possa 
in  omaggio  al  nostro  Santo  Padre,  portar  ben  lontano  le  scintille  del 
fu  da  lui  accolto  con  particolare  gra-  fuoco  ond'  6  tutta  compresa. 
TEIONE  STEFANO,  sac.  —  Idee  sulla  predicazione  per  soli  uomini. 

Torino,  tip.  Salesiana,  1896,  in  32.° 
-  I  figli  in  Collegio?  Torino,  tip.  Salesiana,  1896,  in  32.° 

Piccoli  di  mole,  ma  pieni  di  succo  talvolta  la  necessita  del  far  educare 
sono  questi  due  opuscoli,  il  primo  i  figli  in  collegio,  ma  in  collegi  re- 
de' quali  mostra  la  convenienza  e  i  ligiosi  e  non  alia  moderna.  Racco- 
vantaggi  della  predicazione  da  farsi  mandiamo  il  primo  ai  parrochi  e  ai 
in  certi  luoghi  e  certi  tempi  a  soli  predicatori,  il  secondo  ai  genitori. 
uomini;  il  secondo  1'importanza  e 

VACANT  J.  M.  A.  -  -  Etudes  theologiques  sur  les  Constitutions  du 
Concile  Vatican  d'apr&s  les  actes  du  Conciles  par  J.  M.  A.  Va- 
cant, Doct.  en  theolog.,  Chan,  honor,  et  Prof,  au  Grand  Seminaire 
de  Nancy.  Paris,  Delhomme  A.  Briguet,  Rue  de  Rennes,  83,  1895. 
Due  voll.  in  88  di  pp.  734-569. 

I  due  grossi  volumi  non  trattano  titolo  Dei  filius  e  versa  sulla  fede 
che  di  una  sola  Costituzione  del  cattolica.  II  rimanente  sara  com- 
Concilio  Vaticano,  quella  che  ha  per  mentato  ne'  volumi  seguenti.  II  la- 


BIBLIOGRAFIA 


345 


voro,  com' 6  di  gran  mole,  cosi  e  di 
gran  polso,  perch&  il  ch.  Autore  si 
diffonde  con  pienezza  nell'esposizione 
d'ogni  singolo  capo  di  dottrina.  Ne 
si  contenta  di  un  semplice  commento 
del  testo,  ma  vuol  fare  opera  di  teo- 
logia  propriamente  detta,  studiando 
in  lung-o  e  in  largo  la  tradizione 
della  Chiesa  durante  il  corso  de'  se- 
coli,  le  intenzioni  dei  Vescovi  che  de- 
tinirono  questo  e  quel  punto  di  dot- 
trina, il  processo  logico  e  storico 
della  controversia  negli  atti  stessi 
del  Concilio,  le  dicliiarazioni  poste- 
riori della  Santa  Sede  e  le  sentenze 
de'  teologi  piu  recenti  sul  medesimo 
argomento  (I,  p.  45).  Difficilmente  si 
trovera  che  all'A.  sia  sfuggita  cosa 
di  qualche  importanza,  appartenga 
essa  o  alia  storia  dei  dommi,  o  alia 
erudizione  teologica,  o  piu  in  parti- 
colare  alia  controversia.  Si  vegga 
ad  esempio  la  bella  esposizione  circa 
la  dottrina  de  S.  Scriptura  (I,  pp. 
458-552)  dove  e  tenuto  pieno  conto 
dell'Enciclica  Providentissimus  Deus 
di  Leone  XIII  e  dove  1'A.  miro  in 
modo  particolare  a  metter  in  chiaro 


quanto  le  precedenti  controversie  di 
alcuni  scrittori  francesi  avevano  ab- 
buiato.  Che  proprio  nulla  resti  a  ri- 
dire  sulle  sue  sentenze  in  tale  que- 
stione,  non  vogliamo  affermare.  Cosi 
pure,  altri  non  sono  con  lui  d'ac- 
cordo  nel  dire  che  quell' inciso  della 
Costituzione  (cap.  2  De  revelatione] 
e  rebus  creatis  non  sia  stato  definite, 
ma  appartenga  per  accidens  alia  sem- 
plice dicitura  letteraria  (p.  296).  Pa- 
rimente  ci  sembra  troppo  forte  il 
dire  che  per  la  medesima  Costitu- 
zione non  sia  stato  definite  Deum 
esse  unicum,  ne  troviamo  che  la  ra- 
gione  recata  dall'A.  sia  di  gran  peso 
(p.  308). 

Per  la  storia  e  per  la  migliore  in- 
telligeuza  dei  trattati  servont)  molto 
i  documenti,  che  in  grande  copia, 
ma  con  ottima  scelta,  chiudono  am- 
bidue  i  volumi  (1,  pp.  553-716 ;  II, 
pp.  340-519) ;  i  quali  tornano  di  molto 
onore  alia  scienza  teologica  di  chi  li 
ha  scritti,  e  di  non  ordinaria  utilita 
ai  teologi  nelle  gravi  questioni  in- 
torno  la  fede,  che  particolarmente  ai 
nostri  giorni  si  vanno  agitando. 


YALENTINI  ANDREA.  —  II  Palazzo  di  Broletto.  Mlano,  tip.  com- 
merciale  lombarda,  1896,  in  16.° 

YAN  GESTEL  ADRIANO  S.  J.  —  De  Justitia  et  lege  civili.  Prae- 
lectiones  Theologicae.  De  principiis  Juris  et  Justitiae  deque  Yi  le- 
gum  civilium  in  materia  Justitiae  juxta  S.  Thomam  Doctoresque 
scholasticos.  Editio  altera  plurimum  aucta,  auctore  A.  Yan  Gestel 
S.  J.,  lectore  Theologiae  Moralis  in  Collegio  Theologico  Soc.  Jes. 
Mosae  Trajectensi.  Groningae,  typis  I.  B.  Wolters,  1896,  8°  di 
pp.  236. 
Le  Prelezioni  teologiche  qui  an- 

nunziate  sono  lodevoli  si  per  la  bonta 

della  dottrina,  si  per  la  solidita  della 

trattazione,  e  si  per  1'opportunita  ai 

tempi  presenti  de'  punti  che  toccano. 

Esse  sono  divise  in  due  parti.  Nella 


prima  si  espone  la  dottrina  intorno 
alia  virtu  della  Giustizia  e  al  Diritto 


che  ne  6  1'oggetto,  e  si  dimostra  la 
distinzione  tra  il  diritto  naturale  e 
il  positive,  e  tra  questi  e  il  diritto 
delle  genti.  Nella  seconda  si  tratta 
della  Legge  civile  in  quanto  essa  e 
fonte  di  obbligazione  morale  in  ma- 
teria di  giustizia,  STolgendosi  in  quat- 
tro  paragrafi  le  importantissime  que- 


346 


BIBLIOGRAFIA 


stioni  riguardanti  la  natura  e  1'esten- 
sione  del  potere  che  possiede  lo  Stato 
sopra  i  beni  de'  suoi  cittadini,  il  di- 
ritto  che  esso  ha  di  determinare  la 
proprieta,  e  la  forza  delle  leggi  irri- 
tanti  da  esso  sancite.  Richiamiamo 
1'attenzione  del  lettore  in  modo  spe- 
ciale  su  questa  ultima  questione, 
molto  discussa  tra  i  teologi  anticbi  e 
moderni,  e  trattata  dal  nostro  Au- 
tore  con  tanta  chiarezza  e  precisione, 
da  non  lasciare  dubbio  di  sorta  al- 
cuna  sulla  verita  della  sentenza  da 
lui  difesa.  Giovera  qui  trascriverne 
la  conclusione,  alia  quale  noi  piena- 
mente  sottoscriviamo:«In  quaestione 
controversa  inter  theologos  utrum 
lex  civilis,irritans  actum  ob  motivum 
ordinis  publici,  exigat  necne  iudicis 
applicationem.ad  hoc  ut  pro  foro  con- 
scientiae  obliget :  respondendum  no- 
bis  videtur  iuxta  varium  gradum  ne- 
cessitatis  huius  legis  pro  bono  com- 
launi:  nempe  si  bonum  commune 
postulet  ut  lex  in  conscientia  irritet 
ipso  facto,  statim  sic  irritat ;  non  irri- 
tat  autem  nisi  post  sententiam  iudi- 
cis si  hoc  sufficit  ad  bonum  com- 
mune tuendum.  De  gradu  huius  ne- 
cessitatis,  sicut  etiam  de  aequitate 
talis  legis,  theologi  est  iudicare,  qui 
in  interpretatione  prae  oculis  habeat 
agi  hie  de  materia  odiosa:  quare  in 


tione  civili  tantum.  »  In  tutti  questi 
capi  1'A.  segue  fedelmente  la  dot- 
trina  scolastica,  ed  ha  eempre  cura 
di  ribattere  gli  errori  correnti,  t«- 
nendo  d'occhio,  come  stella  polare, 
gl'ingegnamenti  contenuti  nelle  En- 
cicliche  del  Regnante  Pontefice  Leo- 
ne XIII.  N6  si  creda  che  egli,  re- 
stringa  il  discorso  ai  soli  principii 
generali,  trasandandone  la  pratica 
applicazione,  tanto  utile  alia  retta 
loro  intelligenza.  Che  anzi,  massi- 
mamente  nella  seconda  parte,  tali 
applicazioni  sono  frequentissime  per 
guisa  che  gli  si  potrebbe  quasi  rim- 
proverare  di  averle  moltiplicatepiudi* 
quello  che  richiedeva  1'indole,  non  ca- 
sistica,  ma  scientifica  del  suo  lavoro. 
Da  questi  brevi  cenni,  e  dal  riflet- 
tere  che  queste  Prelezioni  non  sono 
state  scritte  dall'Autore  pe'  soli  chie- 
rici,  ma  altresi  pe'  giovani  laici  che 
frequentano  le  Universita  dello  Stato, 
ognuno  scorge  quanto  acconce  esse 
tornino  al  bisogno  presente.  Siamo 
certi  che,  dove  queste  e  simili  isti- 
tuzioni  si  diffondano  nella  gioventu 
studiosa,  si  avra  un  efficace  antidoto 
contro  le  perverse  e  pestilenziali  dot- 
trine  che,  a  pernicie  della  societa,  si 
propinano  da  per  tutto  nelle  scuole 
razionalistiche  degli  Stati  aminoder- 
nati. 


dubio   standum  ipsi  est  pro  obliga- 

VENERONI  P.  —  Manuale  per  lo  studio  e  la  pratica  della  Sacra  Li- 
turgia,  per  cura  del  sac.  Pietro  Veneroni,  mission,  apost.  e  dott. 
in  S.  Teologia,  prof,  nel  Semin.  Yesc.  di  Pavia.  Vol.  1.  Nozioni 
generali.  Forme  e  parti  della  Liturgia.  Pavia,  tip.  del  Private 
Istituto  Artigianelli,  1896,  16°  di  pp.  XVI-216.  -  -  L.  1,50. 

tori,  senza  tener  verun  conto  dei 
progress!  che  nei  medesimi  studii 
si  van  facendo  ogni  giorno.  E  pero 
la  lode  che  altra  volta  demmo  alle 
Istituzioni  liturgiche  del  Lapini  di 
Firenze,  per  averla  rotta  pel  primo 
con  si  deplorevole  tradizione,  rivol  - 


Una  buona  volta  si  comincia  an- 
che  da  noi  a  battere  nuova  strada 
negli  studii  positivi,  mettendo  fine 
al  comodo  sistema  di  moltiplicare  i 
libri,  copiando  con  la  massima  se- 
renita  di  mente  e  con  mirabile  ac- 
curatezza  le  ignoranze  di  vecchi  au- 


BIBLIOGRAFIA 


347 


giamo  ora  al  ch.  Prof.  Veneroni  di 
Pavia,  sicuri  che  come  il  suo  libro 
incontrera  ogni  miglior  favore  nei 
Seminarii,  cosl  il  suo  esempio  sara 
quinc'innanzi  imitate  da  altri  an- 
cora.  Chi  prende  in  mano  il  presents 
volume  e  ne  confronti  il  contenuto 
con  altro  simile  degli  autori  piu  vec- 
chi,  vedra  tosto  in  qual  altra  luce 
sono  qui  poste  le  loro  sentenze  e 
quante  cose  nuove,  che  per  1'addietro 
neppure  si  sognavano,  sono  qui  state 
aggiunte.  II  medesimo  dovra  dirsi, 
ne  siamo  certi,  degli  altri  volumi 
che  seguiranno  e  che  dovranno  con- 
tenere  per  ordine  la  liturgia  del  Bre- 
viario,  quella  della  Messa  e  quella 
de'  Sacramenti  e  di  altre  funzioni 
eccleeiastiche. 

II  Veneroni  si  serve  specialmente 
del  Thalhofer  e  degli  studii  litur- 
gici  sul  III  e  IV  Secolo  del  Probst. 
Avrebbe  potuto  di  leggieri  ampliare 
le  sue  fonti  e  quindi  anche  riscon- 
trare  le  sue  dottrine  con  altri  libri 
assai  dotti,  p.  e.  del  Duchesne  (Ori- 
gini  del  culto  cristiano),  del  Funk 
(Le  costituzioni  Apostoliche),  del  me- 
desimo Probst  (Sacramentarii  ed  Or- 
dini,  Liturgia  dal  V  all'  V1I1  Seco- 
lo), ecc.  Altri  sussidii,  specialmente 
per  lo  studio  della  liturgia  mozara- 
bica  e  gallicana  ed  in  genere  delle 
liturgie  oriental),  gli  sarebbero  stati 
suggeriti  dal  Kirchenlexikon  di  Fri- 
burgo. 

Parlando  della  liturgia  ambro- 
siana  il  ch.  Autore  sarebbesi  dovuto 
dichiarare  risolutamente  per  1'illu- 
stre  Ceriani.  Perche  dare  solo  come 
probabile  la  sentenza  intorno  1'ori- 
gine  romana  della  liturgia  milanese, 

VEKNAKECCI  AUGUSTO,  prof.  — 
chesa  del  Vasto.  Da  document] 
celli,  1896,  in  16°  di  pp.  212. 
E  un  documento  storico  critico 

con  cui   il   ch.  Autore  sfata  la   ro- 


mentre  il  Ceriani  ne  dimostra  la  cer- 
tezza  ?  Perche  lasciare  ancora  il  dub- 
bio  sull'autenticita  del  libro  de  Sa- 
cramentis,  mentre  il  Ceriani  me- 
desimo, d'accordo  coi  piu  insigni 
scrittori  modern!  (p.  e.  il  Bardenhe- 
wer),  negano  ch'esso  sia  di  S.  Am- 
brogio?  Perchet  citare  ancora  come 
fonte  della  liturgia  milanese  il  buon 
vecchio  Pamelio?  Certo  il  testo  di 
questo  capo  (p.  121  e  segg.)  non  cor- 
rispoade  alle  note ;  nelle  note  tu 
leggi  la  sentenza  moderna  degna 
d'ogni  considerazione ;  nel  testo  la 
sentenza  antiquata.  Doveva  essere 
per  lo  meno  il  rovescio. 

Qualche  altro  appunto.  II  Dreves 
ha  pubblicato  soltanto  parecchi  vo- 
lumi di  poesie  religiose  e  liturgiche 
del  medio  evo,  e  non  gia  libri  litur- 
gici  (p.  57).  Falsa  la  sentenza  che  il 
Quignonez  sia  stato  il  primo  a  mi- 
gliorare  il  breviario  (p.  58);  lo  rovino 
invece  di  pianta,  facendo  man  bassa 
su  tutte  le  piu  antiche  e  piu  vene- 
rate tradizioni. 

L'Autore  scrive  assai  compendio- 
samente,  e  se  il  suo  lavoro  appa- 
rira  arido  come  libro  di  lettura,  sara 
molto  opportune  come  testo  di  scuola. 
Consiglieremo  per  ultimo  di  rimet- 
tere  alia  scuola  delle  cerimonie,  cio 
che  piu  direttamente  riguarda  lo 
studio  e  la  pratica  delle  rubriche. 
Mille  ottimi  libri  si  occupano  di  que- 
sto. II  ch.  Veneroni  non  invada  il 
loro  campo,  e  ci  dia  invece  quel  che 
gli  altri  non  danno:  e  che  torna  piu 
necessario  agli  odierni  studii  del 
clero  ed  alia  stessa  pratica  della  li- 
turgia. 

Lavinia  Feltria  Della  Kovere,  mar- 
inediti.  Fossombrone,  tip.  Mona- 
-L.  1,50. 

mantica  leggenda  formatasi  intorno 
a  Lavinia  Feltria  della  Rovere,  e  ce 


348 


BIBLIOGRAFIA 


I'appresenta  qual  ella  fu  donna  di 
vivace  ingegno,  di  singolar  cultura, 
di  molta  pieta  e  di  animo  iuvitto  in 
mezzo  alle  tante  tribolazioni  cbe  la 
;i!llisser>>  fin  dalla  sua  giovinezza, 
quando  si  voleva  darle  in  isposo  Pie- 
tro  de'  Medici,  uomo  rotto  a'  vizii  e 
si  crudele,  che  poc'anzi  aveva  scan- 
nata  la  sua  Cousorte  Eleonora,  fa- 
cendo,  com'egli  stesso  poi  disse,  in 
quell'atto  (da  assassino)  voto  a  Dio 
di  rimaner  celibe  pel  rimanente  del 
giorni  suoi.  Sposata  fu  poi  ad  Alfonso 
Felice  d'Avalos  d'Aquino  Marchese 
del  Vasto  e  di  Pescara,  le  cui  nozze 
cant6  Torquato  Tasso  nella  sua  bel- 
lissima  canzone  —  0  principe  piu 
bello  —  e  nel  Sonetto  —  Nuova  La- 
vinia.  Ma  quelle  nozze,  dopo  i  primi 
anni  di  felicita  coniugale,  furono  per 
lei  sorgente  di  mille  amarezze  e  do- 
lori  per  parte  de'  parenti,  di  che  il 
ch.  Autore  tesse  la  triste  storia,  la 
quale  sparge  molta  luce  sulle  corti 
de'  principi  feudatarii  italiani.  Creb- 
bero  poscia  a  dismisura  le  sue  pene 
per  le  sventure  incolte  alle  sue  fi- 
glie  e  alle  sue  sorelle,  per  le  con- 

VICINI  G.,  sac.  — La  Casa  del  Pane,  ovvero  novena  del  S.  Natale, 
illustrata  da  12  fotoincisioni,  da  una  carta,  da  una  pianta  col 
canto  delle  Profezie.  Saluzzo,  tip.  San  Yincenzo,  1896,  in  32.°  — 
Cent.  25.  Copie  sei  L.  1,30.  Copie  12  L.  2,  40.  Copie  50  L.  3,50. 
Copie  -100  L.  15,  50.  Si  vende  a  beneficio  di  un'opera  diocesana. 
Rivolgersi  all'Autore  in  Saluzzo. 

VOCE  (La)  di  Maria  Madre  del  buon  consiglio  al  cuore  della  giovi- 
netta,  ad  uso  de'  Conservatorii,  delle  Case  d'educazione  e  di  tutte 
le  famiglie  cristiane.  Napoli,  Roma,  stab.  A.  e  S.  Festa,  1896,  32° 
di  pp.  112.  --  Cent.  20. 

AV  ASM  ANN  E.  S.  J. —  Zur  neueren  Geschichte  der  Entwicklungslehre 
»  Deutschland.  Eine  Antwort  auf  Wilhelm  Haacke's  c  Schopfung 

des  Menschen*.  Miinster,  Aschendorff,  1896,    8°  di   pp.  100.  — 

Mk.  1,50. 

Un  certo  Dott.  W.  Haacke  ha  pera  col  titolo:  «  La  Creazione  del- 
pubblicato  non  ha  molto  tempo  un'o-  I'uomo  e  dei  suoi  Ideali.  Tcntativo 


tinue  insidie  tese  alle  sue  sostanze, 
di  cui  fu  quasi  del  tutto  spogliata  e 
per  una  specie  di  prigionia  e  d'esi- 
glio  a  cui  condannossi  da  se  stessa 
per  compiacere  a  Francesco  Maria  II 
Duca  di  Urbino,  suo  fratello  di  san- 
gue,  ma  non  di  animo,  n6  di  costumi. 
La  sua  vita  non  fu  altro  che  una 
catena  di  affanni,  sotto  il  peso  dei 
quali  soggiacque  nel  suo  castello  di 
Montebello  il  7  giugno  del  1632, 
ammirata  per  le  sue  virtu  in  vita  e 
compianta  in  morte  da  tutti  i  Me- 
taurensi,  specialmente  da  ogni  sorta 
d'infelici,  ch'ella  pietosamente  soc- 
correva. 

II  ch.  Autore  di  questo  scritto 
fe' opera  sommamente  commendevole 
in  rivendicare  dall'oblio  la  memoria 
e  dalle romanzesche  menzogne  1'onore 
di  tanta  donna,  la  quale  fu  a  voce 
di  popolo  dopo  la  morte  gridata  santa. 
II  suo  libro  sara  letto  con  piacere 
anche  per  la  purezza  e  facilita  del 
suo  dettato,  e  giovera  moltissimo  alia 
storia  del  malaugnrato  feudalismo  di 
Italia. 


BIBLIOGRAFIA 


349 


di  riconciliaziont  fra  la  Religione  e 
la  Scienza. »  E  veramente  strana  la 
pena  che  si  danno  cotesti  patroni 
dell'evoluzione  per  riconciliare,  di- 
cono  essi,  la  Religione  colla  Scienza, 
cioe  col  loro  sistema,  che,  proprio 
esso,  merita  assai  un  tal  nome !  Vi  la- 
vorano  alcuni  cattolici  con  ingenuita 
sconsigliata,  e  vi  lavorano  niente- 
meno  parecchi  scredenti  con  ipocrisia 
calcolata:  d'accordo  gli  uni  cogli 
altri  nel  pur  volere  che  i  fedeli  in- 
chinino  quell 'idolo  di  carta  pesta; 
se  non  che  i  primi  si  sforzano  di 
persuaderli  che  ci6  pu6  farsi  senza 
danno  della  Fede,  anzi  all'opposto; 
e  i  secondi  che  pud  farsi  senza  sca- 
pito  della  Religione  naturale.  A  que- 
sti  ultimi  appartiene  1'Haacke,  il 
quale,  a  comodo  degli  spiriti  biso- 
gnosi  di  religione,  gliene  foggia  una 
che  non  dia  noia  a  chi  di  religione 
non  ne  volesse:  onde  egli  conclude 
ilsuolibro:  «Avendosi  da  scegliere 
fra  il  confuso  Caos  e  il  Cosmo  or- 
dinato  o  tendente  a  un  fine  deter- 
minato,  io  non  credo  che  la  mag- 
gioranza  degli  uomini  sia  per  appi- 
gliarsi  al  Caos.  Comunque  sia  pero, 
il  sistema  della  Natura  che  abbiamo 
svolto,  da  alia  Scienza  quel  che  e 
della  Scienza  e  lascia  libero  a  cia- 
scuno  di  dare  a  Dio  quel  che  e 
Dio. »  II  che  non  e  gran  cosa  a  dir 
vero,  poiche  il  valente  evoluzionista 


ha  cominciato  dal  togliere  a  Dio  il 
titolo  di  Creatore  e  Governatore  del- 
1'Universo,  dichiarando  che  la  crea- 
zione  dal  nulla  e  cosa  inconcepibile : 
e  che  la  spiegazione  meccanica  della 
Natura  6  Tunica  soddisfacente  per 
la  Scienza.  E  cosi  1'evoluzionismo 
concilia  colla  Scienza  la  Religione. 

II  Wasmann  pero  considera  il 
libro  dell'Haacke  setto  un  altro 
aspetto,  del  quale  e  da  tenere  nota 
speciale;  in  quanto  ciofc  da  a  dive- 
dere  una  nuova  fase  nella  storiadel- 
1'evoluzionismo  in  Germania.  L'Haa- 
cke,  che  per  ispiegar  la  sua  sognata 
legge  di  equilibrio  si  vede  costretto 
a  supporre  atomi  animati,  senzienti, 
dotati  di  volonta,  sconfessa  con  ci6 
la  suiiicienza  del  sistema  esclusiva- 
mente  meccanico;  egli  non  ha  ri- 
guardo  a  ribellarsi  del  pari  al  Dar- 
win e  all'Haeckel,  salvo  ad  avvilup- 
parsi  egli  stesso  in  un  laberinto  di 
contraddizioni  e  a  profondarsi  nel 
sofito  abisso  di  un  ateismo  negativo. 

Siccome  il  libro  dell'Haacke  e 
stato,  a  quanto  pare,  diffuso  e  ac- 
colto  non  senza  favore  in  Germania, 
la  merce,  come  6  credibile,  di  quel 
titolo  ingannevole  che  ne  fregia  il 
frontispizio,  chi  1'avesse  ricevuto  an- 
cor  qui  fra  noi,  e  bene  che  ne  co- 
nosca  la  sugosa  e  briosa  critica  del 
P.  Wasmann,  che  abbiamo  percio  an- 
nunziata. 


CRONACA  CONTEMPORANEA 


Roma,  1-15  gennaio  1897. 


I. 
COSE  ROMANE 

1.  Guarigione  istantanea  di  Ersilia  Cella,  romana,  avvenuta  nella  chiesa 
di  Pompei.  —  2.  Particolareggiata  narrazione  del  fatto.  —  3.  Stato  della 
lotta  tra  la  rivoluzione  religiosa  e  il  Papato.  —  4.  Morte  del  Card.  San- 
felice,  Arciv.  di  Napoli.  —  5.  Decreti  delle  Congregazioni  romane.  — 
6.  Feste  centenarie  in  onore  dl  S.  Alfonso  M.  De  Liguori.  —  7.  Appunto 
storico. 

1.  II 17  ottobre  delPanno  teste  passato,  avvenne  nella  chiesa  di  Pom- 
pei che  Ersilia  Cella,  romana,  dell'Istituto  delle  Suore  Dorotee  e  dimo- 
rante  qui  in  Roma  nel  convitto  a  piazza  dell' Indipendenza,  ricevesse,  al- 
1'invocazione  della  B.  Margherita  Alacoque,  guarigione  perfettaed  istan- 
tanea d'  una  anchilosi  delle  due  ginocchia,  proveniente  da  malattia 
progressa,  ritenuta  di  natura  tubercolare.  La  condizione  delle  due  artico- 
lazioni,  prive  di  movimento  e  rimaste,  Tuna  da  molti  1'altra  da  parecchi 
mesi,  in  estensione,  non  permetteva  alia  malata,  ne  di  sedere,  ne  d'ingi- 
nocchiarsi,  ne  di  camminare  senza  le  grucce;  talche  era,  per  lo  piu,  obbli- 
gata  a  passar  la  vita  su  d'una  sedia  a  sdraio.  —  Yenuto  a  nostra  cogniziene 
immediata  questo  fatto,  conosciuta  di  presenza  la  Suora,  e  udito  da  lei, 
dal  medico  curante  e  dacoloro  che  le  furono  attorno  prima  e  dopo  la  gua- 
rigione, tutto  il  procedimen to  della  malattia  e  del  risanarnento,  ci  parve 
essere  questo  uno  di  quei  fatti  al  tutto  degni  di  esser  consegnati  alia  storia. 
Per6  credemmo  bene  di  soprassedere  ancora,  per  aspettare  la  riprova  del 
tempo.  Ne  leggemmo  intanto  varie  relazioni,  come  nell'  Unitd  cattolica 
(n.°  247),  neiritalia  reale  (n.°  295),  nella  Vera  Roma  (n.°  44)  e  in  altre 
effemeridi  e  periodici.  Ora  che  il  tempo  ha  dato,  si  puo  dire,  il  suo  ver- 
detto  definitivo,  confermante  la  gnarigione,  e  notizie  precise,  minute  e 
immediate  sono  venute  nelle  mani  di  chi  scrive  queste  pagine,  credianio 
bene  di  pubblicare  il  fatto,  indipendentemente  da  altre  narrazioni,  e 
con  eonoscenza  propria  e  personale,  coi  nomi  e  cognomi,  recapito,  date 
e  tutto  quel  corredo  di  circostanze  storiche,  atte  a  manifestare  un  fatto 
reale  e  punto  immaginario.  E  lo  vogliamo  fare  colle  stesse  parole  della 


CONTEMPORANEA  351 

Suora.  E  questa  una  donna  in  sui  37  anni,  robusta  e  fiorente  della 
persona,  di  franchezza  e  giovialita  caratteristica  romana,  nella  quale 
il  sentimentalismo,  1'entusiasmo  e  altre  debolezze  isteriche  sono  lon- 
taae  come  da  un  libro  di  matematica.  Cose  tutte  che,  oltre  gl'innu- 
merevoli  testimoni,  che  ognuno  pud  a  suo  agio  interrogare,  sono  buone 
guarentige  del  fatto  storico,  da  cui  agevolmente  si  deduce  la  sopran- 
naturalita  di  esso,  come  si  pud  con  autorita  ineramente  umana. 

2.  Ecco,  dunque,  il  fatto  genuino,  narrato  dalla  Suora  menzionata. 
«  In  seguito  a  sinovite  tubercolare  manifestatamisi  al  ginocchio  destro 
«  nei  primi  mesi  del  1892  e  curata  dal  Prof.  Topai  con  le  caustica- 
«  zioni  trascorrenti,  mi  si  formo  nel  ginocchio  stesso  Yanchilosi  retta,  di 
«  modo  che  non  mi  poteva  piu  muovere,  se  non  con  1'aiuto  delle  grucce  1. 
«  Arrivai  cosi  fin  verso  la  fine  del  1894,  ed  allora,  stante  il  grande 
«  esercizio,  potei  lasciar  le  grucce  e  camminare  discretamente  nel  piano, 
«  benche  trascinando  la  gamba  anchilosata.  Nel  geniiaio  1895  avvertii 
«  dolori  nel  ginocchio  sinistro,  ed  oh !  quai  tristi  presentimenti  mi  si 
«  destarono  nell'animo !  Chiamato  ntiovamente  il  Prof.  Topai,  questi 
«  mi  fece  mettere  a  letto,  e  mi  applied  rimedi  energici  che  poco  o 
«  nulla  giovarono,  e  nel  marzo  susseguente,  tenutosi  un  consulto  fra  il 
«  suddetto  professore  ed  il  Prof.  Durante,  ambedue  dichiararono  trat- 
«  tarsi  anche  allora  di  sinovite  tubercolare;  furono  provate  le  iniezioni 
«  intrarticolari,  ma  vedendo  che  la  malattia  non  cedeva,  il  Prof.  Topai 
«  torno  alle  causticazioni  trascorrenti. 

«  Intanto  nell'agosto,  dovendo  il  detto  professore  assentarsi  per  qual- 
«  che  giorno  da  Eoma,  mi  mando  in  sua  vece  II  Prof.  Cochetti,  il 
«  quale,  visitatami,  disse  alia  Suora  assistente,  che  sarei  rimasta  in- 
«  felice  per  tutta  la  vita,  giacche  anche  il  ginocchio  sinistro  si  era 
«  anchilosato.  Nell'ottobre  infatti  la  seconda  sinovite  tubercolare  era 
«  scomparsa  come  la  prima,  ma  io  aveva  Yanchilosi  a  tutte  due  le  gi- 
«  nocchia  e  non  poteva  piu  camminare  affatto.  Passava  la  mia  vita  o 
«  in  letto  o  sopra  una  seggiola  a  sdraio,  fatta  fare  appositamente  per 
€  me,  e  cosi  sarei  rimasta  fino  alia  morte,  se  il  Signore,  dopo  quasi 
c  cinque  anni  di  preghiere,  a  lui  innalzate  dall'Istituto  e  dalla  mia 
«  famiglia,  non  si  fosse  degnato  d'  ispirare  alia  mia  Superiora  di  man- 
«  darmi  al  santuario  di  Pompei.  —  Fui  messa  con  grande  fatica  nel 

1  Sinoviali  diconsi  dai  medici  quelle  membrane  che  racchiudono  le  parti 
estreme  delle  ossa  fra  loro  articolate;  sinovia  e  appunto  Pumore  untuoso  che 
da  quelle  si  secerne  nelle  cavita  articolari,  per  facilitare  il  movimento;  sinovite 
e  1'infiammazione  delle  membrane  sinoviali.  Yanchilosi  6  una  malattia  che 
proviene  dalla  infiammazione  della  sinoviale  o  delle  superficie  articolari  delle 
ossa,  o  di  ambedue,  e  consiste  in  un  impedimento,  intero  o  no,  dei  movi- 
menti  articolari,  sia  per  formazione  di  briglie  fibrose,  sia  per  saldamento  fra 
le  ossa. 


352  CRONACA 

«  treno  e  mi  accompagnd  la  Madre  Antonina  Montani  Leoni,  quella 
«  stessa  che  mi  aveva  assistita  con  tanta  e  isquisita  carita  durante 
«  la  malattia  tubercolare.  Era  il  giorno  15  ottobre  testfc  decorso.  e  il 
«  domani  16  fu  da  me  passato  quasi  tutto  nel  supplicare  la  Vergine 
«  SSma  del  Rosario  ad  aver  compassions  di  me.  Univano  alle  mie  le 
«  loro  preghiere  la  mia  coinpagna  di  viaggio,  la  Madre  Caterina  Cer- 
e  vetto,  Superiora  del  nostro  Collegio  di  Posilipo,  la  mia  Emilia,  a 
c  me  doppiamente  sorella,  per  nascita  cioe  e  per  religione,  e  il  Cano- 
«  nico  Filippo  Forlivesi  mio  zio  materno,  i  quali  tutti  si  erano  riu- 
«  niti  a  Valle  di  Pompei  per  implorare  la  mia  guarigione ;  ma  la 
«  Madonna  parea  facesse  del  sordo. 

«  To  era  abbattuta  di  animo,  e  al  pari  di  me  erano  scoraggiate  le 
«  persone  a  me  care  che  mi  circondavano  con  tanto  affetto.  CHa  si  era 
«  fissata  la  partenza  pel  domani,  17  ottobre,  quando  la  sera  fu,  da  non 
«  so  chi,  osservato  che  il  17  era  la  festa  della  Beata  Margherita  Ma- 
«  ria  Alacoque.  Qtiesta  semplice  osservazione  fu  come  una  scintilla 
«  che  accese  un  gran  fuoco  nel  cuore  del  Comm.  Bartolo  Longo,  dan- 
«  dogli  sicurezza  che  il  miracolo  si  sarebbe  operato  dalla  Beata,  di- 
«t  scepola  del  Cuor  di  Gesu ;  ma  io  non  rimasi  soddisfatta  e  molto 
«  meno  entusiasmata,  e  dissi  freddamente  che  aspettava  la  grazia  dalla 
«  Madonna  e  non  da  altri.  Nondimeno  le  infocate  parole  rivolte  dal 
«  Commendatore,  in  mia  presenza,  alle  orfanelle,  finirono  per  met- 
«  termi  in  cuore  un  po'  di  speranza,  che  svani  pero  nella  notte,  da 
«  me  passata,  secondo  il  solito,  insonne.  La  mattina  mi  portarono  in 
«  chiesa  e  mi  collocarono  vicino  all'altare  del  Sacro  Cuore  colla  Beata 
«  Margherita.  Durante  la  Messa,  tenendo  io  fra  le  mani  una  reliquia 
«  della  Beata,  la  passava  dall'uno  all'altro  ginocchio,  ma  con  poca 
<  fiducia.  Mi  portarono  la  S.  Comunione  ed  in  quel  punto  la  Madre 
«  Montani  guardo  1'orologio  allo  scopo  di  farmi  prendere  qualche  ri- 
«  storo  appena  trascorso  un  quarto  d'ora :  erano  le  setle  e  un  quarto. 
«  Alle  7  V*  nell'atto  che  le  Sucre  e  Io  zio  si  accingevano  ad  alzarmi, 
«  per  mettermi  sulle  grucce  ed  accompagnarmi  fuori  della  chiesa,  si 
«  desto  in  me  un  sentimento  di  fede  cosi  viva,  che  mai  in  vita  mia 
«  ho  provato  1'eguale,  e :  Beata  Margherita,  esclamai,  fate  di  esserc 
€  gtorificata  in  questo  santuario  di  Pompei.  Pronunziare  queste  pa- 
«  role,  sentire  un  dolore  acuto  nel  ginocchio  come  se  mi  si  spezzas- 
«  sero  le  ossa,  e  al  tempo  stesso  concepire  certezza  d'esser  guarita, 
«  fu  un  punto  solo  :  Lasciatemi,  sono  guarita,  ho  ottenuto  il  mira- 
« colo.  E  in  cosi  dire  mi  gittai  in  ginocchio,  rifiutando  1'appoggio 
«  offertorni.  Alzatami,  camminai  da  sola  e  m'  inginocchiai  sul  gradino 
«  dell'altare  della  Beata ;  percorsi  quindi  liberamente  la  chiesa,  salii  i 
«  gradini  dell'altare  della  Yergine,  m'  inginocchiai  nuovamente  pian- 
«  gendo  di  commozione,  e  poi,  tenendomi  dritta  sulla  persona,  cantai 


CONTEMPORANEA  353 

«  il  Magnificat  in  mezzo  ad  una  folia  di  popolo,  accorsa  al  grido  del 
«  miracolo.  Segui  quindi  un  solenne  Te  Deum.  Sien  grazie  e  lodi 
«  eterne  alia  Yergine  SSma  e  alia  diletta  sua  figlia  la  Beata  Marghe- 
«  rita  che  essa  voile  glorificata  nel  suo  santuario  con  miracolo  tanto 
«  insperato !  La  mia  gratitudine  e  immensa,  ne  parola  potrebbe  mai 
«  esprimerla.  La  Madonna  SSma  e  la  fedele  sua  Serva  mi  ottengano 
«  grazia  di  testiftcarla  loro  con  le  opere,  finche  mi  basti  la  vita.  ER- 
«  SILIA  CELLA,  Religiosa  nell'Istituto  di  S.  Dorotea.  » 

3.  La  lotta  che  la  Chiesa  sostiene  in  Italia,  e  in  ispecie  a  Koma, 
contro  la  rivoluzione  religiosa  non  e  priva  di  buoni  frutti.  La  lotta, 
come  la  sventura,  rinvigorisce,  purga,  separa  gli  umori  maligni  e  i 
lottanti  mostrano  quel  che  valgono.  I  liberali  oramai  non  rimprove- 
rano  altro  ai  cattolici  che  il  desiderio  nutrito  da  questi,  di  veder 
ristorato  il  Papa  nella  sua  piena  e  reale  indipendenza,  nel  che  pero 
questi  stanno  nel  loro  diritto.  Tutte  le  altre  viete  accuse  contro  il 
Papato  si  possono  dire  cessate ;  mentre  questo  procede  nella  sua  via 
luminosa.  E  cio  per  confessione  di  non  pochi  tra  i  liberali.  L'ln- 
ghilterra,  per  dare  un  esempio,  negli  ultimi  15  mesi  diede  al  Papato 
ben  quinditimila  persone,  delle  quali  duemila  della  sola  diocesi  di 
Westminster,  come  appare  dal  Catholic  Directory  pel  1897  compilato 
nell'Arcivescovado  di  Westminster,  e  presentato  al  Papa,  che  e  lie- 
tissimo  di  questi  frutti  della  sua  opera.  Quanto  all'Italia,  il  libe- 
ralismo,  il  quale  solennemente  affermo  di  voler  restaurare  in  Roma 
I'ordine  morale  e  pieno  di  magagne,  come  e  manifesto  dalle  pa- 
role d'un  liberale  autentico,  lo  Scarfoglio,  citate  nel  primo  articolo 
di  questo  quaderno,  e  come  si  prova  da  altre  confessioni  e  da  altri 
fatti.  Scipio  Sighele  in  uno  scritto  La  focieta  positivista  italiana  * 
afferma  che,  degenerate  oramai  lo  scopo  patriottico  nelle  «  due  forme 
sotto  cui  si  manifestava,  la  guerra  e  la  politica  »,  non  resta  altra 
arma  da  opporre  al  Papato  che  la  scienza.  «  Nessuna  idea,  dice,  era 
«  venuta  dalla  citta  eterna  a  contrapporsi  a  quelle  grandissime  che 
<tusdvano  dal  suo  passato;  e  noi  che  ci  trovavamo  quasi  accampati 
« in  questo  paese,  non  avevamo  saputo  piantare,  di  fronte  alle  po- 
«  tenze  nemiche,  Vunico  accampamento  temibile  e  sicuro,  quello  della 
«  scienza.  »  II  liberalismo  dunque  deve  ancor  cominciare  a  opporre 
qualcosa  di  solido  aMa  Chiesa,  e  non  riconosce  in  se  finora  che 
brutture.  II  senator  Vitelleschi,  parlandosi  in  senato,  il  9  gennaio, 
de'  delitti  sempre  crescenti,  accenno  chiaramente  alia  causa  di  essi, 
dicendo :  «  Dn  errore  politico  fu  per  1'  Italia  di  portare  la  lotta,  che 
sosteneva  col  Yaticano,  nel  campo  religiose.  Cosi  abbiamo  demoraliz- 
zato  il  popolo.  Fu  errore  abolire  1'  istruzione  religiosa  nelle  scuole,  . 

1  Pubblicato  nella  Tribuna. 
Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1119.  23  30  gennaio  1897. 


354  CRONACA 

togliendo  alle  masse  la  nozione  del  bene  e  del  male.  Abbiamo  im- 
partito  un  insegnamento  ateo ;  e  se  ne  vedono  gli  effetti  in  tutte  le 
class!  social i.  Nelle  classi  piii  alte  i  fallimenti,  la  bancarotta,  la  man- 
cata  fede,  i  suicidii ;  nelle  piu  basse,  le  rapine  violente,  gli  omicidii, 
gli  assassinii.  Quando  si  discusse  il  nuovo  Codice  penale,  io  lo  dissi 
il  piii  disadatto  alle  condizioni  reali  del  popolo  italiano.  Fui  profeta : 
si  aboli  la  pena  di  morte,  ma  i  reati  contro  la  vita,  anzich6  scemare, 
aumentarono  oltre  misura.  » 

4.  Poco  avanti  le  2  di  notte,  del  giorno  3  gennaio,  moriva  pia- 
mente  in  Napoli  il  Card.  Guglielmo  Sanfelice,  Arcivescovo  di  quella 
citta;  moriva  circondato  da  quelli  del  suo  clero  e  con  tiitti  i  con- 
forti  religiosi.  Guglielmo  Sanfelice,  dei  Duchi  d'Acquavella,  era  nato 
in  Aversa  il  13  aprile  1834.  Fatti  i  primi  studii  presso  i  Benedet- 
tini  di  Cava  de'  Tirreni  ed  entrato  dapprima  nella  milizia  ecclesia- 
stica  secolare,  nel  1851  poi  riparo  al  claustro  di  Cava  de'  Tirreni, 
vestendo  1'abito  di  S.  Benedetto.  Dopo  forniti  gli  studii,  di  cui  una 
parte  a  Roma,  ritorno  alia  badia  di  Cava  de'  Tirreni,  coltivando  la 
letteratura  classica,  di  cui  ebbe  il  diploma  di  professore.  Da  quel 
claustro  solitario,  dopo  la  morte  del  Card.  Riario  Sforza,  il  Sanfelice 
fu  tratto  all'Arcivescovato  di  Napoli,  il  15  luglio  del  1878,  ornato  poi 
nel  24  marzo  del  1884  della  dignita  cardinalizia.  La  dote  caratteri- 
stica  del  Card.  Sanfelice  era  la  carita  e  la  popolarita,  onde  la  sua 
morte  e  stata  accompagnata  dal  rimpianto  di  tutti,  buoni  e  cattivi, 
cristiani  o  no.  E  hanno  ricordato  con  pietose  parole  la  sollecitudine 
amorosa  ond'egli  accorse,  qual  angelo  consolatore,  nel  terremoto  di 
Casamicciola  il  1881,  e  nel  colera  di  Napoli  il  1884.  Tutti,  come  di- 
cemmo,  cattolici  e  liberali  hanno  sparso  fiori  sulla  tomba  del  defunto 
Cardinale,  e  lo  stesso  Imperator  Guglielmo,  memore  del  colloquio 
avuto  con  lui  a  Camaldoli  (e  fu  pel  Cardinale  sorgente  di  amarezze) 
inando  a  Napoli  il  suo  Ministro,  il  Conte  di  Bulow,  per  far  le  sue 
condoglianze  e  assistere  ai  funerali  di  lui.  Ai  solenni  funerali,  tele- 
grafava  1'agenzia  ufficiosa  governativa,  assistevano  1'anibasciatore  di 
Germania  con  seguito,  il  prefetto,  il  sindaco,  1'alto  clero,  i  generali, 
gli  ammiragli,  senatori  e  deputati,  le  principali  autorita,  i  consiglieri 
comunali  e  provinciali  e  una  folia  di  invitati  delle  alte  classi  sociali. 
—  Tutto  questo  va  bene  e  torna  anche  a  lode  del  Cardinale  Sanfelice. 
Ma  ci  dispiace  vedere  come  una  parte  delle  lodi  furono  a  lui  tribu- 
tate  dai  nemici  del  Papa.  Non  appartiene  ora  a  noi  far  la  cerna  e 
indagare  le  cause  remote,  donde  poterono  provenire.  Ci  basti  accen- 
nare  il  nudo  fatto,  riserbando  ai  posteri  ogni  giudizio.  E  cattiva  lode, 
per  esempio,  questa  di  Vincenzo  Morello  J,  scrittore  avversissimo  al  cat- 

1  Nella  Tribuna,  n.°  4,  sotto  il  pseudonimo  Rastignac. 


CONTEMPORANEA  355 

tolicismo :  «  Naturalmente,  un  Prelate  di  questo  genere,  tutto  intento 
a  dir  parole  di  pace  e  a  far  atti  di  carita  fra  le  genti,  uon  poteva 
alimentare  il  dissidio  fra  la  Chiesa  e  lo  Stato,  per  se  stesso  produt- 
tivo  di  odii  e  di  amarezze,  di  rancori  e  di  gnerra.  Per  lui  quindi  non 
esisteva  ;  per  lui  il  popolo  napoletano  non  imaginava  neppure  che 
esistesse  un  dissidio  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato.  II  popolo  napoletano 
aveva  visto,  durante  il  colera,  il  Cardinale  e  il  Re  sullo  spiazzale 
dell'ospedale  della  Conocchia,  assieme,  dopo  la  visita  agli  ammalati ; 
aveva  visto,  dopo,  il  Cardinale  al  palazzo  reale ;  aveva  visto,  dopo,  il 
Cardinale  salire  il  primo  a  benedire  sulla  nave  i  feriti  di  Dogali;  e 
non  poteva  quindi  fare  a  meno  di  confondere  in  una  stessa  ammira- 
zione  e  in  uno  stesso  sentimento  di  gratitudine  I'uomo  nell'esercizio 
delle  funzioni  di  prete  e  di  cittadino.  Perche  non  si  agisce  in  alto, 
come  il  Cardinal  Sanfelice?  Perche,  come  egli  fa,  non  si  Javora  in 
alto  ad  attutire  piu  che  a  rendere  stridenti  le  diffieolta?  Perche,  se 
il  Cardinal  Sanfelice  6  un  santo,  non  si  pensa  altrove  e  non  si  opera 
come  lui?  Questi,  gl'interrogativi  del  popolo,  di  fronte  all'azione  del 
suo  Cardinale,  tanto  diversa  dall'azione  del  Yaticano  e  dei  piu  feroci 
vaticanisti.  »  Cosi  il  Morello.  E  il  Berliner  Tageblatt,  citato  dall'Os- 
servatore  Cattolico  (n.°  5)  recita  pure  un  elogio  parimente  dispiacevole, 
non  potendosi  ancor  sapere  se  provenga  dalla  malizia  dello  scrittore 

0  da  altre  cause.  Come  storici  dovemmo  accennare  a  tali  fatti. 

5.  DECRETI  DELLE  CONUREGAZIONI  ROMANE. —  1.°  Intorno  ai  miracoli  per 
la  canonizzazione  del  Beato  Zaccaria,  fondatore  de'  Barnabiti  e  del 
B.  Pietro  Fourier.  Queste  due  cause  si  possono  dire  oramai  condotte  a 
termine.  II  giorno  6  corrente  fu  pubblicato  il  decreto  comprovante 

1  miracoli  del  B.  Pietro  Fourier  di  Mataincourt,  Apostolo  della  Lorena, 
de'  Canonici  regolari  di  S.  Agostino ;  il  giorno  19  poi  vi  fu  adunanza 
della  S.  Congregazione   de'  Riti,  ove  i  Cardinali  e  Prelati   dovcvano 
dare  il  voto  per  i  miracoli,  attribuiti  al  B.  Zacearia.  Anche  di  questi 
uscira  quanto  prima  il  decreto  definitive.  —  2.°  Soluzione  di  dubii  re- 
lativi  all'altare  del  sepolcro  nella  settimana  santa.  Alia  dimanda,  fatta 
alia  Congregazione  de'  Riti,  se  1'altare  del  santo  sepolcro  rappresenti 
la  sepoltura  del  Signore   o   1'  istituzione   del   SS.  Sacramento,   fu  ri- 
sposto  che  rappresentava  ambedue  le  cose.  Ad  un'ulteriore  dimanda 
se  fosse  lecito  esporvi  le  statue  o  pitture  della  Madonna,  di  S.  Gio- 
vanni, di  S.  Maria  Maddalena  e  de'  soldati    custodi  del  sepolcro,  fu 
data  risposta  negativa,  eccetto  a  toller  arU,  ove  vigesse    la   consuetu- 
dine.  II  decreto  e  del   15    dec.  1896.  —  3.°  Sul  perdersi  o  no   certe 
indulgence.  Un  compratore  fa  incetta  da  un  negoziante,  di  crocifissi, 
corone  e  simili ;  poi  prega.  il  venditore  che  voglia,  a  suo  nome,  fare 
prima  annettere    certe    indulgenze  da  chi  ne  ha  la  facolta,  e  poscia 
spedirgli  il  tutto,  pagando  il  prezzo   de'  crocifissi  e  corone,  comprese 


356  CRONACA 

le  spese  postal!.  E  ci6  vietato?  E  gli  oggetti  perdono  o  no  le  indul- 
genze?  Fu  risposto  che  no.  Sarebbe  vietato,  per  contrario,  e  gli  oggetti 
perderebbero  le  indulgenze,  se  il  venditore,  antecedentemente  alia  ven- 
dita  e  commissione  determinata,  volesse  fare  annettere  le  indulgenze 
a  quegli  oggetti.  Tal  decreto  e  del  10  luglio  1896  !. 

6.  Nel  trascorso  anno  e  stato  celebrato  in  varie  ocoasioni,  tanto 
a  Eoma  quanto  a  Napoli,  il  secondo  centenario  della  nascita  di  S.  Al- 
fonso M.  De  Liguori.  La  celebrazione,  naturalmente,  e  stata  piut- 
tosto  civile  che  liturgica,  ed  alia  festa  della  scienza  s'e  unita  quella 
della  carita,  come  diremo.  Questa  celebrazione  del  secondo  centena- 
rio della  nascita  del  piu  illustre  Santo  e  dottore  moderno,  qual  fu 
S.  Alfonso  de'  Liguori,  e  dovuta  al  Circolo  di  S.  Sebastiano  di  Roma. 
Riepiloghiamo  brevemente  i  fatti.  II  22  aprile  si  celebrarono  feste 
religiose  nella  chiesa  de'  PP.  Redentoristi  alPEsquilino  per  Pespo- 
sizione  dell' imagine  della  Madonna  del  perpetuo  soccorso,  e  per  Poc- 
casione  d'un  pellegrinaggio  alia  tomba  di  S.  Alfonso ;  il  24  dell'  istesso 
mese  i  pellegrini  furono  ricevuti  solennemente  dal  Circolo  di  S.  Seba- 
stiano; il  4  ottobre  si  scoperse  una  lapide  commemorativa  in  Marianella 
nel  luogo,  ove  nacque  S.  Alfonso,  presenti  il  Card.  Sanfelice  e  il  Sin- 
daco  di  Napoli ;  il  22  ottobre  e  il  1°  e  15  di  novembre  s'imbandirono 
tre  pranzi  ai  poveri,  il  primo  in  S.  Maria  in  Cappella,  il  secondo  e 
il  terzo  in  S.  Anna  de'  Bresciani;  il  26  novembre  vi  fu  solennissima 
accademia  nell'aula  magna  della  Cancelleria  apostolica,  in  cui  il 
^Card.  Vicario,  L.  M.  Parocchi,  lesse  un  bellissimo  discorso  sopra 
S.  Alfonso  e  le  sue  opere;  finalmente  il  6  gennaio  di  quest'anno  il 
S.  Padre  ricevette  in  udienzte,  particolare  il  Presidente  del  comitato 
per  le  feste,  il  P.  Generale  e  il  P.  Procuratore  generale  de'  PP.  Li- 
guorini,  il  Presidente  del  Circolo  romano  di  S.  Sebastiano  ed  altri. 
Essi  offrirono  al  Papa  tre  esemplari  della  medaglia  commemorativa 
delle  feste  centenarie,  uno  in  oro,  uno  in  argento  e  uno  in  bronzo, 
alcuni  esemplari  del  numero  unico  teste  pubblicato  e  una  recente 
edizione  della  musica  di  S.  Alfonso.  Duetto  fra  I'anima  e  G.  C.  II 
S.  Padre  gradi  molto  1'omaggio,  si  congratulo  dell'opera  intrapresa 
dal  Circolo  e  dal  comitato  e  ne  lodo  il  fine  altissimo  che  si  era  questo 
proposto.  S'  intrattenne  poi  lungamente  con  gioviale  affabilita,  ricor- 
dando  i  sentimenti  provati  quando  nel  1839  celebrd  la  Messa  sul- 
1'altare  che  accoglie  le  ossa  di  S.  Alfonso  a  Nocera  de'  Pagani,  e  i 
progress!  che  sotto  i  suoi  occhi  vide  fare  alia  Congregazione  del  36.  Re- 
dontore  nel  Belgio,  durante  il  tempo  in  cui  ivi  fu  Nunzio  apostolico ; 
dove  il  numero  dei  Liguorini  da  due  ascese  in  pochi  anni  a  duecento. 
Bellissima,  tra  tutte  le  opere,  e  riuscita'  quella  d'un  opuscolo  illu- 

1  Acta  S.  iledis,  p.  370,  fasc.  di  decembre. 


CONTEMPORANEA  357 

*trato  sopra  S.  Alfonso  e  la  sua  Congregazione,  stampato  con  gran 
lusso,  colla  cooperazione  di  eccellenti  scrittori  e  con  moltissime  in- 
cisioni  di  cose  relative  a  S.  Alfonso,  alle  persons  piu  segnalate 
•della  sua  Congregazione,  alle  case  e  alle  chiese  della  medesima  '. 
7.  APPUNTO  STORICO.  —  Sulla  conversions  al  catlolicismo  della  Prin- 
cipoesa  di  Napoli,  Elena  di  Montenegro.  Una  lettera  spedita  da  Roma 
all'  Univers  di  Parigi,  di  cui  si  e  parlato  alia  fin  di  decembre 
anche  ne'  giornali  cattolici  d'ltalia,  asserisce  varie  cose  che  modi- 
ficano  alquanto  i  particolari  della  conversione  di  Elena  di  Montene- 
gro; diciamo  i  particolari,  non  la  sostanza  della  conversione  stessa. 
L'  istesso  udimmo  da  altre  fonti.  I  particolari  modificati  sarebbero  i 
seguenti:  primo,  che  1'abiura  non  fu  fatta  gia  nella  basilica  di  S.  Ni- 
cola di  Bari  (ove  solamente  si  sarebbe  celeb rata  la  Messa),  ma  a  bordo 
del  Savoia,  prima  che  Elena  mettesse  piede  in  terra  e  in  un  mo- 
inento,  quando  quasi  tutti  i  passeggeri,  il  Principe  Nicola  ed  altri, 
erano  saliti  a  bordo  della  corazzata  Francesco  Morosini:  secondo,  che 
Elena  abbia  avuta  poca  istruzione  cattolica,  prima  del  passaggio  alia 
Chiesa  romana;  terzo,  che  tutti  gli  atti  pubblicati  dai  giornali  su 
detta  conversione  sono  apocrifi,  compreso  il  disco rso,  messo  in  bocca 
all' Abate  Piscicelli  in  S.  Maria  degli  Angeli.  Or  di  queste  tre  cose, 
a  noi  consta  con  certezza  quest' ultimo  punto,  relative  al  discorso  del- 
1'Ab.  Piscicelli,  cioe  che  esso  e  apocrifo ;  e  dobbianio  dirlo  a  onoue 
del  vero,  benche  fosse  da  noi  riferito,  fondati  nella  ragione  che  non 
era  stato  smentito,  come  si  sarebbe  dovuto  aspettare.  Quanto  agli  al- 
tri punti  non  c'e  stato  fatto  di  poterli  verificare,  e  ci  basti  avere  ac- 
cennato  al  grado  di  probabilita  che  essi  hanno. 

II. 
COSE  ITALIANS 

1.  Particolarita  sul  trattato  di  pace  coll'Abissinia.  —  2.  Scioglimento  dei 
Circoli  socialistici  di  Roma  e  della  provincia.  —  3.  II  cosi  detto  cen- 
tenario  della  bandiera  tricolore.  —  4.  Suicidio  dell'Abate  Anelli. 

1.  I  fatti  pubblici  dell'  Italia  governativa  di  questa  prima  meta 
•di  gennaio  son  due :  uno  riguarda  il  trattato  di  pace  coll'Abissinia, 
1'altro  lo  scioglimento  delle  associazioni  socialistiche  di  Roma  e  de'  suoi 
dintorni.  Quanto  al  trattato  di  pace,  esso  e  stato  poco  fa  pubblicato 
per  intero.  Noi  ne  demmo  gia  il  sunto  trasmesso  in  Italia  dal  Neraz- 
zini,  e  non  fa  d'uopo  ripeterlo.  Non  sara  inutile  pero  farvi  alcune 
osservazioni.  II  trattato  comincia :  Nel  nonie  della  SS.  Trinitd.  E  una 
1  Fu  pubblicato  per  cura  del  Circolo  romano  di  studi  S.  Sebastiano 
dalla  tip.  Desclee  in  Roma. 


358  CRONACA 

prova  che  esso  fu  redatto  in  Abissinia ;  in  Italia  ove  pure  la  religione- 
cattolica  6  la  religione  dello  Stato,  forse  i  governanti  si  sarebbero 
vergognati  di  cominciare  il  trattato  cosl.  La  seconda  osservazione  e 
quella  riguardante  la  piena  ed  assoluta  indipendenza  dell' Abissinia  f 
tale  cioe  che  questa  potra  a  suo  piacere  mettersi  o  no  sotto  la  pro- 
tezione  di  chicchessia.  Eppure  il  sottoininistro  Sineo  a  Carmagnola 
aveva  detto  che  1'  Italia  aveva  imposto  all'Abissinia  una  indipendenza 
forzata,  con  proibizione,  cioe,  di  mettersi,  se  le  talentasse,  sotto  la 
protezione  altrui.  La  terza  cosa  da  osservare  e  la  frase  inserita  nel 
trattato,  e  quindi  riconosciuta  vera  dall' Italia,  che  il  Negus  ebbe  pei 
prigionieri  la  piu  grande  sollecitndine.  E  dire  che  fino  a  ieri  non  si 
fece  dai  pubblicisti  governativi  che  gridare  contro  le  sevizie  di  Me- 
nelik  verso  i  prigionieri  e  contro  Mons.  Macario  che  riferi  dei  discreti 
trattamenti  loro  fatti  dal  Negus  !  L'ultima  osservazione  e  sulla  inden- 
nita  o  compenso  da  darsi  dall' Italia  pel  mantenimento  de'  prigionieri. 
Notizie  officiose  dicono  che  il  compenso  e  di  otto  o  died  milioni.  Forse 
il  netto  non  si  sapra  mai.  Ma  pure,  attenendoci  a  questa  somma,  si 
vede  chiaro  che  i  detti  milioni  non  sono  tanto  per  compenso  del  man- 
tenimento de'  prigionieri  (compenso,  inoltre,  lasciato  all'equita  del 
Governo  italiano,  come  dicesi  nel  trattato),  ma  un  vero  tributo  di 
guerra.  In  fatti,  se  fossero  solo  otto  i  milioni  da  dare  al  Negus  (pren- 
diamo  la  somma  piu  bassa),  ripartiti  tra  1500  prigionieri  per  300 
giorni  di  prigionia,  e  fatto  un  conto  molto  largo,  la  spesa  verrebbe 
ad  essere  di  venti  lire  al  giorno  per  ciascuno ;  appunto  quanto  spende 
un  gran  signore  ne'  primi  alberghi  d'  Europa.  Da  cid  si  conchiude 
che  gli  otto  milioni  (e  chissa  quanti  altri  ancora)  sono  un  vero  tributo-  . 
di  guerra,  detto  pero  eufemisticamente :  —  Compenso  per  il  manteni- 
mento de'  prigionieri,  lasciato  alia  equita  e  gentilezza  del  Governo 
d' Italia.  — 

2.  II  giorno  9  di  gennaio  la  polizia  romana,  per  ordine  del  Pre- 
fetto,  sciolse  in  Roma  e  nella  provincia  la  Camera  di  lavoro  e  tutti 
i  Circoli  socialistici.  La  Camera  di  lavoro  era  stata  fondata  nel  1892" 
per  lo  scopo  di  servire  d' intermediaria  tra  1'offerta  e  la  domanda  di 
lavoro  e  di  patrocinare  gl'interessi  de'  lavoratori.  Lo  scioglimento  fu 
eseguito  con  tutte  le  precaux-ioni  poliziesche  possibili,  e  i  socialist! 
dovettero  vedersi  sequestrate  carte,  oggetti  e  documenti  d'ogni  specie. 
I  Circoli  sciolti  furono  i  seguenti:  1.°  La  Federazione  socialista  cen- 
trale  romana  avente  sede  in  piazza  Sant' Ignazio ;  2.°  II  Circolo  socia- 
lista di  Albano  Laziale,  avente  sede  in  Roma,  via  Castro  Pretorio  al 
pian  terreno :  3.°  II  Circolo  socialista  Tiburtino,  avente  sede  in  Roma 
in  via  Latini ;  4.°  I  Circoli  socialisti  di  Genzano,  Zagarolo,  Percile, 
Civitavecchia  e  Corneto  Tarquinia  nelle  rispettive  sedi  d'onde  pren- 
dono  nome;  5.°  La  Camera  di  Lavoro,  avente  sede  in  Roma,  vicolcv 


CONTEMPORANEA  359 

Margana.  —  I  motivi  addotti  nel  decreto  di  scioglimento  sono :  1'odio  di 
olasse  tra  lavoratori  e  proprietarii ,  fomentato  dai  socialist!;  1'ordi- 
narsi  in  numerose  schiere  per  iscopi  sovversivi  dell'autorita  costituita, 
facendola  bersaglio  di  disprezzo  e  di  minaccia ;  e  infine  il  peiicolo 
•di  disordini,  come  si  vide  il  25  decembre,  in  cui  ne  sarebbeio  certo 
avvenuti  senza  il  pronto  accorrere  delle  milizie  e  delle  guardie.  Que- 
sti  motivi  sono  certo  buoni  e  saranno  i  veri,  ma  non  sono  i  soli.  Al- 
cuni  dicono  che  la  ragione  vera  del  provvedimento  stesso,  maturato 
e  voluto  in  alto  luogo,  deve  ricercarsi  nel  linguaggio  violento  usato  dai 
socialisti  deputati  alia  Camera,  nelle  recentissime  tornate,  nelle  quali 
furono  discusse  e  1'  interrogazioni  sulla  politica  interna  del  Governo 
e  la  proposta  dell'onorario  di  un  milione  pel  Principe  di  Napoli.  Noi 
non  abbiamo  nulla  a  ridire  su  tali  ordini  amministrativi ;  solo  do- 
mandiamo :  Oh !  perche  quando  simili  operazioni  erano  fatte  dai  Go- 
verni  passati,  questi  erano  detti  tiranni,  laddove  i  presenti  sono  ap- 
pellati  liberali?  Eccetto  questa  maucanza  di  logica,  il  resto  va  be- 
nissimo.  E  il  solito  lato  debole  del  liberalismo. 

3.  Una  societa  di  ufficiali  ha  promosso  una  festa  civile  centenaria 
per  la  bandiera  tricolore  bianca,  rossa  e  verde  ;  bandiera  che,  adot- 
tata  dall' Italia  legale  nella  rivoluzione  politica  e  religiosa  della  peni- 
«ola,  e  il  simbolo  della  guerra  mossa  al  diritto  antico,  ai  Principi 
italiani  e  al  Papa.  La  bandiera  tricolore  italiana  veramente  non  pare 
che  rimonti  oltre  il  1848,  quando  Carl'Alberto  la  consegno  ai  reggi- 
menti  che  erano  per  varcare  il  Ticino.  Ma.  siccome  nel  secolo  pas- 
sato,  il  7  gennaio  1796,  la  repubblica  cispaclana,  formata  dai  prepo- 
tente  Bonaparte,  adotto  a  Reggio  di  Emilia  una  bandiera  coi  medesimi 
colori,  percio  quella  societa  di  ufficiali  ha  voluto  vedere  in  quella 
data  il  natale  della  bandiera  stessa  ;  benche  par  certo  che  nell'anno 
precedente  essa  sventolasse  anche  a  Bologna,  dopoche  i  Francesi  eb- 
bero  atterrato  le  insegne  papali  e  imposta  una  taglia  esorbitante  ai 
vinti.  I  Francesi  erano  i  liberatori  degl'  Italiani  di  que'  tempi,  libe- 
randoli  a  Bologna  di  quattro  milioni,  a  Yenezia  di  sei  milioni,  a 
Parma  e  Piacenza  di  venti,  eccetera ;  senza  dire  de'  ladronecci  delle 
opere  d'arte  e  di  mille  altre  angherie.  Ora,  tutte  queste  infamie  fu- 
rono fatte  aH'ombra  della  bandiera  tricolore,  ottenuta  con  umili  preghi 
dai  vincitori,  e  di  questa  bandiera  si  voile  celebrare  il  centenario, 
come  d'  una  gloria  patria.  In  fatti  Giosu6  Carducci,  invitato  a  par- 
lare  a  Reggio,  il  7  gennaio  di  quest'anno,  chiamo  quel  giorno  il  natale 
della  patria:  «  Noi  celebriamo,  o  fratelli,  il  natale  della  patria.  »  E 
fu  facile  al  valente  letterato  abusare  della  sua  arte  per  dare  ad  in- 
tendere  «  al  popolo  di  Reggio  >  e  ai  «  cittadini  d'  Italia  > ,  ai  quali 
rivolse  il  discorso,  cose  lontane  dai  vero,  trasportandoli  dai  modesto 
presente  ne' tempi  passati,  richiamando  Atene  e  Olimpia,  le  ferie  la- 


360  CRONACA 

ziali,  I'dltare  della  patria,  Erodoto  che  leggeva  le  istorie,  e  poi  gift  gift 
Michelangelo,  Galileo,  la  vetta  di  San  Martino,  il  Campidoglio.  Ma  la 
bandiera  tricolore,  sorta  coll'  ignominia  della  patria  italiana,  era  la 
medesima  che  servl  ne' tempi  nostri  a  introdurre  il  diritto  nuovo  in 
Italia.  E  quindi  si  voile  celebrarne  il  centenario.  E  1'  iscrizione,  posta 
nell'atrio  del  palazzo  civico  di  Reggio,  lo  dice  a  chiare  note  :  II  Con- 
gresso  Cispadano  —  Delle  citta  di  Bologna,  Ferrara,  Modena  e  Reggie* 
—  Adunato  in  questo  palazzo  —  II  giorno  VII  gennaio  MDCGXCVII 
—  Ordino  —  Che  fosse  universale  lo  stendardo  di  ire  colori  —  Verde, 
bianco  e  rosso  --  Di  qui  la  bandiera  —  Tosto  augurata  dalla  fede  dei 
pensatori  —  Salutata  dalle  speranze  dei  poeti  —  Bagnata  dal  sangue  — 
Di  martin  e  di  soldati  eroi  —  Indi  dal  popolo  e  dal  Re  concordi  — 
Decretata  simbolo  e  vessillo  della  nazione  —  Mosse  piena  di  fati  —  Alia 
gloria  del  Campidoglio  —  Dove  mndice  del  diritto  italiano  —  Consacra 
la  liberta  e  Vunitd  della  patria  -  -  VII  gennaio  MDCCCXCVII. 

3.  II  giorno  14  gennaio,  1'Abate  Cav.  Rinaldo  Anelli,  Parroco  di 
Bernate  Ticino  (Magenta),  il  noto  inventore  de'  forni  economici,  detti 
Forni  Anelli,  si  uccise  con  un  colpo  di  pistola,  nei  giardini  pubblici 
di  Milano,  sotto  la  statua  del  Generale  Sirtori.  E  una  triste  istoria, 
questa  d'un  sacerdote  suicida,  ma  sara  istruttivo  1'averla  narrata.  —  Ri- 
naldo Anelli,  di  nobile  famiglia  milanese,  era  nato  a  Civenna  (Como) 
ed  aveva  55  anni.  Nel  1860  lascio  gli  studii,  che  faceva  nel  seminario 
di  Monza,  per  combattere  nelle  ultime  guerre  rivoluzionarie  italiane. 
Tomato  in  Lombardia,  riprese  gli  studii  teologici  e  divenne  Parroco 
di  Bernate  Ticino.  L'Anelli  acquisto  molta  popolarita  in  Italia  co'suoi 
forni  economici,  inventati  da  lui  per  dare  ai  contadini  pane  di  buona 
farina,  ben  cotto  e  al  massimo  buon  mercato.  Secondo  che  narrano 
le  effemeridi  milanesi,  il  primo  di  tali  forni  fu  costruito  da  lui  a 
Bernate  nel  1879  ;  e  simile  a  quello  ne  furono  costruiti  a  Pezzano,. 
a  Casignolo  presso  Monza,  a  Inzago,  a  Gorla,  a  Cesate,  a  Villanterioy 
a  Fino  Mornasco,  a  Misinto,  a  Varedo,  a  Cavenago  d'Adda,  a  Ber- 
nate Comasco,  a  Calvenzano,  a  Novara  (suburbio),  a  Casalino  (No- 
vara),  eccetera.  Successivamente  an  che  nel  Veneto,  nelle  province- 
di  Treviso  e  di  Padova,  si  costruirono  vari  forni  Anelli.  L'ab.  Anelli  r 
dice  1'  Italia  dtl  popolo,  piccolo  di  statura,  piuttosto  grasso,  col  volto 
assai  colorito,  aveva  la  parola  facile  ed'  arguta,  il  gesto  vivace  ed 
espressivo.  Anni  sono  si  mostrava  assai  accurato  nel  vestire.  Ora  in- 
vece,  sempre  in  moto,  sempre  in  viaggio  da  Bernate  a  Milano  e  vice- 
versa,  sempre  in  faccende  pei  suoi  disegni,  lasciava  apparire  nel  suo- 
esteriore  certa  negligenza.  Da  molti  anni  egli  di6  principio  alia  sua 
propaganda  pel  pane  a  buon  mercato.  Studio  con  passione  il  problema 
e  credette  averlo  risoluto  coi  forni  economici  da  lui  inventati,  a  riscal- 
damento  esterno  ed  azione  continua.  Consacrd  poi  ogni  sua  cura  alia 


CONTEMPORANEA  361 

costruzione  di  quei  forni,  e  nelle  numerose  prove  dedico  gran  parte 
del  suo  avere.  All'  esposizione  di  panificazione  nel  1887  egli  presents 
uno  del  suoi  forni,  e  fu  quello,  uno  dei  suoi  piu  lieti  momenti,  avendo 
avuto  un  diploma  di  merito  e  molta  notorieta.  Ma  poi  comincio  ad  in- 
golfarsi  nei  debiti,  e  parecchi  suoi  impianti  di  forni  non  corrisposero  al- 
1'aspettazione.  Di  qui  la  rovina  morale  dell'ab.  Anelli.  Dedicatosi  troppo 
alia  beneficenza  materiale,  piu  di  quello  che  poteva  permettere  la  sua 
professione  sacerdotale,  ritorno  colla  mente  e  col  cuore  alia  condizione, 
non  pur  di  laico  cristiano,  ma  di  laico  senz'aggiunto.  Le  sue  ultime 
lettere  lo  dimostrano.  «  Muoro  presso  Sirtori  (diceva  un  suo  viglietto) 
col  quale  ho  combattuto  per  la  liberta  e  per  1'onesta.  Con  questi 
principii  mi  uccido.  Viva  la  liberta  !  »  L'autorita  ecclesiastica,  come 
•era  giusto,  neg6  al  suicida  1'esequie  religiose,  essendo  essa  giudice 
degli  atti  esterni  (che  degli  interni  e  giudice  solo  Dio).  II  bello  e  che 
questo,  certo,  non  esemplare  sacerdote,  d'  indole  estrosa,  inchine- 
vole  alle  idee  rivoluzionarie  ed  agli  uomini  d'ogni  partito  che  le 
professaho,  anziche  alle  amicizie  ed  alle  cose  proprie  del  sacerdote 
•cattolico,  era  pei  liberali  il  tipo  ideale,  e  versano  lacrime  di  cocco- 
drillo  sulla  sua  tomba.  Ma  dalla  trista  sua  fine,  se  volessero,  po- 
trebbero  facilmente  giudicare  della  malizia  delle  cause  precedent!  che 
la  prepararono. 

III. 
COSE  STRANIERE 

GERMANIA  (Nostra  Corrispondenza).  1.  Guglielmo  II  e  la  Russia;  le  re- 
lazicni  estere  a  fronte  delle  rivelazioni  bismarckista.  —  2.  Un  covo  di 
rettili.  —  3.  Statistica  religiosa  della  Prussia  e  della  Germania;  noti- 
zie  storiche  ed  altre.  —  4.  II  duello  al  Reichstag.  —  5.  Buoni  riusci- 
menti  dei  cattolici.  —  6.  Morte  di  un  dotto  sincero. 

1.  In  un  diario  russo,  il  Wjedomosti  di  Pietroburgo,  un  vecchio 
diplomatico  osserva  che  1'unico  sostegno  sicuro  della  politica  russa 
in  Germania  e  1'imperatore,  personaggio  cospicuo  ma  che  non  e  guari 
agevole  a  scrutarsi.  La  Russia  deve  fare  maggior  assegnamento  sugli 
amichevoli  sentimenti  di  Guglielmo  II,  che  non  sulle  simpatie  del 
popolo  tedesco.  La  condizione  interna  della  Germania  e  quella  che  de- 
cide 1'imperatore  a  mantenersi  in  buone  relazioni  colla  Russia.  Lo 
stesso  diplomatico  rammenta  che  Niccolo  I,  venuto  a  morte  avesse  pro- 
ferito  queste  parole :  «  Dite  a  Fritz  (nomignolo  di  Federico  Guglielmo  IV) 
che  rimanga  sempre  eguale  verso  la  Russia  e  che  non  dimentichi  le 
parole  di  suo  padre.  »  (Costui,  cioe  Federico  Guglielmo  III,  avea  rac- 
comandato  in  modo  specialissimo  1'alleanza  della  Russia,  ed  anche 
quella  dell' Austria,  a  suo  figlio.)  Quest'  ultimo,  cioe  Federico  Gu- 


362  CRONACA 

glielmo  1Y,  rispose  ad  Alessandro  II  (successore  di  Niccold  I) :  «  Noi 
abbracciamo  il  caro  Alessandro,  e  dichiariamo  che  le  parole  del- 
1'  imperatore  (Niccolo  I)  sono  sacre  per  noi.  »  E  i'uor  di  dubbio  che- 
Guglielmo  II  ha  moltissima  propensione  per  la  Russia,  il  cui  reggi- 
mento  autocratico  gli  fa  nna  cevta  impressione :  ma  la  condizione  in- 
terna  della  Germania  non  puo  essere  tal  ragione  da  volgersi  verso  la 
Russia.  Perd  Guglielmo  II  non  ha  rinnovellato  il  trattato  segreto  con 
la  Russia,  la  rivelazione  del  quale  ha  messo  qui  di  corto  tutta  Eu- 
ropa  sossopra;  ma  certo  si  e  che  le  nostre  relazioni  con  la  Russia  sono 
rimaste  delle  piii  amichevoli ;  come  1'attestano  ora  i  negoziati  per  age- 
volare  il  traffico  tra'  due  iinperii.  E  sempre  la  Germania  che  va  in- 
nanzi  alle  altre  nazioni  in  fatto  di  commercio  colla  Russia :  la  Ger- 
mania compera  dalla  Russia  per  560  milioni  di  marchi,  e  le  vende 
per  220  milioni,  mentreche  per  la  Francia  queste  somme  sono  di  200 
e  di  20  milioni  di  franchi. 

La  Russia  non  compera  quasi  nulla  dalla  Francia,  anche  dopo  il  cele- 
bre  trattato  di  commercio.  Addi  16  novembre,  ad  interpellanza  mossa 
dal  conte  Hompesch,  presidente  del  Centre,  il  principe  d'Hohenlohe  e- 
il  sottosegretario  per  gli  affari  esteri  sig.  Marschall  von  Bieberstein, 
risposero  cercando  di  risparmiare  il  Bismarck,  pur  biasimando  la  sua 
politica  a  partita  doppia.  II  sig.  Marschall  pose  in  rilievo  1'urto,  che 
ne  dovea  venire,  se  da  un  canto  la  Russia  esiga,  in  forza  del  trattato 
segreto,  la  neutralita  della  Germania  per  poter  abbattere  a  suo  bel- 
1'agio  1'Austria,  la  quale,  dal  canto  proprio,  in  forza  del  trattato  della 
triplice,  domandi  1'energico  appoggio  della  Germania  contro  la  Russia 
che  1'assalisca.  In  siffatte  condizioni  il  trattato  segreto  non  poteva  ina- 
nimare  i  nostri  alleati  ad  aiutarci,  qualora,  come  in  un  assalto  con- 
oertato  della  Francia  e  della  Russia,  noi  avremmo  il  maggior  bisogno 
del  suo  appoggio.  II  sottosegretario  per  gli  affari  esteri  ha  fatto  cono- 
scere  che  il  trattato  segreto,  onde  si  vanta  il  Bismarck,  quale  di  un 
colpo  da  maestro,  era  pregiudizievole,  anzi  dannoso  per  la  Germania; 
esso  ripugnava  all'indole  cavalleresca  e  leale  del  cancelliere  Caprivi, 
il  quale,  consenziente  Guglielmo  II,  non  1'ha  rinovellato  nel  1890. 
Nel  1887  il  Bismarck  avevalo  rinnovato  per  tre  anni,  e  solo  dal  1888 
6  asceso  al  trono  il  presents  imperatore.  E  innegabile  che  Guglielmo  II 
ed  il  suo  governo  debbono  ispirare  piii  grande  fiducia  che  il  Bismarck 
ai  membri  della  triplice.  Tutta  la  stampa,  tranne  poche  gazzette  nazio- 
nali-liberali  e  bismarckiste,  e  stata  unanime  nel  condannare  la  poli- 
tica tortuosa,  per  non  dir  peggio,  del  Bismarck  e  a  domandare  una 
politica  leale  di  sincera  amicizia  verso  1' Austria  e  1'Italia.  In  gene- 
rale,  il  popolo  non  simpatizza  molto  per  la  Russia  grandi  simpatie 
nutre  soltanto  la  nobilta  protestante  e  con  essa  certi  nemici  di  Roma. 
Non  si  ha  in  odio  i  Russi,  de'  quali  circa  centomila  dimorano  in  Ger- 


CONTEMPORANEA  363 

mania  ed  ebbero  sempre  a  lodarsi  delle  accoglienze  fatte  loro ;  ma  non 
si  &  guari  propensi  per  un  popolo,  che  e  da  meno  in  fatto  di  cultura. 
In  Francia,  ove  si  conoscono  soltanto  i  grandi  signori  russi,  che  vanno 
a  spendere  a  Parigi  i  lor  danari,  si  puo  essere  innamorati  della  Russia. 
Noi  sappiamo  il  netto  delle  cose.  La  stampa  ha  fieramente  biasimato 
il  Bismarck,  perche  la  sua  doppiezza  gitta  sempre  una  luce  sfavorevole 
sulla  politica  della  Germania  ed  ispira  una  cotal  diffidenza  clappertutto.  II 
popolo  vuole  una  politica  franca  e  leale,  la  sola  che  sia  degna  di  un  po- 
polo grande,  che,  per  la  sua  potenza,  la  sua  storia  e  la  sua  situazione  cen- 
trale,  ha  debito  di  sopravvegliare  alia  giustizia  ed  alia  pace  in  Europa. 
II  popolo  tedesco  bram6  la  sua  unita,  e  si  adopero  a  conseguirla  spe- 
oialmente  dal  1830  in  poi,  per  non  essere  piu  alia  merce  dei  Borboni 
«  dei  Napoleoni,  ne  della  Russia :  ma  di  presente  si  crede  forte  assai, 
•da  resistere  pur  anche  ad  una  lega  franco -russa,  contro  della  quale 
una  politica  leale  e  paciflca  lo  fara  sicuro  di  preziose  alleanze,  spe- 
cialmente  poi  di  .quella  dell' Austria,  che  e  tanto  popolare  in  tutta 
la  Germania. 

Dopo  il  telegramma  di  Guglielmo  II  al  sig.  Kriiger  presidente  della 
repubblica  del  Transwaal,  quando  fu  sbaragliata  T  invasione  del  Ja- 
meson, 1'  Inghilterra  faceva  mostra  di  una  tai  quale  freddezza  rispetto 
nlla  Germania  ;  la  sua  stampa  ed  i  suoi  oratori  pigliavansi  diletto  a  di- 
grignare  i  denti  contro  di  essa.  Ma  dappoiche  Francia  e  Russia  resero 
piu  spiccata  la  loro  politica  in  Egitto  ed  in  Turchia,  la  ragione  ha 
pigliato  il  sopravvento  appo  i  nostri  cugini  :  si  sono  rammentati  che 
nulla  puo  1'  Inghilterra  senza  1'aiuto  di  una  o  piu  potenze  continen- 
tali,  e  che  in  parzial  modo  gl'  interessi  dell'Austria  e  della  Grermania 
si  conciliano  per  la  migliore  con  quelli  della  vecchia  Albione.  Quindi 
e  che  la  stampa  e  gli  uomini  di  Stato  inglesi  hanno  cangiato  into- 
nazione  verso  di  noi :  lo  sanno  benissimo  che  1'odio  di  Bismarck  con- 
tro 1'  Inghilterra  non  e  passato  in  retaggio  a'  suoi  successori. 

2.  E  noto  che,  al  tempo  della  visita  dello  Czar  a  Breslavia,  vi 
furono  due  versioni  del  brindisi  ch'egli  vi  fece.  Nell'una  di  quelle 

10  Czar  asseriva  la  sua  amicizia,  come  gia  suo  padre  (il  quale  odiava 
la  Germania) ;  nell'altra,  la  verace,  lo  Czar  asseriva  di  essere  «  ani- 
mate dagli  stessi  sentimenti  di  Yostra  Maesta  » ,  cioe  di  Guglielmo  II. 
Due  gazzettieri,  Liitzow  e  Leckert,  furono  solleciti  di  osservare  che 
la  versione  falsa  era  stata  divulgata  dal  conte  Eulemburg  maresciallo 
della  Corte,  per  via  d'  influenze  inglesi.  Al  tempo    stesso  lasciavano 
capire  che  avea  dato  cotale  novella  il  sig.  Marschall  de  Bieberstein, 

11  quale  tramava  a  danno  degli  altri  ministri.  II  Bieberstein  fe'processare 
le  gazzette  che  avevano  riportato  queste  accuse,  e  i  signori Lutzow  e  Le- 
ckert dovettero  confessarsene  autori  e  responsabili.  Furono  percio  con- 
dannati,  e  licenziati  dai  giornali,  a  cui  trasmettevano  le  loro  false  novelle. 


364  CRONACA 

Ma,  quel  ch'e  piu  curioso,  si  riseppe  che  quei  due  gazzettieri  erano- 
stipendiati  dalla  polizia  segreta,  specialmente  dal  commissario  Tausch, 
il  quale  lor  comunicava  ragguagli.  Fu  provato  che  quest'officiale- 
rnanteneva  altresi  relazioni  molteplici  con  parecchi  altri  gazzettieri, 
e  che  metteva  in  volta  accuse,  notizie  false,  malignity  pericolose  contro 
i  due  cancellieri,  che  sono  sottentrati  al  Bismarck,  come  altresi  contro 
parecchi  ministri,  segnatamente  contro  il  sig.  de  Bieberstein.  A  farla 
corta,  questo  Tausch,  che  aveva  in  mano  grosse  somme  di  denaro, 
combatteva  nella  stampa,  coi  piu  perfidi  spedienti,  tutti  i  ministri  e 
personaggi  cospicui,  che  erano  bersaglio  dell'odio  e  delle  accuse  di 
Bismarck  e  de'  suoi  parteggiatori.  Eccoci  dunque  a  fronte  del  fatto 
sin  qui  inaudito,  che  la  polizia  combatte  e  s'adopera  a  conquassare 
il  governo  vigente  per  far  sazie  le  ire  del  cancelliere  scaduto !  La  po- 
lizia segreta,  come  pure  molti  officiali  dello  Stato,  lavorano  dunque 
per  conto  del  Bismarck,  e  lo  servono  a  suo  talento !  Com'e  naturale, 
ne  il  Tausch  n&  i  socii  di  lui,  hanno  svelato  i  nomi  dei  loro  man- 
danti,  e  il  presidente  della  polizia  di  Berlino,  sig.  de  Windheim,  di- 
niego  loro  la  facolt£  di  svelarli.  Alia  perfine  il  Tausch  ha  dato  il 
nome  di  un  cotale,  come  colui  d'onde  riceveva  le  sue  false  accuse'. 
Be"n  si  capisce  che  tutti  richieggono  sia  fatta  luce  chiara,  e  i  capo- 
rioni  delle  trame  contro  il  governo  presente  sieno  svelati  e  sottoposti 
a  procedura ;  perche  tutti  capiscono  che  stanno  dietro  le  quinte  uomini 
d'alto  affare.  Parecchi  diarii  li  hanno  scopertamente  indicati  per  nome  : 
il  Bismarck,  il  conte  Waldersee  e  il]  conte  Filippo  Eulemburg  am- 
basciatore  a  Vienna,  il  quale  gia  ammise  di  essere  in  relazione  con 
Tausch,  Liitzow,  eccetera.  E  voce  che  1'  imperatore  avesse  comandato  di 
andare  sino  al  fondo,  e  disgroppare  le  fila  di  quest'ampia  trama,  e- 
punire  i  colpevoli :  ma  temo  che  andra  a  finire  come  la  faccenda  del 
Panama  in  Francia ;  si  e  badato  di  non  chiarire  le  cose,  temendo  di 
mettere  a  brutto  rischio  personaggi  di  troppo  gran  rilievo. 

3.  E  noto  che  dal  1890  al  1895  la  popolazione  della  Germania  e 
cresciuta  da  49,428,470  anime  a  52,244,503,  sebbene  abbiano  emi- 
grate 400,000  persone.  Delia  detta  somma,  ben  31,855,123  anime 
(contro  29,957,367  nel  1890)  dimorano  in  Prussia,  e  si  ripartiscono 
cosi:  20,351,448  protestanti  (19.232,449  nel  1890),  10,999,504  cat- 
tolici  (nel  1890  erano  10,252,818),  379,716  ebrei  (372,059  nel  1890), 
e  119,245  cristiani  dissidenti  (che  erano  95,349  nel  1890).  Ne  risulta 
che  i  protestanti  sono  cresciuti  del  5,8  per  cento,  i  cattolici  del  7,2, 
gli  ebrei  del  2,  gli  altri  cristiani  di  varie  sette  del  25  per  cento.  II 
grande  aumento  dei  cattolici  e  tanto  piti.  notevole,  in  quanto  che  non 
essi,  ma  bensi  i  protestanti,  sono  favoriti  e  vantaggiati  in  tutte  le- 
guise  dal  governo,  mentre  i  cattolici  mancano  spesso  di  chiese,  di 
sacerdoti  e  di  scuole.  Similmente  accade  agli  altri  Stati  della  Ger- 


CONTEMPORANEA  365 

mania;  dappertutto  i  protestanti  sono  favoriti  a  spese  del  cattolici. 
Un  altro  scapito  c'e  ancora  per  noi  :  nelle  antiche  province  tutte 
cattoliche  della  Baviera,  i  giovani,  ovunque  dimorino,  non  possono 
ammogliarsi  senza  il  consentimento  del  loro  comune  natio  ;  il  quale 
consentimento  non  di  rado  e  diniegato,  perche  i  comuni  vogliono 
cansare  gli  aggravii,  onde  lor  potrebbero  essere  cagione  i  bisognosi ; 

0  ad   ogni    modo  e  costoso  e  va  per  le  lunge    1'ottenerlo.  Ne  viene 
pertanto,  che  molti  giovanotti  di  quelle  province  non  possono  ammo- 
gliarsi, e  spesso  contraggono  unioni  illegittime.  Quindi  sono  cola  in 
gran    numero    purtroppo  i  figli    naturali   e   i  conseguenti    disordini. 
D'altra  parte  i  protestanti  dei  varii  paesi  della  Germania,  che  pren- 
dono  stanza  fissa  in  Baviera,  possono  liberamente  ammogliarsi,  contrag- 
gono sovente  unioni  con  giovanette  cattoliche.  Per  legge  i  loro  figli  sono 
allevati  nel  protestantesimo,  che  cosi  si  dilata  a  scapito  de'  cattolici, 
per  opera  di  una  legislazione  antiquata,  contraria  ai  principii  naturali  e 
cristiani.  Non  ostante  tutti  questi  svantaggi  ed  altri  assai,  i  cattolici 
crescono,  nel  tutt'insieme  della  Germania,  in  proporzione  maggiore  dei 
protestanti.  Se  fruissero  d'un'intera  liberta,  e  di  una  eguale  condizione 
e  legislazione,  i  cattolici  crescerebbero  assai  di  piu.  Ma,  dopo  la  malau- 
gurata  Riforma  i  cattolici  della  Germania  hanno  sopportato  ben  altri 
danni.  Al  tempo  della  riforma,  e  durante  le  guerre  suscitate  dai  principi 
protestanti,  costoro  furon  sempre  aiutati  dallo  straniero  :  Olanda,  In- 
ghilterra,  Danimarca,  Svezia  e  Francia  specialmente.  I  Turchi  li  gio- 
varono  per  indiretto  col  muover  guerra  all'  Imperatore  Romano  e  Te- 
desco,  e  ponendo  assedio  a  Yienna,  nel  1529  e  nel  1683.  Senza  1'  aiuto 
continuato  dello  straniero,  il  protestantesimo  non  sarebbesi  mai  am- 
piamente  dilatato,  sarebbesi  anzi  ridotto  a  meschina  minoranza.   Per 
il  trattato  di  Yestfalia,  dettato  da  Francia  e  Svezia,  i  principi  acqui- 
starono,  in  forza  dell'  aforisma  «  cuius  regio  eius  religio  »  1'  orrendo 
dritto  d'  imporre  la  propria  religione  a  tutti  i  loro  sudditi.  E  siccome 
quei  principi    eran    quasi    tutti    protestanti    ed   avidi   dei  beni  della 
Chiesa,  soppressero  il  cattolicismo  con  quanti  mezzi  potevano   usare. 

1  principi   cattolici,  per   la   maggior   parte  Vescovi  o  abbati  mitrati, 
furono  generalmente  piu  miti,  e  convertirono  i  loro  sudditi  protestanti 
per  via  della   persuasione.    Allorquando  i  principi-elettori  e  gli  altri 
principi  ecclesiastici  rappresentarono  una  potenza  politica,  le  elezioni 
dei  Yescovi  divennero  un  negozio  politico,  nel  quale  s'  intromettevano 
i  principi  protestanti  ed  anche  le  potenze  straniere.  Cosi  accadeva  di 
frequente  che  i  principi-Yescovi   erano   uomini  mondani,  pastori  ne- 
gligenti,   appartenevano   alle   famiglie   regnanti  e  secondavano  i  loro 
interessi.  II  febronismo   ed   altri   errori  li  pervertirono  a  segno  tale, 
che  nello  scorso  secolo  i  tre  principi-elettori  (di  Colonia,  Magonza  e 
Treviri)   ed  il  principe-Arcivescovo   di   Salisburgo   divi&arono  di  isti- 


366  CRONACA 

tuire  una  Chiesa  nazionale  indipendente  da  Roma.  L'uragano  politico 
sui  primordii  del  secolo  presente  fece  sparire  i  principati  ecclesiastic!, 
ma  nello  stesso  tempo  anche  i  300  principi  sovrani  della  Germania 
furono  ridotti  ad  una  trentina,  e  di  poi  ne  sono  spariti  parecchi.  I 
territorii  cattolici  furono  dati  per  la  maggior  parte  a  principi  prote- 
stanti,  perche  altri  non  ce  n'eran  piu,  tranne  1' Austria  e  la  Baviera. 
Queste  due  potenze,  imbevute  di  giuseppismo  e  di  febronismo,  falli- 
rono  interamente  al  debito  loro,  non  proteggendo  i  cattolici  dalle  in- 
giustizie  de'  lor  novelli  signori  protestanti.  Conculcando  i  trattati  e  le 
loro  solenni  prouiesse,  in  virtii  dei  quali  e  delle  quali  i  cattolici  do- 
vevano  rimanere  possessori  di  tutti  i  loro  beni,  di  tutti  i  loro  istituti 
religiosi  e  scolastici,  come  altresi  dei  loro  diritti,  delle  loro  liberta 
e  franchigie,  i  principi  protestanti  hanno  continuato  sempre  a  violare 
i  diritti  e  le  proprieta  dei  cattolici,  a  diniegar  loro  di  sovente  il  li- 
bero  esercizio  del  proprio  culto,  ed  a  perseguitare  o  sbandire  gli  Or- 
dini  religiosi.  L'Austria  e  la  Baviera  non  hanno  mosso  un  dito,  non 
hanno  fatto  neppure  qualche  rimostranza  a  Berlino,  quando  il  governo 
prussiano  incarcerava  i  vescovi  nel  1840,  toglieva  ai  cattolici  chiese, 
scuole  e  beni  ecclesiastici.  C'e  da  stupire  che  1'Austria  abbia  per- 
duto  autorita  ed  influenza  rispetto  alia  Germania?  II  turbine  del  1848 
introduceva  il  costituzionalismo  in  tutta  la  Germania,  che  se  n'era 
cansata  fin  allora.  I  cattolici  se  ne  giovarono  per  ingaggiare  la  lotta 
per  il  bene  nei  Parlamenti.  Ottennero  parecchi  vantaggi,  specialmente 
il  libero  esercizio  del  proprio  culto  nelle  con  trade  protestanti,  ove 
dianzi  erasi  loro  vietato,  contro  ogni  buon  diritto.  Ne  senti  pure  gio- 
vamento  la  popolazione  cattolica,  che  si  venne  accrescendo  in  modo 
da  emulare  il  progresso  de1  protestanti.  L'unione  della  Germania  non- 
austriaca  nel  1871  ha  prodotto  anche  1'unione  di  tutti  i  cattolici  per 
la  tutela  de'  proprii  diritti.  II  Kulturkampf  che  mirava  di  proposito 
a  distruggere  il  cattolicismo,  separando  i  cattolici  da  Roma  papale, 
e  loro  imponendo  reggitori  e  principi  protestanti,  ha  fallito  la  prova 
urtando  coatro  1'opposizione  incrollabile  de'  cattolici  radunati  sotto  il 
vessillo  del  Centro.  Essi  riconobbero  la  propria  condizione;  sanno  che 
lor  fa  d'uopo  tenersi  del  continue  sugli  spaldi  minacciati  e  percossi 
per  difendere  quanto  hanno  caro.  Sanno  che  posseggono  nel  Centro  e 
nel  Reichstag  istituti  opportuni  a  siffatta  difesa,  non  meno  che  alia 
ricostituzione  della  societa  e  delle  pubbliche  istituzioni  su  cristiane 
fondamenta.  Hanno  gia  conseguito  per  questo  risguardo  qualche  buon 
effetto,  perche  le  preoccupazioni  ispirate  dal  socialism©  e  dalle  dot- 
trine  rivoluzionarie  hanno  fatto  risolvere  parecchie  volte  i  nostri  fra- 
telli  dissidenti  e  finanche  i  governi  a  secondare  gli  sforzi  de'  catto- 
lici. La  guerra  del  1866  fece  scomparire  in  Germania  cinque  Stati 
protestanti,  cioe  lo  Schleswig-Holstein,  1'Annover,  1'Assia  elettorale,  il 


CONTEMPORANEA  367 

Nassau,  e  Francoforte;  ed  ora  parecchie  dinastie  protestanti,  in  ispe- 
cie  Baden  ed  Oldemburgo,  son  presso  ad  estinguersi.  Nel  Wurtem- 
berg  il  ramo  cattolico  sta  per  sottentrare  a  quello  protestante ;  i  Ee 
di  Sassonia  sono  cattolici  da  un  secolo  in  qua.  La  scomparsa,  ed  an- 
che  il  cangiamento,  delle  dinastie  protestanti  rileva  assai,  perche  il 
protestantesimo  e  un  tornaconto  del  governo  e  in  peculiar  modo  della 
famiglia  regnante.  Le  dinastie  protestanti  traggono  la  propria  forza, 
come  1'origine  della  loro  potenza  politica,  dal  protestantesimo  che 
conferisce  loro  1'autorita  spirituale.  Ond'e  cite  ogni  Stato  ha  una 
Chiesa  tutta  propria  e  territoriale,  che  viene  colpita  ed  alterata  dal 
mutarsi  quella  dinastia  che  le  diede  nascimento.  I  varii  rivolgimenti 
politici  da  un  secolo  omai,  la  scomparsa  delle  dinastie  protestanti 
hanno  dunque  scon volto  e  percosso  anche  il  protestantesimo.  Le  tante 
sue  Chiese  territorial!  sono  sparite  o  si  sono  grandemente  modificate 
per  la  loro  fusione  sotto  le  nuove  signorie.  Luteranismo  e  calvinismo 
sonosi  confusi,  amalgamate  a  profitto  delle  dottrine  razionaliste  e  della 
incredulita ;  perocehe  i  dogmi  sono  diventati  instabili,  hanno  perdu  to 
le  loro  precise  definizioni;  di  presente  nelle  facolta  di  teologia  pro- 
testante signoreggia  1'  insegnamento  razionalista,  che  a  volte  rasenta 
altresi  1'ateismo  e  il  panteismo.  Ad  ogni  modo,  oggi  sta  sul  tappeto 
la  negazione  de'  principali  dommi  cristiani  e  persino  della  divinita 
del  Eedentore.  In  alcune  di  tali  facolta  non  esiste  piu  alcun  docente 
che  abbia  conservato  la  fede  in  Cristo.  Laonde  e  a  stupire  davvero 
che  la  maggior  porzione  del  popolo  protestante  sia  rimasta  credente 
a  tal  segno,  che  dei  pastori  razionalisti  veggonsi  costretti  ad  inse- 
gnare  1'ortodossia.  Dunque  il  protestantesimo  e  gravemente  scosso,  e 
piu  lo  sara  col  volgere  del  tempo.  Non  pu6  evitarsi  che  v'abbiano 
altresi  dei  cattolici,  traviati  dalla  corrente  d' incredulita  del  protestan- 
tesimo. 

D'altro  canto,  le  anime  elette  che  riescono  a  vincere  i  pregiudizii 
insegnati  a  tutti  i  protestanti  dalla  loro  educazione,  riconoscono  in- 
teramente  la  prevalenza  del  cattolicismo  e  specialmente  della  sua 
azione  sociale.  «  Bisognera  che  un  qualche  dj  torniamo  tutti  al  cat- 
tolicismo »  disse  un  giorno  il  maresciallo  Moltke,  1'  illustre  generale 
supremo  di  Guglielmo  I,  e  per  giunta  scrittore  de' piu  valenti.  «  Se 
un  di  1'Imperatore  diventera  cattolico,  tutta  la  nobilta  (circa  cento- 
mila  persone)  e  molti  altri  seguiranno  1'esempio  di  lui.  »  Cosi  ebbe 
gia  ad  accertarmi  un  vecchio  gentiluomo  della  Pomerania,  che  am- 
mirava  il  cattolicismo,  dacche  aveva  imparato  a  conoscerlo  per  lunga 
dimora  fatta  da  lui  nella  Prussia  renana.  Naturalmente  questo  e  sol- 
tanto  un  indizio ;  ma  non  si  dee  dimenticare  che  il  protestantesimo 
fu  sempre  faccenda  de'  principi,  seme  di  scissura  e  disfacimento  na- 
zionale  ;  che  nacque  e  s'  ingrandi  solo  in  opposizione  all'  Impero, 


368  CRONACA 

rappresentante  1'unione  e  la  grandezza  della  Germania,  il  carattere  e 
le  tradizioni  storiche  di  essa.  Anche  adesso  il  cattolicisrao  rappresenta 
1'unita  nazionale ;  il  Centre  6  il  solo  partito  che  rappresenti  tutte  le 
parti  della  Germania,  tutti  i  ceti  e  tutti  gl'  interessi  sociali.  Rinsal- 
dare  e  dilatare  il  cattolicismo   in    Germania  e  far    saldo    1'  Impero. 
Dacch6  i  cattolici  tedeschi  furono  ridotti  alle  sole  loro  forze,  ne  piu 
ebbero  a  temere  le  pastoie  di  certi  governi,  han  saputo  difendere  con 
buon  esito  i  loro  diritti.  Essi  sperano  fermamente  di  ottenere  anche 
di  piu,  vale  a  dire  1'  intera  liberta  della  Chiesa  e  il  libero  esercizio 
d'ogni  loro  diritto.  Bisogna  fare  i  conti  con  una  minoranza  di  19  mi- 
lioni  (sopra  52)  d'  anime  in  un  paese  attorniato  da  poderosi  nemici ; 
e  minoranza,  che  non  ha  fallito  mai   alia  fedelta  ne  ai  doveri  poli- 
tici,  e  che  adesso,  per  opera  del  Centro,  e  divenuta  il  fulcro,  la  base 
del  reggimento  costituzionale.  II  tema  mi  trascina  un  po'  lontano.  Ma 
il  ricordo    dell'  antica    Germania  e  vivissimo    fra'  cattolici  di  questo 
paese.  Merce  1'antica  Germania,  furono  conquistate  alia  Chiesa  e  pre- 
«ervate  dallo  scisma  le  province    baltiche,  la  Polonia,   la  Boemia  ed 
altri  paesi  scandinavi  e  slavi,  specialmente  poi  1'  Ungheria  :  la  Ger- 
mania soggiogo  e  ridusse  al  nulla  la  potente  setta  degli  Ussiti.  Essa 
fermo  e  annichili  le  orde  mongole  e  tartare,  che  minacciavano  d'  ina- 
bissare  1'  Occidente  cristiano.  Pose  fine  alle  invasion!  degli  Ungari  e 
It  rese  cristiani  e  li  affranco  dal  giogo   turchesco.  Sotto  le  mura  di 
Vienna,  di  Gran,    di  Belgrade  fu  infranta  dall'arnii  tedesche  la  po- 
tenza  turca.  Senza  gli  assalti  continui  di  Luigi  XIV  sul  Reno,  gl'  im- 
periali  avrebbero  (nel  1684  e  poscia  ancora)   proseguita  la  loro  glo- 
riosa  marcia  ftno  a  Costantinopoli.  L'  ostilita  della  Francia  impedi  agli 
Imperatori  della  Casa  d'Austria,  di  trarre  profitto  dalle  loro  vittorie 
contro  i  Turchi ;  d'allora  in  poi  la  Russia  scismatica  e  quella  che  si 
vantaggia   dell'  impotenza  a  cui  le  armi   del   Sacro  Impero  ridussero 
la  Turchia.  Se  un  di  la  Croce,  non  quella  scismatica,  coronera  Santa 
Sofia,  se  un  di  la  Chiesa  orientale  si  riconciliera  con  Roma,  di  questo 
avvenimento  dovra  sapersi  grado  all'efficace  cooperazione  dell' Austria 
e  della  Germania,  che  sono  i  due  imperi  nati  dal  Sacro  Impero.  Sel 
sanno  bene  i  cattolici  tedeschi,  conoscono  qual  d  il  compito  loro  nel 
mondo  ;  neppur  quelli  stabilitisi  in  America  1'  hanno  dimenticato,  e 
cola  negli  Stati    Uniti    sono    divenuti  i  campioni    della    causa   della 
Chiesa,  ed  hanno  chiesto  gia   una  volta  al  Presidente  di  accamparsi 
a  pro  dei  diritti  e  della  indipendenza    del   Papa.    Ben    conosceva  il 
grande  S.  Ignazio  1'importanza  pel  cattolicismo  della  Germania,  pro- 
tettrice  della   Chiesa  e  del  Papa  durante   un  millennio,  imponendo 
speciali  doveri  verso  di  essa  ai  membri  della  Compagnia  di  Gesu. 

Eccovi  alquante  noterelle   inattese,  che  si  connettono  ad  alcuni 
dati  statistici,  i  quali  rendono  testimonianza  della  indistruttibile  vi- 


CONTEMPORANEA  369 

talita  di  un  popolo  cattolico,  fatto  bersaglio  di  frutti  mai  gli  svaB- 
taggi  da  quasi  quattro  secoli,  tin  popolo  che  seguita  a  porgere  co- 
spicui  servizii  alia  Chiesa  e  a  tutte  le  cause  buone.  II  suo  esempio 
fu  imitato  specialmente  in  Austria,  ove  i  cattolici  hanno  acquistato 
la  maggioranza  nel  Consiglio  municipale  della  capitale  ed  in  parec- 
chie  diete.  La  Germania  mandd  piu  di  2000  sacerdoti  negli  Stati 
Uniti,  e  cola  sono  coadiuvati  da  altri  mille  sacerdoti  tedeschi  gia  nati 
e  cresciuti  in  quella  grande  Repubblica  americana.  Nelle  altre  parti 
dell'America  v'ha  parecchie  centinaia  di  sacerdoti  ed  alquanti  vescovi 
nativi  di  Germania.  Inoltre  si  deve  computare  un  migliaio  di  mis- 
sionarii  tedeschi,  per  gran  parte  membri  di  Corporazioni  religiose  re- 
sidenti  all'  estero :  in  questo  numero  non  si  comprendono  i  cinque- 
cento  gesuiti  tedeschi  per  adesso  sbanditi.  ~Vi  sono  ancora  parecchie 
migliaia  di  monache  tedesche,  sparse  in  ogni  parte  del  mondo. 

4.  Ne'  giorni  17  e  19  novembre  il  Reichstag  discusse  1'interpel- 
lanza  Munckel  sul  duello  nell'esercito  e  suH'omicidio  commesso  dal- 
1'ufficiale  Brusewitz  in  persona  di  un  cittadino.  II  ministro  per  la 
guerra  sig.  Gossler  non  ebbe  fortima   cercando  di  difendere  il  Bru- 
sewitz e  di  aggravare  la  condizione  della  sua  vittima,  come  pure  a 
rivendicare  una  maniera  speciale  di  onore  per  gli  ufficiali  dell'eser- 
cito.  Gli  fu  data  la  riprova  che  il  Brusewitz   era   stato   un   soggetto 
abbastanza  tristo,  e  che  i  duelli  che  diconsi  divisati  a  vendicar  1'onore 
degli  ufficiali,  erano  spesse  volte  provocati  da  cause  che  non  hanno 
nulla  di  onore  vole.  Tranne  i  conservatori  protestanti,  il  Reichstag  fu 
pressoche  unanime  nel  riprovare  il  duello  e  quelle  che  voglionsi  ap- 
pellare  «  question!  d'onore  » .  II  canceliiere  prometteva  una  ordinanza 
regia,  intesa  a  scemare  di  molto  i  duelli  degli  ufficiali.  Questa  ordi- 
nanza infatti  5  coraparsa  il  1°  gennaio  di  quest'anno  1897 ;  essa  pre- 
scrive  anzitutto  agli  ufficiali  di  appellarsi  sempre  ai  comitati  d'onore 
e  di  attenersi  alle  loro  deliberazioni.  Ma  io  reputo  che  a  scemare  il 
numero  dei  duelli  giovera  anche  di  piu  la  severa  riprovazione  di'certi 
fatti  e  geste   degli   officiali,  da  parte  della  pubblica  opinione  e  del 
Reichstag. 

5.  II  Centre,  vale  a  dire  i  cattolici,  hanno  riconquistato  il  seggio 
di  Magonza,  mediante  una  elezione  complementare,  al  Reichstag.  Spe- 
rano  ancora  di  guadagnare  il  seggio  di  Donaueschingen,  rimasto  va- 
cante  per  la  morte  del  principe  (inediatizzato)  Egone  de'  Fiirstenberg. 
Questo   principe,  sebbene    cattolico,    erasi   fatto    bismarkista,  e  non 
dava  alcun    aiuto    alia    causa    cattolica.  II  suo   immense    patrimonio 
(fra'  400  e  500  milioni)  passa  ad  un  suo  nipote.  Nelle   elezioni  mu- 
nicipali  della  Baviera  i  cattolici  sono  andati    molto  innanzi  in  varie 
citta,  specialmente  poi  a  Monaco,  dove  sperano  di  conseguire  la  mag- 
gioranza al  prossimo  rinnovamento  parziale.  Allora  toglieremo  certa- 

Serie  XVI,  vol.  JX,  fuse.  1119.  24  30  gennaio  1897. 


370  CRONACA 

mente  i  due  mandati  del  Reichstag  ai  socialist!,  che  li  ebbero  con- 
quistati  solamente  merce  il  concorso  dei  liberali  e  finanche  degli 
official!  dello  Stato.  Secondo  1'ultimo  censimento,  in  Berlino  ci  sono 
155,000  cattolici  (sopra  1,670,000  anime),  e  nel  1890  non  erano  che 
135,030 ;  aggiuntivi  i  dintorni  della  citta,  i  cattolici  sono  200,000. 
II  Brandeburgo,  con  Berlino,  ha  273,650  cattolici,  ossia  piu  di  molte 
diocesi.  Per  mala  ventura  le  chiese  e  i  sacerdoti  sono  ancora  in  nu- 
mero  troppo  scarso,  bench&  grandi  sforzi  si  sieno  fatti  in  questi  ul- 
timi  anni. 

6.  Addi  26  decembre  mori  in  Berlino  il  professore  Dubois-Eeymond, 
nato  nella  stessa  citta  1'anno  1818.  Egli  6  stato  certamente  un  de'  primi 
naturalist!  del  nostro  secolo,  e,  quel  che  torna  a  peculiare  suo  merito, 
uno  scienziato  sincero  che  lealmente  confessava  la  scienza  essere  impo- 
tente  a  risolvere  molte  questi oni.  II  suo  discorso  intorno  ai  sette 
enimmi  del  mondo  (die  sieben  Weltraethsel),  proferito  da  lui  all'Acca- 
demia  di  Berlino  1'  8  luglio  1880,  suscitd  varie  dispute.  Le  sette  que- 
stioni  che  la  scienza  naturale  non  sa  risolvere,  son  queste :  la  sostanza 
(modo  d'essere,  qualita)  della  materia  e  della  forza;  1'origine  del 
moto  ;  1'origine  della  vita ;  1'armonia  e  la  conformita  (rispondenza  al 
suo  scopo)  del  sistema  della  natura;  1'origine  della  sensazione ;  1'ori- 
gine del  pensiero,  del  ragionamento ;  il  libero  arbitrio.  Ignorabimus 
rispose  chiaro  e  tondo  il  Dubois-Eeymond  a  questi  quesiti,  pur  re- 
cando  certe  definizioni.  E  innegabile  che  questo  scienziato  rese  gran 
servigio  alia  causa  del  sovrannaturalismo,  alia  fede,  confessando  di 
tal  guisa  1'  impotenza  di  quella  scienza  umana,  ond'era  maestro.  Se 
avesse  avvicinato  persone  di  buona  fede,  scienziati  cattolici,  6  proba- 
bile  che  avrebbe  dischiuso  Tanimo  ad  accogliere  il  Vangelo. 

OLANDA  (Nostra  Corrispondenta).  1.  I  programmi  dell' Unione  liberate  e 
della  parte  cattolica.  —  2.  Qualita  del  programma  dei  cattolici.  —  3.  Con- 
cordia  dei  deputati  cattolici  e  cooperazione  dei  Vescovi.  —  4.  Cattedra 
di  filosofia  tomistica  in  Amsterdam  e  societa  di  student!  cattolici  in 
Amsterdam,  Leida,  Utrecht  e  Groninga. 

1.  II  fatto  principalissimo  che  &  avvenuto  nel  campo  politico  dopo 
1' ultima  mia  Corrispondenza,  si  e  la  pubblicazione  da  parte  dei  no- 
stri  deputati  cattolici  di  un  programma  che  varra  di  base  per  1'azione 
durante  il  periodo  iniziatosi  dalla  nuova  legge  elettorale,  onde  vi  scrissi 
1'altra  volta.  Questa  legge  varia  di  molto  il  corpo  elettorale  e  segna- 
tamente  per  questo  capo,  che  quind'  innanzi  sara  chiamato  alle  urne 
ancora  il  quarto  stato.  Per  la  qual  cosa  tutte  le  fazioni  politiche  si 
sono  date  ad  un  nuovo  assetto  dei  loro  elettori,  massime  nelle  citta 
grandi,  che  da  distretti  accoppiati  si  sono  trasmutate  in  piu  distretti 
separati  1'uno  dall'altro.  Nella  stessa  occasione  i  varii  partiti  sonosi 


CONTEMPORANEA  371 

accinti  a  redigere  un  programma,  che,  ove  sia  possibile,  ponga  fine 
alia  scissura  da  parecchi  anni  esistente  nelle  fazioni  politiche.  Prima 
a  redigere  cotal  programma  e  stata  1'Unione  liberate;  e  la  parte  cat- 
tolica  e  stata  presta  a  contrapporvi  il  proprio.  Gia  da  gran  pezza  i 
diarii  cattolici  se  n'eran  dato  pensiero ;  e  quelli  fra  loro  che  preten- 
dono  di  veder  meglio  le  cose  degli  altri  non  hanno  .mancato  di  pro- 
porre  parecchi  punti  che  a  senno  loro  debbono  inserirsi  nel  programma. 
Di  qui  e  nata,  come  suol  avvenire,  una  lotta  accanita,  che  potea  durare 
lungamente  ancora,  se  i  deputati  cattolici  non  avessero  tolto  di  mezzo 
codeste  discussioni  pubblicando  il  loro  programma.  Questo  intervento 
dei  nostri  deputati  non  andava  a  sangue  a  taluna  di  quelle  gazzette, 
perche,  a  detta  loro,  i  deputati  sono  mandatarii,  che  non  hanno  di- 
ritto  di  parlare  in  nome .  de'  proprii  elettori ;  questo  principio  e  cer- 
tamente  vero  nella  sostanza,  ma  nelle  presenti  condizioni  della  parte 
cattolica  in  Olanda  non  puo  attuarsi.  II  dissidio  vigente  ancora 
fra  i  cattolici,  tre  mesi  fa,  lasciava  prevedere  che  essi  non  sareb- 
bero  stati  concordi  nemmeno  sui  punti  principalissimi  della  loro 
azione  politica.  Se  pertanto  volevasi  ricostituire  1'unione  antica,  era 
assolutamente  necessario  che  una  iniziativa  assai  gagliarda  e  spiccata 
tentasse  di  radunare  le  disperse  forze;  e  non  v'ha  dubbio  che  i  de- 
putati cattolici  sieno  le  persone  piu  capaci  e  piu  autorevoli  da  assu- 
niersi  cotale  iniziativa.  Innanzi  tratto  questi  deputati  non  sono  sol- 
tanto  mandatarii,  ma  si  ancora  uomini  di  stato,  che  median te  una 
esperienza  piu  o  meno  diuturna  hanno  acquistato  tal  pratica  delle 
faccende  politiche,  che  meritevoli  li  fa  di  essere  ascoltati  e  seguiti. 
Poi  questi  deputati  meglio  d'ogni  altro  conoscoao  l'opinamento  dei 
loro  elettori,  mentre  questi,  ove  non  garbi  loro  il  programma,  pos- 
sono  nelle  successive  elezioni  mandare  alia  Camera  un  altro  deputato. 
Ma  siffatta  protesta  non  si  e  sentita  finora.  D'ogni  lato  i  cattolici 
hanno  lodato  altamente  ed  approvato  il  programma,  e  i  diarii  catto- 
lici, quelli  finanche  mostratisi  dappVima  contrarii  alia  pubblicazione 
di  un  programma  da  parte  dei  deputati,  vi  hanno  data  la  loro  ap- 
provazione,  salvo  qualche  rimostranza  per  giustificare  il  loro  contegno 
precedente. 

2.  II  programma  pubblicato  non  e  quel  che  suol  dirsi  un  pro- 
gramma di  azione,  i  cui  patti  saranno  di  mano  in  mano  proposti 
alia  Camera.  Esso  designa  soltanto  in  generale  i  desideri  dei  catto- 
lici in  fatto  di  politica  sociale  e  religiosa.  A  seconda  che  le  circo- 
stanze  sieno  piu  o  meno  propizie  ad  effettuare  questi  desiderii,  il  pro- 
gramma servira  di  base  a  formulare  disegni  di  legge,  proposte  e  via 
dicendo.  Non  occorre  dirvi  che  il  programma  ha  schiettamente  una 
impronta  cattolica.  I  deputati  cominciano  dal  dichiarare  che  professano 
e  propugnano  quanto  ha  professato  la  S.  Sede  sulla  costituzione  dello 


372  CRONACA 

Stato,  sull'origine  e  competenza  dell'autorita,  e  sui  doveri  dei  principi 
e  dei  popoli.  Ripudiano  cid  che  e  ripudiato  dal  Sillabo,  ed  ammet- 
tono  quanto  si  contiene  nelle  Encicliche  Quanta  aura  ed  Immortale  Dei. 
Per  quel  che  concerne  la  questione  sociale,  rigettano  il  socialismo  e 
le  sue  funeste  dottrine,  ed  affermano  che  la  religione,  la  famiglia  e 
la  proprieta  sono  le  basi  sulle  quali  Dio  ha  istituita  la  societa.  Per 
la  qual  cosa  lo  Stato  deve  guarentire  il  riposo  domenicale,  diminuire 
il  lavoro  delle  donne  e  dei  fanciulli,  e  lo  smodato  lavoro  degli  uomini 
adulti ;  porre  norma  al  pagamento  delle  mercedi ;  provvedere  a  met- 
tere  al  sicuro  gli  operai  dalle  infermita,  dalle  disgrazie,  dalla  vec- 
chiezza;  e  procacciare  in  cotal  modo  che  1'operaio  abbia  dimore  sane. 
Per  risguardo  all'insegnamento,  tengono  saldo  il  principio  che  1'edu- 
cazione  e  dovere  dei  genitori.  Vogliono  che  1'eguaglianza  di  diritti, 
introdotta  dalla  pacificazione  del  1829  (benche  perd  non  dappertutto 
avvenuta)  sia  estesa  non  pure  aH'insegnarnento  elementare,  ma  ben 
anche  all'insegnaraento  medio  e  superiore.  Laonde  chieggono  che  gli 
attestati  di  capacita  rilasciati  dai  ginnasii  privati  debbano  valere 
come  quelli  dati  dagli  istituti  dello  Stato,  e  che  1'  esame  finale 
dei  singoli  ginnasii  privati  sia  regolato  dai  rispettivi  docenti,  alia 
presenza  di  un  ispettore  dello  Stato.  Inoltre  il  programma  domanda 
che  le  religioni  riconosciute  dallo  Stato  debbano  avere  diritto  di  isti- 
tnire  cattedre  proprie  nelle  Universita  dello  Stato.  Quanto  all'eser- 
cito,  i  nostri  deputati  si  chiariscono  propensi  a  risparmio  sulle 
spese  militari,  ma  domandano  che  si  dia  una  tal  quale  indennita  a 
quei  militi  che  piu  o  meno  possono  riputarsi"qual  sostegno  de'  loro 
genitori.  Del  rimanente,  tengono  fermo  il  diritto  dell'autorita  di  pu- 
nire  colla  pena  capitale,  proclamano  la  protezione  dell'  agricoltura  e 
dell'industria,  la  reintroduzione  dei  privilegi  e  la  protezione  delle  Mis- 
sioni  cattoliche  nelle  colonie.  In  fine  del  programma  i  nostri  depu- 
tati dichiarano  di  lamentar  sempre  1'abolizione  della  legazione  presso 
la  S.  Sede,  e  dicono  che  faranno  ogni  lor  possa  per  ricostituirla  non 
si  tosto  le  circostanze  si  porgano  propizie  all'uopo.  Tali  sono  i  punti 
precipui  che  il  programma  contiene.  E  in  generale  pud  dirsi  che  ccn- 
tiene  abbastanza  ammcdo  le  idee  e  i  desiderii  del  popolo  cattolico, 
sebbene,  a  dir  vero,  molti  di  noi  avrebbero  bramato  che  certi  punti 
fossero  piu  perspicui :  molti  certamente  avrebbero  desiderate  che  dai 
deputati  si  fosse  richiesta  apertamente  la  reintroduzione  della  pena 
capitale  e  1'abolizione  della  leva  militare.  Yero  e  che  i  pesi  per  que- 
st'ultima  non  sono  molto  gravi,  ma  la  manifestazione  di  questo  de- 
siderio  avrebbe  gi£  una  certa  efficacia,  siccome  protesta  costante  dei 
cattolici  contro  1'  iniqua  legge,  che  tuttora  ci  rimane  qual  lascito  del- 
1'eredita  napoleonica.  In  quanto  all'altro  capo,  la  reintroduzione  cioe 
della  pena  capitale,  ingiustamente  abrogata,  essa  avrebbe  senza  dubbio 


CONTEMPOR ANE A  373 

maggior  probabilita  di  riuscita,  specialmente  perche  i  molti  omicidii 
patrati  in  quest!  ultimi  tempi  in  varie  contrade  del  paese,  hanno  di 
bel  nuovo  rimessa  in  campo  tale  questione,  e  certo  si  va  sempre  piu 
estendendo  la  protesta  contro  1'abrogazione  di  quella  pena.  Un'altra 
questione,  molto  discussa  fra'  cattolici,  comunque  per  se  non  atti- 
nente  agl'  interessi  religiosi,  e  la  questione  della  protezione  ovvero 
del  libero  scambio. 

Per  quel  che  concerne  1'agricoltura  i  cattolici  sono  generalmente 
concordi  nel  riputare  preferibile  la  protezione  al  libero  scambio ;  ma  non 
vanno  peranche  d'intesa  rispetto  all'industria.  E  a  dir  vero  questo 
dipende  molto  dall'indole  dell'industria,  dalla  regione  in  cui  si  eser- 
cita,  e  da  parecchie  altre  circostanze.  Per  questo  appunto  il  dottor 
Schaepman,  uno  de'  nostri  onorandi  sacerdoti  deputati,  ha  dichiarato, 
dopo  promulgato  il  suddetto  programma,  che  rispetto  a  tale  questione 
non  vuole  affatto  legarsi  le  mani.  Questa  dichiarazione  ha  fatto  sor- 
gere  qualche  timore  per  risguardo  all'obbligo,  che  i  deputati  assun- 
sero  nel  sottoscrivere  il  programma ;  ma  non  crediamo  che  ci  sia  qui 
ragione  d'intimorirsi.  Non  e  impossible  che  piu  innanzi  si  presentino 
questioni  industrial!,  in  cui  il  libero  scambio  apparira  piu  confacente 
della  protezione.  In  tal  caso  con  tutta  ragione  i  deputati  avranno  a 
scostarsi  dal  principio  di  protezione  dichiarato  nel  loro  programma;  e 
sebbene  il  dottor  Schaepman  abbia  gia  spesse  volte  fatto  maravigliare 
ed  anche  rattristato  i  cattolici  pe'  suoi  opinamenti,  che  non  eran  quelli 
di  parecchi  suoi  colleghi,  1'onorevole  deputato  e  tanto  ragionevole  e 
vede  si  chiaro,  che  non  puo  volere  al  ogni  costo  il  libero  scambio. 
Certo  non  v'e  poi  da  mettersi  in  timore  sulla  omogeneita  dei  depu- 
tati cattolici,  rispetto  agli  altri  punti  del  programma. 

3.  La  concordia  loro  non  lascia  fin  qui  nulla  a  desiderare,  ed  appunto 
il  dottor  Schaepman  e  quegli  che  molto  si  adopera  a  rassodare  la  con- 
cordia fra  gli  elettori.  Egli  tiene  conferenze  in  parecchie  citta  sul  nuovo 
ordinamento  elettorale  richiesto  dalla  nuova  legge  per  le  elezioni,  e 
che  soprattutto  nelle  citta  grandi  va  irto  di  molte  difficolta.  Pertanto 
in  parecchie  citta  si  e  posto  mano  all 'opera  di  guisa  che  pud  dirsi  che 
la  condizione  della  parte  cattolica  va  migliorando  ogni  di  piu,  e  che 
alle  prossime  elezioni  eglino  formeranno  un  corpo  organizzato  benis- 
simo.  Pero  giustizia  vuole  che  si  soggiunga,  a  questo  felice  muta- 
mento  per  gran  parte  aver  contribuito  ancora  i  nostri  illustri  Yescovi. 
La  discordia  che  per  lo  passato  regnava  tra  i  cattolici,  era  ampiamente 
alimentata  dalle  discussion!  interminabili  di  alcnni  diarii  cattolici. 
Questa  lotta  accanita  avea  perdurato  gia  parecchi  anni,  con  grave 
detriments  degl'interessi  cattolici,  ed  era  a  prevedersi  che  la  pubbli- 
cazione  del  programma  darebbe  ulteriore  ampiezza  a  cotal  lotta.  Per 
questo  appunto  i  nostri  illustri  Yescovi  con  alto  senno  han  posto  fine 


374  CRONACA 

a  questi  litigii,  pubblicando  una  nota  molto  perentoria  e  precisa,  con 
cui  vietano  ai  diarii  cattolici  qualsiasi  polemica  offensiva  delle  altre 
redazioni  giornalistiche  o  dei  privati,  e  lor  raccomandano  di  lasciarsi 
condur  sempre  dalle  norme  della  prudenza  e  della  temperanza  cri- 
stiana.  Quindi  e  che  persino  le  gazzette  piu  accanite  nella  lotta  poli- 
tica  hanno  saviamente  deposto  le  armi,  di  che  usavano  a  dismisura 
contro  i  militant!  nel  lor  medesimo  campo.  Speriamo  dunque  che  la 
parte  cattolica,  la  quale,  a  cosi  dire,  si  &  ricostituita  e  rassodata,  fara 
prova  nelle  vegnenti  elezioni  di  operosita  grande  e  feconda.  Allora 
certamente  a  poco  a  poco  si  avviera  ad  ottenere  ima  grande  vittoria. 

4.  Nell'ultima  mia  corrispondenza  vi  scrissi  intorno  alle  condizioni 
della  parte  cattolica  e  di  quella  protestante  qui  in  Olanda.  Nella  stessa 
occasione  vi  tenni  disco rso  della  Universita  libera,  dai  calvinisti  eretta  in 
Amsterdam.  Qualche  settimana  di  poi,  scrissi  altra  corrispondenza  nella 
quale  facea  menzione  di  un  fatto  simile  ;  ma  per  mala  sorte  quella  cor- 
rispondenza si  smarri  per  via.  Ecco  perche  il  fatto  che  sto  per  men- 
zionarvi  adesso  *  viene  alquanto  tardi ;  ma  tuttavolta  e  d'assai  grande 
rilievo  perchS  io  ve  ne  parli;  massimamente  che  una  delle  pattui- 
zioni  del  suddetto  programma  gli  ha  dato  novella  vigoria.  La  citta  di 
Amsterdam  ha  una  Universita  che  non  dipende  dallo  Stato  come  le 
altre  che  possiede  in  numero  di  tre  ;  ma  6  istituita  e  dotata  dalla 
citta  stessa  :  questo  certamente  torna  a  grande  onore  della;  citta,1  ma 
e  un  onore  che  le  costa  molto  caro.  Aggiungi  che  i  genitori  cattolici 
non  possono  mandare  i  loro  figli  alia  detta  Universita  perch&  1'  inse- 
gnamento  che  vi  s'  impartisce,  e  generalmente  ateista  quanto  quello 
delle  Universita  dello  Stato.  Ond'  e  che  i  cattolici  di  Amsterdam 
hanno  chiesto  ed  ottenuto  licenza  di  istituire  in  questa  Universita 
una  cattedra  di  filosofia  ad  mentem  sancti  Thomae,  ed  e  tenuta  da 
alcuni  anni  con  gran  senno  e  dottrina  dal  P.  de  Groot  dei  Predica- 
tori.  Ma  da  lunga  pezza,  prima  che  si  erigesse  questa  cattedra,  i 
PP.  Gesuiti  avevano  istituito  ad  Amsterdam  un'  accolta  di  giovani, 
che  piu  innanzi  si  muto  in  societa  di  studenti  cattolici,  col  nome  di 
Geloof  en  Wetetiscfiap ;  vale  a  dire  «  Fede  e  scieuza  ».  Da  sedici  anni 
in  qua  questo  sodalizio  6  stato  retto  con  grandissima  sollecitudine  e 
pari  ingegno  dal  P.  Van  Schyndel,  gesuita.  Se  non  che,  sullo  scorcio 
dell'anno  andato  questo  Padre,  che  gia  e  molto  vecchio,  per  cagione 
di  malattia  degli  occhi,  ha  dovuto  rinunziare  al  suo  incarico.  Suo 
successore  e  il  P.  J.  Exler,  gesuita  anch'esso,  dottore  in  diritto  ca- 
nonico,  che  compi  i  suoi  studii  a  Roma;  egli,  con  pari  ingegno  e 
sollecitudine,  rechera  seco  forze  piu  giovani  e  gagtiarde  pel  compi- 
mento  del  suo  ministero.  Grandissimo  vantaggio  ritraggono  da  questo 
sodalizio  gli  studenti,  non  solo  per  le  dotte  conferenze  del  rettore  e 

1  La  Corrispondenza  porta  la  data  del  20  gennaio  1897.  —  N.  d.  R. 


CONTEMPORANEA  375 

per  le  dispute  scientifiche  del  debating-club  che  vi  e  unito,  ma  sopra 
tutto  per  la  direzione  spirituale  del  rettore,  che  pel  giovani  6  guida 
sicura  di  mezzo  ai  pericoli  che  li  attorniano.  E  si  dee  dire  che  gli 
studenti ,  come  an  che  i  loro  genitori  ed  amici,  mostrano  vivissima 
gratitudine  verso  il  rettore,  per  le  sollecitudini  ch'  egli  usa  a  loro 
vantaggio  :  di  che  si  e  avuta  splendida  prova  in  occasione  del  du- 
plice  commiato  preso  dal  P.  Van  Schyndel  dalle  sue  pecorelle,  ad 
Amsterdam  ed  a  Leida,  ove  gli  studenti  della  Universita  dello  Stato 
hanno  istituito  un  consimile  sodalizio  sotto  la  guida  dello  stesso  dotto 
sacerdote.  Non  pur  gli  studenti,  ma  sacerdoti  e  laici  d'  ogni  contrada 
lo  hanno  caldamente  ringraziato  in  queste  due  occasioni  pel  beneficio 
arrecato  alia  gioventu  studiosa.  Questi  buoni  esempii  di  solidalita  dati 
dagli  studenti  cattolici  di  Amsterdam  e  di  Leida  nan  mosso  anche 
gli  studenti  cattolici  della  Universita  di  Utrecht  a  riunirsi,  e  qui 
ultimamente  le  gazzette  hanno  dato  1'annuncio  che  gli  studenti  uni- 
versitarii  di  Groninga  hanno  gia  posto  mano  ad  opera  consimile.  Certo 
queste  cose  tutte  sono  chiaro  indizio  che  regna  fra  essi  una  propen- 
sione  delle  piu  favorevoli  a  stringersi  in  sodalizio.  Speriamo  che  questo 
conferira,  tosto  o  poi,  alia  istituzione  di  quelle  cattedre  speciali,  onde 
parla  il  programma  dei  deputati  cattolici. 

IV. 
COSE  VARIE 

1.  Fine  della  ribellione  nella  Rodesia.  —  2.  Cagioni  e  orrori  della  guerra 
matabelese.  —  3.  Congresso  di  Lione  e  1'Antisemitismo.  —  4.  Una  veg- 
gente  smascherata.  —  5.  La  siccita  e  la  fame  nelle  Indie  oriental!.  — 
6.  Statistica  dei  suicidii. 

1.  Fine  della  ribellione  nella  Rodesia.  II  12  decembre  dell'  anno 
passato  furono  ritirate  le  milizie  di  spedizione  dal  territorio  pacificato 
dei  Masciona  e  dei  Matabele  nell' Africa  orientale,  che  va  sotto  il  nome 
di  Eodesia.  Sin  dal  21  agosto  del  medesimo  anno  Cecil  Ehodes,  diede 
principio  a!le  pratiche  della  pace  coi  Matabele  Induna  con  un  tratto 
di  coraggio  si  singolare  che  piace  riferirne  in  breve  le  parti colarita. 
I  nemici  vinti  in  parecchie  battaglie  e  stremati  di  ogni  aiuto,  si  erano 
rifugiati  nei*  monti  di  Matoppo,  entro  ibrtezze  o  meglio  palizzate, 
quando  vi  si  videro  accerehiati  dall'esercito  inglese.  Allora  spedirono 
al  capo,  Cecil  Rhodes,  un  messaggero  annunziando  che  sei  dei  capi 
principal!,  i  due  principi  Nianda  e  Bidi,  fratelli  del  re  Lobengula,  e 
altri  trentaquattro  capi  dei  Matabele,  radunati  a  quattro  miglia  dal 
campo,  chiedevano  di  abboccarsi  con  lui  e  col  sig.  Colenbrander,  ma 
lontano  dalle  schiere  dei  bianchi  che  avevano  in  abbominio.  II  Ehodes 
accettd  immantinente,  e  s'  avvid  al  convegno  senza  la  scorta  che 


376  CRONACA 

gli  aveva  preparata  lo  Stato  Maggiore,  per  non  destare,  come  avvi- 
sava  il  messaggero,  sospetto  nell' adunanza.  Disarmato.  con  soli  tre 
compagni  e  con  due  immancabili  corrispondenti  di  gazzette,  si  mosse 
alia  volta  del  campo  nemico,  per  una  via  fiancheggiata  da  fittissime 
selve  e  seminata  di  profonde  fosse,  tali  da  far  temere  ad  ogni  istante 
un  agguato.  Giunti  in  vista  della  fortezza,  smontarono  e  stettero  in 
attesa  di  ci6  che  avrebbe  riferito  il  messaggero  che  era  precorso  ad 
avvisare  i  capi.  Un  silenzio  di  morte  che  regnava  da  per  tutto,  accre- 
sceva  il  timore  cagionato  dalla  presenza  di  centinaia  di  feroci  com- 
battenti.  Di  li  a  poco  fu  issata  una  bandiera  bianca  e  comparvero  i 
capi,  i  quali  ricevettero  gl'  Inglesi  in  un  semicerchio.  La  discussione 
intorno  alle  condizioni  della  resa,  duro  quattro  ore.  Alia  fine  il  capo 
Sicombo,  seguito  dagli  altri,  si  alzd  e  depose  ai  piedi  del  Rhodes  la 
zagaglia  e  il  fucile,  dicendo :  c  Noi  ci  sottomettiamo.  Noi  ci  fidiamo 
di  voi,  signer  Rhodes,  perche  voi  vi  siete  fidato  di  noi,  entrando  nella 
nostra  fortezza  senz'armi.  Se  voi  aveste  conosciuto  le  nostre  turbo- 
lenze,  mosse  dalla  polizia  indigena,  voi  le  avreste  tolte,  e  noi  non  ci 
saremmo  giammai  ribellati.  Se  il  sig.  Rhodes  rista  dal  piu  guerreg- 
giare  e  avra  cura  di  noi,  noi  non  ci  batteremo  piu.  »  Queste  parole 
furono  ad  un  tempo  la  fine  del  parlamento  e  della  guerra.  Che  1'In- 
glese  diede  per  malleveria  agl'  indigeni  la  sua  parola  che  avrebbe 
abolito  la  polizia  indigena,  cagione  di  tante  ingiustizie  e  della  ribellione. 
Cecil  Rhodes  scese  ai  primi  del  mese  di  gennaio  a  mezzodi  sino 
al  Capo,  accolto  da  per  tutto  in  trionfo,  come  salvatore  dell'aurifera 
e  vasta  colonia  inglese  che  da  lui  ha  nome.  E  ben  si  merita  si  liete 
e  onorevoli  accoglienze,  lui  che  non  ristette  mai  per  tutto  1'anno  pas- 
sato  dal  sostenere  e  incontrare  fatiche,  disagi  e  pericoli  inauditi,  per 
pacificare  e  tranquillare  gli  animi  turbolenti  dei  Cafri,  lui  che  ha  fon- 
dato  la  medesima  colonia  e  ne  procura  sollecitamente  la  prosperita 
ognora  maggiore.  Quanto  poi  alle  aperte  allusioni  ai  suoi  vagheggiati 
disegni  dell'  Impero  Sudafricano  che  il  medesimo  fece  nei  discorsi  di 
siffatte  feste,  noi  stiamo  paghi  a  riferirle  semplicemente,  senza  punto 
commentarle.  Egli  disse  in  sostanza  che  nella  lotta  aspra  delle  na- 
zioni  europee  di  tutto  occupare  in  Africa,  bisogna  far  presto  e  riunire 
con  non  interrotti  possedimenti  la  Colonia  del  Capo  al  Nilo;  esser 
tempo  percio  che  tutti  gli  Stati  sudafricani,  non  escluso'  il  Transwaal, 
si  riuniscano  sotto  un  unico  potere,  da  formare  il  grande  Impero;  a 
questo  fine  aver  lui  da  molti  anni  sempre  inteso,  operando  assai  in 
bene  della  colonia  del  Capo  e  togliendo  ai  Portogfiesi  e  a  quanti  altri 
gli  si  opponevano,  vasti  territorii ;  il  Governo  inglese  aver  dapprima 
seguito  i  suoi  disegni  (cioe  1'  invasione  del  Transwaal  nell'a.  1896)  e 
poi  essersi  malamente  ritirato.  Queste  ed  altre  parole  pronunziate  con 
forza  da  quell'uomo  rubesto,  nel  quale  tutti  riconoscono  non  comuni 


CONTEMPORANEA  377 

parti  di  operosita  e  di  sagace  discernimento  nella  amministrazione 
delle  colonie,  furono  su  quella  terra  delle  sue  lunghe  fatiche  applau- 
dite  fragorosameate ;  ma  in  patria,  in  Inghilterra,  ove  deve  ancora 
rispondere  e  soddisfare  all'opinione  pubblica  per  1'  invasione  della  Re- 
publica  Sudafricana,  recarono  a  molti  disgusto  e  impressione  incre- 
scevole. 

2.  Cagioni  e*  orrori  delkt  guerra  matabehse.  La  Rodesia  o  regione 
dei  Matabele  e  dei  Masciona,  teatro  della  ribellione,  confina  a  mez- 
zodi  col  fiume  Limpopo  che  la  separa  dal  Transvaal,  a  levante  e  a 
tramontana  coll'Africa  portoghese,  e  a  ponente  col  regno  di  Barotze 
e  col  protettorato  dei  Beciuana.  Essa  e  popolata  da  varie  tribu ;  par- 
ticolarmente  nella  parte  superiore  dai  Masciona  che  vi  ammirano  sor- 
gere  la  citta  Salisbury;  nella  parte  inferiore  dai  bellicosi  Matabele, 
tra  i  quali  fioriscono  tre  citta  Vittoria,  Guelo  e  Buluvaio,  capitale  del 
territorio.  Dall'anno  1890  appartiene  all 'Inghilterra,  la  quale  colla  sua 
Compagnia  South  African  Chartered  in  pochi  anni  vi  ha  opera  to  m'era- 
viglie  d'incivilimento  J  e  ne  sfrutta  le  miniere  e  le  folte  selve.  La 
prima  cagione  della  guerra  rodesiana  fu  1'invasione,  tentata  pochi  mesi 
prima  dal  Jameson  nel  Transvaal.  Per  raccogliere  le  sue  truppe  presso 
Mafeking,  egli  aveva  sguernito  i  posti  militari  della  polizia  a  cavallo 
che  vegliava  alia  sicurezza  del  Matabele  e  del  Masciona,  non  peranco 
addomesticati  e  docili  alle  arti  della  pace.  Coloro  che  sono  sul  luogo, 
affermano  unanimi  che  il  male  dell 'invasione  tiro  seco  1'altro  male 
della  ribellione  2.  Inoltre  la  polizia  indigena  col  suo  sgoverno  concorse 
alia  insurrezione  esacerbando  gli  animi  del  popolo  si  facili  a  accen- 
dersi  per  le  faville  malsopite  dell'incendio  della  recente  rivolta  del- 
1'a.  1894.  Subito  dopo  la  disfatta  di  Jameson,  non  mancarono  i  maghi, 
i  quali  godono  grande  autorita  presso  quei  popoli  superstiziosi,  di 
approfittarsi  della  buona  occasione  e  di  eccitare  i  loro  devoti  alia  distru- 
zione  degli  odiati  bianchi.  Si  diedero  a  cuocere  le  loro  misteriose  medi- 
cine, le  erbe,  gli  unguenti  ed  altri  simili  ingredienti,  e  dall'impasto 

1  Vedi  ser.  XVI,  vol.  VI,  pag.  507,  del  nostro  periodico  ove  sono  alt  re 
particolarita. 

'  Togliamo  le  notizie  di  questa  guerra  dalle  lettere  del  P.  Nicot  e  di 
altri  missionarii  Gesuiti  che  lavorano  in  quella  parte  della  missione  dello 
Zambese  che  risponde  alia  Rodesia.  I  buoni  Padri,  massime  i  PP.  Hartmann, 
Barth61emy,  Daignault  e  Prestage  furono  larghi  di  aiuto  e  di  soccorso  ai 
soldati  inglesi,  in  mezzo  a  mille  disagi  e  pericoli,  con  tanta  costanza  che 
tutti,  protestanti  e  cattolici,  non  rifiniscono  daU'esaltarne  la  grandezza 
d'animo,  come  si  pu6  vedere  nelle  lettere  edificanti  dei  Gesuiti  inglesi, 
Letters  and  Notes  (Manresa  Press,  Roehampton,  1896,  N.°  CXIII  seggA  Al  - 
cune  conversion!  furono  gia  il  frutto  di  queste  fatiche  che  promettono  altri 
aimili  frutti  per  la  buona  impressione  prodotta  negli  animi. 


:378  CRONACA 

della  magica  caldaia  profetizzarono  la  buona  riuscita  della  guerra.  Uno 
di  essi,  Molimo  (Dio),  pill  insigne  per  il  dono  di  vaticinare,  gli  assi- 
curo  che  tutte  le  palle  tirate  dagl'Inglesi,  sarebbero  divenute  acqua.  E 
poiche  la  mortalita  del  bestiame,  che  allora  infieriva,  fu  interpretata 
dagl'indigeni  per  una  puniaione  inandata  da  Dio  ai  Bianchi,  Molimo 
e  i  suoi  colleghi  trovarono  gran  fede  tra  i  loro  concittadini  che  gli 
ebbero  acldirittura  per  profeti  e  si  tennero  prouti  alla/ivolta.  Questa 
apparve  chiara  e  aperta  ai  priini  di  marzo.  I  poveri  minatori  e  i  coloni 
che  vivevano  in  luoghi  remoti  o  appartati  del  Matabele,  furonod'un 
tratto  trucidati  sin  oltre  cento  e  i  loro  cadaveri  si  rinvennero  orri- 
bilmente  mutilati,  tagliuzzati  e  spogli  delle  vesti.  Gli  altri  Europei 
che  poterono  scampare  per  tempo,  corsero  a  ricoverarsi,  per  avviso  e 
ordine  del  Governo,  a  Buluvaio,  a  Guelo  e  a  Vittoria.  Nondimeno  molti 
uomini,  donne  e  fanciulli,  raggiunti  nella  fuga,  ebbero  a  perdere  mise- 
ramente  la  vita  per  mano  di  quei  cannibali.  Costoro  per  isfigurare  i 
cadaveri,  li  rovesciavano  colla  faccia  su  fasci  di  paglia  secca,  che  poi 
abbruciavaiio.  Molti  poi  nella  partenza,  che  poteva  piuttosto  dirsi  una 
fuga,  hanno  perduto  tutti  i  loro  averi.  Da  per  tutto  i  rivoltosi  si  pre- 
cipitavaiio  su  i  poderi  abbandonati,  da  per  tutto  saccheggiavano,  distrug- 
gevano  e  incendiavano  tutto  cio  che  cadeva  sotto  le  loro  mani,  e  tra- 
scinavano  via  pecore,  capre  e  bovi.  Anche  le  fattorie,  i*  magazzini  e 
gli  alberghi  lungo  la  via  di  Buluvaio  e  di  Guelo  furono  saccheggiati 
e  incendiati. 

3.  Congresso  di  Lione  e  i'Antisemitismo.  Nelle  ultime  settimane 
del  novembre  si  e  tenuto  un  Congresso  della  democrazia  cristiana, 
che  ha  emesso  i  seguenti  voti:  Lo  Stato  rispettera  tutti  i  diritti  e 
le  norme  della  giustizia  scritte  nel  Decalogo;  si  adoprera  di  lena 
a  ristaurare  la  famiglia,  e  dara  aiuto  allo  svolgersi  dell'  iniziativa 
privata;  reprimera  tutte  le  manifestazioni  dell'  usura,  e  tutte  le 
oppression!  dei  deboli ;  il  piu  largo  campo  sara  lasciato  alia  dif- 
fusione  del  Vangelo  nell'  insegnamento,  si  primario  come  supe- 
riore.  II  Congresso  ha  pur  fatto  questo  voto,  che  si  costituisca  nel 
Parlamento  un  gruppo  di  deputati  cattolici  per  combattere  il  Kul- 
turkampf  francese.  Codesto  voto  e  il  piu  rilevante,  perche  in  se  com- 
prende  gli  altri  tutti.  Un  parti  to  o  gruppo,  fermamente  deliberate  a 
difendere  i  principii  cristiani  in  tutte  le  dispute  pubbliche,  a'  di  nostri 
e  al  postutto  necessario,  e,  ad  un  tempo,  di  sicura  efficacia,  qual  ne 
fanno  prova  il  Centro  in  Germania  e  il  partito  cattolico  nel  Belgio. 
Ben  1'ha  conosciuto  il  S.  Padre,  e  in  parecchie  sue  manifestazioni, 
invita  i  fedeli  a  costituire  un  consimile  raggruppamento  a  difesa  della 
fede  e  della  civile  societa.  Nelle  varie  sue  lettere  ed  istruzioni  il 
S.  Padre  diviso  il  prograrnma  dei  cattolici  e  di  tutte  le  persone  dab- 
bene.  Dunque  or  non  si  tratta  piu  che  di  adoperarsi  a  recare  ad  effetto 


CONTEMPORANEA  379 

quel  programma.  Come  il  Congresso  di  Eeims,  quello  di  Lione  si  e 
accampato  sul  terreno  degl'insegnamenti  di  Leone  XIH,  cosi  pel  ri- 
sguardo  politico  come  per  quello  sociale  e  religioso.  E  gia  dunque  un 
bell'esordio.  II  Congresso  di  Lione  aveva  una  sezione  speciale  per  la 
questione  semita,  che,  per  impulso  de'  signori  Drumont,  visconte 
d'Hugues,  Magallan  e  Giulio  Guerin,  ha  fatto  capo  a  queste  delibe- 
razioni :  abrogazione  delle  leggi  e  dei  decreti,  meree  cui  gli  ebrei  di 
Francia  e  d'Algeria  ottennero  dritto  di  cittadinanza,  ossia  parita  poli- 
tica  coi  cristiani ;  esclusione  degli  ebrei  da'  pubblici  impieghi,  dalla 
magistratura  e  dalla  camera  militare ;  esclusione  de'  fornitori  ebrei 
daU'esercito.  Si  potrebbe  fare  le  maraviglie  che  in  uno  Stato,  che 
conta  forse  125,000  ebrei  sopra  38  milioni  d'anime,  possa  avvenire  un 
moto  antisemitico,  specialmente  ancora  perche  le  nostre  popolazioni 
cattoliche  non  sono  per  niente  intolleranti.  Ma  gia,  a'  tempi  dell'Im- 
pero,  gli  ebrei  hanno  avuto  una  parte  troppo  considerevole  nell'aggio- 
taggio  sfrenato  di  quell'epoca.  I  Eothschild,  i  Pereire,  i  Mires  ed  altri 
assai  lucrarono  milioni  a  centinaia,  se  non  anche  miliardi  colla  crea- 
zione  di  ferrovie,  di  banche,  e  d'ingannevoli  societa  industriali.  Sotto 
la  Eepubblica  1'aggiotaggio  e  cresciuto  di  dieci  tanti,  sempre  a  van- 
taggio  degli  ebrei.  Fu  un  ebreo,  il  procuratore  Loewy,  quegli  che 
strozzo  I' Union  generate,  il  che  dispensava  gli  agenti  non  officiali  di 
cambio  (qui  si  chiamano  les  coulisses)  dal  pagare  i  115  milioni  che 
dovevano  a  questa  banca  bene  a'vviata,  il  cui  strozzamento  fece  per- 
dere  miliardi  alia  massa  cristiana.  Gli  ebrei  ne  trassero  lor  pro.  Nel 
fallimento  delle  miniere,  in  quello  del  Comptoir  d'escompte  ecc.,  dapper- 
tutto  ci  son  di  mezzo  ebrei.  La  faccenda  del  Panama  fu  soffocata,  ma 
non  si  da  impedire  che  tutti  risapessero,  che  gli  ebrei  Eeinach,  Cor- 
nelio  Herz,  Arton,  Oberndoerffer,  Seligmann,  Hellemann  ed  altri  ancora, 
fecero  scomparire  i  suoi  milioni  a  decine.  Le  pattuizioni  del  1883  colle 
sei  societa  ferroviarie  costeranno  certo  piii  di  un  miliardo  allo  Stato ; 
ebbene,  sono  opera  dell'ebreo  Eaynal,  di  quei  di  ministro  pel  com- 
mercio.  Insomma  da  vent'anni  in  qua  il  popolo  ha  perduto  molti  mi- 
lioni per  cagione  d'ingannevoli  intraprese  ed  affari,  che  han  fatto  ric- 
chi  gli  ebrei.  Inoltre  ci  sono  stati  altri  scandali,  mentreche  scrittori 
d'ingegno  eletto,  specialmente  il  sig.  Drumont  nella  sua  France  juive, 
hanno  assalito  gagliardamente,  si  sono  adoperati  a  svelare  quello  che 
cova  sotto  i  loschi  affari.  II  Drumont  nella  sua  Libre  parole  fa  guerra 
spietata  agli  ebrei,  come  a  tutti  gli  abusi  del  presente  reggimento. 
Da  cio  deriva  che  la  pubblica  opinione  e  messa  sull'avviso,  e  che 
1'antisemitismo  guadagna  terreno.  Peraltro  non  e  tanto  un  odio  di 
razza  e  di  religione,  quanto  un'insurrezione  contro  gli  abusi  e  contro 
lo  sfruttamento  del  popolo  da  parte  dell'alta  banca,  che  dipende  dagli 
ebrei.  Adesso,  per  esempio,  la  Camera  si  sta  occupando  di  un  disegno 


380  CRONACA 

di  legge,  che  proroga  al  1920  il  privilegio  della  Banca  di  Francia  che 
cesserebbe  nel  1897.  Or  questo  disegno,  per  cui  richiedesi  la  mag- 
gioranza,  e  stato  riveduto  da  Rothschild  e  socii,  naturalmente  a  loro 
vantaggio ;  perche  quest!  re  della  Banca,  spadroneggiano  ancora  nella 
Banque  fa  France,  servendosi  della  sua  scorta  metallica  che  adesso 
ascende  a  due  miliardi  in  oro  e  a  pi  il  d'un  miliardo  in  argento.  Non 
si  finirebbe  mai,  se  si  volessero  anche  solo  noverare  tutti  i  traffici, 
tutte  le  intraprese  che  fruttano  a  vantaggio  degli  ebrei.  D'altro  canto 
bisogna  tener  nota  che  qui  ci  sono  state  molte  conversion!  di  ebrei, 
fra'  quali  molti  uomini  d'ingegno,  che  hanno  recato  buoni  servigi  alia 
Chiesa,  anche  come  sacerdoti.  (Cosi  il  nost.ro  corrispondente  di  Francia.) 

4.  Una  veggente  smascherata.  Giova  talora  scendere  francamente  al 
fondo  delle  cose.  Per  alquanti  mesi  dell'anno  passato  (cosi  il  nostro 
Corrispondente  di  Francia)  non  si  e  parlato  di  altro  a  Parigi  che  della 
veggente  della  rue  du  Paradis,  la  signorina  Couedon ;  i  giornali  e  i  pe- 
riodici,  tra  i  quali  la  Revue  Qenerale  in  un  articolo  del  sig.  Prospero 
Saey  nel  inese  d'agosto,  anch'essi  ne  parlarono  a  lungo.  Costei  difatti 
prediceva  avvenimenti,  parecchi  dei  quali  si  sono  avverati ;  essa  sapeva 
specialmente  conoscere  la  vita  e  le  intime  cose  di  coloro  che  andavano  a 
consigliarsi  con  lei.  Ella  sosteneva  d'esser  soltanto  il  portavoce  dell'Ar- 
cangelo  Gabriele.  Siccome  la  giovane  non  e  una  zingara  di  mestiere  e 
conduce  una  vita  onesta,  anzi  cristiana,  le  sue  predizioni  commossero 
tanto  pifl  la  gente.  La  Societa  delle  Scienze  psichiche  risolse  di  affi- 
dare  ad  una  commissione  di  sei  sacerdoti  e  di  sei  medici  1'incarico 
di  prendere  a  disamina  il  caso  della  signorina  Couedon.  Dopo  le  piu 
dotte  ed  accurate  ricerche  la  Commissione  ha  conchiuso  cosi :  La  veg- 
gente e  sana  di  corpo  e  di  mente,  non  e  isterica,  ne  aifetta  da  alcuna 
malattia  fisica  o  psichica.  Molte  delle  sue  profezie  si  sono  avverate; 
non  poche  volte  ancora  essa  si  e  ingannata  della  grossa.  E  fuor  di 
dubbio  che  ella  non  puo  essere  animata  dall'Angelo  Gabriele  n&  da 
verun  altro  spirito  buono,  giacche,  parecchie  volte  si  e  espressa 
in  maniera  odiosa  per  riguardo  alia  Chiesa,  al  Sommo  Pontefice,  ed 
alle  cose  di  religione.  Essa  incoraggio  il  duello,  promettendo  all'uno 
de'  combattenti  che  ne  riescirebbe  illeso.  II  relatore  non  asserisce, 
per  prudenza,  in  modo  esplicito,  che  la  signorina  Couedon  sia  ani- 
mata da  spirito  diabolico. 

«  Non  giudichiamo  (dic'egli)  le  sue  intenzioni  buonissime,  la  sua 
condotta  che  e  cominendevole.  Occupiamoci  soltanto  di  quello  spirito 
ond'ella  dicesi  compresa  e  che  e  1'Angelo  Gabriele.  L'Angelo  non  e 
cosa  terrena  :  egli  dipende  dalla  nostra  ragione.  Quest'  angelo  com- 
muove  1'opinione  pubblica  e  turba  le  genti.  E  nostro  compito  tener 
salvo  il  pubblico  dai  pericoli  dell'errore.  Forse  la  signorina  Couedon 
£  zimbello  di  una  deplorevole  illusione.  Gomunque  sia,  e  forza  rico- 


CONTBMPORANEA  381 

noscere  una  concordanza  fra  le  sue  predizioni  e  certe  profezie,  divul- 
gatesi  da  gran  tempo  per  ogni  dove,  e  quand'  anche  1'  angelo  che  la 
ispira  fosse  un  demonio,  non  saremmo  lontani  dal  credere  che  la  si- 
gnorina  Couedon  abbia  una  missione.  Lo  spiritismo  e  conseguenza  del 
materialismo.  Non  pud  a  meno  di  avvenire  una  reazione.  E  gli  spirit! 
del  genere  di  quello  ond'  e  ispira ta  la  signorina  Couedon,  sia  o  non 
sia  demonio,  confermano  1'esistenza  dell'oltre  tomba,  cioe  di  un  altro 
mondo  al  quale  essi  appartengono.  » 

Dacche  e  stata  pubblicata  questa  relazione,  e  finita  la  voga  della 
signorina  Couedon.  Essa  e  svelata  ;  il  suo  prestigio  se  n'  e  andato  in 
dileguo. 

5.  La  siceita  e  la  fame  nelle  Indie  orientali.  Le  province  (cosi  il 
nostro  corrispondente  dalle  Indie  orientali)  che  hanno  piu  a  soffrire 
dalla  siccita  e  in  conseguenza  dalla  fame  sono  le  province  che  si 
estendono  dall'Assam  nell'est  al  Punjab,  le  centrali,  la  Rajputana 
nell'ovest,  e,  quantunque  meno,  alcune  province  della  Presidenza 
di  Madras.  Nelle  altre  province  la  pioggia  e  arrivata  alia  solita 
media  annuale,  e  si  e  potuto  ottenere  almeno  il  primo  raccolto  di  riso  : 
il  secondo  pero  e  stato  anche  in  queste  province  privilegiate  quasi  inte- 
ramente  perduto,  essendo  mancati  i  soliti  acquazzoni  e  temporali,  che 
sogliono  cadere  nei  mesi  di  settembre  ed  ottobre.  II  Governo  Anglo- 
Indiano  con  lodevole  solerzia  si  e  messo  subito  all'opra  per  impedire 
•che  la  presente  carestia  prenda  le  proporzioni  di  quella  terribile  del 
1876-77,  anzi  il  Vicere  Lord  Elgin  in  un  discorso  tenuto  di  questi 
giorni  ad  Uhvar  ha  potuto  assicurare  il  pubblico  che  il  Groverno  era 
in  caso  di  tener  fronte  alia  presente  carestia.  A  questo  fine  si  e  appi- 
gliato  a  tre  mezzi.  Primo,  ha  ordinato  che  in  tutte  le  province  affamate 
si  metta  mano  a  lavori  pubblici  per  dare  da  vivere  a  tutti  quei  nume- 
rosi  braccianti,  che  non  occupati  nei  lavori  campestri,  si  trovano  senza 
mezzi  di  sussistenza.  Secondo,  ha  preso  sopra  di  se  di  alimentare  quelli 
fra  i  piu  poveri,  deboli  o  vecchi,  che  non  possono  in  modo  alcuno  bastare 
a  se  medesimi,  i  quali  ortnai  si  calcolano  a  un  tre  milioni.  Terzo,  ha 
invocato  la  carita  pubblica  e  privata.  E  questa  pare  che  risponda  iar- 
gamente.  In  molte  citta  si  sono  gia  aperte  sottoscrizioni  pei  cosi  detti 
fondi  deMa  fame ;  altrove  si  comprano  grani  per  venderli  a  prezzi  mo- 
dieissimi ;  alcuni  istituti  prendono  i  fanciulli  che  altrimenti  sarebbero 
in  pericolo  di  morire  di  fame ;  altrove  i  magistrati  civili  hunno  stabi- 
liti  i  prezzi  dei  grani  per  impedire  che  i  Bunniahs,  o  mercanti  di  cereali 
speculino  sulla  calamita  pubblica.  Del  resto  e  comune  opinione  che 
del  grano  presentemente  ve  n'e  in  India  a  sufficienza,  ma  i  Bunniahs 
si  sforzano  di  nasconderlo,  per  la  solita  ragione  che  1'amor  dell'oro 
indurisce  i  cuori,  e  ormai  una  misura  di  riso  che  in  tempi  ordinarii 
costa  dalle  3  alle  5  rupie,  nelle  province  affamate  e  salita  al  prezzo 


382  CRONACA 

di  7  ed  8  rupie.  A  Shahabad  le  cose  sono  arrivate  a  tal  segno  che  le 
madri  offrono  a  chi  li  vuol  comprare  i  loro  figliuoletti  a  mezza  rupia 
1'uao.  A  Bijapur  i  buffali  e  le  vacche  si  vendono  a  due  rupie  per  capo, 
e  cio  perchd  non  essendovi  piu  un  filo  d'erba,  il  bestiame  muore  di  fame. 
E  qui  non  sara  fuor  di  luogo  notare  la  condizione  dei  poveri  in 
India,  per  capire  che  cosa  voglia  dire  la  fame  in  questo  paese.  Una 
gran  parte  della  popolazione  indiana,  come  servi,  contadini,  braccianti, 
e  infiniti    altri    occupati  in  bassi   mestieri,  guadagna   dalle  5  alle  7 
rupie  al  mese.  Su  questa  modica  mercede  negli  anni  ordinarii  ci  vive 
un'intera  famiglia  di  4  o  5  persone.  Spendono  da  3  a  4  rupie  per  una 
misura  di  riso  sufficiente  per  un  mese,  il  resto  va  in  condimenti,  frutti 
e  un  po'  di  cotone  per  render  meno  nuda  la  loro  quasi  completa  nu- 
dita.  Come  e  chiaro,  al  presente,  anche  supposto  che  trovino  da  lavo- 
rare,  non  ricevono   tanto  che  basti  a  comprare  il  puro  riso  che  6  il 
loro  quotidiano  sostentamento.  II  popolo  poi,  persuaso  dalla  fame  da 
la  colpa  del  caro  del  riso  ai  Bunniahs,  donde  le  sommosse,  i  saccheggi 
dei  mercati,  e  le  scene  sanguinose  che  hanno  gia  avuto  luogo  in  pa- 
recchie    province.  Una  vera  sommossa  scoppio  il  9  nov.  a  Solapur, 
dove   intervenne  la  truppa,  e  si  ebbero   morti  e  feriti.  Lo  stesso  si 
ripete,  senza  sangue  pero,  a  Barsi,  Poona,  Nagpore,  Bellary,  e  in  altri 
centri  piu  popolati.  Intanto,  per  opporsi  ai  inercanti  di  grani  che  ten- 
gono  in  serbo  il  grano  per  venderlo  ad  alti  prezzi   nel    colmo   della 
carestia,  si  vanno  formando  qua  e  la  delle  societa  che  si  propongono 
di   comprar   cereali   nostrani  e  forestieri  per  venderli    ai    poveri   al 
minor  prezzo  possibile.  A  Sholapore  un  ricco  mercante  di  nome  Ma- 
lappa  Marad  ha  offerto  a  questo  fine  30,000  rupie,  un  altro  a  Mar- 
waree  25,000,  e  a  Bombay  sono  riusciti  a  formare    una   societa  con 
un  capitale  versato  di  un  milione  di  rupie,  che  si  propone  di  com- 
prare grani  dall' America,  dall'Europa  e  dalla  Eussia,  non  perd  dal- 
1'  India,  e  cio  a  fine  di  sforzare  i  Bunniahs  a  metter   fuori  a  prezzi 
ragionevoli  i  cereali  nascosti.  I  Direttori  della  societa  hanno  gia  inte- 
ressato  a  loro  favore  molte    case    commerciali  europee,  le  ferrovie  e 
il  governo.  Eesta  pero  a  vedere  se  la  detta    societa  potra  vendere  i 
grani  forestieri  a  miglior  prezzo    dei   nostrani;  in  ogni  caso  pero  la 
concorrenza  sforzera  i  mercanti  indiani  a  rimettere  nei  prezzi,  e  tutto 
cid  andra  in  favore  dei  poveri.  Alcuni  forse  piu  buoni  che  savi  vo- 
levano   sforzare  il  governo  ad  impedire   1'esportazione,  e  a  far   egli 
stesso  incetta  di  grani  del  paese  per  poi  rivenderli  ai  suoi   sudditi ; 
ma  tutto  cio  mal  s'accorda  coi  principii  del  libero  commercio,  prin- 
cipii  che  ormai  fanno  parte  essenziale  del  reggimento  britannico.  Del 
resto  e  assai  dubbio  se  cotali  spedienti   riuscirebbero  al  fine  voluto, 
laonde  il  governo  ha  rigettato    siffatti    suggerimenti  come    del  tutto 
irnpraticabili.  Si  spera  invece  assai,  che,  qualora  il  bisogno  crescesse, 


CONTEMPORANEA  383 

la  carita  inglese  verra  in  ajuto  dell' India  affamata,  come  fece  gia 
nel  1874  somministrando  4  milioni  di  lire  sterline,  e  10  milioni  nella 
terribile  fame  del  1877.  II  Signore  sempre  misericordioso  anche  quando 
punisce,  si  serve  spesso  di  questi  flagelli  per  condurre  alia  vita  eterna 
tante  anime  che  altrimenti  perirebbero  infallibilmente.  In  queste  tristi 
occasioni  i  cuori  di  molti  ricchi  non  solo  cristiani  come  gli  Inglesi, 
ma  pagani,  anzi  ancora  maomettani,  si  aprono  a  pieta  e  commisera- 
zione,  e  tutti  i  giorni  leggiamo  nei  giornali  atti  di  vera  generosita. 
Elemosine  sono  queste  che,  giusta  le  Scritttire,  varranno  loro  a  remis- 
sion dei  peccati  e  a  metterli  sopra  una  di  quelle  segrete  vie,  che 
terminano  o  palesemente  o  in  occulto  alia  cognizione  del  vero  Dio  e 
del  suo  Cristo.  E  cosi  nutriamo  dolce  speranza  che  i  nostri  occhi  non 
saran  costretti  a  vedere  le  dolorose  scene  del  1877,  quando  migliaja 
e  migliaja  di  poveretti  si  trovaron  morti  di  fame  nei  campi,  e  donne 
e  fanciulli  affamati  si  vedevano  lungo  le  ferrovie  raccogliere  e  man- 
giare  grano  per  grano  quel  po'  di  riso  che  durante  il  trasporto,  per 
caso,  cadeva  a  terra,  e  poveri  "vecchi  barcollanti  per  debolezza  si  por- 
tavano  a  stento  dove  si  distribuivano  soccorsi  mangiando  intanto  semi 
di  bamboo,  o  i  giovani  germogli  di  piante  boschereccie.  Oh  vengano 
i  buoni  cattolici  d'Europa  in  soccorso  dei  Missionarii.  Questa  e  1'occa- 
sione  propizia.  Ora  meglio  che  mai  il  pane  terreno,  offerto  all'affa- 
M.ato  dalla  mano  del  Missionario,  si  cambia  per  1'anima  del  poverello 
in  pane  di  vita  eterna. 

6.  Statistica  dei  suicidii.  U  Association  catholique  dello  scorso  gen- 
naio  accenna  all'  importante  lavoro  sopra  i  suicidii,  presentato  da 
M.  Forbes  Winslow  al  congresso  di  medicina  legale  che  si  tenne  non 
ha  molto  a  Londra.  II  Winslow,  tra  1'altro,  riduce  a  statistica  le 
cause  che  determinano  al  suicidio  e  sopra  7,190  casi  ottiene  le 

conclusion!  seguenti  : 

UOMINI  DONNE 

Miseria  905  511 

Dispiaceri  domestic!  728  524 

Perdite  di  danaro  322  233 

Ubbriachezza  ed  altri  eccessi  287  208 

Perdite  per  giuoco  155  141 

Ambizione  contrariata  122  410 

Dispiaceri  d'amore  97  157 

Esaltamento  d'amor  proprio  53  53 

Rimorsi  49  57 

Fanatismo  12  1 

Misantropia  3  3 

Cause  sconosciute  1,381  667 

Si  vede  che  presso  a  poco  le  diverse  cause  hanno  proporzionata- 
mente  la  medesima  influenza  sui  maschi  e  sulle  femmine,  se  si  eccet- 


384  CRONACA    CONTEMPORANEA 

tuino  1'ambizione  contrariata  e  il  dispiacere  d'amore  che  fanno  dispe- 
rare  piuttosto  le  femmine  che  i  maschi.  Che  le  feminine  si  perdono 
in  maggior  numero  per  la  passione  dell'amore  si  sapeva  gia  e  si 
capiva ;  ma  chi  avrebbe  mai  sognato  ch'  esse  f oseero  pift  ambiziose 
degli  stessi  maschi?! 


Ringraziamo  tutti  coloro  che,  con  offerte  per  I'obolo  delle  povere  Mo- 
nache,  sono  concorsi  alia  strenna  natalizia,  che  a  circa  400  miserabili  Mo- 
nasteri  abbiamo  potuto  inviare.  Gratissimi  ci  professiamo  ai  direttori  di 
giornali  o  periodici  cattolici,  i  quali  a  quest'ejfetto  ci  hanno  aiutati,  e  li 
supplichiamo  di  seguitare  afarlo,  anche  per  I'avvenire.  Da  ognuno  dei  detti 
Monasteri  ci  son  venute  raccomandazioni  di  rendere  grazie  vivissime  at 
benefattori,  assicurandoli  che  sempre  vi  si  prega  per  loro  e  pei  cari  loro, 
vivi  e  defonti.  11  Santo  Padre  Leone  XIII,  che  guarda  con  ispecial  affetto 
quest'Opera  d'insigne  carita,  la  quale  egli  pure  esercita  con  larga  muni- 
ficenza,  ci  ha  fatto  I'onore  d' incaricarci  di  partecipare  I'apostolica  tua 
benedizione  a  tutti  gli  ojferenti,  ed  a  tutti  i  concorrtnti  alia  raccolta  di  si 
pietose  offerte.  Noi  confidiamo  che  la  generositd  cattolica  non  ci  verrd  meno, 
per  I'altra  strenna  dell'Qvo  di  Pasqua,  con  cui  siamo  soliti  consolare  ogni 
anno  la  estrema  povertd  e  le  pene  di  (ante  sacre  spose  di  Gesu  Cristo,  cru- 
delmente  ajlitte  propter  Nomen  eius. 

Per  comune  edificazione  ed  a  stimolo  dei  lettori,  ci  piace  far  pubblica 
la  seguente  lettera,  scrittaci  il  28  decemlre  dello  scorso  1896,  da  un  gio- 
vane  sacerdote,  cappellano  in  una  alpestre  parrocckia  del  centro  d' Italia. 

« JIo  letto,  nel  1°  fascicolo  delta  Civilta  Cattolica  di  questo  mese,  a 
qual  deplorevole  povertd  siano  ridotte  tante  sacre  Vergini,  che  popolano 
circa  400  Monasteri  della  nostra  Italia.  Jfosso  a  pietd  del  lagrimevole  abban- 
dono  in  cui  sono  lasciate,  ho  pensato  di  fare  una  gita  per  la  mia  par- 
rocchia  e  slender  la  mano,  a  guisa  di  mendico,  alle  famiglie  piu  benestanti. 
Pcrche  nessuno  mi  negasse  la  carita,  Jto  chiesta  io  medesimo  la  somma  che 
esigeva.  L'ho  valuta  dalle  donne,  essendo  pur  donne  le  sante  creature  che 
volevo  sollevare.  Ho  chiesto  ad  una  sola  donna  per  Jamiglia,  domandando 
un  solo  soldo  al  mese. 

«  Avrei  voluto  in  poco  tempo  girare  tutta  la  parrocchia,  ma  le  piogge 
torrenziali,  la  vastitd  e  I'incomoditd  delle  strode  montuote  hanno  ritardato 
Ve/etto  del  mio  desiderio.  Tuttavia  in  questo  mese  di  decembre  ho  raccolte 
le  lire  tre,  che  le  spedisco.  Ma  in  questi  giorni  io  vtsito  tutte  le  famiglie, 
e  spero  di  poterle  presto  mandare  una  somma  piu  abbondante.  Io  ho  doman- 
dato  un  solo  soldo  per  famiglia,  attesoche  i  denari  scarseggiano:  ma,  come 
dice  il  proverbio,  i  molti  pochi  fanno  un  assai.  Spero  che  questa  tenue  of- 
ferta  recherd  qualche  giovamento. 

«  Se  il  parroco  od  il  cappellano  di  ogni  popolo  visitasse  ciascuna  fa- 
miglia, colla  parola  carita  in  bocca,  certo  si  recherebbe  grande  vantaggio 
alle  povere  spose  di  Q-esu  Cristo.  Un  soldo  al  mese  per  famiglia  non  e  di 
peso  alcuno.  Raccomando  me  ed  i  benefattori  alle  preghiere  delle  beneficate.  » 


SANCTISSIMI   DOMINI   NOSTRI 

LEON  IS 

DIVINA  PEOVIDENTIA 

PAPAK    XIII 

CONSTITVTIO  APOSTOLICA 

DE    PROHIBITIONS    ET    CENSVRA    LIBRORVM 


Officiorum  ac  munerum,  quae  diligentissime  sanctissimeque 
servari  in  hoc  apostolico  fastigio  oportet,  hoc  caput  atque  haec 
summa  est,  assidue  vigilare  atque  omni  ope  contendere,  ut 
integritas  fidei  morumque  christianorum  ne  quid  detriment! 
capiat.  Idque,  si  unquam  alias,  maxime  est  necessarium  hoc 
tempore,  cum,  effrenatis  licentia  ingeniis  ac  moribus,  omnis 
fere  doctrina,  quam  servator  hominum  lesus  Christus  tuendam 
Ecclesiae  suae  ad  salutem  generis  humani  permisit,  in  quoti- 
dianum  vocatur  certamen  atque  discrimen.  Quo  in  certamine 
variae  profecto  atque  innumerabiles  sunt  inimicorum  callidi- 
tates  artesque  nocendi :  sed  cum  primis  est  plena  periculorum 
intemperantia  scribendi,  disseminandique  in  vulgus  quae  prave 
scripta  sunt.  Nihil  enim  cogitari  potest  perniciosius  ad  inqui- 
nandos  animos  per  contemptum  religionis  perque  illecebras 
multas  peccandi.  Quamobrem  tanti  metuens  mali,  et  incolu- 
mitatis  fidei  ac  morum  custos  et  vindex  Ecclesia,  maturrime 
intellexit,  remedia  contra  eiusmodi  pestem  esse  sumenda;  ob 
eamque  rem  id  perpetuo  studuit,  ut  homines,  quoad  in  se 
esset,  pravorum  librorum  lectione,  hoc  est  pessimo  veneno, 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fate.  1120.  25  8  febbraio  1897. 


386      SANCTISSIMI  D.  N.  LEOSIS  DIYINA  PROVIDENTIA  PAPAE  XIII 

prohiberet.  Vehemens  hac  in  re  studium  beati  Pauli  viderunt 
proxima  originibus  tempora :  similique  ratione  perspexit  sancto- 
rum Patrum  vigilantiam,  iussa  episcoporum,  Conciliorum  de- 
creta,  omnis  consequens  aetas. 

Praecipue  vero  monumenta  litterarum  testantur,  quanta 
cura  diligentiaque  in  eo  evigilaverint  romani  Pontifices,  ne 
haereticorum  scripta,  malo  publico,  impune  serperent.  Plena 
est  exemplorum  vetustas.  Anastasius  I  scripta  Origenis  per- 
niciosiora,  Innocentius  I  Pelagii,  Leo  magnus  Manichaeorum 
opera  omnia,  gravi  edicto  damnavere.  Cognitae  eadem  de  re 
sunt  litterae  decretales  de  recipiendis  et  non  recipiendis  libris, 
quas  Gelasius  opportune  dedit.  Similiter,  decursu  aetatum,  Mo- 
notheletarum,  Abaelardi,  Marsilii  Patavini,  Wicleffi  et  Hussii 
pestilentes  libros,  sententia  apostolicae  Sedis  confixit. 

Saeculo  autem  decimo  quinto,  comperta  arte  nova  libraria, 
non  modo  in  prave  scripta  animadversum  est,  quae  lucem 
aspexissent,  sed  etiam  ne  qua  eius  generis  posthac  ederentur, 
caveri  coeptum.  Atque  hanc  providentiam  non  levis  aliqua 
caussa,  sed  omnino  tutela  honestatis  ac  salutis  publicae  per 
illud  tempus  postulabat:  propterea  quod  artem  per  se  opti- 
mam,  maximarum  utilitatum  parentem,  christianae  gentium 
humanitati  propagandae  natam,  in  instrumentum  ingens  rui- 
narum  nimis  multi  celeriter  deflexerant.  Magnum  prave  scrip- 
torum  malum,  ipsa  vulgandi  celeritate  maius  erat  ac  velocius 
effectum.  Itaque  saluberrimo  consilio  cum  Alexander  VI,  turn 
Leo  X  decessores  Nostri,  certas  tulere  leges,  utique  congruentes 
iis  temporibus  ac  moribus,  quae  offlcinatores  libraries  in  offlcio 
oontinerent. 

Mox  graviore  exorto  turbine,  multo  vigilantius  ac  fortius 
oportuit  malarum  haereseon  prohibere  contagia.  Idcirco  idem 
Leo  X,  posteaque  Clemens  VII  gravissime  sanxerunt,  ne  cui 
legere,  neu  retinere,  Lutheri  libros  fas  esset.  Cum  vero  pro 
illius  aevi  infelicitate  crevisset  praeter  modum  atque  in  omnes 
partes  pervasisset  perniciosorum  librorum  impura  colluvies, 
ampliore  ac  praesentiore  remedio  opus  esse  videbatur.  Quod 
quidem  remedium  opportune  primus  adhibuit  Paulus  IV  de- 


CONSTITVTIO  APOST.  DE  PROHIHITIONE  ET  CENSVRA  LIBRORVM   387 

cessor  Noster,  videlicet  elencho  proposito  scriptorum  et  libro- 
rum,  a  quorum  usu  cavere  fldeles  oporteret.  Non  ita  multo 
post  Tridentinae  Synodi  Patres  gliscentem  scribendi  legendique 
licentiam  novo  consilio  coercendam  curaverunt.  Eorum  quippe 
voluntate  iussuque  lecti  ad  id  praesules  et  theologi  non  solum 
augendo  perpoliendoque  Indici,  quern  Paulus  IV  ediderat,  de- 
dere  operam,  sed  Regulas  etiam  conscripsere,  in  editione, 
lectione,  usuque  librorum  servandas :  quibus  Regulis  Pius  IV 
apostolicae  auctoritatis  robur  adiecit. 

Verum  salutis  publicae  ratio,  quae  Regulas  Tridentinas 
initio  genuerat,  novari  aliquid  in  eis,  labentibus  aetatibus.  ea- 
dem  iussit.  Quamobrem  romani  Pontifices  nominatimque  Cle- 
mens VIII,  Alexander  VII,  Benedictus  XIV,  gnari  temporum 
et  memores  prudentiae,  plura  decrevere,  quae  ad  eas  expli- 
candas  atque  accomodandas  tempori  valuerunt. 

Quae  res  praeclare  confirmant,  praecipuas  romanorum  Pon- 
tificum  coras  in  eo  fuisse  perpetuo  positas,  ut  opinionum  er- 
rores  morumque  corruptelam,  geminam  hanc  civitatum  labem 
ac  ruinam,  pravis  libris  gigni  ac  disseminari  solitam,  a  civili 
hominum  societate  defenderent.  Neque  fructus  fefellit  operam, 
quam  diu  in  rebus  publicis  administrandis  rationi  imperandi 
ac  prohibendi  lex  aeterna  praefuit,  rectoresque  civitatum  cum 
potestate  sacra  in  unum  consensere. 

Quae  postea  consecuta  sunt,  nemo  nescit.  Videlicet  cum 
adiuncta  rerum  atque  hominum  sensim  mutavisset  dies,  fecit 
id  Ecclesia  prudenter  more  suo,  quod,  perspecta  natura  tem- 
porum, magis  expedire  atque  utile  esse  hominum  saluti  yide- 
retur.  Plures  Regularum  Indicis  praescriptiones,  quae  exci- 
disse  opportunitate  pristina  videbantur,  vel  decreto  ipsa  sustu- 
lit,  vel  more  usuque  alicubi  invalescente  antiquari  benigne 
simul  ac  provide  sivit.  Recentiore  memoria,  datis  ad  Archie- 
piscopos  Episcoposque  e  principatu  pontlflcio  litteris.  Pius  IX 
Regulam  X  magna  ex  parte  mitigavit.  Praeterea,  propinquo 
iam  Concilio  magno  Vaticano,  doctis  viris,  ad  argumenta  pa- 
randa  delectis,  id  negotium  dedit,  ut  expenderent  atque  aesti- 
marent  Regulas  Indicis  universas,  iudiciumque  ferrent,  quid 


388      SANCTISSIMI  D.  N.  LEONIS  DIVINA  PROVIDENTIA  PAPAE  XIII 

de  iis  facto  opus  esset.  Illi  commutandas,  consentientibus  sen- 
ten  tiis,  iudicavere.  Idem  se  et  sentire  et  petere  a  Concilio  plu- 
rimi  ex  Patribus  aperte  profltebantur.  Episcoporum  Galliae 
extant  hac  de  re  litterae,  quarum  sententia  est,  necesse  esse 
et  sine  cunctactione  faciendum,  ut  illae  Regulae  bi  universa 
res  Indicts  novo  prorsus  modo  nostrae  aetati  melius  attem- 
perato  et  observalu  faciliori  instaurarentur.  Idem  eo  tern- 
pore  iudicium  fuit  Episcoporum  Germaniae,  plane  petentium, 
ut  Regulae  Indicts...  recenti  revisioni  et  redaction!  submittan- 
tur.  Quibus  Episcopi  concinunt  ex  Italia  aliisque  e  regionibus 
complures. 

Qui  quidem  omnes,  si  temporum,  si  institutorum  civilium, 
si  morum  popularium  habeatur  ratio,  sane  aequa  postulant  et 
cum  materna  Ecclesiae  sanctae  caritate  convenientia.  Etenim 
in  tarn  celeri  ingeniorum  ctirsu,  nullus  est  scientiarum  campus, 
in  quo  non  litterae  licentius  excurrant :  inde  pestilentissimorum 
librorum  quotidiana  colluvies.  Quod  vero  gravius  est,  in  tarn 
grand i  malo  non  modo  connivent,  sed  magnam  licentiam  dant 
leges  publicae.  Hinc  ex  una  parte,  suspensi  religione  animi 
plurimorum:  ex  altera,  quidlibet  legendi  impunita  copia. 

Hisce  igitur  incommodis  medendum  rati,  duo  facienda  duxi- 
mus,  ex  quibus  norma  agendi  in  hoc  genere  certa  et  perspicua 
omnibus  suppetat.  Videlicet  librorum  improbatae  lectionis  dili- 
gentissime  recognosci  Indicem;  subinde,  maturum  cum  fuerit, 
ita  recognitum  vulgari  iussimus.  Praeterea  ad  ipsas  Regulas 
mentem  adiecimus,  casque  decrevimus,  incolumi  earum  natura, 
efficere  aliquaryto  molliores,  ita  plane  ut  iis  obtemperare,  dum- 
inodo  quis  ingenio  malo  non  sit,  grave  arduumque  esse  non 
possit.  In  quo  non  modo  exempla  sequimur  decessorum  Nostro- 
rum,  sed  maternum  Ecclesiae  studium  imitamur:  quae  quidem 
nihil  tarn  expetit,  quam  se  impertire  benignam,  sanandosque 
ex  se  natos  ita  semper  curavit,  curat,  ut  eorum  infirmitati 
amanter  studioseque  parcat. 

Itaque  matura  deliberatione,  adhibitisque  S.  R.  E.  Cardina- 
Hbus  e  sacro  Consilio  libris  notandis,  edere  Decreta  Generalia 
»tatuimus,  quae  infra  scripta,  unaque  cum  hac  Constitutione 


CONSTITVTIO  APOST.  DE  PROHIBITIONS  ET  CENSVRA.  LIBRORVM   389 

coniuncta  sant :  quibus  idem  sacrum  Consiliam  posthac  utatur 
unice,  quibusque  catholic!  homines  toto  orbe  religiose  pareant. 
Ea  vim  legis  habere  sola  volumus,  abrogatis  Regulis  sacro- 
sanctae  Tridentinae  synodi  iussu  editis,  Observationibus,  In- 
slructione,  Decrelis,  Monitis,  et  quovis  alio  decessorum  Nostro- 
rum  hac  de  re  statute  iussuque,  una  excepta  Constitutione 
Benedicti  XIV  Solliciia  et  provida,  quam,  sicut  adhuc  viguit, 
ita  in  posterum  vigere  integram  volumus. 
• 

DECRETA  GENERALLY 
DE  PROHIBITIONE  ET  CENSVRA  LIBRORYM 


TITVLVS  I. 

DE    PROHIBITIONE    LIBRORVM. 

CAPVT  I. 

De  prohibitis  ccpostalarum,  haerelicorum, 
schismaticorum,  aliorumque  scriptorum  libris. 

1.  Libri  omnes,  qui  ante  annum  MDC.  aut  Summi  Pontifices, 
aut  Concilia  oecumenica  damnarunt,  et  in  novo  Indice  non  re- 
censentur,  eodem  modo  damnati  habeantur,  sicut  olim  damnati 
fuerunt:  iis  exceptis,  qui  per  haec  Decreta  Generalia  permit- 
tuntur. 

2.  Libri  apostatarum,  haereticorum,  schismaticorum  et  quo- 
rumcumque  scriptorum  haeresim  vel  schisma  propugnantes, 
aut  ipsa  religionis  fundamen.ta  utcumque  evertentes.  omnino 
prohibentur. 

3.  Item  prohibentur  acatholicorum  libri,  qui  ex  professo  de 
religione  tractant,  nisi  constet  nHiil  in  eis  contra  fldem  catho- 
Ucam  contineri. 

4.  Libri  eorundem  auctorum,  qui  ex  professo  de  religione 
non  tractant,  sed  obiter  tantum  fldei  veritates  attinguat,  iure 
ecclesiastico  prohibiti  non  habeantur,  donee  speciali  decreto 
proscripti  baud  fuerint. 


390      SANCTISSIMI  D.  N.  LEONIS  DIVINA  PROVIDENTIA  PAPAB  XIII 


CAPVT  II. 

De  Edilionibus  texlus  originalis  et  versionum 
non  vulgar ium  Sacrae  Scriplurae. 

5.  Editiones  textus  originalis  et  antiquarum  versionum  catho- 
licarurn  Sacrae  Scripturae,  etiam  Ecclesiae  Orientalis,  ab  aca- 
tholicis  quibuscumque  publicatae,  etsi  fideliter  et  integre  editae 
appareant,  iis  dumtaxat,  qui  studiis  theologicis  vel  biblicis  dant 
operam,  dummodo  tamen  non   impugnentur   in   prolegomenis 
aut  adnotationibus  catholicae  fldei  dogmata,  permittuntur. 

6.  Eadem  ratione,  et  sub  iisdem  conditionibus,  permittuntur 
aliae  versiones  Sacrorum.Bibliorum  sive  latina,  sive  alia  lingua 
non  vulgari  ab  acatholicis  editae. 

CAPVT  III. 
De  Versionibus  vernaculis  Sacrae  Scripturae. 

7.  Cum  experimento  manifestum  sit,  si  Sacra  Biblia  vulgari 
lingua  passim  sine  discrimine  permittantur,  plus  inde,  ob  homi- 
num  temeritatem,  detrimenti,  quam  utilitatis  oriri;  Versiones 
omnes  in  lingua  vernacula,  etiam  a  viris  catholicis  confectae, 
omnino  prohibentur,  nisi  fuerint  ab  Apostolica  Sede  approbatae, 
aut  editae  sub  vigilantia  Episcoporum  cum  adnotationibus  de- 
sumptis  ex  Sanctis  Ecclesiae  Patribus,  atque  ex  doctis  catho- 
licisque  scriptoribus. 

8.  Interdicuntur  versiones  omnes  Sacrorum  Bibliorum,quavis 
vulgari  lingua   ab  acatholicis  quibuscumque  confectae,  atque 
illae  praesertim,  quae  per  Societates  Biblicas,  a  Romanis  Pon- 
tiflcibus  non  semel  damnatas,  divulgantur,  cum  in  iis  saluber- 
rimae  Ecclesiae  leges  de  divinis  libris  edendis  funditus  postha- 
beantur. 

Hae  nihilominus  versiones  iis,  qui  studiis  theologicis  vel 
biblicis  dant  operam,  permittuntur:  iis  servatis,  quae  supra 
(n.  5)  slatuta  sunt. 


CONSTITVTIO  APOST.  DE  PROHIBITIONS  ET  CENSVRA  LIBRORVM   391 

CAPVT  IV. 
De  Libris  obscenis. 

9.  Libri,  qui  res  lascivas  sen  obscenas  ex  professo  tractanf, 
narrant,  aut  decent,  cum  non  solum  fidei,  sed  et  morum,  qui 
huiusmodi  librorum  lectione  facile  corrumpi  solent,  ratio  ha- 
foenda  sit,  omnino  prohibentur. 

10.  Libri  auctorum  sive  antiquorum,  sive  recentiorum,  quos 
classicos  vocant,  si  hac    ipsa    turpitudinis   labe    infecti    sunt, 
propter  sermonis  elegantiam  et  proprietatem,  iis  tantum  per- 
mittuntur,  quos  bfficii  aut  magisterii  ratio  excusat:  uulla  tamen 
ratione  pueris  vel  adolescentibus,  nisi  solerti  cura  expurgati, 
tradendi  aut  praelegendi  erunt. 

CAPVT  V. 
De  quisbuddin  specialis  argumenti  libris. 

11.  Damnantur  libri,   in  quibus  Deo,  aut   Beatae  Virgini 
Mariae,  vel  Sanctis,  aut  Catholicae   Ecclesiae   eiusque  Cultui, 
vel  Sacramentis,  aut  Apostolicae  Sedi  detrahitur.  Eidem  repro- 
bationis    iudicio   subiacent  ea   opera,  in  quibus    inspirationis 
Sacrae  Scripturae  conceptus  pervertitur,  aut  eius  extensio  nimis 
coarctatur.  Prohibentur  quoque  libri,  qui  data  opera  Ecclesia- 
sticam  Hierarchiam,  aut  statum  clericalem  vel  religiosum  pro- 
bris  afflciunt. 

VM  12.  Nefas  esto  libros  edere,  legere  aut  retinere  in  quibus 
sortilegia,  divinatio,  magia,  evocatio  spirituum,  aliaeque  huius 
generis  superstitiones  docentur,  vel  commendantur. 

13.  Libri  aut  scripta,  quae  narrant  novas  apparitiones,  reve- 
lationes,  visiones,  prophetias,  miracula,  vel  quae  novas  indu- 
cunt  devotiones,  etiara  sub  praetextu    quod    sint    privatae,  si 
publicentur  absque  legitima  Superiorum  Ecclesiae  licentia,  pro- 
scribuntur. 

14.  Prohibentur   pariter   libri,  qui  duellum,  suicidium,  vel 
divortium    licita   statuunt,  qui  de  sectis  massonicis,  vel  aliis 


392      SANCTISSIMI  D.  N.  LEONIS  DIVINA  PROVIDENTIA  PAPAE  XIII 

eiusdem  generis  societatibus  agunt,  easque  utiles  et  non  per- 
niciosas  Ecclesiae  et  civili  societati  esse  contendunt,  et  qui 
errores  ab  Apostolica  Sede  proscriptos  tuentur. 

CAPVT  VI. 
De  Sacris  Imaginibus  et  Indulgentiis. 

15.  Imagines  quomodocumque  impressae  Domini  Nostri  lesu 
Ghristi,  Beatae  Mariae  Virginis,  Angelorum  atque  Sanctorum, 
vel  aliorum  Servorum  Dei  ab  Ecclesiae  sensu  et  decretis  dif- 
formes,  omnino  vetantur.   Novae  vero,  sive  preces  habeant 
adnexas,  sive  absque  illis  edantur,  sine  Ecclesiasticae  potestatis 
licentia  non  publicentur. 

16.  Universis   interdicitur    indulgentias   apocryphas,   et  a 
Sancta  Sede  Apostolica  proscriptas  vel  revocatas  quomodo- 
cumque divulgare.  Quae  divulgatae  iam  fuerint,  de  manibus 
fidelium  auferantur. 

17.  Indulgentiarum  libri  omnes,  summaria,  libelli,  folia  etc., 
in  quibus   earum    concessiones   continentur,   non  publicentur 
absque  competentis  auctoritatis  licentia. 

CAPVT  VII. 
De  libris  liturgicis  et  precatoriis. 

18.  In  authenticis  editionibus   Missalis,  Breviarii,  Ritualis,. 
Caeremonialis   Episcoporum,  Pontificalis  romani,  aliorumque 
librorum  liturgicorum  a  Sancta  Sede  Apostolica  approbatorum, 
nemo  quidquam  immutare  praesumat:  si  secus  factum  fuerit, 
hae  novae  editiones  prohibentur. 

19.  Litaniae   omnes,  praeter   antiquissimas  et  communes, 
quae  in  Breviariis,  Missalibus,  Pontiflcalibus  ac  Ritualibus  con- 
tinentur, et  praeter  Litanias  de  Beata  Virgine,  quae  in  sacra 
Aede  Lauretana  decantari  solent,  et  litanias   Sanctissimi  No- 
minis  lesu  iam  a  Sancta  Sede  approbatas,  non  edantur,  sine 
revisione  et  approbatione  Ordinarii. 

20.  Libros,  aut  libellos  precum,  devotionis,  vel  doctrinae 


CONSTITVTIO  APOST.  DE  PROHIBITIONE  ET  CENSVRA.  LIBRORVM    393 

institutionisque  religiosae,  moralis,  asceticae,  mysticae,  aliosque 
huiusmodi,  quamvis  ad  fovendam  populi  Christian!  pietatem 
conducere  videantur,  nemo  praeter  legitiraae  auctoritatis  licen- 
tiam publicet:  secus  prohibit!  habeantur. 

GAPVT  VIII. 
De  Diariis,  foliis  et  libellis  periodicis. 

21.  Diaria,  folia  et  libelli  periodic!,  qui  religionem  aut  bonos 
mores   data   opera   impetunt,  non  solum  natural!,   sed  etiam 
•ecclesiastico  iure  proscripti  habeantur. 

Curent  autem  Ordinarii,  ubi  opus  sit,  de  huiusmodi  lectionis 
periculo  et  damno  fldeles  opportune  monere. 

22.  Nemo  e  catholicis,  praesertim  e  viris  ecclesiasticis,  in 
huiusmodi  diariis,  vel  foliis,  vel  libellis  periodicis,  quidquam, 
nisi  suadente  iusta  et  rationabili  causa,  publicet. 

CAPVT  IX. 
De  facilitate  legendi  et  retinendi  libros  prohibitos. 

23.  Libros  sive  specialibus,  sive  hisce  Generalibus  Decretis 
proscriptos,  ii  tantum  legere  et  retinere  poterunt,  qui  a  Sede 
Apostolica,  aut  ab  illis,  quibus  vices  suas  delegavit,  opportu- 
nas  fuerint  consecuti  facultates. 

24.  Concedendis  licentiis  legendi  et  retinendi  libros  quos- 
cumque  prohibitos  Romani  Pontiflces  Sacram  Indicis  Congre- 
gationem  praeposuere.  Eadem  nihilominus  potestate  gaudent, 
turn  Suprema  Sancti  Offlcii  Congregatio,  turn  Sacra  Congrega- 
tio  de  Propaganda  Fide  pro  regionibus  suo  regimini  subiectis. 
Pro  Urbe  tantum,  haec  facultas  competit  etiam  Sacri   Palatii 
Apostolici  Magistro. 

25.  Episcopi  aliique  Praelati  iurisdictione  quasi  episcopal! 
pollentes,  pro  singularibus  libris,  atque  in  casibus  tantum  ur- 
gentibus,  licentiam  concedere  valeant.  Quod  si  iidem  genera- 
lem  a  Sede  Apostolica  impetraverint  facultatern,  ut  fldelibus 
libros  proscriptos  legendi  retinendique  licentiam  impertiri  va- 
leant, earn  nonnisi  cum  delectu  et  ex  iusta  et  rationabili  causa 
concedant. 


394      SANCTISSIMI  D.  N.  LEOXIS  DIVlNA  PROVIDENTIA  PAPAK  XIII 

26.  Omnes  qui  facilitate™  apostolicam   consecuti   stint  le- 
gendi  et  retinendi  libros  prohibitos,  nequeunt  ideo  legere   et 
retinere  libros  quoslibef,  aut  ephemerides  ab  Ordinariis  loco- 
rum  proscriptas,  nisi  eis  in  apostolico  indulto  expressa   facta 
fuerit  potesias  legend!  et  retinondi  libros  a  quibuscunique  dam- 
natos.  Meminerint  insuper  qui  licentiam  legendi  libros  prohi- 
bitos obtinuerunt,  gravi  se  praecepto  teneri  huiusmodi  libros 
ita  ctislodire,  ut  ad  aliorum  manus  non  perveniant. 

CAPVT  X. 
De  denunciations  pravorum  librorum. 

27.  Quamvis  catholicorum  omnium  sit,  maxime  eorum,  qui 
doctrina  praevalent,  perniciosos  libros  Episcopis,  aut  Aposto- 
licae   Sedi   denunciare;   id   tamen   speciali  titulo   pertinet  ad 
Nuntios,  Delegates  Apostolicos,  locorum  Ordinarios  atque  Re- 
ctores  Universitatum  doctrinae  laude  florentium. 

28.  Expedit   ut  in   pravorum   librorum  denunciatione  non 
solum  libri  titulus  indicetur,  sed  etiam,  quoad  fieri  potest,  cau- 
sae  exponantur  ob  quas  liber  censura  dignus  existimatur.  lis 
autern   ad   quos   denunciatio  defertur,  sanctum  erit  denuncian- 
tium  nomina  secreta  servare. 

29.  Ordinarii,  etiam  tamquam  Delegati   Sedis  Apostolicae, 
libros,  aliaque  scripta  noxia  in  sua  Dioecesi  edita  vel  diffusa 
proscribere,  et  e  manibus  fidelium  auferre  studeant.  Ad  Apo- 
stolicum  indicium  ea  deferant  opera  vel  scripta,  quae  subtilius 
examen  exigunt,  vel  in  quibus  ad  salutarem  effectum   conse- 
quendum,  supremae  auctoritatis  sententia  requiri  videatur. 

TITVLVS  II. 

DE    CENSVRA    LIBRORVM. 

CAI-VT  I. 
De  Praelatis  librorum  censurae  praepositis. 

30.  Penrs  quos  potestas  sit  sacrorum   bibliorum   editiones 
et  versiones  adprobare  vel  permittere  ex  iis  liquet,  quae  su- 
pra (n.  7)  statuta  sunt. 


CONSTITVTIO  APOST.  DE  PROHIBITIONS  ET  CENSVRA  LIBRORVM   395 

31.  Libros  ab  Apostolica  Sede  proscriptos  nemo  audeat  ite- 
rum  in  lucem  edere:   quod  si  ex  gravi  et  rationabili  causa, 
singularis  aliqua  exceptio  hac  in   re  admittenda  videatur,  id 
nunquam  flet,  nisi  obtenta  prius  sacrae  Indicis  Congregationis 
licentia,  servatisque  conditionibus  ab  ea  praescriptis. 

32.  Quae  ad  causas  Beatificationum  et  Ganonizationum  Ser- 
vorum  Dei  utcumque  pertinent,  absque  beneplacito  Congrega- 
tionis Sacris  Ritibus  tuendis  praepositae  publicari  nequeunt. 

33.  Idem  dicendum  de  Collectionibus  Decretorum  singula- 
rum  Romanarum  Congregationum :  hae  nimirum  Collectiones 
edi  nequeant,  nisi  obtenta  prius  licentia,  et  servatis   conditio- 
nibus  a    moderatoribus    uniuscuiusque   Congregationis    prae- 
scriptis. 

34.  Vicarii  et  Missionarii  Apostolici  Decreta   sacrae  Con- 
gregationis Propagandae  Fidei  praepositae  de   libris  edendis 
fideliter  servent. 

35.  Approbatio  librorum,  quorum  censura  praesentium  De- 
cretorum vi  Apostolicae    Sedi  vel   Romanis  Congregationibus 
non  reservatur,  pertinet  ad  Ordinarium  loci  in  quo  publici  iu- 
ris  flunt. 

36.  Regulares,  praeter  Episcopi  licentiam,  meminerint  te- 
neri  se,  sacri  Concilii  Tridentini  decreto,  operis  in  lucem  edendi 
facultatem  a  Praelato,  cui  subiacent,  obtinere.  Utraque  autem 
concessio  in  principio  vel  in  fine  operis  imprimatur. 

37.  Si  Auctor  Romae  degens  librum  non  in  Urbe,  sed  alibi 
imprimere  velit,  praeter  approbationem  Cardinalis  Urbis  Vi- 
carii et  Magistri  Sacri  Palatii  Apostolici,  alia  non  requiritur. 

CAPVT  II. 
De  censorum  officio  in  praevio  librorum  examine. 

38.  Curent  Episcopi,  quorum  muneris  est  facultatem  libros 
imprimendi  concedere,  ut  eis  examinandis  spectatae  pietatis  et 
doctrinae  viros  adhibeant,  de  quorum  fide  et   integritate   sibi 
polliceri  queant,  nihil  eos  gratiae  daturos,  nihil  odio,  sed  omni 
humano  affectu  posthabito,  Dei  dumtaxat  gloriam  spectaturos 
et  fidelis  populi  utilitatem. 


396      SANCTISSIMI  D.  N.  LEONIS  DIVINA  PROVIDENTIA  PAPAE  XIII 

39.  De  variis   opinionibus   atque   sententiis   (iuxta   Bene- 
dicti  XIV  praeceptum)  animo  a  praeiudiciis  omnibus  vacuo, 
iudicandum  sibi  esse  censores  sciant.  Itaque  nationis,  familiae, 
scholae,  instituti  affectum  excutiant,  studia  partium  seponant. 
Ecclesiae  sanctae  dogmata,  et  communem  Catholicorum  doc- 
trinam,  quae   Conciliorum   generalium   decretis,   Romanorum 
Pontificum   Constitutionibus,  atque  Doctorum   consensu  conti- 
nentur,  unice  prae  oculis  habeant. 

40.  Absolute  examine,  si  nihil  pubblicationi   libri  obstare 
videbitur,  Ordinarius,  in  scriptis  et  omnino   gratis,  illius  pu- 
blicandi  licentiam,  in  principio  vel  in  fine  operis  imprimendam, 
auctori  concedat. 

CAPVT  III. 
De  libris  praeviae  censurae  subiiciendis. 

41.  Omnes  fideles  tenentur  praeviae  censurae  ecclesiasticae 
eos   saltern    subiicere    libros,  qui  divinas    Scripturas,  Sacram 
Theologiam,  Historian!  ecclesiasticam,  lus  Canonicum,  Theolo- 
giam  naturalem,  Ethicen,  aliasve  huitismodi  religiosas  aut  mo- 
rales disciplinas  respiciunt,  ac  generaliter    scripta   omnia,  in 
quibus  religionis  et  morum  honestatis*  specialiter  intersit. 

42.  Viri  e  clero  seculari  ne  libros  quidem,  qui  de  artibus 
scientiisque  mere  naturalibus  tractant,  inconsultis   suis   Ordi- 
nariis  publicent,  ut   obsequentis  animi    erga  illos    exemplum 
praebeant. 

lidem  prohibentur  quominus,  absque  praevia  Ordinariorum 
venia,  diaria  vel  folia  periodica  moderanda  suscipiant. 

CAPVT   IV. 
De  Typographis  et  Editoribus  librorum. 

43.  Nullus  liber  censurae  ecclesiasticae  subiectus  excudatur, 
nisi  in  principio  nomen  et  cognomen  turn   auctoris,  turn  edi- 
toris  praeferat,  locum  insuper  et   annum    impressionis  atque 
editionis.  Quod  si    aliquo    in    casu,  iustas   ob   causas,  nomen 


CONSTITVTIO  APOST.  DE  PROHIBITIONE  ET  CENSVRA  L1BRORVM   397 

auctoris  tacendum  videatur,  id  permittendi  penes  Ordinarium 
potestas  sit. 

44.  Noverint  Typographi  et  Editores  librorum  novas  eiusdem 
operis  approbati  editiones,  novam  approbationem  exigere,  hanc 
insuper  textui  originali  tri'butam,  eius  in  aliud  idioma  versioni 
non  suffragari. 

45.  Libri  ab  Apostolica  Sede  damnati,  ubique  gentium  pro- 
hibiti  censeantur,  et  in  quodcumque  vertantur  idioma. 

46.  Quicumque  librorum  venditores,  praecipue  qui  catholico 
nomine  gloriantur,  libros  de  obscenis   ex  professo   tractarites 
neque  vendant,  neque  commodent,  neque   retineant :    ceteros 
prohibitos  venales  non  habeant,  nisi  a  Sacra   Indicis  Congre- 
gatione  veniam  per  Ordinarium   impetraverint,  nee   cuiquam 
vendant  nisi  prudenter  existimare  possint,  ab    emptore   legi- 
time  peti. 

CAPVT  IV. 

De  poenis  in  Decrelorum  Generaliwn 
transgressores  statutis. 

47.  Omnes  et  singuli  scienter  legentes,  sine  auctoritate  Sedis 
Apostolicae,  libros  apostatarum  et  haereticorum  haeresim  pro- 
pugnantes,  nee  non  libros  cuiusvis    auctoris   per  Apostolicas 
Literas  nominatim  prohibitos,  eosdemque  libros  retinentes,  im- 
primentes  et  quomodolibet   defendentes,  excommunicatronem 
ipso   facto    incurrunt,    Romano   Pontiflci   speciali   modo    re- 
servatam. 

48.  Qui  sine  Ordinarii  approbatione   Sacrarum  Scriptura- 
rum  libros,  vel  earundem  adnotationes  vel  commentarios  im- 
primunt,  aut  imprimi   faciunt,  incidunt  ipso  facto    in  excom- 
municationem  nemini  reservatam. 

49.  Qui  vero  cetera  transgressi  fuerint,  quae  his  Decretis 
Generalibus  praecipiuntur,  pro  diversa  reatus  gravitate  serio 
ab  Episcopo  moneantur ;  et,  si  opportunum  videbitur,  canonicis 
etiam  poenis  coerceantur. 


398      SANCTISSIMI  D.  N.  LEONIS  DIVINA  PROVIDENTIA  PAFAE  XIII 

Praesentes  vero  litteras  et  quaecuraque  in  ipsis  habentur 
nullo  unquam  tempore  de  subreptionis  aut  ol)reptionis  sive 
intentionis  Nostrae  vitio  aliove  quovis  defectu  notari  vel  im- 
pugnari  posse;  sed  semper  validas  et  in  suo  robore  fore  et 
esse,  atque  ab  omnibus  cuiusvis  gradus  et  praeeminentiae  in- 
violabiliter  in  iudicio  et  extra  observari  debere,  decernimus: 
irritum  quoque  et  inane  si  secus  super  his  a  quoquam,  quavis 
auctoritate  vel  praetextu,  scienter  vel  ignoranter  contigerit 
attentari  declarantes,  contrariis  non  obstantibus  quibuscumque. 

Volumus  autem  ut  harum  litterarum  exemplis,  etiam  im- 
pressis,  manu  tamen  Notarii  subscriptis  et  per  constitutum  in 
ecclesiastica  dignitate  virum  sigillo  munitis,  eadem  habeatur 
fides  quae  Nostrae  voluntatis  significationi  his  praesentibus 
ostensis  haberetur. 

Nulli  ergo  hominum  liceat  hanc  pagiuam  Nostrae  consti- 
tutionis,  ordinationis,  limitationis,  derogationis,  voluntatis  in- 
fringere,  vel  ei  ausu  temerario  contraire.  —  Si  quis  autem  hoc 
attentare  praesumpserit,  indignationem  omnipotentis  Dei  et 
beatorum  Petri  et  Pauli  apostolorum  eius  se  noverit  incur- 
surum. 

Datum  Romae  apud  Sanctum  Petrum  anno  Incarnationis 
Dominicae  millesimo  octingentesimo  nonagesimo  septimo,  vm. 
Kal.  Februarias,  Pontificatus  Nostri  decimo  nono. 

A.  CARD.  MACCHI. 
A.  PANIGI  Subdatarius. 

VISA 
DE  GVRIA  I.  DE  AQVILA  E  VIGECOMITIBVS. 

Loco  >J<  Plumbi 

Reg.  in  Secret.  Brevium. 

I.  CVGNONIVS. 


LA  RELIGI01  NELLA 


I. 


In  questa  nostra  et£,  tra  tanto  farnetico  di  godimenti  ma- 
terial! e  sensuali,  che  esaltano  Fuomo  e  lo  traggono  fuori  di 
strada,  vediara  rallentarsi  un  di  piu  dell'altro  i  vincoli  della 
social  convivenza;  e  cosi,  mentre  pure  alacremente  promuo- 
vonsi  tutte  le  forme  dell'associazione,  domina  sovrano  1'egoismo 
con  tutte  le  sue  malvagie  conseguenze.  II  che  parrebbe  una 
contraddizione,  ma  non  e.  Perocchk  le  associazioni  stesse  si 
formano  a  norma  d'egoismo,  per  ingrossare  numeri  e  cifre  a 
danno  d'altri  numeri  e  d'altre  cifre,  senza  riguardo  nessuno 
al  valore  morale.  Quindi  e  che  ciascuno  impara  a  considerare 
anche  s6  stesso  come  un  numero,  il  quale  tanto  vale  quanto 
e  grosso,  n&  piu  ne  meno.  Qual  meraviglia  poi  che  gli  orga- 
nismi  umani  fondati  sulla  potenza  morale  cadano  in  discredito, 
e  si  debbano  tuttodi  intorno  udire  grida  di  accorruomo,  per  le 
istituzioni  che  periscono  ?  Qual  meraviglia  che  di  tutte  le  isti- 
tuzioni  la  piu  negletta,  abbandonata  e  quasi  spregiata  sia  la 
famiglia  ? 

La  famiglia!  Questo  minuscolo  organismo  umano,  che  al- 
Focchio  dell'egoista  moderno,  educato  a  cercar  solo  delle  forze 
materiali,  non  presenta  in  ragion  di  misura  e  di  peso  altro  che 
delle  debolezze,  delle  donne  deboli  da  difendere,  dei  bambini 
deboli  da  mantenere,  o  non  ha  la  famiglia  valore  alcuno,  ovvero 
Tha  solamente  di  quantitk  negativa.  Poco  pero  se  ne  occupano 
i  filosofi;  meno  gli  uomini  politici;  ed  i  giornalisti  ciarlieri 
trattano  della  famiglia  sol  per  deriderla  e  per  contaminarla. 
Gli  stessi  codici  moderni,  cosi  minuziosi,  che  hanno  articoli 
per  ogni  inezia,  lasciano  scarsissimo  posto  alia  famiglia,  ben 


400  LA   RELIGIONE 

dando  con  cio  a  vedere  in  che  meschino  conto  essa  sia  tenuta 
dalla  cosi  delta  civile  societa  moderna. 

Ma  )o  sfasciarsi  quotidiano  della  famiglia,  che  tiene  neces- 
sariamente  dietro  a  quel  pubblico  ed  universal  disfavore,  e 
sciagura  immane  della  societa;  perche  dalla  famiglia,  come 
da  istituto  fondamentale,  dipendono  in  gran  parte  le  sorti  dei 
popoli,  dalla  famiglia  escono  le  nazioni,  in  grembo  alle  fa- 
iniglie  s'innalzano  a  gloria  o  ruinano  a  vergogna  e  ad  igno- 
minia  le  patrie.  Divien  quindi  impossibile  salvare  nessun'altra 
istituzione  umana,  se  non  si  ripara  la  famiglia  or  cosi  grave- 
mente  sconquassata. 

Nel  che  appare  anche  una  volta  quanto  provvida  Madre 
dei  popoli  sia  la  Chiesa  cattolica,  la  quale  in  questi  ultimi  tempi 
segnatamente  si  e  data  e  si  da  una  cura  specialissima  di  ri- 
tornar  in  fiore  la  famiglia  cristiana,  ossia  il  tipo  vero  ed  uni- 
camente  perfetto  e  compiuto  della  famiglia  umana. 

In  altra  parte  di  questo  quaderno  narriamo  delle  recenti 
solennita,  che  con  istraordinario  concorso  di  popolo  ebbero 
luogo  al  Gesu  di  Roma,  per  volere  espresso  del  grande  Pon- 
tefice,  afflne  di  promuovere  colla  maggiore  efflcacia  la  consa- 
crazione  delle  famiglie  alia  divina  Famiglia  di  Nazareth.  Qui, 
prendendo  occasione  da  questo  fatto,  diremo  intorno  alia  fami- 
glia qualche  cosa  di  quel  che  avevamo  gia  da  lungo  tempo  in 
animo  di  scriverne. 

In  questo  momento  un  seguito  raccapricciante  di  orrori 
domestici,  che  scossero  fra  noi  la  coscienza  pubblica,  richiama 
parecchi  perfino  degli  scrittori  piu  leggieri-  a  considerare  1'ur- 
^ente  necessity  d'un  qualche  provvedimento,  che  ripristini  i 
disciolti  vincoli  di  famiglia.  Ma  pur  troppo  o  non  si  pensa  guari, 
o  si  pensa  male  a  quello  che  sarebbe  il  primo,  in  ordine  non 
solo  di  dignita  ma  anche  di  efflcacia,  cioe  a  ricondurre  la  costi- 
tuzione  e  la  vita  della  famiglia  al  concetto  religiose  e  cristiano. 
Trattiamone  dunque  noi. 


NELLA   FAMIGLIA  401 


II. 


La  dottrina  del  patto  sociale,  fondata  in  un  puro  romanzo 
fantastico,  e  pero  condannata  ad  un  tempo  dalla  storia,  dalla 
filosofia  e  dal  senso  comune,  ridusse  al  niente  il  concetto  di 
famiglia,  nel  punto  medesimo  che  voile  rappresentare  la  so- 
cieta  civile  come  un  amalgama  ed  una  specie  di  conglomerate 
d'individui  umani,  prima  dispersi  nello  stato  selvaggio,  poi 
intruppati  a  caso  dal  bisogno,  quindi  ordinati  dalla  volontaria 
abdicazione  dei  diritti  dei  singoli  associati  nelle  mani  dell'Ente 
collettivo.  In  questo  sistema  infatti  e  evidente  che,  come  tutti 
gli  organismi  minori  scompaiono  o  non  sono  piii  che  una  crea- 
zione  arbitraria  dell'immane  despotismo  dello  Stato,  cosi  anche 
la  famiglia,  con  tutte  le  leggi  morali  che  la  governano,  diviene 
un  artiflcio  capriccioso  e  continuamente  mutevole,  secondo  le 
usanze  o  le  esigenze  diverse  della  societa  negli  stadii  succes- 
sivi  della  civilizzazione. 

In  tal  guisa  concepiscono  la  famiglia  i  socialist!,  secondoche 
pud  vedersi  espressamente  nella  Donna  e  il  socialismo  di  Au- 
gusto  Bebel,  che  spende  qualche  centinaio  di  pagine  ad  illu- 
strare  quella  sua  idea  di  famiglia,  piii  bestiale  che  umana.  Ne 
egli  si  trova  punto  impacciato  d'innanzi  alle  mostruose  immo- 
ralita,  che  ne  seguono  qual  legittimo  corollario  perche,  a  detto 
suo,  «  come  ogni  grado  di  sviluppo  sociale  delPumanita  ha  le 
sue  proprie  condizioni  di  produzione,  cosi  ha  pure  il  suo  co- 
dice  morale,  il  quale  non  e  altro  che  lo  specchio  del  suo  stato 
sociale  ».  E  quindi  «  £  morale  quanta  e  usanza,  ed  usanza  sol- 
tanto  cio  che  risponde  alia  piii  intima  essenza,  cio6  ai  bisogni 
di  un'epoca  determinata  i  ». 

I  liberali  in  genere,  anche  quelli  che  1'hanno  a  morte  coi  so- 
cialisti,  non  diversificano  gran  fatto  da  costoro  nel  proprio  ideale 
di  famiglia  laica,  perocche  ne  fanno  una  creazione  dello  Stato, 
interamente  soggetta  ai  capricci  di  questo.  Leggansi,  non  di- 
ciamo  i  trattati  di  sociologia  liberale,  spesso  incomprensibili, 

1  Vedi  nell'opera  citata  ilprimo  capitolo,  intitolato:  la  donna  nel  passato. 
Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  11W.  26  8  febbraio  1897. 


402  LA    RELIGIONE 

ma  pur  solo  i  fbgli  che  ne  colgono  il  piu  bel  fiore  e  ramma- 
niscono  in  pillole  al  popolino:  tanto  basterk  per  far  accorto 
chicchessia  deirabbassamento  a  cui  e  discesa  1'idea  sacra  della 
famiglia,  per  colpa  del  liberalismo.  Anche  di  fresco,  qui  in 
Roma,  in  occasione  delle  atrocita  da  noi  sopra  accennate,  i 
giornali  liberaleschi  parlavano  dell'onore,  dell'amore,  della  mo- 
rale di  famiglia  con  ributtante  cinismo,  quasi  di  pregiudizii 
vieti,  scemi  di  fondamento  razionale  e  destinati  a  scomparire 
col  maturarsi  della  nuova  civilta  laica,  irreligiosa  cioe  ed  anti- 
cristiana. 

Ma  la  verita  e  una  sola,  e  la  veritk  e  questa.  —  La  famiglia 
e  un  organismo  indispensabile  alia  costituzione  della  societa 
civile,  che  risulta  dal  vitale  svolgimento  della  famiglia.  Retta- 
mente  pero  il  Popolo  romano  denominava  la  famiglia  celtula 
sociale;  ma  contraddicevasi  poi  apertamente,  secondoche  bene 
gli  ribatte  V Ossewatore  romano,  facendone  dipendere  Tesi- 
stenza  dalla  legislazione  dello  Stato.  No  :  quella  cellvla  sociale 
deve  preesistere  compiuta,  nel  suo  essere  e  nelle  sue  leggi  so- 
stanziali,  a  qualunque  forma  di  societk  civile.  Le  leggi  sostan- 
ziali  pero  della  famiglia  scaturiscono  dal  fine  medesimo,  a  cui 
essa  e  da  natura  ordinata,  e  per  conseguenza  non  soggiacciono 
alFarbitrio  di  nessuna  volonta  umana,  ossia  individuale,  ossia 
collettiva.  Spieghiamoci  meglio.  Per  la  propagazione  e  perpe- 
tuazione  deiruomo,  ck>6  di  un'essere  ragionevole,  destinato  alia 
vita  sociale  nel  tempo  ed  airimmortalita  beata  nell'eternita, 
dovette  sernpre  sussistere  la  famiglia,  con  leggi  sostanzial- 
mente  identiche  a  quelle  che  devono  regolarla  al  presente  ed 
in  avvenire. 

III. 

Gli  orgogliosi  dotti  moderni,  che  vollero  arditamente  ne- 
gare  la  necessita  morale  di  queste  leggi,  si  diedero  con  infi- 
nita  pena  di  ricerche  e  di  studii  ad  esumare  dagli  annali  dei 
popoli  il  cumulo  multi forme  del  costumi,  sovente  sconcissimi 
e  mostruosissimi,  che  prevalsero  in  differenti  et&  riguardo  alia 
costituzione  della  famiglia,  e  con  cio  pretesero  d'aver  stabilito, 


NELLA    FAMIGLIA  403 

come  fa  11  Bebel  sull'autorita  dell'  Engels,  Tarbitrarieta  della 
morale  domestica.  Ma  che  cosa,  a  tenor  di  logica,  non  a  iiorma 
di  fantasia  o  di  partito,  prova  davvero  quella  sfllata  di  erudi- 
zione,  poniam  pure  che  genuina? 

Non  prova,  no,  che  la  moralita  della  famiglia  sia,  come 
pretendesi,  un  convenzionalismo  oscillante  in  conformita  alle 
condizioni  sociali  degli  uomini;  ma  prova  bensi  che  gli  uomini 
in  tutti  i  tempi  si  ribellarono  alle  leggi  sante,  dalla  natura  pre- 
fisse  alia  famiglia  e  la  contaminarono.  Prova,  con  una  spa- 
ventosissima  iliade  di  guai,  di  delitti  e  di  stragi,  che  a  conte- 
nere  le  piu  ignominiose  passioni  delPuman  genere,  nei  rispetti 
delicatissimi  della  famiglia,  le  leggi  pur  cosi  chiaramente  pro- 
clamate  dalla  natura  non  bastano,  non  bastano  le  leggi  che  a 
rinflanco  di  quelle,  o  per  migliore  esplicazione  di  cio  che  nella 
natura  e  men  limpido,  fanno  le  societa  piu  civili  e  piu  pro- 
gredite. 

A  costituire  sovra  salde  basi  la  famiglia,  a  ritrarla  dai  pe- 
ricoli  della  corruzione,  a  renderla  capace  di  raggiungere  sicu- 
ramente  tutti  i  suoi  nobili  fini,  fu  in  ogni  tempo  necessaria 
Fautoritci  della  Religione,  che  parla  nel  nome  e  per  espresso 
mandate  di  Dio.  Perocchfe  la  famiglia,  in  ragion  dello  scopo, 
che  ha,  di  perpetuare  i  gloriflcatori  della  maesta  divina,  6  anzi- 
tutto  e  sopratutto  una  societa.  spirituale,  e  quindi  alia  autorita 
spirituale  della  Religione  appartiene  in  primo  luogo  di  go- 
vernarla. 

Ecco  la  tesi  nostra,  che  si  oppone  diametralmente  alia  tesi 
del  socialismo  e  a  quella  non  guari  diversa  del  liberalismo, 
proclamante  la  famiglia  laica.  E  i  fatti  addotti  dagli  avversarii, 
se  pur  non  provano  per  la  nostra  tesi,  eertamente  non  suffra- 
gano  la  loro,  mentre  non  oppugnano  noi.  Ad  ogni  modo  due 
grandi  fatti  noi  abbiamo  da  contrapporre  a  quelli,  due  grandi 
fatti,  per  1'autenticita  dei  quali  sta  tutta  la  dimostrazione  etica 
e  storica  della  divinita  della  Bibbia,  e  che  sono  prova  convin- 
centissima  del  nostro  assunto.  L'uno  risplende  al  bel  principio 
dell'uman  genere,  Paltro  rifulge  al  momento  solenne  della  sua 
restaurazione. 


404  LA   RELIGIONE 

Nell'Eden,  la  prima  famiglia  umana  e  costituita  da  Dio  stesso 
nella  santitk  della  Religione ;  poichfc  Dio  in  persona  pone  la 
mano  di  Eva  in  quella  di  Adamo,  e  benedice  quella  unione 
d'amore,  ordinando  che  sia  indissolubile  e  feconda.  Passano 
quattromila  anni,  e  Gesu  Cristo,  il  Verbo  di  Dio  disceso  in  terra 
per  la  salute  del  mondo,  condanna  le  violazioni  d'ogni  genere 
perpetrate  dagli  uomini  contro  la  santita,  1'indissolubilita,  1'unita 
della  famiglia,  e  la  richiama  alia  divina  costituzione  dell'Eden : 
Ab  initio  non  fuit  sic.  —  Quod  Deus  coniunxit  homo  non  se- 
paret  '.  Alle  nozze  di  Cana,  nobilita  colla  sua  presenza  la  fami- 
glia, e  poi,  facendo  del  matrimonio  un  sacramento  della  Nuova 
Legge,  la  ribenedice  e  la  consacra  per  sempre. 

E  certo  pertanto  che  la  Religione  deve,  nonche  per  ordi- 
namento  di  natura,  altresi  per  volere  positive  di  Dio,  dar  vita 
ed  essere  alia  famiglia. 

Cosi  si  e  anche  sempre  inteso  dalle  nazioni  civili  (pur  non 
tenuto  conto  dell'ebraica  governata  immediatamente  da  Dio),  che 
nelle  epoche  loro  piu  fortunate  costumarono  di  porre  la  fami- 
glia sotto  1'usbergo  della  Divinitk  col  culto  d'imene,  del  foco- 
lare  e  dei  penati.  E  benchfe  le  religioni  loro  o  false  od  imper- 
fette  non  valessero  a  difendere  la  famiglia  da  tutti  gli  attentati 
della  corruttela,  ne  impedirono  pero  molti,  dimostrando  per  tal 
guisa,  che  la  famiglia  &  tanto  piu  sicura  quanto  piu,  pei  vin- 
coli  della  Religione,  si  stringe  al  Dio  vivo  e  vero  e  lo  riconosce 
e  lo  proclama  suo  Autore,  Protettore  e  Custode. 

IV. 

A  che  dunque  possono  praticamente  metter  capo  le  preten- 
sioni  moderne  di  laicizzare  la  famiglia,  cioe  di  strapparla  da 
Dio,  fuorchfe  alia  rovina  della  famiglia  stessa,  quando  pure  tali 
pretensioni  avessero  in  qualche  modo  a  dirsi  fondate?  Ma 
fondate  non  sono  punto,  ne  nella  ragione,  ne  nel  buon  senso ; 
e  quindi  rimangono  mere  pretensioni,  pretensioni  capricciose 
e  per  giunta  enormemente  colpevoli,  a  motivo  dei  danni,  anzi 
delle  catastrofi  che  ne  derivano. 

«  MATTH.  XIX,  6-8. 


NELLA   FAMIGLIA  405 

Si  affaccia  piu  imperiosa  di  tutte  la  pretensione  dello  Stato, 
che  arroga  a  se  Pautorita  di  fondare  la  famiglia,  ovvero  anche 
di  spiantarla,  col  matrimonio  civile  e  col  divorzio.  Non  intende 
gia  lo  Stato,  colle  sue  leggi,  solamente  di  regolare  gli  effetti 
civili  della  congiunzione  maritale;  il  che  gli  si  concederebbe 
volontieri  da  tutli,  essendo  quegli  effetti  civili,  come  a  dire 
succession!,  diritti  dotali,  debiti  e  crediti,  notorieta  legali  ed 
altri  punti  di  domestica  amministrazione,  realmente  di  sua  com- 
petenza,  perchfe  naturalmente  collegati  coll'ordine  pubblico.  No, 
lo  Stato  laico  moderno  accampa  un  potere  sovrano  ed  esclu- 
sivo  sulPentita  stessa  del  vincolo  che  costituisce  la  famiglia; 
poiche  dalla  sua  legge  soltanto  ne  riconosce  la  validita  e  la 
durata,  e  giunge  perflno  a  dichiarar  immorale  la  famiglia  for- 
mata  senza  di  lui,  secondo  la  coscienza  religiosa  dei  coniugi  l. 

Or  chi  non  iscorge  a  prima  vista  quanto  eccessiva  sia  co- 
siffatta  pretensione  del  codice  laico,  il  quale  sopravviene  a 
manomettere  1'essenza  medesima  di  societa  volontaria,  che  la 
domestica  ha  da  natura,  e,  con  onta  turpissima  di  un  secolo 
libero,  confisca  la  liberta  delPuomo  in  cosa,  nella  quale  gia 
fino  dal  secolo  XIII  quel  grande  oscurantista  delPAquinate  pro- 
clamava  dipendere  I'uomo  soltanto  da  Dio  2  ? 

Anzitutto  si  puo  e  si  deve  obbiettare,  che  in  tale  pretensione 
e  contrasto  evidente  colla  realta  delle  cose.  La  legge  infatti, 
opera  dello  Stato,  non  puo  esercitare  alcuna  virtu  prima  che 
lo  Stato  esista.  Ora  1'esistenza  dello  Stato  non  puo  sanamente 
concepirsi  che  come  posteriore  alia  costituzione  della  famiglia ; 
perchfc  lo  Stato  risulta  dalPunione  delle  famiglie  gia  esistenti 
ed  operanti  e  diffondenti  intorno  gli  effetti  della  loro  vita  e 
della  loro  azione.  Si  trova  dunque,  in  quella  pretensione  de'  le- 
gulei,  1'assurdo  di  dare  la  virtu  operativa  a  chi  non  esiste,  di 

1  II   Popolo  Romano,  n.  27  per  il  28  genn.  1897,  citava  in  sostegno  del 
matrimonio    civile    queste    parole    del    Filomosi-Guelfi :   «  E  precisamente, 
mentre  si  dirige    all'  infrazione    dell'  ordine  del  diritto,    che  il  matrimonio 
religiose  (che  forse  non  e  tale)  diventa  un'azione  immorale  e  dolosa,   tur- 
batrice  delle  determinazioni  giuridiche  stabilite  dal  diritto   per  1'  effettua- 
zione  dell' idea  del  matrimonio.  » 

2  Summa  theol.,  2-2,  q.  104,  a.  5. 


406  LA   RELIGIONS 

far  anzi  che  il  non  esistente  metta  in  vita  1'esistente,  il  figlio 
generi  il  padre.  Puo  concepirsi  contrasto,  non  solo  giuridico 
ed  etico,  ma  anche  ontologico  peggiore  di  questo  ? 

Pur  cio  non  e  tutto.  Sia,  per  impossibile,  che  la  legge  ci- 
vile dia  vita  alia  famiglia :  essa  pero  non  avrk  mai  vigore  ba- 
stante  da  rendere  perenne  nella  sua  efflcacia,  come  al  bene 
sociale  richiedesi,  il  consenso  degli  sposi.  Giacchfe  questa  virtii 
del  consenso  onde  viene  flnalmente?  Ah!  essa  viene  dal  cuore, 
dal  cuore  che  naturalmente  6  portato  a  far  intiero  olocausto 
di  se  ad  un  altro  cuore  ed  a  domandarne  a  questo  il  ricambio ; 
viene  dal  cuore,  che  liberamente  bensi,  ma  pure  potentemente 
vuole  che  tale  olocausto  sia  perenne.  Un  amor  solo  per  sempre, 
ecco  il  voto  su  cui  si  aderge  la  famiglia.  Or  che  puo  mai  in 
questo  voto  la  legge  umana,  cosi  meschina  ne'  suoi  mezzi, 
che  non  ha  azione  alcuna  suirinteriore  delle  anime,  che  suol 
ritrarre  la  sua  forza  dalle  sanzioni  penali,  e  quindi,  anziche 
attirare  a  se  i  cuori,  da  se  piuttosto  li  respinge  ? 

Concediamo  agevolmente  che  il  povero  cuore  umano  non 
bastera,  da  se  solo,  a  rassicurarsi  contro  la  sua  propria  insta- 
bilita  e  che,  per  conseguenza,  la  giovane  coppia,  in  sul  punto  di 
scambiarsi  1'eterno  giuramento,  pur  tanto  bramato,  si  sentira, 
per  la  stessa  grandezza  di  questo,  improvvisamente  assalita 
d'angosciosa  trepidazione,  costretta  a  ricercare  intorno  nuova 
forza  e  saldezza.  Ma,  a  ravvalorarla,  non  potra  nulla  di  certo 
1'ufficiale  civile,  nonostante  la  tricolore  sua  fascia ;  nulla  la 
fredda  lettura  degli  articoli  del  codice.  Nulla  sulla  terra,  per 
girar  che  facciano  lo  sguardo,  sara  da  tanto  di  rinfrancarli: 
sicch£  le  loro  due  anime,  ove  non  siano  del  tutto  corrotte  o 
leggiere,  si  troveranno  come  necessariamente  sospinte  in  alto, 
verso  il  cielo  e  verso  Dio,  ad  invocare  la  Religione,  che  gP  in- 
volga  nella  mistica  nube  de'  suoi  misteri,  che  co'  suoi  sacri 
carismi  loro  infonda  quella  virtu,  onde  hanno  bisogno  al  pre- 
sente,  loro  assicuri  una  continua  assistenza  di  virtu  superna 
anche  in  avvenire,  e  principalmente  per  le  immanchevoli  ore 
della  prova,  quando  nel  mezzo  della  famiglia  si  rizzera  formi- 
dabile  il  dovere,  spoglio  d'ogni  flore  delle  nozze,  nudo  d'ogni 
abbellimento  dei  sensi  e  della  fantasia  d'amore. 


NELLA    PAMIGLIA  407 


V. 


I  corrotti  ed  i  leggier!  son  pero  molti  ai  di  nostri;  e  fa 
d'  uopo  riconoscere,  che  ad  aumentarne  smisuratamente  il  nu- 
mero  concorsero,  come  fattori  principalissimi,  la  laicita  della 
legislazione  matrimoniale  e  Tambiente,  come  oggi  dicono,  ateo 
e  materialista  della  societal  moderna. 

Questa  turba  infinita  di  corrotti  e  di  leggieri  dell'uno  e 
delPaltro  sesso  ha  imparato  troppo  bene  la  lezione,  impar- 
tita  dalfalto  delle  sedie  curuli.  Ha  imparato,  che  non  me- 
rita  d'  esser  presa  con  tanta  maturita  di  consigli  e  tremore  di 
petti  un'unione,  cui  soltanto  il  fanatismo  dei  preti  e  dei  co- 
storo  ciechi  seguaci  pote  innalzare  a  vette  di  spiritualismo  e 
misticismo,  incomprensibili  nei  giorni  nostri :  tanto  e  vero  che 
ormai  la  societk  presente  s'accorda  in  vedervi  poco  piu  del- 
1'istinto  da  soddisfare  e  degli  interessi  da  assestare,  e  che  i 
legislator!  medesimi  vi  ravvisano,  a  norma  di  scienza  giuri- 
dica,  un  semplice  contratto  da  regolarsi  dal  codice,  come  le 
compre-vendite,  gli  scambii  e  i  baratti  di  mercanzie.  Ha  la 
mrba  dei  corrotti  e  dei  leggieri  d'ogni  classe,  ma  special- 
mente  delle  aristocraliche  e  borghesi,  imparata^la  lezione,  che 
viene  dall'allo  del  liberalismo  dogmatizzante,  e  che  insegna,  il 
divorzio,  ossia  lo  scioglimento  del  contratto  di  matrimonio, 
poter  benissimo  farsi  a  richiesta  delle  parti,  come  in  qualunque 
contratto:  tutt'al  piu  bisognera  ventilare,  se  sia  opportune  il 
darne  facolla  per  legge ;  e  VOpinione,  organ o  del  Governo, 
merce  sua,  ne  avvertiva  1'altro  giorno,  che  i  conservator!  libe- 
ral!,  suoi  padroni,  per  ora  non  vi  reputano  adatte  le  condi- 
zioni  del  paese  nostro. 

Tante  grazie !  Ma  ad  adattarvi  quelle  condizioni  ci  pensano 
ogni  di  peggio  le  moltitudini,  educate  alle  vostre  teoriche  dis- 
sacratrici  e  dissolvitrici  della  famiglia.  Voi  le  insegnate,  esse 
le  praticano. 

Ed  ecco  che  pongono  in  non  cale  tutti  i  doveri  di  fami- 
glia, reputati  sempre  fin  qui  sacri  ed  inviolabili :  ecco  padri  e 


408  LA   RELIGIONS 

madri  che  calpestano  i  doveri  della  paternitk  e  della  mater- 
nita;  ecco  figli  e  figliuole  che  si  burlano  dei  loro  genitori, 
con  iscandalo  perfino  della  Tribuna;  ecco  Tempieta  che  si 
conficca  come  un  cuneo  tra  le  membra  d^lla  famiglia,  a  schian- 
tarne  la  concordia  degli  spiriti,  a  squarciarne  le  coscienze; 
ecco  il  vizio  che  s'  asside  sovrano  nel  cuore  della  famiglia,  a 
contaminare  i  talami,  ad  invelenire,  gli  uni  contro  gli  altri, 
coloro,  nelle  cui  vene  scorre  il  medesimo  sangue,  ad  infiam- 
mare  incendii  inestinguibili  di  odii  domestic!. 

Bella  impresa  davvero  che  il  liberalismo  ha  compiuto,  sban- 
deggiando  dalla  famiglia  la  Religione  cristiana !  Ha  dissacrato 
la  famiglia,  e  da  quella  che  dovea  essere  il  nido  della  felicita 
escono  urla  di  disperati  che  mordon  catene,  minaccie  ed  im- 
precazioni  di  tormentati  e  di  tormentatori.  Per  fatto  del  libe- 
ralismo, il  cristianesimo  se  n'esce  scacciato  per  la  porta,  ma 
intanto  per  i  mille  crepacci  della  famiglia,  che  si  sfascia,  en- 
trano,  a  prender  vendetta  del  sacrilegio,  1'  infanticidio,  1'  uxo- 
ricidio,  il  fratricidio,  il  parricidio,  il  suicidio,  furiose  erinni 
sitibonde  di  strage,  che  mescolano  flotti  di  sangue  a  flotti  di 
lacrime.  E  flnalmente,  ad  epilogo  del  dramma,  s'armano  di 
rivoltelle  e  di  coltelli  le  braccia  dei  prodi,  a  far  strage  di  donne, 
per  difendere  1'onore  della  famiglia,  il  quale  non  e  phi  che 
un  mito. 

Cosi  si  prova  a  luce  meridiana,  che  famiglia  senza  Reli- 
gione non  e  possibile,  e,  per  conseguenza,  che  legge  sturbatrice 
di  cristianesimo  e  legge  struggitrice  di  consorzio  domestico. 


VI. 


Alia  demolizione  legislativa  si  accoppia,  come  accennammo, 
la  influenza  malsana  e  corruttrice  dell'ambiente,  che,  serpendo 
nelle  intime  vene  della  famiglia,  vi  aduggia,  in  ciascuno  dei 
membri  di  essa,  ogni  vigoria  di  vita :  toglie  efficacia  alia  pa- 
terna  potesta,  valore  alia  tenerezza  materna,  cordialita  alia 
soggezione  flliale,  e  pur  democraticamente,  troppo  democra- 


NELLA   FAMIGLIA  409 

ticamente,  uguagliando  genitori  e  flgli,  distrugge  in  quest!  ul- 
timi  il  rispetto  verso  di  quelli  senza  accrescerne  la  confldenza. 

Effetto  sopra  gli  altri  funesto  di  tale  ambiente  avvelenato 
della  societa  moderna,  che  propugna  la  separazione  assoluta 
delle  istituzioni  da  Dio,  e  la  separazione  delle  anime  di  quei 
due,  sui  quali  la  famiglia  principalmente  si  regge.  Spose  e 
madri  veramente  infelici !  Tanto  spesso,  coll'anima  piena  di  Dio 
e  deH'amor  suo,  son  costrette  a  vivere  giorno  e  notte  legate 
con  un  uomo,  che  Dio  giorno  e  notte  bestemmia,  che  satani- 
camente  talora  lo  odia.  E  accade  che,  in  luogo  del  Crocifisso 
e  della  imagine  della  Sacra  Famiglia,  penda  sul  letto  nuziale 
la  pistola,  a  minaccia  perenne  contro  la  povera  donna,  che 
osasse  col  belluino  consorte  far  cenno  d'anima  e  di  Dio,  per 
lui  o  per  i  figli.  Ma  questo  caso  e  raro ;  invece  e  frequentis- 
simo  1'altro  della  tolleranza  sprezzante  d'un  marito  ateo,  il  quale 
lascia  la  moglie  intendersi  a  suo  senno  coi  preti  ed  insegnar 
le  orazioni  ai  bambini,  ma  la  punzecchia  ad  ogni  istante,  pur 
d'  innanzi  ai  figli,  per  quella  pieta,  che  egli  tratta  di  bigottismo, 
e  ne  schernisce  la  sincera  religione. 

Qui  non  c'e  davvero  la  inimista  feroce  del  primo  caso ;  ma 
manca  pur  sempre  la  cospirazione  dei  cuori  e  1'armonia  delle 
anime,  che  e  Palito  vitale  d'una  famiglia.  Or,  quando,  nel  com- 
pimento  dei  doveri  cosi  ardui  della  maternita,  la  donna  avrebbe 
piu  bisogno  del  consiglio  e  dell'aiuto  del  compagno,  come  fa 
ella  a  domandarglielo  ? 

Chiedergli  consiglio  ed  aiuto  per  la  materiale  condotta  della 
casa,  sta  bene ;  ma  per  1'  indirizzo  spirituale  e  per  1'educazione 
morale  della  prole,  chieder  consiglio,  domandar  aiuto  a  chi 
rinnega  lo  spirito  e  la  ragione  prima  ed  essenziale  d'ogni  mo- 
ralita,  tornerebbe,  nonche  inutile,  nocivo.  E  la  donna  cristiana 
ci6  intuisce  e  sente,  meglio  che  non  il  ragioni ;  ond'  e  che 
angosciata  si  rannicchia  allora  in  se  stessa,  tremando  di  tro- 
varsi  sola ;  sola  a  portare  sul  suo  fragile  collo  il  giogo  pesante, 
fatto  per  essere  portato  in  due.  Eccola  pero,  la  povera  crea- 
tura,  anfanare,  agonizzare,  ed  ahi!  Dio  non  voglia,  perire 
schiacciata  sotto  1'enorme  giogo ! 


410  LA   RELIGIONS 

Ma  Tegoista  societa  moderna  lira  innanzi  allegramente 
nella  sua  spensieratezza,  non  curante  delle  centinaia  di  mar- 
tiri  nascosti  e  palesi,  che  essa  fa  colle  sue  proprie  mani. 

VII. 

Questo,  quanto  all'azione  indiretta  della  societk  contro  la 
famiglia.  Ma  vi  e  1'aggressione  diretta,  esplicita,  insistente  e 
costante,  con  cui  la  societa  odierna  irapedisce  che  la  famiglia 
si  costituisca  ordinatamente,  e  costituita,  lavora  senza  posa  a 
discioglierla.  Essa  £  tutta  una  pratica  di  vita  sociale,  in 
contrapposizione  assoluta  della  vita  di  famiglia,  che  rende 
questa  pressoch6  impossibile. 

Quindi  anzitutto  un'awersione  sistematica  al  matrimonio, 
one  massimamente  nolle  classi  piu  alte  va  facendosi  di  per 
dl  piu  generale  nella  gioventu  maschile,  ed  un  celibato  tutfaltro 
die  virtuoso,  non  assistito  dai  carismi  della  grazia  divina,  che 
semina  di  scandali  inauditi  la  terra,  mentre  sbeffeggia  il  ce- 
libato ecclesiastico,  destinato,  colla  assistenza  di  Dio,  alia  fecon- 
dita  bellissima  e  sublimissima  della  perfezione  evangelica. 

La  Religione,  personiflcata  nella  Chiesa  cattolica  e  nel  Papa, 
si  leva  e  protesta  contro  un  disordine,  che  scende  a  piombo 
a  troncar  le  radici  della  famiglia  cristiana.  Ma  la  Religioue 
non  e  in  grado  di  estirpare  le  cause  legali  che  lo  producono. 
Toccherebbe  agli  uomini  pubblici,  toccherebbe  al  laicato  colto 
ed  onesto  di  misurare  1'enormita  del  pericolo  ed  avvisare  ai 
ripari.  Bisognerebbe  in  primo  luogo  far  sparire  il  contrasto  illi- 
berale  ed  iniquo  tra  matrimonio  religioso  e  matrimonio  civile. 
Ne  a.cio,  sel  persuada  il  Popolo  i-omano,  che  va  astrologando 
limedii  peggiori  del  male,  richiederebbesi  altro  piu  di  una 
legge,  merce  cui,  ad  esempio  della  Spagna,  i.matrimonii  con- 
tratti  secondo  la  coscienza  religiosa  venissero,  con  un  atto  di 
registrazione,  riconosciuti  come  legittimi  anche  in  faccia  allo 
Stato.  Poi,  con  savii  ritocchi  alia  legislazione  uscita  dalle  sterili 
viscere  del  liberalismo,  la  quale  umilia  i  padrifamiglia  e  saccheg- 
gia  i  patrimonii;  con  una  energica  opposizione  alle  abitudini 


NELLA   FAMIGLIA  411 

di  lusso  eccessivo,  di  mondanita,  di  scialacquo,  bisognerebbe 
dall'una  parte  rendere  meno  difficili  le  condizioni  richieste  a 
costituire  una  famiglia,  sottraendo  dall'altra  alia  giovanile  cu- 
piditk  quei  pascoli,  che  di  leggier!  la  compensano  della  pri- 
vazione  delle  gioie  domestiche.  Questa  santa  eospirazione  del 
laicato  e  della  Chiesa,  quanto  bene  non  recherebbe  alia  fa- 
miglia ! 

Ma  sappiarao  di  parlare  a  sordi,  perchfe  il  pregiudizio  anti- 
cristiano  e  piu  Todio  massonico  tagliano  ogni  via  di  riforrae,  le 
quali  implichino  comechessia  un  ritorno  salutare  -alia  Reli- 
gione.  Cosi  la  societa  corrotta  corrompe  la  gioventu,  e  si  va 
sempre  piu  corrompendo  essa  stessa,  tra  mandrie  di  cortigiane 
per  avvilimento  e  di  avventuriere  per  disperazione,  seduttrioi 
e  a  ler  volta  sedotte,  uccidenti  ed  uccise,  dissipatrici  d'ogni 
ricchezza  di  oro,  di  sangue,  d'ingegno,  di  virtu,  di  lettere  e 
perfin  di  politica.  Cosi  tante  fanciulle  pie,  ben  educate,  for- 
nite  de'  piu  rari  pregi,  cbe  farebbero  1'  ornamento  di  nuove 
famiglie,  la  felicitk  di  molti  sposi,  la  educazione  di  una  prole 
fulgidissima  di  cittadini  e  di  cristiani,  son  condannate  ad  ap- 
passire,  poveri  fiori  abbandonati,  nella  serra  paterna,  perche 
la  societa  le  dispetta.  Ovvero  segue  peggio  assai. 

Dopo  una  gioventu  tempestosa,  trascorsa  fra  tutte  le  follie 
possibili,  od  anche  fra  tutte  le  ignominie,  quando  il  cuore  e 
spossato  al  pari  dell'organismo,  quando  una  vecchiaia  precoce 
ha  tutto  moralmente  e  materialmente  finite,  incomincia  la  cac- 
cia  propria  dei  tempi  di  corruttela,  quella  della  dote.  E  Fin- 
teresse,  il  mercato  della  carne  umana,  la  putrida  tratta  dei 
bianchi  costituiscono  la  famiglia,  senza  riguardo  alcuno,  n6  ad 
eta,  ne  a  sentiment!,  ne  ad  onore,  ne  ad  amore. 

Questa  Fopera  della  societk  moderna,  che  non  si  stanca 
d'  incalzare  colle  sue  armi  omicide  una  famiglia  si  mal  co- 
struita.  E  vi  sara  poi  a  stupire  che  infiniti  delitti  inquinino 
queste  famiglie,  in  cui  si  vive  la  vita  del  lusso,  la  vita  dei 
balli  e  dei  teatri,  la  vita  dei  viaggi,  delle  veglie  galanti  e  dei 
conviti,  la  vita  dei  bagni  e  delle  stazioni  climatiche,  tutte  le 
vite  insomnia,  tranne  quella  della  famiglia?  dove  non  si  vede 


4  IV  LA   RELIGIONE 

spesso  possibile  dopo  pochi  mesi  di  convivenza,  altro  partito 
che  il  divorzio? 

E  chiaro  che  cio  riguarda  una  porzione  soltanto,  e  la  piii 
piccola,  della  societa.  Ma  il  mondo  moderno  non  perseguita 
meno  fleramente  lo  spirito  di  famiglia  in  seno  alle  falangi 
dei  lavoratori;  perche  1'egoismo  moderno,  flgliato  dalla  irre- 
ligione,  arrolando,  oltre  agli  uomini,  donne  maritate  e  don- 
zelle,  per  le  officine  e  le  Industrie,  diserta  addirittura  le  case, 
nelle  quali  non  rimangono  che  bambini,  abbandonati,  come  ne 
fan  fede  le  statistiche,  a  morire  innanzi  tempo  di  privazioni, 
ovvero,  peggio  ancora,  ad  inselvatichirsi  ed  a  pervertirsi. 

Or  e  proprio  il  tempo  di  domandare  a  quei  che  pretendono 
di  dar  legge  al  mondo,  con  qual  altra  cosa  sostituire,  nella  fami- 
glia, la  Religione,  che  essi  ne  vogliono  scacciata  ?  Se,  senza  la 
Religione  la  famiglia  diviene,  come  abbiamo  detto,  o  un  deserto 
selvaggio  o  un  campo  di  battaglia ;  se  essa,  senza  la  Religione, 
diviene  la  tomba  deiramore  o  la  sentina  dei  vizii,  1'opera  di 
costoro  e  bell'e  giudicata :  non  e  opera  di  civilta,  ma  di  bar- 
barie. 

VIII. 

Di  barbarie  sopra  tutto  per  quel  che  riguarda  il  naturale 
coronamento  della  famiglia,  voluto  da  Dio,  con  sapienza  me- 
ravigliosa  promosso  dalle  leggi  della  natura,  necessario  alia 
prosperity  e  potenza  delle  nazioni,  vogliam  dire  la  flgliuolanza. 

Quando  le  Scritture  divinamente  ispirate  intendono  rappre- 
sentarci  una  famiglia  degna  di  ammirazione,  ci  dipingono  il 
padre,  in  aspetto  nobilmente  maestoso,  a  modo  di  re,  con  al 
fianco,  signora  del  suo  cuore,  la  donna  forte,  preziosa  al  pari 
della  perla  che  viene  dai  piu  lontani  lidi,  e  intorno  a  loro  un 
bel  serto  di  flgli  che,  in  coro  col  venerate  genitore,  levano  alle 
stelle  le  lodi  della  madre  l.  E  la  Fede  in  mezzo  ai  popoli  cri- 
stiani  fece  sempre  riguardare  1'abbondanza  della  prole  siccome 
un  pegno  della  benedizione  divina,  un  titolo  d'onore,  un  argo- 
mento  solenne  dell'onesta  della  casa. 

1  Prov.  XXXI,  10-28. 


NELL  A   FAMIGLIA  413 

Or  non  piu  cosi,  ma  per  sino  su  le  labbra  cristiane  dob- 
biam  non  di  raro  sentire  il  motteggio  lanciato  al  padre  di  nu- 
merosa  figliuolanza,  come  a  scimunito  ignaro  delle  sagaci 
norme  che  all'  economia  domestica  prescrive  la  scienza  nuova. 
Ogni  piii  flera  rampogna  e  nulla  a  sfolgorare  tanta  deprava- 
zione,  onde  sono  maliziosamente  dissipate  le  sorgenti  stesse 
della  vita,  e  sacrilegamente  frodata  la  provvidenza  creatrice,  co- 
perta  d'onta  intollerabile  la  fronte  della  donna,  gettata  la  face 
della  discordia  nelle  famiglie;  onde  isteriliscono  le  stirpi,  per- 
dono  i  nervi  le  attivitk  nazionali,  i  popoli  corrono  pericolo  di 
sparire  dalla  faccia  della  terra. 

Sarebbe  pero  superfluo  il  sottermarci  a  distruggere  quel 
sofisma  puerile,  che  suol  dedursi  dalla  minaccia  di  squilibrio 
tra  il  crescere  della  popolazione  e  1'aumentare  dei  mezzi  di 
sussistenza.  Valga  1'avervi  accennato  ad  intendere,  che  anche 
qui  e  1'  irreligione  che  ruina  le  famiglie  e  con  esse  le  nazioni, 
le  quali,  come  la  Francia,  debbono  oggi  sostener  F  ignominia 
d'  invocare  per  le  proprie  Industrie  braccia  straniere,  e  forse 
domani  dovranno  chiedere  in  grazia  a  famiglie  straniere  di 
popolare  le  proprie  lor  case  deserte  di  abitatori.  Infatti  un 
po'  di  fede  in  Dio  e  nella  sua  Provvidenza  spazzerebbe  via 
ogni  guaio,  rassicurandoci  che  il  disegno  creatore  non  pote 
essere  incomplete,  in  parte  massimamente  cosi  principale,  e 
per  conseguenza,  bastar  che  1'  uomo  nol  perturbi  col  suo  ca- 
priccio,  perche  la  densitk  della  popolazione  corrisponda  alia 
potenzialita  di  trasformazione  del  nostro  globo,  pel  necessario 
sostentamento  de'  suoi  abitatori.  II  che  vuole  esprimere  il 
popolo,  con  sapienza  maggiore  di  tutti  i  dettati  d'un'economia 
atea  e  fantastica,  quando  afferma  che  ogni  creaturina  viene  al 
mondo  con  in  mano  il  cestello  delle  sue  provvigioni. 

Non  sara  pero  fatto  tutto,  quando,  in  conformitk  alle  leggi 
sante  del  Creatore,  una  famiglia  sia  cresciuta  bella  di  nume- 
rosa  prole,  a  cui  non  manchi  il  necessario  sostentamento 
del  corpo.  Perocche  quegli  esseri  spirituali,  destinati  ad  un 
fine  soprasensibile,  da  raggiungersi  coll' esercizio  della  virtu, 
debbono  essere  moralmente  educati;  e  non  v'ha  dubbio  che 


414  LA   RELIGIONE 

il  debito  d'educarli  grava  anzitutto  sui  loro  parent!,  i  quali  an- 
che  ne  ricevettero  da  Dio  sovra  ogni  altro  la  capacita  e  T  age- 
volezza;  siccome  non  v'ha  dubbio  che  nel  soddisfare  tal  debito 
li  puo  effettivamente  sorreggere  soltanto  la  Religione.  Questa 
infatti  lor  pone  innanzi  Iddio  qual  Creatore  e  Redentore  delle 
anime  immortali  del  figli,  a  cui  nulla  sfugge  e  cui  dovranno 
un  di  rendere  strettissimo  conto  di  quelle  anime  stesse:  dal 
qual  pensiero  e  incredibile  quanto  sprone  insieme  e  quanto 
incoraggiamento  traggano  i  genitori  credenti,  a  fornire  con 
zelo  e  costanza  il  formidabile  mandato. 

Ma  sopprimete  colla  fede  religiosa  questi  convincimenti,  e 
T  educazione  di  famiglia  perdenk  tosto  ogni  elevatezza  di  scopi, 
insieme  con  ogni  opportuna  virtu  di  mezzi ;  e  vi  converra  poi 
d'incontrarvi  per  le  vie  e  le  piazze  in  turme  scapestrate  di  bimbi, 
che  vi  faranno  chieder  stupiti,  so  oggimai  i  genitori,  in  paese 
cristiano  e  civile,  si  tengon  paghi  senz' altro  di  mettere  al 
mondo  dei  bipedi  spiumati. 

IX. 

E  ora  un  lamentar  generale  ed  unanime  il  crescere  della 
delinquenza,  in  particolare  tra  i  minorenni,  e  quanto  si  eall'Italia, 
ogni  anno,  da  un  poco  in  qua,  ne  levano  alti  omei  i  magistrati, 
inaugurando  1'anno  giuridico,  tanto  che  questa  volta  1'un  d'essi 
e  arrivato  a  proclamare  la  bancarotta  della  coscienza.  Frase 
felice,  che  fa  il  bel  paio  coll'altra  del  primato  italiano  dei  de- 
litti;  ma  che  dovrebbe  condurre  i  legislator}  e  tutti  gli  uomini 
di  cuore  a  studiar  le  cause  di  tanto  contagio,  per  applicarvi 
energicamente  i  rimedii. 

E  qualche  cosa  se  n'e  detto  infatti,  non  solo  nella  stampa 
cattolica,  ma  anche  nella  liberale.  Ne  parlarono  recentemente 
il  Temps  e  le  Revue  des  deux  Mondes  in  Francia ;  in  Italia, 
benche  molto  n'accamente,  VOpinione;  e  sopratutto  si  appiglia- 
rono  a  studiare  le  relazioni  tra  la  delinquenza  dei  minorenni 
e  la  scuola  laica,  intorno  a  che  comparvero  dei  buoni  articoli 
nella  Gazzetta  di  Venezia,  tra  i  quali  uno  dell'on.  Molmenti. 


NELLA   FAMIGLIA  415 

Ma  e  a  temersi  che  si  vada  per  questa  via  a  finire  in  acca- 
demia,  gli  uni  affermando  e  gli  altri  negando,  con  dati  stati- 
stici,  il  nesso  di  causalita  tra  quei  due  fatti,  senza  conchiudere 
nulla,  o  concludendo  anzi,  esempigrazia,  col  Durkheira,  che 
1'aumento  di  criminalita  e  segno  di  progresso  sociale  *. 

Noi  intanto  ci  affretteremo  a  registrare  1'innegabile  ed 
indiscutibile  relazione  di  effetto  a  causa  esistente  tra  1'aumento 
di  criminalita  dei  rainorenni,  divenuta  oggi  in  Francia  quasi  il 
doppio  di  quella  degli  adulti,  e  lo  scioglimento  odierno  dei  vin- 
coli  di  famiglia,  dipendente  in  gran  parte  dalla  laicizzazione 
di  essa. 

E  mestieri  rifar  la  famiglia,  giacche,  persuadiamocene,  al- 
Feta  nostra,  colpa  il  liberalismo  settario  ed  irreligioso,  fami- 
glia nel  senso  pieno,  nel  senso  cristiano,  cioe,  e  cattolico,  quasi 
non  esiste  piu.  Quindi  la  famiglia  non  educa,  o  troppo  spesso 
educa  male.  Si  badi  con  dcchio  sereno  ai  fatti  quotidiani  ed  alle 
abitudini  cosi  delle  case  dei  facoltosi,  come  di  quelle  dei  po- 
veri,  anzi  piu  di  quelle  che  di  queste,  e  le  persone  savie,  che 
intendono  quel  che  sia  educare,  dovranno  darci  pur  troppo  ra- 
gione.  Or  si  ha  un  bel  dire,  ma  1'educazione  piu  profonda  e 
piu  durevole  e  la  prima  educazione  della  famiglia;  ne,  ove 
questa  manchi,  alcun'altra  bastera  a  supplirla  intieramente. 
Laonde  il  de  Maistre  poteva  dire,  che  alFeta  di  dieci  o  dodici 
anni  il  fanciullo  e  gia  quasi  del  tutto  moralmente  formato,  e  che 
«il  non  esserlo  stato  sulle  ginocchia  della  madre,  sara  sempre 
per  lui  una  grande  sventura  ». 

Che  cosa  potranno  mai  diventare  di  buono  gli  sciami  degli 
altrettanto  incolpevoli  quanto  infelici  figli  del  vizio,  che  va 
dilatandosi  massimamente  nelle  citta  con  una  rapidita  rac- 
capricciante,  sicche  si  prevede  che  ben  presto,  a  Parigi  per 
esempio,  le  nascite  illegittime  uguaglieranno  le  legittime? 
Che  cosa  preveder  di  lieto,  sotto  F  aspetto  specialmente  dei 
buoni  costumi,  per  quelFaltra  turba  inflnita  di  bambini  e  di 
bambine,  che  gli  eserciti  degli  operai  incessantemente  occu- 

1  Presso  ta  Revue  des  deux  Mondes  del  15  gennaio  1897,  articolo  del 
signor  Fouillee:  Les  jeunes  criminelles,  I'Ecole  et  la  Presse,  pag.  419. 


416  LA   RELIGIONS 

pati  nelle  fabbriche,  gli  eserciti  poco  men  numerosi  del  genitori 
dati  alle  bevande  alcooliche  ed  al  giuoco,  o  di  quegli  altri  che 
sbarcano  il  lunario  tra  la  prigione  ed  il  malandrinaggio,  abban- 
donano,  sin  dall'etk  piu  tenera,  alle  piazze  pubbliche  od  alia 
pubblica  assistenza,  laica  anch'essa  troppe  volte  e  quindi  inetta 
ad  educare? 

Ci  pare  in  verita  che  avesse  molta  ragione  1'avvocato 
Bonzon,  nel  suo  libro  le  Crime  et  VEcole,  di  far  ravvisare  in 
tutto  questo  la  cagione  immediata  della  delinquenza  giovanile, 
conchiudendo  che  essa  «  e  anzitutto  la  proiezione  ingrandita 
della  demoralizzazione  paterna  e  materna  ». 


Con  che  siamo  ben  lungi  dal  voler  diminuire  la  responsa- 
bilita  della  scuola  laica  e  della  stampa  perversa,  nella  dege- 
nerazione  morale  della  gioventu.  Tutti  gli  uomini  gravi  vedono 
col  Fouillee  e  detestano  1'orribile  complicita,  nel  pervertimento 
dell'educazione,  della  vera  e  propria  «  suggestione  di  vizio  e 
di  delitto  organizzata  su  vasta  scala,  munita  di  privilegi,  assi- 
curata  dell'impunit&  »  *,  che  esercitano  nel  mondo  moderno  la 
scuola  e  la  stampa,  aliene  da  Dio  o  di  lui  nemiche. 

E  notevole  infatti  e  molto  eloquente  un  punto  di  statistica, 
che  ci  vien  dato  per  Parigi,  ma  che  potrebbe  agevolmente 
estendersi  dappertutto,  secondo  cui  di  100  minorenni  proces- 
sati  in  tribunale,  due  soltanto  provengono  dalle  scuole  con- 
dotte  dai  preti  o  dai  religiosi.  E  quindi  a  tutto  diritto  non 
solo,  ma  altresi  con  somma  opportunist  e  sapienza  i  cattolici 
chieggono  che  nelle  scuole  sia  rimesso  1'  insegnamento  reli- 
gioso,  e  non  in  qualsiasi  guisa,  come  avvertiva  teste  1' Episco- 
pate austriaco  nel  suo  appello  collettivo  per  le  prossime  ele- 
zioni,  comprendendo,  cioe,  nell'orario  scolastico  poche  ore  d'  in- 
segnamento religiose;  ma  in  guisa  «  che  tutta  1' istruzione  ed 
educazione  della  gioventu  cristiana  abbiano  per  cardine  la 
fede,  e  sieno  vivificate  dello  spirito  della  Chiesa  ».  Come  per- 

1  Vedi  1'articolo  della  Revue  des  d«ux  mondes,  citato,  a  pag.  448. 


NELLA   FAMIGLIA  417 

tanto  non  arriviamo  punto  ad  intendere  il  lazzo  dell'on.  guar- 
dasigilli  Costa,  gabellato  flnora  per  austerissimo  uomo,  sul- 
1'eccesso  pei  delitti  di  sangtie  nel  Lazio,  quando  il  catechismo 
vi  era  insegnato,  disse  egli,  anche  con  qualche  tratto  di 
corda;  cosi  eomprendiamo  benissimo  la  giustizia  di  quel  rim- 
provero,  che  il  difensore  d'un  omicida  minorenne  rivolse  alia 
societa  moderna,  in  una  Corte  d'Assise  di  Francia :  «  Se  a 
questo  delinquente  fosse  stato  presentato  il  Crocefisso  quando 
sedeva  sui  banchi  della  scuola,  ora  egli  non  sederebbe  sul 
banco  dell'  infamia.  » 

Contro  la  societa,  si,  la  societk  moderna,  apostata  da  ogni 
credenza  soprannaturale,  materialista  sucida  e  madre  di  su- 
diciume,  che  approva  tutte  le  sozzure  di  una  stampa,  non 
pur  senza  pudore,  ma  anche  senza  decenza  umana,  e  vuole 
una  scuola  demoralizzatrice  per  cio  solo  che  la  vuole  atea,  si 
dovrebbero  ritorcere  i  processi  di  tanti  delinquenti,  sopra  tutto 
minorenni,  ed  essa  dovrebbe  portarne  in  primo  luogo  le  con- 
danne  e  la  pena. 

Ma  di  flagellare  la  societa  non  puo  prendersi  pensiero  che 
Dio,  e  Dio  lo  fa  a  suo  tempo  e  lo  fa  da  Dio.  Noi,  venendo  ad 
una  conclusione  pratica  di  questo  articolo,  ci  faremo  lecito 
di  notare,  come  sulla  famiglia  ad  ogni  modo  ricada  la  respon- 
sabilita  stessa  della  scuola  e  della  stampa  perversa.  Sulla  fa- 
miglia che  apre  a  due  battenti  le  sue  porte,  perche  ogni  piu 
scellerata  pubblicazione  vi  entri  ad  insegnare  all'eta  tenerella 
quae  non  oportet  ed  a  sconvolgere  da  capo  a  fondo  la  casa. 
Sulla  famiglia  che,  per  mire  temporali,  non  bada  ad  awentu- 
rare,  nelle  scuole  dei  miscredenti  e  dei  frammassoni,  le  anime 
dei  giovanetti  e  perflno  delle  fanciulle. 

Negli  Stati  Uniti  e  nelP  Inghilterra  le  famiglie  cattoliche 
pagano  le  tasse,  destinate  a  mantenere  di  tutto  punto  le  scuole 
ufficiali  protestanti ;  ma  non  vi  mandano  i  loro  flgli.  Per  questi 
mettono  generosamente  mano  un'altra  volta  alia  borsa,  e  ne 
traggono  inesauribilmente  tutte.  le  sterline  necessarie  a  co- 
struire  scuole,  ad  ediflcare  cappelle,  a  salariare  maestri,  perche 
i  lor  cari  non  intendano  nulla  nella  scuola  che  contrasti  con 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fase.  1120.  27  10  fellruio  181,7. 


418  LA   RELIGIONE    NELLA    FAMIGLIA 

cio  che  hanno  imparato  in  famiglia  sulle  ginocchia  della  madre 
e  dalle  labbra  del  padre.  Quelle  forti  minoranze,  in  paesi  d'op- 
posta  credenza,  intendono  assai  meglio  delle  nostre  maggio- 
ranze  cattoliche  il  dovere  della  lotta  ad  ogni  costo  per  la  co- 
scienza  e  per  la  fede.  Intendono  assai  meglio  che  non  si  voglia 
capire  fra  noi,  che  Teducazione  della  scuola  deve  accordarsi 
perfettamente  con  quella  della  famiglia,  e  1'educazione  della 
famiglia  con  quella  della  scuola,  se  vuol  farsi  opera  seria  e 
durevole  di  grandezza  religiosa,  civile,  domestica  e  nazionale. 

Ecco  dunque  quel  che  le  famiglie  cattoliche  hanno  a  fare 
in  Italia.  Insistere  senza  posa  perche  s'infranga  il  monopolio 
ingiusto  dell'  istruzione ;  reclamare  la  liberta  dei  padri  credenti 
in  Cristo  e  nella  sua  Chiesa,  di  formare  a  propria  imagine  i 
proprii  flgli  credenti  del  pari  nella  Chiesa  ed  in  Cristo.  E  forti 
della  responsabilita  paterna,  non  cedere  mai  a  nessuno  il  do- 
vere inalienabile  che  ne  deriva  della  educazione  dei  flgli,  con- 
forme  alia  coscienza  paterna,  alia  fede  della  loro  madre,  alle 
sacre  tradizioni  cristiane  della  loro  famiglia,  al  cattolicismo, 
onore  e  salvezza  della  loro  patria. 

Ove  r  istruzione  pubblica  non  voglia  acconciarsi  a  queste 
esigenze  giuste  e  legittime  della  paterna  podesta,  sia  lasciata 
a  chi  la  vuole,  e  le  famiglie  cattoliche  provveggano  da  se 
medesime  a  fare  degli  Italiani  che  non  bestemmino  la  Religione 
gloriosa  d' Italia,  ma  la  ammo,  e  ne  costituiscano  il  cardine 
della  nazionale  e  domestica  grandezza  ! 

Senza  questo  salutare  e  forte  proposito  delle  famiglie,  di 
volere,  a  prezzo  di  qualunque  sacrifizio  di  quiete,  d'ambizione, 
di  pecunia,  di  sangue,  essere  anzitutto  cristiane  e  cattoliche, 
sara  vano  pensare,  crediam  noi,  di  tornar  cristiana  e  catto- 
lica  1' Italia  ed  anzi  di  salvarla  dallo  sfacelo  morale. 


GLI  HETHEI-PELASGI 

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L'ARGOLIDE.  ARGO 


SOMMARIO :  Importanza  dell'Argolide  per  lo  studio  delFetnografla  e  ci- 
vilta preistorica.  II  nome  di  Argo  e  pelasgico.  Cortfini  dell'Argolide, 
suoi  monti  e  suoi  fiumi.  Origin!  etniche.  Danao  e  le  piramidi  dell'Argolide. 
Etimologie  del  nome  della  piramide.  La  Larissa  d'Argo  e  sue  mura 
ciclopiche  ricordate  da  Euripide.  Midia  pelasgica.  L'  Hereon  primitiTO. 
II  ruscello  Asterione.  Divinita  pelasgiche  d'Argo.  Civilta  dell'Argolide. 
Non  fu  d'origine  europea  ne  fenicia.  Opinione  del  Pettier  sulla  prim  a 
e  sulla  seconda.  Non  pensa  al  tutto  come  1' Helbig.  Ancora  de'  Keftu 
contro  1'  Helbig.  Testi  geroglifici  della  tomba  di  Ramenkhepersenk  I 
Keftu  Cappadoci.  Lettera  del  Pottier  e  nostre  osservazioni.  La  diffe- 
renza  fra  1'opinione  del  Pottier  sull'origine  dell'arte  e  civilta  micenea 
e  la  nostra  e  soltanto  accidentale  e  ipotetica  ;  fra  1'opinione  dell'Helbig 
e  la  nostra  e  sostanziale. 

A'  nostri  studii  etnografici  della  Grecia  primitiva  porra  ter- 
mine  la  presente  trattazione  delle  origin!  e  della  civilta  dei  tre 
piu  famosi  regni  del  Peloponneso  e  delle  loro  citta  capitali,  Argo, 
Tirinto  e  Micene,  le  quali  furono  comprese  nella  regione  che  da 
Argo  fu  detta  Argia  od  Argolide.  Le  memorlabili  leggende  di 
Perseo  e  di  Pelope,  di  Agamennone  e  di  Menelao,  d'Elena,  di  Cli- 
tecmestra,  d'Ifigenia,  di  Egisto  e  di  Oreste  e  della  guerra  decen- 
nale  a  Troia,  ci  son  fornite  da  questa  sola  contrada  del  Pelopon- 
neso, dove  parimefite  fiori  la  piii  bella  civilta  de'  tempi  preisto- 
rici,  la  quale  va  sotto  il  nome  di  civil ta  micenea.  Come  per  tutte 
lealtre  terre  del  continente  ellenico  settentrionale  e  meridionale, 
cosi  per  1'Argolide  non  ci  sara  malagevole  ne  discaro  il  dar  le 
prove  della  nostra  tesi,  che  cioe  i  popoli  piu  antichi  e  primi 
introduttori  della  civilta  che  vedremo  ad  Argo,  a  Tirinto  e  a 
Micene,  furono  gli  Hethei-Pelasgi,  e  che  siffatta  civilta  venne 
eon  loro  d'Oriente  in  Occidente.  Avremo  pertanto  Foccasione 


420  GLI  HETHEI-PELASGI 

di  ritornar  sulla  quistione  micenea  e  di  recar  nuovi  argomenti 
in  conferma  della  nostra  e  in  pregiudizio  dell'opinione  di 
coloro  che  in  questo  aringo  entrarono  arditamente,  e  con 
molto  valore  ruppero  piu  d'una  lancia.  Noi  certamente  non 
potremo  che  ammirar  1'  iugegno  e  la  dottrina  de'  nostri  awer- 
sarii,  parecchi  de'  quali  sono  altresi  nostri  amici  carissimi,  ma 
compiremo  nondimeno  tranquillamente  il  nostro  dovere  di 
difendere  cio  che  stimiamo  vero,  e  difenderlo  a  viso  aperto. 
Quanto  facemmo  altrove  per  le  opinion!  del  Reinach  e  del- 
r  Helbig,  lo  faremo  qui  per  quelle  dell'  Evans,  del  Perrot  e 
degli  altri. 

II  nome  di  Argo,  T&  "Ap^og,  e  promiscuamente  usato  da'greci 
scrittori  a  significar  la  citta  e  il  territorio  di  Argo.  In  questo 
secondo  significato  si  chiamo  pure  ^  'ApyoX:'? i :  e  piu  comune- 
mente  ^  'Apyeta  2  e  talvolta  f/  'ApyoXixrj  3.  L'etimologia  di  questo 
nome  non  e  altrimenti  greca  cioe  aria,  come  fu  da  noi  pro- 
vato  scrivendo  della  Macedonia,  si  bene  pelasgica,  e  signifi- 
cherebbe  non  gia  campo,  ager,  quasi  fosse  apyo;  =  ager,  ma 
qualche  altra  cosa  che  ignoriamo  perche  ignoriamo  gl'idiomi 
macedone  e  tessalico,  a'  quali,  secondo  Strabone,  appartiene 
il  vocabolo  che  Omero  non  uso  mai  in  significazione  di  campo. 
II  nome  poi  di  Argo  non  e  particolare  del  Peloponneso,  ma 
lo  troviamo  anche  in  Tessaglia;  in  quello  e  detto  da  Omero 
"Apyo;  "lacjov,  e  "Apyo?  'Axaiv.ov  4,  e  in  questa  e  chiamato 
"Apycg  neXaaytx6v  5.  Ma  in  Tessaglia  e  nel  Peloponneso  Argo 
signified  per  Omero  tanto  la  regione  quanto  la  citta.  D'altra 
parte,  se  Argo  fu  1'antico  nome  del  Peloponneso,  come  scrisse 
Strabone,  e  solo  dopo  la  venuta  di  Pelope  tolse  il  nome  di 
Argo  Acaico  :...  wate  TTJV  IIsAOTrivvyjaov,  ix  TroXXwv  f^Sy;  xp^vwv  "Apyos 
XeyojiivYjv,  TOTE  'AxaVziv  "Apyo;  Xs)(6fjvac r>,  dobbiamo  conchiudere 
che  il  nome  Argo  e  nome  pelasgico,  perciocche  i  primi  fon- 

1  HERODOT.,  I,  LXXXII. 

2  THUCYD.,  V.  LXXV;  STRAB.  VIII,  VI,  8,  e  passim. 

3  STRAB.  VIII,  VI,  16. 

*  HOM.  //.  IX,  141  ;  Od.  Ill,  251. 

s  HOM.  II,  681. 

6  STRAB.  VIII,  V,  5. 


NEL  CONTINENTS  ELLENICO  421 

datori  di  Argo  furono  i  Pelasgi,  come  vedremo  piu  innanzi, 
e  1'Argo  tessalico  fa  parimente  cosi  chiamato  da'  Pelasgi,  an- 
ch'essi  primi  signori  della  Tessaglia,  come  fu  gik  da  noi  di- 
mostrato  altrove.  Laonde  non  6  per  nulla  verisimile  che  il  nome 
Argo  migrasse  dal  Peloponneso  in  Tessaglia  ovvero  da  questa 
in  quello,  doveche  ben  s'  intende  che  popoli  della  stessa  fami- 
glia  e  della  medesima  lingua  abbiano  voluto  e  potuto  imporre 
a  luoghi  diversi  il  nome  di  Argo. 

Argo  nel  senso  dell'Argia  od  Argolide,  del  territorio  cio& 
della  cittk  di  Argo,  conflnava  co'  territorii  di  Fliunte,  Cleona 
e  Corinto  a  settentrione :  a  mezzodi  col  golfo  Argolico  e  con 
Cinuria:  a  occidente  col  paese  di  Epidauro  e  ad  oriente  con 
1'Arcadia.  I  monti  Artemisio  e  Partenio  separavano  1'Argolide 
dall' Arcadia  a  ponente,  e  PAracneo  la  divideva  a  levante  da 
Epidauro,  formando  cosi  la  piii  vasta  pianura  del  Peloponneso 
cinta  intorno  per  tre  lati  da  monti,  e  per  Paltro  lato  aperta 
al  mare.  Due  flumi  principal!  attraversavano  la  pianura  d'Argo, 
1'  Inaco  e  1'  Erasino.  L'  Inaco,  "Iva/o;,  oggi  Bdnitza,  sorge  nel 
monte  Artemisio,  secondo  Pausania  ',  ovvero  sul  monte  Lirceo 
nella  regione  di  Cinuria  in  Arcadia,  come  opina  Strabone  2. 
Dal  Lirceo  discende  il  Cefisso,  Kr^:aa6;,  tributario  dell'lnaco, 
e  tra  lui  e  la  citta  d'Argo  scorre  il  torrente  Garadro,  Xapaopo?, 
ora  Xeria,  il  quale  poco  sotto  Argo  si  unisce  all'  Inaco.  II  flume 
Erasino,  'Epaatvcs  o  'Apalvo;,  oggidi  Kephaldri,  che  riceve  le 
acque  del  Frisso,  Op^o?,  poco  prima  di  giungere  al  mare.  Degli 
altri  flumi  o  per  meglio  dire,  torrenti,  non  crediamo  neces- 
sario  far  menzione,  salvo  che  di  due,  perche,  secondo  noi, 
connessi  con  la  memoria  di  Danao  e  di  Hera  cioe  Astarte,  e 
sono  il  Tavo?  o  Tavao;  (EuRiP.  Electra,  413)  oggi  Luku,  il 
quale  segna  il  confine  tra  1'Argolide  e  Cinuria;  e  l"Aa7£p:o>v, 
che  scorre  sul  lato  sud-est  dell'Hereo  o  tempio  di  Hera,  il 
cui  antico  nome  fu  Astarte,  divinita.  propria  degli  Hethei-Pe- 
lasgi,  della  quale  fu  da  noi  parlato  soventi  volte  nel  corso  di 
queste  ricerche. 

1  PAUS.  II,  XXV,  3;  VIH,  VI,  6. 

2  STHAB.  VIII,  VI,  6. 


422  QLI    HETHEI-PHLASGI 

Le  origin!  della  citta  d'Argo  che  dicesi,  come  d'altre  pa- 
recchie,  essere  stata  la  piu  antica  cittk  della  Grecia,  non  sono 
per  noi  tanto  oscure  da  farci  perder  fidanza  di  rintracciarle; 
conciossiache  i  miti  e  le  leggende  intorno  a'  fondatori  d'Argo 
non  sieno  gran  fatto  diversi  da  quelli  che  gia  sappiamo  esser 
comuni  a'  popoli  della  Grecia  primitiva.  Le  genealogie,  infatti, 
degli  Eroi  eponimi  che  la  tradizione  ci  ha  conservate,  si  re- 
stringono  a  pochi  nomi  spesso  tra  loro  confusi,  ma  che  pero 
diconsi  sempre  provenienti  dall'Egitto  o  dalla  Fenicia  intesa 
per  POriente.  Di  che  conseguita  1'origine  non  aria  delle  piu 
antiche  citta  della  Grecia,  le  quali  vantano  per  loro  fondatori 
illustri  condottieri  di  genti  raccolte  nell'Egitto  settentrionale, 
nella  Siria,  nell'Asia  Minore  e  nel  Ponto.  Le  parentele  poi  e 
le  affinita  di  cotesti  Eroi  fra  loro,  e  quelle  altresi  de'  popoli 
da  loro  capitanati  e  condotti  ad  abitare  straniere  terre,  chia- 
ramente  dimostrano  la  comune  origine  degli  uni  e  degli  altri, 
cioe  TOriente;  e  la  varieta  e  diversita  de'  nomi  onde  son  ri- 
cordate  tutte  le  tribu  ehe  nel  principio  occuparono  la  Grecia, 
non  signiflca  distinzione  etnica,  si  solo  specificazione  nominale 
delle  parti  d'un  tutto.  Quando,  a  cagion  d'esempio,  leggiamo 
che  i  primi  abitanti  di  qiiesta  o  quella  contrada  di  Grecia 
furono  i  barbari,  cioe  i  Lelegi,  o  i  Carii,  o  i  Cauconi  o  i  Pe- 
lasgi,  dobbiamo  intendere  che  Pelasgi,  Cauconi,  Carii  e  Lelegi 
furono  tribu  piu  o  meno  numerose,  le  quali  appartennero  a 
una  grande  famiglia  di  popoli  ch'ebbe  un  di  stanza  nell'Asia 
Minore,  nella  Siria  e  intorno  al  Ponto,  e  che  quindi  altre  per 
terra  ed  altre  per  mare  migrarono  nell'isole  e  nel  continente 
ellenico.  Cotesta  grande  farniglia  in  Oriente  fu  celebre  per  gli 
stretti  e  costanti  vincoli  federativi  fra'  popoli  che  la  formavano, 
e  per  le  continue  guerre  combattute  contro  gli  Assiri  e  i  Fa- 
raoni  d'Egitto.  Parte  maggiore  e  piu  nobile  della  confedera- 
zione  furono  gli  Hethei,  ma  che  presero  il  nome  di  Pelasgi 
dopoche  si  condussero  a  cercar  nuove  terre  fuori  dell'Asia. 

I  nomi  de'  fondatori  d'Argo,  come  dicemmo,  sono  quegli 
stessi  che  abbiamo  letti  allorche  si  tratto  della  fondazione  d'altre 
citta  di  Grecia  e  particolarmente  del  Peloponneso.  Pelasgo, 


NEL   CONTINENTS   ELLENICO  423 

Foroneo,  Danao,  Inaco  ed  Argo  sono  dati  ciascuno  per  fonda- 
tore  alia  capitale  dell'Argolide.  Ora  tutti  costoro  appartengono 
alia  stessa  famiglia  de'  Pelasgi  perciocch&  i  primi  abitatori  ne 
furono  i  Pelasgi,  e  la  citta  fu  edificata  da  Inaco  ch'e  detto  loro 
capo;  altri  la  vogliono  fabbricata  da  Foroneo,  dal  quale  fu  cfcia- 
mata  aou>  Oopwvix6v,  ma  questi  e  suo  flglio;  ovvero  da  Argo, 
il  quale  e  suo  nipote.  Danao  che  dopo  i  discendenti  d'  Inaco 
viene  d'Egitto  e  ne  prende  la  signoria,  e  anch'esso,  come  fu 
dimostrato  altrove,  un  hetheo-pelasgo,  il  quale,  uscito  da  Avari 
nella  sconfitta  ultima  toccata  agli  Hyksos  dall'armi  di  Ahmes  I, 
si  fece  condottiero  d'una  parte  di  essi,  navigo  in  Grecia  ed  e 
fama  che  sbarcasse  co'  suoi  a  Piramia,  sulla  costa  a  mezzodi 
di  Lerna.  Questa  circostanza  della  leggenda  merita  d'essere 
illustrata,  perche  ci  gioverk  per  la  soluzione  d'un  problema  che 
non  si  ofFre  altrove,  si  solamente  nelFArgolide,  la  presenza  cioe 
di  piramidi. 

Giorgio  Long  '  suppone  esser  probabile  che  il  nome  di 
Piramia,  ta  Eupajjua,  venga  a  questo  tratto  dell'Argolide 
(Tireatide)  da  qualche  piramide  che  vi  fu  innalzata  in  tempi 
remotissimi,  facendo  ragione  dello  sbarco  di  Danao  in  questo 
luogo  e  verisimilmente  riferendo  a  lui.  venuto  d'Egitto,  1'esi- 
stenza  di  questa  e  delle  altre  piramidi  che  si  veggono  soltanto 
nell'Argolide  e  in  verun'altra  parte  della  Grecia.  Una  di  esse, 
di  cui  restano  tuttora  gli  avanzi,  fu  descritta  dal  Mure  e  se  ne 
puo  leggere  la  descrizione  nel  Vol.  II,  p.  196  del  suo  Tour 
in  Greece.  Levasi  essa  sopra  una  sommita  rocciosa  in  mezzo 
alle  piu  basse  pendici  del  monte  Chaon,  lungi  un  miglio  circa 
daU'Erasino.  Un'altra,  non  guari  distante  da  questa,  e  ricordata 
da  Pausania,  sulla  via  fra  Argo  e  Tirinto.  Egli  peraltro  non 
chiama  questo  ediflcio  piramide,  ma  lo  dice  sommamente  so- 
migliante  a  una  piramide:...  ocxo86|jiYj[xa  TOjpajju'oc  [xaXcaia  ebca- 
a|i£vov  2.  Una  terza  fu  veduta  e  descritta  dal  Gell  nel  suo  Itine- 
rary of  Greece,  p.  102.  Essa  trovasi  fra  Nauplia  ed  Epidauro. 
Noi,  con  altri  egittologi,  siamo  di  parere  che  il  nome  di  pira- 

1  Cf.  SMITH,  Diction,  of  Greek  and  Roman  Geogr.,  Vol.  I,  p.  202. 
-  PAUS.  II,  XXVI,  7. 


424  GLI   HETHEI-PELASGI 

mide,  7:upa^i<;,  non  sia  di  greca  origine,  si  bene  egizia  cio& 
khamitica,  e  sia  state  introdotto  dapprima  nel  Peloponneso  da 
Danao  e  da'  suoi  compagni.  In  egiziano  il  nome  della  pira- 
mide  in  quanto  figura  geometricao  di  monumentoarchitettonico,. 

che  ne  riproduce  le  linee,  si  chiamava  T  j§^,  /\   Afer/Taltezza 

I  <=>  i      i> 

k"^\     r\ 
_y  '  n, 

piremus.  CosiloSchiaparelli,  il  quale  soggiunge:  «  Secondo  ogni 
probabilita,  da  questo  vocabolo  i  Greci  dedussero  quello  di 
Tiupafuc,  da  cui  il  moderno  nome  di  piramide  l. »  La  lettura  pir- 
^^  .A,  che  dk  il  valente  egittologo,  non  e  necessaria  e  puo 
quel  gruppo  leggersi  con  altre  vocali,  non  ve  ne  essendo- 
espressa  veruna.  Comunemente  S=£^  -A  si  \eggeper.  Gli  antichi 
derivano  il  nome  Tcupaji:;  da  Trtp,  fuoco,  flamma :  eppure,  mentre 
ne'  composti  e  ne'  derivati  da  TtOp  la  prima  sillaba  e  breve,  la 
prima  in  -opal's  tanto  presso  i  Greci  quanto  presso  i  Latini 
e  lunga.  Quelli  che  attingono  dal  copto  la  radice  di  questo  nome 
come  il  Jabloriski,  il  De  Sacy  e  Ignazio  Rossi,  ne  spiegano 
diversamente  il  signiflcato.  II  primo  fa  -opa^;  =  copt.  pi-ra- 
mu-e  e  spiega  Ragaio  del  sole  ~.  L'altro  riscontra  ^-jpafx:';  col 
copt.  Pihram  o  Piharam  e  signiflca  Luogo  santo  3.  II  Rossi, 
finalmente,  deriva  il  nome  dal  copto  rama,  altezza,  sublimita. 
Ecco  le  sue  parole :  Etiam  coptice  pA.JUA.>  sublimitas.  Praefixo 
articulo  fit  nip^JHA.,  nipAJUl-  Graeci  tamen  Trupajj.'.?  cum  u 
scribere  malueruni;  quasi  a-o  TOU  zupoc,  ab  igne  vel  flamma, 
quam  imitatur  figura  sua,  dicereiur  *.  Per  il  Rossi  la  piramide 
sarebbe  percio  la  Sublime,  I'Altissima.  Noi  preferiamo  questa 
del  dotto  coptista  a  tutte  le  altre  etimologie.  La  somiglianza  no- 

tata  piu  sopra  tra  --jpa|i:g  e  Tegizia  voce  ^^  J\  'Cv    ^  1 1  CTl 
per-em-us,  che  dicesi  significare  Taltezza  della  piramide,  e,  se- 

1  E.  SCHIAPARELLI,  //  signiftcato  simbolico  delle  Piramidi  Egiziane^ 
p.  6.  Cf.  gli  autori  ivi  citati. 

*  TAKI,.   Opusc.  Vol.  I.  p.  219. 

8  SYLV.  DE  SACY,  Observations  sur  I'origine  du  nom  donn€ par  lesGrecs 
et  les  Arabes  aux  P/jramides  d'Egypte. 

'"  Rossi,  Ett/mologiae  Egi/ptiacae,  p.  159. 


NEL   CONTINENTE    ELLENICO  425 

<;ondo  noi,  di  puro  suono,  mercecchfe  ^3?  J\,  per,  non  offre 
alcun  significato  di  altezza  o  di  elevazione,  ma  come  £  chiaro  dal 
determinative  delle  gambe,  indica  solamente  azione,  movimento  ; 
e  i  verbi  corrispondenti  sono  uscire,  apparire,  spingere,  ger- 
mogliare  i.  Dopo  le  quali  cose  ci  sembra  provata  1'origine  non 
greca  del  nome  della  piramide;  e  non  ci  sembra  improbabile 
la  leggenda  che  fa  prender  terra  a  Danao  nella  Tireotide,  nel 
luogo  che  porta  il  nome  di  Piramia,  massimamente  perchfe  la 
piramide  fu  un  genere  di  edifizio  ignoto  al  resto  della  Grecia, 
•e  solo  esistente  nelPArgolide  dove  regno  Danao. 

Un'altra  prova  dell'origine  pelasgica  della  cittk  d'Argo  e 
la  sua  cittadella  che  si  chiamo  Larisa  o  Larissa,  Aapiaa,  Aa- 
piaaa,  nome  pelasgico  di  fortezza  o  di  cittk  fortiflcata,  il  che 
per  que'  tempi  voleva  dire  difesa  da  mura  formate  di  grand  i 
pietre  poligonali,  ovvero  parte  dalle  mura  e  parte  dalle  na- 
turali  qualita  del  luogo  non  facilmente  accessibile.  La  citta- 
della fu  fabbricata  sopra  una  collina  alta  289  metri,  isolala 
e  in  forma  di  cono.  Rocce  asp're  e  scoscese  e  pendici  erbose 
fanno  un  bel  contrasto  ne'  suoi  diversi  fianchi.  Unito  alia  col- 
lina di  Larissa  e  un  monticello  occupato  da  una  seconda  for- 
tezza o  Acropoli  d'Argo,  detta  Aspis.  Le  mura  pelasgiche  o 
ciclopiche  d'Argo  son  ricordate  da  Euripide  in  piu  luoghi,  e 
le  dice  mura  fatte  di  pietra,  altissime  ed  opera  diCiclopi: 

....  £TC7t6(3oTCV  ""Apyo?,  cva  xe  ~£^r] 
Xal'va  K'jxXwT::'  oopav:a  v£|ioviat  2 

Tet'       xal  KuxXwTieiav  TioXcv  s. 


Euripide  per  citta  ciclopea  intende  citta  pelasgica,  come 
si  puo  vedere  nell'Ifigenia  in  Aulide,  dove  chiama  il  suolo  ar- 
givo  pelasgico,  e  Micene  che  ivi  sorge,  opera  di  mano  ciclo- 
pea. Ed  in  vero,  dopochfe  Ifigenia  ebbe  esclamato:  Oh  madre 
terra,  o  Pelasgia,  o  mie  case  micenee  !  il  Coro  risporide  : 
Chiami  la  citta  di  Perseo,  lavoro  di  mani  ciclopiche? 

1  Cf.  PIERRET,  Vocab.  Hiirogl.,  151. 
1  EURIPID.,  Troad.  1087-83. 
3  EURIPID.,  Hercul.  Furens.  15. 


420.  GLI    HKTIIEI-PELASGI 


Ifigen  :     'Iw  y*  |A«rep  w 

Muxyjvalat  T'ljial  OspaTiva:. 
Coro  :       KaXeTc;  ic6Xt9|ia  Ilepasio;, 

K'JXAWTUWV    Tl 


Le  mura  deH'Acropoli  d'Argo  sono  in  gran  parte  distrutte, 
mi\  il  castello  gotico,  il  quale  fu  innalzato  nel  posto  stesso,  mo- 
stra  tuttora  comechfe  rovinato,  che  le  sue  mura  poggiavano  so- 
pra  quelle  dell'antica  fortezza.  II  Mure  che  li  descrive,  ci  fa 
sapere  che  in  generale,  il  lavoro  delle  parti  antiche  della  co- 
struzione  e  solamente  o  principalmente  di  stile  regolare  o  po- 
ligonale.  Vi  sono  tuttavia  notevoli  avanzi  d'altre  linee  di  muro 
su'  lati  e  alia  base  del  colle  che  unisce  la  cittadella  con  la 
citt£  bassa,  le  quali  sono  di  massiccia  struttura  ciclopea  2. 

Le  altre  citta  dell'Argolide,  la  cui  fondazione  risale  ad  eta 
preistorica,  nella  costruzione  delle  loro  mura  non  sono  different! 
dalla  Larissa  d'Argo.  Cosi  Midia,  Mt'Ssta,  (STEPH.  B.;)  MiSea, 
(STRAB.),  originariamente  chiamata  Persepoli,  Tlepaews  r.6\:<;  * 
e  della  quale  parlammo  nel  precedente  articolo,  nella  piii 
antica  divisione  della  contrada  e  posta  con  Tirinto  e  THe- 
reo  nella  signoria  di  Preto  4.  Essa  e  ricordata  nel  verso  di 
Omero  : 

01'  te  TtoXuatx-f  JAOV  "Apvyjv  I^ov,  ol'  TS  M-'Sstav  5. 


Avvegnach^  distrutta  dagli  Argivi,  insieme  con  Tirinto,  Mi- 
cene,  Ysie  ed  Ornea,  e  che  Pausania  scrisse  non  restarvi  piti 
nl  suo  tempo  che  la  sola  area:  'E7i'l(jio3  oe  MtSet'a;  TrXTjv  ib 
s5ac?o<;  dcUo  o55^v  ^XecTieio  l!,  presenta  nondimeno  ancora  le  ro 
vine  delle  mura  ciclopee  della  sua  fortezza  somiglianti  a  quelle 
di  Micene  7. 

EURIPID.,  Iphig.,  in  Aulide,  1498  e  segjr. 

MURE,  o.  c.  Vol.  II.  ji.  184. 

APOLLOD.  II,  IV,  4;  STEPH.  B.  s.  v.  MiSsta. 

PAUS..  II,  XVI.  2. 

HOM.  11.  II,  50T. 

PAUS.  II,  XXV,  9. 

Cf.  B.  HAUSSOULLIER,  Grtce  continental,  Vol.  II,  p.  210,  228. 


NEL  CONTINENTE  ELLENICO  427 

II  tempio  antico  della  dea  protettrice  d'Argos  fu  1'Hereo, 
'Hpatov,  cosi  chiamato  da  Hera,  e  sorgeva  alia  distanza  di  45 
stadii  fra  Argo  e  Micene.  Distrutto  da  un  incendio  nel  423  a. 
O.  C.,  fa  ricostruito  un  po'  piu  sotto,  da  Eupolemo  e  fatto  ce- 
lebre  per  le  scolture  di  Policleto.  Noi  pero  discorriamo  qui 
del  piu  antico,  il  quale  torreggiava  sulle  piu  basse  pendici  del 
monte  Eubea.  La  parte  piu  alta  dove  sono  tuttora  le  rovine 
presenta  la  forma  d'un  triangolo  irregolare,  il  cui  vertice  e 
nella  direzione  del  monte  Eubea,  la  base  verso  Argo.  La  su- 
perficie  e  divisa  in  tre  terrazze,  le  quali  sorgono  Tuna  sopra 
Taltra,  e  quella  del  centre  fra  la  prima  e  la  terza  e  soste- 
nuta  da  costruzioni  ciclopee  formate  da  massi  enormi  e  piu 
grandi  di  quei  di  Tirinto  l.  Due  ruscelli  1'Eleuterio,  'EXeuGs- 
ftov,  e  1'Asterione,  'Acrcepkov,  scorrevano  questo  lungo  il  lato 
sud-est,  e  Faltro  dal  lato  nord-owest  dell'Hereo  2.  Secondo  la 
leggenda,  Eubea,  Acrea  e  Prosimna  erano  flglie  del  flume  Aste- 
rione  e  nutrici  di  Hera.  Sulla  sommita  dell'Acropoli  d'Argo  vi 
erano  i  templi  di  Giove  Larisseo,  di  Athena,  di  Apollo  Pitio 
e  in  un  lato  dell'Agora  si  ammirava  quello  di  Apollo  Liceo, 
la  cui  fondazione  si  attribuiva  a  Danao  3.  La  Scuola  Ameri- 
cana e  benemerita  degli  scavi  dell'Hereo  e  se  ne  possono  leg- 
gere  le  notizie  nella  Nation  del  1894,  e  nell' 'American  Jour- 
nal of  Archaeology,  1893,  1894.  Quello  che  per  noi  importa 
e  la  scoperta  da  lei  fatta  d'una  tomba  micenea  distante  dal 
tempio  un  mezzo  miglio,  donde  furono  estratti  48  vasi  di  tipo 
miceneo  e  di  laliso.  Ne'  dintorni  vi  sono  altre  tombe  somiglianti. 

Le  divinita  onorate  dagli  Argivi  dell'eta  piu  lontane,  fu- 
rono, com'e  chiaro  da'  loro  nomi,  quelle  stesse  degli  Hethei- 
Pelasgi,  delle  quali  si  e  da  noi  trattato  di  spesso  nel  corso  di 
questi  studii.  Hera,  infatti,  detta  figlia  di  Krono  cioe  di  Sa- 
turno  e  di  Rhea,  e  Astarte,  come  il  Giove  Larisseo  non  e  al- 
tri  che  Saturno,  cioe  Set,  e  forme  di  questo  stesso  Set  sono 
I'Apollo  Liceo  e  1'Apollo  Pitio,  de'  quali  tutti  discorremmo  piu 

1  Cf.  B.  HAUSSOULLIER,  o.  c.  p.  227. 
-  PAUS.  II,  XVII,  2;  II,  XVII,  I. 
3  PAUS    II,  XIX,  3;  II,  XXIV,  I. 


428  GLI   HETHEI-PELASOI 

volte.  L'Astarte  venerate  nell'Hereo  dicesi  nudrita  dalle  tre 
ninfe,  figlie  di  Asterione ;  dove  si  vuol  notare  che  il  nome  del 
torrente  e  un  derivato  da  Astarte,  essendo  di  origine  non  greca. 
Imperocche  ci  riporta  all'infanzia  di  Hera  cioe  di  Astarte,  la 
quale  e  servita  dalle  figlie  di  Asterione ;  cio  che  significa  aver 
lei  dato  il  nome  al  torrente  o  ruscello  quando  il  suo  culto  fu 
introdotto  in  Argo  da'  Pelasgi  e  le  fa  fabbricato  il  tempio  con 
arte  e  stile  loro  proprio.  Ernesto  Curtius  ritiene  il  culto  di 
Hera  e  di  Zeus  in  Olimpia  essere  acheo,  cioe  pelasgico,  argo- 
mentando  dall'  identita  de'  nomi  delle  due  montagne  di  Olim- 
pia, FOlimpo  e  1'Ossa,  che  gli  Achei  trasferirono  da'  loro 
monti  di  Tessaglia  nel  Peloponneso.  L'altra  divinita  di  Olim- 
pia Kronos,  e,  secondo  lui,  non  ellenica,  ma  e  la  divinita  so- 
vrana  di  un  popolo  che  precede  gli  Elleni  l.  Con  lo  stesso  di- 
ritto  noi  consideriamo  non  greche  le  divinita  dell'Argolide, 
Hera,  Giove  Larisseo,  Apollo  Liceo  e  Apollo  Pitio,  mercecche 
le  vediamo  onorate  da  popoli  non  greci  fin  dalle  origini  leg- 
gendarie  dell'occupazione  delle  terre  che  porteranno  poi  i  nomi 
di  Grecia  e  di  Ellade. 

Senonche  la  quistione  che  sommamente  rileva  e  il  sapere 
quale  sia  stata  la  civilta  deH'Argolide  ne'  tempi  preistorici,  e 
da  chi  e  come  introdotta;  se  ciofe  fiorisse  per  opera  degl'in- 
digeni  ovvero  agl'indigeni  sia  recata  dagli  stranieri.  Si  do- 
manda  a  chi  debbasi  attribuir  di  diritto  1'arte  propria  e  parti- 
colare  che  ammiriamo  nelle  costruzioni  delle  Acropoli  d'Argo, 
di  Tirinto  e  di  Micene,  nelle  tombe  cosiddette  a  cupola,  nelle 
cisterne,  ne'  ponti;  nelle  ceramiche,  ne'  lavori  d'oro,  d'argento 
e  di  bronzo,  nella  scoltura  e  nella  pittura.  La  difficolta  viene 
da  cio  che  la  civilta  dell'Argolide,  in  una  certa  eta,  si  vede 
largamente  sparsa  fuori  degli  stretti  confini  del  Peloponneso 
e  gik  in  fiore  nella  Grecia  centrale  e  settentrionale,  nell'At- 
tica,  nella  Beozia,  nella  Tessaglia;  e  fuori  della  Grecia  nel- 
1'Asia  Minore,  nella  Siria,  nelle  isole  deiFEgeo,  in  Italia,  nel- 
1'Europa  orientale,  nella  Sicilia,  in  una  parola,  in  tutto  il  ba- 
cino  del  Mediterraneo  e  nelle  terre  che  per  mezzo  de'  grandi 
fiumi  comunicano  con  esso.  II  perche  non  senza  qualche  ra- 

1  E,  CURTIUS,  Archaeol.  Am.,  1894,  p.  40. 


NEL    CONTINENTE    ELLENICO  429 

gione  s'invocano  per  la  soluzione  della  difficolta,  1'Occidente 
dagli  uni,  1'Oriente  dagli  altri  e  da  qualcuno,  non  tenendo  conto 
di  coteste  provenienze  straniere,  si  riconosce  in  Grecia  nei 
soli  Greci  il  diritto  di  origine  e  d'invenzione  dell'arte  di  cui 
trattiamo,  la  quale  prende  per  estrinseche  ragioni  non  disprez- 
zabili,  quantunque  non  rispondenti  al  fatto  universale,  il  nome 
d'arte  e  di  civilta  micenea  da  Micene,  perciocch6  quindi  prin- 
cipalmente  si  tolse  argomento  all'investigazione  e  allo  studio 
di  una  civilta  e  d'un'arte  dianzi  ignorata.  Imperocche  dagli 
scavi  che  P  immortale  Schliemann  fece  a  Micene,  si  ebbe  tale 
dovizia  di  oggetti  d'arte,  specialmente  in  oro,  quale  non  si 
vide  piu  negli  scavi  d'altre  citta  preistoriche  di  Grecia  e  di 
altrove.  Materia  similmente  preziosa  per  lo  studio  dell'arte 
antica  forniva  Micene  nelle  tombe  deH'Acropoli  e  nel  cosid- 
detto  Tesoro  di  Atreo.  Ma  della  ragion  del  nome  d'arte  e  di 
civilta  micenea  sia  detto  abbastanza,  e  torniamo  alia  quistione 
dell'origine  che  piu  d'ogni  altra  c'importa. 

Intorno  all'origine  europea  della  civilta  micenea  non  pen- 
siamo  dovere  spendere  piu  parole.  Ne  trattammo  due  volte, 
dimostrando  quella  ipotesi  priva  di  fondamento  storico  e  tra- 
dizionale,  e  soltanto  possibile  nella  teoria  del  poligenismo.  L'au- 
tore  dell'ipotesi  certamente  si  fece  ammirare,  secondo  il  solito, 
per  la  sua  vasta  erudizione  e  per  la  vivezza  dell'ingegno,  ma 
la  causa  da  lui  tanto  animosamente  difesa,  non  poteva  esser 
vinta  perch6  poggiava  sopra  la  falsa  bench £  non  confessata 
supposizione,  che  gli  Europei  si  dovessero  trovare  in  Europa 
con  la  loro  civilta,  non  venutivi  dall'Oriente  e  senza  veruna 
relazione  con  esso.  Arturo  Evans  nel  suo  Discorso  dello  scorso 
anno  letto  a  Liverpool,  alia  Sezione  Antropologica  della  Societd 
britannica  per  il  progresso  della  Scienza,  fa  molte  lodi  e  molte 
cose  ammette  e  conferma  scritte  dal  Reinach  nel  suo  «  Mirage 
Oriental »  ;  ma  nel  punto  sostanziale  dell'intime  relazioni  della 
civilta  europea  con  Porientale,  relazioni  di  origine  e  di  prio- 
rita  di  questa  su  quella,  PEvans  non  va  nella  stessa  sentenza 
col  Reinacb.  Questi  pensa  che  1'arte  e  la  civilta  europea  sia 
stata  del  tutto  indipendente  dall'Oriente,  laddove  1'Evans  con- 
cede soltanto  agli  Europei  1'istinto  e  la  destrezza  di  saper  assi- 


430  GLI   HETHEI-PELASGI 

milare  gli  elementi  ricevuti  dal  di  fuori,  e  dare  vita  e  movi- 
mento  dramatico  alle  loro  composizioni.  Conchiude  poi  che  un 
giusto  riconoscimento  del  fondo  Orientale  delle  origin!  Europee, 
non  e  il  «  Miraggio  Orientale  » :  Adequate  recognition  of  the 
Eastern  background  of  the  European  origins  is  not  the  «0riental 
Mirage*  '.  Crediamo  peraltro  che  i  lavori  dell'Evans,  salvo  i 
numismatic!  che  si  possono  dire  perfetti,  sono  d'una  lettura 
quanto  utile  per  la  svariata  dottrina  dell'autore,  altrettanto  pe- 
nosa  per  mancanza  di  sobrieta  e  di  ordine  nella  esposizione. 
Questo  difetto  fu  pur  notato  prima  di  noi  da  Salomone  Reinach 
nelle  sue  Chroniques  d'Orient 2.  Certo  non  e  stata  per  noi  la 
piii  cara  e  piacevole  cosa  del  mondo  1'essere  obbligati  a  leg- 
gere  e  rileggere  parecchie  volte  le  men  che  diciassette  pagine 
fitte  di  questo  Discorso,  dove  si  parla  di  cento  cose  e  si  toc- 
cano  quistioni,  ciascuna  delle  quali  domanderebbe  per  se  un 
lungo  discorso. 

Prima  dell'Evans  porto  giudizio  sulla  teorica  del  Reinach, 
Edmondo  Pettier,  Conservatore  Aggiunto  delle  Antichita  Orien- 
tali  e  della  Ceramica  antica,  nel  Museo  del  Louvre.  Nel  1894 
accenno  brevemente  la  propria  opinione  in  una  nota  della  Revue 
des  Etudes  Grecques,  Tomo  VII,  p.  131,  132;  ma  nel  1896  ne 
scrisse  un  po'  piu  direttamente  nel  suo  Catalogue  des  Vases 
antiques  de  terre  cuile,  p.  208.  Noi  tuttavia  opiniamo  che  la 
teorica  del  Reinach  non  vivrk  lungamente,  e  che  il  primo  forse 
ad  abbandonarla  sara  egli  medesimo. 

L'altra  teorica  deH'origine  fenicia  della  civilta  micenea  pro- 
pugnata  dall'Helbig  e  da  noi  combattuta,  ebbe  di  molti  sosteni- 
tori  e  di  merito  incontrastabile,  e  ne  resta  tuttora  piu  d'uno  che 
la  difende  al  modo  degli  Antabati,  qui  clausis,  ut  aiunt,  oculis, 
pugnant.  II  numero  pertanto  de'  disertori  o  piuttosto  de'  co- 
raggiosi  convertiti,  cresce  1'un  di  piu  che  1'  altro.  Noi  avvi- 
siamo  far  cosa  utile  e  in  parte  eziandio  doverosa,  il  ritornar 
qui  sulla  questione  fenicia.  Nella  nostra  confutazione  della 
Memoria  dell'  Helbig,  giudicammo  che  le  idee  dell'  illustre  ar- 

1  A.  J.  EVANS,  Adress  to  the  Anthropological  Section,  Liverpool  1896,  p.  17. 
1  SAL.  REINACH,   Chronique  d'Orient,    N.°  XXX   (1894-1895)  p.  64  dei- 
1'Estratto. 


NEL    CONTINENTE   ELLEKICO  431 

cheologo  erano  altresi  quelle  del  Pettier  e  fra  1'uno  e  1'altro 
non  ci  parve  di  scorgere  veruna  differenza.  Cio  nondimeno  da 
parte  nostra  non  era  esatto,  come  vedremo  appresso,  ripor- 
tando  alcune  osservazioni  dellb  stesso  dotto  e  gentile  archeo- 
logo,  Edmondo  Pettier,  da  una  cortesissima  lettera  che  ci  fece 
1'onore  di  inviarci  dopo  che  ebbe  ricevuto  il  nostro  Estratto 
sulla  Meraoria  dell'Helbig.  I  motivi  peraltro  che  c'indussero 
a  credere  il  Pettier  difensore  dell'  opinione  fenicia,  non  erano 
stati  dubbii  nfe  fiacchi.  Imperocche  questa  sua  inclinazione  di 
riconoscere  ne'  Fenicii  o  ne'  Siri  gli  autori  della  civilt£  micenea, 
si  appalesa  in  tutte  le  sue  pubblicazioni  dove  egli  e  condotto 
a  dover  toccare  della  quistione  micenea.  Primieramente  nella 
Revue  des  Eludes  grecques  del  1894  (Tomo  VII,  pag.  117  e 
seguenti) :  L'Orfevrerie  Mycenienne  a  propos  d'un  vase  du 
Dipylon;  e  nel  suo  Catalogue  gik  citato,  1896.  Trattando  del 
vaso  del  Dipylo  confessa  che  gli  argomenti  che  si  fanno  va- 
lere  contro  i  Fenicii,  nou  gli  sembrano  per  nulla  incontrasta- 
bili :  Si  la  solution...  me  ramene  a  ces  Phe'niciens  dont  on  ne 
veut  plus,  favoue  que  je  n'en  suis  pas  autremenl  effraye, 
ear  les  arguments  qu'on  a  fait  valoir  contre  eux  ne  me  pa- 
raissent  nullement  irre'futables  (p.  129  e  segg.)  Egli  infatti 
risponde  agli  argomenti.  Nel  Catalogo  poi,  parlando  delle  due 
teoriche  intorno  a'  popoli  dell'  Egeo,  la  prima  delle  quali  con- 
siste  nel  far  di  loro  de'mezzi  barbapi  che  ricevono  tutta  la 
loro  educazione  artistica  dalle  due  grandi  civiltk  vicine  del- 
1'Egitto  e  delPAsia  caldeo-fenicia,  che  imitano,  il  meglio  che 
possono,  i  modelli  importati  da  queste  regioni  e  ne  traggono 
un'  arte  locale,  ancora  difettosa  e  selvaggia,  ma  pero  non 
senza  vigore  n&  senza  personality  ;  cosi  scrive  :  «  J'ai  ddfendu 
la  premiere  dans  un  article  de  la  Revue  des  Etudes  grecques 
(1894,  p.  117-131),  etfai  trowel  un  prdcieux  appui  dans  I'opi- 
nion  de  MM.  Helbig,  Collignon  et  Dieulafoy  »  (Comples-rendus 
de  I'Acad.,  1895,  p.  238-250).  Ora,  come  risulta  dalla  tornata 
del  15  giugno  1895  (Cf.  Bulletin  mensuel  de  VAcademie  des 
Inscriptions,  p.  121)  il  Collignon  e  il  Dieulafoy,  fatte  certe  ri- 
serve,  teogono  per  1'  Helbig.  Dunque  anche  il  Pettier  sta  con 
lui.  Del  Collignon  e  quivi  detto :  M.  Collignon  accepta,  avec 


432  GLI   HETHEI-PELASGI 

quelques  reserves,  la  theorie  de  M  Helbig ;  e  del  Dieulafoy : 
M.  Dieulafoy  pense  que  I' art  mijcenien  a  en  effet  beaucoup 
emprunle'  a  la  Phenicic,  a  I'Egypte  et  indirectement  a  la 
Chalde'e.  Se  dunque  noi  1'abbiamo  creduto  difensore  dell'  ori- 
gine  fenicia  della  civilta.  ed  arte  micenea,  e  percio  stesso,  d'un 
pensare  con  1'  Helbig,  le  nostre  ragioni  non  erano  altrimenti 
soggettive  o  arbitrarie,  ma  fondate  sulle  parole  espresse  dal- 
Tillustre  autore. 

Vero  6  pertanto  che  1'opinione  di  lui  non  e  esclusivamente 
quella  dell'IIelbig,  perciocch&  la  soluzione  del  problema  mice- 
neo  si  puo  ottenere,  secondo  lui,  tanto  nella  teorica  fenicia, 
quanto  nella  sira.  Ma  appunto  in  cio  notavamo  1'equivoco,  in 
cui  si  troverebbe  1'autore  se  tutte  e  due  le  soluzioni,  la  feni- 
cia e  la  sira,  spiegano  egualmente  1'enimma.  Mercecche  nella 
nostra  sentenza,  i  Siri  del  tempo  della  XVIII  dinastia,  quando 
si  parla  de'  tributi  de'  popoli  stranieri  e  delle  pitture  della 
tomba  di  Rekhmara,  non  sono  Fenicii,  ma  prefenicii  e  appar- 
tengono  alia  confederazione  capitanata  da'  Rutennu  e  poscia 
dagli  Hethei.  Ora  se  questo  6  storicamente  e  cronologicamente 
vero,  la  soluzione  fenicia  non  puo  aver  luogo,  e  percio  le  so- 
luzioni del  problema  non  possono  esser  due,  ma  una  sola.  Le 
difflcoltk  contro  la  teoria  fenicia  riportate  dal  Pettier  e  alle 
quali  egli  risponde,  non  sono  le  nostre.  Noi,  senza  mancar  di 
rispetto  a  quanti  hanno*  parlato  flnora  di  Fenicia  e  di  Fenicii 
del  XVI  e  XV  secolo,  in  relazione  con  la  XVIII  dinastia  da 
una  parte,  e  i  popoli  asiatici  dalPaltra,  non  abbiamo  difficolti 
di  dire  che  la  contezza  di  que'  tempi  e  di  que'  luoghi  non  ci 
e  fin  qui  sembrata  n&  chiara,  ne  piena  nei  parecchi  difensori 
dell'origine  fenicia  della  civiltk  micenea.  Se  con  lo  studio  della 
Fenicia  si  unisse  quello  de'  tempi  e  de'  popoli  preistorici  delle 
isole  dell'Egeo  e  del  continente  ellenico,  non  si  prenderebbe 
quasi  a  gabbo  una  quistione  di  tanta  importanza.  Nella  no- 
stra risposta  agli  argomenti  dell'Helbig,  abbiamo  procurato  di 
chiarire  il  punto  debole  della  sua  difesa,  che  i  Keftu  ck>6  sieno 
Fenicii  del  secolo  XV.  Nella  regione  che  fino  al  tempo  dei 
Tolomei  si  chiamo  Siria,  non  Fenicia,  non  troviamo  altri  po- 
poli al  XV  secolo,  se  non  quelli  che  facevano  parte  della  con- 


NEL  CONTINENTS  ELLENICO  433 

federazione  de'  Rutennu  detta,  dopo,  degli  Hethei.  Quest!  po-, 
poll  della  Siria,  dell' Asia  Minore  e  del  Ponto,  i  cui  norni  si 
leggono  nel  poema  di  Pentaur,  ebbero  una  civilta  loro  pro- 
pria  fin  dal  tempo  dell' invasion  dell'Egitto  fatta  da  loro,  come 
fu  da  noi  dimostrato  scrivendo  degli  «  Hyksos  o  Re  Pastori  di 
Egitto  ».  Conobbero  essi  fin  d'allora  Tarte  di  lavorare  i  me- 
talli,  di  fabbricare  le  citta  fortificate  col  sistema  poligonale, 
come  si  vede  nella  Pteria,  al  Sipilo  e  in  tutta  1'Asia  Minore; 
di  palesare  i  loro  pensieri  con  varie  maniere  di  scrittura,  ideo- 
grafica  e  lineare;  della  musica,  come  dimostrano  gli  strumenti 
scolpiti  su' bassirilievi  e  le  stele  d'Ojiik.  Tribu  di  questi  po- 
poli,  qualora  migrino  d'Asia  nelle  isole  e  nel  continente  greco* 
vi  porteranno  una  civilta  di  cui  sono  gia  in  possesso,  e  noi 
la  vediamo  ancora  in  tutto  somigliante  a  quella  de'  paesi  donde 
mossero.  Allorche  intervenivano  queste  migrazioni,  le  navi  fe- 
nicie  non  avevano  ancora  una  vela  nel  Mediterraneo,  mercec- 
che  la  civilta  degli  Asiatici  durava  da  secoli  nell' isole  e  sul 
continente  ellenico  come  ne  fanno  manifesto  segno  i  nomi  non 
fenicii  ne  arii  della  maggior  parte  delle  citta,  de'  monti,  dei 
fiumi,  de'  popoli  e  delle  divinita  cosi  delle  isole  come  del  con- 
tinente. L'isola  di  Greta,  per  non  moltiplicare  esempii,  basta 
essa  sola  a  provare  la  falsita  dell'origine  fenicia  della  sua  ci- 
vilta: mentre  dagli  scavi  risulta  che  nelle  sue  citta  piii  anti- 
che  e  di  costruzione  pelasgica,  come  Praesos,  Gulas  ed  altre, 
si  e  trovato  il  premiceneo,  il  miceneo,  e  non  1'ellenico  ne  il 
fenicio.  Dunque  se  la  civilta  micenea  e  antica  e  dati  per  lo 
meno  dal  XV  secolo,  essa  non  puo  esser  fenicia ;  se  poi  si 
vuol  fenicia,  essa  non  puo  essere  antica. 

All'Helbig  che  dal  nome  de'  Keftu  deduce  1'assoluta  ed  esclu- 
siva  origine  fenicia  dell'arte  e  civilta  micenea,  perciocche  gli 
oggetti  da'  Keftu  recati  in  tribute  a  Thutimes  III,  e  dipinti  nella 
tomba  di  Ramenkhepersenb  e  di  Rekhmara,  sono  del  tutto  so- 
miglianti  a'  micenei,  rispondiamo  che  in  forza  di  questo  suo 
ragionamento  noi  legittimamente  concludiamo  che  1'origine 
della  civilta  e  dell'arte  micenea  deve  attribuirsi  agli  Hethei; 
conciossjachfe  anche  gli  oggetti  presentati  da  costoro  sieno 
come  quelli  de'  Keftu,  cioe  di  materie  preziose  e  di  stile  mi- 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1120.  28  10  febbraio  1897. 


434  OLI    HETHEI-PELASGI 

ceneo.  Dunque  la  prerogativa  o  il  privilegio  della  priorita  del 
Fenicii  non  potrebbe  sostenersi.  Infatti  nella  tomba  di  Ramen- 
khepersenb,  se  nel  1°  Registro  leggiamo  il  nome  del  Grande  o 
Principe  di  Keflu: 


Ur  en  Keflu 

immediatamente  dopo  segue  il   nome  del  Grande  o  Principe 
de'  Kheta,  cioe  degli  Hethei: 


Ur  en  Kheta. 

Ora  la  differenza  fra  questi  due  nomi  etnici  e  tutta  in  disfa- 
vore  dell'Helbig,  perche,  mentre  intorno  al  nome  de'  Kheta  non 
v'e  dubbio  veruno  fra  gli  egittologi,  quello  de'  Keflu  e  diver- 
samente  inteso.  II  Maspero  vede  in  esso  i  Fenicii;  1'Erman  e 
lo  Steindorff  non  ve  li  riconoscono;  M.  Miiller  vi  scorge  i  Ci- 
licii,  e  noi  stessi  proponemmo  e  discutemmo  1'origine  cappadoce 
de'  Keftu  ',  conciossiache  la  Cappadocia  nelle  prime  etk  sten- 
devasi  dal  Ponto  alia  Cilicia  Campestre  fino  al  mare,  e  nel  suo 
nome  primitivo  modiflcato  da'  Persiani  in  Katapatuka  o  Kat- 
paluha,  tolta  la  metatesi  e  il  sufflsso  -ha,  abbiamo  con  forma 
piena :  Kap-a-t  =  Kaf-a-t  e  per  sincope,  Kaft.  Ora  fra'  nomi  che 
in  antico  portarono  i  Cappadoci,  di  Siri,  Khatti,  Assiri,  Moso- 
cheni,  abbiamo  da  Filone  quello  parimente  di  Cananei,  Xava- 
vaiot 2.  Si  aggiunga  che  fra  gli  altri  Principi  tributarii  leg- 
giamo i  nomi  di  Principe  di  Tunep  e  di  Principe  di  Cadesh : 

!fe  s^  i  v  ^^,  Ur  en  Tunpu,  e  ^^  y  r  S»  Ur  en  Kadesh. 

A^W\A     AAAAAA     ^         ft  f  /WWV\      ^     I       \\       I 

Ora  Tunep  e  Cadesh  fecero  parte  della  confederazione  hethea, 
e  Cadesh  fu  una  delle  loro  citta  capitali  sull'Oronte  al  tempo 
della  XIX  dinastia.  Ci  sembra  dunque  alquanto  strano  il  met- 
tere  saputamente  in  disparte  i  popoli  della  confederazione  del 
Rutennu  e  poi  de'  Kheta  cio&  degli  Hethei,  ne'  quali  vediamo 
manifestamente  il  possesso  di  quella  civilta  e  di  quell'arte  che 
si  dicono  ora  micenee,  per  fare  de'  soli  Keftu  dei  Fenicii  e 
attribuire  a  costoro  1'esclusiva  origine  di  esse. 

»  Cf.  DE  CARA,  Gli  Hethei-Pelasgi,  Vol.  I,  p.  465  e  segg. 
2  Cf.  DE  CAHA,  o.  c.  p.  465. 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  435 

Dopo  le  quali  cose  ci  e  grato  riferire  quel  che  il  Pettier 
ci  scriveva  a  proposito  della  teorica  dell'Helbig  da  noi  disa- 
minata.  E  primieramente  asserisce  aver  lui  procurato  d'esser 
chiaro,  e  di  esporre  qtianto  v'  e  se  non  di  ben  risaputo,  al- 
meno  di  molto  verisimile  nel  presente  stato  delle  nostre  co- 
noscenze,  e  di  metier  da  un  lato,  proponendolo  soltanto  ai 
piu  competenti,  cio  che  v'e  ancora  di  enimmatico  e  di  oscuro. 
«  De  ce  nombre  est  le  probleme  auquel  vous  vous  gtes  atta- 
chg,  celui  de  distinguer  netlement  le  peuple  asiatique  qui  a 
donne  naissance  a  la  civilisation  mycenienne.  M.  Helbig  est 
persuade  que  ce  sont  les  Phdniciens ;  vous  £tes  convaincu 
que  ce  sont  les  HMheens-P&lasges.  »  Segue  a  dire  che  egli 
ne  nel  suo  articolo  della  Rev.  des  Etud.  grecques  ne  nel 
suo  Catalogue,  non  ha  cercato  di  sciogliere  questa  qui- 
stione.  «  Pourquoi?  Parce  que  fy  suis  incompetent  et,  comme 
vous  le  dites  ires  justement  (p.  9)  «  la  quale  questione  e  di 
natura  tutto  propria  degli  egittologi ».  C'est  pourquoi,  quand 
il  a  fallu  exposer  une  solution  vraisemblable,je  me  suis  re- 
fere  ^implement  a  I'opinion  de  M.  Maspero  que  j'avais  con- 
suite1  sur  ce  sujet.  »  Noi  non  possiarao  che  lodare  la  dirittura 
e  la  saviezza  del  valentuomo.  Del  resto,  anche  FHeuzey  faceva 
altrettanto  neirillustrazione  di  certi  rilievi  scolpiti,  per  la  buona 
e  sicura  intelligenza  de'  quali  si  rivolgeva  al  Maspero  e  ne  ri- 
portava  una  lunga  lettera  '.  Indi  il  Pettier  soggiunge :  «  Mais 
le  jour  ou  vous  prouverez  de  la  facon  la  plus  claire  que 
nous  devons  faire  honneur  aux  Heth&ens  des  chefs  d'oeuvre 
de  Mycene,  je  me  rangerai  tres  volontiers  a  votre  avis,  et, 
remarquez-le  bien,  cela  ne  changer  a  pas  un  iota  a  la  these 
que  je  soutiens:  a  savoir  que  la  civilisation  mycenienne  per- 
frctionnee  est  due  a  un  peuple  d'Asie  Mineure  plutot  qu'a 
des  insulaires  ou  aux  Grecs  du  continent.  »  La  condizione 
richiesta  qui  dal  Pettier,  perche  accolga  la  nostra  sentenza, 
noi  1'abbiamo  adempita  nel  1°  Volume  e  continuiamo  a  ren- 
derla  sempre  piii  chiara  anzi  evidente,  nel  corso  del  11°  che 
veniamo  scrivendo  e  pubblicando  nella  «  Civilta  Cattolica  ».  ' 

Vediamo  ora  cio  ch'egli  pensa  intorno  all'Helbig  e  alia  sua 
teorica,  in  risguardo  dell'aver  noi  congiunto  il  nome  di  lui 

1  HEUZEY,  Rev.  ArcJiiol.,  3e  Ser.,  T.   XVI,  p.  145  e  334. 


436  GLI   HETHEI-PELASGI   NEL   CONTINENTE    ELLENICO 

a  quello  dell'Helbig  come  se  entrambi  sostenessero  la  mede- 
sima  opinione :  «  Vous  me  permettrerez  d'insister  sur  ce  point, 
parce  qu'd  la  lecture  de  votre  memoire  on  pourrait  croire 
que  M.  Helbig  et  moi  nous  soutenons  absolument  la  me"me 
these.  Nos  deux  noms  arrivent  toujours  accoUs  ensemble. 
Loin  de  moi  la  pensee  de  renter  la  sympathie  et  I'estime  que 
j'ai  pour  les  travaux  de  mon  ami  M.  Helbig,  a  qui  nous  de- 
vons  tant  sur  ces  questions. »  Questa  stima  1'abbiamo  testifi- 
cata  anche  noi,  salvo  in  questo  caso  dove  non  potevamo  ri- 
conoscere  in  lui  un  egittologo  e  la  quistione,  come  concede 
pienamente  il  Pottier,  6  al  tutto  egittologica.  Segue  1'autore: 
«  Mais  vous  auriez  tout  a  fait  tort  de  croire  que  nous  som- 
mes  les  ddfenseurs  d'une  seule  et  m£me  opinion.  M.  Helbig 
n'admet  que  les  Pheniciem.  En  maint  endroit  de  mon  arti- 
cle et  de  mon  Catalogue,  j'ai  indique  que  la  solution  syrienne 
me  convenait  tout  aussi  bien  que  la  solution  phdnicienne.  Par 
consequent,  je  ne  devrais  pas  passer  a  vos  yeux  pour  un 
adversaire....  Je  mets  done  un  point  d' inter  rogation,  Id  ou 
M.  Helbig  met  un  point...  d' affirmation!  II  y  a  entre  nous 
une  nuance  tr£s  importante.  »  E  qui  facciamo  punto,  non 
senza  qualche  soddisfazione  e  piacere  che  fra  il  valente  archeo- 
logo  francese  e  noi  non  vl  sia  se  non  accidentale  e  ipotetica 
diversita  d'opinione,  mentre  fra  noi  e  il  Prof.  Helbig  la  di- 
versitk  6  sostanziale.  Ne'  seguenti  articoli  ci  sara  data  occa- 
sione  di  esaminare  qualche  altro  concetto  del  Pottier  intorno 
a'  Sidonii  e  al  centro  di  propagazione  dell'arte  micenea,  della 
qual  propagazione  noi  scrivemmo  piu  volte  altrove,  ma  i  no- 
stri  lavori,  a  quel  che  ci  sembra,  non  caddero  sotto  gli  occhi 
del  dotto  archeologo,  cui  rinnoviamo  sinceramente  i  sensi  del 
nostro  rispetto  e  della  uostra  riconoscenza  '. 

1  Dell'esposizione  da  noi  qui  fatta  di  ci6  che  opina  il  Pottier  intorno 
!a  quistione  fenicia,  ecco  il  giudizio  dello  stesso  autore  in  una  lettera  che 
ci  scrisse  gentilmente  dopo  lette  le  bozze  di  questo  articolo  che  gTinviammo 
prima  di  pubblicarlo,  come  richiedevano  legge  di  cortesia  e  sentimento  di 
vera  osservanza.  «  Je  vous  renvoie  aujourd'hui  les  tpreuves  de  votre  article 
sur  les  Htthiens-Peiasges,  en  vous  remerciant  de  I'exposition  courtoise  et 
exacte  que  vous  y  faites  de  mon  opinion.  (Louvre,  16  Janvier  97). 


A  PROPOSITO  DI  UN  LIBRO  DI  TOMMASO  CARLYLE 


VIII. 

Enrico  Nencioni,  rapito  da  pochi  mesi  alle  lettere,  nella 
prefazione  con  cui  presentava  air  Italia  gli  Eroi  del  Carlyle 
teste  tradotti  dalla  signora  Pezze  Pascolato,  ha  fatto  di  questo 
scrittore  una  specie  di  panegirico.  Dice  che  il  suo  stile  e  di 
una  «  magnetica  efficacia  » ;  che  «  delle  tre  piu  grandi  imma- 
ginazioni  del  tempo  nostro,  Vittor  Hugo,  Carlyle,  Michelet,  il 
Carlyle  e  la  piu  violenta  e  apocalittica  » ;  che  «  un  sofflo  ar- 
dente  di  poesia  ebraica  gli  viene  attraverso  la  tradizione  pu- 
ritana,  e  fa  di  lui  una  specie  di  profeta,  di  veggente,  in  pieno 
secolo  decimonono  » ;  ma  soprattutto  afferma  che  «  la  potenza 
evocatrice  e  resurretrice  di  storico  e  suprema  in  Carlyle,  e 
fors'anche  superiore  a  quella  prodigiosa  di  Michelet ;  di  modo 
che  coi  materiali  dove  uno  storico  archivista  non  ricaverebbe 
che  una  lettera  morta  di  cronologica  narrazione,  ricomponendo 
con  frantumi  d'ossa  uno  scheletro,  il  Carlyle,  con  Fintuito  del 
genio,  ricrea  il  personaggio  e  gli  alita  in  volto  la  vita  » 
(pagg.  IX-X). 

Noi  qui  non  intendiamo  d'esaminare  i  meriti  letterarii  del 
Carlyle  e  la  giustezza  del  citato  panegirico :  ci  fermiamo  sol- 
tanto  alle  ultime  parole  da  noi  presentate  in  corsivo,  e  aper- 
tamente  affermiamo  che  questo  scrittore,  con  tutta  la  sua  po- 
tenza di  risuscitare  i  morti,  ha  pero  addosso  questa  capita- 
lissima  pecca,  che  il  personaggio  ricreato  da  lui,  bene  spesso 
non  e  posto  nella  vera  sua  luce,  e  che  la  vita  ch'ei  gli  alita 
in  volto,  non  e  sempre  la  vera  vita  da  lui  vissuta. 

1  Vedi  quaderno  1119,  pag.  273. 


438  GLI   EROI 

Egli  richiama  i  suoi  eroi  alle  seguenti  categorie:  Feroe 
quale  divinita,  1'eroe  quale  profeta,  1'eroe  quale  poeta,  .1'eroe 
quale  sacerdote,  1'eroe  quale  letterato,  1'eroe  quale  re.  Donde 
si  vede  che  il  nome  d'eroe  viene  spesso  da  lui  usato  in  un 
senso  affatto  improprio ;  ma  noi,  esaminando  i  suoi  eroi,  non 
faremo  questione  di  parole. 

Dice  pero  apertamente :  «  II  piu  grande  di  tutti  gli  eroi  e 
uno  che  non  osiamo  qui  nominare  ».  E  in  cio  fa  bene.  E  noi 
pure  non  vogliamo  nominarlo.  II  suo  perche  egli  non  dice,  ma 
noi  francamente  diremo  il  nostro.  Non  vogliamo  nominarlo 
per  non  dar  niuna  presa  al  moderno  razionalismo,  che  va  spac- 
ciando  Gesu  Cristo  essere  un  gran  fllosofo,  un  gran  legisla- 
tore,  un  grande  eroe,  molto  piu  degli  altri,  ma  come  gli  al- 
tri,  e  da  questi  distinto  per  grado,  non  diverse  per  ispecie: 
alia  quale  eresia  non  poco  ai  di  nostri  cooperarono,  sebbene 
inconsciamente,  certi  scrittori  di  vite  e  panegirici  di  Gesu  Cri- 
sto troppo  umani.  Or  noi  invece  vogliamo  che  sulla  fronte  del 
Redentore  il  diadema  dell'umana  grandezza,  per  quanto  si 
voglia  splendido,  non  debba  mai  surrogare  la  corona  della 
divinita,  ne  che  i  raggi  dell'uno  abbian  mai  da  confondersi 
con  quei  dell'altra. 

Lasciamo  dunque  I'Uomo  Dio  sull'altare,  fra  le  nubi  del- 
F  incenso  troppo  giustamente  dovutogli,  e  noi  fermiamoci  qui  in 
piana  terra  a  guardare  in  faccia  altri  uomini  pari  nostri, 
ma  da  certi  loro  ammiratori  quasi  divinizzati. 


IX. 


Fra  le  diverse  grandezze  quella  che  e  forse  piu  ammirata 
dalFuniversale,  &  una  certa  grandezza  che  potrebbe  chiamarsi 
da  scena  e  da  parata.  II  volgo  (e  non  e  composto  sol  della 
plebe)  vuol  veder  luce  abbagliante,  sia  pur  di  folgore;  vuol 
sentir  vivo  strepito,  sia  pur  di  tremuoto ;  e  dinanzi  a  quel  ba- 
gliore  e  a  quello  strepito  profonde  facilmente  il  nome  d'eroe, 
colpisce  statue,  innalza  monumenti. 


A   PROPOS1TO    DI   UN   LIBRO   DI   TOMMASO    CARLYLE         -439 

E  qui  vengono  in  priraa  linea  i  grand!  monarch!;  i  grand! 
conquistatori,  dagli  Alessandri  e  dai  Cesari  fino  ai  Bonaparti. 
Ne  no!  neghiamo  loro  una  tal  quale  graridezza  simile  a  quella 
delPuragano;  ma  ci  sembra  pero  una  grandezza  di  sua  natura 
poco  invidiabile,  come  quella  che,  se  suppone  alcune  dot!  del- 
ranimo,  ha  molto  ancora  della  forza  bruta  e  materiale ;  se  da 
un  lato  e  di  gioia,  dall'altro  e  di  lutto;  se  agli  uni  porta  van- 
'taggi,  reca  agli  altri  desolazione  e  sterminio.  E  forse  uno  spet- 
tacolo  molto  giocondo  quello  d'un  uomo  cinto  le  tempie  d'un 
alloro,  che  gronda  a  gross!  rivi  lagrime  e  sangue  ? 

Ma,  cio  che  piu  monta,  questa  e  una  grandezza  spesse  volte 
falsa,  o  per  lo  meno  dubbia  ed  incerta.  II  Carlyle  ci  presenta 
come  rullimo  di  questi  eroi  Napoleone.  Ma  di  lui  chiedeva 
un  nostro  grande  poeta: 

Fu  vera  gloria?  Ai  posteri 
L'ardua  sentenza. 

Or  quella  domanda  e  subordinata  ad  un'altra:  furono  giu- 
ste  le  sue  guerre,  le  sue  conquiste,  i  suoi  grandi  macelli  di 
carne  umana  ?  I  posteri  hanno  gia.  dato  la  sentenza  oggi  non 
ardua;  hanno  detto  che  in  quelle  imprese  la  giustizia  manco 
sovente;  come  dunque  poteva  esservi  la  vera  gloria?  Vi  sara 
la  gloria  del  predone  fortunato,  la  gloria  che  il  corsaro  scita 
rimproverava  al  conquistatore  macedone,  ma  la  vera  gloria 
non  gia. 

In  ogni  caso  poi  quella  gloria  fragorosa  e  di  lunga  mano 
inferiore  di  merito  alle  tranquille  glorie  morali,  di  cui  abbiamo 
parlato  nel  precedente  articolo,  specie  a  quelle  di  un  Francesco 
Saverio.  Fra  questi  due  conquistatori,  qual  dovrk  dirsi  piu 
grande,v  colui  che  scorre  fra  le  nazioni  uccidendo,  o  chi  le 
traversa  beneficando?  Chi  getta  in  braccio  alia  morte  piu  di 
due  milioni  di  uomini,  o  chi  piu  di  un  milione  di  anime  chiama 
alia  vita?  Chi  attizza  i  fratelli  contro  i  fratelli,  o  chi  li  am- 
mansa  e  li  riduce  a  concordia,  come  tanti  flgli  d'un  solo  pa- 
dre, come  tanti  agnelli  di  un  solo  ovile? 

II  Nencioni,  dopo  lodato  Napoleone,  soggiunge:  «  L'orgo- 


440  GLI   EROI 

glio  fu  il  suo  accecamento  e  la  sua  punizione.  Oede  di  po- 
tere  impunemente  umiliare  i  popoli  come  i  re,  e  s'  ingann6... 
Bajona  conteneva  in  se  Valerloo,  e  S.  Elena  vendicava  la  tra- 
dita  Polonia  »  (p.  XVI).  E  sta  bene ;  ma  egli  dimentica  il  me- 
irlio:  dimentica  la  guerra  scellerata  e  codarda  fatta  per  due- 
lustri  ad  un  inerme  e  venerando  Vegliardo;  dimentica  Gre- 
noble, Savona,  e  Fontainebleau,  sulle  cui  porte  il  Perticari  vo- 
leva  si  scrivesse: 

Qui  contro  Cristo  Bonaparte  strinse 
La  sacrilega  spada  e  qui  cad£o. 

Se  dunque  a  noi  si  domandi  categoricamente:  Napoleone 
fu  un  eroe  o  non  fu?  ecco  la  nostra  risposta.  Nel  senso  stretto 
della  parola,  che  e  quello  di  una  imagine  di  Dio  operante, 
non  fu:  Dio  non  opera  con  quei  difetti  e  quei  vizii.  In  un 
certo  senso  pin  largo  ben  puo  chiamarsi  eroe,  per  la  sicu- 
rezza  del  suo  occhio  d'aquila;  per  la  rapiditk  fulminea  delle 
sue  mosse,  che  sbalordivano  i  vecchi  generali  d'Austria  e  di 
Prussia;  per  1'audacia  dei  colpi,  pel  genio  militare  e  le  altre 
guerresche  doti,  che  lo  resero  grande  fra  i  grandi ;  in  somma 
percbe  delPeroe  in  lui  era  tutta  la  stoffa.  Ma  egli  ne  fece  una 
sconciatura  orribile;  e  gli  eccessi  della  sua  smisurata  ambi- 
zione,  e  i  pretesti  per  rompere  i  trattati  di  pace  e  rinnovare 
le  guerre  a  scopo  di  nuove  usurpazioni,  e  Tassassinio  del  Duca 
d'Enghien,  e  il  tradimento  di  Venezia,  e  il  disprezzo  per  la 
came  da  cannoni,  e  le  nazioni  smunte  di  denaro  e  di  sangue 
pe'  suoi  capricci,  e  la  spietata  guerra  bilustre  contro  la  Chiesa, 
tutte  queste  cose  saranno  sempre  alia  sua  fronte  bolli  d'in- 
famia,  non  possiblli  a  coprirsi  dalle  tante  corone  di  cui  la 
cinse.  Poteva,  con  una  stoffa  si  bella  e  ricca,  lavorarsi  uno 
splendido  manto  di  gloria,  e  non  usci  dalle  sue  mani  che  un 
drappo  insanguinato  e  una  bandiera  di  morte.  Poteva  ecclis- 
sare  i  fasti  dei  Costantini  e  dei  Carlomagni,  e  non  giunse  ad 
emularli.  Poteva  farsi  benedire  dall'universale,  e,  tranne  i  sol- 
dati,  che  lo  amavano  perch6  conducevali  alia  vittoria,  si  fece 
da  tutti  temere,  da  mezzo  mondo  esecrare.  Ad  essere  assolu- 


A    PROPOS1TO   DI    UN   L1BRO   DI   TOMMASO    CARLYLE          441 

tamente  un  eroe  che  cosa  dunque  mancogli?  Una  cosa  sola, 
ma  quella  che  fin  da  principio  dicemmo  essenzialissima,  la 
virtu.  Per  mancanza  di  questa,  piuttosto  che  un  grande  eroe, 
fu  un  grande  abusatore  di  doni  grandi. 

Bisogna  convenire  pero  che  dinanzi  air  idolo  di  Napoleone 
il  nostro  puritano  non  brucia  troppo  incenso.  Lo  chiama  «  un 
grande  schema,  un  abbozzo...  rimasto  troppo  rudimentale  » 
(p.  319).  E  gik  uon  e  maraviglia  che  un  compatriotta  dei  car- 
cerieri  di  S.  Elena  non  si  mostri  ne  troppo  tenero  n6  troppo 
ardente  pel  prigioniero. 


X. 


Ardente   invece   si   mostra  e  tenerissimo...  indovinate  per 
chi?...  Per  Maometto. 

Questi  e  per  lui  1'eroe  profeta.  Per  lui,  principale  sua  glo- 
ria e  quella,  che  per  noi  forma  il  suo  maggiore  delitto,  1'avere 
cioe  rimpastato  a  suo  senno  le  religioni  per  far  la  sua.  E  cio 
si  collega  coll' idea  fissa  dell'Autore,  sparsa  in  tutto  il  libro, 
ed  espressa  principalmente  nelle  ultime  parole  della  prima 
Lettura:  «A  quale  di  queste  tre  religioni  aderite  particolar- 
mente?  domanda  Meister  al  suo  maestro.  A  tutte  e  tre,  ri- 
sponde  1'altro,  perch6  nella  loro  unione  costituiscono  la  prima 
religione  vera  (p.  52).  »  E  la  traduttrice  si  affretta  ad  aggiuir 
gere  in  nota  che  questo  era  anche  il  pensiero  di  Goethe,  di 
Schiller,  di  Lessing:  tutte  o  nessuna.  Ma  noi  rispondiamo  che 
i  Carlyle,  i  Goethe,  gli  Schiller,  i  Lessing  ed  altri  simili  uommi, 
di  molto  ingegno  ma  di  poco  giudizio  (combinazione  non  rara), 
hanno  detto  un  grosso  strafalcione.  Non  gia  tutte  o  nessuna, 
ma  una  sola.  Una  e  la  verita,  una  la  parola  di  Dio,  una  dun- 
que la  religione.  E  quando  1'audace  Beduino  porto  la  mano 
all'arca  santa  di  Dio,  fece  opera  sacrilega  e  scellerata. 

Opera  santa,  dice  invece  1'Autore.  «  II  rude  messaggio  che 
egli  apportava,  era  intimamente  vero  (chi  I' ha  detto?):  era 
voce  indistinta  ma  seria  (?)  dair  ignoto  profondo  (e  noi  do- 
vrem  credere  a  voce  indistinta,  a  voce  che  vien  dalF  ignoto?). 


442  OLI  EROI 

In  lui  non  inanita.,  non  finzione  (?),  ma  ignea  massa  vitale, 
eruttata  dallo  stesso  profondo  seno  di  natura  (un  mongibello, 
in  somma).  Infiammare  il  mondo:  il  Fattore  del  mondo  aveva 
ordinato  cosi  (davvero  ?)  »  (p.  60). 

Curioso  questo  puritano !  Oracola  anch'egli  come  un  inspi- 
rato,  e  vorrebbe  farci  accettare  i  suoi  responsi  ad  occhi  chiusi. 
Ma  come  ci  prova  egli  che  Maometto  avesse  ricevuto  dall'alto 
questo  mandato?  Mosfe  e  Gesii  Cristo  erano  voci  che  non  vo- 
nivano  dall'ignoto  profondo:  molto  bene  essi  provarono  la 
lor  missione:  Si  mihi  non  vultis  credere,  operibus  credite 
(lo.  X-38).  Ma  costui  quali  prove  ne  diede?  I  sogni  del  suo 
balzano  cervello,  che  gli  rappresentavano  visioni  ed  estasi,  mo- 
stranti  in  lui  o  1'illuso  o  Pimpostore  *;  i  miracoli  della  sua 
scimitarra,  portante  scritto  il  dilemma,  Credi  o  ti  uccido;  e 
la  santita  eroica  della  sua  vita,  circondata  sempre  da  un  branco 
di  mogli  e  di  concubine,  ecco  i  carismi  del  Profeta.  E  il  no- 
stro  puritano  si  strugge  tutto  di  tenerezza  divota  dicanzi  a  lui 
che  «  colle  proprie  mani  si  racconcia  il  suo  mantello  »  (p.  90). 
Eh  sicuro!  Se  lo  sara  squarciato  nel  saltar  qualche  fosso  o  qual- 
che  sbarra  in  alcuna  delle  sue  brigantesche  escursioni,  e  non 
avendo  li  nessun  capo  della  sua  sullodata  mandra  di  femmine, 
naturalmente  se  lo  sara  alia  meglio  rattoppato  da  se.  Che  mi- 
racolo  di  virtu!  Sonate,  campane! 

E  da  questi  miracoli,  da  questi  eletti  carismi  ei  si  credette 
autorizzato  a  fondare  la  sua  religione,  mostruoso  impasto  di 
paganesimo,  di  giudaismo  e  di  cristianesimo,  a  corona  della 
quale  rnise  un  paradiso  da  ciacchi,  degna  mercede  di  una  vita 
brutale  2.  Tanto  brutale,  che  il  Cardinal  Massaia,  nella  sua 

1  Lo  stesso  Carlyle  confessa  che  il  Corano  «  e  un  noioso  e  confuso 
guazzabuglio,  indigesto,  ioforme,  intralciato,  in  somma  una  stupidita  insop- 
portabile  »  (p.  83).  E  questa  stupidita  era  piovuta  dall'alto! 

1  A  questo  pun  to  la  signora  traduttrice  ha  voluto  dedicare,  per  sua 
divozione,  una  noterella  ai  Gesuiti,  ed  e  la  seguente.  «  Quanto  alia  sen- 
sualita  del  paradiso  maomettano  cf.  con  il  paradiso  de'  gesuiti,  presso  Set- 
tembrini,  Lezioni,  I,  p.  138,  139.  »  Spinti  dalla  curiosita  (e  il  lettore  ci 
vorra  perdonare  questo  peccatuzzo,  trattandosi  di  cosa  che  c'interessa  per- 
sonalmente)  siamo  andati  a  consultare  il  Settembrini,  ed  ecco  quello  che 


A   PROPOSITO   DI    UN    LIBRO    DI   TOMMASO   CARLYLE          443 

celebre  opera  /  miei  trentacinque  anni,  piu  d'una  volta  testi- 
fica  d'aver  sempre  nelle  sue  mission!  trovato  minore  scostu- 
matezza  nei  pagani  che  nei  musulmani,  i  quali  in  ogni  luogo 
riconobbe  uguali  a  se  stessi,  cio&  non  altro  che  pestilentissimi 
animali.  «  Onorate  1'altissimo  Profeta»,  che  colla  sua  poli- 
gamia,  col  suo  divorzio,  col  suo  fatalismo,  licenzia  Tuomo  al 
mal  costume,  condanna  la  donna  alia  servitu,  riduce  tutti  al- 
1' immobilita  della  pietra.  Battete  la  fronte  in  terra  dinanzi  al 
Prof  eta  * ! 

Oh!  dice  il  nostro  veneratore  di  Maometto,  gli  errori  e  i 
peccati  non  tolgono  che  altri  esser  possa  un  grand' uomo:  « II 

vi  abbiamo  trovato.  Egli  si  beffa  della  predica  X  del  Segneri,  che  descrive 
colle  idee  e  lo  stile  del  suo  tempo  il  primo  ingresso  di  un'anima  alia 
gloria,  e  poi  della  predica  XXXVI,  che  parla  della  beatitudine  che  godra 
in  cielo  anche  il  corpo ;  ma  non  altro.  II  confronto  paradisiaco  fra  Gesuiti 
e  Maomettani  e  tutto  merito  e  bonta  della  signora.  Qual  sia  veramente  il 
paradiso  dei  Gesuiti  (leggi  cristiani  cattolici)  il  povero  Settembrini  da  una 
ventina  d'anni  1'ha  gia  veduto  da  se,  ma  la  signora  fara  bene  ad  infor- 
marsene  leggendo  il  Paradiso  del  Gesuita  Secondo  Franco,  edito  a  Modena, 
o  quello  del  P.  Ermenegildo  da  Chitignano  M.  R.,  stampato  a  Quaracchi, 
ambedue  pubblicati  pochi  anni  or  sono.  Quello,  e  non  altro,  e  il  paradiso, 
nei  quale  i  Gesuiti  confidano  di  trovare  un  giorno  la  gentile  e  colta  si- 
gnora, purgata  pero  che  siasi  di  certi  errori.  Ve  n'ha  parecchi  nelle  sue 
note,  nelle  quali  ella  sembra  trovar  piacere  a  levar  in  alto  i  Protestanti, 
come  il  Cranmer  (p.  149),  e  coprire  di  fango  i  cattolici,  come  il  Domeni- 
cano  Tetzel,  predicatore  delle  indulgenze  (p.  168),  e  accarezzare  1'ideale 
del  prete  moderno  vagheggiato  da  Emilio  Zola  (p.  195).  Se  la  domanda  non 
e  indiscreta,  di  qual  religione  e  la  signora?  I  libri  che  cita,  e  dai  quali 
attinge  notizie  e  giudizii,  sono  quasi  tutti  di  scrittori  o  protestanti,  o  ra- 
zionalisti,  o  cattolici  bacati ;  e  per6  ci  consenta  che,  in  cortese  ricambio 
dell'averci  fatto  conoscere  quel  passo  delle  Lezioni  del  Settembrini,  noi 
mettiamo  sott'occhio  a  lei  qualche  cosa  di  meglio,  cioe  i  Proverbii  di  Sa- 
lomone,  uei  quali,  al  versetto  20  del  capo  13,  trovera  questa  bella  sen- 
tenza:  Qui  cum  sapientibus  graditur,  sapiens  erit :  amicus  autem  stultorum 
similis  ejicietur. 

1  Eppure  Maometto  e  il  suo  lodafcore  Carlyle  sono  meno  strani  dell'ex- 
carmelitano  Giacinto  Loyson,  che  nello  scorso  gennaio  stampava  nelYEclair: 
«  Siate  i  Cristiani  dell'Islamismo,  ed  i  Mussulman!  del  Vangelo  (!!)  Se  fosse 
assolutamente  necessario  di  scegliere  fra  1'Islamismo  illuminate,  fedele  alia 
gran  tradizione  monoteista...  e  questo  cattolicismo  della  decadenza...  io  non 
esiterei  un  istante.  »  Bravo  il  Frate!  A  quarantaquattro  anni  si  scappucci6 
per  pigliar  moglie ;  ora,  a  settanta,  fascierebbe  volentieri  il  turbante.  Viva 
progresso ! 


444  GLI    EROI 

pentimento  non  e  ibrse  il  piu  divino  di  tutti  gli  atti  umani?  » 
(p.  01).  Sia,  ma  in  Maometto  dov'e  quest' atto  divino?  Lo  ve- 
diamo  in  Davidde,  e  Teco  de' suoi  gemiti  inenarrabili  dura 
tuttavia  nella  Chiesa,  E  durera  quanta  il  mondo  lontana.  Lo 
vodiamo  in  Teodosio,  che  con  tutti  gl' imperial!  ornamenti  si 
getta  in  terra  piangendo  dinanzi  ad  Ambrogio,  e  nel  vincer 
se  stesso  si  mostra  piu  grande  di  quel  che  fosse  quando  sba- 
ragliava  le  falangi  dei  Massimi  e  degli  Arbogasti.  Lo  vediamo 
negli  Agostini,  nelle  Margherite  da  Cortona  e  in  altri  innu- 
merevoli;  ma  nell'Arabo  perturbatore  dov'e?  Sono  noti  i  suoi 
atti  brutali  di  lascivia,  di  sangue,  d'empieta;  ma  1'atto  divino 
del  pentimento  chi  ce  lo  mostra? 

Onta  dimque  alia  sua  memoria,  e  benedizione  alle  mani, 
che  riusciranno  una  volta  a  spezzar  per  sempre  le  corna  alia 
sua  inezza  luna. 


XI. 


Dopo  questo  capo  brigante  ciurmatosi  capo  di  religione, 
il  bizzarro  scozzese  conduce  sulla  scena  un  frate  scappucciato : 
dopo  Maometto,  Lutero:  1'uno  degno  dell'altro,  Arcades  ambof 
Come  in  Maometto  egli  venera  Feroe  profeta,  cosi  onora  in 
Lutero  Feroe  sacerdote. 

Oh!  il  santo  sacerdote,  proprio  secondo  1'ordine  di  Mel- 
•hisedecco.  D'una  umiltk  si  profonda  da  scrivere  nelle  sue 
lettere :  «  Che  importa  a  me  di  quel  che  dicono  Girolamo  ed 
Agostino?  Tutti  gli  Agostini  e  tutti  i  Girolami  non  valgono 
mezzo  un  Lutero  »;  d'  una  castit£  si  perfetta  da  aprir  le  porte 
del  chiostro  ad  una  donzella  a  Dio  consacrata  e  farla  sua  con- 
cubina,  proprio  in  venerdi  santo;  d'una  pieta  cosi  tenera  da 
giunger  fino  a  chiamare  il  demonio  nostro  principe  e  Dio,  e 
gloriarsi  delle  sue  visite  e  delle  dispute  con  lui  avute,  in  una 
delle  quali  il  buon  sacerdote  si  confesso  convinto  del  doversi 
abolire  la  Messa.  Tutte  queste  sue  sacerdotali  virtu  son  regi- 
strate  a  caratteri  d'oro  nella  sua  vita,  raggiano  fulgidissime 
da'  suoi  scritti,  e  specialmente  dal  suo  Discorso  sul  Matrimo- 


A   PROPOSITO   DI    UN   LIBRO   DI   TOMMASO   CARLYLE          445 

nio  e  dai  suoi  Discorsi  da  tavola,  modelli  di  castigatezza,  da 
poter  leggersi  in  un  refettorio  di  monache.  Se  non  che  da 
quelle  pagine  sante  scappa  fuori  di  tanto  in  tanto,  una  nota 
stonata  e  tuttavia  la  piu  giusta:  lo  sono  un  gran  matto  e 
un  gran  briccone! 

Tal  fu  1'eroe;  e  1' opera  sua  qual  fu?  Si  sa,  la  Riforma. 
Bella  riforma  poteva  uscire  da  un  uomo  si  informe !  Stabilito 
il  suo  assioma  che  il  libero  arbitrio  &  una  chimera,  ed  il  suo 
gran  dettame  del  pecca  for  liter  et  crede  firmiter,  chi  non  vede 
che  era  dato  1' impulse  alle  immoralita  d'ogni  genere?  E  il 
proclamare  quel  gran  principio  del  giudizio  privato,  non  era 
un  portar  nella  Chiesa  e  nel  mondo  1'anarchia  della  fede,  il 
delirio  della  ragione,  la  liberta  del  peccato,  la  guerra  civile, 
ogni  male? 

Se  ne  accorse  piii  tardi  egli  stesso,  e  nella  sua  epistola 
contro  Zuinglio  dice  chiaro ;  «  Oggimai  vi  sono  tante  credenze 
quante  teste;  e,  se  il  mondo  non  si  sfascia  ben  presto,  ve- 
drete  che,  nelP  interesse  dell'unita  religiosa,  sara  necessario 
che  noi  torniamo  un'  altra  volta  ai  decreti  dei  Concilii.  »  E  al- 
trove :  «  II  rnondo  peggiora  di  giorno  in  giorno  e  diventa  sempre 
piCi  scellerato.  Gli  uomini  sono  oggidi  piii  inclinati  alia  ven- 
detta, piu  avari,  piu  snaturati,  piii  discoli  che  non  erano  sotto 
il  Papato...  Non  credono  nemmen  piu  alia  vita  futura :  vivono 
come  credono,  sono  porci  e  vivono  da  porci.  I  piu  de'  miei 
discepoli  vivono  alPepicurea.  »  Di  qui  quel  suo  disperato  pen- 
timento:  «  Non  posso  credere  cio  che  insegno,  quantunque 
altri  me  ne  creda  profondamente  convinto...  Quanta  gente, 
vo  dicendo  tra  me,  hai  tu  sedotta  con  la  tua  dottrina !  Tu  sei 
cagione  di  tutti  i  loro  disordini.  Questo  pensiero  non  mi  da  un 
momento  di  tregua.  »  Ecco  P  opera  sua  giudicata  da  lui  stesso. 
Di  che  Fillustre  e  leale  protestante  Alessandro  Vinet  fa  la  se- 
guente  giustissima  osservazione.  «  Ben  diverse  dal  divin  Crea- 
tore,  che,  compiuta  F  opera  sua,  la  contemplo  e  vide  che  tutto 
era  buono,  il  gigante  del  secolo  XVI,  appena  eseguito  il  suo 
disegno,  parve  dire,  stornando  gli  occhi:  Ecco,  quello  che  io 
ho  fatto,  e  cattivo !  » 


446  GLI   EROI 

Lo  chiami  dunque  il  Carlyle  fin  che  gli  place  un  eroe,  e 
il  Vinet  un  gigante;  noi  invece  crederemo  piuttosto  alia  parola 
di  lui  medesimo,  quando  ci  dice :  lo  sono  un  gran  matto  e  un 
gran  briccone  '. 

Ma  ebbe  un  grande  successo,  ma  la  sua  Riforma  t'u  se- 
guita  da  molti,  ma  «  di  tutto  cio  (puritanismo  inglese,  rivolu- 
zione  francese,  liberalismo  presente)  era  Ik  il  germe  »  (p.  172). 
Verissimo,  e  tanto  peggio  per  lui.  (Juanto  piu  vasto  e  dura- 
turo  e  un  incendio,  tanto  piu  immane  e  il  delitto  dell'  incen- 
diario.  Maggior  successo.  di  lui  nella  fine  de'  secoli  avr£  1'An- 
ticristo.  N6  1'  esito,  poste  quelle  condizioni  di  tempi  e  di  luo- 
ghi,  poteva  poi  dirsi  molto  difficile:  da  lunga  pezza  la  materia 
combustibile  era  pronta,  mancava  solo  1'  uomo  nefasto  che  vi 
gittasse  il  tizzone.  E  Lutero  disse :  Son  qua  io,  e  lanciollo.  Ma 
in  qual  maniera?  Ce  lo  dichiara  apertamente  il  suo  predicante 
Brochmand:  «  Lutero  ha  dato  ai  principi  conventi  ed  abbazie, 
ai  preti  moglie,  alia  plebe  vita  licenziosa :  ecco  i  veri  impulsi 
ammirabili  al  progresso  della  Riforma  2.  »  Cosa  riconosciuta 
in  tutte  le  opere  diaboliche  dallo  stesso  Stecchetti,  il  quale  non 
dubito  di  cantare: 

Da'  figli  suoi  1'Altissimo 
Chiede  la  prece,  1'umilta,  la  i'ede. 
A'  figli  suoi  Lucifero 
Ogni  piu  cara  liberta  concede. 

Qaal  maraviglia  dunque  se  Lucifero  e  i  suoi  satelliti  raccol- 
gono  piu  seguaci  che  Gesii  Cristo  e  i  suoi  ministri? 

E  come  la  vastita  del  successo  non  torna  a  merito  di  Lu- 
tero, cosi  nemmeno  in  lui  troviamo  la  grandezza  del  sostener 
con  gran  cuore  le  opposizioni,  la  grandezza  feroce  de'  Capa- 

1  «  Ah  non  mi  da  stupore  che  io  abbia  errato,  ma  stupisco  assai  che 
un  matto  solo  abbia   potuto    produrre   tanti   matti.  »  Presso  SWBDENBORG, 
Vera  Chr.  Relig.    pag.  481 .   —  «  Per   verita  noi    siamo    pure  i  gran  bric- 
eoni. »  DE  WITTE,  Op.   Luth.  torn.  V,  Narrat.  hist,  de  ultimis  Lutheri  actis 
et  obitu,  1568.  —  Per  le  altre  cose  risguardanti  Lutero,  Vedi,  oltre  i  sud- 
detti,  DOLLINOER,  Die  deutsche  Reformation ;  MICHELET,  Mfmoires  de  Luth  ; 
AUDIN,  Vie  de  Luther;  CIVILTA  CATT.  ser.  XII,  vol.  IV,  p.  257,  eccetera. 

2  Examen.  pol.  confess.  Aug.  p.  163. 


A   PROPOSITO   DI   UN   LIBRO   DI   TOMMASO   CARLYLE          447 

nei,  sui  quali  ancorche  Giove  raddoppiasse  i  suoi  fulmini,  Non 
ne  potrebbe  aver  vendetta  allegro..  Sfido,  e  vero,  le  folgori 
del  Vaticano,  ma  non  ci  voleva  molta  forza  d'animo  in  un 
uomo,  che  visse  sempre  all'  ombra  de'  troni,  mendicata  con 
servitu  codarda  e  concession!  sacrileghe,  tra  le  quali  la  biga- 
mia  accordata  al  famoso  Elettore;  e  pero  noi  crediamo  che 
non  abbia  bisogno  di  replica  la  parola,  con  cui  1'Autore  lo 
chiama  «  il  cuore  piii  valoroso  che  battesse  allora  nel  mondo  (?), 
sebbene  uno  de'  piu  uraili  (?),  de1  piu  paciflci  (?)  »  (p.  109).  Ri- 
sum  teneatis,  amici? 

Che  cosa  vi  e  dunque  in  lui,  che  lo  renda  degno  di  vene- 
razione?  «  Dobbiamo  considerare  Lutero  quale  un  profeta  spez- 
zatore  di  idoli  »  (p.  170).  Ma  1'idolo  da  lui  spezzato  qual  fa? 
«  II  vostro  Papato  e  divenuto  falso  »  (p.  173).  Scempiaggine ! 
Puo  un  Papa  essere  piu  o  meno  degno  di  un  altro,  ma  il  Pa- 
pato e  sempre  quello :  o  sempre  vero,  o  sempre  falso :  eius 
dignitas  (secondo  la  sublime  espressione  di  Leone  Magno)  in 
indigno  haerede  non  deficit. 

Bando  dunque  ai  titoli  ventosi  di  riformatore,  di  gigante, 
d'eroe;  Lutero  fu  1'Anticristo  del  secolo  XVI.  II  Cardinale  Ali- 
monda  gridava  con  nobile  sdegno :  «  Levate  dal  monumento 
di  Worms  la  statua  del  Savonarola.  Vi  sta  per  gridare  a  Lu- 
tero :  Tu  sei  il  malvagio  fedigrafo.  E  gli  volge  le  spalle  l.  » 
Noi  aggiungiamo :  Levate  via  del  Savonarola  la  statua,  ma 
lasciatevi  il  rogo  pel  suo  vicino,  solo  monumento  degno  di  chi 
mise  a  fuoco  tutto  il  Settentrione. 

XII. 

Passiamo  ad  un'altra  flgura,  intorno  alia  cui  fronte  il 
Carlyle  ha  voluto  mettere  1'aureola  d'eroe,  non  si  sa  proprio 
il  perche :  Gian  Giacomo  Rousseau.  Rousseau  eroe!  All'accop- 
piamento  di  queste  due  voci  noi  crediamo  che  rida  anch'egli 
dalla  sua  statua  in  Ginevra. 

Qual  merito   mai   ha   potuto  abbagliare   si  fattamente  gJi 

1  Lutero  e  gl'Italiani.  Prefaz.  p.  XL. 


448  GLI   EROI 

occhi  del  nostro  Scozzese,  da  muoverlo  a  dare  ad  un  Rousseau 
la  patente  d'eroe?  Forse  lo  splendore  delle  sue  virtu?  Ma 
Rousseau  medesimo,  nelle  sue  Confessioni,  ci  si  mostra  ladro 
fin  da  ragazzo,  imprigionato  a  Soletta,  ingratissimo  ad  una 
insigne  benefattrice,  conducente  per  venticinque  anni  interi 
una  vita  scostumatissima,  e  popolante  di  figli  suoi  lo  spedale 
de'  trovatelli;  cosi  che  lo  stesso  Carl  vie  confessa  che  «  i  suoi  di- 
feiti(vizii  doveva  dire)  sono  mold...  E  un  uomo  morbido,  eccita- 
bile,  spasmodico...  non  ha  profondita,  non  larghezza,  non  la 
forza  calma  contro  la  difflcolta,  che  6  prima  caratteristica 
della  vera  grandezza...  L'errore  e  la  miseria  del  Rousseau  si 
riassumono  facilmente  in  una  sola  parola  egoismo  »  (p.  237). 

Forse  lo  incanta  la  magia  dello  stile?  Non  gia:  egli  non 
se  ne  mostra  troppo  ammirato,  anzi  dice  apertamente :  «  E  nel 
Rousseau  certa  sensualita,  die,  combinata  con  tale  potenza 
intellettuale,  produce  pitture  di  smagliante  attrattiva ;  ma  qual- 
che  cosa  di  scenico,  una  specie  di  rossetto,  d'azzimato  artifi- 
cio...  Quel  rossetto  non  6  nemmeno  la  tinta  giusta  (p.  210).  » 

Forse  1' importanza  dei  servigi  social!  da  luiprestati?  Ma 
questi  servigi  il  Rousseau  medesimo  nelle  citate  Confessioni 
li  apprezza  colle  seguenti  parole :  «  lo  non  guardo  nessu.no 
de'  miei  libri  senza  fremere  :  invece  d"1  istruire  io  corrompo  ed 
avveleno,  e  con  tutte  le  mie  .belle  parole  io  non  sono  altro 
che  uno  scellerato.  »  E  il  nostro  Carlyle  cosi  si  esprime.  «  Os- 
servammo  riguardo  al  Johnson  quanto  beneficio  possa  portare 
al  mondo  un  profeta  (?)  anche  nelle  condizioni  piu  sfavorevoli 
e  nella  disorganizzazione :  riguardo  a  Rousseau  siamo  piuttosto 
chiamati  ad  osservare  la  terribile  somma  di  male,  che  in  tale 
disorganizzazione  puo  accompagnare  il  bene.  (Qual  sia  il  bene 
fatlo  da  Rousseau  non  lo  dice,  ma  ecco  il  male)...  Si  poteva 
imprigionarlo  nelle  soflitte,  e  deriderlo  quale  maniaco,  e  la- 
sciarlo  morir  di  fame  come  una  flera  nella  sua  gabbia;  ma 
non  si  poteva  impedirgli  tfincendiare  il  mondo:  la  rivoluzione 
irancese  trovo  nel  Rousseau  il  suo  evangelista  (p.  240).  » 

Era    almeno    un    bell'uomo,  raggiante    dalla    sua  persona 
alcun  che   di    grande?  Tutf altro.  «  Guardate   il  suo  ritratto. 


A  PROPOSITO   DI   UN   LIBRO   DI   TOMMASO   CARLYLE          449 

Una  faccia  plena  di  patimento ;  qualcosa  d'  ignobile,  di  vol- 
gare  *,  redento  solo  dall'  intensity  :  la  faccia  d'un  fanatico,  un 
eroe  tristamente  contraffatto  (p.  237).  » 

Ma  dunque  di  che  mai  si  e  potato  innamorare  il  Carlyle? 
Stando  a  lui  stesso,  noi  finora  vediamo  in  Rousseau  I'egoista, 
vediamo  lo  scellerato,  vediamo  il  maniaco,  vediamo  la  fiera, 
I'incendiario  del  mondo,  il  rivoluzionario,  il  fanatico;  ma 
Feroe,  dov'e  1'eroe? 

Oh !  sta',  ecco  finalmente  scoperto  in  lui  1'eroismo.  «  Lo 
annoveriamo  qui  (tra  gli  eroi),  perche,  a  malgrado  di  tutti  i 
suoi  difetti,  e  sono  molti,  egli  ha  la  prima  e  principale  carat- 
teristica  dell'eroe;  e  cordialmente  intento  al  suo  scopo,  fer- 
vente  quanto  mai  fosse  uomo  al  mondo  (p.  237).  »  E  poco 
prima  aveva  detto  :  «  II  Johnson  fu  profeta  (eroe)  in  virtu  della 
sua  sinceritk  (p.  231).  »  Dio  lodato,  che  oggimai  si  6  trovata 
la  maniera  di  farsi  laureare  eroe  a  buon  mercato :  sincerita 
e  ardore,  e  tutto  &  fatto.  Cosi,  per  esempio,  i  Giacobini  tro- 
varono  1'eroismo  diguazzando  nelle  stragi  del  1792,  e  cosi  ai 
giorni  nostri  lo  trovarono  i  Comunardi  in  mezzo  ai  laghi  di 
petrolio  destinati  ad  incendiare  Parigi.  Ma  il  male  6  che  piu 
d'uno  dei  nostri  lettori,  benchk  conscio  di  non  mancare  ne  di 
sincerita  n&  di  ardore,  forse  non  si  sar&  ancora  accorto  d'es- 
sere  un  eroe,  e  neppure  d'averne  almeno  la  prima  e  prin- 
cipale caratteristica.  Colpa  de'  suoi  occhi,  che  sono  miopi. 

Ma  qual  era  poi  lo  scopo  a  cui  Rousseau  era  si  cordial- 
mente intento*.  L'autore  non  ce  1'  ha  detto,  probabilmente  per- 
che non  lo  sapeva;  anzi  piu  sotto  ci  lascia  dubitare  anche  di 
quella  si  decantata  sincerita  e  cordialita,  dicendo  che  «  questo 
fervore  lo  condusse  alle  piu  strane  incoerenze  »  (p.  238).  Potes- 
simo  almeno  apprenderlo  dallo  stesso  Rousseau  quale  fosse 
lo  scopo  a  cui  era  si  cordialmente  intento  da  divenir  per  questo 
un  eroe :  ma  il  povero  Rousseau  lo  sapeva  meno  del  Carlyle, 
se  si  deve  prestar  fede  a  quelle  sue  parole :  «  Dire  e  disdire 

1  Disgraziatamente  non  era  nulla  di  meglio  il  Carlyle.  II  suo  ritratto 
posto  in  fronte  al  libro  che  esaminiamo,  non  dice  nulla  ne  di  bello,  ne  di 
buono,  ne  di  grande.  Pare  un  orso  bianco. 

Berit  XVI,  vol.  IX,  f<uc.  1120.  29  11  felbraio  1897. 


450  GLI    EROI 

la  stessa  cosa,  provare  ugualmente  il  pro  ed  il  contro,  tutto 
persuadere  agli  altri  e  nulla  mai  credere  per  me  medesimo, 
e  stata  sempre  la  mia  favorita  occupazione.  »  Ecco  la  since- 
ritd,  ecco  lo  scopo  di  quest'uomo  fervente  quanta  mai  fosse 
uomo  al  mondo.  Ma  1'eroe  dove  £  andato?  Noi  qui  non  abbiamo 
che  un  tristo  che  si  fa  giuoco  degli  altri.  o  un  delirante  in 
balia  della  sua  sfrenata  imaginazione.  «  Alia  fine,  dice  il  Carlyle, 
una  specie  di  demenza  si  era  impadronita  di  lui :  le  idee  lo 
possedevano  come  demonii ;  lo  sospingevano,  lo  inseguivano,  lo 
strascinavano  a  precipizio  (p.  238).  » 

E  questo  delirante  voi  ci  date  come  un  eroe?  Che  si  che 
il  vostro  delirio  non  6  minore  del  suo ! 


XIII. 

E  tanto  basti  degli  Eroi  del  Carlyle,  senza  bisogno  che  ci 
occupiamo  degli  altri,  e  neppure  del  suo  prediletto  Cromwell, 
nel  quale  ei  loda  tutto,  non  eccettuata  la  crudele  sottomissione 
dell'  Irlanda  *. 

II  saggio  presone  ci  mette  in  grado  di  meglio  apprezzare 
il  giudizio  che  del  Carlyle  porta  il  Taine  colle  seguenti  parole. 
«  Qui  tutto  e  nuovo,  le  idee,  lo  stile,  il  tono,  il  taglio  delle 
frasi,  e  persino  il  dizionario.  Egli  prende  tutto  a  rovescio, 
contorce  tutto,  cose  ed  espressioni.  Presso  lui  i  paradossi  sono 
flssati  come  principii;  il  buon  senso  piglia  la  forma  dell'as- 
surdo;  tu  sei  come  trasportato  in  un  mondo  nuovo,  gli  abi- 
tanti  'del  quale  camminano  colla  testa  in  giu  e  i  piedi  in  aria, 
vestit.i  da  arlecchini,  da  gran  signori  e  da  matti,  con  contor- 
sioni  e  scatti  e  grida.  Questi  suoni  eccessivi  e  discordi  ti  stor- 
discono  dolorosamente,  ti  vien  voglia  di  turarti  le  orecchie,  ti 
vien  mai  di  capo,  e  sei  obbligato  a  deciferare  una  lingua 
nuova  2.  » 

1  Nella  Lettura  sopra  Cromwell  abbiamo  trovato  la  seguente  caratte- 
ristica  definizione  del  sistema  parlamentare.  «  Dato  un  mondo  di  bricoont, 
cavare  una  onesta  dalla  loro  azione  riunita  (p.  298).  > 

2  Idtalisme  Avglais.  fitude  sur  Carlyle.  Proprio  sul  principio. 


A   PROPOSITO    DI   UN   LIBRO   DI   TOMMASO    CARLYLE          451 

Questo  giudizio  e  assai  piu  giusto  di  quello  del  Nencioni,  il 
quale,  nella  sua  lunga  prefazione  (quanto  alia  forma,  splendula) 
alia  versione  italiana  degli  Eroi,  fa  del  Carlyle  e  delle  sue 
opere  elogi  sperticati,  e  talvolta  lo  sorpassa  nelFavventatezza 
delle  sentenze,  come  quando  nota  di  troppo  severo  il  giudizio 
che  da  di  Rousseau,  ed  egli  crede  di  rettificarlo  aggiungen- 
dovi  lodi  a  profusione.  «  Primo  senti  e  dichiaro  che  il  Dovere 
e  una' religione  (e  pur  troppo  questa  religione  del  dovere  t'iene 
oggi  surrogata  da  molli  alia  religione  rivelata);  e  fra  quegli 
scettici  gaudenti  ha  una  fede  (ma  non  la  Fede);  e  una  parola 
unica,  che  sorprende,  convince,  commuove,  agita,  trascina  e 
comanda  (ma  non  a  salute).  Fu  il  primo  in  quell'epoca  a  par- 
lar  di  Dio  e  deli'anima  (ma  in  modo  erroneo  e  contradditto- 
rio);  e  fu  cristiano  di  sentimento  e  di  aspirazioni,  se  non  lo 
fu  di  fede  e  di  culto  (alia  larga  da  questi  crisliani,  e  dai  loro 
lodalori,  che  invogliano  alia  lettura  dei  loro  libri). 

Conclusione.  Chi  vuol  guastarsi  il  letterario  buon  gusto ; 
chi  vuol  falsare  il  giusto  criterio  d'estimazione  intorno  a  per- 
sonaggi  storici  importantissimi;  chi  vuol  confoniere  nel  suo 
capo  le  idee  del  vero  e  del  falso,  del  bene  e  del  male,  del 
lodevole  e  del  detestabile;  costui,  diciamo,  legga  «  gli  Eroi 
di  T.  Carlyle.  Traduzione  e  note  di  Maria  Pezze  Pascolato,  oon 
prefazione  di  Enrico  Nencioni ». 

II  Carlyle  ha  detto :  «  Chiudete  il  vostro  Byron,  e  aprite 
un  po'  Goethe  »  (p.  IX).  Noi  diciamo  :  Chiudete  Byron,  Goethe, 
ed  anche  Carlvle. 


IL  NOSTRO  CONCORSO 

Articolo  della Rassegna Nazionale,  di  Firenze,  gennaio  1897. 


Apparve,  1'anno  scorso  nella  Rassegna  Nazionale,  di  Fi- 
renze, la  pietosa  proposta  di  un  bel  libro,  da  comporre  per 
far  piacere  ai  dilettanti  di  Risorgimento  italiano. 

II  librino  da  estendere  sembrava  la  cosa  piu  agevole  del 
mondo,  la  piu  naturale.  Ne  giudichi  il  lettore.  Non  si  dimanda 
altro,  che: 

«  Illustrare  colla  storia  alia  mano  il  carattere  religiose  ed 
antisettario  del  Risorgimento  italiano,  sia  nelle  sue  origini 
nel  campo  del  pensiero,  sia  nel  suo  svolgimento  pratico,  ri- 
levando  che  gii  uomini  principali  di  esso  —  pensatori  e  scrit- 
tori,  principi  e  ministri,  soldati  e  martiri  —  furono  tutti 
credenti  e  quasi  tutti  vissero  e  moripono  nella  fede  di  Cristo. 

«  Mostrare  che  Tazione  delle  sette  non  giovo  punto  al  trionfo 
della  causa  nazionale,  ed  anzi  le  riusci  talvolta  nociva.  » 

Era  questo  evidentemente  un  concetto  novissimo  e  inaspet- 
tato,  e  nato  fatto  per  elettrizzare  le  penne  di  tutti  coloro  che 
hanno  qualche  cognizione  della  storia  contemporanea,  come 
saggiamente  osserva  la  Rassegna.  E  noi  poveri  di  mente, 
immaginammo  che  dovesse  essere  una  gara  tra  costoro 
non  piu  vista,  una  vera  ruffa  raffa  per  beccarsi  le  mille  lire 
offerte  in  premio  dalla  muniflca  patrona;  e  gia  sognavamo 
quelle  pagine  di  vena  feconda  e  facile,  e  sprizzanti  gas  luce, 
ia  cui  ogni  periodo  era  un  becco  Auer,  una  fontana  di  ace- 
tileno.  Pensi  il  lettore  la  mortificazione  che  ci  apporta  la  Ras- 
segna, del  1°  gennaio  1897,  avvisandoci  che  non  si  e  levato 
un  ragno  da  un  buco !  Tre  soli  scrittori  o  campioni  si  presen- 
tarono  n«ll'arringo,  due  degni  del  berretto  da  notte,  il  terzo 


IL   NOSTRO   CONCORSO  453 

meritevole  appena  di  una  menzione  onorevole,  o  come  dicesi 
nelle  gare  popolari  in  Piemoute,  da  incoraggiare  con  una 
salacca. 

E'  ci  e  quasi  quasi  da  darsi  alle  bertucce  in  vedere  tante 
penne  dotte,  che  potrebbero  salvare  la  patria,  e  invece,  come 
•elegiacamente  piange  la  Rassegna  del  1897,  si  lasciano  vin- 
•cere  da  una  ignobile  fiaccona  politica,  e  senza  pur  fremere  nel 
calamaio,  permettono  che  si  accrediti  sempre  piu  la  flaba  in- 
solente,  che  T  Italia  ammodernata  abbia  sortiti  natali  un  po'  ba- 
stardi,  e  viva  empiamente  e  settariamente,  specie  nel  suo 
svolgimento  pratico.  Non  cosi  noi,  sebbene  un  po'retrivi  per 
indole,  e  poco  accarezzati  dalla  nostra  sorella  florentina. 
Noi,  non  avendo  il  genio  necessario  a  comporre  di  sana  pianta 
il  libro  da  lei  desiderate,  stendiamo  almeno  una  poca  di  traccia, 
a  commodo  di  chi  ci  volesse  metter  mano,  come  usavamo 
cogli  allievi  ne'  tempi  di  oscurantismo,  e  soleva  servire  di  av- 
viamento,  alle  loro  composizioni.  Ecco: 

Volete  voi  persuadere  davvero  i  vostri  lettori  che  il  Risorgi- 
mento  e  politicamente  religiose,  e  politicamente  antimassonico  ? 
E  d'uopo  andarvi  con  discrezione.  Non  raccontate  loro  di  primo 
acchito,  che  1'  Italia  nuova  1'  hanno  fabbricata  i  Fratini  del 
Cottolengo  a  Torino,  o  le  Bonevoglie  della  Misericordia  a  Fi- 
renze,  o  i  Battuti  di  S.  Crispino  e  Crispiniano  di  altri  luoghi. 
Molti  vi  farebbero  il  niffolo,  gridando :  E  un  paradosso !  Avete 
a  procedere  con  una  accorta  concessione  conciliativa,  con 
sapienti  attenuative,  con  un  inchiostro  di  sciroppo  calmante.  Am- 
mettete  con  viso  bonario  che,  si,  qualcosa  di  poco  ortodosso  e 
accaduto  nelle  origini  e  nello  svolgimento  della  Risurrezione, 
ma  fate  notare  che  ad  ogni  fascio  vi  e  la  sua  ritorta.  Con- 
venite  che  T  Italia  risorgente  divoro  le  sostanze  degli  Ordini 
religiosi:  ma  (circostanza  attenuante  e  giustiflcante !)  aveva 
prima  legalmente  uccisi  gli  Ordini  stessi,  e  la  roba  loro  cadeva 
naturalmente  ab  intestato  in  grembo  al  fisco ;  e  questo,  per 
parte  sua,  uso  una  rara  clemenza,  lascio  riflatare  per  un  dato 
tempo  varii  Ordini  piu  poveri,  e  secondo  che  osservo  il  Cavour 
nel  parlamento  di  Torino,  comincio  lo  spoglio  dalle  Commu- 


454  1L   NOSTRO    COXCORSO 

nild  pift  ricche.  Per  simili  casi  legal!  e  irreprensibili,  senza 
la  minima  intenzione  irreligiosa  del  pio  Risorgimento,  nel 
suo  svolgimento  pratico,  le  opere  pie  o  di  beneflcenza  popo- 
lare  scivolavano  nelle  casse  pubbliche,  sempre  a  sollievo  del 
popolo;  e  cosi  le  entrate  del  clero,  per  meta  depauperate  delle 
temporalita  afflnche  piu  snello  attendesse  alia  salute  eterna  : 
cio  che  alcuni  fanatici  chiamarono  rapine  sacrileghe,  ma  era 
un  semplice  riordinamenlo  del  patrimonio  ecclesiastico,  e  in 
compenso  il  clero  fu  proibito  e  liberate  dall'intervenire  nelle 
municipal!  Congregazioni  di  carita. 

Si  puo,  nel  future  libro,  con  eguale  accortezza  e  candore 
consentire  che  il  sullodato  Risorgimento  incorresse  altri  nei 
nel  suo  svolgimento  pratico,  per  esempio:  la  leva  dei  chie- 
rici,  la  laicizzazione  delle  scuole,  i  crocifissi  esigliati  dagli 
spedali,  la  feroce  esclusione  dei  cattolici  dagl'impieghi,  onori, 
lucri,  1'empieta  nelle  cattedre,  pagata  e  promossa,  i  pellegrini 
francesi  acciaccati  in  Roma,  contro  il  diritto  delle  •  genti,  il 
convoglio  funebre  di  Pio  IX  voluto  gettare  nel  Tevere,  e  il 
popolo  di  statue  innalzate  a  pubblici  malfattori,  tra  gli  altri 
ad  Arnaldo  da  Brescia,  a  Giordano  Bruno,  e  ad  altri  eroi, 
giustiziati  ieri  dai  patrii  tribunal!.  Cento  altre  taccole  si'conce- 
dano  tanto  piu  largamente,  quanto  che  hanno  la  loro.  scusa 
manifesta.  Chi  poteva  trattenere  il  popolino  smanioso  di  Risor- 
gimento dal  dar  fuori,  come  i  flumi  gonfii,  in  qualche  eccesso? 
Re,  Parlamenti,  magistrati,  insomma  tutto  cio  che  la  Rasse- 
gna  inchiude  sotto  il  nome  di  Istiluzioni  e  forze  regolari, 
non  sapevano  nulla  di  queste  scappatelle  delle  forze  irrego- 
lari,  le  leggi  stesse  si  facevano  per  buon  fine,  o  all'  insaputa 
dei  legislator!.  Intanto  piu  che  mai  appariva  incontrastabil" 
mente  vero  che  gli  uomini  principali  di  esso  (Risorgimento) 
—  pewsatori  e  scrittori,  principi  e  ministri,  soldati  e  martiri  — 
furono  tutti  credenti.  Anzi  e  provato  che  gli  uomini  maggiori 
del  Risorgimento...  lungi  dal  volere  far  opera  awersa  alia  Re- 
ligione,  essi  invocavano  un  risveglio  del  Caltolicismo !  (Rass. 
genn.  97,  p.  193.) 

E  cosi  il  «  carattere  religioso...  del  Risorgimento  italiano  > 


ARTICOLO   BELLA    «  RASSEGNA   NAZIONALE  »  455 

e  gia  illustrate  perbenino.  Rimane  da  porgli  in  capo  la  dia- 
dema  di  santo,  riforbendolo  di  queH'altra  maccatella,  che  va 
pure  concessa  colla  miglior  grazia  possibile,  cioe  la  Metro 
poli  del  mondo  cattolico,  sotto  gli  occhi  del  Vicario  di  Gesu 
Cristo,  grandinata  di  bombe  dal  Cadorna  e  dal  Bixio,  e  i  pa- 
lazzi  del  Papa  invasi  coiraiuto  di  mastro  Capanna,  e  tramutati 
in  Camera,  Senate,  Reggia  da  chi  e  di  chi  aveva  col  diritto  delle 
bombe  aperte  le  porte  della  citta.  Lo  scrittore  non  puo  tergiver- 
sare  su  tali  fatti  troppo  vistosi  nelle  origini  e  nello  svolgimento 
pratico  fino  ad  oggi.  Ma  qui  sar£  il  suo  vero  trionfo,  se  prende 
il  nostro  consiglio.  Faccia  tonare  alto  il  Grido  di  dolore  che 
inteneri  Vittorio  Emmanuele  di  Savoia,  e  lo  forzo  a  tergere  a 
mitraglia  le  lacrime  del  popolo  romano;  ricordi  che  ai  soldati 
accampati  contro  Porta  Pia,  fu  detto  che  si  andava  a  liberare 
Pio  IX ;  analizzi  il  plebiscite  con  cui  fu  invitato  il  popolo  a  ri- 
bellarsi  contro  il  suo  Sovrano,  cosa  del  resto  permessa  per 
quel  giorno  solo,  e  di  poi  proibita,  pena  la  forca,  per  semplici 
ragioni  di  prudenza;  faccia  brillare  quel  plebiscito  famoso, 
unico  negli  annali  del  mondo,  che  fu  un  coro  pieno  di  s\,  tranne 
solo  quarantasei  no;  e  mostri  com'esso  fu  applaudito  dalla 
diplomazia  mondiale,  e  come  i  Regnanti  cattolici  si  recarono 
a  gara  ad  ossequiare  il  Re  nella  nuova  sua  Reggia,  e  a  rico- 
noscere  il  fatto  compiuto,  cessando  di  accreditare  ambascia- 
tori  presso  la  corte  Pontificia,  e  di  ammettere  alle  loro  corti 
i  diplomatic!  del  Pretendente. 

Questo  tratto  del  libretto  si  porge  al  sublime,  se  chi  a 
modo  nostro  lo  stende,  ricerchera,  come  ora  si  fa  dai  critici, 
T  indole  profonda  del  momenta  psicologico  in  cui  la  Roma  del 
mondo  cristiano  si  muto  nella  Roma  del  regno  italiano,  senza 
punto  scadere  dalla  sua  fortuna  dieci  volte  secolare.  Roma 
non  puo  dirsi  propriamente  invasa,  ma  pacificamente  unita  al 
regno,  cio  che  fu  lo  scopo  del  Risorgimento,  e  ilfiocco  della  festa. 
E  pero  in  questo  dovette  rawisarsi  non  \m'opera  avversa  alia 
Religione,  si  bene  un  Risveglio  del  Cattolicismo...  la  miglior 
garanzia  del  rinnovamento  morale  e  civile  degli  Ilaliani 
(Rass.  p.  193).  Questi  altissimi  ideali  essere  gVinvocati  dagli 


456  IL   NOSTRO   CONCORSO 

uomini  maggiori  del  Risorgimento  lo  afferma  per  fllosofia 
storica  e  politica  la  Rassegna,  ma  ben  piu  autorevolmente  e 
solennemente  gli  aveva  banditi  il  massimo  tra  gli  uomini  del 
Risorgimento,  il  Re  Vittorio  Emmanuele,  dichiarando  che  en- 
trava  in  Roma  a  fine  di  ristabilirvi  la  morale. 

E  gia  non  era  bisogno  che  lo  dicesse :  si  sapeva  che  il  Re 
Galantuomo  era  il  paladino  della  morale  piu  scrupolosa.  Anche 
non  dicendolo  lui,  si  vede  ora  dal  fatto  della  morale  trionfante 
in  Roma  dovunque  il  Risorgimento  e  piu  penetrato.  Sentiama 
gli  echi  delle  scuole,  de'collegi,  e  della  morale  sapienza  entrata 
nelle  Universita;  ove  s'insegna  non  solo  1'evoluzionismo  piu  anti- 
scientifico  dalla  scimmia  anzi  dal  monococco  protoplastico  insino 
all'uomo;  ma  anche  Tateismo  e  il  materialismo,  e  cio  che  logi- 
camente  ne  segue,  la  negazione  del  libero  arbitrio  e  1'assoluta 
irresponsabilita  dei  delinquenti.  E  vero  che  il  popolo  per  fare 
giusta  giustizia  dovrebbe  impiccare  i  magistrati  che  applicant 
barbaramente  agli  innocenti  le  pene  legali,  e  prima  di  essi  impic- 
care i  tirannici  legislator!  che  le  sanciscono :  ma  il  librettista 
fara  osservare  che  il  Risorgimento  italiano,  servito  da  fedeli 
gendarmi,  sapra  bene  distogliere  il  popolo  da  tali  fantasie 
scorrette.  Vediamo  la  moralita  venuta  a  sedersi  nel  Parla- 
mento ;  ove  i  magni  viri  del  Risorgimento  passano  a  ba- 
raonda  da  un  partito  airaltro,  dal  programma  del  Depretis 
a  quello  del  Crispi,  del  Rudini,  del  Giolitti,  e  ritornano  al  Cri- 
spi,  per  ritornare  al  Rudini.  Se  i  pusilli  se  ne  scandolezzano,  si 

* 

risponda  gravemente :  sapientis  est  mutare  consilium,  e  cosi  le 
Camere  diventano  un  modello  ai  bimbi  d' Italia  nella  baccelliana 
Ginnastica  educativa.  Vediamo  poi  la  moralita  delle  ammini- 
strazioni  pubbliche,  introdotta  dal  Risorgimento  in  Roma,  alia 
Banca  romana,  di  S.  Spirito,  Immobiliare,  ecc.  e  nel  tempo 
stesso  i  deplorati  e  i  deplorabili,  i  plichi  e  gPimplicati,  come  i 
cassieri  che  se  ne  portano  quel  poco  in  salvo,  e  gli  elemosi- 
nieri  ufficiali  di  Casamicciola,  delle  inondazioni  del  Veneto, 
del  terremoto  di  Calabria,  senza  contare  i  tabacchi,  i  risi,  L 
muletti,  e  simili  moralita.  Ma,  dir£  il  nostro  valente  scrittore, 
che  colpa  n'ha  la  gatta,  se  la  massaia  e  matta?  II  Risorgi- 


ARTICOLO   DELLA    «  RASSEGNA   NAZIONALE  »  457 

mento  chiama  alia  legislatura  e  all'amministrazioni  il  flor  flore 
degli  uomini  maggiori,  una  chiassata  di  commendevoli  Com- 
mendatori:  se  qualcuno  riesce  un  mal  bigatto,  esso  lo  ritira 
•a  Regina  Coeli :  che  si  puo  fare  di  meglio  ?  Che  dubbio  vi  puo 
riraanere  intorno  alia  moralitk  importata  in  Roma  dal  Risor- 
gimento italiano  ? 

Questo  punto  del  libretto  vuol  essere  lumeggiato  con  arte 
fine,  anche  per  dare  addosso  a  quei  petulanti  clericali,  i  pia- 
gnoni  del  nostro  tempo,  che  non  riflnano  di  gettare  in  faccia 
alia  Italia  risorta  1'aumento  smisurato  dei  delitti,  che  va  di 
pari  passo  coi  debiti  ogni  anno  piii  sconflnati  e  coi  nume- 
rosi  flaschi  delle  scuole  in  Occidente  e  in  Oriente.  E  non 
sanno,  babbuassi!  che  la  criminalita  deve  naturalmente  cre- 
scere  in  ragione  diretta  della  civilta  crescente:  lo  hanno 
•dimostrato  i  sociologi  di  cartello,  e  1'hanno  stampato  a  carat- 
teri  di  scatola.  Pur  troppo  gl'Italiani  non  sono  ancora  arri- 
vati  all'altezza  di  queste  sapienti  sociologie,  e  non  sanno  ren- 
•dersi  capaci,  come  piu  un  popolo  bazzica  all'universitk  e  piii 
s1  incanaglia.  E  pure  cosi  dev1  essere :  il  Risorgimento  vuole 
la  universita  alia  moderna:  I'universita  insegna  la  civilta:  la 
civilta  produce  il  crimine.  Che  colpa  ne  ha  il  religioso  Risor- 
gimento ? 

Di  che  si  conchiude  a  filo  di  logica  che  nell' Italia  nuova 
fiorisce  a  maraviglia  1'osservanza  del  decalogo  biblico,  che  pure 
•e  parte  essenziale  del  carattere  religioso.  A  questo  modo  tutte 
le  parti  della  religiosita  sono  messe  in  piena  luce:  e  il  carat- 
tere religioso  del  nostro  Risorgimento  6  scritto  a  caratteri 
<Toro.  Esso  sara  Pammirazione  degli  storici  avvenire ;  intanto 
gia  vediamo  crescere  tra  gli  stranieri  il  rispetto  profondo  per 
gli  Italiani  risorti,  specialmente  in  Francia,  nella  Svizzera,  negli 
Stati  Uniti,  nella  Colombia,  nel  Brasile  e  perflno  nell'Abissi- 
nia  e  nel  Benadir. 

II  carattere  antisettario  del  Risorgimento  italiano  viene 
proposto  in  secondo  luogo  dalla  benemerita  Rassegna.  Parra 
un  punto  non  commodo  a  coloro  che  hanno  qualche  cogrd- 
zione  della  storia  contemporanea.  In  realta  poi  6  il  piu  fa- 


458  IL  KOSTRO  CONCORSO 

cile  a  traltare,  il  piu  plausibile.  Solo  che  qui  bisogna  comin- 
ciare  non  dal  principio  del  tema  proposto,  ma  dal  fine:  dal 
fine  ove  la  Rassegna  richiede  i  benevoli  di  mostrare  che  I'a- 
zione  delle  sMte  non  giovb  punlo  al  trionfo  delta  causa  na- 
zionale,  ed  anzi  le  riusci  taloolla  nociva.  Qui  il  librettista  ha 
buon  giuoco:  egli  puo  in  quatiro  energiche  impennate  illu- 
slrare  questa  sola  verita,  sebbene  non  proposta  chiaramente 
dalla  Rassegna,  che  F  Italia  risorta  e  una  Massoneria,  trion- 
fante  nelle  origini  e  nello  svolgimenlo  suo  fino  al  giorno  pre- 
sente.  Sono  formicai  di  massoni  le  universita,  le  ammini- 
strazioni  (raassime  ospizii  di  carita,  istituti  di  benericenza),  i 
dicasteri,  la  magistratura,  e,  nei  gradi  superiori,  1'esercito  e 
1'armata;  il  Parlamento  poi  e  il  Senato  e  i  varii  Gabinetti 
succedutisi  in  venticinque  anni  di  assidua  Risurrezione,  sono 
per  lo  piu  Logge  o  Conclavi  di  33. •. 

Ma,  o  trionfo  del  librettista !  egli  mostrerk  che  tutti  costoro 
ban  no  avuto  azione  nociva,  e  non  punto  giovato  al  trionfo 
delta  causa  nazionale.  Sono  intrusi  e  nernici,  non  fondatori 
ne  fautori  della  gran  Causa  italica.  Hanno  assassinate  il  po- 
polo  italiano,  gia  si  felice  di  finanze,  di  agi,  di  lettere,  di 
belle  arti,  di  onesti  costumi.  Sark  dimostrazione,  superflua  un 
poco,  perche  tutti  la  veggono  cogli  occhi  e  ne  sentono  il  danno 
e  la  vergogna :  ma  poiche  la  Rassegna  ne  da.  buon  appiglio  al 
librettista,  si  faccia  in  buon'ora.  Ma  poi  egli  non  fark  un  di- 
scorso,  no,  ma  una  carica  di  cavalleria  pesante  contro  le  sette. 
Provera  che  i  massoni  da  furbi  e  da  ladri  si  sono  intrigati 
del  Risorgiinento  italiano,  e  ne  sono  fino  al  di  d'oggi  ingiusti 
manutengoli.  Doveche  i  veri  taumaturghi  della  Risurrezione 
sono  quelle  anime  pie  di  «  Carlo  Alberto  e  Vittorio  Emmanuele, 
Balbo  e  Gioberti,  Manzoni  e  Pellico,  Cavour  e  D'Azeglio,  Rica- 
soli  e  Lanza,  Sella  e  Minghetti,  Lamarmora  e  Capponi  ecc.,  » 
secondo  che  ci  testifica,  con  politica  minestra  di  riso  e  fa- 
giuoli,  la  Rassegna  (1897,  p.  193).  Tutti  costoro  erano  uo- 
mini  maggiori  e  quasi  lutli  invocavano  un  risveglio  del  Catlo- 
licismo,  dice  essa.  II  librettista  lo  ripeta  anch'egli  con  enfasi. 


ARTICOLO    BELLA    «  RASSEGNA   NAZIONALE  »  459 

Ma  si  guard!  dal  dire  quale  specie  o  varieta  di  Cattolicismo 
intende  qui  la  Rassegna  Nazionale. 

E  cio  per  prudenza:  perche  quei  signori  uomini  mag- 
giori,  fatte  le  dovute  eccezioni,  invocavano  un  Cattolicismo  che 
permettesse  a  Pio  IX  di  accogliere  sotto  il  baldacchino  il  Sa- 
baudo  liberatore  di  Roma,  il  quale  avevalo  complimentato  a 
cannonate,  e  lo  supplicava  di  sanzionare  con  un  gitto  d'asper- 
sorio  i  sacrilegii  inflniti  perpetrati  dal  religioso  Risorgimento 
italiano;  e  se  il  Papa,  di  buon  cuore,  gli  offrisse  le  chiavi 
della  Metropoli  del  mondo  cattolico,  egli,  il  Re  Galantuomo 
gli  assicurava  franchige  reali,  e  gli  conferirebbe  una  cappel- 
lania  nella  sua  Reggia  al  Quirinale,  onorevole  compenso  del 
Principato  indipendente,  necessario  al  governo  della  Cristia- 
nita.  II  librettista  puo  aggiungere  che  il  risveglio  di  lale  cat- 
tolicismo  fu  invocato  in  ciascun  dei  venticinque  anni  dai  piu 
religiosi  sabaudisti;  e  che  questi  avevano  ereditato  tale  reli- 
giosita.  dai  frammassoni,  i  quali  Tavevano  ideato  e  decretato 
nelle  logge  fin  dal  1823.  Oggi  ancora  il  marchese  di  Rudioi, 
lo  invoca;  ed  e  colpa  dei  gesuiti,  se  Sua  Santita  Leone  XIII 
vi  riconosce  un  cattolicismo  acattolico  e  un  po'  turco.  Ma 
cio  non  toglie  che  gli  Uomini  maggioH  invochino  il  Catto- 
licismo. 

Se  poi  1'estensore  del  libro,  vagheggiato  a  pro  del  sabau- 
dismo,  vuol  illustrarsi  con  una  espolizione  di  splendido  effetto 
letterario,  ricorra  ad  un  rettorico  contrapposto  della  massoneria 
nostrale,  violenta  invaditrice  d'ltalia,  colle  massonerie  stra- 
niere  che  stanno  quatte  quatte  in  casa  loro.  Additi,  verbigra- 
zia,  le  americane,  dal  Messico  al  Peru  e  al  Brasile.  Cola  i  leali 
Libertadores  rovesciarono  la  monarchia  spagnuola  o  la  porto- 
ghese  portando  il  triangolo  massonico  al  braccio,  e  piantando 
la  stella  massonica  e  il  berretto  frigio  nello  stemma  nazio- 
nale,  e  senza  frode  sono  venuti  fabbricando  il  Risorgimento 
patrio  a  tutto  loro  uso  e  consume.  Ora  lo  sfruttano  a  lor  bel- 
1'agio  e  mietono  il  campo  che  essi  hanno  seminato  e  col- 
tivato.  Niente  di  piu  giusto!  esclamerk  il  librettista  pagato. 
Laddove  in  Italia  T  invasione  massonica  e  una  bricconata 


460  IL   NOSTRO    CONCORSO 

numero  uno,  e  una  incursione,  una  razzia  di  dervisci  sul  ter- 
reno  altrui ;  atteso  che  si  potrebbe  provare  dawero  colla  storia 
alia  rnano,  come,  al  conseguimento  delVunita  nazionale,  aves- 
sero  assai  maggior  parte  le  istituzioni  e  le  forze  regolari* 
che  non  le  rivoluzionarie  (Rassegna  1897,  p.  194).  Che  e  quanta 
dire  che  Re,  parlamenti,  magistnUi,  il  pubblico  e  Tinclita  guar- 
nigione  sono  i  veri  fattori  del  religiose  Risorgimento;  e  ia  Mas- 
soneria  non  ci  e  entrata  ne  per  Tuscio  ne  per  la  flnestra. 

E  qui  un'apostrofe  lirica,  classica,  all'uso  di  Tirteo,  alia  giu- 
stizia  popolare,  afflnche  assalga  la  stamperia  del  F.\  Civelli,  i» 
via  degl'Incurabili,  precisamente  come  gli  studenti  assalgono  il 
ministro  Gianturco;  e  senza  lasciarsi  sgomentare  dalle  prepo- 
tenze  dei  poliziotti  e  neppure  dalle  daghe  della  benemerita  arma 
dei  carabinieri,  arrivi  ai  magazzini,  trovi  i  deposit!  della  Rivista 
della  Massoneria  italiana.  Sono  tanti  mai  volumi  in  4°,  di  cui 
non  ci  e  pagina  in  cui  i  Frammassoni  non  si  vantino  di  avere- 
essi  fatto  e  creato  dal  nulla  il  Risorgimento  italiano.  La  folia 
cittadina  nel  suo  giusto  furore  politico  li  strappi,  li  sbrani,  li 
spicini,  e  i  brandelli  ne  porti  alia  gogna  sino  ai  pie  dello  sta- 
tuone  di  Giordano  Bruno  in  Campo  di  fieri,  ove  ne  fara  ua 
falo,  a  onore  e  gloria  degli  Uomini  maggiori,  sopra  lodatir 
cui  la  Massoneria  contende  disonestamente  la  proprieta  dei 
Risorgimento.  Com'e  naturale,  i  Potentissimi  Lemmi  e  Nathan 
e  C.a  grideranno  alle  stelle.  E  bene  il  librettista  gridi  piu  forte., 
che  il  Lemmi  e  appunto  il  piu  colpevole,  egli  che,  girando  per 
le  principali  citta  d'ltalia  in  visita  pastorale,  predicava  alle 
assemblee  fraterne,  che  tutto  quanto  vi  e  di  Risorto  in  paese, 
si  deve  alia  bacchetta  magica  dei  Massoni. 

A  noi  pare  che  con  questo  flnimento  olimpico  il  libra 
riuscira  perfetto  secondo  il  cuore*  politico  della  Rassegna 
nazionale.  Sbaldanzite  e  vituperate  le  sette  usurpatrici  del 
Risorgimento  italiano,  ristorati  nei  loro  diritti  di  fondazione 
gli  Uomini  maggiori  e  le  forze  regolari  d'ltalia,  si  parra 
incontrastabile  il  carattere  religioso  e  antisettario  del  Risor- 
gimento italiano.  E  sempre  avanti  Savoia! 


EMMA 

EM  M  A.     E     1301*0 


XVII. 
n  commialo. 

—  Sei  Amadigi  di  Gaula,  o  Giulio  La  Rosa  ?  dimando  Gen- 
naro,  rientrando  la  sera  in  casa. 

—  Lasciami  stare,  rispose  Giulio. 

-  0  che  si  da  una  capata  al  S.  Carlo  ? 

—  Che,  che  ?  Manco  ne  soffro  il  nome.  lo  non  posso  pen- 
sare  ad  altro  che  a'  miei  casacci.  Vai  tu  al  teatro,  se  vuoi :  io 
ti  aspetto.  Ho  giusto  da  ripassare  un  trattato  d'  anatomia,  do- 
vendo  fare  domattina  un'  operazione   alquanto   difficile   a  un 
povero  diavolo,  che  ha  una  grossa  natta  sotto  la  nuca. 

A  cui  Gennaro :  —  Io  temo  che  la  natta  F  abbi  tu,  ma 
dentro  la  nuca.  E  io  non  vado  fuori,  se  prima  non  te  1'estirpo 
proprio  dalla  radice... 

E  cosi  dicendo,  gli  si  pose  a  sedere  in  faccia,  colle  due 
gomita  sul  tavolino.  E  a  lungo  e  seriamente  ribadiva  le  ra- 
gioni  date  gia  prima,  per  rimettere  in  cervello,  diceva  egli, 
il  suo  amico;  fin  tanto  che  gli  parve  di  averlo  assai  bene 
addimesticato  e  persuaso  quanto  al  discorso  della  mente.  Allora 
entro  a  dirgli  un  monte  di  bene  della  Ida,  casalinga  per  indole, 
affettuosa,  e  senza  pretese,  e  acconcia  compagna  di  un  medico, 
spesso  in  giro  per  suo  ufficio  e  dovere,  e  pero  poco  adattato 
a  condurre  spesso  la  giovane  sposa  ai  divertimenti.  Non  fece 
mai  confronti  a  danno  della  Emma,  mondana  e  andereccia 
anzi  che  no;  e  cio  per  non  istrappare  le  fibre  del  cuore  a 


462  EMMA,    PRIMA    E    DOPO 

Giulio,  che  non  Tavrebbe  sofferto.  Egli  bramava  che  Giulio  da 
se  vi  facesse  attenzione,  e  si  risolvesse  lentamente  pel  suo 
meglio. 

Accommiatandosi  i  due  amici  alia  stazione  della  via  fer- 
rata,  German)  era  lietissimo,  perchfe  Giulio  era  giunto  a  dir- 
gli :  --  Sei  un  gran  capo  scarico...  ma  ad  ogni  modo  le  tue 
chiacchiere  mi  hanno  fatto  un  certo  bene. 

E  Gennaro  spero  di  avere  ottenuto  piu  assai  che  Giulio  non 
confessava. 

XVIII. 
Pice  oli  screzii. 

Dopo  la  gita  a  Pozzuoli,  le  due  sorelle  Rubino  non  si  trat- 
tavano  piu  a  vi^enda  con  la  schietta  e  cordiale  confldenza  di 
prima.  Emma  ricadde  in  uno  stato  di  tetra  malinconia ;  par- 
lava  poco  e  tronco  coll'  Ida,  la  quale  non  sapeva  darsi  ragione 
di  quel  mutamento.  Ma  Ida  flngeva  di  non  se  ne  addare.  Usava 
ogni  riguardo  verso  la  sorella  maggiore,  la  serviva  con  ispe- 
ciale  attenzione,  si  studiava  d'  indovinarne  i  desiderii.  Ma  non 
riusciva  quasi  mai  a  trarne  una  parola  amorevole,  non  che 
un  atto  che  significasse  aggradimento. 

L'  Emma  spendeva  assai  tempo  nel  leggere ;  qualche  po- 
chino  nel  disegnare  e  lavorar  di  ricamo ;  ma  non  sedeva  al 
pianoforte,  se  non  era  pregata  e  ripregata.  Usciva  volentieri 
a  passeggio  coiramica  Adele,  lasciando  alia  madre  e  alia  so- 
rella ogni  pensiero  delle  faccende  di  casa,  sicch&  T  Ida  era 
diventata  il  braccio  destro  della  madre  e  quasi  tutto  il  giorno 
era  in  moto.  Talora  soffermavasi  al  balcone  con  qualche  suo 
lavoretto  di  ricamo  tra  le  mani;  1'Emma  ne  la  garriva  quasi 
autorevolmente,  insegnandole  che  non  s'  addiceva  a  fanciulla 
bennata  lo  starsene  cosi  quasi  che  alia  berlina  dei  passanti. 
La  madre  si  accorgeva  alcune  volte  del  broncio  che  1'Emma 
pigliava  spesso  colla  sorella  minore,  e  brigavasi  di  metter  pace 
tra  loro.  II  signor  Livio,  costretto  ad  assentarsi  spesso  dalla 
famiglia  e  da  Napoli,  non  faceva  caso  di  tali  screzii  da  nulla. 


XVIII.    PICCOLI   SCREZII  463 

Solo  di  tratto  in  tratto,  per  abbonirle,  regalavale  di  qualche 
nuovo  vezzo  o  vestito,  in  tutto  uguale  per  ambedue,  per  non 
dare  cagione  di  litigio. 

Ma  quando  1' amaro  £  in  bocca  non  si  puo  sputar  dolce, 
e  la  povera  Emma  1'aveva  in  cuore  fin  dagli  ultimi  momenti 
passati  a  Pozzuoli.  Giulio  non  aveva  certamente  mostrato  pre- 
ferenza  per  la  Ida ;  ma  egli  aveva  trattato  con  lei,  Emma, 
con  tale  una  eguaglianza  di  rispetto  e  di  affezione  riserbata, 
che  Emma  v'  indovino  1'  amore  illanguidito.  Ed  essa  ne  dava 
la  colpa  alle  moine  dell'Ida. 

Questa  ingiusta  sentenza  radicatasi  nel  cuore  della  infelice 
amante  era  1'occulto  seme  onde  pullulavano  gl'incessanti  sgarbi 
e  dispetti  verso  la  innocente  sorella  minore.  Nascevano  talvolta 
per  inezie  da  nulla,  per  un  nastro,  per  un  fiore,  pel  gatto.  II 
gatto  anzi  era  spesso  pietra  d'  inciampo.  Girava  per  casa  un 
soriano  grosso,  e  grasso  che  si  fendeva,  di  bellissime  forme, 
e  maniero.  Ida  sel  teneva  carissimo,  e  talvolta  lo  regalava 
di  rilievi  della  mensa.  Bellillo,  per  riconoscenza,  era  spesso  ad 
avvolticchiarsi  intorno  aH'amorevole  padroncina.  Ne  mai  que- 
sta  sedeva  a  colazione,  che  Bellillo  non  sopraggiungesse  pun- 
tualissimo  a  strisciarsi  ai  piedi  di  lei,  e  inarcare  la  schiena, 
e  dimenare  graziosamente  lo  spettacolo  di  coda  che  aveva 
foltissima  cosi  da  disgradarne  il  pennacchio  d'  un  capotamburo. 
Era  un  chiedere  in  linguaggio  gattesco  lo  scodellino  di  latte 
in  cui  Ida  gli  smollicava  un  panino. 

Ida  non  sapeva  nulla  negare  a  Bellillo,  sel  recava  in  collo, 
e  si  lasciava  da  lui  vezzeggiare  a  modo  suo,  e  pern*  no  quando 
lavorava  di  ricamo,  lasciava  a  bello  studio  cadere  il  gomitolo 
del  filo,  perchk  u'miscillo  avesse  di  che  baloccarsi.  Emma  invece 
ogni  volta  che  Bellillo  le  capitava  tra'piedi,  non  risparmiavagli 
un  calcio ;  non  per  altra  colpa  che  dell'essere  troppo  accarez- 
zato  dalla  sorella,  la  quale  poi  piu  del  gatto  se  ne  risentiva. 
Dalli  oggi,  dalli  domani,  anche  Ida  era  diventata  arditella :  non 
lasciavasi  piii  rimbrottolare  dalla  sorella,  senza  rimbeccarla. 
Era  un  bisticciarsi  di  ogni  giorno,  che  si  smetteva  solamente, 
quando  si  ricevevano  in  casa  delle  persone  forestiere ;  e  sopra 


464  EMMA,   PRIMA   E   DOPO 

tutto  allorche  s'imbattevano  per  via  nel  dottor  Giulio.  Lo  vede- 
vano  solo  per  via  e  a  caso,  perche  Giulio  dopo  la  gita  di  Poz- 
zuoli  non  erasi  piu  fatto  vivo,  neppure  con  una  visitina  fug- 
giasca  in  casa  Rubino. 

E  forse  avrebbe  tardato  dell'altro  indeflnitamente,  se  Gen- 
naro  da  Campobasso  non  1'avesse  un  po'  punzecchiato  colle  sue 
lettere.  II  novello  professore  erasi  troppo  bene  adagiato  in  casa 
La  Rosa,  e  veniva  scrivendo  delle  sue  ammirabili  contentezze. 
Riusciva  inesauribile  di  particolari,  che  ad  altri  sarebbero  parsi 
stucchevoli,  ma  a  Giulio  tornavano  sempre  graditi  e  cari.  Per 
Gennaro,  la  madre  di  Giulio,  signora  Coloraba,  era  una  donna 
rara  e  nella  sua  semplicitk  antica,  tutta  buon  senso  e  buon 
cuore:  la  sorella  di  Giulio,  maritata  in  Capurro,  una  dama  di 
fine  educazione,  colta  quanto  1'Emma  e  1'lda,  e  di  conversazione 
aggraziata  e  spiritosa.  I  due  flglioletti  di  lei,  due  amorini  a 
vedere,  ma  birbi  che  gli  tiravano  spietatamente  i  baffl,  quando  se 
li  prendeva  sulle  ginocchia  ad  accarezzarli.  Delia  scuola  aveva 
poco  da  dire:  non  pareva  tuttavia  scontento  delle  sue  prime 
prove  e  della  condotta  degli  allievi.  Insomnia  era  contentone 
della  sua  nuova  vita,  e  del  caro  albergo  procacciatogli  da  Giulio. 

Ma  non  chiudeva  mai  le  sue  facete  missive,  senza  stuz- 
zicare  la  questione  delle  visite  promesse  da  Giulio  ai  signori 
Rubino,  e  del  venire  finalmente  a  capo  di  qualche  cosa  seria. 
Gliene  diceva  delle  cotte  e  delle  crude,  con  quella  sua  vena 
piacevole,  ma  pure  efflcace,  perche  sotto  la  celia  era  spesso 
la  ragione  forte  e  palpabile. 

Giulio  con  tutto  cio  faceva  orecchio  di  mercante,  e  a  tutto 
rispondeva,  tranne  che  a  questo  punto  broccardico.  Tuttavia 
al  fine  si  risolvette  o  si  rassegno  di  far  pure,  almeno  una  delle 
visite  promesse,  tanto  da  poter  riscrivere,  che  aveva  mante- 
nuta  la  parola  a  quello  spiritaccio  insistente. 

XIX. 

Un  serio  imbarazzo. 

Giulio  fu  a  casa  Rubino  il  dopo  desinare  di  Ognissanti.  Vi 
trovo  solo  la  signora  Nunziata,  che  custodiva  il  marito  alquanto 


XIX.    UN   SERIO   IMBARAZZO  465 

ammalazzato  d'una  infreddatura:  Emma  ed  Ida  erano  allora 
allora  uscite  coll'amica  Adele,  per  andare  al  Campo  Santo.  La 
dimora  dei  morti  a  Napoli  e  cosi  elegante  ed  amena,  che  vi 
accorrono  sempre  ne'  giorni  soliti  in  numero  sterminato  i  pie- 
tosi  a  pregare  sulle  care  tombe,  e  i  mondani  a  godere  la  vista 
del  luogo  e  lo  spettacolo  della  pieta  cittadina.  Emma  ed  Ida 
erano  di  questa  seconda  classe. 

Giulio  non  aveva  previsto  il  caso,  ma  ne  fu  lietissimo:  cio 
che  non  tolse  ch'egli  non  si  dolesse  con  bel  garbo  del  non 
averle  ritrovate  in  casa,  e  promettesse,  sebbene  non  troppo  sin- 
ceramente,  di  tornare  altre  volte,  sperando  di  essere  piii  felice 
nell'ora  della  visita.  Lascio  i  suoi  saluti  per  le  signorine  pro- 
fumatamente ;  e  raccomando  piu  e  piii  volte  al  signor  Livio  di 
aversi  riguardo  per  quel  piccolo  malore  che,  atteso  il  verno 
incominciato,  non  era  da  trascurare;  molto  piu  che  in  Napoli 
vi  si  mutano  talvolta  due  o  tre  stagioni  in  una  giornata,  caldo, 
freddo,  ventoso. 

Ritornato  a  casa,  peno  non  poco  a  ricondurre  la  tranquil- 
litk  nel  cuore.  I  pensieri,  gli  affetti  piii  strani  ed  opposti  vi  si 
alternavano,  s'intralciavano,  si  escludevano  a  vicenda.  Ma  si 
consolava  che  almeno  si  era  sbrigato  presto  della  difficile  vi- 
sita, e  senza  trovarsi  nell'impegno  di  giocare  d'iadustria  per 
reggersi  sull'  indifferenza  nel  contegno.  Aveva  mantenuta  la 
promessa,  ed  ora  poteva  tirare  innanzi  per  qualche  mese,  senza 
darsi  piu  pensiero  di  visite  alia  famiglia  Rubino.  Tuttavia  male 
suo  grado  le  tornava  un  rimprovero  del  cuore:  —  Che  dirk 
TEmma,  che  ho  amato  tanto  e  che  amo  anche  presentemente  ? 
E  che  penserk  di  me  Tlda,  cosi  buona,  ingenua  ed  amorevole? 
Gli  sembrava  di  vederle,  quando,  ritornate  dalla  loro  passeg- 
giata,  udivano  ch'egli  era  stato  in  casa  loro,  e  che  aveva  lasciati 
per  esse  i  piu  affettuosi  saluti.  —  Che  lavoro  faranno  i  miei 
saluti  nel  cuore  della  povera  Emma! 

La  stessa  sera,  avanti  di  coricarsi,  Giulio  prese  la  penna 
e  scrisse  : 

Carissimo  Gennaro, 

Ho  mantenuto  la  promessa,  e  sono  stato  oggi  a  trovare  tuo 
zio.  Ma  vedi  casaccio !  Le  tue  cugine  erano  a  spasso.  Tu  ridi. 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1129.  30  11  febbraio  1897. 


466  EMMA,   PRIMA   E    DOPO 

E  non  par  egli  che  la  fortunaccia  maledetta  si  prenda  gioco  di 
me?  Tuo  zio  e  alquanto  indisposto  per  una  infreddatura :  gli 
ho  promesso  un'altra  visita.  Sei  contento,  caro  Todoro  Bron- 
tolon  ?-  Grazie  delle  notizie.  Ti  raccomando  mia  rnadre :  dille 
che  sto  a  meraviglia  e  che  le  cose  mie  vanno  sempre  di  bene  in 
meglio.  Mi  manca  solo  che  lei  venga  a  passare  qui  una  setti- 
mana,  e  vedere  Napoli  una  volta  in  vita  sua.  Salutami  la  sorella 
e  da  un  bacio  da  parte  mia  ai  suoi  bimbi  che,  a  giudizio  mio, 
fanno  benissimo  a  tirarti  i  baffi:  cio  giova  allo  sviluppo  della 
loro  muscolatura,  e  a  tenere  te  desto  alle  ispirazioni  delle  muse. 
Ti  riscrivero  quando  avro  visitato  tuo  zio,  con  piu  felice  suc- 
cesso.  Addio,  capo  ameno.  Napoli,  1  novembre  71.  Tuo  Giulio. 

XX. 

La  malatlia  del  babbo. 

Giulio  non  era  ben  risoluto  di  fare  questa  seconda  visita. 
In  tutti  i  casi,  se  si  risolvesse  pel  si,  cio  sarebbe  dopo  avere 
deliberato  a  grande  agio  del  modo  di  contenersi  colle  sorelle 
Rubino.  Se  non  che  un  caso  impensato  venne  a  guastare  il  suo 
disegno.  Non  erano  ben  trascorse  due  settimane,  quando  una 
mattina  per  tempissimo  gli  arriva  un  biglietto  portato  a  mano; 
e  la  donnetta,  che  lo  portava,  chiedeva  istantemente  di  par- 
largli,  e  avere  una  risposta. 

—  Fatela  passare,  disse  Giulio,  mentre  s'infilava  il  soprabito 
e  dissuggellava  il  biglietto. 

Entro  la  donna  e  Giulio  leggeva  commosso  e  rimescolato 
nel  fondo  del  cuore  il  biglietto.  Era  di  Emma,  e  diceva:  «  Illu- 
strissimo  signer  Dottore.  Mamma  affiittissima  e  Babbo  aggra- 
vate di  forte  polmonite,  e  noi  tutti  di  casa  la  supplichiamo  di 
un  suo  parere.  Siamo  d'accordo  col  medico  curante,  Dottor 
Capece,  il  quale  ha  proposto  il  consulto  e  gradito  moltissimo 
la  nostra  scelta.  Speriamo  grandemente  nella  sua  scienza.  L'ora 
fissata  sarebbe  oggi  alle  6  pomeridiane.  Aspettiamo  con  ansieta 
la  risposta  favorevole,  che  ci  fa  sperare  la  conosciuta  sua 
bonta.  Devotissima  Emma  Rubino.  » 


XX.   LA.   MALATTIA   DEL   BABBO  467 

Giulio  s'informo  alto  alto  dello  stato  dell'infermo,  facendo 
alcune  dimande  alia  donna:  e  intanto  scriveva  una  breve  ri- 
spostina :  —  «  Gentilissima  signorina,  favorisca  di  dire  ai  si- 
gnori  Babbo  e  Mamma,  che  non  manchero  all'ora  posta,  oggi  16 
novembre,  ore  6  pomeridiane.  Ringrazio  della  stima.  Ma  quanto 
bramerei  venire  iri  casa  loro  per  miglior  causa!  Dott.  Giulio 
La  Rosa,  dolentissimo.  » 

II  caso  del  signer  Livio  era  uno  dei  piu  frequenti,  e  nulla 
aveva  di  straordinario:-ma  era  grave  assai  e  pericoloso.  Tut- 
tavia  Giulio  voile  udire  minutamente  la  relazione  cbe  per  prima 
base  del  consulto  fece  il  medico  curante.  Si  era  al  punto  che 
tutti  i  sintomi,  e  la  diretta  auscultazione  accusavano  inflammato 
di  molto  il  polmone  destro,  e  gia  intaccato  il  sinistro.  Giulio 
rinnovo  1'esame  da  s6  stesso,  e  convenne  della  diagnosi. 

La  signora  Nunziata,  che,  sola  delle  persone  di  casa,  era 
presente,  si  tergeva  le  lacrime  soppiattamente,  e  conteneva  i 
sospiri.  II  malato  invece  era  sufficientemente  tranquillo,  ma 
solo  con  istrette  di  mano  e  cogli  occhi  dimostrava  la  sua  fiducia 
nel  dottor  sopracchiamato. 

Quando  si  venne  alia  proposta  della  cura,  ci  fu  un  po'  di 
dissenso,  ma  cosa  passeggera.  II  dottor  Giulio  era  d'avviso  che 
si  ricorresse  ad  una  pronta  ed  energica  applicazione  di  mi- 
gnatte  sul  luogo  dolente ;  e  ne  dava  per  ragione,  che  la  pratica 
degli  antichi  medici  non  dovea  affatto  rigettarsi,  per  cio  solo 
che  se  ne  dipartono  le  moderne  teorie;  1'esperienza  in  Italia 
dimostrare  che  un  potente  revulsive  locale  apporta  quasi  sempre 
un  subitaneo  miglioramento,  e  poi  la  guarigione  e  molto  piu 
sbrigativa  che  colle  cure  del  cognac  e  del  ghiaccio  venuteci 
d'oltremonti.  II  medico  curante,  benche  non  convenisse  intera- 
mente  nel  parere  del  La  Rosa,  visto  che  1'infermo  e  la  moglie 
di  lui  s'acconciavano  volentieri  alia  proposta,  si  arrese  di  buon 
grado,  e  convenne  che  la  medicatura  del  sangue  riiisciva  spesso 
ad  arrestare  il  processo  flogistico,  alleviando  1'  infermo  quasi 
istantaneamente.  Voile  stendere  egli  stesso  la  prescrizione,  e 
fecela  mandare  di  presente  alia  farmacia,  perche  ne  venisse 
1'uomo  dell'arte  ad  eseguire  Toperazione. 


468  EMMA,   PRIMA  E    DOPO 

XXI. 

Ci  voleva  anche  questa! 

Per  colmo  di  deferenza  verso  il  collega  novellino,  ma  gia 
bene  accreditato,  il  dottor  Capece  chiese  all'  infermo,  se  per 
caso  il  Dottor  La  Rosa  fosse  antico  conoscente  della  famiglia, 
e  saputo  che  si,  disse  subito:  -  -  Dal  canto  mio, -sarei  molto 
contento,  se  il  signor  Dottore  qui  votesse  continuare  a  farle 
visita  e  meco  assumere  la  cura. 

L'  ingegnere  mostro  di  approvare  due  o  tre  volte  con  cenni 
del  capo  questa  delicata  e  spontanea  proferta  del  medico  cu- 
rante,  e  Giulio  non  pote  contendersi.  Accetto  adunque  con  mostra 
di  gradimento  il  nuovo  cliente.  La  signora  Nunziata  non  trovava 
espressioni  sufflcienti  ad  esprirnere  la  sua  riconoscenza :  il  si- 
gnor Livio  si  contento  di  pigliare  tra  le  sue  mani  la  destra 
del  giovine  dottore,  e  stringerla  con  sentimento  di  gratitudine. 

Passarono  quindi  i  due  medici  nel  salottino  e  presero  un 
calicetto  di  centerba  di  Tocco,  servito  gentilmente  dalle  signo- 
rine  di  casa,  ma  mutole  e  costernate  in  guisa,  che  non  ebbero 
pure  il  coraggio  di  chieder  notizie  del  babbo.  Giulio  si  licenzio 
quasi  subito,  e  nel  partirsi,  cerco  di  far  animo  alia  signora 
Nunziata  ed  alle  fanciulle.  Ida,  levandogli  in  volto  i  suoi  begli 
occhi  imperlati  di  lagrime:  Caro  dottore,  le  raccomando 
il  papa,  disse,  sospirando:  me  lo  guarisca,  me  lo  guarisca  pre- 
sto, le  saro  sempre...  Ma  non  pote  dir  piu  oltre,  che  Giulio, 
commosso,  si  affretto  ad  uscire. 

Le  assidue  cure  giunsero  ben  presto  a  frangere  la  vee- 
menza  del  male :  e  la  crisi  benigna  del  settimo  giorno,  diede 
ai  medici  ferma  speranza  di  aver  allontanato  ogni  pericolo  di 
morte.  Rimaneva  pero  da  vincere  la  pleurite,  manifestatasi  du- 
rante  il  processo  pneumonico,  e  che  Pabbondanza  dell'essudato 
facea  prevedere  che  la  malattia  sarebbe  durata  oltre  un  mese. 

Quando  il  dottor  La  Rosa  diede  alia  madre  ed  alle  flgliuole, 
gi£  spossate  ed  affrante,  si  pel  dolore,  si  per  le  continue  ve- 
glie  e  per  P  angoscioso  timore,  la  quasi  certezza,  che  ogni  pe- 


XXI.    CI   VOLEVA   ANCHE    QUESTA  !  469 

ricolo  era  cessato,  e  che  il  babbo  si  sarebbe  perfettamente 
ristabilito,  non  seppero  piu  contenersi;  e  dimentiche  delle  pas- 
sate  sofferenze  gli  si  strinsero  d'attorno,  e  lo  ringraziarono 
piangendo.  Emma  e  Ida,  in  atti  si  onesti  e  gentili  si  accen- 
devano  in  volto,  per  guisa  che  apparivano  agli  occhi  di  Giulio 
piu  vezzose  che  mai,  e  sorpassavano  le  care  immagini  che  egli 
da  tempo  ne  portava  nella  fantasia.  Si  aggiugneva  alle  grazie 
del  volto  1' arcana  e  potente  bellezza  della  virtu.  Niun  volto, 
ancorche  dipinto  da  Raffaello,  riesce  a  quella  perfetta  avve- 
nenza  ideale  che  e  intesa  dagli  uomini  di  profondo  sentire,  se 
gli  manca  1' ultima  pennellata,  che  fa  dire  a  chi  lo  mira  e 
rimira:  E  il  volto  d'un'anima  bella. 

II  giovane  medico,  senza  fllosofarvi  sopra,  lo  sentiva :  ma 
seppe  dissimulare  le  impressioni  delFanimo,  e  nel  licenziarsi 
dalle  signore  si  tenne  pago  di  dir  loro,  con  serietk  medicale : 
—  Ringrazio  Iddio,  di  aver  potuto  mostrare  in  parte  la  mia 
riconoscenza  della  stima  e  della  benevolenza  che  mi  hanno 
manifestato  in  questi  giorni  di  dolore.  Mi  hanno  sopraffatto  di 
gentilezze  oltre  ogni  mio  merito. 

Una  di  quelle  sere  tornando  da  casa  Rubino,  esaltato  di  mente 
piu  che  mai,  prese  un  foglio  di  carta  e  scrisse  a  Gennaro,  come 

10  zio  Livio  avesse  corso  grave  pericolo,  e  com'egli  Giulio,  invi- 
tato  a  consulto  e  poi  a  fare  da  collega  del  medico  curante, 
avesse  avuto  la  buona  fortuna  di  concorrere  efficacemente  al 
buon  successo  della  cura.  Ma  che  quanto  aveva  guadagnato 

11  malato,  tanto  aveva   perduto  il  medico.  La  vista  cotidiana 
delle  due  angiole  di  cola,  gli  metteva  il  diavolo  in  cuore.  — 
«  Vienci  tu,  conchiudeva  egli,  co'tuoi  filosofemi  di  ragione  pura 
e  trascendentale,  che  trincia  e  sciabola  senza  badare  a  quel 
muscolo  stravagante  e  feroce,  che  si  chiama  il  cuore.  lo  per 
me  ci  rinunzio,  perchS   piu  ci  penso,  e  piu  il  cervello  mi  va 
a  processione.  Non  saprei  decidermi  altrimenti  che  coi  dadi. 
La  mia  scienza  psicologica  (altre  volte  mi  credevo  mezzo  pro- 
fessore !)  e  tutta  liquidata  dall'  incantesimo   di   Amore,  come 
dicono,  con  troppa  veritk  storica,  i  poeti.  lo  non   mi  ci  rac- 
capezzo,  mi   confondo,  perdo   quel   po'  di  comprendonio    che 


470  EMMA,    PRIMA    E   DOPO 

avevo,  non  capisco  piu  nulla,  e  sopra  tutto  non  capisco  piii  il 
tuo  scervellato  amico,  il  cosi  detto  dottor  Giulio  La  Rosa.  Na- 
poli,  25  novembre  71.  » 

Se  Giulio  era  sossopra,  le  sorelle  Rubino  non  godevano  la 
pace  piu  invidiabile.  Si  andavano  esse  riavendo  dalla  coster- 
nazione,  in  che  le  aveva  gittate  il  pericolo  corso  dal  babbo. 
Passato  il  parossismo  delF  angoscia  flliale,  succedevano  senti- 
menti  piu  dolci  per  se,  ma  non  meno  romorosi. 

Come  una  lastra  di  cristallo  preparata  chimicamente  per 
ricevere  in  s6  1'immagine  negativa  d'un  oggetto,  al  contatto 
della  luce  forma  tutti  i  lineamenti  a  lei  presentati,  senza  darne 
indizio  visibile  all'occhio,  e  solo  li  scopre  allo  sguardo  del  fo- 
tografo,  quando  questi  la  immerse  nella  chimica  soluzione  a 
ci6  richiesta:  cosi  rEmma  e  1'Ida,  lavorate  dal  dolore  e  dalla 
vista  frequente  di  Giulio,  poichfe  ogni  affanno  fu  alleviate,  si 
videro  dentro  alFanimo  apparire  piu  belle,  phi  amabili  le  sem- 
bianze  del  giovine  medico,  che  avea  reso  loro  si  grande  ser- 
vigio  colle  assidue  cure  e  cordiali.  Emma,  per  la  fervida  fan- 
tasia, si  senti  crescere  Taffetto  gia  prima  violento;  ma  insieme 
le  si  affacciava  sempre  piu  crudo  e  insistente  il  pensiero,  che  un 
giovane  di  si  rare  doti  non  sarebbesi  mai  indotto  a  prender  per 
moglie  una  zoppetta;  che  non  era  ragionevole  Taspettarsi  da 
Giulio  un  simile  eroismo ;  che  essa  non  -poteva  per  alcun  modo 
pretendere  a  tanfaltezza.  LT  Ida  invece  sentiva  che  la  stima 
natale  in  cuore  per  Giulio,  congiunta  ai  sensi  di  gratitudine, 
andava  cangiando  natura,  e  prendeva  una  tinta  di  sentimen- 
tale  e  di  affettuoso,  che  essa  ingenuamente  riguardava  come 
un  sacro  dovere. 

Nelle  visite  che  il  giovane  Dottore  continuava  a  fare  ogni  di 
all'infermo,  le  sorelle  Rubino  gareggiavano  nel  ricolmarlo  di 
gentilezze :  1'  Ida  piu  semplice  e  schietta  lasciavasi  andare  ta- 
lora  a  certe  dimostrazioni  d'affetto,  che  1'  Emma,  tanto  piii 
accesa  di  Giulio,  non  avrebbe  mai  osato:  e  Giulio,  osser- 
vando  il  contegno  di  Emma,  si  differente  da  quello  di  Ida, 
entro  in  sospetto,  ch'ella  gli  avesse  letta  nell'animo  1'amore 
vacillaute  e  dubbioso.  I/  imbarazzo  del  nostro  Giulio  crebbe  vie 


XXI.  CI  VOLEVA  ANCHE  QUESTA  !  471 

piu,  quando  s'avvide  che  insensibilmente  gli  cresceva  nell'animo 
Taffetto  verso  la  sorella.  Ida  ogni  di  piu  gli  appariva  degna 
di  amore  e  di  stima.  Non  arrivava  essa  alia  eccellenza  di  quei 
pregi  onde  era  ricca  la  Emma,  ma  non  avea  n6  meno  lo  scon- 
cio  della  persona,  era  d'un  anno  phi  giovane  ;  e  cio  che  gli  en- 
trava  nelKanimo,  la  giovinetta  duraute  la  malattia  del  padre 
avea  date  si  belle  prove  e  costanti  di  assennatezza,  di  buon 
cuore,  di  generosita,  che  egli  n'era  imbalsamato  e  commosso. 
Ma  poteva  esso  dare  a  costei  la  preferenza  ?...  A  questo  pensiero 
si  intorbidava  1'animo,  cessava  il  ragionamento,  e  il  primo 
affetto  si  rizzava  a  guisa  di  serpe  invelenito ;  —  E  tu,  tu  git- 
terai  I'Emma  nella  disperazione  ?...  Esci  almeno  di  quella  casa ; 
vatti  a  cercare  altrove  una  compagna,  le  mille  miglia  discosto 
da  lei ;  ma  non  voler  incrudelire  con  una  sfacciata  preferenza... 

Ai  rimproveri  da  parte  del  cuore  Giulio  sforzavasi  di  ri- 
spondere  colle  ragioni  discorse  da  Gennaro:  che  esso  non  la 
aveva  mai  lusingata ;  che  vero  torto  non  le  faceva ;  che  inflne 
ella  non  ne  avrebbe  troppo  sofferto,  anzi  sarebbe  stata  assai 
contenta  di  averlosi  cognato.  Giulio  faceva  ragione  altresi  che, 
se  avesse  accolto  francamente  il  nuovo  disegno,  non  andrebbe 
molto  che  il  primo  affetto  scemerebbe  di  forza  e  violenza,  e 
cosi  un  amore  razionale  e  meno  furioso  gli  avrebbe  dato 
modo  di  pensarvi  a  bell'agio,  e  risolversi  a  ragione  veduta. 
Cosi  ragionava  Giulio,  quando  ragionava  tutto  solo.  Ma  non 
cosi  sereno  correva  il  raziocinio,  quando  le  tornava  sotto  gli  oc- 
chi  in  casa  Rubino  1'obbietto  del  suo  primo  amore. 

Sul  principio  del  dicembre  il  professore  di  Campobasso  ri- 
spose  alia  lettera  amorosamente  pazza  di  Giulio.  E  fu  un  bene 
per  rimettergli  un  po'  di  calma  nel  cuore,  e  per  ispingerlo  a 
dare  flnalmente  un  passo  verso  regione  meno  burrascosa. 


R1VISTA  DELLA  STAMPA 


Premiers  principes  d' Economic  politique  par  CHARLES  PfieiN,  Cor- 
respondant  de  1'Institut  de  France.  —  Seconde  edition  revue  et 
completee  suivie  d'une  etude  sur  le  juste  salaire  d'aprds  1'En- 
cyclique  Rerum  novarum.  Paris,  libr.  Victor  Lecoffre,  rue  Bo- 
naparte, 90.  Un  vol.  in  8°  pice,  di  pagg.  XI-433. 

Di  quest'  opera  del  sig.  Perin,  chiarissimo  economista,  abbiamo 
gia  fatto  la  rivista,  quando  usci  la  prirna  edizione  *.  II  grande  spac- 
cio  che  ebbe,  lo  consiglid  a  pubblicare  una  nuova  edizione  piu 
compiuta,  perche  corredata  di  giunte,  di  schiarimenti  e  di  note  con 
un'Appencttse  di  un  argomento  speciale  ed  in  acconcio  dei  nostri 
giorni.  Esso  consiste  in  uno  studio  intorno  al  giusto  salario  secondo 
la  Enciclica  Rerum  novarum.  Congratulandoci  del  buon  esito,  che 
ebbe  gia  il  libro,  stante  la  fama  del  suo  ch.  Autore,  ci  contente- 
remo  di  offrire  qui  ai  nostri  lettori  un  sunto  fo\V Appendice. 

II  docuraento  pontificio,  egli  scrive,  da  una  regola  positiva  e 
pratica,  secondo  la  quale  il  giusto  salario  deve  corrispondere  alia 
sussistenxa  di  un  operaio  sobrio  ed  onesto.  Cotesta  regola  era  del 
tutto  necessaria,  giacche  il  suo  scopo  si  e  1°  d'infrenare  la  tra- 
boccante  avidita  di  guadagno,  e  di  proscrivere  ogni  traffico  sulla 
condizione  inferiore  dell'  operaio  e  della  sua  miseria ;  2°  d'  indurre 
i  padroni  a  pagare  il  giusto  salario  per  non  rendersi  rei  di  lesa 
giustizia  commutativa ;  3°  torre  ogni  dubbio  intorno  alia  retta  in- 
telligenza  dei  teologi,  i  quali  aveano  scritto  bensi  commettersi  pec- 
cato  dal  padrone,  che  non  paga  la  giusta  mercede  all' operaio,  ma 
non  aveano  statuiito  un  liraite,  che  tagliasse  netto  ogni  quistione. 
Posto  quindi  il  principio,  che  il  giusto  salario  debba  corrispondere 
alia  sussistenza  di  un  operaio  sobrio  ed  onesto,  ne  consegue,  che 
debbasi  escludere  il  tasso  cor  rente  sotto  il  yiuoco  della  domanda  e 
della  offerta  quale  regola  assolttta  del  giusto  salario,  il  quale  di- 
cesi  in  economia  salarw  normals  o  necessario.  Alcuni  opinano,  che 
il  giusto  salario  non  possa  avere  altra  base,  che  quella  del  valore 
del  lavoro,  lasciando  il  resto  alia  carita  ed  alia  equita  del  padrone. 
Questo  principio  secondo  1' Enciclica  e  pure  da  scartarsi. 

Qui  sorge  la  questione  mossa  da  alcuni,  i  quali  pensano  timi- 
dainente,  che  intendendosi  la  Eaciclica  nel  senso  sopraddetto,  si 
rompa  la  tradizione  antica  della  Chiesa.  II  che  senza  dubbio  non 
6  da  supporsi  nel  pensiero  del  Papa.  Recano  a  pruoya  del  loro 

1  Vedi  quad.  1092. 


RIVISTA   DELLA   STAMPA  473 

timore  1'autorita  dei  teologi  antichi  e  di  una  risposta  speciale  da 
Koma  all'Arcivescovo  di  Malines.  Per  rispetto  a  questa  il  ch.  Au- 
tore  dal  testo  stesso  dimostra  non  essere  ella  punto  contraria  al 
salario  normale  deciso  nella  Enciclica.  Per  rispetto  ai  teologi  mo- 
ralist! egli  dichiara :  che  V  infimo  grado  del  salario  secondo  la  co- 
nmne  estimazione  data  da  essi,  come  giusto,  conveniva  col  salario 
normale  di  oggidi;  che  niuno  dei  medesimi  avrebbe  mai  senten- 
ziato  essere  giusto  quel  salario,  che  non  bastasse  alia  vita  dell'  ope- 
raio ;  che  al  loro  tempo  il  salario  non  essendo  soggetto  agli  ondeg- 
giamenti  presenti,  la  pubblica  estimazione  riputavasi  equivalere  per 
1'  appunto  conforme  al  giusto  salario ;  tanto  piu  che  a  quei  tempi 
la  coscienza,  profondamente  cattolica,  non  avrebbe  mai  patito,  che 
il  salario  calasse  sotto  il  necessario. 

Sciolta  cotesta  quistione  eccoti  nascerne  un'altra.  La  decisione 
della  Enciclica  non  intacca  essa  il  diritto  dei  padroni?  ]Se  punto, 
n$  poco.  Essendo  operaio  tanto  colui,  che  lavora  colla  mano ;  quanto 
quegli,  e  piu,  che  lavora  col  capo,  come  fa  1' intraprenditore,  ne 
consegue,  che  avendo  il  Papa  sostenuto  il  diritto  alia  giusta  rner- 
cede  dell'  operaio,  riconosca  e  sostenga  implicitamente  giusto  il  di- 
ritto dell'  intraprenditore  su  i  profitti  ricavati  per  opera  del  suo  la- 
voro  secondo  le  giuste  leggi  economiche.  Se  non  che,  studiati  un 
po'  i  fatti  economic!  appare  darsi  il  caso,  che  1'  intraprenditore  si 
trovi  in  tali  circostanze,  da  non  poter  pagare  il  giusto  salario,  salvo 
che  egli  voglia  rimettervi  del  suo.  Qui  entriamo  nelle  ecce- 
zioni.  II  Papa  statuisce  una  regola  generale  per  ciO,  che  succede 
ordinariamente,  prescindendo  dalle  eccezioni.  Tali  circostanze  acca- 
dono  o  per  cagione  di  qualche  crisi  economica,  onde  stagna  il  com- 
mercio,  o  di  qualechesiasi  altra  disdetta  somigliante.  Questo  suole 
colpire  il  corpo  degli  operai  in  genere.  In  particolare  poi  pud  avve- 
nire  dalla  parte  degli  individui,  cioe,  che  qualcheduno  sia  malaticcio, 
o  infingardo,  o  poco  esperto  delFarte  sua  di  modo  che  alia  fine 
della  giornata  normale  non  dia  quel  lavoro  in  quantita  e  in  bonta, 
che  da  il  comune  degli  operai.  Xel  primo  caso  il  padrone  rimet- 
terebbe  del  suo,  in  quanto  che  darebbe  la  giusta  mercede  non  rice- 
vendo  di  ricambio  il  dovuto  compenso  e  per  lo  meno  assai  meschino; 
nel  secondo  pagherebbe  un  salario  oltre  il  giusto.  Nell'  uno  e  nel- 
1'altro  caso  essendo  modificato  lo  stato  della  questione,  ne  e  pure 
modificato  piu  o  meno  il  quantitative  del  giusto  salario,  e  quindi 
Fobbligo  di  osservare  la  giustizia  non  ha  piu  luogo  in  tutto  il  suo 
vigore.  II  padrone,  eccettuati  questi  casi,  deve  pagare  il  salario 
normale.  Ma  quale  sara  la  sua  misura  ?  Secondo  la  Enciclica  non 
sono  da  pigliarsj  a  norma  i  bisogni  dei  singoli,  sibbene  il  costo 


474  RIVISTA    DELLA   STAMPA 

della  vita  quotidiana  dell'operaio.  Sara  quindi  variabile,  secondo 
i  luoghi,  le  popolazioni,  i  costumi,  ecc.  H  tempo  e  1'  uso  ne  sono 
i  precipui  indicator!. 

Una  grave  controversia  si  accese  intorno  alia  estensione  di  co- 
testa  misura.  Deve  ella  estendersi  alia  famiglia  dell'operaio  o  no? 
II  ch.  Autore  coi  teologi  e  cogli  economist!  distingue  il  salario 
famigliare  relative,  dal  salario  famigliare  assoluto.  I  sostenitori 
della  prima  forma  di  questi  due  misure  di  salario  pongono,  che 
debbasi  estendere  a  tanti  capi,  quanti  se  ne  annoverano  nella  fa- 
miglia. Contro  cotesta  opinione  sta:  1°  che  la  rimunerazione  non 
dipenderebbe  dal  lavoro,  su  cui  cade  il  contratto,  ma  da  causa 
estranea ;  2°  che  la  famiglia  non  concorrendo  alia  produzione  non 
ha  diritto  di  partecipare  degli  utili;  3°  che  lo  spartimento  della 
ricchezza  non  si  opererebbe  secondo  la  regola  della  giustizia  c&m- 
tnutativa,  ma  secondo  la  distribit, tiva ;  4°  che  si  entrerebbe  nella 
teorica  dei  socialisti.  II  ch.  Autore  pensa  altrimenti  rispetto  al  sa- 
lario famigliare  assoluto,  il  quale  non  si  estende  a  tutta  la  famiglia 
sacoudo  il  numero  degli  inclividui  di  essa,  sibbene  ad  un  numero 
mediano  di  figliuoli.  Egli  propugna  questa  seconda  forma  di  salario 
in  quanto  che  1°  1'uomo  si  deve  considerare  secondo  1'ordine  na- 
turale  nella  vita  di  famiglia  e  percid  e  necessario,  che  il  giusto 
salario  basti  a  lui  ed  alia  sua  famigliuola  ;  2°  in  questo  si  accor- 
dano  pure  gli  economisti ;  3°  si  pud  rincalzare  questo  principio  ar- 
gomentando  dalla  Enciclica,  lie  opponendosi  contro  cotesta  deduzione 
la  risposta  ad  alcuni  dubbii  spedita  da  Roma  all'Arcivescovo  di 
Malines,  siccome  da  alcuni  si  vorrebbe. 

Ultima  quistione,  se  il  Governo  debba  stabilire  il  minimo  del 
salario.  II  ch.  Autore  annovera  i  gravissimi  inconvenienti,  che  deri- 
verebbero  da  cotesta  intromissioue  rispetto  ai  padroni,  agli  operai 
ed  in  una  parola  a  tutto  1'ordine  economico.  In  questo  egli  si  at- 
tiene  ai  savissimi  consigli  della  Enciclica :  Rerum  novarum. 

L'appendice  si  chiude  con  argoinenti  di  fatto  e  di  chiarissimi 
uutori  dimostrando,  che  la  miseria  degli  operai  tante  e  tante  volte 
non  proviene  dalla  insufficieuza  del  salario,  ma  dai  loro  vizii,  e 
dalla  loro  non  curanza  dell'avvenire.  Essi  gavazzano  il  piu  che 
sanno  nel  tempo,  in  cui  il  salario  sale  in  alto,  e  quindi  venendo  colti 
da  crisi  economiche,  eccoli  gittati  nella  miseria.  Ondeche  la  madre  e 
la  maestra  del  popolo,  che  e  la  Chiesa,  ha  posto  il  dito  su  la  piaga, 
che  rode  e  guasta  le  menti  ed  i  cuori,  premendo  forte  su  la  neces- 
sita  di  ripurgare  queste  due  parti  interne  dell'uomo  per  mezzo  dei 
principii  religiosi  e  della  morale. 


SCIENZE  NATURALI 


1.  I  grandi  canoccbiali  e  la  Luna  veduta  ad  un  metro  di  distanza.  — 
2.  L'equatoriale  gigantesco  di  GriinewaM:  e  quello  di  William  Bay. 
Gli  obbiettivi  composti  ideati  dal  Gatham.  —  3.  II  cinquantesimo  della 
scoperta  di  Nettuno.  L'Adams  e  il  Leverrier.  —  4.  Le  piccole  Lune.  — 
5.  L'altezza  dell'atmosfera  terrestre.  Aeroliti  e  nubi.  La  prima  misura 
dell'altezza  delle  nubi  comuni;  e  delle  notturne  luminose.  —  6.  La 
produzione  annua  dell'oro.  Scomparsa  dell'oro;  e  delle  spille. —  7.  Un'av- 
vertenza  igienica  sulla  polvere  di  riso  adoperata  nella  toletta. 

1.  Dacche  esiste  il  canocchiale,  sempre  ancora  covo,  come  scin- 
tilla sotto  la  cenere,  e  torno  a  mostrarsi  viva,  la  lusinga  del  potersi, 
coll'  ingrandimento  delle  lenti  e  degl'istrumenti,  vincere  tutti  gli  effetti 
delle  distanze  celesti.  II  Bianchini,  nella  sua  opera  sul  pianeta  Ve- 
nere,  ci  ha  lasciata  1'effigie  di  un.  gigantesco  canocchiale  di  oltre 
a  100  piedi  (circa  33  metri)  in  lunghezza,  costruito,  o  certo  ideato, 
a'  tempi  suoi  (1662-1729).  Chi  pensa  che  a  quella  stagione  non  si 
conoscevano  le  lenti  acromatiche,  introdotte  dall'  Hall  nel  1733,  ca- 
pisce  subito  che  gazzarra  di  colori  d'arcobaleno  doveva  offerire  all'oc- 
chio  dell'osservatore  quell'arnese,  pur  prescindendo  dalla  difficolta 
dell'allineare  a  cost  gran  distanza  le  lenti,  e  da  cento  altri  sconci, 
superati  a  stento  dalla  moderna  meccanica.  Uno  dei  nostri  piu  me- 
diocri  canocchiali,  di  un  metro  e  mezzo,  val  meglio  che  quella  mac- 
china  ciclopea.  E  cio  nondimeno  fa  proposto  da  altri  allo  sfarzoso  re 
Luigi  XIY  di  Francia  il  disegno  di  far  costruire  un  altro  canocchiale 
lungo  10,000  piedi,  a  un  dipresso  3  chilometri,  col  quale  si  sperava 
di  potere  scorgere  gli  animali  della  Luna.  II  curioso  e  che  tali  fan- 
tasie,  perdonabili  all'  infanzia  della  scienza,  rinascano  alia  fine  del 
secolo  XIX,  quando  essa  e  adulta  2  in  eta  piu  che  matura. 

La  speranza  questa  volta  si  fonda  sulla  grandezza  delle  lenti  o  degli 
specchi,  a  seconda  che  si  parla  di  canocchiali  ovvero  di  telescopii.  Caso 
e  che,  a  proposito  della  gran  Mostra  che  si  allestisce  a  Parigi  pel  1900, 
ultimo  anno  del  secolo  XIX,  si  sente  ancora  ad  ogni  tratto  discorrere 
del  canocchiale,  che  vi  si  collochera  e,  merce  del  suo  gigantesco 
obbiettivo  di  un  metro  e  mezzo  di  diametro,  o  giu  di  li,  ci  traspor- 


47(5  SCIENZE 

tera  sotto  gli  occhi  la  Luna  come  I'avessimo  a  un  metro  di  distanza. 
A  un  metro  di  distanza  si  scorge  da  una  vista  mediocre  una  spilla; 
sicche  vedremo  sul  suolo  della  Luna  anche  una  spilla  se  v'  6.  Lo 
scoglio  a  cui  rompe  questa  bella  speranza  1'abbiamo  dimostrato  a 
tempo  suo  in  altra  Appendice;  e  si  riduce  a  questo,  che  veiere  la 
Luna  a  un  metro  significa  avere  nel  campo  del  canocchiale  e  vedere 
tanto  della  superficie  lunare,  quanto  6  il  campo  che  pud  abbracciare 
il  nostro  occhio  guardando  per  esempio  il  suolo  o  la  parete,  a  nn  metro 
di  distanza.  Facciamo  che  sia  uno  spazio  circolare  di  due  metri  di  dia- 
metro,  piu  o  meno.  Altrettanto  grande  sarebbe  il  tratto  di  superficie 
lunare,  i  cui  raggi,  raccolti  dalla  lente  e  mandati  a  convergere  sulla 
retina  dell'osservatore,  glielo  dovranno  rendere  visibile.  Or  quanta  e 
la  luce  proveniente  da  quello  scaccolo  di  superficie  lunare  ?  E  facile 
calcolarlo  all'  ingrosso,  che  qui  non  occorre  -andare  per  le  sottili.  II 
disco  lunare  al  plenilunio  ci  rnanda  la  sua  luce  da  4,730,000,000  di 
metri  quadrati,  che  tanta  e  la  sua  superficie.  Adunque  ogni  metro 
quadrate  di  cola  c'  invia  una  luce  per  s&  cosi  fioca,  che  di  poco  su- 
pera  un  quattromiliardesiino  della  luce  totale  a  luna  piena:  e  da  quattro 
metri  quadrati,  quanti  vogliamo  darne  alia  superftcie  posta  nel  campo 
del  canocchiale,  ne  arriveranno  4  quattromiliardesimi  per  1'appunto. 
Non  c'  e  buio  cosi  fitto  in  terra  che  uguagli  1'oscurita  di  una  tal 
tenebra ;  ne  retina  umana  a  cui  si  rendesse  visibile  un  oggetto  con 
siffatta  illuminazione,  ancorche  una  gran  lente  ne  raccogliesse  tutti  i 
raggi  e  tutti  li  trasmettesse  all'occhio,  senza  assorbirne  una  parte 
notevole  come  tutte  fanno  necessariamente. 

2.  Lasciato  perd  il  caso  speciale  di  cotesta  fisima  lunare,  la  gara, 
non  vana  ma  ben  ragionata,  dell'  ingrandire  lenti  o  specchi,  e  canoc- 
chiali,  si  proseguisce  anche  ai  nostri  giorni  e  produce  opere  di  ma- 
raviglia.  Una  maraviglia  vera  di  meccanica  astronomica  e  il  nuovo 
equatoriale  dell'Osservatorio  di  Griinewald,  esposto  gia  a  Berlino  nella 
Mostra  del  1896.  La  lunghezza  del  tubo  e  di  oltre  a  20  metri,  quanta 
pud  essere  1'  altezza  d'  un  palazzo  e  percio  non  s'e  pensato  finora  a 
coprirlo  con  una  cupola  mobile,  e  s'$  costruito  invece  con  tanta  so- 
lidita,  che  valga  a  sostenere  le  intemperie  e  gli  assalti  dell'atmosfera. 
II  tubo  6  dotato  per  ogni  parte  di  un  equilibrio  cosi  perfetto,  che  con 
un  dito  si  mena  in  tutti  i  versi,  come  e  necessario  trattandosi  non 
di  un  cerchio  meridiano,  ma  di  un  equatoriale,  che  deve  potersi  ap- 
puntare  a  qualunque  plaga  del  cielo.  Tutta  1'  armatura  e  costruita 
dall'Hope  4  salvo  le  parti  piu  delicate,  che  furono  eseguite  dal  Meissner 

1  Qualche  periodico  e  giornale  francese  attribuisce  la  costruzione  a 
M.  Austalt  Hope.  Che  fosse  invece  da  leggere  Amtalt,  cioe  Istituto,  Offi- 
cinal In  tal  caso  il  M.  (Monsieur)  c'e  di  piu,  o  andrebbe  cambiato  in  Ma- 
dame. 


NATURALI  477 

di  Berlino.  L'equatoriale  ammette  due  obbiettivi.  L'uno,  del  diametro 
formidabile  di  lm,  16,  con  grande  apertura  e  distanza  focale  di  6  in 
7  metri,  e  destinato  alle  osservazioni  spettroscopiche  e  fotograflche. 
L'altro  obbiettivo  ha  un'apertura  di  70  centimetri  e  una  lunghezza 
focale  di  20m,  70.  S'intende  con  questa  straordinaria  lunghezza  di 
facilitare  le  osservazioni  telescopiche  e  la  loro  riduzione  a  imagini 
fotografiche,  per  ragioni  che  pochi  se  ne  interesserebbero  se  le  spie- 
gassimo.  Riteniamo  che  un  cannocchiale  della  misura  di  questo  non 
s'era  visto  prima  d'ora ;  giacche  quello  del  Bianchini  non  era  un  can- 
nocchiale, bensi  piuttosto  un  caleidoscopio. 

Ed  ecco  accanto  all'  equatoriale  di  Griinewald  ne  sorge  un  altro 
che,  se  non  lo  uguaglia  per  dimensioni,  gli  cede  di  poco.  Questo  & 
destinato  all'  Osservatorio  Yerkes  a  William  Bay  negli  Stati  Uniti 
(Lake  Geneva,  Wisconsin).  II  suo  oggettivo,  del  diametro  di  lm,  05, 
si  annunzia  essere  state  terminate,  dopo  due  anni  e  mezzo  di  lavoro, 
d'al  celebre  costruttore  Alvan  Clark,  a  Cambridgeport  nel  Massachu- 
setts. Al  dire  del  Cosmos  (n.  620),  la  lente  di  cristallo  crown  pesa 
93  chilogrammi,  il  flint  140  chilogrammi.  La  materia,  comprata  a 
Parigi,  costo  200,000  franchi :  tagliato,  pulito  e  messo  a  posto,  1'ap- 
parecchio  sale  a  500,000  franchi.  Un  mezzo  milione  merita  dei 
riguardi ;  e  s'  e  gia  stabilito  il  ceremoniale  pel  trasporto  di  questo 
oggetto  prezioso,  dal  suo  luogo  di  nascita  alia  sede  dove  regnera  so- 
vrano.  Yerra  pertanto  involtato  prima  in  un  sovvaggiolo  proporzio- 
nato  di  flanella,  poi  coperto  di  un  guscio  di  panno,  posato  in  una 
cassa  fornita  di  buone  molle,  chiusa  essa  pure  in  una  seconda  cassa. 
II  tesoro  cosi  composto  verra  collocato  nel  mezzo  di  una  vettura  a 
letti,  tutta  per  lui,  e  verra  accompagnato  non  meno  per  onore  che 
per  guardia  da  quattro  persone.  All'arrivo  s'insediera  prontamente 
nel  suo  trono,  cio6  nel  tubo,  che  a  voler  essere  degno  di  lui  dovra 
misurare  da  18m,  60  in  su,  poiche  tanta  e  la  sua  distanza  focale. 

E  pure  questi  giganti  lenticolari  e  tubulari  corrono  rischio  di  de- 
cadere  alia  condi/ione  di  occhialini  da  ministro  e  canocchialetti  da 
teatro,  se  vien  fatto  di  ridurre  alia  pratica  la  idea  proposta  dal  Gatham 
di  Chicago.  Secondo  essa  1'oggettivo  si  avrebbe  a  poter  comporre  non 
solo  di  un  pezzo  unico  come  finora  s'6  praticato,  ma  ugualmente  di 
una  moltitudine  di  lenti  minori  messe  convenientemente  I'una  accanto 
alFaltra,  col  quale  artifizio  gli  e  avviso  che  si  possa  allestire,  con 
ispesa  relativamente  piccola,  un  obbiettivo  non  gia  di  1  o  2,  ma  di 
30  metri  di  diametro.  Gl'  intendenti  non  trovano  la  cosa  assurda  in 
teoria.  S'  ha  a  vedere  la  pratica :  e  fino  a  quel  giorno  ci  pare  che  sia 
una  piccineria  1'avviso  dato  premurosamente  dal  Bulkttin  sdentiftque 
de  France  n.  308  che  1'idea  del  Gatham  &  un'  idea  francese.  E  perchd? 
Perch£  nel  1873  un  M.  Pusset  scriveva  al  Flammarion,  potersi  forse 


478  SCIENZE 

schivare  la  difficolta  del  fabbricare  grand!  speech!  telescopic!,  adope- 
randodegli  speech!  minor!  ben  combinati.  Gia,  altro  e  parlar  di  speech! 
altro  di  lent! :  e  se  si  tratta  solo  dell'  idea  generale  di  domandare  a 
molt!  istrumenti  piccoli  1'effetto  di  un  grande,  questa  fiorisce  ogni  di 
nella  mente  d'ogni  mortale.  Del  rimanente  a  tutte  coteste  importune 
rivendicazioni  di  priorita  si  pud  rispondere  che  il  mondo  non  se  ne  fa 
milla  delle  idee  che  passano  per  la  testa  a  chicchessia,  specialmente 
poi  quando  chi  le  ha  non  arriva  in  ventitre  anni  a  mostrarne  un'ap- 
plicazione.  E  cosi  e  dell'  idea  del  Pusset.  Se  il  Gatham  riesce  a  darci 
un  buon  obbiettivo  composto,  non  diciamo  di  30  ma  di  3  metri,  1'onore 
ne  sara  suo  e  tutto  suo. 

3.  Ragione  piu  valevole,  a  rivendicare  la  priorita  in  una  scoperta 
rimasta  poi  sempre  famosa  sotto  un  nome  diverso,  1'avrebbe  avuta 
1'astronomo  Adams.  Parliamo  della  scoperta  del  pianeta  Nettuno,  il 
cui  cinquantesimo  anno  cadde  appunto  il  di  23  settembre  dell'anno 
decorso.  Si  sa  che  1'occasione  a  tale  scoperta  la  diedero  le  perturba- 
zioni  osservate  nel  corso  del  pianeta  Urano.  Calcolata  dall'Herschel 
1'orbita  di  cotesto  pianeta  da  lui  medesimo  scoperto,  si  noto  che  la 
realta  non  rispondeva  al  compute.  Ora  in  ritardo  ora  in  anticipazione, 
Urano  non  soleva  trovarsi  mai  precisamente  al  posto  assegnato.  In 
cielo  tutti  fanno  il  loro  dovere,  e  non  potendosi  sospettare  ne  di  pi- 
grizia  ne  di  nervosita  in  un  personaggio  della  qualita  di  Urano,  si 
venne  a  pensare  naturalmente  dell'influsso  di  qualche  altro  pianeta 
superiore  che  cagionasse  quelle  mancanze  di  puntualita.  Ma  chi  era 
egli  quello  sconosciuto  perturbatore  in  mezzo  ai  milioni  di  astri  che 
tutti  ugualmente  silenziosi  scintillano  nel  firmamento?  Un  primo  studio 
sulle  successive  posizioni  di  Urano  servi  a  determinare  almeno  verso 
qual  plaga  del  cielo  fossero  da  rivolgere  le  ricerche:  poi  conveniva 
stringere  il  calcolo  fino  a  trovare  il  centre  da  cui  partiva  1'influsso. 
E  si  rifletta  che  cotesto  centre  doveva  esser  mobile,  poiche,  secondo 
Pipotesi,  contermata  dal  fatto,  egli  doveva  essere  un  pianeta,  vale  a 
dire  in  lingua  povera,  un  vagabond®,  non  fisso  come  le  stelle  ma  pro- 
cedente  egli  stesso  del  continue  sulla  sua  orbita,  essa  pure  ignota. 
A  sciogliere  questo  problema  gremito  d'  incognite,  si  applied  ci6  nulla 
ostante  1'Adams,  tuttora  studente  all'Universita  di  Cambridge,  e  nel- 
1'ottobre  del  1845  comunico  al  Challis  direttore  di  quell 'Osservatorio 
la  conclusione  dei  suoi  computi  con  indicargli  la  posizione  del  pia- 
neta cercato.  II  Challis  lascid  dormire  la  cosa  fino  all'agosto  del  1846, 
e  ai  4  e  a'  12  di  quel  mese  osservd  Pastro  indicatogli,  poi  da  capo 
trascuro  di  ridurre,  come  si  costuma,  le  osservazioni  di  quella  sera, 
sicchd  non  riconobbe  il  nuovo  pianeta. 

Era  gia  dunque  presso  a  un  anno  che  la  scoperta  era  fatta,  quando, 
il  18  settembre  del  1846  il  Leverrier  altro  giovane  ed  abile  calcola- 


NATURALI  479 

tore,  che  pel  confer ti  dell'Arago  aveva  intanto  lavorato  intorno  allo 
stesso  problema,  e  lo  aveva  sciolto,  convien  dirlo,  assai  piii  compita- 
mente ;  scrisse  al  Dott.  Galle  addetto  all'Osservatorio  di  Berlino,  pre- 
gandolo  di  puntare  il  canocchiale  a'  326°  di  longitudine,  tin  5°  a  le- 
vante  della  stella  § :  li  dover  essere  1'  autore  delle  perturbazioni 
uraniche.  II  Galle  non  fece  come  il  Challis  :  ricevuta  la  lettera  il 
23  settembre,  la  sera  stessa,  poiche  il  cielo  era  sereno,  volse  il 
canocchiale  al  posto  indicato;  e,  col  divario  di  meno  che  mezzo  grado, 
cioe  a  326°, 32',  scorse  il  nuovo  pianeta,  rivelato  per  mera  deduzione 
di  calcolo  dai  principii  della  moderna  meccanica  celeste.  Per  quest'ul- 
tima  circostanza  fu  non  meno  fragoroso  che  meritato  il  plauso  leva- 
tosi  attorno  alia  memorabile  scoperta  e  al  suo  autore.  Se  al  nuovo 
pianeta  non  s'  impose,  come  pure  si  tento  da  alcuni,  il  nome  del 
Leverrier  e  si  prefer!  quello  di  Nettuno,  fu  solo  per  conservare  in 
questa  classe  di  astri  1'uniformita  della  nomenclatura  mitologica  ; 
onde  anche  nel  secolo  scorso  Urano  ricevette  il  nome  che  porta,  la- 
sciato  in  disparte  quello  del  suo  scopritore  William  Herschel. 

II  Leverrier  e  scomparso  dalla  scena  del  mondo.  Yive  pero  tuttora 
in  buona  vecchiaia  il  Galle,  nato  nel  1812  a  Pabsthaus  presso  Wittem- 
berga,  e  direttore  tuttavia  dell'Osservatorio  di  Breslavia.  A  lui  nel 
giorno  23  settembre  decorso  1'Associazione  dei  Naturalist!  tedeschi 
spedi  un  telegramma  di  felicitazione  pel  cinquantesimo  della  scoperta, 
a  cui  aveva  dato  mano  almeno  material mente,  e  fu  ben  fatto.  Della  sco- 
perta stessa  e  dei  suoi  due  autori,  1'uno  sfortunato,  1'altro  felice, 
appena  e  se  si  e  fatta  qualche  menzione  dai  periodici  scientifici,  de- 
stati  dall'esempio  dei  Naturalisti  di  Francoforte  :  strana  indifferenza 
in  questo  secolo  dei  lumi,  e  delle  solennita  secolari,  cinquantenarie 
e  venticinquesime.  Noi  vi  ritorniamo  sopra  volentieri  per  ricordare 
che  il  celebrato  scopritore  di  Nettuno  era  fervente  cattolico  e  non 
arrossiva  di  tenersi  innanzi  sul  suo  scrittoio  un  grande  Crocifisso, 
abolito  abusivamente  nell'effigie  che  da  di  lui  il  Flammarion,  colla 
leggenda  Le  Verrier  decouvrant  Neptune.  Non  sono  ommissioni  per- 
messe.  II  grande  Crocifisso  del  Leverrier  fa  riscontro  al  piccolo  Cro- 
cifisso del  Pasteur.  Ciascuno  compie  la  figura  di  uno  dei  luminari 
della  vera  scienza  moderna  ;  scopritori  di  due  mondi  invisibili ;  quello 
degl'  infinitesimi  e  quello  di  Nettuno  all'ultimo  confine  del  nostro 
sistema. 

4.  A  forza  di  occuparci  degli  astri  da'noi  lontani,  si  corre  rischio 
d'  ignorare  quel  che  v'  e  e  succede  nei  campi  celesti  a  noi  piu  vicini  e 
quasi  alle  porte  di  casa  nostra.  Percio  molto  saviamente  qualche  astro- 
nomo,  lasciaudo  a  chi  vuole  lo  studiare  le  vicende  dei  satelliti  o, 
come  meglio  li  chiamano,  compagni  luminosi  di  Sirio  e  di  Procione, 
del  che  si  sono  occupati  recentemente  il  Schaeberle  e  PAitken,  dopo 


480  SCIENZE 

lo  Struve  e  1'Auwers ;  ovvero  del  diametro  di  Giove  e  della  sua  forma, 
come  ha  fatto  lo  Schur  sulle  osservazioni  proprie  e  del  suoi  prede- 
cessor!; lasciando  adunque  tali  question!  straniere,  si  sono  proposta 
la  domanda:  La  Luna,  e  essa  la  sola  luna  che  abbia  la  Terra?  Pe- 
rocchS  c'e  nel  nostro  sistema  chi  ne  ha  due,  come  Marte,  chi  quattro 
come  Giove,  ecc.,  ammesso  pure  che  vi  sia  chi  non  ne  ha  nessuno, 
come  Yenere  e  Mercuric.  A  noi  importa  di  noi.  Quanta  corte  adunque 
tiene  la  Terra  nostra  madre?  E  si  finira,  a  quanto  pare,  con  ricono- 
scere,  che  di  Lune  ce  n'abbiamo  parecchie,  poniamo  pure  che  assai 
piccole:  ma  cid  non  vuol  dire,  dappoiche  fra  gli  asteroidi,  che  s'ag- 
girano  fra  Marte  e  Giove,  ce  n'e,  che,  come  Maia,  Saffo,  Atalanta  ed 
Eco,  non  misurano  piu  di  30  chilometri  in  diametro,  ed  e  assai  ve- 
rosimile  che  ve  n'abbia  di  ben  piu  piccini  tanto  che  non  possiamo 
scorgerli :  e  pure  in  quel  corpiccino  si  portano  I'essere  e  la  dignita 
incontrastata  di  pianeti.  Quanto  meno  si  potrebbe  loro  negare  la  qua- 
lifica  di  satelliti? 

Ora  di  tali  satelliti,  che  potrebbero  a  un  bisogno  far  isfigurare 
tali  pianetini,  dicono  i  prelodati  astronomi  che  la  Terra  ne  ha  forse 
piu  che  non  si  crede.  Cosi  opina  il  Brooks  dopo  avere  scorto  nella 
notte  dal  21  •  al  22  luglio  dell'anno  decorso  passare  davanti  al  disco 
della  Luna  quasi  piena,  diretto  da  levante  a  ponente,  un  corpo  oscuro 
e  rotondo,  che  tragittd  da  un  lembo  all'altro  in  tre  o  quattro  second!. 
Quel  corpo  doveva  trovarsi  fuori  del  limite  della  nostra  atmosfera, 
che  altrimenti,  correndo  in  essa,  gli  sarebbe  successo  Duello  che  a 
tutti  gli  aeroliti  e  stelle  cadenti,  che  e  d'incendiarii.  Ma  il  Brooks, 
colto  all'improvviso,  non  ebbe  agio  di  prendere  altri  appunti  dai  quali 
raccogliere  altre  conclusion!.  Era  trascorso  giusto  un  mese  dalla  detta 
osservazione,  quando  un  altro  americano,  il  Gatham,  vide,  a!  22  di 
agosto,  un  altro  corpo  attraversare  il  disco  del  sole  in  8  minuti.  Cal- 
colando  acl  occhio,  il  Gatham  valuto  a  1600  chilometri  la  distanza  di 
quel  corpo  misterioso  e  a  70  chilometri  il  suo  diametro. 

Queste  due  osservazioni  fugaci  e  scarse  di  element!  non  si  pre- 
stano  a  nessuna  ferma  conclusione.  Per  non  dir  altro,  un  satellite 
di  70  chilometri  di  diametro  a  soli  1600  chilometri  da  noi,  si  do- 
vrebbe  pur  essere  notato  prima  d'ora  col  suo  movimento  sensibilis- 
simo  nella  volta  celeste,  ogni  qualvolta  arrivando  sulla  sua  orbita 
in  opposizione  o  diretta  o  laterale  col  Sole,  ci  presenterebbe  la  sua 
faccia  o  totalmente  o  in  parte  illuminata,  come  e  della  Luna.  Ne  vi 
si  opporrebbe  la  piccolezza  dell'astro.  Se  cogl'  istrumenti  moderni  scor- 
giamo  a  milioni  di  leghe  i  piccoli  asteroidi  di  30  chilometri  di  dia- 
metro, tanto  piii  languidamente  illuminati  dal  Sole,  molto  piu  e  con 
istrumenti  mediocrissimi,  se  non  anche  ad  occhio  nudo  si  avrebbe  a 
scorgere  un  astro  di  doppio  diametro  a  sole  400  leghe,  e  di  tanto  piu 
luminoso. 


NATURAL!  481 

Ad  astronomi  di  professione  non  occorre  di  rammentare  che  i 
punti  oscuri,  attraversanti  il  campo  del  canocchiale  non  sono  talora 
altro  che  1'ombra  di  uccelli  che  vogano  nelle  alte  region!  dell'atmo- 
sfera  non  solainente  di  giorno  ma  di  notte  altresi  al  tempo  dei  pas- 
saggi;  e  qualche  osservatore  vi  ha  fatto  e  vi  fa  studii  speciali  per 
determinare  le  altezze  in  che  volano  quegli  uccelli,  ad  informazione 
utile  sia  pei  naturalist!  sia  pei  meteorologi.  Non  e  punto  impossible 
che  il  corpo  nero  visto  dal  Gatham,  poich£  egli  non  ne  nota  esplici- 
tamente  la  rotondita,  fosse  non  mica  un  astro  ne  un  nostro  satellite, 
ma  un  dabbene  volatile  che  se  ne  andava  liberamente  per  le  sue  fac- 
cende  senza  portar  la  livrea  di  nessuno ;  e  non  a  1600  chilometri,  ma 
forse  neppure  a  16  e  piu  presto  a  1600  metri  che  sarebbe  gia  niolto. 
La  scarsita  dei  dati  dell'osservazione  perniette  ogni  maniera  di  con- 
getture.  L'osservazione  del  Brooks  essa  pure  e  deficiente,  come  ognun 
vede.  Cionondimeno  1'una  e  1'altra  avranno  1'utilita  di  attirare  1'at- 
tenzione  di  altri  osservatori  su  questo  punto,  che  per  noi  terricoli  e 
se  non  importante  certamente  curioso  piu  di  parecchi  altri  relativi 
alle  condizioni  fisiche  di  altri  mondi. 

5.  Dicevamo  or  ora  delle  alte  region!  dell'  atmosfera.  L'  altezza 
dell'  involucre  aereo  del  nostro  globo  non  puo  determinarsi  esatta- 
mente  per  la  sna  stessa  natura  gazosa,  onde  esso  va  rarefacendosi 
ognora  piu  negli  strati  superior!,  e  deve  nei  supremi  arrivare  a  un 
grado  di  sottigliezza,  che  lo  rende  impercettibile.  Uno  degP  indizii 
che  ci  rivelano,  non  1'ultimo  limite,  ma  il  lembo  estremo  dell'atmo- 
sfera  e  1'  incendimento  delle  polveri  e  frantumi  cosinici  che,  entrando 
in  essa  con  velocita  di  corpi  celesti  e  svolgendovi  per  compressione 
un  calore  corrispondente,  vi  si  convertono  in  istelle  filanti  o  in  aero- 
liti  a  misura  della  loro  grandezza  e  velocita.  In  questa  ipotesi  am- 
messa  comunemente  perche  ben  ragionata  e  perche  non  se  ne  pre- 
senta  altra  piu  verisimile,  bastera  determinare  1'  altezza  da  terra  di 
una  stella  cadente  o  di  un  bolide,  per  conchiuderne  che  a  quell'  al- 
tezza medesima  per  lo  meno  si  stende  1'atmosfera.  Ora  1'  altezza  di 
tali  meteore  s'  e  potuta  accertare  piu  volte  pel  confronto  di  osserva- 
zioni  contemporanee  fatte  in  piu  stazioni  lontane.  Cosi  del  bolide 
del  1868  si  pote  stabilire  che  s'era  visto  successivamente  a  111,  112, 
126,  242,  307  chilometri  da  terra.  D'  altrettanto  adunque,  per  lo 
meno,  si  alza  1'  atmosfera  intorno  al  nostro  globo  e  non  di  soli  60  chi- 
lometri, come  si  seguita  a  stampare  in  libri  ancor  recentissimi. 

Questa  eifra  si  sorpassa  ancora  per  la  semplice  osservazione  delle 
mibi  luminose  prese  a  studiare  novellamente  dal  Dott.  0.  Jesse,  che 
ha  pubblicate  nelle  Astronomische  Nachrichten  (p.  3347)  le  sue  con- 
clusion!. Le  nubi  notturne  luminose  portano  gia  nel  nome  la  loro  de- 
finizione,  e  il  fenomeno  non  e  difficile  ad  osservare  e  discernere  da 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fate,  1120.  31  13  febbraio  1897. 


482  SCIENZE 

chi  ha  alcuna  pratica  del  cielo.  Or  dunque  il  Jesse,  raccolte  e  para- 
gonate  le  osservazioni  di  10  anni,  ne  conchiude  che  quelle  nubi,  so- 
spese  certamente  nell'  atmosfera,  si  librano  ad  un'  altezza  che  varia 
fra  80,3  e  88,5  chilometri. 

Giova  qui  ricordare  che  la  piu  antica  misura  dell'  altezza  delle 
nubi,  secondo  che  scrive  lo  Schreiber  nel  Bollettino  della  Sodetd  belga 
d' Astronomia,  citato  dal  Cosmos,  n.  626,  fu  presa,  per  quanto  ne  e 
rimasta  memoria,  nel  1644  dai  due  celebri  astronomi  gesuiti,  Riccioli 
e  Grimaldi.  Essi  si  servirono  in  cio  del  inetodo  trigonometrico,  a  doppia 
stazione,  che  oggi  ancora  e  il  preferito  e  che  il  Kamtz  chiama  nel  suo 
trattato  di  meteorologia,  metodo  del  Riccioli.  L'  osservazione  diede 
per  risultato  1' altezza  di  3,222  metri  per  una  fulgida  nube  bianca, 
presa  di  mira.  Lo  stesso  Riccioli  riferisce  che  un  altro  gesuita,  ret- 
tore  del  collegio  di  Mete,  aveva  misurata  1'  altezza  di  un  numero 
grande  di  nubi,  e  assicurava  di  non  averne  trovata  nessuna  che  ol- 
trepassasse  i  7,400  metri.  Egli  lascia  nondimeno  di  citare  il  P.  Emma- 
nuele  Maignan,  dei  Frati  minori,  il  quale  « nella  sua  Perspectiva 
horaria  (1648)  scrive  di  avere  osservato  con  altri  che  nelle  notti 
serene,  verso  mezzanotte  si  scorgono  delle  piccole  nubi  illuminate  dal 
Sole  ;  donde  conchiude  che  esse  debbano  trovarsi  a  grande  altezza 
f'uori  dell'ombra  della  Terra.  »  Queste  parole  si  riferiscono  evidente- 
mente  alle  nubi  notturne  Iwminose,  rimesse  allo  -studio  dalla  moderna 
Meteorologia,  ma  osservate  gia  e  discusse  dai  Frati  e  dai  Gesuiti  or 
sono  due  secoli  e  mezzo. 

6.  Scendiamo  dalle  nuvole  in  terra,  vasto  campo  di  problemi  e  di 
ricerche  non  meno  interessanti  per  noi  che  le  astronomiche  e  le  me- 
teorologiche.  Ecco  per  esempio  una  questione  che  ridestera  piu  di  un 
lettore,  fatto  da  noi  sonnecchiare  fin  qui.  C'e  egli  dell'oro  nel  nostro 
mondo?  Qualche  lettore  italiano,  come  sono  i  piu,  vorra  forse  doman- 
darci :  Che  cosa  e  1'oro,  che  qui  da  noi  non  se  ne  vede  mai?  E  gli 
parra  che  parliamo  dell'  helium  elemento  del  mondo  solare.  Questa 
doinanda  pero  non  pu6  provenire  se  non  da  qualche  giovinetto  di  poca 
eta,  che  gli  anziani  si  ricordano  tutti  come  era  fatto  1'oro  nei  tristi 
tempi  in  che  se  ne  vedeva.  E  nondimeno  ancor  essi  ed  essi  piu  curio- 
samente  degli  altri  domanderanno :  «  C'e  egli  ancora  dell'oro  al  mondo ?» 
E  stupiranno  a  sentirsi  rispondere  che  ce  n'  e  quanto  non  ve  ne  fu 
mai  per  lo  passato,  e  che  precisamente  1'anno  decorso  ne  fu  estratto 
e  messo  in  circolazione  per  1050  milioni,  raddoppiando  il  proiotto 
di  sette  anni  fa.  Mai  non  fu  visto  un  raccolto  tale.  II  piu  memorabile, 
quello  del  1853,  quando  un  popolo  di  cercatori  sfruttava  le  alluvion! 
della  California  e  dell'Australia,  si  valutd  la  produzione  a  950  milioni 
e  non  piu.  Sono  100  milioni  in  ineno. 

S'e  parlato  molto  negli  ultiini  tempi  delle  mine  auriferejdel  Iran- 


NATURALI  483 

swaal,  cagione  vera  del  conflitti  quivi  insorti  e  non  ancora  terminati. 
Ora,  in  quel  solo  paese,  la  produzione,  nel  1895,  fu  di  78,035  chilo- 
grammi  uguali  a  2,509,851  once  d'oro.  II  chilogramma  di  oro  puro  si 
computa  a  circa  3400  franchi.  Dal  1894  al  1895  1'aumento  della  pro- 
duzione era  stato  di  7  587  chilogrammi,  e  se  i  torbidi  politici  non  vi 
fecero  ostacolo,  dev'essere  seguitato  nel  1896  nella  stessa  proporzione. 
Ad  estrarre  dalle  viscere  della  terra  questo  cumulo  di  metallo  pre- 
zioso,  e  il  monte  di  minerali  auriferi  che  racchiudono,  lavora  senza 
posa  un  esercito  di  7  523  bianchi  e  di  oltre  a  54  000  negri,  che  nel 
1895,  del  qual  anno  si  parla,  ebbero  a  cavare  4,  377  142  tonnellate  di 
minerale,  forando  133  chilometri  di  gallerie  e  48  chilometri  di  pozzi. 

L'oro  adunque  al  mondo  c'e;  se  ne  persuadano  senza  meno  gl'Ita- 
liani;  anzi,  fatta  lagione  della  giunta  che  riceve  ogni  anno,  sono  ora- 
mai  parecchi  lustri,  dalle  miniere,  egli  dovrebbe  sovrabbondare  tanto 
da  arrivarne  qualche  rigagnolo  alia  nostra  terra,  ossia  tasca,  sitibonda. 
E  pure  non  e  cosi.  Non  v'«  paese  dove  rotoli  1'oro  per  le  strade,  e 
ultimamente  ancora  gli  Stati  Uniti  ne  chiedevano  un  carico  all'Eu- 
ropa.  0  dove  va  egli  dunque  a  sperdersi  o  ad  appiattarsi?  Per  questo 
dicevamo  che  egli  e  un  enimma  da  lambiccarcisi  il  cervello.  Quello 
analogo  delle  spille,  p.  e.,  taut*  tanto  si  spiega. 

Eccolo.  Le  manifatture  di  Birmingham,  che  tengono  il  primato 
in  questa  industria,  producono  quotidianamente  37  milioni  di  spille  ; 
quelle  di  Londra,  Strand,  e  Dublino,  17  milioni.  In  tutto  54  milioni. 
Le  fabbriche  di  Francia,  circa  20  milioni;  quelle  di  Olanda,  Ger- 
mania  ed  altri  paesi  1(J  milioni  a  un  dipresso.  Sono  intorno  a  80  mi- 
lioni di  spille  ed  aghi  fabbricati  ogni  giorno  e  29  miliardi  200  milioni 
di  spille  fabbricate  ogni  anno.  E  tuttavia  stiamo  del  continue  a  cer- 
care  una  spilla  e  a  comprarne  i  cartoncini  e  i  pacchetti,  se  sono 
aghi;  ed  ogni  anno  le  fabbriche  ricominciano  il  fornimento  come  se 
di  spille  ed  aghi  non  ve  ne  fosse  piu  al  mondo.  Come  sono  esse  spa- 
rite  e  dove  si  sono  rimpiattate  ? 

II  lettore  avveduto  e  buon  logico  ha  gia  pronta  la  risposta.  Le 
spille  e  gli  aghi,  e  per  1'esiguiTa  e  pel  poco  valore  sono  destinati  a 
perdersi,  e  noi  li  lasciamo  perdere  puntualmente,  sicche  in  capo  all'anno 
appena  ve  n'e  piu  delle  nate  1'anno  innanzi.  Ma  le  sterline  e  i  ma- 
renghi  non  sono  spille  ne  si  trascurano  alia  stessa  maniera,  e  mira- 
colo  sara  se  delle  monete  d'oro  battute  da  vent'anni  se  n'e  smarrita 
una  miliardesiina  parte.  Eesta  dunque  1'enimma :  Dove  vanno  a  finire 
i  canali  d'oro  che  seguitano  a  scaturire  con  tanta  abbondanza  dalle 
miniere?  Un  economista  rispondera  come  crede  meglio.  Dn  Naturalista 
non  pud  fare  altro  che  ricorrere  alle  analogie  della  sua  professione,  e 
ricordare  i  cunicoli  sotterranei  e  le  caverne,  dove  vanno  a  sprofondarsi 
non  pochi  rivi  perenni,  formandovi  laghi  e  stagni  dove  non  penetra 
la  luce  del  sole. 


484  SCIENXE    NATURALI 

7.  Un  avvertimento  igienico  per  finire.  Molti  per  asciugarsi  piu 
alia  lesta  e  pift  perfettamente  dopo  essersi  lavati,  massime  nella  sta- 
gione  fredda,  ovvero  dopo  essersi  rasa  la  barba,  costumano  di  impol- 
verarsi  con  quella  che  si  vende  sotto  nome  di  polvere  di  riso ;  e  le  sta- 
rebbe  bene  il  nome  se  fosse  la  farina  finissima  e  impalpabile  di  riso, 
che  ella  dovrebb'essere.  Ora  un  chimico  inglese  pubblica  nel  British 
Medical  Journal  il  risultato  delle  ricerche  da  se  fatte  intorno  alia  ge- 
nuinita  di  siffatta  polvere,  analizzandone  una  infinita  di  campioni  pro- 
venienti  da  diversissime  profumerie.  La  conclusione  &  che  nella  mag- 
gior  parte  dei  casi  il  riso  non  v'entrava  neppure  per  condimento.  Erano 
tutte  sostanze  mineral!  polverizzate  con  predominio  di  bismuto,  di 
piombo  e  d'arsenico.  Passato  quindi  ad  una  diligente  inchiesta  intorno 
agli  effetti  di  cotesta  frode  criminosa  s'e  persuaso  che,  specialmente 
fra  le  donne,  la  maggior  parte  delle  paralisie  dei  muscoli  della  faccia 
sono  da  attribuirsi  a  polveri  di  riso  a  base  d'arsenico  e  di  piombo.  Un 
buon  numero  di  signore  da  lui  citate,  senza  darne  pero  il  nome,  non 
poterono  guarire  delle  paralisi  dei  muscoli  del  collo,  se  non  rinun- 
ziando  all'uso  di  tali  polveri  avvelenate.  Una  di  queste,  profumata  alia 
viola,  conteneva  48  "/0  di  piombo  :  un'altra  65  °/0  d'arsenico.  Puo  darsi 
che  a  qualcuno  e  qualcuna  questo  avviso  scopra  la  ragione  di  scon- 
certi  a  cui  va  soggetto,  combattuti  invano  coi  medicamenti,  quando 
se  ne  rinnova  ogni  di  e  piu  volte  al  giorno  la  cagione.  Gia  quell'an- 
dare  infarinati  e  infarinate  come  mugnai  non  si  capisce  che  scopo 
abbia ;  e  se  fosse  quello  di  chiarire  il  colorito,  chi  vi  ricorre  mostra 
di  non  avere  famigliarita  colla  spera ;  distacco  per  se  molto  lodevole ; 
d»l  quale  nondimeno  facendo  eccezione  per  la  congiuntura  presente, 
si  chiarirebbe  subito  che  tra  bianco  e  imbiancato  c'e  una  differenza 
da  vederla  ogni  losco.  Ma  checche  sia  di  cid,  dopo  1' avviso  del  medico 
iaglese,  chi  vuol  seguitare  a  servirsi  della  polvere  di  riso,  fara  bene 
a  non  si  fidare  cecamente  n&  delle  etichette  eleganti  ne  dei  profumi 
delicati;  e  ogni  buon  droghiere  o  farmacista  lo  servira  di  merce  piu 
sincera  che  le  profumerie  inglesi  (per  non  far  torte  alle  altre),  e  a 
miglior  mercato. 


CRONACA  CONTEMPORANEA 


Roma,  16-31  gennaio  1897. 

I. 

COSE  ROMANS 

1.  Un'altra  confessione  de'  liberali  su  Roma  capitale.  —  2.  La  nobilta  ro- 
mana  dal  Papa.  —  3.  II  Gesit,  centre  dell'Associazione  della  Sacra  Fa- 
miglia.  —  4.  Morte  del  Card.  Bianchi.  —  5.  L'istituto  chinesiterapico  di 
Roma. 

1.  I  liberali  di  tan  to  in  tanto  si  larnentano  di  Eoma,  perche  non 
e  divenuta  quello  che  essi  sognarono.  Alcuni  giorni  fa,  per  colmo  di 
malinconia,  dissero  (e  la  parola  fu  attribuita  al  Baccelli)  Roma  non 
avere  altra  attrattiva  che  le  indulgence  e  i  monumenti,  cioe,  tolto  il 
sareasmo,  nulla  avere  di  buono  air  infuori  dell'archeologia  e  del  cristia- 
nesimo.  Uno  di  questi  liberali  comincia  le  sue  lamentazioni,  riferendo 
un  colloquio  avuto  gia  col  Conte  di  Eobilant,  e  dice :  « Passeg- 
«  giando  un  giorno  (sono  passati  parecchi  anni)  lungo  il  marciapiedi 
«  di  palazzo  Chigi,  un  eminente  uomo  politico  diceva  a  me :  Tutte  le 
«  volte  che  io  torno  a  Roma,  provo  una  vera  mortificazione.  Mi  pare 

<  quasi  che  tutti  noi,  Casa  reale,  Camera  dei  Deputati,  Senato,  Mi- 
«  nisteri,  ci  troviamo  qui  a  pigione.  II  Re  abita  un  palazzo,  le  cui  porte 
«  sono  tutte  fregiate  di  stemmi  pontifici ;  la  Camera  si  raduna  in  un 

<  baraccone  di  legno :  gli  uffici  pubblici  su  per  giu  vivono  in  case  di 

<  affitto.  E  1'uomo  politico  aveva  ragione.  Egli  si  chiamava,  lo  dico  ad 
«  onor  suo,  Carlo  di  Robilant;    era   allora  (quando  cosi  mi   parlava, 
«  quasi  scoraggiato)  Ambasciatore  d'  Italia  a  Vienna.  Aveva  egli  to^o 
«  1'egregio  uomo?...  E  lasciamo  in  disparte  tutto  cio  che  e  materia- 
•c  lita,  non  occupiamoci  delle  caserme  costruite  e  delle  case  elevate 
-«  a  scherno  di  ogni  senso  artistico  ed  architettonico.  Fermiamoci  alle 

<  manifestazioni  della  vita  pubblica,  le  quali,  nel  campo  Morale  (nen 
c  scrivo  patriottioo  per  non  essere  scomunicato  dai  pratici )  hanno  una 

<  grande  importanza.  Roma,  alia  meta  di  giugno,  si  spopola  del  mondo 
c  ufficiale ;  la  Corte  emigra  e  le  famiglie  cospicue,  che  intorno  alia 
•e  Corte  vivono,  fanno  altrettanto.  Si  direbbe   che  la  capitale  sia  un 


486  CRONAGA 

«  luogo  destinato  alia  burocrazia  alta  e  bassa,  per  compiere  il  sue  la- 
«  voro ;  tanto  che,  appena  questo  lavoro  lo  consente,  ciascuno  se  ne  va 
c  con  Dio,  quasi  abbandonando  un  luogo  appestato !  Eppure  Roma  e 
«  la  citta  pill  sana  d'ltalia,  ed,  in  estate,  senza  esitazione,  la  piu  fre- 
c  sea.  Ma,  almeno  d'  inverno,  che  ha  fatto  questa  societa  italiana  in 
«  Roma?  N' ha  fatto  un  centre  di  civile  coltura,  un  luogo  di  artistioa 
c  attrazione,  dal  quale  si  irraggi  e  si  diffonda  nella  nazione  tutta  la 
c  luce  del  classicismo  antico,  tutto  lo  splendore  della  vita  nuova,  tutta 
«  la  promessa  di  un  incivilimento,  il  quale  valga  a  raddoppiare  il  pre- 
«  gio  dei  tesori  che  gia  Roma  possiede  e  faccia  testimonianza  che  la 
«  sua  missione,  anziche  finita,  sta  per  ricominciare,  arricchita  di  nuovi 
c  tesori?  Niente  di  tutto  cio.  La  caccia  alia  volpe,  al  lupo,  ai  fagiani 
€  ed^alle-  beccacce  e  certo  divertente,  specialmente  per  le  classi  oziose, 
«  le  quali  credono  di  aver  adempiuto  il  loro  dovere  quando  si  sono 
<  divertite.  Ma  Roma  ha  diritto  a  qualche  cosa  di  pift  e  di  meglio.  E 
c  questo  di  piu  e  di  meglio  ha  diritto,  o  almeno  aveva  diritto  di  at- 
«  tendersi,  dall'Italia  insediata  fra  le  eterne  e  storiche  sue  mura  4.  > 
Ecco  una  lamentazione  liberalesca  degna  di  conservarsi. 

2.  II  21  gennaio  la  nobilta  romana  offriva  al  S.  Padre  gli  ossequii 
e  gli  augurii  pel  nuovo  anno.  II  ricevimento  fu  nella  sala  del  con- 
cistoro,  e  alle  parole  del  Principe  Ruspoli,  Maestro  del  S.  Ospizio  (che 
suppliva  il  Principe  Colonna,  Assistente  al  soglio,  che  era  indisposto) 
il  S.  Padre  rispose  con   un   discorso,  letto   da  Mons.  Misciatelli.  In 
esso  il  S.  Padre,  dopo  aver  ringraziata  la  nobilta  romana,  intorno  a 
se  riunita,  per  1'affetto  che  serba  verso  la  S.  Sede,  1'esortava  ad  es- 
sere  memore  degli  esempi  degli  antenati,  la  storia  de'  quali  e  intrec- 
ciata  con  quella  del  Papato.  Ricordo  ancora  quanto  opportune  e  1'aiuto 
che  la  nobilta  stessa  offre  al  Papa  nello  opere  pubbliche  a   bene  di 
Roma,  come  asili,  sodalizii,  scuole  de'fanciulli  e  ricoveri  d'ogni  specie. 

3.  Con  un  Breve  del  14  giugno  del  1892  il  S.  Padre  Leone  XIII 
raccomandava  il  culto  della  Sacra  Famiglia  Nazaretana  e  pubblicava 
insieme   lo    statute    fondamentale    della   pia  Associazione   universale 
delle  famiglie  cristiane  alia  Sacra  Famiglia  di  Nazareth.  Noi  pubbli- 
cammo  detto  statute  a  pag.  371  del  quaderno  1011  del  6  agosto  1892, 
e  con  esso  una  parte  del  Breve  pontificio,  eve  si  discorre  dell'  impor- 
tanza  di  tale  associazione,  nonche  dei  principii  di  essa,  sorta  special- 
mente per  opera  di  Mons.  Francesco  De   Montmorency-Laval,  primo 
Vescovo  di  Quebec,  della  Yen.  Margherita  Bourgeois  e  del  P.  Franooz 
d.  C.  d.  GK  —  A  Roma  s'  era   dapprima  stabilito  il  centre  dell'Asso- 
ciazione  in  S.  Carlo  al  Corse ;  ma  il  S.  Padre  ha  ultimamente  divisato 
di  mettere  al  Gesu  il  centre  della  stessa  Associazione.   E  il  24  gen- 

1  Tribuna,  n.°  17. 


CONTEMPORANEA  487 

naio  di  quest'anno  con  gran  pompa  si  celebro  ivi  la  festa  della  Sacra 
Famiglia,  con  un  triduo  di  preparazione  ;  e  a  preghiera  del  Cardi- 
nale  Aloisi-Masella,  Prefetto  della  Congregazione  de'  Riti  (a  cui  sta 
tanto  a  cuore  la  devozione  alia  S.  Famiglia)  fu  invitato  il  P.  Zocchi 
a  predicare  al  popolo  durante  il  triduo.  Grande  fu  il  concorso 
de'  Romani  alia  devota  festa,  e  1'istesso  Cardinale,  il  di  24,  cele- 
brando  la  Messa,  distribui  la  comunione  ad  un  migliaio  di  persone. 
Al  Gesu  intanto  si  fanno  preparativi  per  dedicare  uno  degli  altari 
lateral!  alia  S.  Famiglia  Nazaretana. 

4.  II  22  gennaio  moriva  in  Roma,  confortato  dai  Sacramenti  della 
Chiesa,  il  Card.  Angela  Bianchi.  Era  egli  nato  in  Roma  il  19  novem- 
bre  del  1817,  e  fu  uomo  di  saggezza  romana  e  grande  amabilita.  Gli 
alti  uffizii  ecclesiastici  da  lui  esercitati  furono  i  seguenti  :  in  prima 
qnello  di  maestro  delle  cerimonie  pontificie ;  al  quale  seguirono  quello 
di  ministro  degli  affari  ecclesiastici   in   Isvizzera,    di  secretario  della 
Congregazione  de'Vescovi  e  Regolari,  di  Nunzio  apostolico  a  Madrid, 
di  Abate  commendatario  di  Subiaco  e  ftnalmente  di  Prodatario  e  Ye- 
scovo  suburbicario  di  Palestrina.    Fu  fatto  Vescovo  titolare  il  18  ot- 
tobre  1874,  Cardinale  il  25  settembre  1882  e  Prodatario  il  1889. 

5.  Chinesiterapia,  dal  greco,  significa  euro,  del  movimento.  L'  isti- 
tuto  chinesiterapico,    dunque,    e   un   istifcuto   ove  si  curano  col  mo  to 
alcune  malattie.  Esso,  in  sostanza,  e  una  specie  di  ginnastica,  colla 
differenza  che  il  movimento  si  produce  nel  corpo  con  ordigni  estrinseci. 
E  una  cura  ridotta  a  perfezione  da  Gustavo  Zandec,  svedese,  ed  egli 
stesso  ha  costruite  le  macchine  del  nuovo  istituto  romano,  che  forse 
6  il  migliore   d'  Europa,  e  trovasi  in  un  palazzo   dell'  esedra  di  Ter- 
mini.   La    fondazione    dell'  istituto  si  deve    al    Comm.    Beccaro  e  al 
Dott.  Colombo.  II  fondamento  terapeutico  e  questo  :    cioe,    che  gran 
parte  del  benessere    proviene    dal    movimento    regolare    degli  organ  i 
corporei;   infatti,  un   muscolo    che  si  contrae,   uno   stomaco  che  non 
digerisce,    una  giuntura  che  non  lavora  a  modo  danno  origine  a  di- 
sturbi.    Ora  la  cura  si  fa,  appunto,   mettendo  in  movimento  qualche 
parte  del  corpo  che  lo  richiede,  restando  in  quiete  le  altre.  All'  ap- 
parenza,  dice  il  Dott.  Picci,  chi  visita  quelle  sale  del  nuovo  istituto, 
al  veder  quelle  braccia,  quelle  gambe,  quei  tronchi  che  eseguiscono 
con  regolarita    ritmica  un  unico    movimento  fra  sbarre  di   ferro,  fra 
pesi   e   fra    ruote    d'  ipgranaggio,  ci    darebbero    1'  idea    di   una    sala 
di  tortura,  se  la  fisonomia  dolce,  tranquilla  dei  proprietarii  di  quelle 
membra  e  di  quei   corpi   non  ci  rassicurassero  subito  sulla  piacevo- 
lezza  di  quei  singolari  esercizii.  Sono  mani  o  pugni  ingegnosamente 
incastrati  in  delicate  armature  che  eseguiscono  movimenti  di  piano- 
forte;   sono   articolazioni   irrigidite   che  si  sciolgono,  muscoli  atrofiz- 
.zati  che  si  rinforzauo  ;  piu  in  la  sono  piedi  che  descrivono  evoluzioni 


488  CRONACA 

circolari,  o  gambe  che  simulano  il  movimento  del  velocipede.  Final- 
mente,  alcuni  motori  elettrici,  imprimendo  movimenti  vibratorii  ripe- 
tuti,  eccitano  la  vitalita  anche  di  quelle  parti  malate,  a  cui  non  si 
pud  dar  movimento  con  uno  sforzo  attivo,  ottenendosi  il  moto  con 
una  specie  di  ginnastica  passiva.  Ecco,  in  breve,  che  cos'6  1'  istituto 
chinesiterapico  di  Roma. 

IL 

COSE  ITALIANS 

1.  Lettera  dell'  Episcopate  lombardo  sulla  massoneria  e  sul  socialisino.  — 
2.  Tpionfi  di  fede  a  Firenze  e  Valdarno.  —  3.  Agitazioni,  insubordi- 
nazioni  e  tumulti  nelle  Universita  italiane.  —  4.  Come  gli  studenti 
seguano  1'esempio  dato  dal  liberalismo  politico.  —  5.  Le  societa  catto- 
liche  di  Liguria  e  i  governanti. —  6.  Morte  dell'avvocato  Giuseppe  Tovini. 

1.  Nelle  lotte  interne  d' Italia,  lo  Stato  e  la  Chiesa  esplicano  spesso- 
la  loro  operosita  in  modo  che  apparisca  anche  di  fuori  e  dai  fatti,  non. 
solo  1'  intima  differenza  proveniente  dalla  diversa  natura,  ma  quella 
altresi  che  viene  dal  dissidio  indotto  tra  Chiesa  e  Stato  dalla  rivolu- 
zione.  In  questi  giorni,  per  parte  della  Chiesa,  abbiamo  la  Costitu- 
zione  pontificia  sui  libri,  posta  in  fronte  a  questo  quaderno  ;  una 
sapientissima  lettera  dell'  Episcopate  lombardo  ai  loro  fedeli  sulla  Mas- 
soneria e  sul  Socialismo ;  abbiamo  adunanze  e  feste  religiose  in  To- 
scana  per  opera  del  Card.  Bausa  e  di  Mons.  Camilli.  D'  altra  parter 
per  opera  dello  Stato,  abbiamo  lo  scioglimento  di  qualche  societa 
cattolica  di  Liguria,  il  sequestro  del  Cittadino,  per  aver  provato  che- 
il  liberalismo  e  padre  del  socialismo,  e  la  repressione  violenta  degli 
studenti  socialisti  schiamazzanti  contro  il  Ministro  della  pubblica- 
istruzion^.  Narriamo  i  fatti.  —  I  giornali  milanesi,  1'  Osservatore  Cat- 
tolico  (n.°  18)  e  la  Lega  Lombarda  (n.°  23)  recavano  una  lettera  di: 
tutto  1' Episcopate  lombardo  contro  la  massoneria  e  il  socialismo,  i 
due  mali  piu  giganteschi  che  minacciano  ora  il  mondo  morale.  E  una 
lettera  mirabile  per  chiarezza  e  perspicuita,  per  forza  e  popolarita.  La 
menzionata  lettera  dell'  episcopate  lombardo  tratta  questi  punti  :  La 
Massoneria ;  il  programma  massonico  ;  i  prindpii  naturalistici  ;  i  mas- 
soni  in  buona  fede;  I'encicliche  de'Romani  Pontefici  sulla  Massoneria  ; 

10  seopo  del  socialismo ;   le  conseguenze  dell'idea  sodalistica ;   la  nuova 
schiavitu  che  ne  segue  ;  il  diritto  di  proprietd;  I' Utopia  dell' uguagliama ; 

11  socialismo  e  ateo  ;  Vaffinita  de' socialisti  co'ntassoni  ;  il  cristiano  non 
pud  esser  sociulista ;  doveri  dei  ricchi ;  la  salute  nella  religione.   I  por- 
tavoce  del  liberalismo,  come  L'Opinione  (n.°  26),  effemeride  offlciosa 
governativa,  non  approvarono  se  non  in  parte  quel  grave  documento.. 


CONTEMPORANEA  489 

Si  lamentava  cio&  che  i  cattolici,  nel  combattere  il  socialismo,  non  si 
associno  allo  Stato  che  pur  lo  coiabatte,  si  lamentava  che  i  medesimi 
non  aiutino  lo  Stato  alia  tutela  delle  istituzioni  conservatrici,  le  quali, 
secondo  la  mente  de'liberali,  sono  la  sovranita  popolare,  i  plebisciti, 
il  parlamentarismo,  e,  in  una  parola,  lo  Stato  laico  e  il  diritto  nuovo. 
Ma  sono  lamenti  inutili,  poiche  ai  cattolici  non  basta  di  combattere 
il  socialismo,  volendo  essi  parimente  combattere  le  cause,  racchiuse, 
piu  o  meno,  negli  istituti  liberali.  E  in  ci6  sono  logici  e  procedono 
•con  coerenza  nel  loro  operare ;  laddove  i  liberali,  mancando  di  logica, 
•quando  si  arriva  alle  conseguenze,  non  hanno  altro  modo  di  repri- 
merle  che  la  forza. 

2.  In  Toscana  vi  furono  in  questi  giorni  due  trionfi  della  Fede,  a 
.Firenze  e  a  Valdarno.  II  17  gennaio  si  celebro  nel  duomo  di  Firenze 
lo  stabilimento  della  Lega  contro  la  bestemmia  e  la  profanazione  delle 
feste,  per  opera  del  Card.  Bausa,  Arcivescovo  di  Firenze.  La  mattina, 
non  solo  in  S.  Maria  del  Fiore,  ma  in  tutte  le  altre  chiese,  le  comu- 
nioni  furono  numerosissime.  II  centro  del  trionfo  della  fede  fu  pero 
in  S.  Maria  del  Fiore.  L'eminentissimo  stesso  sail  in  pergamo  ed  an- 
nunzid  la  costituzione  della  lega,  facendo  un  discorso  degno  de'  Padri 
•della  Chiesa,  e  pud  leggersi  per  disteso  nell'  Unita  Cattolica  del  24  gen- 
naio. Nel  pomeriggio  vi  fu  una  solennissima  processione  tra  le  navate  del 
•duomo  fiorentino,  alia  quale  presero  parte  un  duemila  persone,  inentre 
altre  diciottomila  erano  adunate  sotto  e  intorno  la  cupola  del  Brunellesco. 
Notiamo  una  particolarita  che,  minima  all'apparenza,  ci  sembra  grande 
in  realta  ;  cio  6  il  canto  d'una  laude  popolare:  Benedetto  I' alto  nome, 
•che  venne  cantata  alternativamente  dall'orchestra  e  dal  popolo.  Questa 
laude,  narra  il  foglio  cattolico  fiorentino,  composta,  per  istanza  del- 
1'Arciconfraternita  della  Misericordia,  dal  Padre  Mauro  Ricci,  e  mu- 
sicata  dal  maestro  Soldi,  pud  ben  chiamarsi  la  Marsigliese  Cattolica 
per  una  certa  analogia  negli  effetti.  Cantata  con  entusiasmo  da  ben 
ventimila  persone  ieri  sotto  le  maestose  volte  del  tempio  d'Arnolfo, 
produce va  un  effetto  impossibile  a  descriversi.  Diffusa  per  ogni  parte 
dell'  archidiocesi,  specialmente  nei  centri  piu  popolosi,  la  si  canta 
eovente  dagli  operai  nelle  officine,  o  dai  lavoranti  che  tornano  a  casa, 
o  dagli  agricoltori  nei  campi,  invece  degli  inverecondi  stornelli  o 
delle  strofe  socialiste  a  cui  prima  si  abbandonavano.  In  molte  scuole 
infantili  private,  la  si  ripete  poi  ogni  giorno  con  santa  letizia.  Per- 
sone che  non  1'avevano  mai  udita,  nel  sentirla  cantare  in  duomo  da  mille 
«  mille  voci  bene  intonate  e  robuste,  ne  rimasero  addirittura  inebriate. 
—  Da  Firenze  passiamo  a  S.  Giovanni  in  Valdarno,  nella  diocesi  di 
Fiesole.  Ivi  si  tenne  1'adunanza  diocesana  da  Mons.  Camilli,  il  28  gen- 
naio. II  tutto  era  riuscito  a  meraviglia,  se  non  che  una  piccola  so- 
cieta  anticlericale,  aveva  pensato  di  far  vedere  che  era  viva  ;  quindi 


490  CRONACA 

fin  dal  mattino  le  mura  del  paese  erano  state  tappezzate  da  cartellini 
stampati,  che  recavano  :  Viva  Roma  Intangibile!  --  A  Rorna  d  siamo 
e  ci  resteremo.  —  Viva  il  XX  Settembre!  Piu  tardi  si  fece  una  espo- 
sizione  di  tricolor!,  presi  a  nolo  per  la  circostanza.  Quindi,  narra 
YTJnita,  una  ventina  di  cenciosi,  che  fischiavano  da  se  per  la  miseria, 
appostati  accanto  alia  loggia  del  mtmicipio.  quando  Mons.  Vescovo, 
circondato  da  due  fitte  ali  di  popolo,  t'u  ad  essi  vicino,  si  diedero  a 
fischiare.  La  reazione  e  stata  immediata  ed  indescrivibile.  Da  tutta 
la  piazza,  affollata  da  non  meno  di  tremila  persone,  si  alzo  un  poten- 
tissimo  grido  di :  Viva  il  Vescovo!  Evviua  i  cattolici!  Evviva  Leone  XIII f 
Circondato  da'  suoi  figli  fedeli,  Mons.  Camilli,  sempre  in  mezzo  agli 
applausi,  rientro  nella  canonica,  mentre  i  quattro  anticlerical!  conti- 
nuavano  a  fischiare,  dietro  le  spalle  dei  carabinieri,  che  cosi  li  sal- 
vavano  da  qualche  meritatissima  lezione.  L'  entusiasmo  dei  cattolici 
sali  allora  tant'alto,  che,  chiamato  con  applausi  e  viva  interminabili, 
Mons.  Cainilli  dovette  affacciarsi  alia  finestra,  e  mentre  egli  alzava 
la  mano  a  benedire  la  moltitudine,  1'  ovazione  divenne  addirittura 
frenetica.  Erano  mani  e  cappelli  che  si  agitavano,  pezzuole  che  sven- 
tolavano,  grida  ed  applausi  che  andavano  al  cielo.  San  Giovanni  non 
assistette  mai  a  spettacolo  simile. 

3.  La  studentesca  delle  Universita  italiane  e  nuovamente  in  sub- 
buglio,  fin  dal  26  gennaio,  subbuglio  continuato  sino  ai  primi  di  feb- 
braio.  Fischi,  lotte  di  pugni,  interruzione  violenta  delle  consuete  lezioni, 
rottura  di  vetri,  e  volar  di.sedie,  proteste  e  vocio  per  la  citta,  concorso 
della  forza  armata  sono,  in  compendio,  le  solite  delizie  che  regalarono 
al  popolo  italiano  coloro  che  domani  regoleranno  i  suoi  destini.  Sono 
cose  vergognose  ed  indegne,  che  e  pur  necessario  narrare.  Prendiamo 
le  cose  un  po'  dall'alto.  —  II  prof.  Labriola,  nel  discorso  d'apertura 
del  corso  scolastico  in  Eoma,  disse  dinanzi  allo  stesso  Ministro  della 
pubblica  istruzione,  Emanuele  Gianturco,  parole  alquanto  invereconde 
contro  lo  stesso  Ministro  presente,  il  quale  piu  tardi  ne  lo  redargui, 
com'era  giusto.  Era  un  triste  esempio  che  il  Labriola  dava  agli  stu- 
denti  (e  il  liberalismo,  in  generale,  abbonda  di  tali  esempii  che  vengono 
dall'alto).  Inoltre,  1'on.  Gianturco,  quando  sali  al  potere,  disse  che 
avrebbe  con  forza  ridotto  al  dovere  gli  studenti :  espressione  di  cui 
questi  s'erano  adontati.  Finalmente,  all'occasione  che  lo  stesso  Gian- 
turco, il  26  gennaio,  doveva  fare  una  visita  all 'Universita  di  Bologna, 
gli  studenti  socialisti  erano  convenuti  coi  monarchies  che  non  si  fa- 
cessero  applausi ;  ina  i  monarchic!,  mancando  all'  accordo,  si  lascia- 
rono  andare  ad  ovazioni  e  viva  festanti :  Viva  Gianturco!  Viva  il 
Ministro  serio.'Fu  la  scintilla  che  desto  1'incendio.  I  socialisti  allora 
cominciarono  i  fischi  con  grida  di  Viva  Labriola!  Viva  Pa/Maleowi! 
(professore  sospeso  a  Napoli).  Quindi  tentarono  impedir  1'ingresso  del- 


GONTEMPORANEA  491 

1'Oniversita  al  Giantureo,  il  quale,  a  stento,  circondato  da  varii  pro- 
fessor!,  si  pote  aprire  il  varco  nell'Ateneo;  ma  fu  tale  la  ressa  e  il 
tumulto  mentre  egli  era  dentro,  che  questi,  irritato,  fe'  chiamar  le 
milizie  a  reprimere  1'audacia  degli  studenti,  i  quali,  oltre  al  menar 
tra  loro  pugni  e  bastonate,  volevano  impedire  1'  uscita  al  Ministro. 
Narrano  i  fogli  bolognesi,  che  all'apparire  degli  ispettori  e  delegati  colla 
sciarpa,  seguiti  da  varii  carabinieri,  degli  studenti,  altri  volsero  la 
schiena  e  infilarono  la  porticina  che  mette  all'uscita  di  via  Belmeloro, 
altri  retrocedettero  per  1'atrio.  Yenne  loro  intimato  di  sgombrare  anche 
di  la  e  furono  rigettati  fuori  del  portone.  Intanto  erano  accorse  due 
compagnie  di  fanteria  coinandate  dal  capitano  Fomel  del  28°  e  Mo- 
lina del  27.°  Si  dettero  gli  squilli  e  gli  studenti  furono  fatti  retro- 
cedere  fino  a  piazza  del  Comunale  e  a  via  San  Giacomo,  lasciando 
libero  il  tratto  di  strada  davanti  1'Universita.  —  Dopo  questo  fatto, 
dell'  intervento  della  forza  pubblica  nell'  asilo  sacro  agli  studii,  gli 
studenti  ebbero  in  mano  di  che  formare  una  frase  sonora  e  gittarla 
in  mezzo  alle  altre  Universita  per  accendere  i  compagni.  Cio  fu :  — 
La  profanazione  fatta  colle  armi  al  tempio  della  scienza ;  —  e  non  pen- 
sarono  che  la  profanazione  veniva  dalle  loro  impertinenze,  non  da  chi 
rimetteva  1'ordine.  In  quasi  tutte  le  universita  allora,  la  studentesca, 
che  ama  far  chiasso,  comincio  a  tumultuare,  seguendo  1'esempio  del 
colleghi  di  Bologna.  A  Eoma  poi  essa  si  e  segnalata  sopra  tutte  le  al- 
tre per  tumulti  e  stravaganze,  coonestandole  con  frasi  rettoriche  sulla 
liberta  della  scienza  e  del  pensiero,  mentre  trattavasi  solo  di  fischi, 
rottura  di  vetri  e  chiassi  di  gente  spensierata.  Certo,  nessun  pro- 
fessore  avrebbe  mutato  le  sue  idee  filosoflche  e  letterarie  perche  la 
milizia  frenava  i  disordini  studenteschi.  II  male  e  che  anche  i  pro- 
fessori  non  ebbero  una  condotta  coerente,  poiche  alcuni,  troppo  ligi 
agli  studenti,  dichiararono  di  non  voler  continuare  le  lezioni,  finche 
le  milizie  erano  dentro  il  recinto  dell'universita,  laddove  altri  accet- 
tarono  di  far  lezione.  Anche  1'  autorita  giudiziaria  voile  entrare  in 
grazia  degli  studenti,  lasciando  liberi  alcuni  di  loro  arrestati  e  di- 
chiarandoli  innocenti.  E  pensare  che  ne'  cosi  detti  tempi  di  tirannide, 
bastava  1'autorita  morale  del  corpo  accademico  per  far  rigar  diritto  gli 
studenti,  laddove  in  tempi  detti  di  liberta  si  devono  chiamare  in  aiuto 
le  baionette  e  le  pistole !  Bella  lezione  che  da  il  tempo  galantuomo 
a  chi  segue  i  fatti  contemporanei.  In  fatti,  in  mezzo  al  tafferuglio 
de'  soldati  e  studenti,  uno  di  questi  esclamo  qui  in  Eoma :  Nemmetio 
sotto  il  governo  de'  preti,  accadeva  questo,  e  altri  a  rispondere :  Viva 
il  Papa! 

4.  A  dare  ai  posteri  e  lontani  un  esempio  del  come  gli  studenti 
abbiano  imitate  bene  gli  esempii  che  loro  diedero  i  capi  della  rivo- 
luzione  italiana,  rechiamo  questi  cosi  detti  ordini  del  giorno  delle 


492  CRONACA 

varie  studentesche.  Questo  e  d'uno  studente  di  Napoli :  « In  un  mo- 
mento  solenne,  come  questo,  trattandosi  di  protestare  contro  un  Mi- 
nistro  che  vuole  imitare  i  Borboni,  rendendosi  responsabile  di  violazioni 
e  di  sospensioni;  noi,  rappresentanti  del  primo  ateneo  d'ltalia,  dichia- 
riamo  decaduto  il  Ministro.  Vinvito  a  votare  un  ordine  del  giorno 
chiedente  le  dimissioni  di  Gianturco  e  del  rettore  Semeraro,  e  affer- 
mante  che  nessuno  studente  d'ltalia  rientrera  nell'Universita,  se  non 
quando  saranno  riammessi  i  colleghi  espulsi. »  Son  cose  ainene.  Gli 
studenti  di  Messina  dicono :  «  Gli  studenti  dell'Universita  di  Messina, 
protestando  contro  Pinvasione  nelle  aule  universitarie  da  parte  della 
questura,  con  viva  simpatia  per  gli  studenti  romani  e  bolognesi,  si  asten- 
gono  con  la  massima  serieta  dalle  lezioni,  finche  un  questurino  rimarra 
in  nna  Universita  italiana.  »  Gli  studenti  di  Roma:  «Gli  studenti 
dell'Universita  romana,  di  fronte  alle  umilianti  acclamazioni  di  pochi 
giovani  al  Ministro  reazionario,  riaffermano  la  loro  fede  tenace  nella 
liberta  della  scienza,  primo  cardine  della  liberta  civile  e  pratica  di 
un  popolo,  e  rendendosi  solidali  con  i  compagni  di  Bologna  e  di  Na- 
poli, protestano  contro  la  chiusura  ingiustificata  dell'Ateneo  di  Eoma.  » 
II  capolavoro  poi  di  questa  tragicommedia  e  1'appello  fatto  al  popolo, 
a  questo  popolo,  che  si  aspetta  ben  altro  da  coloro  che  si  dovrebbero 
preparare  con  piu  gravita  a  regolare  un  giorno  le  sue  sorti.  «  Cittadini 
(dicono)  in  Italia,  dove  ancora  risuona  1'eco  delle  grida  dei  morti  per 
la  liberta,  anche  1'ultimo  baluardo  della  liberta,  quella  dell'insegna- 
mento,  e  stato  violate  (non  molto  dissimili  sono  le  sctise  de'  raga%zi 
del ginnasio,  puniti  dai  maestri).  Perche  noi  ci  rendemmo  solidali  coi 
compagni  di  Bologna,  la  polizia  ha  preso  il  posto  degli  studenti  e 
1'Universita  si  e  tramutata  in  una  camera  di  sicurezza.  Noi  non  sen- 
tiamo  il  bisogno  di  giustificare  la  nostra  spontanea  ribellione,  ma  chie- 
diamo  soltanto  che,  mentre  altre  volte  voi  cittadini  siete  stati  contro 
di  noi,  anche  quando  1'autorita  scolastica  era  dalla  parte  nostra,  questa 
volta  invece  che  la  liberta  e  stata  sopraffatta  dalla  forza  brutale  (?) 
vi  chiediamo  di  sorreggerci  nella  lotta  che  abbiamo  intrapresa.  Poich& 
oggi  che  noi  ci  ribelliamo  ad  un  Ministro  reazionario,  che  puntella 
le  cattedre  colle  baionette,  noi  non  trovammo  altro  modo  di  protesta, 
quando  il  Rettore  e  molti  professori  non  seppero  tutelare  non  solo  i 
nostri  ma  neppure  i  loro  diritti.  Fino  a  che  la  polizia  avra  autorita 
di  invadere  le  aule  e  d'imporsi  agli  insegnanti,  noi  non  potremo  ascol- 
tarli  con  animo  calmo,  nel  dubbio  che  la  loro  parola  possa  essere  ispi- 
rata  dal  timore.  (Gli  scrupoli  del  tarlo!)  Nella  ribellione  della  nostra 
coscienza  non  permetteremo  che  solo  alcuni  compagni,  colpevoli  come 
noi,  se  pure  vi  e  colpa,  rimangano  puniti,  noi  ci  dichiariamo  solidali 
con  loro :  o  tutti  puniti  o  tutti  nella  libera  scuola.  >  —  Ecco  un  pezzo 
di  storia,  da  cui  molto  si  potra  imparare. 


CONTEMPORANEA  493 

5.  Aleun   tempo   fa,  rimproverato   il   March.  Di   Rudini   d'essere 
troppo  indulgente  coi  cattolici  alias  «  clerical!  »,  rispose  che  per  lui 
sodalisti  e  clericali  erano  tutt'uno,  e  che  all'uopo  saprebbe  tenerli  a 
freno  ugualmente.  Yedemmo  gia  lo  scioglimento  de'  Circoli  sodalisti. 
Or  ecco  in  Liguria  un  piccolo  colpo  anche  ai  clericali.  La  cosa  e  nar- 
rata  dal  Letimbro  di   Savona.  II   sottoprefetto   chiamo  a  s§   il  Conte 
Carlo  Naselli  Feo  e  il  sig.  Carlo  Tissoni,  quali  capi  de'  cattolici,  cice 
«  cleticali  »  savonesi;  e  fatta  professione  di  cattolicismo,  li   ammoni 
paternamente  a  lasciar  le  idee  clericali   e   ridivenir   buoni    cattolici, 
come  prima,  rimproverandoli  che  col  Letimbro  e  colla  Croce  spargevano 
principii  contio  1'unita  d'  Italia  e  coi  comitati  parrocchiali  suscitavano 
la  guerra  civile.  «  Aggiunse,  dice  quel  giornale,  che  il  Governo  e  per 
esso  i  suoi  rappresentanti,  non  potendo  tollerare   questo   movimento 
insurrezionale  dei  clericali,  avrebbero  preso  dei  provvedimenti ;  esser 
quindi  conveniente  che  i  clericali  ritornino  i  cattolici  di  qualche  anno 
addietro,  e  cosi  facendo,  invece  di  minacce,  avranno  ancora    la  pro- 
tezione  dell 'au  tori  ta  politica  e  quindi  anche  del  sottoprefetto.  I  nostri 
amici,  dopo  di  aver  dimostrate  prive  di  fondamento  le  accuse  del  sotto- 
prefetto, a  nome  proprio,  di  tutti  i  cattolici  (pardon)  clericali   savo- 
nesi, dichiararono   che,  come   nulla   mutarono   per   1'addietro,   nulla 
hanno  da  mutare  per  1'avvenire  nell'esplicazione  del  loro  programma 
politico  e  religiose  e  nella  manifestazione  dei  loro  principii.  Per  quanto 
riguarda  il  nostro  giornale,  approviaino  e  ripetiamo  quanto   i   nostri 
amici  dichiararono  al  sottoprefetto :  aggiungiamo  solo  che  se  qualche 
parola  o  frase  nella   forma   pud   non   garbare   al   sottoprefetto,  come 
quella  di  clericali  per  cattolici,  come  la  presa  di  Roma,  invece  di  in- 
gresso  trionfale  in  Roma,  la  spoliazione  dei   conventi   e   delle   chiese 
invece  di  incctmeramento,  noi  procureremo  di  accontentarlo,  anzi  in- 
vitiamo  tutti  quanti  ci  onorano  dei  loro  scritti  a  ricordare  ed   usare 
sempre  i  nuovi  vocaboli,  che  sottolineeranno.  »  Questo  a  Savona.  A 
Geneva  poi,  narra  il  Cittadino,  che  quel  regio  prefetto  ha  fatto  scio- 
gliere  la  societa   cattolica   di  Yobbia  (Crocefieschi),  perche,  si   dice, 
eserdtava  indebite  pressioni  nelle  elezioni  amministrative  e  politicke,  in- 
timidendo  gli  awersarii  con  lettere  minatorie  minacce.  0  che  dignitosa 
coscienza  e  netta  quella  del  Prefetto  di  Genova!  Se  le  colpe  de'  cat- 
tolici di  Yobbia  sono  fondate,  egli  e  davvero  degno  d'essere  nominato 
ispettore  generale  delle  prossime  elezioni  politiche,  affinche  tutti  gli 
elettori  dieno  liberamente   il   loro  voto   senza   raggiri  e  inganni   per 
parte  degli  eligendi :  impresa  che,  se  riesce,  supeTera  in  gloria  tutte 
le  fatiche  di  Ercole  che  conta  la  mitologia.  —  Del  resto,  sapete  qual 
fu,  amici  lettori,  il  delitto  di  quel  Circolo  cattolico?  Non  altro  che 
quello  di  fare  osservare  il  divieto  pontificio  per  le  elezioni  politiche. 
6.  Nella  notte  del  16  gennaio  spegnevasi  in  Brescia  un  uomo  che 


494  CRONACA 

compiutamente  rappresentava  in  se  stesso  la  vita  del  laico  cattolico, 
quale  deve  essere  in  Italia,  tra  le  classi  dirigenti,  per  corrispon- 
dere  alle  necessita  civili  e  religiose  dell'  ora  presente.  —  L'Avvo- 
cato  Giuseppe  Tovini  aveva  appena  55  anni,  essendo  nato  in  Civi- 
dale  Alpino,  nella  Provincia  di  Brescia,  il  14  marzo  del  1841;  ma  la 
sua  complessione  era  stata  indebolita  siffattamente  dall'eccessivo  la- 
Toro,  che  pur  troppo  in  questi  ultimi  anni  e  i  parenti  e  i  numerosi 
amici  furono  in  continua  trepidazione  per  la  sua  preziosa  esistenza. 
Preziosa  davvero  al  cospetto  di  Dio  e  degli  uomini ;  perche  la  fede 
del  defunto  fu  sempre  pura  ed  incrollabile :  sopra  tutto  essa  fu  una 
fede  attiva,  che  gli  fece  seminare  di  opere  meravigliosamente  belle  il 
suo  cammino.  Dalla  fede,  che  negli  anni  giovanili  gl'infuse,  tra  in- 
dicibili  dolori,  la  costanza  in  lottare  per  la  vita  sua  e  de'  suoi  fra- 
telli,  rimasti  orfani,  il  Tovini  trasse  in  fino  all'iiltimo  respiro  altresi 
la  luce  che  1'  irradio,  rendendolo  sopramrnodo  stimato  non  pure  ai 
cattolici,  ma  altresi  agli  avversarii.  Quindi  i  suoi  funerali  furono  un 
trionfo.  Di  lui  parlarono  e  scrissero  con  ammirazione  sincera  gli  uomini 
delle  piu  opposte  opinioni,  compreso  il  Zanardelli  che  in  citta  e  pro- 
vincia  di  Brescia  fu,  pud  dirsi,  il  suo  antagonista;  e  dimostrossi 
cosi  un'altra  volta  a  luce  meridiana,  che  il  carattere,  temprato  sal- 
damente  alia  prpfessione  del  cattolicismo  papale,  e  in  Italia  titolo 
d'onore  riconosciuto  da  tutti,  laddove  gli  altri  titoli  svaniscono  nel- 
1'infamia  o  nell'oblio.  —  II  Tovini  era  Commendatore  pontificio,  noto 
e  carissimo  al  Santo  Padre,  che  ne  pianse  con  tutta  1'Italia  cattolica 
la  perdita,  perche  1'  insigne  laico  bresciano,  emulo  delle  virtu  del  suo 
concittadino  il  Venerabile  Luzzago,  portava  nell'azione  cattolica  e  spe- 
cialmente  nell'  Opera  dei  Congressi,  di  cui  era  vice  presidente,  insieme 
colla  sapienza  dei  consigli,  anche  lo  splendore  degli  esempii,  1'elo- 
quenza  della  parola,  1'efficacia  dell'  impulso.  Non  ci  dimenticheremo 
'  mai  d'aver  visto  piu  volte  le  lacrime  spuntare  sul  ciglio  di  venerandi 
Yescovi,  commossi  in  udire  il  Tovini  eccitare  dalla  tribuna  dei  Con- 
gressi specialmente  i  giovani  a  cercare  nella  santa  Comunione  la  forza 
di  vivere  e  di  combattere  cattolicamente,  assicurandoli  che  in  ogni 
difficolta  essa  era  stata  ognora  il  secreto  delle  sue  proprie  vittorie. 
L'  istituzione  dell' Opera  per  la  difesa  della  fede  nelle  scuole  fu  suo  pen- 
siero  e  sovra  le  altre  innumerevoli,  d'  indole  professionale,  economica, 
religiosa,  sociale,  amministrativa,  in  un  colle  sollecitudini  domestiche 
di  ottimo  padre  e  marito,  sua  cura  prediletta.  Noi  perd,  dal  canto 
nostro,  desideriamo  ardentemente  che  quanti  in  Italia  mostrarono  il 
proposito  di  perennare  la  memoria  di  Giuseppe  Tovini  si  adoperino  a 
conservare  ed  a  dilatare  quell'opera,  perche  essa  un  giorno  sara  an- 
che la  gloria  piu  fulgida  del  suo  noine. 


CONTEMPORANEA  495 

III. 

COSE  STRANIERE 

A.USTRIA.-UN&HERIA.  (Nostra  Corrispondenza),  1.  Movimento  cattolico 
—  2.  Elezioni  per  le  Diete  provinciali.  —  3.  Parlamento  austriaco ;  di- 
scussioni ;  scioglimento  del  Consiglio  dell'  impero  ;  condizione  dei  par- 
titi  parlamentari  alia  chiusa  del  periodo  leirislativo.  —  4.  Nuove  ele- 
zioni  general!;  agitazione  elettorale ;  mene  dei  socialist!  democratici  ; 
apertura  delle  Diete  provinciali. 

1.  Volendo  ricapitolare  il  pin  comisamente  possibile  la  cronaca 
degli  ultimimesi,  conviene  assegnare  cronologicamente  il  primo  posto  ai 
numerosi  congress!  cattolici,  coavocati  nelle  diverse  province  dell'  Im- 
pero, di  qua  e  di  la  dal  Leitha.  I  pid  important!,  che  vogliono  per 
se  un  cenno  particolare  furono  :  il  IV  congresso  generale  dei  catto- 
lici austriaci  aperto  a  Salisburgo  il  31  agosto  e  chiuso  il  3  settembre; 
il  congresso  generale  dei  cattolici  ungaresi  a  Budapest ;  e  finalmente 
il  I  congresso  internazionale  antimassonico  di  Trento.  II  primo  riusci 
tanto  splendidamente  per  concorso  numeroso  e  scelto  e  per  bella  con- 
cordia  da  superare  ogni  aspettazione,  tanto  piu  se  vuolsi  tener  conto 
dei  mali  umori,  che  erano  scoppiati  nell'ultimo  congresso  di  Vienna. 
V'accorse  il  fiore  della  prelatura  e  della  nobilta  cattolica  di  tntta 
1'Austria,  un  bel  drappello  di  deputati  cattolici  al  Parlamento  e  di 
studenti  cattolici  delle  universita,  e  molti  personaggi  illustri  per 
scienza  e  pieta,  fra  i  quali  il  celebre  padre  Abel  e  il  P.  Kolb  d.  C.  d.  G. 
II  conte  Thun,  luogotenente  della  provincia,  portd  in  nome  del  Gk>- 
verno  un  saluto  al  congresso,  che  come  vedremo  piu  sotto  ebbe  uno 
strascico  in  Parlamento.  L'episcopato  austriaco  accrebbe  importanza 
a  questo  congresso,  inviandogli  una  lettera  collettiva,  nella  quale 
inculcavasi  sopra  tutto  la  fedelta  alia  Chiesa,  la  difesa  de'  suoi  diritti 
divini  e  della  sua  liberta,  inceppata  dal  potere  civile,  il  quale  per 
principio  la  tiene  sotto  tutela.  Vi  si  tratto  della  condizione  del  Santo 
Padre,  dell'universita  cattolica  da  fondare,  della  questione  scolastica 
sociale  ed  agraria,  della  stampa  cattolica  e  dell'azione  antimassonica. 
Assai  pratiche  risoluzioni  vennero  proposte  ed  approvate  circa  la  que- 
stione operaia,  e  circa  i  mezzi  di  salvare  1'arte  cristiana  dalla  deca- 
denza,  cagionata  dall'  ignoranza  dei  committenti  e  dai  mestieranti 
speculator!,  sostituitisi  ai  veri  artisti. 

Verso  la  meta  d'agosto  si  raccolsero  pure  a  Budapest  i  rappresen- 
tanti  di  tutte  le  societa  cattoliche  dell'  Ungheria,  sotto  la  presidenza 
del  conte  Nicolo  Maurizio  Esterhazy,  il  quale  con  eloqueute  arringa 
infiammo  i  suoi  connazionali  a  resistere  virilmente  allo  scristianeg- 
giamento  del  regno  di  S.  Stefano.  Del  congresso  antimassonico  inter- 


496  CRONACA 

nazionale,  tenuto  a  Trento  agli  ultimi  di  settembre,  si  occupd  a  suo 
tempo  la  direzione  di  codesto  periodico  tanto,  che  ben  poco  resterebbe 
da  soggiungere  al  vostro  corrispondente  su  tale  argomento,  anche  se 
la  inateria  accumulatasi  in  parecchi  mesi  di  silenzio  non  lo  costrin- 
gesse  ad  affrettare  il  suo  cammino. 

II  movimento  cattolico  in  quest'ultimo  scorcio  si  manifestd  pi  ft 
vivace  del  solito  anche  nelle  adunanze  frequenti  della  fiorentissima 
«  Leo-gesellschaft  »  e  della  societa  per  la  fondazione  d'una  universita 
cattolica  a  Salisburgo  ;  nelle  riunioni  promosse  dai  cristiani-sociali  di 
Vienna  anche  per  le  donne  cattoliche,  e  delle  associazioni  scolastiche 
d'ogni  genere  ;  e,  finalmente  nel  rapido  progredire  delle  societa  ope- 
raie  cattoliche,  nelle  diverse  province,  segnatamente  nella  Stiria  e 
nel  Tirolo,  dove  i  socialisti  anarchici,  diretti  da  caporioni  di  Vienna 
e  di  Berlino,  fanno  una  propaganda  indiavolata.  Notevole  &  il  risve- 
glio  cattolico  nella  Boemia,  dove  in  mezzo  al  fiottare  delle  lotte  na- 
zionali  e  della  setta  neo-ussitica  la  societa  cattolica  di  Praga  trovo 
modo  di  assicurare  per  1'anno  corrente  la  pubblicazione  d'un  nuovo 
giornale  cattolico  in  lingua  czeca  e  di  promuovere  1'unione  fra  i 
maestri  cattolici;  mentre  d'altra  parte  i  cristiani-sociali  di  Vienna, 
venehdo  in  aiuto  ai  cattolici  di  Bpemia,  scesero  anche  cola  risoluti 
in  campo  contro  i  tedeschi  nazionali  del  parti  to  schoneriano,  e  contro 
il  socialismo  ebraico-democratico.  Finalmente  nella  Galizia  orientale 
i  cattolici  ruteni,  sotto  la  condotta  del  loro  metropolita  Card.  Sem- 
bratovic,  gettarono  le  basi  di  un  nuovo  partito  cattolico  nazionale  ; 
e  qualche  tentative  venne  pur  fatto  per  ricondurre  alPunita  cattolica 
i  numerosi  dissidenti  greci  ed  armeni  della  Bukowina.. 

2.  Contemporaneamente,  a  questo  movimento  religiose  ando  in- 
trecciandosi  1'agitazione  politica  per  le  Diete  provincial].  In  complesso 
i  cattolici  mantennero  la  loro  preponderanza  dove  1'avevano,  come 
nel  Tirolo,  nel  Salisburghese  e  nell'Austria  superiore;  e  qui  e  cola 
guadagnarono  qualche  seggio,  od  uscirono  con  onore  dalle  prime  bat- 
taglie,  come  nella  Moravia  e  nella  Carintia.  Ma  il  trionfo  piu  segna- 
lato  fu  quello  riportato  nell'Austria  inferiore  dai  cristiani-sociali  del 
Dr.  Lueger,  contro  il  vecchio  partito  giudaico  liberale  finora  preva- 
lente,  e  contro  i  tedeschi  nazionali  schuneriani  del  colore  della  Ost- 
deutsche-Rundschau.  II  partito  cristiano-sociale  od  antiliberale,  gia 
vincitore  nelle  elezioni  comunali  della  capitale  e  padrone  assoluto  nel 
consiglio  municipale  di  Vienna,  non  pote  darsi  riposo,  finche  non  gli 
venne  fatto  d'  impadronirsi  anche  della  maggioranza  della  Dieta  pro- 
vinciale  dell'Austria  inferiore,  dove  i  liberali  della  piii  bell'acqua 
avevano  sempre  tenuto  il  mestolo  da  anni  e  auni.  In  tutti  i  collegi 
rurali  non  pote  spuntare  che  un  solo  liberale,  e  21  mandato  caddero 
nelle  inani  degli  antiliberali.  Ma  il  colmo  della  vittoria  antiliberale 


CONTEMPORANEA  497 

fu  la  strepitosa  elezione  del  Dr.  Lueger  nella  cittadella  stessa  del  se- 
mitismo,  vale  a  dire  nella  Leopoldstadt,  quartiere  della  capitale  po- 
polato  quasi  per  intero  da  ebrei,  una  piccola  nuova  Gerusalemme.  Fu 
questo  il  vero  colpo  di  grazia  al  liberalismo  giudaico  Viennese,  orinai 
cacciato  in  bando  dall'iiltimo  suo  seggio,  e  Dio  lo  voglia  per  sempre. 
Pur  troppo  verso  la  meta  di  gennaio  il  Dr.  Lueger  sotto  il  peso  di 
tante  fatiche  durate  accorrendo  giorno  e  notte  dappertutto,  sempre 
sulla  breccia,  per  organizzare  il  partito  e  dirigere  1'agitazione  eletto- 
rale,  cad'de  gravemente  ammalato,  facendo  temere  per  la  sua  vita ; 
ma  riavutosi  ben  presto  trovasi,  mentre  scrivo,  gia  entrato  in  conva- 
lescenza.  Guai  se  quest'uomo  venisse  a  mancare  cosi  presto  alia  di- 
rezione  del  partito  antiliberale ;  nessuno  degli  altri  capi  cristiani  so- 
ciali  varrebbe  a  surrogarlo. 

3.  II  1  ottobre  venne  riconvocato  il  parlamento  austriaco.  I  lavori 
parlamentari  continuarono  per  alcuni  mesi  con  rnaggior  tranquillita 
dell'usato,  non  venendo  interrotti  come  in  passato  dal  clamore  delle 
lotte  nazionali.  Yennero  presentate  alia  discussione  molte  proposte,  ed 
approvate  parecchie  leggi,  improntate  ad  un  sisterna  di  sagge  riforme 
sociali  nel  campo  del  commercio,  dell'  industria  e  dell'agricoltura,  con- 
tro  i  giuochi  di  Borsa,  contro  i  contratti  fraudolenti  d'invenzione  giu- 
daica,  per  la  riforma  del  sistema  tributario  e  del  regolamento  eletto- 
rale,  eccetera :  leggi  tutte  in  genere  favorevoli  ad  un  miglioramento 
nelle  condizioni  delle  classi  piu  povere  e  degli  operai.  Per  quanto 
debba  essere  rapido  questo  sguardo  retrospettivo  all'ultiina  sessione 
parlamentare,  alcuni  episodi  della  medesima  vogliono  essere  rilevati 
particolarmente  per  la  loro  importanza  politica  e  religiosa. 

II  ministro  della  difesa  del  paese,  conte  Welsersheimb,  essendosi 
toccato  del  duello  fra  ufficiali  e  della  Eeligione  nell'esercito,  ebbe  a 
dichiararsi  abbastanza  esplicitamente  contrario  al  barbaro  costume  del 
duellanti,  senza  tuttavia  accennare  a  provvedimenti  piu  energici  di  re- 
pressione.  Quanto  alia  religiosita  dei  soldati,  riconoscendonelanecessita, 
ne  deploro  la  mancanza,  attribuendone  pero  la  colpa  piu  che  alia  di- 
rezione  dell'esercito  all'  indirizzo  irreligioso  generale  della  societa  ci- 
vile (e,  poteva  aggiungere  anche,  alia  scuola  laica,  imposta  dalle  leggi 
dello  Stato).  Conchiuse,  clando  notizia  di  una  ordinanza  inviata  dal 
ministero  della  guerra  a  tutti  i  comandi  territoriali,  la  quale  impone 
di  lasciare  libera  la  mattina  dei  giorni  domenicali  e  festivi  ai  soldati 
ed  alle  reclute,  affinche  possano  assistere  alia  s.  Messa.  Se  non  che, 
chi  un  tantino  conosca  i  principii  religiosi  professati  in  genere  dagli 
ufficiali  e  graduati  militari  del  nostro  esercito,  pud  facilmente  preve- 
dere,  che  questa  lodevole  ordinanza  ministeriale  riiuarra  in  gran  parte 
lettera  morta,  e  cadra  ben  presto  in  dimenticanza. 

Contro  la  facolta  teologica  dell'universita  di  Innsbruck,  una  delle 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1120.  32  13  feblralo  1397. 


498  CRONACA 

pill  fiorenti  di  Europa,  frequentata  da  student!  d'ogni  nazione,  per- 
sino  d'America  e  d'Australia,  venne  presentata  una  proposta  del  D' 
Suess,  noto  liberale  impenitente,  la  quale  mirava  a  strappare  quella 
facolta  alle  inani  dei  padri  Gesuiti,  che  la  tengono  con  tanto  lustro 
della  scienza  e  della  Religione.  Ma  essi  trovarono  una  strenua  difesa 
nei  deputati  cattoli-n  del  Tirolo  e  di  Salisburgo,  i  quali  notarono  fra 
1'altro,  come  i  professori  gesuiti  d'Innsbruck,  sebbene  superior!  per 
scienza  a  tanti  altri,  pure  si  contentano  di  un  onorario  di  f.  1050  per 
cadauno,  mentre  a  ciascuno  de'  professori  delle  altre  facolta  teolo- 
giche  austriache  si  accorda  la  paga  di  fiorini  3200.  La  proposta  Suess 
cadde  col  meritato  scorno  del  proponente. 

Una  grossa  tempesta  fu  sollevata  nella  Camera  dal  saluto  che  il 
conte  Thun,  luogotenente  di  Salisburgo,  porto  a  nome  del  Governo 
al  congresso  cattolico  adunatosi  nella  stessa  citta,  ed  un  discorso  di- 
retto  ad  una  riunione  di  maestri  cattolici  dal  capitano  distrettuale  di 
Feldkirch  nel  Vorarlberg,  a  favore  della  scuola  confessionale.  Contro 
il  primo  fioccarono  nella  Camera  le  interpellanze  al  presidente  Ba- 
deni,  fra  le  quali  una  del  conte  Kuenburg,  capo  della  sinistra  libe- 
rale tedesca.  Eispose  il  Badeni,  ammettendo  il  fatto,  e  giustifican- 
dolo  con  esempi  analoghi,  e  coi  riguardi  dovuti  all' importanza  di 
quel  congresso ;  affrettossi  tuttavia  ad  aggiungere,  che  il  Governo 
per  quel  saluto  non  intendeva  di  appro vare  tutte  le  deliberazioni 
prese  in  quell 'assemblea  (fra  quelle  ce  n'era  una  risguardante  1'in- 
dipendenza  del  Sommo  Pontefi.ce,  e  la  questione  romana)  conchiu- 
dendo,  che  di  risentimento  da  parte  di  qualche  potenza  estera  non 
era  neppur  da  parlare.  Naturalmente  gli  interpellanti  rimasero  poco 
soddisfatti  di  tale  risposta,  ancorche  essa  fosse  stata  circondata  da 
tante  riserve,  che  non  soddisfece  del  tutto  nemmeno  i  conservator! 
nella  Camera  e  fuori ;  sicche  il  giorno  dopo  il  Kuenburg  torno  all'as- 
salto,  chiedendo  fosse  aperta  la  discussione  sulla  risposta  del  mini- 
stro.  Ma  la  maggioranza  non  ne  voile  sapere,  e  la  cosa  fini  in  un 
nuovo  fiasco  della  sinistra  liberale.  E  calo  finalmente  il  sipario  sul 
dramma,  con  un  comunicato  ufficioso  del  Fremdenblatt,  nel  quale  affer- 
mavasi,  che  1'incidente  accennato  aveva  formato  a  suo  tempo  oggetto 
di  una  conversazione  fra  il  cancelliere  Golukowski  e  1'  ambasciatore 
Nigra,  cui  erano  state  date  tali  spiegazioni,  da  escludere  ogni  man- 
canza  di  riguardo  verso  la  potenza  arnica  ed  alleata. 

Circa  un  mese  dopo,  appena  sedata  questa  burrasca,  ne  scoppid 
un'altra,  a  proposito,  come  si  e  detto,  del  discorso  tenuto  dal  conte 
Schaffgotsch  alia  seduta  inaugurale  di  una  societa  fra  maestri  catto- 
lici. Ecco  il  fatto.  Dopo  aver  deplorato,  che  la  revisione  delle  leggi 
scolastiche  sia  stata  finora  impedita  dalle  tristi  condizioni  parlamen- 
tari,  il  prelodato  sig.  conte  prosegui  osservando,  che  tuttavia  la  re- 


CONTEMPORANEA  499 

stituzioue  del  carattere  confessionale  e  dell'educazione  religiosa  nella 
scuola  poteva  essere  raggiunta  per  altre  vie,  adoperandosi  special- 
mente  perche  il  ceto  magistrale,  d'accordo  col  clero  cattolico,  educhi 
nella  fede  cattolica  i  fanciulli  che  gli  sono  affidati,  e  per  mezzo  di 
associazioni  private  facciasi  tutto  il  possibile  per  ottenere  cio,  che 
mediante  la  legislazione  intanto  non  si  puo  ottenere.  E  conchiuse 
dicend6:  «  Ecco  perche  io  vi  saluto.  Anch'io  fui  educate  nella  reli- 
gione,  in  cui  foste  educati  tutti  voi ;  eppero  io  spero  che  intende- 
remo  sempre  d'accordo  agli  scopi  comuni.  Dovrei  rinnegare  la  mia 
educazione  e  insieme  la  tradizione  della  mia  famiglia,  se  su  cio  io 
volessi  da  voi  dissentire.  Terminando  ve  Io  ripeto  ancora  una  volta, 
che  noi  c' incontriamo  ne'  principii  cattolici,  ed  aggiungo  che  pre- 
sentemente  il  Governo  non  poggia  su  d'una  base  avversa  ai  vostri 
intendimenti,  essendo  passati  i  tempi  nei  quali  predominavano  altre 
correnti,  eccetera.  * 

Tanto  basto  perche  i  giornali  liberali  d' Innsbruck  e  di  Vienna 
vedessero  la  patria  in  pericolo,  e  dessero  fiato  alle  trombe  di  guerra 
contro  il  temerario,  che  aveva  osato  porre  le  mani  profane  sul  sacro 
palladio  della  eivilta  moderna,  che  e  la  scuola  laica  o  non  confes- 
sionale «  la  piu  preziosa  conquista  del  secolo  nostro !  »  Tantosto  nel 
Parlamento  la  sinistra  liberale  tedesca,  quantunque  ridotta  al  lumi- 
cino,  si  lev  6  -tutta  in  arme,  rovesciando  sul  presidente  Badeni  una 
serqua  d'interpellanze,  1'una  piu  rabbiosa  dell'altra,  intorno  al  «  grande 
avvenimento  > .  E  il  povero  Badeni,  il  quale  nella  risposta  all'inter- 
pellanza  sull'affare  del  congresso  cattolico  di  Salisburgo  aveva  dato 
il  suo  bravo  colpo  al  cerchio  in  senso  piuttosto  favorevole  ai  cattolici, 
affrettossi  a  calarne  un  altro  sulla  botte,  rendendo  piena  ragione  ai 
liberali  della  pinistra,  e  guadagnandosene  gli  applausi  riconoscenti. 
Premessa  infatti  qualche  riserva  circa  1'esattezza  del  fatto  a  lui  noto 
soltanto  dai  giornali,  disapprove  nel  modo  piu  deciso  il  contegno  del 
capitano  conte  Schaffgotsch,  biasimandone  il  discorso  anche  nel  suo  con- 
tenuto,  e  dichiarando  che  avrebbe  preso  tutti  i  provvedimenti  necessarii 
ad  impedire  in  appresso  la  ripetizione  di  simili  casi.  E  cosi  la  civilta 
fu  salva ;  ma  di  siffatta  risposta  rimasero  poco  soddisfatti  i  deputati 
cattolici  della  Camera,  che  ne  presero  occasione  per  ripetere  con 
maggior  forza  le  loro  richieste  per  la  revisione  della  legge  scolastica. 
Di  che  adombrossi  un'altra  volta  la  sinistra  liberale,  e  il  consigliere 
antico  D.r  Beer,  padre  dell'attuale  legislazione  scolastica  (teste  innal- 
zato  all'onore  di  sedere  nella  nostra  Camera  dei  Pari)  interpello  il 
Governo,  se  era  vero,  che  esso  avesse  in  mente  di  secondare  le  aspi- 
razioni  dei  clerical!  per  la  riforma  della  legge  scolastica.  E  il  conte 
Badeni,  pigliato  un'altra  volta  fra  1'uscio  e  il  muro,  se  la  cavo  uscen- 
done  pel  rotto  della  cuffia,  con  una  risposta  da  marchexe  Colombi. 


500  CRONACA 

Ho  stimato  opportune  spendere  qualche  parola  intorno  a  quest!  epi- 
sodii  parlamentari,  perche  Paccorto  lettore  sia  in  grado  di  inferirne 
da  se  quali  sieno  le  condizioni  del  nostro  Governo  e  del  nostro  par- 
lamento,  e  del  cattolici  in  riguardo  all'uno  e  all'altro. 

Del  resto  lo  sfacelo  de'  partiti  parlamentari  ando  crescendo  con 
moto  accelerate,  quanto  piu  la  Camera  veniva  avvicinandosi  al  suo 
scioglimento  finale.  Venne  notato  un  ravvicinamento  fra  il  Bddeni  ed 
i  Giovani  Czechi,  i  quali,  a  quanto  si  va  buccinando,  avrebbero  otte- 
nuto  in  premio  della  loro  docilita  la  promessa  di  parecchie  importanti 
concessioni,  circa  1'introduzione  della  lingua  czeca  come  lingua  d'ufficio, 
circa  1'erezione  di  nuove  scuole  superior!  czeche,  ed  in  genere  circa 
altre  riforme,  adatte  a  spianare  la  via  ad  uno  scioglimento  della  que- 
stione  boema.  E  prescindendo  da  qualche  attrito  fra  Pelemento  estremo 
e  il  piu  moderate  del  partito,  i  Giovani  Czechi  si  mantennero  abba- 
stanza  composti  nel  loro  circolo  sino  al  termine  della  sessione.  Al 
contrario  i  due  circoli  piu  numerosi  ed  importanti  dopo  il  polacco, 
il  conservative  del  Hohenwarth,  e  il  liberale  della  sinistra  tedesca, 
caddero  in  piena  ed  irreparabile  rovina.  Al  primo  recarono  una  ferita 
mortale  i  Croati  e  gli  Sloveni,  uscendone  tutti  con  armi  e  bagaglio, 
per  costituire  un  nuovo  gruppo  nazionale,  forte  di  circa  22  membri. 
Di  guisa,  che  il  vecchio  conte  Hohenwarth,  ridotto  ormai  a  pochi 
adepti  di  vario  pelo  e  colore,  avvilito  per  tante  diseraioni,  e  stanco 
della  vita  politica,  fini  col  lasciar  cadere  del  tutto  il  suo  circolo, 
ritirando  la  sua  candidatura  nelle  elezioni  per  la  nuova  Camera,  che 
abbandono  definitivamente  per  entrare  nella  Camera  dei  Signori  con 
nomina  sovrana.  I  frammenti  del  suo  circolo,  diretti  dal  D.r  Kathrein 
(tirolese)  e  da  mons.  Karlon  (stiriano)  entrarono  tosto  in  trattative 
col  partito  cattolico  popolare,  capitanato  dal  barone  Dipauli  e  dal 
D.r  Ebenhoch,  per  accordarsi  sopra  un'azione  comune  nelle  prossime 
elezioni ;  ma  essi  non  riuscirono  ad  intendersi,  e  se  non  ci  riescono 
dopo  le  elezicni  per  fondare  un  circolo  comune,  la  divisione  fra  i 
cattolici  delle  diverse  regioni  e  province  continuera  anche  nella  nuova 
Camera,  dove  un  forte  centro  cattolico  rimarra  ancora,  Dio  sa  quanto 
a  lungo,  un  pio  desiderio. 

Pift  fragoroso  fu  lo  sfasciamento  della  Sinistra  liberale  tedesca,  gia 
da  pezza  in  piena  disgregazione.  Ai  primi  di  novembre  ne  uscirono  i 
25  deputati  tedeschi  della  Boemia,  seguiti  da  un  drappello  di  altri 
secessionist!  moravi,  corintiani  ecc. ;  cotalche,  forte  com'era  in  addietro 
di  112  membri,  la  vecchia  Sinistra  videsi  di  botto  ridotta  ad  una  set- 
tan  tina  di  gregari,  abbandonati  a  s6  stessi  dai  capi  pift  autorevoli  ed 
esperti,  come  ad  es.  il  conte  Kuenburg  ultimo  capo  del  circolo,  e  il 
barone  Chlumetzki  presidente  della  Camera,  chiamati  pur  essi  a  se- 
dere  nella  Camera  dei  Signori.  Prima  di  morire  questa  vecchia  pec- 


CONTEMPORANEA  501 

catrice  ostinata  nel  suo  liberalismo  dottrinario  e  nell'egoismo  tedesco 
oppressore  delle  altre  nazioni  dell'impero,  ebbe  tuttavia  il  contentino 
d'una  vittoria  effimera  nella  votazione  sull'importo  stanziato  nel  bilancio 
a  favore  dell'osteggiato  ginnasio  sloveno  di  Cilli,  del  quale  fu  detto 
a  sazieta  nelle  passate  corrispondenze.  Fra  le  ultime  leggi  approvate 
a  suon  di  tamburo  dal  Parlamento  prima  della  chiusura  di  questo  pe- 
riodo  legislative,  va  accennata  una  novella  di  legge  sulla  congrua  e 
sulle  pensioni  per  i  curatori  d'anime  cattolici.  Essa  viene  generalmente 
giudicata  come  insufficiente  al  bisogno  nella  sua  lettera,  e  di  spirito 
gioseffinesco,  quanto  ne  puo  entrare  fra  i  paragrafi  e  le  cifre  d'una 
legge  esclusivamente  finanziaria.  Non  a  torto  si  lagno  1'Episcopato 
austriaco  anche  nella  recente  sua  pastorale  collettiva,  che  la  Chiesa 
in  Austria  e  tenuta  per  principio  sotto  tutela! 

4.  II  23  gennaio,  compiendosi  il  periodo  legislative  di  sei  anni, 
venne  sciolto  con  patente  sovrana  il  Consiglio  dell'impero,  il  quale 
sara  riconvocato,  dopo  le  elezioni  generali,  il  27  marzo  p.  v.  Per  il 
26  gennaio  vennero  riaperte  tutte  le  Diete  provincial!,  ridotte  a  do- 
versi  contentare  d'una  breve  sessione  entro  il  p.  v.  febbraio.  A'  9  di 
marzo  incominceranno  le  nuove  elezioni  pel  Consiglio  dell'impero.  Nes- 
suno,  e  lo  stesso  Badeni  1'ha  dichiarato  per  conto  suo  pubblicamente, 
nessuno  potrebbe  oggi  prevedere  quale  fisionomia  presentera  la  nuova 
Camera,  ricomposta  in  parte  cogli  avanzi  tanto  eterogenei  della  vecchia, 
e  in  parte  coll'elemento  del  tutto  nuovo  dei  72  deputati  della  V  curia 
elettorale,  chiamata  per  la  prima  volta  alle  urne.  Si  va  incontro  all'ignoto. 
I  partiti,  che  ora  alia  vigilia  delle  elezioni  vanno  piu  agitandosi  sono : 
il  giovane  czeco,  il  quale  si  studia  di  stringere  le  sue  file  in  tutte  tre 
le  province  della  Boemia,  della  Slesia,  e  della  Moravia ;  il  nuovo  par- 
tito  popolare  polacco,  gia  cosi  forte  nella  Galizia  e  nella  Bukovina, 
da  mettere  in  forse  1'esistenza  futura  del  circolo  parlamentare  polacco, 
finora  BI  compatto  nelPunione  di  tutti  i  suoi  membri,  disparatissimi 
per  diversita  di  classe,  e  di  principii  religiosi  e  politici. 

Ma  il  parti  to  socialista  democratico  e  quello  che  supera  ogni  altro 
nell'agitazione  elettorale,  promossa  dal  centre  della  capitale  dove  staiino 
alia  testa  del  movimento  alcuni  pezzi  grossi  giudei  puro  sangue,  e 
propagata  in  tutte  le  province,  non  escluse  le  piu  lontane  dal  centro, 
come  il  Tirolo,  Plstria  e  il  Litorale.  Coi  socialist!  qua  e  cola  vanno 
a  braccetto,  come  Erode  e  Pilato,  i  liberali,  troppo  deboli  ormai  per 
contendere  da  soli  contro  i  cattolici,  e  specialmente  contro  i  cristiani 
sociali  a  Yienna  e  nelle  fortunate  province  dove  le  forze  cattoliche 
furono  da  essi  ordinate  e  addestrate  al  combattimento.  E  pero  un 
fatto  consolante  che  un  po'  dappertutto  i  cattolici  s'ingegnano  per 
opporre  colle  associazioni  e  colla  stampa  una  diga  all'irrompente  so- 
cialismo  ateo  ed  anarchico.  II  programma  elettorale  de'  socialisti  di 


502  CRONACA 

Vienna  stampato  in  cinque  lingue  e  diffuse  in  tre  milioni  e  mezzo  di 
copie  in  tutte  le  province  cisleitane,  vuole  esplicitamente  il  suffragio 
universale  e  diretto  in  tutte  le  branche  della  vita  pubblica ;  vuole  la 
soppressione  della  Camera  dei  Signori  (Senate)  liberta  assoluta  di  pen- 
siero,  di  parola,  di  stampa,  di  associazione  ecc.,  separazione  della  Chiesa 
dallo  Stato,  in  omaggio  alia  massima  socialistica  che  la  religione  $ 
affare  individuale  e  private;  vuole  la  giornata  di  lavoro  ridotta  ad 
8  ore,  1'abolizione  di  tutte  le  imposte  indirette  e  dei  diritti  doganali, 
e  chi  piu  ne  ha,  piu  ne  metta. 

E  probabile  tuttavia,  che  segnatamente  a  Vienna  e  nell'Austria 
inferiere,  dove  i  cristiani  sociali  del  Dr.  Lueger  sono  padroni  asso- 
luti  del  campo,  e  cosi  in  piu  luoghi  delle  province  alpine,  dove  il 
Cattolicismo  spiega  maggior  vigore,  i  socialisti  democratic!  vadano  a 
testa  rotta.  In  mezzo  a  tanto  strepito  di  partiti  cozzanti  e  di  agita- 
zioni  elettorali,  fecero  sentire  la  loro  voce  autorevole  i  Vescovi  au- 
striaci,  pubblicando  una  pastorale  collettiva,  diretta  al  popolo,  per 
rammentargli  i  doveri,  che  la  Religione  impone  nell'  esercizio  del 
diritto  elettorale,  con  particolare  riguardo  ai  nuovi  elettori  della 
Va  Curia,  esposti  alle  insidie  dei  socialisti. 

INQHILTERRA  (Nostra  Corrispondenza).  1.  L'awenire  delle  « Voluntary 
Schools »  (scuole  libere  e  confessionali)  da  proporsi  per  primo  tema 
all'esame  del  Parlamento  nella  futura  sessione.  —  2.  II  profondo  mu- 
tamento  prodotto  in  Irlanda  dalle  rivelazioni  di  una  Commissione  Reale 
di  nnanza.  —  3.  L'inchiesta  sull'invasione  di  Jameson  nel  Transvaal. 
—  4.  L'anglicanesimo  dopo  la  condanna  dei  suoi  Ordini,  e  dopo  la  per- 
dita  del  dottor  Benson.  —  5.  Conversions 

1.  Lungo,  e  non  poco  sonnolento  per  la  politica  interna,  &  stato 
il  periodo  delle  vacanze  parlamentari ;  lenta  la  preparazione  alia  ri- 
presa  dei  lavori ;  ma  il  disagio  dell'aspettazione  6  stato  alleviate,  per 
i  nostri  Cattolici,  dalla  certezza  che  la  questione  della  scuola  libera 
e  confessionale  —  questione  di  tanto  peso  per  1'avvenire  della  Keli- 
gione  e  della  gioventO,  e  tenuta  desta  con  instancabile  vigore  dal  no- 
stro  zelante  Arcivescovo  di  Westminster,  Cardinale  Vaughan  —  sara 
tra  le  primissime  a  cattivare  1'attenzione  della  Camera  dei  Comuni. 
ImperocchS  le  necessita  stesse  dell'assestamento  del  bilancio  annuale 
richiedono  una  decisione  pronta  e  quasi  immediata,  ed  il  Governo,  di 
ci6  ben  penetrate,  non  mostra  alcuna  voglia  di  temporeggiare.  Forse 
1'importantissima  questione  scolastica  ha  dovuto  schivare  qualche  secca 
e  qualche  piccolo  scoglio,  piuttosto  in  seno  al  ministero  stesso,  che 
da  altre  parti ;  cid  che  non  dovrebbe  cagionare  meraviglia,  considerata 
la  natura  composita  ed  eterogenea  del  gabinetto  di  lord  Salisbury,  di 
cui  fanno  parte  dei  liberali  (unionisti)  non  meno  che  dei  conserva- 


CONTBMPORANEA  503 

tori,  accozzati  dalle  comuni  avversioni  all'J3owe  Rule  Bill  d'Irlanda 
propugnato  dal  vecchio  Gladstone.  Ma,  dall'altro  canto,  il  Governo* 
sente  1' impossibility  d'irrigidirsi  contro  gli  impulsi  egualmente  forti 
dei  Cattolici  e  dei  rappresentanti  della  Chiesa  stabilita  d'lnghil  terra, 
con  pericolo  di  alienarseli  e  di  vederli  rivolgere  gli  sguardi  e  le  spe- 
ranze  ad  un  futuro  gabinetto  liberale,  come  gliene  dava  chiaro  avver- 
timento  un  carteggio  interessante  e  molto  cortese  corso  fra  il  Vescovo 
anglicano  di  Chester  e  1'Eminentissimo  Vaughan,  carteggio  venuto  in 
luce  nel  Times,  la  cui  deferenza  per  1'Arcivescovo  di  Westminster  sul 
gran  tema  dell'educazione  porge  indizio  piu  che  sufficiente  dei  senti- 
menti  popolari.  Importa,  dunque,  sapere  che  nella  imminente  sessione 
del  Parlamento  si  dovra  fare  un  passo  innanzi  nella  direzione  additata 
dalla  Gerarchia  cattolica.  Non  si  raggiungera  d'un  tratto  la  meta  defi- 
nitiva ;  non  si  risolvera  sui  due  piedi  il  grande  quesito  di  principio, 
se  cio6  alia  scuola  in  generale  non  incomba  di  allevare  una  gioventu 
cristiana  e  colta  del  pari;  ma  per  lo  meno  si  dovra  sovvenire  alle 
Voluntary  Schools  in  maniera  che  possano  sopperire,  senza  esaurirsi, 
all'ingente  cumulo  di  spese  loro  imposto  dalle  sempre  crescenti  esi- 
genze  dell' Education  Department.  Questo  atto  di  necessaria  giustizia 
si  dovra  ottenere  e  si  otterra. 

Le  disastrose  conseguenze  dell' insegnamento  neutro,  impartito  dalle 
ufflciali  Board  Schools,  e  quindi  la  benemerenza  delle  Voluntary  Schools, 
sono,  del  resto,  lumeggiate  abbastanza  anche  dai  ragguagli  della 
Royal  Statistical  Society,  una  delle  cui  ultime  relazioni  testualmente  di- 
ceva :  «  Due  fatti  molto  deplorabili  sonosi  verificati :  il  primo,  cioe, 
che  havvi  un  funestissimo  aumento  d'ogni  maniera  di  delitti,  com- 
messi  da  giovani  fra  i  sedici  ed  i  ventun  anno  di  eta ;  ed  il  secondo, 
che  si  e  considerevolmente  accresciuto  il  numero  de'  delinquenti  per 
abito  e  quasi  professione.  »  La  stessa  lugubre  lagnanza,  che  levasi  in 
Inghilterra,  risuona  anche  dall'America,  dall'Australia  e  dalle  altre 
parti  del  mondo  anglo-sassoni,  come  pure  dalla  vicina  Francia.  Chi 
ricusasse  di  porgerle  ascolto,  sarebbe  quindi  il  peggiore  dei  sordi, 
quegli  che  non  vuole  udire.  Tali  sono,  pero,  le  sette  non-conformiste, 
in  Inghilterra,  le  quali,  volendo  bandire  dalla  scuola  ogni  dottrina 
cristiana  definita,  e  limitare  1'  insegnamento  religioso  alia  pura  ed 
arida  lettura  della  Bibbia,  danno  di  spalla  agli  increduli  ed  agli  atei. 
Per  buona  sorte,  la  maggioranza  della  nazione  non  si  mostra  sorda, 
ed  il  Parlamento  dovra  darcene  fra  non  molto  un'arra.  II  Governo 
vuole  vivere  a  lungo  e  prosperare :  il  signer  Balfour,  in  una  serie  di 
discorsi  tenuti  in  Iscozia,  ha  espresso  fiducia  nello  sviluppo  sempre 
piu  rigoglioso  dei  principii  conservatori  ed  unionisti  nei  ben  temprati 
animi  inglesi.  Non  si  lasci,  dunque,  venir  meno  il  sostegno  prezioso 
che  puo  avere  nella  scuola  religiosa. 


504  CRONACA 

2.  L'  Irlanda,  dopo  i  rovesci  e  disinganni  sofferti  coi  rivolgimenti 
^politic!  degli  ultimi  anni,  si  agitava  in  uno  stato  doloroso  d'  intestine 

discordie,  che  ispiravano  profonda  tristezza  e  presagi  sinistri  ai  sin- 
ceri  suoi  amici;  quand'ecco  sopraggiungere  un  evento  inaspettato  a 
scuoterla  da  tule  prostrazione.  Che  cosa  e  accaduto?  Una  Commis- 
sione  Eeale  aveva  ricevuto  incarico,  or  non  ha  molto,  di  studiare  lo 
stato  presente  delle  relazioni  finanziarie  tra  la  Grranbrettagna  e  1'Ir- 
landa,  ed  il  risultato  delle  sue  investigazioni  fu  teste  reso  di  pub- 
blica  ragione.  Se  ne  rileva  un  fatto  sorprendente  e  penoso  insieme: 
cioe  che  1'  isola  sorella,  per  una  serie  di  anni  non  breve,  ha  versato 
al  Tesoro  del  Regno  Unito,  somme,  non  solo  di  gran  lunga  superior! 
alia  sua  capacita  contributiva,  ma  eziandio  fuori  di  proporzione  colle 
tasse  pagate  dall'Inghilterra,  dalla  Scozia  e  dal  Paese  di  Galles.  Indi 
consegue  che  la  Granbrettagna  trovasi  rimpetto  all' Irlanda  nella  po- 
sizione  di  debitrice  verso  una  vittima  ingiustamente  spolpata.  Vi 
esporro  alcune  cifre,  che  spargono  copiosa  luce  sull'argomento.  Nel 
1837,  le  spese  complessive  ammontavano  ad  1,786,000  lire  sterline: 
nel  1896,  invece,  si  sono  fatte  salire  a  ben  5,939,000  sterline,  non 
ostante  che  la  popolazione  dell'isola  nell'intervallo  di  tempo  intermedio, 
sia  diminuita  di  parecchi  milioni  di  anime.  La  Commissione  Reale 
stima,  in  conclusione,  che  1' Irlanda  non  dovrebbe  equamente  ver- 
sare  al  Tesoro  piu  di  quattro  milioni  e  mezzo  di  lire  sterline  ciascun 
anno  ed  in  quella  vece  ne  paga  otto,  vale  a  dire  quasi  il  doppio. 

Cosiffatta  rivelazione,  ricevuta  da  parte  tanto  autorevole  e  non 
sospetta  di  parzialita,  doveva  naturalinente  far  sobbalzare  ogni  Irlan- 
dese  e  mettergli  lo  zolfo  nelle  vene.  I  giornali  dei  piu  diversi  par- 
titi  si  sono  trovati  unanimi  in  una  indignata  protesta  contro  tale  in- 
giustizia  ;  nelle  pubbliche  radunanze  si  sono  incontrati  ed  associati  i  Ye- 
scovi  cattolici  coi  protestanti,  il  povero  popolo  colla  grassa  aristocrazia ; 
ne  v'ha  dubbio  che  un  simile  riavvicinamento  possa  produrre  effetti  ina- 
spettati.  A  niuno  e  da  to  prevedere  cio  che  potra  nascerne  in  esito  de- 
finitivo :  ed  io  solo  fo  voti  che  ne  ridondi  un  bene  per  1'isola  sorella. 
II  vostro  corrispondente  d'Irlanda  v'  intratterra  in  maniera  piu  cir- 
costanziata  di  tale  avvenimento.  che  a  me  basta  di  accennare  a  larghi 
tratti.  Un'  Irlanda  tutta  concorde  ed  unita,  dal  mezzodi  al  settentrione, 
dalla  piu  umile  plebe  sino  ai  patrizii,  dai  Cattolici  sino  ai  protestanti, 
e  uno  spettacolo  ignoto  alia  storia  da  varii  secoli  a  questa  parte,  e 
percio  sfugge  ai  calcoli  della  odierna  esperienza. 

3.  I  celebri  fatti  dell'Africa  Australe,  che  ha  gia  cosi  a  lungo  e 
profomlamente  turbata  1'Europa,  lo  scorso  anno,  ritorneranno  quanto 
prima  al  proscenio.  Sir  Cecil  Rhodes  naviga   verso  i  lidi  britannici, 
chiamato  a  comparire    dinnanzi    alia    Commissione    Reale    incaricata 
di    compiere    su    cid    un'  inchiesta,    sotto    la    presidenza    del    signor 


CONTEMPORANEA  505 

Chamberlain,  capo  del  Colonial  Office.  Prima  di  mettersi  in  viaggio 
per  la  madrepatria,  sir  Cecil  Khodes  ha  visitato  la  Colonia  del  Capo 
di  Buona  Speranza,  e,  portato  in  trionfo  dappertutto  con  vero  delirio, 
vi  ha  ricevuto  indubbie  prove  di  una  straordinaria  popolarita  in  quelle 
contrade,  prove  indirixzate  certo,  piu  che  a  lui,  al  Governo  di  Lon- 
dra.  Conviene  pur  riconoscere  che  detta  popolarita  non  e  forse  minore 
nella  Granbrettagna ;  tan  to  vero,  che  il  signer  Jameson,  sir  John  Wil- 
loughby  ed  il  colonnello  Grey  sono  stati  rilasciati  dal  carcere,  per  il 
cattivo  effetto  che  produceva  la  loro  prigionia.  In  questo  mezzo,  la 
Chartered  Company,  ha  fatto  conoscere  per  mezzo  del  conte  (Earl) 
Grey,  i  suoi  divisamenti  riguardo  al  futuro  sistema  di  governo  della 
Colonia  del  Capo.  Essa  propone  di  ammettere,  entro  certi  limiti,  an  che 
gli  indigeni  nell'amministrazione  della  cosa  pubblica ;  e  divide  i  ter- 
ritorii  della  Colonia  in  dodici  regioni,  di  cui  ciascuna  verrebbe  retta 
da  un  Capo  indigene,  coi  consigli  e  colla  sorveglianza  di  un  Commis- 
sioner. Queste  le  principal!  disposizioni  accennate  in  digrosso.  Dicesi 
che  gli  indigeni  facciano  buon  viso  alle  dette  proposte,  perche  stanchi 
di  combattere  e  di  soffrire,  ed  e  certo  assai  desiderabile  che  si  eviti 
laggiu  quel  flagello,  ond'e  troppo  spesso  accompagnata  la  colonizza- 
zione  europea,  vale  a  dire  il  totale  esterminio  dei  popoli  aborigeni. 
Tutto  cio  suona  come  elogio  alia  Compagnia  ed  al  giudicando  sir 
Cecil  Rhodes.  Si  e  percid  curiosi  di  vedere  la  fine  del  suo  processo. 

4.  La  decisione  della  Santa  Sede,  circa  la  nullita  degli  Ordini  an- 
glicani,  ha  colto  la  Chiesa  stabilita  in  un  momento  per  essa  molto 
critico  e  solenne,  gravido  forse  d'importanti  evoluzioni  future.  II  suo 
primate,  dottor  Benson,  e  morto  d'  improvviso  nella  piccola  chiesa 
del  castello  di  Hawarden,  ov'  era  andato  a  visitare  il  signor  Glad- 
stone, dopo  una  gita  fatta  in  Irlanda.  La  sua  perdita  non  e  lieve. 
Egli  era  prudente  nella  sua  generazione,  ben  che  non  proprio  una 
mente  eccezionale,  ne  risparmiava  le  sue  forze  per  fare  onore  alia 
propria  posizione.  Conciliante  nelle  maniere,  affabile  e  popolare,  pos- 
sedeva  un  tatto,  direi  quasi,  diplomatico,  senza  il  quale  sarebbesi 
ridotto  ben  presto  a  mal  partite;  piu,  una  alacrita  e  costanza  non 
comuni  di  lavoro,  per  sorreggere  e  puntellare  il  cadente  edifizio  affi- 
datogli. 

La  sua  successione  e  toccata  in  sorte  al  dottor  Temple,  il  quale 
fu  per  molti  anni  Yescovo  di  Londra,  dopo  aver  tenuto  la  dioce«i  di 
Exeter,  e  sulle  cui  spalle  pesa  la  bellezza  di  settantacinque  prima- 
vere.  La  sua  elexione,  per  maniera  di  dire,  da  parte  del  decano  e  capi- 
tolo  di  Canterbury,  i  quali,  se  non  avessero  votato  secondo  le  volonta 
pubblicamente  proclamate  della  Regina  e  del  Governo,  si  sarebbero 
esposti  a  tutti  i  tremendi  rigori  di  un  premunire ;  la  sua  conferma  da 
parte  di  una  Commissione  Reale  composta  di  Yescovi,  non  ostante  le 


506  CRONAGA 

obbiezioni  sollevate  per  ragione  delle  sue  propensioni  darwiniane,  tutto, 
insomma,    diede    origine  a  casi  curiosi,   ma   non   sorprendenti.   Per 
la  cerimonia  della  presa  di  possesso,  a  Canterbury,  in  mezzo  ai  piu 
pomposi  apparecchi,  si  &  avuto  cura  di  annunziare  che  « il  santo  Sa- 
crifizio  della  Messa  non  verrebbe  celebrato,  perche  non  conforme  alle 
usanze  del  giorno  d'oggi  ».  E  questo  un  indizio  delle  ire  e  dello  smar- 
rimento  prodotto  nel  partito  della  High  Church  dalla  condanna   degli 
Ordini  anglicani  pronunziata  dal  Papa,  ire  e   smarrimento   che  sem- 
brano  spingere  I' Establishment  a  precipitarsi  senza  piu  ritegno  giu  dalla 
china  rovinosa  del  pro  testa  ntesi  mo,  procurando  tra  via  di  attirare   a 
se  le  sette  non- conformiste  ed  accrescendo  percid  all'indefinito  la  con- 
fusione  delle  lingue  e  1'assottigliainento  delle  credenze,  la  dove  per 
avventura  queste  possono   tuttora   esistere.    Esilaranti  sono   i  grand! 
fastidii,  che  si  sono  presi,  questa  volta  piu  che  mai,  gli  ecclesiastic! 
anglicani,  per  imprimere  nella  rnente  del  popolo  la  massima,   essere 
la  sede  assegnata  al  dottor  Temple  quella  stessa  di  S.  Agostino,  Apo- 
stolo  dell'Inghilterra.  E  non  e  questo  uu  far  torto  al  deftmto  dottor 
Benson,  il  quale   soleva  chianiare   in    generale  quanti   propendevano 
verso  Roma  « la  missione  italiana  » ,    segnandoli  cosi  allo  scheme  ed 
all'odio  dei  connazionali?  Da  chi,  dunque,  aveva  ricevuto  S.  Agostino 
la  sua  autorita,  se  non  da  Roma,  dal  Papa  Gregorio  Magno?  Infine, 
chi  si  recasse  a  Canterbury,  per  assistere  alle   solennita  della  presa 
di  possesso  del  nuovo  Arcivescovo-prirnate,    non    potrebbe  a   meno  di 
osservare  una  grande  profusione^  di  gigli  dappertutto,  ed  anche  nelle 
mani  degii  ecclesiastici  e  degli  assistenti.   Perche  tutti  quei   simboli 
di  candoreV  Perche,  un  giorno.  in  tempo  del  resto,   non    molto  lon- 
tano,  certo  dottor   Cristoforo  Wordsworth,  Vescovo   di   Lincoln,  par- 
lando  dal  pulpito  dell'Universita  di  Cambridge,  ebbe  a  dire  che  tra 
le  molte  e  discordi  Chiese  della  Cristianita,  quella  d'Inghilterra  po- 
teva  ben  vantarsi  di  essere  come  il  gigiio  in  mezzo  alle  spine  (sic). 
Perche  non  dire  piuttosto  la  rosa,  almeno  per  maggior  correttezza  del- 
1'immagine  retorica?  Ma  gli  anglicani  bevono  grosso  in  retorica  reli- 
giosa,  ed  eccoli  coi  bianchi  gigli  fra  le  mani,  i   quali  non  riescono, 
pero,  a  nascondere,  nonche  a  distruggere,  le  molte  spine  ond'6  tor- 
menrtato  1'  Establishment. 

5.  II  inovimento  di  conversione  alia  verita  cattolica  si  prosegue 
tranquillo  e  continuo.  E  state  ricevuto  in  grembo  alia  Chiesa  un  certo 
numero  di  ecclesiastici  anglicani ;  e,  fra  i  laici,  sono  da  menzionare 
specialmente  sir  William  Young  Bart,  ed  un  suo  congiunto,  il  signer 
Bertram  Currie,  il  quale  occupava  uno  stato  onorevole  nella  vita  pub- 
blica.  Vi  e  da  sperare  che,  crescendo  la  confusione  nelV  Establishment, 
tali  nobili  esempi  siano  seguiti  da  molti  altri. 


CONTEMPORANEA  507 

IV. 

COSE  VAR1E 

1.  Orrori  della  ribellione  matabelese.  —  2.  II  Santuario  di  Nostra  Signora 
di  Lourdes  nel  1896.  —  3.  II  linguaggio  di  un  diplomatico  cristiano. 
—  4.  Morte  di  Nobel. 

1.  Orrori  della  ribellione  matabelese.  Poco  dopo  tanto  scempio 
di  uomini  e  di  cose  4,  si  seppe  che  Buluvaio  era  circondata  e 
molestata  dai  ribelli :  ne  poteva  venirle  soccorso  da  Guelo,  citta 
distante  un  cento  miglia  inglesi,  poiche  anch'  essa  poteva  appena 
sostenere  se  stessa  in  caso  di  assalto,  per  la  penuria  di  muni- 
zioni.  In  Guelo  non  v' erano  ne  cannoni  ordinarii  ne  Maxim.  Percio 
furono  ordinati  per  telegrafo  due  cannoni  con  25,000  cariche  e  altre 
armi  a  Salisbury,  lontano  circa  180  miglia  inglesi.  Sentivasi  la  man- 
canza  di  cavalli,  tanto  necessarii  appunto  perche  a  piedi  i  Cafri  sono 
superiori  ai  bianchi.  Non  v'era  abbondanza  di  grosse  armi  da  fuoco 
(poiche  otto  di  queste  andarono  perdute  nella  sconfitta  della  banda 
di  Jameson  nel  Transvaal),  come  non  v'  e  ancora  la  via  ferrata  2, 
essendoche  dei  ritrovati  moderni  havvi  soltanto  il  telegrafo  che,  non 
di  rado  troncato  dai  nemici,  diveniva  inutile.  A  queste  difficolta  si 
aggiungeva  che  il  nemico,  avanzo  del  combattuto  esercito  di  Loben- 
gnla,  era  capitanato  da  giovani  istruiti,  i  quali  prima  erano  stati  im- 
piegati  nella  polizia  della  Chartered  Company,  e  per  di  piu  ben  armato 
di  fucili,  di  accette,  di  coltelli  e  di  zagaglie.  Sicche  per  il  momento 
alle  due  citta  di  Buluvaio  e  di  Guelo  non  rimase  altro  mezzo  che 
formare  corpi  di  volonturii,  barricarsi  dentro  e  rafforzare  i  campi  trin- 
cerati  per  rintuzzare  il  primo  impeto  della  rivolta,  come  avvenne  di 
fatto  nel  mese  di  aprile  nella  capitale  :  che  quanto  a  domarla,  allora 
che  le  orde  dei  nemici  ogni  di  piu  crescevano  e  si  rattestavano  nei 
monti  di  Matoppo,  non  vi  poteva  agevolmente  riuscire  senza  un 
buon  rinforzo  di  ussari,  di  tiratori  e  di  fanteria  in  parte  montata  a 
cavallo  che  vi  si  avvio  nel  mese  di  luglio,  dai  Capo  per  via  ferrata  sino 
a  Mafeking  e  quinci  a  cavallo  per  il  lungo  tratto  di  650  miglia  inglesi, 
e  da  Beira  sull'Oceano  Indiano  parimente  per  via  ferrata  sino  a  Sci- 
moio  Nuovo.  Siccome  i  ribelli  si  aggiravano  di  soppiatto  attorno  alle 
citta  a  piccoli  drappelli,  e  piombavano  all'  improvviso  sulle  donne 
inermi  e  sui  fanciulli,  le  pattuglie  diedero  loro  di  continuo  la  caccia, 
risparmiando  i  buoni  Cafri  che  erano  al  servizio  dei  bianchi,  e  per- 
cid  ebbero  per  contrassegno  un  fazzoleitto  rosso  sul  capo. 

1  Vedi  il  quad,  antecedents,  pag.  377. 

*  Alia  fine  di  quest'anno,  da  Molopolole  a  ponente  del  Transvaal,  ove 
6  ora  il  termine,  la  ferrovia  giungera  a  Buluvaio :  tanto  sono  progrediti  i 
lavori  di  spianamento  !  Allora  dai  Capo  e  da  Beira  condurranno  alia  Ro- 
desia  ben  2,916  chilometri. 


SOS  CRONACA 

Gli  orrori  della  guerra  si  accrebbero  con  una  spaventevole  carestia, 
cagionata  dalla  siccita  e  dalla  peste  del  bovi.  Dal  mese  di  marzo 
1'erba  inaridi.  II  fiume,  che  approvigiona  Buluvaio,  non  si  vide  piu 
scorrere  dal  mese  di  febbraio,  e  si  dovette  por  mano  a  scavar  pozzi 
con  grandi  spese.  Ma  il  flagello  piil  terribile  fu,  come  si  e  accennato, 
la  peste  dei  bovi.  E  cosa  nota  quanto  in  quelle  regioni  sieno  neces- 
sarii  questi  animali  come  mezzo  di  trasporto.  Prima  le  vie  erano 
coper te  di  lunghe  mute  di  quattordici,  sedici,  e  diciotto  bovi  che 
tiravano  pesanti  e  saldi  carri,  onusti  di  provvigioni  e  d'ingegni  per 
i  lavori  delle  miniere :  laddove  nel  mese  di  maggio  erano  ingombre  di 
carcasse  di  bovi.  Basti  dire  che  nel  solo  paese  dei  Beciuani  ben  ottaa- 
taniila  aniinali  eran  periti  in  aprile :  nel  Matabele  poi  i  colon!  che 
non  furono  rubati  dai  ribelli,  furono  ridotti  alia  miseria  dalla  peste. 
Ne  per  quanti  argomenti  e  rimedii  si  adoperassero,  venne  fatto  di 
cessare  1'infuriare  dell'epidemia  per  interi  mesi.  II  bestiame  infetto 
era  separate  dal  sano,  ucciso  e  bruciato,  e  se  mai  il  morbo  diffonde- 
vasi  un  po'  fra  quello  intatto,  tutto  1'armento  era  distrutto  senza 
pieta.  Che  piu?  Si  adopero  il  petrolio  col  sale  che  in  qualche  caso 
giovo,  e  la  rnoria  sembrd  scemare.  Anche  i  cavalli  soggiacevano  ad 
una  maligna  malattia  ignota:  prima  mostravano  una  certa  spossatezza  e 
poi  finivano  col  cadere  in  terra.  Gli  vedevi  riempirsi  la  bocca  di  spurna  ; 
il  capo  e  le  gambe  gonfiarsi,  e  poco  tempo  dopo  erano  morti  inesorabil- 
mente.  II  Governo,  non  trovando  altro  modo  per  domare  una  malattia 
tanto  devastatrice,  dapprima  ordino  si  chiudessero  tutte  le  vie  che 
dallo  Zambese  fanno  capo  alia  Rodesia,  poiche  dicevasi  che  1'epidemia 
provenisse  da  quel  distretto.  Ma,  poiche  in  quella  colonia  quasi  tutto  e 
frutto  d'  importazione  e  non  havvi  all'uopo  se  non  il  mezzo  antico  dei 
carri  tirati  da  bovi,  la  scarsita  dei  viveri,  che  gia  sentivasi  a  cagione 
della  siccita  e  della  ribellione,  crebbe  d'assai.  Laonde  un  tal  prov- 
vedimento  fu  dopo  quindici  giorni  ristretto  agli  animali  inutili  al  tras- 
porto, e  le  strade  furono  riaperte  al  commercio.  Cionondimeno  «  il 
prezzo  di  tutte  le  derrate  (cosi  il  P.  Nicot  da  Buluvaio,  il  25  mag- 
gio, 1896)  crebbe  in  eccesso.  Un  sacco  di  farina  si  vende  a  nove  lib- 
bre  (225  franchi) ;  una  libbra  di  zucchero  tre  scellini  (fr.  3,75) ;  urta 
scatoletta  di  latte  condensato  tre  franchi.  Le  uova,  solo  per  quelli 
che  sono  malati,  si  yendono  a  tre  scellini  ciascuno  ;  e  cosi  via  delle 
altre  cose.  Saremo  fortunati  se  scamperemo  un'epidemia  che  e  molto 
da  temere,  perchS  1'  aria  e  1'  acqua  dei  fiumi  sono  corrotte  dalle  ca- 
rogne  degli  animali  innumerevoli  che  giacciono  da  per  tutto  putre- 
fatti.  Allo  spedale  furonvi  gia  alcuni  casi  tali  da  ispirare  grari 
timori.  » 

2.  //  Santuario  di  Nostra  Signora  di  Lourdes  nel  1896.  L'ardore 
dei  popoli  cattolici  per  la  Vergine  Immacolata  di  Lourdes,  dopo  tren- 
t'otto  anni  di  culto  meraviglioso,  non  che  s'intepidisca,  ma  cresce  anzi 
e  quasi  annualmente  sembra  rinnovellarsi.  Pareva  che,  nello  scorso 


CONTEMPORANEA  509 

1896,  per  la  Francia,  il  decimoquarto  centenario  del  battesimo  di  Clo- 
doveo,  con  tutti  i  festeggiamenti  ed  i  pellegrinaggi  compiutisi  nella 
citta  di  Reims,  avesse  dovuto  rallentare  il  concorso  alia  Grotta  mi- 
rifica  di  Lourdes  ed  alia  sua  portentosa  sorgente.  Ma  non  e  stato  cosi. 
Eccone  sommariamente  le  prove  nella  statistica  or  ora  pubblicata  dai 
missionarii  custodi  dell'insigne  Santuario. 

Nel  1896  sono  arrivati  alia  stazione  di  Lourdes  22  treni  di  piu 
che  1'anno  antecedente.  Tra  i  devoti  visitatori  vi  sono  stati  4  Cardi- 
nali  di  S.  Chiesa  ed  82  Arcivescovi,  "Vescovi,  Abati  mitrati  e  Prelati 
romani.  II  numero  dei  Generali  d'Ordini  o  Congregazioni  regolari,  di 
ecclesiastici  e  religiosi  di  ogni  titolo  e  grado,  si  puo  argomentare  dalle 
43.442  messe  che  vi  si  sono  celebrate.  I  pellegrimaggi  collettivi  sono 
saliti  alia  cifra  di  225  ed  hanno  recato  ai  piedi  della  bianca  Yergine 
de'  Pirenei  164,283  pellegrini.  Non  si  possono  contare  le  migliaia  di 
altri  pellegrini  che  vi  sono  andati  privatamente,  da  se  od  in  piccoli 
gruppi  di  famiglie  e  di  amici  da  ogni  regione  del  globo.  Nelle  diverse 
chiese  e  nella  Grotta  si  sono  amministrate  387,300  comunioni.  Le 
raccomandazioni  di  preghiere  per  intenzioni  particolari  sono  state 
848,335.  All'Arciconfraternita  dell'Immacolata  Concezione  si  sono  cola 
inscritte  5,000  persone  e  4730  alia  Confraternita  del  Rosario. 

Le  benedizioni  piovute  dalle  mani  della  celeste  Signora  sopra  i 
tanti  che  ne  invocavano  il  soccorso  si  sono  sparse  piu  che  mai  ab- 
bondanti.  L'Uffizio  medico  ha  registrate,  con  processo  verbale  accu- 
ratissimo,  ben  209  guarigioni,  ottenute  la,  ai  piedi  della  Vergine  che 
si  nomind  VImmacolata  Concexione.  Fra  queste  sono  le  ammirabili 
delle  donne  tisiche  di  Yillepinte.  Di  esse,  1'una  dietro  1'altra,  sono 
uscite  dalle  piscine  quindiei,  tutte  guarite  istantaneamente.  L'illustre 
dottore  Boissarie  ha  pubblicata  la  relazione  medica  di  questo  avveni- 
mento,  che  e  uno  dei  piu  strepitosi,  che  sieno  accaduti  nel  Santuario 
di  Lourdes;  e  si  pud  leggere  negli  Annales  degli  ultimi  mesi  del- 
1'anno  decorso.  Non  si  accennano  poi  ne  meno  le  altre  guarigioni, 
che  non  sono  state  verificate  nell'Uffizio,  per  manoanza  di  tempo,  o 
perche  coloro  che  le  hanno  ottenute  non  si  sono  dato  pensiero  di 
farsi  vedere  ed  esaminare  dai  dottori :  come  nulla  si  tocca  delle  grazie 
innumerevoli,  operate  da  Maria  SS.  di  Lourdes  in  tutte  le  parti  del 
mondo,  a  benefizio  di  quelli  che  1' hanno  invocata  d»  lontano,  ed  hanno 
fatto  uso  con  fede  e  pieta,  dell'acqua  •  della  Grotta.  Di  questa  sono 
state  spedite,  in  diver&i  paesi,  114,900  bottiglie. 

Lungo  e  1'elenco  dei  donativi  e  dei  voti  offerti  al  Santuario.  Oltre 
lini,  merletti  ed  arredi  sacri  per  gli  altari  in  gran  copia,  sono  state 
presentate  59  tabelle  dipinte  con  cornici,  92  cuori  in  preziosi  metalli, 
lampadej  croci  cavallereeche,  orologi  d'oro  e  482  piastre  in  manno, 
commemorative  di  grazie  impetrate. 

Basti  questo  cenno  a  dimostrare  come  eol  miracolo  permanente, 
arda  pur  sempre  vivido  il  provvidenziale  focolare  di  fede,  che  e  quel 


510  CRONACA 

Santuario,  e  come  di  la  splenda  fulgido  in  Maria  Immacolata  il  pegno 
della  salvezza,  che  il  mondo  aspetta  dall'onnipotente  intercessione  di 
let,  che  tutti  i  fedeli  acclamano  col  saluto:  Spes  nostra,  salve. 

3.  //  linguaggio  di  un  diplomatico  cristidno.  Non  andra  forse  gran 
tempo  che  le  due  stirpi  popolatrici  del  Continente  Americano,  1'anglo- 
sassone  e  la  latina,  si  troveranno  in  immediato  contatto.  II  loro  in- 
contro  sara  quello  di  rivali  o  di  fratelli?  E  il  segreto  dell' avvenire. 
Frattanto  e  certo  che  nell'una  e  nell'altra  America  si  vanno  sempre 
piu  ravvicinando  le  idee  e  le  tendenze  de'  popoli,  e  assimilando  le 
forme  di  governo,  le  leggi,  la  civilta,  gl'  interessi,  i  costnmi.  Verra 
tempo,  e  forse  non  sara  lontano,  che  di  fronte  alia  potente  e  pro- 
sperosa  Repubblica  degli  Stati  Uniti  dell'America  settentrionale  si 
verra  compaginando  eziandio  un'  altra  grande  Repubblica  di  Stati 
Uniti  dell'America  meridionale.  Tutto  sembra  concorrere  a  caldeggiare 
questa  unione  :  la  necessita  di  essere  forti  innanzi  ad  un  forte  per 
non  venire  da  quello  sopraffatti,  1'  identita  di  origine,  1'  unita  o  la 
somiglianza  di  linguaggio,  la  comunanza  degli  interessi,  lo  sviluppo 
maggiore  che  ne  prenderebbero  1'  industria  e  il  commercio,  e  final- 
mente  quel  vincolo,  che  e  il  piti  fort;  di  tutti,  1' unita  di  fede  e  di 
religione. 

Che  questa  unione  non  sia  un  semplice  nostro  desiderio  e  molto 
aieno  un'  Utopia,  ma  che  veramente  si  faccia  strada  nell'  animo  dei 
meridionali,  ne  potremmo  adduire  varie  prove;  ma  ci  teniamo  paghi 
di  una  tutta  recente,  che  abbiam  sott'occhio  in  un  documento  ufficiale, 
venutoci  dalla  Colombia,  ed  6  il  discorso  tenuto  dall'Inviato  straordi- 
nario  e  Ministro  plenipotenziario  del  Brasile,  signer  Jose  Augusto  Fer- 
reira  da  Costa,  all'Eccmo  Presidente  della  Repubblica  Colombiana,  si- 
guor  Michele  Antonio  Caro,  e  la  risposta  di  questo.  Benche  il  Ministro 
Brasiliano  non  ecceda  i  limiti  della  sua  mission  e  diplomatica,  e  si  attenga 
unicamente  alle  relazioni  amichevoli  e  fraterne  fra  la  Colombia  e  il 
Brasile,  lascia  tuttavia  intravedere  qual  sia  la  tendenza  del  suo  paese  : 
allargare  doe  gli  orizxonti  di  una  politico,  latino-americana ;  il  che,  per 
nostro  avviso,  sarebbe  un  prendere  1'  iniziativa  di  un  movimento  verso 
I'accennata  federazione  o  unione  di  Stati  latino-americani,  cosa  lode- 
volissima  e  degna  di  una  grande  potenza,  com'  e  il  Brasile.  Ma  chi 
piu  chiaramente  ancora  sviluppa  questo  concetto  e  1'  istesso  signor 
Presidente  della  Repubblica  Colombiana  nella  sua  risposta,  degna  di 
quell'  eminente  personaggio  ch'  egli  &,  non  meno  buon  politico  che 
sincero~eristiano.  Egli  con  gentil  pensiero  saluta  nel  ministro  Brasi- 
liano non  un  semplice  inviato  o  ambasciatore  di  nazione  arnica,  ma 
c  1'araldo  di  una  politica  generosa  e  disinteressata,  e  per  cio  stesso 
saggia  e  feconda,  di  una  politica  di  fratellanza  eminentemente  cri- 
stiana,  di  che  tanto  abbisognano  queste  giovani  popolazioni,  non  gia 
come  un  occasional?,  modus  vivendi,  ma  come  una  solida  guarentigia 


GONTEMPORANEA  511 

della  loro  sorte  futura  in  un  tempo,  in  cui  tra  le  nazioni  piu  pro- 
gredite  e  piu  potenti  e  tuttavia  minacciate  da  gravissimi  problemi,  e 
piu  che  altro  dall'  incerta  direzione  delle  loro  proprie  smisurate  forze, 
regna  un'  affannosa  incertezza  dell'  avvenire,  come  se  si  temessero  i 
tempi  apocalittici.  »  Quindi,  accennate  le  tradizioni  di  una  stessa  ori- 
gine  iberica  e  i  legami  di  fratellanza  che  strinse  tra  i  popoli  dell'A- 
merica  meridionale  la  simultaneity  e  comunanza  degli  sforzi  fatti  per 
la  conquista  della  propria  indipendenza,  prosegue  :  «  Noi  che  crediamo 
in  Dio,  non  possiamo  dubitare  che  una  nuova  accolta  di  nazioni  sia 
chiamata  a  realizzare  un  qualche  progresso  morale  nella  storia,  e  gli 
antecedent!  e  le  circostanze  danno  chiaro  a  conoscere  che  la  missione 
propria  di  questi  popoli  americani  si  riassume  in  dare  1'  ammirabile 
esempio  di  una  pace  internazionale  fermissima,  di  guisa  che  ogni  na- 
zione  possa  dedicarsi  alia  formazione  di  buoni  cittadini,  allo  svolgi- 
mento  della  ricchezza,  all'espansione  del  commercio,  disarmata  d'ogni 
forza  che  non  sia  necessaria  a  mantenere  1'  impero  della  legge,  1'or- 
dine  e  la  sicurezza  interna.  Siccome  1'amor  fraterno  e  la  tessera  che 
Cristo  ci  die  per  riconoscere  i  discepoli  suoi,  soltanto  quelle  nazioni 
che  fraternamente  si  tratteranno  a  vicenda,  meriteranno  il  nome  di 
cristiane.  Deh,  ci  sia  dato  conseguir  la  gloria  di  applicare  il  Cristia- 
nesimo  alle  relazioni  internazionali,  sostituendo  ai  regolamenti  della 
discordia  la  formola  dell'  evangelico  amore.  »  Cosi  egli  ;  e  di  questo 
tenore  continua  il  suo  magnifico  discorso,  che  ben  vorremmo  tradurre 
per  disteso  se  non  ce  lo  vietasse  la  mancanza  dello  spazio.  Ma  da  quel 
poco  che  ne  riferimmo,  appar  manifesto  qual  sia  il  vero  programma 
da  adottarsi  per  una  federazione  latino-americana  :  Cristo  per  fonda- 
mento,  il  Yangelo  per  codice,  1'amor  cristiano  per  legame  o  cemento 
dell'  ediflzio. 

Se  gli  altri  Stati  dell' America  Meridionale,  sottrattisi  al  giogo  della 
Massoneria,  che  gli  ha  fin  qui  piu  o  meno  tiranneggiati,  abbracce- 
ranno  questo  programma  che  lor  offre  il  Presidente  della  Repubblica 
Colombiana,  non  vi  avra  in  tutto  il  mondo  una  federazione  di  Stati 
piu  intima,  piu  compatta,  piu  forte  e  prosperosa  di  questa,  che  noi 
di  cuore  auguriamo  ai  nostri  fratelli  latino-americani.  Poiche,  ove 
Cristo  impera,  ivi  regnano  -la  moralita  e  la  giustizia  e  qiiindi  1'ordine 
e  la  pace,  che  sono  i  grandi  fattori  della  vera  civilta  e  del  progresso 
delle  nazioni. 

4.  Morte  di  Nobel.  Alfredo  Nobel,  1'inventore  della  dinamite,  mori 
il  13  decembre  a  San  Eemo  in  Italia,  in  eta  di  63  anni.  Egli  discen- 
deva  da  una  famiglia  svedese  che  ora  ha  stanza  in  Russia.  Fu  uomo 
che  ando  debitore  della  sua  celebrita  e  della  sua  fortuna  soltanto  al 
suo  ingegno  e  alia  sua  operosita.  II  suo  padre  forniva  al  Governo 
russo  la  polvere ;  il  che  fu  un'occasione  per  Alfredo  di  applicarsi 
con  ardore  allo  studio  della  tecnica  degli  esplosivi,  alia  quale  piu 


512  CRONACA    CONTEMPORANEA 

tardi  reed    un    insolito    perfezionamento.  Sin  dai  suoi  primi    esperi- 
menti  di  chimica  s'era  adoperato  a  rendere  la  nitroglicerina  (ritrovato 
dell'italiano  Sobrero)  applicabile,  senza  il  pericolo  delle  tante  esplo- 
sioni  e  disgrazie  che  per  il  suo  stato  fluido  erano  sinallora  accadute. 
Laonde  la  assodd    mescolandola   colla    terra   argillosa  e  la  chiamd  a 
cagione  della  grande  forza  elastica,  la  potente,  cio6  con  parola  greca 
la  dinamite.  Povero  com'era  non  aveva    onde    mettere  su  un'officina 
per  produrre  in  gran  qtiantita  la  nuova  materia  e  divulgarla  nel  com- 
mercio,  quando  Napoleone  III  gli  venne  in  soccorso,  raccomandandolo 
al  francese  Pereire,  speculatore  di  Borsa,  il  quale  gli  presto  100,000 
franchi.  I  possessori  di  mine  in  Inghilterra  e  Spagna  divennero  presto 
i  suoi  amici  e  clienti.  Una  nave,  carica  di  dinamite  e  per  uno  scoppio 
ridotta  in  mille  pezzi  nel  porto  di  Lima,  fece  conoscere  da  per  tutto 
la  sua  invenzione  e  gli  raise  di  tale  richiamo  per  la  sua  merce  che, 
non  bastando  I'unica  officina  a  soddisfare  le  richieste,  il  numero  ne 
crebbe  d'un  tratto   senza   fine  in  America,  in  Germania,  in  Austria 
e  in  Inghilterra.  Quivi,   in   Londra,  fu  fondata  Pa.  1886   The  Nobel 
Dynamite  Trust  Company  (La  compagnia  di  credito   per  la  dinamite 
del  Nobel),  che  riuni  tutte  le  altre  fabbriche  di  dinamite  e  di  diffe- 
renti  esplosivi.  Da  tutte  queste  officine  gli  correva  in  seno  un  vero 
fiume  d'oro,  onde  pote  formare  insieme  col  fratello  il  re  delpetrolio, 
che  ora  vive  a  Bakum,  una  delle  grandi   societa   della  nafta  russa. 
Fino  agli  ultimi  di  della  sua  vita,   egli   attese  costantemente,  nella 
sua  splendida  villa  di  S.  Remo  e  nel  suo  palazzo  di  via  Malakow  in 
Parigi,  agli  studii   fisici  e  alle    sue   predilette   indagini.   Non   penso 
mai  a  prender  moglie :  che  non  voile  altre  persone  per  sua  compagnia, 
ovunque  soggiornasse,  se  non  i  chimici,  cooperatori  delle  sue  fatiche. 
II  testamento  del  Nobel,  scritto  e  segnato  a  Parigi,  il  27  novembre 
dell'a.  1895,  alia  presenza  di  quattro  Svedesi,  e  stato  aperto  a  Sto- 
colma  il  30  decembre  ultimo  e  contiene  (oltre  i  lasciti  di  tre  milioni 
di  lire  da  spartirsi  a  venti  persone,  ai  nipoti,  agli  amici  e  ai  servi> 
disposizioni    onde  la  rendita    annuale   del  resto    della    sua   immensa 
fortuna   sia   distribuita,  senza  riguardo   di  nazionalita,  a  coloro   che 
avranno   fatte   scoperte   importanti  nella  fisica,  nella  chimica,  nella 
fisiologia,  nella  medicina  e  nelle  lettere.  La  fortuna  del  Nobel  con- 
siste  nelle  proprieta  di  S.  Remo  e  di  Parigi,  e  nei  valori  depositati 
nei  banchi  di  Berlino,  Pietroburgo,  Stocolma,  Londra  e  Parigi.  Cre- 
desi  che  una  tanta  fortuna  ammonti  a  50,000,000  di  lire ;  la  maggiore 
ricompensa  che  finora  un  uomo  abbia  potuto  costituire  in  premio  del- 
1'emulazione.  E  notevole  che  il  Nobel    inventore  dei  mezzi  piu    mi- 
cidiali,  proprio  lui    ha   assegnato  un  premio  (il  quinto)  a  chi   abbia 
cooperato  efficacemente  alia  distruzione    degli    eserciti  permanent!  e 
allo  stebilimento  della  pace. 


REAZIONE  CATTOLICA. 

E    SOGIAJLISMO 


I. 

Gli  odierni  liberal!,  razionalisti  e  scredenti,  stupiscono  e  non 
si  sanno  dar  pace  che,  dopo  quasi  dugenfanni  di  guerra  fi- 
losofica  e  civile  alia  Ghiesa  cattolica,  questa  non  pure  soprav- 
viva  ancora,  ma  piena  di  rigoglio  florisca  sempre,  si  spanda 
e  prosperi  vigorosa  in  tutto  il  mondo.  Sognavano  essi  che, 
corrente  il  secolo  diciannovesimo,  si  sarebbe  potuto  da  loro 
eternare,  nel  bronzo  e  nel  marrao,  un  motto  simile  al  Chri- 
stiana nomine  deleto,  che  fu  riferito  Diocleziano,  al  termine 
delle  feroci  sue  persecuzioni,  avere  inscritto  nei  monument!  del- 
1'Impero ! 

Ma  che?  Girolamo  Boccardo,  senatore  del  Regno  d'ltalia, 
in  un  suo  recente  volume,  si  e  sentito  costretto  a  fare  questa 
pubblica  e  per  lui  amara  confessione :  «  Fra  tutti  i  giudizii 
pronunziati  dai  pensatori  del  secolo  XVIII  e  dei  primi  anni 
del  nostro,  nessuno  forse  e  stato  piu  completamente.  smentito 
dai  fatti,  di  quello  che  proferirono  essi  sull'  avvenire  del  cat- 
tolicismo.  Questi  filosofi  credettero  che,  come  Chiesa  militante, 
come  fomite  d'intolleranza  religiosa  (leggi,  come  Chiesa  pro- 
pugnatrice  dell'unit£  della  fede),  come  fazione  politica,  essen- 
zialmente  ostile  al  potere  civile  (leggi,  come  Chiesa  intrepida 
sostenitrice  de'  suoi  divini  diritti  usurpati),  il  cattolicismo  avesse 
i  suoi  giorni  contati  e  fosse  irremissibilmente  destinato  a  sva- 
nire,  acquistando  piu  e  piii  il  carattere  di  un  puro  codice  mo- 
rale, e  la  benefica  influenza  di  una  grande  educazione  dell'u- 
manitk  (leggi,  perdendo  ogni  virtu  d'istituzione  soprannaturale, 
nell'origine  sua,  ne'  mezzi  che  usa  e  nel  fine  suo).  Invece  che 

Serve  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1191.  33  22  febbraio  1697. 


514  REAZIONE   CATTOLICA 

e  egli  avvenuto  ?  Giammai  la  Chiesa  Romana  non  si  e  mostrata 
piii  gelosa  de'  suoi  privilegi  (conferitile  da  Cristo-Dio),  piu  in- 
transigente  verso  tutte  le  forme  di  libertk  (tirannica  e  licen- 
ziosa),  piu  ostinatamente  tenace  nel  respingere  qualunque  ten- 
tative di  conciliazione  (colla  menzogna  e  coll' iniquita),  piu 
impaziente  di  riprendere  il  potere  temporale  (che  le  compete 
per  diritto  ed  e  unica  guarentigia  di  sua  liberta  vera)  *  ».  Dal 
che  si  deduce  una  reazione  clericale  novissima,  inaspettata. 
i  cui  splendidi  effetti  si  sono  palesati  e  si  palesano,  scriv'egli. 
in  quella  ch'  ei  chiama  super  stizione,  ed  e  ravvivamento  di 
fede  «  delle  masse  popolari  »,  nelle  apparizioni  della  Madonna, 
nei  miracoli  di  Lourdes,  nei  pellegrinaggi,  nella  promulgazione 
del  Sillabo,  nel  dogma  deH'infallibilitk  pontificia :  «  manifesta- 
zioni  tutte  di  una  reazione,  che  nessun  fllosofo  deH'ultima,  o 
della  penultima  generazione  avrebbe  osato  sospettare  possi- 
bile  2.  » 

E  come  costoro  Favrebbero  sospettata,  posto  che  essi  non 
credevano  alia  divinita  della  Ghiesa,  ne  alia  promessa  di  Cristo 
che  essa  in  perpetuo  sussisterebbe,  e  giammai  le  porte  dell'  in- 
ferno, contr'essa,  non  sarebbero  prevalse?  Ma  1'esimio  sena- 
tore,  che  nella  tarda  sua  et&  vede  effettiva,  non  che  possibile. 
questa  reazione,  dovrebbe  toglierne  argomento  per  convin- 
cersi.  che  adunque  la  Chiesa  cattolica  non  e  opera  d'uomo, 
ne  ordinata  a  trasformarsi  in  un'accademia  di  mera  benefl- 
cenza,  o  in  un  educatorio  di  semplice  umanita. 

Del  resto  e  bello  ammirare  I'armonia  di  questa  confessione 
del  razionalista  senatore  italiano,  con  quella  del  capo  delle 
logge  massoniche  di  Germania,  il  f/.  Findel.  II  quale  poco  fa, 
deplorando  il  trionfo  del  cattolicismo,  cosi  nella  politica,  come 
nella  scienza,  dopo  avere  descritto  a  larghe  pennellate  il  pre- 
cipizio  entro  cui  sta  in  procinto  di  cadere  il  liberalismo,  fa 
avvertire  il  sopravvento  che  oggi  il  cattolicismo  ha  ottenuto 
sopra  il  protestantesimo  ed  il  socialismo  3. 

1  Socialismo  sistematico  e  socialisti  incoscienti,  pag-.  98.  Roma,  1896. 

*  Pag.  99. 

3  V.  L'Osservatore  Cattolico  di  Milano,  num.  del  19-20  decembre  1896 ; 


E    SOCIALISMO   INCOSCIENTE  515 

Egli,  da  filosofo  superstite  dell'ultima  generazione,  si  studia 
d'indagarne  le  ragioni;  e  non  a  torto  indica,  fra  le  determi- 
nant!, «  gli  orrori  della  Rivoluzione  francese,  e  poi  quelli  del 
Comune  e  dell'anarchismo  » :  quindi  « il  rapido  propagarsi  dello 
scetticismo  nel  laicato  »  ;  e  appresso  «  gli  errori  del  potere  ci- 
vile, divenuto  aggressive,  con  la  usurpazione  dei  beni  eccle- 
siastici,  con  1'abolizione  delPinsegnamento  teologico  nelle  Uni- 
versitk  e  del  catechismo  nelle  scuole.  »  In  sostanza,  tutto  egli 
poteva  compendiare  nello  sforzo  mostruoso  delPempietk  mo- 
derna,  docente,  congiurante  e  governante,  per  giungere  a  spian- 
tare  dalla  faccia  della  terra  la  Chiesa  di  Cristo,  ed  a  far  vero 
nel  secol  nostro  il  favoloso  motto  dioclezianesco :  Christiana 
nomine  deleto. 

Or  il  rinvigorimento  di  resistenza  nella  Chiesa  a  tanto  sforzo 
ed  il  riconoscimento  in  una  gran  parte  dei  popoli  battezzati 
dell'abisso,  verso  cui  questa  empietk  mira  a  trascinarli,  e  le- 
cito  qualificarli,  se  piace,  di  reazione;  tale  pero  che  apparisce 
evidentemente  suscitata  ed  assistita  da  una  virtu,  che  supera 
le  naturali ;  e  proviene  da  Colui  che,  venti  secoli  fa,  disse  alia 
sua  Chiesa  nascente:  —  Nel  mondo  patirai  angustie;  ma  con- 
flda;  io  ho  vintoil  mondo!  E  di  fatto  questa  Chiesa,  nel  corso 
dei  venti  secoli  susseguiti,  allora  s'e  meglio  mostrata  viicitrice, 
quando  e  piu  sembrata  vinta.  Ed  e  da  rallegrarsi  che  la  tri- 
stezza  della  confessione  del  senatore  Boccardo  confemni,  pei 
di  nostri,  in  qualche  modo,  il  Galilaee  vicisti  del  primo  apo- 
stata  coronato. 


II. 


Strano  pero,  anzi  mille  volte  piu  nuovo,  e  Peffetto  da  questa 
nuova  reazione  clericale  derivato :  ed  ecco  come  eruditamente 
il  vecchio  senatore,  in  sul  serio,  lo  bandisce.  « II  geaio  di  Ca- 
millo  Cavour  aveva  profetato  che  Pultramontanismo  (leggi  cat- 

il  quale  fa  seguire  la  notizia  da  quest' avviso:  «Chi  conosce  1'odio  profondo 
del  f.*.  Findel  verso  la  Chiesa  Romana,  ricorda  Balaam,  che  vuol  maledire 
ed  e  obbligato  invece  a  benedire.  » 


510  REAZIONE    CATTOLICA 

tolicismo)  ed  il  socialismo,  tardi  o  tosto,  diverrebbero  alleati. 
Questa  alleanza,  gik  tentata  dal  Lamennais,  ribadita  dal  ve- 
scovo  Ketteler  in  Germania,  dal  cardinale  Gibbons  in  America, 
dal  cardinale  Manning  in  Inghilterra,  dal  padre  Curci  in  Italia, 
dal  conte  de  Mun  in  Francia,  e  ora  palesemente  e  formalmente 
conclusa  !. »  E  per  certo  il  Boccardo  che,  con  tanta  sicurezza 
ne  divulga  la  notizia,  deve  ancor  conoscere  le  clausole  del  trat- 
tato  di  questa  duplice  alleanza,  segrete  forse  come  quelle  del 
trattato  della  Triplice  famosa. 

11  quale  singolarissimo  fenomeno,  secondoch^  egli  lo  dice, 
se  sussistesse,  rivelerebbe  questo  finale  frutto  della  guerra  a 
morte,  fatta  dal  razionalismo  aristocratico  e  borghese  alia  Chiesa 
cattolica,  per  si  lunghi  anni:  che  cioe,  dopo  generatosi  in  seno 
il  grande  suo  nemico,  che  e  il  socialismo,  sarebbe  riuscito  a 
dargli  in  aggiunta  per  alleato  il  cattolicismo,  ringagliardito  di 
forza  e  cresciuto  di  potenza. 

La  cosa  di  certo,  in  quanto  riguarda  il  cattolicismo,  sarebbe 
spaventevole,  se  non  fosse  burlesca:  ed  e  davvero  fenomeno 
meraviglioso,  che  la  fantasia  di  un  uomo  si  grave  di  eta  e  di 
senno,  coirfe  il  Boccardo,  gli  abbia  presa  in  giro  la  mente, 
sino  a  fargli  scambiare  per  massiccia  realtti  una  tanto  vapo- 
rosa  chimera. 

Lasciamo  stare  Camillo  di  Cavour,  colla  sua  profezia,  che 
vale  cio  che  puo  valere,  ed  e  ben  poco ;  e  ne  pure  entriamo 
nelle  difese  degl'  insigni  personaggi,  vivi  o  defonti,  ch'  egli 
tira  in  ballo,  per  dare  corpo  alFombra  che  gli  Irulla  nel  capo: 
ma  un  granello  di  naturale  buon  senso  e  la  cognizione,  almeno 
storica,  di  cio  che  e  il  cattolicismo  dovevano  bastare,  a  fargli 
scorgere  di  prima  vista  ed  a  priori  Tenorme  assurditk  di 
collegare  la  luce  colle  tenebre,  ossia  la  Chiesa  col  suo  con- 
trapposto,  che  e  appunto  il  socialismo. 

Questo  sistema  si  regge  sopra  quattro  capi,  che  formano 
come  dire  i  suoi  quattro  punti  cardinali,  Yateismo,  negazione 
di  Dio  e  di  ogni  culto  religioso;  il  libero  amore,  negazione 


1  Pag. 


E    SOCIALISMO   INCOSCIENTE  517 

•della  famiglia  nella  sua  stessa  radice,  che  e  il  matrimonio; 
il  colleitivismo,  negazione  di  ogni  personale  o  domestica  pro- 
prieta;  la  statolatria,  negazione  di  ogni  privato  diritto,  a  van- 
taggio  dello  Stato,  o  comunanza  dei  cittadini.  Si  pongano  a 
riscontro  di  queste  quattro  fonti  di  bestiale  barbarie  il  culto 
divino,  insegnato  e  professato  dalla  Chiesa  cattolica;  le  sue 
•dottrine  e  le  sue  pratiche  circa  il  matrimonio  cristiano,  unico 
nel  vincolo  indissoluble;  tutto  intero  il  suo  decalogo  e  tutto 
ill  corpo  del  suo  giure  canonico ;  e  poi  si  vegga  se  sia  possi- 
bile  divisare  contraddizione  di  cose  piu  piena,  di  quella  che 
corre  tra  i  dommi  suoi  e  la  sua  morale  ed  i  turpi  delirii  del 
^socialismo. 

Che  piu?  Acciocche  si  togliesse  ogni  appiglio  a  quale  si 
sia  errore  in  questa  materia,  il  sistema  socialistico  e  stato 
formalmente  e  nominatamente,  nel  suo  tutto  e  nelle  sue  parti, 
condannato  dalla  Chiesa,  in  quel  Sillabo  di  Pio  IX  \  che  il 
Boccardo  addita  quale  prova  d'inopinata  reazione  clericale, 
e  nelle  Encicliche  di  Leone  XIII  2,  massimamente  in  quella 
del  15  maggio  1891  che  comincia  Rerum  novarum  ed  il  Boc- 
cardo, non  che  conosca,  ma  loda  e  commenda,  come  quella 
che  «  si  vale  dei  migliori  argomenti  dell'economia  classica, 
per  mettere  in  rilievo  1'assurdita.  del  comunismo  3  ». 

Adunque  avanti  di  promulgare,  lamentandola,  in  un  suo 
libro  scientiflco,  1'alleanza  « formalmente  conclusa  »  tra  la 
Chiesa  cattolica  ed  il  socialismo,  il  dotto  uomo  avrebbe  do- 
vuto  pensare  al  come  si  conciliassero  insieme,  fuori  del  suo 
cervello,  la  formale  e  reciproca  riprovazione,  colla  formale 
e  reciproca  concordia  di  due  sistemi,  che  essenzialmente  si 
•escludono  1'uno  1'altro,  e  sono  fra  s6  piu  opposti  che  1'acqua 
in  un  bragiere  col  fuoco. 


*  Syllabus,  etc.  C.  4. 

2  Verbigrazia,  qaella  che  comincia :  Quod  apostolici. 

4  Pag.  99. 


518  REAZIONE    CATTOLICA 

III. 

Ne  giova  ricorrere  alia  natura  della  reazione  ridestatasi 
fra  i  cattolici,  rappresentandola,  come  fa  il  senatore  Boccardo, 
per  «  apparentemente  religiosa  e  sostanzialmente  politica  e 
sociale  1  ».  Imperocche  ogni  moto  religiose  nei  popoli  riveste 
in  qualche  grado  la  qualitk  di  sociale,  essendo  sociale  per  se 
1'obbligo  della  religiosita,  e  sociali  essendo  gli  effetti  che  la 
religiosity  nei  popoli  produce.  Ma  per  necessitk  poi  ogni  moto 
religioso  esercita  pure  un  infiusso  sopra  la  politica,  singolar- 
mente  nei  tempi  nostri,  nei  quali,  non  la  Chiesa  ha  confusa 
la  religione  colla  politica,  ma  il  dominance  liberalismo  T  ha 
talmente  confusa,  che  spesso  si  considera  come  atto  politico 
persino  Tascoltare  la  Messa,  il  recitare  il  Paternostro  e  il  farsi 
in  pubblico  il  santo  segno  della  Croce. 

II  difetto  di  queste  avvertenze  ha  fatto  intimorire  alcuni  di 
buon  sentimento,  non  forse  il  moto  di  difesa  sociale,  eccitatosi 
con  tanta  vigoria  tra  i  cattolici,  pigli  forma  socialistica  e 
degeneri  in  un  cosi  detto  socialismo  cattolico.  Ma  e  timore 
immaginario.  II  socialismo  non  puo  essere  mai  cattolico.  II 
predicate,  in  questo  caso,  ripugna  al  soggetto,  per  essere  i 
termini  contraddittorii. 

Vero  e  che  parecchi  scrittori,  i  piii  liberali  e  razionalisti, 
come  il  Nitti 2  e  il  de  Laveleye 3  si  sono  arditi  di  creare  an- 
che  questa  forma  di  socialismo,  da  loro  denominate  cattolico, 
per  accrescerne  la  varieta.  Cio  per  altro  hanno  fatto  di  loro 
arbitrio  e  campando  in  aria  ipotesi,  foggiate  sopra  falsissimi 
coHcetti.  Che  anzi  tutti  gli  autori  ed  oratori  cattolici  di  vaglia 
e  di  autorita,  laici,  sacerdoti  e  Vescovi,  con  voce  unanime, 
hanno  ripudiata  e  ribattuta  questa  ingiuria  alia  loro  fede  : 
cosi  verbigrazia  Tillustre  maestro  di  seienze  economiche,  Carlo 
Perin,  il  cardinale  Langenieux,  Mgr.  di  Cabrieres,  il  P.  de 

1  Pag.  96. 

2  11  socialismo  cattolico,  C.  I. 

'  Le  socialitme  contemporain.  C.  V11I. 


E   SOGIALISMO   INCOSCIENTE  519 

Boylesve,  il  P.  Valentino  Steccanella,  il  professore  Giuseppe 
Toniolo,  i  membri  dei  Congressi  cattolici  di  Francia,  di  Ger- 
mania,  del  Belgio  e  d'ltalia;  e  segnatamente  il  conte  de  Mun, 
nell'eloquente  suo  discorso  dei  30  marzo  1894  al  Parlamento  di 
Francia,  col  quale  ridusse  in  polvere  le  bravate  insolenti  del 
socialista  Jaures,  contro  Tazione  che  pretendeva  anarchica  dei 
cattolici  francesi. 

Del  resto  concediamo  che  la  reazione  clericale  o  cattolica, 
oltreehfe  religiosa,  sia  direttamente  ancora  politica  e  sociale. 
A  quale  titolo  il  senator  Boccardo  ne  farebbe  rimprovero  ai 
cattolici  e  li  scomunicherebbe?  Non  sono  essi  per  awentura 
•cittadini,  come  i  liberal!?  Non  hanno  essi  i  medesimi  diritti  ? 
Non  pagano  essi  le  imposte?  Non  portano  essi  tutti  i  pesi 
comuni?  Adunque  essi  pure  hanno  il  diritto  d'  influire  sulla 
politica  dei  loro  paesi,  e  di  prendere  a  petto  il  bene  ed  il  mi- 
gliore  andamento  della  societa,  in  mezzo  alia  quale  vivono  e 
della  quale  sono  spesso,  per  numero,  la  parte  maggiore.  0  che 
gl'  interessi  politici  e  sociali  debbono  rimaner  sempre  mono- 
polio  e  regia  privilegiata  del  liberalismo,  che  ha  si  bellamente 
conciati  i  popoli  su  cui  spadroneggia,  come  vediamo  e  spe- 
rimentiamo  ? 

II  clericalismo,  stando  al  Boccardo,  che  allude  alia  nostra 
Italia,  «  ha  ora  mutato  tattica,  n&  si  attiene  piu  alia  formola : 
Ne  eletti,  ne  eleltori,  colla  quale  affettava  'di  tenersi  lontano 
dalle  lotte  politiche  ».  Invece  ha  destata  la  reazione,  ch^egli 
ascrive  ai  trionfl  riportati  nel  Belgio,  alle  clamorose  conver- 
sion! avvenute  in  paesi  protestanti,  al  bisogno  di  ritemprarsi 
«  in  un  ideale,  non  infetto  dalF  impure  pseudorealismo,  venuto 
in  moda,  nell'iiltimo  ventennio  *  ». 

Baie !  Nell'  Italia  i  cattolici  non  hanno  mutata  nessuna  tat- 
tica, n&  hanno  mai  creduto  che  Tunico  modo  di  risanare  il 
paese  dalla  lebbra  del  liberalismo,  fosse  1' immischiarsi  nelle 
elezioni  parlamentari.  La  loro  tattica  e  stata  finora,  &  e  sark 
sempre  quella  di  restare  cattolici  ed  italiani  col  Papa,  per- 

1  Pag.  95,  96. 


520  REAZIONE    CATTOLICA 

nio  non  meno  dell'unitk  della  Chiesa,  che  della  pace  dell'Ita- 
lia.  L'obbedienza  al  Papa  e  la  loro  regola;  e  non  si  scoste- 
ranno  dalla  formola:  Ne  eletti,  ne  elettori,  se  non  quando  il 
Papa,  pel  bene  della  Chiesa  e  dell' Italia,  sia  per  darne  loro- 
il  cenno.  E  dunque  un  altro  sogno  del  senatore,  da  metiers* 
a  paro  con  quello  dell'alleanza  conclusa  tra  la  Chiesa  ed  il, 
socialismo,  che  essi  abbiano  mutata  tattica,  ripudiando  la  for- 
mola, alia  quale,  ora  anzi  piu  che  mai  tenacemente,  per  araore 
ed  obbligo  di  disciplina,  per  convinzione  maturata  dai  fatti,. 
per  necessitk  di  avvedimento  politico,  rimangono  fedeli. 

IV. 

Che  significhi,  per  Girolamo  Boccardo,  «  1'  impuro  pseudo- 
realismo  »  al  cui  aborrimento  egli  ascrive  in  gran  parte  la 
odierna  reazione  clericale,  non  sapremmo  bene  indovinarlo. 
Ma  poiche  e  cosa  che  infetta,  altro  non  puo  essere  se  non  ua 
prodotto  del  liberalismo,  microbio  generatore  di  tutte  le  infe- 
zioni  sociali  del  tempo  nostro.  E  tuttavia  singolar  caso  code- 
sto,  che  mentre  egli  dk  Ja  reazione  per  moto,  od  atto  contra- 
rio  o  repulsive  di  un  principio  infettante  ed  impuro,  la  tema 
poi  quasi  «  pericolo  piii  grave  e  piu  prossimo,  di  quello  che 
possono  addurre  le  declamazioni  ed  i  soflsmi  dei  socialist!  di 
professione  ». 

M  presente  moto  operoso  dei  cattolici,  che  si  vuole  deno- 
minare  reazione,  non  minaccia  propriamente  se  non  il  mal- 
demone  del  liberalismo,  nelle  due  sue  corna,  che  sono  la  ti- 
rannide  e  la  corruzione.  Contr'esso  combattono  e  ad  esso  re- 
sistono,  usando  del  loro  diritto  e  adempiendo  un  loro  dovere. 
Come  cattolici,  hanno  il  diritto  e  il  dovere  di  rivendicare  la 
piu  sacra  delle  liberta,  che  e  quella  della  loro  fede  e  della 
loro  coscienza,  oppressa  appunto  sotto  il  menzognero  titolo  di 
liberta.  Come  cittadini,  hanno  il  diritto  e  il  dovere  d'impedire 
che  la  patria  duri  ad  essere  ludibrio  delle  depravazioni,  onde 
il  liberalismo  la  insozza  e  la  strazia,  sotto  lo  schernevole  pre- 
testo  di  civilta.  La  lotta  politica  «  dei  clericali  »,  che  il  Boc- 


E   SOCIALISMO   INCOSCIENTE  521 

cardo  sembra  tanto  paventare,  e  lo  sbigottisce  piii  che  quella 
dei  socialisti,  non  e  se  non  lotta  di  liberta  santa  e  di  naturale 
onesta,  contro  il  piii  abbominevole  dei  despotism!  ed  il  piu 
^siziale  dei  pervertimenti. 

II  liberalismo,  com'ebbe  a  confessare  Francesco  De  Sanctis, 
ha  fatta  la  rivoluzione  per  togliere  alia  Chiesa  la  sua  libert^ ; 
•e  con  cio  dar  opera  a  scristianizzare  la  piii  cattolica  delle  na- 
zioni,  quella  che  ha  nel  suo  grembo  la  sede  del  Papato,  Tltalia. 
A  tal  fine,  si  e  sforzato,  per  un  verso,  d' incatenarla  al  Go- 
verno,  e  per  1'altro  di  staccare  da  lei  i  popoli  suoi  fedeli.  A 
cio  ha  mirato  colla  sua  anticristiana  legislazione.  Collo  stato 
civile  da  esso  introdotto,  ha  voluto  rendere  superfluo  il  sacra- 
raento  del  battesimo  e  poi  quello  del  matrimonio ;  colla  bene- 
flcenza  legale,  ha  inteso  di  abolire  la  carita  evangelica ;  colla 
scuola  neutra,  ha  procurato  di  spegnere  nel  cuore  della  gio- 
Tentii  ogni  germe  di  religione ;  colla  leva  dei  cherici,  ha  mi- 
rato a  stremare  di  membri  il  sacerdozio.  In  una  parola,  il 
liberalismo  si  £  arrogato  di  laicizzare,  dall'  alto  in  basso, 
tutta  intera  la  societa. 

Che  e  egli  derivato  da  questo  rabbioso  lavorio  di  scristia- 
nizzazione  sociale?  Che.  si  vedeva  crollare  tutto:  1'autorita 
^pariva,  gli  animi  si  abbrutivano,  i  delitti  si  moltiplicavano, 
1'anarchia  si  dilatava,  la  pubblica  probita  si  perdeva,  il  latro- 
cinio,  in  tutte  le  sue  forme,  dalla  piu  rozza  alia  piu  elegante, 
-diveniva  quasi  un'altra  istituzione  nazionale.  «  Tutto  il  mondo 
sa,  che  la  nostra  vita  politica  e  e  deve  necessariamente  essere 
tutta  una  corruzione,  e  che  il  nostro  Stato  non  puo  reggersi, 
se  non  per  la  corruzione  »  ;  scriveva  teste  Edoardo  Scarfoglio. 
e  terminava  i  suoi  sfoghi  lagrimosi  soggiungendo :  «  Siamo 
gia  arrivati  al  punto,  che  ogni  nuova  didascalia  di  morale  e 
acccolta  con  un  senso  di  noia.  Non  andra  molto,  e  il  nome 
•della  virtu  non  potra  essere  pronunziato  senza  uno  scoppio 
-di  risa  *.  » 

Ecco  a  che  la  reazione  clericale,  in  Italia  e  fuori,  6  ri- 
volta.  E  rivolta  a  levare  un  argine  contro  la  fiumana  di  tanta 

1  Giornale  11  Mattino  di  Napoli,  num.  del  15-16  decembre  1896. 


522  REAZIONE   CATTOLICA 

irreligiosita  legale  e  di  tanto  guasto  delle  popolazioni.  II  Boc- 
cardo  ha  composto  un  intero  libro,  per  impugnare  il  socia- 
lismo,  e  non  si  e  accorto  ancora,  che  il  miglior  modo  di  estir- 
parlo  &  di  dar  della  scure  nella  sua  radice,  che  e  il  liberali- 
smo?  Anzi  si  e  mostrato  si  poco  avveduto,  che  di  questa  scure,. 
la  quale  sta  in  mano  dei  cattolici,  egli  fa  uno  strumento  di 
rinforzo  ai  socialist!? 


V. 


Che  dubbio,  rispond'  egli,  dato  che  i  cattolici  sono  pur  essi 
socialist!,  incoscienti  si,  ma  socialisti,  «  col  Nuovo  Testaraento 
e  coi  Santi  Padri,  i  cui  commenti  nulla  hanno  da  invidiare  ai 
piu  violent!  energumeni  del  socialismo  l?»  E  questa  per  lui 
e  prova  lampante,  che  Chiesa  cattolica  e  socialismo  si  danno 
la  mano. 

L'  economista  liberale  e  qui  giudicato,  o  meglio  si  giudica 
da  se.  Egli  va  dietro  ai  passi  del  Nitti  e  del  de  Laveley,  che 
egli  ricopia,  senza  ne  meno  far  loro  1'onore  di  citarli.  La 
scuola  di  costoro  rigetta  1'economia  fondata  nel  Vangelo  ed 
insegnata  dai  Padri  e  dalla  Chiesa;  e  perche  mai?  Perche 
severamente  ricorda  ai  doviziosi  i  grandi  pericoli  delle  ric- 
chezze,  prescrive  loro  di  fame  buon  uso  di  caritk  ai  poveri, 
e  condanna  le  ruberie  delF  usura,  chiunque  poi  sia  che  Teser- 
cita.  II  Boccardo  neppure  si  &  curato  di  studiare  almeno  il 
senso  storico  e  cristiano  dei  testi,  che  egli  ha  incontrati  nei 
due  sopraddetti  autori,  pago  di  arrolare  tra  gli  «  energumeni 
del  socialismo  »,  col  Lassalle  e  col  Marx,  SanfAmbrogio,  San 
Basilio,  San  Gregorio  Magno,  SanTAgostino;  e  di  porre  alia 
rinfusa  insieme  i  Congressi  socialisti  di  Gotha  e  di  Londra, 
coi  Connilii  ecumenici  e  coi  Congressi  cattolici  di  Padova  e  di 
Fiesole. 

Questo  ci  pare  il  caso  di  ramrnentare  la  seconda  delle  tre 
arcane  parole,  che  la  mano  misteriosa  scrisse  la,  nella  parete 
dell'  aula  in  cui  Baldassarre  banchettava,  Thecel,  che  Daniele 

1  Pag.  98. 


E   SOCIALISMO   INCOSCIENTE  523 

interpreto :  Inventus  es  minus  habens  *.  II  criterio  dell'  esimio 
senatore,  in  altre  cose  tanto  sottile  e  sagace,  qui  proprio  gli 
e  venuto  meno ;  e  ce  ne  rincresce  pel  suo  credito  d'  uomo 
assennato  e  sapiente. 

Ma  a  chi  vuol  egli  dare  ad  intendere,  che  Cristo  Signore, 
Maestro  di  veritk  e  di  giustizia,  sia  venuto  nel  raondo  a  pre- 
dicarvi  il  socialismo  ?  Se  cio  fosse,  come  mai  il  Boccardo  po- 
trebbe  riconoscere  1'istituzione  sua,  che  6  la  Chiesa,  per  cosi 
fatta,  che  ha  un  codice  di  morale,  la  meglio  educatrice  dell'uma- 
nita,  secondochS  egli  dichiara  pure  di  riconoscere?  Gesu  nel 
Vangelo  grida  il  terribile  suo  veh!  ai  ricchi.  E  vero:  ma  a 
quali  ricchi?  Agli  Epuloni,  agli  avari,  ai  crudeli,  che  si  godon 
la  vita  e  negano  le  briciole  de'  loro  lauti  conviti  ai  poveri 
Lazzari,  mendicanti  alia  soglia  dei  loro  palazzi.  Ma  egli  non 
ha  mai  riprovate  le  ricchezze  per  se,  come  male,  ne  ha  mai 
condannati  i  ricchi,  perche  ricchi.  Che  anzi  ai  ricchi,  i  quali 
con  buon  animo  gli  si  accostavano,  faceva  amorevoli  acco- 
glienze,  come  le  fece  a  Nicodemo  ed  a  Giuseppe  di  Arimatea, 
che  nel  Sinedrio  sedevano  tra  gli  opulenti. 

I  Padri  poi,  conformemente  al  divino  Maestro,  hanno  par- 
lato  ed  hanno  scritto:  che  se  talvolta,  nell' esagerare  Tavarizia 
o  la  durezza  dei  ricchi  verso  i  poveri,  sono  trascorsi  in  qualche 
forma  di  lingua ggio  eccessiva,  il  Vangelo  ed  il  decalogo,  della 
cui  osservanza  erano  campioni,  fornivano  la  regola  sicura  di 
valutarne,  nel  giusto  lor  senso,  le  frasi  o  le  figure  oratorie. 
Giammai  non'hanno  negato  loro  il  diritto  di  possedere  il  pro- 
prio ;  ne  mai  hanno  insegnato  quello  che  i  poveri  godessero, 
di  aspirare  ai  beni  dei  ricchi.  II  dovere  di  questi  verso  i  po- 
veri, non  hanno  mai  predicate  che  fosse  di  giustizia,  ma  di 
caritd ;  in  quanto  Iddio  li  ha  costituiti,  con  provvido  ordina- 
mento,  dispensatori  dei  beni  suoi,  a  loro  concessi  in  pro  di 
quelli  che  ne  penuriano.  Or  &  egli  possibile,  che  un  uomo 
cosi  erudito,  com'e  il  Boccardo,  abbisogni  d'imparare  da  noi 
queste  elementari  verita.  del  catechismo  cristiano? 

1  DAN.  V,  25,  seg. 


524  REAZIONE    CATTOLICA 

L'usura  poi  contro  cui  «  tuonarono  »  i  Congress!  di  Padova 
e  di  Fiesole,  non  e,  come  falsamente  pretende  egli,  «  la  le- 
gittimita  del  profitto  e  dell'  interesse  del  capital! »;  ma  e  Yin- 
giusto  profitto,  percepito  dal  capitale  che  si  presta,  sia  poi  de- 
naro  o  sia  altro.  II  profitto  legittimo  non  e  negate  dalla  Cbiesa 
cattolica ;  ed  ora  che  i  titoli  estrinseci,  i  quali  legittimano  un 
giusto  profitto  o  interesse  dei  capital!,  che  si  dicono  prestatiy. 
son  divenuti  evidentissimi,  non  s'  incontrera  ne  moralista,  ne- 
economista  cattolico,  che  vituperi  (Tingiusto  cio  che  e  vera- 
mente  equo  e  legittimo. 

I  Concilii  ed  i  Congress!  cattolici  hanno  invece  « tuonato  » 
contro  la  rapacita  de'  contratti,  che,  per  1'esorbitanza  dei  pro- 
fitti  richiesti,  passano  la  misura  di  ogni  equita  e  strozzano  a 
dirittura  gl'infelici,  che  dalla  angustia  sono  costretti  di  accon- 
ciarvisi.  Nel  che  portano  la  palma  gli  ebrei,  che  in  gran  nu- 
rnero  praticano  il  mestiere  cotanto  odioso  di  usurai ;  d'  onde- 
viene  poi  1'  odio  che  si  universalmente  contr'  essi,  col  nome- 
di  antisemitismo,  si  e  scatenato.  Legga  il  Boccardo  quello  che 
di  queste  ladrerie,  fiorenti  nel  mondo  odierno,  espone  Carlo- 
Perin  1 ;  quello  che  ne  racconta  il  Durand,  per  i  contadini  di 
Francia 2;  quello  che  mostra,  colle  cifre  ufflciali,  il  Yilley  3,  dei 
Monti  di  Pieta  nelPInghilterra,  nei  quali,  benche  passino  essi 
per  istituti  di  filantropia,  si  presta  persino  al  25  ed  al  48  %,. 
e  in  Irlanda  dove  si  arriva  dal  33  al  143  %>  e  quello  che  at- 
testa  il  Cerruti  per  la  nostra  Italia,  nelle  cui  campagne  1'usura,. 
dal  60  e  80,  si  estende  flno  al  100%4. 

E  si  osservi  che  nulla  tocchiamo  delle  strozzature  spietate,. 
che  i  giudei  in  ispecie  ed  i  giudeizzanti  esercitano  nell'Au- 
stria,  neH'Ungheria,  nella  Boemia,  nella  Polonia ;  paesi  che  si 
possono  dire  gia  dati  vivi  in  pasto  a  queste  malefiche  arpie. 

E  1'  inclito  senatore  s'  indegna  che,  contro  tali  ladronecci,. 
si  trovino  d'accordo  i  socialist!  dei  Congress!  di  Gotha  e  di 

1  La  Richesse  dans  let  socitMs  chrtticnnes,  pag.  492. 

2  Le  Credit  agricole. 

3  Le  Role  de  I'lltat  dans  I'ordre  iconomique,  pag.  409. 

4  Cooperazionc  popolare,  febbraio  1895. 


E    SOCIALISM©    INCOSCIENTE  525 

Londra,  coi  cattolici  dei  Congress!  di  Padova  e  di  Fiesole?  Ma 
sembra  a  noi  che,  fuori  di  qualsivoglia  scuola  economica,  basti 
il  senso  umano,  a  fare  che  1'animo  si  empia  di  orrore,  per  la 
vorace  razza  che  campa  e  s'  impingua  del  sangue  cosi  spre- 
muto  dalle  vene  dei  bisognosi. 

Percio  egli  dovrebbe,  da  questo  lato  almeno,  dare  ragione 
ai  clericali  e  lodarne  lo  zelo,  perocche  essi  non  istanno  gia 
paghi,  come  i  socialisti  sistematici  dei  Congressi  di  Gotha  e 
di  Londra,  a  protestazioni  furibonde,  ma,  da  socialisti  per 
nuova  guisa  incoscienti,  alle  vivaci  protestazioni  aggiungono 
i  fatti;  creando  casse  rurali,  istituti  di  credito,  banche  popo- 
lari  e  simili  opere,  che  aiutino  i  deboli  ed  i  poveri  a  salvarsi 
dalle  ingorde  gole  dell'usura.  Le  quali  opere  di  cristiana  ca- 
rita sono  appunto  frutti  preziosi  della  reazione,  che  tanto 
affligge  e  sgomenta  il  Boccardo,  perche  verso  i  clericali  attira 
le  popolazioni.  Ne  puo  essere  altrimenti,  giacchfe  le  popola- 
zioni  discorrono  in  questa  semplice  maniera :  —  I  liberali  ci 
tolgono  il  nostro,  i  socialisti  ci  promettono  Yaltrui,  ma  i  cle- 
ricali intanto  ci  danno  il  loro :  i  lor  danari,  (le  Societa  di  S.  Vin- 
cenzo  de'  Paoli,  nel  solo  anno  1895,  hanno  dato  in  carita  sette 
milioni,  settecentoventimila  lire)  il  loro  ingegno,  il  loro  tempo, 
la  loro  assistenza,  il  loro  buon  cuore.  Dunque  vivano  essi,  e 
viva  la  Chiesa  che  tali  li  forma! 

VI. 

Finalmente  se  il  senatore  ama  di  avere  limpida,  sott'occhio, 
tutta  intera  la  teoria  del  socialismo  incosciente  dei  cattolici, 
rispetto  ai  ricchi,  non  ha  gran  fatto  a  penare.  Egli  gia  co- 
nosce  F  Enciclica  di  Papa  Leone  XIII,  intorno  alia  condizione 
degli  operai,  e  F  ha  encomiata  di  «  classica  »,  nel  confutare 
gli  assurdi  del  comunismo.  Non  e  pero  meno  classica  nell'affer- 
mare  i  doveri  di  carita  dei  ricchi,  conmtando  gli  assurdi  del- 
1'egoismo  epicureo  e  del  capitalismo  usuraio,  al  cui  patrocinio 
la  scuola  economica  liberalesca  si  mostra  tanto  inclinata.  Studii 
egli  bene  e  mediti  questi  papali  ammaestramenti. 


526          REA7IONE   CATTOLICA   E    SOCIALISMO    INCOSCIENTE 

I  fortunati  del  secolo  sono  ammoniti,  che  le  ricchezze  non 
li  francano  dal  dolore,  e  che  esse,  per  la  felicita  avvenire,  non 
che  giovare,  nocciono:  che  i  ricchi  debbono  tremare;  pen- 
sando  alle  minacce  straordinariamente  severe  di  Gesii  Cristo, 
che  dell'uso  dei  loro  beni  avranno  un  giorno  da  rendere  rigo- 
rosissimo  conto  al  Dio  giudice.  In  ordine  a  quest' uso,  eccel- 
lente  ed  importantissirna  e  la  dottrina,  che  si  vuol  distinguere 
il  possesso  legittimo,  dall'uso  legittimo.  Naturale  diritto  del- 
ruomo  e  la  privata  proprieta:  ma  riguardo  all'uso  dei  beni, 
la  Chiesa,  per  bocca  di  S.  Tommaso,  non  esita  a  dire  non 
dovere  1'uomo  averli  come  proprii,  bensi  come  comuni,  in 
modo  che  facilmente  li  comunichi  nell'altrui  necessita.  Niuno 
al  certo  e  tenuto  sovvenir  gli  altri  di  quello  che  e  necessario 
a  se  ed  ai  suoi;  anzi  neppur  di  quello  che  e  necessario  alia 
convenienza  e  al  decoro  del  proprio  stato.  Ma  soddisfatto  alia 
necessiti-i  ed  alia  convenienza,  soccorrere  col  superfluo  ai  biso- 
gnosi,  e  dovere.  Eccetto  il  caso  di  estrema  necessita,  non  sono 
questi,  e  vero,  obblighi  di  giustizia,  ma  di  caritk  cristiana,  il 
cui  adempimento  non  si  puo  certamente  esigere  per  vie  giu- 
ridiche :  ma  sopra  le  leggi  e  giudizii  degli  uomini,  sta  la  legge 
e  il  giudizio  di  Cristo,  il  quale  inculca  in  molti  modi  la  pra- 
tica  del  donar  generoso,  ed  insegna  esser  cosa  piii  beata  il 
dare,  che  non  il  ricevere ;  e  terrk  per  fatta,  o  negata  a  se,  la 
carita  fatta  o  negata  ai  bisognosi. 

Che  e  da  ridire  in  biasimo  di  questo  ammaestramento, 
sopra  del  quale  si  fonda  il  preteso  socialismo  incosciente  dei 
eattolici,  intorno  al  retto  uso  delle  ricchezze?  A  questa  dot- 
trina il  Boccardo,  lodatore  dell'  Enciclica,  non  fa  censure.  L'ac- 
cetti  adunque  e  lasci  di  accusare  i  cattolici,  che  la  inculcano, 
di  socialist!;  benche  poi  a  lui  sappia  male  che  il  Papa  Leone  XIII 
abbia  pur  accennato,  che  ai  di  nostri  aumentano  sempre  le 
ricchezze  dei  pochi,  e  cresce  invece  la  miseria  dei  molti.  Ma 
di  cio  potra  tornare  opportune  ragionare,  in  qualche  altro  ar- 
ticolo,  piu  di  proposito. 


LE   LITANIE  LAURETANE 

STUDIO  STORICO  CRITICO  1 


ARTICOLO  III. 
LE  ORIGINI. 

15.  La  questione  intorno  le  origin!  delle  litanie  lauretane 
si  puo  dire  non  ancor  tocca  da  nessuno.  I  nostri  buoni  vecchi 
del  seicento  se  ne  spacciarono  di  leggeri  contenti  di  ragionare 
sopra  il  loro  contenuto,  commentandolo  nelle  piu  svariate  ma- 
niere,  fino  a  trovarci  dentro  tutto  lo  scibile  umano :  la  filosofia, 
la  teologia,  le  scienze  naturali,  1'intera  storia  dalla  creazione  del 
mondo  all'estremo  giudizio.  Per  mo'  di  esempio,  in  quel  mare- 
magno  di  erudizione  che  sono  i  due  volumi  sulle  litanie  del  Mie- 
chow,  questo  bravo  scrittore  non  si  d&  briga  di  cercare  onde 
gli  venga  materia  tanto  abbondante  di  svariata  eloquenza,  e 
gli  basta  supporre  che  non  altri  che  un  uomo  dotto,  pio  e  reli- 
gioso  potS  esserne  autore :  Fuisse  quemdam  doctum  piwn  ac 
religiosum  virum  inde  colligo,  quod  haec  litania  piur/i  ac  valde 
rationabilem  outturn  B.  Virginis  continet 2.  Cosi  pure  il  Giu- 
stiniani  nel  suo  copioso  Tempio  Lauretano  o  Lezzionario  delle 
invocazioni  alia  Vergine,  parlando  delPautore  delle  litanie  lau- 
retane dice  soltanto  «  non  poter  essere  stato  che  qualche  uomo 
molto  pio  e  molto  dotto;  perche,  invocando  in  questa  litania 
quarantotto  volte  la  Regina  del  Cielo,  Fautore  con  molta  leg- 
giadria  la  va  nominando  sotto  varii  epiteti  e  metafore,  in  modo 
che  non  solo  non  da  fastidio,  ma  arreca  diletto  3... »  Ne  nulla 
piu  si  puo  cavare  da  tutti  gli  altri  scrittori  de'  due  secoli  pre- 
cedent! fino  a  noi. 

1  Vedi  quad.  1118  del  16  gennaio  1897,  p.  161  e  segg. 

*  MIECHOW,  Discursus  praedicabiles.  Tom.  I,  disc.  1,  n.  14,  p.  14. 

3  Cfr.  MARTORELLI,  Tea  fro  istorico.  Tom.  II,  p.  156. 


528  LE    LITANIE   LAURETANE 

II  Sauren  sta  anch'egli  per  1'autore  molto  pio  e  molto  dotto  J, 
sebbene  un  po'  piu  innanzi  si  corregga,  e  considerando  che  le 
lauretane  sono  precedute  da  altre  siraili  litanie,  inclini  ad  am- 
mettere  non  tanto  un  autore,  quanto  un  accorto  compilatore, 
che  da  quelle  seppe  scegliere  le  invocazioni  migliori,  trala- 
sciando  le  raeno  corrette  ed  aggiungendone  altre  piu  appro- 
priate flno  a  darci  il  testo  intero  quale  ora  si  recita  2.  Questa 
sentenza  fu  gia  indicata  dal  Vogel  3  e  certo  meglio  dell'altra 
s'accosta  al  vero. 

Ma  se  e  cosi,  non  si  puo  ricercare  Torigine  delle  litanie 
lauretane,  senza  metterle  in  relazione  con  le  altre  che  le  pre- 
cedono ;  n£  questa  stessa  dimostrazione  sar&  compiuta,  se  non 
si  esamini  in  genere,  come  siansi  andate  formando  tutte  in 
complesso  quelle  preghiere,  che  possono  designarsi  col  titolo 
di  litanie  mariane. 

La  materia  e  alquanto  vasta  e  ci  e  venuta  crescendo  fra 
le  mani  assai  piu  di  quello  che  sul  principio  ci  attendevarao. 
Potremmo  certo  sbrigarci  in  poche  parole,  accennando  piut- 
tosto  che  dimostrando.  Ma  il  lavoro,  oltreche  arido,  riuscirebbe 
oscuro.  Per  altro  verso  si  tratta  di  argomento  siffattamente 
nuovo,  che  a  noi  stessi  fa  ora  meraviglia,  come  mai  tra  tanti 
e  tanti  che  scrissero  della  B.  Vergine,  illustrando  la  sua  storia, 
le  sue  prerogative,  le  sue  imagini,  i  suoi  santuarii,  il  suo  culto, 
non  sia  mai  venuto  in  mente  a  nessuno  di  ricercare  1'origine 
storica  delle  sue  litanie,  od  anche  solo  di  darsi  conto  de'  testi 
che  le  contengono.  Prima  del  secolo  XV  quei  testi  sono  rari  as- 
sai, e  la  stessa  loro  rarita  avrebbe  dovuto  eccitare  1'attenzione 
di  quei  tanti  eruditi  che  vanno  frugando  negli  archivii  in  cerca 
di  cose  nuove.  Ma  non  vi  badarono  ed  il  campo  rimase  fin 
qui  inesplorato. 

Per  dare  adunque  un  qualche  ordine  alia  materia,  ci  faremo 

1  Die  laurel.  Lit.,  p.  24. 

1  P.  26. 

3  De  Eccl.  Recan.  et  Laurel.,  p.  316.  Dopo  avere  accennato  ad  alcuni 
testi  piii  antichi  di  litanie,  conchiude:  «  Ex  his  demum  conflatae  fuiase  vi- 
dentur  Litaniae  Virginia  quae  nunc  ubique  gentium  sunt  in  usu.  » 


STUDIO    STORICO    CRITICO  529 

anzitutto  a  studiare  quel  gruppo  di  testi  che  presentano  piii 
lontana  parentela  con  le  nostre  litanie  lauretane  e  che  sono  i 
primi  a  ricorrere  ne'  codici.  Diamo  loro  il  nome  piu  generico 
di  litanie  mariane.  Poi  in  un  secondo  paragrafo  passeremo 
al  gruppo,  per  cosi  dirlo,  prelauretano,  che  e  quello  donde 
immediatamente  provengono  le  litanie  di  Loreto. 

§.  i.  Gruppo  deVe  litanie  mariane. 

16.  II  ch.  Sauren  ritiene  per  prima  e  piu  antica  litania  ma- 
riana  una  bella  laude  del  Ledbhar  Breac,  codice  del  secolo  XIV, 
appartenente  alia  R.  Accademia  irlandese '.  Esso  e  una  preziosa 
collezione  di  document!  di  varia  eta,  scritti  quasi  tutti  nella  piu 
pura  vetusta  lingua  irlandese,  in  the  purest  style  of  Gaedhlic, 
come  afferma  il  Prof.  0'  Curry  che  ne  illustro  le  varie  parti 2. 
Al  foglio  121  del  codice  si  legge  appunto  una  serie  di  cinquan- 
tanove  invocazioni  a  maniera  di  elogi  in  onore  della  B.  Ver- 
gine,  che  si  chiudono  poi  con  un'affettuosa  preghiera,  perche 
la  Vergine  si  degni  intercedere  appresso  il  suo  divino  Figliuolo 
a  pro  de'  peccatori.  Anche  TO'  Curry  la  chiama  addirittura 
litania,  1'ascrive  per  lo  meno  alia  meta  incirca  del  secolo  VIII 
(I  believe  it  to  be  as  old,  at  least,  as  the  middle  of  the  eighth 
century),  e  quantunque  la  dica  imitazione  di  simili  preghiere 
latine  non  crede  pero  che  sia  traduzione,  si  bene  lavoro  ori- 
ginale  3. 

Noi  non  possiamo  accettarla  come  litania  propriamente 
detta,  mancandogliene  del  tutto  la  forma;  si  tratta  di  semplici 
elogi  alia  B.  Vergine  seguiti  da  una  devota  preghiera  e  nul- 
1'altro.  Aggiungeremo  che  quegli  elogi  risentono  assai  i  titoli 
piu  comuni,  che  si  veggono  ripetuti  nelle  laudi  posteriori  del 


1  II  SAUREN  (p.  5,  p.  51)  conosce  questa  laude  solamente  nella  versione 
tedesca  datane  dal  HATTLER  nel  1879.  Le  Stimmen  aus  Maria-Laach  (Vol. 
XVIII,  1880,  p.  128)  ne  diedero  un'altra  versione,  forse  migliore. 

1  0' CURRY,  Lectures  on  the  manuscript  materials  of  ancient  irish  history, 
Dublin,  1861,  p.  352. 

3  L.  c.  p.  380. 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fate.  1121.  34  22  febbraio  1897. 


530  LE   LITANIB   LAURETANE 

medio  evo;  e  per  questa  ragione  dubitiamo  alquanto  che  la 
laude  irlandese  sia  tanto  antica,  come  vorrebbe  TO1  Gurry  '. 
II  testo  veramente  piu  antico  di  una  litania  raariana,  che 
finora  si  conosca,  sta  in  un  codice  manoscritto  del  secolo  XII, 
appartenente  al  fondo  certosino  della  biblioteca  di  Magonza. 
II  Mone  nella  sua  bella  raccolta  degli  inni  del  medio  evo  ne 
pubblico  solamente  la  parte  che  contiene  strofe  ritmiche,  tra- 
scurando  il  resto,  che  non  faceva  al  suo  proposito  e  che  per 
couseguenza  rimase  tuttavia  inedito  2.  Noi  abbiamo  potuto  otte- 
nerne  copia  dalla  squisita  gentilezza  del  M.  R.  Dr.  Francesco 
Falk  di  Magonza.  Ma  perocche  la  litania  e  lunga  a  non  piu 
ftnire,  ci  riserbiamo  a  pubblicarla  intera  nella  ristampa  di 
questo  studio  e  baster&  qui  darne  un  semplice  estratto,  quanto 
solo  strettamente  occorre  alia  presente  dimostrazione. 

Letania  de  domina  nostra  dei  genitrice  uirgine  Maria.  Oratio 
ualde  bona  cottidie  pro  quacumque  tribulatione  dicenda  est. 

Kyrie.  Christe.  Sancta  Maria,  ora  pro   nobis  bene- 

Christe,  audi  nos.  dictum  ventris  tui  fructum  3. 

Salvator  mundi,  adiuva  nos.  Sancta  Maria,  dei  genitrix  gloriosa, 

Pater  de  celis  deus,  qui  elegisti  Ma-  ora... 

riam    semper   virginem,   miserere  Sancta  virgo  virginum,  ora... 

nobis.  Sancta  regina  celorum,  ora... 

Fili  redemptor  mundi,  Marie  virgi-  Sancta  mater  misericordie,  ora... 

nis  filius,  mis.  Sancta  Maria,  gaudium   angelorum, 

Spiritus  Sancte  deus,  qui  illuminasti  iubilatio  omnium  sanctorum,  ora... 

et  obumbrasti  Mariam  semper  vir-  Sancta  Maria,  stirps  patriarcharum, 

ginem,  mis.  vaticinium  prophetarum,  solatium 

Sancta  Trinitas  unus  deus,  qui  pos-  apostolorum,  rosa  martirum,  predi- 

sedisti  Mariam    semper   virginem,  catio    confessorum,    lilium    virgi- 

mis.  num,  ora... 

1  Pio  IX,  ad  istanza  di  Mons.  Woodlock,  Rettore  dell'  Universita  catto- 
lica  d'  Irlanda,  approvo  questa  luude  con  suo  Breve  del  5  settembre  1862 
accordandole  un' indulgenza,  la  quale  per6  non  e  ora  registrata  nella  colle- 
zione  del  BERINGER.  Pel  testo  autentico  del  Breve  e  della  litania  si  vegga 
1'opuscolo  Old  irish  litany,  Dublin,  Gill  and  Son,  1879. 

*  MONE,  Hymni  latini  medii  aevi  (Friburgi  Brisgoviae,  Herder,  1854). 
Tom.  II,  p.  260  e  segg.  II  codice  della  Biblioteca  di  Magonza  e   segnato  : 
Earth.  622,  ed  e  scritto  in  caratteri  piuttosto  difficili  a  leggersi,  Appartiene 
per6  indubitatamente  al  sec.  XII,  come  afferma  il  Mone  e  come  ce  ne  assi- 
cura  il  Dr.  Falk,  ottimo  conoscitore  di  paleografia. 

*  Quest'orc  cosi  prolungato  si  ripete  ad  ogni  verso. 


STUDIO   STORICO   CRITICO  531 

Cosi  continua  per  un  cinquanta  capiversi;  ognuno  comincia 
con  Sancta  Maria  e  contiene  due,  tre  ed  anche  piu  elogi, 
molti  de'  quali  si  lasciano  ridurre  a  strofette  ritmiche  come 
ad  esempio: 

S.  M.  virginum  lucerna  S.  M.  de  qua  nasci 

per  quam  fulsit  lux  superna...  et  de  cuius  lacte  pasci 

rex  celorum  voluit... 

Seguono  per  ultimo  una  quindicina  di  deprecazioni,  e  ne 
diamo  solo  un  paio  per  saggio  insieme  alia  chiusa  dell'intera 
litania. 

Propicius   ut    sit    nobis    benedictus  Maria. 

ventris  tui  fructus,  obtineas  nobis  Fili  matris  virginis  Marie,  te  roga- 

o  aureum   gratie   propiciatorium,  mus  audi  nos. 

sancta  Maria...  Agne  dei,  filius  matris  virginis  Ma- 

Ut  nos  exaudire  dignetur  benedictus  rie,  qui  tollis  peccata  mundi,  parce 

ventris  tui  fructus,  ora  mater  virgo  nobis  Domine. 

17.  Che  1'autore  di  questa  litania  abbia  inteso  di  foggiarla 
ad  imitazione  di  quella  dei  Santi,  e  cosa  evidente.  Pero,  vo- 
lendo  applicare  ogni  cosa  alia  B.  Vergine,  ebbe  ricorso  ai  co- 
siddetti  tropi,  o  riempiture  o  farciture,  consuetudine  comunis- 
sima  nel  medio  evo,  onde  si  fecondavano  non  solo  le  pre- 
ghiere  private,  ma  le  stesse  preci  liturgiche,  il  Kyrie,  il  Glo- 
ria, gli  introiti  della  messa  e  via  via  '. 

Quanto  alle  invocazioni  della  Vergine,  s'e  gi&  detto  pre- 
cedentemente  che  una  delle  prime  litanie  de'  Santi  se  non 
anche  la  prima  che  si  conosca,  quella  cioe  del  codice  ottobo- 
niano  (sec.  VIII)  ha  una  sola  invocazione  alia  Vergine :  cioe : 
Sancta  Maria,  ora  pro  nobis.  Ma  la  grandezza  di  Maria,  la 
sua  dignitk  di  Madre  di  Dio  e  i  suoi  esimii  privilegi  sugge- 
rirono  ben  presto  le  giunte,  divenute  comunissime,  di  due  altri 

1  Ne  toccammo  altra  volta  ne'  nostri  articoli  sulla  musica  liturgica  del 
medio  evo  (Quad.  994  del  21  nov.  1891,  p.  418  e  segg.),  e  giova  qui  ripe- 
tere  almeno  uno  degli  esempii  di  farciture,  allora  recati;  e  un  Kyrie  della 
messa,  tratto  da  un  codice  di  S.  Gallo  del  secolo  X:  «  Kyrie  eleison,  pater 
infantium;  Kyrie  eleison,  refectio  lactantium;  Kyrie  eleison,  consolatio  pu- 
pillorum;  Christe  eleison,  imago  genitoris;  Christe  eleison,  abolitio  facino- 
rig ;  Christe  eleison,  restauratio  plasmatis.  Kyrie  eleison,  femes  caritatig ; 
Kyrie  eleison,  plenitudo  probitatis;  Kyrie  eleison.  » 


532  LE   LITANIE    LAURETANE 

titoli :  Sancta  Dei  Genitrix  e  Sancta  Virgo  Virginum,  coi  quail 
si  professavano  esplicitamente  i  due  dommi  della  Chiesa,  la 
divina  maternita  di  Maria  e  la  sua  perpetua  verginita.  Tal- 
volta  insieme  col  titolo  Sancta  Dei  Genitrix,  od  in  sua  vecer 
si  legge  Sancta  Mater  Domini;  talvolta  dopo  Sancta  Virgo 
Virginum  r,icorre  Sancta  perpetua  Virgo  (ovvero  Sancta  el 
perpetua  Virgo  od  anche  Sancta  et  perpetua  Virgo  Maria}. 
Parimente  si  veggono  aggiunti  alcuni  altri  titoli  che  ricordano 
le  relazioni  della  Vergine  coi  viatori  in  terra  e  co'  beati  del 
cielo,  come  Sancta  Mater  misericordiae,  Sancta  Regina  mundi, 
Sancta  Regina  coeli  ovvero  Sancta  Regina  coelorum  4.  Di  ma- 
niera  che  unendo  insieme  questi  diversi  elogi,  sparsi  per  le 
piu  antiche  litanie  de1  Santi,  gia  si  otterrebbe,  per  dir  cosi, 
una  prima  ossatura  di  litanie  mariane.  Nondimeno,  n£  la  litania 
citata  di  Magonza,  n£  le  altre  che  vedremo  in  seguito  possono 
considerarsi  come  un  ampliamento  di  questi  titoli.  Esse  gli 
accolgono,  o  tutti  o  in  parte,  fra  i  proprii  elogi  (come  si  vede 
nella  litania  citata),  ma  poscia  continuano  con  tutt'altro  cri- 
terio :  ripetono  cioe  piu  e  piu  volte  la  stessa  invocazione  Sancta 
Maria,  ampliandola  a  mezzo  dei  tropi. 

18.  La  ragione  di  questo  singolare  procedere  deve  ricer- 
carsi  nel  concetto  che  i  nostri  antichi  avevano  delle  litanie. 
Di  fatto  la  litania  de'  Santi  non  e  composta  di  una  serie  di 
elogi,  ma  solo  di  invocazioni  e  di  deprecazioni.  Nelle  invoca- 
zioni  ricorrono  i  nomi  proprii  della  Vergine  e  de'  Santi;  con 
le  deprecazioni  si  chiede  aiuto  nelle  necessita  spiritual!  e  tem- 
porali  della  vita  e  s'  interpongono  per  meglio  ottenerlo  i  me- 

1  Cfr.  Cod.  Vat.  lat.  4928,  che  e  un  salterio  di  Beneventodel  secolo  XII; 
fol.  194  e  312:  Sancta  Maria,  Sancta  Dei  Genitrix,  Sancta  Virgo  Virgi- 
num; fol.  195:  Sancta  Maria,  Sannta  Dei  Genitrix,  Sancta  Mater  Domini ; 
fol.  305V :  Sancta  Maria,  Sancta  Virgo  Virginum.  —  Cod.  Vat.  Ottob. 
lat.  145  che  e  un  Orazionale  del  secolo  XII,  fol.  106:  Sancta  Maria, 
Sancta  Dei  Genitrix,  Sancta  Mater  Domini ;  fol.  113  ai  tre  medesinii  titoli 
e  aggiunto:  Sancta  Regina  coelorum.  —  In  un'antichissima  litania  d'Arezzo 
(Cfr.  GRAZINI,  Vindiciae  SS.  Martyrum  Arretinorum  ;  Romae,  1775):  Sancta 
Maria,  Sancta  Mater  Domini,  Sancta  Regina  mundi.  —  Si  veggano  gli 
altri  esempii  nelle  varie  litanie  antiche,  pubblicate  dal  MARTENE,  De  anti- 
quit  Scclesiae  ritibus  (Antuerpiae,  1736)  Tom.  I,  571,  872,  875,  898,  912. 


STUDIO    STORICO    CRITICO  533 

riti  di  N.  S.  Gesii  Cristo.  Per  giungere  dunque  all'  idea  di  una 
litania  composta  di  soli  elogi,  sarebbe  stato  necessario  rom- 
perla  con  la  tradizione  liturgica,  e  come  consta  da  mille  altri 
argomenti,  cio  non  soleva  mai  accadere  di  proposito  delibe- 
rate, ma  tutto  al  piu  a  poco  a  poco  passando  per  gradi  in- 
termedii.  E  il  grado  intermedio  era  appunto  il  ripiego  dei 
tropi,  unito  alia  ripetizione  molteplice  della  stessa  invocazione 
Sancta  Maria. 

Questa  ripetizione,  trattandosi  dei  titoli  delle  litanie  liturgi- 
che,  non  era  cosa  nuova.  Gik  prima  tra?  Greci  e  poi  ai  tempi  di 
S.  Gregorio  Magno  tra'  Latini,  era  invalso  1'uso  di  trattenersi 
lungamente  nel  Kyrie  della  Messa,  ripetendone  piu  e  piu  volte 
la  invocazione.  S'adoperava  cosi,  anche  per  dare  spazio  al 
Ponteflce  celebrante  di  prepararsi  con  comodo  al  comincia- 
mento  della  messa;  tanto  che  gli  Ordines  Romani  a  lui  riser- 
bano  il  cenno  da  darsi  ai  cantori  perche  chiudano  le  litanie  e 
comincino  1'  introito.  In  altre  funzioni  piii  lunghe  e  dove  conve- 
niva  trattenere  il  popolo  per  piu  ore,  come  nelle  processioni  di 
penitenza,  si  ridicevano  quelle  medesime  invocazioni  fino  a  cento 
volte,  come  consta  da  un  rituale  romano  de'  tempi  di  Ottone  III 
(983-1002)  ricordato  dal  Mabillon  l.  Piu  tardi  si  uso  maggior 
discrezione,  ma  si  estese  1'uso  del  ripetere  anche  alle  altre  invo- 
cazioni delle  litanie  de'  Santi,  che  pero  si  cantavano  ognuna  tre, 
cinque,  fino  a  sette  volte,  donde  il  nome  di  Litaniae  ternae,  qui- 
nae,  septenae.  Cosi  nella  rubrica  di  un  antico  codice  liturgico  si 
prescrive  che  rientrando  in  chiesa  la  processione  dopo  la  be- 
nedizione  del  fonte  nel  sabato  santo,  il  coro  dovesse  spartirsi 
pel  canto  delle  litanie  in  due  parti  ed  ogni  parte  ripetere  due 
volte  per  intero  1' invocazione  Santa  Maria  e  le  altre  che 
seguono,  proferite  dai  cantori.  Erano  le  Litaniae  quinae 2. 
Oggi  ancora  persevera  in  qualche  modo  tal  consuetudine ; 

1  Mus.  ital.,  Parisiis  1724;  Tom.  II,  p.  XXXIV.  Cfr.  DREVES,  Analecta 
hymnica,  Medti  Aevi,  Vol.  XXIII,  p.  74. 

8  MARTENE  1.  c.  Tom.  Ill,  p.  455 .  «  Clerus  in  ambitu  stans  dividat  se 
in  duos  chores  et  praecedat  chorus  praepositi  ascendendo  chorum,  et  can- 
tent  litaniam  quinam  Sancta  Maria,  et  praecedens  chorus  videlicet  prae- 
positi primo  respondeat  Sancta  Maria,  deinde  chorus  decani,  et  sic  quilibet 
chorus  respondeat  alternatim  duabus  vicibus.  » 


534  LE   LITANIE    LAURETANE 

perch6  nel  medesimo  giorno  si  duplicano  le  litanie  de'  Santi, 
com'e  ben  noto. 

Tale  ci  sembra  1'origine  delle  litanie  mariane,  quanto  alia 
loro  forma  esterna;  la  quale  pero  di  mano  in  mano  si  ando 
sempre  meglio  semplificando,  fino  a  presentare  la  sola  serie 
degli  elogi,  senza  tropi  e  senza  ripetizione  del  titolo  Sancta 
Maria,  come  si  vedra  dai  varii  testi  che  andremo  brevemente 
indicando. 

19.  E  sia  primo  quel  che  pubblica  il  Sauren,  pero  ascri- 
vendolo  per  errore  a  S.  Bonaventura.  Noi  ne  abbiamo  trovato 
un  altro  simigliantissirno  nel  codice  palatino  546  (f.  199  e  seg.) 
della  Biblioteca  Vaticana,  appartenente  al  secolo  XV.  La  litania 
e  di  gran  lunga  piii  breve  del  codice  di  Magonza,  ma  la  sua 
forma  ancora  incerta  e  qua  e  cola  alcuni  tropi  assai  diffusi 
fanno  supporre  che  sia  stata  copiata  da  un  originale  molto  piu 
antico  '. 

Del  tutto  inedito  e  invece  un  altro  testo  della  fine  del  se- 
colo XIV  o  certo  del  principio  del  seguente,  che  si  legge  in 
un  altro  codice  della  medesima  Biblioteca,  segnato:  Ottob.  lat. 
516  (f.  14  e  segg.).  Esso  pure  s'attiene  alPimitazione  delle  li- 
tanie de'  Santi,  anzi  fa  di  queste  un  curioso  impasto  con  le 
invocazioni  mariane.  Ne  diamo  un  saggio  alquanto  piu  disteso. 

Letania  Virginis  Marie 

Kyrie,  etc.  (come  al  solito)  Sancta  Maria,  virgo  virginum 

Sancta  Maria,  mater  christi  sanctis-  Sancta  Maria,  plena  del  gratia  _ 

sima,  ora  pro  nobis  2.  Sancta  Maria,  eterni  regis  fllia 

Sancta  Maria,  dei  genitrix  electa  Sancta  Maria,  sponsa  dei 

Snncta  Maria,  mater  immaculata  Sancta  Maria,  ornnes    sancti   angeli 
Sancta  Maria,  virgo  perpetua  et  archangeli,  orate  p.  n. 

1  II  SAUREN  ha  preso  il  suo  testo  da  una  recente  edizione  del  Psalte- 
rium  Marianum  (Ratisbona,  Manz,  1885),  attribuito  a  S.  Bonaventura;  ma 
la  litania  e  del  tutto  diversa  da  quella  cbe  per  solito  si  legge  nelle  Opere 
del  Santo.  II  codice  che  noi  indichiamo  e  un  OJlcium  B.  M.  V.  appartenente 
a  qualche  monastero  di  inonache  in  Germania,  poiche  contiene  parecchie 
preghiere  con  rubriche  in  lingua  tedesca.  La  litania  e  annunziata  con  questo 
semplice  titolo:  Letania  deuota  de  beata  Maria  uirgine. 

*  L'Ora  pro  nobis  si  ripete  ad  ogni  titolo,  »e  altro  non  viene  indicate. 


STUDIO   STORICO   CRITICO 


535 


Christe  filii  dei  vivi  dignare  matrem 

tuam  pro  nobis  omnibus  exaudire, 

miserere  nobis 

Sancta Maria,  templum  spiritus  sancti 
Sancta  Maria,  regina  celorum 
Sancta  Maria,  imperatrix  sanctissima 
Sancta  Maria,  scala  celi  firmissima 
Sancta  Maria,  porta  paradisi  certis- 

sima 

Sancta  Maria,  mater  et  domina 
Sancta  Maria,  nostra  spes  vera 
Sancta  Maria,  fides  nostra  firmissima 
Sancta  [Maria],  fons  caritatis 
Sancta  Maria,  fons  pietatis 
Sancta  Maria,  fons  dulcedinis 
Sancta  Maria,  fons  misericordie 
Sancta  [Maria],  omnes  [sancti]  patriar- 

che  et  prophete,  orate. 
Christe  filii  dei  vivi  factuam  sanctam 

genitricem  orare  pro  nobis  et  earn 

clementer  exaudire  digneris. 
Sancta  Maria,  generans  omnia  crean- 

tem 


Sancta  Maria,  gerens  omnia  portan- 

tem 

Sancta  Maria,  gentium  (?)  mater 
Sancta  Maria,  lux  nostra  vera 
Sancta  Maria,  omnes  sancti  apostoli 

et  evangeliste,  orate. 
Omnes  sancti  discipuli  domini,  orate. 
Omnes  sancti  innocentes,  orate. 
Sancta  Maria,  delens  tenebras  umbre 

mortis 

Sancta  Maria,  delens  peccatum  no- 
strum 

Sancta  Maria,  via  paradisi 
Sancta  Maria,  per  quam  intratur  ad 

regnum 
Sancta    Maria,    ineifabile    premium 

nostrum 
Sancta    Maria,    ineffabile     gaudium 

nostrum 
Sancta  Maria,    celestis  patrie    desi- 

derium 
Sancta  Maria,  speculum  contempla- 

tionis  divine...  Etc. 


20.  Togliendo  da  questo  testo  i  versetti  intercalati,  che 
non  riguardano  direttamente  la  Vergine,  s'ottiene  una  litania 
mariana  assai  ben  composta,  con  elogi  generalmente  brevi, 
ritmici  e  pero  abbastanza  acconci  alia  recita  corale  ed  al  canto. 
Cosi  pare  veramente  siasi  fatto  in  una  trascrizione  che  ricorre 
piu  tardi,  quantunque  notevolraente  ampliata  di  elogi. 

Essa  fu  pubblicata  nel  secolo  scorso  dal  domenicano  De 
Rubeis  o  De  Rossi  (1686-1775) 4,  secondo  un  antico  codice,  quern 
olim  possidebat  perillustris  Boianorum  familia  in  civitate  Fo- 
riiulti,  com'egli  dice  2.  Tuttavia  quest' autore  non  le  fa  troppo 
buon  viso :  perche  gli  sembra  che  alcuni  titoli  non  siano  ben 
conformi  alia  dottrina  teologica,  e  quindi  conchiude  che  senza 


1  BERNARDI  M.  DE  RUBEIS  0.  P.,  De  Litaniis.  E  una  dissertazione  messa 
in  luce  dal  ZACCABIA  nella  sua  edizione  del  FLEURY  :  De  discipline  Populi 
Dei  (Venetiis,  1761);  Tom  II,  Diss.  XXIX,  p.  239  e  segg.  La  litania  fu  pure 
ristampata  dal  VOGEL  p.  317  e  dal  SAUREN  p.  58. 

*  L.  c.  p.  247. 


536  LE   LITANIE    LAURETANE 

dubbio  non  mai  fu  essa  recitata  in  chiesa,  ma  riserbata  sol- 
tanto  alia  divozione  di  qualche  private  '.  II  De  Rubeis  certo  s'  in- 
ganna;  perocche  un  secolo  prima  di  lui,  nel  1678,  si  soleva 
ancora  cantare  in  pubblico,  sebbene  con  molti  raccorciamenti, 
a  Venezia,  quando  fit  processio  de  Domina  ad  pluviam  sive 
serenitatem  petendam. 2  Inoltre  da  un  incunabulo  della  Biblio- 
teca  Casanatense  della  fine  del  secolo  XV  o  certo  de'  primis- 
simi  anni  del  XVI  veniamo  a  sapere,  che  quel  testo  intero  si 
recitava  durante  la  peste  prima  della  messa,  secondo  un  uso 
che  vedremo  confermato  da  altri  esempii 8.  Piu  ancora  que- 
sta  stessa  litania  fu  consigliata  ben  per  tempo,  quale  rime- 
dio  spirituale  contro  la  peste.  Perocche  in  un  Officium  B.  V., 
rnanoscritto  del  secolo  XV,  e  precisamente  dell'anno  1418,  tro- 
viamo  (salvo  poche  varianti  di  minore  importanza)  il  testo 
identico  del  codice  di  Forli  e  dell'  incunabolo  casanatense  con 
questo  titolo :  Incipiunt  letanie  gloriose  uirginis  Marie,  quas 

1  L.  c.  p.  248  :  «  Nonnulla    in  his  litaniis  Virgini   Deiparae    attributa 

leguntur,  quae    ad  trutinam    theologicam    revocata  minus   consona  videri 

possunt.  Nullus  ego  dubitaverim  eas  baud  unquam   publice  dictas  in  Ec- 

clesia.  Pro  singular!  erga  Deiparam  devotione,  privatus   quispiam   aut  eas 

•  composuit,  aut  sibi  componi  curavit,  privatim  recitandas  » 

*  Officium  hebdornadae  sanctae  secundum  consuetudinem  Ducalis  Ecclc- 
siae  S.  Marci  Veneliarum.  Ad  antiquum  ritum  et  integritatem  restitutum. 
Venetiis.  1678.  Le  litanie  stanno  nell'Appendice  a  p.  203  e  segg.  II  TROMBELLI 
(Mariae  SS.  vita  et  gesta;  Bologna  1764,  Tom.  V,  p.  375)  ne  aveva  fatto 
cenno  alcuni  anni  prima  cbe  scrivesse  il  DE  RUBEIS,  chiamandole  valde 
vetustas,  licet  a  Lauretanis  et  ab  Us  etiam,  quas  in  nonnullis  codicibus 
reperi,  valde  diversas. 

3  La  stampa  casanatense  6  segnata:  Misc.  in  8°,  n.  530,  ed  6  un  libret- 
tinodi  quattro  sole  carte  in  32°  col  titolo:  Orationes  devote  \  contra  imminentes 
tribulatio  \  nes :  et  contra  pestem  \  Incipiunt  letanie  beate  Marie  Virginia. 
Finite  le  litanie  seguono  tre  brevi  orazioni,  poi  un'Oratio  contra  inimicos 
(cio&  contro  i  Turchi),  quindi  la  rubrica  Post  missam  con  altre  pregbiere. 
E  notevole  1'invocazione,  inserita  prima  de\V  Agnus  Dei:  Virgo  gloriosa  que 
Theophilum  gratie  reformasti :  succurre  rnihi  in  tribulationibus,  la  quale  ri- 
sponde  ad  una  simile  invocazione  delle  litanie  di  Magonza  (sec.  XII):  Sancta 
Maria,  quae  Theophilum  diabolo  mancipatum  potenter  eripuisti,  et  aliis 
quam  pluribui  pene  desperatis  succuristi,  ora...  Si  allude  alia  leggonda,  ce- 
leberrima  nel  medio  evo,  di  S.  Teofilo,  che  aveva  venduto  1'anima  al  de- 
nionio,  e  poi  per  la  misericordia  della  Vergine  si  convert!  (Cfr.  BOLLAND. 
Act  SS.  die  IV  februar.  De  S.  Theophilo  poenitente}. 


STUDIO   STORICO   CRITICO  537 

qui  dixerit  cotidie  denote,  precibus  et  auxilio  eiusdem,  uirgi- 
nis  liber  abilur  a  morbo  epidemie  i. 

La  litania  di  questo  codice  termina  con  YOremus: 

Concede  nos  famulos  tuos,  quesumus  Domine,  perpetua  mentis 
et  corporis  sanitate  gaudere  et  intercedente  beata  gloriosa  virgine 
genetrice  Maria  a  peste  et  morbo  epidemiae  et  ab  omni  malo  liberari. 
Per  Christum  Dominurn  nostrum. 

Giova  ripetere,  che  in  tutte  queste  trascrizioni  &  pur  sem- 
pre  conservalo  il  titolo  Sancta  Maria  innanzi  ad  ogni  singolo 
elogio,  e  che  tra  le  nuove  invocazioni  quivi  introdotte  sono 
degne  di  note  le  seguenti,  come  quelle  che  preparano  vie  me- 
glio  la  strada  al  testo  lauretano. 

Mater  innupta,  mater  inviolata...  angelorum  domina...  virgo  dulcis- 
sima...  mater  misericordiae...  mater  aeterni  principis...  advocatrix  nostra, 
stella  coeli  clarissima...  fons  verae  sapientiae...  speculum  contemplationis... 
immarcessibilis  rosa,  pulchritude  angelorum,  flos  patriarcharum,  desiderium 
prophetarum,  thesaurus  apostolorum,  laus  martyrum,  glorificatio  sacerdo- 
tum...  archangelorum  laetitia,  omnium  sanctorum  exultatio...  piissima  re- 
gina...  mater  desolatorum,  protectio  peccatorum,  consolatio  desperatorum, 
refugium  miserorum...  maris  stella,  etc. 

21.  Le  prime  litanie  mariane  non  servirono  certo  per 
la  recita  in  pubblico,  come  appare  dalla  loro  struttura  intral- 

1 II  codice,  d'origine  francese,  appartiene  ulla  BibliotecaRossiana  (Vienna 
d'Austria,  XIII  Lainzerstrasse  128)  ed  e  segnato  :  VIII,  53.  II  p.  G.  M.  Dreves 

ce  lo  indico  cortesemente  e  ci  trascrisse  il  testo  della  litania,  che  pubbli- 

• 

cheremo  altrove.  Alia  fine  del  codice  si  legge  :  «  Ego  presbiter  iohannes 
putinus  de  litio  hoc  opus  scripsi.  Magnifico  et  generoso  uiro  dno  Andree 
donate.  Potestati  Mechthamanti.  Anno  do  MCCCCXVIII.  Die  xxvm:  Mensis 
octubris.  »  Un  altro  testo,  se  non  proprio  identico,  certo  simigliantissimo, 
ci  fu  indicato  da  Mons.  M.  Faloci  Pulignani  di  Foligno  in  un  codice  mano- 
Bcritto  dei  primi  anni  del  secolo  XVI,  che  apparteneva  ad  un  qualche  rnona- 
stero  di  Clarisse  di  quella  citta  o  provincia.  Esso  e  una  specie  di  rituale, 
contenente  le  officiature  speciali  delle  religiose.  Dopo  una  preghiera  contro 
le  tribolazioni:  Incomenzano  le  letanie  de  la  madonna. 

Probabilmente  la  litania  di  questi  codici  e  d'origine  molto  antica.  II  BRID- 
GETT  (Our  Lady's  Dowry,  Third  Edition,  London,  Catholic  Pubblication  society 
co.  p.  167)  accenna  ad  una  litania  che  leggesi  in  un  codice  manoscritto  del 
British  museum  (Cotton  ms.  Tit.  A.  XXI  Mariale)  e  ne  da  in  saggio  al- 
cune  poche  invocazioni,  che  ben  rispondono  al  principio  del  testo  qui  esa- 
minato.  Stando  alia  sua  affermazione,  il  codice  del  British  museum  appar- 
terrebbe  alia  prima  meta  del  secolo  XIII. 


538  LE   LITANIB   LAURETANE 

ciata  e  pesante.  Ma  siccome  le  litanie  del  Santi  si  adopera- 
vano  precipuamente  nelle  procession!  di  penitenza  e  durante 
le  pubbliche  calamita,  cosi,  invalso  gia  Tuso  di  recitare  qua 
e  cola  privatameute  le  litanie  mariane  ed  essendosi  rese  queste 
alquanto  piu  semplici,  a  poco  a  poco  dovette  sorgere  1'idea 
di  adoperarle  anche  in  pubblico,  specie  contro  il  terribile  fla- 
gello  della  peste.  Ne  abbiamo  gia  recata  la  testimonianza  del- 
Tincunabulo  casanatense;  ma  si  possono  recare  due  altre  prove 
piu  important!  e  piu  antiche. 

L'una  6  un  codice  della  seconda  meta  del  secolo  XV,  ap- 
partenente  alia  Biblioteca  comunale  di  Poppi  (provincia  di 
Arezzo);  Taltra  e  La  tabula  della  salute  composta  da  frate 
Marcho  dal  monte  Sancta  Maria  in  Gallo,  stampa  rarissima 
del  1-494. 

II  codice  di  Poppi  J,  segnato  u.  88,  comincia  a  carte  3V  con 
le  seguenti  rubriche: 

Offltium  subscriptuin  in  teinpore  pestis  sive  epydimie  secundum 
Clementem  pp.  VI.  Lege  rubricam  sequentem  et  observetis  sicut  in 
ea  continet  per  orclinem. 

Hoc  officium  constituit  et  ordinavit  pp.  Clemens  sextus  pro  morte 
snbitanea  evitanda  in  collegio  cum  omnibus  cardinalibus  suis.  Et  con- 
cessit  omnibus  ipsum  audientibus  ducentos  quadraginta  dies  indul- 
gentie.  Et  omnes  audientes  debent  teuere  quilibet  unam  candelam 
benedictam  in  manu  a  principio  misse  usque  ad  fine.  Et  ad  dicta 
missa  dici  quinque  dies  continues  confessis  et  contritis.  Et  sjc  eis 
morte  subitanea  sive  pestis  epydimie  non  nocehit.  Et  hoc  probatum 
fuit  Avinione  et  in  partibus  circumstantibus  et  vicinis.  Et  hoc  fac- 
tum  fuit  sub  annis  doinini  Mccexlvm.  Sacerdos  celebraturus  missani 
debet  esse  indutus  sine  planeta  dicendo  letanias  et  orationes  subscrip- 
tas  genibus  flexis  et  interra  [leg.  iterum]  postea  induat  se  planeta  et 
celebret  missani.  Sequitur  letanie  in  principio  dicti  offttii  in  tempore 
pestis  sive  epydimie.  Incipit.  Kyrie  eleison... 

Finita  la  litania  seguono  alcune  preghiere  alia  B.  Vergine, 
perche  si  degni  ditendere  il  suo  popolo  ab  omni  malo  et  an- 

1  Ci  fu  segnalato  dal  M.  R.  Bibliotecario  di  cola,  D.  Giuseppe  Cipriani. 
E  in  32°  composto  di  fogli  non  numerati  in  pergamena  con  fogli  cartacei 
metodicameDte  inseriti.  Che  non  sia  piu  antico  della  seconda  meta  del  se- 
colo XV  si  rileva  da  una  serie  di  preghiere  del  Cardinale  Domenico  Capra- 
nica  (1400-1458)  quivi  copiate  dalla  stesaa  mano. 


STUDIO    STORICO   CRITICO  539 

gustia  et  spetialiter  a  plaga  pestis  epydimie.  Poi  viene  la 
Missa  in  tempore  pestis  che  6  la  medesima  del  messale  odierno  *. 

Che  questa  Missa  pro  peste  sia  stata  veramente  concessa 
da  Clemente  VI  (1342-1352)  durante  la  grande  pestilenza  del 
1348  non  v'ha  difficolta.  di  ammettere.  Parecchi  messali  di  quei 
tempi  o  del  principio  del  secolo  XV  ne  riportano  il  testo,  spesso 
preceduto  da  una  rubrica,  simigliante  alia  qui  recata  2.  Ma  non 
e  per  nulla  provato  che  Clemente  VI  ordinasse  pure  la  litania 
della  B.  Vergine,  e  pero  crediamo  del  tutto  apocrifa  la  sin- 
golare  notizia  del  codice  di  Poppi.  Essa  nondimeno  dimostra 
con  certezza  Puso  oramai  introdottosi  nella  seconda  metk  del 
secolo  XV  di  recitare  in  tale  occasione  la  litania  mariana  con 
la  persuasione  di  far  cosa  legittima  e  ordinata  da  un  Papa. 

Pero  1'uso  non  era  ancora  universale  e  si  prova  dalla  Ta- 
bula della  salute  di  frate  Marco3. 

Quest'insigne  francescano,  predicatore  di  grido  e  zelante 
propagatore  dei  Monti  di  pieta,  nel  capitolo  XIV  di  questo 
suo  libretto  tratta  Del  modo  et  or  dine  spirituale  et  cetera 
da  noi  probato  da  scampar  la  peste  et  flagello  di  mortalita,  e 
reca  anzitutto  la  Missa  pro  peste  con  questa  rubrica : 

Incipit  missa  pro  peste  ordinata  et  confirmata  ab  Innocentio  Papa  YI. 
Qui  donavit  de  indulgentia  cuilibet  sacerdoti  dies  cclx.  Et  debet  dici 

1  La  sola  differenza  sta  nel  versetto  dell' Alleluia  che  qui  e:  Sanato  po- 
pulum  meum  in  medio  ierutaletn  et  ero  e*s  in  dominum  in  veritttte  et  iuttitia. 
Dopo  il  Vangelo  sta  la  rubrica:  Dicitur  Credo  in  unum. 

I  Cfr.  EBNER,  Quellen  und   Forschunyen   zur  Geschichte  ut  Kunstgesch. 
des  Missale  Romanum;  Friburgo,  Herder,  18%,  pp.  12,  26,  142,  148,  173,  180. 

*  E  un  curioso  libretto  in  8°  composto  di  sei  fogli  di  stampa  con  carte 
n»n  numerate.  L'indicazione  tipografica  all' ultima  pagina  dice:  « Finita 
e  questa  operetta  necessaria  alia  humana  salute  Corporate,  Temporale  :  Spiri- 
tuale  et  Eterna.  Impressa  In  Firenze  per  Maestro  Antonio  Mischomini.  Anno 
M.  CCCC.  LXXXX  IIII.  Adi.  XV.  Di  Maggio.  »  Nel  curioso  Prohemio  1'autore 
afferma  cbe  la  Tabula  fu  proprio  ispirata  da  Dio  «  ad  me  frate  Marcbo  dal 
monte  Sancta  Maria  in  Gallo  della  provincia  della  Marcba  dell'ordine  delli 
frati  minori  professore  indegno.  »  Aggiunge  poi  che  la  scrisse  «  nel  Mille 
quattrocento  ottanta  sei  nella  incljta  et  admiranda  christianissima  citta  di 
Vkietia  al  tempo  del  Serenissimo  principe  messere  Augustino  Barbarico.  » 

II  libro  e  diviso  in  quindici  capitoli,  tra  i  quali  assai  important!  per  la 
storia  dei  Monti  di  pieta  ci  sembrano  i  cc.  X-XIII.  Una  copia  della  Tabula 
sta  alia  Biblioteca  Nazionale  di  Firenze,  segnata:  B,  6,  18. 


540  LE    LITANIE   LA.URETANE 

quinque  diebus  continuis :  et  quod  cum  dicitur  missa,   auditores  te- 
neant  candelam  accensam  in  manu. 

Nota  quod  ilia  die  in  qua  homo  dicit  vel  audit  infrascriptam  missam, 
recipiet  gratiam  singularera  ab  omnipotent!  deo,  sicut  revelatum  fuit 
Innocentio  Pape  VI. 

Innocenzo  VI  (1352-1362)  fu  immediato  successore  di  Cle- 
mente  VI,  e  perseverando  il  flagello,  pote  benissimo  riconfer- 
mare  le  concession!  gia.  fatte.  Senonche  frate  Marco  pone  la 
litania  dopo  la  messa,  e  non  la  da.  come  parte  integrante  del  rito. 

Letanie  ad  Virginem  pro  quacumque  gratia  obtinenda.  Et  inde 
ego  consilium  do  :  ut  cantata  tali  sanctissima  missa  omnibus  genuflexis 
existentibus :  cantet  sacerdos  qui  celebravit  missam  ipsas  ordinatim : 
et  omnes  aiternatim  respondeant  dicendo  kirie  eleyson  etc.  usque  ad 
finem :  et  obtinebunt  gratiam  si  pro  meliori  domino  apparebit  ad  sui 
laudem.  Amen. 

Kyrie  eleison... 

II  testo  della  litania  seguito  da  frate  Marco,  come  anche  il 
primo  Oremus  alia  B.  Vergine  che  segue,  rispondono  pressoch& 
perfettamente  al  codice  di  Poppi;  onde  si  deduce  che  a  quel 
tempo  altre  copie  di  tal  litania  erano  divulgate,  e  si  racco- 
mandavano  ai  fedeli  per  lo  meno  quale  orazione  efflcace  contro 
la  peste. 

Essa  e  una  composizione  particolare  che  non  sembra  pro- 
venire  direttamente  dai  testi  precedent!;  e  alquanto  lunga, 
piuttosto  monotona,  ma  con  elogi  semplici,  brevi,  ritmici, 
e  per  cio  solo  molto  acconci  alia  recita  ed  al  canto.  In- 
vece  di  ripetere  ogni  volta  il  titolo  Sancla  Maria  qui  si  ripete 
Sancta  Maler ;  noviib.  che  forse  discende  dall'antica  invocazione 
ftancta  Mater  Domini  delle  litanie  dei  Santi,  e  che  ad  ogni  modo 
prepara  assai  bene  la  prima  serie  delle  invocazioni  lauretane. 
Notevole  e  pure  verso  la  fine  la  ripresa  delle  deprecazioni  a 
maniera  delle  litanie  de'  Santi. 

Eccone  i  tratti  principali. 

Kyrie  etc.  (come  al  solito)  Sancta  meter  creatoris 

Sancta  Maria,  ora  pro  nobis  Sancta  mater  christi... 

Sancta  dei  genitrix  '  Sancta  mater  salvatoris... 

1  Frate  Marco  aggiunge  Sancta  vtrgo  virginum. 


STUDIO   STORICO    GRITICO  541 

Sancta  mater  misericordie...  Sancta  mater  angelorum... 

Sancta  mater  clementie  ..  Sancta  mater  celorum... 

Sancta  mater  redemptoris...  Per  filium  tuum,  libera  nos  domina. 

Sancta  mater  auxilii...  Per  nativitatem  domini... 

Sancta  mater  consolationis,  A  pressura  peccatorum... 

Sancta  mater  sapientie...  A  morte  eterna... 

Santa  mater  gratie...  A  morbo  retundo  l... 

Sancta  mater  intemerata,  Peccatores,  te  rogo  audi  nos 

Sancta  mater  inviolata...  Etc. 

Abbiam  passato  in  rassegna  i  testi  precipui  di  litanie  ma- 
riane,  che  possono  dirsi  insieme  collegati  e  che  in  qualche  modo 
preparano  il  testo  lauretano.  Yeramente  sarebbe  a  dire  alcuna 
•cosa  eziandio  delle  litanie  mariane  che  corrono  sotto  il  nome 
di  S.  Bonaventura  e  si  leggono  tra  le  sue  opere  alia  fine  del 
Psalterium  Marianum.  Sono  composte  sulla  traccia  delle  li- 
tanie de'  Santi,  ripetono  sempre  il  titolo  Sancta  Mama  e  gli 
elogi  sono  condotti  a  maniera  di  strofette  ritmiche  e  rimate 
di  tre  versi 2.  Ma  siccome  rimasero,  per  cosi  dire,  isolate  e 
non  esercitarono  un  influsso  diretto  sullo  svolgimento  delle 
litanie  nella  storia,  ce  ne  passiamo  per  ora  3. 

22.  Piuttosto  prima  di  proceder  oltre  non  sara  inutile  scio- 
gliere  una  breve  questione,  che  riguarda  non  solo  i  testi  esa- 

1  Questa  deprecazione  e  tralasciata  da  frate  Marco.  Retundo  sta  per 
rotundo  e  par  bene  che  morbus  retundus  sia  la  peste,  cosi  chiamata  dai 
buboni  o  gavoccioli  che  produceva.  Ma  la  parola  non  e  registrata  nei  glos- 
sarii  in  questo  senso.  Ne  prendano  nota  i  filologi. 

1  II  M.  R.  P.  Ignazio  Jeiler  O.  Min.,  Prefetto  del  Collegio  di  S.  Bona- 
ventura di  Quaracchi,  che  sta  ora  pubblicando  1'  edizione  critica  delle  Opere 
del  S.  Dottore,  ci  assicura-  che  il  Psalterium  Marianum  non  e  opera  ge- 
nuina  di  S.  Bonaventura  e  quindi  neppure  la  litania  che  quivi  si  legge. 
Quest'ultima  si  rinviene  per  la  prima  volta  in  un  codice  della  Biblioteca 
dell'  Universita  di  Pest  (segnato  n.  121),  il  quale,  stando  al  giudizio  del  com- 
pianto  P.  Fedele  da  Fanna.  dovrebbe  ascriversi  alia  fine  del  secolo  XIV. 
Per6  tutti  gli  altri  codici  del  Psalterium  che  contengono  la  litania  sono 
della  fine  del  sec.  XV  od  anche  del  secolo  XVI.  II  ch.  P.  Jeiler  illustrera 
questo  punto  nel  Vol.  VIII  delle  Opere  del  Santo. 

3  II  medesimo  dobbiamo  dire  di  un'  altra  litania  mariana  che  si  legge 
in  una  stampa  del  1513  appartenente  alia  Biblioteca  capitolare  di  Verona. 
Ci  fu  indicata  e  trascritta  dal  M.  R.  Prof.  D.  Carlo  Baciga  di  Verona;  ma 
1'angustia  dello  spazio  non  ci  permette  di  occuparcene  per  ora. 


542  LB   LITANIE   LAURETANE 

minati,  ma  eziandio  gli  altri  prelauretani  che  ci  restano  a  ve- 
dere  e  le  stesse  litanie  di  Loreto. 

Onde  sono  presi  gli  elogi  svariatissimi  che  qui  si  offrono 
alia  Vergine? 

Per  solito  si  dicono  tolti  dalla  S.  Scrittura  ed  in  ispecie 
dai  Padri  della  Chiesa,  ed  i  commentatori  delle  litanie  laure- 
tane  s'allargano  assai  nel  citare  appunto  quelle  corrispondenti 
sentenze.  Certo  e  che  ne'  Padri,  segnatamente  tra  gli  Orien- 
tali,  se  ne  trovano  in  si  gran  numero,  che  piuttosto  che  offe- 
rire  un  semplice  commento  alle  litanie  conosciute,  potrebbero 
dar  materia  pressoche  inesauribile  di  sempre  nuove  compila- 
zioni  di  questa  specie. 

Nondimeno  non  pare  che  gli  autori  delle  litanie  mariane 
ricorressero  direttamente  ai  Padri  ed  alia  Scrittura.  Appar- 
tengono  essi  a  tempi  relativamente  recenti,  dal  secolo  XII 
al  XVI,  e  sono  buoni  monaci  che  per  lor  divozione  privata 
scrivono  litanie,  o  pii  sacerdoti,  che  in  tempo  di  pubbliche 
calamita  suggeriscono  al  popolo  anche  questa  forma  di  pre- 
ghiera,  senza  alcuna  pretendenza,  diremo  cosi,  dommatica.  Non 
si  vuol  certo  dire,  che  gli  scritti  de'  Padri,  particolarmente  latini 
non  conoscessero;  gli  avevano  anzi  alia  mano  nelle  officiature 
e  specie  ne'  leaionarii  degli  offlciuoli  della  Madonna,  che  sono 
si  puo  dire  composti  per  intero  di  elogi  alia  SS.  Vergine. 
E  nondimeno  difflcilmente  si  troverebbe  un  qualche  notevole 
passo  dei  Padri,  copiato  e  ridotto  a  forma  di  litanie. 

La  materia  prossima  delle  loro  composizioni  1' avevano  si 
puo  dire  pressoche  allestita  in  quelle  migliaia  e  migliaia  di 
laudi  alia  B.  Vergine,  di  che  sono  pieni  i  codici  del  medio  evo 
e  che  formavano  a  quei  tempi  la  delizia  delle  persone  devote 
d'ogni  condizione  e  d'ogni  sesso.  Dopo  la  rinascenza  andarono 
in  disuso ;  ma  furono  messe  di  nuovo  in  luce  in  questo  secolo 
e  se  ne  fecero  arnpie  raccolte,  tra  gli  altri,  dal  Daniel,  dal 
Mone  e  specialmente  dal  Dreves,  che  pubblico  finora  venti- 
cinque  volumi  d'  inni  religiosi  del  medio  evo,  una  buona  parte 
dei  quali  sono  consecrati  alia  Vergine. 

Senta  il  lettore  alcune  di  codeste  soavi  strofette,  tanto  per 
risparmiargli  il  disturbo  di  ricorrere  ai  libri  citati : 


STUDIO    STORICO   GRITICO  543 

Ave  venerabilis  Ave  vas  clementiae, 

mater  pietatis,  gratiae  piscina, 

mater  admirabilis,  radix  innocentiae, 

lilium  trinitatis,  Stella  matutina, 

flos  incomparabilis,  palmaque  victoriae 

hortus  voluptatis,  vitae  medicina, 

splendor  ineffabilis,  vitis  abundantiae, 

thronus  deitatis.  coelorum  regina. 

Ave  decus  virginum,  Ave  fons  laetitiae, 

fons  sacer  dulcoris,  flos  virginitatis, 

consolatrix  hominum,  fons  misericordiae, 

vinculum  amoris,  lumen  veritatis, 

expurgatrix  criminum,  sedes  patientiae, 

medela  languoris,  palatium  honestatis, 

verum  lumen  luminum  portus  indulgentiae, 

mater  salvatoris.  forma  sanctitatis  *... 

Dunque  le  litanie  mariane  sono  copiate  da  queste  laudi  o 
su  loro  imitate  ?  Piano !  Diciamo  soltanto  che  le  laudi  forni- 
rono  la  materia  prossima  degli  elogi  e  qua  e  col&  anche  qual- 
che  leggero  seguito  di  due  o  tre  titoli.  Gli  autori  non  tene- 
vano  certo  innanzi  queste  strofe,  ma  ne  avevano  la  mente 
piena  e  cosi  scrissero  elogi  che  quinci  provengono  e  che  ne 
conservano  in  generale  i  ritmi,  spesso  le  consonanze  e  piii  volte 
ancora  le  rime.  E  perche  queste  composizioni  sono  tutte  sem- 
plicita  e  non  mostrano  artificio,  cosi  ebbero  miglior  fortuna; 
laddove  le  cosiddette  litanie  di  S.  Bonaventura,  perche  scritte 
direttamente  sulla  falsariga  delle  laudi,  con  istrofe  rimate  e 
con  una  certa  studiata  simmetria,  rimasero  ne'  libri  e  non 
ebbero  seguito,  non  ostante  il  gran  nome  del  loro  supposto 
autore.  Piu  tardi,  alia  fine  del  secolo  XVI,  durante  il  periodo 
di  quella  che  chiamammo  fecondita  litaneutica,  parecchi  ascetici 
saccheggiarono  apertamente  le  laudi,  e  cosi  sono  per  esempio 
composte  le  litanie  musicate  dal  Palestrina  e  quelle  di  altri 
autori.  Ma  di  tali  compilazioni  non  intendemmo  occuparci  e 
basta  il  cenno  datone  nell'articolo  precedente. 

In  un  prossimo  quaderno,  dopo  breve  esame  del  gruppo 
prelauretano,  chiuderemo  il  presente  lavoro. 

1  MONE.  II,  p.  288,  Cfr.  DREVES,  Analecta  hymnica  Medii  Aevi,  VI, 
p.  60. 


LA  PEDA60GIA  MODERNA  IN  PRATICA 


SOMMARIO :  22.  La  storia  contemporanea  della  pedagogia  continuata ;  la 
pratica ;  seconda  parte.  Biblioteche  pedagogiche.  Tentativi  pedagogic! 
negli  Stati  Uniti.  Le  maestre.  I  congress!  pedagogic!  all'esposizione 
colombiana  di  Cicago.  II  Dott.  Stanley  Hall  e  la  S.  Scrittura.  —  23.  Ina- 
zione  relativa  degl'  insegnanti  in  Inghilterra.  II  Colonnello  Parker  e 
la  concentrazione.  La  psicologia  fisiologica  in  America.  II  tipo  del- 
T  Universita  Americana:  i  suoi  ideali  e  le  sue  funzioni.  —  24.  Cam- 
biamenti  nella  pratica  americana  durante  trent'anni.  Nuova  forma  di 
tirocinio  per  gl'  insegnanti.  L'etica  e  la  decadenza  morale.  La  sanitk 
nuova  base  della  morale  e  dell'etica.  —  25.  La  richiesta  dell'etica  nolle 
scuole.  Vicende  dell'  etica.  Coeducazione.  Esame  del  «  senso  sociale  ». 


XXII. 

Non  v'  e  paese  nel  quale  i  principii  della  pedagogia  mo- 
derna  siano  applicati  con  tanto  ardore  quanto  negli  Stati  Uniti 
d'America.  Mentre  i  fllosofi  della  Germania  continuano  a  fare 
quel  che  sempre  hanno  fatto,  cioe,  escogitare  nuove  cose;  il 
popolo  tedesco,  dal  canto  suo,  continua  a  fare  cio  che  serapre 
ha  fatto,  cioe,  a  prendere  le  cose  con  calma  e  a  pensarci  due 
volte  prirna  di  spiccare  un  salto  qualunque  nel  buio.  Senza 
dubbio,  gli  scrittori,  al  pari  dei  pensatori,  sono  occupatissimi ;  e 
se  i  libri  potessero  tradurre  in  pratica  le  teorie,  i  fllosofi,  presto 
o  tardi,  la  vincerebbero.  La  biblioteca  pedagogica  di  Lipsia 
contiene  (10,604  volumi ;  le  due  biblioteche  pedagogiche  di 
Berlino  contano  Tuna  14,500  volumi,  1'altra  16,000.  Ed  anche 
altre  regioni  fanno  testirnonianza  della  feconditti  del  genio- 
pedagogico  del  secolo ;  come,  per  esempio,  il  Museo  Pedago- 
gico  di  Parigi,  con  i  suoi  50,000  volumi ;  il  Museo  Pedagogico 
di  Pietroburgo  con  i  suoi  15,000  vol.';  la"  biblioteca  pedago- 


LA   PEDAGOGIA   MODERN  A   IN   PRATICA  545 

gica  di  Stocolma  con  i  suoi  13,000  vol.;  il  Pestalozianum  di 
Zurigo  con  i  suoi  17,000  vol.,  oltre  un  «  sacrarium  »  dedicate 
alia  memoria  di  Pestalozzi,  e  che  contiene  circa  1000  mano- 
scritti  pestalozziani  e  1350  libri  ed  opuscoli  relativi  al  celebre 
educatore  svizzero.  Anche  la  Societa  Bavarese  per  T  Educa- 
zione  Cattolica  possiede  a  Donauwurth  una  libreria  pedagogica 
con  40,000  volumi.  E  cosi  di  seguito.  I  libri  non  mancano, 
vecchi  e  nuovi,  e  specialmente  i  nuovi.  Ma  non  ostante  questa 
gran  massa  di  libri,  non  ostante  i  professori,  i  fllosofi  ed  i 
pensatori,  quando  si  tratta  di  agire,  quei  bravi  tedeschi  vanno 
piano. 

Ma  al  di  Ik  delPAtlantico,  non  v'  e  nulla,  in  fatto  di  tra- 
dizioni  antiche,  che  servir  possa  di  freno  all'  iniziativa  e  all'in- 
dipendenza  del  gran  popolo  americano.  Parliamo  del  popolo 
dei  pedagogisti;  poiche  in  quanto  alia  nazione  in  generale, 
si  fanno  molte  critiche  sul  conto  dell'  inerzia  e  dell'apatia 
della  medesima  fra  tanto  agitarsi  dei  pedagogisti.  Parliamo 
del  grande  esercito  degP  insegnanti,  i  quali  stanno  educando 
1'esercito  ancor  phi  grande  dei  fanciulli  clelle  scuole  gover- 
native.  Secondo  le  ultime  statistiche  si  tratta  di  374,431  inse- 
gnanti delle  scuole  di  Stato  aventi  cura  di  13,203,780  fan- 
ciulli. Di  questo  poderoso  esercito  d"  insegnanti  ufflciali,  piu 
di  due  terzi  sono  donne  ;  e  la  proporzione  fra  uornini  e  donne 
nelle  file  degP  insegnanti  si  accresce  dalla  parte  delle  donne 
di  7000  maestre  in  piu  ogni  anno,  mentre  i  maestri  dimi- 
nuiscono  ogni  anno  in  numero  di  2500.  Questo  fatto  6  signifi- 
cante,  di  gran  rilievo,  e  par  dia  ragione  alia  massima  formu- 
lata  dalla  Convenzione  rivoluzionari  a  francese,  che,  cioe,  tutto 
e  conquistato  se  le  donne  sono  conquistate,  e  nulla  se  esse 
rimangono  ricalcitranti.  Cotesta  prevalenza  delle  maestre  sui 
maestri  sembra  ancor  piu  strana  quando  si  consideri  che  le 
teorie  in  questione,  quelle,  cioe,  di  Froebel,  di  Herbart,  di  Pre- 
yer,  di  Wundt,  sono  tali  che  nemmeno  gli  uomini  possono  com- 
prenderle,  molto  meno  le  donne.  Eppercio,  se  queste  vanno  in 
estasi,  quando  si  tratta  dell'applicazione  delle  dette  teorie,  i 
destini  della  medesima  pedagogia  sono  predeterminati  dalla 

Serie  XV T,  vol.  IX,  fasc.  1191.  35  23  febbraio  18M. 


546  LA   PEDAGOGIA   MODERNA 

piu  cieca  fatalitk  che  abbia  mai  presieduto  alle  operazioni  d'in- 
telletti  fanatizzati,  operanti  nelle  tenebre. 

Non  guari  dopo  quel  famoso  avvenimento,  che  fu  1'Esposi- 
/ione  Colombiana  di  Chicago,  un  insegnante  inglese,  il  quale 
aveva  preso  parte  ai  varii  congress!  pedagogici,  torno  e  riferi 
al  Journal  of  Education  di  Londra  le  esperienze  fatte  e  le  le- 
zioni  imparate  durante  un  soggiorno  di  quattro  settimane  in 
America....  Nel  resoconto  ch'egli  fece,  espose  un  quadro  compa- 
rativo  dei  metodi  pedagogici  vigenti  tanto  in  America  quanto 
in  Inghilterra.  Per  questo  paralello  e  perch&  1'autore  in  que- 
stione  6  una  donna,  Miss  Louch,  crediamo  che  il  suo  esame 
riflesso  sia  per  riuscire  doppiamente  interessante  al  lettore. 

«  Gli  Americani,  dice  Miss  Louch,  scrivendo  per  gl'  Inglesi 
sul  «  Progresso  dell'Educazione  in  America  »,  sono  eminente- 
mente  progressivi:  andar  sempre  avanti  e  il  loro  piu  bel  vanto. 
L'idea  di  attenersi  a  metodi  inveterati,  per  la  ragione  della 
loro  antichita,  e  perchk  tali  metodi  hanno  fatto  buona  prova 
nel  passato,  sarebbe  altrettanto  mostruosa  ai  loro  occhi,  quanto 
Tidea  di  vivere  in  una  rovina,  perch&  questa  era  stata  in 
altri  tempi  il  piu  bello  ediflcio  del  suo  genere.  In  America 
le  file  degl'  insegnanti  si  stringono  attorno  ai  loro  capi  e 
conduttori;  i  maestri  hanno  fede  in  essi,  e  li  sostengono  col 
loro  entusiasmo.  In  Inghilterra,  ella  prosegue,  coloro  che 
dirigono  I'educazione,  sono  considerati  come  acrobati  profes- 
sionali,  come  gente  speculativa  o  che  che  altro  fuorche  edu- 
catori  pratici,  ed  hanno  bisogno  di  essere  spinti  e  stimolati 
per  progredire  nelle  nuove  scoperte.  » 

Sotto  questo  riguardo,  e  nostra  opinione  che  Miss.  Louch 
abbia,  col  suo  dire,  voluto  alludere  a  tre  fatti  important!;  1'uno, 
la  fede  cieca  nelle  file  degl'  insegnanti  americani  verso  i  loro 
capi  e  conduttori,  quali  il  Dr.  Stanley  Hall,  il  sig.  Harris,  il 
Dr.  Eliot,  e  pochi  altri;  1'altro,  ch'essi  sono  «  entusiasti  »  ;  il 
terzo,  che  I'educazione  &  come  un  nuovo  mondo  che  deve 
essere  scoperto,  e  ch'essa  reclama  il  genio  di  una  intera 
generazione  di  uomini  come  Cristoforo  Colombo,  in  onore  del 
quale  tennesi  1'Esposizione  di  Chicago. 


IN   PRATICA  547 

Ella  continua  a  narrare  che  durante  Tultima  conferenza 
internazionale  di  Chicago,  quindici  diversi  congress!  pedagogic! 
adunaronsi  nello  spazio  di  tre  giorni  consecutivi,  trattando 
argomenti  di  primaria  importanza  per  gl'insegnanti,  fra  i  quali 
argomenti  comprendevansi  la  psicologia  razionale,  la  psico- 
logia  sperimentale  ed  il  tirocinio  professionale  degl'insegnanti. 
Ella  fa  la  descrizione  di  una  delle  conferenze ;  quella  sull'edu- 
cazione  professionale  degl'  insegnanti.  LT  aula  era  piena  di 
uomini  e  di  donne.  Era  una  adunanza  assai  significant^  pel 
suo  carattere,  che  «  esprimeva  il  pensiero  sobrio  dell'espe- 
rienza  »  e  quello  meno  moderate,  ma  «  piii  alto  nelle  sue 
aspirazioni  »,  dei  piii  giovani  collaborator!.  Non  solo  gli  ora- 
tor! sulla  piattaforma,  ma  i  membri  meno  conspicui  dell'adu- 
nanza  erano  al  caso  di  fare  osservazioni  «  inspiratrici  e  rive- 
latrici  »;  poich6  tutti  sembravano  essere  piu  o  meno  famigliari 
con  il  linguaggio  della  psicologia,  della  filosofia,  e  con  i  prin- 
cipii  della  scienza  educativa.  Non  una  parola  fu  udita  la  quale 
invocasse  la  sola  esperienza,  o  facesse  appello  al  «  senso  co- 
mune  »,  come  opposti  o  superior!  ai  principii  filosofici,  tanto 
in  ordine  alia  teoria,  quanto  in  ordine  alia  pratica. 

Miss.  Louch  ci  parla  del  congresso  di  Psicologia  Speri- 
mentale presieduto  dal  Dr.  Stanley  Hall.  II  presidente  espresse 
la  sua  speranza  che  non  soltanto  «  gl'insegnanti  tutti,  gli  antro- 
pologisti,  i  medic!,  ma  anche  i  genitori  ed  altri,  rappresen- 
tanti  diversi  rami  di  studii,  converrebbero  insieme  dai  luoghi 
piu  remoti,  s' incoraggerebbero  e  si  ecciterebbero  scambievol- 
mente  per  mezzo  della  personale  conoscenza,  e  si  comuni- 
cherebbero  a  vicenda  nuovi  piani  per  agire  concordemente 
nel  future.  »  Lo  studio  dell'  infanzia  (child  study)  fu,  per  tre 
giorni  continui,  il  tema  per  i  lavori  del  congresso.  Si  forma- 
rono  nuove  associazioni,  si  fondarono  nuovi  giornalij  ed  un 
nuovo  ramo  di  letteratura  relative  agli  studii  dell'infauzia  do- 
veva  svilupparsi  per  1'avvenire. 

In   un'altra   adunanza   d' insegnanti,  lo  stesso  Dr.  Stanley 

Hall  disse :  «  La  psicologia  dell'  infanzia  e  una  grande  neces- 

.  sitk  dei  nostri  tempi;  essa  deve  essere  appoggiata  sopra  una 


548  LA    PEDAGOGIA    MODERNA 

base  piu  ampia.  La  vera  psicologia  non  deve  ricercarsi  nel 
passato,  ma  nel  future ;  essa  dovr&  dominare  tutto,  religione, 
morale,  vita  e  metodi  fisici.  Non  ci  facciamo  ancora  un'idea 
di  quanta  un  fanciullo  sia  cosa  divina  ».  Egli  disse  pure : 
«  Nel  passato  abbiamo  seguito  1'esempio  delle  altre  nazioni, 
ora  e  tempo  di  uniformarsi  alia  Natura  stessa;  prendete  un 
fanciullo,  ponetelo  in  mezzo  a  voi,  e  lasciate  che  P America  crei 
la  propria  psicologia.  » 

E  qui  ne  sia  lecito  notare,  fra  parentesi,  che  il  Dr.  Stanley 
Hall,  di  cui  questa  signora  inglese  sembra  tanto  presad'am- 
mirazione,  e  eminentemente  scritturale  e  biblico  nel  suo  stile. . 
Anzi  piu  egli  e  profano  nella  sostanza  e  anche  blasfemo,  e  piu 
il  suo  stile  prende  un  colore  biblico.  Per  esempio,  egli  tratt6  di 
recente,  e  molto  a  fondo,  della  nuova  Psicologia,  consideran- 
dola  come  base  dell'educazione;  e  ne  parlo  nel  modo  seguente: 
«  Non  credo  sia  possibile  apprezzare,  quanto  si  convenga,  i  ser- 
vigii  che  la  nuova  psicologia  rende  alia  religione  cristiana. 
I  suoi  insegnamenti,  circa  le  molteplici  degenerazioni  umane, 
fanno  apparire  la  dottrina  del  peccato  altrettanto  vitale,  quanto 
lo  era  presso  i  piu  zelanti  interpreti  antichi  della  Scrittura; 
ma  molto  piu  efflcace  e  temperata.  La  storia  naturale  deli'ado- 
lescenza  (cio£  quella,  principalmente,  delle  passioni  sensuali 
nella  gioventu)  nulla  trascura,  nulla  tralascia,  e  riproduce  tutti 
gl' insegnamenti  di  tutte  le  chiese  circa  la  «  nuova  vita  ». 
L'amore,  che  manifestossi  in  origine  con  le  prime  cure  ma- 
terne  per  la  progenie,  e  che  riempie  oggidi  tutto  1'orizzonte 
degli  evoluzionisti,  sta  diventando  altrettanto  profondo  e  cen- 
trale,  quanto  lo  era  in  Gesu  ed  in  Paolo ;  mentre  la  legge 
morale  al  pari  della  naturale,  la  beatitudine  od  euphoria,  come 
gioia  dell'  esistenza,  il  dolore,  come  sofferenza  flsica  o  psical- 
gia,  cose  tutte  che  vengono  oggidi  variamente  studiate  ed  espld- 
rate,  approfondiscono  e  rafforzano  tutti  gli  accordi  ed  i  rap- 
porti  scritturali  fra  la  feliciti  e  la  tribolazione.  Ed  e  cosi  che, 
per  piu  modi  ed  in  varie  guise,  la  Bibbia  n'  e  nuovamente  rive- 
lata,  come  il  gran  codice  psicologico  dell'uomo,  considerato  nel 
corpo,  nello  spirito  e  nella  volonta  come  un  tutto  completo ;  e  la 


IN   PRATICA  549 

Bibbia  e  stata  fino  ad  ora  cosi  malamente  apprezzata,  semplice- 
anente  perche  essa  e  cosi  squisitamente  e  cosi  profondamente  di- 
vina.  In  luogo  delle  meschine  lotte  e  tregue  fra  la  Scienza  e  la 
Religione,  lo  spirito  sara  penetrato  e  dominate  da  ua  piu  vasto 
•concetto  dell'  universe  e  del  posto  che  P  uomo  vi  occupa ;  e  con 
ci6  si  offre  alia  ragione  un  nuovo  cosmos,  al  fondo  del  quale 
si  trova  il  senso  d'unita  e'  d'amore  della  vecchia  Bibbia.  » 
-Questo  e  un  saggio  fedele  delle  tendenze  scritturali  del  Dr. 
Stanley  Hall,  quali  esse  rivelansi  nelle  parole  ch'egli  rivolge 
al  popolo  americano  dalle  pagine  del  Forum,  e  dalle  quali  ap- 
parisce  che  delle  tante  opere  scritte  da  valorose  penne  anti- 
che  e  moderne  su  quest'  argomento,  e  con  piu  logica,  non  ha 
veduto  forse  il  frontespizio,  altrimenti  non  farebbe  scaturire 
dalla  nuova  pedagogia  un  nuovo  Cosmos.  Ma  torniamo  alia 
:signorina  Louch. 

XXIII. 

Vi  fu,  com'essa  ci  narra,  un'adunanza  di  seguaci  di  Herbart ; 
*ed  un  oratore  disse :  «  Abbiarao  tutti  una  fllosofla  di  qualche 
genere;  siamo  tutti  Egheliani,  Erbartiani,  o  Froebeliani. » 

Ad  uno  dei  congressi,  un  giovane  insegnante  (forse  una  Miss) 
:si  alzo  e  chiese  ad  una  dama-oratrice  in  tono  commosso 
e  patetico :  «  Che  cosa  fareste,  se  vi  accorgeste  d'  insegnare 
in  modo  erroneo  e  con  libri  sbagliati,  e  che,  cio  non  ostante, 
foste  obbligata  ad  insegnare  in  quella  guisa  per  ordine  delle 
autorita  scolastiche  ? »  A  questa  domanda,  dice  Miss  Louch  «  la 
•dama  oratrice  rispose  con  un  fiero  crescendo  di  voce :  GP  in- 
segnanti  devono  essere  coraggiosi ;  gl'  insegnanti  sono  troppo 
spesso  vili ! ! !  » 

Quindi  la  maestrina  inglese  si  mise  a  leggere  parecchi  se- 
Terissimi  moniti  all'  indirizzo  speciale  degP  insegnanti  inglesi,  e 
•dell'  Impero  Britannico  in  genere.  Con  amaro  sarcasmo  ella 
chiese:  chi  crederebbe  mai  che  i  rappresentanti  del  governo 
•di  Sua  Maesta  la  Regina,  i  capi  dei  collegi,  i  rettori  delle 


550  LA    PBDAQOQIA   MODERNA 

university,  i  presidenti  di  Harrow  e  di  Eton,  si  degnerebbero 
di  convenire  a  congresso  con  i  semplici  insegnanti ;  con  gl'  in- 
segnanti,  con  i  maestri,  che  pure  sono  le  potenze  future  del 
mondo?  Ed  inoltre,  ella  aggiunse,  quanti  sono  gl'insegnanti 
inglesi,  i  quali  abbiano  una  filosofla  pedagogica  qualunque? 
Quanti  sono  coloro  che  studiano  le  opere  psicologiche  e  filoso- 
fiche,  od  almeno  i  libri  sui  metodi  educativi?  Quanti  sono  coloro- 
che  li  discutono,  che  li  applicano  e  li  esperimentano  per  conto- 
proprio?  A  chi  suggerisse  loro  simile  cosa,  scandalizzati  essi 
griderebbero :  «Esperienza!  Esperienza  a  spese  dei  fanciulli! 
I  genitori  non  ci  consegnano  i  loro  figli,  afflnche  noi  facciamo 
sopra  di  essi  i  nostri  sperimenti!  »  Ma  qui  la  signorina  replica: 
«  E  forse  possibile  insegnare  senza  sperimentare  ?  »  Insomnia, 
Miss  Louch  deplora  che  in  Inghilterra  non  vi  sia  originalitk 
di  pensiero.  Appena  toccasi  un  tale  tasto,  subito  gl'  insegnanti 
rispondono:  «  Cut  bono?  »  Poscia  ella  confessa  umilmente 
che  «  simili  influenze  contrarie  esistono  anche  in  America  ». 
E  quindi  ella  prosegue,  e  prende  una  intonazione  biblica  e 
scritturale,  appunto  come  il  Dr.  Stanley  Hall. 

Fra  i  luoghi  visitati  da  questa  maestra  inglese,  havvi  pure 
una  scuola  estiva,  la  quale  era  allora  presso  la  scuola  nor- 
male  governativa  del  Colonnello  Parker,  non  lungi  da  Chi- 
cago. Questo  signore,  e  uno  di  quei  capi  che  gl'insegnanti 
seguono  ciecamente.  Egli  pretende  di  essere  un  campione  spe- 
ciale  e  proprio  del  pensiero  pedagogico  americano.  Egli  e 
cosi  originale !  Percorrendo  un  suo  recente  libro  intitolato- 
«  Conversazioni  pedagogiche ;  un  abbozzo  della  teoria  della 
concentrazione  »  (Talks  on  Pedagogics;  an  Outline  of  the 
Theory  of  Concentration)  troviamo  alcune  cose  degne  di  nota, 
le  quali  non  sembrano  essere  addirittura  del  tipo  erbartianor 
ne  dell' egheliano,  ne  del  froebeliano.  II  suo  piano  di  studii 
pedagogici  e  quello  della  «  concentrazione  naturale  dei  sog- 
getti  »  nelio  sviluppo  mentale  del  giovane.  Egli  considera  cher 
fin  dal  tempo  di  Rousseau,  £  sempre  stato  assioma  per  gli 
studiosi  della  pedagogia  che  la  scuola  si  dovesse  adattare  alia 
natura  del  fanciullo;  che  riempire  lo  spirito  del  fanciullo- 


IN   PRATIGA  551 

di  material!  estranei,  sia  lo  stesso  che  riempire  il  suo  stomaco 
di  cibi  ch'  egli  non  e  al  caso  di  digerire,  con  la  speranza  illu- 
soria,  ch'egli  sia  capace  di  digerirli,  quando  sara.  diventato 
uorao.  Conformeraente  a  questo  principle,  egli  esamina  cio  che 
£  un  fauciullo,  cio  che  puo  fare,  cio  che  1'interessa;  ed  egli 
giunge  alia  conclusione  che  quando  il  fanciullo  incomincia  a 
frequentare  la  scuola,  ogni  aspetto  dell' universe  ha  lati  ch« 
destano  il  suo  interesse.  Egli  e  interessato  nelle  relazioni  di 
padre  e  di  madre,  di  genitori  e  di  figli,  e  nelle  esistenze  dei 
suoi  corapagni  di  giuoco ;  ed  ecco  che  senza  avvedersene,  egli 
£  gik  uno  studente  di  antropologia.  Egli  prende  interesse  per 
i  cani,  per  i  gatti,  per  gli  uccelli,  per  le  farfalle,  per  i  bruchi ; 
ed  eccolo  gia  studente  di  zoologia.  Egli  s'interessa  dei  fiori, 
degli  alberi,  delle  piante,  ed  eccolo  studente  di  botanica.  In 
realt&,  egli  e  gia  studente  in  ogni  rarao  di  scienza.  Le  cose 
stando  cosi,  1'illustre  colonnello  pedagogo  propone  un  sisteraa 
•concentrate  di  studii. 

In  questo  sistema  concentrate,  vi  sara  un  certo  numero  di 
«  soggetti  centrali  ».  Essi  sono  la  geografia,  la  geologia,  la 
mineralogia,  la  fisica,  la  chimica,  la  meteorologia,  la  botanica, 
la  zoologia,  1' antropologia,  la  storia  e  la  letteratura.  In  quanto 
al  leggere,  allo  scrivere,  alia  punteggiatura,  alia  gramraatica, 
all' aritmetica,  al  disegno,  alia  pittura,  al  modellare,  queste 
•cose  non  devono  essere  trattate  come  soggetti  separati.  De- 
vono  semplicemente  «  essere  adoperate  come  mezzi  per  espri- 
mere  il  pensiero  destato  e  svolto  dai  soggetti  centrali  »,  senza 
dare  ad  esse  alcuna  attenzione  diretta;  od,  almeno,  senza  mai 
assegnar  loro  un  posto  «  centrale  ». 

Questa  pedagogia  del  colonnello  deve  essere  senza  dubbio 
un  prodotto  originale  americano;  poiche,  flno  ad  ora,  essa 
non  risponde  ad  alcuna  teoria  riconosciuta;  quantunque  sia 
certo  ch'  essa  risponde  alle  generalitk  della  pratica  moderna. 
O  forse  e  un  residuo  di  militarismo  nelle  reminiscenze  guer- 
resche  dell'inclito  colonnello,  quando  ogni  pezzo  d'artiglieria 
era  apprezzato  secondo  i  propri  meriti.  Nella  stessa  guisa  che 
piu  erano  i  cannoni  e  piu  era  facile  espugnare  una  fortezza, 


552  LA    PEDAGOGIA   MODERNA 

cosi  piii  sono  i  corsi,  e  piu  sark  facile  espugnare  il  baluardo 
della  mente  infantile.  In  quanto  che  esso  costituisce  una  teoria,. 
non  possiamo,  percio,  assegnare  a  questo  piano  pedagogico  un 
posto  cospicuo.  Ma  considerate  dal  lato  della  pratica,  lo  ripe- 
tiarao,  esso  costituisce  il  piu  comune  dei  programmi  esistenti 
attualmente,  non  soltanto  in  America,  ma  in  tutto  il  mondo- 
civile  in  genere. 

Contuttocio,  le  teorie  straniere  si  i'anno  strada  fra  noi.  In 
quindici  grandi  istituti  americani  di  educazione,  sono  stati  fon- 
dati  e  sussidiati  «  laboratorii  psicofisici  »  per  fare  esperienze 
secondo  i  principii  della  «  psicologia  flsiologica  »  del  WundL 
Proferendo  il  discorso  inaugurale  della  classe  dei  laureandi 
(graduating  class)  nella  nuova  universitk  di  Leland  Stanford 
in  California,  il  Prof.  Elliot  si  espresse  su  questo  argomenta 
nel  modo  seguente: 

V'e  un  «  nuovo  umanesimo  »  il  quale  rappresenta  quel  put 
vasto  aspetto  degl' interessi  e  delle  relazioni  umane,  che  risulta 
dal  riconoscimento  e  dall' affermazione  dei  fatti  dell' evoluzione 
sociale  al  pari  che  dell'organica.  Un  nuovo  criterio  per  valutare 
tutti  gli  studii  £  stato  introdotto,  il  criterio  della  vita;  poiche 
1'  intero  cosmos  (il  cosmos  evoluzionistico),  e  T  uomo  come 
parte  del  medesimo,  sono  in  corso  di  evoluzione ;  ed  ogni  atomo* 
agisce  per  la  sua  parte  nella  delta  evoluzione  (P  uomo  e  un 
atomo),  e  tutte  le  varie  forme  di  vita  vi  contribuiscono  altresi 
per  la  loro  parte.  Nuovi  rami  di  scienza  sono  sorti,  con  la 
relativa  conseguenza  di  una  rivoluzione  nelle  umane  credenze. 
Nel  corso  di  tutti  i  secoli,  da  Socrate  fino  alia  Concord  School 
dello  Stato  del  Massachussets,  la  massima  conosci  te  stesso  e- 
stata  sempre  la  preziosa  e  lodata  ricetta  della  fllosofla.  «  Al- 
cuni  sono  giunti  fino  ad  immaginarsi  di  possedere  una  tale 
conoscenza.  Ma,  in  realta,  1'uomo  appena  conosceva  se  stesso- 
di  vista,  prima  che  negli  ultimi  tempi  si  fosse  compiuta  una 
presentazione  nel  labor  alorio  della  scienza.  »  Un  siffatto  con- 
cetto dell' universe  deve  essere  oggidi  riprodotto  nella  istitu- 
zione  che  e  stabilita  appunto  per  istudiare  T  universe,  vale  a 
dire  ITniversita.  La  stessa  universitk  di  Leland  Stanford,  una 


IN   PRATICA  553 

delle  piii  recent!  fra  tutte  in  America,  con  i  suoi  sussidii  di 
parecchi  milioni  di  dollari,  la  nuova  universita  di  Chicago,  con 
una  simile  dotazione  di  piu  milioni,  sono  fondate  sopra  una 
base  assolutamente  nuova  di  studii;  e  le  antiche  universita 
seguono  le  medesime  tracce.  Alcuni  affettano  di  credere  che 
il  tipo  germanico  della  university  sia  stato  piu  o  meno  am- 
messo  con  tutte  le  sue  specialita,  le  quali  fanno  di  una  moderna 
university  tedesca  una  congerie  di  corsi  da  scegliersi  e  da  acco- 
uiodarsi  da  ciascuno  in  particolare  per  il  suo  uso  private  e 
«econdo  le  proprie  preferenze,  anziche  uno  studium  generate 
delle  quattro  facoltk  tradizionali.  Ma  altri  piu  giustamente  asse- 
riscono  che  1'  odierna  universita  americana  e  specialmente  ame- 
ricana,  e  nienfaltro.  La  sua  idea  ordinatrice  e  quella  che  ogni 
•categoria  di  studii  formi  per  se  stessa  una  indipendente  unita, 
senza  relazione  alcuna  alle  «  facoltk  »;  ed  in  quanto  ad  un 
•corso  speciale  di  studii  da  eseguirsi  per  ottenere  i  gradi  e  la 
laurea,  tutto  vien  soppresso  in  favore  della  massima  liberta 
di  scelta  per  lo  studente,  afflnche  questi  possa  scegliere  cio 
•che  preferisce,  e  dar  1'esame  in  quelle  materie  che  piu  gli 
piacciono.  Ed  invero,  il  sistema  «  libero  elettivo  »  di  studii,  e 
gik  un  fatto  compiuto,  non  solo  nelle  universita,  ma  anche  nei 
collegi;  e  non  solo  nei  collegi,  ma  anche  nelle  scuole  supe- 
riori,  e  cio  per  i  fanciulli  al  pari  che  per  le  fanciulle. 

Ancora  una  parola  da  parte  di  questo  nuovo  tipo  d'un  nuovo 
professore  di  storia  nella  piu  progredita  delle  moderne  uni- 
versita. Egli  dice  che  la  missione  dell'  universitk  americana  e 
quella  di  «  dirigere  la  societk  conscia  di  se  stessa  nei  duplice 
compito  della  propria  rigenerazione  e  del  proprio  sviluppo.  » 
Questo  e  lo  scopo  etico  finale  delPeducazione;  cioe  la  propria 
rigenerazione  ed  il  proprio  sviluppo  per  mezzo  dei  metodi  che 
noi,  per  parte  nostra,  dobbiamo  chiamare  «  universita  tipo 
laboratories.  E  tutti  gl'inconvenienti  di  una  amministrazione 
pubblica  inefflcace,  ogni  negligenza  od  ogni  ignoranza  in  que- 
stioni  d'interesse  pubblico  e  politico,  tutte  le  forme  d'incapa- 
•cita  e  di  corruzione  negli  affari  dello  Stato,  saranno,  dice  il 
professore,  certamente  corretti  ora  dai  metodi  scientific!  se- 


554  LA    PEDAOOGIA    MODERNA 

guiti  nei  laboratorii,  i  quali  lahoratorii  dovranno  costituire  le 
nuove  universitd'.  Ci  vuol  altro,  caro  Professore! 


XXIV. 

-  Con  queste  vedute  circa  1'ordinamento  dell'educazione  chia- 
ramente  definite,  siamo  ora  in  grado  di  ricavare  e  di  classi- 
ficare  i  risultati;  i  risultali.  cioe,  della  nuova  pedagogia  in  un 
paese  al  quale  essa  e  stata  applicata,  senza  gl'imbarazzi  di 
tradizioni  scolastiche,  sociali  e  religiose.  Poiche,  quantunque  vi 
fossero  molte  considerazioni  buone  ed  utili,  fond  ate  sul  senso 
comune  e  sul  sentimento  religioso,  per  guidare  il  regime  del- 
Teducazione  fino  ad  una  trentina  d'anni  fa,  queste  considera- 
zioni del  senso  comune,  cosi  com'erano,  non  potevano  in  ve- 
runa  guisa  essere  paragonate  con  la  forza  di  quelle  medesime 
tradizioni,  profondamente  radicate  nel  suolo  di  una  nazione 
europea,  e  sempre  molto  difficili  ad  essere  sradicate.  Si  puo 
far  risalire  a  trenfanni  indietro  la  data  in  cui  iniziossi  la  rivo- 
luzione  nella  pratica  della  pedagogia  americana,  per  effetto 
deir importazione  della  teoria  europea.  In  quanto  alia  scienza 
dell'infanzia  nella  forma  del  «  laboratorio  sperimentale  »,  essa 
fu  introdotta  soltanto  nelPanno  1883,  e  fu  tolta  dal  seminario 
di  Wundt  di  Lipsia,  per  opera  del  Dr.  Stanley  Hall.  V'era 
bensi  stata  qualche  preparazione  anteriore  a  questo  fatto,  con 
la  publicazione  nel  1879  di  un  elaborate  opuscolo  sulla  misu- 
razione  del  fanciulli  della  scuola  di  Boston,  scritto  dal  Bow- 
ditch.  Ma  nessuno  avrebbe  mai  potuto  prevedere  una  cosi  to- 
tale  rivoluzione  nelle  usanze  di  un  paese  in  cosi  breve  spa- 
zio  d'anni.  L'intero  sistema  di  educazione  fu  trasformato  in 
meno  di  trenfanni,  come  ebbe  a  dire  il  rettore  dell'Univer- 
sita  di  Harvard,  Eliot!  Ed  una  lunga  lista  di  notabilita  peda- 
gogiche,  un  terzo  delle  quali,  sia  detto  fra  parentesi,  £  for- 
mato  da  signorine,  si  mise  con  ardore  allo  studio  deirinfan- 
zia  secondo  i  metodi  del  laboratorio  sperimentale. 

Di  piu,  il  Sopraintendente  di  -Stato  per  la  Pubblica  Istru- 


IN   PRATICA  555 

zione  in  Nuova  York,  il  quale  nella  sola  citta  di  Nuova  York 
tiene  sotto  la  sua  diretta  giurisdizione  rnolte  rnigliaia  d'inse- 
gnanti,  ha  pubblicato  recentemente,  cioe,  verso  la  meta  dello 
scorso  anno  1896,  una  serie  di  regole  per  disciplinare  il 
tirocinio  di  tutti  i  maestri  che  si  presentano  per  ottenere  la 
debita  licenza  d'insegnare  nelle  scuole  pubbliche  della  citta  o 
dello  Stato  di  Nuova  York.  II  primo  articolo  del  «  corso  di 
studio  »  che  questi  futuri  maestri  devono  seguire  e  il  seguente : 
«c  Psicologia  e  principii  dell'educazione,  compreso  lo  studio  del- 
Tinfanzia  (Child  Study)  ».  II  secondo  articolo  e  la  «  Storia  del- 
1'Educazione  »,  per  la  quale  il  fervido  romanzo  del  Sig.  Com- 
payre  che  cosi  s'intitola,  sara  certamente  adottato  come  libro 
di  testo;  poiche,  or  sono  pochi  anni,  esso  venne  tradotto  ap- 
punto  per  questo  scopo  dal  Sig.  Payne  cancelliere  dell'uni: 
versitk  di  Nashville.  II  terzo  articolo,  «  Regime  della  Scuola  », 
<x>mprendera,  senza  dubbio,  tutte  le  esercitazioni  scientiflche 
relative  all'arte  di  «  sperimentare  i  fanciulli ».  Ed  e  certo  pure 
che  Tarticolo  sulla  «  Cultura  fisica  »  conterra  i  metodi  piii  fa- 
cili  e  piu  diretti  per  insegnare  al  puro  ed  innocente  fanciullo 
a  «  conoscere  se  stesso  ».  Se  quest' insegnante  della  «  Cultura 
fisica  »  sia  per  retrocedere  nel  corso  del  tempo  e,  per  effetto 
della  legge  biologica  di  reversione,  tornare  alle  oscene  ten- 
denze  del  Basedow  (uno  dei  primi  corifei  della  pedagogia  mo- 
derna),  non  lo  sappiamo  ancora;  ma  se  la  legge  biologica  del- 
Tevoluzione  lo  afferma,  ebbene,  cio  dovra  accadere. 

Incominciamo  con  Tetica  e  discenderemo  gradatamente  ad 
altre  materie.  La  prima  cosa  che  ci  colpisce  in  siffatta  questione 
£  la  straordinaria  importanza  che,  nella  mente  dei  pedagogisti, 
prendelo  studio  di  cioch'essi  chiamano  «i  decadent!  »,  ossia  delle 
«  anormalita  »  nei  fanciulli.  Vi  sono  sempre  stati  fanciulli  difet- 
tosi.  Ma  le  condizioni  ed  i  risultati  della  nuova  pedagogia  hanno 
dato  allo  studio  dei  fanciulli  anormali,  flsicamente  alterati,  ed 
in  altri  modi  difettosi,  una  straordinaria  ed  eccezionale  impor- 
tanza. Vi  sono  eccessi  sensuali,  delitti,  suicidii.  II  Dr  Stanley 
Hall,  additando  prudentemente  paesi  estranei  aH'America  nel 
trattare  quest'argomento  dei  decadenti  giovanili  o  dei  fanciulli 


556  LA   PEDAGOGIA   MODERNA 

difettosi,  ci  dice  tranquillamente :  «  Yi  e  pure  una  ristretta  mai 
dolorosa  serie  di  scritti,  che  si  riferisce  alia  follia  fra  i  fan- 
ciulli  di  scuola,  ed  il  Regio  Ufficio  di  Statistica  di  Berlino  c'in- 
forma  che  in  cinque  anni  289  fanciulli  coramisero  suicidio,  e 
la  maggior  parte  per  motivi  di  scuola.  »  E  piii  oltre:  «  Le  sta- 
tistiche  dell'Impero  Tedesco  rivelano  un  aumento  di  crimina- 
Hta,  fra  il  1883  ed  il  1889,  dell'84  per  cento  in  soggetti  fra  i 
12  e  i  15  anni  d'eta,  dimostrando  fra  la  gioventu  delinquents 
della  Germania  (cioe  la  gioventu  delinquente  colpita  dalla  legge) 
un  allarmante  aumento  fra  la  dasse  dei  piu  giovani. »  Questa 
erudita  citazione  delle  statistiche  tedesche,  il  Dr  Stanley  Hall 
e  andato  a  cercarla  piuttosto  lontano.  Egli  ce  ne  avrebbe  po- 
tuto  procurare  una  piu  semplice,  piu  facile  e  piu  istruttiva,. 
togliendola  dallo  stato  di  cose  vigente  negli  Stati  Uniti  stessL 
II  suo  studio  sui  decadenti  non  esige  che  si  vada  in  Germania 
per  esaminare  i  giovani  delinquenti.  Ne,  quando  perora  con- 
tanto  ardore  la  causa  del  suo  nuovo  sistema  etico,  allontanasi 
dalla  sua  via,  per  andare  a  specolare  sui  fanciulli  tedeschi. 

Ed  ora,  in  che  cosa  crede  il  lettore  che  il  nuovo  sistema 
etico  consista  ?  Secondo  il  modo  d'esprimersi  del  pedagogo,  il 
sistema  etico,  cioe  il  nuovo  laboratorio  di  psicologia,  « inizia 
e  promuove  un  nuovo  sviluppo  dell'etica  nelle  regioni  d'Igeia,. 
sulla  base  della  salute,  il  quale  sviluppo  e  gi£  bene  iniziato  e  si 
adatta  alle  esperienze  di  tutte  le  classi.  »  Questi  tratti  li  togliamo- 
dai  suoi  articoli  indirizzati  al  pubblico  nel  periodico  il  Forum,sul 
tema:  «  Studio  dell'Infanzia  e  Nuova  Psicologia  ».Egli  si  accinge 
a  risolvere  il  problema  dei  giovani  decadenti,  delle  anormalita- 
e  di  tutte  quelle  cose  che  il  Cristianesimo  soleva  comprendere- 
sotto  la  nozione  del  «  peccato  »,  sulla  base  della  salute  e  della 
cultura  fisica.  Ed  invero,  secondo  le  sue  proprie  parole,  « tutte  le 
umane  degenerazioni,  siano  individuali,  siano  trasmesse  per  ere- 
dita,  dovranno,  nella  grande  algebra  morale  del  mondo,  sosti- 
tuirsi  al  vieto  ed  oramai  obbliato  simbolo  del  peccato.  »  Cosic- 
che,  in  luogo  del  peccato  e  dei  suoi  antidoti,  la  religione  ed 
i  sacramenti,  abbiamo  sostituito  nella  moderna  pedagogia  ame- 
ricana,  la  quale,  dai  capi  discende,  per  mezzo  degl'insegnanti, 


IN   PRATICA  557 

flno  agli  scoJari,  una  ciarlatanesca  incredulita,  di  carattere  altret- 
tanto  reo  quanto  la  piu  nera  forma  di  quella  decadente  dege- 
nerazione  che  gl'increduli  pretendono  studiare  nel  loro  « labo- 
ratorio  ». 


XXV. 

Intanto  le  lagnanze  crescono.  E  universal mente  sentito  il 
bisogno  di  qualche  cosa  che  almeno  rassomigli  ad  un  insegna- 
mento  e  ad  una  direzione  morale  delle  scuole.  Coloro  che 
bramano  ed  aspettano  un  rimedio  qualunque  so  no  professori 
colti  ed  usi  a  riflettere.  Costoro  pensano  al  tempo,  trascorso 
oramai  da  una  trentina  d'anni,  in  cui  la  morale,  senza  essere 
chiamata  con  il  nome  pomposo  di  «  etica  »,  era  instillata  in 
ogni  scuola  per  mezzo  di  massime  virtuose  e  di  racconti  mo- 
rali,  quando  si  stampavano  buoni  libri  di  lettura;  e  cio  che 
era  insegnato  durante  la  settimana,  veniva  autorevolmente 
inculcate  nella  scuola  domenicale.  Essi  stimano  pure  che,  dopo 
la  proscrizione  di  quelle  pie  letture,  la  prima  cosa  sulla  quale 
potevasi  far  fondamento,  vale  a  dire,  la  «  personalita  »  del- 
1'insegnante,  non  ha  prodotto  tutto  quell'  effetto  che  se  ne 
aspettava.  Delia  qual  cosa  si  possono  dare  certamente  due  buone 
ragioni :  una  che  la  migliore  fra  le  «  personality  »  non  possiede 
necessariamente  il  dono  di  communicar  la  propria  moralita  ad 
altri,  se  non  vi  sono  altri  sussidii  soprannaturali  per  corro- 
borare  il  buon  esempio;  Paltra,  che  pochi  sono  gl'  insegnanti 
di  una  scuola  pubblica  governativa,  i  quali  abbiano  una  «  mo- 
ralita »  degna  di  communicarsi  ad  altri  o  d'essere  presa  per 
modello.  Infatti,  quando,  poco  tempo  fa,  una  maestra  di  Nuova 
York  si  fece  conoscere  al  mondo,  in  occasione  d'un  pubblico 
scandalo,  pel  quale  essa  fu  bollata  d'  infamia  dai  tribunali,  e 
di  piu,  sotto  il  peso  della  pubblica  indegnazione,  si  dovette  to- 
glierla  dalla  scuola,  essa  fu  immediatamente  ristabilita  nel  suo 
ufficio  dal  sopraintendente,  per  il  motive  che  la  sua  qualita 
di  ufficiale  pubblico  non  aveva  nulla  a  che  fare  con  la  sua 


558  LA    PEDAGOGIA    MODERNA 

vita  privata,  ne  la  sua  vita  privata  aveva  influenza  alcuna  sulle 
sue  funzioni  pubbliche.  Eppure  ognun  sa  quanto  influisca  piu 
che  la  parola  del  Maestro  I'esempio  della  sua  vita  sull'animo 
de'  discepoli;  i  quali,  stimolati  dal  bisogno  che  hanno  d' impa- 
rare  a  vivere,  spiano  ogni  suo  fatto  e  lo  prendono  spesso  a 
norma  delle  loro  azioni,  dandosi  a  credere  di  non  essere  re- 
prensibili  se  operano  come  il  Maestro,  che  ha  piu  scienza  ed 
esperienza  di  loro. 

E  questa  una  riflessione  che  naturalmente  si  affaccia  alia 
mente  di  quanti  hanno  ancor  bricciolo  di  senso  comune  e  di 
esperienza.  E  tuttavia  sembra  che  nemraen  passi  per  Tantica- 
rnera  del  cervello  a  certi  Ministri  di  pubblica  istruzione  e  in 
generale  ai  fautori  della  scuola  laica  moderna! 

La  reazione  prodotta  dalle  lagnanze  della  gente  onesta  con- 
dusse  le  cose  ad  una  nuova  fase.  Si  riconobbe  la  necessita  del- 
Tetica  nelle  scuole.  Le  massime  ed  i  racconti  erano  cose  an- 
tiquate;  la  personality  dell'insegnante  non  rappresentava  che 
un  valore  negative;  la  parola  d'ordine  fu  «  1'etica  ».  Questa 
consisteva  nel  discorrere  di  virtu  civiche,  di  patriottismo  e 
specialmente  di  altruismo,  barbara  parola  inutilmente  coniata 
per  signiflcare  quel  che  tutti  sapevamo,  e  che  con  termine 
proprio  dicevamo  amor  del  prossimo  o  carita. 

Questa  fase  e  oramai  chiusa.  Gli  esperti  si  sono  dichiarati 
contrarii.  Essi  dicono  che  se  T  istruzione  morale  significa  T  edu- 
cazione  della  coscienza  d'un  fanciullo,  questa  produce  in  alcuni 
uno  stato  morboso  della  coscienza  (conscientiousness):,  che  al- 
cuni fanciulli  prendono  I'abitudine  di  scrutare  e  curiosare  nei 
loro  sentimenti  intimi;  e  che  altri  diventano  saputelli  impor- 
tuni  (vale  a  dire  piccoli  presuntuosi)  e  «  probabilmente  ipo- 
criti  ».  Questo  risultato  diviene  certamente  piu  grave  in  quel 
periodo  della  vita  del  fanciullo,  che,  dopo  la  psicogenesi,  od 
evoluzione  dell'anima  nel  bambino,  sembra  essere  il  piu  im- 
portante  per  un  pedagogo  del  «  laboratorio  »,  quel  periodo, 
cioe,  ch'essi  chiamano  la  «  fase  efebica  della  gioventii  »,  ossia 
adolescenza,  la  quale,  come  hanno  premura  d'informarci,  costi- 


IN    PRATICA  559 

tuisce  «  una  seconda  nascita  fisiologica  ».  E  Furtante  iraper- 
tinenza,  e  la  possibile  ipocrisia,  per  non  parlare  di  altri  note- 
voli  fenomeni  etici,  raggiungono  un  grado  superlative  di  in- 
tensitk  per  effetto  di  quella  pratica,  quasi  universale  in  America, 
di  accoppiare  in  una  stessa  scuola,  non  solo  bambini  e  barn- 
bine,  ma  giovani  e  ragazze,  seduti  ogni  giorno  gli  uni  accanto 
alle  altre,  recitando  insieme  le  loro  lezioni,  e  studiando  in- 
sieme;  si,  studiando  insieme  ed  in  molti  modi.  Questo  e  il  fa- 
moso  sistema  della  coeducazione  di  cui  non  diremo  altro  al- 
1'infuori  di  una  frase  tolta  da  una  rivista  italiana  la  quale, 
predicando  un  siffatto  sistema  nell'  interesse  dei  puri  fanciulli 
cattolici  d' Italia,  sostiene  che  in  quella  guisa  «  la  fanciulla 
incomincierk  ad  orientarsi  nella  direzione  del  suo  futuro  ma- 
rito  ».  E  il  privilegio  di  siffatti  scimmiotteschi  libri,  giornali, 
periodic!  e  sistemi  pedagogici,  i  quali  tentano  d'introdurre 
F  irreligione  e  F  immoralita  in  un  paese  cattolico,  di  accrescere 
la  turpitudine  di  quelle  dottrine  ch'essi  ricercano,  per  gettarle 
nel  sordido  pantano  della  loro  etica  animalesca. 

Quale  sark  la  prossima  fase  dell' etica  nelle  scuole  ame- 
ricane?  Non  lo  possiamo  dire  per  ora.  Ma  abbiamo  sotto  gli 
occhi  un  interessante  documento  che  puo  aiutare  il  lettore  a 
formarsene  unMdea.  Esso  fu  pubblicato  nella  primavera  del  1895 
da  un  professore  delFUniversitk  di  Princeton,  un  istituto  che 
gode  fama  di  essere  fra  i  piii  accreditati  e  piii  serii  istituti 
d'educazione  che  esistano  negli  Stati  Uniti. 

Trattasi  di  un  sillabo  di  «  Question!  sul  Senso  Sociale  »; 
ed  il  Professor  Baldwin  che  lo  ha  compilato,  chiede  la  coo- 
perazione  degF  insegnanti  e  dei  genitori  per  dare  una  risposta 
alle  diverse  domande  ch'egli  pone.  Esso  incomincia  colFaffer- 
mare  che  i  fanciulli,  dall'etk  di  quattro  anni  in  poi,  dimo- 
strano  molti  segni  di  affezione  speciale,  come  pure  d'antipa- 
tia.  Giovera  molto  ai  psicologisti,  F  essere  forniti  di  osserva- 
zioni  particolareggiate  sulle  manifestazioni  di  questo  «  senso 
sociale  ».  I  casi  di  affezione  fra  bambini  di  sesso  diverse  sono 
importanti;  ma  quando  si  tratta  di  persone  dello  stesso  sesso, 


560  LA   PEDAGOGIA   MODERNA   IN   PRATICA 

e  delle  loro  relazioni,  il  caso  e  ancor  piu  importante.  Seguono 
quindi  undici  diverse  categoric  di  domande  da  farsi  ai  fan- 
ciulli  o  agli  allievi  di  maggior  et&,  relative  ai  suddetti  loro 
«sensi  sociali ».  Trascriviamo  alcuni  titoli  di  queste  categoric: 
«  1.°  (a)  Chiedete  al  fanciullo  A  perche  vuol  beneo  vuol  male 
al  fanciullo  B.  Xotate  appieno  le  risposte.  (b)  Ripetete  la  qtie- 
stione  una  volta  per  settimana  per  sei  mesi  almeno  se  il  fe- 
nomeno  continua.  »  «  5.°  Osservate  se  B  figura  spesso  nei  sogni 
di  A;  (a)  e  ci6  col  preader  nota  di  qualunque  discorso  ch'ei 
facesse  ad  alta  voce  dormendo,  e  (b)  col  domandare  spesso 
ad  A  quali  sieno  stati  i  suoi  sogni  della  notte  precedente.  » 
«  6.°  Notate  tutti  i  particolari  delle  relazioni  fra  A  e  B.  (a)  Si 
vedono  essi  piu  spesso  degli  altri?  (b)  Seggono  essi  allo  stesso 
banco  in  iscuola?  (c)  Abitano  o  dormono  essi  nella  stessa 
stanza?*  Ecc.  E  qui  interrompiamo  la  lista  delle  interroga- 
zioni,  lasciando  il  lettore  alle  sue  proprie  riflessioni  circa  la 
nuova  etica  psicologica.  In  un  prossimo  ed  ultimo  articolo 
tratteremo  altri  aspetti  della  questione. 


LA  STORIA  NATURALE  DELLE  PIANTE 

3STEIL,    SEOOLO 


XX. 

/  giardini  artistici.  L'Eden  o  Paradiso.  L'ornamento  delle 
acque.  I  parchi  e  giardini  delV  antichita.  I  giardini  rego- 
lari  della  Rinascenza,  francesi  di  nome  e  italiani  d'ori- 
gine.  -  -  11  primo  giardino  natural  e  o  inglese  creaio  in 
Italia,  e  cantato  dal  Tasso.  I  giardini  moderni.  Conclu- 
sione. 

La  dovizia  delle  specie  e  varietk  di  piante,  pregevoli  per 
la  loro  fioritura  o  pel  fogliame  o  per  tutto  il  portamento,  si 
rifonde,  a  consolazione  dei  Botanici  estetici,  in  altrettanta  ric- 
chezza  e  amenita  dei  giardini,  dove  quelle  si  mettono  in  opera 
e  in  mostra ;  e  delle  stufe,  dove  si  crescono  le  troppo  delicate 
per  reggere  alle  condizioni  dei  nostri  climi.  Discorriamo  qui 
piu  particolarmente  dei  giardini  coltivati  per  ornamento  e  per 
diletto.  Gli  altri  che  designamo  ordinariamente  col  nome  di 
Orti  Botanici,  ed  hanno  per  iscopo  lo  studio  delle  varie  spe- 
cie, rappresentatevi  percio  ognuna  da  pochi  campioni,  posseg- 
gono  certamente  essi  pure  ben  altre  ricchezze  vegetali  che 
non  il  primo  Orto  di  tal  genere,  creato  nel  1533  dal  vene- 
ziano  Gualterio,  e  gli  altri  che,  ad  esempio  suo,  si  fondarono 
a  mano  a  mano  in  tutte  le  nazioni  del  mondo  civile.  Quello 
di  Parigi  conta  oggi  60,000  specie  e  si  considera  come  una 
parte  delle  piu  importanti  del  Museo. 

II  somigliante  puo  dirsi,  a  proporzione,  dei  Giardini  este- 
tici, per  cio  che  riguarda  la  copia  delle  erbe,  arbusti  ed  alberi, 
che  vi  sfoggiano  in  mille  forme  di  disposizioni  artistiche.  Non 
cosi  per  rispetto  all'arte  del  disegnarli  e  del  comporli :  peroc- 
che  se  il  nostro  secolo  ha  dato  a  quell'arte  un'  impronta  sua 

1  Vedi  quad.  1119,  pag.  287. 
Serie  XVI,  vol.  IX,    nsc.  1121.  36  23  ftbbraio  1897. 


562  LA    STOR1A    NATURALE    DELLE    PIANTE 

propria,  non  e  che  egli  1'abbia  creata,  e  neppure  che  abbia 
uguagliate,  non  che  sorpassate,  le  opere  delle  eta  decorse,  per 
ingegno  d'  invenzione  e  per  magnificenza  di  esecuzione.  L'am- 
bizione  del  coltivare  uno  spazio  piu  o  meno  vasto  di  terreno 
a  piante,  fatte  quivi  crescere  e  disposte  allo  scopo  non  tanto  di 
raccoglierne  i  frutti  quanto  di  ritrarne  diletto,  risale  fino  alia 
piu  remota  antichita.  L1  idea  poi  ne  usci  dalla  mente  stessa 
del  Creatore,  che  ne  fece  la  primissima  applicazione  nell'  im- 
pianto  dell'  Eden  o  Paradiso.  Si  sa  che  Paradise  (in  origine 
pairidaeza]  e  parola  venutaci  per  mezzo  dei  Greci  dai  Per- 
siani,  che  Tusarono  nel  signiflcato  di  Parco  ossia  recinto  esteso, 
mantenuto  a  uso  di  diporto  e  di  caccia.  Sicche  Taggiunto  di 
terrestre,  onde  suole  volgarmente  distinguersi  il  Paradiso  del- 
1'  Eden,  non  ha  altra  ragione,  se  non  Tessersi  il  nome  e  1'  ima- 
gine di  quel  luogo  delizioso,  paradisus  voluptatis,  come  lo 
chiama  il  Genesi,  trasportato  a  signiflcare  e  simboleggiare  la 
sede  dei  Beati  l.  Vuol  dire  che  il  Signore  aveva  avuta  una 
cur/i  particolare,  perche  la  regione,  nella  quale  si  sarebbero 
trovati,  venendo  all'esistenza,  i  progenitori  del  genere  umano, 
non  offerisse  ai  loro  primi  sguardi  il  disordine  e  la  confusione 
selvaggia  delle  foreste  vergini,  dei  burroni  inospiti  e  delle 
piagge  inculte,  ma,  lasciando  che  1'uomo  in  processo  di  tempo 
proseguisse  e  ampliasse,  a  proporzione  del  suo  moltiplicarsi, 
Tabbellimento  della  natura,  ut  operaretur  ilium,  gliene  ne 
fe'  trovare  il  modello  disegnato  ed  eseguito  con  arte  divina, 
nel  luogo  di  sua  creazione  e  a  gran  tratto  d'  intorno. 

Non  lascio  dunque  che  la  vegetazione  coprisse  quivi  il  suolo 
a  sola  regola  delle  leggi  naturali,  ma  a  disegno  d'arte  vi  fece 
sorgere  piantagioni,  che  dovevano  coll'ordinata  distribuzione 
dei  gruppi,  delle  fughe,  dei  folteti  e  delle  schiarite,  offerire 
ogni  maniera  di  amenita.  Ne  in  questo  primo  assetto  furono 
adoperate  le  sole  piante  che  in  virtu  della  primitiva  creazione 
il  paese  avrebbe  date  spontaneamente:  ma,  come  facciamo 
noi  pure  nei  parchi  e  giardini  di  lusso,  cosi  il  Signore  raduno 

1  Hodie  mecutn  eris  in  paradise.  Luc.  23,  43.  —  Raptus  est  in  para- 
disum,  et  audivit  arcana  verba.  2.  Cor.  12.  4.  . 


NEL   SECOLO   XIX  563 

quivi  quanto  di  piu  maestoso  e  d'elegante  e  di  curioso  posse- 
deva  la  flora  di  quell'  eta,  se  non  in  tutto  il  mondo,  certo  nei 
paesi  di  un  clima  non  molto  dissomigliante.  Non  vi  mancavano 
neanche  i  frutti,  ringentiliti  per  divina  virtu,  poiche  allo  stato 
selvatico  e  naturale  li  proviamo  tutti  generalmente  agresti  e 
disgustosi,  e  dell'  Eden  si  dice  che  ve  ne  avea  d'ogni  buon 
sapore  i. 

Sarebbe  mancato  a  quel  Paradiso  o  parco  mi  elemento  di 
'primo  ordine,  se  non  vi  fosse  abbondata  1'acqua,  che  doppia- 
raente  avviva  il  mondo  vegetale:  col  moto  e  il  sussurro  dei 
suoi  rivi,  delle  cascate  e  dei  zampilli;  e  poi  col  ristoro  del- 
1'umore  che  somministra  alle  piante.  Per  questo  gli  architetti 
dei  piii  sontuosi  giardini  non  vollero  che  si  guardasse  a  spesa, 
come  si  trattava  di  fornirli  di  un  tal  complemento ;  s'avessero 
pure  a  impoverir  laghi  e  deviar  flumi.  Basta  ricordare  il  ce- 
lebre  parco  di  Gaserta,  a  formare  le  cui  cascate  ideate  dal  Van- 
vitelli  (1760),  un  intero  flume  viene  anche  oggi  dalla  distanza 
di  50  chilometri  per  un  acquedotto,  che  a  traverse  la  vallata 
Maddaloni  si  eleva  flno  a  50  metri.  Due  secoli  innanzi  (1540) 
1'architetto  Ligorio  deviava  in  parte  il  Teverone  per  dar  la 
vita  delle  acque  alia  famosa  villa  d'Este  presso  Tivoli.  La  villa 
Aldobrandini,  presso  Frascati,  vedesi  tuttora  arricchita,  sui  di- 
segni  di  Giacomo  della  Porta  e  del  Fontana,  delle  piii  belle 
cascate  che  adornino  1'Agro  Romano.  Tralasciamo  tutta  la  se- 
rie, delle  ville  Medicee  ne'  cui  giuochi  d'acqua,  gia  cosi  famosi 
e  graditi,  gli  architetti  mettevano  studio  particolare.  E  se  1'uso, 
che  si  faceva  del  liquido  elemento,  non  era  sempre  del  miglior 
gusto,  come  quando  si  rovesciava  o  schizzava  proditoriamente 
sugFincauti  visitatori,  1'idea  maestra  pero,  dell'associare  le 
acque  e  la  loro  vista  alle  bellezze  del  mondo  vegetale,  e  cosi 
conforme  a  verita  e  a  natura,  che  nella  brevissima  descrizione 
dell'Eden  questo  capo  e  messo  piu  di  ogni  altro  in  rilievo. 
«  Una  polla  scaturiva  di  terra  e  ne  irrigava  la  superficie...  E 

1  Plantaverat  autem  Dominus  Deus  paradisum  voluptatis  a  principio, 
in  quo  posuit  horninem...  Produxitque  Dominus  Deus  de  humo  omne  lignum 
fulcrum  visu  et  ad  vescendum  suave.  Gen.  2.  8,  ss. 


564  LA    STORIA   NATURALE    DELLE   PIANTE 

un  flume  usciva  dal  luogo  di  delizie  ad  irrigare  il  Paradiso; 
e  di  quivi  si  divide  in  quattro  capi  »  ciofe  il  Fison,  il  Geon,  il 
Tigri  e  1'Eufrate,  dei  quali  si  divisa  anche  il  corso. 

Fosse  raemoria  tradizionale  di  quel  primo  luogo  di  delizie, 
o  dettato  inevitabile  della  natura,  caso  £  che  la  passione  pei 
parchi  e  pei  giardini,  i  primi  piu  vasti  e  spesso  destinati  an- 
che al  diporto  della  caccia,  gli  altri  meno  estesi  e  percio  piu 
studiosamente  coltivati,  s'  incontra  nei  monumenti  letterarii  piu 
antichi  con  indizii  di  un'arte  ben  formata,  e  del  pregio  in  che 
se  ne  avevano  le  opere.  L'orto  delle  Esperidi  coi  suoi  pomi 
d'oro,  che  potevano  ben  essere  arance,  era  messo  dai  Poeti 
al  tempo  mitico  di  Ercole,  poichfe  questi  uccise  il  dragone  che 
ne  stava  in  guardia.  Anche  negli  orti  di  Alcinoo  re  dei  Feaci 
pare  che  si  mirasse  non  meno  al  provento  delle  frutte  che 
alia  bellezza  dei  fieri  o  delle  piante:  ma  un  senso  di  estetica 
doveva  pur  entrarci,  poich&  il  Poeta  dell'Odissea  ne  parla  con 
tanta  ammirazione.  I  giardini  pensili  di  Babilonia,  ben  piu 
antichi,  poichfe  risalivano  a  forse  2000  anni  av.  Cristo,  si  an- 
noverarono  fra  le  sette  maraviglie  del  mondo.  Secondo  le  tra- 
dizioni  raccolte  da  Diodoro  e  da  Strabone,  confrontate  con  la 
notizia  che  ora  abbiamo  dei  monumenti  assiri,  si  puo  credere 
che  Fedifizio,  sul  quale  quei  giardini  erano  disposti,  non  avesse 
quella  sola  destinazione.  Esso  consisteva,  al  dire  di  quegli  sto- 
rici,  in  una  base  quadrata  con  parecchi  piani  sovraposti, 
ognuno  piii  ristretto  dell' inferiore,  sicch&  il  tutto  costituiva  una 
piramide,  non  continua  ma  a  fasce  scaglionate:  che  era  la 
forma  usata  in  monumenti  di  uso  astronomico  insieme,  per  le 
fasce  denotanti  i  pianeti,  e  sacro,  pel  tempietto  onde  1'edifizio 
era  coronato.  La  tradizione  dice  pero  che  per  ciascuna  di  co- 
teste  fasce  correva  un'aiuola  con  piante  rare,  fruttifere,  e  odo- 
rose.  11  qual  disegno  essendo  eseguito  con  arte  e  con  profu- 
sione  reale,  s'intende  facilmente  che  quella  collina  artificiale, 
verdeggiante  e  fiorita,  non  dovesse  soltanto  offrire  ai  Babilo- 
nesi  una  passeggiata  unica  al  mondo,  ma  dai  forestieri  an- 
cora  mettersi  al  paro  col  Mausoleo,  col  Colosso  di  Rodi,  e  con 
1'altre  famose  maraviglie. 


NEL   SECOLO   XIX  565 

Oggi,  se  il  mondo  non  puo  piu  vantare  quel  miracolo  dei 
giardini  pensili,  abbiamo  per  corapenso  in  ogni  citta  i  giardini 
pubblici  e  i  passeggi  e  le  piazze  ingiardinate  (scusate :  s'hanno- 
a  chiamare  squares!),  dove  i  popoli  trovano  da  ricrearsi,  re- 
spirando  aria  pura  e  ammirando  le  dovizie  del  Regno  di  Flora  r 
e  i  giardinieri,  quando  i  municipii  intoppano  bene  nella  scelta,. 
vi  mostrano  a  gara  il  genio  e  la  maestria  nell'arte  loro  co- 
munque  sia  lo  spazio  o  piu  vasto  o  piu  ristretto.  Cosi  in  quel 
cantuccio  di  passeggiata,  che  e  il  Pincio  qui  di  Roma,  la  scelta,. 
la  distribuzione,  il  rigoglio  delle  piante  e  la  purita  e  freschezza 
dei  velluti  erbosi,  rivelano  tosto,  a  chi  se  ne  intende,  la  dire- 
zione  di  un'arte  maestra;  e  tale  e  quella  del  valente  quanta 
modesto  Cav.  Palice,  Direttore  dei  giardini  della  Citta.  A  Fi- 
renze  il  vecchio  Pucci,  mentre  rifaceva  quasi  da  capo  le  Ca- 
seine,  colle  serre  da  lui  fornite  di  oltre  80000  vasi,  e  coi  suoi 
vivai,  e  cosi  altri  annessi,  lasciava  ai  suoi  successori  la  tra- 
dizione  delle  decorazioni,  che  oggi  ancora  sono  un  gioiella 
della  cittk  dei  Fiori.  Non  discorriamo  di  Milano  e  di  Torino,, 
cbe,  non  ostante  il  rigore  del  clima,  contendono  vantaggio- 
saraente  la  palma  ad  altre  cittk  ben  piii  favorite  dal  cielo:  e 
la  lode  ne  va,  per  Milano,  ai  valorosi  fratelli  Fenario,  che  la 
riscuotono  conforme  al  merito,  da  cittadini  e  da  forestieri :  per 
Torino  poi  basta  proferire  il  norae  dei  fratelli  Roda,  dei  quali 
come  si  mostrano  a  dito  le  opere,  cosi  si  citano  ancora  gli 
scritti. 

I  parchi  piu  ampii  ebbero  voga  specialmente  in  Persia. 
E  da  supporre  peraltro  che,  servendo  quivi  soprattutto  al- 
1'esercizio  della  caccia  dei  leoni  e  d' altre  fiere,  la  maggior 
parte  dello  spazio  si  lasciasse  inselvatichire  e  che  il  suo  re- 
cinto  non  chiudesse  un  paradiso  se  non  per  la  parte  minore. 
Negli  ultimi  tempi  della  repubblica  romana,  e  piu  sotto  gl'im- 
peratori,  mentre  la  vastita  dei  luoghi  annessi  alle  ville  ram- 
mentava,  comechessia,  i  parchi  persiani ;  1'eleganza,  la  sontuo- 
sita,  e  la  profusione  delle  statue,  vasi,  tempii,  teatri,  circhi, 
naumachie,  terme,  biblioteche,  dovevano  sopraflare  la  parte,  che 
in  quei  soggiorni  di  delizie  poteva  avere  I'  aspetto  della  natura 


566  LA   STORIA    NATURALE    DELLE    PIANTE 

vQgetale,  oppressa  dall'  arte  piu  che  aiutata.  Se  non  che  in  tanta 
ampiezza  di  spazii  e  rafflnatezza  di  studio  vi  riraaneva  luogo 
per  baize  selvagge  e  ragnaie  e  labirinti  e  grotte  e  cascate  ed 
altresi  per  giardini  disegnati  ad  imitazione  degli  Oriental!,  a 
ripiani  e  riquadri  con  aiuole  fiorite  e  piante  rare,  che  di  queste 
ancora  i  giardinieri  di  Roma  avevano  1'ambizione. 

Ma  per  poter  uscire  dai  cenni  generali  e  venire  al  parti- 
colare  nella  storia  dei  giardini,  ci  conviene  trasportarci  ai 
secoli  a  noi  piii  vicini,  e  al  tempo  del  Rinascimento,  quando 
insieme  colla  Botanica  sorse  a  nuova  vita  questo  suo  ramo 
piu  gentile.  E  qui  vanno  distinti  due  stili,  il  regolare,  dicono 
i  Giardinieri,  e  il  naturale.  Nel  primo,  che  domino  sovrano 
flno  a  mezzo  il  nostro  secolo,  il  disegno  era  tutto  a  linee  re- 
golari  e  simmetriche,  o  si  trattasse  delle  spalliere  tagliate  a 
piombo  o  riquadrate,  e  dei  viali  tirati  a  fllo.  ovvero  dei  ri- 
parti,  in  cui  erano  efflgiati,  a  contorni  di  pianticelle  di  bosso 
e  d'altre,  ogni  maniera  di  figure  d'ornato  come  rabeschi  e 
greche  e  cifre  e  stemmi  ed  ernblemi,  coi  fondi  e  campi  divi- 
sati  a  petruzze  di  varii  colori  e  zolline  di  zolfo  pel  giallo. 
Nelle  aiuole  poi  crescevano  le  poche  specie  di  piante  da 
fiori  ed  altre  piu  rare  e  curiose.  In  opera  di  piante  legnose 
di  ornamento,  il  primo  posto  si  dava  agli  agrumi,  cresciuti 
come  al  tempo  di  Plinio  in  grandi  vasi  di  terra  cotta  ovvero 
in  cassette,  che  d'  inverno  si  mettevano  a  riparo  e  d'  estate  si 
distribuivano  lungo  i  viali  e  ai  crocicchi.  D'aranciere  e  di  vasi 
d"  agrumi  appena  v'  6  piu  chi  si  compiaccia,  specialmente  dacche 
pei  frutti  la  facilita  delle  comunicazioni  ne  ha  ridotto  a  nulla 
il  provento :  e,  per  la  bellezza,  le  Azalee,  i  Rododendri,  le  Ga- 
melie  ed  una  copia  di  altri  arbusti  vi  suppliscono  con  usura. 
Ma  non  meno  che  dalle  piante,  quei  giardini,  concepiti  sul- 
1'idea  delle  antiche  Ville  romane,  chiedevano  il  loro  ornato 
alia  disposizione  architettonica,  alle  maestose  gradinate,  ai  ter- 
razzi  spaziosi,  alle  vedute  che  se  ne  godevano;  e  poi  ai  busti 
antichi  e  statue  e  sarcofagi,  e  ruine  artefatte,  e  alle  fontane 
e  laghetti  e  cascate  e  grotte,  e  ai  giuochi  d'acqua,  dilettevoli 
non  soltanto  aH'occhio,  come  quelli  ond'e  famoso  anche  oggi 


NEL   SECOLO   XIX  567 

il  giardino  di  Versaglia,  ma  all'orecchio  altresi  per  1'armonia 
e  la  varieta  del  mormorii  e  strosci  e  gemiti  e  gorgheggi  e 
muggiti,  che  gl'ingegneri  con  industriose  distribuzioni  di  con- 
dotti  e  di  caraere  sapevano  loro  far  produrre.  Fra  i  priaci- 
pali  giardini  di  tal  genere  il  Roda  i  ricorda,  an  che  a  motivo 
dell'antichita,  quello  di  Boboli  a  Firenze,  ideato  e  diretto  dal 
Broccini  e  dal  Buontalenti  verso  il  1550.  E  quanto  dire  che 
in  quest' arte  altresi  1' Italia  precorse  di  un  secolo  le  riforme 
e  i  capilavori  del  Le  Notre,  che  dai  francesi  si  cita  come  fon- 
datore  di  cotesto  genere  d'architettura.  Ma  gl'  italiani  avreb- 
bero  torto  di  richiamarsene,  dacche,  ricevendo  d'oltralpe  i  di- 
segni  di  quello  stile,  in  cambio  di  riconoscervi  1'impronta  di 
cio  che  essi  gik  avevano  in  casa,  applaudirono  ai  giardini 
francesi,  e  perche  francesi  li  ebbero  in  favore  e  li  vollero  imi- 
tati.  E  nondimeno  che  quest'  arte  bella  fosse  gia  al  suo  apogeo 
in  Italia  quando  nasceva  appena  in  Francia,  lo  dice,  volendo 
dire  il  contrario,  1'  esclamazione  in  che  usciva  proprio  di  quei 
tempi  (1653)  Olivier  de  Serres:  «  Non  fa  d'uopo  viaggiare  in 
Italia  ne  altrove  per  contemplare  i  begli  ordinamenti  dei  giar- 
dini, giacche  la  nostra  Francia  vince  il  premio  sovra  tutte  le 
altre  nazioni.  » 

Senza  questionare  sul  valore  assoluto  di  un  tal  vanto,  e 
certo  pero  che  le  opere  del  Le  Natre  non  senza  ragione  pro- 
cacciarono  a  lui  e  ai  giardini  da  lui  creati  una  si  alta  rino- 
manza  da  venire  presi  a  modello  da  tutta  1'Europa.  Non  ra- 
gioniamo  di  quegli  sforzi  di  pazienza,  che  al  dire  del  de  Serres 
avevano  «  sorpassato  di  gran  lunga  tutto  cio  che  s'era  fatto 
dagli  artisti  italiani. »  Perocche  il  valentuomo  si  riferisce  alle 
«  erbe  che  raffigurano  lettere  iniziali,  nomi  di  personaggi,  trofei, 
gesta  d'uomini  e  di  animali,  edifizii,  vascelli  ed  altre  cose  con- 
traffatte  con  una  maravigliosa  industria  e  pazienza  ».  Queste 
sconciature  di  stile  manierato  e  scorretto,  chi  piu  vi  si  segnalo  ne 
coglie  maggior  compatimento  per  la  fatica  male  spesa,  che  lode. 
Siffatte  puerilitk  indicano  il  decadimento  dell'arte  che  non  av- 
verte  piu  la  dissonanza  fra  1'inverosimile  e  1'  ideale,  e  scambia 

1  Manuale  del  Giardinicre  fioricoltore,  p.  7. 


568  LA    STORIA    NATURALE   DELLE   PIANTE 

il  bello  col  vistoso.  Anche  nel  tramonto  della  potenza  romana, 
entrando  gia  nell'Impero  la  barbarie,  prima  del  barbari,  1'arte 
del  giardiniere,  rimbambita  al  pari  delle  sorelle  «  consisteva 
essenzialmente  nell'imitare  colle  piante  le  forme  di  animali 
mostruosi,  di  giganti  e  simili:  dimodoche  al  primo  entrare  in 
un  giardino  incontravasi  ora  un  Cerbero  colle  fauci  spalancate 
ora  un  Ercole  colla  sua  formidabile  clava,  guardiani  innocui 
intagliati  piu  o  meno  diligentemente  nelle  frondi  del  bosso  o 
del  tasso  ». 

Non  fu  neanche  per  tali  bambocciate  che  il  Le  Notre  pro- 
caccio  tanta  fama  a  se  e  ai  giardini  francesi  che  anzi  ne  le 
voile  escluse;  bensi  per  la  grandiosita,  ricchezza,  varieta  e 
armonia  dei  suoi  disegni;  nel  comporre  i  quali  il  suo  genio 
non  si  sentiva  rattenuto,  bensi  piuttosto  incitato  dal  fasto  di 
Luigi  XIV.  Cosi  egli  creo  il  grande  Trianon,  attiguo  al  parco 
di  Versaglia,  e  i  parchi  di  Saint  Cloud,  di  Sceaux,  di  Chantilly, 
di  Villarceaux :  e  ne  fu  tanta  I'ammirazione  in  ogni  parte  del- 
1'Europa,  che  poco  stante  non  v'ebbe  Corte  alcuna  grande  o 
piccola,  la  qual  non  volesse  avere  il  suo  Versailles :  poniamo 
che  le  piii  si  dovessero  accorgere  presto  o  tardi  che  come  un 
solo  Le  Notre  e  un  solo  Luigi  XIV,  cosi  non  v'aveva  da  essere 
che  un  solo  Versailles;  restando  gli  altri  a  mezza  opera  e  i  loro 
costruttori  colla  taccia  di  colui  che  coepit  aedificare  et  non 
potuit  consummare. 

Saliti  essendo  a  tanta  perfezione  e  favore  sul  finire  del  se- 
colo  XVII  e  al  principio  del  XVIII  i  giardini  regolari,  mentre 
dall'altro  canto  appariva  ognor  meglio  il  dispendio  enorme  che 
costerebbe  il  procacciarsene  e  mantenerne  di  sufflcientemente 
decorosi ;  ne  veniva  di  conseguenza  che  altri  si  volgessero  ad 
uno  stile  che,  gravando  meno  la  borsa,  s'  avvantaggiasse  sul 
primo  per  la  minore  ostentazione  delParte  e  la  parte  piii  ampia 
conceduta  alle  bellezze  della  Natura.  Tali  giardini  li  abbiamo 
poi  e  accolti  colla  solita  servilita  sotto  il  nome  d'inglesi, 
benche  da  due  secoli  ne  fosse  sorta  1'idea  e  Tesempio  in  Italia; 
e  non  oscuro,  ma  illustrate  dal  cantore  della  Gerusalemme 
Liberata.  II  Roda  infatti  riporta  qui  opportunamente  la  lettera 


MEL   SECOLO   XIX  569 

del  gran  Torquato  al  Bolero,  filosofo  che  era  e  favorito  di 
Carlo  Emmanuele  Duca  di  Savoia,  e  dice  al  proposito  cosi:  «Ri- 
corro  a  Vostra  Signoria  pregandola  che  assicuri  Sua  Signoria 
Serenissima  aver  io  voluto  immortalare  per  quanto  in  me  stia 
la  magnified  ed  unica  al  mondo  sua  opera  del  Parco,  accanto 
alia  sua  capitale  in  una  stanza  della  mia  Gerusalemme,  dove 
fingo  di  descrivere  il  giardino  del  palagio  incantato  di  Armada 
e  vi  dico  cosi : 

«  Poiche  lasciar  gli  avviluppati  calli 

In  lieto  aspetto  il  bel  giardin  si  aperse; 

Acque  stagnant!,  mobili  cristalli 

Fior  varii  e  varie  piante  erbe  diverse 

Apriche  collinette,  ombrose  valli, 

Selve  e  spelonche  in  una  vista  offerse : 

E,  quel  che  '1  bello  e  il  caro  aggiunge  all'opre 

L'arte,  che  tutto  fa,  nulla  si  scopre.  » 

Gli  ultimi  due  versi  esprimono  per  1'appunto  il  carattere  onde 
i  giardini  naturali  si  contrappongono  ai  regolari:  e  tale  era 
il  Parco  avuto  di  mira  dal  Tasso  e  descritto  storicamente 
dal  citato  Botero  in  questi  termini :  «  II  Duca  Carlo  Em- 
manuele ha  adornata  Torino  sua  sede  con  un  Parco,  che  gira 
cinque  o  sei  miglia  (12  o  15  chilometri)  in  un  sito  dei  piu 
ameni  delPEuropa,  non  che  dell'Italia ;  cinto  e  quasi  vagheg- 
giato  dal  Po,  dalla  Dora  e  dalla  Stura,  pieno  di  boschetti,  la- 
ghetti,  fontane  e  d'ogni  sorta  di  cacciagioni,  ecc. » 

In  Inghilterra  i  giardini  naturali  non  salirono  in  favore, 
per  quanto  se  ne  trova  memoria,  se  non  mezzo  secolo  piu 
tardi,  ciofe  circa  il  1720.  In  Francia  li  misero  in  credito,  intorno 
al  1740,  le  relazioni  dei  Gesuiti  missionarii  in  Cina ;  le  quali 
narravano  come  cola  si  «  ornassero  i  giardini  con  folte  mac- 
chie  di  boschi,  con  ispazii  erbosi,  e  laghi  e  pagode  » ;  e  vi  si 
discorre  di  tortuosi  ruscelli,  di  vallate  messe  ad  alberi  di  di- 
verso  fogliame  e  a  fiori  variopinti,  e  di  rocce  e  dirupi  e  grotte 
e  ponticelli,  e  viali  e  sentieri  non  tirati  a  filo,  ma  serpeggianti 
alia  libera  per  ogni  verso. 


570  LA    STORIA   NATURALE    DELLE   PIANTE 

I  giardini  naturali  non  vennero  in  uso  commune  in  Italia  se 
non  all'entrare  del  nostro  secolo.  II  Roda  cita  fra  i  primi  il  parco 
reale  di  Monza,  disegnato  dal  valente  architetto  Villoresi ;  poi 
quello  di  Racconigi,  fatto  eseguire  da  Carlo  Alberto  sotto  la 
direzione  del  prussiano  Kurten  ;  ed  altri.  In  queste  opere  mag- 
giori,  come  eziandio  nei  giardini  minori,  ad  uso  or  sia  dei 
privati  o  del  pubblico,  il  principio  che  si  tiene  ognora  dall'ar- 
chitetto-ingegnere  6  di  simulare  un'opera  della  natura,  la  piu 
elegante  e  compiuta  che  si  possa  flngere  nelle  condizioni  date 
dal.terreno.  L'arte  vi  si  affaccia  solo  discretamente  come  so- 
rella  e  non  qual  padrona,  come  e  nello  stile  regolare.  Ella 
non  pretendera,  per  esempio,  di  disegnare  tutto  a  ghirigori 
un  riquadro,  sibbene,  trovato  un  pratello,  si  permetterk  d'  in- 
nestare  a  mezzo  di  quel  velluto  un  ricamo  ad  erbe  variopinte, 
o  mescolate  a  caso  o  distribuite,  ma  senza  pretensione,  sicche 
rappresentino  per  una  volta  tanto  o  uno  stemma  od  una  let- 
tera  o  checchfe  altro.  Ma  1'assegnamento  maggiore  essa  lo  fa 
sugli  alberi  e  sugli  arbusti,  piantati  solitarii  ovvero  a  gruppi, 
e  su  quelle  che  chiamano  macchie  ornamentali,  a  figure  ora 
piu  semplici,  come  di  elissi  a  varie  falde,  rotte  da  scudi ;  ora 
piu  artificiose  a  rabeschi :  e  composte  ora  di  sole  piante  a 
foglie  di  varii  colori  e  aspetti,  ora  di  piante  a  foglie  e  a  fiori. 
Delle  une  e  delle  altre,  d'ogni  grandezza  e  colore  e  foggia  e 
portamento,  per  tutti  gl'impieghi  e  per  ogni  stagione  e  natura 
di  terreno,  il  giardiniere  ne  possiede  oggidi  un  cosi  ricco  te- 
soro,  che  non  gli  abbisogna  altro  se  non  il  senso  artistico  per 
saperne  trarre  partito;  il  che  non  e  da  tutti.  Similmente,  per 
rispetto  ai  giuochi  d'acqua,  le  artiglierie  di  marmo  e  le  sta- 
tue di  Giove  che  vomitavano  fiumi  o  lanciavano  schizzi  in  cam- 
bio  di  luoco  e  di  iblgori,  hanno  ceduto  il  luogo  alle  cascate 
imitanti  la  natura,  o  a  fontane  sobriamente  artistiche,  e  a  va- 
sche  e  pelaghetti:  e  le  grotte  dei  secoli  andati,  a  scogliere  di 
minor  costo ;  sebbene  non  manchi  oggi  ancora  chi  vuol  deco- 
rati  i  suoi  giardini  di  quel  genere  sempre  bello  di  orna- 
mento,  come  ha  latto  in  Genova  il  March.  Gropallo  coll'an- 
dito  sotterraneo  della  sua  villa  presso  allo  Zerbino. 


NEL   SECOLO   XIX  571 

Con  questa  visita  ai  giardini  modern!  si  chiude  la  rapida 
corsa  da  noi  fatta  nei  campi  della  Botanica  del  secolo  XIX. 
In  essa  abbiam  potuto  apprezzare  il  molto  che  deve  questa 
disciplina  ai  lavori  dei  secoli  precedenti,  in  ispecie  dei  due 
ultimi :  i  nomi  di  un  Malpighi,  di  un  Ray,  di  un  Linneo,  dei 
De  Candolle,  e  simili,  suonano  a  un  botanico  serio  come  quelli 
del  Volta,  del  Lavoisier,  dell'Herschel  e  d'altri  tali,  all'orecchio 
di  un  flsico  o  d'un  astronomo.  Reso  questo  tributo  ai  grandi 
delle  etk  passate,  la  Botanica  del  secolo  XIX  pud  presentare 
alle  eta  future  un  cumulo  di  conquiste  tanto  sue  proprie,  quanto 
fu  suo  lo  scoprirne  la  stessa  materia.  Recato  a  quasi  20  tanti 
il  numero  delle  specie  vegetali  conosciute,  e  determinato  a  un 
dipresso  quello  delle  esistenti.  Creata  per  poco  1'anatomia  e 
la  flsiologia  botanica,  chiarendo  il  mistero  fin  qui  impenetra- 
bile  della  riproduzione,  e  diradando  1'oscuritk  che  ingombra 
le  altre  funzioni  della  vita  vegetale.  Moltiplicato  il  numero 
delle  piante  utili ;  e,  col  perfezionamento  dei  metodi,  cresciuta 
la  produzione,  e  stornato  1'esaurimento  altrimenti  inevitabile 
delle  nostre  terre.  Raccolte  finalmente'sotto  gli  occhi  di  ognuno 
nei  nostri  giardini  tutte  le  maraviglie  piii  leggiadre  e  magni- 
fiche  della  creazione  vegetale. 

La  scienza  adunque  per  questa  parte,  non  che  essere  fal- 
lita,  e  straricchita  anzi,  nei  secolo  nostro,  di  cognizioni  nuove 
e  preziose.  Ma  essa  fallisce  davvero  e  rimbecillisce  in  modo 
nuovo,  in  coloro  a  cui  la  vista  di  tanti  lavori,  diauzi  velati, 
non  richiama  al  pensiero  la  Sapienza  e  Provvidenza  divina 
che  vi  traluce  da  ogni  parte.  La  nazione  di  questi  che  dicentes 
se  esse  sapientes  stulti  facti  sunt,  non  e  sorta  dal  progresso 
scientifico  moderno ;  essa  e  tanto  vecchia,  che  S.  Paolo  ne  di- 
scorreva  come  di  cosa  antica  ai  tempi  suoi.  Fra  i  lettori  nostri 
non  abbiamo  a  temere  che  cada  sopra  alcuno  quella  vergo- 
gnosa  patente  di  stoltezza ;  e  la  Storia  Naturale  delle  Piante, 
compilata  nei  secolo  XIX,  sonerk  al  loro  orecchio  con  armo- 
nie  sconosciute  ai  secoli  decorsi,  come  un  inno  di  lode  a  glo- 
ria del  Creatore. 


EMMA 

I  M  A.     E     13  O  E»  O 


XXII. 
Un  compenso  gradito. 

II  valoroso  Gennaro  nella  sua  letterina  si  prendeva  il  gu- 
•sto  di  mettere  in  canzonella  i  guai  dell'amico  dottore.  E  gli 
mostrava  netto  e  chiaro,  che  tutti  nascevano  dalla  sua  imma- 
ginazione,  che  come  cavallo  vizioso  gli  prendeva  la  mano  e 
arrogavasi  il  predominio  sulla  ragione.  Prendesse  adunque  un 
partito  riciso,  chiedesse  la  mano  dell' Ida:  e  cosa  fatta  capo 
ha.  Emma  o  bene  o  male  flnirebbe  col  farsi  una  ragione.  II 
tempo  medica  tutto,  scriveva  egli,  appiana  tutto,  dilegua  anche 
i  dolori  piu  acerbi,  massime  poi  quelli  in  cui  non  si  e  sofferto 
lie  torto  ne  disonore.  0  che  noi  tutti  non  ci  troviamo  oggi  o 
dimani  in  casi  somiglianti?  Chi  e  che  nel  cammino  suo  non 
sia  esposto  a  terribili  disinganni,  a  disastri  talvolta  irrepara- 
bili?  Tu  ed  io  vediamo  poveri  impiegati  puniti  senza  colpa, 
mandati  a  spasso,  scavalcati  da  colleghi  facinorosi,  e  con  cio 
il  pane  lungamente  meritato  e  sperato,  mangiato  da  altri,  e  la 
famiglia  sul  lastrico.  E  i  fallimenti  dolosi  che  ogni  giorno  met- 
tono  in  camicia  chi  prima  nuotava  negli  agi  ?  E  la  morte  che 
falcia  i  congiunti  piu  stretti,  piu  necessarii?  E  i  mariti  che 
piantano  la  compagna,  ne  moglie  ne  nubile,  con  non  altra 
ripresa  che  i  figli  da  alimentare  ?  Di  matrimonii  poi  concertati, 
conchiusi,  pubblicati,  e  poi  mandati  all'aria  ve  n'e  le  sacca  e 
le  carra.  E  bene  che  si  fa  in  tali  casi?  Maschi  e  femmine  ca- 


EMMA,   PRIMA   E   DOPO  -  XXII.    UN   COMPENSO    GRADITO      573 

piscono  tosto  o  tardi  che  e  inutile  cozzare  col  destine,  e  si  ri- 
solvono  di  comportarsi  il  men  peggio  che  possono  la  mala 
fortuna.  Emma  poi,  se  e  ragionevole,  non  puo  neanche  lagnarsi 
di  una  vera  sventura.  Non  solo  non  vi  e  tradimento,  ma  nep- 
pure  le  si  disdice  una  parola  data.  Tu  la  lasci  nel  suo  essere 
primitive,  nella  sua  condizione  propria  ed  invariata,  in  seno 
alia  sua  famiglia,  ove  non  le  manchera  nulla  ne  ora  ne  poi... 
Puo  trovare  un  altro  partito,  difflcilmente,  si,  ma  puo  trovarlo: 
massime  se  fosse  vero  cio  che  mi  zufola  nell'orecchio  un  vec- 
chio  medicone  di  qui,  che  talvolta  il  tempo  e  Fattivita  della 
natura  rimedia  certi  difetti  che  la  mano  del  chirurgo  non  pote 
sanare.  E  bella,  e  ricca,  ha  un  ingegno  diavolino:  con  tali 
parti  a  Napoli  si  fa  fortuna  e  si  trova  marito  anche  cammi- 
nando  colle  stampelle,  che  non  e  il  caso.  Ad  ogni  modo  tu 
non  hai  peggiorato  in  nulla  la  sua  fortuna.  Potra  dolersi  di 
non  aver  colorito  a  modo  suo  il  disegno  concepito :  ma  nulla 
piii.  Un  milione  d'uomini  e  dieci  milioni  di  donne  sono  in 
tal  caso. 

Dunque  a  noi.  Fai  dei  fatti:  i  fatti  sono  maschi  e  le  pa- 
role femmine.  E  le  some  si  pareggiano  camminando. 

Addio.  Scrivimi  a  tuo  grande  agio :  che  sempre  mi  fai  un 
piacerone...  Ma  se  ti  sembra  ch'io  ragiono  colla  testa  e  non 
colle  calcagna  e  se  tu  prendi  qualche  partito,  telegrafa  furio- 
samente  al  tuo  Gennaro. 

Tre  di  ne  batte  il  telegrafo  ne  i  postieri  ebbero  a  sudare  per 
portare  la  corrispondenza  tra  Giulio  e  il  suo  amico  di  Cam- 
pobasso.  Gennaro  n'era  impensierito.  Tre  settimane  fu  lo  stesso 
silenzio.  Gennaro  si  disperava  di  nulla  ottenere.  Finalmente, 
quando  meno  ci  pensava,  gli  viene  ricapitata  una  letterina  di 
sesto  minimo,  con  entro  un  biglietto  di  visita  di  Giulio,  e  una 
parola  enigmatica :  —  Fatto.  — 

Gennaro  riscrisse  con  una  pagina  intera  di  linee  e  mezze 
linee  di  particolareggiate  e  minute  ricerche  di  spiegazioni, 
ciascuna  terminata  da  un  grosso  punto  d'  interrogazione.  L'ul- 
tima  piii  corta  di  tutte  le  altre,  diceva :  —  Mi  rallegro  ? 

II  fatto  era  che  Giulio  finalmente  aveva  scosso  da  se  ogni 


574  EMMA,   PRIM  A   E    DOPO 

irresolutezza,  e  preso  un  partito.  Come  giovane  di  proposito 
ch'egli  era,  fece  molto  in  pochi  giorni,  senza  guardare  piu  in- 
dietro,  e  fece  anche  abbastanza  bene.  Perche  pur  non  essendo 
rigido  osservatore  della  sua  religione,  conservava  tuttavia  per 
decoro  le  tradizioni  e  le  costumanze  esterne  della  sua  piissima 
famiglia.  Prima  di  nulla  rnuovere  di  decisive  nel  disegno  fer- 
mato  di  accommodarsi  colla  signorina  Ida  Rubino,  voile  esplo- 
rare  Tanimo  della  sua  buona  madre,  con  preghiera  precisa  e 
calda,  che  dell'ldeato  matrimonio  non  desse  il  minimo  sentore, 
per  ora,  neanche  all' intimo  amico  suo  don  Gennaro.  Egli  non 
solo  amava  la  madre  di  cui  conosceva  Taffetto  sviscerato  per 
lui,  ma  ne  pregiava  altresi  Tottimo  discernimento  pratico,  con 
cui  amministrava  gl'interessi  di  famiglia. 

II  richiesto  segreto  donna  Colomba  osservo  scrupolosa- 
mente.  Ma  cio  non  impedi  che  ella  col  suo  sernplice  buon  senso 
e  buon  giudizio,  non  togliesse  di  bocca  all'ospite  suo,  cugino 
della  Ida,  le  piu  minute  informazioni  sulla  bonta  della  giovane, 
sulla  dote,  sulle  qualita  personali.  II  dottore  e  professore  Gen- 
naro, il  quale  s'immaginava  leggermente  di  menare  pel  naso 
quella  buona  donna,  era  )ungi  dall'avvedersi  che  la  semplice 
Colomba  mettendo  su  le  chiacchiere  delle  cure  che  Giulio  aveva 
felicemente  condotte  in  casa  Rubino,  colle  belle  belline,  gli  ti- 
rava  su  le  calze  e  lo  faceva  sfringuellare  sulle  cose  piu  intime 
di  quella  famiglia  e  soprattutto  delle  persone.  Informazioni 
tutte  che  la  buona  vedovella  paragonava  alle  scrittele  dal  fi- 
gliuolo  Giulio.  A  conti  fatti  riconosceva  che  i  pregi  osservati 
da  Giulio  nella  signorina  Ida,  ribattevano  assai  bene  con  quelli 
magnificati  dal  Dottor  Gennaro,  sebbene  nella  viva  parola  di 
costui  prendessero  una  tinta  alquanto  piu  poetica  e  meglio  van- 
taggiata,  com'era  dice  vole  alia  sua  indole  un  po'  volta  al  pa- 
rabolano. 

Un  solo  tasto  pareva  inceppato  dalla  sordina.  Gennaro  non 
toccava  mai  delle  virtu  morali,  non  che  della  pieta  delle  si- 
gnorine  Rubino.  E  donna  Colomba,  con  tutto  il  suo  ciabare 
alia  sempliciana,  non  pose  mai  tale  questione  in  termini  pre- 
cisi,  e  cio  per  cessare  sospetto  che  ella  prendesse  informazioni 


XXII.    UN    COMPENSO    GRADITO  575 

a  scopo  d'un  maritaggio.  Si  adagiava  invece  a  buona  fede 
nelle  assicurazioni  datele  dal  figliuolo  Giulio.  Questi,  troppo 
bene  conoscendo  1'umore  della  madre,  aveva  in  primis  et  ante 
omnia  tessuto  un  grazioso  panegirico  delle  nobili  qualita  del 
cuore  di  Ida,  manifestate  durante  la  malattia  e  il  pericolo  mor- 
tale  del  padre.  II  gusto  della  signora  Colomba  La  Rosa  sa- 
rebbe  stato  che  le  si  dicesse  spiattellato  se  la  bambina  era 
divota  della  Madonna,  se  frequentava  i  sacramenti,  se  andava 
volentieri  alle  funzioni  di  chiesa.  Ma  come  savia  e  discreta 
fece  ragione  che  qualche  principle  di  pieta  vera  non  poteva 
fallire  in  una  fanciulla,  piuttosto  casalinga,  e  affettuosa  de'  suoi 
genitori.  E  poi  capiva  che  ad  accasare  presto  e  bene  il  suo 
Giulio,  era  d'uopo  contentarsi  di  cio  che  fa  la  piazza.  Si  lascio 
adunque  andare  alle  buone  speranze,  anzi  che  ai  vani  tiraori. 

Rispose  a  Giulio  una  lettera  di  materno  gradimento,  rifio- 
rita  di  complimenti  cordiali  per  la  famiglia  Rubino,  e  della 
promessa  di  recarsi  di  persona  a  Napoli  per  la  solennita  delle 
nozze,  quando  queste  fossero  stabilite  :  cio  che  mise  in  giolito 
il  figliuolo,  il  quale  amava  e  venerava  sinceramente  Pegregia 
sua  madre.  Gli  consigliava  essa  in  fine  della  lettera,  che  per  le 
prime  aperture  del  trattato,  si  valesse  del  P  opera  della  signora 
Cecilia  La  Rosa,  la  Direttrice  del  Collegio  ove  la  fanciulla  era 
stata  educata.  E  da  ultimo  accertava  che  al  dottor  Gennaro 
ella  non  aveva  dato  ne  un  cenno  nfe  mezzo  di  quel  negozio  al 
tutto  intimo,  e  da  non  parlarne  altrimenti  che  a  cose  fatte. 

Era  questa  in  sostanza  la  risposta  ch'egli  prevedeva  da 
parte  di  sua  madre.  Ma  fu  lietissimo  della  profferta  di  venire 
essa  a  Napoli:  era  decoroso  per  lui  e  per  la  futura  sposa, 
ch'egli  non  fosse  solo  di  parenti  stretti  nella  cerimonia  alia 
chiesa  e  nelle  feste  dello  sposalizio.  E  godeva  che  la  sua  buona 
madre  avesse  capito  benissimo  ch'  egli  aveva  piacere  di  essere 
il  primo  a  dare  notizia  del  fatto  a  don  Gennaro.  Quanto  al 
ricorrere  alia  signora  Cecilia  per  le  prime  proposte,  egli  in- 
tendeva  di  tagliare  piu  corto :  anche  per  evitare  ogni  pericolo 
che  la  Direttrice  del  collegio,  parteggiando  forse  per  la  Emma, 
potesse  rimestare  qualche  ragione  a  favore  di  questa.  Gli  era 


576  EMMA,   PRIMA   E    DOPO 

entrato  il  frullo  di  guadagnare  il  tempo  perso  in  fare  alFal- 
talena,  e  di  sbarrarsi  la  strada  al  tornare  indietro. 

Egli  era  ormai  tanto  conosciuto  e  stimato  e  affettuosamente 
accetto  in  casa  Rubino,  che  non  gli  era  d'uopo  di  tastare  il 
terreno  per  via  di  esploratori.  Gli  si  parava  dinanzi  facile  un 
trattato,  che  non  poteva  incontrare  ostacoli  da  parte  veruna, 
se  egli  stesso  finiva  di  tentennare.  Ebbe  adunque  in  disparte 
il  signer  Livio  invitandolo  ad  un  abboccamento  nella  sua  casa, 
per  non  isvegliare  sospetti  o  dare  indizii  recandosi  nella  casa 
di  lui,  sotto  gli  occhi  della  famiglia. 

XXIII. 
Cosa  fatta  capo  ha. 

Si  trattava,  per  Giulio,  di  sfondare  una  porta  aperta.  Alia 
prima  parola  di  lui,  il  signor  Livio  capi  dove  si  andava  a  pa- 
rare,  e  contentissimo  in  cuore  ascolto  la  formale  proposta. 
Avrebbe  egli  per  certo  bramato  di  dare  ricapito  prima  alia 
Emma  che  alia  minore  di  etk ;  ma  non  gli  cadde  neppure  in 
pensiero  di  muovere  difficolta  su  questo  punto :  tanto  era  sod- 
disfatto  il  suo  amore  paterno  di  collocare  cosi  felicemente  la 
diletta  Ida. 

Avrebbe  egli  potuto  conchiudere  la  pratica  con  un  assenso 
assoluto :  perche  dalle  circostanze  prevedeva  impossibile  il  sor- 
gere  di  difficolta.  Yolle  cio  non  di  meno,  per  serbare  il  con- 
venevole,  prender  tempo,  come  garbatamente  gli  offriva  il 
dottor  Giulio.  Questi  desiderava  che  egli  rendesse  intesa  del 
suo  disegno  la  signora  Nunziata,  e  consultasse  a  belfagio  le 
inclinazioni  del  cuore  della  signorina  Ida:  ma  con  certo  ri- 
serbo  di  non  spargere  la  novella  nel  pubblico,  e  neppure  troppo 
parlarne  in  famiglia.  Perche,  avvertiva  egli,  non  mai  per  lo 
addietro  si  era  egli  aperto  d'intenzioni  geniali  colla  Ida,  ed 
avrebbe  gradito,  che  dovendo  la  minore  prendere  il  passo  sulla 
maggiore,  si  usasse  con  questa  ogni  piu  delicato  riguardo,  per 
non  offendere  1'onesto  amor  proprio  di  lei,  e  scemarle  il  di- 


XXIII.    COSA   FATTA   CAPO   HA  577 

spiacere,  che  poteva  naturalmente  turbarla.  In  tutti  i  casi,  egli 
riguarderebbe  sempre  la  signorina  Emma  come  dilettissima  co- 
gnata,  e  si  terrebbe  onorato  della  stretta  parentela  con  lei  legata. 

Aggiunse  che  quanto  a  se  non  aveva  trascurato  di  pren- 
dere  consiglio  dalla  sua  buona  madre;  e  che  essa  gli  aveva 
risposto  con  tutte  le  benedizioni  del  cielo  e  del  suo  cuore,  e 
fin  colla  promessa  di  venire  da  Campobasso  per  assistere  alle 
nozze  dove  queste  avessero  luogo.  E  gli  lesse  quelle  non  poche 
righe  in  cui  la  signora  Colomba  esalava  dolcemente  la  gioia 
materna  dello  sperato  parentado  con  la  casa  Rubino  e  di  questa 
diceva  tutto  il  bene  che  ne  aveva  attinto  dalle  conversazioni 
con  Gennaro. 

II  discorso  piacque  mirabilmente  all'  ingegnere,  padre  della 
Ida;  e  ciascuna  parte  di  esso  gli  tornava  di  piu  pieno  com- 
piacimento,  e  porgevagli  un  piii  alto  grado  di  felicita.  Non  si 
tenne  dal  manifestare  i  suoi  sentimenti,  accertando  il  dottor 
Giulio,  che  la  cosa  non  fallirebbe  di  certo.  Ne  sua  moglie, 
ne  la  Ida  potrebbero  desiderare  migliore  ventura,  che  il  de- 
signate collocamento.  Egli  ppi  in  particolare,  come  padre 
della  fanciulla,  non  saprebbe  in  tutta  Napoli  scegliersi  un  ge- 
nero  piu  secondo  il  suo  cuore,  un  piu  degno,  un  piu  virtuoso, 
un  piu  diletto,  che  colui  a  cui  egli  si  professava  debitore 
della  vita. 

Giulio  naturalmente  profondevasi  in  complimenti  ricambiati 
ad  usura,  in  ringraziamenti,  in  elogi.  E  1'abboccamento  fini 
con  reciproca  soddisfazione.  Giulio  penso  subito  a  Gennaro,  e 
fece  impostare  il  biglietto  misterioso,  col  solo  motto:  —  Fatto !  — 
viglietto  che  diede  il  frullo  al  cervello  immaginoso  delF  amico, 
e  che  provoco  la  batteria  d' interrogazioni,  alle  quali  Giulio, 
per  allora  non  contrappose  alcuna  risposta.  Preparava  altri 
fatti  piu  decisivi  ancora. 


Serit  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1121.  37  26  febbraio  1897. 


578  EMMA,   PRIMA   E   DOPO 

XXIV.  - 
Facili  consensi. 

L'impegno  preso  dall'  ingegnere  signer  Livio  era  in  fondo  la 
cosa  piii  agevole  del  rnondo:  il  consenso  della  moglie  al  maritag- 
gio  non  poteva  sollevare  difficolta,  quello  di  Ida  molto  meno.  In 
fatti  la  signora  Nunziata  alia  relazione  fattale  immediatamente 
dal  marito  del  colloquio  avuto  col  dottor  Giulio  si  risolveva 
tutta  in  giubilo,  e  trovava  che  Livio  avrebbe  dovuto  stringere 
anche  piu  decisamente  1'accordo,  e  non  lasciarlo  cosi  in  so- 
ipeso,  neppure  un'  ora  sola :  giacche,  ragionava  essa,  non  era 
da  temere  che  ne  essa  ne  la  figliuola  riflutassero  di  accettare, 
e  a  man  baciata,  la  fortuna  che  loro  offeriva  la  divina  Prov- 
videnza. 

Ilsignor  Livio  tuttavia  non  si  pentiva  di  avere  serbato  il 
decoro,  e  le  sociali  convenienze  in  faccia  al  future  genero,  ed 
era  risoluto  di  trattare  pure  con  la  Ida  in  siraigliante  maniera, 
non  gia  annunziandole  la  cosa  come  flnita  e  conchiusa,  ma  si 
lasciando  a  lei  la  facile  scelta.  —  Niuno  e  profeta,  osservava 
egli;  non  si  sa  mai  che  cosa  possa  avvenire  di  qui  a  un  anno 
o  a  dieci.  E  io  voglio  poter  dire  con  verita  e  franchezza :  Ida 
lo  ha  sceito  lei  di  sua  libera  volonta. 

Riserbo  a  se  di  parlargliene  pel  primo ;  ma  non  era  age- 
vole,  in  que'  primi  giorni  trovare  proprio  il  momento  oppor- 
tune. Perche  le  due  sorelle  stavano  da  mane  a  sera  occupate 
insieme  a  dar  sesto  alia  biancheria  di  casa,  che,  durante  la 
malattia  del  babbo,  era  rimasta  ammonticellata  nella  guarda- 
roba.  11  buon  destro  gli  si  porse  tra  pochi  giorni  (era  la  prima 
meta  del  gennaio),  per  occasione  che  le  due  sorelle  furono 
invitate  dalla  loro  arnica  Adele  a  dar  il  loro  giudizio  su  certi 
ricami  tinamente  lavorati  in  seta,  per  uso  d'ornamento  di  una 
sala  signorile.  Ida,  che  volentieri  avrebbe  accompagnata  la 
sorella,  dovette  rimanersene,  aveudo  il  babbo  manifestato  il 
desiderio  che  essa  gli  trascrivesse  subito  una  carta  d'urgenza. 


XXIV.    FACILI   CONSENSI  579 

L'  Emma  ando  adunque  colla  madre  e  coll'Adele ;  e  T  Ida  si 
accommodo  tranquillamente  nello  studio  del  babbo,  pronta  di 
prestare  il  servigio  della  sua  calligrafia. 

—  La  carta  la  copierai  dopo,  disse  il  signer  Livio  appena  fa 
solo  colla  flgliuola,  ora  ho  una  novella  da  darti,  che  ti  piacera, 
ma  e  per  te  sola,  sai,  una  cosa   che   ti  riguarda,  e  che  per 
ora  neppur  1'aria  deve  sapere. 

Fecela  sedere  al  suo  lato  sul  canape,  e  prese  a  dimandarle: 
—  Ti  se'  mai  accorta  che  qualche  giovinotto  ti  seguisse  per 
le  vie,  o  ti  facesse  d'occhio?...  che  qualcuno  ti  aspettasse  al- 
1'uscire  di  chiesa?... 

—  Che  ?  interruppe  Ida  con  un  po'  di  vivacita,  io  non  mi 
sono  in  veritk  avvista  di  giovani  che   mi  guardassero  in   un 
modo  piii  che  in  un  altro ;  di  aspettoni  poi   che   mi  facessero 
la  po'sta,  io  ne  ho  ancora  da  vedere  uno  che  e  uno.   Gia,  queste 
taccole  a  me  non  garbano ;    e  un  vagheggino  stradaiuolo,  io 
nol  guarderei  quanto  e  lungo. 

—  Sta  bene,  ripiglio  il  padre :  ma  ad  ogni  modo,  tra  tanti 
giovani  che  ci  passano  innanzi  ogni  di,  o  1'uno  o  1'altro  ti  avra 
pure  dato  un  po'  nell'umore:  non  e  vero? 

—  Si  si,  non  dico  il  contrario,  de'  bei  giovani  ne  ho  visti 
tanti ;   e  nelle  sale  qui  e  la  mi  hanno  anche  fatto  dei  compli- 
menti :    ma  complimenti,  e  li :  che  una  vera  simpatia  che  mi 
entrasse  in  cuore...  non  mi  ricordo...  Si,  mi  ricordo  di  uno... 
appunto  in  questi  ultimi  mesi. 

—  E  bene,  costui  e  morto   o   vivo?  e  di  Napoli  o  di  fuori 
via?  Ti  ha  dato  qualche  segno  di  affezione.  di  stima  partico- 
lare?  dimmi  tutto  liberamente. 

—  0  babbo,  in  che  pecoreccio   m'entri  tu  adesso  ?  Non   e 
cosa  che  importi.  Io  ci  ho  pensato  piu  d'una  volta,  e  ci  penso 
ancora  quando  mi  accade  di  vederlo,  ma  po'  poi  non  mi  ci 
confondo... 

—  Dunque,  prese  a  dire  il  padre  un  po'  in  canzonella,  un 
punto  e  assodato.  E  uno  di  Napoli,  e  che  si  lascia  vedere  qualche 
volta.  0  perche  non  mi  diresti  chi  e  il  fortunate  mortale  che 
gode  le  tue  simpatie,  senza  che  tu  ti  ci  confondi? 


580  EMMA,   PRIMA    E    DOPO 

—  Non  te  lo  posso  dire...  perche  tu  lo  diresti  a  mamma, 
e  lo  viene  a  sapere  anche  Emma,  e  apriti  cielo! 

—  Emma  te  ne  darebbe  la  baia:  e  questo  cio  che  temi? 

—  Ma  che  ?  io  credo  invece  che  anche  lei  ci  pensa  piu  di 
me,  e  1'avrebbe  per  male  se  immaginasse  che  io  le  becco  Tuva. 
Dove  che  io  ci  penso  cosi  alto  alto,  come  una  bella  fantasia  Ion- 
tana;  ed  essa,  secondo  me,  ci  pretende.  Emma  non  mi  darebbe 
piii  pace...  Non  ti  posso  dir  altro. 

-  E  non  occorre,  perch6  hai  detto  abbastanza,  gioia  mia. 
Non  e  uno  che  ti  segua  per  via,  non  e  uno  che  ti  faccia  la 
posta  fuor  di  casa,  e  pure  si  lascia  vedere  da  te  e  da  Emma... 
tu  lo  vedi  adunque  in  casa  nostra :  1'uomo  de'  tuoi  pensieri  e 
probabilmente  il  dottor  Giulio. 

A  questo  nome  Ida  si  fece  di  fiamma  in  volto.  Ma  non  si 
scompose.  —  E  che  male  ci  e  a  voler  bene  al  dottore  ?  ripigli6 
ella  con  ingenuita.  0  che  non  6  lui  che  ha  salvato  la  vita  a 
te,  babbo  mio?  E  cosi  garbato,  e  ben  educate!  Vnol  bene  a 
sua  madre  e  a  sua  sorella,  e  ne  parla  con  noi  alfettuosamente. 
E  giovanissimo,  e  pure  ha  gik  impiego  e  credito,  e  puo  spe- 
rare  ogni  piu  elevato  avanzamento.  Che  potrei  io  trovare  di 
meglio  per  essere  felice?  Ma  pur  troppo  e  un  sogno,  bello, 
dorato,  che  fugge  quando  si  guarda...  Lui  puo  pretendere  quello 
che  vuole,  e  niuna  famiglia  di  Napoli  chiuderk  le  porte  in  faccia 
al  dottore.  Giulio  La  Rosa. 

—  Or  bene,  disse  il  signor  Livio,  poniamo  che  sia  un  sogno: 
ma  tante  volte  i  sogni  si  avverano.  Se  il  signor  Giulio  s'inna- 
morasse  d'una  Rubino?... 

—  Toccherebbe  ad  Emma,  interruppe  Ida:  ed  io  sarei  con- 
tenta  di  vedere  riconsolata  quella  poverina,   che  da  un  anno 
in  qua  non  ha  piu  bene,  e  s'incattivisce... 

—  Ti  piacerebbe  adunque  averlo  per  cognato... 

—  Perch6  no?  Meglio  lui,  che  un  altro. 

II  signor  Livio  era  uomo  di  mondo,  ma  amorevole  padre 
di  famiglia,  e  prendeva  gusto  a  scrutare  i  sentimenti  gentili 
della  bambina,  prima  di  venire  al  punto  forte,  che  gli  era 
certamente  sicuro  di  ottenere.  Ripiglio:  —  Vediamo:  e  se  egli 
cercasse  piuttosto  Ida  che  Emma,  che  ne  diresti? 


XXIV.   FACILI   CONSENSI  581 

—  lo  direi,  che  tu  babbo  prendi  piacere  a  canzonarmi. 

—  E  bene,  &  proprio  il  caso :  io  so  ch'io  so,  che  il  dottore 
in  una  conversazione  ha  fatto  tanti  elogi  di  te,   Iduccia  mia, 
quanti  ne  puo  imraaginare  un  innamorato  che  e  sul  punto  di 
•chiedere  la  mano  d'una  fanciulla. 

—  Io  non  lo  credo...  tu  lo  dici  per  farmi  lima  lima. 

—  Che  ti  pare  ?  che  tuo  padre  ti  abbia  chiamato   qua,  da 
•solo  a  sola,  per  farti   versare?  Che  sugo  ci  sarebbe?  Ti  ho 
•chiamata  per  farti  conoscere  che  il  dottore  mi  ha  parlato  di 
te  sul  serio,  e  vorrebbe  sapere  se  tu  lo  prenderesti  volentieri... 
Che  gli  debbo  rispondere? 

Ida  allo  schiuderlesi  improvviso  si  nuovo  e  inaspettato  oriz- 
.zonte  fu  sopraffatta,  ansiava  tutta,  il  sangue  le  martellava  nel 
•cuore  e  nelle  tempie,  n&  sapeva  che  dire,  le  parole  non  le 
venivano  alia  lingua.  Prese  le  mani  del  babbo,  e  le  bacio...  e 
in  questo  un  felice  scoppio  di  pianto  diede  esalo  alia  piena 
-degli  affetti.  II  padre  lascio  spiovere  un  tantino,  e  poi  ripete 
seriamente:  — Che  gli  debbo  rispondere?  Un  si  o  un  no. 

Ida  si  fece  animo  e  rispose,  con  una  vocina  soffocata  come 
in  secreto:  —  Si.  --  E  tosto  riavendosi  come  se  fosse  coijsa 
troppo,  aggiunse:  --  Si,  se  piace  a  te  e  a  mamma.  —  E  poi 
subito,  rammentandosi  di  Emma,  riprese:  —  Ma  come  la  pren- 
dera  Emma? 

—  Senti,  Ida:  Emma  in  qualche  modo  si  fara  unaragione, 
fark  di  necessita  virtu:  o  che  io  potrei  dire  a  Giulio  che  chiede 
Ida,  io  vi  daro  Emma?  Le  monete  si  barattano  1'una  per  1'altra, 
«  non  le  ragazze.  Del  resto  io  non  sapevo  nulla  di  Emma,  che 
aresse  dei  disegni  sopra  Gitlio... 

—  Neppure  io  lo  so  di  certo :  lei  non   me  Tha  detto  mai 
spiccicato :  ma  io  lo  sospetlo  forte  e  lo  tengo  per  certo. 

—  Checche  ne  sia,  rimane  fisso,  intendi  bene  Ida,  rimane 
iisso  e  fermo  che  tu  non  ne  parlerai  ne  con  Emma,  n£  con 
altri.  In  casa  non  si  ha  da  sapere  che  da  te  e  da  tua  madre ; 
fuori,  da  nessuno.  Ad  Emma  parlero  io  a  tempo  e  luogo.  Tu 
fa  di  tenerti  pronta,  perche  mi  dice  un  cuore,  che  Giulio  gra- 
direbbe  di  ultimare  questa  faccenda  in  quattro   e  quattr'otto. 


582  EMMA,    PRIMA    E    DOPO 

Egli  e  fatto  cosi.  N&  ioveggo  che  ci  sia  nulla  a  guadagnarer 
a  menare  il  can  per  Taia.  Quando  vi  siete  intesi  voi  due,  e  i 
parent!  sono  d'accordo,  fc  meglio  oggi  che  dimani.  A  giorni  si 
faranno  le  impromesse...  e  sollecitamente  si  penserk  ad  andare 
in  chiesa  e  al  municipio. 

Ida  a  udire  tante  disposizioni  di  vita  nuova,  a  cui  ella  non- 
aveva  punto  pensato,  era  come  intronata  e  confusa.  Avrebbe 
avuto  un  mondo  di  cose  da  dimandare,  ma  nessuna  gliene 
sovveniva,  e  tutti  gli  affetti  suoi  sopravvinceva  il  gaudio  smi- 
surato  e  1'espettazione  della  felicita  imminente.  Le  sovvenne 
bensi  allora,  una  espressione  che  poco  aveva  familiare:  - 
M'accorgo,  babbo,  che  qualche  anima  santa  ha  pregato  per 
me...  forse  la  nostra  cara  Adele...  lei  6  tanto  buona...  e  la 
Madonna  mi  ha  aiutato! 

—  Stk  bene :  lo  credo  anch'  io  che  la  Madonna  ti  abbia 
aiutato.  Ma  ora  aiutati  da  te:  prudenza  e  giudizio. 

In  questo  tornava  in  casa  la  Nunziata  colla  Emma  e  1' Adele. 
L'ingegnere  sedette  alia  scrivania,  e  Ida  ando  incontro  alia 
madre.  Emma  non  rifiniva  di  magnificare  lo  squisito  ed  ele- 
gante lavoro  che  avea  veduto:  che  in  verita  meritava  d'esser 
considerate  nelle  singole  sue  parti,  nelle  figure,  nell'ornato, 
ne'  fiorami  vaghissimi:  tutto  era  bello,  il  disegno  la  naturalezza 
delle  tinte,  il  finite  delTesecuzione,  Tarmonia  dell'insieme:  — 
E  un  peccato,  Ida,  che  tu  non  abbia  potuto  venire  con  noi;. 
ma  spero  che  potrai  andare  un  altro  giorno  dall'Adele. 

E  Adele  presente  prometteva  di  venirla  a  prendere  domani. 
Ida  si  rammaricava  del  non  essere  ita  con  lei  e  colla  mamma 
e  ringraziava  Tamica,  della  sua  gentile  profferta.  In  verita- 
ella  non  aveva  capito  nulla  delle  mirabilia  raccontate  dalla 
sorella  ed  era  tutta  occupata  nell'animo  dal  timore  che  le  si 
leggesse  in  sul  viso  qualche  indizio  del  suo  caro  secreto. 


XXIV.   PRIME    GIOIE   DI   TUTTI  583 

XXV. 

Prime  gioie  di  tuiii. 

Giulio  quella  sera  ricevette  ima  visitina  dal  signer  Livio 
Rubino;  e  da  lui  1'avviso  del  consenso  della  signora  Nunziata 
-e  della  Ida.  Ne  fu  contento:  ma  se  1'aspettava  e  gik  sel  teneva 
in  pugno,  senza  questa  formalita.  Ne  prese  tuttavia  occasione 
per  iscrivere  un  verso  al  caro  don  Gennaro :  e  fu  un  seoondo 
biglietto  di  visita  tutto  simile  al  precedente,  tranne  che  por- 
tava  per  motto:  --  Due  fatti. 

Ma  questa  seconda  volta  il  mistero  versava  come  un  paniere; 
perche  Giulio  il  di  seguente  mandava  alia  madre,  una  piena 
relazione  dell'avvenuto,  parlava  di  sbrigare  le  impromesse  e 
le  nozze,  appena  la  stagione  migliore  permettesse  a  lei  di  fare 
il  viaggio  di  Napoli.  Avvertiva  che  dove  il  signer  Gennaro 
non  potesse  accompagnarla,  verrebbe  egli  di  persona  a  levarla 
•di  Campobasso,  e  in  niun  modo  patirebbe  che  ella  si  mettesse, 
•tutta  sola,  in  ferrovia.  Sentisse  pertanto  il  signer  Gennaro,  che 
potrebbe  darle  piu  particolari  informazioni  intorno  alia  Ida, 
sua  cugina,  e  che  naturalmente  doveva  gradire  d'intervenire 
.alle  nozze  della  cugina  coiramico  suo. 

La.  buona  vedova  ringiovaniva  al  pensiero  di  vedere  quanto 
prima  accasato  il  suo  dottorino  e  si  sobbarcava  animosamente 
.a  quello  che  a  lei  sembrava  un  gran  viaggio,  per  assistere 
alle  nozze  di  lui  gloriose  e  fortunate.  E  Gennaro  dava  sotto 
raccontandole  le  cose  piu  dolci,  piu  geniali  che  sapesse  ricor- 
dare  o  inventare  della  sposina:  cose  tutte  che  la  madre  di 
Oiulio  abboccava  e  credeva  in  digrosso  e  troppo  volentieri ; 
finch6  talvolta  Gennaro  ne  sballava  di  cosi  marchiane,  che  non 
«rano  facili  a  digerire,  e  donna  Colomba  si  ribellava,  con  una 
risata,  dicendogli :  —  Ma  lei,  professore,  ha  il  capo  ai  grilli : 
me  ne  avveggo  bene. 

Ad  ogni  modo,  a  Campobasso  in  casa  della  signora  La  Rosa, 
un  carnevale,  ma  un  carnevale  santiflcato.  Perche  la  madre 


584       EMMA,   PRIMA   E   DOPO  -  XXV.   PRIME   GIOIE   DI   TUTTI 

di  Giulio,  e  la  sorella,  che  spesso  veniva  in  casa,  avevano  intra- 
presa  di  commune  accordo  una  novena  di  preghiere  a  S.  Anna, 
pel  felice  esito  del  matrimonio  vagheggiato,  del  figlio  e  del 
fratello. 

In  casa  Rubino,  a  Napoli,  fioriva  pure  un  profondo  con- 
tento,  in  cuore  alia  Ida  e  ai  genitori :  ma  non  senza  un  fasti  - 
dioso  grattacapo :  —  Gome  la  prenderk  P  Emma  ?  —  Quanto  a 
se,  Ida  cercava  di  usare  ogni  piii  delicato  riguardo  alia  sorella: 
ell'era  piu  servigevole  che  mai,  piu  affettuosa  che  mai,  piu 
paziente  che  mai:  tanto  che  PEmma,  non  avVisando  il  perch& 
di  un  fare  si  carezzoso,  talvolta  ne  prendeva  stizza. 

Giulio  poi  intendeva  pure  di  vedere  qualche  volta  la  sua 
futura;  e  non  volendo  arrischiarsi  a  qualche  scenata  dalla  parte- 
di  Emma,  che  fmora  nulla  sapeva  del  trattato  conchiuso,  si 
contentava  di  trattenersi  con  Ida  al  caffe,  dove  la  conduceva 
il  suo  padre,  e  spesso  ancora  nella  loggia  al  S.  Carlo,  dove 
Ida  recavasi  liberamente  col  padre  e  colla  madre,  e,  fortuna- 
tamente,  senza  la  sorella;  la  quale  ingrognata  e  malinconiosa,. 
sgradiva  i  divertimenti  di  famiglia. 

Ma  questi  ripieghi  non  potevano  e  non  dovevano,  secondo 
il  pensare  di  Giulio,  protrarsi  per  mesi.  Ed  egli  insistette  presso 
il  suo  future  guocero,  afflnche  prendesse  un  partito  decisive: 
parlasse  chiaro  con  Emma,  e  si  venisse  quanto  prima  alle 
impromesse.  II  che  parve  al  signor  Livio,  ragionevole  e  de- 
coroso  per  tutti.  Emma  cosi  avrebbe  agio  di  mostrarsi  amorosa 
sorella,  e  contenta  o  almeno  rassegnata  alia  sua  sorte ;  e  Giulio» 
saprebbe  come  condursi  in  pratica,  in  caso  diverse. 


RIVISTA  DELLA  STAMPA 


i. 


J.  CARDINALE  GIBBONS,  Arcivescovo  di  Baltiinora.  —  LTAmbasciatore 
di  Cristo  (The  Ambassador  of  Christ).  BaltitHora,  John  Murphy 
&  Co.,  1896,  16°  di  pp.  XIV-404. 

Grande  e  la  forza  dell'insegnamento  corroborate  dall'esempio  di 
«hi  per  lunga  esperienza  ne  ha  fatte  e  vedute  le  pratiche  applica- 
zioni.  Esso,  non  solo  illumina  gli  spiriti,  ma  li  soggioga  altresi 
dolcemente  al  potente  imperio  della  verita  e  del  dovere.  Tali  sono 
i  salutari  insegnamenti  che  Sua  Eminenza  il  Cardinale  Gibbons 
porge  al  venerabile  Clero  degli  Stati  Uniti  nel  volume  qui  annun- 
ziato.  La  sua  vita,  come  semplice  Prete,  Parroco,  Missionario,  Ye- 
scovo,  Arcivescovo  e  Cardinale,  e  stata  una  vita  di  assiduo  studio 
«  di  perenne  azione,  tutta  consecrata  ad  un  laborioso  apostolato  in 
servigio  della  Chiesa  cattolica  e  della  sua  diletta  Patria  ed  a  salute 
delle  anime  a  lui  affidate.  Per  1'autorita  dunque  dell'esperienza  e  per 
1'altezza  del  suo  officio  pastorale,  1'Efiio  Autore,  meglio  d'ogni  altro, 
poteva  farsi  ad  istruire  gli  Ecclesiastici  di  quelia  grande  Repubblica 
sulle  difficolta  che  ivi  s'incontrano  nell'esercizio  del  sacro  apostolato ; 
sui  -mezzi  che  sono  piu  acconci  per  superarle  e  per  far  sentire  a  tutti 
1'alto  conforto  della  divina  virtu  della  Chiesa;  sulle  doti  infine  di 
mente  e  di  cuore  che  sono  in  loro  richieste,  per  reudere  stimabile  e 
fruttifera  la  loro  missione  in  quelia  fiorente  parte  della  vigna  del 
Signore. 

Comunicare  pertanto  a  questi  operai  evangelici  il  frutto  delle  sue 
meditazioni  e  delle  sue  esperienze,  e  cosi  renderli  piu  cauti,  piu 
•coraggiosi,  piu  zelanti  nell'esercizio  del  sacro  ministero,  ecco  lo  scopo 
nobilissimo  a  cui,  come  si  deduce  dalia  sua  Prefazione  1,  mira  questo 
bel  volume  dell'Eino  Arcivescovo  di  Baltiinora.  In  questo  lavoro  poi, 
non  meno  che  negli  altri  pregevolissimi  da  lui  dati  alia  luce  negli 

'  Pag.  XI. 


586  R I  VISTA 

anni  scorsi  ',  ci  si  rivela  sempre  il  colto  ed  apostolico  scrittore  ame- 
ricano,  dotato  di  soda  dottrina,  di  vorace  aniore  patrio  e  di  una 
facondia  semplice,  persuasiva  e  plena  della  piu  soave  unzione.  Di 
tutto  cio  daremo  un  saggio,  breve  si,  ma  sufficiente  a  far  concepire 
una  qualche  idea  del  libro  a  coloro  che  non  possono  studiarlo  nel 
testo  inglese  in  cui  d  stato  scritto. 

A  fondamento  del  suo  dire,  1'Enio  Autore  pone  una  succinta 
trattazione  dell' eccellenza  del  sacerdozio  cristiano,  mostrandocene 
dalle  Sacre  Scritture  e  dagli  scritti  de'  Santi  Padri  la  superiorita  sul 
sacerdozio  dell'antica  legge,  la  divina  istituzione,  le  prerogative,  i 
poteri  e  massimamente  lo  scopo,  che  e  di  continuare  sino  alia  con- 
summazione  de'  secoli  la  missione  esercitata  fra  gli  uomini  dal  Figliuol 
di  Dio  durante  la  sua  vita  mortale:  Eyo  veni  ut  vitam  habeant 
et  abu-ndantius  habeant  2.  Siffatta  vita  nel  cristiano  dipende  essen- 
zialmente  dalla  sua  unione  con  Cristo,  di  guisa  che  quanto  piu  in- 
tima  e  questa  unione,  tanto  piu  perfetta  ed  abbondante  sara  quella 
vita.  Ora  al  sacerdote  si  appartieue  anzitutto  il  produrre,  il  conser- 
vare,  il  perfezionare  e,  se  perduta,  il  ristorare  1'unione  dell'anima 
con  Cristo.  A  quelle  mani  medesime,  le  quali  col  lavacro  di  rige- 
nerazione  ci  fanno  partecipi  della  natura  divina  e  membri  del  corpo 
mistico  di  Gesu  Cristo,  e  concesso  il  diritto,  non  solo  di  richiamare 
fra  gli  uomini  il  Divin  Redentore,  di  renderlo  presente  e  intimo  alle 
anime  de'  fedeli,  nutrendole  col  suo  reale  corpo  e  sangue  prezioso, 
ma  altresi  di  assolvere  coloro,  i  quali,  bramosi  di  ritornare  e  riu- 
nirsi  a  questo  centre  de'  loro  affetti,  ne  sono  allontanati  dalla  co- 
scienza  della  colpa.  Quindi  s'intende  la  ragione  de'  nobili  titoli,  col 
quali  e  onorato  il  Sacerdote.  Egli  6  chiamato  «  il  padre  dei  fedeli » T 
« il  dispensatore  de'  misteri  di  Dio  » ,  «  il  ministro  di  riconcilia- 
zione  » ,  « il  medico  delle  anime  » ,  « 1'angelo  e  il  messaggero  di 
Dio  » ,  «  1'ambasciatore  di  Cristo  »  e  cos!  di  seguito. 

Illustrati  bellamente  questi  titoli  3,  e  dimostrato  cosl  quel  che 
sia  il  sacerdote  di  Cristo,  1'Efho  Autore,  a  buon  diritto,  rivolge  la 
parola  all'ecclesiastico  suo  lettore  ed  esclama :  «  Iddio  ti  ha  onorato, 
o  Fratel  mio.  Sii  tu  sempre  tale,  che  possa  ripetere  con  San  Paolo  in 
ispirito  di  grato  omaggio:  In  quanto  io  sono  Apostolo  delle  genii,  faro- 
onore  al  mio  ministero  4.  » 

'  Tali  sono  «  La  Fede  de'  nostri  Padri  »  (The  Faith  of  our  Fathers)  e- 
«I1  nostro  retiiggio  cvistiano  »  (Our  Christian  heritage)  pubblicati  in  nume- 
rose  edi/.ioni  dal  tipoj^rafo  J.  Murphy  di  Baltiraora. 

«  S.  Giov.  X,  10. 

'  Cap.  1,  pp.  7-15. 

*  Bom.  XI,  13. 


DELLA   STAMPA  587 

Seguono  quindi  i  Capi  II  e  III,  intimamente  connessi  col  pre- 
-cedente,  ne'  quali  si  discorre  della  divina  vocazione  allo  stato  sacer- 
•dotale  e  de?  segni  ond'essa  si  conosce  e  si  comprova.  Tutti  e  due 
questi  capi  sono  grandeinente  pratici  e  pieni  di  regole,  ricordi  e 
inseguamenti  preziosi,  non  solo  agli  aspiranti  al  sacerdozio,  ma 
altresi  a  coloro,  i  quali,  come  rettori  di  Seminarii  e  direttori  di 
spirito,  hanno  il  dovere  di  guidare  e  d'istruire  i  giovani  nella  loro 
vocazione  e  ne'  ministeri  che  dovranno  poscia  esercitare.  La  vita 
del  giovane  seminarista,  secondo  il  concetto  deU'Emo  Autore,  de- 
v'essere  tale,  che  dia  a  divedere  come  in  lui  la  bonta  deH'animo  e 
il  culto  della  virtu  non  sieno  punto  inferior!  alia  elevatezza  delTin- 
gegno  e  alTamore  del  sapere.  La  sua  educazione  religiosa  nel  Senii- 
nario  deve  sviluppare  e  far  crescere  quei  germi  felici  che  la  prinia 
educazione  domesticagli  hainnestati  nel  cuore.  Ond'egli,  accoppiando 
alle  doti  della  mente  quelle  di  uno  spirito  educate  alle  severe  virtu, 
faccia  presagire  fin  d'allora  di  se  quel  che  sara  piu  tardi,  un  lunii- 
nare  cioe  ed  un  apostolo  della  Chiesa  e  della  societa. 

L'idea  madre  che  informa,  per  cosi  dire,  i  due  capi  sovra  citati 
•£  che  il  Prete,  in  forza  della  sua  vocazione,  essendo  chiamato  a 
governare  le  anime  e  dovendo  insieme  offrire  sugli  altari,  nella 
persona  di  Cristo,  Taugusto  sacrificio  del  corpo  e  del  sangue  del 
Divin  Redentore,  dev'essere  un  uomo  dotto  e  sauto,  stimolato  dalla 
coscienza  non  solo  allo  studio,  ma  ancora  a  vita  piuttosto  angelica 
che  umaua.  E  questa  medesima  idea  informa  i  bei  capitoli  seguenti, 
i  quali  trattano  de'  doveri  de'  maestri  verso  i  loro  scolari  (IT)  e  di 
questi  verso  di  quelli  (T-VI1)  e  delle  virtii  proprie  del  sacerdote 


Niuno  e  che  non  senta  oggidi,  massimamente  negli  Stati  Uniti, 
di  quanta  importanza  religiosa  e  sociale  sia  1'educazione  del  Clero.  Per 
la  qual  cosa  fin  da'primordii  del  suo  Pontificato  il  S.  Padre  Leone  XIII, 
diresse  sopra  questo  proposito  catorose  esortazioni  a'  Vescovi  :  «  Date 
•operam,  Yenerabiles  Fratres,  quantum  potestis,  ut  alumna  sacrorum 
iuventus  non  modo  sit  ab  investigatione  naturae  iustructior,  sed 
etiam  iis  artibus  apprime  erudita,  quae  cum  sacrarum  Litterarum 
.  vel  interpretatione  vel  auctoritate  cognationem  habeant  *.  »  Le  nie- 
desime  esortazioni  furono  poscia  ripetute  in  modo  specialissimo  ai 
Yescovi  degli  Stati  Uiiiti  nella  memoranda  Enciclica  loro  rivolta 
il  6  gennaio  dell'anno  1895.  Meritamente  dunque  1'Emo  Autore 

1  LBONIS  XIII,  Pontificis  Mnxlml  Acta,  Vol.  Ilf,  Komae  1884,  pag.  25. 
Si  veggano  altresi  le  Encicliche  Aeterni  Patris  del  4  agoato  1879  e  Pro- 
fidentissimus  Deus  .del  18  novembre  1898. 


T>88  RIVISTA 

oonsacra  a  questo  soggetto  sette  inter!  capi  (XVI-XXII,  pp.  164-227)r 
discorrendo  a  lungo  dello  studio  della  Sacra  Scrittura,  de'  Padri 
della  Chiesa,  della  teologia  dommatica  e  morale,  de'  sacri  canonir 
della  storia  e  cosi  di  seguito.  E  qui  ci  piace  riferire  1'assennata 
osservazione,  con  la  quale  Sua  Eminenza  si  apre  la  via  alia  tratta- 
zione  degli  studii  che,  cominciati  alacremente  ne'  Seminarii,  devono- 
eostantemente  continuarsi  da'  sacerdoti  anche  quando  sono  occupati 
ne'  ministeri. 

Se  il  benessere  del  civile  consorzio,  dic'egli  in  sostanza  ',  di- 
manda  che  il  medico  sappia  a  fondo  le  cause  e  i  rimedii  delle  ma- 
lattie;  che  il  giudice  sia  perito  nella  giurisprudenza ;  che  il  maestro- 
possegga  bene  la  materia  che  deve  insegnare;  che  1'avvocato  conosca- 
picnf.mente  i  piincipii  e  i  fatti  che  si  riferiscono  al  caso  del  suo  clienter 
con  miglior  ragione  gl'interessi  della  societa  cristiana  esigono  che- 
il  ministro  di  Cristo  sia  abbondantemente  provveduto  di  quella 
.scienza  richiesta  all'esercizio  degli  ufficii,  a'  qnali  egli  &  chiamator 
che  sono  di  medico  delle  anime,  di  giudice  e  maestro  nelle  question! 
dottrinali  emorali,  di  avvocato  nelle  cause  riguardanti  i  diritti  di  Dio. 
E  se  nessun  medico,  maestro,  giudice  o  avvocato  di  buona  coscien'za 
si  contenta  delle. sole  cognizioni  acquistate  durante  gli  anni  di  scuola, 
ma  lavora  indelessamente  a  fine  di  perfezionarsi  sempre  piii  nella 
sua  profe^sione,  approfondendo  e  svolgendo  le  cognizioni  acquisite 
e  procacciandosene  delle  nuove,  perche  mai  il  chierico,  compiuti 
gli  studii  del  seminario  o  dell'universita  e  ordinato  sacerdote,  uon 
dovra  fare  il  medesimo  ?  Per  quanto  grande  sia  stato  il  suo  profitto> 
nel  breve  corso  degli  studii  teologici,  il  chierico,  come  opportuna- 
mente  osserva  I'Emo  Autore  2,  non  ha  acquistato  se  non  un  fondo 
di  scienza  imperfetto  e  insufficiente.  «  Egli  in  realta  ha  imparato  sol- 
tanto  il  modo  di  imparare.  II  fondamento  dell'edificio  6  posto;  ma 
1'edificio  stesso  dovra  essere  1'opera  di  tutta  la  vita.  » 

Allo  scopo  poi  di  facilitare  questo  lavoro  a'  novelli  ministri 
del  Signore,  1'  Emo  Autore  da  loro  eccellenti  e  pratici  consigli,  ri- 
guardanti anzitutto  la  scelta  che  dovranno  fare  de'  libri  da  studiare. 
c  Armi  del  guerriero  cristiano,  scriv'  egli,  sono  i  suoi  iibri.  Tre 
volte  armato  e  tre  volte  felice  6  il  prete,  che  ha  imparato  a  fare 
una  giudiziosa  raccolta  di  alcune  poche  e  scelte  opere  destmate  a 
tenergli  giornaliera  compagnia,  e  cui  non  abbandona  facilmente  per 
correr  dietro  ad  altre  ed  altre,  le  quali  spesso  non  hanno  se  non  un 
pregio  solo:  1'attraente  novita.  Un  amico  fedele  6  piii  prezioso  di 

1  Pag.  169  e  segg. 
'  Pag.  173. 


DELLA   STAMPA  580 

una  dozzina  di  conoscenze  casuali.  Libri  con  titoli  ambiziosi  e  se- 
ducenti  all'esterno  sono  pubblicati  in  cosi  gran  nuraero,  che  impac- 
ciano  Finesperto  students,  il  quale.  simile  ad  un  uomo  affamato, 
trovandosi  innanzi  a  gran  varieta  di  cibi,  e  tentato  a  passare  in 
fretta  da  una  vivanda  all'altra,  non  senza  discapito  della  sua  men- 
tale  digestione  J.  » 

Tra  i  libri  scelti,  i  quali,  come  la  Bibbia,  gli  scritti  de'  Santi 
Padri,  la  Somma  di  S.  Tommaso  ed  altri  simili,  debbono  essere  al 
sacerdote  i  suoi  «  compagni  giornalieri  e  gli  amici  fedeli » ,  1'Emo 
Cardinale  vuole  che  sia  dato  uno  de'  primi  posti  a'  libri  di  teologia 
ascetica.  Anche  questi  egli  desidera  che  sieno  pochi  ma  scelti,  pochi 
ma  che  valgano  per  molti.  Sua  Eminenza,  piu  volte,  insiste  sulla 
necessita  di  questo  studio  2,  ben  intendendo  quanto  si  convenga 
agli  ecclesiastici  di  unire  allo  studio  speculative  delle  scienze  sacre, 

10  studio  teoretico  e  pratico  della  pieta  che  e  la  scienza  de'  Santi. 
Da  cotesta  scuola  escono  quegli  uomini  di  Dio ;  illuminati  apostoli 
e  direttori  di  spirito,  i  quali,  regolando  santamente  la  propria  vita, 
regolano  altresi   con   zelo   intelligente  e  discrete  le  anime   affidate 
alia  loro  cura.  E  Fesperienza  dimostra  che  assai   spesso  i  missio- 
narii  piu  zelnnti  e  i  direttori  piu  discreti  sono  appunto  i  piu  santi. 
Di  che  1'Eminentissimo  ci  da  un  tipo,  non  solo  nel  grande  Apostolo 
delle  Indie  S.  Francesco  Saverio,  ma  altresi  in  quei  grandi  Dottori 
de'  nostri    tempi,  S.  Francesco  di  Sales  e  S.  Alfonso  de'  Liguori,  i 
quali   coll'insigne   dottrina   accoppiarono  sempre  1'insegnamento  e 
1'esempio  dell'ascetica  piu  sublime  e  generosa. 

Anche  il  soggetto  della  predicazione  e  trattato,  dal  Cardinale 
Gibbons,  come  si  conveniva,  con  grande  amore  e  squisita  cura. 
Ne'  capi  XXIII  e  XXIY  si  discorre  prima  dell'ufficio  del  sacerdote 
consecrate  a  bella  posta  per  essere  al  mondo  il  predicatore  del- 
YEvangelo  di  Cristo,  e  si  dimostra  come  questo  Evangelo  sia  un 
vero,  autorevole,  indipendente  e  universale  messaggio  di  pace  agli 
uomini,  conducente  al  loro  benessere  non  solo  spirituale  ma  altresi 
temporale.  Si  determinano  poscia  le  verita  che  debbono  formare  la 
materia  ordinaria  della  sacra  predicazione,  ne  si  trascura  di  dare 
una  dolce  tiratina  d'orecchio  a  quegli  ecclesiastici,  i  quali,  quae- 
rentes  quae  sua  sunt,  non  quae  lesu  Christi,  eonvertono  talvolta 

11  pulpito  in  una  bigoncia   finanziaria,  profana   od   anche  politica, 

1  Pag.  226. 

*  Vedi  Pagg.  45  e  171.  I  libri  ascetici  che  Sua  Eminenza  nominata- 
mente  raccomanda  sono:  L'Imitazione  di  Crlsto,  II  Combattimenio  spirititale, 
Le  Vile  de'  Santi. 


590  R I  VIST  A 

trattaudo  argomenti  piu  civili  che  religiosi,  piu  di  comparsa  che  di 
frutto,  acconci  bensl  alia  palestra  giornalistica,  raa  che  certamente 
non  si  confanno  col  luogo  sacro.  N6  gia  con  questo  1'Erao  Autore 
vuole  escludere  in  modo  assoluto  che  si  discorra  dal  pergamo  o 
dall'altare  delle  moderne  questioni  politiche,  sociali  od  economiche. 
CiO  pu6  farsi,  soltanto  «  in  via  eccezionale  e  come  per  incidenza  l  > . 
Inoltre,  aggiunge  egli  ~,  «  questi  e  simili  argoraenti  dovrebbero  toc- 
carsi  con  grande  prudeuza  e  discrezione,  con  animo  scevro  da  pre- 
giudizii  e  da  partigianeria  e  col  solo  scopo  di  promuovere  gl'inte- 
ressi  della  carita  cristiana,  deH'ordine  sociale  e  della  tranquillita 
pubblica  » .  Tutto  cid  deve  intendersi,  come  senza  fallo  1'  intende 
1'  Emo  Autore,  conformerneute  alle  savie  norme  prescritte,  d'ordine 
di  S.  S.  Leone  XIII,  dalla  S.  Congregazione  de'  Vescovi  e  Regolari 
nella  Letter  a  circolare  sulla  sacra  Predicazione  del  31  luglio  1894  3. 
A  queste  norme  rispondono  pure  gli  ammonimenti  che  lo  stesso 
Emo  Cardiuale  da,  nel  capo  XXIV,  agli  ecclesiastici  sulla  neces- 
sita  e  sul  modo  di  preparare  le  loro  prediche,  perche  queste  riescano 
veramente  sode,  ordinate  e  fruttuose.  Coloro  i  quali,  fidenti  in  certa 
loro  uaturale  loquacita,  temeriamente  salgono  il  pulpito  con  poca 
o  nessuna  preparazione,  per  ordinario,  non  fanno  altro  che  batter 
1'aria,  e  alia  divina  parola,  senza  avvedersene,  accattare  dispregio 
e  derisione. 

Un  altro  ufficio  proprio  del  Sacerdote,  e  connesso  col  precedente, 
e  quello  di  catechizzare  i  fanciulli  e  gli  ignoranti  e  preparare  i 
neofiti  adulti,  i  quali  mossi  dalla  grazia  ritornano,  come  avviene 
frequentemente  negli  Stati  Uniti,  dal  Protestantesimo  al  seno  della 
Cattolica  Chiesa.  Di  questo  ufficio  Sua  Eminenza  parla  ne'  capi  XXVI 
e  XXVIII,  con  mirabile  forza  e  sicurezza.  E  chi,  come  lo  scrit- 
tore  di  questa  rassegna,  ha  avuto  per  molti  anni  la  fortuna  di  essere 
ammiratore  e  testimone  dell'apostolato  dell'  Emo  Porporato,  noil 
durera  fatica  a  riconoscere  negli  accennati  due  capi,  ancor  rneglio 
che  non  negli  altri,  il  ritratto  fedele  della  sua  laboriosissima  vita, 
spesa  in  gran  parte  nelF  istruire  i  fanciulli,  nell' illuminare  le  menti 
degli  ignoranti  e  de'  dubbiosi  sulle  verita  fondamentali  della  nostra 
religione,  nell'estirpare  i  pregiudizii  e  nel  richiamare,  con  dolcezza 
e  carita  grandissima,  i  dissident!  all'ovile  di  Cristo. 


1  Pag-  265. 
1  Pag.  266. 

3  11  testo    di  queata  Leltera  circolare   fu    da    noi    pubblicato  nel  Qua- 
derno  1061  a  pag.  612  e  segg. 


PELLA   STAMP  A. 

Sua  Eminenza  saviamente  osserva  l  che  «  le  tre  grand!  scuole, 
nelle  quali  si  alleva  cristianamente  la  gioventu,  sono  la  famiglia, 
la  scuola  domenicale  e  la  scuola  parrocchiale.  Queste  costituiscono 
il  fertile  semenzaio  della  vigna  del  Signore ;  epperft  debbono  essere 
1'  oggetto  di  speciali  cure  dalla  parte  degli  operai  evangelici.  »  Al 
solo  annunzio  di  questo  vitale  argomento,  svolto  magistralmente  nei 
capi  XXVI  e  XXVII,  ben  si  comprende  qual  tesoro  di  svariati 
concetti  e  profittevoli  ammonimenti  vi  si  racchiudano.  Cosi,  trat- 
tando  della  necessita  e  utilita  delle  scuole  parrocchiali,  di  cui  si 
e  tanto  parlato  e  scritto  negli  Stati  Uniti  durante  gli  ultimi  tre 

0  quattro  anni,  1'Emo  Autore  fa  sue  le  parole  delFArcivescovo  Bay- 
ley,  suo  antecessore  nella   Sede  di  Baltimora,  che  cioe   «  nessuna 
parrocchia  pud  dirsi  pienamente  organizzata,  la  quale  non  abbia  la 
sua  scuola  parrocchiale  2.  »   Egli-  ricorda  inoltre  a'  suoi  lettori  Y  in- 
concusso   principle   tante   volte   proclamato    da  S.  S.  Leone  XIII, 
«  non  potersi,  cioe,  a  nessun    patto  rinnovare  sopra  il  fanciullo  il 
giudizio   di  Salomone  e  dimezzarlo   con  un  taglio   irragionevole  e 
crudele  tra  la  sua  intelligenza  e  la  sua  volonta :  essere  perciO  ne- 
cessario,  che  mentre  si  prende  a  coltivare  la  prima,  si  avvii  anche 
la  seconda  al  conseguimento  degli  abiti  virtuosi  e  dell' ultimo  fine 3.  » 

Pe'  figli  del  popolo,  che  n  3n  possono  frequentare  le  Accademie  o 

1  Collegi  cattoh'ci,  si  ottiene  questo  nelle  scuole  parrocchiali,  dove 
1'educazione  religiosa  occupa  il  posto  che  le  si  deve  ed  e   intrec- 
ciata  collo  stesso   ammaestramento   letterario.    «  Se   noi,  conchiude 
1'Emo  Autore  4,  desideriamo  che  i  nostri  figliuoli  sieno  fatti   eredi 
deH'inestimabile  retaggio  della  verita  divina,  dobbiamo  ad  ogni  costo 
servirci  della  scuola  cattolica  parrocchiale,  dove  1'istruzione  secolare 
non  e  disgiunta  dalla  sacra  e  dove  si  respira  continuamente  una  salu- 
tare  atmosfera  reh'giosa  e  morale.  »  A  maggior  conferma,  egli  ricorda 
a'  suoi  lettori  americani  la  trista  esperienza  di  quegli  Stati,  i  quali 
hanno  promossa  1'istruzione  non  informata  dallo  spirito  del  cristia- 
nesimo.  Tale  esperienza  dimostra  chiaramente,  che  1'istruzione  civile, 
senza  fede  in  Dio  e  senza  religione.  non  ha  fatto   e  non  fara  mai 
se  non  de'  nemici  della  societa  ed  una  generazione  di  malfattori  che 
hanno  inflitto  ed  infliggeranno  alia  loro  patria  vergogna  e  danni  5. 
La  scuola  parrocchiale  negli  Stati  Uniti  e  destinata  ad  allevare  non 

1  Pag.  314. 

-  Pag.  322. 

3  Leltera  di  S.  S.  al  Curdhiale   Vicarlo,  26  giugno  1878. 

*  Pag.  324. 
5  Pag.  328. 


592  RIVISTA 

solt&nto  buoni  figli  e  devoti  membri  della  Chiesa,  ma  eziaiidio  a 
formare  onesti  sudditi  e  fedeli  cittadini  della  Repubblica;  e  percid 
1'Emo  Autore  sapieutemente  vuole  che  si  coltivi  in  essa,  con  1'araore 
di  Dio  e  del  prossimo,  1'amore  altresl  della  patria  '.  L'affetto  che 
ne  debbono  concepire  i  fanciulli,  come  quello  che  li  vincola  a'  loro 
genitori,  dovra  essere  non  solamente  naturale  e  per  cosi  dire  istin- 
tivo,  ma  deliberate  ed  elevato  all'altezza  di  una  vera  virtu. 

L'opera  si  chiude  con  alcune  pratiche  ed  assennate  avvertenze 
sulla  indubitata  utilita  di  far  partecipare  il  popolo  nel  canto  delle 
lodi  di  Dio  durante  la  celebrazione  de'  divini  misteri  e  sall'obbligo 
e  modo  di  visitare  gl'infermi,  assistere  i  moribondi  e  celebrare  gli 
ufficii  funerali.  II  sacerdote,  ambasciatore  di  Cristo,  consacrando 
se  stesso  interamente  al  servizio  della  Chiesa  e  lavorando  inde- 
t'essamente  in  pro  delle  anime,  per  la  cui  salute  e  pronto  a  tutto 
soffrire,  anche  a  sacrificare  la  propria  vita,  non  incontrera  certamente 
nell'esercizio  del  suo  ministero  ne  poche,  ne  lievi  tribolazioni.  Cio 
nulladimeno,  confortato  dalla  coscienza  del  proprio  dovere,  egli  potra 
ripetere  con  1'Apostolo  delle  genti :  «  Son  ripieno  di  consolazione, 
sono  inondato  dall'allegrezza  in  mezzo  a  tutte  le  tribolazioni  8.  »  Di 
queste  consolazioni  tutte  proprie  del  zelante  Sacerdote,  e  dell'alle- 
grezza  che  dovra  Tiempire  i]  suo  cuore  in  questa  e  nella  futura  vita, 
discorre  a  lungo  e  con  la  consueta  eloquenza  1'Emo  Autore  nel 
XXXI0  ed  ultimo  capo  del  suo  trattato. 

Quest'opera  meriterebbe  certamente  di  esser  tradotta  uella  nostra 
favella,  apportandovi  quelle  leggiere  modificazioni,  che  1'indole  del 
nostro  paese  e  le  condizioni  del  nostro  clero  italiano  sembrano  ri- 
chiedere.  Raccomandandola  agli  ecclesiastici  d'ogni  eta  e  d'ogni  grado, 
siamo  certi  di  fare  opera  di  vero  bene  alle  loro  anime,  e  di  coope- 
rare  con  1'Emo  Cardinale  alia  prosperita  della  Chiesa  e  alia  salvezza 
dell'umano  consorzio. 

II. 

FINO  Gr.  —  Memorie  di  Filoxofta  Eyi  \iana.  Fircnxe,  Stabil.  tip.  fior., 
18"96.  Vendibile  a  Torino  presso  Loescher  e  Tappi.  —  L.  1,00. 

Quello  che  ha  inteso  ottenere  con  questa  Memoria  il  ch.  au- 
tore.  si  raccoglie  dalle  sue  stesse  parole :  «  Abbiamo  cercato  di 
gettare  uno  sguardo  sintetico  sul  pensiero  egizio  e  di  esporne  quanto 

1  Pagg.  331-332. 

2  II  Cor.  VII,  4. 


DELLA   STAMPA  593 

piu  chiaramente  abbiamo  potuto  il  risultato.  Yi  saranno  graudi  la- 
cune  da  colmare,  forse  idee  che  ulteriori  scoperte  ci  obbligheranno 
a  riformare  (p.  27).  »  Per  pensiero  egizio  si  vuol  significare  cio  che 
gli  Egizii  pensavano  intorno  alia  divinita,  alia  creazione  del  mondo, 
al  coraposto  umano,  aH'anima  separata  dal  corpo,  alia  morale.  Quindi 
lo  sguardo  sintetico  dell'autore  su  tutte  queste  materie  costituisce 
quel  ch'esso  chiama  Metnorie  di  Filosofia  egixiana.  II  norae  poi 
di  Memorie  e  stato  da  lui  scelto  giudiziosamente,  perch6  risponde 
con  verita  al  fatto  e  all'  istituto  ch'egli  si  propose.  E  in  effetto, 
quanto  fa  scritto  fin  qui  sia  dagli  antichi  Greci,  storici  e  filosofi, 
sia  da'  piu  cospicui  egittologi  dell'eta  nostra,  sopra  i  soggetti  dianzi 
indicati,  e  stato  raccolto  e  compendiosamente  ricordato  ed  esposto 
dall'autore  in  sole  ventotto  pagine,  ma  con  fedelta  e  con  piena  co- 
noscenza  delle  varie  e  diverse  opinioni  degli  egittologi.  Ondeche  noi 
stimiamo  che  queste  Memorie  riusciranno  molto  profittevoli  all'uni- 
versale  degli  uomini  colti  e  studiosi  del  sapere  antico,  i  quali  si 
formeranno  cosi  senza  grande  fatica,  un'  idea  sufficiente  delle  qui- 
stioni  filosofiche  ed  etiche  risguardanti  1'Egitto  de'  Faraoni,  le  quali 
furono  sernpre  agitate  e  tuttora  si  agitano  dagli  egittologi  con  assai 
merito  e  lode  di  dottrina,  non  perd  con  pari  felicita.  II  che  si  vuole 
attribuire  alia  qualita  stessa  della  materia,  alia  lontananza  de'  tempi, 
alia  difficolta  delle  fonti  dove  spesso  si  trovano  mescolate  insieine 
credenze  d'altri  popoli  non  egizii,  ma  vissuti  in  Egitto  da  tempi 
immemorabili,  e  donde  que'  concetti  strani  e  discordanti  fra  loro, 
sebbene  pure  ammessi  dagli  Egizii,  tenaci  conservatori  di  quanto 
loro  trasmetteva  1'antichita. 

Dopo  le  quali  cose  la  speranza  dell'autore,  che  il  suo  lavoro 
«  sia  quella  poca  favilla  che  gran  fiamma  seconda,  e  che,  lasciato 
da  banda  il  metodo  oramai  troppo  comune  di  fabbricare  le  storie 
a  priori,  altri  piu  valenti  di  lui  scendano  in  questo  campo,  e  ci 
diano  del  pensiero  egizio  una  storia  che  sia  storia  e  non  ro- 
manzo  (p.  28)  »,  ci  sembra  una  speranza  quanto  lodevole,  altret- 
tanto  incerta  per  non  dir  vana.  Imperocche  in  questo  suo  campo 
egli  stesso  nelle  Memorie  ci  schiera  davanti  insieme  co'  fondatori 
della  scienza  egittologica  (Champollion,  de  Kouge',  Birch,  Brugsch, 
Chabas),  •  quelli  che  la  promossero  ed  ampliarono  con  le  loro  dotte 
fatiche,  (Maspero,  Lepsius,  Pierret,  Erman,  Wiedemann,  Le  Page  Ee- 
nouf,  Schiaparelli  ed  altri).  Tutti  costoro  non  sono  certamente  da 
riputare  autori  di  ronianzi,  ne  fabbricatori  di  storie  a  priori  e  igno- 
ranti  perci6  del  solo  metodo  che  1'autore  richiede,  ma  sebben  di- 
scordi  fra  loro  intorno  alia  soluzione  de'  problemi  filosofici  egizii, 

Serit  XVI,  vol.    IX,  fase.  1121.  38  26  febbraio  1897. 


594  RIVISTA 

ci  diedero  nondimeno  le  loro  opinion!  fondate  nello  studio  de'testi 
original!.  Ora  sono  appunto  i  testi  egizii  quelli  che  creano  tanta 
disparita  di  sentenze,  come  gia  ne  scriveva  il  Wiedemann  1  e  ne 
trattammo  noi  stessi  nella  recensione  del  suo  libro  2.  J'avoue,  di- 
ceva  il  Maspero,  que  I'examen  des  rnemes  fails  et  des  mcmes 
textes  m'a  conduit  a  des  conclusions  bien  differentes  de  celles  que 
M,  Brugsch  a  adopttes  3.  Anzi  aggiunge,  che  un  dotto  con  tutta 
la  buona  fede,  pud  far  dire  a  un  testo  sacro  il  contrario  di  cid  che 
esso  significa  4.  La  quistione  dunque  di  ben  intendere  ci6  che  pen- 
sarono  gli  Egizii  de'  singoli  soggetti  filosofici  ed  etici,  di  cui  si  parla, 
non  e  di  lasciar  il  metodo  di  fabbricare  storie,  a  priori,  ma  piut- 
tosto  di  convincersi  che  i  soli  testi  originali  non  sono  sufficient!, 
e  che  quanto  sono  piu  antichi,  tanto  piu  f'acilmente  c'  inducono  in 
errore.  Imperocche  nel  corso  de'  tempi  i  vocaboli  e  il  giro  della 
frase  poterono  mutar  significato,  come  si  par  chiaro  dalla  cont'es- 
sione  degli  stessi  Egizii,  a'  quali  riuscivano  duri  e  sommamente 
difficili  i  testi  antichi  e  avevano  percid  bisogno  di  commentarii. 
Laonde  noi  ricordavamo  a  questo  proposito  la  verita  del  «  Littera 
occidit  5  » . 

Dichiareremo  con  un  esempio  1'  impossibility  di  trarre  con- 
seguenze  certe  da' soli  testi  originali,  e  lo  prenderemo  dalla  diver- 
sita  di  sentenze,  alle  quali  giunsero  intorno  alia  religione  egizia  i 
piu  chiari  egittologi.  L'  autore  espose  lucidamente  nelle  Memorie 
questa  importante  questione.  La  materia  de'  giudizii  e  le  fonti  d'  in- 
formazione,  cio&  i  testi,  erano  comuni  a  tutti  gli  egittologi,  come, 
senza  dubbio,  era  in  tutti  pari  la  scienza  e  1'autorita.  Perche  dun- 
que gli  uni  nella  religione  egizia  riconobbero  il  monoteismo,  gli 
altri  il  politeismo;  questi  la  spiegarono  ricon'endo  alia  famosa 
malattia  del  linguaggio,  al  Nomina  Nurnina,  e  quelli  non  vi  scor- 
sero  se  non  il  feticismo,  ranimismo,  il  culto  degli  animali,  e  final - 
mente  una  religione  di  mezzi  barbari,  ima  mistura  di  miti  comuni 
alle  tribu  piu  selvagge  del  vecchio  e  del  nuovo  mondo  ?  La  diver- 
sita  delle  opinioni  6  manifesta,  mentre  i  testi  donde  si  traggono 
cosi  contrarie  conseguenze,  sono  per  tutti  gli  stessi.  Come  dunque 
conciliare  fra  loro  sistemi  religiosi  opposti,  se  non  ammettendo  che 
nella  religione  egizia  vi  sia  qualche  fondamento  per  tutti  ?  Ed  in- 

1  Die  Religion  der  alten  Aegypter,  1S90. 

8  CiriltA  Cattolica,  Sen  XIV.  Vol.  VIII,  1890. 

3  Ker,  de  I'Hist.  des  rtligion*,  1880. 

*  Ibid. 

•  L.  «. 


BELLA    STAMPA  595 

vero,  monoteismo,  politeismo,  feticismo  e  culto  degli  animali  coesi- 
stono  insieme  fin  dalla  piu  alta  antichita  che  ci  sia  nota.  Convien 
pertanto  conchiudere  che  nessuno  de'  sistemi  proposti  si  possa  accet- 
tare  come  1'unico  vero  e  debitamente  provato. 

Quello  che  si  e  detto  della  discrepanza  innegabile  d'  opinioni 
fra  gli  egittologi  in  rispetto  della  teologia  egizia,  e  altresi  vero  per 
ci6  che  s'attiene  alia  cosmologia,  alia  psicologia  e  alia  morale.  Nella 
nostra  recensione  del  libro  del  Marucchi  sul  Grande  Papiro  egizio 
della  Biblioteca  Vaticana,  scrivemmo  gia  distesamente  dell'  anima 
umana  quale  1'  imaginavano  gli  Egizii,  e  ne  recammo  i  testi  gero- 
glifici,  come  di  pari  trattammo  della  vita  di  essa  dopo  la  morte, 
esaniinando  il  capitolo  del  Libro  de'  morti,  che  s'  intitola  :  Per  em 
liru  i.  La  diversita  d'intendere  siffatte  quistioni  non  puo  esser 
maggiore  ne  piu  cospicua,  come  e  similmente  certo  che  tutti  gli 
egittologi  s'  appellano  a'  testi  originali  per  sostenere  ciascimo  la 
sua  opinione.  Per  la  qual  cosa,  se  per  noi  non  d  possibile  nutrire 
la  stessa  speranza  dell'autore,  la  colpa  non  pu6  dirsi  nostra,  ne 
degli  egittologi  o  del  loro  metodo,  ma  della  conoscenza  imperfet- 
tissima  che  abbiamo  finora  delle  origini  egizie,  le  quali  da'  soli 
testi  non  sono  ne  possono  essere  rischiarate.  La  speranza,  a  parer 
nostro,  deve  cercarsi  nel  metodo  comparative  storico  fra  le  antichita 
egizie  e  quelle  della  Caldea  e  dell'altre  genti  ch'eran  di  mezzo  fra 
questa  e  1'Egitto,  senza  peraltro  trascurare  i  popoli  delle  terre  orieu- 
tali  e  centrali  dell'Africa.  Quanto  piu  questo  genere  di  ricerche  e 
di  studii  lunghi  e  difficili  progredira,  tanto  men  densi  e  piu  tra- 
sparenti  ci  appariranno  i  veli  che  adombrano  i  problemi,  de'  quali 
scrisse  I'autore  e  che  spera  doversi  felicemente  sciogliere  da  altri 
piu  valenti  di  lui. 

Dalla  sottoscrizione  d'  una  gentilissima  lettera  che  1'  autore  ci 
scrisse,  veniamo  a  sapere  con  molto  compiacimento,  ch'egli  appartiene 
al  Clero  ed  e  Canonico,  e  avremmo  per  cid  desiderato  che  questa  sua 
qualita  non  fosse  restata  occulta  nel  titolo  delle  Memorie,  dove  non 
si  legge  altro  che  G.  Fino.  Lavori  come  il  suo  fanno  certamente 
onore  al  Clero,  ed  e  bene  che  i  secolari  non  1'  ignorino. 

1  Cf.  Civilta  Cattolica,  Ser.  XIII,  Vol.  X,  1888,  pp.  674-696. 


BIBLIOGRAFIA  ' 


AMBROSI  LUIGI,   prof.   dott.  in  filosofia   e  in  lettere.  --  Sopra  i 
c  Pensieri  diversi  »  di  Alessandro  Tassoni.  Contribute  alia  storia 
della  letteratura  italiana.  Roma,  Loescher,  1896,  16°  gr.  di  pagine 
76.  —  L.  1.  00. 
Quantunque  il  Tassoni  «  non  si 

curasse  di  farsi  famoso  per  buffone- 

rie  »,  come  dice  egli  stesso   in  uno 

de'  suoi  sette  testamenti,  e  certo  che 

la  sua   fama    la   deve    proprio    alle 

buffonerie  della  sua  Secckia  Rapita, 

e  che  le  sue  prose,  e  specialmente  i 

suoi  Pensieri  diversi,  che   gli  pre- 

mevano  tanto,  sono  rimasti  nel   di- 

menticatoio.  Dal  quale  per6  ben  fece 

a  cavarli  il  prof.  Ambrosi  con  que- 

sto  suo  studio,  in  cui  primieramente 

di  un'  idea  generate  del  libro,  mo- 

etrandone  lo  scopo  (se  pure  il  Tas- 
soni ebbe  di  mira  un  vero  scopo,  e 

il  suo  libro  non   fu  piuttosto,  come 

pensa  1'Emiliani  Giudici,  «  una  spe- 
cie di  zibaldonaccio,  dove   egli   no- 

tava,  come  in  un  taucuino,  secondo 


tegorie  dei  Pensieri,  additandone  la 
indole  o  scientifica,  o  letteraria,  o 
morale,  o  politica,  e  mettendone  in 
luce  i  pregi  e  i  difetti.  Ne  esce  evi- 
dente  la  tempra  dell'ingegno  tasso- 
niano,  acre  ed  acuto,  ma  indisci- 
plinato  e  bizzarre;  simile,  a  parer 
nostro,  ad  un  brioso  polledro,  ma 
indomito,  che  potrebbe  prestare  uti- 
lissimi  servigi,  ma  alia  prova  suoi 
tornare  piu  di  pericolo  che  d'aiuto. 
Gli  amanti  della  letteratura  italiana 
non  mancheranno  di  far  buon  viso  a 
questo  studio,  che  dei  Pensieri  di- 
versi da  una  contezza  si  chiara,  si 
piena,  e  per  lo  piu  si  giusta,  da  scu- 
sar  loro  il  libro  stesso,  d'altronde 
difficile  ad  acquistarsi,  il  qnale,  al 
trar  de'  conti,  non  e  altro  che  il  ri- 
flesso  d'uno  strano  ingegno  e  d'un 
secolo  non  meno  strano. 


che  gli  girava  il  cervello,  tutte  le 
sue  fantasie  sopra  ogni  materia  di 
scibile  ») ;  poi  percorre  le  diverse  ca- 

BARTOLINI  A.,  mons.  —  S.  Domenico  nella  Divina  Commedia.  Roma, 
tip.  editrice  romana,  1896.  —  Due  orazioni  in  lode  di  Dante  di 
Francesco  Filelfo.  Roma,  tip.  editrice  romana,  1896. 
II  primo  lavoro  e  una  bella  illu-      splendido  elogio  di  S.  Domenico,  cui 

strazione  che  il  ch.  dantista  fadello      1'Alighieri  mette  in  bocca  a  S.  Bo- 

1  \ola.  i  Hbri  e  gli  opuscoli,  annunziati  nella  Bibliografla.  (o  nelle  Riviate 
della  stampa.)  della  «  Civilta  Cattolica  »,  non  pud  I'Amministrazione  assumere 
in  nessuna  maniera  1'incarico  di  provvederli,  salvo  cbe  i  detti  libri  non  sieno 
indicati  come  vendibili  presso  la  stessa  Amministrazione.  Cio  vale  anche  per  gli 
annunzi  fatti  sulla  Copertina  del  periodico. 

L'AMMINISTRAZIONK. 


BIBLIOGRAFIA 


597 


naventura  nel  canto  XII  del  Paradiso. 
Degno  di  nota  e  particolarmente  cio 
uh'egli  scrive  intorno  al  paladin ismo 
cristiano  di  S.  Domenico  contro  g\i 
eretici,  del  quale  alcuni  recenti  chio- 
eatori,  da  Brunone  Bianchi  allo  Scar- 
tazzini,  gli  muovono  acerbo  rimpro- 
vero.  Egli  invece  egregiamente  di- 
mostra  che,  se  Domenico  fu  «  Beni- 
gno  a1  suoi  ed  a'  nemici  crudo  »  e  se 
«  negli  sterpi  eretici  percosse  »,  di 
cio  non  si  vuol  biasimare,  ma  alta- 
mente  lodare  con  Dante. 


II  secondo  opuscolo  illustra  due 
orazioni  del  celebre  umanista  Filelfo, 
pubblicate  la  prima  volta  nel  1867 
da  Michele  Dello  Russo.  Come  opera 
d'arte  valgono  ben  poco,  ma  sono  di 
qualche  pregio  per  la  storia  della 
letteratura,  perche  vi  spicca  il  ca- 
rattere  dell'umanesimo,  adornatore 
del  concetto  con  larghe  frasi,  e  ri- 
speccbiante  la  fllosotia  pagana  e  la 
varia  erudizione  storica  o  mitologica, 
in  mezzo  alia  quale  la  lode  di  Dante 
rimane  come  affogata. 


BEANDI  SALVATORE,  S.  L  —  La  condanna  delle  ordinazioni  An- 
glicane.  Studio  storico  teologico.  Seconda  edizione  con  ritocchi  e 
giunte.  Roma,  «  Civilta  Cattolica  >   (Via  Ripetta,  246),  1897,  8°  di 
pp.  80.  —  Lire  2. 
E  un  ampio  commento  della  bolla 

Apostolicae  curae  di  S.  S.  Leone  XIII 

intorno  la  grave  questione  delle  or- 
dinazioni anglicane.  Non  solo  le  ra- 

gioni  teologiche  vi  sono  esposte  con 

quella  vigoria  e  profondita  di   acu- 

me,  che   sono   doti   proprie   del  cb. 

Autore  in  tutti  i  suoi  scritti,  ma  le 

questioni  storiche  sono  qui  illustrate 

e  definite  sopra  documenti  autentici, 

tratti  per  la  prima  volta   alia   luce 

dagli  archivii  romani,  e  specialmente 

da  quello  del  S.  Officio.  La   miglior 

lode  per6  del  presente  lavoro  e  1'au- 

gusta   soddisfazione    del  S.  P.  Leo  - 

ne  XIII,  il  quale  si  degn6  di  espri- 

merla  all'Autore,  con  la  Lettera  che 

qui  riportiamb: 

«  Dilecto  filio  Salvatori  Brandi  e 


Societate  lesu,  Romam. 

«  LEO  PP.  XIII.  —  Dilecte  fili,  sa- 
lutem  et  apostolicam  benedictionem. 
—  Lucubrationibus  ceteris,  quibus 
ad  hanc  diem  in  adserenda  veritate 


Ecclesiaeque  maiestate  vindicanda 
ingenium  studiumque  tuum  proba- 
sti,  aliam  opportune  admodum  addi- 
disti  nuper  qua  sententiam  Nostram 
de  anglicanis  ordinationibus,  argu- 
mentis  ex  historia  sacraque  theolo- 
gia  petitis,  illustrare  ac  tueri  ela- 
boras.  Pergratae  plane  Nobis  acci- 
derunt  industriao  tuae ;  quas  eo 
maiori  futurasutilitati  novimus  quod 
libros  a  te  conscriptos,  in  aliarum 
etiam  gentium  sermonem  versos, 
eflendos  esse  nunciasti.  Consiliis  la- 
boribusque  tuis  benigne  ut  Deus  ob- 
secundet  optamus.  Ut  vero  paternae 
Nostrae  dilectionis  pignore  solatio- 
que  ne  careas,  apostolicam  tibi  be- 
nedictionem amantissime  in  Domino 
impertimus. 

«  Datum  Romae  apud  S.  Petrum 
die  XXII  ianuarii  MDCCCXCVII, 
Pontificatus  Nostri  anno  decimo 
nono. 

«  LEO  PP.  XIII.  » 


BRDECK  ENRICO,  dott.  prof.  —  Manuals  di  Storia  Ecclesiastica  per 
uso  di  lezioni  scolastiche  e  di  studio  privato.  Prima  traduzione 
italiana  del  sac.  Carlo  Castelletti.  Seconda  edizione  fatta  sulla 
sesta  edizione  originale  ampliata  e  'migliorata  dall'Autore.  Ber- 


508 


BIBLIOGRAPIA 


tip.  S.  Alessandro,  1897,  8 
Seminarii  sconto  conveniente. 
Chi  vuol  conoscere  il  merito  di 
quest'opera,  legga  ci6  che  ne  abbiamo 
scritto  a  p.  698,  v.  4,  s.  X,  facendo 
arapia  rivista  dell'originale  tedesco, 
e  poi  a  p  590,  v.  10,  s.  XIII,  annun- 
ziando  la  traduzione  italiana.  Qui  ci 
contenteremo  di  aggiungere  che  au 
tore  e  traduttore  hanno  d'allora  in 
poi  messo  ogni  cura  per  migliorare 
il  proprio  lavoro,  e  renderlo  sempre 
piu  degno  della  buona  accoglienza 
che  ha  trovato  anche  in  Italia,  dove 
e  stato  prescelto  in  tutti  i  Seminarii 
della  Lombardia  e  in  molti  altri:  ma 
tornera  utilissimo  anche  ai  laici,  che 
volessero  con  poca  fatica  e  poca 
spesa  farsi  un'idea  chiara  e  giusta 
della  storia  della  Chiesa.  II  miglio- 
ramento,  recato  dall'autore  nella  sua 
ultima  edizione,  e  da  lui  espresso  in 


di   pp.  884.  —  L.  7,50:  ai 


libro  ad  una  minuta  revisione,  intro- 
ducendovi  mano  mano  le  necessarie 
correzioni,  facendo  tesoro,  secondo 
la  loro  importanza,  delle  nuove  sco- 
perte  degli  ultimi  tempi,  citando  pure 
e  classiflcando  gli  scritti  ultima- 
mente  comparsi  ».  Quello  poi  della 
traduzione  e  cosl  dichiarato:«Io  pure 
mi  sono  studiato  di  correggere  dili- 
gentemente  la  dicitura,  sicche  riu- 
scisse  chiara  al  possibile  e  propria 
Ho  pure  aggiunto  numerose  citazioni 
di  opere  uscite  in  Italia  in  questi 
tempi,  e  articoli  di  periodici  religiosi 
e  massime  della  Civilta  Cattolica 
Nella  parte  tipografica  poi  si  ebbe 
cura  d'introdurre  opportune  modifi- 
cazioni,  che  rendessero  questa  nuova 
edizione  non  meno  nitida  ed  accurata 
edinsieme  meuocostosa  della  prima.> 


queste    parole:  «  Sottoposi    1'  intero 

BUCCERONI  JANUARII  e  S.  J.    Commentarii   de   SS.  Corde  Jesu, 

de  B.  Y.  Maria  et  de  S.  Josepho,  Sponso  B.  Mariae  V.  Editio  quarta. 

Romae,  ex  typ.  poligl.  S.  C.  de  Prop.  Fide,  MDCCCXCVI,  8°  di 

pagg.  262.  —  L.  3,20.  Yendibile  al  Deposito  di  libri,  via  del  Se- 

minario,  120,   Roma. 

quanto  basta  all'istruzione  dello  stu- 
dioso  o  divoto  lettore.  Quindi  noi 
pensiamo  che  i  sacri  oratori,  i  quali 
abbiano  da  parlare  dei  tre  sublimi 
soggetti,  illustrati  in  questi  Com- 
mentarii, vi  troveranno  un  tesoro  di 
solida  dottrina  e  sicura,  ed  una  mi- 
niera  ricchissima,  non  solamente  di 
concetti  teorici,  ma  di  belle  appli- 
cazioni  pratiche.  In  singolar  modo  il 


Per  quanto  sia  vero  die  oggimai, 
intorno  ai  tre  oggetti  di  questi  Coca  - 
mentarii,  non  sia  da  cercare  piii  nulla 
di  dottrinalmente  nuovo,  pure  i  di- 
vorsi  rispetti,  sotto  i  quali  si  possono 
considerare  e  studiare,  non  n-anc;mo 
di  somministrare  una  certa  novita, 
massimamente  a  chi  abbia  da  ragio- 
narne  in  pubblico  a  diverse  quali ta 
di  uditori.  II  ch.  P.  Bucceroni  ha  il 
merito  di  avere  in  poche  pagine  ri- 
stretto  il  fior  fiore  della  dottrina  teo- 
logica  circa  i  tre  argomenti,  e  di 
avervi  unita  1'indicazione  delle  fonti, 
dalle  quali  chi  lo  desideri  pu6  trarre 
piu  copiosa  materia.  Tutte  le  prin- 
cipal! question!  e  le  varie  opinion!, 
o  sono  discusse,  o  sono  accennate, 


secondo  Commentario,  piu  ampio  de- 
gli altri,  che  ha  per  argomento  la 
B.  V.  Madre  di  Dio,  pu6  dirsi  un 
compiuto  trattato  di  teologia  ma- 
riana;  cosl  che  ben  poco  lascia  da 
desiderare  ai  piu  insaziabili  di  cono- 
scere quelVabtsto  di  miracoli,  come 
il  Papa  Pio  IX  ebbe  a  qualiflcarla, 


BIBLIOGRAFIA 


599 


che  e  la  piu  alta  e  dolce  delle  crea-  Questo  lavoro  e  stato  ancbe  ono- 

ture,  che,  dopo   Dio,   si   possa  ima-      rate  da  un  breve  di  Sua  Santita. 
ginare. 

CARMAGNOLA  ALBINO,  sac.  prof.  —  La  gioventu  istruita  ne'  suoi 
doveri  religiosi  e  morali  con  pie  letture  per  ciascun  giorno  del- 
1'anno.  Parte  la  (da  gennaio  a  giugno).  Torino,  tip.  Salesiana,  1896, 
16°  di  pp.  568.  —  L.  2,25. 

e  tutta  dessa.  Ognuna  di  queste  let- 
ture dura  un  cinque  minuti,  ma  quei 
cinque  minuti  al  giorno  darebbero  a 


chi  cosi  1'impiegasse  un  cibo  molto 
sostanzioso  per  alimentar  la  vita  cri- 
stiana,  e  sarebbero  i  piii  felici  della 
giornata. 


Eccellente  libro  di  lettura.  Pur 
troppo,  i  romanzi  allagano  il  mondo 
e  la  gioventu  corre  avida  a  bere;ma 
da  que'libri  il  cuore  e  la  mente  spesso 
ne  escono  turbati  e  scossi.Una  lettura 
serena,  tranquilla,  che  innalzi  1'anima 
oltre  la  sfera  de'  sensi  e  necessaris- 
sima.  E  questa  che  qui  presentiamo 
CASTELLETTI.  Vedi  BRUECK. 
CECCONI  GIULIO,  mons.  --  Cenno  storico  dell' azione  del  partito 

cristiano-sociale  in  Austria.    Monza,    tip.  ed.  Artigianelli,  Orfani, 

1896,  in  8.° 

In  una  recente  nostra  conversa- 
zione ci  venne  udita  dalla  bocca  di 
eminente  personaggio  cosa,  la  quale 
ci  fece  pensare.  Dubito,  diceva  qnel 
personaggio,  parlando  in  particolare 
della  Lombardia,  cheabbia  fattomag- 
gior  danno  alia  Chiesa  Giuseppe  II 
di  quel  che  ne  rechi  ora  la  rivolu- 
zione.  Orbene,  le  notizie  raccolte  in 
questo  opuscoletto,  che  riguarda  1'Au- 
stria,  potrebbero  forse  far  cadere 
decisamente  la  bilancia  dalla  parte 
di  Giuseppe  II.  Vi  si  vede  infatti 
come  dalle  strane  innovazioni  del- 
1'Imperatore  sacrestano  principiasse 
in  Austria-lngheria  la  prevalenza 
funesta  del  liberalismo  giudaico  ;  di- 
venuto  poi  a  poco  a  poco  il  padrone 
dispotico  delle  idee,  della  ricchezza, 
del  governo  e  persino  della  coscienza 
pubblica  cosi  al  di  qua  come  al  di 


la  del  Leita. 

II  ch.  A.  tesse  1'elenco  dei  gior- 
nali  austriaci  che  stanno  nelle  mani 
degli  ebrei,  conchiudendone  che  in 
questa  stampa,  intesa  ad  avvelenare 
la  vita  domestica,  religiosa  e  sociale, 
e  riposta  la  causa  principale  della 


potenza  giudaica  nella  Monarchia 
degli  Absburgo.  Al  che  si  aggiunge 
la  preponderanza  risultante  dai  pos- 
sedimenti  ebraici,  che  in  Polonia,  in 
Ungheria  e  altrove  rappresentano  il 
70  e  piu  per  100  dei  dominii  stabili. 
Non  fa  quindi  meraviglia  che  siasi 
destato  potentissimo  cola  il  movi- 
mento  antisemita,  per  il  quale  i  cat- 
tolici  propugnatori  d'  una  riforma 
economica,  basata  sui  principii  cri- 
stiani,  potevano  ingrossare  le  loro 
file  sino  a  costituire  un  formidabile 
partito,  che  sotto  il  norne  di  cri- 
stiano-sociale riporto  le  splendide 
vittorie  contro  il  giudaismo  ed  il  li- 
beralismo massonico  che  resero  im- 
mortale  il  nome  del  Dottor  Lueger. 
L'opuscolo  analizza,  dietro  la  scorta 
dei  fatti,  1' azione  politica,  1' azione 
economica  e  1'  azione  religiosa  del 
partito  cristiano-sociale,  e  ne  trae  a 
ragione  eccellenti  auspicii  per  1'av- 
venire  dell' Austria.  Vi  e  senza  dub- 
bio  in  questo  libro,  piccolo  di  inole 
ma  grave  di  sostanza,  non  poco  da 
imparare. 


600 


B1BLIOGRAFIA 


OERVELLI  LUIGI.  -  -   Saggio  di 

tip.  Risorgimento,  1896,  16°  di 

Sono  dieci  odi,e  portano  in  fronte 
Prtma  diecina,  come  pegno  delle 
seguenti.  Sembra  per6  che  il  degno 
professore  intenda  darci  una  para- 
frasi,  anziche  una  traduzione ;  e  per- 
ci6,  se  vi  si  trova  il  pensiero  d'Ora- 
zio,  non  vi  si  vede  il  suo  stile,  che 
e  quanto  dire  la  sua  anima.  Ecco, 
per  esempio,  quattro  de'  suoi  versi, 
diluiti  in  dieci  versi  italiani : 

Lnctantftn  Icariis  fiuctibun  Africittn 
Mercator  meluens,  otium  et  oppidi 
Laitdat  rura  sui :  mox  reficit  rates 
Quaxsas,  hn/ocilis  paiiperiem  pati. 

Ode  I. 

Allor  che  il  mare  ingrossa  e  minacciosi 
Pugnano  i  venti  co'  sonanti  flutti, 

DE  BROGLIE  ALBERTO,  duca,  membro  dell'Accademia  di  Francia, 
presidente  del  Ministero  francese  ecc.  --  Sant'Ambrogio  ed  il  suo 
tempo.  Milano,  G.  Palma,  1897,  8°  di  pp.  426.  —  L.  2,50,  franco 
di  porto. 


traduzione  da   Orazio.   Cerignola, 
pagg.  50. 

II  mercatante  pavido  ripensa 
At  verdi  campl  del  natio  paese, 
E  dal  fondo  del  cor  geme,  e  sospira 
L'amica  pace  del  paterno  ostello. 
Ma  appena  1'onda  ritorno  tranquilla, 
Ecco  lo  vedi  tutto  in  ten  to  e  presto, 
I)'  indugio  impaziente  e  dl  mlseria, 
A  raccouclar  la  conquassata  barca. 

Eppure  quei  quattro  versi  latini  ai 
potevano  rendere  in  altrettanti  ita- 
liani, senza  perdere  nessuna  delle 
idee  e  delle  parole  oraziane. 

Fin  che  dell'austro  cogl'  Icarli  flutti 
Teme  11  lottar,  loda  la  pace  e  1  campi 
Del  suo  borgo  il  mercante;  e  pol  la  scossa 
Barca  racconcia,  poverta  sdegnando. 


Mentre  a  Milano,  con  istudii  e 
divisamenti  varii,  si  preparano  gli 
animi  a  celebrare  nell'anno  corrente 
il  XV  centenario  dalla  morte  di 
S.  Ambrogio,  fu  pensiero  eccellente 
quello  deirillmo  Sig.  Canonico  Va- 
cani  di  far  novellamente  pubblicare 
questo  libro,  il  quale  altro  non  6  che 
una  traduzione  della  parte  dell'Opera 
francese  del  Duca  De  Broglie,  sulla 
Chiesa  e  Vlmpero  romano  del  secolo 
quarto,  risguardante  la  politica  di 
S.  Ambrogio.  II  grande  Dottore  e 
Vescovo  milanese  esercitd  per  verita 
un  potere  morale  grandissimo  nel 
Governo  del  suo  tempo,  dando  con- 
sigli  agli  Imperatori  ed  eseguendone 
importanti  legazioni.  Quindi,  piii  di 
molti  altri  Padri  della  Chiesa,  egli 
Iasci6  nelle  sue  opere  impresse  orme 
grandiose  di  una  vera  e  propria 
politica  ecclesiastica  conforme  al  Van- 
gelo,  ossia  al  principio  indispensa- 
bile  del  Regno  di  Gesu  Cristo  nella 


societa  stessa  politica.  II  De  Bro- 
glie segue  Ambrogio  nelle  sue  re- 
lazioni  con  Graziano,  poi  con  Valen- 
tiniano  e  la  costui  madre  Giustina, 
favorevole  agli  Ariani  e  persecutrice 
del  cattolicismo,  poi  con  Teodosio ; 
e  ci  mette  sempre  innanzi  il  Vescovo 
compreso  dei  diritti  di  Dio,  che  pur 
non  dimentica  1'onore  e  la  prospe- 
rita  dell'Impero,  ma  la  ripone  prin- 
cipalmente  nell'unione  sincera  della 
potesta  civile  coll'ecclesiastica,  giu- 
sta  quella  sua  grande  massima  che: 
Imperator  intra  Ecclesiam  non  supra 
Ecclesiam  est. 

Qua  e  cola  nelle  osservazioni  del 
Broglie  si  lascia  intravedere  qualcuno 
dei  pregiudizii  della  scuola  iiberale- 
cattolicaa  cui  egli  appartenne,  sempre 
pavida  di  dar  troppo  alia  Chiesa, 
sempre  in  sull'avviso  che  questa  non 
prenda  la  mano  allo  Stato.  Di  certo 
per  questa  scuola  Ambrogio  sarebbe 
stato  un  Vescovo  troppo  intransi- 


BIBLIOGRAFIA 


60i 


gente ;  ma  la  lettura  istessa  del  libro 
del  De  Broglie,  utilissima  ai  tempi 
presenti,  dimostra  quale  e  il  vero 
concetto  del  limit!  tra  le  due  auto- 


rita,  che  noi  dobbiamo  formarci,  per 
affrancarci  dai  pregiudizii  di  qual- 
siasi  scuola  ed  essere  nella  verita. 


DE  SANTI  ANGELO  S.  I.  —  Kicordo  materno.  Raceonto.  2a  edizione. 
Prato,  Giachetti,  figlio  e  C.  Un  volume  in  8°  di  pp.  576  con  vignette 
e  copertina  illustrata.  —  Lire  2.  (Rivolgersi  all'Amministrazione 
della  «  Civilta  Cattolica  » ,  Roma,  Yia  Ripetta  246). 


Or  fa  un  anno  terminava  ne'  qua- 
derni  del  nostro  periodieo  ed  usciva 
in  seconda  nitidissima  edizione  il  vo- 
lume del  Ricordo  materno,  cbe  qui 
di  nuovo  raccomandiamo.  I  giudizii, 
che  ne  furono  dati  dagli  scrittori  o 
che  ci  pervennero  per  via  privata  da 
insigni  letterati  e  da  illustri  ed  emi- 
nenti  personaggi,  tornano  a  grande 
onore  di  questo  lavoro.  V'e  infatti  Ik 
dentro  qualche  cosa  di  non  comune, 
sia  per  la  lingua  dolce,  scorrevole, 
limpida  come  1'acqua  di  un  fresco 
ruscelletto:  sia  per  1'arte  flnissima 
con  che  sono  intrecciate  da  un  capo 
all'altro  le  scene,  sempre  varie,  sem- 
pre  attraenti  e  con  una  sospensione 
cosi  condotta,  che  solo  all'  ultima 
pagina  abbandona  il  lettore :  sia  per 
la  sostanza  stessa  del  racconto,  che 
ritrae  al  vivo  la  vita  intima  di  fa- 
miglia,  le  dolci  virtu  del  cuore,  la 
efficacia  dell'educazione.  Non  vi  sono 
prediche  in  questo  libro ;  ma  i  fatti 
che  vi  si  svolgono  sono  piu  eloquenti 
d'ogni  predica.  I  personaggi  di  ca- 
rattere  proprio  e  spiccato,  i  casi  che 
loro  avvengono,  le  peripezie  sempre 
nuove  in  che  si  trovano  avvolti,  sono 


di  una  tal  verita  e  naturalezza,  che 
il  lettore  vive  con  loro  e  di  loro  si 
appassiona,  ne  piu  ne  meno,  che  se 
fosse  egli  stesso  parte  delle  loro  peri- 
pezie. Ci  sono  le  ombre  del  vizio,  ma 
predominano  le  bellezze  della  virtu  ; 
alle  scene  gaie  succedono  le  commo- 
venti  e  le  tristi,  e  non  si  possono 
percorrere  quest' ultime  ad  occhio 
asciutto.  —  Ho  pianto,  ho  pianto  su 
quelle  pagine,  ed  oh!  quanto  bene  mi 
hanno  fatto  al  cuore!  —  Cosi  ci  sen- 
tiamo  ripetere  ogni  giorno  da  nu- 
merosi  amici,  che  hanno  letto  il  Ri- 
cordo materno.  Zi'  Momo,  la  Ghita,  i 
due  bambini,  la  dolce  vecchierella 
Mamma  Lena,  la  semplice  Zia  Gian- 
nina,  la  pia  signora,  1'innocente  Va- 
leriuccia  sono  tipi  cosi  spiccati,  che 
non  si  dimenticano  piu.  In  una  pa- 
rola  il  Ricordo  materno  del  ch.  p.  De 
Santi  sara  sempre  dolce  pascolo  delle 
anime  gentili  e  delicate,  che  amano 
la  letteratura  e  1'arte  e  ne  sentono 
il  bello,  il  vero  ed  il  buono. 

Ai  Collegi  ed  Educandati  che 
commettono  piu  copie  dell' opera,  per 
distribuirla  qual  premio,  si  concedono 
speciali  agevolezze  nel  prezzo. 


LANZONI  FRANCESCO,  can.  della  catt.  e  rett.  del  sem.  di  Faenza. 
—  La  fondazione  del  Seminario  di  Faenza  e  S.  Carlo  Borromeo. 
Memorie.  Faenza,  tip.  Marabini,  1896,  8°  di  pp.  48. 


11  decreto  di  erezione  di  quel  Se- 
minario fu  scritto  fin  dal  1568  dal 
vescovo  MODS.  Sighicelli;  ma  per  le 
imeorte  difficolta  a  cagione  del  patri- 
monio.  1'apertura  del  medesimo  si 


dovette  differire   fino   al  1576  sotto 

11  vescovo  Annibale  Grassi.  I  semi- 
naristi,  mantenuti  di  tutto  punto,  fu- 
rono fino  allo  sc«rcio  del  secolo  scorso 

12  soltanto  o  poco  piu,  e  nell'atto  del- 


602  BIBLIOGRAFIA 

1'accettazione  dovevano  dar  guaren-  II  oh.   A.  dimostra  non  fond  at  a 

tigia  di   rifondere   al   Seminario   le  la    tradizione    die    S.  Carlo    avesse 

spese  di  educazione,  qualora  per  pro-  parte  diretta  nella  fondazione  del  Se- 

pria  lorn  colpa   non    fossero  entrati  minario  faentino;  ma  quindi  prende 

negli  ordini.  Assai  piu  numerosi  fu-  occasione  di  eaporre  le  relazioni  del 

rono  invece  i  convittori  paganti.  Cu-  Santo  col   celebre    scienziato  Giulio 

riose  sono  le  notizie  de'  salarii.  Uno  Castellan!,  cbe   1'ospitu   piu   di   una 

scudo  al  mese  al  rettore ;  presso   a  volta  in  sua   casa  a  Faenza.  Parec- 

poco  il  medesimo  ai  tre  maestri;  al  chi  document!   inediti,  tratti   parti- 

confessore  e  al  medico  qualche  cor-  colarmente  dalla  Biblioteca  Ambro- 

tese  regalo  a  pasqua  e  natale.  V'e  siana    di    Milano,    illustrano   queste 

I'assegno  pel  cuoco  e  pel   barbiere,  brevi  ma   assai   importanti  Mcmorie 

ma  «  di  portinai,  di  camerieri...  nulla  storiche. 
(p.   14).  » 

LAURICELLA  ANTONINO,  can.  —  I  Vescovi  della  Chiesa  agrigen- 

tina.  Note  storiche.   Oirgenti,  tip.  Monies,    189G,  16°  di   pp.  82. 
-L.  1,50. 

Due  cose  spiccano  in  queste  note  curato  il  bene  temporale  dei  suoi  fi- 

storiche:  «  La  fedelta  e  1'obbedieuza  gli.  Tutto  cio  infatti  che  in  Girgenti 

dei  nostri  padri  alia  suprema  catte-  segna  uu'epoca  di  progresso,  e  opera 

dra  di  Pietro,  e  come  la  Chiesa,  ol-  di  vescovo  (p.  6).  » 
tre  il  bene  spirituale,  abbia  sempre 

LECTOR  LUCIUS.  —  L' election  papale.  Ouvrage   orne"    de  gravures 
et  de  plans  suivi  d'un  tableau   chronologique   des    Papes   et  des 
Conclaves.  Paris,  P.  Lethielleux  editeur,  1896,  16°  di  pp.  356. 
L'opera,  Le  Conclave,  del  medesi-       esce  alia  luce  piu  leggierae  piu  snel- 
mo  A.  da  noi  gia  annunziata  (ser.  XV,       la,  perche  scevra  delle  troppe  que- 
vol.   X,  pag.  336),   ha  recato   frutti       stioni  puramente  storiche,  canoniche 
lieti,  fornendo  a  non  pochi  scrittori       e  politiche,  che  la  sopraccaricavano 
notizie  esatte  sulla  Chiesa  e  il   suo       e  la  tornavano  men  utile  a  non  po- 
reggimento,  e  rimovendo  altri  da  er-      chi  lettori. 
rori  in veterati.  Ora  la  medesima  opera 

MANUEL  SOCIAL  CHRETIEN,  redige  par  la  Commission  d'Etudes 
sociales  du  Diocese  de  Soissons  sous  la  prSsidence  de  M.  le  Cha- 
noine  Dehon  et  publi6  avec  1'approbation  de  Sa  Grandeur  1'Eveque 
de  Soissons.  Quatrieme  Edition  remaniee  et  considerablement  aug- 
mentee.  Paris,  Maison  de  la  bonne  presse,  rue  Fra^ois  Ier  8.  Un 
vol.  in  8°  pice,  di  pp.  297. 

11  Manuale  qui  annunziato  &  la-  lo  testificano  non  pochi  principi  della 
\oro  di  una  commissione  degli  studii  Chiesa.  II  Vescovo  di  Soissons,  loda- 
sociali  della  diocesi  di  Soissons,  pre-  tolo  per  le  protonde  cognizioni,  che 
side  il  sig.  Canouico  Dehon.  La  pre-  vi  traspaiono  dal  lato  dei  compila- 
sente  edizione  e  la  quarta ;  argomento  tori,  e  pel  vantaggio  che  ne  possono 
non  dubbio  del  suo  pregio  tutto  par-  ricavare  i  difensori  della  veritacontro 
1  icolare.  Difatt  i,  che  tale  sia  riuscito,  il  socialismo  nelle  campagoe,  con- 


BIBLIOGRAFIA 


603 


chiude  trovarsi  nel  Manuale  concen- 
trate quanto  vi  ha  di  storico  e  pra- 

tico  spettante  all'argomento.  II  Card. 

Lange"nieux,   scrivendo  al   sig.  Can. 

Dehon,  ne  commenda  la  esposizione 

compiuta,  la  chiarezza  della  dicitura 

e  la  rara   precisione  dei   concetti  e 

termina  dicendo  che  chi  si  fa  a  leg- 

gerlo,  acquistera  nozioni  piii  esatte, 

perche  piii   conformi   agli   insegna- 

menti  di  Leone  XIII,  su  cui  fondasi 

tutto  il  lavoro.  E  cosi  altri  Vescovi. 

Dopo  tutti  cotesti  elogi  noi  solo  ag- 

MARSILI  LIBELLI  ENRICO.  —  Sul  reato  di  favoreggiamento.  Siena, 
tip.  C.  Nava,  1895,  8°  di  pp.  164. 
L'argomento  di  questo  libro  ci  e       ferrato  vi  fu  sosta.  Entrato  poscia  il 

significato  nel   titolo,   che   porta  in 

fronte.  E  la  tesi  della  laurea  che  il 

giovane    autore    colse    coll'onore  di 

cento  dieci   voti,   della  lode  e  della 

stampa.  Su  di  esso  egli  si  trattiene 

senza  punto  uscirne.  In  nove   capi- 

toli  lo  svolge  in  tutti  i  sensi.  Prima 

di  entrare  nel  suo  tema  ci  da  alcuni 

cenni  storico-critici  intorno  al  diritto 

romano,  alia  scuola  germanica  antica, 

agli  statutarii,  agli   scrittori  pratici 

ed  alia  scuola  moderna.  Passa  tutto 

in  breve  rassegna.  Difende  il  diritto 

romano  contro  chi  opina,  che  vi  si  con- 

fonde  il  reato  di  favoreggiamento  col- 
la  complicita:  ei  lo  riduce  a  tre  forme 

nel  diritto  germanico  e  lo  chiarisce; 

appresso  dimostra,  come  il  medesimo 

fosse  tragittato  in  Italia  e  lo  fa  ve- 

dere  in  una  dovizia  di  statuti  delle 

citta  italiane.  Indica  gli  scrittori,  che 

presero  a  ragionare  con  miglior  chia- 
rezza intorno  al  reato  del  favoreg- 
giamento. Dopo  il  Bartolo  di  Sasso- 

MARTINETTI  TITO,  prof.  -   Manuale  introductions  in  S.  Scriptu- 
ram  ad  usum  discipulorum.  Vol.  I.  De   auctoritate    historic*  Li- 
brorum  N.  T.  Romae,  ex    typ.  Befani,   1897,  16°  di  pp.  176.  — 
L.  3,00.  Dirigersi  all' Autore,  via  Statute  29,  Roma. 
Fa  seguito   agli  altri  due  volu-       (Ser.  XV,  vol.  V,  p.  331),  e  in  merito 

metti  gia  da  noi  annunziati  e   lodati       non  la  cede  ai  precedent!.  Qui  diremo 


giungeremo  il  libro  dividersi  in  due 
parti,  la  prima  esser  data  alia  teo- 
rica,  la  seconda  alia  pratica:  nella 
prima  richiamarsi  i  principii  gene- 
rali  attinentisi  al  soggetto,  descri- 
versi  la  rea  condizione  sociale  del 
tempo  presente,  indicarsene  le  cause, 
i  veri  rimedii,  fra  i  quali  il  precipuo 
essere  1'aziene  benefica  della  Chiesa ; 
nella  seconda  esporsi  le  opere,  per 
le  quali  si  pu6  conseguire  nella  pra- 
tica lo  seopo  del  risanamento. 


ch.  Autore  nell'argomento  fa  un'ac- 
curata  analisi  delle  forme  del  reato 
in  controversia  e  termina  assom- 
mando  il  tutto  in  una  sintesi  in  cui 
ne  da  quel  concetto  che  egli  stima 
giusto.  La  chiarezza,  1'ordine,  1'acu- 
tezza  e  la  dirittura  dell'ingegno  nella 
discussione  delle  diverse  opinioni 
splendono  dall'un  capo  all'altro  del 
libro  e  provano  aver  1'autore  spesi 
gli  anni  della  universita  nutricandosi 
di  profondi  studii.  II  ehe  il  bravo  gio- 
vine  attribuisce  alia  madre,  alia  quale 
intitola  il  suo  lavoro  con  queste  pa- 
role :  «  Furono  i  tuoi  insegnamenti, 
che  fra  le  seduzioni  del  folleggiare 
giovanilc  mi  resero  cara  la  fatica  sui 
dotti  volumi  e  m'ispirarono  coraggio 
nell'ora  degli  sconforti  immensi.  »  — 

0  se  tutte  le   madri   imitassero  co- 
testa  pia  signora,  quante  lagrime  su 

1  figli  scioperati  non  si  risparmiereb- 
bero  nelle  famiglie! 


604 


BIBLIOORAFIA 


soltanto  ohe,  stante  la  diffusione  di 
questo  Manuale,  onorato  dell'appro- 
vazione  di  varii  autorevoli  perso- 
naggi,  e  gia  preso  per  testo  in  pa- 


recchi  Seminarii,  in  favore  di  questi 
6  stato  ridotto  il  prezzo  di  ciascun 
volume  ad  una  sola  lira,  non  com- 
prese  le  spese  postal!. 


MATTIOLI  NICOLA,  agostiniano.  --  Antologia  Agostiniana.  Vol.  I. 

Studio  critico  sopra  Egidio  Romano  Colonna,  arcivescovo  di  Bourgea 

dell'Ordine  romitano  di  S.  Agostino.  Ttoma,  tip.  Cnggiani,   1896, 

16°  di  pp.  X-284.  —  L.  3,50. 

Egidio  Romano  Colonna  nacque 
in  Roma  sulla  meta  del  secolo  XIII 
e  mori  1'a.  1316  ;  discepolo  di  S.  Tom- 
maso,  fu  il  primo  del  suo  Ordine 
maestro  in  Parigi  e  intervenne  al 
concilio  parigino  per  definire  la  con- 
troversia,  sorta  contro  i  privilegii 
degli  Ordini  mendicanti.  La  fama 
della  sua  dottrina  e  delle  sue  virtu 
•crebbe  tanto  che  fu  eletto  dapprima 
precettore  del  future  re  Filippo  il 
Bello  e  quindi  Arcivescovo  di  Bour- 
ges,  ove,  benche  avesse  nelle  vene 
rl  sangue  dei  Colonna,  difese  stre- 
nuamente  Bonifacio  VIII,  e  perci6  si 
vide  poi  spogliato,  anzi  ridotto  alia 
miseria  da  Clemente  V  e  mai  non 
«bbe  dal  medesimo  quel  cappello  car- 
dinalizio  che  alcuni  biog^afl  gli  re- 
galarono  nella  loro  opinione  e  nei 
loro  scritti  (pag.  35  37).  Insomnia 
«gli  lasciu  di  se  si  onorata  memoria 
di  virtu  che  per  lunga  serie  di  se- 
coli  fu  chiamato  Beato.  Rispetto  ai 
suoi  meriti  col  4to  Ordine,  ecco  ci6  che 
dice  il  Mattioli :  «  E  da  notarsi  per 
altro,  che  se  1'Ordine  (di  S.  Agostino, 
quaado  usci  dall'ombra  degli  eremi 
e  fu  riunito  per  ordine  di  Aleaean- 
dro  IV  in  un  sol  corpo)  flao  da'  suoi 
primordii  e,bbe  una  precocita  mera- 
vigliosa,  da  sentire  appena  la  natu- 
rale  inerzia  della  sua  infanzia,  egli 
avvenne  principalmente  per  «pera  e 
merito  del  primo  e  piu  dotto  tra  i 
nostri  dottori,  di  uno  de'  piu  bene- 
meriti  dell'  Istituto,  voglio  dire,  di 
Egidio  Romano  Colonna  (pag.  IV).  » 


II   presente   volume   e  il   primo 
dell' Antolegia    Agostiniana    che    il 


rev.  Autore  intende  pubblicare,  ed  e 
diviso  in  quattro  parti.  Nella  prima 
parte  si  contiene  la  vita  di  Egidio, 
avvaloratada  antichi  document!,  editi 
ed  inediti,  che  in  parte  sono  ripro- 
dotti  e  in  parte  accennati  (p.  49-92). 
Nella  seconda  parte,  che  e  un'appen- 
dice  alia  prima  parte,  si  risponde  al 
Sig.  Francesco  Corazzini,  il  quale 
all'edizione  di  un  volgarizzamento 
antichissimo  dell'opera  latina  di  Egi- 
dio Romano,  De  regimine  principum 
(Firenze,  Le  Monnier;  1858)  premise 
una  prefazione,  piena  di  falsita  ri- 
spetto  ad  Egidio.  Nella  terza  parte 
si  fa  una  recensione  delle  opere  egi- 
diane ,  delle  diverse  edizioni  che 
ognuna  di  esse  opere  ha  sortito  e 
deMe  principali  biblioteche  ove  si  tro- 
vano  al  presente  i  diversi  mss;  in  fine 
si  allegano  le  ragioni  piu  o  meno  pro- 
babili  onie  alcune  opere  dubbie  pos- 
sono  attribuirsi  o  no  al  grande  scrit- 
tore  agostiniano.  Nella  quarta  parte 
P Autore  espone  le  ragioni  intrinseche 
ed  estrinseche  del  suo  dubbio  intorno 
1'autenticita  del  commento  sopra  la 
canzone  d'amore  di  Guide  Cavalcanti, 
la  quale  principia:  Donna  miprega, 
eccetera,  attribuito  ad  Egidio.  —  Dal 
cartolario  dell'  Universita  di  Parigi, 
ordinate  dall'  insigne  Domenican* 
P.  Denifle,  e  dall'archivio  vatieano 
il  rev.  P.  Mattioli  ha  tratti  non  po- 
chi  e  nutovi  documenti  per  questo 
suo  studio.  Quanto  al  nostro  giudizio, 
oltre  il  pregio  della  critica  e  labuona 
edizi«ne,abbiamo  notato  nel  presente 
lavoro  una  grazia  singolare  di  sem- 
plice  e  naturale  narrazione. 


BIBLIOGRAPIA 


605 


MAZZEI  EAFFAELLO.  —  Dio  nella  civilta.  Pistoia,  tip.  Flori  e  Bia- 
gini,  1896,  16°  di  pp.  177. 


II  titolo,  abbastanza  comprensivo, 
ha  bisogno  di  una  qualche  dichia- 
razione,  che  1'Autore  stesso  ci  porge 
•nell'Avvertenza  in  quest!  chiari  ter- 
mini: «  Esaminare  se  la  religione  sia 
o  non  sia  necessaria  alia  vita  umana 
e  civile  ci  £  semorato  opportunissimo 
e  senza  altro  ci  siamo  accinti  alia 
non  facile  impresa.  »  E  la  soluzione 
cni  perviene  nei  quindici  capitoli  in 
che  va  divisa  1' opera  6  la  sola  vera 
che  possa  darsi;  non  esservi  civilta 
senza  fede  in  Dio  e  non  in  un  Dio 
qualsiasi,  configurate  secondo  i  pla- 
citi  di  certe  scuole,  ma  in  Dio  au- 
tore  e  rivelatore  della  religione  cri- 
stiana.  Ondeche  il  libro  del  Mazzei, 
per  dire  con  sincerita  il  parere  no- 
stro,  6  un  libro  buono ;  buono  e  per 
1'assunto  preso  a  dimostrare,  e  per 
il  modo  tenuto  nel  dimostrarlo.  E 
quanto  al  modo  vi  riconosciamo 
una  «erta  aria  di  bene  intesa  no- 
vita.  Poiche,  abusandosi  tanto  a'  dl 
nostri  dei  fatti  e  dell'esperienze  in 
sostegno  delle  piu  erronee  e  perverse 
dottrine,  egli,  con  maniera  chiara 
e  popolare,  voile  appunto  provare 
<;ome  i  fatti  e  1'esperienze  tanto  de- 
c&ntati,  quando  ci  si  ragioni  sopra  a 
dovere,  ribadiscono  sempre  piu  la  ne- 
cessita  della  idea  di  Dio  per  il  buon 
andamento  della  civil  societd,  dirno- 


strando  in  part  tempo  come  ad  una 
idea  piu  pura  e  piu  vera  di  Dio  cor- 
risponde  sempre  una  civilta  piu  per- 
fetta  (IV). 

Fedele  a  questo  sistema  e  riu- 
scito  il  ch.  Autore  a  darci  in  breve 
stringenti  risposte  a  certi  capitali 
principii  della  nuova  scuola  crimi- 
nale  che  distrugge  il  libero  arbitrio, 
(pag.  36;  38-39),  del  verismo  (g.  118- 
125),  dell'evoluzionismo  (pp.  155-158;. 
ecc.  ecc. 

La  strettezza  dello  spazio  non 
ci  consente  di  diffonderci  a  rile- 
vare  altre  parti  del  libro  molto 
bene  riuscite,specialmente  per  avere 
1'Autore  raccolto  in  abbondanza  au- 
torita  di  scrittori  o  dichiaratamente 
perversi  o  non  certo  sospetti  di  affe- 
zione  a  religiose  credenze  ed  essersi 
valuto  di  esse  per  convalidare  la  sua 
tesi.  Per  la  stessa  ragione  ci  pas- 
siamo  ancora  di  notare  alcuni  passi 
o  frasi  poco  esatti,  a  nostro  credere, 
ed  altri  che,  qualora  il  libro  non  ci 
rendesse  fede  delle  intenzioni  dello 
scrittore,  presi  staccatamente  potreb- 
bero  essereintesi  o  tirati  in  un  senso 
non  certo  voluto  da  chi,  tra  le  altre 
sentenze  colle  quali  conchiude  il  suo 
lavoro,  scrisse  pur  questa:  «L'ita- 
liano  ha  una  mente  cosi  logica  che 
e  0  omttelico  o  nulla  (p.  176^.  » 


MELFI  C.  BAR.  DI  SAN  GIOVANNI,  socio  onorario  e  corrispondente 
di  varie  Accademie.  —  Ricordi  per  le  oontrade  di  Cifali  e  Fava- 
rotta  presso  Chiaramonte  Gulfi.  Caltagirone,  tip.  G.  Scuto,  1896, 
in  16.° 

NITTOLI  SALYATORE,  sac.  —  Tavela  sinottica  dei  complementi  ita- 
liano-latini.  Quadri  sinottici  dell'uso  dei  casi  latini.  Terza  edizione. 
Sansev&ro,  tip.  Morrico,  1896,  16°  di  pp.  60. 

PIGHI  GIO.  BATTA,  sac.  --  Commentarius  de  judicio  sacramentali 
quern  Sancto  Alphonso  Mariae  de  Ligorio  anno  ab  ejus  nativitate  CC 
a  doctoratu  XXV  dicatum  suis  auditoribus  offert  sac.  I.  B.  Pighi 
S.  Th.  D.  Theol.  Mor.  in  Sem.  Veronensi  prof.  Veronae,  ed. 


000 


BIBLIOGRAFIA 


Felix    Cinquetti,   1896,    16°  di    pp.    60.  --  Cent.    80.  Copie    12 
L.  8,00.  Rivolgersi  alia  Libreria  Cinquetti,   Verona. 


E  osservazione  giustissima  di  teo- 
logi  molto  gravi,  che  nella  trattazione 
delle  dottrine  ascetiche  e  morali,  e 
forse  piu  che  in  altre  discipline  eccle- 
siastiche,  si  e  fatta  sentire  1'influenza 
del  giansenismo.  Chi  infatti  con  oc- 
chio  sperimentato  esamini  le  opere 
morali  del  decimosettimo  e  decimot- 
tavo  secolo  e  le  ponga  a  confronto 
delle  antecedent!,  in  ispecie  degli 
scolastici  e  di  S.  Tommaso  d'Aquino, 
s'avvede  di  leggieri  come  uno  spi- 
rito  di  sottigliezza  vi  e  penetrato  a 
confondere  1'autica  semplicita  e  nel 
tempo  medesimo  vi  si  e  diffuso  un 
certo  rigorismo  poco  conforme  cosi 
a  verita  come  a  scienza,  onde  prima 
neppur  aveasi  sentore,  e  acui  disper- 
dere  venne  provvidenziale  1'opera  di 
S.  Alfonso  M.  De  Liguori,  per  cio 
meritamente  proclamato  Dottore  della 
Chiesa.  Or  in  tutto  cio  niun  dubbio 
che  si  facesse  sentire  il  giansenismo 
vuoi  direttamente  co'  suoi  errori,  vuoi 
indirettamente  colle  sue  declamazioni 
contro  il  lassismo,  le  quali  spesso 
spaurendo  anche  i  migliori,  li  face- 
vano  declinare  dalla  soave  e  retta 
strada  battvta  dai  Maestri  della  mo- 
rale e  delTascetica  cattolica. 

Grazie  a  Dio  ogni  vestigio  di  gian- 
senismo va  ora  scomparendo  anche 
dalle  scuole  morali,  per  la  prevalenza 
delle  dottrine  di  S.  Alfonso,  messe  in 
piena  luce  da  uomini  veramente  in- 
signi,  fra  i  quali  certamente  non 
ultimo  il  P.  Antonio  Ballerini,  di  cui 
in  questo  libretto  aureo  del  prof.  D. 
OHo.  Batta  Pighi  e  tutta  1'anima  forte 
e  perspieace. 

Se  dappertutto  in  morale  e  ne- 
cessario  rifarsi  all'antico  metodo  piu 
semplice  e  in  una  piu  persuasive  de- 
gli scolastici,  particolarmente  e  ci6 
indispensabile  per  quel  che  riguarda 


il  gfudizio  sacramentale.  Giacch6  le 
infinite  distinzioni  e  sottodistinzioni 
di  alituati,  recidivi,  occasional-it,  di 
penitenti  ordinarii  e  di  penitent! 
straordinarii,  di  disposizioiii  ordi- 
Hctrie  e  di  disposizioni  straordinarie 
e  via  dicendo,  le  quali  oggi  s'incon- 
trano  ad  ogni  pie  sospinto  e  imbro- 
gliano  la  matassa  invece  di  distri- 
carla,  anticamente  non  usavano  punto. 
Anticamente,  come  molto  bene  in- 
segna  il  Pighi,  si  poneva  come  fon- 
damento  il  principle,  che  principale 
ed  essenziale  ufflcio  del  Sacerdote 
nel  tribunal  di  Penitenzae  quello  di 
giudice,  mentre  gli  altri  suoi  uffici 
sono  secondarii.  Or  questo  giudice, 
per  la  particolar  natura  del  Sacra- 
mento di  misericordia  da  Gesu  Cristo 
istituito,  deve  ascoltare  1'accusa  del 
penitente  e  ove  non  lo  trovi  hie  et 
nunc  del  tutto  indisposto,  cioe  man- 
cante  di  dolore  o  di  proponimento, 
in  quanta  &  giudice,  lo  deve  assol- 
vere,  benche  come  medico  possa  anche 
talvolta,  per  provvedere  al  future, 
differirgli  1'assoluzione.  La  preoccu- 
pazione  del  futuro,  secondo  1'antica 
dottrina  comune,  non  entra  dun- 
que  per  nulla  nell'esercizio  del  giu- 
dirio  sacramentale  per  se  stesso.  Su 
questa  base,  ben  stabilita  con  cita- 
zioni  opportunissime  ed  autorevo- 
lissime,  il  Pighi  passa  poi  a  risol- 
vere  i  casi  risguardanti  le  diverse 
classi  di  penitenti,  non  facendone 
tante  teoriche  distinte,  ma,  come  e 
infatti,  un'applicazione  del  medesimo 
universale,  complesso  e  compiuto 
principio.  Cosl  ci  pare  che,  senza  dir 
cose  nuove,  egli  abbia  ben  meritato 
dei  confessori,  dei  penitenti,  e  del  giu- 
dizio  sacramentale,  mostrando  quanto 
sia  chiaro  e  semplice  quel  che  d'or- 
dinario  si  fa  cosi  arduo  ed  intricato. 


BIBLIOGRAPIA 


607 


ROSSI  GIO.  BATTISTA,  can.  —  Lo  scisma  in  Piacenza.  Discorsi. 
Piacenza,  tip.  Solari,  1897,  16°  di  pp.  228.  —  L.  1,  50. 


I  dolorosi  fatti,  che  dal  Maggie 
1895  a  quest!  giorni,  per  opera  del 
famigerato  don  Miraglia,  sconvolsero 
la  citta  di  Piaceuza,  seminando  fra 
i  diversi  ceti  discordia  e  rivalita  scen- 
dalosa,  ed  anche  i  germi  d'un  vero 
scisma,  ben  richiedevano  che  una 
dotta  e  franca  parola  mettesse  sul- 
1'avviso  i  Piacentini  del  baratro  in 
cui  si  voleva  sospingerli,  e  sventasse 
le  mene  con  cui  si  tentava  di  pro- 
pagare  le  nuove  dottrine  sovverti- 
trici.  E  questa  parola  non  e  mancata, 
e  luminosa  ed  ardente  e  uscita  dal 
labbro  di  quell' illustre  oratore  che 
e  il  Canonico  Rossi,  in  dieci  discorsi 
detti  nella  novena  della  Concezione 
e  intitolati:  Liberia  della  divina  pa 
rola  —  Riforma  e  riformatore  —  I  fa- 
risei  —  I  preti  di  Piacenza  —  II  Ve- 
scovo  —  II  Papa  —  La  scomunica  — 
I  ribelli  —  Cattolico  apostolioo  ro- 
mano  —  La  nuova  chiesa  autonoma 
in  Piacenza. 


Lode  al  generoso  Canonico,  che 
dalle  sofferte  persecuzioni  ringagliar- 
dito,  e  tomato  sulla  breccia  a  com- 
battere  veramente  pro  arts  et  focts 
della  sua  patria.  Noi  vorremmo  ve- 
dere  questo  suo  libro  in  tutte  le  fa- 
miglie  dei  Piacentini,  ai  quali  rivol- 
giamo  anche  noi  quella  grande  pa- 
rola :  Ettote  fortes  in  flde.  A  tutto 
poi  il  venerabile  clero  di  quella  dio- 
cesi,  «  coraggio,  diciamo  noi  pure 
coll'egregio  oratore,  gloria  del  loro 
ceto,  coraggio,  la  bufera,  che  si  e 
addensata  sul  vostro  capo,  passer.i. 
Fugate  le  nubi,  che  lo  ingombrano, 
tornera  a  brillare  il  sereno :  la  pace 
allietera  nuovamente  del  suo  casto 
sorriso  la  cara  vostra  patria.  Di  voi 
si  dira  che  avete  sostenuta  una  per- 
secuzione  ingiusta,  ma  sostenuta  la 
avete  con  cristiana  invitta  costanza. 
A  chi  vi  ebbe  ingiustamente  perse- 
guitati  restera  la  vergogna,  il  diso- 
nore.  (p.  96).  » 


QUARTO  (II)  d'ora  di  solitudine.  Genova,  Fassicomo  e  Scotti,  1897, 
32°  di  pp.  56.  —  Cent.  15. 

SANTARELLI  NICOLA.  —  II  battesimo  ed  i  liberi  pensatori.  Rilievi 
e  considerazioni.  Napoli,  tip.  Marchese,  1896,  16°  di  pp.  184. 

—  Ultimi  di  mia  vita.  Pensieri  ed  affetti.  Napoli,  tip.  Marchese,  189G, 
16°  di  pp.  114. 


Frutto  di  lunga  esperienza  e  di 
studii  conformi  alia  scuola  dell'an- 
tica  e  vera  sapienza  e  il  primo  libro, 
che  difende  le  verita  cattoliche  con- 
tro  gli  errori,  che  in  tanta  copia  si 
spargono  ai  giorni  nostri  per  ingan- 
nare  la  gioventu  inesperta.  Confutati 
i  liberi  pensatori  sotto  ciascuno  dei 
diversi  nomi  che  prendono,  di  Na- 
turalisti,  Positivisti  ,  Evoiuzionisti, 
Idealisti  eccetera,  e  dimostrata  la 
necessita  della  divina  rivelazione,  si 


prova  con  piu  qualita  d'argomenti  la 
verita  e  divinita  della  religione  cri- 
stiana, e  poi  della  Chiesa  Cattolica 
Romana,  e  si  conferma  con  un  bel 
paragone  de'  grandi  pensatori  cn- 
stiani  coi  liberi  pensatori.  Questo  li- 
bro starebbe  bene  in  tutte  le  fami- 
glie  cristiane. 

Inferiori  di  merito,  ma  d'ottimo 
spirito  anch'essi,  sono  i  versi  conte- 
nuti  nel  secondo  libro. 


608 


BILKJOGRAFIA 


SCHIOPPA  L.,  prof.  —  L'arbitrato  pontificio.  Napoli,  tip.  Giannini, 
1896,  8°  di  pp.  80.  —  L.  2,00.  Yendibile  presso  PAutore,  Tarsia  91, 


Napoli. 

Non  manca  certo  a  questo  lavoro 
la  efficacia  comprensiva  del  nobile  e 
vasto  argomento  e  la  copia  della  eru- 
dizione.  Dall'esatto  concetto  dell'ar- 
bitrato  internazionale  in  cui  a  ragione 
vien  fatto  ravvisare  il  migliore   del 
varii  mezzi  escogitati  per  comporre 
pacificamente  le  controversie  insor- 
genti  tra  popolo  e  popolo,  senza  ri- 
correre   alia  prova  delle   armi,  1'A. 
discende  a  mostrare  che  nel  Supremo 
Gerarca  della  Chiesa  Cattolica  si  ri- 
scontrano  in  guisa  eminente  i  pre- 
cipui  requisiti  di  esso  arbitrate.  Sotto 
Paspetto  giuridico,  nell'arbitrato  pon- 
tificio" hai   le    guarentige   maggiori 
della  imparzialita  e  della  giustizia  in- 
sieme  con  quelle  della  scienza  e  della 
efficacia.  Sotto  il  riguardo  politico  la 
stessa  sovranazionalita  del  Potere  pa- 
pale,  derivante  dalla  natura  dell'Isti- 
tuzione  di  cui  il  Papa  e  Capo,  da  al 
Papa  medesimo  meravigliosa  attitu- 
dine  per  1'ufficio  di  arbitro  fra  le  na- 


zioni  cristiane,  o  sia  egli  re  temporale 
od  ancbe  non  lo  sia.  Laonde  lango  il 
corso  de'  secoli  insinoai  dl  nostri  1'ar- 
bitrato  pontificio  and6  sempre  piu 
esplicandosi  nelle  molteplici  espe- 
rienze  che  se  ne  fecero,  e  prese  tal 
grado  di  perfezione  che  dovrebbero 
ormai  farlo  entrare  nelle  abitudini 
delle  nazioni  ed  ammettere  nel  giure 
delle  genti. 

Cosi  discorre  il  giovane  profes- 
sore  Schioppa,  ed  ha  perfettamente 
ragione.  Peccato  che  talvolta  il  suo 
stile  appaia  alquanto  affa8tellato,foree 
per  quella  ritrosia'che  hanno  alcuni 
a  tralasciare  le  idee  secondarie  che 
si  attraversano  per  via!  Anche  la 
forza  e  la  evidenza  della  dimostra- 
zione  ne  resta  quindi  un  po'  scemata 
in  parecchi  punti;  il  che  non  toglie 
pero  che  il  saggio  sia  buono  e  por- 
ti  un  valido  tributo  alia  diffusione 
d'un'idea  feconda  per  la  pace  del 
mondo. 


SECONDO  CENTENARIO  (Del)  dalla  nascita  di  Sant' Alfonso  Maria 
de'  Liguori,  fondatore  della  Congregazione  del  SS.  Redentore,  Ve- 
scovo  di  Sant'Agata  de'  Goti  e  Dottore  della  Chiesa.  Per  cura  del 
Circolo  Romano  di  Studi  «San  Sebastiano».  Roma,  Desclee,  Le- 
febvre  e  C.1  editori,  1896,  16°  di  pp.  116.  —  L.  2,00. 

TER  HAAR  FRANCISCUS  C.  SS.  R.  -  In  Litteras  Encyclicas 
S.  Congregationis  Episcoporum  et  Regularium  «  Super  Sacra  Prae- 
dicatione  »  datas  jussu  Leonis  XIII  P.  M.  commentarius  e  S.  Fran- 
cisco Salesio  et  S.  Alphonso  de  Ligorio,  depromptus.  Romae,  typ.  de 
Propaganda  Fide,  1896,  16°  di  pp.  66. 

Questo  commentario  segue  passo      piu  degni  d'  imltazione.  Si  hanno  qut 
passo  la  nota  Circolare,  illustrandola 
colle  parole  di  quei  due  recent!  Dot- 
tori  della  Chiesa,  che  sono  stati  tra 
i  piu  efBcaci    e  fruttuosi   annunzia- 


tori  della  divina  parola,  e  poi  tra  i 


dunque  tre  potentissime  voci,  quella 
del  Salesio,  quella  del  Liguori,  quella 
della  S.  Congregazione,  che  parlano 
in  tono  unisono  all'orecchio  dei  pre- 
dicatori :  Dio  faccia  che  non  indarno. 


BIBLIOGRAFIA 


609 


TINTI  LUIGI,  canonico,  dec.,  dott.  —  Memorie  del  P.  Luigi  Scrc- 
soppi  D.  0.,  fondatore  dell'  Istituto  Derelitte  e  delle  Suore  della 
Provvidenza  sotto  il  patrocinio  di  S.  Gaetano  in  Udine.  Udine, 
tip.  del  Patronato,  1897,  8°  di  pp.  XVI-454.  —  Lire  2,00  a  be- 
neficio  dell'  Istituto  Derelitte. 
II  P.  Luigi  Scrosoppi  e  uno  di 

quegli    uoinini    insigni    per  virtu  e 

grandi  opere    intraprese  a  gloria  di 

Dio  e  bene  delle  anime,  che  la  storia 

di    questa   seconda  parte  del    seco- 

lo  XIX  ricorderk  sempre  con  somma 

lode.  Fin   da    giovane    sacerdote  si 

consacrd  alle  opere  di  carita  in  bene 

di  un    istituto    di    orfane   derelitte, 

aperto  in  Udine   da  un  suo  fratello 

uterino    P.  Carlo    Filaferro.   Poi  ne 

prese  egli    stesso  la   direzione,  fon- 

dando   a  pro   del  medesimo  istituto 

una  nuova  Congregazione  di  Suore 

dette  della  Provvidenza,  le  quali  fu- 

rono  largamente  benedette    da  Dio, 

crescendo  in  breve  tempo  da  umili 

principii  in  pianta  rigogliosae  ferace. 

Le  Suore   della   Provvidenza,   dedi- 

cando  la  loro  vita  all'  insegnamento 

delle  fanciulle   del    popolo,  all'assi- 

stenza   de'  malati   nelle    case,  negli 

ospedali  e  ne'  manicomii   e  ad  altre 


opere  di  carita,  si  sparsero  presto  an- 
che  fuori  di  Udine,  nel  Friuli,  nel  Li- 
torale,  nell'  Istria,  nel  Trentino,  chia- 
mate  da'municipiied  avute  inconto  di 
YELA.RDITA  ANTONINO,  can.  - 


angeli  di  caritk  dalle  popolazioni.  Ma 
delle  grandi  opere  non  vengono  a 
capo  se  non  i  santi,  e  il  P.  Luigi 
fu  un  santo;  austero  e  rigido  con  se 
medesimo  fu  tutto  dolcezza  con  gli 
altri,  umile  fino  al  piu  sincere  di- 
sprezzo  di  se  medesimo,  pieno  di  fede 
e  di  straordinario  spirito  di  orazione. 
Oltre  le  qualita  sue  naturali  di  ot- 
timo  superiore  ed  economo,  ebbe  da 
Dio  in  grado  non  comune  il  dono 
del  consiglio  e  fin  anco  della  penetra- 
zione  de'  cuori.  Appartenne  alia  sop- 
pressa  Congregazione  dell'Oratorio 
di  Udine  e  mori  da  santo,  com'era 
vissuto,  il  di  3  aprile  1884  nella  grave 
et£  di  ottant'anni. 

Queste  memorie  del  ch.  monsi- 
gnor  Tinti,  scritte  con  semplice  stile 
ma  con  grande  unzione,  non  solo 
ritraggono  al  vivo  il  P.  Luigi  nella 
sua  vita  esterna  operosa  e  nell'  in- 
terno  dell'anima  sua,  ma  narrano  in- 
sieme  la  storia  edificante  della  Con- 
gregazione da  lui  fondata  e  i  grandi 
vantaggi  che  ne  ritrasse  finora  la 
Chieea. 
Herbert  Spencer  e  l'evoluzionismo. 


Roma,  tip.  Balbi,  1896,  pp.  35  in  16.c 


Annunziamo  volentieri  e  racco- 
mandiamo,  quando  ci  vengono  in- 
nanzi,  tali  lavori  brevi,  ma  sugosi, 
che  si  leggono  facilmente  da  ognuno 
e  lasciano  di  sfe  un'impronta  netta 
e  durevole  nella  mente.  II  Velardita, 
serio  pensatore  e  perfettamente  ver- 
sato  negli  scritti  dello  Spencer,  pren- 
de  ad  esaminare  la  teoria  sociologica 
evolutiva  del  filosofo,  poiche  cosi  vo- 
gliono  chiamarlo,  inglese.  Questo  lo 
mena  innanzi  tratto  a  demolire  parte 


per  parte  e  a  colpi  incisivi  Tevolu- 
zionismo  fisico.  Sono  poche  pagine, 
ma  decisive  e  chiare.  Poi  viene  al- 
1'evoluzionismo  sociologico,  che,  tol- 
togli  il  fondamento,  gli  rovina  fra  le 
mani,  non  ostante  che  si  vegga  non 
essere  in  se  che  un  castello  di  carta. 
Tratta  per  ultimo  la  questione  del- 
1'essere  o  no  lo  Spencer  favorevole  al 
socialismo.  Ripetiamo  che  tali  scritti 
sono  da  leggere  e  da  diffondere. 


Serie  XVI,  vol.  IX,  fuse.  1121. 


39 


27  febbraio  1897. 


GRONAGA  CONTEMPORANEA 


Roma,  1-15  febbraio  1897. 

I. 
COSE  ROMANS 

1.  Visita  del  Principe  Enrico  d'Orleans  al  Papa. —  2.  Letters  del  VII  Con- 
gresso  per  la  pace  al  S.  Padre.  —  3.  Una  festa  ecolastica  in  S.  Nicqla 
in  arcione.  —  4.  Le  coal  dette  Scuole  notturne  di  Religione  in  Roma.  — 
5.  Loro  origine  e  progresso.  —  6.  L'atto  speciale  di  fede  a  G.  C.  al  prin- 
cipio  del  1900;  una  spiegazione.  —  7.  Medaglia  commemorativa  del  19" 
anno  di  pontificate  di  Leone  XIII.  —  8.  Conferenze  sulla  questione 
sociale.  —  9.  Decreti  delle  Congregazioni  romane. 

1.  II  giorno  5  febbraio  giungeva  in  Eoma  il  Principe  Earico  d'Or- 
leans, figlio  del  Duca  di  Chartres  e  cugino  del  Duca  d'Orleans,  Fi- 
lippo,  capo  della  Casa  di  Francia.  Egli  prese  alloggio  alia  Minerva, 
nell'appartamento  gia  occupato  dal  Conte  di  Chambord  e  la  sera  stessa, 
verso  le  6  pomeridiane,  fece  visita  al  S.  Padre  Leone  XIII,  trattenen- 
dosi  con  lui  oltre  venti  minuti.  II  Principe  era  in  forma  del  tutto 
privata  colla  croce  della  Legion  d'  onore  al  petto,  ed  era  accompa- 
gnato  da  Mons.  de  Ragnau  e  dal  Conte  de  la  Salle  de  Rochemaure. 
—  II  Principe  Enrico,  compiendo  quest'atto  di  ossequio  al  Papa,  spe- 
cialmente  nelle  present!  circostanze,  ha  fatto  un  atto  di  grande  im- 
portanza  ed  6  bene  farlo  conoscere.  II  Principe  6  ora  diretto  in  Abis- 
sinia,  ove  si  reca  a  profitto  della  sua  patria,  dopo  che  la  Francia  ha 
stipulate  uu  trattato  di  commercio  con  Menelik.  E  il  viaggio  non 
sembra  farsi  senza  1'  aiuto  e  1'  intelligenza  della  Repubblica,  da  cui 
gia  pe'suoi  servigi  verso  di  essa,  egli  fu  fregiato  della  croce  della  Le- 
gione  d'onore.  II  Principe,  invece  di  partire  direttamente  per  Marsiglia, 
scelse  Brindisi,  appunto  per  fare  la  menzionata  visita  al  Papa,  e  fare 
atto  d'ossequio,  in  ispecie  per  aderire  ai  consigli  papali  sulla  con- 
dotta  politica  de'  Francesi,  dichiarandosi  in  tal  modo  innanzi  tutto 
cattolico.  II  quale  atto  e  tanto  piu  degno  di  osservazione,  quanto  piu 
una  recente  frase  del  suo  cugino,  Filippo  d'  Orleans,  scandalizzd  il 
niondo  cattolico,  quando  proferi  la  sentenza  che  la  monarchia  sa- 


CRONACA   CONTEMPORANEA  611 

prebbe  tutelare  i  suoi  diritti  contro  le  chiese.  Sia  pure  che  1'atto  del 
Principe  Enrico  abbia  avuto  a  fondamento  anche  un  certo  dissenso 
da  suo  cugino;  ma  egli  ha  dimostrato  molto  bene  conie  esista  una 
sola  Chiesa,  a  cui  si  deve  ubbidienza  e  venerazione.  Dopo  la  sua  vi- 
sita  a  S.  Pietro,  al  S.  Padre  e  ad  alcuni  Cardinali,  tra  cui  1'antico 
Nunzio  il  Card.  Ferrata,  Enrico  d'  Orleans,  la  sera  del  6  febbraio, 
parti  subito  per  Brindisi,  senza  fare  altre  visite  ne  al  Quirinale,  n& 
altrove.  Secondo  nn  colloquio  avuto  da  Enrico  con  uno  scrittore  del 
Figaro,  quegli  avrebbe  parlato  con  molto  ardore  del  suo  viaggio  in 
Abissinia,  scorgendo  nella  stirpe  etiopica  una  meravigliosa  forza  e 
vigoria,  dopo  la  sconfitta  data  alle  armi  italiane.  « lo  non  vedo, 
avrebbe  egli  detto,  nulla  oggimai  di  piu  bello  e  attraente  per  un  viag- 
giatore  che  lo  studio  dell' Abissinia.  » 

2.  Non  una  volta  in  queste  pagine  i  lettori  hanno  letto  quanto  si 
fa  nel  mondo  moderno  per  togliere  la  barbaric  della  guerra,  qual 
mexzo  per  decidere  i  litigi  fra  le  nazioni,  e  sostituirvi  un  tribunale  che 
aggiudichi  la  ragione  al  diritto.  Ne  parlammo  quando  si  celebro  il 
Congresso  della  pace  in  Eoma,  ne  parlammo  quando  riferimmo  la 
lettera  de'  Cardinali  del  mondo  inglese  ed  americano  per  1'  istesso 
scopo,  e  ne  parlammo  altrove,  come  1'  occasione  si  offriva.  E,  natu- 
ralmente,  quando  si  tratta  d'un  tribunale  di  pace,  non  si  puo  non 
pensare  al  Papa,  al  Capo  della  Eeligione  nel  mondo.  Or  ecco  un 
nuovo  sassolino  per  questo  edificio  della  pace,  che  speriamo  sia  per 
compirsi  nel  secolo  che  si  avvicina.  Cio  e  la  lettera  spedita  al  Papa  dal 
VII  Congresso  per  la  pace,  celebratosi  a  Budapest  e  la  risposta  a 
nome  del  Papa,  mandata  dal  Card.  Rampolla.  Lo  scrittore  della  let- 
tera a  Leone  XIII  e  il  Gen.  Stefano  Tiirr  :  «  Budapest,  10  novembre 
1896.  Santissimo  Padre.'  II  VII  Congresso  universale  della  pace,  te- 
nutosi  di  recente  a  Budapest,  ha  commesso  al  suo  presidente  di  rin- 
graziare  a  suo  nome  Vostra  Santita  pel  prezioso  aiuto  che  in  parec- 
chie  occasioni,  direttamente  o  indirettamente  per  mezzo  de'  suoi  ine 
terpreti  autorizzati,  ha  dato  alia  causa  della  pace  e  d'un  tribunal- 
per  le  nazioni.  Tutti  gli  amici  della  pace,  senza  distinzione  di  nazio- 
nalita,  hanno  ammirato  le  nobili  ed  eloquenti  parole  con  cui  Vostra 
Santita,  nell'enciclica  ai  principi  e  ai  popoli  dell'  universe,  ha  cele- 
brato  i  benefizii  della  pace  e  manifestato  i  mali  che  provengono  dalla 
guerra,  dalla  pace  armata  e  dal  militarismo.  Tutti  si  son  sentiti  ono- 
rati  e  rafforzati  dagli  incoraggiamenti  che  Vostra  Santita,  per  diverse 
volte,  si  e  degnata  di  far  pervenire  ai  difensori  e  ai  propagatori  delle 
idee  pacifiche,  come  per  1'  attenzione  che  ha  voluto  rivolgere  alle  ses- 
sioni  dell'unione  interparlamentare  e  dei  Congressi  annuali  delle  so- 
cieta  della  pace  e  dell 'arbitrate.  Essi  si  compiacciono  di  vedere,  sotto 
1'alta  ispirazione  di  Vostra  Santita,  gli  eminentissimi  Cardinali  inglesi 


012  CRONACA 

e  americani  impiegare  il  loro  zelo  e  la  loro  autorita  per  fare  istituire, 
almeno  per  i  popoli  di  lingua  inglese,  un  tribunale  il  cui  intervento 
preserverebbe  quei  popoli  contro  le  sanguinose  conseguenze  della 
guerra.  Fatto  che  sarebbe  di  tale  importanza,  da  non  poter  mancare 
(li  imitatori.  Grazie  a  questi  esempii  e  agli  sforzi  che  si  moltiplicano 
da  tutte  le  parti  nello  stesso  senso,  e  permesso  di  sperare  che  questo 
secolo,  tante  volte  messo  alia  prova  da  crudeli  strazii,  non  finir£ 
senza  che  i  Governi  civili,  rinunziando  alle  precarie  e  eostose  solu- 
zioni  della  forza,  vogliano  intendersi  per  mettere  un  tennine  alia  pe- 
ricolosa  e  rovinosa  rivalita  dei  loro  armamenti,  e  assicurare  al  mondo 
1'incomparabile  e  comune  beneficio  di  una  giustizia  internazionale. 
Nessuno  piii  di  Voi,  Santissimo  Padre,  potrebbe  efficacemente  contri- 
buirvi.  Ci  sia  lecito  dirlo  :  trasmettendovi  i  voti  del  Congresso  di 
Budapest,  non  compiamo  solo  un  dovere  di  gratitudine,  ma  vi  rivol- 
giamo  una  umile  e  insistente  richiesta.  Noi  chiediamo  rispettosa- 
mente  1'appoggio  di  Vostra  Santita,.  Sicuri  che  la  sua  voce,  quando 
si  degna  di  innalzarsi  per  il  bene  generale  dell'  uman  genere,  6  in- 
tesa  da  tutto  1'  universe,  osiamo  supplicarla  di  volere,  con  nuove  e 
piu  espresse  dichiarazioni,  confermare  solennemente  le  dichiarazioni 
anteriori,  e  intimare  a  tutti  quelli  per  i  quali  la  religione  o  la  sem- 
plice  umanita  non  sono  vane  parole,  di  prendere  parte  alia  gran  cro- 
ciata  della  fratellanza  del  genere  umano.  Fidenti  nella  benevolenza  di 
Vostra  Santita,  ci  onoriamo  di  esprimervi,  Santissimo  Padre,  il  no- 
stro  profondo  rispetto.  —  In  nome  del  VII  Congresso  universale  della 
pace,  il  Presidente  Stefano  'Turr ;  il  segretario,  F.  R&nieny.  »  II 
Papa  fece  rispondere  dal  Card.  Rampolla  al  Generale  Tiirr,  ringra- 
ziandolo  dell'ossequio  rispettoso  del  Congresso  verso  di  lui,  promet- 
tendo  1;  opera  sua  al  comune  scopo  di  sostituire  alia  legge  della  forza 
quella  del  diritto. 

3.  Nel  pomeriggio  d'una  domenica  dei  primi  di  gennaio  di  quest'anno, 
chi  fosse  passato  per  Via  Kasella,  avrebbe  notato  dinanzi  a  S.  Nicola  in 
arcione  un  certo  movimento  di  gente  e  un  affluire  di  ragazzi  vestiti 
a  festa.  A  una  data  ora,  ecco  giungere  un  equipaggio  signorile ;  e  dalla 
carrozza  discendere  1'eminentissimo  Card.  Satolli  e  avviarsi  anch'egli 
a  S.  Nicola  in  arcione.  La  chiesa  era  convertita  in  una  gran  sala  ; 
una  lunga  fila  di  giovani  operai  colle  loro  famiglie  occupavano  i  banchi 
e  le  sedie,  poste  lungo  le  pareti  della  chiesa  stessa ;  in  fondo,  di  fronte 
all' altar  maggiore  sotto  un  padiglione,  ove  campeggiava  il  ritratto  del 
S.  Padre,  era  il  trono  deU'eminentissimo.  Entrato  il  quale  ed  assisosi 
con  a  lato  Mons.  Misciatelli,  Mons.  Ugolini  e  altri  cospicui  perso- 
naggi,  si  die'  principio  a  una  cara  solennitfc  scolastica,  rallegrata  dal 
coro  de'  giovani  di  S.  Salvatore  in  lauro,  diretto  con  tanta  maestria 
dai  Fratelli  delle  scuole  cristiane.  Era  1'annua  premiazione  d'una 


CONTEMPORANEA  613 

delle  scuole  notturne  per  i  giovani  operai,  istituite  da  parecchi  anni 
in  Roma  e  che  tuttora  operano  un  gran  bene  nella  classe  operaia. 
Tale  scuola  era  quella  di  Yia  S.  Nicola  in  arcione,  diretta  con  tanto 
.zelo  dal  Can.  D.  Lorenzo  Cecchini.  Allo  scrittore  delle  Cose  roniane 
non  parve  doversi  trascurare  di  narrare  questa  bell'opera  romana ; 
appetto  a  cui  i  magni  discorsi  sulla  qtiestione  sociale  e  Tanfanarsi 
-degli  uomini  di  Stato  per  iscioglierla,  ci  sembrano  quasi  non  altro  che 
ciance  sonore  o  inutili  accademie.  Procuratici  i  document!  e  le  infor- 
mazioni  necessarie,  che  ci  furono  gentilmente  forniti  da  Mons.  Ugo- 
lini,  Vicepresidente  delle  dette  Scuole  notturne  di  religione.  siamo  in 
grado  di  darne  una  breve  contezza  ai  lettori. 

4.  Tali  Scuole  notturne,  sparse  in  varii  punti  di  Roma,  ammon- 
tano  oramai  al  bel  numero  di  dieci,  accogliendo  ciascuna,  in  media, 
un  cento  scolari ;  e  piu  ne  accoglierebbero  se  in  molte  di  esse  il  posto 
fosse  piu  ampio  o  piu  numerose  le  sale.  Tanto  e  il  concorso  e  tanta 
1'affluenza  de'  giovani  artieri-  ed  operai !  E  con  dispiaeere  dobbiam 
narrare  non  essere  raro  il  caso  che  molte  dimande  di  cki  desidera 
entrarvi  devono  essere  rifiutate,  appunto  per  mancanza  di  posto ;  anzi 
sappiamo  che  in  una  di  queste  scuole,  non  ha  guari,  se  ne  dovettero 
escludere  circa  cinquanta  per  la  detta  ragione.  Le  dieci  scuole,  di 
cui  parliamo,  sono  cosi  distribuite,  secondo  le  vie  della  citta :  Via 
Giulia  —  Via  de'  Coronari  —  Via  delle  Zoccolelte  —  Via  S.  Nicola  in 
arcione  —  Via  del  Colosseo  —  Piazza  dell' Esquilino  —  Via  di  S.  Gia- 
como  T—  Via  de'  Penitenzieri  —  Piazza  Mastai  —  Piazza  Montanara. 
E  bello  vedere,  ogni  sera,  questi  giovani,  scossa  la  polvere  delle 
officine  e  assettatisi  alia  meglio,  accorrere  dalle  botteghe,  dai  fon- 
dachi  e  dai  magazzini  al  luogo  della  scuola,  ove,  divisi  in  varie 
classi,  ciascheduna  col  loro  maestro,  vengono  educati  ed  istruiti  conie 
si  conviene  alia  loro  condizione;  diciamo  apposta  educati  ed  istruiti; 
perche  in  tali  scuole  1'educazione  e  fondamento  dell'istruzione.  Questa, 
naturalmente,  non  si  estende  oltre  a  quel  che  ora  6  detto  «  insegna- 
mento  elementare  > ,  a  cui  si  aggiunge  anche  il  disegno.  Ad  alcune 
di  queste  scuole  £  annesso  anche  ua  giardino,  ove  i  giovani  ne'  di 
festivi  possono  onestamente  ricrearsi.  II  sabato  e  destinato  all'inse- 
gnamento  e  allo  studio  del  catechismo ;  ed  ogni  festa  poi,  tutti  derono 
intervenire  all'oratorio  per  assistere  alia  Messa,  cantare  le  divine  lodi 
e  udire  la  parola  di  Dio  sotto  la  vigilanza  de'  loro  maestri.  Quelle  scuole, 
<;he  non  hanno  oratorio  proprio,  si  servono  a  cid  d'una  chiesa  (ne  in  Roma 
ne  fa  difetto)  che  sia  piu  vicina  alia  loro  scuola.  L'  Istituto,  inoltre,  ha 
cura  di  preparare  i  giovani  alunni  alia  prima  comunione  e  procurare 
loro  agio  di  farla  come  si  deve,  mandandoli  a  sue  spese  alia  rinomata 
casa  di  Ponterotto  per  gli  esercizii  spiritual!  che  vi  si  sogliono  premet- 
tere.  Ogni  anno  tutta  la  scolaresca,  che  e  circa  un  migliaio,  viene  con- 


614  CRONACA 

dotta  ad  accostarsi  alia  comunione  alia  tomba  di  S.  Luigi  Gonzaga,  e- 
ogni  anno,  parimente,  ciascuna  scuola  in  particolare  ha  la  sua  festa 
scolastica  della  distribnzione  di  premi,  alia  quale  spesso,  come  ve- 
demmo,  intervengono  alti  Prelati  e  anche  eminentissimi  Principi  della 
Chiesa.  E  notevole  1'affezione  che  gli  scolari  di  tali  Scuole  notturne 
hanno  verso  i  loro  maestri,  e  come  questi  stessi,  sieno  essi  sacer- 
dot!  o  secolari,  crescano  sempre  piu  in  amore  del  loro  utilissimo  mi- 
nistero,  quale  che  sia  stato  a  principio  di  esso  la  loro  interna  dispo- 
sizione.  Le  dette  Scuole  notturne  sono  sotto  Palta  vigilanza  d'nn  Pre- 
sidente,  7iominato  per  lo  piti  direttamente  dal  Papa,  ed  ora  §  Mons.  Mi- 
sciatelli,  e  sotto  di  lui  sono  i  dieci  direttori  delle  dieci  scuole,  i  quali 
tutt'  insieme  formano  una  specie  di  Consiglio,  da  cui  dipende  la  no- 
mina  di  qualsiasi  nuovo  direttore  e  altre  cose  di  maggior  rilievo  per 
1'opera.  I  fondi,  donde  le  scuole  notturne  traggono  il  necessario  a 
sostentarsi,  sono  la  liberalita  in  prima  del  Papa,  e  poi  del  sovrano- 
Ordine  di  Malta  e  di  alcune  famiglie  principesche  romane. 

5.  Ora,  un  breve  cenno  dell'origine  di  queste  Scuole  notturne,  come- 
c'  e  dato  ricavare  da  un  opuscolo,  divenuto  oramai  raro,  stampato  dal 
Salviucci  in  Roma  nel  1848  J.  II  primo  documento  officiate  del  Go- 
verno  pontificio  che  approva  e  autorevolmente  istituisce  in  Roma  le 
cost  dette  Scuole  notturne  di  Religione,  6  del  1°  ottobre  1847  e  reca 
sotto  la  sottoscrizione  del  famoso  Card.  Mezzofanti,  come  Prefetto- 
della  Congregazione  degli  studii.  Qiiell'anno,  dunque,  possono  dirsi 
fondate  in  Roma  tali  scuole  per  autorita  pontificia.  Ma  esse,  se  sr 
riguarda  Torigine  privata,  ebbero  principio  molto  pift  avanti,  e  rimon- 
tano,  nientemeno,  all'anno  1819  ;  come  viene  ricordato  dall'  istesso- 
decreto  del  Card.  Mezzofanti.  —  Intorno  a  quell'anno,  adunque,  di 
scuole  popolari  a  Roma  non  faceva  difetto  (lasciando  stars  le  scuole 
classiche  e  1'Universita).  Y'erano  cinquantacinque  Scuole  region arie  ,- 
v'erano  le  Scuole  pie  a  San  Pantaleo  e  a  San  Lorenzo  in  Borgo  ;  le- 
Scuole  de'  PP  Dottrinarii  a  Santa  Maria  in  Monticelli ;  le  Scuole  crl~ 
stiane  alia  Trinita  de'  monti,  a  San  Salvatore  in  Lauro  e  alia  Ma- 
donna de'  monti ;  v'erano  le  Scuole  parrocchiali,  le  Scuole  del  Prin- 
cipe Massimo  in  Trastevere,  quelle  fondate  dalla  giovane  e  virtuosa 
Principessa  Guindalina  Borghese,  e  finalmente  le  cosi  dette  Scolette, 
corrisponclenti  ai  moderni  asili  d'  infanzia.  Ricordiamo  queste  cose^ 
affinche  i  nati  negli  ultimi  anni  non  credano  che  il  giro  del  sole  e 
della  luna  pel  cielo  sieno  istituti  recenti,  ignorati  dai  nostri  padri. 
Non  ostante  tante  scuole,  non  v'era  modo  d'istruire  i  giovani  operai,. 
i  quali  per  buscarsi  il  pane,  come  dice  il  Regolamento  indicate,  cre- 

1  Regolamento  del  pio  istituto  per  le  Scuole  notturne  di  Religione  per 
giovani  artigiani  in  Roma.  Roma,  tip.  camerale,  presso  i   Salviucci,  1848- 


CONTEMPORANEA  615 

scevano  come  piante  che  vegetino,  anziche  come  uomini  che  debbon  vi- 
vere  per  quel  nobile  fine,  per  cui  il  Signore  li  ha  creati.  Notiamo  a  bello 
studio  queste  parole  dell'opuscolo  perche  si  osservi  come  a'  tempi  nostri 
si  proferirebbero  forse  frasi  piu  sonore,  ma  non  gia  idee  piu  nobili 
<li  queste.  A  sopperire  all'  istruzione  ed  educazione  de'giovani  operai, 
istitui  una  prima  scuola  notturna  un  povero  intagliatore,  Giacomo 
Casoglio,  appunto  nell'anno  1819.  Essa  era  presso  San  Niccolo  degli 
Incoronati,  ora  in  Via  Giulia,  ed  e  tuttora  considerata  come  la  prima 
•delle  dieci  scuole  notturne.  Horto  il  Casoglio,  la  detta  scuola  fu  conti- 
nuata  da  alcuni  sacerdoti.  Essa  pero  non  era  se  non  un  abbozzo  di  quel 
che  poi  furono  le  scuole  notturne  ;  e  1'onore  d'avere  da  to  ad  esse  la 
forma  che  poi  si  ritenne,  si  deve  all'Avv.  Michele  Gigli,  romano,  il  quale 
perfeziono  la  scuola  serale  del  Casoglio,  aprendone  una  presso  il  Par- 
roco  di  S.  Maria  de'  Marcheggiani,  facendo  egli  stesso  da  maestro  e 
<la  padre  ai  giovani  artigiani,  istruendoli  nel  leggere,  nello  scrivere,  nel 
far  di  conto  e  nel  catechismo,  come  parla  la  lodata  memoria.  Percht 
poi  s'intendesse  eke  la  religione  era  il  mezzo  con  cut  egli  educava,  voile 
che  le  sue  scuole  si  denominassero  «  Scuole  notturne  di  Religione  » . 
Morto  il  Gigli  nel  colera  del  1S37,  contratto  dall'  incomparabile  uomo 
appunto  per  aiutare  i  colerosi  in  una  casa  di  soccorso  da  lui  aperta, 
-altri  personaggi,  emuli  della  sua  carita,  presero  la  direzione  delle 
scuole  notturne,  le  quali  si  inoltiplicarono  fino  al  numero  di  dieci, 
come  vedemmo. 

6.  L'atto  speciale  di  ossequio  e  venerazione  a  Gesu  Cristo,  che,  a 
proposta  di  alcuni  cattolici,  si  vuol  fare  al  principio  del  secolo  ven- 
tesimo,  fu,  come  vedemmo,  lodato  ed  encomiato  dal  S.  Padre  in  una 
lettera  al  Card.  Svampa,  Arcivescovo  di  Bologna.  Ed  e,  certo,  eccel- 
lente  idea,  degna  di  essere  caldeggiata  da  ogni  credente.  Pero  in  essa 
•6  d'uopo  togliere  al  tutto  ii  concetto  di  centenario  della  Redenzione  o 
cosa  simile,  come  alcuni  scrittori  talora  con  ottima  intenzione  hanno 
detto.  A  purificare  sempre  piu  la  grandiosa  idea,  di  chiudere  il  secolo 
e  cominciare  il  seguente  con  un  atto  solenne  di  fede  (come  riferimmo 
nel  quad.  1111,  pag.  100),  e  stata  resa  ultimamente  di  pubblica  ra- 
gione  una  lettera  deU'eminentissimo  Prefetto  de'  Riti,  il  Card.  Aloisi 
Masella,  nella  quale  appunto  venne  esclusa  fin  da  principio  1'idea  di 
•centenario.  La  lettera  era  stata  scritta  fin  dal  14  maggio  1895,  prima  che 
la  proposta  dell'atto  di  fede  fosse  resa  pubblica.  Purificato  cosi  1'atto 
solenne  di  fede,  che  si  fara  al  finire  del  secolo  XIX,  siamo  lieti  di  far 
sapere  che  gia  si  e  costituito   il  comitato    internazionale   promotore. 
Presidente  onorario  6  1'eminentissimo  Card.   Jacobini,  Presidente  ef- 
fettivo  il  Conte  Comm.  Gio.  Acquaderni  di  Bologna. 

7.  E  stata  coniata  dal  Cav.  Bianchi,  incisore  de'  palazzi  apostolici, 
la  medaglia  commemorativa  del  19°  anno  di  pontificate  di  Leone  XIII. 


CRONACA 

Nel  diritto  della  medaglia  e  1'effigie  del  Papa  con  in  giro  la  scritta : 
LEO  .  xni  .  PONT  .  MAX  .  SACRi  .  PKiN  .  A  .  xix.  Nel  rovescio  si  ammira 
la  Yergine  SSma  assisa  in  trono  ed  avente  sulle  ginocchia  il  Bambino- 
Gesu  che  offre  al  mondo  il  Rosario.  Tutti  i  popoli  vengono  rappre- 
sentati  da  allegoriche  figure,  quali  in  piedi  e  quali  prostrate  intorno- 
al  trono  di  Maria,  rivestite  di  svariati  abiti.  Sulla  destra  della  me- 
daglia il  Santo  Padre  Leone  XIII,  rappresentato  in  piedi,  presenta  e 
mette  i  fedeli  sotto  la  protezione  del  Rosario.  Nel  giro  della  medaglia 
leggesi :  PRAESIDIVM  .  DIYINAE  .  MATRIS  .  ACCEPTISSIMA  .  ROSARII  .  PRECE  . 
EXORANDVM.  Tali  medaglie  commemorative  del  Poutificato  si  coniana 
ogni  due  anni. 

8.  Dacche  Leone  XIII  pubblico  la  nota  enciclica  Rerum  novarum 
sulla  questione  sociale,  e  cominciato  nel  mondo  un  felice  movimenta 
sempre  crescente  di  studii  sulla  detta  questione,  movimento  che  non 
accenna  a  finire.  A  Roma  presentemente  due  uomini  illustri  fanno- 
conferenze  sul  menzionato  tema,  e  sono  il  prof.  Toniolo,  omai  noto  in 
Italia,  e  il  P.  Dehon  francese,  Generale  de'  Preti  del  S.  Cuore.  II  To- 
niolo parla  a'giovani  dell'associazione  universitaria,  il  primo  e  il  terzo- 
lunedi  del  mese,  a  palazzo  Sinibaldi,  e  ora  ha  aggiunto  altre  confe- 
renze al  palazzo  Lante  per  gli  ecclesiastioi  che  non  possono  interve- 
nire  a  palazzo  Sinibaldi  per  1'ora  tarda.  II  P.  Dehon  parla  in  una 
sala  de'  PP.  Agostiniani  dell'Assunzione  in  piazza  dell'Aracoeli.  Que- 
sti  discorsi  sono  in  francese  e  il  P.  Dehon  si  mostra  molto  pratico- 
della  materia.  Parla  in  piedi,  con  molta  disinvoltura,  con  tono  tra 
chi  insegna  e  chi  amichevolmente  discorre;  e  non  ha  dinanzi  a  s6  che 
alcune  carte  in  cui  gitta  solo  un'occhiata  fuggitiva  e  cui  talora  to- 
glie  in  mano  per  leggere  una  statistica,  un  testo,  una  data.  A  luogo 
a  luogo  si  scorgono  lampi  di  eloquenza,  i  quali  subito  digradatamente 
ridiventano  luce  temperata  e  tranquilla  di  domestico  conversare.  I 
temi  da  lui,  oramai  quasi  tutti  trattati,  sono  i  seguenti :  1.°  La  pre- 
sente  crisi  economica  sociale  in  Francia  e  in  Europa  —  2.°  V'ere  cause 
del  malessere  sociale  presente  —  3.°  II  giudaismo,  il  capitalismo  e 
1'usura  —  4.°  II  socialismo  e  1'anarchia.  —  5.°  La  missione  sociale 
della  Chiesa. 

9.  DECRETI  DELLE  CONGREGA/IONI  ROMANE.  —  1.°  Aggiunta  al  c  Dio> 
sia  benedetto  ».  Con  decreto  della  S.  Congregazione  delle  Indulgenze. 
e  Sacre  Reliquie  in  data  2  febbraio,  1897,  il  Santo  Padre  ha  stability 
che  nelle  Lodi,  solite  a  recitarsi  e  che  cominciano  Dio  sia  benedetto,  se 
ne  aggiunga  una  speciale  al  S.  Cuore  di  Gesu,  dicendo  dopo  la  quarta. 
lode  quest' altra :  Benedetto  il  Suo  Sacratissimo  Cuore.  II  S.  Padrer 
confermando  le  indulgenze  gia  concesse  dai  suoi  Predecessori  a  chi 
recita  tali  lodi,  ha  raddoppiato  1'  indulgenza  di  un  anno  per  ogni 
volta  che  devotamente  si  recitano  le  lodi  medesime.  —  2.°  Redintegra- 


CONTEMPORANEA  ,     617 

xione  di  culto  a  S.  Sdbino.  La  S.  Congregazione  de'  Riti  con  decreto 
del  15  decembre  1896,  redintegrando  il  culto  a  S,  Sabino,  cittadino 
«  Vescovo  di  Canosa  in  Puglia  (di  cui  parla  S.  Gregorio  ne'  suoi 
dialoghi)  ne  ha  approvata  la  Messa  e  1'ufficio  proprio,  composti  dal 
chiaro  archeologo  Hons.  Gennaro  Aspreno  Can.0  Galante  di  Napoli. 
II  9  di  questo  mese  in  Canosa  se  ne  celebro  la  festa  dopo  dieci 
secoli. 

It. 
COSE  ITALIANS 

1.  La  Grecia  corre  a  liberare  Candia  dai  Turchi  e  la  vecchia  Europa  1'ar- 
resta.  —  2.  Morte  di  Raffaele  Cadorna,  che  tolse  Roma  ai  Papi.  — 
3.  Nuovi  lament!  de'  liberali  perche  Roma  non  sia  divenuta  la  citta  laica 
che  volevano,  e  in  qual  senso  chiamino  errore  il  fatto  del  20  settembre. 
—  4.  Morte  del  commediografo  Giacinto  Gallina.  —  5.  I  sacerdoti  sban- 
diti  dalle  scuole  di  catechismo  e  mandati  alle  caserme. 

1.  II  gran  fatto  di  questi  giorni,  non  solo  italiano  ma  anche  e 
sopratutto  enropeo,  &  1'occupazione  dell'  isola  di  Candia  per  le  sei  Po- 
tenze  primarie  dell'Europa  :  Inghilterra,  Russia,  Francia,  Austria,  Ger- 
mania  ed  Italia.  Un  formidabile  naviglio,  composto  di  grandi  corazzate, 
incrociatori  e  torpediniere  di  quegli  Stati,  attornia  la  classica  isola 
dell'Egeo.  L'armata  italiana  e  comandata  dal  Viceanimiraglio  Napo- 
leone  Canevaro.  Prima  del  naviglio  europeo,  pero,  giungeva  alle  coste 
di  Candia  una  piccola  armata  greca.  II  Principe  Giorgio,  secondoge- 
nito  del  Re  di  Grecia,  era  partito  d'Atene  I'll  febbraio,  acclamato  da 
tutto  il  popolo.  Capo  della  spedizione  greca  era  il  colonnello  Yassos. 
La  Grecia  s'era  scossa  alle  atrocita  che  i  Turchi  commettevano  in 
Candia  contro  i  cristiani,  atrocita  simili  a  quelle  avvenute  in  Armenia; 
e  spinta,  come  e  da  supporre,  non  solamente  dal  desiderio  d'  ingran- 
dirsi,  ma  ancora,  dal  nobile  fine  di  liberare  gli  oppressi  cristiani, 
tendeva  le  braccia  alia  bella  isola,  che  tante  memorie  legavano  e  le- 
gano  tuttora  alia  madre  patria,  la  Grecia.  In  fatti,  i  Greci,  sbar- 
cati  nell' isola,  cominciarono  ad  occupare  le  citta  e  terre  di  Candia, 
per  sottrarle  al  comando  turco.  Ma  ecco  che  la  vecchia  europa,  utili- 
taria  ed  egoista,  la  quale  ha  assistito  impassibile  agli  eccidii  d' Armenia 
e  a  quelli  stessi  di  Candia,  eccola  arrestare  con  una  mano  di  ferro 
il  corso  alia  piccola  Grecia,  mandando  sulle  acque  di  Candia  le  sue 
terribili  navi  (che  certo  potrebbe  serbare  a  miglior  uso)  per  impedirle 
il  possesso  interq  dell' isola.  Almeno  questo  finora  ci  danno  i  fatti 
accaduti.  E  questa  e  quelPEuropa  che  non  mosse  un  dito  quando  il 
Piemonte  lanciava  bombe  contro  la  citta  de'  Papi.  In  fatti,  il  16  feb- 
braio, presieduti  daH'ammiraglio  italiano,  si  riunirono  gli  ammiragli 


018  CRONACA 

francese,  inglese  e  russo  e  il  comandante  austriaco  e  decisero  lo  sbarcor 
eseguito  quel  giorno  stesso,  di  una  compagnia  di  marinai  di  ogni 
nazione  per  la  protezione  della  Canea  (la  capitale  di  Candia).  Dissero 
che  lo  scopo  era  di  metterla  sotto  la  salvnguardia  delle  grand!  Potenzer 
dichiarando  che  la  loro  azione  e  intesa  ad  evitare  un  ulteriore  spar- 
gimento  di  sangue  e  dar  tempo  per  regolare  la  questione  cretese.  Lo 
sbarco  dei  marinai  avvenne  col  gradimento  del  governatore  e  del  co- 
mandante  mi H tare  turco.  Un  ufficiale  italiano  che  recava  al  coman- 
dante  greco,  Vassos,  la  notizia  dell'occupazione  fatta  dalla  milizia  in- 
ternazionale,  ebbe  per  risposta  che  il  comandante  greco  non  riceveva 
ordini  che  dal  suo  Governo.  Cio  non  ostante  il  21  febbraio,  col  bom- 
bardamento  delle  posizioni  tenute  dagl'  insorti,  le  navi  europee  mo- 
strarono  come  intendessero  di  opporre  forza  alia  forza.  Cosi  il  Governo 
italiano,  se  non  partecipe  di  quest'atto  di  guerra,  certo  connivente, 
ha  dovuto  in  Candia,  a  favore  del  Turco  rinnegare  i  principii  di  non 
intervento,  di  nazionalitd  e  di  sovranila  popolare,  che  colle  bombe 
pretese  gia  di  far  prevalere  in  Roma,  contro  il  Papa.  Ecco  i  fatti. 
Vedremo  quali  risoluzioni  saranno  quind'  innanzi  prese  dalla  diplo- 
mazia  europea ;  se  restituira  i  Candioti  ai  Turchi  o  li  mettera  in  mano- 
alla  madre  patria  la  Grecia  o  ne  fara  un  regalo  a  qualche  ambizioso. 
2.  II  giorno  6  di  febbraio  di  sera,  moriva,  a  Torino,  1'espugnatore 
della  citta  dei  Papi,  Raffaele  Cadorna.  Era  egli  nato  a  Milano  il  1815 
da  cospicua  famiglia  novarese.  Uscito  dalla  scuola  militare  di  Torino 
passo  per  tntti  i  gradi  dell'esercito ;  e  nel  1870  fu  scelto  alia  testa 
del  quarto  corpo  d'esercito,  per  togliere  Eoma  ai  Papi,  cui  non  gli 
fu  difficile  espugnare,  avendo  ai  suoi  ordiri  sessanta  mila  uomini 
contro  diecimila.  Ogni  anno  il  suo  nome  era  ricordato  nella  festa  della 
breccia  di  Porta  Pia  da  lui  aperta,  e  nel  25°  anniversario  s'ebbe  dal 
Re  il  collare  dell'Annunziata.  Eccetto  questo,  egli  fu  subito  e  per 
sempre  dimenticato  dai  liberali,  e  presto  diremo  il  perche.  Nel  1877  zsoli 
62  anni  con  un  decreto  del  gen.  Mezzacapo  fu  messo  in  riposo,  nel  quale 
visse  fino  alia  morte.  La  ragione  del  disprezzo  onde  fu  fatto  segno- 
Raffaele  Cadorna  e  questa.  Egli,  aveva  bensi  un  errore  fiso  nella 
mente  (errore  illustrate  da  suo  fratello  Carlo)  cioe,  che  la  Chiesa  non 
abbia  nessun  diritto  ad  esercitar  dominio  e  ad  aver  proprieta;  ma  del 
resto  non  era  anticattolico.  Cio  egli  dimostro  in  molte  occasion! ;  per 
esempio,  nella  nota  lettera,  e  da  noi  riferita,  al  Sindaco  di  Roma  il  25* 
anniversario  della  breccia,  e  nell'esercizio  delle  pratiche  religiose,  non 
ismentite  neppure  alia  morte,  in  cui  ebbe  tutti  i  conforti  religiosi.  Di 
qui  il  disprezzo  de'  liberali  pel  Cadorna  e  la  sorda.  ostilita  contro  di 
lui.  Egli  in  fatti  non  approvava  punto  che  la  guerra  al  Papa  fosse  spinta 
oltre  il  dominio  temporale.  Anzi  (come  narra  un  suo  intimo,  Fuscolino} 
«  egli  adempiva  pubblicamente  i  doveri  privati  dei  cattolici.  Nella- 


CONTEMPORANEA  61-9 

jchiesa  delle  Sacramentate  a  Torino  lo  si  vedeva  assistere  alia  messa 
.solenne  con  raccoglimento;  lo  si  vedeva  nella  stessa  chiesa  confes- 
.sarsi  ai  confessionali  ed  accostarsi  alia  Comunione  in  mezzo  alia  gente. 
Paiiando,  il  suo  discorso  cadeva  frequentemente  sopra  soggetti  reli- 
.giosi  e  sopra  il  gran  male  che  facevano  in  Italia  i  miscredenti  e  i 
denigratori  del  culto  e  dei  sacerdoti.  Nella  sua  angosciosa  malattia  si 
udiva  ripetere  spesso :  sia  fatta  la  volonta  di  Dio,  e  il  sacerdote  aveva 
nella  sua  casa  libero  accesso.  E  in  cio  il  generale  trovava  aiuto  ed  esempio 
nella  sua  famiglia,  meritevole  d'ogni  elogio.  »  Cio  non  ostante,  non  cre- 
-diamo  che  egli  abbia  smesso  di  mente  quell'errore  da  lui  bevuto  coll'edu- 
cazione,  indicate  sopra;  ne  ci  consta  che  1'abbia  inai  ritrattato.  Sono 
questi  secreti  e  problemi  che  solo  Dio  decifrera.  In  questo  senso  deve  in- 
tendersi  il  pentimento  del  Cadorna  per  1'operata  breccia  di  Porta  Pia.  Nel 
suo  libro  La  liber azione  di  Roma  (cosi  si  dice  a  tempi  uostri  prendere  a 
•cannonate  una  citta)  egli  calunnio,  forse  senza  volerlo,  il  geaerale 
pontificio,  Kanzler,  quasi  che  questi  avesse  detto,  che  piu  che  la 
caduta  di  Roma  dolevagli  la  perdita  del  posto.  Avvertito  da  un  amico 
e  conosciuta  la  falsita,  si  proponeva  di  cancellare  la  calunnia  nella 
-seconda  edizione  del  libro.  Ed  e  calunnia  si  chiara,  che  auzi  il  Kanzler 
fa  colui  che  quasi  impose  a  Pio  IX  la  resistenza.  Ma  di  cio  la  storia 
.futura  dira  quel  che  noi  ora  non  possiamo  scrivere. 

3.  Ecco  come  parlano  del  Cadorna  e  del  famoso  fatto  del  20  set- 
tembre  coloro  che  in  liberaleria  vanno  per  la  maggiore.  Un  clericale 
non  parlerebbe  in  altro  modo  l.  «  Raifaele  Cadorna  era  entrato  nella 

*  storia  da  si  gran  tempo  che   ormai,  il    suo    nome,  evocato    formal- 
«  mente  una  volta  all'anno,  perche  unito  ad  una  data  che  non  diceva 

<  piu  nulla,  o  diceva  cose  tristi  soltanto,  faceva  1'effetto  di  quel   di 
~«  un   uomo   d'altri    tempi.   Era   entrato   nella  storia,  e   nulla  pareva 
«  ch'egli  avesse  piu  di  comune  con  1'attual  vita  italiana.  Non  perch'ei 

*  fosse  troppo  piu  grande  di  essa,  ma  perchS  il  fatto  ch'egli  rappre- 
«  sentava,  non  avendo  piu  spiegazione  razionale,  era  nella  coscienza 
•c  generale  come  un   fatto   estraneo ;    o,    se   pur  lo  si   sentiva  invece 
«  fatto  nazionale,  interno,  era  soltanto  per  avvertirne  1'  incomodo  peso. 
«  La  tecnica  militare  ha  fatto  replicatamente,  e  fara  ancora,  la   cri- 
«  tica  guerresca  della  spedizione  del  1870  ;  ma  non  per   le   imperfe- 
-«  zioni,  non  per  le  deficenze  di  questa,  il  risultato  ne  fu  cosi  mise- 

<  rando  :  la  critica  politica  ha  dimostrato,  e  va  tuttodi  vieppiu  dimo- 

<  strando  da    un    quarto  di  secolo,  che,  assai   piu  grave   dell'errore 

*  militare,  fu  1'errore  nazionale.  Poiche,  decisamente,  erano  nel  vero 
«  coloro  i  quali,  venuti  a  Roma  nolenti,  avrebbero  voluto  non  venirci, 
-«  n&  allora,  ne  poi.  Infatti,  Roma   era   fardello  per   ben  altre  spalle 

1   Triluna,  n.  39. 


620  CRONACA 

«  che  le  loro,  che  le  spalle  di  tutto  il  popolo  italiano  !  Ed  essi,  e 
«  quanti  governanti  loro  succsdettero,  piegarono  sotto  il  pondo  della 
«  gran  cosa  morta,  che  assai  piu  vivi  avrebbero  dovuto  essere,  per 
«  riuscire  a  risuscitare.  Cosi,  prima  che  in  Africa,  fu  in  Roma  il 

<  grande  insuccesso  della  nuova  Italia  ;  e  fu  con  tanta  coscienza,  con 
«  tale  consenso  di  tutto  il  popolo,  che  quei  pochi  i  quali  mostrarono- 
c  di  aver  mente  per  pensare,  volonta  per  eseguire,  furono  combattuti 
c  come  rei  di  voler  violate  un'  indole,  non  fatta  assolutamente  per  le 

<  grandi  cose.  E  vinti.  Tanto  6  vero,  che  parve  una  eresia  politica  il 
c  voler  confondere  e  fondere  in  una  stessa  espressione  1'omaggio   al 
« Ee   Liberatore   e   la   constatazione  ufficiale,    nazionale,   visibile  di 

<  quella  unitii  di  cui  egli  era  stato  braccio,  bandiera  e  scudo  ad  un 

<  tempo,  e  far  suo  monumento    il    Parlamento  :  il  tentative  di    dare 
«  al  Parlamento  una  sede  che,  se  non  artistica,  fosse  almeno,  salda, 
«  parve  un  oltraggio  alia  voluta  e  proclamata  e  vantata  micromania 

<  universale  ;  1'  idea  di  una  Reggia  che  fosse  italiana,  e  smussasse  le 
«  facili  frecciate  dei  vaticanisti,  non  oso  pur  uscire   dalla    mente  di  • 

<  chi  la  nutriva.  E  1'  Italia  rimase  accampata  in  una  Roma,  ove  nau- 
«  fragava  1'  intelligenza  insieme  alia  fortuna,  ove  neppure  la  specu- 

<  lazione  disonesta  sapeva,  come  altrove,  essere  geniale  ;  rimase,  per- 
«  che  sentiva  che  a  far  bene   in  Roma   bisognava  far  grande ;    e  di 
«  far  grande  non  si  aveva,  ne   capacita,  n£,  tanto   meno,  volonta.  » 
Che  confessioni  sfuggono  alia  rivoluzione  che  voile  vincere  il  Papato ! 

4.  Alle  3  pomeridiane  del  13  febbraio  cessava  di  vivere  a  Yenezia 
nell'ospedale  civico  uno  dei  piu  stimati  commediografi  moderni,  Gia~ 
einto  Gallina.  Egli  scrisse  le  sue  commedie  in  dialetto  veneziano  e  pu6 
dirsi  il  Goldoni  redivivo.  Bellezza  di  una  vis  comica  inarrivabile  pro- 
fuse egli  nelle  Barufe  in  famegia,  nelle  Serve  al  pozo,  nel  Moroso  de 
la  nona,  negli  Oci  del  cuor,  nella  Mama  non  mor  mai,  nella  Fame-gut 
del  Santolo  e  in  moltissime  altre  commedie,  le  quali,  tradotte  in  altre 
lingue,  furono  gustatissime  anche  fuori  d'ltalia.  E,  quel  che  6  piii 
notevole,  le  commedie  del  Gallina  sono  molto  piu  morali  di  quelle  di 
qualsiasi  commediografo  moderno,  e,  in  generale,  sono  lontane  da  ognt 
offesa  alia  religione  e  al  clero.  Nel  fondo  del  cuore  non  era  anticri- 
stiano.  Si  sa  di  lui  che,  essendo  moribondo  suo  padre,  rivolse  preghiere- 
al  Card.  Agostini  perche  si  recasse  al  letto  di  lui,  ed  il  figlio  ingi- 
nocchiato  seguiva  con  amorosa  cura  il  sacerdote  che  amministrava  gli 
ultimi  sacramenti.  Eppure  dobbiamo  registrare  con  dolore  che  il  Gal- 
lina e  morto  senza  sacramenti,  essendo  stato  espulso  1'istesso  emi- 
nentissimo  Card.  Patriarca,  recatosi  a  dargli  i  conforti  religiosi.  Un 
cerchio  di  ferro  s'era  formato  attorno  a  lui  da  sei  o  piu  persone  che 
lo  circondarono  sino  alia  fine,  impedendo  1'accesso  al  ministro  di  Dio. 
Duejninuti  prima  che  egli  spirasse,  pot&  bensi  il  Parroco  di  S.  Sal- 


CONTEMPORANEA  621 

ratore,  presentatosi  per  la  quinta  o  sesta  volta,  essere  ammesso,  ma 
il  tempo  utile  era  passato ;  il  Gallina  era  fuori  de'  sensi.  «  La  mas- 
soneria  ha  piantonato  il  suo  letto  »,  e  la  frase  che  correva  quest! 
giorni  a  Venezia.  Questo  che  si  dice  della  massoneria  ha  un  prece- 
dente  nella  vita  di  lui.  Narrano  cioe  che,  benche  le  sue  commedie 
procurassero  al  Gallina  onori  e  glorie  ne'  teatri,  non  gli  fruttavan 
pero  quattrini.  Quando,  ascrittosi  alia  setta  massonica,  fu,  come  Pietro 
Cossa,  sollevato  subito  in  alto,  e  il  Comune  di  Venezia  gli  decreto 
subito  una  pensione  e  innalzo  un  busto  al  teatro  Goldoni.  Ma  la  mas- 
soneria pare  che  abbia  sottratto  a  C.risto  la  sua  anima.  Una  corri- 
spondenza  veneziana  cosi  scrisse  sdl'Awenire  di  Bologna  sul  rifiuto 
dato  al  Card.  Patriarca.  « Appena  conosciuto  lo  stato  gravissimo  del 
commediografo,  Giacinto  Gallina,  S.  E.  il  Card.  Patriarca  penso  di 
recarsi  al  suo  capezzale  per  indurlo  a  riconciliarsi  con  Dio,  ed  al 
tempo  stesso  celebrare  il  matrimonio  religioso  con  una  persona  che 
viveva  secolui  e  con  la  quale,  giorni  sono,  aveva  contratto  il  matri- 
monio civile.  Nella  stanza  che  precede  quella  del  Gallina.  all'ospitale, 
il  Card.  Sarto  fu  ricevuto  da  questa  persona  appunto,  la  quale  gli 
disse  che  1'  infermo  dormiva.  -  -  Aspettero  rispose  sua  Eminenza. 
Poco  dopo  usci  il  fratello  Enrico  per  avvertire  Sua  Eminenza  che 
egli  non  poteva  assume rsi  la  responsabilitd  d'introdurlo,  atteso  lo  stato 
gravissimo  del  malato.  —  La  responsabilita!  soggiunse  il  Cardinale; 
ed  e  ella  disposto  ad  assumersi  davanti  a  Dio  e  davanti  alia  societa 
la  responsabilita  di  non  avermi  lasciato  entrare?  --  Prontissimo,  ri- 
spose Enrico  Gallina.  Sua  Eminenza  allora  si  ritiro.  Questa  nella 
sua  precisione  la  dolorosa  storia  ». 

5.  Quanto  sta  bene  il  sacerdote  in  iscuola  per  insegnare  la  reli- 
gione;  altrettanto  sta  male  in  caserma  e  tra  le  armi.  E  un  dettato 
del  senso  comune  cristiano,  ma  il  liberalismo,  quanto  a  cid,  ha  cam- 
biato  del  tutto  le  parti,  mandando  i  sacerdoti  a  fare  i  soldati  e  dando 
loro  il  bando  dalle  scuole  di  religione.  Su  questo  secondo  punto,  non 
ostante  la  guerra  accanita  che  si  fa  al  sacerdote  nella  scuola,  si  ha  di 
tanto  in  tanto  qualche  vittoria.  Una,  tutta  recente,  ci  viene  narrata  di 
Brescia.  Ivi  il  Consiglio  comunale  delibero  che  1'insegnamento  religioso 
nelle  scuole  elementari  del  Comune  venga  impartito  da  sacerdoti.  A 
tale  scopo  nominava  poi  13  Curati  della  citta  e  16  Parroci  e  Curati 
del  suburbio.  Sono  pertanto  29  sacerdoti  che  entrano  nelle  scuole  con 
mandate  di  insegnarvi  con  tutta  competenza  una  delle  principalis- 
sime  materie  secondo  i  desideri  della  cittadinanza.  E  questo  6  un 
nuevo  e  soddisfacente  frutto  dell'accordo  dei  cattolici  -;he  tolsero  final- 
mente  di  mano  ai  zanardelliani  le  amministrazioni  del  Comune  e  della 
Provincia.  L'istesso  leggiamo  aver  fatto  il  municipio  d'Albenga.  Al- 
trove  pero  continua  la  guerra.  Yinti  in  qualche  provincia  i  libe- 


622  CRONACA 

rali  in  cid,  che  1'  insegnamento  religiose  debba  assolutamente  im- 
partirsi  dai  Comuni,  senza  richiesta  diretta  dei  padri  di  famiglia, 
ora  si  vendicano  coll'  impedire  che  esso  venga  insegnato  bene.  Per 
esempio,  a  Como  il  Consiglio  provinciale  scolastico  in  una  lettera 
diretta  ai  Sindaci  prescrive :  «  1°  che  1'  insegnamento  religioso  del 
catechismo  e  della  storia  sacra  continui  ad  essere  impartito  in  ogni 
scuola  pubblica,  per  un'ora  alia  settimana,  nel  giorno  di  venerdi  nella 
prima  ora  di  lezione,  per  opera  dei  maestri  e  delle  maestre  delle  rispet- 
tive  classi ;  2°  che  nei  casi  in  cui  dal  Comune  si  volesse  affidare  tale 
insegnamento  ad  altre  persone,  il  Consiglio  provinciale  cui  spetta 
riconoscerne  1'  idoneita,  si  riserva  di  decidere  caso  per  caso.  »  La 
malizia  e  in  questo  secondo  punto,  come  si  vede;  poiche  si  lascia  al 
Consiglio  decidere  sulla  idoneita  o  no  del  maestro,  laddove  e  noto  tra 
cristiani  che  il  sacerdote  e  maestro  nato  per  insegnar  la  religione. 
Sui  sacerdoti  alia  caserma  (1'altra  enormita  del  liberalismo)  vogliamo 
narrare  quanto  disse,  teste,  il  Papa  ad  un  giovane  Benedettino  che 
chiedevagli  una  speciale  benedizione,  perche  doveva  per  qualche  tempo 
lasciar  la  veste  talare  e  cingere  la  spada.  Racconta  il  colloquio  il 
corrispondente  romano  dell'  Osservatore  cattolico.  «E  che  (esclamo  il 
Papa  con  viva  emozione)  non  siete  voi  gia  inscritto  alia  piu  nobile 
delle  milizie,  a  quella  di  Cristo?  Perche  dunque  vi  vogliono  assog- 
gettare  ad  un  servizio  che  non  e  il  vostro  e  che  non  si  addice  alia 
vostra  vocazione?  i  E  con  altre  vibrate  parole  Sua  Santita  parlo  del- 
1'ingiustizia  di  una  legge,  che  sotto  pretesto  di  eguaglianza,  viola  i 
piu  sacri  diritti ;  e  quasi  si  sarebbe  detto  che  il  Santo  Padre,  nella 
sua  giusta  indignazione,  volesse  intervenire  egli  stesso  per  obbligare 
la  legge  umana  a  cedere  dinanzi  a  quella  di  Dio. 

III. 
COSE  STRANIERE 

FRANCIA  (Nottra    Corritpondenza).    1.  Le   relazioni   estere  e  la  Russia.   - 
2.  II  nuovo  Nunzio;  discorsi  rilevanti.  —  3.  Elezioni   senatorial!;  po- 
litica    interna;   la   questions   degli    zuccheri.  —    4.   La   Fraucia   e   la 
Abissinia. 

1.  E  curioso  a  vedersi  che  le  relazioni  estere  della  Francia  tendono 
sempre  piu  a  concentrarsi  e  restringersi  nell'amicizia  della  Russia. 
Da  parecchi  mesi  almeno  non  abbiamo  altri  fatti  nella  nostra  politica 
estera,  fuorche  le  relazioni  con  questa  potenza.  Perfino  nelle  nostre 
quistioni  di  armamento,  entra  a  parte  la  Russia.  Le  si  attribuisce  il 
proposito  di  fornirsi  degli  stessi  cannoni,  ond'  e  munito  il  nostro 
esercito,  il  quale  per  cid  stesso  conserrera  il  suo  armamento  odierno, 


CONTEMPORANEA  623 

invece  di  seguire  la  Germania  nel  suo  rinnovamento.  GP intelligent! 
awieano,  che  ben  meschini  sieno  i  vantaggi  del  rinnovare  le  artiglierie, 
a  petto  delle  spese  che  costera.  Certo  e  che  sono  eccellenti  i  nostri 
cannoni,  ne  v'ha  ragione  d'impensierirci  degli  altrui  progress! ;  an- 
diamo  migliorando  anche  noi;  puo  dirsi  che  ogni  giorno  si  trovano 
novelli  perfezionamenti,  che  un  di  saranno  messi  in  pratica.  E  sicuro 
che.  ee  la  Germania  vuol  fornirsi  di  nuovi  cannoni,  le  occorrerranno  a 
fabbricarli  tanti  anni,  quanti  ce  ne  vorrebbero  a  noi.  Cosi  si  andera  di 
nn  passo  negli  armament!,  che  pare  guarentiscano  la  pace. 

Essendo  vacante  la  Nunziatura  Apostolica,  1'Ambasciatore  di  Russia, 
qual  decano  per  ragion  di  nomina,  parld  in  nome  del  Corpo  diploma- 
tico  per  gli  augurii  del  capo  d'anno  al  Presidente  della  Repubblica. 
II  signer  de  Mohrenheim  uso  nel  sno  discorso  parole  accalorate,  con- 
fermando  1'amicizia  della  Russia  per  la  Francia  :  ma  si  e  guardato 
bene  dal  proferir  parola  che  designasse  1'esistenza  di  un  trattato  o  di 
qualche  comune  disegno  tra  le  due  potenze.  Com'e  naturale,  ha  ri- 
petuto  le  assicurazioni  pacifiche,  che  sono  il  substrate  di  tutti  i  dis- 
corsi  politici,  da  parecchi  anni  in  qua.  Poscia  il  nostro  mondo  po- 
litico e  stato  messo  in  moto  dalla  nomina  del  conte  di  Muraview, 
ministro  a  Copenaga,  all'ufficio  di  ministro  per  gli  affari  esteri  a  Pie- 
troburgo.  Ci  si  vedeva  una  cortesia  verso  la  Francia,  essendo  il  conte 
riputato  amico  del  nostro  paese,  ed  avverso  alia  Grermania.  Inoltre  la 
Czar  avevagli  raccomandato  di  recarsi  a  Parigi  prima  di  assumere  il 
suo  novello  incarico.  Venuto  qua,  e  stato  a  conferenza  col  Presidente 
della  Repubblica  e  col  ministro  degli  affari  esteri,  i  quali  han  data 
pranzi  ad  onor  suo.  Ma  ben  presto  si  e  imparato  che  il  M  ura  view 
recavasi  anche  a  Berlino,  ove  il  programma  della  sua  dimora  e  stato 
quasi  il  medesimo  di  qui.  Si  sente  dire  d'ogni  parte,  rinsaldamento 
della  politica  pacifica  di  tutte  le  potenze ;  novelle  garanzie  di  pace  e 
di  concordia.  D'altro  canto  impariamo  che  a  Costantinopoli  i  rappre- 
sentanti  di  dieci  potenze  si  son  messi  d'intesa  per  riguardo  alle  ri- 
forme  da  inaugurarsi  in  Turchia,  ed  alle  guarentige  da  stabilirsi  a 
pro  delle  popolazioni  cristiane.  Sembra  che  il  sig.  Hanotaux,  nostro 
ministro  per  gli  affari  esteri,  avesse  dato  al  nostro  ambasciatore  norme 
eguali  a  quelle  che  1' ambasciatore  di  Russia  avea  ricevuto  dal  suo 
Governo.  Non  siamo  dunque  piu  che  un  complements  a  posta  della 
Russia?  vanno,  chiedendosi  alcuni,  mentre  altri  affermano  che  i  due 
Govern!  si  erano  dianzi  concordat!  rispetto  alle  norme  da  darsi  e  alia 
condotta  da  seguirsi.  Purche  questa  condotta  non  meni  la  Russia  ove 
la  sua  presenza  potesse  produrre  conseguenze  gravissime  per  la  condi- 
zione  della  Francia  nel  mondo.  Un  de'  nostri  piu  valenti  diplomatic!, 
il  conte  di  Chaudordy,  che  fu  gia  ambasciatore,  parlando  dell'odierno 
stato  di  cose,  dice:  «I1  viaggio  del  conte  Muraview,  non  puo  reputarsi 


624  CRONACA 

altro  che  un  fansto  avvenimento.  Infatti  non  deve  avere  altro  scopo  che 
confermare  e  rinsaldare  piu  stretta  1'alleanza  franco-russa.  La  concate- 
nazione  delle  circostanze  ha  fatto  si,  che  fino  ad  oggi  questa  con- 
cordia  e  tornata  giovevole  principalmente,  per  non  dire  unicamente, 
alia  Russia.  Questa  potenza  ne  ha  ritratto  vantaggi  materiali  rile- 
vantissimi,  mentreche  la  Francia  ha  ottenuto  soltanto  soddisfazioni  di 
sentimento.  Fra  noi  si  comincia  a  fare  le  meraviglie  che  si  prolunghi 
questa  condizione  disuguale,  e  se  ne  prova  un  disinganno,  che  va  pale- 
sandosi  nelle  gazzeite.  II  Governo  russo  e  troppo  accorto  e  non  pud  non 
aver  notato  questi  sintomi  e  tenerne  con  to.  Deve  capire  che  e  giunto 
il  momonto  di  provare  alia  Francia,  non  intender  esso  che  1'alleanza 
che  lo  stringe  al  nostro  paese,  sia  tale  contratto  che  debba  procac- 
ciare  utilita  solo  ad  una  delle  parti  contraenti:  E  chiarissimo  che, 
ordinando  al  suo  ministro  per  gli  affari  esteri  di  recarsi  a  Parigi 
priina  di  visitare  le'  altre  capitali,  1'imperatore  Nicold  ha  voluto  far 
piacere  alia  Francia.  »  Ma  1'imperatore  Nicolo  fara  ancor  piu  piacere 
alia  Francia,  col  darle  qualche  cosa  di  meglio  che  mostre  d'amicizia, 
col  rimediare  cioe  a  questa  diseguale  condizione,  rilevata  giudiziosa- 
mente  dal  sig.  di  Chaudordy  e  da  tutte  le  persone  assennate,  perocche 
Ja  pubblica  opinione  comincia  a  impensierirsene. 

Da  piu  anni  il  Governo  non  pubblica  document!  diplomatici,  seb- 
bene  il  democratico  reggimento  richiegga  piu  d'  ogni  altro  siffatte 
pubblicazioni.  Cosi  siam  ridotti  ad  a^pettare  i  libri  axxurri  dell'In- 
ghilterra  per  imparare  che  cosa  fanno  i  nostri  diplomatici.  Questa 
volta  la  lettura  fattane  non  torna  guari  consolaute  per  noi.  I  docu- 
menti  diplomatici  inglesi  intorno  agli  affari  turchi  ci  fanno  sapere, 
che,  ad  ogni  proposta  del  Fweign-o/fiee,  il  nostro  ministro  ripete  la 
domanda  di  una  dilazione  a  rispondere.  Faceva  d'uopo  (dicesi)  doman- 
dare  a  Pietroburgo  qual  risposta  si  avesse  a  dare.  Non  e  piu  un'al- 
leanza  tra  la  Francia  e  la  Russia,  ma  un  prostrarsi  di  un  paese  da- 
vanti  all'altro,  scrive  una  gazzetta.  Dove  andiamo  dunque,  se  non 
siam  piil  che  un  satellite  della  Russia,  la  quale  al  postutto  in  Oriente 
ordisce  disegni,  la  cui  esecuzione  darebbe  un  colpo  assai  grave  agli 
interessi  piu  gravi  della  Francia?  Quando  non  s'  abbia  ad  ottener 
nulla  dalla  Russia,  e  solo  da  aiutarla  ad  ampliare  la  sua  influenza  e 
il  suo  predominio  in  Turchia,  tornera  meglio  mettersi  d'intesa  colla 
triplice  e  coll'Inghilterra:  questo  si  sente  a  dire.  II  fatto  e  certo : 
1'alterezza  ben  giusta  della  Francia  finira  col  reagire  contro  questa 
parte  troppo  meschina,  che  le  si  fa  sostenere  colla  lustra  dell'alleanza 
russa.  Del  rimanente,  pare  in  Turchia  si  apparecchi  una  reazione. 

II  Sultano  scrisse  a  Guglielmo  II  e  spedi  Grumbkow-pascia  a 
Berlino  per  trovare  un  appoggio  contro  la  padronanxa  russa  negli 
affari  d'Oriente.  II  Sultano  si  e  rivolto  anche  all'  Inghilterra  e  al- 


CONTEMPORANEA  625 

1' Austria  all'uopo  stesso.  Laonde  non  tornerebbe  molto  arduo  ad  un 
ministro  accorto  e  fino  trarre  suo  pro  da  questa  condizione  di  cose 
per  operare  energicamente,  e  riacquistare  terreno,  trovando  novelli 
appoggi  ad  una  politica  piu  confacente  agl'interessi  e  alia  dignita 
della  Francia:  fanto  piu  che  non  siamo  vincolati  alia  Russia  da  un 
trattato ;  ed  essa  e  quella  che  ha  piu  bisogno  di  noi,  se  lo  ricordi  bene. 
Senza  la  Francia  la  Russia  non  troverebbe  mai  il  denaro,  onde  ne- 
cessita  per  le  sue  imprese  in  Asia  :  sicche  per  lei  siamo  di  validiwsimo, 
per  non  dire  indispensabile  aiuto.  Sta  dunque  a  noi  di  valerci  di  questa 
condizione  di  cose,  come  ci  conviene.  Secondo  il  libro  azzurro  inglese 
le  sei  grandi  potenze  d'Europa  sono  concordi  a  tener  salda  1'integritt 
presente  dell'impero  turco,  e  a  non  far  null  a  ciascuna  da  se.  In  siffatte 
condizioni  potrebbe  la  Francia  veder  modi  di  far  valere  la,  propria 
autorita.  Pare  che  a  Berlino  si  TOglia  cans  are  un  conflitto  in  Oriente, 
affinch&  la  Grermania  non  abbia  a  trovarsi  nella  necessita  di  scegliere 
fra  1' Austria  e  la  Russia :  a  Guglielmo  II  sta  a  cuore  la  tradizione 
della  buona  armonia  colla  Russia,  mentre  peraltro  e  molto  amico  del- 
1'imperatore  d'Austria. 

2.  II  16  gennaio,  il  nuovo  Nunzio  mons.  Clari  presento  le  sue 
credenziali  nelle  forme  consuete  al  sig.  Felice  Faure,  dicendo  nella 
sua  allocuzione  :  «  Yi  e  noto  con  quale  costanza  il  Santo  Padre  nelle 
sue  relazioni  colla  Francia,  da  quanto  dura  il  suo  lungo  pontificato, 
si  e  ispirato  sempre  a  Colui,  del  quale,  amavan  dire  le  vostre  antiche 
cronache :  Cristo  ama  i  Franchi.  Colla  stessa  propensione  d'animo  e 
di  cuore  mi  studiero  con  zelo,  a  seconda  delle  norme  di  Lui,  di  adem- 
piere  questa  missione  che  si  degno  affidarmi  presso  di  voi.  Sono  peisuaso 
che  nell'adempirla  non  mi  verra  meno  giammai  il  prezioso  aiuto  e  il 
benevolo  concorso  del  vostro  Governo,  per  assicurare  fra  la  Repubblica 
e  la  Chiesa,  sulle  basi  e  secondo  lo  spirito  del  Concordato,  quella  buona 
armonia  che  in  nessun  paese  e  piu  a  desiderarsi  di  questo,  che  si 
reco  sempre  ad  onore  Faccogliere  in  grembo  alia  sua  bandiera  gli 
interessi  della  religione  e  della  civilta.  »  Dopo  ohe  ebbe  ringraziato 
caldamente  dei  sentiment!  che  il  S.  Padre  nutre  verso  la  Francia,  il 
Presidente  della  Repubblica  rispose :  «  Mi  ha  recato  gran  piacere  la 
prova  dell' estimazione  in  cui  e  tenuta  dal  S.  Padre  la  conserva- 
zione  della  buona  armonia  tra  la  Francia  e  la  S.  Sede,  e  il  vedere 
qual  valore  abbiano  per  lui  i  principii  che  1'  ebbero  stabilita  e  con- 
servata.  Le  disposizioni  onde  siamo  animati  anche  noi,  non  possono 
a  meno  di  raffermare  il  Papa  nella  via,  che  Palta  sapienza  sua  si  e 
per  tal  modo  segnata —  Mi  sta  a  cuore  di  dirvi  che  1'appoggio  del 
Governo  della  Repubblica  e  quello  mio  non  vi  mancheranno,  come 
gia  al  vostro  antecessore,  per  1'adempimento  del  vostro  ufficio.  » 

II  Presidente  si  mostra  soddisfatto  della  via  che  tiene  il  S.  Padre 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fuse.  1121.  10  27  febbraio  1897. 


626  CRONACA 

nella  sua  politica  verso  la  Francia.  E  gia  qnalche  cosa,  ma  non  tutto 
perd.  Questa  volta  il  Nunzio  ha  messo  innanzi  chiaramente  ohe  cosa 
Jomanda  il  S.  Padre,  cioe  1'applicazione  del  Concordato,  a  seconda 
delle  sue  basi  e  del  suo  spirito.  II  Concordato  fu  conchiuso  a  pro- 
della  Chiesa  come  dello  Stato ;  esso  deve  assicurare  1'  esistenza  e  la 
svolgimento  della  Chiesa  e  delle  sue  istituzioni.  Nel  congresso  di 
Reims  Monsignor  Didiot,  rettore  della  universita  cattolica  di  Lilla, 
di  bel  nuovo  ha  mostrato  come  il  Concordato,  coscienziosamente  ese- 
guito  secondo  i  suoi  principii  ed  il  suo  spirito,  sarebbe  bastevole  a 
far  sicura  una  condizione  soddisfacente  alia  Chiesa.  Ma  gli  $  certa 
Sncora,  che  adesso  il  Concordato,  nelle  mani  del  Governo,  e  divenuta 
uno  strumento  di  supplizio,  un  carcere  insoffribile,  questo  si  sente  dire 
di  sovente.  Diffatti  il  Governo  si  e  allontanato  dalle  basi  e  dallo  spirito 
del  Concordato,  coll'esagerare  i  suoi  diritti  e  riducendo  insieme  quasi 
a  nulla  gli  obblighi  suoi.  Invece  di  accrescere  il  patrimonio  della 
Chiesa,  a  seconda  del  Concordato  e  della  presente  condizione  econo- 
mica,  esso  1'ha  diminuito;  ha  pubblicato  una  filza  di  leggi,  che  non 
hanno  altro  scopo  ed  altro  effetto  che  di  opporsi  all'  azione  della  Chiesa 
e  togliere  a  questa  la  sua  legittima  e  necessaria  influenza  sul  popolo 
e  sulla  vita  pubblica.  L'  allocuzione  del  Nunzio  e  una  esortazioneT 
anzi  una  intimazione  pvecisa  di  dare  effetto  al  Concordato  nel  sua 
spirito  e  secondo  i  principii  che  lo  dettarono.  Or  tocca  ai  cattolici 
dar  risalto  a  questa  intimazione,  farsane  il  loro  programma  per  pro- 
vare  al  Governo  come,  adempiendo  essi  fedelmente  i  loro  doveri 
verso  la  potesta  civile,  intendano  che  lo  Stato  operi  a  seconda  degli 
impegni  che  si  addossd.  Da  qui  innanzi  il  programma  dei  cattolici  di 
Francia  vuol  esser  questo  :  la  rivendicazione  dei  loro  diritti  sulla  base 
del  Concordato. 

Questa  questione  di  programma  diede  importanza  alia  elezione  di 
Brest,  ove  s'aveva  a  sostituire  il  defunto  monsignore  d'Hulst,  che  gia  era 
sottentrato  al  fu  monsignor  Freppel.  La  candidatura  si  era  profferta 
a  monsignor  de  Cabrieres,  vescovo  di  Mompellieri,  e  poi  a  parecchi 
ecclesiastic!,  i  quali  tutti  si  sono  ritirati  per  cedere  il  posto  all' abate 
Gayraud,  aderente  (rallie)  alia  Repubblica  e  che  francamente  si  mette 
sul  terreno  designate  dal  S.  Padre  nelle  sue  lettere  ed  in  altre  mani- 
festazioni  del  voler  suo.  I  realisti  gli  avevano  contrapposto  il  conte 
di  Blois,  che  gode  di  grande  autorita  e  della  stima  generale  in  tutte 
le  circoscrizioni ;  ma  egli  ha  avuto  1500  voti  di  meno  dell'  abate 
Gayraud,  che  non  appartiene  a  quella  circoscrizione,  e  non  conosce 
il  dialetto  brettone  che  la  si  parla.  E  la  prima  volta  che  un  catto- 
lico  aderente  alia  Repubblica  sopravince  di  tal  guisa  un  cattolico  mo- 
narchista  in  una  circoscrizione,  nota  pel  suo  affetto  incrollabile  alia 
monarchia.  A  proposito  di  questa  elezione  si  era  parlato  di  proporre 


CONTEMPORANEA  627 

la  candidatura  del  Duca  d'Orleans,  per  fare  una  specie  di  plebiscito 
a  favore  della  regalita.  II  Duca,  nella  sua  lettera  di  rimmcia,  scriveva 
cosi :  «  Questa  circoscrizione  sembra  utile  all'episcopato  francese  per 
farvi  eleggere  un  mandatario  de'  suoi  interessi  al  Parlamento.  Se  la 
tradizione  monarchica  si  e  d'opporsi  recisamente  alle  tendenze  della 
Chiesa  verso  la  podesta  politica,  e  nella  stessa  tradizione  che  le  liberta 
religiose  siano  circondate  di  riguardi  e  di  protezione.  Sono  lieto  di 
poter  dar  loro  nella  presente  occasione  questa  prova  di  deferenza.  » 
Certamente  il  Duca  d'Orleans  non  ha  cattivi  intendimenti  rispetto 
alia  Chiesa:  ma  questa  sua  lettera  suppone  che  la  Chiesa  tenda  a 
insignorirsi  della  potesta  politica.  Questa  supposizione,  specialmente 
poi  in  Francia  d  del  tutto  gratuita.  Si  poco  la  Chiesa  ha  cercato  di 
insignorirsi  di  tale  potesta,  che  i  vescovi  si  adoperarono  in  modo  spe- 
ciale  a  secondare  i  Re  nella  formazione  della  monarchia  francese. 
Forseche  non  ando  debitore  per  la  piii  parte  ai  vescovi  Clodoveo  re 
dei  Franchi,  della  sua  conquista  della  Gallia  e  deH'assodamento  del 
suo  potere?  Spesbe  volte  i  successori  hanno  invaso  il  campo  religiose 
e  la  troppo  celebre  dichiarazione  del  1682  e  la  piii  forte  espressione 
di  questa  politica  ostile  alia  Chiesa,  e  colla  quale  i  Re  vennero  appa- 
recchiando  la  rivoluzione  che  poi  li  travolse.  Tutt'altra  adesso  e  la 
condizione;  il  Papa  ha  dovuto  intromettersi,  siccome  gli  aveva  chiesto 
il  Governo.  I  cattolici  per  la  forza  delle  cose  sono  obbligati  a  porre 
il  campo  ed  unirsi  sul  terreno  religiose  per  difendersi. 

3.  A  rinnovamento  parziale  del  Senate  nel  di  3  gennaio  s'aveva 
a  provvedere  a  97  seggi,  20  de'  quali  erano  stati  gia  occapati  da 
uomini  della  destra.  Essa  ne  ha  perduti  8,  mentre  i  radicali  ne  hanno 
guadagnati  alcuni  altri.  II  caso  piu  caratteristico  e  stato  la  sconfitta 
del  signer  Constans,  gia  ministro,  famigerato  per  la  sua  lotta  trion- 
fale  centre  il  bulangismo ;  e  del  signer  Hebrard  direttore  del  Temps, 
presidente  de'  giornalisti  parigini  e  trapotente  nei  circoli  officialied 
officiosi  di  Parigi.  Merce  di  questa  sua  qualita  intascd  il  sig.  Hebrard 
un  milione  e  600,000  o  700,000  franchi  dal  Panama  pei  servigi  che 
pete  recare  colla  sua  influenza  politica  ed  officiale  a  quella  famo- 
sissima  intrapresa !  Fra  le  elezioni  complementari  per  la  Camera  deve 
andar  segnalata  quella  del  signer  Grenier  a  Pontarlier,  dovuta  peraltro 
alia  rinunzia  datasi  da  un  candidate  in  ballottaggio  alia  vigilia  dello 
scrutinio;  cosi  tutti  i  voti  andarono  al  signer  Grenier.  Questo  nuovo 
deputato  ha  per  suo  carattere  speciale  di  essere  apostata.  Cinque  o 
sei  anni  addietro,  passando  alcun  tempo  in  Algeri,  abbraccio  1'isla- 
mismo,  e  da  due  anni  si  ammanta  alia  foggia  degli  arabi ;  ma  sotto 
il  burnusse  bianco  col  turbante,  veste  all'europea.  Per  tal  guisa 
intende  far  mostra  della  sua  professione  di  fede  musulmana,  special- 
mente uscendo  alle  tre  pomeridiane  dall'aula  della  seduta  per  andarsi 


628  GRONACA 

a  lavare  i  piedi  nella  Senna,  che  scorre  davanti  al  palazzo  Borbone 
ed  a  recitare  le  sue  preghiere  inginocchiandosi  rivolto  verso  la  Mecca. 
I  parigini  si  pigliano  gran  sollazzo  di  queste  manifestazioni,  tanto 
piu  che,  fra  le  migliaia  di  musulmani  che  han  fatto  dimora  in  Parigi, 
nessuno  niai  si  diede  a  siffatte  pratiche.  E  andata  a  finire  che  si  e 
aperto  un  salottino  da  bagno  nel  palazzo  Borbone  a  servizio  del  si- 
gnor  Grenier  perch&  i  nostri  buoni  radicali,  si  furibondi  contro  tutto 
ci6  che  riguarda  la  Chiesa,  fanno  pompa  di  una  tolleranza  protettrioe 
e  benevola  verso  Tapostata  e  verso  1' islamismo.  Al  postutto  il  signer 
Grenier  e  di  mediocre  ingegno,  ma  deditissimo  ai  poveri  nella  sua 
professione  di  medico.  Conversando  con  lui  non  lascia  intravedere 
nessun  lampo  di  genio,  e  le  sue  osservazioni  filosofiche,  metafisiche, 
politiche  non  danno  a  divedere  in  lui  nessuna  professione  sublime 
tranne  qualche  frase  nebulosa.  Dacche  i  signori  Bourgeois  e  Doumer 
scaddero  dalle  cime  del  Governo,  intrapresero  una  violenta  guerra 
radicale  contro  il  Ministero  Meline.  Ogni  domenica  se  ne  andavano 
in  qualche  citta  delle  province  per  tenervi  arringhe  di  fuoco  in 
grandi  radunanze  a  quest'  uopo  ordinate.  Codesta  agitazione  comin- 
ciava  a  farsi  minaccevole,  quando  di  repente  sullo  scorcio  del  de- 
cembre  si  seppe  che  il  signor  Doumer  era  stato  nominato  gover- 
natore  generale  del  Madagascar,  e  poco  dopo  se  ne  andava  a  pigliar 
possesso  del  suo  ufficio.  D'allora  in  poi  1'agitazione  radicale  si  e  spenta 
da  se.  II  Ministero  Meline  non  e  stato  guari  malaccorto,  a  decapitare 
cosi  il  partito  radicale,  portandosi  via  uno  dei  suoi  caporioni  per 
donargli»un  posto  invidiato  da  molti. 

Si  parlava  di  scompiglio  gittato  in  tutto  il  partito  di  questa  con- 
versione  interessata  del  signor  Doumer :  ma  quasi  tutti  i  nostri  uo- 
mini  pubblici  si  trovano  nello  stesso  caso :  se  loro  si  offre  la  potesta 
governativa,  o  qualche  altro  ufficio  rilevante,  fan  presto  ad  accon- 
ciarvi  le  proprie  opinioni,  a  diventare  conservator!,  uomini  di  go- 
verno,  come  qui  si  dice.  La  grossa  questione  della  sessione  apertasi 
il  12  gennaio,  &  stata  la  discussione  della  legge  che  aumenta  la  tassa 
di  consume  sullo  zucchero  dai  60  ai  04  franchi  ogni  cento  chilogrammi 
ed  il  premio  di  esportazione  dai  7  agli  11  franchi.  Qui  discutiamo 
la  quistione  della  concorrenza  tedesca,  asseritasi  da  parecchi  oratori. 
La  concorrenza  tedesca  e  altresi,  a  detta  del  ministero,  la  sola  ra- 
gione  per  la  quale  siasi  proposta  questa  legge.  Non  si  capisce  bene 
come  ci  sia  concorrenza  tedesca,  dacch&  fu  comprovato  nella  Camera 
che  la  Germania  da  solo  fr.  3,75  di  premio  all' esportazione.  Lo  stato 
presente  della  produzione  non  differisce  a  tal  segno  da  rendere  in- 
dispensable un  premio  si  alto  in  Francia ;  cosi  potrebbe  credersi.  La 
tassa  di  00  franchi  sullo  zucchero  e  gia  di  molto  sproporzionata  perche 
i  100  chilogrammi  di  zucchero  si  vendono  dai  produtttori  per  26 


GONTEMPORANEA  629 

franchi.  La  discussione  divenne  tanto  piu  appassionata  perche  varii 
oratori  e  parecchie  gazzette  asserirono  esistere  un  sindacato,  che  sa- 
rebbesi  impadronito  dell'intera  provvista  di  zucchero,  per  tenersela 
nei  magazzini  flnche  la  legge  fosse  deliberata,  e  di  tal  guisa  lucrare 
sull'aumento  del  premio.  Con  siffatto  traffico  il  sindacato  intasche- 
rebbe  i  18  milioni  occorrenti  a  pagare  1'aumento  suddetto.  lo  non  so 
se  sia  proprio  necessario  cotale  aumento,  poiche,  secondo  lo  stesso 
signor  Meline,  la  legge  del  1884,  che  flssava  il  premio  di  uscita  a  7 
franchi,  e  stata  giovevole  tanto  che  in  grazia  sua  laproduzione  dello 
zucchero  e  cresciuta  da  2  milioni  a  6  milioni  di  tonnellate.  Gene- 
ralmente  parlando  i  premii  di  esportazione  non  sono  gravi ;  spediente 
acconcio  a  tutelare  il  lavoro  nazionale,  perche  in  fin  dei  conti  chi 
paga  queste  gratificazioni  e  sempre  il  contribuente,  cioe  il  consumatore. 
4.  Di  questi  giorni  e  tomato  dall'Abissinia  il  signor  Chefneux 
con  una  nuova  missione  del  re  Menelick  presso  il  nostro  Governo.  II 
Chefneux]  e  stato  in  Abissinia  per  dodici  anni  ed  ha  saputo  catti- 
varsi  la  fiducia  di  quel  re,  al  quale  specialmente  ha  procacciato  300,000 
fucili.  Egli  ha  fatto  conoscere  al  re  1'indole  dubbia  del  trattato  di 
Uccialli,  che  poscia  Menelick  ha  lacerato  coll'armi  in  pugno.  A  lui  si 
deve  altresi  la  conchiusione  deli'ultimo  trattato  coll'Abissinia,  che  era 
stato  differito  perche  Menelick  aspettava  il  ritorno  dello  Chefneux,  per 
aver  luce  da'  suoi  consigli.  Alquanti  anni  fa,  il  signor  Chefneux  tor- 
nando  qui  da  uno  dei  suoi  viaggi,  reco  al  signor  Carnot  le  insegne  del 
piu  cospicuo  ordine  cavalleresco  dell' Abissinia,  e  in  ricambio  porto  al 
re  Menelick  il  gran  cordone  della  legion  d'onore.  Ottime  dunque  sonor 
merce  sua,  le  relazioni  tra  1'Abissinia  e  la  Francia;  Dio  voglia  che 
questo  giovi  alia  Chiesa,  preservando  1'Abissinia  dall'influenza  sci- 
smatica  della  Russia !  Pare  che  questa  volta  il  signor  Chefneux  si 
occupera  della  costruzione  di  una  ferrovia  da  Gibuti  ad  Entotto.  Me- 
diante  questa  ferrovia  il  commercio  dell'Abissinia  s' incamminerebbe 
da  un  porto  francese;  il  quale  rafforzerebbe  i  legami  fra  le  due  na- 
zioni. 

ROMENIA  (Nostra  Corrispondenza).  1.  Lieto  fine  della  crisi  politico-eccle- 
siastica.  —  2.  Demetrio  Sturdza  si  dimette.  Ministero  Aurelian.  —  3.  Gli 
espedienti  e  la  soluzione.  —  4.  II  nuovo  metropolita.  L'avvenire  delle 
Chiese  balcanicbe.  Giudizii  della  stampa. 

1.  La  crisi  della  Chiesa  autocefala  romena  e  terminata.  II 
precesso  contro  il  Metropolita-Primate  Gennadio  Petrescu  e  stato 
riveduto;  il  Santo  Sinodo,  posto  sotto  la  pressione  d'una  nuova  cor- 
rente  politica,  ha  riconosciuto  di  aver  oltrepassato  i  limiti  della  giu- 
stizia  e  della  legge  ed  ha  ritirato  la.  sua  sentenza ;  il  deposto  metro- 
polita e  stato  riabilitato  ed  e  uscito  bianco  e  candido  come  colomba 


630  CRONACA 

dal  nero  cumulo  di  accuse  che  lo  aveva  colpito.  Ma  pro  bono  pads, 
e  per  facilitare  un  accomodamento  fra  i  parti ti  scossi  ed  irritati, 
Mons.  Gennadio,  contento  della  sua  giustificazione  e  soddisfatto  della 
lauta  pensione  promessagli,  ha  dato  le  sue  dimissioni  e  Monsignor 
Gheorghian,  una  volta  suo  immediato  predecessore,  6  stato  rieletto 
in  sua  vece.  E  cosi  si  e  chiusa  questa  crisi  che  non  si  sa  come  de- 
finire,  ma  che  tiene  del  dramma  e  della  commedia,  ed  6  tale,  nel  suo 
insieme,  da  porre  in  evidenza  la  condizione  avvilita  in  cui  vivono  le 
chiese  cosi  dette  autocefale,  sempre  esposte  alle  vicende  e  ai  capricci 
dei  partiti  politici. 

Come  accennammo  nell'  ultima  corrispondenza,  avremmo  dovuto 
trattare  di  due  documenti  emanati  dal  sospeso  Metropolita,  cioe,  la 
sua  autodifesa,  resa  di  pubblica  ragione,  e  una  seconda  e  piu  estesa 
petizione  diretta  al  re  Carlo  che  lo  aveva  sospeso.  Ma  essendosi 
gli  eventi  succeduti  con  vertiginosa  rapidita  ed  avendo  essi  portato  le 
cose  ad  una  soluzione  compiuta  dell' imbroglio  politico-ecclesiastico, 
quei  documenti  hanno  perduto  ogni  loro  importanza,  ed  e  meglio  in- 
trattenervi  sui  fatti  compiutisi  in  quest' ultimi  tempi,  e  che  sono  stati 
piu  efficaci  di  tutte  le  difese  stampate,  di  tutte  le  apologie  scritte  e 
di  tutte  le  declamazioni  dei  partiti. 

2.  L'agitazione  sollevata  nel  paese  per  la  deposizione  del  Metropo- 
lita Gennadio  e  della  sua  prigionia  nel  convento  di  Chelderusciani, 
le  varie  petizioni  indirizzate  al  re,  i  meetings  promossi  dai  conser- 
vatori,  le  tumultuose  dimostrazioni  di  Bucarest  e  di  Jassi,  e  spe- 
cialmente  quella  della  polizia,  che  con  grossi  randelli  entro  nei  lo- 
cali  stessi  del F  University  e  vi  malmeno  e  feri  gli  studenti,  mentre 
attendevano  alle  lezioni,  spinsero  1'effervescenza  popolare  al  punto 
che  il  re  credette  necessario  ritornare  dalla  sua  villeggiatura  di  Si- 
naia  a  Bucarest  per  intervenire  direttamente  nella  intricata  questione. 

Conseguenza  prima  di  quest'atto  del  Re  fu  la  dimissione  del  capo 
di  gabinetto  sig.  Sturdza.  II  Re  pero,  che  aveva  confermato  con  un 
suo  decreto  la  sospensione  del  Primate,  non  ha  creduto  dover  chia- 
mare  al  potere  i  conservator!  partigiani  di  Mons.  Gennadio  e  gli  altri 
avversarii  del  Santo  Sinodo ;  ma,  appigliandosi  ad  un  mezzo  termine, 
ha  fatto  cadere  la  sua  scelta  sul  liberale  Aurelian  del  partito  dello 
Sturdza. 

II  ministero  era  cambiato,  ma  lo  stesso  partito  rimaneva  al  potere. 
La  situazione  pertanto  era  tale  che  non  lasciava  adito  alia  resistenza.  La 
politica  deile  transazioni  era  necessaria,  e  questa  fu  adottata  dal  nuovo 
presidente  del  Consiglio.  Furono  subito  iniziate  trattative  fra  i  signori 
Aurelian,  Lascar  Catargiu  e  Nicola  Fleva,  onde  giungere  ad  una  so- 
luzione pacifica  della  crisi  ecclesiastica  e  ridonare  la  pace  al  paese. 
Ma  1'ex  ministro  Demetrio  Sturdza  e  il  suo  ex  collega  Eugenio  Sta- 


CONTEMPORANEA  631 

tescu,  si  misero  d'accordo  per  mandare  a  vuoto  i  piani  conciliativi 
del  nuovo  ministero.  Costoro  pretendevano  che  il  nuovo  ministero 
liberale  dovesse  continuare  nella  politica  iniziata,  ovvero  dare  le  sue 
dimissioni  per  lasciare  il  campo  libero  ad  un  partito  non  pregiudi- 
cato,  ad  un  partito,  cioe,  che  non  si  fosse  compromesso  nella  que- 
stione  ecclesiastica,  e  che  potesse,  per  conseguenza,  risolvere  le  diffi- 
colta della  presente  condizione,  senza  mutare  la  condotta  fino  allora 
seguita. 

Se  questo  modo  di  risolvere  la  questione  non  era  accetto,  essi  dice- 
vano,  se  un  partito  liberale  doveva  rimanere  al  potere,  allora  conve- 
niva  rimaner  coerenti  al  programma  comune  e  affrontare  coraggiosa- 
mente  le  conseguenze  della  politica  iniziata  e  degli  atti  importanti  e 
solenni  compiuti  durante  il  governo  di  Demetrio  Sturdza.  Ma,  pur 
troppo,  la  logica  e  la  coerenza  sono  inquilini  molesti  in  un  edificio 
costituzionale,  ed  ingombri  iucomodi  fra  gli  esercizii  d'  equilibrio 
e  d'altalena  d'un  regime  parlamentare.  Essere  positivi,  essere  pra- 
tici,  nel  linguaggio  delle  moderne  costituzioni  equivale  a  saper  tran- 
uigere ;  ed  il  colmo  dell'arte  politica  sta  nel  saper  escogitare  espedienti 
e  combinare  mezzi  termini  per  uscire  dalle  difficolta.  Nel  caso  nostro 
le  difficolta  erano  tanto  grandi  che  sembravano  insuperabili.  Una 
sentenza  del  Santo  Sinodo,  una  condanna,  una  deposizione  gia  eseguita 
dalla  forza  pubblica,  un  Metropolita  trasportato  e  sequestrate  in  un 
monastero  e  tenutovi  come  un  prigioniero  sotto  1'occhio  degli  agenti 
del  Governo,  accuse  pubbliche,  processi,  eccetera.  Che  fare,  come  re- 
golarsi?  Annullare  la  sentenza  del  Santo  Sinodo  sarebbe  stato  umi- 
liare  la  Chiesa  Autocefala  Eomena  nella  sua  piu  alta  rappresentanza. 
Ricorrere,  come  taluni  suggerivano,  al  tribunale  supremo  della  Cas- 
sazione  non  sarebbe  stato  agire  correttamente,  poiche  la  legge  non  e 
chiara  sulla  competenza  della  corte  di  Cassazione  rispetto  alle  sen- 
tenze  del  Santo  Sinodo  in  materia  ecclesiastica.  E  di  piu  in  questo 
modo  non  si  eviterebbe  1'umiliazione  della  Chiesa,  nuovi  risentimenti 
si  produrrebbero  negli  animi  delle  persone  devote,  e  la  pace  religiosa 
ne  sarebbe  sempre  pift  compromessa. 

II  mezzo  migliore,  il  piu  adatto,  insomma  1'espediente  o  mezzo 
termine  piu  opportune  per  rimediare  a  tutto  sarebbe  appunto  che  i 
vescovi  stessi  del  Santo  Sinodo  tornassero  spontaneamente  e  di  buona 
voglia  sulla  loro  decisione,  e  che,  nella  stessa  guisa  onde  trovarono 
materia  per  accusare  e  condannare  il  loro  Metropolita,  trovassero  argo- 
mento  di  giustificarlo.  Una  volta  giustificato  e  riabilitato,  quell'anima 
buona  del  Gennadio,  corroborata  da  una  pensione  governativa  di  mille 
lire  al  mese,  rinuncierebbe  alle  pompe  e  agli  onori  della  Sede  prima- 
ziale,  e  subito  i  grandi  poteri  dello  Stato,  cio&  Senate,  Camera  e 
Sinodo  procederebbero  alia  elezione  del  suo  successore,  gia  bello  e 


632  CRONACA 

pronto  nella  persona  di  Monsignor  Giuseppe  Gheorghian.  Quest! ,  come 
colomba  di  pace,  col  ramo  d'olivo,  occuperebbe  il  seggio  supremo  della 
Chiesa  primaziale  di  Romenia.  Una  nuova  era  di  pace  e  d'armonia 
fra  la  Chiesa  e  lo  Stato  ricomincierebbe  per  la  Romenia,  e  tutti  sa- 
rebbero  contenti,  Sinodo,  Petrescu,  Gheorghian,  conservator!,  liberali, 
Governo  e  Corona. 

3.  Appunto  questo  bel  sogno  si  &  avverato  con  soddisfazione  uni- 
versale.  Ma  chi  principalmente  si  e  reso  benemerito  di  questa  concilia- 
zione,  sia  detto  a  lode  del  vero,  &  il  capo  del  partito  conservatore, 
sig.  Lascar  Catargiu,  il  quale,  senza  porre  condizioni,  senza  mercan- 
teggiare,  si  e  sagriflcato  per  gl'  interessi  supremi  della  patria  ed  ha 
rimmciato  a  tutte  le  pretensioni  di  piu  rigorose  soddisfazioni,  pur 
di  accomodare  la  faccenda. 

Anche  il  Santo  Sinodo  ha  dimostrato  il  suo  grande  amore  per  la 
pace,  piegandosi  a  tutte  le  esigenze  del  caso  e  adattandosi  a  fare 
tutto  cid  che  conservatori  e  liberali,  Governo,  Corona  e  Piazza  chie- 
devano  e  aspettavano  dal  pio  consesso.  II  Santo  Sinodo  stesso  doveva 
riparare  al  male  fatto  affinche  la  riparazione,  che  anche  senza  la  sua 
cooperazione  sarebbesi  compiuta  egualmente,  non  si  facesse  a  danno 
della  sacra  assemblea  episcopale.  E  come  i  membri  del  Santo  Sinodo 
fossero  dalla  pubblica  opinione  consigliati  a  mostrarsi  docili,  e  cor- 
rivi  di  fronte  ai  desiderii  generali  della  cittadinanza,  ce  ne  porge  un 
esempio  1' Independance  Roumaine  la  quale,  nel  suo  numero  del  3  (15) 
decembre  scorso,  dopo  aver  fatto  intendere  che,  bene  o  male,  la  pub- 
blica opinione  trionferebbe  facilmente  di  qualunque  ostilita  dei  Ve- 
scovi,  rivolgeva  i  seguenti  moniti  a  quei  prelati  :  «  II  pentimento  e 
un  sentimento  nobile  che  attrae  il  perdono  e  cancella  molti  peccati  : 
esso  vale  tanto  quanto  la  stessa  innocenza,  come  si  dice ;  in  ogni  modo 
il  pentimento  e  una  guarentigia  contro  nuovi  falli.  Esso  non  umilia 
i  ministri  della  religione  cristiana,  di  questa  religione  che  insegna  il 
perdono  e  predica  1'amore.  »  Quale  anima  potrebbe  resistere  a  siffatti 
dolci  evangelici  inviti?  E  tanto  meno  quella  dei  membri  della  su- 
prema  assemblea  dei  Vescovi  della  Chiesa  autocefala  romena  poteva 
rimanere  insensibile  a  siffatte  amorevoli  per  quanto  laiche  paternali. 

Ed  invero  il  Santo  Sinodo  non  ha  opposto  difficolta  alia  revisione 
desiderata,  si  6  prestato  e  piegato  a  tutto  con  una  docilita  ed  una 
buona  volonta  che  sembravano  incredibili  a  chi  conosceva  1'  ardente 
zelo  con  cui  il  sacro  consesso  aveva  giudicato,  condannato  ed  espulso 
il  metropolita  Gennadio,  come  indegno  di  presiedere  al  governo  della 
santa  Chiesa  autocefala  romena.  Anche  la  Vointxa  Natzionale,  organo 
ostilissirno  al  Primate,  e  che  questi  aveva  querelato  per  accuse  ca- 
lunniose,  ha  fatto  pubblica  ammenda  delle  sue  diffamazioni,  e  mons. 
Gennadio,  ritirando  la  sua  querela,  gli  ha  concesso  il  suo  perdono. 


CONTBMPORANEA  633 

II  ministro  dell'  Interne,  Basilio  Lascar,  comunicava  a  tutti  i  Pre- 
fetti  delle  province  di  Romenia  la  notizia  della  composizione  del  gran 
dissidio  politico  ecclesiastico  col  seguente  dispaccio  circolare  che 
riassuine  in  termini  concisi  i  fasti  della  pace  conchiusa :  «  La  que- 
stione  metropolitan  e  stata  risoluta  tranquillamente  e  all 'amiche  vole. 

11  Santo  Sinodo,  nella  seduta  di  ieri  4  (16)  decembre,  ha  ritirato  ad 
unanimita  di  voti  la  sentenza  pronunciata  il  20  maggio  (16  giugno)  1896 
contro  il  metropolita  Gennadio.  II  Consiglio  d'accusa  della  Corte  d'ap- 
pello  di  Bucarest  ha  annullato  1'  ordinanza  del  giudice  istruttore  del 

12  (24)  novembre  1896.  La  sospensione  del  metropolita  Gennadio  dalla 
Sede  metropolitana  e  stata  tolta.   II  metropolita  ha  rassegnato  le  sue 
dimissioni,  le  quali  sono  state  accettate.  La  tranquillita  e  la  soddis- 
fazione  sono  generali  nella  capitale.  » 

4.  Oravi  dovrei  parlaredell'elezionedel  nuovo  Metropolita  di  Romenia 
Giuseppe  Gheorghian,  avvenuta  il  6  (18)  decembre  scorso.  Basti  il  dirvi 
che  il  corpo  elettorale,  cui  appartiene  la  nomina  del  capo  della  Chiesa 
romena,  era  composto  di  13  prelati,  80  senatori  e  133  deputati.  Da 
cio  chiaro  apparisce  come  il  supremo  potere  ecclesiastico  non  sia  se  non 
una  emanazione  del  potere  politico  e  secolare.  Ma  in  Romenia  credono 
che  cio  va  bene,  e,  possiamo  aggiungere,  continuera  ad  andar  bene 
fino  a  tanto  che  la  dipendenza  servile  e  la  vacuita  d'un  tale  ordina- 
mento  ecclesiastico,  di  cui  si  sono  avute  prove  cosi  manifeste  e  cosi 
chiara  esperienza  nelle  ultime  vicende  ecclesiastiche,  non  risveglino 
nei  cuori  veramente  cristiani  il  senso  della  liberta  di  quella  Chiesa 
che  il  Divino  Fondatore  istitui  indipendente  dai  parlamenti  e  dai 
principati  della  terra. 

Vi  dovrei  pure  parlare  dell'  investitura  solenne  data  dai  nostro  re 
Carlo  al  nuovo  Metropolita,  dei  discorsi  scambiatisi  e  delle  ceremonie 
sacre  compiute  in  quest'occasione.  Ma  si  tratta  di  un  re  cattolico  ed 
e  una  dolorosa  triste  impressione  quella  che  si  prova  nel  vederlo  ese- 
guire  siffatta  parte.  Meglio  tacere.  La  dissoluzione  delle  Chiese  bal- 
caniche,  tutte  infeudate  alia  politica  locale  di  questi  piccoli  Stati 
fino  a  perdere  1'esistenza  distinta  e  indipendente  d'  istituzioni  sacre ; 
la  confusione  e  1'anarchia  regnanti  nel  patriarcato  greco  di  Costan- 
tinopoli,  1'  unico  vincolo  tradizionale  e  storico  che,  in  certo  modo, 
rawicinava  quelle  chiese  fra  loro,  aifretteranno  certamente  1'ora 
provvidenziale  del  ritorno  delle  Chiese  balcaniche  alia  unita.  Disgra- 
ziatamente  i  sovrani  ed  i  principi  cattolici,  che  1'elezione  libera  ha 
chiamato  a  reggere  la  Romenia  e  la  Bulgaria,  e  che  avrebbero  po- 
tuto  tanto  agevolare  i  disegni  della  Provvidenza  in  quelle  regioni, 
non  hanno  avuto  il  sentimento  della  grande  missions  che  avrebbe 
potuto  costituire  1'onore  e  la  gloria  dei  loro  principati. 

Tornando  allo  speciale  nostro    argomento,    aggiungeremo  che   i 


634  CRONACA 

comment!  dei  nostri  principal!  giornali  per  1'esito  felice  della  crisi 
ecclesiastica  romena  giungono  al  j>iu  alto  lirismo  della  gioia  e 
dell'esultanza.  Le  dimissioni  di  Mons.  Gennadio,  che  hanno  tolto 
il  Qoverno  da  un  grave  impaccio,  sono  considerate  come  un'atto 
addirittura  eroico,  inagnanimo,  come  prova  di  un  virtuoso  e  santo 
disprezzo  dell'ex  Metropolita  per  la  gloria  e  gli  onori  del  mondo.  Di- 
cono  che  costui  e  uscito  come  un  gigante  dalla  prova  della  tribola- 
zione,  che  il  suo  nome  rimarra  scritto  in  lettere  d'oro  negli  annali 
della  Chiesa,  e  ch'egli  sara  collocato  fra  i  suoi  piu  grandi  luminari 
per  1'edificazione  del  popolo  cristiano.  La  soddisfazione  poi  avuta  dalla 
pubblica  opinione,  la  quale  aveva  preso  le  parti  del  deposto  Primate, 
£  considerata,  non  ostante  i  meschini  e  ridicoli  espedienti  cui  il  Go- 
verno,  i  partiti  e  1'episcopato  hanno  ricorso,  come  un  vero  e  proprio 
triottfo  spirituale  della  Chiesa,  contro  le  aggression!  del  potere  mate- 
riale  della  forza. 

Ed  a  questo  proposito,  non  sappiamo  con  quale  e  quanto  criterio 
storico,  la  stampa  pretende  paragonare  1'esito  delle  recent!  avventure 
serio-comiche  della  Chiesa  romena,  con  i  grandi  esempii  di  resi- 
stenza  apostolica  di  San  Tommaso  da  Cantorbery  contro  Enrico  II 
d'  Inghilterra,  di  Bonifacio  VIII  contro  Filippo  il  Bello  ed  i  suoi 
emissarii,  del  Patriarca  di  Costantinopoli  S.  Ignazio  contro  1'Impera- 
tore  Michele  III  Yubbriaco,  ed  anche  di  Pio  VII  contro  Napoleone  I ; 
e  cio  per  dimostrare  che  la  violenza  non  puo  nulla  contro  la  Chiesa, 
la  quale  si  appoggia  nella  fede  del  popolo.  Lodevoli  sentimenti, 
nobili  esempi,  ma  che  non  hanno  nulla  a  che  fare  con  i  casi  recent! 
e  le  peripezie  piuttosto  comiche  della  Chiesa  autocefala  romena  !  La 
esultanza  dei  nostri  giornali  deve  essere  straordinaria  invero  se  giunge 
ad  ingrandire  la  scena  di  questa  recente  commedia  dal  lieto  fine, 
fino  alle  proporzioni  di  quei  grandi  fatti  e  di  quei  veri  eroi  della 
Chiesa  Cattolica,  Apostolica,  Romana. 

IV. 
COSE  VAR1E 

I.  Dimostrazioni  e  feste  a  Praga  e  a  Trieste.  —  2.  Gli  studii  femminili  in 
Austria.  —  3.  1  Missionarii  del  lavoro.  —  4.  L'avvenire  dell'elettricita. 
—  5.  II  Niagara  domato.  —  6.  II  movimento  cattolico  nell'Archidiocesi 
di  Fermo.  —  7.  I  Minori  Osservanti.  custodi  di  Terra  Santa.  —  8.  Sta- 
tistica  elettorale. 

1.  Dimostrazioni  e  feste  a  Praga  ed  a  Trieste.  A  Praga,  in  seguito 
al  raccostamento  avvenuto  fra  il  Baden!  ed  i  Giovani  Czech!,  quest! 
lasciarono  cadere  il  borgomastro  (sindaco  cittadino)  appartenente  alia 


CONTEMPORANEA  635 

frazione  estrema  del  loro  parti  to,  per  fare  posto  ad  un  moderate.  Cosi, 
come  scrive  il  nostro  corrispondente,  non  ci  sara  pericolo,  che  rin- 
novisi  la  scena  scandalosa  della  passata  primavera,  quando  in  una 
tornata  del  Consiglio  municipale  i  neoussiti  si  opposero,  sebbene 
indarno,  alia  restituzione  della  celebre  statua  di  S.  Ignazio  sul  ponte 
di  S.  Carlo,  restaurato  dopo  Ja  sua  caduta  di  cinque  anni  fa.  A 
rifarsi  di  tale  sconfitta  i  neoussiti  aprirono  a  Praga  una  sottoscri- 
zione,  per  erigere  un  monumento  a  Giovanni  Huss  ;  e  si  il  Mu- 
nicipio  come  il  Governo  accordarono  il  permesso,  che  il  monumento 
dell'  eresiarca  sorgesse  sul  piccolo  «  Ring  »  della  metropoli  boema  ! 
A  Trieste,  il  20  del  passato  settembre  si  festeggid,  con  pompa 
straordinaria,  e  coll'  intervento  dell'Arcivescovo  di  Gorizia  e  di  quat- 
tro  Yescovi  provinciali,  1'  incoronazione  della  Madonna  dei  dolori,  il 
culto  della  quale  e  profondamente  radicato  nei  cuori  del  popolo  trie- 
stino.  La  cricca  giudaico-liberale  spadroneggiante  in  quel  Municipio 
vide  una  dimostrazione  antiitaliana  nella  scelta  del  giorno  20,  anni- 
versario  della  breccia  di  porta  Pia,  sebbene  fosse  il  giorno  in  cui  ca- 
deva  di  fatto  la  festa  di  Maria  Addolorata.  E  per  questo  motive,  non 
solamente  il  Municipio  rifiutd  di  associarsi  ad  una  festa,  cui  parte- 
cipava  si  pud  dire  tutta  la  popolazione,  ma  tento,  senza  pero  riu- 
scirvi,  di  far  proibire  la  processione  dal  Governo,  col  pretesto  del 
pericolo  di  gravi  conflitti. 

2.  Gli  studii  femminili  in  Austria.  Nella  discussione  del  bilancio 
delPistruzione  il  ministro  Gautsch,  intrattenendosi  a  lungo  sulla  que- 
stione  degli  studii  femminili,  rammento  con  compiacenza  le  ordinanze 
da  lui  emesse  1'anno  scorso,  in  forza  delle  quali  anche  le  donne  pos- 
sono  dare  gli  esami  di  maturita  dinanzi  a  speciali  Commissioni,  e  far 
convalidare  per  1'interno  i  diplomi  di  dottoressa,  rilasciati   da  Uni- 
versita  estere.  Promise  di  sciogliere  quanto  prima  anche  la  questione 
dell'ammissione  di  donne  ai  corsi  regolari  delle  Universita  austriache, 
facendb  largo  nell'Universita  anche  alle  signorine,  le  quali  senza  aver 
ottenuto  il  diploma  di  maturita,  hanno  pero  frequentato  qualche  altra 
scuola  superiore,  p.  e.  le  scuole  magistral!.  Ed  altre  belle  promesse  fece 
ancora  per  1'istruzione  superiore  delle  donne,  tutte  di  grande  conforto 
per  1'avvenire  di  quel  proletariate  scientifico,  che  va  di  anno  in  anno 
ingrossando  le  sue  file  con  una  truppa  di  giovani  studenti,  aspiranti 
invano  ad  un   posto  qualunque  da  guadagnarsi  il  pane.  Sic  itur  ad 
astra  ! 

3.  /  Missionarii  del  lavoro.  Con  tale  titolo  si  6  fondata  non  ha  molto 
a  Tarbes  ne'Pirenei  una  societa  di  preti,  i  quali,  rinunziando  alia  cura 
d'anime  nelle  parrocchie,  col  consenso  del  vescovo  si  consacrano  esclu- 
sivamente  alle  opere  sociali.  L'abate  Enrico  Fontan  n'ebbe  1'idea  fin 
dal  1893  e  dopo  un  anno  la  vide  ridotta  alia  pratica.  E  i  mezzi  pecu- 


636  CRONACA 

niarii  per  promuovere  le  opere?  Cosa  facile  !  Esse  si  chiamano  Oeuvres 
sodales  de  Saint -Antoine  de  Padoue,  e  la  statua  del  Santo  Protettore 
sta  la  in  un  piccolo  oratorio  all'ingresso  della  casa  de'  Missionarii.  La 
gente  che  va  e  viene,  si  ferma  a  pregare,  riceve  grazie  dal  S.  Tau- 
inaturgo  e  lascia  elemosine  sapendo  che  andranno  tutte  impiegate  nelle 
opere  sociali  a  bene  del  popolo. 

Fra  queste  la  piu  importante  e  il  Sindicato  agricolo  pireneo,  cosa 
assolutamente  perfetta  nel  suo  genere,  come  1'ebbe  a  dichiarare  il 
sig.  Bord  al  Congresso  eattolico  di  Bordeaux.  Vi  sono  ottanta  agenti 

0  sindici  in  tutto  il  dipartimento,  che  provvedono  agli  aftari  do'  con- 
tadini  e  stanno  sotto  la  direzione  de'  Missionarii ;  questi  ne'  giorni  di 
fiera  si  recano  or  qua  or  la,  presiedono  all'officio  e  si  mettono  cosi  a 
diretto  contatto  de'  contadini.  Hanno  di  piu  fondato  un  gran  numero 
di  Casse  rural!  secondo  il  sistema  Raiffeisen,  unite  tra  loro  per  mezzo 
di  una  Cassa   centrale   a  tine  di   facilitare  i  prestiti.  II  bene  che  ne 
ottengono  i  contadini  e  irnmenso.  Nel  piccolo  villaggio  di  Sabalos  la 
c-assa  rurale  non  ha  che  17  socii,  perche  solo  17  sono  le  famiglie  del 
luogo,  e  nondimeno  ha  gia  toccato  in  operax-ioni  la  cifra  di  20,000  franchi. 

Oltre  il  sindicato  agricolo  e  le  Casse  rurali,  la  Societa  de'  Missio- 
narii creo  pure  il  Sindicato  comunale  per  I'industria  agricola ;  cioe  le 
Casse  rurali  danno  i  fondi  necessarii  per  1'acquisto  delle  macchine 
agricole  piu  perfezionate,  le  quali  poi  servono  a  tutti  i  socii  del  sin- 
dicato. 

Siccome  poi  il  paese  non  &  soltanto  agricolo,  ma  in  parte  indu- 
striale,  i  Missionarii  del  lavoro  fondarono  Casse  operaie  ad  imitazione 
delle  Casse  rurali  Raiffeisen.  L'esperimento  riusci  benissimo. 

Per  ultimo  i  Missionarii  hanno  aperto  a  Tarbes  un  circolo  di  studii 
sociali  a  comodo  del  clero.  Quivi  i  preti  si  raccolgono  insieme  a  con- 
ferenza,  e  poich&  in  Francia  tutto  si  fa  a  maniera  di  opera,  hanno  a 
loro  sussidio  due  opere  eccellenti :  YOeuvre  des  Revues  e  1'  Oeuvres  des 
Livrzs,  con  le  quali,  senza  spendere  un  soldo,  si  trovano  associatr  a  tutti 

1  principal!  periodic!  e  ricevono  tutte  le  piu  important!  opere  ch'escono 
dalla  penna  degli  scrittori  cattolici. 

Questi  sono  i  mezzi  che  la  nuova  Congregazione  adopera,  ma  il 
fine  suo  e  1'Apostolato  del  Vangelo,  cio&  condurre  a  Dio  le  anime  e 
risanare  le  profonde  piaghe  che  logorano  la  societa  presente  per  avere 
abbandona'to  Iddio,  le  sante  massime  della  fede  e  la  pratica  della  cri- 
stiana  virtu. 

Tanto  abbiamo  raccolto  dalla  Democratie  chretienne  dell'ottobre  1896, 
che  consacra  ai  Missionarii  del  lavoro  uno  studio  accurate  ed  importante. 

4.  L'awenire  dell' elettridtd.  II  noto  inventore  americano  Edison  ha 
conferito  con  il  corrispondente  di  New  York  del  Daily  Telegraph  sullo 
stato  e  sui  progress!  della  tecnica  elettrica;  ed  &  assai  interessante 


CONTEMPORANEA  637 

di  conoscere  quel  che  ne  pensa  il  grande  inventore.  Naturalmente, 
1'animoso  yankee  attende  ancora  grand!  cose  dalla  elettricita,  special  - 
mente  se,  esaurite  una  volta  le  grand!  miniere  di  carbon  fossile,  si 
dovra  cercare  altre  sorgenti  di  forza  motrice.  Edison  giudica  attuabile 
1'idea  proposta  da  Giovanni  Erickson,  di  trasformare  in  tanta  forza 
motrice  il  calore  del  sole  nei  paesi  tropicali;  secondo  lui,  gli  specchi 
solari  parabolici  potrebbero  produrre  in  quelle  regioni  un' accumula- 
zione  straordinaria  di  calore  che  poi  dovrebbe  servire  per  un'analoga 
accumulazione  di  elettricita.  Sembra  che  in  genere  Edison  consideri 
il  perfezionamento  degli  accumulated  elettrici  come  una  condizione 
necessaria  per  il  progresso  delle  varie  applicazioni  della  elettricita  : 
raggiunto  quel  perfezionamento,  sara  sicura  e  generale  la  vittoria  della 
elettricita  sul  gaz  e  sul  vapore: 

Edison  ha  minor  fiducia  nell'applicazione  dell'altro  progetto  di 
trasformare  in  elettricita  la  forza  prodotta  dal  flusso  e  riflusso  della 
marea  :  egli  dice  esser  cio  praticabile  ne'  paesi  ove  la  marea  e  alta ; 
ma  dove  essa  non  si  alza  oltre  i  cinque  piedi,  1'applicazione  coste- 
rebbe  troppo :  questo  e  il  criterio  fondamentale  per  trattare  il  pro- 
bleraa.  In  simil  guisa,  egli  dice,  van  considerati  i  progetti  per  uti- 
lizzare  la  forza  che  si  sviluppa  dalle  cascate  e  dal  corso  dei  fiumi ; 
se  la  forza  non  e  considerevole,  non  si  ha  il  tornaconto  di  ten  tame 
1'applicazione  alia  elettricita  :  ed  egli  adduce  in  esempio  la  cascata 
del  Niagara  la  quale,  nonostante  1'altezza  di  quella,  e  stata  con  grave 
dimcolta,  applicata  dalle  perfezionate  macchine  moderne.  Per  questo 
si  fa  sempre  piu  urgente  il  bisogno  di  migliorare  ancora  le  macchine 
stesse,  specialmente  riguardo  alia  perfetta  combustion'e  della  materia 
a  cio  destinata. 

Quanto  alia  forza  del  vento,  Edison  e  sicuro  ch'essa  potrebbe  di- 
ventare  una  buona  sorgente  di  elettricita  nei  paesi  ove  tirano  i  venti 
monsoni  per  un  considerevole  spazio  dell'anno.  Molini  a  vento  per 
produrre  elettricita  vennero  costrutti  nell'Jowa  e  nei  Dakata  (Stati 
Uniti)  dove  un  vento  forte  spira  per  piu  di  una  meta  dell'anno  :  meno 
vantaggioso  riuscirebbe  il  tentative  nelle  nostre  latitudini  ove  troppo 
spesso  cambia  la  ventilazione. 

Edison  dubita  che  possa  riuscire  il  tentative  di  adoprare  per  la 
elettricita  il  calore  dell'  interno  del  nostro  globo  :  per  ora  non  c'e  da 
nutrire  molta  speranza.  Qua  e  la  si  adoperano  per  sviluppare  le  elet- 
tricita le  sorgenti  termali,  come  si  e  fatto  a  Yellowstone  e  nella  Flo- 
rida (Stati  Uniti)  dove  un  pozzo  artesiano  produce  la  forza  bastante 
per  due  deposit!  elettrici. 

Interrogate  poi  sui  tentativi  per  inventare  una  macchina  che 
servisse  a  volare,  Edison  ha  risposto  ch'egli  crede  possibile  di  riu- 
scirvi,  purche  si  riesca  ad  ottenere  la  elettricita  direttamente  dalla 


638  CRONACA 

combustione  del  carbon  fossile,  e  quindi  senza  la  macchina  a  vapore : 
egli  aggiunse  di  aver  fatto  degli  esperimenti  in  questo  senso,  ma  flnora 
senza  risultato. 

5.  //  Niagara  domato.  Buffalo,  1' industriosa  citta  americana,  capo- 
luogo  della  contea  d'Erie  (Stato  di  Nuova  York)  spera  di  diventare 
la  prima  citta  degli  Stati  Uniti.  Fra  un  decennio  ella  che  oggi  conta 
300  mila  abitanti,  conftda  di  poter  raggiungere  il  milione  e  mezzo  di 
che  si  vanta  Chicago;  allora  Buffalo,  la  regina  dei  laghi,  non  sara  piu 
a  mezzogiorno  del  lago  Michigan,  ma  a  cavaliere  sui  due  grandi  laghi 
Ontario  ed  Erie :  tutto  questu  perche  si  e  alfine  riusciti  a  domare  il 
terribile  Niagara. 

Resa  docile,  la  immensa  cascata  lascia  finalmente  sfruttare  la  sua 
forza  gigantesca  della  quale  la  citta  di  Buffalo  e  stata  la  prima  ad 
approfittare.  Una  dopo  1'altra,  le  sue  grandi  Compagnie  dei  tram  si 
sono  associate  alia  nuova  Societd  idraulica  del  Niagara,  rendendo  me- 
ravigliosamente  rapido,  esatto  ed  a  buon  mercato  il  servizio  di  circo- 
lazione.  La  dove  si  spendeva  il  70  od  il  75  per  100  delle  entrate 
per  mantenere  il  servizio  delle  linee,  senza  riuscire  ad  accontentare 
il  pubblico,  oggi  basta  il  40  od  il  45  per  100;  il  numero  delle  vet- 
ture  del  tram  e  diminuito,  ma  le  corse  sono  piu  frequenti  perche  assai 
piu  rapide;  dalla  qual  cosa  e  derivato  un  importantissimo  vantaggio 
economico  ed  igienico,  imperocch&  i  sobborghi  distanti  un  quarto 
d'ora  dalla  citta,  merc&  quelle  corse  rapide  ed  a  buon  mercato,  hanno, 
per  cosi  dire,  perduto  il  disagio  e  il  perditempo  della  distanza :  ed 
oggi  essi  possono  considerarsi  come  una  parte  della  citta  estenden- 
tesi  tutto  all'  intorno  per  uno  spazio  di  dieci  chilometri :  in  tal  guisa 
la  popolazione  pud  godersi  1'aria  aperta  dei  sobborghi,  ea  i  proprie- 
tarii  di  quei  terreni  fanno  adesso  affari  d'oro. 

Buffalo  ha  luce  elettrica  ottenuta  con  la  cascata  del  Niagara ;  ed 
il  municipio  ha  potuto  ottenere  un  eccellente  servizio  d' illuminazione 
ad  un  prezzo  assai  basso.  La  forza  motrice  si  distribuisce  a  domicilio 
in  quantita,  grande  o  piccola,  secondo  il  bisogno  de'  committenti ;  ed 
intanto  la  grande  e  fiorente  industria  che  si  svolge  attorno  alia  ca- 
scata, producendo  il  carburo  di  calcio  per  1'acetilene  e  1'alluminio 
per  la  nuova  metallurgia,  finira  col  raggiungere  la  citta  vicina.  Percio 
tutti  sperano  in  un-  sempre  piu  florido  avvenire;  ed  il  passato  ed  il 
presente  incoraggiano  queste  speranze :  di  gia,  Buffalo  e  diventato  un 
centro  commerciale  di  prim'ordine  e,  come  dicono,  la  chiave  dei  grandi 
laghi :  tutto  ci6  che  entra  nelle  loro  acque,  deve  pagare  il  tribute  — 
d'altronde  assai  leggero  —  alia  guard  iana  degli  sbocchi  commercial! 
di  quei  laghi.  Infatti  presso  di  lei  si  attacca  il  canale  dell'  Erie 
che  correndo  a  levante  raggiunge,  dopo  molte  chiuse,  1'  immensa  baia 
d'Hudson :  opera  gigantesca  che  per  un  terzo  di  secolo  tenne  in  agi- 


CONTEMPORANEA  639 

tazione  gli  animi,  ed  alia  quale  le  ferrovie,  sopravvenute  all'indo- 
mani  della  sua  inaugurazione,  poterono  diminuire  1'  importanza,  ma 
non  toglierla ;  e  tuttora  il  canale  rende  grand!  servizii,  non  ultimo 
quello  di  porre  un  freno  alle  pretese  delle  societa  ferroviarie  che  deb- 
bono  limitarle  per  non  veder  preferita  dal  commercio  la  via  del  ca- 
nale alia  via  f errata. 

6.  II  movimento  cattolico  nett'  Archidiocesi  di  Fermo.  L'archidiocesi 
-di  Fermo  e  a  tal  punto  nel  risveglio  cattolico  di  questi  ultimi  tempi 
da  non  vergognarsi  ornai  di  stare  a  fronte  delle  Diocesi  piu  attive, 
sia  per  le  opere  cattoliche  che  gia  in  essa  si  ammirano  fiorenti,  sia 
pel  presentimento  deH'ottima  riuscita  di  quelle  cui  si  sta  ponendo 
mano  con  tutta  energia. 

Di  cio  mena  il  vanto  principale  il  periodico  fermano  «  La  Voce 
delle  Marche  »  che,  sorta  per  impulse  e  cogli  auspicii  dell'Episcopato 
Marchigiano  unito  a  Fermo  in  congresso  nel  novembre  1891,  vive  da 
sei  anni  vita  prospera  diffondendo  in  tutta  la  regione,  ma  in  ispecie 
nella  vasta  Archidiocesi,  i  primi  semi  che  ora  producono  frutti  ab- 
bondanti. 

Non  sono  poche  le  Societa  ed  i  Circoli  cattolici  costituitisi  in  varii 
punti ;  e  nella  stessa  Fermo  la  gia  esistente  Societa  Operaia  Catto- 
lica  S.  daetano  ha  preso  uno  svolgimento  tutto  acconcio  ai  tempi  che 
<jorrono,  mentre  nella  vicina  citta  di  Pausola  il  Circolo  Operaio  S.  Pietro 
ha  aperto  un  opificio  di  calzoleria  assai  importante. 

Ma  cio  che  spinge  i  cattolici  a  un'azione  fervida  e  ripromettente. 
•e  stata  la  recente  costituzione  del  Comitato  Diocesano  dell' Opera  del 
•Congressi  e  Comitati  cattolici  in  Italia,  sorto  cogli  auspicii  dello  ze- 
lantissimo  Arcivescovo  Mons.  Roberto  Papiri :  poiche  subito  si  e  dato 
mano  con  buon  esito  alia  costituzione  dei  Comitati  parrocchiali  e  della 
Sezione-Giovani  che  sta  organizzando  un  Circolo  della  gioventu  cat- 
tolica  e  le  scuole  di  religione,  mentre  d'altra  parte  si  lavora  nell'edu- 
care  i  figli  del  popolo  colla  Scuola  degli  Artigianelli  immedesimata 
nell'Oratorio  Festivo. 

Ne  in  questo  salutare  risveglio  vien  trascurata  la  parte  economical 
poiche  da  oltre  otto  mesi  agisce  in  Fermo  una  Banca  Popolare  Cat- 
tolica  con  un  crescendo  veramente  ammirabile :  le  prime  due  Casse 
Rurali  sorte  nelle  Marche  fioriscouo  appunto  nell'  Archidiocesi  di 
Fermo,  colla  sicurezza  di  possederne  in  breve  delle  altre  trattenute 
ancora  da  non  lievi  difficolta:  la  Tipografia  E.  Mucci,  puramente  cat- 
tolica,  e  omai  divenuto  uno  stabilimento  importantissimo  sia  pel  nu- 
mero  degli  operai,  sia  per  i  lavori  che  eseguisce  :  finalmente  il  co- 
stituirsi  dell'Unione  Cattolica-Agricola  del  Piceno  a  Fermo,  dal  IY° 
Oongresso  Cattolico  regionale,  recentemente  tenuto  in  Ancona,  dichia- 
rata  Sezione  del  Comitato  Regionale,  addimostra  la  diligenza  che  hanno 


640  CRONACA   CONTEMPORANEA 

qnei  bravi  cattolici  nel  cooperare  anche  per  il  miglioramento  eeono- 
mico  del  paese. 

7.  1  Minori   Osservanti,   custodi  di  Terra  Santa.  I  Religiosi,   che 
compongono  attualmente  la  Custodia  di  Terra  Santa  sono  in  numero 
di  442,  cioe:  Sacerdoti  186,   Chierici  professi  28,  Chierici  novizi  4, 
Laici  professi  169,  Laici  novizi  7,  Terziarii  35,  Postulanti  13.  —  Essi 
appartengono  a  tutte  le  nazioni  del  mondo,  e  nella  S.  Custodia  dimo- 
rano  in  49  luoghi.  I  limiti  estremi  della  Custodia  di  Terra  Santa  sono 
Costantinopoli  e  Porto  Tewzik  sul  golfo  del  Mar  Rosso ;  e  coinprende 
1'Egitto,  la  Giudea,  la  Galilea,  la.  Fenicia,   la  Siria,   1'Armenia,  la 
Tracia  e  Pisola  di  Cipro.  L'attuale  Custode  6  il  Rev. mo  P.  Aurelio 
da  Buia  dell'Oss.  Provincia  veneta. 

8.  Statistica  elettorale.    E   tolta  dall'ultima  pubblicazione  fatta  in 
questi    giorni   dalla  Direzione   Generale    della    Statistica  del  Regno 
d'  Italia. 


4>         §C 

Xnmero  degli  elet- 
tori  politic!  con 

Namero  degli  elet- 
tori  amraini- 

Elettori  che  presero 
parte  allc  eleziuni 

o  _" 

diritto  al  voto 

strativi 

del  1895 

Coiupartimenti 

11=3 

•3              S£  '•= 

—  £—   ' 

S'ra 

^F"  —  '^"^  i 

£S" 

—  -     a 

— 

S 

is          'i'l 

"3 

~^                      t=t-  «s 

2 

M.-S 

a-i                -e  to 

Piemonte 

3,307,532 

345,783        10.45 

492,772 

14.90 

198,205         315,874 

Lignria 

970,634 

105,678  ,      10.89 

140,663 

14.49 

49,048   ,        79,681 

Lombardia 

4,007,355 

36K.963          9.08 

481,116 

12.01 

180,485         296,093 

Veneto 

3,061,167 

234,314  (       7.65 

299,377 

9.78 

108,104         176,235  ' 

Emilia 

2,283,228 

160,511          7.03 

204,968 

8.97 

»3,141         113,767 

Toscana 

2,303,224 

196,989          8.55 

238,277 

10.35 

118,295         143,181 

Marche 

971,340 

66,724  i.       6.87 

83,354 

8.58 

40,219           49.279  ; 

Umbria 

602,634 

51,736  |       8.58 

60,451 

10.08 

30,464           36,585 

Roma 

1,010,933 

62,831   .        6.22 

88.490 

8.75 

38,740  ;        54,917 

Abruzzi  e  Molise 

1,379,559 

73,333          5.32 

94,762 

6.87 

50,286           65,193 

Campania 

3,111,645 

156,809          5.04 

1!»8,580 

6.38 

111,456  i      141.271 

Puglie 

1,835,100 

95,13t! 

5.18 

115,754 

6.31 

67,085           78,256 

Basilicata 

545,034 

21,4.r,7 

3.94 

28,725 

5.27 

13,875           20.148 

Calabrie 

1,832,521 

65,198 

4.89 

89,248 

6.70 

44,977   i        58,696 

Sicilia 

3,444,394 

127,754 

3.71 

153,722 

4.46 

87,135   ;      103,521 

Sardegna 

746,307 

30,938 

4.15 

44,659   , 

5.98 

19,851   j        29,433 

Begno 

30,912,607 

2,159,214 

6.98 

2,814,918  i 

I 

9.11 

1,251,366      1,762,081 

L'EUROPA 

E   LA    QUESTIONE    DI    CANDIA 


I. 


I  fatti  delP  isola  di  Greta  diedero  pienamente  ragione,  nel 
febbraio,  a  quello  che  noi  dicevamo  nel  primo  quaderno  del 
gennaio  di  quest'anno. 

In  un  articolo  intitolato:  YEuropa  al  principio  del  1897, 
dicevamo  che  da  un  momento  all'altro  potrebbe  scoppiare  una 
guerra  terribile,  ed  era  un  fatto  diraostrato  che  la  triplice 
e  la  duplice  «  non  sono  solido  baluardo  di  pace  *  ».  Orbene 
ecco,  per  1'  insurrezione  dei  cristiani  di  Greta  contro  il  domi- 
nio  turchesco,  divenuto  in  questi  ultimi  tempi  intollerabile,  le 
sei  Potenze  principali  d'Europa  raccolte  nelle  acque  di  quel- 
1' isola,  bombardare  il  campo  cristiano  di  Akrotiri,  dichiaran- 
dosi  costrette  a  tanta  crudelta  dalla  necessity  di  prevenire 
una  conflagrazione  europea,  diversamente  inevitabile.  Altri  ag- 
giungono,  che  vi  eran  tenute  in  virtu  dei  trattati,  onde  avevano 
guarantita  la  integrita  territoriale  dell'  Impero  ottomano.  Ad 
ogni  modo,  quale  conferma  delle  nostre  considerazioni,  pronta 
e  senza  replica ! 

Noi  riflettevamo  in  quell'articolo,  che  gli  interessi  diversi 
ed  opposti  tolgono  ad  entrambi  i  gruppi  d'alleanze  ogni  omo- 
geneita  e  quindi  ogni  stabilita,  spingendo  ciascuno  degli  al- 
leati  a  cercare  nell'altro  gruppo  quelle  guarentige  che  non 
trova  nel  proprio.  Or  cio  appunto  e  venuto  a  dimostrarsi  con 


1  y«di  la  Civilta  Cattolica,  Quaderno  1117,  pagg.  10-11. 
Serie  XVI,  vol.  IX,  fuse.  1122.  41  9  ma*-zo  1S97. 


(542  L' EUROPA 

chiarezza  meridiana,  per  gli  eventi  cretesi  o  candiotti ;  giacche, 
a  cagione  appunto  di  quella  differenza  e  contrariety  d'inte- 
ressi,  il  famoso  assetto  delle  alleanze,  vantato  per  incrollabile, 
fu  in  vista  di  tutti  ad  un  pelo  di  sfasciarsi;  116  ora,  mentre 
scriviamo,  puo  tuttavia  affermarsi  con  piena  sicurezza  che  il 
pericolo  ne  sia  di  molto  allontanato. 

La  Germania,  gi£  perno  della  triplice,  essendo  meno  di 
tutte  le  altre  grandi  Potenze  impegnata  nelle  cose  d'Oriente, 
lancio  la  proposta  del  blocco  del  Pireo,  che  avrebbe  assolu- 
tamente  impedita  ogni  azione  della  Grecia  in  Candia.  Ma  trovo 
dispostissime  a  secondarla  la  Russia  e  1'Austria,  non  F  Inghil- 
terra,  che,  per  la  sua  preponderanza  nel  Mediterraneo,  mal 
•offre  in  esso  degli  incoramodi  competitor!;  e  per  la  comu- 
nione  dei  vantaggi  e  la  speranza  di  rincalzi  marittimi,  alFIn- 
ghilterra  si  affretto  di  aderire  F  Italia,  rimanendo  la  Francia 
incerta  tra  le  sue  mire  particolari  ed  il  pericolo  d'  essere 
separata  dalla  Russia.  In  questa  occasione  apparve  piii  che 
mai  il  contrasto  tra  gli  interessi  francesi  ed  i  russi,  nella  que- 
stione  della  Turchia  :  onde  il  raffreddamento,  gik  prima  a  qual- 
che  sintomo  manifestatosi  tra  i  due  alleati,  parve  un  istante 
aumentarsi,  colla  minaccia  d'una  alleanza  nuova,  quella  dei  tre 
Iraperi,  da  cui  sarebbe  forse  provenuto  F  isolamento  della  Re- 
pubblica. 

Ma  il  disegno  del  blocco  svani;  mentre,  per  non  saper  che 
fare  di  meglio  o  di  peggio,  le  Potenze  si  accordarono  nel  gran- 
dinare  di  obici  gl'insorti  cristiani,  facendo  da  gendarmi  al 
Turco,  e  nell'intimare  all'audacissima  Grecia  di  abbassare  le 
armi,  sotto  pena,  ove  non  ubbidisse  prontamente,  d'andare  sfra- 
cellata  dalle  armi  congiunte  dell'Europa. 

Le  Potenze,  per  difendere  in  qualche  modo  il  proprio  ope- 
rare,  dissero  bensi  che  la  Grecia  era  ribelle  alia  volonta  della 
Europa.  Ma  esiste  in  realtk  un  diritto  delF  Europa,  a  sovra- 
neggiare  dispoticamente  una  Potenza  indipendente,  come  la 
Grecia?  Ben  phi:  vi  era  veramente  una  volontk  delF  Europa, 
cio&  a  dire  un  programma  concreto,  risoluto,  preciso  delle 
grandi  Potenze?  Gi  e  lecito  dubitare  del  supposto  dirjtto,  e 


E   LA   QUESTIONS   DI   CANDIA  643 

della  pretesa  volonta  comune  alle  Potenze.  Anzi  tutto  incliniamo 
a  credere  che  non  vi  fosse  ne  1'uno  ne  Taltra ;  e  che  le  Po- 
tenze, non  riuscite  ad  intendersi  in  un  concetto  d'  azione,  si  ap- 
pigliassero  intanto  al  partito  niente  rischioso,  ma  non  assistito 
da  chiaro  diritto,  di  schiacciare  gl'  insorti  cristiani  e  la  loro 
minuscola  protettrice,  la  Grecia,  prendendo  cosi  tempo  a  de- 
cidere  e  procrastinando,  se  non  frastornando  la  guerra. 

Lord  Salisbury,  nella  comunicazione  fatta  trasmettere  alia 
stampa  dal  Foreign  Office,  diceva  apertamente  che,  prima  di. 
accedere  al  blocco  del  Pireo,  avrebbe  voluto  conoscere  le  in- 
tenzioni  delle  Potenze  riguardo  al  future  assetto  della  Grecia; 
ed  anche  il  Marchall  dichiarava  il  22,  un  giorno  dopo  il  bom- 
bardamento,  al  Reichstag  germanico,  di  non  essere  in  grado 
di  nulla  riferire  intorno  alle  trattative  corse  tra  le  Potenze. 
L'  Italia,  ben  inteso,  ne  sapeva  meno  di  tutti;  e  pero  ci  mando 
a  dire  dall'Agenzia  Stefani,  che  erasi  contentata  di  tenersi  di 
amore  e  d'accordo  cogli  altri  Governi.  Soltanto  il  ministro 
francese  degli  esteri  Hanoteaux  parve  affermare  alcun  che  di 
piu  precise,  assicurando  la  Camera,  sconvolta  per  il  bombar- 
damento  d'Akrotiri,  che  Greta  otterrebbe  una  autonomia  in  tutto 
simile  a  quella  data  fino  dal  1832  all'isola  di  Samos,  ossia,  in 
sostanza,  che  sarebbe  eseguito  il  disegno  messo  innanzi  dal 
primo  Ministro  inglese  lord  Salisbury. 


II. 


Da  tutto  questo  intricatissimo  imbroglio,  da  tutto  questo  buio 
pesto  non  risulta  chiaramente,  secondo  noi,  che  una  cosa  sola, 
vale  a  dire,  che  le  cosi  dette  grandi  Potenze  della  colta  e  ci- 
vile Europa  fecero  confessione  pubblica  e  solenne  d'assoluta 
impotenza.  In  questa  umiliantissima  confessione  la  Germania, 
gia  tanto  orgogliosa  del  suo  primato  militare,  ando  innanzi  a 
tutte,  tirando  dall1 ' Imperatrice  Augusta  le  prime  bombe  con- 
tro  i  fianchi  dei  cristiani,  che  di  fronte  sostenevano  intanto 
un  terribile  combattimento  di  resistenza  alle  fucilate  e  canno- 


644  L' EUROPA 

nate  dei  turchi.  I  quali  ultimi,  giusta  le  dichiarazioni  del  De- 
lyannis  alia  Camera  ateniese,  sarebbero  stati  i  provocatori. 
Tennero  dietro  Inghilterra,  Russia,  Austria  con  granate  del 
pari  cristiane ;  mentre  1'  Italia  e  la  Francia,  non  potendo  spa- 
rare  per  la  casuale  posizione  delle  loro  navi  che  non  erano 
a  portata  di  tiro,  facevano  da  testimoni.  Una  crociata  in  re- 
gola  del  mondo  cristiano,  non  piu  contro  il  Turco,  in  favore 
della  civilta  cristiana,  ma  contro  i  cristiani,  in  favore  della 
incolumit&  dell'  Impero  turco,  per  paura  che  questo,  sfascian- 
dosi,  seppellisca  1'Europa  sotto  le  sue  rovine! 

Gonfessione  d'impotenza  sbalorditoia  davvero,  fra  tanto  pom- 
peggiare  d'eserciti  formidabili,  tirati  all'ultima  perfezione  del- 
1'armamento  e  della  strategia,  e  in  tanto  strombazzare  d'invinci- 
bili  alleanze!  Di  fronte  a  tale  spettacolo,  non  par  piii  del  tutto 
fuor  di  luogo  nemmeno  la  tronfia  rettorica  del  Carducci,  ful- 
minaate  «  questo  carnevale  di  vigliaccheria  che  debacca  alto 
e  basso  in  Europa  »,  e  sentiamo  tutta  la  veritk  dell'esclama- 
zione  angosciata  dello  Scarfoglio,  nel  Mattino :  «  Ahi  qual  vento 
di  ruina  soffla  su  questa  putrida  Europa ! » 

L'esclamazione  dello  Scarfoglio  rimarrebbe  sempre  vera, 
anche  se  non  si  potesse  comprovare  coi  fatti  1'ipotesi,  da  lui  e 
da  altri  accolta,  che  Tatteggiamento  delle  Potenze  riguardo  a 
Greta  6  determinate  soprattutto  da  ragioni  di  alta  banca,  ed 
imposto  dai  sovrani  della  mammona.  VAvanti  metteva  in  vista 
un  po'  di  retroscena,  affermando  che  il  direttore  della  banca 
ottomana,  sir  Edgard  Vincent,  «  pesa  nei  destini  dell'Europa 
capitalista,  piu  che  tutto  il  patriottismo  greco  e  il  cristianesimo 
romano  e  I'umanitk  dei  comitati  sentimentalmente  fllelleni>; 
perchfe  i  portatori  della  rendita  greca  e  i  portatori  della  ren- 
dita  turca,  che  sono  molti  e  potenti,  congiurano  con  lui  e  per  lui 
a  Berlino,  a  Londra,  a  Parigi,  allo  scopo  di  mantener  viva  la 
Turchia,  donde  debbono  trarre  i  coupons,  e  anon  spossare  del  tutto 
la  Grecia  a  cui  cominciarono  a  prestar  denari  flno  dal  1832  *. 
II  che,  se  fosse  vero,  avrebbe  mille  ragioni  lo  Scarfoglio  di 

1  Vedi  i  numeri  59  e  62  delVAvanti!,  di  Roma. 


E   LA   QUESTIONS   DI   CANDIA  645 

bollare  imperatori  e  re  di  corona,  i  quali  «  abbassano  il  capo 
e  la  spada  davanti  ai  borghesi  creditor!  di  tutti  gli  Stati  er 
per  difesa  delle  cedole  variopinte  che  questi  levano  in  alto 
gridando  e  gemendo,  assassinano  il  popolo  che,  ributtando  i 
Persiani  oltre  1'istmo  di  Corinto-  e  il  mare  Egeo,  salvo  FEu- 
ropa  dall'invasione  asiatica  l.  » 

Ma  vogliamo  ammettere  che  queste  sieno  in  parte  esage- 
razioni  dei  socialisti,  interessati  a  sguinzagliare  contro  la  bor- 
ghesia,  ora  padrona  del  mondo,  il  proletariate  internazionale 
d'Europa,  sofflando  nell'incendio  ed  attizzandolo,  com^e  con  molta 
franchezza  confessava  VAvanti.  Non  riesce  pero  meno  umi- 
liante,  sotto  parecchi  altri  riguardi,  lo  sconcerto  delle  Potenze 
europee,  con  forte  linguaggio  messe  in  istato  d'accusa  pur 
dal  Corriere  delta  Sera,  che  trasse  in  impaccio  la  ministeriale 
Opinione,  la  quale  non  seppe  uscirne  altrimenti,  che  balbet- 
tando  esservi  «  diflerenza  tra  scrivere  una  lettera  ai  giornali 
e  scrivere  una  Nota  alle  Potenze 2 ». 

C'e  differenza,  manco  male,  e  molta  altresi,  se  volete ;  ma 
la  questione  non  e  qui,  bensi  nel  vedere  se  i  biasimi,  mossi 
in  una  lettera  ai  giornali  contro  le  Note  e  le  trattative  e  le 
conclusioni  dei  diplomatici  e  delle  loro  rispettive  Potenze,  sono 
fondati.  Or  nulla  ci  sembra  piii  fondato  di  quel  che  il  Revel 
scrivevaal  prefato  Corriere:  ediciam  di  lui,  solo  per  nominar 
qualcuno,  non  perche  egli  sia  stato  1'unico  o  il  piii  illustre  o 
il  primo  a  convenirne.  I  Governi  europei,  nell'affare  di  Candia, 
si  lasciarono  anzitutto  signoreggiare  dalla  paura,  poi  si  rego- 
larono  soltanto  a  norma  di  egoismo,  di  gelosia,  di  superbia 
e  di  vani  riguardi. 

III. 

Per  la  paura  non  vi  puo  essere  dubbio  veruno;  giacche  in 
tutte  le  manifestazioni  ufflciali  ed  ufflciose  di  questo  primo  pe- 
riodo  della  insurrezione  cretese,  sino  al  punto  in  che  scriviamo, 

1  II  Mattino,  di  Napoli  n.  54. 
*  i: Opinione  del  19  febb.  n.  49. 


646  L'  EUROPA 

1'argomento  principalissimo,  se  non  unico,  venuto  fuori,  della 
condotta  delle  Potenze  e  stato  la  paura  di  una  guerra.  Anzi  la 
stampa  assoldata  di  tutti  i  paesi,  e  quella  della  Germania  in- 
particolare,  con  un  proprio  carattere  di  durezza  e  quasi  di 
cinismo,  si  diede  ad  amplilicazioni  asiatiche,  per  far  passare  il 
brivido  dei  governanti  nelle  vene  dei  popoli,  rappresentando  la 
piccola  Grecia  qual  provocatrice  nientemeno  che  del  soqquadro- 
immanchevole  deU'Europa. 

UOpinione,  fra  noi,  non  fece  certo  che  battere  sempre  questa 
medesima  solfa;  ed  ora  riferisce  con  evidente  compiacenza  im 
brano  del  Journal  des  Ddbats  del  23  febb.,  dove  si  nota  Tiden- 
tita  dei  discorsi  pronunziati  a  Parigi,  a  Berlino,  a  Londra,  dai 
ministri,  nei  rispettivi  Parlamenti,  e  si  pronostica  che  sarebbe 
stato  probabilmente  lo  stesso  a  Vienna  ed  a  Roma,  se  i  Par- 
lamenti d' Austria  e  d' Italia  non  fossero  sciolti  o  prorogate  a 
cagione  di  prossime  elezioni;  si  sarebbe  ciofe  detto  ai  deputati 
italiani  ed  austriaci  quel  che  si  ripet6  su  tutti  i  toni  agli  altrir 
aver  le  Potenze  avuto  una  paura  matta  della  guerra  europea. 

Ebbene  noi  avremmo  agevolmente  capito,  che  le  Potenze 
aventi  un  cospicuo  numero  di  sudditi  maomettani,  come  la 
Francia  e  1'Aastria,  fossero  venute  a  dirci  che  non  potevano 
prender  parte  attiva  e  vigorosa  contro  1'impero  del  Sultano, 
per  non  sollevare  nei  proprii  Stati  un'insurrezione  disperata 
dei  fanatici  seguaci  della  mezzaluna,  con  grave  pericolo  di  in- 
teriori  gravissimi  contraccolpi.  Ma  noi  non  intendiamo  che  tutte 
le  grandi  Potenze  d'Europa  ci  diano,  per  motivo  della  loro 
crociata  a  pro  del  Turco,  la  paura  d'una  conflagrazione  euro- 
pea,  ovvero  lo  intendiamo  troppo. 

Diciamo  prima  di  non  intenderlo,  e  la  ragione  ne  e  il 
contrasto  troppo  aperto  ed  assoluto  con  tutto  quello  che 
i  Governi  delle  stesse  grandi  Potenze  ci  vollero  far  crede- 
re flnora  intorno  ai  motivi,  alle  tendenze,  agli  effetti  della 
Triplice  alleanza  prima,e  poi  della  Duplice  che  le  fu  contrappo- 
sta.  Ci  assordarono  le  orecchie  colla  ripetizione  costante  del 
medesimo  ritornello:  la  triplice  guarantisce  la  pace  dell'Europa, 
la  duplice  la  ribadisce  e  la  consolida;  di  guisa  che,  posti  quei 


E   LA   QUESTIONS   DI   CANDIA.  647 

•due  capisaldi,  e  impossibile  lo  scoppio  d'una  guerra  tra  i  mag- 
.giori  Potentati.  E  i  popoli  delPEuropa,  e  in  particolar  modo 
T Italia,  furono  trascinati  a  gravarsi  di  debiti,  a  pagare  dazii 
•e  balzelli  superior!  di  gran  lunga  alia  loro  potenzialita  tribu- 
taria,  a  rovinarsi,  in  una  parola,  sempre  in  nome  della  pace, 
•e  coll'assicurazione  che  la  pace  non  potrebbe  cosi  per  lunghi 
anni  e  per  qualunque  evento  essere  turbata.  Allasolenne  pro- 
messa  posero  i  Monarchi  piu  e  piu  volte  il  suggello  della  loro 
parola  da  re. 

Or  ecco,  alia  prima  occasione  che  nasce  di  vedere  quelle 
incrollabili  guarentige  di  pace  alia  prova/lei  fatti,  giacche  prima 
non  erasi  mai  trattato  che  di  chiacchiere,  ne  mai  le  alleanze 
eransi  sperimentate  con  altro  che  con  feste  spettacolose  di  So- 
vrani,  riviste,  parate  e  complimenti;  ecco,  diciamo,  la  bella 
prima  volta  in  cui  bisogna  far  davvero,  che  tutte  le  alleanze 
•c  le  guarentige  di  pace  non  valgono  piu  nulla,  e  poniam  pure 
#  malincuore,  le  Potenze  debbono  unirsi  a  sostenere  anche 
colle  bombe  il  Turco,  per  evitare  di  venir  subito  alle  mani 
tra  loro,  sbranandosi  in  una  guerra,  della  quale  e  impossibile 
calcolare  1'  immanita  e  Fesito.  0,  francava  proprio  la  spesa  di 
tanti  miliardi  per  cosi  bel  frutto  e  i  popoli  d'Europa  e  gli  ita- 
Jiani  piu  di  tutti  possono  andar  lietissimi  del  comun  fallimento 
morale,  militare,  e  flnanziario,  che  loro  ha  procacciata  la 
oloria  di  tener  il  sacco  ai  bombardatori  d'Akrotiri ! 


IV. 


La  ragione  dunque,  che  si  reca,  d'un  fatto  tanto  fleramente 
offensivo  dei  sentimenti  cristiani,  ricade  tutta  a  biasimo  gravis- 
simo  della  diplomazia  europea,  mettendone  a  nudo  Finsipienza 
e  Timpotenza,  pagate  dai  popoli  cosi  caro.  Percio  dicevamonella 
seconda  parte  della  nostra  alternativa,  d'intenderla  troppo!  Am- 
mettiam  pure  che  il  moto  dei  greci  di  Candia  sia  contagioso  per 
la  Macedonia  ed  anche  per  le  nazionalita  bulgara,  serba,  rumena 
degli  Stati  balcanici,  ardenti  delle  proprie  rispettive  unita.  Notia- 


648  L'  EUROPA 

mo  per6  di  passaggio,  che  la  questione  del  candiotti  e  un  po'  di- 
versa;  giacche  non  presenta  solo  1'aspetto  della  ricostituzione 
nazionale,  ma  quello  altresi  della  liberazione  dal  giogo  musul- 
mano,  sotto  il  quale  ultimo  riguardo  le  Potenze  possono  pren- 
derne  le  difese  senza  grave  pericolo. 

Ma  poi  e  ben  sicuro  che  la  repressione  violenta  dei  can- 
diotti e  della  Grecia  loro  alleata,  a  cui  le  Potenze  si  appiglia- 
rono,  sara  mezzo  efficace  a  prevenire  i  temuti  ribollimenti 
degli  Stati  balcanici?  Se  dovessimo  giudicare  dai  preparativi 
bellicosi  di  quei  popoli,  di  cui  i  giornali  ci  recano  quotidia- 
namente  le  novelle,  opineremmo  che  no.  E  allora  perchfe  oltrag- 
giare  tanto  crudelmente  la  civilta  cristiana,  con  una  difesa 
armata  e  sanguinosa  dell'islamismo,  nell'atto  che  questo  ma- 
cella  nuovi  cristiani,  coll'armi  ancora  tinte  di  sangue  di  altri 
trentamila  testfe  sgozzati?  Ad  ogni  modo  crediamo  che  Stati 
minuscoli,  come  quelli,  sarebbonsi  potuti  tener  al  dovere  dal 
concerto  di  tutte  le  grandi  Potenze  d'  Europa,  se  esso  fosse  stato, 
qual  si  diceva,  cosi  solida  ed  incrollabile  guarentigia  di  pace : 
crediamo  che  neWegoismo,  gelosia  e  superbia  delle  stesse  grandi 
Potenze,  come  disse  il  Revel,  si  debba  cercare  il  motive  vero 
della  temibilita  dei  moti  di  Macedonia,  della  Bulgaria  e  della 
Serbia,  onde  fu  dato  motivo  all'intervento  dei  cannoni  e  dei 
fucili  cristiani  contro  altri  cristiani.  Laonde  la  ragione  addotta 
accresce,  non  diminuisce  in  questo  caso,  il  discredito  delle  Po- 
tenze. 

Per  chi  ragiona  non  e  dubbio,  che  dietro  alle  modeste  na- 
zionalita  balcaniche  bisogna  cercare,  come  e  stato  sempre  nella 
intricata  questione  d'Oriente,  la  mano  della  diplomazia  europea, 
che  tutto  imbroglia  e  sconvolge,  e  non  per  altro  veglia  con 
tanto  zelo  al  mantenimento  della  Turchia  se  non  perche  le  Po- 
tenze la  vorrebbero  per  se.  Anzichfe  divenga  preda  esclusiva 
dell'una  o  delPaltra  Potenza  cristiana,  la  diplomazia  preferisce 
che  1'Impero  del  Gran  Turco,  e  specialmente  Costantinopoli, 
chiave  dei  continent!,  non  sia  di  alcuno. 

Gerto  non  e  da  augurare  che  quest' eredita  cada  in  mano 
della  Russia.  Ma  dubitiam  forte,  pur  troppo,  che  questa  sia 


E  LA   QUESTIONS   DI   CANDlA  649 

per  essere  un  di  o  Paltro  la  vera  soluzione;  perche  i  gretti  istinti 
deila  diplomazia  moderna,  intesi  soltanto  alle  soddisfazioni 
material!  ed  ai  guadagni  visibili  e  reali  del  momento,  senza 
nessuna  aspirazione  a  grandezze  ideal!  e  soprattutto  senza  ispi- 
razione  alcuna  di  vera  religione,  condussero  la  Russia  scisma- 
tica  ad  essere  1'arbitra  delle  sorti  d'Europa.  Intanto  la  Russia 
si  arma  in  guisa  formidabile  alle  porte  di  Costantinopoli,  pronta 
a  piombarvi  dentro,  come  prima  gli  sconvolgimenti  le  for- 
niscano  il  pretesto  di  andarvi  a  rimettere  Fordine,  senza  1'  in- 
commodo  aiuto  di  Potenze  rivali.  L'Austria-Ungheria,  dicono,  si 
contenterk  d'avere  in  ricambio  un'estensione  di  territorio  sino 
a  Salonicco,  acconciandosi  a  divenire  Potenza  orientale;  e  la 
Germania,  lietissima  d'afferrar  sola  lo  scettro  della  stirpe  te- 
desca,  terrk  bordone  proclamando,  come  fa  ora,  ad  alta  voce 
il  diritlo  delle  genii. 

V. 

Noi  non  siamo  arrivati  a  capacitarci  di  questo  diritlo  delle 
genii,  scappato  fuori  con  tanto  strepito  in  occasione  delFaudace 
tentative  della  Grecia  a  favore  dei  cristiani  di  Candia,  che  in- 
sorsero  per  iscuotere  la  tirannide  islamitica. 

La  Grecia,  mandando  nell'  isola  il  colonnello  Vassos  con  un 
piccolo  corpo  d'esercito  a  rinflanco  di  quei  cristiani,  senza  aver 
fatto  a  Costantinopoli  previa  dichiarazione  di  guerra,  violo 
senza  dubbio  una  formola  espressa  e  precisa  degli  statuti  in- 
ternazionali.  Ma  da  cio  alia  violazione  del  diritto  delle  genti, 
confessiamo  di  ravvisare  nel  caso  presente  una  bella  distanza. 
E  ne  diremo  la  ragione. 

II  diritto  delle  genti  e  naturale  o  positivo.  Or  bene,  per 
diritto  naturale  ci  sembra  che  i  cristiani  di  Candia,  nelle  estre- 
mita  a  cui  erano  ridotti  di  assalimenti  continui,  di  stragi,  d'  in- 
cendii,  di  barbarie  dei  mussulmani,  non  trattenuti  ma  anzi  inco- 
raggiati  dalle  autoritk  turche,  non  possano  almeno  evidente- 
mente  chiamarsi  rei  d'  aver  perduta  la  pazienza,  e  tentato  un 
colpo  risolutivo  per  difendere  vita  ed  averi ;  sicuri  come  erano 
dell'  aiuto  della  Grecia  vicina,  domestica  di  religione  e  di  sangue, 
e  probabilmente  fldenti  nella  protezione  dell'Europa  cristiana. 


C50  L'  EUROPA 

La  Grecia,  correndo  al  soccorso,  compiva  un' opera  non  con- 
(raria  al  naturale  diritto  delle  genti,  anzi  per  se  a  quello  con- 
sentanea. 

Diciamo  per  se,  giacche  noi  condanniamo  il  diritto  d'an- 
nessione  per  puro  pretesto  di  nazionalita,  ed  il  diritto  d'in- 
sarrezione  per  sola  vaghezza  d'indipendenza.  Ma  1' Europa,. 
che  pure  questi  falsi  diritti  ammise  da  un  pezzo  nel  suo  giure 
internazionale  e  li  pralico,  come  rinfaccia  ora  alia  Grecia  la- 
violazione  del  diritto  delle  genti  ?  Pure  cio  passi,  giaccbe 
siamo  nel  mero  diritto  naturale.  Era  pero  sempre  in  potere- 
dell' Europa  di  contenere  i  moti  di  Candia  dentro  i  termini 
dell'autonomia  dal  Turco,  impedendo  1'annessione  dell' isola 
alia  Grecia.  Perche  prefer!  invece  di  sparar  contro  i  candiotti 
i  suoi  cannoni? 

La  Germania,  in  nome  dell'  Europa,  risponde  che  la  Grecia 
avea  violato  il  diriUo  delle  genti.  Or  se  per  questo  diritto 
s'  intenda  il  diritto  positive,  noi  potremmo  ricordare  che  il  dirit- 
to positivo  delle  genti  cristiane,  ossia,  che  e  tutt'uno,  delle  genti 
civili,  considero  per  tanti  secoli  i  mussulmani  come  esclusi  dalla 
tutela  di  tale  diritto. 

Questo,  dirassi,  or  non  e  piu,  perche  1'odierno  diritto,  reg- 
gentesi  sull'equilibrio  europeo,  pone  anzi  rintegrita  della 
Turchia  a  fondamento  necessario  di  stabilita  delle  buone  rela- 
zioni  internazionali. 

Non  neghiamo.  Cosi  e  di  fatto:  ma  resta  a  vedere  se  e  bene 
che  sia  cosi,  e  se  un  fatto  simile  meriti  d'essere  elevato  alia 
nobilta  ed  al  titolo  di  diritto  delle  genti  cristiane.  Per  noi  e  per 
quanti  sono  uomini  al  mondo,  piu  solleciti  della  verita  che  del 
tornaconto,  quella  negazione  d'ogni  concetto  di  vita  civile  e 
di  vita  cristiana,  che  e  il  maomettismo,  dovrebbe  sparire 
dalla  faccia  dell' Europa.  Per  conseguenza  sol  quando  quests 
santa  e  solenne  giustizia  sia  compiuta,  noi  diremo  resa  nella- 
questione  d'  Oi  iente  debita  ragione  al  diritto  delle  genti  cri- 
stiane, quale  storicamente  si  dovrebbe  concepirlo  e  quale  dl 
fatto  anche  attualmente  esso  e  sentito  dai  popoli;  siccome  ne- 
d^nno  fede  le  manifestazioni  pressoche  unanimi  della  stampa* 


E   LA.   QUESTIONE   DI   CANDIA  651 

«uropea,  cosi  cattolica  come  liberate,  per  tacere  di  voti  e 
proteste  pubbliche,  che,  mancando  troppo  spesso  di  gravita, 
non  meritano  che  se  ne  tenga  conto. 

In  tali  manifestazioni  si  mescolano  pur  troppo  e  si  agitano 
anche  le  passioni  di  parte,  le  massime  perverse  del  liberalismo 
•e  delle  sette ;  e  ne  scapita  percio  agli  occhi  di  molti  la  causa 
di  Greta,  anziche  vantaggiarsene.  Se  non  che  allo  sguardo 
-sintetico  di  chi  voglia  farsi  giusta  ragione  dello  stato  degli 
.animi  nella  presente  controversia,  non  puo  sfuggire  quello 
che  ha  il  punto  coraune  di  riunione  di  tanti  cosi  opposti  par- 
titi  fra  loro  e  colla  generalitk  dei  cattolici.  Indubitatamente 
esso  e  la  necessitk,  da  tutti  sentita  e  da  tutti  proclamata,  che  la 
mezzaluna  esuli  dall'  Europa,  dove  dopo  tanti  secoli  non  solo 
non  profltto  nulla  della  civiltk  cristiana,  ma  non  fece  per  con- 
verso  che  inverminire,  ad  ignominia  eterna  della  tolleranza  dei 
nostri  Governi. 

Non  e  questo,  no,  come  piacque  ad  alcuni  ufflciosi  di  scri- 
•verne,  un  sentimentalismo  ignaro  delle  convenienze  diploma- 
tiche  e  politiche;  ma  ragionata  convinzione  della  coscienza 
cristiana  dei  popoli,  i  quali  intendono  benissimo  che,  essendo 
.il  Turco  ostinatamente  rimasto  fino  ad  oggi  quello  che  era, 
aborrente  da  ogni  riforma  di  quelFanticristianesimo,  che  ne 
e  Pessenza,  non  puo  essersi  mutata  a  suo  riguardo  1'antica 
ragione  sostanziale  del  diritto  delle  genti  cristiane.  Che  se 
Parlamenti  e  Governi  la  pensano  altrimenti,  ed  a  difesa  del- 
T  integrita  ottomana  invocano  non  sappiamo  quale  lor  proprio 
diritto  delle  genti,  cio  non  puo  addursi  tutt'al  piu  che  come 
una  nuova  riprova  di  quel  che  da  tanto  tempo  si  va  da  ogni  parte 
.lamentando :  essere  Governi  e  Parlamenti  ben  altra  cosa  da 
quel  che  pretendono  essere,  non,  cioe,  i  rappresentanti  dei  po- 
poli e  gl'interpreti  dei  loro  pensieri  e  voleri,  ma  i  dispotici 
.-esecutori  d'una  autocrazia  oligarchica  d'interessi  e  di  teoriche. 


652  L'  EUROPA 


VI. 


Nel  resto,  quale  confutazione  del  preteso  diritto  delle  genti, 
invocato  per  la  integrita  dell'odioso  impero  della  mezzaluna, 
potrebbe  recarsi  piu  stringente  della  fatta  nel  corso  di  oltre 
mezzo  secolo  dalla  diplomazia  europea  medesima?  II  Conte 
Benedetti,  nella  introduzione  che  sulla  questione  orientate 
premette  al  suo  recentissimo  Saggio  diplomatico,  osserva  al 
proposito  nostro,  che  per  la  forza  delle  cose  nessuno  degli 
impegni  presi  dalP  Europa,  in  favore  dell'  integritk  territoriale 
dell' Impero  ottomano,  fa  giammai  mantenuto. 

Anche  dopo  le  sanguinose  separazioni  della  Grecia,  della  Ser- 
bia, della  Bulgaria,  del  Montenegro,  continui  strappi  si  vennero 
facendo  all'  impero  turco  dalle  Potenze,  che  nel  1841  riconobbero 
al  vicere  Mehemet  All  il  possesso  reale  dell'Egitto,  nel  1856 
nel  Congresso  di  Parigi  eressero  il  regno  di  Rumania,  e  nel 
Congresso  di  Berlino  del  1878  tolsero  alia  Porta  la  Bosnia  e 
1'Erzegovina  per  darla  all'Austria,  consegnarono  Cipro  all'  In- 
ghilterra,  e  sotto  pretesto  di  una  rettiflcazione  di  frontiere 
dilatarono,  a  danno  del  Turco,  la  Grecia.  Con  tali  commentarii, 
scritti  e  sottoscritti  di  mano  propria  dalle  Potenze  europee,. 
secondo  le  opportunity  le  cupidige,  gF  interessi  politici  d'  ogni 
ora  e  d'  ogni  momento,  che  cosa  diviene  Podierno  diritto  delle 
genti,  che  si  dice  essere  succeduto  al  diritto  antico  delle  crociate,. 
dei  Principi  cristiani,  della  Repubblica  veneta,  dei  Papi,  del 
mondo  cattolico  intiero,  proclamanti  la  cacciata  del  Turco  dalla 
cristianitk  ?  Noinonvediamo  davvero  altra  differenza  che  questa  : 
P  antico  diritto  voleva  smembrare  la  Mezzaluna,  a  profltto  della 
civilt^  ed  a  gloria  spirituale  della  Croce  ;  il  nuovo  intende  di 
smembrarla,  a  beneflcio  temporale  dei  Potentati  piu  scaltri  o 
piu  soverchianti. 

Al  che  sideve  aggiungere  anche  questo  ;  che  seil  riconOscere 
ad  una  sovranita.  Pesistenza  e  legislazione  di  natura  turca  dentro 


E   LA   QUESTIONS   DI   CANDIA  653 

i  confini  dell'Europa,  non  puo  accordarsi  coll'onore  della  ci- 
vilta  cristiana :  mal  potrebbe  tuttavia  sostenersi  che  il  diritto 
positive  dell'Europa  moderna  dissenta  fondamentalmente  da 
quello  dell'Europa  dei  secoli  passati.  L'Europa,  con  a  capo  1'  In- 
ghilterra,  insiste  di  fatto  continuamente  nell'  imporre  al  Turco 
delle  riforme  contrarie  allo  spirito  ed  alia  lettera  del  Co- 
rano,  la  cui  accettazione  equivarrebbe  per  il  Turco  ad  un 
suicidio,  giacche  Governo  turco  senza  o  contro  il  Corano  non 
puo  esistere. 

Percio  la  Turchia  promette  serapre  le  riforme,  ma  non  le 
da  mai,  ed  il  fanatisrao  musulmano  alle  riforme  preferisce  il 
partito  disperato  della  distruzione  del  seme  cristiano,  colle 
violenze  e  colle  stragi;  onde  certo  una  volta  o  1'altra  si  tirera 
addosso  1'estrema  ruina. 

Oh,  le  delicate  coscienze  pertanto  che  si  scandalezzano  della 
Grecia  assalitrice  del  Turco  in  Candia,  perch&  ha  violato  il  diritto 
delle  genti,  e  a  salutare  punizione  dello  scandalo  riuniscono 
in  fretta  e  in  furia  navi  d'  ogni  nazione,  moltiplicano  1'  uno 
sulP  altro  i  protocolli  furibondi,  fulminano  le  mitraglie  e  mi- 
nacciano  di  mandar  a  soqquadro,  ove  occorra,  Atene  ed  il 
Partenone !  Perch&  di  tanta  delicatezza  di  coscienza,  mostrata 
a  riguardo  del  Vicario  di  Maometto,  non  diedero  neppur  sen- 
tore,  quando  nella  sua  Roma  fu  da  sessantamila  uomini  stretto, 
contro  ogni  diritto  umano  e  divino.  il  Vicario  di  Cristo  ? 


VII. 


Allora  il  Bismarck  non  mostro  neppur  di  addarsi  che  si 
potesse,  in  difesa  di  quel  venerando  Vegliardo,  Padre  di  tanti 
milioni  di  tedeschi  e  di  oltre  duecento  milioni  di  uomini  civili  di 
ogni  nazione,  invocare  il  diritto  delle  genti ;  ma  invece  commise 
al  suo  Arnim  d' intendersela  di  soppiatto  cogli  assalitori,  per 
ispossessare  il  Papa-Re  del  suo  trono,  col  miglior  garbo  pos- 
sibile.  Gli  altri  Potentati  poi,  che  anch'  essi  avevano  intorno  a 


654  I/  EUROPA 

quel  santo  Pontefice  i  loro  rappresentanti,  nonche  un  irrug- 
ginito  cannone  od  una  smessa  alabarda,  non  trovarono,  per 
tentare  la  difesa  della  Corona  di  lui  dieci  volte  secolare,  neppur 
una  Nota  di  minaccia.  Eppure  il  ministro  degli  esteri  del  Go- 
verno  assalitore,  che  avea  anche  allora  nome  Visconti-Ve- 
nosta,  in  pieno  Parlamento  a  Firenze  avea  detto,  il  19  agosto 
1870,  un  mese  prima  della  breccia  di  Porta  Pia,  che  1'obbligo 
di  non  attaccare  e  di  non  lasciar  attaccare  la  frontiera 
pontificia,  ove  non  fosse  stato  imposto  da  una  Convenzione 
colla  Francia,  «sarebbe  caduto  sotto  le  altre  sanzioni  prevedute 
nel  comune  diritto  delle  genti  * ». 

Diritto  delle  genti  non  esiste  dunque  per  1'Europa  moderna, 
governata  dal  liberalisrao  settario  e  ci  fa  ridere  1'udirlo  da 
lei  invocare  cosi  gravemente  a  protezione  dei  turchi,  contro 
i  cristiani,  dai  turchi,  con  ferocia  implacabile,  inaudita,  dannati 
allo  sterminio. 

Fa  ridere  anche  peggio  1'udire,  da  liberali  giornalisti  e  da 
deputati,  svillaneggiato  il  grande  Pontefice  Leone  XIII,  per  la 
sua  inerzia  (cosi  diceva  Ton.  Socci)  davanti  alle  stragi  degli 
armeni  che  sono  cristiani. 

II  Papa  stesso  fece  sapere  al  mondo,  nell'Allocuzione  so- 
lenne  del  Natale  al  Sacro  Collegio,  che  avea  levato  la  sua 
voce  a  pro  de'miseri  armeni,  ed  una  corrispondenza  romana 
airOrdine  di  Como,  ripetuta  in  mold  diarii,  ci  significo  teste 
che  il  Papa,  dopo  aver  operato  direttamente  ed  indirettamente 
presso  il  Sultano,  si  rivolse  specialmente  all'  Imperatore  d' Au- 
stria, per  sollecitarne  la  mediazione  in  favore  dell'autonomia 
di  Gandia,  che  mentre  rivediamo  queste  bozze  sembra  final- 
mente  essersi  di  comune  consenso  risoluta  dalle  Potenze. 

Non  entriamo  mallevadori  delle  informazioni  dell'Ordtft?; 
ma  riteniamo  per  fermo  che  il  vigilante  Pontefice  ha  anche 
in  questa  occasione  seguito  i  dettami  del  suo  spirito  prudente 
e  magnanimo,  come  gli  potevano  consentire  i  dovuti  riguardi 

1  Atti  Uff.,  pag.  2981. 


E   LA   QUESTIONS   DI   CANDIA  655 

ai  cattolici  viventi  sotto  lo  scettro  del  Sultano,  ed  i  raaneggi 
d'un  Governo,  che  persino  la  sua  mediazione  per  i  prigionieri 
d' Africa  accuse  d'  ingerenza  politica  a  danno  dell'Italia. 

Ma  e  fatale  che  la  rivoluzione  si  svergogni  sempre  e  si  con- 
danni  da  se  stessa.  Gli  spogliatori  della  civile  Potenza  papale  rim- 
pro  verano  ora  alPapa  d'essere  impotente  a  combattere  1'islam, 
dispostissimi  poi  ad  attraversare,  come  fecero  in  Africa  presso 
Menelik,  anche  la  sua  mediazione  di  Capo  spirituale  del 
mondo  cristiano,  ove  fosse  per  riuscire  a  sua  gloria.  E  intanto 
essi  medesimi,  dopo  aver  proclamato  il  diritto  di  nazionalita, 
d'indipendenza,  d'  insurrezione  contro  lo  straniero  ed  essersene 
valuto  ad  ogni  sorta  d'  impresa,  ora  lo  condannano  a  Greta 
e  lo  prendono  a  cannonate,  in  nome  del  diritto  delle  genti. 
Cosi  dal  liberalismo,  siccome  scrisse  lo  Scarfoglio  nell'arti- 
colo  citato,  furono  in  un  giorno  decapitate  le  idee  gloriose  di 
tanti  secoli  di  storia,  e  con  esse  quelle  che  formano  il  fonda- 
mento  e  la  vita  del  movimento  liberate  nel  secolo  nostro. 

Vero  e  che  il  diritto  delle  genti  del  liberalismo  settario 
e  frode,  oltraggio,  contraddizione,  menzogna,  ne  quindi  puo  es- 
sere  invocato  altrimenti  che  a  sua  umiliazione  e  condanna. 


GLI  HETHEL-PELASGI 


TIRINTO 


SOMMARIO:  II  nome  di  Tirinto,  secondo  Riccardo  Lepsius.  Opinione  di  Dio- 
nigi  di  Alicarnasso  intorno  al  nome  de'  Tirreni.  L'arte  delle  fortiflca- 
zioni  attribuita  a'  Tirreni,  a'  Tirintii  ed  a'  Ciclopi.  II  Perrot  e  le  costru- 
zioni  di  Boghaz-Koi  riscontrate  con  quelle  di  Tirinto  e  di  Micene.  Sue 
idee  non  coerenti.  Confutazione  deH'assioma:  La  Grecia  a'  Greet.  Giu- 
dizii  del  Pottier.  Opinione  del  Cavvadias.  Descrizione  delle  fortificazioni 
e  del  Palazzo.  Le  Gallerie  ogivali  e  se  sieno  una  imitazione  dell'acro- 
poli  di  Cartagine,  come  opina  I'Haussoullier.  II  Pottier  e  I'arte  de'  Si- 
donii  che  non  furono  Fenicii.  Kiphta  e  i  Keftu.  Religione  de'  Tirintii. 
Onorano  Hera  (Astarte).  Idee  di  Erodoto  non  vere  sulle  primitive  divi- 
nita  de'  Greci.  II  Myres  e  la  Memoria  dell'Helbig  suH'origine  fenicia 
della  civilta  micenea.  Epilogo  degli  argomenti  onde  1'archeologo  inglese 
confuta  quelli  del  tedesco. 

Del  continente  ellenico,  da  noi  finora  esplorato  e  descritto 
a  parte  a  parte,  restano  due  cittk  degnissime  che  se  ne  faccia 
ricordo,  Tirinto  e  Micene  che  abbiamo  consigliatamente  riser- 
vate  nell'ultimo,  perciocche  in  esse  si  raccoglie  e  si  compendia 
tutto  quello  che  si  attiene  a'  popoli  venuti  d'Asia  in  Grecia  coi 
loro  miti,  con  le  loro  credenze  e  specialmente  con  la  perizia  che 
avevano  dell'arti  di  fabbricare  e  di  fondere  e  lavorare  i  me- 
talli.  Ma  ci6  che  massimamente  le  mette  in  reverenza  allo  sto- 
rico  e  all'archeologo  sono  1'antichitk  loro,  la  quale  sorge  ai 
tempi  piu  lontani  e  alle  caliginose  origini  de'  miti  peloponne- 
siaci;  le  moli  gigantesche  delle  loro  acropoli  formate  con  pietre 
di  straordinaria  grandezza  e  commesse  insieme  con  magistero 
d'arte  al  tutto  maravigliosa ;  e  final mente  lo  splendore  di  quella 
civiltk  che,  ignorata  per  tanti  secoli,  il  genio  deH'immortale 


GLI   HETHEI-PELASGI   NEL   CONTINENTS    ELLENICO  657 

Schliemann  ci  diede  a  contemplare  e  ammirare  in  esse  ed  era 
gik  florita  per  almen  due  millennii  avanti  1'Era  cristiana.  Noi 
tratteremo  primieramente  di  Tirinto  che  nell'ordine  de'  tempi 
va  innanzi  a  Micene. 

Tirinto,  Tc'puv;,  sorge  a  breve  distanza  da  Argo,  verso  sud-est, 
e  dista  1500  metri  circa  da  Nauplia.  Pausania  scrive  che  1'eroe 
Tirinto,  figlio  d'Argo  e  nipote  di  Giove,  diede  il  suo  nome  alia 
citta:    T:puv6a   Se  fypcoa,  &y*  o-j  T^  7:6Xec  to  ovojjia  iY=veTO,    TialSa 
TOO  Acb;  etvac  Xeyouat  '.  Omero  la  ricorda  con  1'epiteto  di 
:  01  8'  "Apyo?  T'  £?xov  TtpuvGa  is  tstxweaaav  2.  II  che  si- 
gniflcherebbe  essere  stata  la  citta  di  Tirinto  una  colonia  d'Argo, 
ma  resta  nondimeno  la  difficolta  del  nome.  Riccardo  Lepsius, 
dopo  d'aver  detto   che  1'eroe  Tirinto  fa   d'origine  pelasgica, 
opina  che  nel  nome  Tc'puv?  si  debba  riconoscere  la  stessa  radice 
del  nome  de'  Tirreni  o  Tirseni  cosi  chiamati  dalle  torri,  xupaet?, 
vocabolo  corrispondente  al  latino  turris.  Imperocchfe  Dionigi 
d'Alicarnasso,  parlando  de'  Tirreni,  nega  ch'essi  cosi  fossero  no- 
minati  da  Tirseno,  re  di  Lidia,  ma  sostiene,  al  contrario,  che 
il  nome  loro  viene  dalle  fortezze,  cio&  dalle  citta  costruite   e 
fortificate  con  quella  maniera  o  apparecchio  speciale  che  dicesi 
ciclopeo  o  pelasgico,  e  che  nella  loro  lingua  era  signiflcato  col 
nome  di  x-jpascg,  torri.  Giova  citar  qui  le  parole  di  Dionigi,  il 
quale  riferisce  1'opinione  di  coloro  che  i  Tirreni  dicevano  gente 
indigena  d'ltalia,  per  questa  ragione  appunto  che  le  piii  antiche 
citta  d'italia  fabbricate  da'  primi  popoli  che  le  abitarono  e  fu- 
rono  i  Tirreni,  si  chiamavano  torri,  donde  il  loro  nome:  Ot  JJLEV 
E?  ib  I6vo;  TCOCOUVTSS,   dbib  TWV  Ip'jpiaiwv,   a  upwioc  TWV  Tf)5s 
xarsaxs'jaaavto,  teOf^va:  Xeyoua:.  E  aggiunge  che  questo 
nome  di  Tupae:?,  torri,  tanto  presso  i  Greci  quanto  presso  i  Tir- 
reni signiflca  la  medesima  cosa,  gli  ediflzii  cio&  che  si  innal- 
zano  nelle  mura  e  sono  coperti  :  T'jpaet;  yap  xal  rcapa  TupprjvoT; 
ad  Iviecy^ot  xal  aisyaval  or/t^aeti;  6voji,a^ovTai,  waTrsp  7:ap'  "EXXrjaiv  3. 
II  signiflcato  di  rjpa:;,  non  e,  a  parer  nostro,  questo  riferito  da 


1  PAUS.  II,  XXV,  8. 

*  HOM.  11.  II,  559. 

3  Dio.  HAL.,  A.  R.  I,  p.  21  (ediz.  Hudson.). 

Sorie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1122.  42  9  mirzo 


658  GLI   HETHEI-PELASGI 

Dionigi,  perche  troppo  ristretto  e  limitato,  ma  deve  estendersi 
a  tutta  la  fortificazione  delle  antiche  citta  preelleniche,  cioe 
pelasgiche,  di  Grecia  e  d'ltalia,  e  sarebbe  equivalente  al  nostro 
castello,  di  cui  le  torri  sono  una  parte,  e  al  greco  lefy0?*  ne* 
senso  di  citta  murata,  cioe  dire  fortiflcata.  Lo  scoliaste  di  Lico- 
frone,  infatti,  commentando  il  verso  717:  <E>aXV]pou  Tjpats,  cosi 
scrive :  TYJC  NsaroSXea):;  T&  tsT/^oc*  d  TupaTjVoi  upwiov  TTJV  isixoTiotiay 
eupov ;  dove  trjpat?  e  =  tefyos  e  questo  dinota  le  fortiflcazioni  di 
Napoli.  Quello  poi  che  lo  scoliaste  attribuisce  ai  Tirseni  o  Tir- 
reni,  Tarte  cioe  delle  fortiflcazioni,  e  dagli  antichi  attribuita 
a'  Ciclopi,  e  per  quelle  di  Tirinto  da  Apollodoro  a'  Ciclopi,  e 
da  Teofrasto  a'  Tirintii:  il  che  nell'opinione  del  Lepsius  con- 
fermerebbe  1'origine  tirrena,  cio&  pelasgica,  di  questo  genere 
di  costruzioni.  Apollodoro  dice  che  lobate,  ovvero  Amfianatter 
con  un  esercito  di  Licii  ricondusse  Preto  a  Tirinto,  donde  era 
stato  scacciato  dal  fratello  Acrisio,  e  che  Preto  fece  da'  Ciclopi 
cinger  di  inura  la  citta:  Kaiayet.  Se  autbv  6  xTjSsanfjs  [ASTOC  atpatoO 
Auxitov,  xal  xaiaXa|i,pav£t  TfpuvGa,  Tautrjv  auxw  KuxXdoTcwv  Tetx^- 
aavtwv  1.  Aristotele,  citato  da  Plinio,  ascrive  a'  Ciclopi  Tinven- 
zione  delle  torri:  Turres,  ut  Aristoteles,  Cyclopes  (sc.  primt 
aedificarunt) ;  Tirynthii,  ut  Theophraslus  -.  Questa  diversita 
di  opinioni  presso  gli  antichi  e  soltanto  apparente,  perciocche 
Tirreni,  Tirintii  e  Ciclopi  sono  tutti  Pelasgi,  e  pero  le  costru- 
zioni come  quelle  di  Tirinto,  di  Micene  e  delle  altre  piu  antiche 
citta  di  Grecia,  delle  isole  dell'Arcipelago  e  d'ltalia,  hanno  tutte 
la  medesima  origine,  perchfc  son  1'opera  de'  Pelasgi,  primi  in- 
ventori  di  questo  genere  di  architettura  quanto  solido,  altret- 
tanto  maestoso  e  degno  di  essere  ammirato  al  pari  delle  Pira- 
midi  egizie,  come  stimo  gia  Pausania.  Senonche  i  Greci  hanno 
il  vezzo  di  ammirar  le  cose  degli  stranieri  piu  che  le  proprie: 
conciossiache  scrittori  di  storie  chiarissimi  posero  ogni  studio 
nel  descrivere  accuratamente  le  Piramidi  d'Egitto,  ma  del  Te- 
soro  di  Minia  e  delle  mura  di  Tirinto  non  punto  meno  mara- 
vigliose,  non  fecero,  neppur  di  passata,  la  piu  breve  menzione. 

1  APOLLOD.  II,  2,  3. 

•  PLIN.  H.  N.  VII,  LVII. 


NEL    CONTINENTS   ELLENICO  659 

s  Se  apa  seal  Setvol  ia  uTcep6pia  Iv  0a6[iai:  ti'GeaOat  (Aei^ovi  r/ 
TOC  otxela,  67t6TE  ys  avSpaatv  iui^aveaLV  1$  auyypacp7]v  7r;upaji:5a?  [xsv 
TO?  uapa  AiyuTrcco^  l::ijX6ev  s^TjyTJaaaOac  7:pa;  TO  dxpojSlaraTov,  Orjaaupov 
5e  Mcvuou  xal  ta  Tsfy'*]  t*.  ev  Ttpuv0t  oOSe  ETcl  §pa^u  r^yayov  {ivr^irjgj 
o55iV  5vta  eXassovo;  Oa-j^axo;  a. 

Alia  sentenza  del  Lepsius  si  potrebbe  tare  una  sola  obbie- 
zione  in  risguardo  dell'  ortografia  del  nome  Tt'puv?,  dove  invece 
della  vocale  u  che  si  ha  nella  radice  degli  altri  nomi  da  lui 
citati,  come  Tup-oTjvot,  @up-£ai,  0up-:8s;  ed  altri,  troviarao  il  t. 
Vero  e  che  alcuoi  scrivono  Tiryns  e  Tyrinthius  2,  e  che  lo 
scambio  di  u  con  i  non  e  raro  presso  gli  antichi,  (Cf.  Tubal 
e  Tibarenfy  nulladiraeno  per  noi  val  piu  di  qualsivoglia  altro 
argomento,  la  tradizione  che  attribuisce  a'  Tirintii  1'  invenzione 
delle  torri  cioe  delle  fortezze  pelasgiche,  donde  sarebbe  ori- 
ginate il  nome  di  Tirinto,  perciocche  in  Tirinto  siffatto  genere 
di  costruzioni  nel  Peloponueso  e  forse  di  tutte  il  piu  antico 
e  il  piu  maraviglioso. 

Dopo  le  quali  cose  1'origine  pelasgica  di  Tirinto  non  ha 
bisogno  di  ulteriori  prove,  essendo  bastevoli  quelle  della  tra- 
dizione e  dell'  arte  architettonica.  Quella  e  questa  sono  le  me- 
desime  in  Tirinto  come  in  tutte  le  cittk  del  Peloponneso  fon- 
date  da'  popoli  venuti  d'Asia  e  fortificate  secondo  1'arte  loro 
elf  e  la  stessa  in  Grecia,  nelle  isole  dell'  Egeo  e  in  Italia  e  fu 
prima  nell'Asia,  patria  primitiva  degli  Hethei-Pelasgi,  donde 
seco  la  portarono  nelle  loro  migrazioni. 

E  qui  ci  sovviene  del  Perrot,  il  quale,  parlando  delle  for- 
tiflcazioni  di  Boghaz  Koi  nella  Cappadocia,  si  duole  di  non 
aver  potuto  fare  uno  studio  particolare  e  compito  su  quanto 
resta  ancora  delle  difese  di  questa  citta;  si  augura  tuttavia 
che  altri  lo  faccia,  perche  vi  troverebbe  tutti  gli  element!  d'uno 
•studio  sull'arte  della  fortificazione  quale  era  usata  da' popoli 
dell'Asia  Minore  prima  di  qualunque  relazione  col  mondo  elle- 
nico.  Un  riscontro  Ira'  processi  degli  ingegneri  oriental!  e  greci 
in  questo  genere  di  costruzioni  sarebbe  utilissimo,  e  ci  offri- 

1  PAUS.  IX,  XXXVI,  5. 

*  Cf.    FORCELLINI,   Lex.    8.    V. 


660  GLI   HETHEI-PELASGI 

rebbe  forse  delle  curiose  analogie  tra  la  fortezza  cappadoce  e 
le  piu  antiche  cinte  di  mura  che  tuttora  si  veggono  in  Grecia, 
come  per  esempio  quelle  di  Tirinto  e  di  Micene.  Indi  sog- 
giunge  queste  parole  da  noi  riportate  altrove  e  che  ripetiamo 
qui  perchfe  fanno  al  nostro  proposito:  On  connait  les  tradi- 
tions qui  donnent  pour  fondateurs  A  ces  vieilles  cites  de  I'Ar- 
golide  des  heros  qui  seraient  venus  d'Asie;  le  jour  ou  Von 
aurait  etudte  de  plus  pres  et  dans  un  detail  plus  precis  la 
civilisation  primitive  de  la  p£ninsule,  qui  sait  si  I'archdologie 
ne  se  chargerait  pas  de  confirmer  le  Umoignage  de  ces  my- 
thes  que  pendant  longtemps  Vhistoire  n'a  pas  pris  au  se4- 
rieux  *?  II  valente  archeologo  non  poleva,  infatti,  non  essere 
impressionato  dalla  somiglianza  delle  costruzioni  poligonali  di 
Tirinto,  di  Micene  e  delPaltre  cittk  similmente  fortiflcate  della 
Grecia  primitiva,  con  quelle  di  Boghaz  Koi,  dove  scorgeva  un 
cunicolo  o  corridoio  della  fortezza,  somigliante  a  quello  di  Ti- 
rinto, e  le  due  teste  di  leoni  nella  porta  principale  che  trovano 
riscontro  co'  due  leoni  o  leonesse  della  porta  di  Micene.  Ma 
prese  egli  sul  serio  queste  ed  altre  cose  riguardanti  le  arti  e 
la  civiltk  de1  popoli  asiatici  in  relazione  d'origine  con  quelle 
deirantica  Grecia  e  massimamente  dell'Argolide?  Noi  pensiamo 
che  F  opera  gigantesca,  alia  quale  pose  mano,  della  Storia 
dell'Arte  nell' Antichita,  di  cui  ci  ha  flnora  dati  sei  grossi  tomi, 
non  gli  poteva  conceder  tempo  a  studii  cosi  difficili  quali  sono 
quelli  delle  migrazioni  primitive  dei  popoli  e  dell'arti  d'Asia 
in  Grecia.  Ondeche,  mettendo  dalP  un  de'  lati  tutto  cio  che  di 
storico  si  poteva  contenere  ne'  miti  e  nelle  leggende  dell'Ar- 
golide in  rispetto  alle  origini  asiatiche  de'  primi  fondatori  di 
Tirinto  e  di  Micene,  doveva,  quasi  per  necessita,  riconoscere 
ne'  monumenti  e  nella  civiltk  dell'Argolide  dell'  etk  piu  lontane 
P  opera  degli  antenati  diretti  de'  Greci.  Opera  quindi  di  cotesti 
antenati  de'  Greci  sono  per  lui  le  fortezze  ciclopiche  dell'Ar- 
golide e  le  tombe  a  cupola  della  Grecia  orientale.  Nel  che  si 
stima  felice  di  trovarsi  in  pieno  accordo  col  Reisch  (Die  My- 
henische  Frage)  «  Nous  sommes  heureux  (cosi  egli  scrive  in 

1  PERROT,  Hist,  de  I'Art  dans  I'Antiquitt,  T.  IV,  p.  662. 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  661 

una  nota  alia  fine  del  VI  tomo  della  sua  Storia  delVArte  nel- 
I'Antichitd,  p.  1014)  de  voir  que,  sur  tous  les  points  essentiels> 
nous  sommes  d?  accord  avec  M.  Reisch.  II  est  arrive",  de  son 
c6te,  d  des  resultats  qui  ne  different  pas  des  ndtres  sur  le 
caractere  de  la  civilisation  mycdnienne ;  lui  aussi  il  voit  des 
anctflres  directs  des  Grecs  dans  les  constructeurs  des  enceintes 
cyclope'ennes  de  TArgolide  et  des  tombes  a  coupole  de  la  Grece 
orientate. »  Non  cosi  la  pensa  1'  illustre  esploratore  della  Cappa- 
docia,  Ernesto  Chantre,  il  quale,  negli  scavi  da  lui  fatti  nel 
palazzo  di  Boghaz  Koi,  trovava  frammenti  di  vasi  di  tipo  ci- 
priotto  e  miceneo  e  scriveva ;  Je  rapproche  tout  de  suite  ces 
deux  faits,  et  faurai  plus  loin  I'occasion  de  prouver  peut- 
tftre  que  Vorigine  asiatique  des  fondateurs  des  deux  plus  an- 
tiques rite's  de  la  Grece  est  un  fait  a  peu  pres  d&monstr£  *, 
Di  che  segue  che  il  Perrot  non  solamente  non  prese  sul 
serio  le  antiche  leggende,  ma  neppure  1'  autoritk  storica  d'Erti- 
doto  e  di  Tucidide,  i  quali  ci  dicono  che  tutta  la  Grecia  fin 
dal  principle  fu  abitata  da'  barbari,  cioe  da  genti  venute  dal- 
1'Asia ;  che  il  nome  degli  Elleni  fu  noto  con  qualche  chiarezza 
in  tempi  tardissimi,  e  che  la  loro  importanza  ne'  tempi  antichi 
fu  di  nessun  momento.  Ora  se  questi,  secondo  il  Reisch  e  il 
Perrot,  sono  gli  antenati  diretti  de'  Greci  e  i  costruttori  di 
Tirinto,  e  di  Micene,  delle  tombe  a  cupola  e  della  civilta.  mi- 
cenea,  noi  con  pieno  diritto  e  per  filo  di  logica  dovremmo 
conchiudere  che  Tirinto,  Micene,  le  tombe  a  cupola  e  la  civiltk 
micenea  non  possono  datare  se  non  dall'  VIII  o  VII  secolo, 
quando  soltanto  il  nome  degli  Elleni  si  rese  comune  in  Grecia. 
In  verita,  noi  saremmo  vaghi  di  sapere  chi  sieno  cotesti  ante- 
nati diretti  de'  Greci,  e  quali  i  documenti  scritti  o  tradizionali 
donde  il  Perrot  abbia  potuto  conoscerli.  Ne'  tempi,  a'  quali  si 
fanno  risalire  la  civilta.  micenea  e  le  costruzioni  ciclopiche  di 
Tirinto  e  di  Micene,  troviamo  nella  Grecia  settentrionale  e  me- 
ridionale,  Traci,  Macedoni,  Tessali,  Lelegi,  Beoti,  Achei,  Ateniesi 
o  Attici,  Arcadi,  Laconi,  Argivi,  Eolii,  Cauconi  ed  altri,  ma  gli 

1  Rapport  sur  une  Mission   scientifique  en  Asie  Mineure    sptcialement 
en  Cappadoce  (1893-1894),  p.  27. 


662  QLI   HETHEI-PELASGI 

Elleni,  cioe  i  Greci,  sono  appena  ricordati  perche,  come  fu 
detto,  secondo  Erodoto  e  Tucidide,  non  si  resero  per  nulla 
chiari  e  solo  verso  il  VII  secolo  il  loro  nome  diviene  univer- 
sale  in  Grecia.  Dunque  o  gli  antenati  diretti  degli  Elleni  sono 
i  barbari,  cioe  le  tribu  varie  che  nel  principio  abitarono  la 
Grecia  ed  ebbero  una  civiltk  simile  all' orientale,  o  i  monu- 
menti  ciclopici  dell' Argolide,  le  tombe  a  cupola  e  la  civiltk 
micenea  devono  assegnarsi  ad  epoca  tarda  quando  appaiono 
gli  Elleni  e  i  loro  antenati  che  nessuno,  peraltro,  ce  li  sa  norni- 
nare.  L'assioma  pertanto  di  Otifredo  M tiller:  La  Grecia  ai 
Greci,  che  il  Perrot  fa  suo,  nell'  applicazione  alle  origini  etniche 
e  alia  civil  tk  micenea  della  Grecia  &  un  povero  soflsma  con- 
traddetto  dalla  cronologia,  da'  monumenti  e  dalla  tradizione 
classica. 

E  poi  fuori  di  questione,  perchfe  da  tutti  ammessa,  anche 
dal  Perrot,  F  influenza  dell'Oriente  sulla  civilta  e  1'arte  mice  - 
nea;  ma,  come  bene  osserva  il  Pottier,  nell'ipotesi  greca  del 
Perrot,  cotesta  influenza  non  ha  spiegazione  e  allora  converrk 
cercarla  col  Reinach  in  Europa:  Si  tout  est  grec  dans  les  an- 

tiquites  myceniennes,  ou  est  la  part  de  I' Orient? Commc 

les  affinites  entre  Vart  egeen  et  I'art  oriental  sont  evidentes, 
il  s'ensuit  qu'en  relirant  la  priority  a  V  Orient,  on  est  amend 
logiquement  d  la  donner  a  un  art  nd  en  Europe.  E,  notate 
le  strane  conseguenze  che  proverrebbero  da  questa  ipotesi, 
conchiude:  Le  resultai  est  que,  dans  de  notables  et  fecondes 
inventions  arlisliques,  la  civilisation  orientale,  dejd  vingt 
fois  seculaire,  aurait  et£  tributaire  de  la  Grece  a  peine  nais- 
sante.  N'y  a-t-il  pas  Id  une  interversion  des  probability  qui 
met  V esprit  en  defiance?  De  plus,  avant  d'admettre  de  si  har- 
dies nouveaute's,  rfavonx  nous  pas  le  droit  de  demander  des 
dates  qui  prouveraient  VantdrioriU  des  monuments  europeens 
assimilables  d  ceux  de  I' Orient?  Or  la  chronologie  des  anti- 
quites  europeennes  est  encore  d  pen,  pres  nulle  *.  Un  archeo- 
logo  greco,  senza  quel  sentimento  di  patrio  orgoglio  se  non 
lodevole,  certamente  scusabile,  dello  Tsundas,  il  Cavvadias  ci  fa 

1  POTTIER,  Catalogue,  p.  208  209. 


NEL   CONTINENTS   ELLENICO  663 

conoscere  la  sua  opinions  sull'origine  dell'arte  micenea,  e  noi 
la  riportiamo,  perciocche  gli  antenati  diretti  de'  Greci  non  sono 
per  lui  quelli  del  Perrot,  del  Reisch  e  dello  Tsundas,  si  bene 
gli  Asiatici :  Parmi  les  differents  peuples  d'origine  orientate 
qui  s'e"tablirent  en  Grece,  il  s'est  trouve  une  bande  de  guer- 
riers  qui  a  Emigre'  de  I'Asie  dans  la  plaine  d'Argolide  appor- 
tant  avec  elle  les  germes  de  I' art  mycenien  *.  Lasciamo  il 
resto  perche  non  ci  fa  mestieri  e  che,  come  per  il  Reinach  cosi 
per  noi,  non  ci  sembra  esatto  ne  provato  2. 

Ed  ora  ritorniamo  a  Tirinto.  I  primi  scavi  che  vi  fece  lo 
Schliemann  nel  1876  furono  ripresi  nel  1884,  con  lascoperta  del 
Palazzo,  e  continuati  1'anno  appresso  sotto  la  direzione  del  Dorp- 
feld,  che  mette  in  luce  una  gran  parte  del  muro  colossale  di 
cinta,  le  sue  torn,  le  gallerie  e  le  camere.  Per  piu  arapie 
notizie  sulla  storia  di  questi  scavi  e  le  controversie,  alle  quali 
diedero  luogo,  si  veggano  gli  autori  che  citiamo  in  nota  3. 

Le  rovine  di  Tirinto  son  quelle  delPAcropoli,  e  nulla  resta 
de'  sobborghi  o  xwp,at  che  le  si  stendevano  tutt'  intorno.  Come 
a  Troia  e  a  Micene  1'Acropoli  era  fortezza  a  un  tempo  e  stanza 
de'  re  o  principi  della  contrada  piu  o  meno  vasta.  Non  v'  e 
poi  dubbio  che  Tirinto  fu  ediflcata  prima  di  Micene,  e  per  la 
qualita  della  costruzione  le  sue  rovine  sono  considerate  come 
le  piu  antiche  della  Grecia.  L'Acropoli  sorgeva  sopra  una  rupe 
della  pianura  argolica,  non  piu  alta  di  10  a  15  metri,  lunga 
300  circa,  con  una  larghezza  su'  60  e  i  100  metri.  Da  tutti  i 
lati  e  cinta  da  mura  che  tuttora  sfidano  i  secoli  e  sono  un 

1  Cavvadias,  Catalogue  des  Musees  d'Athenes,  1894,  p.  8. 

*  S.  REINACH,  Chronique  d' Orient,   1895,  p.  26,  dell'Estratto. 

1  Cf.  SCHLIEMANN,  Tirynthe.  Le  Palais  prthistorique  des  rois  de  Tirynthe. 
Jffsultat  des  dernieres  fouilles.  Paris,  Reinwald,  1885.  E.  BURNOUF,  Tirynthe 
et  les  fouilles  en  pays  classique.  Rev.  des  Deux  Mondes,  ler  Mars  1887  — 
PERROT  et  CHIPIEZ,  Hist,  de  I' Art  dans  I'Antiquite,  Tome  VI,  p  258  e  segg.; 
Paris,  Hachette,  1894  —  Athenische  Mittheilungen,  1891  —  Journ.  ofhellenic 
Studies,  1886  —  SAL.  REINACH,  Chroniques  d'Orient,  Documents  sur  les  fouil- 
les et  dfcouvertes  dans  I'Orient  helWnique  de  1883  a  1890.  Paris,  Didot,  1891 
—  C.  SCHUCHHARDT,  ScHLiEMAN.v's  Excavations,  Tiryns,  p.  93  e  segg.;  Lon- 
don, Macmillan,  1891  —  B.  HAUSOULLIER,  Grece,  Vol.  II,  p.  212  e  segg.  Pa- 
ris, Hachette,  1891,  Collection  des  Guides  loanne. 


664  OLI   HBTHEI-PBLASGI 

vero  miracolo  di  architettura  ciclopea,  mercecchfe  raggiunsero 
un  tempo  1'altezza  di  20  metri,  e  la  spessezza  va  da'  10  a'  15 
e  fino  a'  20  metri,  come  ne'  contrafforti  del  lato  meridionale 
e  meridionale-orientale,  dove  sono  le  gallerie  coperte,  anche 
esse  rnaravigliose  per  i  massi  enormi  onde  sono  formate. 
Gl'  interstizii  fra  pietra  e  pietra,  quando  gli  spigoli  non  coin- 
cidono,  sono  chiusi  con  pietre  piu  piccole.  II  Dorpfeld  noto 
che  vi  si  fece  parimente  uso  d'una  specie  di  cemento  di  ar- 
gilla,  ma  non  sappiamo  che  cosa  potesse  aggiungere  cotesto 
po'  di  cemento  alia  saldezza  delle  mura  ovvero  alia  loro  esterna 
perfezione. 

Tutta  la  fortezza  si  compone  di  due  terrazze,  la  cui  altezza 
e  larghezza  sono  disuguali;  stantech6  la  settentrionale  e  piii 
bassa  e  ristretta,  doveche  la  superiore,  di  4  a  5  metri  piu  alta, 
costituisce  la  parte  piu  importante  e  formale  della  cittadella 
con  quanto  fa  mestieri  alia  difesa  e  chiude  in  mezzo  il  Palazzo 
de"  re  e  le  stanze  de'  suoi  cortigiani,  de'  guerrieri  e  della  ser- 
vitu.  L'entrata  principale  s'apre  nel  muro  orientale  e  vi  si 
giunge  per  una  lunga  rampa  fatta  di  grandi  pietre  e  larga  6  me- 
tri, la  quale  comincia  dalla  pianura,  costeggia  la  muraglia  in 
forma  di  torre  della  spessezza  di  7  metri  e  tagliata  ad  angolo 
ottuso.  Laonde  il  fianco  dritto  dell'assediante,  che  sale  per 
questa  rampa,  resta  scoperto,  e  indifeso  dallo  scudo,  a'  dardi 
degli  assediati.  Dalla  porta  si  passa  in  una  specie  di  corridoio 
formato  dal  muro  esterno  e  da  quello  d'una  cinta  interna  che 
circonda  le  case.  Avanzando  per  questa  via  s'  incontra  1'en- 
trata  della  terrazza  inferiore  che,  separata  dalla  superiore  da 
grosso  muro  posto  di  traverse,  non  e  altro  che  un  grande 
spazio  vuoto  e  si  suppone  che  fosse  una  dipendenza  dell'Acro- 
poli  dov'erano  le  capanne  degli  schiavi  e  le  stalle,  e  in  cui 
si  raccoglievano  in  tempo  di  guerra  gli  abitanti  de'  vicini  bor- 
ghi  e  gli  agricoltori  co'  loro  armenti  e  le  masserizie  piu  ne- 
cessarie.  Nella  terrazza  superiore  era  il  Palazzo  del  re  o  si- 
gnore  di  Tirinto,  la  cui  descrizione  ne'  piu  minuti  particolari 
artistici  si  deve  leggere  nell'opera  citata  del  Dorpfeld,  dal  quale 
prese  la  sua  il  Perrot  nel  Tomo  "VI  della  sua  Storia  dell'Arie 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  665 

nell' Antichild.  Noi  ne  indicheremo  qui  le  parti  principal!  an- 
cora  esistenti  e  quelle  che  dagli  avanzi  si  deduce  ragionevol- 
mente  che  un  di  vi  furono. 

La  forma  del  Palazzo  e  quella  d'un  quadrilatero  con 
pavimento  di  calce  e  di  piccole  pietre.  La  calce  peraltro 
non  serviva  di  cemento  ma  d'intonaco,  sul  quale  la  pit- 
tura  decorava  i  pavimenti  e  le  mura,  come  ne'  palazzi  di 
Troia  e  di  Micene.  Uno  di  siffatti  affreschi  trovati  a  Ti- 
rinto,  nelPappartamento  o  jxeyapov  degli  uomini,  rappresenta 
un  toro  assalito  da  un  uomo,  il  quale  per  1'  imperizia  del  pit- 
tore  sembra  montato  sul  dorso  deH'animale.  II  quadrilatero 
era  girato  intorno  da  portici  ed  esistono  ancora  le  tracce  del 
colonnato.  Esso  forma  1'awZa,  auXVj,  o  atrio.  A  man  dritta  del- 
1'entrata  v'  e  una  pietra  forata  che  si  ritiene  essere  1'altare  del 
re  e  della  citta.  Dopo  1'aula  si  presenta  il  Palazzo  propriamente 
detto,  dove  abitavano  gli  uomini,  perche  le  donne  avevano  il 
proprio  o  il  gineceo.  Esso  e  costruito  come  i  tempii  che  di- 
consi  in  antis  o  in  Tiapaataaei,  i  quali  hanno  due  colonne  fra'due 
pilastri  quadri.  Due  scalini  conducono  a  un  peristilio  anteriore, 
aiGouaa ;  e  la  facciata  ch'  ha  due  colonne  s'apre  sull'aula.  Tre 
porte  a  due  battenti  menano  al  vestibolo,  ~p65o|i.os,  donde  si 
passa  in  una  gran  sala  quadrata  di  metri  11  e  81,  su  9  e  86, 
ed  e  la  sala  degli  uomini  o  [ieyapov.  Nel  centre  e  il  focolare 
circondato  dalle  basi  di  quattro  colonne  di  legno,  le  quali  sor- 
reggevano  le  travi  del  tetto  a  terrazza.  II  [xeyapov  delle  donne 
e  piu  piccolo,  ma  parallelo  a  quello  degli  uomini,  dal  quale 
poco  differisce  e  non  ha  I'alOouaa. 

Le  cosiddette  Gallerie  ogivali  sono  anch'  esse  degne  della 
nostra  ammirazione,  comechfe  non  si  sappia  con  tutta  certezza, 
a  che  cosa  servissero.  L'  opinione  piii  comune  e  anche  piu 
probabile,  sarebbe  quella  di  coloro  che  in  queste  celle  ravvi- 
sano  delle  prigioni  o  delle  cantine  4.  Le  Gallerie  sono  costruite 
nell'  interne  de'  contrafforti  a  Sud-Est  e  a  Sud-Ovest  della  cinta. 
L'entrata  della  Galleria  del  contrafforte  di  Sud-Est,  la  cui  spes- 
sezza  e  di  17  metri,  era  al  Sud.  La  volta  e  formata  di  fllari 

1  Cf.  B.  HAUSSOULLIER,  o.  c.  p.  216. 


GLI    HETHEI-PELASGI 

di  grosse  pietre,  disposti  orizzontalmente  ad  aggetto  (en  encor- 
bellement),  e  unite  insieme  alia  parte  superiore  per  mezzo 
d'altre  pietre  poste  anch'  esse  orizzontalmente.  Essa  e  lunga 
30  metri,  larga  12  e  alta  4.  Sei  piccole  porte  a  dritta  s'aprono 
sopra  6  casematte  rettangolari  praticate  nella  spessezza  del 
muro  e  in  parte  crollate. 

L'altra  Galleria  del  contrafforte  di  Sud-Ovest  e  meglio  con- 
aervata.  Si  scendeva  dalla  terrazza  superiore  per  un  vestibolo  a 
due  colonne,  ad  una  scala  coperta,  la  quale  andava  obliquamen- 
te  ad  angolo  retto  nel  vivo  del  bastione.  Per  questa  scala  si 
giungeva  alia  Galleria  ogivale  lunga  23  metri  e  inferiore  di 
7  metri  al  piano  della  terrazza.  L'estremita  occidentale  era 
chiusa,  e  1'orientale  prendeva  la  luce  da  una  stretta  feritoia. 
II  lato  meridionale  ha  cinque  porte,  le  quali  riescono  su  cin- 
que celle  di  non  eguali  dimensioni.  II  muro  che  le  separa  dal 
di  fuori  e  della  spessezza  di  4  metri  all'  incirca.  Una  torre 
finalmente,  la  cui  fronte  e  di  20  metri,  flancheggia  il  canto 
Sud-Ovest  della  cinta  ed  ha  due  camere  totalmente  chiuse. 
Anche  di  queste  camere,  secondo  1'Haussoullier,  che  abbiamo 
finora  seguito  compendiandolo,  dovettero  servire  altre  di  can- 
tine  ed  altre  di  cisterne  1:  In  una  cosa  sola  non  siamo  qui 
dello  stesso  parere  del  dotto  archeologo  ed  e,  che  le  costru- 
zioni  di  queste  Gallerie  e  casematte,  essendo  somiglianti  a 
quelle  di  parecchie  citta,  colonie  fenicie  del  settentrione  d'A- 
frica,  e  particolarmente  a  quelle  di  Birsa,  Acropoli  di  Carta- 
gine,  non  sia  impossibile  che  i  Tirintii  sieno  in  cio  imitatori 
de'  Fenicii.  II  n'est  done  pas  impossible  que  les  Tirynthiens 
raient  emprunte"  eux-m^mes  aux  Phdniciens  2.  La  quistione 
fenicia,  come  vede  il  lettore,  non  ci  abbandona,  e  siamo  co- 
stretti  di  rispondere  aH'Haussoullier  per  le  costruzioni  tirintie, 
c  al  Pettier,  come  promettemmo,  per  i  lavori  nobilissimi  in 
metalli  preziosi  e  lodati  da  Omero,  ne'  quali  si  acquistarono 
lama  i  Sidonii  creduti  anch'  essi  Fenicii.  Al  primo  rispondiamo 
non  essere  per  nulla  probabile  che  Tirinto  sia  stata  edificata 
dopo  Cartagine,  e  pero  che  dalle  costruzioni  della  sua  acro- 

1  Cf.  B.  HAUSSOULLIEB,  o.  c.  p.  c. 
'  Cf.  B.  HAUSSOULLIEB,  o.  c.  p.  c. 


NEL  CONTINENTE  ELLENICO  667 

poli  abbiano  preso  i  Tirintii  1'  idea  e  il  modello  delle  loro  Gal- 
lerie  ogivali.  In  questa  ipotesi  Tirinto  non  sarebbe,  come  pure 
attesta  1'  Haussoullier,  una  delle  piii  vetuste  citta  della  Grecia, 
ma  la  sua  antichitk  toccherebbe  appena  il  secolo  VIII  o  il  IX, 
cio  che  non  sara  concesso  da  veruno,  attesoche  le  rovine  di 
Tirinto,  come  rilevasi  dalla  qualitk  della  costruzione,  sono,  se- 
condo  lui,  anteriori  alle  parti  piu  antiche  di  Micene,  la  cui 
civilta  si  afferma  comunemente  essere  stata  in  fiore  al  XV  se- 
colo a.  G.  C.,  e,  come  altri  opinano,  al  XVII.  Ora,  quantunque 
Porigine  di  Cartagine  sia  molto  oscura,  nessuno  la  fa  di  tanto 
anteriore  a  Tirinto,  ma  alcuni  la  mettono  all'860  o  all'880,  ed 
altri  vogliono  Cartagine  e  Roma  fondate  lo  stesso  anno  753 
prima  delPera  cristiana. 

Intorno  a'Sidonii  del  Pettier,  1'argomento  principale  che  si  fa 
valere  e  quello  di  Omero,  il  quale  celebra  1'eccellenza  dell'arte 
loro.  Nel  VI  libro  delPIliade  leggesi,  infatti,  che  le  donne  si- 
donie  lavoravano  pepli  di  vario  genere  : 

Iv6  'laav  d  TrercXc:  TcajATtofoiXoi,  Ipya  yuvacxcov 

S'.OOVCWV  *. 

Ma  questo  argomento  della  bellezza  de'  pepli  non  prova 
1'assunto,  mercecche  non  puo  farsi  verun  riscontro  con  pepli 
d'arte  micenea.  L'  argomento  veramente  efficace  ed  incontra- 
stabile  sono  i  vasi  metallici  de'  Sidonii,  d'  arte  squisita  e  in 
tutto  somiglianti  a'  micenei.  Omero,  nel  XXIII  dell'  Iliade,  ci 
parla  d'  lin  cratere  d'  argento,  di  bellezza  incomparabile  e  che 
non  aveva  il  simile  in  tutta  la  terra;  i  Sidonii,  valenti  arte- 
flci  d'ogni  sorta  d'opere  d'  ingegnoso  lavoro,  1'  avevano  fatto, 
e  i  Fenicii  1'  avevano  seco  portato  e  collocato  ne'  porti  e  poi 
donate  a  Toante. 


)(avSav£v,  auTap  xaXXet  Ivt'xa  Tiaaav  ITC*  atav 


8'dtYOV  avSpe?  ETI'  f^epoeiSsa  TOVTOV, 
axf^aav  8'lv  Xt[xeveaac,  66avtt  Se  Swpov  IBwxav  2. 
NelPOdissea  si  descrive  un  altro  vaso,  dono  del  re  de'  Si- 

1  HOM.  //.  VI,  vt  289,  290. 
•  HOM.  H.  XXIII,  v.  741,  745. 


668  GLI    HETHEI-PELASGI 

donii  a  Menelao.  Era  un  cratere  tutto   d'  argento  col  labbro 
d'oro,  opera  di  Vulcano  : 

8wao)  tot  (a  Telema^o)  xprj-rtjpa  T'STUYIASVOV  apyupeo?  5fe 

iatlv  £7105,  XPua$  S'ercl  xe&ea  xexpaavtau 

spyov  [3']  'Hcpaiaroco'  Tc6pev  o£  I  <I>ai5i|io<; 


Noi,  senza  difficolta,  ammettiarao  che  i  Sidonii  in  tempi 
antichi  e  anterior!  ad  Omero,  nel  XII  secolo  a.  G.  C.,  e  anche 
prima,  nel  XV,  conobbero  ed  esercitarono  P  arte  di  lavorare 
i  raetalli  preziosi,  con  grande  eccellenza,  e  che  i  loro  vasi 
sieno  stati  della  stessa  forma  de'  micenei.  Notiamo  pero  che 
questi  loro  vasi  trovano  un  chiaro  riscontro  con  quelli  dei 
Keftu,  e  de'  Kheta  (Hethei)  ;  i  Sidonii  dunque  ebbero  la  stessa 
arte  e  civilta,  degli  uni  e  degli  altri  al  medesimo  tempo,  cioe 
nel  secolo  XV  a.  G.  C.,  quando  il  nome  di  Fenicii  non  esisteva, 
e  conservarono  ed  esercitarono  quest'arte  flno  al  tempo  degli 
eroi  omerici.  Ora  i  Kheta  non  eran  Fenicii,  e  i  Keftu,  come 
vedemmo  altrove,  neppure  si  possono  dir  tali.  Dunque  i  Si- 
donii, presso  i  quali  troviamo  la  civiltk  e  P  arte  de'  Keftu 
e  de'  Kheta,  non  eran  Fenicii  si  bene  cananei.  Sidone,  infatti, 
£  detto,  nella  Sacra  Scrittura,  primogenito  di  Canaan,  flglio  di 
Kham.  II  Maspero  scrive  :  Les  Egyptiens  donnaient  le  nom  de 
Kafli  au  territoire  combind  de  Sidon  et  de  Tyr,  e  in  nota: 
Le  nom  Kiphta,  que  M.  Neubauer  (la  G6ographie  du  Tal- 
mud, p.  93),  a  trouve  attache  a  celui  de  Cesaree,  n'est-il  pas 
un  dernier  souvenir  de  Kafti  ?  Les  Grecs  ont  connu  Kafli 
sous  la  forme  de  Kdphdnes  (LEPSIUS,  Nubische  Grammatik, 
Einleitung,  p.  CI-CVII)  2. 

Che  gli  Egizii  dessero  il  nome  di  Kafti  al  territorio  di  Tiro 
e  di  Sidone  preso  insieme,  il  Maspero  qui  lo  suppone,  non  lo 
prova.  Che  poi  in  Kiphta  si  abbia  un  ultimo  ricordo  de'  Kafti, 
si  pud  concedere  senza  difflcoltk  ;  ma  d'altra  parte,  che  i  Greci 
abbiano  conosciuto  i  Kafti,  come  vuole  il  Lepsius,  sotto  la  sola 
forma  di  Kefeni,  non  ci  sembra  esatto.  Imperocche  la  radice 

1  HOM.  Odyss.  IV,  615-618;  Odyss.  XV,  115-118.  Strabone  (I,  II,  33) 
iegge  cpa&ifiog  ag-gettivo,  illustre,  non  4>a(8i|jioc,  nome  proprio. 

*  MASPERO,  Hist.  Anc.  des  peuples  de  rOrient,  p.  185,  della  4*  ed. 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  669 

del  nome  Kafti  o  Kefti  essendo  Kaf-  o  Kef-,  poterono  i  Greci 
sapere  ovvero  far  congettura  de'  Kafti  da'  nomi  riferiti  da  noi 
altrove  l,  di  persone,  di  citta,  di  borghi  e  di  raolti  flumi  del- 
1'Argolide,  dell' Attica,  della  Beozia,  di  Sicione,  della  Focide  e 
di  Sciro,  tutti  composti  con  Kef-  o  con  Kaf-.  I  Greci,  peral- 
tro,  non  intesero,  a  parer  nostro,  1'origine  etnica  di  nomi 
tanto  antichi,  come  K^e-j^,  Ki)<piaa6s5  Kr^caea,  Kacpuac,  Katprr 
p:5ss  (Tisipou)  ed  altri  somiglianti.  Ma  chi  ben  consideri  che  i 
Fenicii  non  sono  Cananei  da  stirpe,  ne  usarono  altro  idioma 
che  il  semitico,  i  nomi  dianzi  citati  non  si  possono  dire  fenicii 
e,  per  couseguenza,  neppur  i  Keftu  furono  Fenicii,  si  solo 
Pre-fenicii  in  quan'to  abitarono  qualche  parte  del  territorio  che 
in  tempi  posteriori  prendera  il  nome  di  Fenicia ;  quantunque, 
nella  nostra  opinione,  le  terre  de'  Keftu  si  debbano  verisimil- 
mente  cercare  nella  regione  che  dalla  Cappadocia  si  stende 
alia  Cilicia  marittima,  dove  fu  il  loro  emporio,  il  porto  e  il 
cantiere  in  cui  si  fabbricava  per  gli  Egizii  quella  specie  di 
navi,  le  quali  dal  nome  de'Keftu  chiamavansi  Keftie.  Conchiu- 
diamo,  pertanto,  essere  stati  sempre  confusi,  dagli  antichi  e  dai 
moderni  scrittori,  i  nomi  di  Fenicia,  di  terra  di  Canaan,  di  Si- 
ria,  di  Pales tina  e  di  Filistia,  e  che  1'errore  geograflco  ed  et- 
nico  fu  1'effetto  principalmente  della  negligenza  ovvero  della 
ignoranza  della  cronologia.  Certamente  i  Cananei  furono  db 
immemordbili  i  primi  abitanti  di  quella  regione  che  poscia  si 
disse  Fenicia.  Vestigium,  cosi  scrisse  il  dottissimo  olandese 
Reland,  huius  nominis  Canaan  superesse  in  yyy.,  antiquissimo 
Phoenices  nomine,  jam  ab  aliis  notatum  est.  Stephanus,  /va, 
o'j-cw?  fj  OotvixY]  ixaXelto.  Nomen  tulit  a  viro  ita  dicto.  Sancho- 
niathon  laudaius  Eusebio,  praep.  Evang.  lib.  II.  dcoeXcpfc;  xv5 
TOO  Trpwiou  [letavoptaoSevto  Ooivotos  2.  L'origine  khamitica  di  Ke- 
feo  e  una  stessa  con  quella  di  Agenore,  di  Cadmo,  di  Cilice 
e  d'altri  genarchi.  Cosi  si  pud  intendere  la  leggenda  che  fa 
venire  dall'Egitto  e  da  Belo,  Kefeo,  il  quale  e  detto  flglio  di 
costui  ovvero  flglio  di  Agenore,  anch'esso  d'origine  egizia.  Di 
qui  gli  Etiopi  son  denominati  R»j??jve;  e  PEtiopia  e  da  Nican- 

1  DE  CARA,  Gli  Hethei-Pelasgi,  Vol.  I,  p.  464,  nota. 
*  H.  RELANDUS,  Palaestina,  T.  I,  p.  7. 


070  GLI    HETHEI-PELASGI 

dro  chiamata  Kr/pjls  yata,  ^  Kr^fto;,  da  Kefeo  ',  d'origine  non 


Fenicii,  e  pero  anteriori  a'  Fenicii  nella   regione  che  prima 
fa  detta  Canaan  e  Siria  e  poscia  Fenicia. 

Per  cio  che  s'attiene  alia  religione  de1  Tirintii,  possiamo 
dire  con  tutta  certezza  essere  stata  quella  medesima  delle 
citta  pelasgiche  dell'Argolide,  d'Argo  cioe  e  di  Micene,  atte- 
sochfe  Tirinto  e  Micene  sono  strettamente  connesse  nella  loro 
origine  con  Argo.  Ondeche  ci  fa  meraviglia,  come  il  Mayer  2, 
citato  dal  Reinach  3,  abbia  potuto  scrivere  nel  1892  che  1'epoca 
micenea  non  conosceva  ancora  gli  dei,  e  che  il  culto  domi- 
nante  sia  stato  quello  de'  morti,  a'  quali  erano  destinate  certe 
statuette  di  terracotta  trovate  a  Micene,  e  ch'egli  crede  essere 
idoli.  Simili  teorie,  contrarie  del  tutto  alia  tradizione  ed  al 
i'atto,  non  si  confutano,  e  noi  vogliamo  dubitare  che  il  Reinach 
non  sia  questa  volta  riuscito  a  cogliere  1'idea  che  il  Mayer 
ebbe  in  mente,  ma  che  non  chiaramente  espresse  con  le  pa- 
role. Del  resto  noi  compatiamo  il  valente  cronista,  la  cui  pa- 
zienza  e  cimentata  da  scritture  poco  chiare  e  disordinate  che 
gli  rubano  un  tempo  prezioso,  come  pare  essere  stato  il  caso 
del  Mayer,  perciocche,  iniatti,  leggiamo:  Voila  ce  que  je  peux 
tirer  de  plus  clair  d'un  article  de  M.  Mayer,  qui  met  a  I'e"- 
preuve  ma  patience  de  chroniquer  4. 

Tirinto  venero  particolarmente  Hera,  1'Astarte  de'  Pelasgi, 
fln  da'  tempi  del  suo  primo  fondatore  Preto,  il  quale  nella  di- 
visione  col  fratello  Acrisio  che  ritenne  Argo,  prese  possesso 
delPHereo,  di  Midea  e  di  Tirinto  5  che  cinse  di  mura  per  opera 
de'  Ciclopi.  Sappiamo  altresi  che  Preto  edifice  ad  Hera  un 
tempio  veduto  da  Pausania  sulla  sinistra  della  via  che  da  Ti- 
tane  porta  a  Sicione  (>>.  D'altra  parte,  Preto  essendo  pelasgo, 
doveva  come  tutti  gli  altri  Pelasgi  onorare  il  dio  sovrano  Set, 
il  Giove  dodoneo  pelasgico,  del  quale  parlammo  a  suo  luogo, 


1  El.  M.  p.  512. 

1  MAYER,  lahrb.  des  Instituts,  1892,  p.  189. 

*  S.  REINACH,  Chron.  d'Orient,  deux.  ser.   1896. 

4  S.  REINACH,  1.  c. 

5  PADS.  II,  XVI,  2. 

•  PAUS.   II,  XII,  2.    • 


NEL   CONTINENTS   ELLENICO  671 

come  1'onorava  Argo  sotto  il  nome  di  Giove  Larisseo,  di  Apollo 
Liceo  e  di  Apollo  Pitio. 

Erodoto  fra  le  divinita.  di  origine  non  egizia  pone  Hera, 
Vesta,  Temide,  le  Chariti  e  le  Nereidi,  alle  quali  i  Pelasgi 
avrebbero  dato  il  nome;  ma,  salvo  Nettuno,  che  e  divinitk  pro- 
pria  de'  Libii  e  non  viene  in  Grecia  dall'Egitto,  tutte  le  altre 
erano  note  agli  Egizii  e  dall'Egitto  farono  introdotte  in  Gre- 
cia. Le  quali  cose,  com'egli  stesso  confessa,  seppe  dagli  Egizii  *. 
Noi  crediamo  che  Erodoto  sia  stato  male  informato  dagli  Egizii 
•e  non  ben  conoscente  delle  primitive  credenze  de'  Greci.  L'Egitto 
non  diede  i  suoi  dei,  perche  questi  non  si  dknno  ma  sono  in- 
trodotti  ne'  nuovi  paesi  dalle  tribu  o  da'  popoli  che  vengono 
ad  abitarli  e  seco  portano  le  loro  credenze  religiose.  Ora  la 
primitiva  Grecia  non  fu  mai  abitata  da  Egizii,  ne,  come  gia 
la  provato,  Danao  e  Cadmo  furono  egizii  ne  condottieri  di  Egizii. 
I  primi  che  popolarono  la  Grecia  furono  i  Pelasgi  sotto  le  va- 
rie  denominazioni  gia,  riferite  altrove,  e  pero  le  divinitcf  pela- 
sgiche  dovevano  necessariamente  esser  le  prime  venerate  in 
Grecia.  In  tempi  posteriori  si  hanno  in  Grecia  altre  divinita, 
le  quali  sono  in  parte  traslbrmazioni  delle  pelasgiche  e  indi- 
cate con  altri  nomi,  e  in  parte  sono  di  origine  aria,  donde 
conseguita  che  nella  Grecia  primitiva  gli  dei  egizii  non  entra- 
rono,  come  per  la  stessa  ragione  dianzi  accennata,  non  vi  po- 
tevano  entrare  gli  dei  della  Babilonide  o  dell'Assiria. 

Mentre  eravamo  per  conchiudere  questo  articolo  ci  venne 
veduto  1'annunzio  d'una  rivista  della  nota  Memoria  dell'Helbig, 
tatta  dal  Myres  nella  Classical  Review  del  mese  d'ottobre  1896. 
Vaghi  di  sapere  che  cosa  pensasse  della  Quistione  Micenea  il  dotto 
archeologo  inglese,  ci  procurammo  sollecitamente  il  N.°  7  del 
vol.  X  della  ricordata  Classical  Review.  La  rivista  e  conte- 
nuta  in  7  lunghe  pagine  a  due  colonne,  (pag.  350  357).  La 
nostra  sorpresa  nel  leggerla  e  stata  lo  scorgere  fin  da'  primi 
periodi,  che  gli  argomenti  morali  dell'Helbig  avevano  fatto  la 
stessa  impressione  nel  Myres  che  avevano  fatta  in  noi ;  senonche 
quanto  fu  espresso  da  noi  nell'articolo  del  giugno  di  quell'anno, 
intorno  alle  accuse  lanciate  dall'  Helbig  contro  coloro  che  non 

1  HERODOT.  II,  L. 


672  QLI    HBTHEI-PBLASGI 

hanno  il  coraggio  di  essere  Fenicofili,  ii  Myres  1'esprime  come 
sogliono  gl'Inglesi,  con  umorismo  loro  proprio.  Abbiamo  detto 
che  non  hanno  il  coraggio,  per  usare.una  frase  del  von  Dunn, 
il  quale  dice  che  bisogna  aver  coraggio  per  sostenere  con 
1'Helbig  la  civilta  micenea  esser  fenicia :  Only  those  who  have 
the  courage  to  maintain  with  Helbig  that  the  Mykenean 
civilization  is  Phoenician  ecc.  *. 

Ecco  in  che  modo  d£  principio  alia  sua  rivista  il  Myres :  II 
sig.  Helbig  ha  in  fondo  aH'anima  un  vivo  risentimento  (feels 
acutely)  pel  modo  onde  1'archeologia  «anti-semitica»  in  questi 
ultimi  anni  ha  denigrato  (blackened)  il  carattere  de'Fenicii,  e  loro 
detratto  il  genio  inventivo  e  benefico;  fa  appello  a  tutti  coloro  i 
quali  leggono  lettere  alfabetiche  o  che  bevono  liquori  alcoolici, 
di  unirsi  a  lui  nell'ufflcio  «  il  piii  nobile  che  possa  toccare  a  uno 
storico  »,d'imbiancare  (whitewashing)  i  sepolcri  de'  primi  mis- 
sionarii  del  «  romanzo  piccante  »  (ne  sia  lodata  Nostra  Signora 
di  Paphos !)  (all  praise  to  Our  Lady  of  Paphos),  e  del  «  vino 
passabile  »  che  ha  fatto  tollerabili  le  civiltk  susseguenti.  Cosi 
il  Myres.  Un  appunto  poi  non   lusinghevole  che  il  Myres  fa 
all'Helbig,  dopo  questo  esordio,  e  la  scarsa  conoscenza  ch'egli 
mostra  d'avere  della  cosiddetta  «  letteratura  del  soggetto  », 
contentandosi  della  propria  interpretazione  de'  dati  fornitigli 
dalle  compilazioni  del  Perrot  e  Chipiez,  e  dando  raramente  a 
vedere  che  i  materiali,  di  cui  si  serve,  sieno  a  lui  noti  di  propria 
scienza  o  di  prima  mano  «  first  hand  ».  Enumerati  quindi  i 
singoli  argomenti  delPHelbig,  i  quali  riduconsi  a  sei,  1'autore 
gli  esamina  minutamente  e  li  confuta  da  suo  pari,  con  erudi- 
zione  soda  e  numero  grande  di  prove  di  fatto,  parecchie  delle 
quali  ricavate   dalle   sue   ricerche  ed  esplorazioni   personal!, 
specialmente  nell'isola  di  Greta.  Egli  combatte  dapprima  1'iden- 
tificazione  de'  Keftu  co'  Fenicii,  che  1'Helbig  vuole  a  ogni  patto 
esser  certa,  e  taccia  i  dotti,  che  non   ammettono  questo  suo 
assioma,  di  scettici  testardi,  ent^tement  sceptique.  A  questa  poco 
cortese    qualificazione  il  Myres   graziosamente   risponde :   Mi 

•  • 

1  VON  DUHN,  Archaeological  Research  in  Italy  ecc.  nel  «  Journ.  of'Hellen. 
Studies.  »  Vol.  XVI,  Part.  I.  1896,  p.  135,  n.  30,  trad,  di  Miss  K.  Raleigh, 
dal  tedesco. 


NEL   CONTINENTE   ELLENICO  673 

duole  di  rimanere  «  scettico  »  quantunque  io  non  mi  creda  con- 
sciamente  «  testardo  ».  I  regret  that  I  remain  «  sceptique  », 
though  I  believe  not  consciously  «  ent&e'  »  (p.  351). 

Che  la  civilta  micenea,  come  sostiene  giustamente  1'Helbig, 
dovesse  giungere  a  un  alto  grado  di  perfezione  solo  dopo  un 
lungo  svolgimento,  il  Myres  non  lo  nega ;   nega  pero  contro 
1'Helbig  che  cotesto  svolgimento  non  si  abbia  nell'  Egeo,  e  si 
appella  alle  scoperte  e  a'  lavori  del  Fouque,  del  Diimmler,  del 
Perrot,  dell' Evans,  del  Mariani,  dello  Tsundas  e  della  scuola 
inglese  di  Archeologia  (p.  351).  Nell'isole  dell'Egeo  la  civilta 
micenea   puo   dirsi   indigena,  tanto  v'  e  antica,  mentre  nella 
Fenicia,  per  confessione  dell'Helbig,  non  ve  n'6  quasi  traccia 
e  tardi  vi  apparisce,  e  nell'  isola  di  Cipro  v'entra  dal  di  fuori 
e  nelPeta  del  bronzo.  Questo  punto   della   civilta  di  Cipro  6 
molto  importante  e  1'autore  lo  tratta  in  modo  notevolissimo  e 
con   nuove  vedute,  laddove   1'  Helbig   mostra   d'esserne  poco 
informato.  Se  il  commercio  transmarine  de'  Fenicii  fosse  co- 
minciato  ne'  secoli  anteriori  al  1000,  noi,  come  nota  bene  il 
Myres,  dovremmo  trovarne  traccia  ne'  depositi  di  quell'eta  in 
Cipro;  tanto  piu  che  prima  del  1000, 1'industria  del  rame  met- 
teva  Cipro  in  relazione  con  1'Egitto,  le  coste  della  Siria,  1'Asia 
Minore  e  con  1'  Egeo.  Ora  nulla  di  fenicio  presentavano  i  ma- 
teriali  raccolti  in  abbondanza,  in  questi   ultimi  quindici  anni. 
e  che  1'Helbig  ignora;  1'elemento  fenicio  apparisce  in  eta  molto 
tarda.  Fino  alia  XVIII  dinastia  le  relazioni  di  Cipro  e  le  sue 
affinita  furono  con  la  Cilicia  e  la  Cappadocia,  e  il  suo  riscontro 
piii  stretto  si  ha  con  Hissarlik.  Cipro  trasporta  vasi  fini  e  ter- 
recotte  in  Fenicia,  nella  Siria,  da  Singerli  a  Tell-el-Hesy  anche 
in  epoca  premicenea.  I  Fenicii,  se  avessero  fabbricati  vasi  mi- 
cenei in  Fenicia,  avrebbero   dovuto  procurarsi  la  creta  fuori 
delle  loro  terre,  dove  non  si  trova,  e  ricorrere  percio  a'  depositi 
di  Rodi,  che  sono  i  migliori,  come  a  Rodi  furono  le  migliori 
fabbriche  di  vasi  micenei.  II  medesimo  si  dica  de'  depositi  di 
Grata  e  del  Peloponneso.  La  Fenicia  dunque  non  esercito  ve- 
runa  influenza  sulla  ceramica  di  Cipro  nell'epoca  micenea,  ma 
ne   fu,  al  contrario,  influenzata.  Per  1'affermazione  poi  che 
nella  Fenicia  si  sieno  fabbricati  i  vasi  micenei,  1'Helbig  non 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fate.  1122.  43  11  marzo  18i>7. 


674  GLI    HETHEI-PELASGI   NEL   CONTINENTS   ELLENICO 

fornisce  prove  n6  letterarie  n6  monumental!  che  essa  abbia 
sempre  esportato  ceramiche  di  qualsivoglia  sorte,  e  i  due  vasi 
da  lui  citati  sono  chiaramente  1'uno  di  fabbrica  cipriotta  del 
periodo  miceneo  tardo,  e  Paltro  &  anch'esso  un'  imitazione  ci- 
priotta d'epoca  tarda,  d'un  vaso  miceneo. 

Le  piu  antiche  pietre  insulari  in  steatite,  il  vetro  e  la  por- 
cellana  che  1'Helbig  pretende  estranei  alia  Grecia  e  fatti  in 
Fenicia  e  importati  da'  Fenicii,  sono  di  provenienza  egea.  In 
Fenicia  la  steatite  non  v'e,  come  non  vi  sono  pietre  simili  in 
steatite,  in  Egitto  ed  a  Cipro.  Al  contrario,  esse  sono  numerose 
e  di  buon  lavoro  a  Greta  dove  sono  grandi  massi  di  steatite 
e  portano  quasi  sempre  scolpita  la  capra  selvaggia,  5yptiu, 
animale  proprio  di  Greta  e  di  Melos.  II  Myres  rigetta  qui 
1'unico  esempio  che  reca  1'Helbig,  d'una  pietra  insulare  di 
Orvieto  col  tipo  medesimo  del  demonio  che  occorre  nell'ansa 
d'un  vaso  trovato  a  Cipro,  e  da  cio  solo  1'Helbig  lo  dichiara 
d'origine  fenicia.  Confuta  parimente,  e  con  forza,  le  altre  asser- 
zioni  dell'Helbig  che  i  Greci  non  fabbricarono  n6  vetro  ne 
porcellana  flno  all'epoca  Tolemaica.  L'Helbig  non  dk  prove 
che  il  vetro  si  fabbricasse  in  Fenicia  n6  che  quindi  si  traspor- 
tasse;  laddove  il  Myres  dimostra  che  vetro  si  fabbricasse  nel- 
1'Egeo  in  epoca  micenea,  perciocch6  furono  trovate  a  Micene 
le  forme  tagliate  in  steatite  egea.  Che  poi  tutti  i  vetri  micenei 
sieno  di  fabbrica  locale,  si  par  chiaro  dall'uniformitk  della 
fabbricazione  e  dalla  diversitk  della  forma  e  del  colore  che 
non  si  veggono  su'  vetri  d'Egitto  e  di  altrove,  salvo  la  Fenicia, 
dove  non  s'6  mai  veduto.  Porcellana  e  pasta  di  vetro  furono 
certamente  importate  dall'Egitto  in  Grecia  all'epoca  micenea ; 
ma  vi  son  rare,  chiaramente  riconoscibile  n'6  la  fabbrica  e 
questa  unicamente  egizia  senza  vestigio  d'  imitazione  fenicia. 
II  colore  azzurro  negli  affreschi  della  tomba  di  Rekhmara  e 
frequentemente  usato  per  oggetti  metallic!,  dunque  gli  oggetti 
in  colore  azzurro  in  quella  tomba,  non  necessariamente  sono 
di  porcellana,  come  pretende  1'  Helbig. 

Dalla  rivista  del  Myres  ognuno  potrk  intendere,  che  se 
noi  fummo  i  primi  a  combattere  la  teoria  dell' Helbig,  non 
fummo  per6  i  piii  incontentabili  nfe  i  meno  cortesi. 


L'ARTE  DELL'AVVENIRE 


ZESTETIOO 


SOMMARIO :  Wagner  e  1'  avvenirismo.  Condizioni  violente  dell'  arte  ai 
di  nostri:  realisti  e  simbolisti.  Tendenza  verso  un'arte  piu  sana.  —  Que- 
stions di  diritto,  ossia  del  criteria  d'  arte.  —  Si  puo  ricavarlo  dalla 
teoria,  confermarlo  colla  storia.  —  Teoria  sperimentale :  intuizione  e 
creazione.  Gradi  della  prima:  senso  artistico,  imaginazione,  idea- 
lita,  sentimento.  Elementi  dell'altra:  disegno,  colorito,  espressione. 
—  Criterio  che  ne  risulta:  conseguente  unita  di  scuola.  —  Svolgi- 
mento  di  questo  criterio:  la  vita  campo  e  misura  de-11'arte;  suoi  limit! 
ed  estensione.  Varieta  a  seconda  dei  luoghi,  dei  tempi,  degli  in- 
dividui.  Oggettivita  e  soggettivita  in  arte.  —  La  sinteei  storica  e  il 
convenzionalismo :  conservazione,  reazione,  e  sage  raz  ion  e .  Abuso  dei 
singoli  element!  d'arte.  —  Necessita  di  un  ritorno  allo  ipirito  dell'arte 
classica.  Variazioni  della  lettera.  Arte  avvenire. 


I. 

Fin  dal  1852  Riccardo  Wagner,  licenziando  per  la  stampa 
le  sue  Rivelazioni  agli  amid,  dolevasi  forte  del  poco  o  nessun 
favore  ottenuto  fino  allora  dalle  sue  riforme,  e  concludeva: 
«  II  mio  scopo  e  i  miei  intendimenti  non  furono  intesi  mat  ne 
dal  pubblico,  ne  da  critico  alcuno.  Toltone  un  piccol  ghippo 
di  amici  niuno  vi  fu  che  accettasse  le  mie  idee.  E  pero  son 
convinto  che  da  questa  eta  non  debbo  nulla  aspettarmi  e  che 
io  lavoro  per  Vavvenire.  » 

E  questa  breve  frase,  malignamente  commentata  dai  molti 
avversarii  dell'autore  di  Lohengrin,  basto  piu  tardi  perche  bat- 
tezzassero  la  sua,  musica  dell' avvenire.  La  parola  piacque  e 
V avvenirismo  fu  di  moda.  Da  quell'  ora  infatti  fiorirono  su  li- 
bri  e  riviste  la  poesia,  il  romanzo,  la  letteratura,  Tarte  del- 
1'avvenire;  forma  loro  ordinaria  il  realismo.  «  I  pontefici  del 
realismo,  scrivea  nel  1891  Arturo  Graf,  sentenziarono :  fuori 


676  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

del  nostro  canone  non  v'e  salute  per  1'arte;  la  letteratura 
deiravvenire,  se  vorra  vivere,  dovra  farsi  realista.  » 

Oggi  invece  sono  grintellettuali  o  simbolisli  che  si  atteg- 
giano  a  redentori  dell'  arte  e,  proclamando  il  nuovo  regno 
dell'ideale  pel  simbolo,  la  rinascenza  deU'anima,  non  disde- 
gnano  di  chiamarsi  alia  lor  volta  avveniristi. 

Che  in  generate  la  musica  a  quei  di  aspettasse  un  avve- 
nire  migliore,  si  puo  ben  concedere.  La  melodia  sovente  am- 
manierata,  1'armonia  piu  sovente  negletta  invocavano  a  gran 
voci  una  restaurazione.  Qual  parte  pero  vi  avesse  il  Wagner 
non  e  qui  da  decidere. 

Ma  e  le  lettere  e  le  arti  oggidi  hanno  diritto  a  un  domani 
piu  luminoso  e  felice?  Non  esitiamo  ad  affermarlo. 

Pero  che  da  una  parte  nulla  dura  che  e  violento  e  per 
molti  1'arte  ai  di  nostri  e  la  violenza  istessa:  violenza  della 
idea  priva  troppo  spesso  d'ogni .  verita,  forzata  dai  realisti 
a  rappresentar  solo  e  sempre  ;le  esagerazioni  di  un  pessimi- 
smo  brutale,  dai  sirribolisti  invece  fatta  oscura,  vaga,  impalpa- , 
bile;  violenza  del  sentimento  da  quelli  quasi  bandito,  da  que- 
sti  fatto  vaporoso,  snervante,  esagerato;  violenza  inflne  della 
forma  che,  avida  nei  primi  di  colori  sempre  piu  nuovi  ed  accesi, 
contenta  negli  altri  di  una  tinta  grigia,  uniforme,  a  furia  di 
voler  battere  nuove  vie.  il  piu  delle  volte  d£  nello  strano  e 
nell'  inverosimile. 

D'altra  parte  questo  scatenarsi  in  lotta  delle  scuole  piu 
opposte  dice  chiaro  come  questo  scorcio  di  secolo  sia  per 
1'  arte  un  periodo  di  transizione,  uno  di  quei  periodi  nei  quali, 
le  tendenze  piu  opposte,  le  teorie  piu  disparate  s' incrociano, 
malcerte  del  lor  proprio  essere,  malsicure  delle  proprie  affer- 
mazioni,  aspettando  che  dalFurto  reciproco  nasca  1'equilibrio 
iinale,  il  verbo  dell'avvenire. 

E  questo  lavorio  si  rinnoverk  senza  tregua  flnche  le  ten- 
denze artistiche  non  si  arrestino  nei  loro  termine  vero,  in  una 
forma  d'arte,  cioe,  dove  la  mente  soddisfatta  riposi;  forma  sta- 
bile e  perfetta,  a  cui  tende  spontaneo,  come  ad  oggetto  proprio, 
lo  spirito  umano.  II  quale,  se  ad  ogni  tratto  se  ne  fuorvia,  cio 


STUDIO     ESTETICO  677 

deve  purtroppo  alPinfiusso  di  chi  dell'arte  abusa,  prostituen- 
dola  alle  passioni  o  al  capriccio. 

Vi  ha  dunque  non  solamente  un  domani  dell'  arte,  ma  vi 
ha  altresi  una  forma  d'arte  vera,  serena,  perfetta,  che  sola  ha 
diritto  all'avvenire. 

Or  qual  e  questa  forma  d'arte?  0,  che  e  tutt'uno,  in  arte 
qual  e  il  vero  e  primo  criterio? 


II. 


L'osservazione  minuta  di  un  fatto  chiaro,  universale,  co- 
stante,  puo  dar  luogo  ad  una  teoria  di  tutta  certezza.  Per  altra 
parte  un  sistema,  sia  pure  ipotetico  sulle  prime,  ove  un'espe- 
rienza  continuata  il  suggelli,  diventa  alia  sua  volta  teoria.  Se  dun- 
que un  criterio,  fondato  sul  fatto,  venga  per  giunta  riaffermato 
daU'esperietoza,  vanterk  per  se  una  certezza  piena,  ineluttabile. 

E  questo  il  caso  dell'arte:  la  sua  teoria,  la  sua  storia 
sono  come  i  due  poli  di  una  pila  potente;  compariamole  une, 
avviciniamo  gli  altri,  prima  ancora  del  pieno  contatto  vedremo 
le  loro  energie  confondersi  e  sprizzarne  fuori  la  scintilla. 

Di  teorie  d'  arte  pero  tante  ve  n'  ha  quante  filosofle  pullu- 
larono  a  furia,  in  questi  tempi  novissimi.  E  le  piu  non  sono 
certo  felici.  Per  noi  stanno  i  lavori  del  p.  Taparelli,  del  p.  Libe- 
ratore  e  di  altri  pubblicati  in  varii  tempi  nel  nostro  periodico, 
e  tutti  diretti  ad  illustrare  le  mirabili  dottrine  dell'Aquinate. 
Ma  per  lo  scopo  presente,  senza  entrare  in  sottili  disquisizioni, 
ci  basti  derivare  il  lavoro  artistico  dai  soli  fatti. 

Nel  lavorio  estetico,  diciamo,  1'artista  intuisce,  1'artista  crea; 
intuisce,  apprendendo  la  bellezza  nelle  forme  della  natura ;  crea, 
riflettendola  nelle  forme  dell'arte.  Egli  dunque  esercita  una 
doppia  energia :  apprensiva,  Tuna,  che  gli  rivela  le  forme  della 
bellezza ;  1'altra  espansiva  che  gli  fa  esprimer  questa  in  nuove 
forme  da  lui  elaborate.  La  prima  e  intuizione,  la  seconda  e 
creazione ;  quella  fa  Yuomo  di  gusto,  questa  fa  il  genio.  L'intui- 
zione  ha  1'artista  comune  con  pochi,  la  creazione  con  nessuno. 


678  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

E  pochi  per  verita,  se  tolgansi  gli  artisti,  posseggono  un 
gusto  pieno  e  perfetto  della  bellezza :  i  piu  non  ne  godono  che- 
un  qualche  sapore.  A  disegno  insistiamo  sui  traslati  gusto,  sa- 
pore.  Cento  volte  si  e  tentato  di  deflnire  in  guisa  adeguata 
il  gusto  artistico  e  la  bellezza :  invano.  La  facolta  dee  definirsi 
dall'oggetto,  e  il  bello,  oggetto  del  gusto,  e  come  una  nozione 
prime,  un  complemento  delle  idee  prime  di  verita  e  di  bene, 
ribelle  percio  alle  indagini  soverchio  analitiche;  qualche  cosa 
che  si  sente  si,  che  si  esprime,  ma  che  non  si  lascia  agevolmente 
stringere  tra  le  morse  d'una  definizione. 

Ove  pero  invertendo  i  termini  ci  contentiamo  di  descrivere 
Toggetto  per  la  facolta,  e  questa  per  via  di  comparazione,. 
diremo  che  la  bellezza  6  Toggetto  del  gusto  e  come  un  sapore 
appreso  dallo  spirito;  che  il  gusto  poi  e  una  facolta  dello 
spirito  paragonabile  per  ogni  verso  al  gusto  corporeo  da  cui 
trasse  il  nome.  Pero  che  come  il  gusto  corporeo,  per  via  di 
una  certa  soddisfazione  che  &  il  riposo  della  facolta  nel  suo 
oggetto,  eccita,  rende  piacevole,  conforta  la  nutrizione  del  corpo 
pel  cibo,  cosi  il  gusto  estetico,  per  via  di  un  simigliante  riposo,. 
eccita,  rende  soave,  conforta  la  nutrizione  dello  spirito  per  la 
verita;  come  il  gusto  sensibile  pel  mezzo  deirassimilazione 
sviluppa  vieppiu  la  vita  fisica,  cosi  il  gusto  spirituale  mediante 
il  sentimento  svolge  viemmeglio  la  vita  morale;  come  quello, 
acuendosi  coll' esercizio,  acquista  al  corpo  una  delicatezza  di 
senso  ognor  piu  squisita,  cosi  questo  aggiunge  all'  anima  un'  acu- 
tezza  di  giudizio  ogni  di  piii  afflnata:  come  1'uno  cioe  fa  il 
buongustaio,  cosi  1'altro  fa  Yuomo  di  gusto. 

Che  se  la  perfezione  del  gusto  6  particolare  dote  dell'ar- 
tista,  il  genio  creativo  ne  e  dote  sovrana.  Invano  molti  si  re- 
putano  artisti  per  cio  solo  che  delle  produzioni  piu  nobili 
d'arte  e  di  natura  giunsero  ad  afterrare  piu  o  meno  il  con- 
cetto, o  sol  perche  provarono  i  travagli  dell'arte,  senza  gu- 
starne  punto  i  trionfl.  E  la  vanita  del  fanciullo  che,  levato  alto 
per  1'aere  da  un  robusto  condoro,  si  avvisasse  di  volare ;  e  la 
sorte  del  rniglior  dei  copisti  che  si  stimasse  uomo  di  genio,  sol 
perchfe  seppe  finir  coll'alito  la  riproduzione  di  un  Raffaello. 


STUDIO    ESTETICO  679 

Pero  di  siffatte  energie  qual'e  il  processo  ?  Per  quail  stadii 
trapassa  il  gusto  che  intuisce,  il  genio  che  crea  ?  Quali  sono 
le  fasi  perfette  della  psiche  artistica,  come  oggi  dicono,  o 
meglio  dello  spirito  umano  nel  pieno  esercizio  estetico  delle 
-sue  facolta  '  ?  Osserviamo. 

III. 

Uno  spettacolo  di  natara,  un' opera  d'arte  diciam  noi  ci 
•colpisce.  Che  vuol  dir  cio?  Vuol  dire  che  in  luogo  di  seguitar 
(per  la  nostra  via  come  passanti  in  faccende,  noi  ci  arrest! amo 
a  udire,  a  contemplare,  in  una  parola  ad  inluire,  senza  saziarci 
.d'un  primo  sguardo,  e  con  una  parola  sola  giudichiamo :  bello ! 

E  una  foresta  scura,  misteriosa  che  attraversiamo  in  su 
1'alba;  e  la  distesa  sfavillante  del  nostro  mare,  rotta  da  isole 
verdi,  da  bianche  vele  fuggenti;  son  le  melodic  fantastiche  della 
siciliana  del  Mascagni,  che  sembra  giungano  a  noi  dalle  tende 
brune  del  deserto;  e  la  rnestizia  dei  tramonti  alpini  dietro  i 
ruderi  d'un  vecchio  maniero ;  sono  i  resti  del  Foro  e  i  patios 
delPAlhambra ;  e  un' opera  d'arte  o  un  aspetto  della  natura, 
•un  certo  che,  il  quale  ci  seduce,  ci  vince,  c'  incatena,  e  noi  guar- 
-diamo,  guardiamo  come  se  ogni  nostra  facolta  si  appuntasse 
in  un  atto  solo,  vedere. 

Guai  chi  ci  distraesse  allora  da  quella  muta  contemplazione ! 
:gli  sorrideremmo  di  compassione,  se  pur  1'impazienza  non 
•ci  facesse  spiattellargli  in  faccia  che  di  senso  artistico  quell' im- 
portuno  e  sfornito  addirittura.  E  diciam  senso,  perche  trattasi 
•di  una  prima  impressione,  in  gran  parte  sensibile;  e  aggiun- 
giamo  artistico,  perche  ha  per  oggetto  quel  ch'  e  oggetto  del- 
Tarte,  la  bellezza. 

Ma  piu  spesso  nessuno  ci  molesta,  e  noi  allora  su  quel 
primo  quadro  prendiamo  a  tessere  tutta  una  tela  d'inganni. 
E  come  un  tremolio  di  punti  d'oro,  d'atomi  d'argento,  un  velo 

1  E  diciamo  esercizio  estetico  delle  facolta,  piuttosto  che  esercizio  delle 
facolta  estetiche,  perche  si  tratta  di  atti  speciali  delle  facolta  apprensive 
<lel  vero,  non  gia  di  facolta  diverse. 


680  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

diafano  e  sfavillante,  che  par  si  posi  sulla  scena.incantevole  e 
qua  ne  accenda  le  tinte,  la  ne  rafforzi  le  ombre ;  e  un  fre- 
mito  che  serabra  correr  su  quella  morta  natura  e  animarne 
le  solitudini  e  avvivarne  i  silenzii.  Allora  il  sole  filtra  piu 
affocati  i  suoi  raggi  tra  le  liane  del  bosco,  tingendo  d'oro 
e  di  viola  i  fusti  dei  larici  e  degli  ontani,  e  il  fruscio  delle 
tremule  si  muta  in  favellare  di  fate  e  di  genii.  Allora  il  mare 
scintilla  piu  vivo  sotto  una  festa  di  sole  e  di  naviglio,  di  colori 
e  di  canti;  mentre  dal  castello  ogivale  si  leva  un  suono  di 
corni,  un  abbaiar  di  mute,  uno  sfavillio  di  armature  incontro 
al  sole  occidente.  Allora  il  Foro  si  popola  di  cavalieri  e  di 
patrizii,  di  liberti  e  di  schiavi:  squillano  i  litui  lirici,  trionfali, 
e  i  legionarii  sboccan  dall'arco  di  Tito  e  baldi  incedono  per 
la  Via  Sacra,  e  tra  il  fremito  della  folia  inflnita  le  quadrighe 
del  trionfatore  e  i  re  catenati  passano,  passano...  E  pegli  atrii 
della  reggia  granatina  odi  ululati  di  morte,  sorprendi  1'ondeg- 
giar  di  burnus  bianchi,  fuggenti  sotto  gli  archi  moreschi  ma- 
rezzati  di  sangue...  E  pei  cieli  e  uno  scintillare  infinite  di  sabbie 
d'oro  lucide,  impalpabili,  un  mescersi  e  riverberarsi  strano, 
fantastico  di  armonie  e  di  luci. 

E  quasi  un'estasi  dello  spirito,  un  arrestarsi,  cioe,  di  ogni 
altra  percezione,  di  ogni  altro  senso:  1'estasi  di  chi,  abban- 
donatosi  alia  imaginazione,  in  virtu  di  questa  facolta  crea- 
tiva  in  parte,  in  parte  riproduttiva,  si  ridesta  nel  mondo  della 
storia  e  della  leggenda,  della  memoria  e  dei  sogni. 

Ed  ecco  che  1'intelligenza,  moderando  gl'impeti  focosi  di 
questa  facolta  dei  colori,  si  arresta  a  fissar  col  pensiero  quelle 
scene  novissime,  impossibili  a  ritrar  col  pennello,  e  ne  see- 
vera  il  soverchio,  e  certe  tinte  ne  corregge,  certi  tratti  ne. 
vela,  certe  luci  ne  srnorza,  e  da  a  tutto  un'anima,  un  senso, 
nobile  o  grazioso,  passionate  o  profondo. 

La  realta  prima  talvolta  si  fa  gigante,  tal  altra  si  estenua, 
accennando  quasi  a  svanire.  Ora  6  Pistessa  imagine,  posta 
pero  nella  sua  luce  migliore,  spogliata  d'ogni  impaccio  all'ef- 
fetto,  ricca  di  verita  e  di  pensiero ;  ora  invece  6  una  imagine 
afflne,  evocata  da  associazione  d'  idee,  da  simbolismo  vero  o- 


STUDIO   ESTETICO  681 

creduto,  da  una  similitudine  esatta  per  rispondenza  di  termini ; 
sempre  pero  e  una  parvenza  grande  e  luminosa,  piena  di  vita 
e  di  mistero:  e  Yideale. 

Alia  sua  luce  il  trillo  di  una  rondine  ci  ricorda  il  pianto 
di  Bice,  la  mestizia  dei  tramonti  ci  parla  della  fugacit£  delle 
gioie  piu  inebbrianti,  i  ruderi  del  medio  evo  ci  levano  ai  tre 
grandi  ideali,  che  furono  la  forza  e  il  secreto  dei  nostri  padri, 
Dio,  1'autorita,  1'onore.  Alia  sua  luce,  nei  resti  del  Foro  e  nel 
portico  del  Bernini  leggiamo  le  grandezze  delle  due  Rome,  in 
quelli  del  Colosseo  la  lotta  titanica  tra  la  coscienza  e  la  forza, 
nelle  arabescate  rovine  dell'Alharnbra,  come  in  pagine  miniate 
di  codici  antichi,  il  trionfo  dell'austera  civilta  cristiana  su  di  una 
barbaric  effeminata,  atteggiantesi,  come  il  Nerone  dei  drammi, 
ad  artista.  Alia  sua  luce  flnalmente  1'attrazione  dei  mondi,  vivo 
poema  della  natura,  per  cui  tutto  movendosi  si  equilibra,  equi- 
librandosi  si  sostiene,  ci  trasporta  coll'Alighieri  al  mondo  delle 
anime,  ove  una  sola  forza  altresi  tutto  muove  e  corregge, 
ramore. 

Cosi  1'ideale  ti  diletta  e  ti  stupisce,  ti  schiaccia  e  ti  su- 
blima,  faro  di  orizzonti  interminati,  vivo  riflesso  dell'inflnito. 

E  tu  al  contemplarlo  senti  non  solo  un  barbaglio  al  pensiero, 
ma  e  nel  cuore  formarsi  una  lacrima.  Cio  avviene  perche,  men- 
tre  1'  ideale  travaglia  la  mente,  si  ripercuote  altresi  con  un'eco 
profonda  nel  cuore  dell'artista,  che  percio  fu  chiamato  Vuomo 
del  sentimento.  E  un'armonia  acuta,  vibrante,  di  sole  due  note, 
le  due  forze  e  le  due  infermita  dell'animo  umano,  amore, 
dolore. 

Lungi  da  noi  quel  sentimentalismo  indefinite  che  gYintel- 
lettuali  vorrebbero  risuscitato,  il  sentimentalismo  snervante  dei 
romantici;  i  romantici,  oibo,  parce  sepulto!  Non  neghiamo 
pero  che  tfamore  e  di  dolore  s'intessa  la  storia  tutta  delle 
anime.  Le  ore  delPuomo  van  divise  tra  Yeroismo  e  Yegoismo,  ci 
si  perdoni  il  bisticcio.  Nelle  ore  deireroismo  ei  non  sa  far  meglio 
che  amare ;  nelle  ore  piii  comuni  e  frequenti  delPegoismo  non 
sa  bramar  meglio  che  essere  amato :  ma  il  disinganno  arresta  ad 
ogni  passo  1'egoista  e  1'eroe,  e  il  disinganno  e  dolore.  Nel- 


682  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

1'abbattiniento  per6,  nella  prostrazione  della  virtu,  un  pensiero,. 
un  ideale  lo  conforta,  lo  rianima,  ed  egli  risorge  ed  ama  per 
ridolersi  piu  tardi.  Ama  e  soffre,  soffre  ed  ama,  e  a  questi  due 
sentiment!  tosto  riconduce  quanti  altri  ne  susciti  o  imponga 
l'idealit£  e  la  vita,  sieno  essi  umilt&  o  flerezza,  sdegno  o  per- 
dono,  sieno  religione,  carita  di  patria,  riposo  nella  famiglia. 

Quattro  stadii  pertanto  segnano  il  passaggio  dell'energia 
intuitiva  del  bello :  senso  artistico,  imaginazione,  idealitd,. 
sentimento. 


IV. 


Ne  in  altra  guisa,  benchS  con  vario  processo,  svolgesi  la* 
energia  creativa. 

II  bene  e  1'amore,  al  dir  degli  antichi,  son  di/fasivi  di  s£. 
II  sentimento  infatti  £  di  per  se  espansivo:  Tamor  che  gode- 
vorrebbe  tutti  felici,  1'amor  che  soffre  cerca  nel  riversarsi  in 
altri  cuori  sfogo  e  conforto.  Questa  inclinazione  ad  effondersi, 
che  amore  e  dolore  hanno  in  ogni  uomo,  rispetto  ai  pochi  che 
gli  son  legati,  sente  pure  1'artista  riguardo  alle  due  grandi  fa- 
miglie,  la  patria,  1'umanita. 

Ma  vuoi  che  il  sentimento  sia  nell'artista  frutto  di  un  ideale 
gia  contemplate,  ideale  che  eglitentera  di  riprodurre,  vuoi  che 
invece  egli  cerchi  1'espressione  ideale  di  un  sentimento  per  altra 
via  concepito,  sentimento  e  ideale  pero  non  si  disgiunge- 
ranno  mai. 

Ecco  adunque  che  1'artista,  a  significare  quel  che  amore  gli 
detta  dentro,  or  riproduce  or  crea  una  forma,  un  modello  vero- 
nel  complesso  o  nelle  parti,  equilibrato  nelle  grandi  sue  linee, 
suggellato  pero  da  uno  di  quei  temperati  e  sapienti  squilibrii 
con  che  1'artista  rende  piu  al  vivo  la  realta  della  natura  non 
mai  interamente  perfetta.  L'artista  disegna. 

Ma  quelle  linee  forti,  nette,  vibranti  non  chiudono  ancora 
ossa  e  polpe.  Pero  la  fantasia  accorre  colla  sua  tavolozza  sma— 


STUDIO   ESTETICO  683 

gliante,  la  sensibilita  porge  i  mezzi  di  tradurre  quelle  tinte  al- 
Tocchio,  all'orecchio,  al  pensiero ;  e  1'artista  colorisce  il  disegno. 

Non  basta:  quel  corpo  ancora  e  senz'anima,  quei  muscoli 
con  fremono  di  vita,  su  quei  volti  non  si  pingono  ancora  il 
pensiero  e  la  passione,  la  vita  e  1'idea.  E  Tartista  da  pochi 
tocchi  rapidi,  sicuri,  ma  pieni  di  novita  e  d'ardimento :  1'opera 
vive  e  parla  alPanima:  Fartista  vi  ha  trasfuso  il  suo  cuore, 
-dandole  quel  che  e  pregio  massimo,  I'espressione. 

Ed  ecco  riapparire  i  quattro  prirai  elementi  d'arte :  1'idea- 
lita  divenuta  disegno,  la  forma  sensibile  e  la  fantastica,  che 
dicono  colorito,  il  sentimento  mutatosi  in  espressione. 

Da  questi  fatti  inferiamo.  Quando  ad  un'opera  qualsivoglia 
concorrono  elementi  molti  e  diversi,  Ik  solamente  e  la  perfe- 
zione  dove  1'equilibrio;  la  e  1'equilibrio,  dove  non  gia  oirni  parte 
e  per  suo  conto  perfetta,  ma  dove  e  perfetta  quel  tanto  che  si 
richiede,  perche  meglio  spicchi  il  complesso  e  il  principale  ele- 
mento;  dove  cioe  sieno  rispettate  le  relazioni  di  mezzo  a  fine,  di 
parte  a  tutto  e  quante  altre  legano  le  singole  parti.  Quello  dunque 
non  sark  lavoro  d'arte  perfetto,  che  non  sapra  immolare  la 
perfezione  delle  singole  parti  alle  ragioni  del  tutto  insieme, 
ne  quello  ancor  meno  in  che  le  relazioni  reciproche  saran 
pervertite;  ma  quello  solamente  dove  il  colorito  dara  rilievo 
al  disegno,  dove  disegno  e  colorito  fondendosi  metteranno  in 
pienezza  di  lume  Tespresnone,  dove  cioe  la  forma  sensibile, 
rendendo  quanto  puo  meglio  le  tinte  deirimaginazione,  tenda 
e  giovi  solamente  a  lumeggiar  Videale;  dove  forma  e  ideale, 
compiendosi  a  vicenda,  facciano  brillare  nitido  e  vivo  il  senii- 
mento. 

Questo  pertanto  e  da  stimarsi  primo  e  solo  criterio  in  ogni 
arte.  Studiamoci  di  esaminarlo  piii  da  vicino. 

V. 

E  primamente  siffatto  criterio,  cosi  assoluto  e  necessario, 
condanna  ogni  differenza  sostanziale  di  sistemi  o  di  scuole. 
Non  vi  sono  no  veristi  o  idealisti,  non  simbolisti  ne  decadenti. 


684  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

«  Vi  sono,  come  almeno  a  parole  ebbe  a  confessare  un  giorno  il 
Guerrini,  scrittori  che  in  quanto  al  tema  pigliano  delle  canto- 
nate  e  altri  che  vanno  diritto.  Ci  sono  autori  che,  in  quanto 
alia  forma,  scrivono  bene  e  altri  che  scrivono  male,  ecco 
tutto. »  Potra  esservi  varieta  di  metodi,  ed  altri  potra  seguire 
un  processo  d'arte  piu  oggettivo  e  di  riproduzione,  altri  un 
processo  psicologico,  altri  aiutarsi  del  simbolismo:  sia  pure, 
purche  si  giunga  al  termine  desiderato ;  ma  varieta  sostanziale 
di  scuole  d'arte  non  mai. 

Vi  ha  infatti  una  misura  certa,  nei  cui  limiti  ['equilibria  d'arte 
e  possibile,  oltre  la  quale  lo  squilibrio  &  sicuro.  Questa  misura 
6  la  realta  della  vita :  di  la  sorge  il  flttizio,  il  convenzionale, 
1'eccesso  nelle  svariate  sue  forme.  E  tanti  elementi  di  eccesso 
vi  avra,  quanti  vi  hanno  elementi  d'arte :  eccesso  generale  delle 
parti  sul  tutto,  eccesso  particolare  dell'  idea  sul  sentimento  e 
la  vivacita  dei  colori,  eccesso  del  sentimento  sull'idea  in  che 
si  fonda  e  sulla  realta  della  vita,  eccesso  infine  del  colorito 
fantastico  o  del  sensibile. 

Abbiam  posto  il  dito  sul  vivo  della  piaga.  Campo  dell'arte, 
diciamo,  non  sono  certe  categoric  prestabilite  dell'idea  o  della 
forma,  alle  quali  debbasi  solo  o  sempre  ricorrere,  come  i  classi- 
cisti  delle  varie  decadenze  sognarono ;  non  i  sogni  d'  infermo 
d'una  imaginativa  sfrenata,  ne  le  esagerazioni  di  un  sentimento 
morboso,  quali  i  romantici  ci  regalarono;  ma  la  vita  e  solo  la 
vita,  o  vogliam  dire  la  realta,  di  quell'ordine  in  ispecie  che 
dice  relazioni  di  pensiero  e  di  affetto. 

Dunque,  dir£  taluno,bisognerk  imbrancarsi  coi  veristi?  Si,  se 
vogliate  chiamar  veristi  Omero  ed  Orazio,  Dante  e  Shakspeare, 
e  quanti  fecero  oggetto  dell'arte  la  vita:  no,  se  intendete  lo 
Stecchetti  ed  il  Zola  e  quell'altra  schiera  di  chiappanuvole 
nostrani  ed  esteri,  che  non  la  vita  ban  trattato,  ma  della  vita 
solo  e  sempre  i  vizii  piu  turpi,  le  tendenze  piu  abbiette. 

Ne  noi  facciamo  se  non  ripetere  quel  tanto  che  pensarono  i 
veri'artisti  d'ogni  eta,  quel  che  il  buon  senso  antico  detto 
esser  proprio  dell'arte,  vitam  cioe  cum  fictions  imitari.  Vi- 
tam  imitari,  perche  1'arte  e  diletto  gustato,  compreso,  sentito: 


STUDIO   ESTETICO  685 

or  nulla  ci  rauove  o  ci  diletla,  che  non  si  passi  in  noi  medesimi 
o  con  noi  non  abbia  vere  e  strette  attinenze ;  vitam  imi- 
tari,  perche  1'arte,  come  tutto  che  e  umano,  e  per  la  vita.  La 
formola  I'arte  per  I'arte  «  e  vera,  ov'essa  significhi  che  1'arte 
dev'  esser  P  arte  e  non  la  religione,  non  la  morale,  non  la 
scienza,  non  la  politica.  Ma  e  falsissima,  se  vuol  dire  che 
Farte  sta  tutta  da  se  e  non  ha  nulla  a  spartire  col  resto 
delle  cose,  delle  faccende  e  delle  istituzioni  umane.  »  —  Cosi 
Arturo  Graf,  cui  in  questa  parte  aderiamo.  E  conchiudiamo 
con  lui:  «  L'arte  appartiene  alia  vita,  e  non  puo  ignorare  la 
vita  e  deve  obbedire  alia  vita...  La  sola  formola  interamente 
vera  parmi  questa :  I'arte  per  I'uomo  '.  »  —  Per  Puomo,  cioe, 
da  dilettare  e  confortar  nella  vita,  per  I'uomo  da  perfezionare, 
non  per  via  dell'evoluzionismo  naturale  cui  Pautore  consente, 
ma  pel  magistero  dell'educazione  progressiva,  magistero  tacito, 
se  si  vuole,  lento,  ma  non  percio  men  vero  o  efflcace. 


VI. 


Ma  in  questo  campo  non  vi  ha  limite  alcuno? 

Un  solo  ne  riconosciamo  implicato  dalla  natura  stessa  del- 
Parte  :  quel  tanto,  in  che  non  splende  la  bellezza  della  bonta,  la 
bellezza  morale,  non  puo  essere  oggetto  immediate  e  principale 
del  lavoro  d'arte.  Pero  che  se  Parte  e  per  la  vita,  6  per  la  vita 
da  perfezionare,  non  da  corrompere.V'ha  di  piu.  Se  I'arte  e  pel 
diletto  puro  dello  spirito,  suo  oggetto  principale  e  immediato 
sark  quel  tanto  in  che  le  facolta  estetiche  sinceramente  ripo- 
seranno.  Or  queste  non  riposeranno  mai,  toltone  uno  stato 
morboso,  in  cio  che  6  men  buono,  come  neppure  riposerebbero 
in  cio  che  fosse  men  vero.  Anche  la  scuola  di  ieri  grido  alto 
colGuerrini:  lascii'a  nobispagina,  sedproba  vita  est.  Ma  vita 
proba  6  quella  che  non  pur  non  commette  il  male,  ma  ne  in 
quello  si  diletta,  n&  flnge  eon  altrui  danno  di  dilettarsene. 

Ma  se  non  v'  ha  che  finzione  di  sentimento,  oh  dov'e  Parte  ? 

1  Nuova  Antologia  16  gennaio  1897. 


686  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

Dirk  a  questo  punto  taluno  coll'  ingenuitk  con  che  lo  scrisse 
il  Carducci:  ma  se  le  facoltk  estetiche  non  riposano  in  qualche 
vero,  dunque  vi  ha  un  vero  che  non  &  bello  *?  Chi  ne  dubi- 
tasse  scambierebbe  la  bellezza,  come  tutti  1'  intendiamo,  con 
quella  che  chiamano  trascendente,  di  un  ordine  cio£  supe- 
riore  e  piii  astratto,  la  quale,  si  certo,  compete  ad  ogni  essere, 
come  la  bonta  in  queH'ordine  istesso  compete  anche  all'atto 
malvagio.  La  dimanda  socratica,  fatta  con  tanta  sicurezza, 
vela  pertanto  un  vieto  paralogismo. 

Ma  e  Tesempio  dei  grandi  maestri,  di  coloro  che,  secondo 
noi,  non  appartennero  a  scuola  veruna  ?  Non  trattarono  essi 
pure  quanto  vi  ha  di  men  bello  e  onesto  nella  vita  ?  Rispon- 
deremo,  chiedendo  anche  noi :  le  tristi  realta  della  vita  furon 
da  essi  trattate  come  oggetto  precipuo  del  lavorio  d'arte,  come 
assolutamente  belle  ?  0  non  furon  piuttosto  vestite  di  quella 
molteplice  bellezza,  che  puo  chiamarsi  di  relazione,  bellezza 
che  6  propria  del  tutto  e  nasce  appunto  in  virtu  dei  contrasti? 
Che  se  talora  anche  i  grandi  maestri  si  arrestarono  a  profanare 
la  bellezza  sensibile  col  lezzo  della  procacia,  ebbene,  non  te- 
miamo  di  dirlo:  corne  artisti  mancarono  quella  volta  al  loro 
compito,  non  sapendo  strappare  alia  materia  la  scintilla  del- 
1'idealitk ;  come  uomini  non  meritarono  della  quercia  civile  la 
foglia,  ma  solo  le  bacche. 

Toltane  pertanto  questa  sola  barriera,  1'arte  come  la  vita 
non  ha  confini.  Gome  dunque  6  stoltezza  quel  chiudersi  che 
ogni  scuola  fa  in  un  certo  giro  di  idee,  in  un  ordine  limitato 
di  forme,  cosi  6  ingiustizia  tacciar  di  sistema  chi  tratti  uno 
di  quei  soggetti  entro  i  limiti  della  naturalezza  e  della  verita. 
Accettiamo  ogni  poesia,  ogni  arte ;  purch&  poesia  vera,  pur- 
ch6  arte  sia. 

L'arte,  come  la  vita,  non  ha  confini.  Dunque,  bench& 
Tarte  «  non  sia  la  religione,  non  la  morale,  non  la  politica  » 
pure,  potrk  e  dovra  esser  morale,  civile,  religiosa ;  espri- 
mera  cio6  le  aspirazioni,  i  bisogni,  i  vincoli  tutti  che  strin- 
gono  Tuomo  alia  sua  coscienza  individuate,  aH'intero  create,  al 

1  CARDUCCI,  Confessioni  e  Battaglie,  p.  284. 


STUDIO   ESTETICO  687 

Creatore.  Quando  percio  1'artista  si  leverSi  flno  a  Dio  per  la 
religione  e  il  soprannaturale,  non  si  difenda  no  dai  cerberi 
che  Paccaneggiano,  opponendo  loro  che  1'arte  ha  per  oggetto 
le  impressioni  vere  o  false  dell'  individuo;  pessimo  sistema,  a 
parer  nostro  e  tutto  proprio  dei  romantici  e  dei  simbolisti, 
ma  proclami  altamente  la  oggettivita,  la  realtk  dell'arte  sua, 
fondata  sulla  certezza  della  rivelazione.  Qui  ci  conviene  insi- 
stere,  perchfe  tristissimi  ci  appaiono  i  frutti  di  un  metodo  di 
difesa  timido  troppo  e  men  vero. 

Si,  noi  vogliamo  rappresentata  coll'arte  la  veritk  e  tutta 
la  verita;  ma  gl'ideali  sono  veritk  anch'essi  e  altissima  ve- 
rita; noi  vogliamo  rappresentata  coll'arte  la  verita,  e  sola  la 
verita,  ma  verifa  non  e  il  pessimismo  dei  letterati  realisti,  ne 
Fombra  di  fede  degVintellettuali.  Questi  sono  obbligati  a  presup- 
porla,  ad  invocarla  da  chi  ne  fa  ricerca  sincera.  La  questione 
passa  dunque  dal  campo  artistico  nel  filosofico,  e  qui  la  vanitk 
della  scienza  atea  e  anticristiana  e  innegabile.  II  male,  il  gran 
male  delle  arti  e  degli  artisti  e  in  cio,  che  la  speciosita  di 
sistemi  comodi  e  appariscenti  lusinga  purtroppo  la  mollezza, 
ia  vanita,  1'  inflngardaggine  di  giovani,  che  all'arte  si  danno 
prima  ancora  di  essere  forniti  di  un  vero  e  sicuro  corredo 
scientiflco,  o  di  una  fede  illuminata  e  sicura. 

L'arte,  come  la  vita,  non  ha  confini.  Quegli  adunque  che 
fra  gli  artisti  saprk  vestire  di  forme  piu  vive,  piu  plastiche, 
gli  ideali  piu  puri,  piu  astratti,  levandosi  ai  piu  nobili  affetti, 
riportera  la  prima  palma.  Ma  purtroppo  hoc  opus,  hie  labor. 

VII. 

Che  se  1'arte  e  1'espressione  della  vita,  colla  vita  avrk  co- 
muni  le  sorti.  Come  questa  adunque  ad  un  fondo  uguale  sempre 
e  costante  congiunge  una  varietk  maravigliosa  per  variar  d'  in- 
dividui,  una  mutability  estrema  per  mutar  di  luoghi,  un  pro- 
gresso  incessante  per  decorrer  di  tempi,  cosi  1'arte  ella  pure, 
pur  rimanendo  una  nella  sostanza,  verrk  variando  indeflnita- 
mente  le  sue  manifestaaioni. 


688  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

Avrk  pertanto  un  carattere  netto,  spiccato  di  nazionalita, 
dovuto  all'influsso  cosi  dei  luoghi  e  dei  climi,  come  delle  in- 
doli  e  delle  educazioni,  di  tutto  ci6  a  dir  breve  che  moder- 
namente  chiamano  ambiente;  il  sassone  inclinerk  sempre  al 
mistico,  al  vago,  all' indefinite;  il  siciliano  metterk  fiamme 
nelle  sue  canzoni;  Farabo  rifletterk  nelle  sue  nenie  Fimmen- 
sita  dei  deserti,  il  mistero  delle  notti  africane. 

Nulla  dunque  di  men  ragionevole  che  il  pretender  di 
dare  all'arte  ynostra  quel  colorito  tedesco  o  francese,  che  ad 
alcuni  sta  tanto  a  cuore ;  nulla  da  desiderarsi  meno  che  la  pre- 
tesa  universality  delParte  avvenire.  Purtroppo  la  maniera  dei 
varii  popoli  si  va  ravvicinando  ogni  di  piii,  con  pura  perdita 
di  colorito,  di  vita,  di  veritk.  Ma  e  unitk  artiflciosa  e  sforzata. 
L'unitk  vera  dell'arte  nascerk  da  se,  quando  Farte  si  avvierk 
per  Tunica  sua  via,  e  sark  unitk  di  sostanza;  ma  le  sue  va- 
rieta  cosi  pittoresche  non  cangeranno,  finch&  le  indoli  varie- 
ranno  coi  climi.  Ogni  regione  porterk  sempre  i  suoi  uccelli, 
poeti  dell'aria;  ognuna  porterk  sempre  i  suoi  poeti,  cantori 
della  terra. 

Rivestirk  poi  1'arte  una  mutabilitk  grande  coll' avvicendarsi 
dei  tempi.  Le  condizioni  sociali,  mutandosi  senza  posa,  modi- 
ficano  di  continuo  la  vita,  e  questa  sperimenta  esigenze  nuove, 
aspirazioni  prima  ignote,  che  tutte  riflette  nell'arte.  Voler  dun- 
que che,  rimanendo  uno  il  concetto  estetico,  rimangano  altresi 
intatte  le  forme  di  un  tempo  e  voler  rimestare  anticaglie,  cader 
nelVammanierato  e  nel  convenzionale,  sostituendo  la  falsitk 
d'un  sistema  alia  realtk  della  vita. 

L'  uomo  di  genio,  pertanto,  F  artista  vero  rifletterk  nelle 
sue  opere  F  etk  sua  e  la  nazione,  ma  piii  che  altro  come  in 
nitido  specchio  vi  rifletterk  se  stesso.  Pero  che  anch'egli  nella 
sua  indole  estetica  possiede  una  facoltk  che  tende,  non  a  sop- 
piantar  le  altre  (che  allora  non  sarebbe  mente  geniale  la 
sua,  ma  squilibrata)  bensi  a  spiccar  vieppiu  fra  quelle :  e  quel 
che  in  arte  costituisce  il  carattere. 

Se  dunque  Farte  vera  non  puo  esser  che  oggetliva,  apre 
essa  non  pertanto  un  campo  vastissimo  alia  soggettivita  del- 


STUDIO   ESTETICO  689 

1'  artista,  la  quale  e  anch'  essa  gran  parte  della  realta  e  della 
vita.  L'arte  avvenire  adunque,  se  le  tendenze  delle  arti  stanche 
ormai  di  tanto  ondeggiare  non  ci  ingannano,  tende  ad  esser  di 
fatto,  e  deve  certamente  esser  di  diritto,  un'  arte  che  abbracci 
colla  realta  il  sentiraento,  che  sia  insieme  personale  e  imper- 
sonate, ma  soprattutto  sincera. 

VIII. 

Chi  di  questo  criterio  fa  cenci  e  il  bastardo  dell'arte,  il 
convenzionalista,  nome  stucchevole  come  la  cosa.  La  parola  dice 
troppo,  ma  dice  bene.  Persona  e  chi  vive  di  vita  vera  e  da  se 
pensa  e  vuole,  e  i  convenzionalisti  sono  gli  adoratori  di  una 
vita  flttizia,  gl'  imitatori  ciechi  di  cio  che  altri  voile  e  penso, 
quella  serie  senza  numero  di  mediocri  vanitosi  che,  non  pos- 
sedendo  ne  le  doti  naturali  all'uomo  di  genio,  ne  1'arte  di  con- 
temperarle,  altro  non  sanno  che  riprodurre  quel  solo  che  nei 
sommi  artisti  fu  tratto  caratteristico,  rendendolo  per  lo  piu 
eccessivo,  esoso,  inaccettabile. 

Brava  gente!  Una  volta  ci  servivano  delle  rifritture  indi- 
geste  dei  poveri  classici.  E  poiche  questi  avean  cantato  tanto 
bene 

le  donne,  i  cavalier,  Tarmi,  gli  amori 

cosi  essi,  in  nome  dell'ideale,  di  ogni  innocuo  galantuomo  fecero 
un  eroe,  e  in  nome  dell'ideate  altresi  fecero  sbucare,  non  si 
sa  donde,  uno  sciame  di  pastorelli  in  paglia  di  Firenze,  che  non 
sapevano  far  altro  che  le  moine,  cantando  e  ricantando  sempre 
il  medesimo  duetto. 

Piu  tardi  in  acconciature  da  matti  si  cacciarono  di  notte 
pei  cimiteri,  a  conversare  fraternamente  coi  gufl  e  a  respirare 
Yodor  dei  sepolti...  e  buon  per  noi:  cosi  non  sentimmo  piu 
parlare  dei  romantici.  Piu  tardi  acconciarono  le  labbra  a  un 
sorriso  indeflnibile  e  parodiando  le  parole  di  un  valentuomo  : 
«  Studiate,  studiate,  dissero,  sarete  mediocri ;  amate,  amate, 
sarete  grandi. »  Bei  tempi  allora !  bastava  persuadersi  di  amare, 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1122.  44  11  marzo  1897. 


690  L'ARTE  DELL'AVVENIRE 

e  la  scuola  si  poteva  marinarla  !  leri,  divenuti  veristi,  lasciarono 
i  capelli  crescer  fold  e  intralciati  come  le  liane  della  foresta,. 
e  buttando  indietro  il  cappello  a  cencio,  atteggiatisi  a  un  ghi  - 
gno  cinico  (vero  o  no  non  monta,  un  verista  non  dee  dir  mat 
la  verita)  si  crogiolarono  colle  birbe  inverniciate,  fra  i  dorati 
letami  e  i  carcami  eleganti  degli  elzeviri.  Che  delizia !  Oggi 
ritornano  all'  ideale  per  via  del  simbolismo,  e  chi  ci  capisce  e- 
bravo ;  domani  di  rincontro  inventeranno  il  naturismo,  la  pa- 
rola  e  di  lui,  Zola,  la  solita  merce  sempre,  roba  di  Parigi  ? 
E  cosi  il  caprifico,  di  che  il  Carducci  scorgeva  una  radice  nel 
cuore  d'ogni  italiano,  da  sempre  nuovi  germogli,  frondeggia  ri- 
goglioso,  fiorisce  a  gloria. 

Or  che  mai  vorrk  dire  questo  cosi  radicale,  incessante  variar 
di  forme,  se  non  che  in  arte  il  fatto  riafferma  la  nostra  teoria  ? 
Riduciamo  in  un  breve  quadro  sintetico  la  storia  delle  varie 
culture.  Queste  conclusioni  sfavilleranno  agli  occhi  di  chi  ri- 
guardi:  diversamente  pei  dirersi  popoli,  prima  o  poi,  ora 
con  lotte  accanite,  ora  invece  senza  resistenza,  talvolta  per 
via  di  ritorni  lenti  al  passato,  tal  altra  in  virtu  di  rapide  in- 
novazioni,  di  convulsioni  social!,  tante  sorsero  forme  d'arte- 
eccessive  quante  eran  possibili.  E  fu  istinto  di  conservazioner 
ma  non  sempre  sereno ;  e  fu  conseguente  reazione,  ma  non 
sempre  disciplinata.  E  ogni  forma  fu  utile,  perche  scese  a 
combattere  un  pregiudizio,  un  eccesso;  e  ogni  forma  fu  dan- 
nosa,  percio  che  cadde  nel  pregiudizio,  neU'eccesso  contrario. 

Un  giorno,  adunque,  in  mano  di  un'  inflnita  di  mediocri,. 
la  perfezione  delle  parti  soppianto  la  perfezione  del  tutto ;  e 
pero  1'idea,  diremmo  meglio,  1' intelligenza  sterile  e  male  illu- 
minata  voile  esser  sola  arbitra  in  arte,  pose  i  geti  alia  fan- 
tasia, strozzo  in  fasce  il  sentimento,  e  della  forma  fece  un- 
cibreo  di  ampollosita  senza  nome  e  di  leccature  stomachevoli. 
Forma,  imagini,  sentimento  tutto  doveva  essere  ideale,  e  si 
disse :  I' ideale  regna.  Povero  re  cosi  mal  ridotto,  senza  polpe 
e  senz'  anima !  Quel  giorno,  un  giorno  lungo  assai,  i  classic! 
furono  ossequiosamente  soppiantati  dai  classicisti.  Fu  cio  che 
chiameremmo  il  disordine  dell'idea. 


STUDIO    ESTETICO  691 

Ma  il  giogo  era  duro  assai,  e  F  imaginazione  e  il  senti- 
mento  e  la  forma  lo  scossero  disperate,  e  gridarono  non 
alia  liberta  solamente  ma  alia  licenza.  Fu  un  89  non  meno 
triste  in  letteratura  che  in  politica.  Si  ruppero,  e  vero,  e 
catene  delle  false  forme  pagane,  si  atterrarono  gl'  idoli  infami 
e  i  riti  osceni,  per  far  luogo  agli  splendori  del  Cristianesimo; 
si  affermo  lo  scopo  pratico  delFarte  e  il  primato  del  sentimento; 
ma  furono  poi  scorribande  pazze  nel  campo  della  fantasia  e  il 
vago,  P  indefinite  si  sostitui  un  po'  per  tutto  agl'  ideali  se- 
reni,  e  si  traviso  Feta  di  mezzo  attribuendole  un  misticismo 
di  falsa  lega,  e  si  abuso  del  sentimento  fatto  sterile  e  sner- 
vante,  e  si  cadde  nelP  indecisione  e  nella  volgarita  della  forma. 
E  il  romanticismo,  orgia  della  fantasia,  cadde,  come  dovea, 
inevitabilmente. 

Gli  sopravvisse  qualche  tempo  ancora  quella  parte  di  lui 
che  fu  il  sentimentalismo,  eccessivo  o  infondato,  lezioso  o  di- 
sperante.  Fu  I'abuso  del  sentimento,  la  profanazione  di  quei 
primato  che  per  ogni  conto  se  gli  dovea.  Fu  un'  arte  nevra- 
stenica,  fu  la  falsita  nella  vita.  Avrebbe  dunque  ben  meritato 
dell'arte  la  scuola  realistica,  se  contro  questa  avesse  levati  gli 
scudi :  ma  furon  parole :  fu  P  ora,  non  della  verita,  ma  del 
senso,  si  levo  a  cielo  non  la  realta  ma  Pidealita  della  por- 
«heria,  furono  i  saturnali  dell'arte. 

IX. 

0  che  non  sarebbe  tempo  di  finirla,  e  invece  di  cercar  nuove 
forme  piu  o  meno  viziate,  ritornare  a  quel  che  natura  e  vita 
dettarono  ai  pochi  sommi  d'ogni  eta,  i  classici  d'ogni  paese  ? 
Ritornare  all'arte  classica  pura  ?  Questa  parola  sgomenta  mol- 
tissimi,  ma  per  cio  solo  che  non  e  intesa.  Ritornarvi  non  e 
seguirne  la  lettera,  Ik  dove  e  morta,  ma  e  vestirne  lo  spirito, 
vivo  sempre  e  fecondo. 

Pero  che  Popera  di  quei  grandi  sfida  Pira  demolitrice 
del  tempo  sol  perche  risponde  a  capello  a  quel  che  chia- 
mammo  criterio  sommo  dell'arte.  E  piacque  tanto  a'  lor  di, 
perche  seppe  riprodurre  la  vita  e  il  momento  storico  della  loro 
nazione. 


692  L'ARTE  DELL'AVVENIRE  -  STUDIO  ESTETICO 

Un  solo  sguardo  al  poema  divino:  dove  sono  in  esso  le 
superfluita  della  forma  ?  E  le  imagini  stereotipate  ?  Quale  verita 
invece,  quale  tavolozza  sobria  eppur  vivace,  senza  pretese  eppur 
strapotente !  Quanta  luce  d'  ideali  veri  e  viventi,  ideali  civili, 
umani,  religiosi ;  ma  sopra  tutto  quanto  fremito  di  sentimento, 
che  per  tutto  s' insinua  e  ad  ogni  tratto  risalta!  Eppure  se 
1'Alighieri  ci  interessa  cosi  vivamente,  cio  accade  perche  ve- 
diamo  in  massima  parte  respinta  dall'opera  sua  la  lettera  morta 
dell'arte  antica ;  perchfe  in  quella  vece  vi  scorgiamo  vive  e  vere 
le  aspirazioni  della  vita  nuova,  1'uomo  e  il  suo  tempo,  perche 
la  sua  6  arte  vera  insieme  e  sentila.  Che  se  talora,  non  fosse 
altro  che  per  via  di  un' imagine,  lo  vediamo  trarsi  addietro 
e  bruciare  il  suo  grano  d'incenso  alle  vecchie  forme,  la  ap- 
punto  la  nostra  ammirazione  si  arresta. 

Ritornare  all'arte  classica  pura!  Ma  cio  non  vale  rinunziare 
a  veruno  dei  progressi  compiuti,  o  da  compiersi  dall'arte  mo- 
derna;  vale  solo  accettare  e  preparare  i  progressi  veri,  pur 
costituendosi,  quanto  alia  sostanza  dell'arte,  in  quel  termine 
oltre  il  quale  non  vi  £  progresso,  solo  perchfe  la  perfezione 
e  raggiunta. 

L'arte  allora  sara  vera  e  vivace,  bella  ma  senza  pompa, 
nobile  ma  non  soverchio  aristocratica.  Riunirk  in  s£  il  ramo 
verde  di  ogni  scuola,  quel  tanto  che  di  bene  le  scuole  arre- 
carono,  pur  rigettandone  il  seccume,  il  fittizio  che  le  deturpa. 
Al  realismo  chiedera  la  verita  e  la  precisione  del  colorito  e  quel 

.  .  .  pochin  di  vita 
Calda,  vera,  sentita.  .  .  . 

di  che  1'arte  abbisogna  per  essere  e  interessare ;  agP  idealisti 
la  scelta  intelligente  del  soggetto  e  1'esecuzione  potente  del 
disegno;  e  fuggendo  gli  eccessi  dei  sentimentali,  pur  chiedera 
loro  il  principio  animatore  di  ogni  opera  d'arte,  1'espressione. 

Sara  un  tutto  armonioso  che  parlera  ai  sensi  e  piu  al  pen- 
siero,  alia  fantasia  e  piu  al  cuore. 

E  a  quest'arte,  arte  perfetta  ed  universale,  libera  eppur 
sicura,  stabile  eppur  progressiva,  a  questa  sola,  che  fu  1'arte 
del  passato,  si  deve  pur  1'avvenire. 


CLEMENTE  VIII 

E    SHVA.1V     BA.SSA.     CIGALA. 

SECONDO    DOCUMENTI   INEDITI 


SOMMARIO :  Odio  immortale  de'  Turchi  contro  il  Papa.  —  Studio  e  opera 
indefessa  de'  Papi  contro  il  Turco  massimamente  nello  scorcio  del 
sec.  XVI.  —  Documenti  nuovi  a  questo  proposito.  —  Oggetto  di  questo 
studio  storico.  —  Piccolo  contribute  alia  Storia  patria.  —  Patria  di  Ci- 
cala. —  Controversia  tra  gli  storici.  —  Oriundo  Genovese  e  nato  a 
Messina.  —  Visconte  Cicala,  sue  fazioni  marittime.  —  E  fatto  prigio- 
niero  da  Dragut  col  figliuolo  giovanetto  Scipione.  —  Morte  del  padre 
e  rinnegazione  della  fede  cristiana  del  flgliuolo.  —  Varie  fortune  di 
questo  rinnegato  sino  all'anno  1594:  aga  di  giannizzeri,  pascia,  capi- 
tano  di  mare,  desidera  rivedere  la  sua  madre. 

I. 

«  Verso  il  Ponteflce  il  Gran-Signore  ha  odio  immortale, 
non  solo  per  esser  capo  della  nostra  e  a  lui  contraria  reli- 
gione,  ma  per  esser  solo  e  proprio  istrumento  di  unir  contra 
di  lui  tutta  la  cristianitd.  Questo  lo  sanno  benissimo  li  Tur- 
chi, e  pero  gli  sono  nemicissimi;  ma  perch e  noa  conflnano, 
pero  convengono  terminare  il  loro  odio  nella  mala  disposizione 
dell'  animo  loro  senza  poter  venir  contro  di  Sua  Santita  a  ese- 
cuzione  alcuna  *...  » 

Queste  parole  recitava  dinanzi  al  Senate  di  Venezia  nel- 
Fanno  1592  Lorenzo  Bernardo,  profondo  conoscitore  delle  cose 
e  delle  persone  dell'  impero  ottomano,  siccome  quegli  che  era 
vissuto  cinque  anni  in  Constantinopoli,  rappresentante  della 
Repubblica  veneta 2.  E  Paolo  Contarini,  che  fu  tanto  utile  alia 

1  ALBEEI,  Relazioni  degli  Ambasciatori  Veneti,  (Serie  III,  vol.  II,  p.  382). 
Firenze,  1840-1863. 

1  Quattr'anni  come  bailo  1587-1591.  In  quest' ultimo  anno  fu  riman- 
dato  a  Costantinopoli  per  arrestarvi  e  condur  prigione  a  Venezia  il  suo 
successore  Girolamo  Lippomano,  che  s'era  reso  reo  di  concussione.  Que- 
st' infelice,  come  prima  arrivd  la  nave  nolle  lagune,  non  gli  reggendo 


694  CLEMENTE    VIII 

cristianita  per  le  sue  informazioni  su  i  movimenti  dell'  armata 
turchesca  nel  1571,  dicevapure  al  Senate  nel  1583:  «Tralascio 
di  parlar  di  Sua  Santita,  della  quale  poco  si  ragiona  appresso 
i  Turchi,  avendo  essi  opinione  che  lanto  sia  muover  guerra 
al  Papa  quanta  fosse  a  tutli  li  principi  cristiani  insieme 1...  » 
Quest'  odio  secolare,  armato  di  ferro,  dell'  Islamismo  contro 
il  nome  cristiano  furoreggiava  nel  tempo  di  cui  pigliamo  a 
discorrere.  Lo  scorcio  del  secolo  XVI  segnava  un'  epoca  ve- 
ramente  solenne  del  gran  duello  che  si  andava  combattendo 
da  secoli  tra  la  Cristianita  e  1' Islamismo,  la  Croce  e  la  mez- 
zaluna,  il  Vicario  di  Gesii  Cristo  e  il  successore  di  Maometto. 
La  vittoria  di  Lepanto,  di  grand'effetto  morale,  per  aver  fiac- 
cato  I'orgoglio  del  Turco  che  in  mare  si  credeva  invincibile, 
non  sorti  1'esito  che  se  ne  poteva  aspettare;  anzi  accrebbe 
1'onta  alle  armi  cristiane  2,  furore  a'  Turchi,  e  porse  occasione 
d'inaudito  sfoggio  della  loro  potenza.  Iiifatti  nel  giugno  del- 
1'  anno  seguente  1'  armata  ottomana  spiegava  a'  venti  de'  mari 
mediterranei  ben  250  vele,  ostentandosi  alia  flotta  degli  alleati 
tremorosa  e  tremenda.  Cosi  era  vero  che  le  navi  ricrescevano 
a'  Turchi  come  le  barbe  tagliate  3.  Se  nell'  ottobre  del  1572, 


I'animo  alia  vista  della  patria,  prevenne  il  giudizio  del  Senate  precipitan- 
dosi  dalla  nave  nel  mare,  1.  c.,  p.  323.  Cf.  per  i  ragguagli  di  questo  do- 
loroso  fatto,  Relaz.,  1.  c.,  p.  383. 

1  Relaz.  Serie  III,  vol.  Ill,  p.  243. 

*  Nel  1573,  Venezia  (a1  3  di  aprile)  conchiudeva  pace  col  Turco  in  ma- 
niera  che  questi  serubrav'essere  stato  vincitore,  e  non  altrimenti:  la  Repub- 
blica  dovea  pagare  300,000  ducat  i  per  le  spese  della  guerra  di  Cipro;  la  taglia 
annua  di  Zante  da  1000  portata  a  1500  ducati;  Sepat6  in  Albania  restituita 
colle  artiglierie,  restando  le  altre  possessioni  turche  in  Albania  e  Dalmazia 
com'erano  antebellum!  Relaz.  ser.  Ill,  vol.  I,  p.  388.  HAMMER,  Hist,  de  I'Emp. 
Ottom.  trad,  de  TAllem.  par  Dachez,  Paris  1844,  vol.  II,  p.  191.  Quest'Aut. 
sbaglia  la  data  della  pace  (mettendola  a'  7  di  marzo)  come  tante  altre  cose, 
conforme  avreoao  occasione  di  vedere  piu  innanzi.  Cf.  ROMANIN,  Star.  Docu- 
Mgntata  di  Venez.,  vol.  VI,  p.  358,  segg. 

3  Togliendovi  un  regno,  vi  abbiatno  strappato  un  braccio,  diceva  So- 
kolli  gran  Vizir  al  Bailo  veneto,  dopo  la  rotta  di  Lepanto:  voi  coll'averci 
disfatta  1' armata,  ci  avete  solo  tagliato  la  barba;  il  braccio  mozzo  non 
rinasce  piu,  la  barba  tagliata  riftorisce  piu  folta.  HAMMER,  I.e.,  p.  190.  Giov. 
SAOREDO,  Memorie  Istoriche  De  Monarchi  Ottomani,  Venet.  M.  DC.  XCIII, 


E   SINAN   BASSA    CICALA  695 

D.  Giovanni  conquistava  Tunisi  e  il  forte  della  Goletta:  dopo 
soli  diciotto  mesi  (15  maggio  1574),  298  navi  sferravano  da 
Costantinopoli  per  disfare  il  fatto  dell'  eroe  di  Lepanto.  E  Tu- 
nisi fu  presa  e  data  al  sacco  per  tre  giorni ;  la  Golelta  sman- 
tellata,  il  24  agosto,  con  perdita  di  200  cannoni,  33  bandiere, 
e  cinque  mila  uomini  passati  al  taglio  delle  scimitarre,  e  i 
capitani,  veri  eroi,  schiavi  o  decapitati  barbaramente  * ! 

II. 

Mentre,  nell'ulllmo  quarto  del  sec.  XVI  la  Francia  ribolliva 
d'arme  e  d'armati  colle  famose  lotte  intestine;  mentre  Filippo  IIr 
sognando  nna  monarchia  impossible,  consumava  nelle  Fiandre 
il  fiore  di  tanti  prodi  Spagnoli  e  Italiani,  conquistava  il  Porto- 
gallo  (1580),  perdeva,  rotta  dalle  tempeste,  la  doppia  invencible 
armada  (1588,  1590):  la  potenza  ottomana,  da  Costantinopoli,. 
come  da  centro,  propagava  P  influenza  funesta  sino  a  Sziget 
nell'Ungheria,  a  Tiflis  nelPArmenia,  lungo  le  costiere  africane 
quasi  da  Fez  nel  Marocco  sino  all' Arabia  Felice,  nella  Crimea,, 
in  buona  parte  dell'Abissinia 2.  Formidabile  potenza,  che  teneva 
1'Europa  cristiana  in  un'ansia  perpetua  3 !  Ora  mentre  Francia 
e  Inghilterra  e  Spagna  si  odiavano  come  Turchi,  il  solo  Papa 
meritava  Vodio  immortale  de'  Turchi  di  Costantinopoli,  per- 
ch'egli  solo  si  travagliava  a  espugnarli  con  una  perse veranza, 
di  cui  1'ultimo  decennio  di  quel  secolo  ci  fornisce  prove  ve- 
ramente  solenni. 

p.  404-5.  Mehemet  Socolli  era  un  rinnegato  ungherese,  onoratissimo  e  po- 
tentissimo,  Fascia  e  primo  Vizir  sotto  lo  stesso  Solimano...  mori  assassinate 
nel  1579.  Relaz.  vol.  1  (ser.  Ill)  p.  319,  404;  vol.  Ill,  p.  390. 

1  HAMM.,  1.  c ,  p.  197,  segg. 

2  Relaz.,  ser.  Ill,  vol.  II,  p.  327.  Hammer  p.  275,  1.   c. 

3  I  Turchi  non  facevano  mistero   del    loro   odio  e  disprezzo   delle  po- 
tenze    cattoliclie.  Nella  festa    della  circoncisione  (giugno  1582)  del    Figlio 
di  Amurat,  tra  gli  altri  spettacoli  datt  agli  Ambasciatori,  si  vide  pur  que- 
sto:  Un  castello,  con  bandiere   rosse  e  gialle,  fu  preso  a  cannonate;  fatta 
1'apertura  «  si  videro  uscire  quattro  maiali,  per  fare  allusione  alle  potenze 
cristiane   di   cui   gli  Ambasciatori    erano    present!,  e    per    sopraggiunta   di 
scherno,  si  fece  sbranare  da  un  lione  un  quinto  porco  fatto  uscire  dal  pa- 
lazzo  dell'Ambasciatore  imperiale.  »  HAMM.  1.  c.,  p.  242. 


696  CLEMENTE   VIII 

Quasi  tutti  i  Nunzii  Apostolici,  che  in  quel  tempo  dal  Va- 
ticano  si  partivano  per  tutte  le  direzioni  d'Europa,  avevano  per 
iscopo  de'  loro  viaggi  la  guerra  contro  il  Turco  S  che  i  Papi 
ne'  loro  Brevi  non  denominavano  altrimenti  che  come  «  infen- 
sissimum  Tyrannum  christiani  nominis  perpetuum  inimicum  »; 
«othomanici  Tyranni  immaaissimi  inimici  Dei  et  hominum*  etc. 
Nel  6  ottobre  1593,  Camillo  Borghese,  destinato  Nunzio  in 
Ispagna,  si  moveva  per  «  ajutar  1'Imperatore  contro  il  Turco, 
ribattere  motivi  in  contrario 2  »  ;  Alessandro  Camuleo,  man- 
date al  Re  di  Persia,  al  Transilvano,  al  Moscovita  contro 
il  Turco,  come  anche  per  eccitare  i  Cosacchi,  Vallachi,  Bul- 
gari3;  il  Vescovo  di  Cervia  in  Transilvania ;  quello  d' Amelia 
e  di  Cornia,  a'  potentati  d' Italia;  quello  di  Caserta,  nunzio  straor- 
dinario  all' Imperatore,  in  Polonia,  in  Transilvania;  quello  di 
Amelia,  destinato  Nunzio  in  Venezia  (5  ottobr.  1596)  *  tutti, 
come  si  scorge  dalle  istruzioni  date  loro,  inviati  per  promo- 
ver  la  guerra  contro  il  Turco.  II  Vescovo  di  S.  Severo,  desti- 
nato Nunzio  in  Transilvania  nel  1599,  deve  adoperarsi  presso  il 
Card.  Battori,  che  governa  quella  Provincia,  «  per  unirsi  col- 
T  Imperatore  e  non  col  Turco,  ne  star  a  vedere  1'esito  della 
guerra  tra  li  sudetti;  e  ne  porta  li  motivi5.  » 

Gi  basti  aver  tocco  di  passata  e  a  grandi  tratti  questi  gra- 
vissimi  avvenimenti,  che  si  trovano  registrati  nelle  Storie.  In 
questo  studio  intendiamo  di  far  vedere  come  alia  sollecitudine 
papale  e  alia  sua  avvedutezza  contro  il  Turco  non  isfuggis- 
sero  neppure  quegli  avvenimenti,  i  quali  per  non  essere  stati 
coronati  di  successo,  e  non  essersi  esercilati  alia  palese  delle 
corti,  sono  sfuggiti  alia  storia.  Uno  di  questi  si  e  il  tentative 
adoperato  da  Clemente  VIII  per  mezzo  de'  Gesuiti,  Antonio  e 
Vincenzo  Cicala,  di  dare  un  bel  colpo  alia  potenza  ottomana, 
mediante  la  ribellione  contro  il  Gran  Signore  del  famoso  Ci- 

1  Archiv.  Vatic.,  Istruzioni  ai  Nunzii,  n.  (239)  36. 

2  L.  c.,  p.  52. 

»  L.  c.,  p.  63,  102. 
*  L.  c.,  p.  104,  segg. 
»  L.  c.,  p.  224. 


E    SIN  AN   BASSA    CICALA  697 

cala  Scipione,  cristiano  rinnegato  per  forza,  e  volontariamente 
rimasto  turco.  Sono  cose  del  tutto  sconosciute,  come  nuovi 
sono  i  documenti  che  ce  le  hanno  fatte  conoscere;  e  siamo 
lieti  di  presentarle  ai  lettori  in  questo  studio,  che  portera  il 
suo  piccolo  tributo  alia  storia  patria. 


III. 

Anzitutto  6  a  far  conoscere  chi  fosse  questo  Sinan  Bassa 
Cicala.  Gianfrancesco  Morosini,  bailo  a  Costantinopoli  (1582-85) 
cosi  di  lui  parlava  dinanzi  al  Senato  Veneto :  «  L'ottavo  ed 
ultimo  bassa  6  il  Cicala  genovese  *,  che  puo  aver  intorno  a 
42  anni.  Questo  fu  creato  vizir  da  Ferrat  Bassa... 2  E  stimato 
uomo  molto  valoroso,  ed  ha  fatto  in  questa  guerra  di  Persia  3 
onoratissime  fazioni ;  ma  per  essere  italiano  non  si  fideranno 
mai  di  lui  compiutamente  4.  »  E  il  celebre  Matteo  Zane  5  cosi 
ne  scriveva  nel  1594 :  «  II  Cicala,  capitano  del  mare,  siede  in 
divano  (in  corte  di  giustizia)  come  bassa  vizir  6  nel  primo 

1  L'ALBERI  in  nota  aggiunge :  «  Figliuolo  di  un  genovese,  prigioniero 
a  Gerbi  (26  ag.  1560)  »,  sbagliando  doppiamente  per  aver  copiato  I'HAMMER; 
come  vedremo,  il  Cicala  fu  fatto  prigione  nel  seguente  anno,  e  non  fu  altri- 
menti  prigioniero  a  Gerbi. 

8  Ferhad,  rinnegato  Albanese,  celeberrimo  nelle  storie  ottomane :  tutti 
i  baili  veneti  convengono  iiel  dire  ch'era  uomo  rozzo  e  ignorante  «  subitoso 
e  collerico  »,  ma  di  gran  capacita;  fu  gran  vizir  nel  1591,  e  nel  1595.  Relaz. 
passim.  Mori  strangolato,  all'avvenimento  di  Mohamet  III,  Lugl.  1595.  HAMM. 
1.  c.,  p.  279. 

3  Cominciata  nel  1578  duro  13  anni. 

*  Relaz.  ser.  IP,  vol.  Ill,  p.  292. 

5  «  Matteo  di  Girolamo  Zane  dee    noverarsi   fra'  piii  illustri  diplomat! 
veneti  del  cinquecento  ».  Ambasciatore  alia  Corte  del  Duca  d'Urbino  (70), 
di  Savoia  (75),  di  Portogallo  (78),  di  Spagna  (80),  Capitano  a  Venezia  (89-90), 
bailo  a  Costantinopoli  (91-94),  riformatore  dello  studio  di  Padova  (96-99), 
patriarca  di  Venezia  (1600)  consacrato  a  Roma  dallo  stesso  Clem.  VIII  (f  1605). 
Cf.  ALBERT,  1.  c.,  p.  384.  Fu  nel  patriarcato  di  Venezia  immediato  antecessore 
del  (poi  Card.)  Vendramino,  per  il  cui  esame  e  andata  a  Roma,  prese  origine 
la  celeberrima  vertenza  tra  la  Serenissima  e  Roma.  Cf.  Dispacci  delVAmba- 
sciator  Veneto  Agostino  Nani,&  ag.  1605,  pubblicati  da  F.  MUTINELLI  nella 
Storia  Aneddotica,  vol.  Ill,  p.  24,  segg. 

6  Pascid  «  E  titolo   che  vien    dato    ordinariamente  ai  grandi    ufficiali 
della  porta.  Vezir  o  visir  significa  Consigliere  ».  ALB.  1.  c.,  vol.  I,  p.  XXIV. 


698  CLEMENTE    VIII 

luogo  dopo  Ferat,  e  se  lo  e  guadagnato  con  una  continua  ser- 
vitu  sino  da  allora  che  usci  di  serraglio,  e  in  Persia  gli  sono 
successe  diverse  fortunatissime  imprese,  nelle  quali  ha  mostrato 
piu  ardire  e  piu  valore  della  persona,  accompagnato  con  in- 
ganni  e  stratagemmi,  che  giudizio  e  prudenza  per  un  supremo 
-comando...  E  ricco  a  meraviglia  e  per  natura  avarissimo...  Fa 
professione  alia  scoperta  di  nemico  della  serenita  Vostra,  di- 
cendo,  benchd  sia  nato  in  Messina,  di  discender  da  Geneva, 
patria  naturalmente  poco  arnica  di  questa  Serenissima  Repub- 
blica...  » 

C'6  negli  storici  oscurita,  e  quindi  non  piccola  controversia 
intorno  la  sua  patria,  e  specialmente  intorno  lacittadove  nacque. 
1  piu  degli  storici,  e  molti  de'  Relatori  veneziani  lo  fanno  ge- 
novese.  Cosi  il  Balan,  vol.  VI,  p.  639,  in  nota  citando  il  «  con- 
temporaneo  Roccatagliata...  Annali  Genovesi,  p.  183»;rHam- 
mer  ne'  11.  cc.,  e  quasi  tutti  gli  storici  veneti  *.  Gl'istorici  sici- 
liani  pero,  numerosi  e  colti,  lo  fanno  nativo  di  Messina,  parlando 
di  luicome  di  un  loro  connazionale.  Cosi  il  Buonftglio8;  1'Apri- 
le,  S.  1. 3;G.  B.  Caruso'1;  D.  Giov.  Evang.  e  Garabacorta  Ab. 
Benedettino  5.  A  questi  si  deve  aggiungere  il  Bolani 6,  e  il  P. 
Guglielmotti 7.  Vero  e  che  i  primi  lo  potevano  dire  di  na- 
zione  genovese,  essendo  la  famiglia  Cicala  soprattutto  co- 
spicua  in  Genova,  e  Visconte  Cicala,  padre  del  nostro  rin- 
negato,  nativo  di  quella  citta.  «  La  discendenza  Cicala,  cosi  il  Mi- 
nutolo  8  (in  un'opera  preziosa,  dove  si  sappiano  sceverare  le 
inesattezze  non  poche)  derivata  da  Genova,  e  in  molto  pregio 

1  Degli  storici  cf.  MAUROCENO,  Hist.  Venet.,  Venetiis  1623,  p.  311,  585. 
De'  Relatori  veneti,  oltre  i  gik  citat.i.,  ved.  ANT.  TIEPOLO,  Relaz..  ser.  Ill, 
vol.  II,  p.  143. 

8  Hist.  Sicil.  p.  545. 

3  Cronol.  di  Sic.,  p.  294. 

*  Memorie  storicht,  Part.  III.  vol.  I,  p.  179  e  244. 

5  Star,  Cronolog.  dei   Vicere...  del  Regno    di  Sicilia,    torn.  II,    parte  I, 
pag.  197. 

6  Stor.  di  Reggio  Calabria,  vol.  I,  p.  285. 

7  Stor.  della  Marina  Pontific.  passim. 

8  Memorie  del  Gran  Priorato  di  Messina,  da  Fr.  Don.  ANDE.  MINUTOLO, 
Messina,  1699  p.  78-79. 


E   SINAN   BASSA   CICALA  699 

di  nobilta  tanto  in  quella  Republica  quanto  in  questa  cittk  di 
Messina...  Visconte,  Cavaliero  di  S.  Giacomo  della  Spada,  Ca- 
pitano  di  due  sue  proprie  galere,  fece  molte  eroiche  imprese, 
pianto  la  sua  famiglia  in  Messina,  essendo  aggregate  alia  sena- 
toria  de  Nobili;  e  fu  nel  1553  Console  genovese  nella  detta 
citt&  ».  Senonche  ogni  dubbio  vien  tolto  da  una  nota  mar- 
ginale,  che  accompagna  un  Breve  pontiftcio,  di  cui  ci  dovremo 
occupare  piii  oltre,  e  che  ci  da  esattamente  il  luogo  di  nascita 
del  famoso  Corsaro.  Eccola  integramente :  «  II  nome  del  Bassa 
prima  che  fosse  preso  era  Scipione  Cigala  (sic)  del  quondam  Vi- 
sconte. Adesso  si  chiama  Sinam  Bassa  Vizir.  Era  di  13  in  14 
anni  flniti  (?)  nato  et  battezzato  in  Messina  fu  fatto  captivo  col 
Padre  suo  sopra  due  sue  Galere  quando  andava  in  Spagna  et 
essendo  morto  il  Padre  in  captivita  et  dopo  XV  anni  si  fece 
etc.  '.  »  Questo  fatto,  come  vedremo,  essendo  accaduto  nel  1561, 
rimane  certo  che  Scipione  Cicala,  il  quale  divenuto  musulmano 
dovea  arrecar  tanto  danno  alle  Marine  italiane,  nacque  in  Mes- 
sina nelPanno  1548  2. 

Pure  della  sua  madre,  nobile  donna  che  in  questo  nostro 
studio  avra  parte  assai  cospicua,  gli  storici  ci  forniscono  po- 
chissimi  ragguagli  e  incerti.  Hanno  perfino  ignorato  il  suo 
nome,  dicendola  dubbiamente  Laura.  Dalla  lettera  che  le  scrisse 
il  figliuolo  rinnegato,  di  cui  abbiamo  potuto  rinvenire  una 
copia  nella  sua  integrita  quasi  officiate;  e  da  quella,  scono- 
sciuta  finora,  che  le  scrisse  lo  stesso  Pontefice  Clemente  VIII, 
rileviamo  che  il  suo  vero  nome  era  Lucrezia.  In  quanto  alia 
sua  provenienza  cosi  scrive  il  Minutolo,  non  arrecando  pero 
nessuna  prova.  «  Si  caso  (Visconte  Cicala)  con  Lucrezia  di 
nazione  turca,  ma  di  cospicui  natali  1513  (?)3».  Forse  vuol 

*  Arch  Vatic.  Armad.  44,  n.  57,  fol.  69.  Questa  nota  e  un  semplice 
appunto  per  servire  all'estensore  del  Breve  che  riferiremo  a  suo  luogo.  St 
dopo  XV  anni,  intendi,  passato  i  15  anni  d'eta,  si  fece  turco.  Nel  Breve 
citand.  si  dice :  «  ....  te  in  ipso  adolescentiae  flore,  cum  quartum  et  decimum 
circiter  aetatis  annum  ageres,  a  Piratis  una  cum  bonae  memoriae  Vicecomite 
Cicada,  genitore  tuo...  captum...  » 

8  CARUSO,  1.  c.,  p.  249. 

3  L.  c.,  p.  78. 


700  CLEMENTE   VIII 

dire  ch'essa  era  nativa  di  qualche  isola  dell'Egeo  dominata 
da  Turchi,  e  cola  dal  Cicala  tolta  in  moglie.  Checche  ne  sia 
di  ci6,  da  quella  lettera  che  le  diresse  il  Santo  Padre  e  in- 
sieme  da'  tentativi  adoperati  dall'infelice  madre  per  riavere 
il  suo  perduto  flgliuolo,  noi  scorgeremo  in  lei  una  gentildonna 
ornata  di  vera  pietk  e  di  squisito  sentimento  cristiano. 

IV. 

Era  Visconte  Cicala  un  nobile  Genovese  stabilitosi,  come 
abbiamo  visto,  a  Messina.  Di  Ik  correva  i  mari,  mercanteg- 
giando  e  predando  con  un  galeone  ed  una  galea  armata,  che 
egli  manteneva  del  proprio  al  servizio  dello  Spagnolo,  signore 
allora  di  quasi  tutta  1'Italia.  Pare  pero  che  non  si  contentasse 
di  far  danno  alia  sola  gente  turchesca,  ma  1'avita  animosita 
di  Genova  con  Venezia  gli  faceva  commettere  delle  rapine  a 
detrimento  di  questa  Repubblica,  e  la  voglia  di  avere  lo  spinse 
a  qualche  sopruso  contro  i  Cavalieri  di  Malta,  che  quasi  gli 
ebbe  a  costare  la  vita. 

Nel  1540,  trovandosi  di  conserva  colle  galee  spagnole  e 
maltesi,  per  la  fazione  di  Barberia,  la  capitana  maltese  ebbe 
preso  un  grippo  turchesco,  carico  di  merci.  II  Cicala  lo  voile 
per  se  contro  tutte  le  regole;  il  che  sdegno  talmente  quei 
Cavalieri,  che  per  poco  non  gli  affondarono  il  galeone.  Se- 
parossi  allora  il  Cicala,  covando  propositi  di  vendetta.  Infatti, 
dopo  1'impresa  di  Barberia,  trovandosi  in  Messina  alcune  ga- 
lere  de'  Cavalieri,  Cicala  mosse  loro  briga,  e  la  cosa  ando 
cosi  grossa,  che  venuti  alle  armi  dalle  due  parti,  un  suo  ni- 
pote  ci  lascio  la  vita,  e  un  Cavaliere  fu  ferito.  Composte  le 
cose  alia  meglio,  mantenne  astio  contro  i  Cavalieri,  flno  a 
tanto  che,  malconcio  da  una  fortuna  di  mare,  dopo  una  corsa 
in  Levante,  fu  ricoverato  e  rifatto  delle  avarie  dal  gran  Mae- 
stro di  Malta.  Questo  tratto  di  generosita,  e  1'interponimento 
dello  zio,  Cardinale  G.  B.  Cicala  *,  le  amico  con  quell'ordine 

1  Questo  Cardinale  «  nato  (1510,  -j-  1570)  di  nobilissima  famiglia  in  Ge- 
nova »,  si  educo  in  Sagona,  uno  dei  cinque  antichi  vescovadi  di  Corsica 


E   SINAN   BASSA   CICALA  701 

religiose,  che  dallo  scoglio  maltese  teneva  in  iscacco  la  flotta 
Musulmana  *. 

Si  trovo  all'impresa  delle  Gerbe  (11  maggio  1560)  colle 
sue  due  navi,  la  Capitana  e  la  Padrona  8.  In  mezzo  all'uni- 
versale  scompiglio  di  quella  funesta  giornata,  egli  si  seppe 
schermire,  giocando  bene  dell'artiglieria.  Si  uni  quindi  alle  ga- 
lere  di  Malta,  le  quali  dirette  con  rara  abilita  e  bravura  dal 
Maltese  Tomeo  Cassia,  il  piu  esperto  e  intrepido  piloto  che 
ci  fosse,  si  fecero  strada  attraverso  1'armata  turchesca  vitto- 
riosa,  e  ripararono  salve  nell'isola  de'  Cavalieri 3. 

Ma  quello  che  Dragrut,  feroce  e  abilissimo  Corsaro,  vin- 
citore  alle  Gerbe,  non  pote  fare  in  battaglia,  cioe  d'impadro- 
nirsi  del  Cicala  e  delle  sue  galere,  gli  riusci  pienamente  1'anno 
dopo  nel  maggio  1561  4.  Ecco  come  accadde  questa  cattura  a 
testimonianza  degli  storici  di  quel  tempo.  In  una  delle  avvisa- 
glie  marinaresche  che  accadevano  spesso  tra  corsari  turchi  e 
cristiani,  venne  presa  dopo  flera  zuffa  una  galea  di  Lucciali, 
«  salvatosi  questo  rinnegato  a  nuoto  nella  vicina  terra  ».  II 
capitano  Cicala  e  il  Maestro  di  campo  cav.  Orosio  compra- 

sotto  la  disciplina  di  Odoardo  Cicala,  suo  zio,  che  n'era  vescovo.  Nel  1545 
vescovo  di  Albenga,  fece  bella  figura  al  Cone,  di  Trento;  poi  vescovo  di 
Sagona  e  di  Mariana  (1551),  e  quindi  Cardinale  col  titolo  di  S.  Clemente  : 
fu  uno  de'  revisori  del  Cone,  di  Trento,  e  de'  Cardinali  giudici  sopra  la 
famosa  causa  del  Card.  Carlo  Caraffa.  Di  lui  si  trova  memoria  nella  Stor. 
del  Cone,  di  Trento  del  Pallavic.  passim  e  in  varii  brevi  di  S.  Pio  V: 
Cf.  CARBELLA,  vol.  IV,  p.  S25;  CIACON.,  torn.  Ill,  p.  779  (Rom.  1677);  U- 
GHELLI,  Ital.  Sacr.,  torn/ 3,  p.  519  (Venet.  1718).  Curioso  e  questo  accenno 
a  un  suo  nipote  (che  dovea  essere  fratello  di  Visconte  Cicala)  in  un  Breve 
pontificio  diretto  alia  Chiesa  d'Albenga,  che  e  annunziato  con  questo  titolo 
nel  catalogo,  scritto  da  G.  Antonio  De  Pretis,  de'  Brevi  di  Giulio  III:  Pro 
Carolo  Cicada  nepote  Cardinalis  Stf  dementis,  indultum  si  dictae  Ecclesiae 
praeficiatur  vel  alteri  ut  possit  exprimi  ipsum  esse  in  aetate  24  annorum 
constitutum  n.  128:  6  mart.  1554,  lul.  Ill  Pontificatus  anno  V. 

1  Bosio,  Histor.  delta  Sacr.  Relig.  di  S.  Giov.  Gierosolimit,.  Rom.  1621, 
P.  Ill,  p.  193-96. 

3  Bosio,  1.  c.,  p.  431.  GUGLIELMOTTI,  Marin.  Pontific.,\o\.  II,  p.  342,  344. 
Tipogr.  Vatic. 

*  Bos.,  1.  c.,  p.  431,  segg. 

*  Senza  dirci  che  terra  si  fosse.  BUONFIGLIO,  dell'  Hist.  Sicilian.,  Venezia 
1604,  P.  II,  p.  545. 


702  CLEMENTE    VIII 

rono  quella  galea,  ma  il  Vicere,  Duca  di  Medinaceli,  che  at- 
tendeva  a  rifar  1'armata  cattolica,  per  sua  cocciutaggine  di- 
sfatta  e  perduta  nelle  acque  di  Gerbi  1'anno  innanzi,  affac- 
ciando  il  servigio  di  Filippo  II,  tolse  ai  compratori  quella  tri- 
reme. —  Se  ne  offesero  questi  come  di  lesa  giustizia,  e  avendo 
determinate  di  richiamarsene  al  cospetto  del  Sovrano,  pre- 
sero  quindi  la  rotta  di  Spagna.  Fatto  sosta  a  Trapani,  veleg- 
giavano  gia  buona  pezza  di  mare,  quando  Dragrut  che,  saputo 
della  loro  andata,  li  aspettava  al  varco,  usci  dalle  insidie  del 
Maretimo,  una  delle  Egadi,  dove  s'era  mascherato,  e  centre 
sue  galeotte  fu  loro  addosso.  Due  investirono  la  galeotta  di 
D.  Osorio,  e  facilmente  Tebbero  sopraffatta :  quindi  corsero 
alia  riscossa  di  Dragrut,  contro  il  quale  il  Cicala  col  suo  ga- 
leone  bravamente  combatteva ;  ma,  circondato  dalle  tre  tur- 
chesche,  non  pote  ne  vincere,  n6  fuggire  e  venne  in  potere 
di  Dragrut.  Visconte  conduce va  in  Spagna  «  Scipione  suo  fl- 
gliuolo  giovanetto  bellissimo  »  d' eta  di  14  anni  J:  entrambi 
rimasero  preda  del  rapace  Turco  2. 

Visconte  Cicala,  col  giovinetto  Scipione,  furono  mandati  da 
Dragrut  a  Costantinopoli  in  dono  a  Solimano.  II  Capitano,  che 
colle  sue  scorrerie  aveva  tanfe  volte  corseggiato  ne'  mari,  me- 
nando  prede  turchesche,  era  conosciuto  al  gran  Turco:  il 
quale  ben  contento  di  averlo  in  mano,  lo  fece  chiudere  nella 
gran  prigione  di  Costantinopoli,  delta  delle  sette  torri.  Ma 
T  aspetto  gentile  ed  ingegnoso  del  figliuolo  essendogli  piaciuto, 

1  Bosio,  1.  c.,  p.  446,  il  quale  lo  fa  di  16  anni:  HAMM.  glie  ne  di  18, 
vol.  II.,  p.  121,  e  altri  sino  a  24. 

2  BUONK.,  1.  c.,  p.  545;  CARUSO,  Memorie  Istorich...  in  Sicil.,  vol.  I,  p.  179; 
APRILE,  Cronol.  di  Sic.,  p.  294;  GAMBAC.,  Cronolog.  de'  Vic.  di  Sic.,  torn.  II, 
P.  1,  p.  195.  HAMM.,  1.  c  ,  p.  121,   lo  annovera   tra  i  prigionieri  fatti   alle 
Gerbe  (1560).  A  pag.  821  lo  dice  preso  nella  fazione   della  Goletta  (1574) 
30  anni  prima  del  1605! 

<c  In  quel  combattiraento  mori  Don  Pietro  Urries,  rimanendo  la  Baro- 
nessa  d'Aierbe  sua  moglie  schiava,  la  quale  fu  poi  per  opera  del  gran 
Maestro  Valletta  presto  riscattata,  con  molti  altri  di  quei  signori  ».  Bosio, 
il  quale  racconta  essersi  avuti  questi  ragguagli  da'  Turchi  presi  in  una 
nave  espugnata  da'  Cavalieri,  1.  c.,  p.  446.  Cosi  pure  con  qualche  variante. 
BUONF.,  p.  E-ir>;  CARUSO,  p.  179;  APRILE,  p.  294;  GAMBAC.,  p.  19.J. 


E   SINAN   BASSA   CICALA  703 

lo  fece  mettere  nel  serraglio,  lavorando  con  lusinghe  e  mi- 
oacce  per  fargli  abiurare  la  religions  cristiana.  Resistette  in 
prima  1'infelice  fanciullo:  ma,  essendogli  fatto  intendere  che 
a  quella  sola  condizione  avrebbe  ottenuta  la  liberazione  di  suo 
padre,  cedette,  e  prese  la  religione  e  la  vita  de'  Turchi.  E  a 
suo  padre  fu  concessa  veramente  la  liberta,  ma  in  maniera 
propria  de'  Turchi,  cioe  liberato  lo  avvelenarono  l. 

V. 

Che  qualita  di  gente  abitasse  in  que'  serragli  del  Gran  Sul- 
tano,  che  vita  vi  menassero,  ci  viene  narrato  da  quasi  tutte 
le  Relazioni  degli  ambasciatori  Veneti  di  quei  tempi.  Ne  sce- 
gliamo  una,  che  le  compendia  tutte,  la  quale  a'  nostri  giorni 
ci  fara  conoscere  che  odio  squisitamente  maomettano  si  era 
quello,  che  dettava  le  norme  alia  politica  de'  Gran  Signori 
•de'  serragli  costantinopolitani  nel  far  questa  cerna  della  «  de- 
cima  delli  putti »  cristiani.  E...  del  Garzoni  Ant.  ambasciatore 
a  Costantinopoli  nel  1573  2. 

«  Tutti  i  giovani  che  sono  nel  Serraglio-nuovo  del  Gran 
Signore,  e  gli  altri  che  sono  negli  altri  serragli,  sono  figli 
<li  cristiani  carazzari 3  del  Turco,  secondo  la  scelta  solita 
farsi  ordinariamente  ogni  tre  anni,  e  piu  spesso  ancora  se- 
condo il  bisogno,  i  quali  possono  ascendere  al  numero  di 
otto  mila 4  in  tutto  lo  Stato  del  Turco.  Per  questa  eletta 

1  Bosio,  1.  c.  p.  466.  «  Scusare  si  soleva  Scipione  Cicala  d'haver  rine- 
gata  la  Fede  per  la  promessa...  etc. »  II  Breve,  che  daremo  appresso,  dice 
invece...  «  ad  Solymanum  Turcarum  Tyrannum  (te)  adductum  fuisse,  mor- 
tuoque  paullo  post  in  captivitate  dicto  vicecomite  genitore   tuo,  pollicita- 
tionibus  et  blanditiis    eiusdem    Solymani    delinitum,  ig-narum    plane    quid 
ageres,  fidem,  quam  in  lavacro  regenerationis  Christo  dederas,  abnegasse. 
Maumetbanaeque  sectae  errores  sectatum  fuisse...  »  1.  citand. 

2  Relaz.  Venet.  Ser.  Ill,  vol.  I,  p.  396. 

3  «  Ossia  che  pagano  tribute,  che  in  turco  dicesi  carat,.  » 

*  «  Andando  ogn'anno  li  deputati  a  levarne  alii  padri  (cristiani)  quel 
numero  che  bisogna  per  conservare  il  numero  di  dodici  mila.  »  Brev.  Relaz. 
della  milit.  terr.  e  maritt.  (1575),  Serie  IU,  vol.  II,  p.  313.  —  Ibid.,  Relaz.  di 
LOR.  BERNARDO  (1592),  p.  332,  etc. 


704  CLEMBNTE   VIII 

escono  alcuni   uomini  deputati,  chi  in  una  provincia,  chi  in 
un'altra,  i  quali  scelgono  per  ogni  casale   un    certo   numero 
di   giovani  dalli   10  sino  alii   13  anni,   figliuoli  di  cristiani 
carazzari,  non  aggravando  pero  quelle  case  che  avessero  un 
figliuolo   solo J,   ne  quei   villaggi   che    sono   posti   sopra   le 
strade  principali  e  frequentate  da  molti  passeggieri,  se  non 
alcune  volte,  poichfe  abbastanza  sono  aggravati  dalla  tiran- 
nide  che  lor  viene  usata  dai  Turchi  di  ogni  condizione  nei 
loro  viaggi,  ed  a  diverse  altre   imposizioni  regie.  Quei  gio- 
vani sono  subito  vestiti  di  panno  rosso  e  giallo,  con  le  ber- 
rette  rosse  alia  Morlacca,  con  una  penna  sopra,  e  ricevono 
libert£  di   far  dispiacere   ad  ognuno,  cosi  turco,  come  cri- 
stiano,  o  ebreo;  dimodochfe  con  questo   mezzo  diventano   in- 
solentissimi,  n£  stimano  altro  per  giusto  che  la  forza.  Sono 
poi   condotti   in  Costantinopoli,  e   sono   fatti   passare  ad   uno 
ad   uno   innanzi  alia  finestra   della   camera  del  Gran-Signore 
(per  dove  gi&  dissi  che  passano  li  present!,  e  le  prede  impor- 
tant!) dove  quelli  che  per  dispositione  di  persona,  o  per  nobilta 
di  aspetto  piacciono  a  sua  maesta,  restano  nel  serraglio,  non 
essendo  pero  soliti  restare  quelli  della  Natolia,  poichfe  non  6 
cosi  stimata  di  gran  lunga  quella  nazione  come  la  Greca.  Gli 
altri  giovani,  parte  sono  posti  in  altri  serragli  di  Costantinopoli, 
dove  gli  istruiscono  in  diverse  arti  (e  quando  sono  in  etk  di  di- 
ciotto  anni  escono  con  diversi  gradi,  e  per  il  meno  spa\ 2  della 
Porta),  parte  sono   distribuiti  per  li  villaggi  a  lavorare  la 
terra,  e  per  le  citta  a  diversi  botteghieri  per  imparar  le  arti 
meccaniche ;  e  tutti  questi  ultimi  con  un  medesimo  nome  sono 
detti  azam-oglani 3,  che  vuol  dire  giovani  soldati,  i  quali  hanno 
il  loro  agk  }  che  ha  cura  di  riceverli  e  di  dispensarli,  tenen- 


1  «  In  c-i6  il  GARZONI  differisce  da  altri  scrittori,  che  dicono  anche  i 
figli  unici  essere  stati  passibili  di  quella  elezione.  » 

*  Soldato  a  cavallo. 

3  «  Sono  doiaandati  azamoglani,  cioe  figliuoli  di  Cristiani.  »  Relaz.  c. 
p.  313. 

k  «  I  Turchi  usano  questa  parola  come  noi  Signore.  Vale  anche  a  de- 
signare  il  capo  in  diversi  uffizi.  »  Relaz.,  v.  I,  p.  XVII. 


B   SINAN   BASSA   CICALA  705 

done  nota  particolare,  perche  in  una  certa  eta  poi  sono  fatti 
giannizzeri,  e  diversi  anche  spa\.  Servono  i  giovani  nei  ser- 
ragli  fino  alia  eta  di  24  anni  in  25,  ed  escono  poi  con  gradi 
principalissimi,  secondo  che  sono  in  grazia  del  Gran-Signore, 
non  potendo  pero  alcuno  uscire  con  manco  gr'ado  di  spat  della 
Porta,  che  sono  piu  onorati  di  quelli  di  tiraaro  *,  ossia  posses- 
sori  di  beni  vitalizi,  poiche  hanno  maggior  paga  sborsata  dal 
cazna  2,  e  servono  la  persona  del  Gran-Signore,  senza  la  quale 
non  sono  soliti  andare  alia  guerra.  E  ben  vero  che  in  questi 
ultimi  anni  sono  stati  mandati  molti  di  essi  sopra  le  armate.  » 

Dopo  la  sua  formazione  alia  vita  turca,  le  prime  notizie 
che  abbiamo  di  lui  sono  del  15734576,  epoca  del  bailagio  in 
Gostantinopoli  del  Senator  Antonio  Tiepolo,  il  quale,  dopo  aver 
descritto  i  serragli  o  le  varie  scuole  turche,  cosi  ci  parla  del 
Cicala: 

«...  ed  ora  si  vede  riuscito  con  estremo  favore  il  Cicala 
con  grado  di  aga  dei  giannizzeri,  giovane  ancora  di  ventotto 
anni.  Onde  tiene  raemoria  ancora  e  della  lingua  e  delle  cose 
de'  Cristiani,  ma  si  mostra  durissimo  contro  di  loro,  forse 
perchfe  veramente  sia  fatto  Turco  3.  » 

Parlando  quindi  del  Sultano  Amurat  soggiunge :  «  Ha  una 
figliuola,  la  quale  quando  sia  nubile  vien  detto  poter  esser  mo- 
glie  del  Cicala,  aga  de'  giannizzeri,  tanto  pare  costui  aver  la 
grazia  del  Gran  Signore  4.  » 

In  quella  vece,  dopo  aver  fatto  le  prime  prove  delle  armi 
in  Ungheria,  sposo  dopo  il  1576  successivamente  le  due  flgliuole 
di  Rusten  Bassa,  potentissimo  gran  visir  sotto  Solimano,  di  cui 
era  genero,  e  cosi  ricco  che  aveva  sino  a  200000  ducati  di  ren- 
dita  5.  La  costoro  madre  era  la  famosa  Mirmah,  che  nel  1565 


1  «  Timar,  commenda  o  possessions  di  beni  regi   dati  in  vita  a  bene- 
meriti.  »  Ibid.  p.  XXIV. 

*  Cazna  o  Catnt  o  azne.  «  Tesoro  private  del  Sultano.  »  Ibid.,  p.  XIX. 

3  Relaz.,  1.  c.,  vol.  II,  p.  143. 

4  Ibid.,  p.  166. 

*  HAMM.,  1.  c.,  p.  148. 

X-rie  XVT,  r-t.l   IX,  fuse.  1122.  45  12  marzo  1897. 


706  CLEMENTE    VIII 

«  pia  giovinetta  »  non  ebbe  piccola  parte  neirincitare  il  vecchio 
Solimano  all'impresa  di  Malta,  come  a  cosa  di  grande  mo- 
mento  nella  guerra  contro  gl'infedeli  *. 

Da  qui  ebbe  principle  e  sostentamento  la  potenza  del  Cicala, 
e  saldezza  contro  le  brighe  infinite  degli  arruffoni  e  de'  birbi 
di  quella  corte  infame,  ove  le  donne  e  gl'  intrighi  potevano 
smisuratamente  2. 


VI. 


Accesasi  nel  1578  la  guerra  in  Asia,  che  duro  tredici  anni 
con  prospera  fortuna  de'  Turchi,  il  Cicala  fece  varie  fazioni 
gloriose  contro  i  Persiani,  massimamente  nell'ottobre  del  1585, 
quando  sconfitto  1'esercito  ottomano  vicino  a  Tabris  e  morto 
il  gran  visir  Osman  Fascia,  il  Cicala  ottenne  vantaggi  segnalati 
e  congratulazioni  da  Costantinopoli 3.  E  forse  in  premio  del  suo 
valore  ebbe  «  lungamente  il  governo  di  Babilonia,  e  poi  fu 
destinato  al  governo  di  Diarbec  a'  confini  della  Persia  4 ». 

Conchiusa  la  pace  co'  Persiani,  21  marzo  1590,  riarse  guerra 
in  Ungheria  che  duro  pure  13  anni;  Scipione  Cicala,  divenuto 
Sinan  Bassa  (col  qual  nome  e  determinato  dagli  storici  ita- 
liani,  i  Turchi  chiamavanlo  Dshigalesade) 5,  ricchissimo  com'era 
e  sostenuto  in  Corte  dalla  potente  vecchia  Sultana  Marmah, 
compro  ed  ottenne  il  Capitanato  del  mare  6.  Ebbe  quindi  ordine, 
come  capitano  di  mare,  di  correre  i  mari  mediterranei  colla 


1  HAMM.,  1.  c.,  p.  122. 

*  HAMM,  1.  c.,  p.  238;  Relaz.  di  Giov.  MORO  (1590),  III,  2.,  p.  374,  eegg.; 
di  MATT.  ZANE  (1594),  III.  3,  p.  422,  aegg. 

3  HAMM.  1.  c.,  p.  255;  Relaz.  d*  Giov.  MICHEM  (1587;  III,  2,  p.  290,  segg. 
*•  Relaz.  di  Giov.  MORO,  1.  c.  p.  374. 

•  «  Kapudan-pascha  Dscbigbalesade.  »  HAMM.  1.  c.,  p.  273. 

6  «  Lo  pag6  200000  zecchini,  e  ne  cava  forse  40000  all'anno  come  ca- 
pitano del  mare  e  beglierbei  (Governatore  di  provincial  dell'isole  dell'Ar- 
cipelago  e  delle  marine.  »  Relaz.  di  MATT.  ZANE,  1.  c.,  p.  428. 


E    SINAN   BASSA    CICALA  707 

flotta,   per  tenere  a  bada   Italian!  e  Spagnoli  e  impedirli  di 
portar  soccorsi  air  Imperatore. 

Entrava  questo  ne'  suoi  desiderii  e  ne1  suoi  disegni  eziandio. 
Quesfuomo  gia  ricchissimo  e  potente,  non  poteva  estinguere 
uell'anima  quella  prima  favilla  di  fede  che  dalla  prima  edu- 
cazione  cristiana  vi  era  stata  accesa  e  affettuosamente  riscal- 
data  poi  e  cresciuta  dall'alito  materno.  Quella  fede  purissima 
scambiata  colla  sozzura  maomettana,  la  memoria  della  sua 
raadre,  che  lo  piangeva  dalle  rive  d'  Italia,  la  macchia  di  rin- 
negato  gettata  sul  nobile  nome  della  famiglia,  il  disperato 
ricordo  della  morte  di  suo,  padre  avvelenato  nelle  prigioni  di 
Costantinopoli,  gli  travagliavano  Taniraa  agitandola  di  con- 
tinue in  flera  burrascosa  tempesta:  «  Nihilominus  tamen  iidem 
Carolus  et  Vincentius,  qui  in  parte  Orientis  profecti  hac  de 
re  tecum  pluries  egerunt,  constanter  afflrmarunt  te  propter 
supiadicta  semper  tactum  dolore  cordis,  et  iamdiu  quidem 
optasse  pravos  sectae  illius  errores  deserere  et  detestari  1...  » 


1  Breve  di  CLEMENTS  VIII  diretto  al  medesimo  Scip.  Cicala,  del  quale 
parleremo  appresso.  A  chi  scorra  i  volumi  numerosi  de'  Brevipontificii,  ine- 
diti  in  grsn  parte,  che  si  trovano  nell'Archivio  Vaticano,  si  desta  per  forza 
un  seneo  di  commozione  profonda,  nel  veder  la  sollecitudine  del  Pastore 
universale  non  solo  pe'  grandi,  ma  eziandio  per  quelli  che  oggi  pagane- 
scamente  vengono  chiamati  deseredati  della  terra.  Eccone  uno  tra  milie 
esempi :  Asinibaldus  corsus  laicut  Aleritnsis  fu  rapito  fanciullo  da%  Turchi, 
e  secondo  la  loro  nefanda  costumanza  fatto  abiurare.  Venuto  adulto,  e  tro- 
vato  maniera  di  trafugarsi,  si  riconverte  per  opera  del  Vescovo  Melfit-enee; 
eppure  lo  tenevano  obbligato  al  remo  come  un  rinnegato.  Dopo  inutili  ri- 
chiami,  ricorre  al  Pontefice :  e  questi,  per  un  povero  schiavo,  spedisce  un 
Breve  a  Joanni  Homedes  (alias  loann.  de  Homedes]  Magistro  Hospitalis 
S*1  Joann.  Hierosolimitani  perche  lo  liberi  di  presente;...  cum  eius  detentio 
salva  iustitia  tolerari  non  possit:  nobis  qui  ciusdem  lustitiae  cultores  sumus, 
pergratum  erit.  Dat.  Romae  die  XVIII  Junij  M.D.L.  Primo  (Pontific.  Ju- 
lii  III).  Arch.  Vatic.,  Armad.  39,  n.<>  57,  Fol.  77  (bis). 


RIVISTA  DELLA  STAMPA 


i. 

R.  P.  CH.  ANTOINE,  S.  I.  professeur  de  theologie  morale  et  d'fico- 
nomie  sociale.  --  Cours  d' Economic  sociale.  Paris,  Guillaume 
et  Comp.°,  1896.  Un  vol.  in  8°  di  pagg.  X,  658. 

II  ch.  Autore  nella  prefazione  ci  da  un'  importante  bozzetto 
della  idea  maestra,  sotto  la  quale  egli  ha  coudotto  1' opera  sua.  D. 
Corso  che  presenta  nori  e  uu  trattafo  compiuto  in  tutte  le  sue 
parti;  e  un  corso  d'economia  sociale  esposta  a  giovani  studenti  e 
ad  altri  uditori  desiderosi  d'  iniziarsi  nei  problemi  della  economia 
sociale.  E  quindi  la  forma  non  e  quale  si  suole  usare  nelle  le- 
zioni  della  cattedra,  ma  quella  piu  semplice  della  didattica,  meglio 
appropriata  alia  scuola  degli  alunni  e  degli  altri  uditori. 

Scrivere  di  economia  sociale  ed  insegnarla  non  e  briga  di  poco 
conto.  Essa  richiede  nello  scrittore  e  nel  maestro  il  corredo  di  tre 
scienze,  le  quali  sono:  diritto  naturale,  teologia  morale  e  pubblica 
economia.  Senza  il  chiaro  lume  di  queste  scienze  si  corre  pericolo 
d'  inciampare  in  gravi  errori  e  di  spacciarli  poscia  quali  verita 
inconcusse.  II  che  puo  accadere  assai  facilmente  oggidi,  quando  una 
nebbia  piu  o  meno  fitta  si  6  stesa  sopra  quistioni  della  piu  alta 
importanza.  II  pericolo  diviene  ancora  piu  grave  per  quelli  econo- 
mist!, che  sogliono  computare  gli  uoniini  a  guisa  di  altrettante  cifre, 
o  se  volete  a  guisa  di  macchine  di  tale  e  tale  forza.  Ond'6,  che  ti 
sapranno  bensi  dire  il  pro  e  il  contro  di  questo  o  quel  mezzo  in  quanto 
serve  ai  profitti;  ma  non  si  solleveranno  piu  su  di  una  spanna  a 
cotesta  loro  scienza,  affine  di  chiarirla  e  fecondarla  coi  principii 
della  filosofia  cristiana.  Eppure  se  questi  principii  si  considerassero 
e  si  tenessero  nella  debita  stima,  quanto  piu  di  lume  e  di  pregio 
non  ne  acquisterebbe  la  loro  scienza  ?  Le  Encicliche  di  Papa 
Leone  XIII,  che  spettano  piu  da  vicino  alia  materia,  servono  ora 
di  fondamento  ed  ora  d'  indirizzo  nello  svolgimento  del  tema,  e  se- 
condo  che  richieggono  le  circostanze,  vi  ha  una  dovizia  di  citazioni 
degli  scrittori  piu  celebri.  che  sparse  qua  e  la  rischiarano,  illu- 
strano  e  iufiorano  in  ogni  parte  il  libro. 

Segue  la  introduziom,  la  quale  non  perdesi  in  vane  ciance:  e 
una  vera  introduzione,  in  quanto  che,  mettendoti  dentro  alTopera  ti 


RIVISTA   DELLA   STAMPA  709 

da  tutte  quelle  nozioni,  che  quali  guide  al  fianco  ti  conducono  dal 
principio  alia  fine  dell'argomento  merce  un  definire  breve,  esatto  e 
tutto  lampeggiante  di  chiarezza.  Le  cose  contenute  nei  sette  para- 
grafT,  in  cui  e  distinta,  indarno  si  cercherebbero  presso  altri  autori. 
Notiamo  in  particolare  il  §.  IV  circa  la  necessita  di  avere  sempre 
sott'occhio  la  morale  nello  scrivere  e  molto  piu  nel  mettere  in  pra- 
tica  gl'  insegnamenti  della  economia  sociale.  Meritano  pure  speciale 
considerazione  i  paragrafi  Y  e  VI,  nei  quali  si  descrivono  i  varii 
metodi  scientifici  da  seguirsi  nelle  trattazioni  di  economia :  nel  V  si 
hanno  i  metodi  retti ;  nel  VI  i  metodi  torti.  Xel  §.  VII  si  espone 
la  partizione  di  tutta  1' opera.  Essa  e  divisa  in  due  parti.  La  prima 
comprende  due  Sezioni,  tre  la  seconda.  Ogni  sezione  e  partita  in 
capitoli,  dei  quali  dieci  appartengono  alle  due  sezioni  della  prima 
parte,  undici  alia  seconda.  Ogni  capitolo  contiene  piu  o  meno  arti- 
coli  secondoche  gli  esige  la  materia.  Le  quistioni,  che  sono  trattate 
e  discusse  nella  prima  parte  dell'opera,  si  riferiscono  alia  costitu- 
zione  dell'ordine  sociale.  Quelle  della  seconda  si  versano  intorno 
all'ordine  economico.  La  cognizione  profonda,  che  il  ch.  Autore 
mostra  di  avere  della  sua  materia,  e  Fordine  mantenuto  in  tutte 
le  ripartizioni  della  medesima  fanno  si.  che  la  chiarezza  dei  con- 
cetti e  degli  argomenti  vi  splenda  in  ogni  luogo.  Pregio  da  sti- 
marsi  non  poco,  e  raro  in  opere  eosiflatte. 

Non  consentendoci  la  brevita  di  una  rivista  di  estenderci  gran 
fatto,  toccheremo  alcune  quistioni,  che  ci  paiono  piu  importanti.  La 
prima  Sezione  della  prima  parte  ci  da  la  teorica  dell'ordine  sociale. 
In  essa  si  stabilisce  principalmente  la  teorica  cristiana,  appresso  si 
dimostrano  i  difetti  piu  o  meno  gravi  di  quelle  di  altre  scuole.  Pre- 
cipua  quistione  e  quella  del  fine  proprio  della  societa  civile.  Con 
un  argomentare  stretto  per  via  di  analisi  e  di  sintesi,  rincalzato  dalla 
filosofia  e  dalla  teologia,  si  viene  alia  conchiusione,  «  che  la  societa 
deve  essere  per  i  cittadini  un  mezzo  di  perfezionamento  fisico,  in- 
tellettuale  e  morale  e  tale  che  sia  favorevole  alia  felicita  ed  alia 
prosperita  temporale  »  (pag.  42).  Jsel  capitolo  secondo  della  stessa 
sezione,  snebbiate  prima  le  menti  dagli  equivoci  intorno  la  sua  vera 
nozione,  si  stabilisce  « 1'autorita  dello  Stato  essere  un  potere  mo- 
rale » ;  e  ci6  contro  la  scuola  liberale.  die  professa  i  principii  del- 
1'ottantanove,  secondo  la  quale  lo  Stato  e  la  forza  collettiva  degli 
individui,  che  protegge  lo  sviluppo  delle  facolta  di  ciascuno  e  che 
veglia  contro  le  usurpazioni  del  diritto  altrui.  Di  guisa  che,  stante 
i  celebrati  principii  deH'ottantanove,  il  governo  sociale  si  riduce  tutto 
ad  un  governo  della  forza,  ossia  ad  un  reggimento  di  schiavi  im- 


710  R1VISTA 

posto  e  sopportato  a  nome  della  libertii  (pag.  52).  Quali  poi  siano 
gli  obblighi  dello  Stato  o  di  cotesta  autorita  morale  non  e  difficile 
definirli  raerce  i  solidi  argomenti,  che  offre  la  Enciclica  Re  rum  no- 
rarnm.  Questi  si  assommano  a  due :  proteggere  e  favorire :  proteg- 
gere  i  diritti  dei  cittadini  e  favoreggiarne  gli  utili.  E  colta  qui  la, 
buona  occasione,  si  appuntano  le  interpretazioni  della  citata  Enci- 
clica peccanti  d'  inesattezza.  In  fine  viene  esposta  e  confutata  breve- 
mente  la  teorica  dello  Stato  data  dal  Kant,  dalla  scuola  liberale, 
dall'Hegel  e  dai  socialisti.  Procedendosi  si  tratta  dell'ordinamento- 
sociale,  del  quale  si  compie  la  trattazioue  nel  capitolo  VI.  spesa 
tutto  intero  intorno  alia  parte  che  e  dovuta  alia  Chiesa. 

Riassunto  quanto  erasi  detto  nei  capitoli  precedent!  in  brevi  ter- 
mini, il  ch.  Autore  continua :  dovendo  i  cittadiui  tendere  al  conse- 
guimento  del  loro  ultimo  fine,  che  e  la  beatitudine  eterna,  ne  con- 
segue,  che  la  societa  deve  essere  loro  un  aiuto,  onde  venga  facili- 
tata  cotale  tendenza  e  si  compia  cosi  il  desiderio  di  possedere  quel 
.sommo  bene  che  forma  la  beatitudine  eterna.  Negare  cotesta  verita 
equivarrebbe  allo  spogliamento  di  quel  dominio,  che  1'ultimo  fine 
ha  di  diritto  sopra  tutti  i  fini  particolari  a  lui  subordinate  Ora  esiste 
egli  una  societa,  la  quale  rivendica  altamente  per  se  la  missione  di  con- 
durre  all'ultimo  fine  tutte  le  creature  razionali  ?  Si :  questa  societa  e 
la  Chiesa  cattolica,  maestra  ed  altrice  dei  popoli.  Ci6  posto,  eccovi  la 
quistione  che  scaturisce  spontanea :  La  Chiesa  ha  ella  il  diritto  d'in- 
tervenire  colla  opera  sua  nell'ordine  sociale  ?  La  risposta  e  pronta : 
la  Chiesa  non  solamente  ha  il  diritto  di  esercitare  la  sua  azione 
nella  societa,  ma  per  soprappiu  essa  possiede  il  rimedio,  per  gua- 
rire  il  male  sociale  ed  apportare  la  tranquillita  e  la  pace  nel  inondo 
del  lavoro;  la  sua  potente  virtu  e  tale  da  non  potersi  sostituire  da 
verun'  altra.  Si  dimostra  :  per  mezzo  del  suo  insegnamento  tradi- 
zionale,  la  Chiesa  risana  il  mal  sociale  delle  intelligenze,  I'ateismo; 
per  mezzo  della  sua  morale  soave  e  forte  ad  un  tempo,  sublime  ed 
efficace,  guarisce  il  male  della  volmita  e  1'attraimento  delle  ree 
passioni;  per  mezzo  del  suo  esempio,  delle  sue  istituzioni  e  delle 
sue  molteplici  opere  fa  penetrare  il  suo  influsso  non  meno  iiell'or- 
dine  jriit  elevato  dei  cittadini,  che  nel  piu  infimo  del  proletariate.. 
Quanto  qui  si  afferma  tanto  si  prova  splendidamente  nei  cinque 
articoli  seguenti  coll'autorita  non  meno  di  scrittori  ecclesiastic!,  che 
di  scrittori  rinomati  del  laicato.  Se  la  Chiesa  basta  da  se  a  rifor- 
mare  colla  sua  azione  la  societa,  si  spargano  adunque  gl'insegna- 
menti  della  tilosofia  cristiana  e,  prevalendo  questi,  si  vedra  rifiorire 
la  pacificazione  sociale  in  poco  spazio  di  tempo.  Benissimo :  risponde= 


BELLA    STAMPA  711 

1'autore.  Guardatevi,  di  grazia,  attorno,  e  vedrete  1'azione  della  Chiesa 
inceppata,  piu  o  meno  apertamente  perseguitata,  e  in  uggia  in  gene- 
rale  presso  i  Governi.  Coteste  circostanze,  quanto  dilunghino  il  bene- 
fico  influsso  della  Chiesa,  niuno  lo  saprebbe.  Tanto  piu,  che  i  prin- 
cipii  della  filosofia  cristiana  6  moralmente  impossibile,  che  entrino 
in  capo  di  botto.  Inoltre  nella  Enciclica  citata:  Eerum  novarum 
leggete  pure  in  piu  luoghi:  stimarla  Chiesa,  che  le  leggi  e  Pauto- 
rita  pubblica  debbono  con  misura  e  con  saviezza  concorrere  alia 
soluzione  del  problema  sociale  coll'  opera  loro.  Dal  che  consegue 
•doversi  intanto  lavorare  dai  singoli  individui  colla  speranza  del 
giardiniere,  che  colla  paziente  aspettazione  si  cogliera  col  tempo  il 
frutto  desiderato. 

Si  apre  la  seconda  Sezione  della  prima  parte  col  titolo :  Le  Con- 
troversie.  Provata  contro  alcuni  scrittori  la  esistenza  della  quistione 
•sociale  e  descritti  i  mali  della  classe  operaia,  messi  gia  in  chiaro 
<lalla  Enciclica,  De  conditione  opificum,  vengouo  indicati  i  tre 
«lementi,  onde  esce  il  problema  sociale,  i  quali  sono :  elemento  mo- 
rale e  religwso,  elemento  economico,  elemento  politico.  Accennate 
le  cause  ed  i  rimedii,  si  fa  la  rassegna  delle  tre  scuole,  in  che  si 
dividono  gli  scrittori  su  questo  argomento :  scuola  liberate,  scuola 
soeialista,  scuola  cattolica.  La  liberate  dice :  date  piena  liberta  eco- 
nomica  e  politica  ed  il  problema  sara  sciolto :  no,  risponde  la  socia- 
lista,  il  collettivismo  solo  pud  risolverlo:  la  cattolica  invece  sog- 
giunge :  infino  a  che  non  rialzate  la  scaduta  morale,  non  rafforzate 
la  indebolita  religione  e  non  lasciate  libero  I'accesso  alia  influenza 
•della  Chiesa  su  la  popolazione,  non  isperate  alcuna  soluzione  che 
valga.  Dal  che  si  ricava,  che  il  principio  professato  dalla  scuola 
liberale  e  una  smodata  liberta  senza  niun  rattento ;  quello  della  scuola 
«ocialista  e  la  sostituzione  del  collettivismo  alia  proprieta  privata  in 
mano  dello  Stato;  quello  della  scuola  cattolica  il  libero  esercizio 
•della  sua  divina  missione,  in  pro  della  vera  civilta  fondata  su  la 
morale  e  la  religione. 

I  principii  fondamentali,  su  eui  si  appoggia  nelT  opera  sua  la 
scuola  cattolica  sono :  1°  sommissione  intera  e  filiale  alia  s.  Chiesa 
apostolica  romana ;  2°  V applications  dei  rimedii  ai  mali  della  classe 
operaia  assegnando  alia  Chiesa  ed  alia  carita  cristiana  la  parte  pKi 
importante ;  3°  unione  nel  combattere  il  liberalismo  ed  il  mostruoso 
errore  del  collettivismo;  4°  Ytiso  di  quei  mezzi,  che  servono  me- 
^lio  all'  intento  dove  che  appaiono.  D'accordo  tutta  la  scuola  su  co- 
testi  principii,  s'intromise  uno  screzio  intorno  ai  principii  pratici 
secondarii.  Indi  ella  si  e  partita  in  due  gruppi,  che  il  ch.  Autore 


712  RIVISTA 

nomina  1'uno  il  gruppo  dei  conservatori  e  1'altro  il  gruppo  dei  ri- 
formatori,  nota  i  punti,  su  i  quali  cade  11  disaccordo,  e  quelli  su 
i  quali  si  potrebbe  formolare  la  riconciliazione.  Se  la  scuola  catto 
lica  sia  stata  assalita  dai  partiti  avversarii,  chi  ne  potrebbe  dubi- 
tare?  Altri  ne  favellarono  con  disdegno;  altri  la  misero  in  discre- 
dito,  dicendo  i  suoi  principii  essere  di  origine  teutonica;  altri  la 
gridarono  di  grave  pericolo  alia  societa,  siccome  quella  che  mena 
diritto  al  socialismo,  o  per  lo  meno  lo  favoreggia.  Se  non  che,  ella 
ebbe  in  piu  occasioni  conforti,  incoraggiamenti  ed  appro vazioni  dal 
Capo  supremo  della  Chiesa.  Crediamo,  che  tutto  questo  valga  assai 
piu  che  le  grida  degli  avversarii. 

Nella  seconda  parte  col  titolo :  Ordine  economico,  si  tratta  nella 
prima  sezione  della  produzione  della  ricchezza,  nella  seconda  della 
partizione  della  medesima,  nelia  terza  della  sua  consumazione.  Af- 
fine  di  non  tirare  soverchiamente  a  lungo  la  ri vista  faremo  una 
sola  sosta,  e  questa  sopra  la  quistione  del  salario,  intorno  a  pui  si 
accesero  in  modo  particolare  gli  animi  degli  scrittori.  Di  cotesto 
argomento  si  tiatta  nei  capitoli  XYIII  e  XIX.  In  quello,  espo- 
sta  la  teorica  razionale  del  salario  (art.  1),  si  citano  alcune  teori- 
che  difettose  statuite  dalla  scuola  inglese,  dal  socialista  Lassalle,  de- 
dotte  dall'azione  produttiva  del  salario,  dall' interesse  del  capitale 
attivo  e  ad  ognuna  si  unisce  la  critica  che  si  merita  (art.  2).  I  so- 
cialisti  pongono  tutta  1'opera  loro  nel  mettere  in  abbominio  il  sa- 
lariato,  e  1'autore  dimostra  che  vi  ebbe  in  tutti  i  tempi  senza  che 
nella  pubblica  opinione  si  stimasse  una  schiavitu  ovvero  un  restic- 
ciuolo  di  essa  (art.  3).  *Indi  vengono  descritte  le  varie  forme  del 
salario  (art.  4)  e  le  sue  variazioni  (art.  5).  Nella  relazione  che  corre 
tra  il  salario  e  la  popolazione  si  confuta  il  Malthus  e  con  lui  la 
lega  malthusiana  e  si  cercano  le  cause  del  decrescimento  della  po- 
polazione (art.  6,  7).  Passiamo  al  cap.  XIX,  in  cui  si  tratta  del 
giusto  salario.  Date  alcune  nozioni  e  definizioni,  si  espongono  tre 
differenti  teoriche  intorno  al  giusto  salario,  delle  quali  la  prima 
vuole,  che  sia  quello  proveniente  dall'unione  del  capitale  e  del  la- 
voro,  sotto  forma  di  associazione ;  la  seconda  quella,  che  si  stipula 
per  via  di  contratto  senza  badare  a  null'altro;  la  terza  quella  del 
prezzo  corrente,  purch§  non  vi  s'  intrometta  la  frode,  e  la  violenza. 
Con  soda  disamina  si  mette  in  mostra  il  loro  difetto  (art  1,  2). 
Quale  poi  sia  il  giusto  salario  si  ricava  dalla  Enciclica  Rerum  no- 
varum.  II  ch.  Autore,  riferita  quella  parte,  che  spetta  alia  quistione, 
ce  ne  da  la  applicazione  con  ampio  e  lucido  commento.  Stabilisce: 
1°  il  documento  pontificio  non  esiere  la  soluzione  di  un  caso  di 


DELLA   STAMPA  713 

coseienza  particolare,  ovvero  una  semplice  espressione  di  un  de- 
siderio  del  comun  Padre  del  fedeli,  sibbene  la  trattazione  ex-pro- 
fesso  della  quistione  del  giusto  salario,  circa  il  quale  essa  da  una 
regola  generale,  e  decide  una  quistione  di  giustizia.  2°  dimostrarsi 
questo  dalla  stessa  introduzione  alia  quistione,  e  perci6  doversi  ri- 
putare,  che  nella  Enciclica  si  contiene  una  regola  di  giustizia  di 
stretto  rigore  o  di  giustizia  commutativa,  in  quanto  che  vi  e  stabilita 
la  vera  teorica  del  salario  opposta  alia  falsa  teorica,  che  si  conf uta ; 
3°  conseguirne,  che  la  teorica  del  salario  naturale  svolta  nella  Enci- 
clica differisca  sostanzialmente  dalla  legge  del  salario  naturale  degli 
economisti ;  4°  nella  Enciclica  trattarsi  la  quistione  del  salario  sotto 
il  punto  di  vista  del  diritto  naturale,  in  cui  si  prescinde  dai  casi  di 
eccezione.  Laonde  la  sua  teorica  deve  essere  formolata  in  questi  ter- 
mini recisi:  Nelle  condition!,  normali,  il  salario  non  deve  essere 
insufficiente  ai  bisogni  di  an  operaio  sobrio  e  onesto.  Segue  una 
accurata  e  ragionata  analisi  di  cotesta  formola,  a  schiarimento,  ed  in 
confermazione  dei  quattro  punti  su  qui  accennati.  Altre  ed  altre  qui- 
stioni  vengono  appresso  proposte  ed  agitate.  Non  essendoci  concesso 
di  favellare  piu  a  lungo,  conchiudiamo  dicendo  semplicemente,  che 
sotto  il  rispetto  storico,  critico,  didattico  si  cercherebbe  indarno 
un  altro  libro  somigliante  al  presente.  Un  giovane  studioso  dopo  di 
averlo  letto  avrebbe  fatto  un  tesoro  nella  sua  niente  d'idee  econo- 
miche  rette,  chiare  e  important!  a  conoscersi  e  tali  da  tenerlo  sul 
diritto  cammino  della  scienza  economica.  Tale  si  e  la  opinione,  che 
ce  ne  siamo  formata. 

Ci  sono  venute  alia  mano  due  recensioni  intorno  a  quest'opera 
del  P.  Antoine:  1'una  delle  quali  si  legge  nella  Revue  catJiolique 
des  institutions  et  du  droit  (5  dec.  1896,  n.  12  pag.  541);  1'altra 
Del  Journal  des  Economises  (1 5  Dec.  1896,  pag.  440).  La  prima, 
scortese  nella  forma  ed  acerba  nella  critica,  non  e  sempre  esatta 
nell'appuntare  il  concetto  dell'autore.  Altrimenti  la  seconda :  esposti 
i  molti  pregi,  si  da  la  lode  meritata  a  tutto  il  lavoro  e  poscia  si 
passa  alia  critica,  che  cade  sovra  il  punto  della  liberta.  Nelle 
opere  di  niolta  lena,  quale  si  e  questa,  non  6  da  meravigliare,  se 
vi  si  incontra  qualche  punto  degno  di  critica.  Basta  un  equivoco, 
la  mancanza  di  uno  schiarimento,  la  determinazione  non  perfetta 
di  un  concetto,  ovvero  un'  idea  esageratamente  esposta,  a  porgere 
il  fianco  alia  critica.  Ma  cotesti  difetti,  comuni  agli  scrittori  di  va- 
glia,  non  detraggono  alia  bonta  delle  opere  loro. 


1 4  RIVISTA 


II. 


EMMA  FOA.  -  -  Le\ioni  di  storm  letteraria  per  tiso  delle  scuole  nor- 
mali.  Parma,  Ferrari  e  Pellegrini,  1896,  16°  di  pp.  210. 

«  Sarebbe  bello  il  vedere  quanto  bene  possa  fare  la  donna  buona 
e  colta,  che,  col  fascino  della  parola  calda  ed  elegante,  fa  apparire 
lieve  il  sacrifizio.  santo  il  dovere,    splendida   la  virtu,   sa  additare' 
una  fede  che  risponda  ad  ogni  dubbio,  un  conforto  che  asciughi  ogni 
lagrima,  una  speranza  che  ci  renda  forti  in  ogni  lotta »   (p.  208). 

Parole  d'oro.  Peccato  che,  nella  principale  lor  parte,  non  si  pos- 
sano  applicare  alia  signorina  che  le  ha  scritte ;  perche  ella  sventu- 
ratamente  non  pud  additare  altra  fede  che  quella  nel  Messia  che  di 
la  ha  da  venire,  la  quale  certamente  -non  risponde  ad  ogni  dubbio  ; 
ne  altra  speranxa,  che  quella  di  passar  dopo  raorte  nel  seno  d'Abramo, 
la  quale  non  sappiamo  se  ora  basti  a  renderci  forti  in  ogni  lotta. 
Per  conseguenza,  ancorche  vogliamo  supporre  questa  signorina  buona 
e  colta,  e  creder  piena  di  fascino  la,  sua  parola  calda  ed  elegante  ; 
non  riputiamo  che  ella  ci  potra  mai  far  apparire  lieve  il  sacri- 
fi\io,  santo  il  dovere,  splendida  la  virtu,  posto  che  saerifixio,  do- 
vere  e  virtu,  quando  non  hanno  nella  vera  religione  solida  base  su 
cui  fondarsi,  si  riducono  in  pratica  per  ordinario  a  parole  fredde  e 
sterili,  come  la  carta  su  cui  sono  stampate. 

Piuttosto  noi  la  invitiamo  a  riflettere  se  a  lei  per  avventura  non 
si  confacciano  raeglio  queste  altre  sue  non  meno  savie  parole.  «  Ma 
la  vanita  puerile  degli  applausi,  la  facile  condiscendenza  degli  ammi- 
ratori,  1'insufficienza  di  studii  serii  o  che  altro,  fanno  spesso  della 
scrittrice  un  povero  essere  spostato  nella  famiglia  e  nella  societa... 
inciampa  e  si  smarrisce  fra  le  vuote  sentimentalita  e  le  volgarita 
sfrenate  d'un'arte  decaduta,  che  si  pasce  d'una  cattiva  imitazione  e 
muore  presto,  per  fortuna  »  (p.  209). 

Certo  e  che  la  ranita  puerile  degli  applausi  ci  sembra  far  capo- 
lino  in  quell'atteggiarsi  che  ella  fa,  quasi  ad  ogni  pagina  del  suo 
libro,  a  liberalessa  di  tre  cotte,  fino  a  detestare  « la  lunga  oppres- 
sione  che  ci  aveva  troppo  abituati  all'inazione  od  alia  servilita  »  (p.  209), 
senza  riflettere  che  gli  uomini  piu  graudi  della  nostra  letteratui-a  sono 


DELL  A   STAMPA  715 

proprio  fioriti  sotto  quella  lunga  oppressions  i ;  fino  a  chiamare  il 
Mazzini  «  aniina  santa  che  amo  la  patria  con  cuore  d'artista  e  1'arte 
con  cuore  di  patriotta  »  (p.  7),  senza  badare  che  di  questa  razza  di 
santi  non  ne  novera  alcuno,  che  noi  sappiamo,  nemmeno  il  calen- 
dario  della  Sinagoga.  Ma  forse  qui  la  scrittrice  inciampa  e  si  smar- 
risce  proprio  in  una  di  quelle  vuote  sentimentaltta,  che  ha  biasi- 
mate  piu  sopra,  per  noi,  perdonabili  a  donna,  purche  non  si  atteggi 
a  maestra. 

Quanto  poi  alia  nou  meno  da  lei  biasimata  imufficienza  di  studii 
serii,  la  vediamo  trasudare  dai  pori  di  non  poche  pagine  del  suo 
volumetto  infiorate  d'errori  e  di  giudizii  storti ;  confessiamo  pero  che 
«ssa  non  ha  poi  fatto  di  lei  un  povero  essere  spostato,  ma  anzi  una 
dottoressa  da  cattedra,  ne  le  ha  impedito  di  farsi  chianiare  dalle  sue 
discepole  (cosi  ci  dicono)  la  Professors. 

Or  tra  i  giudizii  storti,  indegni  di  una  professore  o  professora 
o  professoressa  che  dir  si  voglia  (chd  dei  tre  nomi  non  si  sa  qual 
suoni  peggio),  annoverianio  per  prinio  quello  che  mira  ad  attenuare 
il  rimprovero  solito  a  farsi  al  Boccaccio  e  al  suo  Decamerone  «  che  t'u 
dichiarato  opera  immorale  e  corruttrice,  macchia  anzi  che  gloria 
della  letteratura  nostra  » .  II  dir  ch'ella  fa  che  «  quella  franchezza 
d'espressione  non  e  cinismo,  ma  serena  bonarieta » ;  che  « della 
oscenita  il  Boccaccio  non  si  compiace,  ne  se  ne  ammanta  o  1'acca- 
rezza,  ma  Faccenna  e  passa  sorridendo  » :  che  «  quell'opera  e  assai 
meno  corruttrice  di  tante  altre,  ove  il  vizio,  artifiziosamente  velato, 
appare  passioue  nobile  »  (p.  63) ;  tutte  qaeste  scuse,  in  parte  false 
e  in  parte  frivole,  le  quali,  se  alcuna  cosa  valessero,  varrebbero 
ancora  ad  attenuare  la  reita  dell'oscenissimo  Casti,  via,  non  suonano 
troppo  bene  in  bocca  ad  una  signorina  maestra,  quantunque  dette 
con  intenzione  rettissima.  «  La  verity  e  la  vivezza  in  certa  niateria, 
osserva  qui  giustamente  il  Gusmini,  lungi  dall'indurre  orrore  e  schil'o 
(come  afferma  la  Foa),  troppo  facilmente  attrae  e  seduce  2.  » 

Ne  miglior  suono  rendono  le  espressioni  che  ella  usa,  parlandu 
della  Riforma.  Dopo  detto  che  in  Italia  « svaniva  ogni  ideale  di 
religione  e  di  patria »  (due  strafalcioni  in  un  colpo).  grave niente 
sentenzia  dalla  sua  cattedra :  «  Non  cosi  le  altre  nazioni  che,  piu 

1  «  Si  vorra  negare  che  le  riputazioni  piu  incon tractate  e  piu  larghe 
aieno  anche  oggi  di  nomini  che  avevano  compiuto  la  loro  educazione  prima 
del  1870  V  »  Nuora  Antolofjia,  16  Febbraio  1837,  p.  595.  Xazionalita  e  arte, 
D.  GNOLI. 

*  Sommario  storico  della  letteratunt  italiana.  Pag.  64.  Seconda  edizione. 
Bergamo,  1895,  16°  di  pp.  328,  Lire  2,50. 


716  RIVISTA 

sincerameute  e  ferventemente  religiose  (davvero?)  trovano  niotivo 
di  studio  e  di  lotta  nella  riforma  della  Chiesa  e  nella  discussione 
dei  dognii...  proclaraato  il  principio  del  libero  esame,  combattono 
per  la  liberta  religiosa,  procedendo  insieme  aH'acquisto  d'altre  liberta 
civili  e  politiche  »  (p.  82).  Nella  qual  lode  del  libero  esame  e  della 
liberta  religiosa  e  un'eresia  bella  e  buona ;  e  in  quell'attribuirla  alle 
altre  nazioni,  come  se  tutte  abbracciassero  la  Riforma,  mentro  in- 
vece  la  Francia,  la  Spagna,  il  Portogallo,  F Austria,  1'Ungheria,  la 
Polonia,  e  per  qualche  tempo  anche  1'Inghilterra,  si  mantennero 
nella  fede  cattolica,  e  un  granchio  storico  da  pigliarsi  colla  fiocina. 
Dell'eresia  nou  e  obbligata  a  render  conto  la  figlia  d'Abramo,  ma 
da  quel  granciporro  come  scusare  la  dottoressa? 

Intanto  pero  ella  si  fa  sempre  piu  ardita,  e  ingrossando  la  voce 
e  della  sua  cattedra  faceudo  tribunale,  si  chiama  innanzi  Papa 
Leone  X,  e  lo  condanna  come  « incurante  della  Chiesa,  cattivo 
principe  e  cattivo  papa  (gindicato  da  un'ebrea !)  che  sfrutta  nell'in- 
teresse  proprio  1'avvilita  cattedra  di  S.  Pietro  »  (p.  85).  Qual  pena 
gli  darn  dunque  ?  «  Questo  vanto  (di  dar  il  name  al  suo  secolo)  gli 
rifiutiamo  con  giusta  severita  »  (ivi).  Dunque  siamo  intesi :  per  or- 
dine  della  signorina  Emma  Foa,  sia  cancellata  subito  da  tutti  i  libri 
la  frase,  il  secolo  di  Leone  X.  E  il  povero  Papa  pud  ben  ringra- 
ziare  questa  novella  Giuditta,  che,  contenta  di  strappargli  di  fronte 
la  corona  d'alloro,  non  gli  ha  strappato  anche  il  triregno,  o  moz- 
zata  a  dirittura,  come  ad  Oloferne,  la  testa. 

Ma  se  qui  c'e  da  ridere,  muore  ogni  riso  sul  labbro  dinanzi  al 
giudizio  ch'ella  da  dell'Alfieri  e  del  suo  tardivo  dedicarsi  tutto  allo 
studio.  «  In  questa  redenzione  lo  aiutft  1'amore  vivissimo  per  la  con- 
tessa  d'Albany,  giacche,  come  disse  nella  Vita,  piu  che  mai  egli  si 
sentiva  atto  a  fere,  quando,  avendo  un  oggetto  caro  ed  amato,  gli 
pareva  di  poter  triJbutare  a  quello  anche  i  frutti  dell'ingegno  »  (p.  149). 
Ma  ignora  ella  forse,  la  dottoressa,  di  qual  genere  fosse  quell'awwp* 
vivissimo,  foraentato  da  convivenza  perpetua,  e  quanto  diverse  da 
quello  di  Dante  per  Bice  o  di  Petrarca  per  Laura?  Ovvero  ha  ella, 
dimenticato  il  sesto  comandamento  del  decalogo,  che  pur  s'insegna 
in  tutte  le  sinagoghe  ?  E  dunque  cosa  prudente  il  lodare,  sia  pure 
indirettamente,  una  tal  relazione,  commendandone  i  frutti,  e  lodarla 
dinanzi  ad  un'accolta  di  donzelle  nel  rigoglio  della  vita  ?  Questo  6 
un  invogliarle  a  dire  tra  se :  Oh  trovassi  anch'io  un  Alfieri,  del 
quale  potessi  essere  1' Albany  !  Via,  conveniamone,  anche  qui  la  ret- 
titudine  d'intenzione  nella  maestra  non  e  stata  accompagnata  dalla 
prudenza  della  educatrice. 


DELLA   STAMPA  717 

Quanto  poi  a'  giudizii  strettamente  letterarii,  non  finirebbe  si 
presto  chi  volesse  raccogliere  tutti  quelli  da  cui  traspira  la  deplorata 
insufficienza,  di  studii  serii.  Pigliamone  un  saggio. 

Parlando  dell'  influenza  esercitata  sul  secentismo  dall'  insegna- 
mento  del  Gesuiti,  ella  comincia  con  certe  espressioni,  che  ci  hanno 
richiamato  alia  memoria  quei  due  versi  del  Tasso  intorno  ad  Alete : 

Gran  fabbro  di  calunnie,  adorne  in  modi 
Novi,  che  sono  accuse  e  paion  lodi. 

Ella  dunque  li  chiama  «  studiosissimi  (tante  grazief^olti  (tropjjo 
onore),  astuti  (bonta  sua),  aggraziati  (anche  questo  ?)  » ,  indi  cosi 
prosegue.  «  E  un  fatto  ch'essi  assoggettarono  il  ragionamento  alia 
fantasia  (fantasia  della  signorina),  che  impartirono  un  insegna- 
mento  autoritario  e  assolutista  (come  autoritaria  ed  assoluta  e  la 
ragione),  che  portarono  all'eccesso  il  culto  della  forma  (doe  la  por- 
tarono  verso  I'altezza  dei  classici  latini  e  gred);  £  un  fatto  ancora 
che  nelle  mani  dei  Gesuiti,  il  secentismo  divenne  mezzo  piu  che 
fine  educativo  (logogrifo  da  pitonessa),  arte  d'indebolire  (?),  d'insi- 
nuarsi  (?),  d'  imporsi  (?);  e  vero  che  essi  esercitarono  su  di  noi 
una  perniciosa  influenza  (oh!),  allargando  e  sanzionando  insieme 
la  gonfiezza  ipocrita  del  pensiero  e  della  forma  (oh!  oh!);  ma  da 
questo  al  farli  ispiratori  e  maestri  del  secentismo  e  autori  di  tutti  i 
mali  che  ci  afflissero,  la  via  e  ancora  lunga  (respiriamo!)  »  (p.  118). 
Percio  ella  non  fa  sua  quella  proposizione  del  Settembrini,  il  quale, 
definendo  il  secentismo  «  il  gesuitismo  nell'arte » ,  si  credette  di 
pronunziare  un  oracolo,  e  disse  una  solenne  corbelleria.  Da  questa 
si  guarda  la  signorina,  e  convien  tenergliene  conto. 

Ma  quando  poi  discende  ai  particolari  scrittori  di  quell'epoca, 
ne  sballa  di  grosse,  che  non  hanno  ne  babbo  ne  mamma.  Del  Pal- 
lavicino  dice  che  «  falsa  la  storia  del  Concilio  di  Trento  » ,  mentre 
invece  quasi  ad  ogni  pagina  ei  convince  di  falsario  Fra  Paolo  Sarpi, 
da  lei  poco  meno  che  incielato,  fino  a  chiamare  la  sua  bugiarda 
storia  «  il  lavoro  piu  serio  di  tutto  il  secolo  »  (p.  127).  E  con  cio 
mostra  d'entrare  anch'ella  nel  numero  di  coloro,  di  cui  dice  che 
fanno  «  critiche  arrischiate...  tributando  ingiuste  lodi  ad  opere  me- 
schine  e  sprezzandone  altre  degne  d'un  esame  ben  piu  profondo  e 
coscenzioso  »  (p.  209). 

Del  Bartoli,  da  lei  goffamente  chiamato  «  il  Marini  della  prosa  » , 
afferma  che  «  viaggio  molto  (colla  penna  si,  ma  colle  gambe,  cam- 
biato  che  ebbe,  e  fit  ben  presto,  I'uffizio  di  predicatore  in  quel  di 


718  RIVISTA 

scrittare,  non  si  tnosse  quasi  mai  da  Itoma)  e  conobbe  nuovi  paesi 
ed  uomini  nuovi,  senza  ritrarne  altro  che  una  erudizioue  fredda, 
minuta,  scolorita,  ch'egli  voile  metter  fuori  ad  ogni  costo,  perche 
sapeva  di  poter  dire  tutto  bene  »  (p.  128).  Donde  si  vede  che  la 
dottoressa  avra  forse  avuto  in  mano  qualcuna  delle  opere  minori 
del  Bartoli,  ma  non  ha  mai  veduto  i  cartoni  delle  sue  stone,  che 
gli  fecero  meritare  dal  Giordani  il  titolo  di  <;  stupendo  e  terribile 
Bartoli,  che  sopra  gli  altri  com'aquila  vola  ». 

II  Segneri  poi  e  da  lei  trattato  anche  peggio  :  nia  noi,  senza 
qui  indugiarci,  la  invitiamo  a  leggere  i  giudizii  dati  su  questo 
grande  orat<SF8  dai  principal!  letterati  antichi  e  moderni,  di  ben 
altro  polso  che  il  suo  non  e  l.  Legga  anzi  a  dirittura  le  prediche 
stesse  del  Segneri,  che  censura,  probabilmente,  senza  averle  mai 
vedute:  legga  soprattutto  ed  impari  a  memoria  la  XX  intorno  alia 
divinita  di  Gesu  Cristo:  creda  pure  che  le  fara  del  bene,  se  non 
altro  perche  in  quella  predica  ella  e  i  suoi  fratelli  di  reb'gione 
videbmit  in  quern  trans -fixer •unt  (Zac.  12.  10). 

Toccando  del  nostro  secolo,  ella  si  rallegra  che  «  gli  studii  let- 
terarii  e  filologici  siano  usciti  dalla  grettezza  opprimente  del  Cesari 
e  del  Bresciani  »  (p.  206):  ma  qui  sa  ella  proprio  quello  che  dice  ? 
(rretto  il  Bresciani?  Lo  chiami  lussureggiante  di  parole  e  di  frasi, 
e  noi  di  buon  grado  ne  converremo ;  ma  dirlo  gretto  e  cosa  da  far 
ridere  le  telliue.  Che  se  poi  per  grettezxa  opprimente  ella  intende 
la  cura  severa  della  purita  della  lingua,  oh !  ne  .avesse  ella  un  poco 
di  tal  grettex-xa ;  oh !  avesse  un  po'  meglio  studiato  negli  scritti  di 
que'  due  valorosi,  che  allora  uon  ci  opprimerebbe  ne'  suoi  con  voci 
impure  od  improprie,  e  con  costrutti  francesi,  come  il  seguente  che 
piu  volte  ricorre  fin  dalla  prirna  lezione :  «  E  dei  nostri  quadri  e 
delle  uostre  statue,  che  i  loro  musei  si  arricchiscouo  »  (p.  6):  «  e 
duuque  per  un  dovere  verso  la  patria  nostra  e  verso  noi  stessi,  e 
per  un  bisogno  del  nostro  cuore  e  della  nostra  coscienza,  che  noi 
dobbiamo  studiare  la  vita  artistica  d'  Italia  »  (p.  7),  ed  altre  simili 
perle,  uon  pescate  nell'Arno,  ma  nella  Senna. 

Ed  ora  dalle  partioolari  osservazioni  salendo  alle  generali,  che 
deve  egli  giudicarsi  di  queste  «  Lezioni  »  ?  Ecco.  Quanto  al  con- 
tenuto,  esse  sono  un  distillato  delle  simili  Lezioni  di  Adolfo  Bartoli, 
del  Settembrini,  del  De  Sauctis,  del  Carducci  e  d'altri  contempo- 
rauei.  de'  quali  sono  noti  i  pregi  e  soprattutto  i  difetti,  da  noi  me- 
desirni  notati  piu  volte  2.  Quanto  alia  forma  da  lei  usata,  ora  e  troppo 

4  Vedi  il  nostro  articolo  sul  Centenario  del  Segneri   (3  Nov.  1894). 
~  Vedi,  p.  e.,  il  nostro  articolo  Religione  e  morale  nelle  opere  letterarie 
di  A.  Bartoli  (6  Ottobre  1894),  nel  quale  sono  censurati  certi  passi  di  questo 


DELLA   STAMP  A.  719 

concettosa,  sintetica  ed  elevata,  ed  ora  ha  precisamente  i  difetti 
ch'ella  rimprovera  al  Segneri,  quando  lo  chiama  «  sovranamente 
ornato,  ampolloso,  parolaio  »  e  poi  soggiunge :  «  cerc.hiamo  sotto  le 
frasche  rettoriehe  e  troveremo  solo  il  desiderio  di  sfoggiare  erudi- 
zione,  la  smania  d' impressionare  gli  uditori  e  di  meravigliarli  » 
(p.  127).  Questo,  proprio  questo  abbiam  noi  trovato  sotto  le  frasche 
rettoriehe  e  lo  stile  ornato,  ampolloso,  tutt'altro  che  didascalico. 
di  queste  Lezioni,  fatte  a  sgonfii  come  le  maniche  delle  signore. 
Questa  maniera  crediamo  bene  che  di  tanto  in  tanto  possa  impres- 
sionar  le  uditrici  e  meravigliarle,  ma  non  istruirle  a  dovere,  non 
disciplinarne  la  mente. 

Quando  noi  leggiamo,  per  esempio,  il  sopra  citato  «  Somniario 
storico  della  Letteratura  Italiana  »  del  professor  Gusmini.  cosi  pieno, 
cosi  ordinato,  cosi  retto  e  chiaro  e  strettamente  didattico,  noi  com- 
prendiamo  come  i  discepoli  e  le  discepole  possano  facilmente  im- 
possessarsene,  e  sovr'esso  apparecchiarsi  a  sostenere  con  lode  qual- 
sivoglia  esame.  Ma  con  queste  Lezioni  in  varie  parti  piene  di  vento 
o  di  nuvole,  con  queste  Lezioni  molto  gTavose  al  borsellino  delle 
scolare  (tre  brave  lire  per  poco  piu  di  dugento  paginette)  e  molto 
piu  gravose  alia  lor  testolina,  che  non  e  poi  quella  di  Salomone, 
se  quelle  povere  figliuole  nella  prova  finale  dovensero  incespicare, 
a  tirar  contro  loro  la  prirna  pietra,  potra  essere  proprio  la  maestra  ? 

E  ci  ha  recato  molto  piacere  il  yeder  concordare  col  nostro 
awiso  un  savio  padre  di  famiglia,  che  in  una  sua  lettera  pubhjicata 
il  13  gennaio  di  quest'anno  nell'/te/m  Centrale  di  Reggio-Emilia, 
esponeva,  fra  le  altre,  queste  riflessioni.  «  Si  nota  nell'insegnamento 
di  quasi  tutte  (le  Maestre  di  quella  Scnola  Normale)  una  eccessiva, 
vorrei  direi  esagerata,  tendenza  verso  il  difficile  ed  il  sublime:  si 
trascurano  le  cose  cornuni  per  le  lontane,  e  delle  scienze  mi  paiono 
predilette  le  conseguenze  remote  a  preferenza  de'  principii  prossimi. 
Quelle  ragazze  per  la  maggior  parte  dovranno  dedicarsi  all'  inse- 
gnamento  di  fanciulli  ignari  di  tutto,  e  dovranno  ad  essi  spiegare 
le  piu  umili  cose,  che  cadono  direttamente  sotto  i  sensi :  a  che 
dunque  riempir  loro  la  rnente  di  teorie  nebulose...  che  a  nulla  gio- 
vano  e  a  nulla  gioveranno?  »  Cosi  egli,  ed  ottimamente. 

E  di  teorie  nebulose  in  queste  Lezioni  ve  n'  ha  parecchie  :  ed 
anche  le  cose  chiare  non  di  rado  sono  esposte  in  uno  stile  gran- 
diloquo,  owero,  come  la  scrittrice  disse  del  Segneri  (mille  volte  di 
lei  piu  piano),  sovranamente  ornato  ed  ampolloso,  il  quale.  piut- 

autore,  ora  da   noi   riscontrati,   quanto   alia   sostanza,   anche  nella  nostra 
scrittrice. 


720  RIVISTA    DELLA    STAMPA 

tosto  che  una  maestra  in  iscuola,  ti  fa  vedere  una  Giunone  in  trono, 
collo  scettro  in  mano  e  il  pavone  ai  piedi.  Ecco,  per  esempio, 
com'ella  chiude  la  30a  Lezione. 

«  Ma  non  c'  irapaurisca  questa  apparente  decadenza,  che  in  Italia 
e  ben  alto  ancora  il  senso  morale,  il  gusto  del  bello,  il  genio  osser- 
vatore  e  creatore:  la  lunga  oppressione  ci  aveva  troppo  abituati 
all'inazione  ed  alia  servilita  (sic);  ora  1'ingegno  riprendera  i  suoi 
diritti  e  s'elevera  poderoso  a  nuovi  e  vasti  orizzonti.  Splende  ancora 
sul  nostro  capo  il  fulgido  sole  che  vide  le  glorie  antiche ;  la  terra 
ride  di  Made  e  di  viti ;  1'aria  ci  porta  i  caldi  effluvii  degli  aranci 
e  1'aspro  sentore  dei  pini ;  mille  armi  vegliano  ai  nostri  confini, 
niille  navi  solcano  i  nostri  mari ;  la  bahdiera  tricolore  sventola  da 
ogni  torre  a  ricordare  che  1'  Italia,  una  ed  intangibile,  fa  da  se, 
non  ultima  fra  le  potenze  europee ;  il  passato  ci  sprona,  1'avvenire 
ci  chiama  a  nuove  lotte  e  a  nuove  vittorie  nell'arte,  nella  scienza, 
nella  civilta.  A  consolarci  nel  dolore,  a  ristorarci  nella  lotta,  ad 
illuminarci  nel  dubbio,  a  celebrare  i  trionfi  dell'ingegno  e  del  braccio, 
1'arte  s'eleva  infinita  ed  immortale,  stende  le  ali  raggianti  che  la 
portano  su  fino  al  cielo,  e  lascia  sul  suo  passaggio  un  folgorio  di 
scintille,  un'onda  di  fiori,  un'armonia  soavissima  di  note  e  di  can- 
zoni  »  (p.  209). 

Altro  che  il  Segneri,  e  il  suo  stile  sovranamente  ornato,  ampol- 
loso,  parolaio!  Qui  non  mancano  altro  che  i  mortaletti,  i  quali 
accompagnino  coi  loro  spari  questo  pallone  volante  tra  un  folgorio 
di  scintille,  un'onda  di  fiori,  un'armonia  soavissima  di  note  e  di 
canzotii. 

Non  pud  negarsi  perft  che  la  sua  smania  d  imprestionar  gli 
uditori  e  meravigliarli,  con  questa  sparata,  deve  avere  ottenuto  molto 
bene  il  suo  intento.  E  a  noi  par  di  vedere  quelle  pispolette  delle  sue 
discepole,  finita  appena  la  lezione,  saltar  fuori  dai  banchi,  far  ca- 
paunelli  qua  e  la,  e  con  fervido  cinguettlo  dirsi  tra  loro:  Avete 
inteso  eh  ?  -  -  Oh  bello !  -  -  Oh  sublime !  -  -  Che  cosa  ?  —  Ln 
folgorio  di  scintille,  un'onda  di  fiori,  un'armonia  soavissima  di 
note  e  di  canzoni.  E  qui  un  balletto  fra  loro,  frutto  principale  della 
lezione. 

Noi  invece,  dopo  essere  stati  lunga  pezza  contemplando  a  bocca 
aperta  lo  spettacolo  dell'ardita  volatrice,  riavuti  appena  dall'estasi, 
preghiamo  di  gran  cuore  Elia  che  voglia  prestarle  il  suo  carro  di 
fiioco,  per  farla  salire  sempre  piu  su  nelle  nuvole,  tra  un  folgorio 
di  scintille,  eccetera,  eccetera ;  a  patto  per6  che  se  la  tenga  poi 
sempre  seco,  e  non  la  lasci  tornar  giu  sulla  cattedra,  se  non  quando 
egli  stesso  verra  di  nuovo  tra  noi,  alia  fine  del  mondo. 


ARCHEOLOGIA 


58.  Un  graffito  eucaristico  in  un  tempio  pagano.  —  59.  II  calice  del  vino 
consacrato  nell'arte  antica.  —  60.  Le  rappresentazioni  dei  pani  eucari- 
stici.  —  61.  L'eta  del  graffito.  —  62.  II  Sole  di  S.  Tommaso  d'Aquino  ori- 
ginariamente  un  simbolo  eucaristico?  —  63.  Nuove  ricerche  e  nuove 
scoperte. 

58.    Un  graffito  eucaristico  in  un  tempio  pagano. 


Nel  gennaio  del  1894  lo  scrivente  *  ebbe  la  fortuna  di  scoprire  un 
antichissimo  graffito  con  rappresentazioni  eucaristiche  in  una  parete 
del  tempio  di  Roma  detto  volgarmente  di  Yesta.  L'illustre  Gio.  Batt. 

1  R.  P.  Hartmann  Griaar  S.  I.,  autore  della  presente  serie  di  Note  archeo- 
logiche. 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  lit 2.  46 


12  marzo  1897 


722  ARCHEOLOQIA 

de  Rossi,  a  cui  ne  diede  comunicazione  il  13  marzo  1894,    ne    rico- 

nobbe  anch'egli  subito  il  significato  eucaristico  e  stimd   1'oggetto  di 

sommo  pregio  per  la  storia  della  liturgia  e  degli  antichi  costumi  cri- 

stiani. 

Siccome  finora  dell'  importante  soggetto  si  6  parlato  solamente  alia 
sfuggita  nella  Conft/ren&a  di  arclwologia  cristiana  tenuta  a  Roma  1'8 
aprile  1894  *,  sara  cosa  utile  pubblicarne  nelle  presenti  note  archeo- 
logiche  una  descrizione  pift  accurata,  accompagnandola  da  un  dise- 
gno  (p.  721)  e  fame  il  commento  illustrative  coll'aiuto  di  altri  mo- 
numenti. 

II  tempio,  che  ha  conservato  il  nostro  graffito,  e  posto  dirimpetto 
alia  chiesa  di  S.  Maria  in  Cosmedin  (Bocca  della  veritd),  e  fra  le  tante 
appellazioni,  che  gli  sono  state  attribuite  dagli  archeologi,  la  piti  fon- 
data  o  almeno  la  piil  comunemente  ammessa  al  presente  e  quella  di 
tempio  di  Mater  matuta.  In  un'epoca  a  noi  ignota,  probabilmente  prima 
del  mille,  fu  cambiato  in  una  chiesa  di  Santo  Stefano.  Posteriormente, 
cioe  cominciando  dal  1500  incirca,  si  chiamo  Santa  Maria  del  Sole,  ma 
1'iscrizione  di  Sisto  IV,  che  si  trova  sul  pavimento  dell' interne,  lo 
denomina  ancora  di  Santo  Stefano.  Essa  dice :  Sixtus  IIII  aedem  hanc 
beati  Stephani  protomartyris  diu  incultam  et  neglectam  instauravit  anno 
jubilaei  (1475). 

La  cella  dell'elegante  tempietto  rotondo  e  originariamente  coperta 
di  fuori  da  alti  lastroni  di  marmo  ed  e  circondata  tutto  all'  intorno 
da  un  portichetto  parimente  rotondo.  Appunto  sotto  il  portichetto  e  sugli 
indicati  lastroni  si  trova  il  graffito,  di  che  trattiamo.  Questi  lastroni, 
nel  medio  evo,  quando  dell'edificio  si  era  gia  fatta  una  chiesuola,  sono 
stati  coperti  con  uno  strato  di  calce  per  venire  decora ti  di  pitture, 
e,  per  attaccare  meglio  lo  strato  della  calce,  si  sono  tirate  nel  marmo 
in  molti  luoghi  linee  o  solchi  senza  forma  e  sistema,  deturpando  le 
magnifiche  pietre  in  maniera  affatto  barbarica.  M'interesso  nel  1890 
il  sentirmi  assicurare  dal  custode  d'allora  del  tempio,  che  quelle  ri- 
ghe  o  strisce  erano  state  con  tanta  diligenza  fatte  dai  barbari  ger- 
manici,  Goti  o  Vandali  o  Longobardi  che  siano,  per  sola  voglia  di  di- 
struzione,  vedendo  essi  di  mal  occhio  che  i  Romani  avessero  edifizii, 
cosi  belli  ed  intatti.  Tolto  nei  nostri  tempi  lo  strato  della  calce  ap- 
parvero,  presso  i  marmi  lesi  dai  solchi,  altri  marmi  interi.  Ora  ap- 
punto  sopra  uno  di  questi,  che  sta  nella  parte  postica  del  tempio, 
ho  trovato  il  graffito.  Non  e  difficile  lo  spiegare,  come  il  graffito  fino 
ai  tempi  nostri  non  sia  stato  osservato. 

Graffiti  dei  primi  secoli  cristiani  sugli  edificii  del  culto  pagano, 
non  sono  del  resto  a  Roma  cosa  del  tutto  nuova  ed  insolita.  Per 

'  Eullettino  di  arch,  crist.  1894,  p.  123. 


ARCHEOLOGIA  723 

accennare  all'ultima  scoperta  di  questo  genere,  nel  1881  il  sig.  La- 
cour-Gayet  dell'ecole  franpaise  di  Eoma  osservo  alcuni  graffiti  cri- 
stiani  nelle  colonne  del  portico  del  grandiose  tempio  di  Antonino  e 
Faustina  (S.  Lorenzo  in  Miranda)  al  foro  romano  e  ne  diede  una 
descrizione  in  un  articolo,  nel  quale  per  altro  tratta  di  proposito 
solo  dei  graffiti  di  oggetti  e  scene  pagane  sulle  stesse  colonne  (Me- 
langes d'archeologie  e  d'histoire  t.  1,  1881,  p.  226  ss.).  I  segni  cri- 
stiani  del  tempio  di  Antonino  consistono  in  due  monogrammi  di 
Cristo  coll'alfa  ed  omega,  1'uno  dei  quali  e  in  un  cerchio,  e  poi,  se- 
condo  1'autore,  in  una  croce  quadrata  o  greca  similmente  in  un  cer- 
chio. Siccome  il  sig.  Lacour-Gayet  non  ne  ha  dato  un  disegno,  pub- 
blichiamo  i  monogrammi  in  questo  luogo,  stimando  che  i  primi  segni 
del  cristianesimo,  che  si  sono  traforati  in  mezzo  alle  stupende  memorie 
del  paganesimo  al  foro  romano,  meritano  di  essere  segnalati. 


P 


X 


La  grandezza  dei  monogrammi  e  di  5  e  8  centimetri.  Essi  stanno 
sulla  base  della  quarta  colonna  movendo  da  sinistra.  Rileviamo  collo 
scopritore  la  posizione  straordinaria  dell'alfa  a  destra  e  dell'omega  a 
sinistra  del  monogramma  costantiniano,  la  quale  posizione  pero  non 
e  senza  altri  esempii,  specialmente  nell'Oriente.  Quanto  alia  croce 
greca  menzionata  dal  Lacour-Gayet,  non  abbiamo  potuto  riscontrarla,  e 
certo  sari  bene  osservare  che  anch'egli  ne  parla  solo  a  maniera  d'i- 
potesi.  A  ragione  egli  fissa  per  1'origine  dei  monogrammi  il  tempo 
dalla  meta  del  secolo  quarto  fino  al  principio  del  secolo  quinto. 

Quando  verso  la  fine  del  quarto  secolo  i  templi  pagani  di  Roma 
si  chiusero,  e  stettero  poi  cosi  per  andar  incontro  alia  rovina,  o  per 
venir  piu  tardi  trasmutati  in  chiese  od  in  altri  edifizii,  allora,  in  quel 
frattempo,  e  piu  che  in  ogni  altra  eta,  i  fedeli  cristiani  potevano  sen- 
tirsi  spinti  dalla  divozione  e  dal  fervore  a  disegnare  i  graffiti  del  loro 
culto  sui  marmi  degli  edifizii  una  volta  abitazione  degli  idoli. 

Si  sa  quanto  volentieri  i  cristiani  adoperavano  la  croce  e  gli  altri 
segni  della  religione,  sia  per  espurgare  i  monumenti  pagani,  sia  per 
celebrarvi  il  trionfo  riportato  su  essi  dalla  fede.  L'imperatore  Tec- 
dosio  giuniore  rescrissenel  426  al  prefetto  del  pretorio  dell'Illirico, 
prescrivendo  di  santificare  i  templi :  conlocatione  venerandae  christia- 


724  ARCHEOLOGIA 

nae  religionis  signi  expiari  praecipimus  l.  Cosi  parlava  1'autorita  pub- 
blica.  Ma  quei  graffiti  sui  templi,  colle  loro  forme  rozze  e  senza 
nessuna  arte,  come  quei  del  tempio  di  Antonino  e  del  tempio  di 
Mater  Matuta,  furono  certo  fatti  solo  per  autorita  privata,  anzi  foree 
di  nascosto  e  quasi  a  dispetto  dei  fastosi  avanzi  del  paganesimo. 

Le  figure  del  graffito,  che  chiaraiamo  eucaristico,  sul  tempietto  di 
Mater  Matuta  (p.  721),  sono  eseguite  non  regolarmente  collo  scalpello 
e  da  mano  di  artista,  ma  da  uomo  assai  inesperto  nel  disegno  e 
nell'arte,  e  piuttosto  con  qualche  ferro  avuto  casualmente  alia  mano 
che  per  mezzo  d'un  buon  istrumento.  Si  vede  perd  chiaramente  il 
calix  nella  forma  che  ebbe  nei  tempi  classici,  cio&,  con  lunghe 
anse,  girate  a  grande  curva.  Dalla  bocca  del  calice  e  condotta  in 
alto  una  linea  che  termina  colla  croce.  Nella  sua  meta  la  linea  &  or- 
nata  d'un  cerchio  tagliato  pel  mezzo  dalle  linee  curve  d'una  stella 
a  sei  raggi.  Sopra  il  calice  si  vede  un  po  a  sinistra  il  poculum,  pa- 
rimente  della  forma  usata  nei  tempi  classici  per  1'  uso  domestico, 
cioe  colle  prominenze  del  solito  labrum.  A  destra  poi  del  calice  com- 
paiono  due  altri  cerchi.  L'uno  e  tagliato  a  stella  di  sei  raggi  come 
il  primo,  1'altro  e  segnato  con  due  linee,  che  s'incrociano  al  lato  sini- 
stro  e  formano  segmenti. 

L'altezza  di  tutta  la  figura  mezzana  dal  piede  del  calice  fino  al- 
1'estremita  della  croce  e  di  39  centim.,  e  1'altezza  dei  due  dischi  a  de- 
stra presi  insieme  e  di  18  centim.  Questi  ultimi  stanno  precisamente 
nella  distanza  e  posizione  che  mostra  il  nostro  disegno  fatto  sul  calco. 
Ma  il  poculum  a  sinistra  sta  piu  in  alto ;  cioe  esso  &  lontano  dall'estre- 
mita  della  croce  9  centim.  Per  economia  di  spazio  Tabbiamo  avvi- 
cinato,  ma  chiuso  entro  linee. 

Determinando  il  significato  di  codeste  figure  dobbiamo  anzitutto 
fermare  1'attenzione  sulla  croce,  che  domina  nella  cima  dell'asta. 

Che  sia  una  croce,  non  puo  inettersi  in  dubbio  e  1'hanno  ri- 
conosciuto  quanti  ho  condotto  sul  luogo.  La  croce  pero  e  dimostra- 
zione  senz'altro  stringente  del  significato  cristiano  del  nostro  soggetto. 
Le  altre  parti  della  rappresentanzione  ammetterebbero  per  se  anche 
altre  e  profane  interpretazioni. 

II  calix,  messo  talmente  in  rapporto  col  segno  della  croce,  deve 
essere  il  calice  del  vino  eucaristico,  e  il  poculum  deve  significare  la 
partecipazione  dei  fedeli  al  calice  mistico  della  Chiesa  ;  e  questo  si 
conferma  da  cio  che  i  dischi  non  trovano,  come  vedremo,  una  spie- 
gazione  naturale  e  semplice  se  non  si  ricorre  a'  pani  eucaristici. 

Questo  &  in  complesso,  secondo  noi,  il  senso  del  graffito.  II  tempo 
della  sua  origine  toccheremo  piu  sotto. 

1  Cod.  Tcodos.  XVI,  10,  1. 19.  Cf.  DE  Rossi,  Bul'.ett.  arch,  crist.  1866  p.  54. 


ARCHEOLOGIA  725 

59.  H  calice  del  vino  consacrato  nell'arte  antica. 

Quanto  si  attiene  primieramente  al  calice,  la  stessa  forma,  che 
«[ui  ha  sul  graffito,  vediamo  adoperata  an  che  su  altri  monumenti  ec- 
clesiastici. 

Anzi  il  calice  ansato,  come  era  di  uso  ordinario  nell'  antichita, 
cosi  si  conservo  fino  ai  tempi  dell'alto  medio  evo.  Nel  secolo  sesto 
per  esempio  un  tale  calice  fu  effigiato  in  un  musaico  di  S.  Vitale  a 
Ravenna,  che  rappresenta  Abele  e  Melchisedech.  Esso  sta  fra  due  pani 
rotondi  sul  sacro  altare  per  simboleggiare  il  divino  sacrifizio  delle  due 
specie  *.  Cosi,  colle  grandi  anse,  il  calice  fu  rappresentato  ancora 
nel  secolo  XI  a  Roma  nella  chiesa  di  San  Clemente,  cioe  nella  pittura 
della  messa  di  San  Clemente  e  del  miracolo  con  Sisinnio  2. 

Nella  figuraseguente  riuniamo,dietro  la  scorta  delRohaultde  Fleury 3, 
alcuni  disegni  di  tali  calici  ansati,  e  fra  essi  e  uno  di  quelli,  che  esi- 
stono  ancora  in  originale  nei  musei.  Quest'ultimo  e  il  calice  d'oro 
Gourdon,  ora  nel  cabinet  des  medailles  a  Parigi,  il  quale  fu  scoperto 
nel  1825  a  Gourdon  nella  Francia  (Chalon-sur-Saone)  e  appartiene  al 
quinto  o  agli  inizii  del  sesto  seeolo  4.  I  due  calici  segnati  col  nome 
Monza  erano  una  volta  nel  famoso  tesoro  di  quella  cattedrale,  ma  si 

RAVENNA 

S     Vi  TALE  CLASS  E 


1  Si  veda  la  fotografla  della  scena  nella  Revue  de  I'art  chrttien,  t.  40 
(1897)  p.  30.  Esecuzione  piu  grande  del  calice  nel  ROHAULT  DE  FLEUBT 
La,  metse,  vol.  4,  pi.  277. 

*  Disegno  grande  presso  il  citato  autore  pi.  310. 

'  Nella  sua  citata  opera  sui  monumenti  della  messa,  vol.  4,  p.  51. 

*  Cf.  ROHAULT  DE  FLEUBY,  vol.  4,  pi.  284  e  pag.  72  ss. 


726  ARCHEOLOGIA 

conoscono  di  presente  solo  da  una  esatta  pittura  del  secolo  XV ;  essi 
apparterrebbero  similmente  al  sesto  secolo  l.  L'uno  dei  calici  di  Ra- 
venna &  quello  sopra  accennato,  che  si  vede  sul  musaico  di  San  Vi- 
tale;  1'altro  si  trova  in  un  musaico  contemporaneo  di  S.  Apollinare 
in  Classe  -. 

II  piu  antico  tipo  di  calice  eucaristico,  il  quale  ftnora  si  conosca, 
&  quello  sulla  pittura  della  fractio  panis,  scoperta  da  Mons.  Gius.  Wil- 
pert  nella  cappella  greca  della  catacomba  di  S.  Priscilla  a  Roma.  II 
dotto  archeologo  1'ha  illustrate  nel  suo  libro  s'ulla  famosa  pittura,  col- 
1'agginnta  anche  d'un  disegno  in  grande  3.  Codesto  vaso,  differente 
nella  forma  dai  calici  sopra  disegnati,  porta  la  grande  ansa  a  destra 
e  a  sinistra.  E  similmente  ansato  6  il  calice  di  vetro  del  cimitero 
«striano,  pubblicato  dal  de  Rossi,  del  quale  pero  il  de  Rossi  stesso 
dice  espressamente,  che  nulla  prova  che  sia  stato  eucaristico  *. 

Nel  nostro  graffito  del  tempio  di  Mater  matuta  le  anse  del  calice 
girano  liberamente  senza  tornare  alia  parte  inferiore,  mentre  d'ordi- 
nario,  ed  anche  negli  esempii  superiorinente  citati  o  figurati,  si  attac- 
cano  di  sotto  alia  coppa  o  al  piede  del  vaso.  E  certo  che  codesta  dif- 
ferenza  e  meramente  accidentale.  Dove  1'esecuzione  6  difficile  e  com- 
pendiaria,  una  tale  rappresentanza  non  pud  recare  maraviglia.  Si  con- 
frontino  per  esempio  i  due  calici  o  vasi  colle  anse  libere  e  sciolte 
sulle  lastre  sepolcrali  di  Lione  del  sesto  secolo,  disegnati  dal  Rohault 
de  Fleury  5,  o  specialmente  i  calici  sulle  monete  merovingiche  pub- 
blicati  dallo  stesso  autore,  i  quali  tutti  hanno  la  stessa  maniera  com- 
pendiaria  l!.  Eziandio  sulle  lapidi  sepolcrali  delle  catacombe  romane, 
dove  sono  segnati  in  buon  numero  cantari  colle  anse,  cio&  vasi  simili 
al  nostro  calice,  le  anse  stanno  piu  volte  staccate  dal  corpo  del  vaso. 
Lo  mostrano  p.  e.  i  disegni  di  iscrizioni  cemeteriali  romane  fra  le 
tavole  della  Roma  sotterranea  del  de  Rossi  e  fra  quelle  del  Rohault 
de  Fleury  nel  quarto  volume  7. 


I  ROHAULT  DE  FLEURY  pi  281  e  pag.  70  col  la  descrizione  pubblicata  gia 
prima  dal  HARBIER  DE  MONTAULT  nel  Bulletin  monumental  1881,  p.  761. 

*  ROHAULT  DE  FLEURY  pi.  278  e  pag.  81. 

3  Fractio  panis.  Die  dlteste  Darstellung  etc.  Freiburg,  Herder,  1895, 
Pag.  80.  Si  veda  sulla  scoperta  di  mons.  WILPERT  e  sulla  citata  opera  la 
nostra  nota  archeologica  n.  32.  Con  piacere  annunziamo  che  dell'opera  si  e 
pubblicata  una  traduzione  francese  presso  lo  steaso  editore  Herder. 

k  Bullettino  di  archeologia  crist.  1879,  tav.  IV.  e  1894  p.  102. 

II  La  messe  t.  4  pi.  283. 

6  Ibid.  pi.  288,  289,  292. 

7  Un  ealice  o  cantaro  in  una  lampada  di  Cartag-ine  presso  ROHAULT  DE 
FLEURY;.  pi.  275  merita  spec'almente  di  essere  eonfrontata  col  graffito. 


ARCHEOLOGIA  727 

Intorno  al  detto  cantliarus,  colle  colombe  o  altri  animali  che  vi 
si  abbeverano,  sorge  qui  la  domanda,  se  esso  abbia  un  sense  eucaristico* 
Pare  in  generate  che  non  gli  convenga  un  tal  significato,  ma  che  esso 
sia  il  simbolo  della  celeste  beatitudine,  di  cui  si  godono  le  anime  beate. 
Ci  vogliono  altri  emblemi  specific!  insieme  col  cantaro  per  poter  asse- 
rire,  che  dall'autore  sia  stato  inteso  un  simbolismo  sacramentale.  Tali 
emblemi  si  hanno,  se  col  cantaro  stanno  insieme  dei  pani,  special- 
mente  con  sopra  segni  religiosi,  e  forse  anche,  se  dal  cantaro  sorge 
la  vite  mistica  alludente  alia  vera  vite  che  e  Cristo.  La  figura  della  vite> 
che  esce  dal  cantaro  o  calice,  gia  nel  secolo  quarto  e  assai  frequente.  An- 
che nel  tessuto  scoperto  nelle  tombe  cristiane  di  Achmim  (Panopolis)  vi 
e  il  vaso,  dal  quale  si  abbeverano  due  pavoni,  uno  a  destra  e  1'altro 
a  sinistra,  e  dalla  bocca  del  vaso  sorge  la  grande  vite  con  due 
rami^Cosisihala  vite  coi  grappoli  egli  uccelli,  ed  insieme  una  grande 
croce  sopra  la  bocca  del  -jalice  o  cantaro  sul  rilievo  dell'altare  nel 
inuseo  di  Rimini 2.  II  Gosse  osserva  che  in  certi  tessuti  la  mistica 
vite  sorgente  dal  vaso  porta  croci  invece  di  grappoli.  In  altri  vasi 
crede  di  vedere  pani  segnati  con  croci  bianche  3. 

Abbiamo  detto  che  forse  la  sola  vite  sorgente  dal  calice  e  dal 
cantaro  indica  un  senso  eucaristico,  perche  la  cosa  non  e  cosi  chiara  e 
decisa  come  la  presentano  alcuni  autori  ed  anche  il  Gosse  nel  suo 
citato  libro,  dove  tratta  di  proposito  sul  vaso  eucaristico.  In  ogni 
caso  le  piu  ajitiche  rappresentazioni  di  questo  genere  avranno  piu  di- 
ritto  di  essere  giudicate  eucaristiche  che  non  le  posteriori,  perche 
dopo  il  secolo  quinto  il  significato  originario  o  simbolico  di  questa, 
come  anche  di  altre  composizioni,  andava  di  mano  in  mano  perdendosi. 
Per  tornare  al  calice  del  nostro  graffito  diciamo,  che  oltre  alia  croce 
anche  la  presenza  dei  dischi,  i  quali  non  possono  essere  altra  cosa 
che  pani,  ci  vieta  di  ricorrere  ad  altra  spiegazione  che  non  sia  la  gia 
accennata  eucaristica.  Di  questi  tondi  bisogna  che  ci  occupiamo  un. 
po'  piu  accuratamente. 

1  Riproduzione  nel  GOSSE  I.  H.,  Recherches  sur  quelques  representations 
da  vase  eucharistique.  Geneve  1894.  Tav.  2. 

1  ROHAULT  DE  FLEURY,  tav.  272.  Cf.  tav.  277  un  rilievo  dalla  chiesa 
di  Santo  Spirito  o  San  Teodoro  a  Ravenna,  e  tav.  279  con  diverse  rappre- 
sentazioni  di  S.  Apollinare  in  Classe.  Si  aggiunga  la  tomba  di  Lione  del 
secolo  sesto,  tav.  283,  e  il  rilievo  a  S.  Lorenzo  di  Milano  del  secolo  quinto, 
tav.  273. 

'  GOSSE  1.  c.  pag.  30,  40;  fig.  19,  25,  26.  L'autore  osserva  sulla  forma  piu 
comune  del  vaso:  «  Elle  est  a  col  reserre  garni  de  deux  anses  a  volute> 
qui  reunissent  les  levres  du  vase  aux  cannelures  de  la  pause,  le  tout  porte 
sur  un  pied  etroit....  Souvent  les  anses  ont  double  volute  et  forment  1'S  com- 
plete. » 


728 


ARCHEOLOQIA 


60.  Le  rappresentazioni  del  pani  eucaristid. 

Due  del  cerchii  del  nostro  graffito  (p.  721),  cioe  quelli  colla  stella, 
sono  fatti  a  compasso  in  tutti  i  loro  lineamenti.  Egli  6  verissimo  che 
in  ogni  eta  troviamo  simili  figure  anche  sugli  antichi  monumenti,  e 
furono  d'ordinario  fatte  per  solo  divertimento  e  senza  il  significato 
del  pane.  Nel  nostro  caso  pero  i  sei  raggi  sembrano  tirati  per  indi- 
care  i  soliti  tagli  dell'antico  pane.  L'autore,  avendo  nolle  mani  il 
compasso  col  quale  aveva  segnato  il  cerchio,  se  ne  servi  medesima- 
mente  per  i  raggi  semplificandosi  il  suo  modesto  lavoro  quanto  poteva. 

Si  sa,  noil  solo  da  molti  monumenti  dell'arte,  ma  anche  dai  pani 
stessi  trovati  negli  scavi  di  Pompei,  che  la  forma  consueta  del  pane 
fu  appunto  la  rotonda  e  che,  nella  stessa  fabbricazione,  si  soleva  ta- 
gliarlo  in  mezzo  con  diverse  linee.  Le  linee  non  di  rado  figurano 
la  stella.  Diversi  esemplari  di  tali  pani  colla  stella  a  sei  raggi, 
come  sul  graffito,  si  vedono  in  quell' affresco  di  Pompei,  che  rappre- 
senta  la  conipleta  bottega  d'  un  fornaio.  La  pittura  6  riprodotta  nel 
Baumeister  1.  —  Similmente,  una  stella  a  sei  raggi  &  sopra  i  cinque 
pani  d'una  tavola  cimiteriale  del  museo  Kircheriano  a  Roma,  dove 
insieme  coi  pani  sono  figurati  due  pesci.  II  monumento  merita  la  ri- 
produzione  in  questo  luogo  per  1'  aperta  relazione  che  ha  col  sacra- 
men  to  dell'eucaristia,  tanto  piu  perch&  i  comuni  facsimili  sono  assai 
imperfetti  2. 


Accanto  di  questo  monumento  mettiamo  un  altro  afflne,  non 
certamente  sconosciuto  da  chi  si  occupa  delle  nostre  materie,  ma 
pubblicato  anch'esso  abbastanza  male,  prima  che  il  Rohault  de  Fieury, 
pochi  anni  or  sono,  ne  desse  un  accurate  disegno  3.  Esso  &  la  lapide 
sepolcrale  di  Sintrofio,  ora  conservata  nella  citta  di  Modena  (fig.  alia 
pag.  729). 

1  Denkmaler  dcs  klatsischen  Alterthums,  vol.  1,  fig.  n.  225. 

2  La  nostra  flgura  6  presa  dal  ROHAULT  DE  FLEURT,  vol.  4,  pi.  266. 
1  Ibid. 


ARCHEOLOGIA  729 

Si  hanno  qui  di  nuovo  i  due  pesci  coi  cinque  pani.  Pero  non  esi- 
etono  di  fatto  quegli  altri  due  pani,  i  quali  in  tutti  i  disegni  ante- 
riori  si  sono  messi  in  bocca  dei  pesci. 


Gli  antichi  disegnatori  non  hanno  avvertito,  che  proprio  il  nu- 
mero  di  cinque  pani  (e  non  di  sette)  e  due  pesci  corrisponde  alia 
narrazione  evangelica  della  moltiplicazione  dei  pani  e  dei  pesci,  Matt. 
14,  17 ;  Marc.  6,  41.  Codesti  monumenti,  appunto  perche  alludono  al 
detto  miracolo  di  Cristo,  alludono  tanto  piu  chiaramente  all'  eucari- 
stia,  della  quale  il  miracolo  fu  il  notissimo  tipo. 

Sui  cinque  pani  del  monumento  di  Modena  si  osservano  soltanto 
due  linee  che  s'  incrociano,  non  la  stella  a  sei  raggi.  Giacche  di- 
verse erano  le  maniere  di  fare  le  linee  dei  tagli  sui  pani.  Si  trova 
an  che  una  linea  sola  o  un  cerchietto.  I  pani  nei  canestri  della  mol- 
tiplicazione maravigliosa,  sugli  affreschi  cimiteriali,  hanno  piu  volte 
il  taglio  crociforme  ;  cosi  nel  cubicolo  detto  delle  pecorelle  e  nella  cripta 
dell'Orfeo  a  Santa  Domitilla  di  Eoma,  e  anche  nella  cappella  greca 
del  cimitero  di  Santa  Priscilla,  cioe  sulla  pittura  della  Fractio  panis  *. 

Ma  i  sei  raggi  tornano  di  nuovo  nei  pani  di  forma  rotonda  sui 
sarcofago  di  Euelpiste  nella  catacomba  di  Santa  Domitilla  a  Koma. 
I  pani  sono  in  numero  di  cinque.  Questo  mistico  numero  e  qui  tanto 
piu  importante,  perche  si  trova  riunito  colPaltro  segno  vetustissimo 
deU'ancora,  simbolo  della  speranza  cristiana:  L'eucaristia  e  il  pegno 
della  nostra  speranza.  Mons.  Wilpert  ha  pubblicato  un  suo  disegno 
di  questo  monumento  eucaristico  nella  Fractio  panis  *.  II  sarcofago, 
che  porta  la  «ola  iscrizione  EVELPISTE(?)  BlX(it)  AN^(os)  IIII,  sa- 
rebbe  della  prima  meta  del  secondo  secolo.  E  dello  stesso  tempo  sa- 
rebbe  il  cippo  di  Egrilio  Botto  Filadespoto  nel  museo  Lateranense, 
dove  in  fine  dell 'iscrizione  si  vede  un  pane  rotondo  con  sei  linee  a 
stella,  poi  1'ancora  e  il  pesce  3. 

1  WILPERT,  Fractio  pania,  p.  92,  fig.  11. 
1  Tav.  15,  n.  2.  Cf.  pag.  88. 

'  Ibid.  Tav.  15  n.  7.  Ivi  p.  91  sgg.  vengono  illustrati  anche  altri  mo- 
numenti  cimiteriali  col  pane  eucaristico. 


730  ARCHEOLOGIA 

La  divisions  dei  pani  eucaristici  per  mezzo  di  linee  e  intacchi 
«bbe  per  altro  uno  scopo  pratico  liturgico.  Essa  doveva  servire  per 
facilitare  la  fractio  (xXiat?  TOO  aptou,  Luc.  24,  25)  *.  Singolare  per- 
tanto  6  la  disposizione  del  taglio  sopra  il  terzo  pane  del  nostro  graf- 
fito. Colle  due  linee,  che  ivi  s'incrociano  fuori  del  centre,  si  voile 
forse  indicate  una  speciale  maniera  della  frazione.  II  pensiero  corre 
spontaneamente  all'odierno  costume  di  fare  quasi  le  stesse  impressioni 
sull'ostia  del  celebrante,  la  quale  si  rompe  prima  per  mezzo  e  poi 
da  un  canto  di  una  meta.  Perd,  confessiamo  volentieri,  che  la  cosa 
£  troppo  problematica  perche  si  possa  venire  ad  una  soluzione  qualsi- 
voglia,  non  essendo  noi  informati  dalle  fonti  dell'antichita  sui  par- 
ticolari  del  rito  della  fraclio. 

II  poculum  che,  non  ostante  la  sua  piccola  distanza  ed  anche  la 
sua  esecuzione  un  po'pift  leggera,  pare  che  accompagna,  almeno  nella 
mente  dell'autore,  la  nostra  scena,  corrisponde  col  suo  significato  alle 
ostie  disegnate  a  destra  del  calice.  Imperocchd  come  queste  ostie 
accennano  la  partecipazione  dei  fedeli  alia  specie  del  pane,  cosi  il 
poculum  accenna  la  partecipazione  alle  specie  del  vino. 


01.  L'etd  del  graffito. 

Dalla  forma  del  bicchiere  ed  insieme  del  calice  possiamo  final- 
mente  dedurre  intorno  al  tempo  del  graffito  una  congettura,  la  quale 
rinforza  ci6  che  si  &  gia  detto  di  sopra  intorno  all'etadei  segni  cri- 
stiani  sui  templi  in  generale.  II  labbro  del  poculum  si  presenta  qui 
di  forma  talmente  classica,  che  Porigine  d'un  tal  disegno  diffieil- 
mente  pud  ascriversi  ai  secoli  del  medio  evo,  sia  posteriore,  sia  prin- 
cipiante.  Dopo  i  secoli  sesto  e  settimo  tali  forme  classiche  spariscono, 
•e  non  si  capirebbe  bene  come  dopo  quel  tempo  un  eosiffatto  disegno 
potesse  comparire  sotto  una  mano  rozza  ed  inesperta.  Lo  stesso  vale 
del  calix. 

Lo  slancio  libero  delle  sue  anse  ricorda  molto  piu  i  vasi  clas- 
sici  che  quelli  d'una  eta  piu  tarda.  II  nostro  disegnatore,  quantunque 
rozzo,  pare  si  sia  ispirato  di  forme  franche,  sciolte  e  di  buonissimo 
gusto,  che  intorno  a  se  coi  suoi  occhi  deve  aver  veduto.  II  calice 
pare  accenni  ad  una  eta  ancora  piu  remota  che  non  i  calici  rappre- 
sentati  nella  figura  p.  728.  Perci6  non  vorremmo  abbassare  il  tempo  del 
graffito  assai  sotto  1'origine  dei  monogrammi  cristiani  del  tempio  di 
Antonino  e  Faustina,  e  diciamo,  che  sembra  esser  fatto  intorno  al 
quinto  o  sesto  secolo. 

1  DE  Rossi,  Bullett.  archeol.  critt.,  1891,  p.  49. 


ARCHEOLOGIA  731 

Nel  tempio  di  Mater  Matuta  si  trovano  sparsi  qua  e  la  anche 
alcuni  altri  graffiti  che  meritano  attenzione.  Abbiamo  notato  alcuni 
segni.,  che  paiono  croci  equilatere,  e  nel  pavimento  del  portico  ab- 
biamo  incontrato  un  altro  cerchietto  con  stella  a  sei  raggi  fatta  a 
compasso,  il  quale  pero  in  questo  luogo  non  ha  un  significato  speciale. 

62.  //  sole  di  San  Tommaso  dj  Aquino 
originariamente   un   simbolo   eucaristico  ? 

Quale  e  1'origine  del  simbolo  di  San  Tommaso  nell'arte  religiosa, 
vogliamo  dire  del  sole  coi  raggi  che  il  santo  porta  sul  petto? 

Ordinariamente  si  deriva  il  costume  di  rappresentare  in  tal  ma- 
niera  il  santo  dottore  dalla  luce  della  sua  sapienza  e  dottrina,  colla 
quale  gli  venne  dato  di  illustrare  tutto  il  mondo  cristiano,  come  il 
sole  illustra  1'universo.  Cosi  ancora  la  piu  recente  Iconografia  cri- 
stiana  di  H.  Detzel  *. 

In  un  altro  recente  scritto  pero  si  accenno  alia  relazione  del  santo 
col  culto  della  SS.  Eucaristia;  sidisse:  1'eucaristia  e  il  sole  della  vita 
cristiana,  e  siccome  San  Tommaso,  componendo  1'ufficio  del  Corpus 
Domini,  ebbe  tanta  parte  nell'aumento  che  prese  la  devo/ione  del 
SS.  Sacramento  dopo  1'istituzione  di  questa  festa,  convenne  assai  bene 
il  figurarlo  col  sole  dell'eucaristia  sul  petto. 

Si  e  voluto  di  piu  trovare  qualche  connessione  storica  fra  le  stelle 
osservate  su  immagini  antiche  di  pani  eucaristici  e  il  sole  del  detto 
santo,  tanto  piti.  perche  quella  stella  «  eucaristica  »  di  sei  raggi,  e 
fatta  a  compasso,  si  ripeterebbe,  come  si  opino,  anche  su  certi  uten- 
sili  eucaristici  del  primo  e  dell'alto  medio  evo  qual  ornamento.  Que- 
st'ultimo  pensiero  e  ingegnoso,  ma  storicamente  non  pare  fondato. 
Imperocche  1'uso  del  detto  ornato  non  e  costante,  non  e  esclusiva- 
mente  proprio  alle  cose  che  servono  al  SS.  Sacramento,  e  dove  oc- 
corre  non  si  ha  una  vera  prova  del  suo  senso  simbolico. 

A  Montefiascone  nel  tempio  monumentale  di  S.  Flaviano  si  e  sco- 
perta  nell'anno  passato,  sotto  1'intonaco  della  chiesa  inferiore,  fra 
altri  interessanti  dipinti  una  antica  e  bella  figura  di  papa  TJrbano  IV 
(1261-1264)  segnata  col  suo  nome,  vestita  degli  abiti  pontificali,  colla 
destra  in  atto  di  benedire  e  con  un  astro  sfavillante  in  mezzo  al  petto. 
La  pittura  e  stata  descritta  dal  signer  M.  Antonelli  nel  Bollettino 
eucaristico  di  Orvieto  1896  n.  9,  e  ne  tratto  con  singolare  accura- 
tezza  ed  erudizione  il  comm.  Luigi  Fumi  nel  periodico  romano  Studi 
e  documenti  di  storia  e  diritto,  1896,  pag.  295  e  segg.,  dandone  una 
buona  riproduzione  fotografica. 

1  Christliche  Ikonographic,  vol.  2  (Freiburg,  Herder  1896)  pag.  654. 


732  ARCHEOLOGIA 

A  me  pare  che  codesta  pittura  pud  contribuire  alia  soluzione  del 
dubbio  intorno  all'origine  del  sole  di  San  Tommaso. 

Quell'astro  raggiante,  posto  in  tal  maniera  sul  petto  del  papa, 
certo  non  significa  la  luce  della  dottrina.  Urbano  1Y  era,  &  vero,  un 
papa  assai  istruito,  ma  non  spiced  poi  tanto  per  la  sapienza  teologica 
e  filosoflca  da  venir  confrontato  col  luminare  che  illustra  il  mondo. 
Per6  le  sue  attinenze  col  culto  della  SS.  Eucaristia  furono  tali,  e 
specialmente  nelle  parti  di  Montefiascone,  Bolsena  ed  Orvieto,  (nella 
qual'ultima  citta  passo  il  pill  lungo  tempo  del  suo  pontificato,  e 
si  trovd  al  tempo  del  celebre  miracolo  encaristico)  che  1' astro  ful- 
gido  sul  suo  petto  fa  rivolgere  i  pensieri  alia  storia  dell'  istituzione 
della  festa  del  Corpus  Domini. 

Alia  beata  Giuliana  a  Monte  Cornelione  fu  mostrata  nella  sua  visione, 
che  diede  occasione  all'istituzione  della  festa,  la  L  UNA  IN  SPLEN- 
DORE  cum  aliquantula  tamen  sui  sphaerici  corporis  fractione,  e  il 
Signore  le  manifesto,  in  luna  praesentem  Ecclesiam,  in  lunae  autem 
fractione  defectwn  unius  solemnitatis  in  Ecclesia  figurari,  quam  adhuc 
volebat  a  suis  ftdelibus  celebrari.  Cosi  la  contemporanea  biografia  della 
beata  J. 

II  papa  Urbano  IV,  quando  era  arcidiacono  a  Liegi,  trattd  colla 
beata  Giuliana  e  ne  conobbe  la  rivelazione.  Nella  sua  bolla  dell'isti- 
tuzione  della  festa  del  Corpus  Domini  allude  in  termini  generali  alia 
detta  rivelazione  intorno  alia  festa,  senza  paiiare  del  simbolo  della 
luna  2. 

La  visione  pero  della  luna  divenne  assai  popolare  e  si  fissd  nella 
niemoria  di  quel  tempo. 

Che  cosa  piu  naturale  di  vedere  nell' astro  coi  raggi  sul  petto  di 
Urbano  IY,  a  Montefiascone,  quella  luna  splendente,  alia  perfezione 
della  quale  egli  avea  contribuito  cio  che  ancora  mancava,  per  mezzo 
dell' istituzione  d'una  festa  particolare  in  onore  del  ss.  Sacramento? 
L'astro  sulla  detta  pittura  ha  raggi  moderati;  esso  rassomiglia  piu 
alia  luna  piena  e  splendida  che  al  sole.  L'esecuzione  della  pittura 
pare  abbastanza  buona  e  si  puo  ascrivere  1'opera  al  secolo  XY. 

Se  pero  1'astro  sul  petto  del  papa  e  la  luna,  non  sara  forse  la 
luna  anche  lo  stesso  astro  sul  petto  di  San  Tommaso,  almeno  origi- 
nariamente  ? 

Che  fino  dal  secolo  XYI  incirca  1'astro  di  San  Tommaso  abbia 
preso  il  significato  piu  ampio  e  certo  a  lui  convenientissimo  del  sole, 
cioe  del  sole  della  scienza,  non  lo  vogliamo  negare.  Ma  nell'origine 

1  L.  2  c.  2.  Ada  SS.  Bolland.  1.  Aprilis  5,  ed.  Palme,  p.  457. 

*  Bulla  Transiturus  de  hoc  mundo,  dell' 11  Agosto  1264.  Cap.  Si  Do- 
tninus,  De  reliq.  et  venerat.  SS.  Clementinae,  (III,  16).  POTTHAST  Regetta 
rom.  pontif.  t.  2.  Berolini.  1875,  p.  1558,  n.  18998  e  18999 


ARCHEOLOGIA  733 

bisogna  piuttosto  forse  assuciare  quell'astro  all'astro  di  Urbano  IV, 
come  si  associa  1'azione  del  santo  dottore  in  favore  della  festa  del 
Corpus  Domini  all'azione  fervorosa  del  papa.  Tutti  sanno  che  san  Tom- 
maso ha  composto  il  meraviglioso  ufficio  del  Corpus  Domini,  e  il 
papa,  suo  amico,  si  affretto  di  mandarlo,  coa  apposita  lettera  sul- 
1'istituzione  della  festa,  a  Eva,  reclusa  di  S.  Martino  a  Liegi  l.  —  Ag- 
giungiamo  che,-  secondo  gli  autori  di  iconografia,  le  prime  imagini 
di  San  Tommaso  coll'astro  lasciano  ancora  il  dubbio  qual'astro  sia  2. 
Esse  hanno  ora  bisogno  di  un  nuovo  esame. 

63.  Nuove  ricerche  e  nuove  scoperte. 

II  sig.  G.  Gatteschi  ha  ideato  e  pubblicato  in  fotografla  di  grande  se- 
sto  (18X37  cent.)  una  bella  e,  cio  che  vale  piu,  un  accurata  e  ben 
fondata  ricoxtruzwne  del  monte  capitolino,  foro  romano  e  monumenti 
circostanti  nell'anno  300  dopo  0. 

In  paragone  colla  stimata  ricostruzione  del  fori  romani  latus  m&- 
ridionale  et  oceidentale  del  Hiilsen,  il  lavoro  del  Gatteschi  abbraccia 
buon  numero  di  monumenti  di  piu,  perch&  fissa  il  suo  punto  di  vista 
non  in  piana  terra,  ma  sulla  sommita  del  tempio  di  Venere  e  Roma, 
alia  quale  corrisponde  oggi  incirca  il  campanile  di  Santa  Francesca 
Romana. 

La  larghezza  della  veduta  si  estende  dal  teatro  di  Marcello  a  si- 
nistra  fino  al  foro  Traiano  a  destra. 

Nel  centro  spicca  il  tabulario,  fiancheggiato  verso  nord  dall'alta 
arce  Capitolina  col  Tempio  di  Giunone  Moneta,  e  verso  sud  dal  mae- 
stoso tempio  di  Giove  Capitolino.  II  proscenio  e  formato  dal  principio 
degli  edifizii  palatini,  dallWrmm  Vestae  col  tempietto  rotondo  della 
dea,  dall'antica  regia  e  finalmente  dall'o#fes  sacrae  urbis  (oggi  S.  Cos- 
nia  e  Damiano).  L'elevato  posto  dello  spettatore  permette  di  vedere 
nel  fondo  tutto  1'orizzonte  formato  dal  bel  tratto  dei  colli  dal  Giani- 
colo  fino  a  Monte  Mario. 

L'esecuzione  non  e  solamente  artistica,  ma  si  appoggia  su  lunghe 
e  coscienziose  ricerche  topografiche. 

Non  e  indicate  nulla  che  non  abbia  in  favor  suo  le  prove  della 
realta,  tratte  o  dalle  rovine  ancora  esistenti,  o  dagli  antichi  testi  topo- 
grafici.  Vero  e  che  il  disegno  non  e  tanto  sobrio  quanto  1'altro  piil 
piccolo  del  Hulsen,  il  quale  in  alcune  parti,  secondo  il  suo  scopo, 

1  Lettera  dell'8  Settembre  1264,  alia  fine  della  biografia  citata  della 
b.  Giuliana.  POTTHAST  n.  19016.  La  lettera  non  nomina  S.  Tommaso  come 
auto re. 

'  DETZKL,  1.  c.  BARBIER  DE  MONTAULT,  Le  culte  des  docteurs  de  I'Sglise 
a  Rome,  nella  Revue  de  I'art  chrtt.  t.  36,  (1893)  p.  208,  210. 


734  AttCHEOLOGIA 

resta  piuttosto  abbozzato,  nou  avendo  voluto  1'autore  costruire  disegni 
dove  non  possiamo  sapere  con  sicurezza  qual  disegno  debbasi  fare.  Ma 
gli  abbellimenti  adoperati  dal  Gatteschi  sono  sempre  in  certo  modo 
richiesti  dal  carattere  architettonico  del  relativi  edifizi  o  almeno  sono 
corrispondenti  allo  stile.  Con  sintesi  assai  chiara  si  sviluppano  gli 
edifizii  storici  del  panorama  anche  dentro  al  foro,  sotto  il  tabulario, 
dove  per  altro  la  loro  moltiplicita  ingombrava  assai  lo  spazio.  Si  di- 
stinguono  p.  e.  assai  bene  i  particolari  dei  rostra  tanto  studiati  negli 
ultirai  tempi. 

Solo  ¥  atrium  Vestae  e  1'arco  dei  Fabii  hanno  dovuto  rimanere  sa- 
crificati  nella  parte  dinnanzi,  cosi  esigendolo  la  libera  veduta.  Del 
primo  si  vede  solo  il  primo  piano  e  la  pianta ;  dell'arco  e  solo  dise- 
gnato  il  posto  dove  sorgeva. 

Una  fotografia  del  presente  stato  topografico  della  scena,  eseguita 
nella  stessa  grandezza,  accompagna  1'opera  del  valoroso  archeologo  e 
serve  ad  orientare  lo  studioso.  Meglio  perd  servirebbe  un  testo  espli- 
cativo,  che  non  e  ancora  apparso  (Roma,  Spithover,  Loescher,  etc.). 

—  L'archivio  di  S.  Maria  in  via  Lata,  a  Roma,  conserva  ancora 
un  ricco  tesoro  di  document!  in  pergamena  appartenenti  altre  volte 
al  monastero  di  S.  Ciriaco  in  via  Lata,  e  di  S.  Maria  e  S.  Biagio  in 
Nepi.  La  serie  degli  originali  comincia  coll'anno  921.  Poche  colle- 
zioni  romane  offrono  un'occasione  tanto  favorevole,  come  questo  ar- 
chivio,  per  lo  studio  degli  antichi  atti  legali,  delle  usanze  notarili  e 
della  paleografia  dei  secoli  X  e  XI. 

Grazie  alia  liberalita  dell'  insigne  capitolo  di  quella  chiesa,  il 
dott.  Ludovico  Hartmann  dell'Universita  di  Vienna  pote  con  ogni  agio 
studiarvi  i  documenti  e  fame  prendere  una  parte  anche  in  fotografia. 
L'edizione,  che  egli  ne  ha  pubblicato,  ha  per  titolo:  Ecclesiae  s.  Ma~ 
riae  in  via  Lata  tabularium,  Vindobonae,  Gerold.  4°  105  e  XXXII 
pp.,  con  21  tav. 

Le  ottanta  carte  presentate  nell'opera,  parte  in  accuratissime  copie, 
parte  unite  a  riproduzioni  fotografiche,  si  estendono  dal  921  fino  al 
1045,  e  si  dividono  in  libelli  o  chartae  libellaticae,  cio&  contratti  di 
locazione  in  forma  di  petizioni,  in  locationes  emphyteuticae  per  tre  gene- 
razioni  e  in  donationes,  venditi&nes,  pastinationes,  commutationes.  Alcune 
poche  sono  iudicata,  ed  una  6  1'  importantissimo  contratto  fra  i  membri 
d'una  schola  hortulanorum  di  Roma  intorno  1'ordinamento  dei  loro  sta- 
tuti  e  1'elezione  del  priore  (a.  1030). 

I  primi  tre  gruppi  offrono  occasione  all'autore  di  spiegare  le  formule 
solite  adoperarsi  in  simili  atti,  e  lo  fa  con  chiarezza  e  vasta  dottrina,  con- 
frontando  gli  altri  documenti  del  genere  che  «i  hanno  specialmente 
nei  registri  di  Farfa  e  di  Subiaco  e  presso  Mittarelli,  Marini,  Nerini 


ARCHEOLOGIA  735 

e  Galletti.  Nel  capitolo  della  prefazione  intitolato  De  scriptoribus  char- 
tarum,  tessendo  un  esatto  catalogo  degli  scrittori  delle  bolle  e  di 
molti  documenti  romani,  anche  inediti,  dal  943  fino  al  1046,  dimo- 
stra  fra  le  altre  cose  che  allora  gli  stessi  erano  i  notarii  ecelesiastiti 
e  i  tabelliones,  e  che  1'antica  schola  tabellionum  continud  nella  schola 
scriniariorum. 

Le  carte  di  S.  Maria  in  via  Lata  sono  scritte,  come  le  altre  ro- 
mane  di  quell'eta,  nella  scriptura  cursiva,  la  quale  si  era  sviluppata 
dalla  cursiva  dei  papiri  dei  sec.  V-VII,  e  nella  quale  sono  scritte  an- 
che le  bolle  pontificie  di  quel  tempo. 

L'autore  menziona  con  gratitudine  che  nel  decifrare  la  difficilis- 
sima  e  talvolta  guasta  scrittura  e  stato  coadiuvato  dall'  istancabile  assi- 
stenza  del  rev.  sig.  Antonio  Melata,  canonico  di  quella  chiesa. 

Al  defunto  comm.  Giov.  Batt.  de  Rossi  egli  avea  gia  prima  dedi- 
cato  uno  studio  particolare  sul  sopracitato  documento  degli  hortulani, 
illustrando  insieme  con  questo  i  pochi  vestigii  che  si  conservano  di 
scholae  o  corporazioni  di  arti  e  mestieri  in  quei  secoli  della  storia  di 
Roma  (Urkunde  einer  rom.  Gdrlnergenossenschaft  vom  J.  1030.  Frei- 
burg, Mohr,  1892,  4°  19  pp.).  Di  Roma  si  conosceva  fino  allora  so- 
lamente  un  patronus  scole  sandalariorum,  del  1115,  un  Bovo,  prior 
oleariorum,  del  1029,  e  un  Bonofilius,  iure  matrificus  (matriculatus?) 
aurifex,  del  1035. 

—  Nei  lavori  per  il  ristauro  artistico  e  archeologico  della  chiesa 
di  S.  Maria  in  Cosmedin  a  Roma,  che  ora  progrediscono  alacremente, 
si  e  scoperto  un  affresco  nel  portico,  sotto  una  arcata  dischiusa  a  si- 
nistra  dell' ingresso,  la  quale  corrisponde  all'arcata  a  destra  col  se- 
polcro  di  Alfano.  La  pittura  pare  contemporanea  a  quella  nel  fondo 
del  detto  sepolcro,  ove  si  vedevano  sempre  le  tracce  della  Madonna 
in  trono  circondata  da  angeli  e  santi.  L'ultimo  affresco,  pur  troppo 
assai  svanito,  assegniamo  al  mille  incirca;  esso  colla  nicchia  che  e 
adornata,  deve  aver  preceduto  1'erezione  della  tomba  di  Alfano,  came- 
rario  di  Callisto  II,  la  quale  e  del  sec.  XII.  La  pittura  nuovamente  sco- 
perta  non  d  in  istato  molto  migliore. 

Vi  &  rappresentata  a  sinistra  1'annunziazione  e  a  destra  la  nati- 
vita,  e  cid  nei  tipi  usati  di  allora,  che  si  vedono  adoperati  in  opere 
Ttizantine,  come  sull'  omoforio  di  Grottaferrata  (v.  nota  archeologica, 
n.  56),  e  in  opere  latine,  come  nei  musaici  di  S.  Maria  in  Tra- 
-stevere. 


t 


3iTE  C  I^OHLi  OGH.A. 

11  P.  FRANCESCO  SAVERIO   RONDINA 

D.    C.    D.    G. 


Con  vivo  lutto  del  Colleghi,  il  giorno  28  febbraio  di  quest'anno 
1897,  lasciava  la  terra  1'anima  bella  del  P.  Francesco  Saverio  Ron- 
dina,  da  lunghi  anni  appartenente  al  Collegio  degli  scrittori  della 
Givilta  Cattolica. 

Nato  a  Fano,  il  di  28  febbraio  1827,  di  cospicua  famiglia,  si  ascrisse 
alia  Compagnia,  giovanissimo  di  non  ancora  quindici  anni  compiuti. 
Fatto  il  suo  noviziato  qui  in  Roma  a  S.  Andrea  del  Quirinale  e  for- 
niti  gli  studii  con  felice  riuscita,  sostenne  una  lunga  serie  di  uffici 
svariati,  a  cui  lo  rendeva  atto  Tingegno  moltiforme  e  pieghevole  al 
bisogno.  Insegno  dapprima  lettere  urnane  in  varii  collegi  d'  Italia  ; 
ma  1'ardente  suo  zelo  per  la  salute  delle  anime  lo  spinse  a  chie- 
dere  con  la  massima  istanza  le  missioni  della  Cina,  con  animo  di 
consacrarvi  tutta  la  vita.  Fu  dunque  inviato  a  Macao  ed  adoperato 
poscia  per  varii  anni  in  servizio  di  quel  collegio  e  nella  cura  spe- 
ciale  della  colonia  portoghese  di  cola.  S'  acquisto  subito  1'  amore 
e  la  stima  presso  ogni  ordine  di  persone,  ecclesiastiche  e  secolari,  ed 
ebbe  ufficii  assai  delicati,  fino  ad  essere  nominato  superiore  dell'  in- 
tera  missione.  Cola  ancora  oggi  ricordano  con  amore  e  riconoscenza 
il  gran  bene  che  vi  operd,  come  ci  consta  dalla  sua  corrispondenza 
epistolare  con  parecchi  e  piu  insigni  personaggi  di  Macao.  In  quel 
tempo  ebbe  la  grande  ventura  di  scoprire  dopo  tre  secoli  di  dimen- 
ticanza  il  primo  sepolcro  del  grande  Apostolo  delle  Indie  S.  France- 
sco Saverio,  nell'Isola  di  Sanciano,  ch'egli  rimise  in  onore.  I  nostri  let- 
tori  ebbero  dalla  sua  penna  una  particolareggiata  relazione  di  quella 
memoranda  scoperta,  nel  nostro  quaderno  1068,  p.  757,  serie  XV. 

Successero  tristi  vicende,  per  le  quali  i  Padri  si  videro  co- 
stretti,  tra  le  lagrime  loro  e  degli  amici,  ad  abbandonare  la  cara 
missione.  II  padre  Rondina  ottenne  allora  di  trasferirsi  alia  missione 
del  Brasile,  e  per  la  via  del  Giappone,  dove  sostenne  alquanto,  e 
per  1'Oceano  Pacifico,  sbarcd  a  S.  Francesco  di  California.  Quinci, 
si  reed  a  Rio  di  Janeiro,  dove  attese  per  qualche  tempo  alle  sacre 
missioni,  predicando  notantemente  in  portoghese,  lingua  che  aveva 
famigliare  quanto  la  nativa  italiana.  Ma  oramai  affranto  dalle  fati- 
che,  dalle  malattie,  dal  veleno  che  una  volta  lo  condusse  agli  estremi 


NECROLOGIA  -IL  P.  FRANCESCO  SAVERIO  RONDINA  D.  C.  D.  G.    737 

e  da  altri  gravi  pericoli,  affrontati  in  servigio  delle  anime,  i  su- 
perior! per  salvargli  da  vita  preziosa  lo  richiamarono  in  Italia,  dove, 
tosto  rimessosi  in  migliori  forze,  si  consecro  al  ministero  della  pa- 
rola  di  Dio,  chiamato  a  gara  anche  sui  piu  nobili  pulpiti  d' Italia., 
Cosi  in  Roma  predico  la  quaresima  nelle  basiliche  di  S.  Pietro  e  di 
S.  Giovanni  Laterano  e  spesso  propose  gli  Esercizii  spiritual!  al  clero 
e  alle  comunita  religiose. 

Pero  il  piu  ed  il  meglio  dei  suoi  ultimi  anni  consacro  alia  mis- 
sione  della  penna.  Divenuto  parte  del  nostro  Collegio,  scrisse  nella 
Civiltd  Cattolica  lavori  di  fine  letteratura,  di  storia,  di  polemica  e  d'altro 
argomento,  molti  dei  quali  vennero  ripubblicati  di  poi  separatamente 
col  suo  nome  e  formano  insieme  con  parecchi  altri  suoi  scritti  una 
notevole  bibliografia. 

Era  qui  in  Roma  socio  attivo  alle  tornate  dell'Arcadia  e  dell'Accade- 
mia  di  Religione,  dove  spesso  riscosse  molto  plauso  per  le  sue  declama- 
zioni  poetiche  e  per  le  sue  conferenze  religiose.  Scriveva  inoltre  in 
molti  altri  giornali  e  periodici  a  fine  di  favorire  la  buona  stampa,  non 
sapendo  mai  dire  di  no  a  chi  lo  richiedeva  di  un  qualche  breve  lavoro 
specie  d'occasione,  o  fosse  in  prosa  od  anche  in  poesia,  nella  quale 
aveva  vena  feconda  ed  ottimo  gusto. 

Se  questa  instancabile  operosita  il  rendette  utile  alia  societa,  il 
soave  costume  di  rara  semplicita  il  fece  caro  a  quanti  lo  conobbero 
e  lo  praticarono.  Perfetto  ed  esemplare  religiose  portava  nel  sem- 
biante  la  serenita  deH'animo  suo.  Sprezzatore  di  se  medesimo,  era 
tutto  viscere  di  carita  pel  suo  prossimo.  Si  commoveva  fino  alle  lagrime 
al  racconto  dell'altrui  dolore,  e  soprattutto  la  miseria  e  la  poverta  gli 
toccavano  siifattamente  il  cuore,  che  si  sarebbe  spogliato  fino  alia 
camicia  per  aiutare  gl'indigenti,  cid  che  veramente  fece  piu  d'una 
volta,  quando  essendo  superiore  poteva  largheggiare  nelle  limosine . 
Ma  il  distacco  da  ogni  bene  terreno  e  1'amore  delle  cose  celesti  piu 
che  mai  apparve  in  lui  nell' ultima  malattia,  che  in  pochi  giorni  lo 
condusse  alPestremo. 

A  dir  vero  da  qualche  tempo  andavasi  trascinando,  logorato  da 
molti  acciacchi ;  ma  nessuno  avrebbe  giudicato  si  prossima  la  sua  fine. 
Egli  solo  sospirava  di  comtinuo  al  paradiso,  e  tranquillo  conrera 
d'animo,  si  dichiarava  disposto  di  morire  in  qualtinque  ora  il  Signore 
lo  chiamasse,  anche  tutto  solo,  nella  sua  cella,  senza  incomodare  i 
suoi  fratelli.  Ma  ogni  mattina  riceveva  il  Cibo  dei  forti,  come  per 
Viatico  al  cielo.  Per  consiglio  de'  medici  s'indusse  a  recarsi  a  Castel- 
gandolfo  a  fine  di  respirare  aria  piu  pura.  Senonche,  dopo  rimessosi 
alquanto,  cosi  che  s'erano  concepite  buone  speranze,  ricadde  improv- 
visamente  il  27  febbraioe  il  di  seguente  spirava  1'anima  bella,  assistito 
da'  suoi  fratelli  che,  a  conforto  deH'amara  perdita,  lungamente  ricor- 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fasc.  1122.  47  13  marzo  19»7. 


738   NECROLOGIA  -  IL  P.  FRANCESCO  SAVERIO  RONDINA  D.  C.  D.  ft. 
deranno  il  suo  passaggio  rassegnato  e  dolcemente  sereno.  II  S.  Padre 
che  lo  conosceva  molto  intimamente  degnd  consolarlo  con  una  specia- 
lissima  benedizione. 

Diamo  1'elenco  delle  principal!  sue  opera  : 

-  H  Natale  di  Gesii  Bambino.    Poesie.  Bologna,  1862,  in  32.° 

-  Compendia    de  pkilosophia  theorica   e  practica  para    uso   da   Mocidade 

portoguesa    na    China.   Vol.  2.    Macau,  typ.  do  Seminario   de   1    Jose, 
1869-70,  di  pp.  548;  378. 

—  Flora,  Fauna,  Aventuras.  Apuntes  de  un  viaje  por  la  India  y  la  China. 

Valencia,  1882,  due  voll.  di  pp.  444;  778. 

—  La  <!>'.    Casa    di   Loreto.    Hisposta   alle   obiezioni   della  Capitale.  Roma, 

tip.  Editrice  romana,   1884,  in  32.° 

—  Viaggio  nell'lndia  e  nella  Cina.  Flora,  fauna,  costumi  e  avventure,  con 

illustrazioni.  Prato,  1884,  due  vol.  di  pp.  X-582-446  in  16. 

-  L'educazione.  Roma,  1886,  un  elegante  volumetto  in  16  di  pag.  72. 

—  L'uomo  macchina.  Roma,  Befani,  1887,  in  32°. 

—  La  Mostra  Vaticana  o  1'omaggio  di  tutto  il  Mondo    al    Sommo    Ponte- 

fice  Leone  XIII  nella   fausta  ricorrenza  del  suo  Giubileo  Sacerdotale. 
Roma,  1888.  16  di  pagg.  327. 

—  I  Dertlitti.  Racconto  di  pietose  avventure  e  di  viaggi  per  1'Egitto  e  per 

la  Palestina.  Prato    1889,  un  vol.  di  pp.  VII  451  in  16. 

-  Los  Desamparados.  Barcelona,  8°  di  pp.  288. 

—  Regolamento  divita  cristiana  scritto  epraticato  dalla  nobil  donzella  Maria 

Franchi  de'  Cavalieri.  Roma,  1889  in  32.° 
II  medesimo  tradotto  in  inglese. 

-  Religione  e  Patria  o  gl  Italiani  in  Levante    e    a   Lepanto.  Roma,   1889, 

un  vol.  in  16  di  pp.  392. 

—  La  8.  Casa  di  Maria  in  Loreto,  la  sua  storia,  i  suoi  misteri.  Roma,  1889. 

un  vol.  in  8  di  pagg.  288. 

-  II  vecchio  battezzatore.  Dramma  in  cinque  atti.  S.  Benigno  Canavese,18$Q. 

—  L'emigrante  italiano.  Racconto.  Roma,  1892,  un  bel  volumetto  di  pp.  416. 

-  Le  mie  prigioni.  Memorie  di  Vivia  Perpetua  martire  cartaginese.  Roma 

Desclee  e  Lefebvre,  1893,  in  16°. 

-  La  donna  cristiana  nelle  Famiglie  e  nella  Societa.  Roma,  Descl6e  e  Lefe- 

bvre, 1894,  in  32°  di  pp.  530. 

—  La   S.    Casa   di  Loreto.    Seconda  edizione   accresciuta.    Roma,    1894,  di 

pp.  VII,  298. 

—  Agnese  e  Susanna.  Racconto.  Roma,  Desclee  e  Lefebvre,  1895,  8°  di  pp.  304. 

—  Religion  y  Patria.  Novela  traducida  por  don  Jose  Maria  Carulla.  Madrid, 

1896,  8°  di  pp.   296. 

-  Vita  e  morte  di  Suor  Agostina.  (in  due  edizioni).  Roma  tip.  della  Vera 

Roma,   1896,  di  pp.  164. 

Dei  moltissimi  suoi  lavori  pubblicati  nella  Cinltd  Cattolica  notiamo  i 
piii  recenti. 

-  //    Vaticano  (vol.  IV,   ser.   XVI). 

—  La  Norvegia  e  una  corta  di  Mom.  Falite  (vol.  VI.  ser.  XVI). 

-  La  mostra  di  Orvieto  (Vol.  VIII  Ser.  XVI). 

—  UAbissinia  (vol.  VIII  e  IX  ser.  XVI). 


Roma,  16-28  febbraio  1897. 

I. 
COSE  ROMANS 

1.  II  pontificio  Seminario  Vaticano  e  una  recente  Bolla  di  Leone  XIII.  — 
2.  La  confraternita  dell'Oraztone  e  morte.  —  3.  L'uso  cristiano  di  corone 
di  Messe  ed  orazioni  ai  defunti  invece  del  fiori.  —  4.  La  Principessa  di 
Svezia  e  il  Conte  De  Mun  al  Vaticano.  —  5.  Lo  sciopero  dei  macellai 
di  Roma.  —  6.  II  carnevale  del  1897. 

1.  II  16  febbraio  il  Sommo  Pontefice  Leone  XIII  ha  pubblicato 
una  Bolla,  con  la  quale  egli  da  compimento  e  stabilita  perpetua  al 
Seminario  Vaticano,  annesso  alia  basilica  di  S.  Pietro,  e  da  Semi- 
nario del  Capitolo  Yaticano  diventa  Seminario  pontificio.  Questo  isti- 
tuto  (da  non  confondersi  col  Seminario  romano  a  S.  Apollinare, 
che  e  il  Seminario  proprio  della  diocesi  romana)  fu  fondato  gia  da 
Urbano  YILT  con  lettere  apostoliche  del  25  ottobre  1636 ;  ed  e  ve- 
nuto  a  mano  a  mano  crescendo  tan  to,  fino  a  di  venire  un  perfetto 
istituto  d'educazione  ed  istruzione  ecclesiastica,  da  emulare  quai- 
siasi  altro  istituto  di  tale  specie,  sia  per  la  parte  materiale,  sia 
per  la  parte  formale  dell'educazione  e  degli  studii.  Questo  istituto, 
fin  dal  fondatore  Urbano  VIII,  fu  dichiarato  Seminario  particolare  del 
Capitolo  Yaticano  con  tutti  i  privilegi  di  qualsiasi  altro  Seminario, 
secondo  i  decreti  del  Concilio  di  Trento.  Esso,  quanto  alia  giurisdi- 
zione,  e  soggetto,  nen  gia  al  Card.  Yicario  di  Eoma,  si  bene  al  Car- 
dinale  Arciprete  della  basilica  vaticana.  Leone  XIII  nella  Bolla  men- 
zionata  accenna  all'opera  de'  Papi  Alessandro  YII,  Innocenzo  XI, 
Benedetto  XIII,  Gregorio  XYI  e  Pio  IX  per  1'  incremento  dell'  isti- 
tuto, nonche  alia  donazione  del  Card.  Duca  di  York.  Cio  non  ostante, 
fino  all'elezione  di  Leone  XIII,  il  Seminario  Yaticano,  sia  pel  numero 
degli  alunni  sia  per  il  luogo  e  le  scuole,  era  ancor  lungi  dal  rispon- 
dere  alle  giuste  esigenze  d'un  istituto,  quale  si  poteva  desiderare  e 
pe'  tempi  nostri  e  per  il  posto  che  occupa  vicino  al  Yaticano.  Ed  a 
Leone  XIII  si  deve  propriamente  (com'egli  stesso  si  compiacque  di 


740  CRONACA 

affermarlo)  d'aver  dato  al  Seminario  Yaticano  novella  vita.  Egli  am- 
plio  ed  istaurd  le  scuole  del  Ginnasio  e  del  Liceo ;  fegli  fe'  costruire 
un  corridoio  che  *nettesse  alia  chiesa  di  S.a  Marta,  decide^do  che 
es|a,  appartenente  gia  alia  reverenda  Fabbrica  di  S.  Pietro,  divenisse 
chiesa  propria  del  Seminario ;  egli  lo  regald  d'una  splendida  villeggia- 
tura  autunnale  presso  Torri  in  Sabina,  facendola  erigere  dalle  fonda- 
menta  in  luogo  ameno  e  salubre ;  egli  infine  doto  1'  istituto  di  stabili 
tondi.  E  dopo  avere  assestata  cosi  la  parte  materiale,  passd  a  consolidare 
la  parte  formale  ed  essenziale  dello  stesso  istituto :  creovvi  le  cat- 
tedre  di  filosofia  e  di  teologia,  talche  il  Seminario  con  esse  e  colle  scuole 
del  Ginnasio  e  del  Liceo,  fornite  di  maestri  laureati,  puG  dare  1'intera 
educazione  ecclesiastica  e  letteraria  non  solo  agli  alunni  interni  dell'  isti- 
tuto, ma  altresi  ai  chierici  addetti  alia  basilica,  a  chierici  ed  a  gio- 
vanetti  esterni ;  formo  un  ricco  gabinetto  di  fisica  e  storia  naturale 
che  fa  palese  ai  visitatori  la  sua  muniftcenza;  invito  i  Vescovi  vicini 
a  Roma  a  mandare,  ove  loro  facesse  d'uopo,  i  loro  alunni  al  Semi- 
nario Vaticano;  istitui  alcuni  posti  gratuiti,  tra  i  quali  tre  per  Carpine- 
to,  sua  patria;  e  diede  inflrie  colla  menzionata  Bollaleggi  fisse  e  stabili 
per  1'avvenire.  Al  presente  il  Seminario  Vaticano,  divenutoper  quel  che 
s'e  detto  un  istituto  d'indole  universale,  conta  in  tutto  un  150  alunni, 
di  cui  un  45  interni,  il  resto  esterni.  Trentacinque  frequentano  le  scuole 
di  teologia,  tra  i  quali  sono  gli  studenti  Carmelitani  della  Traspon- 
tina,  quelli  del  Collegio  di  San  Bonifazio  e  qualcheduno  de'  Trini- 
tarii  scalzi.  Capo  supremo  del  Seminario  e  il  Card.  Arciprete  di 
S.  Pietro,  il  quale  ha  diritto  di  conferire  gli  Ordini  Sacri  come  fa  il 
Vescovo  cliocesano,  e  distribuire  i  gradi  accademici  di  teologia  agli 
scolari.  Sotto  il  detto  Cardinale  e  il  Prefetto  del  Seminario,  che  6 
un  Canonico  di  S.  Pietro,  e  quindi  il  Rettore,  che  ha  cura  imme- 
diata  degli  alunni.  Questi,  ne'  di  solenni,  assistono  al  Capitolo  nelle 
t'unzioni  della  basilica  vaticana,  e  ne'  giorni  festivi  ordmarii  officeranno 
d'ora  innanzi  la  loro  propria  chiesa  di  S.  Marta.  Al  presente,  Prefetto 
del  Seminario  §  Mons.  Felice  M.  De  Neckere,  Arc.  tit.  di  Melitene  ed 
econoino  della  rev.  Fabbrica  di  S.  Pietro,  munifico  Mecenate  dello 
stesso  istituto;  Rettore  ne  &  Mons.  Antonio  Cani,  Canonico  di  S.  Maria 
ad  Martyres  ed  Archivista  del  Concilio  Yaticano. 

2.  Se  il  mondo  moderno  si  fosse  contentato  sempliceoiente  di  svec- 
chiare  1'antico,  rispettando  gl'istituti  cristiani,  nessuno  avrebbe  a  la- 
inentarsi  della  cosi  detta  civiltd  moderna;  ma,  purtroppo  essa  fu  solo 
intenta,  piu  che  a  vestire  di  migliori  forme  gli  usi  cristiani,  a  ra- 
derli  del  tutto,  introducendone  alcuni  prettamente  pagani.  Questa  ri- 
flessione  ci  sorge  spontanea  al  dover  narrare  due  fatti,  che  in  certo 
modo  hanno  una  comune  attinenza.  II  primo  riguarda  le  confrater- 
nite  religiose,  spogliate  de'  loro  beni  dal  Governo,  il  secondo  riguarda 


CONTEMPORANEA  741 

certi  nuovi  usi  ne'  mortorii,  che   poco  hanno  del  cristiano.    Tra  le 
•confraternite  destinate  a  perire,  appunto  per  essere  loro  stati  tolti  i 
fondi  per  vivere,  e  la  tanto  celebre  in  Roma,  detta  di  Santa  Maria 
dell' Orazione  e  Morte.  Essa  ebbe  origine  nel  1538.  Alcune   pie   per- 
sone  si  proposero  di  recarsi  insieme  per  dar  sepoltura  nella  citta   e 
campagna  ai  morti  poveri  e  suffragarne  le  anitne.  La  pia  istituzione 
•ebbe  un  successo  felicissimo.  Dopo  tre  lustri  si  aggiunse  la  santa  pra- 
tica  della  preghiera,  di  giorno  e  di  notte.  per  quaranta  ore  continue 
innanzi  al  SS.  Sacramento  pubblicamente  esposto  ogni  terza  domenica 
di  ciascun  mese,  in  memoria  dei  quaranta  giorni  di  digiuno  diN.  S.  GL  C. 
nel  deserto,  e  delle  quarant'ore  che  il  suo  sacratissimo  Corpo  dimoro 
nel  sepolcro.  II  sommo  Ponteflce  Pio  IV  di  f.  m.  insigni   questa  pia 
unione  del  titolo  di  Compagnia  deU'Orazione  e  della  Morle.   Aumen- 
tandosi  il  fervore  dei  fedeli  e  il  concorso  alle  mensili  esposizioni  del 
SS.  Sacramento,  Clemente  VIII,  il  25  novembre  1592,  ordind  che  in 
alcune  chiese   di  Roma  si  esponesse  successivamente   il   SS.    Sacra- 
mento per  quaranta  ore  continue,  di  maniera  che  non   vi    fosse   ora 
non  consacrata  alia  pubblica   adorazione   del  .SS.    Sacramento.    Cosi 
ebbe  origine  la  pia  istituzione  delle  40  ore.  Pero  se  in  altri    tempi 
1'Arciconfraternita  pote   promuovere   e   mantenere  lo   splendore    del 
culto,  ora  spogliata  di  tutti  i  suoi  beni,  in  forza  delle  nuove  leggi, 
e  addivenuta  impotente,  non  solo  a  continuare  la  mensile  esposizione 
del  SS.  Sacramento,  ma  ha  dovuto  pur  sospendere  la  pietosa   opera 
dell'associazione  dei  morti  poveri  in  citta  e  campagna,  scopo  precipuo 
della  sua  fondazione,"  e   forse   dovra   definitivamente   rinunziare  allo 
adempimento  di  un'opera  tanto  pietosa,  se  la  carita  dei  fedeli  non  le 
Tiene  in  soccorso.  Stando  cost  le  cose  il  Fr.   Provveditore   de'  Morti 
di   detta  Compagnia   ha    pubblicato    una    lettera   circolare  *,    (donde 
abbiamo  attinte  queste  notizie)  per  fondare  un'associazione  di  fratelli 
e  sorelle  affinche  collo  sborso  d'una  tenue  quota  si  possa  salvare  da 
wn  certo  e  prossimo  naufragio  la  Compagnia  stessa. 

3.  L'altro  fatto  riguarda  le  corone  di  fiori  ai  funerali;  e,  rispetto  a 
quest'uso,  in  un  giornale  cittadino  2  si  fa  questa  bella  proposta  che  ci 
piace,  in  parte,  di  pubblicare.  «  E  invalsa  disgraziatamente  1'idea  di 
mandare  corone  ai  funerali.  Ci6  anticamente  non  si  usava  che  per  le  don- 
zelle,  e  andava  benissimo,  indicando  che  una  giovinetta  cristiana  nella 
sua  morte  era  incoronata  sposa  di  Gesu.  Ora  pero  le  corone  si  mettono 
a,  tutti,  ed  a  chi  e  stato  piu  empio.  ordinariamente  se  ne  mandano 
di  piu,  quasi  per  allontanare  dai  viventi  1'orrore  della  vita  e  morte 
pessima  e  della  futura  eternamente  infelice.  In  ogni  caso  e  un  gran 

1  Circolare  di  Pietro  Franceschini,  Fr.  Prow,  dei  Morti,  31   genn.  1897. 
*   Voce  della  Verita. 


742  ORONACA 

male,  perche  si  crede  o  s'insinua  11  peusiero  che,  mandando  una  co- 
rona sul  cadavere,  non  si  deve  pensare  piil  all'anima,  n&  ad  altro.  E 
credo  che  la  maggior  parte  di  coloro  che  offrono  corone,  non  dicano 
neanche  un  Requiem  all'anima,  ancorche  vadano  per  convenienza  od 
amicizia  ai  funerali.  Per6  ho  detto  disgraziatamente,  da  principio.  E 
cio  forse  vedeva  con  intuito  papale  la  s.  m.  di  Pio  IX,  quando  una 
volta,  visitando  il  Campo  Verano  e  vedendo  sopra  un  sepolcro  una 
corona  (allora  cosa  rarissima)  la  fece  rimuovere,  dicendo  :  «  La  co- 
rona ai  defunti  solo  Iddio  la  deve  dare  in  cielo.  »  In  ogni  caso  6 
certo  che  1'uso  delle  corone  e  invalso  dopo  che  si  e  insediata  in  Roma 
la  Massoneria...  E  per  queste  corone  quanto  si  spende  !  Talvolta  le 
50  e  le  100  lire.  Ora  io  dico,  non  sarebbe  una  santa  missione  per 
tutti  i  fogli  cattolici  stringersi  in  lega  per  fare  eliminare  quest' uso 
pagano,  massonico,  o  per  lo  meno  profano  e  dannoso  alle  anime  dei 
defunti?  Percio  mi  rivolgo  alia  S.  V.  direttore  di  un  foglio  autore- 
vole  e  per  di  pifi  romano,  affinche  voglia  promuovere  verso  gli  altri 
fogli  cattolici  questa  santa  lega,  proponendo  di  eliminare  le  corone 
nei  funerali  (eccettuate  quelle  delle  donzelle,  dove  ne  basta  una  anche 
di  fiori  artificiali)  e  di  sostituire  invece  suffragi  ed  opere  espiatorie  per 
le  anime  dei  defunti,  come  sono  preghiere,  elemosine,  Messe,  indul- 
genze  da  applicare,  comunioni,  esposizione  del  SS.  Sacramento,  eccetera. 
Ho  letto  giaTvarie  volte,  che  alcuni  prima  di  morire  o  nelle  dispo- 
sizioni  testamentarie  hanno  voluto  che  non  si  mettessero  corone  ai 
loro  funerali,  e  molti  ancora  vi  sono  che  detestano  quest' uso.  Non 
si  potrebbe  invece  introdurre  la  costumanza  veramente  cristiana,  che 
quelli  che  vogliono  attestare  la  loro  condoglianza  sincera  e  giovevole, 
mandassero  alia  famiglia  dell'estinto  una  cartolina  o  biglietto  da  vi- 
sita,  o  biglietti  stampati  appositamente,  nei  quali,  in  una  alle  con- 
doglianze,  si  esprimesse  la  yolonta  di  fare  i  tali  e  tali  suffragii  per 
1'anima  del  trapassato?  Quanto  sarebbe  arnmirabile,  cristiano,  pro- 
ficuo  ed  esemplare  questo  santo  costume !  !  >  Tutto  cid  6  degno  d'altis- 
sima  commendazione,  e  anche  noi  la  proponiamo  come  un'idea  pro- 
fondamente  cristiana. 

4.  Due  illustri  personaggi  furono  in  questi  giorni  ricevuti  in  Va- 
ticano  :  cioe  S.  A.  R.  la  Principessa  Vittoria  di  Baden,  cugina  del- 
1'Imperatore  di  Germania  e  sposa  del  Principe  ereditario  di  Svezia 
e  Norvegia.  Fu  ricevuta  dal  Papa  il  19  febbraio  con  tutti  gli  onori 
dovuti  al  suo  grado,  e  si  trattenne  in  private  colloquio  per  oltre  mez- 
z'ora.  La  Principessa  alloggiava  al  Grand  Hotel,  dove  1'Eminentis- 
simo  Card.  Rampolla  le  restitui  la  visita.  L'  altro  personaggio  ricevuto 
dal  Papa  fu  il  Conte  De  Mun,  1'illustre  oratore  e  deputato  francese, 
il  quale  pud  dirsi  in  Francia  il  capo  di  coloro  che  seguono  nella 
cosa  pubblica  la  direzione  del  Papa. 


CONTEMPORANEA  743 

5.  Parliamo  in  quest!  ultimi  due  paragrafi  di  due  cose   piuttosto 
tenui,  ma  che  fanno  parte  anch'  esse  della  storia  della  citta  :  cioe  lo 
sciopero  del  macellai,  e  il  carnevale  del  1897  -  -  I  macellai  per  pa- 
recchi  giorni  misero  in  angustia  tutta  una  intera  e  grande  citta  per 
pretension!  inutili  e  illegali.  La  legge  municipale,  cioe,  permette  la 
vendita  di  carne  equina  ;  vendita  fatta  sotto  la  vigilanza  municipale, 
come    si  fa    a  Parigi,  Vienna    e    Berlino.    Vendita,  a  dir   vero,    che 
non  si  faceva  prima  della  venuta  de'  fratelli  a  liberare  i  Romani ;  ma 
che  ora  e  necessaria    per    chi    non  ha  soldi  a   provvedersi  di   carne 
'di  bue,  e  d'  altra  parte  e  certo  che  la  carne    equina  e  igienica    an- 
ch'essa.  Ora  i  macellai,  temendo  una  diininuzione  di  lucro  per  questa 
vendita,  si  sono  ribellati  alia  legge   municipale,    castigando  per  piu 
giorni  la  eittadinanza  romana  col  chiudere  tutti  i  macelli  della  citta. 
II  municipio  in  tale  occasione  prese  si  un  buon    provvedimento,    fa- 
cendo  aprire  a  macellai  soldati  un  circa  tredici  spacci  di  carne  (  pochi 
davvero  per  una  popolazione  di  400  mila  abitanti  e  per  le  distanze, 
onde  Eoma  e  famosa);  ma  dall'altra  parte  fu  troppo  indulgente  contro 
gli  scioperanti  e  i  ribelli  alia  legge  municipale,  intimando  loro,  sotto 
pena  di  multa,  la  riapertura  degli  spacci,  solo  dopo  una    diecina  di 
giorni.  Ed  e  certo  che  durante  que'  giorni  le  leggi  municipal!  e  go- 
vernative  furono  apertamente  violate.  Fu  violato  1'articolo    179  della 
polizia  urbana,  ove  si  dice  doversi  tenere  i  negozi    aperti   in  tutti  i 
giorni,  dal  levare  del    sole  fino  a  due  ore   di    notte    almeno,  e  non 
potendo  essi  cessare  dalP  esercizio   dei  loro   negozi  se   non    quindici 
giorni  dopo  averne  dato  avviso  all'autorita  comunale.  Furono  inoltre 
violati  parecchi  articoli  anche  del  codice   penale  ;    p.  e.    gli    articoli 
165  e  166,  i  quali  sono  di   tal    tenore  :    «  Art.  165.    Chiunque    con 
violenza  o  minaccia,  restringe  o  impedisce  in  qualsiasi    modo   la  li- 
berta  dell'industria  o  del  commercio,  e  punito   con  la  detenzione  sino 
a  venti  mesi  e  con  la  multa  da  lire  cento  a  tremila.  Art.  166    Chiun- 
que con  violenza  o  minaccia  cagiona  o  fa  produrre  una  cessazione  o 
sospensione  di   lavoro,    per   itnporre,  sia  ad    operai,    sia  a  padroni  o 
imprenditori,  una  diminuzione  od  un  aumento  di  salarii,  ovvero  patti 
diversi  da  quelli  precedentemente  consentiti,  e  punito    con  la  deten- 
xione  sino  a  20  mesi.  »  I  macellai,  pero  in  questo  sciopero  si   sono 
guardati  bene  dal   porre   innanzi  i   loro   interessi   come   causa    della 
chiusura  de'  macelli,  dicendo  il  farsi   cid   da  essi    solo   per   il   bene 
de'  cittadini.  Erano  impietositi,  cioe,  al  vedere  che  quelli  (ben  pochi) 
mangiassero  carne  equina  invece  delle  costolette  di  vitella.  Ma,  a  dir 
vero,  fu  una  carita  pelosa. 

6.  II  carnevale  romano  oggimai,  si  sa,  non  e  piu  quello  descritto 
si  maestrevolmente  dal  Goethe,  ove  a  uu  dato  segno  Pallegrezza  piu 
spensierata  s'  impossessava,  come  all'alzarsi  d'  una  bacchetta  magica, 


744  CRONACA 

della  folia  ;  e  ove  il  popolano,  misto  al  nobile,  discendeva  in  piazza 
ed,  eccetto  1'uccidersi  o  ferirsi,  era  lecito  ogni  cosa  ne' limiti  del- 
1'onesto.  Quest'  anno  e  stato  notevole  il  corteo  di  Marco  Aurelio,  di 
cui  crediamo  bene  fare  un  cenno  ;  perche  i  costumi  de'  popoli  e  le- 
cose  artistiche  devono  far  parte  della  storia,  non  meno  delle  guerre 
e  delle  succession*  dei  Re.  II  corteo  e  stato  ideato  ed  eseguito  assai  bene 
e  con  sufficiente  verita  storica.  Esso  rappresentava  la  discesa  di  Marco- 
Aurelio  dal  Campidoglio  e  1'avviarsi  con  tutta  la  pompa  a  un  sacri- 
ficio  ;  e  chi  assiste  alia  sua  sfilata  pel  Corso,  aveva  veramente  una 
visione  romana.  Inseriamo  qui  la  descrizione  che  del  detto  corteo  e-. 
stato  pubblicato  da  un  giornale  cittadino  '.  «  Aprivano  il  corteo  i  Fe- 
deli  capitolini  sopra  cavalli  romanamente  ammantati,  a  cui  seguivano- 
sacerdoti  in  bianca  veste  ;  e  poi  huccinatori,  con  corni  e  trombe  di 
antica  foggia  ;  liliori,  giovanetti,  istrioni  in  gran  numero,  con  nac-' 
chere,  tamburelle  e  piatti  ;  schiavi  portanti  a  spalla  un  immense 
vaso  dorato  per  i  profumi  da  ardere,  sagrificatori,  recanti  il  bue  con 
coma  dorate  per  1'immolazione.  Quindi,  sotto  una  specie  di  baldac- 
chino  retto  da  otto  aste  sormontate  da  aquile  romane,  e  portate  da 
otto  schiavi  negri,  cavalcava  Marco  Aurelio,  la  cui  figura,  con  mano 
distesa  e  panneggiamento  il  tutto  in  bronzo,  rispecchiavano  abba- 
stanza  la  nota  statua  equestre  capitolina  :  non  cosi  bene  era  pero 
imitate  il  cavallo.  Ai  lati  di  Marco  Aurelio  trovavansi  due  flabellarii,. 
con  ventole  di  lunghe  penne  bianche.  Appresso  cavalcava  la  scorta 
di  comoli  e  patrizii,  in  ricchi  costumi  guerreschi  e  civici.  A  spalla 
quindi  era  portata  in  artistjca  lettiga  una  matrona  romana,  drap- 
peggiata  in  pelliccerie  e  stoffe;  e  subito  dopo,  bighe  guidate  da  aw- 
r if/hi,  in  manti  svolazzanti  al  vento.  II  concerto  dei  militi  romani, 
che  suonavano  polke  e  marcie  un  po'  troppo  moderne,  precedeva  la 
sfilata  di  alcuni  dei  frammenti  archeologici  capitolini  ed  urbani,  be- 
nissimo  imitati  e  di  grandezza  naturale.  Cosi  i  due  leoni  di  basalta 
della  gradinata  capitolina ;  le  teste  in  bronzo  e  marmo,  di  Nerone  e 
Tiberio,  nonche  la  mano  con  I'indice  al%ato,  del  cortile  senatorio;  il 
Pie  di  marmo,  i  due  cinocefali,  e  finalmente  il  busto  colossale  di 
Madama  iMcrezia.  Le  statue  di  Castore  e  Polluce  erano  raffigurate  da 
esseri  viventi.  I  carri  ben  riusciti  anch'  essi.  Quello  di  Cupido  rap- 
presentato  da  un  grazioso  bambino  che  guidava  un  gruppo  di  colombe. 
Quello  di  Apollo  simboleggiato  nell'enorme  statua  argentata  di  questo 
dio,  circondata  da  Vestali.  E  finalmente  quello  grandissimo  di  Giove^. 
la  cui  statua  troneggiava  dinanzi  a  un  portico,  avente  ai  piedi  la 
figura  sedente  di'Koma  con  asta  e  globo,  personificata  da  una  gio- 
vane,  fianche.^giata  dalle  statue  capitoline  dei  fiumi  Tevere  e  Nilo> 

*   Voce  della   Verita,  n.°  45. 


CONTEMPORANEA  745 

rappresentate  da  individui  distesi.  Altre  figure  di  guerrieri  e  sacer- 
doti  schierati  per  le  gradinate  e  le  balaustre,  compivano  1'ornamento 
dell'architettonico  carro,  tratto  da  tre  paia  di  gross!  buoi.  Un  secondo 
gruppo  di  Fedeli  capitolini  a  cavallo  chiudeva  il  corteo.  » 

II. 
COSE  ITALIANS 

l.Seconda  fase  degli  avvenimenti  di  Candia:  1'intlmo  delle  Potenze  alia  Grecia 
di  ritirar  le  sue  milizie.  —  2.  Conferenza  internazionale  di  sanita  a  Venezia. 
—  3.  Fine  d'una  chiesa  scismatica  a  Piacenza.  —  4.  Documenti  massouici. 

1.  La  seconda  fase  degli  avvenimenti  di  Candia,  dopo  quel  che  nar- 
rammo  nell'ultimo  quaderno,  e  stata  il  bombardamento  d'Akrotiri  per 
parte  delle  armate  europee  e  1'intimo  da  loro  dato  alia  Grecia  di  abban- 
donar  Candia  entro  sei  giorni,  per  formare  dell'isola  un  regno  autonomo 
sotto  1'alto  patronato  del  Sultano  de'  Turchi.  II  giorno  21  febbraio, 
dunque,  continuando  i  Greci  insieme  ai  Candiotti  a  guerreggiare  i 
Turchi  dentro  1'isola,  le  armate  europee,  per  far  cessare  la  strage, 
<jome  dissero,  puntarono  i  cannoni  contro  Greci  e  Candiotti  in  favore 
•de'  Turchi.  I  primi  colpi  partirono  dalla  corazzata  tedesca  Kaiserin 
Augusta  e  furono  seguiti  da  altri  delle  altre  navi  che  andarono  a  ferire 
il  campo  ellenico  ad  Akrotiri.  Dopo  eio  la  diplomazia  europea  mando 
alia  Grecia  un  intimo  di  ritirare  la  sua  flotta  entro  sei  giorni  da  Candia 
•e  un  altro  ordine  al  Sultano  affinche  si  assoggettasse  alia  delibera- 
zione  delle  Potenze,  di  costituire  a  Candia  un  regno  autonomo  sotto 
1'alta  sovranita  turchesca.  Questa  e  quel  che  chiamiamo  la  seconda 
fase  degli  avvenimenti  di  Candia.  Vedremo  poi  che  fara  la  Grecia  — 
Questi  nudi  fatti  somministrano  a  chi  pensa  ampia  materia  di  rifles- 
sioni.  La  prima  e  la  contraddizione  tra  1'Europa  cristiana  medievale 
•e  la  moderna :  quella  faceva  crociate  contro  i  Turchi,  questa  lancia 
bombe  contro  i  Cristiani.  La  seconda  riflessione  e  la  contraddizione 
della  stessa  Europa  moderna  con  se  stessa :  da  per  tutto  si  e  sancita 
od  approvata  la  sovranita  popolare,  e  il  principio  di  iiazionalita  (e  tutti 
sanno  quanto  scalpore  ne  menarono  in  Italia  i  liberali  fino  a  decre- 
tare  a  Ferdinando  II  il  titolo  di  Ee  bomba],  ed  ecco  essa  stessa  lan- 
ciar  bombe  contro  il  popolo  greco  e  candiotta.  E  disse  bene  chi  affermo 
che  le  bombe  d'Akrotiri  decapitarono  la  cosi  detta  civiltd  mod&rna. 
La  terza  riflessione  &  il  timore  del  domani  e  il  difetto  di  generosita  di 
che  fanno  mostra  i  discendenti  de'  crociati :  difetto  di  generosita  in 
prima,  poiche  ad  aggiustare  gli  affari  di  Candia  non  mossero  un  dito 
prima  che  la  Grecia  spedisse  le  sue  navi  nell'isola,  mentre  i  turchi 
sgozzavano  impunemente  i  cristiani ;  timore  del  domani ;  perche  non 
altra  ragione  si  pud  dare  (per  esempio,  per  parte  del  colosso  russo)  il 


746  CRONACA 

quale,  pure  agognando  ardentemente  al  Bosforo,  ciononostante  vuol 
conservare  1'integrita  dell'impero  turchesco.  E  bastano  quest!  cenni 
per  quei  lettori,  i  quali,  oltre  il  conoscere  i  fatti,  volessero  flccare 
gli  occhi  un  poco  pin  oltre.  Perd,  come  ognuno  vede,  qui  si  parla 
dell'opera  diploinatica  europea  secondo  i  principii  da  essa  medesima, 
pill  o  meno,  precedentemente  approvati ;  poiche,  considerata  in  ae" 
stessa  la  deliberazione  delle  Potenze,  ha  un  lato  buono,  ed  &  la  for- 
mazione  di  quella  specie  di  tribunale  internazionale,  il  quale,  benche" 
non  sia  stato  finora  costituito  formalmente,  pure  sembra  essere  il 
frutto  di  questo  operar  coucorde  delle  Potenze  per  decidere  senza  spar- 
gimento  di  sangue  i  conflitti  tra  nazione  e  nazione.  E  solo  da  desi- 
derare  che  esso  sia  guidato  da  altre  idee  che  non  sono  1'egoismo,  1'op- 
portnnismo  e  la  forza  brutale,  come  appare  evidente  nel  fatto  di  Candia. 
Qualche  giornale  francese  ha  messo  fuori  perfino  1'idea  che  tutto  il 
motivo  dell'intervento  europeo,  in  favore  dell'impero  turco,  sia  quello 
di  salvare  i  banchieri  cosmopoliti,  i  cui  interessi  (legati  a  filo  doppio 
con  le  Potenze  stesse)  pericolerebbero  se  si  sfasciasse  1'impero  ot- 
tomano  l. 

1  Ecco"  il?  testo  della  deliberazione  che  i  rappresentanti  delle  Potenze 
europee  mandarono  alia  Grecia.  6  un  modello  d'un  genere  letterario  di- 
plomatico  moderno  che  si  leggera  con  piacere  :  —  «  Ho  ricevuto  ordine 
dal  mio  Governo  di  portare  a  cognizione  dell'  E.  V.  che  le  grandi  Potenze 
si  accordarono  per  stabilire  una  linea  comune  di  condotta,  destinata  a  porre 
fine  ad  una  situazione  che  non  poterono  prevenire,  ma  il  cui  prolungarsi 
sarebbe  tale  da  compromettere  gravemente  la  pace  europea.  A  tale  effetto, 
i  Governi  di  Germania,  Austria-Ungheria,  Francia,  Gran  Brettagna,  Italia 
e  Russia  si  sono  accordati  sui  due  punti  seguenti:  1.°  L'isola  di  Greta  non 
potra  in  nessun  caso  nelle  attuali  congiunture  essere  annessa  alia  Grecia; 
2°  Visto  i  ritardi  portati  dalla  Turchia  nell'applicazione  delle  riforine  con- 
cretate  di  concerto  con  esse  e  che  non  ne  permettono  piu  1'adozione  a  stato 
di  cose  trasformato,  le  Potenze  sono  risolute,  pur  mantenendo  1'integrita 
dell'impero  ottornano,  di  dotare  1'  isola  di  Greta  di  un  regime  autonomo 
assolntamente  effettivo.  destinato  ad  assicurarle  un  governo  separato  sotto 
1'alta  sovranita  del  Sultano.  La  realizzazione  di  queste  vedute  non  potrebbe, 
secondo  la  convinzione  delle  Potenze,  ottenersi  che  mediante  il  ritiro  delle 
navi  e  delle  milizie  elleniche,  attualmente  nelle  acque  e  territori  dell'isola  at- 
tualmente  occupati  dalle  Potenze.  E  pero  aspettiamo  con  fiducia  tale  decisione 
dalla  saggezzadel  governo  di  S.  M.  che  non  vorra  persistere  in  una  via,  oppo- 
staalla  risoluzione  delle  Potenze,  decise  a  conseguire  la  pronta  paciflcazione, 
altrettanto  indispensabile  per  1'isola  di  Greta,  quanto  pel  mantenimento  della 
pace  generale.  Non  dissimuliamo  tuttavia  a  V.  E.  che  le  mie  istruzioni  pre- 
scrivono  di  prevenirla  che,  in  caso  di  rifluto,  da  parte  del  governo  ellenico,  le 
grandi  Potenze  sono  irrevocabilmente  risolute  di  non  indietreggiare  dinanzi 
H  verun  mezzo  di  coercizione.  se,  allo  spirare  del  termine  di  sei  giorni,  il 
richiamo  delle  navi  e  delle  truppe  elleniche  da  Greta  non  sara  effettuato.  » 


GONTEMPORANEA  747 

2.  A  Venezia,  il  16  febbraio,  nella  sala  grande  del   palazzo  reale 
s'apri  la  conferenxa  internazionale  di  sanita,  convocata  a  fine  di  pren- 
dere  provvedimenti  contro  la  peste,  scoppiata  nell'India.  Ne  fu  pre- 
sidente  S.  E.  il  Conte  Bonin,   sottosegretario   di   Stato   per  gli  affari 
esteri,  il  quale,  nella  tornata  di   apertura,   reco  il  saluto   d'ltalia  ai 
rappresentanti  di  Austria  e  Ungheria,  Belgio,  Danimarca,  Egitto,  Fran- 
cia,  Germania,  Grecia,  India,  Inghilterra,  Olanda,  Portogallo,  Russia, 
Serbia,  Spagna,  Stati  Uniti,  Svezia  e   Norvegia,    Svizzera  e  Turchia. 
II  Bonin  disse  che  Venezia,  a  guisa  di  ponte  gettato  sul  Mediterraneo 
e  punto  d'unione  dell'Oriente  e  dell'Occidente,  era  lieta   di  ospitare 
i  rappresentanti  di  tutte  le  nazioni  civili,  per  attestare  al  mondo  1'unione 
umana  contro  le  forze  distruttive  della  natura.  II  nemico  e  alle  porte 
(egli  disse  in  sentenza).  Un  flagello,  che  credevasi  vinto,  devasta  no- 
bili  contrade,  gia  culla  della  nostra  civilta,  e  per  la  prima  volta  dopo 
molti  anni  minaccia  nuovamente  1'Europa.  Le  popolazioni  spaventate 
chiedono  provvedimenti,  e  la   conferenza   e  precisamente  chiamata   a 
provvedere  che  le  disposizioni  prese  da  ciascuno  nella  sfera  d'azione 
della  propria  sovranita  si  compiano  con  le  analogue  disposizioni  degli 
altri  Stati.  Cosi   il  Bonin.  Voglia   il    cielo   che   i  nobili   sforzi    della 
scienza   diminuiscano  al  genere  umano  le  lacrime  e  i  dolori 

3.  In  questi  giorni  ebbe  fine  a  Fiacenza  lo  scandalo   del  riforma- 
tore  D.  Paolo  Miraglia,  sacerdote  sconmnicato,  che  aveva  aperto   un 
oratorio  scismatico  a  Piacenza  stessa,  come  noi  gia  nan-ammo.  L'ul- 
timo  fatto  che  ha  determinate  lo  sfacelo  della  pseudoriforma  miragliana 
e  stato  un  famigerato  processo  contro  il  detto  sacerdote,  accusato  d'aver 
sedotto  una  fanciulla  di  casa  Arcelli.  Dopo  la  sentenza  del  tribunale, 
1'istessa  autorita  civile  di   Piacenza   ordino  la   chiusura   dell'oratorio 
miragliano;  e  narrano  che  1'ispettore  generale  nel  consegnare  al  Mi- 
raglia il  decreto  del  Prefetto,  gli  abbia  detto :  Se  Lei  parte  da   Pia- 
cenza, il  Governo  le  ne  sara  riconoscente,  rendendosi  benemerito  della 
tranquillita  pubblica.  Ecco  il  decreto  del  Prefetto  Ferrari,  nel  quale 
autorevolmente  so  no  narrati  i  fatti,  che  fanno  parte  della  triste  istoria 
miragliana,  e  che  e  necessario  conservare.  «  Ritenuto  che  il  prete  siculo 
Paolo  Miraglia,  chiarnato  qui  nel  maggio  1893  ad  esercitare  tempora- 
neamente  la  predicazione,  qui  fermava  la  sua  residenza  e  per  rappre- 
saglia  ad  attacchi  ed  ingiurie  anonime,  cui  diceva  essere  fatto  segno 
da  una  parte  del  pubblico  piacentino,  ed  esprimendo  dal  pergamo  il 
BUG  risentimento,  trasmodava  nelle  sue  difese,  dando  luogo  a  polemiche 
che  indussero  ad  un  pubblico  dibattimento  che  ha  perturbata  la  pace 
di  questa  citta :  che  in  seguito  colpito  il  Miraglia  della  maggiore  sco- 
munica  pronunciata  dal  sommo  Pontefice,  e  fatto  pubblico  il  divieto 
di  esercitare  qualsiasi  atto  di  culto  in  tutte  le  chiese  di  questa  citta 
e  diocesi,  egli  apriva  in  Piacenza,  via  Trebbiola,  in  locali  di  proprieta 


748  CRONACA 

privata,  ma  aperto  al  pubblico,  un  cosidetto  oratorio,  nel  quale  oltre 
al  celebrare  riti  e  funzioni  del  culto  cattolico,  ha,  quasi  puo  dirsi  ogni 
giorno,  predicate  massime  morali  e  precetti  del  Vangelo,  intrattenen- 
dosi  per6  di  preferenza  (o  per  meglio  dire)  quasi  sempre,  di  fatti  per- 
sonali  suoi,  che  ricordavano  oetilita  ed  odiosita  di  cui  pretendeva  essere 
fatto  segno  dal  clero  piacentino  e  da  parte  della  stampa  cittadina,  di 
un  processo  penale  da  lui  provocato,  e  delle  accuse  a  sua  volta  mosse 
ai  suoi  avversarii,  eccitando  cosi  e  mantenendo  eccitati  gli  animi;  rite- 
nuto  che  se  questo  stato  di  cose  anormali  ha  potuto  essere  fin  qui  tol- 
lerato  in  omaggio  ai  principi  di  liberta  religiosa  e  di  riunione,  larga- 
mente  intesi  ed  applicati,  non  lo  pud  piu  essere  per  1'avvenire  dopo 
che  fu  emanata  e  resa  pubblica  la  sentenza  della  corte  d'Appello  di 
Parma  che  rinvia  bensi  il  conte  Arcelli  Marco  e  Alberio  Solenghi  alle 
Assise,  come  colpevoli  di  tentato  omicidio  contro  il   Miraglia,  ma  in 
modo  solenne  ed  autorevole  dichiara  provati  a  carico  dello  stesso  Mira- 
glia fatti  gravi  e  turpi  e  1'oltraggio  recato  ad  una  distinta  famiglia  di 
questa  citta  che  lo  aveva  accolto  con   rara  e  cortese  ospitalita  e  cir- 
condato  della  maggiore  benevolenza;  ritenuto  che  riuscirebbe  di  grave 
offesa  al  decoro  ed  al  sentimento  della  grande  maggioranza  di  questa  cittik 
seria  e  civile,  il  tollerare ,  che  quest'uomo,  dopo   cosi  gravi  scandal! 
continuasse  ad  atteggiarsi  ad  apostolo  di  morale,  di  religione  e  di  giu- 
stizia;  ritenuto  che  per  altri  ed  anew  piu  gravi  motivi  si  avvisa  oppor- 
tune di  ordinare  la  chiusura  del  detto  oratorio  in  quanto  che  il  Miraglia, 
che  per  parecchi  mesi  e  quando  non  erano  peranco  note  le  risultanze 
del  procedimento  penale  su  indicate,  aveva  sempre  serbato  una  certa 
qual  misura,  in  questi  ultimi  tempi  ha  abbandonato  ogni  ritegno  vitu- 
perando  con  frasi  e  parole  volgari,  ignobili,  la  Gerarchia  cattolica,  il 
venerando  Pastore  di  questa  citta  e  diocesi,  e  tutto  il  suo  clero  e  parte 
della  stampa  cittadina,  e  tutti  coloro  che  gli  sono  e  debbono  essere 
decisamente  avversi  ;  ritenuto  che  da  tali  sue  intemperanze,  possono- 
derivare,  attesa  la  eccitazione  degli  animi,  che  si  fa  sempre  maggiore, 
gravi  e  pericolose  conseguenze,  delle  quali  gia  i  prodromi  si  sono  veri- 
ficati  nell'odio  e  rancore  sorti  fra  le  diverse  classi  della  cittadinanza, 
nei  chiassi  e  nei  disordini  awenuti  sulle  vie  e  sulle  piazze  della  citta ; 
visti  gli  articoli  1,  7,  8  della  legge  sulla  S.  P.  e  1'art.  3  della  legge 
proviuciale  e  comunale.  per  motivi  di  ordine  pubblico,  decreta :  1°  il 
cosi  detto  oratorio  di  S.  Paolo  aperto  in  questa  citta  in  via  Trebbiola 
e  chiuso  ed  e  vietato  esercitarvi  d'ora  innanzi  qualsiasi   rito  o  fun- 
zione  di  culto  come  pure  di  tenervi  pubbliche  riunioni ;  2°  i  contrav- 
ventori  a  quanto  sopra  saranno  deferiti  all'autorita  giudiziaria  e  pu- 
niti  a  sensi  di  legge.    3°  il  signor  Ispettore  provinciale  di  P.  S.  ed 
il  signor  comandante  dei  reali  carabinieri  sono  incaricati  di  provve- 
dere  alia  osservanza  del  presente  decreto.  —  Piacenza,  19  febbraio  7857. 


CONTEMPORANEA  749 

II  Prefetto  FERRARI.  »  —  Dopo  cio,  narra  1'  Osservatore  catiolico  che  i 
Protestanti  di  -Milano,  radunatisi  a  consiglio,  hanno  deliberate  d'acco- 
gliere  il  Miraglia  nel  loro  seno  e  dargli  il  titolo  di  Maestro  e  Pastore. 
Nulla  di  meglio  che  i  riformatori  s'uniscano  e  si  aiutino  a  vicenda. 
4.  Kegistriamo  qui  due  piccoli  documenti  massonici,  che,  uniti 
agli  altri,  servono  di  fondamento  sicuro  e  certo  (piu  che  altri,  incerti 
e  dubbii,  provenienti  da  ignote  fonti  o  almeno  sospette)  per  lo  studio 
delle  cose  massoniche.  II  primo  e  un  tratto  della  circolare  recente 
di  E.  Nathan  per  le  prossime  elezioni ;  il  secondo  una  pergamena  of- 
ferta  a  Leone  Bourgeois,  massone  francese,  venuto  teste  in  Italia. 
II  Nathan  nella  circolare  cosi  parla  di  tre  ostacoli  da  togliere  per  il 
bene  pubblico  :  «  (Hi  ostacoli  sono  tre:  1'ignoranza,  la  reazione,  la 
corruzione.  La  ignoranza,  inconscia  della  importanza  del  mandate  elet- 
torale,  lascia  la  grande  maggioranza  degli  elettori  indifferenti  all'esito 
della  lotta  e  la  pone  in  balia  di  pochi  attivi  ed  influenti,  spesso  inte- 
ressati,  poco  scrupolosi.  La  reazione  (intendi  I'azione  pubblica  dei  cri- 
stiani  cattolici)  asservendo  il  pensiero  politico  ad  istituzioni  condannate 
dalle  leggi  e  dalla  civilta,  lo  interra  nel  cimitero  di  morte  speranze  e 
morte  cupidigie.  La  corruzione  asservendo  1'azione  politica  ad  inte- 
ressi  di  individui,  fazioni  e  consorterie,  la  svia  di  ogni  fine  di  bene, 
la  decompone,  la  imputridisce.  II  compito  dei  Massbni  e  quindi  di 
risvegliare  gli  elettori  che  non  votano,  combattere  quelli  che  hanno 
legami  coi  clerical! .  >  —  Or  ecco  1'iscrizione  della  pergamena  offerta  a 
Leone  Bourgeois :  al  Fr.  illustre  —  Leone  Bourgeois  —  che  nella  sua 
Francia  —  dai  Consigli  della  Eepubblica  — •  ai  Comizi  di  popolo  - 
mantiene  vivo  il  fuoco  d'ogni  rivendicazione  civile  —  il  4  febbraio  1897 
—  ricordi  I' ammirazione  e  Vaffetto  —  delle  Logge  Mass.'.  Milanesi  — 
all'obb.'.  del  G.\  0.'.  di  Roma. 

III. 
COSE  STRANIERE 

IRLANDA  (Nostra  Corrispondenza) .  —  1.  II  Cardinale  Gibbons  sull'immi- 
grazione  degli  Irlandesi  negli  Stati  Uniti.  Un  popolo  missionario.  — 
2.  Una  Universita  cattolica  in  Irlanda.  —  3.  II  peso  ingiusto  dei  tri- 
buti  imposti  all'  Irlanda.  —  4.  II  Governo  inglese  e  le  scuole  libere 
(Voluntary  Schools}. 

1.  In  uno  degli  ultimi  quaderni  di  una  Rivista  irlandese,  S.  E.  il 
Cardinale  Gibbons,  Arcivescovo  di  Baltimora,  tratta  con  ispirito  di 
generosa  carita  e  simpatia  il  tema  della  immigrazione  irlandese  negli 
Stati  Uniti.  La  questione  ci  tocca  molto  nel  vivo,  ed  e  stata  per  noi 
causa  di  grandi  amarezze  e  lagnanze.  I  nostri  fratelli  hanno  dovuto 


750  CRONACA 

da  lungo  tempo  cercare  lontano  dai  lidi  nativi,  in  mezzo  a  stranieri, 
il  sostentamento  della  vita  che  veniva  loro  negate  nel  patrio  suolo.  Ma 
per  quanto  generosa  fosse  1'ospitalita  loro  accordata  da  estranei  popoli, 
essi  non  potevano  mai  diinenticare  di  essere  stati  allontanati  e  quasi 
strappati  dalle  proprie  contrade,  se  non  dalla  forza  del  braccio,  almeno 
dalla  dura  iinperiosita  di  tristi  circostanze.  La  mestizia  del  loro  esilio 
&  proverbiale,  e  fu  scolpita  nella  frase  che  essi  non  espatriarono, 
ma-furono  espatriati,  significandosi  con  cid  essere  gl'infelici  vittime 
della  necessita  e  non  volontarii  emigranti.  Naturalmente,  agli  occhi 
degli  Americani  la  cosa  rivestiva  e  riveste  un  altro  aspetto,  e  ne  rice- 
viamo  un  saggio  ed  una  pregevole  illustrazione  appunto  dal  mirabile 
scritto  del  Cardinale  Gibbons.  Superfluo  dire  che  egli  tratteggia  il  suo 
argomento  con  viva  mano  maestra,  e  non  soltanto  col  valore  dei  rag- 
guagli  statistic!  che  adduce,  ma  eziandio  colla  saviezza  istruttiva  e  con- 
cludente  delle  considerazioni  che  svolge  circa  gli  effetti  dello  storico 
avvenimento  sulla  fibra  religiosa  e  morale  del  popolo  degli  Stati  Uniti, 
nonche  con  1'autorevole  testimonianza  che  porge  delle  qualita  dell'Ir- 
landese  in  quanto  colonix.zatore  e  propagatore  della  sua  fede.  II  Car- 
dinale ha  conosciuto  per  scienza  ed  esperienza  propria  molto  profon- 
damente  ed  intimamente  i  nostri  fratelli  oltre  Atlantico,  di  guisa 
che  nessuna  parte  delle  loro  opere  e  delle  loro  aspirazioni  pud  sfug- 
gire  alia  sagacia  del  suo  spirito  osservatore.  Come  prete  e  come  Ve- 
scovo,  egli  ha  dovuto  venire  di  continue  con  essi  in  istrettissima  re- 
lazione ;  il  che  da  il  piu  grande  peso  alle  sue  parole.  Egli  esordisce 
avvertendo  che  una  specie  di  umore  girovago  ha  sempre  qualificato 
la  stirpe  celtica  della  noetra  isola,  sino  dai  piii  rimoti  tempi.  Gli  an- 
nali  di  tutte  le  nazioni  del  continente  abbondano  di  pagine  confermanti 
questa  sentenza.  Non  senza  maraviglia  si  legge  che  quasi  un  milione 
d'Irlandesi  pugno  e  soccombette  in  servigio  della  Francia,  senza  parlare 
di  quei  tanti  prodi  che  seguirono  le  alterne  fortune  della  Spagna,  del- 
1' Austria  e  pur  della  Eussia,  nei  secoli  XVII  e  XVIII.  La  scoperta  di 
un  nuovo  mondo  apri  un  campo  sconfinato  all'intraprendenza  irlandese, 
ne  questa  fu  lenta  a  slanciarvisi.  Un  Irlandese  viene  posto  da  Na- 
varrete  a  fianco  di  Cristoforo  Colombo.  Un  uomo  nativo  di  Cork  fu 
governatore  di  Nuova  York  verso  la  fine  del  secolo  XVII.  Col  se- 
colo  XVIII,  poi,  1'oppressione  religiosa  ed  il  patrio  malcontento  cospi- 
rarono  colle  cause  di  natura  economica  ad  accrescere  la  fiumana  della 
emigrazione,  rendendola  piu  vasta,  intensa  e  continua.  Non  passa 
mese,  che  in  America  non  si  registri  1'arrivo  di  centinaia  e  centi- 
naia  d'  Irlandesi ;  e  qui  il  Cardinale  Gibbons  ricorda  il  detto  dell'il- 
lustre  Generale  Washington,  primo  Presidente  degli  Stati  Uniti,  che 
cioe  nell'esercito  conquistatore  dell'  indipendenza  degli  Stati  Uniti  si 
potevano  contare  ben  cento  soldati  irlandesi  a  petto  di  uno  solo  di  altra 


CONTEMPORANEA  751 

stirpe.  Ma  soltanto  nell'a.  1820  si  cominciarono  a  tenere  in  America 
regolari  ed  ufficiali  registri  della  immigrazione.  Se  ora  applichiamo 
ai  tejapi  anterior!  la  proporzione  stessa  somministrata  dalle  statistiche 
moderne,  troviamo  che  dal  1776  al  1895,  1'  Irlanda  deve  avere  dato 
nientemeno  che  il  70  p.  100  della  complessiva  emigrazione  dalle  isole 
Britanniche.  In  somma  approssimativa,  poi,  si  pud  calcolare  il  numero 
degli  arrivi  dall'  Irlanda  negli  Stati  Uniti,  per  il  periodo  tra  il  1820 
ed  il  1896,  cioe  in  soli  75  anni  a  ben  3,725,000.  Nel  decennio  1820-30, 
se  ne  contarono  51,000;  in  quello  seguente  207,000  ;  nell'altro,  tempo 
della  famosa  e  terribile  carestia,  781,000,  e  nell'altro  ancora  914,000. 
«  Non  bisogna  dimenticare,  dice  il  Cardinale,  che  la  Nazione,  da  cui 
provengono  tante  moltitudini  di  uomini,  e  una  delle  piii  piccole  della 
terra,  ed  inoltre  che,  negli  ultimi  cinquanta  anni,  la  sna  popolazione 
e  discesa  da  otto  milioni  a  meno  assai  di  cinque  milioni  di  anime  ; 
e  che  nondimeno,  strano  a  dirsi,  il  suo  popolo  si  e  invece  aumentato 
nel  mondo  oltre  ogni  immaginazione,  potendosi  contare  oggimai  nel- 
1'uni verso  incivilito  ben  venti  milioni  di  uomini,  discendeuti  diretta- 
mente  dall'  Irlanda  ». 

Negli  Stati  Uniti  s'incontra  1'Irlandese  dappertutto ;  non  havvi  piu 
quasi  villaggio  americano  ove  non  se  ne  ravvisi  il  tipo.  Nelle  grandi 
citta,  poi,  le  colonie  irlandesi  sono  forti  e  potenti  oltre  ogni  credere, 
e  si  osserva  il  fatto,  messo  eloquentemente  in  rilievo  dal  Cardinale, 
che  le  avversioni  religiose  e  sociali  prevalent!  in  addietro  contro  i 
Cattolici  in  generale,  e  gl'Irlandesi  in  ispecie,  vanno  scomparendo, 
grazie  ad  un  complesso  di  cause,  tra  le  quali  non  ultima  e  la  faci- 
lita  onde  1'Irlandese,  mediante  le  naturali  sue  doti  ed  il  suo  amore 
al  lavoro,  si  eleva  in  tutte  le  sfere  della  vita  sociale  e  politica.  Nel 
petto  dell 'emigra ate  celta  lottano  due  istinti,  che  sembrano  dapprima 
ripugnanti  1'uno  all'altro,  e  che  invece  collimano  mirabilmente  a  dargli 
vigore  e  riputazione,  cio6  un  intenso  amore  per  la  terra  natia  e  nel 
medesimo  tempo  una  vera  passione,  un  vero  genio  per  ogni  opera 
missionaria.  La  sua  valle,  il  suo  casolare  in  Irlanda  hanno  per  lui 
nn  fascino  impareggiabile ;  ma  la  fede  cattolica  non  gli  e  percio  men 
cara  sopra  ogni  cosa  mortale.  Ed  invero  non  vi  e  regione  del  globo 
ove  gli  Irlandesi  non  abbiano  segnata  un'orma  profonda  del  loro  zelo 
per  la  religione,  e  non  siansi  adoperati  con  tutti  i  mezzi  per  ampliarla 
e  difenderla,  in  particolar  modo  per  sostenere  il  lustro  dell'Autorita 
Pontificia.  Ci6  si  verifica,  non  soltanto  nell' America  del  Nord,  ma  al- 
tresi  in  quella  del  Sud,  in  Australia,  in  Africa,  insomma  dovunque 
splende  il  sole.  «  Non  vorrei,  dunque,  conclude  il  Cardinale,  a  verun 
patto  dissuadere  1'immigrazione  irlandese  nelle  nostre  contrade,  invol- 
gendo  essa  cause  di  molto  superior!  alle  economiche,  particolarmente 


752  CRONACA 

quella  di  una  sana  ftbra  morale  e   religiosa,   tanto   necessaria  per  la 

vita  e  prosper! ta  delle  nazioni.  » 

2.  Colla  riapertura  del  Parlamento  in  Londra,  il  Governo  ha  ria- 
niinato  le  speranze  di  una  accettevole  soluzione  di  quella  tanto  agi- 
tata  e  tormentata  questione  di  un  insegnamento  univereitario  cattolico 
in  Irlanda.  II  signer  Balfour,  che  sembra  veramente  bramoso  di  ve- 
nirne  ad  un  componimento,  si  £  posto  all'opera  con  una  serieta  tale 
da  promettere  un  compiuto  e  definitive  assestamento  delle  cose.  Di- 
chiard.  d'altronde,  indispensabili  due  condizioni  per  giungere  ad  un 
qualsiasi  buon  esito,  e  cio£  ch'egli  sia  assicurato  anticipatamente  della 
buona  accoglienza  e  del  gradimento  dell'Irlanda  cattolica,  e  che  il 
nuovo  Istituto  non  sia  sotto  alcun  rispetto  inferiore  n&  al  Trinity  Col- 
lege protestante  ne  a  qualsiasi  altra  grande  Universita  inglese.  Siffatte 
condizioni  palesano  una  generosita  di  propositi  pari  ai  desideri  dei 
nostri  Cattolici.  II  Governo  annetteva  speciale  importanza  alia  ma- 
niera  di  comporre  il  corpo  direttivo  della  Universita,  giudicando  non 
dovere  esso  formarsi  esclusivamente  di  ecclesiastici.  ma  non  ricusando 
neppure,  a  quanto  sembra,  alcuni  posti  agli  uomini  di  Chiesa.  Per 
non  mettere  piede  in  fallo,  intanto,  egJi  ha  voluto  consultare  prima  la 
gerarchia  cattolica  d'Irlanda,  invitandola  ad  esporre  chiaramente  le 
sue  disposizioni  a  tale  riguardo,  e  dando  a  divedere  che  dalla  ri- 
sposta  dipendevano  le  future  decisioni  del  Governo.  Ora,  noi  pos- 
siamo  confidare  che  i  nostri  Yescovi  fonnuleranno  con  serenita  e 
fermezza  le  proprie  domande,  in  maniera  da  somministrare  un  saldo 
ed  accettevole  fondamento  alle  soluzioni  future  dell'importante  pro- 
blema.  Fa  piacere,  d'altronde,  1'udire,  che  il  signore  Leeky,  lo  sto- 
riografo  del  razionalismo  ed  interprete  dei  piu  tolleranti  ed  assennati 
protestanti,  ha  espresso  il  voto  che  siano  in  qualche  modo  appagati  i 
desiderii  dei  cattolici,  vuoi  col  fondare  una  Universita,  vuoi  col- 
1'aprire  uno  speciale  Collegio  annesso  alia  gia  esistente  Universita  di 
Dublino.  Se  tali  sentimenti  sono  diffusi  fra  i  protestanti,  niun  dubbio 
che  la  questione  sara  di  molto  semplificata  ed  alfine  proficuamente 
risolta.  Sia  che  otteniamo  una  nuova  fondazione,  sia  che  ci  sia  aperta 
dinnanzi  una  sola  Universita  veramente  nazionale,  ove  tutti  gl'Irlan- 
desi  possano  emularsi  nel  lavoro  dell'intelletto  in  condizioni  di  egua- 
glianza,  noi  ne  saremo  soddisfatti  e  riconoscenti.  L'Episcopato  irlan- 
dese  ha  gia  manifestato  il  suo  parere  in  favore  dell'una  e  dell'altra 
soluzione,  purche  sia  sinceramente  mantenuta  1'essenziale  condizione 
dell'uguaglianza.  II  signer  Balfour  vuole  essere  pure  accertato  per 
tempo  che  1'Universita  cattolica  d'Irlanda  sia  per  recare  alia  istruzione 
superiore  gli  stessi  frutti  di  simili  istituti  che  sono  nel  regno.  Ora, 
niun  dubbio  che  al  giorno  d'oggi  sono  enorini  le  esigenze  per  acqui- 
stare  alta  riputazione  ad  un  novello  Ateneo.  Ma,  quando  il  solo  me- 


CONTBMPORANEA  753 

rito  debba  valere  a  procacciarla,  es'ctusa  ogni  slealta  della  gara,  la 
gioventu  cattolica  irlandese  sente  di  potere  senza  presunzione  fare 
assegnamento  sulle  proprie  forze  e  sul  proprio  amore  allo  studio. 
Speriamo  quindi  che  non  ci  si  frappongano  miovi  ostacoli  e  nuovi 
ritardi,  che  fanno  all'Irlanda  Fimpressione  di  un  torto  irragionevol- 
mente  prolungato. 

3.  Un  fenomeno  straordinario  e  propriamente  unico  neila  nostra 
storia  e  stato  lo  spirito  di  unione  fra  tutti  i  partiti,  per  quanto  ante- 
cedentemente  diversi  e  nemici  fra  loro,  forma tosi  d'improvviso  dalla  ri- 
velazione  che  la  comune  patria  insulare  e  stata  per  una  lunga  serie  di 
anni  ed  e  tuttora  vittima  di  una  soperchieria  inqualificabile  da  parte 
della  piu  opulenta  e  possente  parte  del  Eegno  Unito,  sotto  forma  di 
una  indebitu  gravezza  di  tasse  e  balzelli.  Mai  non  erasi  veduta  infatti 
una  tanta  unanimita  di  sentimenti  persino  fra  Cattolici  e  Protestanti. 
In  sui  primordi  della  guerra  agraria  (land  war)  il  Nord  d' Irlanda, 
focolare  di  fanatismo  e  di  violenza,  erasi  benche  per  un  momento 
associato  al  resto  dell'  isola ;  ma  la  solidarieta  non  fu  ne  abbastanza 
estesa,  ne  abbastanza  cordiale,  per  produrre  alcun  buon  effetto.  Ora, 
invece,  il  caso  apparisce  molto  differente.  Sapete  oramai  come  una 
Commissione  Eeale,  eletta  dal  Parlamento  e  composta  di  uomini  sperti 
di  finanza  e  per  lo  piu  Inglesi,  abbia  sentenziato  che,  nel  presente 
sistema  tributario,  1'  Irlanda  fu  spogliata  ogni  anno  di  quasi  tre  mi- 
lioni  di  lire  sterline  oltre  1'equo,  il  legittimo  ed  il  ragionevole.  La 
stampa  conservatrice  d'Inghil terra  ha  voluto  oppugnare  le  conclusion! 
dei  propri  Commissarii  parlamentari ;  ma  naturalmente,  nel  fare  cio, 
non  trova  alcun  credito,  e  suscita  invece  piu  vivaci  le  proteste,  nelle 
quali  si  sono  trovati  concordi  in  pubbliche  riunioni  i  Yescovi  cat- 
tolici  ed  i  protestanti,  che  e  tutto  dire.  Dai  giorni  dell'Unione  delle 
due  isole  fino  ad  oggi,  1'Inghilterra  non  ha  fatto  altro  che  crescere 
in  popolazione  e  ricchezza,  1' Irlanda  invece  n'e  impoverita  in  pro- 
porzione  dell'una  e  dell'altra.  Ebbene,  cio  non  ostante,  il  peso  delle 
imposte  da  quell'epoca  si  e  quasi  quadruplicate  in  Irlanda,  ma  non 
gia  in  Inghilterra.  Da  noi  1'agricoltura,  unica  nostra  industria,  lan- 
guisce  e  decade;  la  terra  rimane  senza  coltivatori  i  quali  vanno  a 
cercare  altrove  il  pane.  In  Inghilterra,  all'opposto,  1'affittaiuolo  ha 
pronto  im  vantaggioso  mercato  per  i  suoi  prodotti  nei  vasti  centri 
di  manifatture  che  lo  circondano.  Ebbene,  lo  Stato  si  e  dato  premura 
d' intervenire  ad  alleviare  il  peso  delle  tasse  all'agricoltore  inglese, 
ma  non  ha  avuto  alcun  pensiero  per  1'irlandese.  Un  tempo  i  tributi 
locali  in  Irlanda  non  salivano  che  ad  un  milione  e  mezzo,  con  una 
popolazione  di  otto  milioni  di  anime :  oggi,  invece,  essi  ammontano 
a  ben  quattro  milioni,  cogli  abitanti  ridotti  alia  meta.  Siffatte  ingiu- 
stizie  sono  cosi  manifeste  e  clamorose,  che  sarebbe  inutile  insistere 

Serie  XVI,  vol.  IX,  fate.  1122.  48  13  marzo  1897. 


754  CRONACA 

nel  deplorarle  e  biasimarle.  Speriamo  che,  come  la  Commissione  Reale 
ebbe  la  franchezza  ed  il  coraggio  di  confessarle  pubblicamente,  cosi  lo 
Stato  abbia  1'equita  di  mettervi  un  doveroso  e  soddisfacente  riparo. 
4.  Le  scuole  libere  ( Voluntary- Schools),  in  Inghilterra  e  nel  paese 
di  Galles,  sono  quelle  che  le  diverse  Chiese  mantengono  con  offerte 
spontanee,  a  difesa  del  diritto  dei  genitori  di  far  educare  i  figli 
nella  propria  religione.  Esse  stanno  in  antitesi.  colle  Board  Schools, 
professatamente  non  religiose,  bene  spesso  addirittura  irreligiose,  le 
quali  tuttavia  fruiscono  sole  dei  benefizii  delle  tasse  locali.  Ora  le 
proposte  del  Governo,  in  favore  delle  Voluntary-Schools,  non  sono  senza 
importanza  per  1'Irlanda,  la  quale  ha  in  Inghilterra  e  nel  paese  di 
Galles  circa  due  milioni  e  mezzo  dei  suoi  figli  cattolici,  ma  sventii- 
ratamente  poveri  in  gran  parte  e  derelitti.  Sebbene,  dunque,  una 
somma  rilevante  debba  togliersi  dal  Tesoro  imperiale,  allo  scopo  di 
favorire  le  suddette  scuole,  e  per  conseguenza  i  rispettivi  paesi  sun- 
nominati,  senza  correspettivo  per  1'Irlanda,  tuttavia  noi  siamo  disposti 
a  rallegrarcene  per  il  bene  almeno  di  quei  due  milioni  e  mezzo  di 
fratelli.  Gli  avversarii  ostinati  del  disegno  governativo  sono  i  non- 
conformisti,  vale  a  dire  quella  tumultuaria  accozzaglia  di  chiesuole 
e  di  sette,  che  formano  le  ossa  e  la  carne  del  protestantesimo.  II  par- 
tito  liberale,  in  questa  materia,  ha  avuto  il  grave  torto  di  schierarsi 
dal  lato  peggiore,  e  quanto  piu  i  Cattolici  e  gli  Anglicani  si  sono 
incontrati  in  una  comune  ed  identica  rivendicazione,  tanto  piu  si  e 
esacerbata  la  loro  intolleranza.  La  somma  che  si  propone  di  erogare 
in  sussidio  alle  Voluntary -Schools,  oltre  quelle  gia  loro'  anteriormente 
concesse,  e  in  complesso  di  620,000  lire  sterline,  corrispondente  a  cinque 
scellini  di  piu  per  ogni  allievo  sulla  media  frequenza  di  ciascuna 
scuola.  Il  pubblico  danaro  sara  sempre  utilmente  speso,  quando  valga 
a  salvare  queste  contrade  dai  conati  pervertitori  e  sovversivi  del  ra- 
dicalismo. 

INDIA  (Nottra  Corrispondenza).  1.  Condizioni  general!  della  pubblica  ga- 
nita  nelPIndia.  —  2.  Peste  in  Bombay.  —  3.  II  morbo  in  altre  citta 
dell'India.  —  4.  Inoculazione  della  peste.  —  5.  Descrizione  del  morbo  e 
suoi  rimedii.  —  6.  La  fame  e  la  carita. 

1.  Le  condizioni  sanitarie  in  India  versano  in  stato  assai  grave. 
Intorno  alia  seconda  meta  di  gennaio  a  Calcutta  scoppio  improvvisa- 
mente  il  vaiuolo.  II  Governo  voile  indurre  i  Nativi  a  lasciarsi  vacci- 
nare,  ma  quelli  si  difesero  violentemente  contro  i  medici  prendendoli 
a  sassate,  e  ci6  perche  venne  fatto  credere  agli  Indu  essere  la  vaccina 
grasso  di  vacca,  e  ai  Maomettani  essere  quella  grasso  di  porco.  Di  piu 
il  colera  infierisce  a  Trichinopoly,  a  South  Arcot,  a  Ceylon  e  nel  Ma- 
labar. A  Ceylon  sopra  113  casi  si  ebbero  104  morti,  ad  Arcot  di  804 


CONTEMPORANEA  755 

coleroai,  670  ne  morirono  in  poche  ore.  Nelle  province  centrali  vi  d 
stato  in  questi  ultimi  sei  niesi  un  eccesso  di  mortalita  di  83,000  morti 
sopra  gli  anni  ordinarii,  non  contando  quelli  che  soccombettero  al 
colera. 

2.  La  peste  poi  continua  a  mietere  numerose  vittime  a  Bombay, 
Karachi  e  Poona.  Dal  30  al  31  gennaio  i  morti  di  peste  in  Bombay 
furono  174.  Nell'nltima   settimana   di   gennaio,  morirono  in  Bombay 
1721  persone,  fra  le  quali  446  di   peste,   e   nell'ultima  settimana  di 
decembre  1896  i  morti  furono  1853,   compresi  390  di  peste,  laddove 
nei  due  corrispondenti  periodi  degli  ultimi  cinque  anni,  i  morti  som- 
marono  rispettivamente  a  518,  e  482.  A  cio  si  aggiunga  la  gravissima 
circostanza  che  una  meta  almeno  della  popolazione  e  fuggita  dalla  citta 
infetta.  e  somma  essa  presentemente  a  400,000  anime  circa.  II  terrore 
e  giunto  a  tale  che  parecchie  migliaia  di  botteghe  sono  state  abban- 
donate  dai  loro  padroni,  parecchie  tramvie  hanno  lasciato  di  correre, 
non  poche  fabbriche  hanno  spento  i  fuochi  per  mancanza  di   operai, 
delle  guardie  di  pubblica  sicurezza  non  poche  sono  morte,  altre  fug- 
gono,  le  Corti  d'Assise    si  dovettero   chiudere   per  mancanza  di  liti- 
ganti,  alcuni  giornali  indigeni  interruppero  le   loro  pubblicazioni,   e 
perfino  gli  ufficii  governativi  vengono    disertati  dei  pubblici  ufficiali. 
Negli  anni  ordinarii  150  misure  di  legna  per  giorno   bastano  a  bru- 
ciare  i  cadaveri  degli  Indu,  ora  invece  se  ne  richiedono   700,  e  non 
bastano.  Persino  gli  avoltoi,  che  prima  trovavano  loro  delizie  in  spol- 
pare  i  cadaveri  dei  seguaci  di  Zoroastro  esposti  ignudi  sulle  cosi  dette 
Torri  del  silenzio,  ora  sembrano  stanchi  di  quei  loro  continuati  e  ricchi 
banchetti.  Gli  Europei  impiegati  negli  ufficii  di  Bombay  sono  stati  ge- 
neralmente  fermi  al  loro  posto,  e  finora  furono  relativamente  immuni 
dalla  terribile  malattia;  alcuni  pero  ne  morirono,  fra  i  quali  il  Dot- 
tor  Manser  Medico  Primario  della  citta,  la  cui   morte  desto   ramma 
rico  universale. 

3.  I  provvedimenti  presi  dal  Governo  locale  per  far  fronte  alia  peste 
sono  state  savii,  ma  forse  un  po'  tardivi  e  non  radicali.  Hanno  usato 
acqua,  mentre  forse  il  fuoco  era  1'unico  rimedio.  Costringere,  se  facea 
d'uopo  anche  colla  forza,  gli  appestati  al  necessario  isolamento  e  poi 
bruciare  le  case  infette  era  forse  il  partito  piti  savio.  Prevalse  invece 
la  politica  di  non  urtare  i  sentimenti  e  i  pregiudizii  di  casta,  si  voile 
tener  aperto  il  porto  di  Bombay  per  non  interromperne  il  commercio, 
e  tutto  questo  e  servito  a  mantenere  il  contagio  in  casa  e  a  spargerlo 
fuori.  Oltre  Karachi  dove  la  peste  infierisce,  ha  gia  essa  posto  saldo 
piede  in  Poona,  e  si  fece  anche  vedere  ad  Amritsar,  nelle  vicinanze 
di  Goa  e  si  crede  in  altri  luoghi  ancora.  La  citta,  che  ha  piu  ragione 
di  temere  1'invasione  del  terribile  morbo,  e  Calcutta,  la  capitale  del- 
1'India.  E  opinione  di  molti,  che  se  la  peste  scoppia  cola  fara  strage 


756  CRONACA 

fra  la  densa,  non  curante  e  sticida  popolazione  indigena  dei  18  Wards 

0  Quartieri  della  citta.  La  densita  della  popolazione  per  ciascun  quar- 
tiere  supera  in  media  i  50,000  per  miglio  quadrato ;  in  alcuni  tocca 

1  100,000,  e  in  uno  arriva  a  144,640  per  miglio  quadrato.  Una  Com- 
missione  Medica,  che  ha  visitato  teste  i  quartieri  indigeni  della  citta,  ne 
e  rimasta  inorridita,  e  ha  dichiarato  ufficialmente  che  le  case  e  il  suolo  su 
cui  si  levano  sono  cosi  saturi  d'immondezza  che  niente  varrebbe  a  pu- 
rificarli ;  fuoco  ci  vuole,  senza  misericordia  a  case  e  a  pagode.  E  questo 
eroico  rimedio  e  stato  gia  proposto  alia  Municipality  da  Sir  Alessandro 
Mackenzie  Governatore  di  Calcutta,  il  qustle  in   un    discorso    insiste 
vivamente  sulla  necessita  di  rifabbricare  la  citta  indigena,  o  «  black 
town  »  come  vien  chiamata,  sopra  un  piano  piu  conforme  alle  regole 
della  igiene  moderna. 

4.  Intanto  a  consolazione  dei  credenti  nell'ampio  cervello  del  se- 
colo  XIX  il  Professore  Haffkine  &  riuscito  a  fare  un  siero  antibubbo- 
nico,  col  quale  a  Bombay  ha  gia   inoculate  la  peste  a  parecchi  Eu- 
ropei  e  a  qualche  centinaio  di  pubblici   carcerati.  E  questo  il  vero 
rimedio?  E  troppo  presto  per  darne  sentenza.  II  sistema  che  riusci 
pel  vaiuolo,  potrebbe  forse  non   convenire  alia  peste,  come  la  linfa 
del  Koch  non  fece  fortuna   contro  la  tisi   polmonare.  I  Maomettani 
perd  e  gl'  Indu  di  Bombay  si  ostinano  a  credere  la  peste  un  flagello 
di  Dio,  e  hanno  gia  tenute  in  un  gran  campo  parecchie  radunanze, 
dove  da  30  a  40  mila  persone  si  raccolsero  a  pregare  ad  alta  voce  il 
Creatore  del  cielo  e  della  terra,  a  guardare  con  occhio  di  misericordia 
la  mal  capitata  citta. 

5.  Una  Commissione  medica  di  Bombay  per   ordine  del  Governo 
locale  ha  emessa  un'  istruzione  particolareggiata,  che  ha  per  oggetto 
di  indicare  a  quelli  che  hanno   da  fare   cogli  appestati  e  non  sono 
propriamente  medici,  i  sintomi  onde  riconoscere  il  morbo,  e  il  modo 
tfnde  combatterlo.  L'  istruzione  e  divisa  in  tre  parti :  I.  Diagnosi  del 
morbo :  II.  Modo  di  curarlo :  III.  Istruzioni  particolari  per  le  guardie 
di  pubblica  sicurezza,  impiegati  delle  ferrovie,  ecc.,  ecc.  I.  Quanto 
alia  diagnosi,  la  peste  occorre  in  Bombay  in  due  forme  perfettamente 
distinte:  A,  con  buboni:  B,  senza  buboni.  A,  Peste  con  buboni.  L'at- 
tacco  della  malattia  e  subitaneo  ed  imprevisto,  con  mal  di  capo,  vo- 
mito  e  delirio.  La  febbre   arriva  in  poche   ore  a  104°  e  anche  piu. 
Le  respirazioni  toccano  le  25,  30  o  piu,  e  il  polso  da  100  e  piu  bat- 
tute  al  minuto.  La  lingua  e  piuttosto  umida  e  poco  o  niente  sporca, 
la  qual  cosa  non  si  verifica  punto  in  altro  genere  di  febbri.  L'am- 
malato  si  sente  assai  male,  la  sua  faccia  prende  un'aria  di  ansieta  e 
ben  presto  sente  un  acuto  dolore  sotto  le  ascelle  o  nelle  anguinaie, 
o  in  tutte  e  due  le  parti,  raramente  pero  nel  collo.  Questo  dolore  & 
foriero  del  bubbone  che  spunta,  ed  entro  24  ore  al  piu  tardi  arriva 


CONTEMPORANEA  757 

alia  sua  piena  evoluzione.  II  fegato  e  la  milza  sembrano  poco  o  niente 
affetti.  La  malattia  pud  durare  da  poche  ore  a  3,  5  e  anche  7  giorni. 
B,  Pestesenza  bubboni.  Questa  forma  di  peste  e  generalmente  fa  tale 
entro  3  o  4  giorni.  Si  rassomiglia  grandemente  alia  bronchite  o  pneu- 
monite,  non  si  distingue  dalla  peste  bubbonica  descritta  piu  sopra,  ed 
e  terribilmente  epidemica  e  contagiosa.  II  Dottor  Manser  soccombette 
a  questa  sorte  di  peste,  e  la  infermiera  inglese  Miss  Joyce  che  lo 
assiste  mori  della  stessa  malattia  ed  esattamente  cogli  stessi  sintomi 
del  Dottore.  II.  Modo  di  curare  la  peste.  1.  Applicare  un  trattamento 
locale  al  bubbone,  come  cauterizzarlo,  tagliarlo,  applicarvi  sangui- 
sughe,  ecc.  2.  Amministrare  internamente  al  paziente  liquori  anti- 
settici,  come  acido  carbonico,  liquore  idrargirico  perclorido,  solfocar- 
bonato  di  soda,  chinina.  3.  Far  uso  di  aperienti  o  purganti.  4.  Ricor- 
rere  a  stimolanti  cardiaci,  come  stricnina,  caffeina,  digitale,  ammoniaca, 
acquavite,  etere.  5.  Far  prendere  all'ammalato  dei  sedativi,  come  bro- 
muro  di  potassio,  cloralio  ed  oppio.  L'efficacia  dei  rimedii  1  e  2  e  dub- 
bia,  quella  dei  rimedii  3,  4,  e  5,  e  certa  e  reale,  quantunque  non 
sempre  possano  vincere  la  terribile  malattia.  III.  Istruzioni  partico- 
lari  pei  pubblici  ufficiali.  Per  riconoscere  la  malattia  fate  all'amma- 
lato le  seguenti  domande :  Siete  caduto  ammalato  subitameute  ?  Quando 
vi  e  sopraggiunta  la  febbre  era  dessa  accompagnata  da  un  tremito  e 
ribrezzo  generale?  Avete  mal  di  capo?  Sentite  nausea  o  inclinazione 
al  vomito?  Se  1'ammalato  risponde  affermativamente  a  tutte  queste 
domande,  egli  e  certamente  appestato.  Se  poi  toccandolo  gli  sentite 
ardere  la  pelle,  e  gli  trovate  un  principio  di  enfiagione  sotto  le  ascelle, 
non  e  piu  a  dubitare  intorno  alia  sua  malattia.  L'  istruzione  poi  si 
estende  a  lungo  sulla  necessita  di  isolare  i  tocchi  dal  morbo,  sul  modo 
di  purificare  le  case  e  mobilie  infette,  che  qui  non  e  d'uopo  di  ripor- 
tare.  Questa  istruzione  venne  provocata  dal  fatto  che  spesso  le  guardie 
di  citta  trovano  per  le  strade  persone  malate  o  anche  morte  di  peste, 
e  le  guardie  dei  treni  debbono  talora  tirar  fuori  dai  carrozzoni  della 
ferrovia  dei  poveretti  che,  colpiti  dalla  terribile  malattia,  vi  spira- 
rono  entro. 

6.  La  carestia  viene  ad  aggravate  oltre  misura  il  flagello  della 
peste.  Nelle  province  del  Nord-  Ovest  sono  gia  morte  di  fame  intorno 
a  30,000  persone.  II  Governo  non  credette  in  sulle  prime  alia  esten- 
sione  e  gravita  del  male,  e  pero  rifiuto  i  soccorsi  che  1'  Inghilterra  e 
le  Colonie  inglesi  si  apprestavano  a  mandare.  Credeva  di  poter  da 
solo  far  fronte  alia  terribile  calamita;  ma  ora  ha  aperto  gli  occhi  e 
ha  messo  mano  efficace  al  conveniente  rimedio.  Le  persone  che  diret- 
tamente  o  indirettamente  ricevono  aiuto  dal  Governo  sommano  ormai 
a  3,000,000,  e  costano  giornalmente  la  bella  somma  di  400,000  rupie, 
quasi  un  milione  di  franchi,  e  si  crede  che  la  presente  carestia  verra 


758  CRONACA 

alia  fine  a  costare  al  Governo  da  quattro  a  sei  milioni  di  lire  sterline. 
Le  province  del  Nord-Ovest  di  una  popolazione  di  circa  37,000,000, 
dovranno  combattere  colla  fame  fino  a  tutto  marzo  o  anche  fino  a 
giugno,  laddove  le  province  centrali  numeranti  all'  intorno  44  milioni 
di  abitanti  soffriranno  un  po'  meno  e  solo  fino  al  prossimo  marzo. 

Intanto  alia  voce  dei  poveri  affamati  indiani  chiedenti  pane,  1'In- 
ghilterra  e  le  Colouie  hanno  risposto  prontamente  e  colla  massima 
generosita.  Non  appena  venne  aperto  il  Fondo  per  gli  affamati,  in 
Londra  si  raccolsero  in  una  sola  settimana  36,000  lire  sterline.  Sulla 
fine  di  gennaio  il  fondo  era  asceso  a  lire  sterline  180,000.  In  India 
stessa  nelle  province  non  colpite  dalla  carestia  sono  gia  state  sotto- 
scritte  924,752  rupie.  Anche  le  Colonie  inglesi  cominciano  a  rispon- 
dere  generosamente  alia  voce  della  carita.  A  Singapore  un  solo  gior- 
nale  raccolse  in  pochi  giorni  13,000  dollari ;  nel  Canada  il  fondo  per 
gli  affamati  cresce  rapidamente ;  persino  a  S.  Francisco  gli  animi  si 
sono  commossi  e  hanno  aperto  un  fondo  di  soccorso  per  gli  affamati 
indiani.  Nel  resto  queste  popolazioni  dell'India  hanno  ragione  diessere 
grate  alia  civilta  europea  e  cristiana  alia  cui  influenza  e  dovuto  se 
la  calamita  presents  non  distrugge  intere  popolazioni.  In  altri  tempi, 
quando  regnava  suprema  in  questi  paesi  la  tanto  vantata  civilta  bra- 
manica,  i  morti  della  fame  e  della  peste,  e  le  vittime  delle  guerre 
continue,  si  contavano  non  a  migliaia,  ma  a  milioni. 

IV. 
COSE  VAR1E 

1.  La  Congregazione  del  SS.  Redentore.  —  2.  Chiusa  dell'esposizione  mil- 
lenaria  ungherese.  —  3.  Inaugurazione  del  nuovo  ponte  «  Francesco 
Giuseppe  ».  —  4.  Guerra  indo-bestiale.  —  5.  Statistica  della  stampa  pe- 
riodica. 

1.  La  Congregazione  del  SS.  Redentore.  Quest'  illustre  e  beneme- 
rita  Congregazione  surse  nel  Eegno  di  Napoli  in  tempi  (1732)  punto 
favorevoli,  anzi  avversi  allo  svolgimento  d'un  Istituto  religioso.  Appena 
nata  corse  pericolo  di  venir  soffocata  nella  culla  per  le  continue  lotte 
che  ebbe  a  sostenere.  Ne  approvata  che  fu  dalla  S.  Sede  pote  trarre 
tutto  il  vantaggio  che  le  derivava  da  questo  sommo  favore.  Che  per 
rnolti  anni  dove  quasi  nascondere  il  gran  tesoro  trovato  per  salvarsi 
dalla  legge,  che  vietava  ogni  nuova  Congregazione  religiosa. 

Nondimeno  lo  zelo  di  S.  Alfonso  M.a  de'  Liguori,  suo  fondatore, 
e  de'  primi  suoi  compagni,  per  le  anime  abbandonate  sfolgorava  di 
tanta  luce  e  produceva  frutti  cosi  copiosi,  che  il  sovrano  si  mosse  ad 
approvare  sotto  certe  condizioni  abbastanza  gravose  quattro  sole  case, 
poste  in  luoghi  molto  rimoti,  se  ne  eccettui  quella  di  Pagani.  Con 


CONTEMPORANEA  759 

si  infelici  auspicii  come  crescere  la  novella  Congregazione  ?  II  S.  Fon- 
datore  rivolse  allora  lo  sguardo  al  vicino  Stato  Pontificio  e  riusci 
tosto  a  fondarvi  quattro  case  nelle  quali  la  Congregazione  pote  vivere 
della  sua  vita,  procuratale  dall'approvazione  pontificia,  mentre  quelle 
del  Kegno  Napolitano,  per  le  ingerenze  governative,  ne  rimasero 
private. 

Ma  la  Provvidenza,  che  vegliava  sul  nascente  e  travagliato  Istituto, 
in  buon  punto  (1784)  die'  a  S.  Alfonso  un  degnissimo  discepolo  ed 
insigne  propagatore  dell'opera  sua  nel  B.  Clemente  M.a  Hofbauer, 
che  la  trapianto  nei  paesi  transalpini,  in  Polonia,  Eussia  e  Germania. 
Ma  pur  qui  la  bufera  infernale  atterro,  quasi  d'un  colpo,  tutte  le 
fondazioni  di  modo  che,  alia  morte  del  Beato  (1820),  rimaneva  una 
sola  casa  nell'antica  Certosa  di  Yalle  Santa  in  Isvizzera.  Ondeche  alia 
morte  di  S.  Alfonso  (1787)  la  Congregazione  in  Italia  contava  appena  fin 
dalla  sua  origine  il  numero  complessivo  di  300  soggetti  e  quella  del 
B.  Clemente  oltr'alpe  non  ne  contava  piu  di  75.  Ma  presto  ebbero 
felice  compimento  le  profezie  d'ambedue,  che  cioe  dopo  la  loro  di- 
partita  dal  mondo  la  Congregazione  avrebbe  avuto  suo  larghissimo 
incremento.  Che  in  Italia  all'ultima  soppressione  degli  anni  1859-66 
si  avevano  19  case  nella  Provincia  Napoletana,  4  nella  siciliana,  10 
nella  Provincia  Eomana  con  un  totale  di  soggetti  512.  Nei  paesi 
transalpini  si  diffuse  quasi  in  tutti  i  regni  d'Europa,  nell'America 
settentrionale  e  meridionale,  nell'Australia.  Ora  la  Congregazione  con ta 
ben  12  Province  con  circa  3000  soggetti  in  148  case  cosi  distribuite. 

I.  Provincia  Romana  :  6  case. 

II.  Provincia  Napolitana  :  11  case. 

III.  Provincia  Siciliana  :  2  case. 

IV.  Provincia  Gallico-elvetica,   divisa  in  Francia,  Svizzera,  Vice- 
Puovincia  della  Spagna  e  Porto  Rico,  e  Vice-Pro vincia  del  Pacifico, 
con  31  case. 

V.  Provincia   Austriaca,    divisa    in   Austria    e  Vice-Provincia   di 
Polonia,  con  18  case. 

VI.  Provincia  Belgica,  divisa  nel  Belgio  e  nella  Vice-Provincia  del 
Canada  e  nelle  Antille  danesi,  con  13  case. 

Tutte  queste  Province  furono  erette  il  2  luglio  1841. 

VII.  Provincia  Americana    di    Baltimora,    con   24   case,  eretta  il 
29  giugno  1850. 

VIII.  Provincia  della  Germania  superiore,  con  9  case  :    comprende 
la  Baviera,  due  case  nelP Austria  e  la  Vice-Provincia  nel  Brasile ;  fa 
eretta  il  10  gennaio  1853. 

IX.  Provincia  Olandese,  con  8  case:  comprende  1'Olanda,  la  Vice- 
Provincia  delle  Indie  Occidentali  Neerlandesi,  e  una  casa  nel  Brasile; 
fa  istituita  il  21  novembre  1855. 


760  CRONACA 

X.  Provincia  della  Germania  inferiore,  con  7  case :  comprende  la 
Gerraania  inferiore  e  la  Vice-Provincia  della  Repubblica  Argentina; 
fu  eretta  il  19  marzo  1859. 

XL  Provincia  Inglese  con  8  case:  comprende  1'Inghilterra,  la 
Scozia,  1'Irlanda  e  la  Vice  Provincia  dell'Australia ;  fu  eretta  il  24 
maggio  1865. 

XII.  Provincia  Americana  di  San  Luigi,  con  9  case;  fu  eretta  il 
9  novembre  1875. 

La  Congregazione  del  SS.  Redentore  e  oggi  senza  dubbio  una  delle 
piu  belle  e  piu  fulgide  geinme  della  vita  religiosa  nella  Chiesa  Cat- 
tolica.  I  suoi  membri,  fedeli  allo  spirito  del  Santo  loro  Fondatore, 
s'affaticano  in  ogni  parte  del  mondo  per  la  gloria  di  Dio  e  bene  delle 
anime. 

2.  Chiusa  dell' esposizione  tnillenaria  ungherese.  II  3  novembre  p.p. 
venne  chiusa  solennemente  la  esposizione  del  Millennio,  con  un  disa- 
vanzo  sopra  il  milione.  Fra  i  numerosi  congressi,  convocati  a  Buda- 
pest per  questa  circostanza,  oltre  il  congresso  internazionale  degli  agri- 
coltori,  de'  pompieri,  de'  calzolai,  eccetera,  ve  n'  ebbe  anche  uno 
interparlamentare,  al  quale  rifiutarono  d'  intervenire  i  deputati  czechi 
della  Boemia,  i  romeni  ecc.,  in  protesta  contro  1'oppressione  esercitata 
dal  Governo  ungarese  a  danno  delle  nazioni  non  magiare  ad  esso 
soggette.  Pochi  giorni  dopo  si  aperse  il  congresso  internazionale  co- 
siddetto  <  della  pace  »  sotto  la  presidenza  del  massone  generate  Stefano 
Tfirr.  Fra  le  adesioni  ne  venne  preletta  una  della  loggia  massonica 
di  Budapest.  La  proposta  di  mandare  un  indirizzo  al  Sommo  Ponte- 
fice,  per  sollecitarlo  a  proteggere  la  causa  della  pace,  venne  rigettata 
nel  senso,  che  si  dovesse  inviare  bensi  un  indirizzo  al  Papa,  ma 
insieme  anche  c  ai  capi  delle  altre  chiese  e  sette  »  (sic)  non  escluso 
il  Gran  Maestro  della  Massoneria  ! 

Di  tutto  il  fastoso  apparato  dell'  Esposizione  millennaria  restera 
in  piedi  ancora  per  tre  anni  quel  gigantesco  pubblico  postribolo 
che,  sotto  il  nome  Os-Budavar,  attirava  ne'  suoi  giardini  e  sotto  i 
suoi  chiostri  babiloneschi  la  folia  dei  sibariti  e  degli  isacchetti  gau- 
denti.  Fra  le  rappresentazioni  procurate  dall'  impresario  a'  suoi  clienti 
&  degna  di  menzione  una  mascherata  satirica  inscenata  contro  il  par- 
tito  cattolico  popolare.  Venne  dunque  fatto  avanzare  un  carro  gran- 
dioso,  sul  quale  sedevano  alcune  donnacce  in  costume  ed  atteggia- 
menti  che  tacere  6  bello  ;  seguiva  fra  i  concerti  d'una  banda  musi- 
cale  un  giovinastro  giudeo  travestito  da  gesuita  con  un  crocifisso  in 
mano,  e  con  un  lungo  codazzo  di  altri  c  pueri  hebraeorum  >  camuffati 
pure  a  gesuiti,  parodiando  una  processione  cattolica,  in  mezzo  ai  lazzi 
ed  agli  sghignazzamenti  di  quel  pubblico  da  sinagoga,  che  gridava 
ironicamente  :  viva  il  partito  popolare  cattolico  !  Non  mancarono  tut- 


CONTEMPORANEA  761 

tavia  le  proteste  da  parte  di  qualcheduno  degli  astanti,  ed  un  signore, 
scattando  dalla  sua  sedia,  e  slanciatosi  pieno  d'  indignazione  verso  lo 
sfacciato  che  impugnava  il  Crociflsso,  glielo  strappo  di  mano,  portan- 
dolo  dipoi  nell'ufficio  di  redazione  tiiell'Alkotmany,  organo  del  partito 
popolare  cattolico.  Siffatti  eccessi,  come  osservo  il  Vaterland  di  Vienna, 
non  fanno  che  aggiungere  esca  all'  incendio  antisemitico,  e  se  i  giu- 
dei  ungaresi  continuano  di  questo  passo,  fra  non  molto  ne  vedranno 
di  piu  brutte  che  i  loro  confratelli  di  Vienna. 

3.  Inaugurazione  del  nuovo  ponte  «  Francesco  Giuseppe  >.  Nell'  ul- 
timo scorcio  delle  feste  per  la  mostra  millennaria,  a'  5  di  ottobre,  ebbe 
luogo  a  Budapest  la  solenne  inaugurazione  del  nuovo  ponte  «  Fran- 
cesco Giuseppe  »  sul  Danubio,  gia  superbo  del  suo  vecchio  ponte  a 
catene,  il  quale  rimane  tuttora  uno  de'  ponti  piu  meravigliosi  di 
Europa.  Un'altra  solennita  per  un  fatto  di  gran  lunga  piu  impor- 
tante  era  preceduta  il  27  settembre,  colla  inaugurazione  del  nuovo 
canale  sul  Danubio  alle  Porte  di  ferro,  compiuto  dal  Governo  unga- 
rese  per  incarico  datogli  dalle  altre  potenze  interessate  nel  congresso 
di  Berlino.  Rispetto  alia  natura  delle  Porte  di  ferro,  ed  alia  loro 
correzione,  i  lettori  della  Civiltd  Cattolica  ne  sanno  gia  quanto  basta 
dalla  ehiara  descrizione  fattane  in  queste  «  Cose  varie  »  dell'  ultimo 
quaderno  di  gennaio.  Eppero  non  resta  altro  se  non  aggiungere  po- 
chi  particolari  intorno  all'  inaugurazione,  inviatici  dal  nostro  solerte 
Corrispondente  Austro-ungarico. 

II  nuovo  canale,  scriv'egli,  venne  inaugurate  ad  Orsova,  alia  pre- 
senza  di  S.  M.  1'Imperatore  Francesco  Giuseppe,  accompagnato  dal 
ministro  degli  esteri  conte  Goluchowski,  e  circondato  da'  suoi  ministri 
ungheresi  ed  austriaci,  nonche  da  uno  stuolo  di  dignitarii  ecclesiastici, 
civili  e  militari ;  ma  la  circostanza  che  dava  un  significato  politico  alia 
cerimonia  era  la  presenza  dei  due  re  di  Serbia  e  di  Romenia,  ivi 
convenuti  da  Belgrado  e  da  Bukarest.  Quando  il  vapore  imperiale 
scendendo  il  Danubio  strappo  il  cordone  inghirlandato  di  rose  ti- 
rato  attra verso  1'imboccatura  del  canale,  il  vescovo  Deseroffy  in  abiti 
pontificali  benedisse  il  canale  recitando  le  preci  del  rituale  latino. 
D  brindisi,  portato  da  S.  H.  Francesco  Giuseppe  colla  tazza  d'oro, 
offerta  per  1'occasione  dal  Governo  ungarese,  pose  in  rilievo  sopra- 
tutto  la  comunanza  degli  interessi,  ed  i  rapporti  amichevoli  dei  tre 
Stati  finitimi,  che  si  davano  in  quel  punto  la  mano  sul  grande  fiume, 
il  quale  ne  lambe  le  rive.  Segui  ad  Herculesbad  il  pranzo  di  gala, 
dove  S.  M.  1'Imperatore  prese  commiato  dal  re  di  Serbia  con  un 
brindisi  ispirato  dall'amicizia  piu  cordiale  verso  la  Serbia  e  il  suo 
principe;  il  quale  rispose  altrettanto  cordialmente.  II  giorno  dopo 
S.  M.  Francesco  Giuseppe  partiva  per  Bukarest,  dove  trovo  lietissima 
accoglienza ;  si  calcola  a  100,000  il  numero  delle  persone  aecorse  al- 


762  CRONAGA 

1'entrata  dell'Imperatore  in  citta.  A.l  pranzo  di  gala  il  re  di  Ro- 
menia  brindando  all'Imperatore  espresse  la  sua  profonda  venerazione 
per  la  saggezza  che  lo  distingue,  salutandorie  la  visita  come  un 
awenimento  della  pift  alta  importanza  per  1'avvenire  della  Romenia. 
Di  quella  nuova  tela  di  Penelope,  che  sono  le  trattative  in  corso 
da  tanto  tempo  per  la  rinnovazione  del  compromesso  statutario  fra 
1'Austria  e  1'Ungheria,  sara  meglio  non  parlarne,  finche  le  due  parti 
contendenti  non  siano  venute  a  capo  di  un  accordo  positive,,  almeno 
intorno  ai  punti  principal!  della  questione.  A  tale  scopo  anche  ai 
primi  del  corr.  febbraio  convennero  a  Vienna  i  ministri  delle  due 
parti  della  monarchia,  raccogliendosi  a  consiglio  sotto  la  presidenza 
di  S.  M.  1'Imperatore. 

4.  Guerra  indo-bestiale.  La  Gran  Brettagna  novera  presso  a  quat- 
trocento milioni  di  sudditi,  se  comprendiamo  tra  questi  anche  i  po- 
poli  sui  quali  vige  il  suo  protettorato :  nuova  maniera  di  dominio  o 
di  alta  sovranita,  che  spes30  coll'andare  del  tempo  si  risolve  in  sovra- 
nita  immediata  e  perfetta.  Solo  nell'India  e  Indocina,  la  gntziosa  Re- 
gina  e  Imperatrice  Vittoria  stende  lo  scettro  sopra  291  milioni  di 
abitanti  (altri  computi  dicono  296),  dei  quali  sono  sudditi  immediate 
221  milioni,  e  gli  altri  70  milioni  sudditi  semplicemente  protetti. 
Questa  immensita  di  popolo  indiano,  con  pochi  europei,  occupa  un 
terdtorio  di  oltre  5  milioni  di  chilometri  quadrati,  distribuita  in  ra- 
gione  media  di  60  persone  per  chilometro. 

II  paese  e  vario  di  climi  e  di  coltura;  oltre  ai  campi,  alle  risaie, 
ai  frutteti,  ai  prati,  vi  ha  le  foreste  selvagge,  le  macchie  folte  di  ar- 
busti  e  di  alte  erbe,  e  in  queste  gli  animali  feroci  trovano  tuttavia 
sicuro  ricetto,  ove  moltiplicano  e  donde  muovono  guerra  all'umana 
specie  e  agli  animali  domestic! ,  ed  anco  piO.  spesso  ai  selvaggi,  cid 
che  costituisce  una  specie  di  guerra  civile,  tra  le  belve,  a  vantaggio 
degli  uomini.  Di  qui  il  dovere  singolare  della  Imperatrice  delle  In- 
die, di  assoldare  un  esercito  di  volontarii  che  veglino  alia  difesa  contro 
le  belve.  E  per  verita  da  molti  anni  il  Governo  inglese  mostra  di 
conoscere  questa  necessita  del  pubblico,  e  paga  onoratamente  ogni 
capo  di  nemici  che  i  cacciatori  presentano  al  magistrate,  e  pubblica 
i  risultati  e  le  spese  della  guerra  belluina,  spese  e  risultati  che  par- 
ranno  stravaganti  a  noi  europei.  Diamone  un  saggio,  che  togliamo 
dalle  Missioni  cattoliche,  le  quali  si  stampano  ogni  settimana  a  Milano, 
ed  e  preso  da  documenti  ufficiaii. 

Statistica  per  tutti  i  possedimenti  inglesi  nell'  India  ed  Indo-Cina. 
Numero  delle  persone  uccise  da  bestie  feroci  e  serpenti.  Nel  1894: 
da  Elefanti  68;  da  Tigri  864;  da  Leopardi  371;  da  Orsi  111;  da  Lupi 
227;  da  Jene  26;  da  altri  animali  1,226;  Totale  2,893;  da  serpenti 
21..556;  Totale  generale  24,449. 


CONTEMPORANEA  763 

Nel  1895:  da  Elefanti  59;  da  Tigri  909;  da  Leopard!  315;  da  Orsi 
134;  da  Lupi  340;  da  Jene  28;  da  altri  animali  1,319;  Totale  3,104; 
da  serpent!  22,086;  Totale  generate  25,190. 

Nuinero  di  bestiame  ucciso  da  bestie  feroci  e  serpent!.  Nel  1894: 
da  Elefanti  82;  da  Tigri  34,194;  da  Leopard!  33,696;  da  Orsi  286; 
da  Lupi  6,313;  da  Jene  4,877;  da  altri  animali  12,471;  Totale  91,919; 
da  serpent!  4,877;  Totale  generale  96,796. 

Nel  1895:  da  Elefanti  153;  da  Tigri  37,233;  da  Leopard!  32,909; 
da  Orsi  410;  da  Lupi  8,211;  da  lene  5,005;  da  altri  animali  10,057; 
Totale  93,978;  da  serpenti  6,129;  Totale  generale  100,107. 

Numero  di  bestie  e  serpenti  distrutti.  Nel  1894:  Elefanti  28;  Tigri 
1,360;  Leopardi  4,120;  Orsi  1,456;  Lupi  2,614;  Jene  935;  altri  ani- 
mali 3,496;  Serpenti  106,312;  Totale  generale  120,321. 

Nel  1895:  Elefanti  21;  Tigri  1,381;  Leopardi  4,360;  Orsi  1,392; 
Lupi  3,022;  Jene  972;  altri  animali  5,123;  Serpenti  131,726;  Totale 
generale  147,997. 

Somma  pagata  dal  Governo  per  la  distruzione  dei  detti  animali : 
nel  1894,  Rs.  115,083,  as.  12,  P.  11;  (la  Rupia  indiana  vale  L.  2,38, 
valore  nominale) ;  nel  1895,  Rs.  120,184,  as.  2,  P.  10. 

Avremmo  adunque,  pel  solo  anno  1895,  nell'India  e  Indocina  uomini 

uccisi  dalle  bestie 25,190 

Bestie  uccise  dalle  bestie  selvagge  »  »  100,107 

Bestie  distrutte  dalla  mano  dell'uomo  »  »  147,997 

Abbiamo  inoltre  per  la  Birmania  la  seguente  statistica  speciale  : 
uomini  nccisi  dalle  bestie  selvagge  946;  bestie  uccise  da  altre  bestie 
selvagge  6,112;  bestie  distrutte  dall'uomo  15,041. 

5.  Slatistica  delta  stampa  periodica.  Ball' ultima  statistics  pubbli- 
cata  si  ha  che  alia  fine  del  mese  di  decembre  1895  esistevano  in 
Italia  1901  periodico,  cioe  uno  per  16,361  abitante.  Fra  questi,  il 
piu  vecchio  giornale  politico  era  la  Gazzetta  di  Venezia,  fondata 
nel  1805,  mentre  la  piu  antica  pubblicazione  periodica  era  quella 
dei  Lincei,  fondati  in  Roma  nel  1604  dal  principe  Federigo  Cesi.  I 
periodic!  suddetti  si  dividevano  cosi  :  128  quotidian! ;  617  settima- 
nali  e  458  mensili.  566  dei  medesimi  erano  periodic!  politici.  Nel  1895 
1'Italia  si  trovava  divisa  in  8,260  Comuni :  di  questi,  261  soltanto 
avevano  pubblicazioni  periodiche.  I  Comuni,  i  quali  hanno  maggior 
numero  di  effemeridi  sono  i  seguenti : 

Comune  di  Roma  Periodicl  254        Comune  di  Catania  Periodic!     19 

Milano  201  Messina  17 


Torino 

Firenze 

Napoli 

Geneva 

Palermo 

Bologna 

Venezia 

Padova 

Brescia 


134  .  Parma  .  17 


103 
94 
48 
41 
4U 
31 
20 
19 


Siena 

Piacenza 

Como 

Pavia 

Udtne 

Bar! 

Bergamo 

Catanzaro 


IT 
16 
i:, 
15 
16 

14 
14 


INDICE  DELLE  MATERIE  CONTENUTE  NEL  VOL.  IX 


Articoli. 
L'EUROPA  AL  PRINCIPIO  DEL  1897  Pag.  5 

LA   STOHIA  NATURALE  DELLE  PIANTE  NEL 

SEGOLO  XIX  19;   287;  561 

LA    CONDANXA    DELLE    ORDINAZIONI     A.\- 

(il.ICA.M'.  34 

LA  PEDAGOGIA  MODERNA     51;  544 
LA  NOTTE  DI  NATALE         68 

Dl  DUE   INCENTIVl  DI  SoClALlSMO  IN  IxA- 
LIA  129 

GI.I  HETHEI  PELASGI  NEL    CONTINENTS 

KLLENICO 

La   Laconia  145 

L'Argolide  419 

Tirinto  656 

LE  LITANIE  LAUHETA\E  161,  527 

EMMA.  PRIMA  E  DOPO  179;  298;  461 ;  572 

Dl  UNA  ACCADEMIA  GOSTITUZIONALE  257 

GLI  EROI  A  PROPOSITO  DI  UN  LIBRO  DEL 

CARLYLE  273;  437 

CONSTITUTIO   APOSTOLICA    DE    PROHIBI- 

TIONE  LIBRORUM  385 

LA  RELIGIO.XE  NELLA  FAMIGLIA       399 
IL  NOSTRO  GONCORSO  452 

REAZIONE  CATTOLICA  E  SOGIALISMO  IN- 

COSCIENTE  513 

L'ElJROPA    E    LA   QUESTIONE  DI   CAN- 

D1A  641 

L'AIITE  DELL'AVVENIRE  675 

CLEMENTE   VIII    E    SIXAN    BASSA    CI- 
CALA 693 

Riviste. 

ROSSIGNOLI.  II  Determinismo  nella  so- 
ciologia   positiva  80 


H.  DE  L'EPINOIS.  Les    Catacombes  de 
Rome  84 

LEO  XIII.  Vivat   Christus   qui    diligi't 
Francos  193 

NOURRISSON.  Voltaire  196 

ZAIIM.    Evoluzione    e     dogma.     Ver- 
sione  201 

OTTOMERI.  L'ltalia  presente  e  i  suoi 
fail  309 

OXGANIA.  L'art  de  1'imprimerie  a  Ve- 
nise  318 

SPECTATOR.  Uno  sguardoal  movimento 
cristiano  democratico  320 

PERIN.  Principes  d'feconomie  politi- 
que  472 

GIBBONS.  The  Ambassador  of  Christ  585 

Fmo  G.  Memorie  di  Filosofia  Egi- 
ziana  592 

ANTOIXE.  Coursd'ficonomiesociale  708 

EMMA  FOA.  Lezioni  di  storia  letteraria 
per  uso  delle  scuole  normali  714 

BIBLIOGRAFIA  87;  205;  323,596 

AUCHEOLOGIA.  I  monumenti  del  sacro 
pallio  nell'esposizione  Orvietana  e 
le  piii  antiche  forme  della  detta  in- 
segna.  54.  II  pallio  nei  piii  antichi 
musaici  di  Roma.  55.  La  sciarpa 
profana  (lorum)  e  la  sciarpa  sacra. 
56.  L'omoforio  o  pallio  sacro  di  Grot- 
taferrata.  57.  La  discesa  al  limbo, 
I'ascensione  e  la  Pentecoste  sul  pallio 
bizantino  di  Grottaferrata.  215 

Idem.  58.  Un  graffito  eucaristico  in 
un  tempio  pagano.  59.  II  calice  del 
vino  consacrato  nell'arte  antica. 
60.  Le  rappresentazioni  dei  pani 


INDICE 


765 


eucaristici.  61.  L'eta  del  graffito. 
62.  II  Sole  di  S.  Tommaso  d'Aquino 
originariamente  un  simbolo  eucari- 
stico?  63.  Nuove  ricerche  e  nuove 
scoperte.  721. 

SCIENZE  NATURAH  1. 1  grandicanocchiali 
e  Id  Luna  veduta  ad  un  metro  di  di- 
stanza.  2.  L'equatoriale  gigantesco  di 
Grunewald  :  e  quello  di  William 
Bay.  Gli  obbiettivi  composti,  ideati 
dal  Gatham.  3.  II  cinquantesimo 
della  scoperta  di  Nettuno.  L'Adams 
e  il  Leverrier.  4.  Le  piccole  Lune. 
5.  L'altezza  dell'atmosfera  terre- 
stre.  Aeroliti  e  nubi.  La  prima  mi- 
sura  dell'altezza  delle  nubi  comuni: 
e  delle  notturne  luminose.  6.  La 
produzione  annua  dell'oro.  Scom- 
parsa  dell'oro;  e  delle  spille.  7.  Una 
avvertenza  igienica  sulla  polvere  di 
riso  adoperata  nella  toletta.  475 

NECROLOGIA.  11  P.  Francesco  Saverio 
Rondina  d.  C.  d.  G.  736 

Cronache  contemporanee. 
Dal  1  al  15  dicembre  1896. 

COSE  ROMANE.  1.  Pellegrini  tirolesi  e 
napolitani  dal  Papa,  deputazione  di 
Perugia  e  di  Gradoli.  2.  Chiusa  del 
centenario  de'  prodigi,  avvenuti  nel 
secolo  passato  in  Roma.  3.  Rispo- 
sta  alia  stampa  anticristiana  sul 
fatto  de'  prodigi  stessi  4.  Violenze 
anticlerical!  a  Marino  ;  un  ricordo 
della  violenza  del  13  luglio  1881. 
S..L'Unione  degli  Studii  sociali  e 
V Opera  dei  Congressi.  6.  Chiesa  mo- 
numentale  in  Milano,  da  aprirsi  al- 
1'alba  del  1°  gennaio  1900.  7.  Con- 
tro  le  scatole  di  cerini  pornogra- 
fiche.  Pag.  102. 

COSE  ITALIAXE.  1.  L'assassinio  della 
cosi  delta  Contessa  Lara  (Evelina 
Cattermol).  2.  Apoteosi  anticristiane 
della  stessa;  manifestazioni  del  mon- 


do  contemporaneo.  3.  Eccidio  deila 
compagnia  del  capitano  Cecchi  nel- 
1'Africa.  4.  Fine  dell'inchiesta  sulle 
ladrerie  amministrative ;  sentenza 
sulla  cattura  del  Doehcyk.  5.  Ap- 
punti  storici.  108. 

COSE  STRANIERE.  Svizzera  (Nostra  cor- 
rispondenza).  1.  Echi  dei  fatti  di 
Zurigo :  la  Missione  apostolica  per 
gli  operai  italiani  nella  Svizzera. 
2.  L'Esposizione  nazionale  di  Gi- 
nevra :  la  lettera  pastorale  di  Ms. 
Deruaz ;  le  feste  ed  i  cogressi :  le 
giornate  cantonali :  il  villaggio  sviz- 
zero  e  la  Chiesa  cattolica.  3.  Al- 
derico  Benziger;  Plinio  Bolla ;  G. 
Ignazio  von  Ah,  commissario  epi- 
scopale  parroco  in  Kerns.  115. 

COSE  VARIE.  1.  Collocamento  della 
prima  pietra  del  porto  di  Costanza. 
2.  La  questione  di  Barotze.  3.  La 
poverta  di  Berlino.  4.  I  delinquenti 
in  Francia.  5.  Imputati  prosciolti  e 
condannatidurantel'anno  1894. 123. 

Dal  16  al  31  decembre  1896. 

COSE  ROMA.\E.  1.  Diacorso  di  Leone 
XIII  ai  Cardinali,  il  23  decembre  : 
commenti  fattine  dai  nemici  del 
Papa.  2.  Ancora  sulla  Missione  di 
Monsignor  Macario :  slealta  gover- 
nativa.  3.  Testo  del  discorso  accen- 
nato.  4.  Una  questione  politica  al 
Consiglio  comunale  di  Roma,  ossia 
proposta  di  rimunerare  i  patrioUi. 
5.  Decreti  delle  congregazioni  ro- 
mane.  6  Morte  del  Card.  Boyer. 
7.  L'  opera  Passeggiate  educative 
Pippo  Buono.  Pag.  227. 

COSE  ITALIANS. 1. 11  Natale  e  la  stampa 
anticristiana.  2.  Manifestazioni  del- 
1'idea  socialista  in  Italia.  3.  L'espo- 
sizione  artistica  di  Firenze ;  monu- 
mento  a  Donatello.  4.  I  giurati  as- 
solvono  un  omicida.  5.  Appunti 
storici.  236. 


766 


INDIGE 


COSE  STRA.MERE  Francia  Nostra  Cor- 
rispondenza).  1.  Lo  Czar  a  Fa 
rigi,  I'alleanza  russa  e  le  relazioni 
estere.  2.  Nicolo  II  coi  principi 
d'Orleans,  col  Cardinale  Arcivesco- 
vo  di  Parigi :  visite  a  Notre- D  i me 
td  alia  chiesa  russa.  3.  II  primo 
Congresso  nazionale  dei  cattolici. 
4.  Una  magtnoranza  clericale  alia 
Camera  ?  5.  Miglior  contegno  della 
Camera  nelle  dispute  scolastiche  e 
religiose.  241 

fndit  fnglesi  (Nostra  Corrisponden 
za).  1.  Guerra,  fame  e  peste.  2.  Con- 
trassegni  della  peste,  scoppiata  in 
India,  e  studii  dei  medici.  3.  Varii 
rimedii  proposti  dai  varii  dottori ; 
strana  cura  del  dntt.  Frank  Fawkins; 
storia  della  peste  dell'India.  4.  Sic- 
cita  e  osservazioni  del  sig.  Hut- 
chins.  249 

COSE  VARIE.  \  Natura  delle  Porte  di 
Ferro.  2.  Correzione  delle  Porte  di 
Ferro.  3.  La  Gerarchia  napoletana. 
4.  Notizie  sulle  carceri  e  sui  dete- 
nuti  in  Italia.  254 

Dal  \  al  15  gennaio  1897. 

COSE  ROMANE.  1.  Guarigione  istanta- 
nea  di  Ersilia  Cella,  romana,  av- 
venuta  nella  chiesa  di  Pompei. 
2.  Particolareggiata  narrazione  del 
fatto.  3.  Stato  della  lotta  tra  la  ri- 
voluzione  religiose  e  il  Papato. 
4.  Morte  del  Card.  Sanfelice,  Arciv. 
di  Napoli.  5.  Decreti  delle  Congre- 
gazioni  romane  6.  Feste  centenarie 
in  onore  di  S.  Alfonso  M.  De  Li- 
guori.  7.  Appunto  storico.  Pag.  350 

COSE  ITALIANE.  1.  Particolarita  sul 
trattato  di  pace  coll'  Ahissinia. 

2.  Scioglimento   dei    Circoli   socia- 
list!   di    Roma    e    della    provincia. 

3.  II    cosi    detto    centenario    della 
bandiera  tricolore.  4.  Suicidio  del- 
I'Abate  Anelli.  357 


COSE  STRAMEKK.  Germania.  (Nostra 
Corrispendenza).  \.  Guglielmo  II  e 
la  Russia ;  le  relazioni  estere  a 
fronte  delle  rivelazioni  bismarcki- 
ste.  2.  Un  covo  di  rettili.  3.  Stali- 
stica  religiosa  'della  Prussia  e  della 
Germania  ;  notizie  storiche  ed  altre. 
4.  11  duello  al  Reichstag.  5.  Buoni 
riuscimenti  dei  cattolici.  6.  Morte 
di  un  dotto  sincero.  361 

Olanda  {Nostra  Corrispondenza).  1.  I 
programmi  dell'Unione  liberale  e 
della  parte  cattolica.  2.  Qualita  del 
programme  dei  cattolici.  3.  Con  - 
cordia  dei  deputati  cattolici  e  coo- 
perazione  dei  Vescovi.  4.  Cattedra 
di  filosofia  tomistica  in  Amsterdam 
e  societa  di  studenti  cattolici  in 
Amsterdam,  Leida,  Utrecht  e  Gro- 
ninga.  370 

COSE  VARIE.  1.  Fine  della  ribellione 
nella  Rodesia.  2.  Cagioni  e  orrori 
della  guerra  matabelese.  3.  Con- 
gresso di  Lione  e  I'Antisemitismo. 
4.  Una  veggente  smascberata  5.  La 
siccita  e  la  fame  nelle  Indie  orien- 
tali.  6.  Statistica  dei  suicidii.  375 


Dal  16  al  31  g'nnaio  1897 

COSE  ROMANE.  1.  Un'altra  confessione 
de'  liberali  su  Roma  capitale.  2.  La 
nobilta  romana  dal  Papa.  3.  II  fasti, 
centro  dell'associazione  della  Sacra 
Famiglia.  4.  Morte  del  card.  Bian- 
chi.  5.  L'Istituto  chinesiterapico  di 
Roma.  Pag.  485 

COSK  ITALIANE.  1.  Lettera  dell'  Epi- 
scopate lombardo  sulla  massoneria 
e  sul  socialismo.  2.  Trionfi  di  fede 
a  Firenze  e  Valdarno.  3.  Agitazioni, 
insubordinazioni  e  tumulti  nelle  U- 
niversita  italiane.  4.  Come  gli  stu- 
denti seguano  I'esempio  dato  dal 
liberalismo  politico.  5.  Le  societa 
cattoliche  di  Liguria  e  i  governariti. 


INDICE 


767 


6.  Morfe  dell'avv.  Giuseppe  To- 
vini  488 

COSE  STRAJCIBRE.  Austria-Ungheria 
^Nbstra  Gorrispondenza).  1.  Movi- 
mento  cattolico.  2.  Elezioni  per  le 
Diete  provincial!.  3.  Parlamento 
austriaco;  discussioni;  scioglimento 
del  Consiglio  dell'impero;  condizio 
ne  dei  partiti  parlamentari  alia 
chiusa  del  periodo  legislative.  4. 
Nuove  elezioni  general!;  agitazione 
elettorale,  mene  dei  socialisti  demo- 
cratic!; apertura  delle  Diete  pro- 
vinciali.  495 

Inghilterra  (Nostra  Corrisponden- 
za).  1.  L'avvenire  delle  «  Volun- 
tary Schools  »  (scuole  professional!) 
da  proporsi  per  primo  teraa  all'e- 
same  del  Parlamento  nella  futura 
sessione.  2.  II  profondo  mutamento 
prodotto  in  Irlanda  dalle  rivelazioni 
di  una  Commissione  Reale  di  finan  • 
za.  3.  L'inchiesta  sull'invasione  di 
Jameson  nel  Transvaal.  4.  L'angli- 
canesimodopo  la  condanna  dei  suoi 
Ordini,  e  dopo  la  perdita  del  dott. 
Benson.  5.  Conversion!.  502 

COSE  VARIE.  1.  Orrori  della  ribellione 
matabelese.  2.  II  santuario  di  No- 
stra Signora  di  Lourdes  nel  1896. 
3.  II  linguaggio  di  un  diplomatico 
cristiano.  4.  Morte  del  Nobel.  507 

Dal  1  al  15  febbraio  1897. 

COSE  ROMA^E.  1.  Visita  del  Principe 
Enrico  d'Orleans  al  Papa.  2.  Let- 
tera  del  VII  Congresso  per  la  pace 
al  S.  Padre.  3.  Una  festa  scola- 
stica  in  S.  Nicola  in  Arcione.  4.  Le 
cosi  dette  Scuole  notturne  di  Reli- 
gione  in  Roma.  5.  Loro  origine  e 
progresso.  6.  L'atto  speciale  di  fede 
a  G.  C.  al  principio  del  1900;  una 
spiegazione.  7.  Medaglia  comme- 
morativa  del  19°  anno  di  pontifi- 
cato  di  Leone  XIII.  8.  Conferenze 


sulla  questione  sociale.  9.  Decreti 
delle  Congregazioni  romane.  610 

COSE  ITALIANE.  1.  La  Grecia  corre  a 
liberare  Candia  dai  Turchi  e  la  vec- 
chia  Europa  I'arresta.  2.  Morte  di 
Raffaele  Cadorna,  che  tolse  Roma 
ai  Papi.  3.  Nuovi  lamenti  de*  libe- 
rali  perche  Roma  non  sia  divenuta 
la  citta  laica  che  volevano,  e  in 
qual  senso  chiamino  errore  il  fatto 
del  20  settembre.  4.  Morte  del  com- 
mediografo  Giacinto  Gallina.  5  I 
sacerdoti  sbanditi  dalle  scuole  di 
catechismo  e  mandati  alle  ca- 
serme.  617 

COSE  STRANJERE.  Francia  (Nostra  Cor- 
rispondenza).  1.  Le  relazioni  estere 
della  Russia.  2.  II  nuovo  Nunzio; 
discorsi  rilevanti.  3.  Elezioni  sena- 
toriali;  politica  interna,  la  questione 
degli  zuccheri.  4.  La  Francia  e  la 
Abissinia.  622 

Romenia  (  Nostra  Corrispondenza  ). 
1.  Lieto  fine  della  crisi  politico- 
ecclesiastica.  2.  Demetrio  Sturdza 
si  dimette.  Ministero  Aurelian.  3.  Gli 
espedienti  e  la  soluzione.  4.  II  nuovo 
metropolita.  L'avvenire  delle  Chiese 
balcaniche.  Giudizii  della  stampa. 

629 

COSE  VARIE.  1.  Dimostrazioni  e  feste 
a  Praga  e  a  Trieste.  2.  Gli  studii 
femminili  in  Austria.  3.  I  Missio- 
narii  del  lavoro.  4.  L'avvenire  del- 
1'elettricita.  5.  II  Niagara  domato. 
6.  II  movimento  cattolico  nell'Ar- 
chidiocesi  di  Fermo.  7.  I  Minori 
Osservanti,  custodi  di  Terra  Santa. 
8.  Statistica  elettorale.  634 

Dal  16  al  28  febbraio  1897. 

COSE  ROMANE.  1.  II  pontificio  Semi- 
nario  Vaticano  e  una  recente  Bolla 
di  Leone  XIII.  2.  La  confraternita 
dell' Orazione  e  morte.  3.  L'  uso  cri- 
stiano di  corone  di  Messe  ed  ora- 


768 


INDICE 


zicni  ai  defunti  invece  del  liori 
4.  La  Principessa  di  Svezia  e  il 
Conte  de  Mun  al  Vaticano.  5.  Lo 
sciopero  del  macellai  di  Roma.  6.  II 
carnevale  del  1997.  739 

COSE  ITAUANE.  1.  Secoiida  fase  d«gli 
avvenimenti  di  Candia :  I'  intimo 
delle  Potenze  alia  Grecia  di  ritirar 
1«  sue  milizie.  2.  Conferenza  inter- 
nazionale  di  sanita  a  Venezia.  3.  Fine 
d'una  chiesa  scismatica  a  Piacenza. 
4.  Document!  massonici.  745 

COSE  STRA.MERE.  Irlanda  (Nostra  Cor- 
rispondenza).!.  II  Cardinals  Gibbons 
sull'  immigrazione  degli  Irlandesi 
negli  Stati  Uniti.  2.  Una  Universita 
cattolica  in  Irlanda.  3.  II  peso  in- 


giusto  dei  tributi  impost!  all 'Irlanda. 
4.  II  Governo  inglese  e  le  scuole  li- 
bere  (Voluntary  Schools),  749 

India  (Nostra  Corrispondenza).  1 .  Con- 
dizioni  general!  della  pubblica  sa- 
nita nell'India.  2.  Peste  in  Bombay. 

3.  II  morbo  in  altre  citta  dell'India. 

4.  Inoculazione  della  peste.  o.  De- 
scrizione  del  morbo  e  suoi  rimedi. 
6.  La  fame  e  la  carita.  754 

COSE  VARIE.  \.  La  Congregazione  del 
SS.  Redentore.  2.  Chiusa  dell'esposi- 
zione  millenaria  ungherese.  3.  Inau- 
gurazione  del  nuovo  ponte  «  Fran- 
cesco Giuseppe  ».  — 4.Guerra  indo- 
bestiale.  o.  Statistica  della  stampa 
periodica.  758 


ERRATA 


CORRIGE 


Pag.  207  ultima  riga  della   seconda 

colonna 
Si  risolve  definitivamente  la  contra- 

vcrsia, 
Pag.  209,  lin.  29  colonna  Ia 

Pag.  389,  lin.  16 

Libri  omnes,  qui  ante  annum  MDC. 
aut  Summi  Pontifices.  aut  Con- 
cilia oecumenica  damnarunt,  et 
in  novo  Indice  non  recensentur, 


Si  risolve  detinitivamente  la  contro- 

versia,  stanti  due  ar- 
(Si  aggiunga)  V.  La  diffusione  della 

massoneria. 

Libri  omnes,  quos  ante  annum  MDC. 
aut  Summi  Pontifices,  aut  Con- 
cilia oecumenica  damnarunt,  et 
qui  in  novo  Indice  non  recen- 
sentur, 


CON    APPROVAZIONE    DELL'AlJTORITA    ECCLESIASTICA 


Does  Not  Circulate 


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La  Ci vi Itaa  cattol lea 
AIP-2273  (awab) 


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