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LA
CIVILTA CATTOLICA
ANNO CINQUANTESIMOIJUAKTO
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261. 1 20 dicembre 1902.
LA
CIVILTA CATTOL1CA
ANNO GINQUANTESIMOQUARTO
Beatus populus cuius Dominus Deus eius.
PSALM. CXLIII, 18.
VOL. IX.
BELLA SERIE DECIMAOTTAVA
ROMA
DIREZIONE E AMMINISTRAZIONE
Via di ffipetta 246
1903
PROPRIETA LETTERARIA
ilorua, Tip. A. Befani, Via Oelsa 6.
IL CRISTIANESIMO
I>¥ ^L X> O L F O H A. R ]X A O
I.
Parlammo gia in queste pagine del Cristianesimo di Leone
Tolstoj, il famoso romanziere russo 1. Non dispiacera ora, a
chi segue lo svolgersi degli studii su questo importantissimo
tema, conoscere il Cristianesimo di Adolf o Harnack, rettore
dell'Universita di Berlino e principe de' moderni razionalisti.
Che cosa sia il Cristianesimo, anzi Tessenza di esso, secondo
1'Harnack, fu da lui spiegato ed insegnato in una serie di
lezioni tenute dinanzi a tutti gli studenti delle facolta riunite
deirUniversita di Berlino nell'anno scolastico 1899 1900; lezioni
che, raccolte in un libro, Das Wesen des Christentums, hanno
avuto gia gli onori di ripetute edizioni, d'una traduzione
francese e d'un'altra italiana L>.
Questo studio deH'Harnack puo considerarsi come T ultimo
verbo del razionalismo, che e, come dire, dell'incredulita ele-
yata a dottrina. Talche se il Cristianesimo, com;6 insegnato
nella Chiesa cattolica, riesce a trionfare di questo raziona-
lismo, dimostrandolo falso, riportera una vittoria nella piii
forte e insidiosa battaglia che a lui sia stata mossa ; battaglia
seria e tutta conforme ad una incredulita raffinata e matura.
Perche, diciamolo subito, bench^ neirHarnack non vi sia il
tono beffardo del Voltaire e degli enciclopedisti, n6 quello delle
negazioni audaci dello Strauss, non e da illudersi ; la realtk
violenta dell'attacco rimane, anzi questo 6 tanto piii sottile,
1 Civilta Gait., anno 1902, quad, del 5 luglio.
8 A. HAKNACK, L'essenza del Cristianesimo. FratelliBocca, Torino, 1903.
6 IL CRISTIANESIMO
quanto piu all'apparenza filosofico e serio; nel che presero
abbagiio molti che gia fecero la recensione del libro. LVx-
senza del Cristianesimo dell'Harnack, a dir vero, non sem-
bra a prima vista un trattato scientifico, essendo sfornito
d'ogni prova documentata o citaziorie, com'6 di lavori siffattir
e 1'Autore voile di proposito cosi adoperar3; ma si sa d'al-
tronde che esso 6 il risultato d'un altro suo lavoro, Manuale
delta storia de' dommi, e di tutta la scienza razionalistica
sul Cristianesimo, di cui 1'Harnack 6 il rappresentante. Quindi
e pregio dell' opera occuparsene.
Riducendo a una sintesi tutto il lavoro dell'Harnack, esso
puo raggrupparsi intorno a questi punti : primo, quali sieno
le fonti, doude il professore berlinese attinge 1'essenza del
Cristianesimo; secondo, quale sia la norma o il criterio, se-
condo lui, per giudicare quel che 6 Cristianesimo o no ; terzo*
quale sia, secondo tali fondamenti, il Cristianesimo falso, arbi-
trario o transitorio, e quale finalmente il Cristianesimo veror
genuino nella sua propria essenza.
A mano a mano che procederemo nella ricostruzione fe-
dele del pensiero del grande incredulo, darerno il nostro gin-
dizio critico.
II.
Le fonti, donde THarnack asserisce doversi attingere le
notizie del Cristianesimo vero, sono solamente i ire prifni
EvanrjelL Tutto quel che si puo raci molar e fuori di queste
fonti, egli dice, & cosi poca cosa che non empirebbe una pa-
gina in quarto (p. 19). Esclude quindi inuanzi tutto il quarto
Evangelo ; perche, dice, « come fonte storica nel comun seuso
della parola non ha alcun valore » (p. 20). E benche concecla
che esso contenga qualche traccia della tradizione, aggiunge
che e « assai difficile a scoprirsi, e che come fonte della storia
di Gesu serve poco o nulla » (p. 20). Concede per altro che
quel Vangelo possa servire a chi volesse indagare quali idee
« quali immagini della persona di Gesii si sieno formati i
DI ADOLFO HARNACK 7
primi seguaci di lui ; idee ed immagini, che secondo la mente
dell'Harnack, sono tanto strane e curiose che lo fanuo escla-
mare: « fatto meraviglioso ed unico nella storia! » (p. 154).
Non vogliamo ora preoccupare la mente del lettore col dire
di che si tratti.
Dalla dignita di fonti per conoscere il Cristianesimo 1'Har-
nack esclude inoltre le Letlere di S. Paolo e degli altri di-
scepoli di Gesii, gli Atti degli Apostoli ossia della Chiesa na-
scente, ed esclude finalmente tutti que' fill, onde 1'Evangelo,
qual innesto gentile sul tronco deirEbraismo, e legato air An -
tico Testamento, alle profezie antiche ed ai simboli che prean •
nuiiziavano il Messia. Tuttocio 6 irremissibilmente escluso
dal novero de' documenti che ci possono attestare qual sia
11 vero Cristianesimo. Anzi nell'Antico Testamento, secondo
1'Harnack, « esisteva un pericolo, e la storia provo, che tal
pericolo non era immaginario, che, mediante 1'Antico Te-
stamento? penetrasse nel Cristianesimo un elemento antiquato
e moralmente inferiors » (pp. 186, 187).
Dunque le fonti genuine per conoscere il vero Cristia-
nesimo non sono altre che i tre primi Vangeli. Ma anche
in questi, v'6 molto da epurare. E da metier da parte la
storia della fanciullezza di Gesu che e un « elemento mitico »
(p. 24); sono da metter da parte alcune altre cose che 1'Au-
tore non determina in particolare, ma che « lo studioso puo
facilmente correggere o mediante la comparazione degli Evan-
geli, o con quel sano e maluro giudizio che e frutto degli
studii storici » (p. 24). La ragione e, dice 1'Autore, perche
« anche questi Evangeli non sono opera di storia ; essi non
furono scritti solo per narrare come erano avvenuti i fatti ;
essi sono libri di propaganda, il loro intento 6 di suscitare la
fede nella persona e nella missione di Gesu Cristo ; i detti e
i fatti che di lui si riferiscono, come pure i richiami all'An-
tico Testamento, servono a questo fine (cioe, non a narrare
proprio come sieno stati i fatti e come propriamente Gesu
abbia detto). Tuttavia (continua VAutore) come fonti storiche,
hanno pure qualche pregio; tanto piu che il loro fine non
8 IL CRISTIANES1MO
e estraneo, ma in gran parte conforme alle intenzioni di
Gesu Cristo » (p. 20).
Ed ecco, finalmente, bene o male, trovate le fonti del
Vangelo di Gesu Cristo. Sessant'anni or sono, Davide Fede-
rico Strauss aveva tutto demolito, anche questi tre EvangelL
Ora, pero, « il lavoro di due generazioni riusci a ricostituirli
in gran parte » (p. 20). E noi per conto nostro ci consoliamo
di questo ritorno indietro del razionalismo.
Ma qui non e tutto. Oltre il detto, v'6 un'altra cosa da
togliere in questi stessi treEvangeli, perch& sieno fonti schiette
di Cristianesimo ; si devono, cioe, del tutto eliminare le war-
razioni miracolose. De' miracoli evangelic! afferma 1'Har-
nack quanto segue: o sono esagerazioni di fatti naturali che
fecero grande impressione ; o sono similitudini oppure pro-
iezioni di fatti psichici nel mondo esterno ; o sono invenzioni
per desiderio di veder verificate le profezie dell'Antico Te-
stamento ; o guarigioni operate dalla potenza spirituale di
Gesu : o finalmente sono fatti, « di cui non c'e spiegazione
possibile » (p. 28).
Quest'esclusione de' miracoli, e il ridurli o ad invenzioni
o ad esagerazione, impensierisce pero 1'Autore non poco, pa-
rendogli un vero arbitrio; quindi fa coraggio ai piccoli in-
creduli dicendo: « Non lasciamoci scoraggiare da questa o
quella storia di miracoli, che ci paia strana o ci dispiaccia.
Quello che troveremo dj inesplicabile, possiamo senz'altro
lasciarlo da parte. Forse non ce ne occuperemo mai piii;
forse piu tardi esso acquistera un significato impreveduto.
Sia detto ancora una volta: non lasciamoci scoraggiare!
La questione de' miracoli e cosa indifferente, rispetto a
tutto il rimanente che 6 contenuto negli Evangeli » (p. 29).
III.
Facciamo un po' di sosta ed esaminiamo questo primo
punto delle fonti, donde il razionalismo intende attingere la
nozione del vero Cristianesimo.
DI ADOLFO HARNACK 9
Innanzi tutto, a dire il vero, in tutta questa teoria ra-
zionalistica noi scorgiamo una paura latente, la paura di tro-
var Dio operante nel mondo, operante non in modo consueto,
ma insolito, e quindi piu efficace. D'un Dio lontano, che non
s'introduca nel nostro mondo per istruirci o comandarci, non
hanno difficoM ammettere 1'esistenza, e 1'Harnack I'ammette ;
anzi in cio alcuni razioaalisti sono veramente bonarii, poi-
che neppure esigono le prove, non curandosi piu della cri-
tica. Ma checch6 sia di questa paura latente, sia essa un
nostro sospetto od una realta, non ce ne vogliamo occupare ;
non volendo ora noi fare un processo delle intenzioni del
dottori razionalisti. E giacche essi dicono di parlare a nome
della critica, esaminiarno la loro dottrina da critici, comin-
ciando da quest 'ultima asserzione riguardo ai miracoli.
L'Harnack dunque esclude i miracoli dalle fonti evange-
liche non gi& precisamente in nome della critica storica (quasi
che gli autori de' Vangeli non sieno fededegai) ma princi-
palmente in nome della fllosofia; e dice: « I miracoli, se
s'intendono come infrazioni dell'ordine naturale, non sono pos-
sibili » (p. 26). Quindi conclude che tali narrazioni miraco-
lose sono da scartarsi dalle fonti evangeliche o al piu si deve
dar loro una spiegazione naturale, e quando non si potesse,
si devono mettere a dirittura da parte (p. 26-29). La com-
modita di quest7 ultima asserzione e indiscutibile.
Ma donde ha attinto T Harnack la certezza che Dio non
possa far miracoli ? Anzi sembra tutto il contrario ; poiche,
se Dio ha data la vita ad una creta quando creo 1'uomo,
perche non potrebbe darla ad un cadavere? Perche non po-
trebbe intervenire in modo straordinario nel creato, quando
lo credesse necessario, p. es. per manifestare all'uomo la
sua presenza e i suoi voleri? II padrone che ha fatto le leggi,
perch6 non potrebbe sospenderle per qualche momento? Non
s' intende come, asserendo egli di non conoscere tutte le forze
della natura, affermi poi con tanta franchezza quel che possa
o non possa la Divinita. Alia gratuita affermazione contro
la possibilita del miracolo, TAutore aggiunge una prova, ed
10 1L CRISTIANESIMO
e che non si conosce il limite tra il possibile e 1' impossibile
(p. 25) e che s'ignorano le forze della natura (p. 27). Al che
6 stato gia mille volte risposto, cio6 che s'ignora bensl tutto
quel che la natura puo, ma si sa benissimo in molti casi
quel che non pub. Non si sa qual peso possa Tizio recare
sulle sue spalle, ma si sa benissimo che non pub portare
una montagna. Cosi 6 della natura : non si sa tutto quel che
puo; ma si sa certamente che non puo far risorgere un
morto, n6 dare all' improvviso la vista ad un cieco. II che
se accade, evidentemente v'e 1' inter ven to straordinario del-
1'autore della natura e si verifica un miracolo. — Dunquer.
non la critica spinge -1' Harnack ad eliminare i miracoli dai
Vangeli, ma solamente 1'arbitrio.
IV.
Ma c'e di peggio. Chi si proponesse di esaminare una
pittura, e dichiarasse indifferente avere gli occhi, si pri-
verebbe di quel che 6 indispensabile allo scopo; ne gioverebbe
11 dire che la bont& della pittura 6 indipendente clagii occhi
di chi la guarda. Or in simil maniera si comporta il professore-
berlinese riguardo all'essenza del Gristianesimo che vuole
esaminare. Si propone egli di studiare il vero Cristianesimo,.
ossia la dottrina di Gesu ; e poi si priva del mezzo indispen-
sabile ed unico per tale studio, che e compreso ne' miracoli.
Poich6 quel che da valorc alia dottrina di Gesu non 6 gi&
propriamente la dottrina in s6 stessa, si bene V autorita della
persona che parla ed insegna. Se quella dottrina 6 quella
d'un inviato di Dio avi\a un pregio, se 6 quella d'un uomo
qualsiasi ne avra un altro. In uno che si dichiara ambascia-
tore quel che vale soprattutto e che cgli sia veramente spedito
da uri Sovrano a manifestare i suoi voieri; quindi per prima
cosa si bada alle sue lettere credenziali. Ora, i miracoli sono
apputito le credenziali, onde Gesu Cristo si manifesta per
Legato di Dio air uomo e per questa legazione la sua parola
ha valore. Togliete i miracoli, ed egli e come eliminare le
DI ADOLFO HARNACK 11
lettere patent! d'tin ambasciatore o come fare a raeno degli
occhi nel volere esaminare una pittura. Gesu Cristo rirnane
allora un semplice uomo ; ed egli pud dire ed insegnare cose,
quanto si voglia alte e sublimi, queste rimarranno nella cer-
chia delle dottrine umane, come quelle di Socrate e Pla-
tone, e nulla piii ; ne varrebbe il pregio d'occuparsene tanto.
E poi r Harnack non vorra certo di Gesu fare un irnbe-
cille; anzi dice che egli ha nobilitato tanto rumanita perche
ha dato ad essa il vero senso della vita, additandoci il mondo
di la (p. 63), e gli attribuisce una missione, che niuno ebbe
mai nel nostro mondo per parte di Dio ; anzi giunge perfino
.a /dire che la novita della predicazione di Gesu non e tanto
da cercarsi nella dottrina stessa, quanto nella forza e vigoria
onde egli predicava. « E Gesu predicava come avendo au-
torita, non come gli scribi; questa e 1'impressione che ne
ricevevano i suoi discepoli. Le sue parole erano parole di
vita, granello di semente che germogliavano e producevano
frutto, questo era il nuovo » (p. 49). Cosi T Harnack Dal
che appare, anche per sua confessione, che dichiarare cosa in-
differente i miracoli donde viene ogni autorita a G. Cristo e
alia sua dottrina 6 non solo togliere a questa dottrina ogni
pregio, ma precludersi ogni adito per giudicarla. In tal caso
fu piu logico lo Strauss. Egli dichiarava falsi i Vangeli perche
contenevano la narrazione di miracoli; 1'Harnack li dichiara
autentici, ma eccettua i miracoli. L'arbitrio e piii flagrante.
Finalmente quel Gesu, di cui si vuole studiar la dottrina,
fa continuamente appello ai miracoli per provare la sua mis-
sione da Dio. Dunque egli aveva coscienza che que' fatti
erano appunto da lui operati a quel fine. Quindi, una delle
due : 0 egli allora parlava da senno o no. Se no, egli sarebbe
stato il piu goffo degli uomini, e questo non lo concedono i
razionalisti ; se poi parlava da senno, perch6 togliere quei
miracoli dal Vangelo?
Quindi del tutto paradossale 6 per un critico il dire : « La
•questione de' miracoli e cosa indifferente » (p. 29). Come? si
43 dinanzi ad un uomo che si dichiara mandato al mondo da
12 IL CRISTIANESIMO
Dio ; che dice di esistere prima di Abramo ; che afferma se
esser piii di Salomone ; che annunzia che verra a giudicare
tutti gli uomini tra le nubi del cielo; che si dichiara pel
Messia promesso, eccetera ; ed a provare che non mentisce,
i suoi biografi narrano che facesse miracoli e ad essi conti-
nuamente appellasse; ed ecco che uno scienziato, un ciitico
del secolo XX, messosi allo studio serio per investigare la
dottrina di quest 'uomo misterioso, dichiara essere indiffe-
rente la questione de' miracoli ossia la prova della veridicita
di quest'uomo misterioso! Affe, che questa & una meravigiia
inaudita. E da dire piuttosto che tal questione e solenne e
decisiva. Da essa dipende se quell7 uomo debba dirsi un pazzo
o no ; se debba condannarsi a morte, come fece la Sinagoga,
o serbargli gli onori della posterita.
Dice THarnack: « Ma e di grande momento il non dimen-
ticare che Gesu ai proprii miracoli non diede mai quel valore
decisive che gia vi attribuiscono Fevangelista Marco e gli
altri... La sua opinione su questo punto deve essere stata
affatto di versa da quella de' suoi evangelist! » (p. 29). — Oh
questa e singolare ! Noi sappiamo il pensiero di Gesu da quel
che narrano gli evangelisti, poiche la parola e il pensiero di
lui non fu gia consegnato ad un fonografo e a noi trasmesso
indipendentemente dagli evangelisti. 0 come si puo dunque
appellare all7 opinione di Gesu, dissentendo dagli scrittori
delle sue parole ? E poi Gesu mille volte fa richiamo ai suoi
miracoli come ad opere che provano la sua missione da Dio;
che se una volta disse : Se non vedete prodigi, non credetey
fu solo per rinfacciare ai suoi nemici la troppa pretensione
e la somma incontentabilita in tal parte, esigendo sempre
nuove e nuove prove e non tenendo alcun conto delle gia
date. Percio talora si asteneva dal far miracoli, come fece
dinanzi alia curiosita di Erode, per giusto giudizio. Final-
niente, se anche Gesu non avesse, per ipotesi, fatto caso
do7 miracoli a provar la sua missione, dovremmo fame conto
noi, non dovendo, n6 potendo noi accettare ad occhi chiusi
chi ci annunzia cose cosi meravigliose delUesser suo.
DI ADOLFO HAKNACK 13
Niuna ragione dunque giustifica 1'Harnack nella sua esclu-
sione de' miracoli dal Vangelo ; e per questo anzi si fa ma-
nifesto che nel suo libro il pregiudizio prende il posto della
critica. Ed e strano che noi dobbiamo dare lezioni di critica
al sommo Critico che egli e, come appare dalla sua Storia
dell'antica letteratura cristlana.
V.
Questa esclusione de' miracoli dagli evangeli e il punto
decisivo per 1'Harnack e pel razionalismo. Non e quindi me-
raviglia che esso neghi gli onori di fonti autentiche per co-
noscere la dottrina di Gesu all'Antico Testamento e alle Let-
tere di S. Paolo; poiche ambedue queste fonti hanno per
base un'azione miracolosa di Dio. Nell'Antico Testamento
Dio rivelo per mezzo de' profeti molte cose riguardanti il
Messia (la profezia e un miracolo); viceversa Gesu approvo
quella rivelazione, facendo sua tutta la dottrina dogmatica e
morale ivi contenuta. S. Paolo parimente con una prova mi-
racolosa fu eletto da Dio a predicatore e rivelatore della dot-
trina di Gesu. Quindi per 1'Harnack ne 1'A. Testamento, 116
le Lettere di S. Paolo sono fonti di cristianesimo. Le profezie
delPA. Testamento secondo lui non sono punto profezie nel
senso stretto della parola, ma vaghe previsioni popolari, di
cui si approfittarono gli Evangelisti e gli Apostoli di Gesu
per farlo credere Messia (p. 28); talch6 Gesu stesso (dice
egli) finl con credersi tale. « Per quali vie (continua 1'Autore)
Gesu abbia acquistato coscienza di essere il Messia, non e
cosa che possiamo mettere in chiaro... Secondo la tradizione
piu antica, Gesu senti pienamente di essere il Messia, ael
momento in cui ricevette il battesimo » (p. 138). Per6 sog-
giunge piu sotto : pare che « Gesu, quando comincio a pre-
dicare in pubblico, avesse gia presa la sua decisione » (p. 139).
Cosi THarnack parla della messianita di Gesu ; proprio come
di un Fregoli qualsivoglia o d'un Ermete Novelli, che si de-
cidesse a fare questa o quella parte in commedia!
14 IL CRIST1ANESIMO
L'istesso ripetasi del quarto Vangelo e degli Atti degli
Apostoli, anch'essi esclusi dal novero delle fonti. E inutile
dimandarne la ragione. -- Eppure, per conoscere un uomo e
la sua dottrina sarebbe di molta importanza sapere che cosa
ne pensassero i primi suoi discepoli; i primi che, come si
vede negli Atti, posero mano ad incarnare il suo disegno.
L'Harnack stesso dice : « In ogni grande personaggio storico
v'e qualche cosa che non si manifesta, se non quando opera
suiranimo di altri uomini. Possiamo anzi dire che, quanto
piu grande e il personaggio e quanto maggiore e Pazione di
esso nella storia e neiranimo degli altri uomini, tanto meno
e possibile conoscerlo in tutto Pesser suo unicamente da' suoi
atti e dalle sue parole » (p. 10, 11). 0 perche, dunque, egli
poi esclude dalla dignita di fonti PA. Testamento, a cui Gesii
e Popera sua e intimaniente connessa? Perche esclude la sto-
ria della Chiesa nascente ? Perche esclude il quarto Vangelo
e le Lettere di Paolo ? Egli non ne da qui ragione alcuna. Ne
noi vogliamo ora prenderci la briga di ripetere la dimostra-
zione delPautenticita di tali documenti. Ci basti osservare
che la gratuitk onde egli sopprime i miracoli ci e malleva-
drice della gratuita onde sopprime queste altre fonti.
Del resto chi volesse polemizzare con lui, i tre primi Van-
geli che egli ammette, sarebbero sufficientissimi a confutarlo
pienamente.
VI.
Continuando ora a presentare ai lettori lo schema del pen-
siero delPHarnack, dopo aver egli stabilite le fonti del Cri-
stianesimo, aggiunge poi il criterio per giudicarle, essendovi
in esse mescolato qualche elemento non schiettamente cri-
stiano e proprio di Gesii Cristo. « Non gia, egli dice, che si
trovino in essi interpolazioni di tempi posteriori..., ma qua
e la si riflettono anche in essi le condizioni della primitiva
comunita cristiana... Inoltre la persuasione che nella storia
di Gesu si sia verificata la profezia delPAntico Testamento
DI ADOLFO HARNACK 15
ha contribuito ad alterare la tradizione. In ultimo e evidente
che in non poche narrazioni I'elemento meraviglioso e stato
molto esagerato » (p. 23). Queste alterazioni « lo studioso puo
facilmente correggere o mediante la comparazione degli Evan-
geli o con quel sano e maturo giudizio die e frutto degli
studii s tor id » (p. 24).
Questo e dunque il criterio per isceverare il vero dal falso
in quel tre documenti evangelici: il sano e maturo giudizio
che e frutto degli studii storici. — Altre volte per6 1'autore
formola questo criterio in altro modo ; afferma, cioe, che per
conoscere il Cristianesimo vero bisogria tener d'occhio a quel
che in esso e essenziale, immutabile e a quello che e muta-
bile secondo le varie epoche storiche. E conchiude che il vero
Cristianesimo e quello che ha valore in ogni tempo ed e in-
cluso nelle varie forme, onde esso si 6 attuato nella storia.
« Di qui risulta per lo storico, di cui e altissimo ufficio sta-
bilire quel che ne' fatti ha valore permanente, la necessita
di non attaccarsi alle parole, ma di cercare a mettere in luce
cio che e essenziale » (p. 13). Ma qual sara quello che nel Van-
gelo 6 veramente essenziale ? L'Autore risponde: « Quello che
e, per cosi dire, prettamente evangelico, par la a noi in modo
cosl semplice e forte da non poterlo fraintendere... Chi pos-
siede un chiaro intuito e un senso sicuro di cib die e ve-
ramente vivo e grande, non puo non arrivare alia sostanza
dell' Evangelo, spogliandolo dell' involucro, di cui Tha rive-
stito la storia » (p. 14).
Si conchiude dunque che con « un maturo giudizio, frutto
degli studii storici » e con « un chiaro intuito di cib che e
veramente vivo e grande » si puo, in quelle tre fonti evan-
geliche, sceverare la sostanza del Cristianesimo vero dal falso.
Ognuno vede che stiamo nel mondo del soggettivismo puro.
VII.
In questo criterio e contenuta tutta 1'essenza del razio-
nalismo, che e Tincredulit^ elevata a scienza. Esso in niun
modo vuole accettare i fatti soprannaturali, che la storia
16 IL CRISTIANESIMO
ci presenta, quali essi sono semplicemente e sinceramente,
ma vuole ridurli alia stregua di fatti naturali; allora e solo
allora essi hanno il Nulla osta per essere ammessi tra i fatti
storici. E inutile arrecar testimonianze di chi vide co' pro-
prii occhi que' fatti ; le testimonianze nulla valgono, eontra-
riamente ad ogni legge di critica. In altre parole, il razio-
nalismo con quel criterio s'oppone recisamente a qualsiasi
intromissione straordinaria di Dio nel mondo ed a qualsiasi
rivelazione positiva di lui all'uomo, sia che Dio insegni una
dottrina, sia che dia preeetti, sia che istituisca un consorzio
giuridico per diffondere e mantenere i suoi insegnamenti. Tut-
toeio, al phi, sara accettato solamente quando sia ridotto
allo stampo di un avvenimento naturale, vale a dire dopo-
che sia stato distrutto.
Qui, come ognun vede, & Tessenza del razionalismo ; e
rHarnack, che n'e il precipuo rappresentante, lo dichiara
apertamente.
Con quel criterio (6 facile vederlo) ogni evento sopranna-
turale, per quanto attestato da testimoni fededegni, 6 scar-
tato irremissibilmente dal regno della storia dal grande Critico
alemanno. Se i discepoli di Gesii negli Evangeli narrano che
questi fece miracoli, egli sentenzia che o sono esagerazioni
di fatti naturali o racconti mitici (p. 28); se dicono che Gesii
appellava ai miracoli per provare la sua missione, risponde
che Topinione di Gesii non era quella che i suoi biografl gli
ascrivono (p. 29); se narrano fatti ne' quali dicono veriflcarsi
qualche antica profezia, egli giudica che tale introduzione
delle cosi dette profezie nella vita di Gesii, 6 un alterare
1' Evangelo (p. 23); se dicono che Gesii fondo una Chiesa,
egli reputa che tale narrazione « riflette le condizioni della
primitiva comunita cristiana » (p. 23), e concede si che « tra
i suoi discepoli si costitui una comunita », ma che Gesii « non
aveva fatta una societa ordinata ad un fine religiose » (p. 152),
vale a dire che si fece dire a Gesii quel che gli uomini fe-
cero dopo lui partito; se dicono che Gesii 6 Dio, si meravi-
glia del loro fanatismo e del come « si potesse concepire e
DI ADOLFO HARNACK 17
conservare immutata ne' cuori la sperauza che in lui, non
ostante la passione e la morte, si vedesse r annunciate Messia
e non un Messia conforme al concetto volgare, ma il Signore,
il Salvatore vivo e vivente » (p. 155). E aggiunge alia sua
maraviglia questo detto: « Non cosi parlarono del loro pro-
feta i discepoli di Maometto ! » (p. 165).
Applicando cosi alle fonti della storia di Gesii il criterio
sopra esposto, il grande Critico crede riuscire a far rientrare
Dio nel suo regno inaccessible, e ad eliminare ogni sua ri-
velazione nel mondo. Non solo; ma per somma degnazione
o scherno inaudito (quasi che gli uomini tutti fossero innanzi
a lui tanti bambini) magnifica con parole melliflue T opera
di Gesii, lo dice piu grande di Socrate e 1'unico eke diede si-
gnificato alia vita; e rampogna paternamente gli altri razio-
nalisti a non ispaventarsi de' miracoli evangelici, poichk (dice)
« uno dei piu grandi progress! della scienza storica in que-
sti ultimi tempi sta per Tappunto nell'avere imparato a giu-
dicare in modo piii ragionevole e meno ostile tali narrazioni
di miracoli, riconoscendo anche a queste il valore di fonti
storiche e traendone profitto » (p. 24). II profitto sta nello
spiegarli nel modo indicato, riducendoli, cioe, a cose natu-
rali, e quindi al nulla per lo scopo voluto da chi li opero.
VIII.
Dopo tali fondamenti e dietro tali norme, passa il Razio-
nalista ad esporre qual sia Tessenza del Cristianesimo. E lo
fa in due modi : primo negativamente, insegnando quel che
non e Cristianesimo ; e poi positivamente, dicendo quel che
il Cristianesimo £. In tal modo, quasi con una prova e ri-
prova, si ha di tale importante materia un concetto chiaro
e distinto.
Cominciamo dalla parte negativa, passando brevissima-
mente in ri vista i punti principali di cui egii discorre nel
suo libro ; tanto per dare un saggio ai lettori.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261. 2 20 dicembre 1902.
18 IL CRISTIANESIMO
1. Gesu Cristo Dio-Uomo. — La dottrina che Gesu Cristo
sia Dio e Uomo e dichiarata dal Critico alemanno dottrina
estranea al Cristianesimo. « L'idea della redenzione nel senso
della natura umana divinizzata, appartiene ad un Cristia-
nesimo di ordine inferiore... Tutta questa dottrina & per se
stessa inammissibile, perche non ha quasi alcun legame col
Gesu Cristo dell'Evangelo : le sue formole non si adattano a
questo Gesu Cristo ; esso non ha dunque un fondamento nella
realta » (p. 286). Quindi conclude che la cosi detta Cristo-
logia, insegnata da S. Paolo con la redenzione 6 cosa fuori
del Cristianesimo. « Che sia un traviamento il fare della Cri-
stologia il fondamento e la sostanza dell'Evangelo... ce lo
insegna la predicazione di Gesu, che in ogni sua parte ha
sempre di mira la questione essenziale e senza ambagi col-
loca ogni uomo al cospetto del suo Dio » (p. 184); cio6 senza,
intermediario o redentore di sorta. Paolo, egli scrive, « enun-
cio per il primo il principio che non solo Dio fu in Cristo,
ma che Cristo ebbe egli stesso un'essenza celeste. Per gli Ebrei
questo principio non usciva fuori de' limiti della tradizione
messianica, ma tra i Greci doveva produrre idee affatto nuove »
(p. 185); cioe di Gesu Cristo ne fecero il Logos della lora
filosofia, talch6 per questi Greci « il Logos non puo essere
che Dio, il quale pur necessariamente diviene vero uomo »
(p. 233). Quindi pel Critico alemanno Gesu Cristo 6 un puro
uomo.
Pero gli si potrebbe ripetere la domanda fatta poco so-
pra. Ma quest' uomo si diede per Figlio di Dio, si disse su-
periore a Salomone, si proclamo piu antico di Abramo, si ma-
nifesto come Legato di Dio, additando come prova ai mira-
coli che faceva e a quelli che avrebbero fatto i suoi seguaci,
come consta dalla storia antica e moderna. Ora, una delle due:
o disse il vero, e allora sbaglia il nostro Critico, o disse il
falso, e allora fu un pazzerello scimunito, sulla dottrina del
quale non occorre fare un corso di lezioni nel secolo XX
all'Universita di Berlino. — Al che egli risponde: Non fu gia
pazzo; furono i biografi che gli attribuirono quelle asserzionL
DI ADOLFO HARNACK 19
<( La sua opinione su questo punto, deve essere stata affatto
diversa da quella de'suoi evangelist! » (p. 29). Ed altrove : « II
detto, lo sono il Figliuol di Dio, non fu inserito da Gesii
nell'Evangelo ; chi ve lo pone... aggiunge qualche cosa al-
1'Evangelo » (p. 145).
Dunque quest! evangel! sono favole, come diceva lo Strauss?
— No, ripiglia ; sono storia, ma bisogna spiegarli con quel
criterio sopra esposto.
H che in lingua povera significa che sono storia, e non
sono storia. Storia perch6 1'Harnack I'afferma, non sono sto-
ria perch6 dicono il falso. E questa e davvero Yessenza della
•critica.
2. La Trinita delle persone in Dio. — Questa dottrina, in-
segna 1'Harnack 6 ugualmente estranea al Cristianesimo. Essa
e « una concezione de' cattolici greci » (p. 230), e un frutto
di formole della filosofia greca (pp. 230-237). E cosi anche
questo domma fondamentale per i cristiani 6 un'altra buccia
da togliere, per trovare il nocciolo del Cristianesimo.
3. Chiesa e Sacerdozio. — Gesu Cristo, insegna 1'Harnack,
non fondo alcun istituto giuridico : « la Chiesa non e altro se
non la societa dei fedeli, nella quale si predica secondo verita
la parola di Dio » (p. 272). Quindi il Protestantesimo, egli
dice, « fu una riforma rispetto alia Chiesa (cattolica), alia
sua autorita e a tutto il suo apparato » (p. 268) ; e cosi fu
« distrutto queirimmane e complicato edifizio che aveva usur-
pato il nome di religione ; edifizio, in cui avevano il loro
posto TEvangelo e Tacqua benedetta, il clero universale e
la sovranita del Papa... La religione fu ridotta ai suoi fattori
^ssenziali : la parola di Dio e la fede » (p. 269). Dunque niente
clero, niente autorita, niente organamento sociale.
Ma non ha letto negli Evangel! il sommo Critico che Gesu
Cristo, dopo avere tra' suoi seguaci scelti alcuni che nomino
Apostoli o Nunzii, li costitui maestri della sua dottrina co-
mandando loro che andassero a predicare a tutti gli uomini,
20 JL CRIvSTlANESIMO
ed insegnassero loro le sue dottrine, aggiungendo che chi
ascoltera loro ascoltera lui stesso e chi non credera loro, sara
irremissibilmente condannato? E come non deve dirsi giu-
ridico un magistero al cui insegnamento 6 annessa tale san-
zione? Non ha letto che ad uno di tali Apostoli cambio il
nome di Simone in quello di Pietra costituendolo capo e fon-
damento d'una societa? 0 che cos'ealtro la Chiesa cattolica,
se non Tincarnazione di questa storia evangelica? E que'primi
maestri non costituivano poi essi alia loro volta, nelle citta
i loro successor!? Come puo dunque affermare 1'Harnack
che « la Chiesa romana non e altro che rimpero romano con-
secrato dal Vangelo » (p. 252)? L'Impero romano, 6 vero, fu
un terrene acconcio a fare sviluppare il germe dell' opera di
Cristo; ma il germe non-ebbe dairimpero romano, ma da
Cristo, la virtu produttiva.
E cosa curiosa poi il sentirlo discorrere di « parola di Dio » .
Ma dov'e tal parola di Dio? La parola di Dio nel senso sto-
rico e una dottrina rivelata da Dio. Or la rivelazione e un
miracolo che T Harnack non ammette. Dunque, non v' 6 la
coerenza in discorrere di « parola di Dio », dopo avere ne-
gato il miracolo. Veramente la critica razionalistica, quando
passa dal campo dell'erudizione in quello della fiiosofia, si
mostra bambinesca.
4. Professione di Fede. — I seguaci di Gesii fino ab an-
tico, ridotte ad un elenco le verita che furono rivelate da
lui qual Legato di Dio e Figliuoio stesso di lui, si fecero un
dovere inviolabile di fame professione non solo privata,
come regola del loro pensare, ma altresi pubblica come com-
ponent! la societa de' Fedeli. Tuttocio era logico; poiche, se
il Cristianesimo era, come di fatto fu, una manifestazione dej
secreti di Dio agli uomini (manifestazione composta di ve-
rita per T intelletto e di precetti per la volonta) non si po-
tevano tenere in non cale quelle verita, senza mancar di
rispetto a Dio e senza togliere airoperazione la sua base,
DI ADOLFO HARNACK 21
perch6 ogni operazione suppone un'idea e una verita nel-
rintelletto. Quindi la necessita della professione di Fede,
ossia di quelle verita rivelate da Gesii Cristo, qual Legato di
Dio. Di qui il nostro simbolo apostolico.
Or T Harnack anche la professione di Fede rimanda tra
il ciarpame e le cose inutili ed estranee al Vangelo ; ma, al
solito, con contraddizioni palmari. « L' Evangelo, disse egli
agli scolari dell'Universita di Berlino, non & una dottrina
teorica, non e un sistema di filosofia; 6 una dottrina solo
in quanto insegna la reale esistenza di Dio. Esso e una buona
novella, che ci assicura della vita eterna e ci dice quanto
valgano le cose e le forze di questo mondo... Cio posto, a
che si riduce la professione di Fede, se non a fare la vo-
lonta di Dio, tenendo per certo che egli & il Padre, il quale
dara a ciascuno quel che egli merita? Gesii non ha mai par-
lato di altra professione di Fede » (p. 146). Ma non si ac-
corge T illustre uomo che la reale esistenza di Dio, la vita
eterna, il premio e il castigo, la paternita di Dio, so no gia
parte principalissima delle verita che compongono la pro-
fessione di Fede? Come pu6 dunque insegnare, in qualche
pagina piu giu, che « T Evangelo non espone alcuna teoria
della religione, e non dice che bisogna innanzi tutto acco-
gliere e professare una dottrina integrale » (p. 148)? Anche
qui si scorge una contraddizione patente, e sotto la contrad-
dizione il pregiudizio ereditario, protestantico e razionalistico,
contro la Chiesa cattolica.
5. Osservanza della legge di Dio. — Questo punto capitale
del Cristianesimo sembra anche airHarnack un peso imposto
dalla Chiesa cattolica contro la liber ta dell' Evangelo. In fatti
egli rimprovera ai Padri del secolo III « Tidea latina che
la salute deH'anima sia un rapporto contrattuale, soggetto a
determinate condizioni e dipendente dalla piu o meno esatta
osservanza di esse. Queste condizioni le ha stabilite Dio stesso
(cost I'Harnack ironicamente) e in esse ha manifestato la
sua misericordia e clemenza ; perci6 Egli vigila severamente,
22 IL CRISTIANESIMO
affinche sieno osservate. Inoltre tutto il contenuto nella rive-
lazione e legge, e cio vale tanto per la Bibbia, quanto per
la tradizione » (p. 250). Tutta questa teoria e detta da lui
idea latina; perch6 il genio romano era organizzatore per
eccellenza e vindice del diritto. E benche appro vi in parte
questa evoluzione della Chiesa, come quella che manifesta
« una volonta di costituire un vincolo reale tra la religione
cristiana e la vita... e la solleeitudine per 1'eterna salute,
sia degii individui che de7 popoli » (p. 255); pure egli chiama
tuttocio erroneo. « Per noi il voler preparare ed edificare il
Regno di Dio con mezzi politic! (cosi egli chiama I'imposizione
giuridica della legge cristiana) costituisce una interpreta-
zione affatto erronea della dottrina di Cristo e degli Apostoli.
II Regno di Dio non costituisce altre forze che le morali re-
ligiose, ed unico suo fondamento e la liber ta » (p. 257, 258).
Ma si puo dimandare : Se per ottenere la salute eterna si
deve fare la volonta del Padre (come insegna an che FHar-
nack) come si potra conoscere tal volonta, ripudiando la sua
legge? E il decalogo non e forse legge di Dio? E sia pure che
fu rivelato nell'Antico Testamento, ma Cristo Fha appro vato
e riconfermato.
6. // Monachismo, i voti religiosi, la mortificazione. -
Tra i secreti della Divinita svelatici dal Figliuolo di Dio fu
il compiacimento maggiore che Essa ha della verginita di
fronte al matrimonio, della rinunzia al possesso della ricchezza
di fronte al possesso di questa, e della obbedienza di fronte
alia liberta. Ma di cio Gesu non diede precetto; solamente
esempio e consiglio. II Vangelo e pieno di tale rivelazione, e
sarebbe portar acqua al mare recarne qui le testimonianze.
Ora, Tattuazione di tali consigli di Gesii, fattasi nella Chiesa
dai monaci e dagli Ordini religiosi, e detta dal Critico
berlinese ascetismo estraneo al Vangelo. « Per Tascetismo
non c'e posto nell' Evangelo;- esso comanda di combattere
contro mammona, contro la sollecitudine terrena e contro
Tegoismo, comanda e suscita 1'amore che ci sostiene in que-
DI ADOLFO HARNACK 23
sta lotta e si sacrifica. Questa lotta e quest'amore costitui-
scono Tascetismo nel senso evangelico ; attribuire all'Evan-
gelo un'altra specie di ascetismo e fralntenderlo » (p. 88, 89).
« L'ortodossia, la pieta, 1'obbedienza, il timore reverenziale
kanno il loro pregio e nobilitano I'uomo; sono virtu che gio-
vano a frenare rindividuo assoggettandolo alle regole di una
comunita saldamente costituita; ma sono sempre cose che non
kanno nulla che fare colTEvangelo, appunto perche non si
rivolgono all'individuo, come fa 1'Evangelo, e non lo pongono
libero al cospetto di Dio, perche egli prenda la sua deci-
sione : o con Dio o contro Dio » (p. 242). — Anche la mor-
tificazione della carne per mezzo di astinenze e digiuni, lo-
dati dal Vangelo, sono dall'Harnack ripudiati, dicendo: « I
digiuni e T ascetismo non hanno alcun pregio al cospetto di
Dio » (p. 280). Gesu Cristo, pero, aveva un'opinione ben dif-
ferente da quella del professore di Berlino, quando diceva :
« Chi vuol venire dietro a me rinneghi se stexso ; prenda
la sua croce e mi segua ». E questo e registrato, non gia
nel quarto Vangelo, ma nel prime, dairHarnack dichiarato
autentico (Matt. XVI, 24).
IX.
Ma escluso quel che non e Cristianesimo, qua! e final-
mente questo Cristianesimo tan to affannosamente ricercato
fin qui? Qual e la parte positiva di esso, anzi Tessenza?
Eccola in poche parole: Tuomo « libero al cospetto di
Dio » (p. 242). Libero senza professione di Fede, senza de-
terminata legge da osservare, senza la divinita di Gesu
Cristo ; libero da vescovi e sacerdoti, da liturgia e da sacra-
menti ; ma con la ferma persuasione in mente che Dio 6 Padre,
noi siamo suoi figli e che ci dara il premio nella vita eterna
se facciamo la sua volonta.
Questo e il Vangelo puro, questa e Yessenza del Cristia-
n^simo,secondoAdolfoHarnack; tutto ilresto e superfetazione,
24 IL CRISTIANES1MO DI ADOLFO HARNACK
e la parte parassltaria, 6 1'involucro storico di esso. Questa
dottrina ha dato il significato alia vita. La scienza ignora
« donde veniamo, dove andiamo, perch6 siamo al mondo »
(p. 801). Pazienza ! (egli esclama). Resta la Religione di Cristo,
il meglio che siavi al mondo. Per essa ci salveremo « dal-
Tignavia propria dei pusillanimi e dal tedio della vita, ed
acquisteremo la certezza di Dio, di Dio che Gesii Cristo chia-
mava suo Padre e che & anche il Padre nostro » (p. 301).
Ecco riprodotto fedelmente il Cristianesimo del Critico ale-
manno.
Che se gli si dimandasse : Come siamo certi che quel-
I'uomo, di nome Gesu, abbia avuto la missione da Dio di
rivelarci resistenza di lui, la sua paternita e la vita eterna ?
e come conosceremo not i voleri di Dio, per avere poi il
premio della osservanza? II Critico non risponde, 116 puo
rispondere; trovandosi nella condizione del fanciullo, che
sfogliando un bulbo di certa pianta, per trovarvi il nucleo,
pel troppo sfogliare fini col non aver piii nulla nelle mani.
II Critico dunque non risponde ; la Chiesa Cattolica, pero,
gode di quest 'ultima sfida dell'incredulita, la quale, atteg-
giatasi a scienza critica per opera del suo piii noto rap-
presentante, non ha saputo opporre a lei altro che un cu-
mulo di contraddizioni.
I SLNDACATI INDUSTRIAL!
I.
Dovemmo, nel fascicolo precedente, per mancanza di
spazio troncare a mezzo la incominciata trattazione. Conti-
nueremo ora, prendendo ad esame le altre obbiezioni con-
tro i sindacati, obbiezioni in parte reali, svantaggi spesso
veri, pericoli non dispregevoli, ai quali vanno incontro simili
imprese gigantesche.
Chi puo negare, per esempio, che « nel caso che i diret-
tori del sindacato risolvano la temporanea o anche la per-
petua chiusura di una o piu delle loro fabbriche, un certo
numero di operai non si trovi subitamente senza lavoro? »
Ma e non accadrebbe lo stesso, anzi peggio, quando una pic-
cola fabbrica o un'industria minuta, nella lotta per la esi-
stenza venisse a perire? Nel resto, questo male che si lamenta
non e proprio dei sindacati, ma e un effetto inevitable del
progresso e della civilta. Ogni nuovo ritrovato scientifico e
commerciale, ogni nuova industria, ogni macchina piu per-
fezionata crea, almeno per un certo tempo, un maggiore o
minore numero di spostati. La ferrovia ha messo in rotta
la diligenza; i tranvia hanno reso meno necessarii i vettu-
rini ; il gas e la luce elettrica hanno fatto chiudere centi-
naia di fabbriche di candele ; la macchina da scrivere com-
batte ora e con felice successo i poveri copisti ; e in gene-
rale le nuove macchine industrial! ed agricole privano di
lavoro, almeno temporaneamente, un gran numero di operai.
Diciamo temporaneamente e non senza ragione. II priino ef-
fetto di una nuova macchina e, nel caso nostro, di una grande
riunione di macchine, cio6 di un sindacato, e di spostare il
lavoro, togiiendolo dagli uni e dandolo agli altri e sottraen-
dolo anche affatto ad alcuni pochi, e questo produce agli
26 I SINDACATI
operai rimasti senza lavoro una temporanea privazione. II
suo effetto secondario, dopo non molto, e di far crescere la
domanda del lavoro, di aumentare le paghe agli operai e
diininuire il costo delle cose utili alia vita. Com'e chiaro, la
domanda del lavoro porta seco Taumento degli operai. Da
questo fatto costante si deduce che, a misura che il capitale
ne fornisce i mezzi, il lavoro si moltiplica e si estende per
ogni dove, e crescendo la civilta, si aumentano i bisogni e
per conseguenza la domanda del lavoro i. Giova tutto questo
alia felicita umana? E I'uomo incivilito piii contento perch6
ha piii bisogni del barbaro e maggiori mezzi per soddisfarli?
A questa domanda risponda il filosofo: reconomista riconosce
il fatto e prova con buoni argomenti che in quei paesi dove
il capitale e abbondante, i sindacati frequenti, le macchine
perfette e piu in uso, la ricchezza e piu generale, le con-
dizioni degli operai migliori e la vita del popolo piu che
agiata; laddove in quei paesi dove capitali, macchine, so-
cieta e cultura sono rnancanti, il comrnercio languisce, le ma-
nifatture impoveriscono, Tesportazione diminuisce, I'industria
minuta e miserabile, manca il lavoro, e gli operai, oziosi, mal
pasciuti e peggio vestiti, giaciono nella piu vergognosa mi-
seria. Questo stato lagrimevole di cose si trova su per giii
in tutta 1'Asia, in una gran parte dell'Africa ed anche in
certe province di Europa, T Italia non esclusa.
Si osservi invece che cosa accade nei paesi dove abbon-
dano le macchine e il capitale. In Inghilterra, per esempio,
prima dell' invenzione della macchina per filare si contavano
5,200 filatori e 2,700 tessitori. Dieci anni dopo i filatori erano
saliti a 105,000 e i tessitori a 247,000. Nel 1833 vi erano
-complessivamente 487,000 tessitori e filatori. Oggi, som-
mando tutte le persone che direttamente o indirettamente
servono alia industria tessitrice della lana e' del cotone, si
arriva alia somma di oltre a due milioni. Quando negii
Stati Uniti si apersero le prime ferrovie, i vetturini e i
1 Cf. GUSTAVJE TH^RY, Exjiloiteurs et Salaries, Paris, Librairie Victor
Lecoffre, 1895. pag. 258, e seg.
INDUSTRIALI 27
carrettieri misero coi loro lament! il mondo a rumore.
Ebbene, al presente, invece di poche migliaia di persone che
temporaneamente si trovarono senza lavoro, le sole ferrovie
nella grande repubblica nordamericana ne impiegano 750,000,
senza contare tutte quelle altre che sono occupate in mestieri,
servigii ed officii che senza le ferrovie non avrebbero ragione
di esistere. La verita e che le grandi Industrie moderne ne
hanno creato cento altre collateral!, e per ogni migliaio di uo-
miui che hanno temporaneamente gettato sul lastrico ne hanno
occupati centomila. E non si dimentichi il fatto che nel caso
dei sindacati 6 raro che gli operai da loro spostati non tro-
vino lavoro per mezzo del sindacato stesso : come spesso av-
viene nel caso dei vetturini spostati dai tranvia, dagli ope-
rai del gas, dalla luce elettrica, e via discorrendo 1.
Quello che si deve senza piii concedere si e che i sinda-
cati sopprimono a dirittura i middlemen o agenti interme-
diarii : ma chi si conosce, anche per poco, di commercio, do-
vra confessare ci6 non essere un male per la societa, ma un
bene singolare. Gli agenti inter mediarii commercial!, come i
sensali di certi paesi, divorano a volta a volta il produttore e
il consumatore, e la loro soppressione torna a vantaggio co-
mune. Una gran parte dell'agitazione che ferve in America
contro i sindacati e nutrita ad arte dai middlemen che nel
trionfo dei trusts veggono la propria rovina. Ma quantunque
la loro sorte sembri un po' dura, essa, posti gli usi commer-
cial! dei middlemen, almeno in parte e meritata. Non si 6
mai sentito dire che un sensale sia morto di fame. Soffriranno
per un poco, poi trovando essi, forse nei sindacati stessi, un
altro impiego, ritornera nella societa il disturbato equilibrio.
Ma, non 6 forse vero che « i sindacati anche onesti tendono a
trasformarsi in monopolii coi pericoli a loro inerenti, come,
accrescimento artificiale dei prezzi, abolizione della concor-
renza, e simili ? II pericolo, non puo negarsi, c;e, ma e ab-
bastanza remoto. Posta la presente internazionalita deir in-
dustria e del commercio, ove il Governo stesso non intervenga,
1 CHARLES FLINT, Ibid. pag. 50.
28 I S1NDACATI
come era uso un tempo, a stabilire il monopolio, un sinda-
cato non potr& mai di venire tale spontaneamente. Innanzi
tutto, e quasi impossibile che un sindacato, eccetto nel caso
di prodotti naturali, pochi in s& e limitati solo ad alcune pro-
vincie, abbracci tutte le fabbriche del paese, molto meno del
mondo intero. Quindi la concorrenza e frenata, non abolita,
moderata, non resa impossibile. Fate che un sindacato, abu-
sando della propria poteiiza, innalzi piii del dovere i prezzi
de' suoi prodotti ; gli altri sindacati, tenendo fermo nei prezzi
primieri, attireranno a se tutte le domande e 1' audace do-
vra ricredersi o restera schiacciato dalla concorrenza. Che
se tutte le fabbriche di una stessa merce, assolutamente tutte,
sono strette fra loro in sindacato, anche allora non riusci-
ranno, se non per poco, nel loro intento. Non appena i prezzi
toccano una certa altezza, Fopinione pubblica si mostrera
avversa, diventera possibile una concorrenza profittevole, e
in pochi mesi, forse in pochi giorni, si vedranno fabbriche
rivali aprirsi in tutto il paese. « Un sindacato, come ha ri-
petuto piii volte il noto Carnegie, non pud riuscire se non
a patto di mantenersi moderato nei prezzi : quel giorno
che vinto dall'avidita del guadagno, li rincara irragione-
volmente e contro I'andamento naturale del mercato, 6 Tul-
timo di sua vita » 1. E le parole del Carnegie vengono con-
fortate dal fatto che finora i principali sindacati d' Inghilterra,
della Germania e degli Stati Uniti si sono mostrati assai mo-
derati nei loro prezzi, come gia vedemmo neH'articolo pre-
cedente. Che se il grande Trust americano della carne ha
rialzati i suoi prezzi piii del dovere, la ragione di cio deve
trovarsi in varie cause, tutte estranee al sindacato stesso.
Ai sindacati in generale, si possono applicare le parole
che scrisse teste il console inglese a Diisseldorf al suo Go-
verno a proposito del trust Westfaliano del carbone: « I be-
neficii di questi sindacati, diretti da ammmistrazioni oneste
e capaci, sono incalcolabili. II sindacato non domanda il
prezzo che, posta la sua potenza sul carbone del paese, po-
1 CLAUDIO JANNBT, Le capital etc. pag. 314.
INDUSTRIALI 29
trebbe pretendere ; ma quello solamente che risponde al mer-
cato e che il consumatore puo pagare ]. »
II.
« E cosa assai pericolosa lasciare in mano a pochi uomiiii
gli enormi capital! di cui dispongono i sindacati, perche, ove
questi prosperino, i loro direttori diventeranno a dirittura
onnipotenti ; che se falliscono, posta la loro ampiezza, cagio-
neranno un vero disastro nazionale. » Questa obbiezione e
veramente fondata. Ma osserviamo prima di tutto che essa
viene mossa specialmente da quegli stessi socialist!, i quali,
poi, non pochi, ma tutti i capitali esistenti nel paese dareb-
bero volentieri nelle mani dello Stato, cioe di alcuni pochi
socialisti rappresentanti lo Stato. E verissimo : i direttori dei
sindacati dispongono di capitali assolutamente favolosi. Per
esempio, V Economist di ottobre p. p. pubblico lo specchietto
delle varie imprese che stanno sotto T influsso del Morgan,
il famoso ordinatore di trusts. Ve ne sono di tutti i generi:
ferrovie, linee di navigazione, assicurazioni, miniere e in-
dustrie di ogni specie. II valore delle linee di navigazione
che stanno sotto il suo influsso e di circa un miliardo ; quello
delle ferrovie di 16 miliardi ; quelio di varie imprese indu-
strial! di 10 miliardi, ecc. Complessivamente, il capitale in
cui Morgan ha influsso o fortissimo predominio e di circa
34 miliardi 2. Si osservi tuttavia che la ricchezza, anche
enorme, non e di per se un male, purche sia acquistata one-
stamen te e si amministri bene e non a soli fini egoistic! . Si
deve forse recare colpa a Jay Gould, al Carnegie, al Rhodes,
airHuntington, al Rossi, al Krupp, al Field, agli Armour, ai
Hockfeller ed ai Vanderbilt se in pochi anni sono divenuti
milionarii? A rigore di giustizia bisognerebbe provare, prima
di condannarli, che la loro ricchezza fu acquistata malamente,
1 Board of trade Journal, June 1898 pag. 674, 675. Cf. W. MACRO-
STY pag\ 206.
2 The Economist dell'ottobre 1902 nella Tribuna 20 ottobre 1902.
30 I SINDACATI
speculando, per esempio, sui fondi pubblici, giocando alia
borsa in modo illecito, rovinando con male arti le fabbriche
rival! ovvero per mezzo di fallimenti e liquidazioni fittizie
e fraudolenti. Che se tutti, o i piii dei sopra nominati, ac-
quistarono i loro milioni onestamente, per mezzo cioe del
loro ingegno e promovendo le Industrie e il progresso del
paese, mentre arricchirono se medesimi, beneficarono allo
stesso tempo i proprii connazionali. Nel resto, e a tutti noto
quale uso facciano o abbiano fatto delle loro ricchezze il
Rossi, il Krupp, il Carnegie, il Rhodes, il Morris, lo Schwab,
T Hancock ed altrettali. Quei signori non hanno davvero
ragione di vergognarsene ! Inoltre 6 assolutamente neces-
sario pel bene della societa che da canto ai moltissimi che
conducono vita agiata, ve ne siano altri che contano i loro
capitali non a migliaia ma a milioni. Nei secoli passati i mi-
lionarii si trovavano fra le famiglie regnanti, fra i principi
del sangue, fra i grandi signori feudali o fra i dignitarii della
Chiesa ; ed a loro, per lo piii, si devono le grandi cattedrali,
i magnifici conventi, le ricche biblioteche, il regale patrocinio
delle scienze, lettere ed arti, i ponti, i canali ed altrettali
opere di utilita pubblica o di comune ornamento per la patria.
II danaro, al presente, ha preso un altra via. Non entra piii
nei forzieri della nobilta, ma in quelli di capaci e fortunati
industrial!. Si deve forse dire che la ricchezza dell'antica
nobilta europea ebbe un origine piu nobile di quella dei Cresi
present!? Resta solamente che questi iniitino nell'uso del da-
naro il buon esempio che hanno loro lasciato molti magnati
dell'aristocrazia antica e recente.
« I sindacati possono fallire, e se falliscono sara un pub-
blico disastro. » Verissimo anche questo. Ma si osservino due
cose. L'industria grande o piccola che sia, fu e sara sempre
arrischiata. Quell' azionista che troppo teme di perdere il suo
denaro, non lo investa in fondi di sindacati ma in valori dello
Stato, che allora potra dor mire piu tranquilli i suoi sonni.
Si avverta in secondo luogo che, se una definitiva sentenza
sulla stabilita dei sindacati & ancoraprematura, questo pero puo
INDUSTRIAL! 31
dirsi fin d'ora die le grand! compagnie sono meno soggette a
fallire che non le piccole, e i sindacati, forse, meno di tutte.
Parlianio pero dei sindacati onesti, quelli cioe che hanno uno
stato legale nel paese, e, quantunque anonimi, sono diretti
da persone conosciute per oneste, che hanno un passato, una
fama da perdere o una riputazione da guadagnare. Cotali
sindacati sono di gran lunga piii sicuri di certe compagnie
anonime, le quali, per ragione della loro esiguitk ed assoluta
anonimita sono soggette alle peggiori frodi.
« Dal 1862 al 1898, scrive il Macrosty ', furono registrate
in Inghilterra 66,951 compagnie anonime, con un capitale
nominale in azioni di 5,533,857,000 di lire sterline. Di tutte
quelle compagnie ne sopravvivono al presente solo 37,7 per
cento e del capitale versato 25 per cento. » Chi potra mai
comparare questa terribile mortalita con quella che finora si
e manifestata nei sindacati? II fatto e che i piii dei sinda-
cati ora esistenti in Europa ed in America sono rigogliosi e
potenti, e pagano ai loro azionisti un dividendo non dispre-
gevole, come dimostrammo nell'articolo precedente. E con
cio e stato risposto in modo adeguato alia difficolta proposta.
III.
I veri e reali pericoli pei sindacati si possono ridurre ai
seguenti : 1.° II segreto onde 1'amministrazione del sindacato
suole circondarsi, recando i direttori a pretesto che, se ren-
dessero conto agii azionisti degli affari del sindaca'to, dareb-
bero il modo ai loro rivali di far loro concorrenza. 2.° L'in-
trusione nella direzione del sindacato di uomini politici, affatto
incompetenti deirindustria, e a fini politici. 3.° L'indebita in-
tromissione di uomini, anche valenti, nel consiglio di ammi-
nistrazione di due o piu sindacati, onde puo accadere che sa-
crifichino gli inter essi di uno a quelli di un altro. 4.° La poca
lealta nella preparazione del bilancio da presentarsi annual-
mente agli azionisti, i quali sono dai direttori tenuti all'oscuro
1 W. MACROSTY. Ibid. pag. 134.
32 I SINDACATI
od anche ingannati interamente sulle reali condizioni econo-
miche del sindacato. 5.° Parzialita nella distribuzione delle
cosi dette azioni privilegiate (prefered shares), le quali, na-
tural mente, vanno quasi tutte ai fondatori, ai promotori, o ai
direttori del sindacato, di tal maniera che in caso di prospe-
rita essi toccano la parte del leone, e, quando per contrctrio
occorresse un fallimento, sono i meno a soffrirne. 6.° La di-
stribuzione di dividend! fittizii, massime negli inizii del sin-
dacato, a fine di tener alto il prezzo delle azioni e invogliare
il pubblico a comprarle. 7.° La liquidazione fraudolenta, prima
di fondare il sindacato, di una o piii fabbriche, i cui clirettori,
compri daH'oro del sindacato, sono poi ammessi a fame parte.
8.° Accettare nel sindacato, senza le dovute garanzie, fabbri-
che ovvero compagnie che non davano piii utili od anche
mezzo fallite, e cio a fine di favorire gli amici. 9.° Valutare,
sempre allo stesso fine di favorire gli arnici, ad un prezzo
assai piu alto del giusto, le macchine e 1'attivo delle fabbri-
che o compagnie entranti nel sindacato, cagionando con cio
perdite piii o men gravi agli azionisti. 10.° Sotto pretesto di
estendere i proprii affari, accrescere il capitale, senza tut-
tavia che con cio auinentino i beneficii del medesimo. Questo
processo e noto nei paesi di lingua inglese sotto il nome di
watering the capital, diluire il capitale. 11.° Illegittima e dan-
nosa ingerenza dell' ^1 to Banca alia formazione del sindacato
e allora quando, anche per buone ragioni, si accresce il ca-
pitale. Questa indebita ingerenza trova il suo perch& nel fat to
che 1'emissione delle azioni del sindacato e le speculazioni
sul loro rialzo sono per le banche fonti profittevolissime di
guadagno, mentre le stesse operazioni possono divenire per
gli sfortunati azionisti scogli teriibili di naufragio. 12.° Spese
stravaganti, massime all'origine del sindacato, per comprare
i giornali e gli agenti di cambio, ovvero per far tacere chi
per caso avesse interessi contrarii. 13.° Prevalenza dannosa
e pericolosa di un grande azionista nel consiglio di anmimi-
strazione, onde egli puo indursi a credere di poter trattare i
capital! del sindacato come proprieta sua personale. 14.° Com-
INDUSTRIALI 33
pra, in certe circostanze, da parte degli am minis tr at or i del
sindacato delle azioni del sindacato stesso a fine di specularvi
sopra, con utile proprio, s'intende, e a danno degli azionisti
semplici ed ignoranti. 15.° Lega, per lo piu segreta, dei di-
rettori dei sindacati industrial! coi capi delle cosi dette finan-
cial shares trust companies o societa finanziarie delle azioni
dei sindacati, le quali hanno per fine di far alzare artificial-
mente sullo Stock Exchange certe categorie di valori indu-
strial! dei sindacati. Questo maneggio, riducendosi per lo piii
a, un giuoco di borsa, ne corre tutti i rischi e ne merita tutte
le disapprovazioni. 16.° Finalmente, uso colpevole della po-
tenza del sindacato ad influire sulle elezioni politiche o nel
governo del paese *.
IV.
Non ci basta il tempo e lo spazio per ispiegare e pren-
dere ad esame partitamente ad una ad una le sedici obbie-
zioni che abbiamo appena accennate. Ma le piu si compren-
dono da se, ne abbisognano di spiegazione. Alcune anche sono
forse piii serie in apparenza che in realta, e vi si potrebbe di
leggeri recar rimedio. L' ultima tuttavia, perche piu grave,
merita una menzione tutta speciale.
I giornali democratici degli Stati Uniti sono pieni della
accusa, lanciata gia altre volte contro i sindacati, che essi
cio6 influiscano sulle elezioni politiche e spadroneggino nel
paese. E quest'accusa pur troppo e vera. I difensori dei sin-
dacati hanno cercato di attenuarla, di spiegarla, ma i fatti
parlano troppo altamente in contrario. Le due elezioni del
Mac-Kinley a Presidente degli Stati Uniti, le operazioni di
Tommaso Reeds, speaker del Congresso, lo Sherman ed il
Bland bill sulla convenzione monetaria e sulle compere di
metallo bianco fatte dal tesoro degli Stati Uniti, i bills Mac-
1 CHARLES FLINT, The trust, passim ; W. MACROSTY, Trust and the
State, pag. 212; CLAUDIO JANNET, Le capital etc.,pag. 180, 292, 380 ecc.;
ANTOINE, Cours etc., pag, 310,412; A. VERMEERSCH, Quaestiones de Ju-
stitia, pag. 437; Prof. E. COSSA, Ibid., pag. 44-55.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261. 3 25 dicembre 1902.
34 I SINDACATI
Kinley, Dingley ed Edmunds, le leggi doganali, la tariffa
Wilson e la farsa rappresentata dal Chapman, agente di
cambio, dinanzi alia commissione senatoriale, le deposizioni
dell' Havemeyer e del Searles, amministratori del grande
sindacato dello zucchero, e cento altri fatti simili bastano a
mettere 1'accusa fuori di ogni dubbio. Anzi, il direttore del
sindacato, ora ricordato, confessando che la sua compagnia
aveva in uso di far regali per influire sulla politica dei varii'
Stati deirUnione, protesto allo stesso tempo che « alia fin
fine la sua colpa, se tale poteva chiamarsi, era comune a
tutte le altre grandi corporazioni del paese, perche tutte, piii
o meno, solevano diportarsi ugualmente » *.
N6 questo disordine, ad esser giusti, e confinato agli Stati
Uniti. Tutti i paesi se ne risen ton o piu o meno, se non nei
parlamenti, almeno nei municipii, piu in grande cola dove
la ricchezza e 1' industria e maggiore, in minor grado dove
T industria e meno sviluppata. Dell' Inghilterra, per esempior
parlando V Economist a del 12 agosto 1899, pag. 1151, esce
in queste gravi parole. « Non puo negarsi che durante la
sessione ora finita non vi sia stata nelle gallerie e negli atrii
della Camera dei Comuni un'atmosfera di danaro, quasi mai
prima riconosciuta. Si raccolsero col£ ogni fatta d'interessi
commercially ne piii ne meno come si usa a Washington e
nei varii Stati dell' America del Nord. Non vi e memoria di
uomo, almeno dai giorni della prima costruzione delle fer-
rovie, che ricordi tanti attentati quanto quelli che si son a
fatti recentemente per influire sopra i voti dei deputati.
Certi fatti connessi coi Mils del petrolic, dei telefoni, e dei
salarii clericali, mostrano troppo chiaramente che vi fu un
infelice connubio fra la legislazione e la finanza 2. » E quello
che diciamo dell' Inghilterra, puo ripetersi, salve le debite
1 The American monthly Review of Reviews. June 1897, pag. 648.
Cf. CLAUDIO JANNET. Ibid., pag. 316; PAUL DE ROUSIERS, Le.s Industries
monopolisms aux Etats-Unis. Paris, Armand Colin. 1898; The Yale He-
view, May 1898. The Concentration of Industries in the U. St. pag. 93 ;
W. MACROSTY. Ibid., pag. 212.
2 THE ECONOMIST, august 1899, pag. 1151.
INDUSTK1ALI ,>O
proporzioni, nel caso della Germania e della Francia. Da uui
in Italia la corruzione elettorale ha per lo piu un altro fon-
damento e un diverse motive.
E pure, non sono ma neat i autori che hanno anche su
questo punto preso la difesa dei sindacati americani, ne senza
buon successo. Ci piace riferire qui le a^sennate parole del-
reconomista americano Henry C. White. « Quando si for-
mano sindacati a scopi temporanei, non e raro trovarc di-
rettori che fanno uso, come i peggiori speculator! , delle arti
pm inique per far quattrini. Ma non si opera gia in questo
modo da quei sindacati che vogliono prendere ferma ra-
dice nel paese. La maggior parte delle azioui e dei fondi
delle grand! corporazioni della New England soiio in inano di
persone che considerano quei sindacati come societa stabili
-e permanent!. Non permetterebbero dunque giainmai alle loro
ammmistrazioni di usare, nel promuovere 1'industria, me tod i
ed arti riprovevoli, le quali, pur avvantaggiando il siudacato
pel memento, ne metterebbero in pericolo 1'esistenza in un
tempo future. E pure i direttori di quest! sindacati spendouo
somme enormi a corrompere gli elettori nelle elezioni mu-
nicipal! o nazionali. Non 6 raro udire uomini di provata in-
tegrita asserire che la corruzione dei legislator! da parte dei
sindacati non solo e necessaria ma moralmente difendevole.
Noi, essi dicono, abbiamo in consegna il danaro altrui, il
danaro cio6 di migliaia di azionisti e dobbiamo farle fruttare
€ difendere dalla rapacita altrui. II Governo o il Municipio
vuole passare leggi ingiuste contro di noi e lesive dei no-
stri interessi. Che cosa possiamo fare? Siamo ricorsi piu volte
ai tribunal!, e a nulla valse. D'altra parte bisogtia assolu-
tamente impedire che quegli attentati legali contro di noi
•diventino leggi. Noi ci troviaino nella coudizione di tanti
poveri viaggiatori, assaliti dai ladri sulla strada pubblica.
Dobbiamo difenderci come meglio possiamo. Noi non doman-
diamo danaro pubblico ; diamo del nostro ai legislator! per
impedire che non ci facciano leggi contrarie. Essi ci possone
nuocere: d'altra parte, non sono cosi integerrimi da non
36 I SINDACATI
cedere al lecco del denaro; e noi li compriamo. E chi mai
potra ascrivercelo a colpa ? 1 »
Questa 6 in compendio la principale difesa che i direttori
del sindacati fanno del loro segreti maneggi per renders!
favorevoli le autorita pubbliche. Se ne deve tener conto?
E proprio priva di qualsiasi merito? Basta ella sola a giu-
stificare i sindacati ed i loro amministratori ? La questions
& irta di difficolta, e non se ne vede chiara Tuscita. D'altra
parte & verissimo che negli Stati Uniti, al presente, o non
c' 6 una legislazione uniforme che regoli i diritti e gli obblighi
dei sindacati o, se c'e, fu fatta dai loro peggiori nemici. Che
fare allora in simile frangente? E questo il caso di applicare la
teoria, sostenuta dagli antichi moralisti, esser lecita la difesa
privata quando la pubblica autorita non puo o non vuole
difendere i proprii sudditi, assaliti ingiustamente ? II caso,
ripetiamo, e di difflcilissima soluzione, e pero non fara me-
raviglia che amici e nemici dei sindacati, specie negli Stati
Uniti, domandino a gran voce una legislazione imparzialer
onesta e sopra tutto uniforme suir intricatissima questione.
V.
Da quanto siamo venuti fin qui dicendo, si parra chiara
la ragione, perch6 valenti economist! ed altri uomini esimii
nella scienza e nella politica non siano ancora arrivati ad
una sentenza concorde sui sindacati, sulla loro utilita allo
Stato, la loro natura benefica o malefica, la loro condizione
presente e la sorte futura. I sindacati, come gia i camaleonti
della favola, hanno assunto in pochi anni tante forme, tante
differenze specifiche, tanti caratteri individuali, tante grada-
zioni e diversita, a seconda dei varii paesi e dei popoli fra
i quali si sono stabiliti, dei varii rami d'industria che eser-
citano e degli amministratori che li dirigono, che 6 assoluta-
mente impossibile pronunziare sopra di loro un giudizio com-
1 THE YALE REVIEW. May 1894. Corporations and the Legislature^
pag. 38.
INDUSTRIAL! 37
plessivo ed assoluto. Questo solo si puo dire, che il sindacato,
considerate di per se, come forma nuova e piu progredita del-
Tattivita economica umana, e avente per fine di sostituire alia
lotta cieca e disordinata degli uni contro gli altri uno stato
di cose piu umano e piu profittevole agli azionisti, agli operai
ed agli stessi consumatori, non che essere illecito, e giusto
anzi, lodevolissimo e frutto naturale di cultura maggiore e
di tempi piu progrediti. « Nessun principio di morale, scrive
il Jannet, si puo opporre a societa di simil genere, almeno
fino a tanto che esse non procacciano di distruggere siste-
maticamente quelle che rifiutano di entrare nel sindacato l. »
La stessa sentenza tiene il Vermeersch 2, e quanti altri
hanno trattato ex professo della loro liceita sotto il rispetto
cristiano ; non mancando tuttavia di fare quelle riserve
alle quali accenna il Jannet, a condizione cioe che il sinda-
cato, da societa istituita ad onesto lucro e a propria difesa,
non si muti a strumento di guerra ingiusta e sleale contro
i concorrenti minori, contro i consumatori o contro lo Stato.
I piu degli economisti pero, piuttosto che della intrinseca
liceita dei sindacati, discorrono dei loro vantaggi alia societa,
e in cio, come dicevamo, quando vengono a considerarne il
pratico andamento, discordano d'assai nelle loro sentenze.
Per esempio, di cinquanta sette opinioni di personaggi insi-
gni, americani i piu ed inglesi, sulla utilita e stabilita dei
sindacati, raccolte dal Flint in varie parti del suo libro, piu
volte citato, trentuna 6 in loro favore, diciotto contro e otto
indifferenti. Dei pochi economisti italiani che ne hanno par-
lato a ragion veduta, il Cossa li difende apertamente, il Loria
li condanna ; in Prancia ed in Germania i pareri sono divisi,
e cosl, presso a poco, nelle rimanenti parti del mondo 3.
Ci piace concludere questo articolo dando qui tradotte
in italiano le due ultime testimonianze sui sindacati, recate
1 CLAUDIO JANNET. Ibid., pag. 301.
* A. VEIIMBERSCH. Ibid., pag. 437.
3 Cfr. CHARLES FLINT. Ibid., pag. 169 seg.; Prof. EMILIO COSSA. Ibid.,
pag. 4 seg.
38 I SINDACATI INDUSTRIAL!
dal Flint. La prima e dell' Hayes, segretario e tesoriere
della grande associazione operaia degli Stati Uniti, detta
Knights of labor : « A dire il tutto in poeo, la jx>litica clei
trusts consiste in una invasione aggressiva e bene conge-
gnata contro i migliori interessi della societa, distruggitrice
delle nostre libere istituzioni e del nostro Governo popolare.
I sindacati sono troppo sovente uno stimolo alia frode, alia
corruzione, al tradimento. Sono gii alleati del despotismo,
della tirannia, dell'egoismo mercenario e della schiavitii ; ne-
mici della elevazione della nostra stirpe e della eguaglianza
uraana. »
L'altra testimonianza e del Rosewater, editore dell' Omaha
Bee. « Noi ci troviamo di fronte a gravi problemi, generati
dalla rivoluzione industriale del secolo XIX. I sindacati non
sono che effetti di cause nuove, ma perfettamente naturali.
La civilta moderna tende di per se alia concentrazione e cen-
tralizzaziooe. Questa tendenza si mostra in modo evidente
nella congestione di enormi popolazioni in immense citta, nella
fabbrica di alberghi giganteschi, di case e di pubblici uffi-
cii che par che tocchino il cielo, nei magazzini colossali, e
nell' impianto di grandi aziende industrial!. Le societa rno-
nopolistiche di capitale riunito, note sotto il nonie di trust,
devono la loro origine alia troppo grande produzione e ad
una concorrenza rovinosa. Quando i loro direttori agiscano
onestamente, sia nel raccogliere come nel far fruttare il loro
capitale. avendo il debito riguardo alia prosperita dei loro
impiegati e che anche i loro consumatori ne traggauo gio-
vamento, cotali grandi imprese industrial! sono assolutainente
inoffensive. »
I pareri contrarii dell' Hayes e del Rosewater rappresen-
tano, negli Stati Uniti, le contrarie tendenze del partito de-
mocratico e del repubblicano, del socialismo collettivista e
del capitalismo. Da quanto abbiamo detto fin qui, crediamo non
si debba star lungo tempo in forse, a quale di queste due
opposte tendenze si debba dare, fatte le debite riserve, la
preferenza.
A PROPOSITO DEL CENTENARIO
DI
NICCOLO TOMMASEO
Quando Tottobre scorso si celebrarono in Settignano sulla
tomba del Tommaseo le feste centenarie della sua nascita,
— contrapposti delle cose umane — ci parve ottimo pensiero
quello del Comitato di far precedere una religiosa cerimo-
nia in ricordo di quel credente che tante volte aveva certo
pregato in quella chiesa stessa, e ivi fame onorar la rnemo-
ria con calde parole dal sacerdote professor Ulivieri, e poi
in poetica adunanza colla forbita frase del professore Isidoro
del Lungo, il quale ne vanto 1'amore per Firenze e 1'opera
letteraria che forma la miglior parte dei lavori del dal-
mata. E ci sovvenne alia memoria quel che Augusto Conti
ne diceva il 3 maggio 1874 dinnanzi al cadavere associate
in S. Remigio: « Le tue lodi si dicono in Chiesa degnamente,
perch6 tanto fosti piu libero della ragione quanto piu sicuro
nella fede: e tanto piu fosti amatore degli uomini, quanto
piu amasti Dio... Ci rivedremo nell'eterna cittadinanza, dove
ancora ti parra dolcc ricordare la favella di Dante che tu
glorificasti l. »
NelToccasione di quelle stesse feste in un giornale fio-
rentino, il veneziano Vincenzo Mikelli studiosissimo del Tom-
maseo e gia stretto amico a Girolamo figliuolo di lui, la-
mentava amaramente Tabbandono ed il silenzio che nella
moderna letteratura circondano il nome di quel valentuomo.
« E bene, in questo giorno commemorativo, dirlo a voce alta
con libera parola » : tanto piu che, se « un fitto velo si 6 di-
steso su questo augusto nome e la gioventu non solo non
istudia ma neppur conosce superficialmeute i principali suoi
scritti », invece « ci prosterniamo come adulatori davanti a
i Nuova Ant. Anno IX, fasc. VII.
40 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
false grandezze e servilmente lodiamo uomini i quali, non
avessero altra colpa, hanno questa grandissima di falsificare
arte e letteratura, di corromper la mente e il cuore, di as-
servire Tltalia agli stranieri esemplari £. » La stessa rifles-
sione, lo confessiamo, abbiam fatto anche noi. Anche a noi
parve strano che in un tempo dove Tapplauso e si facile si
coprisse col silenzio il nome di un uomo, il quale, poniamo pure
die avesse i suoi difetti, fu tuttavia ricco di rari pregi, quanto
e piii di altri che vantano Tapoteosi. Fu certo il Tomrnaseo
tra piii colti letterati del tempo suo : di sconfinata erudizione,
dotto conoscitore di quanto per la coltura classica era pub-
blicato nella prima rneta del secolo scorso ; e se il suo stile sente
« deirartificiato e dello stecchito » 2 se non ha « 1'abbondanza,
la vita, le grandi qualita dello scrittore », come filologo
non basterebbe un Dizionario quale quello dei Sinonimi a
dargli fama nella letteratura di un popolo ? Eppure quanti
altri lavori egli non accumulo ! Con quella ferrea sua tem-
pra, con memoria pronta a un tempo e tenace, osservatore
acuto, indefesso, avido di ogni sapere, non vi fu via che
egli non tentasse : latino, greco, storia, romanzo, poesia, mo-
rale, politica, lingue moderne, esegesi sacra. Certo la sola
enumerazione fa sorgere in rnente 1? adagio oraziano pluribus
intentus... ma e pur vero che il Tommaseo seppe coll'osti-
nato lavoro lasciare orma onorata in molte parti del campo
letterario da lui coltivato. Or noi dicevamo: perche tanti
meriti, e certo non comuni, trovano o nessuna o almeno
avara voce di plauso, e voga di fama?
A noi pare che la vera risposta sia questa. II Tommaseo
fu cristiano. Ecco il baco che ne guasta il sapore per quella
gente che invece il cristianesimo amano come il fumo negli
occhi: e pero la consorteria settaria, dispensiera di fama,
tace di lui: ai miscredenti, ai pornografi la luce del sole:
ai credenti, agli onesti il silenzio e Toscurita. Oh ! se il Tom-
maseo avesse insudiciato un solo volume dei cento che scrisse,
1 Naz. 9 ott.
* FRANC. DE SANCTIS, La letteratura italiana nel secolo XIX, p. 238.
DI NICCOLO TOMMASEO 41
vomitando bestemmie, putridume, come certi romanzieri di
nome piu o merio italiano, allora la tromba ripeterebbe il
suo nome ai quattro venti, e le commemorazioni e i monu-
ment! pullulerebbero, qual dubbio c'e? Ebbene sia appunto
la fede di lui, T incontaminata sua morale titolo per noi a
ricordarne qui la memoria: e mentre altri, come dicevamo
cominciando, onoro nobilmente nel Tonimaseo il letterato,
sia permesso a noi di qui rintracciarne brevemente la vita
come cristiano.
La nostra voce non pud esser sospetta di parzialita verso
il Tommaseo. II suo nome e quello di parecchie sue opere
non sono sconosciute alle pagine del nostroperiodico1: e pur
troppo Famore della giustizia e la difesa della verita ci hanno
costretto piii volte a dir parole che ban saputo di forte agrume
al fiero dalmata, ma che neppur adesso potremmo ritrattare
senza venir me no alia santita dei principii cattolici. Non fu
nostra colpa se egli combattendo il civile principato del Ro-
mano Pontefice si era incautamente messo per una strada
che, allontanandolo dalla verita, doveva finire alia con-
danna degli iracondi suoi scritti. Quegii scritti erano infe-
lice frutto della maligna radice del liberalismo, che T ine-
sperto giovane aveva lasciato abbarbicarsi neiranimo. E
non ne facciamo le maraviglie : anzi oggi piu facilmente lo
possiamo in parte spiegare riandando le vicende della tra-
vagliata sua vita, e riconosciamo volentieri quanto fosse diffi-
cile al povero Tommaseo di guardarsi da tanti pericoli, sicche
assai piu maraviglia ci da il vederlo scampato a inevitabile
naufragio.
Non era certo la filosofia imparata a tredici anni sul te •
sto del Soave, che gli avesse potuto dar sodo fondamento
alle lotte future : e neppure crediamo potesse far grande asse-
gnamento sugli studii di Padova con tutta Tamicizia del Ro-
1 Cfr. Civ. Catt. Serie IV, 4, (1859) 466 segg. Serie V, 11 (1864) 192
e segg. Serie X, 7 (1878) 701 e segg.
42 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
smini, cui il Tornmaseo conserv6 sempre venerazione e rico-
noscenza sincera. A diciannove anni aveva finite quel che,
con lepida ironia, chiamava corso di studii, e otteneva la
« non sudata corona »: confessione sincera, se poniana mente
che il giovane Nicolo negli stessi anni di Universita, trovava
modo di metter in iscena drammi e tragedie : lo vediam appli-
cato a tradur Dante in esametri latini e il Rosmini, che ne avea
letta la prima cantica, stimava la traduzione vincere il testo,
il che non so se ci faccia apprezzare piii il giudice o il tra-
duttore : in quei benedetti anni ancora compone liriche, studia
i padri della Chiesa, e prepara un libro intitolato « Gesii vero
amico » il primo dei tanti pubblicati da questo uomo opero-
sissimo. Si capisce che, in mezzo a tal farragine, i sillogismi
fossero mal capitati e una ininacciosa canzone cominciasse :
« II Ciel ti fulmini, Filosofia ». Gli studii letterarii eran 1'amor
suo e per seguirne 1'attrattiva, lasciata la nativa Sebenico e
i suoi non contenti, si butta al giornalismo e cerca guada-
gnarsi un pane a Venezia, a Padova, a Milano, che lo ag-
guerriscono col disagio e colla lotta per aprirsi una via:
finche si volge a Firenze dove Gianpietro Vieusseux lo fa
collaborator all' Antologia da lui poco innanzi fondata.
E qui ci sia permesso dare una guardata intorno a vedere
quale fosse la palestra in cui entrava il giovane dalmata, e
conoscere la societa che doveva dare T impronta alia sua
vita. 11 Mecenate ginevrino che lo accoglieva, n6 letterato
ne colto, ma scaltro mercante e « vecchio frammassone »
come egli stesso si chiamava, dopo aver girato mezzo mondo,
nel 1819 era venuto a piantar le tende in Toscana, dove il
fiuto volpino gli prometteva buon gioco. Una sala di lettura
che vi aperse, r accoglieva i periodic! di maggior couto
francesi, tedeschi, inglesi, libri svariati di letteratura, di
politica, di scienze : e quanto veleno si introducesse cosl in
Toscana sotto colore letterario, solo chi voile esser cieco non
vide. La sala di lettura serviva naturalmente di ritrovo
a' forestieri e non forestieri iniziati al movimento italiano :
1£ si discutevano le question!, si preparavano i congress!, si
Dl NICOOLO TOMMASEO 43
communicavano le idee: YAntologia aveva la niissione di di-
vulgarle. La politica generalmente prendeva maschera di let-
teratura rornantica, di commercio, di mutub insegnamento :
tutto serviva purche si fosse sempre in moto. E in quel ri-
trovo il Tommaseo pote passar in rassegna il fiore de' cospi-
ratori che prepararono la rivoluzione italiana. Vi era Pietro
Capei, Gabriello Pepe, Francesco Forti, Pietro Colletta lo
storico ; vi erano i livornesi Mayer, Bonaini, Domenico Guer-
razzi ; vi trovava Pietro Giordani, Tinfelice Leopardi, lo spi-
rito arrabbiato di G. B. Niccolini, il Giusti, il lubrico Salva-
gnoli poi ministro e senatore. Vi conosceva quello scapestrato
di Guglielmo Libri che ando poi a cercar fortuna in Francia :
il povero Confalonieri il quale trovava che « il tempo in Italia
scorreva lento, monotono : le idee di sei mesi prima eran le
stesse che sei rnesi dopo » e per togliersi dalla monotonia e
cambiar idee... passo allo Spielberg. Vi era il Ridolfi, vi era
sopratutto il marchese Gino Capponi con cui il Tommaseo
strinse un'amiciziachedovevadurare cinquant'anni e lamorte
sola poteva troncare : fu, si puo dire, la sola amicizia della sua
vita. Chi di noi si stupira, che un giovane poco piu che ven-
tenne, vissuto fin allora solitario e quasi nell'indigenza, intro-
dotto in mezzo a un'aecolta di tali uomini forniti la massima
parte d'ingegno assai perspicace, di elegante coltura, di sva-
riata istruzione, di quella superiorita che dava loro la cono-
scenza delle cose e delle persone, seguisse T impulso delle
loro idee, ne bevesse lo spirito, e si risentisse poi sempre del
veleno infiltratosi nelle sue vene?
Che se poi ai nomi gia citati ne aggiungiamo altri di esem-
pio piu pernicioso, di influenza piu nefasta, come quello del-
Tabate Lambruschini nipote del cardinale, uomo sospetto nella
stessa fede, dell' ex barnablta Montani libertino scandaloso, ed
altrettali disgraziati compari, noi possiamo indovinare la lotta
che dovette sorgere nelFanimo del povero Tommaseo che, ab-
bandonato a s6 stesso, mal distingueva il faro che lo potesse
guidare a buon porto.Eppurefin d'allora, con saldezza d'animo
non comune, senza curare le opinioni altrui e gli altrui mot-
44 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
teggi, lo vediamo levar la fronte onorandosi della sua fede
e del nome di cattolico prima che di liberale. N6 crediamo
che mai del liberalismo egli distinguesse nettamente i falsi
principii e le ree conseguenze ; il che noi non diciamo tanto
a difesa della sua condotta quanto a spiegare quella continua
incoerenza, quella mezza misura, quelPaltalena a cui si tro-
vava condannato dalla sua divisa di « cattolico e liberale » .
Quando il Tommaseo vedeva gli eccessi a cui altri piu
logico e meno scrupoloso trascendeva, allora protestava, rin-
negava con isdegno ogni partecipazione a quegli atti, si adi-
rava che ci fosse chi osasse disonorare la liberta : e con cio
credeva fatto quanto bastava a salvare la coscienza che vo-
le va serbare intemerata : n6 s'accorgeva della contraddizione
tra i suoi principii e la sua condotta: singolare in cio che
una condotta onesta fosse guidata da principii menzogneri.
II che se non fa onore alia perspicacia d? ingegno del Tom-
maseo, ne salva pero Tonesta di sentimenti, la rettitudine
dell'animo, la schiettezza della pieta, che val molto meglio.
*
*
Ora 6 degno a vedersi come il Tommaseo a dispetto di
quei principii erronei e condannevoli, seppe nondimeno illu-
minare la sua vita di luce cristiana. La sua carriera let-
teraria egli comincio, come gia notammo, con uno scritto
nel quale colla Santa Scrittura va mostrando il vero, unico
amico nel Redentore. A questo primo, dodici almeno ne fece
seguire di materia strettamente religiosa : per esempio,
passi scelti delle opere di Teodoreto e di S. Basilio anno-
tati: le oraziorii di S. Giov. Grisostomo: la vita di S. Giu-
seppe Calasanzio, le lettere di S. Caterina, una Coneordia
evangelica e parecchi libri di preghiere, che se lion piacciono
sempre al gusto letterario, poiche lo stile un po' contorto e
stentato del dalmata e il suo far concettoso non si adatta alia
semplicita dell' or are, provano pero assai bene a che volgesse
egli stesso il cuore e Tabitudine della sua mente. Un'altra
DI NICCOL6 TOMMASEO 45
opera pubblic6 il Tommaseo di maggior lena e a cui pose
piu amore e furono i Santi Vangeli tradotti dal testo il piu
.alia lettera che gli paresse possibile, conservando anche la
giacitura stessa del vocaboli quanto lo pativa F indole della
lingua nostra, perch6 anche nella successione e legamento
delle parole venerava 1'opera ispirata di Dio: e quei Van-
geli accompagno di un commento cavato dalla Catena aurea
di S. Tommaso, facendone la migliore e la maggiore forse
delle opere sue, se si eccettuino i Dizionarii. Questa tra-
duzione egli fece in tre mesi che passo nelle carceri di
Venezia dal 19 gennaio al 17 marzo 1848 quando, per certa
Conferenza accademica contro la Censura della stampa, e
piu per sospetti delle sue relazioni liberali, la polizia austriaca
ve lo rinchiuse : e ne fu liberato a moto di popolo che poi lo
voile membro del governo provvisorio di quella repubblica
morta quasi appena che nata.
E lunga lista ancora ci crescerebbe tra le mani, se voles-
«imo enumerare tutte le sue scritture volte a soggetto mo-
rale. Ma non vogliamo tacere quelle per Teducazione in
genere e per quella particolarmente del popolo, al quale que-
sto austero Catone, sempre un po' imbronciato verso i fastosi
marchesi e i nobili oziosi, portava il piii cristiano affetto.
Per il Tommaseo, sola la religione pu6 dar compita 1'edu-
•cazione del cuore : e percio vuole che essa penetri dappertutto,
tutto informi, tutto conservi e di lui 6 quella frase celebre
•che le scuole o sono templi o sono fane. Egli vuole che al
fetnciullo da tutte le cose si tragga ammaestramento di fede
e pieta. « La luce gli rammenti Teternita del Vero, una stella
dica quel che e la religione alia vita, un tempio ricordi il
Dio che vi alberga; tutto gli parli del suo Dio. » E altrove.
•« Fate che di ogni cosa preghino e riguardino Dio come Tin-
timo degli amici » l pensiero che ripete spesso e certamente
riproduceva la pratica sua quotidiana.
A lui gia dotto, gia in fama anche per diversi lavori e
sempre occupatissimo a prepararne de' nuovi d'ogni sorta
1 Pensieri, pag. 19.
46 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
d'erudizione, di lingua, di dottrina, non parve indegno im-
piego della mente e del tempo a comporre preghiere per i-
bambini d'una scuola di campagna, darecitarsi al principio,
a mezzo e al fine della lezione, insegnando loro invocar Gesu,
e Maria, come sa far quell'eta. E un altro libro scrisse, anzi
due, di esempi di generosita cavati dalle Sacre Scritture con
riflessioni adatte al popolo e ai fanciulli. Dal Cristianesimo
egli vede ogni cosa perfezionata, elevato ogni precetto della
vita e per lui un solo e il libro per tutti, il Vangelo. La
Bibbia, gli esempi dei santi dovrebbero essere il nutrimento
del popolo: questo e il suo sogno e vorrebbe istituire un
giornale pel popolo dove quegli esempi, quelle massime siano
spiegate: e sente con tristezza il popolo che canta inf mie l,
a Benefica soprattutto e possente, secondo il Tommaseo, e
Peducazione del confessore savio, il qual sappia alle neces-
sita delFanima provedere secondo Dio clie solo e pietoso : »
e il buon confessore « puo nell'anima piu. che il maestro e
il padre, e Pamico, e la sorella, e la madre » 2.
*
*
Quello che pero noi vorremmo far qui notare piu parti-
colarmente non e il numero de' suoi scritti indirizzati a scopo
prettamente reiigioso o morale; ma meglio lo spirito gene-
rale di fede, di che il nostro Dalmata voile improntare i suoi
scritti, anche dove gli error! delle false dottrine e i pregiudizi
politici lo traviavano. E singolar cosa e difatti il veder di quale
cognizione delle divine Scritture, di quale erudizione nella let-
tura dei Padri della Chiesa egli faccia spreco perfino in quel-
Pinfelice cumulo di paralogismi e di contradizioni che e il sua
libro « Roma e il mondo » condannato dalla logica 3 doppia-
1 Sull' Educazione. Desiderii, pag. 194 e segg.
8 Ib. pag. 76.
3 Per dar un saggio della logica e dello spreco accennato, ecco come
parla al Cap. XII, pa£. 268. « II governo dei preti per renders! legittimo-
dovrebbe esser 1'esemplare di tutti i govern! della terra. Ora e ben chiaro-
DI NICCOLO TOMMASEO 47
mente e dalla cattolica dottrina. Ma dove il suo animo era li-
bero da simili preoccupazioni, in piu di un centinaio di scritti
ed opuscoli da lui pubblicati di tante materie, non solo non
v'e parola di intendimento men che onesto, ma donde che sia
•cerea modo diintrodurreriflessione cristiana e ordinata a virtu.
Lo spazio non ci consentirebbe di moltiplicare gli esempi,
come sarebbe facilissimo; ma apriamo a caso qualcimo dei
libri piii not! e che non diciamo si prestano, ma si adoperano
meno a pensieri morali. — Ne' Sinonimi alia voce- Rinnovare,
Innovare — notera che « innovatore nelle cose umane puo
essere Fuomo in bene. Dio solo pero e Tinnovatore vero : ecce
nova facio omnia. » Alia voce IntorMdarsi, troveremo che
« la scienza non irradiata dalla virtu e sempre torbida. » A
Vanagloria ci clira che « il Cristianesimo ci insegna a non
ci gloriare neanco della virtu, perche dono anch'essa di Dio ».
Conoscitore della lingua quant 'altri pochi, compila un Sag-
gio di modi errati a benefizio de" giovani studiosi. Alia frase
Scienze naturally spiega : « quelle che concernono la natura
corporea: ellissi in se non propria, ma comune oramai: il
soprannaturale e naturalissimo all'anima umana: il naturale
senza il soprannaturale 6 piii che mistero ; e buio ; 6 dubbio. »
Nel grande Vocabolario di Torino scrivera come esempio que-
sto pensiero « Dio affligge non solo i buoni, ma talvolta anche
le nazioni men ree, per farle piii degne a destini migliori. »
Cosi pure ogni lettore del Tommaseo osservera che quando
un fatto od una circostanza gli si presenti riprovevole se-
condo la legge di Dio, egli cerca sempre di rimediare al no-
cevole effetto che puo produrre in chi legge. Se e obbligato
di citare un tal Betteloni che flnisce disgraziatamente la vita
col suicidio, tutto rattristato nelFanimo ricorda i versi che
-quegli aveva rivolti alia Vergiue Maria, per aprir il pensiero
<jhe quand'anche non fosse il peggiore, lion potrebbe niai essere il mi-
gliore, appunto per essere un governo di preti, i quali hanno doveri assai
piu important! . Summa dicere, summa tractare (S. Greg. I, 25) ecco la
grandezza d'un pontefice... Se egli si abbassa alle superbe miserie della
-dignita reale da trivio, contraviene al suo ministero. »
48 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
a qualche speranza di salvezza. Se narra di Gabriello Pepe
il celebre duello col Lamartine per Hnsulto all' Italia (casi
che si ripetono), cerca scusarne 1'intenzione, la volonta.
Se qualcuno pensasse che questo non era per il Tommaseo
che im esercizio di stile, un vezzo, una forma letteraria, si
ingannerebbe a partito. Quei sentimenti, queila difesa della
verita e deila religione che gli sgorgavano profondamente dal
cuore, gli costavano spesso noie e lotte disgustose dagli amici
stessi, a cui pero non sacrificava mai la propria coscienza :
e quantunque il suo carattere fiero e indipendente fosse anche
troppo pronto, pero senza bravate, a scuotersi di dosso le
mosche, pure ognun sente quanto tutto questo supponesse in
lui di sincera persuasione e di forza cristiana. Per citarne
una prova, negli anni che passo in Francia, fu pregato dal
Guerrazzi perche volesse rivedere le prove dQll'Assedio di
Firenze, che si stampava a Parigi nel 1836. Per compiacerlo
si pose air opera : ma nella revisione ando poco piu oltre del
primi fogli e accortosi deirinfame libro che era, lo git to da
se, ne voile saperne di piu : ed ecco il motivo che ne scri -
veva al Capponi : « Ci ho trovate tante ribalderie contro Dio-
e contro la dignita deiranima umana, che mi fu giocoforza
smettere... Ho rimorso di non averlo fatto prima. » Colla.
stessa indegnazione combatteva fieramente lo spirito anticri-
stiano col quale il Libri avvelenava la sua Storia delle scienze
matematiche in Italia: cosi la rompeva col Niccolini criti-
candone acerbamente 1' Antonio Foscarini per la contamina-
zione del suicidio che gia fin d'allora imperversava in Italia ;
come aveva gia scritto contro il Foscolo per le sue lettere
di Jacopo Ortis.
E certo di delicata coscienza era quest 'uomo, ove la pas-
sione del liberalismo non venisse a fargli velo alia mente,,
e confonderne pur troppo i retti dettami. Quando egli stam-
pava la sua traduzione dei Vangeli, chiese all'Autorita eccle-
siastica persone capaci e dotte in quelle materie perche lo
DI NICCOLO TOMMASEO 49
consigliassero, e rivedessero tutta 1'opera sua com'era dovere :
ma essendogli poi varie volte occorso, o per necessita tipo-
grafiche, o per miglior riflessione, di mutare checchessia nel
manoscritto, non mai si quiet6 che di tutto fossero minuta-
mente informati quelli che ne erano incaricati.
In altro caso e di grave momento per lui ebbe egli oc-
casione di mostrare quanta fosse la forza insieme deiranimo
suo e la delicatezza della coscienza : e tanto piu volentieri
qui la soggiungiamo quanto meno forse conosciuta. Tutti sap-
piamo che lo sdegnoso uomo non voile mai nulla accettare
dal Governo, che potesse arieggiare a un compenso, a un mer-
cato della sua condotta, de' suoi meriti politici: ed egli si bur-
lava troppo de7 martiri, de7 cavalieri, per imitaiii. Godeva
egli solo di un tenue assegnamento dal 1851 come Accade-
mico della Crusca, ma lavorava quanto e piu fosse neces-
sario per meritarlo colla sua fatica. II Governo torno di-
verse volte alle sue profferte, anche per giusto sentimento di
sollevarlo dalla necessita di quel continuo lavoro. Verso il
1866 o 67 il Ministro Berti specialmente gli propose di ac-
cettare, come il Manzoni, la direzione di un Istituto : il che
senza toglierlo ai prediletti suoi studi avrebbe vantaggiato
la stretta mediocrity della famiglia: non voile. Offertagli la
corona del merito civile come piii rispettata delle altre, la
rifiuto. Per fare almeno un vantaggio ai figliuoli di lui, gli
fu proposto di accettare la cittadinanza italiana: e il Tom-
maseo vinto dalla onorevole insistenza del Berti, per non ri-
flutar tutto, accondiscese. Ma quando venne a sapere che gli
sarebbe conferita nello stesso tempo che a un cotal professore
Moleschott, il quale, cacciato dalle scuole della protestante sua
patria per le sue dottrine materialistiche, era stato ricevuto
a grande onore fra noi, fatto professore nelle nostre Univer-
sita e senatore del regno, mando risolutamente disdirsi : che
non voleva esser costretto a protestare di esser fatto citta-
dino italiano in tal compagnia. E non se ne fece piu motto *.
1 P. MAURO Ricci D. S. P., Prose letterarie pag. 167.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261. 4 23 dicembre 1902.
50 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
Dalmata rimase egli dunque, e dalla Dalmazia si vantava
aver imparato la volutta del sacrifizio, Torgoglio della po-
verta, Tambizione della solitudine : la Dalmazia ainava, dove
« nella terricciuola di Stretto e dallo scoglio di Slarin si parla
meglio italiano die dal Conte di Cavour, dal gentiluomo di
Chieri, inavveduto oppugnatore e invalido di Ordini religiosi,
€ propagatore di cavalieri pedestri senza numero e senza
nome l... » N6 la Dalmazia all'Italia avrebbe voluta unire poli-
ticamente: « L' Italia, ha in se troppi pericoli senza raccat-
tarne de' nuovi in Dalmazia. » Ma voleva che i Dalmati
amassero T Italia com1 egli 1'amava di affetto sincerissimo per
le glorie passate, per le due lingue sue « da cui ebbi luce
airingegno e ineffabili consolazioni all'anima. » — « Amo gli
italiani perche sono stati, sono e saranno assai tempo ancora
infelici 2. »
*
* *
E questa infelicita egli la vedeva nelle discordie, nelle
lotte settarie, nella crescente immoralita, nella guerra alia
religione.
Gli faceva stomaco di vedere T Italia una fungaia di in-
creduli e materialist! pullulati dalla melma della corruzione
rivoluzionaria, e non si puo dire come li saettasse coi ter-
ribili dardi del suo stile sarcastico. A un cotale che a pro-
posito di certe pietre dell'isola d'Elba gli scriveva le sue
teorie anti-mosaiche, egli risponde confessando che quelle pie-
tre non le pu6 digerire e non crede che si riesca ad oppri-
mere Tautorita di Mos6 lapidandolo co' sassi. — Ma quel che
sopra ogni altra cosa fa montare in bizza il Tommaseo & la
discendenza delTuorno scimmia, e cosi si prende a canzonare
un professor e. « Perdoni la mia semplicita, ma io dai suoi
scritti non ho ancor capito, se ella crede che le scimmie siano
coetanee agli uomini e agli asini, o progenitrici di questi e
di quelli. Se il mondo e sempre nel diventare, speriamo che,
1 Via facti. II S. n. f. 299.
? II ferio nel faceto pag. 286.
DI NICCOLO TOMMASEO 51
dopo spesi seimila anni o sessantamila, come meglio le piace,
a fare d'un scimiotto un re o un accademico, il dio pane
(dio del regni e delle repubbliche) vorra spenderne altri ses-
santamila a perfezionare la razza del ciuchi e, tolta od al-
lungata la coda, convertirli in professor! d'Universita e in
deputati. » Se la sferzata leva la pelle, bisogna dire che era
stato provocato e il professore gli aveva regalato del sem-
pliciano per le stampe. E di questa gente voleva che si sbrat-
tassero le scuole italiane : e ne scriveva aperto a chi poteva
provvedere : « Maestri scandalosi o irreligiosi non soffra che ce
n'etroppi adesso1. » E un'altra volta osserva con molta giu-
stezza : « A chi ha qualche cosa di nuovo da insegnare non
c'6 bisogno della bestemmia per parere uomo di grande in-
telletto2. » N6 certo egli voleva obbligar nessuno a credere: egli
non nega a chi crede altrimenti da lui dottrina e onesta: ma
prega che queste doti non siano confiscate in privilegio di
ogni miscredente. « Prego che i predicatori di tolleranza la
insegnirio coU'esempio : che quella persecuzione la quale per
ora non possono esercitare colla violenza non la esercitino
con gli scherni... Padronissimi di non andare alia Messa:
siate tanto generosi da compiangere con quanto avete di
cuore, ma da non denunziare in pubblico chi ci va, come
ladro del pubblico danaro : e ingegnatevi di persuadere a voi
stessi e agli amici vostri che, se 1'andarci non fa di per se
solo gli uomini santi e grandi, il non ci andare di per se
non guarisce n6 dalla sordita congenita 116 dall' imbecillita
procurata. »
Ad ogni pagina lo sentiamo gridare contro la critica in-
credula, pedante, prosaica, assurda, ipocrita : a ogni tanto
ha il flagello levato contro quei pigmei d'oggi che vengono
come se avessero scoperto il mondo, a rivendere le corbel-
lerie della filosofia tedesca o le pedanterie del protestantesimo
inglese, che vecchi e stracchi nei loro paesi vogliono cercare
^
1 II serio nel faceto. Parte I. Le tradizioni bibliche e la scienza nio-
derna pag*. 125.
2 Ib. Parte III II parlamento e I' Italia nel 1865 pag. 470.
52 A PROPOSITO DEL CENTENAR1O
di ringiovanirsi in Italia, vestendosi prima di fronzoli francesi,
ma sempre roba tedesca ed esotica. E si burla della stupida
credulita degli increduli che pretendono insegnarci 1'origine be-
stiale del linguaggio umano : « i grugniti precursor! di Dante,
le scimmie progenitrici di Raffaello ! ecco le scoperte o le ri-
velazioni di cui vorrebbero farci andare superbi coloro che
discredono al mirabile della Bibbia. » E si vergogna pensando
che questi pazzi sono della stessa sua specie, e si sente di-
sonorato dell'averli compagni.
*
* *
E spesso certo si risente il suo stile dell' ira che gli bol-
liva in petto quando s' incontrava in simili dottrine : ma chi
oserebbe fargliene un torto, se si pensi alia burbanza e alia si-
cumera con cui al suo tempo specialmente quelle bestiali as-
surdita si vantavano come nuovi trovati della seienza? « De-
stituire i professori che combattono il Cristianesimo » era il
suo grido : « chiudere certe universita sarebbe opera di igea
pubblica i. »
Quando nel 1866 Domenico Berti assunse il Ministero
dell' Istruzione pubblica, offerse al Tommaseo, di cui era
amicissimo, di far parte di una Giunta che come tante al-
tre volte in Italia e inutilmente si fece, dovesse rivedere le
norme d'insegnamento, 1'andamento delle scuole, Tesito degli
esami, e rimpastando ordinamenti e programmi, procurare
qualche rimedio al lamentato scadimento degli studi. Ma Tono-
rando vecchio, di cui non possiamo trattenerci dairammi-
rare la cristiana franchezza, dichiaro apertamente di non
accettare quella partecipazione, se con un cenno almeno non
si faceva intendere che « nelle sue scuole la nazione italiana
non rinnega il Cristianesimo e non se ne vergogna 2. » N6 voile
apporre la sua firma alia relazione del prof. Brioschi, perch6
non la trovo chiara e netta da ogni confusione di dottrina
1 Pensieri sull' educazione pag. 142.
2 Dei Licei e delle Universita pag. 288.
DI NICCOL6 TOMMASEO 53
pericolosa. La mutazione del Ministero, avvenuta pochi mesi
dopo, impedl, crediamo, che se ne facesse altro : ma il Tom-
maseo scrisse per6 una sua relazione, e ci sia permesso di
qui ricordar qualche passo del giudizi di quest' uomo in tal
materia autorevolissimo.
II prudente esaminatore sente pieta dei giovani obbligati
a portar la soma di tante materie di quante appena egli vuol
credere « die tutti i professori deH'Universita siano in grado
di cimen tarsi ad esame 4. Nelle scuole di Liceo s'impari a
sodamente ragionare, a ordinare le idee ; al che il Ginnasio e
troppo presto, rilniversita troppo tardi ; vi si impari a scriver
con correttezza, non a disputar filologicamente. E perch6 la
prova nei due scorsi anni fatta e gia assai, se non troppo, n6
giova mostrare all'Europa le nostre miserie quasi menandone
vanto e facendo, invece delle aquile romane, volare per tutto
gli spropositi dei nostri licei, preme mutar presto le condizioni
degli esami da farsi. »
Altrove egli cosi flagella un'altra delle piaghe degli studi
in Italia. « Studiasi per passare gli esami, passar 1'aimo,
passar inipiegato : studiasi di passaggio. Compiti gli studi il
giovane nei fior degli anni 6 bell'e trapassato, e s'adagia nel
sepolcro delle funzioni pubbliche, come un defunto : cursum
consummavi : ho la fede dell' Universita ! 2 — La laurea, che
dovrebbe esser dell'educazione un principio, & ai giovani un
termine, come il matrimonio a certe fanciulle. DeH'ingegno
adoperano quella parte che puo cambiarsi in moneta. Alia
gioventu si proponga in alto una meta e correranno per Tar-
dua via piii animosi che per il lubrico declivio : e si stenda
dinnanzi ai loro occhi Tampiezza del Cielo. »
E piu gravemente ancora per le conseguenze sociali che ne
prevede e che noi vediamo cosi esattamente verificate, si pre-
occupa delle troppe lauree « che distribuisconsi a fasci »; e si
do man da come si fara « a mantenere questo sciame di medici
e di avvocati »; e si spaventa pensando all'avvenire, « allo
1 Dzgli studi sup&riori pag. 302.
2 Pensieri sulV educazione pag. 144.
54 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
squilibrio, al malessere degli ordini social!, alia turba di bri-
ganti o soverchiatori, astiosi o iracondi, malcontent! della
passata condizione e della presente, di se stessi e d'altri ;
tratti a desiderare uno stato nuovo di cose ove anch'essi ab-
bian posto.... e se ma! questo accada, pronti forse i piii a gua-
stare con misere cupidigie T impresa dei buoni. » —
E tutti quest! mali egli teme e vede a mille doppi ingran-
diti dalla cancrena delle leggi anticristiane, dalla persecuzione
alia Chiesa.
*
* *
N6 la vita intima del Tommaseo era discorde da' suoi
principii religiosi. La fede sua viveva nelle opere, e ben con-
sentita al suo carattere che non tollerava ipocrisie: lo sa-
pevan gli amici, ed era quello che faceva la sua parola
rispettata, bench6 spesso importuna.
II figliastro suo Spiridione Artale, commemorandone affet-
tuosamente la niemoria nelle ultime feste di Sebenico, rac-
contava che tutte le mattine il padrigno usciva per fare un
po' di moto e ascoltare la Santa Messa. Ricordava benissimo
come in casa si osservassero rigidamente le leggi dell'asti-
nenza ogni settimana l. II P. Mauro Ricci, che fu intima
del Tommaseo, ci assicura ch'egli s'accostava a! Sacrament!
piu volte 1'anno2. Quando ancor giovane venne la prima volta
ad abitar Firenze, egli amava assai di passeggiar Taperta
campagna « a inebriarsi di crepuscolo italiano e di toscana
bellezza », e delle passeggiate preferite una era alia Madonna
del Salcio: e quando nel 1833, per uno scritto neH'Antologia
riputato ingiurioso allo Czar, il periodic© fu soppresso ed
egli dovette sfrattar di Toscana, dall'esilio di Francia la
primavera dopo scriveva al Capponi, visitasse per lui la
Madonna del Salcio, la Madonnina di Pinti, e Le ponesse
innanzi un fiore colto dalla mano d'una delle sue figliuole3.
' 11 Dalmata. 8 ott. 1902.
2 L'Unita Catt. 3 maggio 1874.
3 N. Ant, Fasc. 741, pag. 74.
DI NICCOLO TOMMASEO 55
Dei due figli suoi, Girolamo fece educare ai Padri Scolopi
in Firenze; morto poi nel fiore dell'et£. La figlia Caterina
vive tuttora col nome di Suor Chiara sotto 1'abito del po-
verello d'Assisi, che il padre in Dante le apprese ad amare.
E Tonorando uomo non arrossl mai di aver ricevuta la
prima educazione nel patrio Seminario di Spalatro : e a preti
e frati sempre si compiacque professar gratitudine e onorarne
le virtu ; che molti ne incontro nella vita a lui cari . e sti-
mati. E lo sentiamo lodare il Poletto, il Corradini, il De Witt
che illustrano il Seminario di Padova: di Monsignor Mori-
€hini dira volentieri che fa versi « quali certi professori di
filologia delle Universita non leggerebbero correnternente » :
del p. Conti scrivendo al Ministro lo chiama « autore che
avrebbe lodatori se non fosse scolopio » . E lodi sincere ha per
i padri Barsanti, Antonelli e Serpieri astronomi, pel p. Gu-
glielmotti fatto accademico suo socio e per cento altri : anzi
trattandosi dell'onore dell'Italia e del sacerdote, non teme
rallegrarsi perfino di vedere il p. Secchi rappresentante della
Santa Sede parlare alia radunanza di Parigi, nonostante le
ridicole proteste del Ricci e del Gori per parte del Regno
d'ltalia.
Quando nel 1 866 fece parte della Commissione per il Con-
oorso d'esami tra gli scolari dei Licei d'ltalia, egli, a cui per
Taustera scrupolosita e I'imparzialita coscienziosa che tutti
gli conoscevano, era particolarmente addossato il carico di
ri vedere i lavori dei concorrenti, non esito di far no to che
tra i premiati piii erano i giovani che appartenevano a scuole
di ecclesiastic!, che gli appartenenti alle pubbliche dello Stato.
Ai padri scolopii ebbe particolare affetto e riconoscenza
per T educazione del suo Girolamo : ed e di grande interesse il
leggere nelle sue lettere con quanta sollecitudine dignitosa e
quanta profonda affezione si adoperasse a protezione del loro
Collegio Tolomei in Siena minacciato dalle passioni partigiane
e dalle vessazioni persecutrici contro de' religiosi, battendo a
tutte le porte e moltiplicando le istanze al Ministro Matteucci,
al conte Gori, a tutti gli ordini delle autorita, nulla rispar-
56 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
miando, come, anzi certamente piu, che si trattasse di oosa
sua : e ne abbiamo una prova degna di esser notata. A otte-
nere le necessarie patent! perch6 quei buoni Padri potessero
fare le loro scuole, scrive egli a cui spettava il concederle,
e finisce la lettera con queste parole : « lo non ho mai chiesto
nulla al Goverrio di Sua Maesta : chieggo per il mio figliuolo
quest 'unica grazia. » Chi conosce il carattere del Tommaseo,
ha qui la misura piii certa deiramore che egli portava alle
scuole pie e all'educazione religiosa.
Nelle prove della vita, nella lunga cecita di quasi vent'anni,
nella perdita della moglie, egli diede prova di rassegnazione
e di pazienza imparata dal Crocifisso, la cui imagine adorata
pendeva a capo al suo letto. Nella malattia di lei appunto,
di lei che a lui povero cieco, era « sole deH'anima, e raggio
di pace », come in bellissimi versi la chiamava, si vide
quanto quell' aspra natura celasse di tenerezza profonda. Sen--
tendo dal medico prof. Fallani sinistramente pronosticare del
male che s'aggravava, al povero vecchio le labbra comincia-
rono a tremare, gli tremava la voce, e, senza piangere, gli
piovevano le lagrime sulla barba Candida e sul petto. Ed in
quei giorni mattina e sera coi flgli accanto s' inginocchiava
presso il letto di lei, e pregava con loro preghiere da lui
composte: e di quando in quando accostavasi a lei som-
messo e la guardava cogli occhi dell'anima, e pregava: e agli
estremi le recitava la raccomandazione dell'anima da s6 a
col sacerdote.
*
* *
Ma della vita sua domestica, delle sue pratiche cristiane,
dell'abitudine stessa piii intima de' suoi pensieri noi abbiama
un testimonio oculare, migliore del quale non si poteva de-
siderare : ed 6 la stessa figliuola sua, Suor Clara Tommaseo^
gia da noi ricordata. Non sia discaro a quella pia che noi
qui rechiamo ad autentica prova di quanto abbiamo accen-
nato del padre suo, un brano di lettera scritta appunto, da
lei stessa in occasione di queste feste.
DI NICCOLO TOMMASEO 57
« M. R. Padre,
« La ringrazio dell' intenzione ch' Ella mi esprime di unire
cio6 la di lei autorevole voce alle lodi che si tributano in
occasione del suo centenario al venerate mio padre, e far
risaltare quella parte di lui che e piii vantaggiosa porre in
rilievo non solo in Italia, ma in questa Dalmazia sua, la
quale per cagione di partiti politici andra ogni giorno da
questo lato perdendo. Ora il vedere un uomo della di cui
onesta, ingegno e sapere nessuno puo dubitare, vederlo in
ogni suo scritto, in ogni eta, in ogni istante della sua vita,
credente e fervente, 6 un esempio che puo giovare ad altrui
piii dell' esempio di chi di religioso in un col vestito porta i
doveri. Pero sul punto che Ella mi interroga * io non sono in
grado di risponderle nulla. Io donna, io figliuola non so altro
che d'aver vis to una fede cosi viva, cosi immedesimata in
tutto il suo essere che entrata piii tardi in un monastero
che ad alta voce si puo dir santo, nello spirito della vita
non ho saputo trovar nulla di nuovo. Io non so che N. Tom-
maseo facesse lunghe preghiere : in ginocchio I1 ho visto solo
quando pregava con noi ragazzi, e in ginocchio ascoltava
ogni giorno tutta intera la Santa Messa : ma di lui credo si
possa dire che adempisse il sine intermissione orate, non
solo perch6 il movente d'ogni sua azione era 1'amore di Dio
e I'amore del prossimo, ma per che oltre le preghiere che in
memoria della sua infanzia recitava ogni giorno in slavo in-
sieme ad altre latine, fra un atto e 1' altro fra un lavoro e
T altro la sua mente si elevava a Dio e piu volte ce ne dava
sicurezza dicendo : II pensare a Dio mi riposa. — Se non
pregassi framezzo a cosi diversi lavori, mi si spaccherebbe
la testa. E se queste precise parole non fossero venute dal
labbro suo stesso chi dal suo tacere dal suo fermarsi din-
nanzi alia fmestra della sua stanza fissando col semispento
sguardo il sole che tutta ne irradiava intanto la veneranda
1 Le era stato domandato se sapesse che tra gli scritti lasciati dal
padre suo vi fosse la ritrattazione di cui si parlera piu innanzi.
58 A PROPOSITO DEL CENTENARIO
figura chi non si sarebbe accorto dall'espressione del volto
che in quel momento il pensiero di N. Tommaseo cercava
Iddio e da quella fonte divina con gaudio attingeva la luce
e il calore che nei suoi scritti andava poi trasfondendo.
« E quel camminare a testa alta quand'era fuori, quel di-
menticare la sua cecita e staccare a un tratto il fido baston-
cino col quale con moto naturale della mano rasentava la
spalletta dell'Arno, staccarlo e voltarsi senza previdenza ve-
runa a rischio di gravi pericoli, mentre sarebbe stato cosi
facile contare se non altro sette od otto diecine di passi che
tanto non distava la chiesetta del Ponte dalla porta di casa :
e quel non volere nessuno a compagno in quei brevi pas-
seggi non diceva abbastanza che in quel tempo dedicato alia
salute e al riposo, N. Tommaseo pregava? Questo noi di fa-
miglia abbiarno ritenuto sempre per certo e i molti lettori
possono far testimonianza che quando egli sentiva il bisogno
di approfondire in se stesso il pensiero o era mesto o era
stanco allora il suo capo che teneva per solito con natura-
lezza un pochino inclinato a sinistra, abbassava sul petto.
Delle sue opinioni scritte non so : so solo che quando andai
a Roma egli desiderava vivamente che io inchinassi il Pon-
tefice che allora era Pio nono : e si dolse molto che combi-
nazioni impreviste affrettando il ritorno, me lo impedissero.
So che, tranne per la morte della mia buona madre, io non
Tho visto mai ne cosl addolorato n6 cosl silenzioso come
all'annunzio dell'entrata delle truppe in Roma: e si doleva
che il suo sentimento non fosse da altri pienamente diviso.
So che Dio mi diede il conforto di vederlo trasfigurato, quasi
direi, quando cadendogli dai ciechi occhi lacrime di dolcezza,
tomato dal ricevere Pasqua sulla fine del mese di aprile 1874,
« Come 6 buono Gesu » mi disse posandorni la mano sul capo
in atto di benedirmi. Io rimasi tra attonita e consolata ben
intendendo dall'accento con cui furono dette, il pieno signi-
ficato di quelle parole : ma in quell'istante ne io n6 lui pen-
savamo di certo che quello che 1'aveva empito di celestiale
contento era il suo ultimo viatico : che il giorno di poi egli
DI NICCOIA) TOMMASEO 59
non sarebbe piu stato in grado d'accorgersi del venir della
seran6 riconoscer le persone che gli sarebbero state daccanto.
« Ma la morte noii lo trovo impreparato. Ancora auni prima
avevo sentito da lui: quando vo a letto penso die forse la
mattina potrei esser morto, e m'accomodo perche mi trovin
<?omposto. Or chi puo dubitare che N. Tommaseo pensando
air asses tatezza del suo cadavere, dimenticasse porre in assetto
I'anima sua se dal sonno dovesse passare al cospetto di Dio?
Delia coscienziosita dl tal uomo chi puo dubitare?...
« Mi rincresce R. P. di non sapere risponder meglio al bi-
glietto che Ella si e compiaciuto inviarmi ma spero ch'ella
vorra compatire alia mia pochezza e unirrni alia sua me-
moria alle buone mie consorelle la cui gratitudine ben di
ouore divido. — Chiedendo la santa benedizione mi dico.
« Devotma SUOR CHIARA.
« Zara, 2 novembre 1902. »
II Tommaseo ebbe tempo di vedere dove precipitavano
le illusion! della sua gioventu. Empieta ed anarchia rug-
geuti minacciavano travolgere ogni cosa, e il vecchio libe-
rale si faceva triste : principii e sistemi non avevan piu per
lui la sicurezza d'una volta, e il p. Ricci, a cui ne discor-
reva apertameiite ci fa sapere che « certi suoi antichi giu-
dizi egli aveva corretti ». Al tempo del Concilio Vaticauo il
Tommaseo scrisse al Papa una lettera degnissima in testi-
monianza deU'ainore suo e dell'ossequio alia Chiesa. E il
S. Padre Pio IX, esperto conoscitore delle persone e dei tempi,
confidava al p. Ludovico da Casoria la risposta paterna: di-
tegli che lo benedico. E quella benedizione era car a al vec-
chio dalmata e faceva tanto bene a quell' anima che le prove
della vita avvicinavano sempre piii a Dio.
II Tommaseo nel 1871 aveva gia preparato un testamento
e in esso aveva dichiarato : « se io avessi, senza volere, detto
cosa contraria alia verita della Chiesa cattolica, nella quale
nacqui e intendo morire, la ritratto di cuore. »
60 A PROPOSITO DEL CENTENARIO DI NICCOLO TOMMASEO
Sulle buste nelle quali verso il fine della vita raccolse e
ordino le molte note che lasciava (confidate poi dalla figliuola
alia biblioteca di Firenze) voile ripetuta quella stessa dichia-
razione. Non possiam qui lasciar di avvertire ancora una volta
la debolezza e la contraddizione dello spirito di un uomo pur di
tempra fortissimo, ma guasto, come abbiam detto, da quella
scabbia del liberalismo che dove s' infiltra in un animo, si pu6
curare, guarire non mai. Se questo infatti non fosse stato,
come poteva il Tommaseo nello stesso atto col quale si som-
metteva alia Chiesa, non riconoscere senza dubbi e senza
tergiversazioni quello che di ingiurioso e di erroneo avea iu
piu d'un suo scritto gia condannato la Chiesa stessa? II
non essersi mai risoluto in tanti anni a compiere questo do-
vere non pu6 certo riputarsi scevro di colpa, la cui gravita
Dio solo, che vede i cuori, puo giudicare. Tuttavia di grande
conforto a noi e di vera lode al Tommaseo 6 cio che il Padre
Mauro Ricci, di quell7 autorita che ognuno conosce, scrisse
al momento della morte di lui, assicurando che egli aveva
determinato di aggiungere la desiderata « ritrattazione » alia
fine della nuova edizione de7 Vangeli che stava per com-
piere l.
La morte quasi subita ne lo impedi: ma la parola del
P. Ricci a noi basta in prova dell' ultimo e grande atto di
fede del Tommaseo nel magistero di quella Chiesa in cui Dio
gli aveva dato « la consolazione di vivere » e « Tonore e la
grazia di morire » 2, lasciando di s6 un nome che sarebbe
piu puro se il liberalismo non Tavesse oscurato e a cui mi-
glior parte di gloria viene appunto dalla sua fede.
* Un. Catt. 3 maggio 1874.
2 L' Italia ml 1850 e 1870 alia fine.
DI ALCUNI CRITERII INCERTI
NELLA PALETNOLOGIA
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA
La scoperta delle tombe nel Foro romano
e il criterio cronologico.
L'arch.Boni scopriva, il 2 aprile 1901, una tomba a cre-
mazione nel Foro Romano a circa 4 m. di profondita, presso
la base del tempio di Antonino e Faustina, al sesto strato,
che nella sezione stratigrafica da lui data nelle Notizie
degli Scavi *, e preceduto da'seguenti dal basso in alto : Terra
argillosa ; massicciata di tufo ; Terra carboniosa ; Terra con
frammenti fittili; Terriccio di riempimento ; Massicciata di
tufo. La tomba e costituita da un dolio « incassato dentro
una fossa o pozzetto, scavato nel terreno, che in questo
pun to (m. 10,63 sul livello del mare) orlava il fondo palu-
doso della valle (p. 100). » (Fig. 1). Alia pag. 102 il ch. Ar-
chitetto ci fa sapere che « al vuotamento della sepoltura voile
compiacersi di assistere anche il prof. Pigorini, direttore
del Museo preistorico romano, primo autore ed apostolo con-
vintissimo dell' idea che si dovesse scoprire una necropoli pa-
latina di cremati. » Le convinzioni sono, senza dubbio, ri-
spettabili, ma piu di tutto sono rispettabili i fatti. Di tombe
a cremazione nel Foro se n'6 scoperta piu d' una, ma non
per questo la necropoli palatina pu6 dirsi di cremati, per-
ciocche, come si vedra appresso, dopo la prima tomba a cre-
mazione, ne apparve una a inumazione, di maniera che la
necropoli fu di cremati e d'inumati, cioe di rito misto al pari
de'sepolcri deU'Esquilino. Di che non segue cio che afferma
1 Not. d. Scavi, Fasc. 3°, anno 1902. p. 99.
62 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
il Pigorini, non reggere quel che noi nel corrente anno ab-
biamo scritto : « i Romani, comeche si facciano discendere
dagli Albani che incineravano, pure nel principio usarono
la initmazione. » Dalla scoperta d'una tombaa iucinerazione,
Fig. 1 INSIEME BELLA TOMBA.
seguita da altre ma d'una tomba altresi a inumazione, la sola
conseguenza che si doveva trarre era che i Romani usavano
1'uno e 1'altro rito, e quindi la mia asserzione non doveva
censurarsi in modo assoluto, dando ad intendere che 1'inci-
nerazione fu il solo rito de' Romani.
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTIC A 63
Senonch6 la contemporaneity de' due riti fa nascere la
questione se fin dal principio Tunico rito fu T incinerazione,.
ovvero 1'inumazione. Ora io nel corso di questa trattazione
rispondero al Pigorini che nel principio i Latini e percio an-
che i Ramnes o Romani del Palatino, inumarono, non inci-
nerarono. La questione 6 storica e la paletnologia nonch6 farle
contrasto, la conferma. Che anzi le prove piu convincenti ce
le fornira 1'erudizione paletnologica del Pigorini. Ma prima
di venire alia discussione ho Tobbligo di dare a' lettori piii
larghi ragguagli intorno alia tomba del Foro e alle diverse
opinioni di coloro che ne parlarono.
La sepoltura di cui trattiamo, comprende le seguenti parti,
secondo la relazione del Boni, che qui diamo in compendio,
rimandando il lettore alle Not. degli Scam, dove 6 corredata
di figure. Coper chio di cappellaccio di tufo granulare grigio-
verdiccio, schistoide, a vegetali ; di forma lenticolare, del
diametro di m. 0,66. Dolium, grosso vaso a due manichi oriz-
zontali ad anello applicati lateralmente sopra il rigonfiamenta
superiore del corpo, ma non piu esistenti. Esso e di terracotta
rossa, forte, lisciata alia superficie con colpi di stecca e in
gran parte amierita. Aula, olla-ossuario di argilla rossa, di
fattura e cottura eccellente, con Panse orizzontali intere ad
anello, decorate a dentature ondulate ed applicate lateral-
mente alia parte superiore del corpo del vaso. L'olla era piena
di frantumi di ossa, mescolate confusamente e, secondo il
prof. Portis citato dal Boni : « Tutte le parti dello scheletro
sono riscontrabili nei minuti frammenti in cui le ossa sono
state ridotte. »
Coperchio a forma di tetto di capanna quasi rotondo, cava
neir interno a forma di cono con punta rotonda. Sulla su-
perficie esterna mostra le travi in rilievo che componevano
Tossatura del tetto. Fu trovato rotto in quattropezzi in fondo
al dolio. I vasi contenuti nel dolium si possono vedere nella
figura 2, largamente descritti dal Boni, il quale cosi chiude
la sua relazione: « Le nuove esplorazioni iniziate lungo i
fondamenti del tempio di Antonino e Faustina, potranno in-
64 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
tanto rivelare se la tomba scoperta nel Foro Romano faccia
parte di una necropoli, e se questa appartenga ai Ramnensi
del Palatino, ovvero a tribu suburbane. p. 111. » Questo pru-
dente riserbo del ch. Architetto, e degno di lode. Infatti,
altri scavi nella stessa area diedero altre tombe simili, delle
quali due finora a cremazione e due a inumazione, intorno
alle quali, mentre scriviamo, non e stata pubblicata nessuna
relazione ufficiale.
r
[>
*
Fig. 2. VASI CONTENUTI NHL DOLIO.
II primo die dopo la relazione del Boni scrisse sulla sco-
perta, fu il prof. Felice Barnabei, nella Nuova Antologia
(16 aprile 1902). Nessuno meglio di lui, archeologo e diret-
tore gia di Musei e di scavi importanti, poteva trattar de-
gnamente le question! storico-archeologiche connesse con la
scoperta della tomba del Foro; e particolarmente quella della
cronologia romana preregia. Egli nondimeno si tonne sulle
generali e si contento di affermare essere la tomba d'eta
remotissima anzi « il monumento piu antico ritornato a luce
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 65
nel suolo della citta eterna ». Di che il Pigorini lo dice ca-
duto in errore, « imperocch6 tombe della stessa eta, della
medesima gente e con eguale rito funebre, si sono rinvenute
anni sono sull'Esquilino l. » A questo proposito egli ci am-
maestra che: « per questa scoperta e per quelle simili avve-
nute suH'Esquilino si dimostra che prima che Roma sorgesse,
qua e la nella regione del Sette Colli vivevano in pagi distinti
1'uno dall' altro, come porta la tradizione, gruppi di famiglie
che avevano la propria necropoli: inoltre appare evidente
da quanto produssero i due sepolcreti che le famiglie stesse
formavano una sola popolazione con quella che lascio gli
uguali arcaici sepolcreti a cremazione dei Colli Albani ». Dopo
questo periodo segue immediatamente 1' altro che ci riguarda
e che abbiamo riportato piu sopra. Neghiamo intanto cio che
il ch. autore chiama evidente dopo quanto produssero i due
sepolcreti, « aver cioe le famiglie stesse formato una sola
popolazione con quella che lascio gli uguali arcaici sepolcreti
a cremazione, del Colli Albani. Cotesti arcaici sepolcreti fu-
rono a confessione del Pigorini, a cremazione ; quelli del-
1'Esquilino e le recenti tombe del Foro, ci danno 1'uno e 1'altro
rito della cremazione e deirinumazione. Se dunque per T eguale
rito dell'incinerazione si conchiude alia unita di popolazione
de' Romani e degli Albani, per il rito dell' inumazione che
troviamo anche usato suirEsquilino e nel Foro Romano, non
pero presso gli Albani, si dovrebbe conchiudere che le popo-
lazioni, le quali abitarono dentro i Sette Colli erano popo-
lazioni miste e percio non regge 1'identificazione etnica del
Pigorini, di Latini con popolazioni de' Colli Albani, presso
le quali non vi fu altro rito funebre da quello infuori della
cremazione. Ritorneremo sulla questione piu oltre, e poiche
il Pigorini si appella alia tradizione, noi la consulteremo con
tutto il rispetto. Siamo per altro convinti che se la scoperta
della tomba a inumazione fosse stata contemporanea della
prima tomba a cremazione, il ch. Professore non avrebbe
1 PIGORINI, Bull, di paletnoL ital., T. VIII, anno XXVIII, 1902,
p. 145.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261. 5 24 dicembre 1902.
66 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELL A PALETNOLOGIA
crudamente asserito essere contro il fatto quanto da noi era
stato affermato.
Diamo ora la conclusione dell'articolo del Barnabei dianzi
citato e quella di un articolo del Pinza « La necropoli prei-
storica nel Foro Romano, che leggiamo nel Bullettino della
Commission^ Archeologica comunale di Roma, Anno XXX,
1902, p. 37-55. » « Se adunque la ragione topografica, dice il
Barnabei, non consiglia di riconoscere in questa tomba un
monumento isolato, e se da quanto insegna la tradizione il
luogo in cui avvenne or ora la scoperta non avrebbe potuto
essere scelto per un sepolcreto, fino dal tempo che suole de-
nominarsi ultimo periodo romuleo ; se il rito sepolcrale ci
riconduce air eta remotissima, e trova il piii manifesto raf-
fronto col rito che fu usato nelle necropoli dei monti albani,
donde la tradizione insegna che discesero i fondatori di Roma;
se la ragione di forma e di tecnica dei fittili ci riportano
all 'eta che precedette la costruzione di grandi recinti nelle
citta che si costituirono nella bassa Etruria e nel Lazio, e
ci mostrano particolarita che si notano solo in oggetti della
suppellettile funebre delle tombe dei colli albani, non puo
disconoscersi che con la nuova scoperta ci troviamo innanzi
ad un documento autentico, il quale ci fa sormontare quella
barriera che ci impediva di penetrare nel campo delle me-
naorie primitive (1. c. p. 720). »
Da questa conclusione, secondo che a noi sembra, non
si ricava nulla di nuovo e che fosse ignorato prima della
scoperta della tomba a incinerazione : perciocch6 per il rito
funebre, per la forma delFossuario chiuso in dolio e il co-
perchio simile a quello dell'urna a capanna, ci avevano dato
prove gli scavi deU'Esquilino, i sepolcreti ardeatini e le tombe
de' Colli Albani. D'altra parte, se i fondatori di Roma si
fanno venire d'Alba longa, e ne' Colli Albani Tunico rito
funebre si dice essere stato quello della cremazione, portava
il pregio in questa occasione della scoperta, toccare la que-
stione del rito a inumazione che pur 6 notevole ne' sepolcri
delPEsquilino e ci si fa vedere altresi nel Foro Romano. Chi
ARCHEOLOGIA K STORIA ANTICA 67
ve lo introdusse? quando comincio ad usarsi? prima del rito
a incinerazione, dopo, ovvero contemporaneamente ? La tra-
dizione invocata ci fa sapere che la popolazione del Palatine
al tempo di Romolo, fu raccogliticcia, adunata da ogni parte
e non di soli abitatori de'Colli Albani. Dalla stessa cie nota
la presenza di Sabini sul Quirinale e sul Campidoglio e la
seguita fusione co; Romani. Ma nei luoghi stessi dove sor-
gera Roma, ebbero stanza Siculi o Liguri e quegli Aborigeni
che portarono il nome di Enotri e furono Pelasgi venuti non
dal settentrione d 'Italia, si bene dal mezzodi e fondarono le
tredici citta della Sabina ricordate da Varrone e da Dionigi
di Alicarnasso. Anche a questi Enotri -Sabini si attribuisce
1'antico culto romano degli ancili e delle colonne o pilastri ;
culti comuni a' Cretesi ed agli Arcadi, ignoti a' popoli set-
tentrionali della nostra penisola e massimamente a' costrut-
tori di terremare che furono gridati protoparenti de' Latini,
de; Romani e degli Etruschi.
Nel Bull, della Commiss. archeolog. comunale di Roma,
fasc. 1° del 1902, sotto il titolo di « Nuove scoperte nel Foro
Romano », il Dottor Vaglieri parlando delle due vette del
Campidoglio dove la Via Sacra porto i Ramni del Palatino,
scrive che una di esse dovette forse rimanere piu tempo in
mano a stranieri. Cotesti stranieri sarebbero stati i Caeni-
nenses, la cui citta fu la prima che Romolo vincesse, sgoz-
zandone di sua mano il re Acrone. Di Cenina poi la tradi-
zione insegna che fu in origine abitata da' Siculi, ritolta loro
dagli Aborigeni e che esistesse prima della fondazione di
Roma *. Plutarco 2 e Stefano di Bisanzio 3la dicono citta Sa-
bina ; e la maggior parte de' suoi abitanti, stando a Dionigi,
si ridusse a Roma 4. Dallo stesso autore trovo ricordato nel-
1'articolo test6 citato, che « Accanto a Vulcano, Saturno, 1'al-
tra antichissima divinit& delle pendici del Campidoglio, an-
ch'essa in rapporto con altra popolazione, che non era quella
del Palatino. Qui il tempio oscuro 1'antichissima ara, che
1 DION. HAL., A. R. [I. 35. 1,79. —2 PLUTARCH. Rom. 16. —
B. s. v. — 4 DION. HAL., 11, 35.
68 DI ALCUNI CR1TERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
pure gli s assist^ accanto in imo clivo Capitolino (1. c. p. 26). »
Queste considerazioni di popolazioni e di divinity straniere
per rispetto a' Rainni che dimoravano sul Palatine, saranno
da noi meglio svolte piu innanzi quando dovremo provare
che il piii antico rito funebre de' Romani, fu T inumazione,
non la cremazione.
Un lavoro intorno alia scoperta delle tombe del Foro lo
abbiamo letto nel citato Bullettino della Commissione ar-
cheologica comunale (fasc. 1° del 1902, p. 37 55) col titolo:
« La necropoli preistorica nel Foro Romano. » II Pinza ri-
corda nel principio le notizie gi& pubblicate da varii archeo-
logi intorno alia destinazione primitiva del Foro, quando si
dispute sulla scoperta dell' Heroon di Romolo, e che noi ri-
portammo nel nostro studio sulla Stela del Foro l. II von
Duhn, il Gamurrini ed altri, avvisarono doversi riconoscere
nella valle chiusa in mezzo dal colle Palatino e dal Capito-
lino, una necropoli, la quale pot6 appartenere tanto a7 po-
poli del Palatino quanto a quelli del Campidoglio. Senonch6
un monumento costruito a scopo sepolcrale sarebbe stato,
secondo lui, una cella originariamente circolare, troncata in
alto e verso il Foro. Essa sta sotto il carcere mamertino nel
pendio del Campidoglio che riesce sul Foro e che fu una
tomba a tholo, come divis6 gia prima anche il Milani. Con-
siderata la pianta e la sezione della cella inferiore, essa non
concorda con la superiore, il che fa manifesto segno esservi
stata adattazione della prima alia seconda nella costruzione
del Carcere, e per6 la destinazione della cella inferiore do-
vette essere diver sa, probabilmente sepolcrale. Vero e che
d'altre tombe a tholo trovate ne' sepolcri dell' Esquilino si
ebbe notizia, ma non pubblicazione e disegno.
In quanto all'eta del monumento, si puo far risalire, a
giudizio dell'autore, ad epoca assai remota, per cui e da ri-
tenersi come probabile che risalga alia fine dell'et& preisto-
rica, p. 45. Indi soggiunge : « Spetta per 6 al Boni il merito
i Cfr. Civ. Gait., Ser. XVII, Vol. IX, 1900. Ser. XVIII, Vol. II, 1901,
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 69
di aver dimostrato in modo incontestabile Pesistenza d'una
necropoli preistorica tra il Palatine e il Campidoglio scopren-
done alcune tombe mentre esplorava le costruzioni del tempio
di Antonino e Faustina... Segue poscia la descrizione tolta
dalle Notizie degll Scavi e P illustrazione della suppellettile,
con opportuni riscontri con suppellettili simili e gia note, ri-
fe rentisi a tombe laziali e particolarmente a quelle delPEsqui-
lino, di S. Sebastiano e di Grottaferrata. A noi pertanto giova
riportare la conchiusione di questo lavoro per quel che do-
vremo dire piu oltre.
« Un altro sepolcro rinvenuto vicino al primo e a fossa
rettangolare, e contiene i resti di un cadavere umato coi
suoi corredi; ma di questa sepoltura, e di un'altra pure a
cremazione con ossuario imitante una capanna non posso
dare maggiori notizie non essendone ancora compiuto lo sterro.
Queste scoperte pero dimostrano che effettivamente, come
del resto lo accennava la tradizione, in questa parte almeno
della valle ove poi fu il Foro romano, esisteva neirVIII se-
colo av. Cr., una necropoli a rito mis to, cioe con tombe ad
umazione e a cremazione, in cui giacevano i resti degli abi-
tatori del pago Palatino o forse anche di quello Capitolino.
(p. 55). »
In questa scrittura del Pinza non v'e di nuovo che la ne-
gazione inconsulta della tomba od heroon di Romolo, dichia-
randone le parti, il cono, i due basamenti e la stela, non
appartenenti ad un tutto che costituiva 1' heroon, ma per se
sconnesse e solo adunate insieme artificialmente od a caso.
Questa asserzione fa il paio con quella del prof. Savignoni,
che la stipe votiva non era altrimenti in situ, ma di tra-
sporto.
La tomba a tholo riconoseiuta nella cella inferiore del
carcere Mamertino, presentava naturalmente alPautore le
questioni seguenti: Come si trova nell'antica Roma una
tomba di tipo miceneo? Chi v' introdusse questo tipo? E
quando Pautore la pone in eta remotissima, alia fine cioe
dell'eta preistorica, che cosa si deve intendere e in che se-
70 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
colo fiaisce nella storia di Roma, 1'eta preistorica ? In virtii
di quali criterii puo egli stabilire che la tomba a creinazione
e 1'altra ad umazione, scoperta nel Foro Romano, e per6 la
necropoli nella valle tra il Palatino e il Campidoglio, sia
deirVIII sec. a. C.? Che se poi il rito del seppellimento e
misto, com'egli ammette, qual n'6 la causa? Si deve spie-
gare per diversita di origine etnica, e allora a quale de'due
popoli si deve attribuire e perche, il rito dell'incinerazione
o dell' inumazione? Un'altra questione e quella del tempo in
cui appariscono i due riti, se contemporanei ovvero la prio-
rita cronologico-storica appartenga all'uno piuttosto che al-
1' altro. A tutti questi problem! non si da risposta e si passa-
oltre senza un pensiero e senza una fatica al mondo.
II giorno 16 ottobre 1902, ci giungeva il Bullettino di Pa-
letnologia italiana (ann. XXVIII, Serie III, Tomo VIII) e
alia pag. 191, leggevamo le notizie che il prof. Pigorini ci
comunicava sotto il titolo: Necropoli arcaica del Foro Ro-
mano. « Nel precedente fascicolo (pag. 144) ho ricordato 1'an-
tichissima tomba a cremazione, scoperta in Roma presso il
tempio di Antonino e Faustina. Oggi e certo che ivi esisteva
una necropoli. Procedendosi con gli scavi e accaduto di rin-
venire, proprio aderente alia prima tomba e allo stesso piano,.
un sepolcro ad inumazione della medesima eta, e alcuni me-
tri piu a sud un altro ne e apparso di cremato con Tossuario
a foggia di capanna, tipico dei primitivi cimiteri laziali. Si
ripete nel sepolcreto del Foro Romano cio che fu osservato
nelF altro coevo e ben noto dell' Esquilino, vale a dire della
coesistenza della cremazione e della inumazione, segno non
dubbio di un periodo abbastanza inoltrato della prima eta
del ferro.
« Gli archeologi ritengono concordi, n6 potrebbe essere
altrimenti, che tali tombe spettino ai piii vecchi Latini. Di
avviso diverso e soltanto un antropologo, Tegregio prof. Sergi.
Nel recente suo volume Gli Arii inEuropa e in Asia (pag. 48)
discorrendo della prima tomba, Tunica allora conosciuta,
Tattribuisce agli Umbri i quali, a parer suo, devono avere
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 71
occupato i Sette Colli prima del Roman! . » Qui il Pigorini
riporta 1'argomento del Sergi, e ne fa le maraviglie perche,
a suo giudizio, non v'e che il solo prof. Sergi il quale pensi
in questo modo.
Vedremo nel prossimo articolo se 1'opinione qui espressa
dal prof. Pigorini, sia concorde con quella del medesimo da
noi riferita, del precede nte fascicolo, e se ci6 che ora afferma,
giustifichi 1'asserzione di lui a nostro riguardo : « Non regge
quindi cio che nel cor rente anno ha scritto il Padre C. A.
De Cara (Gli Hethei-Pelasgi, vol. Ill, p. 52), vale a dire che
•<( i Romani, comech6 si facciano discendere dagli Albani che
incineravano, pure nel principio usarono la inumazione. »
Dovendo pertanto ricordare sovente in questo lavoro il se-
polcreto deli' Esquilino, non mettera se non bene dime qual-
-che parola acciocche i lettori possano avvertire il valore del
riscontri che si vogliono fare fra le tombe dell' Esquilino e
quelle di recente scoperte nel Foro Romano, come parimente
4ra queste e le tombe albane o laziali.
II sepolcreto deU'Esquilino fu molto vasto come si puo
argomentare dalle sue tombe scoperte nella zona che corri-
sponde al tratto fra piazza Vittorio Emanuele a S. Maria Mag-
giore, specialmente sotto la chiesa di S. Eusebio, via dello
Statuto, viaNapoleone III, via Merulana, S. Martino ai Monti,
il Castro Pretorio, via Goito, il Ministero delle Finanze, piazza
di Termini, villa Spithover, via del Quirinale, piazza Magna-
napoli e via Nazionale, in parte *. « Conviene notare, dice il
Mariani (1. c. p. 9), che a Roma quasi tutte le tombe piu ar-
caiche, erano ad inumazione. » Le forme de' sepolcri sono le
seguenti in ordine cronologico: Tombe con casse di terra-
cotta a forma di tronco d'albero (Villino Spithover) ; tombe
a fossa, con recinto a copertura di massi tufacei; tombe ad
area di pietra; tombe di tipo etrusco: grotte o camere se-
polcrali , tombe d'epoca tarda, ad umazione in casse di terra-
1 Cfr. L. MARIANI, / resti di Roma primitwa, nel Bull. d. Commiss.
Arch. Comun. di Roma. Serie Quarta, anno XXIV, 1896, p. 8 segg.
72 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELL A PALETNOLOGIA
cotta o a cremazione in dolii !. Per quel che spetta alia sup-
pellettile di queste tombe, la quale varia secondo 1'eta suc-
cessive, si possono leggere i lavori del Dressel 2, di Mich.
Stef. De Rossi 3, del Pigorini 4, dell'Helbig 5 e di altri che si
trovano citati nella dissertazione del Mariani. Anche il Pinza
tocca la questione de' sepolcri dell'Esquilino e cita il Mariani.
(Bull. d. Commiss. arch. Com. anno XXVI, 1898). Di molto
utile lettura saranno poi sempre le « Notizie degli Scavi »
degli anni 1879-1882-1883-1884-1885-1887-1888.
Per i sepolcri cosiddetti ad urna- capanna, de' quali do-
vremo in seguito far menzione, ecco quanto si sa e quanta
tuttavia s'ignora. Per urna -capanna si designa una specie
di cinerario che ha forma di capanna ed 6 d'impasto mal-
cotto e di colore nerastro. Non si conosce in Italia e fuori
verun sepolcreto formato di sole tombe ad urna capanna, ma
si vede sporadicamente a diverse epoche in mezzo a forme
piii comuni e piii di frequente con ossuarii di tipo Villanova.
Siffatto cinerario diviene sempre piii raro e quando scriveva
il Mariani (1896), non se ne conosceva che un solo in Roma,
rinvenuto presso S. Eusebio 6. Si crede che questo genere di
ossuario sia stato proprio degli Arii e con essi introdotto in.
Italia, laddove il Becker 7 citato dal Mariani, consideranda
che esso|si trova in paesi disparati e senza chiara dipen-
1 Vedi presso il MARIANI, la bibliografia copiosa intorno a questa
materia, o. c. p. 10 segg.
2 DRESSEL, La suppellettile d. antichiss. necrop. esquilina, in Ann.
1st. 1879$pag. 253 segg. ; 1880 ibid. pag. 265 -segg. con le rispettive ta-
vole ne' Mon. 1st. XI.
8 DEjRossi, Monum. preist. delta Campagna Bomana, in Ann. Ist^
1867, Bull. 1st. 1875.
4 PIGORINI, Eapporti tra la civilta laziale e quella del terramaricoli,
in Bull. 1st. 1878-1888. Bull. d. paletn. ital. 1878-1886.
5 HELBIG, Sopra la provenienza d. Etruschi, Ann. 1st. 1884. Die Ital.
in der Poebene. Sullo stato di civilta in Italia e in ispecie nel Latium*
Bull. 1st. 1878.
« Cfr. Bull. d. paletn. ital., 1886, p. 262.
^ Verhandl d. Berlin. Gesellsch. f. Anthrop. ecc. 1892, pag. 556.
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 73
denza, giudico questa forma di ossuario nelle varie contrade
un prodotto indipendente.
Abbiamo fin qui premesso nozioni e fatti certamente non
inutili al maggior numero de' nostri lettori, acciocche potes-
sero piii facilmente seguirci nella discussione d'una questione
tuttora agitata da' dotti e non ancora finita. La paletnologia
vi porto da sua parte il testimonio degli oggetti venuti fuori
dagli scavi e sopra essi fond6 la sua scuola ; laddove 1'altra,
poggiata sulla tradizione, la storia antica e il buon discorso
della mente nell'esame degli stessi oggetti e document!, resta
inflessibile e non desistera dal suo proposito fintantoch6 non
si risponda direttamente a' suoi argomenti. Da un tempo in
qua, pare che le scoperte del Foro Romano, vogliano vendi-
<jare le antiche tradizioni a' di nostri schernite, e si pren-
dano giuoco di certe nuove teorie onde i prischi Romani che
oggi erano battezzati per discendenti di terramaricoli e pre-
ferivano d'essere bruciati, domani ridiventano latini ed amano
d'essere inumati. Cosi la nostra scienza delPantichita, co-
tanto boriosa, non puo in realta, nulla affermare col bene-
fizio dell'inventario.
R1VISTA BELLA STAMPA
i.
LA FRANCIA ALL'ESTBRO *.
In mezzo ai tanti mofcivi di tristezza che ci off re in quest! giorni
la Francia, si sente proprio il bisogno di distoglierne lo sguardor
d'uscire dalla cerchia de' suoi naturali confini, e cercare tra le sue
colonie, tra le sue mission! straniere qualche argomento di con-
solazione.
E ben ce 1'offre ampiamento il rnagnifico volume che abbiamo
sott'occhio, il quale per la preziosita della carta, per ]a nitidezza
del caratteri, per la bellezza delle tante illustrazioni ond'e ornato,
ricrea lo sguardo ed il cuore solo a vederlo ; ma molto piu riempie
lo spirito di sublime diletto, se si prenda a percorrerne il conte-
nuto. II quale ci mette innanzi Topera attiva e salutarissima che
pongono i sacerdoti francesi nel piaDtare la croce, nel propagare
la fede e la civilta insieme nelle piu lontane e inospite regioni.
Questo volume 6 il quarto d'una serie che deve contenerne sei-
I tre precedent! trattarono delle Missioni d'Oriente — deli'Abissinia,
India, Indo-China - - della China e del Giappone. I due seguenti
ci presenteranno le Missioni d' Africa — le Mission! d' America.
Questo ci offre 1'Oceania — il Madagascar. NeH'Oceania poi ci pas-
sano diuanzi agli occhi le Isole Sandwich, le Isole Marchek, Tahiti,
le Walis, — le Isole Futuna, 1'Arcipelago delle Isole Tonga, il Yi-
cariato apostolico dei Navigator!, 1'Arcipelago Fidii, la Nuova Ze-
landa, la Nuova Caledonia, le nuove Ebridi, le Isole Salomone, la
1 La France au dehors. Les Missions catholiques francaises an XIXe
siecle publiees sous la direction du P6re J. B. PIOLET S. J. avec la col-
laboration de toutes les Societes des Missions. IV. Oceanie - Madagascar.
Paris, Librairie ARMAND COLIN. 8° grand jesus, de plus de 500 pages
imprime par LAHURB sur papier couche, broche : 12 fr.
RIVISTA DELIA STAMPA 75
Nuova Guinea, esposte ciascuna da un particolare scrittore che sta
sul laogo, o altrimenti ha piena cognizione delle cose che narra o
deserive.
E sebbene 1' intento principale del Missionarii sia quello di met-
tere in vista le cose pertinenti alia fede, non si creda perd che questa
pubblicazione sia una semplice storia delle Missioni. Ciascuna Missione
non si e contentata di raccontare quello che ha fatto, ma ha de-
scritto accuratamente il luogo in cui 1'ha fatto, e questo con tale
abbondanza di documenti e tal precisione, che i sei grossi volumi
di cui si comporra quest'opera riusciranno uno dei piu preziosi con-
tributi che saranno stati recati in questi ultimi tempi, pur si fe-
condi, agli studii della geografia e della storia. Come bene avverti-
vano i Debals, qua converra ricorrere se vogliansi conoscere i costumi
degli abitanti del mondo intero, non si potendo trovare in questa
materia guide migliori dei Missionarii. E il Temps similmente no-
tava che « questa, benche redatta da Missionarii, non e un' opera
d'edificazione a solo uso dei cattolici : il disegno sul quale e stata
condotta, la rende un'opera che s'indirizza aJl'universale: la geo-
grafia, la storia, la politica troveranno il lorotornaconto nella grande
quantita d' informazioni di prima mano, che lo zelo degli autori ha
qui radunate. »
Pigliamo qualche saggio delle notizie edificanti, e qualche altro
delle civili.
Nelle Isole Sandwich il 7 gennaio 1830, i PP. Bachelit e Short
avevano terminate allora allora la Messa, quando una quantita di
armati entrarono nella cappella, s' impadronirono degl' indigeni e
li tradussero al tribunale. Promesse, minacce, bastonate, fatiche esor-
bitanti, scarso alimento, ogni mezzo fu adoperato, ma indarno, per
iscuotere la lor costanza. Quando lor si offeriva la liberta, solo che
si servissero di un libro d preghiere protestante, « No, risponde-
vano : piuttosto la prigione, fino alia morte. »
Una cristiana per nome Allodia, fresca di parto, fu condannata
ai lavori forzati, insieme con molte altre donne, e gettata in pri-
gione col suo bambino. Le povere prigioniere passarono tre giorni
^enza alcun cibo. Essendo il Fr. Melchiorre, che lavorava allora
al forte, finalmente riuscito a far loro avere di nascosto una non
so quale radice della grossezza d'una barbabietola, quelle coraggiose
neofite la lasciarono tutta intera ad Allodia, il cui seno esaurito
non aveva ormai piu latte pel suo poppante. Infermatasi gravemente,
fu ci6 non ostante trascinata al luogo dove dovevano far delle stuoie,
76 m VIST A
e dove le fu assegnato il suo compito come alle altre; ma le sue*
compagne se lo divisero fra loro. Quando bisognava passare da un
luogo all'altro, esse la portavano sulle loro spalle ; e finalmente, al-
lorche in capo ad alcuni mesi quella poveretta mori, una delle com-
pagne s' incaric6 del suo bambino.
Al leggere questo commovente tratto, non corre egli il pensiero-
a S. Perpetua e alle persecuzioni della Chiesa primitiva? (p. 15).
Abbiamo in principio nominato i Protestanti : ma vi sono dunque
anche in Oceania missionarii protestanti ? E quanti ! la grande copia
d'oro di cui possono essi disporre, apre loro facilmente tutte le
porte, ma non cosi tutte le coscienze. E quando non sono appog-
giati dal Governo, come erano nel caso ora addotto, ben magri sono
i frutti che ottengono, e scarsi i proseliti che fanno, a paragons
dei nostri.
Eccone una bella prova nella Nuova Zelanda. Alia meta del se-
colo teste compito, i Maori avevano subito anziche accettato il trat-
tato di Waitangi che dava all' Inghilterra il protettorato sulP isola
del Nord, ma non tutelava abbastanza i diritti dei naturali. Hone-
Heke, gran capo dei Nepuis e sovrano d'alcune tribii della Baia
delle Isole diede il segnale deJla sommossa. A questa notizia, il
vescovo anglicano, dottor Selwyn, che aveva preseduto all'educa-
zione d'Hone, fu da lui e gli disse: Come mai tu, Hone, nostro-
figlio fedele, faresti tu la guerra ai Cristiani, tuoi fratelli ! tu vio-
leresti la parola data da te e dagli altri capi di rispettar la ban-
diera dell' Inghilterra ! Le Scritture che t'ho insegnato, non ti vietano
1'odio e lo spergiuro ? — Tu m'hai insegnato S. Paolo, rispose il
Capo con molta calm a : e S. Paolo dice : Quando era fanciullo >
parlavo da fanciullo, operavo da fanciullo: ma poi son divenuta
uomo, e allora ho gettato via le cose da fanciullo. Allorche 1'In-
glese ha piantato la sua bandiera, noi 1'abbiamo lasciato fare, non
intendendo che quello era come il lutto della nostra indipendenza ;
eravamo fanciulli ; ma ora abbiamo capito tutto ; ora noi opereremo
da uomini e la rovescieremo. — E che! ripigliO il dottor Selwyn >
lo scolare da lezione al maestro ! Disprezzando la parola del Mi-
nistro, non sai tu che disprezzi Gesu Cristo medesimo ? — Ah I
si, riprese il Capo, e stato Gesu Cristo, n' e vero, che ha detto agli
Inglesi d'usurparsi con la violenza le terre dei nostri maggiori ?
Alto la, Yescovo ! Tu hai cessato ai nostri occhi d' essere il suo
iniuistro. Tu non sei per noi altro che un uomo, un uomo coma
noi. Gli uomini comprano terre e fanno commercio ; gli uomini
DELL A STAMP A 77
hanno mogli e figliuoli. Voi altri, voi comperate terre e fate com-
mercio, voi avete mogli e figliuoli : non siete dunque gl' inviati di
Gesu Cristo. II Pompallier (un Missionario cattolico) quello si che
& il Vescovo, quello e 1' inviato di Gesu Cristo ! Tu, tu sei 1'inviato
della Regina per aprire a' suoi soldati la via delle nostre coste. Ya
a trovare il governatore a Auskland : apri dinanzi a lui la Bibbia
alia pagina dov'e scritto: Non rubare: e digli che, se non lo ferma
la sua coscienza, lo ferraeranno i nostri fucili (p. 233).
II credito dunque del missionario protestante presso quei popoli
non e molto grande. Altissimo invece quello del missionario cat-
tolico, e se ne sono veduti talvolta effetti maravigliosi.
Nelle isole Wallis, Tanno 1840, fervendo le minacce, le ostilita,
le persecuzioni contro i convertiti alia fede, accadde questo epi-
sodio. II capo cristiano lououngahala mandd un messo al re pagano
Lavelona, dicendogli : Noi non vogliamo altro che la pace : ina perft,
sappiatelo bene, la forza sara da noi respinta con la forza. Se noi
siamo attaccati, siamo pronti a combattere e a morire per la reli-
gione. — Sarete attaccati domani rispose il re. Da tutte le parti
(racconta il P. Bataillon, che poi fu Vescovo) i nostri fervidi sol-
dati si mettono a recitare il rosario per prepararsi alia pugna. Allora
io m'avanzo solo verso il nemico, e forte della for/a stessa di quel
Dio pel quale combattevo, forte della protezione della SS. Yergine
a cui mi ero affidato, pronunzio ad alta voce e a piu riprese queste
parole del profeta: « Si alzi il Signore e i suoi nernici siano dis-
sipati : Exurgat Dens et dissipentur inimici ems. » In quel punto
medesimo i pagan! si fermano, e restano immobili, come percossi
da stupore. Cercano di animarsi Tun 1'altre, ma inutilmente: pare
che il sangue nelle lor vene siasi agghiacciato. Restarono la tre
giorni e tre notti sotto un'impressione di sgomento che non sape-
vano spiegare, e non ci fu verso che si risolvessero di venire alle
arrni. Finalmente, abbandonando le loro posizioni, rientrano nei lor
villaggi, lasciando i Cristiani padroni del campo di battaglia.
Non e un fatto simile a quei che si leggono del taumaturgo
S. Francesco Saverio? (p. 98).
Ma passiamo al Madagascar, divenuto pin interessante dopo la
guerra del 1895 che lo diede in mano alia Francia, e vediamone
le principali credenze e costumanze.
Per parlare solamente degli Hova, che ne sono la tribu piu im-
portante, essi, come gli altri Malgasci, non hanno ne chiese, ne altari,
78 RIVISTA
ne, propriamente parlando, sacerdoti ; e cio ha fatto credere a rnolti
che non abbiano religione. Ma questo e falso. Sono monoteisti e
ammettono il Dio creatore. Nelle loro formole di preghiere s'indi-
rizzano a lui come al principle) d'ogni bene. Le altre invocazioni
agli antenati, alle virtu delle dodici montagne, agii dei inferior!
buoni o cattivi, non vengono altro che in secondo luogo.
Ammettono un'aninia, ma questa non e per loro, come per gli
altri Malgasci, se non una specie d'ombra, di fantasma, di corpo
aereo. Essa non 6 il principio vitale dell'uomo, ma, pur essendo
unita ordinariamente a lui, ne pud essere separata, e praticamente
se ne separa undici o dodici mesi prima della morte. Tuttavia ella
non abbandona mai il corpo di volonta sua propria, e quindi nessun
Malgascio muore di morte naturale. E lo stregone che ne la caccia.
Quand'ha segnato la sua vittima, mette il piede sull'ombra sua e
se la porta seco schiava, senza che il povero condannato a morte
se ne accorga. Ben presto gli tocchera di rnorire, se non gli riesce
di ricuperare 1'anima sua. Quindi stranissimi riti sia per trovare
dov'e nascosta 1'anima rubata, per darle la caccia, acchiapparla e
riportarla alia sua dimora ; sia al contrario per attirarla con doni,
con un po' di miele, di riso ecc.; prenderla come al laccio e obbli-
garla a rientrare nel corpo che ha abbandonato. Se vi si riesce,
ecco la guarigione : se no, si muore.
Quest'anima non e immortale. Fino al principio del secolo scorso,
gli Hova la facevano inorire dopo che ella aveva passato un anno
ad andare dalla sua casa alia sua tomba e viceversa. Oggi, secondo
una tradizione presa da altre tribu, la fanno andare ai paesi dei
lanala, alia triste e scura montagna d' Ambon drombe, dove ella
perisce dopo tre anni passati a percorrere i tre cerchii concentrici
che compongono questi Campi Elisi di nuovo genere. Yi sono pero
molti esempii e molte pratiche che suppongono una vita piu lunga;
e pare che una volta gli Hova ammettessero I'immortalita propria-
mente detta, 1'idea della quale si venisse poi a mano a mano oscu-
rando (p. 410).
Ma per dare un'idea de' costumi di cola, trascriveremo una pa-
gina del p. Finaz S. I., nella quale descrive un pranzo diplomatico
dato dalla regina Eanavalona I, il 25giugno 1855, pranzo al quale
egli ebbe 1'occasione d'assistere travestito.
Dieci giorni prima del pranzo, die 'egli, ottocento uomini erano
stati spediti in tutte le direzioni per prendervi un po' delle migliori
cose mangerecce che produce il Madagascar, dal vitello strappato
DELLA STAMP A 79
dal ventre della vacca pregna di soli tre mesi e che si uccide per
fame un delicato boccone, fino a certe piccole cavallette rarissime
e ricercatissime, delizie del grandi. Ci mettemmo a pranzo a un'ora
dopo mezzogiorno. Le vivande eran condite col sego: ma sarebbe
stata incivilta il non assaggiare un po' di ciascuna. Generalniente
il servizio era fatto a imitazione di quello de' bianchi, con questa
differenza per6 che noi avevamo Ton ore d'esser serviti da generali,
e che anche il cuoco era un generale. Si stette a tavola la bellezza
di dieci ore. E ci sareramo stati almeno ventiquattro, se il signor
Lambert non avesse insistito per andarsene, adducendo una indi-
sposizione. Furono serviti da 150 a 200 piatti, ai quali bisogno
far onore!
Questa fu Toccasione nella quale il P. Finaz, sotto il nome di
Herrieu, pote introdursi a Tananariva, eioe frammisto ad alcuni
diplomatici francesi. Ed anche dopo la loro partenza ei fu cola
trattenuto dalla Regina, perche insegnasse a suo figlio Rakoto e
a' suoi amici alcun che delle scienze in cui erasi mostrato molto
valente. A lui non parve vero.
Si mise tosto a sonare il piano meccanico e a tastiera, che il
signor Lambert aveva mandate alia regina. Alia sua partenza da
lamatara, qualche mese prima, non ne sapeva una nota, ma ben
presto aveva imparato. II 5 novembre lancid in aria un pallone
sulla piazza di Mahamasina, alia presenza d'un gran popolo, e questo
fatto porto la sua riputazione fino alle nuvole. Scrisse sinfonie mu-
sicali, e fece eseguire bei pezzi di musica in un bel teatro eretto
e decorato da lui. Costrui un telegrafo Morse e un telegrafo a qua-
dranti. Fabbrico anche e mise in moto una piccola ferrovia in mi-
niatura, la quale per6 andava sempre all'indietro. Finalmente egli
era tutto applicato alia scoperta d'una rnaravigliosa polvere bianca,
che doveva lasciarsi indietro tutte le altre polveri conosciute.
Ma intanto che sbalordiva il popolo con queste sue invenzioni,
andava poi lavorando sott'acqua alia propagazione della fede. E gia
il principe ereditario Rakoto voleva che si celebrasse la messa alia
presenza di lui e di sua moglie, e ambedue portavano una medaglia
della Madonna, che ii principe mostrava ad ogni occasione. Egli
parlava a tutti del p. Finaz, e tutti lo conoscevano per missionario,
salvo la regina, a cui nessuno osava rivelarlo, perche tutti sape-
vano la sua ostilita ai cristiani e 1'indole sua crudele (p. 451).
In questo mezzo scoppiarono alcune rivoluzioni, in conseguenza
delle quali la Regina esiglid tutti i bianchi. Ma intanto il paese era
stato dai missionarii esplorato, e i primi germi della fede gittati,
80 RIVISTA BELLA STAMPA
i quali poi avrebbero largamente germogliato, specie dopo 1'annes-
sione alia Francia.
vogliamo lasciare il Madagascar, senza toccare almeno alcun
che del lavori scientific! che vi fecero i Missionarii francesi d. C. d. G.
Fino dal 1880 la Missione aveva incominciato alcune osserva-
zioni metereologiche. Ma poi nel 1889, avendone il P. Colin final-
mente ottenuto la facolta dal Governo malgascio, edified, con operai
malgasci, il suo osservatorio, che fu molto ammirato da tutti quei
che poterono visitarlo. Per tre anni, merce le osservazioni sue per-
sonali e quelle de' suoi dipendenti, merc& le osservazioni che dalle
different! parti dell'isola gli inandavano i suoi confratelli ed altri
corrispondenti, egli pote pubblicare, in resoconti compitissinii, i
primi per non dire i soli dati precisi che tin allora si possedessero
intorno la metereologia della grand'Jsola.
Al tempo stesso, il P. Roblet, che aveva gia dato la sua carta
a un milionesimo del Madagascar, la sola fatta con serieta e che
veniva copiata da tutti ; quegli che aveva gia disegnato quasi tutta
Flmerina e una parte del Betsileo, e pubblicato nel 1894, col Gran-
didier, la sua carta a un cento rnillesi mo dell'Imerina, proseguiva i
suoi studii topografici, che gli hanno procurato si belle ricompense,
fra le quali la croce della Legion d'onore, e cui gli ufficiali della
brigata topografica hanno adottati e continuati.
Molto tempo innanzi, un altro membro della Missione, un cer-
catore senza pari, il P. Callet, rendeva alia storia un servizio im-
portantissimo, raccogliendo dalla bocca dei vecchi il racconto dei
tempi passati, delle usanze e tradizioni del paese, e consegnandolo
a un'opera malgascia in tre volumi, che bello sarebbe il tradurre
e far conoscere anche in Europa.
Altri lavori, per lo piu di storia, di linguistica o di pedagogia,
avevano preceduto e seguito quello del P. Callet: la grammatica
del P. Weber, la piu antica e forse la migliore di tutte ; quelle dei
Padri Ailloud, Basilide e Caussique; il dizionario malgascio-francese
dei PP. Callet e Albinal; la storia del Madagascar del P. de La
Yaissiere; e soprattutto Vent' anni al Madagascar del P. Albinal,
che 6 probabilmente il migliore di quanti lavori sono stati scritti
sinora sulla grand'Isola (p. 488).
E questi pochi saggi ne sembrano sufficient! a poter ben giu-
dicare tutta 1'importanza del volume che abbiamo esaminato.
IL PIU GRANDE MUNIC1PIO DEL MONDO
La citta di Londra ha fatto, non ha guari, in occasione delle feste
per I'incoronazione di Re Edoardo, parlar molto di se. Non sara dunque
discaro ai nostri lettori di conoscere piu da vicino quella grande citta,
la quale ora puo dirsi a ragione la piu grande citta del mondo, e il
suo Municipio il Municipio piu importante e piu ricco che esista. Le
notizie assai curiose e interessanti che qui soggiungiamo ci sono fornite
dalla Review of Reviews e da altri recenti pubblicazioni l.
Chi dalla galleria esterna della Cattedrale di S. Paolo getta uno
sguardo sulla gigantesca capitale dell'Inghilterra che gli giace ai piedi,
ha il senso genuino delPimmensita. La grande metropoli si stende per
lungo e per largo nella grande valle del Tamigi e arriva fino alle
colline lontane. Non esiste una misura comune ad altre citta per
misurare la grandezza di Londra. Prendendo la popolazione come
termine di paragone, si scorge di primo tratto che la capitale inglese
£ unica fra tutte le altre grandi citta del mondo. Per fabbricare
un'altra Londra bisogna aggiungere citta a citta, capitale a capitale.
La contea di Londra propriamente detta, si estende per 118 miglia
quadrate, e contiene una popolazione di 4,536,063 persone che abitano
in 608,000 case; ma 1'intiera citta di Londra, sulla quale la polizia
metropolitana esercita una sorveglianza continua ed incessante, con-
tiene una popolazione di presso a 6 milioni, ed un'area di 688 miglia
quadrate di estensione. Invano si cerca altrove nel mondo una citta
che le stia a pari. Riunendo le popolazioni delle tre grandi capital!
continental!, cioe Parigi, Berlino e Vienna, esse potrebbero abitare
commodamente dentro i confini municipali di Londra. Le tre citta
americane piu popolate sono Nuova York, la citta piu grande del
mondo dopo Londra, Chicago e Filadelfia. Eppure se gli abitanti di
queste tre citta fossero trasportati corpo ed anima a Londra, sarebbe
soltanto necessario di provvedere alloggio per mezzo milione di per-
sone in piu.
1 Lo scrittore si e giovato per compilare questa rassegna dei libri se-
guenti: The London Manual, 1902. Edited by Robert Donald, Edward
Lloyd, London.; London Statistics, vol. X., 1890-1900, P. S. King- and Son,
Report of the Commissioner of Police of the Metropolis, 1900. Eyre and
Spottiswoode.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261. 6 24 dicembre 1902.
82 IL Pit GRANDE MUNICIPIO
Paesi, non citta, possono soli gareggiare con questa grande regions
di mattoni e di calcina, palpitante di milioni di esseri umani. La popo-
'lazione intera dell' Australia Confederata oppure del Dominio del Ca-
nada non agguaglia il numero degli abitanti di Londra. La Scozia,
Plrlanda e la Svizzera non possono vantarsi d'una cosi numerosa
popolazione. II Belgio, il Portogallo owero la Eomania sono Stati dei
quali i loro sovrani vanno superbi d'essere Ke; tuttavia i loro sud-
diti non sorpassano in numero quelli solamente della capitale dell'Im-
pero Britannico. Ventitre fra i molti distretti nei quali Londra e di-
visa, contengono piti. di 100,000 persone ognuno. Una dozzina delle
grandi citta provinciali inglesi potrebbero, con la massima facilita,
essere collocate dentro queste aree municipali di minore importanza.
Le popolazioni riunite di Liverpool, Manchester, Birmingham, Leeds,
Sheffield e Bristol potrebbero trovare ottimo alloggio al nord della riva
del Tamigi. Insomnia, la popolazione di Londra e un settimo dell'in-
tera popolazione d'Inghilterra e del paese di Galles, quantunque, quanta
ad area, sia soltanto un ventesimo di tutto il paese.
*
*
Sotto un altro rispetto Londra regna sovrana fra tutte le citta del
mondo. Essa e la piu ricca municipality della superficie del globo.
Eppure, non molti secoli fa, la regione dove ora siede regina la grande
capitale inglese, era una terra sterile, morta e paludosa ! II valore
della sua ricchezza si pud solamente congetturare. Le sole proprieta
assicurate hanno un valore di 932,598,661 lire sterline. II valore netta
delle tasse che le sue 600,000 case pagano alia citta sorpassa 39 milioni
di lire sterline e il valore dei fitti non e inferiore a 48,000,000 di ster-
line. L' importanza di queste cifre diventa evidente quando si pensa
che il valore delle tasse riunite di tutti gli altri collegi elettorali d'In-
ghilterra arriva appena a quello di Londra. La ricchezza di Londra non
e stazionaria; aumenta anno per anno a corsa e a salti. II valore delle
tasse imposte alle nuove proprieta, fabbricate annualmente nei limit!
della metropoli, e di mezzo milione di sterline, mentre Paumento del
valore delle tasse sulle proprieta gia esistenti, in questi ultimi cin-
que anni, e stato di 1,845,000 lire sterline. La ricostrutta citta di
Westminster, benche non s:a che una piecola parte di Londra, si vanta
di occupare il primo posto fra le citta piu ricche del mondo ; infatti
puo ben a ragione pretendere quella superba posizione in mezzo ai
ventotto distretti elettorali di Londra, non esclusa la City stessa.
Gome porto, Londra sorpassa di molto tutte le sue rivali. Le navi
che entrano nei Tamigi sono uguali a un quinto del totale di quelle
DEL MONDO 83
ehe entrano nei porti di tutto il Eegno Unito. Se noi consideriamo
11 valore e non il volume delle mercanzie importate, troveremo che
un terzo delle importazioni annual!, recate nelle isole britanniche e
provenienti dalle quattro parti del globo, e scaricato nella darsena
della capitale. Londra, come sua proporzione nel cominercio nazionale,
mette a suo conto un quarto del totale delle nostre esportazioni. Com-
parando le entrate ed uscite annuali del porto di Londra colle entrate
ed uscite dei grandi porti del mondo abbiamo le seguenti cifre : Li-
verpool, che si schiera in seconda linea rispetto alia quantita ed airim-
portanza della sua marina, registra un tonnellaggio di entrata di 8,282,774
contro i 14,682,971 tonnellaggi registrati da Londra, ed un tonnellaggio
di uscita di 7,458,218 contro gli 8,250,733 di Londra. Eccetto Cardiff,
dove il commercio prende una forma piu speciale e particolare, Glascow
pud essere il secondo porto britannico con un tonnellaggio di entrata di
3,034,681 e 3,415,296 di uscita. Dei porti stranieri Nuova York e il
primo con un tonnellaggio di entrata di 8,115,52 tonnellate ovvero
il 52,7 °/0 di Londra; poi viene Amburgo con una entrata marittima
di 7,765,950 tonnellate ovvero 50,5 °/0, Anversa con 6,842,163 ton-
nellate ovvero 44,5 °/0 e Rotterdam con 6,323,072 tonnellate ovvero
41,1 °/0 rispettivamente al tonnellaggio di Londra.
*
* *
Se gigantesche appaiono le dimension! di Londra quando si pon
xnente alia sua popolazione, alia sua ricchezza ed alia sua marina,
non meno giganteschi sono i servizii pubblici che hanno per fine di
tutelare la sanita, la vita e la ricchezza dei suoi cittadini.
La nettezza della citta, area immensa e densamente popolata, &
un'intrapresa colossale, che costa al contribuente una somma annuale di
235, 000 lire sterline. In contraearnbio di questa enorme somma di denaro,
la citta e debitarnente provveduta di fogne, i 347,560,000,000 di litri
di scolo sono resi chimicamente innocui e i due milioni e mezzo di
tonnellate di fango rimanenti sono trasportati a 50 miglia fuori nel
mare e cola dispersi. In media, 966,710,000 litri di scarico passano
giornalmente attraverso le 87 miglia e mezzo delle principal! fogne, le
quali diventano ora insufficient! al troppo grande lavoro. In conse-
guenza, se ne stanno fabbricando cinque nuove al prezzo di 2,940.000
lire sterline per provvedere al di piu della popolazione in ragione del
suo aumento in quest! ultimi quarant'anni. Esse tuttavia non saranno
terminate che da qui a cinque anni.
Per lottare contro il fuoco, grande e terribile nemico, si spende
una somma annuale di 291,000 lire sterline, uguale ad un testatico
di circa 8 soldi inglesi. In quest! ultimi anni il corpo dei Pompier!
fu reso piu efficace ed aumentato di molto. Yi sono ora 66 pompe
84 IL PIU GRANDE MUNICIPIO
a vapore sparse su tutta la contea di Londra ed il corpo del pompieri
conta 1,137 uomini e 260 cavalli. Macchine a cavallo per fuggire dal
fuoco hanno sostituito gli antichi apparecchi, mossi a mano, i posti
d'allarme in caso d' incendio sono stati quasi raddoppiati e si stanno
allacciando per mezzo di telefoni alia piu vicina stazione di pompieri,
i quali posseggono ora piii di 17,000 tubi per gettar acqua contro
gl' incendii. In media vi sono circa 3200 incendii all'anno, dei quali
200 sono incendii gravi.
II terzo grande servizio di protezione alia vita umana e a spese
dei Londinesi, quantunque nel suo controllo essi non abbiano voce
alcuna. II servizio di cui parliamo e la Polizia Metropolitana che
ha per ufficio e dovere di fare osservare le leggi e 1'ordine entro
un'area di 688 miglia quadrate, proteggere la vita di 6 milioni di
persone, custodire le proprieta tassate per un valore di 44,000,000
di lire sterline. Per custodire la capitale 15,847 poliziotti sono neces-
sari, e formano una forza maggiore della polizia di tutte le altre citta
dell' Inghilterra e di Galles, ovvero della guardia urbana che man-
tiene 1'ordine nelle contee. In media per ogni 100 acri vi sono tre
poliziotti efmezzo, due ed una frazione per ogni migliaio di popola^
zione, e quasi due per ogni cento case abitate. Per ottenere questa
protezione i cittadini della metropoli pagano 1,300,000 lire sterline
all'anno e^le statistiche comparative dei delitti mostrano che essi non
spendono il loro denaro invano. Tenendo con to deirimmensa popo-
lazione di Londra, la sua statistica criminale puo con vantaggio stare
a petto di quella delle altre grandi citta del mondo. In questi ultimi
anni vi fu una diminuzione costante nelle offese dirette contro le
persone e contro le proprieta. Nel 19CO furono arrestate 108,267 per-
sone delle quali 83,000 vennero condannate. Piu di 14,000 persone
furono arrestate per delitti criminali. II valore delle proprieta rubate
fu in quello stesso anno di 212,340 lire sterline, delle quali furono.
ricuperate un poco piii di 39,000. Vi furono 367 aggressioni notturne
e 1,416 furti in casa con frattura; perd sembra che il mestiere di
ladro notturno non frutti troppo bene. In 665 casi il valore delle cose
rubate non.sorpasso le 5 lire sterline.
I doveri della polizia metropolitana sono molto piu numerosi di
quello che si crede generalmente. II poliziotto non e solo un uccello
notturno; anche di giorno una gran parte di quei signori sono iinpie-
gati a regolare il tramco. Durante il 1900 ricevettero 37,000 relazioni
di persone subitamente mancate o smarrite e ne restituirono piu di
18,000 ai loro amici. Scoprirono quasi 24,000 porte e finestre aperte
ovvero serrate malamente durante la notte, fermarono 218 cavalli fug*
gitivi, acchiapparono 23,000 cani e ricevettero all'umcio degli oggetti
smamti41,000oggetti trovati nelle vetture di piazza, dei quali 20,500
DEL HONDO 85
furono restituiti ai rispettivi padroni. Fra quest! document! invincibili
della spensieratezza umana vi erano 180 orologii, 3,239 horse e 19,077
ombrelli. Piu di 70,000 lettere furono scritte dalla polizia ai cocchieri,
ai conduttori di tramways ed al pubblico in generale.
Ogni giorno della settimana un immense esercit® di operai, dai
quartieri eccentric!, va a sboccare, simile ad una marea umana, nel
punto piu centrale di Londra. Quando viene la sera questa marea
umana ritorna rapidamente verso i sobborghi. Le facilita di viaggi
rapid! scno una vera necessita nella vita di Londra. Un milione di
persone entra e lascia ogni ventiquattro ore la sola City. I mezzi
attuali di trasporto per questa gigantesca migrazione giornaliera sono
affatto insufficient!. Vi sono entro la contea di Londra 1483 vet-
ture di tramways, 3685 omnibus, 7531 carrozze, 3721 vetture e 215
miglia di strada ferrata. Tuttavia tutti quest! mezzi di trasporto,
riuniti assieme, diventano insufficient! per provvedere ai bisogni del
pubblico. Lo specehietto seguente compilato dal sig. Donald dara un'idea
del traffico annuale dei viaggiatori, e di piu fara testimonianza del-
1' immensa popolazione di Londra.
Durante 1'anno 1901 vi furono:
351,000,000 viaggiatori in ferrovia
331,438,283 » nei tramways
356,245,560 » aegli omnibus
53,500,000 » in vettura ed in battello a vapore.
Queste cifre danno un totale di 1.092.183.843 viaggiatori. Nonostante
la concorrenza delle ferrovie, gli omnibus mantengono ancora la piu
grarde parte del traffico. Tuttavia la popolarita delle varie ferrovie
sttterranee, dimostia la necessita jurgente di mezzi di trasporto
molto piu rapidi : 35 milioni di viaggiatori furcno portati dalla fer-
rovia centrale di Londra durante 1'anno; piu di 10 milioni di pas-
seggeri viaggiarono colla ferrovia della City & South London e piu
di 4 milioni colla ferrovia della City & Waterloo. I tramways traspor-
tano un buon terzo del pubblico viaggiatore. 114 miglia di linee
tramviarie sono ora proprieta della London County Council ossia del
Municipio di Londra, il quale, detratte le spege, assegnd 29,000 lire
sterline di guadagno a diminuire le tasse, a migliorare il servizio dei
tramways, ridurre le tariffe delle corse ed a pagar meglio gl'impie-
gati dello stesso tramway.
Finalmente abbiamo la speranza di vedere il problema della loco-
mozione londinese preso in mano seriamente. Gia rotaie per ferrovie
sotterranee sono poste in tutte le direzioni, il Municipio sta per sosti-
tuire la trazione elettrica ai tramways coi cavalli, ha dato ordine di
86 IL PIU GRANDE MUNICIPIO
fabbricare vetture che possano contenere 70 passeggeri e viaggiare con
la velocita di 10 o 12 miglia all'ora; la ferrovia sotterrasea, grazie
ad una intrapresa americana, sta per adottare I'elettricita come forza
motrice, e nuovi tramways, sia sopra che sotto terra, sono gia stati dise-
gnati ed autorizzati.il tramway elettrico corre gia attraverso i lontani di-
stretti del West-End: pel momento sole 60 miglia, da accrescersi pero a
poco a poco fino a 160 miglia, quando cioe, il disegno presentato dalla
Compagnia unita dei tramways londinesi, sara interamente recato ad
effetto. Finche questo gigantesco disegno non avra sortito il suo coin-
pimento, le 2000 miglia di strada, mantemite dalle autorita locali della
metropoli, con una spesa annuale di 1,600,000 lire sterline rimarranno
in uno stato quasi di congestione cronica.
*
* *
Dn'altra delle question! urgenti di Londra e la questione dell'al-
loggiamento. II numero medio delle persone che abitano in una casa,
e otto; pero vi sono presso a un milione di persone che passano la
loro esistenza in mezzo a un terribile agglomeramento. A fine di mi-
tigare questo gravissimo male, il Municipio di Londra si e fatto uno
dei piu grandi proprietarii di case della metropoli. Da qui a poco il
Municipio avra 40,000 inquilini e possedera una rendita in fitti di
circa 100,000 lire sterline all'anno. Ultimamente il Municipio comincid
a fabbricare un gran numero di piccole case nei sobborghi per Pal-
loggio di quelle persone che fin qui vivevano ammonticchiate le une
sulle altre. A Tooting si fabbricano 1244 casette al costo di 400,000 lire
sterline e procureranno un decente alloggio a 8,582 persone. A Nor-
bury furono comprati 31 acri di terreno per la erezione di 551 casette
di tre, quattro, cinque camere ognuna e 211 doppie case che daranno
alloggio a 5,800 persone. A Holloway si e comprato un terreno capace
di alloggiare 1,050 persone e 1,400 saranno alloggiate a Islington.
Pero questi schemi sono piccola cosa se vengono paragonati alia nuova
oitta che il Municipio sta per fabbricare a Tottenham. E la piu grande
intrapresa di questo genere che sia mai stata tentata da una munici-
palita. Ecco la descrizione che ne da il sig. Donald : « Questa intra-
presa sara infatti la creazione d'una nuova citta per 40,000 persone.
Nel centre verra riservato un terreno pei negozii ed ufficii pubblici,
-e vicino, in un ampio spazio, si fara serpeggiare artificialmente il fiume
Moselle. Tutto intorno e ramificandosi in tutte le direzioni vi saranno
le strade, fiancheggiate da casette, tutte bene architettate, alcune quasi
isolate, altre alineate ricino 1'una all'altra, e ai lati d'ogni strada begli
alberi verranno piantati di distanza in distanza. II limite estremo di
questa proprieta e situato a 6 miglia circa dai presenti sobborghi di
Londra e 1'area comprende 225 acri. I lavori s'incominceranno da
DEL HONDO 87
quella parte della proprieta che e piu grande e giace piu vicina a
Londra. Quivi si prepareranno alloggi per 33,000 persone in 4,750 case
a due soli piani, e altre 2,000 persone troveranno stanza negli appar-
tamenti sopra le botteghe. Le case saranno di varie forme e condizioni
ed ognuna avra il suo proprio giardino. La spesa per la erezione della
prima parte di questa nuova citta e stata calcolata a 1,530,858 lire
sterline. Quando tutti questi disegni saranno recati ad effetio vi sara
alloggio per 59,000 persone.
Pero questo non & il solo modo nel quale Londra sta trasforman-
dosi. Ogni anno il Municipio spende circa mezzo milione di sterline
per il miglioramento delle strade, fra i quali miglioramenti il piu
importante sara il nuovo gran passeggio o Corso che partendo dallo
Strand va fino a Holborn e che ora si sta gia costruendo. In questi
ultimi 12 anni, quasi 6 milioni sono stati spesi in diversi perfezio-
namenti in tutte le parti della metropoli. Si sta fabbricando un nuova
ponte sul Tamigi a Yauxhall, e due nuovi tunnels sono in costru-
zione sotto al Ponte della Torre al costo di quasi 3 milioni di sterline.
II Municipio di Londra fin dal primo giorno della sua formazione
si e messo con zelo nell'opera di procurare ricreazioni ai cittadini
della metropoli, provvedendoli di grandi prati e di terreni per giuo-
care. In questi ultimi dieci anni Parea di questi parchi e prati e
stata raddoppiata. In questo momento se ne contano 89, variant! da
una frazione di iugero sino a diverse centinaia e ammontanti ad un
totale di 4000 acri. Se a questi 4000 acri aggiungiamo il Parco
reale ed altri parchi e prati piu piccoli, il totale salira a 6,152 acri
e questi diventeranno 9,540 acri se si aggiungono i grandi passeggi
londinesi nelle vicinanze della citta. II sig. Donald os^erva il fatto
interessante, che la proporzione di questi spazii liberi dentro il cuore-
stesso della citta e praticamente la stessa in Londra che nella Roma
antica. In Londra occupano il 12,64 per cento, a Roma la proporziona
era di 12 1|2. Ben 781 uomini sono continuamente impiegati nel cu-
stodire ed aver cura dei varii parchi sotto la sorveglianza del Muni-
cipio e nessuno sforzo vien risparmiato per abbellirli di giardini, come
pure di eleganti campi da giuoco : arene ginnastiche speciali per bam-
bini sono state disposte in una gran parte dei principali parchi, e in
due di questi si scavarono due immense fosse che poi si colmarono
di sabbia per divertimento dei fanciulli. Yi sono parimente luoghi ap-
positi per giuochi di bocce, della palla, del cricket, del croquet, del
pallone, del football, dell'hockey, dell'hurling, del lacrosse, del lawn
tennis, del quoils e perfino del golf. Durante i mesi invernali ii Mu-
nicipio si prende ogni cura per assicurare sui laghi dei buoni spec-
88 IL PIU GRANDE MUNICIPIO
chi di ghiaccio pel patinaggio, e nei mesi estivi incoraggia le regate
in barca e i divertimento balneari. II Municipio inoltre si e acqui-
stata una considerevole popolarita insistendo presso i restaurants e le
vendite di bibite dei parchi, perche siano moderati nelle loro tariffe.
Yi sono da distribuire ogni settimana a chi ne fa domanda 385
prati da cricket, e in un anno si ebbero 1,120 richieste da circoli
di cricket, e si giocarono in tutto 16,500 partite. Inoltre vi sono 466
campi battuti pel tennis e durante la bella stagione furono giocate
4,400 partite. Le partite poi di football, durante 1'inverno salirono a
10,000. Yi sono 15 serbatoi o laghetti d'acqua pura nei vari parchi
coprenti un'area di 68 acri e che si fanno servire al patinaggio, alle
gite in barca e per bagni. Nella mattina d'una domenica assai calda
si contarono 25,000 bagnanti nei solo lago del parco Yictoria. Inoltre,
a tutti questi diversi divertimento il Municipio aggiunge continue
serate di musica vocale e instrumental che si tengono a sue spese
nei diversi parchi durante i mesi d'estate. L'anno scorso furono date,
dentro la contea di Londra, 1,197 rappresentazioni in 62 luoghi dif-
ferent!.
*
* *
I consiglieri municipali della grande metropoli inglese vengono a
contatto in mille punti colla vita dei privati cittadini. Per spiegarlo a
parte a parts si richiederebbe un volume. Non sara fuor d'opera tut-
tavia dare alcune cifre per mostrare in quante cose le autorita mu-
nicipali sono i servi del pubblico londinese. A cagione d'esempio, il
numero dei bambini educati a spese del Municipio e uguale alia po-
polazione d'una delle piu grandi citta provinciali inglesi. Yi sono
752,259 nomi sui registri delle scuole pubbliche e quasi 900,000 bam-
bini d'ambi i sessi frequentano le scuole municipali erette dentro
1'area metropolitana. La media della frequenza giornaliera alle detta
scuole e di 600,000 fra ragazzi e ragazze. Per educare tutti questi mar-
mocchi il Municipio di Londra spende la bella somma di 3 milioni
e mezzo di sterline all'anno, cio che importa una spesa media di
3 lire sterline e 6 scellini per ogni scolare. L'anno scorso si tennero
corsi serali in 395 scuole con una media di 86,000 allievi. Per 1'edu-
cazione tecnica, la spesa annuale e di 154,000 lire sterline. II Mu-
nicipio inoltre aiuta gli scolari poveri a passare dalle scuole inferior!
gratuite alle superiori e alle Universita dove si paga, con un numero
stragrande di scholarships o borse. Le biblioteche gratuite sono un al-
tro mezzo di educazione e di ricreazione. Di queste ne esistono ora
59 con una collezione di 600,000 volumi. In media, quattro milioni
e mezzo di volumi sono letti dai lettori durante 1'anno e quantunque
piu di tre milioni ovvero 80% di questi libri siano racconti o altri
libri di ricreazione, pure nessuno potra negare Putilita di provvedere
DEL HONDO 89
a spese pubbliche di letture sane e istruttive la parte piu povera della
societa. La spesa annuale pel mantenimento di queste biblioteche e
di 61,000 lire sterline.
*
* *
I poveri, i derelitti, i naufraghi della vita nella grande citta di
Londra vanno finalmente a carico della carita pubblica. Yi sono da
116,000 a 125,000 poveri ai quali il Municipio provvede il necessario
alia vita, con una spesa annua di 28 sterline per ognuno. Si calcola
che in Londra vi siano in circa 26 poveri per ogni migliaio di abi-
tanti. I 15,000 pazienti dei varii ospedali dei matti costano ai con-
tribuenti circa 470,000 lire sterline all'anno. E con tutto cio gli am-
malati ed i sofferenti della grande citta sono in gran parte aiutati
dalla carita privata e volontaria ! Ogni anno piu di 1,600,000 per-
sone sono curate negli ospedali di Londra o ricevono gratuitamente
medicine dalle farmacie municipali. Si contano 85 ospedali e 50 far-
macie mtmioipali sparsi a distanza conveniente sopra tutta 1'area della
citta. II Municipio spende nei suoi ospedali quasi un milione di lire
sterline, altre 30,000 vanno a sollevare gli ammalati poyeri a casa loro
e 30,000 arnesi chirurgici sono distribuiti ogni anno gratuitamente.
Per farsi una idea del lavoro degli ospedali londinesi, di sole febbri
si curano in media 21,000 casi all' anno. Chi potra mai immaginare
la somma totale dei dolori e delle miserie che vengono alleviate in
quelle case di carita e di sofferenze?
Da quanto si e detto fin qui il lettore pud vedere il progresso che
ha fatto Londra in questi ultimi anni. In verita, dal 1850 in poi si
e assolutamente trasformata. Cinquant'anni fa era una citta sporca,
malsana, pericolosa alia vita ed alia proprieta dei cittadini. Ora in-
vece e diventata comparativamente sana, pulita, decente, e, tenuto
conto dei milioni di esseri umani che la popolano, la vita e la pro-
prieta umana vi sono assai rispettate. Yi e ancora del male, £ vero,
ma esso e piu che compensato dal molto bene. II risveglio religioso
degli ultimi quarant'anni ha infuso ai pii membri della Chiesa an-
glicana nuovo zelo e maggiore energia per la salute spirituale e ma-
teriale dei loro connazionali, e la espansione meravigliosa della Chiesa
cattolica nella grande citta ha procurato ai poveri ed agli infelici di
Londra nuove e piu pure sorgenti di consolazione celeste e di terreno
conforto. AI presente la democrazia che governa I'immensa citta si
propone di compire 1'opera incominciata ; risanare cioe Londra dalle
antiche piaghe morali, materiali e sociali, e far si che in bellezza,
ordine, ricchezza, salubrita e potenza sia degua di figurare a capo del
piu grande impero del mondo.
BIBLIOGRAFI A '
ANALECTA ECCLESIASTICA seu Romana Collectanea de disci-
plinis speculativis et practicis circa theologiam, ius canonicum,
administrationem in foro contentioso et gratioso, sacram liturgiam,
historiam etc. Moderator FELIX CADENE Antistes urbanus. Annus
XI, 1903. Romae, Administratio et Directio : Piazza Cenci 7 A. —
Pretium annuae associationis lib. 25.
Raccomandiamo vivamente agli zione di quesiti consimili, sia per
Eccmi Vescovi ed ul Clero di ogni
nazione questa pubblicazione, indi-
jspensabile per avere una rapida e
sicura informazione di tutti gli Atti
della S. Sede e delle Congregazioni
Romane. Sotto il titolo di Analecta
vetera si pubblicano in ogni fascicolo
una scelta di document! piu antichi,
che possono servire sia per la solu-
semplice, ma non inutile erudizione
storica. Gli Analecta varia raccol-
gono important! dissertazioni di egre-
gi scienziati sopra materie affini al
carattere della Rivista, e danno ra-
gionata relazione dei casi di morale,
di gius canonico, di liturgia, che ven-
gono di mano in mano risolti nelle
adunanze del CJero di Roma.
ANNUA1RE pour 1'an 1903 publie par le BUREAU DES LONGITUDES.
Avec des Notices scientifiques. Paris, Gauthier-Yillars, 16°, VIII-
808 p. Fr. 1,50.
Sia il benvenuto an che quest'anno
il succoso volumetto, inviatoci dalla
cortesia dell'editore, che condensa
tanti dati scientific!, e al pari della
scienza, che non invecchia mai, pro-
gredisce senza posa. Un avviso in-
serito a principio ci avverte che, vo-
lendo 1' Ufficio delle longitudini mi-
gliorare il suo annuario senza cre-
scerne la mole, ne potendo rinunziare
a progredire, e venuto nella delibe-
razione di ristampare ogni anno, rin-
novati, quei ragguagli soltanto che
sono di natura loro variabili, e che
cadono per lo piu nella parte astro-
nomica. Le altre due parti, invece
che hanno un carattere permanente o
soggetto a meno rapide mutazioni,
cioe la parte fisica e la parte geogra-
fico-statistica, principiando dal 1904
non saranno pubblicate entrambe ogni
anno, ma ad anni alternati, la fisica
negli anni pari, la statistico-geogra-
fica negli anni dispari. Cosi si guada-
gna spazio per ampliare ciascuna di
esse separatamente, e il lettore con
due annate successive avra sotto mano
una piu abbondante copia di notizie
libri e gli opnscoli, annunziati nella Bibliografia. (o nelle Riviste
della Stampa) della « CIvilta Cattolloa », non pad PAmministrazione assumere in nessun&
vaniera 1'incarico di provvederli, salvo che i dettl libri non sieno indicati come vendibili
presso la stessa Amministrazione. Ci6 vale anche per gli annunzi delle opere perveuute alia
Dir?zione e di qnelle indicate snlla Coper tins, del periodico.
L'AMMINISTEAZIONB.
BIBLIOGRAFIA
91
e di novita, tanto dell'uno quanto
dell'altro campo. E insomma il si-
sterna delle rotazioni adattato alia
compilazione d'un annuario scien-
tifico.
Se ci & permesso fare un appunto,
o meglio esprimere un desiderio, spe-
riamo che 1'anno 1904,grazie a questa
innovazione, ci porti in cambio delle
densita e degl' indici di rifrazione dei
vecchi flint e crown, o almeno allato ai
medesimi, gli elementi dei nuovi vetri
normali di Jena, che hanno trasfor-
mato microscopic e obbiettivi e tutta
1'ottica pratica.
Questo per altro riguarda le no-
vita future : quanto aJle presenti, al
primo arrivare dell'annuario 1'occhio
corre subito all'appendice delle no-
tizie scientifiche, di quelle preziose
monografie che portano in fronte i
piu bei nomi dell'accademia delle
scienze di Parigi. II Radau ci pre-
senta quest'anno una lucida esposi-
zione dellastoria e della correlazione
tra stelle cadenti e comete ; il Janssen
introduce la nota poetica nel suo di-
scorso Scienza e poesia ; e le belle
commemorazioni funebri del Cornu
e del Faye, rapiti nel decorso anno
alia scienza, mostrano anche una volta
come nei piu alti consessi scientific!
in Francia si conservi viva la tradi-
zione di associare il gusto letterario
al rigore delle scienze esatte. Sono
piccoli discorsi modello quelli del
Janssen, del Poincare, dell'ammira-
glio Bouquet de la Grye e del gene-
rale Bassot. Nella loro brevita cia-
scuno sa segnare quel punto, deli-
neare quel lato della vita del defunto
che risponde all'ufficio ivi rappre-
sentato dall'oratore, e nel qualificare
il merito, sa dare come suol dirsi la
nota giusta, caratteristica, toccando
pure delicatamente le corde dell'af-
fetto e dell'amicizia. Rallegra 1'animo
lo scorgere nei detti dell'illustre am-
miraglio, presidente dell'accademia,
e di altri oratori, ii pensiero cristiano
che velato con discrete riguardo,
come in tali circostanze si conviene,
pure traspare assai chiaro perche in
quest! tristi giorni risplenda quale
raggio di speranza e di conforto per
1'avvenire di quella nazione.
BALLERINI G-., prof. — Matrimonio e divorzio a proposito dell'at-
tuale progetto ministeriale. Pavia, Fusi, 1902, 16°, 60 p. Cent. 10,
Copie 50 L. 3,50; copie 100 L. 6,00. Rivolgersi al prof. F. Ro-
dolfi, Pavia.
Questo bel lavoro, succinto si ma
compito, piglia in esame il presente
progetto ministeriale e la sua rela-
voglia formarsi un giusto concetto
dell'importante questione. Lo racco-
mandiamo vivamente.
zione, e torna utilissimo a chiunque
BESSAR10NE. Pubblicazione periodica di studi oriental!. Mgr. NIC-
COLO MARINI, Direttore. Anno VII. Direzione ed Amministrazione,
Roma, Piazza S. Pantaleo, 3. Abbonamento annuo per 1'Italia L. 15r
per i'Estero L. 20.
Col nome storico di uno de' piu
insigni promotori dell'unione delle
chiese, questo periodico, nato nel
giugno 1896, 6 felicemente entrato
nel settimo anno della sua fiorente
vita. — L'intento nobilissimo delPe-
gregio suo Direttore e degl'illustri
suoi collaborator], e quello di mettere
1'opera loro intelligente e disinteres-
sata al servizio della gran causa del
92
BIBLIOGRAFIA
ritorDo de'dissidenti all'unico Ovile di
Cristo col seguire fedelmente le idee
ed i voti del sapientissimo Pontefice
Leone XIII. I sessantotto fascicoli
finora pubblicati, sono ricctii di vari
ed important! argomeuti, e piena-
mente ci confermano nel giudizio
che di esso portammo fin dal suo
nascere (Quad. 1103, cop.), quando
lo raccomandammo a' nostri lettori
come sommamente proficuo e degno
dell'appoggio di tutti i cattolici,
specie degli eruditi.
La Santita di N. S. Papa Leone XIII,
che ha sempre dimostrato grande
affetto e benevolenza pel Bessarione,
si e anche in questi giorni degnata
onorare di un magniflco Breve, I'o-
pera del Rmo Mons. Marini. Non po-
trebbfi desiderarsi giudizio piu favo-
revole in commendazione del suo
merito; ne autoritk piu alta e com-
petente che suggellasse quel giudi-
zio. Eccone il testo :
LEO PP XIII.
« Dilecte Fili, Salutem et Aposto-
licam Benedictionem. Quum in prae-
cipuis Nostris curis hoc etiam sit ut
qui a catholica unitate dissident, ad
earn, divina favente gratia, revocen-
ptis votisque Nostris obsecundare
apud Orientales impiger stadeas, pe-
riodicam edendo elucubrationem, cui
ab insigni Cardinal! BESSARIONE,
praeclare de Ecclesia merito, perapte
nomen indidisti. Alacrem de hac re
doctamque sollerfciam tuam aliis Nos
litteris commendavimus, gratumque
est optimorum fructuum spem a
Nobis iam turn conceptam felicius
in dies evenire. Nunc vero, sexto
excedente anno ab opere tuo inito,
tibi, dilecte fili, eruditisque viris qui
tuorum sunt socii ac participes la-
bo/um Noatrisque consiliis naviter
obsequuntur, quos hactenus fecistis,
cum doctorum hominum comproba-
tione, progressus ex animo gratula-
nnr, amplioresque deincepa facturos
speramus, praesertim si non deerunt
qui vobis adlaborantibus opem bene-
vole afferant. Quod quidem ut auspi-
cato contingat, tibi aeque sociisque
ac lectoribus scriptorum vestrorum
Apostolicam benedictionem peraman-
ter in Domino impertimus.
« Datum Romae apud S. Petrum,
die XX Octobris anno MDCCCCII,
Pontificatus Nostri Vicesimo quinto.
« LEO PP. XIII. »
tur, valde delectamur quod tu coe-
BIEDERLACK G. S. I. — La questione sociale. Yersione del prof. MEL-
CHIADE YIVARI, stimatino. 2a ed. accresciuta e migliorata sulla 5a ed.
tedesca con un'appendice relativa alle condizioni social! della donna.
Roma, Pustet, 1903, 8°, XII-260 p.
Di questo lavoro fu fatta ono- serie XVII a pag. 335; e nel vol. 7°
revole recensione nel vol. 2° della della medesima serie a pag. 78.
BUCARI-BATTISTELLI ALESSIO. — La Bastola. Racconto popolare
del secoio VIII. Milano, tip, Cogliati, 1902, 8°, 554 p. — L. 4.
L'amore del natio loco e il ri- il presente racconto. In gran parte
cordo ancor vivo nel proprio paese
del castello di Gualdo-Tadino, abbru-
ciato da una scellerata maliarda di
nome Bastola ai tempi dell' impera-
tore Federico II, mossero il chiaro
Alessio Bucari-Battistelli a scrivere
e storia debitamente documentata in
numerose note che seguoao ciascun
capitolo. La leggenda serve a dare
al racconto una tinta romantica e a
mantenerne vivo 1'interesse, che tale
perdura in verita fino alia fine.
BIBLIOGRAFIA
93
II chiaro A. nella sua prefazione
ci avverte che ha scritto questo rac-
conto pel basso popolo. Si conforti;
anche la gente colta lo leggera vo-
lontieri perche e scritto bene sotto
tutti i rispetti. La lingua e puro oro di
coppella; lo stile facile, terso e na-
turalissimo, e quel che piu monta,
leggendolo, il lettore si sente vera-
mente trasportato con immenso suo
diletto nel secolo XIII, fra quei nostri
antenati, uomini ricchi di grandi virtu
e spesso ancora macchiati di grandi
delitti.
CAPELLE EDOUARD. — L'Eclairage et le chauffage par Pacetylene,
etude technique et pratique. Paris, Retaux, 82 rue Bonaparte,
8°, 516 p. con 307 illustr. — L. 10, leg. L. 12.
Quest'opera del R. P. Capelle sul-
1'acetilene, gplendidamente stampata
ed illustrata, e la piu completa che
sia apparsa in Francia su questo in-
teressante argomento. L'autore vi
recava appunto la giusta competenza,
poiche, se il Berthelot scoperse 1'ace-
tilene, e se il Moissau ne rese facile
1'uso colla scoperta del carburo di
calcio, e stato perd il R. P. Capelle
11 primo che 1'utilizzasse nell'indu-
stria deirilluminazione e pel riscal-
damento. A lui TEuropa e 1' America
Tanno debitori del gran movimento
economic© dato all'industria per mez-
20 del nuovo gas. Non e quindi me-
raviglia che il pubblico abbia fatto
a questo volume una tale accoglienza,
che 1'edizione ha raggiunto gia il
quinto migliaio.
Quivi sono particolarmente rife-
rite le notizie storiche della fabbri-
cazione del carburo di calcio; la sco-
perta del gas fatta nel 1836 dal Davy;
la sua sintesi ottenuta dal Bertheiot
nel 1855; le ricerche di cui forma
oggetto fino al 1894; il processo di
estrazione; la sua preparazione pel
laboratorio e per 1'industria; le sue
qualita flsiche, chimiche, flsiologi-
che ; la natura e le qualita della sua
fiamma ; 1'enumerazione e la descri-
zione delle 82 offlcine francesi che
v'erano occupate nel 1901.
Sono particolarmente studiati i
generatori, i fornelli e i becchi da
bruciarlo col loro prodotto utile; i
gazometri da raccoglierlo, i depura-
tori, i regolatori, gli occorrenti ap-
parecchi di dosatura ; poi la sua appli-
cazione alia forzamotrice e i servizi
che rende all'industria. Degni di nota
in particolare sono uno studio accu-
rate dei fornelli da laboratorio e da
cucina, ed un bel capitolo su tutto
Parredo occorrente agli stabilimenti
pratici, con un compendio dei rego-
lamenti amministrativi.
Da ultimo un'appendice sulla sin-
tesi dell'alcool per mezzo dell'ace-
tilene, e un buon numero d'osser-
vazioni e di esperienze dall'autore
stesso ideate, danno a questo libro
un interesse che non si trova nelle
molte altre opere pubblicate sul me-
desiino soggetto.
CASOLI A. M., S. I. — Memorie storiche della vita e delle virtu della
Madre Luigia Stauislaa Scotti dei Conti del Mezzano, Priora delle
Orsoline di Piacenza (1810-1900). Milano, Oliva e Somaschi, 1902,
16°, V1II-210 p. L. 1. Rivolgersi al sig. G. Fornaroli, via Genoc-
chi 2, Piacenza.
La M. Scotti era degna veramente sue non ordinarie virtu si traman-
che se ne stampasse la vita e che le dassero lungamente in esempio. Ne,
94
B1BLIOGRAFIA
ci6 si poteva agevolmente far meglio
di quel ch' abbialo fatto 1' egregio
P. Casoli in queste Memorie storiche,
scritte con quell'amabile semplicita,
con quel candore, con quel la giu-
stezza e sobritta di riflessioni, con
quelle doti in somma che sono pro-
prie di questa specie di scritture,
ma che disgraziatamente non troppo
spesso s'incontrano nei libri di que-
sto genere. Noi ce ne rallegriamo vi-
vamente e colle ottime Madri Orso-
line che possono gloriarsi d'una tal
Madre, e col bravo sorittore che 1'ha
fatta rivivere dinaazi a noi. E ci
place chiudere questo cenno con la
riflessione con cui egli conchiude il
suo libro: « Teresa Scotti, nata no-
bile e ricca, largamente dotata da
zano dagli uomini, ha ella perduto
nulla, anche in faccia al mondo, per
easere divenuta 1'umile Madre Scotti,
Orsolina?... Per essersi tenuta chiusa.
fra quattro mura, non ha ella pero
concorso, quanto altri, al decoro e
alia prosperita della sua patria ? Anzi,
fra le dame secolari, quante sono che
possano vantare benemerenze si alte
e durature, quali avrebbe potuto van-
tare, se 1'umilta non gliel vietava,
questa serva di Dio? E se Teresa
Scotti fosse rimasta nel mondo, dove
certo non le sarebbero mancati onori
e fortune, si sarebbero scritte di lei
queste pagine ? o avrebbe ella lasciato
un nome cosl universalmente bene-
detto, cosi teneramente desiderate ? »
(p. 204).
natura di quelle doti che piu si prez-
CASOLI PIER BIAGIO. — La Chiesa negli Stati Estensi, e il Ve-
scovo di Modena Luigi Reggianmi. Milano, Estratto dalia Scuola
Cattolica, 1902, 8°, 72 p. — L. 1. Rivolgersi all'Autore, via Cor-
reggi 1, Modena.
Premessa una dissertazione ge-
nerale sullo stato della Chiesa di
Modena al tempo dei Duchi Estensi
Francesco III ed Ercole III, nella
quale il chiaro A. mostra lo spirito
giansenista di quei duchi e la poca
o niuna resistenza del Clero alle
usurpazioni intentate contro la Chie-
sa, passa a scrivere dei propugna-
mentre & un utile contributo alia
storia patria, tesse anche una co-
rona di lodi alle virtu sacerdotali e
vescovili del Reggianini, assai be-
nemerito della Chiesa di Modena, e
troppo dimenticato. Al chiaro Pier
Biagio Casoli, che tan to ha lavorato
e scritto per la causa cattoliea, de-
vono i Modenesi speciali ringrazia-
menti per contribuire co' suoi scritti,
come egli va facendo, al prezioso
deposito della storia della loro citta.
tori dei diritti e della liberta della
Chiesa fra i quali, facile princeps,
fu il Vescovo di Modena Monsignor
Luigi Reggianini. Questa memoria,
FERRARI ANDREA, card, arcivescovo di Milaco. — Jerusalem. Mi-
lano, tip. S. Giuseppe, 1902, 8°, 80 p.
Con molto piacere e uguale pro- riflessioni che erano piu atte a far
fitto si legge questa cara pastorale,
che 1'Emo Arcivescovo di Milano vol-
geva al suo popolo, appena tomato
dal pellegrinaggio in Terra Santa,
facendo di esso una succinta narra-
zione e accompagnandola con quelle
comprendere lo spirito e lo scopo dl
quel pellegrinaggio. Sembra proprio
di udire un buon Padre, che, tomato
da un lungo viaggio, si trattiene a
colloquio co'figli suoi.
BIBLIOGRAFIA
95
-GALLERANI P. ALESSANDRO d. C. d. G. — II contravveleno reli-
gioso. Lettere ad uno studente d'uiiiversita, utilissime anche alle
signorine istruite. 2a ediz. Modena, tip. dell'Imm. Concez., 1903,
16° di p. 636. — L. 250.
Ecco un nuovo libro del P. Gal-
lerani, ma di genere diverse dai pre-
cedent*. Se quelli erano morali, asce-
tici, oratorii, questo e apologetico e
polemico. Tutte le velenose freccie
che si vanno scoccando contro la
religione, e dai libri e dalle catte-
dre e nei geniali ridotti e presso che
in ogni luogo, vengono qui.ad una
ad una spuntate e spezzate con una
energia efficace, ma sempre serena,
e non disgiunta dalla nota che trova
eco nel cuore. — Ne sembri super-
fluo questo lavoro dopo le celebri
Risposte del S6gur e del Franco,
perche il libro del Segur e princi-
palmente pel popolo, quello del Fran-
co pel clero e pel laicato colto, lad-
dove questo e sopratutto per la gio-
Tentu studiosa. Oltre a ci6 si tro-
veranno qui parecchie materie, che
indarno si cercherebbero ivi; p. e.
ragionati giudizii sopra scrittori re-
centi di molto grido, come sarebbero
tra gl'italiani, il Leopardi, il Com-
paretti, il Carducci, lo Stecchetti,
11 D'Annunzio ; e tra gli stranieri il
Carlyle, il Nietzsche (il padre dei
superuomini), il Tolstoj e lo Zola ;
cosi che la gioventu e avvisata del
come dover governarsi rispetto ad
essi. L'edizione poi e elegantissima
e con tutto ci6 il prezzo n'e mite.
— Giova dunque sperare che i su-
periori di seminarii o collegi, le di-
rettrici di educatorii, e quanti altri
hanno cura della gioventu studiosa
dell'un sesso o dell'altro, vorranno
di buon grado ai loro alunni, esposti
prima o poi a sublre si reo veleno,
mettere in mano per tempo questo
opportuno Contravveleno. — E sark
questa anche una strenna eccellente
pel capodanno o per 1'Epifania.
MANNO ANTONIO. — Bibliografia storica degli Stati della Monarchia
di Savoia. Vol. 7.° Torino, Bocca, 1902, 8°, YIII-552 p.
II sesto volume di quest' opera
egregia vide la luce, com'e noto, nel
1898, ricevuto, non altrimenti che i
prirni cinque, con vera gratitudine
da quanti sono studiosi della storia
italiana ed in ispecie di quella di
Geneva, cui da capo a pie' si rife-
riva. Dopo appena un lustro 1'infa-
ticabile barone Manno, nel nuovo
volume qui sopra annunciate, ci dk
come la chiave per usare spedita-
mente ed utilmente le copiosissime
notizie bibliografiche raccolte nei sei
grossi volumi precedenti. In esso
abbiamo infatti un Indice generate
in ordine alfabetico, ma cosi minuta-
mente ed ordinatamente disposto, che
riesce quasi sistematico ed organico
Arenderne piu facile 1'uso concorre
ancora lo spediente tipografico della
diversita di carc\tteri usati per i nomi
di luoghi, di persone e delle cose.
II chiaro autore, tanto benemerito
degli studii storici, ci fa sapere che
non ha punto dismesso il pensiero
di proseguire la Bibliografia se Id-
diobenigno, com'egli scrive, gli con-
ceder& salute, vista e vita e gli
amici seguiteranno ad essergli cor-
tesi dei loro aiuti nella faticosissima
impresa. Or del suo buon volere gli
sapranno sommamente grado quanti
sono studiosi capaci di pregiare qua-
le potente sussidio riescano simili
96
BIBLIOGRAFIA
faticosi lavori bibliografici, condotti
con tanta vastita di erudizione ed
abbondanza di senno pratico ; e tutti,
ancora, ne siamo certi faranno voti
perche il Signore conservi all'illugtre
uomo con le forze delFanimo quelle
MISCELLANEA di Storia italiana.
1902, 8°, LVI, 460 p.
I sei studi contenuti in questo
volume contribuiscono tutti a man-
tenere ed accrescere il pregio di que-
sta raccolta che gia coi suoi prece-
dent! trentasette tomi e divenuta una
preziosa fonte per la storia d'ltalia.
Di ciascuno daremo brevissimoconto.
La monografia del Rossi, La Valle di
Diano (Liguria) e i suoi statuti an-
tichi (pp. 1-36) seguita dai Capitula
Communitatis Diani dell'anno 1363
(pp. 37-139), fin qui inediti, e un la-
voro piccolo di mole, ma condotto
con assai buon metodo.
Le epistoledi Innocenzo VI (1352-
1362) pubblicate dal chiaro prof. Ci-
polla, che le trasse, meno quattro,
dall'Archivio Vaticano, illustrano le
relazioni di questo Pontefice con Casa
Savoia ai tempi di Amedeo VI. Sono
in numero di settantasei. Alle lettere
segue un regesto o sunto di trenta
quattro suppliche fatte dalla Casa di
Savoia a Clemente VI e al suo im-
mediate successore Innocenzo VI. A
proposito di queste suppliche 1'illu-
stre Editore, per un eccesso, crediamo,
di singolare modestia, non si arri-
schia di stabilire ma solo suppone
che la sigla R susseguente al fiat
indichi 1'iniziale del nome di Clemente
VI (Rogerius) innanzi al pontificate.
A noi la cosa pare certa, confer-
mata com'e dall'esame della grande
Serie delle Suppliche nell'Arch. Va-
ticano e dall'uso non interrotto, vi-
gente tuttora in Curia. II fatto cui
il Professore accenna che le suppli-
altresi del corpo necessarie alia con'
tinuazione d'un'opera quanto utile
a chi si fa ad usarla, altrettanto la'
boriosa a chi coraggiosamente non te-
mette intraprenderla e seppe con-
durla a cosi buon porto.
Ill Ser. Tom. VII. Torino, Bocca,
che ad Innocenzo VI sono contrasse-
gnate con G e non con S. iniziale del
nome di battesimo del Papa, costi-
tuisce niente piu che una difficoltk
degna al certo di soluzione. Non si
potrebbe pensare che Stefano Aubert,
divenuto poi Innocenzo VI, insieme
con questo prenome n'avesse un altro
comincianti' con G e del quale abbia
fatto suo in simili atti?
Lo Staglieno %(pp. 218-225) pub-
blica due documenti di Tedisio ve-
scovo di Torino (1300-1319), e sono
il testamento di lui e un atto di dona-
zione a favore di suo fratello Edoardo.
Con essi riesce 1'editore ad illustrare
acconciamente parecchi particolari
della famiglia genovese dei Camilla,
dalla quale trasse origine quel pre-
lato.
Importante per la notizia sempre
piu minuta della costituzione delle
terre e borgate italiane nel medioevo,
e lo studio del Seregni « Del luogo
di Arosio e dei suoi statuti nei se-
coli XII XIII con appendice di docu-
menti inediti* (pp. 226-310). L'Au-
tore partendo dall'analisi accurata
delle pergamene del mcnastero di
san Maurizio di Milano, ora nella Brai-
dense, da altri documenti spettanti
al comune e dagli statuti di Arosio,
posseduti dal R. Archivio di Stato in
Milano, e riuscito a darci la storia
della vita economica e politica di un
villaggio lombardo nei secoli XII e
XIII ; il lavoro ci sembra d'ogni parte
bene riuscito, sia per la partizione
BIBLIOGRAFIA
97
della materia, come per il modo di
trattarla,sobrio nello stile, esauriente
per il saggio uso delle fonti mano-
scritte e gia edite e della bibliogra-
fia antica e moderna.
D'argomento affine a questa del
Seregni 6 la memoria che segue di
Alessandro Lattes sopra Alcuni Ca-
pitoli inediti degli statuti d' Alessan-
dria (pp. 313-343). II Lattes li ha
tratti da un codice della Biblioteca
Nazionale di Torino. L'esame cui ha
sottopoato il testo e le conclusion!
che ha saputo trarne, lo mostrano
non meno esperto in questo genere
minuzioso di critica che non si dimo-
stro valente storico e sociologo nella
lodata sua opera, 11 Diritto consuetu-
dinario delle citta lombarde.
Si chiude il volume con la « Sto-
ria documentata dell'abbazia di S. An-
drea di Vercelli nel periodo medio-
evale 1219-1466, scritta dal Prof.
Dott. Ronmaldo Paste canonico ono-
rario della Metropolitana di Vercelli.
La parte ch'ebbe questa grand 'abba-
zia, fondata al principio del sec. XIII
nella storia religiosa e civile di Ver-
celli, rende assai utile il bel lavoro
del Paste, riuscito una storia vera-
mente critica e, a quanto crediamo,
definitiva del celebre monumento.
Porremo termine a quest'annun-
zio segnalando ai lettori le Norme
generali per la pubblicazione dei testi
storici per servire alle edizioni della
R. Deputazione di Storia Patria per
le antiche Province e la Lombardia,
che a modo d'introduzione aprono il
volume (pp. XXXIX-LXI). Esse sono
una chiara, ragionata, compiuta com-
pilazione dei chiari proff. Cipolla,
Merkel e Novati. Queste norme an-
drebbero tenute sempre present! da
coloro, e sono tanti a' dl nostri, che
si fanno a dare in luce testi senza
pur troppo possedere le cosrnizioni
al tutto necessarie per fare impresa
veramente utile alle storiche disci-
pline.
NAPPI SETT1MIO AURELIO — PerlaSocieta odierna. Torino- Roma,
Roux, 1902, 16° di pag. 362. L. 3 50.
L'autore di questo nuovo libro & un
giovane ufficiale e professore, di mente
colta e di cuore generoso, il quale
vorrebbe cogli scritti, oltre che colla
parola e coll'opera, giovare al miglio-
ramento della nostra societa. Ch'egli
porti sinceritk d'intenti e giustezza
di vedute, lo attestano tra le altre
pagine, in particolare quelle che
scrive sui rimedi morali, necessarii,
insieme coi provvedimenti politic! e
cogli econcmici, allo scioglimento
della questione sociale. « Fra essi,
principale 6 la cura d' istillare nelle
masse, nelle scuole e nei reggimenti,
nella chiesa e nell'ofncina, quei sani
principii che devono guidarle nella
vita ; principii che vogliono la mente
equilibrata colla bonta dell'educa-
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261.
zione e colla scelta dell'istruzione,
il cuore sensibile e forte cogli affetti
nobili e puri, 1'animo elevato colla
reiigione pura, lontana da ogni poli-
ticismo e superstizionismo, ecc. » Cosl
nel capitolo degli scioperi e leghe che
prende la miglior parte del volume.
II seguente capitolo sul momenta at-
tuale e V Italia darebbe forse luogo
a qualche riserva, o per gli apprez-
zamenti della politica internazionale,
o per 1'ottimismo onde 1'animo buono
dell'A. giudica la questione di Roma.
Che se il valente e giovane scrit-
tore s'atterra per 1'avvenire ad una
forma meno astratta, il suo nobile
intento tornera anco piu profittevole
ai suoi lettori. Frattanto pero augu-
riamo al libro larga diffasione.
7 26 dicembre 1902.
98
BIBLIOGRAFIA
PBSGH TILMANN S. I. — La philosophic chretienne de la vie. Tra-
duit de Talleinand sur la 3e edition par le R. P. Biron, benedictin
de la Congr. de France. Paris, Lethieileux, s. d., 2 voll. 8° pice,
di pp. XVI, 364, 430.
Riuscire nuovo scrivendo di ar-
gomento antico,specialinente d'asce-
tica, e cosa difficile, o pericolosa, e
non senza sospetto. Testimonio la
quantita di iibri e librettini che pul-
lula ogni giorno, ad ogni pasao ; for-
tunati quelli che pagano le spese. La
ragione di tale vacuita e non di rado
il convenzionalismo di dottrine co-
piate e non pensate, difetto di quel-
1'originalita che solo pu6 procedere
da profonda scienza fllosofica e teo-
logica, meditata e assimilata da un
uomo che scrive per quelli che vi-
vono e pensano con lui, nel medesimo
secolo, tra le medesime necessita, tra
PHILLIMORE CATERINA MARIA. — Dante in Ravenna. Trad, dal-
I'inglese di ROSMTJNDA TONINI. Rimini, Danesi, 1902, 16°, 212 p.
- L. 1,50.
Reca veramente una dolce me-
raviglia questa signora inglese, che
sembra innamorata del nostro Dante,
e in mille mod) si studia di farlo co-
noscere ed ammirare da' suoi con-
nazionali. Ad altri scritti precedent!
gli stessi errori.
Ora il P. T. Peach, vissuto di
scienza, di speculazione, di dolore,
uomo di antica fede, di moderna col-
tura.oltrele opere maggiori destinate
all'alto inspgnamento, volge alia gio-
ventu, specialmente agli student! uni-
versitarii piu colti gia e piu maturi,
queste pagine, ove le verita eterne
sono trattate in forma nuova, pro-
fonda, precisa, viva, anzi pittoresca.
L'antitesi, Taforisma, la similitudine,
danno grazia e colore al raziocinio
metafisico piu rigoroso. E opera di
sostanza, che ad un giovane colto
fornisce vital nutrimento.
notizie cavate dai manoscritti delle
biblioteche di Ravenna e di Parigi,
non che dalla Bodleiana e dal Bri-
tish Museum. Facciamo plauso alia
valente scrittrice si presa delle glo-
rie nostre, senza perd sottoscrivere
a tutto ci6 ch'ella dice, con 1'iroso
Dante, di Bonifazio VIII e degli al-
tri Papi che vissero al tempo suo.
Anche alia colta traduttrice va data
lode del suo lavoro.
eccola aggiunger ora Dante in Ra-
venna. Questo studio si fonda prin-
cipalmente su quello di Corrado Ricci
che s'intitola: L'ultimo rifugio di
Dante Alighieri, e sull'altro: Dante
e il suo secolo. A questi ella aggiunge
PUNKIG-AM ANTON, S. I. — Peter Barbaric, ein Jungling nach dem
Herzen Gottes. Innsbruck, Rauch, 1901, 16°, YIII, 292 p.
Nel mezzo della Bosnia, a pie di come residenza dei visir turchi: poi
uno dei contrafforti del monte Blasic
a'apre una Valletta difesa dai venti,
ove giace la piccola citta di Travnik,
popolata da 6500 abitanti. Di questi,
2900 sono musulmani, 2200 cattolici,
i rirnanenti scismatici e giudei. Dal
1700 al 1852 la modesta cittaduzza
ebbe la sua importanza in paese,
decadde, meschina e negletta, nel-
1'abbandono fatale comune a tutte le
terre ove regna la mezzaluna.
Ma essa era predestinata a rial-
zare il capo. Occupato che fu nel
1878 dalle truppe austriache il ter-
ritorio della Bosnia e dell'Erzego-
vina, per buona ventura di quelle pro-
BIBLIOGRAFIA
99
vince, tra gli altri benefizi vi fu tosto
restaurata la gerarchia cattolica. Pri-
mo pensiero del novello arciveseovo
di Sarajevo, Dr. Stadler, fu di fon-
dare un seminario centrale per la
formazione di un clero indigene, ove
fossero le otto classi del ginnasio
complete (che risponde al nostrogin-
nasio-liceo), e che potesse essere fre-
quent ato da giovani esterni, di qual-
Bivoglia confessions. Cosi il semina-
rio arcivescovile diveniva centro di
civilta e di religione insieme. II go-
verno austriaco aiut6 1'impresaela
fondazione, ed il novello istituto eret-
to dalle fondamenta, fu affidato alia
Compagnia di Gesu.
Tosto riprese vita la civilta cri-
stiana in quelle popolazioni, dotate
pure di belle qualitk. Nel 1900 il se-
minario contav* 150 alunni iaterni,
e piu di 70 esterni, tra i quali erano
cattolici, scismatici, giudei e musul-
mani. Alle scuole elementari aveva
provveduto il governo dal bel prin-
cipio pertutto il territorio, a mano a
mano.
Ora dal piccolo villaggio di Klo-
buk non lungi da Ljubuski nell'Er-
zegovina venne un giorno al semi-
nario un giovinetto quindicenne, anzi
un angioletto di candore e d'ingegno,
Pietro Barbaric, che vi passo otto anni
interi, e mentre vagheggiava alti
ideali d'apostolato e di vita religiosa
a rigenerazione della sua patria, fu
rapito alia terra, novello Gonzaga e
trapiantato in cielo, primo fiore di
quel suolo, che tanti secoli innanzi
airinfamia turchesca aveva avuto
pure i suoi santi e suoi martiri della
fede. Questa vita, queste province,
queste speranze, descrive il P. Pun-
kigam, che conobbe e am6 quell'ani-
ma eletta, in un libro che e un idillio
di poesia, uno studio psicologico, una
fragranza di pieta, associata all'esat-
tezza storica ed etnografica della de-
scrizione. Una sola cosa ci resta a
desiderare: che si trovasse un animo
volenteroso e una buona penna di-
sposti a volgarizzare queste belle pa-
gine, a benefizio della nostra gio-
ventu italiana.
SCHIAYI LORENZO, prof. can. — Santo Stefano Re <T Ungheria. Me-
lodramma con note storiche. Capodistria, Cobol & Priora, 1902,
16°, pag. 51.
II ch. prof. Schiavi, scrittore fe-
condo, ha gia messo in luce parec-
chi lavori drammatici, specialmente
a servigio degl'istituti di educazio-
ne. Tra i migliori dovra senza dub-
bio annoverarsi questo suo Santo
Stefano, dove e svolta una pagina
gloriosa della storia ecclesiastica e
dell' epopea nazionale ungherese: la
conversione al cristianesimo dell'Un-
gheria. L'azione muove dal momento
in cui il vescovo Asterico (Aatrik)
in nome di Piipa Silvestro II offre al
re Stefano la corona e la croce. Le
mene e le insidie dei principi ido-
latri competitori di lui forniano Tin-
treccio del dramma, che termina
con la gloriosa vittoria del re e con
la sommissione dell'mtero regno alia
fede di Cristo. Vi sono scene gran-
diose e di ottimo effetto. Ma il ri-
correre talvolta ai vieti mezzucci,
p. es. di personaggi nascosti per
fare scoprire una congiura, raffred-
da alquanto. II melodramma (evi-
dentemente destinato ai teatri co-
muni) poiche ha intreccio di donne,
e scritto in versi alia maniera degli
antichi nostri libretti d'opera, e pud
quindi essere musicato.
DISGORSO DI S. S. LEONE XIII
AL SACRO COLLEGIO
Non useremo molte parole, venerabili fratelli, a significarvi 1'animo
Nostro grato degli amo revolt sensi, espressi a nome comune dal ve-
nerando Cardinale, Decano del vostro Collegio. Questo pero non vo-
gliamo tacere, che oggidi piu che mai Ci riposiamo con fiducia nella
unanime devozione vostra. Cooperatori benemeriti per si lungo tratto,
Ci accompagnerete ancora, pur fra le crescent! asprezze del cammino,
con lo stesso operoso amore.
L'anno giubilare, oggetto delle cortesi vostre gratulazioni e delle
non interrotte dimostrazioni di affetto del mondo cattolico, trascorre
amareggiato, come vedete, per contingenze social! troppo dolorose al
cuore d'un Papa. Yiolate gia in cento guise le ragioni della Chiesa
e del nome cattolico, ecco andar oltre per la stessa via, sino al sov-
vertimento legale di sante istituzioni cristiane. Ma non sono esse una
porzione, e la piu eletta dell'eredita lasciata da Cristo ai popoli re-
denti, e ordinate espressamente a custodia e tutela di sovrani beni
morali, prima radice d'ogni altro bene all'umano consorzio ? Ah non
e sincere amore di pubblica prosperita o d' increment! civil!, che
muove gli artefici di tali sciagure: cio che si vuole e si cerca, e il
crollo degli ordini cristiani e la ricostituzione degli Stati sulle basi
del naturalismo pagano. Se sta scritto in cielo che tra siffatte ama-
rezze quest'ultima reliquia si estingua della Nostra giornata, chiude-
remo in rassegnazione le stanche pupille benedicendo il Signore, ma
colla persuasione in cuore fermissima che, venuta 1'ora della mise-
ricordia, sorgera egli stesso a salute delle genti, assegnate in retaggio
all'Unigenito di Dio.
Le ultime parole sue alludono, signor Cardinale, all'azione demo-
cratica cristiana, che e al di d'oggi, com'ella ben comprende, un fatto
di non leggiera importanza. A cotes ta azione, tutta consentanea al-
1'indole del tempo e ai bisogni che la suscitarono, Noi demmo san-
zione ed impulso, divisandone peraltro assai nettamente lo scopo, il
modo, i confini ; cosicehe se in questa parte accadesse a taluno di dare
in fallo, certo non gli accadrebbe per mancanza di guida autorevole.
Ma parlando in generale di coloro che si son posti a quest' opera, ita-
liani ed esterni, e indubitato che vi s'affaticano attorno con buon
DISCORSO DI S. S. LEONE XIII AL SACRO COLLEGIO 101
-zelo e frutto notabile : ne deve passare inosservato 1'utile contribute
-che pur vi stanno recando centinaia di giovani valorosi. Anche il
Clero confortammo ad entrare con certi riguardi in questo medesimo
campo d'azione, perche a dir vero, non c'e assunto di schietta car.ta
giudizioso e proficuo, al quale sia straniera la vocazione del sacer-
dozio cattolico. Or nqn e forse carita vera ed opportunissima questa
di applicarsi con premura e disinteresse a migliorare le spintuali
condizioni e le sorti materiali delle moltitudini? II materno amore
della Chiesa verso gli uomini e universale come la paternita di Dio;
ma nondimeno, fedele alle sue origini e memore di esempi divini,
ella ebbe sempre in costume d'accostarsi con un senso di predilezione
agli umili, a quei che soffrono, ai reietti della fortuna. Quando sia
sinceramente e costantemente informata allo spirito di questa madre
universale dei popoli, puo ben confidarsi di non fallire al suo scopo
la cristiana democrazia; e niuno s'adombri del vocabolo, quando si
sa che la cosa e buona. Inteso come lo intende la Chiesa, il concetto
democratic© non soltanto si accorda a maraviglia coi dettami rivelati
•e le religiose credenze, ma nacque anzi e fu educate dal cristiane-
simo, ed e la predicazione evangelica che lo diffuse fraJe genti. Atene
e Roma non lo conobbero, se non quando ebbere udito la voce divina
che disse agli uomini, voi siete iutti fratelli, e il Padre vostro comune
3ta nei deli.
Fuori di questa demoorazia che si denomina ed e cristiana, con
ben altri ideali e per altre vie s'avanza il movimento democratico se-
dizioso e senza Dio. Giorni amari ei prepara agli Stati civili, che pur
lo si covano in seno carezzandolo. Ora Tazione popolare cnstiana,
«splicandosi sul medesimo soggetto, e una forza emula che s' inter-
pone al successo di quello e vale in molti casi a preoccuparne 1'opera.
Se altro non conseguisse che di contendere il terreno alia democra-
aia socialistica e circoscriverne i perniciosi influssi, avra reso con ci6
solo un servigio non piccolo all'ordinato vivere civile e al cristiano
incivilimento.
In affettuoso ricambio degli auguri, imploriamo dal cielo le piu
elette benedizioni al sacro Collegio, e quella ne sia come pegno che
oon effusione di cuore gli impartiamo Noi, estendendola ai Vescovi,
-ai vari Prelati, e a tutti gli altri che qui Ci fanno gradita corona.
GRONAGA GONTEMPORANEA
Roma, 12-24 decembre 1902,
I.
COSE ROM AN E
1. Ricevimento del S. Padre per le feste del S. Natale. — 2. Arrive di
Mgr. Guidi alle Filippine. Bolla Quae mari sinico. — 8. Cattedra teo-
logica airilniversita di Strasburgo. — 4. Abiura del Conte di Campello.
1. Martedi 23, antivigilia del Santo Natale, gli Erni Cardinal!
radunatisi in Vaticano nella Sala del Trono verso mezzogiorno pre-
sentarono al S. Padre gli augurii e le felicitazioni per la fausta ricor-
renza e per il ,nuovo anno. All' indirizzo letto dal Card. Oreglia di
S. Stefano, Sua Santita rispose col discorso, gia da noi riferito alia
pagina 100.
2. Dalle Filippine giungono notizie dell'arrivo di Monsignor Guidi,
inviato da Roma delegate apostolico in quelle Isole, sbarcato a Manila il
18 novembre scorso. Eicevuto in forma ufficiale dal eapitano Noble aiu-
tante militare del governatore americano Taft, e festeggiato dalla citta
che mando a complimentarlo a bordo del piroscafo una delegazione di
distintissimi cittadini, Monsignore ando alia Cattedrale, dove fu cele-
brata una solenne funzioue. Nella visita ufficiale al Governatore, pre-
sentavagli la lettera credenziale del Card. Segretario di Stato e i sa-
luti personal! del S. Padre : quindi si esprimeva cosi : « Lo scopo delle
nostre missioni e il medesimo, cioe I'assestarnento di affari che con-
cernono important! interessi in queate isole; voi operando in nome
dell'autorita civile, e io della religiosa. Per questo e necessario che
vi sia fra le due parti reciproca armonia e fiducia. Sara mio alto pen-
siero di provvedere che la vostra autorita sia sostenuta e rispettata
per tutto nelle isole da coloro che dipendono da me, e non fa me-
stieri di dire che aspetto da Yostra Eccellenza lo stesso per la mia e
per tutte le autorita della Chiesa in generale. Insomma le due auto-
rita devono procedere tenendosi per mano. Per mia parte, io sard
sempre franco ed aperto con Y. E. e prego voglia fare altrettanto con
me : cosi c' intenderemo 1'un Taltro perfettamente. »
II Governatore Taft rispondendo a questo discorso, diede il benve-
nuto al Delegate apostolico e lo ringrazio delle cortesi parole. Pol
CRONACA CONTEMPORANEA 103
aggiunse : « La via migliore per dare assetto alle question! dimcili che
si presentano tra la Chiesa e lo Stato in queste isole, sara quella che
voi dite, di una intera franchezza e di aperti procedimenti. I nego-
ziati che gia ebber luogo in Roma, segnano la linea che ci deve gui-
dare. La proprieta e i diritti della Chiesa debbono essere rispettati e
protetti dal Governo. Se noi possiamo regolare gli obblighi scambievoli
•della Chiesa e dello Stato mediante un compromesso od un accordo
senza ricorrere alle Corti di giustizia avremo raggiunto il piu desi-
derabile intento che entrainbi, ne sono sicuro, cordialmente e since-
ramente desideriamo. lo so che entrambi vogliamo il vantaggio e la
prosperita del popolo filippino, e, se e naturale che vi siano diffe-
renze di omnioni circa il modo di conseguire cosi grande risultato, il
comune desiderio da parte nostra ci deve dare grande speranza che
possa esser raggiunta una conclusione soddisfacente per amecdue e
che appaghi il comune proposito. »
La Santa Sede sempre sollecita del bene spirituale delle anime,
dopo avere studiato con aocurato esame la nuova condizione di cose
sorta dal cambiamento politico avvenuto nelle Filippine al cessare
della dominazione spagnuola, si e data premura di introdurre nell'or-
ganizzazione e disciplina della Chiesa di quell 'arcipelago le modifica-
zioni che da quelle circostanze erano imposte. A tale scopo il S. Pa-
<lre pubblico una Bolla Quae mari sinico in data del 17 settembre e
che solamente ora dopo 1'arrivo del delegate alia sua residenza vien
pubblieata, per ragioni che ognuno comprende.
La bolla stabilisce che oltre le precedent! diocesi di Cebua, Cace-
res, Nuova Segovia e laro sotto 1'Arcivescovato di Manila, si costi-
tuiscano le diocesi di Lipa, di Tuguegarao, di Capiz e di Zamboanga,
oltre una prefettura apostolica nelle isole Mariane direttamente sog-
getta alia Santa Sede; tutto cid per agevolare 1'amministrazione eccle-
siastica in quelle vastissime region!. Yien insignita del titolo di
pontificia Universita la Scuola Domenicana di Manila, con tutti i di-
ritti e privilegi di simili Istituti. Raccomanda i Seminar!, la disci-
plina ecclesiastica, la unione scambievole, la pace e riverenza verso
le autorita. Finisce assicurando che, quantunque disgiunti dalPoceano,
quelle isole saranno sempre protette dall'amore e dalla cura della
Sede Apostolica.
Quanto siam venuti esponendo fin qua e il risultato delle tratta-
tive seguite qui in Roma 1'anno scorso tra la S. Sede e gli inviati
degli Stati Uniti. Legga ora chi ha tempo e voglia, quanto seppe in-
ventare la malafede del giornalume massonico di quei giorni sbizzar-
rendosi a spese dell' autorita pontifioia e delle pretese rotture diplo-
matiche, e mille altre fiabe ridicole. Sempre le stesse arti che tornano
pero a confusione di chi le adopera, se fossero capaci di vergogna.
104 CRONACA
3. L' Osservatore Romano del 20 dicembre pubblicava quanta
segue :
« Da circa tre -anni il barone De Hertling, membro del Centre nel
Parlamento tedesco e professore nell' Universita di Monaco, trattava
con la Santa Sede nella qualita di Delegate del Governo imperials
di Germania intorno alia proposta di erigere una Facolta di teologia
cattolica nell' Universita imperiale di Strasburgo. Queste trattative
sono ora state coronate da esito soddisfacente e nei passati giorni
1'Emo signor Cardinale Segretario di Stato di Sua Santita, e Sua Eccel-
lenza il signor Ministro Plenipotenziario di Prussia presso la Santa
Sede hanno confermato mediante lo scambio contemporaneo di appo-
site Note, 1'accordo intervenuto fra la Santa Sede ed il prelodato De-
legato imperiale.
cTale accordo e^del^tenore seguente:
« II sottoscritto Cardinal Mariano Eampolla, Segretario di Stato di
S. S. per la parte della Santa Sede : e il signor barone Giorgio de
Eertling ciambellano di S/. M. il re di Baviera, membro del Parla-
mento dell' Impero germanico, Senatore del regno di Baviera, membro
dell'Accademia reale bavarese per le scienze, professore all' Univer-
sita di Monaco, delegato da parte del Governo imperiale tedesco, hanno-
convenuto i seguenti articoli:
€ I. L'istruzione scientifica ai giovani chierici della diocesi di Stra-
sburgo sara data da una facolta di teologia cattolica che sara eretta
nell'Universita Strasburgese. Nello stesso tempo, il Seminario mag-
giore Yescovile continuera a impartire 1'educazione pratica ai detti
chierici che vi riceveranno I'insegnamento necessario in tutte le ma-
terie che spettano all'esercizio delle funzioni sacerdotali.
«II. La detta facolta comprendera specialmente le cattedre: di pro-
pedeutica teologica alia filosofia: la teologia dommatica : la teologia
morale: 1'apologetica : la storia ecclesiastica : 1'esegesi dell'antico Te-
stamento: quella del nuovo Testamento: il diritto canonico: la teo-
logia pastorale: e 1'archeologia sacra.
« III. La nomina dei professori sara fatta previo accordo col Vescovo*
Prima di entrare in carica i professori dovranno fare la professions
di fede nelle mani del decano, giusta le forme e le regole della Chiesa.
« IV. Le relazioni tra la facolta e i suoi membri da un lato, e la
Chiesa e le Autorita ecclesiastiche dall'altro, sono determinate dagli
stessi regolamenti fissati per le facolta di Bonn e di Breslavia.
« V. Se TAutorita ecclesiastica potra provare che uno dei professori
deve essere considerate come incapace di continuare il magistero sia
per difetto d'ortodossia, sia per colpe gravi contro ai doveri della vita
e della condotta ecclesiastica, il Governo dovra provvedere senza ri-
tardo a^sostituirne un altro e prendera le disposizioni necessarie a far
CONTEMPORANEA 105
•<cessare la partecipazione del detto professore agli affari appartenenti
& quella Facolta. > M. card. KAMPOLLA — Bar. G. DE HERTLING.
Facciamo notare ai nostri lettori 1' importante disposizione conte-
nuta nell'art. Y. Essa basta per rispondere alle insinuazioni di certi
giornali, come Yltalie, che ban preteso vedere nella concessione fatta
al Governo germanico uno smacco della diplomazia pontificia, quando
-si deve riconoscere piuttosto una sua vittoria, nell'aver ottenuto che
un governo protestante riconosca la necessita della giurisdizione cat-
tolica per la sicurezza dell' insegnamento.
4. L'otto dicembre scorso, ai piedi della Yergineimmacolata tornava,
nuovo figliuol prodigo, supplicando da Dio riconciliazione e perdono,
un uomo che aveva attristato ]a Chiesa e trascinato nel fango il suo
santo sacerdozio.
E noi che con dolore abbiam dovuto registrare a suo tempo gli scan-
dali dell'ex canonico di S. Pietro, che rinnegava la sua fede per farsi
Tecchio-cattolico, la sera del 14 settembre 1881 nel tempio^di piazza
Poli, ed andava a menar trionfo de' suoi errori nell' Inghilterra; tan to
piu volentieri vogliam conservare oggi la inemoria di un nobile pen-
timento che onora 1'animo di chi lo prova, e ancora piu la religione
<3he lo sa ispirare.
II sacerdote conte Enrico di Campello s'era gia da qualche tempo
spontaneamente presentato al Santo Ufflzio chiedendo di essere]riam-
messo nel seno della Chiesa cattolica, ed aveva con pronto animo ac-
cettato di ritirarsi nel collegio Pio-latino-americano, per passar ivi un
intiero mese nel silenzio di spirituali esercizi. La mattina del giorno
fissato, Monsignor Adami arcivescovo di Cesarea^nel Ponto, delegate
espressamente a riceverne 1'abiura, ne compieva la solenne funzione
alle 8 d/2 all'altare maggiore della Cappella di quel Collegio, dedicate
appunto all' Immacolata Concezione. Yestitosi Monsignor arcivescovo
in abiti pontificali, dinnanzi a lui inginocchiato il Campello, alia pre-
senza di tutta la comunita, stendendo la destra sui Santi Yangeli,
lesse tra molte lacrinae e singhiozzi la formula prescritta. Quindi Mon-
signore, recitato cogli astanti il Miserere e le altre preci del rituale,
pronunzio sopra di lui 1'assoluzione da tutte le censure incorse. Fu
allora cantato un solenne Te Deum, dopo il quale il Campello fu am-
messo alia Mensaeucaristica, non essendogli ancor permesso, malgrado
le sue calde istanze, di celebrare la Santa Messa.
La funzione fu di vera edificazione e di consolazionepnsieme a tutti
quelli che vi assistevano. Nello stesso giorno il Conte^Campello si af-
fretto di scrivere una lettera a S. E. ii Cardinal Yaughan, nella quale
dopo avergli partecipata la notizia della abiura fatta la mattina stessa,
cosi prosegae : « La felicita che provo in questo momento, nelfquale
mi veggo ritornato qual figliuol prodigo alia vera Chiesa di Gresii
106 CRONACA
Cristo, non sarebbe completa se non ne mettessi a parte 1' Eminenza.
Yostra Reverendissima e per suo mezzo tutti i cattolici inglesi, i quali
tanto scandalizzai con la mia infelice apostasia.
« Mentre adempio questo grato dovere non trovo parole sufficient!
per riprovare la mia passata condotta e per esprimerle quanto pro-
fmdo sia il mio dolore per avere rattristato tutti i fedeli d'lnghil-
terra e specialmente 1'Eminenza Vostra Revma e il suo degnissimo
antecessore il Cardinale Manning, quando con la mia presenza in
Londra portavo quasi in trionfo la mia infamia, ossia la mia apostasia.
« Iddio benedetto, che per un tratto specialissimo di sua mise-
ricordiatmi tocco il cuore e mi ricondusse alia male abbandonata sua
Chiesa, facendomi ora gustare la pace della coscienza, mi dia grazia ,
di ricondurgli col mio esempio quelle anime che con T infausta opera
mia avevo traviate dal retto sentiero, di che provo ora inconsolabile
rimorso.
« Sono sicuro che 1'Eminenza Yostra Reverendissima ad imita-
zione del misericordioso Signore vorra perdonarmi i gravissimi disgusti
che gia Le arrecai, e spero eziandio che questo mio sincere ritorno
all'unica vera Chiesa del Salvatore sia per muovere ad abbracciare
la verita quei distinti personaggi della Chiesa anglicana che io co-
nobbi e che con la mia triste condotta confermai in quell 'errore, nel
quale erano nati e dal quale sarebbero forse usciti in gram del vir-
tuoso lor vivere come avvenne al Newman, al Faber, al Manning e
a parecchi altri non pochi.
« Sard immensamente grato alia Eminenza Yostra se vorra renders
di pubblica ragione i sensi sincerissimi che qui Le esprimo ; cosi nel
dolore soinmo che provo del mio traviamento, avro alineno il conforto
di aver fatto quanto nella mia pochezza potevo, affinche non man-
casse la maggiore riparazione possibile dove gia per mio accecamento
sovrabbondo lo scandalo.
« Col cuore riboccante di gioia per vedermi riconciliato con Dio
e con la sua Chiesa, Le bacio la sacra Porpora e con la piu profonda.
venerazione ho 1'onore di professarmi
« DelP Eminenza Yostra Revma
« Roma, dal Collegio Pio-Latino- Americano, 8 di dicembre 1902.,
« Devotissimo Servo in Gesu Cristo
« Rev. D. C. ENRICO DI CAMPELLO. >
CONTEMPORANEA 107
II.
COSE ITALIANS
2. Camera dei deputati. Presentazione della petizione contro la leg-go del
divorzio. — 2. Voto della Commissione contrario alia stessa legge. —
3. II catecbismo al Consiglio Comunale di Milano. — 4. Morte del-
1'avv. Cappellini a Genova.
1. Dopo la precedente nostra relazione intorno ai lavori della Camera
-dei deputati, varie proposte sono state discusse di minor importanza,
dinanzi a una radunanza spesso ben poco numerosa : alcune leggi in-
torno ai ruoli organici del Ministero d'Agricoltura e del Tesoro, una
sopra il concorso dello Stato nelle opere di condottura delle acque
potabili, un'altra per 1'approvazione delle spese di guerra nella Cina
e simili, che noi crediamo poter passare sotto silenzio. Maggior atten-
zione risveglio il disegno di legge in favore del porto di Genova, co-
stituendo un consorzio autonomo per la durata di 80 anni, nella cui
composizione potessero, oltre i rappresentanti dello Stato e delle pro-
vince interressate, prender parte anche due operai di cui uno apparte-
nente ai caravana del porto stesso : col sussidio di un 1,500,000 lire
dallo Stato, e il diritto d'imporre speciali tasse portuarie per 1'ese-
cuzione di un piano di lavori, atto allo sviluppo del commercio di quel
primo tra i porti italiani. La legge, benchd non contenti pienamente
i genovesi, fu accettata come un primo passo, utile a miglioramenti
-desiderati, specialmente in vista dell'aumento di movimento commer-
oiale che portera 1'apertura del Sempione. Un ultimo articolo aggiunto
da facolta al Governo di estendere con decreto reale lo stesso privi-
legio ad altri porti della penisola.
Un'altra proposta di legge sugli spiriti, mise in lotta il ministro
Carcano con una potente fazione della Camera, che insisteva per ot-
tenere dal ministro un maggior abbuono per gli spiriti cavati dal vino
o dalle vinacce, che soli possono servire a bevanda, lasciando invece
gravare quelli cavati da altre materie e che servono all'industria. E
si convenne poi di un abbuono del 25 per cento od anche piu per
il vino in casi particolari, da indicarsi per decreto reale.
Tra il nugolo di interrogazioni piu o meno inconcludenti di cui
furono tempestati i Ministri nelle tornate de' giorni scorsi, una ne
vogliamo notare non senza importanza, e fu quella dell'on. Cirmeni
al ministro Prinetti, intorno alia possibile denuncia dei trattati di
commercio coll'Austria-Ungheria. II Ministro risponde non aver avuto
nessuna comunicazione ne ufficiale ne ufficiosa. Egli crede che i trat-
tati non saranno sostanzialmente mutati, perche in fondo sono van-
iaggiosi all'Austria-Ungheria stessa piu che a ntfi. Solo in legname e
108 CRONACA
cavalli 1'Ungheria manda in Italia per 60 milioni alFanno. Se quelle
regioni gridano contro la clausola favorevole ai vini italiani, e da pre-
vedere che sara facile nondimeno trovare una via di larga ed equa
compensazione. In ogni caso, la commissione istituita presso il Mini-
stero d'Agricoltura, ha tutti gli elementi necessarii per sottoporre
all'esame del Parlamento nuove trattative, secondo le circostanze.
Mentre alia Camera dei Deputati si svolgono molto spesso in mezzo
alia generale disattenzione tutte queste discussioni, un altro pensiero
preoccupa 1'animo della nazione e lo tiene sospeso : ed e la questione
che si prepara del divorzio. Se volessimo ricordare anche qui solo
quello che ci tocca come debito di cronaca, dell'universale movimento-
eccitatosi contro quell'impopolare proposta ripugnante al buon senso
del popolo italiano, non ci basterebbe lo spazio : tante sono le confe-
renze, le proteste, le preghiere indette nelle diverse diocesi, le ra-
dunanze d'ogni sorta, promosse dai cattolici specialmente per mezzo
dell' Opera dei congressi.
Un plebiscite del popolo italiano e stato raccolto in una sottoscri-
zione diffwsa in mezzo a tutti gli ordini di cittadini, e conta piu di
tre milioni e mezzo di firme divise in 177 volumi di 100 fogli cia-
scuno ; piu quattordici volumi di firme di donne italiane. A ciascun
volume e premessa la copia della petizicne colla quale si domanda che
«l'istituto del divorzio non sia introdotto nella legislazione italiana ».
Tutti quei volumi furon presentati alia Segreteria della Camera il
10 dicembre, dal cav. Augusto Persichetti presidente del Comitato ro-
mano, dal comm. Alliata segretario e dal cav. Grossi Gondi, accom-
pagnati dall'on. Bianchini.
Un epilogo parziale delle firme raccolte da la seguente divisions
per province: Milano 606,071 — Torino 115.230— Bergamo 113,718
— Brescia 111,912 — Yicenza 91,566 — Padova 86,272 — Novara
63.154 — Tortona 54,917 — Reggio Emilia 38,742 — Yerona 38,376 —
Lodi 35,972 — Parma 34,380 — Lucca 34,806 — Udine 32,383 —
Genova 30,643 — Catania 30,643 — Casal Monferrato 30,017 — Mes-
sina 27.677 — Como 23,659 — Ivrea 26,799 — Yigevano 21,246 —
Pisa 15,268 ecc. Alia Commissione parlamentare del divorzio, oltra
la petizione generale, earanno, speriamo, consegnate tutte le proteste
del L'episcopato delle varie regioni, tutti gli ordini del giorno tele-
grafati alia Presidenza della Camera dai diversi Comitati e quelli
presentati ai varii deputati nonche ai Ministri Zanardelli e Cocco-Ortu.
Questa gravissima manifestazione del pensiero nazionale dovrebbe-
bastare per coloro che dei pensiero nazionale devono essere appunto
gli interpret!; e merita certamente il rispetto di chi ha fior di senno.
non dell'on. Socci e suoi compagni, che nella tornata del giorno
5 dicembre, quando Ton. Bianchini, letta la petizione, presento le
CONTEMPORANEA 109
firme alia Camera, ricevettero la comunicazione tra le urla piu sconce
e il Socci levando la voce gridava: « Sono tre milioni d'idioti: per
1'onore del mio paese non credo all'autenticita di quelle firme. » Alle
quali viilanie sorgeva vivissima protesta d'indignazione dalla destra :
c Bel rispetto alia volonta del paese : non siete che settarii » , ed a
stento si otteneva la calma sufficiente a proseguire la seduta.
2. Quest! erano i prodromi alia Camera. Finora pero le cose non
risposero alle speranze del socii divorzisti. Gia fin dalla prima nomina
della Commissione incaricata di studiare il disegno di legge, dei nove
uffici cinque elessero rappresentanti avversi al divorzio, gli altri
quattro favorevoli : il che serviva di buon pronostico. La commis-
sione radunatasi piu volte, veniva a votazione il martedi 16 scorso
e con cinque voti contro tre (uno assente), respingeva il primo articolo
del disegno di legge che e 1'articolo fondamentale. Naturalmente
respinto il primo sulla istituzione del divorzio, era inutile passare alia
discussione degli altri che ne regolano gli effetti : e la Commissioue
rimetteva le tornate per la seconda parte della legge, che riguarda la
ricerca della paternita, alia fine di gennaio.
Non sappiamo a qual partito si voglia appigliare il Ministero, o
meglio il suo Presidente, dopo questo smacco. Certo non pare sia
disposto a portarlo in pace, e prepara la lotta. Tocca ai cattolici di
vegliare e di proseguire piu alacremente che mai in ogni maniera
di proteste, mantenendo viva e generale 1'opposizione.
3. Con animo profondamente addolorato tutti i buoni avevano veduta
la guerra fatta nel Consiglio comunale di Milano contro 1'istruzione reli-
giosa nelle scuole elementari municipali. Nella seduta del 26 no vein -
bre, il consigliere Confalonieri, uno de' piu arrabbiati anticlerical!
della maggioranza, aveva propugnato il vecchio pretesto che la legge
Casati sopra 1'insegnamento religioso cattolico nelle scuole e stata
abrogata dalla disposizione della legge 1877 : e che i regolamenti del-
1' 85 e dell' 89 non possono aver forza coutro di questa. A rinfranco
della quale sentenza il collega Chiesa, volendo fare sfoggio di erudi-
zione storica, aveva citato il nome di certo « senatore Achille Mauri
di parte moderata e credente » come sostenitore del non potersi le-
galmente obbligare i Comuni a introdurre 1' insegnamento religioso
nelle scuole. Ma il consigliere Canetta gli fece no tare che prendeva
un granciporro e non si trattava di Achille Mauri ma di Mauro Macchi
senatore bensi, ma ne moderate, ne credente : e il Chiesa non aveva
colpa perche ripeteva quelPerrore stesso, che il relatore De Cristoforis
aveva anch'egli copiato nella sua relazione da aitri, i quali avevano spro-
positato prima di lui. E rimproverando alia maggioranza di coprire
coll' ipocrisia di meschini pretesti legali 1' intendimento antireligioso,
dimostrava come la legge del 1877 disponendo le materie d'insegna-
110 CRONACA
mento obbligatorio, non ha abrogate la legge Casati quanto all'inse-
gnamento religiose , che i Municipii restan sempre obbligati di far
impartire a quelli che ne fanno richiesta : ed avendo anche quest'anno
grandissimo numero di famiglie fatto quella richiesta, il Consiglio
non pud e non deve che inchinarsi alia volonta dei padri di famiglia.
Tale del resto essere la decisione data gia ripetute volte dal Consiglio di
Stato: tale il parere sostemito dagli autori competent! nella materia.
Dopo parecchie sfuriate anticlerical! di varii socii, come del Chiesa
repubblicano che tirava in ballo il clero e il confessionale, e special-
mente del Premoli che gridava doversi dare aria pura alle scuole —
e per il frammassone milanese dar aria pura vuol dire abolire 1'in-
segnamento religioso ! — un ordine del giorno cosi proposto : « il Con-
siglio, su confer me deliberazione della Griunta, ritiene non competere
al Comune Tobbligo legale d' impartire 1'insegnamento religioso » era
appro vato con 44 voti favorevoli e 11 contrari e I'opera settaria era
riuscita.
Ma non si lasciarono cosi facilmente sopraffare i cattolici milanesi,
i quali forti del loro diritto, si agitarono, prepararono proteste contro
la tirannica disposizione del 26 novembre e le presentarono al Pre-
fetto Alfazio. II quale con decreto in data 12 dicembre, ricordando
appunto le considerazioni gia esposte dal Canetta e da altri in Con-
siglio, citando le risposte gia date dal Consiglio di Stato al Comune
di Genova, e il regolamento scolastico del 1895, annulla la disposi-
zione del Consiglio Comunale, ed incarica il sindaco di provvedere.
4. 1 giornali genovesi abbrunati a gran lutto, ci annunziano la dolo-
rosa perdita che Geneva ha fatto nella morte deH'avvocato Yincenzo
Cappellini, avvenuta cola il 13 corr. per fiera polmonite che lo rapi
a 61 anni, vegeto di forze e nel pieno fiore della sua mente.
Ebbe la benedizione del S. Padre, accompagnata da parole di pa-
terna benevolenza. Quando gii fu recato il Santo Viatico, appena vide
il Sacerdote entrare nella sua stanza, si levo vivamente a sedere sul
letto, e poi a chiara voce pronuncio le seguenti parole : « Domando
perdono a Dio dei miei peccati e domando perdono a coloro che posso
aver offeso. Dichiaro che muoio nella religione cattolica, apostolica,
romana : e raccomando a tutti, e specialmente a mio figlio, di vivere
fedele alia Chiesa, alia Patria, al Papa. »
Raramente avviene di vedere un uomo seguito nella morte da
compianto piu sincere e piu unanime di tutti gli ordini di persone,
d'ogni parte e d'ogni condizione : tanta era la simpatia e la stima
che il defunto aveva guadagnata colla nobilta della sua intelligenza,
colla bonta e gentilezza del cuore, colla rettitudine della sua condotta,
colla operosita per il bene pubblico, e collo schietto sentimento cri-
stiano. Era nato in Finalborgo il 12 settembre 1841. Educate dai
CONTEMPORANEA 111
Padri Scolopi aveva brillato fin da giovanetto pel suo fervido ingegno :
e laureates! a Pisa, divenne presto uno dei primi, dei piu valorosi
avvocati del Foro genovese. Era da quasi vent'anni consigliere comu-
nale e provinciale, e nella lotta amministrativa possedeva doti piu
uniche che rare. Apparteneva alia Societa di S. Yincenzo de' Paoli
da molti anni, ed era esattissimo alle radunanze ed alle visite dei
poverelli, non ostante la molteplicita delle sue gravi occupazioni. Spesso
la mattina lo si vedeva nella Chiesa di S. Matteo, e mancando il
servente alia Messa, volentieri ne compiva Pufficio. II Card. Alimonda
10 amava conie figliuolo e ne era venerato profondamente.
II Cappellini presiedeva 1' Unione genovese., cioe il Comitato elet-
torale permanente : stava pure a capo del Comitato ligure dell'Asso-
ciazione nazionale per soccorrere i Missionarii, e non solo era 1'anima
di quest'Opera in Geneva, ma portava a Milano, a Torino, a Firenze
11 suo zelo di apostolo. Nel 1892 fu presidente della riuscitissima
Mostra delle Missioni cattoliche all'Esposizione Colombiana e il re,
di proprio moto, lo decoro della croce di ufficiale dei SS. Maurizio
e Lazzaro; non ebbe altre decorazioni. Era adesso uno dei quattro
rappresentanti dell'Italia nella Compagnia del lura-Sempione, e come
tale aveva rivolto appello ai genovesi che si preparassero a festeggiare
1'apertura del nuovo valico alpino. Ed in mezzo a questa sempre cre-
scente sua influente operosita, la morte lo colse. Ai suoi funerali
assistevano Monsigaor Arcivescovo, il Prefetto, il Sindaco, tutto il
Consiglio e la maggior parte delle autorita militari, giudiziarie ed
amministrative.
Nel suo testamento egli aveva disposto cosi : « La mia iscrizione
sara questa ; da un lato : Vincenzo Cappelini, nato a Finalborgo il
12 settembre 1841, morto a... Dall'altro: La religione, la famiglia, la
patria congiunse in un solo amore. Pregate per quest 'anima che ha
sperato e creduto » .
II resto sta scritto nel libro di Dio e nel cuore della sua Genova.
m.
COSE STRANIERE
(Notizie Generali). 1. VENEZUELA. Cagioni del conflitto colla Germania, col-
ringhilterra, coll'Italia e altre nazioni. Principio delle ostilita. — 2.
SVIZZERA. Elezioni del nuovo Presidente. — 3. INGHILTERRA. L'Jfduca-
tion-lill. Proroga del Parlamento. Morte deH'Arcivescovo anglicano di
Canterbury. — 4. MECKLEMBURGO. Nuove liberta concesse ai Cattolici.
1. (VENEZUELA.) II Venezuela e pur troppo travagliato da quel male
che rode e dissangua altri Stati deH'America del centro e del mezzodi,
cioe le lotte fratricide e la poca stabilita di governo : donde consegue
112 CRONAOA
facilmente la mancanza di sufficiente protezione agli stranieri nelle rela-
zioni internazionali. Quest! stranieri per lo piu cominercianti e operai
italiani, spagnaoli, inglesi, francesi, tedeschi, ebbero a soffrire danni
piu o meno gravi dagli ultimi rivolgimenti del 1898, che ancora non
sono bene coinposti. Le diverse nazioni dovettero presentare domande
per rifacimento de' danni de'loro soggetti, ma in generale dai diversi
governi europei si pazientava, ben sapendo che le finanze del Vene-
zuela, esauste daila guerra intestina di tre anni, non potrebbero per
il momento soddisfare. Non cosi lo intese la Germania, la quale, non
contenta del modo con cui erano stati apprezzati i danni del suoi na-
zionali e meno ancora della pretensione del governo venezuelano di
pagare in carta, cioe titoli senza valore di un prestito rivoluzionario,
presento in via diplomatica la sua querela, domandando pagamento di
1,700,000 franchi — e al rifiuto opposto dal Venezuela, mosse alle armi.
In quel frattempo anche 1'Inghilterra aveva avuto cagione d'offese
colla repubblica americana. II Venezuela infatti si era lamentato che
il governo inglese avesse lasciato partire dal porto di Londra la nave
Libertador con armi e soldati in aiuto ai ribelli, e per rappresaglia
fece danno a navi inglesi e agli inglesi proprietarii di una delle fer-
rovie venezuelane. Cosi si trovarono le due potenze europee unite
nella stessa causa contro quella piccola repubblica : piccola diciamo
non pero per territorio, che misura 572,000 chilometri quadrati, quanto
due volte 1' Italia : ma con soli due milioni e mezzo d' abitanti ; in
un suolo ricco di ogni vegetazione, con zuccaro, caffe, cacao ; con
mini ere di pietre preziose che attirano gli stranieri, a cui pero il
clima e in varie parti micidiale. II Venezuela ha un piccolo esercito
di forse 8000 uomini ; ma in casi di guerra nazionale, ogni uomo cola
d soldato ed il presidente Castro ha gia dato ordini per radunar gente da
ogni banda. Ne mancherebbero all' Inghilterra e alia Germania gravi
difficolta se dovessero impegnare una lotta in quei paesi, non solo
pel clima, come gia dicevamo, spesso mortale ; e la febbre gialla che
v'infierisce, e i miasmi delle paludi che 1' infestano : ma anche per
le difficolta del terreno montagnoso in gran parte, e molto adatto alle
guerriglie in cui quelle genti sono espertissimi e pur troppo avvezzi
per le loro discordie.
L'opinione pubblica europea critico 1'azione della Germania e del-
1'Inghilterra come uno scatto di impazienza poco ponderato e perico-
loso per le conseguenze a cui potrebbero trovarsi trascinate. E ben
vero che 1'una e 1'altra cercarono attenuare 1' importanza del fatto
dichiarando per mezzo de' loro ambasciatori a Washington che non
intende^ano nessuna occupazione stabile di territorio americano, ma
solo assiourare i diritti dei loro nazionali.
L' 8 dicembre fu presentato un ultimatum. Le ostilita comincia-
CONTEMPORANE A 113
rono colla cattura e distruzione della piccola flotta venezuelana per
parte delle navi inglese e tedesche. II personale delle legazioni in-
glese e tedesca abbandono la capitale Caracas per recarsi al porto
della Guayra e imbarcarsi sulle navi rispettive. Gli inglesi e tedeschi
rimasti nel paese furono lasciati sotto la protezione degli Stati Uniti :
alcuni di loro fatti segno alPira popolare, imprigionati, furon poi
rimessi in liberta per opera sopratutto del Bowen ministro di quegli
Stati. Fu intimato il blocco di guerra per tutte le coste venezuelane
dal giorno 20 dicembre : si e annunciate dai giornali il bombardamento
di Porto Cabello, dove sarebbe stata issata la bandiera inglese : si parla
pure di intervento degli Stati Uniti, i quali accetterebbero 1'ufficio di
arbitri fra i guerreggianti ; ma pare che serie difficolta si frappongono.
Intanto anche 1'Italia ha creduto bene gettare la sua pietra ad-
dosso al malcapitato Yenezuela, forse con poco accorgimento politico.
Anche gl' italiani cola hanno interessi, e il Governo aveva presen-
tato per loro la domanda di una indennita di lire 2,800,000. La re-
pubblica rifiuto di volersene occupare nella presente circostanza ; e
allora, rotte le relazioni diplomat! che, la legazione abbandono Cara-
cas, e furono abbassati gli stemmi dei consolati italiani. L'incrociatore
italiano Bausan si uni alle navi anglo-tedesche dinnanzi alia Guayra.
Yedendo la mala parata e temendo che le altre nazioni sfruttino le
finanze di quella repubblica con danno degli interessi proprii, anche
la Francia, la Spagna, il Belgio, 1'Olanda si mossero per far valere
le loro ragioni ai pagamenti gia domandati.
Vedremo come si potra sbrogliare una cosi aggrovigliata matassa.
2. (SVIZZERA). A nuovo presidente della Confederazione Svizzera,
le Camere del Parlamento elvetico riunite in assemblea federale, eles-
sero in questi ultimi giorni, con un solo scrutinio, il signor Adolfo
Deucher, gia vice-presidente della Confederazione stessa.
Cosi a un cattolico e conservatore succede un radicale democra-
tico. II dottor Adolfo Deucher nacque nel 1831 nel villaggio di Steckborn
in Turgovia sulle rive del Reno a pochi chilometri dal lago di Co-
stanza. Addottoratosi in medicina, 1'esercito per quasi venti anni nel
paese natale, dove si creo presto una cosi larga popolarita da entrare
giovanissimo nel Gran Consiglio e poscia nel Governo del suo Can-
tone che presiedette a piu riprese.
Deputato in pari tempo al Consiglio Nazionale, vi si sognalo per
attivita e facondia, cosi da raccogliere fin dal 1883 quasi tutti i suf-
fragi del Parlamento per entrare a parte del potere esecutivo svizzero
che presiedette tre anni dopo, e nel quale resse sempre con parti-
colare abilita e competenza il dicastero deil'agricoltura e dell'industria,
imprimendo ad entrambi quegli importantissimi rami della pubblica
vita un importante ed efQcace incremento.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1261. 8 26 dicembre 1902.
114 CRONACA
3. (LSTGHILTERRA). Giovedi 18 si chiuse la sessione del Parlamento
inglese, dopo 1'approvazione definitiva del bill sopra 1'educazione, con
varie modificazioni di cui trattera, ne siamo sicuri, il nostro solerte
corrispondente d'Inghilterra. II parlamento e prorogate al 17 febbraio-
del prossimo anno. II dott. Temple arcivescovo protestante di Can-
terbury e morto il 23 corr. alPeta di 81 anni.
4. (MECKLEMBURGO) . Nei Granducati del Mecklemburgo-Schwerin
e Mecklemburgo Strelitz gli « Stati » cioe la Camera dei rappresen-
tanti delle citfca, hanno votato 1'abolizione delle gravi restrizioni che esi-
stevano ancora contro ii culto cattolico, e 1'ammissione di esso al pub-
blico esercizio. Le congregazioni e le confraternite cattoliche saranno
autorizzate da decreto speciale degli Stati. La Camera della nobilta
ha indirizzato una simile petizione al Granduca.
1RLANDA (Nostra Corrispondenza,). 1. II Bill dell'Educazione in Inghilterra.
— 2. Inazione dei deputati irlandesi. — 3. II miovo campione cattolico,
signer Healy. — 4. Effetti del Bill — 5. II nuovo Lord Luogotenente
d'Irlanda e la sua politica. — 6. Morte di due grandi prelati irlandesi,
gli Arcivescovi di Cashel e di Tuam.
1. L'opinione cattolica in Irlanda, e in questo momento, profon-
damente agitata dall'attitudine dei membri irlandesi del Parlamento
rispetto al Bill dell'educazione discusso a Westminster e che tocca
in modo cosi vitale gl' interessi e 1'educazione religiosa dei cattolici
in Inghilterra. Quando si pensa che la piu grande maggioranza dei
bambini cattolici che frequentano le scuole in Inghilterra sono o ir-
landesi ovvero figliuoli di genitori irlandesi, esiliati dal proprio paese,
si capira facilmente quanto profonda sia Tagitazione cagionata da que-
sto sentimento. II presente Governo conservatore d' Inghilterra favo-
risce 1'educazione religiosa, ma e fortemente ed aspramente combat-
tuto dai radicali e dal partito non conformista, il cui rancore non e tanto
diretto contro i cattolici quanto contro i membri della Chiesa stabi-
lita o protestante. Nei primi giorni del corrente anno venne presen-
tato innanzi al Parlamento un provvedimento, molto complicate nelle
sue particolarita, e che aveva per iscopo di proteggere I'msegnamento
religiose nelle scuole. In uno degli stadii piu critici di questo provve-
dimento, il Cardinale Yaughan diresse un appello premuroso ai rap-
presentanti irlandesi, chiedendo loro di fare ogni sforzo per difenderlo
e di fare tutto cio che era in loro potere per migliorarlo ovvero cor-
reggerlo, ed in questo modo proteggere gli interessi cattolici che vi
si trovavano impegnati. Bgli rammento loro che i piu dei ragazzi cat-
tolici che frequentano le scuole inglesi ed i cui interessi sono in pe-
ricolo, erano vincolati a loro non solo dai legami della fede, ma anche
da quelli del sangue e della stirpe.
CONTEMPORANE A 115
2. I Yescovi d'Irlanda adottarono la lettera del Cardinale annun-
aiando ai rnembri del Parlamento che questo era un caso d'onore, che
i Yescovi consideravano la lettera del Cardinale Yaughan come se
fosse stata diretta da loro stessi e li consigliarono ad assumere quella
politica del partito verso il Bill, che sarebbe stata d'accordo coll'ap-
pello energico e commovente del Cardinale Yaughan. Essi natural-
mente credettero che la loro opinione sarebbe accolta favorevolmente
da parte dei deputati irlandesi, i quali assisterebbero alle riunioni di
Westminster per appoggiare il felice esito di questa grave questione.
L'intero paese fu veramente maravigliato quando seppe che non
solo I'appello del Cardinale Yaughan era rimasto senza appoggio, ma
che anche quello dei Yescovi irlandesi era stato trattato similmente.
E quest' ultimo fatto ha colpito profondamente i cuori cattolici irlan-
desi. Esso dimostra chiaramente, che nelle file delle nostre rappre-
sentanze parlamentari predorninano elementi veramente poco desidera-
bili, e che tutti quelli che hanno a cuore gF interessi della loro fede
<e del loro paese, dovrebbero adoperarsi per mettervi riparo.
Fu sin ora creduto che il sig. Eedmond possedesse le confidenze
dei due partiti, quello laico e quello clericale della vita pubblica
d'Irlanda. Questa supposizione per6 d'ora innanzi non pud piu am-
mettersi. Egli si provo a spiegare ed a giustificare Tassenza del Par-
tito dal Parlamento, esponendo il fatto che la loro autorita non
avrebbe avuto nessun effetto, che il Governo possedeva una maggio-
ranza autorevole ed imponente, e che egli non considerava necessaria
la presenza dei membri iiiandesi a Westminster durante il progresso
della questione del Bill per I'Educazione. II Cardinale Logue e PAr-
civescovo Walsh sono affatto opposti al Redmond su questo punto.
Sua Eminenza e tanto compreso del periodo critico che il Bill sta
ora passando che nell'interesse spirituale dei suoi figli ordino in tutte
le Chiese pubbliche preghiere perche il pericolo sempre minacciante
sia stornato, poiche il Bill nella sua forma attuale e pieno di pericoli
per la religione.
3. Da cio tuttavia non conseguita che in Parlamento non vi sia
stato chi si levasse a difendere gl'interessi cattolici. Alcuni membri del-
1'Alta Chiesa, in ci6 non accecati da opinioni politiche, hanno di-
feso a spada tratta i diritti della Gerarchia cattolica. Fra gl' irlan-
desi difensori del Bill, emerge primo fra tutti il sig. Healy, uno dei
piu bravi e segnalati uomini politici d'Irlanda. Egli e un avvocato
di vasta e sicura scienza, un ora tore a niuno secondo per forza
« fecondita di eloquenza, un uomo <ij. Stato di viste ampie e pro-
fonde, e per giunta un cattolico divoto e praticante. Egli & sempre
pronto a levare la sua voce in favore anche dell'ultimo dei suoi con-
nazionali, ed anche nell'occasione del Bill egli non manco a sd me-
116 CRONACA
desimo e fece nobilmente il suo dovere. Nonostante il voto contrario
dei suoi amici, egli grido neir aula di Westminster : « lo protesto
che se col votare contro il Bill, potessi ottenere pel mio paese YHome
Rule, non vorrei, neppure per la liberta del mio paese, sacrificare
1'anima del piu umile fra i fanciulli irlandesi. » Questa magnifica
protesta fu ricevuta E ell' Aula dei Comuni fra gli applausi di tuttu
4. II Bill, quale venne redatto in origine dal Governo, mirava a
sollevare dalle loro enormi spese le cosi dette scuole volontarie, met-
tendole alia pari colle scuole secolari governative, che sono fabbri-
cate e mantenute a spese delle Municipality. I poveri cattolici do-
ve ttero fin qui sostenere le spese delle loro scuole, e di piu, pagando
le tasse, anche quelle delle scuole rivali. La difficolta vera del Bill
si trova nella direzione delle scuole stesse. I non conformist! propo-
sero e fecero approvare una clausola che sottoponeva 1'istruzione re-
ligiosa alia sorveglianza di quattro membri della Chiesa, alia quale
la scuola apparteneva ed a quella di altri quattro membri della Mu-
nicipalita locale. Questo provvedimento e un disastro per le scuole/
cattoliche inglesi, perche in Inghilterra i cattolici sono una piccola
minoranza e inoltre 1'elemento laico avrebbe una certa influenza sul-
P insegnamento religiose. Nelle scuole protestanti il fastidio non &
grande, perche i protestanti, non che avversare, anzi desiderano 1'in^
fluenzaj laica nell'educazione anche religiosa1.
5. Lord Dudley, nuovo luogotenente governatore d'Irlanda, ha co-
minciato bene il suo Governo. Ha girato egli stesso pel paese, met-
tendosi in contatto con ogni sorta di gente, per poter studiare e giu^
dicare da se. Cosi facendo, mise da parte il vecchio sistema de' suoi
antecessori, di vedere cioe ogni cosa con gli occhi delle classi do-
minanti, come al tempo quando i protestanti avevano un predorninio,
assoluto. I discorsi del nobile Lord sono allo stesso tempo degni di
un uomo di stato e lasciano a sperar bene. Senza dubbio egli ha di-
chiarato la sua determinazione di sostenere la legge, nonostante il
fatto che spesso la legge inglese e una vera ingiustizia contro il po-
polo irlandese. Da cio non segue pero che egli voglia opporsi ai no-
stri sforzi tendenti a rimediare ai mali attuali e a fare annullare leggi
inique e cattive. Le leggi civili ordinarie sono il risultato degli
sforzi umani per sciogliere il problema della vita sociale. Pero non
hanno carattere cosi sacrosanto che non si possano fare e poi disfare. II
dovere del Yicere e solo quello di curare 1'esecuzione delle leggi, Ad
ogni modo siamo lieti di vedere che il nuovo Yicere e inclinato a,
credere che 1' Irlanda e una nazjone che ha diritti e caratteri proprii,.
naturalmente distinti da quelli della Gran Bretagna e del resto del-
1 Delia decisions finale riguardante il Bill, fu detto sopra nelle Notizi*
generate. N. d. D.
CONTEMPORANEA 117
F Impero. Non si deve dimenticare mai che il re d' Inghilterra non e
re d'Irlanda perche re d' Inghilterra, ma solo in virtu della san-
zione che il parlamento irlandese gli concesse gia liberamente un ie-
colo fa. Per6 non e tradimento il cercare di mutare le relazioni che
ora passano fra 1' Inghilterra e 1' Irlanda, e bisogna pur dire che
Edoardo VII non vedrebbe mal volentieri che anche il nostro paese
avesse un governo autonomo. E assai nota la gentilezza del re e il
suo amore per gPIrlandesi. II nuovo Governatore Lord Dudley ha
fatto anch'egli in questa parte quanto poteva. La sua politica si fonda
infine sull' Home Rule, e questo ottenuto, 1' Irlanda potrebbe cospirare
all'unissono colle altre parti dell' Impero. Speriamo che egli abbia forza
di carattere e buona volonta per continuare nella via incominciata. Egli
capisce che bisognerebbe lasciare che 1' Irlanda si sviluppasse secondo
le tradizioni della sua storia, carattere e religione. Cotal sua politica
tiene in ansiosa aspettativa gli uomini politici e ci aspettiamo di
giorno in giorno nuove cose.
5. Nello stesso centre dell' intolleranza protestante, nel settentrione
della Irlanda, Lord Dudley ebbe il coraggio di fare appello a tutte le
classi perche volessero aiutare il governo a farla finita una volta per
sempre colla questione agraria, il vero campo di battaglia fra cattolici e
protestanti, ricchi e poveri. Fin qui tutte le leggi furono sempre in
favore dei proprietarii o della classe dominante, i quali per lo piu sono
protestanti e stranieri, ma ora sembra che sia venuto il tempo dei
poveri fittaiuoli. II filo dei discorsi del Governatore tende a dimo-
strare che egli voglia far tenere una conferenza fra i rappresentanti
delle parti contrarie. Le persone piu intelligent del paese la favori-
scono e ne sperano bene. Ella non e in se stessa gran cosa, ma dara
agio ai due partiti contrarii di vedersi, d'intendersi e di venire ad
un accomodamento. E si deve confessare che Lord Dudley dal mo-
mento che giunse fra noi, ha fatto assaissimo per condurci a questo
accordo desiderabile.
6. La Chiesa irlandese fu altamente commossa quando alcuni mesi
fa, si disse che il Dr Croke, arcivescovo di Cashel, era morto. Noi
non vedremo piu la sua grande e maschia figura. Quella sua voce
forte e ardita sara per sempre silenziosa. La Chiesa irlandese ha per-
du to in lui uno dei suoi piu degni e devoti vescovi, e la patria uno
dei suoi figli piu grandi. II Dr Croke era sopratutto un ecclesiastico,
ma la sua gigantesca figura risplendette bellamente anche nel grande
movimento patriottico che e specialmente nazionale.
Egli fu la grande forza morale dietro la lega agraria (Land league)^
la quale egli credeva essere insieme religiosa ed economica, e pero si
credette in diritto, quale vescovo e quale patriota, di farla causa sua
propria. Egli considero quel movimento come un grande sforzo a fine
118 CRONACA
di sollevare il popolo irlandese dall' immenso fardello di poverta e mi-
serie alle quali la persecuzione e il mal governo di tanti anni 1'ave-
vano ridotto. Senza la cooperazione del Clero, capitanata dall'Arcive-
scovo di Cashel e dal Dr Duggan, vescovo di Clonfert, il movimento
earebbe stato impossible. Era necessaria una buona dose di coraggio
da parte dei due prelati per ingolfarsi in una questione che era allo
stesso tempo difficile e pericolosa.
La provincia occidentale del Connaught ha perduto anch'essa il
suo Primate nella persona dell'Arcivescovo Mgr Evilly di Tuam, morto
pieno di anni e di meriti, e circondato dall'affetto e dalla riverenza
delle sue pecorelle. Egli fu il degno successore di colui che fu chia-
mato il grande Arcivescovo dell' 0 vest d'Irlanda, il leone della tribii
di Giuda, 1'amico e la guida di 0' Connell. Dall'anno 1825 in poi, per
un periodo di 72 anni, due soli prelati si sono seduti sulla sede di
Tuam. Tre anni prima dell'emancipazione cattolica nel 1825, il Dr Gio-
vanni Mac Hale fu consacrato Arcivescovo di Tuam, e consegui la
piena giurisdizione nel 1834. Egli celebro il giubileo d'oro della sua
<5onsecrazione episcopale nel 1875 e mori nel 1881, occupando la sede
di S. Farlath pel lungo periodo di 57 anni. II defunto Arcivescovo,
Dr Mac Evelly, fu consecrate Yescovo di Gahvay nel 1857, coadiutore
dell 'Arei vescovo di Tuam nel 1878, e finalmente succedette all' Arci-
vescovo Mac Hale nel 1881, occupando quella sede per lo spazio di
21 anni. Egli mori a 86 anni. Come vescovo e patriota il caro de-
funto compi la parte di lavoro assegnatagli, ed ora e pervenuto al-
Peterno riposo, fra le lagrime del popolo ed il profondo rispetto della
Nazione irlandese.
INDIA (Nostra Corrispondenza). 1. II disastro di Mangapatnam. — 2. La
partenza dall'Inghilterra e I'arrivo in India del Maharajah del Jaipur.
1. La posta europea che parti va, mi fece, 1'ultima volta, interrom-
pere la mia corrispondenza. Maado ora il resto, il quale credo inte-
ressera vivamente i lettori della Civiltd. La prima notizia che devo
aggiungere e sciaguratamente dolorosa. Si tratta del terribile infor-
tunio di Mangapatnam.
Nella notte del 12 settembre p. p. sulla strada ferrata da Ma-
dras a Bombay, presso alia stazione di Mangapatnam a 205 miglia
da quella citta accadde una delle piu terribili sventure che ricordi
la storia ferroviaria dell' India. La notte era oscura, tempestosa. La
pioggia cadeva a torrenti e le fitte tenebre erano solo rotte di tanto
in tanto dal sinistro chiarore dei lampi e della folgore. A poca distanza
dalla stazione il veloce treno si slancid sopra il ponte di un torrente,
gonfio allora dalle pioggie torrenziali. Ma il ponte, forse una mezz'ora
prima, era stato travolto dalla corrente vorticosa, e il treno precipitd
CONTEMPOR ANE A 1 1 9
nelle onde. L'immensa sciagura avvenne in un istante. La guardia
del treno che si trovava nell' ultimo vagone riusci a frenare alcuni
carrozzoni che restarono sospesi sull'orlo delPabisso, ma tutti gli altri,
dietro la macehina, precipitarono nel fiume e si accavallarono gli
uni sugli altri in niodo spaventoso.
Chi fu presente al pietoso caso protesto che non era possibile ima-
ginarsi una cosa piu dolorosa e piu terribile. Fra lo scoppio dei tuoni
del cielo inturiato si udivano le grida e gli urli dei pochi salvi, i
gemiti dei feriti e dei morenti. E con tutto cio, non prima dell'alba,
dopo tre lunghe ore cioe, fu possibile apprestare agli sventurati soc-
corso di sorta alcuna. Molti rimasero morti sul colpo, o schiacciati
fra i carrozzoni, ovvero annegati e trascinati a grande distanza dalla
corrente. Fino a questo momento si sono ricuperati 55 cadaveri, disci
dei quali europei o meticci, e gli altri d' indigeni. I feriti non sono
piu di una ventina che in apposite treno furono trasportati a Madras,
gli altri, quelli cioe che nelle carrozze di terza classe si trovavano
in coda al treno, merce 1'azione pronta del frenatore, la Dio merce,
si poterono salvare.
Fra i viaggiatori del treno sfortunato vi era tutta una comitiva
cattolica che andava a Bombay per imbarcarsi sul vapore Domenico
Balduino della Navigazione generale per far vela verso 1' Italia. Erano
Mgr. Bernard, arcivescovo di Yerapoli, Mgr. Benziger vescovo coau-
diutore di Quilon, i Padri Angelo, Bernardo, Leone e Giuseppe, tutti
come i due vescovi appartenenti all'ordine Carmelitano, la Rev. Madre
Teresa, superiora del Convento di Ernaculam, la sorella earn ale di lei,
Suora Griuseppina, religiosa dello stesso convento e due minatori ita-
liani che dalle miniere d'oro del Mysore ritornavano in Italia. Questi
due ultimi viaggiavano in terza classe.
I due Yescovi, i quattro Padri e le due Sucre dormicchiavano nelle
loro carrozze quando accadde il terribile accidente. La carrozza dove
erano le Suore precipito come tutte le altre nel torrente e le due po-
verine rimasero morte, una sotto la carrozza, 1'altra forse ferita so-
lamente, fu trascinata lontano dalla corrente che la travolse ed an-
nego miseramente. Anche la carrozza dove i due Yescovi dormivano-
cadde nel fiume, il pavimento si divise in due parti, 1'acqua irruppe
dentro furiosamente e i due Yescovi storditi e contusi, ma rimasti
incolumi nella caduta, vennero alia lor volta trascinati dalla corrente
alia distanza di tre miglia, dove finalmente poterono prender terra
rimanendo per tutto il resto della notte esposti alia pioggia rovi-
nosa e all' infuriare della tempesta. II padre Leone cadendo nel fiume
ebbe una gamba contusa ed imprigionata sotto alcune tavole della car-
rozza eintanto 1'acqua del torrente che gligiungeva al collo spumeggiava
intorno alui, di tanto in tanto coprendolointeramente. Quando apparvero
120 CRONACA
i primi chiarori dell 'alba uno del minatori Italian! , un certo Luigi Corsi,
corse a salvarlo. Gli altri Padri ebbero piu o meno la sorte del due Ve-
scovi ed uscirono salvi dall' immane disastro. E qui va data una ben
meritata lode ai due minatori italiani, i quali, salvi essi stessi merce la
prontezza del frenatore nell'arrestare una parte del treno sull'orlo del
precipizio, non posero tempo in mezzo ad aiutare i compagni piii sven-
turati ed a loro si deve la salvezza di molti.
La incolumilita dei prelati e dei sacerdoti cattolici fu poco meno
che miracolosa. Da ogni parte vennero loro telegrafate congratulazioni,
primo fra tutti nel compire il nobile ufficio lo stesso Yicere Lord
Curzon. I due Yescovi e i Padri perderono quanto possedevano, e
1'Arcivescovo di Yerapoli fra le altre cose perdette alcuni documenti
preziosi dell'antica Chiesa siriaca che portava seco a Eoma. Dei viag-
giatori cattolici solo le due povere Suore rimasero vittime e i loro
corpi furono religiosamente sepolti vicino al luogo del disastro. Degli
altri morti, tranne i macchinisti e due soldati inglesi, tutti europei,
i piu erano indu pagani, fra i quali due intiere famiglie che nelle
acque o sotto le rovine delle carrozze trovarono a un tempo una
morte miseranda. II giorno dopo dalle stazioni vicine accorsero nu-
merosi impiegati ferroviarii, europei ed indigeni e misero tosto mano
al salvataggio. II penoso lavoro duro quattro interi giorni, e, non
ostante tutta la loro buona volonta, gran parte degli oggetti appar-
tenenti ai viaggiatori andd perduta. I sacchi della posta per 1'India
e per 1'Europa, impregnati d'acqua, furono tolti di sotto alle rovine,
e ripartirono pel loro destine. I cadaveri dei defunti vennero sep-
pelliti o bruciati, i feriti furono condotti a Madras e con cio la triste
tragedia ebbe fine. Possa la terribile sventura del 12 settembre in-
durre le autorita ferroviarie a fare osservare con maggiore diligenza
le prudentissime regole, fatte gla in occasione di un altro simile di-
sastro, che ordinano al tempo del monsone di tenere un occhio vigi-
lante sulla linea ferroviaria e sui ponti dei torrenti e dei fiumi.
2. Da una cosa triste passiamo ad una piti lieta.
Fra i molti principi indiani che onorarono colla loro presenza la
incpronazione di Re Edoardo VII, il piu segnalato fu il nobile Maha-
ragiah del Jaipur, Stato semindipendente della Rajputana. Descrissi
gia a suo tempo le cerimonie ch'egli uso prima di lasciare 1'India.
Ecco come si compi il suo ritorno.
L'astrologo del Re avendo interrogate e resi propizii i pianeti, si
ebbe da loro per risposta che il viaggio di ritorno sarebbe felicissimo,
ove Sua Maesta lasciasse Londra per imbarcarsi a Dover il 21 ago-
sto. Or avvenne che il Raja, proprio quel giorno, fosse impedito, e
1'astrologo sciolse il problema, persuadendo il suo padrone a mandar
un altro a Dover che tenesse le sue veci. II Raja parti realmente il
CONTEMPORANE A 121
giorno dopo. Egli portava con se 30 tonnellate di bagaglio, nel quale,
fra altre infinite cose, si comprendevano fucili, carabine, giuocattoli
da bambini, macchine da cmcire, una culla portatile, biciclette, una
macchinetta ferroviaria da salone, lanterne magiche, camere fotogra-
fiche e cose simili. La parte piu sacra del bagaglio perd conteneva
il dio particolare del Raja, gli utensili liturgici per il sacrifizio e il
resto dell'acqua del Gange che egli aveva portato con se dall'India.
I facchini europei poterono a loro piacere maneggiare il bagaglio or-
dinario, ma i colli che contenevano gli dei e le altre cose sacre fu -
rono messi a bordo dai sacerdoti bramini che accompagnavano i) Raja,
ordinati in solenne processione e salmodiando gli inni della loro re-
ligione.
II Raja arrivo a bordo il 22 in mezzo a 150 persone del suo se-
guito, tutte vestite degli abiti loro proprii e carichi di magBifici gio-
ielli orientali. Una folia immensa assisteva dalla riva alia partenza
del vapore, la « Duchessa di York » , noleggiato dal Raja, solo per se
e pel suo seguito. Quando il battello mosse la prora verso la bocca
del porto, la folia acclamo entusiasticamente il Re orientale, il quale
non finiva colla sua gente di profondarsi in riverenze e salaams
al popolo inglese, del quale e amico e suddito fortunate. II Raja
gusto assai i tre mesi da lui passati in Inghilterra, e ha lasciato
presso tutti un dolce ricordo di se. Arrivato a Bombay, venne rice-
vuto dalle autorita inglesi con tutti gli onori dovuti al suo grado, e
con tutte le cerimonie religiose proprie della religione braminica della
quale il nobile Raja e fervente seguace.
AUSTRALIA (Nostra Corrispondenza) . 1. L'emigrazione dall' Austral! a nel-
1'Africa del Sud. — 2. L'immigrazione nell'Australia. — 3. Questioni
militari.
1. Nonostante il regolamento inglese che proibisce d'emigrare nel-
1'Africa del Sud, salvo che Pemigrante non possegga la somma di
100 lire sterline, molte persone (ognuna delle quali possiede una
somma approssimativa alle 100 lire) lasciano 1'Australia per recarsi
a Cape Town, di modo che la corrente dell'emigrazione lungi dal di-
minuire diventa ogni giorno piu potente.
Relazioni poco favorevoli furono inviate a Melbourne ed a Sydney
dall' Africa del Sud, rispetto alle difficolta incontrate dagli emigranti;
pero queste non ebbero per effetto di frenare le suddette emigra-
zioni. E bensi vero che gli onorarii nell' Africa del Sud sono assai
elevati, pero e difficile il procurarsi lavoro e le spese del vittosono
superiori a quelle dell'Australia. Le richieste di lavoro, eseguito ge-
neralmente dai bianchi, sono limitate e su cento individui nuova-
mente arrivati sono ben pochi quelli che possono ottenere un impiego
122 CRONACA
conveniente. L'agente commerciale di una delle principal! case del-
1' Africa del Sud, pubblicd ultimamente il seguente articolo che di-
mostra quanto arrischiato e seonsiderato sia il modo d'agire dimolte
persone nel volere andare nella colonia del Capo o nel Transvaal.
Ecco come egli s'esprime: « lo non desidero negare le future spe-
ranze dell'Africa del Sud; voglio soltanto insistere sul fatto che in
questo momeato e una vera pazzia da parte delle nostre popolazioni
il precipitarsi ed accorrere tutti cola, specialmente nelle condizioni
presenti. Le notizie che mi giungono stabiliscono che gli emigrati
arrivano cola in tal numero che e proprio impossible trovare per
tutti impieghi o lavoro di qualsiasi genere. Dobbiamo aggiungere a
questa insuperabile difficolta il fatto che la vita nell'Africa del Sud
e molto eostosa, e secondo il dire della mia gente, sembra come se
molti si affollassero cola per morir di fame. Essi aggiungono inoltre
-che le risorse del paese sono state di molto esagerate, e che bisogneranno
due anni prima che tutti gli affari riprendano il loro corso normale. »
Una delle cause di questo movirnento degli Australian! emigrant!
verso 1'Africa del Sud, pu6 trovarsi nella terribile siccita della quale
soffre 1'Australia e che cagiona un'immensa distruzione, sempre piu
crescente, di montoni e di pecore pel valoredi diversi milioni di lire
sterline. I ricchi possidenti possono sopportare queste perdite, ma
quelli che la Provvidenza non ha provvisto di mezzi abbondanti tro-
vano la lotta troppo ardua, e benche possano con pazienza ed ener-
gia continuare ancora il loro lavoro in Australia, soccombono in certo
modo alia tentazione dell'emigrazione. Diversi sistemi sono stati sug-
geriti per provvedere 1'Australia di acqua a fine di rendere abitabili
le regioni piu aride. Nello Stato settentrionale del Queensland ed
anche al trove furono scavati pozzi artesian! per mezzo di una perfo-
ratrice diamante. Nel solo Stato del Queensland vi sono 839 pozzi a
tubi, rappresentanti un to tale di quasi 100,000 piedi di foratura,
mentre il prodotto continuo di 315 di questi pozzi e di 321,653,629
gallon! inglesi ossia piu di un miliardo di litri al giorno. Per mezzo
di cotesti pozzi sono gia stati salvati pecore e montoni per un capi-
tale del valore di centinaia di migliaia di lire sterline, ed il bene-
fizio che se ne spera in futuro sara probabilmente anche maggiore.
•In questo modo i deposit! d'acqua sotterranei, condotti alia superfi-
cie, riusciranno piu profittevoli per 1'Australia di tutte le miniere
d'oro sin ora scoperte e possedute da essa. Speriamo anche che un
prossimo avvenire vedra i lavori d' irrigazione eseguiti sopra un ter-
ritorio esteso ed in connessione col flume Murray ed altri fiumi che
scorrono continuamente. La siccita alia quale 1'Australia va soggetta
e cagionata principalmente dalla poca altezza delle montagne austra-
liane e dalla natura assorbente del suolo.
CONTEMPORANEA
2. E un fatto proprio strano che in un paese esteso come 1'Au-
stralia nessuno sforzo venga fatto per incoraggiare 1' immigrazione
dail' Europa d'una classe di coloni veramente desiderabili. Ultima -
mente il corrispondente londinese d'un giornale di Melbourne di-
scusse questa questione e fece un interessante paragone riguardo agli
sforzi fatti dal Canada per attirare nei suoi dominii coloni europei.
« L' ultima votazione finanziaria del Canada per incoraggiare Pirn-
migrazione dal Regno Unito e dall' Europa nei Dominii, ammonta
a 89,000 lire sterline, delle quali non meno di 22,000 servirono a
pagare gli onorarii degli agenti locali inglesi e continentali. Quando
sara dunque che anche 1'Australia faccia uno sforzo organizzato per
attirare verso i suoi milioni di ettari trascurati alcuni di quei piccoli
capitalisti e di quei robusti e tarchiati giovani affittaiuoli che abban-
donano continuamente 1' Inghilterra, la Scozia, 1' Irlanda, la Germa-
nia, la Svezia, la Norvegia ed altri paesi per cercar fortuna al di la
dei mari e scelgono generalmente 1'ovest dell'Atlantico ? La provin-
cia del Queensland, il solo stato dell'Australia che in questi ultimi
anni abbia fatto sforzi sistematici per assicurarsi coloni del Hegno
Unito, presa d'un tratto da un accesso di economia fiDanziaria, sta
rinunziando alia sua impresa, per risparmiare circa 1200 lire ster-
line alPanno ! E la Federazione apparentemente giudica che questa
questioae pud essere differita indefinitamente. Perche rinviarla inde-
finitaoaente? Questo stato di cose deve sembrare strano e doloroso
agli Australian! assennati che vivono nei proprio paese e vedono che
la corrente dei migliori coloni del vecchio mondo passa vicino a loro
senza entrarvi ne soffermarsi.
« Con una spesa di 3500 o 4000 lire sterline alPanno, il Governs
della Confederazione potrebbe iniziare in modo limitato ma efficente
alcuni dei migliori fra i varii metodi e sistemi messi in opera dal
Canada per tener sempre presenti alle popolazioni del Regno Unito,.
specialmente a quelle rurali, le varie Industrie, le attrattive ed i
vantaggi che i Dominii offrono ai loro coloni. II Canada ha aumen-
tato di molto le sue spese per questa impresa, e si trova rimunerato.
Oltre all'attirare le popolazioni verso le sue terre aiuta il paese an-
che sotto il lato commerciale presentando sui mercati inglesi i varii
prodotti del Canada. I prodotti e le manifatture canadesi si distin-
guono in modo prominente e sono conosciuti da tutti, poiche figu-
rano per piu di 6 mesi ogni anno, nelle different! mostre d'agricol-
tura e di prodotti di manifatture del Regno Unito. Dobbiamo aggiun-
gere a tutto questo che vi sono anche esposizioni permanent! orga-
nizzate e disposte diligentemente che vengono rinnovate di tanto in
tan to in tutti i principal! centri provincial! inglesi. In ogni uffizio
postale del Regno Unito si espongono avvisi per rendere note le re-
124 CRONACA
gioni del Canada, come pure le colonne del giornali del paese recano
abbondanti relazioni sui Dominii del Canada ; e quando nei mesi d'in-
verno gli agenti del Governo canadese non possono occupare il loro
tempo in modo piu fruttuoso, viaggiano per tutto il paese, ognun di
loro nella provincia che gli venne assegnata, e la distribuiscono fo-
glietti volanti, fanno conferenze, si mettono a contatto cogli uomini
d'affari e cogli agenti marittimi, s'introducono nei clubs di affittaiuoli,
d'appaltatori, si nelle citt& come nei villaggi, ed in questo modo
fanno conoscere se ed il proprio paese. L'Australia non voile ritor-
nare all'antico sistema assai combattuto perche tendeva a popolare
di troppo il mercato del lavoro. Ma questo sistema non constituisce in
nessun modo la politica del Canada. II fatto che deve essere scolpito
nelle menti £ che esiste effettivamente negli Stati del Regno Unito
e di tutto il Continente un gran numero di persone, aventi mezzi
ristretti, ma dotate di esperienza e di pratica per 1'agricoltura, che
sono costrette ad emigrare per salvare dalla miseria la propria fami-
glia sempre crescente e che preferirebbero emigrare in una colonia
inglese piuttosto che negli Sfeati Uniti ovvero nell'Argentina. » Fin
qui il giornale di Melbourne.
3. II desiderio manifestato ultimamente dalla Gran Bretagna di
trascinare il Canada, 1'Australia e le altre Colonie britanniche nei
suo sistema militare e navale non fu accolto con benevolenza in Au-
stralia. II Governo imperiale spera ottenere un forte sussidio' dalle
Colonie, in aiuto della sua marina, e nella conferenza dei Primi Mi-
nistri delle Colonie britanniche che ebbe luogo a Londra, nelPocca-
sione dell' incoronazione del Re Eduardo, fu fatto un tentative a fine
di formare una milizia imperiale in riserva che doveva essere sotto-
messa al Ministero della Guerra, e pronta, in caso di bisogno, per il
servizio all'estero. Sir Wilfrid Laurier e Sir Edmund Barton si mo-
strarono affatto senza riguardi nei rifiutare schiettamente la proposta
di mantenere un esercito imperiale di difesa. Anzi noi ci arrischiamo
a dire che il Presidente della Confederazione australiana, ha soste-
nuto con verita il sentimento pubblico quando disse che gli Stati
australiani non sborserebbero denari per mantenere forze militari,
salvo solo il caso di bisogno di difesa locale, Le colonie non SOEO
punto disposte a confidare all' Inghilterra i loro denari. II modo in
cui la guerra del Sud Africa fu amministrata sotto il rispetto finan-
ziario cammina di pie pari colla strategia militare onde fu diretta e gui-
data nei primi periodi del combattimento. I generali sbagliarono ma-
lamente, ma il Ministero della guerra li sorpasso in ignoranza, poi-
che intraprese la guerra balordamente, e negli acquisti e trasporti
delle provvigioni i denari furono gettati a milioni dietro a mere scioc-
chezze, e questo perche il patrocinio inglese persiste a riempire i suol
CONTEMPORANEA 125
uffizi di pecoroni ben pagati, perche raccomandati da alte aatorita. Le
Colonie, benche leali e profondamente devote all'Impero, e sempre
pronte ad aiutarlo al minimo attacco, non vogliono dar retta ai si-
stemi e ai metodi del Ministero della Gruerra. Per questa ragione gli
uomini piu assennati della Confederazione rivolgono il loro pensiero
e la loro attenzione a provvedere 1' Australia d'una flotta, piuttosto
che aumentare i nostri sussidii per assicurare sempre piu la forza
marittima britannica. Noi siamo certi di spendere i nostri denari per
provvedere alia nostra propria difesa molto piu efficacemente e con
maggior vantaggio che non li possa spendere 1' Inghilterra per noi.
L'Australia ed il Canada rifiutano assolutamente, come disse Sir Wil-
frid Laurier alia Conferenza dei Primi Ministri delle Colonie britan-
niche « d'essere trascinati nel vortice del militarismo europeo ! »
Non e certo piacevole per gli Austrsliani di vedere forti somme di
tlenaro spese per pagare gli ufficiali e tutto il personale dei reggi-
menti inglesi qui proprio nell' Australia stessa. Essi preferirebbero di
molto che cotesti denari fossero spesi nell'armamento effettivo dei
tiri a segno locali e nell'addestramento d'una soldatesca cittadina.
Un certo movimento va propagandosi sempre piii in tutti gli Stati
della Confederazione australiana, per favorire un'economia eerapre piu
grande nell' intero organismo del Governo, e le elezioni generali che
ebbero luogo ultimamente nello Stato di Victoria hanno avuto per
esito la formazione d'un Ministero che si e impegnato ad introdurre
una profonda riforma nelle finanze di tutti i rami dei servizii civili
e nell'amministrazione delle ferrovie.
LETTERA
del Presidente Gensrale dell' Opera dei Congress! Cattolici
CONTRO IL DIYORZIO
« Tutti ricorderanno come in Italia, quando per opera di due de-
putati socialist!, Berenini e Borciani, si riaffaccio il pericolo, altre
volte felicemente scongiurato, che il nefasto istituto del divorzio fosse
imposto alia nostra nazione cattolica con una sanzione legale, scoppid
per tutta la penisola un coro unanime di proteste, quasi eco del sen-
timento generale delle coscienze italiane e grido d'allarme contro una
grave minaccia alia prosperita della patria.
« La relativa mitezza del progetto, suggerita forse ai proponent!
dalla necessita di non urtare di fronte la coscienza morale e religiosa
di tutto un popolo, non illuse alcuno, e si videro uomini di tutti i
partiti, eminenti per sapere e competenza nelle materie giuridiche,
sociali e politiche, trovarsi d'accordo nel rilevare la nessuna opportu-
126 LETTERA DEL PRES. GEN. DELI/OPERA DEI CONOR. CATT.
nita dell'istituto, anzi i danni immensi del quali sarebbe tristamente
fecondo.
« I Cattolici poi, dalla forza stessa delle loro convinzioni religiose
fatti i piu solleciti del vero bene del paese, mostrarono di avere la
loro piu lucida conoscenza del dovere, e sotto la guida della loro na-
turale rappresentante, 1'Opera del Congress!, iniziarono un'agitazione,
la quale rivelasse ai governanti, colPenormita del progetto, quale an-
cora fosse la vera volonta della nazione. Non si trascuro nessuno del
lati secondarii della questione, nessuno degli amnaaestramenti, che i
dati di fatto forniti dall'esperienza di quelle nazioni, che prima di noi
vollero fame la prova ed oggi ne subiscono le dolorose con3eguenzey
offrivano ; ma principal mente e innanzi tutto fu trattata la questione
di principio, ad arte trascurata dai pochi paladini del divorzio, ai
quali, conscii che il passo decisive sarebbe fatto e col tempo passe-
rebbe il resto, tornava conto fosse lasciata in seconda linea, ovvera
supposta gia in senso favorevole risolta.
€ Effetti di questa agitazione furono una piu luminosa evidenza
della santita e necessita del carattere indissolubile della fainiglia, tale
da escludere omai qualunque residue di buona fede negli avversarir
e una prova di piu che, se le leggi debbono corrispondere ai reali
bisogni dei popoli, ne mai, specialmente in quelli retti da un governo
rappresentativo, mettersi in contraddizione colle credenze, colle tra-
dizioni, coi costumi, colla loro giusta volonta, questa del divorzio non
dovrebbe neppure essere vagheggiata o consigliata in un semplice pro-
getto.Yalga a mostrarlo il numero immenso di firme in breve tempo
raccolte e riunite in piu volumi, sotto forma di petizione al Parla-
mento.
« Oio nonostante, oggi il pericolo risorge piu grave. Quello che era
soltanto il progetto di un partito, e non certo au tore vole, oggi diventa
progetto ministeriale, dopo che P iniziativa e stata assunta dallo stessa
G-overno. Noi non vogliamo qui discutere quali ragioni, vere o pre-
sunte, quali opportunita parlamentari, quali scopi, estranei certo alia
vita della nazione, abbiano indotto il Ministero a questa decisione.
Per noi la questione non viene mutata, resta in tutta la sua interezza
e gravita, quale era al tempo del progetto socialista, quale e ed e
sempre stata; rimane 1'offesa che si vuol fare alia nostra religione,
Pattentato alia pace famigliare, alia moralita del nostro popolo e con-
seguentemente la comproinessa nostra prosperita nazionale, legata es-
senzialmente ai due principi inseparabili della religione e della morale.
« Lungi quindi dal ritenerci paghi di cid che abbiamo fatto, la-
sciando sfruttare una quiete, calcolatamente attesa, quasiche la vo-
lonta nostra sia divenuta tutt'altra, o almeno si sia trasformata in
benevola a?pettativa, sentiamo oggi il nostro dovere divenuto piu
CONTRO 1L DIVORZIO 127
imperioso coll'aggravarsi stesso del pericolo. L'agitazione che, se non
disarmati, ha almeno per un poco, trattenuti sospesi i propugnatori
del divorzio, deve ora risorgere piii viva che mai, usando di tutti quei
mezzi che il nostro zelo c'inspira e la legge ci permette.
« Occorre impedire la confusione delle idee tanto opportuna a chi
ne ha una ben precisa da imporre per sorpresa ; far si ehe rifulgano
in tutta la loro luce le assolute ragioni dell'indissolubilita del matri-
monio, moltiplicando le conference e le periodiche trattazioni sui gior-
nali; del popolo cosi illuminate rendere pubblica e solenne la con
vinzione ed il volere, specialmente per mezzo di numerosi comizii, i
quali facciano concreta la loro affermazione in appositi ordini del
giorno; e queste convinzioni ed affermazioni trasmettere incessante-
mente alia Presidenza della Camera, affinche nessuna scusa, neppur
1'ombra del dubbio rimanga al legislatore, intorno al sentimento na-
sionaie, di cui dovrebbe essere il fedele interprete.
« Sopratutto, ricordandoci di essere cristiani, non trascuriamo d'in-
vocare sui nostri sforzi gli aiuti del Cielo, facendo a Dio colle fer-
venti preghiere una dolce violenza perche ai niali della patria nostra
non permetta se ne aggiunga un altro e gravissimo ; stringendoci con
spirito di fede ossequiosa ed ubbidiente intorno ai Pastori Spiritual!
« rispondendo concordi a quegl' inviti, che essi nella illuminata sol-
lecitudine per il bene si degneranno manifestarci. Ferrara 26 no-
veinbre 1902. 11 Presidents Generate G-ROSOLI. >
OPERE PERVENUTE ALL A DIRE ZI ONE £
Annuaire pour Van 1903 publie par le Bureau des Longitudes. Avec
des Notices scientifiques. Paris, Gauthier-Villars, 16°, VIII-808 p.
Bardenhewer O. Patrologia. Versione italiana sulla 2a ed. tedesca
-con aggiunte bibliografiche per il SAC. DOTT. PROF. ANGELO MERCATI.
Vol. I. Dalla fine del I all' inizio del IV secolo. Roma, Desclee, 1903,
8°, XVI-290 p. Vedi quanto si e detto dell'edizione originale. Civ. Catt.
XVI, 4 (1895) 324; XVII, 11 (1900) 591.
Battaglia E. Aurora Dimna. Con prefazione di T. NEDIANI. Firenze,
libr. ed. fiorentina, 1903, 16°, XII-200 p.
Biederlack G. S. I. La questions sociale. Versione del prof. MEL-
CHIADE VIVARI Stimatino. 2» ed. accresciuta e migliorata sulla 5a ed.
tedesca con un'appendice relativa alle condizioni sociali della donna.
Roma, Pustet, 1903, 8°, XII-260 p. Cfr. Civ. Catt. XVII, 2 (1898) 335 ;
7 (1899) 78.
Bonaccorsi G. M. S. C. dott. in Teol. U Natale. Appunti d'esegesi
e di storia. Roma, Libr. Desclee, Lefebvre e C. 1903, 8°, 166 p. L. 1,25.
Contemporains (Les) XXI*me Serie. Paris, Bonne Presse, 8° gr. Fr. 2.
Conti A. II Messia. Redentore vaticinato. Uomo del dolori. Re della
1 Non essendo possibile dar conto delle molte opere, che ci vengono inviate, eon quell*
.aollecitudine che si vorrebbe dagli egregi Autori e da noi, ne diamo Intanto un annunzio
sommario che non importa alcun giadizio, riserbandoci di ternary! sopra a seconda dell'op-
portunita e dello spazio concesso nel periodico.
128 OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
gloria. Con undid finissime riproduzioni di quadri classic!. Firenze, libr.
Salesiana, 1903, 16°, VIII- 184 p. L. 2.
Corridore F. Storia documentata della popolazione di Sardegna
(1479-1901) 2a ed. rifatta e accresciuta corredata di carte. Torino, Clau-
sen, 1902, 8°, 330 p. L. 6.
Decorsant L. Quis ut Deusf Paris, Retaux, 1902, 16°, VIII-336 p.
De Salviac Martial, O. M. C. Un peuple antique au pays de Me-
nelik. Les Galla (dits d'origine Gauloise) Grand Nation Africain. 2^me
ed. Paris, Oudin, VIII-854 p. Fr. 7,50.
Dictionnaire d' Archeologie chretienne et de Liturgie, publie par le
R. P. DOM FERNAND CABROL benedictin de Solesmes, prieur de Farnbo-
rough (Angleterre) avec le concours d'un grand nombre de Collabora-
teurs. Fasc. I. (A-Q. — Accusations contre les Chretiens}. Paris, edit. Letou-
zey et Ane, 1903, 8°, p. 1-287. Fr. 5 ciascun fascicolo.
Dufresne. Les cryptes vaticanes. Con due tavole fuori di testo. Rome>
Desclee, 1902, 8°, 128 p. L. 2,25.
Eusebio de la Asuncion Carm. Sc. Conveniencia de definir como
dogma de Fe la Asuncion de la Virgen. Barcelona, Giro, 1903, 16°. 128 p.
Male Emile. L' Art religieux du XIII siecle en France, etude sur
1' iconographie du moyen age et sur ses sources d' inspiration (Ouvrage
couronne par 1'Acad. d. Inscr. et Belles Lett-res). Nouvelle edit, illustr.
de 127 grav. Paris, A. Colin, 1902, 4°, 468 p. Fr. 20.
Margreth J. Das Gebetsleben Jesu Christi des Sohnes Gottes. Minister,.
Aschendorif, 1902, 8° XII-324 p. M. 6.
Merry del Val R. archbishop of Nicaea. The truth of Papal Claims \
A Reply to the validity of Papal Claims by F. NUTCOMBB OXENHAM D. D*
Engl. Chaplain in Rome. London, Sands, 1902, 16°, XVI -146 p.
Monumenta Ecclesiae Liturgica ediderunt et curaverunt FERDI-
NANDUS CABROL, HENRICUS LECLERCQ, monachi benedictini, Congr. Galli-
cae. I. Eelliquiae liturgicae vetustissimae ex SS. Patrum necnon Scriptorum
ecclesiast. monumentis selectae et publici juris factae. Series I.a ^46
Aevo Apostolico ad pacem Ecclesiae. Parisiis, Firmin Didot, 1900-1902, 4°,
CCXVI-272-204. Fr. 60.
Octavarium Romanum sive Octavae Festorum : Lectiones Secundi sci^
licet et Tertii Nocturni singulis diebus recitandae infra Octavas Sancto-
rum titularium, vel tutelarium ecclesiarum, aut Patronorum locorum a
S. R. C. ad usum totius orbis ecclesiarum approbatae. Editio secunda.
Accedit supplementum in quo Octavae novissimae inveniuntur. Ratisbo-
nae, Romae, Pustet, 1902, 16°, XX-492 p. Fr. 5. rileg. Fr. 6,75.
Savio C. F. Positivismo e Volonta. (Fede e Scienza 14). Roma, Pu-
stet, 1902, 16°, 84 p. Cfr. Civ. Gait. XVIII, 8 (1902) 605.
Table analytique et alphabetique des matieres continues dans la
« Vrai Jeanne d'Arc » du P. AYROLES. Liguge (Vienn'e), Saint-Martin,
8°, p. 637-740-XVI.
Taccone-Gallucci D. vescovo di Nicotera e Tropea. Regesti dei 2to-
mani Pontefici per le Chiese della Calabria, con annotazioni storiche*
Roma, Vaticana, 1902, 8°, XXII-496 p. L. 10.
Tadolini P. Breve guida delle Gallerie di pittura nel Palazzo Vati-
cano. Roma, Tata Giovanni, 1902, 16°, 68 p.
Vicini E. P. Ricerche sull' autore della Cronaca « Annales Veronenses
de Romana ». Modena, Vincenzi, 1902, 8°, 40 p.
UN DILEMMA POLITICO
A PROPOSITO DEL DIVORZIO
i.
L'agitazione, che si e manifestata da un capo all'altro
d'ltalia contro il malaugurato disegno di legge favorevole al
divorzio, 6 stata ed e cosl disciplinata nella forma e cosi ricisa,
universale e solenne per numero ed autorita di avversarii, che
parecchi tra gli stessi deputati ligi al Ministero ne sono rimasti
fortemente scossi, ed apertamente proclamano non essere loro
possibile il non tenerne conto nel voto che saranno chiamati
a dare, quali mandatarii e rappresentanti del popolo italiano.
Come tali infatti, ne essi ne altri loro colleghi possono, senza
tradire il proprio mandato politico e rendersene indegni, san-
cire cio che il popolo italiano, nella sua grandissima maggio-
ranza, apertamente ed altamente condanna.
Inoltre la splendida dimostrazione deH'opinione pubblica
fieramente avversa al divorzio, data non solo da tutti i cat-
tolici, ma eziandio da una tragrande moltitudine di uomini
d'ogni colore politico, d'ogni professione civile, d'ogni fede
ed anche di nessuna fede, ha messo il Governo italiano in
una non bella luce, facendolo apparire agli occhi del mondo
universo quasi fosse un Governo tirannico, incivile e politi-
camente stolto, il quale, sebbene si fondi sul principio che la
volonta nazionale e il fondamento del suo diritto costituzio-
nale, pure non segue la pubblica opinione che ne e 1'espres-
sione, ma la previene e, quel che e peggio, propone e vuole
sancite leggi, le quali con quella volonta sono in aperta con-
traddizione.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 9 7 gennaio 1903.
130 UN DILEMMA POLITICO
Stando cosi le cose, s'intende di leggeri rimpaccio, in
cui si trova Ton. Zanardelli, Presidente del Consiglio de' mi-
nistri, compromesso per lo sconsigliato annunzio die della legge
sul divorzio egli voile inserire nel discorso della Corona, e
molto piu per la inopportuna presentazione che di essa legge
egli stesso, col suo collega di grazia e giustizia, fece alia Ca-
mera de' deputati nella tornata del 26 dello scorso mese di
novembre.
A lui deve apparire chiaro quello ch'6 evidente anche ai
ciechi, vale a dire, che, se i deputati compiono virilmente il
loro dovere, seguendo quella che il Berenini, non senza ra-
gione, chiama la coscienza elettorale, la causa del divorzio,
da lui con tanto ardore difesa, corre certo pericolo di sotto-
stare a tale sconfitta che gli tolga persino il pensiero di ci-
mentarsi di nuovo neirarringo.
II.
Se non che lo spettro di questo pericolo eccita gli spiriti
bellicosi del Presidente del Consiglio. Egli e impegnato per-
sonalmente nella battaglia pel divorzio ed e deciso di vincerla
ad ogni costo, combattendo, per fas et per nefas, sino al-
T ultimo sangue.
Con questo intento, egli si sforza oggi, non solo di spo-
stare la questione, rappresentandola come una questione po-
litica in cui e compromessa « la dignita dello Stato »; ma
eziandio di togliere ogni valore airagitazione antidivorzista,
dichiarandola apocrifa, antigiuridica, clericals e per cio
stesso antipatriottica.
Tale 6 pure la parola d'ordine da lui data col medesimo
intento a' suoi amici di Montecitorio e volgarizzata, in modo
piu o meno ridicolo, da quei giornali, che, alimentati co' fondi
segreti, hanno la missione d' interpretarne il pensiero e di-
fenderne gli atti.
Ecco, ad esempio, come ne scriveva recentemente La Tri-
A PROPOSITO DEL DIVORZIO 131
buna: « La pretesa agitazione contro il divorzio e fatalmente
destinata a spegnersi per se, perche non resistente ad alcun
serio esame giuridico, e poi per una ragione estrinseca ma
inoppugnabile : che essa, per la medesima sua intemperanza,
ha mutato una questione sociale e di diritto in un dilemma
politico. Infatti, come si e posto ora il dibattito pel divorzio,
ogni risoluzione importa immancabilmente una di queste due
affermazioni : — 0 essere coll' Italia o essere pel Vaticano 4. »
Che 1'agitazione degl' italiani contro il divorzio non e
« apocrifa » o « pretesa », ma genuina e reale, La Tribima
sa benissimo, come lo sanno benissimo Ton. Zanardelli e
quanti sono in Italia uomini di senno, i quali non chiudono gli
occhi per non vedere. Essa costituisce un fatto notorio, pub-
blico, incontrastabile e quindi di natura sua « resistente a
qualsiasi esame giuridico » . Chi asserisce il contrario, men-
tisce e sa di mentire.
Ch'essa poi abbia « per la sua intemperanza » fatta del
divorzio una questione politica, e un'altra grossa e vergognosa
menzogna, che ricorda 1'accusa del leone della favola, il quale,
cercando un pretesto per divorare 1'agnello, attribui a lui il
male ch'egli stesso aveva compiuto.
in.
Nel resto la sleale tattica 6 ormai palese, e il puerile ten-
tativo di ridurre tutta 1'opposizione contro il divorzio ad una
questione politica e di clericalismo 6 stato denunziato da illu-
stri scrittori liberal! che citeremo piu innanzi, ed anche da
parecchi fogli anticlericali, i quali « non traggono 1'origine e
1'ufficio da patteggiamenti non confessati 2. »
Discorrendo appunto di questa tattica, Ton. deputato Sca-
lini osserva: a La parola d'ordine de' divorzisti e: I'agita-
1 Nel num. del 22 decembre 1902.
2 Cf. La Tribuna, ibid.
132 UN DILEMMA POLITICO
zione clericale ! Scesa dal Governo a'giornali, accolta com-
piacentemente dalle agenzie d'informazioni, ripetuta da mille
organi, questa sentenza deve essere inappellabile, e puo ser-
vire forse di comoda scusa a chi, sempre avendo al sommo
della bocca il popolo, non vorrebbe in questa questione la-
sciarlo giudice di cio che si attiene alia sua feiicita e alia
sua vita... Ma il tentative e altamente imprudente dal punto
di vista degli stessi divorzisti, dacchS puo essere presto sba-
ragliato da'fatti » *.
Anche il Pungolo di Napoli, pochi giorni or sono, scriveva :
« Noi non siamo clericali. Co' clericali non facciamo causa
comune. Codesta dichiarazione dovrebbe essere inutile; ma
purtroppo il Governo giuoca sull'equivoco, quando mira a
fare di tutti gli oppositori del divorzio un fascio e designarli
aH'opinione pubblica come congiurati per lo meno al ritorno
del potere temporale » 2.
Nella Perseveranza di Milano, giuntaci mentre scriviamo,
si legge un articolo importantissimo sul medesimo argo-
mento 3. Pur professandosi anticlericale ed ostile a quel che
chiama Vaticano regio, essa con frase vibrata censura la
Tribuna e tutti coloro, i quali, per fini settarii, vogliono fare
entrare il clericalismo nella soluzione di una questione mo-
rale, superiore ed estranea a tutti i partiti politic!.
Nel medesimo senso hanno scritto il Fanfulla, il Popolo
Romano, la Gazzetta di Parma il Giornale di Venezia, ed
altri.
IV.
Ma per poco che si procuri d'intendere il vero significato
del « dilemma politico » proposto dalla Tribuna, si scopre
subito, ch'esso non e altro ohe un volgare sofisma fondato
1 Nella sua Relazione sul disegno di legge Berenini-Borciaui, pubbli-
cata nella Rassegna Nazionale, Fasc. del 1° marzo 1902.
* Nel num. diel 18 decembre 1902.
3 Nel num. del 26 decembre 1902.
A PROPOSITO DEL DIVORZIO 133
sull'equivoco, ed una diceria senza capo n6 coda, la quale,
se riesce a qualche cosa, riesce ad un termine contrario alia
causa difesa da' divorzisti.
Per far toccar con mano a' nostri lettori la verita di questa
nostra censura, osserviamo anzitutto, che se 1'essere favo-
revole al divorzio significa essere con I' Italia e suo amico,
1'essere ostile al divorzio dovra necessariamente e logica-
mente significare essere contro V Italia e suo nemico. Se non
fosse cosi, il « dilemma politico » non sarebbe, come suol
xlirsi, cornuto, mancandogli 1'essenza stessa di dilemma, il
quale richiede che oltre i due membri dell' alter nativa non
ve ne abbia un terzo.
Cio posto, domandiamo : E egli vero, che chiunque 6 ostile
al divorzio e, pel fatto stesso, contrario all'Italia e suo nemico?
Lasciamo che risponda il buon senso, dopo pero d'aver
ponderato chi sieno in Italia gli oppositori del divorzio e il
perche della loro opposizione.
In primo luogo vengono i cattolici, i quali lo ripudiano,
perch6 lo reputano un abuso, non solo di natura sua im-
morale e antisociale, ma eziandio opposto alia loro fede reli-
giosa e dalla Chiesa, interprete del diritto divino, espres-
samente condannato. Ora e un fatto che i cattolici costitui-
scono la grande, anzi rimmensa maggioranza del popolo
italiano. Deplori chi vuole questo fatto; non percio esso cessera
di esser tale. II deplorarlo non togliera mai, come avverti il
gia ministro ed or a tuttavia deputato Salandra, « ch'esso sia
un fatto, il quale s'impone di buon grado o per forza a chiun-
que prende a studiare imparzaalmente le varie facce di un
problema, nella cui risoluzione sono interessati i costumi e
i sentimenti morali della nazione ] . »
Pretendera Ton. Zanardelli, e con lui La Tribuna, che
la grande maggioranza del nostro popolo debba dirsi ne-
mica della propria Patria, e debba cosi chiamarsi appunto
perche, osteggiando il divorzio, non ne vuole il male morale,
sociale e religiose?
1 11 divorzio in Italia. Koma 1882, pag. 107.
134 UN DILEMMA POLITICO
V.
Che se 1'opposizione e piii esplicita e risoluta dalla parte-
de' cattolici *, essa, come gia sopra accennamino, non e punto
ristretta, ne, per 1'indole stessa della questione, poteva restrin-
gersi alle loro file e a quelli che gii avversarii chiamano
clericali.
La questione del divorzio, giova ripeterlo, non e una que-
stione di clericalismo, ne una questione puramente religiosa
o dommatica. Essa e altresi etica e sociale, perch6 riguarda
la sostanza del matrimonio, il quale e anche un contratto-
naturale, base della famiglia e guarentigia fondanientale della
stessa esistenza della societa civile. Non occorre dunque
essere clericale o professare i dommi della Chiesa cattolicar
per eombattere la proposta legge sul divorzio. Basta essere
uoraini onesti e di pratico senno ; basta professare i principii
dell' etica naturale e civile.
Ecco perche gii oppositori del divorzio sono numerosissimir
anche tra i non cattolici e segnatamente tra quelli che poli-
ticamente sono ostili a' clericali, alia Chiesa e al Papato. Se
ne contano a centinaia tra i piu illustri e reputati patriotti
e campioni del liberalismo moderno, i quali, al dire del
gia citato on. Salandra, « sono disposti a difendere lo States
italiano con Toper a e con la vita contro le forze dissol-
venti che lo minacciano 2. » Essi s; incontrano nella stessa
Reggia, nel Senato, nella Camera, nel Consiglio di Stator
negli Ufficii e Dicasteri del Governo, neU'Esercito, nella Ma-
1 Delia loro petizione contro il divorzio, preseiitata alia presidenza
della Camera dall'on. Bianchini, deputato di Treviso, discorremmo nel
precedente quaderno (p. 108). Essa porta le firme di oltre tre milioni e
mezzo d'italiani, raccolte in 177 volumi di 100 fogli ciascuno.
? Atti Parlamentari. Camera de' deputati. Tornata del 22 marzo 1902r
pag. 446.
A PROPOS1TO DEL DIVORZIO 135
rina, ne' Consigli provincial! e comunali del Regno, nella
Magistratura, nel Foro, nelle pubbliche University 1.
Agli autori del « dilemma politico » gli avversari del di-
vorzio, detti percio « nemici dell' Italia », potrebbero, mu-
tatis mutandis, rivolgere le parole che Tertulliano 2 metteva
in bocca de' primi cristiani, reputati anch' essi da' perse-
cutor! della Chiesa, nemici della loro patria : Abbiamo invaso
tutto il regno; abbiamo riempito le citt£, le borgate, i mu-
nicipii, i fori, le university ; a voi lasciaino le sole sinagoghe
*e le logge de; settarii.
VI.
Gli oppositori del divorzio sono tutti uniti nel protestare
>contro il disegno di legge, che oggi trovasi dinanzi alia Ca-
mera de' deputati. Non tutti pero protestano per gli stessi
motivi. Alcuni protestano in nome della legge divina, altri
in nome della legge naturale ; questi protesta in nome della
famiglia, quegli in nome della societa ; 1'uno protesta in nome
del progresso e della civilta, 1'altro in nome degli effetti
;spaventosi e dei mali che purtroppo si lamentano ne' paesi
dove gia vige la facolta del divorzio, notantemente nel set-
tentrione d' Europa, nella Francia, negli Stati Uniti d'Ame-
rica, ove il divorzio e divenuto un flagello sociale, ogni giorno
piu funesto.
Ed 6 cosl che, nella presente agitazione contro il disegno
di legge sul divorzio, i cattolici, come opportunamente os-
serva il prof. Ballerini 3, si trovano d'accordo e in compagnia
•di uomini disparatissimi e appartenenti a tutti i partiti po-
1 Se ne veggano i particolari nel nostro opuscolo, La follia del di-
worzio, pp. 4-6.
* Apolog.j cap 37.
8 Nel suo pregiatissimo opuscolo, Matrimonio e Divorzio. Pavia 1902,
pag. 30.
136 UN DILEMMA POLITICO
litici ed a diverse ed opposte scuole. E prima di lui, il pro-
fessor Billia della R. University di Torino, aveva pure notato,.
che « quelli stessi ehe nella questione del divorzio ci biasi-
mano di essere d'accordo coi clericali, ci irridono perche in
altre question! siamo da essi avversati. D'altra parte la di-
fesa della famiglia e un interesse cosl elevato, un dovere cosl
imprescindibile che trascende la sfera di qualsiasi partito ; &
anziche adontarsi di essere in molti, e questa una ragione di
piu di rallegrarsi che la voce del sangue e della dignita.
umana accosti cittadini per altre ragioni divisi e li unisca
in un solo intento. Senzache il dar ragione a' clericali dove
Thanno non implica una dedizione incondizionata *. »
Anche il senatore prof. Gabba della R. University di Pisa,
ha ripetutamente messo in rilievo e dato il vero significato
di questo accordo. Inoltre egli, che e peritissimo nella storia
e letteratura del presente argomento, non esita punto nel-
I'asserire che : « Confrontando soltanto i nomi ed il numero
de' fautori e degli avversarii del divorzio, i lettori si accor-
geranno che questa riforma, in Italia specialmente, non ha
per s6 nessuno fra i migliori ingegni, nessuno fra i cultori
delle scienze giuridiche e sociali, veramente, cioe univer-
salmente, presi sul serio e in gran conto tenuti per dottrina,.
per senno e per altezza di vedute e di aspirazioni Nel
mondo protestante come nel cattolico, in quello positi vista
come in quello spiritualista, non vi ha oggi intelletto di piii
che media statura, il quale abbia fatto alleanza coi nostri
divorzisti, e ve ne hanno invece molti che apertamente la
ripudiarono 2. »
Povera Italia! Essa dunque conterebbe ben pochi amici
e questi ben poco fatti per darle credito, se, ammesso il
« dilemma politico », fosse vero che chiunque e ostile al di-
vorzio e contro T Italia e suo nemico.
1 Nell'opera giA, da noi altra volta raccomandata, Difendiamo la
famiglia. Saggio contro il Divorzio. Torino 1902, pag. 162.
9 11 Divorzio nella Legislazione italiana. 3a edizione, Torino 1891,.
pag. VII.
A PROPOS1TO DEL DIVORZIO 137
VII.
Ed in vero, gli « arnici d' Italia » sarebbero soltanto quei
pochi tra' giudei, i quali si arrabattono pel libellum repudii,
permesso loro da Mose, ad duritiem cordis *. Sarebbero inol-
tre i massoni e i socialist! 2, i quali professano, se occorre,
il libero amore, e la morale di Epicuro e de' Mormoni. Que-
sti, 6 bene ricordarlo, questi soli sono in Italia gli ardenti
fautori del divorzio; quelli che largamente ne profittereb-
ftero quando mai fosse sancito.
Che cosa essi vogliano ed a che tendano col promuovere
1' introduzione in Italia di un istituto, qual e il divorzio, ri-
pugnante a' sentimenti morali e religiosi ed a tutte le tra-
dizioni del nostro popolo, e cosa oramai da tutti risaputa e
•da noi detta e ridetta. Essi mirano con isforzi perseveranti
& tutto laicizzare, che val quanto dire a cancellare da tutto
F impronta cristiana; vogliono percio abbattere il principio
religioso, che fa argine alle loro teorie ; vogliono scuotere
nelle sue basi la famiglia, sacrificando alle piu vili passion!
ana delle piu vitali e onorevoli tradizioni della civilt& italiana.
Non & sincero amore di pubblica prosperitd o d' increments
oivili, che muove gli artefici di tali sciagure: cib die si
vuole e si cerca, e il crollo degli ordini cristiani e la ri-
costituzione degli Stati sidle basi del naturalismo pagano 3.
1 Su questo argomento si consult! il lavoro del prof. POLACCO, della
R. Universita di Padova, Sulla questions del divorzio e gli israeliti in
Italia. Padova, Drucker, 1894. II professore, sebbene israelita, e pure
antidivorzista dichiarato. Anch'egli rimprovera i fautori del divorzio,
« per molti de' quali 1'accusa di oscurantismo e di clericalismo al nostro
indirizzo puo dirsi a dirittura un luogo commie. (Contro il divorzio. L&>
zione. 2a ed. Padova. 1902, p. 11).
* Ne citammo i document! nel nostro Studio giaridico. 11 Divorzio
in Italia, pp. 6 e seg.
3 Cosi S. S. LEONE XIII nel recentissimo suo Discorso al Sacro Col-
iegio de' Cardinal!, da noi pubblicato nel precedente quaderno, pp. 100-101.
138 UN DILEMMA POLITICO
Quando pertanto, combattendo in favore del divorzio, co-
storo pretendono combattere per Tltalia contro il Vaticano,
e manifesto che non sono mossi a tale ostilita da alcun mo-
tivo politico ; ma puramente dair odio religioso. Essi ci6
fanno, non gia perche considerano il Vaticano come un po-
tere politico, si bene perche son convinti, ch'esso rappre-
senta ed e oggi nella moderna societa, il principio ed il ba-
luardo dell'ordine morale, sociale e religioso. N6 mancano
tra loro quelli che sono tanto accecati dal pregiudizio anti-
clericale, che a priori difendono quel che il Vaticano con-
danna, e condannano quel che il Vaticano approva. Mettiamo
pegno ancor noi, col gia lodato senator Gabba *, che se il
Vaticano facesse domani buon viso al divorzio, svanirebbe
dopo domani tutto Tentusiasmo di questi divorzisti.
Ad ogni modo, fosse il Vaticano anche solo a condannare
e combattere il divorzio, opererebbe da vero stolto chi si ri-
solvesse in favore del divorzio, vinto dal solo vano ed as-
surdo timore che, andando d'accordo, in questo punto, col
Vaticano, non starebbe con 1'Italia, ma sarebbe nemico della
propria Patria.
VIII.
La fallacia che vizia nella sua sostanza « il dilemma po-
litico » dell 'on. Zanardelli e del suo portavoce La Tribuna,
consiste appunto nella equivocazione che si commette nel-
1'uso delle parole Patria e Italia. L'on. Zanardelli identifica
la Patria con se stesso e col Governo da lui presieduto; iden-
tifica il bene dell' Italia cogl'interessi settarii de' massoni e
de' socialisti che lo sostengono. La Tribuna naturalmente fa
lo stesso ; quindi quel suo inferire che chiunque osteggia Tat-
tuale Presidente del Consiglio, o combatte il disegno di legge
massonico-socialista, che il Governo ha fatto suo ed ha pre-
1 Op. cit. pag. XL
A PROPOSITO DEL DIVORZIO 139
sentato alia Camera de' deputati, ipso facto osteggia la Patria
e yuole la rovina d' Italia.
La fallacia di parlare dell'Italia settaria, quella della mi-
noranza degl'italiani, che vuole il divorzio, come se non vi
fosse un'altra Italia reale, quella della maggioranza, che non
vuole il divorzio, e non china il capo alia prepotenza mas-
sonico-socialista, 6 volgare e grossolana in guisa, che orniai
non puo trarre in errore se non coloro, i quali deliberata-
mente vogliono essere ingannati. Quando dunque si afferma
che chi vuole il divorzio e con I7 Italia e suo amico; chi lo
combatte e contro T Italia e suo nemico, Taffermazione e
vera, se per Italia s'intende 1'Italia settaria; e falsissima, se
•s'intende T Italia reale.
Dal non esser poi con T Italia settaria nella questione del
divorzio, non segue punto che si 6 d'accordo col Vaticano,
nel sen so inteso dall'on. Zanardelli e dalla Tribuna, cio6 in
tutte le questioni politico-religiose che costituiscono Targo-
mento del dissidio in Italia tra la Chiesa e lo Stato ; segue
soltanto, che si sta col Vaticano, in quanto esso e con Tas-
soluta maggioranza degl' italiani, vale a dire con quelFItalia
reale, la quale, nella presente controversia, siccome fu gia
sopra dimostrato, conta tra le sue file, non solo i cattolici o
clerical!, ma eziandio i non cattolici e i liberali, politica-
rnente ostili al Papato e alia Chiesa.
II che 6 una riprova che, non ostante gli ostinati e
continui sforzi de' settarii per ridurre gl'italiani alle divi-
sioni, alle corruttele, alle vergogne del paganesimo, non man-
cano, la Dio merce, nello stesso campo anticattolico o libe-
ralesco, uomini di buona volonta, i quali, se vivono ingan-
nati, pure non hanno del tutto dimenticato o abbandonato
i principii delFetica cristiana e civile. E pero vogliamo spe-
rare, che continuando a combattere da forti e valorosi, senza
rispetto umano e senza « patteggiamenti non confessabili »,
essi non si acquieteranno finch6 la famiglia e la Patria
non escano salve dal minacciato disastro.
L'appello che a tutta T Italia reale, rivolge TAugusto Ve-
140 UN DILEMMA POLITICO A PROPOSITO DEL DIVORZIO
gliardo del Vaticano non potrebbe essere 116 piu nobile, u6
piu commovente. Non sara quindi fuor di proposito il ricor-
darlo di bel nuovo: Se qualche aulorila, dic'egli, ha la vec-
chiaia, se qualche peso la voce aposlolica, se nulla vale il
paterno affello verso la palria comune, Noi non solo am-
moniamo, ma scongiuriamo, per quanlo hanno di piu caro
e di piu sacro, tulti coloro dalla cui deliberazione dipende*
il disegno di legge sul divorzio, che desislano doil'impresa.
Avvertano e seriamenle rifleitano che e sanloy indissolu-
bile, perpeluo per dirillo divino, il coniugale vincolo de'cri-
stiani, e che un tale dirillo non pub abrogarsi da veruna
legge umana, ne vi si pub derogare giammai l.
Cosi parla Leone XIII, Italiano per eccellenza e vero Padre
della Patria. Sebbene nel suo cuore di Pontefice, egli abbracci
tutto il genere umano, pure nutre per 1'Italia un amore spe-
ciale, Tamore di Patria, nobilitato dalla eccelsa dignity del-
Tindefettibile seggio di Pietro.
II perche al dilemma politico dell' on. Zanardelli, della
Tribuna e degli altri settarii divorzisti puo e deve opporsi
quest 'altro dilemma : 0 conlro il divorzio, o conlro V Italia*
1 Nella sua Allocuzione concistoriale del 16 dec. 1901. Se ne vegga.
il testo latino nel nostro quaderno 1237 del 4 gennaio e la tradnzionet
italiana nel quad. 1260, del 20 decembre dello stesso anno 1902.
APOSTOLATO DI S. PIETRO IN ROMA
VIII.
L'argomento toccato finora sull'apostolato romano di S. Pie-
tro, tratto dall'asserzione degli antichi (che cioe S. Marco scrisse
il suo vangelo in Roma mettendo in carta la predicazione di
lui fatta in Roma) benehe sia un argomento indiretto, ha per6
il vantaggio di presentarsi alia mente del critico con un co-
lore di veridicita meno sospetta. Poiche, parlando essi diret-
tamente dell' opera di S. Marco e solo indirettamente della pre-
dicazione di Pietro, sono fuori del dubbio che essi abbiano
messo Roma a teatro delFapostolato di lui per ragioni egoisti-
che di lode o vanto che sarebbe ridondato a loro e alle loro
chiese.
Consideriamo ora un'altra serie di testimonianze, le quali
direttamente affermano Tapostolato romano de.H'Apostolo. Esse
non differiscono gia dalle addotte per posteriority di tempo
(ch6 allora si potrebbero a priori giudicar di poco valore),
ma solamente per un carattere speciale.
La prima e piu antica e quella di Dionigi di Cor in to in
una lettera ai cristiani di Roma. Questa fu scritta verso
1'anno 170, quindi dista dall'avvenimento asserito solamente
un secolo. E un frammento conservatoci parimente da Eu-
sebio. Sotero, Vescovo diRoma, morto circa 1'anno 176, aveva,
come S. Clemente, mandata una lettera a quei di Cor into.
Dionigi, Vescovo di questa citta, cosi risponde a Sotero, e per
esso ai Romani: « Voi per questa vostra esortazione avete
nuovamente rinvigorita la piantagione della Chiesa romana e
di quella de' Corinti, fatta gia da Pietro e da Paolo. Poiche-
que' due, venuti dapprima nella nostra Corinto e sparso il
seme della dottrina evangelica, ci ammaestrarono. Partiti
142 APOSTOLATO DI S. P1ETRO
quindi parimente per T Italia, dopo avervi (o Romani) simil-
mente ammaestrati, sostennero poi all'istesso tempo il inar-
tirio £. »
Secondo Dionigi, dunque, la Chiesa romana e sorta per
opera di Pietro e di Paolo. In qual relazione stieno poi i due
Apostoli tra loro, qui non e detto, ne e il luogo di parlarne,
dovendosi ricavare da altre fonti, secondo le quali Pietro sta
a Paolo come il fondatore primario al secondario. La testi-
monianza di Dionigi poi, se ben si osserva, e tan to piii de-
gna di fede, in quanto che egli, ramnientando semplicemente
ai Romani cosa ad essi notissima, non si da per spacciatore
d'una notizia pellegrina, cui egli fosse solo ad attestare.
La seconda testimonianza e quella di S. Ireneo, discepolo
di S. Policarpo, oriundo dell' Asia circa il 141-145 e studio-
sissimo delle tradizioni ecclesiastiche, per cui aveva intra-
preso anche un viaggio in Roma, come sopra si disse. Ireneo,
che gia vedemmo affermare la cornposizione del vangelo di
S. Marco dietro la predicazione romana di S. Pietro, come
precedentemente dicemmo, Tistesso Ireneo afferma ed attesta
in un'altra occasione e per un altro motivo la detta predica-
zione romana dell'Apostolo ; e Tafferina in uno scritto pole-
mico, senza timore d'essere smentito; il che e indizio mag-
giore di veracita. Cio e al capo terzo del libro III Adversus
haereses.
Parla ivi Ireneo della vera dottrina cristiana consegnata
dagli Apostoli alle loro Chiese, in opposizione alia falsa dot-
trina degli eretici che depravavano quella dottrina. Appella
percio alle Chiese apostoliche, alle quali i loro fondatori, gli
Apostoli, mettevano a presiedere altri in loro vece ; cui, dice,
« volevano che fossero perfetti e irreprensibili in tutto, come
quelli cui lasciavano per loro successori, consegnando ad essi
la stessa loro cattedra di'magistero (suum ipsorum locum
magisterii) 2. » Indi cosi prosegue: « Essendo pero difficile e
1 Presso EUSBBIO, Hist. Eccl., II, 25 (P. Migne, t. XX, p. 210).
* S. IRENABI, Adv. haer., 1. Ill, c. 3 (MiGNE, t. VII, p. 847).
IN ROMA 143
cosa assai lunga enumerare in questo libro la successione di
tutte le Chiese, ci basti esaminare la tradizione della Chiesa
piu grande e piu antica e da tutti conosciuta, fondata e co-
stituita in Roma, dai gloriosissimi due Apostoli, Pietro e Paolo ;
e con cio confondiamo tutti coloro i quali raccolgono all'in-
fuori di cio che si deve, qualunque sia il motivo da cui sono
spinti, o mala compiacenza di loro stessi, o vanagloria, o ce-
cit&, o cattiva intenzione. Poich6 con questa Chiesa a cagione
della sua preminenza e necessario che vada d'accordo (o, at-
torno a questa Chiesa e necessario che si raduni) ogni Chiesa,
cio6 i fedeli che sono sparsi in tutto il mondo. Avendo dun-
que fondata ed ammaestrata tale Chiesa (romana) i beati Apo-
stoli (Pietro e Paolo), diedero P episcopate di essa a Lino, quel
medesimo di cui fa menzione S. Paolo nelle lettere a Timoteo.
A Lino successe Anacleto, dopo il quale in terzo luogo dopo
gli Apostoli ebbe T episcopate Clemente, il quale vide i due
Apostoli e converse con loro, essendo egli vissuto quando
ancora risuonava la predicazione degli Apostoli ed aveva di-
nanzi agli occhi la loro tradizione *. »
Ecco parimente uno scrittore, e uno scrittore studiosis-
simo delle cose cristiane, distante anch'egli una generazione
dal fatto, asserire perentoriamente dinanzi agli eretici stessi
1'apostolato di Pietro a Roma, e quindi una permanenza piu
o meno lunga. Perch6 non si puo supporre che si fondi una
Chiesa nella Roma de' Cesari senza uno spazio piu o meno
lungo di apostolato.
La terza testimonianza e di Tertulliano, vissuto tra gli
anni c. 160-245. Scrivendo egli sul battesimo, tradisce in una
proposizione d' incidenza (e quindi con meno sospetto di tesi
prestabilita) la comune persuasione della predicazione romana
di Pietro, dicendo: « Non v'ha distinzione alcuna nell'esser
battezzato sia coll'acqua del mare, sia con quella d'un lago,
sia con quella d'un flume o d'uno stagno; ne i battezzati da
Giovanni nel Giordano differiscono punto da quelli battez-
1 Ivi, i. ill, c. 3.
144 APOSTOLATO DI S. PIETRO
zati da Pietro nel Tevere l. » Qui Tertulliano da come cosa
notissima che Pietro abbia esercitato il suo apostolato in
Roma, e la paragona alia notorieta del battesimo di Giovanni
nel Giordano, checche sia del senso dogmatico delle sue pa-
role, il quale ora non entra in questione.
A queste tre testimonianz3 primitive e dirette sull' apo-
stolato romano di Pietro potrebbero aggiungersi altre susse-
guenti ; ed in prima quella di Eusebio (f 340) che le accoglie
nella sua storia ecclesiastica 2, poi quelle di due altri storici
di professione, di S. Girolamo (321-420) 3 e diOrosio (fc. 562) 4
prete spagnuolo che scrisse la sua Historia ad paganos, nar-
rando i principal! avvenimenti dal diluvio fino al 416. Ma
queste testimonianze ci contentiamo di semplicemente ac-
cennarle ; poiche, dipendendo questi testimoni evidentemente
dagli scrittori precedent!, non possono dirsi fonti nuove e
primitive di quel flume di cui rintracciamo le sorgenti. Eusebio
pero aggiunge una notizia storica, piccola in se, ma im-
portante pel nostro argomento, ed e che Filone ebreo, essendo
stato spedito da Alessandria in Roma, qual legato a Claudio,
dai suoi correligionari, « parlasse coH'Apostolo Pietro » 5.
IX.
Le testimonianze finora addotte sull' apostolato di Pietro
in Roma sono, crediamo, sufficienti a provare storicamente
1 TERTULL. De Bapt., c. 4. (Patr. lat. Migne, t. I, p. 1203) Ecco le
parole testuali : « Nulla distinctio est mari quis an stagno, flumiue an
fonte, lacu an alveo diluatur; nee quidquam refert inter eos quos Joan-
nes in Jordane et quos Petrus in Tiber! tinxit. »
2 EUSEBII, Hist. Eccl., Ill, 32 — 3 De viris illustr., c. 1. — 4 OROSII,
Hist. VII, 4.
s EUSEBII, Hist. EccJ.,11, 17 (Migne, Patrol, gr. t. XX, p. 174). « Quern
quidem Philonem fama est Claudii Augusti temporibus, Romae cum
Petro, qui verbum Dei illic praedicabat, familiarem congressum habuisse.
Neque id certe a veritate abhorret; nam » ecc. La ragione aggiunta
per la maggiore credibilita del fatto e che Filone aveva ammirato ia
Egitto la vita esemplare di molti cristiani, sopra di che aveva scritto anche
un libro.
IN ROMA 145
il fatto e a dare una soluzione positiva al problema storico,
di cui imprendemmo lo scioglimento.
Esse, noti bene il lettore, sono del tutto indipendenti da
quel, diciamolo cosi, episodic dell'apostolato romano di Pietro,
consistente nella lotta con Simone il Mago. La ragione del-
1'averle noi scelte di tal natura e stata perehe il Lipsius e gli
antichi avversarii dell'apostolato romano di Pietro negavano
1'aneddoto di Simon Mago, rimandandolo tra le leggende. E
dicevano, in sentenza, cosi : — Voi fate dipendere la certezza
della permanenza di Pietro in Roma Jal fatto che egli abbia
combattuto e vinto Simon Mago. Ma questa e una falsita sto-
rica. Dunque 6 falso che Pietro abbia evangelizzato i Ro-
mani — Cosi, in sentenza, i vecchi razionalisti di Tubinga. Per
questo noi non ci siamo fondati su quel fatto per provare
1'apostolato romano di Pietro. Quindi, concesso pure che il
fatto della lotta con Simon Mago sia leggendario, la perma-
nenza di Pietro in Roma e provata egualmente. Ma per cio
stesso vien dimostrata la poca solidita deirargomentazione
fatta qui sopra dagli avversarii, in quanto che supponevano
gratuitamente che 1'apostolato romano di Pietro fosse dipen-
dente solamente da quel fatto.
Ma, sara poi vero che tutto sia leggendario in quel fatto?
Quel fatto, a nostro parere, puo dividers! in tre atti:
1 ) la presenza di Pietro in Roma, perche, per lottare col Mago
in Roma, innanzi tutto Pietro doveva essere presente nella
citta; 2) la disputa o lotta con lui;3) la maniera della lotta
e della vittoria, cio6 volo e relativa caduta del Mago. Ognuno
vede da s6 che, anche essendo falsi il secondo e il terzo atto,
potrebbe esser vero il primo. In fatti, nessuno, dal sapere
essere una favola Tapologo esopiano della cicala e della for-
mica, dira essere invenzione o favola anche la presenza di
quei due esseri nel mondo. Or, non potrebbe dirsi altrettanto,
della cosi detta leggenda di Simon Mago ? Poniamo pure (se
cosi risulta dall'esame storico, il che ora non intendiamo inve-
stigare) poniamo pure che sieno leggenda e abbellimenti po-
polari il secondo e il terzo atto di quell' episodic, non per que-
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 10 7 yennaio 1903.
146 APOSTOLATO DI S. PIETRO
sto e leggenda anche il primo. La ragione e perche Tinte-
resse di chi avrebbe inventata la leggenda non si estende
piii in la deirabbellimento di essa ; ma quanto al teatro del-
I'azione (la presenza di Pietro in Roma) non tange affatto il
favolista. Perche, chi inventa un fatto, ha tutto T interesse di
renderlo verosimile. Quindi se gli inventori della leggenda
di Simon Mago posero Roma a teatro di essa, 6 segno che
nella persuasione di tutti era cosa fissa e indubitata che Pie-
tro fosse stato in Roma. Almeno, noi non abbiamo ragione
di giudicare altrimenti. E cosi senza che essi T intendessero
(il che toglie ogni sospetto di tesi prestabilita) vennero ad
affermare il fatto che e oggetto della nostra discussione.
X.
Or tale persuasione si trova in molti scrittori antichi, piii
vicini al fatto. Si trova in S. Ireneo, nato tra il 141-145,
studiosissimo, come vedemmo, delle memorie cristiane anti-
che1; si trova nell'autore de' Filosofumeni, che scriveva
in Roma verso il 225, e si e dimostrato essere Ippolito, capo
di una scuola in Roma 2; si trova in Tertulliano (c. 160 245) 3;
si trova molte volte in Eusebio 4. Vogliamo notare, a pro-
posito dell'autore de" Filosofumeni, come non e affatto vero
quel che si aiferma da alcuni 5, cio6 che egli ignori la
presenza di Pietro in Roma. In fatti quell'autore, dopo aver
narrato le opere del Mago in Samaria, di cui parlano gli
Atti degli Apostoli, cosi prosegue: a Verum, vel usque ad
Romam progress us incidit in Apostolos, cui multum Petrus
aversatus est praestigiis seducenti multos. » — iwg xal irjs
r^fpac, dcvTlrcsas idic, a7ioai6Xo^' npbc, 5v rcoXXdc IIsTpc?
(loc. cit.).
A queste testimonianze che cosa oppongono quelli che nel
fatto di Simon Mago vogliono veder tutto leggenda, anche il
primo atto di quell' episodic, cio6 la presenza di Pietro in
Roma? Oppongono in prima la notizia fornita dalle apocrife
1 IRENAEI, Adv. haer., I, 23 (MiGNE, Patrol., t. VII, p . 671). — 2 Tra
le opere di ORIGENE, Philosophy VI, 20. — * TERTULL., Apolog., c. 13. —
4 EUSEBII, Hist. Eccl. II, 14. — 5 Dogma, gerarchia, p. 183.
IN ROMA 147
Ricognizioni di S. Clemente, le quali localizzano quell' epi-
sodic in Siria, non in Roma; e poi 1'altra notizia del fatto
stesso data da Giustino !, il quale colloca si il fatto in Roma,
ma non parla di S. Pietro. — Ora, a dir vero, queste due te-
stimonianze non pare che distruggano apodittieamente quella
persuasione comune della presenza di Pietro in Roma, fat-
taci conoscere dagli autori sopra nominati.
Innanzi tutto le Ricognizioni di S. Clemente sono un apo-
crifo che alcuni fanno rimontare al III, alcuni al IV secolo,
per cui non appare come esso possa distruggere le asser-
zioni degli scrittori gravi sopra indicati. Per niuna legge
di logica un'asserzione di tal fatta puo elidere le asser-
zioni contrarie accennate. Molto piu che una parte di vero
c'6 nelle Ricognizioni; in quanto che S. Pietro disputo
yeramente col Mago in oriente, ed e facile che lo scrittore
abbia identiflcati i due fatti. Quanto a Giustino poi, i suoi
detti non negano la presenza di Pietro in Roma, ma sola-
mente astraggono da essa. Cioe, egli asserisce una parte
della notizia (la presenza di Simon Mago a Roma) e tace di
quella di Pietro. Or tacere non e negare. Quindi la notizia
di Giustino e un pezzo dell'edificio, che noi vogliamo rico-
struire ; e quel pezzo e prezioso, perche combacia a capello
con altri pezzi che ci son dati da altre fonti. Or con qual
diritto si puo arrecare Giustino come contrario alia presenza
di Pietro in Roma?
Dicono : Giustino ha errato nella stessa notizia della pre-
senza di Simon Mago, avendola dedotta da un iscrizione nel-
Tisola tiberina da lui male interpretata2. — Ma in prima, Giu-
stino arreca quest'argomento, dell' iscrizione da lui letta sotto
la statua di Simon Mago, solamente come argomento secondario
e come confer ma della notizia da lui data. In secondo luogo
non e affatto provato apodittieamente che egli non abbia sa-
puto leggere quel che hanno saputo leggere i posteri sotto
quella statua al secolo XVI, quando fu scoperta. E ne e prova
1 IUSTINI, Apol. I, 26, 56.
2 Dogma, gerarchia ecc. p. 181.
148 APOSTOLATO DI S. P1ETRO
la fermezza con cui egli rimprovera ai Roman! del secolo II
l'aver essi innalzata una statua a quel ciurmatore. Certo,
congettura per congettura, la nostra non e inferiore a quella,
degli avversarii.
Quindi con tutta ragione in fondo air episodic di Simon
Mago, sia pure in parte leggendario, si puo vedere la per-
suasione degli antichi che S. Pietro abbia dimorato in Roma.
E ci conforta il pensiero che in questa nostra spiegazione
troviamo consenzienti due egregi storici moderni, il Funk e
il Grisar. II Funk, scrivendo contro il Lipsius (che esa-
gera la leggenda per distruggere piu facilmente Targomenta
della venuta di Pietro in Roma, cui egli lega alia leggenda
stessa) dice che i testi raccolti dal Lipsius son di tale una-
nimita la quale e solo spiegabile ammettendo Li presonza di
Pietro in Roma J. E il Grisar, parimente contro il Lipsius
scrive : « Appunto queste invenzioni presuppongono assai
chiaro, e come cosa ammessa, la dimora di Pietro in Roma;
non sono esse che prime la inventino... Quegli scritti non
fanno che meglio abbellire il fatto, secondo che i loro flni
teologici o ascetici sembrano esiger,e » 2.
XI.
Un fatto storico, come il presente (Pietro che nella Roma
de' Cesari pianta il Cristianesimo), non puo non aver lasciato
traccia di se, oltrech6 negli scritti, anche ne' monument! non
scritti. II che, ove si verifichi, si ha una riprova maggiore
del suo apostolato romano.
Ora in Roma, non una, ma piu sono le memorie archeo-
logiche di tal fatto; delle quali alcune dubbie, altre piu si-
cure. II meraviglioso si 6 che gli studii piu recenti fanno
convergere tutte queste memorie ad un solo punto cio6 al
cimitero di Priscilla, ed esse si mostrano con ogni probabilita
connesse insieme e dipendenti le une dalle altre ; come pud
1 Literar. Rundschau, 1891, p. 272.
? GRISAR, Storia di Roma e de' Papi, y. I, p. 419.
IN ROMA 149
vedersi in un recentissimo lavoro di Orazio Marucchi 4, di
cui meglio discorreremo piu sotto.
« Sulle pendici dell' Esquilino (cosi riepiloga tali memo-
rie il Grisar) Roma ci mostra la supposta casa del senatore
Pudente. E certo che nel quarto secolo venne trasformata
in una splendida chiesa. Questa casa, dicono, abbia servito
di albergo al santo Apostolo e a luogo della sua episcopate
attivita. Inoltre sull'Aventino si mostra l'abitazion.e, conver-
tita in chiesa, di Aquila e Prisca, di cui si fa parola negli
A.tti apostolici ed i quali per le loro attinenze con Pietro
sarebbero stati in tal guisa favoriti. Un fatto e, di poi, la
singolare ripetizione del nome di Pietro per defunti cristiani
nelle catacombe di S. Priscilla in via Nomentana, la qual
catacomba e legata con la leggenda di Prisca. Questi nomi
di Pietro non s' incontrano che in quelle iscrizioni priscil-
liane, meno qualche rarissinia eccezione, e per 1'eta risal-
gono pressoche al periodo apostolico. Un fatto e, finalraente>
1'esistenza d'uno stabile tipo tradizionale per le teste di
Pietro e Paolo su tutte le rappresentazioni che se ne hanno
in Roma, assai numerose gia innanzi a Costantino. Com' 6
lecito dedurre, si conservarono vivi nella memoria i loro
storici lineamenti; 1'arte li tramando in Roma di mano in
mano ne' loro contorni caratteristici ; mentre nessun'altra
citta ne conserve, nemmen da lontano, in simil guisa i sem-
bianti. I piii fedeli e preziosi ritratti pare sieno quelli ripro-
dotti nella grande medaglia del museo vaticano trovata sul
territorio di Roma (e precisamente nel cimitero di Domitilla)*
Tutto fa credere che essa appartenga alia prima meta del
secolo secondo » 2. Cosi il Grisar, ricapitolando il De Rossi
e il Duchesne.
Tutte queste memorie, piii o meno probabili, si mostrano,
come dicevamo, tutte convergent! al cimitero di Priscilla, ed
acquistano sempre piii alto grado di probabilita. Nel 1888
1 O. MARUCCHI, D'un antico battistero recentemente scoperto nel Ci-
mitero apostolico di Priscilla. Roma, Cuggiani, 1891.
2 GRISAR, Storia di Roma e de' Papi, Roma, 1899, vol. I, p. 415, 416.
150 APOSTOLATO DI S. PIETRO
il De Rossi scopri appunto nel cimitero di Priscilla F ipogeo
gentilizio degli Acilii Glabriones, che giudico legati di paren-
tela con la famiglia Pudente. Inoltre 6 noto come il cimitero
di Priscilla sulla via Salaria (parallela alia Nomentana) era il
cimitero domestico di quel Pudente, il quale avrebbe ospitato
S. Pietro. Non 6 strana quindi la congettura (co-nfortata me-
glio da quel che or ora soggiungeremo) avere Pudente asse-
gnato quel luogo suburbano a Pietro per battezzare ed istruire,
e che i contemporanei dell'Apostolo fatti da lui cristiani
avessero preso il nome di lui *. In fatti in quel cimitero
s'incontrano scritti i nomi di Heipo? (Pietro) almeno otto
volte ; e appunto in questi ultimi giorni si 6 scoperto un altro
graffito coi nomi Paulus-Petrus. « II cimitero di Priscilla,
&fferma il Duchesne, ha contenuto e contiene ancora centi-
naia di tombe, il cui carattere archeologico 6 tale, che noi
non esitiamo punto di farle rimontare ai tempi di S. Giustino,
<ii Erma ed anche di S. Clemente » 2.
XII.
Ma da queste non ispregevoli congetture de' migliori archeo-
logi romani, passiamo a paiiare di due memorie di S. Pietro
molto piii fondate, che sono quasi la sintesi del suo apostolato
romano ; cioe, la cattedra e il ricordo del luogo ove egli bat-
tezzava.
Non 6 gia da credere, come alcuni sembrano facilmente
supporre, che S Pietro fosse un incosciente dell' autorita
ricevuta dal divino Maestro, e che procedesse nel suo operare
senza alcuna formalita. Sappiamo gia dagli Atti, che gli Apo-
stoli, a sfuggire le noie delle persecuzioni ebraiche fecero
centro della loro operosita Antiochia, ed ivi per la prima
volta i credenti presero il nome di Cristiani. E poco innanzi
udimmo da S. Ireneo come gli Apostoli gelosamente lascia-
1 DB Rossi, Bull, d'arch. cm/., 1867, p. 6 e altro ve. — MARUCCHI,
op. cit. p. 24.
2 Lettera al Marucchi nell'opera citata, D'un antic.o battistero, p. 48
IN ROMA 151
vano ai loro successor! suum ipsorum locum magisterii. II
che ci fa intendere almeno che gli Apostoli non erano alien!
da quelle formalita nell'esercizio del loro ministero, le quali
a no! modern! sembrano nostra esclusiva specialita.
Cio posto, non e da fare il segno di croce, se udiremo da
testimoni antichi che anche a Roma sia stata eretta una cat-
tedra all'Apostolo Pietro e quindi sia rimasta in venerazione
ai posteri.
S. Ottato, Vescovo di Milevi in Africa, scriveva circa il
360 contro un Donatista quanto segue: « Non puoi negare,
e ben lo sai, come in Roma fu anticamente innalzata per
Pietro una cattedra episcopate, in cui sede il capo di tutti
gli Apostoli, Pietro... In quell' unica cattedra, dunque, prima
sede Pietro, a cui successe Lino '. » Cosi S. Ottato. Continuando
quindi a disputare con un tal Macrobio, Vescovo Donatista
rifugiatosi a Roma, cosl prosegue : « Se egli insegna cola (in
Roma), puo forse egli dire: nella cattedra di Pietro? La qual
cattedra neppur so se 1'abbia mai veduta co' suoi occhi 2. »
Qui, verisimilmente, si parla d'una cattedra materiale, e non
gia solamente morale 3.
Di questa stessa cattedra, si parla in un carme contra
Marcione, scritto tra il secolo II e III, ai tempi di Tertul-
liano, ove si dice : « Hac cathedra, Petrus, qua seder at ipser
locatum — Maxima Roma Linum primum considere iussU »..
E Tertulliano stesso (c. 160-245), invitando gli eretici a vi-
sitare le cattedre apostoliche dice : « Percurre Ecclesias apo-
stolicas, apud quasipsae adhuc cathedrae Apostolorum suis
locis praesident. Si Italiae adiaces, habes Romam » 4. Quel
suis locis praesident considerate alia luce delle parole di
S. Ottato riferite innanzi, sembra indicare piuttosto la cat-
1 Ad Parmemion. 1. II, 2. — 2 Ivi, 1. II, c. 4.
3 E anche posta 1' ipotesi (non del tutto esclusa) che S. Ottato
parli qui della cattedra formale di S. Pietro, la prova acquisterebbe va-
lore per un altro verso ; cioe per il significato seinpre incluso nel con-
cetto di cattedra. Talche anche in tale ipotesi le parole di S. Ottato sa-
rebbero una testimonianza di piu sulFapostolato di Pietro.
4 Z>e Praescript. c. XXXVI.
152 APOSTOLATO DI S. PIETRO
tedra materiale che la formale. Con che concorda la festa
antichissima della cattedra, che il Martirologio geronimiano
assegna al 18 gennaio, con 1'espressione : Cathedra Petri, in
qua primum Romae sedit.
Questa cattedra e anche ricordata negritinerarii de' pel-
legrini del secolo settimo. Tra gli altri document!, celeberrimo
e quello del cosl detto papiro di Monza, consecrato nel te-
soro di quella Chiesa. II prete Giovanni, inviato dalla regina
Teodolinda a S. Gregorio M., riporto da Roma in tante fiale
Tolio che ardeva dinanzi a varie memorie di martiri e Santi
venerate in Roma. Tra le scritte di questi olii, descritti se-
condo i diversi gruppi topografici, trovasi questa insierne con
quelle de' martiri della Via Salaria : Sedes ubi prius sedit
scs Petrus, ex oleo. Tale scritta e nella fettuccina appesa alia
fiala. Questa notizia si ripete nel catalogo cosl : Oleum de sede,
ubi prius sedit scs Petrus; dopo di che seguono le indica-
zioni di altri Santi, tutti della via Solaria. Dunque in quel
tempo in Roma era venerata la memoria della cattedra di
S. Pietro e quindi della sua predicazione romana *.
O^e poi fosse precisamente quella cattedra, sembra chiaro
dal detto che essa dovette essere nel luogo, in cui riposa-
vano i corpi de' detti Santi, cio6 nella via Salaria, presso
1'antica basilica di S. Silvestro al cimitero di Priscilla. II che
e confer mato da parecchie altre coincidenze. Primo, dal tro-
varsi ivi i sepolcri di sette romani Pontefici: Marcellino,
Marcello, Silvestro, Liberia, Celestino e Vigilio ; fatto, che
indica doversi ivi trovare qualche reliquia insigne di San
Pietro, poich6 la sepoltura de' Papi antichi si sa che fu sem-
pre o al Vaticano o alle catacombe di S. Callisto o dove
fosse una reliquia di S. Pietro. La seconda coincide nza 6 1'es-
sersi ivi rinvenuto un graffito con la data del febbraio 375
con la frase Ad calicem venimus, con che si allude proba-
bilmente (come dice il Marucchi '2) alle libazioni solite a farsi
1 0. MARUCCHI, D'un antico battistero ecc., p. 26 seg.
* 0. MARUCCHI, Le memorie della fondazione di Roma cristiana. Dis-
sertazioiie letta il 24 apr. 1902, p. 13.
IN ROMA 153
in febbraio nella festa della cattedra ; costumanza riprovata
da S. Agostino o da chi sia I'autore del Sermone 190 l.
Di questa cattedra, dunque, che gl' itinerarii de' pellegrini
e gli altri document! ci danno come venerata nella via Sa-
laria flno al secolo VII, dal mezzo di quel secolo in poi non
se ne parla piu; ma in quella vece e indicata una Sedes
Apostolorum in Vaticano, la quale, come afferma il citato
archeologo, « potrebbe essere la cattedra lignea custodita con
grande venerazione nella grande basilica e sulla quale, al-
meno dal secolo IX in poi s/ intronizzavano i Papi 2. » Essa
dovette quiudi esser trasportata in quella basilica dal cimi-
tero di Priscilla, finche venne rinchiusa nella moderna cu-
stodia da Alessandro VII.
II De Rossi nel centenario di S. Pietro 1867, pot& vedere
la detta cattedra. Essa 6 composta di poche aste di legno
corrose dal tempo e dalla mano avida de' visitatori che ne
tolsero schegge per fame reliquie. Piii tardi, pero, verso il
secolo VI, essa venne ricoperta di lamine d'avorio ove si
scorgono bassirilievi pagani rappresentanti le fatiche d'Ercole.
Ne e meraviglia, poiche a quel tempo tali incisioni non signi-
ficavano piu il culto pagano, ma erano semplici ornamenti,
di cui si abbellivano talora anche i libri degli evangeli.
XIII.
Veniamo ora all'altra memoria archeologica dell'aposto-
lato di Pietro, quella cioe del territorio ov'egli era solito
battezzare; il qual luogo, ove precisamente sia, puo forse
esser disputato, non gia che esista nel suburbio romano.
Nelle cosl dette Gesta Liberiiy documento apocrifo del
principio del VI secolo, 6 nominato un cemetero Ostriano,
nel quale Damaso, allora diacono del Papa Liberio, invit6
questo Pontefice a battezzare, perche ivi lo stesso S. Pietro
aveva un giorno battezzato: ubi Petrus apostolus baptizavit.
1 MIGNE, Pair. t. XXIX, p. 2100 seg.
2 Le memorie ecc. op. cit. p. 13.
154 APOSTOLATO DI S. PIETRO
La stessa notizia, rimontando piii su negli anni, 6 confer-
mata dagli Atti de' Santi Papia e Mauro, martirizzati sotto
Diocleziano (284-305), de' quali si legge die vennero deposti
ad nymphas S. Petri, ubi baptizabat. Nel catalogo degli
antichi cimiteri tmo di quest! e detto: Coemetrium fontis
S. Petri. Finalmente il papiro di Monza, sopra nominate,
nel catalogo delle reliquie raccolte in Roma, la notizia del-
V oleum de sede, ubi prius sedit S. Petrus e notata insieme
col gruppo de' santi sepolti nella via Salaria nuova (parallel a
alia Nomentana) e sono i martiri: Vitale, Alessandro, Mar-
ziale, Marcello, Silvestro, Felice, Filippo et aliorum mul-
torum. - - Di tali notizie parlano gli archeologi romani dal
De Rossi al Marucchi *.
Cio posto, si presentano alia mente due quesiti: il primo,
se nel suburbio romano fin dal principio del secolo IV fosse
venerato un luogo, ove S. Pietro avesse battezzato; il secondo,
ove sia questo luogo. Quanto al primo quesito, la risposta
deve essere affermativa, poste le testimonianze precedent!;
testimonianze, che per esser molteplici, e per il collegarsi
che fanno con quella di Tertullianp sul battesimo impartito
da S. Pietro in Roma, non possono non rappresentare un
fatto storico. Quanto al secondo quesito, v'6 stato un certo
fluttuamento tra gli archeologi. Poich6 un cinq uant' anni fa,
il De Rossi congetturo che il cimitero Ostriano consecrate
airesercizio di questo ministero fatto da S. Pietro, fosse posto
sulla via Nomentana. Ivi appunto pose il Senkiewicz quella
bellissima scena nel suo Quo vadis?, cioe, S. Pietro che pre-
dica di notte ad un nucleo di persone sul dovere del perdono,
mentre Vinicio, venuto cola, tutto solo, per trovare la sua
Licia, ode per la prima volta queirammirabile lezione, che
non pot6 mai dimenticare. Ma un recentissimo studio del Ma-
rucchi con piii probabilita assegna al cimitero Ostriano una
diramazione del cimetero di Priscilla, sulla via Salaria nuova,
precisamente presso Tantica basilica di S. Silvestro. Cosi tanto
il luogo della cattedra quanto quello del battesimo coincidono.
1 0. MARUCCHI, D'un antico battistero ecc. p. 25 segg.
IN ROMA
I suoi argomenti, se non sono apodittici, al certo fanno incli-
nare moltissimo a questa ipotesi; e con lui son d'accordo
tutti gii archeologi romani. Gl'indizii da lui recati sono molti,
che non occorre qui enumerare, ma che si possono leggere
nel citato opuscolo 1.
Concludendo, ci sembra di poter asserire che I'aposto-
lato romano di Pietro ha una bella riprova dalle memorie
archeologiche dell'Apostolo in questa stessa Roma.
XIV.
Ecco il responso che ci da 1'antichita cristiana sul que-
sito storico da noi proposto. Non vogliamo n6 esagerarlo, n6
diminuirlo coi nostri commenti; ma tale, quale 1'abbiamo
rinvenuto dopo uno studio accurate, raccogliendo in uno tutte
le testimonialize, lo presentiamo ai lettori. Giudichino essi
del suo valore. A noi pare che da tutto il detto risultino
chiare due cose, la prima con certezza, la seconda con pro-
babilita.
Quel che ci sembra certo e che S. Pietro abbia esercitato
Tapostolato in Roma per un tempo, piu o meno lungo, ma
tan to quanto 6 necessario a soddisfare Tesigenza delle testi-
monianze recate, nelle quali si dice di S. Pietro che scrisse
da Roma una letter a a quei d'Asia (I Petri) e comandb ai
Romani (S. Ignazio), che predict) in Roma quel Vangelo
che Marco poi scrisse (Papia, Ireneo, Clemente Alessan-
drino) ; che piantb la Chiesa romana ed istrui i romani
(Dionigi di Corinto ed Ireneo) ; che battezzb colle acque del
Tevere (Tertulliano) ; che ebbe ed ha tuttora in Roma in
venerazione una cattedra ove ammaestro ed un luogo ove
battezzb (memorie archeologiche romane).
1 Op. cit. — E forse meglio nello scritto piu recente del MARUUCHI
stesso: Le Memorie clella fondazione di Roma cristiana. L'Autore con-
chiude genialmente e con gran fondamento di verita che il Cimitero di
Priscilla puo nominarsi 11 Palatino delta Roma cristiana.
156 APOSTOLATO DI S. PIETRO
Con questo nostro pensare, quanto air apostolato, sono
d'accordo parecchi trattatisti che ci venne fatto di consultare.
Essi sono il Funk, 1'insigne editore dQ'Padri Apostolici1,
il Bruck, Vescovo di Magonza 2, il Knopfler 3, il Palma 4, il
Sanguineti 5, la scuola de' Benedettini di Solesmes (di cui fu
splendida gloria il card. Pitra) 6, il Fouard 7 e finalmente il
Grisar 8.
Questo, quanto alle prove positive del fatto.
Quanto alia parte negativa sostenuta dagli avversarii, una
sola cosa ci sembra dover apertamente affermare. Cio e la
improbabilita storica della tesi da lor difesa, vale a dire Pie-
tro esser venuto in Roma « poco piu che per esservi croci-
fisso » 9, e che « la tradizione ecclesiastica non sa nulla di
questa fondazione della Chiesa romana per opera di S. Pie-
tro •» 10. A tali asserzioni, fatte al principio del nostro secolo
ventesimo, noi opponiamo quelle cominciate fin dal secolo
secondo.
In due soli modi i nostri amici, che hanno opinions con-
traria alia nostra, potrebbero far 'credere probabile la loro
tesi : od opponendo testimonianze contrarie alle addotte da
noi, ovvero distruggendo le nostre col mostrarle false. Essi
1 FUNK, Histoire de I'Eglise, traduite de Vallemad. Paris, Armand
Colin, 1902, pag. 42-46. « II demeure certain que Pierre sejourna assez
longtemps a Rome... C'est un fait que la tradition unanime de l'0rien>t
aussi bien que de I1 Occident s' accordent a reconnaitre. II est encore
prouve par des temoignages irrecusables, remontant a la plus haute
antiquite » .
2 BRUCK, Man. di storia eccl., Bergamo, 1897, p 26.
3 Lehrbuch der Kirchengesch., Freiburg in B. 1898, p. 43-45.
4 Praelectiones Hist, eccl., Romae, 1838, p. 46-64.
5 De Sede romana B. Petri, Romae, 1867.
6 Origines de V Eglise romaine par les membres de la comunaute de
Solesmes, Paris, 1836, I vol.
7 S. Pierre et les prem. annees du christ., Paris, Lecoffre, 1886,
p. 449-468.
8 Storia di Roma e d*' Papi, Roma, vol. I, p. 416, 417.
9 Dogma, gerarchia ecc. (op. cit.), p. 43.
10 Ivi, 39.
IN ROMA 157
si sono attenuti alia seconda parte della disgiuntiva ; e,
certo, anche in questo modo avrebbero potuto provare la
loro tesi ; perche, essendo negativa, sarebbe stato sufficiente
il distruggere gli argomenti affirmanti. Ma non e loro venuto
fatto ; poichtb si sono messi ad impugnare argomenti che essi
pensarono sieno i veri nostri argomenti, ma non sono. E una
tattica antica : fingere un avversario che non esiste, per aver
agio di combatterlo e vincerlo. Ed e loro accaduto quel che
accadde al Lipsius, il quale crede distruggere ogni venuta
di S. Pietro in Roma (apostolato e martirio), distruggendo
la leggenda di Simon Mago, supponendo cio& che tal leggenda
fosse il solo fondamento storico del martirio di Pietro in Roma.
Ma il Lipsius e ormai abbandonato da tutti gli storici piii
rinomati, come affermano il Duchesne e il Grisar *. In modo
simigliante ragionarono i nostri eruditi avversarii.
Essi dissero cosl : La sentenza che Pietro abbia eserci-
tato 1' apostolato in Roma « si appoggia a due ordini di ar-
gomenti : ad un accenno scritturale e a una tradizione cro-
nologica » 2. Ma tali argomenti non reggono. — Al che rispon-
diamo che la sentenza dell' apostolato di Pietro in Roma n6
si appoggia all' accenno scritturale degli Atti, ablit in alium
locum, n6 alia tradizione cronologica, come tale, de'25 anni
di residenza romana ; si bene sopra testimonianze ben dif-
ferenti e ben piu solide di queste, come ampiamente abbiamo
mostrato.
Talch6 loro non resta altro se non una nuda affermazione
negativa, contraddetta dalle testimonianze storiche antiche.
XV.
Quanto alia seconda cosa, cioe alia venuta di Pietro in
Hoina fin dai tempi di Claudio, e quindi al determinato spazio
di 25 anni di apostolato romano (a. 42-67), confessiamo che
essa rimane solo una buona probabilita.
1 GRISAR, Storia de'Papi, vol. I, p. 418 sq.
* Dogma ecc., p. 36, 37
158 APOSTOLATO DI S. PIETRO IN ROMA
Ricapitolando le prove sopra accennate di questa proba-
bilita, esse sono : prima, le allusion! non ispregevoli ad un
apostolato di Pietro, anteriore all' anno 58, come vedemmo,
esaminando la Lettera di Paolo ai Romani ; seconda, la no-
tizia dataci da Eusebio del colloquio avuto da Filone con
Pietro in Roma ai tempi di Claudio; terza, il ripetersi con-
tinuamente ne' documenti che parlano della cattedra di Pietro
1'aggiunto « in quaprimum Romae sedit », nel che si accenna
ad una venuta anteriore ai tempi neroniani; quarta, 1'esi-
genza delle espressioni « Fondd la Chiesa romana », « Pre-
dict) in Roma quel Vangelo che Marco poi scrisse », esi-
genza che non pare esaurita colla sola venuta di Pietro in
Roma negli ultimi tempi neroniani; quinta, r episodic di
Simon Mago, (in quanto rappresenta la presenza di Pietro
in Roma, come dicemmo) che, se non tutti, almeno alcuni,
pongono ai tempi di Claudio ; sesta finalmente 6 1'asserzione
di quasi tutti gli storici del sec. IV, che dannno 25 anni
all' apostolato di Pietro.
Le quali cose spiegano anche in quale relazione sia stato
T apostolato di Pietro verso quellp di Paolo, che i documenti
talora sembrano equiparare in tutto. La relazione, cioe, non fu
solo di superiorita,per I'autoritd, ma anche pel tempo o durata
maggiore dell' apostolato di Pietro rispetto a quello di Paolo.
E ci e caro anche questo frutto secondario del nostro
studio ora che il venerando Pontefice Leone XIII e per com -
piere il 25° anno di pontificate. Fatto singolare, che da S. Pie-
tro in poi, nel corso di quasi diciannove secoli, si e verifi-
cato la prima volta in Pio IX, ed ora si ripete per la seconda
volta nel nostro santissimo Padre, Leone XIII.
IL CONGRESSO DI VIENNA E LA S. SEDE
La prima ristaurazione del Papa in Roma.
(Maggio 1814. Art. II)
SOMMAKIO.
IV. La giustizia di Dio, che si manifesta nella liberazione di Pio VII.
- V. Elenco compendiato de' sacerdoti delle diocesi romane, vittime
della tirannide napoleonica, condannati all'ergastolo, alTesilio, alia
deportazione. — VI. Differenza tra le persecuzioni violente, e quelle
che si ainmantano di legalita pacifica.
IV.
Ma oramai anche il Dio della giustizia metteva mano a
far nuove prove. A7 22 di giugno di quest'anno 1812 Tim-
peratore Napoleone bandi la guerra alle Russie: tre mesi
dopo, la citta di Mosca ardeva per flamme appiccate alle
case dagli stessi Russi! E nel mese seguente Napoleone ri-
tornava in Francia senza esercito, ma con tutto il suo or-
goglio. Ancora qualche anno, ed egli doveva bere sino al-
r ultima feccia tutto il calice delle amarezze, che aveva fatto
sorbire al Papa ed a migliaia di sacerdoti: i quali tutti,
mentre egli era inviato a' confini, ritornavano nelle loro
-terre, d'onde 1' ingiustizia e T insaziata superbia di lui li ave-
vano banditi !
E bene, 6 necessario che di queste migliaia di vittime,
dalla tirannide napoleonica mietute nel clero di Roma, pre-
sentiamo non gia un catalogo, ch& ci vorrebbe un volume !
ma un qualche saggio, a fine di poter poi dare contezza della
giustizia liberatrice e vendicatrice insieme .del Pontefice re-
stituito alia sua Roma.
Ai nostri giorni il forestiere che visiti T Italia scorge, e
<xm non poca maraviglia, nelle strade, ne' giardini, ne' musei,
160 IL CONGRESSO DI VIENNA
nelle cantonate de' palazzi, negli stipiti de' portoni munici-
pal!, nelle sagome de' monumenti, e per fino nella silenziosa
dimora de' morti, scorge statue, busti, ermeti, telamoni, iscri-
zioni..., che rammentano i nomi dei eondannati giustamente
dagli antichi governi, o come malfattori ordinarii, o come
straordinarii felloni, o come sgherri assalitori: i quali tutti
la morale de' tempi nuovi ha trasformati in eroi, dinanzi alia
cui gloria quella de' trecento Fabii o de' trecento greci delle
Termopili scomparisce e si fa piccina. In quella vece i nomi
de' sacerdoti, che per rendere testimonianza alia giustizia
soffrirono la perdita de' loro beni ed hanno incontrato 1'esilio
e la carcere, sono sconosciuti. Poco monta ! 6 questa la sorte
ordinaria, che si puo aspettare dalla giustizia umana. Affidati
tuttavolta al verdetto della giustizia eterna, la cui bilancia
non conosce ne il peso dell' interesse ne 1' influenza dell' ira
partigiana, e opera santa il precorrere anche in terra al giu-
dizio della verita suprema, con quello che in terra alcun
poco lo adombra, ossia col giudizio della storia.
II card. Pacca spediva a' 28 di maggio di quest'anno 1814
una circolare a' vescovi dello Statp della Chiesa, chiedendo
nota di quelle persone, « che all'occasione delle passate vi-
cende sono state sottoposte dall'estinto governo a varie per-
secuzioni sia di carcerazione, sia di esilio o di deportazione,
o qualsivoglia altra persecuzione penale, in odio della lode-
vole costanza e fermezza nell'osservanza delle leggi di Dio
e della Chiesa, tan to raccomandata a tutti dal S. Padre... »
A' 30 dello stesso mese, Monsignor Giovanni Barberi, av-
vocato fiscale, nel riscontrar che faceva, per la diocesi di
Roma, la nota richiesta dal Cardinale Pro-Segretario di State,
premetteva le seguenti notabilissime espressioni, le quali
hanno un sapore di alcun che di sublime nel loro genere:
« E pur sollievo al cuore di un uomo, che 6 obbligato
come lo sono io, .per ragion di uffizio ad esser sempre im-
merso neU'esame delle colpe e delli delitti altrui, ed a sen-
tire assai frequentemente i gemiti e le querele delle povere
famiglie delli delinquent!, e pur sollievo, dissi, di poter una
qualche volta fare testimonianza alia virtu ed al merito... »
E LA S. SEDE 161
Seguivano quindi i voluminosi fasci de' nomi de' sacer-
doti deportati, in adempimento degl' impazienti voleri del
despota potente. Mi contento di delibarne in queste pagine
non piu che alcuni pochi, dando delle varie liste solamente
i nomi del primo e dell' ultimo di tutti che vi sono con-
tenuti.
1. Stati romani.
(Da monsignor Barberi, 30 maggio 1814).
Nota de' Sacerdoti detenuti nell' ergastolo di Corneto.
1°). Mgr Cicalotti Ponente di Consulta.
... 32°). Filippo Evangelist! beneficiato di S. Pietro.
Nota de' detenuti nel Forte di Calm in, Corsica.
1°). Adami I). Rocco, canonico della Tolfa, diocesi di Sutri.
... 229°) Ronci Valentino, Elettore di S. Sisto.
piii 85 : con nomi e cognomi e patria, non appartenenti per 6
agli Stati pontificii.
Nota dei sacerdoti romani deportati nell'anno 1810 in Parma
e Piacenza, cd ivi restati e carcerati nel luglio 1812, e traspor-
tati nel detto anno in Alessandria nelle carceri.
1°) Francesco Lozi paroco di Salisano (tradotto in Savona 1812)
diocesi delFAbbadia di Farfa.
... 148°) Domenico Fagotti paroco di Colle Lungo (diocesi di
Yeroli) tradotto da Alessandria nel 1813 a Todi per affare di cir-
coscrizione.
2. Diocesi di Assisi.
(Dal vescovo, 20 ottobre 1814).
Nota delle persone, che hanno sofferto nello scorso governo,
della, citta e diocesi di Assisi.
le). Sac. Pietro Massichi, priore della Cattedrale, e provicario
generale di Assisi.
2°). ... Aless. Bini, canonico della cattedrale:
« Per ricusa del giuramento privati de' beni di Chiesa, deportati
a proprie spese in Piacenza, quindi passati in Bologna, rinchiusi,
privati di pensione, ad tempos col solo pane e acqua, impediti ad
tempus di dir messa, in fine trasportati in Corsica e malissima-
mente dal Governo trattati.
... 57°). « Signor Vincenzo Lorci di Linigiano (dioc. di Assisi) ;
unico non sacerdote o religioso.
« Per la ricusa di essere uno de7 Savj cosi detti, carica esibitagli
nell'estinto Governo, condannato in Corsica, e sotto la confisca di
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 11 8 gennaio 1902.
162 IL CONGRESSO DI VIENNA
tutti i beni, benche avente la madre vecchia, moglie giovine, e
figli piccoli, e malissimamente dal detto Governo trattato. »
3. Orvieto.
(Dal Yescovo, 19 luglio 1814).
Lista dei deportati delta diocesi di Orvieto.
Sacerdoti o religiosi. 1). Duranti Pasquale, arcidiacono della
cattedrale, deportato in Piacenza e Alessandria.
... 43°). Febei Filippo, agostiniano ex- provinciate, private della
pensione ; e morto.
44°). Ravizza Francesco, nobile. Gli furono conn'scati i beni, e
fu costretto a salvarsi colla fuga.
52°). Onori Tommaso, Pro-Vicario generale. Soffri viaggi e stra-
pazzi, e fu anche arrestato ed alfine costretto ad allontanarsi, per
non aver voluto ri^onoscere il vescovo di Citta della Pieve, e re-
sistito ad altri ordini del Governo.
Secolari... 56°). Si aggiunge in ultimo il sig. Raniero Friggeri,
nobile Perugino, il quale sebbene d'altra diocesi sofferse in questa
1'arresto, e ne fu da gendarmi condotto via per aver portato da Pe-
rugia un plico, in cui il Pro-Yicario Raffaele Lambruschini arre-
stato cola provedeva a'bisogni di questa diocesi.
E dovuta alia nobilta in generale 'e alia citta tutta la testimo-
nianza di uu grande attaccamento al Governo pontificio, cosi che
dai partigiani francesi era chiamato un popolo brigante.,.
4. Ascoli.
(Dal Yescovo, 12 luglio 1814).
Elenco di quelli della diocesi di Ascoli, tanto ecclesiastici che
secolari, quali neWabolito governo francese hanno sofferto rilega-
zioni, esili e vessazioni per la costanza nel sostenere le leggi di
Dio e della Chiesa.
1°). Francesco Demarco, Yicario generale di Ascoli. Fu ob-
bligato lasciar 1'impiego, perche ferrno a sostenere in alcune cir-
costanze le leggi ecclesiastiche, e quindi dopo varie vessazioni ebbe
1'esilio da tutto il regno italico.
... 14°). Marcantonio Brandi. Scelto per Maire del proprio paese
fu chiatnato in Spoleto per il giuramento. Egli si ricus6. Fu ini-
nacciato e posto in carcere, ma egli fu sernpre costante nella ne-
gativa. Fu liberate, e dichiarato incapace di qualunque impiego,
locche egli desiderava.
E LA S. SEDE 163
5. Pesaro.
(Dal vescovo, Mgr. Andrea, 23 giugno 1814).
Foglio dimostrativo (sic) le persone vessate nel passato governo.
1°). Francesco Albertino... non avendo voluto prestare il giura-
mento fu destituito col massimo svantaggio della sua famiglia.
... 8°). II mio Yicario generale, Francesco Maria Fontana da
Soriano, diocesi di Orte, il quale con prudenza e zelo nella mia
deportazione a adempite le mie veci, due volte e stato soggetto a
processure politiche, ed angustiato replicate volte con rimprovero
e minacce dalle autorita in allora potenti.
Yi sarebbero in Pesaro anche altri curiali ed artisti, che per
non aver voluto prestar il giuramento non anno potuto ottener alcun
impiego, e nettampoco esercitare la professione, a cui erano addetti,
e percio sono caduti in miseria.
Nella lettera al cardinal Pacca osserva, che : « Se non si avesse
qui avuto la sorte di eludersi dal giuramento, sono persuasissimo,
che il Capitolo delia mia cattedrale come anche quello della Col-
legiata di S. Angelo in diocesi, i parochi, gli economi deputati alle
parochie vacanti, ed altri benefiziati avrebbero dato un numero
abbondante d'individui, che seguito avrebbero 1'altrui esempio, so-
stenendo qualunque penalita piuttostoche disubbidir al Beatissimo
Padre. »
6. Sanseverino.
(Dal vescovo, 20 giugno 1814).
Dice vche da informazioni prese, alcuni furon© carcerati, non si
sa perche motivo. « Nessuno mi ha detto di essere stato soggettato
a qualche vessazione in odio della sua costanza e ferrnezza nel-
1'osservanza delle leggi di Dio e della Chiesa. » Tuttavia ha fatto
pratica con un impiegato della segreteria municipale, e ne ha avuto
segretamente i fogli che spedisce. In uno di questi e citato un de-
creto, con cui il viceprefetto di Tolentino dichiara che sieno scar-
cerati alcuni sacerdoti e religiosi, parte per titoli non sufficient!,
parte perche altri fanno sicurta per essi (7 agosto 1809).
I carcerati sono 11 nell'uno e 9 nell'altro foglio.
7. Sinigaglia.
(Da D. Yincenzo Arcidiacono, Yicario generale, 19 luglio 1814).
Elenco delle persone, che sotto I'estinto governo italiano fran-
cese hanno sofferto persecuzioni nell' individuo } o che sono stati
spogliati dei loro impieghi.
1°). D. Francesco Pagani, economo spirituale di S. Lucia di
Montalboddo, ha sofferto una lunga e penosa carcerazione, come
164 IL CONGRESSO DI VIENNA
supposto reo di cospirazione contro 1'estinto governo, conosciuto poi
innocente. Esso ha avuto delle amarezze con li fabbricieri della
parrocchia, e col delegato di polizia del paese per sostenere 1'in-
dipendenza delle funzioni di Chiesa da' medesimi.
... 9°). II canonico Sinibaldi Kaffaele ne' primi mesi dopo il cam-
biamento del governo... corse pericolo d'essere processato dall'alta
polizia, come supposto reo di scrivere e ricevere notizie allarmanti
dal proprio Emo Ordinario.
8. Fano.
Nota de' condannati.
(Da D. Francesco Maria vescovo, 12 giugno 1814).
I sacerdoti non ebbero occasione di sevizie, « perche 1'ordine
dell'illecito giuramento non fu esteso che ai soli vescovi. » Dice di
Antonio Torchielli, arciprete di Mandario, il quale, dopo 1' infernal
sacrilegio comniesso per 1'arresto e deportazione di Nostro Signore,
avendo rifiutato di cantar 1'inno ambrosiano per le vittorie ripor-
tate in Austria da' nemici di Pio e della Chiesa, fu incatenato nella
citta di Senigaglia. « Fu poi liberato, perche fu riconosciuto aver
egli ubbidito a una lettera del vescovo.
« Avendo tutti i sacerdoti ex-gesuiti spagnuoli, qui da tanto
tempo dimorati, fermamente ricusato di prestare il giuramento, fu-
rono non solo privati della pensione, rna condannati eziandio al
carcere. Trovandomi perd in quel tempo ancora al governo di que-
sta Chiesa, potei interessarmi per loro, e in luogo della carcere
formale, furono concentrati nel Seminario. Tre solamente di questi
sopravivono e sono: Emanuele Mariano d'lturiaga, D. Francesco
Yillalobas, D. Giovanni G-arzia. »
Avea poi i nomi di quattro signori, che per ricusare il giura-
mento perdettero impiego, chi di cancelliere, chi di segretario.
9. Sutri.
(Dal vescovo, 11 giugno 1814.)
Nota dei deportati e detenuti in carcere.
1°). Francesco Ferrajoli, arciprete della cattedrale di Sutri.
... 23°). Gius. Scribani, arcipr. e parroco di Bassano, diocesi di
Sutri, rilegato in Piemonte.
Ricusarono il giuramento e si sottrassero colla fuga
e col nascondersi:
1°). Luigi Buttaoni, Rettore e parroco della Collegiata di Tolfa
(diocesi di Sutri).
E LA S. SEDE 165
... 6°). Antonio Franci, arciprete parroco di Filacciano (diocesi
di Sutri).
Si aggiungano altri ecclesiastici, i quali per non mai prestarsi
al canto del Te Deum, quale veniva loro ordinato dalle autorita
del governo francese, furono piu volte fuggiaschi.
7-8°). Yincenzo Miscetti, Yincenzo Corinti, beneficiali nella Catt.Ie
Altri per essersi ritrattati fin da principio, conosciuto 1'errore,
dovettero partire dalli rispettivi posti, e sono:
9-10°). Anastasio Yittori, canonico nella cattedrale di Nepi.
Pietro Paolo Tiraterra, idem.
10. Macerata.
(Dal vescovo, 10 giugno 1814).
1°). Gaspare Taller, impiegato nell'officio delle poste : condannato
per non prestato giuramento... caduto quindi nella miseria.
... 4°). Lorenzo Belli di Urbisaglia, gia governatore di Subiaco,
soggetto abbastanza noto in Koma, come ancora son note le sue
grandi vessazioni sofferte.
... 7°). Conte Filippo Spada, domiciliato in Macerata, fratello del
€onte Grirolamo. II qual conte Filippo ha ricusato di prestare il
giuramento, che gli si richiese come a professore di disegno nel
cosl detto Liceo; ed ha percid dimesso 1'esercizio, e rinunziato cosi
all'emolumento.
8°). Mi pare che io non debba lasciar di nominare il sig. Don
Crispino Luciani, can. di questa cattedrale, il quale ricusd di aver
parte alcuna nell'm^'n^o, ecc. e per tal motivo restitit in faciem
di tutto il capitolo, e di un Prefetto, di cui comunemente si aveva
molto timore.
9°). II sig. Marchese Sigismondo Bandini non ha bisogno che sia
da me menzionato, essendo abbastanza conosciuto per la sua pro-
bita ed attaccamento alia buona causa, e per i danni considerabili
sofferti. Tuttavia perche egli e patricio di questa citta, ed ha molti
possedimenti nella diocesi, mi pare che meriti di esser qui da me
nominato.
... 13°). Pantaleone Pantaleoni, avvocato... che per non aver vo-
luto giurare, non pote piu comparire col suo nome nel foro...
11. Fermo.
(Dal card. Brancadoro, 9 giugno 1814).
Elenco delle persone cosl ecclesiastiche come laiche... che furono
sottoposte dal Governo a varie vessazioni penali in odio della co-
166 IL CONGRESSO DI VIENNA
stanza e fermezza loro nella osserranza delle leggi di Dio e della
Chiesa.
1°). Mgr G-ius. Colucci, vi carlo generale, defonto... Satollato di
amarezza in odio della sua rappresentanza... caduto in una leggera
indisposizione di salute, ebbe in sua casa giacendo in letto una
forte, inurbana e minacciosa invettiva dal segretario generale della
prefettura, Giulio Pagani, per cui si aggravc) all' istante la sua in-
ferrnita, ed in pochi giorni mori vittima della passion d'animo, che-
dovette sorbire.
... 22° e 23°). Le famiglie patrizie Bernetti l e Matteucci — -
... Nessuno degli individui che le compone, ha il minimo neo. Tutti
si sono distinti per Taperta contrarieta a tutte le innovazioni, e per
1'attaccamento alia religione e al Sovrano legittimo. Per queste reita
combinate co' rapporti della loro parentela colla famiglia del card. Ar-
civescovo furono ambedue in complesso, ed in ciascuno de' loro in-
dividui tenute sempre di mira, sorvegliate minutamente dalla Poliziar
porseguitate, esposte a contribuzioni ed aggravj, ed obbligate a con-
dursi nella maniera la piu circospetta e riservata anche in tutta
ci6 ch'e indifferente.
12. Fuligno.
(Dal vicario generale, Giustiniano Poggi, non essendo ancora
ritornato .il vescovo, 7 giugno 1814). ,
I. Persone secolari, deportate in Spoleto, con confisra di beni*.
1°). Gregorio Narici, notaro, archivista causidico...
... 4°). Yincenzo Gallicani notaro, causidico, con 6 figli inabili
a procacciarsi il yitto, deportato e carcerato, e confische...
II. Religiosi... deportati e carcerati...
1°). P. Bonaventura Mattei, minore conventuale, parroco della
Chiesa di S. Andrea di Spello... in Piacenza ed Alessandria.
... 7°). R. Luigi Spoletini... religioso cappuccino, guardiano nel
convento di Bevagna... in Bastia di Corsica.
III. Sacerdoti... deportati e carcerati per non giuramento.
1°). D. Silvestro Sodi... parroco della Chiesa di S. Maria Mad-
dalena di Fuligno... in Bastia di Corsica.
... 40°). Can. Attilio Sbillacci... in Bologna poi a Imola.
1 « Bernetti Pacifico, nipote del Cardinale Brancadoro per parte di
sorella... Infermo gravemente fu strappato da letto in Monte Tiore, mal-
menato nella strada di S. Benedetto da Gendarmi... non pote continuare :
le lagrime de' parent! ottennero che si presentasse alia polizia di Fermo t
fu invigilato ! (era condannato alia deportazioue in Ancona). »
E LA S. SEDE 167
13. Amelia.
(Dal vescovo, 4 giugno 1814).
1°). II Priore D. Mario Lancia, deportato in Piacenza e Bologna
•e poi in Calvi.
... 10°). D. Yincenzo Patrassi, come provicario... in Civitavec-
chia, indi a Corneto.
14. Acquapendente.
(Dal vescovo, ... giugno 1814).
Sacerdoti. 1°). D. Andrea Astrei... lasciato dal vescovo che fa
relegato in Francia, come vicario generale... benche settuagenario,
deportato in Parma, Piacenza, Bologna, dove fu cacciato nelle pub-
bliche carceri.
... 5°). Carlo Yitali, cappellano curato... « deportato in Parma,
Bastia, e quindi in Caprain, dove, oltre 1'essere stato per giorni 84
alimentato a solo pane ed acqua, fa posto in un profondo di car-
•cere cosi umido, che vi contrasse una malattia che lo ridusse al-
1'estremi. »
Secolari. 1°). Dionisio Leali, patrizio della Citta di Acquapendente,
incontrd « una penosa ed umiliante carcerazione di giorni 45 nelle
pubbliche carceri di Yiterbo e di Koma, con pericolo di lasciarci
la vita e con gran timore di subire un'ingiusta condanna anche di
morte, se in tempo la Providenza non avesse fatto cessare il detto
governo. E di piu gli venne strappato un figlio dal seno, e portato
alia guardia di onore con dispendio gravissimo di un padre gra-
vato di una numerosa famiglia di 8 figli. »
... 3°). Giuseppe Chierici... cancelliere del Yescovo... notabilmente
pregiudicato nell' interesse.
15. Terracina.
(Dal vescovo, Mgr Franco, 5 giugno 1814).
Nota de' deportati per effetto della tirannide napoleonica :
1°). D. Silvio Fasci... arciprete della Cattedrale... deportato in
Bastia e Calvi.
... 8°). D. Yincenzo Mastranni... can.60 profugo e nascosto...
Non da nota de' secolari « non essendovene alcuno, che abbia
sofferto per i motivi indicati. »
NeU'elenco dell'ostracismo, onde per effetto dell' ira ti-
rannica furono colpiti molti e molti cittadini tanto del clero
come secolari, trovo molte citta e molti paesi, delle quali e
<ie' quali presento qui il nome alia rinfusa, come li ho rin-
venuti nell'archivio Vatican o.
168 IL CONGRESSO DI VIENNA
16. Canino.
Ecclesiastici. I canonic! : 1) Agostini, 2) Cupidi, 3) Marinacci,
4) Miccinelli, 5) Paolucci, 6) Fabiani, 7) Conti, 8) Scaglioni, 9) 1'ar-
ciprete Marini, capo della Collegiata di Canino. A riserva delli ca-
nonici Paolucci e Fabiani, che per 1'eta avanzata in cui si trova-
Tano non furono deportati — tutti gli altri furono deportati in
Parma, in Genova e parte in Corsica. Non considerando un certo
Can.0 Ansuini, che per timore si ritrasse, tutti hanno patito e sof-
ferto immense persecuzioni e danni calcoiabili, e nella loro persona
e nell' interesse. Due per6 rimasero vittima della crudelta del Go-
yerno, e furono il Can.0 Conti, che cadde nell'atto che lo deporta-
Tano e si ruppe una gamba, che poi nella rottura vi concorse 1'in-
fiammazione che gli cagiond la morte ; e 1'altro fu 1'arcipr. Marini,
zio del Can.0 Spaccati nominate, che dopo molti patimenti se ne
mori in Parma.
17. Ischia.
1°). L'arcipr. Michel Angelo Calmet.
2°). Sebastiano Baldeschi, secolare.
3°). Tarossi d'Ischia, Governatore di Latera.
18. Cellere.
1°). L'arciprete Pazzaglia... « per antistare al vizio ha patito
moltissimo. »
19. Onano.
1°). II pievano Ferri... privato d'ogni rendita ed esercizio della
parrocchia...
20. Proceno.
Sacerdoti. 1°). Pievano D. Domenico Guglielmo... in Piacenza ed
Alessandria.
... 3°). Sac. D. Giuseppe Favilli... in Parma, in Bastia, in Corte.
Secolari. Paolo Petri di Proceno, Governatore di Onano.
21. Alatri.
1°). D. Bernardino Yecci.
2°). D. Franco dell'Oro.
22. Albaiio.
1°). D. Giuseppe Pezzi.
2°). D. Yincenzo Bassetti.
23. Marino.
1°). D. Vincenzo Bassetti.
24. Bagnorea.
1°). D. Nicola Lucci.
... 6°). D. Aless. Pressuti.
E LA S. SEDE 169
25. Civita Castellana.
1°). D. Luigi Falaschi.
... 4°). D. Yincenzo Chiericozzi.
26. Citta della Pieve.
1°). D. Antonio Tassi.
27. Corneto.
1°). D. Michele De Domnis.
28. Farfa.
1°). D. Domenico Costantini.
2°). D. Franco Lozi.
29. Ferentino.
1°). D. Yincenzo Milizia.
2°). D. Michelangelo de Nardis.
30. Sabina.
1°). D. Giuseppe Mariannoni.
... 11°) D. Leopoldo Cicconetti.
31. Montefiaseone.
1°). D. Angeiantonio Damiani.
... 5°). D. Girolamo de Angelis.
32. Narni.
1°). D. Leopoldo Ceccarelli.
... 3°). D. Carlo Ruggieri.
33. Nocera.
1°). D. Carlo Fabj.
... 12°). D. Orazio Porta.
VI.
Quanto precede e stato ricavato dalle stesse lettere origi-
nal! dei vescovi, o dei vicarii general! delle diocesi romane,
i quali inviarono alia S. Sede i nomi di que' sacerdoti, che
dagli anni 1809-1814, soffrirono la persecuzione violenta del-
Timperatore Napoleone. Dalla lista compiuta di queste vit-
time della prepotenza e deH'assolutismo di quel vero perse-
cutore, furono poi ricavati e composti varii cataloghi, in cui
quegl'illustri perseguitati figurano non piii dal luogo dei loro
paesi natali, o delle diocesi in cui esercitarono il sacro mini-
stero, ma da quello in cui varii di loro si trovarono riuniti,
come in luogo di pena. Questi cataloghi si trovano essi pure
nelTArchivio Vaticano, in carte sparse, le quali danno a ve-
dere un lavoro piuttosto abbozzato, che finite. A ogni modo
170 IL CONGRESSO DI VIENNA E LA S. SEDE
dimostrano in una sintesi piu chiara, perch6 di campo ri-
stretto, il numero grandissimo de' gloriosi sacerdoti romanir
ehe si mautennero fedeli al loro dovere, di contro alle pene^
che furono loro intimate, di esilio, di prigionia, di ergastolo *
Ne do il piccolo compendio seguente:
Nota degli ecclesiastici deportati all' ergastolo di Corneto
e ml forte di Calvi in Corsica.
(Come a pag. 161).
Nota de' deportati in Bastia di Corsica.
1°). Aristei D. Francesco, parroco (diocesi di Assisi).
...75°). Yenanzi D. Niccola Can.0 di Bagnaja (Yiterbo).
In Porto Ferrajo.
1°). Broccatelli, Can.0 di Bastia, (diocesi d'Assisi).
... 5°). Prosper uzzi Costantico, Can.0 di Gradoli (Montefiascone).
Nell'isola di Capraja.
1°). Ancajani D. Mario, Can.0 di S. Pietro in Yaticano.
... 37°). Astolfi D. Natale, Can.°della Collegiata di S.Gemini (Narni).
In Corte di Corsica.
1°). Benedetti sgr Luca-Antonio, Cariale romano.
...42°). Zino Fr. Giacomo di Genova, Converso Professo.
Cosi, nelle sole diocesi di Roma, comprendendo il Papa,.
e quasi tutti i Cardinal!, i monsignori, i sacerdoti, e gli an-
tichi impiegati nella famiglia pontiflcia, troviamo che il nu-
mero delle vittime della tirannide napoleonica oltrepass6 i
SEICENTO !
Da questo grande numero di condanne e di condannati
dalla violenza persecutrice, si scorge come Iddio e provvida
nel governo della sua Chiesa. Le persecuzioni violente, di legge
ordinaria, sempre durarono poco. La piu lunga di tutte, quella
ck>6 di Diocleziano che duro 10 anni (303-313), fu straordi-
naria addirittura : ma straordinario del pari ne fu Tesito, per-
ch6 con la vittoria e con la pace di Costantino cornincio per
la Chiesa un trionfo, che non finira mai.
Piu temibili, perche piu ingannevoli, sono le persecuzioni
velate, lente, e sottili de' tempi moderni. Ma Iddio non conta
il tempo: e la Chiesa deve certamente trionfare di- queste,,
coine riusci vincitrice delle ire de' vecchi Cesari !
IL CAPORALE TRASTEVERINO
XI.
Le sfilate!
Chi avesse visitato Roma negli ultimi mesi deirautunno
•del 1797, non avrebbe piii riconosciuta la capitale del mondo
cristiano. Quella Roma, che nel decorso degli ultimi venti-
cinque anni era stata il convegno e la dimora di quanto c'era
in Europa di uomini e donne segnalati per lignaggio di na-
tali altissimi, o per coltura di scienze e di arti ; quella Roma,
che aveva accolto T imperatore Giuseppe II, la sorella Maria
Oarolina impalmata al fanciullo Borbone di Napoli, e piii re-
centemente entrambi i sovrani napoletani reduci da Vienna ;
che aveva trattato con nobilta e con amore Gustavo III di
Svezia, e il figlio dell' imperatrice Caterina di Russia, ora
Paolo I imperatore ; che aveva ospitato gia prima i principi
Oiacomo ed Enrico, padre e figlio esuli Stuardi ; e poscia
accoglieva le principesse sorelle dello sfortunato Luigi X\7T,
e i costoro parenti duca e duchessa di Chartres con la nu-
merosa figliuolanza, governata da una certa signora di Gen-
lis ! che aveva sviluppato gl' ingegni, e dato cagione alle opere
immortali di Winkelman, di Mengs, di Angelica Hoffmann ;
che aveva dischiuso alia mente meditabonda di Volfango
"Goethe nuovi orizzonti incogniti di poesia, di arte, e di amori ;
c che allora ricettava tuttavia nel suo seno Antonio Canova,
il prossimo restitutore dell'antica arte greco-romana: quella
Homa... non esisteva piii !
L'autunno di quest'anno 1797 presentava il degno riscontro
della primavera, che fu la piii lugubre delle stagioni fiorite,
che mai avessero funestato le terre germoglianti sotto il di-
lettoso cielo del Lazio ! Ne' mesi passati dal marzo al luglio
172 IL CAPORALE TRASTEYERINO
di questo disgraziato anno si compl 1' opera del piii nefando
ladroneccio, che fino a quell' epoca avesse mai contaminato
i fasti delle generazioni umane dell' Europa e del mondo
cristiano !
Un bel giorno la popolazione di Roma vide sfilare, lungo
la parte della via Angelica, che tra il Tevere e la pianura
della Farnesina corre sotto monte Mario sino a ponte Moller
vide sfilare una cinquantina di carri tirati da buoi e da eavalli,
scortati da doppia fila di dragoni e di ussari con pennacchi e
nappe tricolori. Che cosa portavano ? II gruppo del Laocoonte,
1' Apollo del Belvedere, 1'Antinoo, 1'Apollo musagete, la Mel-
pomene, la Cerere colossale, e le colossali figure del Tevere
e del Nilo... La trans figurazione... di Raffaele, strappata da
S. Pietro in Montorio; la comunione di S. Girolamo... del
Domenichino, cavata dall'arciconfraternita di S. Girolamo
della carita ; la Santa Petronilla del Guercino ; il S. JKo-
mualdo di Andrea Sacchi...: cento oggetti di questa fatta,
ossia cento tesori! la sola ricordanza rinnova nel pensiero
Torrore !
Un altro giorno un capitano pontificio, di nome Crispoldi,
guidava alia volta di Foligno un convoglio di piii carri ti-
rati a piu cavalli, e scortati da gente armata. Contenevano
casse di varie dimensioni, sulle cui chiusure vedevansi i sug-
gelli della camera apostolica e quelli della repubblica fran-
cese. Che cosa nascondevasi in quelle casse ? Quindici mi-
lioni di oro e di argento in verghe ! Frutto degli spogli dei
milioni in oro depositati in Castel S. Angelo da Sisto V;
degli spogli de' quattro triregni, opere di immenso valore e
di arte squisita del Cellini, chiuse in cassoni nello stesso Ca-
stello, con altri ricchissimi oggetti ivi racchiusi e consegnati
da' pontefici Innocenzo VIII, Giulio II, Leone X, Clemente VII
e VIII, Pio V e Paolo V..., i quali oggetti erano rimasti salvi
dall'oscena rapina de; soldati del Borbone; degli spogli del
Monte ; degli spogli degli ori e delle argenterie de' cardinal!,
e delle famiglie patrizie di Roma!
E ire' giorni della prima quindicina di aprile, altri ufficiali
I
XI. LE SF1LATE !
173
174 IL CAPORALE TRASTEVERINO
pontificii accompagnavano altri piccoli convogli, diretti a Pe-
saro ed a Rimini; portavano essi pure varie cassette imbal-
late, coperte e custodite con gran cura. Che cosa contene-
vano ? II valore per quattro milioni di perle, pietre preziose,
e diamanti, che contate alia spicciolata darebbero la seguente
somma: diamanti, 386; topazii, 107; smeraldi, 331 ; rubini,
692; balasci, 44; zaffiri 208 ; grisoliti, acquemarine, giacinti,
ametiste, ed altre con altri nomi passavano il numero di 500 !
II triregno, fatto per ordine di Giulio II, conteneva: 3
diamanti di rara grossezza, 36 fra mezzani e piccoli, 24 gross!
balasci del Mogol, 22 zaffiri orientali grossissimi, 24 smeraldi,
12 rubini .grand! e 2 piccoli; molte perle orientali scaramazze,
a gocciola, tonde, e alcune grossissime ; 1' iscrizione, che
Pio VI vi aveva fatto girare intorno, era scritta a lettere di
diamanti, tagliati a posta; in alto dominava una croce di
diamanti, e vi splendeva al piede uno smeraldo enorme, del
peso di carati 405.
II triregno di Paolo III Farnese, aveva i gigli dello stemma
formati con zaffiri orientali. Gli furono aggiunti (nel 1789) 5
diamanti grossi, 14 mezzani; 14 balasci grandi del Mogol,
4 mezzani ; 10 rubini tra grossi e mezzani, e 483 mezzanelli ;
184 zaffiretti ; 50 smeraldi grossi e mezzani ; 20 acquemarine,
di cui 2 grosse; 40 grisoliti di cui 4 grossi; 12 topazi grossi,
28 mezzani ; 8 giacinti crisopazj de' quali due grossi ; 2 ama-
tiste grosse assai, 8 mezzane; 24 perle grosse pendenti; i
sei cordoni delle fasce erano tempestati di perle; 1' iscrizione
componevasi di rubini orientali ; e la croce, tutta di diamanti
con testate di rubini, portava alia base un grosso balascio
del Mogol.
Nel triregno di Clemente VIII luccicavano oltre un gran
numero di varie perle infilate ne' cordoni delle fasce, 9 dia-
manti grossi; 237 tra diamanti mezzani, zaffiri orientali,
balasci del Mogol, smeraldi, giacinti, topazj, granate, ama-
tiste; ed 1 rubino orientale di primo colore.
Nel triregno di Urbano VIII si vedevano scintillare alia
vista: 1 diamante grosso a goccia, e 79 mezzani; 258 zaf-
xi. LE SFILATE! 175
firi di varia grandezza ; 50 balasci ; 3 rubini grossi, e 378
tra mezzani e piccoli ; 256 sineraldi, varii ; 67 topazi ; 257
grisoliti, varie ; la croce intarsiata di diamanti portava sulla
base 1 balascio grosso orientale.
Aggiungansi a cio 4 grosse pigne di perle oriental!, che
componevano un gran bottone di piviale che si diceva for-
male ; un anello con grosso diamante ; una croce pettorale
tempestata di zaffiri bianchi, legati a giorno, con brillantini
nel circuito: opere fatte fare da Pio VI.
II formale da Clemente VII comandato a Benvenuto Cel-
lini con 500 ducati d'oro di camera, conteneva nel mezzo un
diamante che pesava 136 grani, e quinci e quindi a corona
2 zaffiri orientali purissimi, ed altre gioie diverse : vero gio-
iello d'arte deir ingegnosissimo Benvenuto!
Tutto questo mondo di pietre preziose, con quelle del te-
soro di Loreto, la cui sola opera di staccamento costo ai
gioiellieri del palazzo pontificio il lavoro di dodici giornate...
tutto questo mondo ando a finire nelle mani dei giacobini pre-
dicatori dell'uguaglianza! Oh amabile repubblica liberatrice !
Nel giorno ottavo di luglio furono messi in casse, imbal-
lati, e spediti cinquecento manoscritti, carpiti a scelta dacom-
missarii francesi, che il nome sempre onorato di savants
bruttarono colle geste di Caco! Nel qual giorno il card. Borgia,
e i monsignori Marini e Cancellieri, uscendo dalla biblioteca
Vaticana furono visti a piangere come fanciulli ! Iddio aveva
gia chiamato a se il cardinale Garampi, se no sarebbe morto
per dolor e.
Nella giornata dei 15 dello stesso mese si vide il Cacault,
per tempo destatosi, accudire alia spedizione per porta Salara
e quindi lungo le mura per via Flaminia, di 1600 cavalli in
gran parte bardati, e in parte scussi colla sola cavezza :
erano stati rubati dalle rimesse del Papa, de' Cardinal!,
de' principi romani, per essere consegnati all'esercito della
repubblica francese!
Per ultimo verso i primi d'agosto la popolazione romana
osservo il ministro della gran repubblica francese, Cacault,
176 IL CAPORALE TRASTEVERINO
rincasare di buon mattino stropicciandosi le mani: eracontento!
Aveva assistito alia sfilata delle seguenti compagnie, incam-
minate alia volta di Bologna, le quali si componevano pri-
mieramente : « di sei tori assai belli; in secondo luogo, di
dodici vacche della stessa specie ; in terzo luogo, di dodici
bufale; in quarto luogo, di sei bufali... per abbellire le razze
galliche-giacobine- bovine... per disposizione del ministro del-
r inter no 4. »
Per lo spettacolo delle quali cose tutte, viste da tutta la
cittadinanza romana per lo spazio di mesi parecchi, nella
citta regnava un cupo silenzio, una tristezza affannosa ! Si
sarebbe detto, che un funereo lenzuolo si fosse disteso sopra
I1 immenso gruppo delle case che si accoglievano alle falde
de'sette colli. Nelle case, nelle piazze, nelle adunanze, ne'rnotti
famosi romaneschi, non si ragionava d'altro se non delFim-
mensa, crudelissima, inaudita rapina commessa contro un
popolo inerme ed innocente dai veri barbari, discesi in Italia
1 Cotebti animali erano gi& stati scelti e determinati in mensura et
numero, sino dall'agosto dell'anno passato 1796, quando il direttorio non
aveva per auco infranto 1'armistizio di Bologna, col pretendere che il
Papa adorasse quello che aveva bruciato, cioe che riprovasse la con-
danna della Costituzione civile del clero da lui lanciata secretamente
a' 10 marzo del 1790, e poi solennemente nel marzo e nel giugno del 1793.
II documento originale, con cui chiedevansi que' capi cornuti, sottoscritto
da' coinmissarii, che erano il fiore degli scienziati francesi, e il seguente,
ritrovato da me in un mazzo di carte nell'Archivio Vaticano :
Les commissaires a M. Franchi (incaricato pontificio).
Le 4 fructidor, an 4>™ de la republique [21 aout 1796. V. S. (vieux
style}].
La Commission des arts demande a Monsieur Franchi pour la Re-
publique francaise:
1°). Douze taureaux et vingt quatre vaches d'undge et d'une espece
convenables pour perfectionner la race.
2°). Quattre Buffles males et femelles et deux buffles femelles, ega-
lement jeunes et de belle espece.
Ces betes sont destinees les premieres pour le departement de Mon-
Blanc, les dernieres pour le departement de I'Ain qui en est voisin.
M. Franchi voudra bien s'occuper du choix et des dispositions neces-
saires, pour que le depart se fasse promptement et que le passage des
montagnes puisse avoir lieu avant la neige ; et il se chargera du soin de
la conduite jusqu'a Bologne.
xi. LE SFILATE! 177
per apportare la felicita agli Italian!, secondo i loro paroloni
accolti a bocche spalancate da stupidi e diabolic! patriotti,
ma in verita per seminar vi la discordia, 1'apostasia, il ladro-
neccio, e il bastardume, per impoverire le popolazioni, e
per rubare, rubare, rubare !
Oh ! il male seminato in Italia da quelle orde di giacobini,
capitanate da un Buonaparte, fu immenso sotto ogni rispetto,
fu incalcolabile a dirittura !
E che fare contro la forza preponderate, che ad un la-
mento ti fa balenare la lama snudata delle spade, e scintil-
lare il lampo de' cannoni pronti ad incenerire case e citta,
e sotto le macerie seppellire uomini e donne e fanciulli in-
nocenti, come fu fatto a Pavia, come fu fatto a Lodi, come
fu fatto a Reggio?
Per cio gli uomini fremevano per le strade di Roma, ma
si guardavano muti ed impotenti, ne sapevano mormorare
se non sorde parole di vendetta, o inchinare i capi, escla-
mando a mezza bocca: flagello di Dio!
xn.
« Un cardinale assassino ».
Alle 20 di notte del di 13 novembre di quest'anno 1797
era uri gran concorrere in casa Altieri di gente magnatizia,
di parenti, di amici, di conoscenti, di qualche ambasciatore
di corte straniera. Convenivano tutti a congratularsi con la
principessa Marianna, tornata di fresco dalla villeggiatura
di Albano, dove insieme colla famiglia aveva passato i due
mesi di settembre e di ottobre nella grandiosa e classica villa
degli Altieri.
Nella grande sala dipinta dal Maratta erano convenute e
stavano discorrendo la principessa Marianna Borghese, gia
anziana ma tuttora aitante, la vecchia principessa Cornelia
Barberini che portava con decor o i suoi ottant'anni, la du-
chessa Lante, bella signora, e madre di una fanciulla ancora
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 12 8 gennaio 1903.
178 IL CAPORALE TRASTEVERINO
piii bella, la principessa Giustiniani, 1'Aldobrandini, la Ga-
brielli, la duchessa di Fiano, e Tinevitabile principessa Santa
Croce con a lato T inseparabile cavaliere Nicola di Azara,
ministro in Roma della maesta cattolica di Carlo IV. Vi si
trovavano pochi signori romani ; c'era il principe Agostino
Chigi, con la principessa Amalia Barberini sua moglie, qualche
monsignore, e due cardinal!, il card. Stefano Borgia, prefetto
di Propaganda, e il card. Gian Francesco Albani, decano del
Palazzo Altieri
sacro collegio. II Borgia aveva rappresentato il principe di
Sassonia, nella celebrazione del matrimonio della figlia di lui
Marianna col principe Altieri, accaduto quattro anni prima,
II card. Albani era amico di casa Altieri da oltre una
quarantina di anni. Era egli uno degli uomini piii segnalati>
e piii influenti di Roma. Cresciuto nel seminario romano sotta
la disciplina de' famosi gesuiti, che avevano dato a quel se-
minario la fama del primo collegio di Europa, egli per re-
lazioni di sua famiglia con Stanislao re di Polonia, era stato
creato cardinale a 27 anni : ora ne contava 77 ! BelFuoma
un tempo, dotato di una facondia straordinaria, franco e ge-
neroso, era capital nemico dell'impostura e delle soperchierie,
Per questo fu sempre nemico de' nemici del partito che sina
XII. (( UN CARDINALE ASSASSINO » 179
tTallora dicevasi gesuitico ne, ad esempio di tanti altri prin-
cipi, aveva ceduto alle minacce spagnuole, col cessare le
antiche relazioni che aveva co' gesuiti. Ed ora, confidando
neir Austria e in Napoli, detestava cordialmente il direttorio
tlella repubblica giacobina, avversava il Buonaparte, ed ab-
borriva con tutta ranima le nuove massime di liberta appunto
perche, tutte impostura ed ipocrisia, venivano imposte dalla
forza e sparse con quella maniera libera e graziosa, che e det-
tata dalla baionette e da' cannoni. II card. Albani conosceva
molto bene i giacobini, i loro direttori della Senna, e il loro
condottiere in Italia. Ma ne era pure conosciuto : e direttori e
eondottiere gli portavano il piii cordiale odio delmondo. Quindi
egli si aspettava da quella genia ogni piii barbaro tratta-
mento. E spesso, valicando porta Salara, quando contemplava
la splendida villa in via Salaria, dove lo zio Alessandro Albani
aveva profuso tanta ricchezza e squisitezza di arte in statue,
pitture, e giardini, spesso fu udito ad esclamare : - - Oh !
quelle statue dove andranno a finire !... — Ne s'ingannava...
Egli nel lungo tempo della sua gioventu aveva, tra le
altre, coltivato specialmente 1'amicizia della principessa Livia
Borghese, sposata al principe Altieri e viva tuttora e pre-
sente ; di (liulia sua sorella, sposata al principe Chigi ; e
poi del P. gesuita Cesare Cordara.
Quest' ultimo gli era carissimo per la rara perizia della
letteratura latina e italiana, per 1' ingenuita dell' indole, e
per 1'eleganza delle maniere religiose e civili, piene di festivita
6 lepidezza. Spessimo godeva di condurselo seco in carrozza,
« non di rado facevano capo a quelle principesche case, dove
quelle due donne coltissime quanto leggiadre accompagnavano
i discorsi che vi si facevano sulla poesia, sull'arte, sugli avve-
nimenti della Citta, con le giocondita e con le grazie proprie
del sesso gentile. Che, in quei tempi, i circoli che si tene-
Vano nelle case della nobilt& romana erano cosa del tutto
romana, ossia pieni di allegrezza, di motti arguti, di poesia,
di musica. II forestierume transcisalpino non aveva ancora
col pubblico cicisbeismo contaminate le nobili famiglie romane,
180 IL CAPORALE TRASTEVERIKO
ne la galanteria filosofica, emigrata da Parigi per entro le
casse di volumetti appetitosi, avevano per anco fatto trali-
gnare le relazioni della vera e schietta amicizia in quelle
del turpe consorzio di signora e di cavaliere servente. Gl'in-
trighi di ambasciatori stranieri, tutti borbonici, non si ran-
nodavano tuttavia, con isforzo pari all'indecenza, nelle sale
divenute tanto famose di una principessa Santacroce. Ne il
verde lauro, meritato dal Tasso, ne il pudore femminile,
erano stati ancora contaminati nella Roma cristiana, come
quando per una turpissima gara di illusi arcadici e di settarii
matricolati si Iasci6 coronare nel Campidoglio con la corona
del cantore della Gerusalemme il capo di una Olimpia Co-
rinna, pubblica peccatrice !
Ora il cardinale Albani, pieno di anni ma non di vecchiaiar
volentieri si recava in quella casa ringiovanita degli Altieri,
dove i ricordi passati gli ripresentavano le immagini delle
persone care, delle conversazioni, delle gare poetiche di un
tempo. Sotto quelle volte sembravagli di sentire come una
risonanza, che gli molceva il dolore delle perdite passate, e
gli alleggeriva rimmensa tristezza, onde lo spettacolo delle
cose present! e la prospettiva delle non lontane sciagure grin-
gombravano Tamma.
Egli da vario tempo, massimamente dopo la pace di Tolen-
tino, sentivasi come oppresso e come ravvolto dentro Fatmo-
sfera di un'aria per lui non piii respirabile, e quasi soffo-
cante : vedeva sicura e prossima la suprema rovina di Roma,
lo sperpero de' suoi beni, la miseria della sua famiglia, i do-
lori della sua persona. Ma, generoso com'era e altero in un
medesimo tempo, pianse si veramente calde lagrime sulle
sorti del Papa e piu ancora del Papato ; per6 in quanto a ser
egli aveva fermato d'incontrare qualsiasi sventura, anzich6
accondiscendere in alcuna maniera al parti to giacobino. Quindi
sul conto del nuovo Direttorio, massimamente dopo la rinno-
vata tendenza irreligiosa e perversa del governo repubbli-
cano, ripresa e rinvigorita col colpo di Stato del 18 frutti-
doro, come sul vandalismo e sulle perfidie del Buonaparte,
XII. « UN CARDINALS ASSASSINO » 181
egli non prese abbaglio, e non guardo misura. Anzi ne par-
lava con tanta liberta, che sembrava rasentare 1'imprudenza,
e si acquisto in Roma una fama speciale per la sua facilita
di parola e licenza di frizzi. D'altra parte era informatissimo,
come quegli che riceveva da Vienna le notizie sicure e fresche
dairinviato straordinario di Roma in quella Corte, ossia dal
suo stesso nipote, Mgr Giuseppe Albani.
Non appena fu introdotto, e non prima ebbe reso i suoi
doveri e scambiato i dovuti convenevoli colle principesse Giu-
lia e Marianna, che si senti rivolgere come un coro di inter-
rogazioni :
— Eminenza, quali notizie da Vienna? e conchiusa la pace?
E Francia ci lasciera una volta in pace finalmente?
— Francia, rispose subito il vecchio Cardinale, Francia
giacobina lasciarci in pace? E la belva, che dopo il pasto ha
piu fame che prima! Ci ha preso quanto c'era in Roma di
ori e di argenti ; ci ha preso statue e quadri ; ci ha preso i
codici delle nostre biblioteche ; ci ha preso i cavalli delle no-
stre stalle ; ci ha preso perfino buoi, bufali e vacche...
— Ci ha lasciato le fontane, disse il card. Borgia.
— Ci ha lasciato il Papa, osserv6 il cavalier e d'Azara, a
cui quell'introito del vecchio Decano sapeva di agrume.
- Ci ha lasciato Vostra Eminenza, riprese subito una
voce di donna, amabile e piacevolissima.
II Cardinale si rivolse, e riconobbe a queste ultime parole
la principessa Santacroce.
— Signora principessa, rispose egli allora, Iddio conservi
il nostro Santo Padre, o meglio compia i suoi voleri. Ma una
cosa vi accerto, ed & che se il Papa soccombeva in questa
sua ultima malattia...
— Avremmo avuto Vostra Eminenza non piu cardinale,
ma Pontefice massiino...
Non pote il vecchio nomo contenere il riso dopo un tal
grazioso complimento della principessa, che fu applaudito
da tutti.
— lo papa ! riprese a dire. Ma c'6 il diavolo che non lo
182 IL CAPORALE TRASTEVERINO
permette. Ed e proprio il caso di rovesciare il proverbio cri-
stiano, che diceva: « Cio che donna vuole (intend! buona ma-
dre di famiglia eh !) Iddio lo vuole. » Ora s' ha a dire : « Cio
che donna vuole (intendi buona madre di famiglia eh!) il
diavolo non lo vuole... » —
Queste parole furono dette con tanta squisitezza di spi-
rito, ed accompagnate da un gesto cosl fino della mano, che
in tutti, massimamente nelle signore... destarono un secreto
bisbiglio e fecero spuntare sulle graziose labbra uno di quei
sorrisi, che piu che dal movimento delle labbra si esprimono
col fulgore degli occhi, sopratutto nelle donne, le quali sono
maestre squisite nella espressione de' piii reconditi senti-
menti.
— Oh ! Eminenza, soggiunse allora il d'Azara, e d'onde
viene mai questo diavolo?
— Dalla Senna, signore Ambasciatore.
E senza frammettere indugio, mise mano in un porta-
fogli, e ne trasse una carta, mentre I'ambasciatore e la prin-
cipessa si guardavano, attonito il primo, e la seconda leg-
germente mortificata.
— Dovete sapere, continue il Cardinale, e tutto Tuniverso
vorrei che sapesse qualmente il Direttorio della repubblica
francese, e il suo gran paladino in Italia hanno deciso: pri-
mieramente, d7 impedire Telezione di un nuovo Papa, nel
caso che Pio VI venga a morire ; in secondo luogo, qualora
non si possa impedire 1'elezione di un nuovo Papa, di non
permettere in nessuna maniera che venga eletto il cardinale
Albani...
— E perche mai cotesta esclusione? osservo la princi-
pessa Borghese. Si vede, Eminentissimo mio, che il diret-
torio e il Buonaparte non conoscono Vostra Eminenza.
— Oh ! mi conoscono benissimo ! E perche mi conoscono
benissimo, appunto per questo mi vogliono escluso. Ne vo-
lete la prova? II Buonaparte va spacciando, che io sono stato
Tassassino di Ugo Basville ..
Una immensa risata accolse queste parole del Cardinale.
XII. « UN CARDINALE ASSASS1NO » 183
Era cosi madornale la cosa, che lo stesso Albani nori pote
impedire, che un cotal risolino gli sfiorasse le labbra. Ma
rimessosi subito in sul grave:
- lo vi leggero, soggiunse, alcuni tratti di una lettera,
che il generale Buonaparte scrive ad un personaggio che non
vi posso nominare. Ma la lettera 6 autentica, 6 scritta da
Passariano nel Friuli, in data de' 29 settembre di questo anno
di disgrazia... Ascoltate lui, che scrive cosi:
« Se il Papa muore, voi dovete adoperarvi con ogni pos-
« sibil maniera a cio che non se ne nomini un altro, e che
« in Roma si faccia una rivoluzione... »
- Madonna mia ! esclamarono tutte quelle buone signore,
che udirono quell' orrendo consiglio del sinedrio parigino.
- Avremo dunque la rivoluzione in Roma?...
- Eh ! non siamo forse cristiane, entr6 subito a dire la
principessa Marianna Altieri. lo per me non ho paura; io non
m'inchinero mai dinanzi a cotesti idoli coperti di sangue...
Un vero plauso saluto queste parole. Ma nel volto di
qualche principessa si scorse un repentino pallore, che in-
dicava un secreto rimescolio del sangue.
- Ma 1'esclusiva data a lei, signor Cardinale? chiese
Tambasciatore Spagnuolo.
— Eccola, se queste Signore vogliono sentire il resto della
lettera. Termina con questi precisi termini:
« Se il Papa 6 morto, e che non accada nessun solleva-
« mento in Roma per guisa, che non vi sia modo d'impe-
« dire altrimenti la norainazione di un Papa, non tollerate
« mai che venga nominate il cardinale Albani. E non sola-
« mente dovete servirvi dell'esclusione, ma adopererete ezian-
« dio le minacce, intimando a' signori cardinal! che nel caso
« contrario io marcero incontanente sopra Roma. Poco im-
« porta, ch'egli sia Papa, ma non vogliamo che sia sovrano
« colui, che ha assassinate Basville. Del rimanente *... » Qui
1 « Si le Pape est mort et qu'il n'y ait aucun mouvement a Rome,
de sorte qu'il n'y ait aucun moyen d'empecher le Pape d'etre nomme ;
vous devez employer non-seulement 1'exclusion, mais encore les mena-
184 IL CAPORALE TRASTEVERINO
tronc6 la lettura a cagione della presenza del cavaliere Azara
e della principessa Santacroce.
E facile a indovinare i sen si di maraviglia, di sdegno,
di spavento, di vero ribrezzo, che quelle parole produssero
in tutta quella sceltissima adunanza. Nessuno poteva credere
a tanta malizia, accolta freddamente e dichiarata in una let-
tera particolare. Chi taceva, chi mormorava a mezza voce,
chi esprimeva un pensiero, e chi un altro.
E mentre tutti erano sotto Fimpressione di cotesti senti-
menti, il vecchio Cardinale si alzo, e movendosi verso la fi-
nestra che riguarda la piazza del Gesii, prese un atteg-
giamento tra il solenne e il sarcastico, e rivoltosi in maniera
che col lato sinistro accennava alle persone ivi adunate, e
col destro mirava alia citta, si fece ad esclamare:
— « Signore, Signori, Eminentissimo, Eccellenze, che da
piii di quarant'anni conoscete Toramai piu che settantenne
cardinale Gian Francesco Albani ! Anime degli Innocenti, che
dalla tela, ove il pennello del Puccino vi ha effigiate, per tanti
anni mi avete mirato da cotesta parete ! Nome augustissimo
di Gesii, che dall}alta volta di cotesto tempio a te consacrato,
tante volte mi hai benedetto genuflesso dinanzi al tuo altare...
0 Roma tutta, che per le tue vie e nelle tue campagne hai
sempre onorato la memoria di Clemente XI, e sempre hai
contemplato la fronte Candida degli Albani..., sappiate che
il cardinale Gian Francesco Albani, e dichiarato assassino
dal generale di una repubblica... » —
Non finl, perche un vero scroscio di plausi copri quello
slancio di terribile rettorica, improvviso ed inaspettato, del-
Tannoso decano. Tutti gli si fecero attorno, prodigandogli
espressioni di ammirazione, di schietta e cordiale simpatia.
Mentre la principessa Marianna aveva con una strappata ad un
ces sur I1 esprit des cardinaux, en declarant qu'a 1'instant me* me je mar-
cherai a Rome, ne nous opposant pas a ce qu'il soit pape, mais ne vou-
lant pas que celui qui a assassin^ Basville soit prince. Au reste, si
V Espagne lui donne aussi I' exclusion, je ne vois pas de possibility qu'il
reussisse. »
XII. « UN CARDINALE ASSASSINO » 185
cordone fatto portare un lauto rinfresco, ed essa stessa gli pre-
sentavacollesuemaniun calice di rosolio con acquaghiacciata.
XIII.
II P. Cesare Cordara.
- Eminenza, prese subito a dire 1'Abbate Cancellieri, se
si trovasse qui presente il nostro padre Cordara, io Fassi-
curo ch'Ella farebbe stasera una cena allegra. Voglio dire,
che nel mettersi a tavola, V. Emza troverebbe sulla mensa
un qualche sonetto o un lungo capitolo, che esporrebbe le-
pidissimamente in terza rima quanto ora abbiamo tutti ap-
plaudito. —
All'udire il nome del padre Cordara, TAlbani che si era
come esilarato al plauso onde le sue parole erano state sa-
lutate, si acciglio nuovamente e si rifece scuro nel volto. Gird
intorno lo sguardo, e si accorse che il cavaliere Azara, la prin-
cipessa Santacroce, e qualche altro si erano accomiatati dopo
il rinfresco. Smettendo allora Tidea di pigliar commiato egli
pure, come aveva in animo, si rifece al suo posto, ed in
mezzo al silenzio di tutti, riprese a parlare, rivolto al Can-
cellieri :
— Mi avete rammentato, signor Abbate, un nome ben caro
al mio cuore, ed al cuore di quanti hanno conosciuto quel
gesuita, uomo veramente piii singolare che raro. E il ri-
cordo di lui, in queste circostanze, mi richiama alia mente
tale un cumulo di memorie, di circostanze e di conforti, che
nella loro rappresentazione il mio animo inorridito si smar-
risce. Vedete, qui accanto a me, fa ora un trentacinque anni,
in questa medesima sala stavasi il P. Cordara in conversa-
zione con me, colla principessa Livia, col cardinale Anto-
nelli allora monsignore. E spesso appunto ci declamava con
quella sua ingenuita tutta particolare ora un sonetto, ora una
anacreontica, ora soprattutto una di quelle sue elegie latine, di
una latinita cosl pura, di una vena cosl scorrevole, e di una
188 IL CAPORALE TRASTEVERINO
grazia cosi squisitamente romana, che non finiva di renderci
ammirati. E si plaudiva e si rideva, ed erano poche le volte,
che la principessa non gli strappasse di mano la carta, ed
essa stessa poi imparando a mernoria intiere anacreontiche
e poesie latine non le declamasse in varii circoli, presente
lo stesso Oordara...
— Vero, vero, esclamo la principessa Giulia. E com'era
contento il padre Cordara ! come rideva cordialmente, quando
sentiva da nie declamate le sue poesie ! Non amava pero, che
si palesasse mai il nome dell'autore. Mi rammento il cattivo
quarto d'ora, che gli feci passare, quando dopo avere in una
cert a serata recitato un tal suo sonetto sulla vestizione di
una monaca, chiedendomi tutti il nome del poeta, io feci
1'atto di dirlo. II Cordara si contorceva, . . . ed io ridendo pro-
nunziai il nome del card. Albani : allora la risata fu univer-
sale, tutti capirono che il nome del poeta non lo dovevo dire...
Come sono cambiati i tempi, ora ! Fece bene il P. Cordara
a fuggire da Roma ; e Dio ha fatto meglio a toglierlo da questa
terra...
- L'ho conosciuto pur io, prese a dire il principe Chigi;
ma piu e meglio assai lo conobbe il mio povero padre Sigi-
smondo, il quale piii di una volta parlandomi del Cordara
mi diceva : — « Quando, per la perdita della mia Flaminia
lasciai Roma, sono ora passati molti anni, ed io mi credevo
impazzire per disperato dolore, la fortuna mi fece imbattere
nel padre Cordara, che tornava dal Piemonte, nel collegio
de; Tolomei in Siena. Mi par di vederlo, mi pare di sentirlo
ancora a parlarmi con tanto sentimento, con espressioni cosi
scelte e cosi cordiali, che m'intesi come rinascere alia vita. »
- Cosi spesso parlava mio padre, massimamente nel tempo
delle burrascose fortune, che gl' intorbidarono la vita negli
ultimi suoi anni...
— Ed io lo ricordo..., osservarono quasi tutte quelle si-
gnore...
— Io non Tho conosciuto di persona, prese a dire la prin-
cipessa Marianna. Ma mia zia, donna Lucrezia Rinuccini,
XIII. 1L P. CESARE CORDARA 187
pochi anni or sono in Fermo non finiva di parlarmi di quel
Padre, che aveva diretto la sua coscienza fin da quando essa
era fanciulla in Macerata. Essa mi raccontava, che trovan-
dosi a villeggiare nel 1764 nella villa di Montesanto de' Buo-
nacorsi, proprio in quell'anno che mia madre era stata con-
dotta a Vienna e di la a Dresda, mentre in casa si stava
sovrapensiero per la sorte di lei, il P. Cordara le diceva :
— Non temete, io conosco la nostra Clara : e fanciulla di squi-
sitissirni pregi di forma; ma i pregi di queiranima sono di
gran lunga ancora migliori. Iddio forse vi prepara qualche
inaspettata fortuna. —
— Mi ricordo benissimo di questa circostanza, soggiunse
il card. Albani. Tomato allora in Roma il Cordara, e venuto
subito a trovarmi alle Quattro fontane, mi racconto i discorsi
che ebbe con donna Lucrezia ; e pochi giorni dopo mi lesse
la lettera, con cui la contessa Rinuccini gli annunziava il
matrimonio di donna Clara con il serenissimo vostro Padre,
signora Principessa.
— Ed io non iscordero mai, entro a dire 1'abbate Can-
cellieri, quanto debbo a quell' uomo. Mi fu maestro, mi fu
amico, mi fu benefattore carissimo ; in lui la sostanza stessa
del bene che ti procurava, era poca cosa rispetto alia ma-
niera tutta cordiale con cui si adoperava per procurartelo.
Sentite questo tratto del rnio Cordara. Io nell'anno 1772 ero
destinato ad accompagnare come segretario, 1'illustre e sem-
pre compianto card. Garampi, allora monsignor secretario
della cifra : quando, toltogli quel geloso impiego non diro ne
come n6 perche, venne nominato alia nunziatura di Varsavia.
Or bene, per ragioni assai delicate, che qui non accade ch'io
riferisca, nell'atto stesso ch'eravamo di partenza fu signifi-
cato al Garampi Tor dine di scegliersi un altro secretario !
Come ne rimanessi trafitto, io non varrei ad esprimere...
- Tutto questo, disse 1'Albani, dovevasi al maneggio de-
gli Azpurru, degli Almada, degli Azara, e de' Bernis. A' quali
il nome del gesuita suonava piu esecrando, che il nome di
188 IL CAPORALE TRASTEVERINO
Belzebub. Mio caro Abbate, non fu questo se non un cente-
simo di quanto...
— Or bene, il P. Cordara mi seppe consolare. Egli mi
ottenne lo stesso incarico, e forse inigliore, di secretario del
principe Carlo Rezzonico, senatore di Roma.
— Ora udite, ripiglio il Cardinale, udite un tratto del ge-
neroso uomo, che era il Oordara. Vivendo ancora mio zio,
card. Alessandro Albani, avevamo la promessa di un bene-
fizio da darsi a mio nipote Giuseppe, che ora e in Vienna.
La promessa ci era ripetuta di sovente, ma 1'esecuzione in-
dugiava dell'altro. II Cordara lo seppe, e accortissimo come
era, ne ebbe di presente indovinato il motivo. Un bel giorno
che eravamo tutti adunati in famiglia, egli ci parlo in questi
termini: — « Signori, ho un favore da chiedere a loro, amici
e benefattori miei. Ed e, che d'ora innanzi non mi mandino
piu vettura con livrea Albani, ne per venire alle Quattro
fontane, ne per condurmi a villa Salara, ne ad Albano, n6
a Porto d'Anzio. » — lo e mio zio ci guardammo in viso; ma
senza tanto riflettere: — Padre Cordara, gli dissi in tono
risoluto, uDa tal cosa il cardinal Francesco Albani non la
fara mai! —
Sorrideva 1'Abb. Cancellieri, mentre T Eminentissimo De-
cano cosl parlava. E fattoglisi vicino, gli disse:
— Eminenza, quanto Ella dice io conosco tutto. Quasi con
le stesse parole T ho letto negli scritti dello stesso P. Cordara.
— Glie lo ha dunque fatto sapere per lettere?
— No, Eminenza. II P. Cordara, un qualche cinque anni
prima della sua morte, trovandosi com'Ella sa nella citta di
Alessandria, compose e scrisse le memorie della sua vita,
dedicate al suo fratello senatore nella corte di Torino. Ora di
queste memorie, con altri manoscritti di pregio, egli invio a
me una copia, pregandomi di consegnarle alia sua stessa Com-
pagnia, che egli nelle ultime pagine della storia della sua
vita predice come vaticinando, che risorgera a ricombattere
le antiche battaglie a servizio della Chiesa e del Vicario di
Gesu Cristo. —
XIII. IL P. CESARE CORDARA 189
II cardinale Albani all'udire questa notizia mando un oh!
^ungo lungo. Poi soggiunse subito:
— Son sicurissimo, che il gesuita e il letterato, amico mio
e della mia famiglia, parlera di me. Son sicuro, che trattera
di molte cose, intime e delicate, riferentisi massimamente alle
cause nascoste di avvenimenti straordinarii, ch'egli seppe da
me : al P. Cordara, uomo fidato e discretissimo, io non na-
scondevo niente. Or bene voi, Abbate mio, conservate quel
deposito prezioso assai ; io pure confido, che voi stesso adem-
pirete il desiderio, o chiamiamolo vaticinio, del morente amico
nostro.
— Lo spero e Io desidero ; ma per ora Torizzonte e assai nero.
- A proposito, parla egli della causa della sua partenza da
Eoma, e del non esservi piu ritornato, non ostante gl'inviti
che n'ebbe dagli amid romani?
— Abbastanza a lungo. Del rimanente, fu avvisato da me,
e forse da V. Emza, perche badasse a tenersi lontano da Roma ;
se no, finiva in Castel S. Angelo, nelle mani di Alfani e di
Marefoschi, Iddio li abbia in pace.
— Come sono descritti cotesti esecutori delle giustizie di
Carlo III?
— Al naturale, cosi come noi li abbiamo conosciuti.
— Come tratta il defunto Pontefice?
- Assai bene, e come poteva meglio. Credo pero, che
molti e molti ragguagli li abbia ignorati.
— Lo credo anch'io... Cotali ragguagli non si sapranno
mai ! E di quel famoso scritto roniano, anonimo, in risposta
al Tanucci, suirincameramento de' beni della Puglia e di Si-
cilia, posseduti dal Collegio Romano, risposta che fece andare
in tanta furia quel leguleio pisano, che, conforme mi ebbe a
narrare monsignor Calcagnini, sbuffava come una buffala colta
al laccio..., di quello scritto, dico, dichiara forse 1'autore?
— Si, si ! confessa e dichiara, ch'egli stesso ne fu 1'autore,
con queste parole, che ho ritenute a mente: Quaerebatur
interea curiosissime scripti huius romani, quod tota volitavit
Italia, quis esset auctor, nee certe sciri unquam potuit. At
190 IL CAPORALE TRASTEVERINO
nunc, ut iam extra ictum positus, auctorem eius fuisse me
non diffiteor.
— Ah ! riconosco subito il vero Cordara, disse sorridenda
TAlbani. — Quindi, accostandoglisi piu vicino all'orecchio, gli
sussurro piano piano : — Dice nulla del cardinale di Bernis,
del cavaliere Nicola di Azara, della principessa Santacroce,
nella cui casa faceva capo quanto c'era in Roma di ibrida
forestierume ?
- Del Bernis parla poco, meno dell' Azara, e nulla affatta
della Santacroce.
- Ha fatto benone. Non gli sarebbe bastato un volume^
Eh! domani Taspetto alle Quattro fon lane per tempo; porti
seco le Memorie del P. Cordara.
— Eminenza, sara servita.
XIV.
Un demonic in came ed ossa.
— Eminentissimo, interruppe >ad un tratto la principessa
Marian n a, che cosa e mai tanto secretume che lo stringe
oggi con TAbbate Cancellieri? Oggi Ella e nostra. Ci risponda
dunque a quanto le chiedemmo sino da principio : che nuove
ha ricevuto da Vienna sulla pace ? La fanno i giacobini questa
pace coll' Austria, o non la fanno?
— La pace si fa, anzi 6 fatta da un mesetto. E sapetfc
voi chi 6 Parbitro di questa pace?
- Buonaparte! risposero tutti e tutte.
— SI e no, ripiglio il Cardinale. In primo luogo no ; perch&
Tautore di cotesta pace, sapete voi chi 6 in prima origins?
E la regina di Napoli...
— Che cosa dice mai?
— E cosl; ed eccovene in breve la storia. Maria Carolina
vuol conservato il suo reame di Napoli, a ogni costo ; e sic-
come mezzo a cio unico e necessario, essa reputa che sia
la pace dell'Austria con la repubblica francese, per cio ha
XIV. UN DEMONIO IN CARNE ED OSSA 191
incaricato il marchese di Gallo, suo ambasciatore a Vienna,
di adoperarsi con quanto e lungo 1'arco della schiena ad
indurre T imperatrice sua figliuola, perche ottenga dall1 im-
peratore questa pace, che 6 1'arra da lei riputata sicura della
preservazione della monarchia borbonica di Napoli.
L* imperatrice ha guadagnato tutte le signore della corte
Viennese ; il marchese cli Gallo e legato a fil doppio col ba-
rone di Thugut, e conosce e adopera il mezzo di condurlo
al partito desiderato dairimperatrice. Per questo il marchese
di Gallo la fa da mezzano tra il Thugut e il Buonaparte;
ed io vi so dire, ch'egli ha fatto bene la parte sua: la pace
e o^mai conchiusa. Questo per cio che riguarda il no.
Ora eccoci al si. La pace veramente e fatta, perche ap-
punto Buonaparte T ha voluta.
- Che forse, osservo la principessa Marianna, Buonaparte
era informato del desiderio della regina, e de' maneggi del
Oallo?
- Per Tappunto. II marchese di Gallo e stato T agent e
secreto, che ha comunicato al Bonaparte il desiderio della
regina di Napoli, ed ha trasmesso al Thugut il desiderio del
Buonaparte, che e quello medesimo della regina di Napoli.
— Dunque per piacere a Maria Carolina, e per preser-
vare il regno di Napoli, il Buonaparte ha voluto e conchiuso
la pace coll' Austria ? -
II vecchio Albani diede qui in una solenne risata ! —
Mai no, soggiunse subito. L'impresa di Napoli non 6 ancora
matura. Per ora la grande Medea della repubblica francese
deve mangiarsi il Piernonte, poi finire di divorarsi Roma,
poi d'ingollarsi Toscanae Parma, e quindi mettera gli unghioni
sul regno napoletano... Intanto tiene a bada la corte napo-
letana, e la pasce di erba trastulla.
— Oh! la grande politica del Sebeto! grido il card. Borgia.
- Eh ! Noi donne non siamo fatte per la politica, osservo
la vecchia Corsini.
— Si conoscono forse le condizioni di questa pace?
192 IL CAPORALE TRASTEVERINO
— Sono semplicissime. L'ltalia sara dell'Austria dal lago
di Garda sino alFimboccatura dell'Adige nell'Adriatico ; e il
Belgio con tutte le terre girate dalla sinistra del Reno ven-
gono ceduti alia repubblica gallicana...
— Come mai, riprese il card. Borgia, Francia s' induce
a cedere la Venezia e tutte le coste dell'Adriatico, dopo tanta
furia di guerra per strapparle all' Austria; e come mai questa
potenza apre al gallo repubblicano le porte della Germania,
e proclama rotta 1'integrita della federazione germanica, e
perduto il suo protettorato sopra 1'impero?
— Per volonta di quel vero demonio di Buonaparte ! Egli
caccera 1'Austria quando vuole dall1 Italia; ma, col buttare
nella Germania il fuoco giacobino, 1'Austria non potra piu
cacciare dalle terre germaniche il male gailico. Ed allora
egli si trover a padrone dell' Italia e della Germania...
— Dio benedetto ! che portento di uomo e quel Buonaparte,
riflett^ la principessa Marianna, a cui stavano a cuore le sorti
della Sassonia, patria dov'essa era nata.
— Ella lo dice un portento, io lo dico un demonio ! Sentar
Signora Principessa, senta con quale maniera indusse il conte
di Cobenzl, plenipotenziario austriaco a conchiudere la pace,
e poi mi sappia dire se costui e un uomo o un demonio.
Le conferenze si facevano tra lui e il conte di Cobenzl
da' varii giorni ne' modi consueti presso tutti gli uomini cri-
stiani : un giorno egli andava in casa deH'ambasciatore au-
striaco a Udine, ed il giorno seguente 1' austriaco veniva a
conferire con lui nel vecchio castello di Passeriano nelle cir-
costanze di Udine. II Cobenzl, uomo di garbo e di auliche
maniere, parlava e trattava tenendosi sulle seste dell'an-
tica diplomazia, discutendo ogni cosa; e guadagnando o per-
dendo a palmo a palmo il terreno, e massimamente procu-
ran do di menare le cose in lungo.
Nella mattina de' 13 di ottobre, il Buonaparte alzatosi da
letto e aperte le finestre del vecchio castello, osserva le vette
de' monti vicini delle Alpi noriche biancheggiare per neve
XIV. UN DEMONIC IN CARNE ED OSSA 193
repentina, caduta nella notte che segui una giornata tem-
peratissima. Questo spettacolo lo colpisce. Piglia quindi la
penna e scrive:
« Prim a del mezzo di ottobre, la neve ! che strano paese !
Bisogna far la pace... » S'interrompe presto, passeggia con-
citato nella sua camera, chiama il secretario, e detta pas-
seggiando una lettera, presso a poco in questi termini :
« lo ho ottanta mila uomini a' miei ordini ; ma T Austria
« ne ha non lontano da qui ben cento venti mila. Si pud
« appiccare una battaglia; disponendo di un sessanta mila
« soldati sul campo, vinco la giornata, ma ne perdero un
« venti mila ! Con cio che mi rimane, come posso io soppor-
« tare Timpeto di tutte le forze austriache? Non confido sul
« soccorso dell'esercito, che abbiamo sul Reno : al suo accor-
« rere sono necessarii due mesi. Ora tra quindici giorni,- qui
« ogni cosa 6 ingombra di neve... E finita, faccio la pace.
« Venezia vada al tedesco, e paghi le spese della guerra:
« II direttorio e gli avvocati schiamazzino quanto vogliono... »
Quindi detta per il Direttorio il seguente dispaccio: « Que-
sta sera, la pace definitiva sara sottoscritta, o dichiarata la
guerra... »
- Finora, Eminenza, entra qui a dire la principessa Ma-
rianna, quel Buonaparte non mi sembra piu che uomo ; non
ci veggo il demonio.
- Ora, signora Principessa, le dar6 a vedere quello stesso
demonio, in pelle ed in ossa, che in Tolentino mise il coltello
al collo di Roma ! Egli in quella stessa mattina si reca dal-
1'ambasciatore austriaco, e comincia con esso lui le solite
trattative. II conte di Cobenzl al solito menava le cose con
parlate, dissertazioni, ed aneddoti, ed indicava coH'occhio
so venti volte al Buonaparte la compiacenza ch'egli provava
nel mirare un servizio di porcellana, finissima opera d'arte
avuta in regalo dall' imperatrice Caterina, nel tempo della
sua ambasciata a Pietroburgo. II generale giacobino sfodera
invece come in un botto le pretese repubblicane : T Austria
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 13 9 yennaio 1903.
194 IL CAPORALE TRASTEVERINO
ceda Magonza, ceda tutta la via sinistra del Reno... — Gene-
rale, 6 impossibile... - - Impossibile? ripiglia Buonaparte...
Ah ! (e qui disse una parolaccia) voi dunque volete la guerra ?
Ebbene, 1'avrete! — Si alza impetuosamente come una furia,
da di piglio al servizio di porcellana, che stava li accanto,
10 scaglia sul pavimento, lo riduce in frantumi, e poi con
aria di vero demonio esclama come ruggendo: -- « Cosi stri.
tolero la monarchia austriaca, e non passe ranno tre mesi. » —
Cio detto, si scaraventa via dalla sala, e si precipita fuori...
II conte di Cobenzl a quella vista rimane di sasso ! Ma
11 marchese di Gallo corre dietro al Buonaparte, lo raggiunge
vicino alia carrozza, gii fa inchini, scappellate, attucci sup-
plichevoli, cosi che il Buonaparte per poco non rise egli
pure!
Dopo tre giorni, ossia a' 17 di ottobre, si firmava la pace
in Campoformio!
— E un vero demonio, un vero deinonio ! dissero tutti,
alzandosi, e dandosi reciprocamente il saluto e il commiato.
L'ANNO BELLA MORTE DI S. SATIRO 1
4. Ritorno di S. Satiro dall' Africa.
Nel ritorno dalP Africa, la nave essendosi incontrata in
uno scoglio, si ruppe in modo, che Satiro dovette salvarsi a
nuoto, nel quale era abile e gagliardo (n. 27). Allora, cintosi
attorno al collo un fazzoletto con dentro la S. Eucaristia, che
i cristiani battezzati, suoi compagni di viaggio, tenevano
presso di se, riusci a raggiungere la terra, primo fra tutti.
Quivi fu tosto seguito dal capitano della nave, e quando vi-
dero in salvo tutto T equipaggio, si recarono insieme ad
una chiesa per ringraziar Dio dello scampo (n. 43). Cio fatto,
Satiro, ch'era solo catecumeno, voile pure ricevere il batte-
simo, e preg6 il vescovo di quella regione a recarsi da lui. Ma
prima voile accertarsi se quegli era in communione con
la chiesa romana; poich6, dice S. Ambrogio, lo scisma di
Lucifero (vescovo di Cagliari) dominava in quella regione
(n. 47). Onde, non senza motivo si crede, che la regione,
di cui si tratta, fosse la Sardegna 2. Certo & ad ogni modo,
che dopo il naufragio Satiro giunse ad un porto di secon-
d'ordine, uno di quelli che si dicevano stationes, e cosi
chiamollo S. Ambrogio 3.
1 Vedi Civ. Catt. quad, del 6 decembre 1902, p. 529-540.
2 I Manrini tacciano di troppo audaci (confident iam iusto maiorem)
coloro, che intesero trattarsi qiii della Sardegna, perche, dicono essi, nulla
vieta di credere che lo scisma infestasse altresi la Sicilia, e le spiagge
piu vicine _ dell' Africa. Tuttavia, se si osserva che dell' esistenza dello
scisma in Africa e Sicilia non abbiamo prove, mentre sappiamo di
certo che ne fu infetta la Sardegna, parra piu audace la negazione dei
Maurini che 1'affermazione degli altri.
3 Poiche molto vicino alia statio risedeva il vescovo, come appa-
risce dal racconto di S. Ambrogio, potrebbe pensarsi a qualche vesco-
196 L'ANNO DELL A MORTE
Satiro non dovette rimaner troppo soddisfatto di quel ve-
scovo, poiche si mise di nuovo in mare per giungere in un
luogo, dove fosse veramente sicuro di ricevere il battesimo
da un vescovo cattolico 1.
Dopo il battesimo, attesta S. Ambrogio, che Satiro pass6
ancora qualche tempo in mare, e che perlustro alcune cir-
costanti regioni: Quoties post naufragium, invicto quodam
contemptu vitae huius, maria trans fretaverit, diffusasque
regiones obeundo per agr aver it. Infine, in questo stesso tempo,
cio6 nell' ultimo periodo del suo viaggio, postremo hoc ipso
tempore, non rifuggi dai pericoli, ma venue incontro ad essi,
paziente nell'avversita e disprezzando il freddo, e volesse il
Cielo che si fosse usato qualche riguardo ! Postremo quod
tyoc ipso tempore periculum non refugerit, sed ad periculum
venerit7 patiens iniuriae, negligent frigoris, atque utinam
sollicitus cautionis!
Noto per incidenza il periodo, che tosto segue, dove
S. Ambrogio parla della robustezza fisica di Satiro e lo indica
come uomo maturo : Sed hoc ipso beqtus, quod dum licuit vi-
gore uti corporis, inoffenso ad eocequenda, quae vellet, functus
iuventutis officio, vitam vixit, debilitatem ignoravit (n. 50).
Le parole : postremo hoc ipso tempore periculum non re-
fugit, sed ad periculum venit, si devono mettere a riscontro
col passo, di cui gia parlammo, dove si dice che Simmaco
ritraeva Satiro dal ritorno a Milano, rappresentandogli che
I'ltalia, siccome correva voce, era in preda allaguerra; al
che Satiro rispose esser questa una ragione di piu per ri-
tornare, affine di trovarsi nel pericolo accanto al fratello 2.
vato di Sardegna o di Corsica, la cui sede vescovile sorgesse presso al
mare e sulla costa orientale dell' isola, quali ("agliari, Sulci (ora Igle-
sias) e Olbia in Sardegna, oppure Aleria e Mariana in Corsica.
1 « Itaque, quanivis gratiae foenus teneret et metueret tanti nominis
debitor navigare, tamen eo transire maluit, ubi tuto posset exsolvere ;
iudicabat enim divinae solutionem gratiae in affectu ac fide esse ; quam
quidem statim ubi primum copia liberior ecclesiae fuit, implere non di-
stulit, Deique gratiam et accepit desideratam, et servavit acceptam >
(num. 48).
2 Si veda il testo sopra quad. 1259 del 6 dec. 1902 a pag. 533.
DI S. SATIRO 197
Dalle espressioni di Ambrogio si ritrae, che solo nell' ultimo
periodo del viaggio Satiro conobbe che il suo ritorno a Mi-
lano poteva essere pericoloso. Quindi non male i Maurini
{conforme al filo del racconto di Ambrogio) credettero, che
T incontro di Satiro con Simmaco avvenisse in Roma. A
Roma Satiro si sarebbe recato dopo il naufragio e dopo il
battesimo, in quel medesimo ultimo periodo di tempo, nel
-quale egli, giusta la narrazione di S. Ambrogio, passo ancora
piu d'una volta il mare, e si fermo nelle regioni adiacenti1.
L'opinione dei Maurini e confermata da quanto S. Am-
brogio asserisce, che Satiro ottenne di ritornare felicemente
a Milano, la merc6 delle sue preghiere e de; suoi voti presso
S. Lorenzo: Tuis enim votis apud S. Laurentium impe-
tratum nunc cognoscimus commeatum (n. 17).
Le parole apud 8. Laurentium indicano una chiesa, un
santuario del Santo ; e poich6 non v'& altra indicazione di
luogo, si deve intendere del santuario per eccellenza, dove
risiedeva e risiede il corpo del Martire, ossia S. Lorenzo in
<Campo Verano. A Roma pertanto si reco Satiro ; ma con cio
non intendo di affermare che a Roma pure avvenisse neces-
sariainente il suo incontro con Simmaco. Questo pot& avvenire
a Baia, a Cuma, a Pozzuoli, ad Ostia od in altri punti
dell'Italia meridionale, dove Simmaco possedeva sontuose
Tille 2.
Siccome Simmaco distoglieva Satiro dal venire in Italia,
lo Seek si persuase che Simmaco stesse fuori d; Italia, e
quindi suppose stesse in Africa, dove gli constava Simmaco
aver dimorato come proconsole nel 374-75. Ma e da osser-
varsi che a quei tempi dicevasi spesso Italia T Italia setten-
trionale, ossia quella, che nella lingua d'officio era chia-
mata diocesi d'ltalia. Onde Simmaco, stando a Roma o nel-
l7 Italia meridionale, poteva dire a Satiro che non si recasse
in Italia 3.
4 Vedi quad. 1259 pag. 663.
2 SEEK, Symmachi OPERA, pag. LX e seg.
3 Una prova poi che mentre 1'Italia settentrionale era minacciata.
198 L'ANNO DELL A MORTE
Del resto Tipotesi dello Seek viene esclusa per cio stesso
che non si puo ammettere il viaggio di Satiro neirinverno
del 374 375. Ed in vero, se si computa il tempo che vi voile
perche la notizia dell'elezione episcopale di Ambrogio andasse
da Milano in Africa, dove giunse alle orecchie di Prospero,
e il tempo occorso prima che S. Ambrogio e Satiro sapes-
sero le nuove disposizioni di Prospero di non piii pagare
il suo debito, si vedra non esser troppo lo spazio di due o tre
mesi. Ora, essendo Ambrogio stato eletto vescovo gli ultimi
giorni di novembre del 374, ne segue che Satiro non avrebbe
potuto partire, anche anticipando molto la -sua partenza,
che nel seguente febbraio. Ma la sua partenza in febbraio,
men tre ancora durava Tinverno, non puo assolutamente am-
mettersi. S. Ambrogio che ricorda a titolo d'onore, come Satiro
disprezzasse il freddo nel ritorno a Milano, non T avrebbe certo
dimenticato se Tavesse disprezzato nella partenza. Se poi si
volesse ritardare alia primavera del 375 la partenza di Satiro,
e lo si supponesse ritornato e morto nel settembre di quel-
T anno, si andrebbe incontro ad un'altra difficolta, che cio6
non sarebbe piii vero aver egli nel suo ritorno disprezzato il
freddo.
Non credo quindi che si possa accettare 1'ipotesi dello
Seek sulla morte di Satiro nel 375.
5. Ragioni contro le date 383 o 387 .
La data 378 o 379 fu ammessa dal Tillemont, dai Mau-
rini ed anche recentemente dall'Ihrn. II fondamento princi-
pale di questa data 6 nel passo del discorso di S. Ambrogio,
dove con termini molto vivi descrive Tapprensione paurosa,
in cui si viveva in Italia ed a Milano per la temuta inva-
sione di certi barbari. Questa descrizione pensarono alcuni
potersi riferire all'anno 383, ed altri all' anno 387. Nel 383
o turbata da guerre, nell'ltalia meridionale si viveva senza pericolo, si
ha nella lettera di S. Ambrogio al vescovo Severo di Napoli, della quale
ho parlato nel quad, di sopra citato a pag. 529.
DI S. SATiKO 199
si temeva che Massimo, usurpatore deH'impero, dopo Tucci-
.sione di Graziano, accaduta il 25 agosto, venisse in Itaiia
contro Valentiniano II. Nel 387 il medesimo Massimo venne
in Italia e Toccupo.
Ma chi osservi attentamente le circostanze tutte del peri-
colo, descritto da S. Ambrogio, vedra, che quelle non corri-
spondono ai fatti di Massimo ne nel 383 ne nel 387.
S. Ambrogio non parla che di barbari: Raptus est, dice
egli di Satiro, ne in manus incideret barbarorum. Quonam
pacto ista tolerares, qui etiam ultimo spiritu, tui iam for-
tasse oblitus et adhuc nostri non immemor, de cavenda in-
cursione barbarorum nos saepius admonebas, commemorans
non frustra te dixisse fugiendum! (n. 30). Inoltre si trattava
di barbari, gia noti al mondo romano per due qualita, che
li rendevano particolarmente temuti. La prima era una grande
crudelta, per cui giungevano fino a strappare dalle braccia
dei vinti i loro pargoletti, e poi gettarseli per gioco sulla punta
delle loro spade, avulsos a complexu parentum parvulos
liberos supra tela iactari. Era Taltra una sfrenata libidine,
che li spingeva ai piu orribili eccessi contro le stesse vergini
consecrate a Dio. Cosicche S. Ambrogio vedeva nella loro
temuta vittoria e nel loro progredire la ruina di tutto Tim-
pero e la fine del mondo, per le stragi che avrebbero date ai
parent! del defunto ed ai cittadini, e per gl'insulti alle ver-
gini ed alle vedove consacrate al Signore : Raptus est ne
totius orbis excidia, mundi finem, propinquorum funera,
civium mortem, ne postremo sanctarum virginum atqiie vi-
duarum, quod omni morte acerbius est, colluvionem videret.
La descrizione che Ammiano Marcellino fa della sanguinaria
crudelt& dei Goti e della1 nefanda turpitudhie dei Taifali loro
alleati, concorda talmente con quanto afferma S. Ambrogio,
che si direbbe uno scrittore aver pigiiato daU'altro. Essi per
parecchi anni, cio^ dal 377 al 382 desolarono, saccheggiarono
ed empierono di stragi le province delTimpero, poste nella
grande penisola balcanica, e furono per tutto quel tempo una
continua minaccia all' Italia. Cominciarono ad essere frenati
200 L'ANNO DELLA MORTE
alquanto da Teodosio, eletto collega deirimpero nel gennaio
del 379, ma non quietarono interamente che nell'ottobre-
del 382, quando strinsero un trattato di pace e di alleanza
con lo stesso imperatore Teodosio.
Cercando nel predetto periodo 377-382 1'anno, cui meglio
puo riferirsi la descrizione di S. Ambrogio, parmi che esso
sia o il 378, come gi& credettero i Maurini ed an che il Til-
lemont (sebbene quest! rimanesse un po' dubbioso tra il 378;
ed il 379), oppure il 377. Nel 378, dopo la sconfitta che i Goti
diedero a Valente il 9 di agosto, essi rimasero padroni di
quasi tutta la penisola balcanica, e certo era possibile ima
loro invasione nell' Italia superiore. Onde a retta ragione
Ambrogio, poco piu d'un mese dopo quella sconfitta, poteva
dire che le Alpi sole impedivano il passaggio ad un nemico
molto vicino, e nemico disonesto e crudele, quali appunto*
erano i Goti ed i Taifali: Si nunc urgeri Italiam tarn pro-
pinquo hoste cognosceres, quantum ingemisceres, quam do-
leres in Alpium vallo summam nostrae salutis consistere^
lignorumque eoncaedibus construi murum pudoris! Qua:
afflictione moereres tarn tenui discrimine tuos ab hoste de-
stineri, ab hoste impuro atque crudeli, qui nee pudicitiae-
parceret nee saluti!
La suddetta descrizione di S. Ambrogio quanto si confa,
ai Goti ed ai Taifali, altrettanto non conviene per nulla al-
Tesercito di Massimo, composto della stessa sorta di soldatiy
che militavano nell'esercito di Graziano e di Valentiniano 11^.
ed erano o romani o loro alleati ed ausiliari, e seguivano la
disciplina romana. Inoltre Massimo nel 383, sebbene usurpasse
il nome d'imperatore, occupando la Britania e la Gallia, e fosse*
occasione almeno indiretta della morte di Graziano, non pens6
ad occupare T Italia ; anzi stando all'asserzione di alcuni sto-
rici, e, come ora dir6, dello stesso S. Ambrogio, egli per il
primo offeri pace al giovane Valentiniano II, che signoreg-
giava Tltalia. Nel 387 poi, dopo aver ricevuto successivamente^
due ambasciatori di Valentiniano II, il primo dei quali fu lo>
stesso S. Ambrogio, occup6 bensl T Italia, ma quasi all'im^
DI S. SATIRO 201
provviso, e dopo aver fatto a Donnino, il secondo ambascia-
tore mandatogli, tali dichiarazioni di pace, che non solo ne
rimase ingannato Donnino, ma anche I'imperatore, sebbene
S. Ambrogio, che ben aveva scoperte le vere intenzioni di
Massimo, ne lo avesse avvertito.
Cosicch6 n6 all' anno 383 ne al 387 si potrebbe con verita
applicare la descrizione dell'imminente pericolo barbarico
fatta da S. Ambrogio ne' nn. 30-32.
Ad escludere questi due anni giova pure Tautorita dello
stesso S. Ambrogio. Egli in due luoghi delle sue opere paiia
-dei fatti di Massimo, ossia nell' Apologia prima del re Da-
vide (capo VI), che fu scritta secondo i Maurini nel 384, e
piu diffusamente nella spiegazione del salmo 61. Ora in en-
trambi i passi, egli deplora bensi le guerre e le calamita,
•che sopravvennero air impero romano, come conseguenza
piuttosto indiretta che diretta deH'uccisione di Graziano e del-
rambizione di Massimo, ma non parla punto di barbari cosi
crudeli e sfrenati, come quelli descritti nel discorso funebre.
•Che se nomina i barbari in generale, li nomina solo in quanto
teme ch'essi si approflttino delle guerre civili dei Romani, i
quali volgono contro di se stessi le armi, che dovrebbero vol-
gere contro di quelli. Nell7 Apologia, dopo aver detto di Da-
vide che perdono a Saulle suo nemico e non penso ad usur-
pargli il trono, cosi soggiunge alludendo a Massimo : Utinam
hunc virum imitati ess ent poster i! Non tantas bellorum per-
tulissemus acerbitates. Arguis quod unum occiderit (cio6 il
solo Graziano); non consideras quod docuerit quemadmo-
dum paoc orbl Romano perpetua servaretur. Quam gram
<adhuc luimus vastitate, quam pubblico quodam tolius orbis
funere appetitij necem regis exsolvimus ! Heu dira suppli-
-cial Inde adhuc nobis barbarus hostis insultat, dum parata
•adversum se in nos arma vertuntur. Sic vires ceciderunt
pubblicae, sic Romana virtus suis motibus fracta conse-
nuit, dum publico rapitur parricidio, quod paternae reli-
gionis sollicitudine suscipitur i.
1 S. AMBROSII Op., ed. BALLERINI, tomo II, pag. 84, 85.
202 L'ANNO DELL A MORTE
Nella spiegazione del salmo 61, che fu scritta, come di-
cono i Maurini, dopo il 388, ossia dopo che Teodosio con
Tuccisione di Massimo ebbe vendicata la morte di Graziano,.
S. Ambrogio descrive e de testa ripetutamente il tradimento-
commesso contro Graziano e Tambiziosa usurpazione di Mas-
simo (ossia i fatti accaduti nel 383), ma non dice verbo di in-
vasioni di barbari allora temute, e di barbari crudeli e licen-
ziosi, quali sono descritti nel discorso funebre l.
Che se non bastassero questi passi a convincere che nel 383
non temevasi nell'Italia superiore niuna invasione dei sud-
detti barbari, ce ne deve persuadere la testimonianza dello
stesso Massimo. S. Ambrogio, dando conto a Valentiniano II
della sua ambasciata a Massimo nel 387, riferisce che questi
lo rimprovero, perch& egli, S. Ambrogio, e Bautone (generate
e ministro di Valentiniano), quattro anni prima, avessero im-
pedito lui, Massimo, dallo scendere in Italia. Inoltre si lagno
che Bautone gli avesse mandate contro dei barbari, mentre
se ne astenne egli, che pure avrebbe potuto armarne migliaia
di quei che stavano al suo soldo, ai quali nessuno avrebbe
potuto resistere 2.
Aggiunge poi S. Ambrogio d'aver ricordato a Massimo,
ch'egli per il primo aveva proposto pace a Valentiniano 3.
Infine afferma il Santo, che nel ritorno dalla sua prima
legazione (cioe quando nel 383 era andato in Gallia per chie-
1 Si veclano i nn. 17, 20 in fine e 21 in principle, e 22-26; vol. IIr
pag. 420-425.
8 « Ad postremum erupit dicens : Quoniam me lusisti tu et ille Bautor
qui sibi regnum sub specie pueri vindicare voluit, qui etiani barbaros
mihi immisit ; quasi ego non habeam quos possim adducere : cum mihi
tot millia barbarorum militent, et annonas a me accipiant. Quod si ego
tune temporis, quando venisti, non fuissem retentus, qui mihi obstitisset,
et virtuti meae?» Epist, XXIV, n. IV; vol. V7, pag. 421.
* S. Ambrogio disse a Massimo: In quo ergo te fefellit Valentmia-
nus, qui prius pacem a te rogatus est, quam postularet, ed aggiunge
che Massimo invio suo ambasciatore un certo conte Vittore, col quale
S. Ambrogio s' incontro a Magonza : Nonne intra Gallias, iuxta urbem
Moguntiacum, cum comes Victor occurrit mihi, quern direxisti ut pacem
rogaret, al quale Vittore, giunto a Milano, fu negate dall'imperatore quanto
egli domandava, cioe la pace.
DI S. SATIRO 203
dere a Massimo il corpo dell' ucciso Graziano, che poi fu
trasportato e sepolto a Milano), traversando le Alpi, trovo del
soldati delle due parti, che le custodivano. II che & segno che
nel 383 anche Valentiniano aveva un esercito sufficiente per
far fronte al nemico, qaalora questi avesse voluto scendere in
Italia, ne quindi sarebbe stato il caso di descrivere la condi-
zione delle cose pubbliche a Milano tanto disperata, conie fece
5. Ambrogio nei nn. 30-32 del suo discorso funebre. Di piii 6
certo che Valentiniano nel 383 stava in Italia ed a Milano f.
Ora sarebbe stato alieno dalla prudenza di 8. Ambrogio,
che egli, essendo presente rimperatore, descrivesse il peri-
colo delle incursioni barbariche tanto vicino e sicuro, da to-
gliere quasi il coraggio di resistere. Al contrario tal linguag-
gio non ripugna dopo la terribile sconfitta di Adrianopoli del
378, quando rimasto ucciso T imperatore Valente e ucciso o
sbandato il suo esercito, non rimaneva che il giovanetto suo
collega Graziano, e questi dimorava lungi dall' Italia, cioe
nelle Gallie. Cosi neppure siffatto linguaggio non ripugna
nel settembre 377, come vedremo.
Percio non si possono accettare le due date 383, 387.
6. Ragioni in favor e del 378 o 379 ed anche per il 377.
Una circostanza che mi fu fatta rilevare dal ch.mo ca-
nonico Magistretti, espertissimo nella storia della liturgia
ambrosiana, parrebbe fornire un nuovo argomento in favore
degli anni 378 o 379. Come nella chiesa romana cosi nell'am-
brosiana si recitava dal clero tutto il salterio ; ma con questa
difterenza che nella chiesa romana si recitava nel corso d'una
settimana, nella chiesa ambrosiana nel corso di due, essendo
eccettuate le domeniche e i sabati.
Ora S. Ambrogio osserva, che nel giorno in cui egli, da-
vanti al cadavere di Satiro, tesse il suo discorso, s'era re-
citato neH'ufficio il salmo 23, che contiene le parole: Innocens
1 Ilium autem (cioe Vittore) liquet, me retento, pervenisse Medio-
lanum, negatumque ei quod postulabat. Loco citato, pag. 642 nn. 6-7.
204 L'ANNO DELLA MORTE
manibus et mundo corde * ; il che Toratore attribuisce non al
caso, ma a particolare disposizione del divino Spirito, che-
voleva con quelle parole indicata la santita di Satiro.
Posto adunque che gia fossevi allora la distribuzione del
salmi com'e al presente, siccome il salmo 23 si recita al
martedi, il giorno in cui S. Ambrogio fece il discorso, ossia
il giorno dei funerali, sarebbe stato un martedi. Che se il
giorno del discorso e dei funerali fu veramente il di 17 set-
tembre, in cui si celebra tuttora la festa di S. Satiro, questo-
nel periodo del pericolo gotico (377-382) sarebbe caduto in
martedi nel 379. Se poi il 17 settembre e il giorno anni-
versario della morte, e il discorso fu detto il giorno dopo,
cio6 il 18, in tal caso si avrebbe Tanno 378, in cui il 18 era
martedi.
V'6 ancora un altro indizio, sebbene piccolo, per la data
378 379. Tra le lettere di Simmaco se ne trova una, con cui
egli raccomanda a Celsino Tiziano suo fratello un cotale Satiro,
loro comune parente. Questi certamente e il nostro, essendo
nota la parentela che Simmaco aveva con la famiglia di S. Am-
brogio 2. II Seek osserva che quasi tutte le lettere di Simmaco a.
Tiziano gli furono inviate nel periodo che questi dimoro in
Africa neirufficio di vicario, ossia nel 380 e prima del 15 feb-
braio 381 3 ; anzi tutte apparterrebbero a quel tempo, eccetto
1 « Unde non immerito quantus fuerit, hodie quoque per vocem lecto-
ri s parvuli Spiritus Sanctus expressit Innocens manibus et mundo corde...
Agnosco oraculum; quod enim nulla ordinavit dispositio (o dispensatio
secondo altri codici), Spiritus revelavit » Qui per incidenza osservo, che-
quando mori Satiro, nella recita dei salmi seguivasi ancora 1'uso antico,
secondo il quale ogni versicolo veniva letto da un piccolo chierico, e poi
tutti i presenti lo ripetevano. Quindi la morte di S. Satiro fu prima al-
meno del 386, quando S. Ambrogio introdusse 1'uso del canto antifonator
nel quale una parte dei presenti recita un versetto, e 1'altra il versetto-
seguente, e cosi si alternano sino alia fine.
8 Ecco la breve lettera : « Longum loquantur pro incognitis aut alie-
nis verba facturi, mihi haec opera desinenda est, cum litteras nostras
Saturus frater communis accipiat, quas non commendationi eius sect
nostro circa vos amore functus misi » SIMMACHI Opera, ediz. Seek, in?
Mon. Germ. Hist., pag. 29: lib. I, lett. 63.
? Op. cit. pag. CXIV.
DI S. SATIRO 205
due, di cui la data e incerta, cio6 questa ora riferita ed un
altra, in cui si par la di un prossimo arrive di Tiziano 1. Che
se noi supponiamo che anche questa fosse scritta mentre Ti-
ziano stava in Africa, se non gia come vicario (il che fu solo
nel 380), per lo meno in qualche altro ufficio subalterno negli
anni antecedent al 380, avremmo un indizio per credere
che Satiro venisse in Africa prima del 380, e che in Roma
da Simmaco ricevesse la lettera suddetta di raccomandazione
per Tiziano.
Nell'ipotesi molto verosimile che la lettera riguardi il
nostro Satiro, bisogna concedere almeno questo che Simmaco
scrisse a Tiziano, mentre questi stava in qualche luogo, dove
Satiro aveva assai bisogno di essere aiutato. Ora quanto
sarebbe conforme a tutte le altre circostanze a noi finora
note di Satiro, ch'egli avesse bisogno d'essere aiutato in
Africa, altrettanto sarebbe improbabile supporre, che la let-
tera fosse scritta mentre Simmaco stesso era in Africa nel
375 e Tiziano stava in Roma. In Roma, sua patria, Satiro
non abbisognava di raccomandazioni, mentre ne poteva ab-
bisognare in Africa e fors'anche in Sicilia.
Tuttavia questi ultimi argomenti o indizii, non sono punto
decisivi, n6 del tutto sicuri, per conchiuderne che Satiro mo-
risse veramente nel 378 o 379.
Anche T indizio tratto dalla disposizione dell'ufficiatura 6
assai dubbio, poiche non si sa se quella disposizione gia esi-
stesse allora; anzi per quaato mi dice il ch. Magistretti, pare
piuttosto che non fosse ancora stabilita. In conferma egli
nota, che nello stesso discorso funebre S. Ambrogio afferma
essersi letto quel giorno il salmo 86 (n. 12; praesens lectio
dicaf). Ora, il salmo 86 si legge non al martedi, ma al mer-
coledi della seconda settimana.
L' indizio ricavato dalle lettere di Simmaco 6 non meno
incerto, quanto ad assegnarne il tempo, poich6 tutto al piu si
1 II DE Rossi, loc. cit., pagina 77, dice in generate, di tutte le let-
tere, che furono scritte mentre Tiziano era vicario in Africa.
206 L'ANNO BELLA MORTE
pu6 asserire che la lettera fu scritta prima del febbraio 381,
quando da pochi inesi era morto Tiziano.
Nonostante il poco valore del suddetti due indizii, le
probability per la data 378 (o se si vuole anche per il 379,
sono cosi grandi, che io non esiterei a schierarmi per essa,
qualora fossimo certi, che tutto intero il passo relative al-
1' imminente invasione barbarica fosse stato recitato da S. Am-
brogio il giorno stesso dei funerali di Satiro. Ma questa cer-
tezza non esiste, essendo possibile che o in tutto o in parte
sia stato aggiunto dopo, come del resto ne ha tutta 1'appa-
renza.
Affinch6 non paia temeraria la mia asserzione diro subito,
che vi sono altri passi di quel discorso, che furono certa-
mente aggiunti qualche tempo e fors'anche qualche anno
dopo averlo recitato. Tal'e quello, gia notato dai Maurini,
dove S. Ambrogio descrive la desolazione di S. Marcellina,
la quale prostrata per terra, ed abbracciando il tumulo
di Satiro, trascorreva cola i giorni e le notti: Strata humi
et totum gremio sui complexa tumulum, laborioso fessa in-
cessu tristis affectu, dies noctesque moerores integral (n. 76).
Siccome il discorso fu detto mentre la salma di Satiro stava
ancora sopra terra e scoperta (poich6 S. Ambrogio dice:
quern oculis teneo, mente complectar. In illo enim totam ocu-
lorum aciem figere libet, n. 14) non si puo ammettere che
S. Ambrogio potesse parlare di giorni e di notti passate da
Marcellina nella tristezza, n6 che ella avesse abbracclato
il tumulo, dove Satiro, mentre S. Ambrogio parlava, ancora
non era stato deposto.
Or come il passo relative a Marcellina fu certamente ag-
giunto dopo, cosi non mancano indizi per credere che sia stato
aggiunto altresi il periodo riguardante la temuta e vicina
invasione dei Goti. In effetto si osservi che S. Ambrogio non
accenna punto a pericoli o rumori di guerra, che esistessero
allorch^ Satiro parti da Milano per F Africa. Tali pericoli, se
Satiro fosse partito nel 378, oppure nel 377, sarebbero gia
esistiti e molto gravi; ne S. Ambrogio, tutto intento a ma-
DI S. SATIRO 207
gnificare la generosita del fratello, che per causa sua vuole
intraprendere un lungo viaggio, avrebbe tralasciato di fame
cenno.
Al contrario S. Ambrogio fa una fosca descrizione di tali
pericoli, allorche Satiro ritorno, e piu ancora allorche egli
mori. Ma tra il principio del suo discorso ed i numeri
30-32 vi e questa differenza, che sul principio il S. Vescovo
parla bensi di un certo universale timore e di sospetti
d'un invasione, ma non gia d'un pericolo cosi vicino e cosi
grave come nei nn. 30-32. Anzi in principio, S. Ambrogio,
dopo aver detto che in quel momento tutti temevano e tutto
era pieno di sospetti per i movimenti dei barbari, tuttavia
ringrazia il Signore che avesse rovesciato sopra di lui e
della sua casa Fafflizione temuta, risparmiandola al pub-
blico, siccome aveva sempre desiderate : Itaque nihil habeo
quod quaerar, et habeo in quo Deo gratias ogam; quid semper
optavi, ut si quae perturbationes vel Ecclesiam vel me ma-
nerent, in me potius ac meam deciderent domum. Deo igi-
tur gratias quia in hoc omnium metu, cum omnia motibus
sint suspecta barbaricis, commimem moerorem privato do-
lore transegi, et in me conversum est quidquid timebam om-
nibus. Atque utinam Me consumatum sit ut dolor meus pub-
blici doloris redemptio sit.
A mio giudizio tra questo passo e i nn. 30-32 vi e un
contrasto troppo grande e non si puo credere, che siano stati
pronunziati nello stesso giorno. Nel 1° si parla solo di so-
spetti, e di un pericolo che si temeva e che fu evitato ; nel-
Taltro di un pericolo certo, vicino, contro il quale non vi
e piu altra speranza di aiuto che nel debole riparo delle Alpi.
Onde a me sembra di vedere nel primo passo tratteggiata
la condizione in cui dovevano trovarsi F Italia superiore e
Milano nel settembre del 377, nel secondo la stessa condizione
nel settembre del 378.
Nel 377, come si ricava dal contemporaneo Ammiano Mar-
cellino, i Goti che fino allora erano stati in pace coi Ro-
mani e da Valente avevano ottenuto di venire a dimorare
208 L'ANNO BELLA MORTE
nella Tracia, essendo stati pffesi e traditi da alcuni duel e
ufficiali romani, cominciarono le loro ostilita aperte contro
rimpero, devastando orribilmente la Tracia. Ma Traiano e
Profuturo, general! di Valente, e Ricomero generale di Gra-
ziano, uniti insieme; diedero ai Goti una grande sconfitta nella
Mesia, in un luogo detto Salici, non molto lontano dalle foci
del Dauubio. Dopo la vittoria, Ricomero parti per andare a
prendere in Gallia altri rinforzi ; il che raccontato, Ammiano
Marcellino soggiunge : Haec agebantur Gratiano IV et Me-
robaude consulibus (cioe nel 377). Di poi, avendo i Roman!
abbandonata la Mesia, i Goti da questa provincia yennero
nella Tracia per assalire Frigerido, altro generale spedito
da Graziano, che s' era fermato in Berea. Egli si ritiro
davanti a loro, e attraversati i monti dell' Illiria (cioe piii
verso 1'Italia), quivi sorprese Farnobio, uno dei principal! Goti
che aveva con se molti Taifali, e li debello, facendone infi-
niti prigionieri. Dopo aver raccontato questi ultimi fatti e le
stragi commesse dai Goti; Ammiano soggiunge, che essi succe-
dettero autumno vergente in hiemem. Percio mi sembra che
a qualcuno di questi fatti del 377 possono riferirsi con verita
le parole di Ambrogio sul principio del discorso, dove dice
l>ensi che in Italia per tutto quel tempo si stava in grandi
sospetti, cioe si temeva che i Goti si volgessero verso T Ita-
lia, ma tosto aggiunge potersi credere che gia il pericolo
fosse evitato e che tutto il peso della divina giustizia fosse
caduto sulla sua casa. Dove io vedo un'allusione alle vit-
torie ottenute dai Romani, o a Salici o nell' Illiria, ma forse
alia prima, avvenuta sul finire dell'estate, anno in autumno
vergente. Osservo ancora che nel 377, nonostante che i
Goti, sebbene vinti parzialmente, continuassero ad infu-
riare, tuttavia rOriente era retto ancora da un imperatore
esperimentato e valoroso, cioe da Valente, il quale gia aveva
ricevuto e ancora stava per ricevere validi rinforzi, spedi-
tigli da Graziano suo collega. Ma ben altra e assai peggiore
fu la condizione deH'impero dopo Tinfelice battaglia di Adria-
nopoli del 9 agosto 378, nella qnale peri Valente, e rimpero
DI S. SATIRO 209
rimase esposto, come nave in burrasca, alle depredazioni
di feroci barbari. Nel settembre, dopo poco piu di un mese da
quella grande disfatta, 1'apprensione geuerale d'una prossima
venuta del Goti in Italia doveva corrispondere pienamente
non gia solo a quei vaghi sospetti, che sono accennati da
S. Arnbrogio sul principio del discorso, ma alia paurosa de-
scrizione che se ne fa nei nn. 30-32, quando gli pareva di ve-
dere imminente la morte del parenti, dei cittadini, dei con-
giunti, con orribili oltraggi al pudore, e la fine di tutto il
mondo.
Lo stesso modo di esprimersi di S. Ambrogio nel n. 31
•sembra indicare, che questo numero e una parte del seguente
S2 fur ono aggiunti dopo. Poich6 se veramente, allorch6 mori
Satiro, vi fosse stato tutto quell' imminente pericolo d7 una
terribile invasione barbarica, come mai S. Ambrogio il giorno
stesso della rnorte, o il giorno dopo, avrebbe potuto dire al de-
funto : Se tu conoscessi ora quanto sia minacciata Tltalia : Si
nunc urgeri Italiam tarn propinquo hoste cognosceres, etc.
La particella nunc indica evidentemente un tempo gia
lontano dalla morte di Satiro. Se pur non si voglia ammettere
che la notizia di queirimminente pericolo giungesse ad Am-
brogio il giorno stesso della morte o dei funerali di Satiro.
Ma tale ipotesi sarebbe piu che arbitraria, poich6 S. Ambrogio
poco appresso after ma, che Satiro negli ultimi momenti del
suo vivere era informato d'una minaccia di barbari, e con-
^igliava a lui di mettersi in sicuro e di fuggire. Ecco le sue
parole : Quonam modo ista tolerares, qui etiam ultimo
spiritu, tui iam fortassis oblitus, et adhuc nostri non im-
memor, de cavenda incursions barbarorum nos saepius ad-
monebas, commemorans non frustra te dixisse fugiendum.
Dove evidentemente si distinguono due pericoli d' invasione
barbarica, il primo mentre Satiro era vivo e fu da lui cono-
sciuto fino agli ultimi estremi del suo vivere, Taltro assai piu
grave, sorto dopo la sua morte e quindi non conosciuto da lui.
La miglior soluzione di quest 'apparente opposizione, che
trovasi nel discorso di S. Ambrogio, sembra debba consistere
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 14 9 yennaio 1903.
210 L'ANNO DELL A MORTE DI s. SATIRO
nell' ammettere ch'egli recitasse il suo discorso nel 377,.
quando il pericolo per T Italia di un invasione gotica non
era 116 cosi vicino di luogo, n& cosl imminente, anzi per
qualche vittoria poco prima ottenuta, poteva credersi allon-
tanato. Poscia, Tanno appresso, 378, allorch6 ebbe notizia
del disastro di Adrianopoli, ritocco il suo discorso e vi ag-
giunse quelle frasi: Si nunc cognosceres ecc., che conten-
gono la descrizione cosi viva e forte d' un grande pericola
vicino.
Raccogliendo pertanto quanto ho detto finora, conchiuda
che, a mio giudizio, Satiro dovette stare assai poco con suo
fratello, dacch6 fu assunto alia dignita episcopale, ma non
cosi poco che nel frattempo non potesse meritarsi somme
lodi per ramministrazione temporale della casa di S. Am-
brogio. Di poi egli parti per T Africa, in tempo in cui tutta
era quiete e non parlavasi d' invasion! barbariche. Queste
varie circostanze possono coincidere con la fine del 375, a
meglio ancora col principio o con la meta incirca del 376.
II viaggio in Africa non dovette essere tanto breve. Sa-
tiro da Milano si rec6 a Genova o » a Pisa, e di la a Roma
e ad Ostia, poi in Sicilia, dove forse si fermo qualche giorno
per affari di famiglia, poi in Africa. Nel ritorno fu portato
da un naufragio sulle coste della Sardegna, donde si reca
in terraferma, a Roma, e poscia, dopo altri giri per marer
ritorno a Milano, mentre era inverno, e si parlava di guerre
nell' Italia settentrionale.
Queste circostanze del ritorno possono convenire ai primi
mesi del 377 oppure anche del 378 ; ma per le ragioni gia dette
e specialmente del poco tempo, che Satiro stette con S. Am-
brogio, sembra preferibile Tanno 377, come data del ritorno
e della morte di Satiro. Quindi Satiro, nato, come dissi, tra
il 334 ed il 340, sarebbe morto mentre contava incirca 42
o 43 anni di eta.
R1VISTA BELLA STAMPA
i.
I GlORNALI GATTIVI NELL A COSTITUZIONE « OFFICIORUM ».
Pubblicata la sapientissima e provvidissima Costituzione di Nostro
Signore Papa Leone XIII, la quale comincia: Qffhiorum ac mu-
nerum e porta la data del 25 genaaio 1897, scrittori e teologi va-
lenti d'ogni paese si diedero a commentarla, e anche noi demmo
conto di qualcuno di tali commenti, massime in una Rivista della
Stampa, pubblicata nel Quaderno 1144 pel 19 febbraio 1898 1. Di-
cevamo allora, che fra tutti i lavori da noi visti, concernenti la
Costituzione medesima, andava segnalato, per mirabile chiarezza di
esposizione congiunta con utile brevita, quello di un Prelate dot-
tissimo, assiduo compilatore del Monitore Ecclesiastico , che celavasi
sotto le iniziali M. C. G. E tutti intesero trattarsi di Monsignor
Oasimiro Gennari, poi tanto meritamente elerato dal Papa all'onore
della Sacra Porpora.
Ora rEminentissimo Signor Cardinale Gennari, non piu sotto
il velo dell'anonimo, ci da una nuova edizione discretamente accre-
sciuta di quell'aureo opuscolo 2, dicendoci modestamente di non averla,
per giudizio di autorevoli amici, creduta disntile ne inopportune,
tanto piu poste le continue domande che gliene vengono da ogni
parte. Noi, che ci permettiamo di ritenerla anzi utilissima ed oppor-
tunissima, abbiamo premurosamente dato una corsa alle pagine del
nitido voluinetto, particolarmente per vedere quali mutazioni il dotto
Porporato, nei quattro anni ormai trascorsi dall'altra edizione del
1 Pagg. 449-457.
2 Della Nuova Disciplina sulla proibizione e sulla censura del libri,
ovvero la Costituzione « 0/ficiorum » brevemente commentata per CASI-
MIRO CARD. GENNARI, edisione terza con giunte e correzioni. Vol. di
pagg. 125. Roma Cooperativa Poligrafica Editrice, 1903.
212 RIVISTA
1898 (che computata quella fatta a principio nel Monitors
siastico era la seconda), avesse giudicato di doverri introdurre, o
per ulterior! riflessioni sue proprie, o per osservazioni di altri scrit-
tori da lui trovate giuste, o infine per nuovi autorevoli document!
in questo mezzo sopraggiunti. Benche molte ed important! sieno le
aggiunte, di nessun mutamento sostanziale perd ci siamo accorti;
il che, ove soprattutto tengasi conto della ponderazione e dell'inte-
grita a tutta prova dell'insigne Autore, e buon argomento a con-
fermarci in quella piena fiducia, che noi, fino dall'altra volta, ave-
vamo manifestata nella solidita di questa interpretazione della Co-
stituzione pontificia.
Essendosi intanto, per ordine del Supremo Gerarca della Chiesa,
pubblicato il nuovo Index librorum prohibitorum, di cui noi pure
trattammo, evidentemente non occorreva piu parlare dell' Index antico,
che rEininentissimo Autore, nel 1898, sosteneva giustamente rimaner
tuttavia in vigore. Qui il Cardinal Gennari dice, che 1'elaboratissirno
Indice nuovo e posto in perfetta eorrispondenza colla Costituzione
Officiorum e ne e quasi un complement. Egli inoltre, con molto
senso di opportunity fa un elenco utilissimo delle varie classi di
libri, i quali, conforme allo spirito della nuova Bolla, furono dalla
recente compilazione dell' Indice eliminati *.
In questa terza edizione troviamo ayvalorata da un decreto della
Sacra Congregazione dell' Indice la sentenza, che il ch. A. gia aveva
sostenuta e noi pure approvammo, essere, cioe, dopo la presents
Costitu/.ione, abdlite tutte le consuetudini contrarie. Infatti, essendo
stato domandato se questa Costituzione obbliga anche i paesi di
lingua inglese, dove taluno reputava godersi, in materia d' Indice,
una tacita dispensa, la detta Congregazione rispose il 23 maggio 1898:
affirmative 2. Vediamo altresi con piacere, che al commento del n. 3:
(Titolo I, De prohibitione librorum, Cap. I), 1'esimio A. conferma
in una nota 1'opinione, gia da lui espressa, per gli acattolici, del
quali si proibiscono i libri trattanti ex professo di religione, doversi
intendere non solo gli eretici e scismatici, siccome vorrebbe qualche
commentatore, ma e i giudei e in generale tutti gl'infedeli, perch&
la Costituzione quando voile parlare di soli eretici e scismatici lo
disse espressamente, e perche nel n. 5 la stessa Costituzione sotto il
titolo generico di acattolici, comprende evidentemente anche mao-
mettani, gentili e in ispecie giudei 3. A proposito del quale n. 5, ci
7 U J7O
' Vedi pagg;. 20 e 21, in nota.
* Vedi p'ag. 24, in nota.
3 Vedi pag. 31, in nota.
DELLA STAMP A 213
par utile avvertire, di passaggio, che in forza di due dichiarazioni
della Sacra Congregazione dell'Indice (23 maggioe 21 giugno 1898),
testualmente riferite in questa terza edizione dall' Emo Gennari,
« i testi e le versioni antiche della S. Scrittura pubblicate dagli
acattolici, purche nei prolegomeni e nelle annotazioni non vi s'im-
pugnino i dogmi della fede, sono permessi anche ai giovani che nei
Seminarii studiano S. Teologia, o lingua ebraica o greca ; per6 non
si debbono usare come test! di scuola senza speciale licenza della
S. Sede l. »
Di altre varianti che occorrono nella presente edizione non ci
intratterremo ; perche ci preme soprattutto di venire a quella che
ne sembra la giunta piu pratica fatta dal ch. Autore in questa
terza edizione. Essa riguarda i numeri 21 e 22 della pontificia Co-
stituzione, i quali stanno sotto il Capo YIII del Titolo I de pro-
hibitione librorum, intitolato de diariis, foliis et libellis periodicis.
Nella nostra recensione del 1898 non mancammo di richiamare
particolarmente 1'attenzione su questo punto della nuova Bolla ri-
rilevantissimo pe' tempi nostri, in cui non solo siamo d'ogni parte
affogati dalla limacciosa fiumana d'ogni sorta di giornali e periodic!
empii e scostumati, ma dobbiamo altresi lamentare una generale
rilassatezza delle coscienze riguardo ad essi, onde pur moltissimi
cattolici non si fanno scrupolo alcuno di acquistarli e di leggerli, e
pero i confessori stessi credono agevolmente di potere, in questo
particolare, cbiudere gli occhi ed allargare la mano. Siffatta lar-
ghezza torna oltremodo perniciosa; e quindi preziosissiine sono le
note aggiunte dall' Eminentissimo Sig. Cardinale Gennari per di-
mostrarla del tutto opposta alia lettera ed allo spirito dei due men-
tovati paragrafi, coi quali la proyvidenza materna della Chiesa ha
tagliato corto a tutti i sofismi, onde prima solevansi in qualche
guisa scusare letture tanto ruinose alia fede ed alia morale cri-
stiana. Diciamo sofismi, perche, come assai bene osserva il ch. A.,
anche prima della Bolla Officiorum avevamo argomenti solidissimi
a provarle illecite, non che per diritto naturale, ancora per legge
ecclesiastica positiva. Ma allora, scrive egregiamente il Card. Gen-
nari, « le scritture tutto che brevi ed in fogli volanti erano proi-
bite come opere di eretici; ora i giornali, quando assalgono la re-
ligione od i buoni costumi, sono proibiti di per se, ben che scritti
da falsi cattolici » 2 : dovrebbe pertanto reputarsi troncato intieramente
all'elusione della legge qualunque pretesto, cui e naturale all'umana
1 Vedi pagg. 34, 35 in nota.
2 Pag. 76.
214 RIVISTA
fralezza di ricorrrere, massime nel caso nostro, ove la legge con-
trasta ad una pratica e ad un pregiudizio coinune.
In quella vece si trovarono anche adesso da qualcuno certe sot-
tili distinzioni, le quali, se fossero passate buone, scemerebbero no-
tevolmente 1'efficacia del present! decreti. Ma le note sapient! e
secondo noi inoppugnabili del Card. Gennari tolgono a quelle di-
stinzioni ogni fondainento, chiarendole niente piu che cavilli : e di
cid devongli saper grado assai i confessor! segnatamente, perche
ne possono trarre la norma sicura da seguire per raggiungere il
fine inteso dalla Santa Madre Chiesa, il quale, giova ripeterlo col
Card. Gennari, e stato ed e di premunire i suoi figli contro i tre-
mendi danni minacciati alle anime loro dal giornalismo perverso,
verso cui di pochissimo conto appare la considerazione delle diffi-
colta che a penitent! e confessor! deve certamente costare la co-
scienziosa esecuzione della legge. E legge: si eseguisca dunque e
si faccia eseguire.
La legge intimata dal Supremo Gerarca non potrebbe essere
ne piu determinata, ne piu chiara. Essa dice : Diaria, folia et libelli
periodici, qui religionem aut bonos mores data opera impetunt,
non solum naturali, sed etiam ecclesiastico iure proscripti ha-
beantur : la lettura pertanto dei giornali, dei fogli, quali che si siano,
e delle riviste che di proposito asealgono la religione o i buoni co-
stumi e positivamente vietata dalla Chiesa; ne solamente ne e vie-
tata la lettura, ma questa proscrizione assoluta dei giornali empii
od immoral! « porta seco (scrive il ch. A.) 1'obbligo di non rite-
nerli, di non donarli ad altri e molto piu di non associarsi ad essi 1 »;
giacche associarvisi e un cooperare alia loro diffusione ed un con-
solidarne Fesistenza. Obbliga altresi a non tenerli a disposizione
del pubblico negli alberghi e nei negozii, a non lasciarli libera-
mente in mano dei figli e dei domestic! nelle famiglie. Ed e anche
evidente, per la natura stessa della cosa, trattarsi di obbligo grave,
la cui infrazione costituisce peccato mortale, ove non intervengano
circostanze attenuanti.
Quali possano essere queste circostanze attenuanti ci piace
esporlo colle parole di un documento recente, autorevolissimo, cioe
1' ultima lettera Pastorale collettiva del cardinale Arcivescovo e dei
Yescovi della Provincia ecclesiastica di Milano, data il 4 novem-
bre 1902. Affermato non esser dubbio che trattasi di materia per se
grave, i Prelati della Provincia milanese soggiungono : quamquam
parvitas mater iae admittitur, si lectio non sit habitualis et peri-
* Pag. 77.
BELLA STAMP A 215
culum percersionis non sit proximum, sive ob defectum malitiae
in diario, sive ob certain legentis firmitatem in doctrina catholica,
sive ob causam excusantem aequo forte minor em, sive ob levitatem
lectionis. Tutto questo e ragionevolissimo e dobbiamo tenerlo in-
nanzi agli occhi per bene e prudentemente applicare la legge ; e
cosi pure vuol attentamente ponderarsi che la proibizione del Pon-
tefice riguarda solo diarii e riviste, che data opera combattono la
religione o la morale. Quel data opera e nella presente edizione
spiegato daU'Eminentissimo A. in guisa piu esatta che non fosse
nella precedente, dove se ne faceva un tutt'uno coll'altra frase spesso
occorrente in materia di proibizione di stampe, cioe ex professo
No, scrive il ch. A. Per contrario, « altro e la locuzione ex pro -
fesso, altro la locuzione data opera. La prima... ha luogo quando
una materia condannata e argomento precipuo del libro, o se ne
parla di proposito assai volte. La seconda e quando la materia con-
dannata non e argomento precipuo del libro ; perd se ne parla non
di passata, ne brevemente, ovvero se ne parla piu volte *. » Di
qui 1'A. logicamente deduce, che per giudicarsi proibito un giornale
od un periodico dal presente decreto, « non basta che solo talvolta
e leggermente contenga qualche cosa contraria alia religione ed ai
buoni costumi; ma si richiede che di proposito ed abitualmente li
aggredisca e mostri spirito ostile contro di essi 2. »
Ma ammessa pure, perche giusta e vera, questa restrizione, chi
non vede tuttavia quanti giornali, fra quelli che corrono ora senza
scrupolo pubblicamente per le mani e si leggono magari in piazza
ancor da chi si protesta buon cattolico, e da donne devote e scola-
retti e seminaristi e perfin da preti, sono certamente vietati ? 0 si :
vi e da spaventarsi della enorme estensione del male ; ma non per
questo si ha arbitrariamente da stremare il vigore della legge, che
e salutarissima, provvidissirna ed anzi necessaria ; poiche, come nota
1'Eminentissimo Gennari, dalla lettura appunto dei giornali cattivi,
e massimamente di quelli che mascherano 1'irreligione sotto una
larva di onesta naturale « e venuto e viene soprattutto il corrom-
pimento generale in mezzo alle popolazioni cattoliche. » E trattan-
dosi di danno tanto grande e di un pericolo commune, d'ordinario
conviene, con S. Alfonso, rigidiores opiniones sequi, anziche le
piu benigne.
Ci par quindi degnissimo di lode il nostro A. per essersi nelle
dette note, aggiunte a questa edizione, strenuamente opposto ai conati
1 Pag. 46 in nota.
1 Pag. 74 in nota.
216 RIVISTA
di qualche commentatore della Costituzione Officiorum, intesi, in
tutta buona fede, a restringere la proibizione ai soli fogli piu aper-
tamente empii, che scalzano le basi della stessa religione naturale,
col pretesto che la parola religio debba o possa intendersi soltanto
della religione naturale. Ma a buon diritto il ch. A. risponde che
il pretesto e futile ; perocche la religio, che il PoDtefice vuol difendere
dalle minaccie del giornalismo malvagio, e quella di cui Egli e Capo,
la sola vera, cioe la cattolica. « Ed e (cosi egli) stile di Curia
sempre, che la parola religio, senz'alcuna aggiunta, debba signifi-
care la vera religione, che e la cattolica; giacche la S. Sede non
ha in mira che di tutelare questa sola religione 1. »
Stiano dunque tutti i confessori fermi e concordi ad esigere dai
penitenti che lascino la lettura dei periodici di proposito ostili alle
verita cattoliche o propagatori di laidezze ; ed ove, per valide ragioni,
i penitenti non ne potessero fare a meno (il che inter viene di rado),
li obblighino a munirsi della licenza che i vescovi hanno la facolta
di concedere. Quanto poi all' interrogare su questo punto i penitenti
che non se ne accusano, V Eminentissimo si limita a dire, che « il
confessore potra regolarsi giusta 1' iusegnamento dei DD. circa gli
ammonimenti inutili a coloro che sono in buona fede. » Noi ci per-
nietteremo di soggiungere che nella Pastorale gia citata 1' Episco-
pate lombardo insegna, doversi interrogare il peniteute, del quale si
sa o prudentemente e probabilmente si' giudica che legge giornali
cattivi, quante volte consti o prudentemente si dubiti che il suo
silenzio proviene da malizia, o da grave negligenza od anche da
ignoranza ovvero inavvertenza del tutto vincibile; e doversi egual-
mente interrogare e ammonire quando il silenzio proviene da igno-
ranza o inavvertenza invincibile, se si prevede che 1' interrogazione
e 1'avviso gioveranno.
E il detto basti ad invogliare i nostri lettori del bellissimo libro
di Sua Eminenza il sig. Card. Gennari, del quale a tutti e nota
la singolar valentia nelle cose morali. Solo noteremo da ultimo il
commento suo al n. 22 della Costituzione, ove s'inibisce ai catto-
lici, rnassime agli ecclesiastici, di nulla pubblicare nei suddetti pe-
riodici malvagi senza giusta e ragionevole causa. A buon diritto il
ch. A. giudica compresa nella generale proibizione anche la pub-
blicazione di semplici annunzi o manifest!, eccettuandone solo i
negozianti e gl' industriali che ne avessero precisa necessita. Ne
traggano pro quei cattolici, i quali, nonche farsene coscienza, giudi-
cano anzi opera meritoria e di zelo lo stampare articoli e lavori nei
1 Pag. 71 in nota.
DELLA STAMP A 217
periodic! anticattolici. Questo FEminentissimo Grennari riprova, « come
e da riprovare nei giornali cattolici il vedere annunziate cose che
la S, Sede condanna, per esempio quelle che riguardano il magne-
tismo, lo spiritismo e le pubblicazioni liberalesche e massoniche *. »
II.
Dl UNO STUDIO DEL P. C. PESGH
SULL' ISPIRAZIONE DELLE SANTE SCRITTURE.
II p. Cristiano Pesch aveva gia scritto ne)la Zeitschrift fur
kath. Theol (Innsbruck 1901, p. 452 ss., 594 ss.; 1902, p. 31 ss.)
intorno alle varie opinioni dei moderni protestanti su 1'ispirazione;
ora in un nuovo libro 2, piccolo di mole ma denso di cose, conti-
nua 1'assunto propostosi, e traccia, bene insieme aggruppato alia
maniera di un quadro, quanto fin dal 1890 fu scritto dai cattolici
su lo stesso argomento.
Premesso un esame diligente dell'Enciclica « Providentissimus
Deus » e di altri documenti pontificii, come quelli che sono da
anteporsi ad ogni altra autorita, e che dai piu degli scrittori cat-
tolici citati nell'opuscolo sono di fatto avuti in tal conto, 1'A. tesse
la storia delle controversie agitate fra i cattolici su tale argomento,
di modo che il suo lavoro prende una forma piu storica, che dom-
matica o esegetica.
Degli scrittori che furono gran parte in tali controversie, come
Mons. d'Hulst, il Loisy, 1'Anonimo della Contemporary Review, 1'altro
anonimo « un cattolico francese » , il pseudonimo Eufrasio, il p. Brandi,
lo Schanz, 1'arciv. Mignot, il Chauvin, il Lagrange, Me Nabb, lo
Zanecchia ed altri, non cita i nomi soltanto, ma espone le singole
opinioni con le parole di ciascuno. N& passa inosservata alcuna
delle question! che piu hanno richiamato 1'attenzione e la discussione
dei critici ; difatti nelPopuscolo si troyano discusse le question! del-
1'elemento divino ed umano nell' ispirazione, dei limit! della mede-
sima, se 1'ispirazione sia tutta verbale o no, ed a p. 99 ss. 1'A. ci
da anche una discussione sulla questione se in tutto cid che scris-
sero gli Apostoli, furono ispirati.
1 Pag. 77.
* CHRISTIAN PBSCH S. I. Zur neuesten Geschichte der katholischen
Inspirationslehre (Theolog. Zeitfragen, 3 Folge). Herder, Freiburg i. B.
1902, 8°, 122 p.
218 EIVISTA
Nel trattare dell' ispirazione, bisogna anzitutto distinguere 1'ispi-
ra^ione del testo sacro da tutte quelle circostanze, che sebbene
abbiano con esso un legame intimo, pure non costituiscono 1'ispi-
razione, 3 prima di tutto dall' inter pretazione e dalla critica del
testo. Chi si scostasse da qualche inter pretazione, gia accettata,
con ci6 solo non verrebbe a negare Yispirazione. Perche 1'interpre-
tazione ha relazione col senso del testo ispirato, mentre Ja ispira-
zione pone ed affernia 1'influsso soprannaturale e straordiriario di
Dio nella cornposizione stessa del testo. Come pure non hanno atti-
nenza con V ispirazione quelle cose che la sana eritica determina
dei sacri libri ; perche se 1' ispirazione ci da sempre la certezza della
verita del testo, non sempre ci assicura delPautore secondario o
scrittore di esso, ne del tempo in cui fu composto, ne delle fonti
e dell' indole sua letteraria. Percio, rimanendo salva 1' ispirazione,
ciascuno puo in tali cose tener la sentenza che giudica esser me-
glio fondata, salvo il caso che delPautore o delle fonti o del tempo
il testo sacro affermi qualche cosa; allora evidentemente la stessa
testimonianza del sacro testo ha inoltre autorita di argomento sto-
rico e critico di prim'ordine, ne una critica ragionevole potra mai
ricusarlo.
Chi e mai, non gia 1'autore principale che e di fede essere
sempre Dio, ma 1'autore secondario o lo strumento di cui Dio s'e
servito nello scrivere il libro di Tobia o '1'epistola agli Ebrei ? « Ri
guardo all'ispirazione dell'uno e dell'altro scritto non importa nulla
la soluzione di questo quesito. E da quali fonti ha attinto 1'autore
del libro dei Giudici ? Forse dovremo in cid confessare la nostra igno-
ranza, tuttavia teniamo per certo che questi libri sono ispirati. Che
un libro sacro sia stato scritto nell'uno o nell'altro secolo av. Cri-
sto, nulla importa, perche niente se ne pu6 dedurre che sia con-
trario alia sua ispirazione. 0 che nel libro di CHobbe si contenga
qualche storia drammatizzata o qualche rappresentazione drani-
rnatica di un'idea religiosa, o non si contenga, questo libro rimane in
Ogni caso ispirato da Dio. Se i libri di Griuditta e di Ester siano opere
storiche, ovvero puramente didattiche o profetiche in veste storica,
e una questione letteraria la cui soluzione non dipende dal concetto
dell'ispirazione. Per il che non sarebbe ragionevole, dopo aver iatto
tali questioni critiche, esclamare : a che si riduce allora 1' ispira -
zione? Essa e fuori della questione. Chi all'udire parlare di critica
dei sacri testi subito si turba, non ha un concetto chiaro del-
Tispirazione, o pure non sa quale sia il campo e 1'ufficio della giusta
critica. » Cosi il p. Pesch a p. 48 ss.
DELL A STAMPA 219
Pur ammessa la sostanza di questo ragionamento, non ne se-
gue, che tutte le opinion! riferite colle parole citate siano vere,
e che alia Chiesa, qualunque cosa si affermi, debba importar poco ; ma
e necessario esporre di ciascuna le ragioni critiche o storiche su
cui si appoggia. Ne cosi operando si vuol favorire in alcun modo
la eritica falsa e razionalistica, la quale, mentre gratuitamente nega
tutto ci6 che e soprannaturale, nega anche la stessa ispirazione.
Questo intanto si pud affermare dopo la lettura dell'opuscolo
del p. Pesch, che tuttavia rimane a scrivere il capitolo di una
tal controversia ; ne pote scriverlo il p. Pesch, appunto perche
quei fatti che avrebbero dovuto formarne la materia, mancavano an-
cora. Ai nostri tempi non si muovono tante difficolta su I'elemento
divino dell' ispirazione, il quale gia, come generalmente si rieonosce,
consiste in un certo influsso soprannaturale con cui Dio muove 1'in-
telletto e la volonta deH'uomo a scrivere tutte e sole quelle cose che
Egli vuole scritte in suo nome, assistendolo anche e dirigendolo
nello scrivere le parole. Invece molte difficolta s'aggirano ancora
sulla questione dell' elemento umano dell' ispirazione, cioe quale
parte abbia 1'uomo quando sta sotto 1'influsso dell'ispirazione, e
che cosa contribuisca egli di suo al proprio lavoro nella sua qua-
lita di scrittore.
Questa controversia, lo nota anche 1'opuscolo, dai critici catto-
lici recenti fu appena toccata di volo. Partendo da un concetto
a priori alcuni si domandarono : « potrebbe essere stato ispirato
un racconto romantico? ovvero un mito? » Question! interessanti
si, ma oziose. Poiche il romanzo, il miio, sono produzioni letterarie
piuttosto nostre che degli antichi giudei o dei primi cristiani. All'in-
contro la questione doveva essere trattata a posteriori e per via
esegetica.
Un eseoipio illustrera meglio la cosa.
DjiWispirazione segue necessariamente la infallibilita degli scrit-
tori. Questa, tra le altre cose, e intimamente legata col genere let-
terario (p. 48) a cui appartiene uno scritto. Poiche secondo la diversita
del genere letterario, diversa pure e la verita che compete a document!
diversi. La storia e la parabola hanno ambedue forma di narrazione,
ma sono diverse nel genere letterario, perche la storia e narrazione
di fatti, e la parabola e una narrazione inventata unicamente per
servire d' illustrazione a qualche verita morale ; sicche la verita della
storia consiste propriamente nella conformita deila narrazione coi
fatti, e la verita della parabola nell'attitudine della narrazione ad
inculcare una determinata verita morale. Ora quale uomo di crite-
220 RIVISTA
rio vorra trovare nella parabola la verita della storia, o domandare
quando e dove visse il figlio prodigo, che nome ebbe o qual fu il
paese dove si ritiro?
Dunque la verita del document! e diversa per i diversi generi
letter arii. Non tocchera forse all' interprete, che si accinge alia di-
fesa della verita dei libri sacri, descrivere ed enumeiare diligen-
temente tutti i generi letter arii che, per dire solo del Yecchio Te-
stamento, furono in uso presso i Giudei? Ne soltanto dovra fare
un confronto fra i libri ispirati, ma dovra farlo eziandio di quest!
libri ispirati con 1'altra letteratura ebraica, anteriore e posteriore a
Cristo; la quale, pure non essendo ispirata, ha pero gli stessi generi
letterarii che i libri ispirati, ed anche altri geneii a questi affini,
ma contbrmi sempre al genio giudaico.
Quando 1'esegeta avra badato a questo, avra dinanzi un elenco
abbastanza completo di quei generi, che qualche volta furono ispirati
0 che almeno poterono essere ispirati. Ma qui sta appunto la diffi-
colta del lavoro, che e interamente esegetico e letterario.
Ne risponde alia questione la distinzione dei libri sacri in libri
storici, didattici e poetici. Essa non e scientifica, ma pratica, e per lo
scopo, di cui trattiamo, e troppo generale. N& s'ha da credere che
1 generi letterarii degli Ebrei siano gli stessi che quelli dei Greci
e dei Latini, quali si designano nei manuali di retorica; anche i
Semiti hanno una genialita loro propria, e molto diversa dalla in-
dogermanica: e gli Ebrei hanno generi letterarii proprii, di cui
alcuni sono del tutto diversi dai generi greci, altri non in tutto
eguali. Dove trovare, per esempio, in tutta la letteratura greca un
libro che corrisponda alia forma letteraria del Cantico dei Cantici ?
E si potrebbe credere d'avere qualificata per 1'appunto 1'indole di
questo libro, quando s'avra chiamato col nome greco di allegoria?
Che dire di quell'ampio genere letterario denominato mashal, che
vorrebbe definirsi invenzione didattica, e che abbraccia a sua volta
altri generi letterarii ? Esso comprende le parabole nel significato piu
stretto della parola, quali si trovano nel Vangelo : i cosl detti pro-
verbii, regole di costumi espresse graficamente per parallelism! ed
illustrate con paragoni desunti da ogni dove; e questi possono cre-
scere ancora fino a formare quasi un carme, come ad esempio la
lode della donna forte neH'ultimo capo dei Proverbi.
Y'e il genere midrash, il cui nome s'incontra nel 2 Par. 13, 22;
24, 27 ; in primo luogo il midrash halachico, che e un commento
legale scritto secondo la giurisprudenza dei Giudei, la quale e diver -
sissima da quella dei Romani. In secondo luogo il midrash hag-
DELLA STAMPA 221
yadico, specie di commentario storico, un genere di narrazione
didattica condotta liberamente che ha per scopo principale non di rac-
contare dei fatti, ma di inculcare qualche verita morale mediante una
certa libera narrazione dei fatti. Cosi il libro dei Giubilei con un rac-
conto piu libero degli stessi fatti che sono nel Genesi, inculca la
pieta secondo la forma che fioriva al tempo dei Farisei, e principal-
mente distinguendo tutto il racconto per anni, anni sabatici e giu-
bilei, dimostra la santita del sabato in tutta la storia del mondo,
fin dalla creazione stessa. Ora un libro siffatto non e e non pre-
tende di essere storia: e una specie di poema epico, senza metro.
Orbene si domanda : in siffatto midrash si contiene una verita
strettamente storica? rispondo: no certo. Ma ivi e per 1'appunto
la verita propria del genere midrash, quando propone nella sua nar-
razione piu libera una vera dottrina morale. Sicche il midrash po-
trebbe definirsi un genere letterario di forma storica, anzi con fon-
damento storico, ma composto colTintento principale d'insegnare.
Questa del midrash e certamente una questione, che al presente ha
per 1'esegesi un'importanza maggiore che non la sopra accennata
•del romanxo o del mito.
E generalmente parlando, tutta la letteratura ebraica e piu didat-
tica che non la greca e la romana; perche mentre precipuo fine
della invenzione o della poesia greca o romana e il diletto, della
ebraica e I'insegnamento. Quindi dal diver so fine derivano diversi
generi letterarii, ognuno dei quali ha quella verita che gli e propria.
Ci siamo studiati di condensare un po' la questione; ma dalle
cose dette il lettore intendera che parecchio ancora resta a fare.
Chi poi vuol formarsi un sicuro giudizio intorno ai genere di verita
dei singoli documenti del Yecchio Testamento, tenga anzitutto bene
a inente, che egli dovra pensare, parlare, giudicare, come pensava,
parlava, giudicava un antico Ebreo.
GRONAGA GONTEMPORANEA
Roma, 25 decembre 1902-8 gennaio 1903
I.
COSE ROM AN E
1. Ricevimenti di S. S. Leone XIII pel capo d'anno. Dono dell'Imperatore
d' Austria pel Giubileo. — 2. Altro dono inviato dalla citta di Vienna
per la steesa occasione. — 3. Le prime Comunioni nelle parrocchie
di Roma. — 4. La decorazione pontificia al Conte G. B. Paganuzzi.
1. Negli ultimi giorni di dicembre Sua Santita degnava ricevere
le varie deputazioni del Corpi militari addetti ai Palazzi apostolic! , le
quali offrivano gli augurii pel nuovo anno, le felicitazioni pel Giubileo,
1'omaggio della loro fedelta e devozione. La Guardia Nobile dapprima
con a capo il Comandante Principe D. Qamillo Eospigliosi profittava
della fausta circostanza per far un dono ad uso personale del Santo
Padre, cioe una ricca tabaechiera d'oro a finissirao lavoro di smalti e
pietre preziose, ornata coll'arme del Corpo delle Guardie, e nel ro-
vescio del coperchio una dedica affettuosa.
A loro volta gli ufficiali della Guardia svizzera condotti dal loro
Comandante barone Meyer vollero presentare a S. S. un bronzo ar-
tistico, riproduzione del leone morente modellato dal Thorwaldsen e
scolpito nella viva soccia a Lucerna, in memoria dell'eroica difesa
fatta dagli svizzeri all'infelice Luigi XYI il 10 agosto 1792. La base
in marmo verde, larga mezzo metro, porta il motto: Helvetiorum fidei
ac virtuti. Ai lati sono le armi di Leone XIII e della Guardia, in ar-
gento: dappiede, in una targhetta pure d'argento, queste parole:
Leoni XIII P. M. — Quinquies quinquennalia feliciter agenti — Cohort
Helvetiorum — MCMIIL
Ebber lo stesso onore le deputazioni della Guardia palatina e del
Gendarmi ; e quella pure del disciolto esercito pontificio capitanata dal
conte A. Pianciani.
Negli stessi giorni cominciarono i ricevimenti del corpo diploma-
tico accreditato presso la Santa Sede : di uno dobbiamo fare menzion*
CRONACA CONTEMPORANEA 223
speciale, ed e quello del conte Szecsen di Temerin ambasciatore straor-
dinario e ministro plenipotenziario d'Austria-Ungheria, il quale accom-
pagnato in forma solenne dagli addetti all'ambasciata conti Coronini-
Oromberg, Westphalen, Ceckowics, e da Mgr de Montel decano della
Sacra Eota, offer! va al Santo Padre un prezioso ricordo del suo Giu-
bileo, recato dal barone Drechsel da parte di Sua Maesta 1'Impera-
tore Francesco- Giuseppe. E un grazioso lavoro dello scultore Rodolio
Marschall, rappresentante il buon Pastore che stringe al seno la rin-
tracciata pecorella ; mentre altre lo seguono levando il guardo a Lui
0 pascendo sicure ai suoi piedi. II gruppo e in oro massiccio : un bel-
lissimo piedistallo in marmo africano dalle tinte sfumate, alto piu di
un metro, serve di base, raffigurando al tempo stesso 1'alto declivo
erboso e fiorito, sul quale il Pastore divino guida le sue pecorelle. II
piedestallo porta in lettere pur d'oro la seguente epigrafe dettata dal
dottor Hartel Ministro del Culto e della Pubblica Istruzione : Pontifid
Maximo Lsoni Decimo Tertio — Optimo fidelium Pastori — per quinque
lustra Ecclesiam singulari providentia felicissime gubernanti — eiusque
thesauros uberrime recludenti — hanc Boni Pastoris imaginem — Fran-
ciscus losephus Austrian Imperator, Rex Apostolicus Hungariae — pie-
tatis ergo — D. D. D. — Ai due lati dell'epigrafe stanno gli sternmi
del Papa e dell'Imperatore, di squisita fattura in oro, smalti e brillanti.
2. Un altro dono recava a Sua Santita lo stesso Ambasciatore : ed
era la medaglia fatta coniare, come gia annunziammo, per deliberazione
del Consiglio municipale di Vienna, ed inviata ora a nome di quella
•citta dal dottor Lueger suo borgomastro. Essa e fusa in due meda-
glioni d'oro di circa venticinque centimetri di diametro e lo spessore
complessivo di due : il dritto ritrae 1'effigie del venerando Pontefice :
sul rovescio e disegnato un vasto campo che ha sul davanti eleganti
palmizi, e sul fondo, all'orizzonte, la torreggiante cupola di S. Pietro:
un po' da lato son le parole : Ecelesiae thesauros reclusit — Anno MCM.
1 due medaglioni sono incastonati nella parte superiore di una gra-
.ziosa stela o pilastrino dello stesso marmo che il piedistallo del gruppo
sopradescritto : e sotto di essi e disposta a bei caratteri rilevati in oro
un'iscrizione dello stesso Lueger, che cosi dice: Ecelesiae catholicae
beatissimo Patri — Leoni XIII — Pontifid Maximo — in piam Ponti-
ficatus memoriam — quinque per lustra gloriosissime gesti — hoc summae
venerationis — ac singularis pietatis signum — Vindobona — Imperil
austriaci caput regnique sedes — D. D. D. — Anno Domini — MCMII.
Piu sotto e il nome dell'artista: Rodulphus Marschall Vindobonensis
fecit. L'artista medesimo era presente all'udienza e si ebbe parole di
plauso dal Santo Padre, il quale ammirava ripetutamente 1'arte e la
finitezza dei due superbi larori che voleva conservati nella sua biblio-
teca, compiacendosi di esprimere la sua persona le riconoscenza verso
I
224 CRONACA
1'Imperatore, e la sua particolare soddisfazione per 1'omaggio affettuoso
che aveva voluto offrirgli la rappresentanza ufficiale della capitate
deH'impero.
Al barone Drechsel, latore del dono imperiale, fu conferita la
Commenda dell'Ordine di San Gregorio Magno, e quella di S. Silve-
stro allo scultore Rod. Marschall.
3. Giocondo spettacolo presentava la Chiesa di S. Teresa del PP. Car-
melitani al Corso d' Italia la domenica prima del santo Natale. Circa
ottanta giovanetti appartenenti alia vicina parrocchia di S. Agnese vi
ricevevano la prima Comunione dalle mani dell' Emo Cardinal Yicario
di S. S. con tanto divoto raccoglimento, fra tanta pompa di sacre fun-
zioni, e commozione di popolo affollato, che era una tenerezza a ve~
dere. Quella festa era stata convenevolmente preparata con opportuni
esercizi adattati per quell'eta : quei giovinetti accorrevano tutte le
sere con molta premura al catechismo che per circa un mese veniva
loro spiegato, divisi in piccoli gruppi, per maggior comodita e pro-
fitto : ne si pud dire facilmente quanto friitto si otteneva da quei gio-
vani cuori naturalmente ben disposti a ricevere la parola di Dio.
E davvero noi non possiamo che rallegrarci, e con noi certamente
tutti i buoni si rallegreranno, vedendo rinascere nelle parrocchie di
Roma questa cosi santa, cosi dolce, cosi necessaria tradizione. Pur
troppo le difficolta che tutti sanno, dopo i tristi avvenimenti del 1870,
i timori di disordini, 1'incertezza delle circostanze, ed altre conside-
razioni piu o meno sode ed attendibili,%si uniscono in Roma ad accu-
mulare difficolta con tro la pratica comune per tutto altrove nel monda
cattolico, delle prime Comunioni in parrocchia. E ben vero che molti gio«
vanetti potevan esservi preparati con esercizii spirituali dentro alcune
pie Case di ritiro. Ma chi riflette che da una parte la quasi triplicata
popolazione della citta, con 460,000 abitanti, da ogni anno circa cin^
quemila fanciulli che si dovrebbero disporre a quei grande Atto cri-
stiano, e dall'altra quelle pie Case non potrebbero radunare che un
terzo forse, o poco piu, di quella moltitudine, pud facilmente conclu*
dere qual rovina sarebbe, se si lasciassero passare gli anni aspettando
1'ottimo che nessuno fa ne si pud fare, e intanto si trascurasse di fare
quei che si puo e si deve. Numerosissimi sono, massime nei quartieri
piu popolari, i giovani e le fanciulle ancora di 18 a 20 anni, che
non hanno fatto peranco la prima comunione. Sono a migliaia i fan-
ciulli e gli adolescenti di undici e dodici anni, derelitti, privi del
Pane di vita e di quella istruzione dei divini misteri, che omai pur
troppo solo in quell 'occasione ricevono : si perdono le tradizioni di fede,
si rompe un vincolo sacro colla parrocchia, che dovrebbe essere il centra
della vita cristiana per le famiglie, e si apre larga porta a quella in*
differenza, anzi dimenticanza completa della religione, che sarebbe il
oolmo delle gia troppe sciagure.
CONTEMPORANEA 225
Sia dunque lode a quei parroci che, seguendo la voce del Santo
Padre e gli ordini pressanti del Cardinal Yicario, si son messi con
tanto zelo all'opera doverosa e santa, sicuri che le loro fatiche ver-
ranno ampiamente ripagate dalle benedizioni divine attirate sulle loro
parroechie e dalla consolazione deH'immenso bene che da essa rica-
veranno.
4. Una bella e ben meritata dimostrazione di onore e d'affetto fu
quella che ebbe il conte Paganuzzi domenica 28 dicernbre a Yenezia.
Nella gran sala dei Banchetti nel palazzo patriarcale si teneva una
solenne riunione del Comitato diocesano e delle rappresentanze delle
associazioni cattoliche, per presentare all'egregio gentiluomo, a nome
dei cattolici della Regione veneta, le insegne della Gran Croce del-
1'Ordine di San Gregorio Magno di cui lo ha onorato poco tempo fa
il Sommo Pontefice. La presiedeva S. E. il Cardinal Patriarca ; e
quantunque non si fosse voluto allargar la cerchia degli inviti, come
disse il conte Bianchini Presidente del Comitato diocesano, per non
offendere la modestia del candidate, pure molti da tutto il Yeneto yi
vollero aver parte spontaneamente per attestare la loro sirnpatia al
degno campione, che per trent'anni aveva lottato coraggiosamente per
il bene, e il cui nome non rimase solo fra le lagune, ma dall'Alpi
alPestrema Sicilia corse venerate e caro. Tra gl' inter venuti noteremo
specialmente il Conte Grosoli ricevuto a gran plauso. Parecchi oratori
si levarono a festeggiare il nuovo decorato ; si lessero moltissimi tele-
grammi e lettere di Yescovi, di President! dei Gruppi e di membri
del Comitato Generale e dei Coinitati minori dell' Opera dei Congressi,
fra le qnali una del prof. Toniolo applauditissima : ma quello che
valeva piu di ogni altra testimonianza e ogni altro onore, fu certa-
mente la lettera che P Episcopato veneto dirigeva al Conte stesso e
fu letta nell'adunanza dallo stesso Cardinal Patriarca. Eccone il testo :
« Illustrissimo Signer Conte.*
« La benignita di N. S. Papa Leone XIII, pure accettando la ri-
nuncia che la S. Y. fece alPuffioio di presidente generale delP Opera
dei Congressi e Comitati cattolici in Italia, al quale era stata nuova-
mente eletta, ad attestarle ancora una volta la Sua piena fiducia e
la Sua alta soddisfazione per quanto Ella fece nell'Opera stessa a pro
della Chiesa, della S. Sede, e della Societa, degnavasi accordarle una
delle piu alte onorificenze pontificie, che ponesse quasi couona alle
altre meritate coi suoi lunghi e fedeli servizi.
« Noi sottoscritti ne siarno rimasti lietissimi : e pure godemmo
che il Comitato regionale e i Coinitati diocesani di queste Provincie
venete nelle quali per ]a sua illuminata direzione e per lo zelo suo
instancabile, generosissimo, 1'opera si ebbe largo sviluppo e sorsero
tante istituzioni di vario genere, massime quelle dirette al bene del
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 15 10 gennaio 1903.
226 CRONACA
popolo, come casse rural! , associazioni agricole, societa di mutuo soc-
corso, banche cattoliche, union! professional!, case operaie, segreta-
riato del popolo, a dimostrarle la loro imperitura gratitudine e stima
abbian voluto presentarle le insegne della nuova decorazione : prin-
cipalmente riconoscenti che 1'organizzazione dei cattolici da lei pro-
mossa con sapiente costanza abbia fatto si, che molte nostre citta e
comuni sieno ora amministrati da Consigli nella loro maggioranza
compost! di pur! cattolici, che vogliono eonservate le basi del civile
consorzio.
« E noi, Pastori di questa nobile parte del popolo italiano, testi-
inoni delle sue insigni benemerenze per la causa del Signore, noi che
post! da Dio al reggimento delle anime in questa Regione, La ve-
demmo sempre ossequente all'Autorita ecclesiastica e coll'esempio
e colla parola eccitare il laicato mil! tan te prima di tutto all'esercizio
della pieta e della religiosa virtu, poi aH'amore operoso verso la
Chiesa, abbiamo pure voluto in questa circostanza fare umile eco
all'augusta voce del Sommo Pastore e darle pubblica prova della
nostra sincera ammirazione e gratitudine, augurando che il Signore
per il quale Ella ha tan to lavorato e patito, doni a Lei e alia Sua
famiglia anche in questa vita le piu elette benedizioni.
«E questo il eomune voto dei nostri cuori, mentre godiamo pro-
testarci della S. Y. Illma — Devotissimi in Gesu Cristo
c 28 DicembW 1902.
« Grius. card. SARTO, patriarca: BARTOL. card. BACILIERI, vesc. di
Verona: PIETRO ZAMBTJRLINI, Arciv. di Udine: LOD. MARANGONI, ve-
scovo di Chioggia: SIGISM. conte BRANDOLINI, vesc. di Ceneda: AN-
TONIO POLLNT, vesc. di Adria: Grus. APOLLONIO, vesc. di Treviso: GIU-
SEPPE CALLEQARI, vesc. di Padova: ANT. FERTJGLIO, vesc. di Vicenxa:
FRANC. ISOLA, vesc. di Concordia: FRANC. CHERTJBIN, vesc. di Feltre e
Belluno » .
La lettera era scritta in gotico antico su grande pergamena or-
nata di fregi dello stile del seicento, colla tiara pontificia in alto,
in basso il leone di S. Marco, dal lato la Chiesa di S. Pietro, e rac-
chiudeva la pergamena una cartella artisticamente lavorata. Sara
questo uno dei piu preziosi clpcumenti che il conte G. B. Paganuzzi
potra trasmettere colle memorie di famiglia.
II.
COSE ITALIANS
1. Resoconto parlamentare. La Colonia eritrea. L'esposizione finanziaria. —
2. II Senato e i nuovi Senator!. — 3. La lega internazionale contro il
duello : sua origine : sua diffusione. — 4. Riassunto dell'anno 1902.
1. II 20 dicembre la Camera si prorogava fino al 27 gennaio. L'ul-
timo giorno pero, prima di separarsi, gli onorevoli deputati vollero, in
CONTEMPORANEA . 227
due sedute, sbrigare una diecina di leggi, la massima parte senza
discussione e quasi senza importanza. Due sole meritano qui d'esser
ricordate. In una il Ministero domandava un credito di 25 milioni
da prendersi dalla Cassa depositi, per anticipare 1'esecuzione di opere
pubbliche da compiersi entro sedici mesi, e dare cosi lavoro a tanti
operai disoccupati. II disegno fu molto combattuto specialmente dal-
1'on. Sonnino, che vi vedeva un'arma elettorale nelle mani del Mi-
nistero, il quale prometterebbe o negherebbe lavoro alle provincie se-
condo le opportunita politicks: ma fa approvato dalla maggioranza
ministeriale con 179 voti contro 64.
L'altra riguarda 1' ordinatnento della Colonia Eritrea, dando fa-
eolta al Governatore di far leggi, accordare concessioni di terreni, di
industria o di miniere, senza Jasanzione del Farlamento. L'on. Chiesi
si levo a proporre 1'abbandono di queiie sabbie divoratrici d'uomini
e di danari, senza utilita per la nazione. Era presente alia seduta lo
stesso Q-overnatore della Colonia, on. Marcmi, e a lui spettava di
diritto la parola su tale materia. Tra la generale attenzione comincio
dicendo, che anch'egli aveva proposto 1'abbandono nel 1888, dopo
la campagna del gen. di San Marzano : ma quando poi andd in Africa
colla Commissione, capi di aver avuto torto. Dimostro che non si pud
pensare a lasciar la Colonia, per cosi dire, a squillo di tromba, met-
tendola a sbaraglio, dopo che i nostri connazionali vi hanno impie-
gati i loro capitali : quegli interessi esigono protezione. Non si pud
neppure proporre di cederla ad altra nazione: poiche do vorrebbe dire
che la Colonia vale qualche cosa, altrimenti nessuno 1'accetterebbe.
N§, per ultimo, c'e da pensare a creare una Compagnia, cui bisogne-
rebbe dare un annuo sussidio equivalente ai sei milioni, eke ora spende
il Governo per 1'Eritrea, cogli stessi rischi, e anche peggio.
L'Eritrea non e conosciuta, o piuttosto e conosciuta assai male
in Italia dagli articoli, che i giornali sognano negli Uffici di reda-
zione. Cosi, per esempio, mentre laggiu valenti ingegneri italiani ed
inglesi lavorano e spendono milioni credendo all'esistenza delle mi-
niere d'oro, qui a due mila miglia di distanza si pretende che 1'oro
non c'e ! A giudizio dell'oratore quella terra pud dare ottimo rendi-
mento. I prodotti del suolo sono gia superiori al bisogno della po-
polazione e il commercio agricolo sara indubbiamente proficuo. Ci
sono terre di proprieta dello Stato, che potrebbero dar lavoro a pa-
recchie decine di migliaia di emigranti. E gli emigrant! verranno al-
1'Eritrea, quando vi sara fiducia nell'av venire della Colonia, quando
si cessera dal farle guerra e proporre ogni moinento il ritiro dall' Africa.
L'on. Martini crede quasi compiuto cola il suo programma colo-
niale : la sicurezza e perfetta, le comunicazioni aperte, la pace asso-
data, giacch& 1'Abissinia e persuasa che 1'Italia non tentera nessuna
228 CRONACA
av ventura contro di essa. Sia lecito sperare che ia Patria sara ora
piu benevola che Ton. Chiesi verso la Colonia ed anche verso il suo
Q-overnatore. — La legge fu approvata con grandissima maggioranza.
2. Finite le discussioni, la Camera tenne per letta la relazione dello
stato del Tesoro, solita presentarsi alia fine dell'anno. Abbiamo detto
« tenne per letta > perche il Ministro Di Broglio, trattenuto da leg-
gera indisposizione, non pote darne lettura egli stesso alia tribuna, n&
fu fatta leggere dal sotto-segretario, per evitare la lunga noia di udirla.
Cosi augurate dal Presidente le buone feste ai colleghi, tutti se ne
andarono allegramente.
Ma non cosi allegre pare che siano pero le riflessioni suscitate nei
varii campi politici da quella relazione o cosi detta « esposizione fi-
nanziaria > . Un giornale amico del Ministero ne dava il seguente giu-
dizio : « Confessiamo subito, che 1' impressione che ne abbiamo rice-
vuta, e da molti deputati anche ministeriali e divisa, e stata assai
penosa. Mai un documento di tal genere e che e destinato ad illu-
strare tutta la vita economica e finanziaria dello Stato fu cosi povero
di forma e di sostanza. > Lasciando da parte la forma, della cui re-
gligenza puo incolparsi 1' indisposizione che avra impedito 1'onore-
vole Di Broglio di ritoccare la prosa burocratica preparata dalla ra-
gioneria generale dello Stato, quanto alia sostanza, la relazione del
Ministro del Tesoro ne' suoi minimi termini si riduce a queste cifre :
il bilancio del 1901-02 e chiuso con un avanzo di 32 rnilioni e mezzo,
che, dedotte le spese della spedizione nella,Cina ed altre imprevedute,
si riduce a 23,899,408. II bilancio corrente 1902-03 promette pure
un avanzo di circa 16 milioni: anzi, con un calcolo alquanto otti-
mista, il Ministro tenta fondare la previsione di un aumento annuo
per le entrate dello Stato, di 22 milioni e mezzo di lire, e di soli
15 milioni di aumento per le spese, con un vantaggio netto di piu
che 7 milioni. Se non che vengono in campo le leggi degli sgravi, che
fanno parte del programma economico del governo, e son gia a studio
negli uffici della Camera, come la diminuzione dell' imposta sul sale,
1'esenzione delle quote minime d' imposizione, ed altre che modifi-
cano i proventi delle gabelle nei bilanci preventivi degli anni se-
guenti. Applicando quelle previsioni e quei criterii al triennio pros-
simo, per effetto delle proposte governative e secondo i dati esposti
dallo stesso Ministro del tesoro, si avrebbe un disavanzo di 10 milioni
pel 1903-04, di 11 milioni pel 190405 e di 4 milioni pel 1905-06:
una somma quindi di 25 milioni, che aggiunta ai 25 domandati alia
Camera coll'uitima legge da noi citata per 1'esecuzione di lavori pub-
blici a disposizione del Ministero, fa un disavanzo complessivo di
50 milioni ; troppo larga breccia invero a quel dorato pareggio ap-
pena raggiunto da quattro anni.
CONTEMPORANEA 229
E ben vero che 1'on. Di Broglio fa conto sicuro sopra 1'aumento
-costante del provento del pubblici balzelli ed il suo bilancio ha qual
piu salda colonna il profitto sul dazio per il grano : ma troppe obbiezioni
sorgono contro le sue ottime previsioni e i suoi oppositori prevedono in-
vece con altrettante probabilita una piu rapida estensione delle spese,
che e la maggior colpa amministrativa apposta al presante Ministero.
Ne miglior fortuna trova il Ministro quando vanta ingenuamente il
buon successo del nuovo titolo al 3.50 per cento e la conversione con
esso fatta delle obbligazioni ferroviarie; mentre nello stesso tempo
•e obbligato di confessare non aver collocate finora che 110|milioni di
lire : la qual somma a riscontro di un debito pubblico di fparecchi
miliardi e invero troppo misera cosa. Insomma molto malumore ser-
peggia tra gli uomini politici : qualche voce corse gia su pei giornali.,
di crisi parziale del Ministero ; il quale, del resto, ha gia ne' suoi
fianchi altri morbi che ne minaccian la vita. Ma non e facile prevedere
oggi, se Ton. Zanardelli, compromessosi gia ostinatamente coll' infame
legge del divorzio, potra spuntarla nel brutto impegno, o da qual parte
sia per venire la tempesta parlamentare, che muti faccia alle cose e
alle persone.
3. Del lavoro del Senate in questo primo scorcio dell'anno legi-
slative poco abbiamo da registrare. Una sola discussione richiamo 1'at-
tenzione comune, e fu quella a proposito della ferrovia che dovrebbe
•collegare la citta di Cuneo o direttainente con quella di Nizza, ed e
il voto sopratutto della regione piemontese, o direttamente con Yen-
timiglia, ed e il voto ligure sostenuto gia dalPon. Biancheri. Le ter-
giversazioni governative hanno messo capo alia proposta di una doppia
diramazione, di cui una tenderebbe direttamente per Fontan-Sospello a
Nizza; 1'altra innestandosi su quella linea alia stazione francese di
Breglio, di la si dirigerebbe su Yentimiglia. La qual soluzione pre-
senta una grave difflcolta ed e 1'approvazione che si deve ottenere
dal Governo francese e la sua cooperazione per il tratto di sei chi-
lometri da Breglio al nostro confine. II senato chiuse la discussione
invitando il Governo a prendere le disposizioni necessarie, perche quel
disegno possa passare nel piu breve tempo possibile ad esecuzione.
Si parla in questi giorni di una prossima « infornata » di nuovi
Senatori da aggiungersi ai sette che con decreto reale furono gia'nomi-
nati la vigilia dell'apertura della sessione, di cui diamo i nomi : Giorgio
Arcoleo, professore di diritto costituzionale a Napoli, deputato : avvo-
cato Emilio Caracciolo, di Sarno, gia prefetto a Firenze e Yenezia :
Achille De Giovanni professore di clinica medica a Padova, membro
del E. Istituto Yeneto : Pasquale Del Giudice, professore di storia del
diritto a Padova, membro della E. Accademia di Napoli e del E. Isti-
tuto lombardo : aw. Giov. Facheris, ex-deputato di Milano: conte Giu-
230 CRONACA
seppe Tasca Lanza, ex deputato, sindaco di Palermo : aw. Tommaso
Tittoni, ex deputato di Roma, prefetto di Napoli. A qualcuno che si
congratulava coll'on. Zanardelli che avesse saputo restringere il nu-
mero degli eletti, il Presidente rispondeva, ridendo, di aver ricevuto-
non meno di duecento sollecitasioni premurose per far parte dell'emi-
nente consesso: e di esse due terzi venivano da deputati od ex-deputati.
4. In Roma nel palazzo Pamphily, la domenica 21 dicembre scorso si
tenne la prima riunione preparatoria per la costituzione di una Sezione
italiana della Lega internazionale contro il duello. L'eletta radunanza,
alia quale oltre i membri delle principali famiglie romane, presero parte
molti senatori, deputati, consiglieri, ecc. era presieduta dal principe
D. Alfonso Doria col duca Leopoldo Torlonia, il prof. Vittorio Scia-
lt>ia e il march. Filippo Crispolti, i quali per voto unanime furon
scelti a formare il Comitato promotore dell'opera, con facolta di asso-
ciarsi i collaboratori che stimassero opportuni a preparazione del la-
voro per Passemblea del 1903, la quale eleggera i president! e i co-
mitati definitivi. II Crispolti fece la relazione di quanto fu fatto finora
per la Lega in Austria, in Germania, in Francia e noi crediamo far
piacere ai nostri lettori riassumendo qui le notizie della sua origine
e lo stato della questione.
Tutti ricordano, e ne parlammo anche noi, il caso di duello del
marchese Tacoli. Or son quasi tre anni, quest' ufficiale austriaco, avendo
voluto dimostrare la falsita d'una storiella messa in giro da un collega
sul con to di una persona della famiglia» imperiale, si vide da costui
insultato pubblicamente tanto piu a baldanza perche si sapeva, che i
sentimenti cattolici da lui apertamente professati gli avrebbero vie-
tato di vendicarsi colle armi. II tenente Tacoli difatti cerco altri mezzi
di riparazione, dichiarando appunto al Consiglio degli ufficiali, che
non avrebbe sfidato P insultatore, sia per alcune particolarita dell'al •
terco, sia perche la religione cattolica riconosciuta nell' Impero vieta-
il duello. Pur nondimeno il Consiglio degli ufficiali (quantunque il
duello sia punito in Austria dalla legge civile e militare, e di piu
nella legge penale militare sia punito, anche senza querela dell'of-
feso, Pufficiale che insulta un collega), il 5 aprile 1900 sentenzio
che il tenente Tacoli c aveva macchiato Ponore del suo stato, perche
con pretesti nulli (motivi religiosi) e supposizioni ingiustificate aveva
vilmente voluto schivare il duello. > II 10 maggio con lettera del
Comando militare e con rescritto del Ministro della guerra era can-
cellato dal ruolo degli ufficiali; e poco dopo private della carica di
Ciambellano di Corte.
N& qui fini la faccenda. II capitano conte G. Ledochowski, inter-
rogate dall'avversario offensore, aveva suggerito per iscritto di rimet-
tere Paffare a un tribunale militare d'onore : e si noti che il codice
CONTEMPORANEA 231
militare austriaco approva ed incoraggia 1'azione di chi s'adopera a
impedire un duello. II Consiglio degli ufficiali invece chiese ragione
al Ledochowski perche avesse violata la legge cavalleresca, secondo
la quale chi da consigli in question! d'onore, lede 1'avversario. II
oapitano rispose di averlo fatto in omaggio a ben altre regole, cioe"
le Ipggi della CMesa, e quelle dell'Impero alle quali ultime aveva
prestato il giuramento militare : ed ebbe uguale destituzione da uf-
ficiale e da ciambellano. Alia condanna militare si aggiunse quella
della nobilta. Le principal! case di Vienna, si chiusero dinanzi ai due
sbanditi : anzi essendo il marchese Tacoli intervenuto, come al solito,
ad una funzione religiosa in un oratorio di nobili, ci furon parecchi
one dichiararono di volersene allontanare se egli ci metteva piu piede.
Tutto questo parrebbe incredibile se non fosse troppo vero e basta
a farci giudicare dello stato di certa societa !
Una voce pero si levo a vendicare 1'onore della fede e della ra-
gione e difendere pubblicamente i nobili proscritti. II cugino stesso
dell' Imperatore, 1' infante di Spagna Alfonso di Borbone ed Austria -
Este comprese la gravita dei fatti, la ingiusta violenza e 1'oppressione
colla quale si condanna vano due uomini che non avevan fatto che il
loro dovere. Con lettera del 26 agosto scriveva al march. Tacoli :
« A parer mio e necessario un reale coraggio per fare cio che Ella
« il conte Ledochowski hanno fatto, cioe condannarsi ad esser posti
al bando e gettar via la loro camera per rimaner fedeli ai loro prin-
oipii cattolici e al tempo stesso fedeli ad una legge che esiste tuttavia
e fa parte di quelle a cui un soldato vota obbedienza. » Ma non ba-
stava lodare : bisognava scuotere il giogo e liberarsi una volta dalla
tirannia dei pregiudizi. « Era giunto il momento favorevole di pro-
muovere un grande movimento internazionale contro il duello > e il
Principe si mise all'opera applicandovi tutte le sue forze. Niuno in
verita poteva adunare in se migliori titoli a tale missione, di lui che,
discendente di San Luigi re di Francia da cui venne la prima rego-
lare abolizione dei Giudizi di Dio, aveva guadagnato la stima del piu
alto valor militare nei tanti combattimenti legittiinisti di Spagna da
lui in gran parte capitanati. A miglior guerra in nome della religione
« della civilta egli volgeva ora 1'autorita della vita costantemente
fedele alia severita de' suoi principii, e 1' influenza della indefessa
operosita: suo scopo era un'associazione di tutti gli uomini autorevoli,
senza restrizione, che, riconoscendo esser il duello contrario ai coman-
damenti divini ed umani, fossero concordi nel voler promuovere quelle
riforme morali e legali per cui, tolta ogni occasione all'esperimento
delle armi, cadano su chi offende ingiustamente 1'onore tutti i rigori
della pubblica opinione e delle leggi. Quattro principii servirebbero
di prima direzione : non incrudire le pene contro il duello finche durano
232 CRONACA
le condizioni present! della societa : provvedere alia protezione pacifica
ed efficace dell'onore eoll'istituire Consigli liberi d'onore, col riformar
le leggi che ora ne risarciscon cosi male 1'offesa, coll'appoggiare tutti
coloro che, oifesi ingiustamente e rifuggendo dalle armi, fossero av-
versati da qualche parte della societa : non esigere per ora dagli
associati nessuna formale promessa di non batters! ma! : mettere prin-
cipalmente in luce 1'opposizione del duello al buon senso, la sua inetti-
tudine a difendere 1'onore e ripararlo.
Cosi concepita 1'opera trovo ardenti collaborator! e rapidamente si
sparse in Germania, in Francia, in Ungheria, in America. In Austria
sopratutto, ove sorse, essa trionfo di tutte le gravissime opposizioni che
aveva incontrato, e raccolte gia nel gennaio 1902 circa 1500 firme,
tra le quali si leggono i piu illustri nomi dell'aristocrazia e della po-
litica, di scienziati e artist! e militari a riposo, il Comitato d'azione
residente in Vienna prepare gli statuti della lega, che il 27 luglio scorso
ebbero il riconoscimento governativo. In Germania,tenutosiun comizio
a Lipsia nell'ottobre 1901, si costitui un Comitato esecutivo con a
capo il principe di Lowenstein, composto del conte Erbach-Ftirstenau,
del conte Federico Stolberg, del Borgomastro di Fulda e parecchi uffi-
ciali dell'esercito tedesco. In Francia la lega locale costituitasi nel
marzo 1901 dal Yice ammiraglio de Cuvervillc, contrammiraglio Ma-
thieu, generale barone de la Kocque, principe de Broglie e M. Du Bourg
gia pote ottenere di formare il suo primo Tribunale libero d'onore a
Parigi, il quale non potendo in nessun caso concludere per una so-
luzione armata, si offre ad ogni persona implicata in questione d'onore
per sentenziare sul torto e sulla ragione delle parti, e indurre gli
avversari a riparare lealmenle e da se stessi le offese arrecate.
E ora la volta dell' Italia. Si deve sopratutto aU'efficace attivita
del marchese Crispolti 1'aver suscitato favore all'opera e raccolti quasi
500 aderenti in poco piu di un mese. Tra quest! circa una quaran-
tina fra senator! e deputati, piu di venti general! in riposo, molt!
personaggi deH'aristocrazia, diciotto membri di Corte di cassazione,
professor! d'Universita, scrittori. II Crispolti voile informarne anche
Ton. Zanardelli : e si ebbe dal Presidente del Consigiio la seguente
risposta.
« Egregio sig. Marchese, la ringrazio della sua cortese lettera e delle
informazioni che ha voluto darmi sulla iniziativa da lei presa per la
propaganda contro il duello. Ella che ha citato le parole della mia
relazione al Codice penale, conosce la mia opinione suH'argomento :
essa non e certo inutata ed io quindi non posso che vedere con inte-
resse e simpatia un'azione diretta ad integrare 1'impero della legge*
Mi abbia con distinta stima e considerazione. Devmo GK Zanardelli. >
Anche al gen. Ottolenghi fu mandata, come senate re, la scheda
CONTEMPORANEA 233
d'adesione alia lega, e ad essa il Ministro sottoscrisse queste parole :
€ Spiacemi non potere qui scrivere il mio nome, perche se domain un
ufficiale non chiedesse ragione di un'offesa o si rifiutasse ad una partita
d'onore, iion potrei restare indifferente. Quando i tempi saranno ma-
twri, forse anche il Ministro della guerra potra iscriversi nella lega
internazionale1 contro il duello. Frattanto grazie del cortese invio del-
1'opuscolo che patrocina quella causa. Gen. Ottolenghi. »
Per ora all'ebreo Ministro della guerra non si poteva domandare
di piu. Noi invece, in questi giorni appunto che i giornali ci hanno
nauseati colie scene piu o meno sanguinose di una nuova sfida di
Barletta tra schermidori italiani e francesi, facciamo i piu caldi voti
perche la Lega si diffonda e ottenga di por fine una volta a tali spet-
tacoli di vanita o di barbarie e far trionfare le leggi della civilta e
della religione.
5. Per chi amasse vedere riassunti in rapido cenno i tratti princi-
pal! della vita italiana nell'anno or ora trascorso, ecco gli appunti
piu notevoli.
Quanto a politica, pochi fatti compendiano la storia nazionale del
1902: il rinnovamento della triplice alleanza, il viaggio del re a Pie-
troburgo e Berlino; la parte presa dal Governo al conflitto anglo-ger-
manico contro il Venezuela; 1'accordo italo-inglese pel Benadir; il
bombardamento di Medy contro i pirati del Mar Rosso, il viaggio
dell'ammiraglio Palunibo a Costantinopoli ; finalmente la nascita della
seconda figliuola del re. Nel campo parlamentare tutto passo in per-
fetta calma. II ministero Zanardelli, non osiam dire se piu per sua
avvedutezza, o per altrui inerzia, o per fortuna delle cose, ha conti-
nuato a reggere la cosa pubblica coll'appoggio pericoloso degli estremi
partiti politici. Nessuna crisi ministeriale : poche votazioni politiche
alia Camera, e senza lotta, ne mai il ministero ebbe a provocare un
voto di fiducia : ebbe bensi la peggio in diverse votazioni negli Uffici,
come avvenne nel mese scorso per il malaugurato disegno di legge
sul divorzio, ma, finora almeno, senza conseguenza.
Dal lato finanziario si pud dire che quest'anno conto relativamente
fra i migliori della nuova Italia. Esso vanta infatti il rialzo di quasi
tutti i fondi pubblici, tra i quali la rendita 5 °/0 sali per la prima volta
fino a 104 : e per la prima volta ancora dopo il 1860, il cambio scese
alia pari. Fu creato un nuovo titolo di rendita al 3,50 °/0 di cui piu
di cento milioni furon gia venduti al corso di 97 e di 99. II bilancio
del 1891-92, chiuso al 30 giugno, diede un avanzo di 32 milioni, come
fu da noi detto di sopra. II movimento commerciale d' importazione e
di esportazione supero i tre miliardi, valore non mai r^gistrato per Pad-
dietro. Nell' industria, se diminui 1' incremento degli opifici, minore
altresi fu il numero dei fallimenti; il piu rumoroso fu quello del
234 CRONACA
Banco Sconto a Torino. Nessuno fortunatamente ebbe conseguenze
gravi per 1'economia nazionale. Gli scioperi invece numerosi, a cui
aderirono da cinquecento mila operai, portarono un danno comples-
sivo di circa 200 milioni.
L'anno meteorologico non passo senza danni. I piu gravi furon
quelli di Modica rovinata da acque torrenziali : tutta la Sicilia, la
Sardegna e in generale il mezzogiorno d'ltalia ebbe a soffrire dal
mal tempo specialmente nella stagione autunnale : pero la produzione
agricola della penisola diede un raccolto totale di mediocre valore.
Sterile si pud dire 1'anno nel campo letterario: poco o nulla di
nuovo nel campo artistico, nel quale la Mostra internazionale di To-
rino ebbe risultato molto controverso. II monumento equestre al duca
d'Aosta in Torino e il solo one meriti d'essere ricordato ad onore.
Una disgrazia invece per 1'arte e per la storia fu il crollo del cam-
panile di S. Marco in Venezia. Nelle scienze poi il trionfo della radio-
telegrafia del Marconi, (i primi telegrammi attraverso 1'Atlantico tra
Table-head nel Canada e Poldhu in Inghilterra furono spediti il 21 di-
cembre ai re di Inghilterra e d'ltalia) e fatto di tale importanza che
da se basterebbe ad illustrare il 1902 negli annali del mondo intero,
se quest'anno non avesse gia la gloria del giubileo di Leone XIII.
in.
COSE STRANIERE
(Notizit Qenerali}. 1. SASSONIA. Lo scandalo principesco. — 2. SPAGNA. La
morte di M. Sagasta. — 3. VENEZUELA. L 'arbitrate nella contesa delle
Potenze europee contro la Repubblica. — 4. MAROCCO. La sollevazione
delle tribu contro il Sultano.
1. (SASSONIA). I giornali sono pieni dello scandalo che ha portato
la desolazione nella Famiglia reale di Sassonia, la quale, tornata da
un secolo alia religione cattolica, e rispettata da tutta la Germania
quale specchio di virtu e di onoratezza. Ecco come il giornale uffi-
ciale di Dresda dava tristamente la notizia : La principessa ereditaria,
nella notte tra I'll e il 12 dicembre, lasciava improvvisamente Sa-
lisburgo, per effetto, senza dubbio, di una morbosa eccitazione men-
tale: e rompendo ogni relazione co' suoi reali congiunti, andava in
paese straniero. Ogni festa alia real Corte e sospesa per quest' in-
verno; ne vi sara ricevimento per capo d'anno.
La principessa Luisa Antonietta e figlia del Granduca Ferdinando
di Toscana e della principessa Alice di Parma : e fu sposata nel 1891
a Federico, ora principe ereditario di Sassonia da cui ebbe cinque
figli. Educata in Auntria con piu riguardo forse alia nobilta de' na-
tali che alia gravita de' doveri che ne derivano, essa disgustava
CONTEMPORANEA 235
epesso la Corte^sassone1 col suo tratto leggero, coll'affettata ricerca
di una malintesa popolarita, collo strano abuso di esercizi sportivi.
Passionata lettrice di romanzi d'ogni fatta, (colpa severamente rim-
proveratale dalla Famiglia reale) vedeva anche sciaguratamente vicino
a se indegni esempi di romanzesche follie. II fratello della princi-
pessa, arciduca Leopoldo, avendo tentato inutilmente di far accettare
nella Casa d'Austria una di quelle frivole creature tratte da ben altre
•case, smetteva ogni grado, ogni titolo della sua nascita per seguire
il capriccio della passione che lo traviava: e 1'Imperatore accettan-
done la rinuncia, lo sbandiva dall'Austria.
Non e maraviglia che, in tali disposizioni e con tali esempi, la
infelice principessa si prestasse a una tresca con un tal Q-iron belga
introdotto in Corte qual precettore de' figli di lei ; il quale, vilmente
abusando della passione della sciagurata, le prepare la fuga, portan-
dosene i gioielli che le appartenevano, e raggiungendola in Isvizzera.
II giornalismo mondano non si sazia di desorivere e vantare ogni par-
ticolarita del triste fatto. Noi vorremmo trovare parole di biasimo e di
dolore pari allo scandalo e alia vergogna. Ci sia permesso almeno
trascrivere un'amara riflessione d'un giornale parigino: Destinata
dall'alta sua nascita ad esser I'esempio del raondo, la principessa
Luisa di Sassonia ne diventa la favola, e si muta in volgare eroina da
romanzo per un fatuo presontuoso, che forse e incapace di sentire la
gravita del delitto di cui si e reso colpevole. Essa si propone di re-
carsi a Parigi per ottenervi dal mondo leggero, che e tanto indul-
gente, la facile assoluzione, il perdono del suo rumoroso scandalo. E
1'avra: ma 1'avra traendo con se Tonta e 1'avvilimento, fatta segno
alia curiosita degli indiscreti, degli insolenti desiderosi di vedere
verso quale abisso profondo se ne va quella donna che e fuggita,
lasciando dietro di se, col suo onore calpestato ed il pudore vinto,
un popolo, un trono, e cinque culle.
2. (SPAGNA). Matteo Sagasta & morto a Madrid il 5 gennaio, di
75 anni. Una congestione cerebrale complicata con malattia di cuore,
lo fini in pochi giorni. Infermo ricevette la visita del Vescovo di Ma-
drid al quale sembra abbia fatta la sua confessione, ricevendo la Co-
munione dal Cardinale primate di Spagna.
Era nato a Torrecilla de los Cameros nella provincia di Logrono. Nel
1854 fu eletto deputato alle Cortes dalla citta di Zamora, dove era
ingegnere. Impigliato due volte nelle sollevazioni del 1856 e 1866,
esulo in Francia : donde tomato la prima volta per amnistia, fu pro-
fessore alia scuola degli ingegneri a Madrid: la seconda, caduta la
monarchia, fu ministro dell' interno nel governo del maresciallo Prim.
Ma accortosi del pericolo a cui andava incontro la Spagna per le
mene repubblicane dello Zorilla, si separo da lui, inclinando sempre
236 CRONACA
meglio a parte moderata, e combattendo energicamente ogni tentativo
di disordine rivoluzionario. Presiedette o partecipd a varii ministerii
durante il regno di Amedeo e quello di Alfonso XII. Dalla morte
poi di questo re, nella lunga reggenza di Maria Cristina, con parec-
chie interruzioni e con varia fortuna tenne le redini del governo fina
a questi ultimi giorni sotto Alfonso XIII, quando fu surrogate dal
ministero conservatoire Silvela.
II nome del Sagasta restera legato alia storia per 1'infausta guerra
americana, che cagiono alia Spagaa la perdita delle sue Antille e delle
Filippine. Di carattere energico, combatte fieramente i carlisti e du-
rante le ultime guerre civili alcuni atti di soverchio rigore eccita-
rono dolorose rappresaglie. Era stimato il miglior oratore che avesse
in Parlamento il partito liberale conservatore. Rimarra a sua lode il
fatto che, nei varii periodi del suo potere, voile sempre avveduta-
mente conservare e difendere contro ogni opposizione, le piu cordiali
relazioni colla Santa Sede. E naturale pertanto che pure il S. Padre
si dimostrasse addolorato della sua morte e ne facesse pervenire alia
desolata famigiia le sue condoglianze.
A proposito delle numerose onorificenze di cui era insignito, &
curioso il fatto che gli valse 1'onore di « Grande di Spagna ». Aecom-
pagnando egli un giorno la Eegina reggente a visitare certi lavori di
riparazione nell'Escuriale, si accorse di un tratto che 1* Augusta donna
avendo raal messo un piede sull' impalcatura, stava per precipitare dal-
Talto : e rapidamente afferratole il braccio, la ritenne in salvo. La
regina, appena ripreso animo, rivoltasi al Ministro : Yoi conoscete,
disse, le antiche consuetudini della Corte di Spagna... Nessuno pud
toccare la persona del Monarca, se nonun... Grande di Spagna. — E
da quel momento anche la politica del Sagasta parve inclinare piu
apertamente verso i conservatori. Tanto poco basta spesso a mutare
le sorti del mondo !
3. (VENEZUELA). II presidente degli Stati Uniti, seguendo Topi-
nione pubblica americana, rifiuto 1'onore dell'arbitrato offertogli dalle
Potenze europee nella loro vertenza colla repubblica venezuelana, con-
sigliando invece, con molta insistenza, di rimetterla al Tribunale in-
ternazionale dell'Aia: il chefu accettato dalle parti contendenti, benche
a malincuore. Continua intanto il blocco marittimo e la presa di va-
rie navi, tra le quali una che portava la somma di 26,000 franchi,
arrestata dal Bausan. L'interno del paese e nuovaruente messo in
iscompiglio: SODO ricominciati i combattimenti tra le genti del go-
verno e le bande dei ribelli, che paiono vittoriosi. Si parla di cam-
biainento del Presidente.
4. (MAROCCO). Un altro punto nero sulPorizzonte e la guerra sorta
sul littorale del Mediterraneo, nelle provincie del Marocco. Una parte
CONTEMPORANEA
237
delle tribii, seguendo un capo Bu-Hamara, si e ribellata al Sultan o
come favoreggiatore degli Europe! e tenta balzarlo dal trono, per so-
stituirvi il fratello di lui, che si dice nemico agli stranieri. Le truppe
ribelli, ingrossate fino a 20,000 uomini, hanno dato una grave sconfitta
a quelle del Sultaiio, e si temeva la vicina caduta di Fez. Ma il Sul-
tano, chiamato a se il fratello, si riconcilio con lui, e lo creo gover-
natore della capitale stessa. Cosi pare caduto, col pretesto della guerra,
anche il favore acquistato da Bu Hamara e tutto accenna a pacificarsi.
Pero la Spagna, che per la vicinanza ha speciali relazioni con quelle pro-
vince, arma le sue navi e le raduna a Cadice pronte a tutela dei
suoi interessi. La Francia e 1'Inghilterra fanno altrettanto.
AUSTRIA-UNGHERIA (Nostra, Corrispondenza}. 1. Sguardo generate alia
situazione politica delle due parti della monarchia. — 2. Parlamento
ungherese; discussione tempestosa; spirito separatista ed antidinastico;
ostruzione, — 3. Parlamento austriaco; la questione linguistica; nuovi
tentativi di conciliazione fra Czechi e Tedeschi ; oatruzione continua >
presagi oscuri. — 4. La vittoria elettorale dei Cristiani-sociali a Vienna
e nelle due province dell'Austria.
1. Prima di entrare nel ginepraio de' due governi e dei due par-
lamenti austriaco ed ungherese, giovera enumerare in succinto le que-
stioni piu grosse, che tengono attualmente il campo nella monarchia,
tutte scabrose ed irte di difficolta per poco insormontabili al presente,
e gravide di pericoli oscuri ma gravissimi per 1'avvenire.
Tiene il primo posto fra le due parti della monarchia la vertenza
del compromesso (Ausgleich), la cui soluzione si connette strettamente
col rinnovamento non lontano de' trattati di commercio coll'estero
(G-ermania, Italia, Francia ecc.) anzi deve precederlo. Quanto ardue
ed affannose si trascinassero in questi ultimi due anni le trattative
per il compromesso fra i due governi di Vienna e di Budapest e gia
risaputo dai lettori della Civilta Cattolica, i quali ne furono informati
per lungo e per largo nelle passate corrispondenze. Da ultimo, seb-
bene il Koerber e lo Szell non fossero peranco venuti a capo di nulla,
ambedue i governi lavoravano indefessamente per disporre i rispettivi
parlamenti ad affrontare la discussione del compromesso nel 1903,
termine estremo stabilito per la regolare rinnovazione di quel patto
fondamentale. Se non che a guastare il lavoro de' due president!,
concorsero essi medesimi col presentare alle Camere, fino dal primo
giorno della loro riconvocazione in ottobre, due proposte di leggi oltre-
modo inopportune, 1'una per 1'aumento della lista civile, 1'altra per
nuovi tributi di sangue e di denaro, richiesti con militaresca intem-
peranza dal comune ministro della guerra, d'accordo coi ministri della
difesa dei due paesi. Ne segui una forte esacerbazione negli animi
238 CRONACA
delle popolazioni di qua e di la del Leitha, ed una opposizione, si
puo dire, generale in seno ai corpi legislativi. L'ostruzione non tardd
a scoppiare nei due parlamenti, segnatamente nell'austriaco, dove
essendo riuscito male un nuovo tentative di conciliazione fra Czechi
e Tedeschi, fatto dal Dr. Koerber fino dalla pritna tornata della Ca-
mera, gli Czechi tornarono tantosto all'ostruzione, con una valanga
di mozioni di urgenza e d'interpellanze, impedendo ogni lavoro par-
lamentare e con tanta ostinazione, che oggi dopo due mesi che la Camera
venne riaperta, non fu possibile di arrivare alia discussione del primo
punto deH'ordine del giorno, proposto nella prima tornata ! E cosi
la Camera austriaca si prese il 19 dicembre le ferie natalizie, senza
nemmeno aver votato il bilancio, che probabilmente sara fatto passare
dal governo col ripiego del § 14, gia troppo abusato nel corso di que-
sti ultimi anni. Col medesimo ripiego, in mancanza dell'approvazione
parlamentare, potranno i due governi prorogare 1'anno venture il
vigente compromesso austro-ungarico fino al 1907, termine estremo gia
stabilito fra le due parti contendenti. Che se, scaduto anche questo
termine, 1'accordo (Ausgleich) non otterra la necessaria approvazione
costituzionale di ambedue i parlamenti, 1' Ungheria, come gia fu
dichiarato ufficialmente, si staccherS, dall'attuale unione reale col-
1'Austria, serbando con essa tutt'al piu il vincolo d'una unione per-
sonale dinastica, scindendo la monarchia in due stati separati e indi-
pendenti di fatto e di diritto ed abbassandola al livello d'una potenza
di secondo ordine.
Ma se il prossimo avvenire presentasi assai buio per 1'intera mo-
narchia, non meno oscura appare la situazione attuale della Cislei-
tania, dove nemmeno sotto la minaccia d'un regresso economico ir-
rimediabile, nessuno riesce a scorgere una via d'uscita dal labirinto
parlamentare. Uomini politici molto esperti, e tutt'altro che nemici
del sistema costituzionale, non si peritano di additare sconfortati,
quale unico mezzo di scampo, un colpo di Stato, col quale venga
sospesa a tempo la Costituzione, e durante un breve periodo d'as-
solutismo, ne venga elaborata una nuova, la quale assicuri il rego-
lare funzionamento della Camera, merc£ un nuovo statute elettorale,
ed un regolamento interno parlamentare, riformato con norme seve-
rissime. Se non che a questo mezzo estremo e pericolosissimo ben
difficilmente si lascierebbe indurre a dar di piglio il canuto sorrano,
nella mitezza del suo animo e colla scrupolosa coerenza del suo ca-
rattere nobilissimo. Ne" alcun governo austriaco potrebbe suggerire
al Capo dello Stato un mezzo di tal fatta, se prima non avesse tro-
vato uno scioglimento definitive della questione, ormai babelica a di-
rittura, delle nazionalita e delle lingue, che peggio d'ogni altra batte
ai fondamenti dello Stato. Eppure quanto ne siamo lontani !
CONTEMPORANEA 239
In tali condizioni per poco disperate, corse perfino la voce, tosto
smentita, che S. M. Francesco Giuseppe, oppresso, pifc che dalla sua
grave eta, dal cumulo delle passate sventure e de' present! disgusti
sempre piu acerbi, intendesse abdicare al trono. Ma se an che la di-
ceria si ripetesse, converrebbe andar molto a rilento nel prestarle
fede, se e vero quello che si da per certo anche negli alti circoli
della capitale austriaca, che il vero suecessore dell' attuale impera-
tore conta oggi soltanto 15 anni, ed ha mestieri ancora di tre anni,
per compiere la sua educazione di principe ereditario. Esisterebbe di
fatto un patto di famiglia col quale 1'arciduca Francesco Ferdinando,
nella circostanza del suo matrimonio colla contessa Thotek, si sa-
rebbe obbligato di cedere a suo tempo il diritto di successione al fra-
tello minore Ottone, il quale dovrebbe cederlo alia sua volta al pro-
prio figlio Carlo, nato nel 1887. Checche ne sia, certo e da far voti,
che al vecchio e venerato monarca bastino ancora ed al piu lungo
tempo possibile la volonta e la forza d'animo, da reggere sotto il
peso d'una corona, mutatasi ormai in una corona di spine.
2. Passando ora dal quadro generale della situazione ai partico-
lari della cronaca piu recente, daremo anzitutto uno sguardo al par-
lamento ungherese.
Le questioni del compromesso, dell' aumento della lista civile, e
de' nuovi aggravi militari, lo riempirono tutto per quasi tre mesi di
tumulti e di grida minacciose contro il governo dello Szell tacciato
di austriacontismo, contro 1'Austria e la stessa dinastia, tanto da ri-
cordare i prodromi della rivoluzione del 48, festeggiata nel passato
settembre dal partito dell' indipendenza, coll' inaugurazione solenne
di un monumento al Kossuth a Magyan Szeged. Discutendosi il com-
promesso, il 15 ottobre, lo Szell "ebbe a dichiarare, che nessun ac-
cordo erasi fino a quel giorno potuto conchiudere coll' Austria, cio
che potrebbesi ripetere anche oggi alia meta del dicembre. Ma un
vero uragano si scateno contro le proposte d'aumento della lista ci-
vile, e degli oneri militari, che spieghero in poche parole. L'au-
*mento della lista civile esige un nuovo credito di due milioni di co-
rone dalP Austria e d'altrettanti dall'Ungheria, da inserire ogni anno
dal 1902 nel bilancio dello Stato, per corrispondere ai cresciuti bi-
sogni del mantenimento della Corte, e ad estinguere il debito di 18
milioni e piu, da essa incontrato per il restauro del palazzo reale a
Budapest. Finora la lista civile dell 'Austria Ungheria ascendeva alia
cifra di 18 milioni e mezzo circa di corone, cifra superata, fra tutte
le liste civili, soltanto da quella dello Czar. II Budapesti Hirlap os-
servd che 1'appannaggio della Corte venne aumentato d'un milione
nel 1873, in occasione del matrimonio dell' arciduchessa Gisela. Da
quell' anno il numero dei membri della Casa regnante crebbe fino
240 CRONACA
a 71, de' quali 43 maschi, provveduti di un annuo appannaggio di
100 mila coroDe per cadauno.
La proposta militare d diretta ad aumentare il contingente di
leva di 20 mila uomini all'anno, ossia di 60 mila per il triennio di
servizio, con una spesa di circa 25 milioni di corone per il loro man-
tenimento. E cid in aggiunta ai 38 milioni per i nuovi cannoni, e
ad altri 40 milioni riservati ai prossimi anni, gia stanziati nella ses-
sione estiva delle Delegazioni dell'impero. Siffatte proposte, le quali
nella Camera austriaca non poterono ancora spuntare alia prova della
discussione, tengono £a due mesi occupata la Camera ungherese, dove,
come si disse, porsero occasione ai partiti estremi di sfogare tutto il
loro livore, non tanto contro la persona augusta del Re, quanto contro
1'arciduca ereditario assai inviso ai Magiari, contro la dinastia in ge-
nere, e contro 1'unione coll' Austria. Apri la serie degli attacchi piu
violenti contro la Corona il deputato Barabas, sinistro di parti to come
di nome, facendo la voce grossa contro il Re, perche non aveva preso
parte all' inaugurazione del nuovo grandioso palazzo del Parlamento
(il cui lusso orientale provoca dei confronti odiosissimi colla miseria
della popolazione campagnuola) e perche convoco la Camera in un
giorno nefasto nella storia della rivoluzione quarantottesca, vale a
dire nell'anniversario della fucilazione di tredici generali ungheresi in
Arpad. Mosse dipoi un fiero assalto al governo del conte Szell, per-
che non voile farsi rappresentare alle feste del Kossuth, il quale no-
toriamente non voile mai riconoscere la legittimita della regnante di-
nastia. Contro 1'aumento della lista civile un altro deputato del par-
ti to dell' indipendenza ebbe 1'audacia di fare lo spiritoso, osservando che
se il numero degli arciduchi si e ingrossato fuormisura, la colpa non e
del paese. E il Kossuth si compiacque aggiungere, che della somma
di oltre nove milioni, accordata annualmente dagli ungheresi alia lista
civile, la Corte non ispende in Ungheria, che un solo milione.
Nelle filippiche contro il militarismo in genere, e contro il pre-
sente ministro ungherese della guerra, fece capolino 1'aspirazione a
fornire la milizia nazionale degli Honwed di un proprio e completcr
parco di artiglieria, per aver pronto, il giorno della separazione del-
l1 Austria un esercito ungherese provveduto di tutte le diverse armi.
Anche il compromesso austro-ungarico presto argomeato alle invet-
tive piu feroci contro il Re, il governo, e 1' Austria, che non mette
conto riportare. E cosi pure mi passo delle scenate, delle immanca-
bili sfide a duello e de' tumulti indescrivibili, onde la Camera un-
gherese and6 tutta a rumore ne' passati due mesi. Accennero solo di
passata F « affare Nessi » che sopravvenne ad arruffare vie peggio la
matassa. « Nessi > & il nome magiaro d'un ufficiale degli Honwed,
ed insieme deputato kossuthiano, il quale nella festa d' inaugurazione
CONTEMPORANEA 241
d'un monumento nazionale al celebre re Mattia Corvino in Klausen-
burg, a capo d'uno staolo di student! aveva fischiato ed eccitato a
fischiare la banda militare, perche al cospetto dell'arciduca rappre-
sentante del Re, aveva suonato, come di regola, 1'inno imperiale au-
striaco. Sopra interpellanza dello stesso Nessi, punito a dovere dal-
Pautorita militare, la Camera ebbe ad occuparsi per parecchi giorni
di questo caso, tirandoci dentro rimmunita parlamentare, 1'esercito
ed il trono, col linguaggio piu violento e sbracato. Fra gli altri, il
Kossuth, in una lunga tirata contro la dinastia, sentenzid essere cosa
antipatriottica per un ungherese 1' inno dell' impero, al suono del quale
nel 48 vennero giustiziati i martiri dell' indipendenza. Un altro ora-
tore kossuthiano lo defini, con un giuoco di parole sul titolo unghe-
rese dell'inno, 1'inno della fame; alludendo alia proposta d'aumento
della lista civile. Ed un altro deputato, in mezzo al baccano india-
volato de' suoi colleghi, conchiuse : noi non ci lasceremo mai imporre
1' inno austriaco ; e" tempo di ribellarsi ! — porgendo occasione ai par-
titi di sinistra di intonare in piena Camera 1' inno nazionale unghe-
rese, in risposta alle contraddizioni della destra e del presidente, che
fu costretto a levare la seduta.
Finalmente il 9 dicembre venne formalmente messa in scena dal Kos-
suth 1'ostruzione estrema, contro il disegno di legge militare, la cui
discussione viene trascinata in lungo nel seno della commissione, allo
scopo d'impedirne la discussione nella Camera. Da questo breve spi-
cilegio il lettore pud di leggeri formarsi un'idea dello spirito che do-
mina fra i partiti dell'opposizione, e delle condizioni in cui trovasi
il governo del conte Szell nel parlamento ungherese e in rapporto al
governo austriaco. E superfluo aggiungere, che il pandemonio parla-
mentare fu ed & secondato a meraviglia dalla stampa massonica di
Budapest, tutta, senza eccezioni, nelle mani degli Ebrei, la quale ha la
intonazione dzU'Egyetartes, e del Magyar Orsxag, organi della mon-
tagna radioale.
3. Tutta 1'attivita del parlamento austriaco in questa sessione, la
quale si chiudera colle ferie natalizie, si puo riassumere in una sola
parola : nulla ! L'ostruzione, colla quale gli Czechi risposero fin dalle
prime alle proposte di conciliazione rinnovate dall'infaticabile Dr. Koer-
ber, al riaprirsi della Camera nel p. p. ottobre, impedi ogni lavoro
serio, condannando il parlamento ad occuparsi quasi esclusivamente
(in mezzo ai battibecchi ed agli eccessi piu indecorosi, quasi quoti-
diani) delle mozioni d'urgenza presentate unicamente a scopo di ostru-
zione, in numero di ottanta e piu, fra le quali una trentina dei pan-
germanisti schoneriani. La sola discussione sulle dichiarazioni del pre-
sidente Koerber sciupo una settimana intera, ed un'altra andd tutta
in dibattiti rabbiosi fra polacchi e ruteni, socialist! e non socialist!,
intorno ai not! scioperi della Galizia, ed altri screzii fra popoli e popoli.
Serie, XVIII, vol. IX, fasc. 1262. 16 10 gennaio 1903.
242 CRONACA
Discutere 11 bilancio annuale dello Stato, fu impossible ; sicche il
governo dovette presentare una legge per un bilancio provvisorio di
quattro mesi, la quale, se non otterra 1'approvazione della Camera, si
fara passare coll'usato ed abusato ripiego del § 14. E cid nel presente
stato di depressione economica, risentita dolorosamente in tutte le
classi della popolazione, agricola, commerciale, ed industriale, col so-
prassello di 558 milioni di corone, aggravatisi per spese maggiori a
carico dell' Erario nell' ultimo decennio !
Sullo scorcio del novembre, colla minaccia continuamente ripetuta
della chiusura del parlamento, ormai colpito di paralisi mortale, il
pazientissimo Dr. Koerber fece un ultimo tentative per riappiccare le
interrotte pratiche di conciliazione fra Czechi e tedeschi piii mode-
rati, avviando nuove trattative, tuttora in corno, le quali formano il
perno deil'attuale politica interna.
A favorire queste pratiche sopraggiunse la.dissoluzione del gruppo
radicale pangermanico, iniziata colla caduta vergognosa del Wolf, e
proseguita dallo scandaloso processo di Briix, nel quale vennero a
cozzo fra di loro lo Schonerer ed il Wolf, i due famigerati caporioni
del partito estremo, che pocanzi esercitava la dittatura del terrorismo
sopra tutti gli altri partiti tedeschi. In codesto processo essi si pal-
leggiarono cor am populo le accuse piu infamanti, demolendosi, come
usa dire, yicendevolmente, e pagando a misura di oarbone il fio delle
infamie da essi vomitate contro la morale di S. Alfonso, e contro la
Chiesa cattolica nella triste campagna del Los von Rom.
D'altra parte gli czechi, sempre infatuati del loro regno autonomo
di s. Wenceslao, ebbero da ultimo un contentino nella risoluzione
presa da S. M. 1' imperatore, di mandare 1'arciduca Ferdinando Carlo,
fratello del principe ereditario, a risiedere stabilmente a Praga, nel
castello reale di Hradschin, con 1'apparato d'una piccola corte reale.
Ma con tutto cid non e da lusingarsi soverchiamente di un probabile
buon risultato delle pratiche in corso. E vero che i tedeschi sotto la
presidenza dell'ex-ministro Baernreiter, dopo uno studio affrettato
delle linee fondamentali per un aceordo, circa la meta del dicembre
furono in grado di formulare le loro proposte, e di presentarle ai fi-
duciosi czechi, i quali naturalmente si riservarono, per guadagnare
tempo, di trattare a tutto loro agio, coi diversi loro partiti, per fare
la tara alle proposte tedesche, e contrapporne delle altre. Ma pur
troppo il cattivo esito di tutte le pratiche fatte e rifatte al medesimo
scopo nel passato decennio ; il linguaggio altezzoso e bene spesso pro-
vocante della stampa czeca di fronte allc nuove proposte (specie con-
tro la divisione della Boemia in circoli amministrativi secondo lelingue,
poco corrispondente all7 idea di unita dello Stato autonomo boemo di
la da venire) ; inoltre qualche principio di discordia scoppiato gia fra
CONTEMPORANEA 243
i tedeschi della Boemia ed i tedeschi della Moravia e della Slesia, in
quanto alia concessione della lingua interna d'ufficio, da farsi agli
czechi : — tutto insomma consiglia ad attendere ancora qualche tempo,
prima d'abbandonarsi alia speranza di veder composto definitivamente
il gran dissidio. Di fatto stando alle notizie piu recenti la commis-
sione collettiva dei partiti czechi avrebbe gia dichiarato assolutamente
inaccettabili le proposte tedesche, ed altrettanto potrebbe av venire
delle controproposte czeche, da parte dei tedeschi, alia fine del di-
cembre. Che se cio s'avverasse, e non si trovasse almeno il mezzo
termine di un modus vivendi, che potesse sventare il pericolo d'una
nuova ostruziono o czeca o tedesca, sarebbe assai probabile che la ri-
convocazione del parlamento in gennaio debbasi rimandare alle ca-
lende greche. In tal caso, Dio solo sa, qual destino sia riserbato nel
nuovo anno all'Austria-Ungheria la quale alia vigiliadel 1903 trovasi
ridotta alle condizioni che m'ingegnai di descrivere.
4. Un raggio di sole in mezzo a tanto buio fu la vittoria eletto-
rale veramente splendida, riportata dai eristiano-sociali in alcune pro-
vince, ma segnatamente nella capitale austriaca. Dopo un anno di
agitazione elettorale vivissima, i conservativi prevalsero nell'Austria
superiore, i cristiano-sociali nell'Austria inferiore, compresa la capi-
tale, ed ambedue i partiti coalizzati nel Yorarlberg. Maggiore tutta-
via che nelle campagne fu il trionfo complete riportato a Vienna,
dove i cristiano-sociali vinsero su tutta Lt linea, ed il loro capo D.rLue-
ger, 1'odiato martello degli ebrei e di tutti gli ebraizzanti, raccolse
13,116 voti, ossia 3400 voti piu del suo avversario liberale, conqui-
stando per la prima volta la citta interna che e il distretto piu im-
portante, e perfino la Leopoldstadt, che era la rocca finora inespu-
gnata degli ebrei, alleati coi socialisti, coi pantedeschi, coi liberali
democratici e progressisti. II D.r Lueger ebbe a riconoscere pubblica-
mente, che in questa tremenda disfatta dei partiti anticristiani, fino a
un certo punto insperata, egli ravvisava un intervento straordinario
della Provvidenza divina. Le strida disperate della N. F. Presse e degli
altri organi della liberaleria massonica andarono alle stelle ; pure al-
cuni di essi ebbero ancora il buon senso di confessare, che bene stava
la lezione a chi per tanti anni aveva abusato della buona fede del
popolo, pascendolo di ciance, e lavorando non a sollevare la miseria
coi fatti, ma a corromperlo e pervertirlo, per farsene sgabello e te-
nerselo schiavo. Questo avvenimento, che meriterebbe per la sua
importanza una piu ampia relazione, pur troppo non consentita dalle
ragioni dello spazio, fara sentire le sue benefiche conseguenae anche
fuori di Vienna, dove spadroneggia tuttora il liberalismo in tutte le
sue forme, come ad esempio nelia Stiria e nella Carintia, nel Lito-
rale ecc. Devo ormai rimettere ad altra corrispondenza le notizie re-
244 CRONACA
ligiose in genere, ed in particolare quanto si riferisce alia parted-
pazione di S. M. 1' Imperatore, del Municipio e delle citta di Vienna
al giubileo del S. Padre.
1NGHILTERRA (Nostra Corrispondenza) . 1. La vittoria finale del Bill sul-
1'Educazione. — 2. Notizie dall'Africa del Sud. — 3. II libro del De Wet,
— 4. La visita del signer Chamberlain nell'Africa del Sud. — 5. Un
arbitrate di Re Edoardo. — 6. La nuova diga sul Nilo ad Assouan. —
7. Morte di due Vescovi inglesi. — 8. II Times in favore del religiosi
francesi.
1. La grande lotta parlamentare pel Bill dell'Educazione, che ec-
cito un interesse cosi vivo in Europa ed in America, e finalmente
terminata. L'opposizione dei non eonformisti fu feroce e strepitosa
durante il lungo dibattimento, pero il Governo fu vittorioso poiche
la legge alia Camera dei deputati venne accettata da una grande
maggioranza. L'approvazione della Camera dei Lordi e sicura; quella
del Re una pura formalita. Quanto al guadagno che i cattolici d' In-
ghilterra trarranno dalla nuova legge, esso consiste nel risparmio di
circa un milione e due cento cinquanta mila lire all' anno. Tutte le
spese per 1'educazione di ogni fanciullo nelle scuole elementari ver-
ranno pagate coi denari dei fondi pubblici, laddove sinora i genitori
cattolici erano costretti a pagare quasi un terzo della somma necessaria
coi loro denari privati.
La Camera dei Lordi ha reso un vero servizio alia educazione re-
ligiosa, nell' alleggerire le scuole volontarie dalla spesa di man-
tenere gli edifizi scolastici in buono stato; ed i deputati irlandesi
meritano ringraziamento per avere assicurata 1'accettazione di que-
sta clausola, quando il Bill fu rinviato alia Camera dei deputati. L'at-
titudine del partito parlamentare irlandese, rispetto a questo prov-
vedirnento, fu eccessivamente contradditoria ed incoerente. Da bella
prima esso sosteneva il Governo, ma poco dopo, un gruppo di membri
irlandesi esercito su di lui la sua autorita, ed il partito adotto la
risoluzione di rifiutare al Governo il suo appoggio ed il suo voto. I
deputati irlandesi allegarono per iscusa lo spirito tirannico del Go-
verno nelle sue relazioni e nel suo modo di trattare 1' Irlanda, ed
anehe lo spirito ostile sempre manifestato dai cattolici inglesi contro
i loro fratelli irlandesi. Una lettera commovente del Cardinale Yau-
ghan falli nello scopo che si era proposto, d' impedire, cioe la risolu-
zione fatale dei deputati irlandesi, e persino gli appelli premurosi
della Gerarchia irlandese rimasero senza effetto. Pero il partito irlan-
dese mise giudizio all 'ultima ora. Essi si accorsero che il sentimento
del loro paese si era interamente sollevato contro di loro. Molti sa-
cerdoti irlandesi, in Inghilterra, tennero riunioni ed inviarono alia
CONTEMPORANEA 245
stampa articoli e comunicazioni, nelle quali dimostravano che piii di
90 per 100 del bambini cattolici, educati nelle scuole inglesi, sono
Irlandesi di nascita o di origine, e conchiudevano essere un vero
scandalo per il partito parlamentare irlandese, i membri del quale
erano quasi tutti cattolici, di abbandonare gl'interessi dell'educa-
zione religiosa di fanciulli, vincolati a loro dai legami del sangue e
della stirpe. L'agitazione produsse il suo effetto; il sig. Redmond,
capo dei membri del partito irlandese, scrisse una lettera ai gior-
nali, nella quale esprimeva la sua devozione e quella dei suoi colle-
ghi alia causa della educazione cattolica, e promise che sarebbero
tutti ai rispettivi posti in Parlamento per adoperarsi a far migliorare
la legge se 1'occasione si presentasse.
II Bill teste passato, e forse la legge sull'educazione piu liberale
che sia mai stata accettata e passata da un Groverno non cattolico.
Non rende piena giustizia alle scuole volontarie, e vero, pero le al-
leggerisce d'un fardello schiacciante ed assicura loro la stabilita per
1'avvenire. II solo punto riprensibile nel Bill e il provvedimento che
permette ad un corpo di laici di avere voce in capitolo sulsoggetto
dell' istruzione religiosa da impartirsi nelle scuole. Tuttavia, pratica-
mente, questa clausola non avra cattivi effetti per le scuole cattoli-
che, poiche quattro membri della Commissione amministrativadi queste
scuole devono sempre essere cattolici, mentre gli altri due possono
esserlo o no. D'altra parte per le scuole anglicane questa clausola
sta per dare occasione ad una grande confusione, perche e molto dif-
ficile in Inghilterra trovare anche solo quattro Anglicani che siano
d'accordo interamente sulle credenze religiose.
2. Le nuove che ci giungono dall'Africa del Sud sono nel mede-
simo tempo triste e consolanti ; triste perchfc e chiaro che i territorii
devastati della guerra sono nelle condizioni piu deplorevoli ; e conso-
lanti perche e pienamente provato che la popolazione boera deH'Africa
del Sud e risoluta a far buon viso alia sua condizione presente e ad
accettare la supremazia britannica con ispirito di lealta. Una delle
migliori prove di questo spirito ci e fornita dalla inserzione di un
nuovo articolo nel programma dell' Africander Bund risoluto nella sua
ultima riunione. Questo articolo dichiara che lo scopo che si propone
il partito, composto principalrnente di uomini d' origine olandese, e
di promuovere 1'unione delle differenti nazionalita nell'Africa britan-
nica del Sud e la federazione delle Colon ie Sud Africane, con i ri-
guardi dovuti alia loro individuality ai loro interessi ed alia supre-
mazia della Corona britannica.
3. Durante il mese scorso gl' Inglesi si facevano questa dimanda:
De Wett, il famoso capo boero, e egli piu celebre come generale, come
diplomatico, ovvero come storico ? II suo libro sulla guerra boera, pub-
246 CRONACA
blicato in Londra alcune settimane fa, cagiond la piu grande impres-
sione letteraria che abbia mai avuto 1' Inghilterra nei nostri tempi.
L' interesse pubblico fu tale all' apparire di questo libro che nello
stesso giorno che venne posto in vendita, la prima edizione fu inte-
ramente esaurita. L' aspettazione pero fu ampiamente ricompensata.
L'opera, benche scritta in une stile calmo e giudiziario, e assai com-
movente, specie nel racconto della lotta epica, nella quale 1' autore
ebbe si grande parte. La storia in diversi punti biasima i generali
inglesi, ma dirige anche spesso parole di lode all'eaercito britannico
per la sua condotta, e neanche risparmia gli spropositi commessi dai
Boeri. II De Wet sostiene che la battaglia di Paardeberg, nella quale
Cronje con piu di 4000 soldati boeri venne catturato dal maresciallo
Lord Roberts, fu veramente quella che decise delle sorti della guerra,
grazie all'avvilimento morale che essa produsse sui soldati boeri.
4. II sig. Chamberlain tre mesi fa andd nell' Africa del Sud.
Ne il pubblico inglese ne gli abitanti delle repubbliche conquistate
si sarebbero mai sognati un tale viaggio. Pero, frattanto, il vero ca-
rattere del sig. Chamberlain e stato capito e conosciuto piu profon-
damente. Egli ha fatto sua propria la questione sud-africana, e ha
risoluto di studiare la condizione delle cose sul luogo stesso, nono-
stante il diritto che il Ministero delle Colonie ha di avere per se tutte
le cure del ministro. Egli fece capire a tutti che lo scopo della sua
visita nell' Africa del Sud, era di parte oipare personalmente alia pa-
cificazione del paese. Questo suo disegno fu accolto con benevolenza
e pienamente approvato tanto dagli Inglesi quanto dai Boeri. II
sig. Chamberlain visitera la Colonia del Capo, il Natal, la Colonia
dell' Orange ed il Transvaal.
5. In un momento quando 1' Inghilterra e sul punto di fare la
guerra al Venezuela, siamo felici di poter annunziare che Re Edoardo
ha messo fine ad una seria quistione fra due altre repubbliche sud-
americane, il Cile e 1'Argentina. La querela fu cagionata dalla im-
perfetta compilazione di un trattato fra le due Potenze, che venne
firmato nel 1881. L'aiabiguita delle parole del trattato misero in di-
sputa un territorio della superficie di 95,000 chilometri quadrati.
II Re d' Inghilterra fu scelto come arbitro, ed il suo arbitrate ebbe
per risultato che al Cile vennero dati 55,000 chilometri e all' Argentina
40,000 chilometri del terreno disputato. II ripartimento fu accettato
dalle due Potenze come la soluzione piu equa. Mentre sto scrivendo
sembra probabile che all'ultimo momento si avra ricorso ad un arbi-
trate per comporre la querela fra 1' Inghilterra, la Germania ed il
Venezuela. Quest'ultima questione desto Tattenzione degli uomini di
Stati europei ed americani sulla famosa dottrina Monroe, secondo la
quale gli Stati Uniti s' impegnano a resistere a forza armata contro
CONTEMPORANEA 247
qualunque tentative fatto da una Potenza europea per acquistare ter-
ritorio nel continente americano. In una questione anteriore col Ve-
nezuela, 1' Inghilterra rieonobbe 1'esistenza di questa dottrina e con
cio stabili un precedente contro se stessa ; questa regola tuttavia non
puo essere riconosciuta valida n& adottata dalle altre nazioni ed i giu-
risti europei 1'hanno espressamente disapprovata. Uno scrittore ben
noto della Fortnightly Review, il professor Leech, e di opinione che
la dottrina Monroe non ha il minimo valore nelle leggi internazio-
nali, e che non se ne terrebbe nessun conto, quando si sollevasse per
davvero una questione di maggiore importanza.
6. II giorno 10 dicembre dello scorso mese, il duca e la duchessa
di Connaught assistettero alia cerimonia d' inaugurazione d'una im-
presa, che puo, a giusta ragione, essere considerata come il fatto
piti importante dell' ingegneria dei tempi moderni, e che rechera cer-
tamente all' Egitto benefizii incalcolabili. Un' immensa diga fu co-
strutta attra verso il Nilo ad Assouan, situato circa seicento miglia al
di sopra del Cairo. La diga ha una lunghezza di un miglio e un quarto
e forma un argine dello spessore di sette metri di superficie al di
sopra e di ventisette metri alia base ; e costrutta in modo da tenere
in iscacco ed in riserva mille milioni di tonnellate d'acqua, che pos-
sono poi riversarsi sulla pianura arida quando 1'acqua diventa asso-
lutamente necessaria ai bisogni dell' irrigazione. Sua Altezza Reale
consegnando 1'argine al Khedive espresse la sua speranza che 1'opera
che si stava inaugurando sarebbe della piu grande utilita per 1' Egitto.
Inoltre disse che quattro anni prima egli aveva posto la prima pietra
della grande impresa, e che era felice di vedere i rappresentanti delle
varie Potenze assistere al compimento di quel gran lavoro, perch5,
benche esso fosse principalmente anglo-egiziano, gli era ben nota la ge-
nerosita colla quale la Cassa del Debito pubblico, che e una societa
internazionale, aveva fornito una parte cosi considerevole dei fondi
necessari.
7. Dopo la mia ultima corripondenza alia Civiltd, 1' Inghilterra cat-
tolica ha deplorato la perdita di due dei suoi Yescovi : Mgr. Yaughan
Yescovo di Clifton e zio di Sua Ema il Cardinal Yaughan, e Mgr. Pat-
terson, Yescovo titolare di Emmaus. II primo era il membro piu an-
ziano della gerarchia inglese, essendo stato consacrato nel 1855, po-
chi anni dopo che Pio IX ristabili la Gerarchia in Inghilterra. II
Yescovo Patterson apparteneva alia famosa schiera di convertiti che
abbandonarono 1'anglicanismo per seguire Newman nella vera Chiesa.
La sua morte rapi for&e 1'ultimo dei sopravviventi di quel famoso mo-
vimento religiose. D'altra parte la salute di Sua Eminenza il Cardi-
nale Yaughan sta facendo progressi soddisfacenti. Con tutto cio egli
ha diretto ultimamente una petizione alia Santa Sede per chiedere
248 CRONACA
un Yescovo ausiliare e si crede general mente in Inghilterra che il
Santo Padre scegliera a quest' ufficio Monsig. Stanley.
8. Gli Ordini religiosi espulsi dalla Francia si sono cattivati i
buoni ufficii del Times londinese, in difesa di alcuni dei religiosi
perseguitati. II corrispondente di Parigi del grande giornale ha de-
nunziato la politica tirannica del Governo francese nel persistere ad
espellere i Passionisti inglesi da Parigi, ed i Benedettini inglesi da
Douay, ed insiste principalmente che questi religiosi siano rimbor-
sati di tutti i danari spesi per le loro fabbriche ecc., rimettendosi in
tutto questo alia buona volonta delle autorita francesi. Non & del tutto
impossible che il Governo inglese. intervenga in questo caso. In-
tanto le rivelazioni del Times servirono ad accrescere la simpatia del
popolo inglese verso gli Ordini perseguitati.
&RECIA (Nostra Corrispondenza) . 1. Le elezioni politiche del 30 novembre.
— 2. La loro importanza. — 3. 11 nuovo Gabinetto. — 4. Greta nelle fu-
ture elezioni. — 5. II nuovo Metropolita di Atene Teoclito, il Gerarca
dell'Eilenismo. Sua elezione e suo programma.
1. II giorno 30 novembre, ossia la domenica 17 novembre secondo
il Calendario antico, restera memorabile nei fasti della libera Grecia,
per 1'accanimento, con cui vennero condotte in tutto il regno le ele-
zioni dei nuovi deputati da mandarsi al Parlamento. Bisogna pur con-
fessarlo, la vittoria morale fu del partito dell'opposizione, capitanato
dal iig. Teodoro Delijanni, che in molte province, ma specialmente
nell' Attica, come un torrente impetuoso allago tutti gli ufficii elet-
torali e trascino via quanto v'era di piu rispettabile e di piu saldo nei
partiti politici delle antiche Camere, banchieri, industriali, deputati
e ministri. E la seconda volta, cred'io, dacche la Grecia e un regno
greco, che Atene abbia potuto mostrare una unione cosi forte e cosi com-
patta da gittare a terra tutti i partiti e far trionfare all'uDanimita tredici
candidati presentatisi sotto la bandiera dell'opposizione delijannista.
Tale fanatismo non fu pero generale; nelle province la lotta fu
piu persistente e gli altri partiti furono si superati, ma non dispersi
come in Atene e nel Pireo, e le nostre previsioni di ottobre non sono an-
date fallite. II sig. Teodoro Delijanni, dicevamo noi nel 1° fascicolo di
ottobre, raccoglie le maggiori simpatie della Grecia di oggi, sicuro
pero di perdere quelle della Grecia di domani appena sara eletto. La
prima parte e gia avverata, ma con quanta fatica e con quale profu-
sione di danaro ! Le elezioni del 30 novembre hanno mostrato, secondo
i giornali del partito, che il popolo ellenico ha il sentimento della
propria grandezza riposta tutta nella Costituzione ; rigettando vecchi
ministri e ligii deputati, esso ha voluto dar ad intendere che non pre-
tende punto che ai minister! mutino le persone, ma sibbene i sistemi
CONTEMPORANEA 249
di governo. A questo popolo troppo soggetto alle crisi nervose, si era
detto : « Popolo corri alle urne e da un calcio ai minister! della Corona :
sbaraglia i traduttori del Vangelo, e addita un ministero estratto dalle
tue stesse viscere, un ministero che neanche da lontano senta il grave
odore del grasso fumo delle cucine reali ! ! (sic). £ sia purquestala
piu splendida delle tue vittorie. » E questo popolo ha ubbidito e ha
rinnegato e cacciati i ministeri Zaimi e Teotochi, perche bazzicavano
alle cucine della Corte (sic). II sig. Delijanni e stato portato in trionfo
dalla sua abitazione al Palazzo reale : prima pero di essere chia-
mato a Corte ha dovuto fare il collo lungo, perche Sua Maesta nel
vedere le incerte oscillazioni delle urne, avea invitato per formare il
nuovo ministero il Presidente dell'Areopago, e solamente dopo il
rifiuto di questo, S. Maesta incarico il sig. Delijanni della forma-
zione del Gabinetto. II gentilissimo vegliardo corse alia Corte come
un bel giovane in sul vigor dell'eta, con un grosso garofano alia bot-
toniera, e dopo un breve colloquio col Ee Giorgio, che di necessita
avea fatto virtu, se ne ritorno primo Ministro del regno. Ma fu vero
trionfo elettorale quello del sig. Teodoro? La maggioranza ch'egli rac-
colse nelle province non e proprio splendida, i piu valenti campioni
del suo partito restarono vinti, talchS il principe dei giornali umoristi
il Pw[JtY]6?, pote far dire con tutta verita al sig. Delijanni :
oag cpatvsxai xai TOUTO;.... VIXTJTYJS xai
va xspSioa), xi'evroaooTtp vd Xoyi£u)[iat,
Da una parte una maggioranza o dubbia o debole, dall'altra 1'allon-
tanamento di molti suoi fidi dalla Camera, lo fan davvero mettere in
pensiero se alia fin fine si dee considerare come vincitore o come vinto.
2. E qual vantaggio, chiediam noi, potra venire alia Grecia da un
Governo che appena potrassi tenere in piedi? II programma del sig. De-
lijanni, pur volendo sentirla con certi giornali francesi, e vasto, e pa-
triottico, e nel suo complesso ben appropriate alle circostanze present!
del paese ; ma come lo mettera in azione con una maggioranza sin
adesso microscopica? Pensera egli a fare qualche economia? In verita
e questa forse una virtu propria del nuovo Capo del Governo: ma
mettendo i suoi amici alia dieta e i suoi nemici al digiuno, egli pud
esser certo che avra in breve il suo passaporto. Yolgera egli i suoi
sguardi e le sue cure all'esercito e all'armata? L'occasione $ gia
bella e tutta pronta, la Macedonia, la quale minaccia di diventar
bulgara : ed eccoti i pericoli d'una terza spedizione militare che com-
pira 1'indebolimento, morale e materiale, del regno. Nei momenti
di crisi in una nazione qualunque, 1'unione delle forze e il principale
di tutti i fattori : la Grecia si trova in eircostanze di vera crisi, eco-
nomica e militare, e i partiti invece di unirsi si suddividono, in luogo
250 CRONACA
di fortificarsi si distruggono. Yerso il 20 gennaio alia greca, la Ca-
mera del deputati scegliera il suo Presidente, e in quella scelta si
potra riconoscere laforzanumerica devota al Governo. Sopra 236membri
del Parlamento il sig. Delijanni, & ancora cosa molto dubbia, che si a arri-
vato ad averne 150. Le porte della Camera ellenica si schiuderanno
il 9 dicembre ; i due parti ti si troveranno in faccia e si prepareranno
al colpo di grazia pel voto di fiducia, nella scelta del Presidente. Se-
condo ogni esatta regola di argomentaie non e improbabile che il
nuovo Ministero debba dimettersi, e la sua caduta, ove avvenisse, por-
tera seco lo scioglimento del Parlamento.
3. II Presidente dei ministri sig. Delijanni ha dovuto sbracciarsi
per costituire un gabinetto tale da resistere ai nemici e da conten-
tare gli amici. Come sempre, le pretese ai vari portafogli erano molte,
e non era possibile soddisfarle tutte : egli se la cavo come meglio pote,
lasciando per prudenza due portafogli in aria, in attesa di chi li rac-
cogliesse : cosi il nuovo gabinetto venne formato come segue :
1. Sig. Teodoro Delijanni Preside ate del Consiglio dei ministri, col
portafoglio del Tesoro, e ad interim Ministro della giustizia; 2. Sig. CM-
riaculis Mauromicalis al Ministero deH'mterno ; 3. Sig. Alessandro Scu-
zes Ministro degli Esteri ; 4. Sig. Alessandro Roma Ministro dei Culti
e della pubblica istruzione ; 5. Sig. Teodoro Limpritis al portafoglio
della guerra, e pel momento anche a quello della marina.
II banchetto & dunque bello e bene in assetto e servito secondo il
desiderio del sig. Teodoro e de'suoi : tra poco vedrerno se la Grecia ne
uscira piu grassa oppure piu magra: MyjSsva rcp6 TOU TeXou? jjuxxapt^s:
aspettiamo durque alle opere qual sara la fine del nuovo gabinetto
Delijanni, al quale auguriamo lunghi anni di vita, e copiosi frutti
delle sue fatiche pel bene della Grecia.
4. Mentre che la Grecia a buon diritto si rallegra del colpo su-
bito dalle bande rivoluzionarie bulgare in Macedonia, e aspetta tran-
quilla che le grandi potenze esercitino la giustizia, riserbando anche
ad essa una parte qualunque del futuro bottino, notizie paurose
giungono da Creta. In quella disgraziata Isola, sono vicine le elezioni
dei deputati, e i due partiti non c'e spada che non aguzzino 1'uno
contro 1'altro. II partito del sig.Yenizzello, gia Consigliere del Principe,
ingrossa sempre piu, facendo proseliti in tutte le province ; cio che os-
servano con dispetto i signori del Governo, e mettono in campo tutti
i loro stratagemmi, per rallentarne il corso progressivo. E pero 1'agi-
tazione e oggi assai grande e minaccia gravi disordini. Aggiunge poi
fuoco alia legna gia pronta 1'accusa che il Yenizzello ha intentata
contro alcuni membri del governo locale, dichiarandoli autori di nera
calunnia contro la sua persona, cui incolpano di non essere favorevole
all' unione di Creta colla madre patria, la Grecia. In questa accusa
CONTEMPORANEA 251
si propone di dimostrare, che i present! consiglieri del Principe sono
precisamente quelli che combattono contro P unione, per mero loro
interesse personale, temendo di ricadere nella primiera loro oscurita.
Simile accusa ha prodotto gia negli animi dei Cretesi una terri-
bile sorpresa : essa mettera a luce molti e gravi scandali sin ad oggi
tenuti gelosamente nascosti. Intanto gli animi si riscaldano sempre
piu, e i reali carabinieri italiani possono tenersi pronti ad esercitare
tutta la loro provata abilita pel giorno delle elezioni.
E pero generale la persuasione che nelle prossime elezioni riu-
scirail parti to dell'antico consigliere del Principe sig. Venizzello, poi-
che il popolo, a forza di sentirselo gridare all'orecchio, ha finite col
credere che realmente i consiglieri governativi di oggi son appunto
quelli che sottomano si oppongono all'unione dell'Isola colla Grecia.
E un fatto in verita strano, che appena uno e consigliere dei Prin-
cipe e membro del Governo, cade subito in sospetto di non volere piu
P unione, per la quale si e gia sparse tanto sangue. Questi signori
pare che applichino molto a proposito il gran principio : « Melior est
conditio possidentis > .
4. II lunedi 17 novembre, che corrisponde al 4 del recchio calen-
dario, alia chetichella e senza che il pubblico lo sospettasse punto
ebbe luogo in Atene la elezione del Metropolita. Era il giorno della
inaugurazione della nuova sessione della Sacra Sinodo ; tutti i mem-
bri di essa erano riuniti nel Palazzo metropolitan, e secondo il co-
stume, erano pure presenti il Ministro della Pubblica Istruzione si-
gnor Monferrato, e il Procuratore Eegio signor Colliva. Dopo le
preghiere di uso, il Presidente della Siaodo Illmo Mons. Teoclito,
arcivescovo di Sparta, arringo i suoi colleghi, raccomandando loro di
adoperarsi in questa sessione sinodale con tutte le forze per la ri-
forma del Clero, caduto gia in condizioni assai deplorevoli. Dopo di
lui parlo il sig. Ministro ripetendo le stesse raccomandazioni, e ag-
giungendo del suo la necessita che vi & di riformare anche i mona-
steri, le ricche sostanze dei quali vanno ad arricchire i familiari dei
direttori di essi e dei loro amici. In fine prese la parola il Procura-
tore regio, confermando anch'egli il gran bisogno che vi $ di occu-
parsi di queste riforme, quindi tutto all' impensata raccomandd agli
illmi sinodali, di occuparsi al piu presto della elezione del candi-
date alia Sede metropolitana di Atene, restata vuota dopo la ben nota
dimissione del fu Mons. Procopio.
Dietro questa inattesa raccomandazione del R.° Commissario i
rmi sinodali si ritirano in luogo appartato per decidere sul da fare :
ma non si dovette molto aspettare, dacche senza discussioni e senza
contrasti, come se gia il candidate fosse stato designate prima di co-
mune accordo, Pelezione fu fatta in un batter d'occhio, e al loro ri-
252 CRONACA
torno in pubblica adunanza annunziarono Mons. Teoclito, arcivescovo
di Sparta, eletto Metropolita di Atene. Non isfuggira certamente a nes-
suno la prudenza che dettd questo colpo di scena cosi inaspettato in
un momento in cui la tensions dei partiti avrebbe potuto creare gra-
vissime difficolta al Governo. La elezione pero, qualunque siano stati
i criterii che 1' haa dettata, non potea cadere sopra un capo piu me-
ritevole. Mons. Teoclito Minopulos e una delle migliori illustrazioni
della Chiesa greca. Egli entro in questa carriera sin dai suoi piu gio-
vani anni : finiti i corsi di lettere umane, comincio i suoi studii teo-
logici nella Universita di Atene, e ando a perfezionarsi in Germania,
dove resto per ben sette anni. Ritornato in patria fu preposto al se-
minario di Tripoli coll' incarico di leggervi teologia. Nel 1892 venne
create areivescovo di Sparta, donde oggi e alzato all'onore di Metro-
polita di Atene e Capo della Chiesa greca. Mons. Teoclito Minopulos
$ in sui cinquanta anni di eta, di corpo ben formato, di spirito colto,
d'animo piuttosto conciliative e zelante pel bene del suo gregge. In
lui il sentimento della sua posizione e forse un poco al di la della realta:
aecondo lui il Metropolita di Atene e il Gerarca dell' Ellenismo. L' idea
e nuova, e, se il prelato 1' ha espressa, coin'e da credere, con conoscenza
di causa, essa vorrebbe dire molte cose. Infatti egli la sviluppa dicendo
che il Patriarca di Costantinopoli, per grande sventura della Chiesa, non
puo avere la liberta di azione, della quale gode il Metropolita di Atene,
questi percio dovra tenersi in relazione non interrotta coi diversi centri
delle Chiese acefale, e conoscerne tutti i'bisogni. Ma perche? E questo
perch.5 che il prelato non dice chiaramente, contentandosi di affermare
che cio sarebbe, a parer suo, uno dei piu importanti doveri dell' Arcive-
scovo Metropolita di Atene e dei migliori servigi che si possano ren-
dere tanto al Patriarcato, quanto alia Chiesa ellenica e all' Ellenismo
in generale. In verita da tutte queste parole non ispicca evidente il
pereh& di quell 'asserzione, che cioe il Metropolita di Atene e il Ge-
rarca dell' Ellenismo, e non piu semplicemente uno dei Gerarchi el-
leni. Per chi prendesse alia lettera 1'espressione dell'Illmo Monsignor
Teoclito, essa direbbe che il Metropolita di Atene appartiene a tutta
la Chiesa greca, che la sua posizione nella libera Grecia essendo mi-
gliore di quella del Patriarcato del Fanar, la sua influenza dovra es-
sere considerata come preponderante, e forse forse siccome la Grecia
redenta e il centro verso cui tende tutto 1' Ellenismo in fatto di au-
torita e di vita nazionale, cosi dovra pur esserlo in fatto di vita re-
ligiosa. Non sappiamo se il nuovo Metropolita di Atene ha inteso dare
tutta questa estensione alle sue parole : il fatto e che, se esse non
dicono questo, non dicono proprio nulla. Intanto il medesimo prelato
ha fatto conoscere a tempo il suo programma, esso e quello che gli
§ imposto dall'opinione pubblica, cioe in primo luogo la riforma del
CONTEMPORANEA 253
clero per mezzo dell' istruzione, di cui oggi difetta d'una maniera
troppo evidente. Dopo 1'educazione letteraria e scientifica del clero,
verra nel desiderio del prelato 1' innalzamento morale del suo carat-
tere, togliendolo alia miseria pecuniaria che lo rende spregevole agli
occhi del pubblico, perche 1'obbliga a servirsi di tutti i mezzi per
dar del pane al]a sua famiglia. Quindi la creazione di una Cassa pel
culto onde provvedere ai bisogni del clero. II danaro per riempire
questa Cassa si prenderebbe dai beni dei conventi, dai guadagni che
si ricavano nel consumo della cera, dalla generosita dei parrocchiani
« da tante altre sorgenti che mano mano verrebbero a scoprirsi. Tutti
questi pii desiderii di generale riforma del clero sono stati gia messi
in mostra altra volta, ma senza nessunissimo effetto. Ci auguriamo
che Mons. Teoclito in questa impresa sia per essere piu fortunato
dei suoi antecessori 1.
1 Per mancanza di spazio, daremo la continuazione di questa corri-
apondenza nel prossimo quaderno.
N. d. R.
OPERE PERVENUTE ALL A DIRE Zl ONE
A I'assaut des Ecoles. Lille, Soc. St-Augustin, 1902, 8°, 144 p. Fr. 1.
Baltus E. Le cerveau (Science et Religion, 215). Paris, Blond, 1903,
16°, 64 p. Cent. 60.
— Le systeme nerveux et les organes des sens. (Science et Religion, 213,
214) Paris, Blond, 1903, 16°, 64, 64 p. Cent. 60 ciascuno.
Baudrillart A. Le Catacombes de Rome. Histoire et description d'apres
les documents les pins recents. (Science et Religion 219, 220). Paris,
Blond, 1903, 16°, 64; 64 p. Cent. 60 ciascnn fascicolo.
Bertrand I. La franc-magonnerie secte juive. Ses origines, son esprit
-et le but qu'elle poursuit. (Science et Religion, 237). Paris, Blond, 1903,
16°, 64 p. Cent. 60.
Besse 0. S. B. Les Moines de I'Afrique romaine. (IV6 et Ve siecle).
(Science et Religion. 201. 202). Paris, Blond, 16°, 64; 64 p. Cent. 60 cia-
scuno.
— Les Btnedictins en France. (Science et Religion, 228). Paris, Blond,
1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Beurlier E. E. Kant. (Science et Religion, n° 236). Paris, Blond, 1903,
16°, 64 p. Cent. 60.
Brou A. La Compagnie de Jesus. (Science et Religion, 227). Paris,
Blond, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
1 Non essendo possibile dar conto delle molte opere, che ci vengono inviate. con quell*
Bollecitudine che si vorrebbe dagli egregi Autori e da noi, ne diamo intanto un annunzio
sommario che non importa alcun giadizio, riserbandoci di tornarvi sopra a seconda dell'op-
fortunita e dello spazio concesso nel periodioo.
254 OPERE
Brugerette J. Si toutes les Religions se valent ? (Science et Religion.
235). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent, 60.
Canet La liberte depenser et la libre pensee. (Science et Religion, 217).
Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Cappellazzi A., sac. La dettrina di S. Tommaso nella sociologia mo-
derna. Piccolo studio. Bitonto, tip. Vescovile, 1902, 8°, 186 p.
Chabot A. La Mortification chretienne et la vie. (Science et Religion,
231). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Cronzil L. Les Traitements EccUsiastiques. (Science et Religion, 207).
•Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Espana y America. Revista quincenal, publicada por los PP. Agu-
stinos. Madrid, imp. del Asilo de Huerfanos del S. C. de J. Ano I. n° 1.
Prezzo di Associazione per un anno. Pesetas 20.
Contemito : I. Nuestro programa. — II. Una Enciclica y un libro...
P. P. Rodriguez. — III. El Exmo Sr. Obispo de Madrid- Alcala. — IV. Ci-
vilizadores modernistas. P. E. Zamora. — V. El Concordato en peligro.
P. B. Martinez. — VII. El arbor del paraiso. P. J. Delgado. — VIII. Gustave.
P. G. Blanco. — IX. Derecho. P. P. Rodriguez. — X. Misiones de China. —
XI. Cartas de China. XII. Cronica.
Fraknoi W. Titular-Bischof. Papst Innocenz XI (Benedikt Odescal-
chi) und Ungarns Befreiung von der Tilrkenherrschaft. Aus dem Un-
garischen libersetztvon DR. PETER JEKEL. Freiburg i. Br., Herder, 1902,
8°, VIII-288 p. M. 4,50.
Gennari C. card. Delia nuova disciplina sulla proibizione e sulla
censura de' libri, ovvero la Costituzione « Omciorum » brevemente com-
mentata. 3a ed. con giunte e correzioni. Roma, Cooper, poligr., 1903,
8°, 128 p. L. 1,25. Cfr. presente quad, a pag. 211.
Germain A. L' influence de St-Francois d'Assisesur la civilisation et
les arts (Science et Religion. 216). Paris, Bloud, 1903, 16«, 64 p. Cent. 60.
— L 'art chretien en France des origines au XVI siecle (Science et Re-
ligion. 234). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Gondal I. L. Philosophic de lapriere (Science et Religion. 226). Paris,
Blond, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Helot Ch. L'Hypnose chez les possedes. (Science et Religion. 204,
205). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 64 p. Cent. 60 ciascuno.
Ignatii et Polycarpi epistolae II. Edid. I. VIZZINI (BiU. SS. PP. Se-
ries la, vol. 2). Romae Forzani, 1902, 8°, 268 p.
Laxenaire J. Les Elus dans VEglise et hors de VEglise. (Science et
Religion. 232). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Lemaire R. Mariage civil et divorce, deux elements de ruine sociale.
Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Mention L. Documents relatifs aux rapports du Clerge avec la Royaute
de 1682 a 1705. 8°, VI, 188 p. — idem., de 1705, a 1789 8°, 272 p. (Col-
lection de Textes). Paris, Picard, 1893-1903.
Moscato G. B. Cronaca dei Musulmani in Calabria. S. Lucido,
G. Moscato, 1902, 8°, 114 p.
Moussard. Apologie du Culte catholique. (Science et] Religion. 211).
Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Pisani P. Les missions protestantes a la fin du XIXe siecle. (Science
et Religion. 221). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
PERVENUTE ALLA DIREZIONE 255
Q. S. Florentis Tertulliani adversus Marcionem (Lib. IV) ed. Viz-
ZINI (BiU. SS. PP. Series 3a, vol. 4). Romae, Forzani, 1902, 8°, p. 203-408.
Rubac du Merac H. Premiers principes d'economie so<dale. (Science
et Religion. 206). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Salomon M. H. Taine. (Science et Religion. 210). Paris, Bloud, 1903,
16°, 64 p. Cent. 60.
Saubin A. Symbolisme du culte catholique. (Science et Religion. 212).
Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Schell H. Christus. Das Evangelium und seine weltgeschichtliclie Be-
deutung (Weltgesch. in farakterb.'). -Mainz, Kirchheim, 1902, 8°, 156 p.
Mit Buchschmuck und 90 Abbildungen. M. 4.
Sepet M. Le drame religieux au moyen-dge (Science et Religion. 230).
Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Vacandard E. La Penitence publique dans I' Eglise primitive. Paris,
Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
— La Confession sacramentelle dans V Eglise primitive. 2*nae ed. (Science
et Religion. 223, 224). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Vives J. C. card. Expositio in Orationem Dominicam iuxta Tradi-
tionem Patristicam et Thtologicam cum appendice CXXX exposit. total,
et XLI partialium Romae, typis Artif. a S. losepho, 1903, 8°, 842 p.
Zarbarini G. F. H ill delta Diocleide con introduzione ed appendici.
Spalato, G. Laghi, 1902, 8°, 88 p.
Altre pubblicazioni pervenute: Varieta. — ALGUE J. S. I. Ground tempe-
rature observation at Manila. 1896-1902. Manila, Bureau of Public Printing, 1902,
8°, 16 p. — BALLERINI Gr. Matrimonio e divorzio, a proposito dell'attuale pro-
getto ministeriale^Pavia, Fusi, 1902, 16°, 60 p. Cent. 10. — CATJSER1E DU
DIMANCHE. L'Eglise a-t-elle change ? Paris, Bonne Presse, 8°, 350 p. con
illustrazioni. Fr. 1,55."— FERD1NANDO (P.) DA PESARO O. M. II Divorzio.
Castelplanio, Romagnoli, 1902, 16% 50 p. — HEIGL G. O. S. B. Wort Jesu an Ma-
ria zu Kana : « Quid mihi et tibi est Mulier ? » (loann. II. 4). Nach der Vul-
gata und nach dem griechischen Texte iibersetzt und erlautert (Estr. Studien
u. Mitth. aus dem Benedictiner-und dem Cisterc.-Orden) Briinn, 1901. 8°. 20 p.
ISOLA S. G. Ad Augusto Conti net suo ottantesimo natalizio. Genova, Carlini,
1902, 8°, 10 p. — LAGO GONZALEZ M. El renacimiento de la Escoldstica en
Espana. Discurso. Lugo, Castro, 1902, 8°, 32 p. — NANNINI F. can. H fine
del cherico in tutti i suoi studi. Lucca, Baroni, 1902, 8°, 36 p. — SADERRA
MASO S. I. Report on the seismic and volcanic centers of the philippine Archi-
pelago. Manila, Bureau of Public Printing, 1902, 8°, 26 p. — WORDS AND
THINGS. « The Century » Edinburgh, Clarke, 8°, 94 p. — FORMOSA I. ca-
nonico. Dei libri corali antichi del Duomo di 8. Giovanni di Malta. Osservazioni
e ricerche gia edite nell'« Eco di Nazareth ». Malta, Busuttil, 1902, 8°, 36 p. —
FORNARI G. Suite razioni alimentari distribute nelle cucine economiche di Roma.
Note. Roma, Cuggiani, 1902, 8°, 16 p. — GIOBBIO A., mons. Disposizioni sid-
I'ordinamento delta faimglia. Roma, Pustet, 1903, 24°, 30 p. — Detto. II divorzio
(Estr. Scuola cattolica di Milano). Monza, Artigianelli, 1902, 8°, 72 p. — H. G.
Le Kulturkampf, ou les Evolutions du Protestantisme politique. Paris, Pochy,
1902, 16°, 40 p. — MARGIOTTA Zema L. Quaestiones canonico-liturgicae de se-
pultura ecdesiastica. Regii Julii, Morello, 1902, 8°, 64 p. — MELATA B. mon-
signore. De Cardinali protectore (Ex Bibl. R. E. Analecta ecdesiastica, n. 17).
Romae, apud Editorem, 1902, 8°, 62 p. — SURBLED. Les lobes frontaux du
cerveau (Extr. de la Science Cathol. oct., 1902). Arras, Sueur ChaiTiiey, 8*, 12 p.
Atti della S. Sede e dell'Episcopato. — LETTERA ENCICLICA del SS. S.
N. Leone per D. P. Papa XIII ai Vescovi d' Italia. Roma, Vaticana, 1902,
256 OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
18 p. — FERRARI A., card. Jerusalem. Lettera alia sua diocesi. Milano, S. Giu-
seppe, 1902, 8°, 80 p. — MARAXGONI L., mons. rescovo di Chioggia. Rac-
colta di Pastorali, Omelie ed altri scritti. Chioggia, Chiozzotto, 1902, 8°, 380 p.
L. 4. - AECHIEPISCOPUS ET EPISCOPL Provinciae Eccesiasticae Ge-
nuensis ad Paroclios suarum Dioceseon. Genuae, typis. Archiepiscopalibus, 1902,
8°, 28 p. — LETTERA PASTORALE degli arcivescovi e vescovi della Toscana
al clero e al popolo della loro diocesi. 1902, Pisa, Orsolini-Prosperi, 1902, 8°, 48 p.
Sacra eloquenza. — HEBERT J., O.P. Premieres Verites. Conferences pre-
chees a Saint-Honore D'Eylan. Avent 1901. Paris, Bonne Presse, 16°, XII-
180 p. Fr. 2,60. — TIRINZONI P., sac. Corso di discorsi morali sui Vangeli
delle demeniche di tutto I' anno. Chiavaj[, tip. chiavarese, 1902, 8°, 292 p. L. 3,50..
Letture religiose. — PODESTA F., can. N. f>. del Mirteto in Ortonovo. Ge-
neva, Istituto Sordo-muti, 1902, 16°, 112 p. — II med. II preziosissimo sangue
diN. S. Gesu Cristo in Sarzana. Geneva, id., 1901, 16°, 180 p.
Agiografia e Bio:rafia. — EIJAIST S. O. J. M. El Lirio Entre Espinas. El
Apdstol de Maria Immacidada ven. P. Juan Duns Scoto. Barcelona. Cunilli y
Sala, 1903, 16°, 328 p. — LEDOCHOWSKA M. T. 11 card. Ledochowski. Remi-
niscenze della Direttrice generale del Sodalizio di S. Pietro Claver (Estr. del-
1' « Eco dell' Africa »). Trento, Artigianelli, 1902. 8°, 8 p. — Memorie edificanti
di Suor Maria Benedetta religiosa della Vintazione, nel secolo Giuseppina Ventu-
rini. 1871-1000. Padova, tip. Antoniana, 1902, 16°, 108 p. L. 1.
Memorie. — TURCHETTA F., can. Elogio funebre pronunziato nei solenni
funerali celebrati nella Cattedrale di Pontecorvo il dl 26 nov. 1902 per I'Emo car-
dinale Aloisi-Masella, pro-datario di Sua Santita. Roma, tip. Sociale 1902, 8°,
24 p.
Ascetica. — ANTONI S., sac. La comunioue quotidiana. Roma, Desclee,
1902, 32°, 136 p. — APHORISMI EUCHARISTICI id est piae et sanctae ce-
lebrationis monita ex praecipuis ascetis collecta et illnstrata opera JACOBI
MEULO-HORSTII. Textum recensuit adjectisque precibus ante et post Missam
denuo ed J. A. KREBS C. SS. R. Ratisbona'e. Romae, Pustet, 1902, 16°, XVI-
158 p. Fr. 1,50. Rileg. 2,20. — DE F. V. L'Apostolat pres des malades et des
mourants. Pres des pecheurs, pres des justes. Preface par le R. P. VAN DE BRULE.
Lille, Paris, Desclee, 1903, 24°, 128 p. L. 1,00. - PAOLOJSTI D., sac. II ma-
nuale dei devoti del SS. nome di Gesu. Napoli, D'Auria, 1092, 16°, 112 p. Cen-
tesimi 30.
Letture ricreative. — BELTRAMOLLI L. Anime vaganti. Romanzo. To-
rino, Speirani, 16°, 242 p. L. 1. — CUCINOTTA S. Le vittime. Messina, tip.
S. Giuseppe, 1903,' 24°, VI-72 p. L. 1.
Poesie. — MERCHE S. Viole del mio paese. Versi. Sassari, Satta, 1902,.
16°, 84 p. — ZAMPIERI G., can. Versi Sacri, Terni, tip0 Cooperativa, 1902,
16°. 34 p.
Strenne ed Almanacchi. — ALMANAQUES DE LOS AMIGOS DEL
PAPA. Revista popular de Barcelona. 1903, lib. y tip. Catolica. 8°, 96 p. -
CALENDARIO per Tanno 1903. Ann. XVII, Torino, P. Marietti, 16-, 66 p.
— GALANTUOMO (II). Almanacco per Tanno 1903. Strenna offerta agli as-
sociati alle letture cattoliche illustrate da Q. PIANA. Torino. Lett, catt., 1903,
24°, 160 p. Cent. 25.'— LA COMETA. Almanacco pisano per 1'anno 1903.
, Anno XVI. Pisa, Orsolini-Prosperi, 1902, 16°, 96 pag. — MAJRSA O., parroco.
Strenna del parroco ai suoi parrocchiani. Con illustrazioni di E. CASTELLUCCI,
anno VII. Roma, Pustet, 1903, 24°, 148 p. — STRENNA. Istituto fanciulli
poveri « Gatteo ». Romagna, 1903, N. 1, Gatteo, 24°, 32 p. - AGENDA EC-
CLESIASTICA per I'anno 1903. Roma, Pustet, 16a, L. 1.50. — La Conchiglia
dell' Adriatico. Strenna Anconitana col Calendario pel 1903. Ancona, Pucci, 16°,
160 p. Cent. 50. — STRENNA NAPOLETANA 1903, delle Scuole cattoliche.
Anno X. Napoli, Pierro, 1903, 8°, 56 p. Cent, 40.
GL' ITALIANI
NELLA STATISTICA DEL REGICIDIO
FATTI E NOTE
I.
L'attentato alia vita di Re Leopoldo, commesso nello
scorso novembre, a Bruxelles, dair italiano Rubino ed 11
processo che se ne sta ora facendo, hanno messo di nuovo
in campo il doloroso problema, tante volte discusso, della fre-
quenza della criminalita regicida tra gente di sangue italiano.
Certo, non puo negarsi, noi italiani godiamo all'estero
su questo punto una ben trista fama. Si va dicendo e si
stampa pubblicamente che dei regicidii o perpetrati o tentati
in questo ultimo secolo, dal 1801 a noi, il maggior numero
fu opera feroce di mano italiana. E quest 'opinione, tutt'altro
che onorevole per noi, 6 dall'estero passata in Italia dove
ha messo profonde radici, inducendo nei piu la persuasione
che veramente noi italiani, non solo godiamo il primato nei
reati di sangue in genere, ma siamo inclinati in modo parti-
colare al truce misfatto di attentare alia vita dei Sovrani
e Capi di Stato.
E questa opinione non 6 espressa soltanto da alcuni
scrittori di parte cattolica. Se cosl fosse, i liberal! ben potreb-
bero dire che i pregiudizi religiosi e Vatican eschi li muo-
vono a dir male della loro patria ed a calunniare i loro
fratelli italiani. Mai no. In questo punto sembrano tutti di
accordo, giornali cattolici e liberal!, gente di chiesa e gente
di mondo, amici dell' Italia ufficiale e amici del Vaticano,
scrittori leggeri e pensatori profondi.
Ecco per esempio, come scriveva il Giornale d' Italia-
dopo Tattentato contro Re Leopoldo : « E intanto il destino
ha voluto particolarmente infUggere a noi un dolore, fra i
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1263. 17 27 gennaio 1903.
258 GL' 1TALIANI
piii profondi ed acerbi. Gli assassin! non hanno patria ! Una
bella frase, una verita teorica, astratta forse ! Ma questo
Rubino nacque pure in Italia, parla pure il nostro linguag-
gio, visse pure sotto il nostro cielo!... L'ora di toglierci di
dosso questo odioso primato, dobbiamo noi essere i primi a
dirlo, dobbiamo essere noi quelli che lo diciamo a voce piu
alta, & veramente giunta. » Dunque, a persuasione del Gior-
nale d' Italia, noi italiani abbiamo il primato del regicidio.
E la Tribuna del 17 noveinbre 1902, discorrendo del
medesimo attentato, asserisce dolorosamente, « che si 6 con-
statato che la maggior parte degli anarchici operanti (regi-
cidi) sono italiani, e che su ci6 non vi 6 pur troppo da
contraddire ».
Quest 'Italia dunque, terra della gentilezza, 6 diventata,
a confessione di tutti, un covo di fiere? questi Italiani, nella
civilta, nel bel costume, stati maestri a tutto il mondo, sono
degenerati dunque in un popolo di masnadieri, di sanguinarii?
Ma hanno mai gli accusatori involontarii della patria
nostra studiato a fondo Tatto di accusa? E egli vero che,
nell' ultimo secolo, od anche solo iieir ultimo scorcio di esso,
il maggior numero dei regicidii fu opera di feroce mano
italiana ? No, non 6 vero. E una leggenda, la quale, passando
sfortunatamente di bocca in bocca, & stata assunta alia dignita
di storia incontrastata. Vediamone le prove.
II.
La statistica che qui presentiamo a' lettori 6 stata da noi,
con ogni possibile diligenza, raccolta da vane ed autorevoli
fonti. Ne indicheremo alcune in nota !.
1 Encyclopaedia Britannica, Ninth Edition e New Supplement, Ar-
ticoli storici ; MEYER'S Konversations- Lexicon, 5a ed. Articolo Attentat;
La Gazzetta d' Italia (1881). II Memorial diplomatique. Le Cose italiane
e le Corrispondenze estere della « Civilta Cattolica » dal 1850 a noi, ed
•altri libri, periodic! e giornali. Trattandosi soltanto di regicidii, non si
€ tenuto conto, ne doveva tenersi, de' cosi detti assassini politici di mi-
nistri di Stato, dignitari della Corte, magistrati, soldati ecc.
NELLA STATIST1CA DEL REGICIDIO 259
Statistica dei Regicidii dall'anno 1801 alTanno 1903.
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Stato
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FERDINANDO V.
Ungheria
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LUIGI FILIPPO
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1835
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1846
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REGINA VITTORIA
Inghilterra
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FED. GUGLIELMO IV
Prussia
A.
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FRANCESCO V
DI MODENA
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A.
1848
Rizzati
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PRINCIPE DI PRUSSIA
Prussia
A.
1849
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tedesco
15
FED. GUGLIELMO IV
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A.
1850
Sefeloge
tedesco
16
REGINA ISABELLA
Spagna
A.
1852
Marines
spagnuolo
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NAPOLEONE PRBS.
Francia
A.
1852
congiurati
francesi
18
REGINA VITTORIA
Inghilterra
A.
1852?
un ufficiale
inglese
19
FRANCESCO GIUSEPPE
Austria
A.
1853
Libenyi
ungherese
20
CARLO III DI PARMA
Parma
C.
1854
ignoto
italiano
21
NAPOLKONE III
Francia
A.
1855
Pianori
italiano
22
Tl
n
A.
1855
Bellemare
francese
23
REGINA ISABELLA
Spagna
A.
1856
Fuontes
spagnuolo
24
FERDINANDO II
Napoli
A.
1856
A. Milano
italiano
25
NAPOLEONE III
Francia
A.
1858
Orsini
italiano
26
GUGLIELMO RE
Prussia
A.
1861
Oscar Beckers
tedesco
27
REGINA AMALIA
Grecia
A.
1861
Drosios
greco
28
PRES. LINCOLN
Stati Uniti
c.
1865
Booth
americano
260
GL' ITALIANI
1
I
-«
S5
Sovran!
e Capi di Stato
Stato
-1
e i
fi
*&:
«i
^
1 2
03
O
Antore
Nazionalita
29
ALESSANDKO II
Russia
A.
1866
Karakosoff
russo
30
51
;?
A.
1867
Berezewdki
polacco-
russo
31
MlCHELE
Serbia
c.
1868
Radavanavich
slavo
32
33
VICERE D'EGITTO
NAPOLEONE HI
Egitto
Francia
A.
A.
18&9
18^
congiurati
egiziano
francesi
34
REGINA VITTORIA
Inghilterra
A.
1872
0' Connor
irlandeae
35
RE AMEDEO
DI SAVCIA
Spagna
A.
1872
Pastor y
Fernandez
spagnuolo
36
PRES. BALTA
Peru
C.
1872
insorti peruv.
peruviani
37
LOR MAYO, VICERE
India -
C.
1872
indiano
indiano
38
PRES. BOLIVIA
Bolivia
c.
1872
la Faye
boliviano
39
PRES. GARCIA MORENO
Equatore
c.
1875
insorti equal.
equatoriani
40
ABDUL-AZIS SULTANO
Turchia
c.
1876
musulmani
turchi
41
PRES. GILL
Paraguay
c.
1877
insorti
indigeni
42
GUGLIELMO I
Germania
A.
1878
Hodel
tedesco
43
»
„
A.
1878
Nobiling
tedesco
44
ALFONSO XII
Spagua
A.
1878
Oliva y
Moncasi
spagnuolo
45
UMBERTO
Italia
A.
1878
Passanante
italiano
46
ALESSANDRO II
Russia
A.
1879
Solowieft
russo
47
MILANO
Serbia
A.
1879
—
serbo
48
ALESSANDRO II
Russia
A.
1879
nichilisti
russi
49
RE E REG. DI SPAGNA
Spagna
A.
1879
Otero
spagnuolo
50
ALESSANDRO II
Russia
A.
1880
nichilisti
russi
51
n
n
C.
1881
T
russi
52
PRES. GARFIELD
Stati Uniti
C.
1881
Guiteau
illinoiese
orig- franc-
53
FRANC. GIUSEPPE
Austria
A.
1882
Oberdank
austriaco
54
REGINA VITTORIA
Inghilterra
A.
1882
Maclean
scozzese
55
ALESSANDRO III
Russia
A.
1888
nichilisti
russi
NELLA STATISTICA DEL REGICIDIO
261
1
Sovrani
e Gapi <li Stato
Stato
Regicidio
Attcntato o Consiinmto |
efl
H
Antore
Nazionalita
56
GuGLIEf.MO I
Prussia
A.
1893
—
tedesco
57
PRES. CARNOT
Francia
C.
1894
Caserio
italiano
58
REGINA
Core a
C.
1895
—
coreani
59
NASSR-ED-DIN
Persia
C.
1896
Mollah Reza
persiano
GO
PRES. FAURE
Francia
A.
1896
Fran9ois
fraucese
61
UMBER TO
Italia
A.
1897
Acciarito
italiano
62
PRES. FAURE
Francia
A.
1897
Gallet (?) francese
63
ELISABETTA
Austria
C.
1898
Luccheni italiano
64
GIORGIO I
Grecia
A.
1898
Carditzi greco
65
PRES. MORAES BARROS
Brasile
A.
1898
Bispo de Mello brasiliano
66
MlLANO
Serbia
A.
1899
Knezevich serbo
67
PRINCIPE DI GAJ.LES
Inghilterra
A.
1900
SiPido fJH^w.
68
UMBERTO
Italia
C.
1900
Bresci
italiano
69
MuZAFFER-ED-DiN
Persia
A.
1900
Salson
francese
70
GUGLIELMO II
Germania
A.
1900
Schnapka
tedesca
d'orig. polaeca
71
PRES. ALFARO
Equatore
A.
1900
—
equatoriano
72
PRES. MAC KINLEY
Stati Uniti
C.
1901
Crolgosz
polacco
73
LEOPOLDO II
Belgio
A.
1902
Rubino
italiano
III.
Tal 6 la statistica. Studiamola ora brevemente sotto tutti
i suoi rispetti, e vediamo se Taccusa mossa contro F Italia
trovi in essa il suo fondamento ; se regga ad un esame se-
rio, spassionato, scientifico.
Abbiamo dunque, per gli anni 1801-1903 un totale di
settantatre regicidii, de' quali diciotto furono consurnati e
•cinquantacinque solamente attentati.
262 GL' 1TALIANI
Ora de; consumati quattro soltanto si debbono a sicarii
italiani : quello del re Umberto dal Bresci, della imperatrice
Elisabetta dal Luccheni, del presidente Carnot dal Caserio,
e del duca cli Parma da uno rimasto sconosciuto, ma che
si suppone essere stato italiano. Gli altri quattordid regi-
cidii furono tutti consumati da assassini di altre nazionalita,
Parimente de' dnquantadnque regicidii attentati, sette
soltanto vanno messi a carico di italiani ; mentre i francesi
ne contano dodici, i tedeschi died, i russi sei, gli spagnuoli
cinque e cosl di seguito. E si noti, che non poehi di questi
attentati furono opera non di un solo, ma di parecchi con-
giurati insieme.
Non meno categorica e la statistica in cio che riguarda
i semplici attentati contro la vita dei proprii sovrani. Essa
ricorda che quattro appena furono, in tutto un secolo, sif-
fatti attentati perpetrati da italiani, quelli cioe del Bizzati
contro il Duca di Modena, di A. Milano contro Ferdinando II
di Napoli, del Passanante e dell'Acciarito contro Umberto I
d' Italia. Allo stesso tempo pero essa ricorda, che vi furono
ben undid simili attentati compiuti da francesi contro i loro
reggitori, otto da tedeschi contro i re di Prussia e gl'imperatori
di Germania, dnque quelli di sudditi inglesi contro la loro re-
gina Vittoria, dnque quelli di sudditi russi contro il loro Czarr
ire di austro-ungarici contro il loro irnperatore e re, ecc.
Ne, stando alia statistica, pu6 dirsi che Tattentare alia
vita di sovrani e capi di Sfcato esteri sia quasi uria priva-
tiva degi italiani. La statistica, 6 vero, ricorda che, in 102
anni, si son trovati tre sciagurati italiani, i quali hanno cio
osato ; il Pianori e TOrsini contro Napoleone III e il Rubino
contro Leopoldo II. Essa ricorda pure, che furono italiani
i due assassini del presidente Carnot e deir imperatrice Eli-
sabetta. Ma la medesima statistica registra altresi i nomi
del tedesco Stapss, del francese Salson, del belga (d'origine
spagnuolo) Sipido, i quail attentarono alia vita di Napoleone I,
dello Shah di Persia e del Principe di Galles ; essa registra
pure col marchio d'infamia i nomi d'un Guiteau d'origine
NELLA STAT1STICA DEL REGICIDIO 263
francese e di un Crolgosz polacco, vili assassin! de' presi-
dent! Gar field e Mac Kinley degli Stati Uniti.
IV.
Da tutto cio appare chiaro, che la pessiina pianta del
regicidio non & indigena dell' Italia ; ma alligna da per tutto.
Non v'ha infatti paese che non ne sia stato o non ne sia
piii o meno funestato. La Russia, per 1'opera de' suoi nu-
merosi nichilisti, per tanti anni congiurati insieme contro
la vita del loro Czar, e quella che forse piu di ogni altro
Stato ne ha provato i perniciosi eftetti. Vengono poi la Fran-
cia, i paesi di lingua tedesca, la Germania e TAustria-Unghe-
ria, 1' Italia, la Spagna, T Inghilterra, 1' Irlanda, la Scozia,
la Serbia, il Belgio, la Grecia, 1' India, la Persia, Li Corea,
V Egitto, la Turchia, le due Americhe del Nord e del Sud.
Ne cio deve recar meraviglia ; poich6 la micidiale pianta
trae principio ed origine da un seme che non e proprio di
questo o quel paese, di questo o quel tempo ; ma 6 comune
a tutti i paesi ed a tutti i tempi. Tal e stata sempre ed e
la perversione morale deiruomo, il quale abusando della
propria liberta, accecato dalle sue passioni, sdegrioso d'ogni
freno, con empio ardimento si ribella a Dio, alia natura,
alia societa e ne calpesta tutte ie leggi. L'autorita potra
venirgli in aiuto, spingendolo co' suoi divieti e con le sue
sanzioni ad agire rettamente secondo ragione ; ma non po-
tra mai necessitarlo, n6 impedire del tutto ch'egli abusi
delle sue facolta e rechi nocumento a se o ad altri.
Che se, nel secolo test& decorso, la nefasta pianta ha piii
fortemente attecchito in Italia e in altri paesi della civile
Europa, cio trova Tovvia sua spiegazione nelle propizie con-
dizioni del terreno in cui si 6 svolta. Oramai non pure T indi-
viduo, ma lo Stato e, per opera delle sette spadroneggianti,
moralmente pervertito. Esso si 6 dichiarato laico ; si e quindi
costituito e vuole reggersi senza verun riguardo a Dio ed
aH'ordine da lui prestabilito. Cio ch'esso vuole e cerca e la
264 GL' ITALIANI
rovina degli ordini cristiani, la ricostituzione della society
sulle basi del naturalismo pagano. In queste circostanze,,
quando cio6 gli Stati laicizzati permettono tra le moltitudini
la diffusione delle massime piu immorali e piu empie; tol-
lerano, se non anche promuovono, il pubblico trionfo del
vizio; escludono dalle scuole Tistruzione religiosa; lasciano
bandire dalle cattedre Tateismo ed il inaterialismo ; procla-
mano che 1'autorita pubblica non riceve da Dio n6 il prin-
eipio, n6 la maesta, 116 la forza di comandare ; in queste
circostanze, diciamo, non deve recar punto meraviglia che
si moltiplichino, in Europa e segnatamente nella nostra Italia,
i delitti di regicidio. Sarebbe veramente da meravigliare se
fosse altrimenti.
V.
Una terribile confer ma di tutto cio ed un'altra utilissima,
lezione ci fornisce 1'anzidata statistica, se si compari il nu-
mero de' regicidii attentati o compiuti durante la prima rnet&
del secolo scorso (1801-1850) con quello durante il resto del
tempo fino a noi (1850-1902).
Nel primo periodo si contano appena quindici regicidii,
nel secondo questo numero si 6 presso che quadruplicate, con-
tandosene cinquantotto . Mentre nel primo periodo si ebbe a
deplorare un caso solo di regicidio consuniato nella persona
dello Czar di Russia, nel secondo se ne deplorano non meno
di diciassette consumati nelle persone de' sovrani e capi di
Stato della stessa Russia, della Francia, deir Austria, del-
T Italia, degli Stati Uniti ecc.
E anche degno di nota il fatto, che tale spaventoso in-
cremento e tutto proprio degli ultimi anni di questo secondo
periodo e ya parallelo all1 incremento, ne' varii Stati, della
propaganda delle idee sov^ersive sopra accennate.
Infatti, ne' soli trent'anni scorsi dal 1872, i regicidii ri-
cordati dalla Statistica raggiungono la relativamente enorme
cifra di quaranta, dei quali ben tredici furono i consumati.
NELLA STATISTICS DEL REGICIDIO 265
VI.
Ne questo e tutto. La storia contemporanea, non solo re-
gistra queste cifre, ma ci rivela altresi la differenza che
passa tra il carattere, per cosi dire, de' regicidii de' tempi
anteriori al nostro, e de' regicidii moderni. Quelli, se ben
si guarda, si commettevano, non tanto per odio al principio
monarchico o all'autorita considerata in se stessa, quanto
per altre ragioni speciali, che concernevano la politica o la
persona, e ben potrebbero designarsi col nome di regicidii
politic! e personal!. Lo stesso Orsini, e. g., si attento di uc-
-cidere Napoleone III, non perche imperatore, ma perche non
•aveva attenute le promesse giurate nella setta de' Carbonari
in pro dell' Italia.
De' regicidii odierni non e cosi. Questi colpiscono i so-
Trani e Capi di Stato, unicamente perch6 tali. II principio
stesso della suprema autorita, ovunque ella si trovi, nell' im-
pero, nella monarchia, nella repubblica, e quello che si odia.
Essi dunque sono regicidii puramente e veramente anarchici.
II Passanante e il Bresci, nelle loro deposizioni, si protesta-
rono espressamente che alia persona di Umberto come tale
non portavano alcun odio; ma 1'autorita regia era quella che
in lui abborrivano. La medesima cosa dichiararono i tedeschi
Hodel e Nobiling a riguardo dell' imperatore Guglielmo, e il
polacco Crolgosz a riguardo del presidente Mac Kinley.
L'anarchia non si propone che tin effetto solo, quello di
sbarazzarsi col terrore del rappresentante del supremo po-
tere. A lei nulla importa che questi sia Tautocrate che su
tutto e su tutti impera, o il re costituzionale che regna ma
non governa, o il presidente della repubblica che mantiene
e promuove le istituzioni democratiche, o la povera donna,
peregrinante sola pel mondo nella speranza di dar tregua
al suo dolore per la trista morte deH'unico suo figlio, erede
al trono. Queste differenze all'anarchia non importano punto.
Essa mira nelio stesso modo a colpire lo czar di Russia, il
266 GLJ 1TALIANI
re d' Italia, il presidente degii Stati Uniti e Timperatrice
d'Austria-Ungheria, perch6 stoltamente immagina che, riu-
scendo a colpirli, essa ottenga il suo fine : quello di disfo-
gare il suo odio contro Fautorita imperante e di diffondere
ne' Capi di Stato lo spavento per la miiiaccia della folia, di
quella folia, che la stessa Tribuna, chiama « tetra, affan-
nata, perseguitata, che, nella sua ira immensa, farnetica
oggi la distruzione universale » *.
Questo 6 purtroppo il terribile stato di cose e di animi al
quale si e giunto, non solo in Italia, ma anche altrove, e
quel che 6 peggio, vi si e giunto, dove conniventi e dove-
complici gli stessi principi e governanti !
VII.
L'asserzione pertanto, che in Italia allignano e vigoreg-
giano, come in terreno proprio, le congreghe anarchiche^
vere fucine d' intellettualmente e moralmente pervertiti,,
presa nel suo senso ovvio, 6 del tutto falsa. Quelle congre-
ghe allignano e vigoreggiano anche eel ugualmente in ter-
reno non italiano, coni'& quello della Russia, della Germa-
nia, della Francia, del Belgio ; allignano anzi e vigoreggiano
in alcuni paesi esteri piu e meglio che non facciano in Italia.
Su questo punto non cade dubbio di sorta alcuna, risapen-
dosi oramai da tutti, che quegli sciagurati e degeneri figli
d'ltalia, i quali, negli ultimi anni, si resero rei di un tanto
delitto, compirono la loro educazione anarchica sotto altri
cieli. II Rubin o frequento le scuole anarchiche di Londra, il
Bresci quelle di Patterson negli Stati Uniti, il Luccheni ed
il Caserio quelle celeberrime della Svizzera. Nelle conventi-
cole, tenute in questi paesi esteri, si ordirono le trame, si
designarono le vittime, si scelsero gli esecutori. Da' medesimi
covi, col]pugnale appuntato o con la rivoltella carica da
mano straniera, presero direttamente le mosse il Rubino per
Bruxelles, il Bresci per Monza, il Luccheni per Ginevra e il
1 Nel rmmeroTdel 17 nov. 1902.
NELLA STATISTICA DEL REGICIDIO 267
Caserio per Lione, tutti esecutori ciechi e forsennati de' de-
creti di morte, pronunziati dalla infame setta internazionale,
contro Leopoldo II del Belgio, Umberto I d'ltalia, Elisabetta
d' Austria, Sadi Carnot di Francia.
Stando cosi le cose, e quando si considera die, dalla data
•del primo attentato contro il Re d'ltalia (1879) sino a7 giorni
nostri, sopra un numero totale di 29 regicidii, non si deplo-
rarono tra gl' italiani se non i quattro regicidi anarchic!
pur ora accennati, educati all'estero, ed un solo tutto nostro,
1'Acciarito di professione affumato l, stando cosi le cose,
•diciamo, si par manifesto, che la grave accusa mossa contro
gl' italiani, manca d'ogni solido fondamento storico e giuridico.
VIII.
Con questo pero non vogliamo affatto assolvere 1' Italia
ufficiale, quella de' governanti, clall'obbrobrio che giusta-
mente le spetta per la parte da essa avuta ne' regicidii con-
sumati o attentati da italiani. Essa e, senza dubbio, tenuta
a dire il mea culpo, ed anche il mea maxima culpa. Profes-
«ando e predicando il laicisrno dello Stato, essa ha private
la dignita del principe del suo prisco splendor e e della sua
prisca stabilita ; Tha privata di quel carattere sacro che la
rendeva veneranda negli occhi della moltitudina. Inoltre con
Taperta, violenta e costante violazione de' diritti della Chiesa
e del Papato, essa ha indotta nel volgo la falsa persuasione,
che nessun diritto e intangibile ; poiche se il diritto piii an-
tico, piu sacro, sorretto da tutti i titoli, su cui puo fondarsi
un diritto, fu potuto impunemente sacrificare all'idolo della
rivoluzione; non si vede perche la rivoluzione, nel suo pro-
gredire, non possa esigere, anche con la violenza, il sacri-
fizio di altri diritti, sostenuti da men solido fondamento ed
assistiti da men sante difese.
* Cosi negli Atti del suo processo. Cf. il nostro quad, del 15 mag-
gio 1897, pag. 488.
268 GL' ITALIANI
Senza dubbio, durante gli anni del cosl detto « Risorgi-
mento » , si 6 fatto un vuoto nelle menti e nelle coscienze de-
gl'italiani, e un vuoto grande. Le menti di parecchi sono
spogliate delle grandi idee di Dio, della vita avvenire, della
nobilta delTanima umana, de' precetti del decalogo, della
fratellanza cristiana. Ma a chi deve imputarsi un si deplo-
rabile effetto, cagione precipua della anarchia moderna?
Senza dubbio all' Italia ufficiale, la quale ha permesso tra
le moltitudini la diffusione delle massime piii empie ed im-
morali, merc6 la sfrenata licenza di una stampa corrotta e
corrompitrice ; ha tollerato, se non anche permesso, che si
insultasse a Dio, alia Chiesa, al Papa, alia fede cattolica ; ha.
esclusa dalle scuole secondarie e superior! Tistruzione reli-
giosa, lasciando anzi bandire dalle cattedre la negazione di
Dio e il culto della materia.
Senonch6 poco sarebbe la colpa di complice, meritata dal-
T Italia ufficiale nel pervertimento morale a cui ha condotto
il popolo. Ess a fu complice anche piii diretta colla glorifica-
zione, che fece, non pure delFassassinio politico in genere,.
ma proprio del regicidio, di cui solo qui parliamo. E noto,.
per esempio, che, in questa Roma, sotto gli occhi stessi del
Governo, si festeggia ogni anno la memoria deiraustriaco-
Guglielmo Oberdauk, che tento uccidere Timperatore Fran-
cesco Giuseppe, e che in onore del regicida fu eretta ed
esiste tuttora una lapide commemorativa air Universita ro-
mana. E parimente noto, che altri regicidi in Italia sono
stati fatti passare per eroi degni di monumenti e di pre-
mio, come Felice Orsini ed Agesilao Milano, alia cui ma-
dre e sorella il Governo d' Italia assegno una pensione ed
una dote i.
1 II generate Garibaldi, appena impossessatosi di Napoli, e gover-
nandola in qualita di Dittatore a nome del Re Vittorio Emmanuele, pub-
blico, il 250feUembre isfc, il seguente decreto : « II dittatore dell' Italia,
meridionale, Considerando sacra al paese la memoria di Agesilao Mi-
lano, che con eroismo senza pari s'immolo sull'altare della patria per
liberarla dal tiraano che 1'opprimeva, decreta: Art. 1. 1C accordata una
NELLA STATISTICA DEL REGICIDIO 269
Ora e cosa tutta naturale die questa autorevole apologia
ed apoteosi del regicidio dovesse e debba ancora influire po-
tentemente ad esaltare la truce immaginazione de' nostri anar-
chic! militanti. Se gli attentati deH'Orsini, dell'Oberdank,
d'Agesilao Milano sono loro proposti, connivente e consen-
ziente lo stesso Governo, come atti di eroismo e di sublime
amore di Patria, qual meravigiia che nella mente gia cor-
rotta deiranarchico ribollisca 1'idea di aspirare ad una gloria
consimile ?
IX.
Ci si stringe il cuore in ragionare cosi, e tanto piii in quanto
che ci tornano a mente le accuse lanciate contro la Chiesa,
contro i cattolici, contro noi, quasi fossimo i nemici della
patria, perche francamente condannammo sempre ogni vio-
lazione di diritto, ogni usurpazione della forza, ogni ribel-
lione al principio d'autorita, e presagimmo, cosa del resto fa-
cile a chi non ha rinnegato il buon senso italiano, il tristis-
simo abisso verso il quale si andava a rovinare. Ma ancor
piii ci accora il fatto, che coloro, i quali dovrebbero e potreb-
bero apprestare i rimedii del male soverchiante, pur di non
appigliarsi ai veri, si ostinano a lasciarlo crescere e dila-
gare, contentandosi, per salvare le apparenze, di alte parole,
di sterili conferenze, di leggi inefficaci, che riescono ai fatti
vane panacee, se non pur anco,fomenti del morbo. No: come
un contadino italiano, un operaio nostro, se sia credente e
praticante della sua religione, mai, per quanto abbia a mo-
pensione di ducati trenta al mese a Maddalena Russo, madre del Mi-
lano, vita durante a contare dal 1° ottobre prossimo. Art. 2. E accor-
data una dote di duemila ducati per ciascuna delle due sorelle del Mi-
lano. Questa somma sara investita in fondi pubblici a titolo di dote ina-
lienabile e consegnata alle sorelle nel corso del prossimo ottobre. Art. 3.
II Ministro delle Finanze (Antonio Scialoia] e incaricato dell'esecuzione
del presente decreto. Firmato: GARIBALDI. »
270 GL' ITALIANl NELLA STATISTICA DEL REGICIDIO
rire di fame, non s'armera la mano di pugnale contro il suo
padrone e il suo sovrano ; cosi ogni contadino, ogni operaio,
ogni cittadino d' Italia, cresciuto in un ambieute irreligioso,
educato allo sprezzo di Dio e all'odio della Chiesa, nudrito
di miscredenza e di scetticismo, quando la miseria o Tesal-
tazione di sognate rivendicazioni Tagiteranno, non avra piii
salvaguardia nessuna dalla vertigine delPanarchia : troppo
stretto e il nesso fra la disobbidienza a Dio e la disobbe-
dienza agli uomini.
II motto N& Dio, ne Padrone comprende in teoria la sin-
tesi dell'anarchia operante. Ma non e motto inventato dagli
anarchici : lo hanno imparato da' maestri e dalla scuola laica
del moderno liberalismo europeo l ; con questo solo di giunta,
che ne fanno un'applicazione piii larga ed anche piu logica
che nor la scuola laica liberale, oggi imperante in Italia e
al trove.
1 Si vegga 1'art. Liberalismo ed Anarchia nel nostro quad, del
20 genn. 1894.
I SINDACATI INDUSTRIALI
I.
II New York American and Journal pubblicava il 14 di-
cembre dell ' anno scorso im supplement*) che aveva per titolo
« Problem! odierni ». A richiesta dell 'editors del grande gior-
nale, uomini eminent! di ogni nazione vi esposero un pro-
blema dalla cui soluzione ognun di loro faceva dipendere,
almeno in parte, la felicita della famiglia umana nel secolo XX.
Naturalmente, fra i problem! ora piii in voga, comparivano
in prima linea i trusts o sindacati industrial!.
« La questione dei sindacati, scriveva in quel supplemento
il senatore americano Enrico Cabot Lodge, e importantissima,
ed insieme assai difficile. E inutile cercare di lasciarla da
parte. E molto meglio andarie incontro, discuterla piena-
mente e procurare d* arrivare ad una ragionevole solu-
zione. La maggior parte dei sindacati industriali degli Stati
Uniti, non sono solamente utili, ma affatto indispensabili al
nostro commercio. I pdu sono piccoli, e moltissimi non escono
dallo Stato dove nacquero. II popolo non fa difficolt& alia
maggior parte di questi sindacati. Solo i piti grand! e i for-
mat! di recente hanno eccitato le ire popolari e domandano
una legislazione speciale. Questi sindacati colossali sono una
conseguenza naturale dello sviluppo delle forze economiche
moderne e non si potrebbero distruggere senza cagionare nel
mondo commerciale e industriale una rovina senza esempio.
Ma e anche vero pero che, se queste grandi corporazioni,
nuove, ardite, potenti, offrono vantaggi indubitati, minac-
1 Continuazione. Vedi i quaderni 1256 p. 129 e segg., 1258 p. 391
e segg., 1260 p. 672 e segg., 1261 p. 25 e segg.
272 I SINDACATI
ciano pure pericoli serii alia societa e possono essere ca-
gione di gravi danni. Deve quindi lo Stato prenderli sotto
la sua tutela e promulgare leggi che ne regolino Tattivita
e ne invigilino Tandamento. »
Ecco dunque il verdetto comune de' piu insigni econo-
mist! a proposito del sindacati industrial!: ess! in s6 sono
buoni: devono la loro nascita e il loro sviluppo alia evolu-
zione economica moderna, e pero, come non e possibile im-
pedirne 1'esistenza e I'accrescimento, cosi tornerebbe assai
dannoso alia societa ove fossero da una legislazione contraria
condannati a perire. Cio non toglie pero che lo Stato non
possa, anzi non debba, con apposite leggi invigilarli e far
si che da buoni ed utili alia societa non si mutino in istru-
mehti di tirannide e di oppressione. In questo concetto con-
vengono tutti gli uomini di senno, cui non fa velo cieca
ira di parte politica, dal Presidente degli Stati Uniti, si-
gnor Roosevelt, che 1'ha dichiarato cento volte ne7 suoi discorsi,
air ultimo economista di Europa o di America.
Cosi per es. parlava a Pittsburg il 4 luglio dell' anno scorso,
nella ricorrenza annuale del giorno dell' indipendenza ame-
ricana, il sullodato Presidente degli Stati Uniti. « Grandi e
difficili sono i problem! cagionati dall'accrescimento e con-
centrazione di grand! ricchezze appartenenti ad individui ed
a sindacati. Finche cotali enormi ricchezze sono usate a do-
vere, tornano in bene della patria comune, nia quando nel-
Tuso si scostano dalla rettitudine, diventano un serio pericolo
ed una minacci i all' or dine pubblico. »
fc I mezzi dei quali dobbiamo far uso per sciogliere i nuovi
problem! economici, non devono necessariamente essere nuovi.
Devono, al presente come pel passato, essere d'accordo colle
leggi immutabili deU'ordine, del diritto e della giustizia. E
mia ferma credenza che no! abbiamo bisogno di nuove leggi,
non gia concepite in ispirito radicale o rivoluzionario, ma
dettate dal senso comune, dall'onesta e da un vero desiderio
di occorrere a! futuri mali. Si, abbiamo bisogno di una legis-
lazione tutta speciale sui sindacati industrial!, ma e neces-
INDUSTRIAL! 273
sario soprattutto un Governo onesto e imperterrito che ammi-
nistri colla massima integrita le leggi della Costituzione>
leggi che non furono fatte piii pel ricco che pel povero, ma
nell' interesse della giustizia, amministrata a tutti ugual-
mente. »
L'opinione del Roosevelt e del Cabot Lodge sopra i sin-
dacati e, come dicemmo, Topinione di quasi tutti gli econo-
mist! moderni. Fin qui dunque siamo d'accordo. Ma quando
si passa a cercare il modo col quale lo Stato potrebbe eserci-
tare sopra i grandi sindacati la sua azione moderatrice, i pa-
reri si dividono ed il problema diventa pressoche insolubile.
Per ragione di maggior chiarezza daremo prima un breve
ceilno della legislazione ora vigente in Europa e negli Stati
Uniti rispetto ai sindacati, legislazione a detta di tutti im-
perfetta ed inefficace, per indi prendere ad esame le nuove
soluzioni del difficile problema.
II.
Tutti o quasi tutti i codici civili e penali della colta Eu-
ropa furono fatti o rimaneggiati dopo la grande rivoluzione
francese e si risentoao necessariamente del suo spirito. Allora
imperava assoluta nei piii degli Stati la teoria della libera
ed illimitata concorrenza commerciale, la quale venne percio
difesa da apposite leggi contro coloro che fossero per insi-
diarla. Ma nessuna forma di commercio si presentava alia
mente del legislatore piu opposta alia libera concorrenza quanto
il monopolio o quelle associazioni privilegiate che mostrassero
tendenze monopolistiche. Di qui in molti codici di Europa
leggi che puniscono il monopolio ovvero tendono ad impedire
lo sviluppo e il rassodamento di qualsiasi unione professio-
nale di produttori in grande, di venditori al minuto ovvero
anche di operai fra di loro. Cosi la Francia col suo articolo
419 del codice penale punisce coloro che « mediante unione
o accordo di qualsiasi genere fra i principal! produttori di
Una data merce o derrata, a fine di non venderla, o di non
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1263. 18 27 g&nnaio 1903.
274 I SINDACATI
venderla che ad un prezzo determinato... avranno operato
l?aumento o la diminu/ione del prezzo delle derrate o delle
merci... al di sopra o al di sotto del prezzi che sarebbero stati
determinati dalla naturale e libera concorrenza del commer-
cio ». La pena 6 la prigionia almeno di un mese, al piu di
un anno, e una multa da 500 a 10000 franchi. Vero e tut-
tavia che i tribunal! francesi, cedendo agl'impulsi ed ai bi-
sogni economic! del nostro tempo, fanno un uso assai discreta
deirarme che la legge nell'articolo sopra citato pone lora
in mano, e rarissime sono le azioni penali *.
L' Austria aveva gia nel proprio codice penale una norma
giuridica chiara e ben defmita rispetto ai sindacati indu-
striali. II paragrafo 479 diceva: « Le unioni d' industrial!,
di fabbricanti, d' imprenditori per ottenere un mutamento
nelle condizioni del lavoro o del salario, o per elevare il
prezzo d'una merce o d'un lavoro a pregiudizio del pubblico,
0 per farlo abbassare a loro proprio vantaggio, o per provo-
care la carestia, saranno punite a titolo di delitti. » Queste
disposizioni furono abolite colla legge del 7 aprile 1870,
stesa sul modello della legge francese del 25 maggio 1864 e
della legge belga del 31 maggio 1860. Tuttavia nel paragrafo
quarto di questa nuova legge austriaca viene proclamato il
principio affatto speciale, che le prescrizioni risguardanti le
leghe dei lavoranti devono applicarsi alle unioni degl? indu-
striali, stipulate allo scopo di fare aumentare il prezzo di una
merce a danno del pubblico. In virtu di questo paragrafo
tutti i sindacati industrial! cadono sotto il colpo della legge
austriaca sulle leghe commercial! ; non solo ad essi 6 rifiutato
il diritto di presentare una domanda civile, ma devono es-
sere trattati come se punto non esistessero. Quindi nulla &
Tobbligazione dei membri del sindacato fra di loro e verso
1 direttori ; nulla la promessa di premii o di parte degli utili
per gli azionisti ; nulla Tazione legale di quest! ultimi contro
gli amministratori del sindacato ; in una parola, la legge au-
1 Prof. E. COSSA, / sindacati industrially pag. 109.
INDUSTRIAL! 275
striaca non solo non riconosce giuridicamente i sindacati, ma
mettendoli tutti in un fascio con quelle societa monopolistiche
che sono organizzate a danno del consumatori, li colpisce
colle stesse pene1. Un'altra legge speciale fu pubblicata nel
1899 neir impero degli Absburgo contro i sindacati del ferro ;
ma questa come 1'altra sopra ricordata in realta non fu mai
applicata 2.
In Italia non abbiamo leggi penali e civili che risguardino
direttamente i sindacati, e quegli articoli dei nostri due co-
dici che potrebbero in qualche modo applicarsi ai sindacati
mirano al solo caso di leghe d' imprenditori che operino se-
gretamente e facciano uso di mezzi illeciti per far rialzare
1 prezzi delle merci. E questo vale anche pel codice prus-
siano, per il belga, per 1'olandese e per Tungherese.
La Russia cogli articoli 913 e 1180 del suo codice penale
punisce le convenzioni di conamercianti e d' industrial! che
tendono ad elevare il prezzo delle derrate o di altri oggetti
di prima necessita; ma, anche cola questa legge 6 di rara
-applicazione. Solo nel 1899-1900, avendo i sindacati r us si del
carbon fossile alzati arbitrariamente e di troppo i prezzi del
combustibile, ebbero ordine dal Governo, sotto gravissime
pene, di subito abbassarli e di non crescerli al di la di una
certa tariffa, e di piu, diciassette dei principal! commercianti
furono post! sotto la vigilanza della polizia. Questo provvedi-
mento tuttavia non fu che temporaneo e non fece dare alia
questione dei sindacati un solo passo verso la sua naturale
soluzione 3.
Quanto airinghilterra, Tantica legge comune, la common
laioy non riconosceva legalmente le operazioni e le combi-
nazioni commerciali ; abborriva i monopolii e gli accord! sti-
pulati allo scopo di dominare il mercato ; proibiva ogni arte
che restringesse artificialmente la produzione e la vendita
1 Cfr. COSSA, 1. c. pag. 112 e seg.
2 MACROSTY W , Trust and the State, pag. 282.
1 MACROSTY, Ibidem pag. 283.
276 I SINDACATI
delle mercanzie di prima necessita ; vietava poi severamente
di rialzare i prezzi oltre il corso naturale del mercato. Tut-
tavia anche Is legge comune inglese subi nel 1844 un grande
mutamento. Sotto T influsso delle idee liberiste furono abolite
le vecchie rentrizioni della common law, le union! degli im-
prenditori a scopi commercial! furono permesse, protette e di-
fese, e quind'innanzi cbbero nel paese uno stato legale. Tut-
tavia, questo sviluppo in senso liberista della common law
inglese non passo Toceano e non giunse negli Stati Uniti. Sepa-
randosi quest! dalla madre patria, portarono con se le antiche
leggi deiringhilterra, fra le altre Fantica common law che nel
piu de' suoi punt! ritennero immutata fino al presente. Quindi
negli Stati Unit! le vecchie restrizioni ingles! contro le union!
degF imprenditori e degli operai; quindi i comment! alia
common law dichiaranti criminale ogni tentative fatto alia
scopo di rialzare il prezzo delle mere! ; quindi le risoluzioni
legal! di molti Stati delFUnione che professano doversi ap-
plicare le regole della common law inglese ai trusts in ge-
nerale, quantunque le restrizioni della common law risguar-
dino solo e direttamente le derrate e le mere! di prima ne-
cessita e 1'aumento indebito del loro prezzo da parte degli
incettatori, cose tutte assai lontane da! sindacati onesti, de-
bitamente istituiti, e bene amministrati.
A dispetto tuttavia della common law inglese, interpretata
rigidamente e ancora piii rigorosamente applicata in certi
Stati della grande Repubblica nordamericana, non solo i trusts
non furono distrutti, ma si moltiplicarono col& ogni di piu,
finche 1'opinione pubblica? commossa profondamente contro
alcuni di loro, domando ed ottenne una legge federale ed una
legislazione particolare di molti Stati contro tutti i sin-
dacati *. La prima legge federale che almeno indirettamente
riguarda i sindacati 6 quella del 4 febbraio 1887, che va
sotto il nome di Interstate Commerce Act; ne seguirono altre
1 Cfr. Cos8A, 1. c. pag. 116, 139, 142; MACROSTY W., Ibid. pag. 284
seg. etc.
INDUSTRIAL! 277
particolari da parte di piu di venti Stati dal 1888 al 1891,
alle quali parve mettere 1' ultima mano la legge federale del
2 luglio 1890 che prendevadi mira direttamente i trusts. La
legge fu emanata per proteggere il commercio contro restri-
zioni o monopolii illegal!. Essa provvede che « ogni contratto,
combinazione o sindacato in forma di trust per restringere il
commercio fra gli Stati o con nazioni forestiere sia dichiarato
illegale. Ogni persona che monopolizzi o tenti monopolizzare
o combinare o cospirare con un'altra persona o piu persone
per monopolizzare una parte del commercio fra gli Stati a
con nazioni forestiere deve essere ritenuta colpevole di mi-
sfatto (misdemeanour), e deve essere punita con una multa
(fine), non eccedente 5000 dollari, o con prigione non ecce-
dente un anno, o con ambedue le pene a giudizio del tri-
bunale. »
Tuttavia 1'effetto pratico di tali leggi fu pressocch6 nullo.
Diversi tribunal! le dichiararono contrarie alia Costituzione
degli Stati Uniti e quindi senza valore ; parecchi giuristi
eminent! trovarono il testo troppo vago e indeciso ; inoltre
parecchie circostanze politiche impedirono che si procedesse
energicamente alia loro applicazione. Dove la legge fu ap-
plicata, i sindacati si appellarono da tribunale in tribunals ;.
scacciati da uno Stato, emigrarono in un altro ; perseguitati
dalla giustizia, liquidarono i loro conti e si ricostituirono
immediatamente sotto nuovi nomi ; insomnia, dalle leggi fe-
deral! e locali contro i sindacati americani segui un solo ri-
sultato pratico, che cioe i trusts si disciolsero spontanea-
mente per riapparire subito dopo sotto nuove forme e soprat-
tutto come societa unitarie; ovvero, procurarono di avere
esistenza legale in uno dei pochi Stati che lo permettevanor
trafficando pero e operando in tutti gli altri *.
* Prof. E. COSSA, 1. c. pag. 142 ; FLINT, The Trust: its book ; MA-
CROSTY, Trust and the State etc. DE KOUSIERS, P. Les Industries mo-
nopolists (trusts) aux fyats Unis. Paris 1898: DUBOIS PAUL, Les mono-
poles industrielsaux Etats Unis. Revue des Deux Mondes. 1° Febbraio 1897^
pag. 634.
278 I SINDACATI
Corne si vede, i mezzi usati finora dai Govern! per re-
golare questa nuova forma d'attivita umana sono andati falliti.
Che cosa dunque deve fare lo Stato? Non occuparsene af-
fatto e lasciare che vadano giii indisturbati per la loro china?
Sopprimerli violentemente o regolarli con leggi comuni, uni-
form!, efficaci? E quale forma dovrebbero prendere queste
leggi moderatrici dei sindacati ? La domanda aspetta ancora
una risposta soddisfacente.
III.
Le soluzioni al grande quesito, proposte dai dotti, sono
molteplici e varie. Vi & la soluzione socialista, la municipa-
lista, la liberista, I'antiprotezionista, la tutoria ed altre pa-
recchie di minor conto. Non sara male prenderle partita-
mente ad esame.
II socialismo ama ed insieme odia i sindacati. Li odia
quali sono al presente, li ama per quello che a suo credere
diverranno in seguito. Al presente, essendo essi la piu alta
espressione del capitalismo trionfahte, attirano contro di s6
le armi aguzze della setta ; in futuro, diventando come
essa crede e spera, proprieta dello Stato, stringeranno un
lieto connubio col socialismo vittorioso. Per ora dunque i
sindacati lavorano, senza forse saperlo, a pro del sociali-
smo. « I grandi capitalist! servono, secondo T espressione di
Carlo Marx, ad uccidere i piccoli. » E il pesce maggiore che
divora il minore per dominare esso solo nel gran mare del-
1'essere. La piccola industria, al dire dei socialist!, sparisce;
i piccoli proprietarii vengono assorbiti dai grandi 1 ; i molti la-
1 Alcuni dottori socialist! pero, di maggiore senno e coltura, hanno
dovuto confessare loro malgrado che i piccoli proprietarii crescono, non
diminuiscono. Cosi, per es. si esprime il socialista Bernstein: « Die Zahl
der Besitzenden ist nicht kleiner, sondern grosser geworden... etc. » Die
Vorausselzungen des Sozialismus. Vorwort. pag. 6. Con tutto cio i so-
cialisti da piazza continuano a predicare nei toni piu lugubri il f'alli-
mento della presente societa.
INDUSTRIALI 279
boratorii si trovano ridotti a pochi, le minuscole officine danno
luogo alle gigantesche ; le piccole botteghe si trasformano in
fondaci colossal! ; la manifattura indipendente diminuisce sein-
pre piu ; i piccoli capitali sono divorati dai grandi ; i possi-
denti di 500, 100 o 50 mila lire diminuiscono per essere sur-
rogati da pochi milionarii e migliardarii ; crescono invece i
lavoratori e i proletarii, e verra un giorno quando lo Stato,
dichiarando proprieta collettiva le sconfinate ricchezze dei
cinquanta o cento Ores! della Nazione, e trasformando in un
grande sindacato pubblico tutta 1'attivita industriale privata,
iniziera la nuova Era socialistica, il regno beato di Saturno,
1'eta dell'oro, ch>6 il regime collettivista.
Non fa dunque meraviglia che i socialist!, di fronte ai
sindacati, mantengano un'attitudine apparentemente contrad-
ditoria. Da una parte declamano su tutti i toDi la miseria
che proviene dalla concentrazione e dairaccrescimento del
capitale, e dall'altra si oppongono assolutamente a tutti quei
provvedimenti che uomini prudenti suggeriscono per limitare
e frenare la ognor piu crescente potenza dei sindacati. La
contraddizione in verita esiste, ma e piu apparente che reale.
Non dando essi mano a provvedimenti restrittivi contro i sin-
dacati, vogiiono mostrare col fatto della esistenza dei sinda-
cati stessi la possibilita di un sempre maggiore concentra-
rnento politico ed econornico, potersi ridurre cioe ogni umana
attivita nelle mani di pochi, essere di pratica attuazione lo
Stato socialista. D'altra parte, attribuendo essi Torigine e lo
sviluppo del sindacato, da loro tenuto per un vero monopolio
private, alia libera concorrenza, ne mostrano ai loro fautori
i danni e propongono I'eroico rimedio socialista di togliere
per sempre la concorrenza, facendo dello Stato il solo im-
prenditore, il solo distributore delle mercedi, il solo com-
merciante, il re, il dio, il padre e la madre della famiglia
umana l.
1 POLAND WILLIAM S. I., Socialism. Its economic aspect, p. 10. B. Her-
der, St Louis. Mo. 1902.
280 I SINDACATI
Pel momento dunque i socialist! ne combattono per dav-
vero i sindacati, ne li proteggono efficacemente. Si manten-
gono in una attitudine di benevola neutralita. E una specie
di pace armata, di aspettativa prudente, perche i caporioni
della setta sanno molto bene che i tempi non sono ancora
maturi per dar principio al nuovo regno socialistico. La-
sciano intanto che i sindacati crescano, si fortifichino, met-
tano profonde radici, s'impinguino, si divorino a vicenda,
finche, ridotti nella lotta per Tesistenza ad uno solo, quel
solo cada facile preda dello Stato, o per meglio dire, si tra-
sformi subitamente nello Stato collettivista.
L'assorbimento da parte dello Stato di tutti i sindacati
privati suppone possibile la perfetta attuazione deiridea so-
cialista, Tabolizione del capitale privato, Tassoluta soppres-
sione della concorrenza, la messa in comune di tutti i mezzi
e struinenti della produzione, Tabolizione del danaro, la crea-
zione insomma. dello Stato collettivista. II combattere la
grande utopia del Marx e del Lassalle non e di questo luogo,
ma sarebbe facile dimostrare che il regime collettivista,
quando anche si potesse per impossibile tradurre in atto,
ridurrebbe il mondo ad una galera, la societa umana ad una
turba di schiavi, e 1'uomo ad un automa 1.
Intanto pero che si aspetta che suoni Tor a fissata fatal-
mente dagli dei sommi alia perfetta attuazione deiridea so-
cialistica, vorrebbero alcuni che lo Stato facesse le prime
prove, per vedere se ha cuore che gli basti per intrapren-
dere in futuro il tremendo impegno di fare da padre e madre
alia famiglia umana e di tenere a balia i figliuoli degli uo-
1 Cfr. PROF. G. TONIOLO, II Socialismo nella storia della Civiltd.
Pirenze. Libreria Fiorentina 1902, e la ricca bibliografia contro il so-
cialismo da lui citata; DB STERLICH RINALDO, Socialismo dalla cattedra
alia Piazza. Roma Tipografia Raponi 1895; Bosio P., Compendia di So-
^iologia cristiana. Siena, Tip. S. Bernardino, 1902, pag. 108 seg; YBR-
MBERSCH. A. S. J., Quaestiones de Justitia. Brugis, Beyaert, 1901, p. 187
seg.; ANTOINE CH. S. J. Cours d' Economic Sociale, Paris, Guillaumin
«t C.ie 1896, pag. 194, seg.; CATHRBIN S. J., Der Sozialismus, pag. 2,
seg. etc.
INDUSTRIALI 281
mini. E che, dicono, non esercita forse da per se lo Stato
presso molte nazioni le strade ferrate, le poste, i telegrafi,
le dogane, il mantenimento di certe vie imperial!, la manu-
tenzione delle foreste, il sale, il tabacco, la creazione e la
riparazione delle navi, Tesercito e la marina, Tistruzione,
la sicurezza pubblica, e parecchie altre cose simili ? E perchfc
dunque non potrebbe fare un passo di piu ed accollarsi il
lavoro delle miniere, la manifattura degli oggetti di prima
necessita, la coltivazione dei cereali piii necessarii alia vita,
la fabbrica del ferro e dell'acciaio, lo sviluppo, il trasporto
e la vendita della energia elettrica, i telefoni, il gaz, Tacqua,
la luce elettrica, 1' igiene pubblica, le cucine economiche,
il provvedimento e lo spaccio della carne e del latte, ed
altrettali ritrovati umani a pubblica utilita e a sollievo dei
diseredati della fortuna?
IV.
A questa domanda si risponde che forse non potra mai
lo Stato sobbarcarsi ai gravi impegni dei quali qui e fatto
parola. Tuttavia, messe da parte le esagerazioni dei socialist!
estremi, non e da credere che lo Stato non possa utilmente,
in certe circostanze e in certi paesi surrogare alcuni dei sin-
dacati privati. E gli esempi, anche fortunati, in verita non
mancano. A tacere, per esempio, delle poste, ferrovie e tele-
grafi, un tempo, presso molti Stati, monopolio privato, ed
ora quasi dappertutto in niano dello Stato, !il Governo federale
della Svizzera avoco a se nel 1887 la distillazione e la vendita
dei liquori, e da questo provvedimento governativo se ne av-
vantaggiarono insieme Tigiene, la morale e Terario pubblico l.
La stessa politica economica, rispetto ai liquori, ha seguito la
Russia e sta ora seguendo T Inghilterra 2. Nell' India bri-
1 W. MACROSTY, Trust and the State, pag. 284.
2 ECONOMIC REVIEW del settembre 1901. The State monopoly of spirits
in Russia by F. C. Fry.
282 I SINDACATI
tannica le opere idrauliche per I'irrigazione artificiale, la con-
servazione, la distribuzione e vendita dell'acqua sono tutte
in mano del Governo, e mentre riescono una vera benedi-
zione pel paese, rendono di piu allo Stato un piccolo frutto l.
Parimente, la proprieta, la conservazione e il taglio scien-
tifico di moltissime fra le foreste di quell'lmmenso paese
sono riserbati allo Stato con non piccolo vantaggio del-
Terario pubblico, del clima e forse anche della pubblica sa
lute. Lo stesso dicasi di un gran numero di alberghi o bun-
galows, sparsi sopra tutta F India, mantenuti e condotti dallo
Stato a comodo dei viaggiatori, specialmente europei, in un
paese dove non si trovano albergbi se non nelle grand! citta.
Ma la nuova Zelanda 6 lo Stato dove il socialismo ha fatto
le migliori sue prove. Colla legge del 1890, lo Stato neoze-
landese ha provveduto perch6 ogni suo suddito possa otte-
nere dallo Stato un pezzo di terra in perpetua enfiteusi, vin-
colata pero da certe condizioni, quanto air area, alia col-
tivazione, alia vendita ed a qualsiasi altro trasferimento
giuridico. II fine ultimo di queste leggi agrarie mira a fare
dello Stato il solo proprietario e tutti i possidenti agri-
coli tanti affittaiuoli dello Stato.. Questo inoltre costrui-
sce da se, senza intermediarii di sorta alcuna, le opere di
utilita pubblica, governa da s6 le banche, impresta denaro
al popolo, possiede le ferrovie, le poste, i telegrafi, i tele-
foni, la luce, Tacqua e tutti quegli altri mezzi economic!
della vita pubblica che altrove o sono tenuti dai Municipii,
o sono ancora in mano di privati 2. Tutti quest! esenipi, ed
altri ancora che si potrebbero recare, mostrano che un certo
socialismo di Statq, tenuto entro limit! ristretti e ben definiti,
e di possibile attuazione. Si osservino pero due cose. L'espe-
rimento della Nuova Zelanda & ancora troppo recente e non
1 Cfr. Nuovo Supplemento all' Enciclopedia Britannica, 1902, art.
India.
* DEMAREST LLOYD HBNRY, Newest England. The notes of a demo-
cratic Traveller in New Zealand, with some Australian comparisons.
New York: Doubleday, Page and Co, 1901.
INDUSTRIALI 283
se ne puo dedurre una conseguenza duratura od una teoria
scientifica. In secondo luogo mal si puo comparare la Nuova
Zelanda, paese di per se riechissimo, ancora vergine, po-
polato da meno di un milione di abitanti sopra una regione
poco minor e in area dell' Inghilterra, cogli Stati di Europa,
densi di popolazione e piii o meno sfruttati nelle loro ric-
chezze natural! e artificial!.
V.
Perche lo Stato possa assumere convenientemente sopra
di se ii governo di una grande azienda industriale od al-
trimenti economica, il Jevons, scrittore americano di bella
fama, richiede le seguenti condizioni :
1.° Devono essere opere tali che, essendo pubbliche e ne-
cessarie alia comunita, domandano una certa unit& di go-
verno, come ferrovie, poste, telegrafi, luce, acqua, telefoni,
mantenimento di strade, ospedali, banche, ecc. ecc.
2.° Le imprese assunte clallo Stato dovrebbero essere per-
manenti, e non temporanee.
3.° Dovrebbero essere di tale natura da poter venire am-
ministrate, per cosl dire, sotto gli occhi di tutti e condotte
in modo da essere facilmente sindacabili dalla pubblica opi-
nione, la quale non potrebbe non interessarsi di cio che fu
intrapreso a pro della comunita.
4.° Solo quelle opere dovrebbero essere intraprese dallo
Stato, le quali, avendo un consumo certo, hanno anche un
reddito certo, e non sono punto aleatorie, di modo che le
spese e le entrate annuali su per giii si pareggino.
5.° Finalraente ai quattro criterii del Jevons se ne potrebbe
aggiungere un quinto, vale a dire, lo Stato dovrebbe met-
ter mano solo a quelle intraprese economiche o commerciali
che fossero veramente nazionali non municipali, molto meno
di natura loro affatto private, ovvero delle quali egli stesso
284 I SINDACATI
si avvantaggia, come per esempio, 1'acqua, la luce, i tele-
foni ecc. ecc. l.
E qui si osservi che lo Stato potrebbe anche con van-
taggio assumersi quelle imprese economiche o manufattrici
che sono connesse intimamente colle sue alte funzioni sociali
€d amministrative. Se e dovere dello Stato, in quanto tale,
mantenere un esercito di terra e di mare, perche non potrebbe
fabbricare direttamente tutte quelle cose che servono a ve-
stirlo, a mantenerlo e ad armarlo? Lo sciopero dei niinatori
di una cava di carbon fossile puo in un subito paralizzare
una flotta che in porto sta per dar le vele al vento. Lo scio-
pero degli operai addetti alia fabbrica delle polveri e degli
ordegni di guerra puo in certi casi rendere impotente la
patria dinanzi al nemico. E dovra lo Stato dipendere dalle
volonta piii o meno ribelli di una turba di scioperanti? Perche
non avere le proprie fabbriche di armi, di abiti, di forni-
menti e di utensili militari pei soldati, i proprii cantieri
per le navi, le proprie miniere del combustibile necessario
a tenere in moto la propria flotta ? Se la militarizzazione
degli impiegati delle ferrovie, quando, un anno fa, in Italia
minacciavano di scioperare, fu un atto, al quale, come vo-
gliono alcuni, lo Stato non aveva diritto, la cosa canabie-
rebbe interamente d'aspetto, quando gF impiegati delle fer-
rovie non fossero piii impiegati di una societa privata, ma
impiegati dello Stato. Lo stesso varrebbe per tutti quegli altri
operai che lavorando nei sindacati governativi dipendessero
direttamente dal Governo.
VI.
Quanto poi ai vantaggi che dal trasferimento dei pubblici
servizi o di altre imprese dai privati allo Stato tornano ai
consumatori, la cosa e assai dubbia. I socialisti, naturalmente,
1 The Yale Review. Febr. 1896, pag. 404; The Review. November 1902.
Shall the Government operate the Coal Mines? pag. 675.
INDUSTRIAL! 285
li danno per certi ed infallibili a seguire ; ma i fatti e 1'espe-
rienza di molti anni, quasi dapper tutto,vengono a contraddhii.
II solo servizio pubblico die uei piu degii Stati ha pagato
interamente le spese e quello delle Poste e de' Telegrafi ; ma
anche in questo caso, non sempre i Ministri di quel dica-
stero, nel fare il bilancio, tengono conto delle sovvenzioni
che lo Stato accorda sotto varii titoli a societa private di
ferrovie e di navigazione, e di piu non e sempre cosi facile
penetrare ben addentro nella rete complicatissima dei bilanci
particolari dello Stato. E opinione di molti che se tutte
le spese che lo Stato fa direttamente e indirettamente per
le Poste fossero considerate, difficilmente si otterrebbe il pa-
reggio. Quindi si spiega la riluttanza che hanno i piii degli
Stati a diminuire le tariffe postali; quindi anche la nostra
Italia che mantiene ancora in vigor e per Tinterno la tariffa
di 20 centesimi per le lettere, diminuita generalrnente negli
altri paesi; quindi le proteste deH'on. deputato Lacava, quando
nel 1890 era al Ministero delle Poste e de' Telegrafi, che biso-
gnava fare economia, sempre economia; quindi la confes-
sione assolutamente spontanea che « il servizio dei pacchi po-
stali era allora tutt'altro che rimuneratore l »; quindi, anche
all'estero, il rifiuto categorico che due anni fa opposero r Au-
stralia e la Nuova Zelanda all7 Inghilterra che domandava
1'accettazione da parte loro del penny postage, e finalmente
il tenere alte, universalmente, le tariffe di certi oggetti man-
dati per la Posta, e cio a fine di compensare coi loro pro-
venti le perdite cagionate per altri capi. Dunque non 6 asso-
lutamente certo che i servizii pubblici, condotti dallo Stato,
tornino a vantaggio dei consumatori, di quelli almeno che
non fanno parte del grande esercito degrimpiegati dello Stato.
Un altro servizio pubblico che molti credono tornare assai
Vantaggioso allo Stato e quello delle ferrovie. Eppure anche
questa e un'ipotesi, non e realta. Le ferrovie prussiane per es.
1 Cfr. Nuova Antologia, 16 aprile 1890. Le ri forme net servizii postale
e telegrafico, pag. 656 e 660.
286 I SINDACATI
appartengono allo Stato; ma le tariffe pel viaggiatori e per
le merci sono quivi piu alte e il servizio 6 meno buono delle
ferrovie americane, inglesi e francesi che sono in mano di
societa private. II Mange, dopo aver studiato a fondo nella
Revue des deux Mondes del 1 maggio 1893 la questione delle
ferrovie prussiane, arriva alia conclusione che r esercizio di
quelle ferrovie da parte dello Stato torno, nei primi anni, a
vantaggio solamente dello Stato, non del cittadino ; ed anche
lo Stato, allora, cioe nel 1893, non ci guadagnava piu, ma era
costretto a fare economic sul personale e sui materiali, per
non aggravare di troppo il bilancio nazionale *.
Anche in Italia si sta ora discutendo nella Camera e
su pei giornali, se lo Stato debba o no, da qui a due anni,
rivocare a s6 I7 esercizio delle ferrovie italiane, e natu-
ralmente si fanno assai parlari da ambe le parti. Nella
Nuova Antologia del 16 dicembre p. p. un valente scrittore
discusse ampiamente questo problema, e alia stregua di fatti
e di cifre, raccolte dall' esercizio ferroviario di quasi tutta
Europa, arrivava alia conclusione, proclamata tempo fa in
Parlamento dall'on. Pellegrini, quando disse che « tutto som-
mato, lo Stato e la peggiore delle Compagnie: ora s'inco-
mincia a comprendere che i lavori costano meno nelle offi-
cine private che in quelle governative : e di questo passo il
retirement non si sa dove possa condurre. » Veramente molti
sanno dove il cambiamento della pubblica opinione 6 per con-
durci. Lo Stato, fatto accorto presto o tardi della propria de-
bolezza, ricusera di assumere a conto suo i giganteschi
sindacati proprii del tempo nostro, e li lascera ai municipii o
a compagnie private. Un esempio recentissimo Tabbiamo nel
T MANGE ALFRED, L' Exploitation des Chemins de fer par La Prusse
depuis leur racliat par I' Etai. « Revue des deux Mondes » ler Mai 1893,
pag. 142. II bilancio dell' Impero germanico per 1'anno teste decorso
si e chiuso con un deficit di 58,900,000 marchi, e il deficit del corrente
anno 1903 sara di circa 118,750,000. I piu savii fra i tedeschi sono assai
impensieriti della brutta piega che prendono le loro finalize, la qual
cosa essi attribuiscono a varie cause, fra le quali viene in primo luogo
troppo socialismo di Stato. Cfr. Weekly Times di Londra, 16 gennaio 1903.
INDUSTRIALI 287
Governo francese, che rifiuto 1'offerta di prendere a proprio
carico Fesercizio del tranvia parigini, e a giudizio del ben-
pensanti opero rettarnente i.
E la cosa e chiara. Se lo Stato riesce a mala pena a con-
durre da se senza perdita quelie impress che per la loro
importanza, per la loro stretta attinenza coi bisogni della
comunita e per la loro universalita sono veramente nazio-
nali, come potra mai intraprendere e condurre aziende stret-
tamente commercial! e private come sono i sindacati ? E non
hanno ragione quei giornali americani 2 che combattono al
presente con ogni loro possa la proposta che si vuole presen-
tare al Congresso perche lo Stato acquisti tutte le miniere del
carbon fossile esistenti nel paese? Chi non ricorda la fine
luttuosa dei famosi ateliers nationaux della Francia repub-
blicana del 1848? Eppure quello fu un saggio in piccolo di
socialismo di Stato, un tentative incerto dei ministri Blanc
e Marie, iniziato felicernente, che prometteva un buon suc-
cesso e finl miseramente. Vi e uno Stato che ai nostri giorni
si e a dirittura impegnato in sindacati commercial!, lo Stato
di Victoria neir Australia ; ma e anche carico di debiti per
oltre dieci milioni di sterline e se ne aspetta vicino il fal-
limento3. Gli adoratori del dio Stato, prima di risolversi a
confidargli nelle mani imprese commercial! o tali che non siano
strettamente nazionali dovrebbero ponderare con grande
attenzione i punti seguenti: a) Lo Stato condurra difficil-
mente un'azienda con queirinteresse, quella cura ed energia
colla quale per lo piu la conduce un privato. b) Facendo uso
dei danari altrui, potra di leggeri lo Stato lasciarsi andare
a spese inutili, a tentativi arrischiati, ad imprese colossali,
megalomene e rovinose per le finanze del paese. c} Essendo
lo Stato, praticamente, un ente impersonale, avvenuta la ro-
vina finanziaria, nessuno in particolare ne sara mallevadore,
1 Cfr. Tribuna del 22 novembre 1902.
2 Cfr. Tribuna del 16 gennaio 1903.
THE AUSTRAL LIGHT. January 1. 1903. State Parliaments, pp. 46.
288 I SINDACATI
e la perdita cadr£ sui cittadini onesti e bonarii. Molte altre
ragioni potrebbero proporsi alia meditazione del seguaci del
collettivismo di Stato, ma le riserbiamo per coloro che al
problema del sindacati vorrebbere dare una soluzione mu-
nicipalista.
La verita e che lo Stato non e, come pretendono 1'Hegel
e i panteisti tedeschi, I'assoluto, ossia Dio medesimo, giunto
a un certo grado della sua incessante evoluzione, e per con-
seguenza, onnipotente. Lo Stato, come ogni altra istituzione
umana, e finito, cio6 a dire, ha limit! proprii, confini pro-
prii, determinazioni proprie, specificate e dipendenti dal fine
acui tende, il quale 6, non 1'assorbimento e la militarizzazione
della societa, ma il governo, la protezione e la ragionevole
tutela della medesima. Quando avvenga che lo Stato, dimen-
tico de' suoi natural! confini, li oltrepassi e violi brutalmente,
ne coglie subito il dovuto castigo, per che la societa reagisce
contro di lui ed e fatto entrare, spesso ancora violentemente,
entro le male custodite frontiere.
VII.
Se lice tuttavia da quanto accade sotto i nostri occhi
congetturare il futuro, sembra che gli Stati moderni, prima
di giungere alia dovuta moderazione nel maneggio dei ser-
vizii pubblici, vogliano fare il tentative di assumere in>
prese che sarebbe molto meglio lasciare ai privati. Questa
e la tendenza dell'ora presente. Al collettivismo di Stato mi-
rano le plebi fantasiose, stanche dei sistemi antichi che non
hanno loro portato quel sommo di felicita di cui andavano
in cerca, e fiduciose nei sistemi dei quali non hanno fatto
peranco esperienza. Queste stesse plebi sono quasi da per tutto
padrone dei Parlamenti, e per mezzo dei Parlamenti, spingono
lo Stato al collettivismo. Di qui Tattribuire allo Stato diritti
enormi, attribuzioni vastissime, doveri che altre volte la so*
cieta lasciava airindividuo, alia famiglia, al Comune. Di qui
anche la trasformazione dei mercati da nazionali in inter-
INDUSTRIAL! 289
nazionali ; i mercanti e gl' imprenditori che speculano sul
mercato universale, i ricchi che collocano i loro fondi al-
1'estero, anche a detrimento del proprio paese, Toperaio che
lascia colla piu assoluta indifferenza la patria per servire lo
straniero ; la scienza, le arti, la letteratura che a poco a poco
diventano inter nazionali. Tutti questi fatti che accadono sotto
ai nostri occhi creano bisogni nuovi di protezione, di tutela,
di ordinamento da parte dello Stato, e lo Stato con una fa-
cilita che fa spavento accetta le domande del sudditi incauti
ed entra, supremo moderator e, nel segreto delle famiglie, e
dispone a suo senno dei genitori, dei figli, dei bambini, del
vecchi, deH'operaio, del padrone, del ricco, del povero, del
sano, deirammalato, deH'uomo vivo e dell'uomo morto. Pro-
cedendo di questo passo si va dirittamente al collettivismo,
cio6 alia distruzione dei diritti individual! ed alia schiavitu
legale. Ma con cio non saranno mai sciolti i grandi problemi
economic! e morali che travagliano la presente 1'umanita. II
loro campo sara spostato. Dalle mani di molti saranno traspor-
tati nelle mani di pochi, ma rimarra la stessa intrinseca diffi-
colta, forse la impossibility ad arrivare ad una soluzione che
appaghi tutti e non crei, nella lotta per 1'esistenza, nuove
vittime di nuovi sistemi. Sopra tutto per6 lo Stato, non arri-
vera mai, mediante il collettivismo, a sciogliere la questione
dei sindacati industrial!, perche essi, al pari di tante altre
attivita delPumano consorzio, dipendono da element! essen-
zialmente variabili, come sono Tintelletto e la volonta umana,
la naturale produzione delle materie gregge, e Talto e il
basso del mercato che nessuna legge umana potra mai togliere.
Sciogliere dunque la questione dei sindacati tr as for man-
doli nello Stato socialista, & impossibile nei piu dei casi, e
solo limitatamente in certi paesi, presso certi popoli e poste
certe circostanze. In un prossimo ed ultimo articolo esami-
neremo le altre soluzioni proposte, donde ci faremo strada
a suggerire il mezzo onde i Governi potrebbero invigilare
efficacemente i sindacati senza distruggerli o danneggiarli.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1263. 19 28 yennaio 1903.
Dl ALCUNI CRITERI1 INCERT1
NELL A PALETNOLOG1A
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA
La scoperta delle tombe nel Foro Romano
e il criterio cronologico.
Dopo la scoperta di una tomba a inumazione nel Foro Ro-
mano, si conchiuse all'esistenza d'una necropoli antichissima
con sepoltura di rito misto, e solo allora s' invoco la tradi-
zione; laddove con la scoperta della prima tomba ad inci-
nerazione, alia quale fu presente il ch. prof. Pigorini, la
necropoli del Foro Romano, secondo la convinzione dello
stesso, doveva essere di cremati, come ci disse il Boni : « Al
vuotamento della sepoltura voile compiacersi d'assistere anche
il prof. Pigorini, direttore del Museo preistorico romano, primo
autore ed apostolo convintissimo dell'idea che si dovesse sco-
prire una necropoli palatina di cremati i. » L'idea del Pigo-
rini questa volta non fu confermata dal fatto, fu anzi disdetto
il suo sisterna etnografico col quale de' Romani faceva una
progenie di terramaricoli e percio di soli ariani. Quando poi
s'invoca ora da lui la tradizione d'un rito misto nella detta
necropoli palatina o capitolina; si fa manifesto che le popo-
lazioni del Palatino o del Campidoglio, non erano d'una sola
stirpe, perciocche allora non yi sarebbe stato un rito misto,
ma unico.
Senonche la tradizione stessa ci rassicura che i Romani
nel principio, com'io gia scrissi, non cremavano, si solo inu-
mavano; il che, a giudizio del Pigorini, non regge. Ma regge
1 BONI, Notizie d. Scavi, Fasc. 3, aim. 1902, p. 102.
DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELL A PALETNOLOGIA 291
per Plinio, buon conoscitore delle tradizioni di Roma : « Ipsum
cremare apud Romanos non fuit veteris instituti : terra con-
debantur. At postquam longinquis bellis obrutos erui cogno-
vere, tune institutum i. » Anche Cicerone fu dello stesso
parere : « At mihi quidem antiquissimum sepulturae genus
id fuisse videtur, quo apud Xenophontem Cyrus utitur:
redditur enim terrae corpus, et ita locatum ac situm, quasi
operimento Matris obducitur. Eodemque ritu in eo sepulcro,
quod procul ad Fontis Aras, regem nostrum Numam con-
ditum accepimus: gentemque Corneliam usque ad memoriam
nostram hac sepultura scimus esse humatam 2. » Che 1'intro-
duzione primitiva nello stesso luogo d'un nuovo e diverso
rito di sepoltura, corrisponda airarrivo d'un nuovo popolo,
fu gia Topinione del von Duhn 3? e lo Gsell che la riferisce,
scrive : « Pour moi, je suis loin du reste de pretendre qu'il
n'en ait pas 6te souvent ainsi 4. » Ora nessuno d'altra parte,
mette in dubbio che il rito proprio di sepoltura degli Arii
in Italia fu Tincinerazione. Se dunque in una stessa necro-
poli arcaica si ritrovino i due riti, & giuoco forza ritenere
che gl7 inumati non sieno arii ma d'altra stirpe, cio che la
iradizione c' insegna per le necropoli deir Esquilino e per
quella del Foro Romano.
Se dunque in Roma vi furono de' non Arii, come e da
quando si fusero con gli Arii? Queste domande costituiscono
per noi, il vero stato delle varie question!, senza la cui so-
luzione, la necropoli del Foro non trova spiegazione n6 certa
n^ probabile. Laonde fa mestieri richiamare ad esame le
origini di Roma e vedere se sia certa o almen probabile, la
cosiddetta tradizione, la quale fa venire da' Colli Albani una
o piii torme di pastori che dichiara primi abitatori del Pa-
latino e fondatori di Roma. Questo esame 6 certamente pieno
di rischio perciocch^ si dovrebbe rigettare quanto si e finora
4 PLIN., H. N. Lib. VII, LV, ed. Pomba.
2 Cic. de Leg. lib. II, p. 345.
3 VON DUHN, Banner Studien R. Kekule gewidmet, p. 21 sg.
4 GSELL, Fouilles dans la necropole de Vulci, p. 320, n. 2.
292 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
ammesso e tenuto per indisputabile, da pressoche tutti gli
antichi e in gran parte ancor da' modern! scrittori, che la
tradizione romana in questo punto stimano inconcussa e fuor
d'ogni dubbio. Ed in vero, Romolo e da stirpe pastore, visse
fra pastori e tutta la religione che regna in Roma, e religione
con deita, sacrifizii, offerte e feste tutto proprie di genti addette
alia pastorizia ed alia cultura della terra : Pale, le Palilie,
latte, agnelli, poma e somiglianti. Ma concesso una volta che
i Romani furono pastori e vennero da Alba Longa o da qualche
altro villaggio de' Colli Albani, non si possono in verun modo
evitare le conclusioni seguenti. Gli Albani incineravano e i
loro sepolcreti ne fanno fede. Dunque i Romani che forma-
vano una sola popolazione con gli Albani, come afferma il
Pigorini, dovevano seguire il rito della madre patria e inci-
nerare anch'essi. Dunque non e vero e pero non regge quel
ch' io scrissi, cioe dire che nel principio i Romani non inci-
.nerarono, ma inumarono.
Ora cotesta discendenza de' Romani dagli Albani e la ve-
nuta loro da' Colli Albani a Roma, non poggiano sopr'altro
fondamento se non su quello della * tradizione, la quale, in
questo caso, siccome io giudico, non ha valore e non merita
il nome di vera tradizione. Roma infatti esisteva gi& prima
che Romolo (nome derivato da Roma) vi prendesse stanza
sul Palatino, e la stessa origin e del fondatore e piena di fa vole
e di assurdita.
Esaminiamo brevemente 1'origine del fondatore e della
sua patria, Alba Longa. II padre suo e Marte, Rhea Silvia,
flglia di Numitore, e sua madre, nutrice una lupa : « lupa
dicta, quod nobile scortum fuerit », cio6 Acca Laurentia o
Larentia, in onore della quale i Romani lasciati da lei eredi
di molta ricchezza, celebravano ogni anno nel mese di de-
cembre le feste Laurentalia £. Faustolo (Fostlus) come scrive
Tito Livio, fu il capo del regio armento, che ritrovo Romolo
e Remo allattati dalla lupa 2. Egli e rappresentato sopra una
1 ATTO VANNUCCI, Storia dell' Italia antica, Vol. I, p. 575.
2 Cfr. MACROBIO, I Saturn. 10. Ovid. Fast. Ill, 55,
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 293
moneta di Ses. Pompeo Fostlus, dove si veggono Romolo e
Remo die succhiano il latte della lupa sotto il fico ruminale,
^ su' rami v'e il picus cioe il picchio. Ma questa lupa, come
intese provare il prof. Carlo Pascal in un suo studio molto
erudito *, sarebbe stata la dea Madre, la Magna Madre o Rhea
o inagna inater deorum, dea dia ecc. Romolo dunque sarebbe
nato da un dio e avrebbe regnato trentasette anni, senza
figli. A popolare la nuova citta sul Palatino egli apri un Asilo,
dove, secondo Livio, « ex finitimis populis turba omnis sine
discrimine, liber an servus esset, avida novarum rerum
perfugit 2. » Tutti convennero qua da' paesi e villaggi vicini,
non dalla sola Alba, ladri, indebitati, servi, malefici, banditi
e simile genia, e questi percio furono i primi cittadini della
nuova Roma. A queste origini allude Giovenale quando morde
la boria di certi Romani che si vantavano della nobilta degli
-antenati :
Et tamen, ut longe repetas, longeque revolvas
Nomen. ab in f ami gentem deducis asylo:
Maiorum primus, quisquis fuit ille, tuorum,
Aut pastor fuit, aut illud quod dicere nolo 3.
Dionigi d'Alicarnasso con bell'arte sfugge la questione del-
1'asilo, e vuole che il lettore dia confidentemente un lungo
addio a quegli autori, i quali fanno Roma un covo di uomini
barbari, fuggitivi e senza tetto 4, perciocche Roma fu citta
greca e di tutte le genti la piu civile e fiorente. Su tutte le
<3ose dette, per confessione dello stesso Dionigi e d'altri sto-
rici, regna la piu grande incertezza.
La ragione pertanto che si suole addurre a fin di giustifi-
care la migrazione delle famiglie di pastori da' Colli Albani
a Roma, fu la necessita di buoni pascoli, e il colle palatino,
1 PASCAL, Acca Laurentia e il mito della Terra Madre, nel Bull. eL
'Commiss. arcfieol. Com. di Roma, Serie quarta 1893 p. 325.
2 TIT. Liv., I, 4.
3 Juvzw., Sat. VIII, 273.
< DION. HAL., A. R. lib. I, LXXXIX, p. 73 ed. Oxon. 1704.
294 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
attesa 1'uberta e fertilita delle sue terre e la copia dell'aeque,
forniva il bisognevole alia vita degli armenti e de' pastorL
Nella quale ipotesi si dovrebbe provare che i Colli Albani non
erano acconci all'allevamento delle greggi per mancanza o
scarsita di buoni pascoli, e che Roma, viceversa, ne aveya
abbondanti. II che se stiamo alia tradizione, non si pu6 con-
cedere. Essa non ci parla di pascoli ma di vaste solitudini,
di dense selve di querce, di faggi, di vimini e di lauri, come
di scarse capanne sulla collina dove si fa sorgere Roma. Al-
cuni nonii de' Sette Colli serbarono il ricordo della loro ori-
gine, come il Celio (Collis Querquetulanus) , il Viminale (Col-
lis Viminalis), 1'Esquilino (Collis Fagutalis). Ovidio cosl si
esprime:
Hie ubi nunc Roma est, incaedua silva virebat:
Tantaque res paucis pascua bubus erat. (Fasti, 1, 243).
E Tito Livio: Vastae turn in Us locis solitudmes erant (1, 4).
Ma pur ammettendo che pascoli vi fossero, converrebbe
provare che prima della venuta de' pastori Albani, gli altri
colli non erano abitati e che sul Quirinale e il Capitolino non
avessero avuto stanza i Sabini, se non dopo che il Palatino
fu occupato da' pastori, cio che dalla tradizione non si ricava.
E poiche i popoli lontani dal mare non vivevano se non di cio
che loro produceva la terra lavorata e la pastorizia, gli scaj-si
pascoli erano sfruttati dagii abitanti degli altri colli, da' Sa-
bini cioe c fors'anco dagli Etruschi, ne il fatto potevasi igno-
rare da' pastori Albani deliberati di venire a stabilirsi sul
Palatino.
Di che segue che la ragione addotta della inigrazione dei
pastori Albani a Roma, non e sufficiente ed e contraddetta
dal fatto. Sappiamo tuttavia che il Natale di Roma e le feste
in onor di Pale, dea de' prischi pastori, come parimente « la
lingua e i nomi de' luoghi e il pubblico culto e le stesse fa-
vole » come scrive il Vannucci j, attestano che i padri primi
1 Vol. I, p. 199; cfr. GELL, Topogr. of Rome, p. 90. NIBBY, Din-
tor ni di Roma.
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 295
de' Roman! furono pastori. Le Palilia o Par ilia, feste della
dea Pale, furono proprie de' pastori e si celebravano 1'XI Kal.
Maj., cio6 il 21 aprile: « qui dies natalis est urbis Romae, quae
a pastor ibus condita est (FORCELLINI) . » Si puo leggere presso
Ovidio, la lunga descrizione di queste feste celebrate con lu-
strazioni d'uomini e di pecore in citta e in campagna. I pa-
stori poi accendevano fuochi con fieno e foglie e bene avvi-
nazzati saltavano attraverso la fianmia, cio che fu un'antico
costume di purificazione col fuoco {.
Questa tradizione delle feste palilie in memoria del nata-
lizio di Roma, non dimostra per se 1'origine de' Romani dai
pastori di Alba Longa o da' Colli Albani, migrati a Roma e
adagiatisi sul Palatino. D'altri popoli antichi del Lazio si sa-
rebbero dette le stesse cose e conservate le stesse tradizioni,
se fossero stati fortunati come i Romani, che da umili ori-
gini diventarono per uua lunga tratta di secoli, signori del
mondo. Alia potenza percio e alia gloria di Roma soltanto si
deve lo studio degli storici e de' poeti, di tutto nobilitare an-
che le origin! comuni ad altri popoli, intessendovi sopra fa-
vole e leggende. Che altra origine se non la pastorale, pote-
vano vantare le genti del Lazio e di tanta parte d'ltalia? O
che bisogno v'era di venir giu da' Colli Albani a Roma, per
potersi chiamare pastori e progenie di pastori e celebrar feste
pastorizie, se questa fu r origine non de' soli Romani, ma di
quasi tutte le popolazioni vicine di Roma ? Di che conseguita
non aver la tradizione ora discussa, nessun valor e storico, e
anzi che derivare dagli Albani i primi abitatori del Palatino,
si dovranno ricercar altre provenienze.
Veniamo ad Alba Longa, a' suoi re e alle sue colonie. Alba
dunque fu edificata da Ascanio, il quale aveva regnato prima
a Lavinio donde porto seco i Penati nella nuova citta. Ma
dove essa sorgesse non si sa di certo fuorche questo, che sui
Colli Albani, e 1'epiteto di Longa le fu dato dalla sua forma
perch& distesa per lungo e non per largo fra 1'estremo lembo
1 OVID., Fast. IV, 721 e segg.
296 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
del raonte e il Lago Albano. Fu posta da' piu a Palazzolo-
dov'e il Convento de' PP. Riformati ; da qualcuno a Rocca di
Papa ovvero a Castel Gandolfo ed anco a Marino. Un mio
amico, dotto paletnologo e che ben conosce i sepolcreti de' Colli
Albani, la supporrebbe esistita sul Monte Crescenzio. Essa
fu distrutta da Tullo Hostilio per il tradimento del suo Ge-
nerale Mezio Fufezio. Altri dicono che Roma ebbe poca parte
alia sua distruzione e ch'essa fu 1'opera delle forze combi-
nate de' Latin i. De' suoi re abbiamo liste che vanno da' 14
agli 8 e con nomi diversi.
Incerta similmente e I'egemonia d'Alba sulla Lega delle
trenta citta de' Latini e su Roma, nella stessa guisa che que-
sta 1'esercito poi su quelle, concerto di pari e il suo titolo.
di metropoli o capo delle genti del Lazio. La storia infatti
non fa menzione di qualsivoglia dipendenza di Roma da Alba
fino alia sua distruzione sotto re Tullo Hostilio, e d'altra
parte, molte citta della pretesa Lega e credute colonie di Alba,
secondo altre tradizioni erano piu antiche di lei, quali Ardea,.
Laurentum, Lavinium, Praeneste^ Tusculum ecc. Noi sti-
miamo esservi in questa tanto oscura e difficile questions
delle due Leghe d'Alba e de' Latini, molta materia a dubbii
e a contraddizioni. Giovera perci6 chiarirla come megiio si
potra, con 1'esame delle antiche tradizioni.
Acciocche intanto nella questione si proceda con chiarezza,,
convien premettere esservi state in tempi antichissimi parec-
chie leghe fra' popoli latini, altre parziali ed altre che si po-
trebbero chiamare nazionali, e queste constavano di trenta
citta o popoli, cioe, del fiore della gente latina. Una di sif-
fatte leghe nazionali di citta libere e indipendenti 1'una dal-
1'altra, nel tempo che Roma non era fondata ancora, avrebbe
avuto a capo Alba e da questa supposizione senza storico
fondamento, le si attribui il titolo di metropoli del Lazio, e
le citta tutte o la maggior parte di esse si disscro sue co-
lonie. Ora, come fu detto, fra le citta reputate colonie di
Alba, ve n' erano di piu antiche e preesistenti ad Alba stessa,.
€ si sa d'una lega parimente antichissima e anteriore all'al-
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 297
bana. Noi siamo di parere che 1'origine e la causa dell'es-
sersi conferito ad Alba 1'onore di metropoli e di capo delle
genti latine, sia stato 1'antico loro costume di sacrificare sul
monte Albano, airAriccia, a pie' dello stesso monte, celebre
per il tempio di Diana, e il luogo anch'esso vicino, il caput aquae
Ferentinae, dove si raccoglievano a consiglio. Plinio ci da
i nomi de' popoli del Lazio che celebravano le ferie sul monte
Albano, dove mangiavano in comune la came, ma de' quali
al suo tempo non v'era piii vestigio. « Ita ex antique Latio
LIII populi interiere sine vestigiu l. » Ecco i loro nomi:
« Satricum, Pometia, Scaptia, Pitulum, Politorium, Tellene,
Tifata, Caenina, Ficana, Crustumerium, Ameriola, Medullia,
Oorniculum, Saturnia, ubi nunc Roma est: Antipolis, quod
nunc laniculum in parte Romae : Antemnae, Camerium, Col-
latia, Amitinum, Norbe, Sulmo : et cum his carnem in monte
Albano soliti accipere populi Albenses, Albani, Aesolani, Acien-
ses, Abolani, Bubetani, Bolani, Cusvetani, Coriolani, Fide-
nates, Foretii, Hortenses, Latinienses, Longulani, Monates,
Macrales, Mutucumenses, Munienses, Numinienses, Ollicu-
lani, O^tulani, Pedani, Pollustini, Querquetulani, Sicani, Fi-
-solenses, Tolerienses, Tutienses, Vimitellarii, Velienses, Ve-
netulani, Vitellenses. » Di questi popoli e delle loro citta
qui ricordate, i nomi parte son noti, parte ignoti e mal si
potrebbe indovinare dove gia furono.
D'una lega fra' latini e Roma, con diritti eguali, si fa
parola in Livio e in Dionigi d'Alicarnasso, e fu nota col nome
di lega Cassiana, da Spurio Cassio (Cfr. Liv. lib. Ill, c. 41,
Ann. V. C. 267, a. C. 490). Diamo qui la lista de' popoli latini
'Che ribellarono da Roma a fin di riniettere sul trono Tar-
quinio il Superbo 1'anno V. C. 256, a. C. 491 e secondo al-
tri, 498. La prendiamo da Dionigi, lib. V, p. 312. Ardeati,
Aricini, Bovillani, Bubetani, Corani, Cornetani, Gabini, Lau-
rentini, Lanuvini, Laviuiensi, Labicani, Nomentani, Norbani,
Prenestini, Pedani, Querquetulani, Satricani, Scaptini, Setini,
1 PLIN., H. N. lib. Ill, c. IX, p. 108.
298 DI ALCUNI CRITERII 1NCERTI NELLA PALETNOLOGIA
Tellensi, Tiburtini, Tusculani, Tricrini, Veliterni. In questa
lista troviamo de' nomi riferiti gi& da Plinio cd altri nuovi e di
dubbia lettura.
Stimiamo interrompere qui la nostra questione per far
un'opportuna digressione sul nome de' Norbani e di Norba,
dove si stanno facendo degli scavi dal prof. Savignoni, il quale
nella sua Relazione A stima che Norba si possa considerare
una citta romana, della fine dell' eta regia o de' primi tempi
della Repubblica. E poich& i document! piii antichi, le due
teste arcaiche, cioe, rinvenute in uno de' templi dell'acropoli
minore, il frammento dell'antefissa deiraeropoli maggiore e
Faltro colla figura di luno Sospita «• difficilmente possono
rimandarsi al di la del V sec. a. C., e tutto il resto e molto
piu recente » Norba dovette essere edificata tra il V e il
IV secolo. I Romani, secondo lui, poterono occupare un posto
gia fortificato dai Volsci, ovvero « e cio e piii verosimile, essi
stessi hanno fatto costruire le prime mura secondo il sistema
del paese. »
Riservando ad altro tempo I'esame degli Scavi di Norba
non ancora finiti perche resta ancora a scoprire la necropoli,
facciamo soltanto notare che nel V sec. a. C. Norba gia esi-
sfceva, e che non fu opera de' Romani. I Norbani infatti nel
491 o 498, a. C. fanno parte della lega Cassiana 2 al pari di
Ardea, di Praeneste, di Tibur, di Laurentum e di altre citta,
le quali non furono edificate da' Romani, ma per tradizioni ri-
cevute, esistettero prima di Roma. Dunque 1'asserzione del
Savignoni e gratuita e contraddice alia storia. L'argomento
poi che i Romani nel costruire le prime mura avrebbero se-
guito « il sistema del paese w, e un'altra affermazione gra-
tuita e in contraddizione col costume dei Romani, i quali
sempre e dappertutto fecero uso del masso quadrato, e ne
son prova le restaurazioni fatte da loro con questo masso e
tuttora visibili nelle mura di Ferentino e di Segni. Quando
1 Belazione sopra gli scavi eseguiti mil' estate dell' anno 1901, nelle
Notizid d. Scavi, p. 558, 559.
2 DION. HAL. A. R. V, 61.
ARCHEOLOGIA >; STORIA ANTIOA 269
Tito Livio scrive che fu mandata una nuova colonia a Norba
su' monti « quae arx in Pomptino esset l » suppone 1'esi-
stenza della citta e confer ma che Norba nell'aimo di Roma
262, cioe nel 491 o 498 a. C. gia esisteva.
II testo intero di Livio e questo: « Incommodo bello in
tarn arctis commeatibus vexati forent, ni Volscos, iam mo-
venteis arma, -pestilent-id ingens invasisset, ea clade conter-
ritis hostium animis, ut etiam, ubi ea remisisset, terrore
aliquo tenerentur ; et Velitris auxere numerum colonorum
Romanorum, etNorbae in monteis novam coloniam (quae arx
in Pomptino esset) miserunt 2. » II niedesimo senso hanno le
parole di Dionigi, che Norba gia esisteva come Velletri, quando
all' una e all'altra s'inviarono nuove colonie: GOTO; TS STJ 6
016X0? euTipeTCT]^ dvayxvj etg OusXiipag aTisaraXyj xai sispoc a00^, ou
TioXXa!^ y)(i£pa:s Oaiepov, dc, Nwpfiav ^oAcv, r] iat: TOU Aaitvwv iOvou;
oux ^av^s 3. Con la differenza di pochi giorni si manda dun-
que una nuova colonia a Velletri ed un'altra a Norba, citta
de' Latini (/u6Xt? oux a^avr^), la quale come osserva il Cluverio,
e detta fortezza de' Volsci da Livio, nell'agro Pontino: Quam
e diver so Livius lib. I, in eddem historid, arcem, fuisse teste-
tur Volscorum, in Pomptino agro. (1. c.). Fu detta citta la-
tina dopo che al Lazio Antico fu aggiunto il Nuovo.
Finora infatti tutta la tradizione non ha mai attribuito ai
Romani la fondazione delle citta del Lazio costruite con mura
poligonali. Se poi la tradizione non si vuol amrnettere, 6
inutile fare scavi da' quali non si conferma e non si spiega
nulla. Imperocche se Norba 6 citta romana, non v'e ragione
di negar questa qualita a tutte le altre citta del Lazio co-
struite col sistema medesimo. Che se anche d'una sola si po-
tesse certificare non essere di costruzione e di tempi romani,
1 T. Liv., II, 34. Cfr. MOMMSEN, C. I. Lat. X, p. 642.
2 TIT. Liv., lib. I, aim. V. C. CCLXII a. C. CCCCXCI. Cfr. CLUV.
II Cluverio legge : quae arx in Pomptino est; r esset di Livio significa
che Norba doveva servir di fortezza perche tale la faceva la sua po-
stura. Ital. Ant. lib. Ill, p. 1019.
3 DION. HAL., A. R. lib. VII, 13.
300 DI ALCUNI CR1TERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
resterebbe salda la tradizione che i suoi popoli primitivi non
furono della stessa stirpe de? Romani, e allora ci si dovrebb^
dire a quale stirpe appartengono.
II Savignoni, come nel resto si fa palese in tutta la sua
RelazionCj & guidato dal preconcetto nella presente questione.
Dichiara infatti che alcuni « sedotti dalla esteriore somiglianza
delle costruzioni di alcune citta dell'Italia colle costruzioni
di quei luoghi (Troia, Tirinto, Micene, Greta) ban no soste-
nuto o sostengono che alle stesse genti ed agli stessi tempi
debbano attribuirsi le origini delle prime ; laddove altri piii
circospetti e piu scettici ne negano Palta antichita e riget-
tano la leggenda dei Pelasgi, della loro venuta, delle lora
fondazioni in Italia i. » Noi domandiamo alPautore non sedotto,
circospetto e scettico, il quale nega la leggenda de' Pelasgi,
della loro venuta in Italia e delle loro fondazioni, perche mai
seguiti a cercare ci6 che sa non esservi n& potervi essere..
In tutta la sua Relazione e un continue sforzo di non far
risalire nessuno oggetto, statuette, antefisse, cocci e cose so-
miglianti scoperte a Norba, di la del V secolo 2, laddove al-
tri archeologi son di opinione diversa e vi trovarono prima.
di lui oggetti delPVHL
II prof. A. Frothingham, il 10 aprile 1896, dava raggua-
glio de' suoi studii e delle sue esplorazioni su Norba, alPI..
Istituto archeologico germanico. Mostro la grande carta di
Norba, rilevata da lui e dalP ing. Cirilli che Paveva assi-
stito. Ecco le conseguenze alle quali egli giunse. Norba come
1 Cfr. Relazione citata p< 514.
2 L'autore trova de' cocci romani e campano-etruschi da per tutto 5
trova statuette arcaiche (p. 531) ma « quello che puo sembrare arcaisma
e piuttosto rozzezza di lavoro. » Dopo due strati di soliti cocci romani
alia profondita di m. 2,55 e piu, ne scopre un « terzo rossastro di terra
ferruginea, in cui si trovarono dei piccoli frammenti di vasi rozzi, ros-
sastri, che potrebbero esser arcaici, ma non presentano alcun carattere-
deciso per poterne stabilire cosi Torigine come 1'epoca. Quello che tut-
t'al piu si potrebbe dire si e, che in quest'ultimo strato non abbiamo
veduto alcun coccio specificamente romano (p. 532). » Ma se non si sa
e non si puo distinguere cio ch'e arcaico genuino dall'arcaico apparente-
o dal rozzo, con quale criterio si cerca Teta della fondazione di Norba?
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 301
tutte le citt£ pelasgiche, non sono costruite con un principio
rituale prestabilito ; v'6 assenza del cardo e del decumanus ;
non hanno forma trapezoidale ma seguono I'andamento delle
rocce sulle quali sono posate; le differenze sostanziali si de-
vono riferire ad un altro popolo o almeno ad altra influenza ;
le citta del Lazio sono Favanguardia del tipo di citta che
risale cronologicamente nella Sabina, negii Abruzzi, nell'Italia
meridionale, nella Grecia fino all' Asia Minore. II Frothin-
gham la pensa in cio come me. La data della fondazione di
Norba e dimostrata dalla sovrapposizione di tre diversi si-
stemi di struttura muraria, il piu recente de' quali non puo
essere posteriore al IX secolo. Infatti, « it would be difficult to
place the foundation of the city at a date later than the
IX century p. 209. » Confermano questa data gli oggetti da
lui trovati o acquistati sul luogo, anelli e fibule general-
mente ritenute dell' VIII sec. L'esame del cemento della ci-
sterna prova ch'esso non ha riscontro con veruna specie di
cemento romano, e le strade di comunicazione sono fatte con
un sistema del tutto diverso dall'usato da7 Romahi ].
Sappiamo che il prof. Pigorini oppose al Frothingham che
le sue scoperte si debbono al caso e sieno senza valore per -
che gli oggetti non vennero fuori da scavi sistematici ; senza
riflettere che se valessero soltanto gli oggetti provenienti da
siifatti scavi, una gran parte del Museo preistorico e Kirche-
riano e di tutti i Musei d'Europa e di America, si dovreb-
bero riputare poco pregevoli e ingombri di suppellettili e
monumenti, de7 quali non e da fidarsi. Ed in vero, gli scavi
cosiddetti sistematici, si stanno facendo da pochi decennii,
quando gia i nostri Musei e gli stranieri, erano pieni d'an-
tichita orientali, etrusche, greche e romane.
L'argomento poi della seduzione onde siamo condannati
o compatiti dal Savignoni, va contro il buon uso della ra-
gione e distruggerebbe il metodo comparativo di cui sono a
tutti note le applicazioni felici alia linguistica e alle scienze
1 Cfr. FROTHINGHAM, Notes from Italy, in « American Journal of Ar-
chaeology),, XI, 1896, n. 2. Apr. Giugno, p. 197-201.
302 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGIA
antropologiche. Quando si studiarono le piu antiche citta della
Grecia primitiva costruite a grand! massi poligoni, e furono
riscontrate con qu^lle della Cappadocia, dell'Asia Minore e
delle isole dell'Egeo, sorse naturalrnente la questione se que-
st'arte di edificare fu spontanea ovvero tradizionale ed ori-
ginaria de'popoli dell 'Asia che migrarono nel Peloponneso e
nel rettante della Grecia, come nelle isole. L'etnografia con-
fermava il fatto. Se dunque gli antichi storici e per la no-
stra questione Varrone e Dionigi d'Alicarnasso, attribuirono
a' Pelasgi le 13 citta della Sabina, non fondate da'Romani,
e noi attribuiamo loro le citt& del Lazio costruite con lo stesso
apparato ch'e del tutto simile a quello delle citta della Gre-
cia primitiva, dell'Asia occidentale e delle isole, non facciamo
che usare il metodo comparativo servendoci delle antiche tra-
dizioni storiche. Aggiungi, che se i Roniani avessero potuto
sostenere che tali costruzioni erano romane, se ne sarebbero
vantati.
Ma se mutiamo le parti e ci liberiamo dalle seduzioni,
restera sempre la questione del come, del donde e del quando
fu introdotta in questa parte d' It alia 1'architettura detta pe-
lasgica o poligonale. Essa fu ignota all' Italia settentrionale
e pero di 1& non venne nel Lazio ; dal di fuori cioe dalla
Grecia e dalle isole neppure, perche la tradizione che farebbe
venir i Pelasgi, e una leggenda che il Savignoni circospetto
e scettico nega. Non resta che fregiar di quest'arte archi-
tettonica i montanari del Lazio, come gi& opino il Pinza, stan-
teche nelle citta si fece uso del masso quadrato fatto conoscere
a Roma, secondo lo stesso autore, da' Siracusani ! Noi dopo
cio, siamo contenti d'essere stati sedotti dagli antichi storici
greci e romani e dalla ragione. Chi sia vago di conoscere
non solo Targomento della seduzione, ma quanti altri se ne
sono escogitati e scritti, potr£ leggerli ne' tre volumi da noi
pubblicati intorno Gli Hethei- Pelasgi e le loro migrazioni.
Ad altre osservazioni fatteci dal prof. Pigorini, risponderemo
appresso.
IL CAPORALE TRASTEVERINO
XV.
Dopo la pace di Tolentino.
Silenziosi, muti, costernati, pieni di affanno e di vergo-
gna, i plenipotenziarii di Pio VI ripigliavano la via di Roma
nella stessa sera de'19 febbraio, nella quale era stata decisa
la rovina di Roma, e scritta in ventisei articoli, onde si com-
poneva il trattato, ossia il ladroneccio di Tolentino, Portare
al vecchio Pontefice la notizia di una catastrofe tanto mise-
randa, annunziare alia cittadinanza romana lo spogliamento
di ogni sua cosa preziosa, la riduzione a disperata miseria....
di una citta cosi fiorente : tali pensieri si agitavano ne'loro
animi in quelFangoscioso ritorno, i quali martellando i loro
cuori di crudele battaglia, ne rendevano mute le bocche.
In quella notte e nel seguente giorno viaggiarono cosi
mesti e taciturni, traversando con la maggiore velocita che
fosse possibile le citta di Foligno, di Spoleto, di Terni, e di
Nepi : tutti i cittadini nello scorgere quelle vetture, quel ra-
pido passaggio, quel misterioso silenzio in viaggiatori di cosi
alto affare, pensavano o che il Papa era morto, o che qual-
che grande sciagura era accaduta o stava per accadere sopra
Roma e su tutto lo Stato !
Nel giorno de'22 entravano a notte inoltrata in Roma, e
tuttavia incontrarono a porta Flaminia varii incaricati delle
principal! famiglie, che stavano aspettando la notizia di vita
o di morte per la citta, affine di riferirne subito a'loro pa-
troni. I primi a presentarsi e pigliar lingua dell'accaduto
furono quelli di casa Albani, perche il cardinal Decano aveva
disposto in maniera le cose sue, che nel caso di una inva-
sione del Buonaparte, egli avrebbe preso subito la via di Na-
304 IL CAPORALE TRASTEVERINO
poll in quella stessa notte o alia dimane per tempo. A'quali ,
ansiosi pure com'erano di saper molto, monsignor Caleppi
rispose laconicamente, che la vita era serbata alia citta, ma
a condizioni cosl dure, che poco era piu morte !
Pio VI udi dalla bocca del card. Mattei il racconto rag-
guagliato di ogni cosa. Alia fine della lettura de'ventisei ar-
ticoli non pote contenere le lacrime: si raccolse un momento,
rivoltosi colle mani e col volto al Crocefisso, che teneva sulla
mensa. Quindi proferi con interrotta lentezza queste parole :
« E il sacco di Roma, praticato in nuova maniera ! Ci spo-
glieranno di tutto..., ma non saranno contenti ! Iddio sa quello
che ci e serbato ancora... Iddio sia benedetto! Iddio... li
perdoni ! »
Intanto la notizia delle ladre condizioni si era spars a
per tutta la citta, e vi aveva destato uno sgomento di morte.
Si chiusero per tutto il giorno le porte ai palazzi e alle case
principal!, come in segno di duolo cittadino. Le strade rima-
sero deserte, e il popolino qua e cola discorrendo in pochi
gruppi, andava dicendo : - - Madonna ! come sono cattivi i
giacobini! —
Solo in Trastevere si desto come un furore indiavolato.
E per le strade e sulle soglie delle porte, quei fieri popolani
andavano gridando: - - « Che mai abbiamo fatto noi per
pagar tanti milioni a' giacobini? E che se li vengano a pi-
glia !...--)) Si armarono di fatto e volevano scannare tutti i
francesi che si trovavano in Roma ! Ci voile del bello e del
buono a far loro intendere ragione ; e fu bisogno, a fine di
ridurH alia calrna, che varl preti ed avvocati dicessero loro,
che i giacobini non erano francesi !
Ben diversa scena pero e piu allegra assai svolgevasi in
quella sera medesima de' 19 febbraio nel palazzo de' conti
Parisani, nella cui sala principale era stato sottoscritto poche
ore prima il trattato galeotto.
- Questa volta i milioni del Papa sono in nostra mano,
disse Cacault a Buonaparte, il quale aveva tenuto quella sera
alia sua mensa quel minis tro giacobino insieme con alcuni
XV. DOPO LA PACE DI TOLENTINO 305
ufficiali del suo stato maggiore, e tra quest! il colonnello
Marmont.
— E il Papa puo essere contento, rispose Buonaparte, gli
abbiamo fatto grazia di una visita al Campidoglio...
— E di una qualche sorpresa, interruppe il Marmont, non
forse sgradita, alia Costanza Falconieri, duchessa di Nemi.
— E meglio ancora alia costei zia, principessa Santa-
croce, osservo il Cacault.
— Ho capito, riprese Buonaparte alia volta del Marmont,
tu vorresti fare una visita a Roma, per attirarti gli sguardi e
le grazie di qualche aristocratica romana dalle calze turchine.
Non ne mancano a Roma, non e vero, cittadino Cacault?
— Di cotesta genla femminile, cittadino generale, rispose
Cacault, non c'e scarsezza in Roma, come in tutte le altre
citt&. Badi pero il colonnello Marmont, che non gli abbiano
a far gola altre calzette, che non sieno le turchine ; perche
potrebbe darsi il caso, che cercando egli di cotesta merce
nel popolo dove si trova migliore, non facciano poi a lui tur-
china la pelle...
— Oh! interruppe ridendo il generale, non ci manche-
rebbe phi che questo ! Cio che non fecero le baionette au-
striache, che te lo abbiano a fare gli spilloni delle Trasteve-
rine, o il coltello di quattro assassini di Basse ville... !
— Eppure e cosl, riprese Cacault. Non ho mai incontrato
in nessun luogo della terra donne cosi seducenti come in qual-
che rione di Trastevere, ma insieme cosi fanatiche e super -
stiziose
Ma il Buonaparte aveva rivolto il pensiero a cose piii serie,
che a coteste sciocchezze, nel tempo stesso appunto che vi
aveva applicato una particella minima della sua attenzione.
Quindi, fatto chiamare di botto un secretario, e alzatosi e
passeggiando, appena venuto quello, gli dice : — « Cittadino
secretario, scrivete — e gli detta su due piedi la seguente
lettera per il Papa Pio VI :
Tr^s Saint Pere, je dois remercier Votre Saintete des
Vhoses obligeantes contenues dans la lettre qu'elle s'est donn£
la peine de m'ecrire.
Serie XVIII, vol. JX, fasc. 1263. 20 28 gennaio 1903.
306 IL CAPORALE TRASTEVERINO
La paix entre la RgpuUique francaise et Votre Saintetg-
vient d'etre signee ; je me felicite d' avoir pu contribuer a
son repos particulier. . . La R£pul)lique francaise sera?
fespere, une des amies le plus vraies de Rome.
J'envoie mon aide de camp, chef de brigade, pour expri-
mer a Votre Sainted I'estime et la v£n£ration parfaite que
fat pour sa personne; et je la prie de croire au dd sir que
fai de lui donner, dans toutes les occasions, les preuves de
respect et de veneration, avec lesquelles fai rhonneur d'etre
son tres-ob&issant serviteur
BONAPARTE.
Finite .che ebbe di dettare, rivolgendosi al Marmont,
gli dice :
- Cittadino Colonnello, partirete domattina per Roma,
portatore di questa lettera al Papa. Piglierete con voi due
vostri ufficiali Giuliano e Carlo. Potrete stare in Roma quin-
dici giorni... poi ritornerete al quartier generale di Man-
to va, dove troverete i miei ordini. —
Quegli prese la lettera, saluto, e parti. ..%
Rimasto quindi solo col Cacault : — Quegli imbecilli,
disse, hanno voluto provocare le folgori dell'esercito della
repubblica. Avevo in ammo di finirla col Papa e co' cardi-
nali, ma non reputo la pera per anco matura. II popolo ita-
liano e un popolo molle, super stizioso, pantalone, vile, l :
Ditemi, cittadino ministro, si trovano in Roma uomini ma-
turi per la liberta?
- Cittadino generale, rispose Cacault, di uomini onesti
e di qualche conto, che siano fautori od amici di cotesta li-
berta, io non ne conosco nessuno.
— E il marchese Vivaldi?
— E una testa bruciata, cattivo massaio, cattivo marito,
cattivo cittadino.
- E il chirurgo Angelucci?
- L'ostetrico Angelucci non gode nessun credito, per
pochi baiocchi venderebbe il bisturl come Tanima propria.
1 Correspondance..., Ill, n. 369.
XV. DOPO LA PACE DI TOLENT1NO 307
— E Ascarelli 1'ebreo ?
— E un mercante, che ha buoni denari. Costui puo ren-
dere de' servizii alia liber ta, ma bisognerebbe che deponesse
prima lo sciamanno !
- E il principe Santacroce ?
— Quello, cioe dire la moglie sarebbe de' uostri. Ha due
iigliuoli, che sono stati educati all'mglese, ma passano per
buontemponi e buoni a nulla. Del resto, stando lontano Azara
da Roma, non c'& da contar nulla su di costoro.
— Ho gia scritto ad Azara, che ritorni presso al Papa,
r opera sua essendo necessaria in Roma. -
Cacault non rispose nulla a questo partito ; anzi si mostro
impassibile e freddo. Ed il generale proseguendo :
- E i detenuti per opinioni politiche, de' quali abbiamo
ottenuto la liberazione coll'articolo decimonono del trattato,
sono gente di qualche speranza?
— Sono si puo dire la schiuma delle galere di Civita-
vecchia... —
A queste parole il Buonaparte si morse il labbro per rabbia:
per uomini di quella fatta aveva egli adoperato 1'autorita
sua, e imbrattato di quei nomi il protocollo di un solenne
trattato !
— E tra gli artisti ?
— Gli artisti dell'accademia di Francia sono tutti fautori
di patriottismo e di liberta, ma non hanno prudenza, e ado-
perano volentieri misure violente. Tra i romani ce ne sono
alcuni piii giacobini di noi. Tali Ceracchi e Petracchi sta-
tuarii, ed un tal Casella architetto sono uomini pericolosis-
sirni, capaci di tutte le violenze... Un tal Corona, medico
napoletano...
- Appunto questi tre sono ora a Parigi. Mi scrive Sainte
Croix, che secondo le loro relazioni io dovevo condurre 1'eser-
cito a Roma, ch'essi s'incaricavano di farci avere molto piii
di trenta milioni, e che se fossimo entrati in Roma il popolo
vi avrebbe acclamato la fine della superstizione e la procla-
mazione della repubblica.
308 IL CAPORALE TRASTEVERINO
— Cittadino generate, grande error e si sarebbe commesso^
se 11 nostro esercito camminava sopra Roma. I nostri veliti
piu veloci non si sarebbero appena fatti vedere sulla via
Cassia, colk dove la Nera mette bocca nel flume Tevere, che
gia il Papa e i cardinal! e buona parte de'principi e principesse
romane, avviatisi lungo la via Appia col piu e col meglio delle
loro cose preziose, si sarebbero trovati ne'campi della Campa-
nia vicino a Napoli. E allora i milioni, Cittadino generate,,
bisognava che ce li procurassimo tinti del sangue del po-
polo... E poi, chi potra dire che cosa sarebbe accaduto se
il Papa..., m' intendete?...
A quelle parole, il Buonaparte si fece livido e nero come
un grano di pepe ! E scagiiando la mano, disse furioso :
— Se il Papa predicava la guerra di religione, e se i
popoli romoreggiavano al suono delle campane, io vi dico,
cittadino Cacault, che avrei fatto tale strage di uomini e di
donne, di preti e di frati e di monsignori, che le acque del
Tevere ne avrebbero portato il sangue insino al mare !
— Ma i milioni, Cittadino generale, non li avreste avuti
cosi alia lesta. E poi, se allora si moveva Napoli, se rincor-
revano gii Austriaci dell'arciduca Carlo, se si commovevano
le popolazioni di tutta Italia, se sonavano i vesperi e si ri-
cantavano le antifone a colpi di coltello, di fucilate e di can-
noni dal Vesuvio alle Alpi marittime, chi puo dire che cosa
saria accaduto? Credetemi, Cittadino generale, e necessa-
rio che ci asteniamo da'mezzi violenti, massimamente con
Roma... II Papa e la... E per ora quell'ombra 6 ancora lunga!
— Ma anch'io 1'ho fatto capire a quegl' imbecilli del Di*
rettorio, i quali vorrebbono vedere distrutti e Papi e papata
come con un colpo di sciabola...
— Cattivo sistema !
— E quale sarebbe il vostro, voi che conoscete Roma e
il Papa?
— Cittadino generale, « la rivoluzione non deve comin-
ciare in Roma. Con la perdita delle Province, Roma e gi&
ridotta agli estremi. II pagamento di trenta milioni pattuiti
XV. DOPO LA PACE Dl TOLENTINO 309
col trattato di Tolentino, dopo tante perdite antecedent!, ha
cavato tutto il sangue dalle vene di QUESTO VECCHIO CADAVERE.
Noi lo facciamo morire a fuoco lento : esso cadra da se me-
desimo... »
- Quattro ufficiali del mio esercito, succedentisi a muta
in pochi mesi, che accorrano in Roma sotto pretesto di vi-
sitare i monumenti, potranno sollevarvi tale una fiammar
che la consumi piu presto.
— Non la credo buona via quella di una rivoluzione. « I
rivoluzionarii, affrettandosi, altro non otterrebbero se non
se di sollecitare un effetto, il quale succederebbe da se lento,
ma sicuro. Intanto per 6 non apporteranno se non danni, e
forse il risico dell'esito stesso... Ma io penso, che voi vo-
gliate mantenere la tranquillita in Roma. Prestatevi a cio,
Cittadino generale, e voi vedrete che tutto quello che noi
possiamo desiderare filosoficamente, accadra da se *, in virtu
del pendio o dell'inerzia naturale in cui sta barcollando la
carcassa del vecchio cadavere romano! »
— Questa e fllosofla ! Ma ora i filosofi sono tutti ideolo-
ghi, e gli ideologhi sono tutti pazzi. Domani partirete per
Roma, ed ivi attenderete al riscuotimento delle somme do-
vute dal Papa ; tutto 1'oro sia portato in Foligno al generale
Victor, o a me al quartiere generale di Milano, dove lo tra-
sportero e dove mi rechero io stesso, quando avro finito di
respingere le soldatesche austriache nelle Alpi Tirolesi. Ba-
date bene, che non vada ne oro ne argento in mano di Hal-
ler, senza vostra e mia facolta, data per iscritto.
II Cacault inchino la testa, in segno di assentimento.
- Spero, soggiunse il Buonaparte, che il Papa intendera
dalle parole della mia lettera, che il cardinale Busca non 6
il segretario di Stato, che gli convenga in queste circostanze.
Quel cardinale 6 nemico della repubblica... Va sostituito col
cardinal Doria, o con qualche altro, che abbia sentimenti si-
mili a quelli del cardinale Mattei. A ogni modo lo farete
1 Correspond, ined., Ill, 281.
310 IL CAPORALE TRASTEVERINO
intendere... a parole, senza scriver nulla. Che ve ne sembra
del cardinal Doria?
- E 1'uomo, che ci occorre.
— Per ultimo, tenete d'occhio i partigiani dell'Austria,
che sono gli Albani. L'esercito papale sia ridotto allo stato
di prima ; e sopratutto, badate bene che non venga in Roma
nessun ufficiale austriaco. Roma e il Papa debbono essere
cosa nostra, o essere distrutti ! Buona sera, cittadino ministro !
— Buona sera, cittadino generale !
XVI.
Una notte a Tolentino.
Appena uscito Cacault, il generale Buonaparte liiessosi
a, passeggiare solo nella gran sala, dov'egli poco prima aveva
fissato le sorti di Roma, si caccio con movimento repentino
la mano sulla fronte, esclamando tra un passo e 1'altro :
- Quel Cacault 6 una zucca bretona ! Ci6 ch'egli si e cac-
ciato una volta dentro a quella zucca, non c'6 diavolo che
valga a cavarnelo fuori. Ma io cavero lui di Roma... Prima
pero 6 strettarnente necessario che egli ne spilli que' pochi
milioni, che il Papa ci deve... E un piccolo salasso, che in-
sieme con 1'umore giallo che uscira dalle vene di quel vecchio
cadente, gli togliera la baldanza e la pazza ostinazione di
opporsi ai voleri della repubblica francese. Ora nello spillare
quelForo a oncia a oncia, Gacault vale tant'oro di cop-
pella... -
Piglia quindi la penna, e scribacchia un dispaccio a Barras,
uno del sinedrio del quinquevirato parigino, suo grande amico
e protettore per parte della Giuseppina Beauharnais, moglie
civile di lui e civile arnica del primo : — Credo utile agli
interessi della patria, cittadino direttore, che Cacault sia tra-
sferito a Firenze. In Roma, per adempiere i disegni signi-
ficatimi dal direttorio, si richiede un uomo da' sentimenti
patriottici piu spiccati. II cittadino Giuseppe Bonaparte sa-
rebbe I9 uomo. Rispetto e fraternita. Bonaparte. —
XVI. UNA NOTTE A TOLENTINO 311
E da parte sua, nell'uscire dal palazzo de' Parisani per
recarsi a quello de' Guerrieri, dov'egli alloggiava, il Cacault
riandando a mente fredda le parole del generalissimo del-
1'esercito giacobino in Italia, andava pensando tra se e se :
- Costui ha certi lampi in quella sua testaccia corsa, che
sembrano esservi balenati da Satanasso. Ma che potenza
d'intuito! che energia di potenza! che torrente di energia
scorre per entro a quel cerebro ! Se si lasciasse guidare...! Mar
per me son deciso. Riscuotero quelle somme, e non usero mise-
ricordia con quegrimbecilli di chiercuti. Ma poi ne ho abba-
stanza! Cavato quel sangue, dico che basta... Non rimane
piii che la linfa... Ed io di macchie di sangue... e di linfa
pretina, non ne voglio piu... Se ne imbrattino essi a loro
talento le mani e i grugni... Io non ne voglio piu... » —
Fatto quest! pensieri, era gia nella sua stanza, dove ap-
pena giunto butto il cappello con impeto sopra una sedia, e
si caccio nel letto, dove presto si addormento come una be-
stia che si adagia sullo strame.
In quella che anche il Buonaparte si acconciava al riposo,
il suono della campana della vicina chiesetta squillando a
chiari rintocchi nell'aere sereno della notte invitava i citta-
dini di Tolentino all' ultimo atto cristiano della giornata... II
Buonaparte si senti come una scossa... Porto la niano alia
fronte, e macchinalmente vi segno il segno della croce im-
paratogli quand'era fanciullo dalla madre.
... Si scosta dal letto, si rimette a passeggiare a passi
lenti nella camera, soffermandosi a quando a quando. E riando
nella memoria la sua casetta di Aiaccio e T immagine della
sua famiglia. In quella sua casetta di Aiaccio, la sera colla
madre, collo zio arciprete, con le sorelle si parlava del mar -
tirio di S. Giulia, fanciulla innocente fatta morire nell' isola
di Corsica dal barbaro Barbato, perche non voile sacrificare
agli dei, e preferl il martirio allo spergiuro... Egli fanciullo,
rubesto e meditabondo, ardeva di sdegno contro il tiranno
romano... Ed in quella sonando la campana della chiesa,
dedicata a quella santa, tutti si raccoglievano intorno alia
312 IL CAPORALE TRASTEVERINO
madre pregando in comune. Ed ora... chi sa? II Papa e in-
nocente, innocente la popolazione di Roma... S. Pietro di-
cono che fu il primo de' Papi che soffri il martirio in Roma
da Nerone. E Nerone mori abbandonato da tutti ne' suoi
giardini accanto a .via Flaminia, mentre in Roma soldate-
sche forestiere levavano sugli scudi un nuovo Cesare. La ca-
rogna di Nerone messa in terra .da un suo liberto, attiro sulla
falda del Pincio uno stormo di corvi, che si dicevano venuti
dair inferno... E S. Pietro torreggia tuttavia sul colle Vati-
cano...! Roma, Nerone, S. Pietro... erano immagini che gli
ingombrarono la fantasia, e gli commossero il sangue nelle
vene cosi fieramente, che il cuore gli batteva forte, e Tagi-
tazione gli faceva menare passi concitati e rapidi...
Come per uno sfogo, si accost a alia finestra e ne apre le
imposte. L'aria spirava fredda, la notte colle grandi ali nere
copriva le case e le campagne di tenebre e di silenzio... Lo
sguardo gli corre sul cielo, dalla cui volta azzurra scintil-
lavano le stelle... Su quell'alto cielo, italiano, nel lembo che
£ chiuso dalle vette Appenine verso occidente scorge il pia-
neta Giove, che nel sereno di quella notte mandava come
strisce di luce viva, la quale diffondendosi per Taltissimo
spazio rischiarava diradando gradatamente T immenso velo
della notte. A quell'aria, a quella vista gli si sgombrano dal-
ranima le immagini di Aiaccio, di Roma, di Nerone, di
S. Pietro; ed esclama subito: — « Ecco la mia stella! E
la stella di Montenotte, di Lodi, di Arcole ! »
Richiude la finestra, e con le immagini dell'austriaco
Wurmser, di Mantova liberata, di Alvinzi sconfitto, e del-
1'arciduca Carlo che si avvicinava tra Tlnn e TAdige tiro-
lese si caccia in mezzo alle coltri, e dormi subito profondo
sonno.
XVII.
II nuovo sinedrio della Senna.
Congiurati allo sterminio di Roma, cio torna a dire di
Pio VI o meglio ancora della stessa istituzione del papato
XVII. IL NUOVO SINEDRIO BELLA SENNA 313
romano, si maneggiavano con diversi mezzi, da lontano e da
vicino, col consiglio e colle opere, quattro different! specie
di avversarii.
II direttorio di Parigi, ossia il governo della repubblica
giacobina, considerava Roma come la cittadella della rea-
zione monarchica, dentro la quale dimorava Teterno nemico
della rivoluzione. Pio VI aveva sostenuto e lodato il clero
francese, il quale nella massima parte si era ricusato di pre-
stare il giuramento alia costituzione scismatica della repub-
blica ; Pio VI con atti solenni, prima secreti e poscia pubblicir
aveva colpito di tutta la forza della Sede apostolica con alto
biasimo la costituzione della repubblica, e condannato quei
pochi vescovi e preti, che le avevano prestato il giuramento;
Pio VI aveva accolto in Roma e trattato regalmente le so-
relle del re Luigi, Vittoria e Adelaide, fuggite da Parigi e
scampate alia mannaia ; Pio VI aveva celebrato solenni ese-
quie alia memoria del re sfortunato, nel cui sangue la re-
pubblica giacobina aveva tinto il panno, onde'si cingeva le
spalle; Pio VI non aveva voluto ricevere in Roma gli am-
basciatori rappresentanti di una repubblica sanguinaria, e
quindi nella sua maniera non ne aveva riconosciuto la legit -
timita di governo.
Erano questi altrettanti aggravamenti, che agli occhi del
direttorio parigino apparivano come capisaldi di ostilita di-
chiarata contro Roma, e davano a' direttori del governo al-
trettanti motivi piu che sufficienti per guerreggiare e sco-
ronare il sovrano di Roma. La morte di Ugo Bassville arreco
loro il motivo ultimo impellente di dichiarazione di guerra.
Coteste ragioni, sebbene strettamente proprie del lupo a
cui 1'agnello intorbidava le acque, non erano tuttavia se non
apparent!, e versavano in un ordine d'interessi umani.
Ma tra il governo del direttorio della Senna ed il Papa
romano passava un'altra ostilita piu profonda, piu cupa, piu
arcana, e addirittura inconciliabile, perch6 fondata in una op-
posizione di principii e di massime, tra s6 inconciliabili eter-
namente. La costituzione della nuova repubblica faceva tabula
314 IL CAPORALE TRASTEVERINO
rasa delle leggi di Dio e delle leggi della Chiesa : nel pro -
tocollo delle sue leggi Iddio e la Chiesa erano scomparsi !
Al decalogo e al Vangelo era successa la dichiarazione dei
diritti dell'uomo, ossia deH'affrancamento di tutti gli uomini
da ogai obbligo cristiano: libero il culto pubblico a Dio o al
diavolo, libero il mogliazzo bestiale tra 1'uomo e la donna, e
libera la dissoluzione del vile pateracchio. Non piu messa,
non piu sacramenti, non piu sacerdozio, non piu suono di
campane, non piu feste, non piu settimane, non piu dome-
nica... le istituzioni cristiane erano precipitate in un profondo
abisso, dove turbinavano in una violenta miscela il giusto
e 1'ingiusto, il sacro e il profano, la legge e il libito. Era
11 regno della liberta! Era la distruzione della religione cat-
tolica, per legge, per principio, per base della nuova gallica
costituzione civile!
Ora cotali massime il direttorio della repubblica intendeva
benissimo, che Colui, il quale ha ricevuto da Gesu Cristo
il deposito della fede cristiana, e 1'obbligo d' insegnarla alle
nazioni tutte della terra, e di patrocinarla a costo eziandio
del proprio sangue, il Papa cotali massime non le appro-
verebbe giammai!
Per questo appunto ilPapa, cioe non 1'uomo che era Papa
Braschi, ma la sua persona papale, come quella nel cui cuore
s'incentrava la stessa religione cattolica, era considerate
€ome ii nemico della repubblica giacobina. E per questo la
repubblica giacobina aveva deciso di distruggere il papato,
o, che 6 lo stesso, di distruggere la religione cattolica, che
nel Papa s 'impersonava, ! Ossia con un colpo solo abbattere
Papa, papato, religione cattolica !
Per cinque interi anni la liberticida repubblica covo nel
suo seno lo scellerato divisamento, spiando le occasion!, con-
sultando le circostanze, minacciando, dissimulando, promet-
tendo e mentendo a tutto spiano: simile all'assassino, che
postosi all'agguato in un canto del bosco, tende 1'occhio alia
vittima, aspettandola al varco per vibrarle piu sicuramente
la pugnalata !
XVII. IL NUOVO SINEDRIO BELLA SENNA 315
Infine nel febbraio del 1797 credette giunto il tempo di
cavare alia luce il parto maturate oramai per cinque anni
di gestazione ! In quel punto di tempo 1' Austria stava per
entrare in trattative di pace, la Spagna era aggiogata al
carro repubblicano, 1'Italia calpestata dagli stivali de' giaco-
bini. Chi poteva fiatare contro 1'invasione di Roma e la cat-
tura del Papa! Forse Napoli? Ma in parte era di balla col
direttorio, in parte era tenuto a bada! Forse la Toscana?
Era come a dire gia nelle mani dell'esercito giacobino, tra-
lasciando di parlare della sua impotenza, della sua neghit-
tosa paura, e delle sue intese con Napoli e con Vienna.
Quando dunque il Buonaparte stava per movere alia glo-
riosa impresa della conquista di Roma, il direttorio di Parigi
gli delineo le seguenti norme circa il trattamento da usare
verso Roma. La letter a 6 de' 3 febbraio 1797, e fu scritta
di mano del quintumviro Rewbell. E un monumento da stam-
parsi a lettere di fiamma!
II direttorio esecutivo al cittadino Bonaparte.
Parigi, 3 febbraio 1797.
« II direttorio esecutivo considerando tutti gli ostacoli che
« si oppongono alia stabilita della Costituzione francese, si
« e accorto che il culto romano e quello, di cui i nemici della
« liberta si potranno servire pel futuro a nostro maggior danno.
« Assueffatto come siete, cittadino generale, a ponderare
« le cose, avrete certamente riconosciuto non meno di noi,
« Che LA RELIUIONE ROMANA SARA SEMPRE IL NEMICO INCON-
« CILIABILE DELLA REPUBBLiOA : primieramente PER LA SUA
« STESSA ESSENZA 1 ; ed in secondo luogo, per che i costei pro-
« seliti e ministri non le perdoneranno mai le ferite ch'essa
« ha inflitte alle fortune e al credito de' primi, ai pregiudizii
« ed alle abitudini de' secondi.
« Qui in Francia il governo non manchera certamente
1 ...Que la religion romaine sera toujours 1'ennemie irreconciliable de
la republique, d'abord par son essence... Corresp. in&d., II, 439. Cf.
p. 518, 543.
316 IL CAPORALE TRASTEVERINO
<( di poire in opera i mezzi opportuni a fine di annientare
<( a poco a poco T influenza della religione cattolica : alia
« scelta e all'applicazione de' quali mezzi il governo diri-
« gera Toper a sua.
« C'e perb un punto, il quale forse non £ meno essen-
« ziale per giungere al conseguimento di detto fine: ED E
<( IL DISTRUGGERE, SE SI PUO, IL CENTRO DELL7 UNIT A ROMANA !
« A voi, che fin qui sapeste accoppiare alle piu segnalate
« doti di uomo di guerra quelle eziandio di valente politico,
<( s'appartiene il compiere questo desiderio, qualora lo giu-
<( dichiate cosa praticabile.
« II direttorio esecutivo v'invita dunque a fare tutto quello
<( che sara in vostro potere a fine di distruggere il governo
« papale, badando tuttavia a non porre a risico la sicurezza
« del vostro esercito, a non privarvi degli emolument! che
« ne possiate cavare per la sua conservazione e pel servizio
<( della repubblica, e a non riaccendere in Italia le fiamme
« del fanatismo.
« A ogni modo, sia che riduciate Roma sotto il dominio
<( di un'altra potenza, o, meglio ancora, che vi stabiliate una
« forma di governo che renda disprezzabile e odioso il go-
« verno dei preti, adoperatevi di maniera, che il papa e il
« sacro collegio non possano concepire speranza di mai aver
« sede in Roma: che vadano a cercarsi un asilo in qualsiasi
« luogo della terra, o almeno che non abbiano piu potenza
« temporale di nessuna sorte. »
Tale era il divisamento del direttorio esecutivo della re-
pubblica francese una ed indivisibile ! E perfettamente uguale,
per non dire identico, a quello del sinedrio giudaico di Geru-
salemme, nel quale Caifasso ed Anna decisero la morte di
Gesu Cristo, da eseguirsi tuttavia con prudenza e con cautela,
ne forte tumultus fieret in populo !
Cosi ammaestrati dal sinedrio parigino quinquevirale, che
teneva nelle mani le redini del cocchio repubblicano, Cacault
« Buonaparte attendevano a dare esecuzione a quelle norme,
applicandole per6 ciascheduno secondo la propria maniera
•di vedere. Concord! entrambi nel fine, dissentivano nell'uso
XVII. IL NUOVO SINEDRIO BELLA SENNA 317
de' mezzi da adoperarsi per giungere di quel fine al bramato
conseguime nto .
Per il Cacault Roma era una vacca grassa : bisognava
mugnerla fino al sangue, spellarla e scornarla e scheletrirla,
cacciandole addosso se occorresse magari tutti i tafani delle
maremme pontine, ma non ammazzarla per mano altrui. In
quella vece giiidicava conveniente e migliore il partito di
lasciarla morire di morte naturale, cio& per ispossatezza pro-
pria : il che non poteva fallire, dopo ridottala a tale stato !
Al Buonaparte Roma appariva siccome la gallina dalle uova
d'oro. Suo disegno era di strappare a quel raro volatile tanta
copia di quel prezioso metallo, quanta bastasse ad indorare
i musei di Parigi, ad ornare i palazzi de'suoi fratelli e co-
gnati, e ad ingemmare i petti de' suoi generali, i polsi e le
orecchie della moglie e delle sorelle, i colli e le braccia
delle donne dei gallonati giacobini. E poscia, affinch6 la gal-
lina non facesse sentire nessuno schiamazzo, darle la morte,
chetamente torcendole il collo, e finalmente pigliar possesso
delle sue piume!
In cio si distingueva dal Cacault.
Cacault, dopo smunta la vacca e dissanguatala, la voleva
conservata in vita. II Buonaparte invece voleva togliere di
mezzo la gallina, che non aveva piii oro nelle ovaie.
Tra i due, il Cacault ebbe causa perduta. Egli fu reputato
troppo onesto ! E per questo delitto, quando Roma ebbe pa-
gato i milioni fino air ultimo quattrino, il Cacault fu richia-
mato, e venne trasferito a Firenze verso gli ultimi di agosto
del 1797!
Gli successe in Roma siccome rappresentante della Francia
giacobina, il fratello maggiore del generalissimo dell'esercito
giacobino, ossia Giuseppe Buonaparte.
XVIIL
Gli eroi patriottici.
A cotali avversarii esterni, pei quali il delenda Roma
era divenuto un motto piu sacro che il delenda Cartago per
318 IL CAPORALE TRASTEVERINO
Tantico Catone, si aggiunse un quarto nemico, che era cre-
sciuto nelle stesse viscere della patria!
Ad un tale nemico ne' tempi antichi si dava il nome di giuda
iscarioto, e la dovuta ricompensa era quella della galera o
della forca.
Ma piii tardi, dopoch6 I'orizzonte d' Italia, e quello di
Roma si furono illuminati della luce piovuta loro addosso
dall'Oriente di Parigi, le cose presero nuovo giro e nuovi
normi. Ed e fama, che una bella mattina Pasquino fece sapere
a Marforio, qualmente, per 1' illuminazione della nuova luce,
insieme co" tempi erano cambiati i costumi ; e che ad uomini
che avevano il merito della galera o della forca era riser -
vato il nome di patriotta, e che la loro immagine a nuova
cultura del popolo doveasi conservare, stamparsi nel marmo^
e cosi in pelle ed ossa marmoree erigersi a pubblico spet-
tacolo sopra i piedestalli.
Marforio non rispose nulla in scritto quella mattina, ma
dicono che ridesse con grande rum ore ; e che nell'atto di
mutarsi le mutande, strepitasse solo colla trombetta del dia-
volo dantesco, in segno evidente della mutata natura delle
cose ! Cosi novellava il popolino.
I portatori di quel nome, per verita pochissimi in Romar
non appena ebbero sen tore del muoversi che farebbe 1'eser-
cito giacobino contro il Papa e contro Roma, che subito
adunatisi a consiglio deliberarono di cavar vantaggio dalla
comune sciagura, e decisero varii partiti acconci alia cir-
costanza, dando a' varii varie incombenze da disimpegnare
in diverse citta, a fine di mettersi in intesa cogli amici, e
da essi pigliar lingua, consigli, e denari.
L'ebreo Ascarelli si porto ad Ancona, col pretesto di mer-
canteggiare; Tostetrico Angelucci, col suo titolo di dottore
chirurgo si reco nella Romagna ; il banchiere Castelli prese
la solita via di Civitavecchia, dove aveva casino ed affari,
e corrispondenza secreta co* condannati di quelle galere ; il
marchese Vivaldi corse a mettersi alia disposizione dell'eser-
cito invasore , dandosi in mano al generale Victor sic-
XVIII. GLI EROI PATRIOTTICI 319
»
come spia ; e il duca Bonelli ritnase a custodire le ciancia-
fruscole del corredo massonico della loggia rornana... deserta !
Un piccolo gruppo s'mcammino di nascosto alia volta di
Parigi, a fine di mettersi in immediata coniunicazione collo
stesso direttorio della Repubblica, e pigliarne T imbeccata
del nuovo verbo per il nuovo volgere delle cose che vede-
vano prossimo a terminare e mettere capo nella catastrofe
del governo del Papa, ch'era la meta alia quale s'appun-
tavano i nobili desiderii del patriottismo dei nuovi Giuda.
Decurione di quel glorioso drappello era un certo Petrac-
chi, uno de' rarissimi romani che fossero ascritti alia loggia
de' Sinceri amid, eretta nell'anno 1788 in via Felice in qua
del palazzino Zuccari nello studio .lei pittore francese Le Belle.
La moglie di lui, o parente, certa Dinda Petra.cchi, lo aveva
abbandonato nel 1790, per seguire a Venezia il marchese Vi-
valdi, massone della medesima loggia in grado di maestro.
Del quale marchese massone, la moglie Giacinta Capizucchi-
Vivaldi trescava con altro massone forestiere ; egli poi, appena
fu preso ed incarcerato il famoso Cagliostro, col quale era di
balla, era subito subito spulezzato da Roma.
Col Petracchi avevano preso la via di Parigi certo Ca-
sella, architetto spiantato, e lo scultore Ceracchi, con un
altro socio, quarto fra cotanto senno, di cui non ho rinve
nuto il nome, e che chiamero rinnominato, il quale era una
spia del governo romano !
Costoro, verso il mezzo del mesedi marzodiquest'anno 1797,
trovavansi in colloquio con uno de' cinque magni viri del di-
rettorio, che ho ragione di credere che fosse il ministro per
le relazioni estere, di nome Delacroix.
A costui il Petracchi espose la sua missione, quella cioe
apparente d'intercedere per la conservazione in Roma delle
statue compromesse nel nuovo trattato di Tolentino, in nome
del popolo romano ; e la vera, ossia di chiedere aiuto di con-
siglio, di denaro, e di uomini per la proclamazione in Roma
de' diritti deiruomo, oltraggiati dalla tirannide papale!
Tolgo questo colloquio dalla deposizione officiale di uno degli
attori, ossia dell'Innominato, presente a quell'ignobile scena.
320 IL CAPORALE TRASTEVERINO
II Delacroix chiese al Petracchi « se avesse una patente,.
che indicasse un potere datogli dal popolo. » Cui il Petracchi
rispose :
— Non rabbiamo possuta avere, perche in Roma non si
puole levare ancora la testa a nostro modo. E se il popolo
potesse una volta sola dare un piccolo atto autentico per
scritto, addio il Papato in eterno!
« Ci eravamo riuniti fra molti amid di nascosto del go-
verno. Tutti dicevano, che conveniva par tire per Parigi^
ma nessuno si presentava di buona voglia; ed allora s\ io^
che Casella ci offrissimo di partire a nostre spese. Ma prima
fu fatto in maniera di insinuare al popolo di non far sor-
tire alcuna cosa da Roma: ed infatti ci accorgessimo, che
aveva I'istessa intenzione.
« Siamo partiti con una grande secretezza, perche se si
fosse scoperto il nostro progetto, ci avrebbero career ato.
« E sopraggiunto nel momento della conversazione Cerac-
chi scultore, il quale tornava da un abboccamento avuto col
Carnot; egli disse a Petracchi:
« La bug...ata e fatta! anno ricevuto cinque millioni a
conto, e non v'e pin speranza (volendo dire, che le truppe
vadino a Roma). Fa dal canto tuo presso Carnot do che
potrai per impedire la partenza delle statue e de' quadri. »
Fu quindi chiesto a Petracchi « se sperava in breve ve-
dere una rivoluzione in Rorna. » II Petracchi rispose in que*
sti termini :
« Se It francesi fossero venuti fino a Roma, sarebbe fatto
a quest'ora! E noi saressimo rientrati nelli nostri antichi
diritti, ed averessimo mandati al diavolo tutti li preti, prin-
cipiando dal Papa e tutti li Prencipi... »
Gli fu fatto osservare, che « sarebbe stato pericoloso il
ricevere i francesi in Roma, atteso do che era successo e
in Milano e in Bologna. »
-Rispose: « Questo none niente! Ci avrebbero trattata
da amici; e noi li averessimo ben ricevuti. »
— Badate pero, cittadino Petracchi, riprese il Revvbeli
XTIII. GLI EROI PATRIOTTIC1 321
(uno del cinque tirannelli del direttorio), che se succedesse
una rivoluzione in Roma, sarebbe piuttosto la iiobilta, che
la farebbe, per non essere governata dai preti.
- Siete forse matto? rispose il Petracchi. Tutti li Prin-
cipi anno o il prelato, o il cardinale in casa7 e per con-
seguenza un futuro Papa. Sono tanti piccoli sovrani; e mai
questa razza cedera, ne fara rivoluzione!
Fece insistenza su questo punto il direttore quintumviro,
osservando, che « le rivoluzioni costano del sangue ; ed in
particolare la francese ».
Con cotali osservazioni egli intendeva di cavare, come si
dice, i vermi dal naso del demagogo romano.
Rispose il Petracchi:
« Lo so! Ma vi e del sangue in Roma, che bisogna far
colare, ed e impossibile altrimenti. Evoi sapete, che la razza
nobile, e la pretina non fara mai buona lega con il popolo.
Se la pace si sottoscrive, aspetteremo Varrivo del Ministro
della Repubblica francese a Roma; ed allora con il suo
ajulo, e con quello delli pensionati dell'Accademia, e di
Officiali, che con il pretesto di veder Roma domanderanno
delli congedi alle armate, faremo sicuramente la nostra ri-
voluzione! e ci leveremo una rolta da torno e li Papi e le
loro sequele. E tempo, e tempo di sortire dalla nostra ver-
gognosa servitu, e di far vedere anche noiy che il popolo
solo e il vero sovrano! »
Questa invettiva catilinaria piacque immensamente ed
ando a sangue al cittadino arconte della repubblica giaco-
bina. Atteggiandosi tuttavia ad un'aria di Catone in zucca,
esorto « a fare attenzione di non dare nelle estremit^, » . Cui :
— E impossibile, ripet6 il Petracchi, di non spargere del
sangue! E volendo, non se ne potrebbe far di meno.
« La conversazione fini, domandandogli se contavano re-
star molto tempo in Parigi. — Rispose, che fra quindici o
venti giorni al piu sarebbero partiti 1. »
1 Tutta questa conversazione e tolta ietteralmente dall'Archivio Va-
ticano, Italia Appendice Epoca napoleonica, vol. XI, Fascio G.
Serie, XVIII, vol. IX, fasc. 1263. 21 30 gennaio 1903.
KIVISTA DELLA STAMPA
NOTE PATRISTIGHE.
1. La Doctrina XII Apostolorum nella liturgia di G. SCHLECHT. — 2. La
nuova edizione del Patres Apostolici di F. S. FUNK. — 3. La Bi-
bliotheca Patrum edita da G. VIZZINI. — 4. La traduzione italiana
della Patrologia di 0. BARDENHEWER per cura di A. MERC ATI.
1. Come abbiamo annunciate a suo tempo *, il ch. prof. Schlecht
ebbe la fortuna di scoprire in un codice del sec. XI, gia del celebre
monastero di Frisinga ed ora appartenente alia Biblioteca di Monaco,
1'antica versione dei primi sei capitoli della Didache. JSTe fece subito
communicazione al Congresso degli scienziati di Monaco nel 1900
e poco staute ne pubblico- il testo, riservandosi d'illustrare la sua
scoperta con uno studio speciale, uscito% alcuni mesi or sono e che
qui presentiamo ai lettori 2. Cosa singolare ! Quel codice, che e un
omiliario con alcune poche officiature liturgiche, era stato veduto,
esaminato, citato da parecchi scienziati. Di piu il prof. F. S. Funk,
avendo scoperto nel 1886 in un codice di Melk, che e pure un
omiliario, un piccolo frammento latino della Didachej avverti gli
eruditi della grande probabilita che si aveva di scoprire nei libri
liturgici e piu in particolare negli omeliarii altri vestigi di quel-
1'antica versione 3. Eppure nessuno si era finora accorto del prezioso
oimelio che conteneva il codice di Frisinga, e lo stesso prof. Schlecht
vi si imbatte per puro caso, cercando in quelle pergamene se vi
fosse un antico inno di S. Lamberto che per altri suoi studii occor-
revagli. I citati capitoli della Didache col proprio loro titolo de
1 Vedi Civ. Gait. XVIII, 3 (1901), p. 205-207.
2 Doctrina XII Apostolorum. Die Apostellehre in der Liturgie der
katholischen Kirche von JOSEPH SCHLECHT, Doktor der Theologie und
der Philosophic, A. 0. Professor der Geschichte am kgl. Lyceum zu
Freising. Mit 3 Tafeln in Lichtdruck. Freiburg i. B., Herder, 1901, 8 gr.
XVI-U4 p.
3 Cfr Theol. Quartalschrift, 1886, p. 655.
RIVISTA DELLA STAMPA 323
Doctrina Apostolorum stanno verso la fine del codice, sono in forma
di omelia e quindi con una speciale chiusa dossologica, e vengono
immediatamente dopo un'altra omelia con questa scritta: Ineipit
ad (sic) Amonitio S. Petri sive praedicatio sancti Bonifatii ep. de
abrenuntiatione in baptismate. La previsione del Funk si e cosi pie-
namente avverata.
L' opera dello Schlecht e tutta intesa nell' illustrare la nuova
scoperta. Pero il ch. Autore premette in un primo capo la storia
della scoperta della Didache, fatta dal metropolita Bryennios, ed
espone brevemente la natura ed il carattere dello scritto e le con-
troversie che nacquero traj dotti, particolarmente intorno I'eta e
1'unita della composizione. Cid gli porge occasione di dire assai
nettamente il suo parere intorno ambedue questi punti. Siccome
la Didache e certamente anteiiore all'epistola di Barnaba, se questa
si ponga ai tempi di Nerva (96-98) o poco dopo, come fa 1' Autore,
la Didache monta su nell'eta apostolica e prende il primo posto
nella serie dei cosiddetti libri pseudoapostolici (p. 4) '. Ma quando
pure si volesse trasportare la data di Barnaba ad eta alquanto piu
tarda, la Didache, tra le scritture non ispirate, rimane sempre il
pru venerando monumento della Chiesa primitiva ed il primo ma-
nuale ecclesiastico, che racchiuda in forma compendiosissinia pre-
scrizioni morali e di diritto canonico, leggi liturgiche e sentenze
dommatiche. Quanto alia composizione, 1' Autore rigetta risoluta-
mente la sentenza del Taylor, seguita da A. Harnack e tra noi dal
Savi, per cui la prima parte della Dottrina, che contiene le Due Vie,
sarebbe una scrittura giudaica, accolta poi dai cristiani e legger-
mente rimaneggiata. Certo e che quella prima parte assai per tempo
ando staccata dalla seconda ; ma la ragione e da cercare piuttosto
nella natura dell'argomento, che forma un tutto compiuto, e nella
destinazione che aveva di predica battesimale, da recitarsi, senza
nulla aggiungere ne togliere, immediatamente prima del battesimo
(p. 8-10). Invece la seconda parte della Dottrina, siccome quella
1 A. VAN VELDHUIZEN, (De Brief van Barnabas, Akad. Proefschrift.
Groning-en, J. B. Wolters, 1901) pone la composizione della Lettera di
Barnaba verso la fine del regno di Domiziano, tra gli anni 90-96. E
presso a poco questa e la sentenza di parecchi dotti. Nondimeno e da
avere riguardo allo studio del Prof. P. LADEUZE (L'EpUre de Barnabe, la
date de sa composition etc. in Rev. d'hist. eccl, 1900, p. 31-40, 212-225),
il quale sta per 1'anno 130-131. II FUNK che gia teneva per i tempi di
Nerva, or a dichiara (Patres Apost. I, p. XXV) che cum res saltern non
sit certa, originem posteriorem non omnino negare licet.
324 RIVISTA
che conteneva precipuamente disposizioni disciplinari, col mutarsi
del tempi e della condizione delle cose, andd piu facilmente dimen-
ticata. II ch. Autore adduce un'altra ragione per ispiegare la diversa
fortuna delle due parti della Didache : nel Y secolo gli eretici si
sarebbero abusati di alcune dottrine della seconda parte, per la
qual cosa i cattolici si sarebbero indotti a rifiutarla. Ma il passo,
da lui citato in conferma, di un'omelia, attribuita dal codice a S. Gi-
rolamo, come gia osservarono il Funk i ed il Bardenhewer 2, non
prova punto quanto 1' Autore intende (p. 74).
Negli altri tre capi 1'Autore studia con molta diligenza anzi-
tutto il manoscritto di Frisinga, dando pieno conto del suo con-
tenuto e riferendo 1'inizii delle omelie con la citazione dei testi
messi a stampa per quelle gia pubblicate ; poi esamina con ogni
minutezza le relazioni della versione latina col testo greco; per
ultimo si fa a ricercare i vestigi, che le Due Vie hanno di se
lasciato nella storia liturgica dei varii secoli. Come si $ accennato
qui sopra, i primi sei capitoli della Didache avevano per iscopo di
istruire i neofiti sui doveri morali del cristianesimo, ed erano quindi
1'omelia che recitavasi nel conferire il battesimo. Meglio stabilito il
catecumenato, non fu piu bisogno di fare quell'istruzione nell'atto
stesso del battesimo; vi suppliva perO la dichiarazione formale del
neofito di accogliere i doveri che la fede> cristiana gli imponeva, e
questa e la formola &Q\Vabrenuntiatio, come oggi ancora si pratica.
Se ne trovano vestigi in Ignazio ed Errna; Giustino ne parla aper-
tamente e Tertulliano gia ne conosce una doppia pratica, all' in-
gresso del catecumenato e nel conferimento del battesimo. Qui nel
codice di Frisinga, come anche in quelio di Melk, 1'omelia della
Dottrina e preceduta immediatamente dalla citata predica di S. Bo-
nifacio De abrenuniiatione in baptismate, nella quale il santo Apo-
stolo ricorda ai suoi convertiti Germani che cosa significhi la ri-
nunzia fatta nel battesimo. Or egli va sulle tracce della Didache
per tal modo, che non e possibile non ammettere che la conoscesse
e se ne servisse. Quindi non sembra un puro caso che tale omelia
si trovi nello stesso codice unitamente alia Dottrina. Ne S. Boni-
facio e il solo, a cosi adoperare; il contemporaneo e coadiutore di
lui, Pirminio di Keichenau, nel suo compendio delle dottrine cri-
stiane mostra parimente di conoscere la Didache, come fanno anche
ultri predicatori ed asceti dei tempi seguenti. E perd probabile che
1 Cfr. Theol Quartalschrift, 1902, p. 455.
2 Cfr. Theol. Revue, 1902, n. 3, c. 88.
DELLA STAMP A 325
-quest! non attingessero direttaraente dalla Didache le loro istru-
zioni, sibbene dal capo IV della Regola di S. Benedetto, il quale
probabilmente proviene anch'esso da una piu antica omelia d'autore
sconosciuto, che va sotto il titolo Instrument-urn bonorum operum.
Almeno cosi giudica 1'Autore, contrariamente alia sentenzadelTraube
(p. 87). Certo e ad ogni modo che quel capo della Regola bene-
dettina e un'eco verace della Didache, quale si sente pure nella
Dottrlna Severini episcopi, che e una raccolta di sentenze fatta
nel secolo IY.
Secondo la conclusione dell'Autore, il codice di Frisinga viene
tmginariamente da Roma e quindi da Roma viene pure questa ver-
sione delle Duae Viae (p. 42 43). Che sia antichissima ed assai
vicina alia redazione originaria della Didache appare dall'attenersi
<?he fa al testo greco vulgato cosi strettamente, che per non di-
partirsene, piuttosto sacrifica F indole della lingua latin a. Ora nel
Y secolo le variazioni nel testo della Dottrina erano gia tante, che
una traduzione, condotta con tal fedelta, sarebbe stata impossible.
Danque convien collocarla prima dell'anno 400. Inoltre nelle citazioni
tlei testi scritturali adopera una versione, che non e quella di 8. Ge-
rolamo per la Volgata, sibbene quella onde dovevano servirsi Ilario,
Ambrogio, Agostino. Per ultimo vi si incontrano alcune parole,
^traniere all'uso degli scrittori latini d' Italia, comuni invece a quelli
della Chiesa d'Africa, quali Tertulliano, Lattanzio, Agostino, Vi-
gilio. Onde si puO affermare con sufficiente probabilita, che questa
versione latina sia stata fatta nella Chiesa africana in tempi ante-
riori al secolo III (p. 67-68). Se e cosi, ben si vede quanto sia
necessario tenerne conto nelle question! critiche ed esegetiche del
testo. Ad esempio, secondo la lezione greca e scritto c. IY, 14 : In
•ecclesia confiteberis peccata tua, neque accedes ad orationem tuam
-cum conscientia mala, mentre 1'antica versione ha semplicemente :
Non accedas ad orationem cum conscientia mala. Ora 1' Epistola
di Barnaba omette le parole in Ecclesia; le Costituzioni Aposto-
liche allargano tutto il passo, ma invece di in Ecclesia leggono :
Confesserai i tuoi peccati al Signore Iddio tuo ; il monaco Schnudi
non ha nulla di tutto cio. Dunque la prima parte del versetto e
probabilmente una giunta dei tempi, ne' quali era gia introdotta la
penitenza pubblica, e quindi il testo latino rappresenterebbe qui la
forma della lezione piu primitiva (p. 59-60).
Nell'Appendice in fine al volume il ch. Autore rida i testi della
Didache come gia stavano nella sua precedente pubblicazione ; ag-
giunge quindi 1'omelia attribuita a S. Gerolamo, in cui si deplore-
326 RIVISTA
rebbero le alterazioni introdotte nella Didache; poi un'epistola di
un cotal avversario di Gregorio YII, importante per ben determi-
nare 1' eta del codice ; seguono quindi 1'omelia di S. Bonifacio,,
la Doctrina Severini episcopi e 1'inizii di tutte le omelie con-
tenute nel codice. Ne il lettore pu6 chiudere il bellissimo libro,
senza provare un senso di grande soddisfazione per le tante e tanto
utili cose che vi apprese e per la luce veramente nuova, che il
ch. Autore con la sua importante scoperta e con lo studio accu-
rato che vi ha fatto intorno, ha saputo gittare sopra il prezioso li-
bretto della Dottrina dei dodici Apostoli.
2. Nel 1878 il dott. F. S. Funk, ora professore dell'Universita?
di Tubinga, metteva mano alia quinta edizione dei cosiddetti Pa-
ir es Apostolici, sull'edizione quarta, curata nel 1855 da mons. He-
fele. Ma tante furono le aggiunte e le correzioni, che per la sco-
perta di nuovi testi e pel progresso degli studii critici vi fece il
Funk, che con ogni buon diritto poteva considerare quell'edizione
come sua propria; molto piii che nel 1881 vi aggiunse un secondo
volume, contenente altri testi, in parte apocrifi, ma pur necessarii
ad avere innanzi chiunque si faccia a studiare 1'antica letteratura
cristiana. Negli ultimi decennii il ch. Professore, continuando sem-
pre nelle medesime materie della letteratura cristiana antica, ebbe
agio di vie meglio perfezionare il suo lavoro, e di presentarlo ora
in nuova edizione, si bene rispondente allo stato odierno della cri-
tica letteraria, che fu giudicata subito come la migliore fra tutte 1..
La qual cosa torna di grande onore ai lavori dei cattolici ed alPillu-
stre scienziato.
Nel primo volume abbiamo la no vita di una Notitia generalis
sulle edizioni, che dal sec. XVII in poi si andarono facendo dei
Patres Apostolici, e sulle norme che regolano la presente nuova edi-
/ione. Tra i testi furono qui accolti la Dottrina dei dodici Apostoli
(gia pubblicata dalP Autore in edizione critica nel 1887), 1'epilogo
1 Patres Apostolici. Textum recensuit, adnotationibus criticis exe-
geticis historicis illustravit, versionem latinam prolegomena indices ad-
didit FRANCISCUS SAVERIUS FUNK. Editio II adaucta et emendata. Vol. I:
Doctrina duodecim Apostolorum, Epistulae Barnabae, dementis Romani
Tgnatii Polycarpi Jiuiusque Martyrium, Papiae Quadrati Presbyterorum
apud Irenaeum fragmenta, Epistulaad Diognetum, Pastor Hermae.Vol. LI.
dementis Pomani epistulae de virginitate eiusdemque Marty rium, Epi-
stulae Pseudoignatii, Ignatii Martyria, Fragmenta polycarpiana, Poly-
carpi vita. Tubingae, H. Laupp, 1901, 8.° CLI-688, LXXIII-352 p.
BELLA STAMPA 327
<di Mosca al Martyrium S. Poly car pi, i Fragmenta Polycarpiana,
i nuovi frammenti di Papia scoperti dal de Boor e quel che rimane
presso Eusebio dell'Apologia di Quadrate. I frammenti di Papia ed
i detti dei Tupeapurepoc, che leggonsi presso Ireneo, passarono dal
:secondo volume della precedente edizione nel prinio di questa, men-
tre il Martyrium Ignatii Colbertinum si trova ora nel secondo
volume. Al testo greco corre parallela nella pagina di fianco la ver-
sione latina, presa dall'edizione precedente, ma di nuovo confron-
tata col testo originate e dove occorreva con 3e antiche version!.
Per la Didache, pel Pastore di Hermas e pel frammento dell'epi-
stola di Barnaba, scoperto recentemente, fu allestita una nuova tradu-
zione, tenendo similmente conto delle version! antiche. Oltre i Pro-
legomeni ad ogni singola scrittura, che danno pienissimo conto cosi
<lel contenuto, come delle discussion! che ciascuna solleva, vi sono
le note a pie di pagina, debitamente distinte per le varianti, per le
citazioni scritturali e pei parallelism! con altre opere. Tutto poi &
stampato in forma elegante e correttissima, tanto che il prof. dott. G.
Kriiger, volendo pubblicare i Patres Apostolici in una sua Rac-
colta di test! per i corsi di esercitazione degli student! universitarii
di teologia, stimo di accogliere addirittura Je stesse forme tipografiche
del testo del Funk £. Per questa edizione economica il eh. Autore ha
scritto una particolare prefazione in lingua tedesca, nella quale bre-
vemente riassume quanto e piu necessario a sapersi di ogni sin-
golo Padre.
Troppo lungo sarebbe entrare nei particolari delle utilissime cose,
<?ontenute nei Prolegomeni, e basti qualche sempliee cenno. II eh.
Autore assente all'opinione del Lightfoot, che fa di Clemente Eo-
mano un libertum vel filium liberti et de domo Flavi Clementis.
Tocca la questione della sua successione qual vescovo di Koma e
lo da per terzo dopo S. Pietro, ma lascia in dubbio se morisse
martire. Quanto alia cosiddetta 2a Lettera di Ciemente ai Corinti,
si dichiara contro la sentenza delFHarnack, che la voile scritta da
Papa Sotero (166-174), e sostiene sia un'omelia detta a Corinto da
un autore incerto attribuita poi a Clemente. Cosl opinano coniune-
mente anche altri ; ma il prof. Diekamp mosse recentemente qualche
1 Die Apostolischen Fa^e?%herausgegeben von F. X. FUNK (Sammlung
ausgewahlterkirchen-und dogmengeschichtlicher Quellenschriften alsGrund-
lage fur Seminariibungen, herausgegeben unter Leitung von Prot. Dr. G.
KRUGEE, 2. Reihe, 1. Heft), Tubingen, Mohr, 1901, 8, XXXI-252.
328 RIV1STA
dubbio in favore della provenienza romana dello scritto, pur con-
cedendo che non sia di Clemente1.
Rispetto alle sette Epistole di Ignazio, il Funk ne difende l'au-
tenticita e le da tatte per trasmesse da Policarpo e non sei sole,,
come vollero I. Ussher e Teodoro Zahn. E noto che la lettera ai
Romani ci fu soltanto trasmessa nel Martyrium Ignatii Colbertinum^
di cui non si conosceva che un unico codice, il Parigino. Ma U
Lightfoot nella seconda edizione dei suoi The Apostolic Fathers ne
collaziono altri due, dei quali tuttavia il Funk non pote tener conto
se non nel secondo volume. Noteremo che tra le edizioni e ora da
aggiungere quella deH'Hilgenfeld, pubblicata Fanno scorso a Berlino a.
Secondo il Funk, 1'Epistola ad Diognetum difficilmente potrebbe
collocarsi prima della meta del secolo II e forse deve rimettersi al
seguente. I capi 11 e 12 che chiudono lo scritto sono generalmente
riconosciuti per non genuini ; 1'Harnack esamina se non convenga
ascriverne la paternita a Metodio di Olirapo ovvero a qualcuno dei
suoi discepoli ; il Lightfoot e 1'Harmer li credono di Panteno di Ales-
sandria; il Funk lascia la cosa incerta (p. n. CXIX). Ora converra
tener conto eziandio della sentenza del Bonwetsch, che li vuole
opera di Ippolito 3.
11 ch. Autore aveva tenuto antecedentemente per non genuina
il capo XXI del Martyrium S. Poly carpi; ma ora, mosso dalle
considerazioni del Lightfoot, lo accetta, e pel primo adopera nella
critica del Martyrium il codice ierosolimitano S. Sepulchri .2, non
ancor pubblicato ed esistente nel monastero di Cosinitze. Rispetto
all' anno della morte di S. Policarpo, si dichiara pel 155, sebbene
non escluda il 156, messo innanzi dal Turner per ragioni assai
degne di considerazione. Siccome poi posteriormente il ch. benedet-
tino J. Chapman impugnd quelle date, riproponendo la cronologia
dello Schmid e fissando quindi la morte di S. Policarpo nel 165-66 4y
il Funk dichiarava non ha molto di non poter accettare tale dimo-
1 Theolog. Eev. 1902, n. 8, col. 240.
2 Ignatii Antiocheni et Poly carpi Smyrnaei epistulae et martyria*
Ed. et adnotationibus instruxit A. HILGENFELD. Berlin, Schwetschke, 1902,
8°, XX, XXIV-384 p. M. 12,80. L'edizione e fatta con molta accuratezza,
sebbene 1'Autore non ammetta 1'autenticita delle Epistole. Per la mortft
di Policarpo mantiene 1'anno 165.
3 N. BONWETSCH, Der Autor der Schlusskapitel des Briefes an Dio-
gnet in Nachr. der k.Gesell. d.Wiss zu Gottingen, Ph. Hist. Kl. 1902, 5^
pag. 14.
* Rev. Benedictine, 1902, n. 2, p. 145-149.
DELLA STAMPA 329
•strazione e di mantenere le date gia stabilite -1. Secondo lui lo Chapman
•confonde in un solo i due proeonsoli per nome Quadrato, dall'un
del quali dipende la cronologia della morte del Santo.
Per ultimo e da notare un altro punto, dove il ch. Autore man-
tiene le sue conclusion! precedent!. II dott. E. Henneke, prendendo
occasione dalla pubblicazione dell'antica versione latina della Dida-
•chv fatta dallo Schlecht, mise fuori Tipotesi dell'esistenza di un
antichissimo testo fondamentale, onde tutte le recensioni posteriori
della Dottrina sarebbero provenute 2. Ma il Funk esaminate con la
sua consueta acribia le ragioni addotte, non le crede sufficient! a
-dar valore all' ipotesi 3.
3. Apparisce cosi di rado il nome di un erudito italiano nelle
pubblicazioni e nelle rassegne patristiche, che piu particolarmente
•ci gode 1'animo di segnalare quello del ch. sac. Giuseppe Yizzini,
professore di Teologia nel Pont. Seminario Romano. Egli imprese
a pubblicare sullo scorcio del 1901 una Bibliotheca Patrum 4, de-
stinata a raccogliere in comodi ed eleganti volumetti gli scritti prin-
cipali dei Padri della Chiesa ; anzitutto quelli che tornano di utilita
piu immediata ai giovani studiosi di teologia; quindi le opere che
servono piu specialmente a promuovere la cultura religiosa del clero,
riconducendola a quelle fonti purissime, dove o si tiss6 dapprima il
pensiero cristiano o si svolse nella susseguente tradizione. Non solo
1 Das Todesjahr Polykarpsm Theolog. Quartalschr., 1903, n. 1, p. 158.
* Die Grundschrift der Didache und ihre Recension in Zeitschr* f. d.
neutestam. Wissens., 1901, p 58-72.
8 Zur Didache, der Frage nach der Grundschrift und Hirer Recension
in Theol. Quartalschr., 1. c. p. 73-88.
4 Bibliotheca Sanctorum Patrum theologiae tironibus et universo clero
•accomodata. Curante IOSEPHO VIZZINI Sacrae Theologiae Professore in
Pont. Inst. S. Apollinaris, Komae, Apud Direct. Biblioth. SS. Patrum, Via
•dei Crescenzi, 13-15 (ex officina typ. Forzani et Socii).
Series I. Patres Apostolici. Vol. I. Doctrina duodecim Apostolorum,
Epistola !.*• S. dementis ad Corinthios. Vol. II. Ignatii et Polycarpi Epi-
stolae. Vol. III. Epistola Barnabae, Epistola ad Diognetum, Epistola 2.^
S. dementis ad Corinthios.
Series III. Scriptores Latini Antenicaeni. Vol. I. M. Minucii Felicis
Octavius, Q. S. Fl. Tertulliani Apologeticum. Vol. II. Tertulliani de Prae-
scriptionehaereticorum, De testimonio animae, De baptismo, De poeni-
tentia, De oratione, De pudicitia. Vol. III. Tertulliani Adversus Mar-
cionem (libr. 1-3). Vol. IV. Idem (libr. 4).
Ogni volume di circa 200-250 pagine per gli abbonati costa L. 2,50;
separate L. 3.
330 RIVISTA
nell'insegnamento degli studii sacri. ma nella stessa predicazione della
parola di Dio vano e sperare vero e solido frutto, senza questa
ritorno allo studio del Padri della Chiesa l. II fine assai nobile, pro-
postosi dal Yizzini, venne a determinargli per se medesimo il con-
cetto ed il rnetodo della sua pubblicazione. Non si tratta qui di alle-
stire un testo, che debba poi servire di fondamento all'esegesi pa-
tristica, ma di prendere il migliore e gia criticamente vagliato dai
clotti e ripubblicaiio con particolare accuratezza. Restano quindi
escluse le aride investigazioni della critica letteraria e si accetta
quella lezione, che a giudizio degli eruditi sembra meglio appro-
priata e meglio rispondente all'indole ed allo stile consueto di
ciascun Padre. Gli scritti greci sono accompagnati da una traduzione
latina, la migliore che si abbia ; ne se ne da il nudo testo, ma esso e
continuaniente illustrato da note a pie di pagina, non diffuse a parole,
ma dense di cose : Tesegesi della dottrina esposta, le allusioni storiche,
i] pensiero teologico o dommatico espresso dallo scrittore, le discussioni
oggi correnti tra gli eruditi su questo o quel passo, lo stato odierno di
una qualche disquisizione particolare o storica o teologica. Perche
poi il lettore si trovi facilmente introdotto nello studio dello scritta
che gli sta innanzi, si premette nei Prolegomeni quanto occorre
sapere della vita e degli scritti di ciascun Padre, con 1'aggiunta di
una ricca bibliografia delle opere principaU che lo riguardano, per
chi voglia maggiormente estendere il proprio studio.
1 Avevarno gia scritta questa rivista, quando ci fu comunicato il
seguente Breve del Sommo Pontefice al ch. prof. Vizzini, tutto in lode
dell'utilissima impresa ed in commendazione dello studio de' SS. Padri:
Dilecto ftlio losepho Vizzini Sacerdoti, Romam. — LEO P. P. XIII.
Dilecte fill Salutem et Apostolicam Benedictionem. — Initurn a te con-
silium edendae Sanctorum Patrum Bibliothecae, quemadmodum efficis,
iam annus est, non sine laude ac fructu, grate quidem novimus et
bene precati salutavimus. Patrum enim Ecclesiae praeclara opera qui
dilig-enti manu ac mente versetur, ille multa profecto percipial oportet
i-t ad credendum necessaria et ad disputandum utilia et ad perlegen-
<lum iucunda. li namque Patres sunt qui vera atque incorrupta catho-
licae doctrinae capita, perinde quasi in purissimo fonte, custodiant ser-
ventque, nee si certis in rebus amplectendi omnino sunt, minus habent
in dubiis emolument!; id quod nativo quodam, ut plurimum, ac plane
«\io dicendi genere commendatur, doctisque propterea viris delectationi
mammae est. Eum igitur probe de religione ac litteris merentem existi-
mamus qui ad illustranda Sanctorum Patrum scripta ingenii vires ap-
pellat, nobilique sane proposito ad erudiendas excolendasque adole-
scentium mentes incumbat. Hac decet laude alacritatem tuam indu-
striamque per Nos honestari, idque et praeniii loco et incitamenti futurum
BELLA STAMPA 331
La raccolta Yizzini e dunque sostanzialmente diversa da quella
del Kriiger, che e piu economica senza dubbio, ma che contiene
11 puro testo originale senza note, essendo destinata alle esercita-
zioni degli student! delle facolta teologiche di Germania L. Somi-
.glia in parte aH'utilissima raccolta degli Opuscula SS. Patrum
delPHurter, ma si avvantaggia per la sua modernita, per la scelta
dei testi, e per la rispondenza allo stato odierno della scienza
patristica. Potrebbe paragonarsi alia raccolta inglese, cominciata
da A. J. Mason nel 1899 a Cambridge, e rimasta, per quanto sap-
piamo, al solo primo volume, uscito in quelFanno 2. Ma e da notare
che il Mason, sebbene intenda giovare ad una cerchia piu ampia
di lettori, offre an testo riveduto di nuovo e criticamente corretto,
ci6 che non fa il Yizzini. La sua 6 dunque opera di semplice di-
vulgaziene, condotta pero con buon metodo pratico e tale da poter
yeramente giovare ai giovani studiosi ed in genere al clero, che non
pu6 dedicarsi a studii piu profondi. Per questo motivo fu essa accolta
assai favorevolmente in Italia e fuori, come si vede dal giudizio che ne
hanno espresso le principali Riviste scientifiche, e noi dobbiamo
congratularci col giovane professore della sua impresa, augurandole
ogni migliore riuscita.
I volumi pubblicati nel decorso anno 1902 sono sette, non otto come
s'era promesso ; ma ripetiamo il gia detto in altra oecasione 3, anche
sette sembrano troppi, specialmente se il lavoro rinaane addossato
ad un solo. E ben vero che il ch. Professore, se spese maggiore
cura nel corredare di piu ampie note i tre volumi dei Patres Apo-
-stolici, usando del ricco sussidio che in questo gli offrirono i
spes est. Auspicem divinorum munerum Nostraeque benevolentiae te-
stem Apostolicam tibi Benedictionem peramanter in Domino imperti-
mur. — Datum Romae apud S. Petrum die XV ianuarii anno MCMIII,
Pontiflcatus Nostri vicesimo quinto. — LEO P. P. XIII.
1 Sammlung etc. gia citata piu sopra p. 327 in nota. II merito particolare
di questa collezione e il carattere critico delle edizioni die contiene, e quindi
la bonta e correttezza dei testi. Tra i migliori notiamo le Apologie di Giu-
stino ed il libro de catechizandis rudibus di S. Agostino, ed. KRUGER ;
de Poenitentia, de Pudicitia, de Praescriptione haereticorum di Tertul-
liano, ed. PREUSCHEN ; il de viris illustribus di S. Gerolamo e di Gennadio,
ed. BERNOULLI ; il Commonitorium di Vincenzo di Lerino, ed. JULICHER.
Ultimamente si e cominciata una nuova serie coi Patres Apostolici del
PUNK, gia ricordati.
2 A. J. MASON, The Five Theological Orations of Gregory of Na-
zianzus (Cambridge Patristic Texts ed. by ARTHUR JAMES MASON D. D.
and Lady Margaret's Reader in Divinity). Cambridge, Univ. Press, 1899.
3 Cfr. Civ. Catt. XVII, 4 (1901) p. 595.
332 RIVISTA
molti lavori gia pubblicati da altri, ando poi alquanto piu lesto nei
quattro degli Scriptores Latini antenicaeni. E fece bene, purch&
scans! il pericolo di correre troppo con danno della pubblicazione..
Le note infatti e le illustrazioni a quest! ultimi libri peccano
di sobrieta soverchia. Oosl pure 1' occasione si sarebbe qua e cola
offerta di toccare piu d'una questione di non leggera importanza
e nel momento presente agitata dagli eruditi. Ad esempio i capi
IV-YI dsll' Apologeticum di Tertulliano porgevano il destro di ri-
cordare la controversia sul titolo giuridico delle persecuzioni eon-
tro i cristiani e quindi sulle due sentenze, 1'una della coercitio^
messa fuori dal Mommsen, e 1'altra di una legge prirnitiva sotta
Nerone, difesa dal Callewaert, precipuamente con Tautorita dei ci-
tati capi delY Apologeticum l. Cosi al passo di Tertulliano (Apolog*
XXXIX, p. 211), dove descrivesi la cena dei cristiani, sarebbe torse
stato opportuno ricordare la questione odierna, sequivitrattisieziandio
della cena comune od agape fraterna o veramente della sola cena
eucaristica, come ora vuole il Batiffol 2. Aproposito dei titoli, coi quali
Tertulliano gia montanista designa ironicamente il Papa Callisto : Pon-
tifex Maximus, Episcopus Episcoporum (de Pudicitia, cap. I), vi
ha una nota erudita, dove se ne avverte 1'iraportanza pro dignitate et
auctoritate Romani Pontificis. Ma il ch. Professore lascia passare inos-
servato 1'altro passo del medesimo libro (cap. XXI, p. 224), piu irn-
portante ancora per la dottrina del Primato, in cui Tertulliano accusa
Callisto di presunzione, per aver ardito di derivare alia sua persona
e conseguentemente alia Chiesa universale die sta in comunione con
lui il poter delle Chiavi, dato da Cristo al solo Pietro. Da questa
accusa si deduce chiaramente, che dunque la dottrina del Primato era
stata expressis verbis afferraata nel decreto di Callisto, ora perduto.
Sarebbe poi stato necessario dimostrare 1'errore in cui cadde qui
Tertulliano, contrariamente alia dottrina cattolica altra volta da lui
professata; e cid perche i protestanti si abusano di questo passo,
per ripetere la medesima affermazione del poter delle Chiavi data
1 C. CALLEWAERT, Les premiers chre'tiens furent Us pres&utes par
edits gemraux ou par mesures de police? in Rev. d'histoire eccL 190] n.4$
1902, n. 1, 2, 3.
* P. BATIFFOL, Etudes d'histoire et de theologie positive (Paris, 1902),.
p. 291 ss. KEATING, The Agape and the Eucharist (London, 1901), Cfr.
F. E. BP.IGHTMAN Liturgica in Journ. of theol. Stud. 1902, ott. p. 142,.
ed il lavoro piu rccente di F. S. FUNK L'Agape in Rev d'hist. eccles.
1903, n. 1 del 15 genn. p. 5-23, che si dichiara contrario alia sentenza
del Batiffol.
DELLA STAMPA 333
al solo Pietro i. Anche le indicazioni bibliografiche, sebbene ample
e ricche, si potevano compiere con qualche piu recente pubblica-
zione; ad esempio per Minucio Felice si poteva forse accogliere la
bella ed istruttiva Bibliografia ragionata del Walzing 2, ma non si
doveva ad ogiii modo tralasciare per Tertulliano il primo volume della
storia letteraria dell' Africa cristiana del Monceaux, consecrate per
intero a quello scrittore 3.
Lo scopo utilissirno della Bibliotheca Pat rum di divulgare fra
il clero gli studii patristici sembra esigere questa cura particolare
di tenere informato il lettore di tutte le question! piu important!
che si vanno agitando intorno lo scritto di questo o quel Padre.
E facciamo tanto piu liberamente questa critica, perche il prof. Yiz-
zini offre gia del buono in questo senso e facilmente potrebbe am-
pliarlo, ed anche perche egli ha un'abilita sua propria di riassumere
brevemente e chiaramente i risultati delle investigazioni dei dotti
e le sue proprie tesi. Si veggano, per citare alcuna cosa, tutti i
Prolegomeni, specialmente quelli ai Padri Apostolici; le due dis-
sertazioni sulla dottrina teologica intorno 1' Eucaristia, contenuta
nella Didaclie (I, vol. 1, p. 58-65) e sul senso da dare a quel-
1'affermazione di Tertulliano: hoc est Corpus meum... id est figura
corporis mei (Adv. Marc. Ill, vol. 4, p. 391-395); come pure le
note sui varii Marhjria di S. Ignazio (I, vol. II, p. 7-10), sulla
pioggia ottenuta dalla legion fulminata (III, vol. I, p. 141-143),
sul censo di Augusto e sulFapparente contraddizione tra le affer-
mazioni di S. Luca e di Tertulliano (III, vol. IY, p. 289), sul di-
vorzio per ragione di adulterio, che sembra amrnettersi da Tertul-
liano (ib. p. 357) ed altre parecchie.
L'esecuzione tipografica e quale poteva attendersi dalle rinomate
officine del Porzani di Eoma; elegante e nitida la stampa, ottima
la carta, assai coiiLodo il sesto. L'edizione e corretta, sebbene lasci
alcuna cosa a desiderare nei testi greci.
1 Su tutto questo argomento e ora da consultare il bellissimo studio
del prof. GERHARD ESSER, Tertullian « de Pudicitia cap. 21 » und der Pri-
mat des romischen Bischofs in Katholik di Magonza, 1902, sett. p. 193-220.
8 J. P. WALZING, Bibliographic raisonnee de Minucius Felix in Musee
beige, 1902, p 2-3.
• P. MONCEAUX, Histoire litttraire de I' Afrique chretienne depuis
les origines jtisqu'a I' invasion arabe. Tome I. Tertullien et les origines
(Paris, Leroux, 1901).
334 RIVISTA
4. Coi tipi del medesimo Forzani ed in edizione egualmente
nitida ed accurata e uscita la priina parte della Patrologia del
prof. 0. Bardenhewer, tradotta in ottima lingua italiana dal prof. An-
gelo Mercati di Eeggio Emilia e pubblicata dalla benemerita Casa
editrice Descl6e, Lefebvre e C. di Koina i. Dell'opera stessa, eccel-
lente sotto ogni riguardo, non ripeteremo quanto piu volte abbiamo
avuto occasione di dire a proposito del testo originate, e bastera
qui un cenno della presente versione e dei raolti pregi che offre
agli studiosi del nostro clero.
Fa ottiino divisamento dividere in tre volumetti, piu alia mano
dell'unico grosso volume del testo tedesco ; rnolto piu che le tre parti
della Patrologia vi si prestavano benissimo. Questa prima, oltre
)' Introduzione, ci offre la prima epoca della letteratura patristica,
dalla fine del primo secolo, fino agli inizii del quarto. Siccome per6
il volume non si pud avere separate dagli altri due, e questi usci-
ranno verso Pasqua, come 1'editore promette, cosi gli indici, tanto
necessarii in simili opere di studio e di consultazione, si avranno
alia fine del volume terzo. La traduzione, come segue esattamente
il testo in tutte le sue particolari suddivisioni, cosi rnantiene la dif-
ferenza dei caratteri tipografici, che sono alquanto minori per le
indicazioni della letteratura corrispondente al soggetto onde si tratta.
In queste note bibliografiche il ch. traduttore ebbe campo di
fare delle aggiunte molto important!, citando le opere principali
uscite in luce negli anni 1901 e 1902, e dando quindi al lavoro
il pregio di rispondere con maggior perfezione allo stato odierno degli
studii patristici. Non sarebbe difficile, notare qua e cola alcune omis-
sioni ; ma siccome il Bardenhewer fu molto sobrio nella bibliogra-
fia della sua seconda edizione originale, cosi forse si attenne al
medesimo criterio anche il traduttore. Per altro verso la Patrolo-
gia non deve ridursi ad un Eepertorlo bibliografico, e quanto e ve-
ramente o necessario od utile a sapere, fu sempre accolto e notato
dal ch. Mercati, ed alcune opere sfuggitegli durante la traduzione
ed i lavori piu importanti publicati durante la stampa del libro,
furono poscia aggiunti in principio del presente volume (p.XII-XIII).
' Dr. 0. BARDENHEWER, prof, di Teologia all'Universita di Monaco.
Patrologia. Versione italiana sulla seconda edizione tedesca con ag-
giunte bibliografiche per il sac. Dr. ANGELO MERCATI. Vol. I. Dalla fine
del I alVinizio del IV secolo. Roma, Desclee, Lefebvre e C. editori, Via
S. Chiara, 20-21, 1903, in-8° di p. XTII-288. L'opera completa in tre
vohimi, Lire 15. Per i sottoscrittori L. 12.
BELLA STAMPA 335
Se qualche legittimo desideratum ancora rimanga, si potra como-
damente supplire nelle appendici del volumi seguenti.
In queste indicazioni di nuovi libri il Mercati, per solito, non tra-
lascia di avvertire brevemente il lettore delle sentenze quivi espresse,
allorche illustrano o modificano quelle del Bardenhewer contenute nel
testo. Che qui pure si incontri qualche omissione non deve recare
meraviglia in tanta abbondanza di note e.di citazioni. Per esempio,
sarebbe stato bene avvertire, a proposito del lavoro del benedet-
tino J. Chapman sulla data delle Pseudoclementine (p. XIII), che
quegli apocrifi devono ormai riporsi nel IT secolo, come riconobbe
recentemente anche il prof. Harnack 1, mettendosi fine una buona
volta alle incertezze, nelle quali lo stesso Bradenhewer lascia il
lettore.
II testo italiano, oltreche fedelissimo, corre cosi spigliato, che
non si direbbe per nulla una traduzione, ma un lavoro originale :
pregio questo non tanto facile a trovarsi in altre simili traduzioni.
Ma il Mercati, come e dotto scienziato, cosi e bravo scrittore, ed
al libro del Bardenhewer non poteva toccare miglior fortuna di
quella di giungere in rnani si buone e perite. Resta che il clero
italiano accolga favorevolmente la bellissima opera, e soprattutto i pro-
fessori di teologia la facciano conoscere e la raccomandino allo stu-
dio dei giovani chierici. Solo col rnetter loro in mano libri e testi
di tal fatta, si riuscira a dare vero e sodo incremento ai nostri
studii ecclesiastici, ed a svegliare i begli ingegni latenti, perche a
suo tempo corrano essi stessi 1'arringo dei medesimi studii e non
ne lascino ai dotti stranieri la quasi esclusiva preminenza.
1 Theol. Literaturzeitung, 1903, n. 21, 570.
BIBLIOGRAFIA '
BATTAGLIA ELISEO. — Aurora Divina. Con prefazione di T. NE-
DIANI. Firenze, lib. ed. fiorentina, 1903, 16°, XII-200 p.
E proprio il caso di dire: Uno
avulso non deficit alter. I libH del
giovine autore, ormai fattosi chiaro
nella repubblica letteraria, si suc-
cedono gli uni agli altri con una
mirabile rapidita. N6 e da dire che
la lestezza del comporre noccia alia
prestanza dell'opera; quindi (non per
fare un confronto, che sarebbe ridi-
colo, ma per dire una nostra impres-
sione meramente istintiva) ci ecor-
so involontariamente il pensiero a
Raffaello. Ma se rapido e 1'autore in
comporre, non meno rapidi sono i
lettori a divorare i suoi libri: di
questo, per esempio, sappiamo che,
quindici giorni dopo uscito alia luce,
era gia spacciato mezzo migliaio di
copie. Quanto all'indole ed al valore
di esso ci rimettiamo alia bella pre-
fazione che vi ha messo in fronto il
quesVAurora divina non tardi molto
a succedere il Sole, vale a dire alia
giovinezza occulta di Gesu la sua
vita pubblica. E il nuovo libro ci
dica (ripetero le parole del sullodato
Nediani) « che Gesu non 6 solo il
Magister dulcis, dalla chioma d'oro
diffusa sulle spalle e dagli occhi
glauchi, quale teste lo ha dipinto
Pietro Nahor, ma che e Iddio vero
e vero uomo, che ha di Dio Ponni-
potenza e dell'uomo tutta la bonta,
e che il suo regno e di giustizia, di
bonta, d'amore » (pag. XI). Ci piace
di Gesu anche 1'aspetto umano, ma
non alia Renan, alia Tolstoj, ail'Har-
nack, i quali col fumo dell' incenso
che bruciano all'uomo la divinita ne
nascondono: noi vogliamo veder sem-
pre risplendere nella doppia sua luce
ineffabile 1'Uomo-Dio.
Nediani: paghi ad augurarci che a
CAPLET D. ANSELME M., doyen du Mont-Cassin, prof, au College
de S. Auselme. — Nouvelles poesies « Ritagli di tempo » . Rome,
Artigianelli, 1902, 8°, 72 p. — Fr. 1.25.
Bene impiegati quest! ritagli di ° France bien aimeeloma douce patrie!
tempo. Abbiamo qui buone poesie,
per ordinario semplici, candide, spesso
anche domestiche e familiari. Qual-
che volta per6 la musa s'innalza, e
manda suoni che svegliano potente-
mente gli spiriti, come nella seguente
ottava, che caviamo dalla poesia in-
titolata All' Abate A. Pothier :
Honte, humiliation nous eutnes a Sedan;
Mais en ces jours tu dors, et ta tnste incurie
De 1'univers entier semble te mettre au ban!
O France! en ce moment ta soffres d'anevris-
[me;
Unls-toi, leve toi, soumlse aux justes lols,
Resfsteaquivoudrait te jeterdansleschisme;
Fais que tous tes elus soient dlgnes de ton
[choix !
1 liota. I libpi e gli opuseoli, annnnziati nella Biblioffrafia (o nelle Riviste
<!011a Stampa) della « Clvllta Cattolica », non pad I'Ammlnistrazione assnmere In nessnna
maniera 1'inoarleo di provvederli, salvo che 1 detti libri non sieno indicati come vendibili
vresso la sfessa Amministrazione. C16 vale anche per gli annanzi delle opere pervenate alia
Direzione e di qnelle indicate sulla Coper tina. del periodico.
L'AMMINISTRAZIONK.
BIBLIOGRAFIA
337
CAP PELL AZZI ANDREA, sac. — Filosofia sociale. Brevi lezioni.
Siena, S. Bernardino, 1902, 16°, VI-224 p. — L. 2.
sociologia positivista, che pretende
invadere il mondo civile e cristiano
colle sue assurdita e colle sue utopie.
Ma non e lavoro adatto ad ogni sorta
di lettori, perche, in genere, piu tosto
astruso e condotto con uno stile e
una forma di linguaggio, che impe-
discono 1'agevole intelligenza del
concetti e delle teorie esposte nelle
sue pagine.
CORRESPONDANGE DE MONSEIGNEUR GAY eve^ue d'Anthe-
don, auxiliaire de S. E. le card. PIE. Lettres de Direction spiri-
tuelle. Pre serie. Paris, Oudin, 1902, 8°, XII-448 p. — Fr. 6.
Le lettere di questo volume sono po'impedita nell'opera della sua san-
tiflcazione da una certa mollezza. La
terza avrebbe voluto farsi religiosa,
ma ne fu distolta dalla delicatezza
della sua salute. Quelli che conoscono
gia i libri di Monsignor Gay, trove-
ranno in queste lettere il suo spirito
giusto, delicato e soave, e ne saranno
Con questa serie di lezioni, rac-
tsolte nel presente volume, dedicato
al S. P. Leone XIII in omaggio pel
BUO giubileo pontiflcale, il ch. Au-
tore non si e proposto di fare uno
studio di tutte le parti di quella che
puo chiamarsi scienza sociale, ma
unicamente della sua metafisica. II
lavoro e ponderoso, benche di tenue
mole, ed ordinato a sconfiggere la
Indirizzate a tre persone, morte gia
da buon tempo, e ben diverse tra
loro, La prima e una convertita, la
quale pero anche nei giorni de' suoi
disordini aveva saputo conservare
una certa elevatezza d'anima. La se-
conda e una donna del mondo piena
di buona volontk e di slancio, ma un
COSTANTINI VITTORIO M. — Sopra Tamore di Dio verso degli
uomini Considerazione. Roma, Desclee, 1903, 8° di pp. 40.
altamente edificati.
Non e questa una delle solite
meditazioni ascetiche, e uno studio
teologico degno di molta pondera-
zione. Posta la definizione di Dio
« colui che e », il ch. Autore ne de-
duce che duuque e un bene infinite,
one e unico, che e semplice, e im-
inutabile, e immenso, e onnisciente,
buono, giusto, potente, in una pa-
rola ha tutte le perfezioni. Poi ana-
lizzando la volonta di Dio, trova in
€880 1'amore, anzi troya che Dio e per
€ssenza amore, e opere estrinseche
gli uomini, e qui molte cose sapien-
temente discorre del fine dell'uomo.
Di 11 si fa strada ad esporre la sto-
ria delle opere mirabili dell' amore
di Dio verso gli uomini, e le accom-
pagna con riflessioni gravi, profonde
spesso inaspettate, cosl che anche
le cose note prendono una cotal aria
di novita. Insomma e questo un la-
voro dotto insieme e pio, ma non
pu6 essere ben gustato se non da
persona avvezza a speculare sulla
divinita.
di questo amore furono gli angeli e
CRISCUOLO RAFFAELE, sac. — II peccatore pentito ai piedi di
Maria SS. Castellammare di Stabia, Yollono, 1902, 16°, 192 pp.
— L. 1,25. Rivolgersi all5 Autore in Castellammare di Stabia.
La ragione del titolo e questa, 1'autore ha preferito quelli, che da
che nella scelta degli argomenti un lato sono a gloria della SS. Ver-
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1263. 22 30 gennaio 1903.
338
BIBLIOGRAFIA
gine, dall'altro sono piu acconci a
tirare le anime peccatrici alia sua
divozione, e cosl metterle sulla via
della salute. Siccome poi questa ope-
retta e come un'appendice dell'altra,
da noi annunziata a suo tempo, col
titolo: Soliloquio diun'a nima penitente
dinanzi a Gesu sacramentato, cosl e-
condotta col medesimo metodo. In
questa pero ad ogni capitolo si legge-
un'esempio, tolto dalle Glorie di Ma-
ria di S. Alfonso Liguori. Le due o-
perette sorelle sono ambedue molto-
divote.
DELFOUR L. — La religion des contemporains. Essais de critique
catholique. Paris, societe franQaises d'imprimerie et de librerier
Rue de Cluny, 15, 1903; 16° di pp. YI-344. Fr. 3,50.
La straordinaria floritura di ope-
re letterarie, onde ai nostri giorni
la Francia e ripiena, e quasi tutta
o scellerata o sozza. Scellerata, per
il rovesciamento delle stesse con-
cezioni delle cose, per cui i nomi di
patria, di esercito, di scuola, di re-
ligione, di morale, hanno perduto
non solamente 1'antica influenza, ma
la stessa significazione antica. Sozza,
per 1'esposizione e la narrazione mi-
nuta di nefandezze innominabili. I
capi di cotesta letteratura erano Er-
nesto Renan ed Emilio Zola, con la
figliazione di scolari e di ammira-
tori, che sono innumerevoli. — A
contraetare il campo a cotesti gua-
statori della nazione che fu catto-
lica, sono entrati a militare nella
parte contraria uomini veramente se-
gnalati per istudio, per ingegno,
per coraggio, e per amore a quelle
tradizioni avite che formarono la
gloria e la grandezza della Francia.
Questi portano il nome di Brunetiere,
Lemaltre, Copp6e, Bourget... i quali
tutti sono scrittori dalle idee buone,
o rabbonite, o almeno non guasta-
trici.
II ch. Delfour ci presenta in que-
ste pagine le figure e le opere di
questi uomini, che ora in Francia
nell'arte letteraria tengono il campo.
II Delfour e scrittore competente;
esso appartiene alia scuola di Luigi
Veuillot, nel cui celebre giornale va
scrivendo di cose letterarie. Egli e
quindi scrittore militante; e non ap-
partiene alia schiera estrema di quei
sacerdoti, i quali concorrono per la
parte loro a danneggiare gli studii
religiosi, col colorire la loro penna
di tinte liberali, americaneggianti, o
per lo meno ardite e nuove. Chi dun-
que voglia conoscere per bene que-
gli uomini e quelle letterature, tro-
vera in queste pubblicazioni del Del-
four nozioni gimste, esposte con me-
todo facile, grazioso, e ortodosso.
DEL PASO Y TRONCOSO. — Adoration de los reyes, auto en lengua
mexicana. (Anonimo). Traducido al Espanol por FRANCISCO DEL.
PASO Y TRONCOSO, director del Museo National de Mexico.
— Comedia de los reyes escrita en mexicano a principios del siglo
XYII (por AGTJSTIN DE LA FUENTE). La t radii jo al Castellano F.
DEL PASO Y TRONCOSO. Florencia, Landi, 1900-902, in 8.°
Intorno ai pregi di questi lavori del ch. Traduttore fu detto nel vol. X
della Serie XVII della Civ. Catt. a pag. 78.
DI PIETRO SALYATORE, sac. dott. — L'Assunzione di Maria in
BIBLIOGRAFIA
339
Cielo secondo la storia e la tradizione. Pensieri ed osservazioni.
S. B&nigno Canavese, Salesiana, 1902, 16°, 204 p. — L. 2.
E comune nei cattolici la pia cre-
denza, che 3 a ss. Vergine sia stata
assunta in cielo anche corporalmente;
e in molti e altresl un vivo desiderio
che questo articolo sia dichiarato di
fede. A fomentare questa credenza
e ad affrettare 1'appagamento di que-
sto desiderio e rivolta la presente
operetta, nella quale e molto bene
-dimostrato cbe questo mistero ha due
fondamenti : la tradizione e la con-
gruenza teologica. « Se tacciono i
Padri su questo mistero prima del Con-
cilio di Efeso, ci6 si e per la prudenza
dell'arcano. Se ne parlano pei primi
gli apocrifl, la critica storica ha sce-
verato il vero dal falso. La procla-
mano i Padri tosto dopo il Concilio
Efesino: la si adotta nelle liturgie;
se ne impossessa la discussione teo-
logica. Le obiezioni e le diificolta
opposte, invece di offuscare i di-
vini splendori, li resero piu fulgidi »
(p. 187). Cio che qui dice compen-
diosamente il ch. Autore, nel corso
dell 'opera si mette a provare di mano
in mano; e pero confidiamo ch'egli
abbia per parte sua contribuito al
fine propostosi. Ma su questa grave
questione attenderemo docilmente i
responsi della Santa Sede, la quale
gia sappiamo che se nestaoccupando.
DUFRESNE D. pr6tre de Saint-Sulpice. — Les eryptes vaticanes.
Paris, Desclee, 1902, 8°, 128 p. — L. 2,25.
II secondo congresso d'archeolo-
giatenutosi in Roma nel 1900 espresse
il voto che le cure degli studiosi
fossero rivolte a svelare e illustrare
i tesori nascosti nelle cripte vaticane.
Ebbene, questo inventario ora com-
pilato dal P. Dufresne potra servire
di guida esatta ed efficace a tutti
coloro che vorranno applicarsi a nuo-
ve e feconde ricerche storiche e ar-
indispensabile ai visitatori dellc cri-
pte, che in questo volume trove-
ranno raccolte quelle notizie che cer-
cherebbero indarno in molte Guide.
De Rossi per 1'epigrafia, Duch^sne e
Pastor per la storia, Marucchi e Gri-
ear per 1'archeologia sono le fonti
principal! donde TAutore ha attinto
le notizie ; e queste sono autorita che
ben danno affidamento.
<jheologiche ; e al tempo stesso sara
FERRARI GIUSEPPE, can. — Una condanna ben meritata. Risposta
al « Presbyter Lucensis ». Lucca, Baroni, 1902, 8°, 94 p.
Che si che questo presbitero e chio. E noi ci rallegriaino di cuore
col bravo signer Canonico Ferrari,
il quale in questo libretto ha spie-
gato un vigor di dialettica e una
scienza di diritto canonico cosl giusta
e copiosa, che lo mostran capace di
misurarsi con avversarii di ben altro
stato proprio conciato per le feste.
II suo opuscolo, intitolato L' Antichita
de' Sacri Pastori, prima si e beccato
una condanna dalla S. Congregazione
dell'lndice con Decreto del 19 ago-
sto ultimo scorso; poi 1'infelice au-
tore ha dovuto succhiarsi una terri-
bile requisitoria li stesso, sul luogo
del delitto, dove un altro Lucchese,
ma senza tanta maschera, bensl col
suo bravo nome e cognome e titolo,
gli ha dato il fatto suo fino al finoc-
polso che non sia quello del meschino
presbitero lucchese. Costui fa molto
ben coneigliato a celarsi sotto il velo
dell'anonimo : questo gli servira, se
non altro, a nascondere la sua ver-
gogna.
340
BIBLIOGRAFIA
GIULIO (P.) DA CARPINETO, 0. F. M. — Frate e Soldato. Let,
tere d'un giovane Frate ad un ufficiale de' Bersaglieri. Oenova*
tip. della GKoventu, 1902, 16°, 116 p. -- L. 1. Si vende a bene-
ficio del Santuario di N. S. del Monte presso Geneva.
Che calda vena d'affetto in que-
sto giovine Religiose ! Che facilita
nell'esprimersi e trovare le vie del
cuore ! Se questo e il primo sao la-
voro, deh ! sia il primo anello d'una
catena ben lunga, ch& egli e nato
per iBcrivere e far molto bene, alia
giovefctu specialmente. Ma giacche
nella prefazione modestamente dice :
GRAZIOL1 ENRICO, Mons. Arciv,
siana, 1903, 16° di pp. 392.
II fecondo Arcivescovo, piu volte
da noi encomiato, ci si presenta ora
innanzi con un regalo poco ghiotto
in apparenza, ma molto salubre. Sa-
tana non 6 di certo un nome leg- -
giadro, e molto meno leggiadra e la
cosa ebe rappresenta. Ma il ch. Au-
tore riflette che oggi Satana, messe
giu le corna e la coda, si trova in
auge, portatovi dalle sette, dalla in-
credulita e dal sensualismo, che in-
dussero gl'incauti ad abbandonare
le vie strette ma sante del Signore,
per seguire le larghe ma torte e ro-
vinose di Satana ; il quale a premiarli
di tanta devozione si degna anche
intervenire piu o meno apertamente
ioro logge massoniche e nelle
« Mi terrei fortunate se qualche let-
tore volesse avere la bonta di av-
vertirmi.... » (p. 8), lo chiameremo a
riflettere sull'epigrafe che si legge
in fronte al libro. Non gli par egli
che 1'armonia ne venga un po'sna-
turata da quei quattro endecasillabi 1
L'epigrafe non ama il verso.
— Satana, Roma, tipogr. Sale-
adunanze spiritiche. Opera egregia
ha fatto dunque il venerando Pre-
lato nel togliere e srnascherar queata
mostro, perseguitandolo ovunque a
s'annidi o pompeg-gi. E qui ci piace
far nostre le parole dell' Emo Car-
dinale Vives-Tuto: « Conoscere, te->
mere, fuggire e sventare le nefande
arti del Nevnico ; avere in abbominio
gli atti e le menzogne de' ciechi se-
guaci del gran Mentitore ; lottare con
coraggio e perseveranza, unita ad
umile e fiduciosa preghiera all' On-
nipotente, contro YOmicida delle ani-
me... ecco lo scopo del libro, che con
tanto zelo e valentia di concetto e
di frase ha scritto Mons. Grazioli *
(P. 10).
LEZIONI di religione per gli studenti secondarii. Brescia, Seminario
Santangelo, Via Cappuccini.
Con ottimo consiglio & stata isti-
tuita in Brescia, sotto la presidenza
di quell'egregio Vescovo, Monsignor
Coma Pellegrini, una commissione
per procedere all'istruzione religiosa
degli studenti secondarii, e si e gia
inaugurate un corso di religioue, del
quale sono state pubblicate per le
stampe le prime lezioni, che abbiamo
qui sott'occhio, e che ci sembrano
dotte, chiare, facili, in una parola
molto adattate allo scopo. Chi desi-.
dera&se ricevere tutti i fascicoli con-
tenenti le lezioni dell'anno scolastica
1902- 1903, non avra che a spedire una
cartolina-vaglia di L. 1 alia Direzione
della Pia Opera per la conservazione
della Fede nelle scuole d'ltalia (Se*
minario Santangelo, Brescia).
BIBLIOGRAFIA
341
LOCATELLI CARLO, sac. — II 4 novembre 1602. Memorie e docu-
meuti. Milano, tip. Arcivescovile, 1902, 8°, 88 p. L. 1.
Tuttocio che riguarda il grande
S. Carlo torna caro a tutti i cattolici.
E per6 con felice consiglio il ch. Lo-
catelli comincio 1'anno scorso, ha
proseguito quest'anno, e si propone
di continuare ogai anno a raccoglier
memorie di questo gran Santo, fino
che si giunga al centenario di sua
canonizzazione, 1 novembre 1610.
Possa egli compir 1'opera si feliee-
mente awiata. Nel presente fascicolo
si descrive principalmente la solenne
presentazione di un ex-vote mandato
da Carlo Emanuele di Savoia, e si
riferisce per intero il discorso in lode
del B. Carlo Borromeo recitato dal
P. Giulio Negrone d. C. d. G. net
Duomo di Milano, li 3 novembre 1602.
LORIN1 GAETANO, can. — Saggio di discorsi. Siena, S. Bernardino,
1902, 8°, XYI-312 p. L.
sone colte. Accanto a quel volume
speriamo che andra degno compagno
I'ora qui annunziaro, il quale non e
altro che unaraccolta di discorsi che
furono da lui vivente pubblicati alia
spicciolata. secondo che offrivasi 1'oc-
casione. Delia quale compilazione
doppia lode si deve ai savii editori,
e per quel cbe hanno stampato (e
n'era al certo ben meritevole), e per
quello che hanno lasciato nell'oinbra,
riflettendo che « non sempre si fa
buon servizio ad un autore, rendendo
di pubblica ragione cio che non fu
scritto per esser dato alle stampe ».
(V). Dio volesse che cosi la pensas-
sero tutti gli editori.
3,50.
II Canonico Gaetano Lorini di Cor-
tona fu uno dei migliori oratori sa-
cri della seconda meta del secolo pas-
sato, come ne fanno fede le citta di
Roma, Napoli, Firenze, Milano, Ge-
nova e tante altre che allora lo udi-
rono con avidita ed oggi lo ricordano
con compiacenza. Poco peraltro ha
pubblicato per le stampe ; ma il suo
nome lungamente vivra congiunto a
quello di S. Margherita da Cortona,
della quale, in occasione del suo cen-
tenario, scrisse una bellissima Vita,
chenoi altamentelodammo (Sep. XVI,
vol. X, p. 342), e avemmo poi il pia-
cere di veder confermato il nostro
giudizio dal suffragio di tutte le per-
LOTH ARTURO. — Suor Rosa. Sua vita e sua opera, la Messa ripa-
ratrice. Traduzione del SAC. G. DOMENICO YALENTINELLI, canonico
dell'insigne cattedrale di Trento. Trento, tip. Artigianelli dei Figli
di Maria Immacolata, 1902, 16°, 420. p. L. 2,50.
In queptc tempo in cui si fa tanta
guerra alle religiose, massime in
Francia, & bello il vedere messa in
luce e proposta in esempio un'altra
Suora, proprio di quello stesso paese
ove la guerra & piu accanita. Non le
sole religiose perd avranno a profit-
tame, ma le zitelle, le spose, le ma-
dri, le vedove, che tutti questi stati
ella percorse prima d'ascriversi in
qualita di Conversa airOrdine di San
Norberto, e in tutti diede eeempio di
virtu segnalate. Ma il suo nome re-
sta legato principalmente alia pia
Opera della Messa riparatrice, cui ella
zelo con ardore e con frutto. Questa
storia 6 scritta con garbo e buon gu-
sto, com'era d'aspettarsi dal ch. au-
tore, da lunghi anni redattore del-
YUnivers ; e anche la traduzione, non
ostante alcune mende inevitabili nella
fretta, corre franca e spigliata e si
fa leggere volentieri.
342
BIBLIOGRAFIA
MAGRI EMM. S. I. - HREJJEF
nostri antenati. Vol. 2. Malta,
Le liete speranze che aveva de-
state il primo volume delle leggende
popolari maltesi sono state ainpia-
mente giustificate dal secondo volu-
metto, nel qnale il P. Magri pubblica
altre sei leggende di un valore ese-
getico ed etnografico indiscutibile.
La prima leggenda sul Sansone
maltese & in molti punti identica alia
storia biblica di Sansone, ma poi ter-
mina con un accenno al mito di Osi-
ride ed Iside.
Due altre leggende sopra 1' idra
delle sette teste ed il dragone volante
offrono raffronti preziosi col mito
greco d'Ercole cbe penetra nelle vi-
scere del serpente per ammazzarlo.
II cb. autore rileva e lumeggia i
punti di contatto tra le due leggende
€ la storia biblica di Giona, nonche
la differenza tra il carattere degli
eroi maltesi e 1'Ercole dei greci. I
primi riportano incontrastabilmente
Ja palma per pieta e bonta d'animo,
per disinteresse ed acutezza d' in-
gegno.
La piu importante e la leggenda
del dragone, la quale ricorda mani-
festamente la caduta dei nostri pro-
genitori e la liberazione del genere
umano per opera di un fanciullo me-
raviglioso che schiaccia la testa del
serpente. Jl dragone e senza mistero
MARANGONI LODOVICO, mons.
altri scritti. Vol. V. Chioggia,
A beneficio del Seminario.
Di questa collezione parlammo gia
col debito onore nella Ser. XV, vol. I,
338; IV, 339; XII, 344.
In questo quinto volume ci banno
singolarmente colpiti i quindici di-
scorsi con cui si cbiude, e sono quelli
cbe il venerando Prelato soleva an-
MELAl A BENEDETTO, mons. -
MISERIJIETNA. Le leggende dei
G. Muscat. 1902, in 16.°
lo spirito maligno, il quale ama le
figlie di Adamo, sposa con inganni
una principessa e la conduce in una
lontana caverna sotterranea finche
non giunga un liberatore. Le gesta
del fanciullo meraviglioso sono fole
cbe non mette conto ricordare, ma
allo studioso dell' etnologia compa-
rata non puo sfuggire la descrizione
della persona del liberatore, del suo
vestito e deU'enorme martello di ferro
col quale schiaccia la testa del ser-
pente. Si potrebbe non a torto rav-
visare in esso il Cabiro rappresentato
nelle monete fenicie. Di fatti egli e
1'ottavo flglio, il minore dopo i « sette
fratelli, » ossia Esmun 1' eroe sacro
dei Cartaginesi.
Sembra incredibile che alle porte
d'Europa nel XX secolo esistano leg-
gende popolari che ritraggono cosl
fedelmente le idee, le dottrine ed i
miti ,della piu remota anticbita orien-
tale. Ci auguriamo che 1' opera del
P. M&gri, tuttora in corso di pub-
blicazione, approdi a scoperte sempre
piu interefisanti sull' etnografia del
popolo maltese e faccia meglio ap-
prezzare la lingua maltese, venera-
bile per la sua remota antichita e
per i cimelii d'interesse storico che
racchiude.
— Raccoita di Pastorali, Omelie ed
Chiozzotto, 1902, 8°, 380 p. L. 4.
nualmente rivolgere aisacerdoti della
sua citta ad ogni prima congrega-
zione pei casi di coscienza. Egli in-
tende lasciarli loro come una memoria
di se « carico d'anni » ; ma noi vo
gliamo sperare che questo ricordo
non sara Tultimo.
- De Cardinal! Protectore. Romae,
BIBLIOGRAFIA
343
Ex bibliotheca rom. ephemeridis Analecta eccUsiastica, 1902, 8°,
61 p. — L. 2.
de' diritti e doveri annessi alia carica.
Qua e la 1'A. tocca punti impor-
tantissimi a sapersi, nou istudiati
prima da altri; per esempio, la di-
visione de' voti in pubblici e privati
e de' pubblici in solenni e semplici
(due specie di voti, ambedue accet-
tati dalla Chiesa, ma in diverse grade-}
la qual divisione e appoggiata ancbe
a recenti decreti (p. 7) ; cosi ancbe
la risoluzione del caso se il Cardi-
nale protettore di un Ordine religiose
debba dirsi superiore propriamente
detto (pag. 32 seg.) eccetera. L'opu-
scolo, in somma, e una monografia
cbe sara accolta con piacere da tutti
i cultori degli studi giuridici eecle-
siastici.
MINCHIONI GUSTAVO, sac. prof. — Di una giusta modernita nella
letteratura e nell'arte. Firenze, tipogr. e libr. Domenicana, 1902,
in 16.° — L. Q,50.
poi sviluppa, confortandolo ancora
d'altri sani criterii,i quali sononorma
sicura d'ogni manifestazione estetica:
e tuttocio eon pensieri sagaci, con
parola facile ed elegante. Solo ci sa-
rebbe piaciuto cbe, come ad esempio
di giusta modernita allega i Promessi
Sposi del Manzoni e le poesie dello
Zanella, cosi a saggio di modernita
II tema, preso a trattare da Mon-
signor Melata, e uno di quelli che
quasi si direbbero perduti nel va-
stissimo campo del Diritto econo-
mico. Eppure quanto e prezioso un
trattatello siffatto a cbi deve scio-
gliere certe question! relative a tal
punto ! In tenui labor; at tenuis non
gloria.
L'Autore esaurisce pienamente il
tema propostosi. Tratta 1° de' Car-
dinali protettori degl'lstituti religiosi;
2° de' Cardinali protettori de' luoghi
pii e de' regni; 3° degli onori e delle
preminenze loro proprie. Ne s'arresta
1'Autore a dire quello che fu in altri
tempi un Cardinale Protettore, ma
parla ancbe della pratica odierna,
Contro il nostro solito, diciamo
una parola di questa prolusione sco-
lastica tenuta nel V. Seminario di
Firenze, perche tratta di un argo-
mento importante, pratico, ma insie-
me molto difficile, e ne tratta assai
bene. « Si deve essere, egli dice: gli
uomini del presente, si deve proce-
dere secondo il pensiero ed il movi-
mento artistico del secolo, anzi del-
1'eta alia quale si appartiene, si deve
portare un contribute al perfeziona-
mento della societa, in mezzo alia
quale si vive ; ma senza venir meno
al magistero e alia coscienza eterna
dell'arte, cbe deve suscitare dal vero
e dal buono il raggio purissimo della
bellezza scbietta, s^rena, ammoni-
scorretta avesse citato qualch'altro
esempio : senza di cbe gli ammae-
stramenti corrono pericolo di parere
aerei e fluttuanti nel vuoto. Ma forse
a bello studio 1'accorto professore
non ba voluto farli scendere in piana
terra per certi delicati riguardi : for-
s'ancbe ba provato quello cbe dicesi
I'imbarazzo della scelta.
trice (p. 12). » Rettissimo canone : che
NANN1NI F., can. prof. — II fine del cbierico in tutti i suoi studi.
Lucca, tip. Baroni, 1902, in 16.°
A lode di questo scritto ci basti delFS Decembre 1902 ai Vescovi di
dire cbe sembra un commento del- Italia, sebbene questa sia uscita dope
TEnciclica dell'8 Settembre 1899 ai lo scritto.
Vescovi di Francia, e delPEnciclica
344
BIBLIOGRAFIA
NATALE MICHELE, dott. — La Yergine nella lirica italiana. Calta-
nissetta, tip. dell 'Omnibus, 1902, 16°, di pp. 110. — LI.
Bel soggetto, e trattato assai bene .
L'Autore incomincia naturalmente dal
secolo XIII con Fra Guittone d'Arezzo,
che quando canta Maria, smette la
sua consueta asprezza, e con Fra la-
copone da Todi, di cui cita fra gli
altri versi, questa quartina, che & un
vero giulebbe:
Quando un poco talora il di dormiva (Gesii)
E tu destar volendo il paradise,
Plan piano andavl cha non ti sentlva,
E la tua bocca ponevi al suo viso.
Vengono poscia i due grandi astri
del secolo XIV, anzi di tutta la let-
teratura italiana; il primo de' quali,
non pago d'avere ben 37 volte ri-
cordato la Vergine, al termine del
Paradiso le scioglie un inno, che fu
detto giustamente « il fermaglio d'oro
e di diamante all'epopea»; 1'altro, non
contento d'averla celebrata sovente
nel Canzoniere e nei Trionfi, 1' invoca
poi in una canzone, che e tutto in-
sieme inno ed elegia, e viene riguar-
data come « la piu bella poesia che
mai sorgesse alia Vergine da cuore
cattolico ». Poi segue il Boccaccio coi
suoi sonetti, Fazio degli Uberti con
le sue terzine e Bianco da Siena coile
sue laudi.
E cosl discorrendo di secolo in se-
colo 1'Autore vien giu dimostrando
unaperpetua catena d'omaggi poetici
in onor della Vergine, fermandosi sui
principal! e sulle loro qualita caratte-
ristiche che esamina e studia con in-
telletto d'amore. Finisce poi con la
Ckiesa di Polenta, alia quale il Car-
ducci augura che
il campanil risorto
Canti di clivo in cllvj alia campagna
Ave Maria.
A 7e Maria! quando su 1'aure corre
Tamil saluto, i piccoti mortal!
seovrono il capo, curvano la fronts
Dante ed Aroldo.
Abbiamo con piacere ravvisato
nell'autore buon gusto letterario, co-
piosa erudizione. criterio giusto nel
giudicare gli autori ; ma per una se-
conda edizione gli raccomandiamo un
indice che dispensi il lettore, il quale
cerchi nel libro alcuna cosa, dalla
briga di percorrerlo tutto.
— Antonio Beccadelli detto il Panormita. Studio. Caltanissetta, tip. del-
l'Omnibus, 19 2, 8°, XII-138 p. — L. 3.
Carissimo riuscira agli eruditi
questo nuovo Studio intorno al ce-
lebre umanista detto il Panormita.
E frutto in gran parte delle ricerche
fatte nella biblioteca Barberiniana di
Roma, che possiede due codici con-
cernenti il Beccadelli: Puno cono-
sciuto, ma poco o nullastudiato,ricco
di poesia e discorsi politici: 1'altro,
di cui sinora nessuno ha fatto cenno,
ricco di lettere politiche scritte nei
periodi piu agitati de' regni di Alfonso
e di Ferdinando di Aragona in Napoli.
Da questi codici la fama del Becca-
delli si vantaggianon poco sull'opi-
nione in che fmora era stato tenuto,
e la sua vita politica nella corte ara-
gonese si circonda d'un'aureola di
gloria. Auguriamo all'Autore uguale
successo nelle ricerche cui speriamo
voglia pur fare nelle biblioteche di
Firenze e Milano, che probabilmente
gli offriranno altre cose interessanti.
Intanto noi ne presentiamo ai lettori
una fra le tenui, da lui scovate nei
suddetti codici barberiniani, cioeun
epigramma scritto dal Panormita con-
tro il suo terribile avversario Lorenzo
Valla, altro celebre umanista. Costui
s'era vantato di far molti versi su
BIBLIOGRAFIA
345
due piedi. A ci6 11 Beccadelli rispose : finora inedito.
Carmina componis, Laurenti, stans pecle in uno'
Nil mirum si sic carmina facta cadunt.
Pauca licet scribas et bis dumtaxat in anno,
Si m»do non pereunt, carmina multa fads.
At si multa facia, quamvis sint millia centum,
Valla, nihil scribis, si peritura fads.
A questo epigramma, gia pubbli-
cato dal Galdi, aggiunse quest'altro
PODESTA FERDINANDO, can. — II Preziosissimo Sangue di N. S.
G-esu Cristo in Sarzana Genova, Istituto Sordomuti, 1901, 16°,
180 p.
L' insigne reliquia del preziosis-
simo Sangue, che, secondo un'antica
tradizione, si conserva nella Catte-
drale di Sarzana, non e qui presa a
soggetto di studio critico, sebbene
1'Autore non manchi di accennare
almeno i document! che rendono ri-
spettabile quella tradizione e le con-
ciliano credenza. Egli ha volnto par-
lare alle anime pie che rammettono,
e in servigio di queste ha preso in
mano la Cronaca del diacono Leboino
e ne ha rifatto amorosamente il rac-
e di note storiche. « Sento, egli dice,
la poverta della mia prosa »; ma noi
invece diciamo alto d'aver sentito la
dignita della sua prosa, la quale alia
unzione della pieta cristianaaccoppia
la maestria dello scrivere in si bel
modo che di rado s'incontra in libri
di questo genere, e ti fa sentire ad
un tempo il piissimo sacerdote e lo
scrittore di svariata coltura. Noi con-
sigliamo, principalmente ai Liguri,
questo libro per lettura nella vicina
quaresima.
tale spirituale fragranza ai concetti,
quale ben si addice ad uno scritto
intorno a Colei, che giustamente fu
detta La rubatrice dei cuori. II libro
si chiude con tre appendici erudite.
conto, aiutandolo di devoti pensieri
— N. S. del Mirteto in Ortonovo, Genova, Istituto Sordo-Muti, 1902,
16°, 112 p.
Un altro santuario ci viene qui
messo innanzi dal ch. Auiore. La
condotta di questo libro e i suoi pregi
sono sinaili a quelli da noi notati
nel precedente; ma in questo spira
tale freschezza e serenita di parole,
PASTORI G-IACOMO. - - I riostri poeti. Milano, Casa ed. Benedetto
Bacchini, Piazza Fontana, 12, 1902. Due voll. in 16° di pp. 236,
266. -- L% 3.
Compariscono raccolte in due ele-
ganti volumetti queste Bricciole di
critica contemporanea che il ch. Au-
tore aveva gia sparse nella Scintilla
e nella Scuola Cattolica. Nella pre-
fazione al secondo volumetto egli di-
chiarava che per poeti s'hanno qui
ad intendere verseggiatori, percb.6 « a
voler essere rigorosi, poeti gli uo-
mini di cui parlo, non sono ». Noi ve-
ramente crediamo che qualcuno al-
meno, come p. e. il Golfieri, con tutti
i suoi difetti, sia vero poeta: ma sia
comunque, poeti veri o semplici ver-
seggiatori, certo 6 che dal Pas tori
sono giudicati ciascuno secondo il
merito, con una critica imparziale,
assennata, feconda d'osservazioni fini
e qualche volta anche nuove. Ma
quando pure in qualche giudizio si
possa dissentire da lui, 6 impossible
pero non restar presi a quel fare spi-
gliato, sempre vispo e brioso, talvolta
anche d'una franchezza un po' rude
346
BIBLIOGRAFIA
ma non ingrata, che e la qualita ca- cui si divide questa operetta, offre
ratteristica del suo stile. Di guisa che una lettura non solamente istmttiva,
ciascuno dei diciassette capitoli in ma anche gioconda.
RITIRI (I) OPERAI. — Traduzione dal francese edita a cura del
Fascio democratico fiorentino. Firenze, tip. arcivescovile, 1902,
16°, 68 p. — Cent. 25.
Un plauso di cuore a cotesti bravi
giovani, i quali hanno curato la ver-
sione del presente librino, che si vi-
vamente descrive il gran bene che
fanno, nel Belgio principalmente, i
Ritiri (ovvero Esercizii) degli operai.
E poi giustamente conchiudono in
questa forma : « Sarebbe un onore e
una gloria per la nostra Firenze, se
di qui partisse la prima scintilla della
santa impresa dei Ritiri operai... Ab-
biamo letto con entusiasmo il bene
operate nel Belgio con questo mezzo
salutare. Per il bene delle anime di
tanti nostri fratelli, cerchiamo d'isti-
tuire anche nella nostra cara Italia
queste mute di Eeercizii, quasi fitta
rete a salvaguardia delle invidie del
demonic... » (p. 63). Nci ci associamo
di tutto cuore a questi pii voti, e
per6 raccomandiamo vivamente la
diffusione del presente opuscolo.
ROBERTI P. GIUSEPPE MARIA, dei Minimi. — Disegno storico
dell'Ordine dei Minimi dalla morte del Santo Istitutore fino a
nostri tempi (1507 1902) con 1'aggiunta di analoghe appendici.
I. (1507-1600). Roma, tip. Poliglotta, 1902, 8°, 392 p.
E non meno doloroso che strano
il fatto, che fino ad oggi il Venera-
bile Ordine dei Minimi non abbia a-
vuto una storia. fe inutile per noi
1'indagarne le cagioni, ma il fatto e
questo ; tanto piu deplorabile quanto
che viviamo in tempi, in cui la sma-
nia delle ricerche storiche si spinge
direi quasi all' eccesso, e non vi 6
congrega o bicocca, che non ti squa-
derni innanzi la sua brava storia,
condotta dagl'inizii fino ai dl nostri,
Tutti dunque, non solo i Religiosi
Minimi, ma anche i membri d' altri
Sodalizii, e in generale gli amanti
di studii storici sapranno grado al
ch. P. Roberti, che ha colmato final -
mente questa lacuna (e qui la parola
molta fatica propria e non minore
vantaggio altrui. Egli non ha inteso di
compilare una storia per ogni parte
compita; ma intanto ha tracciato le
linee principal! degli avvenimenti piu
rilevanti, e ha registrato un buon nu-
mero di notizie interessanti, le quali,
senza di lui, sarebbero forse perite.
A schivar confusione e fastidiose ri-
petizioni, egli ha stimato bene di
raccogliere e classificare, secolo per
secolo, sotto special! titoli o, come
dicono oggi, rubriche tutti quei fatti,
de' quali era importante aver cono-
scenza e tramandarne la memoria, e
per6 ha intitolato il suo lavoro : Di-
segno storico, Attendiamo con desi-
derio gli altri volumi.
non e davvero male impiegata) con
SCIENCE ET RELIGION. Etudes pour le temps present. Paris,
libr. Bloud, 4 rue Madame, volumi in 12° di 64 p. Ciascun vo-
lume Cent. 60. Yolumi pubblicati finora 237.
Un successo rapido non e sempre opera. Ma un tal successo, allorche
il segno infallibile del valore d'una e dovuto al concorso quasi spontaneo
BIBLIOGRAFIA
347
del migliori giudici, prova aimeno
cbe Popera e opportuna e risponde
ad un bisogno del giorno. Ora in
quattro anni appena, gli zelanti edi-
tori di Science et Religion hanno sa-
putoriunire le forze d'un numerorag-
guadevole discienziati e far loro pro-
durre 237 volumi sui soggetti piu
attuali , piu gravi, piu svariati; le molte-
plici edizioni del quali volumi ne atte-
stano la diff usione, ed i 1 k ro complesso
costituisce gia una vera enciclope-
dia apologetica. Question! di filosofla,
di teologia, di esegesi, di storia, di
scienza politica, di diritto vi sono suc-
cessivamente trattate da scrittori gia
noti per la loro competenza in quella
speciale materia. Un tal risultato e
gia eloquente per se stesso. Difatti
per interessarsi di una simile impresa
basta essere alquanto addentro allo
straordinario movimento dMdee che
e una delle caratteristiche della no-
stra epoca. Oggi ne si fa fretta a
pensare ccme ad agire; e quei che
sono chiamati dal loro dovere a pen-
sare per se stessi e per gli altri,
hanno il debito (se non vogliono ri-
manere inferiori al loro uffizio) di te-
nersi al corrente, se non del "pro-
gresso, aimeno dell'evoluzione delle
idee su cento punti diversi. A questi
segnatamente la collezione Science
et Religion puo rendere servizi mol-
to piu serii, che non farebbero cre-
dere a prima vista le mcdeste di-
mensioni ed il tenue prezzo de' suoi
volumi. In realta questa non 6 una
publicazione popolare nel senso or-
dinario della parola; la maggioranza
di questi libretti sono scritti pei let-
tori competent! ; ma se dall'una parte
i soggetti vi sono trattati con cura,
qualche volta con profondita, spesso
con originalita, dall'altra gli autori
hanno trovato 1'arte d'essere insie-
me chiari, concisi, sostanziosi e
sopra tutto (e questo e il carattere
del vero talento) d'imprimervi ilpro-
prio carattere. Cos\ i filosofi ed
i teologi di professione, gia al cor-
rente delie question i, aneorche non
siano per abbracciare tutti egual-
mente le opinioni esposte in questi
opuscoli, parecchi dei quali sono
dotti studii, tutti pero ci troveranno
sempre aimeno materia da riflettere;
e questo, per loro, e sempre una
buona for tuna.
Fra i volumi stampati piu di re-
cente, e percio ancora meno cono-
sciuti, segnaliamo all'attenzione dei
filosofi le monografie sul Taine di
M. Salomon e sul Kant di E. Bauz-
lier: 1'una piu letteraria nella forma,
1'altra piu didattica, ma ambedue
esponenti con forza e chiarezza si-
stemi celebri che non e lecito igno-
rare : nella secoEda la cura della
critica 6 lasciata al lettore iniziato.
Gli studii del Dott. Baltus sul
cervello e sul sistema nervoso sa-
ranno utili a tutti quanti si occu-
pano dipsicologia sperimentale.
La libert^ de penste et la libre
penste dell'abate Cauet, Si toutes les
religions se valent? del Brugerette
suggeriranno ai conferenzieri i piu
solidi argomenti contro il raziona-
lismo e li metteracno in grado di
entrare nel cuore della questione e
di farri sentire la voce e discutere
le ragfoni dei piu illustri avversari...
Ma bisognerebbe citare tutto.
Gli editori Bloud e C°. hanno pub-
blicato un catalogo analitico della
collezione, alia quale consacrano la
loro intelligente operosita ed il loro
spirito d' iniziativa. Un'occhiata a
questo catalogo fara capire meglio
1'importanza grande di questi volu-
metti per chiunque vuol conoscere
lo stato del pensiero religioso in
Francia e lo spirito dei suoi piu
cospicui difensori.
348
BIBLIOGRAFIA
TA VERNIER EUGENE. — Da Journalisme. Son histoire, son r6le
politique et religieux. Paris, Oudin, 1902, 16° XXXII-338 p. —
Fr. 3,50.
Diffusa rasse^na del giornalismo
in Francia dal 1631, anno in cui il
medico Teofrasto Renaudot colla set-
timanale Gazette de France fondava
il primo vero periodico del quale si
abbia aicura contezza, insino ai giorni
nostri. Piacevole senza dubbio torna
il vedere in questo libro come rap-
presentata la differenza tra quel che
il giornalismo fu a principio, quel
che divenne, quello che e. Nato dal-
1'inclinazione naturalissima a chie-
dere e saper novelle, onde pur tra i
greci ed i latini una qualche larva di
giornalismo vi fu, il giornalismo
nella nostra civilta surrog6 dapprima
i portatori di notizie, corrieri parti-
colari e corrieri di stato, menestrelli,
ciarlatani di piazza; e quindi cre-
sciuto coi commenti delle notizie e
le polemiche inevitabili, passo alia
critica Istteraria, poscia alia politica,
e divenne flnalmente, come organo
dell'opinione pubblica, acclamata ai
tempi nostri regina del mondo, il
quarto, anzi il primo, anzi pu6 omai
dirsi 1'unico Potere dello Stato mo-
derno. Nel bel libro del ch. Eugenio
Tavernier tutto questo ti passa in-
nanzi e ti fa gravemente riflettere
ad un quesito: ee la societa non
istesse meglio quando il giornalismo
non v'era e se pel bene della societa
etessa non sia da augurarsi che il
giornalismo sparisca. II Brunetiere
chiamavasi dubbioso se fosse piu il
bene o il male fatto dal giornalismo :
noi non esiteremmo punto a decidere
che e piu il male, massimamente ora
che la stampa, come ben disse il Tal-
meyr, citato dal Tavern ier, e fatta
tutta di pecunia e di fango: une presse
d'argent et une presse de licence. Ep-
pure a Parigi si contano 2000 gior-
nali con 125 mila persone occupate
per essi. E in grazia al sistema ora
invalso di sostituire le corrispondenze
postali colle telegrafiche, « a sei ore
del mattino i giornali di Lione, Bor-
deaux, Marsiglia, Tolosa diffondono
le notizie parigine della vigilia e della
notte, mentre i fogli di Parigi si sono
appena posti in cammino per un
viaggio di dieci a dodici ore »; sic-
che quelle cifre, osserva il Tavernier,
« non rappresentano che una piccola
porzione del popolo della stampa ».
Luigi Veuillot scriveva nel 1871 colla
sua acutezza caratteristica : « I gior-
nali son divenuti tal pericolo da es-
sere necessario il crearne molti»;e
ci sarebbe assai piaciuto che il ch. si-
gnor Tavernier, della cui valentia in
cosi intricata materia e splendida
prova tutto questo suo libro, nonche
il corso di lezioni sul giorualismo
da lui dettato nell'Universita catto-
lica di Lilla, si fosse intrattenuto
alquanto piu nel ritrarre una sintesi
pratica da tanti fatti da lui raccolti,
dandoci le norme migliori per fare
un buon giornale che incontri il
genio delle moltitudini odierne. Ma
forse la cosa non era fattibile; certo
e difficilissima, non potendosi ormai
piu deciferare, siccome il Tavernier
nota assai giustamente, se i lettori
hanno 1'opinione del loro giornale o
il giornale della loro opinione. Ad
ogni modo il meditare in queste pa-
gine del ch. Tavernier tornera uti-
lissimo a quelli che scrivono gior-
nali con ispirito non di mercanti o
di settarii, ma di uomini onesti, per
vedere il molto che debbono fuggire
e quello altresi in cui si possono mi-
gHorare.
B1BLIOGRAFIA
349
YAGNOZZI ROSA. — Conferenze
ria. Roma, DesclSe, 1903, 8°,
Gli scritti della notissima signo-
rina Vagnozzi si leggono sempre con
placere e con frutto, perch& vi si
scorge una mente diritta, un cuore
sensibile, uno spirito adorno d'eletta
tJoltura, congiunta con una non vol-
gare felicita d'espressione. E queste
doti risplendono anche in queste Con-
sociali con prefazione del P. Seme-
88 p. L. 1.
ferenze, due delle quali studiano la
donna sotto il riguardo della carita
e della coltura; una terza analizza
il pauperismo; 1'altra combatte vit-
toriosamente il divorzio ; e perd le vo
gliamo raccomandate principalmente
al gentil sesso. Nitida e nobile 1'edi-
zione.
YENANZIO (P.) DA LAGOSANTO, capp. - - Prediche quaresimali
inedite. Bologna, Mareggiani, 1903, 8°, YI1I-638 p. — L. 4.
Fra i predicated cappuccini del-
I'ultimo trentennio uno dei migliori
fu certamente il P. Venanzio da Lago
Santo, e come tale fu invitato con-
tinuamente da Vescovi ed altri rag-
guardevoli persoaaggi a predicare
nelle principal! nostre citta, dove fu
sempreudito con piacere e con frutto.
Ora che il S gnore gia da due anni
1'ha chiamato al premio delle fat'che
durate e sul pergamo e sulla cat-
tedra, ben fecero i suoi Correligiosi
a pubblicarne il quaresimale, perche
cosl egli proseguira in qualche modo
a predicare ancor dopo morte, e riu-
scira di non lieve vantaggio « a quelli
che bramano di predicare non gia
novelle o fantastiche descrizioni, ma
sode dottrine ed evangeliche verita,
a bene spirituale dei fedeli, siccome
costumo il caro estinto, come co-
manda la S. Chiesa » (p. VIII).
YIVES Y TUTO, card. - Lettera ad un Sacerdote tradotta sulla
3a ed. spagnuola, da MONS. ALFONSO MISTRANGELO, arc. di Firenze,
2a ed. italiana. Firenxe, tip. Arcivescovile, 1902, 16°, 140 p.
Basterebbero per s6 soli i nomi tato, dovra conchiudere che e un'au-
sterita salutare, e fortunato chi vi si at-
tiene, perche, come insegna il dolcissi-
mo e soavissimo S. Francesco di Sales ,
le donne dobbiamo aiutarle e soc-
correrle come le anime del purga-
torio, dalungi; altrimenti traviamo.
dell'Autore e del traduttore a com-
mendare questo libretto. Aggiunge-
remo, perche i sacerdoti siano piu
f nvogliati a leggerlo e meditarlo, che
contiene avvisi preziosissimi, circa
la direzione muliebre, tanto utile
senza dubbio e necessaria, ma anche
tanto difficile e pericolosa. Alia pri-
ma, dira per avventura taluno che
6 troppo severo ; ma poi ritornandoci
sopra e considerando il peso delle
autorita di Concilii, di Dottori e di
Santi, onde ciascun monito e confor-
All' incomparabile Porporato, ed al-
1'esimio Arcivescovo i membri del
Clero, massime del piu giovane, sa-
pranno grado d'averli cosi salutar-
mente premuniti e forse da irrepa-
rabile ruina salvati.
IL DURBAR DI DELHI DEL 1° GENNAIO 1903
(Dal nostro Corrispondente indiano)
1. Nell 'ultima mia corrispondenza promisi ai lettori della Civilta
di offrir loro qualche notizia particolareggiata sul grande Durbar, te-
nutosi a Delhi nella prima settimana del corrente gennaio, in occa-
sione della proclamazione di Edoardo YII ad imperatore dell' India ;
ed eccomi a mantenere la parola data.
Chi ha assistito al Durbar, ora quasi finite, puo a ragione dubitare,
se F India, la terra classica delle pompe, delle parate e degli sfarzir
abbia mai veduto una simile gloria di cerimonie veramente regalu
GUi antichi Durbar degl' imperatori del Gran Mogol impallidiscono al
paragone, e anche quello tenuto a Delhi nel 1877, al tempo del vicere
Lord Lytton, e nel quale la defunta regina Vittoria fu solennemente
proclamata imperatrice dell' India, non puo reggere al confronto col
presente.
Nel Durbar per la proclamazione di Vittoria si raccolsero a Delhi
intorno a 14,000 soldati ; per la proclamazione di Edoardo VII a im-
peratore dell' India, ne sono stati radunati 27,000. Sessantatre prin-
cipi feudatarii assistettero alia cerimonia del 1877 ; a quella del 1° gen-
naio 1902 se ne contarono 117. Gli spettatori convenuti a Delhi, ventisei
anni fa, si computarono a sessanta o ad 'ottanta mila ; i presenti alia
proclamazione di Edoardo VII superarono senza dubbio i 260,000.
Al Durbar in onore di Edoardo ha preso parte, per cosi dire, tutta
1'Asia. Principi e popoli di cento stirpi diverse si accalcarono sul-
T istorico Ridge, a cavaliere della citta di Delhi, e tutti acclamarona
ad imperatore dell'India, un re bianco, un signore di una stirpe stra-
niera, sconosciuto ai piu, vivente lontano fra le nebbie del settentrione,
la cui potenza pero balena e palpita fino ai confini della terra.
L' India non aveva mai veduto uno spettacolo somigliante. Due
cento anni fa i principi indiani accorrevano ancora a Delhi a gettare
ai piedi dei successori del Gran Mogol, sedenti sul trono del pavone,
i proprii turban ti, candidi e inolli come neve, trapunta di stelJe
d'oro e ricamata di diamanti, nientre dinanzi alia sala del Dewan-i~
Khas barrivano gli elefanti regali. Ma la potenza del Sultano di Delhi
era piu apparente che reale, e non piu di venti o trenta milioni di
creature umane ascoltavano, secondo la frase indiana, la voce della
sua bocca. Al presente invece, dinanzi al primo imperatore dell'India
si curvano riverenti in atto di vassallaggio, fra sudditi, feudatarii, e
popoli protetti 350 milioni di asiatici, dalle frontiere della Siberia russa
fino alle porte della Cina, dalle lande misteriose ed inospite del Tibet
fino a toccar da vicino le onde sempre azzurre dell'oceano australe.
IL DURBAR DI DELHI DEL 1 GENNAIO 1903 351
Quante memorie ! Sono passati 146 anni dal giorno che il Ciive
condusse la eroica difesa di Arcot e sconfisse a Plassey il Nawab del
Bengala. Ad Arcot 1'Inghilterra vinse i francesi ; a Plassey pianto ii suo
piede robusto sul trono del Bengala e comincio la marcia verso Delhi.
Da quel giorno in poi, province furono aggiunte a province, popoli
a popoli, frontiere a frontier?, regni a regni. L'aquila britannica di-
stese le sue ali e protesse colla sua ombra gigantesca buona parte
del continente asiatico. Dove il cinese, il coreano, il Siamese, 1'afgano,
il manciuriano, e, fino a questi ultimi anni, il giapponese non aveva
nn momento della sua vita che potesse chiamar si euro dagli sgherri,
dai predoni o da un re tiranno ; 1' indiano invece riposa da cento anni
in pace sotto 1'egida possente della pax britannica. Trecento milioni
di sudditi ! Quasi due volte tanti quanti ne contiene 1' intero conti-
nente americano ! Quasi altrettanti quanti ne mantiene 1' Europa in-
tera ! Roma, la potente Roma, la Roma dei Cesari, del Campidoglio,
di Augusto, di Nerone, di Diocleziano non ne conto mai tanti. E men-
tre i popoli soggetti a Roma obbedivano alle sue leggi imperiali solo
per timore della spada crudele, dura, inesorabile del legionario ro-
mano, sitibondo di sangue, di bottino e di schiave, in quella vece le
genti soggette all'impero anglo indiano, diverse fra di se di schiatta,
di lingua, di carattere, di costuini e di religione, riconoscono nel JRaj
inglese la giustizia delle leggi, la provvidenza paterna e la nascosta
divinita. La divinita, perche nella mente panteista dell' ori en tale, Dio
si manifesta materialmente nella bellezza dei cieli, nella fecondita della
terra, nello schianto della folgore, nello stormire delle frondi, nell'uomo
buono, bello e gentile, e molto piu in quello che va armato di potenza
e incute terrore. Quando il 1 gennaio corrente 40,000 baionette scin-
tillarono al bel sole di Delhi e i barriti di 260 elefanti mescolarono
la loro voce robusta al rimbombo di cento cannoni che proclamavano
Re Edoardo imperatore, quanti erano sudditi asiatici del potente re
inglese, present! alia grandiosa cerimonia, salutarono coi loro evviva,
gridati in tutti i toni della gamma musicale, in quasi tutte le lingue
dell'Asia, il nuovo imperatore, e lo riconobbero, a loro modo, per
padre, madre e dio in terra.
Per noi europei, avvezzi da secoli ad una piu ampia liberta, a
un concepimento piu ragionevole della sovranita, fa ridere il concetto
che del potere regale si forma un asiatico. Ma pure e cosi. Nella
mente di un orientale il re e un padrone, un signore, un dio, al quale
si deve ubbidienza cieca, sottomissione assoluta, presso molti, anche
adorazione. Come la creta e in mano del vasaio, cosi, dice il pro-
yerbio sanscrito, £ il suddito in mano del suo signore. Quando il prin-
cipe pe' suoi eccessi, per la sua tirannide, sara diventato insopporta-
bile, un pugnale segreto o una coppa avvelenata lo fara sparire dalla
352 IL DURBAR DI DELHI
scena del mondo, e i suoi popoli presteranno la stessa ubbidienza, la
stessa sottomissione, la stessa adorazione al suo successore, carnefice
forse del passato re. Ma 1'asiatico in questo non ragiona. Suo prin^
cipio primo, evidente, indiscutibile & che al principe, finche vive e
regna, si devono onori supremi, e per conseguenza non gli e avaro
di complimenti, di titoli, di prostrazioni, di genuflessioni, d' incensi,.
di profumi. II re personifica a' suoi occhi la bonta, la potenza, la glo-
ria, il proprio paese, spesso anche il dio della sua tribu o nazione;
pero lo circonda di pompe, lo veste di seta e d'oro, lo copre di gioielli,
lo adombra coi flabelli, spesso anche, come nella Cina, lo fa vivere
quasi solitario, lontano del suo popolo, invisibile a' proprii sudditi,
avvolto nell'ombra e nel mistero. Cosi trascorre la vita negl' imperi
asiatici.
Lord Curzon ha penetrato assai bene il carattere deH'Orientale, e
nel presente Durbar gli ha dato modo di soddisfare pienamente i suoi
istinti incoscienti di fasto e di grandiosita.
II Durbar, come tutti sanno, si e tenuto a Delhi. Tuttavia, non
potendo la grande citta contenere tutte le truppe, gl'invitati e gl'innu-^
merevoli visitatori, si costrui intcrno a Delhi sulle colline e sui piani
un' altra citta di tende d'ogni foggia e d'ogni colore. Yedute fra i\
verde cupo dei manghi, dei tamarindi, e delle palme, sotto un ciela
di zaffiro ed un sole smagliante, presentavano un aspetto somma-
mente pittoresco. Un italiano congiunge all'idea di tenda qualche cosa
di angusto, di povero, d'incommodo. Tali pero non sono le tende in-
glesi, e non lo furono specialmente in questa occasione, dove Governo
e Principi indiani fecero a gara per sorpassarsi a vicenda nella ric-
chezza, nell'ampiezza, nelle comodita e nel gusto artistico delle loro
temporarie abitazioni. Basti dire che Lord Curzon, dopo essersi fatto
fabbricare nel centro di Delhi tina casa del costo di 6000 lire ster-
line, all'ultimo momento cambio pensiero e passo i giorni del Durbar
sotto una tenda regale nel centro del campo imperiale. Si tiene per
certo che questo abbia contenuto piu di 100,000 teade, disposte ad arfce
e secondo un disegno prestabilito, sopra un' area di 48 chilometri di
periferia. Da Delhi si arrivava al campo per mezzo di tre grandi
strade, sopra una delle quali correva una ferrovia leggera, stabilita
a bella posta per 1'occasione. II campo poi, era tagliato da un gran
numero di belle strade, le quali, illuminate di notte a luce elettrica,
lo correvano in tutte le direzioni. Ogni principe europeo od asiatico,
ogni casta, ogni religione, ogni provincia deH'impero, ogni Governa-
tore, ogni dicastero del Groverno ebbe assegnata una parte specials,
dove eresse le tende per se e per la propria gente come meglio
gli piacque. E intorno alle tende, dove la natura era brulla, si pian-
tarono giardini artificial! , si portarouo dalla citta e dai colli vicini
DEL 1 GENNAIO 1903 353
piante anehe d'alto fusto, si improvvisarono fontane, e tutto il campo
fu illuminatao a luce elettrica il cui impianto, benche solo temporaneo,
venne a costare 45,000 lire sterline.
Ho detto che i forestieri venuti al Durbar di Delhi superavano i
250 mila. Fra gl'invitati europei primi senza dubbio erano il duca e
la duchessa di Connaught, mandati al Durbar dal fratello re ed im-
peratore Edoardo VII. Questi era rappresentato umcialmente dal Vi-
cere Lord Curzon che solo in tutte le cerimonie tenne sempre il primo
posto, ricevette romaggio dei principi feudatarii, pronuncio il discorso
del trono e il messaggio deH'imperatore. Anche il regnante duca d'Hesse
fece a bella posta il viaggio dell'India per assistere al meraviglioso
spettacolo. Dei principi e rajahs indiani se ne contarono 117, i cui
nomi dard piu tardi. Vi erano inoltre gli ambasciatori dell'Afganistan,
del Siam, del Giappone, e un gran numero di signori dell'alta aristo-
crazia inglese ed indiana, ospiti dei governatori ed ufficiali inglesi o
dei principi del paese. I settanta squadroni di cavalleria e artiglie-
ria e i trentacinque battaglioni d'infanteria, europea ed indigena,
erano comandati da Lord Kitchener in persona, arrivato un mese prima
a prendere il supremo comando delle armi inglesi nell'India.
II 29 dicembre, a mezzogiorno in punto, Lord e Lady Curzon, il
Duca e la Duchessa di Connaught, il Duca d'Hesse, i Principi indi-
geni e la immensa folia degl'invitati al Durbar fecero la loro entrata
in Delhi. Dalla citta fino al campo sul Ridge erano schierate in due
ali le truppe che al passare della splendida processione presenta-
vano le armi, mentre le bande di tutti i reggimenti riunite insieme
sonavan a festa e il cannone tonava a salve. Precedevano gli squa-
droni di cavalleria e di artiglieria a cavallo, il corpo dei cadetti im-
periali indiani, gli araldi e i trombettieri. Seguivano tre coppie di
elefanti, a due a due, di fronte, riccamente bardati e portanti gli aiu-
tanti di campo del Vicere e dei duchi di Connaught. Poscia, Lord e £.ady
Curzon, il Duca e la Duchessa, seduti sotto padiglioni di avorio e
d'argento, portati in groppa da due elefanti di belle forme, di sta-
tura gigantesca, mansueti come agnelli, vestiti di gualdrappe ricchis-
sime di seta e di porpora, ricamate in oro ed argento, ornate di
gemme scintillanti, con fregi e borchie d'oro e i pendenti sonagli d'ar-
gento. Poi, sempre a due a due, e di fronte venivano i principi in-
diani, quel primo giorno sessanta in circa, ciascuno sul suo elefante,
bardato come poteva solo imaginarlo una fantasia orientale.
Ai principi indiani facevano seguito a cavallo o in carrozza il Duca
d'Hesse colla sua scorta, i governatori di Bombay, di Madras, del
Punjab, della Birmania, del Bengala, delle Provincie del Nord Ovest,
il generale in capo delle armi britanniche nell'India, Lord Kitchener,
il Khan di Khelat, i Commissarii delle frontiere, dell' Assam, delle
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1263. 23 31 gennaio 1903.
354 IL DURBAR DI DELHI
Province central!, 1'agente del Beluchistan, e numerosi capi afgani,
patani e beluchi, tutti, ben s'intende, accompagnati dalle rispettive
loro scorte, vestiti nelle fogge piu pittoresche e piu strane, smaglianti
di colori, d'oro e di gemme. E dietro a quest! facevano bella e ve-
nerata mostra di se, ammirati -ed acclamatissimi dagli spettatori, spe-
cialmente europei, i superstiti veteran! che avevano combattuto e vinta
in pro del!' laghilterra la grande rivoluzione dei sepoys del 1857.
Quest! vecchi soldati, pochi in numero, e parecchi di loro coperti di
cicatrici, potevano ben dire con verita che la patria doveva a loro la
gloria di quel Durbar.
E qui finiva, per cosi dire, la prima parte della processione.
Ma essa realmente era appena arrivata a meta. Ai rappresentanti del-
Plmpero angloindiano, seguivano le corti dei principi, gli alt! digni-
tarii sopra elefanti, i minor! a cavallo od in carrozza, moltitudine
immensa, variopiata, dove i color! piu vivaci dei veli, delle sete e
dei broccati s'intrecciavano bellamente col folgorio dei monili e delle
gemme. E tutta questa gente procedeva in bell'ordine, con alia testa
gli elefanti in numero di oltre a 200, seguiti da! cavalli e dalle car-
rozze, e poi da una moltitudine di visitatori, di curiosi, di abitanti
di Delhi alia rinfusa.
Lo splendido corteo passd per la strada della Regina, poi giu per
via Khas, giro intorno alia Jamma Musjid (moschea cattedrale di
Delhi), davanti all'ospedale, poi per Esplanade Road, per Chandni
Chowk, e attraverso il ponte di Lord Dufferin alia porta Mori, donde,
dopo quattro chilometri, arrive al campo del Durbar.
La processione si stendeva per ben dieci miglia e duro fino a
sera, ammirata, goduta, applaudita da forse quasi tutta la popolazione
di Delhi, cioe da 208,000 abitanti. Ma questo meraviglioso corteo non
era che il preludio delle feste. La solenne cerimonia del Durbar o
proclamazione di Edoardo YII ad Imperatore dell 'Indie, si tenne tre
giorni dopo, il primo gennaio, e la sua magnificenza supera ogni
descrizione.
II cannone, all'alba, tonando da quindici punt! divers!, sveglio i
duecentocinquantamila abitanti del campo variopinto del Durbar e le
moltitudini della grande citta. I 37,000 soldati di ogni arme, colore
ed uniforme, si disposero in due file dal campo viceregale all'anfi-
teatro dove si doveva tenere la proclamazione. Prima delle nove
quella immensa folia, una folia che non si vedra mai in Europa,
si addensava da tutti i punti di Delhi e del campo lungo la via che
menava all'anfiteatro. Europei, persiani, maratti, bengalesi, cingalesi,
indiani delPIndia meridionale, centrale e settentrionale, afgani, siki,
patani, birmani; indigeni dal viso ovale, quasi greco, o dalle fattezze
scitiche, mongoliche od africane ; dalla tinta chiara, dal colore giallo
pallido, persino dal giallo di zafferano ; molti rossastri, moltissimi
DEL 1 GENNAIO 1903 355
bruni quasi neri ; in tutte le fogge di abiti, in tutte le sorta di
colori, vestiti di seta verde e gialla, di velluti bruni o searlatti, di
mussoline candide come la neve, di veli aerei, quasi impalpabili ;
adorni, eoperti, carichi di monili d'oro, coi turbanti e la persona
tempestati di gemme, le chiome nere, lucidissime, profumate colle
migliori essenze del paese ; uomini parlanti centinaia di favelle fra
lingue e dialetti, abitanti dai confini del Tibet e dell' Himalaya,
fino alle prode meridionali dell'equatore. E tutta questa massa con-
fusa, pittoresca, variopinta, rumoreggiante come 1'oceano, chi a cavallo,
chi in carrozza, chi sui palanchini, chi sugli elefanti, in moto verso
1'anfiteatro del Durbar.
L'anfiteatro dove si tenne la proclamazione fu fabbricato a bella
posta e la sua costruzione duro sette mesi. Ne fu architetto il colon-
nello inglese Swinton, ma il disegno venne modificato dallo stesso
Lord Curzon, ornato poi e decorato dall' architetto indiano Earn Singh,
il quale e noto anche in Inghilterra per aver decorato ed addobbato
i cosi detti saloni indiani del castello reale di Osborne nelP isola di
Wight. L'anfiteatro, in forma di un ferro da cavallo, e tutto in legno,
sorgeva sopra un terrapieno e poteva contenere un 15000 persone.
In fondo era il trono, una magnificenza di drappi, di oro e di avorio,
e tutto intorno le vaste scalinate per gli spettatori, colle spalliere
ornate ricsamente e i sedili coperti di tappeti orientali.
I principi indiani, fra le dieci e le undici antimeridiane, mossero,
ciascuno separatamente col proprio seguito, verso 1'anfiteatro. Alle
11.15 il Duca e la Duchessa di Connaught lasciarono il campo vi-
ceregale, e alle 11.30 il Yieere e la Yiceregina sul proprio elefante en-
travano nella gran processione che procedette ordinata, maestosa, ma-
gnificentissima verso 1'anfiteatro. Mai ibrse, nella storia dell' Asia, nonsi
erano veduti raccolti insieme tanti principi, tanti elefanti, tanta gloria
europea ed asiatica. Quel giorno pote 1' Europa contemplare con giu-
sto orgoglio a' suoi piedi la parte migliore dell'Asia, e 1' Inghilterra
in particolare pote gustare 1'ebbrezza del trionfo, della gloria del
proprio impero, simile al quale, forse, non si vide mai sulla terra.
II filosofo poi ed il cristiano pote sperare non lontano il tempo, quando
rotte fra le varie stirpi le barriere di division! e di odio si compiera
la tanto desiderata fratellanza umana.
Alle 12.30 il Yicere Lord Curzon, seguito dai principi entro nel-
1'anfiteatro e procedette verso il trono. I principi restarono fermi
sugli elefanti, nel centro deli'anfiteatro di fronte al palco reale, men-
tre tutto intorno, sulle gradinate, prendevano posto coloro, cui per
nascita, dignita o ufncio spettava di comparire a far omaggio o ad as-
sistere aila grandiosa cerimonia. Questi fortunati erano intorno a
12,000. Sull'immensa spianata dinanzi all'anfiteatro erano schierati
356 IL DURBAR DI DELHI
i 37,000 soldati imperial! e tutto intorno si addensava la turba quasi
infinita del campo e della citta.
Non appena Lord Curzon si fu seduto, la guardia reale presento
le armi, trentun colpo di cannone tonarono dal campo, mentre dai
gradini dell'anfiteatro gli evviva e gli applausi si levarono alle stelle.
Finito il saluto, si fece innanzi, secondo il cerimoniale, il Ministro degli
esteri, e domando al Yicere il permesso di aprire il Durbar. Allora le
bande musicali che circondavano il trono chiamarono con lunghi squilli
1'araldo. Questi, il capitano Maxwell, una gigantesca figura d'uomo,
vestito d'oro e di velluto chermisino, cavalcd fino al trono del Yicere,
accompagnato da dodici trombettieri in fogge ricchissime ed eleganti.
Nel cavalcare verso il trono si fermarono tre volte, lanciando al cielo
ogni volta acutissimi squilli di tromba. Ad un cenno del Yicere
1'araldo lesse la proclamazione di Edoardo YII ad imperatore dell'India.
Quando le ultime note della voce potente dell'araldo si perderono nel-
1'arena, la bandiera britannica fu inalberata sull'albero sorgente nel
mezzo dell'anfiteatro, le musiche sonarono 1' inno nazionale, la guar-
dia di onore presento le armi, gli spettatori si levarono in piedi, to-
narono cento ed un colpo di cannone, che furono accompagnati nel
loro tremendo rimbombo dagli squilli prolungati delle trombe del-
1'araldo e dei trombettieri. II solennissimo momento era passato.
Quando nell'anfiteatro ritorno il silenzio, il Yicere si levo in piedi,
e dall'alto del trono, dinanzi ai dignitari,, ai principi, agli ufficiali
dell'Impero, pronuncio il suo discorso.
Lord Curzon comincio ricordando che nel luogo stesso della pre-
sente cerimonia, a Delhi, fu proclamata 26 anni prima, la regina
Yittoria, prima imperatrice dell'India. Osservo che grazie alia pre-
senza dei principi regnanti, di speciali deputati, o rappresentanti delle
popolazioni asiatiche soggette all'Inghilterra, in quell' an fiteatro erano
rappresentati circa 230 milioni di esseri umani, soggetti ed ubbidienti,
non per forza ma per amore, all'impero britannico, che ormai riceveva
1'omaggio di quasi un quinto del genere umano. A tutti questi mi-
lioni di uomini il Gtoverno dell 'Imperatore Edoardo aveva dato prote-
zione contro 1'anarchia interna e le invasion! straniere, a tutti poi
aveva assicurati i proprii diritti, la propria religione, il tranquillo
possesso dei proprii beni, giustizia e pace universale. La conquista
da parte delPInghilterra di un cosi vasto impero, era stata opera
grande e meravigliosa, ma era maggiore merito tenerlo unito in forma
pacifica e prosperosa.
II Yicere lesse quindi il messaggio del re ed imperatore.
11 messaggio rammenta la visita di re Edoardo nell'India 1'anno
1875; dice che lo avvince all'India un profondo affetto figliale. Ri-
corda i cospicui servigi resi dall'esercito indiano ed esprime la spe-
DEL 1 GENNAIO 1903 357
?anza che il principe e la principessa di G-alles potranno presto vi-
sitare minutamente il grande paese su cui sarauno chiamati a re-
.gnare. II messaggio soggiunge :
« E mio desiderio di mantenere immutato il regime dell'equa ed
umana amininistrazione, inaugurata da mia madre, prima imperatriee
delle Indie. Rinnovo quindi 1'assicurazione del mio rispetto per la
liberta e i diritti di tutti i feudatarii e sudditi dell'India, il mio in-
teressamento e la mia devozione per il benessere dell'impero. Quest!
sono i supremi scopi che mi prefiggo. Spero con I'aiuto di Dio di
accrescere la prosperita dell'impero e di contribuire alia felicita del
mio popolo. »
Lord Curzon, continuando, annunzio in nome dell'Imperatore, che
per tre anni, il Governo non avrebbe riscosso alcun interesse sui pre-
stiti consentiti e garantiti dal Governo dell'India agli Stati indigeni in
seguito all' ultima carestia.
Quando il Yieere ebbe finite di parlare, i trombettieri diedero di
nuovo fiato alle trombe, e 1'araldo, fattosi innanzi alia grande udienza,
domando tre evviva per 1'Imperatore e Re. A quelle parole scoppia-
rono dai petti degli spettatori nell'anfiteatro, da quelli di fuori e dai
37000 soldati tali evviva che veramente salirono alle stelle. Comincid
-allora la presentazione dei singoli principi e la cerimonia delPomaggio.
II principe indiano, accompagnato dai cerimonieri imperial!, si ap-
pressava al trono, salutava il Yicere secondo il costume del proprio
paese e pronunciava qualche parola di augurio o di omaggio, tradotta
3il Yicere dagli interpret! che gli facevano corona.
Lo spettacolo era meraviglioso. Nella grande arena non si sentiva
uno zitto. Tutti tenevano fissi gli occhi sui principi, vestiti nei co-
stumi nazionali, tempestati letteralmente di gemme. Ne avevano sopra
tutta la persona, sui superbi turbanti, sui collo, sui petto, incasto-
nate sulle armi, ricamate a disegno sugli abiti. Ogni principe portava
in dosso un vero tesoro.
Alcuni dei principi indiani, assai noti pel loro valore e per le virtu
personali, o cari al paese per le tradizioni della famiglia e degli avi,
furono acclamati freneticamente. La begum (regina) di Bopal, fragile
figura di donna, avvolta da capo a piedi in veli di seta e d'oro, s'ap-
presso al trono, tocco come atto di ossequio i piedi del vicere, strinse
la mano alia viceregina e alia duchessa di Connaught, offerse a Lord
•Curzon il suo omaggio, chiuso in un artistico cofanetto d'oro, poi
senza parlare, invisibile ne' suoi veli, ritornd al proprio posto fra la com-
mozione e gli evviva dell'adunanza. Passarono altri principi, risona-
rono altre acclamazioni, poi gli spettatori furono di bel nuovo elet-
trizzati da uno spettacolo commovente. Ua fanciullo di pochi anni,
Testito in un ricchissimo abito azzurro e rosa, seguito da un uomo
358 IL DURBAR DI DELHI
gigantesco della stirpe del Siki, suo tutore, si appresso al trono a
fare omaggio. Quel bambino era il Maharajah di Patiala.
Seguirono fra le acclamazioni dell' assemble a il G-aekwar di Baroda,
il Maharana di Udaipur, il Nizam di Hyderabad, i Maharajahs del
Mysore, del Kashmir, di Jaipur, di Jodhpur, di Kishangarh, di Dhol-
pur, di Eatlam, il Nawab di Jaora, i Maharajahs di Gwalior e di
Travancore, i rajahs di Cochin e di Pudukota. Dopo questi vennero
altri principi e capi, i cui nomi, almeno dei prinoipali, non sara
inutile tramandare alia storia. Offrirono omaggio all' Imperatore
Edoardo YII, nella persona del suo vicere Lord Curzon, il Khan
di Khelat, lo Jam di Las Byla, il Eajah di Manipur, il Maharao
Raja di Bundi, il Maharajah di Bikanir, il Maharao di Kota, il Maha-
rajah di Karauli, il Maharawal di Jaisalmer, il Maharajah di Alwar,
il Nawab di Tonk, il Maharajah di Sirohi, il Maharana di Dungar-
pur, il Kaj Rawal di Jhalawar, il Maharajah di Rewa, il Maharajah
di Orchha, il Maharajah di Datia, i Rajahs di Dhar e di Dewas, il
Maharajah di Charkhari, i Rajahs di Rajgarh e Narsingarh, il Rana
di Barwani, il Thakur di Piploda, il Rao di Alipura, il Maharajah
di Kolhapur, il Rao di Cutch, il Mir di Khairpur, i Sultani di Shehr
e Mokalla, il Nawab di Junagarh, il Tagur Sahib di Bhawnagar, il
Rana di Pordanbar, il Nawab di Cambay, i Thakur Sahibs di Morvi
e Gondal, il Sultano di Lahey, i Rajahs di Bariya e Bausda, i Thakur
Sahibs di Palitana e Limri, il Nawab di ^anjira, 1'Amir di Athali-
pant, il Sachiv di Bhor, il Capo di Miraj, il Nawab di Bhawalpur,
i Rajahs di Jhind, Nabha, Kapurthala e Simur, il figlio del Nawab>
di Maler Kotla, i Rajahs di Nalagarh, di Keonthal e Faridkot, il Sardar
di Kolsia, i Nawabs di Wharu e Dujana, il Maharajah di Coooh Beharr
i Rajahs di Hill Tippera, di Benares, di Tehri, i Sawbwas di Ken-
tung, Mong Nai, Yawng Hwe, Hsenwi Mong, Pawn meridionale e
Karenni orientale, i Rajahs di Sonpur, Rehra Khol, Rajgarh e Khajra-
garh, il Mehiar di Chitral, il Nawab di Dir, il Khan di Nawagai, i
Mirs di Hunza e Nagar ecc. ecc.
Colla fine dell' omaggio anche il Durbar fu finito e Fassemblea fece
ritorno al campo.
I corrispondenti dei grandi giornali inglesi, ed anglo-indiani man-
dati a Delhi per assistere alia cerimonia, non trovano parole per de-
scriverla degnamente. Uno di essi scrive :
« Oggi io ho assistito ad uno spettacolo incredibile quasi ai sensi -r
ad un vero spettacolo di sogno e di visione : 1'attuazione degli splen-
dori e delle meraviglie piu fantastiche delle favole orientali e delle
mille ed una notte. Si, era un vero sogno orientale, un sogno ge-
nerato dall'oppio, in cui erano stranamente mescolati la disciplina e-
1'ordine rigido e perfetto dell'Oecidente, con lo splendore accecante?.
DEL 1 GENNAIO 1903 359
col fascino meraviglioso e spaventoso, con la intensita di colore e di
vita deirOriente. Non credo che occhio umano abbia mai contemplate
spettacolo simile. Q-iammai, quando la Corte Mongola era al sommo
della sua magnificenza, i suoi sovrani non hanno marciato traverse la mi-
stica citta imperiale con una scorta che per splendore, ricchezza, mae-
sta, si avvicinasse a quella con cui oggi il vicere e entrato nell'an-
fiteatro del Durbar. »
Un altro scrive : « La citta era sveglia sino dalla prima aurora.
La luce del mattino toccava gia appena le cupole inaestose, i minareti
fantastic! che gia una immensa folia si rovesciava per le strade verso
1'anfiteatro ; una folia strana, in cui erano inescolati tutti i colori e
tutte le razze.
« Le strade, i terrazzi, le finestre, le verande, le scale esterne
delle case, i tetti erano letteralmente coperti da grappoli umani di
-colori vivacissimi, che risplendevano nell'oro del sole e contro 1'az-
zurro limpidissimo del cielo. La famosa moschea, la Jamma Musjid,
il piu colossale tempio dell' Asia, ed uno dei piu meravigliosi monu-
menti dell'intero mondo, con le sue grandi fughe di scale coperte
di popolo, sorgeva come un'isola meravigliosa da un grande oceano
di colori, lainpeggiante di tutte le iridescenze dell'arcobaleno. In que-
sto meraviglioso oceano ogni singola persona era come un'onda che
avesse il suo rinesso speciale. II rosso, il giallo, il verde erano i co-
lori dominanti in questa splendida folia orientale ; ma con essi si
mescolavano il turchese pallido, il zaffiro piu intense, il violetto,
1'eliotropico : cosicch£ la immensa massa umana, con la mescolanza
>e la mutua corrispondenza delle tinte finiva per risplendere con tutti
i colori che i gioielli, i fieri, 1'aria, 1'acqua abbiano mai suggerito
all'occhio di un pittore. Tutto questo splendore raggiungera 1'apice
nell'anfiteatro. I baldacchini dei maharajah, fatti d'oro e d'argento mas-
siccio e coper ti di sete incrostate di gemme, risplendevano come fan-
tastici edifizi di fiamma neH'aria... »
Le feste non ebbero fine col la proclamazione, che anzi durarono
altri dieci giorni. II Vicere tenne in persona cinque grandi banchetti
di Stato nei quali ammise 160 invitati per volta, e 1' invesfcitura degli
ordini cavallereschi o il conferimento delle medaglie a centinaia di
principi e signori, europei ed indiani. L' investitura si tenne nella
grande sala imperiale del Gran Mogol in Delhi, detta Dewan-i-Am,
forse la piu bella del mondo, e che la sera del 3 gennaio vide rac-
colte fra le sue mura di marmo a mille colori, illuminate da migliaia
di lampadine elettriche, ben 3000 persone. Fra i molti decorati com-
parvero anche due Padri della Compagnia di Gesu, il Rev. P. Lafont,
Eettore del Collegio di S. Francesco Saverio a Calcutta, e il Rev. P. J.
Sewell, prefetto degli studii nel collegio di S. Giuseppe a TrichicopolL
360 IL DURBAR DI DELHI DEL 1 GENNAIO 1903
II Vicere, inoltre, a ricordo della proclamazione dell' Imperatore*
Edoardo, diede la liber ta a 16188 prigionieri, concesse a molti che
se ne erano resi degni, titoli, onorificenze, somme di danaro, terre,
privilegii, esenzioni, guarentigie ed altri beneficii. Fu di piu aperta
dal Vicere in un palazzo imperiale della citta una esposizione di arte
Indiana antica e moderna. La mostra riusci assai bene e attiro visi-
tatori a migliaia, che contemplavano estatici daH'ammirazione i ricchi
e meravigliosi gioielli che principi ed altri gran signori dell'impero
avevano mandati cola ad incoraggiamento delle patrie arti.
Le feste continuarono fino al 10 inclusive. Si tennero, fra gli altri
divertimenti, stupendi fuochi d'artificio, tornei, colossali partite di
foot ball, di polo, e il memorando Durbar del 1903 si chiuse con una
grande rivista militare tenutasi sotto il comando di Lord Kitchener alia
presenza del Vicere, della Viceregina, del Duca e della Duchessa di
Connaught, dei principi indiani e di un infinito numero di gente. Pre-
eeroparte alia grande rivista 29,610 soldati, un terzo europei, gli altri
indigeni, fra i quali 3000 soldati di fanteria e 1500 di cavalleria delle
truppe feudatarie, comandate dai principi indigeni, piu 800 volontarii
a piedi e a cavallo.
Quanto all'effetto politico che 1' Inghilterra aspetta dal Durbar, ce-
lebrato da lei al costo di tre milioni di sterline, tutti i giornali sono
concordi.
« Lo splendore ed il successo del gran Durbar dimostra, secondo
essi, che il dominio inglese nelP India si e grandemente consolidate
negli ultimi anni ; e non si e gia fortificato per un esercizio maggiore
dell'autorita e della forza, ma per un crescente e sempre piu sincere
consenso di tutti i principi vassalli, di tutte le caste dominant!, di
tutti gli individui dctati di maggiore intelligenza e di maggior senso
pratico nel grande paese. L' India e un mosaico di popoli, di razze,
di religioni, di lingue, di classi ; le fila di tutti questi varii element!
sono talmente intrecciate le une con le altre che non sara mai piu
possibile sbrogliarle. In tutta questa confusicne il dominio inglese
rappresenta la sola causa prima, stabile, sicura, intorno a cui tutta
il resto si pud ordinare. Se questo dominio venisse meno, 1' edifizio
colossale dell' impero indiano cadrebbe in brandelli, come un castello
di carta, e il paese precipiterebbe nella piu terribile anarchia.
« Questa verita e ora capita dagli stessi indiani piu intelligenti o
piu mallevadori della quiete del paese, ed e questa convinzione che
nutre il loro nuovo sentimento di loyalism ossia-di fedelta verso il
Governo inglese. II che e stato cagione che il grande Durbar nazio-
nale del 1903 ha potuto avere luogo con tanto entusiasmo, appunto
in quella citta che era stata il centro del grande ammutinamento di
mezzo secolo fa, >
GRONAGA GONTEMPORANEA
Roma, 9 - 29 gennaio 1903
I.
COSE ROMANS
1. Decreti per la Ven. Giulia Billiart e pel Yen. Giov. Eudes. — 2. Rice-
vimenti pel Giubileo pontificate di Leone XIII. — 3. Morte deirErho
Card. Parocchi. — 4. Morte della Duchessa Arabella Salviati.
1. Martedi, 6 gennaio, festa dell' Epifania di N. S., nel palazzo
Apostolico Yaticano, alia presenza del Santo Padre, furono promul-
gati i decreti sopra Teroismo delle virtu della Yen. Giulia Billiart,
fondatrice della Congregazione delle Sucre della B. Y. Maria : e del
Yen. Giovanni Eudes, missionario apostolico e istitutore della Con-
gregazione di Gesu e Maria e dell'Ordme di Nostra Signora della Carita.
Faceva corona al Santo Padre la sua Nobile Corte colPEmo Car-
•dinale Ferrata qual Pro-Prefetto della S. C. dei Riti e ponente delle
due Cause di Beatificazione e Canonizzazione dei predetti Yenera-
bili Servi di Dio. Eran presenti, oltre gli ufficiali della stessa Con-
gregazione dei Riti, i Rmi Postulatori delle Cause, Mgr Raffaele Yi-
rili, Yescovo titolare di Troade, e D. Gabriele Mallet Procuratore
generale degli Eudisti ; Mgr Bonard Yescovo di Nantes, ed il supe-
riore generale della Congregazione di Gesu e Maria, D. Angelo Le
Dore, con alcuni alunni del suo Istituto. Sua Santita, dopo la let-
tura dei decreti, volse agli astanti una breve allocuzione latina, ral-
legrandosi di poter con Papostolica Autorita riconoscere la santita di
vita, 1'ardente zelo per la salute delle anime e 1'eccellenza delle virtu
dei venerabili servi di Dio. Soggiunse non potersi astenere dall'espri-
mere nuovamenfee i suoi piu ardenti voti, che la Francia, patria for-
tunata dei due Eroi, ora percossa da fiera procella, anche per 1' in-
tervento e le preghiere di essi presso Dio, abbia presto a godere la
pace e la tranquillita tan to desiderata. — Ed impart! a tutti TApo-
stolica benedizione.
La Yen. Giulia Billiart nata il 10 luglio 1751 in Cuvilly nella
diocesi di Beauvais, consecratasi a Dio con voto di castita a quattor-
dici anni, sorpresa da paralisi che la tenne inchiodata in un letto per
362 CRONACA
ventidue anni, ottenne da Dio la guarigione per dediearsi con alcune*
compagne ali'opera dell'educazione cristiana delle giovanette, fondando
percio, secondo il consiglio del P. Yarin, 1' Istituto di Nostra Donna.
Moriva nel 1816.
II Yen. Giovanni Eudes nacque a Rie nella diocesi di Seez il 14
novembre 1601. Studio letters e filosofia nel collegio dei Gesuiti di
Caen, poi teoiogia tra gli Oratoriani della stessa citta. Da essi si se-
paro per fondare prima un Istituto di sacerdoti sotto il titolo di Con-
gregazione di Gesu e Maria per le sacre Missioni e i Seminar! i : poi
un altro delle Figlie della B. V. Mwia della Carita per aiuto e con-
versione delle donne traviate. A lui si devono gli uffici liturgici del
Sacro Cuore di Gesu e di Maria, e 1' istituzione altresi di una as-
sociazione del Sacro Cuore della stessa Madre di Dio. Passo la vita
nelle Missioni al popolo, e mori nelPagosto del 1680.
2. Continuando la serie dei ricevimenti per la fausta ricorrenza
del suo Giubileo, il S. Padre, nella Domenica 11 corrente, ammetteva
al bacio della mano la R. M. Digby Superiora dell'Istituto delle Dame
del Sacro Cuore accompagnata da buon numero di religiose delle di-
verse Case deli'Istituto : e si compiaceva di impartire 1'apostolioa be-
nedizione alle loro educande della Trinita de' Monti e di S. Rufina,
raccolte nella Sala Concistoriale. La domenica seguente, circa duecen-
tocinquanta signore appartenenti all'Associazione delle Figlie di Maria
delle stesse Case, colle loro President! rispettive la Principessa An-
tici -Mattel e la Contessa Bentivoglio, presentarono a S. S. divoti in-
dirizzi di ossequio e di felicitazioni a cui il Santo Padre degnavasi
rispondere con nobili parole, ringraziandole del ricchissimo dono of-
ferto di una cassa contenente tutti gli arredi episcopali, opera di fi-
nissimo lavoro : e paternamente le benediceva.
II sabato 24 sul mezzogiorno, nell'Aula Concistoriale, si raduna-
vano le principali famiglie del Patriziato e della Nobilta romana. II
Papa, assisosi sul trono, e circondato dai Cardinali Casali del Drago
e Macchi, nonche da tutti i componenti la sua Nobile Anticamera,
ascoltava le parole di devozione e di affetto espresse dal Principe D. Mar-
cantonio Colonna : e rispondeva ringraziando, rallegrandosi di ve-
derli raccolti intorno a Lui, e raccornandando loro 1'azione oattolica
specialmente verso gli umili ed i poveri. « Noi pure, disse, deplo-
rando le odierne agitazioni che turbano la civil convivenza, piu volte
rivolgemmo lo sguardo alle classi infime, piu perfidamente insidiate
dalle inique sette, e offrimmo loro le cure materne della Chiesa. E
piu volte dichiarammo che rimedio ai mali non sara mai 1'ugua-
glianza sovvertitrice degli ordini sociali, ma quella fratellanza invece
che senza menomare la dignita di grado, unisce i cuori di tutti in
un medesimo vincolo di amore cristiano. Ora voi, diletti figli,
CONTEMPORANEA 363
•dagli avi riceveste in retaggio con la nobilta del sangue il piii illi-
mitato ossequio agl' insegnamenti della Chiesa e alle direzioni del suo
Capo, voi, si, farete opera di veramente utile civilta e altrettanto de-
coro al casato se con tutti i mezzi che vi porge 1'autorita, la coltura,
il censo, e piu che mai con 1'efficacia di virtuosi esempi, assecondate
le Nostre sollecitudini per salvare le classi popolari, riconducendole
ai principii e alia pratica della dottrina cattolica. > Ammettendo poi
i presenti al bacio della mano, rivolse affettuose parole a ciascuna
famiglia, carezzando paternamente i bambini che numerosi gli erano
presentati e a tutti impartiva 1'apostolica benedizione.
Altri ricevimenti di numerose persone forestiere tralasciamo per
brevita : ma non possiamo dimenticare quello che ebbe nei primi giorni
del mese il E. D. Eua Superiore dei Salesiani accompagnato da di-
versi membri dell'Istituto, e da una rappresentanza de' giovani stu-
denti ed artigiani, offrendo al S. P. due ricchi album di 70,000 firme,
e 1'obolo dell'amor figliale raccolto in piccole somme fra i giovani stessi.
3. Nuovo lutto venne ad attristare il Sacro Collegio de' Cardinali
in questi giorni colla perdita del sotto-decano, il Cardinale Lucido
Maria Parocchi, morto nel Palazzo della Cancelleria la notte del 14
al 15 gennaio di una malattia di cuore che ne insidiava le forze da
lungo tempo, ma rapidamente aggravatasi per un assalto ft influenza:
Grave iattura per la Chiesa, nel cui Consiglio era di molto peso la
prudenza di lui, colla vastita e sodezza della sua dottrina.
Era nato in Mantova il 13 agosto 1833. Educate nel patrio Semi-
nario, passava poi a compiere gli studii teologici all'Universita Ore-
goriana in Eoma, dove fa scolare dei PP. Passaglia e Schrader. Dopo
la laurea in teologia tornava in patria ad insegnarvi morale, storia,
diritto canonico: poi, datosi ai sacri minister!, preposto alia parroc-
chia dei SS. Gervasio e Protasio in Mantova stessa, vi cominciava a
spiegare zelo ed operosita singolari. Le conferenze sopratutto contro
il Protestantesimo ed il razionalismo, che diede alle stampe, lo fe-
cero conoscere a Pio IX, il quale nel 1875 lo creo Yescovo di Pavia;
trasferitolo poi a Bologna nel marzo 1877, ai 22 di giugno dello
stesso anno lo innalzava all'onore del cardinalato, del titolo di San
Sisto. Non aveva allora che 44 anni. L'opposizione ostinata che ini-
quamente lo privo fall* Exequatur, non gli impedi di operare molto
bene nei cinque anni di sua dimora nella nuova diocesi special-
mente colla sua parola ricca di maschia eloquenza e di soda pieta.
Chiamo in citta le suore Canossiane per la cura delle povere cieche
e per 1'educazione del popolo : diede impulse vigoroso e sapiente al
movimento cattolico della citta ed anzi a quello di tutta Italia del
quale allora Bologna era il centro attivissimo con Acquaderni, Casoni,
Yenturoli ed altri valenti : ebbe a cuore gl' istituti educativi di vario
364 CRONACA
genere cola esistenti, e in essi le frequent! sue visite lasciavano sem-
pre, come le visite pastorali delle campagne, sentimento durevole di
ammirazione e di entusiasmo : euro sopratutto gli studii del Clero. E
quanto il Clero, in generale, lo riamasse, lo prova 1'indirizzo che
gran parte di esso firmo per conservarlo a Bologna quando il Papa
Leone XIII, per rimediare agli inconvenienti inevitabili di quello
stato violento di cose, lo chiamo a Roma, nominandolo poi suo Yicario.
Nella qual carica di fiducia, onorevole ed ardua sopramodo, risplen-
dettero cosi la straordinaria sua coltura ed il suo gran cuore, che
tutti gli uomini insigni venendo a Roma, cercavano di Lui. Nel 1899
fatto Yice-Cancelliere di S. E. C., vescovo di Albano, da quella sede
passo nel 1896 a quella di Porto e S.a Rufina. Fu presidente della
Sacra Visita Apostolica, prefetto della S. C. della Residenza de' Ye-
scovi, presidente dell'Accademia di Religione Oattolica; aveva parte in
molte Congregazioni. Era protettore di 57 ordini, istituti, o communita.
Eletto ingegno, prodigiosa memoria, indefesso lavoro, gli avevano
meritata stima di uno de' piu dotti membri del Sacro Collegio. La bonta
dell'animo e 1'affabilita dei modi, la piacevolezza arguta della con-
versazione, una specie di fascino soavissimo guadagnavano e legavano
a Lui quanti per poco lo avvicinassero. Quanto fosse amato e onorato
si vide lo scorso anno compiendo egli il ventesimo quinto del suo
cardinalato. Si vide anche meglio ora pei suoi funerali a S. Lorenzo
in Damaso, dove col Sacro Collegio, cogli ambasciatori, coi prelati
ed ufficiali, colle rappresentanze delle Congregazioni ecclesiastiche a
cui il defunto apparteneva, dei Collegi e Seminar!, degli Istituti di
cui era protettore, cogli inviati delle diocesi di Mantova, di Albano,
di Porto e S.a Rufina, coi rappresentanti delle Accademie di cui era,
membro, una folia enorme si accalcava composta dell'aristocrazia ro-
mana, di Consiglieri Provinciali e Comunali, sacerdoti, scienziati, cit-
tadini d'ogni ordine, e poveri in gran numero dal pio Cardinale sempre
largamente beneficati, tutti uniti neH'ultimo tribute di preghiere e-
di riconoscenza.
Fu sempre di principii intieramente papali, ne le sue convinzioni,
su queste punto incrollabili, per niun umano riguardo attenuo mai a
nascose. Quanto a certi pretesi document! messi in giro dalla stampa
liberale di questi giorni, in cui, a sciogliere la questione Romana, si
fa proporre dal defunto cardinale la cessione di qualche striscia di ter-
ritorio che unisse il Yaticano a Castel Porziano e di la al mare, (ima-
ginando cosi salvata la liberta della Chiesa e le relazioni del Ponte-
fice col mondo cattolico) noi abbiamo troppo bene conosciuta la tempra
d'anima e 1' intelligenza dell'Emo Porporato per non dar nessun peso
a simili sogni, che provano solo quanto sia violento lo stato di cose pre-
sente, e necessario rimediarvi per la giustizia e per il bene della
CONTEMPORANEA 365
Chiesa e dell' Italia. Provano altresi che di una soluzione sentono
siffattamente il bisogno quelli stessi i quali vanno gridando tutto es-
sere definitivamente accomodato per sempre, che quando la stampa
cattolica tace della questione romana, la stampa liberale e persino
massonica va in cerca del pretest! anche piu futili per sollevarla,
come vedemmo in questa occasione.
4. II 23 corrente, a un'ora dopo mezzanotte, confortata de' Santi
Sacramenti e dalla benedizione del Santo Padre, moriva nel suo palazzo
al Corso, la Duchessa Arabella Salviati, nata Fitz- James, e in lei
1'aristocrazia romana perdeva uno de' piu nobili esempi di cristiana
virtu. I giornali di Roma e di Parigi, dov'era nata, riportarono una-
nimi le sue lodi, chiamandola « angelo di earita»: e meglio ancora
il popolo, piangendo, lamento nella morte di lei la perdita di una
vera « madre de' poveri ».
E la nobildonna ben meritava tale compianto. — Consorte del
venerando Duca Scipione, Presidente infaticabile dell' Opera dei Con-
gressi cattolici negli inizii stessi della organizzazione loro, voile
anche essa avere un nampo degno dell'attivita del suo zelo e Febbe nel
campo vastissimo della carita. Ella impiego la sua vita a rasciugar
lagrime, a sollevar miserie, a proteggere i deboli : e tra i piu deboli
pose appunto la sua predilezione : nei bambini. Alia Duchessa Ara-
bella Salviati si deve una delle piu benefiche istituzioni moderne in
Roma pur gia cosi ricca in fatto di carita. Ognuno facilmente intends
quanto sia necessario un ospedale speciale ed esclusivo per i bambini:
per le cure piu delicate, per le malattie piu pericolose, per la spe-
ciale sensibilita e debolezza dei malati, per le diverse attitudini rd-
chieste in chi le cura. — Ardita era 1' impresa : ma pari 1'animo della
generosa Donna. Diede del suo, tese la mano in nome di Dio, si servi
dell' influenza che le dava il suo nome, e raduno il necessario per
aprire nel 1869 la sala chirurgica < Bambin Gesu » in locale provvi-
sorio. Intanto si fabbrico un grazioso ospedale, studiatamente distribuito
in piccole sale di sei od otto letti ciascuna, fornite d'ogni servizio:
chiamatevi le Figlie della Carita a far da madri alle povere creature
ivi raccolte. La bella istituzione ebbe pubblico favore, ed aiuto : sicche
quando per allargare il lungo-tevere fu necessario mutar sede, si pbte
aumentar fino a 100 il numero dei letti nel nuovo locale di S. Onofrio.
La Duchessa Salviati dedicd piu di trent'anni della sua vita a
quella cara missione : e quando le forze per la tarda eta le vennero
a mancare, allora voile che la figliuola, Donna Maria, le venisse in
aiuto nell' opera santa, vero retaggio di celeste carita. Quante pre-
ghiere di madri riconoscenti, quante di bambini gia salvati da quel-
1'opera provvidenziale sono salite al cielo da quella stanza mortuaria
dove la venerata salma giaceva ccme sorridente in una calma pro-
366 CRONACA
fonda, soave a contemplarsi vestita dell'abito di terziaria francescana,
e avranno fatta piu bella la ricompensa di Dio preparata alia patri-
zia cristiana !
II.
COSE ITALIANS
1. Commemorazione del XXV anniversario della morte di Vittorio Emma-
nmele II. — 2. Comizio del libero pensiero a Milano. — 3. Morte del
conte Giacomo Leopardi a Recanati.
1. Yenerdi 9 gennaio era il ventieinquesimo anniversario della morte
di Yittorio Emmanuele ed in tale circostanza un apposito Comitato
si adopero per far concorrere a Roma in c solenne pellegrinaggio >
quanto si pote radunare di rappresentanti delle pubbli.che ammini-
strazioni provincial e comunali, di associazioni civili e militari, di
uomini volonterosi « per recare lauri e fiori alia tomba del Padre della
patria » e rinnovare « 1'apoteosi di colui che di suo pugno scrisse nella
storia il risorgimento d'ltalia con Roma sua capitale*.
Verso il tocco, il « pellegrinaggio » diviso in quattro gruppi, si
mosse dalla piazza dell'Indipendenza, per via Nazionale, Corso Um-
berto I, via Lata per la Minerva alia piazza del Pantheon.
Non ci prenderemo la briga di accertare il numero degli interve-
nuti al corteo. C'e tra i giornali chi lo feoe salire a ventimila, altri a
circa la meta ; un cronista autorevole ne da il conto in 6979 persone
« comprese le guardie, gli uscieri, le donne ed i bambini ». — Bambini
o'erano difatti, deputati di un asilo infantile; vi erano battaglioni
scolastici di ogni divisa, vi erano collegi maschili, collegi femminili,
signorine maestre, societa di reduci, societa di tiro, di mutuo soc-
corso ; vecchi, giovani, operai, popolane, moltitudine piu o meno or-
dinata, « una visione da cinematografo » come la disegno il Giornale
d'ltalia. Mettevano la nota gaia i concerti, di cui quattro militari,
(e suonavano sopratutto 1'Inno di Garibaldi e 1'Inno del Mameli) le
bandiere, (chi ne conto 725, chi solo 572) e le corone (chi ne vide
100 chi invece una trentina). Si faceva notare la bandiera verde della
Frammassoneria.
Yia via che il corteo giungeva alle porte del tempio, i pellegrini
si scoprivano il capo e girando dinanzi alia tomba reale illuminata
con lampade elettriche, inchinavano le bandiere silenziosamente : nel-
Puscire il corfceo si disperdeva verso S. Luigi de' Francesi. Nessun
incidente : poche goccie di pioggia non riuscirono a sturbare la lunga
sfilata di due ore.
II punto centrale pero a cui si voile richiamare Pattenzione degli
spettatori, era la rappresentanza della colonia italiana triestina, colle
CONTEMPORANEA 367
quattro bandiere di Trieste, Trento, Istria e Dalmazia e un grande
scudo portato a spalla, foderato di velluto rosso, avente nel centro
1'alabarda (stemrna triestino) e tutto in giro a lettere d'argento le pa-
role: « Al re che voile Punita della patria, Trieste con fede incrolla-
bile ». Si era anche stampato un manifesto che finiva : « L'ltalia e fatta
ma non e compiuta. » La questura ne proibi 1'afflssione, ma era distri-
buito dai membri del Comitato triestino lungo il corteo stesso : altri
foglietti pure erano sparsi tra la folia, che ricordavano 1'Oberdank e i
fatti del febbraio 1902. Al passare del gruppo in piazza Yenezia din-
nanzi al palazzo deirAmbasciatore d'Austria presso il Yaticano, si eapo-
volsero ie bandiere, si grido: Yiva Trieste, Yiva Trento. Ci fu chi
udi anche: Abbasso 1' Austria: certi giornali ufficiosi lo negarono. Si
applaudiva dai circostanti piu numerosi che altrove : le musiche mi-
litari ripresero il suono dei soliti inni : era chiara 1' intenzione della
« manifestazione irredentista »; e quanto questa fosse opportuna e coe-
rente colle relazioni del Governo italiano verso il collega della triplice,
noi lasciamo spiegare a chi pud decifrare i misteri della politica zanar-
delliana.
II sabato 10, alle nove del mattino, il re ricevette al Quirinale i
rappresentanti dei Comuni, delle Provincie, delle Colonie, deile di-
verse Societa, in numero di circa 1500.
La sera dello stesso giorno, alle ore 21, vi fu ricevimento Masso-
nico a palazzo Giustiniani, al quale il Grande Oriente e le Logge
della Yalle del Tevere invitarono tutti i fratelli convenuti in Eoma
al « pellegrinaggio > nazionale al Pantheon.
II 14 fu celebrata con solennita maggiore del consueto la Messa
funebre, per cura dello Stato, alia tomba di Yittorio Emmanuele II,
coll' intervento dei Ministri, del Corpo diplomatico e di tutte le au-
torita. Per il canto, fra le ventiquattro Messe presentate al concorso,
era stata scelta quella del Maestro Orazio Kavanello, direttore della
Cappella antoniana di Padova e professore d'organo al Liceo Marcello
di Yenezia, per sole voci, di buono stile liturgico, premiata con me-
daglia d'oro. Diretta dai maestro stesso, eseguita da un coro di cen-
totrenta cantori, se parve risentirsi di qualche monotonia, piacque
pero specialmente nella seconda parte del Dies irae assai bene inter-
pretata.
Un altro funerale aveva luogo il 15 per cura della Famiglia Keale
nella Chiesa del Sudario e vi inter venivano i Sovrani, la regina ma-
dre, la principessa Milena, i duchi di Geneva e gli ufficiali di Corte.
2. A Milano la domenica 11 gennaio si tenne un Cornizio del libero
pensiero. Quantunque sia spettacolo disgustoso, crediamo necessaria
cosa metterlo sotto gli occhi dei nostri lettori, perche conviene stu-
diare intimamente quelli che, in giorno forse non lontano, saranno
nostri tiranni.
368 CRONACA
II teatro Fossati era stipato di forse tremila persone; molte atti-
rate certo dalla novita, dalla curiosita del forastieri, ma molte anche
dal favore alle nuove dottrine, che nelle grand! citta fanno tanto male
nella classe operaia. Presiedeva il socialista on. Gnocchi-Yiani : ave-
vano aderito quasi tutti i deputati dell'Estrema Sinistra, le associa-
zioni repubblicane e socialiste. Oratori ufflciali dovevano essere i de-
putati socialist! Laurent et Fournemont del Belgio, 1'on. Hubbard
francese, gli on. De Andreis, De Cristoforis, Pellegrini e Colaianni.
A President! onorari furono proposti Berthelot per la Francia, Hae-
ckel per la Germania, Sulmon per la Spagna, Bovio per 1' Italia : tutti
fior di roba, come si vede.
Primo a parlare s'alzd il De Cristoforis per dar ragione del Co-
mizio; e disse che, sorta dieci anni fa in Belgio 1'idea di una Fe-
derazione internazionale del libero pensiero, 1'Itaiia subito vi diede
piena adesione. — Era dovere nella terra italiana impegnare una tal
lotta : questo movimento significa guerra aH'oscurantismo ed ha in
cio il suo piu alto significato. Scopo del Comizio e appunto la Co-
stituzione di un Comitato che lavori a tal fine. II Fournemont di-
chiara che la lotta del collettivismo contro la proprieta privata e
inefficace finche i popoli sono ingannati dalle idee mistiche della Chiesa
cattolica: — e dopo una lunga invettiva contro di questa, finisce col
grido : Citoyens, all'assalto del Yaticano. L' Hubbard a sua volta
va blaterando che : la religione e il motive di separazione dei po-
poli ; il libero pensiero, 1'amore alia scienza e alia giustizia deve
esser I'unica bandiera che affratelli le nazioni del settentrione e
del mezzodi. La ove domina 1' idea religiosa, si deve lavorare a di-
struggerla : e anch'egli finisce gridando : Citoyens, atterriamo il Pon-
tefice. — Questi due parlando francese, poco sono intesi daH'assemblea
popolare; il Laurent, che loro succede, si esprime in italiano e disgra-
ziatamente si capisce meglio quello che vuol dire : per lui non si pud
ammettere il 1° articolo del nosfcro Statuto che da allo Stato una re-
ligione: i preti sono agenti politici del partito reazionario; i cleri-
cali in Italia sono il pubblico nemico della patria. A questo punto
1'avv. Serralunga, direttore della Lega lombarda, che voile esser
presente al Comizio, coraggiosamente leva la voce per protestare, ricor-
dando al Laurent i doveri piu elementari deU'educazione e dell'ospi-
talita. Nasce un pandemonio; si disapprova, si urla contro il Serra-
lunga. 11 Laurent riprende la sua invettiva, dichiarando di dimen-
ticare per un momento le cortesie internazionali per dire la verita.
L' Italia, grida, fu fatta contro il Papa: ricordatevi, cittadini, che se
1' Italia deve essere disfatta, lo sara per opera del Papa.
Gli onorevoli De Andreis, Colaianni e Pellegrini continuano i di-
scorsi rincarando la dose contro i cattolici nemici del libero pensiero.
CONTEMPORANEA 369
11 Pellegrini sopratutto rinfaccia alia Chiesa Tassassinio di Giordano
Bruno, le geste di Filippo II e, ci6 che egli chiama < misfatto in-
nanzi alia ragione umana » 1' imposizione di tacere fatta all' abate
Murri. Secondo lui, il Yaticano sara preso d'assalto « fisicamente e
moralmente ». La Chiesa « abbia il paradise: il libero pensiero offre
la cremazione, che e un piacere molto modesto. La Chiesa e il carne-
vale di oltretomba, mentie qui c'e la quaresima dell'organizzazione » .
Termina augurando che c la patria cada nell' inferno, quel giorno
che non avra potuto abbattere il prete cattolico, apostolico, romano > ,
e facendo voti perche « la basilica di S. Pietro, miracolo deil'arte,
si apra ad una cattedra nuova, dedicata alia bellezza ed alia scienza ».
Messo ai voti 1'ordine del giorno per la costituzione del Comitato
lombardo per il libero pensiero con larga propaganda per far sor-
gere in Italia altri comitati, e naturalmente approvato con una ge-
nerale alzata di mani.
S'avanza allora 1'avv. Serralunga e chiede al Presidente di par-
lare. L'adunanza comincia a tumultuare : il presidente fa appello
all' imparzialita e aU'abnegazione deH'assemblea. II Serralunga con
molta franchezza e disivoltura tenta farsi intendere da quegli ener-
gumeni : « Batti, ma ascolta, diceva il filosofo, e io dovrei dire
lo stesso oggi a voi, miei avversari: di battiture morali in forma
di fischi non potreste darmene di piu e io me ne onoro altamente :
t>ra non vi resta che la seconda parte, ascoltatemi (voci: no, no, si).
Io ho sentito dai vostri oratori gettare a piene mani le contumelie
e 1'odio contro la Chiesa, il papa, i cattolici (urla assordanti), ma
non ho udito che cosa si vuol sostituire in quella vece. Forse la re-
ligione della cazzuola, dell'archipenzolo, dei grembiuli gialli, dei te-
schi da morto dipinti sulla bandiera verde ? Ditelo francamente : fateci
oonoscere il vostro credo, il vostro decalogo, uscite alia luce, gettate
via il velo misterioso onde vi circondate. Quale e dunque la vostra
religione? (voci: il libero pensiero). Cid vuol dire non averne nessuna
per fare tutto il comodaccio suo. E allora voi siete vecchi decrepiti,
non gente moderna. Siete Lutero, siete Democrito, siete Epicure, gente
<5fte « libito fa licito in sua legge » (voci, urla: venga all'argomento).
Oi sono nell'argomento, e volete farmene uscire, perche vi displace
quello che dico, E per questo che fate venir dal Belgio degli oratori a
dire delle insolenze contro la Chiesa Cattolica (urla, fischi). La Chiesa
ha de'torti, voi dite : sono piu colpe dei tempi, errori degli uomini che
suoi La rnaraviglia e che essa, nonostante gli errori, viva ancora e
vigoreggi tanto da obbligare per la millesima volta a gridare: all'as-
salto del Yaticano ! La civilta nostra & tutta cristiana, cristiane le
tradizioni, i sentimenti del nostro popolo. Avanti, liberi pensatori,
date prima al popolo qualche cosa di meglio, che ci faccia tutti fra-
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1213. 24 31 gennaio 1903.
370 CRONACA
telli, che sappia trovare la sua forza in cinque secoli di martirio, e*
venti di storia, e poi noi abbasseremo le armi dinanzi al vincitore. »
Tutto questo fu detto tra i clamori, i fischi, le interruzioni con-
tinue, le ingiurie contro 1'oratore ; tutto in omaggio alia liberta del
pensiero ! L'on. Pellegrini tento invano di sedare il tumulto: le pa-
role del Serralunga non sono intese che da quelli,,che sono serrati
intorno a lui. II coraggioso avvocato non si lascia intimorire e pro-
pone tin ordine del giorno per affermare che solo « da una maggiore
penetrazione dello spirito cristiano nella societa, questa puo trovare
soddisfazione al bisogno di una effettiva e generale elevazione morale » .
Ma il baccano e tale, che il delegato fa dare uno squillo: e tra i fischi
e le grida di « viva » e « abbasso » 1'adunanza si disperde dopo due-
ore di tali ignobili scene ! — Povero popolo! poveri destini delPIta-
lia nostra !
3. La mattina del 12 corrente, nella sua Recanati, spirava « tran-
quillo e sereno, pieno di fede e di speranza cristiana » il conte Gia-
como Leopardi, dopo d'aver ricevuto in pienissima coscienza i con-
forti religiosi e 1'estremo, affettuoso addio dei suoi cari di famiglia^
la consorte contessa Sofia Bruschetti e i figli Ettore e Monalduzio,
chiedendo perdono al paese tutto per quanto avesse potuto recare scan-
dalo a chicchessia.
Era nato il 23 marzo 1843 dal conte Pierfrancesco fratello del
poeta, e dalla contessa Cleofe Ferretti di Ancona : era stato educate
nel collegio dei Gresuiti di Loreto. Di nobile carattere, alteramente
signorile nel costume, nei modi, nel linguaggio, si tenne lontano dalla
politica, visse fedele ai suoi studi prediletti, all'arte, alle tradizioni
di famiglia. Nell'avito palazzo (ove nacque il malinconico Cantore
della Ginestra) mirabilmente instaurato, fondo con infinite cure e-
molti dispendi la biblioteca leopardiana, aperta agli studiosi, che tro-
vavano presso il defunto ospitalita veramente signorile. E con piu,
che signorile generosita, nella ricorrenza delle feste centenarie del
poeta recanatese, egli cedeva a favore dello Stato i suoi diritti eredi-
tarii su quegli stessi manoscritti leopardiani che Anton Ranieri aveva
invece sottratto alia coltura nazionale. A ragione Ferdinando Martini
lo chiamava : « Erede consapevole di una gloria imperitura » .
La morte del conte Giacomo fu un lutto cittadino per Recanati, che
tutta accorse riverente e commossa alle sue esequie. Le autorita, con a
capo il Sindaco marchese Antici, presero parte al funebre corteo insieme
cogli istituti d' istruzione e i cittadini sodalizi. Fu sepolto nella tomba
gentilizia, all'ombra dell'artistico oratorio fat-to da lui erigere nella
Yilla S. Leopardo e solennemente benedetto il mese scorso, mentre
gia egli nel letto del dolore era martoriato da male inesorabile. Sia.
pace all'anima sua.
CONTEMPORANE A 371
III.
COSE STRANIERE
{Notizie Q-enerali). I. SPAGNA. Un attentato. —2. FRANCIA. II Bilancio dei
Culti alia Camera dei Deputati. — 3. OLANDA. Morte di Mgr Schaep-
man, capo dei deputati cattolici. — 4. INGHILTERRA. Condanna del de-
putato Lynch. — 5. VENEZUELA. Bombardamento del forte San Carlos.
Trattative di accordi. — 6. CINA. Nuove persecuzioni dei boxers.
1. (SPAGNA). Una penosa notizia, fortunatamente falsa, spavento
1'Europa intera, pur troppo avvezza da qualche tempo a simili scosse.
Si parlava di un attentato alia vita del giovine re di Spagna : e Fat-
ten tato era vero, ma pare certo che non fosse diretto contro il re. Ecco
i fatti.
La Corte di Spagna ha conservata la pia consuetudine di assistere
tutti i sabati alia benedizione che si da la sera in una chiesa dedicata
alia SS. Yergine. Nel tornare da quell a sacra funzione verso la sera
del 10 corrente, al passare delle vetture reali sulla piazza d'Oriente
{in Madrid) uno sconosciuto tiro un colpo di rivoltella contro la se-
conda carrozza nella quale credeva essere il Gran Cancelliere Duca
di Sotomajor, da lui accusato quale causa di tutte le sue sventure.
Nessuno rimase ferito.
Quando il re udi il colpo, sporse la testa fuori della vettura; ma
la regina, prendendolo per la mano, 1'obbligo a ritirarsi. L'aggressore
fu arrestato immediatameate. Si chiama Feito; e native della pro-
vincia di Oviedo : ha 34 anni. Le sue risposte mostrano che si tratta
di una testa squilibrata dalla mania di persecuzione. — Le vetture
reali continuarono lentamente la strada verso il palazzo, mentre il
popolo faceva al re una calda ovazione.
2. (FRANCIA). Discutendosi nella tornata del 27 gennaio il bilancio
dei culti, i socialisti non tralasciarono 1'occasione di proporne la sop-
pressione e il deputato Allard fece una lunga invettiva a provare che
la religione e in pieno fallimento. II presidente del ministero rispose
tra gli applausi del Centre e della Destra con ampie dichiarazioni di
filosofia spiritualista. « Le idee religiose come sono date dalle Chiese,
e come le Chiese sole possono dare, sono indispensabili ; la separa-
zione della Chiesa dallo Stato e presentemente inattuabile. > La Ca^
met-a approvo il Ministero con 315 voti favorevoli contro 194. — Era
il solo intento delle ipocrisie ministerial!.
3. (OLANDA). Mgr Ermanno Schaepman presidente del club dei de-
putati cattolici olandesi e morto a Eoma il 22 gennaio. Era nato a
Tubbergen nella provincia di Overiysel il 2 marzo 1844. Studio nel
Seminario di Utrecht e poi a Roma, nella Universita Gregoriana e
372 CRONACA
alia Minerva. Tomato in patria ed ordinato sacerdote, si diede aU
1'azione cattolica; corrispondente di giornali inglesi, collaboratore del
Tijd, fondatore del Centrum e del Noorden, fu eletto deputato, primo
sacerdote cattolico che entrasse nelle camere olandesi, e vi rimase
23 anni. Era stimatissimo anche dai dissenzienti : il re, la regina, e
la regina reggente 1'ebbero in gran considerazione. Lascia molte opere
di filosofia e di arte. In Roma, che amava profondamente, aveva cer-
cato ristoro alia salute logora dal lavoro ; Iddio gli diede il riposo
eterno.
4. (VENEZUELA). La vertenza tra la repubblica e le Potenze col*
legate, invece di essere portata dinanzi al Tribunale arbitrate dell'Aia,
sara trattata da una Oommissione diplomatica radunata a Washington.
II Bowen, ministro degli Stati Uniti a Caracas, rappresentera il Ve-
nezuela e gli altri ambasciatori residenti cola faranno le parti dei rispet-
tivi Governi. II Presidente Castro ha gia offerto come garanzia delle
somnie dovute dalla repubblica alle Potenze alleate, i proventi doga-
nali dei due porti della Guayra e di Porto Cabello. Intanto, con un
decreto e stato contratto un prestito forzato di 2,500.000 bolivares che
fu gia sottoscritto dai banchieri venezuelani. Ttitto questo metteva
gia in buona via d'aggiustamento le cose, quando un grave fatto riao
cese le faville dell' incendio assopito.
II 17 corrente, uno degli incrociatori tedeschi Panther, volendo in-
seguire una nave da gilerra Venezuelans Miranda, tento innoltrarsi
nel canale che mette sul lago Maracaibo. II forte di San Carlos che-
ne guarda 1'ingresso, pare aver aperto il fuoco contro 1'incrociatore,
che rispose impegnando un combattimento da cui si ritrasse dopo
un' ora. II 21 alle 10 del mattino tre incrociatori, Panther, Vineta
e Gazelle ritornarono a cannoneggiare il forte, che poco pote rispon-
dere perche le navi erano fuori del tiro de' suoi pezzi. II villaggio
San Carlos ando in fiamme. Ma il generale Bello si difese bravamente
con soli 240 soldati per tre giorni di bombardamento che rovino le
opere di fortificazione verso il mare. II 26 il forte San Carlo fu occu-
pato dai Tedeschi che lo fecero saltare in aria. La Panther sforzd
1'entrata del lago, ma riporto varie avarie.
La condotta della Gerrnania e molto criticata; 1'opinione pubblica
americana e irritata contro i tedeschi che paiono cercare un pretesto
per occupare un punto delle coste, il che puo far nascere complica-
zioni e trascinare alia guerra; e gia i giornali tedeschi fanno sentire
che la Germania non si lasciera trattare come la Spagna. Pero le ul-
time notizie sembrano rassicurare alquanto gli animi. Secondo infor-
mazioni ufficiali, il blocco delle coste venezuelane verrebbe levato il 28.
5. (INGHILTERRA). II deputato irlandese Lynch che aveva preso la na-
zionalita boera e combattuto contro gli inglesi al Transvaal, col grada
CONTEMPORANEA 373
di colonnello, tomato in Inghilterra fu arrestato, processato, e il 2&
corrente condannato a morte, ritenendosi nullo il cambiamento di na-
zionalita in tempo di guerra e quindi il Lynch reo d'alto tradimento.
Re Edoardo pero, dietro il parere favorevole del Secretario di Stato
per 1'interno, ha commutata la pena di morte in quella dei lavori
forzati a vita.
6. (CINA). Le lettere dei Missionarii recano gravissime notizie dello
stato di quei paesi, in cui la rivoluzione dei boxers ricomincia a sor-
gere e spargere dappertutto la desolazione, il terrore e la morte. Negli
ultimi mesi dello scorso anno da due a tremila cristiani trucidati,
cinque o sei mila dispersi e senza asilo : parecchi milioni di danni
per le centinaia di case bruciate, per le chiese distrutte e le cristia-
nita saccheggiate. Tra gli uccisi vi sono pure de' Sacerdoti. II Vi-
cario Apostolico del Setchuen occidentale, monsignor Dunand, afferma
che dalla fondazione della missione nel 1650 mai non si ebbe una
persecuzione come la presente. I boxers in numero di 40,000 scor-
rono il paese, incoraggiati dagli stessi capi del 1900 che, mandati
cola in esilio, vi menano onoratissima vita e aspettano tempo oppor-
tune. La provincia e taglieggiata sotto pretesto di pagare la inden-
nita della guerra passata e mettere in inaggior odio gli europei. I
mandarini favorevoli ai cristiani sono revocati. La fazione e soste-
nuta dalle autorita stesse con tanto maggior baldanza perche il Setchuen
a 900 chilometri dentro terra e quasi inaccessibile a soldati stranieri.
La stampa europea finora rimase muta, e la diplomazia, che pur
conosce i fatti, non se ne da per intesa, forse per non disturbare le
sue combinazioni e gli interessi finanziarii dei capitalisti : e intanto
si lascia preparare una nuova sollevazione che finira certamente colla
strage de' missionarii e de' cristiani e colla distruzione di ogni in-
fluenza della civilta europea.
G-ERMANIA (Nostra Corrispondenza). 1. L' intervento anglo-tedesco nel
Venezuela, e la politica esterna. — 2. La nuova tariffa doganale. —
3. La tolleranza protestante. — 4. La facolta cattolica di Teologia a
Strasburgo e 1'elezione dell'Arcivescovo di Colonia. — 5. La Principessa
reale di Sassonia. — 6. I timori degli Ortodossi.
1. L'Europa e rimasta molto meravigliata, vedendo la Germania
e 1' Inghilterra di comune accordo intervenire nel Venezuela, per
costringere questa Repubblica a soddisfare i propri impegni verso i
creditor! tedeschi e inglesi, e si e gridato all'abuso della forza, al-
1' ingiustizia. A questo proposito pero giova ricordaie che nel decoreo-
anno la Francia mando la propria flotta a Metilene per obbligare la
Turchia a pagare una somma dovuta al Tubini e al Lorando, debito
giudicato da tutti gli uomini competenti molto usuraio; che Grevy
374 CRONACA
spedi altra volta la flotta francese contro il Peru, recalcitrante a
soddisfare verso i fratelli Dreyfus alcuni debit! parimente riconosciuti
usurai, per non dir peggio. Oggi a lor volta, 1' Inghilterra e la Ger-
mania si sono unite ad un simile scopo ; ma prima di tutto si e avuto
cura di togliere all' intervento ogni apparenza di conquista, pur met-
tendo da parte la dottrina del Monroe. Gli Stati Uniti, essendo le
richieste aEglo-tedesche giustamente fondate, non hanno fatto oppo-
sizione, come anche nessun'altra potenza si e dichiarata contraria.
Gli Stati Uniti compresero bene che parteggiando pel Venezuela
avrebbero fatto torto a loro stessi. Poiche il Venezuela, come tante
altre repubblichette dell'America, crede poter burlarsi impunemente
dell' Europa ; ma un intervento giunto in momento opportune lo
costringe a riflettere che e piu utile il regolare le partite con le
altre Potenze e con i propri creditori, piuttostoche rovinare il Paese
con rivoluzioni continue. Questa volta la Germania e 1' Inghilterra
sono stati i campioni di tutta Europa; tantoche il Belgio, 1'Olanda,
1' Italia e gli altri Stati hanno uniti i loro richiami a quelle delle
suddette due nazioni, le quali, lungi dall'abusare della propria forza,
si diportarono con moderazione pari alia fermezza. Esse si sono
limitate a mettere in opera i mezzi creduti sufficient! per costringere
il Venezuela e esaminare con maggior calma lo stato delle cose; in
tal modo facilmente il conflitto non avra altra conseguenza se non
di rendere piu stabili e piu sicure le condizioni del Venezuela stesso.
In questo mezzo tutta 1' Europa e stata commossa a causa della
rivoluzione scoppiata nel Marocco, il grande ammalato dell'Occidente
musulmano. Da circa mezzo secolo si prevede la rovina di questo
impero che va sfasciandosi da se medesimo; impero il piu barbaro,
il piu incolto, il peggio governato di tutti gli altri paesi musulmani ;
che e tutto dire ! II sultano del Marocco regna solo col terrore, e
con la forza sono estorte le imposte, essendo inviate vere e proprie
spedizioni contro gli abitanti, fra i quali la maggior parte delle
tribii riconoscono appena il governo del Sultano residente a Fez.
Del resto il Marocco esiste, perche la gelosia delle Potenze lo la-
scia esistere, come e della Turchia. Da qualche tempo a questa
parte 1'opinione pubblica in Germania propende per la estensione
della Spagna nel Marocco ; al quale effetto si ricordano le lotte eroiche
sostenute dagli Spagnuoli contro i Mori, ed al tempo stesso il fatto
che la Spagna non ha mai portato le armi contro la Germania. Le
si augura un compenso alle recenti perdite subite; tanto piu poi,
perche la Spagna apparisce il Paese piu atto di ogni altro a domi-
nare e colonizzare il Marocco. Nella Spagna la popolazione aumenta
moltissimo ed ha una attitudine particolare alia colonizzazione e al-
r incivilimento. Inoltre la Spagna e in una posizione inespugnabile.
CONTEMPORANEA 375
Dai forti di ctii ha circondato Gibilterra, essa pud in un momento
distruggere questo baluardo un tempo inespugnabile. Le artiglierie
spagnole dominando lo stretto di Gibilterra e al tempo istesso la
costa del Marocco, la Spagna e in grado di impedire alle navi nemiche
1' ingresso nello stretto, mentre pud operare una discesa sulle coste
marocchine e opporsi contemporaneamente a qualunque altra Potenza
desiderosa di fare altrettanto.
L'artiglieria moderna, con i suoi pezzi da sei e da dieci chilo-
metri di portata, avendo cagionato uno spostamento nell'arte rnili-
tare, la Spagna, merce la sua artiglieria promiscua, potra cosi avere
una grande parte nel componimento futuro della questione maroc-
china. Ne le faranno difetto amici ed alleati.
Considerando peraltro le condizioni present! dell' Europa, non ci
si puo aspettare una risoluzione tanto sollecita della questione ma-
rocchina ; perche di mezzo vi sono tro'ppi interessi opposti e troppe
aspirazioni che fanno a cozzi fra loro. La soluzione pift naturale e
piu giusta sarebbe quella di spartire tutti i paesi del Nord deH'Africa
fra le Potenze del Mediterraneo, ricostituendo cosi 1'antico Impero
su basi nuore inediante una confederazione mediterranea. Ma i nostri
tempi sono ancora imrnaturi f>er simile accordo. Tutte le nazioni
grandi e piccole sono oltremodo gelose fra loro e dominate da una
ambizione straordinaria e 1'unico spediente nel presente stato di cose
si trova nella necessita per le grandi nazioni di tener lontane le grandi
guerre.
Le nostre relazioni con le Potenze sono eccellenti. Cosi lo Czar
ha invitato il Principe imperiale a fargli visita. Sebbene bisogni
tener conto che la Russia prima di ogni altra cosa provvede alia
propria utilita, tuttavia finora essa ha conservato la sua amicizia
tradizionale con la Corte di Berlino. Quanto all' Austria, vi e la Fran-
cia che si e presa la briga di farla stare a fianco della Germania.
II Governo francese su questo punto non ha una politica ben risoluta ;
cio non ostante la stampa e il partito francese, almeno in maggioranza,
seguono del tutto la massima del Richelieu, avvilire cioe la Casa
d' Austria. Costoro sostengono, incoraggiano e si rallegrano di tutto
cio che puo contribuire all'unione dell' Austria con la Germania;
soprattutto incoraggiano la lotta di nazionalita che deve condurre
1' Austria alia rovina, dato e non concesso che tale impero possa spa-
rire. Questa lotjia e tenuta viva principalmente fra i tedeschi del-
1'Austria, che costituiscono 1'elemento principale e piu numeroso dello
Stato, elernento malcontento, vedendosi poco difeso dai brogli e dalle
usurpazioni di coloro che appartengono ad altre nazionalita. Tale
stato di cose contribuisce a rendere i tedeschi dell'Austria propensi
per i loro vicini e a non disprezzare 1'idea di una unione con la
376 CRONACA
Germania. Presentemente nondimeno 1'unico male di che sono causa,
consiste nel costringere il Governo austriaco a tenersi in qualunque
evento sempre amico della Germania. Se gli Ungheresi, gli Czechi,
i Polacchi ecc. avessero un po' piu di tatto politico, porrebbero ogni
cura nel consolidare il proprio Governo con I'armonia e 1'accordo
perfetto di tutte le different! nazionalita fra loro e si asterrebbero
dalla politica presente, la quale fomenta la disunione e spinge 1'Au-
stria alia rovina ; obbligandola a riguardare con circospezione 1'appoggio
della Germania unita. In questa condizione di cose 1'Austria, come
tante altre Potenze, non trovasi in grado di portare aiuto ai Macedoni
perseguitati dai Turchi.
2. La nuova tariffa doganale e stata approvata, nonostante Top-
posizione accanita e un'inaudita ostruzione dei socialisti e di qualche
liberale, accompagnata da scene di pugilato e da insalti non mai
uditi al Reichstag. I socialisti, alzando tanto la voce, volevano a tutti
i costi provare agli operai che essi esaurivano tutte le proprie forze,
pur di liberarli dal rincaro del pane e della carne. In pratica, dopo
1'aumento, le tariffe doganali nostre sono rimaste inferiori a quelle
della Francia, dell' Italia e di qualche altro paese, fatta astrazione
dai dazi protettori della Russia : sebbehe, tutto e relativo. La Germa-
nia importa e rero una quantita di cereali maggiore (la sesta parte
del consume) della Francia, dell' Austria, dell' Italia ecc., ma qui i
diritti della dogana sono in parte compecsati dalla facilita e dal mite
prezzo di trasporto. Di piu, merce gli acquisti all'ingrosso che fa
alPestero, la Germania ottiene tariffe vantaggiosissime ; sicche il pane
si pud vendere allo stesso prezzo degli altri paesi. Quanto poi alia
carne, e da porre in evidenza che 1'allevamento del bestiame ha fatto
tali progressi, da essere quasi sufficiente pel consumo interno; co-
fiicche 1'importazione, durante gli ultimi anni, e assai diminuita. Si
pretese pure che i nuovi dazi avrebbero impedita la conclusione di
nuovi trattati di commercio, ma anche questo timore e risultato infon-
dato, perche finora nessuno Stato ha pensato a denunziare i proprii
trattati con noi, senza impegnarsi subito a rinnovarli. No : le nuove
tariffe non ci condurranno fra due anni al cataclisma predetto dai
loro avversarii. E giusto pero far notare che molte parti di esse,
in special modo quella sui cereali, sono state modificate dal Reichs-
tag: e in cid il Centre si e acquistato molti meriti, procurando di
conciliare tutti gli interessi. In molte riunioni politiche si sono di
gia votati a lui ringraziamenti, sicche gli altri partiti hanno perduto
tanto prestigio, quanto il Centro ne ha guadagnato.
3. La tolleranza protestante ! In seguito alia deliberazione presa dal
Reichstag in favore della tolleranza religiosa, il Governo sassone ha
dichiarato che non ha motivo di modincare la legislazione presente,
CONTEMPORANEA 377
la quale tutela la pace religiosa del regno. II concistoro generale
della Chiesa protestante di Sassonia ha pubblicamente protestato con-
tro la tolleranza da concedersi ai cattolici, essendo detto concistoro
sempre all'/ws reformandi del Trattato di Westfalia. II Governo del
Brunswick ha gia modificato la sua legge riguardante i cattolici, seb-
bene la nuova legge conceda ai cattolici medesimi solo un piccolis-
simo vantaggio, quale e quello di dispensare i genitori dal chiedere
ai pastori il permesso per iscritto di far batteazare i proprii figli dal
sacerdote cattolico. Nel resto pero i cattolici, come pel passato, non
possono aprire cappelle pubbliche, fabbricare chiese, o chiamare un
sacerdote senza particolare permesso chiesto caso per caso; e quasi
sempre rifiutato. Lo stesso accade per le scuole cattoliche, la mag-
gior parte delle quali e a oarico dei cattolici, obbligati insieme a con-
tribuire con i loro denari al mantenimento delle scuole protestanti.
I figli nati da matrimonii misti debbono essere educati nella religione
del padre, salvo che non sia stata fatta una speciaie dichiarazione in
contrario prima del battesimo del figlio primogenito ; e se in seguito
a conversione, il matrimonio cessa di essere misto, i figli debbono
osservare nondimeno la religione imposta loro dalla legge. Di piu &
proibito alle Suore di Carita di stabilirsi nel Regno.
4. La Facolta cattolica di Strasburgo e stata eretta dal S. Padre
con condizioni tali da assicurare la giurisdizione e 1'autorita del Ye-
scovo su di essa, ed al tempo istesso quella del S. Padre. I profes-
sori debbono essere nominati con il concorso formale del Yescovo, al
quale e riservato pieno diritto di vigilare sopra il loro insegnamento ;
di modoche quando un professore e stato censurato dal Yescovo, non
solo non gli e permesso piu di insegnare, ma deve altresi essere al-
lontanato daH'Universita. I giornali ostili rimproverano il Governo
per aver fatte queste concessioni alia Ghiesa; ma noi speriamo che
la Facolta cattolica sara un freno a certe dottrine insegnate nelle
altre Facolta.
Mons. Fischer, vescovo ausiliare, 1'otto novembre, e stato dal Ca-
pitolo, eletto Arcivescovo di Colonia, con pieno gradimento del Go-
verno. Mons. Antonio Fischer e nato a Jtilich nel 1840, ed e figlio
di un precettore, come molti vescovi della Germania, quali p. e. il
card. Kopp, i vescovi di Treves, di Ermeland, di Limburg ecc.
5. II caso della principessa reale di Sassonia continua ad essere
oggetto della pubblica curiosita con dispiacere di tutte le persone
oneste. La principessa e difesa sol tan to dalla stampa socialista e im-
morale. II Principe reale ha chiesto la separazione di corpo e di beni per
mezzo del tribunale, poiche cattolico sincere, non puo far questione
di divorzio. Tutto il Regno, tutta la Germania sono in suo favore e
gli addimostrano la loro piu grande simpatia, essendo egli arnato e
378 CRONACA
stimato da tutto il popolo per le doti eccellenti di mente e di cuore
che lo adornano. Sara accelerata la procedura di separazione, poiche
il Ee G-iorgio essendo infermo, si vuole evitare ad ogni costo che
la famiglia reale e lo Stato siano costretti a proclamare Regina di
Sassonia una sposa indegna e disonorata. E da mettere in rilievo
ancora, che in seguito alle dichiarazioni della principessa e alle in-
formazioni avute dalla Corte stessa non si puo fare alcun rimprovero
al Principe.
6. Nel suo discorso pronunziato alia inaugurazione della chiesa
restaurata di "Wittenberg, nella quale Lutero inizio la ribellione con-
tro Roma, Guglielmo II si dichiard energicamente contrario a qua-
lunque inceppamento della Fede religiosa. Nell'altro suo discorso di
Goerlitz esalto a un dipresso le dottrine dell' Harnack, del Ritschl,
•e di altri teologi liberali e razionalisti dovendo esse trovar posto
nell'unita che, a norma del discorso pronunziato a Gotha, 1' Impera-
tore vuole stabilita in tutta la Germania protestante. In sostanza
questa unione sarebbe religiosa, ma senza fede comune ! I liberali e
gli increduli sono tutti entusiasti nel favorire la unione delle chiese
protestanti, poiche conoscono per pruova che con una unione cosif-
fatta trionferebbero i loro principii ; e di tale parere sono anche gli
ortodossi. Ma questi non possono fare niente contro 1'Imperatore, o
contro le Autorita ecclesiastiche, le quali sono elette dallo stesso
Imperatore. Le decisioni dei Sinodi son© in perfetta armonia con le
idee correnti dell 'Imperatore medesimo, secondo che dichiarano 1'Har-
nack e tutti coloro, i quali sanno tenersi bene in sella.
E ormai palese che 1'lmperatore, da ortodosso e passato a pro-
fessare le dottrine liberali, quando si e congratulate, senza restri-
sioni, con il prof. Harnack per le sue dottrine. Tuttavia sembra che
questa volta il cambiamento di idee nell' Imperatore non sia stato
operate solo per la influenza dell' Harnack, ma piuttosto dal libro
del Chamberlain. L'idea della unione delle 32 Chiese protestanti
^ilemanne, come diceva, e stata salutata con entusiasmo in special
modo dai partiti estremi, che formano la estrema sinistra in politica
« in religione, perche essi si lusingano di fame un arma potente di
guerra contro la Chiesa cattolica ; ma intorno a cid sbagliano, poi-
che tali disegni debbono dispiacere all' Imperatore, il quale sa di
avere nei cattolici un elemento conservatore forte, e nel Centro il
migliore sostegno del presente ordine di cose, una forza vitale per
1'interno e per 1'esterno.
L'Imperatore in piu occasioni, ma specialmente nel discorso pro-
nunziato ad Aix-la-Chapelle ha parlato con grande enfasi della Chiesa
cattolica, dei suoi uomini grandi, delle sue opere insigni, compiute
quando il Cattolicismo regnava in Germania. Ha la mente piena dei
CONTEMPORANEA 379
ricordi del Santo Impero, e sogna anche la magnifieenza di questo
Impero. La maggior parse del tedeschi lo dicono un romantico, ca-
pace di grand! idee e di grandi azioni. Guglielmo II, dicono altri,
ci prepara qualche sorpresa alia quale nessimo oggi ancora pensa. Del
resto 1'Im.peratore, come tutte le persone serie, scorge nella discordia
religiosa una causa di indebolimento per la Germania. Noi siamo e
vero uniti politicamente, perche senza questa unione la Germania sa-
rebbe rovinata ed in ultimo distrutta ; ma 1'unione religiosa e neces-
saria per cementare 1'unione politica e imprimere alia nazione un
carattere piu omogeneo, e piu energico. Nella unione religiosa si
avvantaggia pure la vita intellettuale e morale della popolazione;
stando come al presente le cose, i protestanti rinunziano alia vera
grandezza delia Germania, poiche respingono da se il potente aiuto
di una grande sorgente di vita intellettuale.
IL SANTUARIO DI N. S. DI LOURDES L'ANNO 1902.
II giornaiismo giudaico e massonico di Francia aveva prenunziato,
che il 1902 sarebbe 1'anno precursore dello scadimento finale del culto
e della popolare devozione al celebre Santuario di Lourdes. Ma questo
empio desiderio, anziehe presagio, e andato fallito. L'anno decorso
invece e stato de' piu splendidi e fecondi di gloria per quella Grotta
mirifica, la quale omai da quarant'otto anni forma lo stupore del
mondo cristiano e la confusione della incredulita moderna.
Lasoiando in disparte il lustro che le si e accresciuto, colla esatta
riproduzione nei giardini del Yaticano fattane per cura di Mgr Ye-
scovo di Tarbes, e colla solennita onde il Papa Leone XIII Tha vo-
luta persoiialmente inaugurare decorandola di sue inscrizioni, ed
inoltre arricchendo di speciale indulgenza Porazione e 1'invocazione
ad onore della Yergine Immacolata col titolo di Lourdes ; le stati-
stiehe dianzi pubblicate negli Annali del Santuario ci offrono i se-
guenti particolari.
Gli Arcivescovi e Yescovi dell'orbe, che si sono ivi recati a ve-
nerare la Yergine taumaturga, non sono stati meno di 60.
Ben 240 treni special! vi hanno condotti 170 pellegrinaggi. Le
eompagnie delle strade ferrate hanno computate a 200,000 le per-
sone andate in Lourdes con biglietti semplici o circolari: onde, alia
stretta dei conti, i pellegrini di ogni eta e condizione accorsi a vi-
sitare il Santuario, nel giro dell'anno, superano la cifra di 400,000.
Le messe celebratevi sono state 40,000, e 411,000 le Comunioni
ivi distribute ai fedeli; 2,291,002 intenzioni di devoti sono state
raccomandate alle comuni preghiere. Di queste, 51,640 sono stated!
ringraziamento per favori impetrati.
380 1L SANTUA.RIO UI N. S. DI LOURDES NELL/ANNO 1902
Oltre i 900 malati condottivi dal solito pellegrinaggio nazionale
francese dell'agosto, altri 5,120 vi sono stati portati da ogni regione
della Francia e di fuori. Yi si sono poi contate 20,712 immersion!
di uomini nelle piscine dell'acqua prodigiosa, e 46,714 in quelle
riservate alle donne : 102,500 bocce dell'acqua medesima sono state
spedite in ogni paese del globo.
Di tavolette in marmo commemoranti grazie ricevute, se ne sono
collocate 464. I voti offerti sono stati numerosissimi, e fra quest!
195 cuori e 3 calici, oltre gioielli in grande quantita. Ne minore
•degli altri anni e stato il cumolo delle guarigioni ottenute, parecchie
delle quali mirabili e superior! a tutte le forze della natura. Di molte
di queste ha reso un conto sommario 1'ufficio medico, presieduto dal-
1' illustre dottor Boissarie, negli Annali mensili, e nel diario settima-
nale della Grotta, che pure ha dati cenni edificantissimi delle pro-
cessioni e cerimonie le quali, dall'aprile al novembre, notte e giorno
si sono succedute.
II periodo, come suol dirsi, ascendente delle glorie della Candida
Yergine apparsa nel 1858 nella Grotta di Massabieille, dopo quasi la
meta di un secolo, non e dunque cessato ; ma prosegue con maravi-
glioso incremento, crescit eundo : sempre fulgida mantenendosi la
manifestazione del miracolo permanente, che infervora i popoli nella
fede e rianima le speranze piu dolci della Francia cattolica e della
Chiesa.
— Lourdes, e la salute, Lourdes e la speranza nostra ! esclamo
il S. Padre Leone XIII, dopo che ebbe solennemente benedetta la stu-
penda copia della Grrotta, eretta nel giardino della sua residenza del
Yaticano. Ne pago di avere espresso questo suo sentimento a parole,
ta voluto esprimerlo nel marmo, facendo porre in una parete della
medesima un'iscrizione, con questi suoi versi deprecativi :
Insana lieu misere scindit discordia Grallos,
lamque eadem gentes sors premit Ausonias.
Adsis, alma Parens, cumulans portenta salutis,
Tristia Lourdensi crimina merge lacu.
Se, come e certo, la gratitudine pel bene ricevuto rallegra I'animo di
chi lo ha fatto, gli animi di coloro che sono concorsi a formare la tenue
strenna da noi, per le feste natalizie, mandata agli oltre 400 Monastery
immiseriti che assistiamo, possono davvero rallegrarsi del bene che con do
han loro recato. Le lettere di ringraziamento, che ce ne sono venute, ridonda-
vano di cosl vive espressioni di riconoscenza, di si fervide benedizioni e di
AVVERTENZA 381
prcmesse cost larghe di orazioni per contraccamlio, die non si possono leg-
.gere senza commoversi. A tutti dunque ed ai singoli oblatori delle dette li-
mosine partecipiamo questi rendimenti di grazie, e queste sincerissime pro-
wesse, persuasi che conforteranno i loro cuori cristianawiente gentili.
Al tempo stesso parteripiamo loro I'apostolica benedizione, che il S. Pa-
dre Leone XIII ci ha dato I'onorevole incarico di trasmettcre a quanti, colle
ojferte e col favore, conferiscono al mantenimento di quest'opera di carita
verso le tribolate spose di G-esu Cristo, la quale gli sta tanto a cuore e si
b resa cost necessaria nelle presenti congiunture.
Queste solide consolazioni e la sicurezza di avere parte alle continue
jpreghtere di anime carissime al Signore, ci fanno sperare che tutti i bene-
Jattori loro ci aiuteranno altresi a mettere insieme I' ovo pasquale, che ci
.proponiamo di spedire a cia&cun Monastero, per le sante gioie
OPE RE PERVENUTE ALL A DIRE ZI ONE i
Angot des Retours J. St. Alphonse de Liguori. (Les Saints). Paris,
Lecoffre, 1903, 16°, XVIII- 182 p. Fr 2.
Baldeschi (II nuovo), ossia Esposizione delle Sacre Ceremonie della
Messa privata e cantata con alcuni quesiti concernenti la medesima. Nuova
•edizione corretta a norma delle ultirne disposizioni della S. C. dei Biti.
Roma, Dosclee, 24°, 300; 248 p. L. 3,25.
Battandier A. Annuaire pontifical catholique. VIe annee. Annee 1903.
Paris, Bonne Presse, 16°, 608 p.
Bos an o Joly P. II dinamismo nel poema e segnatamente nella Filo-
-sofia e nelVarte. Piccolo saggio di Studi Danteschi. Lecce, tip. del « La
Provincia di Lecce », 1900, 8°, VI-212-XII p.
Burrascone M. sac. Memorie storiche-ecclesiastiche di Castroreale. Pa-
lermo, Nobile, 1902, 16°, 272 p. L. 2.
Classen F. M. Anleitung zur Anfertigung kirchlicher Handarbeiten.
Mit 84 Text-Illustr. Donauworth, Auer, 1903, 4°, 72 p. M. 4.
Clausse G. Les San Gallo architectes, peintres, sculpteurs, medailleurs
XVe et XVIe siecles. Tome troisieme. Florence et les derniers San Gallo.
Paris, Leroux, 1902, 8° gr. 420 p.
Costantino da Farnetella, 0. F. M. Le Cappuccine di Santa Flora
e i loro preziosi tesori. Notizie storiche. Siena, S. Bernardino, 1903, 16°,
136 p.
Dammien H. L'art de se faire ecouter. La Diction et le Geste. 2&me
•M. Paris, Blond, 1903, 16°, 192 p.
Davin V. Quarante-cinq de la Sorbonne pour la censure, du Primat
et des Prelats de Hongrie qui ont condamne la « Declaration du Clerge
tie France » de 1682 revelees par le manuscript 7161 de la Bibliotheque
vaticane. Paris, Savaete, 8°, 236 p.
1 Non essendo possibile dar conto delle molte opere, che ci vengono inviate, con quell*
iollecitudine che si vorrebbe dagli egregi Antori e da noi, ne diamo intanto un annanzio
sommario che non imports alcun giadizio, riserbanduoi di tornarvi sopra a secocda dell'op-
portonita e dello spazio conoesso nel periodico.
382 OPERE
De Barenton H. 0. M. C. La Science, de I' invisible, ou le Merveil-
leux et la Science moderne. (Science et Religion, 218). Paris, Bloud, 1903,.
16°, 64 p. Cent. 60.
— Les Franciscains en France. 3^me ed. (Science et Religion, 229). Pa-
ris Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
De Bey lie L., L' habitation byzantine. Les anciennes maisons de
Constantinople. Supplement. Grenoble, Berrin, 1902, 4°, 30 p.
Delfour L. Cl. La Religion des contemporains. Kssais de critique ca-
tholique. 4eme Serie. Paris, Soc. franc, d'imprimerie 1902, 16°, VI-344 p.
Fr. 3,50.
Deschamps A. S. I. Un miracle contemporain (Pierre de Rudder).
(Science et Religion, 222). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Di Pietro V., Sac. XXV anni di Pontificato di S. S. Leone XIIL
Aversa, Fabozzi, 1902, 8°, VIII-76 p. L. 1,50. Rivolgersi all'Autore in
A versa.
Duchesne L. Mgr. Christian worship: its origin and evolution. A
study of the latin Liturgy up to the time of Charlemagne. Translated
from the third French edition by M. L. Me CLURE. London, Society for
promoting Christian Knowledge, 1903, 8°, XVI-560 p.
Dunand Ph. H. Jeanne d' Arc a-t-elle abjure au cimetiere de Saint-
Ouen .* (Science et Religion, 225). Paris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent. 60.
Enlart C. Manuel d' archeologie francaise depuis les temps merovin-
giens jusqu'a la Renaissance. Premiere partie. Architecture. — I. Archi-
tecture religieuse. Paris, A. Picard, 1902, 8°, XX-816 p. 405 fig. Fr. 15.
Ermoni V. Les origines de V Episcopal . (Science et Religion, 203). Pa-
ris, Bloud, 1903, 16°, 64 p. Cent, 60.
— I. La Bible et I' Egyptologie. 16°, 64 >p. Cent. 60. ~ II. La Bible et
V Assyriologie (Science et Religion, 208-209). Paris, Bloud, 1903. 16°, 64 p.
Cent. 60 ciascuno.
Eusebius Werke, II. B. Die Kirchengeschichte bearbeitet im Auftrage
der Kirchenvater-Commission der konigl. preuss. Akad. di Wissenschaften
v. dr. E. SCHWARTZ Prof, an der Univ. Gottingen. — Die lateinische ilber-
setzung des Rufinus. Bearbeitet im gleichen Auffcrage v. dr. TH. MOMMSBN,
Prof, an der Univ. Berlin. I Halfte. Leipzig, Hinrichs, 1903, 8°, 508 p.
M. 16,50.
Fischetti L. Pompei com' era e Pompei com'e. Principal! monument!
in rovina e in restauro da fotografie fatte dal vero degli stati attuali
e dai quadri original! dei restauri ideati. Napoli, A. Confalone, 16%
116 p. L. 5.
Franchi de' Cavalieri P. Note agiografiche. I. Ancora del martirio
di S. Ariadne. II. Gli atti di S. Giustino. (Studi e Testi S}. Roma, Va-
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Fulgenzio (P.) del Piano, C. Sc. Sulle Orme del Redentore. Memorie
ed illustrazioni della Terra Santa. Milano, Lega Eucaristica, 1903,16°,
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Guthmann Joh. Dr. Die Landschaftsmalerei der toscanischen u. um-
brischen Kunst von Giotto bis Rafael. Mit 14 TaMn in Lichtdmck u. 53-
Textillustr. in Autotypie. Leipzig, Hiersemann, 1902. 8°, IV- 456 p. M. 22.
Kolb V. S. I. Die Glaubensspaltung und ihre Folgen in der Gegenwart^
PERVENUTE ALL A DIREZIONE 383
Vortrage fur die gebildete Mannerwelt. Miinster in Westfalen, Osten-
dorff, 1902, 16°, VIII-174 p.
Lagrange M. J. 0. P. Etudes Bibliques. Etudes sur les Religions 86
mUiques. Paris, Lecoffre, 1903, 8°, VIII-432 p.
— Le Lime, des Juges. Paris, Lecoffre, 1903, 8°, XLVIII-328 p.
Lega M. Praelectiones in textum luris Canonici de ludiciis Ecclesiasti-
cis in Scholis Pont. Sem. Rom. habitae. — De iudiciis criminalibus in
genere et in specie, de delictis et poenis praemisso tractatu. Lib. II. vol. IV.
Romae, typis Vatic., 1902, 8°, 720 p. L. 9.
Max, Prinz v. Sachsen, Herzog zu Sachsen. Der Jieilige Marty-
rer Apollonius von Rom. Ein historisch-kritische Studie. Mainz, Kirchheim,
1903, 8°, VIII-88 p. M. 4 (Lire 5).
Marucchi O. Le Catacombe di Roma secondo gli ultimi studi e le
piu recenti scoperte. Compendio della Roma sotterranea, con molte
piante parziali dei Cimiteri e riproduzioni di Monument! . Roma, De-
sclee, 1903, 8°, 716 p. L. 10.
— Guida del Cimitero di Priscilla, contenente uno studio sulla pri-
mitiva Sede di San Pietro in Roma, con la pianta del Cimitero e molte
riproduzioni di monumenti. Roma, Parigi, Desclee, 1903, 8°, 172. L. 1,50
Mercier D. Cours de pliilosophie. II. Ontologie ou Metaphysique ge-
nerate. 3«ao ed. revue et consid. augm. (Bibl. de V Inst. Sup. de Philos.).
Louvain, 1902, Paris, Alcan, 8% XX 580 p.
— Psicologia. La vita organica e la vita smsitiva, la vita intellettiva
o ragionevole. 2a ed. italiana sulla 5a francese con due tavole anato-
miche per cura del Dr. S. BERSANI, prof, di Filosofia. Roma, Desclee,
1903, 8°, XXII-360; X-272 p. L. 7.
Missale romanum ex decreto S. Concilii Tridentini restitutum,
S. Pii V. P. M. ; jussu editum, Clernentis VIII, Urbani VIII et Leo-
nis XIII auctoritate recognitum. Editio III post alteram typicam. Ra-
tisbonae, Roinae, Neo Eboraci et Cincinnati, Pustet, 1903, (15 '/2 X 10 cm.).
Sciolto L. 6: rilegature da L. 2,50 a L. 7,50. Sono vendibili le Messe
e i proprii in fogli separati.
Mizzi E. F. Le Satire di Giovenale. Versione metrica italiana, cor-
redata di note e commenti. Firenze, Barbera, 1903, 32°, 382 p. L. 2,25.
Paulot L. d. 0. Un Pape frangais. Urbain II. Paris, Lecoffre, 1903,
8°, XXXVI-564 p.
Piolet J. B., S. I. Les Missions catholiques frangaises au XIXe siecle.
Publiees avec la collaboration de toutes les Societes de Missions. Illu-
strations d'apres des documents originaux. V. Missions d'Afriques. Paris,
Colin, 1902, 8°, 512 p. Fr. 12.
Semeria G., barn. Le vie della Fede. Contributi apologetic!. Roma,
Pustet, 1903, 16°, XVIII -280 p.
- Gli Inni della Chiesa. I. Sviluppo storico dell' Innologia Cristiana.
II. L'Inno del Natale. III. L'Inno della Fede. jMilano, Bertarelli, 1903.
Tre opusc. di p. 24, 64, 32.
Trovesi R., sac. L'educazione e il Militare cristiano. Pavia, Arti-
gianelli, 1902, 16°, 372 p.
Weber S. Die katholiscJie Kirche in Armenien. Ihre Begrilndung u.
Entwicldung vor der Trennung. Ein Beitrag zur christlichen Kirchen-
384 OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE
und Kulturgeschi elite. Freiburg i. Br., Herder, 1903, 8°, XX-532 p,
Fr. 11,25.
Zampini G. M., sac. II buon seme del Vangelo tra le spine della cri-
tica (Fede e Scienza, 17). Roma, Pustet, 1902, 16°, 122 p. Cent. 80.
Altre pubblicazioni pervenute: Varieta. —ALLOCUTIO in solemni Acade-
micorum graduum collatione Facultatis Theologicae Pontificiae Patavinae. Patavii.
typ. Semin. Ep., 1903, 8°, 24 p. — CANNATA L., can. 11 nuUfragio del 20 set*
tembre 1902 nei disegni di Dio. Discorso letto nella chiesa di S. Giorgio. Mo-
dica, Papa, 1902, 8°, 16 p. — G-IULINI A. // Gran Cancelliere Salazar e la sua
famiglia (Estr. Giornale Araldico. XXVIII, n.° 8). Bari, Direz. Giorn. Arald.
1902, 8°, 14 p. — PALLADINO P. L'unita della materia e delle forze della natura-
in rapporto alia Genesi, con una lettera di S. E. Revfna Mons. DISMA MARCHESE
vescovo di Acqui. Ovada, Scala, 1902, 8°, 14 p. Cent, 50. — PATANE F., can,
JLa critica iconoclasta e Sant' Alfonso de"1 Liguori. Acireale, Donzuso, 1903, 24°, 48 p.
— SURBLED. le secret des sourciers (Extr. de la Science Cath. sept, 1902) Arras,
Sueur-Charruey, 8*, 16 p. — VAGNOZZI R. Conferenze sociali con prefazione
del P. Semeria. Roma, Desclee, 1903, 8°, 88 p. L. 1. Cfr. presente quad. p. 349.
Atti dell'EpiscopatO. — LETTERA PASTORALE degli Arcivescovi e V<^
scovi della Toscana al Clero e al Popolo delle loro Diocesi. 1902. Pisa, Orsolini*
Prosperi, 1902, 8°, 48 p. — MAGANI F., vescovo di Parma. Moniti al Clero.
Parma, tip. vescovile, 16°, 24 p. — MANACORDA E., vescovo di Fossano.
Giubileo del S. Padre Leone XIII. Adorazione perpetua universale di Gesu facra-
mentato (Lettera circolare). Fossano, Rossetti, 1903, 8°, 28 p. — RESSIA G. B.>
vescovo di Mondovi. Dopo laprima visita pastorale. Provvedimenti e ricordi. Ap-
pendice sulle S. Ceremonie. Lettera Pastorale. Mondovi, tip. vescovile, 1903, 8°, 36 p,
Eloquenza sacra. — EAINEEI A. Corso di istruzioni catechistiche fatte nella
Metropolitana di Milano. Ed. VI riveduta ed accresciuta per cnra del Collegio
dei Parroci di Milano. II. III. Milano, Boniardi-Pogliani, 1901-1903, 8°, 562-ti08p..
I tre voll. L. 9.
fnbblicazioni contro il divorzio. — BEANDIS. M., S. I. Opmcoli varii con-
tro il disegno di legge sul Divorzio. Roma, tip. Befani, 1902, in 8.° Cfr. la Coper*
tina del presente quaderno. — DE CESARE G., sac. ^onsiderazioni sul divorzia
(Estr. Riv. Fcienze e Lettere III, 9) Napoli, D'Auria, 1902, 8°, 32 p. L. 1. Rivol-
gersi al Seminario Urbano, Napoli. — GIOBBIO A., mons. Disposizioni sulVor-
dinamento della famiglia. Roma, Pustet. 1903, 16°, 32 p. Cent, 20. — MARTI Y
MIRALLES J. Convalidaci6n y disolucion del matrimonio por dispensa pontificia^
Conferencias dadas en la Academia de Jurisprudeiicia y Legislacion de Bar-
celona. Barcelona, Jepus, 1903, 8°, 98 p. Pes. 2. - MAZZELLA O., arciv. di
Rossano. 11 Divorzio nell'ordine sociale. Roma, tip. sociale, 1902, 8°, 82 p. Cent. 75,
Ascetica. — ANTONT S., can. Perche, o Anima cristiana, non ti comunichi
tutte le mattine che vai aMessa? Roma, Desclee, 24°,32p. — FRASSLNETTI A., sac.
II pane dei poveri di S. Antonio di Padova. Padova. tip. Antoniana, 1903, 16°,.
24 p. — LAKDI D. L'orazione mentale. Torino, Artigianelli, 1902, 24°, 72 p. — .
PRECES GERTRUDIANE, sive vera et sincera medulla precum potissimum
ex revelationibus BB. Gertrudis etMechtildis excerptarum. Editio nova, accu-
rate recognita et emendata a Mon. Ord. S. Ben. Congr. Beuron. Friburgi Br.,
Herder, 1903, 24", XVIII-276 p. Fr. 1,75, rileg. Fr. 2,50. - SEPE A. M. " Medi-
tazioni del piccolo mese al facro Cuore. Napoli, D'Auria, 1902, 24°, 64 p. Cent. 40.
— SLANC1 del Cuore, ossia Giaculatorie a Genii Sacramentato per tutti i yiorni
deH'anno con appendice di sentimenti e soliloquii per la Confessione e ("omunione*
3a ed. Napoli, D'Auria, 1903, 24°, 88 p. Cent, 20.
Errata-Corrige. — Alia pag. 259, nella Siatistica del JRegicidio, invece
di PAOLO II, si legga PAOLO I; alia pag. 260 n. 33 1869 si legga
1870 ; alia pag. 268 nota lin. 3 decembre 1870 si legga settembre 1860.
IL VENTICINQUENNIO PONTIFICALE
Dl LEONE XIII
I.
Nel febbraio dell'andato anno 1902, ragionando del ven-
ticinquesimo di Pontiflcato nel quale Leone XIII stava per
entrare, notammo questa singolarita : che Pio IX ed egli re-
stavano fin qui i due, i quali, senza esempio in presso a due
millennii di storia, abbiano seguitamente, 1'uno dopo 1'altro,
occupata la Sede romana per oltre mezzo secolo, quanto n'e
corso dal giugno 1846 a' di nostri. Potevamo poi aggiungere
che, per questo fatto straordinario, il secolo decimonono ri-
mane quello che nel suo giro, dopo il primo, nel quale la
successione di S. Pietro si apre 1'anno suo sessantesimoset-
timo, ha visto eleggersi cinque soli sommi Pontefici, i due
Leoni, i due Pii e Gregorio XVI; la elezione di Pio VII, nel
marzo del 1800, appartenendo all' an no ultimo del secolo di-
ciottesimo. Ma ora e da notarsi di piu, essere Pio IX e
Leone XIII i due anche soli che, nella serie dei dugenses-
santadue successori di S. Pietro, abbiano toccata Teta del
suo Pontificate in Roma : cosi che in loro soli e fallito il vol-
gare presagio : Non videbis annos Petri, solito ripetersi per
la creazione di ciascun Papa novello.
II caso e nuovo, scrivevamo allora e torna oggi oppor-
tune ridirlo, nuovo e il caso e degno di osservazione, chi
studii le vie della Provvidenza, nella sovranaturale con-
dotta della Chiesa. Al cadere del secolo decimottavo ebbe
principio 1'era dei Papi prigionieri. Pio VI e Pio VII non
lungo tempo patirono la prigionia, che fu opera di persecu-
zione neroniana : Pio IX e Leone XIII invece r hanno suc-
cessivamente patita per anni oggimai trentadue, ed e stata
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 25 10 febbraio 1903.
386 IL TENTICINQUENNIO PONTIFICALS
ed e effetto di persecuzione giulianesca. Cio6 dire, i due primi
F han patita da forza brutale ; gli altri due da morale ne-
cessita: tutti e quattro pero confessor! della divina liberta
della Chiesa, o violentemente od ipocritamente oppressa,
sotto color e di liberta civile.
Avvertivamo per giunta, e Tavvertenza da noi pel primi
esposta richiamo Fattenzione di molti, che da che si e avviata
Fepoca nuova dei Papi prigionieri per la liberta della Chiesa,
quest! sono stati privilegiati di una durazione di vita e in-
sieme di Pontificate anche nuova, facendo considerare che,
pel volgersi degli ultimi centoventicinque anni, che 6 dire
di un secolo ed un quarto, i quattro Papi che hanno soste-
nuta la prigionia, o violenta o morale, da s6 soli sono se-
duti nella Cattedra di S. Pietro per anni centoquattro. Dal
che poi deducevamo che questa meravigliosa disposizione della
Provvidenza, tra gli altri frutti, aveva prodotto quello di
ravvivare la fede nella divinita del Papato, e di rafforzare
in piu perfetto nodo Funione della cattolicit& col suo supremo
Gerarca.
II.
Non ci rifaremo a dimostrarlo, nella presente congiuntura
del giubileo papale di Leone XIII. II quale, dopo celebrato
nel 1888, fra trionfali festeggiamenti, quello del sacerdozio
e nel 1893 Faltro dell' episcopate, ora, piii che nonagenario,
prosperamente celebra questo del 1902, unico dopo Pio IX;
e nella stessa florida longevita non superato se non da due
suoi antecessori, Agatone I nel secolo settimo e Gregorio IX
nel terzodecimo. Forseehe egli oggi non attira a s6 rammi-
razione del mondo civile e religioso, costretto a riconoscere,
in questo gruppo di aggiuuti a lui personal!, un certo che
di portentoso o, meglio, una mano superna che lo sorregge?
Ma ci6 che rende piii manifesta quest 'assistenza e fa di
lui un Papa senza uguale nella storia, 6 che egli ha tra-
scorsi tutti interi i venticinque anni del suo Pontificate, sem-
.£l .ic'j ,- •
DI LEONE XIII 387
pre chiuso nel Vaticano, prigioniero sempre di un Potere
ostile, che, per assoggettarlo a se ed umiliarlo, in mille modi
si 6 attraversato al libero esercizio dell'autorita sua, e lo ha
lasciato in balia di oltraggi d'ogni maniera: al quale pero
egli, imperterrito, sempre ancora si e opposto colla piii no-
bile delle resistenze, che 6 quella della giustizia, da lui con
inflessibile fermezza rivendicata e sostenuta. Questa costanza,
di contro ad una pertinacia cosi diuturna, formera nei fasti
della cattolicita la gloria piii fulgida di Leone XIII. Ond'egli
percio passera, nella memoria dei secoli, quale martire in-
signe dei diritti della Chiesa nel suo Capo. Imperocche la
causa e non la pena facendo il martirio, il suo venticinquen-
nio di dolorosa prigionia e stato da lui sopportato, non per
umani interessi, n6 per mondane ragioni, ma propter Ver-
bum Dei et testimonium lesu i, della liberta del cui Regno
egli e custode.
Del resto, nel Conclave del 1878, conscio della predesti-
nazione a si divina, ma dura sorte di chi doveva succedere
a Pio IX, appeoa fu egli eletto, che impallidi e parve ripu-
gnare airaccettazione, per cagione di eta e di salute, quando
il cardinale Donnet, arcivescovo di Bordeaux, con forte voce
grido : — Coraggio, non piu Eminenza, ma Santo Padre ! In
questo momento non si tratta di voi, si tratta della Chiesa
e deH'avvenire del mondo. Colle quali parole voile dire: —
Sacrificatevi, e non temete ! Ed egli generosamente incontr6
il sacrifizio ; e come vi sia perse verato e con quali dispo-
sizioni deiraninio intendesse compirlo, lo significo poi dopo
i primordii del suo Pontificate, allorch6, avendone gia spe-
rimentate le amarezze, ne traccio egli stesso quello che se
ne direbbe il programma, nei due noti distici, i quali di mano
propria egii scrisse appie di un suo ritratto :
lustitiam colui: certamina longa, Idbores,
Ludibria, insidias, aspera quaeque tuli.
At, Fidei vindex, non flectar ; pro grege Christi
Dulce pati. ipsoque in carcere dulce mori.
1 Apoc. I, 9.
388 IL VENTICINQUENNIO PONTIF1CALE
Versi sono quest! che in compendio racchiudono tutta la
storia del suo glorioso Pontificate, e ne esprimono il piu sem-
plice e veridico elogio che fare se ne possa.
III.
Subito divulgatasi la notizia dell'assunzione del cardinale
Grioacchino Pecci al supremo Pontificato, non manc6 chi, vago
degli oroscopi, cerco quello del nuovo Papa eletto, non gia
nei pianeti, ma nello stemma suo gentilizio. Dai simboli aral-
dici, della stella raggiante e dell'incorruttibile cipresso che
porta, dedusse quindi che egli si sarebbe segnalato, per lo
splendore della sapienza e per la stabilita della fortezza:
^Inaggiormente che correva di bocca in bocca il supposto va-
ticinio, che Pio IX, designate col motto Crux de Cruce,
avrebbe avuto a successore un Papa Lumen in coelo. Chec-
che sia di cio, e di altri simili presagi, ben e certo che; di fatto,
tiella sapienza del magistero e nella fortezza del combattere
si trovano le qualita piii eminent! del regno di Leone XIII.
Sapienza e fortezza nel culto della giustizia ; sapienza e for-
tezza nella difesa della Fede. II suo Non flectar, tanto si 6
avverato nel lustitiam colui, quanto nel Fidei vindex, da se,
di se asserito.
Dal che 6 venuta la singolarita senza pari del suo ven-
ticinquennio pontificale. Perocche nessun Papa, quanto lui,
ha tanto illuminato il mondo colla dottrina, e nessuno e
durato tanto tempo nel propugnare i diritti della Chiesa e
della Sede di Pietro. Per questi due capi, egli, nella serie
dei sommi Pontefici, gode una preminenza. Onde posto che,
neH'odierno suo giubileo, non si avesse altro da ammirare,
gia si avrebbe la unicita di un fatto, del quale gli annali
del cristianesimo non ricordano il somigliante. Per lo che
la mano di Dio fa palese in lui quell' assistenza stupenda,
che si puo negare a fior di labbra, ma ad occhi aperti non
si puo non vedere.
Dl LEONE XIII 389
L'ampiezza e la varieta del suo insegnamento compren-
•dono tutto quanto appartiene aH'ordine umano e divino, alia
teorica ed alia pratica, alia fede ed alia pieta, alia filosofia
ed alia teologia, alia salvezza della societa pubblica e della
domestica, ai diritti ed ai doveri del poveri e del ricchi,
alle armonie del naturale e del sovranaturale ; in una pa-
rola, alia civilt& cristiana, tutta sconvolta, della quale, col
suo magistero, egli puo dirsi ristoratore. I suoi atti, enci-
•cliche, allocuzioni, brevi, discorsi, raccolti insieme, gia for-
mano un eorpo di piii volumi, che restera nel tesoro della
Ohiesa, qual monumento perenne dell' indefettibile predica-
zione di verita e di salute, divinamente commessa e promessa
al Papato. Per questo rispetto, la designazione di Lumen in
coelo si addice al Papa Leone XIII, non perche fantastica-
mente profetica, ma perch6 effettivamente storica. All' eta
nostra, abbuiata dalla caligine di un errore universale, che
si stende dalla negazione di Dio alia negazione deirintelletto
deiruomo, in Leone XIII, la soccorrevole Provvidenza ha
•concesso al mondo un Papa, illuminante coi fulgori della
verita pure universale. Essa lo fece precedere, quasi aurora,
tlal Concilio Vaticano, che, doveva stabilire per Fede il va-
lore deH'autorita dovuta al successore di Pietro, e poi lo ha
sollevato a spandere i suoi raggi fra le tenebre che, come il
di della morte del Redentore, factae sunt super universam
•terram 1.
IV.
Un veterano della stampa cattolica, il quale ha avuto
1'onore di conoscere Leone XIII prima che cingesse la Tiara,
trovandosi, tempo indietro, a' suoi piedi, nel manifestargli me-
raviglia dell' indefesso insegnamento che, dalla Cattedra di
S. Pietro, diffondeva pel mondo, soggiunse : - - Vostra San-
tita un giorno sark chiamata Papa Dottore, per antonomasia.
— Che volete ? rispose il Santo Padre ; voi vedete in che
tempi mi tocca di esser Papa, ed a quali condizioni sono ri-
1 MATTH. XXVII, 45.
390 IL VENTICINQUENNIO PONTIFICALE
dotto. Non mi si lascia quasi altra liberta, fuorchk d' inse-
gnare: io ne uso e, grazie a Dio, con frutto.
- E che dubbio? Verbum Dei efflcax : molto piu poi la
parola di Vostra Santita, parola di Papa, che la da nel nome
di Dio. Ma vi e un' altra liberta, che non le si puo togliere ;
ed e di riven dicare i suoi diritti sovrani, e di protestare contra
la violazione delle giustizie di S. Pietro.
— Oh, questo poi si ! E lo fo e lo faro sempre e fortemente e
con tutti, grandi e piccoli, mostrando che io sono in uno
stato di cose in toller abile.
- Padre Santo, ripiglio Faltro ; permetta, che io le esponga
una mia consolazione. Da tanti anni che scrivo pel pub-
blico, sempre ancor io ho sostenuto i diritti della Santa
Sede, e sempre e fortemente ancor io ho difese le sue pro-
teste. Non fosse per altro, per questo almeno Vostra San-
tita deve benedirmi, come spero che Gesu Cristo mi bene-
dira, quando avra da giudicarmi.
Allora il Santo Padre, levando in alto gli occhi scintillanti
e le mani : - - Beatus es, con enfasi esclamo ; beatus esy et
merccs tua copiosa est in coelis! *
La quale esclamazione prova quanto Leone XIII apprezzi
Topera di chi concorre a far prevalere le sue ragioni, e
quanto stimi eccelso il merito dei difenditori della sua causa,
che e quella di Cristo.
Nei sopra citati suoi versi, egli si dichiarava chiuso in
un carcere, ma pronto a morirvi, piu tosto che piegarsi a
nulla cedere delle giustizie e della Fede di S. Pietro. In cio
egli e stato, e, e si profossa piu immutabile che inflessibile.
Di fat to, mai non ha mutata sillaba del suo linguaggio, in
questo argomento. Quello che tenne nella prima delle sue
encicliche al mondo cattolico, 6 invariabilmente il medesimo
che ha tenuto sino al di d'oggi.
Ecco come egli par!6 in quell'atto, pubblicato il 21 aprile
del 1878, due mesi dopo la sua elevazione al Soglio ponti-
ficio. « A tutelar e nel miglior mo do che ci e dato, i diritti
1 Ivi, MATTH. V, 12.
DI LEONE XIII 391
<e la liberta della Santa Sede, non cesseremo mai di.esigere
che la nostra Autorit& sia rispettata e che il nostro mini-
stero e la nostra Autorita si lasci plena, libera e indipen-
dente, e ci sia , restituita la condizione di cose, che la Sa-
pienza divina da gran tempo aveva assegnata ai Roraani Pon-
tefici. Non 6 gia vano desiderio di signoria e di dominio che
ci muove a dimandare il ristabilimento del civil Princi-
pato. Noi lo reclamiamo perch6 lo esigono i nostri doveri e
i solenni giuramenti da noi prestati ; e perch 6 non solo esso
& necessario alia tutela e alia conservazione della piena li-
berta del Potere spirituale, ma anche perch6 si pare ad evi-
denza che, quando si tratta del Dominio temporale della Sede
apostolica, si tratta altresi la causa del bene e della sal-
vezza di tutta 1'umana famiglia. Quindi noi, per ragione
dell' ufficio, che ci stringe a difendere i diritti di Santa
-Chiesa, non possiamo affatto ritenerci dal rinnovare e con-
fermare, con questa nostra lettera, tutte le dichiarazioni e
proteste che il nostro predecessore Pio IX di santa memoria
fece ripetutamente, sia contro la occupazione del Principato
civile, sia contro la violazione dei diritti della Chiesa Ro-
man a. »
Chi potra dire che, durante il corso dei susseguiti cin-
que lustri, il Papa Leone XIII, in cento altri atti suoi, abbia
cambiato il tenore dei richiami, per la necessaria liberta
che, a buona ragione di ogni giustizia, gli 6 dovuta?
V.
Or questa irremovibile fermezza di Leone XIII nel ripe-
tere il suo diritto alia liberta sovrana, gli ha provocata
contro una guerra implacabile della setta governante, e di-
rigente pur troppo Tltalia, che ancora prosegue; ed egli
impavido sostiene senza mai piegare : Certamina longa tuli,
non flectar. Se si dovesse tessere la storia di tutte le ves-
sazioni, di tutti i soprusi, di tutti gli scherni, cui egli 6 andato
soggetto, si richiederebbe un grosso volume : e questo sarebbe
392 IL VENTICINQUENNIO PONTIFICALS
una dimostrazione la piu luculenta del niun valore pratico
della cosi detta legge delle guarentige, per la quale dalla
setta si sarebbe voluto far credere che, al Papa detronato in
Roma, & assieurato quanto puo desiderarsi di regale decoro,.
di riverenza e di liberta ; e, secondo una memorabile frase
che oggidi potrebbe sembrare ironica, Roma dura sempre ad
essere la « Sede rispettata » del Capo della Chiesa.
Basti ricordare che nel Conclave, adunatosi il febbraio
1878, per dare un successore a Pio IX, Francesco Crispi,.
allora ministro degli affari intern! dello Stato, pretendeva
niente meno che di arrogarsi il diritto d'introdurvi suoi uf-
ficiali civili per invigilarlo, aggrappandosi appunto all'arti-
colo settimo di quella legge. Non lo pot& fare: ma perche?
Perche glielo impedi un flero telegramma del principe di
Bisnmrk, al quale premeva, pe' suoi futuri disegni, che dal
Conclave uscisse eletto un Papa, di canonica legittimita in-
contrastabile : e questo fu Leone XIII. Dal che resta pro-
vato, che Tunica guarentigia, che egli abbia fin qui potuta
offerire ed offra tuttora al mondo, di non sottostare al Go-
verno settario dell' Italia, che lo tiene nelle mani, 6 la indo-
mabile resistenza che gli oppone ; appoggiata da qualche fa-
vore di potenti Stati, il cui interesse richiede che, nella guerra
contro il Papa rinserrato nel Vaticano, il predetto Governa
non passi certi confini.
Ma fuori di cio, egli 6 abbatidonato in sua balla. N6 la.
stessa augusta sua Persona 6 mai stata od 6 protetta dalla
legge derisoria, che la dichiara « sacra ed inviolabile » come
quella del re. Mentre le offese e le ingiurie pubbliche com-
messe, non diciamo contro il sovrano, ma contro rinfima
dei cittadini, si puniscono con pene determinate, quelle con-
tro il Santo Padre hanno sempre goduto e godono il privi-
legio dell' impunita. Una stampa empia e licenziosa, anche
oggi, scaglia contro di lui bestemmie e contumelie le piu vi-
tuperose, e con grossolane e luride caricature non cessa di
metterlo in ispregio. Tribuni inverecondi, uomini politici, per-
sino ministri di Stato, non dubitano di eccitargli contro 1'odio
DI LEONE XIII 393
« le minacce di plebi dementate. Ci sovviene, verbigrazia,
del ministro Grimaldi che, in un banchetto officiate dato in
Viterbo il 15 agosto 1886, denunzio il Papa Leone XIII alle
turbe qual « nemico d 'Italia » ; e poi del gia ministro Rug-
gero Bonghi, che in un suo popolare discorso tenuto in Tre-
viso il 3 ottobre 1886, os6 chiamarlo « cancro della nazione ».
Per citare altro esempio, il 20 settembre 1886 il Santo Pa-
dre, nella citta di Padova, fu bruciato in effigie capovolto ; ed
il tribunale, a cui fu deferita questa infamia, nel marzo se-
guente, ne rimando assoluti gli autori. Tutti rammentano che
il duca Leopoldo Torlonia, con decreto del 30 decembre 1887,
fu deposto dalla carica di sindaco di Roma, reo di aver fatti
giungere a Leone XIII rallegramenti, pel suo giubileo sacer-
dotale, che si celebrava col concorso di solenni ambasciate
di quasi tutte le Potenze d'Europa, le quali colmavanlo di
ricchissimi doni. I vilipendii pubblicamente fattigli 1'andato
anno 1902, per la venuta in Roma dello Scia di Persia, sono
ancor freschi nella memoria di tutti. Ed anche lo scorso mese
di gennaio di quest'anno 1903, forseche un professore, fa-
cendo un pomposo panegirico di Vittorio Emanuele n in
Venezia, pagatogli mezzo migliaio di lire, non pote liberamente
oltraggiare il Papa, qualificandolo di « mostro debellato »?
Non si finirebbe mai se, benche di volo, si avesse a toe-
care la immane congerie di cio che Leone XIII dice Ludibria,
insidias, aspera quaeque, che in venticinque anai, per parte
di chi professava guarentirne la dignita, ha dovuto sopportare.
Egli non salvati gli onori debiti alia sua veneranda Persona,
non la morale possibilita di mostrarsi per le vie della sua
Roma, non la sicurezza della sua dimora, ne meno ii secreto
delle sue pontificie corrispondenze.
Alia qual mole di tristezze, se si aggiunga il sopraccarico
di quelle gravissime, che gli sono pervenute dalla guerra
spietata mossa d'altronde alia Fede ed alia Chiesa, apparira
viemeglio come in verita la mano di Dio Tabbia ravvalorato,
a reggere impavido e gagliardo a tante pene.
394 1L VENTICINQUENNIO PONTIFICALE
VI.
E Fassistenza di questa mano si fa ancora piu splendenter
chi consider! la instancabile sua operosita, fra si continui con-
trast!, per gl'incrementi della Chiesa e di quanto concerne
tutto Fambito della civilta cristiana. Abbiamo fatto cenno del
suo mirabile magistero. Ma le sue cure per ampliare, colla
Gerarchia sacra e colle mission!, la propagazione del catto-
licismo in tutto 1'orbe, non 6 meno mirabile. Nell'andare del
suo Pontificate, tra TOriente e TOccidente, egli ha erette due
sedi patriarcali, trentaquattro arcivescovili, centotredici ve-
scovili, sessantacinque yicariati apostolici e trentacinque
prefetture. Da per tutto, nelle regioni piu inesplorate del-
T Africa, delle Isole oceaniche e del gelido settentrione del-
T America, ha inviati apostoli ed istituite cristianita novelle.
Inoltre, hafondati collegi ecclesiastic! ed universita nell'Italia,
nelle Indie, nell'Egitto. Dovunque ha potuto, ha spedito messi,
predicatori, maestri evangelic!, a costo di spese e di solleci-
tudini senza fine.
Sopra cio, niuno gli nega la gloria di Mecenate, di cul-
tore e di promotore delle lettere belle, delle arti, delle scienze :
della storia 6 riconosciuto fautore e patrono segnalato ; gli
accrescimenti e gli abbellimenti del suo Vaticano, le gallerie, i
mosaic!, i musei, gli archivii, le biblioteche, il nuovo osservato-
rio astronomico e fotografico del cielo, il medagliere, le sale ri-
staurate, attesteranno ai poster! la munificenza di Leone XIII,.
avvegnache stretto da angustie di ogni maniera.
Nel che vuole ammirarsi pur sempre quelFassistenza su-
perna al Vicario di Cristo, il quale, non che nelFordine su-
blime della Fede e della religione, ma eziandio nell'inferiore
della coltura umana e civile, ha disposto che fosse tanto esal-
tato, quanto, al suo paragone, ne sono umiliati i nemici che
miravano ad abbassarlo, ad oscurarlo, a soffocarlo, come
si vantavano, nel fango.
DI LEONE XIII 395
Ah, si? Soffocare nel fango 11 Papa Leone XIII? Or ecco
•quel che ha veduto di lui, in questo suo miracoloso Pontificate,
la setta dei malvagi. II mondo lo ha portato in palma di
mano e lo ha coper to di fiori, di gemme, di oro. Se e vero
che nessun Papa ha pareggiato lui nella diuturnita e natura
delle tribolazioni, e vero altresi che nessuno lo ha eguagliato
negli attestati di devozione, di affetto, di nobilissimo amore
che ha riscossi. Popoli di ogni plaga della terra, fedeli ed
infedeli, imperatori, re, principi, reggitori di Stati gli hanno
tributati ossequii, omaggi, onori! II suo nome e il nome piu
venerato fra le nazioni. II Vaticano, nel quale e costretto a
vivere rinchiuso, 6 divenuto come il Santuario, a cui accorre
il fiore dell'umanita credente, onesta, apprezzatrice delle ma-
gnanime virtii. In tutti questi anni, a pellegrinaggi mondiali
sono susseguiti pellegrinaggi. Ad accogliere le loro molti-
tudini non bastando piii le spaziose aule del pontificio pa-
lazzo, si e dovuto cercare il posto nella vasta Basilica sotto-
stante. In breve, la venticinquenne prigionia di Leone XIII,
puo dirsi una sequela di ovazioni e di trionfi. Onde il suo
^ stato un Dulce pati, anco pel rispetto delle consolazioni
venutegli da ogni parte.
VII.
Gran eonforto e per noi, cattolici italitmi, godere in que-
ste testimonianze di fedele pieta, sopra gli altri popoli, il pri-
mato. Lo godiamo si, perch6 siarao piii vicini al trono di
Leone XIII, e per cosl dire gli facciamo corona : ma ci con-
viene mantenerlo visibile ancora, quale fulgente mentita al
mendacio, che, non la setta malefica ed i suoi complici, ma
la nazione avversi il Papato e 1'augusta libertache gli compete.
Anzi massimamente per questa ragione fa d'uopo perse-
verare, non solo, ma crescere nel vigore e nella molteplicita
di tali dimostrazioni ; ne lasciarci prendere dalla stanchezza,
o disanimare dall'apparente sterilita dell'opera nostra; molto
396 IL VENTICINQUENNIO PONTIFICALE DI LEONE XIII
meno poi illudere da desiderii di impossibili conciliazioni. Noi
siamo gente di fede e sappiamo e crediamo che col Papa &
Dio, e che al Papa solo, suo Vicario in terra, egli ha fatte
indeficienti promesse. Siamo dunque coerenti alia nostra fede.
Un rinnovamentoMi questa, espressa al Santo Padre, insieme
col proposito di imitarlo nel suo Non flectar, sia percio frutto
il piu nobile degli odierni festeggiamenti, pel suo prodigioso
giubileo papale.
Crollano gli Stati, spariscono le dinastie; ma il Papato
sta sempre fermo, come torre al soffiare dei venti, fra le ruine
del regni e degli imperi. Da trentatr6 anni le sette anticri-
stiane inneggiano al suo cadimento, sopra i ruderi del Po-
tere temporale, distruttogli. Ma intanto la grandezza sua, pe-
gno di misteriosi eventi futuri, Tun giorno piu che 1'altro,,
sfolgoreggia nel mondo.
Nel volger dei secoli, piu che settanta Papi hanno patita
prigionia, esiglio, bando da Roma : ma poi la mano di Dio li
ha sempre rimessi liberi al loro posto. Oggi il dugensessan-
tatreesimo della loro serie vi rivendica dal carcere 11 Princi-
pato civile, con una protesta unica negli annali della Chiesa ;
ed in un colla protesta, sereno e si euro dell' av venire del
Papato, cosl ammonisce, con questi altri suoi distici, i ti-
midi, i dubbiosi e gli stolti che cantano vittoria :
Occidit — inclamant — solio deiectus in ipso
Carcere, in aerumnis occidit ecce Leo.
Spes insana : Leo alter adest, qui sacra volentes
lura dat in populos imperiumque tenet.
BIBBIA ED : ALTA CRITICA
I.
Le opere molteplici pubblicate dai dotti contemporanei,
quelle pubblicate in passato, e piii particolarmente i lavori delle
Congregazioni romane, in ispecie sotto Sisto V e Clemente VIII,
per la revisione del sacri testi, dimostrano largamente in
quanto onore sia stata e sia sempre la critica, cosiddetta
testuale, nella Chiesa Cattolica. Com'e noto, essa ha per uf-
ficio di determinare il testo del libro, comparando insieme i
manoscritti, le versioni e altri somiglianti documenti.
Ma vive controversie e sollecita attenzione, non scevra
di sollecitudine, s'& destata anche tra i cattolici in quest!
ultimi tempi per conto di quell 'altra parte della critica, che
con parola straniera, se vogliamo, ma ormai comune e chia-
mata alta critica (hohere Kritik, high criticism), e meglio si
direbbe critica storica. Ed e invero officio suo determinare,
non gia il testo medesimo, ma i fatti storici che lo riguar-
dano: chi ne sia 1'autore, quale la sua origine e quale il
tempo in cui fu scritto, quale Festensione e quali le parti
component!, quale infine la storia e del libro e del testo.
Tra coloro che oggi si dedicano a codesta critica, parec-
chi sono razionalisti e partono quindi dall'assioma che non
esiste un ordine soprannaturale e che non si danno n& mi-
racoli ne profezie. Che tale assioma non discenda dai prin-
cipii della scienza critica, ma che invece sia un vergognoso
pregiudizio innestato nella critica dalla falsa filosofia, non ha
bisogno di dimostrazione, ne di questa pseudocritica dob-
biamo qui tener conto, non potendo essa in alcun modo andar
congiunta con la sana esegesi 1.
1 Cfv.r'E.iLciclica.Providentussimus Deus (18 nov, 1893) di S.S.Leone XIII.
398 BIBBIA
Ma vi ha pure una sana critica storica, la quale libera
da ogni pregiudizio, precede secondo regole sue proprie, ed
ha per officio I'investigare quei fatti con ragioni ' critic he
e storiche.
Alcune ragioni della critica si desumono dalla stessa
indole del testo e sono ragioni letterarie ; cosi ad esempio
dallo stile del libro si traggono conclusion! spesso legittinie :
in qual tempo presso a poco vivesse 1'autore, s'egli sia au-
tore di un solo libro o di altri ancora, se questo o quel libro
determinate sia stato scritto da un solo autore ovvero da piu,
se sia stato scritto originariamente in greco od in ebraico.
Pero le ragioni alle quali massimamente ricorre la critica
storica, sono di natura storica e si riducono alle testimo-
nianze esterne per le quali si dimostrano i medesimi fatti.
Talvolta il testo stesso da testimonianza di se ; cosi 1'intera
Epistola ai Galati dice aperto che e di S. Paolo. Tuttavia la
maggior parte dei testimonii sono diversi dagli autori ispirati ;
sono cioe i testimonii della tradizione giudaica o cristiana,
come Giuseppe Flavio, Papia ed altri. Che debba darsi mag-
gior peso alle testimonianze esterne, anziche alle interne,
e che debbano quelle essere di preferenza e ricercate e di-
scusse, ne consiglia la loro stessa natura e ne conforta
Tautorita del S. Padre Leone XIII '.
Or della critica cosi intesa, immune da pregiudizii, ecco
cio che afferrna il medesimo S. Padre nelle Letter e aposto-
liche del 30 ottobre 1902 : a Artis criticae disciplinary quippe
percipiendae penitus hagiographicorum sententiae perutilem,
Nobis vehementer probantibus, nostri excolant. »
II.
Dicevamo che talvolta lo stesso libro ispirato contiene la
testimonianza intorno gli autori dei sacri testi ovvero intorno
* Encicl. cit. « Perspicuum eet, dice il S. Padre Leone XIII, in quae-
stionibus rei historicae, cuiusmodi origo et conservatio librorum, historiae
testimonia valere prae ceteris, eaque esse quam studiosissime et conqui-
renda et excutienda: illas vero rationes internets plerumque non esse
tanti ut in causam, nisi ad quamdam confirmationeiu, possint advocari. »
ED a ALTA CRITICA » 399
ad altre question! di simil genere. Se cosl e, niun cattolico
neghera doversi tener fermo questo principle : — Ogni qual-
volta un testo ispirato afferma alcuna cosa circa I'autore
od altra cosa simile di questo o quel libro ispirato, la
sua testimonianza dev* essere ricevuta indubitatamente per
vera. Di fatto un tale testo ispirato, che in tal modo afferma
quel fatto storico, e un testimonio storico di prim'ordine,
ne puo essere ricusato nel foro della critica o della storia.
Perche tuttavia un simile testo provi pienamente ed effi-
cacemente, si richieggono tre cose :
a) che il testo sia fuor d'ogni dubbio genuino, non es-
sendo possibile cavare una conclusione certa da una lezione
incerta ;
6) che il testo sia fuor d'ogni dubbio ispirato, ed e bene
notare subito che non si tengono per ispirati i titoli del sacri
libri, tan to greci che ebraici;
c) che certamente non abbia luogo alcuna pseudonimia.
Cosi per es., sebbene lo scrittore del libro della Sapienza
parli in persona di Salomone, tutti oramai concedono ch'egli
visse in tempi di gran lunga posteriori a Salomone e che
adopero il pseudonimo, ch' e una figura del discorso al tutto
legittima ed immune da ogni falsita.
Cio posto, quando la testimonianza biblica intorno lo scrit-
tore o simile questione risponda alle dette tre condizioni,
essa deve essere ricevuta senza riserva alcuna.
Per or a basti Tavere stabilito questo canone cosi sulle
general!, senza voler qui discendere ai casi particolari. Certo
e ad ogni modo, che parecchi sono i libri, specie dell'Antico
Testamento, intorno Tautore dei quali nulla afferma il sacro
testo, e che gli autori ispirati della Scrittura non dicono quasi
nulla circa la composizione e la storia del Libri santi. Tali
question! dovranno dunque risolversi con l'autorit& dei te-
stimonii non ispirati. Ora chiediamo : quaie autorit& T inter-
prete cattolico deve attribuire a quelle testimonianze ? Hanno
esse Tautorita, di una cotale tradizione sacra e divina, ovvero
un'autorit& puramente umana, proporzionata alia credibility
di ciascun testimonio particolare?
400 B1BBIA
III.
Essendo dover nostro di trattare di tali materie come si
conviene a cattolici, dobbiamo anzitutto esaminare che ne
pensasse 1'antichita cristiana. Per buona fortuna, parecchie
e gravi testimonianze del Padri e del teologi antichi furono
gia raccolte da alcuhi autori e specialmente dal p. A. Conda-
min S. I. * Bastera chene riferiamo le principal!, e da tutte
apparira dimostrato in rnodo chiarlssimo, che quegli antichi
non ebbero in conto di sacre o di teologiche le question!
presenti, ma solamentedi profane; che standoalla loro dottrina
si devono esse discutere dagli storici e dai critici a seconda
del canoni della storia e delta critica, e che si deve attri-
buire un'autorita puramente umana ai testimonii che loro
si fanno innanzi.
Sono conosciute le parole di S. Gregorio Magno, 2 la
dove movendo la questione intorno lo scrittore del libro di
Giobbe, diceva : « E molto inutile ricercare chi abbia scritto
queste cose, mentre pure si crede fedelmente che autore del
libro 6 lo Spirito Santo. Quegli adunque scrisse, che dett6
le cose da scrivere. Quegli scrisse che fu insieme ispiratore
della (buona) azione di lui (di Giobbe) e per la voce dello
scrittore trasmise alia nostra imitazione i suoi fatti. Se ri-
cevute le lettere di un grand'e personaggio, ne leggessimo
si le parole, ma chiedessimo con qual penna furono scritte,
1 Cfr. Rev. bibl. 1900, p. 30 ss.
2 Praefatio in Job., MIGNE 75, 517 : « Quis haec scripserit valde su-
pervacue quaeritur, cum tamen auctor libri Spiritus Sanctus fideliter
credatur. Ipse igitur haec scripsit, qui scribenda dictavit. Ipse scripsit,
qui et in illius opere inspirator extitit, et per scribentis vocem imitanda
ad nos ems facta transmisit. Si magni cuiusdam viri susceptis epistolis
legeremus verba, sed quo calamo fuissent scripta quaereremus, ridi-
culum profecto esset epistolarum auctorem scire sensumque cog^noscere,
sed quali calamo earum verba impressa fuerint indagare. Cum ergo
rem cognoscimus, eiusque rei Spiritum Sanctum auctorem tenemus, quia
scriptorem quaerimus, quid aliud agimus, nisi legentes literas de ca-
lamo percontamur? »
ED « ALT A CRITIC A » 401
sarebbe invero ridicolo conoscere r autore delle lettere edil
loro senso, e volere insieme investigare con quale penna
slano state impresse le parole. Poich6 adunque conoseiamo
il fatto ed affermiamo che ne & autore lo Spirito Santo,
se andiamo in cerca dello scrittore, che altro mai facciamo,
s§ non chiedere della penna, mentre leggiamo le lettere ? »
Con S. Gregorio va pienamente d'accordo S. Tommaso
<T Aquino nel Proemio della seconda esposi/ione alia Cantica,
esposizione che G. F. de Rubeis dimostro essere genuina del
S, Dottore '. « Quanto alia causa istruinentale, dice 1'Aqui-
nate 2, non ci curiamo ; peroeche tali cause sono rispetto
alia dottrina come gli istrumenti, come la penna dello
scrittore, secondo il salmo 44, 2 : Lingua mea calamus scri-
ba& velociter scribentis. In quella guisa adunque che, chie-
dendo dell' autore di un libro, sarebbe superstizioso ricer-
care con qual penna sia stato scritto, cosi sembra in certo
modo superstizioso che altri sia molto sollecito nel ricercare
le cause istrumentali della Sacra Scrittura. Perocch6 se consti
della verita che il libro viene dallo Spirito Santo, non e da
adoperare grande cur a nella ricerca di altro autore. »
Queste sentenze dei SS. Dottori sono molto esplicite ; essi
non si fermano nella particolare questione, pognamo, se Mos6
scrisse il libro di Giobbe o se Salomone detto il Cantico ; ma
sfiorano via al tutto sulle general! la questione sugli autori.
Essi parlano come teologi. Non intende certo negare TAqui-
nate che lo studioso della critica e della storia possa fare
ricerche erudite, con molta cura e con molta sollecitudine,
1 De gestis et scriptis ac doctrina S. Thomae Aq., Venetiis 1750,
Disser. II c. 2.
2 « De causa vero instrum<}iitali non sit nobis curae, quia eiusmodi
tjausae habentur respectu doctrinae sicut instrumenta, sicut penna scri-
bentis iuxta illud Ps. 44, 2: Lingua mea calamus scribae velociter scri-
bentis. Sicut ergo superstitiosum est, cum quaeritur de auctore alicuius
libri, quaerere cum qua penna scriptus fuisset liber, ita quodammodo
superstitiosum videtur, quod aliquis sit multum sollicitus inquirere causas
instrumentales Scripturae Sacrae. Nam si constat de veritate, quod li-
ber sit a Spiritu Sancto, non est magna cura adhibenda ad inveniendum
fcuctorem alium. »
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 26 10 febbraio 1903.
402 BIBBIA
intorno gli autori del libri sacri. Lo storico suole discutere
con ampia erudizione sull'autore dell'Iliade; Farcheologo
pariinente ricerchera con quale strumento scrivessero gli
Ebrei del tempo di Mose, se con la penna come il salmista,
ovvero con lo stiletto di ferro come costumavano gli Assiri.
Ma il definir tutto questo non e cosa del teologo. Potra egli
spendere lodevolmente qualche cura e qualche sollecitudine
in simiglianti problemi, come fa eziandio per le question! di
geografia e di botanica sacra, perche tali scienze hanno atti-
nenza, sebbene piu esterna che interna, con la dottrina teo-
logica; ma non deve credere che tali question! siano di sua
competenza e che debba egli scioglierle in modo definitive.
Che se pur tuttavia vuole mettersi all'impresa, eviden-
temente uscendo fuori del campo suo proprio, gittera la fa-
tica e s'addossera un lavoro, che S. Gregorio non dubito
di chiamare ridicolo e S. Tommaso di dirlo in certo modo
super stizioso. Queste parole non sono punto ambigue e suo-
nano dure. Ma chiare sono le ragioni che i medesimi SS.
Dottori recano in conferma: la mano dello scrittore ispirato
e la penna, onde scrive Dio ispirante ; e lo strumento della
dottrina, non parte ; e pero Tunica cosa che deve difendere
ad ogni patto il teologo e questa: Dio essere autore pri-
mario dei libri sacri.
Giunilio Africano, trattando di alcuni libri dell'Antico
Testamento, di cui non si conoscono gli autori, scriveva l:
« E da credere che per divina disposizione sia avvenuto,
che anche gli altri libri divini, non per merito degli autori,
ma per grazia dello Spirito Santo, si sappiano esser giunti
a tanta altezza di autorita. »
Ne la spiegazione del calamus scribentis e propria soltanto
di quei due Dottori. La ripete Teodoreto2, la ripetono altri dopo
1 De partibus divinae legis I 8; MIGNE P. L. 68, 20: « Quod ideo cre-
dendum est divinitus dispensatum, ut alii quoqne divini libri non aucto-
rum merito, sed Sancti Spriritus gratia tantum culmen auctoritatis obti-
nuisse noscantnr. »
2 Praefatio in Psalmos: MIGNE 80, 861.
ED « ALTA CRITICA » 403
di lui, si ritrova nel Bellarmino, che scrive l : « Quid vero
necesse est labor are de calamo, cum de scriptore (cio6 dello
Spirito Santo) constat? » Anzi quest'era coine un assioma co-
mune presso i teologi ai tempi del Concilio di Trento. « Che il
libro, dice Melchior Cano 2, sia di questo o di quello scrittore,
non importa molto alia fede cattolica, purche si creda esserne
autore lo Spirito Santo; cio che Gregorio eruditamente insegna
e spiega nel Proemio su Griobbe cap. 1. Perocchfc non im-
porta con qual penna il re scriva la lettera, se scrive vera-
mente. Non farebbe quindi difficolta, che Innocenzo ed il
Concilio Cartaginese in cosa che non appartiene alia fede
seguissero 1'opinione comune degli antichi; ma non per questo
poterono errare enumerando i libri canonici, poiche e certo
che cio appartiene alia fede. » E queste ed alt re simili sen-
tenze si affermano, non come cosa nuova ed inaudita, ma
come opinione ammessa da tutti e da non rifiutarsi da nes-
suno, perche rispondente agl' insegnamenti dei piu grandi
dottori. Tatti riputavano che la questione intorno gli autori
dei libri sacri fosse non teologica, ma storica ; dovesse quindi
definirsi secondo i canoni della storia e della critica.
IV.
Quest 'argomento tratto dalTantichit& cristiana fu niaggior-
mente illustrate dal p. Francesco de Hummelauer S. I. 8,
dimostrando che tale sentenza e convalidata dal consenso,
non solo di questo o di quello antico scrittore, ma dei SS. Dot-
1 Explanatio in Psalmos, Praefatio.
2 De locis theologicis, I, 11 : « Librurn esse hums aut illius scripto-
ris non admodum interest catholicae fidei, dummodo Spiritus Sanctus
auctor esse credatur. Quod Gregorius in Proemio super lob. cap. 1. eru-
dite et tradit et explicat. Nee enim refert, qua penna rex epistolam
scribat, si vere scribit. Unde nihil obstaret, ut in ea re, quae ad fidem
non pertinet, Innoceutius et Concilium Carthag'inense communem anti-
quorum opinionem sequerentur, nee proinde taineu in libris canonicis
emunerandis errare potuere, quippe quod ad fidem attiuere certum sit. »
3 Commetitariiix in librum Josue, 1903, p. 85 ss.
404 BIBBIA
tori della Chiesa, il numero del quali e stato sapientemente
aumentato dai Sommi Pontefici Pio IX e Leone XIII.
Anzitutto v'e 1'argomento del silenzio. Come giudicassero
gli antichi Dottori intorno agli autori del libri sacri, non deve
dedursi da quei tratti, dove sol di passaggio toccano la que-
stione, quando, ad esempio, citano il Pentateuco con quella
formula brevissima e comodissima: Moyses dixit, consecrata
pure dall'uso evangelico. Qual senso abbia tale formola si
raccogliera apertamente dalle parole di S. Ilario, Dottore
della Chiesa 1 : « M'avvenni in quei libri, che la religione degli
Ebrei tramandava per iscritti da Mose e dai Profeti. » Cio6
disegnavano con tali for mole i libri dell'Antico Testamento,
seguendo Fopinione corrente degli Ebrei. Ma quale fosse in
questa parte la sentenza dei SS. Dottori e da vedere nei
luoghi, dove ne parlano ex-pro fesso, dove mettono innanzi
il canone scritturale e coi loro nomi designano i singoli libri.
Ora degli autori umani o nulla dicono o quasi nulla. Non
avevano essi una tradizione divina od apostolica intorno a
codesti autori urnani, come Tavevano per Tispirazione di-
vina dei sacri libri. Le poche cose che scrivono sono raccolte
come alia sfuggita ; talvolta vanno frammiste ad affermazioni
che si dimostrano certamente false. Attribuiscono a Salomone
non solo i Proverbi, 1'Ecclesiaste, il Cantico de' Cantici, ma
anche (d'accordo col Concilio Cartaginese) la Sapienza e 1'Ec-
clesiastico. Atari Padri ascrivono questi due ultimi libri, non
a Salomone, ma al Siracide. S. Giovanni Crisostomo attri-
buisce ad Esdra i libri che vanno sotto quei nome; ma per
libri d' Esdra intende un primo che e nel canone, ed un se-
condo che e apocrifo. Lo stesso S. Girolamo nelle sue Pre*
fazioni dice pochissimo degli autori 2. Le Sante Scritture in
1 De Trinit. I, 5; MIGNE P. L. 10, 28: « Incidi in eos libros quoa
a Moyse atque prophetis scriptos esse Hebraeorum religio tradebat. »
2 Cfr. S. Atanasio Epist. 309, MIGNE 26, 1176 ss. S. Cirillo di €reru»,
Catech. IV n.33 ss. M. 33, 496 ss. S. Giovanni Crisostomo, Synopsis Sacrae
Scripturae, M. 56, 313 ss. S. Giov. Damascene, De fide orth. IV 17, M.
94, 1175 ss. E tra i latini : S. Ilario, Prolog, in Psalmos n. 5, M. 9, 241.
S. Agostino, de Doctr. christ. II 8, M. 34, 41 ; cfr. Retract. II 4 M. 32t
631. S. Bonaventura in Sreviloquii Prolog.
ED « ALTA CKITICA » 405
somma erano lettere inviate dal cielo e gli autori uomini
erano i corrieri che ce le recano di cola *, e per questo i
SS. Dottori non furono molto solleciti del nome del corrieri
e ci tramandarono quelli che udirono per avventura, senza
esaminare pin oltre.
V e uno tra' Padri, che non solo tratta del sacri libri,
ma parla anche ex-professo del loro autori in due luoghi di-
stinti. S. Isidoro di Siviglia, lume delle Spagne, grande-
mente lodato da S. Leone IV per la sua perizia nelle COSQ
sacre, ricorda i nomi degli autori del N. Testamento che si
citano d'ordinario; ma per quelli delFAntico Testamento co-
mincia in ambedue i luoghi con questo esordio 2 : « Veteris
Testamenti secundum Hebraeorum traditionem hi perhiben-
tur auctores. » Ed i nomi quivi ricordati sono presso a poco
quei medesimi, che si leggono nel trattato rabbinico Baba
Bathra, citato di continue nei nostri Cor si d' Introduzione
alia Sacra Scrittura. II Santo raccoglie pure la leggenda del-
T ispirazione dei Settanta e 1'altra del testo della Thora, da
Esdra fatto risuscitare dalle ceneri in virtu di un insigne
miracolo. Ma nello stesso tempo S. Isidoro protesta, che di
tali autori non si ha nessuna tradizione apostolica, ma solo
la tradizione profana degli Ebrei, la quale adunque non
deve riceversi con cieca fede, si bene discutersi storicamente
e criticamente.
Or questa e appunto la ragione perche i Padri trattano
cosi sobriamente degli autori delFAntico Testamento e dicono
cose incerte e talvolta inesatte. Attingevano dalla tradi-
zione degli Ebrei, incerta in se stessa, e per giunta da aleuni
di loro non punto conosciuta o conosciuta solo imperfetta-
mente. Ne erano obbligati ad investigare phi addentro. Chi,
come S. Isidoro, meglio la conosceva, servivasene cautamente.
Le cose dette riguardano phi dappresso il Vecchio Testa-
mento, ma devono proporzionatamente applicarsi eziandio ai
1 S. Giov. Crisostomo in Gen. Horn. 2 n. 2, M. 53, 28. S. Agostino
Sermo 2 in Ps. 90 n. 1, et Enarr. in Ps. 149 n. 5, M. 37, 1159, 1952.
2 Etymol. VI 2 et de Eccles. Off. I. 12, MIGNE 82, 230; 83, 747. ss.
406 BIBBIA
libri del Nuovo. Anche gli autori di questo sono corrieri,
sono penne che scrivono. La loro notizia e trasmessa dalla
tradizione non giudaica, ma cristiana, senza dubbio di gran
lunga piii degna di fede, quantunque solo umana, non di-
vina, e da determinarsi a seconda delle ragioni critiche e
storiche. N6 gli antichi Padri si sentivano comechessia im-
pediti da questa tradizione cristiana. Come pel seinplice mo-
tivo della proprieta dello stile dubitavano di Salomone, quale
autore della Sapienza, cosi dubitavano, precipuamente per
tal ragione, se S. Paolo fosse autore dell'Epistola agli Ebrei.
II qual fatto e per noi argomento certissimo, ch'essi tenevano
quella tradizione non gia per divina od apostolica, ma per
umana soltanto.
Tutti sentiamo intimamente che cosi e e dev'essere. 0
forse la nostra fede si fonda sul fatto, pognamo, che S. Matteo
ha scritto il primo Vangelo ? Non si nega che alle parole ispi-
rate si aggiunge una qualche maggiore autorita uinana dal
sapersi che furono scritte da un Apostolo, conosciuto col suo
proprio nome, della cui probita e veracita abbiamo pure una
storica dimostrazione. Ma T autorita del primo Vangelo tutta
consiste in cio, che la Chiesa ce lo da per ispirato. Onde
sappiamo nel modo piu certo, che T autore ha scritto con
verita e proMtd; anzi sappiamo anche questo, che la storia
sola, senza la Chiesa, non ci potra mai dimostrare che tale
autore fu nello scrivere veramente infallibile. Ancorch6 ci
fosse dimostrato fino all'evidenza che S. Matteo non e Tau-
tore del primo Vangelo, ma che e un altro qualsivoglia, Tau-
torita di quest 'altro e la nostra fede in lui rimarrebbero egual-
mente inconcusse. Mercecche la probita e Tassoluta veracita
dello scrittore, giova ripetere, ci viene dimostrata da cio che
la Chiesa da il suo libro per divinamente ispirato ; e quindi
con pari riverenza accettiamo il libro ispirato di un anonimo
ed il libro ispirato di S. Matteo.
ED « ALTA CRITICA » 407
V.
Dalle cose anzidette resta fermo che la questione intorno
gli autori del Libri Santi non e questione teologica e deve
quindi rimettersi agli studios! periti nella critica e nella storia.
II medesimo si deve affermare di parecchie altre question!
della stessa identica indole, che meritano d'essere qui breve-
mente accennate:
1) La questione, se uno scritto, accolto nel canone come un
libro solo, sia di un solo o di piit. autori; ad esempio se il Pen-
tateuco, come or a Tabbiamo, contenga tuttavia il Indicium
regis che si dice esservi stato inserito da Samuele (1 Sam.
10, 25).
2) La questione, se lo scritto, dato nel canone come un
libro solo, non si componga invece di due ben distinti; ad
esempio, se quanto corre sotto il nome d'Isaia, non siano
invero due libri, detti poscia Protoisaia e Deuteroisaia.
3) La questione, se gli scritti, che ora sono divisi in due
libri (Sam. Reg. Par.}, non formino invece un libro solo.
4) La questione del redattore (compilatore) ovvero del
redattori ; anch'essi si considerano quali autori per lo meno
della compilazione. Cosi ad esempio, S. Gerolarno scambia
il redattore coll'autore, quando scrive 1 : « Sive Moysen dicere
volueris auctorem Pentateuchi, sive Esdram eiusdem instau-
ratorem operis non recuso. »
5) La questione della composizione del libro, essendoche
la composizione del libro e fatta e da autori e da redattori.
6) Le question! tutte che riguardano la storia del libro.
7) La questione del tempo e delle altre circostanze in-
torno airorigine del libro. Alia domanda, perche mai Tor-
dine dei Salmi non sia cronologico, S. Gregorio Nisseno ri-
spose: « Al dottore nostro, che e lo Spirito Santo, niente
importa di cio... A questo educatore e maestro delle anime
1 Contra Helvid. n. 7 ; MIGNE 23, 190.
408 BIBBIA
nostre tutto sembra accessorio ; egli mira a questo solo, che
vadano salvi e pervengano alia vera vita quanti errano
nella vanita della vita presente *. »
Tutti questi problemi sono per se medesimi storici e non
teologici. Saranno teologici e storici insieme solo nel caso,
gia indicate piii sopra, che cio6 qualche testo genuine ed
ispirato lo affermi apertamente. Tale affermazione sara an-
ch'essa un argoniento di carattere storico, ma di suprema
ed al tutto irrefragabile autorita. Inoltre le singole prove,
siano poi tratte o dall' indole del testo o dai testimonii sto-
rici, dovranno essere sempre discusse secondo i canoni della
critica e della storia. Secondo questi canoni dovra anzi-
tutto stabilirsi Tautorita di ogni singolo testimonio, sia esso
ebraico o cristiano od altro qualsivoglia. Ma insieme e da
tener bene a mente, che una tale investigazione 6 di natura sua,
sempre piii perfettibile e deve quindi procedere di pari passo
con la scienza storica e critica. Giacch6 non e possibile ne-
gare che la critica e in un continue progresso, sia perche
si vanno continuamente scoprendo, nuove lezioni di testi, sia
perche le lezioni antiche vengono discusse sempre piti scien-
tificamente. Cosi pure e in progresso incessante la scienza
storica, per le nuove e valide testimonianze che si mettono
in luce e per la maggiore e piii profonda conoscenza che si
va acquistando delle testimonianze antiche.
VI.
Che se tutto questo lavoro intorno ai libri santi e perfetti-
bile di sua natura, non puo recar meraviglia, anzi e in
certo modo necessario, che gli studii biblici, anche presso
i cattolici, siano ancora molto imperfetti, e che tali fossero
molto piii gli studii dei secoli passati.
1 In Ps. 2, 11 ; Migne, 44, 541 : « Nihil horum curae est doctori
nostro Spiritui Sancto... Huic animorum nostrorum institutori et ma-
gistro alia omnia accessoria videntur, id unum procurat, ut salventur,
qui in vanitate huius vitae oberrant, et ad veram ritam adducantur. »
ED « ALTA CRITICA » 409
Per notare un punto solo, dovra dirsi al tutto discorde
dalla sentenza del Dottori della Chiesa quella stima esagerata
delle tradizioni ebraiche, onde si fa generalmente profes-
sione nelle Introduzioni alia S. Scrittura che corrono per
le scuole e nei Trattati apologetici. E noto il prezioso oracolo
del trattato Baba Bathra: « Chi scrisse adunque quei li-
bri? Mos& scrisse il libro suo e la sezione intorno Bileamo e
Giobbe. Giosue scrisse il libro suo e quegli otto versi nella
Legge. Samuele scrisse il libro suo e il libro dei Giudici e
di Ruth, ecc. » II testimonio e grave e da non rifiutarsi
senza gravi ragioni; cosi dicono. E sia pure; ma si noti che
il testimonio non e strettamente storico, poiche ci da Samuele
per autore del libro suo, mentre la massima parte degli av-
venimenti quivi raccontati appartengono a tempi di gran
lunga posteriori alia morte di Samuele.
Come mai avvenne che nelle nostre Introduzioni si
desse tanto peso alia testimonianza del Baba Bathra, senza
almeno premettere, come sarebbe stato assolutamente neces-
sario, qualche trattato intorno T indole e la eredibilita delle
tradizioni giudaiehe?
Non certo cosi adoperarono i SS. Isidore, Ilario, Gero-
lamo. Quest 'ultimo conosceva benissimo le tradizioni giu-
daiehe e ne accolse parecchie ; ma non ne aveva stima esa-
gerata. Espone il Santo le parole d'Isaia 59, 5 : Ova aspi-
dum ruperunt, et telas araneae texuerunt ; qui comederit
de ovis eorum morietur, et quod confotum est crumpet in
regulum; dove i Settanta leggono: ova aspidum fregerunt...,
et qui de ovis eorum comedere voluerit, frangens reperiet
putridum, et in ipso regulum. Or bisogna vedere com'egli,
movendo dal testo di S. Paolo ad Tit. 1, 14 non intenden-
tes iudaicis fabulis, ne faccia applicazione alle tradizioni
giudaiehe. Sembrano esse a prima fronte uova di galline o
di altro uccello innocente, e molti vi stendon la mano per
cibarsene, tratti dalla loro esterna bellezza e dalle notizi©
di mille anni fa che promettono. Ma in quella guisa che se
le uova s' infrangono, si trova dentro il putridume ed in
410 BIBB1A
esso la vipera o Taspide, anzi il regolo eke e il re degli
aspidi, cosi e delie tradizioni giudaiche. Se si esaminano bene
a fondo, se ne scoprira subito il marcio, che e Tanticristo.
Guai a chi le accoglie ad occhi chiusi! Morra di veleno1.
Non ne segue pero che siano da trascurarsi del tutto.
Ne S. Gerolamo cosi fece, ne lo storico serio mai puo farlo,
sebbene sia obbligato di esaminare e vagliare con ogni di-
ligenza le testimonialize che gli vengono offerte. Si possono
adunque invocare le tradizioni ebraiche, ma con cautela;
vi si trovano cose utili, ma di rado prive di scoria.
Torno a chiedere, come mai avvenne, che quelle tradi-
zioni giungessero presso noi in tanto onore?
Per istabilire Tautorita. dei libri sacri s'usava per lo
addietro Targomento storico, presso a poco in questa forma:
— Tizio afferma cosi e cosi ; ma Tizio pote sapere e dovette
sapere quanto afferma, ed era insieme uomo integro e probo
e doveva riferire quanto sapeva esser vero ; dunque si deve
accogliere per vero quanto Tizio afferma.
Gli antichi invece ragionavano altrimenti. Bastava loro
Targomento della tradizione : - - La Chiesa ci trasmette
questo libro, come ispirato ; dobbiamo dunque accettare per
vero tutto cio che il libro contiene. Or questo argomento
e sommamente efficace e toglie ogni dubbio; nella sua so-
1 MIGNE 24, 577 s. « Qui enim prima fronte ova putaverit gallina-
rum et aliarum volucrum, quarum esus innoxius est: si fregerit ante-
quam comedat, statim putorem teterrimum foetoremque cognoscet et,
quod confotum est inveniet regulum, sive iuxta Symmachum et Theo-
dotionem aspidem. Aquila autem viperam posuit pro quo in hebraeo
legitur ephec. Qui igitur audiens traditicnes iudaicas, ad escam se mille
annorum voluerit praeparare et, repromissionum deliciis irretitus, ma-
num ad ovum extendere: si antequam comedat, i. e. verbis mortiferis
acquiescat, voluerit prius coiisiderare quod dicitur, et singulos sermo-
nes discutere, eorumque tractare rationem, statim in ipsis reperiet an-
tichristum praeparari. Ergo iuxta hebraeum, qui comederit de ovis eo-
rum, mprietur. Qui auteni iuxta LXX frangere ante voluerit et dili-
gentius intueri ac videre quid latitat, reperiet foetorem teterrimum et
principem omnium serpentem diabolum in eorum latitare traditioni-
bus. »
ED « ALTA CRITICA » 411
stanza non e perfettibile, ma e perfetto nella sua sempli-
cita. L'argomento storico 6 apologetico ; 1'argomento della
tradizione 6 dogmatico. Quello conduce alia Chiesa ; con
questo gli antichi erano nella Chiesa.
I protestanti negarono la tradizione, e dovettero quindi
ricorrere a qualche altro espediente, per istabilire Tauto-
rita della S. Scrittura, che e loro unica fonte di fede. Sulle
prime s'attennero al testimonio inter no dello Spirito Santo,
pel quale ogni lettore viene internamente rassicurato, che
la Scrittura e la parola di Dio. Ma ben presto s'avvidero
della sua inefficacia e ricorsero airargomento storico. Per
quanto sappiamo, esso fu adoperato la prima volta nella Ca-
thechesis Ecclesiarum polonicarum, uscitsi in luce nel 1609, e
ripubblicata di nuovo ad Irenopoli dal Crell e dallo Schlichting,
nel 1659.
Fu un buon passo, perchS Targomento 6 vero ed efficace.
Ma subito comincio ad insinuarsi tra' protestanti una stima
esagerata delle tradizioni giudaiche, anzitutto del testo ebreo
del V. T., 116 di questo solo, ma perfino dei punti massoretici ;
poi dei documenti dei rabbini, citandosene assai larghi tratti
nei commentarii scritturali, ma senz' ombra di critica. Ac-
cettavano essi con cieca fede quel che tornava loro comodo
e lasciavano il rimanente. Cosi accolsero Baba Bathra ed al-
tri simili scritti, perch6 giovevoli airargomento storico.
Or questi stessi documenti passarono eziandio nelle In-
troduzioni dei cattolici: parevano acconci a rincalzare Tar-
gomento della tradizione ; avevano un non so che di specioso
e di erudito, n6 per anco erano abbastanza note le ragioni,
per le quali e necessario proceder cauti in tale materia. Del
resto, i protestanti moderni da lunga pezza se ne emanci-
parono.
VII.
Ma & ormai tempo di conchiudere, raccogliendo il fin qui
detto. Per la concordia tra la Bibbia e la cosiddetta alta cri-
tica, due condizioni sono assolutamente indispensabili :
412 BIBBIA
a) Professare dairintimo del cuore la dottrina del
Dottori della Chiesa, che cio& le question! intorno gli autori,
i compilatori, la composizione e simili del Libri santi sono
di lor natura question! non teologiche, ma storiche e criti-
che, da deflnirsi secondo i canon! della scienza storica e cri-
tica, osservando fedelmente quanto si e avvertito piu sopra
nel paragrafo secondo ;
b) Sciogliersi prontamente dalla stima esagerata delle
tradizioni giudaiche, propria non dei cattolici, ma dei vecchi
protestanti.
Con questo sara risoluto il problema critico. E per cri-
tica intendiamo sempre la critica vera, genuina, non la ma-
scherata dei razionalisti, figlia del pregiudizio filosofico, che
nega la possibilita dell'ordine soprannaturale, « cuius pericu-
losam temeritatem plus semel Ipsi denuntiavimus », come
dice Leone XIII l.
Chiedi a S. Ilario, se il Pentateuco debba attribuirsi a
Mose, come ad autore, e risporidera: — Cosi affermala hebraeo-
rum religio.
Chiedi a S. Gerolamo, se la fornla presente del Pentateuco
debba attribuirsi con miglior diritto a Mose autore, ovvero
ad Esdra compilatore, e dira: — Non euro.
Chiedi a S. Grregorio Nazianzeno intorno al tempo in cui
furono scritti i Salmi, ed afferrnera : — Non se ne occupa
punto lo Spirito Santo, dottore nostro.
Per tutte codeste question! S. Isidoro ci rimette alia tra-
dizione degli Ebrei, della quale, come fu gla sopra notato,
acerbe parole scrive S. Girolamo. Tutti ci avvertono di non
essere soverchiamente solleciti del carrier e e della penna.
I Padri, i Dottori, i Concilii, i Pontefici, la Chiesa uni-
versa dichiarano concordi, che le Sante Scritture, checche
si tenga dei loro autori, della loro origine, composizione e
storia, sono parola di Dio, assolutamente immune da ogni er-
ror e. « Perocch6 i libri tutti ed interi, che la Chiesa riceve
1 Lettera Apost. del 30 ott. 1902.
ED « ALT A CRITIC A » 413
come sacri e canonici, con tutte le loro parti, sono stati scritti
dettando lo Spirito Santo, tanto e lontano, che alia divina
ispirazione possa ascriversi un qualsivoglia errore, che essa,
per se medesima, non pure esclude ogni errore, ma cosi ne-
cessariamente lo esclude e rigetta, come e necessario che
Iddio, somma verita, assolutamente non sia autore di nessun
errore. » Cosl Leone XIII nella Enciclica Providentissimus
Deus i.
Su questa pietra incrollabile si tenga fermo Tinterprete
eattolico, e non solo sara sicuro di se medesimo, ma avra
gia molto in mano per rispondere a non poche difficolta, non
reali, ma appariscenti, che sulle prime turbano alquanto,
mentre svaniscono, se studiate con le debite distinzioni a se-
eonda dei principii esposti.
1 « Etenim libri omnes atque integri, quos Ecclesia tamquam sacros
et canonicos recipit, cum omnibus suis partibus, Spiritu Sancto dictante
conscript! sunt; tantum vero abest ut divinae inspiration! error ullus
Bubesse possit, ut ea per se ipsa, non solum errorem excludat omnem,
sed tarn necessario excludat et respuat, quam necessarium est, Deum
summam veritatem, nullius omnino erroris auctorem esse. »
LO SPlRiTO CATTOLICO
NELLA CULTURA DEL GIOVANE CLERO
I.
Sul conchiudere il nostro lavoro intorno all' Educazione
del giovane Clero, nel quaderno del 5 luglio dell' andato
anno, notavamo la tendenza manifestatasi, in parecchie re-
centi pubblicazioni, ad abbassare la teologia tradizionale delle
nostre scuole cattoliche, massime riguardo alia sua impor-
tanza ed efficacia per la cultura del Clero, quale si addice
ai tempi ed ai bisogni nuovi. Segnalavamo specialmente ani-
mosita mal dissimulate contro il criteria teologico e lo spirito
teologico voluti non di rado, in que' libri moderni, far rav-
visare come un pregiudizio dogmatico, ruinoso alia forma-
zione intellettuale del giovane Clero, e come pastoie frapposte
ai progress! di quelle sacre discipline che piu vorrebbonsi
coltivare oggidi dagli aspiranti al* Sacerdozio.
Non avernmo allora opportunity di entrare a discutere
della delicata materia : pero rimettemmo i lettori ad un ope-
retta del P. J. Fontaine S. J., intitolata: Les infiltrations
protestantes et le Clergd francais, contentandoci pel momento
di porre in sull'avviso il giovane Clero dei danni gia prove-
nuti, e non soltanto in Francia, dall'uso del criterio nuovo,
detto autonomo, scientifico anzich.6 teologico, indipendente,
cioe, da quello, che noi scrivevamo essere stato sempre e
dover sempre essere il criterio dei criterii, vale a dire 1'inse-
gnamento vivo della Chiesa, columna et firmamentum veri-
tatis l. Ora un altro lib.ro del medesimo P. Fontaine ci giunge
opportune a ritornare sul gravissimo tema, dando cosl ri-
sposta valida, ben<?he indiretta, an che a taluno, cui paremmo
immeritevoli di considerazione pur solo pel fatto, che mo-
stramrno di clar peso alle considerazioni del Fontaine e di
altri scrittori coi quali Tegregio Padre consents.
1 Vedi Cimlta CaUolica Quaderno 1249, pagg. 57-59.
LO SPIRITO CATTOLICO 415
II nuovo libro ha per titolo: Les infiltrations kantienne
et protestantes et le Clerge francais £, onde facile e arguire
Tintendimento dell'A. di far come un seguito al precedente,
allargando, dichiarando e compiendo quel che ivi avea inco-
niinciato a trattare : e infatti chiama il suo presente lavoro :
Etudes compldmentaires. Nella importante Prefazione poi
scrive espressamente cosi : « Nel nostro precedente volume :
Le infiltrazioni protestanti, noicisiamo tenuti esclusivamente
sul terreno esegetico. C'iucombe Tobbligo adesso di ripigliare
la nostra trattazione al punto preciso dove 1'abbiamo intra-
lasciata, incalzando i nostri avversarii o piuttosto i loro er-
rori nel campo filosofico e teologico. La dispiegansi le teorie
dQll'immanenza, del dogmatismo morale o filosofia della vo-
lonta e quella altresl dell' evoluz tone posilivista dei dogmi.
Noi non ci proponiamo davvero di esaminare punto per punto
gli element! si complessi e tuttora si confusi, onde queste teorie
risultano : vi occorrerebbero parecchi volumi. II nostro pro-
gramma e modesto e consiste neH'afferrare i punti di diver-
genza o di contraddizione di queste dottrine colla dottrina
cattolica : noi le studieremo quasi esclusivamente in cio che
contrasta col dogma definito o coirinsegnamento comune della
Chiesa». E dando ragione di tale programma, TA. afferrna
d'aver voluto fare opera di fede anziche di polemica, scri-
vendo non con ispirito di contesa, ma con coscienza di sa-
cerdote sgomenta d'un movimento d'idee che sembra mettere
in pericolo le, nostre credenze piu care 2.
Cio basta, per chi non suppone a priori nello scrittore
o leggerezza o slealta, a levar ogni voglia di scherzare, come
purtroppo abbiam visto farsi in qualche foglio cattolico. E
che non si tratti di cosa la quale possa deciders! con qual-
he tratto vivace di giornale, ognuno il deduce agevolmente
altresi dal gravissimo linguaggio adoperato dal S. Padre nello
scrivere quella celebre lettera dell'8 settembre 1899 al Clero
1 Un Vol di pagg. XXXV-488. Paris, Tictor Retaux, 1902.
* Prefazione, pagff. XXXI-XXXIL
416 LO SPIRITO CATTOLICO
francese, la quale ora Egli stesso voile spedita all'Episcopato
d' Italia, insieme colla Enciclica dell' 8 dicembre dello spirato
anno 1902 sull'educazione del Clero italiano. « Con profondo
dolore (dice Egli infatti) abbiamo inteso che da alcuni anni
certi cattolici hanno crejluto potersi dare ad una filosofia che>
sotto specioso pretesto d'affrancare la ragione umana da ogni
preconcetto ed illusione, le nega il diritto di nulla asserire al
di la delle sue proprie operazioni, sacrificando per tal guisa
ad un radicale soggettivismo le certezze, date dalla metafisica
tradizionale, la quale ha per se il suggello de' piii robusti in-
telletti, come foudamento necessario ed incrollabile della dimo*
strazione dell'esistenza di Dio, della spiritualita ed immortalita
dell'anima, della realta obbiettiva del mondo esteriore. E
sommamente deplorevole che tal scetticismo dottrinale, d'im-
portazione straniera e d'origine protestantica, abbia potuto
con tanto favore accogliersi in una nazione, giustamente ce-
lebrata per la chiarezza delle idee e del linguaggio. »
Con d'innanzi agli occhi questo documento papale, come
poteva il Rev. Padre Fontaine non credersi sicuro del fatto
suo, dettando i suoi studii sulle infiltrazioni protestantiche
e hantiane in Francia ? E come potremmo noi menomamente
dubitare di far opera utile, anzi insino ad un certo punto ne-
cessaria, volgarizzando qualcuna delle sue considerazioni plii
general! ed important! anche in Italia, dove quel che 6 fran-
cese ha sempre avuto ed ha tuttora cosi facile il diritto di
cittadinanza?
II.
Del Volume antecedente del 1901, dove il ch. A. si teiine,
come abbiamo udito da lui stesso, dentro i termini dell'ese-
gesi, qualcosa fu gia accennato da noi nel nostro studio sul-
YEducqsione del giovqne Clero. Non batteva egli gia 1'aria;
non davasi a battagliare contro mulini a vento, fabbricando
colla fantasia pericoli della fede non esistenti nella realta:
ma citava nomi di scrittori cattolici noti e rivestiti del carat-
NELLA COLTURA DEL GIOVANE CLERO 417
tere sacerdotale, citava scritti pubblicati e articoli di riviste
conosciute che vanno per le mani di molti in Francia e fuori ;
e non dava solamente brevi brani staccati, ma, per quanto
era possibile e necessario, anche i contest!, risalendo ai
principii posti dagli autori. E pogniam pure che in uno
od altro particolare egli prendesse qualche abbaglio, e che,
come accade, sia stato portato dallo zelo a caricare talvolta
soverchiamente le tinte, ne risultava pero chiara la conclu-
sione generale, che parecchi scrittori cattolici francesi eransi
lasciati andare, circa parecchi punti di dottrina, a teorie, se
non apertamente erronee, almeno molto ardite e libere, che
risentivansi della mala influenza protestante americana, in-
glese ed alemanna, in guisa da giustificar pienamente il rim-
provero lor mosso dall'Augusto Pontefice, d'aver ripigliate
per conto proprio le obbiezioni che avevano preteso strappar
di mano agli avversarii, aprendo parecchie breccie in quelle
muraglie medesime, le quali avrebbero dovuto difendere 1.
« Non e stata mai intenzione mia (scriveva allora il P. Fon-
taine) di sostenere che sia cattivo tutto quanto ci viene dai
protestanti, o di negare che noi possiamo prender da loro
molte notizie minute, e dati positivi ed anche qualcosa dei
loro metodi scientific! : ma dico che bisogna -guardarsi dalle
loro dottrine e dal loro spirito, il che quanto piu studio negli
scritti di cattolici moderni, tanto piu mi avveggo che non
si fa sempre abbastanza da tutti, e trovo anzi che qualcuno
copia addirittura i protestanti seiiza neppur avvertircene 2. »
E di cio egli reca varii saggi, tra cui la sinonimia, d'ori-
gine protestantica e sociniana, tra il nome di Figlio di Dio
e gli altri appellativi dati al Messia, sulla quale non vogliamo
insistere ora 3.
Dell'arditezza eccessiva delle dottrine, a cui accenniamo,
1 Nell' Enciclica 8 sett. 1899, al Clero francese.
2 FONTAINE S. I. Les infiltrations protestantes et le Clergt frangais.
Paris, Retaux 1901, pag. 114.
3 Vedi FRANZELIN, De Trinitate, Tesi VI. — De Verbo Incarnato
Tesi III.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 27 12 febbraio 1903.
418 LO SP1RITO CATTOLICO
basti una prova positiva, In due document! autorevoli, ema-
nati dall'autorita diocesana di Parigi e sottoscritti da quel-
rEminentissimo Cardinale Arcivescovo.
Uno e del 23 ottobre 1900, cio6 una lettera del Cardinale,
che riprova un articolo sulla Religione d'Israele e le sue
origini, comparso nella Revue du Clerge francais (15 otto-
bre 1900), dichiarandolo in contraddizione colla Costituzione
DEI FILIUS del Concilia Vaticano e parimenti in contrad-
dizione colle Regole date dal Sommo Pontefice Leone XIII
neW Enciclica PROVIDENTISSIMUS DEUS per V interpretazione
della Sacra Scrittura. L'altro 6 anche piu grave e del tutto
recente: un formale decreto del 17 gennaio 1903, con cui il
Cardinaie Arcivescovo di Parigi, presa cognizione del rap-
porto fattogli dalla Commissione specialmente da lui incari-
cata di esatninare il libro dell'Abbate Loisy, intitolato YEvan-
gile et I'figlise, « considerando : 1° che fu pubblicato senza
imprimatur ; 2° che il contenuto suo 6 tale da turbar grave-
mente la fede dei fedeli sui dogmi fondamentali dell'inse-
gnamento cattolico, notantemente sirlFautorita delle Scritture
e della tradizione, sulla divinita di Gesu Cristo, la scienza
infallibile di Lui e la redenzione operata dalla sua morte,
sulla sua Risurrezione, TEucaristia e la divina istituzione
del Papato e dell' Episcopate », condanna questo libro e ne
proibisce la lettura al Clero ed ai fedeli della sua diocesi.
Ed a questo decreto, mentre scriviamo, fanno adesione
parecchi Vescovi francesi, tra i quali notiamo il dottissimo
Cardinale Perraud, membro delPAccademia di Francia, Mon-
signor Camus, il Vescovo di Perpignano, TArcivescovo di
Cambrai 4.
1 Questo esimio Prelate, nel suo decreto di riprovazione e di con-
danna del libro del Loisy, mette in guardia il Clero e i fedeli contro
siffatte audacie d'esegesi e innovazioni malsane; quindi prosegue: « In-
vece d'innalzare 1'uomo alle mistiche altezze dei Libri Santi, siffatti au-
tori cercan di abbassare codesti Libri al livello della ragione e della
natura umana. Con qual diritto? Per qual missione?
« Diminuzione progressiva di verita, infiacchimento del senso catto-
lico, glorificazione del senso private, deviazione dalla vera pieta, in-
NELL A COLTURA DEL GIOVANE CLERO 419
III.
II signer abbate Loisy e appunto tra quegli scrittori di
cose bibliche e teologiche, che il P. Fontaine energicamente
combatte nei due suoi volumi del 1901 e del 1902; ed anzi,
nell' Indice alfabetico di quest 'ultimo, al nome Loisy troviamo,
dopo qualche indicazione di pagina, segnato : e quasi in tutti
i capitoli di questo volume. Non puo dunque ragionevolmente
asserirsi che il P. Fontaine si sia lasciato sopraffare da an-
tipatia per ogni progresso delle scienze religiose. Egli vuole
soltanto (e crediamo che tutti dobbiamo volerlo con lui) la
restaurazione piena del concetto cattolico di dette scienze,
vuole la professione alta e coraggiosa di tutti i veri prin-
cipii cattolici, e si sdegna giustamente d'essere per cio da
taluno, come oggi costuma e per lui e per altri, messo in
vista di retrivo ostinato, da lasciarsi ormai in disparte qua!
ferro vecchio e inutile ingombro. « Che la conservazione in-
tegrale di questi principii, sclama egli vivarnente, sia con-
ciliabile con tutti i veri progressi, chi dunque fra noi ha il
diritto di dubitarne? Si: accettiamo francamente e di cuore
il concorso di tutte le scienze connesse colla teologia e le
altre scienze religiose : si : vengano pure forrnandosi filologi,
critici, ebraicisti, assiriologi, eruditi versati nelle moderne di-
scipline venuteci di Germania o d'altrove. Ma che cio sia
pel trionfo della nostra causa comune, dei principii cattolici,
cio6; non per Tintroduzione d'una filosofia kantiana gia giu-
filtrazioni quotidiane d'idee quasi intieramente sovversive dell'ordine
soprannaturale, tentativi di conciliazioni ad ogni costo, abbassamento
graduale delle ampie vedute della fede, interpretazioni fantastiche delle
Sacre Scritture, troppo indulgente deferenza per libri scritti da notorii
avversarii della fede, ignoranza o disprezzo del magistero infallibile
della Chiesa e del suo Capo Supremo, tali sono i deplorevoli risultati
di certi metodi nuovi e antitradizionali, che creano un' atmosfera viziata
per molti cristiani dei tempi nostri. » — Anche in Germania levossi au-
torevolmente contro questi metodi nuovi e antitradizionali Mons. Keppler
Vescovo di Rottemburgo, encomiato, in nome del S. Padre, dall' Emo
Card. Rampolla.
420 LO SP1I?ITO CATTOLCCO
dicata e condannata, o d'una esegesi, che confonde dogmi
fermi e definiti con opinion! dubbie e abbandona ogni cosa
alle negazioni del libero pensiero ». Quindi continual « Noi
il ridiremo ancora, giacche non si vuol capirlo : quel che ci
spaventa non e che queste e quelle conclusion! dei novatori,
chiamate scientifiche, coincidano con opinioni emesse da sa-
pienti eterodossi e non cristiani ; ma bensi ci sentiamo atter-
riti, perch6 ci sembra che tali conclusion! facciano a cozzo
colla sana ortodossia, massime circa punti definiti dal Con-
cilio Vaticano nella sua Costituzione Dei filius *. »
IV.
Ne si contenta di asserire, ma prova. Luminosi sono i
capitoli di questa sua piu recente opera, nei quali espone
alcune dottrine di uomini d'ingegno ed ecclesiastic!, soste-
nute massimamente negli Annales de philosophic chrgtienne
di quest! ultimi tempi. Da tale documentata e ragionata espo-
sizione scaturisce la somiglianza di «quelle dottrine col sog-
gettivismo del Kant, pel quale tra la mente dell 'uo mo e il
mondo esteriore viene a scavarsi un abisso, che tocca poi
alia volont& di colmare. 0 sia il determinismo psicologico
di taluno, onde 1' intelligenza filosofica s'identifica coir idea,
vera o falsa che sia, in guisa da non potersene staccare, e
quindi si fa non evitabile e non imputabile Terrore 2 ; o sia
il dogmatismo morale di tal altro che esclude la cognizione
razionale certa e ferma dell'esistenza di Dio, ognun vede
come queste dottrine troppo male si compongono colla defini-
1 J. FONTAINE, Les infiltrations kantiennes et protestantes et le Clerg6
frangais. Etudes complementaires. Pagg. 355, 356.
? II P. Fontaine cita parecchi passi nei quali questa strana dot-
trina e esposta: noi ci contenteremo d'un saggio. '« Non sara meno
impossibile di suscitare nello Spinoza un altro niodo d'amore che un
altro modo d'intellezione II filosofo creatore non e realmente accessi-
bile per alcun lato; egli capisce secondo che ama e ama secondo che
capisce » (Martin, Scepticiame et dogmatisms, d'apr&s Vhistoire des syste-
mes, negli Annales de philosophic, chretienne del 1 apr. 1901).
NELLA COLTURA DEL GIOVANE CLERO 421
izione data dal Concilio Vaticano (Sessione III, capo II de
revelations) : « Eadem Sancta Mater Ecclesia tenet et docet,
Deum, rerum omnium principium et finem, natural! humauae
ratio nis lumine e rebus creatis certo cognosci passe » ; e col
Canone corrispondente, che il Concilio stesso soggiunge (Can. I,
de revelatione): « Si quis dixerit Deum Unum et verum, Crea-
torem et Dominum nostrum, per ea quae facta sunt, natural!
rationis humanae lumine certo cognosci non posse, ana-
thema sit i. »
Conseguentemente a quei falsi principii sulla conoscenza
intellettiva, questi modern! scrittori furono tratti a scon-
volgere dalle fondamenta medesime tutta la dimostrazione
evangelica dei Padri piu insigiii della Chiesa in siao dai prim!
secoli, tutta 1'apologetica cristiana portata all'apice della per-
fezione dalla Somma contro i gentili di S. Tommaso d'A-
quino e seguita poi universalmente nella sostanza, nonostante
le modificazioni rese opportune dalle vicende dei tempi, fino
ai giorni nostri. Perocche non solo col mettere in dubbio la
dimostrazione razionale dell'esistenza di Dio7 come e espressa
<e confermata dal Concilio Vaticano, vengono a scuotere la
base indispensabile della stessa rivelazione e quindi di tutta
la fede divina soprannaturale ; ma que' rinnovatori dell'apo-
logetica non si peritano altresi di screditare Tefficacia delle
prove razionali del fatto della rivelazione, sempre ritenute
per preoipue ed incrollabili, cioe le profezie ed i miracoli,
onde anche il nostro massimo poeta, in quel memorando
CJanto XXIV del Paradiso, traeva Tirremovibile sua sicurezza
<iella diviiiita delle Scritture :
Ed io: la prova che il ver mi dischiude
Son 1'opere seguite, a che natura
Non scaldo ferro mai, ne batte ancudtB.
1 Vedi FONTAINE nell' opera citata (1902) Sect. I Cap II:l'irresponsabi-
tite intellectuplle; e Cap. Ill Vinsuffisance des preuves de V existence de
Dieu; nonche Sect. Ill, Cap. II, art. II: la connaixsance naturelle de.
Dieu, d'apres le Concile du Vatican, et le neo-Kantisme catholique.
422 LO SPIRITO CATTOLICO
No: profezie e miracoli, secondo gl'instauratori modernis-
simi deirapologetica cristiana, non possono essere che ragioni
di probabilita, incapaci, per se, di dare allo spirito uniano<
nessuna sicurezza assoluta, nessuna certezza vera dell'esi-
stenza della rivelazione l. Circa il miracolo, in particolare,
dicono che non e evidente, come tale, altrimenti che per la
fede *, e che se si va al fondo delle cose, nulla di pih vi
e nel miracolo che nel minimo del fatti ordinarii; e ancora :
nulla vi ha di meno nel piu ordinario del fatti che nel
'miracolo 8. Laonde pei miracoli (e vale il medesimo delle
profezie), a senno di costoro, 1'esistenza della rivelazione non
«sce clallo stato di ipotesi, piu o meno verosimile seconda
le disposizioni di chi li considera ; e se fosse altrimenti, la
fede, dicono essi, si dimostrerebbe razionalmente, il che
ripugna.
No, rispondiamo noi alia nostra volta : pur ammessa, come
fu sempre e deve essere ammessa, la plena efficacia dimo-
strativa dei miracoli e delle profezie, non si dimostra pero,
per tal via, razionalmente la fede ; ossia ne si dimostrano colla
ragione i misteri della fede, ne la dimostrazione razionale e il
1 Diamo una citazione del Loisy, fra le tante che troviamo per di-
steso nel P. Fontaine. « Lo spirito piu lucido, dopo aver studiato i piu
grossi volumi d'apologetica, puo essere ancora molto indeciso e perplesso,
se non ha consultato che la sua ragione ragionante e se ha limitato il
sno esame alia critica delle prove, atteso che ciascuna prova particolare
arriva solo ad una conclusione probabile, la quale non esclude asso-
lutamente la pcssibilita deila conclusione opposta, e che 1 'efficacia deci-
siva delle prove non dipende neppure del tutto dalla loro accumulaziorie,
la quale non crea ancora per la ragione che una somma probabilita;
ma dipende dalTesperienza intima che ne e fatta e dal rapporto vitale
che si stabilisce tra 1'anima che cerca e la verita che si oft're » (Revue
du Clerge frangais, 15 marzo 1900: artic. intit. Les preuves et I'economie
de la Revelation).
2 Revue du Clerge francais (15 marzo 1900). Vedi 1'art. intitolato:
Les preuves et I'economie^de la Revelation.
3 Lettera del Sig. Blondel negli Annales de philosophie chretienne
(1896), la quale ha per titolo : Les exigences de la pensee contemporaine en
matiere d ' apologetique et la methode de la philosophic dans V etude du pro-
bleme religieux.
NELLA COLTURA DEL GIOYANE CLERO 423
motive della nostra fede (cio die solo ripugna); ma si dimo-
stra unicamente che la fede non 6 un istinto cieco, ripu-
gnante alia ragione, bensi un ossequio alia ragione piena-
mente conforme e dalla ragione stessa, pel motivi di credi-
bilita, provato strettamente doveroso. La quale dottrina e
quella ne piii ne meno del Concilio Vaticano, che ha de-
finito: « Ut fidei nostrae obsequium ration! consentaneum
esset, voluitDeus cum internis Spirit us Sancti auxiliis externa
jungi revelationis suae argumenta, facta scilicet divina, atque
in primis miracula et prophetias, quae cum Dei omnipoten-
tiam et infinitam scientiain luculenter coramonstrent, divinae
revelationis signa sunt certissima et omnium intelligentiae
accomodata » i. E nei due canoni 3 e 4, corrispondenti, sotto
11 titolo III de fide, lo stesso Concilio fulniina I'anatema sia
•contro chi afferma, la divina rivelazione non poter farsi cre-
dibile per mezzo di segni esterni, e pero solo coirinteriore
esperienza di ciascuno o colla privata ispirazione dover gli
uomini esser mossi alia fede, e sia contro chi nega la pos-
•sibilita dei miracoli o la loro conoscibilita? ovvero che per
mezzo di essi si prova convenientemente la divina origine
della cristiana religione.
Posto cio, chi non avverte un contrasto stridente tra le
dottrine dei nuovi apologist! 2 e quelle del Concilio Vaticano?
Ne vale certo a toglierlo la risposta di uno di loro, il Loisy,
non avere il Concilio determinato positivamente in che con-
siste la realta del miracolo e in qual maniera questa realta,
1 Concilio Vat. Sess. Ill, Const, dogmatica de Fide catholica, Cap. Ill,
de fide.
2 Neanche la novita sarebbe da concedersi troppo facilmente, poiche
sino dal 12 marzo 1679, tra molte altre proposizioni che Innocenzo XI
condannava,come ut minimum scandalose e praticainentc perniciose, era
anche una 21a cosi concepita: Assensus fidei supernat arcdis et utilis ad
salutem stat cum notitia solum probabili revelationis, imo cum form-idinc,
qua quis formidet, ne non sit locutus Deus. — Yeggasi nella stupenda
analisi dell'Atto di fede, posta dal Card. Franzelin in appendice al suo
Yoluine de Tradiiione et Scriptura, come la certezza obbiettiva che Dio
ha parlato, escludente ogni dubbio e prudente tema del contrario, si com-
ponga colla liberta dell'atto di fede nella sua parola (Capo IV, mi. 5 e 7).
424 LO SPIRITO CATTOLICO
pub servire di solida prova delta religione ; perch& basta leg-
gere il testo del Concilio per assicurarsi che & vero appunto-
1'opposto.
V.
Ad illustrare vie meglio questo contrasto, gioverk tessere,,
sopra document! sicuri, uu po' di storia di quella Costituzione
de Fide catholica, proclamata nella Sessione III del Concilia
Vaticano. II Franzelin, Professore allora nel Collegio Ro-
mano, poi per gli altissimi suoi meriti innalzato alia Sacra
Porpora, era teologo della Commissione de Fide, e in tale
qualita ebbe a spiegare ai Padri del Concilio le ragioni, per
le quali lo schema di Costituzione preparato dalla Commis-
sione avea rivestito una forma, la quale ai Padri parve troppa
scientiflca o scolastica, e per ci6 meno conforme al modo
seguito nei Sinodi Generali, massime nel Tridentino. Or egli
disse esser cio provenuto dalla necessita di mettere Tinsegna-
mento del Concilio in diretta opposizione cogli errori moderni
della filosofia razionalistica, i quali avevano invaso in parte
anche le scuole cattoliche; e un altro relatore, Monsignor Gas-
ser, Vescovo di Bressanone, in occasione d'un punto speciale^
precis6 nominatamente i pregiudizii invalsi nello spirito di
molti, per Tinfluenza della filosofia critica di Germania, cio&
il kantismo '.
II libero esame dei Riformatori del secolo XVI non po-
teva alia lunga coesistere colla fede nell'autorita sopranna-
1 Anche 1'Arcivescovo di Strigonia, Mons. Simor, nella sua Rela-
zione sullo schema de Fide aveva notato la necessity di dare una nornm
ai cattolici dotti ed eruditi, affinche nelle loro speculazioni, che la Chiesa
non vuol impedire, si contenessero dentro i termini della sana dottrina.
Giacche, diceva 1'eloquente Prelate, da piu di cento anni le scuo e non
sono piu sotto la vigilanza della Chiesa, ma dipendono in tutto dallo
stato laico: « venne di qui, che i principii protestantici della autonomist
della scienza e della indipendenza della scienza dall'autorit£ della Feda
e della Chiesa penetrassero anche tra i maestri delle scuole cattoliche,.
anzi qua e cola tra gli stessi professori di teologia. •» (Vedi Collect.
JLacens. Acta et Deer. Concil. Friburgo Brisgov. 1890. Tom. VII, pag. 84).
NELLA COLTURA DEL GIOVANE CLERO 425
turale della parola di Dio scritta nella Bibbia; e quindi si
venne in grembo ai popoli protestanti a conclusion! Mali,
ma logiche, bench6 diverse secondo le diverse condizioni etni-
che, politiche o social! : nell'America settentrionale ad avere
piii d'una meta della popolazione non ascritta a nessana cou-
fessione religiosa, e il resto, toltine dieci milioni di cattolici,
frantumati in dugencinquanta a trecento confessioni diverse ;
in Inghilterra, salvo il cattolicismo che prospera, condizioni
religiose ancora non cosl disperate, ma in via di diventarlo :
in Germania poi, per I'influenza di Emmanuele Kant, il libero
esame si e tramutato in un soggettivismo filosofico e razio-
nalistico, nebuloso, spesso indecifrabile, ma rivestito cosl di
bagliori scientific!, che non pochi fra gli stessi dotti cattolici
ne son rimasti ammaliati, o come or direbbesi, suggestionati.
II perch6 fin dagli ultimi anni del Pontificate di Gregorio XVI
« poi in tutto quello di Pio IX, i document! pontificii si se-
guirono frequentemente a dissipare nebbie, ad additare er-
ror! ed anche a condannare aberi azioni teologiche di uomini
cattolici eruditissimi, como 1'Hermes, il Gunther, il Baltzer,
il Gangauf, il Knoodt, il Bautain ed altrettali. II Sillabo di
Pio IX raccolse molte di quelle condanne ed il Concilio Va-
ticano le ribadi con autorita suprema, opponendo solenne-
mente, nella Costituzione de Fide, a quella faraggine d'errori
la definizione della dottrina cattolica.
Ma pare che questa storia, pur contemporanea, sia gi^ di-
venuta anticaT forse pel costume ora invalso di commisurare
:gli anni coi secoli ; e sembra che alcuni, massime in Francia,
piu non la ricordino, perche nelle loro riviste ecclesiastiche
e nei loro libri e nelle loro lezioni scolastiche rimettono in
veste nuova quelle teorie dei dotti allemanni, ponendosi cosi,
senza nemmeno avvedersene, in contrasto col Concilio Va-
ticano. Guai pero, esclama il P. Fontaine, a chi vi tocca !
« Non si puo farlo senza attentare alia scienza stessa, al pro-
gresso della apologetica, ora trionfaute, destinata a illuminar
I7 av venire. E essere un retrograde il pur solo richiamarsi
426 LO SPIRITO CATTOLICO
alle decision! vaticane sui dogmi fondamentali del cristia-
nesimo ! i »
VI.
Ma percio appunto il ch. Padre ha fatto opera apostolica,
ricordando rispettosamente bensl, ma pur francamente a&
eruditi e scienziati cattolici, che anche per essi vi sono nella
Chiesa termini da rispettare. In quei termini sta scritto anche
per essi il di qui non si passa; ne certo sono salvacondotto,
riconosciuto dalla legittima autoritk di magistero stabilita da
Dio, la pretesa autonomia deil'esegesi e della critica, 11 pro-
gresso delle scienze sacre, e nemmeno lo zelo per s6 eccel-
lente di elevare, come dicono, la mentalita del Clero, ossia
di accrescerne la cultura, per renderla pari alia cultura del
mondo moderno ed agguerrita contra gli assalti dell7 incre-
dulita.
II Pontefice Pio IX scriveva a questo proposito, sin dal
21 dicembre 1863, airArcivescovo di Monaco e Frisinga una
lettera, nell'occasiorie d'un Congresso dei teologi di Germania;
e i punti piu important! di essa puo ognuno che voglia trovare
opportunamente raccolti neir Enchiridion symbolorum et
definitionum del Denzinger 2. Si lagna ivi il Pontefice, che
alcuni dotti, per la liber td della scienza, abbiauo passati i
limiti quos praetergredi non sinit obedientia debita erga
magisterium Ecclesiae ad totius revelatae veritatis integri-
tatem servandam divinitus institutum. E molto esattamente
dichiara a quei dotti fin dove debbonsi ritenere legati da
tale obbligo di obbedienza e di sommessione al magistero-
ecclesiastico, non pur per rimanere cattolici, ma anche per
essere scienziati conscienziosi e veramente utili alia Chiesa.
Tale insegnamento del Supremo Gerarca precise e limpida
merita di essere trascritto e noi lo trascriviamo :
1 Vedi volume citato (1902) dalla pag. 363 alia pagina 373.
2 Virtzburg presso Stahel, 1865: Ed. 4a accresciuta e corretta, pa-
gine 465-466.
NELL A COLTURA DEL GIG VANE CLERO 427
« Anche se si trattasse di quella sottomissione la quale deve
prcstarsi con atto di fede divina, essa non dovrebbe tuttavia
limitarsi a quelle cose che sono definite in espressi decreti
dei Concilii ecumenici o dei Pontefici Roman! e di questa Santa
Sede Apostolica, ma dovrebbe estendersi ancora a quello che
vien proposto come divinamente rivelato, dall'ordiuario ma-
gistero della Chiesa, sparsa per tutto il mondo, e che percio
e ritenuto dall'universale e costante consenso de' teologi cat-
tolici come verita appartenente alia fede. Quando poi si tratti
di quella sottomissione, a cui sono obbligati per coscienza
tutti quei cattolici i quali attendono allo studio delle scienze,
-col fine di arrecare co' loro scritti nuovi vantaggi alia Chiesa;
siffatti uomini debbono riconoscere che a'dotti non basta di
ammettere e venerare i dommi definiti dalla Chiesa, ma e
necessario ancora che si sottomettano tan to alle decision!
<dottrinali proferite dalle Congregazioni pontificie, quanto a
quei capi di dottrina che dal comune e costante consenso
dei cattolici sono ritenuti quali verita e conclusioni teolo-
giche, cos\ certe, che le opinioni contrarie ai detti capi di
dottrina, benche non possano dirsi ereticali, meritino tut-
tavia altra censura teologica. ;>
Or come si trovano d' innanzi a questa esplicita ed inap-
pellabile sentenza certi eruditi rnoderni, pei quali pare che
tutto debba mutarsi di sana pianta nella tradizione piii volte
secolare delle scuole cattoliche, non pure T esegesi biblica,
ma altresi I7 apologia della religione, la storia dei dogmi,
ossia dQll'esplicazione e proposizione dei dogmi, la stessa
teologia dogmatica? Non e certo intenzion nostra di condan-
nare alcuno in particolare; nia non possiamo a meno di affer-
mare col P. Fontaine, che il fatto nel suo complesso e dolo-
TOSO ed anzi pericoloso assai e da molto da pensare.
VII.
Un professore senza clubbio rispettabilisshno, che dalle
-scuole dei Sulpiziani di Francia fu chianicito per meriti in-
428 LO SPIRITO CATTOLICO
signi a rialzare la cultura teologica in America, e fu Superiors
del Seminario di Boston, il compianto Rev. J. Hogan, in
un 'opera sugli Studii del Clero, che fa tradotta, non ha guari^
dall'inglese in francese l, attribuisce alia critica moderna 1'im-
presa di Geremia : ut evellas, et destruas, et aedifices, et
plantes. Ma di fatto sembra che, anche secondo lui, assai
piii della seconda parte ]e si attagli la prima; onde pote
giustamente affermare il P. Fontaine che 1'Hogan « ci dice
bensl a lungo quel- che bisogna distruggere, non ci dice
abbastanza come edificare »; e ancora: « il suo libro solleva
piii questioni che noa ne risolva ». Cosa pericolosissima
in un tempo, nel quale 1'Hogan afferma aver la critica messo
sossopra (boulevers£) il dominio delle scienze bibliche, sto-
riche e filosofiche, che sono le sorgenti della teologia; onde
egli trae la previsione sicura di grandi modificazioni e tra-
mutamenti della teologia stessa in un piii o meno lontana
av venire.
Ma crediauno la previsione esagerata; ed ecco il nostra
ragionamento.
Di una mutazione della teologia, per quello che essa ha
di sostanziale e di assolutamente concreto e definito e ne
costituisce, a cosi dire, Tossatura, non 6 a discorrersi; in cio
la teologia dipende esclusivamente dalla rivelazione immuta-
bile e dalla autorit& infallibile della Chiesa, onde quel che
1 J. HOGAN P. S S., Les Etudes du Clergd, traduit de 1' anglais par
1'Abbe A. Boudinhon. Roma Pustet 1901. — Di quest'opera ricca di cose
bellissime, utili assai e spesso anche piene di pratica sapienza, abusano
alcuni, profittando della grande autorita dell'A. Ne pensiamo potersi del
tutto negare quello che il Fontaine afferma, avervi cioe 1'Hogan, contro
ogni intenzione, dato un po' di ansa colla liberta ed arditezza di certe-
pagine. Sul modo, ad esempio, col quale nelj'articolo III del Capo V egli
tratteggia 1'insegnamento delle scuole teologiche cattoliche nel tempo del
maggior fiore della scolastica, e sulla facilita colla quale abbandona
al piccone della critica moderna i priori capitoli del Genesi, e prove scrit-
turali di dogmi avute finora per perentorie, come il vers. 12 del Capo V
della lettera ai Romani, dallo stesso Concilio Tridentino designate espres-
samente a prova del peccato originale, le rispettose riserve del P. Fon-
taine non ci paiono superfine.
NELL A COLTURA DEL GIOVANE CLERO 429
una volta e definite* e nel senso in cut e definite*, come Ata-
nasio sentenziava della formola nicena, manet verburn fidei
in aeternum *. Si puo dunque pensare soltanto ad una mu-
tazione di metodo nel coordinamento logico dei dogmi, nella
loro spiegazione scientifica e nelle dimostrazioni. Ma anche
questo e in gran parte gia determinato dalla intrinseca
essenza delle verita immutabili, nonche da quel magistero
sempre vivo ed attivo nella Chiesa, che Origene chiamava
regulam apostolicae veritatis 2, ed Epifanio regiam viam,
mam veritatis 3, e Rufino intelligendi regulam ex apostolica
successione susceptam 4, e Agostino canonicum sensum, catho-
licum intellectum 5, e Vincenzo Lirinese ecclesiasticae intelli-
gentiae auctoritatem6] onde risulta veramente quel che noi
diciamo il senso cattolico della Religione e S. Paolo designava
col sensum Christi 7, ossia il buon senso cristiano, serbato
ognora inviolabile dalla provvidenza dello Spirito Santo, e
indipendente dal variare continuo degli studii, delle opinion!
e delle stesse scoperte deiringegno umano.
Anatema disse pero il Concilio Vaticano (Sess. Ill, can. 3,
de fide et ratione) a chi facesse variabile secondo il progresso
della scienza il senso dei dogmi (che era la fisima dei giinthe-
riani, gia condannati da Pio IX). Non gia la scienza conforma
a s6 il senso dei dogmi, ma questo informa i concetti della
scienza. Laonde il Concilio Vaticano nella Sessione III al
capo IV della Costituzione Dei Filius, cosi defiriiva : « Sacro
rum quoque dogmatum is sensus perpetuo est retinendus,
quern semel declaravit sancta mater Ecclesia, nee unquam
ab eo sensu, altioris intelligentiae specie et nomine, receden-
dum. Crescat igitur et multum vehementerque proficiat, tarn
1 ATHANAS. Epist. ad Afros, n. 2.
2 In Ps. 36 horn. 4. n. 1.
8 Haeres. 59 n. 12.
4 Hist. eccl. lib. II, c. 9.
5 Serm. 294 c. 20 (al. Serm. 14 de Verbis Apostoli).
6 Commonit, Cap. II. — Si veggano altre testimonianze del medesirno
valore presso il Card. FRANZELIN, De Divina traditione, thes. XI, che 6
un vero capolavoro.
7 1. Cor. II, 16.
430 LO SPIRITO CATTOLICO
singulorum, quam omnium, tarn unius hominis, quam totius
Ecclesiae, aetatum ac saeculorum gradibus, intelligentia,
scientia, sapientia, sed in suo dumtaxat genere, in eodem
scilicet dogmate, eodem sensu, eademque sententia. »
Benche pertanto non sia a negarsi come probabile un qual-
che cangiamento nel modo di trattare la stessa teologia, in
relazione ai progressi della cultura.generale e massime delle
scienze religiose ausiliarie, vuol nondimeno escludersi assolu-
tamente la possibility di una mutazione radicale, qual potrebbe
imaginarsela chi suppone che la teologia, ossia la scienza
della verita divinarnente rivelata, possa mai subire il trat-
tamento libero, autonomo ed indipendente, usato oggidl (pur
non sempre a diritto) per le altre scienze meramente razionali.
Si pud con molta probabilita prevedere che continuera
e aumentera anzi la tendenza odierna della teologia dog-
matica a farsi piu positiva, che non fosse nel tempo di
quasi esclusivo dominio della scolastica: e sara, crediamo,
un bene, perche le dimostrazioni si appoggeranno a testi
meglio vagliati dalla critica e andranno corredate di una
erudizione non solo piu ampia, ma ancor piii sicura, cro-
nologica, storica, linguistica, patristica, esegetica, archeo-
logica, e si avvantaggeranno di nuovi solidissimi argomenti
quali sono, ad esempio, per tacer d'altro, quelli forniti al
\ Credo cattolico dagli scavi delle Catacombe. Ma* non potra
tuttavia mettersi da parte la scolastica ovvero la teologia spe-
culativa, se non altro, perche ci6 toglierebbe in gran parte
alia teologia la sua dignita di vera scienza; ne si andra
al punto di far della teologia una storia pura e semplice dei
dogmi o un elenco piii o meno ragionato delle aberrazioni
degli eretici ; come si e fatto pur troppo analogamente per
la filosofia, la quale per divenir piu concreta e svanita del
tutto. Sarebbe iattura gravissima della scienza teologica,
intesa come deve essere, secondo le buone e sane tradizioni
cattoliche !
VIII.
Osserva pero inolto opportunamente il P. Fontaine che
la Chiesa di Francia non e mure pour de tels d£sastres.
NELL A COLTURA DEL GIOVANE CLERO 431
« II Clero francese (egli soggiunge) ha troppo buon senso,
troppa rettitudine intellettuale e inoltre troppo attaccamento
alle sane dottrine teologiche, e pero non puo venir trascinato
molto lontano su questo pendio l. » Vediamo infatti il vene-
rando Arcivescovo di Parigi resistere virilmente ai conati
di chi vorrebbe rompere ogni legame colle magnifiche tra-
dizioni delle nostre scuole teologiche per dare attraverso
tutte le novita eziandio piu inconsulte. Abbiamo udito teste
un altro Arcivescovo, quello di Cambrai, protestare che,
nella cultura ecclesiastica, fa mestieri congiungere insieme
in bell'accordo il moderato amore del progresso colla tenacita
vigorosa della conservazione, che e lo spirito stesso da Cristo
infuso alia sua Chiesa, la quale dacch6 vive profert de the-
sauro suo nova et vetera, e come disse stupendamente Ireneo,
nella sua immutabilita 6 giovane sempre e sempre diffon-
ditrice di gioventii juvenescens et juvenescere faciens. Pre-
lati noti per la loro erudizione moderna, come Monsignor
Camus e Monsignor Battifol, sorgono ad impugnare le de-
plorevoli innovazioni teologiche del Loisy ; e teniamo per
fermo, che Tillustre Episcopate francese si unira eon Mon-
signor Latty ad inculcare ai professori ed agli studenti dei
Seminari la necessita assoluta d'intendere i dogmi nella
Chiesa stessa, nella sua vita attraverso i secoli e nella sua
pratica di tutti i giorni *.
In Italia il pericolo di quelle radicali innovazioni teolo-
giche & an che piii remoto, per la vigilanza piu sentita del
Vicario di Cristo. Dalle gloriose Cattedre di Roma non vien
certo incoraggiamento a novita inconsulte ; poich6 le lezioni
teologiche di professori come (per nominare solo un morto) il
Cardinale Franzelin dimostrano potersi accettare tutte le so-
lide acquisizioni della critica e dell'esegesi moderna, senza
venir meno al rispetto dovuto alia preziosa eredita dei padri
e degli avi, anzi raccogliendola religiosaniente siccome sacro
e necessario fondamento di un edifizio, incrollabile a tutti gli
1 Nel volume del 1902 pag. 345.
2 Lettre de Monseigneur Latty, Eveque de Chalons a M. M. les Di-
recteurs de son Grand Seminaire. — Poussielgue, 1902. Vol. di pagg. 200.
432 LO SPIRITO CATTOLICO
assalti della modernita. Sappiamo pur troppo esservi chi ar-
disce ancor fra noi gittare il disprezzo sopra metodi e testi
e insegnamenti del nostri Seminarii ed Istituti teologici, quasi
fosse tutto da rifabbricare ab imis fundamentis. Ma noi vor-
remmo vedere qualcuno di quest! denigratori far quaicosa di
meglio del trattati del Franzelin intorno alia Tradizione, o
alia Trinita, o al Verbo Incarnato, anziche articoli di riviste
o di giornali spiranti la rivolta !
Dal discreditare, col pretesto del grandi progress! scien-
tific! modern!, le nostre scuole teologiche proviene alraeno
questo danno gravissimo, che molti giovani leviti, invece di
darsi con tutte le loro forze alia teologia, non facciano che
sognare perpetuamente scienze moderne e metodi nuovi di
studio e di apostolato. Qual meraviglia poi che si debba ri-
scontrare la causa di parecchi error!, sostenuti in buona fede
come progress!, nella mancanza di solida educazione teologica?
IX.
E da ringraziare pero la Provvi'denza divina che si ma-
nifesta particolarmente nell'Italia nostra benevola alia Santa
Chiesa, mantenendo TEpiscopato saldissimo a volere nei Se-
minarii sovrano lo spirito cattolico, qual'e sicuramente nella
dottrina dell'Aquinate, dal Santissimo Padre Leone XIII voluto
a caposaldo degli studii cosi filosofici come teologici. Cio, diceva,
non ha guari, in un'Allocuzione solenne per la collazione dei
gradi accademici nella sua facolta teologica, il Vescovo di
Padova « nostris hisce temporibus magis necessarium est,
quibus haud pauci Theologiae studios!, non solum ex populo
sed etiam ex clero, insipientis novitatis studio ab ea, cui
Catholici adhaerent, sententia alieno abrepti, plus quam
par est, heterodoxorum et rationalistarum, qui dicuntur, opi-
nionibus concedere non dubitant, ac scientiam theologicam,
quippe quae divinae innitatur revelation! et Ecclesiae ma-
gisterio errand! nescio ducatur, a disciplinis humanis pror-
sus discrepare obliviscuntur. »
A coloro che cosl pensano e cosl operano crediamo di ren-
dere servigio affettuoso di fratelli, unendoci col venerato e dotto
NELLA COLTURA DEL GIOVANE CLERO 433
Vescovo patavino a pregare il Signore, che conceda loro maius
humilitatis ac docilitatis studium, quod in Us imminutum
videtur ; perche Tumilta e la docilita li rendera persuasi,
al progresso sicuro e saldo della cultura del giovane Clero
far sopratutto mestieri che essa sia informata dello spirito
cattolieo, onde sovra tutti i criterii scientific! 'si pone il ma-
gistero vivente della Santa Chiesa di Dio, columna et flr-
mamentum veritatis, il magistero del Capo Augusto della
Ohiesa, vegliante sempre a guida della Nave fra le tempeste.
II mare 6 oggi piu che mai agitato; n& potrebbe essere
altrimenti, attese le condizioni generali della society moderna
scossa ne' suoi medesimi fondamenti. Ma non dobbiamo s^ro-
O
mentarci, perche fu tutto previsto e a tutto fu provveduto
dal dolce Maestro che promise di essere co' suoi insino alia
consumazione dei secoli. — I/ ultimo oratore del Concilio Va-
ticano, Tinsigne Vescovo di Brixen Monsignor Gasser, quasi
alia vigilia della proclamazione dell' infallibilita papale, il
13 luglio 1870, lasciava Tambone della Congregazione Gene-
rale dicendo, tutto commosso, di volersi buttar ginocchioni
a supplicare i Padri di accettare unanimi la definizione di
quel dogma, perche credeva essere stato divinamente dispo-
sto, dimnitus esse factum, che fra i turbini odierni gli ocelli
di tutti fossero attratti alia Pietra, contro cui nulla pos-
sono le superbe porte d* inferno. Egli parve allora ispirato
veranaente da Dio a parlare cosi, e la sua sublime commo-
zione passo nelFAssemblea, che levossi ad acclamarlo.
Noi dopo trentatrS anni tocchiamo con mano che quella
parola veniva dall'alto; giacch6 chi pu6 dire in quali ango-
sciose distrette ci troveremmo ora, per tanta licenza d'opi-
nare, se T infallibilita del Supremo Gerarca non fosse stata
dal Concilio definita? Ricordando pero, commossi anche noi,
quella fatidica parola, rendiamo vivissime grazie alia Prov-
videnza divina che assiste la Chiesa, sicuri che dairinfalli-
bile Magistero della Cattedra di Pietro tutte le question! che
or a dividono gli animi saranno presto risolute, con accresci-
mento dell'unita e con nuova gloria della Fede.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 28 12 febbraio 1903.
IL CAPORALE TRASTEVERINO
XIX.
Vexilla regis prodeunt inferni!
Strano e svariato assembramento di gente vedevasi nella
mattina de; 20 marzo 1797, muoversi, agitarsi e discor-
rere lungo il piccolo spazio del Corso, che distendesi di
fronte ed a; lati del palazzo Dpria. Tutta la gente pero te-
neva le terga rivolte verso questo palazzo : gii occhi di tutti
erano diretti verso la facciata del palazzo Mancini ora Sal-
viati, situato precisamente dirimpetto, riel mezzo della quale
alcuni operai sulle scale erano affaccendati a collocare un
gran quadro.
Finita 1'operazione, e tolti di mezzo tutti gli attrezzi, si
udl un grande grido : « Vive la republique francaise! », pro-
ferito a squarciagola dagli spettatori, i quali quel grido ac-
compagnavano collo scagliare in alto le braccia distese e-
con frequenti e lunghissime scappellate.
La repubblica francese appariva in quel quadro, dipinto
dagli artisti di quella nazione dimoranti in quel palazzo del-
1'antico duca di Nevers, sotto la forma di una viragine. La
quale era una donna grande, grossa e grassa, aveva seminudo
il petto e nude le braccia, una delle quali teneva un cornu-
copia, e 1'altra sorreggeva un'asta palladicamente. La testa
era coperta del berretto frigio, la cui cima ricadeva piegata
sulle chiome rossastre, acconciate alia moda degna della
Francia d'allora e dicevasi alia ghigliottina. Sotto a' piedi
leggevasi in giro a caratteri rossi : Republique frangaise une
et indivisible.
IL CAPORALE TRASTEVERINO 435
Non ci furono musiche n6 altra baldoria. II Cacault, uomo
prudente, ebbe gran cura di evitare ogni strepito, a fine di
lion urtare soverchio i romani, e di evitare una qualche ca-
tastrofe: percio aveva scelto quell'ora mattutina. Del rima-
nente, prescindendo da una certa paura per la propria pelle,
egli voleva le cose a modo. II Papa aveva, col trattato di
Tolentino, rico -
nosciuta la re-
pubblica, le cui
fattezze ora si po-
tevano affaccia-
re officialmente
air aria di Roma:
non s' aveva dun-
•que a stuzzicare
il vespaio. E poi,
egli aveva a cuo-
re massimamen-
te di raccogliere
i trentuno mi-
lioni, ed assicu-
rare alia repub-
blicaquell'aureo
ruscelletto,lecui
onde sonanti
mandavano al
suo orecchio lo
strepito di un
limpido mormo-
rlo, il quale gli carezzava il timpano in maniera piu grata
assai che non facessero] gli strepiti delle gazzarre de' romani
citrulli, figli di Bruto.
Quindi appena scoperto il quadro, e dopo poche acclama-
zioni, egli si allontano in compagnia del colonnello Marmont
e del generale Victor, che si trovavano in Roma insieme con
altri molti ufficiali francesi. Erano questi venuti a Roma in
Cacault
gia ministro giacobino in Roma
436 IL CAPORALE TRASTEVERINO
gran numero, e continuarono poi ne' mesi seguenti, succe*
dendosi a muta nell'accorrere alia Capitale, a fine, s' intende,
di visitare i monumenti dell' antichita romanaf
Ma, dopo pochi momenti di compagnia con que' niilitari,
si accommiato da loro, e ritiratosi a casa, Cacault depose
il gran cappello a pennacchio tutto tempestato di nappe dai tre
colori, si discinse la sciarpa, che era pure listata a fasce tri-
colorate, e vestitosi alia Brulo, ossia in abito popolare, ri-
torno frettoloso nelle vicinanze del palazzo Mancini, a fine
di vedere 1'atteggiamento che piglierebbe il popolo romano,
e regolarsi a seconda delle circostanze. Siccome pero era co-^
nosciuto si puo dire da tutti, cosl voile scegliere un posto
vicino per guisa, che senza essere veduto potesse dall'udito
di clamori possibili ad accadere giudicare dell' impressione
fatta nel popolo.
Ritrovatosi dunque in piazza Sciarra, dove gia cominciava
molto popolo ad affollarsi, egli sbiettando alia lesta si trasse
innanzi sino alia prima via laterale a sinistra sul cui angolo
nel Corso sorge il palazzo Bassano : e la via de' Tre Ladroni,
che conduce sino al Quirinale, e oggTsi chiama ViadeirUmiltd^
Appena giunto all'angolo di quella via, si mette tra i piedi
la strada, e dopo pochi passi, scorgendo la osteria elegante
de' Tre Ladroni, torce un ganghero a sinistra, si sofferma,.
entra, si adagia, comanda, pensando come spontaneamente
tra se e se: — E' proprio il rifugio che mi ci vuole! —
XX.
Nell' osteria de' Tre Ladroni.
Era per anco Tora mattutina, atteso il costume de' ro-
mani massimamente aristocratici ; i quali non sogliono la-
sciare le coltri se non a grand' ora. Tirava un venticella
libeccio; e 1'aria sentivasi alquanto umida per i condensati
vapori della notte, ai quali una qualche bava di tramontana
aggiungeva come una punta di freddo, che pizzicava la pelle.
xx. NELL'OSTERIA DEI TRE LADRONI 437
Laonde il Cacault chiede senz'altro un po' di vino de' colli
romani di Monteverde, a fine di dcstare nelle vene e sti-
molare nel sangue il calorico interne necessario per com-
battere e superare la stretta della fredda temperatura, delle
cui ondate si sentiva piene le cellule polmonari.
- Eccovi servito, Monsu, gli disse 1'ostessa, la quale
aveva ravvisato nel piglio di quel nuovo cliente de' Tre
Ladroni un francese od un giacobino ; ch6 in quel tempo
all'orecchio del popolo romano i due nomi godevano di per-
fetta, sebbene non giustificata siuonimia.
Era costei una donna sulla quarantina, di belle e robu-
ste forme, come se ne scorgono qua e cola nella massa del
popolo romano. Non guari alta, assai atticciata della per-
sona, le linee del volto presentavano un ovale cosl roton-
damente profilato e armonioso, che al Cacault sembrava di
vedere la testa della Fornarina alquanto piu pingue.
— Siete proprio romana di Roma, le disse il Cacault ?
- Si, Signore, sono nata in Roma, battezznta in S. Mar-
cello, educata alle Vergini e dalle monache benedettine, ri-
spose 1'ostessa, stappando la bottiglia e ponendoglieia ac-
canto ad un bel calice. Quindi si ritiro in un canto a se-
dere, lasciando il Cacault intento al bicchiere ed a' suoi
pensieri.
Egii, che era amatore delle arti belle, cosi tra un sorso e
1'altro gittava come di straforo un'occhiata sopra 1'ostessa,
e andava pensando al tipo di quelle antiche donne romane,
che avevano generato i conquistatori del mondo ; tipo che
gli artisti dell' Accademia di Francia gli dicevano essere
ora scomparso affatto, e che a lui pur sembrava di ravvi-
sare in quella donna, che stavagli li presente in carne
ed in ossa.
Mentre agitava tali pensieri di confronto estetico nella
sua mente, ode il rumore del passo di una persona che
entra, gli si accosta familiarmente, e prima eziandio di la-
sciargli tempo di ravvedersi, mettendogli la mano sulla
spalla :
438 IL CAPORALE TRASTEVERINO
- Bonjour, Monsieur Cacault, gli dice subito amichevol-
mente.
-Oh! cittadino d'Agincourt, risponde il ministro della
repubblica francese.
Voi qui, a quest'ora...?
— E voi qui, all'osteria de' Tre Ladroni...?
E subito uno stringersi le mani, ed un ridere eordialis-
simo di tutti e due.
— Signora, un altro bicchiere ed un'altra bottiglia, disse
il Cacault rivolto all' ostessa. Poi fattosi verso T amico gli
soggiunse :
— Sapete, cittadino...
— Che cittadino, che cittadino ! Mandatemi al diavolo
coteste fanfanate giacobinesche. lo sono il signor d'Agin-
court, uomo prima che signore, cristiano dopo uomo, francese
insieme che uomo e cristiano e signore, ed ora cittadino di
Roma, merc6 la liberta e T eguaglianza, spacciate dai vostri
cittadini della citta di Dite!
— Eh! che ci volete fare? Sono ipocrisie da mandarle
tutte a tutti i diavoli, di cui credo che proprio tutte le le-
gioni si siano trasportate dair inferno nella nostra patria. Ma
se non si da quel nome, si passa per nemici, per chouam,
per reazionarii... Uff ! lasciamo queste diavolerie, che vorrei
veder finite come voi. Sapete a che cosa stavo pensando?
Mi siete proprio capitato in buon punto.
- Ma, prima di ogni altra cosa, perch6 voi qui nell'oste-
ria de' Tre Ladroni? Vi confesso, che discendendo quinci
per andare a contemplare a mio agio il vostro bel quadro,
non mi sarei mai aspettato d' imbattermi in voi nell'osteria
ne nella via de' Tre Ladroni!
— E cosa semplicissima, mio caro. Son sicuro, che era-
vate presente aH'inalzamento dello stemma della repubblica,
n' e vero ?
— Verissimo, sebbene da lontano. Or appunto tra il sirn-
bolo che avete inalzato e la vostra presenza nell'osteria dei
Tre Ladroni, io trovo che la deduzione, prescindendo dal-
xx. NELL'OSTERIA DEI TRE LADRONI 439
1'aggettivo numerale che andrebbe centuplicato, non puo es-
sere ne piu vera ne piii lepida...
- Ora bene, ancorch6 1'abbia io cornandato per tempo,
pure temo di qualche subbugiio nel popolo, il quale voi sa-
pete che ci vuole il bene della morte. Vi ricordate di Basse-
ville...? Voi eravate in Roma; e non vorrei il bis in idem.
Questi nostri artisti .dell'accademia hanno nelle vene tanto
sangue giacobino, e nelle loro teste cosi poco senno, che mi
fanno temere di una qualche imprudenza. E voi sapete come
e quanto sono pronti e maneschi questi romani...
— II male non ista 11... I romani non si moveranno se
non sieno provocati in maniera proprio oltraggiosa; ora mas-
simamente, che si trovano immersi nella miseria per il pa-
gamento di tanto oro. Vedete..., da un mese a questa parte
non ravviso piu il popolo di prima: non veggo un assem-
bramento, non odo piu il suono di una chitarra o la voce
allegra di una f-mciulla... Roma sembra divenuta un mor-
torio...
Qui il Cacault tiro dal petto un sospiro stentato, e poi
soggiunse :
- Questo stato appunto mi fa temere... Ma lasciamo
questo discorso... Sapete voi a che cosa stavo io pensando,
inentre la vostra presenza mi ha sorpreso insieme ed allie-
tato? Nel vedere il volto di questa donna romana, che ora
si e posta qui dietro le mie spalle, io pensavo alia madre
di Mario. Voi che studiate Tarte storicamente, ditemi : cre-
dete proprio scomparso del tutto I'antico tipo latino ? Guar-
date quella testa, osservate quei petto... mi sembra proprio
di vedere um Griunone in sedia.
XXI.
L'antico tipo romano.
II d'Agincourt osservo attentamente, e rimase colpito egli
pure. La donna gli stava nell'angolo dirimpetto ; gravemente
seduta ed appoggiata alia grande spalliera, le cui aste late-
440 IL CAPORALE TRASTEVERINO
rail finivano in porno; con la testa maestosamente eretta, il
seno rigonfio, e le braccia abbandonate neglettamente, pre-
sentava un'aria di tanta soavita maestosa, che al d'Agin-
court ricorse subito alia mente il virgiliano: Et vera... pa-
tuit dea.
Si fece quindi a dire gravemente :
— Non e un problema di facile soluzione, quello che ora
mi proponete. Vi entrano tanti elementi incerti e tanto di-
sparati, che a mio parere un giudizio sicuro non si puo dare.
D'altra parte, caro il mio Cacault, io vo studiando con fa-
tica e con amore i tipi antichi, che scorgo viventi tuttavia
ne' marmi e ne' bronzi; seppur posso dire viventi, giacche
al cavarli di sotterra ne abbiamo trovati il Winckelmann ed
10 delle centinaia, ma tutti mezzo morti. A chi mancava una
gamba, e a chi un braccio ; chi aveva le mani senza dita, chi
i soli moncherini, chi il naso rotto, e cosl via. In quanto poi
alia considerazione de' tipi viventi in carne ed in ossa, io
non me ne occupo ne punto ne poco. Lascio questo studio
a Marmont ed a' suoi ufficiali di compagnia, che ho incon-
trati ne' giorni scorsi sdonzellandosf in case nobili ed in trivii
oscuri...
- Ma per 1'appunto essendo voi bene inteso del tipo an-
tico, vi puo riuscire a voi con una sola guardata del tipo
vivente di fare un confronto.
- Ma vi torno a dire, che il confronto e tra tipi dispa-
rati. Vi posso dare una spiegazione cosi in barlume, perch6
11 ragguaglio esigerebbe un volume intiero. I piii bei tipi
antichi, che noi ammiriamo, secondo me non furono tolti
dal vero; la maggior parte sono figure ideali. Pigliamo per
esempio T Apollo musagete, che ora voi con barbarie superante
quella dei Vandali avrete gia incassato...
— E ordine del direttorio...
- Direttorio, che e diretto dalle furie infernali...
— Eh! le belle Eumenidi occupano la piattaforma di tutti
que' celebri... Ma continuate, e lasciate di ripetermi quel
ritornello, che mi da nausea quanta ve ne da a voi : ora si
xxi. L'ANTICO TIPO ROMANO 441
e nel ballo, e s' ha a ballare pogniamo che in compagaia
delle formose Erinni !
— Pigliamo dunque r Apollo musagete, circondato dal coro
delle muse. Aggiungete la divina persona delP Apollo del Bel-
vedere; quella incantevole della Cleopatra, che il Visconti
ha riconosciuta per TArianna dormiente; quella dell' Apollo
della lucertola, quella del discobolo, quella del lottatore dallo
strigile... Sono tutti piu o meno tipi ideali, format! nella mente
dell'autore da element! presi alia spicciolata in uomini veri
e diversi, ma fusi per la forza assimilativa del potente inge-
gno in un mosaico intellettuale cosi unito, che ne balzo fuori
rimmagine ideata, dopo un pazientissimo e lungo sforzo di
parto.
— Che dunque que' grand! scultori non usavano modelli
vivi?
— Che modelli! riprese sorridendo il d'Agincourt. Fissa-
tevi un poco sul volto dell'ispirato musagete, che per me e
il capo piu divino dell'arte. In quella testa leggermente sol-
levata, in quello sguardo eretto soavissimamente, in quella
movenza delle braccia che stringono la lira, in quella fronte
per nulla increspata, ed in quella semplicissima bocca... aleg-
gia tanto entusiasmo di arcano. amore e di sentimento pro-
fondo, che voi non lo vedete e pure c'e : e guai a quell'anima
che non ve lo scorge, sarebbe quella Tanima di un giacobino...
— Andiamo al fatto.
— Que' tipi dunque non possono servire di termine di
paragone, perche non furono mai yivi. La questione pertanto
si dovrebbe sciogliere storicamente.
— E cosl mi pare anche a me ; dite dunque che ne pen-
sate voi storicamente?
— Distinguiamo innanzi tratto nelPantico popolo di Roma
1'aristocrazia, che era relativamente poca, e la grande massa
del popolo che comprendeva la plebe, i liberti, e i signorotti
delle province, che ebbero acquistato la cittadinanza romana.
Dopo la traslazione dell'impero a Bisanzio, dopo le invasion!
de' barbari dal quinto al settimo secolo, io credo che di san-
442 IL CAPORALE TRASTEVERINO
gue romano aristocratico antico non si sia conservata una
sola goccia.
— E la nobiltk presente?
- E tutta una nuova generazione, forrnatasi a poco a poco
sopra ed intorno alia grande mole delPopera di Carlomagno.
Ma in quest! duchi, marchesi, conti, baroni, alcuni de' quali
spingono le radici nobiliarie sino a' ceppi de' Marcelli, de' Ce-
cilii, de' Fabii... il rintracciare un qualche filo di sangue ro-
mano, anche per sal to atavico, e uaa vera pazzia. Questa
nobilta e tutta nuova ed avveniticcia, ed e nella sua prima
origine il risultato di un. incrociamento d'infiniti sangui, un
misto di latino popolare, di greco, di teutonico, di saracino.
Una volta pero formatasi, si conserve mirabilmente ne' forti-
lizii de; suoi castelli, e ne' tradizionali blasoni, non mai o
raramente intaccati da altro sangue che non fosse generoso...
— Ma nel popolo romano voi ravvisate dunque conserva-
tosi qualche poco di antico sangue latino?
— Cio io credo, ed e mio intimo convincimento. Da varii
anni ho studiato e conosco Roma e i popoli de' paesi circo-
stanti ; e li ho osservati da vicino, specialmente in riguardo
ai tipi svariati che presentano alia considerazione dell'uomo
dell'arte. Dico tipi svariati, per che il giudizio che s'ha a fare
sulla popolazione di Roma, com '6 oggi, 6 di verso da quello
che devesi portare sulle popolazioni de' paesi laziali, che le
fanno corona.
-Non mi capacito bene...
- Mi spieghero : La massa delle generazioni del popolo
romano mi si presenta sotto 1'aspetto di un grande serbatoio
di acque, nel quale non entrava in principio se non la polla
di una sola fonte. Coll'andare de' tempi, 1'acqua del canale
assottigliandosi sempre, altre scaturigini vi s' infiltrarono per
varie altre vie ; le quali vi dominarono poi per la massima
parte, ma non poterono distruggere 1' antico umore primitivo.
Questo si ridusse a un filo, e se volete ad uno stillicidio, ma
sempre vi perduro.
— Ho capito, riprese Cacault E pure mia opinione. Veggo
xxi. L'ANTICO TIPO ROMANO 443
infatti nelle figure romane, come una moltitudine di efflgie
fluttuanti, incerte, varie pero ; e nel loro mezzo ravviso pure
un tipo, che si distingue, e per esprimermi cosl, galleggia
tuttavia. E questo tipo, quando lo paragono colle immagini
che scorgo rilevate in medaglie, in camei, in intagli, in ana-
glifi di sarcofaghi o di archi, questo tipo io lo raffiguro sot-
tosopra somigliante, per non dire identico, in tutte le sue
parvenze.
- Cosi e per 1'appunto. Avete espresso esattamente il
mio pensiero. Vedete il tipo di questa nostra ostessa; osser-
vatelo bene, io lo riscontro in molte statue che vi potrei
denominare, e che voi stesso potreste verificare nella villa
Albani.
•
- Disgraziatamente le porte di quella villa sono chiuse
a me, osserv6 il Cacault come ridendo. Pure come vi dissi
in principle, il tipo di questa donna mi rammenta quello
delle antiche matrone di Roma. Ma veniamo all'altro punto
che m' inter essa. Scorgete voi quella differenza che tanto e
decantata da' viaggiatori forestieri, tra la gente trasteverina
e quella della citta?
— Oh per me la credo una vera esagerazione, per non
dire una falsita pretta. Di que' tipi trasteverini tanto van-
tati per bellezza, io ne incontro ugualmente nella popola-
zione di qua dal flume. La dissomiglianza credo che consi-
sta nel morale, anzich6 nelle fattezze fisiche ; e cio attribuisco
all'isolamento in cui si vive nell'altra parte del rione della
Regola, a diversita quindi di costumanze, e torse a quella
deH'indole. —
II Cacault non parve convinto di cio. Si port6 la mano
nella poca barba del mento, dandole una tiratina, si rivolse
indietro a gittare alia sbadata una occhiata sopra Tostessa
che si manteneva imperterrita nella sua sedia ; e dopo bevuto
un bicchiere, soggiunse: -- E nelle popolazioni circostanti,
qual sarebbe il vostro giudizio?
- Quando, signor mio Cacault, un qualche ozio artistico
vi sottragga a' gravi affari che esigono la vostra presenza
444 IL CAPORALE TRASTEVERINO
nell'osteria de'Tre Ladroni, e voi recatevi allora sulle altezze
de' monti Albani e quindi sulla catena de; Volsci o Lepini,
d'onde scaturiscono i fiumicelli dell'Astura, della Teppia,
e degii altri rigagnoli le cui acque raccolte nel Sisto s'im-
paludano nel lungo tratto della via Appia, che da Cisterna
si distende sino a Terracina. Ne' paesi che lungo le pendici
occidental! di quelle giogaie si veggono collocati come tanti
nidi di aquile, in Rocca di Papa, Genzano, Cori, Sermo-
neta, Piperno, voi ammirerete una razza d'uomini speciale.
Persona alta, membra complesse e vigorose, grandi occhi
neri, naso profilato con . leggerissima inarcatura aquilina,
veri tipi di Apollo e di Bacco barbato: voi avete qui la
primitiva razza de' Latini e de' Volsci, perfettarnente spic-
cata e distinta.
Recatevi poscia dall'altra parte del versante, e valicato
il Sacco, fatevi a salire lungo le vette de' monti Ernici, e
ad osservare in Alatri e Veroli e Ferentino ed Anagni quella
generazione di uomini, che per dirvela con Virgilio « ro-
scida rivis Hernica saxa colunt ». E un'altra razza dalla
corporatura piii piccola ma piu quadrata e robusta; hanno
tratti regolari, e le loro teste sarebbero veramente belle, se
un non so che di rubesto, che si riverbera dall'arco ristretto
de' neri sopraccigli, e dalle pelli caprine onde sono coperti,
non desse loro un'aria quasi selvatica.
Vi spingerete poscia piu a settentrione, dando una corsa
su i monti della Sabina. E vi ravviserete quella gente, che
« laudes ore ferebant », ossia che a dire di Silio Italico
portano nel volto il vanto di bellezza. Hanno statura piut-
tosto bassa, ma i tratti del volto sono di un profilo come a
dire geometrico ; e gli occhi neri e la capellatura inanel-
lata danno a questa gente uno stampo speciale, conser-
vato e distinto.
Torcendo quindi sulla riva destra del Tevere, e passeggiando
per le pendici settentrionali del monte Cimino, trascorrete sino
alle terre di Corneto, bagnate dalla Marta. E voi ravviserete
in quelle popolazioni uno de' tipi piu belli, ch' io abbia rnai
xxi. L'ANTICO TIPO ROMANO 445
incontrato ; persona alta con elegantissime forme e con tale
\ma soavita di fisionomia, che fa pensare alle antiche forme
della nobile Etruria, dalla quale « rerum facta est pulcher-
rima Roma », ne uscl Roma, la piii bella di tutte le cose.
Quest! quattro tipi si conservano nelle loro linee parti-
uolari, visibili tuttavia nelle altezze montane de' paesi de-
scritti; nelle pianure, o nelle sponde del Tevere romano
6 inutile rintracciarle. Furono come i modelli, di essi, le
copie si dispersero in mezzo al turbinoso scomparire del
mondo romano, e ne' suoi rovinosi sconvolgimenti andarono
perdute e sepolte. Ho detto nelle altezze...
XXII.
Dimostrazione patriottica in piazza Colonna.
Non aveva ancora il cavaliere d'Agincourt terminato le
ultime parole della sua dissertazione sull'antico tipo romano,
che gia un rumore confuso di voci, misto all'acuto sibilio
di lontane fischiate giunse a disturbare 1'aere sereno del-
1'osteria dei Tre Ladroni ed il conversare estetico de' due
avventori.
- Ci siamo ! disse il Cacault, alzandosi repentinamente
come una molla depressa. Venite con me, non abbiate paura.
Si muove quindi, butta sul banco due monete d'argento;
e rivoltosi alia donna dal tipo antico romano : — Buon giorno,
cittadina ostessa — , disse ed aveva gia valicata la soglia.
- Accidenti, Monsu Caco, rispose quella, senza scomporsi
dalla sua sedia.
E mentre i due gia erano all'angolo de' Tre Ladroni sul
Corso, ella mormorava tra se : — Chi sa che cosa biastemavano
que' giacobini. Sono tutti di un pelo. E mi guardavano... Ac-
cidenti a loro... Non vorrei per6, che incontrasse male a
quell' altro, che parlava di polloni e di bachi (Apollon, Bac-
chus). Egli ha 1'aria di quei franzesi de' tempi del cardlnale
di Bernis, baldi e spavaldi quanto si vuole, ma buoni e ge-
446 IL CAPORALE TRASTEYERINO
nerosi sempre, e che andavano a messa. Ma quel Monsii Cacc»
ha nome e faccia da giacobino... Ha buttato due paoli d'ar-
gento... E gia! sono rubati al Papa... Vi possino veni tutti
T accident!... ! —
Ma uno spettacolo, che aveva del tragico e del comico
insieme, si paro dinanzi al Cacault e all'Agincourt, quando
si trovarono dinanzi alia porta di S. Marcello. Una gran
frotta di gente veniva da Piazza Venezia vociando e sbrac-
ciandosi all'impazzata, ed inalberando una bandiera di tre
tele a tre coloracci. Si coinponeva di gentuccia del popolo,
gia guadagnata per pochi baiocchi a gridar quello che si
voleva che gridassero, - giovinastri per la piu parte ; c'erano
alcuni impiegati dell'Accademia francese e di ambasciate
estere, ed i reduci dalle patrie galere di Civitavecchia che
si chiamavano: Francesco Moretti, Pancrazio Ferrini, Paolo
Andreani, Angelo Petagna, Matteo e Giuseppe Rosa, Fran-
cesco Piacenti. Di cotali element! componevasi il gruppo
principale della grande dimostrazione, che esprimeva il voto
universale del popolo sovrano ! Ne formava la retroguardia
un buon numero di monelli, con qualche ragazzaccia vassalla.
Nel mezzo di questi due gruppi si agitavano dissimulandosi
non pochi giacobini, e questi erano veramente pericolosi,
come quelli che non erano romani: appartenevano all'eser-
cito francese, aH'accademia di belle arti francese, od avevano
visto la prima luce in Roma da sangue francese. Infatti si
scorgevano in mezzo alle file i pittori Bouchard, due fratelli;
i due fratelli Blanchard, librai ; il Wicar, pittore egli pure ;.
varii uffiziali francesi, travestiti, scorrevano quinci e quindi
lungo le file : tutti porta vano sul petto o sul cappello una
fascetta con appiccicata o cucita a sopraggitto la nappa dai
tre colori.
Costoro gia da varie sere, subillati e spinti dagli uffi-
ziali francesi, che si trovavano in Roma per visitare i mo-
numenti antichi, si erano adunati in combriccole secrete, le
quali si celebravano nella via delle Convertite, in casa di
una certa vedova romana, donna di cattiva fama, che aveva
XXII. DIMOSTRAZIONE PATRIOTTICA IN PIAZZA COLONNA 447
nome di Maria Urbani. Ivi avevario concertato un tentative
di rivoluzione per il giorno, in cui si sarebbe inalberato lo
stemma della repubblica francese. Dovevano gl' iniziati tro-
varsi in buon numero in piazza, Venezia, per ivi formare
il nucleo della dimostrazione ; questa poi nel dirigersi lungo il
Corso, doveva ingrossarsi di tutti gli altri settarii, i quali
appostati alia spicciolata in quasi tutte le vie che tagliano
il Corso, si sarebbero congiunti con altra gente da loro gua-
dagnata al grosso del drappello principale, a mano a mano
che s'inoltrerebbe per la via.
Tali erano le intese. E veramente il momento di una sol-
levazione popolare in Roma era propizio in su quel punto
di tempo, perche in tutte le famiglie romane regnava allora
grande scontentezza, a cagione degli editti che imponevano
a tutti gravissime contribuzioni per pagare la taglia assas-
sina de' milioni di Tolentinc. \
Ma i settarii giacobini la sgarrarono di molto, con cio fosse
che quella scontentezza del popolo romano non era altrinienti
rivolta contro il Papa, si bene e con sordo astio ribolliva con-
tro i giacobini stessi, il cui nome per tutto e per tutti suo-
nava in Roma siccome sinonimo di assassini del bosco.
Laonde da parte sua la polizia pontificia, vigilantissima
di que' giorni, ed informata per filo e per segno di ogni
cosa per mezzo di guardie dissimulate, stava sulle intese,
ed aveva spiegato buone reti per cogliere tutti que' merli e
que' galli giacobini, e fame una buona retata. Monsignor Con-
salvi, assessore delle armi e come a dire governatore di
Roma, aveva preparato il colpo : per ogni via trasversale al
Oorso dovevaao appostarsi alcune persone, pronte a fischiare
i rumoreggianti, ed a menare le mani se occorresse, nel
muoversi progressive che farebbe la processione giacobinesca.
Ad accoglierla poi in piazza, Colonna dispose che si trovas-
sero pronti nel palazzo di Montecitorio una squadriglia di
birri, ed alcuni artiglieri con qualche piccolo pezzo di can-
none; e fece impostare dietro il palazzo Piombino una cin-
quantina di civici, in borghese ma armati, i quali uscendo
448 IL CAPORALE TRA8TEVERINO
da' due lati del palazzo dessero la caccia a que' fieri paladini
di Marte, prevedendo che cotesti bravi alia vista de' cannoni
sarebbero certamente fuggiti, come tanti mercurii da' piedi
alati !
Di tutto cio fu avvisato per tempo il ministro Cacault>
il quale, ad onore del vero, non si oppose, n6 poteva fare
altrimenti, a tutto cio che il governo stesse per ordinare
contro i disturbatori dell'ordine pubblico, fossero pure fran-
cesi o giacobini.
Gia la turba rumoreggiante procedeva sfilando incom-
posta lungo la via dinanzi a S. Marcello, e da una parte e
dall' altra de' viottoli circostanti uscivano nuovi socii, che
ne ingrossavano le file. Vedevasi nel mezzo della prima fila>
siccome duce e gonfaloniere, un tal Camillone, vero bada-
lone dall'alta statura e dalle spalle larghe, il quale eserci-
tava il mestiere di cucinatore di rimasugli ad uso e con-
sumo della feccia del popolo trasteverino.
Costui portava in mano la bandiera tricolore, e la squas-
sava di tanto in tanto ad ogni incontro di nuovo palazzo ;
e ad mtervalli misurati levando nella mano sinistra il cap-
pello logoro, ma ornato nella fascia dalla nappa tricolore,
gridava con tutta la forza delle sue canne e con un accenta
francese di Trastevere : Viv£ la republicche francese ! — Era
un vocione, che avrebbe vinto il corno di Rolando !
Agli occhi del Cacault e dell'Agincourt apparvero quegli
schiamazzatori, con quelle loro bocche aperte d'onde si vede-
vano i denti, con gli occhi strabuzzi, e con le braccia sea-
gliate in aria, apparvero come certe figure "che si veggono
ne' lunarii, le quali nella bocca spalancata tengono un pane*
Tutti e due a quelle vista non poterono frenare il risot
e il Cacault dissimulava male lo sdegno.
Appena per6 il ministro giacobino ebbe scorto alcuni uf-
ficiali dell'esercito francese, che disonoravano se non la di-
visa, certamente il carattere di uomini d'arme, si scagH6
nel mezzo della turba, e pieno d'ira li rimprovero con acri
parole, comandando loro di partirsi immediatamente, di riu-
XXII. DIMOSTRAZIONE PATRIOTTICA IN PIAZZA COLONNA 449
casare, di non mettere in tutta la giornata il naso fuori di
casa; altrimenti, ne scriverebbe al generale Buonaparte.
Quelli non fecero davvero oreechio di mercante, e se la
spulezzarono subito. Rassicurato su quel punto, il Cacault
raggiunse il d'Agincourt, col quale incamminatosi di conserva
seguiva la turba schiamazzatrice, tenendosi pcro ad una
certa distanza, ed andava dicendo airamico : — Aspettate, e
riderete dell'altro. — Cui il d'Agincourt rispondeva: — Cit-
tadino Cacault, rispettate il popolo sovrano!
Ma intanto il tumulto, le grida, il trambusto, la confu-
sione andavano crescendo. In ogni vicolo risonavano so-
lenni fischiate, e suon di man con elle applicate cosi sono-
ramente, che gli appostati nelle vie trasversali accorrevano
piu in fretta che non avrebbero voluto ad ingrossare il bat-
taglione rivoluzionario. E non accorrevano soli, ma in com-
pagnia di chi agli evviva delle prime file univa li fischii,
zufolati in tanta varieta di toni, che le note sibilate scorre-
vano tutta la portata del doppio diapason.
Del popolo nessuno si moveva; dalle finestre non una
voce, non un motto; da tutte le parti la dimostrazione era
accolta con universale disprezzo.
Quando furono giunti in piazza Colonna, e Camillone fece
atto di brandire la bandiera, bociando il suo « evvive la re-
pubbl... », si udi lo sparo di un cannoncino, che stava dissi-
mulato dietro la colonna Antonina. Allibi Camillone al fra-
casso di quel rimbombo pieno di spavento, e gli si tronco
nella gola il grido incominciato.
Allo sparo successe il rullo del tamburo e lo squillo di
una tromba. E subito, come a un segno convenuto, sbucando
quinci e quindi da Montecitorio e dal palazzo della dogana
birri e civici, si cacciarono in mezzo a que' gridatori, e i
soldati cominciarono a giocar cosi bene colle piattonate, ed
i birri cosi lestamente colle manette, che in poco d'ora
que' fieri figli di Bruto furono sgominati, e si dissiparono
come pulcini alia vista del falco. N6 piu si udirono voci di
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 29 13 febbraio 1903.
450 IL CAPORALE TRASTEVERINO
evviva, ma solamente le note sibilant! delle fischiate, rimaste
padrone dell' aria!
Allora lo spettacolo diverme veramente lepido! Alcum
pochi che opposero resistenza furono presi ; ed altri, buttate le
nappe e perduti i cappelli se la diedero a gambe. Tra questi,
primo di tutti vedevasi Camillone. che senza voce, senza ban-
diera, senza cappello, colle vesti a brandelli e colle spalle
ammaccate, dava salti come un bue di Pasqua, gridando a
gran voce : - - Eh ! per si pochi baiocchi, tante piattonate !
I due lati del Corso essendo chiusi da' soldati, i fuggia-
schi furono costretti ad infilare la doppia via del palazzo
Piombino, e per siffatta maniera caddero dalla padella nella
bracia : i civici appostati, che cola appunto li attendevano
al varco, li colsero si puo dire tutti, e la retata fu piena !
II Cacault a quella vista si sbellicava dalle risa, ed in-
vitava 1'amico alia contemplazione, ghiottissima per un gia-
cobino del suo pelo, di quella comica scena; ma il d'Agincourt
che voleva dargli la soia, gli ripeteva ad ogni poco : — Cit-
tadino Cacault, rispettate il popolo, sovrano !
Ed il Cacault, sebbene un po' indispettito di quell' ironia
rideva tuttavia in maniera riflessa, pensando in cuor suo :
- I milioni del Papa sono assicurati alia repubblica. Que' ci-
trulli tornino pure a Civitavecchia ! —
In quella fu udito tale un rimboinho nell'aria, che ne
furono scosse le case e rotti i cristalli: tutti i circostanti
impalliditi fuggirono, al Cacault mori il riso sulle labbra, e
sul suo volto di giacobino si stese un velo di paura!
KIVISTA BELLA STAMPA
Sui MARTIRI DE' PRIMI SBCOLI.
RECENTI PUBBLICAZIONI DI Pio FRANCHI DE' CAVALIERI
Tra le pubblicazioni critiche degli Atti del Martiri si vanno
sempre pm segnalando quelle messe in luce di mano in mano
dall'egregio Pio Franchi dei Cavalieri, scrittore della Biblioteca
Taticana1. A proposito della sua opera sui martini dei SS. Teo-
doto, Ariadne, ed Eleuterio 2, il celebre prof. Harnack cosi scrive 3 :
« Essa da prova della scienza, della circospezione e della critica,
che noi apprezziamo nel signor Franchi. Continuando egli a trat-
tare in questo modo i piii important! martirii, si acquistera nella
maniera piii legittima un monopolio per tale genere di scritture;
perocche chi avra il coraggio di competere con lui? » E veramente
il ch. Franchi dimostra in tutti questi suoi scritti una conoscenza
cosi estesa della letteratura corrispondente, una solerzia cosl attenta
nei raffronti e parallelism! con gli altri Atti dei Martiri, con gli
scritti dei classici, con la storia civile dei tempi onde tratta, una
penetrazione si acuta nella critica dei testi e specialmente nel de-
terminare o suggerire la lezione pm logica, anche la dove sommi
uomini si perdettero, e sempre poi una tale chiarezza di esposi-
zione nelle stesse discussion! piu intricate, che davvero torna dif-
ficile trovare in altri riunite qualita si belle. S'aggiunga quel sen-
timento di vera e soda pieta cristiana, che spira sempre da ogni
sua pagina, che lo induce a trattare con sommo riguardo il sopran-
naturale, cosi frequente in quegli ingenui racconti, e che lascia nel
1 S'e gia parlato di altri suoi lavori in queste nostre rassegne di
letteratura cristiana antica. Cfr. Civ. Catt. XVIII, 4 (1901), p. 337-339.
? Pio FRANCHI DE' CAVALIERI, scrittore onorario della Biblioteca Va-
ticana. J Martirii di 8. Teodoio e di S. Ariadne con un'appendice sui
testo originate del Martirio di S. Eleuterio (Studi e Testi, pubbl. vat.
n. 6). Roma, tip. Vat. 1901, 8.° gr. 184 con una tav. in fototip. L. 8.
3 Theol. Litteraturzeitung, 1902, n. 12, 358-361.
452 RIVISTA
lettore la persuasione quanto sian giuste le ragioni, che talvolta lo
inducono a rifiutare questa o quella leggenda, od almeno a spie-
garla in rnaniera piu accettevole. Tanto non garba al prof. Har-
nack, il quale gli appunta di essere state in questo troppo riser-
vato. Ma altro e il criterio di chi nella storia non ammette il
soprannaturale, altro di chi lo riconosce ed insieme lo giudica alia
stregua di una critica giusta e spassionata. Che poi uo cattolico, e
diciamo anche un italiano e romano, giunga in questa parte degli
studii agiografici a tenere in rispetto gli scienziati razionalisti e stra-
nieri, e cosa molto onorifica pel nostro giovane Autore e con lui
ce ne congratuliamo vivamente.
1. Sovramodo attraente e di gran valore per la storia e, sotto ogni
rispetto, il martirio di S. Teodoto, sul quale eziandio il Franchi si
estende a lungo e con amore particolare nella prima pubblicazione
che qui esarniniamo.
S. Teodoto, tavernaio di Ancira, era 1'anima di quella cristia-
nita gia fiorente. Xon per bisogno che ne avesse, ma per meglio
aiutare i fedeli teneva aperta la sua osteria. Durante la persecu-
zione, raentre le case dei cristiani erano saccheggiate e chiusi gli
oratorii e presso che tutti fuggivano alia campagna e nelle spe-.
lonche per salvare la vita, 1'osteria di 'Teodoto divenne il rifugio
comune, « 1'arca di Nod » , dove sotto colore di albergarvi o di
prender cibo e bevanda radunavansi i fedeli, anche per la celebra-
zione dei sacri misteri, e da Teodoto ricevevano consiglio e con-
forto. Ma il pio oste trafug6 i corpi di sette vergini, raorte per la
fede; fa tradito e preso, e dopo avere costantemente sostenuto tor-
menti orribili, ebbe spiccato il capo. Nel racconto s' innesta 1'idil-
lico episodic di Malos, villaggio alpestre nelle vicinanze di Ancira,
dove Teodoto s'era recato, dopo aver dato sepoltura ad un martire,
ucciso a Medicones, aitro villaggio delle vicinanze. Cola egli incontra
alcuni cristiani, che aveva gia messo in salvo dalla persecuzione,
e fa conoscenza col presbitero del luogo, Frontone, a cui promette
il corpo di un martire, sotto condizione che gli venga quivi eretto
un martirio (oratorio) in un boschetto anienissimo, da Teodoto de-
signato. Ed il martire fu poi egli stesso. Frontone, con astuto in-
gegno, ando a rubarne il corpo la notte del suo glorioso passaggio
e lo depose riverentemente nel luogo indicate.
La persecuzione onde qui si parla ed il martirio di S. Teodoto
sono da riferirsi ai primi tempi di Diocleziano, come Pio Franchi
deduce da parecchi indizii e particolarmente dal ricordo degli editti
BELLA STAMP A 453
imperial!, che assai bene rispondono a quelli pubblicati da Diocle-
ssiano. Lo scrittore e un certo Nilo, contemporaneo del Santo, anzi
•suo compagno di prigionia, non pero testimonio oculare di tutto
€16 che narra. Ma e veridico, come si scorge da tutto il carattere
della narrazione ed in ispecie da quei tanti ragguagli particolari,
che non s? inventano, ma si veggono coi proprii occhi o si raccol-
gono dalla bocca di testimonii sicuri. Anche i fatti prodigiosi ap-
paiono introdotti nel racconto piuttosto come un abbellimento, che
non come sua parte integrante. Mlo scrisse in un tempo notevol-
mente posteriore ai fatti, e quindi ben si spiega come la %ntasia
popolare abbia potuto mettere qualche frangia sul fondo della nar-
razione, che pur e genuine.
II martirio di S. Teodoto, quanto al testo greco originale, era
•stato pubblicato dai Bollandisti (4 maggio) sul codice Vat. 655 del
sec. XVI, in edizione « tipograficamente non bella, criticamente
scorrettissima » (p. 10); ma per lo piu leggevasi nellatraduzione,
anch'essa scorretta del Papebroch, ristampata dal Ruinart. Per la
qual cosa neppure fu avvertito finora, come si conveniva, il valore
storico di questi Atti, tanto che parecchi eruditi li trascurarono
affatto nelle loro liste o raccolte l. Ma il Franchi li rimette ora
nel debito onore, dando un' edizione critica del testo sul codice
Vat. 1667 del sec. X, e facendo toccar con mano i molti e talvolta
^assai gravi abbagli della versione latina finora in corso 2.
2. Del martirio di S. Ariadne non si avevano se non magri com-
pendii nei Meuei greci, e non si conosceva, se non una versione
o meglio parafrasi latina, edita dal Baluze sotto il nome di Passio
s. Mariae ancillae e ripubblicata col sussidio di molti altri codici
dal p. van Hooff nel tomo primo di novembre degli Ada Sanctorum.
II testo greco originale, disgraziatamente mutilo in una delle sue
parti piu importanti, fu scoperto dal dott. G. Mercati in un palin-
1 Vedi p. 10, nota 4. Furono cosi trascurati dall' Harnack (per omis-
sione del Preuschen), dal Kriiger, dal Batiffol ; e piu anticamente dal
Lequien, dal Robiou, come pure dal Gorres nel suo articolo Christen-
verfolgungen, inserito nel lessico del Kraus.
2 Ad esempio, il Papebroch fa del presbitero Frontone un fabbri-
•cante di vino, mentre il testo dice solamente che il villaggio di Malos
produce ottimo vino (p. 21). Per 1'esegesi scritturale nella letteratura
-cristiana antica, e notabile quel che dice Teodoto della morte di Giuda,
«eguendo un'opinione attribuita a Papia (Vedi FUNK, Patres Apostolici,
•«d. cit. p. 361). L'agiografo fu qui « mal compreso, o non voluto com-
prendere dall1 interprete » (p. 33).
454 RIVISTA
sesto della Vaticana e dal medesimo comunicato al Eranchi, perche
ne facesse la pubblicazione e lo illustrasse.
La giovane Ariadne, schiava di Tertullo pagano, non avendo
voluto rompere il digiuno nel di natalizio del figliuolo di lui, e
fatta flagellare e rinchiudere nel carcere dornestico. Dopo un bmon
mese alcune spie, venute a sapere del fatto, riferiscono al preside
Gordio, che Tertullo nonostante il divieto della legge nasconde in
casa una cristiana. Egli e quindi citato in giudizio. Seuonche viene
poi prosciolto da ogni accusa, per Fottima difesa fattane da un av-
vocato suo parente e pe' suoi meriti illustri. Ariadne e trascinata
anch'essa innanzi al preside, e perche rimane ferma nella sua fede
e non vuole sacrificare, vien condannata alia tortura. 11 popolo
allora, rnosso a compassione di lei, si leva a tumulto e nega al
giudice la potesta di torturarla. Questi difatto, rabbonitosi, le con-
cede tre giorni di tempo a riflettere sui casi suoi, lasciandola a-
piede libero e sotto semplice vigilanza delle custodie. Or essa, colto
il buon punto, fugge alia montagna. « Inseguita e gia vicina ad
esser raggiunta, domanda a Dio — con una preghiera non dissimile-
dalla commendatio animae — che la liberi dai suoi persecutor!.
Detto fatto : una roccia apre il suo seno, a guisa di amorosa nutrice-
(6aTC3p Ti07jv6g), e non si tosto Ariadne vi si e lanciata dentro, si
richiude saldamente, lasciando le guardie deluse e sbalordite » (p. 94)..
Come poi morisse, non si sa.
II miracolo della rupe e preso evidentemente da altre leggende,
dagli apocrifi di S. Tecla, ispirati alia lor volta dalla favola di Dafne.
Anche parecchi altri ragguagli appaiono aggiunte e rimaneggia-
rnenti, posteriori al primitivo racconto. Pero il processo di Tertullo
ha tutti i caratteri di documento storico, ed e « uno, forse, del
piu preziosi documenti che ci siano pervenuti sulla storia delle
persecuzioni dei primi secoli » l. II Franchi dopo aver data 1'edi-
zione di tutto il martirio nel n. 6 degli Studi e Testi ripubblicor
nel n. 8 dei medesimi 2 con revisione piu diligente ancora la parte
che riguarda il processo di Tertullo e V interrogatorio di Ariadne,
aggiungendo 1'antica versione latina e servendosi dell'antico testo
siriaco del medesimo martirio per quel tratto che manca nell'originale
1 P. 6 dell'opera citata nella seg'uente nota.
* Note agiografiche. I. Ancora del Martirio di S'. Ariadne. II. Gil
Atti di S. GiiMno (Studi e Testi ecc. n. 8). Roma, tip. Vat. 1902?
8« gr. 36 p. L. 2, 50.
DELLA STAMP A 455
rgreco. Cosi i lettori trovano raccolte in poche pagine « tutto ci6
•che nel martirio di Ariadne vi ha non privo di valore storico » 1.
L'editto degli imperatori Adriano ed Antonino, inserito negli
Atti, deve dirsi apocrifo, non solo nel titolo, come ammise pure
il van Hoff, ma anche in tutto il testo, salvo un passo, dove
si prescrive la morte e la confisca del beni ai ricettatori dei cri-
stiani. Esso veramente presenta tutfr i caratteri della genuinita, ed il
Franchi d'accordo col prof. De Sanctis dell'Universita di Torino, pro-
pende nel ravvisarvi una vero 0eTov OlaTicajxa o sacrum praeceptum.
Solamente riniane dubbio a qual tempo debbano riferirsi queste parti
genuine del martirio, potendosi ascrivere ai tempi di M. Aurelio e di
L. Yero nel secolo secondo, e potendosi anche rimettere al secolo
terzo od ai principii del quarto. II Franchi inclina piuttosto pei
tempi piu antichi.
Da tutto questo lavoro ben si scorge 1'ottimo officio, reso dalla
critica vera e sana, che non e gia di demolire il ben costrutto,
come alcuni di leggeri si fanno a credere, ma di conservare e raf-
forzare il vero ed il buono e riconquistare alia storia ed all'agio-
grafia quel che finora si era trascurato e perfino gittato via come
leggenda apocrifa. Nel caso nostro il Ruinart non credette bene di
accogiiere il martirio di S. Ariadne, neppure sotto il nome di Maria
ancella, tra gli Ada Marty rum sincerd.
L'agiografo greco par bene sia del IY o Y secolo e la ver-
sione latina, « opera di un retore studiosissimo della clausola
metrica (- u - - u - ovvero - u - u), » come ora nota il Franchi,
reca seco i caratteri dell' antichita, come gia disse il Baluze 8.
'Certo e, a mio giudizio, che il cosiddetto cursus vi si ravvisa assai
spiccato e quale ai tempi del suo miglior fiore (Y e YI secolo),
soleva adoperarsi nei documenti ecclesiastici, specie liturgici. II
redattore latino, oltre la lingua, possedeva assai bene il sistema
della prosa ritmica e tra le sue cadenze si leggono alcune di sin-
.golare beHezza e tutte proprie di questo genere letterario. Yeg-
gansi le parole che dice il giudice alia martire: Si ad meliorem
te partem verbis meis flexa transtulerh, habebis et remunerationis
praemia et libertatis insignia; come pure la protesta di Ariadne:
Cum ergo nihil sit quod a Christo separare nos debeat, testor
ilium quern diligo, me in eius timore mansuram et in eius con-
fessione cruciatam terrena relinquere et ad celestia festinare, dove
1 L. c. p. 8.
2 FRANCHI. Note, p. 8. Cfr. Acta SS. Nov. I, 194.
456 RIVISTA
inoltre in quest' ultimo parole si riconosce un aperto accenno a pre-
ghiere liturgiehe dei piu antichi sacramentarii. Parimente e molto*
elegante per 1'ottima collocazione degli incisi e per la ripetuta allite-
razione questo periodo : Nee mora, clamore summo, venia virgini
postulatur; sed crudelitas iudicis accelerari tormenta mandavit*.
Le regole del cursus, quando siano osservate, come in questa
scrittura, possono servire di criterio non solo per meglio determinare
Teta della redazione, ma anche per correggere il testo. II Franchi
ha indicato alcuni passi, che per ragione del ritmo dovrebbero esser
corretti; poteva notarne anche altri. Stando al testo dato dal van
Hooff e seguito dal Franchi, Ariadne dice : Praedicta nobis sunt ista
quae patimur et maiora sunt munera quae speramus quam dolores.
La giunta quam dolores guasta evidentemente il cursus e la sen-
tenza deve terminare alle parole quae speramus ; difatto i migliori
codici non hanno quella giunta ed il Baluze nel suo testo 1'aveva
omessa. Inoltre il cursus ci pud meglio spiegare le differenze,,
spesso molto sensibili, tra la versione ed il testo originale ; perche
la necessita di collocare le parole nell'ordine voluto e di far sen-
tire eziandio la rispondenza ritmica dei concetti costringono lo
scrittore a dare altra movenza al pensiero e spesso a sopprimere-
qu£ e cola periodi e frasi od anche ad allargare la dicitura con-
concetti nuovi e suoi proprii. Per ultimo il cursus non dovrebbe
consideiarsi soltanto come un esercizio letter ario di retori, piu o-
meno studiosi di clausole metriche o ritmiche, ma anche come la-
voro direttamente inteso per iscopo liturgico. In molie Chiese le-
Passioni dei martin si leggevano durante la liturgia; dovevasi dun-
que dare alia prosa 1'assetto degli altri recitativi liturgici, che tutti,
fin nei piu antichi sacramentarii, si veggono composti con le re-
gole del cursus. Cosi la solenne declamazione del testo riusciva
piu scorrevole e tornava piu facile adattare alle chiuse intermedia-
e finali dei periodi le inflessioni del canto *.
3. II martirio di S. Eleuterio ha poca importanza storica, ed il
Franchi, pure accompagnandolo con un'erudita prefazioue, intende
1 Su questo ar^'omento del cursus gia si e scritto non poco; ma
sarebbo necessario di meglio divulgarne gli studii, non solo per la cri-
tica dei testi agiografici, ma anche per la composizione delle nuove-
officiafrure liturgiehe, specialniente deg'li Oremus, che non si possono
cantare convenientemente, se non sono scritti con le leggi della prosa.
metrica o ritmica. Specialniente dal secolo XVIII in poi le nuove offi-
ciature lasciano non poco a desiderare sotto questo rispetto.
BELLA STAMPA 457
metterne in luce un nuovo testo greco, che serva per una qualche
futura collazione. Di ben altro valore sono gli Atti di S. Giustino, che
tengono uno del primi posti fra i piu antichi document! delle perse-
cuzioni cristiane. Furono recentemente ripubblicati dal Knopf e dal
Ton Gebhardt nelle loro raccolte di Atti sinceri; ma ambedue si
attennero alle precedent! edizioni condotte sopra il solo codice Ya-
ticano 655 del secolo XYL mentre pure il prof. Ehrhard aveva
indicate altri tre manoscritti molto piu antichi, il Gerosolimitano
-del S. Sepolcro 6, (sec. IX-X), il Parigino 1479 dell'anno 890 ed il
Yaticano 1667 (sec. X) da cui provengono le copie del sec. XYI.
II Franchi adunque voile supplire alia rnancanza, ridando un nuovo
testo coll'aiuto specialmente dei due primi codici, che quindi ven-
gono da lui descritti minutamente. Perd la sua conclusione e que-
sta (pag. 30) : « Se i due nuovi codici Parigino e Gerosolimitano
permettono di dare un testo notevolmente migliore di quello si-
nora divulgato, non ci permettono pero di pensare ad una edi-
zione propriamente definitiva. » Ad ogni modo e un ottimo passo
<e si dovra ricorrere a questa nuova lezione, finche altri non ne
dia una migliore. Degno di nota e il giovamento che si trae dalle
opere conosciute del S. Martire per correggere piu di un passo
del suo raartirio, « poiche 1'apologista, rispondendo al giudice, ripete,
€om'e naturale, dei concetti espressi altre volte nei suoi scritti e
delle parole e frasi ivi adoperate » (p. 29).
Degli Atti in particolare nulla diremo, poiche sono gia noti;
ma ci piace riferire alcune parole del Franchi che ben rivelano con
qual sentimento egli attenda a questi suoi studii di tanto arida
€ritica: « Non e senza commozione che noi sentiamo il martire
ritornare anche una volta nelle sue ultime brevi parole sul valore
dimostrativo delle profezie. Kammentava egli forse in quel momento
il misterioso vegliardo che la sulla riva solitaria del mare lo aveva
per il primo eccitato a leggere i profeti e messolo cosi sulla via
della verita, per la quale stava ora per dare gloriosamente la vita ? »
{P. 29).
4. Tra i papiri di Egitto, scoperti negli ultimi anni, furono
trovate alcune di quelle brevi scritte, dette libelli, che le autorita
pagane consegnavano durante il tempo della persecuzione ai rin-
negati cristiani, per attestare che avevano compiuto il sacrifizio
agli dei ed a patto delia loro coscienza s'erano cosi ricomperata la
vita. Due di tali scritte pubblicate 1'una dal Wessely nel 1894, 1'altra
dal Krebs nel 1893, furono recentemente accolte dal von Gebhardt
458 R1V1STA
nei suoi Acta Martyr um selecta 1 ; un'aitra fu comunicata ed illu-
strata dal prof. Botti, direttore del Museo di Alessandria, in una
tornata del II Congresso di Archeologia cristiana, ma non ancora
resa di pubblica ragione. Pero, quasi in compenso di cosl tristi
document! fu pure messo in luce nel 1897 dai signori Grenfell e
Hunt 2, e recentemente ripubblicato ed illustrate con la massima
cura dal prof. A. Deissmann 3, un altro papiro del British Museum
proveniente da Kysis (oggi Dusch el Kala) nella grande Oasi. Un
sacerdote cristiano per nome Psenosiris, dimorante nel centro del-
1'Oasi, scribe ad un altro sacerdote, probabilmente di Kysis, dando
notizie di una veneranda matrona, mandata in esiglio nell'Oasi per
la sua fede. La lettera e breve e si affettuosa, che ben si pud darne
qui una traduzione sul testo origin ale greco, tenendo conto eziandio
della trascrizione e del commento, che vi ha fatto sopra il ch. Pio
Franchi de' Cavalier i 4.
« Psenosiri presbitero ad Apollo presbitero, suo diletto fratello
nel Signore, salute. Prima di ogni altra cosa saluto te mille volte
e tutti i fratelli nel Signore, che sono presso id. Devi sapere, fra-
tello, che i fossori recarono qua nelFinterno la concittadina, man-
data nell'Oasi dalla prefettura. Ed io la consegnai in custodia ai
buoni e fedeli tra quei fossori, finche venga il figliuolo di lei Mlo.
E quand'egli sia venuto coll'aiuto di Dio, ti accertera di quanto
adoperaiono a suo riguardo. Fammi poi sapere anche tu quello
che qui vorresti; volentieri eseguisco. Ti desidero ogni bene nel
Signore Iddio. »
Nel verso : « Ad Apollo presbitero da parte di Psenosiri presbi-
tero nel Signore. »
Per quanto la lettera sia laconica e cerchi anche di coprire il
nome e la professione cristiana della pia matrona, ben e chiaro che
* Acta Martyrum selecta. Ausgewahlte Mdrtyreracten und andere
Urkunden aus der Verfolgungszeit der christlichen Kirche, herausgegeben,
von OSCAR von GEBHARDT. Berlin, A. Duncker. 1902, p. 182, 183.
2 Greek papyri, Series II: New classical fragments and other greek
and latin papyri. Oxford, 1897, p. 115-116.
3 Ein Originaldokument aus der Diocletianischen Verfolgung. Papy-
rus 713 des British Museum herausgegeben und erklart von Prof. Dr.
ADOLF DBJISSMAN. Mit einer Tafel inLichtdruk. Tubingen, J. C. B, Mohr,
1902. — Del med. Epistle of Psenosiris: an original document from the
Diocletian Persecution (Pap. 713 Brit. Mus.). London, Black, 1902.
4 Pio FRANCHI DEI CAVALIERI. Una lettera del tempo della persecu-
zione dioclezianea in Nuov. Bull, di Arch, crist. 1902, I-II, p. 15-26.
DELLA STAMP A 459
trattasi di un'eroina, esigliata per la sua fede, poiche dae sacerdoti
cristiani si prendono di lei cura tanto sollecita ed affettuosa. Se-
condo ogni probabilita cid avvenne ai tempi di Diocleziano od in
quel torno, usandosi appunto allora di relegare i cristiani di Egitto
neir interno dell'Oasi (p. 18, 19). La donna e designata col nome
di T) TcoXtitx-r), il qual vocabolo diede di eke rodere agli eruditi. Si
inise fuori 1' ipotesi che significasse xcopvY) (donna di mal affare),
e piu tardi infatti si trova adoperato in tal senso. Ma il Deissmann
10 rigetta, conie al tutto sconveniente sulla penna ed in bocca di
due sacerdoti cristiani, quand'anche si potesse supporre, che la ma-
trona fosse stata prima condannata al luogo infame, come di altre
si sa certo esser avvenuto. L'Harnack l non vi scorge la sconve-
nienza in un biglietto laconico, dove importava simulare la condi-
.zione della donna. Pero, mentre sembra escludere che ^ rcoXiTix^,
sia il nome proprio dell'esigliata, come vuole il Deissmann, pro-
pone che si prenda nel senso di condannata politica (Staatsverbre-
-cherm). Ma come bene osserva Pio Franchi, quest'ultimo senso non
ricorre prima del medio evo ; anche quello di Tiopvr, e dei tempi
piu tardi, e quindi, secondo lui, il migliore e piu ovvio significato
e quello di concittadina, sia nel senso suo proprio e naturale di
concittadina di Apollo, sia anche nel senso piu coperto di correli-
gionaria, al qual ultimo inclina il Franchi.
Siccome la lettera fu trovata insieme ad altri papiri, tutti ap-
partenenti alia corporazione dei vexpoia^pot (seppellitori o fossori)
di Kysis, par bene che la matrona fosse dapprima consegnata ad
alcuni fossori di cola, perche l'accompagnassero al luogo dell'esiglio
nell'interno dell'Oasi, e quivi giunta, fosse premura di Psenosiri
11 toglierla dalle loro mani e consegnarla invece in custodia di al-
cuni fossori cristiani del luogo, appartenenti alia medesima corpo-
razione. II testo originate, secondo che lessero i primi editori, dice :
TOXpaSIStoxa idle, xaXoTg xal Tccaioc? £? auiwv TWV vexpoiacpcov. Ma il
Wilcken sollevd qualche dubbio sulla lezione §5 auiwv supponendo
che il papiro leggesse igau-tffc statim. L'Harnack propose la lezione
E^ dvtcT)^ (e converso)-, ma il Franchi rimase fermo alia lezione dei
primi editori, tanto piu naturale e spontanea (p. 23), ed ebbe
ragione. Perche esaminato di nuovo il papiro dal Kenyon 2 si trovo
che la lezione e£ aui&v non lascia alcun dubbio.
La lettera di Psenosiri e quanto mai preziosa, poiche offre la
piu antica menzione dei cristiani nei papiri dell'Oasi ed una delle
1 Theol. Litt. Zeitung, 1902, n; 7, 205-208.
2 Theol. Litt. Zeitung, 1902, n. 12, 364.
460 RIVISTA
piu antiche nei papiri dell'Egitto in genere (p. 191), ci rivela un
edificante episodic dell'ultiina acerrima persecuzione, ed ha il pregio
singolarissimo di esserci pervenuta proprio nell'originale, scritto in.
tempestate pressurae (p. 24) '.
II.
BELLA « POLIZIA ECCLESIASTIGA
DI L. CONFORTI.
L'odierna scuola di diritto ecclesiastico massonico-liberale non>
ha creduto poter altrimenti farsi strada a manomettere i diritti della.
Chiesa, se non adoperandosi con ogni mezzo nell'esaltare lo Stato
laico, ch'essa ritiene essere il solo potere pubblico esistente nella
moderna societa, potere supremo ed assoluto, che non deve e non
pud riconoscere ragione, volonta od autorita eguale o superiore alia
sua. A lui dunque tutto soggiace, e per conseguenza la stessa Chiesay
la quale, ridotta alia condizione di una% pura associazione religiosa,
dev'essere, al pari delle altre associazioni esistenti nello Stato, a
lui soggetta.
Lo scopo manifesto di questa scuola e il ristabilimento del natu-
ralismo politico, che e quanto dire, la distruzione del Eegno di
Cristo sulla terra e il ritorno all'onnipotenza dello Stato pagano.
II suo grido e un'eco del grido giudaico: Non habemus regem
nisi Caesarem 2 ; intendendo per Cesare il potere civile, qualunque
sia la forma politica ch'esso riveste.
A questa scuola appartiene il sig. Luigi Conforti, autore di un
Manuale di Polizia ecclesiastica, il quale, pubblicato per la prima
1 Nel correggere le prove di stainpa riceviamo un altro volume di
Pio FRANCHI, Nuove note agiografiche, (Studi e Testi, n. 9). Roma, tip.
Vat., 1902, (8°, 40 p., L. 1,50), dove sono raccolti important* studii sugli
Atti delle ss. Agape, Irene e Chionia, su quelli di s. Crispina, sui mar-
tiri della Massa Candida, sulla probabile fonte della leggenda de' ss. Gio-
vanni e Paolo. Ne parleremo in un prossimo quaderno unitamente con
la recensione di altri lavori sui martiri del BORELLI, del KNOPF, del
GEBHARDT, del LECLBCQ, del Principe MASSIMILIANO di Sassonia, ecc.
2 GIOVANNI, XIX, 15.
DELL A STAMP A 461
Tolta nel 1885 *, ha riveduto di quest! giorni la luce, corretto in
alcune sue parti ed arricchito di parecchi documenti e di nuove note 8.
II Manuale, nell'intenzione del suo Autore, doveva essere anzi-
tutto un'opera pratica, la quale, raccogliendo quanto si e pubbli-
cato in Italia in materia legislativa ecclesiastica e ricordando in-
sieme la giurisprudenza amministrativa e giudiziaria del Eegno ri-
guardante la medesima materia, servisse di guida nella soluzione
di quelle question! di Diritto pubblico ecclesiastico, che non si pos-
sono decidere ne eon le norme, ne con le disposizioni del Diritto
comune.
Che 1'Autore abbia in qualche modo raggiunto questo scopo si
concedera facilmente da chiunque alquanto perito in siffatti studii si
faccia ad esaminare con diligenza la raccolta da lui preparata. Nessuno
pero che conosca quanto comuni sono oggidi siffatti Manual!, gli
dara lode di aver fatta un'opera del tutto nuova o anche solo mi-
gliore delle gia esistenti. Checche ne dicano i suoi Editor! rnilanesi,
e certo che il presente Manuale, segnatamente per la parte posit! va
che riguarda gli anni (1860-1891) piu fertili di leggi politico-eccle-
siastiche, e di gran lunga inferiore a quello del teste defunto sen.
Saredo 3. E cio, non tanto per 1'ordine o per il numero de' docu-
ment!, quanto per la integrita de' test!. Poiche mentre il Saredo
ebbe cura di darci sempie il testo integro delle leggi, de' decreti,
de' regolamenti ecc., il Conforti spesso si contenta di fornircene
un breve cenno o la sola e semplice indicazione della data, obbli-
gando cosi lo studioso a rivolgere al trove le sue ricerche, non senza
perdita di tempo e con non poca noia.
Dicemmo che il Manuale del Conforti non e soltanto, ma « an-
zitutto » un'opera pratica, poiche, oltre la raccolta di documenti,
che ne forma la parte principale, esso contiene altresi comenti,
schiarimenti e note dottrinali e storiche. Ora, se nella parte positiva
del suo Manuale egli ci apparisce un raccoglitore poco felice e spesso
deficiente, in quella dottrinale e storica si addimostra, qual e sem-
pre stato negli altri suoi scritti, un meschino pedissequo delle dot-
1 Fu pubblicato a Napoli dall'editore Anfossi. A quel tempo il Con-
forti era Capo Sezione al R. Economato di Napoli.
2 Manuale di Polizia ecclesiastica. Seconda edizione, Milano 1902.
Societa edit, libraria, in 8, 398 p.
3 Codice del Diritto pubblico ecclesiastico del Eegno d' Italia. In due
vohimi. Torino 1887-1891. Unione tip. editrice.
462 RIVISTA
trine regalistiche de' Tanucci e de' Giannoni, condite con le mas-
sonico-liberalesche de' nostri tempi.
Tutto zelo per 1'autorita e per i diritti dello Stato laico, egli e
naturalmente tutto restrizioni, incertezze e sospetti per 1'autorita e
per i diritti della Chiesa.
Per lui io Stato « senza coscienza e senza moralita specifica l >
e la piu alta potenza, a cui il genere umano si leva nel suo so-
ciale progresso. Esso e potere sommo ed aniversale, a cui nulla
pud resistere, e tutto deve cedere. « Come potenza ordinatrice e
politica, scriv'egli, lo Stato abbraccia tutto: religione, vita econo-
mica, arte, scienza... La sua missione poi, in quanto all'attuazione,
allo svolgimento, allo scopo delle leggi statutarie, non ha che un
interprete ed un limite: la volonta nazionale 2. »
Per lui lo Stato e il diritto per eccellenza, fonte di tutti gli
altri diritti e regolatore supremo di tutte le relazioni fra gli uo-
mini. Allo Stato quindi spetta « il diritto di riconoscere e dare,
come a tutte le altre istituzioni umane, cosl alle istituzioni della
Chiesa 1'impronta di persone e corpi morali 3. » Allo Stato pari-
mente spetta « il diritto di tutela delle persone, delle istituzioni e
delle proprieta della Chiesa 4, » e percio stesso a lui spetta « il
diritto di riserbarsi, come ha fatto, alcuni diritti di regalia, la vi-
gilanza e 1'amministrazione de' beni della Chiesa 5. » Che piu? Allo
Stato (e non gia alia Chiesa e in essa al Papa) spetta persino « il
diritto di rappresentanza di quel gran corpo che si compone di
tutti i fedeli sotto Cristo, invisibile capo supremo di esso 6 » ! Cos!
la Chiesa cattolica sara, secondo il Conforti, giustamente retta quando
sara ridotta alia condizione deplorabile d'una Chiesa nazionale, stru-
mento e schiava dello Stato.
Ammessa questa teorica falsa ed assurda, che fa della mutabile
ed infida volonta nazionale la sola ed ultima regola dell'operara
sociale, ed attribuisce allo Stato una supremazia ripugnante alia
sua natura, non fa meraviglia che il Conforti neghi alia Chiesa la
natura di societa pubblica, indipendente, giuridicarnente perfetta, e
ne escluda 1' influenza da ogni ordine sociale esterno. Egli, tutto
intento a giustificaie le leggi che violano i diritti della Chiesa, non
si perita di pervertirne il concetto sociale, con darla a credere non
altro che un magistero religioso o un'associazione morale, senza
imperio propriamente detto sopra i membri che la compongono.
« La Chiesa, scriv'egli, puo bensi condannare 1'errore che ad essa
1 Pag. 55. — * Pagg. 57-58. — 3 Pag. 62. - * Ibid. — 5 Pag. 61. —
6 Pag. 62.
DELIA STAMPA 463
si oppone. OJtre per 6 questa condanna deU'errore non puo, ne do-
vrebbe aver presa o potere sull' interne delle coscienze; essa non
puo giudicare. Come la scienza, come ogni dottrina, dopo che ha
sparsa una convinzione forte e reale della necessita e salutare virtu
di cid che si crede e si ritiene per verita, non ha altro mezzo ad
usare, cosi la Chiesa deve comportarsi 4. »
Se non che la Chiesa, forte de' diritti che le competono per la
istituzione fattane da Cristo, forte de' diritti acquistati ed esercitati
per oltre diciannove secoli, non si comporta come vorrebbe il Con-
forti. Ella non china il capo dinanzi alia prepotenza de' settarii,
non rinunzia a' suoi diritti, anzi neppure si rassegna a soffrire in
silenzio lo scempio che ne fanno i suoi nemici. Di qui la neces-
sita che questi sentono di combatterla ad oltranza, di snervarne o
impedirne 1'azione, di allontanare da lei popoli e governi con ren-
derla agli uni ed agli altri sospetta od anche nemica ed esosa.
Eedele a questo programma, il Conforti ripete le grossolane ac-
cuse, che i fautori della scuola massonico-liberale scagliano a guisa
di avvelenati dardi contro la Chiesa di Cristo. Essi dicono: « La
Chiesa non e un istituto di religione, ma un organismo politico ;
non e un'arca di fede, ma di potenza terrena. La Chiesa e la ri-
vale nemica dello Stato. Non solo difende tutto il suo passato, ma
ha sostituito, alia purezza del domma e della dottrina, il concetto
dell' infallibilita papale; ma ha voluto rendere divine le cose e le
persone che le appartengono. La Chiesa non e piu lo scudo del-
1'oppresso, la depositaria della cultura, ma 1' inflessibile persecu-
trice della scienza 2. »
II Conforti e con lui i poveri ciechi « sostenitori dell'antico di-
ritto giurisdizionale dello Stato » , non s'avvedono che col combattere
la Chiesa essi privano lo Stato del validissimo appoggio ch'ella gli
offre, e lo privano quando piu ne ha bisogno. Ne considerano che
il disprezzo e la violazione delle ragioni piu sacrosante della Chiesa
sono fatali anche al benessere e alia tranquillita de? popoli, ne' quali,
al vedere i piu antichi e i piii sacri diritti irnpuneinente violati e
conculcati, resta profondamente alterata 1' idea del dovere e della
giustizia, vien meno il rispetto all'autorita e alle leggi, e si eccita
la voglia di rovesciare le stesse basi della civile convivenza 3.
1 Pag. 55. — ' Pag. 59.
3 Su questo panto si vegga la bellissima Lettera di S. S. Leone XIII
*1 Card. Nina del 27 agosto 1878. (Ada Leonis XIII, Vol. I. Ed. vati-
cana, pag. 103.)
464 RIVISTA
E quasi non bastasse il ripetere le bugiarde accuse di quei for-
sennati, il Conforti rincara la dose. Volendo dimostrare che « i due
termini Stato e Chiesa sono fatalmente divisi da un abisso » , e che
per cio stesso « non ci potra essere transazione tra Tuno e 1'altra >
soggiunge: « Qui, per 1'appunto, e il nodo della questione. E tutto
il niedio evo, privo della poesia, che la Chiesa evoca sulla scena
del mondo moderno. Essa va piu innanzi ancora : vuole ristabiliti
i suoi tribunal!, le sue carceri, i suoi sgherri. Yuole il suo regno
mondano, ed imperare sulla piu classica e gloriosa parte d' Italia.
Condanna, benche se ne serva e ne usi, le piu utili liberta; quella
della stampa, quella del pensiero. Brama regolar 1' insegnamento ;
disporre liberamente de' bani cosi detti ecclesiastici, ripristinare la
manomorta, evocare la Compagnia di Gesu, far risorgere il diritto
divino *. »
Con 1'odio verso la Chiesa va naturalmente congiunto quello
contro gli Ordini religiosi, per la ragione semplicissima che essi
costituiscono parte viva ed attuosa della Chiesa e sono tra i rneglio
agguerriti e piu formidabili avversarii delinodernoliberalismo settario.
II Conforti aveva gia disfogato questo suo rnal animo, segna-
tamente contro i Gesuiti, in un suo libello pubblicato a Napoli
nel 1887. Dello stesso mal animo egli %ci da un nuovo saggio nel
presente Manuale, non solo nel passo pur ora citato, dove tra i
grandi delitti della Chiesa pone pur quello di « voler evocare la
Compagnia di Gesu » ; ma eziandio in una lunga nota, nella quale,
con manifesta compiacenza, egli enumera i decreti de' Governi Dit-
taloriali (settarii) contro i Gesuiti, e ricorda, citandone un lungo tratto,
« la Bolla (sic) del Sommo Pontefice Clemente XIII (sw) del 21 lu-
glio 1773, che aboliva la celebre Compagnia 2. > Questo ricordo, cer-
tamente non « discaro » a' frammassoni ed a tutti gli avversarii della
Chiesa, non doveva e non poteva omettersi in un'opera, qual e quella
del Conforti, intesa a giustificare i loro atti. Si doveva invece omet-
tere, e difatto si e omesso nel Manuale, perche altamente « discaro » ,
il ricordo non meno autentico ed importante di Papa Pio VII, il
1 Pag. 60.
2 Pag. 33. Una Bolla di Clemente XIII (grande protettore dei ge-
suiti) che abolisce la Compagnia non esiste. II Conforti evidentemente
vuol parlare del Breve di Clemente XIV. Come il suo odio, cosi i suoi
spropositi sono inveterati. II medesimo documento con gl'identici spro-
positi fu da lui citato nel 1885, nella prima edizione (pag. 35) del suo
Manuale.
BELLA STAMPA 46b
quale nel 1814, per le istanze dell'episcopato cattolico, fere totius
christiani orbis, ristabiliva con la Bolla Sollicitudo la Compagnia
di Gesu, e la ristabiliva in tutto il mondo cattolico per ridonare
alia nave della Chiesa esperti e vigorosi rematori, expertos et va-
lidos remiges. Per la medesima ragione, il Conforti, nella gia ci-
tata sua nota, si guarda bene dal ricordare, che un altro succes-
sore di Clemente XIY, il regnante Pontefice Leone XIII, con suo
Breve del 13 luglio 1886, benignamente riconfermava alia Compa-
gnia medesima tutti i favori e privilegi, da' Papi suoi antecessori
a lei concessi, e ne encomiava i servigi, ch'essa si e sempre stu-
diata e si studia di rendere alia Santa Sede apostolica.
Nel suo libello sopra citato, il Conforti pretese sostenere che
« la posizione giuridica del gesuitismo come Ordine, e nel Eegno
diversa da quella degli altri Ordini regolari soppressi. Questi se
non hanno personalita giuridica riconosciuta, hanno intatto dalle
leggi serbato il loro stato ecclesiastico ; ed i component! di essi il
diritto di vestir 1'abito, di esercitare i loro ufficii di sacerdote, di
unirsi a vita comune. 1 Oesuiti no. Come sacerdoti, il cui carat -
tere e indelebile, possono vestire 1'abito del sacerdote secolare, non
quello dell' Ordine ^ non possono vivere in vita comune, e tanto
meno tener chiesa e convento. Per motivi di alto ordine politico
(sic) e loro vietata ogni associazione, ed ogni convivenza con regole 2 » .
Queste asserzioni del Conforti furono gia da noi altra volta di-
mostrate del tutto contrarie alle disposizioni della legge del 7 lu-
glio 1866 abolitrice degli Ordini religiosi ed alle esplicite dichia-
razioni del Ministero, che nel 1873 questa legge ripresentc) per
Tabolizione di quelli di Koma 3.
La condizione giuridica de' Gesuiti in Italia non differisce punto
da quella de' membri degli altri Ordini religiosi soppressi, e restera
tale finche rimarra in vigore 1'anzidetta legge, la quale, senza esclu-
dere i Gesuiti, accomuna tutti i membri degli Ordini soppressi agli
altri liberi cittadini. Tutti dunque sono liberi cittadini del regno
d' Italia e, come tali, tutti godono il pieno esercizio de' diritti civili
e politici 4.
1 II Conforti ignora che i Gesuiti non hanno abito proprio. II loro
Istituto prescrive che vestano come gli onorati sacerdoti secolari.
2 I Gesuiti ecc., (op. cit.), pagg. 5-6.
3 Ne trattammo nel Vol. IV della Serie XIII, pp. 129 e 462 e seg.
4 Nell'art. 2° della citata legge e detto espressamente, che « i membri
degli Ordini religiosi soppressi godranno, dal giorno della pubblicazione
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 30 13 febbraio 1903.
466 RIVISTA BELLA STAMP A
In Italia, ogni cittadino e libero di vestire come gli pare e piacer
non essendovi legge che gl'imponga un figurino di moda. Pari-
mente ogni cittadino in Italia, in forza dello Statuto del Kegno, se
osserva le leggi e paga le imposte, e libero di vivere o solo o accom-
pagnato con chi gli conviene; e di fare in casa sua quello che gli
torna commodo. TJsando pertanto di questi diritti, i membri degii
aboliti Ordini religiosi, sieno essi gesuiti, francescani, domenicani
o altri, possono legalmente portar 1'abito che vogliono e vivere da
se soli o in cornuae con altri, senza domandarne il permesso a
nessuno e senza esser tenuti civilmente a renderne ragione a chi
che sia.
II Conforti serabra aver riconosciuto il suo errore; poiche in
una notevole aggiunta fatta alia terza parte del suo presente Ma-
nuale (pp. 159 163), parlando « delle Leggi eversive e della Giuri-
sprudenza», afferrna in generale di tutti gli enti religiosi soppressi,
nessuno eccettuato, che tali leggi « tolsero e vero la personalita
giuridica agli enti religiosi, ma la giurisprudenza ha detto che non
ne vietarono 1'esistenza, ne intesero mai rnenomamente vulnerare
la liberta naturale e giuridica de' singoli cittadini di riunirsi fra
di loro in vita comune, di mettere in coniuoe le proprie sostanze e
di attendere in comune alFesereizio di opere di religione e di ca-
rita 4. »
Ma importa poco o nulla che il Conforti abbia su questo punto
mntato parere. Chi scrive, com'egli fa, lasciandosi accecare dal pre-
giudizio anticlericale, non e guidato dalla ragione, si bene dalla
passione. Ci6 basta per togliere alle sue sentenze, ed a' suoi scrittir
massime in materia giuridica, ogni carattere di serieta ed impar-
zialita.
del la presente legge (di soppressione), del pieno esercizio di tutti i diritti
civili e politic! ». (Cf. SAREDO, Codice del Diritto pubb. cedes, del Kegno
d' Italia, Partj l.a Torino 1887, p. 128).
1 Pag. 160.
IL DOVERE DEI CATTOLICi DEGLI STATI UNITI
VERSO I LORO CORRELIGIONARIl ITALIANI
II nuovo e splendido periodico mensile, The Messenger *, diretto
dai Padri della Compagnia di Gesu di Nuova York negli Stati
Uniti, pubblicava nel suo numero di gennaio del corrente anno
uno studio profondo e particolareggiato sul guasto che protestanti
ifcaliani ed americani di varie sette fanno fra i poveri emigrant!
italiani che approdano al porto di quella citta. L'articolo utilissimo
-e al tempo stesso desolante e dovuto alia penna del signer Tom-
maso Meehan.
II chiaro A. nulla inventa del suo, non esagera, non declama.
Oolle statisdche alia mano, mostra tutto quello che fanno. i prote-
stanti a fine di pervertire gl'italiani. Cita le relazioni ufficiali dei
loro ministri, le confession! dei convertiti, le speranze che i primi
ed i secondi accarezzano di potere, sulla rovina della fede dei no-
stri connazionali, erigere in America una grande chiesa protestante
italiana.
II fine dell'Autore nello stendere il suo articolo e evidente. Mira
ad eccitare i cattolici americani a fare qualche cosa di piu per i
loro correligionarii italiani. Non lo dice pero apertamente ; lo lascia
travedere, lo accenna appena, pure dimostrando quanto 1'Episcopato,
il clero e il laicato cattolico americano, notantemente dell'arcidio-
cesi di Nuova York, hanno fatto fin qui.
Quello pero che il signer Meehan, per buone ragioni, non dice
a chiare parole, e stato detto in questo stesso numero del Messenger
dal suo Editore Rev. Padre Wynne. E questo articoletto del chiaro
scrittore noi presentiamo ai nostri lettori, nella speranza che sara
loro grato e di qualche giovamento agl' italiani che cola dimorano.
1 THE MESSENGER, Monthly Magazine. 27-29 west 16 th street New
York. Associazione annua Dollar! due: un numero separate Fr. 1.
468 IL DOVERE DEI CATTOLICI DEGLI STATI UNITI
L'articolo del signer Meehan intitolato « L'Evangelizzazione degll,
Italian! » avra cagionato grandissima sorpresa a piu d'un lettore,
Infatti, chiunque esamina i pericoli che minacciano le condi-
zioni spiritual! dei nostri correligionari italiani, resident! a Nuova
York e nelle altre grand! citta americane, rimane veramente atter-
rito dello stato presente delle cose. Nessun mosaico fu mai tanto
variato quanto le societa lavoranti a distruggere in quel popolo la
fede cattolica. Non e forse ne troppo, ne esagerato il dire che mai
non furono fatti sforzi cosi persistenti per giungere a questo sciagu-
rato fine. Ogni cosa fu messa in opera, dalle chiese, scuole e bi-
blioteche sino agli asili infantili ed agli space! gratuiti di latte. I
piu intelligent!, i piu colti, i piu ricchi, i piu influent! se ne oc-
cupano. Cattolici apostati, ministri protestanti, donne giovani e
vecchie si danno d'attorno e percorrono continuamente i quartieri
italiani della citta. Come si vede, un esercito numeroso e scesa
nel campo ! Yennero adoperati tutti i mezzi di allettativa possibili
ed irnaginabili, come per esempio, vestiario, cibo, denaro, impieghi,
divertimenti, vacanze estive, persino irnagrni sacre. Chiunque si
prende la cura di esaminare la cosa piu da vicino scopre lette-
ralmente ad ogni passo una trappola infernale per distruggere la
fede degl' italiani. Cercano di corrompere le madri con denaro
perche esse consegnino loro i figliuoli durante le ore di lavoro a
anche per sempre ; sale evangeliche vengono aperte dappertutto ;.
Y! sono pure case di salute per convalescent!, ove la rneta dei doz-
zinanti sono cattolici, come la Priory Farm a Verbank, nella
quale il servizio religioso protestante e obbligatorio ; vi sono centri
di ricreazione nelle scuole pubbliche, come quelle dov'e direttore-
il sopraintendente della missione italiana annbattista ; insomma
sono state fondate a questo fine societa di tutti i generi possibili
ed imaginabili.
Nessuna meraviglia dunque, che i protestanti, nelle loro rela-i
zioni, mandate a stampa, si vantino del gregge sempre piu nume-
roso e ognor piu crescente degl' italiani protestanti, vecchi e gio-
vani. Nessuna meraviglia, ch'essi spingano sempre piu avanti la
loro opera di proselitismo, allargando rnaggiormente i loro disegni
ambiziosi. Ess! sono convinti che la strada e libera davanti a lora
e nessuno potra arrestarli.
Ultimamente, in una riunione pubblica della societa d'immigra-
zione italiana che si e unita alia societa italiana di beneficenza,,
fu letta una bugiarda relazione per dimostrare che i cattolici non,
fanno assolutamente niente per i poveri emigrati italiani.
VERSO I LORO CORRELIGIONARII ITALIANI 469
In questa societa d' immigrazione, presieduta da americani acat-
tolici, e composta di tutti i ministri protestanti Italian! della cittar
viene naturalmente esclusa ogni specie di azione cattolica.
La sua alleata, la societa di beneficenza italiana, e aiutata dal
Governo italiano che le invia sussidii, ed e, per dire il meno, non
cattolica nella sua propaganda. Procedendo di tal maniera, si diffon-
dera presto fra i poveri italiani forestieri la convinzione che le per-
sone che fanno piu per loro sono protestanti o cattolici apostati. Me-
todi simili furono provati alcuni anni fa con gli emigrati irlandesi
poveri e che erano appunto allora abbandonati e sprezzati cordial-
mente, quanto lo sono oggi i poveri nostri italiani. In quei giorni mal-
yagi 1'Arcivescovo Hughes non incontrd indifferenza fra i catto-
lici che possedevano mezzi e che perciO potevano venirgli in aiuto.
Andd in Austria, fu ricevuto a Vienna con grandi onori, e venne
presentato alle persone piu notabili della citta, fra gli altri al prin-
cipe di Metternich. La societa Leopoldina lo trattd con grande
stima ed affetto e gli porse aiuti sostanziali.
Siao a tanto che i nostri cattolici italiani rimarranno senza
aiuto ed abbandonati come sono ora, il terreno non pud essere
piu favorevole al proselitismo protestante. Nei quartieri della citta
dove i piu zelanti sacerdoti prestano Topera loro, appena uno su
quattro o cinque degF italiani va a messa ; in altre parti della
citta, uno su dieci. In un sobborgo di Nuova York, cinque su due
mila frequentano la chiesa. Le cause di questa indifferenza sono
indubitatamente molteplici. Se consideriamo la persecuzione ostinata
mossa contro la Chiesa in Italia, da parte delle societa segrete ri-
voluzionarie, specialmente in questi ultimi cinquant'anni, ci dob-
biamo piuttosto maravigliare che la condizione religiosa dell'Italia
non sia peggiore. La mancanza d'ogni sorta d'istruzione fra gli
italiani meridionali conta per molto. Essi non sanno l'ingleser
qualche volta sanno appena dove e la chiesa cattolica e dove de-
vono far battezzare i loro figliuoli. Sono estremamente poveri e
guadagnano appena quanto basta per procurarsi il cibo quotidiano,
Alcune volte manca loro la buona volonta; poi si persuadono facil-
mente che non e necessario andare a messa. II pagamento dei
cinque cents, soliti a pagarsi dai fedeli in alcune chiese americaner
e un peso pei piu poveri; e di piu molti degPitaliani credono di
non essere ben veduti prender parte alle funzioni religiose in
chiese e fra fedeli che non sono italiani, e non appartengono alia
loro stirpe.
470 IL DO VERB DEI CATTOLICI DEGLI STATI TjNITI
La compassione cresce a mille doppi quando si pensa, che i
piu degP immigrant! sono poveri e semplici paesani. Aniano la lore
Madonna e i loro Santi e non rifiutano mai i sacrament! quando
sono in perieolo di morte. Con tutta la loro mancanza di soda istru-
sione religiosa, gli adulti oppongono resistenza ai loro tentatori pro-
testanti, il cui solo mezzo di perversions e il denaro ; e che riescono
principalmente nelFimpossessarsi dei fanciulli che ingannano spesso
€on menzogne, dicendo che le loro mire non sono settarie.
Invece di avvilirci e di perderci d'animo per i notevoli van-
taggi posseduti da quelli che vorrebbero pervertire gP italiani, noi
dovremmo organizzarci e fare piu grandi sforzi pel loro sollievo mate-
riale e per la loro salute spirituale, Non sono tanto i denari di cui ab-
biamo bisogno, quanto di un metodo regolare nella nostra opera di
preservazione. Anche coi nostri pochi mezzi e incredibile quanto si
pud fare! A Brooklyn, una congregazione italiana e aumentata in
sei anni da 450 a 5000. Uno dei sacerdoti di quella chiesa ha
detto piu volte che i cattolici dovrebbero andare fra il popolo come
fanno i protestanti. Una povera donna a Brooklyn salvo- dalle rnani
dei protestanti circa 250 fanciulli, e per mancanza di mezzi li ha
ricoverati in una casa che e forse un po1 meglio d'una baracca.
OP Italiani le si mostrano gratissimi. Una delle chiese italiane di
Nuova York ha una congregazione df circa 9000 a 10000 per-
sone su 14,000 italiani che vivono nelle vicinanze. I frutti spiri-
tuali che si sono finora ottenuti fra i giovani e le ragazze sono de-
gni d'ammirazione, ed e raro che un rnembro delle congregazioni
mariane di quella parrocchia venga meno alia virtu. Questi bei
risultati si sono ottenuti specialmente negli ultimi anni. I nuovi
emigrant! sono migliori dei passati e se si sorvegliano da vicino,
tutti o quasi tutti frequentano la chiesa fedelmente. Yi e grande
mancanza di mezzi in tutte le nostre congregazioni italiane. II man-
tenimento delle scuole e molto oneroso, e le scuole, si sa, sono
indubitatamente il mezzo principale per salvare i ftinciulli italiani.
Gli emigrant! poveri hanno appunto bisogno d'essere aiutati da quelle
agenzie, che i protestanti hanno fondate per pervertirli. Quel che
noi riferiamo qui di Nuova York pu6 dirsi in certa misura di ognuna
delle altre grajidi citta degli Stati Uniti.
E assolutamente necessaria un' opera cattolica piu attiva fra gli-
emigrant! cattolici. Se ci contentiamo d'incrociare le braccia e
guardare mestamente la trasforinazione silenziosa colla quale mi-
gliaia di cattolici perdono la fede, avremo presto risultati tristi e
VERSO I LORO CORRELIGIONARII ITALIANI 471
spaventosi. Dobbiamo dire pero che innanzi tutto sarebbe dovere
degli uornini di legge e del sacerdoti che hanno qualche autorita
negli affari delle Municipality di sorvegliare i Comuni perehe i
fondi dello Stato non siano appropriati a beneficio d'istituti che
impiegano il lore denaro a pervertire i bambini italiani. Ma questo
e soltanto un rimedio negative. Da parecchi anni una piccola societa
di missionarii polacchi lavora fra i proprii compatriotti negli Stati
TJniti, andando da una popolazione all'altra, a fine di adoperarsi
dove e bisuguo contro gli sforzi degli scismatici. Una tale con-
gregazione missionaria e forse ancora piu necessaria per gl' italiani.
E stato anche suggerito da sacerdoti che s'interessano alia salute
spirituale degli italiani cattolici, di stabilire per loro missioni, poste
in quartieri italiani. Questo sistema sarebbe assai profittevole. Se
gl' italiani sapessero che sono ricevuti con benevolenza in tutte le
chiese, anche non italiane. che anzi e loro dovere di frequentarle,
di portarvi a battezzare i loro figliuoli ecc. muterebbero opinione
di noi americani, e nascerebbe in loro una certa fiducia nelle chiese
e nei sacerdoti del paese.
La stampa itaJiana dovrebbe essere incoraggiata. Due o tre buo-
nissimi giornali cattolici sono pubblicati a Nuova York. Alcune
centinaia di copie foll'Italiano in America sono vendute ogni do-
menica alia porta della Chiesa della Madonna di Pompei.
L'esperienza ha dimostrato che non s'incontra grande difficolta nel-
1'ottenere dai parenti italiani che mandino i loro figliuoli alle scuole
cattoliche. Se facciamo loro posto, verranno in gran numero. Una
comunita religiosa di Fratelli insegnanti ha offerto i suoi servigii
gratuitamente, a' rettori di una grande parrocchia italiana, se questi
troveranno i inezzi per fabbricare una scuola.
Alcune sign ore caritatevoli cattoliche aprirono alcune scuole se-
rali per gli operai italiani. I Protestanti fanno gran frutto colle
loro scuole serali ! Per mera benevolenza, altri insegnano 1'inglese
nelle scuole serali ai forestieri che vivono fra di noi, e noi catto-
lici staremo in ozio, anche quando 1'amore della nostra religione
e delle aninie ci dovrebbe animare? Perche non stabilire lezioni
di musica o di disegno? Gli italiani vi accorrerebbero immediata-
mente. Muna cosa farebbe maggior piacere ai nostri confratelli cat-
tolici italiani, e porrebbe piu direttamente rimedio ai mali presenti,
quanto la creazione di grandi parrocchie, bene disposte ed ordinate
nei centri popolari italiani. Provviste quelle parrocchie di buone
scuole, di congregazioni mariane, di biblioteche ecc. si otterrebbero
472 IL DOVERE DEI CATTOLICI DEGLI STATI UNITI
felicissimi risultati. Perch$ non valerci anche delPainore degli ita-
liani per le cerimonie e pai giorni di festa? Riconoscere e festeg-
giare, per esempio, le belle feste italiane, fare in quelle occasion!
una funzione religiosa alia quale tutte le soeieta italiane prendes-
sero parte, raccolte insieme in una delle nostre chiese piu grandi,
nella cattedrale per esempio; tali funzioni, dico, ecciterebbero in loro
il piu grande entusiasmo. La federazione delle societa italiane con
altre societa cattoliche, come con quella di S. Vincenzo de Paoli,
sarebbe un gran bene e nello stesso tempo si compirebbe facil-
mente.
Qui e un vasto campo offerto ali'esercizio dell'apostolato laico
che raccomandianio specialmente ai nostri lettori nel principio di
questo nuovo anno. Quel che noi chiediamo, non e tanto il denaro
quanto lo zelo ed il metodo nell'azione cattolica. E 1'opera del Si-
gnore, ed una delle migliori prove che Egli la benedice ci e mo-
strato dal gran bene che e stato gia fatto, quantunque i nostri
mezzi siano estremamente scarsi. Se noi abbiamo oggi la fede, &
perche alcune generazioni ormai passate lavorarono e si servirono
delle loro ricchezze per aiutare i nostri avi a conservarla. Con la
feds, per molti di noi, e venuta nel medesimo tempo la prosperita
materiale. Abbiamo dunque un debito da pagare, ed anche i mezzi
per saldarlo, e, se farerno questo, anche per amore di giustizia, non
perderemo, no, ma guadagneremo maggiormente.
ARCHEOLOGIA DEL LIBRO
IL LIBRO AI TEMPI DEI PADRI DELL A CHIESA
SPECIALMENTE DI S. GREGORIO MAGNO.
// modo di scrivere.
(156)
Alle precedent! note archeologiche sulle biblioteche nell'antichita
classica e ne' primi tempi cristiani, facciamo ora seguire alcune os-
servazioni intorno all'archeologia del libro in sullo scorcio dell 'eta
classica e nel periodo degli scrittori cristiani. Queste poche pagine
intendono rispondere in qualche modo alia questione che deve inte-
ressare tutti gli amici della letteratura, i teologi in parti colare : Come
doe gli scritli dei padri della Chiesa siano propriamente arrivati a noi.
Siamo tanto avvezzi, quando ci occorre una citazione, a dar di pi-
glio alia patrologia del Migne, ovvero al recentissimo ed eccellente
Corpus scriptorum ecolesiasticorum dell'Accademia Viennese, ovvero
ancora alle famose edizioni Maurine, o a qualche altra stampa piu
antiquata ; che di fronte a tanta comodita, a molti neppure cade in
pensiero di voler sapere quale forma avessero gli antichi manoscritti,
che cedettero il posto alle nostre maneggevoli edizioni stampate. Quanti
sono che abbiano un chiaro concetto come fossero gli scritti originarii
degli antichi padri, i loro primi dettati, in quali condizioni material!
fossero pubblicati, come corretti, molti plicati, custoditi, da potersi
conservare fino a' giorni nostri?
Che se in questi pochi cenni ci riferiamo soprattutto a S. Gre-
gorio Magno e ai detti suoi, sparsi per le molte sue opere, la ra-
gione e ch'egli ci lascio intorno a questo soggetto molte notizie; e
inoltre, per essere egli 1'ultimo dei grandi padri della Chiesa, si trova
come collocate tra lo spirare del tempo antico e gl'inizii del medio
evo, offrendo il vantaggio di presentarci ancora riunite le usanze
dei secoli trascorsi, avanti che il medio evo le sostituisse con altre.
Le opere letterarie dei padri della Chiesa, che noi possediamo,
furono parte consegnate da loro stessi allo scritto, parte raccolte da
altri, che ne udiyano i discorsi e gl'insegnamenti, e poi le cose udite
474 IL LIBRO
registravano il meglio che sapevano. E naturale che quelle prime,
scritte direttamente dagli autori, portino in se un maggior carattere
di autenticita. Per quell'altre poi che erano semplicemente raccolte
dagli uditori, molto importa sapere se 1'autore le riconoscesse vera-
mente per sue, oppure non consentisse di lasciarle circolare avanti
d'averle corrette. Cosi tra le opere di S. Grregorio ne troviamo del-
1'una e dell'altra maniera; quali dovute a lui direttamente, quali
all'opera degli exceptores, notarii.
Ma quando alcun an tore comparisce come scrittore delle pro-
prie opere, non e necessario supporre subito che egli personalmente
desse di mano alia penna, al calamus cioe o al graphium; che anzi
il dettare, e valersi dell'opera materiale d'un altro, nell'antichita clas-
sica, e ancora in sul cadere della medesima, fu costume cosi ordinario,
almeno de' grandi, che il vocabolo dictare molto spesso e sinonimo di
scrivere o comporre. Ed in questo senso la parola passa nell'uso medie-
vale ; dictitus, dictatum suonano talora quanto scritto, e 1'autore e chia-
mato dictator. Per es. nel c. 98 delle appendici a Gennadio de viris
illustr. si parla degli scritti di Pomerio, i quali vengono designati
come « eius dictatus ad quendam nomine Principium de contemptu
mundi et alius de vitiis et virtutibus praetitulatus. » E Marcolfo
nell'introduzione del suo famoso libro delle formole, fa menzione dei
dotti come di uomini esperti nel dettare « viri ad dictandum periti » *.
S. Gregorio Magno a proposito d'una sua lettera ad un vescovo, al
quale non voleva piu dare gli antichi segni di amicizia, dice cosi :
< Tantum ilia scripsi, quae in causis terrenis consiliarius dictare
potuit; nam ego ad hominem non legentem fatigari in dictatu non
debui 2. »
Tra le opere di S. Gregorio, i quattro libri dei Dialoghi e la fa-
mosa Regula pastoralis furono scritti o dettati direttamente dalPau-
tore; mentre la grande opera dei Morali sul libro di Giobbe, e le
Omelie sui vangeli furono in parte dettate, in parte solamente rac-
colte dagli uditori nel secondo modo. A questo pure appartengono in-
teramente le Omelie sopra Ezechiele, dettate dal 593 al 594; ma sol-
tan to otto anni appresso dietro le istanze dei « fratelli » fatte ricercare
tra i fogli dei notari, da lui rivedute, corrette e pubblicate, man-
dando loro innanzi una lettera dedicator! a a Mariniano arci vescovo
di Ravenna, il quale gia da tempo aveva mostrato desiderio di
averle 3. Delle lettere contenute nei quattordici libri del Regisirum
1 Epist. ad lib. 1 Formularum.
2 Registr. Epist. ed. Ewald et Hartmann 1. 6 n. 62 (Epp. ed. Maurin.
6 n. 66).
3Ep. 12 n. 16 a (Maurin. opp. S. Greg. t. 1 p. 1173) Migne 76, 785.
Lettera del 601-602.
AI TEMPI DEI PADRI DELLA CHIESA 475
un gran numero, specialmente quelle d'amicizia, le detto egli stesso,
indubitatamente ; la maggior parte pero furono stese da ufficiali della
cancelleria pontificia e avranno da lui ricevuto soltanto 1'ultima re-
dazione o una revisione. Nulla diciamo qui delle opere liturgiche>
poiehe queste erano piuttosto ampliamenti e correzioni delle formole
esistenti gia eel tesoro della Chiesa; sebbene non lascino percio di
essere uno del frutti del suo ingegno, particolarmente in cio che si
riferisce alia musica.
Riguardo alle omelie de' padri della Chiesa era cosa assai comune
che venissero raccolte dai notari ecclesiastic! mediante la stenografia
(notae tironianae, tachygraphia}. L'autore poi le ritoccava o rimaneg-
giava.
Quanti equivoci o malintesi si potessero facilmente insinuare per
tale procedimento, quando 1'oratore fosse servito da un cattivo ste-
nografo, lo vediamo nel caso intervenuto a S. Gregorio stesso col-
1'abate Claudio di Classe presso Ravenna. Aveva costui, mentre di-
inorava in Roma, raccolti in iscritto varii discorsi del papa intorno a
diversi testi biblici ; ma o non adopro 1'usuale ed esatta stenografiav
o soltanto ne dette degli estratti, owero ancora scrisse parte de' suoi
appunti piu tardi, per quanto si pote ricordare. Si trattava di spie
gazioni sui Proverbii, sulla Cantica, sui Profeti, sui libri dei Re e
sull'Eptateuco. II papa, come sovente gli avveniva, era malato, e non
aveva potuto comporli personalmente. Ma da alcuni saggi di quella
redazione pote scorgere come ii suo pensiero troppo spesso era ripor-
tato inesattemente. Yenuto percio a morte 1'abate, ordino tosto che
tutte quelle scritture fossero messe insieme e spedite a Roma. Esse
restarono inedite, comecche fossero destinate ad essere pubblicate e
1'autore gia avesse rivolto il pensiero alia correzione i.
L' infermita del papa gP impedi similmente di scrivere in personar
cioe di dettare, tutte le Omelie sugli Evangelii che di lui possediamo.
Egli stesso dice che detto le prime venti soltanto, cioe quelle del
primo libro, acciocche, non potendo egli allora predicare a cagione
de' suoi mali, un altro leggesse pubblicamente i suoi discorsi 2. La
parte rimanente invece, da lui recitata, come la pronunciaya cost ve-
niva raccolta « ita ut loquebar excepta est > e le omelie « ab excepto-
nbus sunt in codicibus adfixae » 3. Questi discorsi rapidamente tra-
1 Ep. cit. 12 n. 6 (M. 12 n. 24) lohanni subdiacono Ravennae. Claudio
aveva scritti i suoi appunti eu fogli di carta (cartulae), non in libri di
pereramena.
2 Ep. 4 n. 17 a (M. opp. S. Greg. t. 1 p. 1434) Secundino episcopo
Taurominitano: priores niginti dictatae sunt.., e prima: dictata exposittfr
est per notarium recitata.
9 Ibid.
476 IL LIBRO
soritti furono tosto divulgati. Ma fu troppa la fretta : tanto che in
quelle stesse omelie ch'egli aveva dettate e i « fratelli > avevano gia
posto in circolazione (transtulerunt) Gregorio non tardo a ritrovare
qualcosa essenziale da emendare riguardo alle tentazioni di Cristo ;
e lo nota espressamente nella dedica, che accompagna 1'edizione de-
finitiva di quest'opera famosa i.
Se dunque qui gia v'era luogo a correggere, quanto piu sara stato
in altre parti delle sue opere, di quelle ch'egli dice d'aver recitate
in presenza di scrittori « verbis sensibusque tepescentibus » , come si
€sprime a proposito di certi passi de' suoi Morali su Giobbe 2.
Questa, che e 1'opera maggiore di S. Gregorio, ci rappresenta, per
modo di dire, 1'autore nella sua officina. La lettera dedicatoria spe-
cialmente, diretta al vescovo Leandro d'Hispali (Siviglia) nell'anno
595, contiene molte preziose notizie intprno al modo della composi-
zione, anche materiale, dei libri e gitta non poca luce sulla relativa
terminologia antica 3. Ne riportiamo qui sotto qualche cosa.
« Fratelli » ed amici avevano pregato il santo pontefice che volesse
loro esporre a voce il libro di Giobbe. Costretto adunque dalle loro
istanze (exponere compulws), la prima parte la pronuncio di fatto (sub
oculis dixi), e mentr'egli diceva, uno stenografo assegnato la racco-
glieva in iscritto (me loquente excepta sub oculis]. Nel seguito pero
Gregorio amo nieglio dettare la sua spiegazione accuratamente in forma
di trattato (tractando dictavi), senza recitarla. Ed allora per dare al
tutto una medesima forma, ripiglio pure le parti precedenti riducen-
dole a stile di trattato (per libros emendando composui). Nella terza
ed ultima parte finalmente, egli procede con maggior liberta, quasi
in forma di conversazione, ossia di conferenza (colloquendo protuli),
senza avere tempo di ritoccarla e di riordinarla, distoltone dai < fra-
telli » bramosi di sempre nuove spiegazioni e impedito piu tardi dalle
cure dell'tifncio papale. Cosi avvenne che i Morali di S. Gregorio,
letti e riletti per tutto il medioevo, di cui formarono il codice asce-
tico preferito, ritennero il carattere della prima origine e la freschezza
primitiva in molte parti: e tutta 1'opera piu che il linguaggio del-
1'arte parla quello del cuore.
A metterci dinanzi gli occh: sensibili 1'immagine di Gregorio scrit-
tore soccorrono le antiche miniature ; e ve n'ha parecchie, non ante-
riori pero al secolo nono. Tra queste e notevole un dipinto dell'anno
1 Ibid. cf. 16 Homil. in Evang. n. 1.
2 Ep. 1 n. 41 (M. 1 n. 43) Leandro episcopo de Spaniis: Le spiega-
zioni « per homilias » pronunciate, delibero Gregorio in librorum ductum
permutare.
3 Ep. 5 n. 53 a (M. opp. S. Greg. t. 1 p. 1). Cf. la lettera citata nella
nota precedente.
AI TEMPI DEI PADRI BELLA CHIESA 477
1360 incirca, che adorna il codice della Regula pastoralis di s. Gregorio,
conservato nell'Archivio di S. Maria Maggiore in Roma. Esso fu ri-
prodotfco da Y. Federici nella Romische Quartalschrift, 1901 fasc. 1-2
e meglio ancora secondo una fotografia del barone Kanzler nella Ras-
segna Gregoriana di Roma 1902 p. 34 e 35, che gentilmente ci e qui
concesso di riportare. Ivi Gregorio e rappresentato in atto di dettare
0 d'insegnare, sedendo all'uso antico sopra un faldistorio ed un alto
suppedaneo, reggendo colla sinistra una pergamena aperta, ov'e scritto
MEMBANA (sic), della quale forse egli spiega il contenuto ; ed accanto
a lui e una cesta rotonda con due anse, che viene designata , per
fiBLioTHECA, secondo la barbara ortografia di quel tempo. Questa custodia
di libri e una reminiscenza della capsa o eista, la quale soieva accompa-
•gnare 1'effigie degli antichi retori classici ; mentre ]a pergamena ricorda
1 rotoli che loro solevano essere posti in mano. All'orecchio del santo
pontefice scende la colomba che gl'ispira la dottrina dall'alto. E vicino
al capo si legge la scritta : f 0 AITOC GPirOPIOC KAIIA POMHG
-(sanctus Gregorius papa Romae). Quest'iscrizione greca, che in questo
codice latino pare fuor di proposito, doveva trovarsi in qualche imma-
gine piu antica, donde il nostro dipinto dev'essere stato copiato.
Alia figura del santo Dottore certe antiche e rozze rappresentazioni
aggiungono talora uno scrittore a dettatura che gli siede attento di-
Jianzi (Y. per es. la miniatura riportata net frontispizio delPeccellente
Rassegna gregoriana). A volte le due figure sono separate tra loro da
Una cortina, conforme riferisce un'antica notizia : « oppansum velum
inter ipsum et exceptorem tractatus sui». Cosi si legge nella Vita
s. Gregorii di Paolo Diacono c. 28, o a dir piu esatto nelle leggen-
darie aggiunte fatte alia Vita da mano estranea i. II velo non e un'in-
venzione fantastica, come sono diverse leggende quivi narrate. Secondo
1'etichetta della corte bizantina, che fu in tanti punti ricevuta ed imi-
tata in Roma alia corte papale, certe udienze 1'imperatore non le dava
se non stando dietro un velo. E similmente nel secolo nono i papi non
ammettevano i giudei alia loro presenza, se non separati da una cor-
tina. Trattandosi poi del dettare e deilo scrivere, il velo poteva inter-
venire per conciliare raccoglimento e tranquillita alPautore.
// materiale per scrivere.
(157)
In luogo del papiro (carta), sul quale in antico si usava scrivere, co-
mincio al tempo de' padri della Chiesa a sottentrare di mano in mano
1 Nell'ediz'one della genuina Vita S. G-regorii di Paolo Diacono, ch'io
pubblicai nella Zeitschrift fur kath. Theolugie (t. 11, 1887, p. 158 ss.) ho
dimostrato che queste interpolazioni hanno una data di molto posteriory
478
IL LIBRO
•: .. • - ..: , li* .....
Dal codice Liberiano della Regula pastoralis.
AI TEMPI DEI PADRI DELLA CHIESA 479
la pergamena. Ed il papiro ando facendosi piu raro, tanto che gia nel
secolo sesto d. C. non si adoperava se non per piccoli scritti e di minor
momento, come lettere e document!. I Registri di Gregorio Magno,
cioe dire le copie autentiche delle sue lettere, le quali venivano ri-
poste e conservate nell'archivio presso il Laterano, erano scritte simil-
mente su papiro J. Un uso speciale se ne faceva allora nel Foro di
Roma per gli atti giudiziarii; e sappiamo da Simmaco e da Cassio-
•doro' che i rotoli ne erano formti, come per Pinnanzi, dall'Egittc 2:
paese classico del papiro, il quale an che nel secolo settimo ne impor-
tava una discrete quantita in GaJiia per via di Massilia (Marsiglia).
Ma rimontando addietro, ne7 secoli quarto e terzo, quanto univer-
saimente il papiro fosse allora adoperato per scritti d'ogni fatta, lo
possiarno scorgere sulle piu antiche scolture cristiane, specialmente
sui sarcofagi. I molti personaggi che vi s'incontrano, o sia Cristo come
Maestro, ovvero gli apostoli e i profeti, o semplici cristiani, ovvero
ancora retori e filosofi pagani, quando debbono essere raffigurati col-
1'emblema di qualche scritto, sempre lo tengono in forma di rotolo, che
e quella degli antichi libri papiracei. Pero nel secolo quinto, nelle opere
pensatamente composte, questo simbolo si muta : e generahnente pre-
domina il codiee invece del rotolo : segno che anche nella vita comune
1'uso di scrivere sulla membrana e di comporre le pergamene in forma
di libro avevano preso il soprawento 3.
Non e da credere Dero che in aatico il papiro sempre venisse av-
volto in rotolo, n& i fogli di pergamena sempre riuniti in codici. Come
i predetti charticii libri colle lettere di Gregorio Magno probabilmente
non erano rotoli di carta, ma veri libri propriamente detti, cosi v'erano
pure, sebbene raramente, degli altri libri di papiro. A Vienna p. e,
si conserva un manoscritto di s. Ilario di Poitiers, del quarto secolo,
su papiro (cod. 2160); e a s. Gallo un codiee di papiro contenente
delle omelie e uno scritto d' Isidore in caratteri unciali del secolo VII
(cod. 226) ; del pari frammenti di due manoscritti di Agostino e d'Avito
ki Ginevra *.
Insieme col papiro, al soprav venire della pergamena nell'uso gene-
1 IOH. DIAC. Vita S. Greg., Prolog-.: charticii libri epistolarum patris
(Gregorii).
2 SYMMACHUS Ep. 4, 28; CASSIODOR., Yaria 11 c. 38. Cf. per la Gallia
GREG. TUR. Hist. Franc. 5 c. 5. — BIRT, Das anttke Bucfiwesen (Berlin,
1882) p. 56. DZIATZKO, Untersuchungen uber ausgetvalte Kapitel des antikcn
Buchwesens (Leipzig, 1900) p. 141.
3 VICTOR SCHULTZE, Rolls und Codex, ein archaologischer Beitrag u.
s. w. in Grreifswalder Studien, Hermann Cremer gewidmet (1895) p. 153.
4 WATTENBACH, Das Schriftwesen im Mittelalter, 3 Aufl. 1896 p. 105.
480 IL LIBRO
rale, andarono in disuso altresi le tavolette di cera, nelle quali s'in^
cidevano i caratteri collo stilo o graphium.
Tuttavia grazie alia sua comodita per appuntare noterelle o altre
cose provvisorie, questo costume non decadde interamente, e per tutto
il medio evo se ne possono allegare, qua e la almeno, delle prove,
Abbiamo S. Benedetto, che nella sua regola monastica ordina che gli
abati debbano dare ai monaci graphium e tabulas; e nel secolo XV
ancora nel monastero di Andeehs in Baviera era in vigore 1'ordinanza
che ciaecun monaco nella sua cella dovesse avere « tabulam cereatam.
cum graphio» *. La surriferita notizia nelle aggiunte a Paolo Diacono
(sopra, pag. 477) pone in mano allo scrivano di s. Gregorio uno stilo,
col quale egli avrebbe fatto un forellino nel velo per poter vedere il
santo pontefice mentre dettaya: eppero, secondo 1'autore della leggenda^
egli doveva scrivere su tavolette di cera. E difatto si usava facilmente
questo modo di registrare quei dettati che poi a miglior agio si trascrU
vevano e riunivano in un libro.
Cosi quando intorno all' anno 670 il vescovo jArcolfo 2 voile la*
sciare una relazione del suo viaggio in Terrasanta, detto le sue me^
morie all'abate Adamnano di Jona, che scrittele frattanto in cera, poi
le trasportd su pergamena e le pubblico. Riportiamo il passo di Adam-
nano su questo proposito che e molto istruttivo. « Arculfus sanctus
episcopus gente Gallus... mihi Adamnano haec universa quae infra
craxanda (cioe scribenda) sunt, experimenta diligentius percunctanti
et primo in tabulis describenti fideli et indubitabili narratione dicta*
vit, quae nunc in membranis brevi textu scribuntur 3. »
Yenendo ora all'introduzione della pergameDa nella pratica uni-*
versale, e da notare che sebbene essa fosse adoperata gia avanti che
fiorisse la letteratura cristiana; tuttavia essa non fu comunemente
adoperata a comporne libri in forma di codici, che soppiantarono U
papiro, se non al tempo degli autori cristiani e dei loro scrivani.
Anche prima, cioe nell' eta pagana, si faceva uso di pergamena
specialmente per collezioni di opere giuridiche. I famosi Codiei di
Giustiniano e di Teodosio furono preceduti da un Codex Hermoge-*
nianus, e questo a sua volta da un Codice Gregoriano. La parola
Codice e qui molto significativa. Essa si riferi da principio alia
forma e alia disposizione delle raccolte giuridiche, che non si pub-
blicavano in foggia di rotoli ma di libri e cosi andavano per le mani
de' legali ; piu tardi passo a significare pure il contenuto stesso dei
1 ROCKINGER, Zum baierischen Schriftwesen p. 9, presso Wattenbacli
1. c. p. 63.
2 Non Arnulf, come scrive il Wattenbach 1. c. p. 68.
3 ADAMNANUS, De locis sanctis, Praefatio, ed. Geiyer (Corp. script,,
eccles. Ut. Vindob. t. 39) p. 221.
AI TEMPI DEI PADRI DELL A CHIESA 481
libri. Ora in tal genere di document!, che dovevano continuamente
essere consnltati e sfogliati pel tribunal!, e naturale che la forma di
codice tornava molto piu comoda e la materia della pergamena molto
piu consistente, che non i fragili papiri dei rotoli antichi.
Ai quali due vantaggi pratici s'aggiungeva ancora quello del costo
della pergamena, che si scriveva sulle due facce, ed era materia as-
sai piu facile a trovare dappertutto e a minor prezzo del papiro; il
quale s'importava da paesi lontani, e d'ordinario non si scriveva che
sopra una sola faccia.
Tra i libri dei cristiani noi troviamo anzitutto il libro dei libri,
la s. Bibbia, scritta di preferenza su pergamena. Cosi sono tutti i
nostri antichi esemplari delle s. Scritture. Come pei Codici legali,
cosi pure per quelli della Bibbia dovette prevalere la comodita pra-
tica di farli maneggevoli e consistent! per la necessita delPuso continuo
nelle chiese. Per tal modo la legge di Dio apparve in veste egualmente
onorevole accanto ai Codici della legge umana. A tale usanza per
altro potrebbe aver cooperate eziandio 1'antica consuetudine che ave-
vano gli Ebrei di scrivere sulle membrane i libri santi, e che sa-
rebbe stata ricevuta e conservata dai cristiani per tramandare cosi
il vecchio come il nuovo Testamento.
Difatti allorche Costantino imperatore nella sua nuova capitale
per mezzo del vescovo Eusebio voile provvedere le chiese di cin-
quanta esemplari della Bibbia, li fece scrivere su pergamena in forma
di codici (awjiaiia ev Stcp^epat^) *.
Ne soltanto i libri cristiani venivano cosi affidati a piu solido
materiale, ma anche le opere della letteratura pagana, e specialmente
nel quarto secolo. E fu grande ventura : poiche i tesori della scienza
antica, consegnati ai caduchi fogli di papiro minacciavano di perire :
vescovi e monaci se ne presero pensiero, e col farli trascrivere in
robusti codici di pergamena li salvarono alia posterita. Gria avemmo
cccasione di rammentare i meriti del vescovo Euzoio di Cesarea in
questo riguardo 2.
Ora col divulgarsi la nuova foggia dei libri non tardo a spuntare il
gusto delP ornamento e dell' eleganza esteriore de' medesimi ; tanto
che S. Giovanni Crisostomo trova motive di lamentare che talora si
badi piu alia bellezza delle membrane e alia venusta d'una sfru-
diata calligrafia, che al contenuto dei libri 3.
Certo la pergamena e la forma di codice consentivano meglio che
il rotolo di papiro lo sfoggiare in un lusso, che del resto rispondeva
1 EUSEB. Vita Constantini 1. 4 c. 36, 37.
2 Archeologia n. 154, in Civ. Catt. 1902, t. IV p. 463.
3 IOH. CHRYS.. Rom. in lok. 32: OTCOOSYJ Ttepl TYJV TWV &ii£vcov
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 31 14 febbraio 1903.
482 IL LIBRO
al gusto sontuoso e alle tendenze dell' ultima eta dell' impero. Gli
amatori di libri si compiacevano allora delle pergamene tinte di por-
pora e scritte in caratteri d'oro e d'argento. Ed alcuni ricchi romani
ne toccarono rimproveri da s. Q-erolamo, perche quello sperpero nel
fregiare d'esagerata eleganza i manoscritti tornava a scapito del po-
verelli di Cristo : « Si tingono le membrane in colore di porpora,
1'oro si stempera in bei caratteri, i codici si fregiaao di gemme, e
intanto nudo dinanzi alia porta Cristo si muore di fame 1. >
Le parole del santo Dottore « Codices gemmis vestiuntur » allu-
dono qui alle preziose legature dei codici. Quanta ricchezza sfoggias-
sero i codici liturgici delle pin insigni chiese di Eoma, si pud argo-
mentarlo dalla segaente espressione del primo Ordo romanus, che
nel rimanente non e molta chiaro : « evaugelia maiora de vestiario
dominico exeunt sub sigillo (vesterarii per numerum) gemmarum ut
non perdantur 2. » Essa si riferisce al grande libro degli evangelii,
il quale doveva servire per la messa papale del la stazione, e avanti
la funzione, dal Laterano doveva essere colle debite cautele portato
alia chiesa assegnata.
Di manoscritti su pergamene purpuree parecchi ci sono pervenuti
dall' antichita cristiana. Ricordero soltanto i ventiquattro fogli del
Genesi greco di Vienna, scritti in caratteri capitali d'oro e d'argento;
poi la traduzione della Bibbia fatta da Ulfila, che e conservata in
Upsala, e denominata Codex argenteus perche scritta in lettere d'ar-
gento e d'oro su porpora; finalmente quel manoscritto degli evan-
gelii col testo d'argento e i soli nomi di Dio e di Cristo in oro, pre-
zioso cimelio spa'rtito fra diverse biblioteche, cioe sei fogli nella Va-
ticana, due in Vienna e quattro a Londra, oltre un numero di altri
fogli recentemente ritrovati a Patmos. Un bel facsimile a colori di
quest 'ultimo manoscritto, per la parte conservata in Roma, si pud
vedere nel volume dell' Omaggio giubilare, pubblicato dalla Biblio-
teca vaticana nel 1888 e dedicato al S. P. Leone XIII.
1 Ad Eustochium, De custodia virginitatis : Inficiuntur membranae
colore purpureo, aurum liquescit in litteras, gemmis codices vestiuntur,
et nudus ante fores earum Christus emoritur. Lo stesso dottore nell'-fi'jp.
ad Laetam 107 : Divinos codices amet, in quibus non auri et pellis baby-
lonicae (la pergamena piu fina si faceva venire da Babilonia] vermiculata
pictura, sed ad fidem placeat emendata et erudita distinctio (cioe un'esatta
lezione e assai piu da apprezzare), — E nella Praefatio in ToJi. Habeant
qui volunt veteres libros vel in membranis purpureis auro argentoque
descriptos, vel uncialibus ut vulgo aiunt litteris, onera magis exarata quam
codices.
2 Ordo I romanus n. 3. GRISAR, Analecta romana t. 1 p. 219.
Al TEMPI DEI PADRI BELLA CHIESA 483
Sull'etd dei codici piu antichi in generate.
(158)
A quale antichita adunque rimontano propriamente le piu vetuste
pergamene pervenuts insino a noi cogli scritti di autori gentili o
cristiani? — Certamente ne possediamo tuttora di quelle scritte al
tempo de' Padri della Chiesa : ma molto meno numerose che non si
credesse pel passato. Si pud ben dire generalmente che 1'ambizione
di rialzare il valore delle rarita possedute nelle diverse biblioteche,
spinse d'ordinario ad esagerarne 1' antichita : quasi sempre si deve
sottrarre uno o piu secoli alle date che prima si solevano aesegnare.
Tra i manoscritti su pergamena, che portano data (e questi se-
condo il metodo paleografico tengono il primo posto), il piii antico e
la Tabula paschalis di Berlino, scritta non molto tempo dopo il 447.
Seguono i Fasti consular -es di Verona, tra il 486 e il 494 ; quindi il
Virgilio di Firenze, che fu emendato nel 494 (se pure la sottoscri-
zione non deriva da un esemplare precedente) ; poi Yllario di Basilea
(509-510); il Sulpizio Severo di Verona dell'anno 517 1. II piu an-
tico cafcalogo dei papi, quello del manoscritto parigino, fu scritto tra
il 537 e il 555 2.
Secondo il Dziatzko pero tra i codici latini, che non sono datati
e pure senza dubbio rimontano piu su dei predetti, i piu antichi sa-
rebbero quello dei frammenti di Sallustio nel Cod. Vat. Begin. 1283,
delle Schedae Vat.-Berol. di Virgilio (Vat. lat. 3256) e delle Schedae
Vat. di Virgilio (Vat. lat. 32:25). Egli assegna il detto Sallustio al
III secolo dopo Cristo, e i due esemplari di Virgilio al IV 3.
II P. Francesco Ehrle prefetto della Biblioteca Vaticana e di
un'altra opinione. Egli ha pubblicato i due predetti codici di Virgilio
nella splendida collezione da lui iniziata col titolo : Codices e vaticanis
8electif phototypice expressi iussu Leonis PP. XIII. 11 primo ascito nel
1899 colle schedae vergilianae porta il proprio titolo cosi: Fragmenta
et picturae vergiliana codicis Vaticani 3225 phototypice expressa : Romae
in officina Danesi. II secondo, pubblicato nel 1902, e intitolato : Pic
turae, ornamenta, complura scripturae specimina codicis Vaticani 3867,
qui codex Vergilii Romanus audit, phototypice expressa, ibid. I due co-
dici sono entrambi scritti in caratteri cosiddetti capitali, e grazie alle
pitture specialmente, sono d'inestimabile valore.
1 Cf. DZIATZKO, Untersuchungen p. 185 ss. BIRT p. 119.
: Un facsimile fotografico di questo catalogo e riportato in GRISAB,
G-eschichte Roms und der Papste t. 1 p. 731 fig. 214.
3 Artie. Buch in PAULY-WISSOWA Realencyclop. der Uassischen Al-
terthumswissenschaft t. 3 (1899) col. 949.
484 IL LIBRO AI TEMPI DEI PADRI BELLA CHIESA
Orbene il primo di essi dal P. Ehrle, che ne accompagna la pubbli-
cazione con un'erudita introduzione, viene riportato al IV secolo, o al
piu tardi non molto dopo la fine del V. II secondo codice, le cui pit-
ture sono senza confronto inferior! al primo di pregio artistico e sto-
rico, sarebbe invece da collocare nel sesto o fors' anco al quinto
secolo. In quest'oceasione 1'Ehrle tra le altre cose tratta pure dei due
altri esemplari di Virgilio posseduti dalla Biblioteca vaticana, che
risalgono parimente avanti al secolo VII.
Non deve sfuggire alia nostra considerazione questa circostanza
che tra i piu antichi manoscritti incontriamo ripetutamente Yirgilio
per 1'appunto : essa e una prova della gran parte avuta da questo
poeta nella coltura medievale 4.
Le pergamene degli ultimi. tempi classici sono generalmente scritte
con grande accuratezza e bella calligrafia, e di regola ordinaria anche
corrette nel testo. Dal secolo Y in poi, quando principid a fiorire la-
vita monastica, attesero a siffatti lavori i monaci prineipalmente ; i
quali erano convinti di rendere un servizio al genere umano copiando
non solo gli scritti cristiani ma i profani ancora : essi anzi ripone-
vano una parte essenziale della loro vocazione appunto nello scrivere
libri, e spesso si preparavano da se le membrane occorrenti al lavoro.
Se non era quella fatica nascosta, piena di pazienza e di abnegazione,
di trasportare dal papiro sulle pergamene gli scritti degli antichi,
centinaia di autori sarebbero colle fragili pagine del papiro andati
perduti irreparabilmente. « Al depositario del pensiero dei millennii
anteriori a Cristo, cioe al rotolo di papiro — dice il Birt, — quando
cominciarono a svolgersi i monasteri d'occidente fu sottratta per sem-
pre ogni speranza d'avvenire 2. » Ne percid la scienza ci perdette
nulla. Dalle biblioteche dei monasteri noi abbiamo ricevuti i piu fa-
mosi codici antichi, che formano il primo stipite delle nostre tradi-
zioni scientifiche scritte, ne solo le prime bibbie latine e greche, ma
(per nominare alcuni altri cimelii oltre quelli dinanzi riportati) Vlliade
siriaca, il palimpsesto di Cicerone de Republica, il Bembino di Terenzio,
il Graio di Verona, il Plauto di Milano, il Dioscoride di Vienna, ed
i piu antichi manoscritti di Livio a Vienna ed a Parigi.
1 V. quanto ne discorsi piu a lung-o nella Storia di Roma e de' papi,
II p. 591 ss., e nell'ed. tedesca I p. 700 ss. — Cf. COMPARETTI, Virgilio nel
media evo 2a ed. Firenze, 1896, I p. 99.
2 Das antike Buchwesen p. 116.
GRONAGA GONTEMPORANEA
Roma, 30 gennaio - 12 febbraio 1903.
I.
COSE ROMANS
1. I venticinque anni del Pontificate di Leone XIII. Elenco delle sue en-
ciclicbe. — 2. Commissione di consultori per gli studii biblici. — 3. Corso
d' Apologia del prof. Tuccimei a S. Apollicare. — 4. Anniversario della
morte di Pio IX. Lettera della Contessa Mastai al Card. Consalvi.
1. La vigilia della chiusura delPAnno Giubilare, mentre da ogni
regione nel mondo cattolico si prepara una festa, una preghiera, un
inno, di ringraziamento e d'augurio, noi raccoglieremo in queste
pagine di cronaca le date piu solenni, il ricordo delle opere princi-
pal!, dei fatti piu important! del glorioso pontificate di Leone XIII
che per la sola durata occupa gia il terzo posto nella lunga serie di
duecento settantatre papi, essendo stato superato solo da Pio IX, che
resse la Chiesa per piu di trentun anno, e da S. Pietro che la go-
verno pift di trentadue.
Eletto il 20 febbraio 1878, dopo due soli giorni di conclave, con
44 voti sopra 61 carclinaii presenti (tre erano stati impediti dall'in-
tervenirvi) venne incoronato il 3 marzo seguente. Contava esattamente
68 anni di eta (2 marzo 1810-1878). Chi poteva pronosticare allora
che PEietto, quasi settuagenario, avrebbe veduti sparire tutti i suoi
elettori, tranne un solo, il card. Oreglia, ora decano del Sacro Col-
legio ? — Nei venticinque anni di pontificate, Leone XIII creo 140
cardinali ; e di essi pure non sopravvivono che 57. Eresse due Sedi
patriarcali, quella di Alessandria di rito copto, e quella delle Indie
orientali di rito latino : stabili tredici nuove Sedi metropolitane ;
venti Vescovati innalzo ad Arcivescovadi ; fondo centoquaranta nuove
'Sedi vescovili, due Abbazie nullius, cinque Delegazioni apostoliche,
cinquanta Yicariati apostolici, trasformo in Yicariati quattordici Pre-
'fetture apostoliche, e queste accrebbe di trentacinque : in tutto 252
titoli nuovi, che provano 1' incremento e la vita della Chiesa sotto
1' impulse del grande Pontefice.
486 CRONACA
E mentre cosi dilatava il regno di Dio sulla terra, Leone XIII
popolava di Santi il Cielo innalzando agli onori degli altari una lunga
schiera di Eroi.
Tra i Santi, i Sette Fondatori dei Servi di Maria, S. Antonio Zac-
caria fondatore dei Chierici regolari di S. Paolo, S. Pietro Claver S. J.,
S. Giovanni Berchmans S. J., S. Alfonso Rodriguez S. J., S. Gio.
Batt. de la Salle fondatore della Congregazione dei Fratelli della Dot-
trina Cristiana, Santa Rita da Cascia degli Eremitani di S. Agostino,
S. Lorenzo da Brindisi cappuccino, S. Pietro Fourier de'Canonici re-
golari di S. Agostino, S. Gio. Batt. De Rossi, Canonico di S. Maria
in Cosmedin, S. Benedetto Labre, Santa Chiara da Montefalco, eremi-
tana di S. Agostino.
Tra i Beati, i settantasette Martiri delPAnnam e della Cina, i
cinque Martiri delle Isole Salsete della Compagnia di Gesu, i cinque
martiri Domenicani in Cina, il B. Ancina Yescovo di Saluzzo, il B.
Grignon de Monfort fondatore della Congregazione de' Missionari dello
Spirito Santo e delle Suore della Sapienza, il B. del Bufalo fonda-
tore della Congregazione del Preziosissimo Sangue, il B. Gio. Avila,
i Beati Antonio Baldinucci e Bernardino Realino della Compagnia di
Gesu, i Beati Gerardo Maiella e Clemente Hofbauer della Congrega-
zione del SS, Redentore, ii B. Antonio Grassi dell'Oratorio, il B. Franc.
Bianchi barnabita, il B. Gabriele Perboire della Missione, il B. Pietro
Chanel Marista, il B. Pompilio Pirotti delle Scuole pie, i beati Mar-
tiri Dionisio e Redento Carmelitani, i beati Teofilo da Corte de' Mi-
nori osservanti, Leopoldo dalle Gaiche de' Riformati francescani, Fe-
lice da Nicosia cappuccino, Egidio M. di S. Giuseppe Alcantarino, la
Beata Giov. Lestonnac fondatrice dell'Ordine delle Figlie di Maria, la
Beata Maddalena Martinengo contessa Barco cappuccina. la Beata Cre-
scenzia Hoess terziaria francescana, la Beata Giuseppina M. di S. Agnese
eremitana di S. Agostino.
Dipiu il 9 Dicembre 1886 confermava il culto gia prestato a 54
Martiri inglesi sotto il regno di Arrigo VIII e di Elisabetta, a capo
de' quali sono i nomi illustri del Cardinal Fisher, vescovo Roffense,
di Tommaso Moro, cancelliere d' In ghil terra, di Margherita Polo con-
tessa di Salisbury madre del Card. Reginaldo Polo.
Date gloriose resteranno nella Storia della Chiesa gli anni 1887-
88, 1893, 1900, a cagione delle splendide testimonianze di fede che
riunirono i popoli intorno al Vicario di Cristo. La prima data era quella
del giubileo sacerdotale di Leone XIII, che ordinato sacerdote il 31
Die. 1837 dal Card. Odescalchi, aveva celebrato la sua prima Messa
il 1° Gennaio 1838 alle cappellette di S. Stanislao. L'Esposizione Va-
ticana dei doni mandati al Papa in tal occasione dai popoli e dai
re fu aperta ii 6 Gennaio, alia maraviglia del mondo.
CONTEMPORANEA 487
La seconda data ricorda il giubileo episcopale del S. Padre che fu
iatto arcivescovo di Damiata nel 1843 e nunzio a Brusselle, poi uel
1846 vescovo a Perugia, creato Cardinale da Pio IX nel 1853. Egli
compie cinquant'anni di cardinalato il 19 del prossimo Dicembre 1903.
E 1'unico superstate degli Emi Porporati che furono presenti 1'8 Di-
cembre 1854 alia solenne defmizione dell'Immacolata Concezione. La
messa giubilare radunava in S. Pietro 70,000 fedeli.
II 1900 e la data dell' Anno Santo, e sta ancora nella memoria di
tutti. Yogliamo solo ricordare la consacrazione degli iiomini al Sacro
Ouore di Gesu. Tre altri giabilei d'indulgenza concesse Leone XIII
negli anni 1879, 1881, 1886.
Taceremo oggi ogni memoria delle ire e degli oltraggi settari che
pur troppo non mancarono a Leone XIII (come gli empi saturnali a Gior-
dano Bruno nel 1889), per non rammentare che i giorni in cui il mondo,
venerando il Yicario di Cristo sulla terra, lo elesse arbitro e media-
^ore di pace nel 1885 tra la Prussia e la Spagna per la questione
delle isole Caroline; nel 1892 fra il Portogailo ed il Belgio pei con-
fini del Congo; nel 1895 fra le repubbliche di Haiti e di S. Domingo
pei limiti dei loro territori. Ricordererno i Concordat! col Portogailo
•e col Montenegro nel 1886, quello della Colombia nel 1888 : la gerarchia
•cattoliea ripristinata nella Scozia, nel 1878 : nel 1881 tra i Bulgari,
fra i Ruteni; nella Bosnia e nell'Erzegovina ; nel 1891 nel Giappone:
la istituzione della legazione prussiana presso la Santa Sede nel 1882,
•della russa nel 1895 : 1'invio a Roma di plenipotenziari inglesi nel
1888 e 1890, e di quelli degli Stati Uniti nel 1902.
II Collegio Ruteno, il Collegio greco di S. Atanasio, il Seminario
copto, il Collegio armeno, il maronita, il caldeo sono testimoni dello
zelo di Leone XIII per favorire quella uniore delle Chiese Oriental!
che fu la preoccnpazione costante del suo pontificate.
Bastera citare 1'istituto Leonino d'Anagni, il Lecniano in Roma,
la Biblioteca Yaticana ampliata, gli Archivi aperti, 1' Osservatorio
fondato, le Sale Borgiane ristorate, 1'abside di S. Giovanni Laterano
rifatta, per provare la munificenza di Leone XIII in tutto quello che
appartiene a religione, scienza, lettere ed arti.
Ma certo, per comune consenso, il piu solenne monumento clie
provera alia storia la sollecitudine e la sapienza del papa Leone XIII
per il bene della Chiesa e la salvezza dell'umana societa sono le sue
Lettere encicliche. Noi le riuniamo qui per ordine di data, e non,
•crediamo far opera inutile, poiche anche il loro solo titolo e argo-
mento dei bisogni, delle lotte dei tempi e segna la via trionfale del-
1'Eterna Yerita :
Inscrutabili, 11 aprile 1878 (il giorno di Pasqua) e la prima pa-
xola del Papa al mondo cristiano.
488 CRONACA
Quod Apostoliei numeris, 28 ottobre 1878. Contro il socialismo.
Aeterni Patris, 4 agosto 1879. Raccomanda lo studio della filosofia.
secondo S. Tommaso.
Arcanum, 10 febbraio 1880. Del matrimonio cristiano.
Grande munus, 30 settembre 1880. Culto de' SS. Cirillo e Metodio
apostoli degli slavi.
Sancta Dei civitas, 3 dicembre 1880. Delia propagazione della fede^
Militans lesu Cristi Ecclesia, 12 marzo 1881. Pubblica il Giubileo>
straordinario.
Diuturnum, 29 giugno 1881. Del politico principato.
Etsi nos, 15 febbraio 1882. Ai Yescovi d'ltalia. Sui mali present!..
Auspicate, 17 settembre 1882. Nel Settimo Centenario di S. Fran-
cesco d'Assisi.
Cum multa, 8 dicembre 1882. Ai Vescovi Spagnuoli. Per la con-
cordia.
Supremi Apostolatus, 1 sett. 1883. Ricorso alia B. Y. col Rosario..
Nobilissima Gallorum gens, 10 febbraio 1884. Mali della societa,.
unione colla S. Sede.
Humanum genus, 20 aprile 1884. Contro la setta massonica.
Superiore anno, 26 agosto 1884. Del Santo Rosario.
Immortale Dei, 1 novembre 1885. Della costituzione cristiana delle-
nazioni.
Quod auctoritate, 22 dicembre 1885. Pel Giubileo.
Quod multum, 22 agosto 1886. Ai Yescovi ungheresi. Della liberty
deDa Chiesa.
Humana salutis auctor. 1 sett. 1886. Ai Yescovi portoghesi. Delia
Gerarchia nelle Indie.
Pergrata nobis, 14 settembre 1886. Ai Yescovi portoghesi. Sui
Concord ato.
Vi e ben noto, 20 settembre 1887. Ai Yescovi italiani. Sui SS. Ro-
sario, rimedio ai mali che affliggono 1' Italia.
Officio sanctissimo, 22 dicembre 1887. Ai Yescovi bavaresi. Suite
condizioni della Ghiesa in Baviera.
Libertas, 20 giugno 1888. Delia natura della liberta.
Saepe nos, 24 giugno 1888. Ai Yescovi irlandesi. Delle agitazioni*
Paterna charitas, 25 luglio 1888. AI Patriarca di Cilicia, ai Yescovi
e al popolo Armeno.
Exeunte iam anno, 25 dicembre 1888. Chiusa del Giubileo sacer*
dotale. Dei mali che affliggono la Societa.
Quamquam pluries, 15 agosto 1889. Pel Patrocinio di S. Giuseppe-
e di Maria Yergine.
Sapientiae christianae, 10 gennaio 1890. Dei doveri de' cittadini
cristiani.
CONTEMPORANEA 489
Datt'alto dell' Apostolico seggio, 15 ottobre 1890. Ai Yescovi e al
popolo italiano. Dei mail present!.
Catholicae Ecdesiae, 20 novembre 1890. Dell' abolizione della
^schiavitu.
Eerum novarum, 15 maggio 1891. Della condizione degli operai.
Octobri mense, 22 settembre 1891. Del rosario della B. Y.
Au milieu des sollicitudes, 16 febbraio 1892. Ai Yescovi e al popolo
francese, sulle dissensioni politiche.
Quarto abeunte saeculo, 16 luglio 1892. Ai Yescovi di Spagna,
Italia e America. Centenario della scoperta.
Magnae Dei Matris, 8 settembre 1892. Del rosario della B. Y.
Inimica vis, 8 dicembre 1892. Ai Yescovi italiani. Sulle se"tte.
Ad extrema orientis oras, 24 giugno 1893. Ai Yescovi delle Indie
per la fondazione del Seminari.
Constanti Hungarorum, 2 settembre 1893. Ai Yescovi ungheresi.
Laetitiae Sanetae, 8 settembre 1893. Del santo Rosario.
Non mediocri, 25 octobre 1893. Ai Yescovi spagnuoli.
Provvidentissimus Deus, 18 novembre 1893. Degli studi biblici.
Charitatis providentiaeque Nostrae, 19 marzo 1894. Ai Yescovi Po-
lacchi. Dell'educazione del Clero.
Praeclara, 20 giugno 1894. Ai principi e ai popoli. Dopo il Giubileo
<episcopale pel ritorno all'unita.
Literas a vobis, 2 luglio 1894. Ai Yescovi brasiliani. Nuova Ge-
rarchia.
lucundum semper, 8 settembre 1894. Del santo Rosario.
Christi nomen, 24 dicembre 1894. Delle missioni.
Longinqua, 6 gennaio 1895. Ai Yescovi degli Stati Uniti.
Amantissimae voluntatis, 11 aprile 1895. AgF Inglesi. Pel ritorno
dei dissidenti.
Adiutricem, 5 settembre 1895. Del santo Rosario.
Satis cognitum, 29 giugno 1896. DelPunita della Chiesa.
Fidentem piumque animum, 20 settembre 1896. Del Rosario della B. Y.
Divinum illud, 9 maggio 1897. Intorno allo Spirito Santo.
Militantis Ecclesiae, I agosto 1897. Ai Yescovi di Germania, Austria
<8 Svizzera. Nel centenario del B. Canisio.
Augusiissimae Virginia Mariae, 8 settembre 1897. Del santo Rosario.
Affari vos, 8 dicembre 1897. Ai Yescovi del Canada. Sulle scuole.
Charitatis studium, 25 luglio 1898. Ai Yescovi di Scozia. Sul ma-
gistero della Chiesa.
Diuturni temporis, 5 settembre 1898. Del santo Rosario.
Testem benevolentiae, 22 genn. 1899. Al Card. Gibbons. Dell'ame-
ricanismo.
Annum Sacrum, 25 maggio 1899. Della Consacrazione degli uomini
•al S. Cuore di Gesu.
490 CRONACA
Depuis le jour, 8 settembre 1899. Ai Yescovi di Francia. Dei Se-
minari e degli Studi del Ciero.
Tametsi, 1 novembre 1900. Di Gesu Cristo Eedentore.
Graves de Communi, 18 gennaio 1901. D«mocrazia cristiana.
Pervenuti all' anno vigesimoquinto, 19 marzo 1902. Cause della
guerra alia Chiesa e suoi riinedi.
Mirae caritatis, 28 maggio 1902. Delia SS. Eucaristia.
Fin dal principio del Nostro Pontificate, 8 dicembre 1902. Ai Ye-
scovi italiani. Dell'eduoazibne ecclesiastica.
2. Nel secondo quaderno di dicembre, parlando della Oommissione-
istituita dal Sommo Pontefice sopra gli Studi biblici, annunziavamo
la prossima nomina di parecchi Consultori, parte resident!, parte cor-
rispondenti dall'estero, Eccone 1'elenco pubblicato fall' Osservatore ro-
memo del 1 febbraio. E facile riconoscere in esso che il Santo Padre
ha chiamato all 'alto e geloso ufficio soggetti di varie nazionalita e di
vario ceto eeclesiastico, tutti di merito non comune, comprovato sia
nell' insegnamento sia colla pubblicazione di importanti lavori biblici.
ERmi, P. Fulcrano Gregorio Yigouroux, della Congregazione di
S. Sulpizio, professore di S. Scrittura nell'Istituto cattolieo di Parigi.
P. David Fleming, Yicario generale dei Frati minori.
P. M. Alberto Lepidi 0. P. Maestro del Sacro Palazzo Apostolico..
Mgr. Ant. Maria Ceriani, Prefetto della biblioteca Ambrosiana.
P. M. Tcmmaso Essler 0. P. Segretario^della S. Congr. dell' Indice.
P. Francesco Hummelauer S. I.
Mgr. Tommaso Gius. Lamy, membro della Societa archeologica bi-
blica di Londra e professore nell'Universita di Lovanio.
Dott. Ottone Bardenhewer, professore di Esegesi ail'Universita di
Monaco.
Can. Giov. Mercati, scrittore della biblioteca Yaticana.
P. Enrico Gismondi S. I. professore di Sacra Scrittura neH'Uni-
versita Gregoriana.
P. Gio. Giacinto Cereseto dell'Oratorio, membro del Collegio teo-
logico di S. Tommaso di Genova.
A. van Hoonacker professore di Sacra Scrittura nella Universita,
di Lovanio.
Mgr. Salvatore Talamo, canonico della Basilica Yaticana.
P. Carlo Grannan, professore di Sacra Scrittura nell'Universita
cattolica di^ Washington.
Dott. Luigi Schaeffer, prof. d'Esegesi nelTUniversita di Breslavia..
Dott. Franc. Kaulen, professore d'Esegesi nell'Dniversita di Bonn.
Dott. Pietro Ambrogio Amelli 0. S. B. Priore dell'Abazia di Monte
Cassino.
Roberto F. Clarke della diocesi di Westminster.
CONTEMPORANEA 491
P. M. Giuseppe Lagrange 0. P. professore di Sacra Scrittura nel
Collegio di S. Sfcefano a Gerusalemme.
Umberto Fracassini, professore di Sacra Scrittura nel Seminario di
Perugia.
P. Rodolfo Comely S. I.
Dott. Hoberg, rettore deli'Accademia di Friburgo.
Carlo Fouard, canonico di Rouen, gia professore di Sacra Scrittura.
Dott. Tommaso Weiker 0. S. B., professore di Sacra Scrittura nel
Collegio di S. Anselmo in Roma.
P. Yincenzo Scheil 0. P. professore della Scuola « des Hautes
Etudes ».
Can. Corrado Gonfalonieri, professore di Sacra Srittura nel Sem.
Arcivescovile di Firenze.
Dott. Bernardo Schaefer, professore di Sacra Scrittura nell'Uni-
versita di Vienna.
Mgr. Alfonso Legendre, decano della facolta teologica di Angers
.ed ivi professore di Sacra Scrittura.
P. Ferdinando Prat. S. I.
Mgr. Costantino Guiberlet, professore nell'Universita di Fulda.
Dott. Paolo Teller, professore d'Esegesi nell'Universita di Friburgo.
A. Poels della diocesi di Ruremonda, dottore di Lovanio.
P. Luigi Claudio Fillion della Congregazione di S. Sulpizio.
Eugenio Mangenot, professore di Sacra Scrittura nel Seminario di
INancy.
Dott. Ugo Weis, professore d'Esegesi nel R. Liceo Floviano di
Braunsberg.
D. Emilio Romano Torio, professore nel Seminario di Palencia.
Enrico Lesetre, canonico di Parigi.
Dott. Dustersvold gia direttore del Collegio Albertino di Colonia.
Can. Chauvin gia professore di Sacra Scrittura nel Seminario di
•Laval.
P. Giuseppe Balestri dei Romitani di S. Agostino, gia professore
di Sacra Scrittura.
I Rmi PP. Yigouroux e Fleming, oltre a quello di Consultori,
sono stati chiamati dalla fiducia del Santo Padre all'officio di Secre-
tarii della stessa Commissione.
3. Allo studio esegetico e strettamente biblico, a cui specialmente
e volta 1'opera della Commissione di dotti sopra nominati, e stretta-
mente collegato lo studio delle question! scentifiche che hanno di-
pendenza o relazione colia Bibbia e la rivelazione. Alia trattazione di
tali questioni, cosi vaste, cosi important! e necessarie al cattolico nella
moderna coltura, vediamo con grandissimo piacere aperto un Corso di
Apologia scientifica a S. Apollinare dal chiar. prof. Tuccimei. Le con-
492 CRONACA
ferenze, cominciate i primi di Gennaip, hanno luogo tutti i giovedir
alle 10 ant. II programme altamente scientifico comincia dall'esame-
delle dottrine relative all'origine dell,a vita rispetto alia generazione
spontanea colla quale i materialisti pretendono annullare la credenza
nel Creatore. Seguira poi lo studio djeH'origine della specie, dell'ori-
gine dell'uomo, dell'unita della specie umana, dei caratteri distin-
tivi di essa ; delle primitive migrazioni umane e della divisione dei
popoli; dell'origine del linguaggio: del diluvio noetico; della realta
dell'anima: della liberta umana: delle cause finali e dell'ordine re-
gnante nell' Universe.
II corso e facoltativo, eppure lo vediamo seguito da ben 250 stu-
diosi; il che prova appunto che si sente da molti 1' importanza e la
necessita di tali conferenze, ed onora meritatamente la vasta dottrina.
e la competenza scientifica dell'illustre profeseore.
4. II 7 febbraio si tenne Cappella papale nella Sistina al Yaticano
per la ricorrenza del 25 anniversario della inorte di Pio IX. Alia Messa
espiatoria pontificata dal Card. Satolli, assisteva in trono il S. Padre,
che alia fine diede 1'assoluzione. Erano present! i Cardinal!, la Corte
Pontificia, il Corpo diplomatico oltre molti signori e signore di varie-
nazionalita. II maestro D. Lorenzo Perosi, succeduto definitivamente
al comm. Mustafa, dirigeva la cappella pontificia che esegui la Messa
dell'Anerio.
Non sia discaro ai nostri lettori se, profittando della commemora-
zione di questo venticinquesimo anniversario, riportiamo qui un nuova
documento che riguarda la vita del grande Pontefice.
Quando nel 1823, quattro anni dacche era sacerdote, e presidente
dell'ospizio di Tata Giovanni, il giovane canonico Mastai Ferretti
fu destinato a passare al Chili quale Uditore con Monsignor Muzzi
cola mandato a riordinare le cose ecclesiastiche in quei paesi di fresco
levatisi a repubblica, la madre di lui, contessa Caterina Solazzi in
Mastai, gia innanzi cogli anni, scrisse al cardinal Consalvi perchS
volesse impedire quell'andata, e non la privasse di quel suo ultimo
fi^liuolo. La lettera della Contessa e la risposta del Cardinale noi
ricopiamo quali si trovano nell'Archivio Yaticano.
« Fresca tuttora la piaga che produsse nel mio cuore la pcrdita,
diro quasi prematura, di due amatissimi cognati, nelle persone del
Yescovo di Pesaro, e del Primo Luogotenente dell' A. C., i quali nelle
rispettive loro forze servivano la religione e lo Stato, mi vien ora acre-
mente esacerbata dall' improvviso annuncio dato dall'ultimo mio figlio
Giammaria, di doversi recare in remotissime regioni per la via di
mare, e per importantissima missione ; di quel figlio il quale, conforme
sa tutta Roma, la patria, la famiglia, sopravive per solo tratto di di-
vina provvidenza ; di quel figlio, ripeto, che nelle deboli sue forze
CONTEMPORANEA 493
serve tuttora egualmente e complessivamente alia religion e ed alio
Stato ; di quel figlio infine che tanti anni sono per la sua debole com-
plessione fu legalmente esentato dalla coscrizione militare : ed e
tutto dire.
« E come no ? Gracile egli per natura, soggetto ad alterarsi ad ogni
piccolissimo urto nell'applicare, nel cibarsi anche sempre misurato,
nei patemi d'animo che la sua umanita le (sic) faranno talvolta ri-
sentire dividendosi per sempre da' suoi, nell'esporsi a si lunga navi-
gazione e passare la linea, e azzardo tale, che se egli giungesse alia
meta, non so mai qual frutto potrebbe raccogliere cola giunto, sapendo
altronde e conoscendo quanto altri abbian sofferlo coll' aver tentato
sanissimi una simile navigazione : ed a me infine si toglie 1' unico
conforto di mai piu rivederlo.
« L'animo sensibile di Yostra Eminenza Revma, che tale dimostrossi
nella perdita dei due ricordati cognati, di quella segnatamente del
Yescovo di Pesaro, non ha bisogno di parole, onde penetrare nel cuore
di una madre e sentire il dolore che altamente la penetra in si fatta
circostanza : ed e in questi sensi che alia di lei pieta mi rivolgo ac-
ciocche mostrando a questo figlio, quanto nell'alta sua mente e nel-
Taffettuoso guo cnore pud concepire e sentire di consiglio e di per-
suasione, si ccmpiaccia rimuoverlo dalla presa risoluzione e conservare
cosi alia Chiesa ed ai Governo un giovane che almen per zelo pud
rendere dei piccoli si ma buoni servizi ; e togliere a me quella pena
che mi fara perdere in breve i pochi giorni di vita che mi rimangono.
« Nella fiducia di essere consolata, le bacio umilmente la sacra
porpora.
« Senigallia, 18 maggio 1823.
« Di Yostra Emza Rma
(Di propria mano) « Umilissima, devotissima serva
« CATERINA MASTAI. »
Yerissimo era che quell'ultimo degli otto figliuoli della Contessa
Mastai fosse di salute cagionevolissima. Egli soffriva di insulti epi-
lettiformi : e nel 1812, che era per lui 1'anno della coscrizione mili-
tare, il vice-prefetto francese essendo stato presente piu volte in casa
Mastai a quei fieri accidenti, colla sua testimonianza ne dovette di-
chiarare 1' inabilita al servizio militare ; caso oltremodo difficile, come
ognun sa, negli anni terribili delle guerre napoleoniche.
Quegli accessi pero andaron diminuendo piu tardi, sicche pote ot-
tenere la dispensa pel sacerdozio a 27 anni, celebrando la Messa per
parecchio tempo in privato e coll'assistenza di un altro sacerdote.
Ecco la risposta del Consalvi :
(Minuta) 4 Ricevuta la lettera di Y. S. Illrna del 18 corrente, non
ho lasciato di richiamare a me il suo signer Figliuolo A. Giammaria
494 CRONACA
e gli ho tenuto proposito dell'argomento, cui appella la sua lettera
medesima. Egli pero mi ha mostrato il piu pieno e il piu esteso con-
senso paterno e materno, quale, sebbene si trattasse di un oggetto
cosi lode vole, non aveva omesso di riportare precedentemeate. Attri-
buisce il di lei pentimento ad un naturale impulso di tenerezza ma-
terna : ma egli stante la bonta del motive che lo spicge, dopo di aver
implorato dal cielo gli aiuti opportuni, e dopo essersi consigliato con
persone di dottrina e prudenza non crede di recedere dalia presa ri-
sohizione e si e mostrato decisissimo di seguire la chiamata del
Signore,
« Comprendera Ella pertanto nella sua ragionevolezza che io non ho
la maniera di oppormi alia virtuosa determinazione del detto suo
signer Figliuolo, e che non mi converrebbe di farlo. — Tan to posso
significare in risposta etc. > >
La notizia delle materne angustie era giunta fi.no al Pontefice
Pio VII, il quale nel congedare il giovane Uditore, gli disse : La
Contessa vostra madre ha scritto al Segretario di Stato d'impedire il
vostro viaggio : ma Noi le abbiam risposto che sareste sicuramente
tomato salvo da questa missione.
E' torno difatti due anni dopo, scampato dalla prigionia alle isole
Baleari, dai pericoli di naufragi sulle coste del Chili, avendo molto
operato coi suo zelo a bene di quelle popolazioni. La madre sua visse
ancora tanto da vederlo innalzato all'Arcivescovato di Spoieto nel L827.
II.
COSE ITALIANS
1. Riapertura delle Camere. Legge sul servizio telefonico. — 2. Disordini
nelle Universita. — 3. Federazione nazionale antidivorzista. Conferenza
dell'on. Gianturco. — 4. Ancora della Societa Dante Aligkieri.
1. La riapertura delle Cam^re, il 27 gennaio, non ricondusse a
Montecitorio che pochi onorevoli, per modo che i primi giorni, man-
cando il numero legaler non si pote venire a votazione. Il giovedi 29,
il ministro degli Esteri, on. Prinetti, fu colto da improvviso malore,
mentre cogli altri ministri si presentava al re per la firma dei decreti.
Soccorso immediatamente dall'on. Baecelli, che fece rinvenire il malato
con qualche eccitaute, fu poi con molte precauzioni trasportato in
carrozza di Gorte al suo domicilio. La paralisi manifestatasi nel lato
sinistro, con impedimento della lingua, ando fortunatamente dimi-
nuendo a poco a pooo nei giorni seguenti, e grazie alia fresca eta di
cinquantun'anno e alia robusta fibra dell' infermo, si spera di vederlo
presto riaversi completamente. Di salute mal sicura turono ancora il
CONTEMPORANEA 495
Presidente del Consiglio, on Zanardelli, gli onorevoli di Balenzano
e di Broglio e ultimamente Fon. Giolitti : sicche malato davvero pud
dirsi il Ministero, anche senza allusione ironica a probabili rimpasti
e combinazioni che gia erano corse pel giornali (specie pel ministro
del Tesoro) e che per ora sembrano premature, benche la questione
delle finanze e la legge degli sgravii abbiano indebolita la pubblica
fiducia e aperto il campo a prossime battaglie. — Intanto pero, la
cura dell'on. Prinetti richiedendo un prolungato riposo, 1' interim del
Ministero degli Esteri e affidato all'on. Morin ministro della Marina.
Nelle tornate del 28 e 29 si discusse il disegno di legge, proposto
dal Ministero, pel servizio telefonico interurbano da assumersi dallo
Stato. Colla esecuzione di tal disegno dentro quattro anni dovra esser
eompiuta una rete telefonica che metta in comunicazione una gran
parte delle citta italiane, con tariffe ridotte a 0,50 cent, per le distanze
inferior! a 100 chilometri, una lira fino a 250 ch. : 1.50 fino a 400
ch. : 2 lire per le distanze maggiori. L'unita di tempo della telefonata
sarebbe di tre minuti. Tutto fa prevedere che questo servizio avra
grande sviluppo. Yi sono in Italia circa 30,000 concessionarii che
hanno linea propria e non potevano finora comunicare colle linee in-
terurbane ; concedendo loro tale facolta, aumenteranno certamente di
nuniero. Gia ci sono richieste per 3500 chilometri di nuove linee. Si
e aperta una linea nazionale Roma-Genova Milano-Torino: ed e pronta la
prima linea interuazionale Roma Paiigi. Parecchi deputati pero si mo-
strarono avversi al servizio dello Stato, preferendo le societa private :
altri lamento la scarsita degli stipendi delle telefoniste, che cominciano
con 20 lire al mese per giungere a un massimo di 60. Per ora il Go-
verno non voile addossarsi nessun obbligo. La legge fu approvata con
172 voti contro 35.
Sul chiudersi della discussione generale, dietro proposta del-
l'on. Frascara fu unanimemente approvato un ordine del giorno « per
inviare un voto di plauso e di riconoscenza a Guglielmo Marconi, per
cui rifulge di nuova gloria il nome d' Italia » .
Null'altro di note vole troviamo nelle tornate dei giorni scorsi, se
non una proposta di legge fatta dall'on. Di Rudini, per trasferire alle
quattro figliuole di Stefano Canzio e Teresa Garibaldi 1'assegno dello
Stato che godeva la madre, morta a Caprera il 5 gennaio passato. E
noto che con legge del 27 maggio 1875 era stato fatto a Garibaldi il
dono nazionale di un milione, e assegnata la pensione di 50,000 lire,
la quale fu, alia morte di lui, ripartita tra i cinque figli. Per la
nuova proposta dell'on. Di Rudini la pensione di Teresa Canzio Gari-
baldi sarebbe continuata in 2,500 lire a ciascuna delle sue figliuole.
La proposta fu approvata senza discussione de' deputati, ma non
senza commenti de' contribuenti.
496 CRONACA
2. Curioso benche non nuovo spettacolo davano quest! giorni gli
student! di parecchie Universita del Regno. Roma, Torino, Pavia,
Padova, Parma, Bologna e sopratutto Napoli erano in tumulto, per
divers! pretest!, e non senza inttusso, come disse alia Camera il Mi-
nistro Nasi, del vicino carnevale. In alcune fu cagione di malcon-
tento la nuova legge sulP Istruzione superiore, per la quale vengono
aumentate le tasse degli student! di una media di circa 50 lire. Al-
trove invece gli universitarii strepitarono per un altro inciso della
stessa legge, il quale ricorda che in ogni caso « sara vietata qua-
lunque sessione d'esame, oltre le due di luglio e di ottobre normal-
mente stabilite dalla legge Casati : soltanto nelle Universita dove e
maggiore il numero degli student!, le sessioni d'esame possono essere
prolungate per decreto ministeriale su proposta del Consiglio accade-
mico, purch& non s' interrompa il corso delle lezioni, e lo studente
non potra presentarsi all'esame che una sola volta per ogni ses-
sione. » Gli student! dell 'Universita di Napoli intendevano avere la
sessione straordinaria di marzo : e per ottenerla tumultuarono ; furono
impedite le lezioni, fracassati vetri, abbattute le porte, messo fuoco
ai banchi : fischiate le guardie aocorse, bersagliate con libri, e quanto
capitava alle mani. All'Anfiteatro d'anatomia anche i pezzi di cada-
vere servirono di proiettili per disturbare la scuola. Un' interroga-
zione dell'on. Alessio alia Camera provoco una energica dichiarazione
del Minittro Nasi, il quale ordino si denunziassero gli studenti col-
pevoli all'autorita giudiziaria. « Assicurare 1' impunita ai colpevoli,
disse, e farsi loro complice; e tempo di non usare piu indulgenza a
chi non sa intenderla. Bisogna che cessi la impunita sistematica e
spero che in cio le autorita universitarie sapranno assecondarmi non
limitandosi a chiudere le Universita e sospendere i corsi. Per me e
un pregiudizio che le Universita siano un asilo in cui si possano im-
punemente commettere disordini. »
E fu applaudito vivamente perfino dall'estrema Sinistra !
3. II disegno di legge sul divorzio ebbe un fiero colpo a Firenze,
domenica 25 gennaio. I comitati delle principal! citta d'ltalia si riu-
nirono cola in Congresso per costituire una Federazione nazionale
antidivorzista. Nella stessa occasione fu invitato il prof. Emm. Gian-
turco deputato di Acerenza, ex guardasigilli, a tenere una confe-
renza nel salone del palazzo Corsini e vi accorse si gran folia che
non pote capire nella sala, benche vastissima.
Tra i present! erano moltissimi senator!, deputati, avvocati, pro-
fessori, come Gabba, Villari, Sarnbuy, Canonico, Biancheri, Torri-
giani, Filomusi-Guelfl, Billia, il venerando prof. Augusto Conti, il
conte Greppi, il march. Cornaggia e altri numerosi rappresentanti
dei comitati di Roma, Napoli, Milano, Bologna, Geneva, Catania,
CONTEMPORANEA 497
Pisa, Padova, Yercelli, Siena, Cuneo, Prato, Pistoia, Arezzo, Sa-
luzzo, Brescia, Lodi. Moltissime anche le adesioni di « antichi ed
autorevoli uomini parlamentari, d'indiscutibile fede italiana, inse-
gnanti di Universita, giureconsulti insigni, che uniti nella lotta,
vollero attestare alPonorevole Giantureo la simpatia de' sentimenti e
1'immutabile convinzione che in Italia non convenga turbare 1'or-
dine della famiglia. » Bastera nominare i senatori Lampertico, Thaon
di Revel, Fogazzaro, Municchi, ecc. ; i professori, Stoppato, Del
Lungo, Mattirolo, Zanichelli, ecc.
L'on. Gianturco comincio sfatando il puerile artifizio di attri-
buire 1'agitazione antidivorzista all' influenza clericale : la questions
trascende i limiti di partiti religiosi. L'oratore ammette la compe-
tenza dello Stato in materia matrimoniale, ma non bisogna commet-
tere uno sproposito per far dispetto al Yaticano : la Chiesa proibisce
anche il furto e 1'omicidio, ne lo Stato pud ammetterli per far di-
spetto alia Chiesa. I fautori del divorzio lo propongono come un
freno al traviamento dei costumi : la storia, la statistica, 1'esperienza
dimostrano che cid e falso.
Chiariti i concetti di nullitd e di divorzio, quella dovuta a cause
preesistenti, questo a cause sopravvenute, spiega come 1'ammettere
casi di nullita non contradice all'indissolubilita per la quale sempre
combatte la Chiesa e la sana filosofia. I casi pietosi commuovono,
ma non giustificano mutamenti nelle leggi fondamentali ; tutte le
grandi istituzioni hanno le loro vittime, come la fede i suoi martiri,
e la patria i suoi eroi. Ad ogni modo se il matrimonio ha le sue
vittime (non sempre innocenti), il loro sacrificio non e inutile : spesso
la salvezza morale di un coniuge e opera dell'altro; talvolta il con-
forto dei figliuoli basta a riempire una vita ! — L'esperienza degli
Stati civili insegna che le condizioni della donna non sono punto
migliorate nei paesi di divorzio : che spesso la prova delle cause di di-
Torzio e affatto simulata d'accordo tra i coniugi, e per motivi d'igno-
bile tornaconto: che gli adulterii crescono per la speranza di rego-
larli mediante nuovo matrimonio : che talvolta i divorziati tornano a
vivere insieme in concubinato : che il divorzio seniina odii implaca-
bili tra le famiglie: che i coniugii minacciano di diventar matrimonii
di prova: che deve prevedersi anche in Europa il sorgere di agenxis
di divorzio, simili a quelle seminatrici di scandali nelF America del
Nord. — E vero che la legge ora restringe il divorzio a sette casi
•(che Ton. Fusco ben chiamd i sette peccati capitali1), ma una volta
ammesso il principio, non sarebbe possibile negare piu estese par-
tecipazioni, per finire poi colla tesi dell' on. Colaianni e dei troppo
tielebri fratelli Margueritte, i quali fanno del matrimonio un con-
tratto che si stringe e si scioglie a capriccio dei contraenti.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1264. 32 14 febbraio 1903.
498 CRONACA
L'oratore fini approvando 1'agitazicme popolare, e poiche si vuol
negare valore alle petizioni, invocherebbe anche il referendum, sicuro
della maggioranza. Gli avversari oppongono che in questo caso, (in
altri no) la maggioranza e idiota e loro sono gli intelligent! : siamo
in buona compagnia, con Q-ladstone, Cantu, Jules Simon, Bonghi, ecc.
« Guai a toccare con sacrilega mano istituzioni fatte sacre dalla
storia e dalla religione, santificate dalle memorie piu care, dagli af-
fetti piu dolci. To vi dico in verita che sarebbe il piu pericoloso salto
nel buio che mai sia stato fatto nella storia delle nostre leggi e dei
nostri costumi. »
Fu fatta all'esimio conferenziere una vera ovazione. — Per la Fe-
derazione nazionale antidivorzista venne eletto presidente onorario
il sen. Gabba: presidente effettivo il sen. Fusco : vice-pres. il prin-
cipe sen. Tom. Corsini, il sen. Sambuy, il conte Greppi. Fu riso-
luto di mantenere 1'agitazione con conferenze, con opuscoli diffusi
gratuitamente in tutti i Comuni d'ltalia.
Altre importanti riunioni si tennero di questi giorni a Napoli, in
Roma ed altrove e ne daremo relazione nel prossimo quaderno.
4. Si e riparlato molto anche in queste ultimo settimane intorno
alia Societa « Dante Alighieri » disputandosi dell'opportunita per i cat-
tolici di prendervi parte e di usarne 1'influenza a diffusione di vera
coltura e di cristiana civilta. I nostri lettori conoscono gia quale sia
lo spirito della « Dante Alighieri » da, quello che ne abbiarn riferito,
per esempio, nel vol. YII della Serie XYII pag. 256.
Per chi desiderasse inaggiori schiarimenti, riportiamo qui quello
che la Vera Roma, pubblicava nel suo numero del 1 febbraio cor-
rente. E bene che certi dccumenti siano conservati.
« La R.'. Loggia Universo, all'Oriente di Roma, ha trasmesso a tutte
le Loggie della Comunione Italiana la seguente lettera-circolare, sulla
quale noi richiamiamo la piu viva e piu fraterna loro attenzione:
«0r.\ di Roma, g.\ Xm.\ XI anno V.-. L.\ 000894 e dell'E/.
V.'. 10 gennaio 1895.
«/#/. e Car.'. F.\ Venerabile,
« Nella nostra Loggia furono piu di una volta invocati il concorso
e la cooperazione della Massoneria a favore della benemerita Societa
Dante Alighieri, sorta in Italia nel 1890 per la diffusione e la difesa
della lingua e della cultura italiana fuori del Regno. II discorso di
un nostro Fratello a questo proposito fu pubblicato, dietro favorevole
parere del Grande Oriente d'ltalia, nella Rivista della Massoneria
Italiana. L'opportunita e la necessita di favorire la propaganda nazio-
nale della Dante Alighieri furono infine riconosciute da tutti i delegati
delle Valli d'ltalia nelV ultima Costituente. Ond'e che il nostro Poten-
CONTEMPORANEA 499
tiss.*. Gran Maestro, avendo preso a cuore siffatta iniziativa, permetteva
che la nostra Officina rivolgesse a tutte le Loggie italiane un caldo
appello per invitarle a costituire nuovi Comitati della Dante Aligkieri
nelle citta che non ne hanno, a rianimare i Comitati inattivi, a dare
incremento sempre maggiore a quelli che sono sulla via di un lento,
ma contimo progresso.
« Si vorrebbe insomma che la Dante Alighieri diventasse Uil'istitu-
zione massonica, tanto piu che a costituire un Comitato di siffatta
Soeieta bastano venti soci ; e venti soci che paghino volentieri sei lire
all'anno pel trionfo di un'idealita altamente patriottica si possono facil-
mente mettere insieme nell'ambito di qualsiasi Loggia. Facile sara
poi estendere colle personali aderenze il Comitato anche nelmondo pro-
fano, mantenendone tra i fratelli di Loggia la suprema direzione.
«Del resto affinche i Fratelli di cotesta Valle possano acquistare
piena conoscenza degli seopi, dell'indirizzo e dell'opera fin qui com-
piuta dalla Dante Alighieri, noi vi mandiamo alcune copie del discorso
sopra ricordato, un buon numero di statuti della Societa e di regola-
inenti del Comitato romano, nonche altre pubblicazioni che valgano
ad illustrare gl'intenti della nobile Aesociazione, per la quale invo-
chiamo da Voi favore ed aiuto. Confidando piena mente nel consenso
vostro e dei vostri Fratelli di Loggia, e sicuri di raccogliere fra breve
il frutto di questa nostra iniziativa, vi porgiarno il nostro affettuoso
-e fraterno saluto.
« II Yenerabile < II Segretario
« Umberto Dalmedico 30. \ < Romolo Eeboa 9.-. »
« Visto al Grande Oriente d' Italia.
« Si approva e si raccomanda vivamente a tutte le Offieine inasso-
niche della Comunione Italiana.
«Roma, 10 dicembre 1894, E.-. V.\
«I1 Grran Maestro
« Adriano Lemmi » .
III.
COSE STRANIERE
(Notizie Generali).\.1&'ELQiQ. Processo e condanna dell'anarchico Rubino.
— 2. SASSONIA. La pripcipessa Luisa nel Sanatorio diNyon. — 3. VE-
NEZUELA. I negoziati colle Potenze. — 4. AFRICA. Truppe ing] esi contro
il Mullah, nel Sultanato di Obbia. — 5. TURCHIA. Prodromi di nna in-
surrezione macedone.
1. (BELGIO). II 10 febbraio la Corte d'Assise di Brusselle condanno
•Gennaro Rubino ai lavori forzati a vita. Nel processo il Rubino tenne
un contegno stupidamente spavaldo. ISi vantd che avrebbe voluto uc-
500 CRONACA
cidere il re, il prineipe Alberto, e i dignitari del Oorteo reale; si
doleva di non esservi riuscito perche nell'estrarre la rivoltella, essa
s' impiglio nella fodera del soprabito, e non pote sparare che troppo
tardi per colpire il re. La requisitoria mise in luce il carattere ribelle
del Rubino : da soldato ingiuria i suoi capi : da anarchico si fa con-^
dannare per indelicatezza : nel 1899 diventa bigamo : deruba uno del
socii del club, ruba nella cassa : e il tipo dell 'anarchico criminale. — •
In 70 anni di Monarchia nel Belgio e il primo caso di attentato re*
gicidio.
2. (SASSONIA). Uno dei figli della principessa Luisa e caduto pe-
ricolosamente malato di tifo. La madre fece domandare alia Corte
per mezzo degli avvocati Zehme e Lachenal che la assistono ne)
processo aperto contro di lei a Dresda, di poter vedere il figliuolo ;
protestando di assoggettarsi ad allontanare da se ogni scandalo per
ottenere tal grazia. Ma non le fu concesso. Gli avvocati pubblicarono
la seguente nota : In seguito agli awenimenti delle ultime settimane,
al rifiuto dell'autorizzazione di potersi recare presso la casa paterna
a Salisburgo ed all' impossibility in cui fu messa di rivedere il figlio
gravemente malato a Dresda, si e manifestato nella Principessa Luisa
uno stato di depressione fisica e morale ed un abbattimento profondo.
Onde combattere tale prostrazione e tenendo conto dello stato inte-
ressante in cui si trova, la Principessa per trovare il riposo del quale
ha urgente bisogno per ristabilirsi in salute, ha risoluto di ricorrere
ad una cura medica adatta al suo stato. Percio ha chiesto ed otte-
nato di essere ammessa nel Sanatorio della Metairie presso Nyon
dove e entrata oggi stesso (9 febbr.). — Si dice che il Giron sia tor-
nato a Brusselle fatto segno di comune disprezzo.
3, (VENEZUELA). I negoziati tra i rappresentanti delle potenze e il
Bowen sono stati ritardati da molte difficolta : le potenze vorrebbero
imporre condizioni di pagamento e preferenze di trattamento impra-
ticabili. Secondo i giornali d'Inghilterra ecco quali sarebbero i punti
principali del protocollo inglese. — II blocco delle coste venezuelane
sara tolto, appena il Venezuela avra versato alle potenze la somma
di 137,500 franchi: la questione del trattamento privilegiato sara
sottoposta al Tribunale arbitrale dell'Aia. Lo stesso Tribunale fissera
le condizioni secondo le quali sara ripartito il 30 per cento dei pro-
venti delle dogane venezuelane fra i creditori di tutte le nazioni.
Una commissione anglo-venezuelana regolera le rivendicazioni inglesi;
se non si otterra 1'accordo, il Capo di uno Stato europeo sara" scelto
come arbitro. Se ii Venezuela non avra cominciato lo sborso della
somma sopra indicata nel termine fissato, il Belgio amministrera il
servizio delle dogane di Puerto Cabello e La Guayra. Infine si apri-
ranno nuovi trattati di commercio tra il Venezuela e 1'Inghilterra.
CONTEMPORANEA 501
4. (AFRICA). Per fare la guerra al Mullah che da km go tempo in-
festa le possession! britanniche della Somalia, 1'Inghilterra s'accordfr
coll'Italia per potere sbarcare truppe ad Obbia e farle traversare il
territorio del protettorato italiano verso 1' interne del Somaliland. II
Sultano di Obbia, All Jusuf, non si prestava volentieri a questi ac-
cordi ed osteggiava la spedizione inglese, richiedendo somme esor-
bitanti per 1'approvigionamento, per i trasporti, opponendosi alle re-
quisizioni, incagliando le operazioni militari. Allora per ordine del
Ministero degli Esteri, il Sultano invitato sulla nave italiana fu trat-
tenuto e condotto ad Aden presso il console generale d'ltalia. Le
operazioni di guerra continuarono senza difficolta ; ma la condotta del
governo italiano fu giudicata una prepotenza dall'on. Chiesi nel par-
lamento.
5. (TURCHIA). Molte voci corrono sopra preparativi di una pros-
sima insurrezione Macedone e di gran-di armamenti della Turchia per
una guerra. Secondo il Daily News, il Figaro ed altri corrispondenti,
il Sultano avrebbe ordinato gia la mobilitazionejmmediata di 240 000
uomini, ed avrebbe requisite tutti i battelli delle Compagnie di na-
vigazione per trasporto di truppe a rinforzare i corpi d'esercito di
Adrianopoli e di Salonicco, dirigendoli verso la Bulgaria.
Non manca chi smentisce quelle notizie o le tratta di esagera-
zioni : e sara difficile sapere il vero. Oerto e pero che qualche cosa
fermenta da un pezzo in quei paesi. Si parla di riforine che la Tur-
chia concederebbe, ma nessun ci crede, e 1'impero turco e incapace
di riforme. Bande greche e bulgare sono in armi e gli scontri fre-
quenti. Si parla di distruzioni di villaggi, d' incendii, di devasta-
zioni, di torture. II tempo solo ci potra dire se 1'Europa stara anche
qui spettatrice come delle stragi armene, e quali conseguenze siano
per nascere da un intervene armato.
GREC1A (Nostra Corrispondenza) *. 5. Delle scoperte archeolog-iche del
signer Demoulin in Tinos. — 6. II nuovo ministero Delijanni.
5. La stagione invernale ha interrotto i lavori che il giovane belga
sig. Demoulin e non gia Kobin, come per errore fu scritto nel Qua-
derno 1255 della Civiltd Cattolica, gia da piu mesi fa eseguire in Tinos
per lo scoprimento dell'antico tempio di Nettuno, uno dei piu famosi
dell'antichita pagana. E gia nota 1' influenza di cui tra tutte le Ci-
cladi godeva Tinos a causa della sua vicinanza colla famosa Delosr
e per 1'abbondanza delle sue acque. Strabone ci assicura che migliaia
di pellegrini diretti a venerare il tempio di Apollo in Delos, si fer-
mavano prima in Tinos per la cerimonia delle abluzioni, per la quale-
1 Continuazione. Vedi il quad. 1262, pag. 248 e segg.
502 CRONACA
erano stati costruiti degli edificii particolari, sia a spese del pubblico
erario, sia dei particolari a titolo di pubblica beneficenza o per sen-
timento religiose, come attestano varii frainmenti d'iscrizioni lapi-
darie che qui e la si son trovate nell' isola, quella specialmente che
trovasi oggi nell'atrio della Chiesa di S. Giovanni Battista nel vil-
laggio di Comi, la quale molto ben conservata copre quasi un metro
di una grossa colonna trasportata in quella parte dell' isola non si
sa il perche. La storia parla dunque d'un celebre tempio di Netttino
e di An&trite situato nella parte occidentale dell' Isola e di una statua
eolossale del dio del mare, la quale collocata a vista delie navi che
facevano vela per Delos era riguardata dai pellegrini come un faro
luminoso che li guidava ai piedi di Apollo. II sig. Demoulin addetto
all' Istituto archeologico francese di Atene, si e data la lodevolissima
briga di scoprire e 1'una e Paltra cosa, e cavarle fuori dalle viscere della
terra dove giacciono gia da tanti secoli sepolte nell'oblio. Guidato
dalla storia e dalle sue particolari osservazioni egli fece applicare il
piccone in quella parte occidentale dell' Isola che guarda Sira ed e
designata col nome di Kionia, a poca distanza della capitale seguendo
la riva del mare, il quale forma un lungo canale chiuso tra le due
isole come tra due parallele, alia estremita orientale delle quali si
stende la sacra Delos. I lavori del paziente archeologo sono gia co-
ronati d'un felice risultato, poiche non si pud dubitare ch'egli si
trovi gia in presenza delle ruine dell'antico tempio. A cento metri
dal lido del mare, son venuti fuori fondarnenta d'un fabbricato lungo
sedici metri, largo dodici, con due metri di profondita : dal lato di
mezzogiorno di queste mura, gradini che portano aU'edificio; at-
torno di esso una gran quantita di mostri marini in ottimo marmo,
delfini e draghi, simboli del dio del mare, molte statue, decreti, iscri-
zioni dedicatorie, le quali non lasciano alcun dubbio che quelie so no
le fondamenta del ricercato tempio di Nettuno. Sia a mo' d'esempio,
1'iscrizione d'una colonna formata di due pezzi di marmo e trovata
.allato del tempio.
AIOMHAHS
KAI APISTIQ
TON riON
APISTEA
IIOSEIAQNI
KAI AM<DITPI
TEI
Diomede ed Aristio il figlio Aristea a Poseidone (Nettuno) ed An-
fitrite (raccomandano).
Una piastra di marmo assai corrosa dal tempo porta 1' ultima parte
CONTEMPORANEA 505
timento comune del popolo, quanto per esilarare i lettori della Civilta
Cattolica con uno specimen della poesia greca-volgare :
« ED/^optai 'OTYJV KofJepvrjat, TroupyaXe TO xopSdvi (partito Delijannista)
vavat aiSyjpoxdcpaXt, xi* daaXsmo xaSpovt.
xai. 'axov updsSpov TOV ex TT)S ropTtmag (Delijanni)
's|j,7tdpta xal Biojj,y]Xav^a€'
'AXXd v'dxdoifl xai cp(ovd£ ex TTJ£ Maxe8ovta£,
vavat, Maxe8ovdo(i7tapO£, [id vd rcpoae£
xavevac; rcdXe|Jt,0£ TpixXorcoSux TOO
FltANCIA (Noslra Corrispondenza) 1. Cinque settimane di vacanze parla-
mentari. Elezioni senatorial!. — 2. I ricevimenti del capo d'anno. —
3. Ripresa della sessione. La lotta religiosa si aggrava di giorno in
giorno. II trattamento delle Congregazioni. — 4. Le maestre cristiane
laiche. Alcune ragioni di speranza.
1. Addi 6 dicembre 1902 i nostri deputati e senator! interruppero
i loro lavori, malefic! piuttostoche giovevoli, per pigliarsi una vacanza
di cinque settimane, adducendone a ragione 1'apparecchio delle ele-
zioni senatorial! parziali. Secondo un' importante modificazione recata
cinque anni fa alia costituzione del 1875 che ci governa, i senator!
sono rinnovellati per ter%i e per un periodo di nove anni, seguendo
una maniera di rotazione, che chiama alle urne elettorali un gruppo
di dipartimenti. Quest'anno erano convocati i dipartimenti del primo
gruppo, che abbraccia quelli dalla lettera iniziale A alia G. I dele-
gati dei consigli municipal!, i deputati e consiglieri general! e di
circondario, che sono elettori di dirttto pei senator!, sono stati con-
vocati la domenica 4 gennaio corrente nel capoluogo dei sopraindi-
cati dipartimenti.
Ma queste elezioni, a dir vero, sono riuscite di mediocre im-
portanza, e non hanno guari riscaldato la pubblica opinione. Que-
sta si occupava molto piu delle conseguenze che poteva arrecare
la cattura in Madrid della troppo celebre famiglia Humbert, e del
suo arrive a Parigi. Sicche 96 senator! furono eletti nel giorno 4 gen-
naio senza notevoli incident!. Dappertutto si e accampata la candi-
datura officiale, con una impudenza che piu non vale a dissimularsi
da parte di uomini che 1'apponevano a delitto al reggimento impe-
riale ed ai repubblicani conservator! durante i sei o sette anni che
quest! tennero la somma delle cose. II signor Combes, presidente del
consiglio dei ministri, e stato rieletto nella Charente-inferieure, ove
ben pud dirsi ch'egli aveva imposta la sua candidatura, radunando
alquatnti giorni innanzi alia prefettura gli official! del dipartimento
con 1'apparato di un capo di gabinetto, che dispone a suo grado, dei
favori del governo, molto piu del presidente della repubblica, obbli-
504 CRONACA
affari, tutti, meno il sig. Limpritis, antichi ministri sotto divers! go-
vern! e di merito incontrastabile, cosi egli e riuscito ad assicurarsi le
simpatie dei suoi elettori, i quali aspettavano con ansia di vedere
quali sarebbero stati i suoi collaborator! nella grande opera delle ri-
forme ch'egli ha promesso. Fortunatamente pel sig. Delijanni la sua
piccola maggiorita alia Camera si fortifica di giorno in giorno coll'ade-
sione di qualche deputato indipendente, cid che gli permettera di re-
sistere piu facilmente ai colpi che gli verranno dati dall'opposizione
unita di Teotochi-Zaimi. In questo caso solo il paese potra godere i
frutti delle recent! elezioni politiche, poiche il nuovo gabinetto sara
lasciato libero di mettere in pratica le sue larghe economic tanto ne-
cessarie alia nazione. Coll'economie sara pur alleggerito il mal essere
generale della cosa pubblica, che ha sempre il suo contracolpo sulla
vita domestica dei cittadini. 11 programma del nuovo Gabinetto contiene
ancora qualche altra riforma che il popolo aspetta invano gia da lunga
pezza, cioe 1'organizzazione definitiva dell' esercito e dell' armata,
e quella non meno necessaria dei pubblici servizii. Al sig. Delijanni
arrivato fmalmente al colmo dei suoi desideri dopo cinque anni di
lotta, incombe oggi il dovere di eseguire quanto ha promesso. II
pranzo di gala che fu dato alia Reggia in onore del nuovo Gabinetto,
ha dissipate le ultime nebbie di diffidenza da parte del sovrano. Sua
Maesta il Re Giorgio dopo il pranzo ebbe parole di benevolenza per
tutti i Ministri, ma specialniente pel Igro Presidente col quale s'in-
trattenne piu lungamente, per dimostrare senza dubbio che il Gabi-
netto della guerra del 1895 cedeva il posto a quello della pace e
delle riforme del 1902, e che s'egli avea riprovato quello, metteva oggi
in questo tutta la sua fiducia. All'opera dunque Eccellentissimo signor
Presidente: tutto sorride attorno a voi urne e tribune, Re e popolo:
per non cader di nuovo inglorioso, abbiate sempre fissa in mente una
bella lezione d'un politicone vostro predecessore nella carica di primo
Ministro, voglio dire del ferreo Cancelliere tedesco Principe di Bismark,
il quale rendendo ragione del mutar che fan oggi i govern! nei paesi
costituzionali, diceva molto saviamente: Ce qui perd un gouvernement,
tfest de promettre une chose aujourdhui et de la refuser demain. Avete
in mano il potere, adempite le promesse fatte a questo buon popolo,
il quale avendovi eletto ieri con entusiasmo, oggi minaccioso vi dice
col suo poeta :
« TeXsaov |AOI OTioa^satv, YJV rcsp ftTtsot'yjs » .
E questo il voto generale di tutta la Grecia espresso bellissi-
mamente dal giornale umoristico Pwptco^ in un suo articolo intitolato:
Nuv, del %ac eig TGL>? a:wva£ T5 KoujSspvo Tfjs Kop66va$ e che io
voglio portare qui per intiero tanto per dimostrare quale sia il sen-
CONTEMPORANEA 505
timento comune del popolo, quanto per esilarare i lettori della Civiltd
Cattolica con uno specimen della poesia greca-volgare :
'aryjv Ko[3epvY]at, uoupyaXe TO xopSovi (partito Delijannista)
vdvat. atSvjpoxecpaXi, xi* daaXsoTO xaSpovt.
E5xo{Jtai xal 'axov upoeSpov TOV §x TYJ£ FopTUvtag (Delijanni)
v'doxoXY)0yj |j,*s|iu6pia xai Btojiyjx0^"*^
'AXXd v'dxouifl xai cpwvdc; ex TYJS MaxeSovtag,
vavat MaxsSovoufJLTtapos, [id vd Ttpoaegirj
xavevac; uoXefiog TpixXoicoSid TOO
FEANCIA (Nostra Corrispondenza) 1. Cinque settimane di vacanze parla-
mentari. Elezioni senatorial!. — 2. I ricevimenti del capo d'anno. —
3. Ripresa della sessione. La lotta religiosa si aggrava di giorno in
g-iorno. II trattamento delle Congregazioni. — 4. Le maestre cristiane
laiche. Alcune ragioni di speranza.
1. Addi 6 dicembre 1902 i nostri deputati e senator! interruppero
i loro lavori, malefic! piuttostoche giovevoli, per pigliarsi una vacanza
di cinque settimane, adducendone a ragione 1'apparecchio delle ele-
zioni senatorial! parziali. Secondo un'importante modificazione recata
cinque anni fa alia costituzione del 1875 che ci governa, i senator!
sono rinnovellati per terzi e per un periodo di nove anni, seguendo-
una maniera di rotazione, che chiama alle urne elettorali un gruppo
di dipartimenti. Quest'anno erano convocati i dipartimenti del primo
gruppo, che abbraccia quell! dalla lettera iniziale A alia G. I dele-
gati dei consigli municipal!, i deputati e consiglieri generali e di
circondario, che sono elettori di dirttto pei senator!, sono stati con-
vocati la domenica 4 gennaio corrente nel capoluogo dei sopraindi-
cati dipartimenti.
Ma queste elezioni, a dir vero, sono riuscite di mediocre im-
portanza, e non hanno guari riscaldato la pubblica opinione. Que-
sta si occupava molto piu delle conseguenze che poteva arrecare
la cattura in Madrid della troppo celebre famiglia Humbert, e del
suo arrive a Parigi. Sicche 96 senator! furono eletti nel giorno 4 gen-
naio senza notevoli incident!. Dappertutto si e accampata la candi-
datura offlciale, con una impudenza che piu non vale a dissimularsi
da parte di uomini che 1'apponevano a delitto al reggimento impe-
riale ed a! repubblicani conservator! durante i sei o sette anni che
quest! tennero la somma delle cose. II signer Combes, presidente del
consiglio dei ministri, e stato rieletto nella Charente-inferieure, ove
ben pud dirsi ch'egli aveva imposta la sua candidatura, radunando
alquatnti giorni innanzi alia prefettura gli official! del dipartimento
con 1'apparato di un capo di gabinetto, che dispone a suo grado, dei
favor! del governo, molto piu del presidente della repubblica, obbli-
506 CRONACA
gato ad una apparente neutralita. II governo dunque ha guadagnato
8 o 10 seggi al senate, senza mutar guari la compagine dell'alto con-
sesso. II ministro delle finanze, signer Rouvier, deputato delle Alpi-
marittime, ha conquistato nel suo dipartimento un seggio senatorio.
Di tutti i ministri d'adesso egli & il piu valente nella sua specialita
finanziaria, e quegli onde ha maggior bisogno il gabinetto per assodare
il bilancio del 1903, non per anche deliberate dalla Camera, il cui
disavanzo, confessato dallo stesso governo, giuuge a pressoccbe 240 mi-
lioni di franchi.
2. II primo giorno di gennaio nei consueti ricevimenti si e manife-
stato chiaramente il contrasfo fra il nostro governo settario e gli altri
governi dei grandi Stati dell' Europa. II Nunzio pontificio a Parigi,
Monsignor Lorenzelli, decano dei corpo diploma tico. nel suo discorso
al presidente della repubblica non poteva encomiare cio che il governo
fece per bene della Francia durante 1'anno teste compiuto: dunque
parlo soltanto deJla sincera benevolenza che le altre nazioni avevano
addimostrato verso la Francia, loro sorella primogenita in occasione
dell'immane disastro della Martini ca, e fini augurando « che questa
« illustre nazione rimanga privilegiata di un patrimonio morale altret-
« tanto prezioso e molto piu ampio de' vasti territorii ». II signer Lou-
bet, impacciato visibilmente a rispondere agli augurii del Nunzio
apostolico esprimente */ voto che Dio Signore del cielo e della terra
conservi alia Francia la sua potente e paterna protezione, sentendosi a
disagio per la presenza de' suoi ministri, rispose con questa frase co-
mune : Signori, I'eccelso vostro decano e stato bene ispirato nel volere che
noi inauguriamo il futuro su questa impressione di solidarieta umana ! —
La maggior parte de' ministri non hanno ricevuto i loro officiali; la qual
cosa e una implicita ma chiara confessione che 1'impaccio e la paura
della delazione e della critica meritata hanno preso il posto della fi-
ducia riverente ed intera che dovrebbe regnare fra i ministri ed i
loro rispettivi dipendenti. D'altra parte, in trenta o quaranta dipar-
timenti, le autorita giudiziarie, amministrative, ecclesiastiche e mili-
tari si sono astenute dal ricevere e ricambiare visite. I nostri vescovi
hanno ricevuto i voti del loro clero, intimamente rattristato e com-
mosso per 1'aecanita guerra fatta da questo governo all' idea religiosa,
alle congregazioni ed alia liberta dell'insegnamento. L'un di essi,
Monsignor Germain Arcivescovo di Tolosa, che, al pari della grande
maggioranza de' suoi colleghi dell' episcopate francese, non fece mai
opposizione alcuna alia forma del governo repubblicano, ha detto con
mestizia al suo clero : « Abbiamo d'uopo di fortezza d'animo in questo
tempo, nel quale Vodio irrompe contro tutto do che e di Dio. » \
3. La Camera dei deputati riapertasi il 13 gennaio, rielesse tosto
a suo presidente il signer Leone Bourgeois, stato gia piu volte ministro,
CONTEMPORANEA 507
e che ha le stesse opinion! della maggioranza, cioe a dire radicali in
politica ed antireligiose. Dunque ricominciera la lotta con raddoppiato
furore anticattolico contro gli ordini religiosi e Pinsegnamento libero
congreganista, e la persecuzione contro i membri degli ordini reli-
giosi, che, essendo gia certi di non ottenere la licenza governativay
hanno ricusato di chiederla, e si sono dispersi od in parte hanno emi-
grato all'estero. — Le deliberazioni prese dalla maggioranza nelle
tornate del 13, 15, e 17 gennaio danno sicurta al governo, che pud
fare assegnamento sopra 100 o 110 voti a se favorevoli, contro quelli
di tutta insieme Popposizione e dei dissident!.
Non v'ha cosa piu indegna e piu .sleale della maniera onde questo
gabinetto settario abuso della buona fede delle Congregazioni che
s'erano assoggettate a quanto esigeva la legge del 1° luglio 1901. Tutte
0 quasi tutte, vale a dire 61 congregazioni d'uomini e circa 315 di
donne (ospitaliere, insegnanti, contemplative o miste) si affaticarono
a raccogliere tutti i ragguagli che loro si richiedevano ; fornirono le
approvazioni sommaniente laudative dei loro vescovi ; manifestarono
la specie e la rilevanza dei loro beni; i loro istituti, i nomi delle
loro singole persone; e quando questo governo nefasto ebbe in mano
1 ragguagli voluti, dichiaro a quasi tutte, cioe a 53 sopra 61 congre-
gazioni d'uomini, che la loro doinanda e respinta e non sara nem-
meno presentata al Consiglio di Stato, siccome vuole la legge del
1° luglio 1901. E notate che questa sdegnosa dichiarazione del pre-
sidente del Consiglio porta la data del 23 dicembre, antivigilia
di Natale, e precedette la riapertura del parlamento. — Tutti i fran-
cesi degni di questo nome, quali che siano le loro opinioni e la
loro confessione religiosa, se hanno un fondo di probita soltanto
umana, arrossiscono di vergogna al cospetto di tanta slealta e tirannia
settaria ! Fra queste congregazioni d'uomini cosi condannate a pros-
sima proscdzione, ve n'ha 13 insegnanti, che noverano circa 22000
religiosi e 19 000 scuole frequentate da oltre 270 000 alunni ! La
maggior parte di esse, nell'occasione deH'ultima mostra universale
ottennero eospicue ricompense per il loro zelo, pei buoni successi
ottenuti, e pei lavori compiuti; ed ora, non ostante le approvazioni
piu volte concesse dai precedent! governi, il gabinetto Combes, sorretto
dalla maggioranza settaria, li distrugge, li scaccia e disperde come
maifattori ! Torna bene ripetere queste cose all'Europa civile, ingan-
nata troppo spesso da una stampa venale od empia addirittura ! —
Le sole congregazioni d'uomini, che probabilmente saranno conservate,
o che alrneno il governo non chiedera siano soppresse, sono sette:
Sulpiziani, Lazzaristi, Padri dello Spirito Santo, Padri Bianchi isti-
tuiti per P Africa dal cardinale Lavigerie, Fratelli di S. Giovanni di
Dio (ospitalieri), Trappisti, e Fratelli delie Scuole cristiane. Peraltro
un certo numero dei loro istituti dovranno essere chiusi.
508 CRONACA
Frattanto 1 'opera di distruzione sociale e religiosa va innanzi con
satanica pertinacia. Dopo la riapertura del parlamento in ottobre, sono
state chiuse piu di 1200 scuole, e si fa conto che sieno 2800 o 3000
quelle che si chiuderanno quanto prima.
Per riguardo alle congregazioni di donne, eccovi qual e in questo
momento la precisa situazione. II signor Combes continua ad apparec-
chiare i disegni di legge, relativi alle domande di permesso per le
-congregazioni di donne non autorizzate, all'uopo di presentarli al par-
lamento. L'istruttoria d'apparecchio per queste dimande e pressoche
<jompiuta, e sono quasi terminate le formalita preparatorie nei dipar-
timenti. Sopra606 congregazioni di donne non autorizzate,cheesistevano
quando fu promulgata la legge del 1° luglio 1901, 263 hanno preferito
di sciogliersi di propria volonta. Le altre 393 ban no domandata la
licenza, e i disegni di legge che le riguardano si stanno elaborando
in questi giorni. Considerate il lavoro materiale da compiersi, si pre-
vede che il parlamento potra occuparsi delle dimande di queste con-
gregazioni femminili soltanto dopo le vacanze di Pasqua.
II furore settario del presente ministero va tant'oltre, che pure il
16 gennaio nella tornata della camera dei deputati il signor Hemon,
deputato repubblicano bretone, che finora avea votato a favore del mini-
stero, si & tenuto in obbligo di protestare contro la pretensione del signor
Combes che, sotto pena di togliere 1'assegno ai sacerdoti, vuol proibire
1'insegnamento del catechismo in lingua brettona. Considerando la poli-
tica intollerante del suo partito, ha esclamato : — Giulio Ferry di-
ceva un giorno: « La Francia ha abolito la religione di Stato; sta
bene; ma cid non dev'essere fatto per creare una irreligione di Stato. >
T'e a temere che ci sia adesso una propensione a scomunicare, senza
nemmeno avere alle spalle il soprannaturale per giustificare la sco-
munica.
Al signor Waldeck-Rousseau, autore della funesta legge sulle as-
sociazioni, si attribuisce 1'intendimento di protestare rel Senato, del
quale e membro, contro 1'esagerata e villana applicazione delle pre-
scrizioni di cotesta legge. La cosa puo essere e fa onore alia sua
intelligenza, ma non iscema la responsabilita che grava su di lui
e che gli rimarra nella storia della sua nazione. Egli volea (diceva
lui, o gli si fa dire) colpire soltanto due o tre congregazioni, prima-
mente i gesuiti e gli assunzionisti. Questi sono dispersi e le loro case
sono chiuse o passate in mano d'altri. Ma il vento dell'odio e della
proscrizioDe, scatenata da lui, non si fermera a queste due congre-
gazioni. Tutte le altre a breve andare, se Dio benedetto non soccorre,
saranno disperse dal sofflo dell'empieta e del giacobinismo rivoluzio-
nario.
Tuttavolta, debbo chiudere questa triste e dolorosa corrispond enza
CONTEMPORANEA 509
col dirvi ad onore dei cattolici francesi, ch'essi fanno ogni sforzo per
combattere 1'irreligione e le prepotenze della tirannide. Giovandosi
della liberta dell'insegnamento primario, che tuttora sussiste, molte si-
gnore e signorine cattoliche, fornite dei diplomi richiesti per 1'inse-
gnamento, hanno aperto scuole laiche cristiane nei luoghi ove le scuole
congreganiste sono state chiuse. II loro numero passa di gia le due
•o tre centinaia. Ottimi sono i risultamenti conseguiti, ed il clero
non ha che a lodarsi del garbo e della valentia di queste nuove au-
siliatrici. Questa sara per avventura la via di salvamento. Fa d'tiopo
che i cattolici traggano lor pro da que' pochi vantag^i che puo ad
•essi lasciare la legge di luglio 1901, per istituire, sotto altre forme
«d in condizioni diverse, delle associazioni laiche schiettamente cat-
toliche. In cio probabilmente e riposta, ripeto, la salvezza della so-
tiieta; salvezza, se non prossima, almeno in germe ed in potenza.
OPERE PERVENUTE ALL A DIRE ZI ONE
Agnelli L. Cronaca di Santagata di Puglia. Cefalu, Gussio, 1902,
8°, 256 p.
Atti del Congresso diocesano in omaggio al S. Cuore di Gesii tenuto
in Napoli dal di 22 al 24 giugno 1902. Napoli, Giannini, 1902, 8°, 408 p.
Brancia V., mons. Nell'arte dantesca il piii bel fior ne colsi. Abbozzi.
Bologna. Mareggiani, 1903, 8°, 96 p. L. 1. Rivolgersi all'Autore in Nico-
tera (Calabria).
Biblische Zeitschrift in Verbindung mit der Redaction der « Bi-
blische Studien» herausgegeben von Dr. JOH. GOETTSBERGER, A. 0. Pro-
fessor am kgl. Lyzeum in Freising u. Dr Jos. SICKENBERGER, Pro-
fessor an der Universitat Miincheu. Erster Jahrgang-. Freiburg i. B.,
Herder. Fasc. I, in 8°, 112 p. Esce 4 volte 1'aniio. Associazione annua
prezzo M. 12.
Breton G., chan. Le Drame eternel. Essai doctrinal sur la Messe,
Paris, Lecoflfre, 1903, 16°, VIII-460 p. Fr. 3,50.
Cappellazzi A., sac. Qui est. Studio comparative tra la 2a questione
della Somma Teologica di S. Tommaso e le conclusion!' di Sistemi Filo-
sofici. I. Crema, tip. Sociale, 1902, 16% 306 p.
Caputi F. P., arcipr. Tenue contribute alia storia di Grumento e di
Saponara con relative notizie che procedono dell'alta Valle dell' Agri e
de' suoi altri paesi. Napoli, Pesole, 1902, 8°, 220 p. L. 4.
Colonna F. II Museo civico di Napoli e scoperte di antichita in Na-
poli dal 1888 a tutto agosto 1901. Napoli, Giannini, 1902, 8°, 144 p.
1 Non essendo possibile dar conto delle molte opere, che ci vengono inviate, con qnella
»ollecitudine che si vorrebbe dagli egregi Autorl e da noi, ne diamo intanto un annunzlo
•ommarlo che non importa alcnn giudizio, riserbandoci di tornaryi sopra a second* dell'op-
yortnnita e dello spazio concesso nel periodico.
510 OPERE
Debates of the Council of Government of Malta. Session 1902-1903;
Sitting n.° 68. Wednesday January 21, 1903. Malta, Government prin-
ting, office, p. 298-347. Price 2 d.
Digard G. Les Registres de Boniface VIII. Recueil des Btilles de ce
Pape, publiees ou analysees d'apres les Manuscrits originaux des Ar-
chives du Vatican. 7ema fasc. (Bibl. des Ecoles francaises d' Athenes et de
Some). Paris, Fontemoing, 1903, col. 557-796. Fr. 9.
< Fiorilli C. L' amministrazione delle antichita e belle arti in Italia.
Luglio 1901 — Giugno 1902. Roma, Cecchini, 1902, 8°, 312 p.
Gebhardt (Von) O. Passio S. Theclae Virginis. Die lateinischen Uber-
setzungen der Ada Pauli et Theclae, nebst Fragmenten, Ausziigen u.
Beilagen (Texte u. Unters. N. F. VII, 2). Leipzig, Hinrichs, 1902, 8<>,
CXVI 188 p. M. 9,50.
Lanna D. can. Delle usure. Giuliano,Donadio, 1902,8°, LXVIII-188p.
Lanza T., gen. dei Dottrin. Iris. La Eagione del Credo. Frascati,
tip. tuscolana, 1903, 8°, XII-480 p. L. 3,50. Rivolgersi all' Autore, S. Maria
in Monticelli, Roma.
Laurentius I. Institutiones Juris Ecclesiastici Friburgi i. B., Her-
der, 1903, 8°, XVI-680 p. Fr. 12,50.
Lehmkuhl A. Casus conscentiae ad usiim Confessariorum compositi
et soluti. I. Casus de Theologiae moralis principiis et de praeceptis atque
officiis chj^istianis speciatim sumptis. Friburgi i Br., Herder, 1903, 8°,
566 p. Fr. 16.
Leone XIII. Le poesie latine di Leone XIII volgarizzate da D. ADOLFO
SEVERI. 2a ed. Perugia, Santucci, 1902, 8°, XVI 264 p. Cfr. Civ. Catt.
Ser. XVIII, 7 ;1902) 95.
Lettieri N. La veritd nella evoluzione sociale. Esame critico, filoso-
fico, giuridico ed economico. Bari, Triaio, 1902, 16°, 140 p.
L'opera dell' ing. G. DE VINCENTIIS in trenfanni di storia dell' ac-
quedotto pugliese Roma, F.m Centenari, 1902, 4°, 234 p
Lugano P. M., Bened. di M. 0. Memorie dei piu antichi miniatori
e calligrafi olivetani. Firenze, tip. Sales., 1903, 16°, 112 p.
Macchi C., S. I La critica storica e Vorigine della Chiesa romana,
Prato, Giachetti, 1903, 8°, 156 p
Malijay (de) Noguoir. Le Saint-Suaire de Turin. Paris, Oudin, 1903,
8°, 120 p. Fr. 2,50.
Manuale Missae et Officiorum ex libris Solesm.ensibus excerptum. Ty-
pis Sancti Petri de Solesmis. Desclee, Romae, Tornaci, 1902, 24°, XXII-
318 p. L. 1 75.
Mapelli L. Nozioni di doveri e diritti dei cittadini per le scuole tecniche
e normali maschili. Milano, Agnelli, 1903, 16°, 72 p. Cent. 60.
Marsili Libelli M Per Uimposta progressiva. Firenze, tip. S. Giu-
seppe, 1903, 8% 80 p.
Memorie della Pontificia Accademia romana dei Nuovi Lincei. XIX.
dedicate al Giubileo Pontificale di S. S. Roma, Cuggiani, 1902, 8°, 364 p.
Tav. 2.
Mil Her A , S. I. Johann Keppler der Gesetzgeber der neueren Astro-
nomie. Ein Lebensbild. (Erganzungshefte zu den Stimmen aus Maria-
Laach 83). Freiburg i. B., Herder, 1903, 8°, VIII-186 p.
PERVENUTE ALL A DIREZ1ONE 511
Pavissich A., d. C. d. G. La questione sociale. Conferenze triestine.
2a ed. con molte aggiunte. Treviso, Buffetti, 1902, 16°, 422 p. L. 3,50.
•Cfr. Civ. Catt. XVII, 5 (1899) 585.
— II Dramma violento del socialismo belga nell'aprile del 1902. (Fatti
e criteri social!). Treviso, Id., 1902, 16°, 52 p. Cent. 50
— Agitiamo, o azione cattolica e azione sociale. (Fatti e criteri so-
ciali). Idem, in corso di pubblicazione.
Proprium Sanctorum totius Ordinis Fratrum Minorum. I Anti-
pbonariuin Romano. — Seraphicnm. II. Missae propriae totius Ordinis
Fratrum Minorum. Romae-Tornaci-Parisiis, Desclee, 1903, 8°, 328 p.
Rivista delle Riviste per il Clero. Pubblicazione mensile dell'Unione
cattolica tipografica di Macerata, diretta dal can. prof Giov. SFORZINI.
Macerata, piazza del Duomo, 5. Anno I, fasc. I. Abbonamento annuo L. 6:
estero L. 7,50.
Sani E., can. Teologia morale pastorale. Principii e cast. III. Sez. III.
della Carita. Colle piu pratiche applicazioni agli errori ed alia vita mo-
derna. Bagnacavallo, Serantoni, 1902, 16°, 404 p
Semeria G. Gli Inni della Chiesa. IV. Gli Inni della Eucaristia. Mi-
lano, Bertarelli, 1903, 16° obi., 34 p.
Scaloni F., sales. Capital et travail. Manuel populaire d'economie
sociale. 2eme ed. Liege, Ecole professionnelle, 1903, 16°, XII-156 p. Fr. 1.
Venturi A. Storia dell' Arte italiana. II. dall'arte barbarica alia ro-
manica con 506 incisioni in fototipografia. Milano, Hoepli, 1902, 8° gr.,
XXIV-676 p. L. 20.
Altre pubblicazioni pervenute: Varieta. — ADDEO P. A.,O. S. A. Lapre-
visione del tempo. Teoria e fatti. Viterbo, Donati, 1903, 8*, 44 p. Cent. 75. —
CANESSA L. II divorzio ed uno studio critico e profilattico del Matrimonio. Ge-
nova, tip. della Gioventii, 1903. 18°, 22 p. Cent. 50. Rivolgersi al sac. A. Bruz-
zone, Voltri. — COSQUIN E. La legende du page de Sainte Elisabeth de Portugal
et le comte indien des « Bons conseils ». (Extr. de la Revue des quest, hist.
Janv. 1903). Paris, Bureau de la Eevue, 1903, 8°, 44 p. — GHENT G. Miflessi
e raccomandazioni per coloro che trattano delle Sacre Scritture. Cesena, Bettini,
1903, 24°, 32 p. — GREGGI C. 11 Calendario dei Romani. Modo facile per so-
.stituire le date del nostro Calendario alle date del Calendario dei Romani e
rioeversa. Roma, Artigianelli, 1903, 32 p. Cent. 40. — GUIDI C. Sulla oppor-
tunitd di una vigilanza del Municipio sidle costruzioni in « beton » armato e modo
di esercitarla. (Estr. dagli Atti della Societa degli Ingegneri ed Archit. in Torino,
1902). Torino, Bertolero, 1903, 8", 26 p. — MORIN G., O. S. B. Pages inedites
d'Amobe le jeune. La fin des expositiunculae sur I'Evangile. (Extr. de la Revue
Senedectine, XX, p. 64-76). Bruges, Desclee, 1903, 8», 16 p. — S. A. P. Reli-
gione e cremazione! Risposta alia lettera del sig. Arch. Comm. Augusto Guidini
apparsa nel Dovere del 31 die. 1902. (Estr. dal giornale La Patria di Ancona
2-9 genn. 1903). Lugano, Grani, 1903, 24°, 56 p. — SAVIO F. Le origini della
diocesi di Tortona. Nota (Accad. R. delle scienze di Torino). Torino, Clausen,
1903, 8°, 20 p. — VALENTI G. L. Un nuovo rapido procedimento per la colo-
razione dei flagelli dei batteri. (Estr. Atti JR. Accad. di Pcienze Lett, ed Arti in
Modena, III, 5). Modena, Soliani, 1902, 88, 8 p. — VANDONI A., sac. L' opera
del Sempione per I'assistenza religiosa e morale degli operai, I'educazione ed istru-
zione dei loro figli nei primi tre anni di vita. Resoconto generale. Novara, tip.
vescovile, 1903, 8°, 70 p. — VUSIO E. M. La missione della Chiesa Cattolica
nel XX secolo. Trieste, Morterra, 1903, 16°. 38 p. — ZAMBIASI G. Composi-
zione ottica dei movimenti vibratorii di tre o piu suoni. (Rendiconti R. Accad. dei
Lincei. XX. 1° sem. 1, 5", 2). Roma, Salviucci, 1903, 8°, p. 48-53.
512 OPERE PERVENUTE ALL A DIREZIONE
Agiografla e Biografia. — CENNIintorno a Suor Caterina Labour e figlia dellb
Caritd. Chieri, Casa della Missione, 1902, 24°, 32 p. — PIC COLA RACCOLTA.
di vite di Santi e di altre cose edificanti : Vita di Sant'Isidoro. — Vita d&
Sant'Ilario. — Vita di S. Alberto c. — Immacolata di Lourdes. Asti, MicheleriOi
Un fasc. al mese di p. 32. Prezzo di Assoc. L. 1,50 annue. — MARCACCI P., can.
Fr. Stanislao di S. Teresa carm. scalzo. 2* ed. Pisa, Mariotti, 1902, 16°, 36 p.
— RAIMONDO DA ROMA, O. M. Vita di S. Francesco Solano (Collana di Vite
di Santi, 312). Monza, de' Paolini, 1902, 24°, 160 p.
Memorie. — BENI C., aw. Parole dette nel 3 settembre 1902 alia Verna per
I'inaugurazione del monumento a San Francesco di Assisi. Rocca S. Casciano, Cap-
pelli, 1902, 16°, 20 p. — JANSSENS L., O. S. B. Allocution prononcee dans la
chapelle du monastere de Ste Scholastiqne de Maredret, a V occasion de la profes-
sion monastiqiie de Dame Terese Desclee. Tournai, Desclee, 1902, 16°, 20 p. — ME-
MORIAL of the Most Rev. Michael Augustine Corrigan D. D. third Archbishop
of New York. New York, the Cathedral Libr. Association, 1902. 8°, 234 p. — «.
MINORETTI C. C. Ai consigli provinciali ed alle deputazioni delle provincie
venete consorziate pel mantenimento dei pazzi nel Manicomio centrale di San Servolo
in Venezia. Memoria. Venezia, Cordelia, 1903, 8°, 44 p. — SOLL1NI G., can.
Sul luogo dove nacque S. Tommaso d'Aquino. Documenti. Fermo, Mucci, 1902,
8*, 48 p. — TERMINI A., can. Elogio di Suor Teresa Macaluso fondatrice del'
I'lstituto dei Sacri Cuori. Palermo, Biondo, 1903, 8°, 24 p.
Per DOZZe. — (Nozze Fornari-Montani). LA FAM1GLIA FORNARI nell'in-
dustria e nett'arte fabrianese. Bologna, Garagnani. 1902, 16°, 76 p. — (Nozze Bel*
lucci-Ragnotti). MANZON"! L. Lautizio di Bartolomeo dei Rotelli da Perugia ore*
fice incisore ed intagliatore di caratteri da stampa. Perugia, Unione tip. Cyoop.,.
1902, 16- , 12 p.
Lettnre ricreative. — ANDRE C. Ut Fata trahunt (Bibl. rom. n.° 91 e 92).
Roma, Pustet, 16°, 158; 164 p. Cent. 70 ciascun volume. — CAPUTI A. Mas-
senzio. Dramma lirico in 5 atti. Andria, Terlizzi, 1903, 8°, 46 p. Cent. 75. —
DAUDET E. Fils d'emigre. Nouvelle ed. Paris, Bonne Presse, 16°. 416 p. Fr. 2,95.
— DES FOURNIELS R. FloreaL Nouvelle ed. Paris, Bonne Presse, 16°, 420 p.
Fr. 3,00. — G. F. 11 figlio delVavaro. Commedia in 3 atti. — Un cuoco politico,.
Farsa in un atto (Coll. di lett. dramm. nov. dec. 1902. Suppl.). Roma, Salesiana^
1903, 24°, 104 p. — FRANCESCHINI P. G. Memorie d' un angelo. Racconto.
Milano, Lanzani, 1903, 16°, 220. p. — MIONI U. A Roma solus. Collana di av-
venture. I. 1 figli dell'Indiano (Lett. Catt. 601). Torino, 24°, 118 p. Cent. 20. —
NEGRI P. 11 Duca di Montgomery. Dramma in 4 atti con prologo (Coll. di
Letture dramm. nov. dec. 1902). Roma, Salesiana, 1902, 24°, 96 p. Cent. 40.
Poesie. — DI NAPOLI G. Savii e pazzi. Yersi. Catania, Giannotta, 1902..
16°, 192 p. L. 1,50. — - MALIANDI A. G. Fragmenta. Napoli, Velardi, 1903,
16°. — MONTANARI A., can. II Missionario del Seminario Conforti di Parma
per le Missioni Estere. Canto. Ravenna, Artigianelli, 1903, 8°, 14 p. — YER-
GHETTI B. Inni latini con versione italiana in lode del P. Andrea Conti di
Anagni, del Serafico Ordine di S. Francesco, composti nel YII centenario
dalla sua morte. Foligno, Artigianelli, 1903, 8°, 16 p.
Mnsica Sacra. Edizioiii Marcello Capra, Torino : CASIMIRI R. Vespro
completo a due voci virili con accompagnamento d'organo (Lire 6,30; singole
parti, cent. 30). — MAGRI P. Missa pro Defunctis duabus vocibus ihaequalibus
organo comitante (L. 3,30 ; sing, parti, cent. 40). — MANCINELLI L. Missa
in honorem Beatae Mariae Virginis sub titulum Auxilium Christianorum ad qua-
tuor voces dissimiles comitante organo vel harmonic (L. 5,20; sing, parti,
cent. 30). — RAYANELLO O. Missa in honorem S. losephi Calasantii duabuR
vocibus aequalibus comitante organo vel harmonio (L. 3,10; sing, parti, cent. 30),.
— WALCZYNSKI F. Dodici pezzi facili per armonio (L. 2).
IL CRISTIANESIMO BELLA CHIESA
E LA CEITICA EAZIONALISTICA
I.
Nell'ordine della cognizione i capisaldi del Cristianesimo
sono due: il primo e la legazione di Gesu Cristo da Dio;
il secondo e la fondazione d'un istituto giuridico, ch' e la
Chiesa, il quale continui fino alia consumazione de' secoli
1'opera di Cristo, per autorit& deiristesso Cristo; talche il
movimento morale e storico, cominciato in mezzo airumanita
da Dio con la missione di un suo Legato, metta capo nuova-
mente in Dio, come un aureo circolo, per mezzo delP istituto
fondato dal Legato di Lui.
Per chi distruggesse o rompesse la prima parte di questa
catena, la legazione di Gesu Cristo da Dio, e riducesse la
persona di Gesu al livello d'un uomo qualsiasi. privandolo
d'ogni missione offtciale da Dio, sarebbe del tutto superfluo
occuparsi sul serio se Gesu Cristo abbia fondato o no un isti-
tuto giuridico, per continuare la sua supposta missione nel
mondo, e se il Cristianesimo che da lui ebbe il nome si sia
conservato o no nel mondo o quali fasi abbia avuto. Egli sa-
rebbe come se uno, dopo atterrato un albero dando di scure
alia radice, si desse poi pensiero della vitalita dei rami; o
come se, accertato che Maometto non sia un messo della Di-
vinita, disputasse poi seriamente se egli abbia o no istituito
un pellegrinaggio alia Mecca e con qual cerimoniale. — Or,
questo paradosso vediamo noi verificarsi nei recenti razio-
nalisti e nel loro rappresentante Adolfo Hdrnack, il cui Cri-
stianesimo gia esaminammo per sommi capi *. Dopoche co-
stui ebbe eguagliato alia stregua clegli altri uomini Gesu
1 Nel quad, del 3 genii., 1903.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1265. 33 24 febbraio 1903.
514 IL CRISTIANESIMO BELLA CHIESA
Cristo, ammettendo in lui solamente un sentimento piii vivo
e sentito della paternita di Die (sentimento ereditato, dice
egli, dalle tradizioni ebraiche) ; anzi, dopo avere esplicita-
niente dichiarata Tinutilita dell'occuparsi se egli avesse o
- non avesse seco le credenziali della sua supposta missione,
e dopo avere affermato che « la questione de' miracoli e cosa
indifferente » (p. 29) J, eccolo poi mettersi con tutto lo sfog-
gio d'un critico erudito a decidere se quell1 uomo abbia o non
abbia fondato una Chiesa per propagare la sua religione,
come e in qual modo questa sia fatta, e se la mente di Cristo
sia stata incarnata meglio dal Cristianesimo romano che dal
Cristianesimo greco (scismatico) oppure dal germanico (pro-
testantico e razionalistico).
Come spiegare questo paradosso? — Spiegarlo non e fa-
cile, poiche a quest'errore deir intelletto contribuiscono rnolto
le secretissime mire della volonta; facile e pero ricostruire
il processo psicologico di questo fenomeno intellettuale. II
processo e questo, che quell' uomo, di nome Gesii Cristo, di-
strutto con i colpi della loro penna, ossia ridotto alle pro-
porzioni d'un semplice mortale, giganteggia subitamente e di
nuovo nelle loro menti; e credendo % essi d'averlo tuffato in
fondo al mare, ecco che se lo trovano nuovamente a galla
suH'orizzonte e innanzi agli occhi della mente. E continuano
quindi di bel nuovo a parlare di lui e della sua opera come
di persona superiore a tutti gli altri uornini, e come di una
opera di cui e pregio occuparsene e fame conferenze, di-
menticando onninamente che, secondo essi, quella persona
non e da piu degli altri mortali. Nel che ci sembra vedere
una protesta della natura iiitellettuale umana contro gli ar-
bitrii della volonta.
Checche sia di questo falso terreno logico, in cui si met-
tono a discutere i razionaiisti (per cui gia potrebbero capire
di stare nel torto), noi, tenendo conto di quest'omaggio in-
volontario che essi fanno alia verit&ffeiccettiamo la discus-
sione, mettendoci a esaminar breveniente se il Cristianesimo
1 A. HARNACK, L'essenza del Cristianesimo. Torino, Bocca, 1903.
E LA CRITIC A RAZIONALISTICA 515
del Vangelo sia quello della Chiesa cattolica o quello dei
razionalisti, rappresentati da Adolfo Harnack.
A dir vero, questo dover discutere su tal questione con
uno, il quale ha gia strappata al fondatore del Cristiane-
sirno 1' aureola della Divinita e quella della sua legazione da
Dio, 6 tale un'onta fatta alia nostra coscienza di cristiani
cattolici, che, piii che disputare, vorremmo meglio spezzare
la penna per isdegno; poiche 1'insulto congiunto alia man-
canza di logica 6 tanto evidente da render vana ogni di-
scussione scientifica. Ma, pur troppo, 6 da tener conto dei
deboli, ai quali gli scherni e le eontraddizioni de' raziona-
listi appaiono ragionamenti ; e (quel che e peggio) non ai
deboli soltanto. Poich6 vi sono stati uomini eruditi tra' cat-
tolici che hanno discusso coir Harnack come con persona
per bene, con cui si discorda solo sul phi e sul meno; uo-
mini eruditi, dicemmo, ma dimentichi onninamente con qual
fatta d'avversario ingaggiavano la lotta, i quali giunsero
perfino a piaggiarlo fanciullescamente J.
1 Uno di costoro 6 Alfredo Loisy nel libro L Evangile et I'Eglise. Un
altro, scrittore italiano, scrivendo imirEssenaa del Cristianesimo dell'Har-
nack, lodava ed invidiava il popolo di Berlino, esclamando: « Gran
paese, o signori, qnello dove I'Universita ha uii uomo capace di tener
delle conferenze di quel genere e di quella forza, e seicento giovani
intenti ad ascoltarle » (Le Vie della Fede, Roma 1903, Pustet, p. 43).
Un altro, parimente italiano, pur facendo qualche riserva, chiama il libro
deH'Harnack «un contribute, per il suo valore intrinseco e per le cir-
costanze del momento, prezioso per chi voglia studiare sulle fonti la
dottrina e 1'opera di Gesu Cristo e la sostanza dei suoi insegnamenti,
esposta in esso libro con ampia maturita di critica e con rispetto notevole,
benche non intiero, alia figura storica del Redentore» (Cultura Sociale
del 16 dec. 1902, p. 380). Reca gran meraviglia che scrittori cattolici
scrivano cosi, quando si pensa che in quelle conferenze appunto si tra-
scina il Cristianesimo nel fango, di Gesu Cristo si fa un semplice uomo
e della Chiesa cattolica un'aberrazione degli uomini, e il tutto condito
con affettata ignoranzaylel Vangelo e con eontraddizioni palmari. Del
resto occorre appena notare che questo libro del prof. Harnack e proibito
in forza delle Regole dell' Indiee (Tit I, c. I, nn. 2 e 3), sancite da
S. S. Leone XIII nella sua Costituzione « Officiorum » dei 25 genn. 1897.
516 IL CRISTIANESIMO BELLA CHIESA
Dopo questa non illegittima digressione, veniamo alia pro-
posta questione : Chi sia il rappresentante del Cristianesimo
del VangelOj se il Cristianesimo delta Chiesa cattolica o
quello del razionalismo.
II.
Ma, qual e, innanzi tutto, il Cristianesimo del Van-
gelo ?
Intende di leggier! ognuno come questo e il cardine della
questione ; di qui avremo la norma per giudicare coloro che
si arrogajio il vanto di rappresentare il Cristianesimo vero.
Guai percio ad errare in questo punto !
Ora THarnack ha errato precisamente in questo punto,
spacciando per Cristianesimo del Vangelo le sue utopie, utopie
sostenute con contraddizioni e falsita storiche inaudite. Questo
giudizio per6 vogliamo che il lettore lo deduca da s6 dopo
I'esposizione dei sofismi del rappresentante del razionalismo,
che si presenta al mondo coi colori fosforescenti e abbar-
baglianti della scienza critica.
Per 1'Harnack tutta Tessenza del Cristianesimo 6 nel ri-
conoscere la paternita di Dio. « Dio,e Dio (dic'egli) ; 1'uomo
non ha altro modo di servirlo che riconoscerlo come tale e
invocarlo come suo padre. Tutte le altre vie che 1'uomo cerca
per giungere a Dio e per onorarlo sono fallaci : tutte le altre
relazioni che egli tenta di stabilire tra Dio e se stesso sono
vane » (pag. 271, 272). E altrove, rassomigliando il Cristia-
nesimo a un edifizio, dice : « Nell'edifizio ideale costituito da
Dio Padre, dalla Provvidenza, dalla filiazioneda Dio, dall'in-
finito pregio deiranima umana, 6 contenuto tutto I'Evangelo »
(p. 69). E finalmente, parlando egli delle virtu praticate negli
Ordini religiosi, dice : « L'ortodossia, la pieta, 1'obbedienza,
il timore reverenziale hanno il loro pregio e nobilitano
1'uomo ma sono sempre cose che non hanno nulla che
fare coll'Evangelo, e non lo pongono%i&ero al cospetto di
Dio, perch6 egli prenda la sua decisione : o con Dio o contro
Dio » (p. 242).
E LA CRITICA RAZIONALISTICA 517
In una parola, tutto il Vangelo del professore di Berlino
<& I'uomo liber o al cospetto di Dio.
Libero da che ? — Libero da tutto, assolutamente da
tutto : 1°) libero da qualsiasi sacerdozio od autorita che
gl; imponga il da credere e il da fare (p. 269) ; 2°) libero
da qualsiasi professione di fede, potendo credere e pensare
come gli garba, eccetto che Dio e Padre e che ci vuol bene
(p. 146); 3°) libero da'ogni legge, asserendo THarnack fran-
camente che T idea di fare della salute dell'anima un rap-
porto contrattuale tra la legge e la sua osservanza e una
idea latino, , un' idea politica, sorta in mente ai cristiani
deir impero romano, in cui tutto doveva essere regolato
dalla legge (p. 250) ; 4°) libero dall'ascetismo o dalla mor-
tificazione della carne, affermando egli che « i digiuni e le
astinenze non hanno alcun pregio al cospetto di Dio » (pa-
gin. 280) ; 5°) libero (chi il crederebbe ?) dallo stesso Gesu
Cristo, il quale (cosl insegna il Critico alemanno) non fece
di s& mai 1'oggetto della sua predicazione, e bench6 mani-
festasse agli uomini con piu forza di ogni altro la paternita
di Dio, pure non formulo mai « una dottrina intorno alia
sua persona e dignita » (p. 126) ; « nell;Evangelo non c?e il
Figliuolo, ma il Padre soltanto » (p. 143), e il fare di Gesu
Cristo un Dio, un Mediatore & un apporre qualche cosa al
Vangelo (p. 145), e fare deiraccessorio il principale.
Resta ancora a sapere se in questo puro Vangelo Tuomo
sia libero anche dall' imniortalita dell' anima e dalla vita
eterna. - - II Critico" 6 qui molto sobrio, occupandosi po-
chissimo, anzi niente, di tali question! nel senso che le in-
tesero finora i cristiani. Per6 da qualche accenno pare che
anche tali gingilli sieno esclusi dall' essenza del Cristiane -
simo. In fatti una volta, trattando del tramutamento, secondo
lui, del Vangelo in cattolicismo, parla cosl : « In questa isti-
tuzione... la viva fede sembra aver ceduto il campo ad una
passiva professione di fede, la dedizione a Cristo e stata so-
stituita dalla Cristologia, la fervida speranza del Regno da
518 IL CRISTIANES1MO BELLA CHIESA
una teoria dell'immortalitd e dell'unione con Dio » (p. 193)..
Dal che appare che anche Timmortalita deli'anima 6 riman-
data tra le bucce e le quisquiglie.
E la vita eterna, ossia il premio finale promesso ai
buoni ? Anche questo, che pure e lo scopo di tutta la vita
cristiana, e secondo 1'Harnack, non altro che la pace, la
letizia e la tranquillita che uno ha in questa vita pensando
che Dio e suo Padre. II Vangelo, egli dice, « trattando della
vita eterna, c'insegna pure come dobbiamo vivere quaggiu...
Esso ci promette come premio della vita virtuosamente vis-
suta, non ostante tutte le lotte (che cosa ci promette ?} la pace,
la certezza e la serenita imperturbabile dell'anima » (p. 146).
E altrove : « Quanto a quella partecipazione alia Divinita che
i fedeli attendono nelPaltra vita... per se e cosa indescrivibile
ed incomprensibile » (p. 237) ; parole che, secondo TAutore,
sono identiche con inammissibile. E altrove, parlando del
regno di Dio, il cui inizio Gesii Cristo pone qui in terra e
il fine in cielo dopo la distribuzione de' premii e de' casti-
ghi col giudizio, egli asserisce che di questi due poli del:
regno di Dio, il primo (conoscimento della paternita di Dio-
qui in terra) e vero e reale ; il secondo (giudizio e distri-
buzione di premii e castighi) non e cosa reale, si bene so-
lamente un modo di dire drammatico. Tanta, dice egli, era
la potenza di vita e Tefficacia di Gesti nel descrivere il re-
gno di Dio in questa vita che « alia fine del dramma egli
stesso si pone alia destra del Padre suo ed i dodici Apo-
stoli seggono sopra dodici troni a giudicare le dodici tribu
d'Israele ! » (p. 53). Quindi aggitinge : « Non 6 meraviglia
che vi sia tra i moderni chi in queste immagini dramma-
tiche... vede la parte principale della rivelazione di Gesu...
Si tratterebbe di varianti, piu o meno trascurabili, forse in-
trodotte da narratori ed interpret! posteriori » (p. 53, 54).
Dunque la vita eterna co' suoi premii e co' suoi castighi
sono per THarnack varianti trascurabili della predicazione
del regno di Dio, sono tratti drammatici ed enfatici che mo-
strano la potenza di Gesii nel predicare il deminio di Dia
E LA CRITIC A KAZIONALISTICA 519
:sugli uomini. « Si, (ripete egli) il Regno di Dio e il dominio
di Dio, ma il dominio del Dio santo nei singoli cuori e Dio
stesso colla sua forza. Tutto quel che c'e di drammatico in
senso esteriore, in senso storico (ossia in senso di fatti che
accadranno) a questo punto si diiegua, e si dilegua anche
la speranza esteriore dell'av venire » (p. 56). Sarebbe il caso
<d'un ciarlatano in cui le descrizioni magiche prendono il
posto della verita.
III.
Assottigliato il Cristianesimo del Vangelo alia sola pater-
nita di Dio verso I'uomo, il Critico si mette sul serio a in-
vestigare quali mutazioni od aggiunte abbia esso avuto nel
•decorso della storia; e, naturalmente, ne trova moltissime.
Le trova dapprima nella stessa eta apostolica, presso gli
stessi Apostoli (che e tutto dire), i quali sarebbero subito tra-
lignati dal loro Maestro, facendo dire al Maestro quel che non
disse (p. 29, 145 e altrove). II nostro professore, naturalmente,
ne sa piu di loro. Di quel delitto egli fa reo specialmente
S. Paolo per avere insegnata la teoria della redenzione umana
per Gesu Cristo (p. 286); per aver fatto « della Cristologia
il fondamento e la sostanza dell' Evangelo » (p. 184) e spe-
cialmente per avere ascritta a Gesu Cristo « un'essenza ce-
leste » (p. 233). All' eta apostolica ed agli Apostoli egli rim-
provera specialmente che si sieno immaginati che il Cristo
vivesse ancora e che avessero « compendiato, per cosl dire,
in questo fatto (morte e risurrezione di lui) tutto T Evan-
gelo » (p. 154). Sciagurati! che s'erano affrettati a sentenziare
sulla persona di Gesu, prima di sentire le conferenze del dot-
tore di Berlino!
Procedendo nel suo esame critico THarnack trova altre
mutazioni e piu forti ancora, specialmente nel Cattolicismo.
Trova, cioe, la Religione cristiana (che, secondo lui 6 tutta
in questo: « arrivare al Dio vivente... e da lui, attingere
forza, letizia e pace » [p. 191]) la trova, diciarno, sopraffatta
520 IL CRISTIANESIMO DELLA CHIESA
clai « coefficient! dell'Ebraismo o dell' Ellenismo, dell'asce-
tismo o della civilta, del gnosticismo o deiragnosticismo, di
una Chiesa regolarmente costituita o di un'associazione libera
volontaria... forme transitorie, simili alia corteccia che pro-
tegge 1'albero » (p. 191, 192). E ponendosi collo sguardo scru-
tatore al 200 e guardando i seguaci di Cristo, appena e se
il Critico vi scorga nulla del Cristianesimo del Vangelo. Noi
vediamo, dice egli in sentenza, una grande societa politico-
ecclesiastica sparsa in tutto 1' impero ; vediamo ogni ehiesa
che e come un'istituzione di culto « nella quale Dio e ado-
rato secondo un solenne cerimoniale » (p. 193) ; vediamo i
precetti di Gesu distinti nettamente dalle massime di fede ;
vediamo « la distinzione caratteristica tra preti e laiei, e che
certi atti del culto non possono essere compiuti che dal prete,
o che egli e intermedia rio, di cui non si puo fare a meno »
(p. 193); vediamo che a 1'uomo non puo avvicinarsi a Dio
se non per intermediarii e tali sono 1'ortodossia, i legittimi
ordinamenti, la Sacra Scrittura...; che la dedizione a Cristo
£ stata sostituita dalla Cristologia, la fervida speranza del
Kegno da una teoria dell' immortalita e deH'unione con Dio,
la profezia dall'esegesi erudita e dalla scienza teologica; i
chierici hanno preso il posto degli uomini avvivati dalla
Spirito, i fratelli sono divenuti laici soggetti a tutela; mi-
racoli e guarigioni prodigiose non se ne fanno piu o sono
arti sacerdotali ; alia preghiera che prorompe dal cuore sono
succeduti gl' inni solenni e le litanie; lo spirito e divenuto
diritto imperative » (p. 193). Quindi esclama meravigliato il
gran Critico : « Quale mutamento in poco piu di un secolo ! »
Ma anche noi, alia nostra volta, potremmo esclamare : Quale
mutazione di logica nel grande Critico, il quale prima diceva
impossibili i miracoli ed ora si lamenta che non se ne fac-
ciano piu ! ! Ma tiriamo dritto nel ricostruire il pensiero del
Kazionalista.
Dopo aver egli tentato di spiegare con molte pagine inu-
tilmente erudite come tal mutazione sia avvenuta per 1' El-
lenismo che si accampo tutt'intero nella Chiesa con il suo
E LA CRIT1CA RAZIONALISTIC1 521
multiforme patrimonio, per le conquiste di Alessandro che
tolsero le barriere tra I'Oriente e I'Occidente, per Topera di
Paolo che trasporto il Cristianesimo nel mondo romano, per
la filosofia greca del Logos, per il politeismo stesso o reli-
gione degli antichi Dei, i quali « prima di morire lasciarono
eredi di una gran parte del loro potere i Santi della Chiesa »;
dopo avere, diciamo, tentato di spiegare tutto questo, il Cri-
tico dimanda se in questa farraggine di superfetazione mal-
sana si e mantenuto e salvato qualche cosa del Cristianesimo
del Vangelo.
E risponde che, benche in qualche individuo qualche cosa
si e salvata (in fatti, se tutto il Cristianesimo e nella fede
alia paternita di Dio, 6 facile ammetterlo), pure nel complesso
neppur questa si 6 salvata, essendo essa stata sopraffatta da
quel grande involucro storico formato, dice egli, da Papi,
Vescovi, Diritto canonico, Messe, digiuni, adorazione di Gesu
"Cristo, culto de' Santi, Ordini religiosi, professione di fede,
acqua benedetta, eccetera. « Cristo, egli scrive, vuole che i
suoi seguaci non comandino (?) e i preti romani governano
il mondo. Cristo allontana i suoi discepoli dalla religione po-
litica e rituale e colloca ciascun uomo al cospetto di Dio;
nella Chiesa romana, al contrario, 1'uomo 6 avvinto con in-
dissolubili vincoli ad un istituto terreno (?) al quale deve ob-
bedire e solo a questo patto puo appressarsi a Dio » (p. 268).
Essa « coi suoi preti, col suo culto, col suo corredo di
vasi sacri, di paramenti, di Santi, di immagini, di amu-
leti (?), coi suoi digiuni e colle sue feste non ha niente di
•comune colla Religione di Cristo » (p. 241). E finisce con
dire che « la Chiesa romana non 6 altro che Tantico Impero
romano consecrato dairEvangelo... Essa regge ancora i po-
polii.i suoi Papi imperano come Traiano e Marco Aurelio;
al posto di Romolo e Remo sono successi gli Apostoli Pietro
e Paolo ; gli arcivescovi, i vescovi sono i suoi proconsoli, i
preti e i frati sono le sue legioni, i Gesuiti la sua guardia
pretoriana » (p. 253). Tuttocio displace al professore di Ber-
lino. Ma perch6 dispiacere? Cio anzi prova che Gesii Cristo,
522 IL CRISTIANESIMO DELLA CHIESA
gli Apostoli e i seguaci loro erano persone accorte, 116 si con-
tentarono d' idealism!, come certi professori.
Conchiude in somma che la Chiesa romana, benche abbia
il merito di avere sconfitto il politeismo ed educati i Barbari,
pure, come Religione, e tutt'altro fuorche il Cristianesimo
del Vangelo : e ci voile Toper a riformatrice, prima di Lutero
e poi de' razionalisti moderni, per rimettere in fiore nel mondo
il Cristianesimo vero di Gesii Cristo.
0 Martiri, o Santi della Chiesa di Dio, o Paolo apostolo,
o Ignazio di Antiochia, o Eiisabetta di Turingia, o Franceses
d'Assisi, o Caterina da Siena, o Carlo Borromeo, o Teresa
di Gesu, o Ignazio di Loiola, o Stanislao Kostka, voi dunque
foste traviati da un Cristianesimo falso ? Voi ardenti di arnore
verso Dio e verso gli uomini, foste tratti in inganno dalla
madre de' Santi, che e la Chiesa cattolica ? E, per imparare
il vero Cristianesimo sareste dovuti andare a scuola da Martin
Lutero o alle lezioni del professore di Berlino, Adolfo Har-
nack ? Deh ! non ascoltate queste, piii che bestemmie, insen-
sate goffaggini. — E proseguiamo la discussione scientifica.
Vogliamo vedere, cioe, a punto di, critica, se le cose as-
serite dal Razionalista berlinese sieno sogni o realta; senza
nulla dire della condizione falsa e contradittoria, in cui egli
si mette (e raccennammo al principio) in volere cioe esa-
minare qual sia il vero Cristianesimo di Cristo dopo avergli
negato ogni titolo ad una legazione officiate da Dio. Perche,
in tal caso, un Cristianesimo vale Taltro, quello del Tolstoj
vale quello delTHarnack ; anzi, ogni Cristianesimo non var-
rebbe piu d'una qualsiasi Religione naturale monoteistica.
IV.
II dedurre una conseguenza da un principio o da una
proposizione posta in luogo di principio e la cosa piu facile
del mondo; trattandosi d'un semplice esercizio di dialettica.
La difficolta sta in provare il principio. Ora, Adolfo Harnack
in tutte le sue sedici conferenze sull'Essenza del Cristiane-
E LA CRITICA RAZIONALISTIGA 523
,-simo afferma e ripete ad ogni pagina : u Tutto il Cristianesimo
-del Vangelo e eontermto nella paternita di Dio e in niuna
altra cosa » : afferma, diciamo, e ripete tal principio ad ogni
pagina. Volgendo poi lo sguardo allaChiesa cattolica e vedendo
in essa altre cose, oltre la credenza alia paternita di Dio,
grida: La Chiesa romana « non ha nulla di comune colla
Religione di Cristo » (p. 241). E i suoi scolari delPUniversita
di Berlino non s'accorsero del puerile giuoco dialettico.
Dimandiamo quindi a buon diritto : E poi vero che il Cri-
stianesimo del Vangelo sia tutto compreso nella paternity di
Dio e che da esso siano escluse tutte le altre cose qui sopra
enumerate? --No; questa e la risposta, finch& la logica e
la storia non saranno esulate dal mondo ; e le asserzioni del-
i'Harnack sono altrettante falsita storiche.
Vediamolo, facendone una breve enumerazione.
v.
La prima verita, negata da lui, e pur contenuta nel Van-
gelo, e che la Chiesa sia un istituto giuridico. — Come ognun
vede, si tratta qui di cosa principalissima come quella che
forma la stessa costituzione essenziale della Religione inse-
gnata da Cristo ; e trattasi inoltre di una di quelle altissime
formality officiali, che sono per la vita sociale quel che sono
1 principii per la vita intellettuale. Da qui dipende se i se-
guaci di Cristo debbano essere quel che sono i protestanti
fin dal secolo XVI, ossia indipendenti da ogni autorita eo-
clesiastica, o quel che furono e tuttora sono quelli che diconsi
cattolicij ossia, soggetti al magistero apostolico.
Or che Gesu Cristo abbia fondato tra' suoi discepoli non
una semplice scuola libera d'insegnamento, ma un istituto
giuridico, al cui magistero, ministero ed impero debbono as-
soggettarsi tutti i seguaci di Cristo, e cosa indubitabile. In
fatti, un magistero autorevole e giuridico si distingue da una
semplice scuola libera per cio che in questa non vi sono di-
ritti e doveri reciproci tra maestri ed ammaestrati; non vi
524 IL CRISTIANESIMO BELLA CHIESA
sono, diciamo, diritti e doveri sanzionati con premii e casti-
ghi. Ora, il comando dato da Cristo ad alcuni de' suoi seguaci
(cui nomin6 appositamente Apostoli o Messi) di spargers! tra
tutti gli uomini a predicare la sua dottrina fu un comando
assoluto con diritti e doveri tra maestri ed ammaestrati, di-
ritti e doveri sanzionati col premio (« chi credera, sar& salvo »)>
e col castigo (« chi non credera, sara condannato »). Dunque
il magistero fondato da Cristo non fu una semplice scuola,
ma un istituto giuridico che doveva assoggettarsi tutti gli
uomini (Marc. 16, 16 — Luc. 10, 16 — Matt. 18, 18); istituto
a capo del quale mise Pietro (Matt. 16, 18).
Dunque 6 una falsita patente quella dell'Harnack nel ne-
gare alia Chiesa cattolica il diritto di rappresentare il Cri-
stianesimo del Vangelo, perch6 (dice egli) « i preti romani go-
vernano il mondo». Anzi, percio appunto si vede in essa it
Cristianesirno del Vangelo. L'Harnack deve rassegnarsi; cost
voile Cristo. Che se tal governo e simile a quello dell'impero
romano e che « i Vescovi sono i proconsoli, i preti e i frati.
sono le sue legioni, i Gesuiti la sua guardia pretoriana », vuol
dire che Cristo, costituendo una societa, che 6 anche umana*
non disdegno i mezzi umani, e non si fido di affidare all' aria
od alFarbitrio di qualsiasi razionalista i veri che Egli venne
a svelare sulla nostra umile Terra ; ma pen so affidarli ad un
istituto giuridico, a cui promise la sua assistenza.
Quando dunque questo magistero giuridico, fondato da Gesu
Cristo per tutti gli uomini, fino alia fine de' secoli, insegna
e spiega la dottrina di Lui e si fa discepoli tutti gli uomini,
adempie Taltissimo officio impostogli solennemente da Cristo.
E siccome [Cristo non lascio nulla scritto, e un magistero
d' uomini che deve insegnare la dottrina d'un maestro che
nulla scrisse non ha altro mezzo ovvio e naturale che la
tradizione ossia la trasmissione vocale o scritta di quella dot-
trina; quando quel magistero sulle basi della tradizione insegna
le verita rivelate e si serve del corredo naturale e umaao
d'ogni magistero, puta caso della civilta e della filosofia, &
pazzia e stoltezza accusarlo di trasportare TEllenismo o gli
E LA CRITICA RAZIONALISTICA 525
ordinamenti umani nel Cristianesimo e di confondere una cosa
coiraltra. Egli 6 che Cristo fondo un inagistero di uomini e
per uomini, e 1'Harnack, non volendo ne 1'uno 116 1'altro, in-
venta che Gesu Cristo pose 1'uomo « libero al cospetto di Dio »,
abbandonato a tutti i suoi sogni ed illusion! subbiettive. Ma, in
tal caso, si puo dimandare: Che differenza v'e tra questa Reli-
gione che egli chiama Cristianesimo e quella di qualsiasi pa-
gano che amnietta Dio? per esempio, quella di Platone o di
Socrate ? Anzi la Religione di costoro sarebbe stata migliore,
poich6 essi non si credevano liberi dall'osservare la legge
naturale. Vuole il Critico mettere in cio la liberta del Van-
gelo? Che nou sia questa la ragione o il pretesto per lodar
tan to la (Jottrina di Gesu Cristo?! Sarebbe, al certo, una
ragione molto vile.
VI.
La seconda cosa contraria al Vangelo, secondo 1'Harnack,
e imposta dalla Chiesa cattolica, sarebbe la professions di
fede a determinate verita rivelate da Dio, come sono quelle
contenute nel nostro Simbolo apostolico, quali, p. es., la fede
a Dio creatore del mondo, all'Incarnazione, alia vita futura,
eccetera. — Ma, con buona pace di tutti i razionalisti, accu-
sare percio la Chiesa cattolica, e aftermare cio esser contrario
al Vangelo, sa di supremo disprezzo a Dio rivelante. Come?
Dio manda appositamente il suo Figlio in terra a rivelarci
verita o inaccessibili alia nostra mente od oscure, verita che
naturalmente devono servir di base all'operazione, e la Chiesa,
continuatrice in terra deir opera di Cristo, dovrebbe metterle
in disparte? Dovrebbe, cioe, lasciar libero ognuno p. es. di
credere o non credere alia vita eterna, alia creazione del
mondo, alForigine djelFuonio da Dio? E non e Gesu Cristo che
nel Vangelo approve la narrazione mosaica sulla creazione del
mondo e deiruomo da Dio? (Marc. X, 1-9). Non e Gesu Cristo
che nello stesso Vangelo annunzia la vita eterna ai suoi fedeli
seguaci? (Matt. XXV-46). 0 perche tutto cio non si dovrebbe
526 IL CRISTIANESIMO DELLA CHIESA
mettere nel prezioso tesoro delle verita da sapere? Non sa-
robbe ridicolo un astronomo o un geografo che trovata o ima
nuova costellazione o ua nuovo paese. rinunziasse poi alia
sua scoperta? Ma s'intende, Gesii Cristo per 1'Harnack non
6 un legato di Dio. Quindi e inutile tener conto delle verita
da lui rivelateci. Ma egli, invece di dir questo, che sarebbe
almeno logico, asserisce con aperta falsita o menzogna ci6
essere antievangelico, cio6 non contenersi nel Vangelo.
Ed antievangelica e pure, secondo lui, Vosservanza della
legge qual condizione a salvarsi ; e con stupida erudizione
asserisce questa essere idea latina, inventata dai Padri latini
a norma dell'irnpero romano, ove tutto era regolato dalla
legge. — Ma prima che il Vangelo lasciasse i conflni del-
FOriente, e molto prima che penetrasse neirimpero romano,
annunziava a tutti Tosservanza del decalogo per ottener la
salute. « Se vuoi salvarti, disse Gesii Cristo al giovinetto che
nelo prego, osserva i comandamenti », e giieli recito in parte.
Dunque e una puerile nienzogna quella del professore di Ber
lino di attribuire alia tirannla della Chiesa cattolica Timpo-
sizione della legge da osservare.
Puerili menzogne sono pure le altre asserzioni sull'asce-
tismo, sui voti religiosi e sulla mortificazione delle passioni,
tutte cose che, secondo lui, farebbero parte del deviamento
della Chiesa cattolica dal Vangelo. Eppure ogni pagina del
Vangelo risuona del dovere di conformare ii senso alia ra-
gione e a Dio. « Chi vuol venire dietro a me, rinneghi se
stesso, prenda la sua croce e mi segua » (Matt. XVI, 24). Chi
e che parla cosl, il Vangelo o un decreto di qualche Con-
cilio? E i consigli alia poverta, alia castita sono del Vangelo
o del Concilio di Sardica ? — Quanto alia frase rettoricamente
maligna che gli Dei pagani lasciarono eredi i nostri Santi
del loro potere, basta osservare che tra gli Dei e i Santi
y'6 la diiferenza che v'e tra Tessere e il non essere : gli Del
non esistono, i Santi esistono.
Che Gesii Cristo sia stato colla sua morte il gran Sacer-
dote, che fece di s6 stesso sacrifizio a Dio pei peccati del
E LA CRITICA RAZIONALISTICA 527
mondo, 6 idea (dice 1'Harnack) introdotta da S. Paolo nel
Vangelo; quindi e estranea al Vangelo. — Ma ci dica 1'egre-
gio professore, i primi tre Evangeli soiio di S. Paolo o dei
Sinottici, primi biografi autentici di Gesii? Nessuno li ha
mai attribuiti a S. Paolo. Or bene, nelle pagine de' Sinottici,
e contenuta tutta la dottrina della espiazione fatta da Gesii
Cristo per gli uomini. Quante volte Gesii parlo ai suoi in-
timi della sua imminente passione e morte! Quante volte,
parlandone, specialmente nell'ultima cena, disse chiaro che
in essa verserebbe il sangue per la redenzione di molti. E
non rimprovero Pietro perche, distogliendolo dal soffrire, non
conosceva il mistero diDio? II piu breve de' Sinottici, S. Marco,
e pieno di tal dottrina. E ci meravigiiamo che un polemista
francese, rispondendo all'Harnack, si sia mostrato tanto de-
bole da cedere quasi il terreno su questo punto, e cederlo
senza ragione, con rammarico di tutti i cattolici *.
Che dire poi delle due supreme verita, dette anch'esse dal
Razionalista contrarie al Vangelo : /' immortalita dett'anima
e la vita eterna coy suoi premii e castighi? — II Vangelo e
contro di lui quando insegna a non temere gli uomini che
possono uccidere il corpo e non 1'anima, nia di temere piut-
tosto Dio che pu6 mandare alia geenna il corpo e 1'anima ;
che Dio non e il Dio de' morti, ma de' viventi ; e quando
annunzia che la mercede e ne' cieli ; che ai buoni sara dato
il regno eterno e i cattivi saranno banditi al fuoco eterno;
che non attendiamo a procurarci tesori qui, ove i ladriru-
bano e la tignola rode, si bene a procacciarci tesori nel cielo ;
e quando dichiara che i giusti splenderanno allora come sole
nel regno del Padre loro e che saranno come angeli in cielo,
eccetera. — Non c' indugiamo a mostrare 1'assoluta certezza
onde il Vangelo attribuisce a Gesii Cristo la sua legazione
positiva da Dio e la sua naturale filiazione dal Padre ce-
leste, perch6 6 cosa evidente a chi legge anche solo i Si-
nottici. E basterebbe per tutta prova 1'atto di accusa per cui
1 ALFRED LOIS«Y, L'Evangile et I' Eglise, Paris, Picard, 1902
528 IL CRISTIANESIMO BELLA CHIESA
la Sinagoga mando a morte Gesu, che non fu altro se non
perch6 Egli asseri s& esser Figlio di Dio e giudice di tutti gli
uomini. L'occasione solenne, in cui Gesu Cristo fece tal con-
fessione, lo scandalo de' giudici e la seguita condanna, cose
tutte registrate in tutti i Sinottici, danno all'asserzione di
Gesii il carattere d'una storicit& senza pari.
VII.
In conclusione, 1'entimena del razionalismo 6 sbagiiato
nella sua base. Esso ha detto : — « II Cristianesimo del Van-
gelo 6 tutto compreso nella paternita di Dio. Quindi il Cri-
stianesimo della Chiesa cattolica, che alia paternita di Dio
aggiunge tante altre cose (n.° II), 6 Cristianesimo falso. » —
Or vedemmo a tutta prova che il Cristianesimo del Van-
gelo non e tutto compreso nella paternita di Dio, ma in esso
vi sono tutte le altre cose ripudiate dal razionalismo (n.° V
e VI). Dunque, invertendo la formola> si deve dire invece,
che il Cristianesimo del Vangelo trovasi nella Chiesa catto-
lica, non gia nel razionalismo.
Giunto il duello scientifico a questo punto, il razionalismo
s'attacca ai rasoi e grida, in sentenza, cosi : — « II libretto
de' Vangeli, che voi cattolici prendete per norma a giudicare
del vero Cristianesimo di Gesu, e falsato e interpolate, e
tutte le cose enumerate qui sopra (nel n.° V e VI) sono ag-
giunte posteriormente. »
A tale scappata, si vede chiaro che i razionalisti gia spo-
stano la questione, non essendo allora piii questione se il
Cristianesimo della Chiesa sia il Cristianesimo del Vangelo
storico (quale 6 contenuto, almeno in germe, nel libretto de-
gii Evangeli) ma 6 un'altra questione ; cioe, se il libretto
storico degli Evangeli rappresenti o no il Cristianesimo
di Gesu.
E LA CRITICA RAZIONALISTICA 529
A cui rispondiamo .
Gesu Cristo nan iscrisse nulla, ma istrui solo a voce.
"Quindi o il suo Cristianesimo lo prendiamo come ce lo tra-
smisero i suoi discepoli, o e impossibile trovarlo altrove. Ora
i suoi discepoli ce lo tramandarono per due canali : primie-
ramente per mezzo d'istituzioni vive, istituzioni giunte fine
a noi e accompagnate in tutto il corso della storia con mi-
racoli che sono .il sigillo di Dio ; secondariamente e in mi-
nori proporzioni con lo scritto del Nuovo Testamento, ove
non si scrisse tutto ma poco assai e quasi per caso, quando
gia il Cristianesimo era messo in pratica.
I razionalisti, perduta la battaglia rivolta contro il primo
mezzo di trasmissione del Cristianesimo (o anche messolo in
non cale) si volsero contro il vangelo scritto, almeno contro
i tre Sinottici ; e dapprima dissero che sono scritti rion au-
tentici, ora poi colPHarnack dicono solo che essi sono stati
interpolati.
Or, tale ipotesi, innanzi tutto, e assolutamente immagina-
ria ; prima, perche tutti i codici manoscritti del Nuovo Testa-
mento, che sono un due mila dal IV secolo in giii, sono con-
formi nella sostanza; cosi anche le versioni, di cui Titalica
rimonta circa al 150. Secondo, perche, quel che i razionalisti
immaginano essere aggiunto, e conforme all'altra fonte di tra-
smissione evangelica che sono le istituzioni vive della so-
cieta cristiana; una riprova piu bella e calzante della verita
non puo trovarsi. In terzo luogo, il supposto interpolatore
avrebbe dovuto proprio rimaneggiare tutti gli evangeli e
con arte sopraffina ficcarvi dentro tutto quel che enumerammo
di sopra : istituzione della Chiesa, clivinita di Gesii Cristo
e sua figliuolanza da Dio, la legge da osservare, la vita
eterna, il primato di Pietro, i consigli evangelici, il para-
diso, Tinferno, la risurrezione della carne, eccetera. E' questo
possibile?
Ma, data pure tal possibilita (ragioniamo ad hominem)
ci6 non pote accadere tardi ; altrimenti T interpolatore sarebbe
Serie XVIH, vol. IX, fasc. 1265. 34 24 febbraio 1903.
550 IL CRISTIANES1MO DELLA CHIESA
stato lapidato e lo scritto avrebbe avuto la sorte degli apo-
crifi. Tanta era gia la venerazione per quel libro fin dai primi
decennii del secondo secolo ! come consta da Ireneo e da altru
Percio dove a/ccadere in sul finire del primo secolo e il
principiar del secondo, quando il Vangelo scritto cominciava
a diffondersi, viventi ancora coloro che udirono gli Apostoli
e i loro discepoli. Ora, siccome ognuno che scrive e figlia
del suo tempo e inconsciamente ritrae le idee che ha impa-
rate e le cose che ha vedute; quindi quel supposto inter-
polatore avra espresso nel libretto i pensieri, le idee e le
pratiche degli Apostoli, de' loro discepoli e delle prime ge-
nerazioni cristiane; non potendosi supporre che egli abbia
espresse idee contrarie alle dette pratiche. Ma i pensieri, le
idee e le pratiche degli Apostoli, de' loro discepoli e delle
prime generazioni cristiane, non sono altro che i pensieri e
le idee di Gesu. Quindi anche in questa ipotesi, il Vangelo
scritto ritrae il pensiero di lui. Altrimenti, ve lo figurate
voi, cortesi lettori, il pensiero di Gesu che, rimasto ignoto
agli Apostoli e ai loro discepoli (gli unici che potevano
trasmetterlo) diventi poi noto solo ai razionalisti di venti
secoli piu iardi? E donde mai essi Tavranno conosciuto?
- Bispondono: Dalla critica.
Or bene, ecco in un quadro la bella specie di critica che
e la razionalistica.
Essa va di assurdo in assurdo. Cornincia dal dichiarare
indifferente la questione de' miracoli, che sono le credenziali
onde Gesii Cristo si mostra Legato di Dio ; il che (notisi bene)
e una stupidit& logica peggiore di quell' altra del negare alia
Divinita il potere di sospendere le leggi da Lei fatte. II ra-
zionalismo, cioe, nelT investigare se Dio abbia o no rivelata
una Religione al mondo per mezzo d'un suo Messo, esce di
casa con risoluzione presa di non voler neppure occupar-
sene. Quando poi, per la forza dell' impulso naturale, se ne
occupa, la risolve negativamente, negando a priori a Dio
la facolta, di far miracoli, non dando nessuno ascolto a testi-
E LA CRITICA RAZIONALISTICA 531
moni che da Gesu Cristo fino a noi asseriscono d'averli ve-
duti co' proprii occhi. Distrutta cosi la legazione officiate di
Oesu da Dio e distrutta ogni sua autorita, riducendolo ad un
allucinato, ecco di nuovo il razionalismo (non si sa perche,
ma certo con una nuova contraddizione) ostinarsi a fare
grandi elogi di Gesu, come del nome piii grande della storia,
e anzi, a riveadicare a se il diritto di essere erede del pen-
siero di Gesu, negandolo alia Chiesa cattolica. E quando
questa con in mano il libretto storico del Vangelo prova
che essa 6 conforme al Vangelo, il razionalismo con ultima
goffaggine grida : II libretto del Vangelo fu falsato dai primi
cristiani, cominciando dagli Apostoli e dagli Evangelisti. In
fatti 1'Harnack spesso asserisce cio nel suo libro. E cosi, di
assurdo in assurdo, giungono a questo ultimo assurdo storico,
che il Cristianesimo di Gesu, ignorato e falsato dai primi che
ne scrissero e lo praticarono (gli unici che potevano saperlo,
notisi bene) 6 stato ora scoperto, non si sa come, n6 donde,
dai razionalisti, venti secoli dopo.
I SINDACATI INDUSTRIALI '
Fra i fatti piu singolari che contraddistinguono la civilta
moderna e la ingerenza ognora piu crescente delle ammini-
strazioni dello Stato e del Comune nella vita sociale. Come
i socialist! estremi propugnano il collettivismo di Stato, cosl
non pochi socialisti moderati vorrebbero limitare 1'attuazione
pratica della loro idea al collettivismo comunale. I nmmcipii
dunque, non solo dovrebbero condurre da se quelle imprese
che sono strettamente comunali, vale a dire, che riguardano
tutta la eomunita, come acquedotti, gasometri, omnibus, tran-
vie, strade, telefoni, darsene, ospedali, farmacie ; ma quello
ancora che hanno un carattere piu privato, e che per lo
piu sono condotte da persone particolari o da sindacati, come
macelli, forni, latterie, produzione di forza elettrica, miniere>
Industrie locali ecc.
I.
Ecco, dunque, sciolta, secondo i socialisti moderati, la
questione dei sindacati. I municipii s'incaricheranno di pren-
dere sopra di se Tesercizio di tutti i servizii pubblici e a
poco a poco anche ramministrazione dei sindacati stretta-
mente industriali, i quali o per ragione di origine, ovvero a
cagione delle materie prime esistenti nel paese, hanno stretta
attinenza col Comune.
Non e qui il luogo di esaminare se convenga ad un muni-
cipio assumere imprese strettamente industriali. A molti in-
vero arride questa idea, recando per ragione che il Comune
troverebbe in ci6 un nuovo cespite di entrate, donde poi se
ne avvantaggerebbero i contribuenti. Questa e una supposi-
1 Continuazione. Vedi i quaderni 1256, 1258, 1260, 1261, 1263.
I SINDACATI INDUSTRIALI 533
zione assolutamente gratuita. Sono ancora troppo pochi i
municipii che hanno preso sopra di s6 imprese strettamente
industrial! e non si puo dal loro"buono o cattivo riuscimento,
pronunciare un giudizio definitive. Ma dal loro successo nel-
ramministrazione dei cosi detti servizii pubblici, ben si puo
arguire che cosa accadrebbe se mettessero mano a Industrie
private. E una specie di argomentazione a minori ad maius,
perch6 6 troppo piu difficile per un municipio condurre
un'azienda privata che un servizio pubblico.
Ora, & forse un fatto assolutamente certo e provato che
Famministrazione dei servizii pubblici da parte dei muni-
cipii torni a vantaggio vero e reale della societa? Molti, e
vero, Faffermano; ma con quali argomenti ? L'esperimento e
troppo nuovo, ne si puo dire con sicurezza che cosa ci tenga
in serbo Favvenire arcano. II solo fatto certo e che su questo
argomento sono stati scritti di recente, libri, opuscoli ed arti-
coli a migliaia, non solo in Italia, ma pressoche in tutto il
mondo, e la lite adhuc sub iudice est. Ne hanno scritto di
proposito fra i nostri il Vacchelli nella Nuova Antologia del
1 giugno 1902, il deputato Frascara nello stesso periodico del
1 dicembre, YEconomista d' Italia del 1 settembre 1902, la
Rivista internazionale di science sociali in piu luoghi, la
Ri forma Sociale del gennaio p. p. e molti altri periodici e
giornali, nelPoccasione specialmente del nuovo disegno di
legge sulla municipalizzazione dei servizii pubblici, presen-
tato dal Giolitti dinanzi al Parlamento e poscia al Senato.
Della letteratura estera poi ottennero gran nome alcune
lettere suH'utilita della municipalizzazione dei servizii pub-
blici, apparse nel Times di Londra neir ultima meta dell' anno
scorso, un articolo del Philips, pubblicato dal Nineteenth
Century and after del novembre 1902, e che porta il titolo:
Mammoth Trusts and Municipal trading ; molti articoli delle
riviste inglesi, francesi ed americane, parecchi studii della
Yale Review, spesso citata, degli ultimi due anni, il libro
del Macrosty, e moltissimi altri.
Naturalmente, come sempre accade, anche in questa que-
534 I SINDACATI
stione vi e il pro e il contra. II vento, pel momento, spira
in favore della municipalizzazione del servizii pubblici ed
anche dell'assunzione di altre imprese da parte del municipii,
in Italia non meno che all'estero. Cosi presso di noi, molti mu-
nicipii provvedono le proprie citta di acqua, di luce, di tra-
zione elettrica, a cavalli, od a vapore ; a Catania fanno il pane
pei cittadini, a Bergamo, a Brescia, alia Spezia fabbricano
case economiche per gli operai. Quanto all'estero, Tlnghil-
terra e la nazione dove il socialismo municipale 6 piu svi-
luppato. Cosl a Glasgow nella Scozia, e a Birmingham nel-
F Inghilterra, tutto 6 stato municipalizzato, persino la ven-
dita dei liquori, e sono ancora liberi i soli cimiteri ; in certe
citta degli Stati Uniti, della Russia, e della Francia i muni-
cipii provvedono i loro sudditi di teatri municipali a buon
mercato, e la Civilta Cattolica del 1° sabato di gennaio del
corrente anno ha narrato quanto il municipio di Londra ha
fatto e intende di fare in seguito pel gran popolo della ca-
pitale inglese.
Ma tenuto conto di tutto, si deve forse dire che la mu-
nicipalizzazione dei pubblici servizii.sia 1'universale panacea
che riparera ai mali sociali del secolo ventesimo ? Le lettere
del Times, dopo discussa la questione sotto tutti i rispetti,
conchiudono consigliando i municipii ad andar molto a rilento
prima d'assuinere ramministrazione dei servizii pubblici, ov-
vero di mercanteggiare come i privati. E il notissimo in-
glese Sir R. Giffen, in una conferenza sui sindacati indu-
strial! rispose al professore W. Smart che proponeva Tas-
sunzione dei sindacati da parte dei municipii, che era ormai
tempo di fermarsi sulla strada rovinosa della municipaliz-
zazione, se non si volevano caricare di debiti le finanze dei
comnni *. Lo stesso consiglio danno ai municipii italiani il
Vacchelli gia citato, I'Economista d'ltalia del 1° settem-
bre 1902, parecchi giornali di parte non ministeriale, alcuni
fra i deputati di opposizione e non pochi senatori 2, mossi a
1 Weekly Times del 16 gennaio 1903.
2 Cfr. La Tribuna del 6 febbraio 1903. Discussione al Senate sulla
INDUSTRIALI 535
cio non da ira di parte, ma da vera carita di patria. II mondo
moderno non ha forse abbastanza esperienza della municipa-
lizzazione per venire ad una conclusione veramente scienti-
fica sulla sua utilita; d'altra parte I'ainore di novita proprio
de' nostri tempi e il vento socialista che si fa sentire in ogni
dove, ci spinge grado grado al collettivismo, onde le menti
anehe piii savie ondeggiano incerte sul da farsi.
Tuttavia, per quanto e lecito congetturare in una mate-
ria dubbia in se e difficile, le seguenti conclusion! si possono
ritenere per provate sufficientemente.
1.° Nel piii dei casi di amministrazione municipale del
pubblici servizii e di altre manifatture, non solo non v'e gua-
dagno ma perdita.
In Italia, a cagione del tempo troppo breve dacche certi
municipii hanno assunto Tamministrazione dei pubblici ser-
vizii, non si puo ancora giungere ad una conclusione gene-
rale. In alcuni la municipalizzazione riesce e rende bene,
in altri cagiona perdite piii o meno gravi. II Prof. Bachi,
riassumendo nella sopra citata Riforma Sociale V inchiesta
da lui fatta sopra 100 amministrazioni comunali, conchiude
col dire che « non dappertutto floriscono le rose, e non pochi
sono quei municipii che nell'esercizio dei servizii pubblici,
invece di guadagnarci, hanno sofferto perdite non lievi '. »
Alia medesima conclusione 6 giunta la relazione ufficiale
inglese suiramministrazione municipale del gas per 1'anno
1898-99. In questa si legge che 48 municipii inglesi dovettero
far fronte alle spese incorse pel gas con nuove imposte. E qui
non sara un fuor d'opra notare che i giornali inglesi degli
ultimi mesi hanno fatto spiccare le gravi perdite alle quali
e andata incontro la citta di Glasgow per troppa smania di
municipalizzazione. Questa citta e, come gik si disse, la prima
forse di tutto il mondo per Taudacia de' suoi tentativi socia-
list!. II Municipio provvede i cittadini di acqua, di gas, di
municipalizzazione dei servizii pubblici ; The Fortnightly Review for de-
cember 1902. Socialism sub Rosa, by MR. J. A. MARRIOTT.
1 La Tribuna, 4 febbraio 1903.
536 1 SINDACATI
luce elettrica, di tranvie, di telefoni, di bagni, di lavatoi pub-
blici, di mercati per le erbe, pel bestiame, per le frutta, per
la carne, per salumi, vesti usate, uccelli, cani ; tiene in pro-
priet& ed amministra 2488 case municipal!, 78 pensioni, 372
botteghe, 49 rnagazzini, 43 depositi per mercanzie, 43 offi-
cine, 12 grandi sale per balli, orchestre e conferenze, 2 chiese,
2 alberghi, un teatro, uno studio d'arte, un ufficio di pegni,
un asilo per lattanti, una fabbrica di polveri piriche, un forno,
un campo da giuocare al golf, ed una grande tenda per pre-
dicare nei campi il vangelo. Possiede inoltre parecchie mi-
niere di pietre, 900 carrozze ferroviarie, 1000 ettari di ter-
reno che d& in affitto, si fabbrica da s6 le carrozze dei tranvia,
bonifica terreni paludosi, conduce un granaio pubblico, mette
a profitto i rifluti della citta, e vende carta straccia. Tutto
questo e modernismo bell'e buono, ma Teffetto finale non e
stato quello che i padri quiriti di Glasgow si aspettavano.
Le tasse cittadine salirono dal 6 all1 8,50 per cento, e il debito
pubblico della citt& da cento venti milioni di lire a trecento
venti milioni, e tutto cio in meno di dieci anni.
Lo stesso esperimento hanno fattp parecchie altre citta
di Europa e di America. Marsiglia per es. dopo aver perduto
ne' suoi tentativi di municipalizzazione centinaia di milioni
di franchi e ritornata saviamente in molte cose aH'antico si-
stema di appalto privato ; in Roma stessa, cosi deplorava il
consigliere Benucci nella tornata al Consiglio comunale del
17 gennaio del corrente anno, « cresce ogni anno la spesa
pei servizii pubblici »; e il sindaco Colonna nella tornata del
24 dichiar6 che ove lo Stato non presti una mano soccorri-
trice al Comune della sua capitale prevedeva vicina una
catastrofe T. Parigi, Liverpool, Londra, Birmingham, Lione,
Vienna, Berlino, dove piu dove meno, hanno fatto la stessa
esperienza; insomnia quasi tutte le citta che in molto o in
poco si provarono a togliere dalle mani private certi servizii
pubblici per metterli in quelle del munieipio, hanno dovuto
pagarne le spese, aggravando le imposte dei poveri contri-
1 La Tribuna di Roma, 18 e 25 gennaio 1903.
INDUSTRIAL! 537
bueoti. In Inghilterra si e giunti a tale che e stato neces-
sario creare una lega per la difesa della liberta industriale
privata contro la indebita ingerenza e la concorrenza fattale
dai municipii coi denari del contribuenti l.
2.° L'esclusione dell' iniziativa privata da certe fonti di
profitto cagionera presto o tardi una diminuzione della ric-
chezza privata.
3.° Essendo necessarii grandi capitali perche i municipii
possano iritraprendere imprese cosi colossali, non li potranno
trovare che ad interesse assai elevato, come di fatto e acca-
duto ai municipii inglesi, a un interesse variante dal 3 J/4 al
7 per cento; ai municipii americani dal 4 all' 8, al munici-
pio di Copenhagen al 5 per cento etc. 2. E da questo segue
che, se le imprese municipal! sono prospere, il maggior van-
taggio non andra gia ai contribuenti in generale, ma ai ban-
chieri o agli affaristi che hanno prestato il dauaro, e forse
anche se ne andra all'estero.
4.° Si ve.rra a for mare una classe privilegiata di operai
comunali.
5.° Le amministrazioni comunali saranno assolutamente
oppresse dal lavoro.
6.° E assai dubbio che il lavoro del municipio sia in quan-
tita e qualita uguale a quello di una casa commerciale privata.
7.° Un municipio, invaso dal baco della megalomania, sara
assai tentato d' impegnarsi alia ventura in pazze imprese,
arrischiandovi dentro i capitali del popolo.
8.° E quasi impossibile che un corpo elettivo e collettivo,
quale 6 il Municipio, senta per le proprie opere quello stimolo
e quell'amore che prova un privato proprietario di una fab-
brica, il quale ben sa che dal buon successo della medesima,
dipende il suo onore, il suo avvenire e il pane per s& e
per la famigliuola.
9.° Qualora un'azienda privata venga a fallire ne patisce
1 Cultura Sociale, Roma 1. gennaio 1903.
2 VACCHELLI, La municipalizzazione dei pubblici servizii. « Nuova
Antologia » 1 Giugno 1902, p. 475.
538 I SINDACATI
im solo o pochi : se il municipio fa gravi perdite, tutta la
comunita ne sentira il danno.
10.° Non si vede, chi, in caso di fallimento, debba essere
tenuto per mallevadore dinanzi alia comunita.
11.° E difficile che un'impresa condotta dal municipio e
non strettamente pubblica goda di molta stabilita; perche
essendo il municipio soggetto alle oscillazioni continue dei
partiti politici, queste passeranno facilmente dalle aule mu-
nicipali nelle amministrazioni delle aziende del Comune.
Queste sono difficolta belle e buone che non sono sfug-
gite n6 pure ai piu caldi fautori della municipalizzazione ;
tuttavia convien confessare che ad alcune di queste difficolta
si puo realmente provvedere; altre potrebbero sparire me-
diante uua niaggiore e piii universale coltura da parte del
popolo, un resoconto fedele dei bilanci delle aziende ammi-
nistrate dal Comune, una certa sorveglianza paterna del
Governo sui municipii, inviandovi ispettori a rivederne i
conti, forse anche adottando, come nella Svizzera, il refe-
rendum popolare per risolvere intorno a cose di una certa
importanza, e simili provvedimenti. Finalmente, tutto potra
andar bene cola dove il popolo 6 ediicato seriamente, dove il
carattere della popolazione 6 retto e leale, dove 1'amore del
bene pubblico e sentito fortemente e dove splende piu lu-
minosa la cristiana onesta. Con questo criterio finale si do-
vra alia fin fine giudicare dell'opportunita di simili im-
prese. Queste faranno buona prova in quei municipii dove
e senno, ordine, concordia, onesta: dove 6 megalomania,
bassa cupidigia, lotta politica falliranno rniseramente. Ad
ogni modo pero, qualora anche i municipii riescano a
condurre da se ramministrazione dei servizii pubblici,
non riusciranno mai a surrogare Tazione energica, vasta e
potente dei sindacati che non hanno per oggetto un servizio
d' immediata pubblica utility ma un ramo o 1'altro del cotn-
mercio umano l.
1 Cfr. intorno al pro e al contra della municipalizzazione dei ser-
rizii pubblici, oltre i lavori gia citati, Rice A SALERNO G., Nuova An-
INDUSTRIALI 539
II.
II socialismo comunale non rimedia dunque ai gravi danni
che si temono dai sindacati. Ma allora entrano in campo gli
antiprotezionisti a proporre di togliere dalle dogane dello Stato
le tariffe protezioniste. I sindacati industrial!, essi dicono,
crescono e prosperano specialmente negli Stati dove il com-
mercio nazionale 6 protetto per mezzo di tariffe elevate contro
la concorrenza estera. Si tolgano dunque le tariffe protezio-
niste, si faccia ritorno al libero commercio e i potenti sin-
dacati saranno colpiti a morte. Questo ragionamento corre
giusto, se non che poggia sfortunatamente sopra un fonda-
mento falso. Voi dite che la tariffa protezionista ha creato
il sindacato. E allora, come spiegate voi la comparsa dei
sindacati inglesi in pieno regime di libera concorrenza? In
Inghilterra non vi sono che poche tariffe, e pure il paese e
pieno di sindacati. II fatto e che la tariffa protezionista in-
fluisce senza dubbio a fortificare un sindacato, ma non basta
da sola a darvi origine, potenza e stabilita. Da troppe cause
dipendono i sindacati perche ad una sola si possano giusta-
mente attribuire. La tariffa protezionista non e propriamente
la madre dei sindacati come pretendono gli economisti libe-
risti degli Stati Uniti, ma e vero tuttavia che, posta la ta-
riffa protezionista, i sindacati estendono il margine del loro
guadagno, onde ne segue che ovvero possono vendere le loro
merci a prezzi tali da sfldare la concorrenza estera o pure
mantenere i prezzi a un livello leggermente superiore a quello
che sarebbe fissato dalla libera concorrenza. La tariffa dunque
conferisce allo sviluppo ed alia proprieta dei sindacati, ma
non ne e Tunica e ne anche la principale cagione. Si deve
tologia, 16 novembre 1897, pag. 300 e seg., Property and liberty defense
league, Municipal Socialism, London 1890; SINCLAIR, Municipal Mono-
polies. Toronto 1891 ; Journal des Economistes, Juin 1896. Le socialisms
municipals en Angleterre; CAMMEO F., I monopolii comunali, Bologna,
1896, etc.
540 I SINDACATI
dunque tenere per fermo che i sindacati meglio prosperano
cola dove sono piu protetti, mediante tariffe protezioniste,
contro la concorrenza estera, . ma mettono radice e crescono
a grande potenza anche in quegli Stati dove vige tuttora il
regime della libera concorrenza. II ritorno dunque aU'eco-
nomia liberista a poco o a nulla gioverebbe contro la crea-
zione, raccrescimento e la immoderata potenza dei sindacati.
La ragione finale di quanto diciamo sta in cio che, potendo
i sindacati, come gia dimostrammo, a motivo della loro strut-
tura tecnica, fare grandi economic, potranno sernpre vendere
le loro merci a prezzi inferior! anche a quelli determinati
dalle leggi della libera concorrenza. E a questa conclusione
arrivarono i membri della Commissione americana incari-
cata ufficialmente di studiare la questione dei sindacati. Ri-
conobbero Tinflusso della tariffa sulio stabilimento ed accre-
scimento dei trusts, ma confessarono concordemente che
come « la tariffa non e propriamente la loro madre », cosi
nelFabolire la tariffa non consiste certamente il rimedio che
lo Stato deve prendere per moderarne la potenza, e dimi-
nuirne i danni '-.
III.
Ad altri, place rispetto ai sindacati, la teoria liberista
del lasciar fare. Lasciate in pace i sindacati, gridano essi.
Non disturbate artificialmente le leggi della natura. Essi sono
prodotti necessarii dello sviluppo economico moderno. La
loro apparizione fra noi, il loro progresso erano inevita-
bili. Come sono venuti, cosl se ne andranno, dando luogo a
nuove forme dicommercio, a superiori dimostrazioni dell'at-
tivita umana. Se la loro azione diventa violenta, seguira ne-
cessariamente una reazione, e il subito cataclisma, come ac-
cade nelle forze material! della natura, li fara rientrare nella
moderazione e nell'ordine.
1 The Yale Review. November 1902, pag. 292; FLINT, The Trust:
its book, pag. 218.
INDUSTRIAL! 541
C'e molto del vero in questa teoria. I sindacati, come
abbiamo gia dimostrato, possono continuare ad esistere e a far
guadagni solo a eondizione di restare moderati nei prezzi :
quel giorno che vinti dalla cupidigia di maggior guadagno
li rialzauo artificialmente, si rende possibile la concorrenza,
ed essi saranno paralizzati e percossi, forse a morte. Con
tutto cio, rappresentando essi sotto molti rispetti un pro-
gresso umano e tornando a pubblica utilita, e dovere del
legislatore di fare in modo che i medesimi, senza correre
pericolo di sfacelo, si stabiliscano permanentemente nella
Bocieta. Ma per ottenere questo fine bisogna far qualche cosa,
non basta la teoria del lasciar fare, come vorrebbero al-
cuni, ancora troppo attaccati alle teorie della scuola liberale
o alia sentenza della lotta per la vita e della sopravvivenza
del piii forte. Egli e percio che tutti gli uomini di senno
negli Stati Uniti ed in Europa sentono che ormai e giunto il
tempo quando la legislazione deve intervenire a regolare op-
portunamente queste grandi creazioni industrial! a vantag-
gio universale della societa.
IV.
Messi da parte e rifiutati come insufficienti i provvedi-
menti fin qui proposti, resta a vedere che cosa finalmente
potrebbe fare lo Stato per sorvegliare efficacemente le ope-
razioni dei sindacati. Negli Stati Uniti sono innumerevoli i
disegni proposti a questo fine da uomini piu o meno auto-
re voli. I principal! sono quelli del deputato Littlefield, del
senatore Hoar, dell'avvocato generale Knox, e della Com-
missione iucaricata gia dal Governo di studiare la questione
dei sindacati. La proposta del Littlefield si riduce finalmente
a dare maggiore ampiezza e vigore alia legge Sherman, gia
esistente, colla quale si regola il commercio fra i varii Stati
deirilnione. II senatore Hoar e piii radicale nelle sue pro-
poste. Egli vuole, 1° che sia dichiarato delitto punibile dalla
legge ogni lega segreta fra due o piii compagnie industrial!
542 I SINDACATI
alTintento di farsi a vicenda favori ed eccezioni illegal! per
schiacciare la concorrenza di una terza o anche di piu com-
pagnie rivali, come accadeper es. quando le society ferroviarie
trasportano i prodotti di un sindacato a minor prezzo che non
quelli di un altro, owero nel caso di society produttrici che
vendono i loro prodotti a piu buon mercato a quelle com-
pagnie colle quali sono in lega, ecc. 2.° Quella compagnia
o sindacato che fosse venuto meno a questa legge venga escluso
dal commercio fra gli Stati delFUnione e coll'estero. 3.° I
sindacati siano obbligati per legge a rendere pubblici ogni
anno i loro bilanci, di tal maniera che appaia se osservano
o no le leggi votate dal Congresso a loro riguardo. L'avvocato
generale signor Knox conviene col senatore Hoar nel suo primo
articolo che riguarda il conferimento e 1'accettazione di fa-
vori illegali fra le varie compagnie a fine di togliere la le-
gittima concorrenza, ma rigetta il secondo ed il terzo articolo
surrogandovi una legge che proibisca ogni sorta di maneggi
monopolistici, e stabilendo una commissione nazionale per-
manente alia quale sia confidata la vigilanza legale dei sin-
dacati *. La Commissione degli Stati Uniti, gi& eitata, ha
raccomandato nella sua relazione ufficiale i mezzi seguenti:
a) Lo Stato obblighi la direzione dei sindacati a pubbli-
care ogni anno i proprii bilancii. b) Siano fatte eseguire
rigidamente le varie leggi gia esistenti in diversi Stati
contro i sindacati. <?) Non sia permesso ai sindacati di ven-
dere lo stesso oggetto a diversi prezzi in diversi luoghi e a
diverse persone. d) Si propongano al Congresso federate
provvedimenti analoghi alle leggi fatte dallo Stato del Mas-
sachussetts contro P inaffiamento del capitale (anti-stock loa-
tering laws) 2.
Se il Congresso degli Stati Uniti sia per seguire i varii
suggerimenti sopraccitati 6 assai dubbio. Ancora piu incerto
e se, nel caso aifermativo, possano essi riuscire efficaci contro
1 The New York Freeman's Journal, Questions before Congress. Ja-
nuary 17th 1903.
2 The Yalt Review. November 1902, pag. 296.
INDUSTRIALI 543
i sindacati. La prima legge del senatore Hoar suona assai
dura, ma avrebbe probabilmente la stessa sorta della Com-
missione per T Interstate Commerce. Come le ferrovie
americane proseguirono nel loro favoritism^ illegale a di-
spetto della Commissione, cosl troverebbero il modo di fru-
strare la legge Hoar. Lo stesso vale per le tre proposte del
Knox, la prirna delle quali coincide con quella del senatore,
la seconda e la terza sono sue proprie. Nel codice nordaine-
ricano, e in quello degli Stati particolari non mancano leggi
<jontro i monopolii, ma in pratica si sono mostrate inefficaci
•contro Tastuzia e la potenza dei sindacati. Quanto poi a sta-
bilire una Commissione permanente per regolare i trusts, la
poco felice sorte toccata alia Commissione per V Interstate
Commerce, dovrebbe far guardinghi i legislator! del Congresso
a non ripetere un simile sproposito. La proposta del Little-
field conviene colla seconda dell'avvocato generale Knox e
ne partecipa i difetti. Lo stesso deve dirsi delle proposte fatte
fino dal 1901 dal Clark, professore all' University di Colombia,
e dal Dos Passos di New York, le quali, su per giii s'accor-
dano colle piii recenti di altri economisti o uomini di legge.
Insomma, incerte sono le leggi da proporsi contro i sinda-
cati, e piu incerti ancora gli effetti che se ne sperano '.
La sola cosa certa e che qualche cosa si fara nella pre-
sente sessione del Congresso. Questo e voluto da tutti gli
economisti del mondo anglosassone ed e ferma volont& del
Presidente degli Stati Uniti, signor Roosevelt, da lui manife-
stata in cento occasion! 2.
Tuttavia i provvedimenti che saranno presi in America
per moderare la potenza dei sindacati non saranno del tutto
1 CLARK, JOHN BATES, The Control of Trusts. New York, The Mac-
millan Co., 1901; Dos PASSOS, JOHN R., The Growth and Eights of ag-
gregated capital. New York, Putnam's Sons, 1901.
2 II telegrafo ci porta ora la notizia che il Congresso ha approvato
il disegno di legge del Littlefield, che per conseguenza 6 passato alia
•Commissione giudiziaria del Senato. E molto dubbio pero che il Seriato
1'approvi. Forse 1'nnico provvedimento possibile pel momento 6 la pub-
dei bilanci annuali, imposta per legge a tutti i Sindacati.
544 1 SINDACATl
applicabili ai sindacati delle altre nazioni, perch6 lo spirito
delle leggi europee divaria non poco da quello delle leggi
anglosassoni, e di piii i sindacati industriali in Europa sono
un po' different! dagli americani. Se si tien con to dello spirito
pubblico dei due continent!, presso di noi il Governo centrale
e tutto, negli Stati Uniti puo in realta assai poco. In Europa
ogni Stato ha un codice civile, criminale e commerciale unico,
laddove nella grande repubblica nordamericana ogni Stato
possiede un codice speciale. E vero, in questi ultimi cin-
quant'anni e cresciuta anche cola una giurisprudenza, per
cosi dire, federals, fondata naturalmente nella Common
Id'W inglese, coll'aggiunta di leggi emanate dal Congresso
e da determinazioni locali, diventate universal!; ma tutto
questo e ancora troppo poco al bisogno. Per conseguenza si
dubita assai dagli economisti americani, se, poste le varie,
anzi contrarie tendenze di molti Stati deiriJnione rispetta
ai sindacati, potra il Congresso sciqgliere una volta per sem-
pre la tanto dibattuta questione.
E pure una qualsiasi soluzione e assolutamente necessaria*
Come abbiamo veduto, il settantacinque per cento degli og-
getti fabbricati agli Stati Uniti esce dai sindacati, i quali
non che diminuire, tendono anzi a crescere indeflnitiva-
mente in numero e potenza e fra breve avvolgeranno nelle
loro maglie potenti 1'intero paese. Ne cio avviene soltanto
agli Stati Uniti. L'Inghilterra e piena di sindacati di ogni
maniera; in Germania diventano ogni dl piu numerosi e
potenti, in Francia e nel Belgio esistono gia in gran nu-
mero e si fanno vedere anche in Italia, benche non col
nome di sindacato e sotto una forma alquanto modificata,
Quali sono dunque i cloveri dello Stato dinanzi a queste nuove
creazioni dell'attivita umana?
Per rispondere adeguatamente a questa domanda, bisogna
premettere la dottrina tenuta generalmente e assolutamente
consona alia retta ragione, sui doveri e diritti dello Stato
rispetto alle societa libere.
II diritto di associazione essendo fondato in natura, non
INDUSTRIALI 545
pu6 lo Stato impedire che si formino libere societa, purche
esse non si prefiggano un fine immorale, o contrario al be-
nessere pubblico o ledente i diritti dei terzi, ovvero facciano
uso di mezzi illeciti e disonesti. Deve anzi lo Stato ispirare,
promuovere, aiutare e difendere quelle associazioni che hanno
per fine il vantaggio dei cittadini, vantaggio che puo essere
fisico, materiale, intellettuale o morale. Quando poi esse siano
formate, non spetta al Governo di regolarne T andamento ;
sibbene s'appartiene a lui di diritto e di dovere di sorvegliarle
affluent non deviino dal loro scopo a danno dei privati o del
pubblico. In una parola, lo Stato deve mostrarsi patrocinatore
di tali associazioni, e, ove occorresse, anche tutore e corret-
tore, ma rispettandone sempre Tautonomia e la liberta alia
quale hanno diritto \
La via dunque e tracciata allo Stato per frenare la im-
moderata potenza dei sindacati. Non deve distruggerli, perche,
salvo il caso che essi non degenerino in associazioni di truf-
fatori, non ne ha il diritto. Non deve regolarne 1'andamento
e molto meno assorbirli, perche cio sarebbe un iniziare il
Collettivismo di Stato. Deve soltanto invigilarli, perche da
buoni in s6 ed utili alia societa non si mutino in istrumenti
di oppressione a danno dei cittadini.
V.
Orbene questa vigilanza legale si puo ridurre a cinque
punti che potrebbero venir adottati da tutti i Governi del
mondo. 1.° Ordinare per legge che i sindacati pubblichino
ogni anno un fedele resoconto di tutte le loro operazioni
commerciali e industrial!. 2.° Mandare di tanto in tanto ispet-
tori governativi accorti e integerrimi a rivederne i bilancL
3.° Dichiarare dclitto punibile di ammenda e di carcere le
due operazioni, alle quali pur troppo molti sindacati si la-
1 Bosio P., Compendio di Sociologies cristiana. Tip. Ed. S. Bernar-
dino, Siena 1902, pag. 70. Cfr. TAPARELLI. Saggio teoretico di Diritto
'naturale, n. 726.
tterie XVIII, vol. IX, fasc. 1265. 35 25 febbraio 1903.
546 I SINDACATI
sciano andare, d' inaffiare cioe il capitale, e di distribuire
agli azionisti dividendi fittizii sopra il capitale. 4.° Ordinare
pure per legge che i direttori e gli amministratori del sin-
dacati siano tenuti mallevadori del danni che i privati azio-
nisti o il pubblico avessero a soffrire dalla poca oiiesta am-
ministrazione delle loro aziende. 5.° Finalmente, pure per-
mettendo i sindacati finanziarii o di Borsa, perche abolirli
affatto tornera forse impossibile, tenerli d'occhio merce ap-
posite leggi di tal maniera che non possano recare grave
nocumento alia societa. Se questi suggerimenti venissero uni-
versalmente accettati non sarebbero piu possibili, o almeno si
ridurrebbero di molto i fallimenti che cosl spesso vengono a
gettare il disordine e la rovina nel seno del mondo commer-
ciale. E ancora vivo, per es. in Inghilterra lo sgomento pel
fallimento della London and Globe Finance Corporation della
quale era direttore il defunto Lord Dufferin ed amministratore
il sig. Whitaker Wright. Or bene, la societa falli miser amente
perche il Whitaker non rendeva conto sinceramente agli azio-
nisti del come procedessero gli affari della societa, e, per
tenerli quieti e contenti, distribuiva loro dei dividendi che
variavano fra il 10 e il 12 per cento. E non capivano gl'incauti
azionisti che questi lauti dividendi non erano gia frutto del
capitale, ma il capitale stesso che il Whitaker in piccolissima
parte ritornava a' suoi legittimi possessor!. Lo stesso maneggio
immorale si ripete alcuni mesi dopo nel Banco Sconto di To-
rino, e ne sentiamo ancora lo strascico su pe' giornali e nei
tribunali. Presso di noi il periodo piu doloroso per frodi
commerciali, e giuochi immorali di borsa fu il quinquennio
1885-1889. Come si maneggiarono allora alcuni uornini diso-
nesti per frodare il pubblico e derubare i risparmii degl'ita-
liani? Si pubblicarono dalle compagnie industrial! bilanci
esagerati e falsi e si distribuirono dividendi fittizii. I sem-
plici, adescati dagli alti dividendi, acquistarono azioni a cor si
elevati, e ben presto le videro scendere a corsi disastrosi.
E si ricordi che quei bilanci, che gli eventi dimostrarono
mendaci, erano firmati e raccomandati da parecchi fra gli
INDUSTRIALI 547
uomini piii eminent! della Borsa, della finanza e del credito.
In verita, Foro accieca e la speculazione si propaga come
un contagio, attaccando spesso nella stessa misura i buoni
e i tristi ] !
VI.
Ai cinque punti sopra indicati si pu6 ridurre 1'azione
moderatrice dei Governi sopra i sindacati. Ed ora facendo
appello alia morale diamo termine a questa nostra tratta-
zione. Quando i Governi avranno fatto del loro meglio per
invigilare i sindacati si die non degenerino, si dovra pur
sempre confessare che ogni legge e provvedimento tornera
vano se i direttori e gli amministratori dei sindacati non sono
persone capaci, prudenti e sopratutto oneste.
Che la capacita e la prudenza siano necessarie ai diret-
tori di aziende cosi colossali, facilmente si capisce; ma non
tutti tengono in debito conto Timportanza che ha Tonestk
nel commercio delle nazioni.
II giudizio che fa il volgo di certe operazioni commer-
cial! pecca generalmente per due estremi opposti. Ovvero le
condanna in nome del sentimento e di vecchi pregiudizii,
oppure davanti alia realta dei fatti dichiara apertamente che
il commercio, se vuole prosperare, deve emanciparsi ne' piii
dei casi dalla morale. Avviene anzi che la reazione contro
le restrizioni imposte dal decalogo vadaHO tant'oltre d'ap-
provare all'unanimita tutti quei procedimenti disonesti, loschi,
e truffatori onde, pur troppo, molti commercianti fanno uso
per arricchirsi a dispetto della legge umana e divina, della
ragione e a danno del prossimo. II felice successo e per co-
storo la sanatoria generale di ogni truffa commerciale.
L'economista, non diro cristiano ma semplicemente onestor
non puo davvero appro vare queste due opposte sentenze. Se
una pratica commerciale e realmente necessaria alia vita
1 Cfr. ARftENTARiUM, Dividendi reali e dividendi fittizii nella Nuova
Antologia del 16 gennaio 1900, pag. 317.
548 I SINDACATI INDUSTRIALI
del genere umano, essa e legittima e non pud esssre che
onesta : che se ella e immorale nella sua essenza, noo. sara
ne necessaria n6 utile alia prosperita della vita civile. In
quest 'ultimo caso cotali pratiche commercial! potranno du-
rare ua poco, perpetuarsi non mai ; potranno prendere piede
in questa o in quella nazione, non diventeranno univer-
sali ; riceveranno Tassenso di pochi illusi o corrotti, non sa-
ranno pero mai ricevute dalla gente proba ed assennata, e
crescendo Tumanita in scienza e giustizia e a sperare che
vengano bandite a poco a poco dalla faccia della terra *. La
parola finale sui sindacati industrial! puo esser questa. In
se sono buoni, onesti ed utili alia societa, perche evoluzioni
necessarie dell'attivita intellettuale dell'uomo nelle Industrie
e nei commercii. Colpa pero Tinnata malvagita umana, pos-
sono di leggeri tralignare dalla bonta nativa e trasformarsi
in strumenti di oppressione e di tirannide. Deve dunque lo
Stato con apposite leggi invigilarli, perche non deviino dal
ret to tramite della giustizia. Quanto poi al loro av venire
non 6 forse difficile profetizzarlo. Se i sindacati si man-
tengono dentro i limiti della moderazione e dell' onesta,
potranno prosperare e stabilirsi deflnitivamente nel seno
delle nazioni civili; se abusando del loro potere, riescono
di danno al pubblico .ed ai privati, saranno condannati irre-
missibilmente a perire.
1 Cfr. JANNET CLAUDE, Le Capital, la speculation e la Finance. Paris.
Librairie Plon, 1892, pag-. 190.
IL P. ANGELO SECCHI
NEL XXV ANNIVERSARIO BELLA SUA MORTE
Di quest! giorni 1'aula massima del piu bel palazzo di
Roma, la Cancelleria, che vide gia tra le sue mura tante
feste della religione e dell'arte, s'aperse ad una commemo-
razione che fu un tributo d'affetto ad un maestro ammirato
ed amato, e una solenne affermazione d'un intimo e veris-
simo convincimento. La persona che si voile onorare era il
P. Angelo Secchi, che onoro la scienza colle sue scoperte, la
religione colle sue virtu, e Roma cattolica colla sua fama. II
principio, che si voile affermare con tanta solennita e con
tanto convincimento, e 1'armonia della scienza umana e della
fede divina.
II 26 febbraio di quest 'anno 1903 finivano venticinque
anni appunto dalla morte dell' illustre astronomo. Volendo
ricordare le opere e la memoria di lui, questa era 1'occa-
sione propizia. Vero e che la frequenza omai esagerata nella
celebrazione di centenarii e d'altre siffatte piu rapide ricor-
renze, scema non poco il valore e il significato di tali dimo-
strazioni. Tuttavia non 6 ragionevole che si rinunzii ad ogni
impresa di cui si possa abusare, quando intervengano giusti
motivi di proseguirla. E quello di present are alia novella
generazione, nata e cresciuta in questi venticinque anni, una
prova ed un esempio eloquente non della possibilita soltanto,
ma del fatto, che scienza e vita cristiana s'accordano per-
550 1L P. ANGELO SECCH1
fettamente insieme; questo motive era grave e nobile cer-
tamente. Esso fu che suscito il primo pensiero di queste ono-
ranze, quasi inaspettate, perch6 nel giro di pochi mesi ideate,
combinate e messe ad effetto.
L' iniziativa ne prossima n<b remota non mosse dalla Com-
pagnia di Gesu, 1'ordine religioso, cui il P. Secehi appar-
tenne. Non crediamo dir troppo affermando che forse ne pure
ci si pensava. Non gia perche tra gli antichi confratelli del
Secehi sia venuta meno la grata, anzi la venerata memoria
di lui, come d'un uomo che si rese in modo insigne bene-
merito della Compagnia stessa e di tutta la Chiesa. N6 anco
perch6 nella piu giovane generazione religiosa sia riguar-
dato con meno stima o con attenuata riverenza uno scien-
ziato, il cui nome e assicurato alia storia. Ma mentre e nelle
memorie domestiche, e negli annali dell'ordine, e ne' suf-
fragi, e in molti svariati modi 6 assicurata la ricordanza di
tutti i figli della Compagnia e, a maggior titolo, de7 piu in-
signi per virtu e per sapere ; non e men vero che tali com-
memorazioni sono aliene dalle sue consuetudini, e che tra il
romore delle vistose onoranze la modestia religiosa si trova
sempre come a disagio.
II Comitato romano che promosse questa dimostrazione si
formo tra cattolici, secolari e religiosi, di Roma, estranei alia
Compagnia, stati quasi tutti allievi o amici del Secehi. Nei
quali percid oltre air alto intento sopra ricordato, non si puo
che lodare la gentilezza d'animo memore del maestro, delle
scuole, delle glorie scientifiche associate agli studii della pro-
pria giovinezza.
*
*
Quando, or fanno quindici anni, la convivenza con molti
colleghi ed amici del P. Secehi che potevano fornire non
poche notizie sulla vita di lui, mi mosse a valermi della
propizia congiuntura raccogliendo il piu sicuro in una breve
NEL XXV ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE 551
ma, per quanto mi fu dato, esatta biografla l, era cosa
che rallegrava Tanimo il vedere quanto viva, bella e schietta
fosse rimasta in tutti rimmagine deiruomo dotto e del pio
religioso : cara non ostante una cotale ruvidezza esterna, che
mostrava 1'uomo avvezzo a vivere tra le stelle piu che tra
gii uomini, ma procedeva dal candore deU'animo e da sin-
cerita di carattere, e nascondeva un gran buon cuore. Que-
sto era che addolciva li per li, e col tempo quasi convertl
in gradite memorie persino i rabbuffi toccati a qualcuno che
incautamente s'era arrischiato di frastornare il maestro in
•qualcke memento inopportune. Del resto non era alcuno che
non sapesse compatire a quella quasi nervosita, troppo na-
turale in chi per la natura stessa de' suoi studii e necessi-
tate ad aver fretta sempre per cogliere al volo i passeggeri
fenomeni celesti.
Orbene oggi che i dieci anni sono diventati venticinque,
vediamo con maggior meraviglia e compiacenza che la me-
moria del P. Secchi e sempre viva, sempre benedetta; segno
manifesto ch'egli era veramente neH'animo di tutti, che i
-suoi merit! scientific! furono e sono giustamente apprezzati,
e che veramente poderoso fu il suo esempio in prova di quel
principio che in questa commemorazione si voile affermare.
Ne si trova alcuno che credesse scemato il valore degli
studii di lui per i nuovi progress! fatti dall'astronomia in
quest 'ultimi venticinque anni; i quali posta la rapidita del-
Tavanzamento di tutte le scienze d'osservazione e delle art!
meccaniche insieme, valgono, quanto a copia e perfeziona-
mento di mezzi materiali, per un mezzo secolo almeno sti-
mato alia misura antica. Giudicare un uomo da quello ch'egli
rapito dalla morte, non pot& fare, sarebbe ingiustizia : come
sarebbe adulazione reputare la scienza ferma ov'egli la lascio
morendo.
1 Delia vita e delle opere del P. Angela Secchi delta Compagnia di
Gesu, commemorazione pubblicata in occasione del decimo anniversario
della sua morte dal P. CARLO BRICARBLLI della medesima Compagnia,
con un elenco de' siioi scritti. Koma, tip. della Pace, 1888.
552 IL P. ANGELO SECCHI
Se il P. Secchi avesse avuto altri dieci anni di la-
voro, poniamo, e ben lo poteva facilmente, quando fosse pia-
ciuto a Chi invece lo chiamo in eta di sessant'anni non finiti^
avrebbe veduto, per dire di un punto solo, che i suoi studii
sugli spettri delle stelle avevano aperta una nuova via nel-
1'esplorazione dell'universo siderale, colle piu feconde e ina-
spettate scoperte in quegli estremi confini del creato. Delia
composizione chimica di que' mondi nulla sappiamo se non
dallo spettroscopio : quali elementi quivi ardano, s'infochino,
s'arroventino in variopinti splendori, ce lo rivelano le righe,
le strisce, le lacune degli spettri prismatic!; e questa 6
Tunica fonte.
Ma la novita che il Secchi non pot6 contemplare co' suoi
occhi, fu Tapplicazione degli studii spettrali alia determina-
zione del movimento degli astri nella direzione del raggio
visuale. Questo e ora uno degli oggetti di studio cui piu assi-
duamente s'attende in diversi osservatorii di astrofisica: ma
esso non poteva aver luogo, non che menare ad alcun suc-
cesso di qualche conto, e forse neppure cadere nel pensiero,.
se prima non erano sicuramente fissati i termini di confronto,
gl'indicatori del moto, cio6 le strie proprie di ciascuno spettro..
Esse sono che col mostrarsi spostate alia destra o alia sini-
stra della posizione nor male, che dovrebbero avere, sono in-
dizio manifesto dell' alter azione nella lunghezza dell'onda che
piove verso la pupilla per grimmensi spazii dell'etere silen-
zioso. S'accorcia Tonda luminosa, piegano cio6 le strie verso
il violetto? la Stella s'avvicina. Piegano verso il rosso, Tonda
s'allunga? la stella s'allontana.
I lavori lunghi, pazienti, esatti e sistematici sugli spettri
delle stelle, insieme con quelli notissimi sulla costituzione del
sole, resteranno il titolo principale della fama del P. Secchi.
Di rnodo che, senza escludere la sua molteplice attivita in
tanti altri campi, e senza attenuare per niente i meriti di
tutti quegli altri astronomi che lavorarono con felice successa
il medesimo campo, si puo dire del P. Secchi che lo spet-
troscopio fu Tarma sua principale, il suo cavallo di battaglia..
egli restera come uno dei fondatori di questa parte di su-
NEL XXV ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE 553
prema importanza neirastronomia, che rese possibile un ramo
nuovo di scienza, con ardito pensiero denominata la chimica
-celeste.
Nel 1862 il Secchi e il Janssen pel primi osservarono nello
spettro della stella a di Orione, cio6 Betelgeuse, certe linee
metalliche. La stella a dello Scorpione (Antares), a di Ercole,
.p di Pegaso, a della Balena presentarono strette somigliauze
con quella prima, cio6 oltre le righe metalliche, numerose
strisce oscure sfumate, che prendono aspetto di scannellature
d'una colonna. Per contro Arturo (a di Boote), Aldebaran (a
del Toro), la Capra (a dell' Auriga), la Polare, Polluce (P dei
Gemelli) ed altre molto piu numerose, diedero a vedere uno
spettro del tutto somigliante a quello del sole.
Sirio, Altai'r, Vega, Procione, Regolo, la Spica Virginia,
^cc. cio6 Talta aristocrazia del cielo stellate, con un corteo
innumerabile di a e di p, mostrarono uno spettro piii im-
macolato : strie metalliche a mala pena visibili e finissime,
-quelle dell'idrogeno pero ben spiccate. Piu d'una meta delle
stelle visibili ad occhio nudo si schierarono in questa classe,
che non ammette se non astri fulgent! di biarichissima luce
o tinta al piu di ceruleo delicato. Quivi principiavano a tra-
sparire i rudiment! di classificazione.
II Secchi non si ferma ai primi saggi : vuole veder netto
in tanta varieta di spettri ; e cosi con quella costanza e quel-
Tardore che erano prerogative dell'indole sua ed erano gui-
date dall' intuizione della mente prossima a una bella scoperta,
intraprende senz'altro una revisione spettroscopica di tutto
il cielo stellato.
Fu lavoro di parecchi anni : Tastronomia non e una scienza
sportiva, ma di fatiche, di veglie, d'abnegazione. II primo
catalogo, copioso assai, pubblicato nel 1866 aveva gia con-
dotto a distinguere le stelle in tre tipi, che potevano essere
ben rappresentate da Sirio, dal Sole e da Betelgeuse. L'anno
appresso 1867 apporto un quarto tipo di stelle rosso-sangui-
gne dalla sesta grandezza in giu. Piii tardi se ne trovarono
altre dallo spettro rovesciato, che potrebbero formare
554 IL P. ANGELO SECCHI
una quinta classe. E 4000 stelle passarono alia sua rassegna
avanti che la malattia gli troncasse il lavoro tra le mani.
Parallele alle osservazioni del Secchi in Roma andavano
fin d'allora quelle del D' Arrest in Copenaghen, dell' Hug-
gins e del Miller in Inghilterra, del Pickering in America,
dappoi quelle del Vogel in Potsdam, il quale ultimo continuo
in compagnia del Scheiner gli studi del Secchi, arrivando
ad una classiflcazione di tutti gli spettri stellari, alquanto
piu minuta, dove per6 i tipi del Secchi sempre risaltano come
famiglie naturalmente costituite. Le tre classi la, Ha, Ilia del
Vogel (dice il Cornu noil' Annuaire du Bureau des Longi-
tudes) non sono altro che i tre primi tipi del Secchi, e ba-
stano a qualificare le stelle piu brillanti, le suddivisioni noa
comprendono che un piccolo numero di stelle, di tenue gran-
dezza.
II Pickering all'osservatorio di Harvard College in Cam-
bridge (Stati Uniti), lavora intorno agli spettri stellari con un
telescopic fotografico di 24 pollici; al quale dette una suc-
cursale ad Arequipa nel Peru a 3000 di altezza, dove un 8
pollici, grazie alia chiarezza dell'aria, vale due tanti.
Sono noti agli astronomi i semplici e ingegnosi artifizi onde
egli ottiene ad un tempo le fotografie di un numero notevole
di spettri ricevuti nel campo dell'obbiettivo, tutti nella stessa
scala, tutti comparabili. Estesa cosi Tesplorazione all'emisfero
australe il valente e animoso americano giunge ad una com-
piuta conferma e ampliazione dei tipi fondamentali del Secchi.
Egli si scosta dalla classificazione del Vogel, e stabilisce
cinque tipi principali : 1° stelle bianche o azzurrine come
Sirio ; 11° stelle gialle, come il Sole ; III0 e IV° stelle ranciate
o rosse; V° finalmente poche stelle il cui spettro consta di
poche linee brillanti. Basta riscontrare queste conclusion! con
quelle dianzi riportate per inferirne quanto bene il cielo di
Roma e Tocchio perspicace del P. Secchi avessero rivelata la
qualita della luce che scintilla lassu.
Ecco in una tabella messe a riscontro la classificazione
del Secchi e quella del Vogel:
NEL XXV ANNIVERSARIO DELL A SUA MORTE
555
I Tipo
•del Secchi
II Tipo
• del Secchi
III Tipo
•del Secchi
IV Tipo
• del Secchi
Spettri con strie metalliche finissime, le zone
turchina e violetta molto estese. Inoltre
a) linee dell'idrogeno larghe e ben spiccate
b') linee metalliche appena acceiinate, man-
canti quelle dell'idrogeno
c) linee dell'idrogeiio e D3 lucide
Spettri con linee metalliche nitide, violet to e
turchino meno estesi, talvolta nelle parti meno
refrangibili deboli strisce. Inoltre
a) numerosissime linee metalliche, special -
meiite nel giallo e nel verde : linee del-
l'idrogeno per lo phi spiccate, ma strette
6) linee scure e deboli strisce, e alcune litiee
brillanti (T della Corona bor.)
Spettri con linee scure e molte strisce oscure
sfumate (scannellature) : violetto e turchino debo-
lissimi.
a) strisce scure e nette verso il violetto, sfu-
mate verso il rosso
6) strisce .limitate al rovescio delle prece-
dent!
I Classe
del Vogel
II Classe
del Vogel
III Classe
del Vogel
Colla distinzione della qualita, cio6 del tipi, le nuove os-
servazioni estese a piii vaste region! del cielo confermano
del pari cio che diremmo la statistica delle stelle secondo
i different! tipi. Su 1000 spettri, 560 sono del primo tipo, 374
del secondo, 65 del terzo e 1 del quarto.
Omai se Tanima bella di lui che, speriamo, mira in cielo
splendori piu sublimi ancora, fosse capace di altre consola-
zioni, potrebbe rallegrarsi di non aver lavorato indarno. I
tipi stellari resteranno sempre collegati col nome del Secchi :
bel monumento, aere perennius, eretto tra gli spazi celesti
ove il dente edace del tempo -non ha potenza.
*
* *
Che anche nelle ricerche scientifiche abbia luogo la fortuna,
in parte e vero. 0 perch& non potrebbe 1'uno nascere in tempo
propizio agli studii, in tempo di pace, in paese colto; un
altro di pari e anco di migliore ingegno tra i tumulti delle
guerre, lungi da ogni aiuto di civile istruziorie ? Non si puo
negare per es. che il Secchi sia nato e vissuto in buon punto.
Lasciando stare i suoi primi studii in Reggio d'Emilia e in
Roma, e il benefizio tratto dai viaggi forzati all'estero in
Inghilterra e in America ove fu sbalzato dalle rivoluzioni del
556 IL P. ANGELO SECCHI
1848 e '49, egli si trov6 a sviluppare la sua attivita scien-
tifica allora appunto che il cannocchiale acromatico, se non
principiava addirittura, faceva pero con lenti di grand! di-
mensioni quasi le prime prove.
L'eliometro di 6 pollici di apertura (15,8 cm.) costruito
dal Fraunhofer (f 1826) pel celebre Bessel all'osservatorio
di Konigsberg non solo rese servigi eterni nelle misurazioni
astronomiche, ma fu a suo tempo riputato una rarit& anche
solo per la grandezza della lente. E quando nel 1818 Gu-
glielmo Struve fu chiamato alia direzione dell'osservatorio
di Dorpat ed ottenne di commettere al Fraunhofer stessa
un refrattore di 9 pollici, questo eseguito effettivamente pochi
anni appresso, primo di tale grandezza, fu riguardato come
uno strumento gigantesco. Ne successero quindi qua e 1&
di 12 e 14 pollici: ad ogni modo, bench6 si fosse lungi dalle
dimensioni oggi raggiunte .di 90 cm. ed anche di 1 m. e piu,
tuttavia un equatoriale acromatico, come quello del Merz
stabilito nel Collegio Romano il 1852, era sempre uno stru-
mento tale da stimarsi fortunato chi lo avesse a sua dispo-
sizione e lo sapesse maneggiare. Oggi esso ci sembrerebbe
quasi un pigmeo davanti ai colossi degli osservatorii ameri-
carii: pero quel capitale non poteva cadere in mani che lo
facessero fruttare piu intensamente. Laonde non e meravi-
glia che quando, morto il P. Secchi e decretata 1'espulsione
del suo successore dall'osservatorio, si presentarono i nuovi
padroni a prenderne possesso, restarono stupiti e quasi di-
sillusi, immaginandosi di dover trovare un corredo d'istru-
menti assai piu poderosi e meglio foruito, a giudicare dalla
immensa attivit^i dal defunto direttore dispiegata in 28 anni
di vita scientifica. Al qua! proposito il 22 gennaio scorso il
Sig. George E. Hale, direttore del « Yerkes Observatory »
negli Stati Uniti, in una bellissima lettera di adesione alle
onoranze ora celebrate pel P. Secchi scriveva tra Taltre coser
« Pochi sono che hanno contribuito piu del P. Secchi al pro-
gresso generale deH'astronomia fisica... Egli dette un esem-
pio ragguardevole come si possano ottenere risultati impor-
NEL XXV ANNIVERSARIO DELLA SUA MORTE 557
tanti con modesti istrumenti, poiche le numerose contribu-
zioni del Secchi alia scienza dimostrano che i grand! tele-
scopii del nostri giorni, ancorche indispensabili in certe in-
vestigazioni, non si debbono pero considerare come assolu-
tamente necessarii a proseguire con felice successo le ri-
cerche nella fisica degli astri. »
Altra felice congiuntura toccata al P. Secchi fu quella di
trovarsi contemporaneo alia nuova scienza spettroscopica.
Egli stesso le diede uno slancio vigoroso, sia coirideare inge-
gnose combinazioni d'istrumenti, adattando per es. alle ri-
cerche il comodissimo prisma a visione diretta preceduto da
una lente cilindrica, ovvero collocando un grande prisma da-
vanti all'obbiettivo del cannocchiale, ed altre somiglianti che
si trovano descritte nelle sue memorie e in particolare nella
sua grande opera sul Sole. Che se talune furono smesse dappoi
e sostituite con altre piu comode o in determinate circostanze
piu adatte, questa non sarebbe ragione di fame a lui un
appunto, pronto com'egli era a valersi di qualunque pro-
fitto venisse a sua conoscenza. Noi onoriamo Tuomo, Tin-
ge gno, Finvestigatore indefesso, e c'immaginiamo di buon
grado Fardore, ond'egli avrebbe abbracciato i nuovi proce-
dimenti di ricerca, come la sistematica fotografia celeste, egli
che gia se n'era servito felicemente in varii casi particolari.
Ma insieme collo scienziato onoriamo il pio religioso, il
cristiano che adempi per tutta la sua vita coscienziosamente
la- legge della fatica e del lavoro che grava su tutti, che fu
amico di tutti i colleghi nella scienza, che tratto con bene-
volenza e amo gli uomini, ma insieme si serbo fedele a Dio,
ai suoi principii, alia religione e al Papa Pio IX suo signore
e suo mecenate. La memoria di uomini siffatti rimane in be-
nedizione, esempio salutare alia nostra gioventu che v' impara
quanta nobilta conferisca allo spirito Tunione delle due fonti
del vero : la scienza umana e la rivelazione divina.
IL CAPORALE TRASTEVERINO
XXIH.
Castel S. Angelo all'aria.
*
Dal castello dell'antico sepolcro degli Adrian!, sul quale
1; Angelo cristiano colle all raccolte domina dall'alta vetta sic-
come genio tutelare di sinistri casi, era partito il segno che
annunziava alia citta Tora del mezzogiorno. A quel segno
tutte le campane della citta si erano mosse; e dalle cento
torri dominatrici de' sette colli diffondendo nell'aria le mi-
stiche note, attutivano a poco a poco le voci e gli strepiti
delle vie, invitando co' solenni ed allegri rintocchi i cittadini
a salutare colle angeliche parole la Madre di Dio. Nelle piazze,
nelle strade, nelle famiglie, nell'aere rasserenato non udivasi
piu che il dimesso e soave murmure dell'Ave Maria: era un
solenne raccoglimento di tutta la cittadinanza, era il sublime
e tenero silenzio della comune preghiera cristiana !
Ed appunto in quel momento scoppia un fragore indiavo-
lato nell'aria, cosi potente che con rapidita quasi fulminea
si diffonde in tutto lo spazio circostante, e rintrona con ispa-
ventoso rimbombo dai tetti e dalle pareti delle chiese e dei
marmorei palazzi. Alcune case si sfasciano e cadono con ro-
moroso rovinlo, i vetri volano spezzati in frantumi, le torri
e le case alte si scuotono e traballano.
La gente allibisce in sulle prime, poi discendendo nelle
strade, e correndo e agitandosi e interrogandosi a vicenda,
si ode come un grido: — Castel S. Angelo! Castel S. Angelo!
Infatti dalle altezze del Pincio, del Quirinale e del Gia-
nicolo gli occhi di tutti rivolti verso la mole Adriana, ave-
vano scorto subito come un nembo di fumo che ingombrava
IL CAPORALE TBASTEVERINO 559
turbinando ed esalandosi mano mano la vasta cinta e i tor-
rioni del Castello. A quella vista parti quel grido, ed a quel
grido da tutte le parti si mosse un immenso popolo alia volta
del ponte S. Angelo e di Borgo. Chi diceva ch'era saltato
tutto all7 aria, chi assicurava aver visto 1'Angelo sospeso tut-
tavia in alto dopo lo sfasciamento de7 muri, chi attribuiva
quel caso ad un incendio, chi ad una disgrazia... ma la voce
di tutti ne accusava ed incolpavane i giacobini!
Ed era cosi ! II metter fuoco alia polveriera, o meglio a
grande quantity di polvere che trovavasi in un fondo quasi
a pian terrene del Castello, nel lato che riguardail Vaticano,
formava la seconda parte della congiura, tramata pochi giorni
prima, a fine di abbattere il governo del Papa. Tutta la con-
giura fu studiata e discussa in tenule secrete, che la loggia
massonica o club giacoMno celebrava nella villa Medici, ac-
canto alia porta Pinciana. In quelle combriccole si decise,
che nel giorno deirinalzamento dello stemma della Repub-
blica francese, si doveva tentare il supremo sforzo, onde ge-
nerare in Roma una repubblica, che dalle viscere di quella
grande genitrice uscisse alia luce, con terribile travaglio non
gi& del ventre materno di lei, ma del materno seno di Roma.
Percio fu stabilita la dimostrazione da farsi in piazza Venezia e
nel Corso : la forma, le persone, I'accompagnamento, le cir-
costanze, i ragguagli... ogni cosa fu commesso alle adunanze
degli associati, che si tennero in via delle Convertite. Fu sta-
bilito inoltre di distruggere Castel S. Angelo, nel giorno me-
desimo, e nel punto in cui la forza pubblica, occupata a com-
primere la ribellione, avrebbe lasciato poca gente nella for-
tezza. E perch6 si sospettava forte, che il governo o per opera
di spie o per qualche debolezza o imprudenza avrebbe avuto
sen tore della congiura, cosl questa parte del disegno di far
saltare in aria la fortezza del Castello fu tenuta segretissima :
e solamente pochi giorni prima ne fu affidata Tesecuzione a
fidatissimi settarii, pochissimi e provati. In questa maniera
si eludeva e s'ingannava la vigilanza della polizia, la quale
credendosi informatissima della trama, ne ignorava la parte
560 IL CAPORALE TRASTETERINO
principale ; e adoperando la parte migliore delle sue forze cola
dove minore era il pericolo, 116 avendo alcun sospetto intorno
al forte S. Angelo, lo lasciava quasi senza custodia, e come
a dire aperto alle insidie deH'occulto nemico.
Questo disegno riuscl in parte, ed in parte fece cecca.
Gli assassini trovarono infatti quasi sfornito di guardie il ca-
stello; ed all'ora indicata, ossia quando seppero gia avviata
la sedizione, trovarono maniera di intromettere uno di loro
nel castello dalla parte de; prati, vicino al corridore di Ales-
sandro VI. Quegli mise il capo di una lunga miccia in co-
municazione colla polvere di uno de' barili del forte. Appena
uscito, gli altri accesero il fuoco all'altro capo della miccia,
che sporgeva di sotto terra alquanto lontano dal muro... e
subito fuggirono tutti con tutta la forza delle loro gambe.
Non erano passati cinque minuti, che tutto il deposito delle
polveri prese fuoco, e con ispaventosa detonazione salto in
aria quella parte, per fortuna quasi isolata, della cinta,
dove si conservava. Tutto il forte ne fu scosso ; il vicino quar-
tiere dei soldati scrollo tutto e rovin6 a terra, seppellendo
nelle macerie alcuni soldati e le poche guardie che vi erano ;
caddero pure comignoli e tetti delle vicine case de' tre bor-
ghi cireostanti, ferendo gran numero di persone. A tutte le
altre case si frantumarono tegole e cristalli, e lo stesso pa-
lazzo del Vaticano ne risenti tale una scossa, che nelle pareti
della cappella Sistina si aprirono varie screpolature, e qua e
la si distaccarono falde d'intonaco. Le screpolature nella pa-
rete del giudizio finale e nelle lunette della volta, di Miche-
langelo, ancora visibili, sono dovute all'atto di quei primi
barbari liberator! di Roma!
In quella furono visti a fuggire attraverso i prati di Ca-
stello alcuni individui, saltando muri e scavalcando siepi con
furia indiavelata. Ma siccome in tutte le circostanze era al-
lora un fuggi fuggi ed un agitato accorrere d'infinite persone,
non si pose mente a quei fuggitivi, i quali presero 1'ambulo
per via trionfale, e si dileguarono cosl alia lesta, che de; loro
XXIII. CASTEL S. ANGELO ALL 'ARIA 561
Homi non si pote mai avere nessuna conoscenza : erano il fiore
degli eroi del primo patriottismo romano !
XXIV.
Trasteverini, Papa e giacobini.
• Ma al rimbombo di quello scoppio, accorsero a frotte verso
Castel S. Angelo da tutti i rioni della citta un infinite nu-
mero di popolo. Sopratutto la popolazione di Trastevere si
sollevo a rumore, gli uomini e la gioventii come mossi da
impulso istintivo presero le armi, e da S. Cosimato, dalla
piazza di S. Maria in Trastevere, per la via del Moro con-
correndo s' ingrossavano a mano a mano. Al tocco, forse un
duecento persone armate a casaccio riempivano lo spazio dove
mettono capo la via del Moro, il ponte Sisto e S. Dorotea.
Cola improvvisando battaglioni e capitani, si divisero in due
torme ; una valico ponte Sisto, e per via Giulia s'incammino
a ponte S. Angelo; 1'altra sfilando per la Longara, si diresse
3,1 Vaticano.
Tutti ebbero per parola d'ordine « Papa », e per consegna
di menar le mani contro chiunque nel loro passaggio fosse
incontrato con la coccarda giacobina in capo od in petto, e
interpellate non rispondesse « Papa » !
Alia testa della torma di via della Longara trovavasi come
capirano o caporione un tal Pepe, detto il Chiovaccino, che
dimorava in piazza S. Maria in Trastevere nella casa di fronte
al palazzo Moroni o de' benedettini ; era egii un giovanu sui
trent'anni, robusto, manesco, e fecondo di arditi consigli.
Questi non appena fu giunto in piazza, S. Pietro, ed ebbe ivi
schierato i suoi alia destra dell'obelisco, che subito rivoltosi
verso le finestre del palazzo che dan no in quella parte della
piazza, comincio a gridare : — Er Papa ! vogliamo vede er
Papa ! — A quel suo grido si unirono le voci di un trecento
trasteverini, i quali tutti rtpeterono con un coro formidabile:
'* Er Papa! vogliamo vede er Papa! »
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1265. 36 25 febbraio 1903.
562 1L CAPORALE TRASTEVERINO
II buoii Pio VI, vecchio ed affranto per tanti colpi dl
sventura che gli si andavano accumulando sopra lo stanco
capo, trovavasi nella cappella, dove erasi recato apregare,
appena ebbe sentito lo scoppio della polveriera e il traballa-
mento del Vaticano. Udendo ora que' gridi, si presentava
alia finestra, sorreggendogli la persona Mgr Caracciolo e il
cardinal Busca.
Quando ebbe visto tutta quella turba, che lo acclamava
nella piazza, 1'augusto Vecchio si senti commosso sino alle
lagrime. Quella gente presentava uno spettacolo veramente
singolare: erano operai, padri di famiglia, giovanotti baldi
dalle membra nerborute e dai volti fieri. Alcuni colla giacca
sulle spalle, altri in sole maniche, chi portava lo schioppo,
chi un randello di quercia, chi una mazza di ferro : tutti
erano pronti di sacrificare la vita propria e quella de' gia-
cobini per la difesa del Santo Padre, del loro Sovrano.
A quella vista il vecchio Pontefice fu intenerito ! Sporse
il braccio dalla finestra, e sollevando la mano tremola, be-
nedisse que' suoi figli di Trastevere e della citta, cola con-
venuti per assicurarsi che la sua vita non avesse corso pe-
ricolo. I quali tutti al solo vederlo apparire, presente ed
incolume, sollevarono tale un concerto di voci e di evviva
clainorosi e sonori che ne rintrono Taere spargendosene la
buona risonanza in tutta la citta.
Benedetti allora e content! i Trasteverini si mossero in
ordinanza verso la mole Adriana per il borgo nuovo...
L'altra oste, capitanata da sor Taddeo, omaccione da bene
e facoltoso di via della Renella, correva la via Giulia a passi
studiati e minacciosi. Nella imboccatura delle vie later ali, irn-
battutasi in alcune coccarde, ne mise in fuga i portatori a furia
di randellate, distribute con una espressione di volonta cost
cordiale, che chi ne ebbe toccato una non aspetto la seconda.
Giunti in piazza di ponte S. Angelo, T inmienso grido di
« Viva er Papa », che si sollevava riello spazio da piazza
S. Pietro li colpi e li commosse. E subito, come se fossero
stati mossi da una parola di consegna, a quel grido sollevarono
XXIV. TRASTEVERINI, PAPA E GIACOBINI 563
essi pure con tutta forza de' loro polmoni un tal formidabile
clamore, ed un « viva er Papa » usci da que' duecento petti
cosl unito e sonoro, che Teco ripercossa e moltiplicata ne
prolungo per piii tempo la risonanza.
Palazzo Altoviti Polite Sa.iit'Au«;elo Castel Sant'Angelo
(distmtto) gi pietro vaticano (com'era)
Ed in quella, una moltitudine accompagnata e preceduta
da birri, con il bargello alia loro testa, sboccava per via di
Tor di Nona e metteva piede in sulla medesima piazza di
ponte S. Angelo. Udivasi intorno intorno il rumore di un
grande bisbiglio, ora una fischiata, ora una sghignazzata se-
guita da scherni ; e si vedevano scorrazzare or qua or la,
dando volte e ghirellonando varii manipoli di monelli... Che
cosa era mai?
Nel mezzo di quella folia trovavansi appunto i bravi ex
paladini di piazza Venezia, che furono colti ed arrestati nelle
vicinanze della colonna Antonina. Ma oh ! quanto erano cam-
biati da quelli di primal Abbioscicati come chiocciole, pallidi
come cenci di bucato, precede va no legati ad una corda
co7 musi atterrati a guisa di pecore... Erano condotti nelle
carceri di Castello, in una infunata cosi curiosa, che nelle
564 1L CAPORALE TRASTEVERINO
strade di Roma mai nessun vaccaro ne avea tratto una siv
mile di bufali dalla campagna romana !
E quella loro vista desto nella gente di Trastevere tale un
furore, che tutti si volevono loro scagliare addosso, e buttarli
vivi vivi nel Tevere. E 1'avrebbero fatto, se il bargello non
avesse loro intimato il fermati in nome della legge e del
Papa!
Ma i sarcasmi, i frizzi, gli atti e gli accenni delle basto-
nature e le minacce d' infilzarli siccome lontre, furono infiniti
ed irrefrenabili !
Quando poi sor Taddeo ebbe scorto Camillone, e lo ebbe
additato a' suoi, il furore si cambio in ilarita ed in espressione
di comiea compassione.
- 0 Camillo, gli gridavano, evviva la coccarda !
- Che t'hanno fatto mo' indigestione li cavoli cotti de
piazza S. Cosimato?
— Che te possino da le tirate in campo de Fiore !
Dinanzi allo scagliamento di tali e tanti moccoli de' suoi
contribuli trasteverini, il povero Camillone, che ad infor-
mare il suo gran corpo aveva un'anima di malva, presen-
tava una figura cosi trista, che il suo atteggiamento dest6
insieme col dispetto la pieta ne; circos tanti.
Quel Camillone, che dai congiurati era stato subornato
con pochi paoli ed alcuni bicchieri, era piu vile che cattivo !
Ma quando i Trasteverini di sor Taddeo videro sfiiare
altri legati da' ceffi ben piii maligni, si misero a gridare la
parola d'ordine « Papa ». Alia quale non rispondendosi da
quelli, subito si misero in atto e in parata di buttarli dal
ponte nel flume.
E gia, superata la opposizione de' birri, ne tenevano af-
ferrati quattro, gia dalla folia circostante si sentiva gridare :
dalli ! nel flume ! Quando, rompendo con impeto la flla del
prigionieri, un giovane si fece innanzi e si mise tra quei
tapini e 1'oste di Trastevere.
Era un giovanotto sulla ventiaa, franco, spigliato e fiero.
Dagli atti e dal volto e dalle armi che se gF indovinavana
XXIV. TRASTEVERINI, PAPA E GIACOBINI 565
addosso, si appalesava siccome railitare, sebbene non ne
portasse la divisa.
— Amici, disse subito rivolto a' suoi Trasteverini, non
ci disonoriamo con delitti. Questo doppio paio di arrestati
appartengono alia giustizia. Poco fa li ho agguantati io tutti
e quattro dinanzi al palazzo Ceri... Sono vili... si arresero
come lumache, vistisi tolto lo sfogo della loro bravura, che
e sempre quella di fuggire...
A quelle parole tutti riconobbero il caporal Marinelli, che
da pochi giorni era tornato in Roma... Rilasciarono sabito i
prigionieri, e si misero a gridare : - - Viva er nostro ca-
porale !
Allora i birri, i prigioni, i soldati poterono passare tran-
quillamente il ponte, ed entrare nel quartiere. Questo era
diroccato per la esplosione, ma la fortezza era rimasta in-
tatta, non ne essendo saltata all' aria se non quella parte,
quasi separata, dove si trovavano depositate le polveri. I ri-
belli furono collocati in cella, aspettando col& 1' istruzione del
processo abbastanza lungo, che ne doveva inviare buona parte
alle galere di Civitavecchia, e parte nelle career! nuove
di via Giulia.
Intanto la schiera dei Trasteverini, che da S. Pietro cor-
reva al Castello, avendo visto co' propri occhi il Papa sano
e salvo, e Castel S. Angelo in piedi, si ando a riunire col-
1'altra schiera sul ponte. Ivi i due caporioni sor Taddeo e
Pepe il Chiovaccino si comunicarono le notizle ; dichiararono
sciolte le compagnie, e libere di tornarsi in Trastevere.
Quindi con il grido di « Viva er Papa », si sbandarono
tutti ; ed in varii gruppi, chi per via Giulia, chi per la via
de' Coronari, chi per quella di Tordinona si dispersero per
la citta, diretti per varie strade alle rive trasteverine. Un
bel numero pero fece sosta, a mano a mano che valicavano
le varie vie, nelle varie osterie, non sapendo resistere agli
inviti degli amici osti ed ostesse, e sopratutto all'attrattiva
di certi candidi yini bianchi de' castelli, la cui onda serena
mandava da' cristalli delle bottiglie certi inviti di una espres-
566 IL CAPORALE TRASTEVERINO
sione cosl provocante, che davano all'ugula una irresistibile
spinta.
XXV.
Ai Tre Ladroni, passo d' innamorati.
Sor Taddeo? serrandosi al braccio I'amico e parente Ma-
Tinelli :
— Andiamo, disse, andiamo a sfogare in un poco di vino
ed in alcune fette di capocollo, la vogliaccia che non ab-
biamo potuto sbattere su quelle zucche giacobinacce. Avremo
miglior fortuna ai Tre Ladroni.
— Dalla bella signora Cecilia? rispose il Marinelli.
- Proprio 11. Si paga un po' caro, e di qui provenne quel
nome di ladroni, appiccicato alia mernoria dei tre primi pa-
droni che haimo tenuto quella locanda. Ma si sta bene, e si
esce contenti. E poi cola ci aspetteno le nostre donne: c'&
1'Assunta colla mamma, e quindi ci capitera il nostro Pepe.
Poi c'6 la Camilla pure colla mamma, e quindi non potra
mancare il nostro caporale...
Al nome della Camilla, ch'era la sua impromessa, il Ma-
rinelli si sentl come una sferzata nel sangue ; e come se gli
fossero nate le ali ai piedi, si mise a camminare di tanto
buona voglia e di cosl buon passo, che a sor Taddeo venne
quasi da ridere, e ridendo disse : — Ai Tre Ladroni ! passo
d'innamorati !
In poco d'ora si ebbero lasciato dietro il collegio Cle-
mentine, il palazzo Borghese, il palazzo Ruspoli. Imboccato
che ebbero il Corso, quando furono giunti a piazza Colonna,
il Marinelli si soffermo alquanto, e spiego airamico la farsa
giocata cola poche ore prima alia masnada di que' pazzi, i
quali erano i burattini di comparsa, per entro a; cui corpi
entrava la corda giacobina, che era mossa da mano francese
matricolata, ma nascosta.
Si vedevano ancora disseminate qua e col£ nella piazza
le coccarde tricolori, che le botte menate dai birri e dai ci-
XXT. AI TEE LADRONI PASSO D'lNNAMORATI 567
vici avevano fatto cadere in terra da' cappelli: ci erano tutte,
nessuno desiderando toccarle se non colle suole delle scarpe !
Gli fece vedere il cannone, che stava ancora dinanzi
alia colonna Antonina.
— Se aveste visto, sor Taddeo, la tremarella di quegli
smargiassi, quando questo cannoncino lancio in aria la stoppa
ed il fumo ! Che non c'era altro, sapete, che stoppa ! Fug-
girono tutti come tanti topi, in cerca di qualche buco dove
scomparire, e serbar buona la pancia a' flchi !
Lo condusse quindi per la piccola via che separava il
palazzo Ceri da quello de' Bonacorsi, e dopo pochi passi
entrando nello spazio che correva fra il primo palazzo e la
chiesa di S. Maria in via, lo fermo nel mezzo, e gli disse:
— Qua erano fuggiti in buon numero ; e qua li aspetta-
vamo noi come nella ragna.
lo mi trovai di fronte ai quattro che avete visto legati
sul ponte. A Camillone applicai una pedata nelle regioni pome-
ridiane, che lo fece stramazzare, e con un altro giro dello
stesso piede feci lo stesso onore al Pedagna : entrambi fu-
rono subito presi da' birri. Corsi quindi addosso ai due fra-
telli Bouchard, che facevano atto di tirar 1'arma da sotto le
vesti. Li afferrai entrambi pel collo, e li urtai con tanto im-
peto 1'uno contro 1'altro, che insieme colle teste cioccarono
i nasi, e li vidi traballare gittando sangue.... Credevo che
fossero morti, ma caddero in mano a' birri...
— Ben meritato ! Che canaglie !
- Che stolti ! s' ha a dire, pazzi da mitera ! Finiranno
a Civitavecchia : forse S. Spirito di via Lungara farebbe me-
glio per loro.
- Andiamo, andiamo, ripiglid sor Taddeo, afferrando il
braccio del Marinelli e stringendolo con affetto. Questo brac-
cio, caro il mio caporale, mi sa di troppo secco, di asciutto,
di arido; un po' di quello de' nostri colli di Frascati o di
Grottaferrata ti fara 1'effetto di un innaffio, ti ravvivera la
corrente.
E mentre ripresero la via del Corso, ridendo il Mari-
nelli : — Andiamo, ripeteva 1'altro, passo d'innamorati !
568 IL CAPORALE TRASTEVERINO
- Eh ! sora Cecilia, comincio ad esclamare il nostro Tad-
deo, non appena ebbe messo il piede sul limitare della lo-
canda, oggi avrete buona compagnia.
— Buona compagnia e bella, rispose subito la Cecilia.
Ma non ebbe ancora terminato queste parole, che TAs-
sunta correndogli innanzi : — Babbo, disse, ce semo tutte.
Ma dl, noa c' e stato niente ?... Oh ! bravi, bravi... — e gi&
stava tra le braccia del padre.
II sor Taddeo, dopo le carezze alia figlia, si fa innanzi
e presenta il Marinelli alle altre due donne trasteverine,
madre e figlia che stavano 1& alquanto peritose. Era la si-
gnora Benedetta, vedova Sartori, con la figlia Camilla.
II Marinelli si fa loro innanzi, si mette nel loro mezzo;
e, salutandole rispettosamente e con amore, bacia la mano
alia Camilla e alia madre.
— Non t;e accaduto nulla ? gli dimando subito la Camilla,
con accento spontaneo ; mentre, quasi pentita di quelle pa-
role, stringendosi alia madre si senti come un leggero ros-
sore che le coloriva le guance.
II Marinelli le rispose con un sorriso, e con una stretta
affettuosa di mano, che indicavano il grande disprezzo che
egli aveva per quella genia giacobina, ed insieme appale-
savano il sao animo per il gentile sentimento della sua im-
promessa.
Ma ecco sor Taddeo e donna Cecilia, che mettono fine
ai convenevoli ed alle peritanze : - - E apparecchiato, an-
diamo a tavola.
Passano tutti nella stanza attigua. Sor Taddeo e capo
di tavola con donna Cecilia la padrona a destra, e 1'Assunta
a sinistra ; dall'altra banda il caporal Marinelli e collocato
tra la signora Benedetta e la Camilla, per guisa che questa
e la padrona della locanda sedevano accanto.
Fu servito un appetitoso affettato di capocollo, succes-
sero gli spaghetti con in mezzo un trionfo di tordi e di
inerli...
Sor Taddeo innaffiava ogni ben di Dio con brillanti bic-
XXV. AI TRE LADRONI, PASSO D'lNNAMORATI 569
chieri di Frascati, e tutti condivano le portate con quel brio
romanesco e con quella festosa allegrezza, schietta, vivace,
limpida ed innocente, con cui le famiglie romane di un
tempo solevano rallegrare la vita, senza offendere se, ne
Dio, n6 il prossimo.
— Eh ! ragazze, annacquato vuol essere per voi, diceva
sor Taddeo ; salubre assai 6 1' acqua Marcia con cinque stille
di mero Orvietano a bicchiere...
E le ragazze a ridere ; e F Assunta a vendicarsi, ver-
sando il mero Orvietano nel bicchiere del babbo, coll'ag-
giungere : - - Eh ! pegl' uomini ce vogliono per ogni bie-
chiere de puro Orvietano cinque stille de acqua vergine de
Trevi...
- Verissimo, verissimo, esclama la voce di un nuovo
arrivato, la cui presenza, ancora che desiderata, fece mo-
rire la parola sul labbro all'Assunta. Era Pepe il Chiovac-
cino, che prese posto accanto all'Assunta, cui disse subito :
- Or su, facciamo la prova. Puro Orvietano con cinque
stille de acqua de Trevi...
L'Assunta comincio amescere..., ma la mano tremavale
cosi forte, che non finiva di riempire il bicchiere ; intanto
tutti osservavano, ridevano, le davano la baia... e la po-
vera fanciulla non ci vedeva piu, tanto il sangue le infiam-
mava il volto...
— Eh ! le fidanzate sono peritose, disse donna Cecilia,
colmando essa il bicchiere al signor Pepe.
— Alle fidanzate nostre, a7 due piii belli fiori che splen-
dono sulle rive di Trastevere, salute, disse sor Pepe, alzando
il bicchiere.
— Salute, prosperita, fortuna, rispose donna Cecilia. Iddio
vi possa benedi, figlie mie !
E sor Taddeo, fattosi serio e quasi pensoso : — Salute...
fortuna alia mia figliuola ! Salute alia Camilla, da me come fi-
gliuola amata !
Poi ripresero il mangiare e la conversazione allegra e le
festevoli celie.
570 IL CAPORALE TRASTEVERINO
XXVI.
Sisto V e la leggenda del Tre Ladroni.
Intanto che i nostri Trasteverini cosi se la trionfavano,
tra la molta gente degli avventori che frequentavano in quel
tempo la sala attigua d'ingresso, trovavansi due persone, la
cui presenza fu osservata dalla signora Cecilia, che le rico-
nobbe di presente. Ma, attesa com 'era a festeggiare 1' arnica
famiglia di sor Taddeo, non vi diede retta piu che tan to : le
persone di servizio badavano loro.
II signor Cacault per tutto il tempo che era durata la ba-
raonda della mattina e del giorno, aveva seguito ed osser-
vato ogni cosa, in compagnia deiramico d'Agincourt. E di
ogni cosa nella stessa sera si preparava a descrivere una
relazione al direttorio di Parigi, ed un'altra al Bonaparte,
come esegui di fatto con tutta esattezza, dando ragguagli e
circostanze delle persone e degli avvenimenti, come poteva
fare un uomo onesto, sebbene giacobino.
Ridonata che fu la calma alia citta e sparpagliatasi la
grande oste trasteverina, la quale veramente gli aveva in-
cusso paura, egli si ritornava per il Corso insieme coiramico,
del quale ebbe a sorbirsi per tutto quel tempo i sarcasmi
piu pungenti, espressi in mezzo ad uno scoppiettio de' piu
amabili frizzi, che si possono scoccare da un'arguta bocca
francese. E per ultimo cosi camminando il d'Agincourt rac-
contavagli episodeggiando con minutezza spietata Tavventura
di certi guerrieri, che avevano nome di pifferi, accaduta in
una certa montagna d; Italia, da cui poi presero il nome, e
il nome preso tramandarono ai poster!.
— Ma non faremmo meglio, osserv6 Cacault tutto ad un
tratto, non faremmo meglio a ridare una capatina nella lo-
canda che lasciammo cosi in mal punto stamane, e rivedere
quella bella figura di ostessa?
— Bella e simpatica, e che vi si e piantata in mezzo alia
fantasia, non e vero?
XXVI. SISTO V E LA LEGGENDA DEI TRE LADRONI 571
- Non lo nego, rispose il Cacault. Che bel tipo di donna,
romana !
- Andiamo, andiamo dunque. Voi celebrerete il trionfo
della bellezza, ed io tuffero negli amari calici un inno trion-
fale fragoroso sulla vittoria del popolo sovrano !
- No, entrambi riammireremo quel formoso volto di sim-
patica donna...
— Ed entrambi beveremo alle geste di Camillone...
E gia, trapassato piazza Sciarra, si trovavano nel vico
dei Tre Ladroni, che mette con uno svolto di pochi passi nella
locanda omonima.
Entrati trovarono la sala del pian terreno quasi tutta
occupata. Ma le voci allegre della stanza vicina servirono
di guida al Cacault nello scegliere nna credenzetta, la cui
linea visuale corrispondeva appunto colla mensa, intorno la
quale sedevano a simposio gli ospiti e la padrona.
vSedutisi appena, i loro sguardi caddero a dirittura sulla
mensa oppostn, e precisamente sulle persone della ostessa e
della Camilla.
A quella vista gli occhi del Cacault s' ingrossarono, si
fecero come imbambolati, e quasi perdevano il lume. Come
fuori di se, si porto la mano alia fronte, e diede a' suoi occhi
una stropicciata. E come dimentico dei circostanti, andava
pensando: che costei sia la sua figliuola...?
— Eh! cittadino Cacault, dissegli il d'Agincourt facendo
lo gnorri e calcando nella parola cittadino... Che vedete il
sole nella locanda dei Tre Ladroni...? Perche vi strofinate
cosi gli occhi ? Vi offendono i raggi riverberati dalla luna
nel pozzo?
— Se non 6 il sole, & la luna, o meglio, se il sole fosse
di sess-o femminile, dico che qui nella locanda dei Tre La-
droni ce ne sono due : sole madre, e sole figlia ! Guardate
que' due tipi! Guardate la testa di quella ragazza, che sta
accanto a quella della nostra ostessa ! Giuro per tutte le mie
cinquantaquattro primavere, che un ovale di volto cosl fini-
tissimo come cotesto, io non F ho visto mai...
II d'Agincourt osservo, ed anch'egli per un poco rimase
572 IL CAPORALE TRASTEVERINO
mutolo. Nel tratto familiare, nell'abbandono spensierato della
mensa, le due teste dell'ostessa e della Camilla apparivano
splendent!, ma serene come due grazie ; e la loro vicinanza
ne faceva spiccare un singolare contrasto. Donna Cecilia
presentava un aspetto matronale ; e 1'aria del suo volto, il
cui angolo faciale mostrava un profilo dalle linee dirette, spi-
rava alcun che di severo. Ma le linee del volto della Camilla
contornavano un ovale dalla curva cosl morbida, che sem-
brava condotta dalla mano di un angelo; le guance lucenti
di schietto sangue giovanile, 1'occhio soave, la fronte Can-
dida, rialzata dalla cornice di una folta capillatura nereg-
giante, presentavano viva viva una di quelle figure, che il
d'Agincourt aveva osservato nel bronzo di antiche medaglie;
se non che queste erano cosa morta, mentre quella era 11
viva e parlante...
- Oh ! esclam6 il d'Agincourt, come riavutosi dopo una
breve riflessione, avete ragione, cittadino Cacault. Ora ve-
raniente vi compiango...
— Come sarebbe a dire?
— Vi veggo in una condizione , difficile : vi veggo nella
condizione dell'asino di Buridano.
Ad una cosi inaspettata uscita, il Cacault diede in una
risata tanto sonora, che desto perfino 1'attenzione della si-
gnora Cecilia, la quale gli stava di fronte sebbene lontana.
Egli aveva capito di volo il veleno deirargomento; ma non
dandosene per inteso soggiunse:
— Voi siete in errore. L'asino di Buridano pativa in grado
uguale di fame e di sete. II che non e il mio caso: io pa-
tisco di questa piu che di quella. II perch6, carissimo il mio
signore artista, sollevo alia vostra salute questo calice dei
€olli di Monte verde...
E bevendo a lente sorseggiate, pigliava tempo per dare
alia commozione che provava veramente un qualche cor-
rettivo, e cercare il pretesto di uno scambio.
Ma Tamico, da terribile schermidore, riprese subito: — Non
di fame o di sete parlo io. Sono queste cose material!, che
non devono occupare . la mente di un diplomat ico. Noi ora
XXVI. SISTO V E LA LEGGENDA DEI TRE LADRONI 573
ci troviamo nel campo artistico. Di fronte ci stanno due tipi,
1'uno del quali vi diletta e vi attira fino da questa mattina,
e 1'altro da poca ora vi attira e vi diletta per modo che la
differenza del tempo 6 compensata dair intensita della forza
attraente. Nella scelta dei due voi vi trovate indeciso ed im-
mobile, cosi come trovavasi la bestia dell'avvocato parigino
tra una manata di fieno ed un catino di acqua ! -
Se non che Tocchio della ostessa aveva ravvisato il Ca-
cault, ossia il Monsii Caco della mattina ! Prudente pero co-
rn'era, non ne disse nulla alia compagnia de7 Trasteverini ;
ma di tanto in tanto gittavagli certe guardatacce cosi torve,
che nel suo occhio, tanto carezzevole mentre guardava la
Camilla, riluceva alcun che come di fulvo quando fissavalo
nel ministro giacobino. Questi ne provava certe trafitture,
che gli davano sgomento.
E lo sgomento si accrebbe, mentre si accorse, che accanto
alle due bellissime teste di donna, tanto da lui vagheggiate,
risuonavano le voci virili di sor Taddeo, del Chiovaccino, e
del caporal Marinelli, le cui persone pero erano sottratte alia
sua vista dalla parete. Ma il metallo di quelle voci non gli
sonava nuovo, come nuovi non erano per le sue orecchie
certi vocaboli, che udiva proferire a quando a quando e ac-
compagnare da scherni e da improperii, uscenti non solo
dalle lingue degli uomini, ma da quelle due bocche eziandio,
le cui labbra egli pensava che non dovessero versare che
nettare per gli dei deirOlimpo.
- Vedi, udiva dirsi da una voce vibrata, rivolta alia Ca-
milla : Per Camillone, un calcio dato a occhi chiusi era un
onore soperchio ; ma a que' giacobini francesi, a que' librai
Bouchard ci voleva altra cosa.
— E che gli hai dato? osservava la Camilla.
- Ho sbattute le loro teste, come tu fai le tue pantofole
quando hanno la polvere...
— Che, disse TAssunta, portavano forse nella zucca la
polvere di cipria?
— Brutti giacobini, osservava donna Cecilia, e che ci la-
scino sta in pace...!
574 IL CAPORALE TRASTEVERINO
Al suono di quella antifona il volto del Cacault si oscu-
rava, e dalla sua fantasia cominciavano a sfumare gl' ideali.
E gia andava mulinando intorno a trovar maniera di use ire
da quella locanda dei Tre Ladroni, nella quale non avrebbe
dovuto mai mettere il piede ; quando donna Cecilia, senza
che nessuno se ne accorgesse, glie ne aveva gia agevolato
il mezzo.
Con sembiante di dare un ordine, fatto venire uno dei
domestic!, essa gli aveva sussurrato all'orecchio alcune pa-
role con aria di tranquilla indifferenza, mentre il Marinelli
raccontava le prodezze degli eroi della giornata, e la Ca-
milla e sopratutto TAssunta ci si divertivano un mondo, ed
insieme divertivano la brigata.
- Peccato ! cittadino Cacault, che que' due tipi delPostessa
e di codesta Trasteverina non abbiano gusti giacobini ! —
Cosi il d'Agincourt si fece a dare la corda airamico diplo-
matico.
— Che cosa volete, rispose il Cacault, sono popolane, e
quindi piene tuttavia di fanatismo... Avete inteso che moccoli
scagliava contro di noi la bocca bellissima di cotesta Traste-
verina? E poi la stessa padrona mi lancia certe occhiate, che
sembrano di una leonessa ferita...
— Oh ! le brutte fanatiche : eppure sono figliuole del po-
polo sovrano ! Ma a quel che pare, il colonnello Marmont ha
incontrato migliore accoglienza e piii facile entratura nelle
grandi famiglie deiraristocrazia...
— E verissimo ! Accompagnato dal maestro delle poste,
che e il conte Falconieri, ha trovato tali facilita in certe
signore, che ne egli ne io non ravremmo mai immaginato...
Ora lo trovo cosi sfiaccolato e smunto, che conto di farlo
par tire quanto prima.
- Coteste signore si, cittadino mio, che hanno tutti i gusti
giacobini...
— Che giacobini, che giacobini ! rispose il Cacault vera-
mente seccato. Quelle signore sono tante..., piene la testa
ed il cuore di Rousseau, di Holbach, di Voltaire... che ne
XXVI. SISTO V E LA LEGGENDA DEI TRE LADRONI 575
hanno fatto altrettanto corbelle, degne di stare nell'antica-
mera delle figlie di Maria Teresa, e de' loro mariti...
Da una tale tirata ab irato, il d'Agincourt alia sua volta
si seriti offeso ; e stava forse per replicare, ma ne fu distolto
ed impedito dall'entrata nella locanda di un personaggio che
attiro 1'attenzione e le voci di tutti gli avventori.
— Sor Renzo, sor Renzo ! gridarono tutti a quella vista.
Contateci, contateci la piii bella delle vostre istorie. Mettete
bene in corda il vostro istrumento, e bene in tono le corde
della vostra gola, e cominciate. Ecco, un buon bicchiere di
Frascati...
Bevve sor Renzo senza farsi pregare ; alleno quindi le
corde del suo colascione, pizzicandone qua e cola varie note ;
e poi con una cantilena, mezzo tra prosa e poesia, si fece a
contare cantando la storia della locanda de li Tre Ladroni.
- In fondo al palazzo del Quirinale, cosl comincio sor
Renzo declamando in una e strimpellando, e'er a una ca-
setta, dove tre ladroni con veste di locandieri derubavano
la povera genie. E la gente ricca che portava dell'oro but-
tavano in un trabocchetto, d'onde usciva I'oro, ma non
uscivano piu mai le persone.
Papa Sis to lo seppe, ed un bel giorno presentossi alia
locanda, vestito da povero frate di S. Francesco. Chiestogli
se aveva danari, mostrb loro un gruzzolo grande di dop-
pioni d'oro; allora gli diedero da mangiar bene. E Papa
Sisto mangiava, e mangiando metteva molto tempo ; intanto
quelli avevano preparato il trabocchetto . Papa Sisto si la-
scib condurre; ma quando giunse vicino al punto, diede
un fischio, e subito entrarono li birri.
Papa Sisto si totee le vesti di frate, e da frate divenne
Sovrano. Fece arrestare li tre ladroni, fece preparare tre
forche nella piazzetta, e tutti e tre li fece a quelle for che
impiccare.
Questa e la storia delli Tre Ladroni.
Dio vi guardi, o Signori, da tal sorte!
Papa Sisto voleaci tutti buoni,
Ma ai ladri Papa Sisto dava morte.
576 IL OAPORALE TRASTEVERINO
Le ultime strimpellate del colascione, che erano la fran-
gia della leggenda, non furono udite, perch6 coperte da' bat-
timani e da « viva sor Renzo ! viva Papa Sis to ! morte ai
ladri!.. »
Nella stanza vicina, donna Cecilia tratteneva allegra la
sua brigata.
Ma per il Cacault quella leggenda presentava una morale,
che non essendo poi di difficile intendimento, pure riusciva
al suo palato di agro sapor e. Egli aveva rubato tan to al
Papa ! almeno se non li aveva rubati, i trentuno milioni egli
li riscoteva, dopo averli imposti a Tolentino, e copertili della
sua firma: e quelli erano certamente denari rubati, e rubati
al Papa. Or Papa Sisto i ladroni gl'impiccava. Papa Sisto era
morto, ma 1'osteria del Tre Ladroni viveva ancora, ed egli
ci stava proprio dentro...
In quella uscirono dalla stanza vicina sor Taddeo e sor
Pepe il Chiovaccino, per portare un colmo bicchiere ed of-
frire alcuni baiocchi a sor Renzo il suonatore. II Cacault li
osserva, e li riconosce entrambi, avendoli visti poco prima a
Ponte S. Angelo a capo della doppia oste trasteverina...
- Sono dessi, sono dessi, gli fece osservare il d'Agincourt,
Eh ! cittadino Cacault, che cosa vi consiglia la vostra diplo-
mazia?
- Mi consiglia, rispose il Cacault, di mandare al dia-
volo tutti i tipi di queste belle figlie del popolo romano...
- Voi, soggiunse il d'Agincourt, fate cosi un capo d'arte
diplomatica, che vince in bellezza morale la estetica bellezza
dei tipi di queste due piii belle teste di donna, che gli occhi
miei abbiano mai contemplato. -
In quella i due trasteverini rientravano nella stanza at*
tigua; ed il Chiovaccino in passando gitto sul Cacault un' oc-
chiata, come di chi abbia scorto uno scorpione.
— Forse non ragionate male, rispose il ministro della re-
pubblica giacobina. Veggo sempre piu, che Roma non 6 per
anco matura alia liberta.
— Caro cittadino, riprese il d'Agincourt, sara vero quanta
XXVI. SISTO V E LA LEGGENDA DEI TRE LADRONI 577
voi dite ; piu vero pero mi sembra, che le nostre teste sono
sempre mature per un qualche taglio : non siamo noi nella
locanda del Tre Ladroni? Vedete, dal Quirinale a qui e da
qui al Quirinale non c'e che un passo !
II Cacault era veramente uomo spregiudicato e senza
paura; e d'altra parte, nelle sue missioni diplomatiche, egli non
aveva mai svestito quel fondo di onesta e di gentilezza, che
si trova nell'indole della nazione francese dal giacobinismo
trasnaturata. Con ci6 egli era prudente assai; e quindi in
Napoli prima, nelle sue relazioni con la corte di Carolina, e
poscia in Roma egli aveva evita'to tutte le bestialita di quelli
sciocchi uomini, che furono Flotte e Basseville. Ma in questo
suo tenore di condotta influiva poi una qualita speciale della
sua indole: ed era una certa dose di buona fede, che gli
faceva dar credenza eziandio alle bubole piu grosse!
Quindi egli gia s'immaginava, che il Chiovaccino o
Tostessa avessero gia inviato al Quirinale per soccorso di
birri, a fine di prevenire qualche sconcerto, che la presenza
di un giacobino nella locanda dei Tre Ladroni avrebbe potuto
suscitare,
Laonde, afferrata Tidea del d'Agincourt : — Andiamocene,
disse; lasciamo in buon'ora e in punto buono questa locanda
dei Tre Ladroni. Non vorrei veder qui accorrere la sbirra-
glia, e destarvi qualche sussurro per conto mio: ne sarei
spiacentissimo. Del rimanente devo una visita al nuovo mi-
nistro di Stato, al cardinale Giuseppe Doria, che e uomo
veramente da bene, che conosce il paese di Francia...
— II paese di Francia di dieci anni fa, osservo il d'Agin-
court. Eheu! quantum mutatus ab illo! Della Francia di
ora, credo che egli abbia ben poca conoscenza...
- Se non la conosce, la conoscera.
— La conoscera a sue spese, e forse a spese di questa
citta.
— Andiamo al Quirinale...
— Dalla locanda e per la via dei Tre Ladroni !
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1265. 37 27 febbraio 1903.
RIVISTA DELIA STAMPA
IL vEGGHio TESTAMENTO
E LA GRITICA ODIERNA.
Nel libro cosl intitolato il Eev. e ch. Dr. Scerbo l non intende esporre
tutto il concetto ed i metodi delPodierna critica relativa all'antico
Testamento, ne soprattutto trattenersi a lungo intorno ai metodi e
agli assiomi dei razionalisti ; neppure tratta della composizione del
Pentateuco o del Deuteroisaia. Pochi nomi d'autori ricorrono :
Duhm, Cheyne, Keuss, Gunkel, raassime poi la Bibbia policroma
delPHaupt. Ne vorrei fare un appunto allo Scerbo, ch'egli nella
sua polemica non rechi in niezzo maggior numero d'avversarii :
prima, perche bisogna pure lasciar libero ciascuno di scrivere un
volume o un libretto: poi perche cm* volesse in cio ravvisare an
difetto o meglio un'imperfezione leggera, dovrebbe badare se la colpa
sia dell'autore o non piuttosto della biblioteca. Forseche le biblio-
teche fiorentine sono provvedute di quell' infinita serie di libri e
libretti che intorno alia questione biblica recentemente furono pub-
blicati in Francia, in Germania, in Inghilterra e altrove? Con qual
diritto si potrebbe pretendere che tutte le principal! biblioteche
d' Italia ne fossero fornite ?
Ben e vero che Firenze fiori gia .per varii secoli in ogni ma-
niera d'arte e d'erudizione. EpperO si pud aspettare che essa vo-
glia restare pari alia fama antica e aggiungere nuove ricchezze
alle sue biblioteche, tanto piu oggi che ripigliano vigore gli studii bi-
biici e che il S. Padre dispose che nella stessa biblioteca vaticana
si mettesse insieme una copiosa sezione di opere di tal fatta. Ma
veniamo al nostro autore.
II presente volume e nato dalle lezioni fatte dal ch. professore
all'Istituto Superiore di Firenze ; e alcuni savii avvertimenti, dati
gia a' suoi uditori, ora in forma alquanto ampliata comunica a piu
1 FRANCESCO SOBRBO. II vecchio Testamento e la critica odierna. —
Firenze, tip. di E. Ariani, 1902, 8°, IV-115 p. L. 2.
1L VECCHIO TESTAMENTO E LA CRITIC A ODIERNA 579
larga schiera di lettori. Opera che torna opportuna assai in questi
giorni che il S. Padre Leone XIII, colle lettere apostoliche del
30 ottobre 1902, anima a tali studii : « Artis criticae discipli-
nam, quippe percipiendae penitus hagiographorum sententiae peru-
tilem, Nobis vehementer probantibus nostri excolant. » Donde ap-
pare come negl'.istituti universitari e accademici importi anzitutto
istruire i giovani sui principii della sana critica, e poi per mo-
tivo della generosita e delFardore proprii dell'eta, debbano seria-
mente essere messi sull'avviso che non si lascino trasportare ad
un metodo sfrenato nell'adoperare la critica. Questi sono gli am-
monimenti conteauti nel libro.
In primo luogo tutti saranno d'accordo coll'autore nel racco-
mandare la modestia nelle discussioni critiche, guard andosi (lall'usare
un « tono imperioso, dommatico, reciso, burbanzoso » . II che e tanto
piu conveniente quando alcuno avesse a proporre qualche correzione
di un testo, indottovi non dal confronto colle versioni, ma da pure
ragioni intrinseche, v. g. da qualche difficolta grammaticale, da
idiotismi di stile, dall'iato e simili. Non e soverchio domandare
che tali opinion! non si propongano con aeseveranza sproporzio-
nata al valore degli argomenti, ma si contentrno di quella proba-
bilita che consentono le ragioni addotte. Ed e bene che i giovani
specialmente stiano in guardia, inclinati come sono a dar troppo
peso alle proprie opinioni, e un' idea lurninosa che loro spunti in
capo trasformarla in dogma.
Questa precipitazione e quivi descritta dallo Scerbo, quando me-
ritamente biasima il procedimento di coloro, i quali, o si tratti
delPautore o della composizione d'un libro, ovvero di emendare un
testo, sempre ricorrono a quel solo criterio « il quale consiste nel
yario modo d' inter pretare, gustare, integrare il senso del testo. II
critico dice : questo luogo e una ripetizione, una incongmenza di
idee, una contradizione, un modo di dire diverse dallo stile abi-
tuale dello scrittore ; dunque e un' aggiunta posteriore, una nota
marginale passata nel testo, una dittografia, e via dicendo ; ovvero
addirittura corregge o leva del tutto ci6 ch' egli stima ascitizio,
errato e non bello » (pag. 6).
In questo doppio genere di critica, di cui qui si ragiona, cioe
nella critica cosiddetta testuale e in quella storica chiamata pure
alia critica *, stante la loro grande diversita, e chiaro che non puo
bastare un solo e medesimo criterio.
1 V. 1'art. Bibbia ed * Alia Critica » nel nostro precedente quademo
21 febbraio 1903.
580 1L VECCHIO TESTAMENTO
La critica testuale, come quella che consiste nella pura e sem-
plice comparazione delle lezioni, non si deve dar pensiero ft inter -
pretare o di gustare; anzi dev'essere tanto lontana dal seguire per
norma il gusto, che ha, tra gli altri suoi canoni prestabiliti, questo
pure : doversi talvolta preferire la lezione piu difficile alia piu fa-
cile. Puo avvenire che, fatto ogni diligente confronto, rimanga tut-
tavia incerto quale di due o piu lezioni sia da seguire. In tal caso
usarono sempre, e a ragione, gl'interpreti cattolici ricorrere a ra-
gioni interne, tratte dairargomento, dallo stile dell'autore, ecc.
Yalga per esempio quello che essi discorrono riguardo al passo
famoso della 1 Cor. 15,51: « ornnes quidem resurgemus, sed non
omnes immutabimur. »
Altrettanto fanno allorche dai codici, che si conservano, s'e con-
dotti ad una lezione certamente falsa, dove non e senso, la quale
percid, non ostante sia piu antica delle lezioni correnti, non puo
essere la buona e primitiva. Se dunque in simili contingenze Tin-
terprete suggerisca qualche emendazione, con modestia, senza ar-
rogarsi di dare F incerto per cosa certa, nessuno lo taccera di pre-
sunzione e d'inconsulto amore di novita; purche, ben inteso, egli
s'attenga veramente aH'argomento dell'autore sacro, allo stile di lui,
all'analogia degli altri testi e ad altre probabili ragioni, non gia a
sue proprie idee preconcette. Cotali precpncetti sono quelli che fe-
cero talora traviare certi interpret!, che davvero non meritarono
lode di buoni critici, e che p. e. volevano scorgere nelle epistole
di S. Paolo un suo modo proprio di vedere, una impugnazione di
avversari e di non so quali opinioni, di cui non si scorge traccia
nel testo. Del resto sempre rimane che chiunque abbia da pro-
porre alcuna correzione di un testo, certamente p probabilmente di-
fettoso, non desumendola dai codici, la proponga con discrezione e
non in « tono imperioso, dommatico, burbanzoso » .
E giacche siamo a ragionare di critica testuale, non vorremmo
che i lettori dello Scerbo dovessero restare con qualche oscurita in-
torno 1'uso delle antiche versioni a chiarire il senso del testo. Egli
parla qui solamente della versione greca, eppero a questa sola noi
pure ci restringeremo, lasciando per brevita quello, che potrebbero
fornire di schiarimento al testo masoretico il testo samaritano e le
altre purtroppo pochissime fonti ebraiche.
« Oggi, forse piu che in passato, si tiene gran conto delle an-
tiche versioni; e ciO senza dubbio e cosa utile e ragionevole. Ma
possiamo noi prenderle a guida sicura per correggere la lezione
tradizionale presente, cioe la lezione ebrea masoretica? » (p. 99).
E LA CR1TICA ODIERNA 581
Che un autore, il quale consuma i giorni e le notti anzi la
vita intera interne al testo ebraico, e si adopera in ogni modo di
istillarne 1'amore a' giovani stndenti, resti egli stesso preso di sin-
golare affetto per 1'oggetto delle sue veglie, non pud tornare che
a sua lode singolare. Gotesto anzi e come un carisma, un premio
onde Iddio rimerita le lunghe e spesso ingrate fatiche. Nondimeno
noi siamo certi che il nostro valente professore ci concedera di
buon grade che seguitiamo a dare la sua parte d'onore anche alle
antiche version!, quarum laus est in ecclesia.
Orbene si sa che di nessun libro sacro e pervenuto a noi il
testo ebreo perfettamente intatto: che perd a ricostituirlo, per quanto
e possibile, devono concorrere non il masoretico ebreo soltanto, ma
-con esso altresi le versioni. Non osiamo sperare che tal lavorlo,
intorno ad un testo di qualche notevole lunghezza, possa giungere
mai a ridarci il testo rifatto appuntino : ad ogni modo conviene che
ci si adoprino assiduarnente gl' interpret! cattolici, ne lascino la fa-
tica ai soli protestanti.
Quivi il critico, come 1'etimologia stessa 1'esprime, fa le parti
di giudice, ed esamina i testimoni. Primo di essi e il testo ebreo
masoretico: ma tutti sanno come esso in non pochi passi e alte-
rato. Un altio testimonio sarebbe quell'ebraico, che dai LXX fu
voltato in greco, e quale fosse in origine si puo arguire, ora con
certezza ora con verosimiglianza, dalla loro traduzione: lavoro no-
tevolmente agevolato dalle Concordanze greche pubblicate da E.
Hatch e H. A. Redpath (Oxford 1892-1902), le quali a ciascuna
voce della versione greca fanno seguire la voce ebraica che ha il
testo ebreo ; di guisa che nella maggior parte dei casi e facile di-
scernere se il traduttore abbia letta la stessa parola che lo scrit-
tore del testo ebreo, ovvero un'altra somigliante di forma, diffe-
rente di significato.
Sentiti questi due testimonii, passiamo alle rimanenti traduzioni.
Premettiamo che. tra quei due testi, il masoretico non sempre
la vince d'autorita. Poiche tutti i manoscritti ebraici derivano da
un solo apografo, posteriore all'era volgare, mentre che la versione
greca e anteriore a Cristo. Sicche a lei compete il vanto d'essere
il testimonio piu antico, e per6 ha in suo favore 1'assioma di
S. Agostino (De doctr. christ. II, 14; M. 34, 36), che, ceteris pa-
ribus, i codici piu antichi meritano la preferenza sui piu recenti.
Diciamo ceteris paribus, perche non sempre basta la maggiore
antichita a far prevalere un testimonio sopra un altro. La versione
greca non e opera ne di un sol uomo ne di un solo tempo, n&
582 IL VECCHIO TESTAMENTO
tutti i libri rispondono ad un testo ebreo di egual valore. Quindi
difPeriscono di valore i diversi libri della traduzione greca, e simil-
mente differiscono i diversi libri del testo che servi alia traduzione :
ne sol tan to corrono differenze di valore tra libro e libro, ma spesso
anche fra le parti d'uno stesso libro.
Talora il testo seguito dai LXX, considerate il libro in gene-
rale, e migliore del masoretico ; per contro men buono in qualche
pericope, in qualche versetto, o stico, o vocabolo particolare.
Laonde il critico a guisa di giudice paziente non deve dire :
Abbiamo sentito un testimonio: basta. Ne: Abbiamo inteso il piu
anziano: non occorre sentire i giovani. E ne anco: « Chi ci assi-
cura che la lezione che ebbero sott'occhio gl'interpreti alessandrini
sia la vera e la migliore ? » Ma prima ascolti con eguale pazienza
tutti e singoli i testimonii ; poi definira quali testimonianze meri-
tino la preferenza.
Yenendo alia seconda maniera di critica, cioe la storica, il ch.
autore a ragione non condanna i principii, ma gli abusi. Per es.
egli (p. 12 ss.) e persuaso che il testo del Genesi dall'autore o
redattore ispirato fu composto in base a due document!, e che di
tal fatto e un indizio la differenza dei nomi divini Elohim e lahve.
In particolare, col confronto della versione greca, dimostra che furono
intrecciate due narrazioni dello stesso fatto Gen. 43, 1-7 (Vulg. 47).
Ammette (p. 62 ss.) che talvolta delle note marginal! siano pene-
trate nel testo. Ma al tempo stesso, con numerosi esempi tratti da
lavori di razionalisti sul G-enesi e su Isaia, dimostra che troppo
facilmente si moltiplieano le fonti, e senza ragione s'inverte I' or-
dine ricevuto delle sentence.
Un aitro criterio, del quale si puo abusare nel correggere con
soverchia liberta i testi sacri, e quello del metro, che alcuni au-
tori, per lo piu cattolici, credono d'avere scoperto negli scritti poe-
tici dei libri sacri. « La prerogativa forse unica tra tutte le altre
letterature conosciute, la quale distingue in modo si speciale la
poesia biblica, consiste nelPandar questa libera da tutte quelle
leggi material!, spesso cosi impaccianti, che si comprendono sotto
il nome di prosodia o metrica » (p. 68 ss.). Ora e da ricordare
che la poesia ebraica si fonda sul verso, composto di due, talvolta
pure di tre membri: donde nasce un parallelisms d'idee e di
lingusggio, che conferisce alia poesia un ritmo anche senza metro.
La rima quivi e sconosciuta, ne possono costituire la rima le
desinenze del plurale in -im, -oth, che si leggono in 6ne a certi
versi o stick i, e che non hanno ragione di rima piu che le desi-
E LA CRITICA ODIERNA 583
nenze delle voci italiane « prelat^, camerieo » ; o delle latine « du-
•ces, milites, clones » .
Contuttocift non sarebbe stato male che il dotto Autore avesse
toccata la questione della struttura stroftca di non pochi carmi
-ebraici: essendo che la strofa si pud benissimo ritrovare nella poesia
Titmica e senza metro. Abbiamo di fatto nel salterio non soltanto
dei ritornelli, che so no essi stessi come vestigie di strofe, ma per
ben settanta volte al fine d'una sentenza s'incontra la voce ebraica
sela' ovvero 1'equivalente greca diapsalma. E siccome il dialogo,
dice J. K. Zenner *, e un discorso alternate fra due persone, cosl
il diapsalma e un salmo alternate. Quella voce indica il termine
d'una strofa, dove entra 1'altro cantore o 1'altro coro. Cosi il salmo
45 (46) per una triplice sela' inserita dopo i vers. 4, 7, 12 viene
distinto in tre strofe.
Della voce sela' (diapsalma) adunque importa che 1'interprete
dia ragione, come di qualunque altra voce del testo, nelle sue ri-
cerche sulla struttura dei carmi degli ebrei : ne con cic- egli ha da
temere di perdersi in vane congetture, porgendo la detta voce fon-
damento a solida disputazione. Che se per quei settanta esempii
poc'anzi rammentati e per qualche altra ragione egli fosse condotto
maturamente a concepire ed a formulare un sistema relative alia
strofa presso gli Ebrei; e per questo sistema ben ponderate entrasse
in sospetto che si dovesse trasporre qualche stico, o introdurre
qualche altra leggera mutazione nel testo, niente impedisce ch'egli
lo faccia, sempre con moderazione e senza dare alia sua congettura
una probability maggiore del merito. E con tanto maggior fidanza
lo potra fare quand'egli abbia per se la garanzia di qualche buona
lezione del testo primitive o di qualche versione. Ma conveniamo
anche noi pienamente che siano da respingere le emendazioni fon-
date unicamente sulla ragione del metro.
Quanto poi alle congetture, in questo genere di studii e bensi
da evitare la temerita, ma dare loro il bando del tutto sarebbe forse
troppo rigore. Una congettura piu debole provochera contraddizione o
controversia, e intanto aprira la via ad un'altra piu solida o anche alia
vera e certa spiegazione. CoU'essere scienza, la critica non si priva
dei caratteri e de' sussidii dell'arte. Yedi per esempio un musico
che ritiene qualche oscura rimembranza d'una melodia, e vorrebbe
ricomporla. Tenta prima il tono maggiore, poi il minore, prima un
accordo, poi un altro: tenta e ritenta, finalmente la melodia riscappa
1 Die Chorgesange im Buck der Psalmen, Freiburg i. B. 1896, p. 19.
584 IL VECCHIO TESTAMENTO
fuori. Un po' di pazienza adunque anche coi modesti tentativi della^
critica; chissa che ne siamo poi soavemente ripagati.
Concludendo il suo lavoro, lo Scerbo ricerca quale progresso in-
somnia abbia fatto in questi nostri tempi la critica biblica.
Qui si distinguono due metodi : Vapologetico che partendo da una
tesi cerca di conciliare con essa tutti i fatti; e il metodo storico
0 critico che movendo dai fatti, cerca una tesi che sodisfaccia a
tutti i medesimi. Fondamento del metodo apologetico e la saldezza
della tesi ; del critico, la certezza dei fatti. « Donde nasce spontanea
la domanda : quali sono i docunienti nuovi, i quali risolvano in modo
definitive le mille controversie e i mille dubbii cui danno luogo gli
studii della Bibbia e principalmente del Y. T.? I fatti veramente
nuovi, diretti, irrefragabili sono pressoche nulli » (p. 95).
In siffatta questione all'egregio Autore non dispiaccia che noi ap-
portiamo qualche maggior fiducia.
Potremmo allegare bensi che s'hanno nuovi testi (l'Ecclesiastieo)T
nuove lezioni. Ma il progresso della critica non consiste tanto in
cose nuove, quanto nella cognizione piu intima di tutte, delle nuove
e dell'antiche. Avviene il somigliante anche nell'altre scienze. Quanta
sono progredite p. e. la botanica e la zoologia negli ultimi secolil
Non saprei se in Italia siano state scoperte molte specie nuove di
piante o di animali, almeno delle classi superiori : certo e perd che
la maggior parte deH'immenso progresso consiste nella comparazione
delle specie, nello studio intiino della morfologia, della fisiologiar
neU'esame degl' istinti e dei costumi degli uccelli, degFinsetti, delle
formiche ecc. Altrettanto vediamo nella critica biblica. Abbiamo
1 testi pubblicati colla piu squisita accuratezza, traduzioni raccolte
d'ogni parte e tra loro confrontate, citazioni dei Padri esaminate e
discusse; di ciascun Jibro anzi di ciascuna pericope enumerati gl'idio-
tismi, investigati i piu rimoti ripostigli della grammatica, notate le
asprezze, gl'iati, le ripetizioni nel testo; uaa dovizia di lessici, di
concordanze, di sussidii d'ogni fatta. Tale studio e tale discussione
del testo non la fecero ne potevano farla i Padri, i piu de' quali
anzi ne anco ebbero in mano il testo primigenio dell'antico Testa-
mento; ne pure la potevano fare i primi esegeti cattolici che fiori-
rono ne' primi tempi dopo la Eiforma, la maggior parte de' quali
si pud dire con verita che illustrarono i libri sacri di annotazioni
anziche di commentarii seguiti, ma degli apici critici nessuno ebbe
conoscenza. Ora invece tutte queste cose sono piu accuratamente
conosciute e ponderate, sia per cavarne piu intero il senso letterale,
sia per meglio penetrare la stessa storia del testo. Sicche in fonda
E LA CRITICA ODIERNA 585
<e di molto progredita la cognizione del fatti e con questa la cri-
tica stessa.
Come nelle altre science positive, anche nella scienza biblica
una piii esatta osservazione del fatti ha condotto ad una piu
esatta cognizione dell'argomento. Quei fatti s'aggirano intorno alia
forma esterna de' libri sacri, noa escono dal campo critico e sto-
rico, non entrano in questioni di fede e di costumi : ma forse che
per via della forma esteriore non si manifesto il senso interne e
il carattere proprio delle cose ? Sicche il metodo critico non puo
altro che promuovere 1' intelligenza de' libri sacri. Che se finora
in questo genere -faticarono soprattutto scrittori non cattolici, molto
piu copiosi saranno i frutti e piu sani quando si vedranno coni-
piati i voti del S. P., che desidera vedere cattolici darsi a quest!
studii con tutte le forze.
Prima mira nelle ricerche critiche ha da essere questa: par-
tire da fatti certi. Fatica improba, e vero, continua e sparsa in
questioncelle senza numero : nella quale pu6 avvenire, che anche
il piu anziano e piu versato nella critica biblica prenda qualche
abbaglio. Quando p. e. lo Scerbo, dopo avere stabilite sulla ver-
sione greca dell' A. T. le cose dianzi riferite, a p. 101 afferma
<?ome un fatto certo, tanto che il contrario sia « impossible », che il
testo sacro fosse custodito presso i Giudei, anche avanti ai Maso-
reti, colla stessa gelosissima cura che dappoi il testo masoretico,
si puo domandare : e ci6 veramente certo ? Si ha per es. Ps. 13
e 52 (secondo 1'ebr. 14-53) uno stesso salmo inserito due volte
nel salterio, con lezione non del tutto eguale. Questa lezione adun-
<}ue avanti i Masoreti, che numeravano insino ai puntini e alle let-
lere, dovette sostenere tante mutazioni, quante dopo di loro noa
sarebbero piu state tollerate ne' testi sacri.
Ci auguriamo che 1'egregio professore continui, nell'autorevole po-
sizione ch'egli ha, a promuovere un sano indirizzo critico negli
studii biblici; ove senza soffocare la naturale alacrita giovanile,
1'esperto maestro pud aggiungere opportunamente il grano di sale
fornito dalla prudenza e dalla maturita scientifica.
586 NUOVI LAVORI BIBLIOGRAFICI
II.
NUOVI LAVORI BIBLIOGHRAPIGI BELLA BlBLIOTBGA VATIGANA.
II 9 di luglio 1902 segno una data di lietissima ricordanza nella>
storia secolare della Biblioteca Yaticana. In questo giorno tre chiarr
snoi scrittori MODS. Cosimo Stornajolo, il rev. dott. Marco Vattasso
e il dott. Pio Franchi de' Cavalieri ebbero 1'onore di essere ammessi
in privata udienza dal Pontefice Leone XIII per offerirgli quei
frutto prelibato delle loro fatiche che sono i due nuovi grossi vo-
lumi di catalogi dei manoscritti urbinati e vaticani latini 1. Ascolto
il S. Padre con segni di vivo gradimento Pesposizione che del
metodo seguito nell'opera fece in nome degli altri il rev. profes-
sore Vattasso; poi, compiaciutosi di portare la mano e 1'occhio
su quelle carte cbe, anche solo esternarnente vedute, lasciano ar-
guire la vasta dottrina di clii Je ebbe a vergare, disse all'Eminen-
tissimo Segretario di Stato li presente : « Non tutti saremmo ca-
paci di fare questi lavori, per i quali par si richiegga una vocazione
speciale. » Se il nobilissimo e verissirno detto dello splendido Me-
cenate della Biblioteca e degli Archivii vaticani fu encoraio ben
meritato agli scrittori, e per noi gradito e calzante invito a con-
correre, affinche nn'opera di tanto emolumento per gli studii del-
Tantichita sia meglio conosciuta e pregiata dal pubblico. E cio tanto
piu cbe con vero piacere si osserva come i dotti genuini e gli
eruditi, senza piccine distinzioni di parte, che purtroppo annidano
in certe alte sfere, dove meno dovrebbero, si uniscono in coro
unanime per celebrare questi lavori usciti dai Vaticano sotto gli
auspicii del venerando Pontefice; e con esempio di lodevole lealta
li propongono altresi al Governo italiano, senza tuttavia concepire
soverchia fidanza rispetto aU'efficacia del saggio monito 2.
1 CODICES VATICANI LATINI recemuerunt Marcus Vattasso et Pitts
Franchi de' Cavalieri bibliothecae apostolicae vaticanae scriptores. Tomus I,
Codices 1-678. Eomae, Typis vaticanis MDCCCCII in 4°, pp. XV-586.
CODICES URBINATES LATINI, recensuit Cosimus Stornajolo bibliothecae
vaticanae scriptor. Tomus I, Codices 1-500. Aecedit appendix ad descriptio-
nem picturarum. Romae, typis vaticanis MDCCCCII, in 4°, pp.XXIII-650.
2 II Giornale Storico della Letteratura Italiana nell'anmmziare la
pubblicazione dei due nuovi vohwni, dopo aver lodato 1'esemplare dili-
genza, la modernita di criterio e la dottrina dei compilatori, proseguiva
in questi termini : « Per questo modo la redazione e pubblicazione dei
DELLA BIBLIOTECA VATICANA 587
Coloro che hanno qualche domestichezza con le ricerche nelle
<loviziose collezioni di mauoscritti, sanno a maraviglia se e come im-
port! per esse il non essere prive d'un catalogo veramente ben fatto.
11 catalogo compilato con saggio metodo e alia biblioteca quello
che un eccellente motore all'opificio ; quanta forza intellettuale iu-
fatti per suo mezzo economizza lo studioso, forza che senza quel
prezioso sussidio se ne va come dispersa, incapace di apportare tutto
quell'utile che, altrimenti applicata, avrebbe al certo prodotto. II
perche, se riandiamo la storia delle piu faniose raccolte di codici,
da quelle vetuste di Alessandria fino alle piu recenti delPeta mo-
derne, troviamo subito un duplice fatto a tutte esse, piu o meno,
comune. Dall'un canto, non prima comincia a formarsi la biblio-
teca, spunta quasi nel suo seno 1'inventario o catalogo, abbozzo
primordiale, come sono le cose umane nel nascere, d'un grande
lavoro che resta a compiersi; dall'altro lato passano lunghissimi
anni, e talvolta anche secoli, avanti che questo medesimo abbozzo
si svolga e sviluppi sino a raggiungere la debita perfezione. Fatti
entrambi al sommo significativi ; il primo attesta il bisogno con-
gerito che ha ogni raccolta di avere bene descritta la propria su-
pellettile per rispondere degnamente al fine al quale venne ordi-
nata; il secondo poi mostra con I'esperienza quali difficolta abbia
a superare nell'ordine pratico.l'esecuzione d'un'impresa tanto in se
necessaria.
Da questa che si potrebbe dire legge comune ad ogni grande
collezione di manoscritti non ando esente neppure quella messa
insieme con tanta magnificeriza dai papi. Risalendo non piu oltre
che al terzo periodo della sua vita gloriosa, iniziatosi con il ritorno
cataloghi della Vaticana, grande e nobile impresa, che si deve all'mi-
ziativa di papa Leone XIII, precede con sollecitudine che disgrada quella
dei nostri poveri Indici e cataloghi, vergognosamente trascurati da chi
non e in grado d'intenderne il valore. » Vol. 40 (1902) p. 474. E il Po-
polo Romano facendo teste conoscere a' suoi lettori il volume dei Codici
urbinati latini edito da Mons. Stornajolo, conch iudeva con questi periodi,
che ci piace riferire, la nota bibliografica anonima, dettata senza dubbio
da persona assai esperta nella materia:
« Un illustre e dotto erudito giudicava ultimamente che una sol cosa
era a desiderarsi dallo Stornajolo ; che cioe egli potesse compiere al piu
presto 1'ingente e difficile opera sua. Noi aggmngiamo questo: che se
un giorno il nostro Ministero dell'Istruzione si decidera a catalogare i
codici delle nostre biblioteche governative, adotti le medesime regole,
colle quali sono cosi perfettamente presentati agli studiosi questi cimeli
della Biblioteca Vaticana. » Anno XXX, n. 358; 29 dec. 1902.
588 NUOVI LAVORI BIBLIOGRAFICI
del codici da Avignone in Roma nel palazzo vaticano a' tempi dii
Martino V, non manco giammai il vivo desiderio di fornirla
d1 indici e catalog! che spianassero ai ricercatori la via nelle
lunghe e pazienti indagini. Basti ricordare 1'ordine, che diede Be-
nedetto XIV, di compilare e divulgare con le stampe un intero
ed accurate inventario di tatti i codici vaticani. Come e noto,
Timpresa gigantesca fu feliceraente iniziata da Stefano e Giu-
seppe Assemani con i tre volumi destinati alia descrizione dei
mss. orientali *. Distrutte in breve, insieme con quasi tutte le
copie di questi tomi, anche le schede gia preparate per la com-
pilazione di una parte del restante lavoro e sopravvenuta la rivo-
luzione francese con le sue tremende vicende, la nobile irnpresa
non ebbe piu effetto di sorta fino al 1831. In quell'anno il Mai
dette in luce un volume, continuazione alle dotte fatiche dei due-
Assemani *. Segni il pontificate non breve di Gregorio XVI,
ne Fopera avanzo d'uu passo. Fu finalmente ripresa sotto Pio IX,
non gia pero con la stampa di catalogi, secondo il disegno del
grande Lambertini, ma con ultimare 1' inventario a penna del fondo
latino vaticano. Se ne ebbe un lavoro tutt' altro che perfetto nel
genere suo. Esso, invece di segnare un progresso sopra i primi
catalogi compilati assai bene per il loro tempo dai quattro Ri~
naldi nella seconda meta dei secolo XVI e nella prima del se-
guente, rimase ad essi notevolmente inferiore 8.
Era gloria riserbata al pontificate di Leone XIII, che anche
per questo titolo prende degno posto accanto ad un Nicolo V e-
agli altri piu illustri mecenati della mondiale biblioteca, il prov-
vedere efficacemcnte onde la Vaticana avesse catalogi degni dei
1 Bibliothecae Aposiolicae Vaticanae codicum manuscriptorum cata-
logus etc. 1-3. Romae, 1756-59.
2 Catalogus codicum bibliothecae Vaticanae arabicorum, persicorum,.
turcicorum, aethiopicorum, copticorum, armeniacorum, ibericorum etc.^.
Romae 1831.
3 Sui quattro Rinaldi, Federico e Marino, fratelli, Alessandro e Do-
menico loro nepoti vedi le notizie che dagli Assemani e dal De Rossi
raccolse il p. Ehrle in una sua nota (Zur Geschichte der Katalogisierunff
der Vaticana) nell' ffistorisches Jahrbuch 11, (1890) 718. I Rinaldi, o Rai-
naldi come furono detti dalla forma del loro nomelatinizzata,non indicano
per es. 1'eta del codice col secolo cui appartiene, ma solo con alcune di
quelle vaghe forme vetustus, vetustissimus, e somiglianti. Per contrario^
cio che rende i loro inventarii piu pregevoli di altri ad essi contempo-
ranei, danno la descrizione di quasi ogni scritto contenuto nel codice,,
riportandone spesso anche 1' incipit.
DELLA BIBLIOTECA VATICANA 589
tesori che in se stessa racchiude e del fiore degli ingegni d'ogni
nazione che vi concorrono a trarne profitto '.
Dal 1885, quando lo Stevenson seniore diede alle starape il
primo catalogo, quello del codici palatini greci, fino al luglio delio
scorso anno, ben nove di siffatti volumi furouo pubblicati dal col-
legio degli scrittori2. Ora il solo arricchire la Vaticana d'inven-
tarii a stampa, non fosse avvenuto alfcrimenti che con 1' imprimere
i vecchi indici cosi manchevoli, sarebbe stato beneficio non lieve a
tanti studiosi, che per tal modo, anche lontani, nella quiete della
loro stanza, avrebbero avuto un provvido filo per le prime ricerche
da imprendere nella biblioteca; sussidio validissimo, che gia posse-
devano da lunghi anni altre raccolte di codici, inferiori per pregio
e rarita a quella dei Romani Pontefici,
Tuttavia poiche s'aveva da matter mano a stampare, deter-
mine con provvido consiglio ii collegio degli scrittori della Bi-
blioteca di riprendere dalle fondamenta tutto il lavoro. Ogni codice
doveva essere descritto non gia ripetendo Fantica recensione,
della cni manchevolezza si possedevano accertatissime prove,
ma ricominciando da capo a percorrerlo minutamente conie fosse
entrato di fresco in biblioteca e pure aliora venuto sott'occhio di
un valente bibliografo. Qui sorgevano le difficolta d'ordine, parte
1 Cfr. per queste e piu ampie notizie sull'argomento la Prefazione
dell'Emo Cardinale Pitra ai Codices palatini graeci editi dallo Stevenson
seniore il 1885.
2 Ecco 1'ordine in che si succederono con' i nomi dei compilatori.
1885. Codices manuscripti Palatini graeci... recensuit et digessit Hen.
Stevenson senior.
1886. Codices Palatini latini... recensuit et digessit Hen. Stevenson
iunior; recognovit I. B. De Rossi.
1888. Codices manuscripti graeci Reginae Svecorum et Pii PP. II...
recensuit et digessit Hen. Stevenson senior.
1891. Monumenta Papyracea Aegyptia... recensuit et digessit Hor. Ma-
rucchi.
1893. Codices manuscripti graeci Ottoboniani... recensuerunt E. Feron
et I. Battaglini.
1895. Codices Urbinates graeci... recensuit Cos. Stornajolo.
1897. I Codici Capponiani dtlla Biblioteca Vaticana descritti da Gius.
Salvo- Cozzo.
Ai nove volumi di catalog! di mss. pubblicati nel pontificate di
Leone XIII si debbono inoltre aggiungere i due grossi tomi dell'/nuew-
tario dei Libri stampati palatino-vaticani edito dallo Stevenson giunioro
il 1886.
590 NUOVI LAVORI B1BLIOGRAFICI
scientifico, parte pratico, nel metodo da prescegliere; scelta rile-
vantissima in un lavoro di tanta mole destinato a passare alia po-
sterita con tutti i caratteri e gli onori proprii di quelle che
oggidi chiamano meritamente opere fondamentali. Purtroppo
non si procedette da principio con criterii uniformi e ben defi-
niti, come si sarebbe dovuto; ondeche non tutti i volumi editi
avanti questi ultimi del 1902 soddisfecero uppieno i giusti desi-
derii degli studiosi dei nostri tempi. Conveniva dunque rimettersi
coraggiosamente nella bnona via, tanto piu che tutto il fatto men
bene rappresentava una porzione piccolissima verso quello che
rimaneva da fare. E cosi appunto si fece. I recentissimi tomi da
noi annunziati iniziano felicemente una provvida novita; e ci gode
ranimo che con essa si apra opportunamente la recensione dei
due piu celebri fondi delPinsigne Biblioteca, il vaticano e Purbi-
nate, entrambi latini.
Facendoci ad esaminare dappresso il nuovo sistema, non si
dura fatica per convincersi che non solo elimina interamente i
difetti (anche quelli d'indole tipografica) di alcuni dei precedenti
volumi, ma emula e supera i varii metodi adottati da famosissime
biblioteche di Europa.
II bibliografo, mettendosi alPopera di descrivere uno qualsiasi
dei molti cimelii che gli stanno dinanzi, tripartisce il lavoro con-
forme a certe norme ben fisse che rispondono appieno alia natura
delie cose e ai desiderii dello studioso. Dapprima ci fa conoscere
cio che delPesterno d'un codice maggiormente preme di sapere,
vale a dire, il posto che tiene nel fondo, Peta cui appartiene, la
materia di che consta, le dimensioni, il numero dei fogli. Poi, nella
seconda parte, la piu rilevante senza dubbio e quella altresi che
piu richiede di erudizione e di solerzia in chi lo descrive, ci da
il novero minuto degli autori e delle opere che il ms. contiene.
Finalmente ritornando alia prima parte, a bella posta intramez-
zata, sottopone allo studioso tutte le altre notizie circa Pesterna
descrizione del volume, quail sono le qualita delta grafia, le mi-
niature ond'e per sorte fregiato, i fogli lasciati in bianco, il ge-
nere della legatura, gli stemnii gentilizii che Padornano, le note
dei possessor! e via dicendo.
L'avere cosi divisa la parte descrittiva delPesterno del codice
e una felicissima innovazione che torna accetta allo studioso, cui
solo importa in molti casi d'essere ragguagliato intorno a quei primi
piu rilevanti dati che trova in principio della recensione. Se si
DELLA BIBL1OTECA VATICANA 591
eccettui il catalogo dei mss. Amploniani di Erfurt dello Schum *,
non ci ricorda di avere altrove vedufco un simile spediente sug-
gerito da finissimo senso pratico. Che, per arrecare alcuni esernpii,
il Bandini 2, al cui classico inetodo si ispirarono i moderni scrittori
vaticani, colloca la descrizione esterna del codice dopo quella, tal-
volta assai lunga, del contenuto; ne altrimenti vanno facendo a' dl
nostri i moderni cataloghi generali dei mss. delle biblioteche di
Francia 3. Alfcri per contrario le diedero luogo a tutta insieme in
principio; cosi il Rose nell'accurato inventario dei codici latini
del Phillipps, ora berlinesi 4.
Se non che la parte che piu rivela il pregio intrinseco del si-
stema attuato nei due volumi di che ci occupiamo e senza dubbio
la seconda consacrata alia recensione degli autori e delle opere.
I profani potranno forse pensare che a quest' impresa sia suffi-
ciente poco piu che quella accuratezza richiesta da ogni diligente
bibliotecario per la compilazione di un catalogo di libri a stampa.
Chi pero anche mediocremente si conosca dei codici antichi, non
ha bisogno d1 intendere qual cumulo di svariata e soda erudizione
faccia mestieri per riuscire con onore ed esito felice in si diffi-
cile arringo.
I ventitre paragrati nei quali gli scrittori racchiusero le leggi
sulle quali vollero eseguito il lavoro e la fedelta con che vi si
attennero, secondo dimostrano i codici fin qui descritti, e argo-
mento convincentissimo della immane fatica cui volonteroai si sob-
barcarono 5. Alia lettura di queste regole o, cio che torna il me-
desimo, all'applicazione fedele che se ne fece nella descrizione dei
singoli volumi rirnandiamo chi voglia di propria scienza giudicare
con qual sottile discernimento furono concepite e recate in atto.
1 Beschreibendes Verzeichniss der Amplonianischen Handschriften
Sammlung zu Erfurt etc. Berlin, 1887.
2 Catalogue Codicum latinorum bibliothecae Mediceae Laurentianae
ecc. vol. 1-4 Florentiae, 1774-1777.
3 Catalogue general des Manuscrits des Bibliotheques pubbliques de
France. Questa nuova serie che si pubblica per cura del Ministero del-
ristruzione pubblica delle Belle Arti e dei culti, comincio nei 1886; si
trova ora al vol. XXXVI.
4 Die Lateinischen Meer man- Handschriften des Sir Thomas Phillipps
in der koniglichen Bibliothek zu Berlin. Berlin, 1892.
5 Leges quae curatores Bibliotecae Vaticanae in codicibus latinis re-
censendis sibi constituerunt. Esse sono bene a proposito inserite nella
Prefazione cosi dei Codices vaticani latini, come di quelli urbinati.
594 NJLJOVl LAVORI B1BLIOGRAFICI DELLA BIBLIOTECA VATICANA
fossero registrati per ordine alfabetico della prima parola il prin-
ciple o gli incipit di tutti gli scritti patristici conteriuti per *^s.
nella Patrologia del Migne? Ebbene a quest' iminane lavoro si
sobbarco, per ci6 che spetta i padri greci e latini il Vattasso, in parte
con 1' intelligente collaborazione del suo collega ii Le Grelle. La
8ua opera in due grossi voiumi conterra i principii delle prefa-
zioni, dei libri, dei trattati, degli opuscoli, dei sermoni, deile omelie,
delle lettere, delle bolle pontificie, dei dipiomi, delle poesie e delle
carte anteriori al sec. XV, che trovansi pubblicati nei duecento dicias-
sette voiumi della Patrologia Latina del Migne, e i principii delle
versioni anticbe pubblicate nella Patrologia Graeca e nelle nuove
opere patristiche che dopo il Migne videro la luce, o in collezioni
speciali o in voiumi a parte.
In questa guisa 1'ingente lavoro intrapreso a' dl nostri per
la rara munificenza di Leone XIII procedera innanzi alacremente
e felicemente; e noi ci auguriamo che parecchi e parecchi dei va-
lenti scrittori, cui non fa difetto ne gioventu ne tenaoita di volere,
possono essi medesimi, ciascuno per la sua parte, ripetere un
giorno con riobile compiacenza:
« Monumentum exegi acre perennius »
BIBLIOGRAFIA1
ANGELINI GENNARO. — Ricordi
tip. Salesiana, 1903, 16°, If 2
K uri libriooino questo ohe si leg-
ge tutto d'un flato e ti va al ouore. II
chiaro A., ne' suoi due viaggi in Ter-
rasanta nel 1892 e nel 1901, vide
quanto vi e di ammirabilo e d'inte-
ressante nel paese di Gesu, ma sent!
soprattutto la parola delta fede che
g)i parld all'anima. Non bisogna dun-
que cercare in questo caro libriccino
disquisizioni storiche o oritiche sui
sacri luoghi di Terrasanta, dotte die-
'Ev '
tt questo un Periodico mensile di
scienze che si pubblica in Ateue gia.
dapiuanni. Chi volesse averne una
breve contezza e giudicare della sua
utilita, non ha che soorrerne la Co-
pertina dove si svolge tutto 11 suo
Programma. L' Armenia, infatti vi si
dice, si propone principalmente la
difTusione della verita per via di
atudii scientific!, i quali si oonnettano
per6 oolla fllosofla, colla teologia, la
storia e la geografia, come pure
coll'arcbeologia nazionale ecristiana,
colla letteratura greca in genere e
colle scienze flslche.
Inoltre essa si propone dl rendere
accessibile ai Greci per mezzo di
esatte ed elegariti traduzioni quanto
e impresHioni di Terrasanta. Roma,
P-
sert'vzioni impugnanti o difendenti l«
pie leggende onde la Palestina ri-
bocca da un capo all'altro. Niente
di tutto questo. 11 libro ti coinmuove,
ti edifloa, ti fa piu pio e piu buono,
e ti aocende nelTanima un vivo desi-
derio di vedere il paese santiflcato
• In I la presenza dell'Uomo-Dio. B non
e questo un bel frutto delle fatiohe
del chiaro Angelini?
in elucubrazioni straniere armonizza
collo scopoanzidetto e ohe per 1'igno-
ranza delle lingue straniere o per
qualsiasi altro motivo resta per molt!
un tesoro uascosto.
Dal floe del Periodico cos) netta-
mente tracoiato, ognuoo ben vede
che quantunque esso sia soritto pel
greci, pu6 nondimeno essere di mi
i ii.ii comune, e speoialmente agli ama-
tori della lingua greoa moderna, che
vi e aocurata e forbita,
Chiunque peroi6 volesse trarue
profltto e as8ociarvisi,nou ha che adi-
rigersi al Sig. Quglielmo Barth. Piazza
della Costitutione, Librerla Beck in
Atene. II prezzo di assooiaziono per
Testero e di franohi 10 all'aimo.
1 \«»<H. I lli.ri e KII opuMoll, annunzlatl nella BibJioflrrafla (o uelle
Stampa) della « Clvilta Cattolloa », nou puo rAmmlnlHtraxlone aHHumere In m-HHuna
uanlera I'lncarloo di provvederll, Halvo ohe I dettl librl non Hleno Indlcatl nurne vendlblU
prwiHo la Ht.i'HHji AmmlnlHtrazlone. (!16 vale anohe per K\\ annuiiKl delle opere pervennt« «IU
Ulreelone e dl quelle Indicate Nulla Copvrtinu del periodloo.
L'AMMINIRTRAZIONI.
594 N^JOVl LAVORI B1BLIOGRAFICI DELLA BIBLIOTECA VATICANA
fossero registrati per ordine alfabetico della prima parola il prin-
ciple o gli incipit di tutti gli scritti patristici contenuti per es.
nella Patrologia del Migne? Ebbene a quest' immane lavoro si
sobbarco, per cio che spetta i padri greci e latini il Vattasso, in parte
con 1' intelligent^ collaborazione del suo collega il Le Grelle. La
sua opera in due grossi volumi conterra i principii delle prefa-
zioni, dei libri, dei trattati, degli opuscoli, dei sermoni, delle omelier
delle lettere, delle bolle pontificie, dei diplomi, delle poesie e delle
carte anteriori al sec. XV, che trovansi pubblicati nei duecento dicias-
sette volumi della Patrologia Latina del Migne, e i principii delle
versioni antiche pubblicate nella Patrologia Graeca e nelle nuove
opere patristiche che dopo il Migne videro la luce, o in collezioni
speciali o in volumi a parte.
In questa guisa 1'ingente lavoro intrapreso a' di nostri per
la rara munificenza di Leone XIII procedera innanzi alacremente
e felicemente; e noi ci auguriamo che parecchi e parecchi dei va-
lenti scrittori, cui non fa difetto ne gioventu ne tenacita di volerer
possono essi medesimi, ciascuno per la sua parte, ripetere un
giorno con riobile compiacenza:
Monumentum exegi aere perennius
BIBLIOGRAFI A l
ANGELINI GENNARO. -^ Ricordi
tip. Salesiana, 1903, 16°, If 2
15 un libriccino questo che si leg-
ge tutto d'un fiato e ti va al cuore. II
chiaro A., ne' suoi due viaggi in Ter-
rasanta nel 1892 e nel 1901, vide
quanto vi e di ammirabile e d' inte-
ressante nel paese di Gesu, ma sentl
soprattutto la parola della fede che
gJi par!6 all'anima. Non bisogna dun-
que cercare in questo caro libriccino
disquisizioni storiche o critiche sui
sacri luoghi di Terrasanta, dotte dis-
'Ev
E questo un Periodico mensile di
scienze che si pubblica in Atene gia
dapiu anni. Chi volesse averne una
breve contezza e giudicare della sua
utilita, non ha che scorrerne la Co-
pertina dove si svolge tutto il suo
Programma. L'Armonia, infatti vi si
dice, si propone principalmente la
diffusione della verita per via di
studii scientific!, i quali si connettano
per6 colla filosofia, colla teologia, la
storia e la geografia, come pure
coll'archeologia nazionale ecristiana,
colla letteratura greca in genere e
colle scienze fisiche.
Inoltre essa si propone di rendere
accessibile ai Greci per mezzo di
«satte ed eleganti traduzioni quanto
e impression! di Terrasanta. Itoma,
P-
sertizioni impugnanti o difendenti le
pie leggende onde la Palestina ri-
bocca da un capo all'altro. Niente
di tutto questo. II libro ti commuove,
ti edifica, ti fa piu pio e piu buono,
e ti accende neH'anima un vivo desi-
derio di vedere il paese santificato
dalla presenza dell'Uomo-Dio. E non
e questo un bel frutto delle fatiche
del chiaro Angelini?
. *Ex8tS6jtevoy x^ci
in elucubrazioni straniere armonizza
collo scopo anzidetto e che per 1'igno-
ranza delle lingue straniere o per
qualsiasi altro motivo resta per molti
un tesoro nascosto.
Dal fine del Periodico cosi netta-
mente tracciato, ognuno ben vede
che quantunque esso sia scritto pei
greci, puo nondimeno essere di uti-
lita comune, e specialmente agli ama-
tori della lingua greca moderna, che
vi e accurata e forbita.
Chiunque perci6 volesse trarne
profitto e associarvisi,non ha che adi-
rigersi al Sig. Guglielmo Earth. Piazza
della Costituvione, Libreria Beck in
Atene. II prezzo di associazione per
1'estero e di franchi 10 alPanno.
1 Iota. I Jibri e gll opuseoli, anuunztati nella Bibliografla. (o nelle Riviste
dalla. Stampa) della « Civilta Cattolioa », non puft 1'Amrainistrazione assnmere in nessana
uanlera Tincarieo di prowederli, salvo che i detti libri non sieno indicati come yendibili
preoso la stessa Amministrazione. Cid vale anehe per gli annnnzi delle opere pervennte alia
Direeione e di quelle indicate sulla Copertina. del periodico.
L'AMMINISTRJLZIONB .
59Q
BIBLIOGRAFIA
BALLERINI GK, sac. prof. — Delia Morte, Kisurrezione ed Assunzion^
di Maria Santissima. Siena, tip. di S. Bernardino, 1903, 16°, di
pp. 46. Cent. 30.
E uno del soliti libretti del
ch. professore, cosi densi di cose e
di concetti, che non si possono com-
pendiare. Ci contenteremo dunque
di esporre qual sia 1'opinione del
dotto teologo intorno alPAssunzione
di Maria Vergine. E^li la ritiene
certa, fondandosi principalmente sul
fatto innegabile che la Chiesa, gia
da secoli, crede all'Assunzione di
Maria; ne dall' essersi riconosciuti
falsi certi antichi documenti conse-
guita punto 1'esser falso, apocrifo e
leggendario lo stesso fatto dell'As-
sunzione. La ritiene altresl definibile,
perche contenuta, se non nella Scrit-
tura, certamente nella Tradizione.
Peraltro non la reputa ancora abba-
stanza matura dal la to scientifico.
Ma la luce verra. « E allora il Vi-
cario di Gesu Cristo pronuncera la_
grande parola che il cuore dei figli
attende, e che noi fin d'ora affret-
tiamo coi nostri voti » (p. 44).
BOS10 P. — Compendio di Sociologia Cristiana ad uso specialmente
dei Seminarii e dei Propagandist! Cattolici. (Pubbl. di scienze so-
ciali cattoliche ecc ) Siena, S. Bernardino, 1902, 16°, V1II-264 p.
— L. 2,50.
II chiaro Bosio ha fatto un vero
regalo ai seminaristi e democratici
cristiani d'ltalia, nel dettare in istile
semplice e terso un compendio di
Sociologia cristiana, che in 263 pa-
gine abbraccia tutto il vasto campo
della questiohe sociale.
Quando poi 1'A. ci avverte che
a guida del suo lavoro egli prese
tali uomini come il Taparelli, 1'An-
toine, il Toniolo, il Brants, il Weiss,
Mons. Talamo e simili, ci da con cio
una sicura caparra che la suadottrina
e informata a sani principii cattolici.
Noi vorremmo vedere questo bel
libro in mano ad ogni studente di
teologia, perche, nell'ora presents,
la cbltura filosofica e teolcgica an-
tica domanda di venire aiutata e so-
stenuta da una qualche cognizione
di cose sociali, delle quali sono troppi
quelli che parlano senza conoscerne
a fondo la natura, I'intrinseca diffi-
colta e le molteplici relazioni che la.
stringono ad altre parti dell'umano
sapere.
BULLETIN du Seminaire Oriental Saint Francois Xavier. (Univer-
site Saint Joseph, dirigee par les Peres de la Compagnie de Jesus).
Beyrouth (Syrie), impr. cathol.
Abbiamo sott' occhio un esem
plare del Bollettino del Seminario
Orientale, fondato a Beyrouth in
Siria, allo scopo di preparare sacer-
doti e nrassionarii per 1'Oriente. Nei
pochi anni di sua esistenza ha gia
dato tre patriarch! e nove vescovi,
senza dire dei moltissimi sacerdoti.
Ne scarsi sono stati i frutti pro-
dotti, specialmente in Egitto. L'anti-
co splendore di questa, che un tempo
chiamavasi « la terra dei Monaci*
sotto 1'azione di diverse cause a poco
a poco era venuto rneno in maniera,
che dieci anni fa il cattolicismo po-
teva quasi dirsi cola sconosciuto ;:
pochissimi i sacerdoti, nessuna chiesa
nostra, e varii fedeli seminati in va-
stissime estensiofli di paese. Oggi &
tutt'altro. Vi sono tre diocesi, e,. la-
BIBLIOGRAFIA 597
eciando stare la dioceei patriarcale, tanti bei frutti, Tive in gran parte
per parlar solo delle due diocesi di a spese della divina Provvidenza, e
Ermopoli e di Tebe, delle quali ab- quindi e raccomandato alia carita dei
biamo sott'occhio le statistiche, tro- fedeli. Chi si sentisse ispirato a ve-
viamo in esse, chiese 8; 28: scuole nirne in soccorso, puo mandare le
12; 36: sacerdoti 10; 25: localitk ove sue offerte al P. Direttore del Semi-
sono nuovi convertiti, 29; 83. Ma nario Orientale. — Universita di
qaesto Seminario, a cui si debbono S. Giuseppe, Beyrouth — (Siria).
CASALE FRANCOIS. — Chanteclair. Paris, Librairie Plon, 16.°
£ un racconto del regno del ter- II libro non poteva essere seritto
rore. La scena si svolge in Bretta- meglio, per la lingua, per lo stile,
gna e protagonisti principal! ne sono per la soavita ed altezza dei senti-
Marianna Chanteclair e Le Brenn, menti e per un certo sense intimo
anima forte e generosa, degno in di dolce mestizia che dall'anima del-
tutto dell'eroina, alia quale dopo do- Tautore passa nel lettore e tutto la
lorosissime vicende si congiunge in vince.
am ore eterno.
CHIARINI P. PIETROPAOLO, M. C. — Brevi ragionamenti sulle Li-
tanie Lauretane, con aggiunta snl XLVII discorso del P. STEFANO
IGKTJDI, M. C. Roma, tip. Farnesiana, 1902, 8°, YIII-396 p.
In questi ragionamenti, come ben que i predicatori del mese mariano,
dice 1'editore Franco Ballerini, «e e in generale tutti quell i che hanno
mirabilmente contemperata la foga da ragionare della gran Donna, tro-
del dire con 1'effusione del cuore, la veranno qui acconci material! pei
facondia dell'arte oratoria con la sa- loro discorsi.
pienza delle sacre dottrine. » Adun-
CIANFROCCA RAFFAELE, d. S. P. — Prosodia e Metrica delia lin-
gua greca ad uso delle scuole liceali. Ediz. novissima. JRoma, tipo-
grafia Salesiana, 1903, 16° di p. 120. -- L. 1,25.
11 precetto d'Orazio che nell'am- trica, e questi tolti dalla poesia
maestrare si adoperi brevita e chia- greca, latina e volgare. J)i che con
rezza, e bene osservato in questa 1'utile si ha pure il diletto. Aggiungi
utile fatica del ch. P. Cianfrocca. che Tesperienza di trent'anni d' ki-
ln poco piu d'un centinaio di pagine segnamento da al dotto P. Cian-
si compendiano due trattati, 1'uno di frocca' il diritto di credere che que-
Prosodia e Paltro di Metrica d'una ste brevi nozioni di prosodia e di
lingua tanto ricca qual e certamente metrica greca sieno necesaarie e al
la greca. La brevita vi si e ottenuta tempo stesso sufficienti agli studenti
con la scelta delle nozioni e regole di liceo. L'edizione e nitida e il
necessarie, doveche per la chiarezza prezzo tenue.
fanno gli esempii, specie nella Me-
GOLONNA. — II Museo civico di Napoli nell'ex Monastero di S.a M.a
di Donnaregina e scoperte di antichita in Napoli dal 1898 a tutto
agosto 1901, per FERDINANDO COLONKA dei Principi di Stigliano,
Segretario della Commissione Municipale di Napoli per la Conser-
598
BIBLIOGRAFIA
vazione del Monumenti, R. Ispettore di Scavi e Monument! antic hi
del Circondario di Napoli, R. Commissario alia Commissione Aral-
dica Napoletana. Napoli, tipogr. Giannini, 1902, f.° di p. 144.
II nobile autore guidato da sin-
golare attitudine per gli studii sto-
rici e di antichita delle province e
particolarmente della citta e del Cir-
condario di Napoli, ci ha flnora rac-
colto un vero tesoro di notizie im-
portanti pubblicate parte nelle Noti-
zie degli Scavi e parte in volumi
separati, In questo del 1902 ci da la
«toria del Museo civico di Napoli nel-
1'ex-Monastero di Donnaregina, del
quale narra I'origine e le vicende,
descrive le stanze e gli affreschi d'arte
sen' se del sec. XIV nella grande sala
e finalmente 1 ultima suadestinazione
a Museo civico, con quanto vi e ora
raccolto di opere d'arte in marmo e
in altri ricordi di ogni genere. Ri-
porta gli statuti della Commissione
per la Conservazione dei Monumenti
e quanto pud soddisfare alia piu esi-
gente curiosita.
Alia fine del volume si trova il
seguito delle scoperte di antichita in
Napoli, dal 1898 a tutto agosto 1901,
avendo gia il ch. autore pubblicate
quelle dal 1876 al 1897, in un pre-
gine. Due altri volumi d'importanza
storica sono: Le Grotte del Monte
Taburno, Napoli tip. Giannini, 1889.
Notizie storiche di Castelnuovo in
Napoli, Napoli, Giannini, 1902. L'edi-
zione dell'uno e dell'altro & splen-
dida: il testo sventuratamente non
e scevro di mende tipografiche nu-
merose, specie nelle iscrizioni greche
e latine, delle quaii una buona parte,
non tutte, si trovano corrette in fine
di ciascua volume. Una peculiare at-
trattiva si ha alia lettura di queste
pagine scritte in istile piano e senza
ornamenti, per le notizie geografiche
e topografiche antiche corrispondenti
a luoghi, strade e piazze moderne,
con le mutate denomiLiazioni nel corso
degli anni. L'autore certamente puo
esser contento di aver cooperato con
tutte le sue forze, a far vie meglio
conoscere la storia e la civiltk di Na-
poli, »sua patria, nell'Evo antico, me-
dio e moderno: e i suoi concittadini
gliene sapranno grado e ne traman-
deranno a cara memoria ed onorata
agli avvenire.
«edente volume in 8 di ben 649 pa-
CONTI AUGUSTO, arciconsole dell' accademia della Crusca. -- II
Messia. Firenze, lib. salesiana, 1903, n.° YIII-184 p. L. 2.
Un altro libro del ch. Augusto espone, con 1'autorita della scrittura,
Conti, un libro che fa quasi venire
le lagrime agli occhi quando si leg-
ge nel frontispizio « operetta quasi
viatico per 1'altra vita ». E la com-
mozione cresce quando nel fronti-
spizio medesimo, seguitando, si trova
da un latoein minuti caratteri: « Ho
ricordato Tumilta vostra, o Gesu, e
la nostra superbia: Gesu, misericor-
dia; e ce Pimpetri Maria, dataci ma-
dre nel testamento della Croce. »
Nella prima parte del libro, la quale
ha per titolo 11 messia vaticinato, si
1'infinita grandezza di Gesu Cristo.
Nella seconda, L'uomo dei dolori, per
contrapposto, la sua volontaria umi-
liazione, quasi egli fosse 1' ultimo
degli uomini. Nella terza poi, 11 Re
della gloria, le glorie di Gesu dopo
la risurrezione in tutto il corso dei
secoli. Non e una tenerezza il ve-
dere questo ammirato filosofo, questo
arciconsolo della Crusca, dedicare
gli ultimi tratti della sua penna a
lavori come sono II Messia, e La
mia Corona del Rosariof
B1BLIOGRAF1A
599
DI PIETRO VINCENZO, sac. —
Leone XIII. Aversa, Fabozzi,
gersi all'Autore in Aversa.
Nel celebrare I'avvenimento cosl
straordinario del Papa Leone XIII,
che secondo, dopo S. Pietro, rag-
giunge gli anni del suo Pontificate
in Roma, 1'Autore commemora le
principal! benemerenze acquistatesi,
in si lungo corso di tempo, dal Santo
Padre colla Chiesa e colla civiltk.
Lo stile e caldo e 1'esposizione dei
fatti e accompagnata da un sacro
entusiasmo, che nulla toglie alia ve-
racitk dei cenni, ai quali il suo suc-
cinto compendio si riduce. Ma alia
veracitk unisce ancora un sano giu-
dizio ed una copia di erudizione,
XXV anni di Pontificate di S. S.
1902, 8°, VIII-76 p. L. 1,50. Rivol-
che lo mostra assai colto in molte-
plici discipline. L'operazione sociale
di Leone XIII, per quanto concerns
le scienze filosofiche e teologiche,
1' istruzione pubblica. la educazione
della gioventu, la riforma degli ope-
rai, la salvezza della famiglia ed il
rilevamento del civile consorzio, pe-
ricolante fra le strette della novella
barbarie del social ismo, 6 posta in
bella mostra. Perci6 non ci meravi-
gliamo delle lodi che 1'Autore ha
riscosse da insigni personaggi, per
questo suo lavoro, che si legge con
diletto non minore del profitto.
FERRETTI A. d. C. d. G. — I santi angeli custodi. Consider azioni,
esempi, ossequi. Prato, Giachetti, 1903, 16° di pp. 350. Lire due.
Rivolgersi al Direttore del deposito dei libri, via del Seminarior
n. 120, Roma. ^
Rivede la luce in una nitida ed
elegante edizione, adorna anche di
belle illustrazioni, questo caro librino
in onore degli Angeli Custodi, che
noi vorremmo vedere in mano a tutti
i giovinetti. Imparerebbero in esso
a ben conoscere 1'eccellenzaed i me-
rit! delPAmico celeste che il Signore
ci ha messo al fianco, a prender con
lui una riverente dimestichezza, a
ben guardarsi dal disgustarlo con la
colpa, a rivolgersi a lui in tutti i
altamente di questa divozione : alia
sodezza e pienezza della dottrina ha
congiunto tale lucidita di ordine,
chiarezza d'esposizione, soavitk d'elo-
quio, che intorno agli Angeli Cu-
stodi noi non conosciamo un libro
che sia piu adatto di questo alia gio-
ventu, alia quale principalmente e
indirizzato. Diciamo principalmente,
perche torna utilissimo anche alle
altre class! di persone ; anzi non e da
tacere che gli stessi sacri dicitori
potranno in esso trovare una feconda
miniera pei loro sermoni intorno a
si caro argomento.
bisogni del corpo e dello spirito, a
seguirlo come guida in tutti i pass!
del terreno pellegrinaggio. II ch. Au-
tore nulla ha omesso per invaghirli
GHINI G. — RifLessi e raccomandazioni per coloro che trattano delle
Sacre Scritture. Cesena, Bettini, 1903, 24°, 30 p.
Facciamo volentieri un'eccezione
dicendo qualche parola di quest 'opu-
scolo, perche, sebbene di pochissime
pagine, ci sembra contenere rifles-
sioni e raccomandazioni utilissime.
E con vivo dispiacere abbiamoveduto
nel n. 190 del Savio di Cesena ver-
sarsi sovr'esso un alto disprezzo, che
certamente non fa onore a chi ne 6
tanto prodigo. E perch6 poi quel di-
600
BIBLIOGRAFIA
sprezzo? perch6 non dice niente, o
dice quel che non & eontroverso tra
i cattolici Qaante cose che non sono
controverse, eppure ia pratica sem-
brano metterei dall'un dei canti, e
pero torna utilissimo il rammentarle !
Un esempio ce 1'offre lo stesso
SaviOy il quale in quello stesso nu-
mero, anzi in quella stessa coloana,
loda I'Haruack perche ha scritto :
« Se questa intonazione seria voglia-
mo dare alia nostra vita, a questi alti
scopi indirizzarla, non ci dobbiamo
abbandonare allo scetticismo, alia fri-
volezza, no ; dobbiamo credere viril-
mente in quel Dio, che Gesii ha chia-
mato suo ed & anche nostro Padre. »
Qaesto va bene, ma non basta: Haec
est vita aeterna, ut cognoscant te so-
luvn Deum verum, ET QUEM MISISTI JE-
SUM CHRISTUM. lo. 17,3. Senza questo
non si da seria intonazione alia vita,
ne s'indirizza ad altf scopi. L'Har-
nack 1'ha omesso, perche da buon
razionalista non ammette la divinita
di Gesu Cristo : il Savio, che e catto-
lico, non pub non capire il vuoto im-
mense che lasciaquest'omissione, ma
non se n'e accorto, altrimenti non
avrebbe lodato in questo pi^sso 1'Har-
nack; e non se n'e accorto appunto
per una di quelle inawertenze o di-
menticanze di quel eke non e eontro-
verso tra i cattolici, ad impedire le
quali 1'egregio Mons. Ghini ha pub-
blicato il suo opportunissimo opu-
scolo.
Nel rimanente intorno a questo
Harnack, del quale molti sembrano
presi percb6 ci fa grazia d'ammettere
1'esiatenza di Dio Padre, abbiamo gia
scritto unarticolo il primo sabato del-
1'anno corrente, e un altro nel pre-
sente quaderno, a fine di farlo me-
glio conoscere; e a' suoi ammiratori
diciamo: Ecce quern colebatis!
HAMON AUGUSTE. — Un grand Rhefcoriqueur poitevin, Jean Bouchet.
1476-1557. Paris, Oudin, 1901, 8°, XXII-432 p. Fr. 12.
Dieci anni di lavoro assiduo e di
minuziose ricerche costo al ch. Au-
tore quest'opera veramente insigne
intorno la vita e gli scritti di Gio-
vanni Bouchet, letterato della cosid-
detta scuola dei grands rhetoriqueurs
francesi 1 1450-1550], non ignoto agli
storici, ma certo negletto assai piu
che non meritasse. II Bouchet, pro-
curatore dei La Tremoille, amico e
corrispondente di quasi tutti i lette-
rati del suo tempo, fecondo scrittore
di annali, di cronache, di versi, di
lettere familiari, impresario ed ordi-
natore di sacre rappresentazioni, di
feste pubbliche, di solenni ricevi-
menti di re e di principi, meritava
benissimo di essere considerate come
soggetto, degno che intorno a lui si
raggruppassero i fatti piu important!
della storia civile e letteraria di un se-
colo e le 3onsiderazioni che meglio ser-
vono a designarne il vero e proprio
carattere. II capitolo L'ordonnateur
de Mi/stares (p. 107 132) puo dirsi UQ
nuovo ed interessante tributo alia
storia del teatro moderno, ed il Bou-
chet vi appare in piu cose innova-
tore felice. I suoi Annalts d'Aqui-
taine non sono punto una storia,
neppure una cronaca, e nondimeno
contengono una miniera di notizie
contemporanee e digiudizii suoi pro-
prii sugli uomini e sulle cose. Eg-li
descrive a vivi coiori e batte ftera-
mente i vizii di ogni ordine di per-
sone; n^ risparmia il clero, sebbene
fosse since ramente cristiano e go-
desse 1'intima amicizia di preti e di
monaci: segno chiaro, comenotal'Au-
tore, che il criticare acerbamente
tutto e tutti era vezzo comune di
BIBLIOGRAFIA
601
quei tempi e non proprio malignitfc
d'animo di questo e di quello; ne
pare che la gente di allora se ne of-
fendesse (p. 270). E le osservazioni
sulla vita e costumi dei contempo-
ranei sono cosi frequenti in quegli
scritti, che se ne ritrae un buon qua-
dro dello stato morale della societa
di allora. L'ultima parte del iibro e
strettamente grammatieale ed esa-
mina il Bouchet quale poeta, il suo
modo di verseggiare, la sua ortogra-
fia, la sua lingua e il suo stile. No-
teremo che egli fu il primo a diffon-
dere piu largamente in Francia la
nostra terza rima, sebbene essa fosse
cola gia conosciuta ed adoperata da
qualche altro prima di lui (p. 220).
JANSSEN J. — G-eschichte des deutschen Yolkes seit dem Ausgang
des Mittelalters. V. Band. XV. und XVI. Aufl. besorgt von LUDWIG-
PASTOR. Freiburg i. B., Herder, 1902, 8°, XLVII-778 p. M. 8;
rileg. M. 9,40.
L'infaticabile dott Ludovico Pa-
stor ci offre, dopo breve tempo, un
altro volume della monumentale Sto-
ria del Popolo tedesco, scritta dal
Janssen. Anche qui, come nelle pre-
cedenti ristampe degli altri volumi,
il ch. Professore conserva all'opera
del suo venerato maestro tutto il suo
originario carattere, modificando sol-
tanto quelle parti, e il piu lievemente
possibile, che le progredite ricerche
storiche ed il nuovo materiale biblio-
graftco sembravano cidrichiedere. Pa-
recchi punti furon corretti sulle note
lasciate dall'autore medesimo, ed il
piu delle nuove aggiunte furono messe
a pie' di pagina, contrassegnate come
cosa del Pastor da una o due stel-
lette. La materia propria di questo
Tolume e quanto mai interessante,
trattandosi di un periodo fecondoas-
sai di lotte religiose, dalla formola
di concordia promulgata nel 1580 fino
al cominciare della guerra dei tren-
t'anni.
Se 1'albero s'ha da conoscere dai
suoi frutti, non altro che sommamente
esiziale deve dirsi la Riforma prote-
stante sotto tutti i rispetti civili e
religiosi. La Germania fu convertita
in un campo di terrore, di devasta-
zione, di sangue, dove pero i cam-
pionidell'antica fede rifulgono di luce
smagliante, che piu vivamenteancora
colorisce gli orrori seminati ovunque
dalla parte awersaria. Le dimostra-
zioni del Janssen sanno d'ostico ai
protestanti; ma finora rimasero senza
confatazione, e corrono intanto nelle
mani di tutti in sempre nuove e co-
piose edizioni. Questa del quinto vo-
lume e la diciassettesima!
KOLB VICTOR, S. I. — Die Glaubeasspaltung und ihre Folgen in
der Gegenwart. Vortrage fur die gebildete Maanerwelt. Munster
i. v., Verlag der Alphonsus-Buchhandlung, 1903, 16°, 173 p.
L'illustre p. Kolb tenne nello
scorso Avvento una serie di sei con-
ferenze nella chiesa parrocchiale di
S. Pietro a Vienna innanzi ad uno
immense uditorio, tutto composto di
uomini. Fu una vera e pubblica di-
mostrazione di fede della popolazione
cattolica di Vienna contro gl'iniqui
maneggi di perversione, che al grido
€ Los von Rom » si andarono mol-
tiplicando negli ultimi anni in tutti
i paesi dell' Austria. II p. Kolb prese
per argomento « La scissura nella
fede e le sue conseguenze nel tempo
presente », toccando tutti i punti
principal! controversi tra cattolici e
602
BIBLIOGRAFIA
protestanti: Gesit, Cristo, la Sacra
Scrittura, la Doftrina, il Q-overno
della Chiesa, i Sacramenti, la Dot-
trina marale. « II celebre oratore,
dice S. E. il Principe Arcivescovo
Card. Gruscha, ha eseguito il suo
mandate nella maniera piu perfetta.
Una scienza compreasiva e soda in
tutte le question! apologetiche, un
sentire con la Chiesa caldo e pro-
fondo, una pieta sincera ed illumi-
nata, come pure un' aperta brama
di rassodare nella fede i cattolici
contro le voci di seduzione e di ri-
condurre gli erranti all'unica Ma-
dre Chiesa: tutte queste qualita im-
pregnano per cosl dire ogni linea
delle conferenze, raccolte in questo
volume. » Ed il vescovo di Bressa-
none lodava in particolare la mitezza
e la benevolenza, che Foratore di-
mostra verso i dissident!, segno ma-
di trovarsi in possesso della verita;
cosi per lo piu non adoperano gli
avversarii della Chiesa cattolica.
Le conferenze sono destinate ad
un uditorio di persone piuttosto colte;
ma la chiarezza e la popolarita non
mancano mai, come neppure il nerbo,
e spesso il fascino della vera elo-
quenza, che dalle prime parole insi-
nuanti dell'esordio,flao alle splendide
chiuse della perorazione incatena
Tuditore, senza abbandonarlo un
istante. La condizione d^lle cose qui
tratteggiata e per conseguenza an-
che gli argomenti e le prove che si
adducono, riguardano piu particolar-
mente i paesi tedeschi; ma il di-
lagare che fa il protestantesimo in
Roma ed in Italia, renderebbe assai
opportuna anche tra noi la lettura
di questo libro, se si divulgasse in
buona veste italiana.
nifesto dell'intima persuasione sua
LEHMKUHL AUGUSTINUS, S. I. — Casus conscientiae ad usum
Confessariorum composite et soluti. L Casus de Theologiae moralis
principiis et de praeceptis atque officiis christianis speciatim sump-
tis. Freiburg i. B., Herder, 1903, 8°, 566 p. — Fr. 16. Rilegato
Fr. 21.
posti, altri a lui deferiti da dispa-
ratissime parti non dell' Europa sol-
tanto, ma dell'Africa, dell'America e
dell'Australia. Qui dunque si ha come
condensato il frutto dei profondi suoi
studii e della sua lunga esperienza,
e messo innanzi alia intelligenza di
tutti con uno stile facile e piano
piu di quello che ne' suoi dotti con-
nazionali siamo soliH a riscontrare.
II nome del P. Lehmkuhl 6 chia-
rissimo in tutta Europa per la sua
teologia morale, che e gia stata ono-
rata di molte edizioni, ed ha rice-
vuto i suffragi di tutti gli studios!
di questa scienza. I quali certamente
faranno buon viso anche a questo
nuovo lavoro delPeminente morali-
sta, in cui trove ranno ribadite quelle
dottrine ed applicate a ben 320 casi
pratici, altri dall'aatore stesso com-
MACCHI C., S. I. — La critica storica e Porigine della Chiesa Ro-
mana. Prato, Giachetti, 1903, 8, 155 p.
Dice benissimo il ch, p. Macchi, studiandosi di apparire assai criti-
che pur riconoscendo i molti ed in-
negabili vantaggi, recati alia storia
dallo studio della critica, si deve
per6 confessare «che alcune scuole,
che, sono riuscite a non essere ab-
bastanzacritiche;» e poteva aggiun-
gere ancora : sono riuscite a fare
ttrazio addirittura della critica, ogni
BIBLIOGRAFIA
60S
qualvolta le conclusioni apparvero
contraric ai pregiudizii, gia fitti in
capo, per ragioni, che nulla hanno
che fare con la critica. Si pensi al
bel governo che fa della critica, chi
non ammette 1'ordine soprannatu-
rale e la possibilita del miracolo.
Cosi chi non vuol ammettere a niun
costo, che Gesu Cristo ha fondata
una Chiesa, si studia d'ingarbugliare
per fas et nefas tutto ci6 che la cri-
tica storica dice del fatti che a quella
fondazione si riferiscono, specie poi
circa le orijrini della Chiesa romaua,
circa la venuta e morte di S. Pie-
tro in Roma, circa il Primato ed altri
simili importanti quesiti. II ch. Au-
tore voile di nuovo esaminarli nel
sno bel libro, con ordine ben con-
cepito e con molta semplicita di stile
e di esposizione, non pero disgiunta
dalla sodezza della dottrina e dalla
sana critica.
Non dice cose nuove, ma le dice
bene ed in modo da tornare vera-
mente utili ai giovani cultori delle
science saere, ai quali 1'opera e de-
dicata. In una prima parte si espon-
gono le testimonianze dei Padri apo-
stolici e di Ireneo sul rnartirio dei
SS. Apostoli Pietro e Paolo in Roma
e sul Primato della Chiesa da loro
fondata. Poscia, esposte le condi-
zioni alle quali deve soddisfare la
vera critica in prova di un fatto sto-
rico, rieerca se queste condizioni si
trovino verificate uella tradizione in-
torno 1'origine della Chiesa romana.
Questa parte e molto ben concepita
ed ha pure del nuovo : si vegga in
particolare il bell'argomento che il
p. Macchi trae dalla critica molto
severe che solevasi adoperare, al-
meno fino entro al IV secolo, per
definire la verita ed autenticita del
martirio, prima di consecrare al mar-
MERRY DEL YAL K., archbishop
tire la memoria del suo sepolcro ;
onde segue essere stato in quei primi
secoli al tutto impossible 1'inganno
circa la verita del inartirio dei SS.
Apostoli in Roma, poichfc cosi per
tempo se ne mostravano e venera-
vano le tombe. Nel terzo capitolo si
esaminano le varie memorie di Saa
Pietro in Roma: la tomba al Vati-
cano, i sepolcri apostolici ad cata-
cumbas, le catene di S. Pietro, il
carcere mamertino, la cattedra ecc.,
attenendosi 1'Autore fedelmente alle
sentenze dei migliori archeologi, co-
me sono il De Rossi, il Grisar, il Du-
chesne. Infine, dopo seiolte le obbie-
zioni antiche e recent! contro la ve-
nuta, 1'apostolato, la morte di San
Pietro in Roma, si chiude 1'opera
con un saggio dei sistemi raziona-
listici della vecchia ssuola di Tu-
binga per isniegare le origini della
Chiesa di Roma, e con una breve
confutazione di certe stravaganti sen-
tenze intorno il medesimo argomento,
messe fuori dal Gregorovius.
Considerando in complesso 1'in-
tera dimostrazione, si trovera, come
1'Autore stesso avverte, che non tutti
gli argomenti hanno egual forza di-
mostrativa; pero la ricevono piu che
sufficiente, se riuniti insieme. Sulla
venuta di S. Pietro in Roma, fissata
all' anno 42, il ch. Autore dichiara
di non insistere e cosi molto meno
sulla durata di 25 anni dal primo
pontificate; gli basta affermare che
vi sono indizii non dispregevoli per
quella prima venuta e che non si
potrebbero addurre in contrario ra-
gioni veramente efficaci.
Al proto si debbono parecchi er-
rori tipografici, e forse anche le due
righe di chiusa a pag. 83, che non
sembrano rispondere alia dimostra-
ziona fatta nel corpo dell' articolo.
of Nicaea. — The truth of Papal
604
BIBLIOGRAFIA
Claims. A Reply to « The validity of Papal Claims » by F. NUTCOMBE
OXENHAM D. D. Engl. Chaplain in Rome. London, Sands, 1902,
16°, XVI 146 p.
Nel volumetto che ci sta dinanzi
1' Illmo e Revmo MODS. Merry del Val
<xi dk la sostanza di cinque confe-
renze da lui tenute con molto frutto
a Roma per confutare un libro inti-
tolato « The Validity of the Papal
Claims », scritto dal Dr. F. Nutcombe
Oxenham, cappellano della Chiesa
anglicana di Roma in viadel Babuino.
II soggetto delle conferenze ri-
sj-onde a quello del Nutcombe ; il
quale, fedele al perpetuo pregiudizio
anglicano, ripete i vecchi argomenti
contro il primato e 1'infallibtlita di
S. Pietro e de' suoi successor!. Ad
antiche, anzi antiquate obbiezioni non
mancano antiche e buone risposte ;
ma vi sono altresi nuovi lettori e
nuovi uditori, che non ne ban no co-
noscenza, e pure hanno diritto di non
essere ingannati, anzi il dovere di
farsi istruire. A questi e rivolta la
parola del Revmo Mons. Merry del
Val, che con nuova veste presenta
prima la dottrina della Scrittura,
de' Padri e de' Concilii; poi passa
a sciogliere le obbiezioni dell'inge-
nuamente zelante dottore anglicano.
Chi legge attentamente il libro
del Nutcombe e le risposte del no-
stro Autore non puo stare un mo-
mento in dubbio da quale parte sia
la ragione o il torto. Din anzi ai pro-
gressi della critica biblica e storico-
ecclesiastica, & fatica buttata al vento
il voler negare il diritto del Papa al
governo effettivo della Chiesa uni-
versale. I testi del Vangelo risguar-
danti S. Pietro, le testimonianze dei
primi Padri della Chiesa e molti fatti
della storia primitiva del cristiane-
simo rendono la piu bella testimo-
nianza &\\a.validitd dei diritti papali .
La quale testimonianza non e at-
tenuata da alcuna questione che si
potesse sollevare intorno a qualche
testo controverso; ne la sua efficacia
puo sfuggire a chi la considera con
occhio sereno e con spirito ben di-
sposto alia pura verita. Cosi il va-
lore, che le era riconosciuto anche
nell'antica laghilterra avanti 1'iufe-
lice ri forma, potesse essere ricono-
sciuto oggi dai discendenti di quella
isola di santi e d'illustri confessori
della fede! Questo e il voto sincere
ondel'illustre prelato di Romachiude
il suo volume, bella contribuzione
all'opera della preaervazione e dila-
tazione della fede cattolica.
MISTRANGELO ALFONSO M., arciv. di Firenze. - Un fiore nel
giardino delle Figlie di Maria, o Marina Oliveri sorella della ca-
rita. 2a ed. Siena, tip. Calasanziana, 1901, 16° 192 p. -- L. 1.
A benefioio degli Asili delle Suore Calasanziane.
II titolo dice tutta la leggiadria tosto matura pel Cielo. Sotto 1'aurea
penna dell'insigne Prelato fiorentino
anche il tenue tema ha acquistato
una tal quale grandezza, e le grazie
dello stile, compagne alia vena di
« 1'olezzo di questa istoria, da cui tro-
veranno eccitamento a virtu tante
anime di fanciulli e giovinette. La
Marina Oliveri, di Carbuta ligure, in
breve vita fu prima esempio delle
fanciulle mondane, poi onore delle
Figlie di Maria, indi appena entrata
fra le Suore di Caritk di Savona, fu
pietk che vi traspare per entro, ne
rendono la lettara santamente gio-
conda.
BIBLIOGRAFIA
605
PA30DI DOtfENtCO, Mons., gia comandante neila R. Marina. —La
nautica nei Libri Santi. Genova, Fassicomo, 1902, 16°, 22 p.
Se tutti i commentatori delle Scrit-
ture scegliessero qualche punto par-
ticolare in cui avessero 1'esperienza
e la scienza della quale da qui, come
di consueto, prova nella nautica il
ch. Mons. Domenico Parodi, certo
assai meno pericoloso tornerebbe il
discutere della inspirata parola che
abbiamo Dei libri Santi; ne tanto
spesso si udirebbe posta in opposi-
zione colla scienza. II ch. Monsignore
tracta un punto, se vuolsi, di non
grande importanza, cioe la narrazione
dei versetti 39 e 40 del Cap. 27 de-
gli Atti Apostolici, dove e narrato il
naufragio di Paolo a Malta nel suo
viaggio qual prigioniero verso Roma.
Ma la esattezza della narrazione ispi-
rata di S. Luca viene dimostrata in-
sino all'evidenza, diguisache, come
lo stesso egregio autore osserva, il
PARSONS Rev. REUBEN D. D.
Sacro Testo appare anche in materia
puramente nautica diuna precisions
mirabile, e pare prodigio che un me-
dico qual era S. Luca abbia potuto
descrivere cosi bene una delle piu
delicate e difficili manovre di una
nave in quei tempi che si diconodi
ignoranza, mentre in oggi 6 raro tro-
vare persone colte che parlando di
nautica non dicano corbellerie.
L'Egregio A. con nitidissime vi-
gnette pone sotto gli occhi la sua
dimostrazione, che e gia per se me-
desima di una chiarezza meridiana;
e dopo averlo letto, pur di fuggita,
rimaniamo pienamente convinti, cosi
della lode che egli fa al testo degli
Atti, come della censura che rispet-
tosamente muove alle note fatte in
quel luogo da Mons. Martini.
Universal History and explana-
tory narrative. Vol. I. Ancient History. The Author. Yonkers,
N. Y. 1902, 8°, XIY-624 p.
La Civilta Cattolica ha parlato
gia altre volte di questo ehiaro Au-
tore, onore e gloria del clero degli
Stati Uniti. Noto per altri scritti esi-
tnii, ha ora posto mano al lavoro gi-
gantesco di scrivere una storia uni-
versale, della quale e uscito per le
stampe il primo volume, che com-
prende la storia antica, dalle origin!
ftno alia caduta dell'impero romano.
II disegno delPopera del Parsons
e semplice, ehiaro e condensato. Egli
divide i fatti principali in altrettante
sezioni; queste sono suddivise in un
certo numero di capitoli, e i capi-
toli in paragrafi. Alia fine di ogni
capitolo il chiaro A. mette una lista
d«=>i libri principali da lui consultati,
ttai quali ben si vede star egli al
tjorrente del progresso storico mo-
derno.
Quantunque non sia stato dise-
gno delPAutore darci neila sua opera
una storia critica e documentata,
pure egli tiene conto per lo piu nella
narrazione e ne' suoi giudizi delle
moderne scoperte, e benche aperta-
mente e dichiaratamente cattolico,
non rifugge dal confessare il bene
e il vero che si trovano ne' sistemi
religiosi di altri popoli, e nei perso-
naggi storici dell'antichita pagana e
cristiana.
Un altrotitolopoi pel quale questa
storia del Parsons va segnalata e la
lucidezza, chiarezza e perpiscuita
dello stile, il che fa si che si leg-ga
senza fatica, anzi con sommo pia-
cere Essa servira, non ha dubbio,
di gradito pascolo ai religiosi ed alle
606
BIBLIOGRAFIA
religiose che usano leggere a tavola ben comincia fc alia meta dell'opera,
in tempo di pranzo e di cena, e quasi non possiamo non congratularci col
quasi si direbbe averla 1'Autore scritta chiaro Autore del felice successo ed
a questo fine. Insomma e un bel la- aspettare con desiderio i volumi che
voro, e, se 6 vero il detto che chi verranno in seguito.
PATRIZI CLOTILDE. — Atomi. Versi. NapoK, D'Auria, 1902, 16%
152 p. — L. 2. Si vende a benefizio dell'Opera Salesiana al Vomero,
presso il Sac. A. Piccono, via Alessandro Scarlatti, 7, Napoli. Vo-
mero.
Non esitiamo a dire che queste
poesie sono migliori delle consuete
a' di nostri. II fondo ne 6 formato per
lo piu da scene di famiglia, da quadri
ridondanti d'affetti sempre innocenti,
spesso cristiani e pii. Di versi reli-
giosi per6 non sentiamo penuria ; ma
per ordinario sono nella forma si tra-
scurati ed incolti, che un letterato
che abbia qualche conoscenza del
Parnaso, 6 ben difficile che, letto il
primo componimento, passi al se-
condo ed al terzo. Qui accade il con-
trario, e qui sta il merito raro della
nobile signorina. Nelle sue poesie,
non solamente il contenuto e morale,
religioso, pio, ma anche la forma 6
curata con diligenza ed amore. No-
bili e leggiadri i pensieri, elegante
la frase, sostenuto il verso, per entro
al quale corre sempre un'onda me-
lodica che ti cerca soavemente le vie
del cuore : insomma il senso cristiano
e fuso insieme col gusto poetico, in
guisa che formano un tutto delizioso.
PERRELLA JANUARIUS. — Theologiae dogmaticae specialis Com-
pendium, tironibus accomodatum, auctore J. Perrella, ex alino
Theologorum collegio, etc. Tomus I. Neapoli^ ex typis Michaelis
D'Auria, 1903, 8°, p. 397. — L. 4.
Si legga, per esempio, la parafrasi
deirAve Maria, fatta in nove diversi
componimenti, quante sono le frasi
di cui si compone quella preghiera,
e si vedra che leggiadra e cara cosa
ella e. Similmente Al figlio lontano,
Prima delle nozzc, Presso una culla,
L'ultimo sorriso, ecc., sono lavori si
delicati e il sentimento umano e il
cristiano si bellamente vi s'intrec-
ciano insieme, che, se la modesta
poetessa ha voluto chiamarli atomi,
noi ci sentiremmo tentati ad appel-
larli atomi d'oro. Or quetto si caro
libro si vende a benefizio di un'Opera
pia. Quanto bello sarebbe che gli
amanti di poesie, e specialmente tutte
le signorine napoletane sel procuras-
sero ! Colla tenue offerta di due lire
concorrerebbero alia bell'opera, e
intanto nelle pagine della poetessa
concittadina avrebbero una lettura
gradevolissima, di cui giocondare al
tempo stesso la mente e il cuore.
L'annunzio d'un buon Corso di
Teologia e un grande regalo per i
professor! di questa scienza ne' Se-
minarii ; poiche con esso in mano si
risparmia la fatica in chi insegna e
si agevola il profltto in chi impara.
In fatti, quanto tempo prezioso ta-
lora si perde o in dover dichiarare
quel che 6 oscuro nel libro, o in ri-
stringere in breve le lungaggini o
in aggiungere quel che manca.
II Corso del chiaro D. Gennaro
Perrella ci sembra che risponda al
tipo ideale d'un libro di testo per
le scuole di Teologia. Egli offre in-
tanto un primo volume della Teolo-
BIBLIOGRAFIA
607
gia specials e abbraccia i seguenti
trattati : I. De Deo uno ; II. De Deo
Trino ; III. De Deo Creatore.
In quest'ultimo trattato si parla
anche dei novissimi, che altri au-
tori pongono sotto il titolo De Deo
consummatore.
Dalle proporzioni assegnate a que-
sto volume, sembra che tutto il Corso
teologico del Perrella debba esser
compreso in tre volumi.
Notiamo con compiacenza il senso
dell a proporzione, osservato dall'Au-
tore nel suo Corso : proporzione in
prima nella parte formale, ossia con-
temperando egli giustamente tra loro
la teologia positiva e la specolativa;
proporzione nella scelta delle que-
SAYIO FEDELE. -- Breve storia
Religione. II primo Evo. 1-476
16°, YIII-136 p.
Quandoun libro porta in fronte
tin nome gia illustre nelle storiche
discipline, ben si pu6 dire ad occhi
chiusi: Tolle et manduca. II p. Savio
si propose dettare un testo di storia
ecclesiastica pei giovani della Scuola
di Religione, a fine di premunirli
contro quei molti errori che si vanno
spargendo, specie dalle cattedre uni-
versitarie. Egli mette quindi loro in
mano un manuale, che pur essendo
acconcio alia loro giovane eta e quin-
di scritto senza apparato esterna-
mente scientiflco di erudizioni, di
citazioni, di controversie, contiene
pero tutto il succo dell' investiga-
zione moderna e della critica sana
e spassionata. Si pu6 attenersi con
piena fiducia alle affermazioni ed alle
conclusioni qui raccolte, sicuri di
trovarne la conferma scientifica nei
poderosi volumi dei dotti cattolici.
Questo primo libro va dal prin-
cipio dell'era volgare fino al Conci-
lio di Calcedonia nel secolo V. II pri-
stioni, non lasciandosi trasportare a
inutili sottigliezze, ne per altro pri-
vando gli scolari d'una coltura in-
tellettuale teologica acconcia ai tem-
pi ; proporzione finalmente nel modo
di esporre la materia, procedendo
sempre con ordine lucidissimo, bre-
vita ed efflcacia. Anche le difficolta
od obbiezioni (tanto gradite a chi
studia) sono schierate con ordine per-
fetto.
Ci congratuliamo pertanto con
1' illustre Autore, augurandoci di ye-
der presto compiuta questa sua opera
dal cui studio tanta utilita possono
sicuramente ripromettersi i giovani
cultori delle scienze aacre.
della Chiesa ad uso delle scuole di
, Torino, Libr. del S. Cuore, 1903,
mo periodo comprende le origini e
la diffusione del Cristianesimo, la fon -
dazione della Chiesa di Roma, la di-
struzione di Gerusalemme, la disper-
sione del popolo ebreo e la storia
delle persecuzioni. L' altro periodo
espone i due primi secoli dopo la
pace della Chiesa. Le lotte religiose
e quindi le varie eresie sono trattate
ai tempi loro con brevita e chiarezza,
come sono indicate le fonti della sto-
ria della Chiesa e le important! opere
letterarie, cominciando dai libri del
N. Testamento e dei Vangeli, 1'au-
tenticita dei quali viene esposta e di-
fesa. In fine a maniera di Appendice
si leggono tre note important! sul-
1'anno della nascita di N. S. Gesu
Cristo, sulla cronologia dei primi
Papi, e sull'autorita del Liber Ponti-
ficalis nelle vite dei Papi nei primi
cinque secoli della Chiesa.
Speriamo che il ch. Autore pub-
blichera presto il seguito della sua
storia. Intanto raccomandiamo il pre-
608
BIBLIOGRAF1A
sente volume non solo ai giovani, ma che spesso ne sentono d'ogni fatta
in genere a tutti gli istituti di edu- dai professor! e dalle professoresse
cazione, ed in modo particolarissimo alia moda.
alle signorine delle scuole magistral!,
SEPET MARIUS. — Origines catholiques du theatre moderne. Les
drames liturgiques et les jeux scolaires, les mysteres, les origines
de la comedie au moyen age, la renaissance. Paris, Lethielleux,
1901, 8°, VIII-576 p.
Fin dal 1866, il ch Autore prese
ad occuparsi con rara competenza
delle origini del teatro moderno, stu-
diando le sacre rappresentazioni ed
i cosiddetti misteri del medio evo
sotto ogni rispetto, letterario, dram-
matico ed artistico, e continuo poi
sempre a mettere in luce i suoi dotti
lavori, sotto forma di articoli, di mo-
nografie di recensioni, di note, sparse
nelle principal! riviste, oltre il bel
saggio: Le drame chrttien au moyen
age, pubblicato nel 1878. Ma fu pen-
siero felice quello di raccogliere ogni
cosa in un sol volume, che 6 1'an-
nunciato. II ch. Autore ha fatto qua
lavoro, vi ha aggiunto a pie' di pa-
gina le citazioni delle opere piu impor-
tanti, uscite in luce posteriormente ;
ma in genere ha lasciato ai singoli
articoli I'originaria loro fisionomia, e
per questo ha voluto segnarli con la
data dell'anno in cui farono scritti.
Soao pero ordinati in un tutto assai
logico, che va dai primi drammi li-
turgici e dai misteri del medio evo,
fine alle origini della commediadu-
rante il medesimo medio evo e nel-
1'epoca della rinascenza, inchiudendo
anche uho studio sull'origine e sulla
storia delle celebri rappresentazioni
di Oberammergau.
scienza si divina e si umana: poi al-
quante preghiere da lui composte.
Librino prezioso.
e cola qualche ritocco al primitivo
THOMAE (D.) AQUINATIS Doet. Angelioi et Scholarum- Catholicarum
Patron! Monita et Preces. Utini, typ. Patronatus, 1903, 16%
134 p. — L. 1,00.
Contiene un benfatto compendio
della vita di S. Tommaso: poi gli
ammonimenti da lui dati ad un no-
vizio intorno al modo d'acquistare la
TONIOLO GIUSEPPE, prof. — II Socialismo nella storia della Civilta.
Linee direttive. Firenze, libr. ed. Fiorentina, 1902, 8°, 104 p.
Un nuovo libro del chiaro Prof. offrendo cosi ai professori come agli
G. Toniolo & sempre benvenuto agli
studiosi di question! sociali. Nel vo-
lumetto presente 1'A. ci presenta una
eerie di lezioni da lui tenute all'Uni-
versita di Pisa e stampate piu tardi
nella Rivista Internationale di Roma.
II Socialismo nella Storia della
Civilta e il tema che 1'eminente eco-
nomista svolge in queste pagine, con-
cise si, ma chiare, succose ed esa-
minanti il soggetto in ogni suo lato,
studenti di Economia una traccia
storica sicura per descrivere scien-
tificamente il Socialismo dai tempi
antichi fino ai presenti.
Del merito intrinseco del libro
stesso e inutile parlare. Basti dire
che ^ scritto da uno specialista, la
cui penna e mossa da un triplice
amore, 1'amore di Dio. del prossimo>
e della vera scienza cristiana.
SIBLIOGRAFIA
609
VINCENT CHARLES. — Sur le
1901, 16°, 360 p. Fr. 3,50.
II chiaro Vincent, noto per altri
lavori letterarii di gran pregio, de-
scrive in questo racconto la comu-
nicazione intima, dolce e misteriosa
per mezzo della nreghiera di un ma-
rito amante colla propria moglie de-
funta e da lui adorata.
La scena si svolge in Brettegna,
seuil de 1'au-dela. Paris, Douniol,
la terra classica del soprannaturale,
e mira deli'A. e di contrapporre la
sana dottrina cattolica alle pazze teo-
rie e pratiche dei moderni spiritist! .
L'A. ha certamente conseguito il suo
fine, con questo racconto seducente,
scritto bellamente e con una sottile
analisi psicologica.
YLIEBERG E. — La Question Agraire en Irlande. Brecht, imprimerie
Braeckmans, 1901, 8°, 80 p.
L'Autore di questa memoria co-
nosce perfettamente il suo tema Lo
studia, lo discute, lo vaglia sotto ogni
suo lato ed arriva alia conclusione
che, rispetto alia questioiie agricola
irlandese.gringlesihannofattomoito,
ma non ancora abbastanza; le loro
concession! furono strappate dalla
paura, e solo una restituzione in-
tera delle terre irlandesi alia gente
del paese potra mai pacificare la po -
veralrlanda.fiveropero anche quello
che not6 tempo fa uno dei piu illu-
minati e piu devoti patroni dell'Ir-
landa, il sig. Plunkett, vale a dire
che « non ostante tutti gli sforzi del
Governo, non si potra accrescere ma-
terialmente la riccbezza del paese e
la prosperita del popolo irlandese
senza un grande sforzo nazionale ».
WADSWORTH LONGFELLOW HENRY. —La Divina Tragedia. Prima
traduzione dairoriginale inglese per RAFFAELLO CARDAMONE, con note
e illustrazioni. JRocca S. Casciano, Cappelli, 1902, 16°, 192 p. L. 3.
E questo veramente per noi ita-
liani un lavoro di nuovo genere. E
intitolato La Divina Tragedia, ciofc
La Passione di N. S. G. C.; ma ab-
braccia invece i tre anni della vita
pubblica del Redentore, divisi in tre
parti, ciascuna delle quali ci rappre-
senta, in tante diverse scene, i fatti
principal! del vangelo. E diciamo del
vangelo, perch6 generalmente e ri-
prodottofedelmente:nonsempreper6,
come quando Giuda e rappresentato
in atto di suicidarsi gettandosi da
un'alta rupe. L'azione drammatica e
ben sostenuta, e dal principio sino
alia fine vi domina un non so che di
grandiose, di solenne, di sacro cbe
penetra 1'anima profondamente e tutta
la pervade di sentimento religiose.
« Se in tutto lo svolgersi del dramma,
avverte il traduttore, puo parere per
avventura arbitraria una qualche
scena, o men connessa con le rima-
nenti, quella non e cbe UQ commecto
legittimamente derivato dalla qualita
dei caratteri dei personaggi e dallo
studio dei luoghi. » E inutile poi no-
tare che lo stile e assai diverse dal
nostro, perche schiettamente inglese:
il traduttore pero, pur serbandone la
natia impronta, ha saputo preseutare
questa Divina Tragedia in buoca ve-
ste italiana.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1265. 39 28 febbraio 1903.
GRONAGA GONTEMPORANEA
Roma, 13-26 febbraio 1903.
COSE ROMANS
1. Feste pel Giubileo Pontificate di Leone XIII. Pellegrinaggio Argentine.
— 2. Pellegrinaggio Beneventano e Pugliese. — 3. Pellegrinag-gio Lom-
bardo ed Emiliano. Ricevimento nell'Aula delle Beatiflcazioni. Offerta
dei doni. Te Deum a S. Pietro. — 4. Commemorazione del XXV anni-
veraario del P. Secchi.
1. Era ben naturale che sul finire dell'anno giubilare prendessero
nuovo impulse le manifestazioni di gioia tra i fedeli per un fatto
cosi raro nella Storia della Chiesa: e in questi giorni Roma si po-
polava di pellegrini e prendeva quell' animazione straordinaria e quel-
1'aspetto caratteristico che le viene dall'esser centre della vita reli-
giosa nel mondo.
Noi ci restringeremo a riferir qui i ricevimenti piu solenni dei di-
versi gruppi di pellegrini, rimettendo a^ altro quaderno la descri-
zione delle altre feste.
Gria fin dai primi di febbraio era giunto il pellegrinaggio Argentine
diretto da Monsignor Echagiie protonotario apostolico, composto da
circa un centinaio di persone trale quali notavansi i rappresentanti
delle diocesi di Salta, di Tucuman, di Cordoba, di la Plata, di San-
taf&, di Parana e di S. Giovanni di Cuyo : del Comitato perle feste
giubilari, della Gioventu cattolica di Buenos Ay res, del Comitato
centrale di tutti i Circoli operai doll' Argentina, della Societa Delle
Madri Cristiane ed altre molte, coi rappresentanti dei periodici cat-
tolici : Los principios, El literal, II Mensajero del Sagrado Corazon,
La Esperanxa, El Pueblo, e La Voz de la Iglesia.
II 10 febbraio il pellegrinaggio presentato dal Card. Yives y Tuto
e dal sig. Garcia Mansilla Incaricato di affari della Repubblica Ar-
gentina, era ricevuto dal Santo Padre nella Sala del Trono. Mon-
signor Echague rimetteva a S. S. una lettera autografa di S. E. il
Generale Roca presidente della Repubblica : i pellegrini offerivano i
loro doni. II Papa, assisosi in Trono, ammetteva ciascuno al bacio della
mano rivolgendo a ciascuno la parola con paterna benevolenza ed im-
partiva 1'apostolica benedizione.
CRONACA CONTEMPORANEA 611
2. Nei giorni seguenti giungeva in Eoma, condotto da Monsignor
Arcivescovo Benedetto Bonazzi, il pellegrinaggio Beneventano com-
posto di 1200 persone, sotto la direzione del Duca di Santa Severina
presidente del Comitato regionale dell'Opera del Congress!: quello di
Andria condotto dal Yescovo di quella citta Mgr. Staiti del marches!
di Brancaleone e finalmente 400 pellegrini pugliesi con Mgr. Jorio
Arcivescovo di Taranto e Mgr. Yaccaro Arcivescovo diBari ed altri
Yescovi della regione.
Sul mezzogiorno del venerdi 13, i pellegrini si radunavano nell'Aula
delle Beatificazioni spiegando i vessilli delle Associazioni e dei Oircoli
intorno al Trono pontificio.
Assistevano i loro diocesani, gli Arcivescovi di Benevento, di Ta-
ranto, di Bari, e di Marcianopoli, i Yescovi di Foggia, di Gallipoli,
di Lecce, di Avellino, di Andria, di Molfetta, di Bitonto, di Bovino,
di Ugento, di Alife, di Cerreto Sannita, di Aquino, di Castellaneta,
di Sora e Pontecorvo, di Ascoli e Cerignola, ed i Yicari General! di
Brindisi e di Taranto. II Santo Padre in sedia gestatoria, scortato dalla
Guardia Nobile col solito accompagnamento, entrava nell'Aula salutato
da calorose acclamazioni. Dopo che Egli fu assiso in trono e cessarono
gli applausi, Mgr. Bonazzi umiliava un devoto indirizzo a nome di
tutte le diocesi rappresentate : e S. S. con paterno affetto rispondeva
ricordando la sua gioventu trascorsa in Benevento allorche nel febbraio
1833 era nominate Delegate Apostolico in quella citta : rammentava
con visibile commozione le preghiere e le pubbliche procession!
de' buoni beneventani in occasione di una sua gravissima malattia: ed
ora accettava i voti dei figli di coloro che avevano allora ottenuta
dal Cielo la sua conservazione ; e sopra di essi e sulle loro famiglie
invocava 1'apostolica benedizione.
3. Piu numeroso e piu solenne fu il ricevimento del 20 febbraio
fatto nell'Aula stessa, troppo stretta alia gran calca di pellegrini ac-
corsi in Roma per il faustissimo anniversario : numerosi sopra tutti
i lombardi che erano incirca duemila, quei di Ferrara e di Toscana,
un gruppo di belgi, un altro di francesi e gran numero di stranieri
di ogni nazionalita, che occupavano la Sala Regia, dove parimente si
schierava 1'intero Seminario deH'Archidiocesi milanese coi Superior! e
Professori. Ai lati del Trono in tribune special! presero posto a destra
reccellentissima Famiglia Pecci; a sinistra la Missione straordinaria
inviata per la circostanza del Giubileo Pontificale da S. M. Alfonso XIII
re di Spagna, a capo della quale e il conte Almodovar, Grande di Spa-
gna, e di cui fanno parte il marchese di Herrera, ministro residente, il
colonnello Blanco, aiutante di campo del re, ed il sig. Hontoria, addetto
al ministero degli Eateri. lutorno al Trono erano gli Emi Cardinal!
Boschi, Ferrari, Macchi, Mocenni, Perraud, Respighi e Satolli ; un
612 CRONACA
gran numero di Arcivescovi e Vescovi, di Blois, Orleans, Bayeux,
Beauvais, Soissons, Clermont, Valleyfield, Jassy, Premislia, Como, Pa-
via, Crema, Asti, Casale, Potenza, Brindisi, Taranto, Mantova, Padova,
Veroli, Anagni, Aoquapendente, Durazzo, Belem del Para nel Brasile
ed altri. Numerosissime le rappresentanze delle Associazioni cattoliche
della Lombardia e deli' Emilia colie loro bandiere ; nonche quelle del
varii Coilegi della romana Prelatura, del patriziato romano, e distinti
personaggi, tra i quali il Principe Schoaburg-Waldenburg, sposo della
principessa Alice di Borbone.
Entusiastiche grida sooppiarono nell'Aula all'entrare del Santo Pa-
dre che ttorido nell'aspetto sorrideva e paternamente benediceva alia
folia plaudente. Assisosi il Papa, primo si fece innanzi S. E. ii Card. Re-
spighi e, letto un elegante indirizzo latino di ossequio e devozione, a
nome del Comitato internazionale per il solenne Omaggio a Gesu Cristo
Redentore, insieme con Mgr, Radini-Tedeschi e col conte Gio. Acqua-
derni. presentava al Sommo Pontefice il Triregno d'oro, dono collet-
tivo dei fedeli d'ogni nazione e di ogai diocesi, opera assai pregevole
del valente incisore bolognese Augusto Milani. II corpo della tiara e
in finissima lama d'argento corso tutto intorno da un intreccio di
rami d'olivo lavorati a sbalzo. Le tra corone di puro oro, in pieno ri-
lievo, portano nella fascia tre iscrieioni dettate dal chiar. Mgr. Tarozzi:
in quella alia base, Maximus in terris divino iure Sacerdos: in quella
di mezzo, Nescius errandi, fidei morumque magister : nella piu alta,
Omne regis Ghristi pastorum pastor ovile.^ Nel Pinter tfallo tra la prima
e la seconda corona campeggiano sei medaglioni stupendamente lavo-
rati in niello, quattro de' quali a figura, cioe S. Pietro, Leone XIII,
Pio IX, i tre soli pontefici che hanno compiuto ii Giubileo, e una
figura d'Angelo : gli aitri due racchiudono le date del fausto avveni-
mento. colle parole : Leoni X.I1I — Annum XXV — Saeri Prineipatus
feliciter complenti; e X. Kal. Mart. Anno MDCCCCIH-- Collata Ga-
tholicorum stipe. Nello spazio tra la seconda e la terza corona non vi
sono che due medaglioni centraii, de' quali 1'anteriore raffigura il Buon
Pastore,' nel posteriore e niellata la croce, emblema del Comitato. La
parte poi della tiara sopra la terza corona e tutta a vaghissimo tra-
faro che da una grazia squisita al disegno, e la desiderata leggerezza
al Triregno che in tutto non pesa piu di un chilogrammo.
Succedeva I'Emo Card. Ferrari, Arcivescovo di Milauo, che con
affettuose parole presentava al Santo Padre 1* offer ta della Grande Me-
daglia commemorativa del Giubileo Pontificale in triplice esemplare
di oro, argento e bronzo col conio stesso, come omaggio dei Pellegrini
lombardi e dei Yescovi della regione. La medaglia, artistico lavoro
uscito dalle officine Johnson di Milano, ritrae da un lato 1'efflgie di
Leone XIII colla scritta : Leo XIII, Pont. Max. Sacri principatus
CONTEMPORANEA 613
.A. XXVI: dall'altro e rappresentato il Divin Redentore che, circon-
dato dagli Apostoli, cocferisce a Pietro la Suprema Potesta : e sotto
e il motto, Tu es Petrus et super hanc petram aediftcabo Ecclesiam
meam et portae inferi non praevalebunt adversus earn. Coll a medaglia
era offerta una ricchissima bandiera dono della citta di Como.
A sua volta 1'Emo Card. Boschi, Arcivescovo di Ferrara, con no-
bili sensi illustrava il dono che, a nome delle Curie Vescovili di cui
e capo, poneva ai piedi di Sua Santita, cioe la riproduzione delle sim-
boliche Chiavi. 1'una d'oro, 1'altra d'argento, contenenti monete d'oro
quale oiferta per 1'Obolo di S. Pietro. Da ultimo i Membri del Comi-
tato romano pei festeggiamenti presentavano un elegante volume in
pergamena coi nomi di tutti gli oblatori che hanno voluto coneorrere
ai restauri dell'arcibasilica di S. Giovanni in Laterano, e le loro of-
farte ; ed i Membri del Comitato Internazionale per il solenne Omaggio
-a GK C. Redentore presentavano 1'obolo della Tiara ed a nome anche
dei Pellegrinaggi italiani ed esteri venuti a Roma nelPAnno Santo
rassegnavano le somme residue deH'amministrazioneMi detto Comitato.
II Santo Padre, dopo aver ammirato i ricchi doni e aver paterna-
mente ringraziato gli oblatori, rispondeva agli affettuosi indirizzi letti
-dagli Eiiii Cardinal! col seguente discorso :
< Venerabiles fratres, dilecti filii
« Quod haec apostolici muneris longinquitas uno post beatum Pe-
trum exemplo Nobis contigit, sane nil tale meritis, divinae bonitatis
memorabile ac singulare benefieium Nobiscum agnoscite. QuaridoOj^ui-
dem, si itinera flexusque naturae usitati spectentur, quota spes erat
nt Nobis inter extrema senectutis hodiernus illucesceret dies? Atque
iUius summi Principis atque omnia moderantis Dei in hoc etiam pro-
videntia apparet, quod auspicato contigit ut per occasionem privati
eventus maiorem flammam pietatis multi ubique gentium conciperent.
« Quippe multitude ingens gratulantium Nobis et fausta oompre-
cantium hoc tempore, nequaquam Nos privatim, sed personam, quae
geritur a Nobis, contemplantur animo et colunt. Id^ipsa hodie testatur
praesentia vestra : nam si con venire tarn frequentes in hunc locum,
obsequii caussa placuit, quid magis pepulit animum, quam imago
Petri? Immo vero haec ipsa munera, communis populorum pietatis
non vulgare testimonium, Corona tergenaina, Claves mysticae, nihil
nisi vim ac maiestatem romani Pontificatus loquuntur. Nee absimilem
signincationem habet percussum memoriae caussa numisma insigne,
et quidquid collatum undique ad o^era templi Lateranensis fait: vo-
luntas enim honorandi Pontificis immilit ad liberalitatem.
« His ex rebus, propter id maxime quod in honorem vertunt Do-
mini nostri Dei, tempestivum solatium inter amara curarum perci-
614 CRONACA
pimus. Amanter ergo, quotquot heic adestis, complectimur, vos in
primis, dilecti filii, agendae magnificentius celebritatis auctores et
principes. Singulare studium vestrum curasque hac de caussa ultro
susceptas grato animo prosecuturi sumus et memori. Haec vero a Nobis
tamquam mandata novissima accipite mentibusque insculpite uni-
versi, salutem non nisi in Ecclesia, instrumentum salutis praevalidum
ac perpetuum in Pontificatu romano Dei iussu esse quaerendum. >
Dopo che Sua Santita ebbe con ferma voce, fra la generale com-
mozione, impartita la Benedizione apostolica, ed ammesso al bacio della
mano gli Arcivescovi e Vescovi presenti e le varie Deputazioni e Co-
mitati intrattenendosi benevolmente con ciascuno, tra ripetuti e piu
caldi applausi risaliva in sedia gestatoria e tornava ai suoi privati
appartamenti, non senza essersi soffermato ancora nella sala Regia.
per ammettere al bacio della mano gli alunni del Seminario Arrive -
scovile di Milano.
II giorno stesso vi fa maraviglioso concorso di pellegrini e di po-
polo a S. Pietro per la Messa pontificata da S. E. il Card. Rampolla,
e piu ancora pel solennissimo Te Deum cantato a vicenda dalla Cap-
pella Giulia e dal coro di migliaia di voci che si levavano echeg-
giando per le immense navate del tempio. Trecento membri dei Co-
mitati parrocchiali e delle Associazioni cattoliche, il Seminario Ro-
mano, il Capitolo e Clero Yaticano, una lunga schiera di Arcivescovi
e Yescovi presenti in Roma per la circostanza accompagnavano pro-
cessionalmente il Cardinale, e circondavano 1'altare della Confessione.
Finita la funzione dopo il tramonto, mentre la gente sfollava len-
tamente riversandosi nella piazza, la facciata veniva illuminandosi di
fiaccole che ne disegnavano le linee principal!. Altri edifizi pure ac-
cesero fuochi di gioia, anticipando un saggio della grande luminaria
che si prepara per il 3 Marzo prossimo.
4. Giovedi 26, venticinquesimo anniversario della morte del Padre
Angelo Secchi, (26 febb. 1878) si tenne la Commemorazione promossa
dal Comitato Romano di cui fu principal ispiratore il cav. prof. Per-
sichetti, presidente della Federazione Piana e del Comitato diocesano
di Roma, presidente effettivo il P. Giuseppe Lais d. 0. vicediret-
tore della Specola Yaticana, e cooperatori indefessi il Commeiidatore
Alliata, il prof. Tuccimei, il cav. Grossi Gondi.
Fu veramente una riuscitissima festa. Splendida la radunanza,
onorata della presenza degli Emi Steinhuber, Tripepi, Yincenzo Yan-
nutelli, Richelmy e Ferrari: una quindicina pure di Yescovi erano
presenti tra cui Mgr. Maffi Yescovo ausiliario di Ravenna, presidente
della sezione scientifica della societa degli Scienziati italiani : ben
inteso il programma ; eccellente 1'orchestra sotto 1'appassionata di-
rezione del Maestro D. Lorenzo Perosi di cui si esegui un gioiello
CONTEMPORANEA 615
musicale scritto per la circostanza, V Adagio del Tema con variazioni,
che fu dovuto bissare. Una cosa sola fu causa di malcontento ; che
cioe la Sala non fosse doppia per ricevere il troppo gran numero di
invitati che se ne dovettero ritornare dolendosi di non poter prender
parte alia simpatica dimostrazione.
Le felicissinie parole d' introduzione del cav. Persichetti elettriz-
zarono gli animi col loro spontaneo e comunicativo ardore; special-
mente quando, esposto lo scopo delle onoranze, rivolse la frase ai gio-
vani studenti, additando loro nel Secchi la prova delPunione tra la
scienza e la fede e confortandoli a non ascoltare coloro clie, dotti
nelle loro discipline, non hanno il diritto, fuori del campo scienti-
fico, di scuotere la base della credenze religiose con vane ipotesi, o
con desolante scetticismo. Applausi unanimi accolsero pure un sa-
luto al « Yegliardo del Vaticano » Mecenate delle scienze e Mae-
stro del mondu nelle sue encicliche. — II. P. Lais espose poi mae-
strevolmente i'opera astronomica del P. Secchi; il revmo prof. Mo-
rano ne mise in bella luce 1'opsra fisica : e il prof. Tuccimei illustro
leggiadramente la vita e il carattere dell'uomo e del religiose: e noi
per brevita di spazio, rimandiamo i nostri lettori a quanto abbon-
dantemente ne fu detto altrove nel nostro periodico.
Tra le numerosissime adesioni di Accademie, Facolta Universi-
terie, Osservatorii, lette nell'adunanza stessa, noteremo un telegramma
di Ghiglielmo Marconi salutato da comuni applausi.
II.
COSE ITALIANS
1. La mozione Mirabelli alia- Camera. Un incidente disgustoso. — 2. An-
cora la questions del Manicomio di S. Servilio a Venezia. — 3. Comizio
della Lega del lavoro a Napoli contro il divorzio.
1. Un insolito movimento animo per qualche giorno la Camera che
con to fino a piii di 300 deputati; ed attiro molti spettatori, specie
militari, alia discussione della mozione Mirabelli contro le cosi dette
spese improduttive cioe quelle fatte per 1'esercito e per la flotta. Ma,
diciamolo subito, fu tutto tempo e fiato sprecato; perchd la Sinistra
che moveva la discussione non portava un programma determinate
e logico, ne voleva spingere agli estremi il Ministero col quale ha
intelligenze e legami. Era dunque una vana lotta di parole, durata
quattro lunghi giorni, senza scopo sincero, senza fare un passo utile:
era anche un errore tattico per la scelta infelice delle circostanze,
mentre da una parte il bilancio 6 in fiore, e dall'altra le condizioni eu-
ropee piene di sospetti e la flotta italiana implicata in una dimostra-
zione navale sulle coste americane.
616 CRONACA
In sostanza Ton. Mirabelli e i compagni repubblicani hanno ri-
cantata « 1' impossibility della guerra e la universale tendenza alia
pace:* hanno declamato contro la caserma e la «vita oziosa » del
soldato : hanno descritto a foschi color! il dieagio economico. Ci fu
Pon. Ferri che oso attribuirc le vittorie italiane alle bande garibsldine
e non all'esercito che poche volte vinse: TOD. Ciccotti invece trovd
inutile la flotta da cui non si ebbe che Lissa, e ne nacque natural-
mente tumulto e proteste. Con quelle declamazioni si sarebbe provato
non la opportunity di diminuire le spese militari ma anzi di soppri-
merle totalmente. E in fondo, a cid fecero allusions parecchi di loro,
vantando il sistema svizzero e dichiarando apertamente per booca
dell'on. Ciccotti che « la naaione armata sta nel cuore dei repubblicani
come meta » : ma per ora si contenterebbero almeno che 1'esercito fosse
mezzo di difesa nazionale e non istrumento d'oppressione.
Parlarono a difesa dei loro minister! gli on. Ottolenghi e Morin,.
e dopo di loro il Presidente del Consiglio, il quale seppe con molta
arte riassumere i diversi punti della questione. Ammise che le spese
militari devono essere propcrzionate alle condizioni economiche del
paese ; ma vi e un minimo indispensabile che bisogna concedere alle
esigenze della difesa Dazionale. Non siamoricchi, e vero, ma appunto
percio spendiamo molto meno che F Inghilterra, la Francia, la Ger-
mania. Mentre tutti gli Stati accrescono le loro spese e le loro forze
militari, potremo noi soli diminuirle ? TjTon escluse possibili economic,
ma nascono anche sempre nuovi bisogni : si potra spendere meglio,
ma certamente non si pud spendere meno.
Si e inneggiato alia pace, disse, ma non pace inerme, se si vuole
che F Italia abbia un valore e tenga il posto che le spetta nel mondo. Si
e parlato di nazione armata, citando anche 1'eroico esempio dei Boeri:
ma lo stesso loro duce De Wet riconobbe che la man can za di disci-
plina e di organizzazione fu quella che rese inutili le altre mirabili
virtu di quel popolo. Solo una forte e sapiente preparazione da agli
eserciti la vittoria. Facciamo dunque che il nostro non manchi dei
mezzi indispensabili, e sappiano tutti che F Italia, mentre desidera
vivamente e sinceramente la pace, puo, occorrendo, difendere e fare
rispettare il suo buon diritto.
La mozione fu quindi rigettata da 269 yoti contro 64.
Un incidente disgustoso, ma caratteristico per far conoscere « Fam-
biente » (e per questo noi lo riferiamo) turbo la seduta del 24 feb-
braio. Ne fu occasione un' interrogazioae dell'on. Monti- Guarnieri so-
pra un fatto avvenuto a Zara, dove la Societa chiamata Unione
Zaratiana avendo ornate le sue sale per una festa coi ritratti dei So-
vrani d' Italia, un poliziotto ordino si tcgliessero dicendo : levate quei
Savoia e, avutone rifiuto, fu disciolta la Societa. L'on. Monti- Guar-
CONTEMPORANEA 617
mieri lamentava che 1'Austria lasciasse maltrattare i dalmati italiapi
-che si ricordano della patria lontana e del suo re cogli arbitrii del
poliziotti « tristi e canaglie*. A quel punto dall'Estrema Sinistra
Ton. Gattorno, con voce steatorea, grida: Che cosa c'entra Monti-
Guarnieri col patriottismo, lui che fa il servitore dei Savoia ! — Le
quali parole suscitano un vero pandemonio. Contro del Gattorno ur-
lano Ton. Santini ed altri : Borbone ! Affarista di monache ! falso co-
lonnello ! buffone ! pagliacoio ! croato ! 11 povero Presidente non sa come
sedare il tumulto. Faccia il suo dovere, gli si grida dalla Destra, lei
ci lascia insultare: dobbiamo pur difenderci da noi. II Presidente ri-
chiama all'ordine il Gattorno che vuol parlare, ma la Destra gridando
in coro, lo impedisce e domanda contro di lui la censura. Servitori
•del re ! si grida dalla Sinistra. E daila Destra : Yoi servite la piazza !
Buffoni! Canaglie rosse! II Presidente sorge in piedi ed esclama con
forza: Qui dentro non c'e nessuno che non si vanti di servire il re!
— La sinistra risponde invasata : Noi serviamo il popolo ! Viva la re-
pubblica ! Abbasso il re ! Noi non vogliamo servitu ! — Le ingiurie si
incrociano da ogni parte : Pagliaccio ! Baritone sfiatato ! Andate a fare
il croato! — Viva la repubblica! Viva 1'umanita ! L'on. Biancheri
-vedendo di non poter dominare il baccano infernale (1'aggettivo e del
Giornale d'ltalia) si copre e sospende la seduta, che a farlo apposta
xon poteva cadere in giorno piti adatto — il martedi grasso !
2. I nostri lettori ricorderanno certamente la guerra sleale mossa
-ai PP. Fatebenefratelli dell'isola di S. Servilio a Venezia. Noi nar-
Tarn mo gia come il Direttore di quel Manicomio, 1'egregio dottor Mi-
noretti fosse arbitrariamente privato delle sue funzioni sotto pretesto
di calunniose o del tutto vane querele. Quelle calunnie trovarono un
eco nella Camera dei Deputati dove nessuno si levo a difesa del vero,
^nzi il Ministero si anretto di condannare i religiosi senza averli
uditi; e con decreto prefettizio era nominato un commissario regio e
sospesa 1'amministrazione stessa del Manicomio veneto. La rnedesima
-questione aveva avuto pure di rimbalzo la sua giornata di lotta nel
Gonsiglio comunale di Venezia it 12 dicembre scorso: ma cola almeno
una voce rispettata aveva smascherata la malafede settaria ed uno
splendido discorso del conte Paganuzzi aveva rivendicato 1'onore del
p. Minoretti e de' suoi benemc-riti confratelli.
Vedendo pero che non si recedeva dalle offese e non cessavano le
ostilita il p. Minoretti stesso a tutela de' suoi diritti, nei primi di gen-
naio, feee ricorso in contenzioso per 1'annullamento degli atti arbi-
trarii contro di lui emanati, e pubblico una Memoria documentata in
confutazione della famosa relazione Belmondo di cui parlammo a suo
tempo. In essa egli ribatte sdegnosamente ciascuna delle accuse con
tanta evidenza e forza da far vergognare i calunniatori, se fronti set-
618 CRONACA
tarie fossero capaci di rossore. E falsa 1'asserzione del Belmondo che1
nelJ'infermeria giacessero a letto ammalati con piaghe di decubito,
e nessun ammaiato dell' infermeria fu esaminato a tal riguardo come
possono testificare gli infermieri. E falso che mancasse una sezione
d'isolamento per le maiattie infettive : falso che si adoperi manicotto
di ferro, che non esiste nel Manicomio ; falso, falsissimo che si avesse
a lamentare sudiciume o trascuratezza ; e ne fa prova lo stato sani-
tario dello Stabilimento e 1'assenza di malatHe infettive, che non si
ottiene, come tutti sanno, senza le massime cure d'igiene e di net-
tezza. In ire sole ore di corsa attra verso le sale deil'Ospizio, il Relatore
credette scoprire degli inconvenienti nel servizio del Manicomio ; ma
sono quarant'anni che i religiosi li avevano indicati e domandavano al-
TAutorita i mezzi per potere ovviare a quegli inconvenienti : lo stesso
dott. Minoretti cita tre suoi rapporti del marzo 1892, del luglio 1899
e dell'agosto susseguente, nei quali invoca provvedimenti e riforme ;
ma fu sempre risposto che il bilancio non permetteva maggiori spese.
E intanto si accumulavano i malati sopra seicento, in un locale che
non ne dovrebbe contenere che 400: e una gran parte, furiosi, epi-
lettici, alcoolici, tutti quelli insomma di cui si liberano gli altri mani-
comii delle Provincie.
Con questo affollamento e in tali ristrettezze ben dimostra luminosa-
mente il p. Minoretti Passoluta impossibility di usare i metodi del no
restraint (nessuna coercizione) in voga ora in certi Manicomii, metodi del
resto di assai dubbia efficacia, e che ridhiederebbero triplo numero di
infermieri e disposizioni di servizio e di locali costosissimi. Un'aceu-
rata inchiesta, fatta appunto dopo le accuse mosse a S. Servilio, ha
rivelato che gli stessi mezzi di coazione sono usati in parecchi altri
Manicomii d' Italia e stranieri : e sono interessantissime le pagine dove
il Minoretti cita le testimonianze di medici sopra 1'ipocrisia di certi
istituti, dove si vanta a parole il metodo del no restraint!
In ogni caso a S. Servilio, cacciato il p. Minoretti, si continue a usare
i mezzi di coazione tanto rinfacciati al religiose : e un qualche rila-
sciamento parziale tentato aveva dato pessimi risultati, poiche un epi-
letticofsi era ferito, un altro infelice aveva spezzata coi denti una
bottiglia e ne cercava ingoiare i pezzi ecc. Perche dunque si e fatta
un'accusa, anzi si e levato uno scandalo e si e coperta di vituperi
la Direzione?
Ed il p. Minoretti conchiude la sua Memoria con queste testuali
parole che fanno sentire 1' indegnazione dell'anima onesta : c La vo-
stra Relazione, Signori della Commissione, contiene asserzioni che
sono false ; espone osservazioni ed apprezzamenti non accettabili ; in-
fine avete esagerati inconvenienti che io aveva segnalati prima di vou
Yoi avevate un nobilissimo compito, ma 1'avete convertito in una.
CONTEMPORANEA 619
guerra subdola e sleale contro di me. E perche ? — La facile risposta al
pubblieo onesto e spassionato. >
La forza della verita esposta in questa Memoria e tale che il Cor-
riere Sanitaria di Milano, organo ufficiale medico scrive queste righe
di cui i nostri lettori sapranno misurare 1' importanza : « Francamente,
se le cose stanno cosi, dobbiam dire che molta attenuazione merita la
requisitoria del prof. Belmondo: e non e male che 1'autorita supe-
riore vada un po' in fondo di tutto questo dibattito e faccia luce
completa. >
E quello che auguriamo anche noi, perche e tempo che finiscano
le prepotenze settarie e si renda giustizia agli eminenti religiosi, co-
nosciuti e stimati da tutta Europa, nelle cui principal! citta hanno
stabilimenti, come a Vienna, Praga, Lintz, Breslavia, Buda-Pest, Gratzr
Dublino, Parigi, Lione, Marsiglia, Lilla ; le cui tradizioni di virtu e
di esperienza scientifica sono ben superior! agli intrighi interessati
dell'invidia ed alle impudenti menzogne della piu esosa partigianeria.
3. Tutt'altra fisionomia da quella del comizio fiorentino da noi de-
scritto nel precedente quaderno ebbe la radunanza promossa a Napoli
dalla Lega cattoliea del lavoro il primo del corrente mese. E noi ne
parliamo tanto piu volentieri per mostrare con un esempio tra i tanti
— che sarebbe infinito il citarli tutti — come da tutte le classi della
societa sorge la protesta e la rivolta deH'auima onesta contro il di-
vorzio. A Firenze era 1'aristocrazia, la magistratura, 1'universita, i giu-
risti, gli avvocati, che si riunivano ad udire 1'ex-guardasigilli ; a Na-
poli e il popolo, sono le associazioni operaie della citta e della pro-
vincia che colle rappresentanze dei circoli cattolici, dell'associazione
democratica, del circolo universitario, dell 'opera dei congressi, si affol-
lano nei locali della Lega stessa sotto la direzione del presidente Er-
nesto Pucci, legatore di libri.
Alle 11 e" aperta la seduta. II socio Pagano, sarto, comincia la serie
dei discorsi con una vibrata invettlva contro la legge proposta del di-
vorzio ed invocando invece qualche cosa di piti utile come sarebbero
i provvedimenti sociali a favore degli operai sempre promessi a chiac-
chiere e sfumati in parole. Un altro operaio parlo molto adattamente
della famiglia operaia cattoliea. II vicepresidente del comitato dioce-
sano spiego come il divorzio getti la disunione nel popolo, mentre la
Chiesa lo unisce, lo ele^a, lo salva. Infine prese la parola il presidente
regionale dell'Opera dei Congressi, barone De Matteis.
«E 1'anima del popolo cristiano, egli disse, che si e sollevato gigante
-contro i prof-inatori del piu grande del piu prezioso benefizio del cri-
stianesimo, ed ha fatto udire la sua voce (guai a chi non vuol ascol-
tarla !) di protesta e di esecrazione. Ora e mestieri che questa voce
si faccia sentire anehe fuori di qui, e giunga sino alle orecchie e sino
al cuore di coloro nelle cui mani sono le sorti del nostro paese. lo
620 CRONACA
debbo quindi sottoporre alia vostra approvazione I'ordine del giorno
che si spedira al presidente della Camera del Deputati come espres-
sione e sintesi fedele del nostri voti e delle nostre aspirazioni. — Yoi
vedete a quale stato ci ha ridotto la nostra indolenza la nostra disu-
nione ; vedete che cosa abbiamo guadagnato sin qui col silenzio, col-
rinerzia, coll'esserci tappati pusillanimi in casa, mentre 1'empieta.
trionfante cercava di strappare Cristo dalle nostre piazze, dai tribunal!,
dalle scuole, dagli ospedali, dalle pubbliche amministrazioni, da tutte
le appartenenze della vita civile. Preso coraggio dalla nostra vilta, fatti
forti dal nostro isolamento, resi audaci dal nostro silenzio, ecco atter-
rano le porte delle nostre case, invadono e profanano il santuario do-
mestico, vengono a strapparci il nostro Dio dalla parete stessa del
talamo coniugale. Destiamoci dunque una bnona volta, e uniti eon-
cordi, nell'orbita delle leggi del nostro paese che devono essere uguali
per tutti, agitandoci nella piii scrupolosa legalita, riguadagnamo il
posto che ci spetta nella nazione, e rimettiamo nel suo trono in mezzo
della nostra Italia, il suo Dio, il suo Cristo.
Un telegramma spedito a S. E. il Card. Eampolla diceva cosi: « Operai
cattolici Napoletani riuniti in solenne affollato Comizio, nel locale della
Lega Cattolica del lavoro, protestando contro proposta divorzio, recla-
mando invece leggi sociali rivendicazione diritti dei lavoratori cristiani,
inneggiano entusiasti glorioso Pontefice sostenitore invitto santita del
coniugio, provvido patrono della classe lavoratrice, benefattore esimio
dell'intera societa, ed implorano riconoscenti apostolica benedizione. »
Fu compilato e votato all'unanimitd I'ordine del giorno da spe-
dirsi alia Presidenza della Camera protestando « come cattolici, come
cittadini, come operai e padri di famiglia » , e fu approvato pure per
acclamazione il seguente telegramma:
« Presidente Camera Deputati. — Migliaia operai napoletani riuniti
Comizio locale Lega del lavoro, inviano per posta, affidandone il pa-
trocinio a Yostra Eccellenza, 1'ananime loro voto scongiurante la pro-
posta del divorzio, reclamante invece provvedimenti legislativi sociali
troppo ritardata giustizia classe lavoratrice. »
III.
COSE STRANIERE
(Notizie Generali). 1. INGHILTBRRA. Apertura del Parlamento. Messaprgio
reale. — 2. AUSTRIA. Morte della Principeesa Elisabetta. — 3. SASSONIA.
Sentenza del Triburale di Dresda contro la ex-principessa Luisa. —
4. STATI UNITI. 11 Canale di Panama. — 5. TURCHIA. Memoriale delle
Potenze per gli sffari di Macedonia. — 6. VENEZUELA. Cessazione dei
blocco. — 7. CINA. Morte del P. Zottolf,
1. (INGHILTERRA). II 17 il re Edoardo YII e la regina Alessandra.
si sono recati con pompa solenne ad inaugurare nel palazzo di West-
CONTEMPORANEA 621
minster la nuova Sessione del Parlamento. II messaggio letto dal re
alle due Camere riunite comprova che le relazioni del Regno Unito
con tutte le Potenze continuano ad essere amichevoli. Spiega le ca-
gioni del blocco venezuelano, parla delle riforme delia Turchia, della
cooperazione italiana nel Somaliland ; si cornpiace del modo con cui
si svolge il viaggio del Ministro Chamberlain nel Sud Africano; ri-
corda le feste di Delhi e le spese straordinarie da aggiungersene al
bilancio. II Messaggio termina annunziando la proposta di leggi re-
lative alia politica interna, e nuovi prestiti per le nuove Colonie del-
1' Africa meridionale.
2. (AUSTRIA). L'Areiduchessa Elisabetta, madre della regina di
Spagna, e morta a Baden dopo una malattia di cinque giorni, all'eta
di 72 anni. La regina che era accorsa da Madrid coll'Infante Teresa
non pote giungere che dopo la morte di lei avvenuta la mattina del
Sabato 14 febbraio.
L' Imperatore, come capo della Famiglia, ha privato la principessa
Luisa di ogni diritto e di ogni titolo d'onore. Essa si chiamera Luisa
di Toscana.
3. (SASSOMA). II Tribunale di Dresda, dove si svolge va il processo
contro la ex-principessa Luisa ha date la sua sentenza I5 11 febbraio
in questi termini : II matrimonio concluso il 21 novembre 1891 fra
il Principe ereditario di Sassonia e 1'arciduchessa Luisa di Toscana
in seguito alle infedelta commesse dalla moglie con Andrea Giron
viene dichiarato sciolto. Le spese del processo vanno addebitate alia
Principessa. — I nostri lettori ricorderanno che la sentenza e data
secondo il codice germanico che regge la Sassonia protestante e non
secondo gli etatuti particolari della Famiglia reale che e cattolica e
non si puo valere del divorzio legale. Cid basta a sfatare le mille fole
stampate da eerti giornali a questo proposito.
4. (STATE UNITI). II Governo ha firinato il trattato colla Colombia
per il Canale di Panama-, e in breve si mettera mano al lavoro. La
Compagnia francese ricevera duecento milioni di franchi per i lavori
gia eseguiti, per le macchine gia in uso e per i disegni e gli studi
preparati: le quali cose, secondo 1'asserzione di un ex impiegato della
Compagnia, avrebbero gia costato in realta la spesa di un miliardo
e settauta milioni di franchi. II Governo Colombiano riceverk cm-
quanta milioni di indennizzo, e 1.250.000 fr. all'anno per la conces-
sione d'affitto, rinnovabile per cento anni. Le opinioni dei tecnici
sono discordi rispetto al tempo e alia spesa necessaria al compimento
(Jell'opera colosaale. Si credo che ci vorranno dieci anni di lavoro, e
750 milioni di franchi.
5. (TTJRCHIA). A calmare le agitazioni macedoni e stornare i pe-
ricoli di prossime rivolte il Sabato 21 I'Ambasciadore d'Austria-
622 CRONACA
Ungheria barone Calice, e quello di Russia, Zinovieff oonsegnarono
al Gran Yisir un Memoriale contenente le proposte del rispettivi Go-
vern! sui provvedimenti da prendersi per migliorare lo Stato del tre
vilayet di Salonicco, Monastir e Kossowo. II Memoriale, approvato
pure da tutte le Potenze firmatarie del trattato di Berlino, contiene
in sostanza le seguenti proposte:
1. Nomina di un ispettore generale per tre anni con pieni poteri
inerenti alia carica.
2. Nomina di ufficiali europei alia direzione del servizio di gen-
darmeria.
3. Pagamento regolare degli stipendi fatto per mezzo della Banca
Ottomana, alia quale saranno versa ti tutti i proventi delle decime e
delle imposte.
4. Riordinamento complete del personale amministrativo e giudi-
ziario.
L'accordo delle Potenze e un impegno d'onore sia per la prote-
zione dei Macedoni di fronte alia Porta, sia pel mantenimento delle
prerogative del Sultano, cioe la conservazione dello statu quo.
6. (YENEZTJELA). II blocco fu ufficialmente e definitivamente tolto
dalle coste della repubblica il 15 febbraio. Appena siano compiute le
formalita necessarie, saranno restituite le navi venezuelane di cui le
flotte collegate si erano impadronite. II Presidente generale Castro
ha inviato una lettera al Ministro degli Stati Uniti, Bowen, per con-
gratularsi della spontaneita colla quale egli ha servito la causa della
giustizia. — La pacifica soluzione della vertenza europea da«ra nuove
forze al Governo per combattere le bande di ribelli e ristabilire 1'or-
dine nell'interno del paese.
7. (CINA). I giornali d'Bstremo Oriente ci recano la notizia della
morte del P. Zottoli S. I. avvenuta in Zi ka-wei. II dottissimo sino-
logo contava 84 anni di eta e ne aveva passato quasi sessanta nella
Missione. II suo Cor so di letteratura cinese fu il risultato dei primi
venti anni di sua dimora a Shangai : ma la sua piu importante opera
e il gran Dizionario cinese in quattordici volumi, che supera di gran
lunga tutte le opere di simil genere pubblicate fin qui. Otto giorni
prima di morire 1' infaticabile missionario vi lavorava ancora.
BELG10 (Nostra Corrispondenza) . 1. Un Congresso Regionale delle Opere
Cattoliche. — 2. Per S. Alfonso de Liguori. — 3. II cinquantenario del-
TAsBOciazione Cattolica e costituzione di Namur. — 4. Verso 1'unita. —
5. II contratto di locazione dei fondi rustic!. — 6. Felici success! di-
plomatic! del Belgio contrastato da! socialist! vinto da! cattolic! a bene
dell'erario e del popolo.
1. Negli ultimi di Ottobre ebbe luogo in Malines un Congresso
regionale delle Opere cattoliche. Esso si divideva in sei sezioni che
CONTEMPORANEA 623
si occupavano la prima delle opere religiose e caritatevoli ; la seeonda
delle opere sociali; la terza dell'insegnamento ; la quarta della pro-
paganda, la quinta delle fondazioni agricole e la sesta era quella delle
signore.
Dopo una messa cantata ai SS. Pietro e Paolo, alia quale assistette
pontificalmente S. E. il sig. Cardinale Goossens, Arcivescovo di Ma-
lines, 1'Ufficio del Congresso fece il suo ingresso nella grande sala
dei Congressi. II detto Ufficio si componeva, oltre al Cardinale, del
sig. duca d'Ursel; di S. E. Mgr. Yan den Branden de Reeth, arci-
vescovo di Tiro, di Mgr. Van der Stappen, vescovo di Jaffa, dei SS.
Senatori de Meester de Betsembroeck e Fris, del sig. Wittmann, gia
senatore, di Mgr. De Clerck, vicario generale, dei Signori De Cocq,
Lefebvre e Yan Pauwenbergh, deputati, del signor Ortegat, Assessore
di Malines ; del sig. Arturo Yerhaegen, dei Reverendissimi Mangel-
schots e Ketelbant, vicari generali, ecc.
S. E. il sig. Cardinale pronunzio il discorso inaugurate. I desi-
derata espressi nei due giorni che durd il Congresso dalle sezioni, e
principalmente dalla seconda e dalla quinta, rinscirono molto inte-
ressanti. La seconda, per esempio, fra altri, propose i desiderata se-
guenti: creare, in tutti i centri industriali del circondario, dei sin-
dacati professionali cristiani ; rivolgere al clero ed ai laici delle class!
dirigenti un appello affinehS cerchino di spingere gli operai verso la
vita di associazione cristiana ; affinche istituiscano od aiutino ad isti-
tnire sindacati e li sostengano efficacemente ; ottenere il concorso
della stampa per insegnare e raccomandare al popolo i benefici della
vita di associazione cristiana; ricercare il mezzo di stabilire un se-
gretariato stipendiato di tutti i sindacati cristiani. Per le case ope-
raie poi, ecco come decide la stessa sezione: 1.° Bisogna organizzare
degli istituti d'imprestiti per la costruzione e 1'acquisto di case ope-
raie, in ogni gruppo di comuni o almeno in ogni distretto del cir-
condario di Malines; 2.° Bisogna agevolare all'operaio che desidera
acquistare un fondo, il mezzo di procurarsi sia il decimo del valore
di esso che gli oc^orre in questo caso, sia la somma che egli cerca
d'avere in prestito per acquistare o costruire una casa con in piu
1'ammontare della spesa; bisogna indurre gl'istituti di credito a di-
spenssre da tale pagamento anticipato 1'operaio che offre garanzie suf-
ficienti di onesta e di economia ; 3.° Bisogna migliorare 1'alloggio dei
poveri ; procurare ai medesimi case che rispondano alle esigenze della
moralita, dell'igiene e della sanita pubblica. La relazione che provoco
questi desiderati valse al suo autore sig. Aw. Alfonso Scheyvaerts
vive acclamazioni.
La quinta sezione, anch'essa propose un desideratum importante.
II parroco Reyners propose, per il piu gran bene degli agricoltori
624 CRONACA
1° la creazione di una gilda ossia Associazione di mutualita di contadini
la dove non ne esiste ancora. Tale associazione sarebbe posta, ogni
qualvolta sara possibile, sotto la direzione spirituale del Clero ; 2° la
creazione di una federazione fra tutte le gilde del circondario per
facilitare la veadita in comune di tutti i prodotti dell'agricoltura.
2. La Camera dei deputati nell'ultimo mese dell' anno scorso, sulla
proposta del Big. Woeste, aveva avuto a discutere una modificazione
agli articoli 383 e 386 del Codice penale relativi ai delitti contro il
buon costume. Questa discussione diede ai Socialist! e compagni una
nuova occasione di manifestare il loro odio settario contro la Reli-
gione cattolica. A sentirli, i cattolici erano assai imprudenti di par-
lare di morale, essi che avevano elevato sugli altari autori di pub-
blicazioni che non oserebbero leggere in pubblico. Ed in appoggio
alia propria tesi, i detti socialisti accennavano sopratutto a Sant'Al-
fonso de' Liguori, del quale attaccarono la Teologia morale e ne les-
sero ad ogni costo brani. Si guardavano pero di dire che questi brani
provenissero da traduzioni falsificate e specialmente dal libretto fa-
moso del Grassman, editore protestante di Stettin. Non solo la Camera,
ma il Senate, anche esso, ebbe ad occuparsi di cid, ed intanto la
stampa socialista e radicaie non manco d' illustrare e commentare le
prodezze teologiche dei suoi deputati e senatori. In breve, ben triste
fu lo spettacolo di quella minoranza delle Camere legislative belghe,
affannandosi come diavoli per cercare di lordare col proprio fango P im-
macolata morale della Chiesa di Cristo nella persona di uno dei suoi
santi e piu onorati dottori. II Belgio cattoiico non si appagfi delle
proteste pur eloquent! alle quali diedero luogo nelle Camere stesse
quegli assalti esecrabili che rimarranno una vergogna per chi li fece ;
non gli bastarono le confutazioni spesso savie e convincenti uscite nei
giornali onesti; ci voieva un atto piu solenne per vendicare la me-
moria del Gran Santo che e Alfonso.
La chiesa di S. Giuseppe in Brusselle, che si trova nel quartiere
Leopoldo, il quartiere nobile della Capitale, puo contenere piu di
quattro mila persone ed e diretta dai sacerdoti del Santissimo Re-
dentore, precisamente i figli del Santo caluaniato. Essa era quindi
tutt'indicata per le due grandiose funzioni che erano state decise in
riparazione degli oltraggi pariamentari, ed altri, fatti al gran dottore
della Chiesa. La difatti si raduno la domenica 18 geanaio il fiore
deila societa Brussellese.
La prima riunione si tenne alle ore dieci antimeridiane per la
Messa solenne. II tempio non era abbastanza vasto per ricevere tutti
quanti volevano intervenire a quella bella manifestazione reiigiosa.
Nel Coro erano fra i laici i signori Woeste, De Lantsheere, Da Voider,
barone de Moreau, tutti e quattro Ministri di Stato; i Senatori
CONTEMPORANEA 625
oonte d7 Hemricourt de Grunne, marchese de Beauffort, de Mee-
ster de Betzenbroeck, Davignon, Alessandro Braun e Mgr. Keesen ; i
deputati Renkin, Leone De Lantsheere, Hoyois e Coifs; i SS. Van
Weveke, Consigliere alia Corte di Cassazione, Paolo Yerhaegen, giu-
•dice, Conte Aymard d'Ursel, Arendt, direttore generale al Ministero
degli Affari Esteri, 0. de Hennin de Boussu-Walcourt, Consigliere
alia Corte dei Conti e molti altri. Oltre ai decani e parrooi vi erano
anche quasi tutti i superior! delle Case religiose di Brusselle. Nella
grande navata vedevansi piu centinaia di notabili Cattolici. Molti alti
dignitari, magistrati, generali ed ufficiali superiori dell'esercito in-
viarono ai Redentoristi le piu simpatiche adesioni alia festa ripa-
xatrice.
La Messa fa celebrata pontificalmente da S. E. il cardinale
•Goossens, Arcivescovo di Malines. Dopo il Vangelo, il R. P. Mas-
selis, Rettore della Casa di San Giuseppe dei Padri Redentoristi parlo
con eloquenza della vita e delle opera di Sant' Alfonso. Egli chiuse
il suo disco rso, leggendo un at to di riparazione : il momento la com-
moventissimo.
Alle ore 20, si tenne la seconda riunione non meno numerosa per
la benedizione : vi pontifico S. E. Mgr. Granito di Belmonte, Nunzio
Apoetolico. Un discorso eloqaentissimo fa tenuto dal R. P. Devillers,
professore di teologia al Collegio dei Gesuiti a Lovanio. Vittoriosa-
mente egli stabili i grandi servizi resi da Alfonso di Liguori alia
eanta Chiesa e protesto con vigore contro gli oltraggi che, nella per-
sona del piu recente Dottore della Chiesa, non avevano altro scopo se
non di colpire questa. La calda parola dell'oratore sacro fece una pro-
fonda impressione suiruditorio. In questa oceasione si ricordava una
strana coincidenza: il prelato che pontificava e membro illustre di
quella stessa famiglia, la quale nell'epoca dei torbidi rivoluzioEari,
ebbe 1'onore e la felicita di mettere in salvo le preziose reliquie di
Sant'Alfonso di Liguori. La funzione termino come la Messa con la
lettura deU'atto di riparazione. Dopo Tuna e 1'altra e prima di scic-
gliersi, 1'assemblea dei fedeli canto sull'aria del Noel di Gounod un
inno alia Chiesa scritto per la circostanza. Escone una strofe :
Un de tes file, rempii de la science,
A vu sur lui s'acharner des fureurs.
Centre son nom la haine et Pignorance
Ont eleve leurs ineptes clameurs.
D'un regard pur il sonda des ablmes
D'ou, tes enfants par lui sont eloign^s.
II n'eat qu'un cri pour ses vertus sublimes,
O mdre! 0 mere! en nos coeurs indig-n^s.
3. Tutti ancora si ricordano le splendide feste di cui la cittadi-
-nanza di Namur fu gia spettatrice in oceasione del Congresso Euca-
Serie XVIII, vol. IX, fate. 1265. 40 28 febbraio 1903.
626 CRONACA
ristico. Questa citta ha definitivamente il monopolio delle feste catto-
liche. L'll del mese p. p. si trattava di celebrare il cinquantesimo
anniversario della creazione dell'Associazione Cattolica e Costituzionale
di quel circondario. II successo fu immenso. Alia messa solenne, fis-
sata alle ore 10 V2, assistettero nella Cattedrale di S. Aubain i soci
dell'Associazione insieme al Cireolo Cattolico, cioe il fiore della po-
polazione. S. E. Mgr. Heylen, il valoroso vescovo di Namur, vi assi-
stette pontificalmente mentre la eelebrava il sig. Cartonico Henry ^
Mi dimenticavo di dire che in questa occasione alcuni soci avevano
offerto una bandiera ricca ed artistica coi colori nazionali. In cima sta
una croce con il motto : c Dio e Patria*. Nel mezzo si vede il Leone
di Namur, e nei quattro angoli sono ricamati gli stemmi del quattro
distretti rurali del circondario Ardenne, Eghezee, Fosses e Gembloux.
Al disotto si leggono le date del Giubileo e 1' iscrizione : « Associa-
zione Cattolica e Costituzionale del circondario di Namur > .
Mgr. Heylen, al Yangelio, prima di benedire detta bandiera,
sali in pulpito e pronuncid una commovente allocuzione : < Siate cri-
stiani, esclama in un cerfeo punto il Yescovo. Rimanete uniti intorno
alia bandiera, segno di ritrovo per tutti i difensori della Chiesa e
della patria. Nella vostra vita pubblica, confessate coraggiosamente le
vostre idee, le vostre opinioni e le vostre credenze immortali. Siate cri-
stiani nella vostra vita privata, non vi contentate di parlare e di scrivere
per la difesa della Chiesa, di prendere parte a manifestazioni, ma con
una umile fedelta adempife tutti i doveri chev'impone la religione.
Agite in tutta la vostra vita in modo che non si possa dire di voi :
Essi sono cristiani a parole, ma i loro atti contraddicono le loro opi-
nioni. Siate patrioti : amate la Patria. Dio ve ne fa un dovere. Amate
la Patria, grande nel passato e piu grande nel suo avvenire. Amate
la Patria ! Se altri vogliono distruggerla e condurla all' abisso, noi
sapremo difenderla rimanendo sempre belgi : Amiamo il nostro gran
Ee. Lo spirito rivoluzionario prova di gettare il disprezzo e lo scredita
sopra colui che Dio ci diede per capo. Siate fedeli al Re ! Ubbiditegli
sempre come a Dio stesso. II Cristo raccomandando ai suoi discepoli
1'unione, indirizzava al celeste suo Padre questa preghiera : « Sieno
uno come io sono con voi. » Avremo solo un cuore ed un'anirna per
lavorare alia felicita della Patria ed alia prosperita della Religione.
Evitiamo le dissensioni ; non abbiamo noi disgraziatainente visto cri-
stiani dividersi, e dichiararsi gli uni democratic], gli altri conserva-
tori ? Non abbiamo che un nome, esso basta alia grandezza, e quello
di cattolici.
« Siamo rispettosi dell'autorita ; amiamo gli umili ed i deboli; diamo
loro tutto il benessere materiale al quale essi possono pretendere.
Sappiamo dimenticare ; sappiamo fare concessioni quando si tratta degli
CONTEMPORANEA 627
interessi superior! della Chiesa e della Patria. Che Dio benedica la
Yostra bandiera, che Egli benedica tutti quelli che la seguiranno in
mezzo alle nostre battaglie fino alia vittoria celeste, che sara la ricom-
pensa di tutte le lotte intraprese per la maggiore gloria di Dio e la
ielicita della nostra cara Patria. >
Dopo la Messa i soci si rianirono nel Circolo Cattolico per 1'Assem-
blea del Giubileo. E la festa, come ogni festa nel Belgio, termino in
un banchetto in cui furono fatti i brindisi piu svariati dopo quelli al
Papa ed al nostro Sovrano. II piu interessante fu certamente quello
del sig. de Trooz, Ministro dell'Istruzione. Egli rammento che senza
le associazioni cattoliche il Gabinetto attuale non sarebbe mai venuto
al potere nel 1884. Evoco il ricordo dei tentativi di sommosse nel 1886,
1893, 1899 e 1*902 che il Governo represse perche tale era il proprio
dovere. Respinse il rimprovero che si fa ai cattolici di avere distrutto
I'insegnamento pubblico : oggi vi sono 484,658 ragazzi di piu nelle
scuole primarie sottomesse all'ispezione, 155,612 di piu nelle scuole
guardiane e 65,517 di piu nelle scuole d'adulti. Gli avversari non
vorrebbero altro se non che i cattolici cessassero di praticare il sistema
della liberta sussidiata, la liberta di quelli che non credono, come la
liberta di quelli che credono. Ora, cid non sara, perchS i cattolici
debbono poter dare I'istruzione religiosa ai proprii figli.
4. Le parole del Vescovo di Namur, di cui disgraziatamente non
possiamo riferire che un brano, parole di pace e di unione, dovreb-
bero venir meditate non solo nella sua diocesi, ma da per tutto,
4ove i cattolici si dividono in conservator! e democratici ed altri.
«Non dividiamoci, consiglia il Prelato. Vantiamoci di essere cattolici,
gli altri nomi non sono altro che cognomi. Rimaniamo uniti per ten-
dere allo stesso scope. Rammentiamoci che dobbiamo sempre venerare
e rispettare tutti i diritti degli altri e pensare ad adempiere i nostri
doveri piuttosto ancora che a rivendicare i nostri propri diritti. » Pos-
«ano una volta i cattolici nostri indistintamente trarre utile da quests
savie parole ed evitare tutte le occasioni di disunione. Sta ai catto-
lici di Brusselle di dare il buon esempio. E perche no? Ecco mesi e
mesi che in occasione della revisione degli statuti delPAssociazione
Con serva trice di Brusselle, si discute la questione di sapere se le sara
conservata la denominazione di conservatrice, la quale non e piu di
moda, o se le si dara quella di cattolica. Perche esitare e non ade-
rire francamente a questa ultima pensata? Brusselles non deve forse
subire la sorte comune degli altri circondari come Bruges, Namur,
Tournai, Malines, Liegi, Courtrai ed altri in cui gia da dieci anni si
effettud 1'evoluzione che dalla Capitale sembra temuta? Essa si rese ne-
oessaria, e vero, nei detti circondarii perche il titolo di conservatore era
rivendicato dalla frazione piu moderata del partito liberale il che, di-
628 CRONACA
ranno, non e il caso di Brusselle. Liberal! moderatissimi, vecchio--
modello, non ve ne sono piu. Sta bene ! ma il partito cattolico a Brus-
selle ha una situazione speciale che conviene sistemare. Lo compongono
diversi elementi ; sono questi che il Comitato revisore ha difficolta di
riunire sotto una medesima bandiera. Se i democratic) fossero soli, si
finirebbe forse coll'intendersi con loro. Di tutto quanto il Sommo Pon-
tefice disse della democrazia cristiana e dei suoi limiti, non vi e nulla
che non possa applicarsi all'azione dei cattoiici belgi e soprattutto a
quell a dei conservatory I democratici non si spaventerebbero sicuro
della qualifica di cattolici. Ma esiste in Brusselle il partito cosi detto
degl' Indipendenti di cui una parte, molto piccola perd, un decimo
appena, rifiuta ad ogni costo di far parte di una associazione che avrebbe
qualche apparenza confessionale. Quella nondimeno aon e una diffi-
colta insormontabile e, come fan no osservare diversi organi delia
stampa cattolica, essa si appianerebbe subito se, come in altri circon-
darii, si aggiungesse alia parola cattolica quella di costituzionale, che
toglierebbe alia prima un senso troppo esclusivo. E gl'lDdi pendent!
ed i Cattolici non sono Costituzionali ? La Costituzione sarebbe il ter-
reno comune agl' indipendenti ed ai cattolici, come la Religione la
e agli stessi cattolici ed ai democratici. Sarebbe forse 1'unico mezzo
per raggiungere 1'unita del partito cattolico. In ogni caso lo auguriamo.
5. Siccome la questione agraria sembra essere all'ordine del giorno
un po* dappertutto ed aache nel vostro paese, non sara forse senza
interesse per i vostri lettori di conoscere, le idee del Circolo di studii
sociali di Bruges intorno ai contratti di locazione dei fondi rustici
quali esistoiio oggidi. In genere essi comprendono condizioni irraziouali
e vessatorie che, si direbbe, vi sono introdotte a bella posta per pro-
vocare la discordia fra proprietarii ed affittuarii, e cio a gran danna
non solo delle parti, ma pure del bene pubblico. Bisogna rimediarvi,
e come? Ognifregione dovrebbe avere il suo contratto tipo di affitto,
ma in ogni caso il contratto conterra innanzi tutto la descrizione della
proprieta. Essa sara- completa, particolareggiata, comprendera tutto
quanto pud aumentare o diminuire il valore ; verra anzi illustrata da una
pianta. Tutte le clausole che rifiuterebbero all'affittuario un inden-
nizzo per diiferenza di superficie a danno suo, tutte le altre che la-
scerebbero al proprietario certi diritti inapprezzabili sopra il fondo
ceduto in locazione, debbono essere scartate accuratamente come in-
giuste. II canone annuo, ed e qui il punto piu difficile, non sara
esagerato. Nel nostro paese, per sventura, vi e questa tendenza, che
si attribuisce 1) alia sproporzione fra 1'offerta e la domanda, fra le
proprieta e la popolazione cosi densa ; 2) all'assenza dal fondo : i proprie-
tari per appagare|il proprio lusso in citta, hanno bisogno della mas-
sima rendita possibile : i mediator! fra i locatari ed i coltivatori quindi
CONTEMPORANEA 629
sfmttano gli uni e gli altri ; 3) infine al rialzo della proprieta fon-
diaria. Rimedii a simile situazione non ve ne sono veramente, se non
di far appello ai buoni sentiment! ed alia sana ragione degli inte-
ressati : non e forse nel loro reciproco interesse che il canone non
sia esagerato? La legge intanto potrebbe, quando vi sono beni pub-
blici da mettere in affitto, abbandonare il sistema di aggiudicazione
pubblica oggi vigente e sostituirlo con un sistema piu razionale.
Questa provvidenza, insieme alia perequazione catastale, la quale va per
le lunghe, avrebbe certamente la sua influenza sulle locazioni. — Im-
portante pure & la questione della durata. Bisogna dare all'agricol-
tore il tempo di trarre tutto 1'utile possibile dai capitali necessitati
dalla coltura intensiva. II minimo, secondo i piu esperti, dovrebbe
essere di sei anni senza interruzione, nemmeno nel caso di vendita.
Se la disdetta viene dal proprietario, egli dovra avvertirne il fittaiuolo
anticipatamente, in modo che vi sia fra la disdetta e la scadenza del
contratto un tempo sufficientemente lungo. L'affittuario deve godere
della massima liberta d'azione nella maniera di coltivare. II contratto
potra tuttavia stipulare che Paffibtuario coltivera la terra da buon
padre di famiglia : esso con terra la base degli indennizzi da pagarsi,
se 1'affittuario avra da lasciare il fondo. — Infine Pultima stipulazione
del contratto di locazione, sarebbe Pindennizzo dell'affittuario uscente
per le arature, concimazioni, seminagioni e migliorie fondiarie per-
manent]'.
6. La protezione della proprieta iudustriale e la convenzione pel
zuccheri, tali sono i due atti diplomatic! che recentemente furono
ratificati ed alia cui negoziazione il Governo belga prese una parte
prevalente, come vogliamo notare, affinch& non "si dica piu con i li-
berali ed i loro alleati nostrani che il Belgio perda d'autorita sotto
un Governo clericale. II nostro paese, al contrario, acquista scmpre
maggiore influenza nella diplomazia internazionale. Ci sia peimeaso
di riassumere i fatti, che consideriamo come una vittoria per i nostri
uomini politici.
Era il dicembre 1897 : una conferenza internazionale si raduno
in Brusselle, sotto la presidenza del sig. Nyssens, oggi defunto, allora
ministro dell' Industria e del Lavoro, allo scopo di assicurare con prov-
vedimenti^efficaci la protezione della proprieta industriale. Lo scopo,
su cui tutti i rappresentanti dei principali paesi del mondo erano d'ac-
cordo, non era pero facile a raggiungere causa le profonde diver-
genze di opinioni che si manifestarono fin dall'apertura dei dibatti-
menti sui mezzi di attuarlo. L'accordo immediato era impossible e
percio i lavori furono sospesi dopo che al Governo belga era stata
affidata la missione delicata di proseguire per mezzo della sua diplo-
mazia gli scambii d'idee iniziati.
630 CBONACA
Alcuni mesi piu tardi, nel Giugno 1898, sotto la presidenza del
sig. Conte de Smet de Naeyer, ministro delle Finanze, accadde lo
stesso con la conferenza internazionale sul regime degli zuccheri.
I conferenzieri si trovarono ben presto ridotti a questa alterna-
tiva : o rinunciare alia prospettiva di un accordo e limitarsi a ricono-
scere lo scacco degli sforzi della conferenza, o proseguire la ricerca
di una formola di transazione. Adottando all'unanimita questa ultima
soluzione, la conferenza stessa scelse anche il Governo belga per con-
tinuare mediante corrispondenza le negoziazioni colle altre potenze.
Nel 1900 i delegati alia Conferenza internazionale per la prote-
zione della proprieta industriale furono nuoyamente radunati, ma
questa volta in seguito alia comunicazione di una nota emanante dal
Governo belga e riconoscente 1'esito felice delle negoziazioni di cui il
medesimo era stato incaricato. L'accordo definitive si tradusse poco
dopo in convenzione firmata li 14 dicembre 1900.
Nel mese di dicembre 1902 ebbe luogo la seconda sessione della
Conferenza degli Zuccheri. II sig. de Smet di Naeyer, poggiandosi
sul risultato delle tra'ttative tra le due sessioni, indicd alia Confe-
renza la direzione che essa dovea prendere per arrivare ad un accordo
definitive. Le disposizioni concilianti dei diversi paesi interessati, ma
anche pero la lealta delle dichiarazioni scambiate, le quali non la-
sciarono nessun dubbio sulle conseguenze di uno scacco, permisero di
^ffettuare 1'accordo colla convenzione del 5 marzo 1902.
La firma dei due atti diplomatic! fu molto favorevolmente accolta
nel mondo degli affari. Tuttavia talvolta accadde che convenzioni di
questa natura non potessero venire applicate perche non ratificate dai
parlamenti relativi, ma cid non avvenne nei nostri due casi, e sia lode
al Governo attuale belga che ha contribuito tanto largamente all'otte-
nuto risultato. Se i suoi avversarii lo riconoscessero !
RUSSIA (Nostra Corrispondenza). 1. I giubilei. — 2. La Russia politica
ed amministrativa. — 3. Le inchieste e i comitati.
1. Da parecchi mesi la Russia e tutta intesa a solennizzare cen-
tenarii ed anche bicentenarii riguardanti il suo ordinamento politico,
ciascuno dei quali porge occasione ad un giubileo. Cosi sullo scorcio
del passato dicembre furono pubblicate lettere patenti, colle quali lo
Czar rammentava il centesimo anniversario della istituzione del « Co-
mitato dei ministri », per opera deH'imperatore Alessandro I, che fu
altresi 1'ordinatore della maggior parte dei ministeri presenti. Non
deve confondersi il Consiglio dei ministri col Comitato dei ministri.
II primo ha minore importanza del secondo, e si aduna solamente
quando 1'Imperatore reputi opportune convocarlo. Invece il secondo,
cioe il Comitato, ha carattere d'istituzione consultiva permanente, ed
CONTEMPORANEA 631
abbraccia persone molte e svariate : president! delle sezioni del con-
siglio di Stato, ministri, il direttore general e della sezione per la mo-
dificazione delle leggi, e buon numero di altri cospicui officiali de-
signati dall' Imperatore. II Comitato tratta quelle question!, in cui
sono interessati parecchi ministeri, o che eccedono le attribuzioni
peculiar! di ciascun mmistro. Esso prende a disamina altresi i ne-
gozii che si riferiscono alia legislazione propriamente detta, per esem-
pio i negozii di alta polizia, di pubblica vettovaglia, di censura ecc.
Le deliberazioni hanno efficacia solamente quando il sovrano le ha
sancite. Insomnia il Comitato dei ministri e lo strumento merce del
quale lo Czar esercita 1'autorita ammini strati va, mentreche il Se-
nato, istituito da Pietro il grande, e che dapprincipio accentrava
tutti i rami della pubblica podesta, ha piuttosto officio di sopravve-
glianza giudiziaria ed ha perduto parte della importanza primitiva
dacche furono istituiti i ministeri ed il Consiglio dell' impero. I mi-
nisteri tutti insieme, e ciascuno di essi in particolare, hanno cele-
brato solennemente il loro giubileo ; cioe i ministeri per la guerra,
per la marina, per gli affari esteri, per la giustizia, pei negozii inte-
riori, per le finanze e per la pubblica istruzione.
Un altro centenario ha p6rto occasione a festeggiamenti, quello
del corpo dei paggi. Questi paggi della Corte costituiscono una grande
scuola militare, in cui, a spese dello Stato, si vengono educando i
figli di generali e di cospicui officiali civili. Durante la loro dimora
nella scuola, in attesa di entrare nell'esercito, questi giovani com-
piono nella Corte un servizio di guardie d'onore. Lo Czar fece ritorna
dalla Crimea per presiedere a questa festa, che comprese in se un
ampio e splendido programma : un pranzo di 1200 commensali, un
solenne ricevimento, sfilate d'ordinanze militari, discorsi proferiti
dalPimperatore.
Ne la serie de' giubilei & qui terminata. Avvi ancora il giubileo
della stampa periodica, ed un altro di molto maggior rilievo che
concerne il secondo centenario della fondazione di Pietroburgo per
opera di Pietro il grande. Esso e oggetto di lunghi apparecchi, e
porge occasione a considerazioni, a studii storici, artistici, economicir
sociali. Nel maggio venturo cominceranno i festeggiamenti, secondo
il programma compilato per opera concorde di moltissime autorita.
Si rammentano le circostanze politiche e militari che spinsero Pietro
il grande a fondare la novella capitale e radunare forze sterminate
nella regione appunto che era il campo prediletto delle invasion!
svedesi. Con questa formidabile intrapresa la Russia diveniva libera
dalle tradizioni asiatiche, che avevano gravato sempre sopra di essa.
D'allora in poi, nella politica dell'Europa essa ha conquistato uno
dei posti principal! ; si e « occidentalizzata » (passi il barbaro voca-
632 CRONACA
bolo), ma non pero ha veduto scemare il suo compito nell'Asia;
anzi e signora di territorii sterminati, dei quali ha costituito un'al-
tra Eussia. — II doppio centenario della fondazione di Pietroburgo
sara tema inesauribile di riflessioni e di manifestazioni, e fuor di
dubbio varra di stimolo all'ardore, onde sono accesi gli aniini tutti.
2. Qaesto ardore & possente e universale; e quanto piu si prende
a maditare i discorsi che corrono in Russia, tanto pift si rimane
persuasi che gravi mutamenti vi si vanno apparecchiando. Solo Iddio
sa fra quali coinmovimenti si compiranno! — Da un capo all'.altro
del vasto paese si aggira un cotal romorio, in cui si confondonc mi-
lioni e milioni di voci : tutti, aristocratici, letterati, borghesi, con-
tadini, pronunziano la stessa parola « riforma », la quale rappresenta,
com'e naturale, preoocupazioni e cose diversissime. In fatto di ri-
forme una ve n' ha, che sebbene non sia per anche accettata e nep-
pure indicata schiettamente, sembra tuttavolta che abbia ad essere
posta sul tappeto in brevissinio spazio di tempo ; queila cioe delle as-
semblee provincial}, che vanno sotto il nome di zemstra. I lettori ci
sapranno grado che qui notiamo gli essenziali caratteri di questa
istituzione, la quale e di cotal guisa il campo, nel quale si viene
svolgendo per buona parte il moto riformista. Ci giovereino princi-
palmente dei dati, che si contengono nella grand'opera intitolata
La Russia alia fine del secolo derimonono, pubblicato sotto la dire-
zione del signer Kovalevski, gia assessore del ministro per le finanze.
I 78 governi e le 18 province, ossia regioni, oltre il rappresentante
dello Stato, hanno un Consiglio che chiamasi zemstro (zemstra in plu-
rale). Questo Consiglio ha origine da quel periodo di tempo, che sus-
segui alia guerra di Crimea, quando 1'Imperatore Alessandro II in-
tese la necessita di riordinare, o a dir meglio ordinare 1'amministra-
zione locale. La base dello zemstro e elettiva : ogni tre anni il popolo
del distretto sceglie delegati, che chiamansi glasny, ossia membri de-
liberanti. Radunata una volta all'anno, e presieduta dal maresciallo
della nobilta (scelto anch'esso per via d'elezione nel distretto, pel
periodo di tre anni), I'assemblea elegge, sempre per tre anni, una Corn-
mi ssione esecutiva permanente, la quale ammlnistra i negozii econo-
mici. C'e lo zemstro di distretti, poi, al di sopra di questo, lo zem-
stro di provincia, ossia di governo, il quale si assomma anch'esso in
una commissione esecutiva permanente. Ebbe dapprincipio arnpie at-
tribuzioni, che abbracciavano 1'alimentazione del popolo e la istruzione
primaria, e che fra il 1870 e il 1880 sembrava dovessero assorbire
tutta ramministrazione provincial. Questo ampliarsi progrediente fu
interrotto dalla legge del 1890, che tutto ad un tratto confer! ai go-
vernatori buon numero dei diritti degli zemstra. Si tornava all'ac-
centramento. Questo amore delle liberta provincial! s' intorpidi, poi si
CONTEMPORANEA 633
r destd. Le crisi economiche e la questione agraria conferirono a ri-
donargli forza; tanto piu che lo stesso Czar, in un pubblico discorso,
1'ebbe esplicitamente incoraggiato. Quel discorso proferito 1'anno pas-
sato al Koursk, dopo le molte vicende di tumulti, nei quali si videro
torme di contadini affamati levarsi a ribellione e darsi al saccheggio;
quel discorso, diciamo, continua ad essere il tema di comment! pres-
soche quotidiani. Da due mesi le gazzette, non fanno che rammemtare
le dichiarazioni imperiali, che sono davvero eloquenti. « II compito
economico degli zemstra (dicevalo Czar) e opera di precipua nlevanza.
Spero che gli dedicherete ogni vostra possa. Sard ben lieto di por-
gervi aiuto e protezione, coll' intendere di conserva all'unita d'azione
di tutte le istituzioni locali. Ricordatevi che e vostro dovere, dare
orainamento sopra luogo al complesso degl' interessi economici. Adern-
pite efficacemente siffatta missione, e state vi sicuri che vi procaccera
la mia piu cordiale benevolenza. > — E urgente e generale la neces-
sita di una riforma; ed & proclamata, in tono commosso, non pure
dalle gazzette che godono di un po' d' indipendenza, ma ben anche
da fogli molto officiosi. Q-li uni e gli altri vanno denunziando fatti,
che rendono testimonianza di un dissesto doloroso che mette paura,
e domandano « provvedimenti economiei > , 1'applicazione dei quali
sarebbe affidata allo xemstro; anzi di sovente i riformisti si mostrano
persuasi che tocca allo wmsiro, indicare, proporre e trovare i rimedi
acconci. Infatti c'o modo di trarre partito dai ragguagli attinti di
mezzo alia crisi, fra realta molto confuse. Le soluzioni divisate alia
lontana dai burocratici e dagli statisti delle grandi citta, non avreb-
bero alcuna efficacia sul male, o 1' irriterebbero maggiormente. Esso
si appresenta come un fenomeno, le cui molteplici cagioni si connet-
tono intimamente a tutto il corpo sociale. I possidenti nobili, per la
loro negligenza e inesperienza, veggono scemare vieppiti con ispaven-
tosa celerita le proprie rendite. Al cospetto delle terre incolte ed in-
feconde i contadini si sentono crescere in petto la bramosia, e d'al-
tro canto manca loro di sovente il necessario terreno; cost si lascia
libero corso alia speculazione. Le banche acquistano le possession!
della nobilta e spingono i meschini agricoltori a prendere danari a
prestanza, a gravarsi di debiti che non saranno mai pagati e che di-
latano il sistema dell'espropriamento. L'usura invade i villaggi, ed
accade non di rado che la stampa additi con terrore i guasti prodotti
dall'usura cosmopolita, e si scagliano fulmini contro i misfatti del ca-
pitale, che di frequente assume cola il carattere dell'agiotaggio. Que-
sto e uno dei moventi che rendono piu cara al popolo 1' idea di fare
risorgere la liber ta e 1'autorita dello temstro. Ma come fara per ripa-
rare ai pericoli? Non si sa; eppure tutti si rivolgono verso di lui,
in mancanza d'altro rimedio; e primieramente si richiede, che colsuo
634 CRONACA
ordinamento sia messo in armonia coi bisogni reali e con la giustizia.
Anche il governo si mostra desideroso di mettersi per questa via. II
ministro per 1' interne ha deliberate di procedere alia revisione della
« quota del corso elettorale dello zemstro » , vale a dire di accertare
la situazione del possidenti di terreni, che sono forniti del diritto elet-
torale o che vi possono aspirare. Un elenco di domande a tal uopo e
stato trasmesso d'ufficio alle assemblee provincial!. L'esito della in-
dagine condurra certamente ad una riforma nella composizione degli
zemstra, e cosi fara sorgere nuove idee. Siamo soltanto all' inizio della
indagine, ma questo inizio ha dato gi£ tale impulso alle menti, che
pud condurle innanzi di molto.
3. Novella prova della rilevanza del provvedimento preso, si ha
nel discorso teste proferito dal signer de Plehve nell'occasione del
centenario del ministero pei negozii interiori. Citando e comentando
il discorso imperiale di Koursk, il ministro ha domandato la coopera-
zione di « tutte le forze navali del paese » . Egli ha annunziata per
« un future molto prbssimo » 1'inaugurazione di « conferenze » , che
saranno tenute al ministero per 1'interno, ed alle quali interver-
ranno « i rappresentanti delle autorita locali ». In essa si prende-
ranno a disamina « i provvedimenti d'ordine sociale ed economico,
che il governo impromette di prendere, per dare aiuto ai popoli del-
1'impero e fame paghi i bisogni » . Le gazzette, e specialmente le
Novosti, nel fare grandi elogi di cotali promesse, ne posero in rilievo
la gravita. II ministro signor de Plehve ha detto solennemente, essere
volonta dell'imperatore che si scelgano, fra le persone pratiche dei
.negozii riguardanti i contadini, dei collaborator! per 1'opera di rior-
dinamento del regime rurale in Kussia. Le Novosti hanno fatto su-
bito notare che il proposto problema consiste anzitutto nel dar sesto
ai nego&ii de' contadini ed a tutto il complesso del regime rurale.
Riforma delle condizioni giuridiche in cui versano i contadini; ri-
forma dv-i procediinenti amministrativi ; e a queste due gravi intra-
prese un'altra se ne aggiunge, che certo non e agevole, e che avra
pur essa conseguenze gravi, cioe 1'emigrazione dei semplici agricol-
tori in Siberia. II signor de Plehve ne ha parlato di proposito. Si
stima dunque la questione gia impegnata. Varii pubblicisti sono con-
cordi i.eil'asserire, che dopo 1'abolizione del servaggio nel 1861, e
non osictute questa abolizione, la piccola possidenza quasi piu non
esiste, massimamente che la popolazione, la quale ha da vivere sulle
terre cedute ai contadini, si e accresciuta di molto. Di qui un au-
mento delle bramosie socialiste, spalleggiate dalle prediche del Tolstoi.
II desiderio ed il bisogno d'indagare hanno preso gia tanta consi-
stenza e tanto ardore, che sono divenuti possibili certi fatti curiosi.
Lo Czar ed il ministro pei negozii interiori hanno annunziato, come
CONTEMPORANEA 635
abbiamo detto, una grande consulta, alia quale parteciperanno < per-
sone d'alto grado », conoscitrici del negozii rurali ; ma sono gia co-
minciate altre inchieste, che possono imprimere un carattere impre-
veduto alia consulta divisata epromessa. Pertanto in private adunanze
sonosi convocati, in vece di « persone autorevoli», dei semplici operai,
i quali coi loro vestimenti da lavoro, sono comparsi in una assem-
blea di persone della colta societa, di borghesi e di economist!. Una
di cotali adunanze si e tenuta nella sede di un'associazione che
s'intitola « Assemblea russa ». Quivi hanno parlato cinque o sei ope-
rai per manifestare le loro lagnanze, i loro desiderii e disegni ; ed
hanno parlato un linguaggio temperato, e senza alcuna mostra di
tendenza rivoluzionaria ; ma questa loro temperatezza ha messo forse
maggiore timore, di quel che avrebbe fatto una manifestazione vio-
lenta o appassionata. La loro pacatezza e la soddisfazione degli ascol-
tatori danno a temere che siffatto procedimento entri nelle costu-
manze, e che per la forza delle cose, all'infuori d'ogni guarentigia
officiate, abbiano a stabilirsi delle usanze, che a poco a poco e ine-
vitabilmente condurrebbero alle pratiche del sistema parlamentare.
— E chiaro che, per adesso, questi timori sono molto esagerati, ma
sarebbe d'altro canto una esagerazione il porre in non cale quei
fatti che li hanno suscitati. Si hanno a considerare come sintomi ; i
quali, ove si ripetessero e diventassero frequenti, potrebbero dare
alle aspirazioni popolari una estensione smisurata ed uno slancio
irrefrenabile. Non ostante 1'affezione figliale ed entusiastica dei popoli
per lo Czar, puo darsi che la vecchia aristocrazia abbia perduto assai
della sua forza. Si e tratti a supporlo specialmente ove si ricordi
che, ventidue anni addietro, il generale Loris-Melikov, allora mini-
stro, riputava essere giunto il momento di introdurre cangiamenti
profondi nel sistema secolare, e di mettersi per la via che farebbe
capo un giorno al reggimento costituzionale. L'assassinio dell'impe-
ratore Alessandro II feee abbandonare tutto il programma che stavasi
apparecchiando ; fu ricacciato subitamente nell'oblio, e sepolto nel
lutto e nello sbigottimento. Ora, dopo ventidue anni, sembra che
1'idea abbia ripreso il sopravvento ; ma varra a dischiudersi una via
regolare ed a percorrerla senza impetuosita e senza conquassi? Con-
viene attenersi dal fare profezie, quando non si e profeta, e quando
si e a fronte di un problema, che contiene in se tanti elementi ignoti
oppure incalcolabili. Tutfcavolta torna difficile non fare un paragone
fra lo stato morale e politico presente della Russia, e lo stato in cui
versava la Francia negli anni che precedettero la rivoluzione. Allora
la forza destinata a prorompere in impeti furibondi, andava crescendo
pian piano all'ombra del sentimentalismo, della filantropia e delle
speranze liberali. Adesso in Russia, le classi elevate e quelle vol-
636 CRONACA
gari sono tutte quante preoccupate di riforme umanitarie, generose,
per lo pill molto utili, molto giustificate, e da gran pezza troppo
soverchiamente trascurate. Opere cli pubblica assistenza, d'igiene, di
economia, di pensioni, sono oggetto di assidui studii e di sforzi sem-
pre piu poderosi. II popolo e fornito di una stupenda provvigione di
entusiasmo e fratellanza : ma 1'entusiasmo corre pericolo di sbagliare
la strada, d'inalberarsi sontro gli ostacoli inattesi, di guastarsi per
cagione del disinganno e per effetto dell'ira, perocche le idee diret-
tive hanno subito gravi nocumenti. La crisi che mette in palpiti la
Russia, ha la sua origine piu profonda nel torpore della dottrina
religiosa.
Siccome non e possibile parlare di tutto ad un sol tratto, qui so-
lamente ho fatto menzione dei fatti amministrativi e politici, riser-
ban do ad altra volta la necessaria disamina degli altri.
SVIZZERA (Nostra ' Corrispondenza). II referendum intorno alia crema-
zione nel Canton Ticino.
II 1 febbraio nel Canton Ticino abbiamo avuto 1'esempio di cid che
pud fare un popolo, quando coloro cui incombe 1'obbligo di illumi-
narlo e guidarlo sulla retta via sanno compiere il loro dovere.
La maggioranza radicale del Gran Consiglio s'era creduta abba-
stanza forte da imporre al paese 1' istituto della cremazione. Si com-
prende che non tanto ragioni igieniche p scientifiche pesavano nella
sua bilancia, quanto I5 intenzione di dare un colpo di piu alia < su-
perstizione » cattolica. II pretesto, del resto, non mancava d'essere
specioso: s' invocava la liberta. La cremazione non e obbligatoria, ma
facoltativa: quale difficolta, dunque, ad accettarla? Non si faceva vio-
lenza alia cosoienza di nessuno.
Gia: proclamando la liberta del male non si fa violenza alia co-
scienza della gente onesta!
Lo scacco subito anni sono dai cremazionisti a San Gallo non
aveva insegnato nulla ai razionalisti ticinesi. Nonostante la vigorosa
opposizione fatta nel Gran Consiglio dalla Destra conservatrice catto-
lica, la cremazione vi veniva votata il 14 novembre 1902 coll'ag-
giunta del seguente paragrafo all'articolo 102 del vigente Codice sani-
tario: c La cremazione e facoltativa. a spese di chi la domanda, e
sottoposta a speciali norme precauzionali da ordinarsi dal Consiglio
di Stato. »
II Comitato della Sezione cantonale della Societa dei Cattolici Sviz-
zeri — prima Associazione di Pio IX — non pose tempo in mezzo ;
radunatosi sollecitamente risolse d'iniziare il Referendum contro tale
decreto legislative. Moltissimi lettori della Civilta ricorderanno che
CONTEMPORANEA 637
1'appello al popolo, quest'istituzione emineatemente democratica, e
stato introdotto nella legislazione ticinese dal partito conservatore, e
come esso sia gia valso a mandare a carte quarantotto, nel marzo
del 1895, il tentative fatto dal regime radicale tomato al potere
nel 1893, di abolire la legge sulla liberta della Chiesa cattolica. E si
ehe allora s'era aucora nella luua di miele della vittoria radicale:
Una parte del corpo elettorale continuava nell'ubbriachezza dell'orgia
di promesse fatte dai nuovi padroni. Qaest'ubbriachezza ora & sva-
nita: per non parlare che della situazione flnanziaria, le imposte pe-
^ano con gravezza maggiore e il debito pubblico e aumentato d'oltre
due xnilioni : una cattiva politica non pud fare una buona finanza.
II Referendum ebbe ua esito splendido. Ilnumero delle firme chie-
denti che nol decreto del Gran Consiglio si chiamasse il response alle
urne supero le 9000. Gio faceva prevedere con tutta sicurezza la ca-
duta della creinazione: nessuno pero s'aspettava, dati gli sforzi erculei
fatti dal partito radicale sventolante la bandiera del progresso in pe-
ricolo, che tale caduta sarebbe stata cosi fragorosa.
II 1° marzo 14,000 cittadini contro 5,000 — in cifra tonda — seon-
fessarono 1'operato del governo e della Sinistra granconsigliare. In
tutti gli otto distretti la inaggioranza anticrernazionista fa schiac-
ciante: anche in quelli di Menchisio, Lugano, Bellinzona e Riviera in-
feudatissimi ai radicalismo. Dei capoluoghi principali solo Bellinzona,
seie del Groverno, diede una forte maggioranza al decreto legislative.
Lugano, Locarno, Menchisio la respinsero : in circa quaranta comuni
€sso non ebbe neanche un voto.
La rabbia nei campo settario non e poca. La Gazxeita ticinese,
che dal liberalismo moderate e passata da anni, armi e bagagli, al
radico-socialismo piu sbracato, parla del popoio nostro come di un po-
polo ignorante, antiprogressista, ineivile, incosciente, fanatico, schiavo
e libertieida. II Dovere, monitore del governo, non e cosi sguaiato ma
neanch'esso cela il sommo dispetto che lo rode : e insieme la stampa
rosticciera, se la piglia in modo principale col nostro amato e vene-
rato pastore diocesano, mons. Yincenzo Molo, Amministratore aposto-
lico, il quale non solo aveva benedetto e incoraggiato il Comitato della
Societa del Cattolici Svizzeri nell'azione sua, ma con apposita pasto-
rale aveva richiamato al popolo la dottrina cattolica sull' inumazione
dei defunti e il suo dovere di non permettere si offendesse in modo
cosi brutale la sua fede. Contro il vescovo schiettamente apostolico
la piazza aveva fatto una dimostrazione ignobile la vigilia della vo-
tazione, dopo una conferenza cremazionista tanuta dall'architetto Q-ui-
dini: artista di vaglia ma disgraziatamente settario accanito e dagli
occhi acciecati dalla passione. In qnesta marmaglia urlante e fischiante
638 CONTEMPORANEA CRONACA
c'erano anche del professor! di liceo e di ginnasio : che fior di edu-
cator! della nostra gioventu !
La campagna contro la cremazione era stata condotta con slancio
dal nostro giornalismo : il Popolo e Liberia di Locarno e la Patria di
Lugano. Anche il liberale conservatore Corriere del Titino ebbe un
contegno lodevole. II clero ubbidiente ai cenni del suo superiors fu
modello di attivita : il nostro laicato cattolico si prodigo in conferenze
ed in riunioni popolari quali non mai c'erano state. Ci6 dice che se
1'anima popolare e di fondo veramente cristiana, quando si ricorra
ai mezzi idonei se n'ottengono per la buona causa lieti frutti. Se ne
prenda norma per 1'avvenire.
OPERE, PERVENUTE ALL A DIREZIONE
Annuaire de I' University catholique de Louvain 1903. Soixante-sep-
tieme annee. Louvain, Van Linthout, 16°, XXXII-394-XX p.
Brandberg Th., Bahr J. Urkunder och forfattningar angaende Do-
nationer vid Upsala Kongl. Universitet. Upsala, 1902, 8°, 270 p.
Capuzzello F. I sepolcri di Ippolito Pindemonte. Versione in esame-
tri latini preceduta da una lettera del Prof. FELICE RAMORINO. Roma,
Loescher, 1902, 8°, 32 p. L. 1.
Cianfrocca R-, d. S^P. Prosodia e metrica della lingua greca. Ediz.
novissima. Roma, Salesiana, 1903, 16°, 120 p. Cfr. presente quad. pag. 597.
Cutuli P., can. Regolamento del Seminario Vescovile di Tropea. Reggio-
Calabria, Morello, 1903, 16°, 190 p.
De Lorenzo A. Nostra Signora della consolazione, protettrice della
cittti di Reggio in Calabria. Quadretti storici. 3a ed. riveduta ed ampliata
dall'A. Roma, Ravagli, 1902, 16° 272 p. L. 2,50.
D'Hulst M. Nouveaux melanges oratoires. V. Discours et rapports sur
les oeuvres sermons et allocutions pour les oeuvres. Preface de M. 1'abbe
ODHLIN vie. gen. sur Mgr D'Hulst. Paris, Poussielgue, 1903, 8°, XVIII-
438 p. Fr. 5.
Edling E. Priscillianus och den aldre priscillianismen I. Upsala, 1902,.
8», XVIII-250 p.
Finco G., sac. II mio ritorno nella Giudea. Diario (12 aprile - 14 mag-
gio 1902). Torino-Roma, G. Marietti, 1903, 16°, 192 p.
1 Non essendo possibile dar oonto delle molte opere, che ci vengono invlate, con quells
•oUecitudine che si vorrebbe dagli egregi Autorl e da noi, ne diamo intanto nc annuuzio
sommario che non import* alcun giudizio, riserbandoci di tornarvi sopra a second* dell \>p~
p -rtunHa e dello spazio concesso nel perfodico.
OPERE PERVENUTE ALLA DIREZIONE 639
Gummerus J. Synodalstatuter oeh andra kyrkorattsliga aktstycken
fran den svenska medeltidskyrkan. Upsala, 1902, 8°, VIII- 98 p.
Hamilton Cavalletti G. Dal detto al fatto nel socialismo. 2a ed. Roma,
Desclee, 1903, 16°, LVI-400 p. L. 3. ^
Lundstroro H. Ryrkohistorisk Arsskrift. Tredje argangen 1902,
Stockholm, 8°, VIII-176 p.
Poey P. fitudes sur les originesdu Christianisme et I'histoire de V Eglise
•durant les trots premiers siecles. Paris, Lille, Desclee, 16°, XII-640 p. L. 4.
Rinieri P. Hil., S. I. La diplomatic pontificate au XIX siecle. Tra-
duction de 1'abbe J. B. VERDIER. Le Concordat entre Pie VII et le premier
Consul. (1800-1802). Paris, Lethielleux, 1903, 8°, XXXII-652 p. Fr. 6.
o
Upsala Universitets Arsskrift. 1901. Upsala, Akademiska Bokhand-
£ln, 8°, 586 p.
Vitelleschi G. M. Prosa moderna. Letture ad uso delle scuole mo-
derne. I. Paesaggi, descrizioni di luoghi e costumi, narrazioni, quadretti,
scenette — Ritratti, ricordi biografici, profili, aneddoti, scherzi, varietd —
Storia naturale. 2a ediz. rinnovata ed accresciuta. Torino, Clausen, 1903,
8°, 392 p. L. 2,50.
Vreta Kloster af Frithiof Hall. Gene, Gefle-postens Tryckeri, 1902,
8°, 20 p.
Zeibert F., mons. Compendium Historiae Ecclesiasticae. Ed. Ill pro-
curata a Dr JOSEPH SAMSOUR, hist, eccles. in Semin. Brunensi prof. Brunae,
Rajhrad, 1903, 8°, 320 p.
Altre pubblicazioni pervenute: Varieta. — BALLERINI G., sac. Delia
morte, risurrezione ed assunzione di Maria SS. "Siena, S. Bernardino, 1903, 16°,
46 p. Cent. 30. — BARA F., sac. Per la mente e per il cuore: opportunissimi
ammaestramenti di NiccoL6 TOMMASEO. Napoli, D'Auria, 1903, 16°, 36 p. Cent. 30.
— H. BOSMANS S. J. Documents inedits sur Gregoire de Saint-Vincent (mate-
matico fiammingo del secolo XVII). Extrait des Annales de la Soc. scientif.
de Bruxelles XXVII, 2- part. 8°, 44 p. — CASTEONOVO G., sac. La storia
e la critica odierna. Discorso Girgenti, Montes, 1903, 8°, 24 p. — CEREBO-
TANT L. mons. Rilievi e tracciamenti col teletopometro senza alcuna fatica di cal-
coh o misurazione qualsiasi empirica (Estr. Mem. delta Pontif. Accad. dei N. Lin-
cei XIX). Roma, Cuggiani, 1902, 8°, 40 p. e una tav. — FRATTINI G. Di un
gruppo continuo di trasformazioni decomponibili finitamente. Nota. (Rendiconti della
R. Accad. dei Lincei. 1 febbr. 1903). Roma, Salviucci, 1903, 8°, p. 74, 83. — GHINI
G. Riflessi e raccomandazioni per coloro che trattano delle S. Scritture. Cesena,
Bettini, 1903, 16°, 32 p. — MATTIUSSI G. S. I. L'essenza del Cristianesimo per
Adolfo Harnack. (Estr. dalla Scuola Cattolica). Monza, Artigianelli, 1903, 8°,
28 p. Cent. 50. — PAGANUZZI G. B. Sulla questione del Manicomio di S. Ser-
volo. Discorso pronunciato nel Consiglio Comunale di Venezia. Venezia, Cor-
delia, 1902, 8°, 24 p. - POZZO M. 11 progetto di legge dett'on. Gallini sulla di-
fesa dei poveri. Geneva, Campodonico, 1903, 8°, 20 p.
Atti dell' Episcopate. — CALLEGARI G., vescovo di Padova. La Quare-
sima dell'anno 1903. Lettera pastorale. Padova, tip. del Seminario, 8°, 24 p.—
CAPECELATRO A., card. La poverta, I' industria e il sapere del nostro secolo
in relazione col Cristianesimo. Discorso. Lettera Pastorale intorno al divorzio.
Milano. Cogliati, 1903, 8°, 42 p. Cent. 50 — CAPPONI F., arciv. di Pisa.
II XXV anno di Pontificate di Leone X11I. Pastorale. Pisa, Orsolini-Prosperi,
640 OPEKE PERVENUTE ALLA DIREZ1ONE
1903 f.° — CARLI G., vescovo di Luni-Sarzana e Brugiiato. 11 ripovo fextivo e
la santificazione delle feste. Lettera pastorale. Sarzana, Cesta, 1903, 8°, 34 p. —
DE MARTINOF., vescovo di Caiazzo. L'azione cattolica e il Giubileo Papale.
Pastorale per la Qnaresima 1903. Napoli, D'Auria, 1903, 8°. 32 p. — JUN-
GUITO J. S. I., vescovo di Panama. Quintet Pastoral. Panama, Star and He-
rald, 1903, 16°, 14 p. — LETTERA PASTORALE degli Arcivescovi e Vescovi
della Toscana al Clero e al Popolo delle loro Diocesi. 1902. Pisa, Orsolini-Pro-
speri, 1902, 8°, 48 p. — MAGANI F., vescovo di Parma. Ragioni delle feste per
il Giubileo Papale di S. S. Leone XlFf. Lettera Pastorale. Parma, Fiaccadori,
1903, 8°, 24 p. — MARONG1O DELRIO D., arciv. Torritano. Amor di Dio e
disprezzo del mondo. Lettera Pastorale. Sassari, Dessi, 1903, 8°, 28 p.— MERRA E..,
vescovo di Cotrone. II Tabor delle glorie di Leone XL 'I o la solenne chiusura
del giubileo poiitificale. Lettera Pastorale. Bologna, Mareggiani, 1903, 8°, 20 p.—
MONTERISI I., vescovo di Marsico e Potenza. Riapertura del nostro Seminario
Dlocesano ed educazione del novello Clero. Lettera Pastorale. Potenza, Garramone,
1903, 16", 24 p. — PUJIA C., vescovo di Angiona e Tursi. Gesu Cristo nella
famiglia e il divorzio. Lettera Pastorale. Potenza, Gamunone, 1902.8°, 60 p. —
RESSIA G. B., vescovo di Mondovi. La speranza cristiana e le promesse del
socialisms). Lettera pastorale. Mondovi, tip. vescovile, 1903, 8°, 28 p. — SCHOEP-
FERF. X., eveque de Tarbes. La tres-sainte Eucharistie. Lettre Pastorale. Lour-
des, impr. de le Grotte, 1903, 8°, p. 271-322.
Eloquenza sacra. — GRASSO G., sac. Avvento del 1902 o quattro discorsi
polemici contro il socialismo. Roma, tip. salesiana, 1903, 16°, 148 p. L. 1.
AsceUca. — DEL CORONA P. A., vescovo di S. Miniato. Elevazioni sul
mistero dell' Eucaristia raccolte dalle opere del B. ALBERTO MAGNO. 3* ed. Romar
Desclee, 1903, 24°. 440 p. L. 2. Cfr. Civ. Catt. IX, 3 (1874) 78. — MEDITA-
ZION1 per ciascun giorno del mese nella passione di N. S. Gesu Cristo tradotte
dalle opere francesi di alcuni Padri della Compagnia di Gesu. 2ft ed. riveduta e
corretta dal P. GIUSEPPE M. PICCIRELLI. Napoli, tip. catt. 1903, 16°, 272 p.
Cent. 50. — UNA VISIT A a San Giuseppe per ciascun giorno del mese con Vag^
giunta di alcune preghiere ed ossequii. 6* ed. "Modena, tip. Pontificia, 24°, 40 p.
Cent. 15. — WITTEBOLLE P. Red., Le Careme sanctifie ou lectures pieuses
sur les souifrances de Jesus et de Marie d'apres Saint Alphoiise-Marie de Li»
guori. 2^me ^d. Paris, Lille, Desclee, 1903, 16«, 350 p. L. 1, 50.
Memorie. — CULOTTA P., sac. In niorte del cav. Orazio di Maggio. Ora-
zione funebre. Matera, tip. della Scintilla, 1903, 8°, 16 p. — LA SPINA A.,
S. I. Filippo Evola e le sue opere. Discorso letto in Balestrate. Palermo, Coo-
perativa, 1903, 8°, 62 p. — IL P. AN GEL 0 SEC CHI nel XXV anniversario
della sua morte 1878-1903. Roma, Desclee, 1903, 8°, 88 p. (illustr.). L. 1,50.
Lettnre ricreative. — DARDANA P. Alba soave. Dramma sacro in 3 atti.
— INNOCENTI B. Le campane. Bozzetto drammatico in 1 atto. (Collana di Lett.
dramm. 1903, I). Roma, tip. salesiana, 1903, 16°, 96 p. — MIONI LT. A Roma
salus. II. Nel paese dei cinesi. (Lett. Catt. 2). Torino, Lett. Catt. 1903, 16% 128 p.
Cent. 20.
Poesie. — BERI 1ST., can. 2 e 3 marzo 1903. Inno. Fabriano, tip. econo-
mica, F. — CAPUZZELLO F. II Campanile di San Marco. Scherzo poetico.
Roma, cooperativa, 1902, 16°, 16 p. — LIGUORI A.M., ca&.'Un nuovo ritratto
della morte. Inno. Sorrento, D'Onofrio, 1903, 16°, 12 p. — PEROSA L. A S'.
*. Leone XIIL XX febbraio 1903. Venezia, Sorteni e Yidotti, 8°, 38 p. — RO-
MEO I. Leoni XIII Carmina. Messanae, Alico, 1903, 24°. — PASELLA P.
Tristia. Livorno, Belforte, 1903, 8°, 56 p. L. 1, 20. — ZAMBALDI G., sac. Pet
Giubileo Pontificale di S1. S. Leone XIII. Versi. Torino, salesiana, 1903, 8°, gr.,8p..
LE PERIPEZIE D'UN MANOSCRITTO
IL PROCESSO ORIGINALE DI GALILEO
Un bibliofilo francese, Onesimo Durocher, nel 1866 dedico
alia sventura delle biblioteche un libro pieno d'erudizione
intitolato De naufragiis et incendiis librorum. Al quale tenne
dietro, nel X volume delle Miscellanies of the Philobiblon
Society, una commemorazione e quasi un lamento sulla sorte
anche peggiore toccata a tanti altri libri e document! *. Le vi-
cende de' libri, codici e manoscritti delle nostre biblioteche e
de' nostri archivii non sono tutte conosciute a gran pezza:
per quali vie molti di loro sieno pervenuti alle sedi Vaticane
o a quelle del British Museum o della Biblioteca Nazionale di
Parigi, sarebbe difficile, spesso impossibile rintracciarlo, ne
sempre pagherebbe la spesa e la fatica. Qualche cimelio par-
ticolare tuttavia ha la sua storia propria e la sua odissea :
che o per V importanza stessa delP opera o per gli avveni-
menti che le si svolsero intorno, presenta speciale interesse.
Tra questi, basterebbe anche solo nominarlo, e il mano-
scritto originale del famoso processo o, a dir meglio, dei due
processi di Galileo Galilei, quello del 1615-16 e quello del
1632-33. Riuniti in un volume sotto il n. 1181, i due processi
sono oggi conservati nell'Archivio segreto Vaticano, nella
« capsula X » insieme con altri preziosi documenti. Da prin-
cipio per 6 fi no al 1810 essi furono custoditi nell'Archivio
del Santo Uffizio, e non passarono al Vaticano direttamente,
ma solo dopo un lungo e fortunoso soggiorno a Parigi, donde
a" mala pena poterono ritornare in Italia, riportativi nel 1846
dal conte Pellegrino Rossi e restituiti al Papa. Nel 1850 poi,
1 Cf. Stimmen aus Maria-Laach 1903, I, p. 122.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1266. 41 11 marzo 1903.
642 LE PERIPEZIE D'UN MANOSCRITTO
sedati i torbidi della rivoluzione, Pio IX don6 il prezioso vo-
lume alia Biblioteca Vaticana, donde finalmente passo all'Ar-
chivio segreto.
Questa & a gran tratti la storia sommaria del celebre ma-
noscritto : ma le vicende a cui ando soggetto a Parigi e a
Roma, i tentativi e le titubanze di pubblicarlo, insino alle
edizioni, che finalmente nel 1877 ne fecero il francese L' Epi-
nois e il tedesco von Gebler, e da ultimo (1902) il prof. An-
tonio Favaro * in Italia, sono pure degne di essere conosciute
per se medesime e perche porgono occasione a qualche utile
osservazione.
Non pero tutti i documenti relativi al processo di Galileo
erano contenuti nel vol. 1181 predetto. L'erudito profes-
sore, che dirige Tedizione nazionale delle Opere di Galileo
Galilei, aggiunge alia propria pubblicazione alcuni nuovi do-
cumenti inediti, provenienti dai volumi del Deer eta del S.
Uffizio, cio& dai volumi che contengono i verbali e le decision!
prese dalla S. Congregazione nelle sue adunanze, e che si con-
servano quasi tutti nelFArchivio della medesima. Ammesso a
studiare con tutto Fagio « con favori eccezionali e larghezze
finora non concesse ad alcuno », i documenti original!, sia
nell'Archivio segreto Vaticano sia in quello del S. Uffizio, ne
da alle supreme autorita la meritata lode ed esprime la sua
riconoscenza. E di tutto rende conto assai minuto in una re-
lazione teste stampata a Venezia 2.
Sull'autenticita di qualche parte del manoscritto originale
aveva, fuor d'ogni ragione, e senz'avere veduto il codice,
sollevato dei dubbii il dott. Emilio Wohlwill 3; donde nacque
1 H processo di Galileo (Estratto dai vol. XIX della Edizione Nazio-
nale deUe Opere di Galileo Galilei. Edizione di trenta esemplari). — Fi-
renze, 1902, Tip. di G. Barbera, pag. 160 in 4. Quest'edizione per ora
non e in commercio; ma sara messa in pubblico, appena terminate il
volume XIX delle Opere complete di Galileo.
2 I documenti del Processo di Galileo (Estr. dagli Atti del reale Isti-
tuto Veneto di scienze lettere ed arti. Anno accademico 1901 - 902 —
Tomo LXI — parte seconda) p. 50 in 8.
» Der Inquisitionsprocess des Galileo Galilei. Eine Priifung seiner
1L PROCESSO ORIGINALE DI GALILEO 643
una fiera controversia giunta fino a sostenere, come fece il
prof. Silvestro Gherardi, che tutto il processo di Galileo era
« fattura dell' Inquisizione » l. Oggi tale questione non ha
piu alcun valore dopo I'esame e la pubblicazione del pro-
cesso fattane dal L'Epinois e dal von Gebler. Perci6 il Fa-
varo nella riproduzione e disposizione tipograflca dei docu-
ment! pot6 scostarsi alquanto piii liberamente dalla materiale
fedelta diplomatica al manoscritto, e pure riuscire a darne
un'edizione piii precisa, piii corretta, e in una forma piu
adatta allo studio del testo.
*
* *
Ordinato, con decreto del 2 febbraio 1810, dall' imperatore
Napoleone I il trasporto degli archivi pontificii da Roma a
Parigi, niente meno di 3239 casse piene di carte presero la via
di Francia, e giunte a destinazione furono consegnate al Dau-
nou allora direttore degli archivii imperiali. Era tale massa di
carta e di pergamena che metteva sgomento, chi avesse voluto
tranquillamente riordinarla ; n& i giorni agitati della rapida
epopea napoleonica parevano il tempo piii adatto alia calma
degli studii storici, dei lavori di paleografia e d'archivio. Una
cerna sommaria parve sufficiente : i document! inutili si ven-
dettero a peso, e si videro allora diplomi, bolle, lettere di
re e di papi a carrettate andarsene a finire nelle botteghe di
droghieri *. Al manoscritto del processo di Galileo pero furono
usati fin dalla partenza speciali riguardi. Non confuso colla
massa volgare degli altri documenti del S. Uffizio, esso ebbe
Tonore di formare un pacco da se, munito di sei sigilli del
rechtlichen Grundlage.nach den Akteu der romischen inquisition. Ber-
lin, Oppenheim, 1870.
1 Sulla dissertazione del dott. Emilio Wohlwill « II Processo di Ga-
lileo » Ragguaglio del prof. SILVESTRO GHERARDI - Firenze 1872. (Estr.
dalla Rivista Europea, 1 marzo 1872). Estratto che sulla copertina porta
appunto le dette parole « fattura dell' Inquisizione » .
* J. FONTAINE, Manuel de I' amateur d' autographes, 1836 p. 22.
644 LE P.ER1PEZIE D'UN MANOSCRITTO
Governatore generale, e spedito direttamente all' Imperatore
ovvero al Ministro del culti. Riconosciuto ufficialmente al-
rarrivo, per ordine del sovrano fu consegnato al sig. Barbier,
bibliotecario imperiale, incaricato di prenderne conoscenza
e di riferirne a S. M. Difatto, il 12 marzo 1811 il Barbier
presento un ampolloso rapporto, concludendo che la pubbli-
cazione di quei documenti era impresa degna di S. M., e pro-
ponendo che ad agevolare 1' intelligenza dei testi latini ed
italiani, vi fosse posta a fronte una traduzione francese ; e da
ultimo soggiungeva pure un preventive della spesa in 7000
franchi.
11 rapporto fu. approvato, la traduzione principiata; ma
siccome veniva maluccio assai, forse per la difficolta di de-
cifrare quelle vecchie scritture, sparse di abbreviazioni e
redatte in latino o in un italiano omai disusato, certo la tra-
duzione non ando oltre i primi sette documenti, che pure
non sono de' difficili a interpretare. A buoni conti il lavoro
fu sospeso; e quel tanto che bene o male era stato fatto,
dopo varii giri e rigiri, si trova ora nella biblioteca Mediceo-
Laurenziana di Firenze, col fondo appartenuto gia a Lord
Ashburnham. , "**,,
II Barbier per altro aveva cambiato opinione sull' im-
portanza dei documenti affidatigli, poiche nel 1820 { scrisse
che avendo egli per molti anni avuto in mano i documenti
original! del processo di Galileo, e lettili attentamente, s'era
persuaso ch'essi non contenevano nulla che non fosse gia
conosciuto: che per 6 n' aveva fatta inter mettere la tradu-
zione francese gia avviata. Checch6 sia di questo suo giu-
dizio, esso merita di essere ricordato, perche ebbe poi il suo
peso nel disporre il governo di Luigi XVIII a restituire il
manoscritto.
Questo era sempre in mano del Barbier quando, nella
prima restaurazione, caduto Napoleone e ritirato air isola
d' Elba, il governo francese aveva ordinato di rendere al
1 Examen critique des Dictionnaires historiques, Paris, 1820, t. I,
all 'art. GALILEO GALILEI.
IL PROCESSO ORIG1NALE DI GALILEO 645
•papa Pio VII gli oggetti preziosi e gli archivii, rapiti dal
Bonaparte. Era delegate a Parigi come Commissario del S. P.
a tale effetto Mons. Marino Marini. II quale tra le prime sue
sollecitudini cerco di ricuperare il processo di Galileo, e ne
fece domanda al Ministro deirinterno a di 6 novembre 1814.
N'ebbe in risposta che conveniva si rivolgesse al conte di
Blacas, Ministro della Casa reale ; giacche tal manoscritto
-doveva trovarsi nella biblioteca di S. M.
Presentata T istanza al conte di Blacas, questi, per non im-
pegnarsi troppo alia buona a privarsi di document! preziosi,
avanti di rispondere, voile informarsi dal Barbier se essi
veramente esistessero, dove fossero, e qual valore potessero
<avere. Le cose prendevano buona piega; perche il Barbier
che non dava loro gran peso, rispose tosto che egli li aveva
oon se, da oltre tre anni, che non ci aveva trovato nulla di
nuovo ; n6 giudicava quelle carte avessero importanza se non
perche v'erano riuniti insieme gli atti che nel secolo xvn
diedero motivo alia condanna d'un valente astronomo, incol-
pato d'un'opinione oggi insegnata generalmente in tutte le
scuole anche ecclesiastiche.
Inteso questo parere, il Blacas si fece portare il manoscritto,
e il 26 dicembre 1814 ne avvertl Mons. Marini, assegnandogli
Tudienza per avere il piacere di consegnarlo in persona nelle
sue mani.
Ora ecco nuovi intoppi. Recatosi il Marini al giorno
e all'ora fissata, non e potuto o voluto ricevere. Sette volte
tenta la prova l, tre al palazzo del Ministro e quattro alle
Tuileries: sempre indarno. II 2 febbraio finalmente S. E. scrive
a Monsignore scusandosi in termini molto gentili, e dicen-
dogli che il Re aveva mostrato desiderio di scorrere egli
pure le carte del processo di Galileo e lo teneva tuttora nel
suo gabinetto : ma appena gliel'avesse restituito, ne sarebbe
avvisato.
Mentre che Mons. Marini attendeva e il manoscritto stava
«ul tavolino di S. M., dall'isola d'Elba torna a muovere Na-
1 Lettera al conte di Blacas, del 28 gennaio 1815.
646 LE PERIPEZIE D'ljN MANOSCRITTO
poleone, scoppia la bufera, che per cento giorni scorre sul-
la Francia come un ciclone ; la corte fugge da Parigi a pre-
cipizio : e allora, addio Galileo, chi ci pensa piu?
*
*
Che cosa avvenisse del prezioso volume ne' trent'anni
successivi, per quante ricerche si facessero, la storia ancora
non e potuta riuscire a scoprirlo. Era smarrito davvero nel
trambusto, o fu tenuto celato a bella posta? II Marini ritor-
nato a Parigi, dopo la caduta defmitiva di Napoleone, e la-
nuova restaurazione, se pot6 sulle prime credere a un sem-
plice smarrimento, quando vide tornare in vano le sue rin-
novate istanze presso il Conte di Pradel l, succeduto provvi-
soriamente al Blacas ; riuscire inutili del pari quelle del Conte
Ginnosi che lo sostitul qualche tempo nell'ufficio di commis-
sario pontificio; vane da capo le sue proprie presentate nel 181 1
al Duca di Richelieu, ministro degli esteri, e poi novamente
al de Pradel; quando da quest'ultimo si vide rimandato al
Barone Pasquier guardasigilli, da cui dipendevano gli archivi
del Louvre, entrd in sospetto che quegl' interminabili rinvii
celassero P intenzione di non rendere il codice, il quale secondo
lui doveva sempre essere in mano del Conte di Blacas, e dal
Barbier troppo leggermente era stato giudicato come un fascio
di memorie poco importanti. Eppero avanti di rivolgersi al
guardasigilli, penso di ricorrere al Ministro di polizia Conte
di Cazes, confidando nella sagacia di lui e ne' mezzi che
Tufficio suo gli dava in mano. Ma non venne a capo di nulla,
consigliato solo di tentare presso il Ministro degl'interni.
Rivoltosi allora il Marini al guardasigilli Barone Pas-
quier, gli fu detto che tutte le indagini erano state infrut-
tuose, ne esserci speranza che, pure riordinato Tarchivio del
Louvre, s'avesse a ritrovare tra le carte il famoso processo.
La longanimita del Commissario pontificio aveva toccato gli
estremi. Egli replied assai risentito accennando al sospetto
1 22 ottobre 1815.
IL PROCESSO ORIGIN ALE DI GALILEO 647
<che con tali pretest! si cercasse di sfuggire alia restituzione.
Cio provoco una controreplica del Pasquier non meno risen -
tita, che troncava la possibilita di ogni ulteriore corrispon-
denza, e tra Paltre cose insinuava che il processo di Galileo
potesse essere stato coinvolto con quegli altri document! gia
restituiti ad un agente della S. Sede, che ne aveva fatto
« un usage peu convenable en en vendant une grande partie
aux marchands de vieux papiers dans Paris » . Questo agente
sarebbe stato il conte Giulio Ginnosi, gia sopra mentovato,
che vendette fra altro a Parigi i Registri delle Bolle delPAr-
chivio della Dataria. II Marini per buona ventura fece in
tempo a rivendicarne dalle botteghe de' salumieri e de' piz-
zicagnoli ben 700 volumi. Per risparmiare le spese del tras-
porto a Roma, innumerevoli volumi del Santo Uffizio ven-
nero ridotti in minutissimi pezzi, e mandati ad una fabbrica
di cartoni fruttarono 4300 lire l I
II risentimento del resto era giustificato da entrambe le
parti; nel Marini, temendo d'essere tenuto a bada, e nel
Pasquier che veramente non sapeva dove metter le mani
per rintracciare il codice effettivamente smarrito.
Dopo un' ultima istanza rinnovata al Duca di Richelieu,
Mons. Marini, terminata la sua missione a Parigi, fu richia-
mato a Roma, riportando seco non il manoscritto ma il so-
spetto che pure il conte di Blacas, ministro gia della Casa
del Re Luigi XVIII, dovesse saperne qualcosa, forse anco
averlo in mano. Di questo pero non pot& mai venire in chiaro,
ne alcune altre pratiche rinnovate inutilmente qualche anno
appresso apportarono nulla di nuovo.
*
*
Ad ogni modo il manoscritto ora e in Roma. Come final-
mente ci ritornasse lo abbiamo da una notizia che il Biot, il
celebre flsico e astronomo francese, pubblico nel Journal
des savants 2 senza allegarne alcuna fonte ; n6 maggiori schia-
1 FAVARO. I doc. p. (15) nota. Cf. MARINO MARINI, Memorie ecc.
2 1858, p 398.
648 LE PER1PEZIE D'UN MANOSCRITTO
rimenti si ricavano da' suoi Melanges scientifiques et litt£-
retires l dove riporta la stessa notizia presso a poco colle-
stesse parole 2. Racconta adunque il Biot che « nel 1845 es-
sendo il conte Pellegrino Rossi venuto a Roma con un in-
carico diplomatico del re Luigi Filippo presso il Papa, gii fu
domandato il famoso processo di Galileo. Ed egli promise che
avrebbe interposto i suoi buorri uffizi presso il governo fran-
cese, acciocch6 fosse ricercato, sotto promessa esplicita che
dove si riuscisse a scoprirlo, il manoscritto sarebbe pubbli-
cato. II qual patto la S. Sede accetto di buon grado. Poiche-
— soggiunge qui il Biot molto saviamente — la pubblicazione
testuale del processo s'accordava coll' interesse giustamente-
inteso dell'autorit& pontificia ; essendo quello il modo piu si-
euro, se non 1' unico, di dissipare una buona volta il sospetto-
che a Galileo fossero state inflitte torture corporali, come pa-
revano insinuare certe formole contenute nella sentenza pro-
nunciata contro di lui e promulgata dal S. Ufflzio. Assicurata
adunque su questo punto, il Rossi 1'anno seguente tomato a
Roma riporto finalmente il testo del processo e lo consegn6
nelle mani del Papa Pio IX, che nei tristi avvenimenti del
1848 ne confido la custodia a Mons. Marino Marini, prefetto>
degli Archivi segreti Vaticani. Questi, tornata la calma lo ri-
1 Paris 1858, 3 vol.
2 Vol. 2, p. 458. II prof. Favaro ritiene senz'altro come veritiera la,
narrazione del Biot, e per lei sta certamente 1' integrita di quell' eminente*
scienziato. Avendone tuttavia, in occasione della nuova edizione di Ga-
lileo, fatto personali ricerche presso gli Archivii degli affari Esteri in
Parigi, non ottenne aleun risultato, salvoche 1'assicurazione ufficiale che
quivi non si conteneva nulla, assolutamente nulla che riguardasse quel-
1'affare. Ed il Marini, mentre in un'appendice del suo libro Galileo e
V Inquisizione riferisce assai per minuto la storia dell'autografo e le sue
proprie sollecitudini per ricuperarlo, giunto al punto di mostrarlo tomato
in Roma, non sa dire altro se non che era serbato a Gregorio XVI, di
s. m., di. rivendicare « alia romana letteratura questo manoscritto », e
che « finalmente lo ebbe in suo potere 1'immortale Pio IX »: ma se per
1'interposizione del C.te Rossi o per alcun'altra via, non dice pure una.
sillaba. Non lo seppe o 11011 lo voile dire?...
IL PROCESSO ORIG1NALE DI GALILEO 649
consegnd da capo al S. Padre ; e il giorno 8 luglio 1 sua San-
tita ne fece dono alia Biblioteca vaticana, donde poi passo al-
1'arcjiivio. »
Ed oggi quivi riposa dalla lunga via e dalla gelosia onde
ne fu disputato il possesso. Che quel docuinento anco tra le
guerre e le pubbliche turbolenze destasse tanto interesse e
le diverse parti se lo contendessero ansiosamente, e cosa
certamente degna di molta considerazione, segno ed effetto
dell' importanza singolare d'un episodio tra i piu important!
in tutta la storia delle scienze.
Col rientrare a Roma pero se erano terminate le pere-
grinazioni del nostro codice, non erano pero finite le sue pe-
ripezie. Altre 1'aspettavano, meno pericolose, di genere let-
terario.
La S. Sede, secondo la notizia del Biot poc'anzi riferita,
si sarebbe impegnata a pubblicarlo. Quali fossero per altro
1 termini dell' impegno non sappiamo, essendo su questo punto
ridotti a quella notizia unicamente. Certo 6 pero che quando
pure non fosse passato altro impegno, era vero interesse della
€hiesa provvedere finalmente ad un'edizione intera, critica,
<?oscienziosa, di quei documenti, donde la S. Sede nulla aveva
da temere, anzi doveva solo ripromettersi il vantaggio ine-
stimabile che quinc' innanzi di tale questione non si potesse
trattare seriamente se non sul fondamento della pura verita.
Mentre che s'aspettava si potesse allestire una siffatta
•edizione, Mons. Marini nel 1850 usci colla gia citata operetta
di Galileo e I'Inquisizione, Memorie storico-critiche, ove
non pubblic6 tutti i documenti del desiderato processo, ma
a,lcuni pochi solamente. E pensando di fare un'opera apolo-
getica, diede al suo scritto un' intonazione oratoria, che prende
le mosse da Cicerone, da Anassagora, da Socrate ed Anas-
1 Secondo il Marini cio sarebbe stato il di 8 maggio. Galileo e V In-
quisizione, p. 152.
650 LE PERIPEZIE D'UN MANOSCRITTO
simandro, poi passa a ricordare le ingiuste condanne di tri-
bunal! civili contro Aristide, Milziade, Focione ecc., tutte
belle rimembranze di scuola, che non aiutarono la causa
della verita, quanto avrebbe fatto la pura e semplice pub-
blicazione del manoscritto originale. Non basta avere per le
mani una buona causa ; bisogna pure saper prendere il giusto
verso per farla valere.
Che Galileo non sia stato torturato corporalmente 6 tanta
certo, che niuno storico serio, di qualsivoglia partito o pro-
fessione religiosa, ardisce rimetterlo in controversia. Cio era
verita storica dimostrata, anche avanti la pubblicazione del
processo ; ma dalle carte original! traeva nuova e piii lu-
minosa conferma. Percio invece di spenderci intorno lun-
ghe pagine, il Marini poteva semplicemente mettere le carte
in tavola e quelle far parlare. Allora (se pur ce n'era biso-
gno) avrebbe avuto valore il suo argomento : « E chi ha svolto
a suo piacere il processo galileano sa bene se io raggiunga
il vero in cosi dire, cio£ del non farvisi mai menzione di
questa pretesa tortura, delle sole piii tenui traccie della quale
sarebbesi menato trionfo contro la % Inquisizione » 4. Ma se
invece di pubblicarle, quelle carte si tengono celate, come
si puo appellare a chi le ha lette? Quando cosi scriveva il
Marini, quanti erano al mondo che avessero svolto a loro
piacere il processo galileano? Egli solo: il Marini. Poich6 il
summentovato Barbier, bibliotecario a Parigi era morto fin dal
1825. N6 anco al Delambre, celebre astronomo e scrittore della
storia deirastronomia, era stato comunicato, che pure ci
avrebbe avuto interesse. Certo 6 che oggi diversamente s' in-
tendono le cose, a vantaggio non meno della religione che
della scienza. E Tavere con largo e generoso criterio aperto
al mondo archivii e biblioteche, che 6 quanto dire le fonti
piii preziose della verita storica, e un tratto d' intelligenza
superiore, che restera per sempre uno de' piii insigni titoli
di gloria pel regnante pontefice Leone XIII.
1 Op. cit. p. 59.
IL PROCESSO ORIGIN ALE DI GALILEO 651
Frattanto il processo autentico non era stato pubblicato.
ILo scritto del Marini col suo tono polemico, colle sue er-
ronee interpretazioni e spiegazioni, non solo non soddisfece
per niente alle giuste esigenze della storia e d'una ben in-
tesa apologia, ma per contro ebbe il funesto effetto di pro-
Tocare diffidenze o il sospetto ch7 egli avesse a bella posta
soppresse le parti piii important!, e che Roma non si arri-
schiasse di mettere una buona volta in luce Tintero incar-
tamento di quel processo.
Ne FAlberi, editore delle opere di Galileo Galilei, (Fi-
renze 1842-1856) pote prendere conoscenza di quelle carte,
ne circa dieci anni appresso il Dr Maurizio Cantor, 1'illu-
-•stre storico delle scienze matematiche.
*
* *
Cosl restarono le cose fino al 1867, quando il francese
Henri de 1'Epinois ottenne dal P. Theiner, allora prefetto
deirArchivio segreto Vaticano, di poter copiare quei mano-
scritti. Sempre pero con un certo disagio, perche L'Epinois
dovette lavorare nella stanza del P. Theiner e in presenza
oontinua di lui, e appena ebbe il tempo di copiare in gran
furia una parte de' piu importanti documenti, contentan-
dosi per gli altri di darne un estratto. Richiamato indi in
Francia da urgenti affari di famiglia, senza potere altrimenti
riscontrare la copia colForiginale, stampo il suo lavoro nono-
stante le inesattezze che necessariamente v'erano accompa-
gnate. II lavoro ebbe qualche vera utilita^ ma Tedizione de-
finitiva mancava tuttavia.
Ne fu certamente il prof. Domenico Berti, deputato, que-
gli che doveva darla. Nove anni dopo il L/Epinois, fu ammesso
€gli pure nella stanza del Theiner ; ma stretto dalla fretta
€, a quel che pare, poco preparato a lavori critici, stampo
bensi un volume intitolato : // processo originate di Ga-
lileo Galilei pubblicato per la prima volta da Domenico
652 LE TERIPEZ1E D'UN MANOSCRITTO
Berti (Roma, Gotta, 1876) ma la realtk non risponde al titolo,,
perch.6 cinque document! mancano del tutto, e di altri cin~
quanta da egli pure solo il contenuto. II lavoro poi abbisogna
di grande indulgenza per la molta scorrettezza e per Tinsuffi-
cienza diplomatica ond' 6 condotto. Si vede che il Berti per la
gran fretta non si euro di trascrivere novamente i testi gia,
pubblicati dal L'Epinois, ma al piu li corregge qua e la molto-
superficialmente. Cosi pure lavorando in gran parte su quella
falsariga, gli avviene di riprodurre certi errori massicci di
trascrizione, come saltare due righe del testo quivi appunto
dove le aveva saltate il suo predecessore. Naturalmente ne
nasceva un senso inesplicabile, che alcuni si studiarono di
interpretare con sforzi d'ingegno, tra gli altri Tab. Sante
Pieralisi bibliotecario della Barberiniana, che invece di ri~
conoscere un errore di scrittura del L'Epinois, per spiegare il
testo vi lavoro sopra una dissertazione grammaticale, evo-
cando persino Cicerone ed Ovidio, Petrarca e Boccaccio,,
mentre un' occhiata al manoscritto originale in pochi mi-
nuti avrebbe mostrato che non correva n6 il senso ne la
grammatica perch6 nella copia er^no saltate due righe J.
L'opera del Berti adunque lascio la scienza dov'ella era.
II L'Epinois ritorno nel 1877 sul suo lavoro, e ottenuto final-
mente di studiare il manoscritto originale a suo agio, pote-
darne un;edizione critica, ove qualche errore di stampa, e
qualche inesattezza di lezione, sono compensati dalla integrita,
di tutti i document! e dalla riproduzione fotografica di alcuni
tra i piu importanti 2.
Orbene egli aveva lavorato nella primavera del 1877. Net
corso dell' estate di quell'anno stesso, per una singolare com-
binazione, il sig. Carlo von Gebler, austriaco-tedesco, senza
sapere del L'Epinois, ottenutane per mezzo dell' ambascia torn
1 Urbano VIII e Galileo Galilei. Memorie storiche del Sacerdotfr
Sante Pieralisi Bibliotecario della Barberiuiana. Roma, 1875, p. 139-142.
2 Les pieces du proces de Galilee precedees d'un avant-propos par
HENRI DE L'EPINOIS. Rome, Paris, Palme, 1877.
IL PROCESSO ORIG1NALE DI GALILEO 653
in Roma la facolt& dall'Emo Card. Simeoni segretario di Stato,
ebbe egli pure a sua disposizione il manoscritto, dapprima
nell'intenzione di farvi alcuni riscontri soltanto, risolvendosi
indi tosto a imprenderne senz'altro una nuova trascrizione e
pubblicarla '. II che fece con scrupolosa fedelta ed esattezza di-
plomatica perfetta, tale che, a detta del Favaro, non potrebbe
essere superata se non da un facsimile in fotografia. In ci6
fu egli in parte aiutato, e lo riconosce lealmente, dalla pub-
blicazione del L'Epinois, che lo prevenne di poco, e certo con
poco grade vole sorpresa, mentr'egli stava gia tan to innanzi
nel lavoro da non potersene rimanere. Ma confrontando la sua
trascrizione con quella dello storico francese parola per pa-
rola, ebbe campo di correggere, rettificare, o ritenere pensa-
tamente la propria, secondo i casi, e dare un lavoro rigoro-
samente scientifico.
I tempi erano mutati, i criterii maturati, allargati.
Mons. Martinucci prefetto della Vaticaua, dice il von Gebler
(p. LXIV), che dal card. Simeoni a lui era stato indirizzato,
« sentendo la mia intenzione, non solo non oppose alcuna dif-
ficolta, ma dimostro pel mio disegno il piu vivo interesse.
Ed in seguito durante la mia lunga dimora giornaiiera in
Vaticano mi colmo di tante cortesie e prevenienze, che mi
tornarono di non poco sollievo nella dura fatica prolungata
fino nei caldi mesi della state. »
Dopo le edizioni quasi simultanee dei due dotti francese
e tedesco, il Berti torno sulla sua e la ripubblico Tanno ap-
presso cio6 nel 1878 2, senza tuttavia raggiungere Tesattezza
del von Gebler.
Finalmente abbiamo quella del Favaro, sopra lodata, che
per lo studioso sara d'ora innanzi la piti comoda, che con-
1 DieActendes Galilei' schen Processes. Nach der vaticanischen Hand-
schrift herausgeg-eben von KARL VON GEBLER. Stuttgart, Cotta, 1877.
2 DOMENICO BERTI. II processo originate di Galileo Galilei. Nuova
edizione accresciuta, corretta e preceduta da un'avvertenza Roma, Vo-
ghera, 1878.
654 LE PERIPEZIE D'UN MANOSCRITTO
tiene il meglio delle precedent! e i mentovati docurnenti dei
Deer eta, raccolti con molta diligenza dall'Archivio del S. Uf-
fizio, e tre di essi da una copia fattane da Silvestro Ghe-
rardi, il quale nel 1848-49, essendo Ministro provvisorio del-
Tlstruzione, aveva avuto modo di penetrare e rovistare
quell' archivio insieme col Ministro delle finanze e bibliofilo
Conte Giacomo Manzoni. Dopo la morte di quest 'ultimo, i
suoi eredi avendo trovato tra le sue carte moltissimi docu-
ment! spettanti al s. Uffizio, si fecero un dovere di restituirle.
Ecco la storia rapida delle peripezie di quel famoso ma-
noscritto, con gelosia rara nella storia custodito, rapito, na-
scosto, ridomandato, riportato, rinchiuso da capo e final-
mente pubblicato a soddisfazione della verita, che reclamava
ad alta voce la luce e luce intera. D'or innanzi la questione
di Galileo e entrata nel campo della pura storia, dalla quale
niuno ha da temere, ne la Chiesa, n^ la scienza. Non la
Chiesa, al cui magistero divino non e imputabile qualche
errore, qualche precipitazione o qualche eccesso di zelo, pro-
venienti daU'elemento umano de' suoi ufflciali. Non la scienza,
che dalla verita rilevata non puo ritrarre alcun inceppamento
nelle sue ricerche, rischiarate da un'altra fonte di verita,
non contraria, ma concorde. Entrambe certamente hanno caro
di fare tesoro dell' esperienza preziosa de' secoli andati.
IL CONGRESSO Dl VIENNA E LA S. SEDE
1 primi rigor i della restaurazione papale.
(Maggio-Ottobre 1814. Art. I)
SOMMARIO.
I. La magistratura romana si mostro restia alle ordinazioni napoleoni-
che; il popolo fa sommamente avverso, per le oppression! delle im-
poste. — II. Fiere rappresaglie usate dal popolo verso i passati op-
pressori di Roma, massimamente contro i piu colpevoli assalitori del
Quirinale. Esagerazioni su cio, e calunnie di un settario scrittore
roinano sulle ritrattazioni richieste dal clero giuratore, e sulla col-
lazione de' nuovi impieghi. II caso del cardinale Maury: sua par-
tenza da Parigi, ordinata dal governo di Francia, e sospensione
dall'esercizio di giurisdizione episcopale sulla sua diocesi di Mon-
tefiascone, intimatagli dal Papa. E chiamato a Roma ad audien-
dum verbum. — III. Pio VII ricusa gli onori costosi al popolo; lista
de' componenti la nuova guardia nobile del Papa provvisoria.
I.
Non la sola nobilta del patrizii romani, ne il solo clero
si erano dimostrati avversi alia dominazione napoleonica in
Roma, ma la classe insigne e numerosissima degli uomini
di legge vi opposero quella resistenza che per loro fu potuta
maggiore. E un fatto storicamente provato, che in principio
nessuno s'indusse a giurare obbedienza e fedelta al governo
usurpatore ; che poscia molti lo fecero, a cagione delle se-
duzioni e delle minacce; che altri preferirono Tesilio e la
miseria a quell' atto indovuto ; e che nessuno lo fece di tiuon
animo e spontaneamente.
Infatti aj 10 di settembre del 1809 « si fecero arrestare
nove de' principali curiali non giurati ; e si disse... ch'eglino
si aveano meritato quel castigo, per avere istigato e sedotto
i loro compagni a non prestare giuramento *. » Per il corso
1 II console italiano Alberti al ministro Testi, Roma 12 settem-
bre 1809. CANTTJ, Corrispondenze..., p. 305.
656 IL CONGRESSO DI VIENNA
dell'anno 1810, gli uomini di legge giuratori furono pochi;
maggior numero vi si acconcio nel 1811, ma sempre a mal in
cuore, ed « irritati dall'obbligo del giuramento che non vo-
gliono prestare, e dairesilio a cui sono stati sottoposti co-
loro che non si uniformano alia legge ». Tali disposizioni
di un governo liberale e liberatore erano evidentemente mo-
tivi, che dovevano smuovere uomini, padri di famiglia, nei
quali non si puo supporre una virtu eroica. Quindi a' 27 di
maggio del 1811, il nuovo Console italico Ortoli dava al suo
principale di Milan o le seguenti notizie, che rilevano assai
pel nostro argomento, e danno ad intendere molto piu di
quello che signiflcano nelle sole linee delle lettere :
« A Yostra Eccellenza ho ben fatto noto, in altre occasion!,
che la numerosissima classe dei legali di Roma, eccettuati quei
che occupano attualmente le cariche di sindaci ed alcuni altri pa-
trocinatori, aveva abbandonato I'esercizw della sua professions per
evitare di prestare il giuramento prescritto dalle l&ggi: inutil-
mente si tentava finora di vincere il pregiudizio di costoro. Sem-
bra che il Governo ne sia stato, con ragione, poco soddis fatto ; ha
dato degli ordini acci6 tali individui fossero di bel nuovo interpel-
late per conoscere le loro ultime intenzioni. Un gran numero, che
sono gia circa cento *, hanno fatto un atto di sominissione, e si sono
raccomandati alia benignita del Sovrano... Non si attribuisca ci6
a lode delle autorita amministrative locali, ma unicaniente al gran
nome dell'imperatore ed alia forza del tempo... » 2
Avrebbe dovuto aggiungere : e alia forza della fame, la
quale valse piu che il gran nome deirimperatore !
Infatti di 11 a pochi mesi 1'arguto Console riscriveva:
« leri mattina (4 settembre 1811) fu pubblicata la nota degli
avvocati romani...; e fa ricevuto dalla (Corte imperiale!) il giura-
mento, che dalla maggior parte di cotesti giureconsulti si era fi-
nora ricusato. L'ostinazione ed il fanatismo di questa classe im-
portante e numerosa di sudditi, mal consis:liata dagli ecclesiastic!
(conftnati in Corsica, in Piemonte, nella Liguria, nell'Elba, e in
Francia!), ha final mente ceduto; ad onta dell'avversione che ma-
1 Sopra piu di cinque centinaia !
* L. c., p. 419.
E LA 8. SEDE 657
nifestato avevano per il presente sistema, si puo dir loro: CON-
VERTENTUR AD VESPERA.S, ET PANEM QUAERITABUNT !
« Da principio non vi fa me%,KQ da ridurli; tutte le solleci-
taxioni fatte, forse con non bastante dignita, dagli agenti del Oo-
verno in queste parti, furono inefficaci; e non servirono che a
rendere piu orgogliosi degli uomini, inermi e vero e senza forza,
ma che si vedevano ricercati. II loro prosper o stato economico e
il corso degli avvenimenti li hanno spinti ora quasi tutti a pre-
stare il giuramento... eccettuati pochissirui che non sono comparsi,
determinati piuttosto da scuse particolari ed estrinseche, che dagli
antichi motivi di adesione ai voleri del Papa.
« Cogli ingrati non sempre riescono utili la generosita e 1'in-
dulgenza : i Romani, inebriati da un antico ora vano nome, si cre-
dono necessarj ; e si sono condotti poco saviamente, Le persone che
riflettono, temono che finalmente cio possa adirare il Sovrano, che
ogni giorno ci colma di beneficence e di distinzioni !. »
Le beneftcenze onde il sovrano colmo gF ingrati romaDi
in que' giorni, furono il latrocinio di tutti gli archivii di
Roma, trasportati a Parigi ; e quello, che faceva piii sangue,
de' figliuoli nobili, strappati alle loro famiglie, per essere
<jondotti a Parigi ed ivi venire educati napoleonicamente ! Le
distinzioni si ridussero alia nomina a senatori del conte Bo-
nacorsi, del principe Colonna di Avella, e del principe Spada.
Se non che quegl' ingrati romani a cotali distinzioni rifiu-
tarono le spalle. « Li tre senatori nominati, scriveva TOrtoli
con malinconia, tentano o almeno fingono di tentare le vie
per essere scusati: chi per ragione di eta (il Bonacorsi), chi
per salute (il Colonna), e chi per altri motivi (lo Spada) 2. »
Non vi si sarebbs ricusato il duca Braschi, a cui il barone
De Gerando, consigliere (francese) di Stato (romano), e il
conte Miollis avevano gia annunziato la dignita senatoriale ;
ma la nomina non venne ! II quale scorno stette molto bene
a quell' indegno nipote di Pio VI ; del qual Pontefice Tombra
papale dovette trasalire dinanzi allo sfregio, con cui quel
1 Ortoli a Testi, 22 giugno 1811, 1. c., p. 421.
2 Id. eid., 18 marzo 1811. L. c., p. 417.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1266. 42 11 marzo 1903.
658 IL CONGRESSO DI VIENNA
figlio di sua sorella, forse troppo da lui beneficato, contamin6
la memoria di un Papa martire !
In quanto al popolo, il suo atteggiamento dinanzi al go-
verno napoleonico 6 facile ad essere inteso. Si divertiva alle
parate, alle luminarie, agli spettacoli, che si davano spesso^
ma quando nel 1810 cominciarono a piovergli addosso le im-
posizioni del registro, del bollo, delle dogane, e poi la con-
tribuzione o in denaro o in persona per la guardia civica, si
accorse che le mostre e le glorie napoleoniche abbarbaglia-
vano si bene la vista ; ma le imposte gli assottigliavano la
borsa ! Ne*il tanto lodato codice napoleonico arreco miglio-
ramento^alla moralita ; poiche oltre la scostumatezza che in
Roma allora dilag6, sappiamo che il numero dei delitti si
accrebbe di molto al di la dell'antico £.
II.
Tali erano state le disposizioni delle varie classi della cit-
tadinanza romana, durante il regno dell'usurpatore. Quale
fosse F atteggiamento del popolo, quando ebbe notizia della
liberazione di Pio VII e del suo prossimo arrivo nella Citta,
abbiamo gia visto piii addietro : tutta la cittadinanza di Roma
e delle province, tutte le condizioni e tutti gli ordini salu-
1 L'Ortoli scriveva a' 22 di giugno 1811: « II numero degli assas-
sin! e oramai insopportabile, specialmente verso la frontier a diNapoli. »
L. c. p. 420. Ma oltre modo dimostrativa e la notizia, che intorno a
questo punto leggesi nel Diario di Roma, n. 6, 23 luglio 1814:
« Si diceva pubblicamente, che nel governo francese le cause cri-
minali si disbrigavano colla massima sollecitudine, e che gl' infelici car-
cerati erano imrnediatamente condannati ovvero assoluti. Ma la voce
pubblica era contradetta dal fatto... Si sono trovati nelle pubbliche pri-
gioni a languire 911 individui: numero si eccedente, che giammai prima
dell' usurpazione si era rinvenuto negli annali del Governo.
« II governo provvisorio ha esaminato la causa di detenzione... ed
a termini di giustizia si sono disbrigati dalle dette carceri seicento in-
dividui... per cura e sollecitudine del signer conte Giacomo Giustiniani,
governatore provvisorio di Roma, e degli avv. Ruffini, luogotenente
dell'A. C., Camillo Renzi, Vincenzo Trambusti luogo tenenti del governo,
e giudici proyvisorii... i quali hanno visitati i carcerati, e soccorsili. »
E LA S. SEDE 659
tarono con vero tripudio ed accolsero con festoso plauso il
ritorno del loro Sovrano. II quale, per molto tempo dopo il
suo ingresso, era sempre acclamato per le vie di Roma.
« Quando il S. Padre, cosi il card. Pacca scrivevane al Con-
sal vi (25 giugno 1814), esce e torna, la piazza di Monte Ca-
vallo e inondata di popolo, e le grida di questo 1'obbligano
ogni volta ad affacciarsi sulla loggia a dare la benedizione. »
Ora e obbligo dello storico il narrare brevemente i ri-
gorij onde fu accompagnata la prima ristaurazione dell'au-
torita pontificia ; i quali, se crediamo a quanto ne lascio scritto
un avvocato Giuseppe Vera, e ne riferisce un David Silvagni,
passarono ogni limite. Vedremo pero, che una asserzione
cosiffatta non solo e una esagerazione, ma vera calunriia.
Una reazione, veramente fierissima, accadde in Roma
nell'aprile del 1814, quando non vi era ancora nessuna au-
torit& pontificia, ma vi durava tuttavia quella del re Murat.
Fu quella tutta opera del popolo, il quale se la prese mas-
simamente contro gli autori della scalata del Quirinale ; e
nella sera de' 23 di aprile, se non fosse intervenuta la forza
napoletana, forse esso popolo avrebbe eseguito piii di una
giustizia sommaria 1 ; intanto sfogava il suo sdegno con grida,
I Ecco un saggio di alcune vere falsita, riferite intorno a quel fatto
dal Silvagni, il quale le toglie da uno scritto dell'avvocato Vera. «... Es-
sendoci un gran convito nella villa Pinciana, celebrato per onorare il
prossimo e bramato ritorno del Papa, nel crescer della notte la turba dei
servi a cui molta plebeposcia si unl ftno al numero di trecento persone...,
ebbra piu d' intemperante gioia che di vino, con urla e con sibili la citta
sconvolgeva gridando e minacciando morte ai Giacobini (La Corte e la
Societa romana, II, 709-10). »
II Tauibroni, console italiano, che era presente, ci fari vedere come
tutte le parole del Vera e del Silvagni, che ho scritte in corsivo, sono
invenzioni.
« Giovedi scorso, (cosi a' 25 di aprile 1814) fu dato alia villa Bor-
ghese un pranzo di centoventi coperti, al quale assistettero i nazionali,
sudditi delle potenze coalizzate. La cosa passo con qualche urto tra gli
Inglesi e i Napoletani... La sera rientrando la truppa in citta colla mu-
sica militare innanzi, IL POPOLO, comincio ad attrupparsi, e forzo gli
abitanti del Corso a mettere i lumi alle finestre, e a poco a poco riscal-
date le menti comincio ad attaccare coi sassi varie finestre e botteghe ;
660 IL CONGRESSO DI VIENNA
canzoni, ed esposizioni di caricature per le strade i. Quelli
che avevano prestato il giuramento furono presti a disdirlo>
scrivendo i loro nomi in un registro, aperto nel vicariato
per accogliere le ritrattazioni : moltissimi di tutte le classi
vi concorsero spontaneamente. Mgr Atanasio, che per vilta
fece quanto abbiamo veduto, fu or a dei primi a disdire il
suo operate, e cio gli si deve attribuire a lode e non a vilta,
chi voglia essere cristiano 2.
e tra queste, quella di un certo Mazzoleni cappellajo, designate nella.
lista della scalata del Papa. »
II convito fu' dunque celebrate in onore degli alleati ; il tumulto nou
fu opera de' servi de' commensali, ne della plebe, ma del popolo; non.
isconvolsero la citta con urla e con sibili ; non gridarono morte ai Gia^
cobini, ma agli assaltatori del Quirinale, cui la giustizia dei francesi
napoleonici aveva protetti e ricompensati.
1 Queste cose sono riferite dal Vera e dal Silvagni, come accadute
dopo 1'ingresso del Papa in Roma; sono poi descritte con tale e tante
enfasi di ampollosita maligna, che fanno ridere. Questi signori si dimen-
ticano, che il Radet, uno de' loro eroi, fece dipingere al pittore Cecchi
« in dimensione vastissima » ed esporre nel palazzo di Venezia 1'arresto
del Papa, « in odio a tutta Roma » , come scrivevane il console del regno
italico. Che maraviglia quindi di tali* rappresaglie, una volta scomparsi
gli usurpatori prepotenti, e ridata al popolo la sua liberta? (Cf. CANTU,
Corrispondenze..., p. 382).
A ogni modo il Silvagni dimentica, di avvertire quanto scrisse il
Tambroni a' 19 di giugno : « Sono state tolte per mano degli sbirri le
molteplici stampe ingiuriose a Bonaparte, e cosi quelle della sorpresa
latta al Papa e della scalata al Quirinale. E ricomparsa pero quella, ia
cui i Sovrani cacciano Napoleone dal continente (Ibid. p. 462). » Si pos-
sono vedere riprodotte dal Comandini nell' Italia nei cento anni (Val-
lardi 1901-1902) a p. 363 e a p. 713. La prima, la scalata, e di B. Pi~
nelli ; la seconda e una caricatura. che rappresenta Napoleone cadente
come fulminato.
2 L'avvocato Giuseppe Vera, detto da David Silvagni «uomo supe-
riore a qualunque sospetto, amico e collaboratore del Consalvi, cittadino
integro, pio, cristiano, che scrive senza preoccupazioni e senza partigia-
neria '> (II, 707), attribuisce queste disposizioni a « misure uscite dalla
Corte Romana residente in Cesena. » Secondo lui « fu ordinato (da Ce-
sena) al vice-gerente monsignor Atanasio 1'apertura di un registro di
ritrattazione di giuramento, quantunque ridicolo fosse del tutto il far
ritrattare il giuramento prestato a Napoleone, il quale... era deposto
dal trono e 1'aveva abdicate (II, 710-11). » E la ritrattazione, fatta da
Mgr Atanasio e chiamata da cotesto « cittadino pio cristiano » , seconda
E LA S. SEDE 661
Ma tutti quest! popolari tumulti furono in breve ora re-
pressi, per gli editti sever! bandit! al pubblico dal Delegate
pontificio i.
La giustizia vendicativa del Delegate pontificio, se si vuole
stare ai fatti e non alle ciance goffe di scrittori partigiani, si
ridusse a poca cosa. II Marescotti, e il Giraud, veramente
colpevoli per avere formato la guardia nazionale nel 1809,
contro il divieto espresso del Papa loro Sovrano, furono car-
cerati nelle loro case ; ma verso i prim! di giugno vennero
liberati 2. « I duchi Braschi, Sora e il principe Gabrielli hanno
avuto ordine di non accos tarsi al Quirinale 3. »
Tutte le sevizie pontificie verso la nobilta si ridussero a
tan to 4.
la piet& cristiana dell'ex-prefetto di Ravenna, e chiamata « vergogno-
sissima confessione pubblica » (Ibid.) — Ma Yordine venuto da Cesena
per 1'apertura di quel registro, non e conosciuto se non dal Vera; nelle
carte di quel tempo non ce n'e vestigio. Lepidissima poi e la ragione
che arreca, per impugnare le ritrattazioni dei giuratori di fedelta a Na-
poleone. Secondo la giurisprudenza dell'avvocato Vera, sarebbe inutile
1'esigere gastigo dall'omicida : tanto 1'uomo (assassinato) e morto! perche
quindi condannare 1'assassino alia forca o alia galera?
1 II Tambroni scriveva al Borghi, 15 maggio 1814: « L'editto se-
vero di monsignor Rivarola ha fermati e contenuti gli spiriti turbolenti »
(CANTU, Corrispondenze... p. 458). — II Vera invece ed il Silvagni di
questo editto non fanno ne fiato ne motto, ma ti sciorinano una retto-
rica immensa, descrivendo « suoni di campane, spari di pistole, in tutte
le strade... arse le immagini ed i busti di Napoleone... e nella notte urli
e sibili, mescolandosi alia gioia 1'ubbriachezza... e i pacifici cittadini
ben chiusi nelle case loro palpitavano... » eccetera, eccetera. (II, 713-714).
2 II Tambroni cosi informava il cav. Borghi (14 giugno 1814): « Quan-
tunque non ancora uscita la desiderata amnistia, pure la clemenza
di Sua Santita comincia a farsi sentire. Gi& i signori conti Marescotti
e Giraud sono stati allargati, e non hanno che la citt& per carcere
(Corrisp., p. 457). » Quivi e posta la data « 14 maggio », ma e eviden-
temente uno sbaglio. Cf. p. 460, dove riferisce, che il S. Padre aveva
« dette buone parole » al Marescotti in Piacenza, « anche in grazia dei
parenti della moglie, figlia del duca Torlonia. »
8 Ibid. « Erasi pure sparsa voce, che molti tra i Principi romani
sarebbero stati messi ai confini, ma do non si & anche verificato » , ne
si verified mai (p. 460).
4 Fppure odasi il Vera, e con costui il Silvagni : « Cominciavano
intanto gli arresti di varie persone fra le quali alcune o per nobilta di
662 IL CONGRESSO DI VIENNA
Verso gl1 impiegati dal governo usurpatore, e verso coloro
cbe gli fecero il giuramento, le prime disposizioni del Dele-
gate di Pio VII furono veramente severe, per guisa che si
dest6 in questa parte della cittadinanza, che pure era nu-
merosa, una vera scontentezza. « Per tal modo, scriveva il
Console italico, tra gl' impiegati anche infimi, espulsi e de-
stituiti di ogni speranza, tra i professori rimandati dalle
scuole, i curiali allontanati dai tribunal!, e i preti giurati,
che in fondo hanno poi conservato I'esercizio della religione,
il numero dei malcontent! 6 gia grandissimo *. »
Ho detto, che tali disposizioni furono severe ; ma nessuno
dira, che fossero ingiuste. Molto meno poi se ne avrebbe
dovuto lamentare un David Silvagni, il quale ha visto coi
suoi occhi,, cinquant'anni dopo, e professori e magistrati e
soldati, dimessi da' loro impieghi ed obbligati a mendicare
il pane, solamente per essere stati colpevoli di aver fatto il
loro dove re !
Se non che la severita pontificia contro gli antichi im-
piegati non fu se non di nome, e non duro pm la di due mesi.
Che a' 27 di luglio fu pubblicato 1'editto di amnistia, colla
quale si perdon6 « a tutti i rei d' infedelta e di disubbidienza » .
Evidentemente non poterono essere conservati ne' loro lucrosi
impieghi, ne i president! di tribunal! napoleonici, n6 i sopra-
stanti alle riscosse per il registro e per il bollo, essendo stati
ristabiliti i tribunali pontificii, e distrutti i napoleonici bal-
zelli, a respiro dei popoli 2 !
Cosi pure sarebbe stato imprudente ed anche ingiusto il
conservare nell'impiego gelosissimo di professori, quelli che
natali, o per ricchezze o per onesta di professione ragguardevoli, e per
alimentare il popolar fanatismo si spargevano incredibili accuse contro
costoro, come di armi radunate, di congiure contro la vita del Papa,
di mine sotto le strade... (II, p. 714-15). » Si confront! quanto scriveva
il Tambroni, presente alle cose, e nemico, con questo rettoricume del
pio cristiano Giuseppe Vera. ed amico del card. ConsalvL
1 Ibid
2 Fino dal 9 giugno il Tambroni scriveva : « Si cominciano a vedere
impiegati anche i giurati. »
E LA S. SEDE 663
nel passato governo avevano detto e fatto ogni male contro il
loro sovrano, ed operate gran danno nella gioventu de' loro
scolari *.
Rimangono due altri capi : uno che riguarda i giuratori
di fedelt& all' incarceratore del JPapa, e 1'altro i tristi ro-
mani, i quali piu si insudiciarono nell'assalto del Quirinale.
Di questi ultimi, soli tre, ossia quelli che condussero il Radet
nelle stanze del Papa, furono condannati alia galera ; gli altri
nel numero di sedici vennero mandati a; confini del distretto
romano. Per giudicare i primi, fu stabilita una congregazione
di tre cardinal! ; e dopo I'esame fatto con grande studio della
reita delle persone e delle loro azioni, dai piu colpevoli fu
richiesta pubblica ritrattazione e rinunzia del benefizio ec-
clesiasticc, dagli altri la sola ritrattazione.
Laonde il cardinal Pacca, al Nunzio pontificio in Vienna,
Mgr Severoli, che gli aveva data notizia dei rumori sparsi
cola intorno alia severita delle giustizie pontificie usate in
Roma, poteva scrivere nella seguente maniera, riponendo
la verita ne' giusti termini :
Roma, 6 agosto 1814. «... Ella mi ha parlato in diver si di-
spacci dello strepito, che si mena costa sulli rigori di Roma. ^1
questa una calunnia la piu nera, che si da alia condotta del S. P.
dai nemici della S. Sede. lo posso accertarla, che ne per opinione,
1 Con grande scalpore lamenta il Vera, e il Silvagni piange 1'essere
stati tolti alle cattedre di fisica lo Scarpellini, ed a quella di matematiche
il Mangiatordi. Ma il primo aveva detto e scritto ogni vitupero contra
il Papa; e il stcondo, a questa medesima colpa che e delitto in un pro-
fessore, aggiungeva le stranezze di un mezzo pazzo: con cio era egli
possibile mantenerli in cattedra a guastatori della gioventu? E poi
grazioso il Vera (cioe il Silvagni) quando schiamazza « quale amore
professi per le scienze il Governo pontificio » , per 1'opinione del rettore
della. Sapienza, da lui riferita, in disprezzo deirarcheologia! Come se ci
fosse al mondo un pontefice piu benemerito di quella scienza, che non
sia stato Pio VII. Poi esclama, con massima sicumera, che citta fosse
Roma « dove il Governo e le Universita non possedevano una macchina
elettrica (sic) (II, 715-716). » Ci avesse detto almeno di che macchina
elettrica intendeva parlare in quell'anno di grazia 1814 ! Ecco come 1'astio
fa dire soventi volte delle vere buaggini !
664 IL CONGRESSO Dl VIENNA
ne per le passate gestioni e stato punito alcuno, anzi non si e
neppur proceduto ad arresti.
« Tutto il rigore di S. S. e consist! to nel sospendere qualcuno
dagl'impieghi che esercitava, ed a cui dopo breve tempo e stato riam-
messo ; e nel negare 1'accesso al suo Palazzo a taluni che si erano
troppo marcati in tempo dell'estinto governo francese ; misura an-
cor questa gia revocata.
« Affinehe poi possa Ella con piu fondamento di verita smen-
tire tali calunnie veramente acerbissime, le accludo la notificazione
dell'amnistia data da S. S. ; e da questa stampa rilevera se si e
fatto uso di pene afflittive ed auche di carcerazioni per i titoli,
sulli quali si declamano tanto i nostri rigori.
« Convien confessarlo : i nemici della religione sono nemici
del Papa e del suo governo ; e non avendo motivi legittimi da at-
taccarlo, procurano il suo discredito col far credere, che in luogo
di quella mansuetudine propria del suo ministero di pace e di cle-
menza, tenga quelle vie di eccessiva severita, che non sono pro-
prie di Lui, e che neppure sono conformi al suo cuore. »
E qui 6 il luogo di dire qualche cosa del provvedimento,
che fa preso dal Papa contro un personaggio ecclesiastico,
la cui vita romorosa e per 1'ingegno dell' uomo e per le
opere prestate un tempo da lui in difesa della S. Sede e
del diritti della monarchia del Borboni sul trono di Fran-
cia, sollevo allora e poi un grido di celebrita non comune.
E questi il cardinale Maury : diro brevemente ed esatta-
mente quanto gli accadde di scontroso in quest' anno 1814.
Di lui il cardinal Consalvi dava da Parigi le seguenti in-
formazioni al card. Pacca, 27 maggio :
« Dopo assente qualche giorno l torno a Parigi e si sta-
bill in tre o quattro camere dell' Arcivescovado non biffate
come le altre. Chiese un' udienza a Monsieur 2, ma non la
ottenne. Diede fogli giustificativi, sostenendo di non avere
alcun torto, giacch6 egli era stato sempre per la monarchia,
1 Nell'ingresso degli alleati in Parigi, tento di fuggire a Versailles,
ma trovo chiuse le barriere.
2 II conte d'Artois, fratello di Luigi XVIII, prima del cosfcui arrive,
era luogotenente del regno.
E LA S. SEDE 665
e se aderl a Napoleone, questo fu una necessaria sequela del-
1'essere stato messo sul trono dalla nazione, e non da lui-
L'ultima gazzetta porta, che gli e stato ordinato di uscire
dall'Arcivescovado. »
Come si sa, il card. Maury era stato nominate (14 otto-
bre 1810) arcivescovo di Parigi con decreto di « Sua Eccellenza
il ministro dei culti », Bigot de Pr6ameneu: ed ai 16 dello
stesso mese ed anno, il capitolo metropolitano gli « conferiva
1'amministrazione della diocesi ». Ed egli aveva accettato e
nomina e delegazione senza nessuna bolla pontificia, che le-
gittimasse quella nomina, e gli conferisse i poteri giurisdi-
zionali. Ma vi fu qualche cosa di phi grave, che lo costitui
in istato di vera colpa di fronte alia Sede Apostolica, la quale
comecch6 allora fosse confinata in Savona nella persona di
Pio VII, non aveva perduto neppure un apice di tutta la po-
tenza, onde Gesu Cristo 1'ha investita. Ora Pio VII, con suo
breve de; 5 novembre 1810, proibiva officialmente al cardi-
nale Maury di occupare la sede arcivescovile di Parigi *, gli
negava formalmente ogni giurisdizione su quella chiesa, e
richiamavalo invece alia sua diocesi di Montefiascone e di
Corneto.
II card. Maury, pretessendo sempre di non aver ricevuto
quel breve, non obbedl alle intimazioni pontiflcie, fondandosi
sulla regola gallicana, che nel 1682 fu suggerita da Bossuet
a Luigi XIV. Secondo quella regola, il re nominava un ve-
scovo di una qualche diocesi ad amministratore di una sede
episcopate, divenuta vacante; ed il capitolo della sede va-
cante conferiva al regio nominato la giurisdizione ammini-
strativa. Con questa scappatoia assai comoda il re Luigi XIV
intendeva di troncare Tingerenza papale nel governo delle
1 «... Earn igitur administrationem ut statim dimittas, non impe-
ramus modo, verum etiam precamur et obtestamur, paterna urgente
charitate qua te prosequimur ; ne inviti ac dolentes ex statute canonum
procedere cogamur; quid autem prescripserint adversus eos, qui uni
Ecclesiae praefecti, antequam a priori vinculo solvantur, alterius eccle-
siae administrationem suscipiunt, apud omnes perspecttim est...»
666 IL CONGRESSO DI VIENNA
chiese di Francia; come di fatto accadde dal 1682 fino al 1693,
nel quale anno il re ed i vescovi chiesero ed ottennero le sa-
natorie dal Papa Innocenzo XII a quelle nomine, dal Papa
non mai riconosciute, e quindi illegittime.
Ora il capitolo metropolitano di Parigi, unitosi in assem-
blea straordinaria, si dichiarava investito dei poteri che gli
competono in tempo di sede vacante; e considerando come
vacante la sede di Parigi, dichiaro (9 di aprile) essere tolto
ogni potere giurisdizionale per ramministrazione della dio-
cesi a chiunque se ne credesse investito. Era una vera e for-
male deposizione, girata al cardinal Maury, il quale fu invitato
dalla commissione capitolare a troncare ogni relazione ammi-
nistrativa con la chiesa di Parigi.
II cardinale Maury comincio allora una serie di sbagli,
che lo condussero allo stato deplorevole di ribelle e di con-
tumace alia volonta del Papa ed a quella del. re. Voile giu-
stificare la sua intrusione nella chiesa di Parigi, e quindi
mantenersi in quella sede, con un opuscolo, che pubblico per
le stampe l ; nel quale esponeva como base del suo bene ope-
rate, la pratica seguita dai vescovi sotto Luigi XIV. che ho
accennata sopra; e dimostrava poi, che i poteri giurisdizio-
nali, trasmessigli una volta dal capitolo, divenivano inalie-
nabili nella sua persona, perch6 di dignit& superior e a quella
dei canonici capitolari: quindi questi non gli potevano piii
ritogliere quello che gli avevano trasmesso. In quanto poi
all' aver contravvenuto al breve di Pio VII, che gli negava ogni
giurisdizione e gli vietava d'accettar quella nomina, egli si
difendeva col dichiarare di non averlo mai ricevuto, e di
avere accettato la nomina dall'imperatore, a fine d'impedire
i mali provenienti dalla mancanza di un pastore nella capi-
tale di Francia 2. Al suo opuscolo fu risposto da altri, le sue
ragioni vennero confutate pubblicamente, e cosi fu causa di
1 Aveva per titolo: Mtmoire pour le cardinal Maury. Paris (1814).
* Ved. RICARD, Correspondance diplomatique, et Mdmoires inedits du
cardinal Maury, II, 447 segg.
E LA S. SEDE 667
scandalo, che avrebbe potuto evitare, se si fosse mantenuto
nel silenzio.
A questo sbaglio ne aggiunse un altro. Chiese udienza dal
conte d'Artois, fratello del re e luogotenente generale nel
regno; il quale non solamente non lo accolse, ma gli fece
mandare dal commissario di polizia Tordine di lasciar Parigir
e di ritornare nella sua antica e vera diocesi di Montefiascone.
Egli differl la partenza, e si fece ripetere gli ordini.
Intanto Pio VII da parte sua, nei provvedimenti generali
che stava pigliando contro quegli ecclesiastici, che anziche
al Vicario di Gesii Cristo avevano obbedito a Napoleone, com-
prendeva il cardinale Maury; al quale con motu proprio r
dato in Cesena a' 3 di maggio, sospendeva ogni esercizio*
di giurisdizione episcopate sopra le diocesi e le chiese di
Monte fiascone e Cornelo ; e si norainava un amministratore
apostolico nella persona del celebre vescovo di Cervia, mon-
signor Bonaventura Gazzola. Monsignor Bertazzoli con let-
tera d'ufficio, data nel medesimo giorno in Cesena, avvisava
il vescovo di Cervia di partir subito alia volta di Montefia-
scone, e di rimettere al cardinal Maury il motu proprio del
S. Padre1.
II card. Maury commise qui un altro sbaglio. Avuto sen-
tore della sentenza del S. Padre, portata contro di lui, passo
nottetempo per Montefiascone, senza fermarvisi : e Monsignor
Gazzola, secondo gli ordini ricevuti, consegno allora la let-
tera pontificia al delegate apostolico di Viterbo, ripetendogli
Tordine del S. Padre di farla ricapitare nelle mani del Car-
dinale 2.
1 11 testo di queste lettere, nella versione francese fattane da
signor Maury, nipote del cardinale, e riferito dal Ricard, op. e vol. cc.r
p. 502-504.
2 II Ricard qui non bene informato dice: « L'administrateur (Gaz-
zola), qui parait avoir accompli sa delicate mission avec quelque ru-
desse, ne prit point les precautions necessaires pour eviter a 1'exile
1'eclat de I'humiUation qui 1'attendait 4 Montefiascone. Mais le cardinal
avait appris par la voix publique, a Radicofani, les mesures prises a
Cesene. II traversa son diocese de nuit, et quand il recut le paquet des
668 IL CONGRESSO DI VIENNA
Ora ecco come ando la cosa, e come s'inasprl, nuova-
mente per imprudenza dello stesso uomo, come si pu6 scor-
gere dalla relazione che il card. Pacca ne faceva al Consalvi,
a' 22 di giugno 1814:
« Domenica scorsa 19 del corr. arrivd in Roma il Card. Maury.
Egli viaggiava in incognito per non essere osservato, e perche. si
attendeva qualche ordine cui sperava potersi sottrarre. La destrezza
pero e la vigilanza di Mgr. Delegate Apostolico di Yiterbo sventd
i snoi progetti *. Egli aveva una lettera per il Cardinale, con cui
gli si ordinava di venire in Roma ad audiendum verbum. Tenne
delie spie per sapere il di lui arrivo ; lo seppe allocate alia locanda
dell'Angelo, mand6 il suo Segretario colla istruzione di consegnar
la lettera a Sua Eminenza intimandone la ricevuta ; ma il Cardi-
nale non voile riceverla. Mgr Delegate corse in persona alia lo-
canda, e qui accadde un caloroso diverbio. II Cardinale si mostrava
fermo in non voler ricevere la detta lettera, scritta fin da Cesena
in nome di Sua S.1* da Mgr Arciv. di Edessa (Bertazzoli); e il De-
legato gl'intinio d'ordine sovrano di riceverla, fame un recapito, e
di ubbidire.
- Chi siete voi, disse il Cardinale, che mi date quest'ordine?
- Sono, rispose, il Delegate apostolico. — Non mi consta la
vostra delegazione, replied il Cardinale, — E Mgr Delegate: Yi sono
in questa citta tanti affissi in mio nome, che possono persuaderla
della rnia rappresentanza. — E Sua Eminenza disse allora: Ma voi
non conoscete il ceremoniale da usarsi coi Cardinali. — lo lo co-
nosco, rispose il Delegate, ma vorrei che V. Eminenza conoscesse
egualmente quello che i Cardinali debbono usare col Sovrano. —
Ma io, ripiglio il Cardinale, non sono suddito pontificio. — Non im-
porta, disse il Delegate; come Cardinale e come Yescovo e dive-
nuto suddito del Papa, riceva la lettera, e me ne faccia la ricevuta. -
lettres pontificates, il etait deja a Yiterbe... sur le chemin de Rome, ou
il... arriva le 19 juin (Op. cit., II, 504-505). » Non so intendere come il
Gazzola adempisse il suo incarico avec quelque rudesse, qu'ando ne vide
il cardinale, ne gli parlo.
1 II delegate apostolico, che allora governava la citta e la provin-
cia di Yiterbo, era il famoso monsignore Tiberio Pacca, nipote del Car-
dinale pro-secretario di Stato. II quale fu trasferito poi (17 di settembre)
in Civitavecchia, come delegate apostolico a cagione della sua abilita
ed energia singolari, a fine di badare in quel porto marittimo alle cor-
rispondenze del prigioniero dell'isola d'Elba: come vedremo piu innanzi.
E LA S. SEDE 669
« A queste parole esclamd : — Non e bastato viaggiare in inco-
gnito per sottrarsi a questi disgusti! — Apri, cosl dicendo, la lettera
e ne fece la ricevuta. Dopo di cid Mgr Delegate prese un tono
di rispetto alia Porpora, si esibi nel suo privato a qualunque sua
occorrenza, e si congedd.
« Dispose (il Delegate) subito la partenza del suo Segretario per
Boma col rapporto delFaccaduto, e si combinft a prendere un posto
nella diligenza in cui prese 1'altro il cardinale, senza che questi sapesse
ohi era. A Ponte Molle si trovo 1'abbate Maury, nipote di lui, con
una carrozza, nella quale sali il Cardinale. Fu subito d'ordine di
S. Santita scritto un biglietto a S. Emza, che si dispensasse dal-
1' intervenire alle funzioni papali e cardinalizie, finche non fosse
altrimenti disposto dalla stessa Santita Sua.
« II Cardinale me ne ha accus^ta la ricevuta, e fa istanza per
sapere i torti per i quali gli si danno tante mortificazioni, onde
giustificarsi. A questo biglietto non ho risposto ancora, ma rispon-
derd che il S. Padre si riserva di farglielo sicuramente conoscere
a suo luogo e tempo.
« Ho detto di sopra 1'Abbate Maury e non Mgr Maury, per-
che N. S., attesa la pessiina condotta tenuta da esso e da sette
altri prelati, ha creduto privarli della mantelletta, e sono: Maury,
Martorelli, Brenciaglia, Yergani, Nuzzi Colligola, Santacroce e An-
tonelli.
« Domani o posdornani riparte per Parigi quel buon avvocato
Zamboni, che fu chiamato da Vienna per compagno del Conte Ma-
gauly J. Per mezzo del medesimo scrivero... »
A cotesto trattamento del cardinale Maury, lo stesso Con-
salvi non ebbe e non trov6 nulla a ridire: non fu cosl in-
torno all'arciprete di Firenze, Antonino Longo, del cui caso
parlero piii innanzi. Infatti egli rispondeva da Parigi (25 lu-
glio) al card. Pacca, esprimendo in questa maniera i suoi
sentimenti :
1 Sul Magauly ved. piii addietro (quad. 1243. 5 aprile 1902,, p. 29).
L'avvocato Zamboni, di Bologna, merito assai bene in quella circo-
stanza della S. Sede. Fece tutto quel viaggio a proprie spese; e poi
msieme col conte Fava e conte Squarzoni attese a raceogliere sotto-
scrizioni per il ritorno della Romns'iia al ?>. Padre. I cardinali Pacca e
Consalvi si lodano molto di lui nel loro carteggio.
670 IL CONGRESSO DI VIENNA
« La provvidenza presa sopra 1'Emo Maury 1 e pienamente giu-
stificata dalFessere egli ID un caso tutto diverse, non meno per la
sua qualita di Cardinale, che lo costituisce piii strettamente subor-
dinate alia S.a Sede, che per esser vescovo d'un paese dello Stato
pontificio. L'adottare le stesse misure in ordine ai vescovi non su-
bordinati nel temporale al pontificio dominio, pu6 essere soggetto
a trovare della resistenza per parte dei Yescovi, se venissero in
qualche modo spalleggiati dai loro governi 2. »
Tale si fu la giustizia, esercitata dalla ristabilita autorita
pontificia. Non ne furono content! i pii cristiani avvocato
Vera e David Silvagni: ma ne fu contenta tutta Roma, e
sopratutto ne 6 soddisfatta la verita storica, la quale tosto
o tardi sfolgora sempre le calunnie dettate dalFanimo insod-
disfatto e dal cattivo talento.
III.
Se non che, il cattivo talento di quel pio cristiano, che
scriveva di Pio VII « senza preoccupazioni e senza parti-
gianeria », quale fu 1'avvocato Giuseppe Vera, battezzato
dal Silvagni con quegli aggettivi, rimprovera eziandio alcune
1 Al Maury poi s'intento un processo, dopo che fu fatto chiudere
in Castel Sant'Angelo. A' 30 gennaio, e 4 marzo 1815 trovo due rela-
zioni, o requisitorie, che dimostrano i suoi capi di accusa, e sono: il
mal governo, e varie irregolarita, nell'amministrazione della sua dio-
cesi ; la sua disobbedienza al S. Padre nell'aver accettato la sede arci-
vescovile di Parigi; il suo servilismo verso Napoleone; e varie propo-
sizioni nelle sue opere, favorevoli e conducenti allo scisma. Gli autori di
queste requisitorie furono Mgr Ceprano, e 1' avvocato dei poveri Inver-
nizzi. A' 22 di giugno 1815 fu nominata una « congregazione, compo-
sta dei cardinali Mattei, Della Somaglia, di Pietro, Saluzzo, Pacca, Bran-
cadoro, Litta, Gabrelli, Galeffi, Opizzoni, e Mgr Belli secretario. » Dopo
varie adunanze si convenne d'indurre il card. Maury a rinunziare alia
diocesi di Montefiascone, e chiedere indulgenza al S. Padre. Cosa ch'egli
adempi nel seguente anno 1816, per mezzo del card. Consalvi; morl agli
11 maggio 1817. — Dall'Archiv. Vatic. Italia Appendice epoca napoleonica,
vol. XVII. In queste carte, che mi sembrano aver appartenuto al card.
Di Pietro, si trova la posizione dell' imbastitura del processo, con alcuni
ragguagli particolari.
2 Archivio Vaticano, Congresso di Vienna, anno 1814.
E LA S. SEDE 671
colpe di ommissione, che quel Pontefice avrebbe commesse.
Cosl lo aggrava de' « pretest! apparent! e poco plausibili
e della maniera arida (sic) », con cui Pio VII rifiuto 1'of-
ferta, fattagli dal consiglio municipale di Roma, « di set-
tecento fanti armati e vestiti a sue spese... e di una statua
di bronzo in Campidoglio l. »
In quella vece, Pio VII ebbe il buon senso di rifiutare
quella spesa inutile ad un popolo gi& dissanguato : ma certi
insensati scrittori convertono in biasimo gli stessi titoli di
lode !
Ma la voglia di dir male, che fruga quello storico pio
cristiano, gli fa dire eziandio che Pio VII « aveva anche
ricusato una Guardia d'onore di Nobilt& Romana! » Mi sia
lecito almeno di mostrare la solenne audacia di cotale sva-
rione, col pubblicare un documento che per una parte lo
sfata solennemente, e per 1'altra ci mostra i sentimenti di
fedelta di tanto cospicuo numero di nobili romani, conser-
vatisi intemerati in mezzo all' attrattiva quasi irresistibile
delle sollecitazioni napoleoniche.
A' 20 di settembre 1814 il card. Pacca scriveva al Con-
salvi gi& in Vienna :
« Le guardie nobili hanno fatto vivissime istanze a S. S., per
avere 1'onore di servirlo non come guardie nobili, ma come pri-
yati, nel modo che ora e servito dalla guardia civica. S. S. ha ade-
rito ai loro desiderj, e si spediranno dei biglietti a tutti quelli
delle guardie nobili che non si sono macchiati, accordandogli
quest'onore, finche sia ripristinato e dato un nuovo impianto al
detto Corpo delle guardie nobili, lo che seguira alia di lei ve-
Duta. »
E i biglietti furono spediti, indi a poco nel tenor e se-
guente :
Dalla segreteria di Stalo. Settembre 1814.
" AHi Signori : Principe D. Paluzzo Altieri, comandante. —
-Cav. D. Lorenzo Giustiniani. — Conte Cardelli. — Marchese Alberto
Longhi. — Conte Moroni. — Girolamo Colonna. — Marchese
1 D. SILVAGNI, La corte e la societa romana..., IE, 711.
672 IL CONGRESSO DI VIENNA E LA S. SEDE
Ossoli. — Duca Caffarelli. — Marchese Clemente Muti. — Conte
Melchiorre della Porta. — Marchese Rinaldo del Bufalo. — »
Marchese Giacomo Teodoli. - - Marchese Vincenzo Costaguti. —
Girolamo Cavalletti. — I). Leonardo Bonelli. — Francesco Lw-
cernari. — Michele Alvarez de Castro. — Marchese Guglielmo
Longhi. — Marchese Carlo Longhi. — Conte Gaetano Mattel. —
Marchese Paolo Ciccalotti. — Marchese Filippo Andosilla. - —
Conte Giuseppe Buschi. — Contv Cosimo Fabrizi. — Conte Fa-
lentino Canali. — Conte Filippo della Porta. — Marchese Emilia
Massimi. — Conte Antonio Negroni. - - Conte Filippo Ante-
won'. — Signor Giuseppe Ciampelletti. — Marchese Giacinto del
Bufalo. — Conte Giacomo Negroni. — Marchese Francesco Lon-
ghi. — Marchese Nunez. — Cavalier Francesco Bernini.
« Le prove di fedelta, e di attaccamento, che il Signer N. N.>
come individuo spettante al corpo delle guardie nobili, diede alia
Santita di Nostro Signore in tempo della ultima invasione Fran-
cese, sono rimaste cosi scolpite nella sua memoria, che ha desi^
derato sempre 1'occasione di potergli dare qualche attestato del So-
vrano suo gradimento.
« Avendo ora mostrato il medesirno il piu grande interesse di
prestare gratuitamente alia Santita Sua Fonorevoie servizio, finch&
non venga ripristinato il Corpo delle Guardie nobili : Sua BeatK
tudine considerando questo desideria come una nuova testimcK
nianza di attaccamento, si e benignarnente degnata aderirvi, e di
accordare al detto N. N. Fonore di servire la sua sagra persona^
fino a tanto che non venga stabilita la ripristinazione, e il nuovo
impianto del Corpo delle Guardie nobili.
« Si porge pertanto il riscontro al detto Signor N. N. di que-
sta Sovrana graziosa condiscendenza, abilitandolo a poter indossare
provisoriamente la bassa uniforme J.
« B. CARD. PACCA Pro Segretario di Stato. »
1 Nella sua lettera de' 24 settembre, il Pacca dichiara al card. Con-
salvi, che « la festa che ne hanno fatta (le guardie nominate) 6 indi-
cibile. » Archiv. Vatic., Congresso di Vienna, anno 1814.
DI ALCUNI CRITERI1 iNCERTI
NELLA PALETNOLOGIA
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA
La scoperta delle tombe nel Foro Romano
e il criterio cronologico.
II prof. Pigorini nel Bull, di paletn. italiana, Aprile -
Giugno 1902, p. 139 140, fa le maraviglie che il p. de Cara
nel suo III Vol. degli Hethei Pelasgi « di recente pubbli-
cato, sebbene con tanto calore avesse raccomandato lo stu-
dio di Norba, sorvola sui primi risultati ottenuti. » II mio
III Volume fu pubblicato nel Maggio del 1902, e non do-
vevo parlare di risultati ottenuti, se anche oggi nel 1903,
la necropoli non si e ancora scoperta. II Pigorini era nel
suo diritto, come Direttore, di parlar come fece, con molta
facondia, delle cose trovate, tributando egrege lodi all' ar-
cheologo Savignoni, air ingegnere agronomo Mengarelli e
alia loro autorit& incontrastabile in materia di scavi. lo, al
contrario, nou aveva ne diritto n6 dovere di palesare ci6
che penso perciocche le indagini durano tuttora e la necro-
poli si deve scoprire. Su' lavori architettonici e le teoriche
del Mengarelli, contrarie a quelle dell'architetto Giovenale,
dovra parlare altri, non io : ma sulla questione di storia
antica in ris petto di Norba, ho scritto e scrivo io senza am-
bagi, che Norba non fu citta romana, come asseri il Savi-
gnoni nella sua Relazione del 1901. Di che segue, che il Pi-
gorini *ammettendo pienamente le conclusion! del Savignoni
e del Mengarelli, ha ritenuto come cosa fuor d'ogni dubbio,
quanto afferma delle mura di Norba il Mengarelli, e del-
Torigine di Norba tra il V e IV secolo, il Savignoni. Ora io
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1266. 43 12 marzo 1903.
674 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELL A PALETNOLOGIA
nan credo di far torto al Pigorini, valentissimo paletnologo e
che ha speso la vita in questo genere di studii, se in fatto
di storia antica del Lazio e di architettura pelasgica, non ri-
conosco in lui un'autorita o come dicono, competenza senza
appello.
Senonch6 alia prima maraviglia per il prof. Pigorini, ne
sopraggiunge un'altra quando legge queste mie parole : « ma
le colonie romane non fondarono Norba e le altre citta
pelasgiche del Lazio, si solo le ripopolarono. » Ora la storia
romana insegna proprio questo, che quando si parla di co-
lonie dedotte da Roma, s' intende sempre ch'esse sono man-
date non a fondar nuove citta nel Lazio, ma solamente ad
abitare e ripopolare citta che gia preesistevano. Ondech6 le
colonie inviate a Norba, e furono piii d'una, confermano la
preesistenza di Norba e dimostrano la falsita dell'asserzione
che Norba 6 una citta romana.
Che cosa infatti, s; intende per colonia ? « Colonia est
pars civitatis, aut sociorum deducta in aliquem locum, co-
lendi et inhabitandi gratia, itemque ipse locus. Igitur co-
lonia est oppidum, quo olim rex, vel senatus, vel populus
partem civium, vel sociorum misit ad habitandum (FOR-
CELLINI, s. v.)» Cicerone, opportunamente al fatto di Norba,
dice : « Colonias sic idoneis in locis contra suspicionem pe-
rlculi collocarunt, ut esse non oppida Italiae, sed propu-
gnacula imperil viderentur (2. Agr. 27). » Ora le nuove
colonie furono mandate a Velletri e a Norba a breve inter-
vallo, per il pericolo degli eserciti de' Volsci : « Ni Volscos
jam moventeis arma pestilentia ingens invasisset, ea clade
conterritis hostium animiSj ut etiam, ubi ea remisisset, ter-
rore aliquo tenerentur, et Velitris auxere numerum colo-
norum Romanorum, et Norbae in monteis novam coloniam
(quae arx in Pomptino est) miserunt. (Liv. lib. !.)• )} II che
intervenne sotto il Consolato di T. Geganio e P. Minucio,
nell'anno di Roma CCLXII. av. C. CCCCXCI. Cosi riporta il
testo di Livio, il Cluverio, il quale dichiara Topinione di
Dionigi differire da quella di Livio in cio che Dionigi chiama
citta latina Norba, dovechk Livio la riconosce per fortezza
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 675
de' Volsci nell'agro Pomptino. II primo considero Norba se-
condo il suo tempo quando gia il Lazio nuoyo era stato ag-
giunto al vecchio e percio la ehiamo citta latina o5x dcpav^?,
mentre storicamente Norba fu citta de' Volsci. Se dunque
nel 491 a. C. cio& nel V secolo, riceveva colonie romane
Tuna dopo 1'altra, Norba dovette preesistere e non fu fab-
bricata da' Romani, come non furono fabbricate tutte le altre
citta de' Volsci e degli Ernici e de'Sabini dove fin dal tempo
di Romolo, furono mandate colonie, come ad Antemna, Cru-
stumerio, Cenina, citta piu antiche di Roma. A cessare il
fastidio del lettore lascio di citare altri esempii che si pos-
sono leggere in Livio, da' quali scende sempre la stessa con-
seguenza, che Roma non fondo le citta del Lazio dove de-
dusse colonie, e percio I'affermazione che Norba fu fondata
da' Romani o che fu citta romana, e contraddetta dalla
storia. Anche questo fatto di Norba prova chiaramente la
necessita di riesaminare il criterio cronologico nelle que-
stioni di storia antica.
Vi e un altro argomento del Pigorini contro cio che
scrivemmo intorno agli scavi iniziati a Norba. Ecco le nostre
parole : « ma le colonie romane non fondarono Norba e le al-
tre citta pelasgiche del Lazio, si solo le ripopolarono *. » « Per
tenere buona una tale opinione, egli dice, senza dimenticare
i positivi risultati degli scavi, allo stato attuale delle cose,
conviene ammettere per Norba il fatto singolarissimo, che
gli abitatori meno antichi abbiano distrutto studiosamente
ogni segno di quelli anteriori, perfino i frammenti delle sto-
viglie, che rimangono sempre ad atte stare in ogni luogo
occupato dall'uomo il passaggio, per quanto rapido, an che
di una sola famiglia 2. » Rispondiamo che « adducere incon-
veniens non est solver e argumentum. Se infatti, consta sto-
ricamente, e noi 1'abbiamo provato, che Norba non fu fon-
data dalle colonie romane, il non esservisi finora trovati nep-
pure frammenti di stoviglie della Norba, per noi, non del
* DE CARA, Vol. Ill, p. 298.
* PIGORINI, Bull. d. paletn. ital., Ann. XXVIII, aprile-giugno, 1902,
p. 139-140.
676 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELL A PALETNOLOGIA
V o IV secolo, ma d'eta forse del doppio piu antica, non e
argomento che possa render falsa una verita ed un fatto
storicamente certi. II non esservi avanzi o almeno il non
averli trovati della prima eta di Norba, si puo spiegare per
molte cause e non ultima 6, senza dubbio, quella che a Norba
vi si mandarono ad abitarla fin dal V secolo, due o tre eo-
lonie romane : il che significa che di veri Norbani il numero
si era dovuto di molto assottigliare, di guisa che nella presa
di Norba, Silla non sconfisse i Norbani veri ed originarii,
ma i Romani delle colonie, i quali per ispazio di 4 secoli vi
si erano stabiliti e moltiplicati.
Ma si puo pertanto asseverare con ogni certezza, che
nulla, neppure un frammento di vasi o di stoviglie siasi tro-
vato negli scavi di Norba, quali ci son descritti nella prima
Relazione? Quei frammenti di vasi di uno strato rossastro a
due metri e cinquanta e anche piu, di profondita, che lo
stesso Savignoni confessa essere specificamente diversi dai
cocci romani, di quale Norba sarcbbero, della pretesa ro-
mana ovvero della Norba volsca? Le statuette, le antefisse
e la luno Sospita, sono poi indubitabilmente della prima o
della seconda? E finalmente, non resta forse tuttora Tignoto
della necropoli? La supposizione dunque del Pigorini, che gli
abitatori meno antichi avrebbero studiosamente distrutto ogni
segno di quelli anteriori, non e necessaria, n6 costituisce un
fatto singolarissimo, potendosi avere lo stesso effetto per cause
naturali, dell'azione cio& del tempo, della qualita del ter-
reno, dalle sue varie destinazioni, dalle mutazioni e ristora-
zioni di questa o quella parte della citta e somiglianti. Chiu-
diamo questa breve digressione su Norba, dichiarando fran-
camente che il criterio cronologico del Savignoni, ci sembra
del tutto sbagliato, perch6 in contraddizione con la storia
antica de' popoli Latini e Volsci.
Un altro incoveniente che derivo dall'aggiunta del Lazio
nuovo ali'antico, fu quello di qualificare col nome di citta la-
tine quelle che tali non erano mai state, ma volsche, sabine
o campane. Laonde il criterio cronologico ed etnico venne
confuso non senza danno della storia antica di Roma e del
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTIC A 677
Bomani. Giovera tuttavia ricordare che i Roman! non furono
della stessa stirpe de; Volsci, degli Erriici e degli Aurunci ov-
vero Ausonii ; che Prisci Latini o Casci si chiamarono un
tempo i popoli che abitavano una parte poco estesa del Lazio
fra 1'Aniene e il Tevere, e una parte della Sabina a' confini,
donde piu tardi citta latine furono dette Sabine e viceversa.
Roma percio topograficamerite fu citta del Lazio, ma etni-
camente la Roma di Romolo, non si potrebbe dire; citta, pu-
ramente latina di stirpe, perciocche le popolazioni raccogli-
ticce onde fu costituita e abitata, appartenevano a genti di-
verse, a Siculi o ibero-liguri, a Sabini e ad Etruschi.
L'Antico Lazio consisteva in quella estesa pianura che
oggi diciamo Campagna di Roma, chiusa air intorno dall'alta
catena degli Apennini, ed esternamente dal mare dalla foce
del Tevere al promontorio circeio. I Romani conobbero sotto
il nome di Latiiii, i popoli che nel principle furono abitatori
di questo Lazio primitive, cio6 antico. A che stirpe poi ap-
partennero, donde vennero nel Lazio, quali affinita vi furono
o vi poterono essere fra Umbri, Oschi e Sabellici, e fra quest!
e i Volsci e gli Aurunci od Ausoni del confine meridionale,
siffatte question! furono da me svolte nel III vol. degli Hethei-
Pelasgi cap. IX, X, XI, XIII, XVII e nel Trattato su' Dialetti
Italiciy cap. XXI, XXV, e non intendo di ritoccarle restando
io tuttora nelle opinioni medesime di prima, dalle quali non-
che distogliermi le recenti affermazioni antistoriche intorno
alia citta volsca di Norba, mi vihanno vie piu confermato. Vero
e che nel presente stato degli studii di storia antica, spe-
cialmente di quella parte che riguarda i popoli piu antichi
del Lazio, si osserva una vera mancanza di logica di fatto.
Nessuno certamente osera negare che nell' Italia e nel
Lazio in particolare, vissero popoli chiamati Siculi o Ibero-
liguri, Enotri, Opici, Sabini, Volsci, Aurunci o Ausoni. Tutti
gli storici greci e romani 1! chiamano con questi nomi e
in cio le tradizioni sono concord!. Ma quando lo storico li
fa operare e ci parla delle leghe fra loro o delle guerre, del
luoghi da loro nel principio abitati ovvero delle loro migra-
zioni, della religione e de' costumi, tutto allora diventa dub-
678 DI ALCUNI CR1TERII INCERTI NELL A PALETNOLOGIA
bio e, perciocche nori v'e certezza, non si ammette piu nulla
neppur la probabilita de' fatti, come se di tempi cosi auti-
chi non fosse gia un bene il poter ottenere delle notizie e
conoscenze probabili. Se le cose sono col progresso della cri-
tica giunte a tal punto, meglio & passarsi dell'antica storia
romana dell' eta regia e di quella che la precede. Per buona
fortuna, le tradizioni vere od incerte, miste d'elementi estranei
o favolosi, tuttora sussistono negli storici e ne' poeti antichi,
e Toper a dello storico deve porsi nel vagliare la materia,
nel riscontrare leggi, costumi e riti d'un popolo con quelli
d'un altro coevo ovvero piu antico, indigeno o straniero.
Quando un tale studio sia fatto con diligenza ed amore, molte
cose oscure diventano chiare, e quel che priina pareva del
tutto strano e senza ragion d'essere, sara riconosciuto se non
per certo, almeno per probabile. Diamo un esempio.
Che cosa si sapeva finora di Saturno dopo quanto ne scris-
sero storici e poeti dell'antichita? Ch'egli fuggito da Greta,
si nascose nel Lazio, che fu un dio straniero, che fu re degli
Aborigeni ai quali insegno Tagricoltura, che fondo Saturnia
dov'e ora il Campidoglio, a pie del quale vi fu un'ara anti-
chissima e piu tardi un tempio, nel quale si custodiva Fera-
rio. Noi da queste tradizioni confuse e in parte mitologiche,.
potemmo con 1'aiuto della storia orientale, ricavare una con-
gettura storica della maggiore importanza, la venuta cio6 in
Italia e nel Lazio, dei Pelasgi dell' isola di Greta con Tarte
loro di edificar citta col sistema poliedro -megalitico ; stante-
che Saturno = Set, fu la divinita massima degli Hethei Pe-
lasgi e pero de' Cretesi, come si puo vedere da cio che ne
scrissi nel Vol. Ill degli Hethei-Pelasgi cap. XVII, p. 289.
Un segno non dubbio della bonta d'una congettura e quello
di potere con essa spiegare certi fatti e costumi, i quali sen-
z'essa non si potrebbero intendere. E in effetto, il norne del
dio Saturno come i Pelasgi cretesi che ne introdussero il culto
nel Lazio, non hanno nulla che fare con Arii e con lingue
ariane in Italia; e pero I'etiinologia di Saturno non doveva
ricercarsi nell'idioma latino. Di pari, T or igine delle costru-
zioni pelasgiche del Lazio, la quale non puo ricercarsi nel-
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTICA 679
r Italia settentrionale, 6 ragionevolmente spiegata dalla ve-
nuta di popoli, come il cTetese, nella cui patria, questa
architettura fu la piu comune ed antica. Ne quest! sono i
soli indizii della presenza nel Lazio di popoli venuti da Greta
o dair Arcadia, ma convien ricordare che 1'antico culto delle
pietre, degli alberi, degli ancili, scudi cio6 della stessa forma
de' micenei, che si credevano caduti di cielo ed erano cu- .
stoditi da' sacerdoti Salii, come le costoro danze orgiastiche,
hanno un perfetto riscontro col culto de' Cretesi e degli Ar-
cadi, come ne scrisse dottamente 1'Evans nel suo lavoro in-
titolato : Illustrative Survivals of Tree and Pillar Cult in
Classical Greece and Italy, e del quale diedi gia un sunto
quando trattai della Stela del Foro Romano l.
Come siffatti culti ed usanze proprie de' Pelasgi cretesi
e degli Arcadi, si trovano nel Lazio e nella Roma antica?
Dal!' Italia settentrionale certamente non vennero; i terra -
maricoli, come gia dissi altre volte, non lasciarono di s6 ne
nome ne memorie della loro religione, se n'ebbero, e resta-
rono sempre estranei alia storia. Ma se ci rivolgiamo alle
contrade del mezzogiorno, vi troveremo gli Enotri, pelasgi
arcadi, de' quali sappiamo che migrarono nel Lazio e furono
considerati quali Aborigeni. L 'Evans infatti, attribuisce agli
Eiiotri 1' iritroduzione del culto degli alberi sacri nell' Italia
meridionale e nel Lszio, come ne fan fede le monete tipiche
di Caulonia con \a, testa del bue sacriflcale pendente dai
rami ; e in Roma al tempo di Romolo e prima di lui, si aveva
il Ficus Ruminalis, la cui santita appartenne a climi me-
ridionali e mediterranei, e fu in modo particolare venerato
dal mondo miceneo. Marte, padre de' gemelli, nel detto Fl-
eas RuminaliSj e rappresentato dall'uccello picus, ed e cu-
rioso che questo nome di picus corrisponda al vocabolo
IlTxos, nome, secondo Cedreno, del Giove cretese. Senonche
lo stesso Picus, il quale diede aH'uccello il suo nome, sa-
rebbe stato, a giudizio di Plinio, figlio di Saturno e re degli
Aborigeni. Le danze de' Salii, custodi degli Ancili, rispondono
a quelle che si facevano da' cultori di Giove Ideo e di Rhea
1 Cfr. Civ. Catt., Ser. XVIII, Vol. II. 1901, p. 5. e segg.
680 DI ALCUNI CRITERII INCERTI NELLA PALETNOLOGLA
Cibele. L'Evans riscontrate con la luce delle recent! sco-
perte, queste ed altre tradizioni cretesi e arcadiche, con le;
romane, cosl conchiude : « II parallelismo religioso non po~
trebbe andare piii oltre. Le coincidenze della tradizione non
possono essere accidental! e risguardano particolarita poste
in luce dall'ultime scoperte archeologiche. »
Noi qui chiamiamo 1'attenzione del lettore sopra una costu-
manza antichissima de' popoli Latini, conservata anche al
tempo de' re e della repubblica, ma che esisteva gia prima
di quelli e di questa, le ferie latine, cio6 1'uso de' pubblici
banchetti consacrati dalla religionc. Le piu celebri di queste-
feste si celebravano da' trenta popoli latini sul Monte Albano,
dov'era 1'altare di Giove Laziale, e i Romani del tempo di
Tarquinio il Superbo, le governavano per fini politici. Cia-
scuna delle trenta citta vi mandava i suoi rappresentanti e
concorreva alle spese ; vi si teneva mercato, vi si portavaria
agnelli, latte e focacce e si sacrificava un toro, delle cui
carni dovevano partecipar tutti. Durante questo tempo posa-
vano le armi e le contese fra'singoli popoli latini e con le genti
romane. Le feste medesime si celebravano a Sparta, istitui-
tevi da Licurgo e si chiamavano cpiSiTia, laddove il nome co-
mune era quello di auaatita perch& si banchettava in comune.
Anche nell'isola di Greta v'erano le stesse feste e Licurgo,
il quale era vissuto degli anni in Cretu, da questa le prese
ed introdusse a Lacedemone *.
Aristotele ne' Politici parla di queste costumanze de' Cre-
tesi e degli Spartani, e giudica migliori le feste convivali
pubbliche de' Cretesi, di quelle della Laconia perciocche a
Greta le feste si face va no a spese del pubblico, laddove a
Sparta vi dovevano concorrere i privati e per conto loro.
II che portava il grave inconveniente di non aver parte
neH'amministrazione pubblica qualora per mancanza di mezzi,
non si fosse preso parte alle feste. A Greta per contra, le
spese erano fornite da' redditi della Repubblica e da' tributi
de; Perieci (oE Tlepioixoc), cittadini della Laconia vinti da' Dori
1 Cf. ISOCRAT., p. 225, A; ARISTOPH., Eccl. 715; ARISTOT., Polit. It
5 med., 2, 9 med., 10 med., 11 init. Thesaur. Ling. Graec., s. v. p. 1535*
ARCHEOLOGIA E STORIA ANTIC A 681
lasciati liberi in modo che si distinguevano dagli Spartani
vincitori e dagli Iloti fatti schiavi. II Filosofo pertanto, con-
siderata 1'alta antichita di qiieste istituzioni de; pubblici ban-
chetti, ne indaga le origini e le scopre fuori di Grecia. L'im
portanza dell'opinione di Aristotele 6 al tutto degna d'essere
risaputa e studiata, sia per il fatto in se stesso, come per
TautoritA, dell'autore, discepolo di Platone, maestro di Ales-
sandro Magno e il piu grande fiiosofo che vanti I'antichita.
Al VII, c. X, de' Politici scrivendo dell'antichita delle leggi
-civili, ritorna su' sodalizii e banchetti pubblici che risalireb-
bero a Minosse re di Greta. Indi soggiunge :
« Quelii che si celebrano in Italia, sono m'olto piu anti-
<5hi. Dtcono infatti, uomini che ivi abitano, dotti ed eloquent!
e scrittori di antichita, che un certo Italo fu re dell'Enotria,
^ che mutato il nome, gli Enotri si chiamarono Itali... Di-
cono dunque aver questo Italo fatto degli Enotri che prima
-erano pastori nomadi, agricoltori, e fra le altre leggi loro
dettate, aver sancito e confermato con pubblica legge, quella
de' sodalizii e banchetti pubblici. Percio aach'oggi alcuni
<3he da lui cliscendono/ usano gli stessi sodalizii e conviti
pubblici 4. »
Ora, stando all' au tori tft di Aristotele, si devono ammettere
le cose seguenti. Primieramente, che gli Enotri o Itali ven-
nero in Italia in tempi antichissimi e prima di Minosse: che
da loro le ferie latine furono introdotte nel Lazio : che questa
usanza medesima dovette esistere in Arcadia se gli Enotri
vengono da questa contrada, e se partirono da Greta, come
per noi e piu probabile, i banchetti pubblici erano gia usati
nell' isola e prima di Minosse. Riteniamo piu probabile Tori-
gine cretese de' conviti pubblici perch6 il culto del dio Set
(Saturno) nel Lazio non poteva essere introdotto se non da
1 Ta 8^ TtspL TYJV 'ItaXtav uoX?.cp TiaXatoispa TCUTCOV <£aal yap 01
Taiv sxet "X,aiotxo6vta)v, 'Ita?,ov Ttva Y£v£3^ai [JaaiXsa T^g Oivcotpiac;' &cp' ou "co
•CE ovojia |iSTa^aX6vTa$, "IxaXouc; dvt* Oivoj-cpwv xXYjO^vat... TOUTOV SYJ Xsyouat.
TOV 'IiaXov vojJtdSag TOU^ Oivwtpa^ ovtag, uotYjaat, yewpYO'^S >^at v6|iouc; aX-
^Lou; TS auxol^ GsaOai, xat xa auaacxia xacaatfjaat Ttpwiov. Sco %al vuv JTI iwv
tttt" sxscvoo -tvsg XP^71*0 T°t£ auaatxtocg, xaL xcbv vojitov svtoig.
lib. VII, c. X.
682 DI ALCUNI CR1TERTI INCERTI NELL A PALETNOLOGIA
genti venute da Greta, se ben s'intende la leggenda che lo
fa nascondere nel Lazio, e. se si tien con to delParchitettura
delle sue piu antiche citta, ch'e la medesima della parte piu
arcaica delle costruzioni cretesi.
Da queste rapide osservazioni si puo conchiudere che
certi fatti storici fondati nella tradizione, purch.6 ben intesa,
e rischiarati da nuove scoperte, meritano giustamente Tas-
senso dello storico che studia senza preconcetti. Se poi non
si vogliano ammettere da taluno, non monta. Vi sara sera-
pre chi gli approvi e difenda. A noi basta che uomini di
senno e di molta dottrina, come T Evans e tanti altri ch#
studiano senza preconcetti, neppur mettono in dubbio le re-
lazioni e tradizioni de' Pelasgi Enotri e cretesi arcadi con
1'antica Italia e specialmente col Lazio, senza ricorrere ad
influenze coramerciali, ma spiegando le cose per vere im-
migrazioni di antiche genti in Italia, venute dalla Grecia
primitiva cio6 preellenica, da Greta o dalle isole deir Egeo_
In questi articoli intorno le tombe scoperte nel Foro Ro-
mano, servendoci del criterio cronologico, abbiamo provato
che la paletnologia sola senza I'aiuto della storia e della tra-
dizione antica, non poteva spiegare la presenza del doppio
rito nella necropoli del Foro, come in quella tanto vasta del-
TEsquilino, dove le tombe piu arcaiche erano a inumazione.
Con lo stesso criterio cronologico si parve chiaro che le po-
polazioni del Palatino non formavano con quelle de' Colii
Albani una sola famiglia aria o di terramaricoli, perciocch6
la Roma preromulea fu abitata da genti non arie e che non
usavano il rito della cremazione. Certificammo la presenza
nell'Italia meridionale e particolarmente nel Lazio, di popoli
migrati dal Mediterraneo orientale, cio6 dall' Arcadia o da
Greta, con Tautorita degli antichi storici e dalla conserva-
zione di riti, di usanze e di credenze, le quali non potevano
essere introdotte dall'Italia settentrionale ; cosi il culto di
Saturno, la legge di pubblici conviti e Tarchitettura polie-
dro-megalitica, il culto delle pietre (il dio Termine), degli
ancili, delle piante (il Ficus Ruminalis), ed altrettali che
furono gia riti, costumi eel usanze de' Cretesi e degli Arcadir
ARCHEOLOG1A E STORIA ANTICA 683
come fu fatto chiaro dalle recent! scoperte archeologiche, per
le quali resta esclusa qualunque influenza commerciale. Per
questa stessa ragione il piu antico rito di sepoltura non po-
teva esser 1'ario o de' terramaricoli, cioe quello dell'in.dne-
razione, si bene 1'altro anteriore e portato dagli oriental! che
fu sempre quello delFinumazione e che la tradizioue afferma
essere stato quello de' Romani, mentre le popolazioni de' Colli
Albani di eta posteriore incineravano, senza poter avere per
ootesto alcuna influenza sul rito della Roma preromulea. Cosl
non regge 1'asserzione del Pigorini contraria alia nostra, che
i Roniani cioe quantunque si facciano discendere dagli Al-
bani, cio che noi non ammettiamo essere stato provato, pure
nel principio non incinerarono ma inumarono.
Un altro criterio cronologico di cui fu fatto uso o piut-
tosto abuso, nella Relazione sugli scavi di Norba, e quello
che Norba sia stata fondata da' Romani nel V o IV sec. a.
G. C., argomentando dalla colonia mandatavi da Rotna, in-
torno a quel tempo. L'errore proviene dalla mala intelligenza
del nome di colonia romana per rispetto alle citta del Lazio.
Provammo che le colonie romane spedite alle citta del La-
zio supponevano 1'esistenza di queste citta, non si raanda-
vano a fabbricarle, come si fa manifesto dalla storia de' La-
tini, de' Volsci e degli Ernici, le citta de' quali furono piu
antiche di Roma. Questo pregiudizio o preconcetto storico
non sappiamo quanto possa giovare alle conseguenze finora
tratte dagli scavi di Norba, dove tutto cio che fu scoperto,
deve logicamente farsi risalire al V o IV secolo, dacch& Norba
fu dichiarata citta romana, cio6 edificata da' Roniani. Accen-
nammo parimenie alle esplorazioni del Frothingharn e alia
sua opinione intorno 1'eta alia quale, secondo lui, Norba deve
rimontare, cioe quattro o cinque secoli piu su della Norba
del Savignoni. Agli argomenti di lui si dovra certamente ri-
spondere da un architetto e da un archeologo, ci6 che fa-
ranno 1'ingegnere agronomo Mengarelli e 1'archeologo Savi-
gnoni. AH'argomento del Pigorini che gli oggetti trovati o
acquistati sul luogo dal Frothingham, non hanno valore per-
che non vengono da scavi sistematici, risponclemmo gia noi.
IL CAPORALE TRASTEVERLNO
XXVII.
Da Pasqua a Natale.
— Oh ! finalmente lasciatemi fare un respirone ! usci a
dire donna Cecilia, dopoche ebbe veduto il giacobino e il fran-
cese toltilesi dagli occhi e partiti in buon'ora dalla locanda.
— Chi erano, chi erano mai costoro? interrogarono a una.
voce tutti i commensali.
— Del francese non so il nome, riprese la Cecilia, ma ha.
una bell'aria e belle maniere. II giacobino, so che porta il
nome di Monsu Caco.
Le fanciulle a quel nome fecero le piu matte risate; e-
1'Assunta sopratutto vi diverti per ,un pezzo la brigata, di-
cendo che quel giacobino cosi nominate non doveva bever
vino nella locanda, ma servirsi di acqua marcia...
Ma gli uomini a quel nome si turbarono, e si guardarona
in faccia. Per quei fieri Trasteverini, e per tutto il popola
romano, quel nome era il compendio e la cifra, con cui nel
linguaggio popolare veniva significata la rovina di Roma.
— Ha fatto bene a pigliar Tambulo, disse il Chiovaccino..
E voi, sora Cecilia, avete fatto meglio ancora a non renderci
awisati della sua presenza...
— Lb credereste? rispose la signora Cecilia. Egli mi stava
guardando con due occhiacci, che sembravano quelli del ba-
silisco ; e poi non finiva di fissarli que' suoi occhi sul volto-
alia nostra Camilla...
— Uff! esclamo la Camilla; e si porto rapidamente la
mano alia fronte, in atto come di tergersi il viso. Me Tave-
ste detto, ch6 io gli avrei voltato le spalle.
1L CAPORALE TBASTEVERINO 685
— Ed io, osserv6 TAssunta gli avrei scagliato sul viso
questo bicchiere, pieno d>cqua marcia.
II Chiovaccino e il Marinelli batterono le mani, sorridendo
cordialmente alle loro impromesse.
- Ed io, riprese sora Cecilia, ho fatto meglio assai : T ho
fatto partire a suono di colascione. Ho fatto venire il sor
Renzo, e gli ho fatto dire, che cantasse la storia delli Tre
Ladroni; sicura com'ero, che quella storia gli avrebbe messo
10 spaghetto in corpo.
— Ho capito, osservo sor Taddeo ; il nostro giacobino ha
inteso 1'antifona, non gli andava a verso la sorte dei mal
capitati della leggenda de li Tre Latroni.
- Brava, brava sora Cecilia ! esclamarono tutti.
Si alzarono quindi ; e meutre le ragazze si fecero intorno
all'ostessa, a darle il mirallegro della felice ghermilla, con
cui aveva saputo dare le pere a Monsu Caco, gli uomini
si strinsero a consiglio per ragionare di un doppio negozio,
che stava a cuore a tutti, il negozio cio6 degli sponsali del
Chiovaccino coll'Assunta, e del Marinelli colla Camilla. Era
gia passata si veramente una mezza parola di promessa, che
dava loro un certo diritto di considerarsi come fidanzati ; ma
la promessa formale di future nozze, nella quale consistono
propriamente gli sponsali, non era per anco stata celebrata
con le dovute solennita, proprie di quell'atto.
II signor Taddeo avrebbe desiderato di compiere quel rito
per la Pasqua, che era imminente, conforme erasi convenuto
nel passato Natale ; ma la partenza del Marinelli per la guerra,
11 suo fresco ritorno, gl'impegni presi per il servizio del
Papa, e lo scoppio repentino della rivoluzione in quella stessa
giornata, gli sembravano altrettanti motivi, che forse consi-
glierebbero nuovi indugi.
— E me ne dispiacerebbe, soggiunse. Non gia per 1'As-
sunta, che 6 ancora giovanetta, come quella che non ha com-
pito per ancora i suoi diciott'anni. Ma per la Camilla...
- Per la Camilla ci penso io, rispose il Marinelli. Ella
fc mia, ed io le ho dato la mia parola, in presenza della si-
686 IL 'JJAPORALE TRASTEVERINO
guora Benedetta sua madre. La mia promessa, rifatta dinanzi
a un notaio, non aggiungera e non toglierk niente al rnio
impegno, coine non aggiungera una scintilla all' amore che
le porto : questo e un punto assicurato, se il cielo ci benedica.
— Ti ringrazio, mio caro, aggiunse sor Taddeo. Tu sai
quanto m; interesso a quella fanciulla, e quali obblighi sacri
10 contrassi col suo padre, quando al letto del parente amico
moribondo gli promisi che T avrei avuta in conto di figlia.
— Le continuerete dunque queste paterne cure da Pasqua
sino al prossimo Natale. In questo mezzo possiamo sperare,
che le cose di Roma si ricompongano, e ci lascino respirare
un'aria di tranquilla pace. Nella pace di Roma e del Papa
solamente sara libero il mio cuore ; e solamente allora la
mia mano impalmera la mano della Camilla. Lo sapete,
sor Taddeo, per me la vita si compendia in tre cose : Dio,
11 Papa, e la mia Camilla!
- E per me, prese a dire Pepe il Chiovaccino, la vita
si compendia in Dio, nel Papa, e nella mia Assunta. —
II maschio petto di sor Taddeo si commosse a quelle pa-
role, uscite dalla bocca di que' due %Trasteverini con tanta
spontaneita di accento, e tanta evidente espressione di anime
generose ; magnanimo e fiero com'egli era, si senti come com-
preso da una di quelle vampe repentine, onde in alcune cir-
costanze si aocendono gli uomini di cuore.
Con parole interrotte dalla commozione, ringrazio i due
giovani ; e fatto cenno alle fanciulle, e collocatele accanto a
-se, prese nelle sue le loro mani, e disse loro :
— Figliuole mie, ecco i vostri impromessi. Vi dico io,
sono degni di voi ! —
Quando le fanciulle ebbero inteso dalla bocca del loro
padre la promessa de' due che stavano loro innanzi, la Ca-
milla, sebbene timida come una colomba :
— Io, disse rivolta al caporal Marinelli, io ti giuro tanto
amore sino alia morte, quanto e Todio che ho nell'anima
per i nemici del Papa e di Roma!
— Ed io, segui r Assunta rivoltasi al Pepe il Chiovaccino,
XXVIJ. DA PASQUA A NATALE 687
io ti giuro tan to a more, quanto e Todio che ho nell' anima
per i nemici del Papa e di Roma ! -
Queste parole e gli aspetti di quelle due candide creature
incussero come un fremito nel petto al Marinelli ed al Chio-
vaccino.
Gli occhi dell a signora Beaedetta e di sor a Cecilia eraiio
pieni di lacrime ; quelle buone donne si strinsero al petto
le felici fanciulle, spargendo loro il volto di baci e di lagrime.
Sor Taddeo, frenando a stento qualche lacrimone, che gli si
imperlava nel canto deH'occhio, afferrb le mani di que' due
valor osi, e valoroso egli stesso fra quanti ve n' erano nella
sponda destra del Tevere, si espresse alia sua volta cosl :
- Iddio, er Papa, le nostre donne, ecco la vita de
sor Taddeo de Trastevere. —
Dopo cio gli uomini uscirono, e presero di conserva la
volta del Trastevere. La Camilla e TAssunta giubilanti di le-.
tizia, e quasi intontite per quanto avevano veduto e per quanto
avevano detto, si abbracciarono, e strettesi Tuna all'altra alia
vita, in mezzo alle madri e a donna Cecilia si misero a dan-
zare con foga giovanile una danza allegra ; le madri le guar-
davano, augurando loro col riso e colle car6zzevoli parole
felicita di spose, e giorni lieti e scorrevoli come le carole che
andavano menando... Oh! quanto s7 ingannavano !
XXVIII.
Dalle gale re al « club ! »
Degli eroi di piazza Colonna accadde, s'intende colle de-
bite differenze proprie di tutti i paragoni storici, quello che
accadde ai trecento Fabii, ed anche se si vuole, ai trecento
delle Termopili: ossia, nessuno ritorn6 dall'epica impresa!
Ma, e qui cominciano le differenze tra gli eroi dell'antichita
e quelli di un evo piu recente : i trecento Fabii incontrarono
la morte nelle vicinanze del fiumicello, detto Cremera, oggi
Valca, non guari lontano da Tor di Quinto; ed i trecento delle
688 IL CAPORALE TRASTEVERINO
Termopili andarono, la sera stessa della battaglia, a cenare
TII casa di Plutone, conforme essi stessi ci tramandarono in
un classico epigramma.
Invece non fu cosl di quegli eroi, che cominciarouo la
loro gloriosa fazione in piazza di Papa Barbo, e la termi-
narono in piazza Colonna.
Di loro nessuno morl, tutti fuggirono !
E dei fuggiti una parte fu posta al fresco nelle secrete
di Castel S. Angelo, come Camillone, e i fratelli Bouchard ;
una parte fu incarcerata nelle prigioni nuove di via Giulia ;
ed una terza parte fu condannata alle galere di Civitavecchia.
Donna Maria vedova Urbani, con alcune gloriose vassalle
partecipi del colei mestiere, furono chiuse chi in S. Michele
a Ripa, e chi nel convento delle Convertite, che si trovava
dirira petto al palazzo Verospi sul Cor so.
Per siffatta maniera la pace rilaceva in Roma, ed i suoi
cittadini potevano attendere a rifarsi nelle vene un qualche
nuovo sangue, per compensare quello uscito dai larghi salassi,
co' quali la repubblica generosa e maestra al mondo di ci-
vilta e di rigenerazione sociale avevali dissanguati giungendo
col ferro, che loro aveva piantato nelle polpe a Tolentino e
spingendo la lama sino a toccare il filo delle ossa !
Ma non cosi fata ferebant!
Quella schiuma di malfattori, que' Tersiti dalla maschera
Catilinaria, quelle poche meretricole che erano un fior di
Suburra, avevano nella repubblica della Senna un'avvoca-
tessa, una protettrice, una padronessa poderosa ! E la repub-
blica della Senna non tardo a pigliare le parti de' suoi clienti
della riva del Tevere, e ad intercedere in loro favore con
suggerimenti e con minacce, a fine di dar campo a quel pu-
gno de7 suoi partigiani di operare in una piccola cerchia,
quello che essa praticava in larga ed aperta camera al co-
spetto di tutta una nazione, dinanzi alia luce del sole illumi-
natore dell'universo.
La possente repubblica paiio, ed i galeotti. furono liberati!
Francesco Cacault, divenuto celebre in Roma dopo la sua
XXVIII. DALLE GALERE AL « CLUB ! » 689
avventura nella locanda del Tre Ladroni, non avrebbe avuto
mai veramente il fegato di adoperarsi per la liberazione di
bricconi. Ma in parte ne ricevette rincarico da quella re-
pubblica, di cui egli era rappresentante in Roma; ed in
parte fu vittinia, ingenua o dissimulata, di quella sua buona
fede, con cui avrebbe creduto al volo di un asino, se glie
lo avessero assicurato con qualche scrittura.
Erano dunque passati pochi mesi, dacche quei facinorosi
menavano il remo in Civitavecchia, o si stavano all'ombra
nelle cellule delle carceri di Via Giulia, quando tornarono
in Roma i patriotti inviati a Parigi, e quelli che avevano
esercitato i loro offici di assistenza all'esercito giacobino
di Francia nelle varie citta, e nelle varie province d' Italia,
ove il consiglio settario residente in Roma avevali spediti.
La disdetta toccata al piccolo esercito pontificio sulle rive
del Senio, la taglia sciagurata imposta al Papa con la pace
di Tolentino, e la comune scarsezza a cui era stata ridotta
la misera Roma, porsero al patriotti 1'occasione piu propizia
per dar compimento ai loro poveri consigli. Questi tali fanno
nella societa, quello che e costume degli squall marini, detti
pesci cani o cani marini : nelle burrasche emergono per far
carne !
Felicemente per loro, un articolo del trattato di Tolentino,
voluto dal Cacault e dal Buonaparte con istudiata pertinacia
e con intendimento manifesto di secondi fini, favoriva a me-
raviglia i ribaldi romani : siccome quello, che facevali arditi
a tramare ogni congiura contro il governo, perch5 li rendeva
sicuri o dell'impunita, o della liberazione dopo la pena. Non
avevano, per ottenere cotali vantaggi, se non a richiamarsi
presso il rappresentante della repubblica francese, e prote-
stare di essere condannati per ragioni politiche: e subito il
ministro della repubblica francese interveniva, ne pigliava
le difese, e restituivali alia liberta del liquido aere, e delle
tenebrose congiure.
Cosi accadde agli eroi di piazza Colonna !
Quando Petracchi, Ceracchi, e Casella furono tornati in
XVIII, vol. IX fasc. 1266. 44 12 marzo 1903.
690 IL CAPORALE TRASTEVERINO
Roma, si abboccarono subito con gli altri reduci dalle patriot-
tiche mission!, che erano il banchiere Castelli, il marchese:
Vivaldi, il duca Bonelli, i Piranesi venditori di stampe, Toste-
trico Angelucci, e il medico napoletano Corona. Costoro affl-
dati ai consigli e ad ogni maniera incoraggiamenti, che
loro venivano dagli ufficiali francesi, sempre present! in
Roma per lo studio delle antichita, e dagli artisti dell'acca-
demia francese, che erano altrettanti rnantici soffiatori di
giacobinismo, divisarono subito la maniera di liberare i glo-
riosi loro compagni, e di venire finalmente al compimento
dei loro desiderii, che era la rovina del governo pontificior
e la proclamazione della repubblica in Roma.
- Lasciate fare a me, diceva il duca Bonelli, squassando
dal suo petto il triangolo e la squadra che portava sempre
petfdenti dagli alamari del suo vestito, nelle congreghe secrete
o semipubbliche. Penso io al modo di ottener presto la libe-
razione dei nostri fratelli galeotti, e sopratutto di Camillone,
— Se c'e bisogno, rispondeva lo scultore Ceracchi, di
mano o di pugnale, eccomi pronto.
— Di cotali mezzi avremo bisogno piii tardi, ripigliava
il Bonelli. Per ora mi si chiami il padre del giovane nostro
Bay, che geme nelle carceri del forte di Civitavecchia, vit-
tima della tirannia papale. Gli far6 un ricorso al ministro
Cacault, egli lo copiera, e Castelli lo portera agli amici nostri
delle galere in Civitavecchia : di la lo riportera a Cacault,
e Cacault ne intimera la liberazione al ministro cardinal
Doria. Vi dico io, che non saranno trascorsi trenta giorni,
che essi avranno ricuperata quella liberta, che e il primo dei
diritti deiruomo, proclamati dalPinvitta repubblica, la quale
e la meraviglia del mondo !
- Evviva la repubblica francese ! risposero tutti.
Come si decise in piena loggia, cosi fu fatto.
Verso la fine del giugno di quest'anno 1797, il cittadino
Cacault riceveva da Civitavecchia la seguente letterina che
la storia ci ha conservata integralmente, e che forse e pregio
di qualche fatica il ricavarla dalla polvere degli archivii,
XXVIII. DALLE GALERE AL « CLUB ! » 691
dove giaceva inonorata e silenziosa da un secolo; e riou sara
opera priva di merito il pr^sentarla airammirazione del se-
coli present! e del futuri ! Eccola nella sua scrittura genuina
ed autentica interezza :
« Civitavecchia, Galee pontificie, 23 giugno 1797.
« Cittadino ministro. Noi ricorriamo a voi, che soffriamo,
perche in nome dell* infallibile Vostra nazione, ce ne avete
promessa la redenzione. Un tribunals, che male ha sofferto
la nostra aderenza alle vostre massime, ha rinvenuto final-
mente un mezzo onde vendicarsene. Per questo unico titolo
noi siamo condannati in una galea, dove se il despotismo
•ci- ha trasmessi, la crudelta di tanti barbari ci tormenta.
Non vi crediate percib, che siano giunti a stancare la nostra
fermezza. Abbiamo coraggio di affrontare maggiori disastri,
ma la perdita di nostra liber ta e un bene, che non ci rende
patroni di mostrarcene indolenti, e non procurarne la ri-
rendicazione. A quest' oggetto, noi vi presentiamo le nostre
sttppliche. Secondale, Cittadino Ministro, la ragionevolezza
della nostra ricerca, e lasciate che a Voi e alia Vostra na-
zione dobbiamo tutti noi stessi. Noi ce ne ripromettiamo
fondatamente. Per questo vi accludiamo il genuino fatto in-
formativo. Egli non mente. La nostra liberazione dunque
non dipendendo che da Voi, da Voi I'attendiamo, nelV atto
vhe vi auguriamo
« Salute e liber ta.
(( (Firmati) Francesco Moretti, Pancrazio Ferrini, Paolo
Andreani, Angela Petagnia, Matteo Rosa, Giuseppe Rosa,
Francesco Piacenti. »
II fatto informativo, incluso in cotesta missiva al cittadino
Cacault, 6 soverchio lungo per essere riferito intiero. Basti
dunque citarne Tesordio, con cui cominciava, che 6 il seguente:
<• In vendetta semplicemente di quelle massime ed opi-
nioni politiche, colle quali la gloriosa nazione francese ha
rivendicato agli uomini la loro perduta felicita, il tribunals
di Campidoglio precipitb una condanna contro gli abbate
Francesco Ferrini, abbate Francesco Moretti, Paolo Andreani,
692 IL CAPORALE TRASTEVERINO
Giuseppe Lefen, Matteo e Giuseppe fratelli Rosa, Angelo Pe-
dagna, e Francesco Piacenti, incartando contro loro un pro*
cesso con un immaginato titolo di cospiratori di Stato. »
Veniva quindi esposta la maniera, con cui erasi istituito
e svolto un processo tumultuario, e pronunziata contro di
loro sentenza la piu iniqua, che li condannava alia galera \
Nel leggere una lettera di cotesta fatta, ii cittadino Ca-
cault si dipinse di tutti i colori della maraviglia e dello sdegno.
E senza frapporre un indugio, senza ascoltare altra campana
che quella del bagno dei galeotti, d& di piglio alia penna, e
scrive subito al cardinal Doria, secretario di Stato, la seguente
letterina, della quale sarebbe un vero peccato il defraudare
la repubblica letteraria, col non riferirne almeno i tratti
principali, nel loro stesso nativo linguaggio:
« Eminence. (Roma, 26 giugno 1797).
« ...Ma confiance dans les sentiments nobles et d'une
vraie ^iete de V. E. m'enhardit a vous remettre en original
la lettre et le memoire que j'ai recus des malheureux
dannes aux galeres par une sentence msiblemeht inique.
« Ce n'est point ainsi que la bonne politique doit
riger et diriger les esprits. Ceux qui font de pareilles sen-.
tences ne voient pas qu'en cherchant a intimider, Us inspi^
rent des haines et peuvent produire des entreprises dange-
reuses, que I'exces de I' indignation favoriserait.
« Une maniere aussi atroce de trailer les hommes n'est
point dans V esprit de la religion ni dans les vrais inte'rets
ni le vrai esprit du gouvernement ecclesiastique...
« Je prie V. E. de vouloir bien faire rnettre en libertd le
nomme Bay, ddtenu au cheteau de Civitavecchia; son pere
estimable promet de le faire passer en pays etr anger, ou
le jeune homme qui n'est ni un voleur ni un assassin, trou*
vera de quoi vwre honn^tement par son travail... »
Non era il cardinale Giuseppe Doria, uomo di grande le-
vatura intellettuale ; ma aveva un gran sentimento di onesta^
e sentiva altamente della giustizia, della propria nobilta, della
XXVIII. DALLE GALERE AL « CLUB ! » 693
insigne carica di primo ministro del governo del Papa. Laonde
la lettera del Cacault lo stupl, il tono poi con cui trattava
la giustizia del tribunal! pontificii lo riempi di disgusto, e
1'impudente presunzione con cui il ministro di un governo
estero s'ingeriva nelle cose interne dello Stato, e vi dettava
leggi da padrone, gli suggeri in sulle prime il consiglio di
far buttare alia paniera la missiva impertinente e Fincluso
fatto informative dei galeotti di Civitavecchia.
Tuttavia voile sincerarsi intorno alia giustizia della sen-
tenza della curia del Campidoglio, che aveva emanato la
condanna di rei, dei quali il ministro della repubblica fran-
cese pigliava a difendere Finnocenza in maniera tan to inso-
lente. Fece dunque chiamare Monsignor Vincenzo Bartolucci,
avvocato fiscale del governo, Favvocato Anton Maria Lippi,
fiscale della camera capitolina, e il conte Girolamo Cenci Bo-
lognetti,, scriba Senatus e scrittore del popolo romano. I quali
tutti ad una voce gli dichiararono essere quei galeotti stati
giudicati e condannati a tenore di stretta giustizia siccome
rei di tentata sollevazione, conforme rilevavasi dalle deposi-
zioni dei tes.timonii interrogati, dalle perquisizioni operate in
casa di alcuni di essi, e dal tentative di sommossa popolare
da essi iniziata in piazza Venezia armata manu.
Stava egli deliberando intorno al consiglio da prendere su
questa faccenda, quando ricevette dal ministro Cacault nuove
lettere e nuove imperiose raccomandazioni per la liberazione
dei carcerati. Fra le quali raccomandazioni se ne trovo una,
che fece ridere tutta la secreteria di Stato!
Un tal Frezzati, pigliandosi il titolo di Cappellano di
Santa Barbara, aveva scritto una lettera al generale Bara-
guey d'Hilliers, nella quale annunziavagli un gran secreto
da lui solo conosciuto : cioe conoscere egli un luogo, in cui
si trovavano nascosti immensi tesori. Ma come quegli che
trovavasi, per F ingiustizia de' tribunali del Papa, confinato
nelFospedale di Santa Barbara, chiedeva la intercessione della
Francia perfla sua liberty : una volta libero, egli dimostre-
rebbe la sua riconoscenza verso la grande Repubblica, col-
694 IL CAPORALE TRASTEVERINO
1'aprire a lui ed allargare alia magnanirna nazione il na-
scosto tesoro !
II Baraguey d'Hilliers manda la lettera al ministro Ca-
cault, e il ministro Cacault da nell' imbroglio a capo in sacco,
e chiede al cardinal Doria la liberazione del Frezzati, invian-
dogli ingenuamente la lettera stessa, scritta da costui al ge-
nerale francese.
II Doria gli rispose agli 11 di agosto, facendogli sapere
che il Frezzati non era aitrimenti cappellano nell'ospedale
di S. Barbara, ma un galeotto condannato al remo dei for-
zati nelle galere di Civitavecchia, per vari delitti comuni
da lui commessi fino dal 1790!
Fu mortiflcato il Cacault per la papera presa dalle mani
di un galeotto, il quale aveva menato a bere un'oca che non
era capitolina; ma insist^ dell'altro per la liberazione dei
condannati. Tanto che, a' 23 di agosto di questo medesimo
anno 1797, il cardinal Doria si trovo costretto ad accondiscen-
dere alle richieste del ministro della repubblica francese, e
gli annunzio finalmente, che Camillone era libero; libero
Tabbate Sensi, indegno prete, che aveva accompagnato il Buo-
naparte e gli altri ladroni nello spogliamento della casa di
Loreto, nella quale era cappellano pontificio; libero il Ca-
roiii, malfattore conosciuto; libero il pittore francese Blan-
chard, arrestato per insolenze a Porta del popolo ; libera la
vedova Maria Urbani, scostumata donna e manutengola di
settarii ; liberi i galeotti, de' quali il Cacault aveva patroci-
nato T innocenza ; libero quel giovane, dal nome esotico di
Bay, che come vero Bar abba aveva meritato la pena del
bagno, e che di 11 ad un anno divenne uno dei piii feroci
malfattori, che abbiano mai onorato i fasti della canaglia!
XXIX.
Tra ebreo e calvinista.
Bisogna confessare, che Francesco Cacault adempiva a
malincuore la dignit& giacobinesca commessagli di liberatore
XXIX. TRA EBREO E CALVINISTA 695>
di galeotti ! Nelle sue lettere al Direttorio parigino, come in
quelle al generalissimo Buonaparte, egli diede ad intendere
la mala figura e ridicola,* che il ministro della repubblica
facevra in Roma coll'esercizio di una funzione cosiffattamente
liberatrice.
Ma a costoro iinportava dell'onesta di un Cacault, quanto
importava a Ponzio Pilato di conoscere la verita!
Fu deciso di richiamare da Roma quel radoteur di Ca-
cault ; ma prima dovette compiere 1'esazione dei milioni, ru-
bati a Roma colla corda e col gancio di Tolentino ; e, finita
quella, il povero Cacault fu incaricato di un'altra fazione
assai onorata per parte dei governatori della sua repubblica,
della fazione cioe di rubare al Papa altri nove milioni per
mezzo di una iniquita, in cui un giudeo, un calvinista, e
molti giacobini si ebbero acquistato il diploma di beneme-
renza verso la pentarchia direttrice di Parigi! e quello di
prime lance nella cavalleria leggera, che ebbe a primo fon-
datore e capitano il dio Mercurio e il semidio Caco della
caverna di monte Aventino !
Ed eccoci la storia di un altro turpissimo fatto.
Verso il mezzo del maggio di quest' anno di sempre aurea
grazia, quale fu per la magna repubblica Tanno 1797, si par-
tivano da Roma i due Sartori Carlo e Giambattista, padre e
figlio, gioiellieri pontiflcii, de' quali il primo era zio e il se-
condo cugino della Camilla, fidanzata al nostro caporal Mari-
nelli. Erano portatori di gioie pontificie, del valore di un
milione e mezzo di lire tornesi, e si recavano a Modena a
fine di consegnarle al tesoriere deU'esercito francese ; con
cio il Papa compiva il pagamento dei trentuno milioni, dei
quali cinque milioni dovevano essere in diamanti, secondo
il tenore dell'articolo X dell'aureo trattato.
Ma il tesoriere dell'esercito francese aveva gia lasciato
Modena, essendosi partito alia volta di Milano col serraglio
delle sue bagasce e col corteggio degli ebrei ond'erasi cir-
condato e dai quali si consigliava.
Portava costui il nome di Haller, ed aveva visto la luce
696 IL CAPORALE TRASTEVERINO
natale in Ginevra. Di credenza calviuista, era (Tindole ladro,
di professione ladro, di modi ladro. Aveva una faccia lunga
e pallida coperta di pochi peli alia giudaica, occhio lungo e
spento come di felino in riposo, alta statura e sfiaceolata in
parte per una tal quale negligenza alia Bruto, ed in parte
per fatiche consacrate a Venere libertina. Iddio irato non po-
teva cacciare su i pingui fianchi della spensierata Italia un
tafano piu bramoso di sangue !
— E che faremo, disse costui, di cotesto mucchio di gemme
papiste ? Ne ho gia circondato i reni della Griselli, della Vi-
sconti, della Perillier. —
Formiggini ebreo, dal naso lungo e arcato e dagii occhi
grifagni, stendendo verso lui la mano lunga e i diti uncinati
di un Arpagone, gli rispose cosi come alia sbadata :
- Eccellenza! Di coteste gioie, uscite dal chiuso degli scri-
gni romani, io non voglio discutere la purezza della loro
acqua. Ma di una cosa mi potrei rendere mallevadore : ed
e, che sono state valutate molto al disopra del loro valore
in oro e in argento numerate . Del valor e corrispondente a
cinque milioni di lire tornesi, la Eccellenza Vostra e stata
defraudata almeno di una buona meta.
- Poffare di tutti i diavoli romani, esclamo Haller bat-
tendosi la pera ! Non ci avevo mai pensato ! Ma come fare
a disfare quello, che gia in Roma stesso fu giudicato da quei
sapientoni di Monge e di Bertoletto, i quali con quel ga-
glioffo di Cacault ne hanno gia determinate il valore, al
saggio della loro sapienza?
- Quei signori, Eccellenza, non portano sulle spalle il
peso di provvedere aH'invitto esercito ; al quale il Dio di
Abramo e degli eserciti dia sempre vittoria dall'alto dei sette
cieli, a refrigerio dei popoli gementi neH'oppressione e nella
miseria !
- Che sciocco sei tu mai ! rispose grugnendo e ridendo
il Calvinista. Che c'entrano i tuoi sette cieli e il Dio d'Abramo
con le vittorie dei nostri eserciti, i quali hanno mani ed
ugne piti ferrate e piu adunche, che tutti i Formiggini della
XXIX. TRA EBREO E CALVINISTA 697
tua razza! e provvedono a se stessi valoro sarnente ? lo devo
pensare ad altre divinit£, rche hanno pelle ed ossa, raani e
stomaco, ben altrimenti forti e poderosi che le divinita del
tuoi sette cieli !
— Dite bene, Eccellenza, dite bene. Osservero solamente,
che i periti di Roma non hanno badato a una cosa. Ed e,
che di oro e di argento in moneta ce n'e poco assai ; di gemme
invece ne abbiamo la macca. Quindi risulta pur naturale la
conseguenza, che per cambiare le gemme in moneta coniata,
Vostra Eccellenza do vra necessariamente perderci di molto...
— Bisogna dunque fare un'altra estimazione di confronto,
e tener conto della perdita del cambio. Ma chi mi fa questa
estimazione ?
— lo, Eccelienza.
— In buon'ora, vivano pure i tuoi sette cieli, e viva il
tuo dio di Abramo ! -
E di presente il Calvinista e TEbreo misero mano al la-
voro. Fu fatto uno specchio, nel quale mettendo in linea i
valori nominali delle gioie co' loro valori estimati in effet-
tivo, risultava un credito della Repubblica francese di cinque
milioni di lire tornesi, che il Papa doveva dare di sopras-
sello per il trattato di Tolentino !
Haller invio il lavoro a Cacault, e Cacault lo trasmise
al secretario di Stato, cardinal Doria, nella sera de' 9 giugno.
II povero cardinale sbalordi, trasecolo a quella lettura,
n& sapeva ne poteva credere agli occhi suoi ! Pavido come
era, pure non si pote trattenere dal riscrivere subito al Ca-
cault la seguente letterina, che gli ricapito nel giorno se-
guente.
« Dalle stanze del Vaticano, 10 giugno 1792:
« Cittadino Ministro. Non ha potuto il card. Doria, se-
gretario di titato, non veder con sorpresa lo specchio delle
valutazioni fattesi dall' amministratore Haller alle somme
ricevute in esecuzione del trattato di Tolentino, rimessogli
dal cittadino Cacault col suo viylietto di ieri sera. Lo Scri-
vente col controspecchio, che qui annesso gV invia, crede di
698 IL CAPORALE TRASTEVERINO
avervi dato sfogo in maniera, che in vista del medesimo
dovrd I' Holler avvedersi degli equivoci presi da lui, e de
porre ogni ulteriore contraddizione. II cittadino Cacaiilt,
ch'e pienamente al giorno di tutto, ravviserd quanto sieno
giuste e ben fondate le ragioni, alle quali chi scrive ap-
pogqia il suo conteggio.
« Colla posta di questa sera lo Scrivente trosmette al
marchese Massimo un simile controspecchio, affinche ne
faccia senza ritardo uso col Generale in capo e con Holler ;
e si lusinga che quegli, vedendo il Generale le cose nel vero
loro aspetto, rimarrd convinto dell' integrita ed anche del-
I'esuberanza, con cui dal S. Padre sono stati adempiti gli
obblighi contratti coll' accennato trattato di Tolentino.
« Con cib il Cardinale... eccetera. »
Intanto Fugonotto Haller, a fine di evitare Tincontrodei
Sartori, gioiellieri pontificii, aveva alzato le tende da Mo-
dena per incognite dimore. II perche, non trovandolo quelli
ne a Modena, ne a Milano, si presentarono al generalissimo
Buonaparte, offerendo a lui Tultima rata del pagamento in
diamanti. Ma lo scaltro Corso, con cortesi parole e con Tanimo
conscio dell'insidia del suo provveditore, rispose loro non
essere affar suo T impicciarsi in simili bisogne. Laonde i ta-
pini del pagatori pontificii, furono costretti a ritrovare le
loro orme, ed a ripigliare la volta di tornata per Roma.
II Cacault invece fu colpito dalla lettera, e piu dalle cifre
del cardinal Doria : ne scrisse e al Buonaparte e airHaller,
ma tutto fu opera perduta: bisogno cedere alle bramose
canne, che mettevano capo in uno stomaco, che era piu in-
saziabile delle botti delle favolose Danaidi.
E fama, che stracco e stomacato per tanta perfidia, il
card. Doria chiedesse al vecchio Pio VI una qualche via di
finirla con le richieste del fornitore dell'esercito della Re-
pubblica invitta ! e che Pio VI gli rispondesse queste pre-
cise parole:
« Empite loro le bocche di oro, seppur ci daranno tregua! »
E cosi fece il cardinal Doria! II quale, dopo mandato a
XXIX. TRA EBREO E CALVINISTA 699
Milano il banchiere Torlonia a fine di venire col Buonaparte
ad una transazione, faceva conoscere allo stesso Haller, il
quale aveva lasciato le sue latebre, il tenore deiraccomo-
damento conchiuso.
E qual era mai quelPaccomodamento ?
Si odano le parole dello stesso Cardinale, le quali veg-
gono qui ora la luce per la prima volta, dopo cento cinque
anni che furono scritte. E sono le seguenti : «... Dal quale
atto, scriveva il Doria a' 6 di agosto 1797, in sostanza
risulta, che per parte nostra saranno pagati NOVE MILIONI
DUCENTO CINQUANTA MiLA LIRE in tante cambiali, a date di
diversi tempi; e per parte della repubblica francese ver-
ranno restituite le gioie consegnate, con una finale quie-
tanza sopra tutti gli obblighi contratti colV armistizw e col
trattato di pace di Tolentino. »
XXX.
Le bramose canne.
— Eminenza, chiese una volta Monsignor Consalvi al
cardinal Doria nel monastero di S. Giorgio in Venezia, dove
si celebrava il conclave per la elezione del futuro Pontefice :
che ne divenne delle gioie, per le quali furono pagati al
Torlonia nove milioni in cambiali ?
- Quelle gioie furono consegnate in Genova al marchese
Durazzo. Pochissime furono restituite, perche la repubblica
francese vi fece porre il sequestro, non appena il generale
Berthier si mosse per Tottavo saccheggiamento di Roma !
- Cosi dunque noi pagammo trentuno milione in oro e in
argento, piu nove milioni in gioie, piu nove milioni in cam-
biali... ?
— E non fur chete le bramose canne !
RIVISTA DELLA STAMPA
i.
STUDII DEL PETERS E DEL KNABENBAUER
SUI FRAMMENTI EBRAIGI DELL' « ECCLESIASTICO ».
Che il libro dell'Ecclesiastico sia stato scritto originariarnente
in lingua ebraica, e affermato dallo stesso nipote dell'autore ispi-
rato, che lo tradusse in greco. S. Gerolamo ne ha veduto ai suoi
tempi il testo ebraico, ma non ne ha fatta la traduzione latina.
Cosi lo conosce la letteratura talmudica, sebbene non accogliesse
il libro tra gli scritti canonici. Infine alcune testimonianze dal se-
colo YII al X dimostrano che il testo ebraico era ancora cono-
sciuto agli ebrei. Poi fino ai nostri tempi se n'e perduta ogni traccia.
Gli ebrei si guardano dal distruggere le copie disusate di Libri
santi ovvero quei fogli che recano scritto il norne di Dio; per lo
piu li ripongono in un luogo apposito della sinagoga, da loro chia-
mato geniza (da gana%, che significa nascondere, conservare, rac-
cogliere) Ora nel 1896, scopertasi al Cairo una cotale geni^a, \
fogli trovativi andarono a finire a Parigi, a Londra, ad Oxford,
a Cambridge. II ch. S. Schcchter fu il primo a rintracciare tra i
fogli di Cambridge alcuni frammenti del testo ebraico deU'Eccle-
siastico ed altri ne scoprirono poi G. Margoliouth, 1'Adler, il Levi,
il Gaster ; cosi che ora, da quattro diverse trascrizioni ( A B C D)
possediarno, sufficientemente compiute, le seguenti parti del testo
originale: 3, 6-16, 26; 10, 11-32, 3; 35, 9-38,27; 39, 15-51, 30.
II manoscritto B offre ad ogni linea un verso e pone tra i due
emistichii un piccolo spazio vuoto ; gli altri codici non distinguono
gli stichii, ma segnano con un doppio punto (:) la fine del verso.
II medesimo manoscritto B, stando al giudizio dei competent!,
proviene dall'XI o tutto al piu dal principio del XII secolo. Dal
capo 30 al 45 esso offre in margine altre lezioni, perfino inter!
stichii o versi, i quali, come accennano certe note in lingua per-
siana quivi aggiunte, sono stati presi da un altro esemplare. Or
siccome alcune di queste varianti si riscontrano eziandio nel testo
del manoscritto 0, se ne ritrae uua prova aperta che fin da que' tempi
1' Ecclesiastico in lingua ebraica correva sotto testi diversi.
STUDII DEL PETERS E DEL KNABENBAUER 701
Tl codice D ci fa sapere che dal libro si solevano cavare degli
estratti e che senza distinzione si univano insiemo questi e quei
versi, tralasciando gli altri intermedii.
Pur troppo i fogli sono stracciati in piu luoghi ed illeggibili.
Manca inoltre una divisione in capitoli, sebbene qua e cola sia la-
sciato in bianco lo spazio di una riga. Talvolta s'incontrano alcune
iscrizioni ; ad esempio: 31, 12 Dottrina sid convito; 41, 14 (Vol-
gata v. 19) Dottrina della confusions; 44, 1 Lode dei Patriarch*.
Qaest'altiraa iscrizione si trova eziandio nel testo greco.
La preziosa scoperta di un tale testo ebraico, sebbene sol fram-
mentario, ha destato giustatnente vivo interesse tra' dotti, che se ne
occuparono a piu riprese. Altra volta ne abbiamo gia detto alcuna
€osa i e qui ci restringeremo a dare conto ai lettori delle due opere
di maggior mole, messe in luce recentemente da due illustri scrit-
tori cattolici.
1. La pritna e del ch. dott. Norberto Peters, professore di Teo-
logia al Seminario di Paderboru 2. Si divide in tre parti: Prolego-
meni, Note critiche ed investigazioni, Testo e traduzione. Dopo aver
premesso un ricco indice della letteratura ed una spiegazione delle
abbreviature adoperate nell'opera, il ch. Autore rifa la storia deJla
scopeiia del testo ebraico e ne descrive i manoscritti, passando poi
ad esaminare la relazione che questi hanno tra loro ed il valore e
Pimportanza del nuovo testo. Con piena ragione egli sostiene che
il testo non e una traduzione, rifatta forse dal siriaco, come alcuni
supposero, si bene 1'originale, quantunque alterato da mold error!
e mutamenti : cosa che nessuno trovera singolare in codici che pro-
vengono dal secolo XI e che per conseguenza hanno dietro di se
una lunga trasmissione di testi e con essa, come di consueto, pa-
recchie nmtazioni, aggiunte, alterazioni ed omissioni. Or siccome
T Autore si e proposto di presentare « il tentative di un'edizione cri-
tica del testo » (Prefazione), cosi devo ricorrere a quei raezzi che
a tale scopo conducono, e sono le due antiche traduzioni, la greca
e la siriaca. Ma insieme 6 necessario investigare, per quanto e pos-
sibile, la trasmissione del testo greco e siriaco nei manoscritti, nelle
1 Cfr. Civ. Catt. XVIII, 1 (1901), p. 329-331.
2 Der jilngst tviederaufgefundene hebrdische Text des Bitches Eccle-
masticus, untersucht, herausgegeben, iibersetzt und mit kritischen Noten
versehen von Dr. Theol. NORBERT PETERS, Professor der Theologie an
der b. philos.-theol. Facultat zu Padcrborn. Freiburg i. B., Herder, 1902,
8° gr., XVI-92*, 448 p.
702 STUDII DEL PETERS E DEL KNABENBAUER
version!, nelle citazioni, come pure il loro valore per rispetto alia
critica del testo medesimo. Ambedue quest! argomenti sono larga-
mente trattati nei cap! 2 e 3 dei Prolegomeni (p. 3 5* -7 3*). II capo
4 espone il metodo che 1'A. adopera nella sua critica. I principii
stabiliti rampollano tutti dal considerare la storia del testo e la
condizione dei singoli suoi testimonii. E noi troviamo assai giu-
sto 1'asserto : « 1'investigazione critica del testo deve rifare a ritroso
la via, che lo svolgimento storico dei suoi testimonii hanno fatto
procedendo innanzi » (p. 75). Parecchi passi hanno una lezione dif-
ferente nei diversi frammenti ebraici ed allora generalmente de-
vono decidere il testo greco od il siriaco perche piu antichi, eccetto
il caso, come ben s'intende, quando argomenti interni richiedono
assolutamente il contrario. Che se la differenza riguardi Testensione
del testo, deve in genere valere come originaria la lezione che tro-
vasi in tutti e tre i testi, se pure con ragionevolezza non si possa
spiegare altrimenti 1'aggiunta ovvero Fomissione di un qualche
rnembro del periodo, ovvero se il contesto o alcun altro motivo
non esigano evidentemente il contrario. Siccorne il siriaco ha sublto
I'influsso del greco, cosi quand'esso e identico al greco la sua testi-
monianza perde di valore; guadagna invece sul greco, quando gli
sta contro, per modo che in tal caso, se altri motivi si aggiungono,
la decisione apparira di leggeri contraria al greco.
Quest'e" un semplice saggio dei principii critici seguiti dall'Au-
tore. Ma sono particolarmente degni di nota due altri punti, che
dimostrano la bonta del metodo da lui seguito. Egli fa quest'aperta
dichiarazione : « Ci6 che in primo luogo deve decidere in favore di
una lezione non sono gli argomenti interni, i quali, come 1'espe-
rienza insegna, spesso sono di carattere piu o meno soggettivo, sib-
bene le testimonianze esterne della tradizione... Nei giudicare intorno
una lezione, determinatamente stabilita, gli argomenti interni non
hanno se non un'importanza secondaria e devono invocarsi sol-
tanto come sussidio agli argomenti presi dalla tradizione esterna »
(p. 78*, 79*). Cosi e scansato il pericolo di un metodo troppo sog-
gettivo a seconda del gusto variabile dei critici.
Per quanto 1'Autore con buon diritto riconosca che 1'Ecclesiastico
e scritto in distici e solo in distici, non consente per nulla a coloro,
che vogliono imporre al testo un metro determinato (con tre o quattro
arsi ad ogni stico), e che per rispetto ad un tal metro ipotetico non si
peritano di ritoccare il testo. Cosi adoperarono ad esempio H. Grimm l
1 Metres et strophes dans les fragments hebreux du Manuscr. A de
V EccUsiastique. Leipzig, 1901.
SUI FRAMMENTI EBRAICI DELL' « ECCLESIASTICO » 703
<e P. N. Schlogl *, usando della teoria metrica quale mezzo irnpur
tante per la critica del testo e<j introducendo per tal riguardo pa-
recchie mutazioni nel testo tradizionale. Non solo e da accettare
la dottrina del Peters, ma conviene congratularsi sinceramente con
lui, per essersi egli con ogni risolutezza dichiarato contro un pro-
cedimento, che per amore di una semplice ipotesi, concede il pri-
mato alle congetture ed in maniera cotanto estesa. Con la stessa
giusta riser va e moderazione viene discusso Taltro problema dellu
divisione in istrofe, sostenuto e difeso dal p. Zenner. Ci basti citare
qui la conclusione dell'Autore : « Per quanto io tenga per vera nella
saa sostanza 1'ipotesi dei cantici corali, messa innanzi dallo Zenner,
altrettanto sono persuaso che oggi se ne fa abuso soverchio » (p. 92*).
Le note critiche e le investigazioni, che accompagnano ogni
singolo verso dei nuovi frammenti ebraici (p. 3-317), sono eloquente
testimonio deir istancabile diligenza e della critica acutezza del
ch. Autore. Per ogni verso viene indicata la condizione del testo,
quale si trova nelle sue diverse testimonianze ; le differenze sono
riferite alle cause loro piu probabili, a fine di ottenere col con-
fronto e con la ponderazione risultati sicuri per la forma origi-
naria del testo. Lo stato dei frammenti ebraici presenta al critico
varii problemi, che richiedono qualche soluzione. Non solo si
devono correggere errori aperti, dichiarare parole e forme nuove
ed insolite, giudicare le variant! notate in margine e compararle
col testo e con le antiche versioni, ma lo stato dei codici e tale,
che la ricostruzione del testo deve piu o meno rimettersi alia critica
congetturale. Griacche i fogli, particolarmente nel margine inferiore,
sono guasti ed in parte stracciati ; a cagione dei buchi in mezzo al
testo o deila scrittura svanita o dell' impossibility di decifrare, si
perdono siugole parole, spariscono mezzi versi e versi interi e solo
qua e cola rimangono disperse sulle linee un paio di lettere, povero
testimonio del testo perduto. Or qui e necessario consultare le tra-
duzioni e ricavarne novellamente il testo ebraico. Per giunta i fram-
menti ritrovati rivelano che il greco ed il siro hanno tradotto assai
piu liberamente di quello che sin qui potevasi imaginare. Anche
prima si era fatto il tentative di ricostruire sulle traduzioni il pri-
mitive testo ebraico; ma quanto si corresse fuor di strada, si
vede ora dal vero testo ebraico. Un'esposizione molto istruttiva dei
teatativi in tal senso, fatti dal Bickell, dal Fra'nkeJ, dal Benzeeb,
1 EccUsiasticus 39, 12-49, 16 ope artis criticae et metricae in formam
originalem redactus. Vindobonae, 1901.
704 STUDII DEL PETERS E DEL KNABENBAUER
si potra leggere presso il Cowley-Neubauer *; altri tentativi inte-
ramente sbagliati si troveranno pure nei Commentarii del Fritzsche,
del Ryssel e di altri ; lo stesso Peters si era accinto altra volta 2
a sciogliere per mezzo di congetture 1' indovinello al verso 6, 22 ;
ma inutihnente. Ci voleva quindi grande circospezione nel compiere
le lacuae, che si trovano nel testo ; sebbene ora, paragonando le tra-
duzioni con 1'originale, si avessero preziosi indizii intorno lo stile
e la maniera di esprimersi ed intorno altre particolarita della coin-
posizione. II ch. Autore tenne conto di tutto ci6 con esattezza scru-
polosa e perd le parti da lui supplite nei passi svaniti, negli stichii
e nei versi, si dimostrano probabili in sorhmo grado e degne d'essere
accettate. Egli poi espone sempre con molta chiarezza i motivi del
suo procedere e dell'attenersi a questa piuttosto che ad altra so-
luzione.
Fu per tutti grande stupore lo scoprire nel testo ebraico, dopa
il verso 51, 12 (Volg. 17), una Laude di quindici distici a ma-
niera di salmo; il primo stico canta la lode di Dio dalle varie pro-
prieta e dalle opere della creazione, mentre il secondo ripete di
continuo il ritornello, gia conosciuto dai Salmi 117, 1-4 e 135,
1-26: quoniam in saeculum misericordia eius. E genuino questo
nuovo cantico? Le anti:he version! non 1'hanno; la riferenza al
Salmo 135 § evidente; quasi tutte le espressioni sono maniere prese
dagli altri Libri santi, e secondo il giudizio del Peters predomina
qui lo stile paitano, ben diverse dall'uso sapiente che Jesus Sirach
sa fare della S. Scrittura. Per tal ragione il ch. Autore espunge
il cantico dal testo. Ma qui sara lecito porre un punto interroga-
tivo. Anzitutto e da notare che due distici del cantico convengona
benissirno ai tempi di Jesus Sirach, ma non cosi a quelli del ni-*
pote, cioe del traduttore greco. II Siracide pote^a cantare:
Lodate Lui, che prescelse i figliuoli di Sadok pel sacerdozio,
Perocch6 la sua inisericordia dura in eterno;
e piu innanzi :
Lodate Lui, che fe' crescere un segno (cornu) alia casa di David,
Perocche la sua misericordia dura in eterno.
Senonch£ altri tempi ed altro stato di cose erano quelli del nipote t
niun successore della casa di Sadok portava piu la tiara sacerdo-
tale; fin dal 152 era pontefice un Maccabeo, e Simone Maccabea
1 The Original Hebrew etc. Oxford, 1897, p. XVIII.
« Cfr. Theolog. Quartalschrift, Tubingen, 1898, p. 94.
SUI FRAMMENTI EBRAICI DELL' « ECCLESIAST1CO » 705
dal 140 era insieme capo del potere civile; la casa di David era
allora oscura e dimenticata. Ci sembra invece che piu facilmente si
spieghi, perehe quei versi siano stati posteriormente omessi: dovevano
sembrare un' ironia, posta la diversa condizione delle cose. Nel verso
51, 17 leggiamo: propterea confitebor et laudem dicam tibietbe-
nedicam nomini Domini. Non e questo un eccitamento abbastanza
chiaro ed una prefazione alia nuova lode, ben distinta da quella
che precede 51, 1-2? Non converrebbe quindi esser troppo corrivi
nel rigettare la genuinita di quei distici.
La terza parte dell'opera (p. 321-434) ci da il testo ebraico e
sotto il medesimo la traduzione tedesca. Fa meraviglia che il ch. Au-
tore non abbia qui prescelta la disposizione tipografica, per esempio
del L6vi (L' Ecclesiastique) e del p. Knabenbauer nell'appendice
del suo Commentario, dove la traduzione e posta esattamente rimpetto
al testo nella pagina di fianco. Quanto all'ebraico, abbiamo qui la
lezione critieamente corretta, e dove era necessario, ricostruita dal-
1'Autore. Yi si trovano quindi numerose mutazioni, che proven-
gono in gran parte dal testo greco od anche dal siriaco, a seconda
dei principii critici stabiliti nei prolegomeni. Or chi voglia sapere
che cosa veramente contengano i fogli della nuova scoperta, non
dovra consultare il testo dato dall'Autore, ma ricorrere alle note
ed alle ricerche della seconda parte del libro. Un confronto tra
il testo dei manoscritti e quello stampato a pag. 321-434 ci ha
fatto conoscere che 1'Autore ritenne 1'esatta lezione dei fogli egiziani
in un numero di versi proporzionatamente ristretto. I nomi di Dio
SOQO ridati ordinariamente secondo la traduzione greca, di rado se-
condo la siriaca; cosl per esempio, in luogo di El, proprio del
manoscritto originale, si ha nel testo Jahve, il xupco? del greco.
Temiamo che nelle mutazioni il ch. Autore sia forse andato un
po' troppo innanzi. Di grande utilita pratica sono invece i varii
indici aggiunti al libro come 1'ebraico (p. 435-443) e quello della
grammatica e stilistica ebraica (p. 443-445) e 1'altro di alcune pa-
role greche (p. 445).
L'opera del ch. prof. Peters e senza dubbio la piu ricca e la
piu importante tra quante uscirono sopra i frammenti ebraici. E
siccome 1'Autore ha riguardo continue alle numerose proposte fatte
dagli scrittori precedenti, alle loro migliorie ed ' alle loro opinioni,
cosi le illustra sempre oggettivamente e criticamente, accettandone
alcune ed altre per giusti motivi rifiutando. Per tal modo il lettore
puo farsi di leggeri un'idea del molteplice lavoro speso intorno a
questi fogli preziosi, e procurarsi la soddisfazione di giudicare da
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1266. 45 13 marzo 1903.
706 STUDII DEL PETERS E DEL KNABENBAUER
se intorno le varie e spesso coatrarie sentenze, pronunciate dai dotti
su questo cosi importante argomento.
2. Dei ritrovati frammenti del testo ebraico si occupa eziandio il
p. Knabenbauer nel suo nuovo Commentario che entra nella grande
opera del Oursus Sacrae Script urae l. Fin dai prolegomeni egli
fa la rassegna dei nuovi fogli, accenna alia prima loro pubblicazione e
li descrive minutamente. Anch'egli ritiene per fermo che 1' Eccle-
siastico e composto in distici ; poiche tutti i tristici si riconoscono
non genuini ed il 3° stico altro non e che un'inetta ripetizione, che
manca nel greco e nel siriaco. Allo stesso modo appare dai fram-
raenti che alcune lezioni, contenute soltanto in codici della scrittara
minuscola, ricevono ora pieno valore dai testo ebraico, e parecchi
esempii sono indicate a pag. 16 e segg. Cosi il v. 25, 17 (Yolg. 25)
non deve leggersi dx,ouaa£ audiens suspiravit, si bene dxouatw^
involontariamenle; pel v. 43, 26 conviene accettare la lezione finora
trascurata dai critici : eOoSoT 6 SyyeXos «faoO prosperum successum
habet nuntius ejus. Nel 1897 il ch. A. Schlatter aveva scritto
una lunga trattazione intorno al glossatore del greco Sirach, met-
tendo in rilievo le sue glosse ed ascrivendole alia scuola di Ari-
stobulo. Ma ora egli dovra in piu cose cambiare opinione (p. 17
e segg.). II Knabenbauer ristampa in appendice il testo ebraico come
si legge nei manoscritti ; corregge qualche evidente negligenza della
scrittura, ma lascia intatti gli altri errori e le lacune, appunto per-
che vuol offrire al lettore una copia fedele del nuovo testo, quale
si legge nei manoscritti. Le lezioni marginali vengono raccolte
nelle note, ed ai passi oscuri del testo non si tralascia d'indicare
quale lezione, a giudizio di questo o di quel critico, sia preferita, e
quale potrebbe ancora proporsi; neppure mancano frequenti accenni
al testo greco e al siriaco. Quanto al modo di riprodurre la scrittura
e di disporre gli stichi, FAutore si e attenuto all'esemplare del
rnanoscritto B. Ottimo poi fu il pensiero di aggiungere al testo
la traduzione latina ; cosi coloro che non conoscono 1'ebraico pos-
sono egualmente farsi una chiara idea dello stato e del senso del
testo originale.
Nei prolegomeni il ch. Autore agita anzitutto la questione del
tempo in cui fu scritto il libro. Siccome nel testo ebraico leggiamo
1 Cursus Scriplurae Sacrae. — Commentarius in Ecclesiasticum. Cum
appendice : Textus Ecclesiastici hebraeus descriptus secundum fragmenta
nuper reperta cum notis et versions litterali latina. Auctore los. KNABEN-
BAUER S. 1. Parisiis, Lethielleux, 1902, 8° gr. 433-LXXXIII p.
SUI FRAMMENTI EBRAICI DELL' « ECCLESIASTICO » 707
maneat cum Simone misericordia (gratia) Jahve etc., sembra chiaro
che 1'autore ispirato fosse coDtemporaneo del gran sacerdote Simone.
Che poi trattisi di Simone II (non di Simone I, che visse circa il 300
av. C.), appare manifesto dalle opere al medesimo attribuite v. 50,
1-4, le quali ben convengono con le notizie date da Giuseppe ebreo
(Ant. 12, 3. 3) intorno i tempi di Simone II. Inoltre solo a quel
tempo pud riferirsi Taltra notizia che il nipote dell'autore ripard in
Egitto nell'anno 132 (Prol.).
Non pu6 recar meraviglia che in un libro, tutto messo a sen-
tenze alia maniera dei proverbii, 1'autore ispirato ritorni in piu luoghi
sopra il medesimo argomento ovvero sopra un argomento affine. In
un altro volume del Cursus il p. Comely aveva gia pubblicato un
ampio indice di tutte queste materie, e per6 il p. Knabenbauer si
e ristretto a darne un quadro generale, raggruppando insieme le
sentenze sopra un medesimo argomento, p. e. sulla sapienza, su
Dio e sui nostri doveri, sul peccato, sulla falsa vergogna, sull'uso
delle ricchezze, sull' educa%ione e simili (p. 3). Secondo 1'enumera-
zione fatta a pag. 18 e segg., 1'Autore ha spesso unito insieme una
serie di sentenze sullo stesso argomento, composta di 10, 20, 25, 30
distici, e quanto al numero dei distici (contando pure quelli del
testo ebraico) ne ha sommati fino a 1630 o 1640 (p. 20). II tra-
duttore greco precede innanzi alquanto liberamente ; talvolta per sue
ragioni particolari da al periodo un'altra movenza ; qua e cola non
traduce con esattezza, p. e., v. 4, 16 qui audit illam iudicabit gentem,
invece di iudicabit vere; v. 12, 6 prohibe panes illi dare, invece
di prohibe vasa belli ecc. ; v. 49 commemoratus est inimicorum,
invece di commemoratus est Jobi ed altri simiglianti. Che la ver-
sione latina sia stata fatta sopra un codice greco, non vi puO essere
dubbio alcuno; pen) in alcuni passi, ricordati dal Knabenbauer a
pag. 35, il testo concorda con i'ebraico, contrariamente alia lezione
greca dei codici unciali. Se n'inferisce che il traduttore latino aveva
innanzi agli occhi un codice, che in alcune parti deviava dalla le-
zione dei codici unciali e riteneva quella dei minuscoli. Che poi il
nostro testo latino sia sovraccarico di giunte, di traduzioni ripetute
del medesimo verso e di particolari commenti, fu gia ampiamente
riconosciuto dal Jansenius nel suo Commentario. II Knabenbauer ha
messo tutto questo sotto gli occhi del lettore, stampando i due testi
Tuno rimpetto alPaltro, per modo, che subito si scorge ogni anche
piu piccola sovrabbondanza del testo latino.
Per dire alcuna cosa eziandio del Commentario} il ch. Autore
ha diviso il testo in tante parti minori, corrispondenti al contenuto
708 STUDII DEL PETERS E DEL KNABENBAUER
e dando a ciascuna un titolo proprio ; ad esempio : Origo et excel-
lentia sapientiae 1, 1-10; Praecepta de modestia 3, 19-26; Quotes
fructus afferat sapientia 4, 12-22 e cosi via. Si studia inoltre
sempre di mettere in rilievo la connessione reciproca dei singoli ver-
setti, di dilucidare le oscurita del testo latino, spiegando nel suo
sense il testo greco ed esponendo il pensiero dell'autore ispirato con
opportuni commenti e dichiarazioni. Ne tralascia di aver riguardo
al testo ebraico per tutte lo parti che si sono conservate; in ispecie
tiene d'occhio il siriaco, e spesso ne riporta in lingua latina quei
passi, dove non di rado quel testo si discosta dalle altre lezioni.
Gria da molto tempo corre ii quesito, sal significato di quelle
parole 6, 21 (Volg. 23): ao^a yap xaia 16 Svopia auirjc; saic et
non est multis manifesto,. Alcuni giudicarono che dall'etimologia
della parola si dovesse dedurre, che la ao^ta non e a molti cpavepdc.
Ne il testo ebraico e qui molto chiaro : nam disciplina } sicut no-
men eius, ita est; il nomen eius sembra riferirsi a sapimtia ed
il Knabenbauer crede di poter spiegare il passo nel seguente modo :
ipso nomine iam significatur quorum sit, apud quos iriveniatur,
scilicet apud sapientes, et quia hand multi student vere esse sa-
pientes, subditur : et non est multis manifesta. II dott. Peters
crede invece che qui si nasconda un giuoco di parole -|D!)E"""!C'to»
la disciplina sarebbe quindi indicata col concetto di legame, se-
condo il v. 6, 30 : i suoi legami un nastrb di porpora (testo ebraico).
Qui i legami sono ricordati in senso laudativo ; in altro senso
invece si nominano al v. 21, 19: 7c£5ta ev rcoalv dtvo^TOig icatBeta
compedes in pedibus, stulto doctrina.
Nella Yolgata si legge : honor a medicum propter necessitatem ;
ma secondo 1'ebraico ed il siriaco e" certo che deve tradursi onora
il medico prima che egli sia necessario ; ovvero secondo un'altra
lezione, che pure si trova nell'ebraico : onora il medico prima che
tu ne abbi bisogno.
Parimente curiosa e singolare e la sentenza v. 42, 14 : melior
est iniquitas viri quam mulier benefaciens. II pensiero del Sira-
cide & dato dalla spiegazione aggiunta : melior est severitas viri
quam mulier blande agens, e meglio ancora dalla traduzione dal-
1'ebraico del dott. Peters : meglio e la rusticita dell'uomo, che la
amabilita della donna, mettendo cosl chiaramente in rilievo il vero
senso delle due proposizioni opposte. Perocche sebbene Jesus Sirach
adoperi forti parole contro le donne cattive, non e per6 nemico
della donna; si vegga con quali parole eloquent! egli esalta la doona
intelligente e morigerata ai vv. 26, 16-24.
SUI FRAMMENTI EBRAICI DELI/ « ECCLESIASTICO » 709
Nell'ebraico e nel siriaco si da questo consiglio al padre (v. 7,
25): se hai figliuoli, castigafi e da loro moglie nella lor gioventu.
Tal consiglio di accasar presto i figliuoli non si legge ne nel greco
ne nella Yolgata. Parimente manca nei nostri testi quest'altro passo
dell'ebraico 42, 11, che riguarda le figliuole di casa: il luogo dove
essa si trattiene non sia la finestra, ne quello che mette alPen-
trata comune; a nessun uomo dev'essa mostrare la sua bellezza,
ne dimorare in mezzo alle donne.
II Siracide ascrisse ad Isaia anche la seconda parte del suo
libro, come appare manifesto dal passo: 48, 27-28. Or questo ci
viene ora confermato dal testo ebraico, come si conferma eziandio
Faltra asserzione del siriaco 49, 11, che Ezechiello non abbia fatta
menzione dei nemici, sibbene di Giobbe.
E tanto basti di queste due opere, eccellenti sotto ogni rispetto,
le quali per la novita dei testi che servono loro di fondamento,
recano agli studii biblici nuove ricchezze ed aumentano il tesoro
•della nostra letteratura cattolica.
II.
STUDII INTORNO IL MARTIRE S. GlORGIO.
Che un martire glorioso per nome Giorgio sia veramente esi-
stito non pud essere messo in dubbio, posta la fama al tutto straor-
dinaria che ha lasciata di se e specialmente posto ii culto diffusissimo
che ebbe assai per tempo, potendosene mostrare le tracce sicure
fin dal secolo Y. Che il suo martirio cadesse neH'ultima grande
persecuzione di Diocleziano, e affermato da alcune legge nde, mentre
altre lo collocano sotto Decio, e le piu antiche perfino sotto un re
di Persia Daciano che non e mai esistito. Non si puo dunque sta-
bilire ne 1'anno ne il giorno in cui avvenne; ma nulla vieta che se
ne celebri quest'anno con particolare solennita la festa centenaria,
come e stato lodevolmente proposto da alcuni, supponendo quale
data piu o meno probabile del martirio di S. Giorgio 1'anno 303,
primo dalla grande persecuzione di Diocleziano.
Quanto poi alia storia del Santo Martire e difficile assai, per non
dire impossibile, accertar nulla in particolare, ed essa come e stata
sempre cosi sara forse ancora per lungo tempo la disperazione dei
critici.
710 STUDII
Gli Atti autentici non esistono e si pud dubitare se siano
mai esistiti, come avvenne anche di altri celeberrinri martiri, specie
durante il furore della grande persecuzione ; esistono solo le Pas-
sioni, ma cosi ricolme di esagerazioni, di cose strane, false ed
inventate di sana pianta, che la Chiesa di Roma dovette rifiutarle
fin dal loro primo apparire e proibiiie nominatamente, come fece col
cosiddetto decreto gelasiano, perche scritte o da persone non conosciute
od anche da eretici. £ Alle invenzioni antiche, altre si aggiunsero nei
tempi posteriori, come il racconto dell'uccisione del drago di Berito,
a fine di liberare la donzella, designata vittima dai cittadini e gia
esposta al pascolo della fiera. Come ha dimostrato il Papebroch negli
Acta 88., esso comincia ad apparire nei codici soltanto nel se-
colo XI e il gran credito che ebbe di poi si deve tutto alia leg-
genda aurea di Giacorno da Varazze (-j- 1298). Provenne evi-
dentemente dall'uso antichissimo di dipingere S. Giorgio in atto di
trafiggere il dragone, simbolo di vittoria, assai comune anche per
altri confessori della fede e fatto porre da Costantino Magno nella
sua propria imagine, dipinta per suo ordine, come narra Eusebio.
Certo nessun serio scrittore dal Baronio in poi, ha mai data altra
spiegazione della singolare avventura. Ed il medesimo deve dirsi
di altri ragguagli manifestamente inventati.
Or mancando gli Atti genuini, manca allo storico il primo filo
couduttore nel gran labirinto delle leggentle, greche, latine, oriental!,.
che si conoscono, e delle altre che ancora giacciono inesplorate;
neppure sono ancora ordinati e classificati i documenti conosciuti,
a fine di ben compararli fra loro, stabilirne la relazione reciproea,
discernere il vero dal falso e trarne quindi un primo nucleo storico,
se torni possibile. Senza avere innanzi questo lavoro previo, non
possibile a farsi se non da uomini particolarmente competent! in
questa materia, sarebbe fatica sprecata 1' accingersi a scrivere la.
storia di S. Giorgio, e meglio e attenersi, anche per 1'edificazione
dei fedeli, al detto di s. Ambrogio: A.ppellabo martyr em, praedicavi
1 « Tamen ideo (gesta sanctorum raartynim) secundum antiquam
consuetudinem et siugularem cautelam in sancta Romaria Ecclesia non
leguntur, quia et eorum qui conscripsere, nomina ignorantur et ab in-
fidelibus vel idiotis superflua et minus apta, quam rei ordo fuerit,
inserta leguntur. Sicut cuiusdam Cyrici et lulittae, sicut Georgii alio-
rumque eiusmodi passiones ab haereticis perhibentur compositae. Prop-
ter quod dictum est, ne vel levis ad subsannaiidum oriretur occasio, in
sancta Romana Ecclesia non leguntur » (Ed. E. PREUSCHEN, Analecta^
Treiburg-Leipzig1, 1893. p. 151).
INTOKNO IL MARTIRE S. GIORGIO 711
satis, ovvero alle parole del decreto gelasiano, che seguono im-
mediatainente la condanna della leggenda di S. Giorgio: Nos tamen
cum praedicta ecdesia (romana) omnes martyres, et eorum glo-
riosos agones, qui Deo magis quam hominibus noti sunt, omni
devotione veneramur J.
Tra i tentativi fatti piu di recente per ispiegare in qualche modo
1'origine di tali leggende, sono da notare i due lavori del Tetter 2 e
del Friedrich 3, sebbene debbano dirsi falliti nelP intento propostosi.
Non harmo neppure il merito della novita, poiche vogliono risusci-
tare la vecchia sentenza di Isacco Pontano, gia fieramente riget-
tata dal Papebroch, che cioe il Megalomartire S. Giorgio non sia
il supposto confessore della fede del tempi di Diocleziano, si bene
il patriarca ariano per nome Giorgio, emulo di S. Atanasio, e sotto
Giuliano 1'apostata, straziato e messo a morte a furore di popolo.
Costui adunque, venerato dagli ariani, come martire, cessate con
1'andar del tempo le lotte religiose e trovandosi oraniai in possesso
di un culto d'origine eretica, sarebbe stato preso bonariamente per
un S. Giorgio cattolico. Ma 1' ipotesi non pud essere accettata. Non
trattasi di un martire oscuro, che a poco a poco, in tempi assai di-
scosti, cominci a farsi valere nella mente del popolo e possa essere
facilmente scambiato con altro personaggio, anch' esso oscuro. Si
tratta di un ariano rimasto celeberrimo nella memoria dei contem-
poranei, poiche riguarda si dappresso S. Atanasio, e ricordato nelle
storie assai lette e diffuse per tutto di Ammiano Marcellino, di
Socrate e piu tardi di Sozomeno ed altri nel quarto, quinto e se-
sto secolo ; mentre il culto del martire cattolico e gia anch'esso
popolare e diffuso, almeno dal Y secolo in poi. Eimane nondimeno
la possibilita che nelle redazioni posteriori si fondessero insieme,
tra gli altri elementi, eziandio alcuni proprii del patriarca ariano,
1 E da notare la giunta fatta da Adone nel suo Martirologio dopo
annunziato il martirio del Santo: Cuius gesta passionis, etsi inter apo-
cryphas connumerentur scripturas, tamen illustrissimum eius martyrium
Ecdesia Dei venerabiliter honorat. Le quali parole sono poi ripetute da
Usuardo. Cosi mentre nel sec. IX correvano per le mani di tutti i mi-
rabilia di S. Giorgio, i martirologi ne ripetevano la condanna.
2 Der hi. Georg des Reiribot von Durne, Mit einer Einleitung1 iiber
die Legende und das Gedicht, herausgegeben und erklart von F. VBTTBR.
Halle a. S., Niemeyer, 1896, CXC-298 p.
3 J. FRIBDRICH, Der ges'hichtliche Heilige Georg in Sitzungsb. der
philos.-philoL Kl. der k. b. Akad. der Wiss. zu Munchen, 1899, torn. II,
j>. 159-203.
712 STUDII
e questo e forse 1'unico profitto che si puo trarre ragionevolmente-
dal lavoro del Friedrich. Per6 lo stato presente degli studii sui co-
dici, del quali, come s'e detto, molti sono del tutto inediti, e ancor
troppo immaturo, e 1'ipotesi, anche solo per questo lato, deve ri-
manere campata in aria.
Per6 la grande difficolta di trattare della vita e della passione
del Martire non ha scoraggiato il ch. sac. Salvatore Borelli dell'ar-
chidiocesi di Napoli, il quale offre all'agiografia un nuovo ed assai
grosso volume sopra S. Giorgio, col bel titolo in fronte di Studio-
Critico l. II titolo poteva omettersi, ma il libro da prova non dubbia
della pieta grande dell'Autore verso il S. Martire e del lungo e pa-
ziente lavoro speso nell'allestirlo. Potrebbe quasi definirsi un immenso
repertorio di quanto fa detto su questo argomento, se non proprio
nel senso degli autori cattolici piu riputati, che abbiamo ricordato,
certo secondo le sentenze di altri assai, specialmente cronisti del inedio
evo, pii scrittori di vite di Santi, zelanti asceti che da ogni cosa si stu-
diano di trarre pascolo alia loro devozione. La sola vita del Santo oc-
cupaben 180 pagine(61-221), ed e condotta sulle tracce dicertelezioni
liturgiche, non della Chiesa romana, che fedele alia sua tradizione non
ha di S. Giorgio nessuna leggenda, ma di alcune altre Chiese par-
ticolari. Tali lezioni sono in vero molto sobrie; perd TAutore ha sa-
puto innestarvi a maniera di largo commento, tutto cid che dicono-
le altre antiche leggende. Ritesse Tintero racconto del drago con
tutte* le piu minute particolarita e lo difende come genuine e sto-
ricamente vero, con buona pace del Baronio, del Papebroch, dei Bol-
landisti, di tutti gli scrittori piu serii e delle stesse lezioni liturgiche
da lui seguite, che non ne dicono verbo. Inoltre il lettore trovera
in questa vita parecchie cose nuove, che non si leggono neppure
nelle leggende antiche, ed aramirera quanto siano fecondi gli autori
di tutti i tempi, allorche si mettono ad inghirlandare piamente quel
che loro sembra troppo secco e meschino. Comunque sia, si trove-
ranno in questo libro moltissime notizie sparse per ogni dove, le
quali ancorche non vagliate dalla critica e spesso con errori evidenti,
pure non sono inutili ad aversi raccolte insieme. Yi sono i nomi
degli autori che parlarono di S. Giorgio dal secolo IY (?) in poi;
1 II Meg alomar tire S. Giorgio nella fausta ricorrenza delsuo XVI cen-
tenario, ossia Vita, Martirio, Traslazione del santo suo Corpo, cultomon-
diale, miracoli, Ordini cavallereschi emaniere diverse di onorarlo. Studio
Critico pel sacerdote Eettore SALVATORE BORELLI juniore dell'Archidio-
cesi di Napoli. Napoli, tip. Giannini, 1902, 8° gr., XXXI-638 p.
INTORNO IL MARTIRE S. GIORGIO 713
le storie e le leggende tutte intorno la traslazione delle sue reliquie
-ed i luoghi dove oggi si venerano; le chiese e cappelle erette in
onore del Santo in ogni parte del mondo, « dove tra le altre pe-
regrine notizie, si fa special menzione delle 430 e piu parocchie
nell'Italia nostra dedicate all'esimio Martire, coi nomi dei riveritis-
simi Capi di esse che di presente ne hanno 1'investitura » (p. XII);
i miracoli di ogni specie; gli Ordini cavallereschi e militari insi-
gniti del nome di S. Giorgio ; le preghiere e gli esercizii di pieta
in onore del Santo. Chi poi ama la storia della devozione popolare
nel mezzogiorno d'ltalia, legga fra 1'altro il capitolo intitolato dal-
1'Autore: Smagliante e loquacissimo culto che tributa al Megalo-
martire I' Universita di S. Giorgio a Cremano (p. 474-490).
« Insomnia, conchiude 1'Autore (p. XIII), nulla si e trasan-
-dato di tutto cio che puo tornare di singolare onore del nostro Me-
galomartire, di copiosa materia pei predicatori, specie nella fausta
ricorrenza del Sao XYI Centenario e di ubertoso pascolo di quei
fedeli che ne sono sentitarnente devoti, o Lo vogliono trascegliere,
quinci innanzi, a loro speciale protettore, e perciO stesso bramano
conoscere che Santo straordinario si a il Protomartire di Nicome-
dia. Se ho dato proprio nel segno, non e igooto al gran Santo ;
come ne faranno giudizio tutti coloro che leggeranno la presente
Opera. »
III.
LE GONFUTAZIONI DEL LIBRO DELL'ABATE LOISY
E I METODI DI DISGUSSIONE.
trattare la storicita dei Yangeli, noi ci troviamo necessa-
riamente in due operazioni, o come altri dicono con moderna me-
tafora, in due momenti logici different!, i quali rispondono a due
logiche concezioni della nostra mente del tutto distinte.
II primo momento e quando vogliamo provare, non solo agli
altri, ma anche a noi stessi, che Gesu Cristo e un Legato di Dio
e che ha fondato in terra un istituto giuridico che dicesi Chiesa,
agF insegnamenti della cjuale siamo obbligati ad ubbidire come a
Dio. E il momento che possiamo chiamare apologetico. In questo
primo momento o tempo, noi prendiamo il libro detto Nuovo Te-
utamento come un libro storico umano, il quale ci narra la vita,
714 LE CONFUTAZIONI DEL LIBRO DELI/ABATE LOISY
i detti e le opere di G-esu. E, naturalmente, prima di tirar la con-
seguenza che Egli e Legato di Dio e fondatore d'una Chiesa, ci
dobbiamo bene assicurare che quel libro dica la verita, almeno
nella sostanza e almeno in quanto concerne quelle due grandi ve-
rita fondamentali del Cristianesimo. — II secondo momento, cho
potremmo chiamare momento dogmatico, e quando assicuratici di
quelle due verita, siamo amrnaestrati dalla Chiesa che quel libro,
oltre essere un libro storico, alia maniera d'ogni altro libro veri-
dico umano, e anche libro ispirato da Dio, col che, naturalmente,
la storicit| s'accresce a mille doppi; perche abbiamo due narra-
tori veridici di verita: 1'uomo e Dio.
E da notare subito che sarebbe un difetto logico non piccolo
confondere i due momenti; quando altri cioe, ignorando ancora
scientificamente le due grandi verita suddette (Legazione di Gestt
Cristo e fondazione della Chiesa) e volendo investigare la verita
storica del Nuovo Testamento, adducesse per argomento che quello
e un libro ispirato da Dio. Sarebbe, diciamo, difetto logico; poiche"
1' ispirazione di Dio si conosce dalla Chiesa, la quale, per ipotesir
ancora s'ignora. Questa stessa osservazione, di non confondere quei
due momenti logici, e necessaria quando trattasi di rispondere agli
avversarii, oppure a coloro che parlano da avversarii od almeno pre-
sentano dubbii in materie precedenti il dogma, com'e la verita sto-
rica de' Yangeli. A costoro non si puo rispondere col dogma, il
quale, secondo 1'ordine della cognizione, segue la verita che e in
questione; altrimenti uno si aggira in un circolo vizioso.
Avvertasi per6 che, quando uno scrittore cattolico, per tattica
polemica e metodo scientifico, mettesi a rispondere ad un awer-
sario sul campo di costui che e VapologeticQ, non rinunzia gia alia
verita cattolica gia acquisita, ma solo prescinde da essa.
*
*
Questi principii, antichi quanto la logica, erano da richiamare
alia mente de' lettori, affinche possano orientarsi nel viluppo sorto
dalla confutazione fatta da Alfredo Loisy contro il libro dell'Har-
nack, L'Essenza del Cristianesimo, e dalle confutazioni di quella.
confutazione.
Uno de' primi, che sorse in Francia a combattere 1'Harnack.
fu T Abate Alfredo Loisy col libro U fivangile et I'Eglise, dichia-
rando nella prefazione di volersi mettere a combattere 1'avversario
incredulo sul suo stesso campo ossia sul terreno apologetico, cioe,
E I METODI DI DISCUSSIONE 715
>considerando il libro degli Evangel! solamente come libro storico
•e umano. Un cattolico che mette a base del suo discorso la sto-
ricita umana degli Evangeli, per iscopo polemico, ha perc- due do-
veri : primo, di non mancare ai criteri storici che servono a giudicare
della veracita d'un libro ; secondo, di prescindere si dalla ispirazione
degli EvaDgeli (come dicemmo) ma non gia di negarla.
Ora il Loisy nel confutare 1'Harnack ha mancato a questi due
doveri e percid si e posto nel campo nemico egli stesso, almeno
oggettivamente, checche sia della sua intenzione e della sua co-
scienza. Quindi sono sorte le confutazioni della sua confutazione.
Notevoli in Francia sono due articoli nel periodico Etudes : uno
del P. De Grandmaison *, un altro del P. Brucker 2. In Italia, dopo
la breve, ma efficace risposta fatta dal P. Mattiussi nella Scuola
eattolica di Milano, ecco ora un grave opuscolo del P. Palmieri,
1'insigne teologo che tutti conoscono 8.
*
* *
II Loisy, come accennammo, commette nel suo libro due difetti
od errori, sparsi e disseminati un po' dapertutto; talora professati
xia lui apertamente, talora a modo di ambiguita che stonano molto
colla verita, e non solo colla verita dogmatica (da cui si puc- pre-
scindere, ma cui non si deve negare rnai) ma anche dalla verita
storica del Yangelo. Ed il Palmieri, passando in rivista le pagine
del libro, nota passo passo gli errori che incontra. Facciarnone una
breve rassegna.
Un primo errore od almeno grosso equivoco e quello del Loisy
in rimandare 1'essenza del regno de' cieli nell'altra vita, quasi esclu-
dendo 1'opera sociale di Gesu Cristo in terra che e la Chiesa e che
e, secondo i Padri, quasi un primo stadio del regno di Dio. L'A.
felicemente confuta il Loisy esaminando le parole di Gesu Cristo
il quale diede a Pietro « le chiavi del regno de' cieli » (Matt. 16, 19)
e la potesta di sciogliere qualunque cosa « sopra la terra » (m) ;
simboli, i quali evidentemente suppongono un regno anche qui in
terra. - - Un secondo errore del Loisy e quello stesso dell'Harnack,
cui egli voile confutare, cioe che neH'anima di Gesu sorgesse a poco
a poco la coscienza di essere il Messia, e che quindi vi fu un tempo
1 Etudes, vol. 94 p. 145. — 2 Ivi, vol. 94 p. 495.
3 DOMENICO PALMIERI, S. I., Osservazioni sullarecente opera «L'6-
vangile et I'fcglise par Alfred Loisy. » — Roma, tip. A. Befani, Via
-Celsa, 6, 7, 1903.
716 LE CONFUTAZIONI DEL LIBRO DELL' ABATE LOISY
in cui Gesii 1'ignorava. Anche su questo punto 1'A. confuta pie-
namente PAbate francese, mostrandogli con varie testimonial] ze evan-
geliche la falsita delle sue asserzioni; come p. es. la spiegazione
(Tuna profezia d'Isaia fatta da Gesii nella sinagoga di Nazaret
(Luc. 4, 16 21), la rivelazione pure da Lui fatta alia Samaritana
(Gio. 4, 26), P interrogazione agli Apostoli e la lode data a Pietro
(Matt. 22, 42), 1'appello ai miracoli che faceva (Gio. 10, 25) ec-
cetera.
Altri errori del Loisy sono quelli che riguardano la figliuolanza
di Gesu Cristo da Dio, figliuolanza di cui Gesii non sarebbe stato
sempre consapevole ; il non avere Gesu Cristo pronunziata alcuna-
formola dogmatica dell'esser suo; 1'introduzione dell'idea di reden-
zione fatta da S. Paolo, ma ignota prima di lui ; P essersi Gesii
Cristo ingannato riguardo al tempo della veDuta del regno di Dio,
cioe del rinnovamento dell'umanita ; il non potersi la risurrezione
provare storicamente dai racconti evangelici ; la Chiesa non essere
d'istituzione schiettamente divina ; il domma essere mutabile per
esser sorto dalle specolazioni umane, secondo le leggi del progresso ;
i dommi non essere legati loglcamente insieme, esservi contraddi-
zione tra loro, ma la Chiesa coprirli col mistero ; la Chiesa pri-
mitiva non aver conosciuto se non tre sacramenti, il battesimo, la
confermazione e PEucaristia. Errori son questi che PA. ribatte vit-
toriosamente ; ne era difficile dimostrare come tutte le cose anzi-
dette sono contrarissime alia Fede e soho quindi errori manifest!;,
per la ragione che la Chiesa cattolica insegna la verita.
Tutto questo va bene. Ma, trattandosi di confutare i raziona-
listi (e il Loisy rappresenta spesso le loro veci) ; i razionalisti,
diciamo, i quali s'occupano de' fondamenti storici della Fede, sia
dubitandone, sia negandoli, non possiamo essere efficaci contro di
loro se non mettendoci sul terreoo apologetico, ossia se non ci
trasportiamo in quel primo momento logico, il quale precede nella
nostra mente Pistituzione della Chiesa e Pispirazione de' libri santi.
In fatti, a chi sta ancora impigliato nel fondamento della fede,
qual e la storicita umana de' Yangeli, e del tutto inutile addurgli
il dogma dell'ispirazione, Pautorita del Concilio di Trento od altra
autorita posteriors a quel fondamento.
Non si ripetera mai abbastanza ai difensori del Cristianesimo
de' tempi nostri che la cultura cristiana ora subisce la fase sto-
E I METODI DI DISCUSSIONE 717
rica, come ai tempi de' Padri subi la fase dogmatica e a quelli
de' Dottori medieval! la fase ftlosofica. Poiche ora gli avversari hanno
preso di inira il fondamento storico della Eivelazione ; e anche quelli
che non sono avversarii dichiarati, come e il Loisy, accampano
dubbii che pure e necessario dissipare, se si vuole fare cosa utile
alia Keligione. In somma pare che, come tutte le scienze naturali
a' nostri tempi rifanno i loro calcoli e i loro conti, cosi la scienza
religiosa.
II detto, come e manifesto, riguarda solamente il metodo e la
tattica della discussion e. Yorremmo cioe che contro le audaci ne-
gazioni storiche de' razionalisti e della critica razionalistica, si pro-
cedesse dagli apologisti cattolici sempre con argomenti storici, i
quali, certo, non fanno difetto; affinche vegga il mondo che la no-
stra fede e piu salda di quel che essi pensano. Del resto, anche
quanto al metodo storico, di cui qui abbiamo parlato, il P. Pal-
niieri scrive una bella pagina che, per essere di persona tarito au-
torevole e versata negli studii teologici, ci place riferire a comune
istruzione. Kibattendo egli 1'accusa che la Teologia cattolica di-
sprezza la storia, dice : « L'accusa e grave ; ma, fosse anche legit-
tima, il che non credo, essa toccherebbe alcuni teologi, non mai
la teologia, la quale avendo per principio -- « quello e vero che da
principio, e quello e da credersi che sempre, che dovunque, che
da tutti fn creduto » — obbliga con ci6 stesso i suoi cultori ad
indagare Tantichita, e giii di secolo in secolo venendo, cercare
quello che sempre e da tutti o dalla maggior parte si e creduto...
In fin de' conti oggetto della Teologia e la rivelazione ; or questa
e un fatto storico. La Teologia dunque ha per proprio dovere, non
solo di non prescindere dalla storia, ma di studiarla seriamente...
lo per parte mia fo gran conto della storia e credo gli studii sto-
rici non tanto utili quanto necessarii adesso per difesa e confer ma
di quanto, anche nel campo de' fatti, testifica la Chiesa » (p. 5-6).
SCIENZE NATURALI
IL NUOVO AEGINE DEL NILO.
II Nilo e senza dubbio il fiume piu famoao del mondo. Per lun-
ghezza di percorso, 5920 chilometri, non e superato che dal Missis-
sippi-Missouri ; per importanza storica da nessun altro, poiche a nessun
altro e toccata la sorte di essere come il teatro e la culla della piu
antica civilta. Colle sorgenti per lunghi secoli misteriosamente nascoste
tra gli ampii, inesplorati bacini de' monti equatorial!, esso s'affaccia
colla foce sul Mediterraneo, il centre del mondo civile, il grande inter-
mediario tra 1'Oriente e 1'Occidente, e vede le sue sponde conse-
crate ab antico dai piu superbi monumenti dell'arte umana, piramidi,
sfingi, colossi impassibili di granitoedi basalto. L'Egitto e per tradizione
iminemorabile, avvezzo a vedere le opere gigantesche e meravigliose
de' potentati che gli si adoperano intorno solleciti, sieno Faraoni o To-
lomei, Greci o Romani, Francesi o Inglesi. Oggi sono gli Inglesi che
vengono in soccorso di quella fertile striscia solcata e fecondata gia
piu largamente assai che oggi non sia dal fiume sacro e benefico.
Ogni anno, com'e noto, il Nilo rifornito dalle pioggie torrenziali
e periodiche della zona torrida, ha una stagione di piena : da luglio
al principio d'ottobre cresce, gonfia, straripa ; da mezzo ottobre a giu-
gno torna lentamente a scemare.
E dove giungono le sue acque o per naturale invasione della
piena, o guidatevi con artificio di canali, di gore, di pompe, di ruote,
di altre macchine, quivi depongono uno straterello leggero di limo che
& la benedizione dei campi. Uno staio di grano, ne produrra cento : il
raccolto e assicurato, la vita tranquilla.
Ma quel sedimento cosi sottile dell' impalpabile terriccio, a poco
a poco solleva il livello del suolo. Non sono che 125 millimetri in
un secolo, in ottocento anni un metro: niuna generazione basta a
notare le differenze : ma oltre alia testimonianza dell' immenso Delta
che per 170 chilometri di lunghezza e 270 di larghezza si stende oggi
tra i due rami di Damietta e di Rosetta, ed e forma to in grandissima
parte dalle predette alluvioni, la storia fornisce il primo termine di
confronto. Scolpita in iscrizioni geroglifiche sulle rocce dell' isola di
Semneh, essa ci assicura che oggimai il livello delle piene piu alte e
inferiore di 8 metri a quello segnato ai tempi della IX dinastia.
A cio concorre, oltre il periodico deposito delle acque irrigatrici,
la lenta ma pure sensibile erosione prodotta dalle acque stesse del
1L NUOVO ARGINE DEL NILO 719
fiume sulle rocce delle sue famose cateratte. Queste formano come
una forturiata disposizione naturale per cui il letto del Nilo da Char-
turn giu fino ad Assuan (1'antica Syene) in luogo di scendere per
un pendio uniforme, scorre formando come tanti ripiani, interrotti da
rapide cascate tra gole ristrette, tra rocce e scogli, eve (eccettuata
la sesta, piu vicina a Chartum) e impossibile ogni navigazione. Queste
cateratte natural! sono sei, la prima delle quali rimontando la cor-
rente s'incontra presso ad Assuan per 1'appunto ; ed hanno per effetto
di porre qualche ritegno al corso dell'acque, sicche queste scorrendo
piu lentamente negl' intervalli non solo si porgono alia navigazione,
che insomnia raccoglie tutto il commercio del paese, ma in tempo di
piena possono allargarsi a irrigare la campagna. Anzi tale e fin dalle
sorgenti la configurazione e, per dir cosi, il profile verticale di questa
immensa fiumana: dai grandi laghi Yittoria Nyanza, a 1180 m. sul
mare, che fornisoe il Nilo bianco, e dal lago Tana in Abissinia a 1755
m., che alimenta il Nilo azzurro; le acque anche prima di Chartum,
ove confluiscono i due rami del fiume reale, scendono al basso a ma-
niera di scala, per una serie di altipiani e di cascate.
Orbene il Nilo bianco ha per suo smisurato serbatoio il detto lago
Yittoria, che misura in superficie la bellezza di 68 500 chilom. qua-
drati che fanno quanto la Lombardia, il Yeneto e TEmilia insieme com-
prese. I due laghi Alberto e Alberto Edoardo, che equivalgono insieme
a oltre dieci volte tutti i nostri laghi lombardi riuniti, apportano
essi pure, indipendentemente dal Yittoria, le loro acque al Nilo bianco.
Da altro canto lo ingrossano i poderosi affluenti che scolano dal ver-
sante settentrionale della catena interposta fra questo bacino e quello
meridionale del Congo.
L'altro ramo principale del Nilo, il cosiddetto fiume azzurro, esce
dal Lago di Tana, posto nel cuore dell' Abissinia, con un'area di 2980
chil. quadrati (il lago Maggiore ne ha 212), ricco di pesci, sparse di
isolette basaltiche, popolato d'ippopotami, ed alimentato a sua volta
da fertili altipiani, da monti vulcanici ; ed e quello che reca al corso
inferiore del Nilo, insieme con un note vole contributo d' acque, il pre-
zioso limo fecondatore *.
' Ecco la composizione chimica del limo del Nilo corrispondente a 100
parti d'acqua :
Rena 63
Carbonate di calce . 18
Quarzo, silice, feldspato, hornblenda, epidoto 9
Ossido di ferro 6
Carbonate di magnesia 4
Esso 6 simile a un concime chimico minerale; la natura quivi fa da
sd alcun che di somigliante a quello che la coltura razionale moderna cerca
d'estendere ai nostri campi.
720 IL NUOVO ARGINE
Ora queste immense masse d'acqua riunite, ancorchS attenuate per
la potente evaporazione dovuta a un sole tropicale, precipitando ro-
vinose giu per le cateratte a dislivelli enormi, esercitano, anche solo
colla forza meccanica dell'urto continuato anni e secoli, un'erosione,
a cui non c'e granito, ne diorite, ne basalto che possa resistere. Si
aggiunge che le formazioni geologiche della valle del Nilo, come di
tutto il bacino compreso fra la catena dell'Atlante e quella del Ti-
besti, che circoscrive da occidente il deserto deila Libia, non sono
pure rocce cristalline, ma in gran parte creta, calcari, ed arenaria,
quelle rosce che disfacendosi per 1' intemperie si risolvono in rena e
polvere sottile, le terribili sabbie del deserto. Ma calcare ed arenaria
calcarea, lo sanno tutti, non sono soltanto rocce fragili di fronte al-
1'erosione meccanica, ma cid che nel caso presente ha pure la sua im-
portanza, non isfuggono all'erosione chimica dell' acque cariche d'acido
carbonico, che il Nilo bianoo si porta in seno per la corruzione di
materie organiche fin dal suo corso super ore. Ivi esso impaluda in piu
d'un tratto, tra versa fores te frondose dalla lussureggiante vegetazione :
travolge foglie, radici, tronchi, oltre i resti animali che vi si putre-
fanno, e con tutto questo carico scende alle cataratte.
Sappiamo infatti, che il carbonato calcare dall'acqua pura non teme
offesa; ma la chimica c' insegna che esso non si sa difendere dall'acqua
carica d'acido carbonico, e in quella si scioglie piu o meno larga-
mente, secondo la dose e la pressione, pronto a distrigarsi dal liquido,
ove sta sempre impigliato di mala voglia, tornando in sedimenti e
concrezioni sulle sponde, nelle caverne, nq' canali sotterranei, tosto
che 1'acqua lasci sfumare da se 1'acido carbonico.
Cosi awiene che questi assalti prolungati flagellano da secoli le
Tocce formanti le cateratte del Nilo. Le quali non s'hanno da imma-
ginare quasi una diga o un salto di pochi passi, repentino ; anzi sono
tratti lunghi parecchi chilometri (la quarta si stende fino a 74 chi-
lom.), dove tra scogli e gole si precipitano i filoni dell'acque spumanti
e orrendamente strepitose. Oggi pero non sono piu quelle d'una volta.
L'acqae s'hanno aperto dei valichi sempre piu larghi, e continuamente
sfondate nuove brecce, rodono le sponde, scavano, eguagliano, sicche
1'ufficio delle cateratte, che dev'essere di trattenere a uso di immense
pescaie le acque superiori, vien meno in gran parte. Basti dire che
tra le due estreme, tra Chartum e Assuan, di 270 000 chilometri
quadrati di terreni beneficati in antico dalle acque del Nilo, 2000 ap-
pena sono oggi capaci di coltura. E in Egitto dove non arriva il Nilo,
sopravviene il deserto invasore. Quando si pensa che tutta 1'Alta Italia,
cioe la grande valle del Po tra 1'Alpi e 1'Apennino (esclusa la Li-
guria) arriva appena a 99 000 ohilom. quadrati, si puo far ragione
se mettesse con to cercare in Egitto di porre tiparo alle deficienze del
fiume fecondatore.
DEL NILO 721
Ma d«l governo del paese non era da aspettare nulla, tanto meno
dalla Porta neghittosa, potenza poco solvibile (come si direbbe in gergo
commerciale) ed erede degnissima della fides graeca usata gia nei ter-
ritorii oggi occupati dalla mezzaiuna. Quest' impresa la tolsero sopra
di se gl' Inglesi, oggi qualcosetta piu che protettori delPEgitto.
Lasciando da parte
le immense chiuse del
Delta fatte gia nel secolo
passato dai Francesi e
poi riparate dagl' Inglesi
dal 1885 al 1890, si trat-
tava ora di rimediare al
<;orso medio del Nilo e
-a quello che risponde al
disopra immediatamente
della prima cateratta.
Con una diga gittata
sul fiume a Siut e assi-
curato 1'alimento ai gran
canale, cosiddetto di Giu-
seppe, che si stacca dal
fiuine a Esneh e mette
capo alia depressione del
Fay urn, formando il lago
di Birket el Kerun, e
provvedendo all' irriga-
zione di 1200 chilometri
quadra ti di un fertilis-
simo suolo.
Ma un lavoro piu co-
lossale ancora e la nuova
diga o cateratta artificiale
costruita poco sopra As-
suan 47 e inaugurata il iO
•dicembre 1902 dal Ke-
dive in presenza del Duca di Connaught. Essa riesce subito a monte
della prima cateratta naturale, di cui viene a formare come un op-
portune e potente sussidio, a 960 chilometri dal Cairo, sotto il 24° di
latitudine cio& quasi sotto il tropico del Cancrov in sui confini della
zona torrida.
1 Questa figura 6 tratta dal Cosmos n. 937 insieme con varie notizie
ivi rife rite in un beilo studio di P. di Vr<§gille. L'altra figura dell'argine 6
tolta all1 'Idler, London, dec. 19 J 2.
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1266. 46 13 marzo 1903.
PLAN
o u
BARRAGE o ASSOUAN
722 IL NUOVO ARGINE
Quivi il letto s' allarga in forma d' un bacino naturale tra sponde
di granite, ove emergono alcune isolette, tra 1' altre la piccola File
(Philae), che alia grazia pittoresca delle sue palme specchiate nelle
acque accoppia nel suo incomparabile tempio d' Iside 1' incanto del-
P arte.
L' immensa chiusa e fabbricata a guisa d' un muraglione di gra-
nito lungo due chilometri incirca, che attraversa il fiume, e sollevato
25 metri sul livello di magra. La fronte a valle e scarpata fortemente
come un bastione, quella invece che guarda a monte poco si seosta
dalla verticale. 180 porte di 7m,50 per 2m,25 danno il passo alle onde,
e sono distribuite egualmente per tutta la lunghezza, e munite tutte
di cateratte in ferro, che si possono agevolmente maneggiare, ancor-
ch& taluna pesi 14 tonnellate e sopporti dall' acqua una pressione di
450 tonnellate. II grosso muraglione si va restringendo verso la cima,
ma vi presenta ancora una carreggiata larga 8 metri che tiene luogo
di ponte ed e tanto alto che anche in tempo di piena sorpassera le
acque di dieci metri. E calcolato che per tal modo P ampio serba-
toio, formato dalle ripide sponde del fiunie e dal nuovo argine traverso,
possa contenere oltre a 1000 milioni di metri cubi di acqua, e faccia
rigurgitare il fiume fino a 30 chilometri sopra Assuan, restituendo a
coltura 2400 chil. quadrati di terreni.
E facile intendere quanto debba essere costata di fatica, di spesa,
d'ingegno e d'energia un'impresa si gigantesca.
La spesa 1'assunse sopra di se la ditta inglese John Aird & C%
commettendo a' sigg. Ransonnes e Rapier Pimpresa della parte me-
tallica. II Governo egiziano finora concorse solo degnandosi di lasciar
fare agl'Inglesi, e protestando che non avrebbe dato pure un een-
tesimo se non a cose finite e ben riuscite. E si puo ritenere che fin
qui non gli sia costato molto serbare la parola.
II capitale di 2 1/2 milioni di sterline, investito in quel superbo
lavoro di pubblica utilita pel paese, e convenuto che PEgitto lo ri-
scattera per mezzo di annuita di 160 000 sterline. Ora Lord Cromer
stima che Pentrate del governo egiziano guadagneranno dalle tasse
d'irrigazione L. st. 360 000 ogni anno : sicche pagata largamente Pan-
nuita dovuta ne resta ampio benefizio al governo, e 2 milioni e mezzo
annui di ricchezza cresciuta alia contrada.
Ma piu del costo materiale, per niente sproporzionato ai capital!
inglesi e guarentito dalla fiducia d'un pronto rimborso, e degna d'am-
mirazione la fatfrura stessa dell'opera gigantesca compiuta in si breve
spazio di tempo e tra tante difficolta di natura. Appena conclusa la
convenzione col governo del Kedive, nel febbraio 1898 si principia-
rono i lavori preparatorii, s'apersero i cantieri, con abitazioni, ufficir
DKL NILO 723
spedali, magazzini, officine, una vera citta, presto popolata di mi-
gliaia d'operai convenuti da varii paesi, in gran parte Italian! , che
fecero onore al nome loro : intelligent!, sobrii, laboriosi. II 12 feb-
braio 1899 il Duca di Connaught pose la prima pietra. Ed i lavori
furono cosi bene ordinati, condotti con tanta previdenza, con tanta
larghezza e generosita dagl'imprenditori, che non solo non s'ebbero
a lamentare disgrazie, ma concorrendo la buona volonta e 1'alacrita
dei direttori insieme e degli esecutori, 1'opera che conforme al con-
tratto do^eva essere terminata nel luglio 1903, fu consegnata invece
otto mesi innanzi, col guadagno delle acque d'un'annata, tutta a be-
nefizio dei coltivatori.
In costruzioni di tal fatta, come s'intende facilmente, il punto
piu scabroso ^ gittare le fondamenta. Si trattava di lavorare nell'ac-
qua, sotto 1'acqua, a dispetto dell' acque furiose, non d'un torrente
ma d'un fiume tra i piu grandi del mondo. Si dovette in tempo di
magra a qualche distanza a inonte del luogo prescelto fare delle di-
ghe parziali, tan to da isolare quel tratto ove si lavorasse : dighe com-
poste di sacchi di rena, di massi pesanti accumulati, i piu gross!
che fosse possibile : ne bastando questi contro 1'impeto dell'onde in-
calzanti, ridursi a empirne de' vagoni interi, collegati con canapi
d'acciaio, e buttati a fare argine. Quindi cominciava il lavoro delle
pompe incaricate del prosciugamento.
In qualche punto^non si trovava fondo sodo : in cambio di gra-
nito, s'incontrarono talora rocce schistose friabili che sono la dispe-
razione degl'ingegneri. Convenne qua e la sprofondarsi fino a 13 me-
724 IL NUOVO ARGINE DEL NILO
tri sotto il letto del fiume, e non per piantarvi un pilastro soltanto,
ma un muraglione, che allargandosi a scarpa prende a quella profon-
dita 33 metri di grossezza. Ma costi quei che vuole, il lavoro s'ha
da fare, e fu fatto e ben fatto.
Lunghesso il fiume sulla sponda sinistra, in capo all' argine, fu
pensato pure di aprire un canale largo da 10 a 11 metri, che serva
alia navigazione, e corre tra due mura di granito. Quattro enormi e
robuste porte di ferro, ingegnosamente disposte per reggere alia po-
derosa pressione dell'acqua, servono a regolarne il corso e il livello, e
cosi schivata e supplita la prima cateratta, il tratto superiore e 1'in-
feriore del Nilo sono raccordati.
Tutto questo non e, per dir cosi, se non un preambolo ad altri
lavori meditati dagl' Inglesi per sistemare tutto il corso del Nilo fino
ai laghi centrali : perche bene osserva il Willcoks, uno degl'inge-
gneri direttori, non e veramente padrone d'un canale d' irrigazione-
chi non ne ha in mano la sorgente.
Ora per rimediare alle anomalie accidentali delle piogge tropicaliv
non ogni anno perfettamente eguali, converrebbe potere sistemare pure
i laghi di Tana, il Yittoria e 1'Alberto, che costituiscono i serbatoi
naturali del Nilo. Una chiusa con cateratte al lago di Tana, che ne
rialzasse il livello e permettesse di regolarne lo sfogo, se dipendessa
dagl'Inglesi sarebbe cosa fatta : le condizioni topografiche e idrogra-
fiche sono eccellenti. Ma... non cosi le politiche. Esso sta nel bel
mezzo dell'Abissinia. E darne la chiave in mano al Negus chi lo ap-
proverebbe ?
II lago Yittoria, che e piu ampio ancora, s* apre nel corso del
Nilo con una bella cascata, il « Ripon Falls » di 3m £/g d'altezza, fa-
cile ad arginare e regolare, situata in territorio inglese. Ma rial-
zato il livello del lago, la sponda meridionale sara in parte invasa
dairacque. Essa e in territorio tedesco. Se ne contenteranno quest!
signori ?
Resta 1'Albert Nyanza tutto circondato da territorio inglese. Quivi
il leoae britannieo pud fare il piacer suo : con una chiusa ben fatta
esso potra aprire e serrare la fonte del Nilo, prendere 1'Egitto per
la fame e per la sete. L' Inglese non & solo buon ingegnere : egli
non si scorda mai, ne anco dormendo, d'essere politico. Intanto per6
aver ridato alia coltura e al mondo moderno gran parte del granaia
del mondo antico, e volerne ridare altre parti ancora, e benefizio uni-
versale fatto a tutto il genere umano, fatto alia civilta, meritevole
del piu alto encomio da tutte le nazioni senza distinzione.
CRONAGA CONTEMPORANEA
Roma, 27 felbraio - 12 marzo 19C3.
I.
COSE ROMANS
1. Feste del Giubileo Pontificate di Leone XIII. Ricevimento dell'Amba-
sciata spagnuola e di tutto il Corpo diplomatico. — 2. Nuovi doni of-
ferti al Santo Padre. — 3. Pranzo a mille poveri al Belvedere. — 4.
Accademia letteraria in onore del Santo Padre. — 5. Omaggio del
Parroci d'ltalia. — 6. Tridui per il Giubileo. — 7. Solenne Cappella
papale in S. Pietro.
1. I nostri lettori non si maraviglieranno certamente se la nostra
cronaea anehe questa volta riempira le poche pagine di cui pud di-
sporre colla sola memoria delle feste pel Giubileo pontificate; riman-
dando ad altro quaderno ogni altro argomento. Nessun altro fatto pre-
sente uguaglia 1' importanza di questo storico avvenimento.
La Spagna anche in quest'occasione non voile venir meno alle
sue cavalleresche e religiose tradizioni ed il giovine Re Cattolico con
nobile sentimento voile inviare speciale Ambasceria al Santo Padre
a capo della quale fu il conte di Almodovar, per congratularsi con
Lui delle presenti feste. Essa fu ricevuta con tutti gli onori d'uso
il 24 febbraio.
11 27 seguente, tutto il Corpo diplomatico accreditato presso la
Santa Sede era ammesso per lo stesso scopo in udienza solenne dal
Santo Padre nella Sala del Trono. Dopo che il Papa si fu seduto, 1'Am-
basciatore di Portogallo ii sig. Michele Martins d'Antas, qual decano del
Corpo diplomatico, lesse a nome di tutti i suoi colleghi un nobile indi-
rizzo, al quale Sua Santita degnavasi rispondere con parole di paterno
affetto. Quindi lo stesso ambasciatore presentava i colleghi nel loro
ordine d'anzianita : il Conte Nicolo Szecsen di Temerin, ambasciatore
d'Austria, il quale rimetteva nelle mani del Papa una lettera auto-
grafa di S. M. 1' Imperatore : il Sig. D. Giuseppe Guttierez de Aguera,
ambasciatore di Spagna : il Barone Antonio de Cetto Ministro di Ba-
viera, che anch'esso presentava una lettera di S. A. R. il Principe
Reggente : il Conte Giulio de Wagner Ministro del Principato di Mo-
naco: il Sig. D. Giovanni de Goyeneche, Ministro del Peru: il Ba-
rone d'Erp, Ministro del Belgio: il Barone Wolfram de Rotenhan,
726 CRONACA
Ministro di Prussia : il Sig. Enrico Salvatore Sanfuentes, Ministro del
Chili: il Duca Amedeo de Astraudo, Ministro della Repubblica Do-
menicana : il Sig. Gioachino Caso, Ministro della Bolivia : il Dott. Em-
manuele M. de Peralta, Ministro di Costarica : il Dott. Brunone Chaves,
Ministro del Brasile, accreditato dal suo Governo con missione spe-
ciale per la solenne circostanza : il Sig. Costantino Goubastow, Mi-
nistro di Russia: il Comm. Francesco Mansella, Incaricato d'Affari
del Nicaragua : ed il Comm. Daniele Garcia-Mansilla, Incaricato d'Af-
fari dell' Argentina. I oapi poi di ciascuna Missione presentarono a
loro volta il rispettivo personale d'Ambasciata e di Legazione.
Assistevano pure al ricevimento le persone addette aH'Ambasciata
di Franoia : non pero 1'Ambasciatore Sig. Armando Nisard che, desi-
gnate dal Governo della Repubblica in Missione straordinaria per le
presenti feste giubilari, avra piu tardi udienza speciale dal Santo Padre.
2. Nuovi doni vennero offer ti questi giorni a S. S.: noi non fa-
remo che accennare a quello d'un artistico calamaio d'argento fina-
mente layorato, omaggio presentato a nome delle Guardie palatine dal
loro Comandante comm. Crostarosa, e quello veramente super bo di una
nuova Sedia gestatoria, regalata dai Camerieri Segreti e d'Onore, di
Cappa e Spada, fatta su elegante e ricco disegno del Prof. Sneider,
architetto dei Palazzi Apostolici.
Graziosissimo e molto caro a Leone XIII riusci un presente del
Conte Comm. Capogrossi-Guarna. Era egli a caso, tempo fa, venuto
in possesso di due libri scolastici editi nel 1800, un Virgilio ed un
Cicerone, annotati di mano del Santo Padre allorche era studente.
Con gentile pensiero li fece bellamente rilegare e li offri al Yenerando
Pontefice, che con molta piacevolezza e soddisfazione aocetto quel ri-
cordo degli anni passati nei prediletti studi della classica latinita.
Alcune delle annotazioni agli stessi volumetti sono del defunto Car-
dinal Pecci fratello del Papa.
Speciale ricordo merita qui un altro dono rarissimo per il valore
artistico, e di pregio veramente regale, offerto al Santo Padre a nome
di S. A. R. il conte di Caserta dal duca di S. Martino il 2 marzo.
E il celebre Orologio o Planisfero Farnesiano, opera di Bernardo
Facini di Piacenza che lo lavord per i Duchi di Parma nei 1725,
con un mirabilissimo congegno disposto con arte cosi consumata che
anche ai di nostri col progresso delle scienze meccaniche, parrebbe
miracolosa. Le parti principal! dello strumento sono regelate a in-
dicare le ore e loro frazioni secondo 1'uso d' Italia e quello di Spa-
gna, a rappresentare il movimento apparente della sfera celeste;
il sorgere e tramontare del sole, raffigurato da un disco simile a
grosso rubino, a misurare la durata dei giorni e delle notti se-
condo le stagioni, e riprodurre i principali fenomeni del sistema
CONTEMPORANE A 727
planetario. Ha fra gli altri un apposite cerchio dorato che da il tempo
astronomico ed una fascia circolare colle costellazioni dello zodiaco
che gira con moviinento annuale, imitando cosi stupendamente il moto
apparente della sfera celeste intorno al sole. A questo poi aggiungausi
fregi, figure, ornati che ne fanno una meraviglia.
La custodia di ebano che lo lascia vedere attraverso larghi cri-
stalli, porta in alto lo stemma di Leone XIII in argento su fondo
d'oro, coi proprii color i a smalto. sostenuto da vaghissimi putti : in
basso lo scudo dei Borboni delle Due Sicilie e appie dello scudo una
targa con quest'epigrafe : Leoni XIII — Exacto Summi Pontificatus
Anno XX V — Alphonsus Maria Borbonius — Comes Casertanus —
Pignus laetitiae — Obsequiique sui. Sulla stessa base alia parte op-
Dosta sono queste parole : Comes Stephanus San Martino Ramondetto
— ex ducibus Montis Albi — duoc Sancti Martini, Comitis Casertani
orator tradidit.
II dono riusci veramente degno dell'offerente e dell'Augusto Pon-
tefice a cui era presentato in si felice occasione.
3. Alle feste del Giubileo Pontificale non dovevano mancare i po-
veri di Gesu Cristo; ed il Santo Padre stesso, a far si che vi potes-
sero prender piu larga parte, voile che Pobolo ch'Egli riceve dai figli
suoi si riversasse in misura piu larga dell'ordinario sugli indigenti.
A tal fine fece rimettere nelle mani del Cardinal Yicario venticinque-
mila lire a beneficio dei poveri in Roma : ventimila ne largi a Pe-
rugia, diecimila a Carpineto, per servire in parte a fondare cucine
economiche e cassa rurale in quelle cittd, ed altre venticinquemila
fece distribuire a sollievo delle povere religiose ridotte dalle spoglia-
zioni e dalle coDfische alia piti. compassionevole miseria.
Ad imitazione dell'Augusto esempio, le Societa Cattoliche, i Co-
mitati, le parrocchie organizzarono larghe distribuzioni di soccorsi,
agapi fraterne, e tutta quella varieta di opere pie, di cui la carita
cristiana e feconda inventrice.
Una delle prime fu quella del Comitato Internationale per le Feste
Giubilari, il quale raduno per la domenica 22 febbraio, a mezzo-
giorno7 nei vasti locali del Belvedere in Yaticano, ornati opportuna-
mente, mille tra poveri e povere dei varii rioni di Roma e diede
loro un lieto desinare in onore e memoria del Giubileo pontificale.
Benedette le mense da Mgr. G-azzoli, il comm. Tolli, presidente del
Comitato, con poche parole adattate spiego ai convitati il significato
della festa e Mgr. Angeli distribui a ciascuno di loro una corona
benedetta dal Papa. I commensali, disposti in venticinque grand!
tavole, erano serviti dalle Figlie della Carita. II pranzo (che com-
prendeva due portate di came, dolce e frutta) era rallegrato dal con-
certo della Guardia Svizzera e si capisce facilmente che non manca-
rono 1'appetito, Pallegria, e gli Evviva a Leone XIII.
728 CRONACA
La Societa degli Interessi Cattolici voile anch'essa far parte larga
ai poveri nelle feste romane da lei organizzate : e il suo Comitato,
composto del Notabili del qaindici Rioni della Citta, dispose tra
1'altro, di somministrare un complete corredo ai bambini d'ambo i
sessi di famiglie povere di Rjma, nati nelie 24 ore del 3 marzo: di
accogliere per sei giorni, a un sa TO ritiro, 93 giovanetti in preparazione
alia prima Comunione nello stesso lieto giorno. Ai 70 piccoli corredi
lavorati dalle Signore stesse dei varii Rioni e dalle ascritte all 'Opera
della Santificazione della festa, il Santo Padre aveva aggiunto uaa
piccola medaglia d'argento, che rimarra testimoaio e ricordo ai felici
neonati della loro fortuna.
4. Magnifico omaggio al Po7itefice riusci la splendida Accademia
tenutasi il 5 marzo nella Chiesa de' Santi Apostoli, trasformata per la
circostanza. Dinanzi alPaltar maggiore sopra un ampio palco a gra-
dinata circolare erano disposti i cori e Porchestra, piu di trecento per-
sone. Piu in mezzo al posto d'onore erano S. E. il Card. Ferrata,
Mgr. Poletto, Mgr. Sardi, il Comm. Tolli, e il Cav. Persichetti. Sede-
vano primi fra gli spettatori diciotto Cardinali e una sessantina di
Yescovi : aseistevano pure la duchessa di Meeklemburgo, il principe
di Lichtenstein, varii membri del Corpo diplomatic© : una folia di iorse
cinque mila persoae gremiva la chiem, illuminata da sedici lampa-
dari a lampadine elettriche. Dopo il lungo ed eloquente discorso col
quale il Card. Ferrata tesse le lodi del pontificate di Leone XIII,
seguirono un' elegante lode alcaica di Mgr. Sardi, e le vivaci strofe degli
altri tre president!. La parte musicale diretta dal M. Perosi comprendeva
oltre varii pezzi d'orchestra, il Preludio della Risurrezione di Cristo, il
Finale dello stesso Oratorio, e il delizioso coro Jucundare filia Sion
tratto dall'Oratorio del Natale. Fu tale il comune entusiasmo e P insi-
stenza dei battimani che si dovettero bissare il primo e Pultimo coro.
Benche la materia ci vada di troppo crescendo tra le mani, non
possiamo tacere di un'altra Accademia per il carattere suo gia noto
ai nostri lettori ma sempre mirabile e quale Roma sola Cattolica pud
presentare: vogliamo dire la solenne Accademia poliglotta tenutasi
nella Chiesa del Pontificio Collegio di Propaganda Fide lunedl 2 marzo
vigilia del fausto anniversario.
La presiedeva il Cardinal Gotti, Prefetto di Propaganda, il Car-
dinal Agliardi, Prefetto della Economia della S. C. di Propaganda, i
Card, rierotti, Martinelli, Srampa e Bacilieri. Yi assistevano oltre
Mgr. Yeccia Segretario di Propaganda e Mgr. Savelli Spinola, Se-
gretario di Propaganda per gli affiri di Rito Orientale, molti Yescovi
ed illustri personaggi di passaggio in Roma per il Giubileo papale.
L' Accademia, divisa in tre parti, inneggio al Yenerando Ponte-
fice svolgendone i Fasti gloriosi nelle piu svariate ed alcune di loro
CONTEMPORANEA 729
stranissime lingue che in generale era la nativa del giovane dicitore.
Yi erano rappresentate natural men. te le lingue europee lo spagnuolo,
il portoghese, il francese, Tin^lese, il polacco, lo svedese, il norve-
gese, 1'irlandese, il russo, il tedesco, 1'olandese, 1'ungherese, il ru-
meno, il retico, il greco moderno, coirantico, 1' italiano ed il latino :
tra le asiatiche, 1'ebraico, il caldeo letterario e il volgare, il siriaco,
il samaritano, il turco, 1'arabo, Pasforico, il curdo, I'armeno volgare
ed il letterario, il cinese, il malabarese ; tra i linguaggi africani il
copto, il caffro, lo zulu, 1'etiopico e il bacca parlato da un giovane
del Natal; e finalmente anche 1'Amenca uni al concerto conmne i
suoi accenti per la bocca di un Indo-Americano parlante la lingua
detta Algonquin.
5. Tra i varii ossequi prestati al S. Padre in questi giorni merita
specials menzione quello della Commissione de' Parroci d'ltalia le
cui parrocchie sono sacre all'Apostolo S. Pietro. Essa, guidata da
Mgr. Ottaviano Odor;sio, nella solenne udienza del 20 febbraio offerse
al Papa un ricchissimo Album di squisita fattura, contenente in versi
e in prosa in italiano ei in latino i voti, gli affetti, 1'esultanza delle
popolazioni in questa avventurosa ricorrenza ; e di piu un cospicuo
obolo accompagnato da un elaborate indirizzo latino. II Yenerando
PontefiVe mostro di gradire assai il devoto omaggio presentato da quel
gruppo di zelanti pastori riuniti a suoi piedi dalle varie regioni ita-
liane, e con benevolo sorriso benedicendoli, per ciascuno trovava pa-
role di paterno incoraggiainento. Pot con delicata premura andava ri-
petendo : datemi, datemi questo album: voglio vederlo.
Ricordiamo i nomi del dodici Parroci che componevano la Com-
missione: per la regione Beneventana, Mgr. Ottaviano Odorisio di
Agnone, D. Luigi Gampopeda di Portocannone, D. Alfonso Fratan-
gelo di Castellino, D. Achille Cifelli di Cerro al Yolturno: per la
Lombardia, D. Giuseppe Crespi di Yailate, D. Cesare Donini di Pbi-
lenzo: per la Toscana D. Pietro Gonnelli di S. Pietro al Tirreno e
D. Ferdinando Morini di Cogliolo : per il Piemonte D. Guglielmo Piola
di Oleggio : pel Yeneto D. Antonio Busetto di S. Pietro in Yolta:
per 1'Umbria D. Luigi Ceci di Cingoli: per la Sicilia P. Arcangelo
Rubulotta di Agira. La sera precedente erano stati ammessi pure da
S. E. il Cardinal Rampolla che molto si compiacque della nobile idea.
6. Era ben giusto che si pensasse a render grazie pubblicamente a
Dio con speciale solennita, del favore accordato alia sua Chiesa in questo
faustissimo Giubileo e della visibile protezione di cui la sua provvi-
denza ha circondato la vita gloriosa del Yenerando Pcntefice. E fu
ottimo pensiero quello del Collegio de' Parroci che promosse a que-
sto fine un primo triduo nella Basilica dei SS. XII Apostoli nei
giorni 20, 21, 22 febbraio scorso. Un altro ne successe poi per cura
730 CRONACA
della anzidetta Societa nella Chiesa del Gesii, il 6, 7 e 8 inarzo. II
concorso veramente straordinario col quale furono seguite le due re-
ligiose funzioni, prova quanto esse rispondessero ai sentimenti di
fede e di gratitudine sempre vivissimi negli animi di tutti i romani.
II merito dei sacri oratori, la musica, le splendide luminarie, la ric-
chezza degli addobbi, la maesta delle cerimonie celebrate in ciascun
triduo da Eminentissimi Porporati, contribuirono al pieno riusci-
mento di queste feste. Alia chiusa del secondo Triduo la facciata del
Gesu era vagamente illuminata. Altrettanto proporzionatamente si
fece dalle Parrocchie, dagli Ordini religiosi, dai Collegi, dalle So-
cieta d'ogni ordine di persone.
Troppo ci resterebbe a dire se volessimo rammentare i ricevi-
menti sontuosi dati dall'Ambasciatore di Austria presso il Yaticano;
dal Principe Colonna, Assistente al Soglio, da S. E. il Cardinal Se-
gretario di Stato, da altre nobili famiglie: e le accademie, e le riunioni
solenni, e le testimonianze di ogni fatta moltiplicatesi nel volger di
questi giorni di felice ricorrenza. Ma il tempo incalza.
7. Ed ora vorremmo narrare in qualche modo non solo lo svolgi-
mento della solenne funzione della Cappella papale tenuta in S. Pietro
il 3 marzo, anniversario della coronazione di Leone XIII, ma meglio
ancora ritrarre il sentimento di commozione che quella funzione pro-
dusse nel cuore di tutti.
II cielo s'era pur troppo coperto gia dalla vigilia, e la mattina
stessa fin dalle prime ore la pioggia cadeva ora fina e persistente, ora
a forti rovesci: il che,-se scoraggid qualche curioso, non ritenne certo
nessuno dei fedeli e pellegrini venuti da tutti i paesi anche piu lon-
tani per vedere il Papa e onorare il Yicario di Cristo. Se ne videro
appostati alle porte della Basilica prima ancora che aggiornasse : e
la Basilica non si doveva aprire che alle 8 ! Alle 6 doppie schiere
di'soldati furono molto opportunamente disposte dinanzi alia gradi-
nata della piazza, altre sotto il porticato della Chiesa, ed altre dalla
parte della Sacristia per impedire la troppa ressa e per regolare Pa>
cesso per le diverse entrate degli invitati secondo i biglietti. Nell'in-
terno del gran Tempio, sobriamente parato di damaschi, spiccava
maestosa la ricchezza degli ornati architettonici. Nella volta delle na-
vate, dai grandi rosoni di mezzo i graziosissimi gruppi di lampade elet-
triche piovevano una luce temperata e tranquilla. A maggior sicurezza
di ordine, nella navata di mezzo, un doppio steccato limitava una corsia
centrale larga otto metri per dar passaggio al corteggio pontificio.
Altri recinti erano stati preparati specialmente ai due lati della Con-
fessione dove nella navata trasversale sud si radunarono i pellegrini
del Belgio, quelli di Francia e d' Inghilterra : dalla parte opposta nel
braccio Nord si raccolsero parimenti i pellegdni d'Austria, di Ger-
CONTBMPORANEA 731
mania e quelli delle diocesi d' Italia che occupavano anche parte della
navata centrale. Tra essi attiravano la curiosita generale alcuni gio-
vani delegati di Associazioni Uhiversitarie tedesche nelle loro tradi-
zionali divise. Ai quattro piloni della cupola erano ap^oggiate quat-
tro tribune a due palchi di posti riservati. Lungo le mura dell'abside
stavano a sinistra le tribune dei Principi, quelle delPOrdine di Malta,
del Corpo diplomatico e della Famiglia Pecci : a destra quella del
Patriziato e della Nobilta romana. Piu verso il mezzo erano disposti
i banchi ornati con ricchi drappi per il Sacro Collegio, gli Arcive-
scovi e YescoTi assistenti al Soglio, pei Prelati e il Capitolo Yaticano.
In fondo poi dell'abside stessa, dov'e 1'altare della Cattedra, era steso
un ampissimo padiglione a damasco e velluto rosso, sostenuto da gruppi
d'angeli, e sotto di esso si ergeva il trono a fondo d'argento col bal-
dacchino e gli stemmi papali.
Tutti i Corpi miJitari pontificii erano presenti in armi ed in di-
visa di gran gala. II servizio d'ordine era affidato ai Gendarmi dal-
1'alto berrettone a pelo nero : la Guardia palatina faceva ala nell' in-
terno dello steccato della corsia centrale : la Guardia svizzera era
postata alle tribune riservate e intorno alia Confessione. In questa
occasione cosi solenne, per la prima volta dopo trentadue anni, gli
Svizzeri indossano 1'armatura in ferro, cioe la corazza, i bracciali e
1'elmo col gran pennacchio rosso, quali si vedono nei disegni d'altri
tempi, ma che non si erano piu adoperati dalla Festa dei SS. Pie-
tro e Paolo del 1870. ultimo pontificate pubblicamente celebrato da
Pio IX. Gli ufficiali portano la corazza d'acciaio brunito a rabeschi
d'oro di bellissima vista, colla cotta a maglia di ferro. E curioso a
sapersi che la corazza indossata oggi dal Comandaate barone Leo-
poldo Mayer di Schauensee appartenne al padre suo gia Comandante
della stessa guardia come pure il maggiore Pfyffer e il capitano
Schmidt portano le armi del padre e dell'avo loro. Tanto valgono le
onorate tradizioni nelle famiglie dei cattolici svizzeri !
Oltre il servizio militare, a ciascuna tribuna era assegnato uno
dei Camerieri di cappa e spada : e per la disposizione dei gruppi e il
collocamento dei pellegrini si prestavano solleciti da ogni parte i mem-
bri del Circolo S. Pietro della Gioventu cattolica. E grazie alle
moltiplicate precauzioni esterne, alia ben intesa organizzazione in-
terna, alle opportune e facili comunicazioni, alia solerzia e garbo
con cui tutto era diretto e regolato, quella immensa folia di forse
cinquantamila persone che invase la Chiesa, in poco tempo si al-
logo, occupandone tutti gli spazii da cui sperava vedere lo svolgersi
della sacra cerimonia.
Erano presenti nella tribuna dei sovrani, S. A. E. la Principessa
ereditaria di Svezia e Norvegia, la Principessa Matilde di Borbone
732 CRONACA
Contessa di Trani, la granduchessa Paolina di Sassonia Weimar Ei-
senach, S. A. R. il duca Roberto di Parma con due figliuole, S. A. la
Duchessa Maria di Mecklemburgo Schwerin col figliuolo, S. A. il
principe di Lichtenstein colla famiglia, il Principe Max di Baden colle
persone del suo seguito, e prestavano loro servizio d'onore i Camerieri
di cappa e spada, marchese Claudio Lagergren, barone Adolfo Ssho'n-
berg Thammenain, comm. Augusto Mac-Nutt, conte Fabio Fani,
marchese Patrizio Mac Swiney de Massanaglass, Antonio Leherer, e
comm. Alfredo Camm. Erano pur presenti S. A. il Priacipe di Schon-
burg-Waldenburg, ed il duca di Norfolk che aveva preferito riunirsi
agli altri pellegrini inglesi.
Nella tribuna delPOrdine di Malta erano adunati circa quaranta
cavalieri col loro Gran Maestro il Conte Ceschi di Santa Croce. In
quella del Corpo Diplomatico aveva preso posto TAmbasoiata straor-
dinaria di Spagna, PAmbasciatore di Francia, e quelli del Brasile e
di Costarica accreditati anch' essi dai loro governi in Missione spe-
ciale per la solenne circostanza, con tutti gii ambasciatori ordinarii
presso la S. Sede e gli addetti alle loro ambasciate. Nella stessa tri-
buna fu pure dato luogo distinto a S. A. R. il Principe Mirko del
Montenegro, che era in abito private. — II Patriziato e la Nobilta
Romana riempivano numerosissimi la tribuua che loro era assegnata.
Yerso le 11 si fa un movimento nella folia e tutti si agitano per
vedere. Sono le Guardie Nobili che entrano, precedute dai trombetti,
in bella ordinanza nelle eleganti loro div-ise rosse cogli elmi a pen-
nacchi e criniera : traversano la lunga navata per ischierarsi dallato
alPaltare papale facendo ala verso il trono. A questo segno si rico-
nosce che il Papa non e lontano. Sua Santita infatti alle 10 3/4 per
lungo tragitto interne dai Palazzo Apostolico alia Basilica, accompa-
gnato dalla sua Nobile Corte, scendeva nella Cappella del SS. Sacra-
mento, e dopo breve preghiera recavasi a quella della Pieta per lo
spazio chiuso da am pi cortinaggi e separate dai res to della Basilica.
Quivi trovava gia riuniti i Cardinali ; e rivestitosi degli abiti pon-
tificali col superbo manto papale donatogii dalle Sucre di Carita per
1'A.nno Santo, coronate del triregno saliva la ricca Sedia Gestatoria,
nuovo dono dei Carnerieri di Cappa e Spada, e si muoveva verso la
navata centrale.
Una rapida scossa, quasi di elettrica scintilla, percorre Passem-
blea. Un mormorio si leva da tutte le parti deirimmensa Basilica.
Tutti si alzano istintivamente in piedi : molti tentano salire sui ban-
chi e sulle seiie : altri pro testa no giustamente. Le Guardie cercano
quietare il rumore il quale viene subito coper to da un hi ago irrefre-
nato applauso, da entusiastiche acclamazioni che erompono da quelle
migliaia di petti salutando il Padre, il Pontefice, il Yicario di Gesu
CONTEMPORANEA 733
•Cristo, che appare nel fondo della Basilica. Apre il maestoso cor-
teggio la GKiardia Svizzera, lo fiancheggiano i Mazzien e i Cursor!
papali, tra i quali si avanzano nell'ordine piescritto dal cerimoniale
i varii Collegi prelatizi, i Procuratori e i Superior! generali degli
Ordini religiosi, i Patriarchi, gli Arcivescovi e Vescovi assistenti al
Soglio, gli Eminentissimi Cardinal! . In mezzo al trionfale accompa-
gnamento, precede lentamente la Sedia Gestatoria preceduta dal Prin-
cipe Colonna Assistente al Soglio, seguita dai flabeili, circondata dai
Comandariti della Guardia Nobile, e dagli altri Corpi militari, e dagli
Svizzeri colle lunghe spade a fiamma.
II Santo Padre, visibilmente compreso da profonda commozione,
or appoggiato alia Sedia, or tentando drizzare la bianca persona, le-
vando le braccia e gli occhi al cielo non cessa di spargere bene-
dizioni sul popolo plaudente. DalJa Cappella Giulia s'intuona il Tu
«s Petrus ; dalle finestre della Loggia sopra la porta della Basilica le
trombe d'argento fanno squillare la Marcia trionfale del Longhi; ma
poco ne lasciano udire le ripetute acclamazioni di gioia : e quando
le voci sono potute raffrenare alquanto, un festoso sventolare di faz-
zoletti, un continuo agitare di cappelli accompagna il passaggio del
Pontefice, fino al suo giungere in fondo all'abside, dove salito Egli
in trono ed occupato da ogni ordine del corteggio il posto assegna-
togli, comincia la Messa, pontificata, per indulto, all'altare papale
della Confessione dal Cardinale Langenieux, arcivescovo di Reims.
L'altare non ha per ornamento che i sei candelabri e la Croce in
argento dorato, disegnati da Michelangelo e cesellati da Benvenuto
Cellini, con due paliotti gemelli in lama d'oro a figure in rilievo di
ammirabile lavoro. Intorno ai gradini dell'altare stanno i Camerieri
d'onore ecclesiastici. II Cardinale celebrante e, secondo la tradizione,
assistito da un canonico della basilica lateranese, della vaticana, e
della liberiana.
II Santo Padre, unendosi al celebrante, dal trono recita VIntroito
della Messa, dopo del quale riceve 1'obbedienza dei Cardinali : sono
presenti quarantatre membri del Sacro Collegio, cioe i Cardinali:
Oreglia, Yannutelli Serafino, Mocenni, Agliardi, Vannutelli Yincenzo,
Rampolla, Gruscha, Di Pietro, Kopp, Perraud, Sarto, Sancha y Hervas,
Svampa, Ferrari, Satolli, Gotti, Manara, Ferrata, Cretoni, Frisco,
Coullie, Laboure, Casali del Drago, Cassetta, Sanminiatelli-Zabarella,
Portanova, Francica-Nava, Mathieu, Respighi, Richelmy, Martinelli,
Gennari, Boschi, Puzina, Bacilieri, Macchi, Steinhuber,Segna,Pierotti,
Delia Yolpe, Yives y Tuto, Tripepi e Cavagnis ; uno dopo 1'altro
salgono a baciar la mano al Pontefice ed averne la benedizione. In-
tanto un coro di 140 vooi, composto deiJa Cappella Sistina coadiu-
vata da ottimi cantori e da una sessantina di ragazzi scelti dalle va-*
734 CRONACA
rie scuole, sotto la direzione del M.° Perosi comincia il Kyrie della
Messa detta « di Papa Mareelloi. L'adunanza segue con raccogli-
mento lo svolgersi della sacra funzione e delle stupende armonie pa-
lestriniane. All'Offertorio i versetti Or emus pro Pontifice nostro
Leone etc., e dopo il Sanctus un nuovo Benedictus qui venit, scritti
appositamente dal Perosi, sono riuscite per la loro felicissima ispi-
razione due delle migliori pagine tra le opere del geniale compositore.
All'Elevazione il silenzio si fa piu profondo. II Papa si prostra
al faldistorio : le spade s'inclinano; tutti piegano il ginocchio a terra
e dall'alto della cupola piovono i dolcissimi suoni delle trombe d'ar-
gento quasi annunziando che Iddio discende sull'altare. E uno spet-
tacolo solenne. Tutti pregano col papa e pel papa, al quale da tutti
i punti della Chiesa si sollevan gli sguardi, benedicendo il Signore
che lo ha conservato a questa giorno di festa.
Terminato il pontificale, Sua Santita intend il Te Deum conti-
nuato a doppio coro tra il popolo e la cappella papale: indi salito
nuovamente in Sedia gestatoria, e portato dinanzi alia Confessione,
di la colle consuete ceremonie imparti Papostolica benedizione che fu
udita fin quasi al fondo della Basilica. Coronato allora della nuova
tiara offertagli il 20 febbraio, fra nuove acclamazioni fu ricondotto
alia cappella della Pieta e quindi fece ritorno ai suoi privati appar-
tamenti. Era il tocco e mezzo.
Aperte tutte 1-e porte del Tempio, la folia, qual vera onda vivente
si riverso nella piazza, presentando secondo la Tribuna « un nuovo
spettacolo di una grandiosita indescrivibile. > Le lunghe file delle
carrozze percorrevano tutte le strade prospicienti la Chiesa con un
frastuono da non credersi ; e ci voile circa un' ora e mezza prima che
tutta quella gente potesse disperdersi. La sera, nonostante la continua
pioggia, si vedevano molte case illuminate specialmente nei vecchi
quartieri romani. A un' ora di notte sonarono le campane di tutte le
Chiese e si accesero fuochi di bengala ad illuminare le cupole e le
facciate degli edifizii con vaghissimo effetto. La gioroata, chiusa senza
che si avesse a lamentare nessun note vole inconveniente in mezzo a
tanta moltitudine e a tan to movimento, lascera indelebile e caro ri-
cordo negli animi che ne hanno saputo penetrare il vero significata
al riflesso dei divini splendori della Fede.
II.
COSE ITALIANS
1. Resoconto della Camera de' Deputati. Legge per la bonifica delFAgro
romano. — 2. La schiavitu nella colonia del Benadir. — 3. La politica
italiana nella questione macedone.
1. Mentre sull'altra rira del Tevere si celebravano col concorso di
tutto il mondo civile le sublimi dimostrazioni di fede da noi descritte
CONTEMPORANEA 735
nelle pagine precedent!, la Camera italiana, dopo le scandalose scene
narrate gia nell'ultimo quaderno, continuava i suoi gravi lavori
dinanzi ad un'aula quasi semprb vuota, discutendo una proposta del-
1'on. Ghiido Baccelli per la bonifica dell'Agro romano in gran parte
squallido e spopolato. L'on. Ministro d'Agricoltura, tanto per rinfre-
scare le idee de' suoi colleghi, rammento con erudito discorso che
« negli ultimi anni dell'antica repubblica romana e nei primi dell'im-
pero, tutto il Lazio era esercitato da una razionale ed intensa col-
tura ; ricordo che il principio del decadimento venne dal trasferimento
della sede imperiale in riva al Bosforo. » La bonifica da lui proposta
e dtinque una legge eminentemente politica perche « integra 1'opera di
Yittorio Emanuele e di Garibaldi* , si compenetra col concetto dell 'Italia
risorta a nazione. «L'idea dell'italianita concepita findall'antichita clas
sica con Orazio e Yirgilio che abbracciarono in sintesi di patriottismo
Roina e 1' Italia, sopravvisse alle rovine deH'impero. Questa idea risve-
gliata per opera di pensatori e di martiri si riaffermo e divenne realta ed
in forza di questa idea e del patriottismo italiano che lega tutte ie
citta sorelle e necessario che Roma sia resa alia sua antica vita di
capo e centre della nazione, liberacdola dal funereo deserto che la cir-
xxmda e da cui si irradia morte e miseria. »
Se 1'Agro romano non verra fecondato con opere piu serie che le
classiche dissertazioni dell'on. Baccelli, temiamo forte che accada
anche questa volta cid che avvenne alle due leggi gia votate allo
stesso scopo nel 1878 e nel 1883, rimaste lettera morta. E bensi vero
che il disegno presentato ora dalla Commissione colla parola del rela-
tore on. Chimirri offre qualche maggiore probability di riuscita. In
esso si dispone che i proprietari di terreni dentro il raggio di dieci
chilometri intorno a Roma i quali costruiscano case coloniche e mi-
gliorino la coltivazione, abbiano piena esenzione dall' imposta princi-
pale per dieci anni, e una riduzione delle tasse di registro e d'ipo-
teca : siano esonerati dalle tasse sul bestiame, e siano loro accordati
mutui di favore al 2 l\z per cento rimborsabili in quarantacinque anni.
Le espropriazioni poi dei possidenti refrattarii alle bonifiche debbono
essere giudicate da un collegio di periti i quali mettano il proprie-
tario nella necessita di venire ad eque condizioni.
II disegno di legge e stato accettato dopo lunga discussione, a
grande maggioranza, e noi ci auguriamo che esso tenga le promesse
che ne hanno vantato i suoi fautori dentro e fuori la Camera. Ma
aspettiamo di vederne la prova dai fatti.
2. Una brutta scoperta per Tonore del nome italiano e stata quella
fatta dalPon. Chiesi colle sue rivelazioni sopra la colonia del Benadir
sulle coste africane. In sostanza si verrebbe a provare che alPornbra
della bandiera nazionale si continua cola ad esercitare la vera tratta
736 CRONACA
degli schiavi, ed una delle rendite della colonia sarebbe appunto la
speculazione sul commercio della came umana. Anche secondo infor-
mazioni del Giornale d'llalia, « quello che & certo si e che la Societa
italiana del Benadir (a cui e afSdata la colonia) non ha mai impedito
il commercio degli schiavi, ma lo ha varie volte protetto facendo, per
esempio, scortare dai suoi ascari le carovane di schiavi, facendo re-
stituire armata manu ai padroni gli schiavi fuggiti > ecc. — Al Be-
nadir, secondo lo stesso giornale, 1'ordine, la giustizia e la liberta
sono parole vuote di senso! Della so vvenzione di 400.000 lire date dal
Governo, 200,000 lire vanno al Sultano di Zanzibar e le altre 200,000
non escono d' Italia...
La relazione di questi fatti indegni di un popolo civile, come
aveva commosso la pubblica opinione, cosi eccito giustamente alia
Camera varie interrogazioni. II Ministro degli Esteri destramente
schermendosi rispose doversi sospendere il giudizio fino che giunges-
sero sicure informazioni ufficiali; e promise severe repression! se vi
fossero dei colpevoli. Noi avremmo volentieri aspettato a parlare di
tali vergognose magagne quando fossero appurati i fatti : ma pur
troppo e sistema molto usato di governo promettere inchieste per
lasciar dimenticare ogni cosa : la verita verra mai a galla?
3. Di grave importanza avrebbe potato essere lo svolgimento delle
interpellate fatte alia Camera dagli onorevoli De Marinis, De Martino,.
Cirmeni e Guicciardini intorno allo stato della penisola balcanica e
agli avvenimenti che vi si preparano. Secondo gli oratori, gravi mu»
tazioni sono a temersi dalle agitazioni di quelle provincie, delle quali
stanno per profittare la Russia e 1'Austria i cui vantaggi sono con-
trari agli interessi italiani pei quali importa invece mantenere lo statu
quo. Le segrete convenzioni austro-russe, le palesi aspirazioni bulgare,
greche o serbe, sembrano preparare 1'occasione di una probabile espan-
sione dell'Austria in Albania e sull'Adriatico, o la oecupazione anche
di Salonicco, porto capitalissimo, che diventando capolinea del com-
mercio colPEuropa centrale, danneggerebbe i porti italiani e special-
mente Geneva. — Siete preparati, o signori, a questi avvenimenti ? do-
mandava Ton. De Marini. Quale e stata 1'azione del Governo in tutto
cio ? Ha coscienza il ministero di cio che si prepara e della influenza
che le prossime soluzioni eserciteranno sulle condizioni nostre, sulla
posizione dell' Italia nell'Europa ?
Rispose agli interpellanti Ton. Morin, ministro della Marina ed
ora anche degli Esteri. II suo discorso fu ascoltato con viva attenzione :
ma con disillusione non impreveduta. Le dichiarazioni del ministra
in sostanza ammisero che P Italia in tutte le trattative piu o meno
segrete tra i diversi gabinetti europei intervenne qual semplice spet-
ta trice senza autorita nei futuri destini delle province d'Oriente. Egli
CONTEMPORANEA 737
tento con una frase di suono quasi minaccioso assicurare la Camera
che < se contrariamente alle piu autorizzate prevision!, il corso fatale
degli avvenimenti che tutti desiderano contenere, dovesse risultare
prevalente sugli effetti delle sollecitudini franche, concordi, energiche
delle grandi potenze per la conservazione della pace, se 1' incendio
che queste potenze unite sono intente a soffocare dovesse divampare
in modo indomabile, il Governo del Ke non starebbe inerte e passivo
spettatore degli eventi. » Ma poi avviluppandosi, aggiungeva che il Go-
verno € in tal caso, informando la sua azione alia piu guardinga pru-
denza, non disgiunta all'occorrenza da conveniente energia, prendendo
consiglio dalle situazioni di fatto che si potranno presentare, lascian-
dosi guidare dalle saggie considerazioni dell' opportunita la piu me-
ditata e la meglio riconosciuta, si manterrebbe bensi sempre scrupo-
losamente fedele a tutti gli impegni assunti e rispettoso dei diritti
e dei legittimi interessi altrui, ma non mancherebbe al dovere di vi-
gilare a che in nessun modo venissero pregiudicati i diritti e gli in-
teressi del nostro paese. » E un periodo modello che mostra con quanta
arte si pud dir poco in molto.
Degli onorevoli interpellanti chi si dichiaro soddisfatto, chi meno,
e la discussione fu esaurita.
III.
COSE STRANIERE
(Notizie Generali}. II Giubileo di Leone XIII nelle varie Nazioni. — 1. Nella
Spagna. — 2. In Austria. — 8. Nel Belgio. — 4. In Olanda. — 5. In
Portogallo. — 6. Nel Lussemburgo. — 7. In Germania. — 8. In Inghil-
terra. — 9. In Prussia. — 10. In Baviera. — 11. In Romania. — 12. In
Turcbia. — 13. Un Marconigramma dall' America.
1. (SPAGNA). Grandi feste si fecero in tutte le citta della Spagna
in onore del Papa. A Madrid fu celebrate un triduo solenne nella
monumentale Chiesa di S. Francesco il Grande, per il 3 Marzo, con
discorsi dei Yescovi di Siguenza, di Palencia e di Pamplona. Alia
chiusa intervenne in forma ufficiale tutto il Governo e le Autorita
civili per assistere al Te Deum cantato da S. E. il Nunzio apostolico.
II 3, Martedi, fu un continue affollarsi di visite alia Nunziatura :
vi si reed il Principe delle Asturie, anche a nome dell' augiista sua
Consorte: il duca di Sotomayor che vi ando in nome del r,e, accom-
pagnato dal duca di Mina a nome della Regina, col seguito in car-
rozze di Corte : vi andd pure il presidente del Consiglio dei Ministri
con tutti i colleghi e varii membri del Corpo diplomatico.
Nel pomeriggio, per opera di Mgr. Yescovo di Madrid, nel vasto
salone de los Luixes, ebbe luogo una grande accademia letteraria-
S&rie XVIII, vol. IX, fasc. 1266. 47 14 marzo 1903.
738 CRONACA
nmsicale nella quale parlarono il p. Fita S. I. della reale Accademia
di storia, il sig. Mendez y Pelayo della reale Accademia spagnuola,
ed il sig. Alvarez del Manzano, professore dell' Universita eentrale, e
consigliere dell' Istruzione pubblica.
2. (AUSTRIA). Innumerevoli telegrammi da tutte le parti dell' Im-
pero furono inviati alia Nunziatura in Yienna da Societa cattoliche,
da borgomastri e Consigli comunali, da curati, da Yescovi e digni-
tari, tra quali S. A. S. il Principe regnante di Lichtenstein, S. E.
il conte Goluchowski Ministro degli Esteri che si trovava a Leopoli.
In Yienna poi gli Arciduchi, i Ministri, le Autorita civili e militari,
moltissimi personaggi dell' aristocrazia espressero al Nunzio i loro voti
per il Sommo Pontefice. Se a causa del lutto di Corte per la morte
dell' arciduchessa Eiisabetta, non poterono aver luogo in Yienna
grandi feste per la fausta ricorrenza del Giubileo, pure le manifesta-
zioni di figliale e profonda devozione al Santo Padre non potevano
riuscire piu generali e commoventi.
3. (BELGIO). Si puo dir con ragione che il Giubileo di Leone XIII fu
una festa nazionale avendovi preso parte la Famiglia Reale, 1'Episcopato,
il Clero, la Nobilta, le Associazioni e la Stampa con mirabile con-
cordia di sentimenti. II 2 Marzo S. E. il Nunzio radunava alia sua
mensa tutti i Yescovi del Belgio; la mattina del 3 riceveva tutti i
parroci della capitale, i varii comitati cattolici, le conferenze di
S. Yincenzo, le leghe, 1'associazione dei giornalisti cattolici.
Nelle ore pomeridiane dello stesso giorno il Gran Maestro di Oorte,
€onte John d' Outremont, porto al Nunzio gli omaggi e le felicitazioni
del Re pel Santo Padre. S. A. R. il Conte di Fiandra e il genero
Principe d' Orleans, in equipaggi di gala andarono in persona ad
^sprimere i loro sentimenti di affetto, e subito dopo di loro anche il
principe Alberto. Lo stesso fecero S. A. S. la Principessa Edoardo di
Ligne, i Principi Ernesto e Giorgio di Ligne, S. A. S. la duchessa
d'Arenberg, la contessa Luigi de Merode, i duchi e le duchesse
d' Ursel e con essi oltre duecento tra i membri delle prime famiglie
del Belgio, col Presidente del Consiglio, conte de Smet de Maeyer,
e tutti i Ministri, col Presidente del Senato, senatori e deputati in
gran numero.
Molfci giornali pubblicarono numeri speciali illustrati, particolar-
mente 1' Organo degli operai anti-socialisti, con un bel motto: Che
ramatissimo Papa degli operai viva sempre nei nostri cuori !
4. (OLANDA). Fino dalla vigilia del giorno giubilare in tutte le
<3ase cattoliche, anche nelle parti piu protestanti d' Olanda, erano
state inalberate le bandiere nazionali ornate di un nastro dai colori
papal! . Alia residenza dell' Internuncio apostolico era issato lo sten-
dardo pontificio. Alcuni Ministri del Gabinetto olandese, i deputati
CONTEMPORANEA 739
cattolici delle due Camere, vari digaitari di Corte e del Corpo diplo-
matico fecero atto d' ossequio al Kappresentante della Santa Sede.
La Domenica 8 in tutte le.Chiese del Kegno fu cantato un so-
lenne Te Deum assistendovi i dignitari eattolici del paese, per festeg-
giare il Giubileo del Papa ed insieme quello dell' Istituzione della
Gerarchia in Olanda.
5. (PORTOGALLO). Tra le molteplici dimostrazioni pel Giubileo di
Leone XIII fu cantato un solenne Te Deum coll' intervento del Nunzio
pontificio in Lisbona. E il giorno medesimo, nelle Sale della Nun-
ziatura, fu dato un grande ricevimento a cui intervennero le Auto-
rita, le principal! famiglie lisboane e il Corpo diplomatico.
6. (LUSSEMBTJRGO). In occasione del Giubileo Pontificale, la Dome-
nica 8 Marzo, la citta capitale del Granducato fu tutta imbandierata.
Si tenne una solenne riunione alia quale inter venne S. A. la Gran-
duchessa Ereditaria e S. E. Mgr. Giovannini, Delegate Pontificio, i
quali furono salutati da entusiastici applausi. II Borgomastro della
citta telegrafd vivissimi augurii ed omaggi al Sommo Pontefice. Alia
sera vi fu splendida illuminazione generale.
7. (GERMANIA). Ad Aquisgrana, il 3 Marzo, la citta era riccamente
imbandierata. Un solenne corteggio di tutte le Societa cattoliche, ac-
compagnate da dieci concert! musicali e da tutte le bandiere delle
Corporazioni, percorse la citta in festa. Giunta la sfilata al Duomo
si canto il Te Deum. La sera splendida illuminazione anche di molte
case protestanti. Magriifica quella della Chiesa e del palazzo comunale.
8. (INGHILTERRA). Anche in Inghil terra le feste giubilari furono
celebrate con solenni onoranze nelle Chiese, nei Seminarii, nelle Cap-
pelle religiose, nelle scuole coll'intervento di Yescovi e prelati. In
modo speciale fu notevole la funzione nella nuova Cattedrale di West-
minster dove nella cappella del capitolo fu cantato un solenne Te Deum.
Dopo la funzione 1'Associazione cattolica spedi al Santo Padre il se-
guente telegramma : L'associazione cattolica sotto i cui auspicii due-
mila pellegrini inglesi si sono recati a Roma, rinnova 1'espressione
del suo omaggio e della sua venerazione a Yostra Santita nell'occa-
sione del XXV anniversario del vostro glorioso pontificate.
9. (PRUSSIA). A Berlino nel vastissimo locale della Friedrichshain
si tenne una grande adunanza pel Giubileo, che ha superato quanto
si fece nell'altre citta di Germania. Vi era tutto il fiore de' cattolici
berlinesi. Con felicissimo pensiero il Comitato del pellegrinaggio te-
desco in Roma spedi precisamente nelle ore dell' adunanza un lungo
telegramma, descrivendo ai connazionali la festa in S. Pietro. Fu can-
tato il Tu es Petrus dell' Haller accompagnato sull' organo dal maestro
regio Wecker di S. Edvige, 1' Inno Pontificio musicato dal Kornen.
direttore della Cappella di Colonia, ed altri pezzi di musica. II P. Tusen-
740 CRONACA
Wesierski, domenicano, magnified 1' opera di Leone XIII nei 25 anni
del suo Pontificate; e il deputato Sittart-Achen mostro anche colla
testimonianza di acattolici, come il Wirchow e 1' Harnack, la grande
missione della Chiesa e del Papato.
Alia fine si canto il Te Deum ripetuto con entusiasmo da quelle
migliaia e migliaia di voci.
10. (BAVIERA). A Monaco oltre ottocento studenti, nei loro costumi,
coi rispettivi labari, riunitisi nei Deutsche TJieater festeggiarono cor-
dialmente con discorsi, poesie, canti ed acclamazioni il Giubileo pon-
tificale. Assistettero alia grandiosa riunione due Principi Reali,
Mgr. Arcivescovo, il Ministro della Pubblica Istruzione, molti profes-
sori e un pubblico sceltissimo. Yenne inviato al Santo Padre un te-
legramma di ossequio e di felicitazione.
11. (ROMANIA). Anche nei Principati fu celebrate il Giubileo pon-
tificio. II Yescovo di lassi ordino che in tutte le Parrocchie si can-
tasse il Te Deum. La bandiera papale e la rumena sventolavano dap-
pertutto. Processioni dei fedeli, sparo dei fucili, illuminazioni alia
veneziana animarono la bellissima festa.
12. (TTJRCHIA). I cattolici di Costantinopoli vollero essi pure asso-
ciarsi alle feste del mondo civile per il Santo Padre. II Yicario Pa-
triarcale Mgr. Bonetti voile dare alia cerimonia il carattere della mas-
sima solennita ed invito i membri delle Ambasciate, i Superiori delle
Comunita religiose, i prelati cattolici dei diversi riti.
13. (AMERICA). Dalla stazione di Table-head, nella Nuova Scozia,
e stato radiografato a quella di Poldhu nella Cornovaglia inglese il
seguente marconigramma, da trasmettersi per telegrafo al Santo Padre
a Roma : La Gerarchia, il Clero, i legati americani, Yi mandano con-
gratulazioni pel Yostro Giubileo.
GBRMAN1A (Nostra Corrispondenza). 1. II viaggio del Principe Imperiale
a Pietroburgo e la questione del Venezuela. — 2. La questione ma-
cedone. — 3. II governo personale di Guglielmo II e le sue opinionl
religiose. — 4. II Cancelliere rinunzia alia legge contro i Gesuiti. —
5. II Landtag prussiano e i Polacchi. — 6. La tolleranza religiosa. —
7. Crisi ministeriale in Baviera. — 8. II Giubileo di Leone XIII. — 9. Le
opere soeiali in Germania. — 10. Un centenario triste per la Chiesa e
la Germania.
1. II viaggio del Principe Imperiale in Russia, nei cuore delP in-
verno, non pud piu recare meraviglia, mentre si e toccato con mano
quanto sia stato opportune. Di fatto a Washington e stata affrettata la
soluzione delle trattative nella questione col Venezuela ; questione
omai definita in maniera oltremodo soddisfacente per la Germania, la
quale in tale occasione ha avuto la fine previdenza di accaparrarsi
CONTEMPORANEA 741
1'appoggio dell' Inghilterra e dell' Italia. Negli Stati Uniti, come in
Inghilterra, si era intrapresa, dalla stampa e da alcuni partiti, una
campagna molto violenta contro la Germaaia ; ma e stata tosto sopita
allorche fu dimostrata la costante amicizia tradizionale tra le due
Corti di Berlino e di Pietroburgo, non mai smentita, ed oggi resa
piu salda con 1'accoglienza oltremodo cordiale fatta dalP Imperatore
e dal popolo russo al Principe Imperiale, mentre i giornali offlciosi
dichiaravano che tra i due Imperi esistono soltanto screzii apparent!
piu che sostanzlali e tali da non compromettarne le reciproche relazioni
di amicizia. Si conosce molto bene d'altronde essere la Germania
Tunica potenza capace di recare grave danno alia Kussia, esposta alle
sue invasioni, piu che a quelle di altri nemici. Un altro vantaggio
della Germania e anche quello di poter disporre dell'aiuto dell'Austria
8 della Turchia, per le quali e" questione di vita o di morte opporsi
alia Russia e impedirle di dilatare il proprio dominio al di la del
bacino del Danubio ed entrare padrona in Costantinopoli. Insomma,
la intera questione, per quanto lontana e di poca importanza, del
Venezuela, e servita a uimostrare ancora una volta ai popoli ed ai
'Sovrani che qualsivoglia questione internazionale riesce ad imporsi,
e da tutti si corre grave rischio quando si spingono le esigeuze troppo
all'estremo ; e che mentre uno meno se lo aspetta da un momento
all'altro possono sorgere difficolta gravissime.
I nostri socialist! hanno di nuovo dichiarato che la Germania non
ia alcun bisogno di una flotta, la quale servirebbe a metterla nella
tentazione di gettarsi in imprese arrischiate e lontane. Nonostante tale
opposizione dei socialist! e pure urgente, per alimentare la nostra
popolazione, la quale va rapidamente aumentando, estendere e pro-
teggere al di fuori, il nostro commercio; e guai a noi se la mancanza
di commercio riducesse alia miseria e alia fame i nostri operai ! poiche"
i socialisti sarebbero i primi a soffrirne e a gridare contro lo Stato
<e le sue istituzioni. Di piu: non v'ha paese il quale possa vantarsi
di bastare a se stesso, e di non avere bisogno di scambiare con altri
i prodotti proprii: ma tutti vanno soggetti a tale necessita. II com-
mercio nostro si lagna del resto, perche il governo imperiale, di propria
iniziativa, e senza interrogare il Reichstag, ha accordato agli Stati
Uniti una tariffa di favore per mercaozie fino a 3 o 400 milioni, mentre
gli Stati Uniti stessi alle nostre mercanzie hanno concesso un ribasso
soltanto per la somma di 4 o 5 milioni.
2. Di comune consenso 1' Austria e la Russia hanno proposto un
disegno per le riforme da essere introdotte nella Macedonia dal go-
verno turco ; riforme subito accettate dal medesimo. Stimiamo sia inu-
tile mettere in dubbio la buona volonta del governo turco e di far
predizioni sulla caduta di quel disegno, quando gia si sa che i turchi,
742 CRONACA
pel loro principii religiosi e politic!, per le loro idee sociali, non po
tranno giammai tollerare 'che i cristiani abbiano un trattamento uguale
al loro; e questo fatto rende effimera qualsivoglia riforma, adottata
dalla Turchia. Le popolazioni cristiane soggette al governo turco hanno
ottenuto la liberta soltanto col sottrarsi al giogo del medesimo. Ne fanno
fede, senzagdubbio, la Grecia, la Rumania, la Serbia e la Bulgaria,
mentre la Bosnia , e 1'Herzegovina prosperano sotto lo scettro di Casa
d'Austria, quantunque ivi siano tollerati anche i maomettani. II me-
desimo accadra in Macedonia, ove, o le riforme non porteranno alcun
buon frutto, ovvero si giungera alia indipendenza, all'autonomia del
paese. Non vi ha via di mezzo, se si vuole dare a quei popoli una
esistenza conveniente. Sarebbe anche necessario un accordo ira le
potenze, nePliberarefla Macedonia, a fine di evitare una soverchia pre-
ponderanza dell' Austria oppure della Russia nella penisola balcanica;
e la preponderanza della Russia, ove prendesse piede, finirebbe col
sottoporre al proprio dominio tutti quei paesi, il che tornerebbe certo
a danno degli interessi europei.
3. L'azione personale delPImperatore nel governo suscita non di
rado inconvenient!, nonostante le sue incontrastabili buone inten-
zioni. Cos! per esempio Guglielmo in different! discorsi ha attaccato
vivacementefi socialist], biasimandoli e rimproverandoli di tradire in
special modo la patria, alia quale si rendono pericolosi, per non ri-
conoscerne essi alcuna, meritandosi cosi tutti i rigori della legge.
Gli oratori socialist! portarono le accuse dell'lmperatore alia tribuna
del Reichstag, nonostante che vi si opponesse con tutta la energia
il presidente, conte de Ballestrem. I socialist! risposero per le rime e
con estrema viqlenza, sicche provocarono scene scandalose e tali da
costringere il presidente a dimettersi. II sig. de Ballestrem pero fu
rieletto con maggior numero di voti, non essendovi un membro del
Reichstag piu autorevole e piu atto di lui a sostituirlo, e 1' Impe-
ratore, volendo dargli un attestato di gratitudine per averlo si bene
difeso nel Reichstag, lo nomino membro ereditario della Camera dei
Signori di Prussia. Con tutto cio il male cagionato da alcuni discorsi
dell'Imperatore non e punto riparato; perehe gli attacchi violent!
elevano i socialist! al grado di potenza con la quale 1'Imperatore e
giocotorza tratti alia par!, e quei che e peggio, con tutta 1'appa-
renza di averne^timore. Tale potenza dei socialist! va sempre guada-
gnando terreno, per quanto nondimeno il loro capo, sig. Bebel, esa-
geri allorche asserisce che ciascun discorso delPImperatore vale per
essi 100,000 voti di piu nelle elezioni. I ministri e specialmente il
cancelliere sig. von Billow non appariscono quali consiglieri del So-
vrano, ma solamente semplici esecutori dei suoi ordini ; e quindi non
conoscendo le intenzioni di Lui non possono prevenire, nei suoi di-
CONTEMPORANEA 743
scorsi, quelle manifestazioni delle quali poi debbono conoscere pur-
iroppo gli effetti disastrosi. Guglielmo e un buon oratore ; improvvisa
i suoi discorsi e si abbandona talora alle impression! del momenta,
il che lo ha portato a provocare una crisi nel seno del protestantism©,
per avere in due discorsi proclamato la Weiterbildung, cioe il pro-
gresso, lo sviluppo, il perfezionamento della Religione. E questa 1'ade-
«ione alia dottrina del Ritschl e dell'Harnack, esclamarono i razio-
nalisti ! Ma fin qui 1'Imperatore non ha chiamato i razionalisti al
governo della Chiesa protestante, per quanto il sig. Harnack e il
sig. Delitzsch e gli altri siano ben veduti a corte. L'Imperatore e
1'Imperatrice hanno assistito a due conferenze nelle quali il sig. De-
litzsch ha creduto dimostrare che le tabelle babilonesi negano 1'ispira-
zionedell'AnticoTestamento: conferenze che pubblicate nelle coloime dei
giornali produssero una emozione enorme nel mondo ortodosso. Questo
poi fini di perdere ogni illusione, allorche il sig. Kilprecht, assiriologo
<li prim' ordine, direttore da quattordici anni delle gazzette di Nip-
pona, di Babilonia e di altre, avendo fatte diverse conferenze per
confutare rnagistralmente il sig. Delitzsch, non si vide onorato dalla
presenza dell'Imperatore. Molti altri dotti, cattolici e protestanti, con-
futarono il sig. Delitzsch per mezzo dei giornali, ma non consegui-
rono il loro intento, di demolire cioe 1'eroe di fronte al pubblico ari-
stocratico.
Poco dopo 1'Imperatore diresse una lettera all' ammiraglio Holl-
mann, riprodotta dai giornali, nella quale asseriva che il sig. Delitzsch
aveva per iscopo precipuo di scagionare i Babilonesi da certe accuse
della Bibbia; e che le tabelle babilonesi potevano e vero smentire la
Bibbia in alcuni punti, ma non avrebbe cid fatto gran male. « Per
me, dice 1' Imperatore, non vi pud essere alcun dubbio circa le con-
tinue relazioni di Dio col genere umano, creato per lui. Egli ha messo
nell' uomo il proprio soffio divino, gli ha donata una parte di se me-
desimo, 1'anima; e con 1'amore di un padre, con grande interesse
accompagna lo svolgimento del genere umano per perfezionarlo e fa-
vorirlo; mentre si manifesta alternativamente nei varii grandi spiriti,
sacerdoti o re, si a presso i pagani, sia presso gli ebrei e i cristiani.
Fra essi furono Hammurabi, Mose, Abramo, Omero, Carlo Magno,
Lutero, Shakespeare, Goethe, Kant, 1' Imperatore Guglielmo il Grande.
.Egli li ha scelti e resi degni della sua grazia, per recare in mezzo ai
popoli magnificenze incancellabili. Come mio nonno piu volte ha as-
serito « costoro furono soltanto uno stromento nelle mani del Signore*.
Fra le rivelazioni di Dio nel inondo la piu grande fu certo quella del
Hessia, poiche Dio si manifesto per mezzo del suo medesimo figlio.
Cristo e Dio, ed egli ci salva »... L'Imperatore riassume la propria
professione di fede cosi : « lo credo in Dio unico. Noi abbiamo bisogno
744 CRONACA
di una formola per insegnarla soprattutto ai nostri figli ; e questa.
formola finora si e trovata nell' Antico Testamento, nella sua presente
tradizione. Questa formola potra subire essenziali cambiamenti, a causa
degli studii modem! , delle iscrizioni e delle tabelle ritrovate, ma non-
tali da recare gran male se non sia strap pata di fronte al popolo pre-
diletto di Dio la propria aureola, poiche rimarra sempre nel fondo la
parte essenziale, cioe Dio e la sua onnipotenza. La Religione non fu
mai il ritrovato di una scienza, ma sibbene una manifestazione del
cuore e della natura umana nei suoi rapporti verso Dio medesimo. >
Le opinioni del Monarca possono certamente dar luogo a discus-
sioni; ma la sostanza e che G-uglielmo crede alia divinita di Gesa
Cristo, alia sua Redenzione, alia onnipotenza di Dio; ne alcuno vorra
negare che 1'uomo sia uno strom.9nto nelle mani di Dio, e che compia
i suoi divini decreti. Tale dottrina giustifica compiutamente il culto
dei Santi, i quali, sopra tutti, sono stromenti nelle mani della Dmna
Bonta, e le cui opere, sebbene non siano rimboinbanti quanto quelle
dei grandi guerrieri, pure sono piu durature e soprattutto migliori,
mentre offrono a tutti un esempio di niassima utilita per 1'uomo e-
degno di essere universalmente imitato. Non si pud negare che Gu-
glielmo II con la sua professione di fede ha compiuto un grands atto
della sua vita, dato un esempio degno di essere ammirato e tale da
recare buoni frutti, sebbene cio non abbia impedito al signor Harnack di
confermare che le leggende dell'Antico Testamento sono di origins
babilonese.
4. Un passo in avanti. II 3 febbraio il sig. Spahn, uno dei capi
del Centro, chiese al Reichstag la ragione per la quale si erano lasciate
senza risposta alcuna le deliberazioni ripetute del Parlamento in favore
della soppressione della legge contro i gesuiti, benemeriti della na-
zione, come dimostrano i fatti. Di vero, Guglielmo I aveva confe-
rito la croce di ferro a molti gesuiti che avevano seguito 1'esercito
alia guerra; Guglielmo II ha or ora fregiato della medaglia del Reno
il P. Scher, facente parte della provincia francese della Compagnia
di Gesii, per i servizi da lui resi ai soldati tedeschi in Cina. II Can-
celliere von Bulow rispose che i governi confederati non potevano*
tollerare stabilimenti di gesuiti nel proprio Stato; ma che tuttavia
le condizioni religiose present! non esigono piu di sottomettere sudditi
tedeschi a leggi eccezionali pel solo motive di appartenere alia Com-
pagnia di Gesu, o di tenere in vigore la legge speciale di espulsione
contro i membri forestieri iscritti a tale Ordine. Ecco la nostra posi-
zione in seguito alia decisione del Consiglio Federale : verra soppressa
1'articolo II della legge contro i gesuiti, e percio i membri della ce-
lebre Compagnia saranno liberi intieramente d' ora in avanti, di eser-
citare qui il proprio ministero con sicurezza ; ma non potranno aprire-
CONTEMPORANEA 745
scuole, erigere noviziati, i quali resteranno all'estero, specialmente
in Olanda ; cid che nocera assai alia formazione di nuovi soggetti,
con molto dispiacere di tutfei,' in quanto che i gesuiti tedeschi hanno
missioni all' estero, specialmente nelle due Ameriehe ove sono di pre-
aioso appoggio ai nostri compatriotti.
5. II discorso del Trono pronunziato all'apertura del Landtag pone
in rilievo la condizione pessima delle finanze prussiane; mentre al
tempo stesso annunzia nuove spese considerevoli per proseguire la
politica antipolacca, la quale ha fin qui divorato piii di trecento mi-
lioni senza dare altro resultato che d'inasprire sempre piu i polacchi
rendendo maggiormente ostinata la loro resistenza e piii profonda la
scissura fra le due nazioni con grande danno dei tedeschi resident!
nelle province miste. II sig. Dziemboroskj interrogo il Governo, fa-
*cendo un quadro rattristante del regime eccezionale e vessatorio sotto
il quale la popolazione indigena soffre maggiormente, mentre pei po-
lacchi sono cessate interamente le guarentige legislative e interna-
zionali, e i tedeschi protestanti sono anteposti e favoriti in modo ri-
buttante. La guerra fatta alia liDgua polacca e senza tregua, sicche
sono puniti i soldati e gl' impiegati perfino se la usano fuori di
servizio; i commercianti e gl' industrial! esposti al boicottaggio ed
^sclusi dalle forniture officiali e da qualsivoglia acquisto, e i fun-
zionari del governo invadono il campo religioso dei Cattolici. Mal-
grado tutto cid i Ministri osano smentire tali fatti, oppure cercano
giustificare queste violenze e queste persecuzioni giornaliere.
6. Allorquando il Reichstag, tre anni indietro, approvd la mozione
del Centro in favore della tolleranza religiosa, il sig. von Billow si
rivolse ai governi di Sassonia, del Brunswick, e del Mecklemburgo
invitandoli officiosamente a modificare la propria legislazione in con-
formita di quel voto, a fine di evitare 1'intervento diretto del Reichstag
e del governo imperiale; pero soltanto il Mecklemburgo rispose, ac-
cogliendo i richiami del Reichstag. Quivi il 5 gennaio fu firmato un
decreto, pubblicato poi alia fine dello stesso mese, pel quale e accor-
dato 1'esercizio pubblico del culto ai cattolici ed ai calvinisti (la
Chiesa nazionale del Mecklemburgo e luterana); e i diritti delle chiese,
cappelle ed altri luoghi di riunioni religiose cattoliche e riformate,
fondati con il consenso del governo, nonche dei preti, dei cimiteri ecc.
sono uguagliati a quelli della Chiesa luterana. II governo ha peraltro
riservato il privilegio sovrano per laerezione di parrocchie, per la costru-
zione di chiese, sulle missioni, sui pellegrinaggi e sulle processioni,
nonche sullo stabilimento di ordini religiosi. Qualche deputato del
Landtag locale ha fatto cenno di certe restrizioni, che non erano state
accettate dal governo e pero non inserite nel decreto. E da notare che
.11 giovane granduca Federigo Francesco (nato a Palermo il 9 aprile 1882)
746 CRONACA
dopo la sua assnnzione al trono si e mostrato sempre molto prepense"
favorire i cattolici. I due granducati di Heeklenburgo Schwerin
e Strelitz governati da un Landtag comune contano 697,836 abitanti
protestanti e 9797 cattolici, dei qnali ultimi la maggior parte si com-
pone di agricoltori einigrati dalle provincie polacche. Nella nobilta,
durante 1'ultimo secolo, vi furono molte conversion!; celebre sopra
tutte specialmente la conversione del barone di Kettenburg. Quando
fu organizzata la prima raccolta delPObolo di S. Pietro. la nobilta vi
prese parte raccogliendo piii migliaia di franchi. Lo zio del granduca
Federico Francesco, il duca Paolo, si convert! al cattolicismo, e sposo
una principessa di Windischgraetz, cattolica anche essa; e cattolici
sono pure i loro figli. Finora esistono parrocchie cattoliche soltanto
a Schwerin, Strelitz, Rostock e Wismar.
II Brunswick ha modificato la propria legislazione intollerante in.
parti di nessuna importanza, tantoche nei casi urgenti non e permesso
tuttora a sacerdoti forestieri di assistere i moribondi nei confini del
ducato, poiche per avere la facolta di compiere il sacro ministero ivi
e prescritto ai sacerdoti di prendere la nazionalita e di promettere
obbedienza alle leggi ecc. Nei ducato di Brunswick vi sono 24 175 cat-
tolici e 436,976 protestanti e 1'esercizio del culto cattolico e tollerato
soltanto nelle citta grandi; in una citta contenente inille cattolici,
or non e molto, fu negata la erezione di una parrocchia. II Governo
ed il Landtag di Sassonia invece hanno rifiutato senz'altro ogni mo-
dificazione della propria legge intollerante, 'fatto che obblighera i cat-
tolici a rivolgersi novamente al Reichstag per ottenere per se un trat-
tamento identico a quello fatto ai protestanti di tutto 1' Impero: e tale
questione esercitera certo una grande preponderanza nelle prossime
elezioni.
7. II presidente del ministero bavarese, signor von Crailsheim
il 18 febbraio fu improvvisamente sostituito dal signor di Pode-
wils, il quale a sua volta nei ministero dei Culti e della pubblica
istruzione cede ii posto al sig. von Wehner, buon cattolico. II si-
gnor Crailsheim, quantunque protestante, fu meno ostile verso i cat-
tolici del suo predecessore, il sig. Lutz, che, sebbene fosse cattolico,
fece educare i proprii figli nella religione protestante. Si e ritirato
dicesi a causa di alcune question! personal! col governo imperiale,
I liberali, e i nostri nemici in generale, non veggono di buon
occhio simili cambiamenti ; mentre i cattolici non sperano di potere
iniziare una politica sullo stampo di quella del Centre e solo hanno
fiducia di ottenere a proprio riguardo meno preferenze per i liberali
e per i protestanti.
8. II giubileo Pontificale del S. Padre e stato solennizzato con
grandi feste in tutta la Gtermania cattolica ; feste non solo religiose..
CONTEMPORANEA 747
ma anche civili ; poiche sono state tenute numerose riunioni pub-
bliche, ove valenti oratori hanno esaltato^la grandezza, i fasti del
Papato, le opere apostoliche 'compiute|sotto iljglorioso regno delPil-
lustre Leone XIII. Queste conferenze pubbliche hanno giovato ol-
tremodo a mettere in evidenza dinanzi Jagli occhi di tutti la elevata
missione del Papato, cardine e base inespugnabile della Chiesa in
mezzo alia societa. Yarii pellegrinaggi sono stati organizzati per
Eoma, ed inoltre si parla anche di un viaggio dell' Imperatore, allo
scopo di presentare i proprii omaggi all'illustre Yegliardo del Yati-
cano, e al tempo stesso per visitare Montecassino, ove alcuni Bene-
•dettini tedeschi, della Congregazione di Beuron, eseguiscono pitture
murali di stile severo e grandioso, ideato da loro stessi. E no to
quanto GKiglielmo sappia apprezzare 1' opera civilizzatrice compiuta
dalPOrdine Benedettino.
La stampa ha tenuto un contegn© molto dignitoso rispetto a Leo-
ne XIII, rendendo giustizia agli sforzi da^lui fatti in favore della pace
generale e della soluzione della questione sociale. Fra gli altri la Nord-
deutsche Allgemeine Z&itung, organo del governo di Berlino, ha manife-
stata « la propria ammirazione e la propria riconoscenza verso Pau-
gusto capo della Chiesa cattolica, o principe della pace > del quale
ella ammira altresi « la grande finezza politica ».
9. Alia fine del 1901 Pattivo di tutte le Casse di soccorso e di
pensioni per gli operai tedeschi ascendeva a 929 milioni di marchi,
dando un dividendo medio di 3,53 per cento. Siccome la loro esi-
stenza non conta piu di venti anni, cosi si prevede che fra una doz-
zina di anni questo capitale raggiungera la cifra di piu miliardi,
rendendo possibile un aumento delle pensioni, oggi molto modeste,
essendo limitate fra 80 e 200 marchi. Inoltre i miliardi delle casse
di pensioni, coliocati in tiioli dello Stato, su ipoteche e in altri ec-
<?ellenti valori, hanno una grande influenza nel movimento dei ca-
pitali sul pubblico mercato ; e gli operai si vanno persuadendo oggi
che i rivoluzionarii mettono a rischio questi capitali, i cui interessi
sono destinati a sostentare la propria vecchiaia ; tanto piu che co-
storo hanno una certa ingerenza nell'amministrazione di si colossale
patrimonio,
Colle pensioni e per supplire alia loro insufficienza, aumentano in
consolanti proporzioni i doni e le fondazioni fatte a favore della vec-
chiaia indigente, e nel 1902 I' Ar better freund (I'amico degli operai) re-
gistro 84 milioni di doni, e 291 A/2 durante i cinque ultiini anni, la-
gnandosi nondimeno che molte oblazioni generose sfuggano alle sue
indagini. Malgrado cio il capitale di queste fondazioni pud essere va-
lutato circa un miliardo. Le 15,000 casse Reiffeisen e societa coope-
rative d'ogni specie si compongono di tre milioni di socii, e i loro
748 CRONACA
affari salgono ad una cifra di 3 o 4 miliardi per anno, contribuendo
senza dubbio tanta varieta di istituzioni ali'agiatezza dell'operaio 6-
del piccolo (borghese. Anzi i corrispondenti di giornali esteri asseri-
scono che 50,000 socialist!; (altril'dicono anche di piu) seguaci del
Liebknechfc non sembrano piu operai, ma^addirittura borghesi ! I cat-
tolici e il Centro hanno il diritto di van tarsi di avere avuto la parte
principale nel miglioramento: delle condizioni delle classi operaie, poi-
che, insieme al Ketteler, al Joerg, al Kolpiug sono stati gP inizia-
tori e propugnatori delle opere sociali e della relativa legislazione.
Essi e vero sono riusciti ad arrestare il movimento socialista soltanto
nei paesi cattolici ; tuttavia altrove poterono validamente obbligare i
socialisti a rinunziare alia loro politica rivoluzionaria e mettere le
loro pretensioni in armonia con le condizioni generali della presente
societa.
10. II 28 febbraio 1803 la Dieta dell' Impero germanico, residente
a Eatisbona, confermdncon?3una"delibera7ione, la distruzione definitiva,
deli' impero. La Francia essendosi appropriata la riva sinistra del Reno
per il trattato di Luneville|obbligava la Dieta a compensare i Prin-
cipi per le perdite territoriali subite da questa annessione, donando
loro i principati ecclesiastic!, le Badie e le citta libere. Eccettuata la
Baviera, tutti gii Stati* cattolici furono aboliti, tutte ie popolazioni
cattoliche sottomesse a principi protestanti, i quali non adempirono
gli obblighi formalmente assunti di proteggere e rispettare la liberta,
i diritti e le proprieta dei cattolici, ma^al contrario, posero subito
xaano a sec^jlarizzare, cioe a confiscare le proprieta ecclesiastiche per
darle in balia dei protestanti, I cattolici oltre a perdere la propria
liberta si videro portar via possedimenti per un valore di un mi-
liardo; valore che oggi e asceso a 5 miliardi, cosicche il Trattato di
Luneville per la Chiesa di German ia fu un disastro enorme, com-
piendo 1' opera nefasta del Trattato di Westfalia, dovuto egualniente
alia Francia che donava allora una dozzina di vescovadi e altri ter-
ritorii cattolici ai principi^protestanti, col diritto di condurne gli abi«
tanti al protestantesimo. L' Imperatore fu ridotto all ' impotenza con
un articolo del TrattatoPsuddetto che conferiva ai principi il diritto
di allearsi con le nazioni estere, di guisa che in appresso questi prin-
cipi erano quasi sempre ai servigi della Francia, la quale ebbe di
continue le mani negli affari della Germania. Essa spesso impose le
sue creature pei principati ecclesiastici sfuggiti alia rovina generale
di cui la storia non registra una simile, e dalla quale la Chiesa si
riebbe solo dopo il 1815; ma piu specialmente dopo il 1871. Ella gode
oggi, in virtu della operosita dei cattolici, una posizione migliore che
<Jopo il Trattato di Westfalia. I cattolici tedeschi sono i primi a ral-
Jegrarsi col nuovo Impero, il quale ha messo fine per sempre, almeno
«i spera, ai maneggi della Francia nei negozii della Germania.
CONTEMPORANEA 749
STAT1 UNITI (Nostra Corrispondenza) . 1. Gli emigranti Italian! e i loro
pericoli. — 2. L'Arcivescovo , Mgr. Farley e la questione scolastica. -
3. II Presidents sig. Roosevelt e i Negri. — 4. Percbe non si vuole eri-
gere il Nuovo Messico a Stato. — 5. Fine della questione del Vene-
zuela. — 6. Cure degli Stati Uniti per le isole Filippine. — 7. L'arbi-
trato fra i minatori e i loro padroni. — 8. L'agitazione contro i Trusts.
— 9. Un'altra vittoria in favore dell'arbitrato.
1. L'emigrazione ha ormai cessato d'esercitare la sua influenza sul
carattere degli Stati Uniti, ma sono per converse gli Stati Uniti che
influiscono sul carattere degli emigranti stessi in modo sempre piu
crescente. Questo fatto e di grandissima importanza per 1'avvenire
della Chiesa Cattolica in America. Dell' intera popolazione degli Stati
Uniti che si compone di circa 77,000,000 di anime, un settimo e cat-
tolico, un altro settimo e diviso fra centinaia di sette protestanti,
mentre il rimanente della popolazione non appartiene a nessuna chiesa.
Nella maggior parte dei casi, gli emigranti sono circondati da
gente irreligiosa. Questa circostanza, gia cattiva in se stessa, e ancor
piu aggravata dal fatto che un certo numero di sette protestanti, par-
ti colarmente i Metodisti, gli Anabattisti e gli Episcopalian!, si sono
impegnati in una vera campagna di proselitisoao diretta verso i nuovi
arrivati, ma sembrano speeialmente avere concentrato la loro atten-
zione sugli emigranti italiani che p.i stabiliscono quasi invariabil-
mente nelle grandi citta, come Nuova York e Boston. II periodico
c The Messenger > pubblicava, nel suo numero di gennaio del corrente
anno, un articolo particolareggiato di rivelazioni sorprendenti su que-
sto soggetto. Questa relazione incoinmcia con una lista di tutte le
opere che sono state fatte per la popolazione italiana nell'Arcidiocesi
di Nuova York, e ci fa sapere che vi sono 18 parrocchie italiane, due
cappelle, sette chiese frequentate in parte da italiani; ci dice che 52
sacerdoti hanno la cura spirituale di 133,100 anime, e che il numero
annuale dei matrimonii e di 1902 e quello dei battesimi 8,670 ; vi
sono poi sei scuole con 3,316 alunni e 5,770 ragazzi italiani d'ambo
i sessi frequentano le scuole domenicali. Queste cifre rappresen-
tano difatti una bella somma di buone opere, ove specialmente si
consider! che cosi gran numero di emigranti italiani sono piombati
su di noi tutto d'un tratto ed inaspettatamente. Disgraziatamente le
nostre opere sono troppo insufficient. L'anno scorso 121,139 emigranti
italiani approdarono negli Stati Uniti; nel 1901 se ne contarono
100,000, mentre il numero totale di questo anno, alia fine di giugno
1903, sara indubitatamente il piu grande che si possa ricordare. Molti
di questi sbarcarono a Nuova York e la maggioranza si fermo nel-
PArcidiocesi. Yi sono dunque qui diecine di migliaia d' italiani che
non sono ancora stati scritti sui registri della Chiesa di Nuova York.
750 CRONACA
Mgr. Farley fa tutto cid che e in suo potere per rimediare a questo
stato di cose e ha riunito intorno a se un corpo di zelatori a fine di
sorvegliare gl' interessi spiritual! del suo gregge italiano.
Tuttavia, frattanto, le sette non sono rimaste oziose. Dovunque
si e stabilita una colonia italiana, hanno esse inviato immediatamente
i loro agenti per pervertirla. 1 Protestanti hanno fabbricato hon solo
chiese destinate esclusivamente al servizio religiose degPItaliani, ma
hanno anche fondate istituzioni d'ogni genere per uomini, donne, fan-
ciulli d'ambo i sessi e persino asili infantili. II Dottor Schauffler,
capo esecutivo della « Mission and Tract Society > scriveva ultima-
mente, nel periodico « New York City Mission Monthly > 1'organo of-
ficiale della sua sStta, che la parte piu ardua della sua opera di pro-
selitismo fra gli italiani e nelle donne. « E quasi impossible, dice
egli, di convertirle. > Non e questo forse un nobile e bel tributo reso
alia fede delle donne italiane? In quanto agli uomini, sembra che
siano spesso attirati in gran numero ai servizi protestanti a cagione
dello stereopticon, del canto, dei divertimenti social i e di altre inven-
zioni trovate a bella posta; perd non pare che molti uomini fra gli
italiani si facciano presentemente protestanti, ovvero che si manten-
gano tali permanentemente.
Infatti, tutte queste particolarita sono praticamente ammesse dalla
signora Lucy Bainbridge, sopraintendente della corporazione delle
donne della City Mission and Tract Society di Nuova York. Ecco cio
che ella dice nella sua relazione del Febbraio 1902 : « La nostra in-
tera opera ne' suoi varii rami e in realta per i bambini... Quando
noi visitiamo gli emigrant! nelle loro case, lo facciamo a fine di gua-
dagnarci 1'amicizia dei ragazzi e delle ragazze... Nella parte bassa
del West Side la nostra opera fra i ragazzi d'ambo i sessi e tanto
florida che i locali affittati per loro sono insufficient!, tanto il numero
fc grande... Nelle nostre scuole di cucito si recitano versetti della
Scrittura, e raccontiamo fatti intorno all'opera dei missionarii fra gli
Indiani americani del Nord. Tutto questo e seguito da un po' di mu-
sica e da un piccolo rinfresco di gelati e dolci. » Diverse altre rela-
zioni di fondazioni che hanno connessioni con questa opera ci ridi-
cono gli stessi fatti.
Una chiesa evangelica italiana a Broome Street ha come pastore
un tale Arrighi, uno dei 917 membri, tutti « convertiti » dalla
Chiesa di Roma al Protestantesimo. Suo figlio, Garibaldi Arrighi, e
direttore d'una biblioteca italiana a Mulberry Street f che e realmente
una succursale della Cappella di Broome Street. Alle pareti pendono
i ritratti del defunto Re Umberto e della Regina Margherita che fu-
rono presentati dal Re Umberto stesso. 1 1200 volumi che riempiono
gli scaffali della biblioteca furono donati dal Governo italiano per
CONTEMPORANEA 751
mezzo del suoi rappresentanti negli Stati Uniti. I denari vengono
spesi con scialacquo per condurre a fine la perversione degi' italiani
e degli altri emigrant!. II miliardario Rockfeller spende, egli solo,
ogni anno, somme enormi per questo stesso scopo. Durante gli ultimi
cinquant'anni la Societa di Soccorso per i bambini, opera di bene-
ficenza protestante, contribui la somma enorme di dieci milioni di
dollari, ed oggi questa stessa Societa pretende avere ne' suoi registri
nello Stato di Nuova York non nieno di 5,670 bambini italiani. L'anno
scorso, i fondi pubblici cooperarono ai mantenimento di suddette
scuole, dando una somma di piu di 200,000 dollari, benche queste
societa e scuole siano prettamente settarie, e con tutto che la legge
proibisca di dare qualunque sussidio a istituzioni di carattere settario.
2. II mese scorso 1'Arcivescovo Farley pronunzio un importante
discorso sulla questione delle scuole. L'anno passato lo Stato di
Nuova York spess 50 milioni di dollari per gl'istituti d'educazione,
la spesa media per ogni fanciullo superando i 40 dollari. I Cattolici
sono stati costretti a pagare la loro parte di questa somma, benche
abbiano anche da sopportare le spese di un milione e mezzo di dol-
lari per le loro proprie scuole parrocchiali. L'Arcivescovo proclamo
con energia che tali condizioni erano ingiuste, e dichiaro essere do-
vere dello Stato di prowedere alia educazione letteraria nelle scuole
parrocchiali per i ragazzi cattolici. Prendendo questa attitudine, Mon-
signor Farley non fa che continuare le tradizioni del suo antecessore
1'Arcivescovo Corrigan.
3. II Presidente Roosevelt ha ancora una volta dato prova sor-
prendente del suo coraggio politico nel proclamare 1'uguaglianza del
negro americano con I'americano bianco. Egli non poteva toccare un
tasto piu pericoloso. Nonostante tutta la nostra democrazia, negli Stati
Uniti la piu grande parte della nostra popolazione rifiuta assoluta-
mente di avere attinenze sociali coi negri, e nemmeno colle persone
che abbiano una leggerissima mescolanza di sangue negro nelle vene.
Questo sentimento e ancora piu forte negli Stati meridionali, ove i
negri erano qualche tempo fa schiavi. In diverse parti degli Stati Uniti,
i negri sono stati privati del diritto elettorale ; sono costretti a viag-
giare in vagoni speciali quando sono in strada ferrata, ed in vetture
speciali quando sono nei tranvia o negli omnibus. I negri non pos-
sono occupare nessun ufficio nel quale i bianchi dovessero essere loro
subordinati, sono stati rigorosamente esclusi da ogni posto governa-
tivo, e in certe province i matrimoni fra negri e bianchi sono con-
siderati come illegali e sono da tutti riputati come la piu grande
disgrazia. Nessun meridionaJe, a qualunque classe sociale appartenga,
si sognerebbe mai di ammettere alia sua amicizia una persona di
sangue africano.
752 CRONACA
Anche nel Nord degli Stati ritroviamo lo stesso sentimento e le
medesime condizioni social! rispefcto ai negri, sebbene sotto una forma
piu mite. Alcuni anni or sono tutti gli alberghi di Boston rifiutarono di
alloggiare un Yescovo negro della Chiesa metodista episcopalians,
benche egli godesse d' una fama nazionale come uomo dotto ed educate.
Imaginiamoci dunque quale impresaione abbia fatto la condotta del
Presidente Roosevelt, quando di recente scelse un negro per F ufficio
di direttore delle Poste in una citta meridionale ! . . . Ma egli non si
contento di questa sola nomina. Poco dopo quest' atto officiale, un
grande ricevimento fu dato alia White House, residenza ufficiale del
Presidente degli Stati Uniti, e vi furono invitati un certo numero di
negri. L'orrora el' indegnazione scoppiarono fra diverse signore meri-
dionali cola presenti, le quali, abbandonando bruscamente la sala, di-
chiararono ch' erano state grossolanamente insultate. I giornali meri-
dionali continuano a versare torrenti di sarcasmo, di scherno e di
oltraggi sul protetto del signor Roosevelt. Da quel giorno in poi sono
rimasti ancor piu ammutoliti per lo stupore prodotto in loro dalla
proposta del senatore Hanna, amico del Presidente Roosevelt, di ac-
cordare cioe una pensione a vita a tutti i negri che erano gia stati
schiavi. La politica del Presidente e certamente giusta, ma non pud
proprio chiamarsi giudiziosa quando viene considerata dal lato poli-
tico ed il suo coraggio gli costera pro babilmente molti voti alia pros-
sima elezione.
4. L' aumento della popolazione degli Stati Uniti, come venne
dimostrato dall' ultimo censimento, produsse un movimento favorevole
all' ammissioiie di due « territorii > al titolo e ai diritti di Stato. II
territorio indiano ha ora una popolazione di quasi mezzo milione ed
e certo che per legge sara presto dichiarato Stato col nome forse di
« Stato di Jefferson ». Quanto al territorio del Nuovo Messico, la cosa
non e tan to chiara ne sicura, poiche e sorta ora una forte opposi-
zione nel Senate, per impedire la sua promozione da territorio a Stato.
La popolazione di questo territorio e di poco inferiore alle 200,000
anime; numero esiguo, ma si osservi che venti degli Stati presenti
dell' Unione avevano una piu piccola popolazione quando furono am-
messi alia condizione ed ai diritti di Stato. II segreto di questa op-
posizione si trova nel fanatismo di molti senatori. II Nuovo Messico
e la sola regione degli Stati Uniti dove i cattolici sono in maggio-
ranza, la popolazione essendo quivi principalmente composta di per-
sone di origine spagnuola ovvero indo-spagnuola. In ogni villaggio vi
e una Chiesa cattolica ed il popolo e per la maggior parte composto
di ferventi cattolici e buoni cittadini. I piii dei Messicaui parlano
ora F inglese ugualmente bene che lo spagnuolo.
5. Siamo proprio soddisfatti di poter dire che la vertenza Yene-
CONTEMPORANEA 753
suelana si accosta finalmente alia fine. Yi fu un momento quando
sembrava che questo meschino alterco, cagionato da debit! commerciali
di poca importanza, dovesse trascinare gli Stati Uniti ad una condi-
zione di cose molto imbarazzante. I giornali « gialli » che ebbero una
si grande parte di mallevadoria alcuni anni fa nella guerra spagnuola-
americana ripeterono la stessa tattica. L' Inghilterra e la Germania
furono schernite, derise, vilipese ed i giornali umoristici del paese si
riempirono di luride illustrazioni a loro carico. La c Monroe Doctrine »
era pazzamente invocata come ragione sufficiente per la quale gli
Stati Uniti dovevano correre alia riscossa del Venezuela. Fortunata-
mente questa volta i giornali gialli furono fatti tacere e la questions
fu condotta a termine dai Presidente Roosevelt e dal signer Bowen,
rappresentante degli Stati Uniti nel Venezuela. Questo paese consent!
a pagare tutti i suoi debiti all' Inghilterra, alia Germania, alia Francia,
all' Italia ed ai mercanti belgi ed olandesi, e consent! al sequestro
della rendita di due dei suoi porti come guarentigia per pagamento
deUa somma dovuta.
6. Le notizie che ci giungono di tanto in tanto dalle Filippine
non sono rassicuranti. Questo intanto 5 certo, che il tentative fatto
di formare una Chiesa scismatica e fallito ignominiosamente. Un
prete rinnegato, certo Aglipay, fu Tanima e il fondatore di quella
nuova Chiesa. II suo disegno fu accolto con benevolenza e aiutato da
un gran numero di fanatici impiegati governativi americani, che fe-
«ero tutto cio ch'era in loro potere per opporsi all'esercizio del mi-
nistero del clero cattolico, quello specialmente dei frati. Un padre
agostiniano, scrivendo da Manila ad uno dei suoi confratelli in reli-
gione vivente negli Stati Uniti, fa una descrizione straziante della
loro condizione. < La persecuzione che ci vien mossa, egli dice, e
ridicola e puerile. Alcune volte si proibisce ai frati di sonare le
campane per chiamare i cattolici alia Messa ; altre volte ci chiudono
i cimiteri e siamo costretti a seppellire i morti dove possiamo. Ci met-
tono dapertutto ostacoli per impedirci di esercitare in pace il nostro
sacro ministero. Non passa giorno che non ci giunga da questa o quella
Missione qualche lagnanza per le ingiustizie che fanno loro gl' im-
piegati dello Stato. »
Non e semplicemente 1'aspetto religiose delle cose filippine che
da materia abbondante a tristi pensieri. Noi pagammo venti milioni
di dollari alia Spagna per 1'arcipelago e ne abbiamo speso altri due
cento milioni e piu per conquistarla. In compenso di queste enormi
somme ci dicevano che le Filippine erano un vero Eldorado e che
tornerebbero di grandissima utilita al commercio degli Stati Uniti.
II sigr. Root segretario del ministero della guerra ha dissipate di
recente questi bei sogni, quando chiese al Congresso di votare per
Serie XVIII, vol. IX, fasc. 1266. 48 ' 14 marzp 1903.
754 CKONACA
le Filippine tre milioni di dollari a fine di colmare il deficit nel bi-
lancio dell'arcipelago. II nostro commercio con le Filippine ammonta
presentemente a 12,000,000 di dollari all' anno, rnentre per mante-
nere la nostra sovranita in quelle isole spendiamo tre volte tanto.
Insomnia possiamo vedere ogni giorno piu chiaramente che 1' impe-
rialismo non e fat to per noi.
7. Mentre scrivo, la Commissione scelta per terminare con unar-
bitrato la vertenza Ira i minatori ed i proprietarii delle miniere non
ha ancora terminate le sue deliberazioni, ma le relazioni di questa
commissione verranno pubblicate entro pochi giorni. Veramente le
esigenze dei ininatori per un aumento di salario sono sostanzialmente
giuste. Intanto il pubblico in generale ebbe una ben amara lezione
degli effetti disastrosi degli scioperi. Nel momento per Pappunto che
la temperatura diventava intensamente fredda, il prezzo del carbone
aumento sino a 20 e 24 dollari per tonnellata. Nelle grandi citta i
poveri non poterono pagare questi prezzi e la miseria piu terribile
fu la conseguenza. Per almeno sei volte il popolo prese d' assalto i
vagoni carichi di carbone e si divise il prezioso minerale. Nel sola
caso, quando i proprietarii del oarbone preso per forza dal popolo ri-
corsero ai tribunal!, il giudice decise ch' essi dovevano essere rimu-
nerati, ma che il popolo non aveva infranto le leggi poiche aveva
opera to in quel modo costrettovi da estrema necessita. Questa crisi e
ora felicemente passata, e si spera che i lavori della Commissione
governativa avranno per risultato un provvedimento che rendera im-
possibile tali scioperi in avvenire.
8. La quiete e ora succeduta all' agitazione contro i « Trusts » ed
il Governo ne ha saviamente approfittato per introdurre un bill che
diminuira almeno in parte gl'inconvenienti cagionati da ingiusta con-
correnza. Sin ora le compagnie ferroviarie concede vano riduzioni spe-
ciali sui prezzi di trasporto delle mercanzie a vantaggio delle grandi
compagnie sindacali. In conseguenza un bill e stato presentato al Con-
gresso per regolare la sorveglianza dei Trusts e rendere illegale simile
privilegio. Questo provvedimento non e del tutto sufficiente, pero ci
mostra che il Governo desidera vivamente ed ha 1'intenzione di man-
tenere la sua promessa rispetto al controllo dei Sindacati contro le
concorrenze disoneste, e, come promessa di un'ulteriore legislazione,
il provvedimento fu accolto dal Congresso con grande favore.
9. Dobbiamo registrare un'altra vittoria in favore degli arbitrate
internazionali. L' Inghilterra e gli Stati Uniti si accordarono a for-
mare una commissione di sei giuristi per risolvere una questione sorta
fra loro, rispetto alia proprieta di un prezioso territorio di miniere
d'oro nell' Alaska. Quattro anni or sono fu fatto un accordo provvisorio
che permetteva all' Inghilterra di mantenere il possesso temporario-
CONTEMPORANEA 755
•di quel territorio. Nel caso che i sei giuristi non giungessero ad una
soluzione definitiva, la questione sara probabilmente sottonaessa al
tribunal e arbitrario dell'Aja.
La vertenza del Yenuezela ha prodotto fra gli altri risultati una
grande agitazione rispetto all'aumento delle nostre forze marittime,
ed § certo che il governo intende dedicare una grossa somma per
1'acquisto di nuove navi da guerra.
GRECIA (Nostra Corrispondenza). 1. Le feste di Sira pel Giubileo Pontificate
di Sua Santita Leone XIII. — 2. Solenne accademia tenuta in suo onore.
Ricorderanno i lettori della Civiltd Cattolica le splendide dimo-
strazioni di fede e di affettuosa divozione al Papato ed al grande
Leone che oggi lo rappresenta, date dalla cattolica Sira in varie cir-
costanze, specialmente all'apertura del giubileo pontificate diS. Santita.
Essi con piacere leggeranno oggi come Sira abbia voluto esser la
prima tra le sue sorelle del regno ellenico a celebrare la chiusura del
detto giubileo con naovo genera di solennita, voglio dire, con una
splendida Accademia letteraria musicale, la quale segna per Sira un
nuovo periodo di vita sociale.
Per la prima volta forse a memoria d'uomo in questa nostra isola
1'eloquenza, la poesia e la musica han dato cosi bella niostra di se, in
mezzo a un popolo poco avvezzo in verita a gustare le delizie delle
arti belle, o a respirare le aure imbalsamate dai fiori d'una ben colta
letteratura. L' idea di onorare la memoria del giubileo pontificale del-
1'amatissimo nostro comun Padre, dell'augusto vegliardo Leone XIII
suggerita dai RR. PP. Q-esuiti di Sira, fu accolta non solo con plauso,
ma con vero entusiasmo da Sua Eccellenza Revma Monsignor Do
menico Darmanin, Vescovo di Sira, dai Clero secolare e regolare, e
da tutte le classi della societa siriota. II Circolo della Gioventu cat-
tolica diretto da questi Padri Missionarii e che ha sede nei locali della
loro Residenza, fu incaricato dell' ordinamento dell' Accademia, e
certo vi riusci nobilmente colla pill alta e piena soddisfazione non
solo delle persone colte e intelligent!, ma si di tutto quanto il paese.
II cielo ci fu cortese di una giornata bellissima di primavera, cosa
per altro non rara nelle Cicladi, e 3 'aurora del fausto giorno fu salu-
tata da molteplici bandiere che sventolavano alia cima di questa pi-
ramide, sulla quale si svolge la citta di Sira-superiore; tra tutte fa-
cevano vaghissima mostra i colori pontificali che si spiegavano sui
punti principali della parte dove ha sede il Circolo cattolico.
SulFentrata della via che conduce alia detta altura sorgeva un
arco di trionfo sostenuto da due grosse colonne di mirto e dai cui
centro pendeva una grande iscrizione colla quale la Gioventu Cat-
K>lica faceva noto lo scopo della solennita ed invitava i cittadini a
756 CRONACA
prendere parte all'esultanza comune. Sulla porta esterna della grande
sala del Circolo in un gran fondo di drappi preziosi erano disegnate
le armi pontifieie. alle quali faceano corona vagamente intrecciate le
bandiere delle varie nazioni. L'aula poi delle tornate riccamente ad-
dobbata rispondeva alia nobilta e alia bellezza della festa di cui doveva
essere testimone. In fondo ad essa, coronata di fiori, spiccava la vene-
rata effigie del Sommo Q-erarca Leone XIII, su cui si fissavano tutti
gli sguardi e che sembrava sorridere all'affetto dei suoi devoti figli.
2. S. E. Monsignor Darmanin erasi degnato di accettare la Pre-
sidenza deiraccademia e vi giunse seguito da tutto il Clero, e fece
la sua entrata nella sala tra gli applausi fragorosi delia numerosa
scelta assistenza, mentre che 1'orchestra dava principio al tratte-
nimento sonando la marcia pontificale. Finita la quale sali la tri-
buna il E. P. Gaetano Romano Superiore dei PP. Gesuiti ed apri
1'accademia intrecciando 1'inno del Papato e del Papa immortale Leo-
ne XIII innanzi a Cui devotamente s' inchina quanto ha di piu grande
e di piu nobile la Societa presente. L'oratore applaudendo al nobile
slancio, col quale i sirioti aveano risposto al suo invito assicuro la
scelta udienza dicendo che: « Tra i ricchi doni dei grandi e dei po-
« tenti, neli'obolo filiale degli umili e dei poveri, il cuore memore
« ed amante del sapientissimo Pontefice, distinguera certo con sin-
« golare compiacimento il saltito che gli manda la cattolica Sira. Si
< egli e stato e sara sempre vero che le feste del Papa sono le feste
« di Sira, e le feste di Sira sono pure le> feste del Papa. Molte sona
« state e sono le nostre debolezze, dacche humanum est errare, ma
« nella fedelta incrollabile e nell'amore generoso al Papa, Sira non
« e mai venuta meno, e il suo piccolo popolo potra essere citato come
c esempio luminoso a molti popoli materialmente piu fortunati di
« lui. » L'oratore, dopo d'aver eccitata la piu alta ammirazione ed
il piu caldo affetto degli uditori inverse la venerata Persona di
Leone XIII, il quale dopo 25 anni di glorioso pontificate, si e acqui-
stato con ogni titolo un diritto indiscutibile all'omaggio universale
del mondo civile : conchiuse dicendo, tra gli applausi entusiastici:
c E questo diritto gloriosissimo noi siam lieti oggi di poterlo ri-
petere tra 1'eco sonora delle onde Egee, acclamando e salutando in
Leone XIII il vero Leone celeste che guida 1'umanita, smarrita nel
deserto dove 1'ha spinta il furore del nemico d'ogni bene. 0 Lume
benefico possiate ancora per molti anni risplendere sull'orizzonte della
Chiesa e dell'umana Societa che oggi unanime in un sol concerto
vi acclama: Yiva Leone XIII. >
Dopo il discorso d' introduzione, un coro di musici accornpagnati
dalP orchestra intuono Tlnno di apertura, composto dal R. P. Destro
S. I. e messo in musica dall' egregio Maestro signor Emilio Gonfioti.
CONTEMPORANEA 757
H valente professore ci diede una splendida pruova della sua valentia
musicals nella prima strofetta dell' in no :
Viva Lfeon! Sprigionisi
Dall'imo petto il gride* :
Viva! di lido in lido
Ripeta Sira ognor.
Ma pifc ammirato e seguito da lunghissimi applausi fu il suo
devoto affetto espresso con dolcissime note nella preghiera colla quale
conchiudeva il suo bell'inno:
Signer, dall'alto empireo
Del popol tuo devoto
Pietoso accogli il voto,
Cel serba in lung a eta.
Finite il canto, tutta Passemblea si alzo in piedi per ascoltare il
Venerando Prelato Yescovo Diocesano Mons. Darmanin, il quale esordi
con una stupenda Canzone in onore di S. S. Leone XIII. Egli dipinse
cosi al vivo la grande imagine del Sommo Pontefice, che tutti credevansi
trasportati sulle rive del Tevere, o dentro i Palazzi Vaticani, od anche
sotto la volta augustissima di S. Pietro ad assistere ai combattiinenti
sostenuti dall'invitto Vegiiardo contro gli spirit! delle tenebre incarnati
in tutti quelli che fan guerra alia Chiesa. Ripetuti e ben meritati ap-
plausi accolsero la magnifica canzone deirillustrissimo Prelato. A Mon-
signore Yescovo tennero dietro per ordine tutti gli altri in un bell' in-
treccio di oratori e di poeti, interrotti solo dai canti e dalle sinfonie
di semplice orchestra. L'Accademia era stata divisa nel Programma in
quattro parti, ognuna delle quali conteneva un discorso e molte poesie
in lingua greca antica e moderna, latina, italiana, francese, inglese,
tedesca. Gesu Cristo era esaltato nel suo Yicario in linguis et organis.
Non sapevi che cosa ammirare di piu, se la ricchezza, la robustezza,
la varieta dell' eloquenza; o la nobilta, 1'elevatezza, la fragranza della
poesia, o finalmente la celestiale armonia della musica. AH'Accademia
presero parte attiva molti Rev.di sacerdoti secolari, il Molto Rev. do
P. Superiore dei PP. Minori Cappuccini, i RR. PP. Gesuiti e molti
signori laici, inneggiando a gara il Papa ed il Papato ed eccitando
in tutti un religiose entusiasmo verso di entrambi. II discorso di con-
chiusione fu letto del R. Don Q-abriele Privileggio, gia alunno di Pro-
paganda : non v' e ragione di citarne qui quaiche brano, dacche esso
immediatamente fu stampato dall' egregio periodico « La cristianiM
Anatoli > onde farlo gustare agli assenti e tramandarlo ai posteri. La
favella spigliata ed elegante dell' oratore, la sodezza dell' argoinentare,
la vivacita del pensiero e la robustezza dell' espressione incantarono
per una mezz'ora 1'uditorio, che alia fine scoppio in ripetuti « bravo >
all' oratore e lunghissimi evviva al grande Pontefice.
758 CRONACA
Finalmente, corona di si bella e dotta accademia, fu il canto di un
inno in lingua greca moderna composto per la circostanza dal R. P.
Luigi Destro S. I. L' ultima strofe di quest' inno cantato non piu dal
bravo coro di musici a cio destinaii, ma da tutta 1' assemblea, fu di
un effetto oltre ogni credere meraviglioso ; essa diceva cosi :
2u HocTdpa |ia£ oupdvte,
Kt>pt£ TOW
Hatdpa |iag
TOUTO. $i eux^ M-a
TOUTO, 6 TO300£ trj
Cosi ebbe fine questa tornata letteraria, la quale essendo la prima
che nelle debite forme abbia avuto luogo in Sira, per cio stesso fu
maggiormente gustata ed apprezzata. I RR. PP. Gesuiti e il Circolo della
Gioventu Cattolica che 1' idearono, organizzarono e si felicemente ese-
guirono, ebbero le piu calde congratulazioni di ogni classe di persone,
ed essi possono essere lieti di avere conseguito lo scopo eh' eransi
prefisso, cioe riaccendere in tutti 1'affetto e la fedelta al Papato e
1'amore verso Colui che oggi cosi splendidamente lo rappresenta, il
grande ed immortale Leone XIII.
BELGIO (Nostra Corrispondenza 1). 7. Nuovi disegni di leg-ge presentati
alia Camera dei deputati. La tassa di fabbricazione sull'alcool. — 8. Le
Sucre Orsoline nelie Indie.
7. II 12 febbraio di quest' anno il sig. de Smet de Naeyer presento
alia Camera dei Deputati, dopo che erano stati approvati all'unani-
mita dalla Destra in una aduaanza teauta a tale scopo nello stesso
giorno, diversi disegni di legge riguardanti le patenti delle Societa
estere, sulla piccola proprieta, sulla Cassa di Risparmio, sull'espro-
priazione per causa di utilita pubblica, sull'al oool e il caffe, sull'ammor-
tamento del debito pubblico. II Presidente della Camera, aderendo ai
desiderio del capo di Gabinetto, propose di creare una commissione
incaricata di fare una relazione immediata sui detti disegni. Fu il
segnale di protests da parte della minoranza, ma ben peggio fu an
cora quando il signor de Smet de Naeyer domando alia Camera se
aveva o no fiducia nella politica fiscale del Governo e se accettava
di votare senza discussione 1'aumento delie tasse sull'alcool. La mi-
noranza si sollevo come un sol uomo contro questa richiesta del mi-
nistro delle Finanze e dei Lavori Pubblici, che la faceva appunto per
pre venire speculazioni illecite. Qualunque legge che colpisse Paleool
non fu mai votata in altre condizioni. Fin da questo momento i
1 Continuazione. Vedi quad, precedente, pag. 622.
CONTEMPORANEA 759
socialist! spalleggiati dai radicali e dai liberali, col pretesto che il
Governo per mezzo dell'urgenza mirava a colmare un ammanco che
voleva nascondere al paese, si diedero a fare ostruzione, ma quale
ostruzione ! Giammai il parlamentarismo belga ebbe a vantarsi di
tornate cosi lunghe come in questa occasione. La tornata del gio-
vedi 12 si prolungd senza interruzione fino al venerdi alle ore 5,15
antimeridiane, e quella del sabato, che si apri alle 10 ant., non ebbe
termine prima deli'indomani alle ore 7 ant. La vittoria rimase pero
al Q-overno : la legge fu finalmente approvata, Destra contro Sinistra,
con 83 voti contro 24 ed un'astensione.
Questa legge aumenta del 50 p. c. la tassa di fabbricazione sul-
Palcool nostrano e rialza i diversi dazii doganali sui liquidi alcoolici
importati dall'Estero. AlPopposto la medesima legge sopprime total-
mente i dazii doganali sul caffe, salvo sul caffe abbrustolito sul quale
Tin leggiero dazio vien mantenuto nell' interesse della lealta del Com-
mercio. Tuttavia essa contiene una disposizione necessaria per resti-
tuire al fondo Comunale quanto gli toglie la soppressione del dazii
sul caffe. La legge, si vede, ha uno scopo antialcoolico ed anche a
questo titolo solo, essa avrebbe diritto all'appoggio di tutti i nostri
fieri demagoghi, in un paese in cui 1'alcool produce effetti cosi fu-
nesti, come tutti sanno.
Essa doveva esser loro tanto piu simpatica in quanto questi quindici
milioni di aumento d'incasso sull'alcool permetteranno la soppres-
sione del dazio sul caffe, la vera bibita del popolo ; Paumento da 12
a 15 milioni dell'assegno annuo dello Stato per la costitnzione delle
pensioni di vecchiaia; quello di 150 p. e. del credito stanziato an-
nualmente nel bilancio, pell'ammortimento del debito pubblico di
modo da spegnere tale ammortimento in 66 anni invece di 93 anni.
Certofquesti disegni, queste leggi non faranno buon pro ai deputati
socialist!, perche i loro elettori finiranno coH'avvedersi che fra gli
uomini delPattuale Governo hanno amici piu sinceri e piu devoti
che i propri caporioni, i quali sono buoni tutt'al pii^ a vomitare in-
giurie contro le cose le piu sacre ed a fare spargere inutilmente il
loro sangue.
8. Sul cader dello scorso anno s'imbarcarono a Geneva per le Indie
britanniche, quattro suore Orsoline della Casa di Thildonck (Brabante).
Queste^monache, scrive il Bien Public, rispondono alPappello pre-
muroso che fece loro il nostro venerate concittadino S. E. Mgr. Meu-
leman, Arcivescovo di Calcutta : esse vanno ad educare le giovinette
indigene a Ranchi nel Chota-Nagpore. Si sa che nella vasta missione
del Bengala, affidata ai Gesuiti belgi, la provincia del Chota Nag pore,
una volta teatro dello zelo del fu Padre Lievens, si fa osservare fra
tutte per le numeroge conversion! che vi si fanno.
760 CRONACA
Le suore Orsoline di Thildonck che, fin adesso, non erano ancora
andate nelle mission! lontane, sembrano interamente preparate a questo
sublime apostolato. Difatti, fra le loro 300 convittrici, piu del terzo
sono di nazionalita inglese e di queste buon numero sono protestanti.
Le famiglie lasciano a queste fanciulle intera liberta di assistere alle
funzioni cattoliche, ma sanno anche che i regolamenti della Gasa di
Thildonck interdice ogni pressione su queste allieve. Diverse di queste
giovani protestanti si sono nondimeno convertite alia religione catto-
lica, con la piena autorizzazione dei loro genitori, sia a Thildonck,
sia quando erano gia tornate in famiglia. Una delle monache missionarie
che sono andate nelle Indie, e inglese e gia alunna di Thildonck,
protestante convertita. II sacrifizio di queste anime generose attirera
senza dubbio abbondanti benedizioni sopra i lavori futuri in paese
infedele ed anche sopra il nostro Belgio, che prende oggi una si bella
e larga parte alle missioni estere. I voti e le preghiere dei nostri
lettori le accompagnino.
IV.
COSE VARIE
1. I terremoti nel Giappone. — 2. II piu grande industriale del mondo. —
3. Delle esecuzione delle opere di R. Wagner.
1. 1 Terremoti nel Griappone. Le idee hanno progredito di molto da
quel tempo quando si credeva comunemente il terremoto essere neces-
sariamente una manifestazione dell'attivita vulcanica. Sotto questo ri-
spetto non vi e paese piu interessante e istruttivo che il Giappone,
perche vi si osserva la coesistenza di grandi vulcani attivi, come il
Fousiyama, e di scosse sismiche quasi continue. Le statistiche sui ter-
remoti giapponesi c'informanj che nei tempi posteriori all'epoca cri-
stiana, vi furono nel Giappone 223 terremoti violent! . In questi ultimi
tempi si eressero nel paese 26 osservatorii sismici, il piu antico dei
quali conta 27 anni; e vi hanno gia registrato 18,279 scosse. La sola
citta di Tokio ne con to 2173 in 24 anni, vale a dire una media di 90,5
per anno ovvero presso a poco una scossa ogni 4 giorni.
Tuttavia e rarissimo che le scosse coincidano con le eruzioni. A
cagione d'esempio : quando nel 1888 ebbe luogo la famosa esplosione
del Bandai-San che scaglio nell'aria una massa tale di materie, da
occupare un volume di piu di due miliardi di chilometri cubi, la scossa
prodotta fu tanto debole, che le case poste a pie del vulcano non fu-
rono distrutte. L'area delle scosse non misurava che 5000 chilometri
quadrati, mentre il terremoto di Mino-Owari indipendente da ogni
CONTEMPORANEA 761
eruzione, scosse un'area nel 1891 cinquanta volte maggiore. Lo stesso
caso si rinnovo nel 1893 al tempo del terremoto dell'Ad-zouma-San.
In realta quasi tutti i terremoti 'osservati nel OHappone sono tettonici
e sembrano esser dovuti a scoscendimenti o dislogamenti ohe si pro-
ducono nella corteccia del globo. La frequenza dei terremoti in quel
paese proviene dalla sua situazione in riva airimmensa fenditura che
divide il continente asiatico dal canale di Tuscorara dove sono con-
centrate, proprio vicino alle sue sponde, le piu vaste profondita
conosciute nel Pacifico settentrionale.
Naturalmente i vulcani tendono a livellare una linea di dislo-
cazione di tanta importanza. Pero il fenomeno esplosivo di cui essi
danno manifestazione, e il piu delle volte indipendente dalle cause
meccaniche, le quali possono alterare Pequilibrio relative delle varie
parti della corteccia terrestre situate ai due lati della fenditura. Que-
ste spaccature talvolta si fanno vedere attraverso le diverse stratifi-
cazioni, e ne abbiamo molti esempii nel Giappone, dove la spacca-
tura di Midori (1891) e nota avere una lunghezza di 117 chilometri.
S'aggiunga inoltre che quest'ultima fenditura prolunga la linea di dislo-
cazione di G-adarasema scoperta dal sig. Koto. Finalmente in quest!
ultimi due anni, e venuta alia luce del giorno un'altra linea di fen-
diture lunga 140 chilometri e che va dalla foce del Mogamigawa nel
mare del Giappone a pie della gola del Sengan nella catena centrale.
Si puo dunque asserire che la scienza ogni giorno porta nuovi argo-
menti a favore della relazione che esiste fra i terremoti ed i fenomeni
tettonici vale a dire dipendenti da dislogazioni o scoscendimenti piu
o meno ampii della scorza terrestre.
2. // piu grande industrial del mondo. Federico Krupp, la cui morte
improvvisa avvenuta a Capri diede luogo a qualche diceria, fu senza dub-
bio uno dei piu grandi industriali del mondo. Egli aveva ai suoi stipendii,
fra operai e impiegati, 46,000 persone, delle quali 25,000 a Essen,
3500 a Buckau, e 2700 a Kiel, ove possedeva un cantiere per la costru-
zione delle piu grosse navi da guerra e di piroscafi di grande velocita. Le
sue officine consumano giornalmente quattrocento vagoni di carbone,
avendo macchine per la forza di 40,000 cavalli-vapore. Era proprietario
di grandi miniere di carbone e di ferro, specialmente nella Biscaglia
(Spagna), le quali forniscono un minerale eccellente, trasportato per
mezzo di quattro bastimenti fino ad Essen rimontando il Reno. La
cassa di soccorso e di depositi della officina di Essen possiede un ca-
pitale di cinque milioni e spende 500,000 marchi ogni anno. Alfredo
Krupp, padre del defunto, fondo nel 1832 Pofficina con due operai,
e divenne celebre per la qualita perfetta dell'acciaio fuso nella offi-
cina medesima, dovuta alia grande attenzione posta nel lavorarlo,
scegliendosi la materia migliore, e impiegandovi i sistemi piu perfezio-
762 CRONACA CONTEMPORANEA
nati. Gosi p. e. sul principle della fusione si aggiunge una piccola dose
di vanadium e soprattutto di alluminium per impedire le bolle, ed
evitare lo spaccamento; percio i cannoni di acciaio fabbricati dal Krupp
non scoppiano mai o quasi mai. La officina procura indefessamente di
comprare tutte le invenzioni che le possono essere utili e fabbrica an-
che guide per le strade ferrate, e macchine. La rendita del Krupp e
stata giudicata ascendere a 16 o 18 milioni di Marchi ! I dodici di-
rettori e i capi delle diverse officine godono uno stipendio che varia
fra i 100 e 200,000 marchi, tale cioe da fare invidia ai Ministri pm
potenti : ed in generale tutti coloro che lavorano nelle officine Krupp
guadagnano bene, e di piu hanno a loro disposizione molte case a
buon mercato, costruite appositatnente per gli operai. I deposit! degli
operai e le indennita in caso di malattia e di infortunio, imposte
dalia legge tedesca, richiedono ogni anno una somma di in. 1,580,000.
Dopo la morte del Krupp la sua famiglia ha elargito tre milioni a
beneficio delle opere di beneficenza e degli operai della citta di Essen.
La citta, la quale oggi ha 116,000 anime, si conserva in gran mag-
giorauza cattolica, nonostante tutti gli sforzi fatti per imporre il Pro-
testantesimo, ed i Krupp, padre e figlio, non si sono mostrati mai
ostili al Cattolicismo. Essen possiede due grand! giornali cattolici ed
ha sempre inviato al Centre del Eeichstag due membri.
3. Delle esecuxioni delle opere di R. Wagner. Le opere di Riccardo
Wagner sono eseguite piu spesso di tutti gli altri lavori di poeti e
compositori contemporanei: basti il dire che il Lohengrin e stato
messo in scena 997 volte in Germania ; 420 volte in Francia, Olanda
e Belgio ; 317 volte in Inghilterra e in America, dando agli eredi del
Wagner per diritti di Autore m. 113,000 per la Germania; 92,000 per
1'America; per la Francia, 1' Italia e FOlanda M. 67,000; in tutto
m. 272,000. II Tanhduser e stato rappresentato in Germania 268 volte,
210 volte in Francia, Inghilterra ed America; il Vascello fantasma
194 volte in Germania. I Maestri Cantori hanno dato 72,000 marchi
di diritto d' Autore per 138 rappresentazioni eseguite in Germania;
la Valkiria frutto 24,800 m. per 162 rappresentazioni; il Rheingold
26,250 m. per 105 rappresentazioni ecc. Con le altre opere del Maestro
e con cio che ha pagato 1'editore gli eredi del Wagner nel decorso
anno 1902 hanno riscosso 560,000 m. senza tener conto delle rappre-
sentazioni eseguite al teatro di Beyrouth. Da 25 anni a questa parte
gli eredi hanno sempre fatte maggiori riscossioni specialmente fuori
di Germania ; e sommando insieme gli utili ricavati finora dalle opere
del Wagner si pud calcolare che esse hanno fruttato all'Autore e ai
suoi eredi dai 12 ai 15 milioni di marchi.
OPERE PERVENUTE ALL A DIRE ZI ONE
Baldan G. Traduzione del prime libro dell' Eneide di Virgilio. (Nozze
BACCEGA-IVANCICH). Padova, tip. dell' «Ancora», 1902, 8°, 28 p.
Biagini R., can. Le due invenzioni delle ss. Reliquie di 8. Paolino,
primo vescovo di Lucca. Studio critico Lucca, Baroni, 1903, 16°, 142 p.
Caffaro P. Notizie e documenti delta Chiesa pinerolese. VI. Pinerolo,
Chiantore, Mascarelli, 1901, 1903, 8°, 672 p. L. 10. Cfr. Civ. Catt. XVIII, 8-
(1899) 88.
Cotroneo R., mons. Storia della Cattedrale di Reggio di Calabria.
Napoli, Lanciano, 1903, 16°, 64 p.
De Nicola A. La quistione meridionale. Napoli, Salvietti e Toccor
1903, 8°, 108 p. L. 2. Rivolgersi all'Autore, Santa Brigida, 11, Napoli.
Erker I., can. Missae de requie iuxta rubricas a Leone Papa XIII
reformatas et Decreta S. Rituum Congregationis novissima, accedit ap-
pendix de Missis in altari privilegiato. Tractatus liturgicus. Labaci, 1903,
36°, 92 p. Fr. 3.75.
Faesulanae Ecclesiae Synodus DAVIDE CAMILLIO Episcopo cele-
brata. Florentiae, R. Ricci, 1903, 8°, XLVIII-506 p.
Ferrari C. Com' era amministrato un comune del Veronese al prin-
cipio del secolo XVI. Tregnago dot 1505 al 1510. Verona, Franchini,
1903, 8°, 100 p.
Francesco Saverio (P.) da S. Lorenzo della Costa, cap p. 11 convents
dei Cappuccini di Campi. II. San Pier d' Arena, tip. Salesiana, 1903, 8%
156 p. L. 1.
Gastoue A. l^es anciens chants liturgiques des eglises d' Apt et du
Comtat. Grenoble, Brotel, 1902, 8°, 32 p.
Geraldini B., mons. La quiete dei confessori al sacro tribunale di
penitenza ritrovata dietro la scoria dell' Angelico Dottore. IV Ed. Mon-
dovi, tip. vescovile, 1902, 8°, 272 p. L. 2.
Minoretti C. C. Ai consigli provinciali ed alle deputazioni delle
Provincie venete consorziate pel mantenimento dei pazzi nel Manicomio
centrale di San Servolo in Venezia. Memoria. Venezia, Cordelia, 1903r
8°, 44 p.
Natali G. Vitelli E. Storia dell' Arte ad uso delle scuole medie e
delle persone colte con 243 illustrazioni (Bibl. storica 115) Torino-Roma,
Roux e Viarengo, 1903, 8°, 548 p. L. 6.
Negri G., prof. Commenti critici estetici e biblici sui Promessi Sposi,
di A. Manzoni. Milano, tip. Salesiana, 1903, 16°, VIII-192 p. L. 2.
1 Non essendo possibile dar conto delle molte opere, che ei vengono inviate, oon quell*
•ollecitudine che si vorrebbe dagli egregi Autori e da noi, ne diamo intanto un annuozio
sommarlo che non import* alcun giudizio, rlserbandoci di tornarvi sopra a second* dell'op-
portunita e dello spazio concesso nel periodioo.
764 OPERE PERVENUTE ALL A DIREZIONE
Olivero da Murello G. B. Trattato di Astronomia basato sul sistema
solare stdbilito dalla curva 8 (meridiana del tempo medio) con la dimo-
strazione geometrica meccanica dell'origine di detta meridiana e di tutti
i fenomeni astronomici annuali che si osservano in natura. Torino, Ar-
tigianelli, 1902, 8°, 128 p. e XV tavole. L. 8.
Palmieri D. S. I. Osservazioni sulla recente opera « I' fivangile et
I'tigliseper Alfred Loisy*. Lettera ad Alfredo Bruno. Roma, Befani,
1903, 16°, 96 p. Cfr. Rivista nel presente quad. p. 713.
Power M. S. I. Anglo- Jewish calendar for every day in the gospels.
Being an introduction to the Chief Dates in the Life of Christ (an essay
towards a final determination of the gospel chronology). London, Sands,
1902, 16°, 98 p.
Sicars y Salvado N. El suicidio juridicamente considerado. Barce-
lona, impr. Barcelonesa, 1902, 8°, 192 p.
Altre pubblicazioni pervenute: Atti dell' Episcopato — ANGELINI S., ve-
scovo di Avellino. Gesu Cristo. Lettera Pastorale. A vellino, Sandulli e Gi-
melli, 1903, 8°, 36 p. — CAM1LLI D., vescovo di Fiesole. L'autorita sociale e
politico. Lettera Pastorale. Firenze, R. Ricci, 1903, 8°, 28 p. — DI MILIA B.,
vescovo di Larino. La prima scienza dell'uomo. Lettera Pastorale. Larino,
Morrone, 1903, 8°, 22 p. — FERRARI A., card, arciv. di Milano. « Quod Deus
conjunxit homo non separet ». Lettera Pastorale. Milano. 8°, 38 p. - MISTRAN-
GELO A. M., arciv. di Firenze. Chi e il Papa. Lettera Pastorale al clero e
al popolo. Firenze, R. Eicci, 1903, 8% 48 p. TACCONE-GALLUCCI D.,
vescovo di Matera e Tropea. doveri del cristiano. Lettera Pastorale. Reggio
Calabria, Morello, 1903, 16°, 12 p. — VESPIGNANI A. M., vescovo di Cesena.
Azione cattolica e popolare cristiana. Lettera Pastorale. Cesena, Vignuzzi, 1903,
8°, 46 p.
Asce ica. — C1OLLI A., can. Novena alia SS. Annunziata. Firenze, tip. Ar-
civescovile, 1903, 16°, 24 p. - CIVILETTI M' Piccolo manuale per i devoti di
Sant' Anna e S. Gioacchino. 3a ed. riv. e migliorata. Palermo, tip. pontificia,
1903, 24°, 192 p. Cent. 25 — FECHT F. S. La prima comunione. Istruzioni e
preghiere, con un'appendice : Istruzioni pei cresimandi e cresimati. 3' ed. ita-
liana sulla 92* tedesca. Trento, Artigianelli, 1903, 24°, 516 p. Cent. 90. Cfr.
Civ. Catt. XVI, 2 (1895) 601. — GAZZO A. F. O. F. M. La Via Crucis. Brevi
discorsi. 2" ed. Napoli, Festa, 1903, 8<>, 124 p. L. 1 — GIOVANNINI C. Pen-
sieri di S. Giovanni Beichmans. Traduzione dal francese. Rimini, tip. Malate-
stiana, 1901, l6>, 160 p. Cent. 20. — STEPHANUS. Caelestia colloquia de san-
ctitate sacerdotum. Massiliae, Sales., 16°, 462 p. L. 1. Rivolgersi all'Abbe J.
MARION Port-de-Bouc (Bouches-du-Rhoiie) France. — VALENTI CHIARA-
MONTE S. can. La gran settimana o il martirio di Gesu Cristo. Girgenti, Ca-
rini, 1902, 8° 70 pag. — UNA V1SITA A S. GIUSEPPE >-poso di Maria Ver-
gine per ciascun giorno del mese coll'aggiunta di alcune preghiere ed ossequi.
6. ed. Modena, tip. Pontificia, 24°, 40 p. Cent. 15.
Letture ricreative. — FRANCESIA I. B., sac. Ad Golgotam. Sacra actio
dramatica versibus senariis conscripta. Milano, libr. Salesiana, 1903, 16°, 32 p.
— MIOTTI A. Italia nei due millennii. Ode a Guglielmo Marconi, Modena,
Soliani, 1903, 8», 10 p. — PEL G1UBILEO PA PALE di Leone XI1L Omaggio
devoto del Comitato Diocesano di Capaccio-Vallo. Napoli, D'Auria, 8° gr.T
32 p. — SERVADEI E., sac. Alcuni versi. Forli, Bordandini, 1902, 16°, 32 p»
INDICE DELLE MATERIE flONTENUTE NEL VOL. IX
Articoli.
IL CRISTIANESIMO DI ADOLFO HARNACK.
Pag. 5
I SlNDACATI INDUSTRIAL!. 25, 271, 532
A PROPOSITO DEL CENTENARIO DI NlC-
COL6 TOMMASEO. 39
Dl ALCUNI CRITERI INCERTI NELLA ?A-
LETNOLOGIA, AfiCHEOLOGlA E STO-
RIA ANTICA. La scoperta delle tombe
nel Foro Romano e il criteria cro-
nologico. . 61, 290, 673
UN DILEMMA POLITICO A PROPOSITO DEL
DIVORZIO. 129
APOSTOLATO DI S. PIETRO IN ROMA.
141
IL CONGRESSO DI VIENNA E LA S. SEDE.
La ristaurazione del Papa in Roma.
(Maggio 1814). 159
Idem. / primi rigori delta restaura-
zione papale (Maggio-Ottobre
1814). 655
L'ANNO DELLAMORTE DI S. SATIRO. 195
OL'ITALIANI NELLA STATISTICA DEL
REGICIDIO. Fatti e note. 257
IL VENTICINQUENNIO PONTIFICALS DI
LEONE XIII. 385
BIBBIA ED « ALTA CRITICA ». 397
LO SPIRITO CATTOLICO NELLA CULTURA
DEL GIOVANE CLERO. 414
IL CRISTIANESIMO DELLA CHIESA E LA
CRITICA RAZIONALISTICA. 513
IL P. ANGELO SECCHI NEL XXV AN-
NIVERSARIO DELLA MORTB. 549
LE PERIPEZIE D'UN MANOSCRITTO. 11
processo originale di Galileo. 641
IL CAPORALE TRASTEVERINO. 171, 303,
434, 558, 684
Riviste.
La Franciaall'Estero. (Piolet). Pag. 74
I Giornali cattivi nella costituzione
« Officiorum ». (&£nnari). 211
Di uno studio del p. C. Peach sul-
1'ispirazione delle Sante Scrit-
ture. Pag. 217
Note patristiche. (G-. Schlecht, F. S.
Funk, &. Vizzini. 0. Bardenhewer
- A. Mercati).' 322
Sui Martiri de' primi secoli. (P.
Franchi de' Cavalieri). 451
Delia « Polizia Ecclesiastica » di L.
Conforti. 460
II vecchio Testamento e la critica
odierna. (Scerbo). 578
Nuovi lavori bibliografici della Bi-
blioteca Vaticana. (Vattasso, Fran-
chi de' Cavalieri, Stornajolo). 586
Studii del Peters e del Knabenbauer
sui frammenti ebraici dell' « Ec-
clesiastico ». 700
Studii intorno il martire S. Gior-
gio. (Borelli). 709
Le confutazioni del libro delPabate
Loisy e i' metodi di discussio-
ne. (Palmieri). 713
BIBLIOGRAFIA. Pag. 90, 336, &95
OPERE PERVENUTE ALL A DIREZIONE.
127, 253, 381, 5i9, 638, 763
Appendici.
IL P1U GRANDE MUNICIPIO DEL MONDO.
Pag. 81
DISCORSO DI S. S. LEONE XIII AL SA-
CRO COLLEGIO. 100
LETTERA DEL PRESIDENTE GENERALE
DELL'OPERA DEI CONGRESSI CATTO-
L1CI CONTRO IL DlVORZlO. 125
IL DURBAR DI DELHI DEL 1° GENNAIO
1903. (Dal nostro Corrispondvnte
indiano). 350
IL SANTUARIO DI N. S. DI LOURDES
NELL'ANNO 1902, 37d
AVVERTENZA. 380
766
INDICE
IL DOVERE DEI CATTOLICI DEGLI STATI
UNITI VERSO I LORO CORRELIGIO-
NARII ITALIANI. Pag. 467
ARCHEOLOGIA DEL LIBRO. 11 libro ai
tempi dei Padri della Chiesa, spe-
cialmente di 8. Gregorio Ma-
gno. 473
SCIENZE NATURALI. II nuovo argine
del Nilo. 718
Cronache contemporanee.
Dal 25 decembre 1902
al 12 marzo 1903.
Cose romane.
1. Ricevimento del S. Padre per le
feste del S. Natale. 2. Arrive di
Mgr. Guidi alle Filippine. Bolla
Quae mart sinico. 3. Cattedra teo-
log-ioa all'Universita di Strasburgo.
4. Abiura del Conte di Campello.
Pag. 102
fc. Ricevimenti di S. S. Leone XIII
pel capo d'anno. Dono dell'Impe-
ratore d'Austria pelGiubileo. 2. Al-
tro dono inviato dalla citta di Vienna
per la stessa occasione. 3. Le prime
Comunioni nelle parrocchie di Ro-
ma. 4. La decorazione pontiflcia al
Conte G. B. Paganuzzi. 222
8. Decreti per la Yen. Giulia Bil-
liart e pel Yen. Giov. Eudes. 2. Ri-
cevimenti pel Giubileo pontificale
di Leone XIII. 3. Morte dell'Emo
Card. Parocchi. 4. Morte della Du-
chessa Arabella Salviati. 361
4. I veaticinque anni del Pontificate
di Leone XIII. Elenco delle sue
encicliche. 2. Commissione di con-
sultori per gli studii biblici. 3. Cor-
so d'Apologia del prof. Tuccimei
a S. Apollinare. 4. Anniversario
della morte di Pio IX. Lettera della
Contessa Mastai al Card. Consalvi.
485
5.- Feste pel Giubileo Pontificale di
Leone XIII. Pellegrinaggio Argen-
tine. 2. Pellegrinaggio Beneven-
tano e Pugliese. 8. Pellegrinaggio
LombardoedEmiliano. Ricevimen-
to nelPAula delle Beatificazioni.
Offertadei doni. Te Deum a S. Pie-
tro. 4. Commemorazione del XXV
anniversario del P. Secchi. Pag. 610
6. Feste del Giubileo Pontificale di
Leone XIII. Ricevimento dell'Am-
basciata spagnuola e di tutto il
Corpo diplomatico. 2. Nuovi doni
offerti al Santo Padre. 3. Pranzo
a mille poveri al Belvedere. 4. Ac-
cademia letteraria in onore del
Santo Padre. 5. Omaggio dei Par-
roci d' Italia. — 6. Tridui per il
Giubileo. 7. Solenne Cappella pa-
pale in S. Pietro. 725
Cose Italiane.
1. Camera dei deputati. Presenta-
zione della petizione contro la legg&
del divorzio. 2. Voto della Commis-
sione contrario alia stesisa legge.
3. II catechismo al Consiglio Co-
munale di Milano. 4. Morte del-
I'avvQcato Cappellini a Genova.
Pag. 107
!8. Resoconto parlamentare. La Co-
Ionia eritrea. L'esposizione flnan-
ziaria. 2. II Senato e i nuovi Se-
natori. 3. La Lega internazionale
contro il duello ; sua orgine : sua
diffusione. 4. Riassunto dell'anno
1902. 262
3. Commemorazione del XXV anni-
versario della morte di Vittorio
Emmanuele II. 2. Comizio del li-
bero pensiero a Milano. 3. Morte
del conte Giacomo Leopardi a Re-
canati. 366
4. Riapertura delle Camere. Legge
sul servizio telefonico. 2. Disordini
nelle Universita. 3. Federazione na-
zionale antidivorzista. Conferenza
dell'on. Gianturco. 4. Ancora della
Societa Dante Alighieri. 494
INDICE
767
3. La mozione Mirabelli alia Camera.
Un incidente disgustoso. 2. An-
cora la questione del Manitjomio
di S. Servilio a Venezia. 3. Comizio
della Lega del lavoro a Napoli con-
tro il divorzio. Pag-. 615
*». Resoconto della Camera de' De-
putati. Legge per la bonifica del-
1'Agro romano. 2. La schiavitu
nella colonia del Benadir. 3. La
politica italiana nella questione
macedone. 734
Cose straniere.
Notizie general!.
Venezuela. Pag. Ill, 236, 372, 500,
622. — Svizzera. 113. — Inghilterra.
114, 372,620. — MtcKlemburgo. 114.
— Sassonia.234, 500, 621. — Spa-
gna. 235, 371. — Marocco. 236. —
Francia. 371. — Olanda. 371. —
Cina. 373, 622. — Belgio. 499. —
Africa. 501. — Turchia. 501. 621.
- Austria. 621 . — Stati Unit*. 621.
— II Giubileo di Leone XIII nelle
varie Nazioni. 737.
Nostre corrispondenze
IRLANDA.
H. II Sill dell'Educazione in Inghil-
terra. 2. Inazione dei deputati ir-
landesi. 3. II nuovo campione cat-
tolico, signor Healy. 4. Effetti del
Sill. 5. II nuovo Lord Luogote-
nente d' Irlanda e la sua politica.
6. Morte di due grandi prelati ir-
landesi, gli Arcivescovi di Cashel
e di Tuam. Pag. 114
INDIA
1&. II disastro di Mangapatnam. 2. La
partenza daH'Inghilterra e 1'arrivo
in India del Maharajah del Jaipur.
Pag. 118
AUSTRALIA.
•3. L'emigrazione dall'Australia nel-
1'Africa del Sud. 2. L'immigra-
zione neH'Australia. 3. Question!
militari. Pag. 121
AUSTRIA UNGHERIA .
4. Sguardo generale alia situazione
politica delle due parti della mo-
narchia. 2. Parlamento ungherese;
discussione tempestosa ; spirito se-
paratista ed antidinastico; ostru-
zione. 3. Parlamento austriaco, la
questione linguistica; nuovi ten-
tativi di conciliazione fra Czechi
e Tedeschi ; ostruzione continua ;
presagi oscuri. 4. La vittoria elet-
torale dei Cristiani-sociali a Vien-
na e nelle due province dell'Au-
stria. Pag. 237
INGHILTBRRA.
5. La vittoria finale del Sill sulla
Educazione. 2. Notizie dall'Africa
del Sud. 3. II libro del De Wet. 4.La
visita del signor Chamberlain nel-
1'Africa del Sud. 5. Un arbitrate
di Re Edoardo. 6. La nuova diga
sul Nilo ad Assouan. 7. Morte di
due Vescovi inglesi. 8. II Times
in favore dei religiosi francesi.
Pag. 244
GRECIA.
6. Le elezioni politiche del 30 no-
vembre. 2. La loro importanza.
3. II nuovo Gabinetto. 4. Greta
nelle future elezioni. 5. II nuovo
Metropolita di Atene Tpoclito, il
Gerarca dell' Ellenismo. Sua ele-
zione e suo programma. Pag. 248
9. Delle scopertearcheologiche del si-
gnor Demoulin in Tinos. 6. II nuo-
vo ministero Delijanni. 501
8. Le feste di Sira pel Giubileo Pon-
tificale di Sua Santita Leone XIII.
2. Solenne accademia tenuta in
suo onore. 755
GERMANIA.
9. L'intervento anglo tedesco nel Ve-
nezuela, e la politica esterna. 2. La
nuova tariffa doganale. 3. La tol-
leranza protestante. 4. La facolta
cattolica di Teologia a Strasburgo
e Telezione deH'Arcivescovo di Co-
768
INDICE
Ionia. 5. La Principsea reale del
Sassonia. 6. I timori degli Orto-
dossi. Pag. 378
1O. II viasrgio del Principe Impe-
riale a Pietroburgo e la questione
del Venezuela. 2. La questione
macedone. 3. II governo personale
di Guglielmo II e le sue opinioni
religiose. 4. 11 Cancelliere rinun-
zia alia legge contro i Oesuiti.
5. II Landtag prussiano e i Po-
lacchi. 6. La tolleranza religiosa.
7. Crisi ministeriale in Baviera.
8 II Giubileo di Leone XIII. 9 Le
opere sociali in Germania. 10. Un
centenario triste per la Chiesa e
per la Germania. Pag. 740
FRANCIA.
11. Cinque settimane di vacanzepar-
lamentari. Elezioni senatorial!. 2. I
ricevimenti del capo d'anno. 3. Ri-
presa della Sessione. La lotta re-
ligiosa si aggrava di giorno in
giorno. 11 trattamento delle Con-
greprazioni. 4. Le maestro cristiane
laicbe. Alcune ragioni di speranza.
Pag. 505
BELGIO.
1!8. Un Congresso Regionale delle
Opere Cattoliche. 2. Per S. Alfonso
de' Liguori. 3. II cinquantenario
dell'Associazione Cattolica e costi-
tuzionedi Namur. 4. Verso 1'unita.
5. II contratto di locazione dei fondi
rustici. 6. Felici success! diploma-
tic! del Belgio contrastato dai so-
cialisti vinti dai cattolici a bene
dell'erario e del popolo. Pag. 622
13. Nuovi disegni di legge presen-
tati alia Camera dei deputati. La
tassa di fabbricazione sulPalcool.
- 8. Le Suore Orsoline nelle In-
die. 758
RUSSIA.
14. I giubilei. 2. La Russia politica.
ed amministrativa. 3. Le inchieste
e i comitati. Pag. 630
SVIZZERA.
15. II referendum intorno alia ere-
mazione nel Canton Ticino Pag. 636
STATI UNITI.
16. Gli emigranti italiani e i loro
pericoli. 2. L' Arcivescovo Mgr,
Farley e la questione scolastica.
3. 11 Presidente sig. Roosevelt e i
Negri. 4. Perch& non si vuole eri-
gere il Nuovo Messico a Statot
5. Fine della questione del Vene-
zuela. 6. Cure degli Stati Unit!
per le isole Filippine. 7. L'arbU
trato fra i minatori e i loro pa-
droni. 8. L'agitazione Qontro i
Trusts. 9. Un'altra vittoria in fa-
vore dell'arbitrato. Pag. 74$
Cose varie.
1. I terremoti del Giappone. — 2»
II piu grande industriale del mon
do. — 3. Delle esecuzione delle
opere di R. Wagner. Pag. 760
s f
CON APPBOVAZIONE DELLJAUTOBITA ECCLESIASTICA
BX 804 .C58 SMC
La Civi Itaa cattol ica
AIP-2273 (awab)
Does Not Circulate
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