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Full text of "La Civiltà cattolica"

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CO 


LA 


CIVILTA  CATTOLICA 


ANNO  CINQUANTESIMOIJUAKTO 


Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1261.          1          20  dicembre  1902. 


LA 


CIVILTA  CATTOL1CA 


ANNO  GINQUANTESIMOQUARTO 


Beatus  populus  cuius  Dominus  Deus  eius. 
PSALM.  CXLIII,  18. 


VOL.  IX. 
BELLA    SERIE    DECIMAOTTAVA 


ROMA 

DIREZIONE  E  AMMINISTRAZIONE 
Via  di  ffipetta  246 

1903 


PROPRIETA  LETTERARIA 


ilorua,  Tip.  A.  Befani,  Via  Oelsa  6. 


IL  CRISTIANESIMO 

I>¥     ^L  X>  O  L  F  O     H  A.  R  ]X  A  O 


I. 

Parlammo  gia  in  queste  pagine  del  Cristianesimo  di  Leone 
Tolstoj,  il  famoso  romanziere  russo  1.  Non  dispiacera  ora,  a 
chi  segue  lo  svolgersi  degli  studii  su  questo  importantissimo 
tema,  conoscere  il  Cristianesimo  di  Adolf o  Harnack,  rettore 
dell'Universita  di  Berlino  e  principe  de'  moderni  razionalisti. 
Che  cosa  sia  il  Cristianesimo,  anzi  Tessenza  di  esso,  secondo 
1'Harnack,  fu  da  lui  spiegato  ed  insegnato  in  una  serie  di 
lezioni  tenute  dinanzi  a  tutti  gli  studenti  delle  facolta  riunite 
deirUniversita  di  Berlino  nell'anno  scolastico  1899  1900;  lezioni 
che,  raccolte  in  un  libro,  Das  Wesen  des  Christentums,  hanno 
avuto  gia  gli  onori  di  ripetute  edizioni,  d'una  traduzione 
francese  e  d'un'altra  italiana  L>. 

Questo  studio  deH'Harnack  puo  considerarsi  come  T ultimo 
verbo  del  razionalismo,  che  e,  come  dire,  dell'incredulita  ele- 
yata  a  dottrina.  Talche  se  il  Cristianesimo,  com;6  insegnato 
nella  Chiesa  cattolica,  riesce  a  trionfare  di  questo  raziona- 
lismo,  dimostrandolo  falso,  riportera  una  vittoria  nella  piii 
forte  e  insidiosa  battaglia  che  a  lui  sia  stata  mossa ;  battaglia 
seria  e  tutta  conforme  ad  una  incredulita  raffinata  e  matura. 
Perche,  diciamolo  subito,  bench^  neirHarnack  non  vi  sia  il 
tono  beffardo  del  Voltaire  e  degli  enciclopedisti,  n6  quello  delle 
negazioni  audaci  dello  Strauss,  non  e  da  illudersi ;  la  realtk 
violenta  dell'attacco  rimane,  anzi  questo  6  tanto  piii  sottile, 

1  Civilta  Gait.,  anno   1902,  quad,  del  5  luglio. 

8  A.  HAKNACK,  L'essenza  del  Cristianesimo.  FratelliBocca,  Torino,  1903. 


6  IL  CRISTIANESIMO 

quanto  piu  all'apparenza  filosofico  e  serio;  nel  che  presero 
abbagiio  molti  che  gia  fecero  la  recensione  del  libro.  LVx- 
senza  del  Cristianesimo  dell'Harnack,  a  dir  vero,  non  sem- 
bra  a  prima  vista  un  trattato  scientifico,  essendo  sfornito 
d'ogni  prova  documentata  o  citaziorie,  com'6  di  lavori  siffattir 
e  1'Autore  voile  di  proposito  cosi  adoperar3;  ma  si  sa  d'al- 
tronde  che  esso  6  il  risultato  d'un  altro  suo  lavoro,  Manuale 
delta  storia  de'  dommi,  e  di  tutta  la  scienza  razionalistica 
sul  Cristianesimo,  di  cui  1'Harnack  6  il  rappresentante.  Quindi 
e  pregio  dell' opera  occuparsene. 

Riducendo  a  una  sintesi  tutto  il  lavoro  dell'Harnack,  esso 
puo  raggrupparsi  intorno  a  questi  punti :  primo,  quali  sieno 
le  fonti,  doude  il  professore  berlinese  attinge  1'essenza  del 
Cristianesimo;  secondo,  quale  sia  la  norma  o  il  criterio,  se- 
condo  lui,  per  giudicare  quel  che  6  Cristianesimo  o  no ;  terzo* 
quale  sia,  secondo  tali  fondamenti,  il  Cristianesimo  falso,  arbi- 
trario  o  transitorio,  e  quale  finalmente  il  Cristianesimo  veror 
genuino  nella  sua  propria  essenza. 

A  mano  a  mano  che  procederemo  nella  ricostruzione  fe- 
dele  del  pensiero  del  grande  incredulo,  darerno  il  nostro  gin- 
dizio  critico. 


II. 


Le  fonti,  donde  THarnack  asserisce  doversi  attingere  le 
notizie  del  Cristianesimo  vero,  sono  solamente  i  ire  prifni 
EvanrjelL  Tutto  quel  che  si  puo  raci  molar  e  fuori  di  queste 
fonti,  egli  dice,  &  cosi  poca  cosa  che  non  empirebbe  una  pa- 
gina  in  quarto  (p.  19).  Esclude  quindi  inuanzi  tutto  il  quarto 
Evangelo ;  perche,  dice,  «  come  fonte  storica  nel  comun  seuso 
della  parola  non  ha  alcun  valore  »  (p.  20).  E  benche  concecla 
che  esso  contenga  qualche  traccia  della  tradizione,  aggiunge 
che  e  «  assai  difficile  a  scoprirsi,  e  che  come  fonte  della  storia 
di  Gesu  serve  poco  o  nulla  »  (p.  20).  Concede  per  altro  che 
quel  Vangelo  possa  servire  a  chi  volesse  indagare  quali  idee 
«  quali  immagini  della  persona  di  Gesii  si  sieno  formati  i 


DI   ADOLFO   HARNACK  7 

primi  seguaci  di  lui ;  idee  ed  immagini,  che  secondo  la  mente 
dell'Harnack,  sono  tanto  strane  e  curiose  che  lo  fanuo  escla- 
mare:  «  fatto  meraviglioso  ed  unico  nella  storia!  »  (p.  154). 
Non  vogliamo  ora  preoccupare  la  mente  del  lettore  col  dire 
di  che  si  tratti. 

Dalla  dignita  di  fonti  per  conoscere  il  Cristianesimo  1'Har- 
nack  esclude  inoltre  le  Letlere  di  S.  Paolo  e  degli  altri  di- 
scepoli  di  Gesii,  gli  Atti  degli  Apostoli  ossia  della  Chiesa  na- 
scente,  ed  esclude  finalmente  tutti  que'  fill,  onde  1'Evangelo, 
qual  innesto  gentile  sul  tronco  deirEbraismo,  e  legato  air  An  - 
tico  Testamento,  alle  profezie  antiche  ed  ai  simboli  che  prean  • 
nuiiziavano  il  Messia.  Tuttocio  6  irremissibilmente  escluso 
dal  novero  de'  documenti  che  ci  possono  attestare  qual  sia 
11  vero  Cristianesimo.  Anzi  nell'Antico  Testamento,  secondo 
1'Harnack,  «  esisteva  un  pericolo,  e  la  storia  provo,  che  tal 
pericolo  non  era  immaginario,  che,  mediante  1'Antico  Te- 
stamento?  penetrasse  nel  Cristianesimo  un  elemento  antiquato 
e  moralmente  inferiors  »  (pp.  186,  187). 

Dunque  le  fonti  genuine  per  conoscere  il  vero  Cristia- 
nesimo non  sono  altre  che  i  tre  primi  Vangeli.  Ma  anche 
in  questi,  v'6  molto  da  epurare.  E  da  metier  da  parte  la 
storia  della  fanciullezza  di  Gesu  che  e  un  «  elemento  mitico  » 
(p.  24);  sono  da  metter  da  parte  alcune  altre  cose  che  1'Au- 
tore  non  determina  in  particolare,  ma  che  «  lo  studioso  puo 
facilmente  correggere  o  mediante  la  comparazione  degli  Evan- 
geli,  o  con  quel  sano  e  maluro  giudizio  che  e  frutto  degli 
studii  storici  »  (p.  24).  La  ragione  e,  dice  1'Autore,  perche 
«  anche  questi  Evangeli  non  sono  opera  di  storia ;  essi  non 
furono  scritti  solo  per  narrare  come  erano  avvenuti  i  fatti  ; 
essi  sono  libri  di  propaganda,  il  loro  intento  6  di  suscitare  la 
fede  nella  persona  e  nella  missione  di  Gesu  Cristo ;  i  detti  e 
i  fatti  che  di  lui  si  riferiscono,  come  pure  i  richiami  all'An- 
tico  Testamento,  servono  a  questo  fine  (cioe,  non  a  narrare 
proprio  come  sieno  stati  i  fatti  e  come  propriamente  Gesu 
abbia  detto).  Tuttavia  (continua  VAutore)  come  fonti  storiche, 
hanno  pure  qualche  pregio;  tanto  piu  che  il  loro  fine  non 


8  IL   CRISTIANES1MO 

e  estraneo,  ma  in  gran   parte  conforme   alle    intenzioni  di 
Gesu  Cristo  »  (p.  20). 

Ed  ecco,  finalmente,  bene  o  male,  trovate  le  fonti  del 
Vangelo  di  Gesu  Cristo.  Sessant'anni  or  sono,  Davide  Fede- 
rico  Strauss  aveva  tutto  demolito,  anche  questi  tre  EvangelL 
Ora,  pero,  «  il  lavoro  di  due  generazioni  riusci  a  ricostituirli 
in  gran  parte  »  (p.  20).  E  noi  per  conto  nostro  ci  consoliamo 
di  questo  ritorno  indietro  del  razionalismo. 

Ma  qui  non  e  tutto.  Oltre  il  detto,  v'6  un'altra  cosa  da 
togliere  in  questi  stessi  treEvangeli,  perch&  sieno  fonti  schiette 
di  Cristianesimo  ;  si  devono,  cioe,  del  tutto  eliminare  le  war- 
razioni  miracolose.  De'  miracoli  evangelic!  afferma  1'Har- 
nack  quanto  segue:  o  sono  esagerazioni  di  fatti  naturali  che 
fecero  grande  impressione ;  o  sono  similitudini  oppure  pro- 
iezioni  di  fatti  psichici  nel  mondo  esterno ;  o  sono  invenzioni 
per  desiderio  di  veder  verificate  le  profezie  dell'Antico  Te- 
stamento ;  o  guarigioni  operate  dalla  potenza  spirituale  di 
Gesu :  o  finalmente  sono  fatti,  «  di  cui  non  c'e  spiegazione 
possibile  »  (p.  28). 

Quest'esclusione  de'  miracoli,  e  il  ridurli  o  ad  invenzioni 
o  ad  esagerazione,  impensierisce  pero  1'Autore  non  poco,  pa- 
rendogli  un  vero  arbitrio;  quindi  fa  coraggio  ai  piccoli  in- 
creduli  dicendo:  «  Non  lasciamoci  scoraggiare  da  questa  o 
quella  storia  di  miracoli,  che  ci  paia  strana  o  ci  dispiaccia. 
Quello  che  troveremo  dj  inesplicabile,  possiamo  senz'altro 
lasciarlo  da  parte.  Forse  non  ce  ne  occuperemo  mai  piii; 
forse  piu  tardi  esso  acquistera  un  significato  impreveduto. 
Sia  detto  ancora  una  volta:  non  lasciamoci  scoraggiare! 
La  questione  de'  miracoli  e  cosa  indifferente,  rispetto  a 
tutto  il  rimanente  che  6  contenuto  negli  Evangeli  »  (p.  29). 

III. 

Facciamo  un  po'  di  sosta  ed  esaminiamo  questo  primo 
punto  delle  fonti,  donde  il  razionalismo  intende  attingere  la 
nozione  del  vero  Cristianesimo. 


DI   ADOLFO   HARNACK  9 

Innanzi  tutto,  a  dire  il  vero,  in  tutta  questa  teoria  ra- 
zionalistica  noi  scorgiamo  una  paura  latente,  la  paura  di  tro- 
var  Dio  operante  nel  mondo,  operante  non  in  modo  consueto, 
ma  insolito,  e  quindi  piu  efficace.  D'un  Dio  lontano,  che  non 
s'introduca  nel  nostro  mondo  per  istruirci  o  comandarci,  non 
hanno  difficoM  ammettere  1'esistenza,  e  1'Harnack  I'ammette ; 
anzi  in  cio  alcuni  razioaalisti  sono  veramente  bonarii,  poi- 
che  neppure  esigono  le  prove,  non  curandosi  piu  della  cri- 
tica.  Ma  checch6  sia  di  questa  paura  latente,  sia  essa  un 
nostro  sospetto  od  una  realta,  non  ce  ne  vogliamo  occupare ; 
non  volendo  ora  noi  fare  un  processo  delle  intenzioni  del 
dottori  razionalisti.  E  giacche  essi  dicono  di  parlare  a  nome 
della  critica,  esaminiarno  la  loro  dottrina  da  critici,  comin- 
ciando  da  quest 'ultima  asserzione  riguardo  ai  miracoli. 

L'Harnack  dunque  esclude  i  miracoli  dalle  fonti  evange- 
liche  non  gi&  precisamente  in  nome  della  critica  storica  (quasi 
che  gli  autori  de'  Vangeli  non  sieno  fededegai)  ma  princi- 
palmente  in  nome  della  fllosofia;  e  dice:  «  I  miracoli,  se 
s'intendono  come  infrazioni  dell'ordine  naturale,  non  sono  pos- 
sibili  »  (p.  26).  Quindi  conclude  che  tali  narrazioni  miraco- 
lose  sono  da  scartarsi  dalle  fonti  evangeliche  o  al  piu  si  deve 
dar  loro  una  spiegazione  naturale,  e  quando  non  si  potesse, 
si  devono  mettere  a  dirittura  da  parte  (p.  26-29).  La  com- 
modita  di  quest7 ultima  asserzione  e  indiscutibile. 

Ma  donde  ha  attinto  T  Harnack  la  certezza  che  Dio  non 
possa  far  miracoli  ?  Anzi  sembra  tutto  il  contrario ;  poiche, 
se  Dio  ha  data  la  vita  ad  una  creta  quando  creo  1'uomo, 
perche  non  potrebbe  darla  ad  un  cadavere?  Perche  non  po- 
trebbe  intervenire  in  modo  straordinario  nel  creato,  quando 
lo  credesse  necessario,  p.  es.  per  manifestare  all'uomo  la 
sua  presenza  e  i  suoi  voleri?  II  padrone  che  ha  fatto  le  leggi, 
perch6  non  potrebbe  sospenderle  per  qualche  momento?  Non 
s'  intende  come,  asserendo  egli  di  non  conoscere  tutte  le  forze 
della  natura,  affermi  poi  con  tanta  franchezza  quel  che  possa 
o  non  possa  la  Divinita.  Alia  gratuita  affermazione  contro 
la  possibilita  del  miracolo,  TAutore  aggiunge  una  prova,  ed 


10  1L   CRISTIANESIMO 

e  che  non  si  conosce  il  limite  tra  il  possibile  e  1' impossibile 
(p.  25)  e  che  s'ignorano  le  forze  della  natura  (p.  27).  Al  che 
6  stato  gia  mille  volte  risposto,  cio6  che  s'ignora  bensl  tutto 
quel  che  la  natura  puo,  ma  si  sa  benissimo  in  molti  casi 
quel  che  non  pub.  Non  si  sa  qual  peso  possa  Tizio  recare 
sulle  sue  spalle,  ma  si  sa  benissimo  che  non  pub  portare 
una  montagna.  Cosi  6  della  natura :  non  si  sa  tutto  quel  che 
puo;  ma  si  sa  certamente  che  non  puo  far  risorgere  un 
morto,  n6  dare  all' improvviso  la  vista  ad  un  cieco.  II  che 
se  accade,  evidentemente  v'e  1'  inter ven to  straordinario  del- 
1'autore  della  natura  e  si  verifica  un  miracolo.  —  Dunquer. 
non  la  critica  spinge  -1'  Harnack  ad  eliminare  i  miracoli  dai 
Vangeli,  ma  solamente  1'arbitrio. 

IV. 

Ma  c'e  di  peggio.  Chi  si  proponesse  di  esaminare  una 
pittura,  e  dichiarasse  indifferente  avere  gli  occhi,  si  pri- 
verebbe  di  quel  che  6  indispensabile  allo  scopo;  ne  gioverebbe 

11  dire  che  la  bont&  della  pittura  6  indipendente  clagii  occhi 
di  chi  la  guarda.  Or  in  simil  maniera  si  comporta  il  professore- 
berlinese  riguardo    all'essenza  del  Gristianesimo  che  vuole 
esaminare.  Si  propone  egli  di  studiare  il  vero  Cristianesimo,. 
ossia  la  dottrina  di  Gesu ;  e  poi  si  priva  del  mezzo  indispen- 
sabile ed  unico  per  tale  studio,  che  e  compreso  ne'  miracoli. 
Poich6  quel  che  da  valorc  alia  dottrina  di  Gesu  non  6  gi& 
propriamente  la  dottrina  in  s6  stessa,  si  bene  V autorita  della 
persona  che  parla  ed  insegna.  Se  quella  dottrina  6  quella 
d'un  inviato  di  Dio  avi\a  un  pregio,   se  6  quella  d'un  uomo 
qualsiasi  ne  avra  un  altro.  In  uno  che  si  dichiara  ambascia- 
tore  quel  che  vale  soprattutto  e  che  cgli  sia  veramente  spedito 
da  uri  Sovrano  a  manifestare  i  suoi  voieri;  quindi  per  prima 
cosa  si  bada  alle  sue  lettere  credenziali.  Ora,  i  miracoli  sono 
apputito   le   credenziali,  onde   Gesu   Cristo  si  manifesta  per 
Legato  di  Dio  air  uomo  e  per  questa  legazione  la  sua  parola 
ha  valore.  Togliete  i  miracoli,  ed  egli  e  come  eliminare  le 


DI   ADOLFO   HARNACK  11 

lettere  patent!  d'tin  ambasciatore  o  come  fare  a  raeno  degli 
occhi  nel  volere  esaminare  una  pittura.  Gesu  Cristo  rirnane 
allora  un  semplice  uomo ;  ed  egli  pud  dire  ed  insegnare  cose, 
quanto  si  voglia  alte  e  sublimi,  queste  rimarranno  nella  cer- 
chia  delle  dottrine  umane,  come  quelle  di  Socrate  e  Pla- 
tone,  e  nulla  piii ;  ne  varrebbe  il  pregio  d'occuparsene  tanto. 

E  poi  r  Harnack  non  vorra  certo  di  Gesu  fare  un  irnbe- 
cille;  anzi  dice  che  egli  ha  nobilitato  tanto  rumanita  perche 
ha  dato  ad  essa  il  vero  senso  della  vita,  additandoci  il  mondo 
di  la  (p.  63),  e  gli  attribuisce  una  missione,  che  niuno  ebbe 
mai  nel  nostro  mondo  per  parte  di  Dio ;  anzi  giunge  perfino 
.a  /dire  che  la  novita  della  predicazione  di  Gesu  non  e  tanto 
da  cercarsi  nella  dottrina  stessa,  quanto  nella  forza  e  vigoria 
onde  egli  predicava.  «  E  Gesu  predicava  come  avendo  au- 
torita,  non  come  gli  scribi;  questa  e  1'impressione  che  ne 
ricevevano  i  suoi  discepoli.  Le  sue  parole  erano  parole  di 
vita,  granello  di  semente  che  germogliavano  e  producevano 
frutto,  questo  era  il  nuovo  »  (p.  49).  Cosi  T  Harnack  Dal 
che  appare,  anche  per  sua  confessione,  che  dichiarare  cosa  in- 
differente  i  miracoli  donde  viene  ogni  autorita  a  G.  Cristo  e 
alia  sua  dottrina  6  non  solo  togliere  a  questa  dottrina  ogni 
pregio,  ma  precludersi  ogni  adito  per  giudicarla.  In  tal  caso 
fu  piu  logico  lo  Strauss.  Egli  dichiarava  falsi  i  Vangeli  perche 
contenevano  la  narrazione  di  miracoli;  1'Harnack  li  dichiara 
autentici,  ma  eccettua  i  miracoli.  L'arbitrio  e  piii  flagrante. 

Finalmente  quel  Gesu,  di  cui  si  vuole  studiar  la  dottrina, 
fa  continuamente  appello  ai  miracoli  per  provare  la  sua  mis- 
sione da  Dio.  Dunque  egli  aveva  coscienza  che  que'  fatti 
erano  appunto  da  lui  operati  a  quel  fine.  Quindi,  una  delle 
due :  0  egli  allora  parlava  da  senno  o  no.  Se  no,  egli  sarebbe 
stato  il  piu  goffo  degli  uomini,  e  questo  non  lo  concedono  i 
razionalisti ;  se  poi  parlava  da  senno,  perch6  togliere  quei 
miracoli  dal  Vangelo? 

Quindi  del  tutto  paradossale  6  per  un  critico  il  dire :  «  La 
•questione  de'  miracoli  e  cosa  indifferente  »  (p.  29).  Come?  si 
43  dinanzi  ad  un  uomo  che  si  dichiara  mandato  al  mondo  da 


12  IL   CRISTIANESIMO 

Dio ;  che  dice  di  esistere  prima  di  Abramo ;  che  afferma  se 
esser  piii  di  Salomone ;  che  annunzia  che  verra  a  giudicare 
tutti  gli  uomini  tra  le  nubi  del  cielo;  che  si  dichiara  pel 
Messia  promesso,  eccetera ;  ed  a  provare  che  non  mentisce, 
i  suoi  biografi  narrano  che  facesse  miracoli  e  ad  essi  conti- 
nuamente  appellasse;  ed  ecco  che  uno  scienziato,  un  ciitico 
del  secolo  XX,  messosi  allo  studio  serio  per  investigare  la 
dottrina  di  quest 'uomo  misterioso,  dichiara  essere  indiffe- 
rente  la  questione  de'  miracoli  ossia  la  prova  della  veridicita 
di  quest'uomo  misterioso!  Affe,  che  questa  &  una  meravigiia 
inaudita.  E  da  dire  piuttosto  che  tal  questione  e  solenne  e 
decisiva.  Da  essa  dipende  se  quell7 uomo  debba  dirsi  un  pazzo 
o  no ;  se  debba  condannarsi  a  morte,  come  fece  la  Sinagoga, 
o  serbargli  gli  onori  della  posterita. 

Dice  THarnack:  «  Ma  e  di  grande  momento  il  non  dimen- 
ticare  che  Gesu  ai  proprii  miracoli  non  diede  mai  quel  valore 
decisive  che  gia  vi  attribuiscono  Fevangelista  Marco  e  gli 
altri...  La  sua  opinione  su  questo  punto  deve  essere  stata 
affatto  di  versa  da  quella  de'  suoi  evangelist!  »  (p.  29).  —  Oh 
questa  e  singolare !  Noi  sappiamo  il  pensiero  di  Gesu  da  quel 
che  narrano  gli  evangelisti,  poiche  la  parola  e  il  pensiero  di 
lui  non  fu  gia  consegnato  ad  un  fonografo  e  a  noi  trasmesso 
indipendentemente  dagli  evangelisti.  0  come  si  puo  dunque 
appellare  all7  opinione  di  Gesu,  dissentendo  dagli  scrittori 
delle  sue  parole  ?  E  poi  Gesu  mille  volte  fa  richiamo  ai  suoi 
miracoli  come  ad  opere  che  provano  la  sua  missione  da  Dio; 
che  se  una  volta  disse :  Se  non  vedete  prodigi,  non  credetey 
fu  solo  per  rinfacciare  ai  suoi  nemici  la  troppa  pretensione 
e  la  somma  incontentabilita  in  tal  parte,  esigendo  sempre 
nuove  e  nuove  prove  e  non  tenendo  alcun  conto  delle  gia 
date.  Percio  talora  si  asteneva  dal  far  miracoli,  come  fece 
dinanzi  alia  curiosita  di  Erode,  per  giusto  giudizio.  Final- 
niente,  se  anche  Gesu  non  avesse,  per  ipotesi,  fatto  caso 
do7  miracoli  a  provar  la  sua  missione,  dovremmo  fame  conto 
noi,  non  dovendo,  n6  potendo  noi  accettare  ad  occhi  chiusi 
chi  ci  annunzia  cose  cosi  meravigliose  delUesser  suo. 


DI   ADOLFO   HAKNACK  13 

Niuna  ragione  dunque  giustifica  1'Harnack  nella  sua  esclu- 
sione  de'  miracoli  dal  Vangelo ;  e  per  questo  anzi  si  fa  ma- 
nifesto che  nel  suo  libro  il  pregiudizio  prende  il  posto  della 
critica.  Ed  e  strano  che  noi  dobbiamo  dare  lezioni  di  critica 
al  sommo  Critico  che  egli  e,  come  appare  dalla  sua  Storia 
dell'antica  letteratura  cristlana. 

V. 

Questa  esclusione  de'  miracoli  dagli  evangeli  e  il  punto 
decisivo  per  1'Harnack  e  pel  razionalismo.  Non  e  quindi  me- 
raviglia  che  esso  neghi  gli  onori  di  fonti  autentiche  per  co- 
noscere  la  dottrina  di  Gesu  all'Antico  Testamento  e  alle  Let- 
tere  di  S.  Paolo;  poiche  ambedue  queste  fonti  hanno  per 
base  un'azione  miracolosa  di  Dio.  Nell'Antico  Testamento 
Dio  rivelo  per  mezzo  de'  profeti  molte  cose  riguardanti  il 
Messia  (la  profezia  e  un  miracolo);  viceversa  Gesu  approvo 
quella  rivelazione,  facendo  sua  tutta  la  dottrina  dogmatica  e 
morale  ivi  contenuta.  S.  Paolo  parimente  con  una  prova  mi- 
racolosa fu  eletto  da  Dio  a  predicatore  e  rivelatore  della  dot- 
trina di  Gesu.  Quindi  per  1'Harnack  ne  1'A.  Testamento,  116 
le  Lettere  di  S.  Paolo  sono  fonti  di  cristianesimo.  Le  profezie 
delPA.  Testamento  secondo  lui  non  sono  punto  profezie  nel 
senso  stretto  della  parola,  ma  vaghe  previsioni  popolari,  di 
cui  si  approfittarono  gli  Evangelisti  e  gli  Apostoli  di  Gesu 
per  farlo  credere  Messia  (p.  28);  talch6  Gesu  stesso  (dice 
egli)  finl  con  credersi  tale.  «  Per  quali  vie  (continua  1'Autore) 
Gesu  abbia  acquistato  coscienza  di  essere  il  Messia,  non  e 
cosa  che  possiamo  mettere  in  chiaro...  Secondo  la  tradizione 
piu  antica,  Gesu  senti  pienamente  di  essere  il  Messia,  ael 
momento  in  cui  ricevette  il  battesimo  »  (p.  138).  Per6  sog- 
giunge  piu  sotto :  pare  che  «  Gesu,  quando  comincio  a  pre- 
dicare  in  pubblico,  avesse  gia  presa  la  sua  decisione  »  (p.  139). 
Cosi  THarnack  parla  della  messianita  di  Gesu ;  proprio  come 
di  un  Fregoli  qualsivoglia  o  d'un  Ermete  Novelli,  che  si  de- 
cidesse  a  fare  questa  o  quella  parte  in  commedia! 


14  IL  CRIST1ANESIMO 

L'istesso  ripetasi  del  quarto  Vangelo  e  degli  Atti  degli 
Apostoli,  anch'essi  esclusi  dal  novero  delle  fonti.  E  inutile 
dimandarne  la  ragione.  --  Eppure,  per  conoscere  un  uomo  e 
la  sua  dottrina  sarebbe  di  molta  importanza  sapere  che  cosa 
ne  pensassero  i  primi  suoi  discepoli;  i  primi  che,  come  si 
vede  negli  Atti,  posero  mano  ad  incarnare  il  suo  disegno. 
L'Harnack  stesso  dice :  «  In  ogni  grande  personaggio  storico 
v'e  qualche  cosa  che  non  si  manifesta,  se  non  quando  opera 
suiranimo  di  altri  uomini.  Possiamo  anzi  dire  che,  quanto 
piu  grande  e  il  personaggio  e  quanto  maggiore  e  Pazione  di 
esso  nella  storia  e  neiranimo  degli  altri  uomini,  tanto  meno 
e  possibile  conoscerlo  in  tutto  Pesser  suo  unicamente  da'  suoi 
atti  e  dalle  sue  parole  »  (p.  10,  11).  0  perche,  dunque,  egli 
poi  esclude  dalla  dignita  di  fonti  PA.  Testamento,  a  cui  Gesii 
e  Popera  sua  e  intimaniente  connessa?  Perche  esclude  la  sto- 
ria della  Chiesa  nascente  ?  Perche  esclude  il  quarto  Vangelo 
e  le  Lettere  di  Paolo  ?  Egli  non  ne  da  qui  ragione  alcuna.  Ne 
noi  vogliamo  ora  prenderci  la  briga  di  ripetere  la  dimostra- 
zione  delPautenticita  di  tali  documenti.  Ci  basti  osservare 
che  la  gratuitk  onde  egli  sopprime  i  miracoli  ci  e  malleva- 
drice  della  gratuita  onde  sopprime  queste  altre  fonti. 

Del  resto  chi  volesse  polemizzare  con  lui,  i  tre  primi  Van- 
geli  che  egli  ammette,  sarebbero  sufficientissimi  a  confutarlo 
pienamente. 


VI. 


Continuando  ora  a  presentare  ai  lettori  lo  schema  del  pen- 
siero  delPHarnack,  dopo  aver  egli  stabilite  le  fonti  del  Cri- 
stianesimo,  aggiunge  poi  il  criterio  per  giudicarle,  essendovi 
in  esse  mescolato  qualche  elemento  non  schiettamente  cri- 
stiano  e  proprio  di  Gesii  Cristo.  «  Non  gia,  egli  dice,  che  si 
trovino  in  essi  interpolazioni  di  tempi  posteriori...,  ma  qua 
e  la  si  riflettono  anche  in  essi  le  condizioni  della  primitiva 
comunita  cristiana...  Inoltre  la  persuasione  che  nella  storia 
di  Gesu  si  sia  verificata  la  profezia  delPAntico  Testamento 


DI   ADOLFO   HARNACK  15 

ha  contribuito  ad  alterare  la  tradizione.  In  ultimo  e  evidente 
che  in  non  poche  narrazioni  I'elemento  meraviglioso  e  stato 
molto  esagerato  »  (p.  23).  Queste  alterazioni  « lo  studioso  puo 
facilmente  correggere  o  mediante  la  comparazione  degli  Evan- 
geli  o  con  quel  sano  e  maturo  giudizio  die  e  frutto  degli 
studii  s  tor  id  »  (p.  24). 

Questo  e  dunque  il  criterio  per  isceverare  il  vero  dal  falso 
in  quel  tre  documenti  evangelici:  il  sano  e  maturo  giudizio 
che  e  frutto  degli  studii  storici.  —  Altre  volte  per6  1'autore 
formola  questo  criterio  in  altro  modo ;  afferma,  cioe,  che  per 
conoscere  il  Cristianesimo  vero  bisogria  tener  d'occhio  a  quel 
che  in  esso  e  essenziale,  immutabile  e  a  quello  che  e  muta- 
bile  secondo  le  varie  epoche  storiche.  E  conchiude  che  il  vero 
Cristianesimo  e  quello  che  ha  valore  in  ogni  tempo  ed  e  in- 
cluso  nelle  varie  forme,  onde  esso  si  6  attuato  nella  storia. 
«  Di  qui  risulta  per  lo  storico,  di  cui  e  altissimo  ufficio  sta- 
bilire  quel  che  ne'  fatti  ha  valore  permanente,  la  necessita 
di  non  attaccarsi  alle  parole,  ma  di  cercare  a  mettere  in  luce 
cio  che  e  essenziale  »  (p.  13).  Ma  qual  sara  quello  che  nel  Van- 
gelo  6  veramente  essenziale  ?  L'Autore  risponde:  «  Quello  che 
e,  per  cosi  dire,  prettamente  evangelico,  par  la  a  noi  in  modo 
cosl  semplice  e  forte  da  non  poterlo  fraintendere...  Chi  pos- 
siede  un  chiaro  intuito  e  un  senso  sicuro  di  cib  die  e  ve- 
ramente vivo  e  grande,  non  puo  non  arrivare  alia  sostanza 
dell' Evangelo,  spogliandolo  dell' involucro,  di  cui  Tha  rive- 
stito  la  storia  »  (p.  14). 

Si  conchiude  dunque  che  con  «  un  maturo  giudizio,  frutto 
degli  studii  storici  »  e  con  «  un  chiaro  intuito  di  cib  che  e 
veramente  vivo  e  grande  »  si  puo,  in  quelle  tre  fonti  evan- 
geliche,  sceverare  la  sostanza  del  Cristianesimo  vero  dal  falso. 

Ognuno  vede  che  stiamo  nel  mondo  del  soggettivismo  puro. 

VII. 

In  questo  criterio  e  contenuta  tutta  1'essenza  del  razio- 
nalismo,  che  e  Tincredulit^  elevata  a  scienza.  Esso  in  niun 
modo  vuole  accettare  i  fatti  soprannaturali,  che  la  storia 


16  IL  CRISTIANESIMO 

ci  presenta,  quali  essi  sono  semplicemente  e  sinceramente, 
ma  vuole  ridurli  alia  stregua  di  fatti  naturali;  allora  e  solo 
allora  essi  hanno  il  Nulla  osta  per  essere  ammessi  tra  i  fatti 
storici.  E  inutile  arrecar  testimonianze  di  chi  vide  co'  pro- 
prii  occhi  que'  fatti ;  le  testimonianze  nulla  valgono,  eontra- 
riamente  ad  ogni  legge  di  critica.  In  altre  parole,  il  razio- 
nalismo  con  quel  criterio  s'oppone  recisamente  a  qualsiasi 
intromissione  straordinaria  di  Dio  nel  mondo  ed  a  qualsiasi 
rivelazione  positiva  di  lui  all'uomo,  sia  che  Dio  insegni  una 
dottrina,  sia  che  dia  preeetti,  sia  che  istituisca  un  consorzio 
giuridico  per  diffondere  e  mantenere  i  suoi  insegnamenti.  Tut- 
toeio,  al  phi,  sara  accettato  solamente  quando  sia  ridotto 
allo  stampo  di  un  avvenimento  naturale,  vale  a  dire  dopo- 
che  sia  stato  distrutto. 

Qui,  come  ognun  vede,  &  Tessenza  del  razionalismo ;  e 
rHarnack,  che  n'e  il  precipuo  rappresentante,  lo  dichiara 
apertamente. 

Con  quel  criterio  (6  facile  vederlo)  ogni  evento  sopranna- 
turale,  per  quanto  attestato  da  testimoni  fededegni,  6  scar- 
tato  irremissibilmente  dal  regno  della  storia  dal  grande  Critico 
alemanno.  Se  i  discepoli  di  Gesii  negli  Evangeli  narrano  che 
questi  fece  miracoli,  egli  sentenzia  che  o  sono  esagerazioni 
di  fatti  naturali  o  racconti  mitici  (p.  28);  se  dicono  che  Gesii 
appellava  ai  miracoli  per  provare  la  sua  missione,  risponde 
che  Topinione  di  Gesii  non  era  quella  che  i  suoi  biografl  gli 
ascrivono  (p.  29);  se  narrano  fatti  ne'  quali  dicono  veriflcarsi 
qualche  antica  profezia,  egli  giudica  che  tale  introduzione 
delle  cosi  dette  profezie  nella  vita  di  Gesii,  6  un  alterare 
1'  Evangelo  (p.  23);  se  dicono  che  Gesii  fondo  una  Chiesa, 
egli  reputa  che  tale  narrazione  «  riflette  le  condizioni  della 
primitiva  comunita  cristiana  »  (p.  23),  e  concede  si  che  «  tra 
i  suoi  discepoli  si  costitui  una  comunita  »,  ma  che  Gesii  «  non 
aveva  fatta  una  societa  ordinata  ad  un  fine  religiose  »  (p.  152), 
vale  a  dire  che  si  fece  dire  a  Gesii  quel  che  gli  uomini  fe- 
cero  dopo  lui  partito;  se  dicono  che  Gesii  6  Dio,  si  meravi- 
glia  del  loro  fanatismo  e  del  come  «  si  potesse  concepire  e 


DI   ADOLFO   HARNACK  17 

conservare  immutata  ne'  cuori  la  sperauza  che  in  lui,  non 
ostante  la  passione  e  la  morte,  si  vedesse  r  annunciate  Messia 
e  non  un  Messia  conforme  al  concetto  volgare,  ma  il  Signore, 
il  Salvatore  vivo  e  vivente  »  (p.  155).  E  aggiunge  alia  sua 
maraviglia  questo  detto:  «  Non  cosi  parlarono  del  loro  pro- 
feta  i  discepoli  di  Maometto  !  »  (p.  165). 

Applicando  cosi  alle  fonti  della  storia  di  Gesii  il  criterio 
sopra  esposto,  il  grande  Critico  crede  riuscire  a  far  rientrare 
Dio  nel  suo  regno  inaccessible,  e  ad  eliminare  ogni  sua  ri- 
velazione  nel  mondo.  Non  solo;  ma  per  somma  degnazione 
o  scherno  inaudito  (quasi  che  gli  uomini  tutti  fossero  innanzi 
a  lui  tanti  bambini)  magnifica  con  parole  melliflue  T opera 
di  Gesii,  lo  dice  piu  grande  di  Socrate  e  1'unico  eke  diede  si- 
gnificato  alia  vita;  e  rampogna  paternamente  gli  altri  razio- 
nalisti  a  non  ispaventarsi  de'  miracoli  evangelici,  poichk  (dice) 
«  uno  dei  piu  grandi  progress!  della  scienza  storica  in  que- 
sti  ultimi  tempi  sta  per  Tappunto  nell'avere  imparato  a  giu- 
dicare  in  modo  piii  ragionevole  e  meno  ostile  tali  narrazioni 
di  miracoli,  riconoscendo  anche  a  queste  il  valore  di  fonti 
storiche  e  traendone  profitto  »  (p.  24).  II  profitto  sta  nello 
spiegarli  nel  modo  indicato,  riducendoli,  cioe,  a  cose  natu- 
rali,  e  quindi  al  nulla  per  lo  scopo  voluto  da  chi  li  opero. 


VIII. 


Dopo  tali  fondamenti  e  dietro  tali  norme,  passa  il  Razio- 
nalista  ad  esporre  qual  sia  Tessenza  del  Cristianesimo.  E  lo 
fa  in  due  modi :  primo  negativamente,  insegnando  quel  che 
non  e  Cristianesimo  ;  e  poi  positivamente,  dicendo  quel  che 
il  Cristianesimo  £.  In  tal  modo,  quasi  con  una  prova  e  ri- 
prova,  si  ha  di  tale  importante  materia  un  concetto  chiaro 
e  distinto. 

Cominciamo  dalla  parte  negativa,  passando  brevissima- 
mente  in  ri vista  i  punti  principali  di  cui  egii  discorre  nel 
suo  libro  ;  tanto  per  dare  un  saggio  ai  lettori. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1261.  2  20  dicembre  1902. 


18  IL   CRISTIANESIMO 

1.  Gesu  Cristo  Dio-Uomo.  —  La  dottrina  che  Gesu  Cristo 
sia  Dio  e  Uomo  e  dichiarata  dal  Critico  alemanno  dottrina 
estranea  al  Cristianesimo.  «  L'idea  della  redenzione  nel  senso 
della  natura  umana  divinizzata,  appartiene  ad  un  Cristia- 
nesimo di  ordine  inferiore...  Tutta  questa  dottrina  &  per  se 
stessa  inammissibile,  perche  non  ha  quasi  alcun  legame  col 
Gesu  Cristo  dell'Evangelo :  le  sue  formole  non  si  adattano  a 
questo  Gesu  Cristo ;  esso  non  ha  dunque  un  fondamento  nella 
realta  »  (p.  286).  Quindi  conclude  che  la  cosi  detta  Cristo- 
logia,  insegnata  da  S.  Paolo  con  la  redenzione  6  cosa  fuori 
del  Cristianesimo.  «  Che  sia  un  traviamento  il  fare  della  Cri- 
stologia  il  fondamento  e  la  sostanza  dell'Evangelo...  ce  lo 
insegna  la  predicazione  di  Gesu,  che  in  ogni  sua  parte  ha 
sempre  di  mira  la  questione  essenziale  e  senza  ambagi  col- 
loca  ogni  uomo  al  cospetto  del  suo  Dio  »  (p.  184);  cio6  senza, 
intermediario  o  redentore  di  sorta.  Paolo,  egli  scrive,  «  enun- 
cio  per  il  primo  il  principio  che  non  solo  Dio  fu  in  Cristo, 
ma  che  Cristo  ebbe  egli  stesso  un'essenza  celeste.  Per  gli  Ebrei 
questo  principio  non  usciva  fuori  de'  limiti  della  tradizione 
messianica,  ma  tra  i  Greci  doveva  produrre  idee  affatto  nuove  » 
(p.  185);  cioe  di  Gesu  Cristo  ne  fecero  il  Logos  della  lora 
filosofia,  talch6  per  questi  Greci  «  il  Logos  non  puo  essere 
che  Dio,  il  quale  pur  necessariamente  diviene  vero  uomo  » 
(p.  233).  Quindi  pel  Critico  alemanno  Gesu  Cristo  6  un  puro 
uomo. 

Pero  gli  si  potrebbe  ripetere  la  domanda  fatta  poco  so- 
pra.  Ma  quest' uomo  si  diede  per  Figlio  di  Dio,  si  disse  su- 
periore  a  Salomone,  si  proclamo  piu  antico  di  Abramo,  si  ma- 
nifesto come  Legato  di  Dio,  additando  come  prova  ai  mira- 
coli  che  faceva  e  a  quelli  che  avrebbero  fatto  i  suoi  seguaci, 
come  consta  dalla  storia  antica  e  moderna.  Ora,  una  delle  due: 
o  disse  il  vero,  e  allora  sbaglia  il  nostro  Critico,  o  disse  il 
falso,  e  allora  fu  un  pazzerello  scimunito,  sulla  dottrina  del 
quale  non  occorre  fare  un  corso  di  lezioni  nel  secolo  XX 
all'Universita  di  Berlino.  —  Al  che  egli  risponde:  Non  fu  gia 
pazzo;  furono  i  biografi  che  gli  attribuirono  quelle  asserzionL 


DI  ADOLFO   HARNACK  19 

<(  La  sua  opinione  su  questo  punto,  deve  essere  stata  affatto 
diversa  da  quella  de'suoi  evangelist!  »  (p.  29).  Ed  altrove :  « II 
detto,  lo  sono  il  Figliuol  di  Dio,  non  fu  inserito  da  Gesii 
nell'Evangelo  ;  chi  ve  lo  pone...  aggiunge  qualche  cosa  al- 
1'Evangelo  »  (p.  145). 

Dunque  quest!  evangel!  sono  favole,  come  diceva  lo  Strauss? 
—  No,  ripiglia  ;  sono  storia,  ma  bisogna  spiegarli  con  quel 
criterio  sopra  esposto. 

H  che  in  lingua  povera  significa  che  sono  storia,  e  non 
sono  storia.  Storia  perch6  1'Harnack  I'afferma,  non  sono  sto- 
ria  perch6  dicono  il  falso.  E  questa  e  davvero  Yessenza  della 
•critica. 

2.  La  Trinita  delle  persone  in  Dio.  —  Questa  dottrina,  in- 
segna  1'Harnack  6  ugualmente  estranea  al  Cristianesimo.  Essa 
e    «  una  concezione  de'  cattolici  greci  »  (p.  230),  e  un  frutto 
di  formole   della   filosofia  greca  (pp.  230-237).  E  cosi  anche 
questo  domma  fondamentale  per  i  cristiani  6  un'altra  buccia 
da  togliere,  per  trovare  il  nocciolo  del  Cristianesimo. 

3.  Chiesa  e  Sacerdozio.  —  Gesu  Cristo,  insegna  1'Harnack, 
non  fondo  alcun  istituto  giuridico :  «  la  Chiesa  non  e  altro  se 
non  la  societa  dei  fedeli,  nella  quale  si  predica  secondo  verita 
la  parola  di  Dio  »  (p.  272).  Quindi  il  Protestantesimo,  egli 
dice,   «  fu  una  riforma  rispetto   alia   Chiesa  (cattolica),  alia 
sua  autorita  e  a  tutto  il  suo  apparato  »  (p.  268) ;  e  cosi  fu 
«  distrutto  queirimmane  e  complicato  edifizio  che  aveva  usur- 
pato  il  nome  di  religione ;  edifizio,  in  cui  avevano  il  loro 
posto  TEvangelo  e  Tacqua  benedetta,  il  clero   universale  e 
la  sovranita  del  Papa...  La  religione  fu  ridotta  ai  suoi  fattori 
^ssenziali :  la  parola  di  Dio  e  la  fede  »  (p.  269).  Dunque  niente 
clero,  niente  autorita,  niente  organamento  sociale. 

Ma  non  ha  letto  negli  Evangel!  il  sommo  Critico  che  Gesu 
Cristo,  dopo  avere  tra'  suoi  seguaci  scelti  alcuni  che  nomino 
Apostoli  o  Nunzii,  li  costitui  maestri  della  sua  dottrina  co- 
mandando  loro  che  andassero  a  predicare  a  tutti  gli  uomini, 


20  JL   CRIvSTlANESIMO 

ed  insegnassero  loro  le  sue  dottrine,  aggiungendo  che  chi 
ascoltera  loro  ascoltera  lui  stesso  e  chi  non  credera  loro,  sara 
irremissibilmente  condannato?  E  come  non  deve  dirsi  giu- 
ridico  un  magistero  al  cui  insegnamento  6  annessa  tale  san- 
zione?  Non  ha  letto  che  ad  uno  di  tali  Apostoli  cambio  il 
nome  di  Simone  in  quello  di  Pietra  costituendolo  capo  e  fon- 
damento  d'una  societa?  0  che  cos'ealtro  la  Chiesa  cattolica, 
se  non  Tincarnazione  di  questa  storia  evangelica?  E  que'primi 
maestri  non  costituivano  poi  essi  alia  loro  volta,  nelle  citta 
i  loro  successor!?  Come  puo  dunque  affermare  1'Harnack 
che  «  la  Chiesa  romana  non  e  altro  che  rimpero  romano  con- 
secrato  dal  Vangelo  »  (p.  252)?  L'Impero  romano,  6  vero,  fu 
un  terrene  acconcio  a  fare  sviluppare  il  germe  dell' opera  di 
Cristo;  ma  il  germe  non-ebbe  dairimpero  romano,  ma  da 
Cristo,  la  virtu  produttiva. 

E  cosa  curiosa  poi  il  sentirlo  discorrere  di  «  parola  di  Dio  » . 
Ma  dov'e  tal  parola  di  Dio?  La  parola  di  Dio  nel  senso  sto- 
rico  e  una  dottrina  rivelata  da  Dio.  Or  la  rivelazione  e  un 
miracolo  che  T  Harnack  non  ammette.  Dunque,  non  v'  6  la 
coerenza  in  discorrere  di  «  parola  di  Dio  »,  dopo  avere  ne- 
gato  il  miracolo.  Veramente  la  critica  razionalistica,  quando 
passa  dal  campo  dell'erudizione  in  quello  della  fiiosofia,  si 
mostra  bambinesca. 

4.  Professione  di  Fede.  —  I  seguaci  di  Gesii  fino  ab  an- 
tico,  ridotte  ad  un  elenco  le  verita  che  furono  rivelate  da 
lui  qual  Legato  di  Dio  e  Figliuoio  stesso  di  lui,  si  fecero  un 
dovere  inviolabile  di  fame  professione  non  solo  privata, 
come  regola  del  loro  pensare,  ma  altresi  pubblica  come  com- 
ponent! la  societa  de'  Fedeli.  Tuttocio  era  logico;  poiche,  se 
il  Cristianesimo  era,  come  di  fatto  fu,  una  manifestazione  dej 
secreti  di  Dio  agli  uomini  (manifestazione  composta  di  ve- 
rita per  T  intelletto  e  di  precetti  per  la  volonta)  non  si  po- 
tevano  tenere  in  non  cale  quelle  verita,  senza  mancar  di 
rispetto  a  Dio  e  senza  togliere  airoperazione  la  sua  base, 


DI   ADOLFO   HARNACK  21 

perch6  ogni  operazione  suppone  un'idea  e  una  verita  nel- 
rintelletto.  Quindi  la  necessita  della  professione  di  Fede, 
ossia  di  quelle  verita  rivelate  da  Gesii  Cristo,  qual  Legato  di 
Dio.  Di  qui  il  nostro  simbolo  apostolico. 

Or  T  Harnack  anche  la  professione  di  Fede  rimanda  tra 
il  ciarpame  e  le  cose  inutili  ed  estranee  al  Vangelo ;  ma,  al 
solito,  con  contraddizioni  palmari.  «  L'  Evangelo,  disse  egli 
agli  scolari  dell'Universita  di  Berlino,  non  &  una  dottrina 
teorica,  non  e  un  sistema  di  filosofia;  6  una  dottrina  solo 
in  quanto  insegna  la  reale  esistenza  di  Dio.  Esso  e  una  buona 
novella,  che  ci  assicura  della  vita  eterna  e  ci  dice  quanto 
valgano  le  cose  e  le  forze  di  questo  mondo...  Cio  posto,  a 
che  si  riduce  la  professione  di  Fede,  se  non  a  fare  la  vo- 
lonta  di  Dio,  tenendo  per  certo  che  egli  &  il  Padre,  il  quale 
dara  a  ciascuno  quel  che  egli  merita?  Gesii  non  ha  mai  par- 
lato  di  altra  professione  di  Fede  »  (p.  146).  Ma  non  si  ac- 
corge  T  illustre  uomo  che  la  reale  esistenza  di  Dio,  la  vita 
eterna,  il  premio  e  il  castigo,  la  paternita  di  Dio,  so  no  gia 
parte  principalissima  delle  verita  che  compongono  la  pro- 
fessione di  Fede?  Come  pu6  dunque  insegnare,  in  qualche 
pagina  piu  giu,  che  «  T  Evangelo  non  espone  alcuna  teoria 
della  religione,  e  non  dice  che  bisogna  innanzi  tutto  acco- 
gliere  e  professare  una  dottrina  integrale  »  (p.  148)?  Anche 
qui  si  scorge  una  contraddizione  patente,  e  sotto  la  contrad- 
dizione  il  pregiudizio  ereditario,  protestantico  e  razionalistico, 
contro  la  Chiesa  cattolica. 

5.  Osservanza  della  legge  di  Dio.  —  Questo  punto  capitale 
del  Cristianesimo  sembra  anche  airHarnack  un  peso  imposto 
dalla  Chiesa  cattolica  contro  la  liber ta  dell' Evangelo.  In  fatti 
egli  rimprovera  ai  Padri  del  secolo  III  «  Tidea  latina  che 
la  salute  deH'anima  sia  un  rapporto  contrattuale,  soggetto  a 
determinate  condizioni  e  dipendente  dalla  piu  o  meno  esatta 
osservanza  di  esse.  Queste  condizioni  le  ha  stabilite  Dio  stesso 
(cost  I'Harnack  ironicamente)  e  in  esse  ha  manifestato  la 
sua  misericordia  e  clemenza ;  perci6  Egli  vigila  severamente, 


22  IL   CRISTIANESIMO 

affinche  sieno  osservate.  Inoltre  tutto  il  contenuto  nella  rive- 
lazione  e  legge,  e  cio  vale  tanto  per  la  Bibbia,  quanto  per 
la  tradizione  »  (p.  250).  Tutta  questa  teoria  e  detta  da  lui 
idea  latina;  perch6  il  genio  romano  era  organizzatore  per 
eccellenza  e  vindice  del  diritto.  E  benche  appro vi  in  parte 
questa  evoluzione  della  Chiesa,  come  quella  che  manifesta 
«  una  volonta  di  costituire  un  vincolo  reale  tra  la  religione 
cristiana  e  la  vita...  e  la  solleeitudine  per  1'eterna  salute, 
sia  degii  individui  che  de7  popoli  »  (p.  255);  pure  egli  chiama 
tuttocio  erroneo.  «  Per  noi  il  voler  preparare  ed  edificare  il 
Regno  di  Dio  con  mezzi  politic!  (cosi  egli  chiama  I'imposizione 
giuridica  della  legge  cristiana)  costituisce  una  interpreta- 
zione  affatto  erronea  della  dottrina  di  Cristo  e  degli  Apostoli. 
II  Regno  di  Dio  non  costituisce  altre  forze  che  le  morali  re- 
ligiose, ed  unico  suo  fondamento  e  la  liber  ta  »  (p.  257,  258). 
Ma  si  puo  dimandare :  Se  per  ottenere  la  salute  eterna  si 
deve  fare  la  volonta  del  Padre  (come  insegna  an  che  FHar- 
nack)  come  si  potra  conoscere  tal  volonta,  ripudiando  la  sua 
legge?  E  il  decalogo  non  e  forse  legge  di  Dio?  E  sia  pure  che 
fu  rivelato  nell'Antico  Testamento,  ma  Cristo  Fha  appro vato 
e  riconfermato. 

6.  //  Monachismo,  i  voti  religiosi,  la  mortificazione.  - 
Tra  i  secreti  della  Divinita  svelatici  dal  Figliuolo  di  Dio  fu 
il  compiacimento  maggiore  che  Essa  ha  della  verginita  di 
fronte  al  matrimonio,  della  rinunzia  al  possesso  della  ricchezza 
di  fronte  al  possesso  di  questa,  e  della  obbedienza  di  fronte 
alia  liberta.  Ma  di  cio  Gesu  non  diede  precetto;  solamente 
esempio  e  consiglio.  II  Vangelo  e  pieno  di  tale  rivelazione,  e 
sarebbe  portar  acqua  al  mare  recarne  qui  le  testimonianze. 
Ora,  Tattuazione  di  tali  consigli  di  Gesii,  fattasi  nella  Chiesa 
dai  monaci  e  dagli  Ordini  religiosi,  e  detta  dal  Critico 
berlinese  ascetismo  estraneo  al  Vangelo.  «  Per  Tascetismo 
non  c'e  posto  nell' Evangelo;-  esso  comanda  di  combattere 
contro  mammona,  contro  la  sollecitudine  terrena  e  contro 
Tegoismo,  comanda  e  suscita  1'amore  che  ci  sostiene  in  que- 


DI  ADOLFO   HARNACK  23 

sta  lotta  e  si  sacrifica.  Questa  lotta  e  quest'amore  costitui- 
scono  Tascetismo  nel  senso  evangelico ;  attribuire  all'Evan- 
gelo  un'altra  specie  di  ascetismo  e  fralntenderlo  »  (p.  88,  89). 
«  L'ortodossia,  la  pieta,  1'obbedienza,  il  timore  reverenziale 
kanno  il  loro  pregio  e  nobilitano  I'uomo;  sono  virtu  che  gio- 
vano  a  frenare  rindividuo  assoggettandolo  alle  regole  di  una 
comunita  saldamente  costituita;  ma  sono  sempre  cose  che  non 
kanno  nulla  che  fare  colTEvangelo,  appunto  perche  non  si 
rivolgono  all'individuo,  come  fa  1'Evangelo,  e  non  lo  pongono 
libero  al  cospetto  di  Dio,  perche  egli  prenda  la  sua  deci- 
sione :  o  con  Dio  o  contro  Dio  »  (p.  242).  —  Anche  la  mor- 
tificazione  della  carne  per  mezzo  di  astinenze  e  digiuni,  lo- 
dati  dal  Vangelo,  sono  dall'Harnack  ripudiati,  dicendo:  «  I 
digiuni  e  T ascetismo  non  hanno  alcun  pregio  al  cospetto  di 
Dio  »  (p.  280).  Gesu  Cristo,  pero,  aveva  un'opinione  ben  dif- 
ferente  da  quella  del  professore  di  Berlino,  quando  diceva : 
«  Chi  vuol  venire  dietro  a  me  rinneghi  se  stexso ;  prenda 
la  sua  croce  e  mi  segua  ».  E  questo  e  registrato,  non  gia 
nel  quarto  Vangelo,  ma  nel  prime,  dairHarnack  dichiarato 
autentico  (Matt.  XVI,  24). 


IX. 


Ma  escluso  quel  che  non  e  Cristianesimo,  qua!  e  final- 
mente  questo  Cristianesimo  tan  to  affannosamente  ricercato 
fin  qui?  Qual  e  la  parte  positiva  di  esso,  anzi  Tessenza? 

Eccola  in  poche  parole:  Tuomo  «  libero  al  cospetto  di 
Dio  »  (p.  242).  Libero  senza  professione  di  Fede,  senza  de- 
terminata  legge  da  osservare,  senza  la  divinita  di  Gesu 
Cristo ;  libero  da  vescovi  e  sacerdoti,  da  liturgia  e  da  sacra- 
menti ;  ma  con  la  ferma  persuasione  in  mente  che  Dio  6  Padre, 
noi  siamo  suoi  figli  e  che  ci  dara  il  premio  nella  vita  eterna 
se  facciamo  la  sua  volonta. 

Questo  e  il  Vangelo  puro,  questa  e  Yessenza  del  Cristia- 
n^simo,secondoAdolfoHarnack;  tutto  ilresto  e  superfetazione, 


24  IL   CRISTIANES1MO   DI   ADOLFO   HARNACK 

e  la  parte  parassltaria,  6  1'involucro  storico  di  esso.  Questa 
dottrina  ha  dato  il  significato  alia  vita.  La  scienza  ignora 
«  donde  veniamo,  dove  andiamo,  perch6  siamo  al  mondo  » 
(p.  801).  Pazienza !  (egli  esclama).  Resta  la  Religione  di  Cristo, 
il  meglio  che  siavi  al  mondo.  Per  essa  ci  salveremo  «  dal- 
Tignavia  propria  dei  pusillanimi  e  dal  tedio  della  vita,  ed 
acquisteremo  la  certezza  di  Dio,  di  Dio  che  Gesii  Cristo  chia- 
mava  suo  Padre  e  che  &  anche  il  Padre  nostro  »  (p.  301). 

Ecco  riprodotto  fedelmente  il  Cristianesimo  del  Critico  ale- 
manno. 

Che  se  gli  si  dimandasse  :  Come  siamo  certi  che  quel- 
I'uomo,  di  nome  Gesu,  abbia  avuto  la  missione  da  Dio  di 
rivelarci  resistenza  di  lui,  la  sua  paternita  e  la  vita  eterna  ? 
e  come  conosceremo  not  i  voleri  di  Dio,  per  avere  poi  il 
premio  della  osservanza?  II  Critico  non  risponde,  116  puo 
rispondere;  trovandosi  nella  condizione  del  fanciullo,  che 
sfogliando  un  bulbo  di  certa  pianta,  per  trovarvi  il  nucleo, 
pel  troppo  sfogliare  fini  col  non  aver  piii  nulla  nelle  mani. 

II  Critico  dunque  non  risponde ;  la  Chiesa  Cattolica,  pero, 
gode  di  quest 'ultima  sfida  dell'incredulita,  la  quale,  atteg- 
giatasi  a  scienza  critica  per  opera  del  suo  piii  noto  rap- 
presentante,  non  ha  saputo  opporre  a  lei  altro  che  un  cu- 
mulo  di  contraddizioni. 


I  SLNDACATI  INDUSTRIAL! 


I. 

Dovemmo,  nel  fascicolo  precedente,  per  mancanza  di 
spazio  troncare  a  mezzo  la  incominciata  trattazione.  Conti- 
nueremo  ora,  prendendo  ad  esame  le  altre  obbiezioni  con- 
tro  i  sindacati,  obbiezioni  in  parte  reali,  svantaggi  spesso 
veri,  pericoli  non  dispregevoli,  ai  quali  vanno  incontro  simili 
imprese  gigantesche. 

Chi  puo  negare,  per  esempio,  che  «  nel  caso  che  i  diret- 
tori  del  sindacato  risolvano  la  temporanea  o  anche  la  per- 
petua  chiusura  di  una  o  piu  delle  loro  fabbriche,  un  certo 
numero  di  operai  non  si  trovi  subitamente  senza  lavoro?  » 
Ma  e  non  accadrebbe  lo  stesso,  anzi  peggio,  quando  una  pic- 
cola  fabbrica  o  un'industria  minuta,  nella  lotta  per  la  esi- 
stenza  venisse  a  perire?  Nel  resto,  questo  male  che  si  lamenta 
non  e  proprio  dei  sindacati,  ma  e  un  effetto  inevitable  del 
progresso  e  della  civilta.  Ogni  nuovo  ritrovato  scientifico  e 
commerciale,  ogni  nuova  industria,  ogni  macchina  piu  per- 
fezionata  crea,  almeno  per  un  certo  tempo,  un  maggiore  o 
minore  numero  di  spostati.  La  ferrovia  ha  messo  in  rotta 
la  diligenza;  i  tranvia  hanno  reso  meno  necessarii  i  vettu- 
rini ;  il  gas  e  la  luce  elettrica  hanno  fatto  chiudere  centi- 
naia  di  fabbriche  di  candele ;  la  macchina  da  scrivere  com- 
batte  ora  e  con  felice  successo  i  poveri  copisti ;  e  in  gene- 
rale  le  nuove  macchine  industrial!  ed  agricole  privano  di 
lavoro,  almeno  temporaneamente,  un  gran  numero  di  operai. 
Diciamo  temporaneamente  e  non  senza  ragione.  II  priino  ef- 
fetto di  una  nuova  macchina  e,  nel  caso  nostro,  di  una  grande 
riunione  di  macchine,  cio6  di  un  sindacato,  e  di  spostare  il 
lavoro,  togiiendolo  dagli  uni  e  dandolo  agli  altri  e  sottraen- 
dolo  anche  affatto  ad  alcuni  pochi,  e  questo  produce  agli 


26  I    SINDACATI 

operai  rimasti  senza  lavoro  una  temporanea  privazione.  II 
suo  effetto  secondario,  dopo  non  molto,  e  di  far  crescere  la 
domanda  del  lavoro,  di  aumentare  le  paghe  agli  operai  e 
diininuire  il  costo  delle  cose  utili  alia  vita.  Com'e  chiaro,  la 
domanda  del  lavoro  porta  seco  Taumento  degli  operai.  Da 
questo  fatto  costante  si  deduce  che,  a  misura  che  il  capitale 
ne  fornisce  i  mezzi,  il  lavoro  si  moltiplica  e  si  estende  per 
ogni  dove,  e  crescendo  la  civilta,  si  aumentano  i  bisogni  e 
per  conseguenza  la  domanda  del  lavoro  i.  Giova  tutto  questo 
alia  felicita  umana?  E  I'uomo  incivilito  piii  contento  perch6 
ha  piii  bisogni  del  barbaro  e  maggiori  mezzi  per  soddisfarli? 
A  questa  domanda  risponda  il  filosofo:  reconomista  riconosce 
il  fatto  e  prova  con  buoni  argomenti  che  in  quei  paesi  dove 
il  capitale  e  abbondante,  i  sindacati  frequenti,  le  macchine 
perfette  e  piu  in  uso,  la  ricchezza  e  piu  generale,  le  con- 
dizioni  degli  operai  migliori  e  la  vita  del  popolo  piu  che 
agiata;  laddove  in  quei  paesi  dove  capitali,  macchine,  so- 
cieta  e  cultura  sono  rnancanti,  il  comrnercio  languisce,  le  ma- 
nifatture  impoveriscono,  Tesportazione  diminuisce,  I'industria 
minuta  e  miserabile,  manca  il  lavoro,  e  gli  operai,  oziosi,  mal 
pasciuti  e  peggio  vestiti,  giaciono  nella  piu  vergognosa  mi- 
seria.  Questo  stato  lagrimevole  di  cose  si  trova  su  per  giii 
in  tutta  1'Asia,  in  una  gran  parte  dell'Africa  ed  anche  in 
certe  province  di  Europa,  T  Italia  non  esclusa. 

Si  osservi  invece  che  cosa  accade  nei  paesi  dove  abbon- 
dano  le  macchine  e  il  capitale.  In  Inghilterra,  per  esempio, 
prima  dell' invenzione  della  macchina  per  filare  si  contavano 
5,200  filatori  e  2,700  tessitori.  Dieci  anni  dopo  i  filatori  erano 
saliti  a  105,000  e  i  tessitori  a  247,000.  Nel  1833  vi  erano 
-complessivamente  487,000  tessitori  e  filatori.  Oggi,  som- 
mando  tutte  le  persone  che  direttamente  o  indirettamente 
servono  alia  industria  tessitrice  della  lana  e'  del  cotone,  si 
arriva  alia  somma  di  oltre  a  due  milioni.  Quando  negii 
Stati  Uniti  si  apersero  le  prime  ferrovie,  i  vetturini  e  i 

1  Cf.  GUSTAVJE  TH^RY,  Exjiloiteurs  et  Salaries,  Paris,  Librairie  Victor 
Lecoffre,  1895.  pag.  258,  e  seg. 


INDUSTRIALI  27 

carrettieri  misero  coi  loro  lament!  il  mondo  a  rumore. 
Ebbene,  al  presente,  invece  di  poche  migliaia  di  persone  che 
temporaneamente  si  trovarono  senza  lavoro,  le  sole  ferrovie 
nella  grande  repubblica  nordamericana  ne  impiegano  750,000, 
senza  contare  tutte  quelle  altre  che  sono  occupate  in  mestieri, 
servigii  ed  officii  che  senza  le  ferrovie  non  avrebbero  ragione 
di  esistere.  La  verita  e  che  le  grandi  Industrie  moderne  ne 
hanno  creato  cento  altre  collateral!,  e  per  ogni  migliaio  di  uo- 
miui  che  hanno  temporaneamente  gettato  sul  lastrico  ne  hanno 
occupati  centomila.  E  non  si  dimentichi  il  fatto  che  nel  caso 
dei  sindacati  6  raro  che  gli  operai  da  loro  spostati  non  tro- 
vino  lavoro  per  mezzo  del  sindacato  stesso  :  come  spesso  av- 
viene  nel  caso  dei  vetturini  spostati  dai  tranvia,  dagli  ope- 
rai del  gas,  dalla  luce  elettrica,  e  via  discorrendo  1. 

Quello  che  si  deve  senza  piii  concedere  si  e  che  i  sinda- 
cati sopprimono  a  dirittura  i  middlemen  o  agenti  interme- 
diarii :  ma  chi  si  conosce,  anche  per  poco,  di  commercio,  do- 
vra  confessare  ci6  non  essere  un  male  per  la  societa,  ma  un 
bene  singolare.  Gli  agenti  inter mediarii  commercial!,  come  i 
sensali  di  certi  paesi,  divorano  a  volta  a  volta  il  produttore  e 
il  consumatore,  e  la  loro  soppressione  torna  a  vantaggio  co- 
mune.  Una  gran  parte  dell'agitazione  che  ferve  in  America 
contro  i  sindacati  e  nutrita  ad  arte  dai  middlemen  che  nel 
trionfo  dei  trusts  veggono  la  propria  rovina.  Ma  quantunque 
la  loro  sorte  sembri  un  po'  dura,  essa,  posti  gli  usi  commer- 
cial! dei  middlemen,  almeno  in  parte  e  meritata.  Non  si  6 
mai  sentito  dire  che  un  sensale  sia  morto  di  fame.  Soffriranno 
per  un  poco,  poi  trovando  essi,  forse  nei  sindacati  stessi,  un 
altro  impiego,  ritornera  nella  societa  il  disturbato  equilibrio. 

Ma,  non  6  forse  vero  che  « i  sindacati  anche  onesti  tendono  a 
trasformarsi  in  monopolii  coi  pericoli  a  loro  inerenti,  come, 
accrescimento  artificiale  dei  prezzi,  abolizione  della  concor- 
renza,  e  simili  ?  II  pericolo,  non  puo  negarsi,  c;e,  ma  e  ab- 
bastanza  remoto.  Posta  la  presente  internazionalita  deir  in- 
dustria  e  del  commercio,  ove  il  Governo  stesso  non  intervenga, 

1  CHARLES  FLINT,  Ibid.  pag.  50. 


28  I   S1NDACATI 

come  era  uso  un  tempo,  a  stabilire  il  monopolio,  un  sinda- 
cato  non  potr&  mai  di venire  tale  spontaneamente.  Innanzi 
tutto,  e  quasi  impossibile  che  un  sindacato,  eccetto  nel  caso 
di  prodotti  naturali,  pochi  in  s&  e  limitati  solo  ad  alcune  pro- 
vincie,  abbracci  tutte  le  fabbriche  del  paese,  molto  meno  del 
mondo  intero.  Quindi  la  concorrenza  e  frenata,  non  abolita, 
moderata,  non  resa  impossibile.  Fate  che  un  sindacato,  abu- 
sando  della  propria  poteiiza,  innalzi  piii  del  dovere  i  prezzi 
de'  suoi  prodotti ;  gli  altri  sindacati,  tenendo  fermo  nei  prezzi 
primieri,  attireranno  a  se  tutte  le  domande  e  1'  audace  do- 
vra  ricredersi  o  restera  schiacciato  dalla  concorrenza.  Che 
se  tutte  le  fabbriche  di  una  stessa  merce,  assolutamente  tutte, 
sono  strette  fra  loro  in  sindacato,  anche  allora  non  riusci- 
ranno,  se  non  per  poco,  nel  loro  intento.  Non  appena  i  prezzi 
toccano  una  certa  altezza,  Fopinione  pubblica  si  mostrera 
avversa,  diventera  possibile  una  concorrenza  profittevole,  e 
in  pochi  mesi,  forse  in  pochi  giorni,  si  vedranno  fabbriche 
rivali  aprirsi  in  tutto  il  paese.  «  Un  sindacato,  come  ha  ri- 
petuto  piii  volte  il  noto  Carnegie,  non  pud  riuscire  se  non 
a  patto  di  mantenersi  moderato  nei  prezzi :  quel  giorno 
che  vinto  dall'avidita  del  guadagno,  li  rincara  irragione- 
volmente  e  contro  I'andamento  naturale  del  mercato,  6  Tul- 
timo  di  sua  vita  »  1.  E  le  parole  del  Carnegie  vengono  con- 
fortate  dal  fatto  che  finora  i  principali  sindacati  d'  Inghilterra, 
della  Germania  e  degli  Stati  Uniti  si  sono  mostrati  assai  mo- 
derati  nei  loro  prezzi,  come  gia  vedemmo  neH'articolo  pre- 
cedente.  Che  se  il  grande  Trust  americano  della  carne  ha 
rialzati  i  suoi  prezzi  piii  del  dovere,  la  ragione  di  cio  deve 
trovarsi  in  varie  cause,  tutte  estranee  al  sindacato  stesso. 

Ai  sindacati  in  generale,  si  possono  applicare  le  parole 
che  scrisse  teste  il  console  inglese  a  Diisseldorf  al  suo  Go- 
verno  a  proposito  del  trust  Westfaliano  del  carbone:  «  I  be- 
neficii  di  questi  sindacati,  diretti  da  ammmistrazioni  oneste 
e  capaci,  sono  incalcolabili.  II  sindacato  non  domanda  il 
prezzo  che,  posta  la  sua  potenza  sul  carbone  del  paese,  po- 

1  CLAUDIO  JANNBT,  Le  capital  etc.  pag.  314. 


INDUSTRIALI  29 

trebbe  pretendere ;  ma  quello  solamente  che  risponde  al  mer- 
cato  e  che  il  consumatore  puo  pagare  ].  » 


II. 

«  E  cosa  assai  pericolosa  lasciare  in  mano  a  pochi  uomiiii 
gli  enormi  capital!  di  cui  dispongono  i  sindacati,  perche,  ove 
questi  prosperino,  i  loro  direttori  diventeranno  a  dirittura 
onnipotenti ;  che  se  falliscono,  posta  la  loro  ampiezza,  cagio- 
neranno  un  vero  disastro  nazionale.  »  Questa  obbiezione  e 
veramente  fondata.  Ma  osserviamo  prima  di  tutto  che  essa 
viene  mossa  specialmente  da  quegli  stessi  socialist!,  i  quali, 
poi,  non  pochi,  ma  tutti  i  capitali  esistenti  nel  paese  dareb- 
bero  volentieri  nelle  mani  dello  Stato,  cioe  di  alcuni  pochi 
socialisti  rappresentanti  lo  Stato.  E  verissimo :  i  direttori  dei 
sindacati  dispongono  di  capitali  assolutamente  favolosi.  Per 
esempio,  V Economist  di  ottobre  p.  p.  pubblico  lo  specchietto 
delle  varie  imprese  che  stanno  sotto  T  influsso  del  Morgan, 
il  famoso  ordinatore  di  trusts.  Ve  ne  sono  di  tutti  i  generi: 
ferrovie,  linee  di  navigazione,  assicurazioni,  miniere  e  in- 
dustrie  di  ogni  specie.  II  valore  delle  linee  di  navigazione 
che  stanno  sotto  il  suo  influsso  e  di  circa  un  miliardo ;  quello 
delle  ferrovie  di  16  miliardi ;  quelio  di  varie  imprese  indu- 
strial! di  10  miliardi,  ecc.  Complessivamente,  il  capitale  in 
cui  Morgan  ha  influsso  o  fortissimo  predominio  e  di  circa 
34  miliardi  2.  Si  osservi  tuttavia  che  la  ricchezza,  anche 
enorme,  non  e  di  per  se  un  male,  purche  sia  acquistata  one- 
stamen  te  e  si  amministri  bene  e  non  a  soli  fini  egoistic! .  Si 
deve  forse  recare  colpa  a  Jay  Gould,  al  Carnegie,  al  Rhodes, 
airHuntington,  al  Rossi,  al  Krupp,  al  Field,  agli  Armour,  ai 
Hockfeller  ed  ai  Vanderbilt  se  in  pochi  anni  sono  divenuti 
milionarii?  A  rigore  di  giustizia  bisognerebbe  provare,  prima 
di  condannarli,  che  la  loro  ricchezza  fu  acquistata  malamente, 

1  Board  of  trade  Journal,  June  1898  pag.  674,  675.  Cf.  W.  MACRO- 
STY  pag\  206. 

2  The  Economist  dell'ottobre   1902   nella    Tribuna  20   ottobre   1902. 


30  I  SINDACATI 

speculando,  per  esempio,  sui  fondi  pubblici,  giocando  alia 
borsa  in  modo  illecito,  rovinando  con  male  arti  le  fabbriche 
rival!  ovvero  per  mezzo  di  fallimenti  e  liquidazioni  fittizie 
e  fraudolenti.  Che  se  tutti,  o  i  piii  dei  sopra  nominati,  ac- 
quistarono  i  loro  milioni  onestamente,  per  mezzo  cioe  del 
loro  ingegno  e  promovendo  le  Industrie  e  il  progresso  del 
paese,  mentre  arricchirono  se  medesimi,  beneficarono  allo 
stesso  tempo  i  proprii  connazionali.  Nel  resto,  e  a  tutti  noto 
quale  uso  facciano  o  abbiano  fatto  delle  loro  ricchezze  il 
Rossi,  il  Krupp,  il  Carnegie,  il  Rhodes,  il  Morris,  lo  Schwab, 
T  Hancock  ed  altrettali.  Quei  signori  non  hanno  davvero 
ragione  di  vergognarsene !  Inoltre  6  assolutamente  neces- 
sario  pel  bene  della  societa  che  da  canto  ai  moltissimi  che 
conducono  vita  agiata,  ve  ne  siano  altri  che  contano  i  loro 
capitali  non  a  migliaia  ma  a  milioni.  Nei  secoli  passati  i  mi- 
lionarii  si  trovavano  fra  le  famiglie  regnanti,  fra  i  principi 
del  sangue,  fra  i  grandi  signori  feudali  o  fra  i  dignitarii  della 
Chiesa ;  ed  a  loro,  per  lo  piii,  si  devono  le  grandi  cattedrali, 
i  magnifici  conventi,  le  ricche  biblioteche,  il  regale  patrocinio 
delle  scienze,  lettere  ed  arti,  i  ponti,  i  canali  ed  altrettali 
opere  di  utilita  pubblica  o  di  comune  ornamento  per  la  patria. 
II  danaro,  al  presente,  ha  preso  un  altra  via.  Non  entra  piii 
nei  forzieri  della  nobilta,  ma  in  quelli  di  capaci  e  fortunati 
industrial!.  Si  deve  forse  dire  che  la  ricchezza  dell'antica 
nobilta  europea  ebbe  un  origine  piu  nobile  di  quella  dei  Cresi 
present!?  Resta  solamente  che  questi  iniitino  nell'uso  del  da- 
naro il  buon  esempio  che  hanno  loro  lasciato  molti  magnati 
dell'aristocrazia  antica  e  recente. 

«  I  sindacati  possono  fallire,  e  se  falliscono  sara  un  pub- 
blico  disastro.  »  Verissimo  anche  questo.  Ma  si  osservino  due 
cose.  L'industria  grande  o  piccola  che  sia,  fu  e  sara  sempre 
arrischiata.  Quell' azionista  che  troppo  teme  di  perdere  il  suo 
denaro,  non  lo  investa  in  fondi  di  sindacati  ma  in  valori  dello 
Stato,  che  allora  potra  dor  mire  piu  tranquilli  i  suoi  sonni. 
Si  avverta  in  secondo  luogo  che,  se  una  definitiva  sentenza 
sulla  stabilita  dei  sindacati  &  ancoraprematura,  questo  pero  puo 


INDUSTRIAL!  31 

dirsi  fin  d'ora  die  le  grand!  compagnie  sono  meno  soggette  a 
fallire  che  non  le  piccole,  e  i  sindacati,  forse,  meno  di  tutte. 
Parlianio  pero  dei  sindacati  onesti,  quelli  cioe  che  hanno  uno 
stato  legale  nel  paese,  e,  quantunque  anonimi,  sono  diretti 
da  persone  conosciute  per  oneste,  che  hanno  un  passato,  una 
fama  da  perdere  o  una  riputazione  da  guadagnare.  Cotali 
sindacati  sono  di  gran  lunga  piii  sicuri  di  certe  compagnie 
anonime,  le  quali,  per  ragione  della  loro  esiguitk  ed  assoluta 
anonimita  sono  soggette  alle  peggiori  frodi. 

«  Dal  1862  al  1898,  scrive  il  Macrosty  ',  furono  registrate 
in  Inghilterra  66,951  compagnie  anonime,  con  un  capitale 
nominale  in  azioni  di  5,533,857,000  di  lire  sterline.  Di  tutte 
quelle  compagnie  ne  sopravvivono  al  presente  solo  37,7  per 
cento  e  del  capitale  versato  25  per  cento.  »  Chi  potra  mai 
comparare  questa  terribile  mortalita  con  quella  che  finora  si 
e  manifestata  nei  sindacati?  II  fatto  e  che  i  piii  dei  sinda- 
cati ora  esistenti  in  Europa  ed  in  America  sono  rigogliosi  e 
potenti,  e  pagano  ai  loro  azionisti  un  dividendo  non  dispre- 
gevole,  come  dimostrammo  nell'articolo  precedente.  E  con 
cio  e  stato  risposto  in  modo  adeguato  alia  difficolta  proposta. 

III. 

I  veri  e  reali  pericoli  pei  sindacati  si  possono  ridurre  ai 
seguenti :  1.°  II  segreto  onde  1'amministrazione  del  sindacato 
suole  circondarsi,  recando  i  direttori  a  pretesto  che,  se  ren- 
dessero  conto  agii  azionisti  degli  affari  del  sindaca'to,  dareb- 
bero  il  modo  ai  loro  rivali  di  far  loro  concorrenza.  2.°  L'in- 
trusione  nella  direzione  del  sindacato  di  uomini  politici,  affatto 
incompetenti  deirindustria,  e  a  fini  politici.  3.°  L'indebita  in- 
tromissione  di  uomini,  anche  valenti,  nel  consiglio  di  ammi- 
nistrazione  di  due  o  piu  sindacati,  onde  puo  accadere  che  sa- 
crifichino  gli  inter essi  di  uno  a  quelli  di  un  altro.  4.°  La  poca 
lealta  nella  preparazione  del  bilancio  da  presentarsi  annual- 
mente  agli  azionisti,  i  quali  sono  dai  direttori  tenuti  all'oscuro 

1  W.  MACROSTY.  Ibid.  pag.  134. 


32  I   SINDACATI 

od  anche  ingannati  interamente  sulle  reali  condizioni  econo- 
miche  del  sindacato.  5.°  Parzialita  nella  distribuzione  delle 
cosi  dette  azioni  privilegiate  (prefered  shares),  le  quali,  na- 
tural mente,  vanno  quasi  tutte  ai  fondatori,  ai  promotori,  o  ai 
direttori  del  sindacato,  di  tal  maniera  che  in  caso  di  prospe- 
rita  essi  toccano  la  parte  del  leone,  e,  quando  per  contrctrio 
occorresse  un  fallimento,  sono  i  meno  a  soffrirne.  6.°  La  di- 
stribuzione di  dividend!  fittizii,  massime  negli  inizii  del  sin- 
dacato, a  fine  di  tener  alto  il  prezzo  delle  azioni  e  invogliare 
il  pubblico  a  comprarle.  7.°  La  liquidazione  fraudolenta,  prima 
di  fondare  il  sindacato,  di  una  o  piii  fabbriche,  i  cui  clirettori, 
compri  daH'oro  del  sindacato,  sono  poi  ammessi  a  fame  parte. 
8.°  Accettare  nel  sindacato,  senza  le  dovute  garanzie,  fabbri- 
che ovvero  compagnie  che  non  davano  piii  utili  od  anche 
mezzo  fallite,  e  cio  a  fine  di  favorire  gli  amici.  9.°  Valutare, 
sempre  allo  stesso  fine  di  favorire  gli  arnici,  ad  un  prezzo 
assai  piu  alto  del  giusto,  le  macchine  e  1'attivo  delle  fabbri- 
che o  compagnie  entranti  nel  sindacato,  cagionando  con  cio 
perdite  piii  o  men  gravi  agli  azionisti.  10.°  Sotto  pretesto  di 
estendere  i  proprii  affari,  accrescere  il  capitale,  senza  tut- 
tavia  che  con  cio  auinentino  i  beneficii  del  medesimo.  Questo 
processo  e  noto  nei  paesi  di  lingua  inglese  sotto  il  nome  di 
watering  the  capital,  diluire  il  capitale.  11.°  Illegittima  e  dan- 
nosa  ingerenza  dell' ^1  to  Banca  alia  formazione  del  sindacato 
e  allora  quando,  anche  per  buone  ragioni,  si  accresce  il  ca- 
pitale. Questa  indebita  ingerenza  trova  il  suo  perch&  nel  fat  to 
che  1'emissione  delle  azioni  del  sindacato  e  le  speculazioni 
sul  loro  rialzo  sono  per  le  banche  fonti  profittevolissime  di 
guadagno,  mentre  le  stesse  operazioni  possono  divenire  per 
gli  sfortunati  azionisti  scogli  teriibili  di  naufragio.  12.°  Spese 
stravaganti,  massime  all'origine  del  sindacato,  per  comprare 
i  giornali  e  gli  agenti  di  cambio,  ovvero  per  far  tacere  chi 
per  caso  avesse  interessi  contrarii.  13.°  Prevalenza  dannosa 
e  pericolosa  di  un  grande  azionista  nel  consiglio  di  anmimi- 
strazione,  onde  egli  puo  indursi  a  credere  di  poter  trattare  i 
capital!  del  sindacato  come  proprieta  sua  personale.  14.°  Com- 


INDUSTRIALI  33 

pra,  in  certe  circostanze,  da  parte  degli  am  minis  tr  at  or  i  del 
sindacato  delle  azioni  del  sindacato  stesso  a  fine  di  specularvi 
sopra,  con  utile  proprio,  s'intende,  e  a  danno  degli  azionisti 
semplici  ed  ignoranti.  15.°  Lega,  per  lo  piu  segreta,  dei  di- 
rettori  dei  sindacati  industrial!  coi  capi  delle  cosi  dette  finan- 
cial shares  trust  companies  o  societa  finanziarie  delle  azioni 
dei  sindacati,  le  quali  hanno  per  fine  di  far  alzare  artificial- 
mente  sullo  Stock  Exchange  certe  categorie  di  valori  indu- 
strial! dei  sindacati.  Questo  maneggio,  riducendosi  per  lo  piii 
a,  un  giuoco  di  borsa,  ne  corre  tutti  i  rischi  e  ne  merita  tutte 
le  disapprovazioni.  16.°  Finalmente,  uso  colpevole  della  po- 
tenza  del  sindacato  ad  influire  sulle  elezioni  politiche  o  nel 
governo  del  paese  *. 

IV. 

Non  ci  basta  il  tempo  e  lo  spazio  per  ispiegare  e  pren- 
dere  ad  esame  partitamente  ad  una  ad  una  le  sedici  obbie- 
zioni  che  abbiamo  appena  accennate.  Ma  le  piu  si  compren- 
dono  da  se,  ne  abbisognano  di  spiegazione.  Alcune  anche  sono 
forse  piii  serie  in  apparenza  che  in  realta,  e  vi  si  potrebbe  di 
leggeri  recar  rimedio.  L' ultima  tuttavia,  perche  piu  grave, 
merita  una  menzione  tutta  speciale. 

I  giornali  democratici  degli  Stati  Uniti  sono  pieni  della 
accusa,  lanciata  gia  altre  volte  contro  i  sindacati,  che  essi 
cio6  influiscano  sulle  elezioni  politiche  e  spadroneggino  nel 
paese.  E  quest'accusa  pur  troppo  e  vera.  I  difensori  dei  sin- 
dacati hanno  cercato  di  attenuarla,  di  spiegarla,  ma  i  fatti 
parlano  troppo  altamente  in  contrario.  Le  due  elezioni  del 
Mac-Kinley  a  Presidente  degli  Stati  Uniti,  le  operazioni  di 
Tommaso  Reeds,  speaker  del  Congresso,  lo  Sherman  ed  il 
Bland  bill  sulla  convenzione  monetaria  e  sulle  compere  di 
metallo  bianco  fatte  dal  tesoro  degli  Stati  Uniti,  i  bills  Mac- 

1  CHARLES  FLINT,  The  trust,  passim ;  W.  MACROSTY,  Trust  and  the 
State,  pag.  212;  CLAUDIO  JANNET,  Le  capital  etc.,pag.  180,  292,  380  ecc.; 
ANTOINE,  Cours  etc.,  pag,  310,412;  A.  VERMEERSCH,  Quaestiones  de  Ju- 
stitia,  pag.  437;  Prof.  E.  COSSA,  Ibid.,  pag.  44-55. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.    1261.          3          25  dicembre  1902. 


34  I   SINDACATI 

Kinley,  Dingley  ed  Edmunds,  le  leggi  doganali,  la  tariffa 
Wilson  e  la  farsa  rappresentata  dal  Chapman,  agente  di 
cambio,  dinanzi  alia  commissione  senatoriale,  le  deposizioni 
dell' Havemeyer  e  del  Searles,  amministratori  del  grande 
sindacato  dello  zucchero,  e  cento  altri  fatti  simili  bastano  a 
mettere  1'accusa  fuori  di  ogni  dubbio.  Anzi,  il  direttore  del 
sindacato,  ora  ricordato,  confessando  che  la  sua  compagnia 
aveva  in  uso  di  far  regali  per  influire  sulla  politica  dei  varii' 
Stati  deirUnione,  protesto  allo  stesso  tempo  che  «  alia  fin 
fine  la  sua  colpa,  se  tale  poteva  chiamarsi,  era  comune  a 
tutte  le  altre  grandi  corporazioni  del  paese,  perche  tutte,  piii 
o  meno,  solevano  diportarsi  ugualmente  »  *. 

N6  questo  disordine,  ad  esser  giusti,  e  confinato  agli  Stati 
Uniti.  Tutti  i  paesi  se  ne  risen  ton  o  piu  o  meno,  se  non  nei 
parlamenti,  almeno  nei  municipii,  piu  in  grande  cola  dove 
la  ricchezza  e  1'  industria  e  maggiore,  in  minor  grado  dove 
T  industria  e  meno  sviluppata.  Dell'  Inghilterra,  per  esempior 
parlando  V  Economist  a  del  12  agosto  1899,  pag.  1151,  esce 
in  queste  gravi  parole.  «  Non  puo  negarsi  che  durante  la 
sessione  ora  finita  non  vi  sia  stata  nelle  gallerie  e  negli  atrii 
della  Camera  dei  Comuni  un'atmosfera  di  danaro,  quasi  mai 
prima  riconosciuta.  Si  raccolsero  col£  ogni  fatta  d'interessi 
commercially  ne  piii  ne  meno  come  si  usa  a  Washington  e 
nei  varii  Stati  dell' America  del  Nord.  Non  vi  e  memoria  di 
uomo,  almeno  dai  giorni  della  prima  costruzione  delle  fer- 
rovie,  che  ricordi  tanti  attentati  quanto  quelli  che  si  son  a 
fatti  recentemente  per  influire  sopra  i  voti  dei  deputati. 
Certi  fatti  connessi  coi  Mils  del  petrolic,  dei  telefoni,  e  dei 
salarii  clericali,  mostrano  troppo  chiaramente  che  vi  fu  un 
infelice  connubio  fra  la  legislazione  e  la  finanza  2.  »  E  quello 
che  diciamo  dell'  Inghilterra,  puo  ripetersi,  salve  le  debite 

1  The  American  monthly  Review  of  Reviews.  June   1897,  pag.  648. 
Cf.  CLAUDIO  JANNET.  Ibid.,  pag.  316;  PAUL  DE  ROUSIERS,  Le.s  Industries 
monopolisms  aux  Etats-Unis.  Paris,  Armand  Colin.  1898;  The  Yale  He- 
view,  May  1898.   The  Concentration  of  Industries  in  the  U.  St.  pag.  93 ; 
W.  MACROSTY.  Ibid.,  pag.  212. 

2  THE  ECONOMIST,  august  1899,  pag.  1151. 


INDUSTK1ALI  ,>O 

proporzioni,  nel  caso  della  Germania  e  della  Francia.  Da  uui 
in  Italia  la  corruzione  elettorale  ha  per  lo  piu  un  altro  fon- 
damento  e  un  diverse  motive. 

E  pure,  non  sono  ma  neat  i  autori  che  hanno  anche  su 
questo  punto  preso  la  difesa  dei  sindacati  americani,  ne  senza 
buon  successo.  Ci  piace  riferire  qui  le  a^sennate  parole  del- 
reconomista  americano  Henry  C.  White.  «  Quando  si  for- 
mano  sindacati  a  scopi  temporanei,  non  e  raro  trovarc  di- 
rettori  che  fanno  uso,  come  i  peggiori  speculator! ,  delle  arti 
pm  inique  per  far  quattrini.  Ma  non  si  opera  gia  in  questo 
modo  da  quei  sindacati  che  vogliono  prendere  ferma  ra- 
dice  nel  paese.  La  maggior  parte  delle  azioui  e  dei  fondi 
delle  grand!  corporazioni  della  New  England  soiio  in  inano  di 
persone  che  considerano  quei  sindacati  come  societa  stabili 
-e  permanent!.  Non  permetterebbero  dunque  giainmai  alle  loro 
ammmistrazioni  di  usare,  nel  promuovere  1'industria,  me  tod  i 
ed  arti  riprovevoli,  le  quali,  pur  avvantaggiando  il  siudacato 
pel  memento,  ne  metterebbero  in  pericolo  1'esistenza  in  un 
tempo  future.  E  pure  i  direttori  di  quest!  sindacati  spendouo 
somme  enormi  a  corrompere  gli  elettori  nelle  elezioni  mu- 
nicipal! o  nazionali.  Non  6  raro  udire  uomini  di  provata  in- 
tegrita  asserire  che  la  corruzione  dei  legislator!  da  parte  dei 
sindacati  non  solo  e  necessaria  ma  moralmente  difendevole. 
Noi,  essi  dicono,  abbiamo  in  consegna  il  danaro  altrui,  il 
danaro  cio6  di  migliaia  di  azionisti  e  dobbiamo  farle  fruttare 
€  difendere  dalla  rapacita  altrui.  II  Governo  o  il  Municipio 
vuole  passare  leggi  ingiuste  contro  di  noi  e  lesive  dei  no- 
stri  interessi.  Che  cosa  possiamo  fare?  Siamo  ricorsi  piu  volte 
ai  tribunal!,  e  a  nulla  valse.  D'altra  parte  bisogtia  assolu- 
tamente  impedire  che  quegli  attentati  legali  contro  di  noi 
•diventino  leggi.  Noi  ci  troviaino  nella  coudizione  di  tanti 
poveri  viaggiatori,  assaliti  dai  ladri  sulla  strada  pubblica. 
Dobbiamo  difenderci  come  meglio  possiamo.  Noi  non  doman- 
diamo  danaro  pubblico  ;  diamo  del  nostro  ai  legislator!  per 
impedire  che  non  ci  facciano  leggi  contrarie.  Essi  ci  possone 
nuocere:  d'altra  parte,  non  sono  cosi  integerrimi  da  non 


36  I  SINDACATI 

cedere  al  lecco  del  denaro;  e  noi  li  compriamo.  E  chi   mai 
potra  ascrivercelo  a  colpa  ?  1  » 

Questa  6  in  compendio  la  principale  difesa  che  i  direttori 
del  sindacati  fanno  del  loro  segreti  maneggi  per  renders! 
favorevoli  le  autorita  pubbliche.  Se  ne  deve  tener  conto? 
E  proprio  priva  di  qualsiasi  merito?  Basta  ella  sola  a  giu- 
stificare  i  sindacati  ed  i  loro  amministratori  ?  La  questions 
&  irta  di  difficolta,  e  non  se  ne  vede  chiara  Tuscita.  D'altra 
parte  &  verissimo  che  negli  Stati  Uniti,  al  presente,  o  non 
c'  6  una  legislazione  uniforme  che  regoli  i  diritti  e  gli  obblighi 
dei  sindacati  o,  se  c'e,  fu  fatta  dai  loro  peggiori  nemici.  Che 
fare  allora  in  simile  frangente?  E  questo  il  caso  di  applicare  la 
teoria,  sostenuta  dagli  antichi  moralisti,  esser  lecita  la  difesa 
privata  quando  la  pubblica  autorita  non  puo  o  non  vuole 
difendere  i  proprii  sudditi,  assaliti  ingiustamente  ?  II  caso, 
ripetiamo,  e  di  difflcilissima  soluzione,  e  pero  non  fara  me- 
raviglia  che  amici  e  nemici  dei  sindacati,  specie  negli  Stati 
Uniti,  domandino  a  gran  voce  una  legislazione  imparzialer 
onesta  e  sopra  tutto  uniforme  suir  intricatissima  questione. 

V. 

Da  quanto  siamo  venuti  fin  qui  dicendo,  si  parra  chiara 
la  ragione,  perch6  valenti  economist!  ed  altri  uomini  esimii 
nella  scienza  e  nella  politica  non  siano  ancora  arrivati  ad 
una  sentenza  concorde  sui  sindacati,  sulla  loro  utilita  allo 
Stato,  la  loro  natura  benefica  o  malefica,  la  loro  condizione 
presente  e  la  sorte  futura.  I  sindacati,  come  gia  i  camaleonti 
della  favola,  hanno  assunto  in  pochi  anni  tante  forme,  tante 
differenze  specifiche,  tanti  caratteri  individuali,  tante  grada- 
zioni  e  diversita,  a  seconda  dei  varii  paesi  e  dei  popoli  fra 
i  quali  si  sono  stabiliti,  dei  varii  rami  d'industria  che  eser- 
citano  e  degli  amministratori  che  li  dirigono,  che  6  assoluta- 
mente  impossibile  pronunziare  sopra  di  loro  un  giudizio  com- 

1  THE  YALE  REVIEW.  May  1894.  Corporations  and  the  Legislature^ 
pag.  38. 


INDUSTRIAL!  37 

plessivo  ed  assoluto.  Questo  solo  si  puo  dire,  che  il  sindacato, 
considerate  di  per  se,  come  forma  nuova  e  piu  progredita  del- 
Tattivita  economica  umana,  e  avente  per  fine  di  sostituire  alia 
lotta  cieca  e  disordinata  degli  uni  contro  gli  altri  uno  stato 
di  cose  piu  umano  e  piu  profittevole  agli  azionisti,  agli  operai 
ed  agli  stessi  consumatori,  non  che  essere  illecito,  e  giusto 
anzi,  lodevolissimo  e  frutto  naturale  di  cultura  maggiore  e 
di  tempi  piu  progrediti.  «  Nessun  principio  di  morale,  scrive 
il  Jannet,  si  puo  opporre  a  societa  di  simil  genere,  almeno 
fino  a  tanto  che  esse  non  procacciano  di  distruggere  siste- 
maticamente  quelle  che  rifiutano  di  entrare  nel  sindacato  l.  » 
La  stessa  sentenza  tiene  il  Vermeersch  2,  e  quanti  altri 
hanno  trattato  ex  professo  della  loro  liceita  sotto  il  rispetto 
cristiano  ;  non  mancando  tuttavia  di  fare  quelle  riserve 
alle  quali  accenna  il  Jannet,  a  condizione  cioe  che  il  sinda- 
cato, da  societa  istituita  ad  onesto  lucro  e  a  propria  difesa, 
non  si  muti  a  strumento  di  guerra  ingiusta  e  sleale  contro 
i  concorrenti  minori,  contro  i  consumatori  o  contro  lo  Stato. 

I  piu  degli  economisti  pero,  piuttosto  che  della  intrinseca 
liceita  dei  sindacati,  discorrono  dei  loro  vantaggi  alia  societa, 
e  in  cio,  come  dicevamo,  quando  vengono  a  considerarne  il 
pratico  andamento,  discordano  d'assai  nelle  loro  sentenze. 
Per  esempio,  di  cinquanta  sette  opinioni  di  personaggi  insi- 
gni,  americani  i  piu  ed  inglesi,  sulla  utilita  e  stabilita  dei 
sindacati,  raccolte  dal  Flint  in  varie  parti  del  suo  libro,  piu 
volte  citato,  trentuna  6  in  loro  favore,  diciotto  contro  e  otto 
indifferenti.  Dei  pochi  economisti  italiani  che  ne  hanno  par- 
lato  a  ragion  veduta,  il  Cossa  li  difende  apertamente,  il  Loria 
li  condanna ;  in  Prancia  ed  in  Germania  i  pareri  sono  divisi, 
e  cosl,  presso  a  poco,  nelle  rimanenti  parti  del  mondo  3. 

Ci  piace  concludere  questo  articolo  dando  qui  tradotte 
in  italiano  le  due  ultime  testimonianze  sui  sindacati,  recate 

1  CLAUDIO  JANNET.  Ibid.,  pag.  301. 
*  A.  VEIIMBERSCH.  Ibid.,  pag.  437. 

3  Cfr.  CHARLES  FLINT.  Ibid.,  pag.  169  seg.;  Prof.  EMILIO  COSSA.  Ibid., 
pag.  4  seg. 


38  I   SINDACATI   INDUSTRIAL! 

dal  Flint.  La  prima  e  dell' Hayes,  segretario  e  tesoriere 
della  grande  associazione  operaia  degli  Stati  Uniti,  detta 
Knights  of  labor :  «  A  dire  il  tutto  in  poeo,  la  jx>litica  clei 
trusts  consiste  in  una  invasione  aggressiva  e  bene  conge- 
gnata  contro  i  migliori  interessi  della  societa,  distruggitrice 
delle  nostre  libere  istituzioni  e  del  nostro  Governo  popolare. 
I  sindacati  sono  troppo  sovente  uno  stimolo  alia  frode,  alia 
corruzione,  al  tradimento.  Sono  gii  alleati  del  despotismo, 
della  tirannia,  dell'egoismo  mercenario  e  della  schiavitii  ;  ne- 
mici  della  elevazione  della  nostra  stirpe  e  della  eguaglianza 
uraana.  » 

L'altra  testimonianza  e  del  Rosewater,  editore  dell' Omaha 
Bee.  «  Noi  ci  troviamo  di  fronte  a  gravi  problemi,  generati 
dalla  rivoluzione  industriale  del  secolo  XIX.  I  sindacati  non 
sono  che  effetti  di  cause  nuove,  ma  perfettamente  naturali. 
La  civilta  moderna  tende  di  per  se  alia  concentrazione  e  cen- 
tralizzaziooe.  Questa  tendenza  si  mostra  in  modo  evidente 
nella  congestione  di  enormi  popolazioni  in  immense  citta,  nella 
fabbrica  di  alberghi  giganteschi,  di  case  e  di  pubblici  uffi- 
cii  che  par  che  tocchino  il  cielo,  nei  magazzini  colossali,  e 
nell'  impianto  di  grandi  aziende  industrial!.  Le  societa  rno- 
nopolistiche  di  capitale  riunito,  note  sotto  il  nonie  di  trust, 
devono  la  loro  origine  alia  troppo  grande  produzione  e  ad 
una  concorrenza  rovinosa.  Quando  i  loro  direttori  agiscano 
onestamente,  sia  nel  raccogliere  come  nel  far  fruttare  il  loro 
capitale.  avendo  il  debito  riguardo  alia  prosperita  dei  loro 
impiegati  e  che  anche  i  loro  consumatori  ne  traggauo  gio- 
vamento,  cotali  grandi  imprese  industrial!  sono  assolutainente 
inoffensive.  » 

I  pareri  contrarii  dell' Hayes  e  del  Rosewater  rappresen- 
tano,  negli  Stati  Uniti,  le  contrarie  tendenze  del  partito  de- 
mocratico  e  del  repubblicano,  del  socialismo  collettivista  e 
del  capitalismo.  Da  quanto  abbiamo  detto  fin  qui,  crediamo  non 
si  debba  star  lungo  tempo  in  forse,  a  quale  di  queste  due 
opposte  tendenze  si  debba  dare,  fatte  le  debite  riserve,  la 
preferenza. 


A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO 


DI 


NICCOLO    TOMMASEO 


Quando  Tottobre  scorso  si  celebrarono  in  Settignano  sulla 
tomba  del  Tommaseo  le  feste  centenarie  della  sua  nascita, 
—  contrapposti  delle  cose  umane  —  ci  parve  ottimo  pensiero 
quello  del  Comitato  di  far  precedere  una  religiosa  cerimo- 
nia  in  ricordo  di  quel  credente  che  tante  volte  aveva  certo 
pregato  in  quella  chiesa  stessa,  e  ivi  fame  onorar  la  rnemo- 
ria  con  calde  parole  dal  sacerdote  professor  Ulivieri,  e  poi 
in  poetica  adunanza  colla  forbita  frase  del  professore  Isidoro 
del  Lungo,  il  quale  ne  vanto  1'amore  per  Firenze  e  1'opera 
letteraria  che  forma  la  miglior  parte  dei  lavori  del  dal- 
mata.  E  ci  sovvenne  alia  memoria  quel  che  Augusto  Conti 
ne  diceva  il  3  maggio  1874  dinnanzi  al  cadavere  associate 
in  S.  Remigio:  «  Le  tue  lodi  si  dicono  in  Chiesa  degnamente, 
perch6  tanto  fosti  piu  libero  della  ragione  quanto  piu  sicuro 
nella  fede:  e  tanto  piu  fosti  amatore  degli  uomini,  quanto 
piu  amasti  Dio...  Ci  rivedremo  nell'eterna  cittadinanza,  dove 
ancora  ti  parra  dolcc  ricordare  la  favella  di  Dante  che  tu 
glorificasti  l.  » 

NelToccasione  di  quelle  stesse  feste  in  un  giornale  fio- 
rentino,  il  veneziano  Vincenzo  Mikelli  studiosissimo  del  Tom- 
maseo e  gia  stretto  amico  a  Girolamo  figliuolo  di  lui,  la- 
mentava  amaramente  Tabbandono  ed  il  silenzio  che  nella 
moderna  letteratura  circondano  il  nome  di  quel  valentuomo. 
«  E  bene,  in  questo  giorno  commemorativo,  dirlo  a  voce  alta 
con  libera  parola  » :  tanto  piu  che,  se  «  un  fitto  velo  si  6  di- 
steso  su  questo  augusto  nome  e  la  gioventu  non  solo  non 
istudia  ma  neppur  conosce  superficialmeute  i  principali  suoi 
scritti  »,  invece  «  ci  prosterniamo  come  adulatori  davanti  a 

i  Nuova  Ant.  Anno  IX,  fasc.  VII. 


40  A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO 

false  grandezze  e  servilmente  lodiamo  uomini  i  quali,  non 
avessero  altra  colpa,  hanno  questa  grandissima  di  falsificare 
arte  e  letteratura,  di  corromper  la  mente  e  il  cuore,  di  as- 
servire  Tltalia  agli  stranieri  esemplari  £.  »  La  stessa  rifles- 
sione,  lo  confessiamo,  abbiam  fatto  anche  noi.  Anche  a  noi 
parve  strano  che  in  un  tempo  dove  Tapplauso  e  si  facile  si 
coprisse  col  silenzio  il  nome  di  un  uomo,  il  quale,  poniamo  pure 
die  avesse  i  suoi  difetti,  fu  tuttavia  ricco  di  rari  pregi,  quanto 
e  piii  di  altri  che  vantano  Tapoteosi.  Fu  certo  il  Tomrnaseo 
tra  piii  colti  letterati  del  tempo  suo  :  di  sconfinata  erudizione, 
dotto  conoscitore  di  quanto  per  la  coltura  classica  era  pub- 
blicato  nella  prima  rneta  del  secolo  scorso ;  e  se  il  suo  stile  sente 
«  deirartificiato  e  dello  stecchito  »  2  se  non  ha  «  1'abbondanza, 
la  vita,  le  grandi  qualita  dello  scrittore  »,  come  filologo 
non  basterebbe  un  Dizionario  quale  quello  dei  Sinonimi  a 
dargli  fama  nella  letteratura  di  un  popolo  ?  Eppure  quanti 
altri  lavori  egli  non  accumulo !  Con  quella  ferrea  sua  tem- 
pra,  con  memoria  pronta  a  un  tempo  e  tenace,  osservatore 
acuto,  indefesso,  avido  di  ogni  sapere,  non  vi  fu  via  che 
egli  non  tentasse :  latino,  greco,  storia,  romanzo,  poesia,  mo- 
rale, politica,  lingue  moderne,  esegesi  sacra.  Certo  la  sola 
enumerazione  fa  sorgere  in  rnente  1?  adagio  oraziano  pluribus 
intentus...  ma  e  pur  vero  che  il  Tommaseo  seppe  coll'osti- 
nato  lavoro  lasciare  orma  onorata  in  molte  parti  del  campo 
letterario  da  lui  coltivato.  Or  noi  dicevamo:  perche  tanti 
meriti,  e  certo  non  comuni,  trovano  o  nessuna  o  almeno 
avara  voce  di  plauso,  e  voga  di  fama? 

A  noi  pare  che  la  vera  risposta  sia  questa.  II  Tommaseo 
fu  cristiano.  Ecco  il  baco  che  ne  guasta  il  sapore  per  quella 
gente  che  invece  il  cristianesimo  amano  come  il  fumo  negli 
occhi:  e  pero  la  consorteria  settaria,  dispensiera  di  fama, 
tace  di  lui:  ai  miscredenti,  ai  pornografi  la  luce  del  sole: 
ai  credenti,  agli  onesti  il  silenzio  e  Toscurita.  Oh !  se  il  Tom- 
maseo avesse  insudiciato  un  solo  volume  dei  cento  che  scrisse, 

1  Naz.  9  ott. 

*  FRANC.  DE  SANCTIS,  La  letteratura  italiana  nel  secolo  XIX,  p.  238. 


DI   NICCOLO   TOMMASEO  41 

vomitando  bestemmie,  putridume,  come  certi  romanzieri  di 
nome  piu  o  merio  italiano,  allora  la  tromba  ripeterebbe  il 
suo  nome  ai  quattro  venti,  e  le  commemorazioni  e  i  monu- 
ment! pullulerebbero,  qual  dubbio  c'e?  Ebbene  sia  appunto 
la  fede  di  lui,  T  incontaminata  sua  morale  titolo  per  noi  a 
ricordarne  qui  la  memoria:  e  mentre  altri,  come  dicevamo 
cominciando,  onoro  nobilmente  nel  Tonimaseo  il  letterato, 
sia  permesso  a  noi  di  qui  rintracciarne  brevemente  la  vita 
come  cristiano. 


La  nostra  voce  non  pud  esser  sospetta  di  parzialita  verso 
il  Tommaseo.  II  suo  nome  e  quello  di  parecchie  sue  opere 
non  sono  sconosciute  alle  pagine  del  nostroperiodico1:  e  pur 
troppo  Famore  della  giustizia  e  la  difesa  della  verita  ci  hanno 
costretto  piii  volte  a  dir  parole  che  ban  saputo  di  forte  agrume 
al  fiero  dalmata,  ma  che  neppur  adesso  potremmo  ritrattare 
senza  venir  me  no  alia  santita  dei  principii  cattolici.  Non  fu 
nostra  colpa  se  egli  combattendo  il  civile  principato  del  Ro- 
mano Pontefice  si  era  incautamente  messo  per  una  strada 
che,  allontanandolo  dalla  verita,  doveva  finire  alia  con- 
danna  degli  iracondi  suoi  scritti.  Quegii  scritti  erano  infe- 
lice  frutto  della  maligna  radice  del  liberalismo,  che  T  ine- 
sperto  giovane  aveva  lasciato  abbarbicarsi  neiranimo.  E 
non  ne  facciamo  le  maraviglie :  anzi  oggi  piu  facilmente  lo 
possiamo  in  parte  spiegare  riandando  le  vicende  della  tra- 
vagliata  sua  vita,  e  riconosciamo  volentieri  quanto  fosse  diffi- 
cile al  povero  Tommaseo  di  guardarsi  da  tanti  pericoli,  sicche 
assai  piu  maraviglia  ci  da  il  vederlo  scampato  a  inevitabile 
naufragio. 

Non  era  certo  la  filosofia  imparata  a  tredici  anni  sul  te  • 
sto  del  Soave,  che  gli  avesse  potuto  dar  sodo  fondamento 
alle  lotte  future  :  e  neppure  crediamo  potesse  far  grande  asse- 
gnamento  sugli  studii  di  Padova  con  tutta  Tamicizia  del  Ro- 

1  Cfr.  Civ.  Catt.  Serie  IV,  4,  (1859)  466  segg.  Serie  V,  11  (1864)  192 
e  segg.  Serie  X,  7  (1878)  701  e  segg. 


42  A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO 

smini,  cui  il  Tornmaseo  conserv6  sempre  venerazione  e  rico- 
noscenza  sincera.  A  diciannove  anni  aveva  finite  quel  che, 
con  lepida  ironia,  chiamava  corso  di  studii,  e  otteneva  la 
«  non  sudata  corona  »:  confessione  sincera,  se  poniana  mente 
che  il  giovane  Nicolo  negli  stessi  anni  di  Universita,  trovava 
modo  di  metter  in  iscena  drammi  e  tragedie :  lo  vediam  appli- 
cato  a  tradur  Dante  in  esametri  latini  e  il  Rosmini,  che  ne  avea 
letta  la  prima  cantica,  stimava  la  traduzione  vincere  il  testo, 
il  che  non  so  se  ci  faccia  apprezzare  piii  il  giudice  o  il  tra- 
duttore :  in  quei  benedetti  anni  ancora  compone  liriche,  studia 
i  padri  della  Chiesa,  e  prepara  un  libro  intitolato  «  Gesii  vero 
amico  »  il  primo  dei  tanti  pubblicati  da  questo  uomo  opero- 
sissimo.  Si  capisce  che,  in  mezzo  a  tal  farragine,  i  sillogismi 
fossero  mal  capitati  e  una  ininacciosa  canzone  cominciasse : 
«  II  Ciel  ti  fulmini,  Filosofia  ».  Gli  studii  letterarii  eran  1'amor 
suo  e  per  seguirne  1'attrattiva,  lasciata  la  nativa  Sebenico  e 
i  suoi  non  contenti,  si  butta  al  giornalismo  e  cerca  guada- 
gnarsi  un  pane  a  Venezia,  a  Padova,  a  Milano,  che  lo  ag- 
guerriscono  col  disagio  e  colla  lotta  per  aprirsi  una  via: 
finche  si  volge  a  Firenze  dove  Gianpietro  Vieusseux  lo  fa 
collaborator  all' Antologia  da  lui  poco  innanzi  fondata. 

E  qui  ci  sia  permesso  dare  una  guardata  intorno  a  vedere 
quale  fosse  la  palestra  in  cui  entrava  il  giovane  dalmata,  e 
conoscere  la  societa  che  doveva  dare  T  impronta  alia  sua 
vita.  11  Mecenate  ginevrino  che  lo  accoglieva,  n6  letterato 
ne  colto,  ma  scaltro  mercante  e  «  vecchio  frammassone  » 
come  egli  stesso  si  chiamava,  dopo  aver  girato  mezzo  mondo, 
nel  1819  era  venuto  a  piantar  le  tende  in  Toscana,  dove  il 
fiuto  volpino  gli  prometteva  buon  gioco.  Una  sala  di  lettura 
che  vi  aperse,  r accoglieva  i  periodic!  di  maggior  couto 
francesi,  tedeschi,  inglesi,  libri  svariati  di  letteratura,  di 
politica,  di  scienze :  e  quanto  veleno  si  introducesse  cosl  in 
Toscana  sotto  colore  letterario,  solo  chi  voile  esser  cieco  non 
vide.  La  sala  di  lettura  serviva  naturalmente  di  ritrovo 
a'  forestieri  e  non  forestieri  iniziati  al  movimento  italiano  : 
1£  si  discutevano  le  question!,  si  preparavano  i  congress!,  si 


Dl   NICOOLO   TOMMASEO  43 

communicavano  le  idee:  YAntologia  aveva  la  niissione  di  di- 
vulgarle.  La  politica  generalmente  prendeva  maschera  di  let- 
teratura  rornantica,  di  commercio,  di  mutub  insegnamento : 
tutto  serviva  purche  si  fosse  sempre  in  moto.  E  in  quel  ri- 
trovo  il  Tommaseo  pote  passar  in  rassegna  il  fiore  de'  cospi- 
ratori  che  prepararono  la  rivoluzione  italiana.  Vi  era  Pietro 
Capei,  Gabriello  Pepe,  Francesco  Forti,  Pietro  Colletta  lo 
storico ;  vi  erano  i  livornesi  Mayer,  Bonaini,  Domenico  Guer- 
razzi ;  vi  trovava  Pietro  Giordani,  Tinfelice  Leopardi,  lo  spi- 
rito  arrabbiato  di  G.  B.  Niccolini,  il  Giusti,  il  lubrico  Salva- 
gnoli  poi  ministro  e  senatore.  Vi  conosceva  quello  scapestrato 
di  Guglielmo  Libri  che  ando  poi  a  cercar  fortuna  in  Francia : 
il  povero  Confalonieri  il  quale  trovava  che  «  il  tempo  in  Italia 
scorreva  lento,  monotono :  le  idee  di  sei  mesi  prima  eran  le 
stesse  che  sei  rnesi  dopo  »  e  per  togliersi  dalla  monotonia  e 
cambiar  idee...  passo  allo  Spielberg.  Vi  era  il  Ridolfi,  vi  era 
sopratutto  il  marchese  Gino  Capponi  con  cui  il  Tommaseo 
strinse  un'amiciziachedovevadurare  cinquant'anni  e  lamorte 
sola  poteva  troncare :  fu,  si  puo  dire,  la  sola  amicizia  della  sua 
vita.  Chi  di  noi  si  stupira,  che  un  giovane  poco  piu  che  ven- 
tenne,  vissuto  fin  allora  solitario  e  quasi  nell'indigenza,  intro- 
dotto  in  mezzo  a  un'aecolta  di  tali  uomini  forniti  la  massima 
parte  d'ingegno  assai  perspicace,  di  elegante  coltura,  di  sva- 
riata  istruzione,  di  quella  superiorita  che  dava  loro  la  cono- 
scenza  delle  cose  e  delle  persone,  seguisse  T  impulso  delle 
loro  idee,  ne  bevesse  lo  spirito,  e  si  risentisse  poi  sempre  del 
veleno  infiltratosi  nelle  sue  vene? 

Che  se  poi  ai  nomi  gia  citati  ne  aggiungiamo  altri  di  esem- 
pio  piu  pernicioso,  di  influenza  piu  nefasta,  come  quello  del- 
Tabate  Lambruschini  nipote  del  cardinale,  uomo  sospetto  nella 
stessa  fede,  dell' ex  barnablta  Montani  libertino  scandaloso,  ed 
altrettali  disgraziati  compari,  noi  possiamo  indovinare  la  lotta 
che  dovette  sorgere  nelFanimo  del  povero  Tommaseo  che,  ab- 
bandonato  a  s6  stesso,  mal  distingueva  il  faro  che  lo  potesse 
guidare  a  buon  porto.Eppurefin  d'allora,  con  saldezza  d'animo 
non  comune,  senza  curare  le  opinioni  altrui  e  gli  altrui  mot- 


44  A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO 

teggi,  lo  vediamo  levar  la  fronte  onorandosi  della  sua  fede 
e  del  nome  di  cattolico  prima  che  di  liberale.  N6  crediamo 
che  mai  del  liberalismo  egli  distinguesse  nettamente  i  falsi 
principii  e  le  ree  conseguenze ;  il  che  noi  non  diciamo  tanto 
a  difesa  della  sua  condotta  quanto  a  spiegare  quella  continua 
incoerenza,  quella  mezza  misura,  quelPaltalena  a  cui  si  tro- 
vava  condannato  dalla  sua  divisa  di  «  cattolico  e  liberale  » . 
Quando  il  Tommaseo  vedeva  gli  eccessi  a  cui  altri  piu 
logico  e  meno  scrupoloso  trascendeva,  allora  protestava,  rin- 
negava  con  isdegno  ogni  partecipazione  a  quegli  atti,  si  adi- 
rava  che  ci  fosse  chi  osasse  disonorare  la  liberta :  e  con  cio 
credeva  fatto  quanto  bastava  a  salvare  la  coscienza  che  vo- 
le va  serbare  intemerata :  n6  s'accorgeva  della  contraddizione 
tra  i  suoi  principii  e  la  sua  condotta:  singolare  in  cio  che 
una  condotta  onesta  fosse  guidata  da  principii  menzogneri. 
II  che  se  non  fa  onore  alia  perspicacia  d?  ingegno  del  Tom- 
maseo, ne  salva  pero  Tonesta  di  sentimenti,  la  rettitudine 
dell'animo,  la  schiettezza  della  pieta,  che  val  molto  meglio. 


* 
* 


Ora  6  degno  a  vedersi  come  il  Tommaseo  a  dispetto  di 
quei  principii  erronei  e  condannevoli,  seppe  nondimeno  illu- 
minare  la  sua  vita  di  luce  cristiana.  La  sua  carriera  let- 
teraria  egli  comincio,  come  gia  notammo,  con  uno  scritto 
nel  quale  colla  Santa  Scrittura  va  mostrando  il  vero,  unico 
amico  nel  Redentore.  A  questo  primo,  dodici  almeno  ne  fece 
seguire  di  materia  strettamente  religiosa :  per  esempio, 
passi  scelti  delle  opere  di  Teodoreto  e  di  S.  Basilio  anno- 
tati:  le  oraziorii  di  S.  Giov.  Grisostomo:  la  vita  di  S.  Giu- 
seppe Calasanzio,  le  lettere  di  S.  Caterina,  una  Coneordia 
evangelica  e  parecchi  libri  di  preghiere,  che  se  lion  piacciono 
sempre  al  gusto  letterario,  poiche  lo  stile  un  po'  contorto  e 
stentato  del  dalmata  e  il  suo  far  concettoso  non  si  adatta  alia 
semplicita  dell' or  are,  provano  pero  assai  bene  a  che  volgesse 
egli  stesso  il  cuore  e  Tabitudine  della  sua  mente.  Un'altra 


DI  NICCOL6   TOMMASEO  45 

opera  pubblic6  il  Tommaseo  di  maggior  lena  e  a  cui  pose 
piu  amore  e  furono  i  Santi  Vangeli  tradotti  dal  testo  il  piu 
.alia  lettera  che  gli  paresse  possibile,  conservando  anche  la 
giacitura  stessa  del  vocaboli  quanto  lo  pativa  F  indole  della 
lingua  nostra,  perch6  anche  nella  successione  e  legamento 
delle  parole  venerava  1'opera  ispirata  di  Dio:  e  quei  Van- 
geli accompagno  di  un  commento  cavato  dalla  Catena  aurea 
di  S.  Tommaso,  facendone  la  migliore  e  la  maggiore  forse 
delle  opere  sue,  se  si  eccettuino  i  Dizionarii.  Questa  tra- 
duzione  egli  fece  in  tre  mesi  che  passo  nelle  carceri  di 
Venezia  dal  19  gennaio  al  17  marzo  1848  quando,  per  certa 
Conferenza  accademica  contro  la  Censura  della  stampa,  e 
piu  per  sospetti  delle  sue  relazioni  liberali,  la  polizia  austriaca 
ve  lo  rinchiuse :  e  ne  fu  liberato  a  moto  di  popolo  che  poi  lo 
voile  membro  del  governo  provvisorio  di  quella  repubblica 
morta  quasi  appena  che  nata. 

E  lunga  lista  ancora  ci  crescerebbe  tra  le  mani,  se  voles- 
«imo  enumerare  tutte  le  sue  scritture  volte  a  soggetto  mo- 
rale. Ma  non  vogliamo  tacere  quelle  per  Teducazione  in 
genere  e  per  quella  particolarmente  del  popolo,  al  quale  que- 
sto  austero  Catone,  sempre  un  po'  imbronciato  verso  i  fastosi 
marchesi  e  i  nobili  oziosi,  portava  il  piii  cristiano  affetto. 
Per  il  Tommaseo,  sola  la  religione  pu6  dar  compita  1'edu- 
•cazione  del  cuore :  e  percio  vuole  che  essa  penetri  dappertutto, 
tutto  informi,  tutto  conservi  e  di  lui  6  quella  frase  celebre 
•che  le  scuole  o  sono  templi  o  sono  fane.  Egli  vuole  che  al 
fetnciullo  da  tutte  le  cose  si  tragga  ammaestramento  di  fede 
e  pieta.  «  La  luce  gli  rammenti  Teternita  del  Vero,  una  stella 
dica  quel  che  e  la  religione  alia  vita,  un  tempio  ricordi  il 
Dio  che  vi  alberga;  tutto  gli  parli  del  suo  Dio.  »  E  altrove. 
•«  Fate  che  di  ogni  cosa  preghino  e  riguardino  Dio  come  Tin- 
timo  degli  amici  »  l  pensiero  che  ripete  spesso  e  certamente 
riproduceva  la  pratica  sua  quotidiana. 

A  lui  gia  dotto,  gia  in  fama  anche  per  diversi  lavori  e 
sempre  occupatissimo  a  prepararne  de'  nuovi  d'ogni  sorta 

1  Pensieri,  pag.  19. 


46  A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO 

d'erudizione,  di  lingua,  di  dottrina,  non  parve  indegno  im- 
piego  della  mente  e  del  tempo  a  comporre  preghiere  per  i- 
bambini  d'una  scuola  di  campagna,  darecitarsi  al  principio, 
a  mezzo  e  al  fine  della  lezione,  insegnando  loro  invocar  Gesu, 
e  Maria,  come  sa  far  quell'eta.  E  un  altro  libro  scrisse,  anzi 
due,  di  esempi  di  generosita  cavati  dalle  Sacre  Scritture  con 
riflessioni  adatte  al  popolo  e  ai  fanciulli.  Dal  Cristianesimo 
egli  vede  ogni  cosa  perfezionata,  elevato  ogni  precetto  della 
vita  e  per  lui  un  solo  e  il  libro  per  tutti,  il  Vangelo.  La 
Bibbia,  gli  esempi  dei  santi  dovrebbero  essere  il  nutrimento 
del  popolo:  questo  e  il  suo  sogno  e  vorrebbe  istituire  un 
giornale  pel  popolo  dove  quegli  esempi,  quelle  massime  siano 
spiegate:  e  sente  con  tristezza  il  popolo  che  canta  inf  mie  l, 
a  Benefica  soprattutto  e  possente,  secondo  il  Tommaseo,  e 
Peducazione  del  confessore  savio,  il  qual  sappia  alle  neces- 
sita  delFanima  provedere  secondo  Dio  clie  solo  e  pietoso :  » 
e  il  buon  confessore  «  puo  nell'anima  piu.  che  il  maestro  e 
il  padre,  e  Pamico,  e  la  sorella,  e  la  madre  »  2. 


* 

* 


Quello  che  pero  noi  vorremmo  far  qui  notare  piu  parti- 
colarmente  non  e  il  numero  de'  suoi  scritti  indirizzati  a  scopo 
prettamente  reiigioso  o  morale;  ma  meglio  lo  spirito  gene- 
rale  di  fede,  di  che  il  nostro  Dalmata  voile  improntare  i  suoi 
scritti,  anche  dove  gli  error!  delle  false  dottrine  e  i  pregiudizi 
politici  lo  traviavano.  E  singolar  cosa  e  difatti  il  veder  di  quale 
cognizione  delle  divine  Scritture,  di  quale  erudizione  nella  let- 
tura  dei  Padri  della  Chiesa  egli  faccia  spreco  perfino  in  quel- 
Pinfelice  cumulo  di  paralogismi  e  di  contradizioni  che  e  il  sua 
libro  «  Roma  e  il  mondo  »  condannato  dalla  logica  3  doppia- 

1  Sull' Educazione.  Desiderii,  pag.  194  e  segg. 

8  Ib.  pag.  76. 

3  Per  dar  un  saggio  della  logica  e  dello  spreco  accennato,  ecco  come 
parla  al  Cap.  XII,  pa£.  268.  « II  governo  dei  preti  per  renders!  legittimo- 
dovrebbe  esser  1'esemplare  di  tutti  i  govern!  della  terra.  Ora  e  ben  chiaro- 


DI   NICCOLO   TOMMASEO  47 

mente  e  dalla  cattolica  dottrina.  Ma  dove  il  suo  animo  era  li- 
bero  da  simili  preoccupazioni,  in  piu  di  un  centinaio  di  scritti 
ed  opuscoli  da  lui  pubblicati  di  tante  materie,  non  solo  non 
v'e  parola  di  intendimento  men  che  onesto,  ma  donde  che  sia 
•cerea  modo  diintrodurreriflessione  cristiana  e  ordinata  a  virtu. 

Lo  spazio  non  ci  consentirebbe  di  moltiplicare  gli  esempi, 
come  sarebbe  facilissimo;  ma  apriamo  a  caso  qualcimo  dei 
libri  piii  not!  e  che  non  diciamo  si  prestano,  ma  si  adoperano 
meno  a  pensieri  morali.  — Ne'  Sinonimi  alia  voce-  Rinnovare, 
Innovare  —  notera  che  «  innovatore  nelle  cose  umane  puo 
essere  Fuomo  in  bene.  Dio  solo  pero  e  Tinnovatore  vero :  ecce 
nova  facio  omnia.  »  Alia  voce  IntorMdarsi,  troveremo  che 
«  la  scienza  non  irradiata  dalla  virtu  e  sempre  torbida.  »  A 
Vanagloria  ci  clira  che  «  il  Cristianesimo  ci  insegna  a  non 
ci  gloriare  neanco  della  virtu,  perche  dono  anch'essa  di  Dio  ». 

Conoscitore  della  lingua  quant 'altri  pochi,  compila  un  Sag- 
gio  di  modi  errati  a  benefizio  de"  giovani  studiosi.  Alia  frase 
Scienze  naturally  spiega :  «  quelle  che  concernono  la  natura 
corporea:  ellissi  in  se  non  propria,  ma  comune  oramai:  il 
soprannaturale  e  naturalissimo  all'anima  umana:  il  naturale 
senza  il  soprannaturale  6  piii  che  mistero ;  e  buio ;  6  dubbio.  » 
Nel  grande  Vocabolario  di  Torino  scrivera  come  esempio  que- 
sto  pensiero  «  Dio  affligge  non  solo  i  buoni,  ma  talvolta  anche 
le  nazioni  men  ree,  per  farle  piii  degne  a  destini  migliori.  » 

Cosi  pure  ogni  lettore  del  Tommaseo  osservera  che  quando 
un  fatto  od  una  circostanza  gli  si  presenti  riprovevole  se- 
condo  la  legge  di  Dio,  egli  cerca  sempre  di  rimediare  al  no- 
cevole  effetto  che  puo  produrre  in  chi  legge.  Se  e  obbligato 
di  citare  un  tal  Betteloni  che  flnisce  disgraziatamente  la  vita 
col  suicidio,  tutto  rattristato  nelFanimo  ricorda  i  versi  che 
-quegli  aveva  rivolti  alia  Vergiue  Maria,  per  aprir  il  pensiero 

<jhe  quand'anche  non  fosse  il  peggiore,  lion  potrebbe  niai  essere  il  mi- 
gliore,  appunto  per  essere  un  governo  di  preti,  i  quali  hanno  doveri  assai 
piu  important! .  Summa  dicere,  summa  tractare  (S.  Greg.  I,  25)  ecco  la 
grandezza  d'un  pontefice...  Se  egli  si  abbassa  alle  superbe  miserie  della 
-dignita  reale  da  trivio,  contraviene  al  suo  ministero.  » 


48  A   PROPOSITO   DEL   CENTENARIO 

a  qualche  speranza  di  salvezza.  Se  narra  di  Gabriello  Pepe 
il  celebre  duello  col  Lamartine  per  Hnsulto  all' Italia  (casi 
che  si  ripetono),  cerca  scusarne  1'intenzione,  la  volonta. 

Se  qualcuno  pensasse  che  questo  non  era  per  il  Tommaseo 
che  im  esercizio  di  stile,  un  vezzo,  una  forma  letteraria,  si 
ingannerebbe  a  partito.  Quei  sentimenti,  queila  difesa  della 
verita  e  deila  religione  che  gli  sgorgavano  profondamente  dal 
cuore,  gli  costavano  spesso  noie  e  lotte  disgustose  dagli  amici 
stessi,  a  cui  pero  non  sacrificava  mai  la  propria  coscienza : 
e  quantunque  il  suo  carattere  fiero  e  indipendente  fosse  anche 
troppo  pronto,  pero  senza  bravate,  a  scuotersi  di  dosso  le 
mosche,  pure  ognun  sente  quanto  tutto  questo  supponesse  in 
lui  di  sincera  persuasione  e  di  forza  cristiana.  Per  citarne 
una  prova,  negli  anni  che  passo  in  Francia,  fu  pregato  dal 
Guerrazzi  perche  volesse  rivedere  le  prove  dQll'Assedio  di 
Firenze,  che  si  stampava  a  Parigi  nel  1836.  Per  compiacerlo 
si  pose  air  opera :  ma  nella  revisione  ando  poco  piu  oltre  del 
primi  fogli  e  accortosi  deirinfame  libro  che  era,  lo  git  to  da 
se,  ne  voile  saperne  di  piu :  ed  ecco  il  motivo  che  ne  scri  - 
veva  al  Capponi :  «  Ci  ho  trovate  tante  ribalderie  contro  Dio- 
e  contro  la  dignita  deiranima  umana,  che  mi  fu  giocoforza 
smettere...  Ho  rimorso  di  non  averlo  fatto  prima.  »  Colla. 
stessa  indegnazione  combatteva  fieramente  lo  spirito  anticri- 
stiano  col  quale  il  Libri  avvelenava  la  sua  Storia  delle  scienze 
matematiche  in  Italia:  cosi  la  rompeva  col  Niccolini  criti- 
candone  acerbamente  1' Antonio  Foscarini  per  la  contamina- 
zione  del  suicidio  che  gia  fin  d'allora  imperversava  in  Italia ; 
come  aveva  gia  scritto  contro  il  Foscolo  per  le  sue  lettere 
di  Jacopo  Ortis. 


E  certo  di  delicata  coscienza  era  quest 'uomo,  ove  la  pas- 
sione  del  liberalismo  non  venisse  a  fargli  velo  alia  mente,, 
e  confonderne  pur  troppo  i  retti  dettami.  Quando  egli  stam- 
pava la  sua  traduzione  dei  Vangeli,  chiese  all'Autorita  eccle- 
siastica  persone  capaci  e  dotte  in  quelle  materie  perche  lo 


DI  NICCOLO   TOMMASEO  49 

consigliassero,  e  rivedessero  tutta  1'opera  sua  com'era  dovere : 
ma  essendogli  poi  varie  volte  occorso,  o  per  necessita  tipo- 
grafiche,  o  per  miglior  riflessione,  di  mutare  checchessia  nel 
manoscritto,  non  mai  si  quiet6  che  di  tutto  fossero  minuta- 
mente  informati  quelli  che  ne  erano  incaricati. 

In  altro  caso  e  di  grave  momento  per  lui  ebbe  egli  oc- 
casione  di  mostrare  quanta  fosse  la  forza  insieme  deiranimo 
suo  e  la  delicatezza  della  coscienza :  e  tanto  piu  volentieri 
qui  la  soggiungiamo  quanto  meno  forse  conosciuta.  Tutti  sap- 
piamo  che  lo  sdegnoso  uomo  non  voile  mai  nulla  accettare 
dal  Governo,  che  potesse  arieggiare  a  un  compenso,  a  un  mer- 
cato  della  sua  condotta,  de'  suoi  meriti  politici:  ed  egli  si  bur- 
lava  troppo  de7  martiri,  de7  cavalieri,  per  imitaiii.  Godeva 
egli  solo  di  un  tenue  assegnamento  dal  1851  come  Accade- 
mico  della  Crusca,  ma  lavorava  quanto  e  piu  fosse  neces- 
sario  per  meritarlo  colla  sua  fatica.  II  Governo  torno  di- 
verse volte  alle  sue  profferte,  anche  per  giusto  sentimento  di 
sollevarlo  dalla  necessita  di  quel  continuo  lavoro.  Verso  il 
1866  o  67  il  Ministro  Berti  specialmente  gli  propose  di  ac- 
cettare, come  il  Manzoni,  la  direzione  di  un  Istituto :  il  che 
senza  toglierlo  ai  prediletti  suoi  studi  avrebbe  vantaggiato 
la  stretta  mediocrity  della  famiglia:  non  voile.  Offertagli  la 
corona  del  merito  civile  come  piii  rispettata  delle  altre,  la 
rifiuto.  Per  fare  almeno  un  vantaggio  ai  figliuoli  di  lui,  gli 
fu  proposto  di  accettare  la  cittadinanza  italiana:  e  il  Tom- 
maseo  vinto  dalla  onorevole  insistenza  del  Berti,  per  non  ri- 
flutar  tutto,  accondiscese.  Ma  quando  venne  a  sapere  che  gli 
sarebbe  conferita  nello  stesso  tempo  che  a  un  cotal  professore 
Moleschott,  il  quale,  cacciato  dalle  scuole  della  protestante  sua 
patria  per  le  sue  dottrine  materialistiche,  era  stato  ricevuto 
a  grande  onore  fra  noi,  fatto  professore  nelle  nostre  Univer- 
sita  e  senatore  del  regno,  mando  risolutamente  disdirsi :  che 
non  voleva  esser  costretto  a  protestare  di  esser  fatto  citta- 
dino  italiano  in  tal  compagnia.  E  non  se  ne  fece  piu  motto  *. 

1  P.  MAURO  Ricci  D.  S.  P.,  Prose  letterarie  pag.  167. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1261.          4          23  dicembre  1902. 


50  A  PROPOSITO   DEL  CENTENARIO 

Dalmata  rimase  egli  dunque,  e  dalla  Dalmazia  si  vantava 
aver  imparato  la  volutta  del  sacrifizio,  Torgoglio  della  po- 
verta,  Tambizione  della  solitudine :  la  Dalmazia  ainava,  dove 
«  nella  terricciuola  di  Stretto  e  dallo  scoglio  di  Slarin  si  parla 
meglio  italiano  die  dal  Conte  di  Cavour,  dal  gentiluomo  di 
Chieri,  inavveduto  oppugnatore  e  invalido  di  Ordini  religiosi, 
€  propagatore  di  cavalieri  pedestri  senza  numero  e  senza 
nome l... »  N6  la  Dalmazia  all'Italia  avrebbe  voluta  unire  poli- 
ticamente:  «  L' Italia,  ha  in  se  troppi  pericoli  senza  raccat- 
tarne  de'  nuovi  in  Dalmazia.  »  Ma  voleva  che  i  Dalmati 
amassero  T  Italia  com1  egli  1'amava  di  affetto  sincerissimo  per 
le  glorie  passate,  per  le  due  lingue  sue  «  da  cui  ebbi  luce 
airingegno  e  ineffabili  consolazioni  all'anima.  »  —  «  Amo  gli 
italiani  perche  sono  stati,  sono  e  saranno  assai  tempo  ancora 
infelici 2.  » 


* 
*     * 


E  questa  infelicita  egli  la  vedeva  nelle  discordie,  nelle 
lotte  settarie,  nella  crescente  immoralita,  nella  guerra  alia 
religione. 

Gli  faceva  stomaco  di  vedere  T  Italia  una  fungaia  di  in- 
creduli  e  materialist!  pullulati  dalla  melma  della  corruzione 
rivoluzionaria,  e  non  si  puo  dire  come  li  saettasse  coi  ter- 
ribili  dardi  del  suo  stile  sarcastico.  A  un  cotale  che  a  pro- 
posito  di  certe  pietre  dell'isola  d'Elba  gli  scriveva  le  sue 
teorie  anti-mosaiche,  egli  risponde  confessando  che  quelle  pie- 
tre non  le  pu6  digerire  e  non  crede  che  si  riesca  ad  oppri- 
mere  Tautorita  di  Mos6  lapidandolo  co'  sassi.  —  Ma  quel  che 
sopra  ogni  altra  cosa  fa  montare  in  bizza  il  Tommaseo  &  la 
discendenza  delTuorno  scimmia,  e  cosi  si  prende  a  canzonare 
un  professor  e.  «  Perdoni  la  mia  semplicita,  ma  io  dai  suoi 
scritti  non  ho  ancor  capito,  se  ella  crede  che  le  scimmie  siano 
coetanee  agli  uomini  e  agli  asini,  o  progenitrici  di  questi  e 
di  quelli.  Se  il  mondo  e  sempre  nel  diventare,  speriamo  che, 

1  Via  facti.  II  S.  n.  f.  299. 
?  II  ferio  nel  faceto  pag.  286. 


DI   NICCOLO   TOMMASEO  51 

dopo  spesi  seimila  anni  o  sessantamila,  come  meglio  le  piace, 
a  fare  d'un  scimiotto  un  re  o  un  accademico,  il  dio  pane 
(dio  del  regni  e  delle  repubbliche)  vorra  spenderne  altri  ses- 
santamila  a  perfezionare  la  razza  del  ciuchi  e,  tolta  od  al- 
lungata  la  coda,  convertirli  in  professor!  d'Universita  e  in 
deputati.  »  Se  la  sferzata  leva  la  pelle,  bisogna  dire  che  era 
stato  provocato  e  il  professore  gli  aveva  regalato  del  sem- 
pliciano  per  le  stampe.  E  di  questa  gente  voleva  che  si  sbrat- 
tassero  le  scuole  italiane :  e  ne  scriveva  aperto  a  chi  poteva 
provvedere :  «  Maestri  scandalosi  o  irreligiosi  non  soffra  che  ce 
n'etroppi  adesso1.  »  E  un'altra  volta  osserva  con  molta  giu- 
stezza :  «  A  chi  ha  qualche  cosa  di  nuovo  da  insegnare  non 
c'6  bisogno  della  bestemmia  per  parere  uomo  di  grande  in- 
telletto2.  »  N6  certo  egli  voleva  obbligar  nessuno  a  credere:  egli 
non  nega  a  chi  crede  altrimenti  da  lui  dottrina  e  onesta:  ma 
prega  che  queste  doti  non  siano  confiscate  in  privilegio  di 
ogni  miscredente.  «  Prego  che  i  predicatori  di  tolleranza  la 
insegnirio  coU'esempio :  che  quella  persecuzione  la  quale  per 
ora  non  possono  esercitare  colla  violenza  non  la  esercitino 
con  gli  scherni...  Padronissimi  di  non  andare  alia  Messa: 
siate  tanto  generosi  da  compiangere  con  quanto  avete  di 
cuore,  ma  da  non  denunziare  in  pubblico  chi  ci  va,  come 
ladro  del  pubblico  danaro :  e  ingegnatevi  di  persuadere  a  voi 
stessi  e  agli  amici  vostri  che,  se  1'andarci  non  fa  di  per  se 
solo  gli  uomini  santi  e  grandi,  il  non  ci  andare  di  per  se 
non  guarisce  n6  dalla  sordita  congenita  116  dall'  imbecillita 
procurata.  » 

Ad  ogni  pagina  lo  sentiamo  gridare  contro  la  critica  in- 
credula,  pedante,  prosaica,  assurda,  ipocrita  :  a  ogni  tanto 
ha  il  flagello  levato  contro  quei  pigmei  d'oggi  che  vengono 
come  se  avessero  scoperto  il  mondo,  a  rivendere  le  corbel- 
lerie  della  filosofia  tedesca  o  le  pedanterie  del  protestantesimo 

inglese,  che  vecchi  e  stracchi  nei  loro  paesi  vogliono  cercare 

^ 

1  II  serio  nel  faceto.  Parte  I.  Le  tradizioni  bibliche  e  la  scienza  nio- 
derna  pag*.  125. 

2  Ib.  Parte  III    II  parlamento  e  I' Italia  nel  1865  pag.  470. 


52  A  PROPOSITO   DEL   CENTENAR1O 

di  ringiovanirsi  in  Italia,  vestendosi  prima  di  fronzoli  francesi, 
ma  sempre  roba  tedesca  ed  esotica.  E  si  burla  della  stupida 
credulita  degli  increduli  che  pretendono  insegnarci  1'origine  be- 
stiale  del  linguaggio  umano :  «  i  grugniti  precursor!  di  Dante, 
le  scimmie  progenitrici  di  Raffaello !  ecco  le  scoperte  o  le  ri- 
velazioni  di  cui  vorrebbero  farci  andare  superbi  coloro  che 
discredono  al  mirabile  della  Bibbia.  »  E  si  vergogna  pensando 
che  questi  pazzi  sono  della  stessa  sua  specie,  e  si  sente  di- 
sonorato  dell'averli  compagni. 

* 
*     * 

E  spesso  certo  si  risente  il  suo  stile  dell'  ira  che  gli  bol- 
liva  in  petto  quando  s'  incontrava  in  simili  dottrine  :  ma  chi 
oserebbe  fargliene  un  torto,  se  si  pensi  alia  burbanza  e  alia  si- 
cumera  con  cui  al  suo  tempo  specialmente  quelle  bestiali  as- 
surdita  si  vantavano  come  nuovi  trovati  della  seienza?  «  De- 
stituire  i  professori  che  combattono  il  Cristianesimo  »  era  il 
suo  grido  :  «  chiudere  certe  universita  sarebbe  opera  di  igea 
pubblica  i.  » 

Quando  nel  1866  Domenico  Berti  assunse  il  Ministero 
dell' Istruzione  pubblica,  offerse  al  Tommaseo,  di  cui  era 
amicissimo,  di  far  parte  di  una  Giunta  che  come  tante  al- 
tre  volte  in  Italia  e  inutilmente  si  fece,  dovesse  rivedere  le 
norme  d'insegnamento,  1'andamento  delle  scuole,  Tesito  degli 
esami,  e  rimpastando  ordinamenti  e  programmi,  procurare 
qualche  rimedio  al  lamentato  scadimento  degli  studi.  Ma  Tono- 
rando  vecchio,  di  cui  non  possiamo  trattenerci  dairammi- 
rare  la  cristiana  franchezza,  dichiaro  apertamente  di  non 
accettare  quella  partecipazione,  se  con  un  cenno  almeno  non 
si  faceva  intendere  che  «  nelle  sue  scuole  la  nazione  italiana 
non  rinnega  il  Cristianesimo  e  non  se  ne  vergogna  2.  »  N6  voile 
apporre  la  sua  firma  alia  relazione  del  prof.  Brioschi,  perch6 
non  la  trovo  chiara  e  netta  da  ogni  confusione  di  dottrina 

1  Pensieri  sull' educazione  pag.  142. 

2  Dei  Licei  e  delle  Universita  pag.  288. 


DI  NICCOL6   TOMMASEO  53 

pericolosa.  La  mutazione  del  Ministero,  avvenuta  pochi  mesi 
dopo,  impedl,  crediamo,  che  se  ne  facesse  altro  :  ma  il  Tom- 
maseo  scrisse  per6  una  sua  relazione,  e  ci  sia  permesso  di 
qui  ricordar  qualche  passo  del  giudizi  di  quest' uomo  in  tal 
materia  autorevolissimo. 

II  prudente  esaminatore  sente  pieta  dei  giovani  obbligati 
a  portar  la  soma  di  tante  materie  di  quante  appena  egli  vuol 
credere  «  die  tutti  i  professori  deH'Universita  siano  in  grado 
di  cimen tarsi  ad  esame  4.  Nelle  scuole  di  Liceo  s'impari  a 
sodamente  ragionare,  a  ordinare  le  idee ;  al  che  il  Ginnasio  e 
troppo  presto,  rilniversita  troppo  tardi ;  vi  si  impari  a  scriver 
con  correttezza,  non  a  disputar  filologicamente.  E  perch6  la 
prova  nei  due  scorsi  anni  fatta  e  gia  assai,  se  non  troppo,  n6 
giova  mostrare  all'Europa  le  nostre  miserie  quasi  menandone 
vanto  e  facendo,  invece  delle  aquile  romane,  volare  per  tutto 
gli  spropositi  dei  nostri  licei,  preme  mutar  presto  le  condizioni 
degli  esami  da  farsi.  » 

Altrove  egli  cosi  flagella  un'altra  delle  piaghe  degli  studi 
in  Italia.  «  Studiasi  per  passare  gli  esami,  passar  1'aimo, 
passar  inipiegato :  studiasi  di  passaggio.  Compiti  gli  studi  il 
giovane  nei  fior  degli  anni  6  bell'e  trapassato,  e  s'adagia  nel 
sepolcro  delle  funzioni  pubbliche,  come  un  defunto :  cursum 
consummavi  :  ho  la  fede  dell'  Universita  ! 2  —  La  laurea,  che 
dovrebbe  esser  dell'educazione  un  principio,  &  ai  giovani  un 
termine,  come  il  matrimonio  a  certe  fanciulle.  DeH'ingegno 
adoperano  quella  parte  che  puo  cambiarsi  in  moneta.  Alia 
gioventu  si  proponga  in  alto  una  meta  e  correranno  per  Tar- 
dua  via  piii  animosi  che  per  il  lubrico  declivio  :  e  si  stenda 
dinnanzi  ai  loro  occhi  Tampiezza  del  Cielo.  » 

E  piu  gravemente  ancora  per  le  conseguenze  sociali  che  ne 
prevede  e  che  noi  vediamo  cosi  esattamente  verificate,  si  pre- 
occupa  delle  troppe  lauree  «  che  distribuisconsi  a  fasci  »;  e  si 
do  man  da  come  si  fara  «  a  mantenere  questo  sciame  di  medici 
e  di  avvocati  »;  e  si  spaventa  pensando  all'avvenire,  «  allo 

1  Dzgli  studi  sup&riori  pag.  302. 

2  Pensieri  sulV educazione  pag.  144. 


54  A  PROPOSITO   DEL  CENTENARIO 

squilibrio,  al  malessere  degli  ordini  social!,  alia  turba  di  bri- 
ganti  o  soverchiatori,  astiosi  o  iracondi,  malcontent!  della 
passata  condizione  e  della  presente,  di  se  stessi  e  d'altri ; 
tratti  a  desiderare  uno  stato  nuovo  di  cose  ove  anch'essi  ab- 
bian  posto....  e  se  ma!  questo  accada,  pronti  forse  i  piii  a  gua- 
stare  con  misere  cupidigie  T  impresa  dei  buoni.  »  — 

E  tutti  quest!  mali  egli  teme  e  vede  a  mille  doppi  ingran- 
diti  dalla  cancrena  delle  leggi  anticristiane,  dalla  persecuzione 
alia  Chiesa. 

* 
*    * 

N6  la  vita  intima  del  Tommaseo  era  discorde  da'  suoi 
principii  religiosi.  La  fede  sua  viveva  nelle  opere,  e  ben  con- 
sentita  al  suo  carattere  che  non  tollerava  ipocrisie:  lo  sa- 
pevan  gli  amici,  ed  era  quello  che  faceva  la  sua  parola 
rispettata,  bench6  spesso  importuna. 

II  figliastro  suo  Spiridione  Artale,  commemorandone  affet- 
tuosamente  la  niemoria  nelle  ultime  feste  di  Sebenico,  rac- 
contava  che  tutte  le  mattine  il  padrigno  usciva  per  fare  un 
po'  di  moto  e  ascoltare  la  Santa  Messa.  Ricordava  benissimo 
come  in  casa  si  osservassero  rigidamente  le  leggi  dell'asti- 
nenza  ogni  settimana  l.  II  P.  Mauro  Ricci,  che  fu  intima 
del  Tommaseo,  ci  assicura  ch'egli  s'accostava  a!  Sacrament! 
piu  volte  1'anno2.  Quando  ancor  giovane  venne  la  prima  volta 
ad  abitar  Firenze,  egli  amava  assai  di  passeggiar  Taperta 
campagna  «  a  inebriarsi  di  crepuscolo  italiano  e  di  toscana 
bellezza  »,  e  delle  passeggiate  preferite  una  era  alia  Madonna 
del  Salcio:  e  quando  nel  1833,  per  uno  scritto  neH'Antologia 
riputato  ingiurioso  allo  Czar,  il  periodic©  fu  soppresso  ed 
egli  dovette  sfrattar  di  Toscana,  dall'esilio  di  Francia  la 
primavera  dopo  scriveva  al  Capponi,  visitasse  per  lui  la 
Madonna  del  Salcio,  la  Madonnina  di  Pinti,  e  Le  ponesse 
innanzi  un  fiore  colto  dalla  mano  d'una  delle  sue  figliuole3. 

'  11  Dalmata.  8  ott.  1902. 

2  L'Unita  Catt.  3  maggio  1874. 

3  N.  Ant,  Fasc.  741,  pag.  74. 


DI  NICCOLO  TOMMASEO  55 

Dei  due  figli  suoi,  Girolamo  fece  educare  ai  Padri  Scolopi 
in  Firenze;  morto  poi  nel  fiore  dell'et£.  La  figlia  Caterina 
vive  tuttora  col  nome  di  Suor  Chiara  sotto  1'abito  del  po- 
verello  d'Assisi,  che  il  padre  in  Dante  le  apprese  ad  amare. 

E  Tonorando  uomo  non  arrossl  mai  di  aver  ricevuta  la 
prima  educazione  nel  patrio  Seminario  di  Spalatro :  e  a  preti 
e  frati  sempre  si  compiacque  professar  gratitudine  e  onorarne 
le  virtu ;  che  molti  ne  incontro  nella  vita  a  lui  cari .  e  sti- 
mati.  E  lo  sentiamo  lodare  il  Poletto,  il  Corradini,  il  De  Witt 
che  illustrano  il  Seminario  di  Padova:  di  Monsignor  Mori- 
€hini  dira  volentieri  che  fa  versi  «  quali  certi  professori  di 
filologia  delle  Universita  non  leggerebbero  correnternente  » : 
del  p.  Conti  scrivendo  al  Ministro  lo  chiama  «  autore  che 
avrebbe  lodatori  se  non  fosse  scolopio  » .  E  lodi  sincere  ha  per 
i  padri  Barsanti,  Antonelli  e  Serpieri  astronomi,  pel  p.  Gu- 
glielmotti  fatto  accademico  suo  socio  e  per  cento  altri :  anzi 
trattandosi  dell'onore  dell'Italia  e  del  sacerdote,  non  teme 
rallegrarsi  perfino  di  vedere  il  p.  Secchi  rappresentante  della 
Santa  Sede  parlare  alia  radunanza  di  Parigi,  nonostante  le 
ridicole  proteste  del  Ricci  e  del  Gori  per  parte  del  Regno 
d'ltalia. 

Quando  nel  1 866  fece  parte  della  Commissione  per  il  Con- 
oorso  d'esami  tra  gli  scolari  dei  Licei  d'ltalia,  egli,  a  cui  per 
Taustera  scrupolosita  e  I'imparzialita  coscienziosa  che  tutti 
gli  conoscevano,  era  particolarmente  addossato  il  carico  di 
ri  vedere  i  lavori  dei  concorrenti,  non  esito  di  far  no  to  che 
tra  i  premiati  piii  erano  i  giovani  che  appartenevano  a  scuole 
di  ecclesiastic!,  che  gli  appartenenti  alle  pubbliche  dello  Stato. 

Ai  padri  scolopii  ebbe  particolare  affetto  e  riconoscenza 
per  T educazione  del  suo  Girolamo :  ed  e  di  grande  interesse  il 
leggere  nelle  sue  lettere  con  quanta  sollecitudine  dignitosa  e 
quanta  profonda  affezione  si  adoperasse  a  protezione  del  loro 
Collegio  Tolomei  in  Siena  minacciato  dalle  passioni  partigiane 
e  dalle  vessazioni  persecutrici  contro  de'  religiosi,  battendo  a 
tutte  le  porte  e  moltiplicando  le  istanze  al  Ministro  Matteucci, 
al  conte  Gori,  a  tutti  gli  ordini  delle  autorita,  nulla  rispar- 


56  A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO 

miando,  come,  anzi  certamente  piu,  che  si  trattasse  di  oosa 
sua :  e  ne  abbiamo  una  prova  degna  di  esser  notata.  A  otte- 
nere  le  necessarie  patent!  perch6  quei  buoni  Padri  potessero 
fare  le  loro  scuole,  scrive  egli  a  cui  spettava  il  concederle, 
e  finisce  la  lettera  con  queste  parole :  «  lo  non  ho  mai  chiesto 
nulla  al  Goverrio  di  Sua  Maesta :  chieggo  per  il  mio  figliuolo 
quest 'unica  grazia.  »  Chi  conosce  il  carattere  del  Tommaseo, 
ha  qui  la  misura  piii  certa  deiramore  che  egli  portava  alle 
scuole  pie  e  all'educazione  religiosa. 

Nelle  prove  della  vita,  nella  lunga  cecita  di  quasi  vent'anni, 
nella  perdita  della  moglie,  egli  diede  prova  di  rassegnazione 
e  di  pazienza  imparata  dal  Crocifisso,  la  cui  imagine  adorata 
pendeva  a  capo  al  suo  letto.  Nella  malattia  di  lei  appunto, 
di  lei  che  a  lui  povero  cieco,  era  «  sole  deH'anima,  e  raggio 
di  pace  »,  come  in  bellissimi  versi  la  chiamava,  si  vide 
quanto  quell' aspra  natura  celasse  di  tenerezza  profonda.  Sen-- 
tendo  dal  medico  prof.  Fallani  sinistramente  pronosticare  del 
male  che  s'aggravava,  al  povero  vecchio  le  labbra  comincia- 
rono  a  tremare,  gli  tremava  la  voce,  e,  senza  piangere,  gli 
piovevano  le  lagrime  sulla  barba  Candida  e  sul  petto.  Ed  in 
quei  giorni  mattina  e  sera  coi  flgli  accanto  s'  inginocchiava 
presso  il  letto  di  lei,  e  pregava  con  loro  preghiere  da  lui 
composte:  e  di  quando  in  quando  accostavasi  a  lei  som- 
messo  e  la  guardava  cogli  occhi  dell'anima,  e  pregava:  e  agli 
estremi  le  recitava  la  raccomandazione  dell'anima  da  s6  a 
col  sacerdote. 


* 
*    * 


Ma  della  vita  sua  domestica,  delle  sue  pratiche  cristiane, 
dell'abitudine  stessa  piii  intima  de'  suoi  pensieri  noi  abbiama 
un  testimonio  oculare,  migliore  del  quale  non  si  poteva  de- 
siderare :  ed  6  la  stessa  figliuola  sua,  Suor  Clara  Tommaseo^ 
gia  da  noi  ricordata.  Non  sia  discaro  a  quella  pia  che  noi 
qui  rechiamo  ad  autentica  prova  di  quanto  abbiamo  accen- 
nato  del  padre  suo,  un  brano  di  lettera  scritta  appunto,  da 
lei  stessa  in  occasione  di  queste  feste. 


DI  NICCOLO   TOMMASEO  57 

«  M.  R.  Padre, 

«  La  ringrazio  dell'  intenzione  ch'  Ella  mi  esprime  di  unire 
cio6  la  di  lei  autorevole  voce  alle  lodi  che  si  tributano  in 
occasione  del  suo  centenario  al  venerate  mio  padre,  e  far 
risaltare  quella  parte  di  lui  che  e  piii  vantaggiosa  porre  in 
rilievo  non  solo  in  Italia,  ma  in  questa  Dalmazia  sua,  la 
quale  per  cagione  di  partiti  politici  andra  ogni  giorno  da 
questo  lato  perdendo.  Ora  il  vedere  un  uomo  della  di  cui 
onesta,  ingegno  e  sapere  nessuno  puo  dubitare,  vederlo  in 
ogni  suo  scritto,  in  ogni  eta,  in  ogni  istante  della  sua  vita, 
credente  e  fervente,  6  un  esempio  che  puo  giovare  ad  altrui 
piii  dell' esempio  di  chi  di  religioso  in  un  col  vestito  porta  i 
doveri.  Pero  sul  punto  che  Ella  mi  interroga *  io  non  sono  in 
grado  di  risponderle  nulla.  Io  donna,  io  figliuola  non  so  altro 
che  d'aver  vis  to  una  fede  cosi  viva,  cosi  immedesimata  in 
tutto  il  suo  essere  che  entrata  piii  tardi  in  un  monastero 
che  ad  alta  voce  si  puo  dir  santo,  nello  spirito  della  vita 
non  ho  saputo  trovar  nulla  di  nuovo.  Io  non  so  che  N.  Tom- 
maseo  facesse  lunghe  preghiere :  in  ginocchio  I1  ho  visto  solo 
quando  pregava  con  noi  ragazzi,  e  in  ginocchio  ascoltava 
ogni  giorno  tutta  intera  la  Santa  Messa :  ma  di  lui  credo  si 
possa  dire  che  adempisse  il  sine  intermissione  orate,  non 
solo  perch6  il  movente  d'ogni  sua  azione  era  1'amore  di  Dio 
e  I'amore  del  prossimo,  ma  per  che  oltre  le  preghiere  che  in 
memoria  della  sua  infanzia  recitava  ogni  giorno  in  slavo  in- 
sieme  ad  altre  latine,  fra  un  atto  e  1' altro  fra  un  lavoro  e 
T  altro  la  sua  mente  si  elevava  a  Dio  e  piu  volte  ce  ne  dava 
sicurezza  dicendo :  II  pensare  a  Dio  mi  riposa.  —  Se  non 
pregassi  framezzo  a  cosi  diversi  lavori,  mi  si  spaccherebbe 
la  testa.  E  se  queste  precise  parole  non  fossero  venute  dal 
labbro  suo  stesso  chi  dal  suo  tacere  dal  suo  fermarsi  din- 
nanzi  alia  fmestra  della  sua  stanza  fissando  col  semispento 
sguardo  il  sole  che  tutta  ne  irradiava  intanto  la  veneranda 

1  Le  era  stato  domandato  se  sapesse  che  tra  gli  scritti  lasciati  dal 
padre  suo  vi  fosse  la  ritrattazione  di  cui  si  parlera  piu  innanzi. 


58  A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO 

figura  chi  non  si  sarebbe  accorto  dall'espressione  del  volto 
che  in  quel  momento  il  pensiero  di  N.  Tommaseo  cercava 
Iddio  e  da  quella  fonte  divina  con  gaudio  attingeva  la  luce 
e  il  calore  che  nei  suoi  scritti  andava  poi  trasfondendo. 

«  E  quel  camminare  a  testa  alta  quand'era  fuori,  quel  di- 
menticare  la  sua  cecita  e  staccare  a  un  tratto  il  fido  baston- 
cino  col  quale  con  moto  naturale  della  mano  rasentava  la 
spalletta  dell'Arno,  staccarlo  e  voltarsi  senza  previdenza  ve- 
runa  a  rischio  di  gravi  pericoli,  mentre  sarebbe  stato  cosi 
facile  contare  se  non  altro  sette  od  otto  diecine  di  passi  che 
tanto  non  distava  la  chiesetta  del  Ponte  dalla  porta  di  casa : 
e  quel  non  volere  nessuno  a  compagno  in  quei  brevi  pas- 
seggi  non  diceva  abbastanza  che  in  quel  tempo  dedicato  alia 
salute  e  al  riposo,  N.  Tommaseo  pregava?  Questo  noi  di  fa- 
miglia  abbiarno  ritenuto  sempre  per  certo  e  i  molti  lettori 
possono  far  testimonianza  che  quando  egli  sentiva  il  bisogno 
di  approfondire  in  se  stesso  il  pensiero  o  era  mesto  o  era 
stanco  allora  il  suo  capo  che  teneva  per  solito  con  natura- 
lezza  un  pochino  inclinato  a  sinistra,  abbassava  sul  petto. 
Delle  sue  opinioni  scritte  non  so :  so  solo  che  quando  andai 
a  Roma  egli  desiderava  vivamente  che  io  inchinassi  il  Pon- 
tefice  che  allora  era  Pio  nono :  e  si  dolse  molto  che  combi- 
nazioni  impreviste  affrettando  il  ritorno,  me  lo  impedissero. 
So  che,  tranne  per  la  morte  della  mia  buona  madre,  io  non 
Tho  visto  mai  ne  cosl  addolorato  n6  cosl  silenzioso  come 
all'annunzio  dell'entrata  delle  truppe  in  Roma:  e  si  doleva 
che  il  suo  sentimento  non  fosse  da  altri  pienamente  diviso. 
So  che  Dio  mi  diede  il  conforto  di  vederlo  trasfigurato,  quasi 
direi,  quando  cadendogli  dai  ciechi  occhi  lacrime  di  dolcezza, 
tomato  dal  ricevere  Pasqua  sulla  fine  del  mese  di  aprile  1874, 
«  Come  6  buono  Gesu  »  mi  disse  posandorni  la  mano  sul  capo 
in  atto  di  benedirmi.  Io  rimasi  tra  attonita  e  consolata  ben 
intendendo  dall'accento  con  cui  furono  dette,  il  pieno  signi- 
ficato  di  quelle  parole :  ma  in  quell'istante  ne  io  n6  lui  pen- 
savamo  di  certo  che  quello  che  1'aveva  empito  di  celestiale 
contento  era  il  suo  ultimo  viatico :  che  il  giorno  di  poi  egli 


DI  NICCOIA)   TOMMASEO  59 

non  sarebbe  piu  stato  in  grado  d'accorgersi  del  venir  della 
seran6  riconoscer  le  persone  che  gli  sarebbero  state  daccanto. 

«  Ma  la  morte  noii  lo  trovo  impreparato.  Ancora  auni  prima 
avevo  sentito  da  lui:  quando  vo  a  letto  penso  die  forse  la 
mattina  potrei  esser  morto,  e  m'accomodo  perche  mi  trovin 
<?omposto.  Or  chi  puo  dubitare  che  N.  Tommaseo  pensando 
air  asses  tatezza  del  suo  cadavere,  dimenticasse  porre  in  assetto 
I'anima  sua  se  dal  sonno  dovesse  passare  al  cospetto  di  Dio? 
Delia  coscienziosita  dl  tal  uomo  chi  puo  dubitare?... 

«  Mi  rincresce  R.  P.  di  non  sapere  risponder  meglio  al  bi- 
glietto  che  Ella  si  e  compiaciuto  inviarmi  ma  spero  ch'ella 
vorra  compatire  alia  mia  pochezza  e  unirrni  alia  sua  me- 
moria  alle  buone  mie  consorelle  la  cui  gratitudine  ben  di 
ouore  divido.  —  Chiedendo  la  santa  benedizione  mi  dico. 

« Devotma  SUOR  CHIARA. 
«  Zara,  2  novembre  1902.  » 

II  Tommaseo  ebbe  tempo  di  vedere  dove  precipitavano 
le  illusion!  della  sua  gioventu.  Empieta  ed  anarchia  rug- 
geuti  minacciavano  travolgere  ogni  cosa,  e  il  vecchio  libe- 
rale  si  faceva  triste :  principii  e  sistemi  non  avevan  piu  per 
lui  la  sicurezza  d'una  volta,  e  il  p.  Ricci,  a  cui  ne  discor- 
reva  apertameiite  ci  fa  sapere  che  «  certi  suoi  antichi  giu- 
dizi  egli  aveva  corretti  ».  Al  tempo  del  Concilio  Vaticauo  il 
Tommaseo  scrisse  al  Papa  una  lettera  degnissima  in  testi- 
monianza  deU'ainore  suo  e  dell'ossequio  alia  Chiesa.  E  il 
S.  Padre  Pio  IX,  esperto  conoscitore  delle  persone  e  dei  tempi, 
confidava  al  p.  Ludovico  da  Casoria  la  risposta  paterna:  di- 
tegli  che  lo  benedico.  E  quella  benedizione  era  car  a  al  vec- 
chio dalmata  e  faceva  tanto  bene  a  quell' anima  che  le  prove 
della  vita  avvicinavano  sempre  piii  a  Dio. 

II  Tommaseo  nel  1871  aveva  gia  preparato  un  testamento 
e  in  esso  aveva  dichiarato :  «  se  io  avessi,  senza  volere,  detto 
cosa  contraria  alia  verita  della  Chiesa  cattolica,  nella  quale 
nacqui  e  intendo  morire,  la  ritratto  di  cuore.  » 


60      A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO  DI  NICCOLO  TOMMASEO 

Sulle  buste  nelle  quali  verso  il  fine  della  vita  raccolse  e 
ordino  le  molte  note  che  lasciava  (confidate  poi  dalla  figliuola 
alia  biblioteca  di  Firenze)  voile  ripetuta  quella  stessa  dichia- 
razione.  Non  possiam  qui  lasciar  di  avvertire  ancora  una  volta 
la  debolezza  e  la  contraddizione  dello  spirito  di  un  uomo  pur  di 
tempra  fortissimo,  ma  guasto,  come  abbiam  detto,  da  quella 
scabbia  del  liberalismo  che  dove  s'  infiltra  in  un  animo,  si  pu6 
curare,  guarire  non  mai.  Se  questo  infatti  non  fosse  stato, 
come  poteva  il  Tommaseo  nello  stesso  atto  col  quale  si  som- 
metteva  alia  Chiesa,  non  riconoscere  senza  dubbi  e  senza 
tergiversazioni  quello  che  di  ingiurioso  e  di  erroneo  avea  iu 
piu  d'un  suo  scritto  gia  condannato  la  Chiesa  stessa?  II 
non  essersi  mai  risoluto  in  tanti  anni  a  compiere  questo  do- 
vere  non  pu6  certo  riputarsi  scevro  di  colpa,  la  cui  gravita 
Dio  solo,  che  vede  i  cuori,  puo  giudicare.  Tuttavia  di  grande 
conforto  a  noi  e  di  vera  lode  al  Tommaseo  6  cio  che  il  Padre 
Mauro  Ricci,  di  quell7  autorita  che  ognuno  conosce,  scrisse 
al  momento  della  morte  di  lui,  assicurando  che  egli  aveva 
determinato  di  aggiungere  la  desiderata  «  ritrattazione  »  alia 
fine  della  nuova  edizione  de7  Vangeli  che  stava  per  com- 
piere l. 

La  morte  quasi  subita  ne  lo  impedi:  ma  la  parola  del 
P.  Ricci  a  noi  basta  in  prova  dell' ultimo  e  grande  atto  di 
fede  del  Tommaseo  nel  magistero  di  quella  Chiesa  in  cui  Dio 
gli  aveva  dato  «  la  consolazione  di  vivere  »  e  «  Tonore  e  la 
grazia  di  morire  »  2,  lasciando  di  s6  un  nome  che  sarebbe 
piu  puro  se  il  liberalismo  non  Tavesse  oscurato  e  a  cui  mi- 
glior  parte  di  gloria  viene  appunto  dalla  sua  fede. 


*   Un.  Catt.  3  maggio  1874. 

2  L' Italia  ml  1850  e  1870  alia  fine. 


DI  ALCUNI  CRITERII  INCERTI 
NELLA   PALETNOLOGIA 

ARCHEOLOGIA  E  STORIA  ANTICA 


La  scoperta  delle  tombe  nel  Foro  romano 
e  il  criterio  cronologico. 


L'arch.Boni  scopriva,  il  2  aprile  1901,  una  tomba  a  cre- 
mazione  nel  Foro  Romano  a  circa  4  m.  di  profondita,  presso 
la  base  del  tempio  di  Antonino  e  Faustina,  al  sesto  strato, 
che  nella  sezione  stratigrafica  da  lui  data  nelle  Notizie 
degli  Scavi  *,  e  preceduto  da'seguenti  dal  basso  in  alto  :  Terra 
argillosa ;  massicciata  di  tufo ;  Terra  carboniosa ;  Terra  con 
frammenti  fittili;  Terriccio  di  riempimento ;  Massicciata  di 
tufo.  La  tomba  e  costituita  da  un  dolio  «  incassato  dentro 
una  fossa  o  pozzetto,  scavato  nel  terreno,  che  in  questo 
pun  to  (m.  10,63  sul  livello  del  mare)  orlava  il  fondo  palu- 
doso  della  valle  (p.  100).  »  (Fig.  1).  Alia  pag.  102  il  ch.  Ar- 
chitetto  ci  fa  sapere  che  «  al  vuotamento  della  sepoltura  voile 
compiacersi  di  assistere  anche  il  prof.  Pigorini,  direttore 
del  Museo  preistorico  romano,  primo  autore  ed  apostolo  con- 
vintissimo  dell' idea  che  si  dovesse  scoprire  una  necropoli  pa- 
latina  di  cremati.  »  Le  convinzioni  sono,  senza  dubbio,  ri- 
spettabili,  ma  piu  di  tutto  sono  rispettabili  i  fatti.  Di  tombe 
a  cremazione  nel  Foro  se  n'6  scoperta  piu  d'  una,  ma  non 
per  questo  la  necropoli  palatina  pu6  dirsi  di  cremati,  per- 
ciocche,  come  si  vedra  appresso,  dopo  la  prima  tomba  a  cre- 
mazione, ne  apparve  una  a  inumazione,  di  maniera  che  la 
necropoli  fu  di  cremati  e  d'inumati,  cioe  di  rito  misto  al  pari 
de'sepolcri  deU'Esquilino.  Di  che  non  segue  cio  che  afferma 

1  Not.  d.  Scavi,  Fasc.  3°,  anno  1902.  p.  99. 


62         DI  ALCUNI  CRITERII  INCERTI  NELLA  PALETNOLOGIA 

il  Pigorini,  non  reggere  quel  che  noi  nel  corrente  anno  ab- 
biamo  scritto  :  «  i  Romani,  comeche  si  facciano  discendere 
dagli  Albani  che  incineravano,  pure  nel  principio  usarono 
la  initmazione.  »  Dalla  scoperta  d'una  tombaa  iucinerazione, 


Fig.  1    INSIEME  BELLA  TOMBA. 

seguita  da  altre  ma  d'una  tomba  altresi  a  inumazione,  la  sola 
conseguenza  che  si  doveva  trarre  era  che  i  Romani  usavano 
1'uno  e  1'altro  rito,  e  quindi  la  mia  asserzione  non  doveva 
censurarsi  in  modo  assoluto,  dando  ad  intendere  che  1'inci- 
nerazione  fu  il  solo  rito  de'  Romani. 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA   ANTIC  A  63 

Senonch6  la  contemporaneity  de'  due  riti  fa  nascere  la 
questione  se  fin  dal  principio  Tunico  rito  fu  T  incinerazione,. 
ovvero  1'inumazione.  Ora  io  nel  corso  di  questa  trattazione 
rispondero  al  Pigorini  che  nel  principio  i  Latini  e  percio  an- 
che  i  Ramnes  o  Romani  del  Palatino,  inumarono,  non  inci- 
nerarono.  La  questione  6  storica  e  la  paletnologia  nonch6  farle 
contrasto,  la  conferma.  Che  anzi  le  prove  piu  convincenti  ce 
le  fornira  1'erudizione  paletnologica  del  Pigorini.  Ma  prima 
di  venire  alia  discussione  ho  Tobbligo  di  dare  a'  lettori  piii 
larghi  ragguagli  intorno  alia  tomba  del  Foro  e  alle  diverse 
opinioni  di  coloro  che  ne  parlarono. 

La  sepoltura  di  cui  trattiamo,  comprende  le  seguenti  parti, 
secondo  la  relazione  del  Boni,  che  qui  diamo  in  compendio, 
rimandando  il  lettore  alle  Not.  degli  Scam,  dove  6  corredata 
di  figure.  Coper chio  di  cappellaccio  di  tufo  granulare  grigio- 
verdiccio,  schistoide,  a  vegetali ;  di  forma  lenticolare,  del 
diametro  di  m.  0,66.  Dolium,  grosso  vaso  a  due  manichi  oriz- 
zontali  ad  anello  applicati  lateralmente  sopra  il  rigonfiamenta 
superiore  del  corpo,  ma  non  piu  esistenti.  Esso  e  di  terracotta 
rossa,  forte,  lisciata  alia  superficie  con  colpi  di  stecca  e  in 
gran  parte  amierita.  Aula,  olla-ossuario  di  argilla  rossa,  di 
fattura  e  cottura  eccellente,  con  Panse  orizzontali  intere  ad 
anello,  decorate  a  dentature  ondulate  ed  applicate  lateral- 
mente alia  parte  superiore  del  corpo  del  vaso.  L'olla  era  piena 
di  frantumi  di  ossa,  mescolate  confusamente  e,  secondo  il 
prof.  Portis  citato  dal  Boni :  «  Tutte  le  parti  dello  scheletro 
sono  riscontrabili  nei  minuti  frammenti  in  cui  le  ossa  sono 
state  ridotte.  » 

Coperchio  a  forma  di  tetto  di  capanna  quasi  rotondo,  cava 
neir  interno  a  forma  di  cono  con  punta  rotonda.  Sulla  su- 
perficie esterna  mostra  le  travi  in  rilievo  che  componevano 
Tossatura  del  tetto.  Fu  trovato  rotto  in  quattropezzi  in  fondo 
al  dolio.  I  vasi  contenuti  nel  dolium  si  possono  vedere  nella 
figura  2,  largamente  descritti  dal  Boni,  il  quale  cosi  chiude 
la  sua  relazione:  «  Le  nuove  esplorazioni  iniziate  lungo  i 
fondamenti  del  tempio  di  Antonino  e  Faustina,  potranno  in- 


64         DI   ALCUNI  CRITERII   INCERTI  NELLA   PALETNOLOGIA 

tanto  rivelare  se  la  tomba  scoperta  nel  Foro  Romano  faccia 
parte  di  una  necropoli,  e  se  questa  appartenga  ai  Ramnensi 
del  Palatino,  ovvero  a  tribu  suburbane.  p.  111.  »  Questo  pru- 
dente  riserbo  del  ch.  Architetto,  e  degno  di  lode.  Infatti, 
altri  scavi  nella  stessa  area  diedero  altre  tombe  simili,  delle 
quali  due  finora  a  cremazione  e  due  a  inumazione,  intorno 
alle  quali,  mentre  scriviamo,  non  e  stata  pubblicata  nessuna 
relazione  ufficiale. 


r 

[> 


* 
Fig.  2.  VASI  CONTENUTI  NHL  DOLIO. 

II  primo  die  dopo  la  relazione  del  Boni  scrisse  sulla  sco- 
perta, fu  il  prof.  Felice  Barnabei,  nella  Nuova  Antologia 
(16  aprile  1902).  Nessuno  meglio  di  lui,  archeologo  e  diret- 
tore  gia  di  Musei  e  di  scavi  importanti,  poteva  trattar  de- 
gnamente  le  question!  storico-archeologiche  connesse  con  la 
scoperta  della  tomba  del  Foro;  e  particolarmente  quella  della 
cronologia  romana  preregia.  Egli  nondimeno  si  tonne  sulle 
generali  e  si  contento  di  affermare  essere  la  tomba  d'eta 
remotissima  anzi  «  il  monumento  piu  antico  ritornato  a  luce 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA  ANTICA  65 

nel  suolo  della  citta  eterna  ».  Di  che  il  Pigorini  lo  dice  ca- 
duto  in  errore,  «  imperocch6  tombe  della  stessa  eta,  della 
medesima  gente  e  con  eguale  rito  funebre,  si  sono  rinvenute 
anni  sono  sull'Esquilino  l.  »  A  questo  proposito  egli  ci  am- 
maestra  che:  «  per  questa  scoperta  e  per  quelle  simili  avve- 
nute  suH'Esquilino  si  dimostra  che  prima  che  Roma  sorgesse, 
qua  e  la  nella  regione  del  Sette  Colli  vivevano  in  pagi  distinti 
1'uno  dall' altro,  come  porta  la  tradizione,  gruppi  di  famiglie 
che  avevano  la  propria  necropoli:  inoltre  appare  evidente 
da  quanto  produssero  i  due  sepolcreti  che  le  famiglie  stesse 
formavano  una  sola  popolazione  con  quella  che  lascio  gli 
uguali  arcaici  sepolcreti  a  cremazione  dei  Colli  Albani  ».  Dopo 
questo  periodo  segue  immediatamente  1' altro  che  ci  riguarda 
e  che  abbiamo  riportato  piu  sopra.  Neghiamo  intanto  cio  che 
il  ch.  autore  chiama  evidente  dopo  quanto  produssero  i  due 
sepolcreti,  «  aver  cioe  le  famiglie  stesse  formato  una  sola 
popolazione  con  quella  che  lascio  gli  uguali  arcaici  sepolcreti 
a  cremazione,  del  Colli  Albani.  Cotesti  arcaici  sepolcreti  fu- 
rono  a  confessione  del  Pigorini,  a  cremazione ;  quelli  del- 
1'Esquilino  e  le  recenti  tombe  del  Foro,  ci  danno  1'uno  e  1'altro 
rito  della  cremazione  e  deirinumazione.  Se  dunque  per  T eguale 
rito  dell'incinerazione  si  conchiude  alia  unita  di  popolazione 
de'  Romani  e  degli  Albani,  per  il  rito  dell'  inumazione  che 
troviamo  anche  usato  suirEsquilino  e  nel  Foro  Romano,  non 
pero  presso  gli  Albani,  si  dovrebbe  conchiudere  che  le  popo- 
lazioni,  le  quali  abitarono  dentro  i  Sette  Colli  erano  popo- 
lazioni  miste  e  percio  non  regge  1'identificazione  etnica  del 
Pigorini,  di  Latini  con  popolazioni  de'  Colli  Albani,  presso 
le  quali  non  vi  fu  altro  rito  funebre  da  quello  infuori  della 
cremazione.  Ritorneremo  sulla  questione  piu  oltre,  e  poiche 
il  Pigorini  si  appella  alia  tradizione,  noi  la  consulteremo  con 
tutto  il  rispetto.  Siamo  per  altro  convinti  che  se  la  scoperta 
della  tomba  a  inumazione  fosse  stata  contemporanea  della 
prima  tomba  a  cremazione,  il  ch.  Professore  non  avrebbe 

1  PIGORINI,  Bull,  di  paletnoL  ital.,  T.  VIII,   anno   XXVIII,   1902, 
p.  145. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.    1261.          5         24  dicembre  1902. 


66         DI  ALCUNI   CRITERII   INCERTI   NELL  A  PALETNOLOGIA 

crudamente  asserito  essere  contro  il  fatto  quanto  da  noi  era 
stato  affermato. 

Diamo  ora  la  conclusione  dell'articolo  del  Barnabei  dianzi 
citato  e  quella  di  un  articolo  del  Pinza  «  La  necropoli  prei- 
storica  nel  Foro  Romano,  che  leggiamo  nel  Bullettino  della 
Commission^  Archeologica  comunale  di  Roma,  Anno  XXX, 
1902,  p.  37-55.  »  «  Se  adunque  la  ragione  topografica,  dice  il 
Barnabei,  non  consiglia  di  riconoscere  in  questa  tomba  un 
monumento  isolato,  e  se  da  quanto  insegna  la  tradizione  il 
luogo  in  cui  avvenne  or  ora  la  scoperta  non  avrebbe  potuto 
essere  scelto  per  un  sepolcreto,  fino  dal  tempo  che  suole  de- 
nominarsi  ultimo  periodo  romuleo ;  se  il  rito  sepolcrale  ci 
riconduce  air  eta  remotissima,  e  trova  il  piii  manifesto  raf- 
fronto  col  rito  che  fu  usato  nelle  necropoli  dei  monti  albani, 
donde  la  tradizione  insegna  che  discesero  i  fondatori  di  Roma; 
se  la  ragione  di  forma  e  di  tecnica  dei  fittili  ci  riportano 
all 'eta  che  precedette  la  costruzione  di  grandi  recinti  nelle 
citta  che  si  costituirono  nella  bassa  Etruria  e  nel  Lazio,  e 
ci  mostrano  particolarita  che  si  notano  solo  in  oggetti  della 
suppellettile  funebre  delle  tombe  dei  colli  albani,  non  puo 
disconoscersi  che  con  la  nuova  scoperta  ci  troviamo  innanzi 
ad  un  documento  autentico,  il  quale  ci  fa  sormontare  quella 
barriera  che  ci  impediva  di  penetrare  nel  campo  delle  me- 
naorie  primitive  (1.  c.  p.  720).  » 

Da  questa  conclusione,  secondo  che  a  noi  sembra,  non 
si  ricava  nulla  di  nuovo  e  che  fosse  ignorato  prima  della 
scoperta  della  tomba  a  incinerazione :  perciocch6  per  il  rito 
funebre,  per  la  forma  delFossuario  chiuso  in  dolio  e  il  co- 
perchio  simile  a  quello  dell'urna  a  capanna,  ci  avevano  dato 
prove  gli  scavi  deU'Esquilino,  i  sepolcreti  ardeatini  e  le  tombe 
de'  Colli  Albani.  D'altra  parte,  se  i  fondatori  di  Roma  si 
fanno  venire  d'Alba  longa,  e  ne'  Colli  Albani  Tunico  rito 
funebre  si  dice  essere  stato  quello  della  cremazione,  portava 
il  pregio  in  questa  occasione  della  scoperta,  toccare  la  que- 
stione  del  rito  a  inumazione  che  pur  6  notevole  ne'  sepolcri 
delPEsquilino  e  ci  si  fa  vedere  altresi  nel  Foro  Romano.  Chi 


ARCHEOLOGIA  K   STORIA  ANTICA  67 

ve  lo  introdusse?  quando  comincio  ad  usarsi?  prima  del  rito 
a  incinerazione,  dopo,  ovvero  contemporaneamente  ?  La  tra- 
dizione  invocata  ci  fa  sapere  che  la  popolazione  del  Palatine 
al  tempo  di  Romolo,  fu  raccogliticcia,  adunata  da  ogni  parte 
e  non  di  soli  abitatori  de'Colli  Albani.  Dalla  stessa  cie  nota 
la  presenza  di  Sabini  sul  Quirinale  e  sul  Campidoglio  e  la 
seguita  fusione  co;  Romani.  Ma  nei  luoghi  stessi  dove  sor- 
gera  Roma,  ebbero  stanza  Siculi  o  Liguri  e  quegli  Aborigeni 
che  portarono  il  nome  di  Enotri  e  furono  Pelasgi  venuti  non 
dal  settentrione  d 'Italia,  si  bene  dal  mezzodi  e  fondarono  le 
tredici  citta  della  Sabina  ricordate  da  Varrone  e  da  Dionigi 
di  Alicarnasso.  Anche  a  questi  Enotri -Sabini  si  attribuisce 
1'antico  culto  romano  degli  ancili  e  delle  colonne  o  pilastri ; 
culti  comuni  a'  Cretesi  ed  agli  Arcadi,  ignoti  a'  popoli  set- 
tentrionali  della  nostra  penisola  e  massimamente  a'  costrut- 
tori  di  terremare  che  furono  gridati  protoparenti  de'  Latini, 
de;  Romani  e  degli  Etruschi. 

Nel  Bull,  della  Commiss.  archeolog.  comunale  di  Roma, 
fasc.  1°  del  1902,  sotto  il  titolo  di  «  Nuove  scoperte  nel  Foro 
Romano  »,  il  Dottor  Vaglieri  parlando  delle  due  vette  del 
Campidoglio  dove  la  Via  Sacra  porto  i  Ramni  del  Palatino, 
scrive  che  una  di  esse  dovette  forse  rimanere  piu  tempo  in 
mano  a  stranieri.  Cotesti  stranieri  sarebbero  stati  i  Caeni- 
nenses,  la  cui  citta  fu  la  prima  che  Romolo  vincesse,  sgoz- 
zandone  di  sua  mano  il  re  Acrone.  Di  Cenina  poi  la  tradi- 
zione  insegna  che  fu  in  origine  abitata  da'  Siculi,  ritolta  loro 
dagli  Aborigeni  e  che  esistesse  prima  della  fondazione  di 
Roma  *.  Plutarco  2  e  Stefano  di  Bisanzio  3la  dicono  citta  Sa- 
bina ;  e  la  maggior  parte  de'  suoi  abitanti,  stando  a  Dionigi, 
si  ridusse  a  Roma  4.  Dallo  stesso  autore  trovo  ricordato  nel- 
1'articolo  test6  citato,  che  «  Accanto  a  Vulcano,  Saturno,  1'al- 
tra  antichissima  divinit&  delle  pendici  del  Campidoglio,  an- 
ch'essa  in  rapporto  con  altra  popolazione,  che  non  era  quella 
del  Palatino.  Qui  il  tempio  oscuro  1'antichissima  ara,  che 

1  DION.  HAL.,  A.  R.  [I.  35.  1,79.  —2  PLUTARCH.  Rom.  16.  — 
B.  s.  v.  —  4  DION.  HAL.,  11,  35. 


68         DI   ALCUNI   CR1TERII   INCERTI  NELLA  PALETNOLOGIA 

pure  gli  s assist^  accanto  in  imo  clivo  Capitolino  (1.  c.  p.  26).  » 
Queste  considerazioni  di  popolazioni  e  di  divinity  straniere 
per  rispetto  a'  Rainni  che  dimoravano  sul  Palatine,  saranno 
da  noi  meglio  svolte  piu  innanzi  quando  dovremo  provare 
che  il  piii  antico  rito  funebre  de'  Romani,  fu  T  inumazione, 
non  la  cremazione. 

Un  lavoro  intorno  alia  scoperta  delle  tombe  del  Foro  lo 
abbiamo  letto  nel  citato  Bullettino  della  Commissione  ar- 
cheologica  comunale  (fasc.  1°  del  1902,  p.  37  55)  col  titolo: 
«  La  necropoli  preistorica  nel  Foro  Romano.  »  II  Pinza  ri- 
corda  nel  principio  le  notizie  gi&  pubblicate  da  varii  archeo- 
logi  intorno  alia  destinazione  primitiva  del  Foro,  quando  si 
dispute  sulla  scoperta  dell'  Heroon  di  Romolo,  e  che  noi  ri- 
portammo  nel  nostro  studio  sulla  Stela  del  Foro  l.  II  von 
Duhn,  il  Gamurrini  ed  altri,  avvisarono  doversi  riconoscere 
nella  valle  chiusa  in  mezzo  dal  colle  Palatino  e  dal  Capito- 
lino, una  necropoli,  la  quale  pot6  appartenere  tanto  a7  po- 
poli  del  Palatino  quanto  a  quelli  del  Campidoglio.  Senonch6 
un  monumento  costruito  a  scopo  sepolcrale  sarebbe  stato, 
secondo  lui,  una  cella  originariamente  circolare,  troncata  in 
alto  e  verso  il  Foro.  Essa  sta  sotto  il  carcere  mamertino  nel 
pendio  del  Campidoglio  che  riesce  sul  Foro  e  che  fu  una 
tomba  a  tholo,  come  divis6  gia  prima  anche  il  Milani.  Con- 
siderata  la  pianta  e  la  sezione  della  cella  inferiore,  essa  non 
concorda  con  la  superiore,  il  che  fa  manifesto  segno  esservi 
stata  adattazione  della  prima  alia  seconda  nella  costruzione 
del  Carcere,  e  per6  la  destinazione  della  cella  inferiore  do- 
vette  essere  diver sa,  probabilmente  sepolcrale.  Vero  e  che 
d'altre  tombe  a  tholo  trovate  ne'  sepolcri  dell' Esquilino  si 
ebbe  notizia,  ma  non  pubblicazione  e  disegno. 

In  quanto  all'eta  del  monumento,  si  puo  far  risalire,  a 
giudizio  dell'autore,  ad  epoca  assai  remota,  per  cui  e  da  ri- 
tenersi  come  probabile  che  risalga  alia  fine  dell'et&  preisto- 
rica, p.  45.  Indi  soggiunge :  «  Spetta  per 6  al  Boni  il  merito 

i  Cfr.  Civ.  Gait.,  Ser.  XVII,  Vol.  IX,  1900.  Ser.  XVIII,  Vol.  II,  1901, 


ARCHEOLOGIA  E  STORIA  ANTICA  69 

di  aver  dimostrato  in  modo  incontestabile  Pesistenza  d'una 
necropoli  preistorica  tra  il  Palatine  e  il  Campidoglio  scopren- 
done  alcune  tombe  mentre  esplorava  le  costruzioni  del  tempio 
di  Antonino  e  Faustina...  Segue  poscia  la  descrizione  tolta 
dalle  Notizie  degll  Scavi  e  P  illustrazione  della  suppellettile, 
con  opportuni  riscontri  con  suppellettili  simili  e  gia  note,  ri- 
fe rentisi  a  tombe  laziali  e  particolarmente  a  quelle  delPEsqui- 
lino,  di  S.  Sebastiano  e  di  Grottaferrata.  A  noi  pertanto  giova 
riportare  la  conchiusione  di  questo  lavoro  per  quel  che  do- 
vremo  dire  piu  oltre. 

«  Un  altro  sepolcro  rinvenuto  vicino  al  primo  e  a  fossa 
rettangolare,  e  contiene  i  resti  di  un  cadavere  umato  coi 
suoi  corredi;  ma  di  questa  sepoltura,  e  di  un'altra  pure  a 
cremazione  con  ossuario  imitante  una  capanna  non  posso 
dare  maggiori  notizie  non  essendone  ancora  compiuto  lo  sterro. 
Queste  scoperte  pero  dimostrano  che  effettivamente,  come 
del  resto  lo  accennava  la  tradizione,  in  questa  parte  almeno 
della  valle  ove  poi  fu  il  Foro  romano,  esisteva  neirVIII  se- 
colo  av.  Cr.,  una  necropoli  a  rito  mis  to,  cioe  con  tombe  ad 
umazione  e  a  cremazione,  in  cui  giacevano  i  resti  degli  abi- 
tatori  del  pago  Palatino  o  forse  anche  di  quello  Capitolino. 
(p.  55).  » 

In  questa  scrittura  del  Pinza  non  v'e  di  nuovo  che  la  ne- 
gazione  inconsulta  della  tomba  od  heroon  di  Romolo,  dichia- 
randone  le  parti,  il  cono,  i  due  basamenti  e  la  stela,  non 
appartenenti  ad  un  tutto  che  costituiva  1'  heroon,  ma  per  se 
sconnesse  e  solo  adunate  insieme  artificialmente  od  a  caso. 
Questa  asserzione  fa  il  paio  con  quella  del  prof.  Savignoni, 
che  la  stipe  votiva  non  era  altrimenti  in  situ,  ma  di  tra- 
sporto. 

La  tomba  a  tholo  riconoseiuta  nella  cella  inferiore  del 
carcere  Mamertino,  presentava  naturalmente  alPautore  le 
questioni  seguenti:  Come  si  trova  nell'antica  Roma  una 
tomba  di  tipo  miceneo?  Chi  v'  introdusse  questo  tipo?  E 
quando  Pautore  la  pone  in  eta  remotissima,  alia  fine  cioe 
dell'eta  preistorica,  che  cosa  si  deve  intendere  e  in  che  se- 


70         DI  ALCUNI  CRITERII  INCERTI  NELLA  PALETNOLOGIA 

colo  fiaisce  nella  storia  di  Roma,  1'eta  preistorica  ?  In  virtii 
di  quali  criterii  puo  egli  stabilire  che  la  tomba  a  creinazione 
e  1'altra  ad  umazione,  scoperta  nel  Foro  Romano,  e  per6  la 
necropoli  nella  valle  tra  il  Palatino  e  il  Campidoglio,  sia 
deirVIII  sec.  a.  C.?  Che  se  poi  il  rito  del  seppellimento  e 
misto,  com'egli  ammette,  qual  n'6  la  causa?  Si  deve  spie- 
gare  per  diversita  di  origine  etnica,  e  allora  a  quale  de'due 
popoli  si  deve  attribuire  e  perche,  il  rito  dell'incinerazione 
o  dell'  inumazione?  Un'altra  questione  e  quella  del  tempo  in 
cui  appariscono  i  due  riti,  se  contemporanei  ovvero  la  prio- 
rita  cronologico-storica  appartenga  all'uno  piuttosto  che  al- 
1' altro.  A  tutti  questi  problem!  non  si  da  risposta  e  si  passa- 
oltre  senza  un  pensiero  e  senza  una  fatica  al  mondo. 

II  giorno  16  ottobre  1902,  ci  giungeva  il  Bullettino  di  Pa- 
letnologia  italiana  (ann.  XXVIII,  Serie  III,  Tomo  VIII)  e 
alia  pag.  191,  leggevamo  le  notizie  che  il  prof.  Pigorini  ci 
comunicava  sotto  il  titolo:  Necropoli  arcaica  del  Foro  Ro- 
mano. «  Nel  precedente  fascicolo  (pag.  144)  ho  ricordato  1'an- 
tichissima  tomba  a  cremazione,  scoperta  in  Roma  presso  il 
tempio  di  Antonino  e  Faustina.  Oggi  e  certo  che  ivi  esisteva 
una  necropoli.  Procedendosi  con  gli  scavi  e  accaduto  di  rin- 
venire,  proprio  aderente  alia  prima  tomba  e  allo  stesso  piano,. 
un  sepolcro  ad  inumazione  della  medesima  eta,  e  alcuni  me- 
tri  piu  a  sud  un  altro  ne  e  apparso  di  cremato  con  Tossuario 
a  foggia  di  capanna,  tipico  dei  primitivi  cimiteri  laziali.  Si 
ripete  nel  sepolcreto  del  Foro  Romano  cio  che  fu  osservato 
nelF  altro  coevo  e  ben  noto  dell'  Esquilino,  vale  a  dire  della 
coesistenza  della  cremazione  e  della  inumazione,  segno  non 
dubbio  di  un  periodo  abbastanza  inoltrato  della  prima  eta 
del  ferro. 

«  Gli  archeologi  ritengono  concordi,  n6  potrebbe  essere 
altrimenti,  che  tali  tombe  spettino  ai  piii  vecchi  Latini.  Di 
avviso  diverso  e  soltanto  un  antropologo,  Tegregio  prof.  Sergi. 
Nel  recente  suo  volume  Gli  Arii  inEuropa  e  in  Asia  (pag.  48) 
discorrendo  della  prima  tomba,  Tunica  allora  conosciuta, 
Tattribuisce  agli  Umbri  i  quali,  a  parer  suo,  devono  avere 


ARCHEOLOGIA   E   STORIA  ANTICA  71 

occupato  i  Sette  Colli  prima  del  Roman! .  »  Qui  il  Pigorini 
riporta  1'argomento  del  Sergi,  e  ne  fa  le  maraviglie  perche, 
a  suo  giudizio,  non  v'e  che  il  solo  prof.  Sergi  il  quale  pensi 
in  questo  modo. 

Vedremo  nel  prossimo  articolo  se  1'opinione  qui  espressa 
dal  prof.  Pigorini,  sia  concorde  con  quella  del  medesimo  da 
noi  riferita,  del  precede nte  fascicolo,  e  se  ci6  che  ora  afferma, 
giustifichi  1'asserzione  di  lui  a  nostro  riguardo :  «  Non  regge 
quindi  cio  che  nel  cor  rente  anno  ha  scritto  il  Padre  C.  A. 
De  Cara  (Gli  Hethei-Pelasgi,  vol.  Ill,  p.  52),  vale  a  dire  che 
•<(  i  Romani,  comech6  si  facciano  discendere  dagli  Albani  che 
incineravano,  pure  nel  principio  usarono  la  inumazione.  » 
Dovendo  pertanto  ricordare  sovente  in  questo  lavoro  il  se- 
polcreto  deli'  Esquilino,  non  mettera  se  non  bene  dime  qual- 
-che  parola  acciocche  i  lettori  possano  avvertire  il  valore  del 
riscontri  che  si  vogliono  fare  fra  le  tombe  dell'  Esquilino  e 
quelle  di  recente  scoperte  nel  Foro  Romano,  come  parimente 
4ra  queste  e  le  tombe  albane  o  laziali. 

II  sepolcreto  deU'Esquilino  fu  molto  vasto  come  si  puo 
argomentare  dalle  sue  tombe  scoperte  nella  zona  che  corri- 
sponde  al  tratto  fra  piazza  Vittorio  Emanuele  a  S.  Maria  Mag- 
giore,  specialmente  sotto  la  chiesa  di  S.  Eusebio,  via  dello 
Statuto,  viaNapoleone  III,  via  Merulana,  S.  Martino  ai  Monti, 
il  Castro  Pretorio,  via  Goito,  il  Ministero  delle  Finanze,  piazza 
di  Termini,  villa  Spithover,  via  del  Quirinale,  piazza  Magna- 
napoli  e  via  Nazionale,  in  parte  *.  «  Conviene  notare,  dice  il 
Mariani  (1.  c.  p.  9),  che  a  Roma  quasi  tutte  le  tombe  piu  ar- 
caiche,  erano  ad  inumazione.  »  Le  forme  de'  sepolcri  sono  le 
seguenti  in  ordine  cronologico:  Tombe  con  casse  di  terra- 
cotta a  forma  di  tronco  d'albero  (Villino  Spithover) ;  tombe 
a  fossa,  con  recinto  a  copertura  di  massi  tufacei;  tombe  ad 
area  di  pietra;  tombe  di  tipo  etrusco:  grotte  o  camere  se- 
polcrali ,  tombe  d'epoca  tarda,  ad  umazione  in  casse  di  terra- 


1  Cfr.  L.  MARIANI,  /  resti  di  Roma  primitwa,  nel  Bull.  d.  Commiss. 
Arch.  Comun.  di  Roma.  Serie  Quarta,  anno  XXIV,  1896,  p.  8  segg. 


72         DI  ALCUNI  CRITERII  INCERTI  NELL  A  PALETNOLOGIA 

cotta  o  a  cremazione  in  dolii  !.  Per  quel  che  spetta  alia  sup- 
pellettile  di  queste  tombe,  la  quale  varia  secondo  1'eta  suc- 
cessive, si  possono  leggere  i  lavori  del  Dressel 2,  di  Mich. 
Stef.  De  Rossi 3,  del  Pigorini 4,  dell'Helbig  5  e  di  altri  che  si 
trovano  citati  nella  dissertazione  del  Mariani.  Anche  il  Pinza 
tocca  la  questione  de'  sepolcri  dell'Esquilino  e  cita  il  Mariani. 
(Bull.  d.  Commiss.  arch.  Com.  anno  XXVI,  1898).  Di  molto 
utile  lettura  saranno  poi  sempre  le  «  Notizie  degli  Scavi  » 
degli  anni  1879-1882-1883-1884-1885-1887-1888. 

Per  i  sepolcri  cosiddetti  ad  urna- capanna,  de'  quali  do- 
vremo  in  seguito  far  menzione,  ecco  quanto  si  sa  e  quanta 
tuttavia  s'ignora.  Per  urna -capanna  si  designa  una  specie 
di  cinerario  che  ha  forma  di  capanna  ed  6  d'impasto  mal- 
cotto  e  di  colore  nerastro.  Non  si  conosce  in  Italia  e  fuori 
verun  sepolcreto  formato  di  sole  tombe  ad  urna  capanna,  ma 
si  vede  sporadicamente  a  diverse  epoche  in  mezzo  a  forme 
piii  comuni  e  piii  di  frequente  con  ossuarii  di  tipo  Villanova. 
Siffatto  cinerario  diviene  sempre  piii  raro  e  quando  scriveva 
il  Mariani  (1896),  non  se  ne  conosceva  che  un  solo  in  Roma, 
rinvenuto  presso  S.  Eusebio  6.  Si  crede  che  questo  genere  di 
ossuario  sia  stato  proprio  degli  Arii  e  con  essi  introdotto  in. 
Italia,  laddove  il  Becker  7  citato  dal  Mariani,  consideranda 
che  esso|si  trova  in  paesi  disparati  e  senza  chiara  dipen- 


1  Vedi  presso  il  MARIANI,  la  bibliografia  copiosa   intorno   a  questa 
materia,  o.  c.  p.  10  segg. 

2  DRESSEL,  La  suppellettile  d.   antichiss.   necrop.   esquilina,  in  Ann. 
1st.  1879$pag.  253  segg. ;  1880  ibid.  pag.  265  -segg.  con  le  rispettive  ta- 
vole  ne'  Mon.  1st.  XI. 

8  DEjRossi,  Monum.  preist.  delta  Campagna  Bomana,  in  Ann.  Ist^ 
1867,  Bull.  1st.  1875. 

4  PIGORINI,  Eapporti  tra  la  civilta  laziale  e  quella  del  terramaricoli, 
in  Bull.  1st.  1878-1888.  Bull.  d.  paletn.  ital.  1878-1886. 

5  HELBIG,  Sopra  la  provenienza  d.  Etruschi,  Ann.  1st.  1884.  Die  Ital. 
in  der  Poebene.  Sullo  stato  di  civilta  in  Italia  e  in  ispecie  nel  Latium* 
Bull.  1st.  1878. 

«  Cfr.  Bull.  d.  paletn.  ital.,  1886,  p.  262. 

^  Verhandl  d.  Berlin.  Gesellsch.  f.  Anthrop.  ecc.  1892,  pag.  556. 


ARCHEOLOGIA  E  STORIA  ANTICA  73 

denza,  giudico  questa  forma  di  ossuario  nelle  varie  contrade 
un  prodotto  indipendente. 

Abbiamo  fin  qui  premesso  nozioni  e  fatti  certamente  non 
inutili  al  maggior  numero  de'  nostri  lettori,  acciocche  potes- 
sero  piii  facilmente  seguirci  nella  discussione  d'una  questione 
tuttora  agitata  da'  dotti  e  non  ancora  finita.  La  paletnologia 
vi  porto  da  sua  parte  il  testimonio  degli  oggetti  venuti  fuori 
dagli  scavi  e  sopra  essi  fond6  la  sua  scuola ;  laddove  1'altra, 
poggiata  sulla  tradizione,  la  storia  antica  e  il  buon  discorso 
della  mente  nell'esame  degli  stessi  oggetti  e  document!,  resta 
inflessibile  e  non  desistera  dal  suo  proposito  fintantoch6  non 
si  risponda  direttamente  a'  suoi  argomenti.  Da  un  tempo  in 
qua,  pare  che  le  scoperte  del  Foro  Romano,  vogliano  vendi- 
<jare  le  antiche  tradizioni  a'  di  nostri  schernite,  e  si  pren- 
dano  giuoco  di  certe  nuove  teorie  onde  i  prischi  Romani  che 
oggi  erano  battezzati  per  discendenti  di  terramaricoli  e  pre- 
ferivano  d'essere  bruciati,  domani  ridiventano  latini  ed  amano 
d'essere  inumati.  Cosi  la  nostra  scienza  delPantichita,  co- 
tanto  boriosa,  non  puo  in  realta,  nulla  affermare  col  bene- 
fizio  dell'inventario. 


R1VISTA  BELLA  STAMPA 


i. 

LA  FRANCIA  ALL'ESTBRO  *. 

In  mezzo  ai  tanti  mofcivi  di  tristezza  che  ci  off  re  in  quest!  giorni 
la  Francia,  si  sente  proprio  il  bisogno  di  distoglierne  lo  sguardor 
d'uscire  dalla  cerchia  de'  suoi  naturali  confini,  e  cercare  tra  le  sue 
colonie,  tra  le  sue  mission!  straniere  qualche  argomento  di  con- 
solazione. 

E  ben  ce  1'offre  ampiamento  il  rnagnifico  volume  che  abbiamo 
sott'occhio,  il  quale  per  la  preziosita  della  carta,  per  ]a  nitidezza 
del  caratteri,  per  la  bellezza  delle  tante  illustrazioni  ond'e  ornato, 
ricrea  lo  sguardo  ed  il  cuore  solo  a  vederlo ;  ma  molto  piu  riempie 
lo  spirito  di  sublime  diletto,  se  si  prenda  a  percorrerne  il  conte- 
nuto.  II  quale  ci  mette  innanzi  Topera  attiva  e  salutarissima  che 
pongono  i  sacerdoti  francesi  nel  piaDtare  la  croce,  nel  propagare 
la  fede  e  la  civilta  insieme  nelle  piu  lontane  e  inospite  regioni. 

Questo  volume  6  il  quarto  d'una  serie  che  deve  contenerne  sei- 
I  tre  precedent!  trattarono  delle  Missioni  d'Oriente  —  deli'Abissinia, 
India,  Indo-China  -  -  della  China  e  del  Giappone.  I  due  seguenti 
ci  presenteranno  le  Missioni  d'  Africa  —  le  Mission!  d'  America. 
Questo  ci  offre  1'Oceania  —  il  Madagascar.  NeH'Oceania  poi  ci  pas- 
sano  diuanzi  agli  occhi  le  Isole  Sandwich,  le  Isole  Marchek,  Tahiti, 
le  Walis,  —  le  Isole  Futuna,  1'Arcipelago  delle  Isole  Tonga,  il  Yi- 
cariato  apostolico  dei  Navigator!,  1'Arcipelago  Fidii,  la  Nuova  Ze- 
landa,  la  Nuova  Caledonia,  le  nuove  Ebridi,  le  Isole  Salomone,  la 

1  La  France  au  dehors.  Les  Missions  catholiques  francaises  an  XIXe 
siecle  publiees  sous  la  direction  du  P6re  J.  B.  PIOLET  S.  J.  avec  la  col- 
laboration de  toutes  les  Societes  des  Missions.  IV.  Oceanie  -  Madagascar. 
Paris,  Librairie  ARMAND  COLIN.  8°  grand  jesus,  de  plus  de  500  pages 
imprime  par  LAHURB  sur  papier  couche,  broche  :  12  fr. 


RIVISTA   DELIA   STAMPA  75 

Nuova  Guinea,  esposte  ciascuna  da  un  particolare  scrittore  che  sta 
sul  laogo,  o  altrimenti  ha  piena  cognizione  delle  cose  che  narra  o 
deserive. 

E  sebbene  1'  intento  principale  del  Missionarii  sia  quello  di  met- 
tere  in  vista  le  cose  pertinenti  alia  fede,  non  si  creda  perd  che  questa 
pubblicazione  sia  una  semplice  storia  delle  Missioni.  Ciascuna  Missione 
non  si  e  contentata  di  raccontare  quello  che  ha  fatto,  ma  ha  de- 
scritto  accuratamente  il  luogo  in  cui  1'ha  fatto,  e  questo  con  tale 
abbondanza  di  documenti  e  tal  precisione,  che  i  sei  grossi  volumi 
di  cui  si  comporra  quest'opera  riusciranno  uno  dei  piu  preziosi  con- 
tributi  che  saranno  stati  recati  in  questi  ultimi  tempi,  pur  si  fe- 
condi,  agli  studii  della  geografia  e  della  storia.  Come  bene  avverti- 
vano  i  Debals,  qua  converra  ricorrere  se  vogliansi  conoscere  i  costumi 
degli  abitanti  del  mondo  intero,  non  si  potendo  trovare  in  questa 
materia  guide  migliori  dei  Missionarii.  E  il  Temps  similmente  no- 
tava  che  «  questa,  benche  redatta  da  Missionarii,  non  e  un' opera 
d'edificazione  a  solo  uso  dei  cattolici :  il  disegno  sul  quale  e  stata 
condotta,  la  rende  un'opera  che  s'indirizza  aJl'universale:  la  geo- 
grafia, la  storia,  la  politica  troveranno  il  lorotornaconto  nella  grande 
quantita  d'  informazioni  di  prima  mano,  che  lo  zelo  degli  autori  ha 
qui  radunate.  » 

Pigliamo  qualche  saggio  delle  notizie  edificanti,  e  qualche  altro 
delle  civili. 

Nelle  Isole  Sandwich  il  7  gennaio  1830,  i  PP.  Bachelit  e  Short 
avevano  terminate  allora  allora  la  Messa,  quando  una  quantita  di 
armati  entrarono  nella  cappella,  s'  impadronirono  degl'  indigeni  e 
li  tradussero  al  tribunale.  Promesse,  minacce,  bastonate,  fatiche  esor- 
bitanti,  scarso  alimento,  ogni  mezzo  fu  adoperato,  ma  indarno,  per 
iscuotere  la  lor  costanza.  Quando  lor  si  offeriva  la  liberta,  solo  che 
si  servissero  di  un  libro  d  preghiere  protestante,  «  No,  risponde- 
vano :  piuttosto  la  prigione,  fino  alia  morte.  » 

Una  cristiana  per  nome  Allodia,  fresca  di  parto,  fu  condannata 
ai  lavori  forzati,  insieme  con  molte  altre  donne,  e  gettata  in  pri- 
gione col  suo  bambino.  Le  povere  prigioniere  passarono  tre  giorni 
^enza  alcun  cibo.  Essendo  il  Fr.  Melchiorre,  che  lavorava  allora 
al  forte,  finalmente  riuscito  a  far  loro  avere  di  nascosto  una  non 
so  quale  radice  della  grossezza  d'una  barbabietola,  quelle  coraggiose 
neofite  la  lasciarono  tutta  intera  ad  Allodia,  il  cui  seno  esaurito 
non  aveva  ormai  piu  latte  pel  suo  poppante.  Infermatasi  gravemente, 
fu  ci6  non  ostante  trascinata  al  luogo  dove  dovevano  far  delle  stuoie, 


76  m  VIST  A 

e  dove  le  fu  assegnato  il  suo  compito  come  alle  altre;  ma  le  sue* 
compagne  se  lo  divisero  fra  loro.  Quando  bisognava  passare  da  un 
luogo  all'altro,  esse  la  portavano  sulle  loro  spalle ;  e  finalmente,  al- 
lorche  in  capo  ad  alcuni  mesi  quella  poveretta  mori,  una  delle  com- 
pagne s'  incaric6  del  suo  bambino. 

Al  leggere  questo  commovente  tratto,  non  corre  egli  il  pensiero- 
a  S.  Perpetua  e  alle  persecuzioni  della  Chiesa  primitiva?  (p.  15). 

Abbiamo  in  principio  nominato  i  Protestanti :  ma  vi  sono  dunque 
anche  in  Oceania  missionarii  protestanti  ?  E  quanti !  la  grande  copia 
d'oro  di  cui  possono  essi  disporre,  apre  loro  facilmente  tutte  le 
porte,  ma  non  cosi  tutte  le  coscienze.  E  quando  non  sono  appog- 
giati  dal  Governo,  come  erano  nel  caso  ora  addotto,  ben  magri  sono 
i  frutti  che  ottengono,  e  scarsi  i  proseliti  che  fanno,  a  paragons 
dei  nostri. 

Eccone  una  bella  prova  nella  Nuova  Zelanda.  Alia  meta  del  se- 
colo  teste  compito,  i  Maori  avevano  subito  anziche  accettato  il  trat- 
tato  di  Waitangi  che  dava  all'  Inghilterra  il  protettorato  sulP  isola 
del  Nord,  ma  non  tutelava  abbastanza  i  diritti  dei  naturali.  Hone- 
Heke,  gran  capo  dei  Nepuis  e  sovrano  d'alcune  tribii  della  Baia 
delle  Isole  diede  il  segnale  deJla  sommossa.  A  questa  notizia,  il 
vescovo  anglicano,  dottor  Selwyn,  che  aveva  preseduto  all'educa- 
zione  d'Hone,  fu  da  lui  e  gli  disse:  Come  mai  tu,  Hone,  nostro- 
figlio  fedele,  faresti  tu  la  guerra  ai  Cristiani,  tuoi  fratelli !  tu  vio- 
leresti  la  parola  data  da  te  e  dagli  altri  capi  di  rispettar  la  ban- 
diera  dell'  Inghilterra  !  Le  Scritture  che  t'ho  insegnato,  non  ti  vietano 
1'odio  e  lo  spergiuro  ?  —  Tu  m'hai  insegnato  S.  Paolo,  rispose  il 
Capo  con  molta  calm  a  :  e  S.  Paolo  dice  :  Quando  era  fanciullo  > 
parlavo  da  fanciullo,  operavo  da  fanciullo:  ma  poi  son  divenuta 
uomo,  e  allora  ho  gettato  via  le  cose  da  fanciullo.  Allorche  1'In- 
glese  ha  piantato  la  sua  bandiera,  noi  1'abbiamo  lasciato  fare,  non 
intendendo  che  quello  era  come  il  lutto  della  nostra  indipendenza  ; 
eravamo  fanciulli ;  ma  ora  abbiamo  capito  tutto  ;  ora  noi  opereremo 
da  uomini  e  la  rovescieremo.  —  E  che!  ripigliO  il  dottor  Selwyn > 
lo  scolare  da  lezione  al  maestro  !  Disprezzando  la  parola  del  Mi- 
nistro,  non  sai  tu  che  disprezzi  Gesu  Cristo  medesimo  ?  —  Ah  I 
si,  riprese  il  Capo,  e  stato  Gesu  Cristo,  n'  e  vero,  che  ha  detto  agli 
Inglesi  d'usurparsi  con  la  violenza  le  terre  dei  nostri  maggiori  ? 
Alto  la,  Yescovo  !  Tu  hai  cessato  ai  nostri  occhi  d'  essere  il  suo 
iniuistro.  Tu  non  sei  per  noi  altro  che  un  uomo,  un  uomo  coma 
noi.  Gli  uomini  comprano  terre  e  fanno  commercio  ;  gli  uomini 


DELL  A   STAMP  A  77 

hanno  mogli  e  figliuoli.  Voi  altri,  voi  comperate  terre  e  fate  com- 
mercio,  voi  avete  mogli  e  figliuoli :  non  siete  dunque  gl'  inviati  di 
Gesu  Cristo.  II  Pompallier  (un  Missionario  cattolico)  quello  si  che 
&  il  Vescovo,  quello  e  1'  inviato  di  Gesu  Cristo  !  Tu,  tu  sei  1'inviato 
della  Regina  per  aprire  a'  suoi  soldati  la  via  delle  nostre  coste.  Ya 
a  trovare  il  governatore  a  Auskland  :  apri  dinanzi  a  lui  la  Bibbia 
alia  pagina  dov'e  scritto:  Non  rubare:  e  digli  che,  se  non  lo  ferma 
la  sua  coscienza,  lo  ferraeranno  i  nostri  fucili  (p.  233). 

II  credito  dunque  del  missionario  protestante  presso  quei  popoli 
non  e  molto  grande.  Altissimo  invece  quello  del  missionario  cat- 
tolico, e  se  ne  sono  veduti  talvolta  effetti  maravigliosi. 

Nelle  isole  Wallis,  Tanno  1840,  fervendo  le  minacce,  le  ostilita, 
le  persecuzioni  contro  i  convertiti  alia  fede,  accadde  questo  epi- 
sodio.  II  capo  cristiano  lououngahala  mandd  un  messo  al  re  pagano 
Lavelona,  dicendogli :  Noi  non  vogliamo  altro  che  la  pace :  ina  perft, 
sappiatelo  bene,  la  forza  sara  da  noi  respinta  con  la  forza.  Se  noi 
siamo  attaccati,  siamo  pronti  a  combattere  e  a  morire  per  la  reli- 
gione.  —  Sarete  attaccati  domani  rispose  il  re.  Da  tutte  le  parti 
(racconta  il  P.  Bataillon,  che  poi  fu  Vescovo)  i  nostri  fervidi  sol- 
dati si  mettono  a  recitare  il  rosario  per  prepararsi  alia  pugna.  Allora 
io  m'avanzo  solo  verso  il  nemico,  e  forte  della  for/a  stessa  di  quel 
Dio  pel  quale  combattevo,  forte  della  protezione  della  SS.  Yergine 
a  cui  mi  ero  affidato,  pronunzio  ad  alta  voce  e  a  piu  riprese  queste 
parole  del  profeta:  «  Si  alzi  il  Signore  e  i  suoi  nernici  siano  dis- 
sipati :  Exurgat  Dens  et  dissipentur  inimici  ems.  »  In  quel  punto 
medesimo  i  pagan!  si  fermano,  e  restano  immobili,  come  percossi 
da  stupore.  Cercano  di  animarsi  Tun  1'altre,  ma  inutilmente:  pare 
che  il  sangue  nelle  lor  vene  siasi  agghiacciato.  Restarono  la  tre 
giorni  e  tre  notti  sotto  un'impressione  di  sgomento  che  non  sape- 
vano  spiegare,  e  non  ci  fu  verso  che  si  risolvessero  di  venire  alle 
arrni.  Finalmente,  abbandonando  le  loro  posizioni,  rientrano  nei  lor 
villaggi,  lasciando  i  Cristiani  padroni  del  campo  di  battaglia. 

Non  e  un  fatto  simile  a  quei  che  si  leggono  del  taumaturgo 
S.  Francesco  Saverio?  (p.  98). 

Ma  passiamo  al  Madagascar,  divenuto  pin  interessante  dopo  la 
guerra  del  1895  che  lo  diede  in  mano  alia  Francia,  e  vediamone 
le  principali  credenze  e  costumanze. 

Per  parlare  solamente  degli  Hova,  che  ne  sono  la  tribu  piu  im- 
portante,  essi,  come  gli  altri  Malgasci,  non  hanno  ne  chiese,  ne  altari, 


78  RIVISTA 

ne,  propriamente  parlando,  sacerdoti ;  e  cio  ha  fatto  credere  a  rnolti 
che  non  abbiano  religione.  Ma  questo  e  falso.  Sono  monoteisti  e 
ammettono  il  Dio  creatore.  Nelle  loro  formole  di  preghiere  s'indi- 
rizzano  a  lui  come  al  principle)  d'ogni  bene.  Le  altre  invocazioni 
agli  antenati,  alle  virtu  delle  dodici  montagne,  agii  dei  inferior! 
buoni  o  cattivi,  non  vengono  altro  che  in  secondo  luogo. 

Ammettono  un'aninia,  ma  questa  non  e  per  loro,  come  per  gli 
altri  Malgasci,  se  non  una  specie  d'ombra,  di  fantasma,  di  corpo 
aereo.  Essa  non  6  il  principio  vitale  dell'uomo,  ma,  pur  essendo 
unita  ordinariamente  a  lui,  ne  pud  essere  separata,  e  praticamente 
se  ne  separa  undici  o  dodici  mesi  prima  della  morte.  Tuttavia  ella 
non  abbandona  mai  il  corpo  di  volonta  sua  propria,  e  quindi  nessun 
Malgascio  muore  di  morte  naturale.  E  lo  stregone  che  ne  la  caccia. 
Quand'ha  segnato  la  sua  vittima,  mette  il  piede  sull'ombra  sua  e 
se  la  porta  seco  schiava,  senza  che  il  povero  condannato  a  morte 
se  ne  accorga.  Ben  presto  gli  tocchera  di  rnorire,  se  non  gli  riesce 
di  ricuperare  1'anima  sua.  Quindi  stranissimi  riti  sia  per  trovare 
dov'e  nascosta  1'anima  rubata,  per  darle  la  caccia,  acchiapparla  e 
riportarla  alia  sua  dimora ;  sia  al  contrario  per  attirarla  con  doni, 
con  un  po'  di  miele,  di  riso  ecc.;  prenderla  come  al  laccio  e  obbli- 
garla  a  rientrare  nel  corpo  che  ha  abbandonato.  Se  vi  si  riesce, 
ecco  la  guarigione :  se  no,  si  muore. 

Quest'anima  non  e  immortale.  Fino  al  principio  del  secolo  scorso, 
gli  Hova  la  facevano  inorire  dopo  che  ella  aveva  passato  un  anno 
ad  andare  dalla  sua  casa  alia  sua  tomba  e  viceversa.  Oggi,  secondo 
una  tradizione  presa  da  altre  tribu,  la  fanno  andare  ai  paesi  dei 
lanala,  alia  triste  e  scura  montagna  d' Ambon  drombe,  dove  ella 
perisce  dopo  tre  anni  passati  a  percorrere  i  tre  cerchii  concentrici 
che  compongono  questi  Campi  Elisi  di  nuovo  genere.  Yi  sono  pero 
molti  esempii  e  molte  pratiche  che  suppongono  una  vita  piu  lunga; 
e  pare  che  una  volta  gli  Hova  ammettessero  I'immortalita  propria- 
mente detta,  1'idea  della  quale  si  venisse  poi  a  mano  a  mano  oscu- 
rando  (p.  410). 

Ma  per  dare  un'idea  de'  costumi  di  cola,  trascriveremo  una  pa- 
gina  del  p.  Finaz  S.  I.,  nella  quale  descrive  un  pranzo  diplomatico 
dato  dalla  regina  Eanavalona  I,  il  25giugno  1855,  pranzo  al  quale 
egli  ebbe  1'occasione  d'assistere  travestito. 

Dieci  giorni  prima  del  pranzo,  die 'egli,  ottocento  uomini  erano 
stati  spediti  in  tutte  le  direzioni  per  prendervi  un  po'  delle  migliori 
cose  mangerecce  che  produce  il  Madagascar,  dal  vitello  strappato 


DELLA   STAMP  A  79 

dal  ventre  della  vacca  pregna  di  soli  tre  mesi  e  che  si  uccide  per 
fame  un  delicato  boccone,  fino  a  certe  piccole  cavallette  rarissime 
e  ricercatissime,  delizie  del  grandi.  Ci  mettemmo  a  pranzo  a  un'ora 
dopo  mezzogiorno.  Le  vivande  eran  condite  col  sego:  ma  sarebbe 
stata  incivilta  il  non  assaggiare  un  po'  di  ciascuna.  Generalniente 
il  servizio  era  fatto  a  imitazione  di  quello  de'  bianchi,  con  questa 
differenza  per6  che  noi  avevamo  Ton  ore  d'esser  serviti  da  generali, 
e  che  anche  il  cuoco  era  un  generale.  Si  stette  a  tavola  la  bellezza 
di  dieci  ore.  E  ci  sareramo  stati  almeno  ventiquattro,  se  il  signor 
Lambert  non  avesse  insistito  per  andarsene,  adducendo  una  indi- 
sposizione.  Furono  serviti  da  150  a  200  piatti,  ai  quali  bisogno 
far  onore! 

Questa  fu  Toccasione  nella  quale  il  P.  Finaz,  sotto  il  nome  di 
Herrieu,  pote  introdursi  a  Tananariva,  eioe  frammisto  ad  alcuni 
diplomatici  francesi.  Ed  anche  dopo  la  loro  partenza  ei  fu  cola 
trattenuto  dalla  Regina,  perche  insegnasse  a  suo  figlio  Rakoto  e 
a'  suoi  amici  alcun  che  delle  scienze  in  cui  erasi  mostrato  molto 
valente.  A  lui  non  parve  vero. 

Si  mise  tosto  a  sonare  il  piano  meccanico  e  a  tastiera,  che  il 
signor  Lambert  aveva  mandate  alia  regina.  Alia  sua  partenza  da 
lamatara,  qualche  mese  prima,  non  ne  sapeva  una  nota,  ma  ben 
presto  aveva  imparato.  II  5  novembre  lancid  in  aria  un  pallone 
sulla  piazza  di  Mahamasina,  alia  presenza  d'un  gran  popolo,  e  questo 
fatto  porto  la  sua  riputazione  fino  alle  nuvole.  Scrisse  sinfonie  mu- 
sicali,  e  fece  eseguire  bei  pezzi  di  musica  in  un  bel  teatro  eretto 
e  decorato  da  lui.  Costrui  un  telegrafo  Morse  e  un  telegrafo  a  qua- 
dranti.  Fabbrico  anche  e  mise  in  moto  una  piccola  ferrovia  in  mi- 
niatura,  la  quale  per6  andava  sempre  all'indietro.  Finalmente  egli 
era  tutto  applicato  alia  scoperta  d'una  rnaravigliosa  polvere  bianca, 
che  doveva  lasciarsi  indietro  tutte  le  altre  polveri  conosciute. 

Ma  intanto  che  sbalordiva  il  popolo  con  queste  sue  invenzioni, 
andava  poi  lavorando  sott'acqua  alia  propagazione  della  fede.  E  gia 
il  principe  ereditario  Rakoto  voleva  che  si  celebrasse  la  messa  alia 
presenza  di  lui  e  di  sua  moglie,  e  ambedue  portavano  una  medaglia 
della  Madonna,  che  ii  principe  mostrava  ad  ogni  occasione.  Egli 
parlava  a  tutti  del  p.  Finaz,  e  tutti  lo  conoscevano  per  missionario, 
salvo  la  regina,  a  cui  nessuno  osava  rivelarlo,  perche  tutti  sape- 
vano  la  sua  ostilita  ai  cristiani  e  1'indole  sua  crudele  (p.  451). 

In  questo  mezzo  scoppiarono  alcune  rivoluzioni,  in  conseguenza 
delle  quali  la  Regina  esiglid  tutti  i  bianchi.  Ma  intanto  il  paese  era 
stato  dai  missionarii  esplorato,  e  i  primi  germi  della  fede  gittati, 


80  RIVISTA   BELLA   STAMPA 

i  quali  poi  avrebbero  largamente  germogliato,  specie  dopo  1'annes- 
sione  alia  Francia. 


vogliamo  lasciare  il  Madagascar,  senza  toccare  almeno  alcun 
che  del  lavori  scientific!  che  vi  fecero  i  Missionarii  francesi  d.  C.  d.  G. 

Fino  dal  1880  la  Missione  aveva  incominciato  alcune  osserva- 
zioni  metereologiche.  Ma  poi  nel  1889,  avendone  il  P.  Colin  final- 
mente  ottenuto  la  facolta  dal  Governo  malgascio,  edified,  con  operai 
malgasci,  il  suo  osservatorio,  che  fu  molto  ammirato  da  tutti  quei 
che  poterono  visitarlo.  Per  tre  anni,  merce  le  osservazioni  sue  per- 
sonali  e  quelle  de'  suoi  dipendenti,  merc&  le  osservazioni  che  dalle 
different!  parti  dell'isola  gli  inandavano  i  suoi  confratelli  ed  altri 
corrispondenti,  egli  pote  pubblicare,  in  resoconti  compitissinii,  i 
primi  per  non  dire  i  soli  dati  precisi  che  tin  allora  si  possedessero 
intorno  la  metereologia  della  grand'Jsola. 

Al  tempo  stesso,  il  P.  Roblet,  che  aveva  gia  dato  la  sua  carta 
a  un  milionesimo  del  Madagascar,  la  sola  fatta  con  serieta  e  che 
veniva  copiata  da  tutti  ;  quegli  che  aveva  gia  disegnato  quasi  tutta 
Flmerina  e  una  parte  del  Betsileo,  e  pubblicato  nel  1894,  col  Gran- 
didier,  la  sua  carta  a  un  cento  rnillesi  mo  dell'Imerina,  proseguiva  i 
suoi  studii  topografici,  che  gli  hanno  procurato  si  belle  ricompense, 
fra  le  quali  la  croce  della  Legion  d'onore,  e  cui  gli  ufficiali  della 
brigata  topografica  hanno  adottati  e  continuati. 

Molto  tempo  innanzi,  un  altro  membro  della  Missione,  un  cer- 
catore  senza  pari,  il  P.  Callet,  rendeva  alia  storia  un  servizio  im- 
portantissimo,  raccogliendo  dalla  bocca  dei  vecchi  il  racconto  dei 
tempi  passati,  delle  usanze  e  tradizioni  del  paese,  e  consegnandolo 
a  un'opera  malgascia  in  tre  volumi,  che  bello  sarebbe  il  tradurre 
e  far  conoscere  anche  in  Europa. 

Altri  lavori,  per  lo  piu  di  storia,  di  linguistica  o  di  pedagogia, 
avevano  preceduto  e  seguito  quello  del  P.  Callet:  la  grammatica 
del  P.  Weber,  la  piu  antica  e  forse  la  migliore  di  tutte  ;  quelle  dei 
Padri  Ailloud,  Basilide  e  Caussique;  il  dizionario  malgascio-francese 
dei  PP.  Callet  e  Albinal;  la  storia  del  Madagascar  del  P.  de  La 
Yaissiere;  e  soprattutto  Vent'  anni  al  Madagascar  del  P.  Albinal, 
che  6  probabilmente  il  migliore  di  quanti  lavori  sono  stati  scritti 
sinora  sulla  grand'Isola  (p.  488). 

E  questi  pochi  saggi  ne  sembrano  sufficient!  a  poter  ben  giu- 
dicare  tutta  1'importanza  del  volume  che  abbiamo  esaminato. 


IL  PIU  GRANDE  MUNIC1PIO  DEL  MONDO 


La  citta  di  Londra  ha  fatto,  non  ha  guari,  in  occasione  delle  feste 
per  I'incoronazione  di  Re  Edoardo,  parlar  molto  di  se.  Non  sara  dunque 
discaro  ai  nostri  lettori  di  conoscere  piu  da  vicino  quella  grande  citta, 
la  quale  ora  puo  dirsi  a  ragione  la  piu  grande  citta  del  mondo,  e  il 
suo  Municipio  il  Municipio  piu  importante  e  piu  ricco  che  esista.  Le 
notizie  assai  curiose  e  interessanti  che  qui  soggiungiamo  ci  sono  fornite 
dalla  Review  of  Reviews  e  da  altri  recenti  pubblicazioni l. 


Chi  dalla  galleria  esterna  della  Cattedrale  di  S.  Paolo  getta  uno 
sguardo  sulla  gigantesca  capitale  dell'Inghilterra  che  gli  giace  ai  piedi, 
ha  il  senso  genuino  delPimmensita.  La  grande  metropoli  si  stende  per 
lungo  e  per  largo  nella  grande  valle  del  Tamigi  e  arriva  fino  alle 
colline  lontane.  Non  esiste  una  misura  comune  ad  altre  citta  per 
misurare  la  grandezza  di  Londra.  Prendendo  la  popolazione  come 
termine  di  paragone,  si  scorge  di  primo  tratto  che  la  capitale  inglese 
£  unica  fra  tutte  le  altre  grandi  citta  del  mondo.  Per  fabbricare 
un'altra  Londra  bisogna  aggiungere  citta  a  citta,  capitale  a  capitale. 
La  contea  di  Londra  propriamente  detta,  si  estende  per  118  miglia 
quadrate,  e  contiene  una  popolazione  di  4,536,063  persone  che  abitano 
in  608,000  case;  ma  1'intiera  citta  di  Londra,  sulla  quale  la  polizia 
metropolitana  esercita  una  sorveglianza  continua  ed  incessante,  con- 
tiene una  popolazione  di  presso  a  6  milioni,  ed  un'area  di  688  miglia 
quadrate  di  estensione.  Invano  si  cerca  altrove  nel  mondo  una  citta 
che  le  stia  a  pari.  Riunendo  le  popolazioni  delle  tre  grandi  capital! 
continental!,  cioe  Parigi,  Berlino  e  Vienna,  esse  potrebbero  abitare 
commodamente  dentro  i  confini  municipali  di  Londra.  Le  tre  citta 
americane  piu  popolate  sono  Nuova  York,  la  citta  piu  grande  del 
mondo  dopo  Londra,  Chicago  e  Filadelfia.  Eppure  se  gli  abitanti  di 
queste  tre  citta  fossero  trasportati  corpo  ed  anima  a  Londra,  sarebbe 
soltanto  necessario  di  provvedere  alloggio  per  mezzo  milione  di  per- 
sone in  piu. 

1  Lo  scrittore  si  e  giovato  per  compilare  questa  rassegna  dei  libri  se- 
guenti:  The  London  Manual,  1902.  Edited  by  Robert  Donald,  Edward 
Lloyd,  London.;  London  Statistics,  vol.  X.,  1890-1900,  P.  S.  King-  and  Son, 
Report  of  the  Commissioner  of  Police  of  the  Metropolis,  1900.  Eyre  and 
Spottiswoode. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1261.          6          24  dicembre  1902. 


82  IL  Pit    GRANDE  MUNICIPIO 

Paesi,  non  citta,  possono  soli  gareggiare  con  questa  grande  regions 
di  mattoni  e  di  calcina,  palpitante  di  milioni  di  esseri  umani.  La  popo- 
'lazione  intera  dell' Australia  Confederata  oppure  del  Dominio  del  Ca- 
nada non  agguaglia  il  numero  degli  abitanti  di  Londra.  La  Scozia, 
Plrlanda  e  la  Svizzera  non  possono  vantarsi  d'una  cosi  numerosa 
popolazione.  II  Belgio,  il  Portogallo  owero  la  Eomania  sono  Stati  dei 
quali  i  loro  sovrani  vanno  superbi  d'essere  Ke;  tuttavia  i  loro  sud- 
diti  non  sorpassano  in  numero  quelli  solamente  della  capitale  dell'Im- 
pero  Britannico.  Ventitre  fra  i  molti  distretti  nei  quali  Londra  e  di- 
visa,  contengono  piti.  di  100,000  persone  ognuno.  Una  dozzina  delle 
grandi  citta  provinciali  inglesi  potrebbero,  con  la  massima  facilita, 
essere  collocate  dentro  queste  aree  municipali  di  minore  importanza. 
Le  popolazioni  riunite  di  Liverpool,  Manchester,  Birmingham,  Leeds, 
Sheffield  e  Bristol  potrebbero  trovare  ottimo  alloggio  al  nord  della  riva 
del  Tamigi.  Insomnia,  la  popolazione  di  Londra  e  un  settimo  dell'in- 
tera  popolazione  d'Inghilterra  e  del  paese  di  Galles,  quantunque,  quanta 
ad  area,  sia  soltanto  un  ventesimo  di  tutto  il  paese. 


* 
* 


Sotto  un  altro  rispetto  Londra  regna  sovrana  fra  tutte  le  citta  del 
mondo.  Essa  e  la  piu  ricca  municipality  della  superficie  del  globo. 
Eppure,  non  molti  secoli  fa,  la  regione  dove  ora  siede  regina  la  grande 
capitale  inglese,  era  una  terra  sterile,  morta  e  paludosa !  II  valore 
della  sua  ricchezza  si  pud  solamente  congetturare.  Le  sole  proprieta 
assicurate  hanno  un  valore  di  932,598,661  lire  sterline.  II  valore  netta 
delle  tasse  che  le  sue  600,000  case  pagano  alia  citta  sorpassa  39  milioni 
di  lire  sterline  e  il  valore  dei  fitti  non  e  inferiore  a  48,000,000  di  ster- 
line. L'  importanza  di  queste  cifre  diventa  evidente  quando  si  pensa 
che  il  valore  delle  tasse  riunite  di  tutti  gli  altri  collegi  elettorali  d'In- 
ghilterra arriva  appena  a  quello  di  Londra.  La  ricchezza  di  Londra  non 
e  stazionaria;  aumenta  anno  per  anno  a  corsa  e  a  salti.  II  valore  delle 
tasse  imposte  alle  nuove  proprieta,  fabbricate  annualmente  nei  limit! 
della  metropoli,  e  di  mezzo  milione  di  sterline,  mentre  Paumento  del 
valore  delle  tasse  sulle  proprieta  gia  esistenti,  in  questi  ultimi  cin- 
que anni,  e  stato  di  1,845,000  lire  sterline.  La  ricostrutta  citta  di 
Westminster,  benche  non  s:a  che  una  piecola  parte  di  Londra,  si  vanta 
di  occupare  il  primo  posto  fra  le  citta  piu  ricche  del  mondo ;  infatti 
puo  ben  a  ragione  pretendere  quella  superba  posizione  in  mezzo  ai 
ventotto  distretti  elettorali  di  Londra,  non  esclusa  la  City  stessa. 


Gome  porto,  Londra  sorpassa  di  molto  tutte  le  sue  rivali.  Le  navi 
che  entrano  nei  Tamigi  sono  uguali  a  un  quinto  del  totale  di  quelle 


DEL  MONDO  83 

ehe  entrano  nei  porti  di  tutto  il  Eegno  Unito.  Se  noi  consideriamo 
11  valore  e  non  il  volume  delle  mercanzie  importate,  troveremo  che 
un  terzo  delle  importazioni  annual!,  recate  nelle  isole  britanniche  e 
provenienti  dalle  quattro  parti  del  globo,  e  scaricato  nella  darsena 
della  capitale.  Londra,  come  sua  proporzione  nel  cominercio  nazionale, 
mette  a  suo  conto  un  quarto  del  totale  delle  nostre  esportazioni.  Com- 
parando  le  entrate  ed  uscite  annuali  del  porto  di  Londra  colle  entrate 
ed  uscite  dei  grandi  porti  del  mondo  abbiamo  le  seguenti  cifre :  Li- 
verpool, che  si  schiera  in  seconda  linea  rispetto  alia  quantita  ed  airim- 
portanza  della  sua  marina,  registra  un  tonnellaggio  di  entrata  di  8,282,774 
contro  i  14,682,971  tonnellaggi  registrati  da  Londra,  ed  un  tonnellaggio 
di  uscita  di  7,458,218  contro  gli  8,250,733  di  Londra.  Eccetto  Cardiff, 
dove  il  commercio  prende  una  forma  piu  speciale  e  particolare,  Glascow 
pud  essere  il  secondo  porto  britannico  con  un  tonnellaggio  di  entrata  di 
3,034,681  e  3,415,296  di  uscita.  Dei  porti  stranieri  Nuova  York  e  il 
primo  con  un  tonnellaggio  di  entrata  di  8,115,52  tonnellate  ovvero 
il  52,7  °/0  di  Londra;  poi  viene  Amburgo  con  una  entrata  marittima 
di  7,765,950  tonnellate  ovvero  50,5  °/0,  Anversa  con  6,842,163  ton- 
nellate ovvero  44,5  °/0  e  Rotterdam  con  6,323,072  tonnellate  ovvero 
41,1  °/0  rispettivamente  al  tonnellaggio  di  Londra. 


* 
*    * 


Se  gigantesche  appaiono  le  dimension!  di  Londra  quando  si  pon 
xnente  alia  sua  popolazione,  alia  sua  ricchezza  ed  alia  sua  marina, 
non  meno  giganteschi  sono  i  servizii  pubblici  che  hanno  per  fine  di 
tutelare  la  sanita,  la  vita  e  la  ricchezza  dei  suoi  cittadini. 

La  nettezza  della  citta,  area  immensa  e  densamente  popolata,  & 
un'intrapresa  colossale,  che  costa  al  contribuente  una  somma  annuale  di 
235, 000  lire  sterline.  In  contraearnbio  di  questa  enorme  somma  di  denaro, 
la  citta  e  debitarnente  provveduta  di  fogne,  i  347,560,000,000  di  litri 
di  scolo  sono  resi  chimicamente  innocui  e  i  due  milioni  e  mezzo  di 
tonnellate  di  fango  rimanenti  sono  trasportati  a  50  miglia  fuori  nel 
mare  e  cola  dispersi.  In  media,  966,710,000  litri  di  scarico  passano 
giornalmente  attraverso  le  87  miglia  e  mezzo  delle  principal!  fogne,  le 
quali  diventano  ora  insufficient!  al  troppo  grande  lavoro.  In  conse- 
guenza,  se  ne  stanno  fabbricando  cinque  nuove  al  prezzo  di  2,940.000 
lire  sterline  per  provvedere  al  di  piu  della  popolazione  in  ragione  del 
suo  aumento  in  quest!  ultimi  quarant'anni.  Esse  tuttavia  non  saranno 
terminate  che  da  qui  a  cinque  anni. 

Per  lottare  contro  il  fuoco,  grande  e  terribile  nemico,  si  spende 
una  somma  annuale  di  291,000  lire  sterline,  uguale  ad  un  testatico 
di  circa  8  soldi  inglesi.  In  quest!  ultimi  anni  il  corpo  dei  Pompier! 
fu  reso  piu  efficace  ed  aumentato  di  molto.  Yi  sono  ora  66  pompe 


84  IL  PIU   GRANDE  MUNICIPIO 

a  vapore  sparse  su  tutta  la  contea  di  Londra  ed  il  corpo  del  pompieri 
conta  1,137  uomini  e  260  cavalli.  Macchine  a  cavallo  per  fuggire  dal 
fuoco  hanno  sostituito  gli  antichi  apparecchi,  mossi  a  mano,  i  posti 
d'allarme  in  caso  d'  incendio  sono  stati  quasi  raddoppiati  e  si  stanno 
allacciando  per  mezzo  di  telefoni  alia  piu  vicina  stazione  di  pompieri, 
i  quali  posseggono  ora  piii  di  17,000  tubi  per  gettar  acqua  contro 
gl'  incendii.  In  media  vi  sono  circa  3200  incendii  all'anno,  dei  quali 
200  sono  incendii  gravi. 

II  terzo  grande  servizio  di  protezione  alia  vita  umana  e  a  spese 
dei  Londinesi,  quantunque  nel  suo  controllo  essi  non  abbiano  voce 
alcuna.  II  servizio  di  cui  parliamo  e  la  Polizia  Metropolitana  che 
ha  per  ufficio  e  dovere  di  fare  osservare  le  leggi  e  1'ordine  entro 
un'area  di  688  miglia  quadrate,  proteggere  la  vita  di  6  milioni  di 
persone,  custodire  le  proprieta  tassate  per  un  valore  di  44,000,000 
di  lire  sterline.  Per  custodire  la  capitale  15,847  poliziotti  sono  neces- 
sari,  e  formano  una  forza  maggiore  della  polizia  di  tutte  le  altre  citta 
dell'  Inghilterra  e  di  Galles,  ovvero  della  guardia  urbana  che  man- 
tiene  1'ordine  nelle  contee.  In  media  per  ogni  100  acri  vi  sono  tre 
poliziotti  efmezzo,  due  ed  una  frazione  per  ogni  migliaio  di  popola^ 
zione,  e  quasi  due  per  ogni  cento  case  abitate.  Per  ottenere  questa 
protezione  i  cittadini  della  metropoli  pagano  1,300,000  lire  sterline 
all'anno  e^le  statistiche  comparative  dei  delitti  mostrano  che  essi  non 
spendono  il  loro  denaro  invano.  Tenendo  con  to  deirimmensa  popo- 
lazione  di  Londra,  la  sua  statistica  criminale  puo  con  vantaggio  stare 
a  petto  di  quella  delle  altre  grandi  citta  del  mondo.  In  questi  ultimi 
anni  vi  fu  una  diminuzione  costante  nelle  offese  dirette  contro  le 
persone  e  contro  le  proprieta.  Nel  19CO  furono  arrestate  108,267  per- 
sone delle  quali  83,000  vennero  condannate.  Piu  di  14,000  persone 
furono  arrestate  per  delitti  criminali.  II  valore  delle  proprieta  rubate 
fu  in  quello  stesso  anno  di  212,340  lire  sterline,  delle  quali  furono. 
ricuperate  un  poco  piii  di  39,000.  Vi  furono  367  aggressioni  notturne 
e  1,416  furti  in  casa  con  frattura;  perd  sembra  che  il  mestiere  di 
ladro  notturno  non  frutti  troppo  bene.  In  665  casi  il  valore  delle  cose 
rubate  non.sorpasso  le  5  lire  sterline. 

I  doveri  della  polizia  metropolitana  sono  molto  piu  numerosi  di 
quello  che  si  crede  generalmente.  II  poliziotto  non  e  solo  un  uccello 
notturno;  anche  di  giorno  una  gran  parte  di  quei  signori  sono  iinpie- 
gati  a  regolare  il  tramco.  Durante  il  1900  ricevettero  37,000  relazioni 
di  persone  subitamente  mancate  o  smarrite  e  ne  restituirono  piu  di 
18,000  ai  loro  amici.  Scoprirono  quasi  24,000  porte  e  finestre  aperte 
ovvero  serrate  malamente  durante  la  notte,  fermarono  218  cavalli  fug* 
gitivi,  acchiapparono  23,000  cani  e  ricevettero  all'umcio  degli  oggetti 
smamti41,000oggetti  trovati  nelle  vetture  di  piazza,  dei  quali  20,500 


DEL   HONDO  85 

furono  restituiti  ai  rispettivi  padroni.  Fra  quest!  document!  invincibili 
della  spensieratezza  umana  vi  erano  180  orologii,  3,239  horse  e  19,077 
ombrelli.  Piu  di  70,000  lettere  furono  scritte  dalla  polizia  ai  cocchieri, 
ai  conduttori  di  tramways  ed  al  pubblico  in  generale. 


Ogni  giorno  della  settimana  un  immense  esercit®  di  operai,  dai 
quartieri  eccentric!,  va  a  sboccare,  simile  ad  una  marea  umana,  nel 
punto  piu  centrale  di  Londra.  Quando  viene  la  sera  questa  marea 
umana  ritorna  rapidamente  verso  i  sobborghi.  Le  facilita  di  viaggi 
rapid!  scno  una  vera  necessita  nella  vita  di  Londra.  Un  milione  di 
persone  entra  e  lascia  ogni  ventiquattro  ore  la  sola  City.  I  mezzi 
attuali  di  trasporto  per  questa  gigantesca  migrazione  giornaliera  sono 
affatto  insufficient!.  Vi  sono  entro  la  contea  di  Londra  1483  vet- 
ture  di  tramways,  3685  omnibus,  7531  carrozze,  3721  vetture  e  215 
miglia  di  strada  ferrata.  Tuttavia  tutti  quest!  mezzi  di  trasporto, 
riuniti  assieme,  diventano  insufficient!  per  provvedere  ai  bisogni  del 
pubblico.  Lo  specehietto  seguente  compilato  dal  sig.  Donald  dara  un'idea 
del  traffico  annuale  dei  viaggiatori,  e  di  piu  fara  testimonianza  del- 
1'  immensa  popolazione  di  Londra. 
Durante  1'anno  1901  vi  furono: 

351,000,000  viaggiatori  in  ferrovia 

331,438,283          »  nei  tramways 

356,245,560          »  aegli  omnibus 

53,500,000          »  in  vettura  ed  in  battello  a  vapore. 

Queste  cifre  danno  un  totale  di  1.092.183.843  viaggiatori.  Nonostante 
la  concorrenza  delle  ferrovie,  gli  omnibus  mantengono  ancora  la  piu 
grarde  parte  del  traffico.  Tuttavia  la  popolarita  delle  varie  ferrovie 
sttterranee,  dimostia  la  necessita  jurgente  di  mezzi  di  trasporto 
molto  piu  rapidi :  35  milioni  di  viaggiatori  furcno  portati  dalla  fer- 
rovia centrale  di  Londra  durante  1'anno;  piu  di  10  milioni  di  pas- 
seggeri  viaggiarono  colla  ferrovia  della  City  &  South  London  e  piu 
di  4  milioni  colla  ferrovia  della  City  &  Waterloo.  I  tramways  traspor- 
tano  un  buon  terzo  del  pubblico  viaggiatore.  114  miglia  di  linee 
tramviarie  sono  ora  proprieta  della  London  County  Council  ossia  del 
Municipio  di  Londra,  il  quale,  detratte  le  spege,  assegnd  29,000  lire 
sterline  di  guadagno  a  diminuire  le  tasse,  a  migliorare  il  servizio  dei 
tramways,  ridurre  le  tariffe  delle  corse  ed  a  pagar  meglio  gl'impie- 
gati  dello  stesso  tramway. 

Finalmente  abbiamo  la  speranza  di  vedere  il  problema  della  loco- 
mozione  londinese  preso  in  mano  seriamente.  Gia  rotaie  per  ferrovie 
sotterranee  sono  poste  in  tutte  le  direzioni,  il  Municipio  sta  per  sosti- 
tuire  la  trazione  elettrica  ai  tramways  coi  cavalli,  ha  dato  ordine  di 


86  IL  PIU  GRANDE  MUNICIPIO 

fabbricare  vetture  che  possano  contenere  70  passeggeri  e  viaggiare  con 
la  velocita  di  10  o  12  miglia  all'ora;  la  ferrovia  sotterrasea,  grazie 
ad  una  intrapresa  americana,  sta  per  adottare  I'elettricita  come  forza 
motrice,  e  nuovi  tramways,  sia  sopra  che  sotto  terra,  sono  gia  stati  dise- 
gnati  ed  autorizzati.il  tramway  elettrico  corre  gia  attraverso  i  lontani  di- 
stretti  del  West-End:  pel  momento  sole  60  miglia,  da  accrescersi  pero  a 
poco  a  poco  fino  a  160  miglia,  quando  cioe,  il  disegno  presentato  dalla 
Compagnia  unita  dei  tramways  londinesi,  sara  interamente  recato  ad 
effetto.  Finche  questo  gigantesco  disegno  non  avra  sortito  il  suo  coin- 
pimento,  le  2000  miglia  di  strada,  mantemite  dalle  autorita  locali  della 
metropoli,  con  una  spesa  annuale  di  1,600,000  lire  sterline  rimarranno 
in  uno  stato  quasi  di  congestione  cronica. 


* 
*     * 


Dn'altra  delle  question!  urgenti  di  Londra  e  la  questione  dell'al- 
loggiamento.  II  numero  medio  delle  persone  che  abitano  in  una  casa, 
e  otto;  pero  vi  sono  presso  a  un  milione  di  persone  che  passano  la 
loro  esistenza  in  mezzo  a  un  terribile  agglomeramento.  A  fine  di  mi- 
tigare  questo  gravissimo  male,  il  Municipio  di  Londra  si  e  fatto  uno 
dei  piu  grandi  proprietarii  di  case  della  metropoli.  Da  qui  a  poco  il 
Municipio  avra  40,000  inquilini  e  possedera  una  rendita  in  fitti  di 
circa  100,000  lire  sterline  all'anno.  Ultimamente  il  Municipio  comincid 
a  fabbricare  un  gran  numero  di  piccole  case  nei  sobborghi  per  Pal- 
loggio  di  quelle  persone  che  fin  qui  vivevano  ammonticchiate  le  une 
sulle  altre.  A  Tooting  si  fabbricano  1244  casette  al  costo  di  400,000  lire 
sterline  e  procureranno  un  decente  alloggio  a  8,582  persone.  A  Nor- 
bury  furono  comprati  31  acri  di  terreno  per  la  erezione  di  551  casette 
di  tre,  quattro,  cinque  camere  ognuna  e  211  doppie  case  che  daranno 
alloggio  a  5,800  persone.  A  Holloway  si  e  comprato  un  terreno  capace 
di  alloggiare  1,050  persone  e  1,400  saranno  alloggiate  a  Islington. 
Pero  questi  schemi  sono  piccola  cosa  se  vengono  paragonati  alia  nuova 
oitta  che  il  Municipio  sta  per  fabbricare  a  Tottenham.  E  la  piu  grande 
intrapresa  di  questo  genere  che  sia  mai  stata  tentata  da  una  munici- 
palita.  Ecco  la  descrizione  che  ne  da  il  sig.  Donald :  «  Questa  intra- 
presa sara  infatti  la  creazione  d'una  nuova  citta  per  40,000  persone. 
Nel  centre  verra  riservato  un  terreno  pei  negozii  ed  ufficii  pubblici, 
-e  vicino,  in  un  ampio  spazio,  si  fara  serpeggiare  artificialmente  il  fiume 
Moselle.  Tutto  intorno  e  ramificandosi  in  tutte  le  direzioni  vi  saranno 
le  strade,  fiancheggiate  da  casette,  tutte  bene  architettate,  alcune  quasi 
isolate,  altre  alineate  ricino  1'una  all'altra,  e  ai  lati  d'ogni  strada  begli 
alberi  verranno  piantati  di  distanza  in  distanza.  II  limite  estremo  di 
questa  proprieta  e  situato  a  6  miglia  circa  dai  presenti  sobborghi  di 
Londra  e  1'area  comprende  225  acri.  I  lavori  s'incominceranno  da 


DEL   HONDO  87 

quella  parte  della  proprieta  che  e  piu  grande  e  giace  piu  vicina  a 
Londra.  Quivi  si  prepareranno  alloggi  per  33,000  persone  in  4,750  case 
a  due  soli  piani,  e  altre  2,000  persone  troveranno  stanza  negli  appar- 
tamenti  sopra  le  botteghe.  Le  case  saranno  di  varie  forme  e  condizioni 
ed  ognuna  avra  il  suo  proprio  giardino.  La  spesa  per  la  erezione  della 
prima  parte  di  questa  nuova  citta  e  stata  calcolata  a  1,530,858  lire 
sterline.  Quando  tutti  questi  disegni  saranno  recati  ad  effetio  vi  sara 
alloggio  per  59,000  persone. 

Pero  questo  non  &  il  solo  modo  nel  quale  Londra  sta  trasforman- 
dosi.  Ogni  anno  il  Municipio  spende  circa  mezzo  milione  di  sterline 
per  il  miglioramento  delle  strade,  fra  i  quali  miglioramenti  il  piu 
importante  sara  il  nuovo  gran  passeggio  o  Corso  che  partendo  dallo 
Strand  va  fino  a  Holborn  e  che  ora  si  sta  gia  costruendo.  In  questi 
ultimi  12  anni,  quasi  6  milioni  sono  stati  spesi  in  diversi  perfezio- 
namenti  in  tutte  le  parti  della  metropoli.  Si  sta  fabbricando  un  nuova 
ponte  sul  Tamigi  a  Yauxhall,  e  due  nuovi  tunnels  sono  in  costru- 
zione  sotto  al  Ponte  della  Torre  al  costo  di  quasi  3  milioni  di  sterline. 


II  Municipio  di  Londra  fin  dal  primo  giorno  della  sua  formazione 
si  e  messo  con  zelo  nell'opera  di  procurare  ricreazioni  ai  cittadini 
della  metropoli,  provvedendoli  di  grandi  prati  e  di  terreni  per  giuo- 
care.  In  questi  ultimi  dieci  anni  Parea  di  questi  parchi  e  prati  e 
stata  raddoppiata.  In  questo  momento  se  ne  contano  89,  variant!  da 
una  frazione  di  iugero  sino  a  diverse  centinaia  e  ammontanti  ad  un 
totale  di  4000  acri.  Se  a  questi  4000  acri  aggiungiamo  il  Parco 
reale  ed  altri  parchi  e  prati  piu  piccoli,  il  totale  salira  a  6,152  acri 
e  questi  diventeranno  9,540  acri  se  si  aggiungono  i  grandi  passeggi 
londinesi  nelle  vicinanze  della  citta.  II  sig.  Donald  os^erva  il  fatto 
interessante,  che  la  proporzione  di  questi  spazii  liberi  dentro  il  cuore- 
stesso  della  citta  e  praticamente  la  stessa  in  Londra  che  nella  Roma 
antica.  In  Londra  occupano  il  12,64  per  cento,  a  Roma  la  proporziona 
era  di  12  1|2.  Ben  781  uomini  sono  continuamente  impiegati  nel  cu- 
stodire  ed  aver  cura  dei  varii  parchi  sotto  la  sorveglianza  del  Muni- 
cipio e  nessuno  sforzo  vien  risparmiato  per  abbellirli  di  giardini,  come 
pure  di  eleganti  campi  da  giuoco :  arene  ginnastiche  speciali  per  bam- 
bini sono  state  disposte  in  una  gran  parte  dei  principali  parchi,  e  in 
due  di  questi  si  scavarono  due  immense  fosse  che  poi  si  colmarono 
di  sabbia  per  divertimento  dei  fanciulli.  Yi  sono  parimente  luoghi  ap- 
positi  per  giuochi  di  bocce,  della  palla,  del  cricket,  del  croquet,  del 
pallone,  del  football,  dell'hockey,  dell'hurling,  del  lacrosse,  del  lawn 
tennis,  del  quoils  e  perfino  del  golf.  Durante  i  mesi  invernali  ii  Mu- 
nicipio si  prende  ogni  cura  per  assicurare  sui  laghi  dei  buoni  spec- 


88  IL  PIU  GRANDE  MUNICIPIO 

chi  di  ghiaccio  pel  patinaggio,  e  nei  mesi  estivi  incoraggia  le  regate 
in  barca  e  i  divertimento  balneari.  II  Municipio  inoltre  si  e  acqui- 
stata  una  considerevole  popolarita  insistendo  presso  i  restaurants  e  le 
vendite  di  bibite  dei  parchi,  perche  siano  moderati  nelle  loro  tariffe. 
Yi  sono  da  distribuire  ogni  settimana  a  chi  ne  fa  domanda  385 
prati  da  cricket,  e  in  un  anno  si  ebbero  1,120  richieste  da  circoli 
di  cricket,  e  si  giocarono  in  tutto  16,500  partite.  Inoltre  vi  sono  466 
campi  battuti  pel  tennis  e  durante  la  bella  stagione  furono  giocate 
4,400  partite.  Le  partite  poi  di  football,  durante  1'inverno  salirono  a 
10,000.  Yi  sono  15  serbatoi  o  laghetti  d'acqua  pura  nei  vari  parchi 
coprenti  un'area  di  68  acri  e  che  si  fanno  servire  al  patinaggio,  alle 
gite  in  barca  e  per  bagni.  Nella  mattina  d'una  domenica  assai  calda 
si  contarono  25,000  bagnanti  nei  solo  lago  del  parco  Yictoria.  Inoltre, 
a  tutti  questi  diversi  divertimento  il  Municipio  aggiunge  continue 
serate  di  musica  vocale  e  instrumental  che  si  tengono  a  sue  spese 
nei  diversi  parchi  durante  i  mesi  d'estate.  L'anno  scorso  furono  date, 
dentro  la  contea  di  Londra,  1,197  rappresentazioni  in  62  luoghi  dif- 
ferent!. 

* 
*     * 

I  consiglieri  municipali  della  grande  metropoli  inglese  vengono  a 
contatto  in  mille  punti  colla  vita  dei  privati  cittadini.  Per  spiegarlo  a 
parte  a  parts  si  richiederebbe  un  volume.  Non  sara  fuor  d'opera  tut- 
tavia  dare  alcune  cifre  per  mostrare  in  quante  cose  le  autorita  mu- 
nicipali sono  i  servi  del  pubblico  londinese.  A  cagione  d'esempio,  il 
numero  dei  bambini  educati  a  spese  del  Municipio  e  uguale  alia  po- 
polazione  d'una  delle  piu  grandi  citta  provinciali  inglesi.  Yi  sono 
752,259  nomi  sui  registri  delle  scuole  pubbliche  e  quasi  900,000  bam- 
bini d'ambi  i  sessi  frequentano  le  scuole  municipali  erette  dentro 
1'area  metropolitana.  La  media  della  frequenza  giornaliera  alle  detta 
scuole  e  di  600,000  fra  ragazzi  e  ragazze.  Per  educare  tutti  questi  mar- 
mocchi  il  Municipio  di  Londra  spende  la  bella  somma  di  3  milioni 
e  mezzo  di  sterline  all'anno,  cio  che  importa  una  spesa  media  di 
3  lire  sterline  e  6  scellini  per  ogni  scolare.  L'anno  scorso  si  tennero 
corsi  serali  in  395  scuole  con  una  media  di  86,000  allievi.  Per  1'edu- 
cazione  tecnica,  la  spesa  annuale  e  di  154,000  lire  sterline.  II  Mu- 
nicipio inoltre  aiuta  gli  scolari  poveri  a  passare  dalle  scuole  inferior! 
gratuite  alle  superiori  e  alle  Universita  dove  si  paga,  con  un  numero 
stragrande  di  scholarships  o  borse.  Le  biblioteche  gratuite  sono  un  al- 
tro  mezzo  di  educazione  e  di  ricreazione.  Di  queste  ne  esistono  ora 
59  con  una  collezione  di  600,000  volumi.  In  media,  quattro  milioni 
e  mezzo  di  volumi  sono  letti  dai  lettori  durante  1'anno  e  quantunque 
piu  di  tre  milioni  ovvero  80%  di  questi  libri  siano  racconti  o  altri 
libri  di  ricreazione,  pure  nessuno  potra  negare  Putilita  di  provvedere 


DEL   HONDO  89 

a  spese  pubbliche  di  letture  sane  e  istruttive  la  parte  piu  povera  della 
societa.  La  spesa  annuale  pel  mantenimento  di  queste  biblioteche  e 
di  61,000  lire  sterline. 


* 
*     * 


I  poveri,  i  derelitti,  i  naufraghi  della  vita  nella  grande  citta  di 
Londra  vanno  finalmente  a  carico  della  carita  pubblica.  Yi  sono  da 
116,000  a  125,000  poveri  ai  quali  il  Municipio  provvede  il  necessario 
alia  vita,  con  una  spesa  annua  di  28  sterline  per  ognuno.  Si  calcola 
che  in  Londra  vi  siano  in  circa  26  poveri  per  ogni  migliaio  di  abi- 
tanti.  I  15,000  pazienti  dei  varii  ospedali  dei  matti  costano  ai  con- 
tribuenti  circa  470,000  lire  sterline  all'anno.  E  con  tutto  cio  gli  am- 
malati  ed  i  sofferenti  della  grande  citta  sono  in  gran  parte  aiutati 
dalla  carita  privata  e  volontaria !  Ogni  anno  piu  di  1,600,000  per- 
sone  sono  curate  negli  ospedali  di  Londra  o  ricevono  gratuitamente 
medicine  dalle  farmacie  municipali.  Si  contano  85  ospedali  e  50  far- 
macie  mtmioipali  sparsi  a  distanza  conveniente  sopra  tutta  1'area  della 
citta.  II  Municipio  spende  nei  suoi  ospedali  quasi  un  milione  di  lire 
sterline,  altre  30,000  vanno  a  sollevare  gli  ammalati  poyeri  a  casa  loro 
e  30,000  arnesi  chirurgici  sono  distribuiti  ogni  anno  gratuitamente. 
Per  farsi  una  idea  del  lavoro  degli  ospedali  londinesi,  di  sole  febbri 
si  curano  in  media  21,000  casi  all' anno.  Chi  potra  mai  immaginare 
la  somma  totale  dei  dolori  e  delle  miserie  che  vengono  alleviate  in 
quelle  case  di  carita  e  di  sofferenze? 

Da  quanto  si  e  detto  fin  qui  il  lettore  pud  vedere  il  progresso  che 
ha  fatto  Londra  in  questi  ultimi  anni.  In  verita,  dal  1850  in  poi  si 
e  assolutamente  trasformata.  Cinquant'anni  fa  era  una  citta  sporca, 
malsana,  pericolosa  alia  vita  ed  alia  proprieta  dei  cittadini.  Ora  in- 
vece  e  diventata  comparativamente  sana,  pulita,  decente,  e,  tenuto 
conto  dei  milioni  di  esseri  umani  che  la  popolano,  la  vita  e  la  pro- 
prieta umana  vi  sono  assai  rispettate.  Yi  e  ancora  del  male,  £  vero, 
ma  esso  e  piu  che  compensato  dal  molto  bene.  II  risveglio  religioso 
degli  ultimi  quarant'anni  ha  infuso  ai  pii  membri  della  Chiesa  an- 
glicana  nuovo  zelo  e  maggiore  energia  per  la  salute  spirituale  e  ma- 
teriale  dei  loro  connazionali,  e  la  espansione  meravigliosa  della  Chiesa 
cattolica  nella  grande  citta  ha  procurato  ai  poveri  ed  agli  infelici  di 
Londra  nuove  e  piu  pure  sorgenti  di  consolazione  celeste  e  di  terreno 
conforto.  AI  presente  la  democrazia  che  governa  I'immensa  citta  si 
propone  di  compire  1'opera  incominciata ;  risanare  cioe  Londra  dalle 
antiche  piaghe  morali,  materiali  e  sociali,  e  far  si  che  in  bellezza, 
ordine,  ricchezza,  salubrita  e  potenza  sia  degua  di  figurare  a  capo  del 
piu  grande  impero  del  mondo. 


BIBLIOGRAFI A  ' 


ANALECTA  ECCLESIASTICA  seu  Romana  Collectanea  de  disci- 
plinis  speculativis  et  practicis  circa  theologiam,  ius  canonicum, 
administrationem  in  foro  contentioso  et  gratioso,  sacram  liturgiam, 
historiam  etc.  Moderator  FELIX  CADENE  Antistes  urbanus.  Annus 
XI,  1903.  Romae,  Administratio  et  Directio  :  Piazza  Cenci  7  A.  — 
Pretium  annuae  associationis  lib.  25. 
Raccomandiamo  vivamente  agli  zione  di  quesiti  consimili,  sia  per 

Eccmi  Vescovi  ed  ul  Clero   di  ogni 

nazione  questa   pubblicazione,   indi- 

jspensabile  per  avere    una   rapida  e 

sicura  informazione  di  tutti  gli  Atti 

della  S.  Sede  e  delle  Congregazioni 


Romane.  Sotto  il  titolo  di  Analecta 
vetera  si  pubblicano  in  ogni  fascicolo 
una  scelta  di  document!  piu  antichi, 
che  possono  servire  sia  per  la  solu- 


semplice,  ma  non  inutile  erudizione 
storica.  Gli  Analecta  varia  raccol- 
gono  important!  dissertazioni  di  egre- 
gi  scienziati  sopra  materie  affini  al 
carattere  della  Rivista,  e  danno  ra- 
gionata  relazione  dei  casi  di  morale, 
di  gius  canonico,  di  liturgia,  che  ven- 
gono  di  mano  in  mano  risolti  nelle 
adunanze  del  CJero  di  Roma. 


ANNUA1RE  pour  1'an  1903  publie  par  le  BUREAU  DES  LONGITUDES. 
Avec  des  Notices  scientifiques.  Paris,  Gauthier-Yillars,  16°,  VIII- 
808  p.  Fr.  1,50. 


Sia  il  benvenuto  an  che  quest'anno 
il  succoso  volumetto,  inviatoci  dalla 
cortesia  dell'editore,  che  condensa 
tanti  dati  scientific!,  e  al  pari  della 
scienza,  che  non  invecchia  mai,  pro- 
gredisce  senza  posa.  Un  avviso  in- 
serito  a  principio  ci  avverte  che,  vo- 
lendo  1'  Ufficio  delle  longitudini  mi- 
gliorare  il  suo  annuario  senza  cre- 
scerne  la  mole,  ne  potendo  rinunziare 
a  progredire,  e  venuto  nella  delibe- 
razione  di  ristampare  ogni  anno,  rin- 
novati,  quei  ragguagli  soltanto  che 
sono  di  natura  loro  variabili,  e  che 


cadono  per  lo  piu  nella  parte  astro- 
nomica.  Le  altre  due  parti,  invece 
che  hanno  un  carattere  permanente  o 
soggetto  a  meno  rapide  mutazioni, 
cioe  la  parte  fisica  e  la  parte  geogra- 
fico-statistica,  principiando  dal  1904 
non  saranno  pubblicate  entrambe  ogni 
anno,  ma  ad  anni  alternati,  la  fisica 
negli  anni  pari,  la  statistico-geogra- 
fica  negli  anni  dispari.  Cosi  si  guada- 
gna  spazio  per  ampliare  ciascuna  di 
esse  separatamente,  e  il  lettore  con 
due  annate  successive  avra  sotto  mano 
una  piu  abbondante  copia  di  notizie 


libri  e  gli  opnscoli,  annunziati  nella  Bibliografia.  (o  nelle  Riviste 
della  Stampa)  della  «  CIvilta  Cattolloa  »,  non  pad  PAmministrazione  assumere  in  nessun& 
vaniera  1'incarico  di  provvederli,  salvo  che  i  dettl  libri  non  sieno  indicati  come  vendibili 
presso  la  stessa  Amministrazione.  Ci6  vale  anche  per  gli  annunzi  delle  opere  perveuute  alia 
Dir?zione  e  di  qnelle  indicate  snlla  Coper  tins,  del  periodico. 

L'AMMINISTEAZIONB. 


BIBLIOGRAFIA 


91 


e  di  novita,  tanto  dell'uno  quanto 
dell'altro  campo.  E  insomma  il  si- 
sterna  delle  rotazioni  adattato  alia 
compilazione  d'un  annuario  scien- 
tifico. 

Se  ci  &  permesso  fare  un  appunto, 
o  meglio  esprimere  un  desiderio,  spe- 
riamo  che  1'anno  1904,grazie  a  questa 
innovazione,  ci  porti  in  cambio  delle 
densita  e  degl'  indici  di  rifrazione  dei 
vecchi  flint  e  crown,  o  almeno  allato  ai 
medesimi,  gli  elementi  dei  nuovi  vetri 
normali  di  Jena,  che  hanno  trasfor- 
mato  microscopic  e  obbiettivi  e  tutta 
1'ottica  pratica. 

Questo  per  altro  riguarda  le  no- 
vita  future  :  quanto  aJle  presenti,  al 
primo  arrivare  dell'annuario  1'occhio 
corre  subito  all'appendice  delle  no- 
tizie  scientifiche,  di  quelle  preziose 
monografie  che  portano  in  fronte  i 
piu  bei  nomi  dell'accademia  delle 
scienze  di  Parigi.  II  Radau  ci  pre- 
senta  quest'anno  una  lucida  esposi- 
zione  dellastoria  e  della  correlazione 
tra  stelle  cadenti  e  comete ;  il  Janssen 
introduce  la  nota  poetica  nel  suo  di- 
scorso  Scienza  e  poesia ;  e  le  belle 


commemorazioni  funebri  del  Cornu 
e  del  Faye,  rapiti  nel  decorso  anno 
alia  scienza,  mostrano  anche  una  volta 
come  nei  piu  alti  consessi  scientific! 
in  Francia  si  conservi  viva  la  tradi- 
zione  di  associare  il  gusto  letterario 
al  rigore  delle  scienze  esatte.  Sono 
piccoli  discorsi  modello  quelli  del 
Janssen,  del  Poincare,  dell'ammira- 
glio  Bouquet  de  la  Grye  e  del  gene- 
rale  Bassot.  Nella  loro  brevita  cia- 
scuno  sa  segnare  quel  punto,  deli- 
neare  quel  lato  della  vita  del  defunto 
che  risponde  all'ufficio  ivi  rappre- 
sentato  dall'oratore,  e  nel  qualificare 
il  merito,  sa  dare  come  suol  dirsi  la 
nota  giusta,  caratteristica,  toccando 
pure  delicatamente  le  corde  dell'af- 
fetto  e  dell'amicizia.  Rallegra  1'animo 
lo  scorgere  nei  detti  dell'illustre  am- 
miraglio,  presidente  dell'accademia, 
e  di  altri  oratori,  ii  pensiero  cristiano 
che  velato  con  discrete  riguardo, 
come  in  tali  circostanze  si  conviene, 
pure  traspare  assai  chiaro  perche  in 
quest!  tristi  giorni  risplenda  quale 
raggio  di  speranza  e  di  conforto  per 
1'avvenire  di  quella  nazione. 


BALLERINI  G-.,  prof.  —  Matrimonio   e  divorzio   a    proposito    dell'at- 
tuale  progetto  ministeriale.  Pavia,  Fusi,  1902,  16°,  60  p.  Cent.  10, 
Copie  50  L.  3,50;  copie  100  L.  6,00.  Rivolgersi   al   prof.  F.  Ro- 
dolfi,  Pavia. 
Questo  bel  lavoro,  succinto  si  ma 

compito,  piglia  in  esame  il  presente 

progetto  ministeriale  e  la  sua  rela- 


voglia  formarsi  un  giusto  concetto 
dell'importante  questione.  Lo  racco- 
mandiamo  vivamente. 


zione,  e  torna  utilissimo  a  chiunque 

BESSAR10NE.  Pubblicazione  periodica  di  studi  oriental!.  Mgr.  NIC- 
COLO  MARINI,  Direttore.  Anno  VII.  Direzione  ed  Amministrazione, 
Roma,  Piazza  S.  Pantaleo,  3.  Abbonamento  annuo  per  1'Italia  L.  15r 
per  i'Estero  L.  20. 
Col  nome  storico  di  uno  de'  piu 

insigni    promotori  dell'unione  delle 

chiese,    questo    periodico,  nato   nel 


giugno  1896,  6    felicemente  entrato 
nel  settimo  anno  della  sua  fiorente 


vita.  —  L'intento  nobilissimo  delPe- 
gregio  suo  Direttore  e  degl'illustri 
suoi  collaborator],  e  quello  di  mettere 
1'opera  loro  intelligente  e  disinteres- 
sata  al  servizio  della  gran  causa  del 


92 


BIBLIOGRAFIA 


ritorDo  de'dissidenti  all'unico  Ovile  di 
Cristo  col  seguire  fedelmente  le  idee 
ed  i  voti  del  sapientissimo  Pontefice 
Leone  XIII.  I  sessantotto  fascicoli 
finora  pubblicati,  sono  ricctii  di  vari 
ed  important!  argomeuti,  e  piena- 
mente  ci  confermano  nel  giudizio 
che  di  esso  portammo  fin  dal  suo 
nascere  (Quad.  1103,  cop.),  quando 
lo  raccomandammo  a'  nostri  lettori 
come  sommamente  proficuo  e  degno 
dell'appoggio  di  tutti  i  cattolici, 
specie  degli  eruditi. 

La  Santita  di  N.  S.  Papa  Leone  XIII, 
che  ha  sempre  dimostrato  grande 
affetto  e  benevolenza  pel  Bessarione, 
si  e  anche  in  questi  giorni  degnata 
onorare  di  un  magniflco  Breve,  I'o- 
pera  del  Rmo  Mons.  Marini.  Non  po- 
trebbfi  desiderarsi  giudizio  piu  favo- 
revole  in  commendazione  del  suo 
merito;  ne  autoritk  piu  alta  e  com- 
petente  che  suggellasse  quel  giudi- 
zio. Eccone  il  testo : 

LEO  PP    XIII. 

«  Dilecte  Fili,  Salutem  et  Aposto- 
licam  Benedictionem.  Quum  in  prae- 
cipuis  Nostris  curis  hoc  etiam  sit  ut 
qui  a  catholica  unitate  dissident,  ad 
earn,  divina  favente  gratia,  revocen- 


ptis  votisque  Nostris  obsecundare 
apud  Orientales  impiger  stadeas,  pe- 
riodicam  edendo  elucubrationem,  cui 
ab  insigni  Cardinal!  BESSARIONE, 
praeclare  de  Ecclesia  merito,  perapte 
nomen  indidisti.  Alacrem  de  hac  re 
doctamque  sollerfciam  tuam  aliis  Nos 
litteris  commendavimus,  gratumque 
est  optimorum  fructuum  spem  a 
Nobis  iam  turn  conceptam  felicius 
in  dies  evenire.  Nunc  vero,  sexto 
excedente  anno  ab  opere  tuo  inito, 
tibi,  dilecte  fili,  eruditisque  viris  qui 
tuorum  sunt  socii  ac  participes  la- 
bo/um  Noatrisque  consiliis  naviter 
obsequuntur,  quos  hactenus  fecistis, 
cum  doctorum  hominum  comproba- 
tione,  progressus  ex  animo  gratula- 
nnr,  amplioresque  deincepa  facturos 
speramus,  praesertim  si  non  deerunt 
qui  vobis  adlaborantibus  opem  bene- 
vole  afferant.  Quod  quidem  ut  auspi- 
cato  contingat,  tibi  aeque  sociisque 
ac  lectoribus  scriptorum  vestrorum 
Apostolicam  benedictionem  peraman- 
ter  in  Domino  impertimus. 

«  Datum  Romae  apud  S.  Petrum, 
die  XX   Octobris    anno   MDCCCCII, 
Pontificatus  Nostri  Vicesimo  quinto. 
«  LEO  PP.  XIII.  » 


tur,  valde  delectamur  quod  tu  coe- 

BIEDERLACK  G.  S.  I.  —  La  questione  sociale.  Yersione  del  prof.  MEL- 

CHIADE  YIVARI,  stimatino.  2a  ed.  accresciuta  e  migliorata  sulla  5a  ed. 

tedesca  con  un'appendice  relativa  alle  condizioni  social!  della  donna. 

Roma,  Pustet,  1903,  8°,  XII-260  p. 

Di  questo    lavoro    fu   fatta  ono-       serie  XVII  a  pag.  335;  e  nel  vol.  7° 
revole  recensione   nel  vol.  2°   della      della  medesima  serie  a  pag.  78. 

BUCARI-BATTISTELLI  ALESSIO.  —  La  Bastola.  Racconto  popolare 
del  secoio  VIII.  Milano,  tip,  Cogliati,  1902,  8°,  554  p.  —  L.  4. 
L'amore  del  natio  loco  e  il  ri-  il  presente  racconto.  In  gran  parte 


cordo  ancor  vivo  nel  proprio  paese 
del  castello  di  Gualdo-Tadino,  abbru- 
ciato  da  una  scellerata  maliarda  di 
nome  Bastola  ai  tempi  dell'  impera- 
tore  Federico  II,  mossero  il  chiaro 
Alessio  Bucari-Battistelli  a  scrivere 


e  storia  debitamente  documentata  in 
numerose  note  che  seguoao  ciascun 
capitolo.  La  leggenda  serve  a  dare 
al  racconto  una  tinta  romantica  e  a 
mantenerne  vivo  1'interesse,  che  tale 
perdura  in  verita  fino  alia  fine. 


BIBLIOGRAFIA 


93 


II  chiaro  A.  nella  sua  prefazione 
ci  avverte  che  ha  scritto  questo  rac- 
conto  pel  basso  popolo.  Si  conforti; 
anche  la  gente  colta  lo  leggera  vo- 
lontieri  perche  e  scritto  bene  sotto 
tutti  i  rispetti.  La  lingua  e  puro  oro  di 
coppella;  lo  stile  facile,  terso  e  na- 


turalissimo,  e  quel  che  piu  monta, 
leggendolo,  il  lettore  si  sente  vera- 
mente  trasportato  con  immenso  suo 
diletto  nel  secolo  XIII,  fra  quei  nostri 
antenati,  uomini  ricchi  di  grandi  virtu 
e  spesso  ancora  macchiati  di  grandi 
delitti. 


CAPELLE  EDOUARD.  —  L'Eclairage  et  le  chauffage  par  Pacetylene, 
etude  technique  et  pratique.  Paris,  Retaux,  82  rue  Bonaparte, 
8°,  516  p.  con  307  illustr.  —  L.  10,  leg.  L.  12. 


Quest'opera  del  R.  P.  Capelle  sul- 
1'acetilene,  gplendidamente  stampata 
ed  illustrata,  e  la  piu  completa  che 
sia  apparsa  in  Francia  su  questo  in- 
teressante  argomento.  L'autore  vi 
recava  appunto  la  giusta  competenza, 
poiche,  se  il  Berthelot  scoperse  1'ace- 
tilene,  e  se  il  Moissau  ne  rese  facile 
1'uso  colla  scoperta  del  carburo  di 
calcio,  e  stato  perd  il  R.  P.  Capelle 
11  primo  che  1'utilizzasse  nell'indu- 
stria  deirilluminazione  e  pel  riscal- 
damento.  A  lui  TEuropa  e  1' America 
Tanno  debitori  del  gran  movimento 
economic©  dato  all'industria  per  mez- 
20  del  nuovo  gas.  Non  e  quindi  me- 
raviglia  che  il  pubblico  abbia  fatto 
a  questo  volume  una  tale  accoglienza, 
che  1'edizione  ha  raggiunto  gia  il 
quinto  migliaio. 

Quivi  sono  particolarmente  rife- 
rite  le  notizie  storiche  della  fabbri- 
cazione  del  carburo  di  calcio;  la  sco- 
perta del  gas  fatta  nel  1836  dal  Davy; 
la  sua  sintesi  ottenuta  dal  Bertheiot 
nel  1855;  le  ricerche  di  cui  forma 
oggetto  fino  al  1894;  il  processo  di 
estrazione;  la  sua  preparazione  pel 


laboratorio  e  per  1'industria;  le  sue 
qualita  flsiche,  chimiche,  flsiologi- 
che ;  la  natura  e  le  qualita  della  sua 
fiamma ;  1'enumerazione  e  la  descri- 
zione  delle  82  offlcine  francesi  che 
v'erano  occupate  nel  1901. 

Sono  particolarmente  studiati  i 
generatori,  i  fornelli  e  i  becchi  da 
bruciarlo  col  loro  prodotto  utile;  i 
gazometri  da  raccoglierlo,  i  depura- 
tori,  i  regolatori,  gli  occorrenti  ap- 
parecchi  di  dosatura ;  poi  la  sua  appli- 
cazione  alia  forzamotrice  e  i  servizi 
che  rende  all'industria.  Degni  di  nota 
in  particolare  sono  uno  studio  accu- 
rate dei  fornelli  da  laboratorio  e  da 
cucina,  ed  un  bel  capitolo  su  tutto 
Parredo  occorrente  agli  stabilimenti 
pratici,  con  un  compendio  dei  rego- 
lamenti  amministrativi. 

Da  ultimo  un'appendice  sulla  sin- 
tesi dell'alcool  per  mezzo  dell'ace- 
tilene,  e  un  buon  numero  d'osser- 
vazioni  e  di  esperienze  dall'autore 
stesso  ideate,  danno  a  questo  libro 
un  interesse  che  non  si  trova  nelle 
molte  altre  opere  pubblicate  sul  me- 
desiino  soggetto. 


CASOLI  A.  M.,  S.  I.  —  Memorie  storiche  della  vita  e  delle  virtu  della 
Madre  Luigia  Stauislaa  Scotti  dei  Conti  del  Mezzano,  Priora  delle 
Orsoline  di  Piacenza  (1810-1900).  Milano,  Oliva  e  Somaschi,  1902, 
16°,  V1II-210  p.  L.  1.  Rivolgersi  al  sig.  G.  Fornaroli,  via  Genoc- 
chi  2,  Piacenza. 
La  M.  Scotti  era  degna  veramente  sue  non  ordinarie  virtu  si  traman- 

che  se  ne  stampasse  la  vita  e  che  le      dassero  lungamente  in  esempio.   Ne, 


94 


B1BLIOGRAFIA 


ci6  si  poteva  agevolmente  far  meglio 
di  quel  ch'  abbialo  fatto  1'  egregio 
P.  Casoli  in  queste  Memorie  storiche, 
scritte  con  quell'amabile  semplicita, 
con  quel  candore,  con  quel  la  giu- 
stezza  e  sobritta  di  riflessioni,  con 
quelle  doti  in  somma  che  sono  pro- 
prie  di  questa  specie  di  scritture, 
ma  che  disgraziatamente  non  troppo 
spesso  s'incontrano  nei  libri  di  que- 
sto  genere.  Noi  ce  ne  rallegriamo  vi- 
vamente  e  colle  ottime  Madri  Orso- 
line  che  possono  gloriarsi  d'una  tal 
Madre,  e  col  bravo  sorittore  che  1'ha 
fatta  rivivere  dinaazi  a  noi.  E  ci 
place  chiudere  questo  cenno  con  la 
riflessione  con  cui  egli  conchiude  il 
suo  libro:  «  Teresa  Scotti,  nata  no- 
bile  e  ricca,  largamente  dotata  da 


zano  dagli  uomini,  ha  ella  perduto 
nulla,  anche  in  faccia  al  mondo,  per 
easere  divenuta  1'umile  Madre  Scotti, 
Orsolina?...  Per  essersi  tenuta  chiusa. 
fra  quattro  mura,  non  ha  ella  pero 
concorso,  quanto  altri,  al  decoro  e 
alia  prosperita  della  sua  patria  ?  Anzi, 
fra  le  dame  secolari,  quante  sono  che 
possano  vantare  benemerenze  si  alte 
e  durature,  quali  avrebbe  potuto  van- 
tare,  se  1'umilta  non  gliel  vietava, 
questa  serva  di  Dio?  E  se  Teresa 
Scotti  fosse  rimasta  nel  mondo,  dove 
certo  non  le  sarebbero  mancati  onori 
e  fortune,  si  sarebbero  scritte  di  lei 
queste  pagine  ?  o  avrebbe  ella  lasciato 
un  nome  cosl  universalmente  bene- 
detto,  cosi  teneramente  desiderate  ?  » 
(p.  204). 


natura  di  quelle  doti  che  piu  si  prez- 

CASOLI  PIER  BIAGIO.  —  La  Chiesa  negli  Stati  Estensi,  e  il  Ve- 

scovo  di  Modena  Luigi  Reggianmi.  Milano,  Estratto  dalia  Scuola 

Cattolica,  1902,  8°,  72  p.  —  L.  1.  Rivolgersi  all'Autore,  via  Cor- 

reggi  1,  Modena. 

Premessa  una  dissertazione  ge- 
nerale  sullo  stato  della  Chiesa  di 
Modena  al  tempo  dei  Duchi  Estensi 
Francesco  III  ed  Ercole  III,  nella 
quale  il  chiaro  A.  mostra  lo  spirito 
giansenista  di  quei  duchi  e  la  poca 
o  niuna  resistenza  del  Clero  alle 
usurpazioni  intentate  contro  la  Chie- 
sa, passa  a  scrivere  dei  propugna- 


mentre  &  un  utile  contributo  alia 
storia  patria,  tesse  anche  una  co- 
rona di  lodi  alle  virtu  sacerdotali  e 
vescovili  del  Reggianini,  assai  be- 
nemerito  della  Chiesa  di  Modena,  e 
troppo  dimenticato.  Al  chiaro  Pier 
Biagio  Casoli,  che  tan  to  ha  lavorato 
e  scritto  per  la  causa  cattoliea,  de- 
vono  i  Modenesi  speciali  ringrazia- 
menti  per  contribuire  co'  suoi  scritti, 
come  egli  va  facendo,  al  prezioso 
deposito  della  storia  della  loro  citta. 


tori  dei  diritti  e  della  liberta  della 

Chiesa   fra  i  quali,  facile  princeps, 

fu  il  Vescovo  di  Modena  Monsignor 

Luigi  Reggianini.  Questa   memoria, 

FERRARI  ANDREA,  card,  arcivescovo  di  Milaco.  —  Jerusalem.  Mi- 
lano, tip.  S.  Giuseppe,  1902,  8°,  80  p. 
Con  molto  piacere  e  uguale  pro-      riflessioni  che   erano  piu  atte  a  far 

fitto  si  legge  questa  cara  pastorale, 

che  1'Emo  Arcivescovo  di  Milano  vol- 

geva  al  suo  popolo,  appena    tomato 


dal  pellegrinaggio  in  Terra  Santa, 
facendo  di  esso  una  succinta  narra- 
zione  e  accompagnandola  con  quelle 


comprendere  lo  spirito  e  lo  scopo  dl 
quel  pellegrinaggio.  Sembra  proprio 
di  udire  un  buon  Padre,  che,  tomato 
da  un  lungo  viaggio,  si  trattiene  a 
colloquio  co'figli  suoi. 


BIBLIOGRAFIA 


95 


-GALLERANI  P.  ALESSANDRO  d.  C.  d.  G.  —  II  contravveleno  reli- 
gioso.  Lettere  ad  uno  studente  d'uiiiversita,  utilissime  anche  alle 
signorine  istruite.  2a  ediz.  Modena,  tip.  dell'Imm.  Concez.,  1903, 
16°  di  p.  636.  —  L.  250. 


Ecco  un  nuovo  libro  del  P.  Gal- 
lerani,  ma  di  genere  diverse  dai  pre- 
cedent*. Se  quelli  erano  morali,  asce- 
tici,  oratorii,  questo  e  apologetico  e 
polemico.  Tutte  le  velenose  freccie 
che  si  vanno  scoccando  contro  la 
religione,  e  dai  libri  e  dalle  catte- 
dre  e  nei  geniali  ridotti  e  presso  che 
in  ogni  luogo,  vengono  qui.ad  una 
ad  una  spuntate  e  spezzate  con  una 
energia  efficace,  ma  sempre  serena, 
e  non  disgiunta  dalla  nota  che  trova 
eco  nel  cuore.  —  Ne  sembri  super- 
fluo  questo  lavoro  dopo  le  celebri 
Risposte  del  S6gur  e  del  Franco, 
perche  il  libro  del  Segur  e  princi- 
palmente  pel  popolo,  quello  del  Fran- 
co pel  clero  e  pel  laicato  colto,  lad- 
dove  questo  e  sopratutto  per  la  gio- 
Tentu  studiosa.  Oltre  a  ci6  si  tro- 
veranno  qui  parecchie  materie,  che 
indarno  si  cercherebbero  ivi;  p.  e. 


ragionati  giudizii  sopra  scrittori  re- 
centi  di  molto  grido,  come  sarebbero 
tra  gl'italiani,  il  Leopardi,  il  Com- 
paretti,  il  Carducci,  lo  Stecchetti, 
11  D'Annunzio ;  e  tra  gli  stranieri  il 
Carlyle,  il  Nietzsche  (il  padre  dei 
superuomini),  il  Tolstoj  e  lo  Zola ; 
cosi  che  la  gioventu  e  avvisata  del 
come  dover  governarsi  rispetto  ad 
essi.  L'edizione  poi  e  elegantissima 
e  con  tutto  ci6  il  prezzo  n'e  mite. 
—  Giova  dunque  sperare  che  i  su- 
periori  di  seminarii  o  collegi,  le  di- 
rettrici  di  educatorii,  e  quanti  altri 
hanno  cura  della  gioventu  studiosa 
dell'un  sesso  o  dell'altro,  vorranno 
di  buon  grado  ai  loro  alunni,  esposti 
prima  o  poi  a  sublre  si  reo  veleno, 
mettere  in  mano  per  tempo  questo 
opportuno  Contravveleno.  —  E  sark 
questa  anche  una  strenna  eccellente 
pel  capodanno  o  per  1'Epifania. 


MANNO  ANTONIO.  —  Bibliografia  storica  degli  Stati  della  Monarchia 
di  Savoia.  Vol.  7.°  Torino,  Bocca,  1902,  8°,  YIII-552  p. 


II  sesto  volume  di  quest'  opera 
egregia  vide  la  luce,  com'e  noto,  nel 
1898,  ricevuto,  non  altrimenti  che  i 
prirni  cinque,  con  vera  gratitudine 
da  quanti  sono  studiosi  della  storia 
italiana  ed  in  ispecie  di  quella  di 
Geneva,  cui  da  capo  a  pie'  si  rife- 
riva.  Dopo  appena  un  lustro  1'infa- 
ticabile  barone  Manno,  nel  nuovo 
volume  qui  sopra  annunciate,  ci  dk 
come  la  chiave  per  usare  spedita- 
mente  ed  utilmente  le  copiosissime 
notizie  bibliografiche  raccolte  nei  sei 
grossi  volumi  precedenti.  In  esso 
abbiamo  infatti  un  Indice  generate 
in  ordine  alfabetico,  ma  cosi  minuta- 
mente  ed  ordinatamente  disposto,  che 


riesce  quasi  sistematico  ed  organico 
Arenderne  piu  facile  1'uso  concorre 
ancora  lo  spediente  tipografico  della 
diversita  di  carc\tteri  usati  per  i  nomi 
di  luoghi,  di  persone  e  delle  cose. 

II  chiaro  autore,  tanto  benemerito 
degli  studii  storici,  ci  fa  sapere  che 
non  ha  punto  dismesso  il  pensiero 
di  proseguire  la  Bibliografia  se  Id- 
diobenigno,  com'egli  scrive,  gli  con- 
ceder&  salute,  vista  e  vita  e  gli 
amici  seguiteranno  ad  essergli  cor- 
tesi  dei  loro  aiuti  nella  faticosissima 
impresa.  Or  del  suo  buon  volere  gli 
sapranno  sommamente  grado  quanti 
sono  studiosi  capaci  di  pregiare  qua- 
le  potente  sussidio  riescano  simili 


96 


BIBLIOGRAFIA 


faticosi  lavori  bibliografici,  condotti 
con  tanta  vastita  di  erudizione  ed 
abbondanza  di  senno  pratico  ;  e  tutti, 
ancora,  ne  siamo  certi  faranno  voti 
perche  il  Signore  conservi  all'illugtre 
uomo  con  le  forze  delFanimo  quelle 

MISCELLANEA  di  Storia  italiana. 

1902,  8°,  LVI,  460  p. 

I  sei  studi  contenuti  in  questo 
volume  contribuiscono  tutti  a  man- 
tenere  ed  accrescere  il  pregio  di  que- 
sta  raccolta  che  gia  coi  suoi  prece- 
dent! trentasette  tomi  e  divenuta  una 
preziosa  fonte  per  la  storia  d'ltalia. 
Di  ciascuno  daremo  brevissimoconto. 
La  monografia  del  Rossi,  La  Valle  di 
Diano  (Liguria)  e  i  suoi  statuti  an- 
tichi  (pp.  1-36)  seguita  dai  Capitula 
Communitatis  Diani  dell'anno  1363 
(pp.  37-139),  fin  qui  inediti,  e  un  la- 
voro  piccolo  di  mole,  ma  condotto 
con  assai  buon  metodo. 

Le  epistoledi  Innocenzo  VI  (1352- 
1362)  pubblicate  dal  chiaro  prof.  Ci- 
polla,  che  le  trasse,  meno  quattro, 
dall'Archivio  Vaticano,  illustrano  le 
relazioni  di  questo  Pontefice  con  Casa 
Savoia  ai  tempi  di  Amedeo  VI.  Sono 
in  numero  di  settantasei.  Alle  lettere 
segue  un  regesto  o  sunto  di  trenta 
quattro  suppliche  fatte  dalla  Casa  di 
Savoia  a  Clemente  VI  e  al  suo  im- 
mediate successore  Innocenzo  VI.  A 
proposito  di  queste  suppliche  1'illu- 
stre  Editore,  per  un  eccesso,  crediamo, 
di  singolare  modestia,  non  si  arri- 
schia  di  stabilire  ma  solo  suppone 
che  la  sigla  R  susseguente  al  fiat 
indichi  1'iniziale  del  nome  di  Clemente 
VI  (Rogerius)  innanzi  al  pontificate. 
A  noi  la  cosa  pare  certa,  confer- 
mata  com'e  dall'esame  della  grande 
Serie  delle  Suppliche  nell'Arch.  Va- 
ticano e  dall'uso  non  interrotto,  vi- 
gente  tuttora  in  Curia.  II  fatto  cui 
il  Professore  accenna  che  le  suppli- 


altresi  del  corpo  necessarie  alia  con' 
tinuazione  d'un'opera  quanto  utile 
a  chi  si  fa  ad  usarla,  altrettanto  la' 
boriosa  a  chi  coraggiosamente  non  te- 
mette  intraprenderla  e  seppe  con- 
durla  a  cosi  buon  porto. 

Ill  Ser.  Tom.  VII.  Torino,  Bocca, 

che  ad  Innocenzo  VI  sono  contrasse- 
gnate  con  G  e  non  con  S.  iniziale  del 
nome  di  battesimo  del  Papa,  costi- 
tuisce  niente  piu  che  una  difficoltk 
degna  al  certo  di  soluzione.  Non  si 
potrebbe  pensare  che  Stefano  Aubert, 
divenuto  poi  Innocenzo  VI,  insieme 
con  questo  prenome  n'avesse  un  altro 
comincianti'  con  G  e  del  quale  abbia 
fatto  suo  in  simili  atti? 

Lo  Staglieno  %(pp.  218-225)  pub- 
blica  due  documenti  di  Tedisio  ve- 
scovo  di  Torino  (1300-1319),  e  sono 
il  testamento  di  lui  e  un  atto  di  dona- 
zione  a  favore  di  suo  fratello  Edoardo. 
Con  essi  riesce  1'editore  ad  illustrare 
acconciamente  parecchi  particolari 
della  famiglia  genovese  dei  Camilla, 
dalla  quale  trasse  origine  quel  pre- 
lato. 

Importante  per  la  notizia  sempre 
piu  minuta  della  costituzione  delle 
terre  e  borgate  italiane  nel  medioevo, 
e  lo  studio  del  Seregni  «  Del  luogo 
di  Arosio  e  dei  suoi  statuti  nei  se- 
coli  XII  XIII  con  appendice  di  docu- 
menti inediti*  (pp.  226-310).  L'Au- 
tore  partendo  dall'analisi  accurata 
delle  pergamene  del  mcnastero  di 
san  Maurizio  di  Milano,  ora  nella  Brai- 
dense,  da  altri  documenti  spettanti 
al  comune  e  dagli  statuti  di  Arosio, 
posseduti  dal  R.  Archivio  di  Stato  in 
Milano,  e  riuscito  a  darci  la  storia 
della  vita  economica  e  politica  di  un 
villaggio  lombardo  nei  secoli  XII  e 
XIII ;  il  lavoro  ci  sembra  d'ogni  parte 
bene  riuscito,  sia  per  la  partizione 


BIBLIOGRAFIA 


97 


della  materia,  come  per  il  modo  di 
trattarla,sobrio  nello  stile,  esauriente 
per  il  saggio  uso  delle  fonti  mano- 
scritte  e  gia  edite  e  della  bibliogra- 
fia  antica  e  moderna. 

D'argomento  affine  a  questa  del 
Seregni  6  la  memoria  che  segue  di 
Alessandro  Lattes  sopra  Alcuni  Ca- 
pitoli  inediti  degli  statuti  d' Alessan- 
dria (pp.  313-343).  II  Lattes  li  ha 
tratti  da  un  codice  della  Biblioteca 
Nazionale  di  Torino.  L'esame  cui  ha 
sottopoato  il  testo  e  le  conclusion! 
che  ha  saputo  trarne,  lo  mostrano 
non  meno  esperto  in  questo  genere 
minuzioso  di  critica  che  non  si  dimo- 
stro  valente  storico  e  sociologo  nella 
lodata  sua  opera,  11  Diritto  consuetu- 
dinario  delle  citta  lombarde. 

Si  chiude  il  volume  con  la  «  Sto- 
ria  documentata  dell'abbazia  di  S.  An- 
drea di  Vercelli  nel  periodo  medio- 
evale  1219-1466,  scritta  dal  Prof. 
Dott.  Ronmaldo  Paste  canonico  ono- 
rario  della  Metropolitana  di  Vercelli. 


La  parte  ch'ebbe  questa  grand 'abba- 
zia,  fondata  al  principio  del  sec.  XIII 
nella  storia  religiosa  e  civile  di  Ver- 
celli, rende  assai  utile  il  bel  lavoro 
del  Paste,  riuscito  una  storia  vera- 
mente  critica  e,  a  quanto  crediamo, 
definitiva  del  celebre  monumento. 

Porremo  termine  a  quest'annun- 
zio  segnalando  ai  lettori  le  Norme 
generali  per  la  pubblicazione  dei  testi 
storici  per  servire  alle  edizioni  della 
R.  Deputazione  di  Storia  Patria  per 
le  antiche  Province  e  la  Lombardia, 
che  a  modo  d'introduzione  aprono  il 
volume  (pp.  XXXIX-LXI).  Esse  sono 
una  chiara,  ragionata,  compiuta  com- 
pilazione  dei  chiari  proff.  Cipolla, 
Merkel  e  Novati.  Queste  norme  an- 
drebbero  tenute  sempre  present!  da 
coloro,  e  sono  tanti  a'  dl  nostri,  che 
si  fanno  a  dare  in  luce  testi  senza 
pur  troppo  possedere  le  cosrnizioni 
al  tutto  necessarie  per  fare  impresa 
veramente  utile  alle  storiche  disci- 
pline. 


NAPPI  SETT1MIO  AURELIO  —  PerlaSocieta  odierna.  Torino- Roma, 
Roux,  1902,  16°  di  pag.  362.  L.  3  50. 


L'autore  di  questo  nuovo  libro  &  un 
giovane  ufficiale  e  professore,  di  mente 
colta  e  di  cuore  generoso,  il  quale 
vorrebbe  cogli  scritti,  oltre  che  colla 
parola  e  coll'opera,  giovare  al  miglio- 
ramento  della  nostra  societa.  Ch'egli 
porti  sinceritk  d'intenti  e  giustezza 
di  vedute,  lo  attestano  tra  le  altre 
pagine,  in  particolare  quelle  che 
scrive  sui  rimedi  morali,  necessarii, 
insieme  coi  provvedimenti  politic!  e 
cogli  econcmici,  allo  scioglimento 
della  questione  sociale.  «  Fra  essi, 
principale  6  la  cura  d'  istillare  nelle 
masse,  nelle  scuole  e  nei  reggimenti, 
nella  chiesa  e  nell'ofncina,  quei  sani 
principii  che  devono  guidarle  nella 
vita ;  principii  che  vogliono  la  mente 
equilibrata  colla  bonta  dell'educa- 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1261. 


zione  e  colla  scelta  dell'istruzione, 
il  cuore  sensibile  e  forte  cogli  affetti 
nobili  e  puri,  1'animo  elevato  colla 
reiigione  pura,  lontana  da  ogni  poli- 
ticismo  e  superstizionismo,  ecc.  »  Cosl 
nel  capitolo  degli  scioperi  e  leghe  che 
prende  la  miglior  parte  del  volume. 
II  seguente  capitolo  sul  momenta  at- 
tuale  e  V Italia  darebbe  forse  luogo 
a  qualche  riserva,  o  per  gli  apprez- 
zamenti  della  politica  internazionale, 
o  per  1'ottimismo  onde  1'animo  buono 
dell'A.  giudica  la  questione  di  Roma. 
Che  se  il  valente  e  giovane  scrit- 
tore  s'atterra  per  1'avvenire  ad  una 
forma  meno  astratta,  il  suo  nobile 
intento  tornera  anco  piu  profittevole 
ai  suoi  lettori.  Frattanto  pero  augu- 
riamo  al  libro  larga  diffasione. 

7          26  dicembre  1902. 


98 


BIBLIOGRAFIA 


PBSGH  TILMANN  S.  I.  —  La  philosophic  chretienne  de  la  vie.  Tra- 
duit  de  Talleinand  sur  la  3e  edition  par  le  R.  P.  Biron,  benedictin 
de  la  Congr.  de  France.  Paris,  Lethieileux,  s.  d.,  2  voll.  8°  pice, 
di  pp.  XVI,  364,  430. 
Riuscire  nuovo  scrivendo  di  ar- 

gomento  antico,specialinente  d'asce- 

tica,  e  cosa  difficile,  o  pericolosa,  e 

non   senza   sospetto.    Testimonio  la 

quantita  di  iibri  e  librettini  che  pul- 

lula  ogni  giorno,  ad  ogni  pasao ;  for- 

tunati  quelli  che  pagano  le  spese.  La 

ragione  di  tale  vacuita  e  non  di  rado 

il  convenzionalismo  di  dottrine  co- 

piate  e  non  pensate,  difetto  di  quel- 

1'originalita  che  solo  pu6  procedere 

da  profonda  scienza  fllosofica  e  teo- 

logica,  meditata  e  assimilata  da  un 

uomo   che  scrive  per  quelli  che  vi- 

vono  e  pensano  con  lui,  nel  medesimo 

secolo,  tra  le  medesime  necessita,  tra 

PHILLIMORE  CATERINA  MARIA.  —  Dante  in  Ravenna.  Trad,  dal- 
I'inglese  di  ROSMTJNDA  TONINI.  Rimini,  Danesi,   1902,  16°,  212  p. 

-  L.  1,50. 
Reca  veramente  una  dolce  me- 

raviglia  questa  signora  inglese,  che 

sembra  innamorata  del  nostro  Dante, 

e  in  mille  mod)  si  studia  di  farlo  co- 

noscere  ed    ammirare  da'  suoi    con- 

nazionali.  Ad  altri  scritti  precedent! 


gli  stessi  errori. 

Ora  il  P.  T.  Peach,  vissuto  di 
scienza,  di  speculazione,  di  dolore, 
uomo  di  antica  fede,  di  moderna  col- 
tura.oltrele  opere  maggiori  destinate 
all'alto  inspgnamento,  volge  alia  gio- 
ventu,  specialmente  agli  student!  uni- 
versitarii  piu  colti  gia  e  piu  maturi, 
queste  pagine,  ove  le  verita  eterne 
sono  trattate  in  forma  nuova,  pro- 
fonda, precisa,  viva,  anzi  pittoresca. 
L'antitesi,  Taforisma,  la  similitudine, 
danno  grazia  e  colore  al  raziocinio 
metafisico  piu  rigoroso.  E  opera  di 
sostanza,  che  ad  un  giovane  colto 
fornisce  vital  nutrimento. 


notizie  cavate  dai  manoscritti  delle 
biblioteche  di  Ravenna  e  di  Parigi, 
non  che  dalla  Bodleiana  e  dal  Bri- 
tish Museum.  Facciamo  plauso  alia 
valente  scrittrice  si  presa  delle  glo- 
rie  nostre,  senza  perd  sottoscrivere 
a  tutto  ci6  ch'ella  dice,  con  1'iroso 
Dante,  di  Bonifazio  VIII  e  degli  al- 
tri Papi  che  vissero  al  tempo  suo. 
Anche  alia  colta  traduttrice  va  data 
lode  del  suo  lavoro. 


eccola  aggiunger  ora  Dante  in  Ra- 
venna. Questo  studio  si  fonda  prin- 
cipalmente  su  quello  di  Corrado  Ricci 
che  s'intitola:  L'ultimo  rifugio  di 
Dante  Alighieri,  e  sull'altro:  Dante 
e  il  suo  secolo.  A  questi  ella  aggiunge 
PUNKIG-AM  ANTON,  S.  I.  —  Peter  Barbaric,  ein  Jungling  nach  dem 

Herzen  Gottes.  Innsbruck,  Rauch,  1901,  16°,  YIII,  292  p. 

Nel  mezzo  della  Bosnia,  a  pie  di      come  residenza  dei  visir  turchi:  poi 
uno  dei  contrafforti  del  monte  Blasic 
a'apre  una  Valletta  difesa  dai  venti, 
ove  giace  la  piccola  citta  di  Travnik, 
popolata  da  6500  abitanti.  Di  questi, 


2900  sono  musulmani,  2200  cattolici, 
i  rirnanenti  scismatici  e  giudei.  Dal 
1700  al  1852  la  modesta  cittaduzza 
ebbe  la  sua  importanza  in  paese, 


decadde,  meschina  e  negletta,  nel- 
1'abbandono  fatale  comune  a  tutte  le 
terre  ove  regna  la  mezzaluna. 

Ma  essa  era  predestinata  a  rial- 
zare  il  capo.  Occupato  che  fu  nel 
1878  dalle  truppe  austriache  il  ter- 
ritorio  della  Bosnia  e  dell'Erzego- 
vina,  per  buona  ventura  di  quelle  pro- 


BIBLIOGRAFIA 


99 


vince,  tra  gli  altri  benefizi  vi  fu  tosto 
restaurata  la  gerarchia  cattolica.  Pri- 
mo  pensiero  del  novello  arciveseovo 
di  Sarajevo,  Dr.  Stadler,  fu  di  fon- 
dare  un  seminario  centrale  per  la 
formazione  di  un  clero  indigene,  ove 
fossero  le  otto  classi  del  ginnasio 
complete  (che  risponde  al  nostrogin- 
nasio-liceo),  e  che  potesse  essere  fre- 
quent ato  da  giovani  esterni,  di  qual- 
Bivoglia  confessions.  Cosi  il  semina- 
rio arcivescovile  diveniva  centro  di 
civilta  e  di  religione  insieme.  II  go- 
verno  austriaco  aiut6  1'impresaela 
fondazione,  ed  il  novello  istituto  eret- 
to  dalle  fondamenta,  fu  affidato  alia 
Compagnia  di  Gesu. 

Tosto  riprese  vita  la  civilta  cri- 
stiana  in  quelle  popolazioni,  dotate 
pure  di  belle  qualitk.  Nel  1900  il  se- 
minario  contav*  150  alunni  iaterni, 
e  piu  di  70  esterni,  tra  i  quali  erano 
cattolici,  scismatici,  giudei  e  musul- 
mani.  Alle  scuole  elementari  aveva 
provveduto  il  governo  dal  bel  prin- 
cipio  pertutto  il  territorio,  a  mano  a 
mano. 


Ora  dal  piccolo  villaggio  di  Klo- 
buk  non  lungi  da  Ljubuski  nell'Er- 
zegovina  venne  un  giorno  al  semi- 
nario un  giovinetto  quindicenne,  anzi 
un  angioletto  di  candore  e  d'ingegno, 
Pietro  Barbaric,  che  vi  passo  otto  anni 
interi,  e  mentre  vagheggiava  alti 
ideali  d'apostolato  e  di  vita  religiosa 
a  rigenerazione  della  sua  patria,  fu 
rapito  alia  terra,  novello  Gonzaga  e 
trapiantato  in  cielo,  primo  fiore  di 
quel  suolo,  che  tanti  secoli  innanzi 
airinfamia  turchesca  aveva  avuto 
pure  i  suoi  santi  e  suoi  martiri  della 
fede.  Questa  vita,  queste  province, 
queste  speranze,  descrive  il  P.  Pun- 
kigam,  che  conobbe  e  am6  quell'ani- 
ma  eletta,  in  un  libro  che  e  un  idillio 
di  poesia,  uno  studio  psicologico,  una 
fragranza  di  pieta,  associata  all'esat- 
tezza  storica  ed  etnografica  della  de- 
scrizione.  Una  sola  cosa  ci  resta  a 
desiderare:  che  si  trovasse  un  animo 
volenteroso  e  una  buona  penna  di- 
sposti  a  volgarizzare  queste  belle  pa- 
gine,  a  benefizio  della  nostra  gio- 
ventu  italiana. 


SCHIAYI  LORENZO,  prof.  can.  —  Santo  Stefano  Re  <T  Ungheria.  Me- 
lodramma  con  note  storiche.  Capodistria,    Cobol  &   Priora,    1902, 
16°,  pag.  51. 
II  ch.  prof.  Schiavi,  scrittore  fe- 

condo,  ha  gia  messo  in  luce  parec- 

chi  lavori  drammatici,  specialmente 

a  servigio  degl'istituti  di  educazio- 

ne.  Tra  i  migliori  dovra  senza  dub- 
bio   annoverarsi    questo    suo    Santo 

Stefano,  dove  e  svolta  una  pagina 

gloriosa  della  storia   ecclesiastica  e 

dell'  epopea  nazionale  ungherese:  la 

conversione  al  cristianesimo  dell'Un- 

gheria.  L'azione  muove  dal  momento 

in  cui  il  vescovo   Asterico    (Aatrik) 

in  nome  di  Piipa  Silvestro  II  offre  al 

re  Stefano  la  corona  e  la  croce.  Le 

mene  e  le   insidie  dei   principi  ido- 


latri  competitori  di  lui  forniano  Tin- 
treccio  del  dramma,  che  termina 
con  la  gloriosa  vittoria  del  re  e  con 
la  sommissione  dell'mtero  regno  alia 
fede  di  Cristo.  Vi  sono  scene  gran- 
diose e  di  ottimo  effetto.  Ma  il  ri- 
correre  talvolta  ai  vieti  mezzucci, 
p.  es.  di  personaggi  nascosti  per 
fare  scoprire  una  congiura,  raffred- 
da  alquanto.  II  melodramma  (evi- 
dentemente  destinato  ai  teatri  co- 
muni)  poiche  ha  intreccio  di  donne, 
e  scritto  in  versi  alia  maniera  degli 
antichi  nostri  libretti  d'opera,  e  pud 
quindi  essere  musicato. 


DISGORSO  DI  S.  S.  LEONE  XIII 

AL  SACRO  COLLEGIO 


Non  useremo  molte  parole,  venerabili  fratelli,  a  significarvi  1'animo 
Nostro  grato  degli  amo revolt  sensi,  espressi  a  nome  comune  dal  ve- 
nerando  Cardinale,  Decano  del  vostro  Collegio.  Questo  pero  non  vo- 
gliamo  tacere,  che  oggidi  piu  che  mai  Ci  riposiamo  con  fiducia  nella 
unanime  devozione  vostra.  Cooperatori  benemeriti  per  si  lungo  tratto, 
Ci  accompagnerete  ancora,  pur  fra  le  crescent!  asprezze  del  cammino, 
con  lo  stesso  operoso  amore. 

L'anno  giubilare,  oggetto  delle  cortesi  vostre  gratulazioni  e  delle 
non  interrotte  dimostrazioni  di  affetto  del  mondo  cattolico,  trascorre 
amareggiato,  come  vedete,  per  contingenze  social!  troppo  dolorose  al 
cuore  d'un  Papa.  Yiolate  gia  in  cento  guise  le  ragioni  della  Chiesa 
e  del  nome  cattolico,  ecco  andar  oltre  per  la  stessa  via,  sino  al  sov- 
vertimento  legale  di  sante  istituzioni  cristiane.  Ma  non  sono  esse  una 
porzione,  e  la  piu  eletta  dell'eredita  lasciata  da  Cristo  ai  popoli  re- 
denti,  e  ordinate  espressamente  a  custodia  e  tutela  di  sovrani  beni 
morali,  prima  radice  d'ogni  altro  bene  all'umano  consorzio ?  Ah  non 
e  sincere  amore  di  pubblica  prosperita  o  d' increment!  civil!,  che 
muove  gli  artefici  di  tali  sciagure:  cio  che  si  vuole  e  si  cerca,  e  il 
crollo  degli  ordini  cristiani  e  la  ricostituzione  degli  Stati  sulle  basi 
del  naturalismo  pagano.  Se  sta  scritto  in  cielo  che  tra  siffatte  ama- 
rezze  quest'ultima  reliquia  si  estingua  della  Nostra  giornata,  chiude- 
remo  in  rassegnazione  le  stanche  pupille  benedicendo  il  Signore,  ma 
colla  persuasione  in  cuore  fermissima  che,  venuta  1'ora  della  mise- 
ricordia,  sorgera  egli  stesso  a  salute  delle  genti,  assegnate  in  retaggio 
all'Unigenito  di  Dio. 

Le  ultime  parole  sue  alludono,  signor  Cardinale,  all'azione  demo- 
cratica  cristiana,  che  e  al  di  d'oggi,  com'ella  ben  comprende,  un  fatto 
di  non  leggiera  importanza.  A  cotes ta  azione,  tutta  consentanea  al- 
1'indole  del  tempo  e  ai  bisogni  che  la  suscitarono,  Noi  demmo  san- 
zione  ed  impulso,  divisandone  peraltro  assai  nettamente  lo  scopo,  il 
modo,  i  confini ;  cosicehe  se  in  questa  parte  accadesse  a  taluno  di  dare 
in  fallo,  certo  non  gli  accadrebbe  per  mancanza  di  guida  autorevole. 
Ma  parlando  in  generale  di  coloro  che  si  son  posti  a  quest' opera,  ita- 
liani  ed  esterni,  e  indubitato  che  vi  s'affaticano  attorno  con  buon 


DISCORSO  DI  S.  S.  LEONE  XIII  AL  SACRO  COLLEGIO  101 
-zelo  e  frutto  notabile :  ne  deve  passare  inosservato  1'utile  contribute 
-che  pur  vi  stanno  recando  centinaia  di  giovani  valorosi.  Anche  il 
Clero  confortammo  ad  entrare  con  certi  riguardi  in  questo  medesimo 
campo  d'azione,  perche  a  dir  vero,  non  c'e  assunto  di  schietta  car.ta 
giudizioso  e  proficuo,  al  quale  sia  straniera  la  vocazione  del  sacer- 
dozio  cattolico.  Or  nqn  e  forse  carita  vera  ed  opportunissima  questa 
di  applicarsi  con  premura  e  disinteresse  a  migliorare  le  spintuali 
condizioni  e  le  sorti  materiali  delle  moltitudini?  II  materno  amore 
della  Chiesa  verso  gli  uomini  e  universale  come  la  paternita  di  Dio; 
ma  nondimeno,  fedele  alle  sue  origini  e  memore  di  esempi  divini, 
ella  ebbe  sempre  in  costume  d'accostarsi  con  un  senso  di  predilezione 
agli  umili,  a  quei  che  soffrono,  ai  reietti  della  fortuna.  Quando  sia 
sinceramente  e  costantemente  informata  allo  spirito  di  questa  madre 
universale  dei  popoli,  puo  ben  confidarsi  di  non  fallire  al  suo  scopo 
la  cristiana  democrazia;  e  niuno  s'adombri  del  vocabolo,  quando  si 
sa  che  la  cosa  e  buona.  Inteso  come  lo  intende  la  Chiesa,  il  concetto 
democratic©  non  soltanto  si  accorda  a  maraviglia  coi  dettami  rivelati 
•e  le  religiose  credenze,  ma  nacque  anzi  e  fu  educate  dal  cristiane- 
simo,  ed  e  la  predicazione  evangelica  che  lo  diffuse  fraJe  genti.  Atene 
e  Roma  non  lo  conobbero,  se  non  quando  ebbere  udito  la  voce  divina 
che  disse  agli  uomini,  voi  siete  iutti  fratelli,  e  il  Padre  vostro  comune 
3ta  nei  deli. 

Fuori  di  questa  demoorazia  che  si  denomina  ed  e  cristiana,  con 
ben  altri  ideali  e  per  altre  vie  s'avanza  il  movimento  democratico  se- 
dizioso  e  senza  Dio.  Giorni  amari  ei  prepara  agli  Stati  civili,  che  pur 
lo  si  covano  in  seno  carezzandolo.  Ora  Tazione  popolare  cnstiana, 
«splicandosi  sul  medesimo  soggetto,  e  una  forza  emula  che  s' inter- 
pone  al  successo  di  quello  e  vale  in  molti  casi  a  preoccuparne  1'opera. 
Se  altro  non  conseguisse  che  di  contendere  il  terreno  alia  democra- 
aia  socialistica  e  circoscriverne  i  perniciosi  influssi,  avra  reso  con  ci6 
solo  un  servigio  non  piccolo  all'ordinato  vivere  civile  e  al  cristiano 
incivilimento. 

In  affettuoso  ricambio  degli  auguri,  imploriamo  dal  cielo  le  piu 
elette  benedizioni  al  sacro  Collegio,  e  quella  ne  sia  come  pegno  che 
oon  effusione  di  cuore  gli  impartiamo  Noi,  estendendola  ai  Vescovi, 
-ai  vari  Prelati,  e  a  tutti  gli  altri  che  qui  Ci  fanno  gradita  corona. 


GRONAGA  GONTEMPORANEA 


Roma,  12-24  decembre  1902, 

I. 
COSE  ROM  AN E 

1.  Ricevimento  del  S.  Padre  per  le  feste  del  S.  Natale.  —  2.  Arrive  di 
Mgr.  Guidi  alle  Filippine.  Bolla  Quae  mari  sinico.  —  8.  Cattedra  teo- 
logica  airilniversita  di  Strasburgo.  —  4.  Abiura  del  Conte  di  Campello. 

1.  Martedi  23,  antivigilia  del   Santo  Natale,   gli  Erni   Cardinal! 
radunatisi  in  Vaticano  nella  Sala  del  Trono  verso  mezzogiorno  pre- 
sentarono  al  S.  Padre  gli  augurii  e  le  felicitazioni  per  la  fausta  ricor- 
renza  e  per  il  ,nuovo   anno.  All'  indirizzo  letto  dal  Card.  Oreglia  di 
S.  Stefano,  Sua   Santita  rispose  col  discorso,  gia  da  noi  riferito  alia 
pagina  100. 

2.  Dalle  Filippine  giungono  notizie  dell'arrivo  di  Monsignor  Guidi, 
inviato  da  Roma  delegate  apostolico  in  quelle  Isole,  sbarcato  a  Manila  il 
18  novembre  scorso.  Eicevuto  in  forma  ufficiale  dal  eapitano  Noble  aiu- 
tante  militare  del  governatore  americano  Taft,  e  festeggiato  dalla  citta 
che  mando  a  complimentarlo  a  bordo  del  piroscafo  una  delegazione  di 
distintissimi  cittadini,  Monsignore  ando  alia  Cattedrale,  dove  fu  cele- 
brata  una  solenne  funzioue.  Nella  visita  ufficiale  al  Governatore,  pre- 
sentavagli  la  lettera  credenziale  del  Card.  Segretario  di  Stato  e  i  sa- 
luti  personal!  del  S.  Padre :  quindi  si  esprimeva  cosi :  «  Lo  scopo  delle 
nostre  missioni  e  il  medesimo,  cioe  I'assestarnento  di  affari  che  con- 
cernono  important!   interessi  in  queate  isole;  voi  operando  in  nome 
dell'autorita  civile,  e  io  della  religiosa.  Per  questo  e  necessario  che 
vi  sia  fra  le  due  parti  reciproca  armonia  e  fiducia.  Sara  mio  alto  pen- 
siero  di  provvedere  che  la  vostra  autorita  sia  sostenuta  e  rispettata 
per  tutto  nelle  isole  da  coloro  che  dipendono  da  me,  e  non  fa  me- 
stieri  di  dire  che  aspetto  da  Yostra  Eccellenza  lo  stesso  per  la  mia  e 
per  tutte  le  autorita  della  Chiesa  in  generale.  Insomma  le  due  auto- 
rita devono  procedere   tenendosi   per  mano.  Per  mia  parte,  io  sard 
sempre  franco  ed  aperto  con  Y.  E.  e  prego  voglia  fare  altrettanto  con 
me :  cosi  c'  intenderemo  1'un  Taltro  perfettamente.  » 

II  Governatore  Taft  rispondendo  a  questo  discorso,  diede  il  benve- 
nuto  al  Delegate  apostolico  e  lo  ringrazio  delle  cortesi  parole.  Pol 


CRONACA  CONTEMPORANEA  103 

aggiunse  :  «  La  via  migliore  per  dare  assetto  alle  question!  dimcili  che 
si  presentano  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  in  queste  isole,  sara  quella  che 
voi  dite,  di  una  intera  franchezza  e  di  aperti  procedimenti.  I  nego- 
ziati  che  gia  ebber  luogo  in  Roma,  segnano  la  linea  che  ci  deve  gui- 
dare.  La  proprieta  e  i  diritti  della  Chiesa  debbono  essere  rispettati  e 
protetti  dal  Governo.  Se  noi  possiamo  regolare  gli  obblighi  scambievoli 
•della  Chiesa  e  dello  Stato  mediante  un  compromesso  od  un  accordo 
senza  ricorrere  alle  Corti  di  giustizia  avremo  raggiunto  il  piu  desi- 
derabile  intento  che  entrainbi,  ne  sono  sicuro,  cordialmente  e  since- 
ramente  desideriamo.  lo  so  che  entrambi  vogliamo  il  vantaggio  e  la 
prosperita  del  popolo  filippino,  e,  se  e  naturale  che  vi  siano  diffe- 
renze  di  omnioni  circa  il  modo  di  conseguire  cosi  grande  risultato,  il 
comune  desiderio  da  parte  nostra  ci  deve  dare  grande  speranza  che 
possa  esser  raggiunta  una  conclusione  soddisfacente  per  amecdue  e 
che  appaghi  il  comune  proposito.  » 

La  Santa  Sede  sempre  sollecita  del  bene  spirituale  delle  anime, 
dopo  avere  studiato  con  aocurato  esame  la  nuova  condizione  di  cose 
sorta  dal  cambiamento  politico  avvenuto  nelle  Filippine  al  cessare 
della  dominazione  spagnuola,  si  e  data  premura  di  introdurre  nell'or- 
ganizzazione  e  disciplina  della  Chiesa  di  quell 'arcipelago  le  modifica- 
zioni  che  da  quelle  circostanze  erano  imposte.  A  tale  scopo  il  S.  Pa- 
<lre  pubblico  una  Bolla  Quae  mari  sinico  in  data  del  17  settembre  e 
che  solamente  ora  dopo  1'arrivo  del  delegate  alia  sua  residenza  vien 
pubblieata,  per  ragioni  che  ognuno  comprende. 

La  bolla  stabilisce  che  oltre  le  precedent!  diocesi  di  Cebua,  Cace- 
res,  Nuova  Segovia  e  laro  sotto  1'Arcivescovato  di  Manila,  si  costi- 
tuiscano  le  diocesi  di  Lipa,  di  Tuguegarao,  di  Capiz  e  di  Zamboanga, 
oltre  una  prefettura  apostolica  nelle  isole  Mariane  direttamente  sog- 
getta  alia  Santa  Sede;  tutto  cid  per  agevolare  1'amministrazione  eccle- 
siastica  in  quelle  vastissime  region!.  Yien  insignita  del  titolo  di 
pontificia  Universita  la  Scuola  Domenicana  di  Manila,  con  tutti  i  di- 
ritti e  privilegi  di  simili  Istituti.  Raccomanda  i  Seminar!,  la  disci- 
plina ecclesiastica,  la  unione  scambievole,  la  pace  e  riverenza  verso 
le  autorita.  Finisce  assicurando  che,  quantunque  disgiunti  dalPoceano, 
quelle  isole  saranno  sempre  protette  dall'amore  e  dalla  cura  della 
Sede  Apostolica. 

Quanto  siam  venuti  esponendo  fin  qua  e  il  risultato  delle  tratta- 
tive  seguite  qui  in  Roma  1'anno  scorso  tra  la  S.  Sede  e  gli  inviati 
degli  Stati  Uniti.  Legga  ora  chi  ha  tempo  e  voglia,  quanto  seppe  in- 
ventare  la  malafede  del  giornalume  massonico  di  quei  giorni  sbizzar- 
rendosi  a  spese  dell' autorita  pontifioia  e  delle  pretese  rotture  diplo- 
matiche,  e  mille  altre  fiabe  ridicole.  Sempre  le  stesse  arti  che  tornano 
pero  a  confusione  di  chi  le  adopera,  se  fossero  capaci  di  vergogna. 


104  CRONACA 

3.  L'  Osservatore  Romano  del  20  dicembre  pubblicava  quanta 
segue : 

«  Da  circa  tre  -anni  il  barone  De  Hertling,  membro  del  Centre  nel 
Parlamento  tedesco  e  professore  nell'  Universita  di  Monaco,  trattava 
con  la  Santa  Sede  nella  qualita  di  Delegate  del  Governo  imperials 
di  Germania  intorno  alia  proposta  di  erigere  una  Facolta  di  teologia 
cattolica  nell'  Universita  imperiale  di  Strasburgo.  Queste  trattative 
sono  ora  state  coronate  da  esito  soddisfacente  e  nei  passati  giorni 
1'Emo  signor  Cardinale  Segretario  di  Stato  di  Sua  Santita,  e  Sua  Eccel- 
lenza  il  signor  Ministro  Plenipotenziario  di  Prussia  presso  la  Santa 
Sede  hanno  confermato  mediante  lo  scambio  contemporaneo  di  appo- 
site Note,  1'accordo  intervenuto  fra  la  Santa  Sede  ed  il  prelodato  De- 
legato  imperiale. 

cTale  accordo  e^del^tenore  seguente: 

«  II  sottoscritto  Cardinal  Mariano  Eampolla,  Segretario  di  Stato  di 
S.  S.  per  la  parte  della  Santa  Sede :  e  il  signor  barone  Giorgio  de 
Eertling  ciambellano  di  S/.  M.  il  re  di  Baviera,  membro  del  Parla- 
mento dell'  Impero  germanico,  Senatore  del  regno  di  Baviera,  membro 
dell'Accademia  reale  bavarese  per  le  scienze,  professore  all'  Univer- 
sita di  Monaco,  delegato  da  parte  del  Governo  imperiale  tedesco,  hanno- 
convenuto  i  seguenti  articoli: 

€  I.  L'istruzione  scientifica  ai  giovani  chierici  della  diocesi  di  Stra- 
sburgo sara  data  da  una  facolta  di  teologia  cattolica  che  sara  eretta 
nell'Universita  Strasburgese.  Nello  stesso  tempo,  il  Seminario  mag- 
giore  Yescovile  continuera  a  impartire  1'educazione  pratica  ai  detti 
chierici  che  vi  riceveranno  I'insegnamento  necessario  in  tutte  le  ma- 
terie  che  spettano  all'esercizio  delle  funzioni  sacerdotali. 

«II.  La  detta  facolta  comprendera  specialmente  le  cattedre:  di  pro- 
pedeutica  teologica  alia  filosofia:  la  teologia  dommatica :  la  teologia 
morale:  1'apologetica :  la  storia  ecclesiastica  :  1'esegesi  dell'antico  Te- 
stamento:  quella  del  nuovo  Testamento:  il  diritto  canonico:  la  teo- 
logia pastorale:  e  1'archeologia  sacra. 

« III.  La  nomina  dei  professori  sara  fatta  previo  accordo  col  Vescovo* 
Prima  di  entrare  in  carica  i  professori  dovranno  fare  la  professions 
di  fede  nelle  mani  del  decano,  giusta  le  forme  e  le  regole  della  Chiesa. 

« IV.  Le  relazioni  tra  la  facolta  e  i  suoi  membri  da  un  lato,  e  la 
Chiesa  e  le  Autorita  ecclesiastiche  dall'altro,  sono  determinate  dagli 
stessi  regolamenti  fissati  per  le  facolta  di  Bonn  e  di  Breslavia. 

«  V.  Se  TAutorita  ecclesiastica  potra  provare  che  uno  dei  professori 
deve  essere  considerate  come  incapace  di  continuare  il  magistero  sia 
per  difetto  d'ortodossia,  sia  per  colpe  gravi  contro  ai  doveri  della  vita 
e  della  condotta  ecclesiastica,  il  Governo  dovra  provvedere  senza  ri- 
tardo  a^sostituirne  un  altro  e  prendera  le  disposizioni  necessarie  a  far 


CONTEMPORANEA  105 

•<cessare  la  partecipazione  del  detto  professore  agli  affari  appartenenti 
&  quella  Facolta.  >  M.  card.  KAMPOLLA  —  Bar.  G.  DE  HERTLING. 

Facciamo  notare  ai  nostri  lettori  1'  importante  disposizione  conte- 
nuta  nell'art.  Y.  Essa  basta  per  rispondere  alle  insinuazioni  di  certi 
giornali,  come  Yltalie,  che  ban  preteso  vedere  nella  concessione  fatta 
al  Governo  germanico  uno  smacco  della  diplomazia  pontificia,  quando 
-si  deve  riconoscere  piuttosto  una  sua  vittoria,  nell'aver  ottenuto  che 
un  governo  protestante  riconosca  la  necessita  della  giurisdizione  cat- 
tolica  per  la  sicurezza  dell' insegnamento. 

4.  L'otto  dicembre  scorso,  ai  piedi  della  Yergineimmacolata  tornava, 
nuovo  figliuol  prodigo,  supplicando  da  Dio  riconciliazione  e  perdono, 
un  uomo  che  aveva  attristato  ]a  Chiesa  e  trascinato  nel  fango  il  suo 
santo  sacerdozio. 

E  noi  che  con  dolore  abbiam  dovuto  registrare  a  suo  tempo  gli  scan- 
dali  dell'ex  canonico  di  S.  Pietro,  che  rinnegava  la  sua  fede  per  farsi 
Tecchio-cattolico,  la  sera  del  14  settembre  1881  nel  tempio^di  piazza 
Poli,  ed  andava  a  menar  trionfo  de'  suoi  errori  nell'  Inghilterra;  tan  to 
piu  volentieri  vogliam  conservare  oggi  la  inemoria  di  un  nobile  pen- 
timento  che  onora  1'animo  di  chi  lo  prova,  e  ancora  piu  la  religione 
<3he  lo  sa  ispirare. 

II  sacerdote  conte  Enrico  di  Campello  s'era  gia  da  qualche  tempo 
spontaneamente  presentato  al  Santo  Ufflzio  chiedendo  di  essere]riam- 
messo  nel  seno  della  Chiesa  cattolica,  ed  aveva  con  pronto  animo  ac- 
cettato  di  ritirarsi  nel  collegio  Pio-latino-americano,  per  passar  ivi  un 
intiero  mese  nel  silenzio  di  spirituali  esercizi.  La  mattina  del  giorno 
fissato,  Monsignor  Adami  arcivescovo  di  Cesarea^nel  Ponto,  delegate 
espressamente  a  riceverne  1'abiura,  ne  compieva  la  solenne  funzione 
alle  8  d/2  all'altare  maggiore  della  Cappella  di  quel  Collegio,  dedicate 
appunto  all'  Immacolata  Concezione.  Yestitosi  Monsignor  arcivescovo 
in  abiti  pontificali,  dinnanzi  a  lui  inginocchiato  il  Campello,  alia  pre- 
senza  di  tutta  la  comunita,  stendendo  la  destra  sui  Santi  Yangeli, 
lesse  tra  molte  lacrinae  e  singhiozzi  la  formula  prescritta.  Quindi  Mon- 
signore,  recitato  cogli  astanti  il  Miserere  e  le  altre  preci  del  rituale, 
pronunzio  sopra  di  lui  1'assoluzione  da  tutte  le  censure  incorse.  Fu 
allora  cantato  un  solenne  Te  Deum,  dopo  il  quale  il  Campello  fu  am- 
messo  alia  Mensaeucaristica,  non  essendogli  ancor  permesso,  malgrado 
le  sue  calde  istanze,  di  celebrare  la  Santa  Messa. 

La  funzione  fu  di  vera  edificazione  e  di  consolazionepnsieme  a  tutti 
quelli  che  vi  assistevano.  Nello  stesso  giorno  il  Conte^Campello  si  af- 
fretto  di  scrivere  una  lettera  a  S.  E.  ii  Cardinal  Yaughan,  nella  quale 
dopo  avergli  partecipata  la  notizia  della  abiura  fatta  la  mattina  stessa, 
cosi  prosegae :  «  La  felicita  che  provo  in  questo  momento,  nelfquale 
mi  veggo  ritornato  qual  figliuol  prodigo  alia  vera  Chiesa  di  Gresii 


106  CRONACA 

Cristo,  non  sarebbe  completa  se  non  ne  mettessi  a  parte  1'  Eminenza. 
Yostra  Reverendissima  e  per  suo  mezzo  tutti  i  cattolici  inglesi,  i  quali 
tanto  scandalizzai  con  la  mia  infelice  apostasia. 

«  Mentre  adempio  questo  grato  dovere  non  trovo  parole  sufficient! 
per  riprovare  la  mia  passata  condotta  e  per  esprimerle  quanto  pro- 
fmdo  sia  il  mio  dolore  per  avere  rattristato  tutti  i  fedeli  d'lnghil- 
terra  e  specialmente  1'Eminenza  Vostra  Revma  e  il  suo  degnissimo 
antecessore  il  Cardinale  Manning,  quando  con  la  mia  presenza  in 
Londra  portavo  quasi  in  trionfo  la  mia  infamia,  ossia  la  mia  apostasia. 

«  Iddio  benedetto,  che  per  un  tratto  specialissimo  di  sua  mise- 
ricordiatmi  tocco  il  cuore  e  mi  ricondusse  alia  male  abbandonata  sua 
Chiesa,  facendomi  ora  gustare  la  pace  della  coscienza,  mi  dia  grazia , 
di  ricondurgli  col  mio  esempio  quelle  anime  che  con  T  infausta  opera 
mia  avevo  traviate  dal  retto  sentiero,  di  che  provo  ora  inconsolabile 
rimorso. 

«  Sono  sicuro  che  1'Eminenza  Yostra  Reverendissima  ad  imita- 
zione  del  misericordioso  Signore  vorra  perdonarmi  i  gravissimi  disgusti 
che  gia  Le  arrecai,  e  spero  eziandio  che  questo  mio  sincere  ritorno 
all'unica  vera  Chiesa  del  Salvatore  sia  per  muovere  ad  abbracciare 
la  verita  quei  distinti  personaggi  della  Chiesa  anglicana  che  io  co- 
nobbi  e  che  con  la  mia  triste  condotta  confermai  in  quell 'errore,  nel 
quale  erano  nati  e  dal  quale  sarebbero  forse  usciti  in  gram  del  vir- 
tuoso lor  vivere  come  avvenne  al  Newman,  al  Faber,  al  Manning  e 
a  parecchi  altri  non  pochi. 

«  Sard  immensamente  grato  alia  Eminenza  Yostra  se  vorra  renders 
di  pubblica  ragione  i  sensi  sincerissimi  che  qui  Le  esprimo ;  cosi  nel 
dolore  soinmo  che  provo  del  mio  traviamento,  avro  alineno  il  conforto 
di  aver  fatto  quanto  nella  mia  pochezza  potevo,  affinche  non  man- 
casse  la  maggiore  riparazione  possibile  dove  gia  per  mio  accecamento 
sovrabbondo  lo  scandalo. 

«  Col  cuore  riboccante  di  gioia  per  vedermi  riconciliato  con  Dio 
e  con  la  sua  Chiesa,  Le  bacio  la  sacra  Porpora  e  con  la  piu  profonda. 
venerazione  ho  1'onore  di  professarmi 

«  DelP  Eminenza  Yostra  Revma 

«  Roma,  dal  Collegio  Pio-Latino- Americano,  8  di  dicembre  1902., 

«  Devotissimo  Servo  in  Gesu  Cristo 
«  Rev.  D.  C.  ENRICO  DI  CAMPELLO.  > 


CONTEMPORANEA  107 

II. 

COSE  ITALIANS 

2.  Camera  dei  deputati.  Presentazione  della  petizione  contro  la  leg-go  del 
divorzio.  —  2.  Voto  della  Commissione  contrario  alia  stessa  legge.  — 
3.  II  catecbismo  al  Consiglio  Comunale  di  Milano.  —  4.  Morte  del- 
1'avv.  Cappellini  a  Genova. 

1.  Dopo  la  precedente  nostra  relazione  intorno  ai  lavori  della  Camera 
-dei  deputati,  varie  proposte  sono  state  discusse  di  minor  importanza, 
dinanzi  a  una  radunanza  spesso  ben  poco  numerosa :  alcune  leggi  in- 
torno ai  ruoli  organici  del  Ministero  d'Agricoltura  e  del  Tesoro,  una 
sopra  il  concorso  dello  Stato  nelle  opere  di  condottura  delle  acque 
potabili,  un'altra  per  1'approvazione  delle  spese  di  guerra  nella  Cina 
e  simili,  che  noi  crediamo  poter  passare  sotto  silenzio.  Maggior  atten- 
zione  risveglio  il  disegno  di  legge  in  favore  del  porto  di  Genova,  co- 
stituendo  un  consorzio  autonomo  per  la  durata  di  80  anni,  nella  cui 
composizione  potessero,  oltre  i  rappresentanti  dello  Stato  e  delle  pro- 
vince interressate,  prender  parte  anche  due  operai  di  cui  uno  apparte- 
nente  ai  caravana  del  porto  stesso :  col  sussidio  di  un  1,500,000  lire 
dallo  Stato,  e  il  diritto  d'imporre  speciali  tasse  portuarie  per  1'ese- 
cuzione  di  un  piano  di  lavori,  atto  allo  sviluppo  del  commercio  di  quel 
primo  tra  i  porti  italiani.  La  legge,  benchd  non  contenti  pienamente 
i  genovesi,  fu  accettata  come  un  primo  passo,  utile  a  miglioramenti 
-desiderati,  specialmente  in  vista  dell'aumento  di  movimento  commer- 
oiale  che  portera  1'apertura  del  Sempione.  Un  ultimo  articolo  aggiunto 
da  facolta  al  Governo  di  estendere  con  decreto  reale  lo  stesso  privi- 
legio  ad  altri  porti  della  penisola. 

Un'altra  proposta  di  legge  sugli  spiriti,  mise  in  lotta  il  ministro 
Carcano  con  una  potente  fazione  della  Camera,  che  insisteva  per  ot- 
tenere  dal  ministro  un  maggior  abbuono  per  gli  spiriti  cavati  dal  vino 
o  dalle  vinacce,  che  soli  possono  servire  a  bevanda,  lasciando  invece 
gravare  quelli  cavati  da  altre  materie  e  che  servono  all'industria.  E 
si  convenne  poi  di  un  abbuono  del  25  per  cento  od  anche  piu  per 
il  vino  in  casi  particolari,  da  indicarsi  per  decreto  reale. 

Tra  il  nugolo  di  interrogazioni  piu  o  meno  inconcludenti  di  cui 
furono  tempestati  i  Ministri  nelle  tornate  de'  giorni  scorsi,  una  ne 
vogliamo  notare  non  senza  importanza,  e  fu  quella  dell'on.  Cirmeni 
al  ministro  Prinetti,  intorno  alia  possibile  denuncia  dei  trattati  di 
commercio  coll'Austria-Ungheria.  II  Ministro  risponde  non  aver  avuto 
nessuna  comunicazione  ne  ufficiale  ne  ufficiosa.  Egli  crede  che  i  trat- 
tati non  saranno  sostanzialmente  mutati,  perche  in  fondo  sono  van- 
iaggiosi  all'Austria-Ungheria  stessa  piu  che  a  ntfi.  Solo  in  legname  e 


108  CRONACA 

cavalli  1'Ungheria  manda  in  Italia  per  60  milioni  alFanno.  Se  quelle 
regioni  gridano  contro  la  clausola  favorevole  ai  vini  italiani,  e  da  pre- 
vedere  che  sara  facile  nondimeno  trovare  una  via  di  larga  ed  equa 
compensazione.  In  ogni  caso,  la  commissione  istituita  presso  il  Mini- 
stero  d'Agricoltura,  ha  tutti  gli  elementi  necessarii  per  sottoporre 
all'esame  del  Parlamento  nuove  trattative,  secondo  le  circostanze. 

Mentre  alia  Camera  dei  Deputati  si  svolgono  molto  spesso  in  mezzo 
alia  generale  disattenzione  tutte  queste  discussioni,  un  altro  pensiero 
preoccupa  1'animo  della  nazione  e  lo  tiene  sospeso :  ed  e  la  questione 
che  si  prepara  del  divorzio.  Se  volessimo  ricordare  anche  qui  solo 
quello  che  ci  tocca  come  debito  di  cronaca,  dell'universale  movimento- 
eccitatosi  contro  quell'impopolare  proposta  ripugnante  al  buon  senso 
del  popolo  italiano,  non  ci  basterebbe  lo  spazio :  tante  sono  le  confe- 
renze,  le  proteste,  le  preghiere  indette  nelle  diverse  diocesi,  le  ra- 
dunanze  d'ogni  sorta,  promosse  dai  cattolici  specialmente  per  mezzo 
dell' Opera  dei  congressi. 

Un  plebiscite  del  popolo  italiano  e  stato  raccolto  in  una  sottoscri- 
zione  diffwsa  in  mezzo  a  tutti  gli  ordini  di  cittadini,  e  conta  piu  di 
tre  milioni  e  mezzo  di  firme  divise  in  177  volumi  di  100  fogli  cia- 
scuno ;  piu  quattordici  volumi  di  firme  di  donne  italiane.  A  ciascun 
volume  e  premessa  la  copia  della  petizicne  colla  quale  si  domanda  che 
«l'istituto  del  divorzio  non  sia  introdotto  nella  legislazione  italiana  ». 

Tutti  quei  volumi  furon  presentati  alia  Segreteria  della  Camera  il 
10  dicembre,  dal  cav.  Augusto  Persichetti  presidente  del  Comitato  ro- 
mano,  dal  comm.  Alliata  segretario  e  dal  cav.  Grossi  Gondi,  accom- 
pagnati  dall'on.  Bianchini. 

Un  epilogo  parziale  delle  firme  raccolte  da  la  seguente  divisions 
per  province:  Milano  606,071  —  Torino  115.230—  Bergamo  113,718 
—  Brescia  111,912  —  Yicenza  91,566  —  Padova  86,272  —  Novara 
63.154  —  Tortona  54,917  —  Reggio  Emilia  38,742  — Yerona  38,376  — 
Lodi  35,972  —  Parma  34,380  —  Lucca  34,806  —  Udine  32,383  — 
Genova  30,643  —  Catania  30,643  —  Casal  Monferrato  30,017  —  Mes- 
sina 27.677  —  Como  23,659  —  Ivrea  26,799  —  Yigevano  21,246  — 
Pisa  15,268  ecc.  Alia  Commissione  parlamentare  del  divorzio,  oltra 
la  petizione  generale,  earanno,  speriamo,  consegnate  tutte  le  proteste 
del L'episcopato  delle  varie  regioni,  tutti  gli  ordini  del  giorno  tele- 
grafati  alia  Presidenza  della  Camera  dai  diversi  Comitati  e  quelli 
presentati  ai  varii  deputati  nonche  ai  Ministri  Zanardelli  e  Cocco-Ortu. 

Questa  gravissima  manifestazione  del  pensiero  nazionale  dovrebbe- 
bastare  per  coloro  che  dei  pensiero  nazionale  devono  essere  appunto 
gli  interpret!;  e  merita  certamente  il  rispetto  di  chi  ha  fior  di  senno. 
non  dell'on.  Socci  e  suoi  compagni,  che  nella  tornata  del  giorno 
5  dicembre,  quando  Ton.  Bianchini,  letta  la  petizione,  presento  le 


CONTEMPORANEA  109 

firme  alia  Camera,  ricevettero  la  comunicazione  tra  le  urla  piu  sconce 
e  il  Socci  levando  la  voce  gridava:  «  Sono  tre  milioni  d'idioti:  per 
1'onore  del  mio  paese  non  credo  all'autenticita  di  quelle  firme. »  Alle 
quali  viilanie  sorgeva  vivissima  protesta  d'indignazione  dalla  destra : 
c  Bel  rispetto  alia  volonta  del  paese :  non  siete  che  settarii » ,  ed  a 
stento  si  otteneva  la  calma  sufficiente  a  proseguire  la  seduta. 

2.  Quest!  erano  i  prodromi  alia  Camera.  Finora  pero  le  cose  non 
risposero  alle  speranze  del  socii  divorzisti.  Gia  fin  dalla  prima  nomina 
della  Commissione  incaricata  di  studiare  il  disegno  di  legge,  dei  nove 
uffici   cinque   elessero  rappresentanti   avversi   al    divorzio,    gli   altri 
quattro  favorevoli :  il  che  serviva   di    buon    pronostico.  La  commis- 
sione  radunatasi  piu  volte,  veniva  a  votazione   il    martedi  16  scorso 
e  con  cinque  voti  contro  tre  (uno  assente),  respingeva  il  primo  articolo 
del  disegno  di    legge   che   e  1'articolo    fondamentale.   Naturalmente 
respinto  il  primo  sulla  istituzione  del  divorzio,  era  inutile  passare  alia 
discussione  degli  altri  che  ne  regolano  gli  effetti :  e  la  Commissioue 
rimetteva  le  tornate  per  la  seconda  parte  della  legge,  che  riguarda  la 
ricerca  della  paternita,  alia  fine  di  gennaio. 

Non  sappiamo  a  qual  partito  si  voglia  appigliare  il  Ministero,  o 
meglio  il  suo  Presidente,  dopo  questo  smacco.  Certo  non  pare  sia 
disposto  a  portarlo  in  pace,  e  prepara  la  lotta.  Tocca  ai  cattolici  di 
vegliare  e  di  proseguire  piu  alacremente  che  mai  in  ogni  maniera 
di  proteste,  mantenendo  viva  e  generale  1'opposizione. 

3.  Con  animo  profondamente  addolorato  tutti  i  buoni  avevano  veduta 
la  guerra  fatta  nel  Consiglio  comunale  di  Milano  contro  1'istruzione  reli- 
giosa  nelle  scuole  elementari  municipali.  Nella  seduta  del  26  no  vein - 
bre,  il   consigliere  Confalonieri,  uno   de'  piu   arrabbiati  anticlerical! 
della  maggioranza,  aveva  propugnato  il  vecchio  pretesto  che  la  legge 
Casati  sopra  1'insegnamento  religioso   cattolico   nelle  scuole   e   stata 
abrogata  dalla  disposizione  della  legge  1877 :  e  che  i  regolamenti  del- 
1'  85  e  dell'  89  non  possono  aver  forza  coutro  di  questa.  A  rinfranco 
della  quale  sentenza  il  collega  Chiesa,  volendo  fare  sfoggio  di  erudi- 
zione  storica,  aveva  citato  il  nome  di  certo  «  senatore  Achille  Mauri 
di  parte  moderata  e  credente  »  come  sostenitore  del  non  potersi   le- 
galmente  obbligare  i  Comuni  a  introdurre    1'  insegnamento    religioso 
nelle  scuole.  Ma  il  consigliere  Canetta  gli  fece  no  tare  che  prendeva 
un  granciporro  e  non  si  trattava  di  Achille  Mauri  ma  di  Mauro  Macchi 
senatore  bensi,  ma  ne  moderate,  ne  credente :  e  il  Chiesa  non  aveva 
colpa  perche  ripeteva  quelPerrore  stesso,  che  il  relatore  De  Cristoforis 
aveva  anch'egli  copiato  nella  sua  relazione  da  aitri,  i  quali  avevano  spro- 
positato  prima  di  lui.  E  rimproverando  alia  maggioranza   di   coprire 
coll'  ipocrisia  di  meschini  pretesti  legali  1'  intendimento  antireligioso, 
dimostrava  come  la  legge  del  1877  disponendo  le  materie  d'insegna- 


110  CRONACA 

mento  obbligatorio,  non  ha  abrogate  la  legge  Casati  quanto  all'inse- 
gnamento  religiose ,  che  i  Municipii  restan  sempre  obbligati  di  far 
impartire  a  quelli  che  ne  fanno  richiesta  :  ed  avendo  anche  quest'anno 
grandissimo  numero  di  famiglie  fatto  quella  richiesta,  il  Consiglio 
non  pud  e  non  deve  che  inchinarsi  alia  volonta  dei  padri  di  famiglia. 
Tale  del  resto  essere  la  decisione  data  gia  ripetute  volte  dal  Consiglio  di 
Stato:  tale  il  parere  sostemito  dagli  autori  competent!  nella  materia. 
Dopo  parecchie  sfuriate  anticlerical!  di  varii  socii,  come  del  Chiesa 
repubblicano  che  tirava  in  ballo  il  clero  e  il  confessionale,  e  special- 
mente  del  Premoli  che  gridava  doversi  dare  aria  pura  alle  scuole  — 
e  per  il  frammassone  milanese  dar  aria  pura  vuol  dire  abolire  1'in- 
segnamento  religioso !  —  un  ordine  del  giorno  cosi  proposto :  «  il  Con- 
siglio, su  confer  me  deliberazione  della  Griunta,  ritiene  non  competere 
al  Comune  Tobbligo  legale  d' impartire  1'insegnamento  religioso  »  era 
appro vato  con  44  voti  favorevoli  e  11  contrari  e  I'opera  settaria  era 
riuscita. 

Ma  non  si  lasciarono  cosi  facilmente  sopraffare  i  cattolici  milanesi, 
i  quali  forti  del  loro  diritto,  si  agitarono,  prepararono  proteste  contro 
la  tirannica  disposizione  del  26  novembre  e  le  presentarono  al  Pre- 
fetto  Alfazio.  II  quale  con  decreto  in  data  12  dicembre,  ricordando 
appunto  le  considerazioni  gia  esposte  dal  Canetta  e  da  altri  in  Con- 
siglio, citando  le  risposte  gia  date  dal  Consiglio  di  Stato  al  Comune 
di  Genova,  e  il  regolamento  scolastico  del  1895,  annulla  la  disposi- 
zione del  Consiglio  Comunale,  ed  incarica  il  sindaco  di  provvedere. 

4. 1  giornali  genovesi  abbrunati  a  gran  lutto,  ci  annunziano  la  dolo- 
rosa  perdita  che  Geneva  ha  fatto  nella  morte  deH'avvocato  Yincenzo 
Cappellini,  avvenuta  cola  il  13  corr.  per  fiera  polmonite  che  lo  rapi 
a  61  anni,  vegeto  di  forze  e  nel  pieno  fiore  della  sua  mente. 

Ebbe  la  benedizione  del  S.  Padre,  accompagnata  da  parole  di  pa- 
terna  benevolenza.  Quando  gii  fu  recato  il  Santo  Viatico,  appena  vide 
il  Sacerdote  entrare  nella  sua  stanza,  si  levo  vivamente  a  sedere  sul 
letto,  e  poi  a  chiara  voce  pronuncio  le  seguenti  parole :  «  Domando 
perdono  a  Dio  dei  miei  peccati  e  domando  perdono  a  coloro  che  posso 
aver  offeso.  Dichiaro  che  muoio  nella  religione  cattolica,  apostolica, 
romana :  e  raccomando  a  tutti,  e  specialmente  a  mio  figlio,  di  vivere 
fedele  alia  Chiesa,  alia  Patria,  al  Papa.  » 

Raramente  avviene  di  vedere  un  uomo  seguito  nella  morte  da 
compianto  piu  sincere  e  piu  unanime  di  tutti  gli  ordini  di  persone, 
d'ogni  parte  e  d'ogni  condizione :  tanta  era  la  simpatia  e  la  stima 
che  il  defunto  aveva  guadagnata  colla  nobilta  della  sua  intelligenza, 
colla  bonta  e  gentilezza  del  cuore,  colla  rettitudine  della  sua  condotta, 
colla  operosita  per  il  bene  pubblico,  e  collo  schietto  sentimento  cri- 
stiano.  Era  nato  in  Finalborgo  il  12  settembre  1841.  Educate  dai 


CONTEMPORANEA  111 

Padri  Scolopi  aveva  brillato  fin  da  giovanetto  pel  suo  fervido  ingegno : 
e  laureates!  a  Pisa,  divenne  presto  uno  dei  primi,  dei  piu  valorosi 
avvocati  del  Foro  genovese.  Era  da  quasi  vent'anni  consigliere  comu- 
nale  e  provinciale,  e  nella  lotta  amministrativa  possedeva  doti  piu 
uniche  che  rare.  Apparteneva  alia  Societa  di  S.  Yincenzo  de'  Paoli 
da  molti  anni,  ed  era  esattissimo  alle  radunanze  ed  alle  visite  dei 
poverelli,  non  ostante  la  molteplicita  delle  sue  gravi  occupazioni.  Spesso 
la  mattina  lo  si  vedeva  nella  Chiesa  di  S.  Matteo,  e  mancando  il 
servente  alia  Messa,  volentieri  ne  compiva  Pufficio.  II  Card.  Alimonda 

10  amava  conie  figliuolo  e  ne  era  venerato  profondamente. 

II  Cappellini  presiedeva  1'  Unione  genovese.,  cioe  il  Comitato  elet- 
torale  permanente :  stava  pure  a  capo  del  Comitato  ligure  dell'Asso- 
ciazione  nazionale  per  soccorrere  i  Missionarii,  e  non  solo  era  1'anima 
di  quest'Opera  in  Geneva,  ma  portava  a  Milano,  a  Torino,  a  Firenze 

11  suo  zelo  di  apostolo.  Nel   1892  fu  presidente  della  riuscitissima 
Mostra  delle  Missioni  cattoliche   all'Esposizione  Colombiana  e  il  re, 
di  proprio  moto,  lo  decoro  della    croce  di  ufficiale  dei  SS.  Maurizio 
e  Lazzaro;  non   ebbe   altre  decorazioni.  Era  adesso  uno   dei   quattro 
rappresentanti  dell'Italia  nella  Compagnia  del  lura-Sempione,  e  come 
tale  aveva  rivolto  appello  ai  genovesi  che  si  preparassero  a  festeggiare 
1'apertura  del  nuovo  valico  alpino.  Ed  in  mezzo  a  questa  sempre  cre- 
scente  sua  influente  operosita,  la  morte  lo  colse.  Ai  suoi  funerali 
assistevano    Monsigaor    Arcivescovo,  il  Prefetto,  il   Sindaco,  tutto  il 
Consiglio  e  la  maggior    parte  delle  autorita  militari,   giudiziarie   ed 
amministrative. 

Nel  suo  testamento  egli  aveva  disposto  cosi :  «  La  mia  iscrizione 
sara  questa ;  da  un  lato :  Vincenzo  Cappelini,  nato  a  Finalborgo  il 

12  settembre  1841,  morto  a...  Dall'altro:  La  religione,  la  famiglia,  la 
patria   congiunse  in  un  solo    amore.  Pregate   per   quest 'anima  che  ha 
sperato  e  creduto  » . 

II  resto  sta  scritto  nel  libro  di  Dio  e  nel  cuore  della  sua  Genova. 

m. 

COSE  STRANIERE 

(Notizie  Generali).  1.  VENEZUELA.  Cagioni  del  conflitto  colla  Germania,  col- 
ringhilterra,  coll'Italia  e  altre  nazioni.  Principio  delle  ostilita.  —  2. 
SVIZZERA.  Elezioni  del  nuovo  Presidente.  —  3.  INGHILTERRA.  L'Jfduca- 
tion-lill.  Proroga  del  Parlamento.  Morte  deH'Arcivescovo  anglicano  di 
Canterbury.  —  4.  MECKLEMBURGO.  Nuove  liberta  concesse  ai  Cattolici. 

1.  (VENEZUELA.)  II  Venezuela  e  pur  troppo  travagliato  da  quel  male 
che  rode  e  dissangua  altri  Stati  deH'America  del  centro  e  del  mezzodi, 
cioe  le  lotte  fratricide  e  la  poca  stabilita  di  governo  :  donde  consegue 


112  CRONAOA 

facilmente  la  mancanza  di  sufficiente  protezione  agli  stranieri  nelle  rela- 
zioni  internazionali.  Quest!  stranieri  per  lo  piu  cominercianti  e  operai 
italiani,  spagnaoli,  inglesi,  francesi,  tedeschi,  ebbero  a  soffrire  danni 
piu  o  meno  gravi  dagli  ultimi  rivolgimenti  del  1898,  che  ancora  non 
sono  bene  coinposti.  Le  diverse  nazioni  dovettero  presentare  domande 
per  rifacimento  de'  danni  de'loro  soggetti,  ma  in  generale  dai  diversi 
governi  europei  si  pazientava,  ben  sapendo  che  le  finanze  del  Vene- 
zuela, esauste  daila  guerra  intestina  di  tre  anni,  non  potrebbero  per 
il  momento  soddisfare.  Non  cosi  lo  intese  la  Germania,  la  quale,  non 
contenta  del  modo  con  cui  erano  stati  apprezzati  i  danni  del  suoi  na- 
zionali  e  meno  ancora  della  pretensione  del  governo  venezuelano  di 
pagare  in  carta,  cioe  titoli  senza  valore  di  un  prestito  rivoluzionario, 
presento  in  via  diplomatica  la  sua  querela,  domandando  pagamento  di 
1,700,000  franchi  —  e  al  rifiuto  opposto  dal  Venezuela,  mosse  alle  armi. 

In  quel  frattempo  anche  1'Inghilterra  aveva  avuto  cagione  d'offese 
colla  repubblica  americana.  II  Venezuela  infatti  si  era  lamentato  che 
il  governo  inglese  avesse  lasciato  partire  dal  porto  di  Londra  la  nave 
Libertador  con  armi  e  soldati  in  aiuto  ai  ribelli,  e  per  rappresaglia 
fece  danno  a  navi  inglesi  e  agli  inglesi  proprietarii  di  una  delle  fer- 
rovie  venezuelane.  Cosi  si  trovarono  le  due  potenze  europee  unite 
nella  stessa  causa  contro  quella  piccola  repubblica :  piccola  diciamo 
non  pero  per  territorio,  che  misura  572,000  chilometri  quadrati,  quanto 
due  volte  1'  Italia  :  ma  con  soli  due  milioni  e  mezzo  d'  abitanti ;  in 
un  suolo  ricco  di  ogni  vegetazione,  con  zuccaro,  caffe,  cacao  ;  con 
mini  ere  di  pietre  preziose  che  attirano  gli  stranieri,  a  cui  pero  il 
clima  e  in  varie  parti  micidiale.  II  Venezuela  ha  un  piccolo  esercito 
di  forse  8000  uomini ;  ma  in  casi  di  guerra  nazionale,  ogni  uomo  cola 
d  soldato  ed  il  presidente  Castro  ha  gia  dato  ordini  per  radunar  gente  da 
ogni  banda.  Ne  mancherebbero  all'  Inghilterra  e  alia  Germania  gravi 
difficolta  se  dovessero  impegnare  una  lotta  in  quei  paesi,  non  solo 
pel  clima,  come  gia  dicevamo,  spesso  mortale  ;  e  la  febbre  gialla  che 
v'infierisce,  e  i  miasmi  delle  paludi  che  1'  infestano :  ma  anche  per 
le  difficolta  del  terreno  montagnoso  in  gran  parte,  e  molto  adatto  alle 
guerriglie  in  cui  quelle  genti  sono  espertissimi  e  pur  troppo  avvezzi 
per  le  loro  discordie. 

L'opinione  pubblica  europea  critico  1'azione  della  Germania  e  del- 
1'Inghilterra  come  uno  scatto  di  impazienza  poco  ponderato  e  perico- 
loso  per  le  conseguenze  a  cui  potrebbero  trovarsi  trascinate.  E  ben 
vero  che  1'una  e  1'altra  cercarono  attenuare  1'  importanza  del  fatto 
dichiarando  per  mezzo  de'  loro  ambasciatori  a  Washington  che  non 
intende^ano  nessuna  occupazione  stabile  di  territorio  americano,  ma 
solo  assiourare  i  diritti  dei  loro  nazionali. 

L'  8  dicembre  fu  presentato  un  ultimatum.  Le  ostilita  comincia- 


CONTEMPORANE  A  113 

rono  colla  cattura  e  distruzione  della  piccola  flotta  venezuelana  per 
parte  delle  navi  inglese  e  tedesche.  II  personale  delle  legazioni  in- 
glese  e  tedesca  abbandono  la  capitale  Caracas  per  recarsi  al  porto 
della  Guayra  e  imbarcarsi  sulle  navi  rispettive.  Gli  inglesi  e  tedeschi 
rimasti  nel  paese  furono  lasciati  sotto  la  protezione  degli  Stati  Uniti : 
alcuni  di  loro  fatti  segno  alPira  popolare,  imprigionati,  furon  poi 
rimessi  in  liberta  per  opera  sopratutto  del  Bowen  ministro  di  quegli 
Stati.  Fu  intimato  il  blocco  di  guerra  per  tutte  le  coste  venezuelane 
dal  giorno  20  dicembre  :  si  e  annunciate  dai  giornali  il  bombardamento 
di  Porto  Cabello,  dove  sarebbe  stata  issata  la  bandiera  inglese :  si  parla 
pure  di  intervento  degli  Stati  Uniti,  i  quali  accetterebbero  1'ufficio  di 
arbitri  fra  i  guerreggianti ;  ma  pare  che  serie  difficolta  si  frappongono. 

Intanto  anche  1'Italia  ha  creduto  bene  gettare  la  sua  pietra  ad- 
dosso  al  malcapitato  Yenezuela,  forse  con  poco  accorgimento  politico. 
Anche  gl'  italiani  cola  hanno  interessi,  e  il  Governo  aveva  presen- 
tato  per  loro  la  domanda  di  una  indennita  di  lire  2,800,000.  La  re- 
pubblica  rifiuto  di  volersene  occupare  nella  presente  circostanza  ;  e 
allora,  rotte  le  relazioni  diplomat! che,  la  legazione  abbandono  Cara- 
cas, e  furono  abbassati  gli  stemmi  dei  consolati  italiani.  L'incrociatore 
italiano  Bausan  si  uni  alle  navi  anglo-tedesche  dinnanzi  alia  Guayra. 
Yedendo  la  mala  parata  e  temendo  che  le  altre  nazioni  sfruttino  le 
finanze  di  quella  repubblica  con  danno  degli  interessi  proprii,  anche 
la  Francia,  la  Spagna,  il  Belgio,  1'Olanda  si  mossero  per  far  valere 
le  loro  ragioni  ai  pagamenti  gia  domandati. 

Vedremo  come  si  potra  sbrogliare  una  cosi  aggrovigliata  matassa. 

2.  (SVIZZERA).  A  nuovo  presidente  della  Confederazione  Svizzera, 
le  Camere  del  Parlamento  elvetico  riunite  in  assemblea  federale,  eles- 
sero  in  questi  ultimi  giorni,  con  un  solo  scrutinio,  il  signor  Adolfo 
Deucher,  gia  vice-presidente  della  Confederazione  stessa. 

Cosi  a  un  cattolico  e  conservatore  succede  un  radicale  democra- 
tico.  II  dottor  Adolfo  Deucher  nacque  nel  1831  nel  villaggio  di  Steckborn 
in  Turgovia  sulle  rive  del  Reno  a  pochi  chilometri  dal  lago  di  Co- 
stanza.  Addottoratosi  in  medicina,  1'esercito  per  quasi  venti  anni  nel 
paese  natale,  dove  si  creo  presto  una  cosi  larga  popolarita  da  entrare 
giovanissimo  nel  Gran  Consiglio  e  poscia  nel  Governo  del  suo  Can- 
tone  che  presiedette  a  piu  riprese. 

Deputato  in  pari  tempo  al  Consiglio  Nazionale,  vi  si  sognalo  per 
attivita  e  facondia,  cosi  da  raccogliere  fin  dal  1883  quasi  tutti  i  suf- 
fragi  del  Parlamento  per  entrare  a  parte  del  potere  esecutivo  svizzero 
che  presiedette  tre  anni  dopo,  e  nel  quale  resse  sempre  con  parti- 
colare  abilita  e  competenza  il  dicastero  deil'agricoltura  e  dell'industria, 
imprimendo  ad  entrambi  quegli  importantissimi  rami  della  pubblica 
vita  un  importante  ed  efQcace  incremento. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1261.  8         26  dicembre  1902. 


114  CRONACA 

3.  (LSTGHILTERRA).  Giovedi  18  si  chiuse  la  sessione  del  Parlamento 
inglese,  dopo  1'approvazione  definitiva  del  bill  sopra  1'educazione,  con 
varie  modificazioni  di  cui  trattera,  ne  siamo  sicuri,  il  nostro  solerte 
corrispondente  d'Inghilterra.  II  parlamento  e  prorogate  al  17  febbraio- 
del  prossimo  anno.  II  dott.  Temple  arcivescovo  protestante   di   Can- 
terbury e  morto  il  23  corr.  alPeta  di  81  anni. 

4.  (MECKLEMBURGO)  .  Nei  Granducati   del  Mecklemburgo-Schwerin 
e  Mecklemburgo  Strelitz  gli  «  Stati  »  cioe  la   Camera   dei   rappresen- 
tanti  delle  citfca,  hanno  votato  1'abolizione  delle  gravi  restrizioni  che  esi- 
stevano  ancora  contro  ii  culto  cattolico,  e  1'ammissione  di  esso  al  pub- 
blico  esercizio.  Le  congregazioni  e  le  confraternite  cattoliche  saranno 
autorizzate  da  decreto  speciale  degli  Stati.  La  Camera   della  nobilta 
ha  indirizzato  una  simile  petizione  al  Granduca. 

1RLANDA  (Nostra  Corrispondenza,).  1.  II  Bill  dell'Educazione  in  Inghilterra. 
—  2.  Inazione  dei  deputati  irlandesi.  —  3.  II  miovo  campione  cattolico, 
signer  Healy.  —  4.  Effetti  del  Bill  —  5.  II  nuovo  Lord  Luogotenente 
d'Irlanda  e  la  sua  politica.  —  6.  Morte  di  due  grandi  prelati  irlandesi, 
gli  Arcivescovi  di  Cashel  e  di  Tuam. 

1.  L'opinione  cattolica  in  Irlanda,  e  in  questo  momento,  profon- 
damente  agitata  dall'attitudine  dei  membri  irlandesi  del  Parlamento 
rispetto  al  Bill  dell'educazione  discusso  a  Westminster  e  che  tocca 
in  modo  cosi  vitale  gl'  interessi  e  1'educazione  religiosa  dei  cattolici 
in  Inghilterra.  Quando  si  pensa  che  la  piu  grande  maggioranza  dei 
bambini  cattolici  che  frequentano  le  scuole  in  Inghilterra  sono  o  ir- 
landesi ovvero  figliuoli  di  genitori  irlandesi,  esiliati  dal  proprio  paese, 
si  capira  facilmente  quanto  profonda  sia  Tagitazione  cagionata  da  que- 
sto  sentimento.  II  presente  Governo  conservatore  d'  Inghilterra  favo- 
risce  1'educazione  religiosa,  ma  e  fortemente  ed  aspramente  combat- 
tuto  dai  radicali  e  dal  partito  non  conformista,  il  cui  rancore  non  e  tanto 
diretto  contro  i  cattolici  quanto  contro  i  membri  della  Chiesa  stabi- 
lita  o  protestante.  Nei  primi  giorni  del  corrente  anno  venne  presen- 
tato  innanzi  al  Parlamento  un  provvedimento,  molto  complicate  nelle 
sue  particolarita,  e  che  aveva  per  iscopo  di  proteggere  I'msegnamento 
religiose  nelle  scuole.  In  uno  degli  stadii  piu  critici  di  questo  provve- 
dimento, il  Cardinale  Yaughan  diresse  un  appello  premuroso  ai  rap- 
presentanti  irlandesi,  chiedendo  loro  di  fare  ogni  sforzo  per  difenderlo 
e  di  fare  tutto  cio  che  era  in  loro  potere  per  migliorarlo  ovvero  cor- 
reggerlo,  ed  in  questo  modo  proteggere  gli  interessi  cattolici  che  vi 
si  trovavano  impegnati.  Bgli  rammento  loro  che  i  piu  dei  ragazzi  cat- 
tolici che  frequentano  le  scuole  inglesi  ed  i  cui  interessi  sono  in  pe- 
ricolo,  erano  vincolati  a  loro  non  solo  dai  legami  della  fede,  ma  anche 
da  quelli  del  sangue  e  della  stirpe. 


CONTEMPORANE  A  115 

2.  I  Yescovi  d'Irlanda  adottarono  la  lettera  del  Cardinale  annun- 
aiando  ai  rnembri  del  Parlamento  che  questo  era  un  caso  d'onore,  che 
i  Yescovi  consideravano  la  lettera  del  Cardinale  Yaughan  come  se 
fosse  stata  diretta  da  loro  stessi  e  li  consigliarono  ad  assumere  quella 
politica  del  partito  verso  il  Bill,  che  sarebbe  stata  d'accordo  coll'ap- 
pello  energico  e  commovente   del  Cardinale  Yaughan.   Essi  natural- 
mente  credettero  che  la  loro  opinione  sarebbe  accolta  favorevolmente 
da  parte  dei  deputati  irlandesi,  i  quali  assisterebbero  alle  riunioni  di 
Westminster  per  appoggiare  il  felice  esito  di  questa  grave  questione. 

L'intero  paese  fu  veramente  maravigliato  quando  seppe  che  non 
solo  I'appello  del  Cardinale  Yaughan  era  rimasto  senza  appoggio,  ma 
che  anche  quello  dei  Yescovi  irlandesi  era  stato  trattato  similmente. 
E  quest' ultimo  fatto  ha  colpito  profondamente  i  cuori  cattolici  irlan- 
desi. Esso  dimostra  chiaramente,  che  nelle  file  delle  nostre  rappre- 
sentanze  parlamentari  predorninano  elementi  veramente  poco  desidera- 
bili,  e  che  tutti  quelli  che  hanno  a  cuore  gF  interessi  della  loro  fede 
<e  del  loro  paese,  dovrebbero  adoperarsi  per  mettervi  riparo. 

Fu  sin  ora  creduto  che  il  sig.  Eedmond  possedesse  le  confidenze 
dei  due  partiti,  quello  laico  e  quello  clericale  della  vita  pubblica 
d'Irlanda.  Questa  supposizione  per6  d'ora  innanzi  non  pud  piu  am- 
mettersi.  Egli  si  provo  a  spiegare  ed  a  giustificare  Tassenza  del  Par- 
tito dal  Parlamento,  esponendo  il  fatto  che  la  loro  autorita  non 
avrebbe  avuto  nessun  effetto,  che  il  Governo  possedeva  una  maggio- 
ranza  autorevole  ed  imponente,  e  che  egli  non  considerava  necessaria 
la  presenza  dei  membri  iiiandesi  a  Westminster  durante  il  progresso 
della  questione  del  Bill  per  I'Educazione.  II  Cardinale  Logue  e  PAr- 
civescovo  Walsh  sono  affatto  opposti  al  Redmond  su  questo  punto. 
Sua  Eminenza  e  tanto  compreso  del  periodo  critico  che  il  Bill  sta 
ora  passando  che  nell'interesse  spirituale  dei  suoi  figli  ordino  in  tutte 
le  Chiese  pubbliche  preghiere  perche  il  pericolo  sempre  minacciante 
sia  stornato,  poiche  il  Bill  nella  sua  forma  attuale  e  pieno  di  pericoli 
per  la  religione. 

3.  Da  cio  tuttavia  non  conseguita  che  in  Parlamento  non  vi  sia 
stato  chi  si  levasse  a  difendere  gl'interessi  cattolici.  Alcuni  membri  del- 
1'Alta  Chiesa,  in  ci6  non  accecati  da    opinioni    politiche,  hanno  di- 
feso  a  spada  tratta  i  diritti  della  Gerarchia    cattolica.  Fra  gl'  irlan- 
desi difensori  del  Bill,  emerge  primo  fra  tutti  il  sig.  Healy,  uno  dei 
piu  bravi  e  segnalati  uomini  politici  d'Irlanda.  Egli  e  un    avvocato 
di   vasta  e  sicura   scienza,  un    ora  tore    a  niuno   secondo   per   forza 
«  fecondita  di  eloquenza,  un  uomo  <ij.  Stato   di    viste   ampie  e  pro- 
fonde,  e  per  giunta  un  cattolico  divoto  e  praticante.  Egli  &  sempre 
pronto  a  levare  la  sua  voce  in  favore  anche  dell'ultimo  dei  suoi  con- 
nazionali,  ed  anche  nell'occasione  del  Bill  egli  non  manco  a  sd  me- 


116  CRONACA 

desimo  e  fece  nobilmente  il  suo  dovere.  Nonostante  il  voto  contrario 
dei  suoi  amici,  egli  grido  neir  aula  di  Westminster :  «  lo  protesto 
che  se  col  votare  contro  il  Bill,  potessi  ottenere  pel  mio  paese  YHome 
Rule,  non  vorrei,  neppure  per  la  liberta  del  mio  paese,  sacrificare 
1'anima  del  piu  umile  fra  i  fanciulli  irlandesi.  »  Questa  magnifica 
protesta  fu  ricevuta  E  ell' Aula  dei  Comuni  fra  gli  applausi  di  tuttu 

4.  II  Bill,  quale  venne  redatto  in  origine  dal  Governo,  mirava  a 
sollevare  dalle  loro  enormi  spese  le  cosi  dette  scuole  volontarie,  met- 
tendole  alia  pari  colle  scuole  secolari  governative,  che   sono   fabbri- 
cate  e  mantenute  a  spese    delle  Municipality.  I  poveri    cattolici  do- 
ve ttero  fin  qui  sostenere  le  spese  delle  loro  scuole,  e  di  piu,  pagando 
le  tasse,  anche  quelle  delle  scuole  rivali.  La  difficolta  vera  del  Bill 
si  trova  nella  direzione  delle  scuole  stesse.  I  non  conformist!  propo- 
sero  e  fecero  approvare  una  clausola  che  sottoponeva  1'istruzione  re- 
ligiosa  alia  sorveglianza  di    quattro  membri  della  Chiesa,  alia  quale 
la  scuola  apparteneva  ed  a  quella  di  altri  quattro  membri  della  Mu- 
nicipalita locale.  Questo  provvedimento  e  un  disastro  per  le  scuole/ 
cattoliche  inglesi,  perche  in  Inghilterra  i  cattolici  sono  una  piccola 
minoranza  e  inoltre  1'elemento  laico  avrebbe  una  certa  influenza  sul- 
P  insegnamento  religiose.  Nelle  scuole  protestanti  il   fastidio  non  & 
grande,  perche  i  protestanti,  non  che  avversare,  anzi  desiderano  1'in^ 
fluenzaj  laica  nell'educazione  anche  religiosa1. 

5.  Lord  Dudley,  nuovo  luogotenente  governatore  d'Irlanda,  ha  co- 
minciato  bene  il  suo  Governo.  Ha  girato  egli  stesso  pel  paese,  met- 
tendosi  in  contatto  con  ogni  sorta  di  gente,  per  poter  studiare  e  giu^ 
dicare  da  se.  Cosi  facendo,  mise  da  parte  il  vecchio  sistema  de'  suoi 
antecessori,  di  vedere  cioe  ogni   cosa  con  gli  occhi   delle  classi   do- 
minanti,  come  al  tempo  quando  i  protestanti  avevano  un  predorninio, 
assoluto.  I  discorsi  del  nobile  Lord  sono  allo  stesso  tempo  degni  di 
un  uomo  di  stato  e  lasciano  a  sperar  bene.  Senza  dubbio  egli  ha  di- 
chiarato  la  sua  determinazione  di  sostenere  la  legge,  nonostante  il 
fatto  che  spesso  la  legge  inglese  e  una  vera  ingiustizia  contro  il  po- 
polo  irlandese.  Da  cio  non  segue  pero  che  egli  voglia  opporsi  ai  no- 
stri  sforzi  tendenti  a  rimediare  ai  mali  attuali  e  a  fare  annullare  leggi 
inique  e  cattive.  Le   leggi    civili    ordinarie  sono    il   risultato  degli 
sforzi  umani  per  sciogliere  il  problema  della  vita  sociale.  Pero  non 
hanno  carattere  cosi  sacrosanto  che  non  si  possano  fare  e  poi  disfare.  II 
dovere  del  Yicere  e  solo  quello  di  curare  1'esecuzione  delle  leggi,  Ad 
ogni  modo  siamo  lieti  di  vedere  che  il   nuovo  Yicere  e  inclinato  a, 
credere  che  1'  Irlanda  e  una  nazjone  che  ha  diritti  e  caratteri  proprii,. 
naturalmente  distinti  da  quelli  della  Gran  Bretagna  e  del  resto  del- 

1  Delia  decisions  finale  riguardante  il  Bill,  fu  detto  sopra  nelle  Notizi* 
generate.  N.  d.  D. 


CONTEMPORANEA  117 

F  Impero.  Non  si  deve  dimenticare  mai  che  il  re  d'  Inghilterra  non  e 
re  d'Irlanda  perche  re  d' Inghilterra,  ma  solo  in  virtu  della  san- 
zione  che  il  parlamento  irlandese  gli  concesse  gia  liberamente  un  ie- 
colo  fa.  Per6  non  e  tradimento  il  cercare  di  mutare  le  relazioni  che 
ora  passano  fra  1' Inghilterra  e  1' Irlanda,  e  bisogna  pur  dire  che 
Edoardo  VII  non  vedrebbe  mal  volentieri  che  anche  il  nostro  paese 
avesse  un  governo  autonomo.  E  assai  nota  la  gentilezza  del  re  e  il 
suo  amore  per  gPIrlandesi.  II  nuovo  Governatore  Lord  Dudley  ha 
fatto  anch'egli  in  questa  parte  quanto  poteva.  La  sua  politica  si  fonda 
infine  sull'  Home  Rule,  e  questo  ottenuto,  1'  Irlanda  potrebbe  cospirare 
all'unissono  colle  altre  parti  dell'  Impero.  Speriamo  che  egli  abbia  forza 
di  carattere  e  buona  volonta  per  continuare  nella  via  incominciata.  Egli 
capisce  che  bisognerebbe  lasciare  che  1' Irlanda  si  sviluppasse  secondo 
le  tradizioni  della  sua  storia,  carattere  e  religione.  Cotal  sua  politica 
tiene  in  ansiosa  aspettativa  gli  uomini  politici  e  ci  aspettiamo  di 
giorno  in  giorno  nuove  cose. 

5.  Nello  stesso  centre  dell'  intolleranza  protestante,  nel  settentrione 
della  Irlanda,  Lord  Dudley  ebbe  il  coraggio  di  fare  appello  a  tutte  le 
classi  perche  volessero  aiutare  il  governo  a  farla  finita  una  volta  per 
sempre  colla  questione  agraria,  il  vero  campo  di  battaglia  fra  cattolici  e 
protestanti,  ricchi  e  poveri.  Fin  qui  tutte  le  leggi  furono  sempre  in 
favore  dei  proprietarii  o  della  classe  dominante,  i  quali  per  lo  piu  sono 
protestanti  e  stranieri,  ma  ora  sembra  che  sia  venuto   il   tempo  dei 
poveri  fittaiuoli.  II   filo   dei   discorsi   del  Governatore  tende  a  dimo- 
strare  che  egli  voglia  far  tenere  una  conferenza  fra  i  rappresentanti 
delle  parti  contrarie.  Le  persone  piu  intelligent  del  paese  la  favori- 
scono  e  ne  sperano  bene.  Ella  non  e  in  se  stessa  gran  cosa,  ma  dara 
agio  ai  due  partiti  contrarii  di  vedersi,  d'intendersi  e  di  venire   ad 
un  accomodamento.  E  si  deve  confessare  che  Lord  Dudley  dal   mo- 
mento  che  giunse  fra  noi,  ha  fatto  assaissimo  per  condurci  a  questo 
accordo  desiderabile. 

6.  La  Chiesa  irlandese  fu  altamente  commossa  quando  alcuni  mesi 
fa,  si  disse  che  il   Dr  Croke,  arcivescovo   di  Cashel,  era  morto.  Noi 
non   vedremo   piu   la  sua  grande  e  maschia  figura.  Quella  sua  voce 
forte  e  ardita  sara  per  sempre  silenziosa.  La  Chiesa  irlandese  ha  per- 
du to  in  lui  uno  dei  suoi  piu  degni  e  devoti  vescovi,  e  la  patria  uno 
dei  suoi  figli  piu  grandi.  II  Dr  Croke  era  sopratutto  un  ecclesiastico, 
ma  la  sua  gigantesca  figura  risplendette  bellamente  anche  nel  grande 
movimento  patriottico  che  e  specialmente  nazionale. 

Egli  fu  la  grande  forza  morale  dietro  la  lega  agraria  (Land  league)^ 
la  quale  egli  credeva  essere  insieme  religiosa  ed  economica,  e  pero  si 
credette  in  diritto,  quale  vescovo  e  quale  patriota,  di  farla  causa  sua 
propria.  Egli  considero  quel  movimento  come  un  grande  sforzo  a  fine 


118  CRONACA 

di  sollevare  il  popolo  irlandese  dall'  immenso  fardello  di  poverta  e  mi- 
serie  alle  quali  la  persecuzione  e  il  mal  governo  di  tanti  anni  1'ave- 
vano  ridotto.  Senza  la  cooperazione  del  Clero,  capitanata  dall'Arcive- 
scovo  di  Cashel  e  dal  Dr  Duggan,  vescovo  di  Clonfert,  il  movimento 
earebbe  stato  impossible.  Era  necessaria  una  buona  dose  di  coraggio 
da  parte  dei  due  prelati  per  ingolfarsi  in  una  questione  che  era  allo 
stesso  tempo  difficile  e  pericolosa. 

La  provincia  occidentale  del  Connaught  ha  perduto  anch'essa  il 
suo  Primate  nella  persona  dell'Arcivescovo  Mgr  Evilly  di  Tuam,  morto 
pieno  di  anni  e  di  meriti,  e  circondato  dall'affetto  e  dalla  riverenza 
delle  sue  pecorelle.  Egli  fu  il  degno  successore  di  colui  che  fu  chia- 
mato  il  grande  Arcivescovo  dell' 0 vest  d'Irlanda,  il  leone  della  tribii 
di  Giuda,  1'amico  e  la  guida  di  0'  Connell.  Dall'anno  1825  in  poi,  per 
un  periodo  di  72  anni,  due  soli  prelati  si  sono  seduti  sulla  sede  di 
Tuam.  Tre  anni  prima  dell'emancipazione  cattolica  nel  1825,  il  Dr  Gio- 
vanni Mac  Hale  fu  consacrato  Arcivescovo  di  Tuam,  e  consegui  la 
piena  giurisdizione  nel  1834.  Egli  celebro  il  giubileo  d'oro  della  sua 
<5onsecrazione  episcopale  nel  1875  e  mori  nel  1881,  occupando  la  sede 
di  S.  Farlath  pel  lungo  periodo  di  57  anni.  II  defunto  Arcivescovo, 
Dr  Mac  Evelly,  fu  consecrate  Yescovo  di  Gahvay  nel  1857,  coadiutore 
dell 'Arei vescovo  di  Tuam  nel  1878,  e  finalmente  succedette  all' Arci- 
vescovo Mac  Hale  nel  1881,  occupando  quella  sede  per  lo  spazio  di 
21  anni.  Egli  mori  a  86  anni.  Come  vescovo  e  patriota  il  caro  de- 
funto compi  la  parte  di  lavoro  assegnatagli,  ed  ora  e  pervenuto  al- 
Peterno  riposo,  fra  le  lagrime  del  popolo  ed  il  profondo  rispetto  della 
Nazione  irlandese. 

INDIA  (Nostra  Corrispondenza).  1.  II  disastro  di  Mangapatnam.  —  2.  La 
partenza  dall'Inghilterra  e  I'arrivo  in  India  del  Maharajah   del  Jaipur. 

1.  La  posta  europea  che  parti va,  mi  fece,  1'ultima  volta,  interrom- 
pere  la  mia  corrispondenza.  Maado  ora  il  resto,  il  quale  credo  inte- 
ressera  vivamente  i  lettori  della  Civiltd.  La  prima  notizia  che  devo 
aggiungere  e  sciaguratamente  dolorosa.  Si  tratta  del  terribile  infor- 
tunio  di  Mangapatnam. 

Nella  notte  del  12  settembre  p.  p.  sulla  strada  ferrata  da  Ma- 
dras a  Bombay,  presso  alia  stazione  di  Mangapatnam  a  205  miglia 
da  quella  citta  accadde  una  delle  piu  terribili  sventure  che  ricordi 
la  storia  ferroviaria  dell' India.  La  notte  era  oscura,  tempestosa.  La 
pioggia  cadeva  a  torrenti  e  le  fitte  tenebre  erano  solo  rotte  di  tanto 
in  tanto  dal  sinistro  chiarore  dei  lampi  e  della  folgore.  A  poca  distanza 
dalla  stazione  il  veloce  treno  si  slancid  sopra  il  ponte  di  un  torrente, 
gonfio  allora  dalle  pioggie  torrenziali.  Ma  il  ponte,  forse  una  mezz'ora 
prima,  era  stato  travolto  dalla  corrente  vorticosa,  e  il  treno  precipitd 


CONTEMPOR  ANE  A  1 1 9 

nelle  onde.  L'immensa  sciagura  avvenne  in  un  istante.  La  guardia 
del  treno  che  si  trovava  nell' ultimo  vagone  riusci  a  frenare  alcuni 
carrozzoni  che  restarono  sospesi  sull'orlo  delPabisso,  ma  tutti  gli  altri, 
dietro  la  macehina,  precipitarono  nel  fiume  e  si  accavallarono  gli 
uni  sugli  altri  in  niodo  spaventoso. 

Chi  fu  presente  al  pietoso  caso  protesto  che  non  era  possibile  ima- 
ginarsi  una  cosa  piu  dolorosa  e  piu  terribile.  Fra  lo  scoppio  dei  tuoni 
del  cielo  inturiato  si  udivano  le  grida  e  gli  urli  dei  pochi  salvi,  i 
gemiti  dei  feriti  e  dei  morenti.  E  con  tutto  cio,  non  prima  dell'alba, 
dopo  tre  lunghe  ore  cioe,  fu  possibile  apprestare  agli  sventurati  soc- 
corso  di  sorta  alcuna.  Molti  rimasero  morti  sul  colpo,  o  schiacciati 
fra  i  carrozzoni,  ovvero  annegati  e  trascinati  a  grande  distanza  dalla 
corrente.  Fino  a  questo  momento  si  sono  ricuperati  55  cadaveri,  disci 
dei  quali  europei  o  meticci,  e  gli  altri  d'  indigeni.  I  feriti  non  sono 
piu  di  una  ventina  che  in  apposite  treno  furono  trasportati  a  Madras, 
gli  altri,  quelli  cioe  che  nelle  carrozze  di  terza  classe  si  trovavano 
in  coda  al  treno,  merce  1'azione  pronta  del  frenatore,  la  Dio  merce, 
si  poterono  salvare. 

Fra  i  viaggiatori  del  treno  sfortunato  vi  era  tutta  una  comitiva 
cattolica  che  andava  a  Bombay  per  imbarcarsi  sul  vapore  Domenico 
Balduino  della  Navigazione  generale  per  far  vela  verso  1'  Italia.  Erano 
Mgr.  Bernard,  arcivescovo  di  Yerapoli,  Mgr.  Benziger  vescovo  coau- 
diutore  di  Quilon,  i  Padri  Angelo,  Bernardo,  Leone  e  Giuseppe,  tutti 
come  i  due  vescovi  appartenenti  all'ordine  Carmelitano,  la  Rev.  Madre 
Teresa,  superiora  del  Convento  di  Ernaculam,  la  sorella  earn  ale  di  lei, 
Suora  Griuseppina,  religiosa  dello  stesso  convento  e  due  minatori  ita- 
liani  che  dalle  miniere  d'oro  del  Mysore  ritornavano  in  Italia.  Questi 
due  ultimi  viaggiavano  in  terza  classe. 

I  due  Yescovi,  i  quattro  Padri  e  le  due  Sucre  dormicchiavano  nelle 
loro  carrozze  quando  accadde  il  terribile  accidente.  La  carrozza  dove 
erano  le  Suore  precipito  come  tutte  le  altre  nel  torrente  e  le  due  po- 
verine  rimasero  morte,  una  sotto  la  carrozza,  1'altra  forse  ferita  so- 
lamente,  fu  trascinata  lontano  dalla  corrente  che  la  travolse  ed  an- 
nego  miseramente.  Anche  la  carrozza  dove  i  due  Yescovi  dormivano- 
cadde  nel  fiume,  il  pavimento  si  divise  in  due  parti,  1'acqua  irruppe 
dentro  furiosamente  e  i  due  Yescovi  storditi  e  contusi,  ma  rimasti 
incolumi  nella  caduta,  vennero  alia  lor  volta  trascinati  dalla  corrente 
alia  distanza  di  tre  miglia,  dove  finalmente  poterono  prender  terra 
rimanendo  per  tutto  il  resto  della  notte  esposti  alia  pioggia  rovi- 
nosa  e  all'  infuriare  della  tempesta.  II  padre  Leone  cadendo  nel  fiume 
ebbe  una  gamba  contusa  ed  imprigionata  sotto  alcune  tavole  della  car- 
rozza eintanto  1'acqua  del  torrente  che  gligiungeva  al  collo  spumeggiava 
intorno  alui,  di  tanto  in  tanto  coprendolointeramente.  Quando  apparvero 


120  CRONACA 

i  primi  chiarori  dell 'alba  uno  del  minatori  Italian! ,  un  certo  Luigi  Corsi, 
corse  a  salvarlo.  Gli  altri  Padri  ebbero  piu  o  meno  la  sorte  del  due  Ve- 
scovi  ed  uscirono  salvi  dall'  immane  disastro.  E  qui  va  data  una  ben 
meritata  lode  ai  due  minatori  italiani,  i  quali,  salvi  essi  stessi  merce  la 
prontezza  del  frenatore  nell'arrestare  una  parte  del  treno  sull'orlo  del 
precipizio,  non  posero  tempo  in  mezzo  ad  aiutare  i  compagni  piii  sven- 
turati  ed  a  loro  si  deve  la  salvezza  di  molti. 

La  incolumilita  dei  prelati  e  dei  sacerdoti  cattolici  fu  poco  meno 
che  miracolosa.  Da  ogni  parte  vennero  loro  telegrafate  congratulazioni, 
primo  fra  tutti  nel  compire  il  nobile  ufficio  lo  stesso  Yicere  Lord 
Curzon.  I  due  Yescovi  e  i  Padri  perderono  quanto  possedevano,  e 
1'Arcivescovo  di  Yerapoli  fra  le  altre  cose  perdette  alcuni  documenti 
preziosi  dell'antica  Chiesa  siriaca  che  portava  seco  a  Eoma.  Dei  viag- 
giatori  cattolici  solo  le  due  povere  Suore  rimasero  vittime  e  i  loro 
corpi  furono  religiosamente  sepolti  vicino  al  luogo  del  disastro.  Degli 
altri  morti,  tranne  i  macchinisti  e  due  soldati  inglesi,  tutti  europei, 
i  piu  erano  indu  pagani,  fra  i  quali  due  intiere  famiglie  che  nelle 
acque  o  sotto  le  rovine  delle  carrozze  trovarono  a  un  tempo  una 
morte  miseranda.  II  giorno  dopo  dalle  stazioni  vicine  accorsero  nu- 
merosi  impiegati  ferroviarii,  europei  ed  indigeni  e  misero  tosto  mano 
al  salvataggio.  II  penoso  lavoro  duro  quattro  interi  giorni,  e,  non 
ostante  tutta  la  loro  buona  volonta,  gran  parte  degli  oggetti  appar- 
tenenti  ai  viaggiatori  andd  perduta.  I  sacchi  della  posta  per  1'India 
e  per  1'Europa,  impregnati  d'acqua,  furono  tolti  di  sotto  alle  rovine, 
e  ripartirono  pel  loro  destine.  I  cadaveri  dei  defunti  vennero  sep- 
pelliti  o  bruciati,  i  feriti  furono  condotti  a  Madras  e  con  cio  la  triste 
tragedia  ebbe  fine.  Possa  la  terribile  sventura  del  12  settembre  in- 
durre  le  autorita  ferroviarie  a  fare  osservare  con  maggiore  diligenza 
le  prudentissime  regole,  fatte  gla  in  occasione  di  un  altro  simile  di- 
sastro, che  ordinano  al  tempo  del  monsone  di  tenere  un  occhio  vigi- 
lante sulla  linea  ferroviaria  e  sui  ponti  dei  torrenti  e  dei  fiumi. 

2.  Da  una  cosa  triste  passiamo  ad  una  piti  lieta. 

Fra  i  molti  principi  indiani  che  onorarono  colla  loro  presenza  la 
incpronazione  di  Re  Edoardo  VII,  il  piu  segnalato  fu  il  nobile  Maha- 
ragiah  del  Jaipur,  Stato  semindipendente  della  Rajputana.  Descrissi 
gia  a  suo  tempo  le  cerimonie  ch'egli  uso  prima  di  lasciare  1'India. 
Ecco  come  si  compi  il  suo  ritorno. 

L'astrologo  del  Re  avendo  interrogate  e  resi  propizii  i  pianeti,  si 
ebbe  da  loro  per  risposta  che  il  viaggio  di  ritorno  sarebbe  felicissimo, 
ove  Sua  Maesta  lasciasse  Londra  per  imbarcarsi  a  Dover  il  21  ago- 
sto.  Or  avvenne  che  il  Raja,  proprio  quel  giorno,  fosse  impedito,  e 
1'astrologo  sciolse  il  problema,  persuadendo  il  suo  padrone  a  mandar 
un  altro  a  Dover  che  tenesse  le  sue  veci.  II  Raja  parti  realmente  il 


CONTEMPORANE  A  121 

giorno  dopo.  Egli  portava  con  se  30  tonnellate  di  bagaglio,  nel  quale, 
fra  altre  infinite  cose,  si  comprendevano  fucili,  carabine,  giuocattoli 
da  bambini,  macchine  da  cmcire,  una  culla  portatile,  biciclette,  una 
macchinetta  ferroviaria  da  salone,  lanterne  magiche,  camere  fotogra- 
fiche  e  cose  simili.  La  parte  piu  sacra  del  bagaglio  perd  conteneva 
il  dio  particolare  del  Raja,  gli  utensili  liturgici  per  il  sacrifizio  e  il 
resto  dell'acqua  del  Gange  che  egli  aveva  portato  con  se  dall'India. 
I  facchini  europei  poterono  a  loro  piacere  maneggiare  il  bagaglio  or- 
dinario,  ma  i  colli  che  contenevano  gli  dei  e  le  altre  cose  sacre  fu  - 
rono  messi  a  bordo  dai  sacerdoti  bramini  che  accompagnavano  i)  Raja, 
ordinati  in  solenne  processione  e  salmodiando  gli  inni  della  loro  re- 
ligione. 

II  Raja  arrivo  a  bordo  il  22  in  mezzo  a  150  persone  del  suo  se- 
guito,  tutte  vestite  degli  abiti  loro  proprii  e  carichi  di  magBifici  gio- 
ielli  orientali.  Una  folia  immensa  assisteva  dalla  riva  alia  partenza 
del  vapore,  la  «  Duchessa  di  York  » ,  noleggiato  dal  Raja,  solo  per  se 
e  pel  suo  seguito.  Quando  il  battello  mosse  la  prora  verso  la  bocca 
del  porto,  la  folia  acclamo  entusiasticamente  il  Re  orientale,  il  quale 
non  finiva  colla  sua  gente  di  profondarsi  in  riverenze  e  salaams 
al  popolo  inglese,  del  quale  e  amico  e  suddito  fortunate.  II  Raja 
gusto  assai  i  tre  mesi  da  lui  passati  in  Inghilterra,  e  ha  lasciato 
presso  tutti  un  dolce  ricordo  di  se.  Arrivato  a  Bombay,  venne  rice- 
vuto  dalle  autorita  inglesi  con  tutti  gli  onori  dovuti  al  suo  grado,  e 
con  tutte  le  cerimonie  religiose  proprie  della  religione  braminica  della 
quale  il  nobile  Raja  e  fervente  seguace. 

AUSTRALIA  (Nostra  Corrispondenza) .  1.  L'emigrazione  dall' Austral! a  nel- 
1'Africa  del  Sud.  —  2.  L'immigrazione  nell'Australia.  —  3.  Questioni 
militari. 

1.  Nonostante  il  regolamento  inglese  che  proibisce  d'emigrare  nel- 
1'Africa  del  Sud,  salvo  che  Pemigrante  non  possegga  la  somma  di 
100  lire  sterline,  molte  persone  (ognuna  delle  quali  possiede  una 
somma  approssimativa  alle  100  lire)  lasciano  1'Australia  per  recarsi 
a  Cape  Town,  di  modo  che  la  corrente  dell'emigrazione  lungi  dal  di- 
minuire  diventa  ogni  giorno  piu  potente. 

Relazioni  poco  favorevoli  furono  inviate  a  Melbourne  ed  a  Sydney 
dall' Africa  del  Sud,  rispetto  alle  difficolta  incontrate  dagli  emigranti; 
pero  queste  non  ebbero  per  effetto  di  frenare  le  suddette  emigra- 
zioni.  E  bensi  vero  che  gli  onorarii  nell' Africa  del  Sud  sono  assai 
elevati,  pero  e  difficile  il  procurarsi  lavoro  e  le  spese  del  vittosono 
superiori  a  quelle  dell'Australia.  Le  richieste  di  lavoro,  eseguito  ge- 
neralmente  dai  bianchi,  sono  limitate  e  su  cento  individui  nuova- 
mente  arrivati  sono  ben  pochi  quelli  che  possono  ottenere  un  impiego 


122  CRONACA 

conveniente.  L'agente  commerciale  di  una  delle  principal!  case  del- 
1' Africa  del  Sud,  pubblicd  ultimamente  il  seguente  articolo  che  di- 
mostra  quanto  arrischiato  e  seonsiderato  sia  il  modo  d'agire  dimolte 
persone  nel  volere  andare  nella  colonia  del  Capo  o  nel  Transvaal. 
Ecco  come  egli  s'esprime:  «  lo  non  desidero  negare  le  future  spe- 
ranze  dell'Africa  del  Sud;  voglio  soltanto  insistere  sul  fatto  che  in 
questo  momeato  e  una  vera  pazzia  da  parte  delle  nostre  popolazioni 
il  precipitarsi  ed  accorrere  tutti  cola,  specialmente  nelle  condizioni 
presenti.  Le  notizie  che  mi  giungono  stabiliscono  che  gli  emigrati 
arrivano  cola  in  tal  numero  che  e  proprio  impossible  trovare  per 
tutti  impieghi  o  lavoro  di  qualsiasi  genere.  Dobbiamo  aggiungere  a 
questa  insuperabile  difficolta  il  fatto  che  la  vita  nell'Africa  del  Sud 
e  molto  eostosa,  e  secondo  il  dire  della  mia  gente,  sembra  come  se 
molti  si  affollassero  cola  per  morir  di  fame.  Essi  aggiungono  inoltre 
-che  le  risorse  del  paese  sono  state  di  molto  esagerate,  e  che  bisogneranno 
due  anni  prima  che  tutti  gli  affari  riprendano  il  loro  corso  normale.  » 
Una  delle  cause  di  questo  movirnento  degli  Australian!  emigrant! 
verso  1'Africa  del  Sud,  pu6  trovarsi  nella  terribile  siccita  della  quale 
soffre  1'Australia  e  che  cagiona  un'immensa  distruzione,  sempre  piu 
crescente,  di  montoni  e  di  pecore  pel  valoredi  diversi  milioni  di  lire 
sterline.  I  ricchi  possidenti  possono  sopportare  queste  perdite,  ma 
quelli  che  la  Provvidenza  non  ha  provvisto  di  mezzi  abbondanti  tro- 
vano  la  lotta  troppo  ardua,  e  benche  possano  con  pazienza  ed  ener- 
gia  continuare  ancora  il  loro  lavoro  in  Australia,  soccombono  in  certo 
modo  alia  tentazione  dell'emigrazione.  Diversi  sistemi  sono  stati  sug- 
geriti  per  provvedere  1'Australia  di  acqua  a  fine  di  rendere  abitabili 
le  regioni  piu  aride.  Nello  Stato  settentrionale  del  Queensland  ed 
anche  al trove  furono  scavati  pozzi  artesian!  per  mezzo  di  una  perfo- 
ratrice  diamante.  Nel  solo  Stato  del  Queensland  vi  sono  839  pozzi  a 
tubi,  rappresentanti  un  to  tale  di  quasi  100,000  piedi  di  foratura, 
mentre  il  prodotto  continuo  di  315  di  questi  pozzi  e  di  321,653,629 
gallon!  inglesi  ossia  piu  di  un  miliardo  di  litri  al  giorno.  Per  mezzo 
di  cotesti  pozzi  sono  gia  stati  salvati  pecore  e  montoni  per  un  capi- 
tale  del  valore  di  centinaia  di  migliaia  di  lire  sterline,  ed  il  bene- 
fizio  che  se  ne  spera  in  futuro  sara  probabilmente  anche  maggiore. 
•In  questo  modo  i  deposit!  d'acqua  sotterranei,  condotti  alia  superfi- 
cie,  riusciranno  piu  profittevoli  per  1'Australia  di  tutte  le  miniere 
d'oro  sin  ora  scoperte  e  possedute  da  essa.  Speriamo  anche  che  un 
prossimo  avvenire  vedra  i  lavori  d'  irrigazione  eseguiti  sopra  un  ter- 
ritorio  esteso  ed  in  connessione  col  flume  Murray  ed  altri  fiumi  che 
scorrono  continuamente.  La  siccita  alia  quale  1'Australia  va  soggetta 
e  cagionata  principalmente  dalla  poca  altezza  delle  montagne  austra- 
liane  e  dalla  natura  assorbente  del  suolo. 


CONTEMPORANEA 

2.  E  un  fatto  proprio  strano  che  in  un  paese  esteso  come  1'Au- 
stralia  nessuno  sforzo  venga  fatto  per  incoraggiare  1'  immigrazione 
dail'  Europa  d'una  classe  di  coloni  veramente  desiderabili.  Ultima  - 
mente  il  corrispondente  londinese  d'un  giornale  di  Melbourne  di- 
scusse  questa  questione  e  fece  un  interessante  paragone  riguardo  agli 
sforzi  fatti  dal  Canada  per  attirare  nei  suoi  dominii  coloni  europei. 
«  L' ultima  votazione  finanziaria  del  Canada  per  incoraggiare  Pirn- 
migrazione  dal  Regno  Unito  e  dall'  Europa  nei  Dominii,  ammonta 
a  89,000  lire  sterline,  delle  quali  non  meno  di  22,000  servirono  a 
pagare  gli  onorarii  degli  agenti  locali  inglesi  e  continentali.  Quando 
sara  dunque  che  anche  1'Australia  faccia  uno  sforzo  organizzato  per 
attirare  verso  i  suoi  milioni  di  ettari  trascurati  alcuni  di  quei  piccoli 
capitalisti  e  di  quei  robusti  e  tarchiati  giovani  affittaiuoli  che  abban- 
donano  continuamente  1'  Inghilterra,  la  Scozia,  1'  Irlanda,  la  Germa- 
nia,  la  Svezia,  la  Norvegia  ed  altri  paesi  per  cercar  fortuna  al  di  la 
dei  mari  e  scelgono  generalmente  1'ovest  dell'Atlantico  ?  La  provin- 
cia  del  Queensland,  il  solo  stato  dell'Australia  che  in  questi  ultimi 
anni  abbia  fatto  sforzi  sistematici  per  assicurarsi  coloni  del  Hegno 
Unito,  presa  d'un  tratto  da  un  accesso  di  economia  fiDanziaria,  sta 
rinunziando  alia  sua  impresa,  per  risparmiare  circa  1200  lire  ster- 
line alPanno !  E  la  Federazione  apparentemente  giudica  che  questa 
questioae  pud  essere  differita  indefinitamente.  Perche  rinviarla  inde- 
finitaoaente?  Questo  stato  di  cose  deve  sembrare  strano  e  doloroso 
agli  Australian!  assennati  che  vivono  nei  proprio  paese  e  vedono  che 
la  corrente  dei  migliori  coloni  del  vecchio  mondo  passa  vicino  a  loro 
senza  entrarvi  ne  soffermarsi. 

«  Con  una  spesa  di  3500  o  4000  lire  sterline  alPanno,  il  Governs 
della  Confederazione  potrebbe  iniziare  in  modo  limitato  ma  efficente 
alcuni  dei  migliori  fra  i  varii  metodi  e  sistemi  messi  in  opera  dal 
Canada  per  tener  sempre  presenti  alle  popolazioni  del  Regno  Unito,. 
specialmente  a  quelle  rurali,  le  varie  Industrie,  le  attrattive  ed  i 
vantaggi  che  i  Dominii  offrono  ai  loro  coloni.  II  Canada  ha  aumen- 
tato  di  molto  le  sue  spese  per  questa  impresa,  e  si  trova  rimunerato. 
Oltre  all'attirare  le  popolazioni  verso  le  sue  terre  aiuta  il  paese  an- 
che sotto  il  lato  commerciale  presentando  sui  mercati  inglesi  i  varii 
prodotti  del  Canada.  I  prodotti  e  le  manifatture  canadesi  si  distin- 
guono  in  modo  prominente  e  sono  conosciuti  da  tutti,  poiche  figu- 
rano  per  piu  di  6  mesi  ogni  anno,  nelle  different!  mostre  d'agricol- 
tura  e  di  prodotti  di  manifatture  del  Regno  Unito.  Dobbiamo  aggiun- 
gere  a  tutto  questo  che  vi  sono  anche  esposizioni  permanent!  orga- 
nizzate  e  disposte  diligentemente  che  vengono  rinnovate  di  tanto  in 
tan  to  in  tutti  i  principal!  centri  provincial!  inglesi.  In  ogni  uffizio 
postale  del  Regno  Unito  si  espongono  avvisi  per  rendere  note  le  re- 


124  CRONACA 

gioni  del  Canada,  come  pure  le  colonne  del  giornali  del  paese  recano 
abbondanti  relazioni  sui  Dominii  del  Canada ;  e  quando  nei  mesi  d'in- 
verno  gli  agenti  del  Governo  canadese  non  possono  occupare  il  loro 
tempo  in  modo  piu  fruttuoso,  viaggiano  per  tutto  il  paese,  ognun  di 
loro  nella  provincia  che  gli  venne  assegnata,  e  la  distribuiscono  fo- 
glietti  volanti,  fanno  conferenze,  si  mettono  a  contatto  cogli  uomini 
d'affari  e  cogli  agenti  marittimi,  s'introducono  nei  clubs  di  affittaiuoli, 
d'appaltatori,  si  nelle  citt&  come  nei  villaggi,  ed  in  questo  modo 
fanno  conoscere  se  ed  il  proprio  paese.  L'Australia  non  voile  ritor- 
nare  all'antico  sistema  assai  combattuto  perche  tendeva  a  popolare 
di  troppo  il  mercato  del  lavoro.  Ma  questo  sistema  non  constituisce  in 
nessun  modo  la  politica  del  Canada.  II  fatto  che  deve  essere  scolpito 
nelle  menti  £  che  esiste  effettivamente  negli  Stati  del  Regno  Unito 
e  di  tutto  il  Continente  un  gran  numero  di  persone,  aventi  mezzi 
ristretti,  ma  dotate  di  esperienza  e  di  pratica  per  1'agricoltura,  che 
sono  costrette  ad  emigrare  per  salvare  dalla  miseria  la  propria  fami- 
glia  sempre  crescente  e  che  preferirebbero  emigrare  in  una  colonia 
inglese  piuttosto  che  negli  Sfeati  Uniti  ovvero  nell'Argentina.  »  Fin 
qui  il  giornale  di  Melbourne. 

3.  II  desiderio  manifestato  ultimamente  dalla  Gran  Bretagna  di 
trascinare  il  Canada,  1'Australia  e  le  altre  Colonie  britanniche  nei 
suo  sistema  militare  e  navale  non  fu  accolto  con  benevolenza  in  Au- 
stralia. II  Governo  imperiale  spera  ottenere  un  forte  sussidio'  dalle 
Colonie,  in  aiuto  della  sua  marina,  e  nella  conferenza  dei  Primi  Mi- 
nistri  delle  Colonie  britanniche  che  ebbe  luogo  a  Londra,  nelPocca- 
sione  dell'  incoronazione  del  Re  Eduardo,  fu  fatto  un  tentative  a  fine 
di  formare  una  milizia  imperiale  in  riserva  che  doveva  essere  sotto- 
messa  al  Ministero  della  Guerra,  e  pronta,  in  caso  di  bisogno,  per  il 
servizio  all'estero.  Sir  Wilfrid  Laurier  e  Sir  Edmund  Barton  si  mo- 
strarono  affatto  senza  riguardi  nei  rifiutare  schiettamente  la  proposta 
di  mantenere  un  esercito  imperiale  di  difesa.  Anzi  noi  ci  arrischiamo 
a  dire  che  il  Presidente  della  Confederazione  australiana,  ha  soste- 
nuto  con  verita  il  sentimento  pubblico  quando  disse  che  gli  Stati 
australiani  non  sborserebbero  denari  per  mantenere  forze  militari, 
salvo  solo  il  caso  di  bisogno  di  difesa  locale,  Le  colonie  non  SOEO 
punto  disposte  a  confidare  all' Inghilterra  i  loro  denari.  II  modo  in 
cui  la  guerra  del  Sud  Africa  fu  amministrata  sotto  il  rispetto  finan- 
ziario  cammina  di  pie  pari  colla  strategia  militare  onde  fu  diretta  e  gui- 
data  nei  primi  periodi  del  combattimento.  I  generali  sbagliarono  ma- 
lamente,  ma  il  Ministero  della  guerra  li  sorpasso  in  ignoranza,  poi- 
che  intraprese  la  guerra  balordamente,  e  negli  acquisti  e  trasporti 
delle  provvigioni  i  denari  furono  gettati  a  milioni  dietro  a  mere  scioc- 
chezze,  e  questo  perche  il  patrocinio  inglese  persiste  a  riempire  i  suol 


CONTEMPORANEA  125 

uffizi  di  pecoroni  ben  pagati,  perche  raccomandati  da  alte  aatorita.  Le 
Colonie,  benche  leali  e  profondamente  devote  all'Impero,  e  sempre 
pronte  ad  aiutarlo  al  minimo  attacco,  non  vogliono  dar  retta  ai  si- 
stemi  e  ai  metodi  del  Ministero  della  Gruerra.  Per  questa  ragione  gli 
uomini  piu  assennati  della  Confederazione  rivolgono  il  loro  pensiero 
e  la  loro  attenzione  a  provvedere  1' Australia  d'una  flotta,  piuttosto 
che  aumentare  i  nostri  sussidii  per  assicurare  sempre  piu  la  forza 
marittima  britannica.  Noi  siamo  certi  di  spendere  i  nostri  denari  per 
provvedere  alia  nostra  propria  difesa  molto  piu  efficacemente  e  con 
maggior  vantaggio  che  non  li  possa  spendere  1' Inghilterra  per  noi. 
L'Australia  ed  il  Canada  rifiutano  assolutamente,  come  disse  Sir  Wil- 
frid Laurier  alia  Conferenza  dei  Primi  Ministri  delle  Colonie  britan- 
niche  « d'essere  trascinati  nel  vortice  del  militarismo  europeo !  » 
Non  e  certo  piacevole  per  gli  Austrsliani  di  vedere  forti  somme  di 
tlenaro  spese  per  pagare  gli  ufficiali  e  tutto  il  personale  dei  reggi- 
menti  inglesi  qui  proprio  nell' Australia  stessa.  Essi  preferirebbero  di 
molto  che  cotesti  denari  fossero  spesi  nell'armamento  effettivo  dei 
tiri  a  segno  locali  e  nell'addestramento  d'una  soldatesca  cittadina. 
Un  certo  movimento  va  propagandosi  sempre  piii  in  tutti  gli  Stati 
della  Confederazione  australiana,  per  favorire  un'economia  eerapre  piu 
grande  nell'  intero  organismo  del  Governo,  e  le  elezioni  generali  che 
ebbero  luogo  ultimamente  nello  Stato  di  Victoria  hanno  avuto  per 
esito  la  formazione  d'un  Ministero  che  si  e  impegnato  ad  introdurre 
una  profonda  riforma  nelle  finanze  di  tutti  i  rami  dei  servizii  civili 
e  nell'amministrazione  delle  ferrovie. 

LETTERA 
del  Presidente  Gensrale  dell' Opera  dei  Congress!  Cattolici 

CONTRO  IL  DIYORZIO 


«  Tutti  ricorderanno  come  in  Italia,  quando  per  opera  di  due  de- 
putati  socialist!,  Berenini  e  Borciani,  si  riaffaccio  il  pericolo,  altre 
volte  felicemente  scongiurato,  che  il  nefasto  istituto  del  divorzio  fosse 
imposto  alia  nostra  nazione  cattolica  con  una  sanzione  legale,  scoppid 
per  tutta  la  penisola  un  coro  unanime  di  proteste,  quasi  eco  del  sen- 
timento  generale  delle  coscienze  italiane  e  grido  d'allarme  contro  una 
grave  minaccia  alia  prosperita  della  patria. 

« La  relativa  mitezza  del  progetto,  suggerita  forse  ai  proponent! 
dalla  necessita  di  non  urtare  di  fronte  la  coscienza  morale  e  religiosa 
di  tutto  un  popolo,  non  illuse  alcuno,  e  si  videro  uomini  di  tutti  i 
partiti,  eminenti  per  sapere  e  competenza  nelle  materie  giuridiche, 
sociali  e  politiche,  trovarsi  d'accordo  nel  rilevare  la  nessuna  opportu- 


126  LETTERA  DEL  PRES.  GEN.  DELI/OPERA  DEI  CONOR.  CATT. 
nita  dell'istituto,  anzi  i  danni  immensi  del  quali  sarebbe  tristamente 
fecondo. 

« I  Cattolici  poi,  dalla  forza  stessa  delle  loro  convinzioni  religiose 
fatti  i  piu  solleciti  del  vero  bene  del  paese,  mostrarono  di  avere  la 
loro  piu  lucida  conoscenza  del  dovere,  e  sotto  la  guida  della  loro  na- 
turale  rappresentante,  1'Opera  del  Congress!,  iniziarono  un'agitazione, 
la  quale  rivelasse  ai  governanti,  colPenormita  del  progetto,  quale  an- 
cora  fosse  la  vera  volonta  della  nazione.  Non  si  trascuro  nessuno  del 
lati  secondarii  della  questione,  nessuno  degli  amnaaestramenti,  che  i 
dati  di  fatto  forniti  dall'esperienza  di  quelle  nazioni,  che  prima  di  noi 
vollero  fame  la  prova  ed  oggi  ne  subiscono  le  dolorose  con3eguenzey 
offrivano ;  ma  principal mente  e  innanzi  tutto  fu  trattata  la  questione 
di  principio,  ad  arte  trascurata  dai  pochi  paladini  del  divorzio,  ai 
quali,  conscii  che  il  passo  decisive  sarebbe  fatto  e  col  tempo  passe- 
rebbe  il  resto,  tornava  conto  fosse  lasciata  in  seconda  linea,  ovvera 
supposta  gia  in  senso  favorevole  risolta. 

€  Effetti  di  questa  agitazione  furono  una  piu  luminosa  evidenza 
della  santita  e  necessita  del  carattere  indissolubile  della  fainiglia,  tale 
da  escludere  omai  qualunque  residue  di  buona  fede  negli  avversarir 
e  una  prova  di  piu  che,  se  le  leggi  debbono  corrispondere  ai  reali 
bisogni  dei  popoli,  ne  mai,  specialmente  in  quelli  retti  da  un  governo 
rappresentativo,  mettersi  in  contraddizione  colle  credenze,  colle  tra- 
dizioni,  coi  costumi,  colla  loro  giusta  volonta,  questa  del  divorzio  non 
dovrebbe  neppure  essere  vagheggiata  o  consigliata  in  un  semplice  pro- 
getto.Yalga  a  mostrarlo  il  numero  immenso  di  firme  in  breve  tempo 
raccolte  e  riunite  in  piu  volumi,  sotto  forma  di  petizione  al  Parla- 
mento. 

«  Oio  nonostante,  oggi  il  pericolo  risorge  piu  grave.  Quello  che  era 
soltanto  il  progetto  di  un  partito,  e  non  certo  au  tore  vole,  oggi  diventa 
progetto  ministeriale,  dopo  che  P  iniziativa  e  stata  assunta  dallo  stessa 
G-overno.  Noi  non  vogliamo  qui  discutere  quali  ragioni,  vere  o  pre- 
sunte,  quali  opportunita  parlamentari,  quali  scopi,  estranei  certo  alia 
vita  della  nazione,  abbiano  indotto  il  Ministero  a  questa  decisione. 
Per  noi  la  questione  non  viene  mutata,  resta  in  tutta  la  sua  interezza 
e  gravita,  quale  era  al  tempo  del  progetto  socialista,  quale  e  ed  e 
sempre  stata;  rimane  1'offesa  che  si  vuol  fare  alia  nostra  religione, 
Pattentato  alia  pace  famigliare,  alia  moralita  del  nostro  popolo  e  con- 
seguentemente  la  comproinessa  nostra  prosperita  nazionale,  legata  es- 
senzialmente  ai  due  principi  inseparabili  della  religione  e  della  morale. 

«  Lungi  quindi  dal  ritenerci  paghi  di  cid  che  abbiamo  fatto,  la- 
sciando  sfruttare  una  quiete,  calcolatamente  attesa,  quasiche  la  vo- 
lonta nostra  sia  divenuta  tutt'altra,  o  almeno  si  sia  trasformata  in 
benevola  a?pettativa,  sentiamo  oggi  il  nostro  dovere  divenuto  piu 


CONTRO   1L  DIVORZIO  127 

imperioso  coll'aggravarsi  stesso  del  pericolo.  L'agitazione  che,  se  non 
disarmati,  ha  almeno  per  un  poco,  trattenuti  sospesi  i  propugnatori 
del  divorzio,  deve  ora  risorgere  piii  viva  che  mai,  usando  di  tutti  quei 
mezzi  che  il  nostro  zelo  c'inspira  e  la  legge  ci  permette. 

«  Occorre  impedire  la  confusione  delle  idee  tanto  opportuna  a  chi 
ne  ha  una  ben  precisa  da  imporre  per  sorpresa ;  far  si  ehe  rifulgano 
in  tutta  la  loro  luce  le  assolute  ragioni  dell'indissolubilita  del  matri- 
monio,  moltiplicando  le  conference  e  le  periodiche  trattazioni  sui  gior- 
nali;  del  popolo  cosi  illuminate  rendere  pubblica  e  solenne  la  con 
vinzione  ed  il  volere,  specialmente  per  mezzo  di  numerosi  comizii,  i 
quali  facciano  concreta  la  loro  affermazione  in  appositi  ordini  del 
giorno;  e  queste  convinzioni  ed  affermazioni  trasmettere  incessante- 
mente  alia  Presidenza  della  Camera,  affinche  nessuna  scusa,  neppur 
1'ombra  del  dubbio  rimanga  al  legislatore,  intorno  al  sentimento  na- 
sionaie,  di  cui  dovrebbe  essere  il  fedele  interprete. 

«  Sopratutto,  ricordandoci  di  essere  cristiani,  non  trascuriamo  d'in- 
vocare  sui  nostri  sforzi  gli  aiuti  del  Cielo,  facendo  a  Dio  colle  fer- 
venti  preghiere  una  dolce  violenza  perche  ai  niali  della  patria  nostra 
non  permetta  se  ne  aggiunga  un  altro  e  gravissimo ;  stringendoci  con 
spirito  di  fede  ossequiosa  ed  ubbidiente  intorno  ai  Pastori  Spiritual! 
«  rispondendo  concordi  a  quegl'  inviti,  che  essi  nella  illuminata  sol- 
lecitudine  per  il  bene  si  degneranno  manifestarci.  Ferrara  26  no- 
veinbre  1902.  11  Presidents  Generate  G-ROSOLI.  > 

OPERE  PERVENUTE  ALL  A  DIRE  ZI  ONE  £ 


Annuaire  pour  Van  1903  publie  par  le  Bureau  des  Longitudes.  Avec 
des  Notices  scientifiques.  Paris,  Gauthier-Villars,  16°,  VIII-808  p. 

Bardenhewer  O.  Patrologia.  Versione  italiana  sulla  2a  ed.  tedesca 
-con  aggiunte  bibliografiche  per  il  SAC.  DOTT.  PROF.  ANGELO  MERCATI. 
Vol.  I.  Dalla  fine  del  I  all'  inizio  del  IV  secolo.  Roma,  Desclee,  1903, 
8°,  XVI-290  p.  Vedi  quanto  si  e  detto  dell'edizione  originale.  Civ.  Catt. 
XVI,  4  (1895)  324;  XVII,  11  (1900)  591. 

Battaglia  E.  Aurora  Dimna.  Con  prefazione  di  T.  NEDIANI.  Firenze, 
libr.  ed.  fiorentina,  1903,  16°,  XII-200  p. 

Biederlack  G.  S.  I.  La  questions  sociale.  Versione  del  prof.  MEL- 
CHIADE  VIVARI  Stimatino.  2»  ed.  accresciuta  e  migliorata  sulla  5a  ed. 
tedesca  con  un'appendice  relativa  alle  condizioni  sociali  della  donna. 
Roma,  Pustet,  1903,  8°,  XII-260  p.  Cfr.  Civ.  Catt.  XVII,  2  (1898)  335 ; 
7  (1899)  78. 

Bonaccorsi  G.  M.  S.  C.  dott.  in  Teol.  U  Natale.  Appunti  d'esegesi 
e  di  storia.  Roma,  Libr.  Desclee,  Lefebvre  e  C.  1903,  8°,  166  p.  L.  1,25. 

Contemporains  (Les)  XXI*me  Serie.  Paris,  Bonne  Presse,  8°  gr.  Fr.  2. 

Conti  A.  II  Messia.  Redentore  vaticinato.   Uomo  del  dolori.  Re  della 

1  Non  essendo  possibile  dar  conto  delle  molte  opere,  che  ci  vengono  inviate,  eon  quell* 
.aollecitudine  che  si  vorrebbe  dagli  egregi  Autori  e  da  noi,  ne  diamo  Intanto  un  annunzio 
sommario  che  non  importa  alcun  giadizio,  riserbandoci  di  ternary!  sopra  a  seconda  dell'op- 
portunita  e  dello  spazio  concesso  nel  periodico. 


128  OPERE   PERVENUTE   ALLA   DIREZIONE 

gloria.  Con  undid  finissime  riproduzioni  di  quadri  classic!.  Firenze,  libr. 
Salesiana,  1903,  16°,  VIII- 184  p.  L.  2. 

Corridore  F.  Storia  documentata  della  popolazione  di  Sardegna 
(1479-1901)  2a  ed.  rifatta  e  accresciuta  corredata  di  carte.  Torino,  Clau- 
sen, 1902,  8°,  330  p.  L.  6. 

Decorsant  L.  Quis  ut  Deusf  Paris,  Retaux,  1902,   16°,  VIII-336  p. 

De  Salviac  Martial,  O.  M.  C.  Un  peuple  antique  au  pays  de  Me- 
nelik.  Les  Galla  (dits  d'origine  Gauloise)  Grand  Nation  Africain.  2^me 
ed.  Paris,  Oudin,  VIII-854  p.  Fr.  7,50. 

Dictionnaire  d' Archeologie  chretienne  et  de  Liturgie,  publie  par  le 
R.  P.  DOM  FERNAND  CABROL  benedictin  de  Solesmes,  prieur  de  Farnbo- 
rough  (Angleterre)  avec  le  concours  d'un  grand  nombre  de  Collabora- 
teurs.  Fasc.  I.  (A-Q.  —  Accusations  contre  les  Chretiens}.  Paris,  edit.  Letou- 
zey  et  Ane,  1903,  8°,  p.  1-287.  Fr.  5  ciascun  fascicolo. 

Dufresne.  Les  cryptes  vaticanes.  Con  due  tavole  fuori  di  testo.  Rome> 
Desclee,  1902,  8°,  128  p.  L.  2,25. 

Eusebio  de  la  Asuncion  Carm.  Sc.  Conveniencia  de  definir  como 
dogma  de  Fe  la  Asuncion  de  la  Virgen.  Barcelona,  Giro,  1903,  16°.  128  p. 

Male  Emile.  L' Art  religieux  du  XIII  siecle  en  France,  etude  sur 
1' iconographie  du  moyen  age  et  sur  ses  sources  d' inspiration  (Ouvrage 
couronne  par  1'Acad.  d.  Inscr.  et  Belles  Lett-res).  Nouvelle  edit,  illustr. 
de  127  grav.  Paris,  A.  Colin,  1902,  4°,  468  p.  Fr.  20. 

Margreth  J.  Das  Gebetsleben  Jesu  Christi  des  Sohnes  Gottes.  Minister,. 
Aschendorif,  1902,  8°  XII-324  p.  M.  6. 

Merry  del  Val  R.  archbishop  of  Nicaea.  The  truth  of  Papal  Claims \ 
A  Reply  to  the  validity  of  Papal  Claims  by  F.  NUTCOMBB  OXENHAM  D.  D* 
Engl.  Chaplain  in  Rome.  London,  Sands,  1902,  16°,  XVI -146  p. 

Monumenta  Ecclesiae  Liturgica  ediderunt  et  curaverunt  FERDI- 
NANDUS  CABROL,  HENRICUS  LECLERCQ,  monachi  benedictini,  Congr.  Galli- 
cae.  I.  Eelliquiae  liturgicae  vetustissimae  ex  SS.  Patrum  necnon  Scriptorum 
ecclesiast.  monumentis  selectae  et  publici  juris  factae.  Series  I.a  ^46 
Aevo  Apostolico  ad  pacem  Ecclesiae.  Parisiis,  Firmin  Didot,  1900-1902,  4°, 
CCXVI-272-204.  Fr.  60. 

Octavarium  Romanum  sive  Octavae  Festorum  :  Lectiones  Secundi  sci^ 
licet  et  Tertii  Nocturni  singulis  diebus  recitandae  infra  Octavas  Sancto- 
rum titularium,  vel  tutelarium  ecclesiarum,  aut  Patronorum  locorum  a 
S.  R.  C.  ad  usum  totius  orbis  ecclesiarum  approbatae.  Editio  secunda. 
Accedit  supplementum  in  quo  Octavae  novissimae  inveniuntur.  Ratisbo- 
nae,  Romae,  Pustet,  1902,  16°,  XX-492  p.  Fr.  5.  rileg.  Fr.  6,75. 

Savio  C.  F.  Positivismo  e  Volonta.  (Fede  e  Scienza  14).  Roma,  Pu- 
stet, 1902,  16°,  84  p.  Cfr.  Civ.  Gait.  XVIII,  8  (1902)  605. 

Table  analytique  et  alphabetique  des  matieres  continues  dans  la 
«  Vrai  Jeanne  d'Arc  »  du  P.  AYROLES.  Liguge  (Vienn'e),  Saint-Martin, 
8°,  p.  637-740-XVI. 

Taccone-Gallucci  D.  vescovo  di  Nicotera  e  Tropea.  Regesti  dei  2to- 
mani  Pontefici  per  le  Chiese  della  Calabria,  con  annotazioni  storiche* 
Roma,  Vaticana,  1902,  8°,  XXII-496  p.  L.  10. 

Tadolini  P.  Breve  guida  delle  Gallerie  di  pittura  nel  Palazzo  Vati- 
cano.  Roma,  Tata  Giovanni,  1902,  16°,  68  p. 

Vicini  E.  P.  Ricerche  sull' autore  della  Cronaca  «  Annales  Veronenses 
de  Romana  ».  Modena,  Vincenzi,  1902,  8°,  40  p. 


UN  DILEMMA  POLITICO 

A  PROPOSITO   DEL    DIVORZIO 


i. 

L'agitazione,  che  si  e  manifestata  da  un  capo  all'altro 
d'ltalia  contro  il  malaugurato  disegno  di  legge  favorevole  al 
divorzio,  6  stata  ed  e  cosl  disciplinata  nella  forma  e  cosi  ricisa, 
universale  e  solenne  per  numero  ed  autorita  di  avversarii,  che 
parecchi  tra  gli  stessi  deputati  ligi  al  Ministero  ne  sono  rimasti 
fortemente  scossi,  ed  apertamente  proclamano  non  essere  loro 
possibile  il  non  tenerne  conto  nel  voto  che  saranno  chiamati 
a  dare,  quali  mandatarii  e  rappresentanti  del  popolo  italiano. 
Come  tali  infatti,  ne  essi  ne  altri  loro  colleghi  possono,  senza 
tradire  il  proprio  mandato  politico  e  rendersene  indegni,  san- 
cire  cio  che  il  popolo  italiano,  nella  sua  grandissima  maggio- 
ranza,  apertamente  ed  altamente  condanna. 

Inoltre  la  splendida  dimostrazione  deH'opinione  pubblica 
fieramente  avversa  al  divorzio,  data  non  solo  da  tutti  i  cat- 
tolici,  ma  eziandio  da  una  tragrande  moltitudine  di  uomini 
d'ogni  colore  politico,  d'ogni  professione  civile,  d'ogni  fede 
ed  anche  di  nessuna  fede,  ha  messo  il  Governo  italiano  in 
una  non  bella  luce,  facendolo  apparire  agli  occhi  del  mondo 
universo  quasi  fosse  un  Governo  tirannico,  incivile  e  politi- 
camente  stolto,  il  quale,  sebbene  si  fondi  sul  principio  che  la 
volonta  nazionale  e  il  fondamento  del  suo  diritto  costituzio- 
nale,  pure  non  segue  la  pubblica  opinione  che  ne  e  1'espres- 
sione,  ma  la  previene  e,  quel  che  e  peggio,  propone  e  vuole 
sancite  leggi,  le  quali  con  quella  volonta  sono  in  aperta  con- 
traddizione. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1262.  9  7  gennaio  1903. 


130  UN   DILEMMA   POLITICO 

Stando  cosi  le  cose,  s'intende  di  leggeri  rimpaccio,  in 
cui  si  trova  Ton.  Zanardelli,  Presidente  del  Consiglio  de'  mi- 
nistri,  compromesso  per  lo  sconsigliato  annunzio  die  della  legge 
sul  divorzio  egli  voile  inserire  nel  discorso  della  Corona,  e 
molto  piu  per  la  inopportuna  presentazione  che  di  essa  legge 
egli  stesso,  col  suo  collega  di  grazia  e  giustizia,  fece  alia  Ca- 
mera de'  deputati  nella  tornata  del  26  dello  scorso  mese  di 
novembre. 

A  lui  deve  apparire  chiaro  quello  ch'6  evidente  anche  ai 
ciechi,  vale  a  dire,  che,  se  i  deputati  compiono  virilmente  il 
loro  dovere,  seguendo  quella  che  il  Berenini,  non  senza  ra- 
gione,  chiama  la  coscienza  elettorale,  la  causa  del  divorzio, 
da  lui  con  tanto  ardore  difesa,  corre  certo  pericolo  di  sotto- 
stare  a  tale  sconfitta  che  gli  tolga  persino  il  pensiero  di  ci- 
mentarsi  di  nuovo  neirarringo. 


II. 


Se  non  che  lo  spettro  di  questo  pericolo  eccita  gli  spiriti 
bellicosi  del  Presidente  del  Consiglio.  Egli  e  impegnato  per- 
sonalmente  nella  battaglia  pel  divorzio  ed  e  deciso  di  vincerla 
ad  ogni  costo,  combattendo,  per  fas  et  per  nefas,  sino  al- 
T  ultimo  sangue. 

Con  questo  intento,  egli  si  sforza  oggi,  non  solo  di  spo- 
stare  la  questione,  rappresentandola  come  una  questione  po- 
litica  in  cui  e  compromessa  «  la  dignita  dello  Stato  »;  ma 
eziandio  di  togliere  ogni  valore  airagitazione  antidivorzista, 
dichiarandola  apocrifa,  antigiuridica,  clericals  e  per  cio 
stesso  antipatriottica. 

Tale  6  pure  la  parola  d'ordine  da  lui  data  col  medesimo 
intento  a'  suoi  amici  di  Montecitorio  e  volgarizzata,  in  modo 
piu  o  meno  ridicolo,  da  quei  giornali,  che,  alimentati  co'  fondi 
segreti,  hanno  la  missione  d'  interpretarne  il  pensiero  e  di- 
fenderne  gli  atti. 

Ecco,  ad  esempio,  come  ne  scriveva  recentemente  La  Tri- 


A  PROPOSITO   DEL   DIVORZIO  131 

buna:  «  La  pretesa  agitazione  contro  il  divorzio  e  fatalmente 
destinata  a  spegnersi  per  se,  perche  non  resistente  ad  alcun 
serio  esame  giuridico,  e  poi  per  una  ragione  estrinseca  ma 
inoppugnabile :  che  essa,  per  la  medesima  sua  intemperanza, 
ha  mutato  una  questione  sociale  e  di  diritto  in  un  dilemma 
politico.  Infatti,  come  si  e  posto  ora  il  dibattito  pel  divorzio, 
ogni  risoluzione  importa  immancabilmente  una  di  queste  due 
affermazioni :  —  0  essere  coll' Italia  o  essere  pel  Vaticano  4.  » 

Che  1'agitazione  degl'  italiani  contro  il  divorzio  non  e 
«  apocrifa  »  o  «  pretesa  »,  ma  genuina  e  reale,  La  Tribima 
sa  benissimo,  come  lo  sanno  benissimo  Ton.  Zanardelli  e 
quanti  sono  in  Italia  uomini  di  senno,  i  quali  non  chiudono  gli 
occhi  per  non  vedere.  Essa  costituisce  un  fatto  notorio,  pub- 
blico,  incontrastabile  e  quindi  di  natura  sua  «  resistente  a 
qualsiasi  esame  giuridico  » .  Chi  asserisce  il  contrario,  men- 
tisce  e  sa  di  mentire. 

Ch'essa  poi  abbia  «  per  la  sua  intemperanza  »  fatta  del 
divorzio  una  questione  politica,  e  un'altra  grossa  e  vergognosa 
menzogna,  che  ricorda  1'accusa  del  leone  della  favola,  il  quale, 
cercando  un  pretesto  per  divorare  1'agnello,  attribui  a  lui  il 
male  ch'egli  stesso  aveva  compiuto. 


in. 


Nel  resto  la  sleale  tattica  6  ormai  palese,  e  il  puerile  ten- 
tativo  di  ridurre  tutta  1'opposizione  contro  il  divorzio  ad  una 
questione  politica  e  di  clericalismo  6  stato  denunziato  da  illu- 
stri  scrittori  liberal!  che  citeremo  piu  innanzi,  ed  anche  da 
parecchi  fogli  anticlericali,  i  quali  «  non  traggono  1'origine  e 
1'ufficio  da  patteggiamenti  non  confessati 2.  » 

Discorrendo  appunto  di  questa  tattica,  Ton.  deputato  Sca- 
lini  osserva:  a  La  parola  d'ordine  de' divorzisti  e:  I'agita- 

1  Nel  num.  del  22  decembre  1902. 

2  Cf.  La  Tribuna,  ibid. 


132  UN   DILEMMA   POLITICO 

zione  clericale !  Scesa  dal  Governo  a'giornali,  accolta  com- 
piacentemente  dalle  agenzie  d'informazioni,  ripetuta  da  mille 
organi,  questa  sentenza  deve  essere  inappellabile,  e  puo  ser- 
vire  forse  di  comoda  scusa  a  chi,  sempre  avendo  al  sommo 
della  bocca  il  popolo,  non  vorrebbe  in  questa  questione  la- 
sciarlo  giudice  di  cio  che  si  attiene  alia  sua  feiicita  e  alia 
sua  vita...  Ma  il  tentative  e  altamente  imprudente  dal  punto 
di  vista  degli  stessi  divorzisti,  dacchS  puo  essere  presto  sba- 
ragliato  da'fatti  »  *. 

Anche  il  Pungolo  di  Napoli,  pochi  giorni  or  sono,  scriveva : 
«  Noi  non  siamo  clericali.  Co'  clericali  non  facciamo  causa 
comune.  Codesta  dichiarazione  dovrebbe  essere  inutile;  ma 
purtroppo  il  Governo  giuoca  sull'equivoco,  quando  mira  a 
fare  di  tutti  gli  oppositori  del  divorzio  un  fascio  e  designarli 
aH'opinione  pubblica  come  congiurati  per  lo  meno  al  ritorno 
del  potere  temporale  »  2. 

Nella  Perseveranza  di  Milano,  giuntaci  mentre  scriviamo, 
si  legge  un  articolo  importantissimo  sul  medesimo  argo- 
mento  3.  Pur  professandosi  anticlericale  ed  ostile  a  quel  che 
chiama  Vaticano  regio,  essa  con  frase  vibrata  censura  la 
Tribuna  e  tutti  coloro,  i  quali,  per  fini  settarii,  vogliono  fare 
entrare  il  clericalismo  nella  soluzione  di  una  questione  mo- 
rale, superiore  ed  estranea  a  tutti  i  partiti  politic!. 

Nel  medesimo  senso  hanno  scritto  il  Fanfulla,  il  Popolo 
Romano,  la  Gazzetta  di  Parma  il  Giornale  di  Venezia,  ed 
altri. 


IV. 


Ma  per  poco  che  si  procuri  d'intendere  il  vero  significato 
del  «  dilemma  politico  »  proposto  dalla  Tribuna,  si  scopre 
subito,  ch'esso  non  e  altro  ohe  un  volgare  sofisma  fondato 

1  Nella  sua  Relazione  sul  disegno  di  legge  Berenini-Borciaui,  pubbli- 
cata  nella  Rassegna  Nazionale,  Fasc.  del  1°  marzo  1902. 
*  Nel  num.  diel  18  decembre  1902. 
3  Nel  num.  del  26  decembre  1902. 


A   PROPOSITO   DEL   DIVORZIO  133 

sull'equivoco,  ed  una  diceria  senza  capo  n6  coda,  la  quale, 
se  riesce  a  qualche  cosa,  riesce  ad  un  termine  contrario  alia 
causa  difesa  da'  divorzisti. 

Per  far  toccar  con  mano  a'  nostri  lettori  la  verita  di  questa 
nostra  censura,  osserviamo  anzitutto,  che  se  1'essere  favo- 
revole  al  divorzio  significa  essere  con  I' Italia  e  suo  amico, 
1'essere  ostile  al  divorzio  dovra  necessariamente  e  logica- 
mente  significare  essere  contro  V Italia  e  suo  nemico.  Se  non 
fosse  cosi,  il  «  dilemma  politico  »  non  sarebbe,  come  suol 
xlirsi,  cornuto,  mancandogli  1'essenza  stessa  di  dilemma,  il 
quale  richiede  che  oltre  i  due  membri  dell' alter nativa  non 
ve  ne  abbia  un  terzo. 

Cio  posto,  domandiamo :  E  egli  vero,  che  chiunque  6  ostile 
al  divorzio  e,  pel  fatto  stesso,  contrario  all'Italia  e  suo  nemico? 

Lasciamo  che  risponda  il  buon  senso,  dopo  pero  d'aver 
ponderato  chi  sieno  in  Italia  gli  oppositori  del  divorzio  e  il 
perche  della  loro  opposizione. 

In  primo  luogo  vengono  i  cattolici,  i  quali  lo  ripudiano, 
perch6  lo  reputano  un  abuso,  non  solo  di  natura  sua  im- 
morale  e  antisociale,  ma  eziandio  opposto  alia  loro  fede  reli- 
giosa  e  dalla  Chiesa,  interprete  del  diritto  divino,  espres- 
samente  condannato.  Ora  e  un  fatto  che  i  cattolici  costitui- 
scono  la  grande,  anzi  rimmensa  maggioranza  del  popolo 
italiano.  Deplori  chi  vuole  questo  fatto;  non  percio  esso  cessera 
di  esser  tale.  II  deplorarlo  non  togliera  mai,  come  avverti  il 
gia  ministro  ed  or  a  tuttavia  deputato  Salandra,  «  ch'esso  sia 
un  fatto,  il  quale  s'impone  di  buon  grado  o  per  forza  a  chiun- 
que prende  a  studiare  imparzaalmente  le  varie  facce  di  un 
problema,  nella  cui  risoluzione  sono  interessati  i  costumi  e 
i  sentimenti  morali  della  nazione  ] .  » 

Pretendera  Ton.  Zanardelli,  e  con  lui  La  Tribuna,  che 
la  grande  maggioranza  del  nostro  popolo  debba  dirsi  ne- 
mica  della  propria  Patria,  e  debba  cosi  chiamarsi  appunto 
perche,  osteggiando  il  divorzio,  non  ne  vuole  il  male  morale, 
sociale  e  religiose? 

1  11  divorzio  in  Italia.  Koma  1882,  pag.  107. 


134  UN  DILEMMA  POLITICO 


V. 


Che  se  1'opposizione  e  piii  esplicita  e  risoluta  dalla  parte- 
de'  cattolici *,  essa,  come  gia  sopra  accennamino,  non  e  punto 
ristretta,  ne,  per  1'indole  stessa  della  questione,  poteva  restrin- 
gersi  alle  loro  file  e  a  quelli  che  gii  avversarii  chiamano 
clericali. 

La  questione  del  divorzio,  giova  ripeterlo,  non  e  una  que- 
stione  di  clericalismo,  ne  una  questione  puramente  religiosa 
o  dommatica.  Essa  e  altresi  etica  e  sociale,  perch6  riguarda 
la  sostanza  del  matrimonio,  il  quale  e  anche  un  contratto- 
naturale,  base  della  famiglia  e  guarentigia  fondanientale  della 
stessa  esistenza  della  societa  civile.  Non  occorre  dunque 
essere  clericale  o  professare  i  dommi  della  Chiesa  cattolicar 
per  eombattere  la  proposta  legge  sul  divorzio.  Basta  essere 
uoraini  onesti  e  di  pratico  senno ;  basta  professare  i  principii 
dell' etica  naturale  e  civile. 

Ecco  perche  gii  oppositori  del  divorzio  sono  numerosissimir 
anche  tra  i  non  cattolici  e  segnatamente  tra  quelli  che  poli- 
ticamente  sono  ostili  a'  clericali,  alia  Chiesa  e  al  Papato.  Se 
ne  contano  a  centinaia  tra  i  piu  illustri  e  reputati  patriotti 
e  campioni  del  liberalismo  moderno,  i  quali,  al  dire  del 
gia  citato  on.  Salandra,  «  sono  disposti  a  difendere  lo  States 
italiano  con  Toper  a  e  con  la  vita  contro  le  forze  dissol- 
venti  che  lo  minacciano  2.  »  Essi  s;  incontrano  nella  stessa 
Reggia,  nel  Senato,  nella  Camera,  nel  Consiglio  di  Stator 
negli  Ufficii  e  Dicasteri  del  Governo,  neU'Esercito,  nella  Ma- 


1  Delia  loro  petizione  contro  il  divorzio,  preseiitata  alia  presidenza 
della  Camera  dall'on.  Bianchini,  deputato  di  Treviso,  discorremmo  nel 
precedente  quaderno  (p.  108).  Essa  porta  le  firme  di  oltre  tre  milioni  e 
mezzo  d'italiani,  raccolte  in  177  volumi  di  100  fogli  ciascuno. 

?  Atti  Parlamentari.  Camera  de'  deputati.  Tornata  del  22  marzo  1902r 
pag.  446. 


A  PROPOS1TO   DEL  DIVORZIO  135 

rina,  ne'  Consigli   provincial!   e  comunali   del   Regno,  nella 
Magistratura,  nel  Foro,  nelle  pubbliche  University  1. 

Agli  autori  del  «  dilemma  politico  »  gli  avversari  del  di- 
vorzio, detti  percio  «  nemici  dell'  Italia  »,  potrebbero,  mu- 
tatis mutandis,  rivolgere  le  parole  che  Tertulliano  2  metteva 
in  bocca  de'  primi  cristiani,  reputati  anch'  essi  da'  perse- 
cutor! della  Chiesa,  nemici  della  loro  patria :  Abbiamo  invaso 
tutto  il  regno;  abbiamo  riempito  le  citt£,  le  borgate,  i  mu- 
nicipii,  i  fori,  le  university ;  a  voi  lasciaino  le  sole  sinagoghe 
*e  le  logge  de;  settarii. 


VI. 


Gli  oppositori  del  divorzio  sono  tutti  uniti  nel  protestare 
>contro  il  disegno  di  legge,  che  oggi  trovasi  dinanzi  alia  Ca- 
mera de'  deputati.  Non  tutti  pero  protestano  per  gli  stessi 
motivi.  Alcuni  protestano  in  nome  della  legge  divina,  altri 
in  nome  della  legge  naturale ;  questi  protesta  in  nome  della 
famiglia,  quegli  in  nome  della  societa  ;  1'uno  protesta  in  nome 
del  progresso  e  della  civilta,  1'altro  in  nome  degli  effetti 
;spaventosi  e  dei  mali  che  purtroppo  si  lamentano  ne'  paesi 
dove  gia  vige  la  facolta  del  divorzio,  notantemente  nel  set- 
tentrione  d'  Europa,  nella  Francia,  negli  Stati  Uniti  d'Ame- 
rica,  ove  il  divorzio  e  divenuto  un  flagello  sociale,  ogni  giorno 
piu  funesto. 

Ed  6  cosl  che,  nella  presente  agitazione  contro  il  disegno 
di  legge  sul  divorzio,  i  cattolici,  come  opportunamente  os- 
serva  il  prof.  Ballerini 3,  si  trovano  d'accordo  e  in  compagnia 
•di  uomini  disparatissimi  e  appartenenti  a  tutti  i  partiti  po- 


1  Se  ne  veggano  i  particolari  nel  nostro  opuscolo,  La  follia  del  di- 
worzio,  pp.  4-6. 

*  Apolog.j  cap    37. 

8  Nel  suo  pregiatissimo  opuscolo,  Matrimonio  e  Divorzio.  Pavia  1902, 
pag.  30. 


136  UN   DILEMMA  POLITICO 

litici  ed  a  diverse  ed  opposte  scuole.  E  prima  di  lui,  il  pro- 
fessor Billia  della  R.  University  di  Torino,  aveva  pure  notato,. 
che  «  quelli  stessi  ehe  nella  questione  del  divorzio  ci  biasi- 
mano  di  essere  d'accordo  coi  clericali,  ci  irridono  perche  in 
altre  question!  siamo  da  essi  avversati.  D'altra  parte  la  di- 
fesa  della  famiglia  e  un  interesse  cosl  elevato,  un  dovere  cosl 
imprescindibile  che  trascende  la  sfera  di  qualsiasi  partito ;  & 
anziche  adontarsi  di  essere  in  molti,  e  questa  una  ragione  di 
piu  di  rallegrarsi  che  la  voce  del  sangue  e  della  dignita. 
umana  accosti  cittadini  per  altre  ragioni  divisi  e  li  unisca 
in  un  solo  intento.  Senzache  il  dar  ragione  a'  clericali  dove 
Thanno  non  implica  una  dedizione  incondizionata  *.  » 

Anche  il  senatore  prof.  Gabba  della  R.  University  di  Pisa, 
ha  ripetutamente  messo  in  rilievo  e  dato  il  vero  significato 
di  questo  accordo.  Inoltre  egli,  che  e  peritissimo  nella  storia 
e  letteratura  del  presente  argomento,  non  esita  punto  nel- 
I'asserire  che :  «  Confrontando  soltanto  i  nomi  ed  il  numero 
de'  fautori  e  degli  avversarii  del  divorzio,  i  lettori  si  accor- 
geranno  che  questa  riforma,  in  Italia  specialmente,  non  ha 
per  s6  nessuno  fra  i  migliori  ingegni,  nessuno  fra  i  cultori 
delle  scienze  giuridiche  e  sociali,  veramente,  cioe  univer- 
salmente,  presi  sul  serio  e  in  gran  conto  tenuti  per  dottrina,. 

per  senno  e  per  altezza  di  vedute  e  di  aspirazioni Nel 

mondo  protestante  come  nel  cattolico,  in  quello  positi vista 
come  in  quello  spiritualista,  non  vi  ha  oggi  intelletto  di  piii 
che  media  statura,  il  quale  abbia  fatto  alleanza  coi  nostri 
divorzisti,  e  ve  ne  hanno  invece  molti  che  apertamente  la 
ripudiarono  2.  » 

Povera  Italia!  Essa  dunque  conterebbe  ben  pochi  amici 
e  questi  ben  poco  fatti  per  darle  credito,  se,  ammesso  il 
«  dilemma  politico  »,  fosse  vero  che  chiunque  e  ostile  al  di- 
vorzio  e  contro  T  Italia  e  suo  nemico. 

1  Nell'opera  giA,  da  noi  altra  volta  raccomandata,  Difendiamo  la 
famiglia.  Saggio  contro  il  Divorzio.  Torino  1902,  pag.  162. 

9  11  Divorzio  nella  Legislazione  italiana.  3a  edizione,  Torino  1891,. 
pag.  VII. 


A   PROPOS1TO   DEL   DIVORZIO  137 


VII. 


Ed  in  vero,  gli  «  arnici  d' Italia  »  sarebbero  soltanto  quei 
pochi  tra'  giudei,  i  quali  si  arrabattono  pel  libellum  repudii, 
permesso  loro  da  Mose,  ad  duritiem  cordis  *.  Sarebbero  inol- 
tre  i  massoni  e  i  socialist! 2,  i  quali  professano,  se  occorre, 
il  libero  amore,  e  la  morale  di  Epicuro  e  de'  Mormoni.  Que- 
sti,  6  bene  ricordarlo,  questi  soli  sono  in  Italia  gli  ardenti 
fautori  del  divorzio;  quelli  che  largamente  ne  profittereb- 
ftero  quando  mai  fosse  sancito. 

Che  cosa  essi  vogliano  ed  a  che  tendano  col  promuovere 
1'  introduzione  in  Italia  di  un  istituto,  qual  e  il  divorzio,  ri- 
pugnante  a'  sentimenti  morali  e  religiosi  ed  a  tutte  le  tra- 
dizioni  del  nostro  popolo,  e  cosa  oramai  da  tutti  risaputa  e 
•da  noi  detta  e  ridetta.  Essi  mirano  con  isforzi  perseveranti 
&  tutto  laicizzare,  che  val  quanto  dire  a  cancellare  da  tutto 
F  impronta  cristiana;  vogliono  percio  abbattere  il  principio 
religioso,  che  fa  argine  alle  loro  teorie  ;  vogliono  scuotere 
nelle  sue  basi  la  famiglia,  sacrificando  alle  piu  vili  passion! 
ana  delle  piu  vitali  e  onorevoli  tradizioni  della  civilt&  italiana. 
Non  &  sincero  amore  di  pubblica  prosperitd  o  d' increments 
oivili,  che  muove  gli  artefici  di  tali  sciagure:  cib  die  si 
vuole  e  si  cerca,  e  il  crollo  degli  ordini  cristiani  e  la  ri- 
costituzione  degli  Stati  sidle  basi  del  naturalismo  pagano  3. 


1  Su  questo  argomento  si  consult!  il  lavoro  del  prof.  POLACCO,  della 
R.  Universita  di  Padova,  Sulla  questions  del  divorzio  e  gli  israeliti  in 
Italia.  Padova,  Drucker,  1894.  II  professore,  sebbene  israelita,  e  pure 
antidivorzista  dichiarato.  Anch'egli  rimprovera  i  fautori  del  divorzio, 
«  per  molti  de'  quali  1'accusa  di  oscurantismo  e  di  clericalismo  al  nostro 
indirizzo  puo  dirsi  a  dirittura  un  luogo  commie.  (Contro  il  divorzio.  L&> 
zione.  2a  ed.  Padova.  1902,  p.  11). 

*  Ne  citammo  i  document!  nel  nostro  Studio  giaridico.  11  Divorzio 
in  Italia,  pp.  6  e  seg. 

3  Cosi  S.  S.  LEONE  XIII  nel  recentissimo  suo  Discorso  al  Sacro  Col- 
iegio  de'  Cardinal!,  da  noi  pubblicato  nel  precedente  quaderno,  pp.  100-101. 


138  UN   DILEMMA  POLITICO 

Quando  pertanto,  combattendo  in  favore  del  divorzio,  co- 
storo  pretendono  combattere  per  Tltalia  contro  il  Vaticano, 
e  manifesto  che  non  sono  mossi  a  tale  ostilita  da  alcun  mo- 
tivo  politico ;  ma  puramente  dair  odio  religioso.  Essi  ci6 
fanno,  non  gia  perche  considerano  il  Vaticano  come  un  po- 
tere  politico,  si  bene  perche  son  convinti,  ch'esso  rappre- 
senta  ed  e  oggi  nella  moderna  societa,  il  principio  ed  il  ba- 
luardo  dell'ordine  morale,  sociale  e  religioso.  N6  mancano 
tra  loro  quelli  che  sono  tanto  accecati  dal  pregiudizio  anti- 
clericale,  che  a  priori  difendono  quel  che  il  Vaticano  con- 
danna,  e  condannano  quel  che  il  Vaticano  approva.  Mettiamo 
pegno  ancor  noi,  col  gia  lodato  senator  Gabba  *,  che  se  il 
Vaticano  facesse  domani  buon  viso  al  divorzio,  svanirebbe 
dopo  domani  tutto  Tentusiasmo  di  questi  divorzisti. 

Ad  ogni  modo,  fosse  il  Vaticano  anche  solo  a  condannare 
e  combattere  il  divorzio,  opererebbe  da  vero  stolto  chi  si  ri- 
solvesse  in  favore  del  divorzio,  vinto  dal  solo  vano  ed  as- 
surdo  timore  che,  andando  d'accordo,  in  questo  punto,  col 
Vaticano,  non  starebbe  con  1'Italia,  ma  sarebbe  nemico  della 
propria  Patria. 


VIII. 


La  fallacia  che  vizia  nella  sua  sostanza  « il  dilemma  po- 
litico »  dell 'on.  Zanardelli  e  del  suo  portavoce  La  Tribuna, 
consiste  appunto  nella  equivocazione  che  si  commette  nel- 
1'uso  delle  parole  Patria  e  Italia.  L'on.  Zanardelli  identifica 
la  Patria  con  se  stesso  e  col  Governo  da  lui  presieduto;  iden- 
tifica il  bene  dell'  Italia  cogl'interessi  settarii  de'  massoni  e 
de'  socialisti  che  lo  sostengono.  La  Tribuna  naturalmente  fa 
lo  stesso ;  quindi  quel  suo  inferire  che  chiunque  osteggia  Tat- 
tuale  Presidente  del  Consiglio,  o  combatte  il  disegno  di  legge 
massonico-socialista,  che  il  Governo  ha  fatto  suo  ed  ha  pre- 

1  Op.  cit.  pag.  XL 


A  PROPOSITO  DEL  DIVORZIO  139 

sentato  alia  Camera  de'  deputati,  ipso  facto  osteggia  la  Patria 
e  yuole  la  rovina  d'  Italia. 

La  fallacia  di  parlare  dell'Italia  settaria,  quella  della  mi- 
noranza  degl'italiani,  che  vuole  il  divorzio,  come  se  non  vi 
fosse  un'altra  Italia  reale,  quella  della  maggioranza,  che  non 
vuole  il  divorzio,  e  non  china  il  capo  alia  prepotenza  mas- 
sonico-socialista,  6  volgare  e  grossolana  in  guisa,  che  orniai 
non  puo  trarre  in  errore  se  non  coloro,  i  quali  deliberata- 
mente  vogliono  essere  ingannati.  Quando  dunque  si  afferma 
che  chi  vuole  il  divorzio  e  con  I7  Italia  e  suo  amico;  chi  lo 
combatte  e  contro  T  Italia  e  suo  nemico,  Taffermazione  e 
vera,  se  per  Italia  s'intende  1'Italia  settaria;  e  falsissima,  se 
•s'intende  T  Italia  reale. 

Dal  non  esser  poi  con  T  Italia  settaria  nella  questione  del 
divorzio,  non  segue  punto  che  si  6  d'accordo  col  Vaticano, 
nel  sen  so  inteso  dall'on.  Zanardelli  e  dalla  Tribuna,  cio6  in 
tutte  le  questioni  politico-religiose  che  costituiscono  Targo- 
mento  del  dissidio  in  Italia  tra  la  Chiesa  e  lo  Stato  ;  segue 
soltanto,  che  si  sta  col  Vaticano,  in  quanto  esso  e  con  Tas- 
soluta  maggioranza  degl'  italiani,  vale  a  dire  con  quelFItalia 
reale,  la  quale,  nella  presente  controversia,  siccome  fu  gia 
sopra  dimostrato,  conta  tra  le  sue  file,  non  solo  i  cattolici  o 
clerical!,  ma  eziandio  i  non  cattolici  e  i  liberali,  politica- 
rnente  ostili  al  Papato  e  alia  Chiesa. 

II  che  6  una  riprova  che,  non  ostante  gli  ostinati  e 
continui  sforzi  de'  settarii  per  ridurre  gl'italiani  alle  divi- 
sioni,  alle  corruttele,  alle  vergogne  del  paganesimo,  non  man- 
cano,  la  Dio  merce,  nello  stesso  campo  anticattolico  o  libe- 
ralesco,  uomini  di  buona  volonta,  i  quali,  se  vivono  ingan- 
nati, pure  non  hanno  del  tutto  dimenticato  o  abbandonato 
i  principii  delFetica  cristiana  e  civile.  E  pero  vogliamo  spe- 
rare,  che  continuando  a  combattere  da  forti  e  valorosi,  senza 
rispetto  umano  e  senza  «  patteggiamenti  non  confessabili  », 
essi  non  si  acquieteranno  finch6  la  famiglia  e  la  Patria 
non  escano  salve  dal  minacciato  disastro. 

L'appello  che  a  tutta  T  Italia  reale,  rivolge  TAugusto  Ve- 


140       UN   DILEMMA  POLITICO   A   PROPOSITO   DEL   DIVORZIO 

gliardo  del  Vaticano  non  potrebbe  essere  116  piu  nobile,  u6 
piu  commovente.  Non  sara  quindi  fuor  di  proposito  il  ricor- 
darlo  di  bel  nuovo:  Se  qualche  aulorila,  dic'egli,  ha  la  vec- 
chiaia,  se  qualche  peso  la  voce  aposlolica,  se  nulla  vale  il 
paterno  affello  verso  la  palria  comune,  Noi  non  solo  am- 
moniamo,  ma  scongiuriamo,  per  quanlo  hanno  di  piu  caro 
e  di  piu  sacro,  tulti  coloro  dalla  cui  deliberazione  dipende* 
il  disegno  di  legge  sul  divorzio,  che  desislano  doil'impresa. 
Avvertano  e  seriamenle  rifleitano  che  e  sanloy  indissolu- 
bile,  perpeluo  per  dirillo  divino,  il  coniugale  vincolo  de'cri- 
stiani,  e  che  un  tale  dirillo  non  pub  abrogarsi  da  veruna 
legge  umana,  ne  vi  si  pub  derogare  giammai l. 

Cosi  parla  Leone  XIII,  Italiano  per  eccellenza  e  vero  Padre 
della  Patria.  Sebbene  nel  suo  cuore  di  Pontefice,  egli  abbracci 
tutto  il  genere  umano,  pure  nutre  per  1'Italia  un  amore  spe- 
ciale,  Tamore  di  Patria,  nobilitato  dalla  eccelsa  dignity  del- 
Tindefettibile  seggio  di  Pietro. 

II  perche  al  dilemma  politico  dell' on.  Zanardelli,  della 
Tribuna  e  degli  altri  settarii  divorzisti  puo  e  deve  opporsi 
quest 'altro  dilemma  :  0  conlro  il  divorzio,  o  conlro  V Italia* 


1  Nella  sua  Allocuzione  concistoriale  del  16  dec.  1901.  Se  ne  vegga. 
il  testo  latino  nel  nostro  quaderno  1237  del  4  gennaio  e  la  tradnzionet 
italiana  nel  quad.  1260,  del  20  decembre  dello  stesso  anno  1902. 


APOSTOLATO  DI  S.  PIETRO  IN  ROMA 


VIII. 


L'argomento  toccato  finora  sull'apostolato  romano  di  S.  Pie- 
tro,  tratto  dall'asserzione  degli  antichi  (che  cioe  S.  Marco  scrisse 
il  suo  vangelo  in  Roma  mettendo  in  carta  la  predicazione  di 
lui  fatta  in  Roma)  benehe  sia  un  argomento  indiretto,  ha  per6 
il  vantaggio  di  presentarsi  alia  mente  del  critico  con  un  co- 
lore  di  veridicita  meno  sospetta.  Poiche,  parlando  essi  diret- 
tamente  dell' opera  di  S.  Marco  e  solo  indirettamente  della  pre- 
dicazione  di  Pietro,  sono  fuori  del  dubbio  che  essi  abbiano 
messo  Roma  a  teatro  delFapostolato  di  lui  per  ragioni  egoisti- 
che  di  lode  o  vanto  che  sarebbe  ridondato  a  loro  e  alle  loro 
chiese. 

Consideriamo  ora  un'altra  serie  di  testimonianze,  le  quali 
direttamente  affermano  Tapostolato  romano  de.H'Apostolo.  Esse 
non  differiscono  gia  dalle  addotte  per  posteriority  di  tempo 
(ch6  allora  si  potrebbero  a  priori  giudicar  di  poco  valore), 
ma  solamente  per  un  carattere  speciale. 

La  prima  e  piu  antica  e  quella  di  Dionigi  di  Cor  in  to  in 
una  lettera  ai  cristiani  di  Roma.  Questa  fu  scritta  verso 
1'anno  170,  quindi  dista  dall'avvenimento  asserito  solamente 
un  secolo.  E  un  frammento  conservatoci  parimente  da  Eu- 
sebio.  Sotero,  Vescovo  diRoma,  morto  circa  1'anno  176,  aveva, 
come  S.  Clemente,  mandata  una  lettera  a  quei  di  Cor  into. 
Dionigi,  Vescovo  di  questa  citta,  cosi  risponde  a  Sotero,  e  per 
esso  ai  Romani:  «  Voi  per  questa  vostra  esortazione  avete 
nuovamente  rinvigorita  la  piantagione  della  Chiesa  romana  e 
di  quella  de'  Corinti,  fatta  gia  da  Pietro  e  da  Paolo.  Poiche- 
que'  due,  venuti  dapprima  nella  nostra  Corinto  e  sparso  il 
seme  della  dottrina  evangelica,  ci  ammaestrarono.  Partiti 


142  APOSTOLATO   DI   S.    P1ETRO 

quindi  parimente  per  T  Italia,  dopo  avervi  (o  Romani)  simil- 
mente  ammaestrati,  sostennero  poi  all'istesso  tempo  il  inar- 
tirio  £.  » 

Secondo  Dionigi,  dunque,  la  Chiesa  romana  e  sorta  per 
opera  di  Pietro  e  di  Paolo.  In  qual  relazione  stieno  poi  i  due 
Apostoli  tra  loro,  qui  non  e  detto,  ne  e  il  luogo  di  parlarne, 
dovendosi  ricavare  da  altre  fonti,  secondo  le  quali  Pietro  sta 
a  Paolo  come  il  fondatore  primario  al  secondario.  La  testi- 
monianza  di  Dionigi  poi,  se  ben  si  osserva,  e  tan  to  piii  de- 
gna  di  fede,  in  quanto  che  egli,  ramnientando  semplicemente 
ai  Romani  cosa  ad  essi  notissima,  non  si  da  per  spacciatore 
d'una  notizia  pellegrina,  cui  egli  fosse  solo  ad  attestare. 

La  seconda  testimonianza  e  quella  di  S.  Ireneo,  discepolo 
di  S.  Policarpo,  oriundo  dell' Asia  circa  il  141-145  e  studio- 
sissimo  delle  tradizioni  ecclesiastiche,  per  cui  aveva  intra- 
preso  anche  un  viaggio  in  Roma,  come  sopra  si  disse.  Ireneo, 
che  gia  vedemmo  affermare  la  cornposizione  del  vangelo  di 
S.  Marco  dietro  la  predicazione  romana  di  S.  Pietro,  come 
precedentemente  dicemmo,  Tistesso  Ireneo  afferma  ed  attesta 
in  un'altra  occasione  e  per  un  altro  motivo  la  detta  predica- 
zione romana  dell'Apostolo ;  e  Tafferina  in  uno  scritto  pole- 
mico,  senza  timore  d'essere  smentito;  il  che  e  indizio  mag- 
giore  di  veracita.  Cio  e  al  capo  terzo  del  libro  III  Adversus 
haereses. 

Parla  ivi  Ireneo  della  vera  dottrina  cristiana  consegnata 
dagli  Apostoli  alle  loro  Chiese,  in  opposizione  alia  falsa  dot- 
trina degli  eretici  che  depravavano  quella  dottrina.  Appella 
percio  alle  Chiese  apostoliche,  alle  quali  i  loro  fondatori,  gli 
Apostoli,  mettevano  a  presiedere  altri  in  loro  vece ;  cui,  dice, 
«  volevano  che  fossero  perfetti  e  irreprensibili  in  tutto,  come 
quelli  cui  lasciavano  per  loro  successori,  consegnando  ad  essi 
la  stessa  loro  cattedra  di'magistero  (suum  ipsorum  locum 
magisterii)  2.  »  Indi  cosi  prosegue:  «  Essendo  pero  difficile  e 

1  Presso  EUSBBIO,  Hist.  Eccl.,  II,  25  (P.  Migne,  t.  XX,  p.  210). 
*  S.  IRENABI,  Adv.  haer.,  1.  Ill,  c.  3  (MiGNE,  t.  VII,  p.  847). 


IN  ROMA  143 

cosa  assai  lunga  enumerare  in  questo  libro  la  successione  di 
tutte  le  Chiese,  ci  basti  esaminare  la  tradizione  della  Chiesa 
piu  grande  e  piu  antica  e  da  tutti  conosciuta,  fondata  e  co- 
stituita  in  Roma,  dai  gloriosissimi  due  Apostoli,  Pietro  e  Paolo ; 
e  con  cio  confondiamo  tutti  coloro  i  quali  raccolgono  all'in- 
fuori  di  cio  che  si  deve,  qualunque  sia  il  motivo  da  cui  sono 
spinti,  o  mala  compiacenza  di  loro  stessi,  o  vanagloria,  o  ce- 
cit&,  o  cattiva  intenzione.  Poich6  con  questa  Chiesa  a  cagione 
della  sua  preminenza  e  necessario  che  vada  d'accordo  (o,  at- 
torno  a  questa  Chiesa  e  necessario  che  si  raduni)  ogni  Chiesa, 
cio6  i  fedeli  che  sono  sparsi  in  tutto  il  mondo.  Avendo  dun- 
que  fondata  ed  ammaestrata  tale  Chiesa  (romana)  i  beati  Apo- 
stoli  (Pietro  e  Paolo),  diedero  P episcopate  di  essa  a  Lino,  quel 
medesimo  di  cui  fa  menzione  S.  Paolo  nelle  lettere  a  Timoteo. 
A  Lino  successe  Anacleto,  dopo  il  quale  in  terzo  luogo  dopo 
gli  Apostoli  ebbe  T  episcopate  Clemente,  il  quale  vide  i  due 
Apostoli  e  converse  con  loro,  essendo  egli  vissuto  quando 
ancora  risuonava  la  predicazione  degli  Apostoli  ed  aveva  di- 
nanzi  agli  occhi  la  loro  tradizione  *.  » 

Ecco  parimente  uno  scrittore,  e  uno  scrittore  studiosis- 
simo  delle  cose  cristiane,  distante  anch'egli  una  generazione 
dal  fatto,  asserire  perentoriamente  dinanzi  agli  eretici  stessi 
1'apostolato  di  Pietro  a  Roma,  e  quindi  una  permanenza  piu 
o  meno  lunga.  Perch6  non  si  puo  supporre  che  si  fondi  una 
Chiesa  nella  Roma  de'  Cesari  senza  uno  spazio  piu  o  meno 
lungo  di  apostolato. 

La  terza  testimonianza  e  di  Tertulliano,  vissuto  tra  gli 
anni  c.  160-245.  Scrivendo  egli  sul  battesimo,  tradisce  in  una 
proposizione  d'  incidenza  (e  quindi  con  meno  sospetto  di  tesi 
prestabilita)  la  comune  persuasione  della  predicazione  romana 
di  Pietro,  dicendo:  «  Non  v'ha  distinzione  alcuna  nell'esser 
battezzato  sia  coll'acqua  del  mare,  sia  con  quella  d'un  lago, 
sia  con  quella  d'un  flume  o  d'uno  stagno;  ne  i  battezzati  da 
Giovanni  nel  Giordano  differiscono  punto  da  quelli  battez- 

1  Ivi,  i.  ill,  c.  3. 


144  APOSTOLATO   DI  S.    PIETRO 

zati  da  Pietro  nel  Tevere  l.  »  Qui  Tertulliano  da  come  cosa 
notissima  che  Pietro  abbia  esercitato  il  suo  apostolato  in 
Roma,  e  la  paragona  alia  notorieta  del  battesimo  di  Giovanni 
nel  Giordano,  checche  sia  del  senso  dogmatico  delle  sue  pa- 
role, il  quale  ora  non  entra  in  questione. 

A  queste  tre  testimonianz3  primitive  e  dirette  sull' apo- 
stolato romano  di  Pietro  potrebbero  aggiungersi  altre  susse- 
guenti ;  ed  in  prima  quella  di  Eusebio  (f  340)  che  le  accoglie 
nella  sua  storia  ecclesiastica 2,  poi  quelle  di  due  altri  storici 
di  professione,  di  S.  Girolamo  (321-420) 3  e  diOrosio  (fc.  562) 4 
prete  spagnuolo  che  scrisse  la  sua  Historia  ad  paganos,  nar- 
rando  i  principal!  avvenimenti  dal  diluvio  fino  al  416.  Ma 
queste  testimonianze  ci  contentiamo  di  semplicemente  ac- 
cennarle ;  poiche,  dipendendo  questi  testimoni  evidentemente 
dagli  scrittori  precedent!,  non  possono  dirsi  fonti  nuove  e 
primitive  di  quel  flume  di  cui  rintracciamo  le  sorgenti.  Eusebio 
pero  aggiunge  una  notizia  storica,  piccola  in  se,  ma  im- 
portante  pel  nostro  argomento,  ed  e  che  Filone  ebreo,  essendo 
stato  spedito  da  Alessandria  in  Roma,  qual  legato  a  Claudio, 
dai  suoi  correligionari,  «  parlasse  coH'Apostolo  Pietro  »  5. 


IX. 

Le  testimonianze  finora  addotte  sull' apostolato  di  Pietro 
in  Roma  sono,  crediamo,  sufficienti  a  provare  storicamente 

1  TERTULL.  De  Bapt.,  c.  4.  (Patr.  lat.  Migne,  t.  I,  p.  1203)  Ecco  le 
parole  testuali :  «  Nulla  distinctio  est  mari   quis  an  stagno,  flumiue  an 
fonte,  lacu  an  alveo  diluatur;  nee  quidquam  refert  inter  eos  quos  Joan- 
nes in  Jordane  et  quos  Petrus  in  Tiber!  tinxit.  » 

2  EUSEBII,  Hist.  Eccl.,  Ill,  32  —  3  De  viris  illustr.,  c.  1.  —  4  OROSII, 
Hist.  VII,  4. 

s  EUSEBII,  Hist.  EccJ.,11,  17  (Migne,  Patrol,  gr.  t.  XX,  p.  174).  «  Quern 
quidem  Philonem  fama  est  Claudii  Augusti  temporibus,  Romae  cum 
Petro,  qui  verbum  Dei  illic  praedicabat,  familiarem  congressum  habuisse. 
Neque  id  certe  a  veritate  abhorret;  nam  »  ecc.  La  ragione  aggiunta 
per  la  maggiore  credibilita  del  fatto  e  che  Filone  aveva  ammirato  ia 
Egitto  la  vita  esemplare  di  molti  cristiani,  sopra  di  che  aveva  scritto  anche 
un  libro. 


IN    ROMA  145 

il  fatto  e  a  dare  una  soluzione  positiva  al  problema  storico, 
di  cui  imprendemmo  lo  scioglimento. 

Esse,  noti  bene  il  lettore,  sono  del  tutto  indipendenti  da 
quel,  diciamolo  cosi,  episodic  dell'apostolato  romano  di  Pietro, 
consistente  nella  lotta  con  Simone  il  Mago.  La  ragione  del- 
1'averle  noi  scelte  di  tal  natura  e  stata  perehe  il  Lipsius  e  gli 
antichi  avversarii  dell'apostolato  romano  di  Pietro  negavano 
1'aneddoto  di  Simon  Mago,  rimandandolo  tra  le  leggende.  E 
dicevano,  in  sentenza,  cosi :  —  Voi  fate  dipendere  la  certezza 
della  permanenza  di  Pietro  in  Roma  Jal  fatto  che  egli  abbia 
combattuto  e  vinto  Simon  Mago.  Ma  questa  e  una  falsita  sto- 
rica.  Dunque  6  falso  che  Pietro  abbia  evangelizzato  i  Ro- 
mani  —  Cosi,  in  sentenza,  i  vecchi  razionalisti  di  Tubinga.  Per 
questo  noi  non  ci  siamo  fondati  su  quel  fatto  per  provare 
1'apostolato  romano  di  Pietro.  Quindi,  concesso  pure  che  il 
fatto  della  lotta  con  Simon  Mago  sia  leggendario,  la  perma- 
nenza di  Pietro  in  Roma  e  provata  egualmente.  Ma  per  cio 
stesso  vien  dimostrata  la  poca  solidita  deirargomentazione 
fatta  qui  sopra  dagli  avversarii,  in  quanto  che  supponevano 
gratuitamente  che  1'apostolato  romano  di  Pietro  fosse  dipen- 
dente  solamente  da  quel  fatto. 

Ma,  sara  poi  vero  che  tutto  sia  leggendario  in  quel  fatto? 

Quel  fatto,  a  nostro  parere,  puo  dividers!  in  tre  atti: 
1 )  la  presenza  di  Pietro  in  Roma,  perche,  per  lottare  col  Mago 
in  Roma,  innanzi  tutto  Pietro  doveva  essere  presente  nella 
citta;  2)  la  disputa  o  lotta  con  lui;3)  la  maniera  della  lotta 
e  della  vittoria,  cio6  volo  e  relativa  caduta  del  Mago.  Ognuno 
vede  da  s6  che,  anche  essendo  falsi  il  secondo  e  il  terzo  atto, 
potrebbe  esser  vero  il  primo.  In  fatti,  nessuno,  dal  sapere 
essere  una  favola  Tapologo  esopiano  della  cicala  e  della  for- 
mica, dira  essere  invenzione  o  favola  anche  la  presenza  di 
quei  due  esseri  nel  mondo.  Or,  non  potrebbe  dirsi  altrettanto, 
della  cosi  detta  leggenda  di  Simon  Mago  ?  Poniamo  pure  (se 
cosi  risulta  dall'esame  storico,  il  che  ora  non  intendiamo  inve- 
stigare)  poniamo  pure  che  sieno  leggenda  e  abbellimenti  po- 
polari  il  secondo  e  il  terzo  atto  di  quell' episodic,  non  per  que- 

Serie  XVIII,  vol.  IX,   fasc.  1262.  10  7  yennaio  1903. 


146  APOSTOLATO   DI    S.   PIETRO 

sto  e  leggenda  anche  il  primo.  La  ragione  e  perche  Tinte- 
resse  di  chi  avrebbe  inventata  la  leggenda  non  si  estende 
piii  in  la  deirabbellimento  di  essa ;  ma  quanto  al  teatro  del- 
I'azione  (la  presenza  di  Pietro  in  Roma)  non  tange  affatto  il 
favolista.  Perche,  chi  inventa  un  fatto,  ha  tutto  T  interesse  di 
renderlo  verosimile.  Quindi  se  gli  inventori  della  leggenda 
di  Simon  Mago  posero  Roma  a  teatro  di  essa,  6  segno  che 
nella  persuasione  di  tutti  era  cosa  fissa  e  indubitata  che  Pie- 
tro fosse  stato  in  Roma.  Almeno,  noi  non  abbiamo  ragione 
di  giudicare  altrimenti.  E  cosi  senza  che  essi  T  intendessero 
(il  che  toglie  ogni  sospetto  di  tesi  prestabilita)  vennero  ad 
affermare  il  fatto  che  e  oggetto  della  nostra  discussione. 

X. 

Or  tale  persuasione  si  trova  in  molti  scrittori  antichi,  piii 
vicini  al  fatto.  Si  trova  in  S.  Ireneo,  nato  tra  il  141-145, 
studiosissimo,  come  vedemmo,  delle  memorie  cristiane  anti- 
che1;  si  trova  nell'autore  de'  Filosofumeni,  che  scriveva 
in  Roma  verso  il  225,  e  si  e  dimostrato  essere  Ippolito,  capo 
di  una  scuola  in  Roma  2;  si  trova  in  Tertulliano  (c.  160  245) 3; 
si  trova  molte  volte  in  Eusebio  4.  Vogliamo  notare,  a  pro- 
posito  dell'autore  de"  Filosofumeni,  come  non  e  affatto  vero 
quel  che  si  aiferma  da  alcuni  5,  cio6  che  egli  ignori  la 
presenza  di  Pietro  in  Roma.  In  fatti  quell'autore,  dopo  aver 
narrato  le  opere  del  Mago  in  Samaria,  di  cui  parlano  gli 
Atti  degli  Apostoli,  cosi  prosegue:  a  Verum,  vel  usque  ad 
Romam  progress  us  incidit  in  Apostolos,  cui  multum  Petrus 
aversatus  est  praestigiis  seducenti  multos.  »  —  iwg  xal  irjs 
r^fpac,  dcvTlrcsas  idic,  a7ioai6Xo^'  npbc,  5v  rcoXXdc  IIsTpc? 
(loc.  cit.). 

A  queste  testimonianze  che  cosa  oppongono  quelli  che  nel 
fatto  di  Simon  Mago  vogliono  veder  tutto  leggenda,  anche  il 
primo  atto  di  quell' episodic,  cio6  la  presenza  di  Pietro  in 
Roma?  Oppongono  in  prima  la  notizia  fornita  dalle  apocrife 

1  IRENAEI,  Adv.  haer.,  I,  23  (MiGNE,  Patrol.,  t.  VII,  p .  671).  —  2  Tra 
le  opere  di  ORIGENE,  Philosophy  VI,  20.  —  *  TERTULL.,  Apolog.,  c.  13.  — 
4  EUSEBII,  Hist.  Eccl.  II,  14.  —  5  Dogma,  gerarchia,  p.  183. 


IN   ROMA  147 

Ricognizioni  di  S.  Clemente,  le  quali  localizzano  quell'  epi- 
sodic in  Siria,  non  in  Roma;  e  poi  1'altra  notizia  del  fatto 
stesso  data  da  Giustino  !,  il  quale  colloca  si  il  fatto  in  Roma, 
ma  non  parla  di  S.  Pietro.  —  Ora,  a  dir  vero,  queste  due  te- 
stimonianze  non  pare  che  distruggano  apodittieamente  quella 
persuasione  comune  della  presenza  di  Pietro  in  Roma,  fat- 
taci  conoscere  dagli  autori  sopra  nominati. 

Innanzi  tutto  le  Ricognizioni  di  S.  Clemente  sono  un  apo- 
crifo  che  alcuni  fanno  rimontare  al  III,  alcuni  al  IV  secolo, 
per  cui  non  appare  come  esso  possa  distruggere  le  asser- 
zioni  degli  scrittori  gravi  sopra  indicati.  Per  niuna  legge 
di  logica  un'asserzione  di  tal  fatta  puo  elidere  le  asser- 
zioni  contrarie  accennate.  Molto  piu  che  una  parte  di  vero 
c'6  nelle  Ricognizioni;  in  quanto  che  S.  Pietro  disputo 
yeramente  col  Mago  in  oriente,  ed  e  facile  che  lo  scrittore 
abbia  identiflcati  i  due  fatti.  Quanto  a  Giustino  poi,  i  suoi 
detti  non  negano  la  presenza  di  Pietro  in  Roma,  ma  sola- 
mente  astraggono  da  essa.  Cioe,  egli  asserisce  una  parte 
della  notizia  (la  presenza  di  Simon  Mago  a  Roma)  e  tace  di 
quella  di  Pietro.  Or  tacere  non  e  negare.  Quindi  la  notizia 
di  Giustino  e  un  pezzo  dell'edificio,  che  noi  vogliamo  rico- 
struire ;  e  quel  pezzo  e  prezioso,  perche  combacia  a  capello 
con  altri  pezzi  che  ci  son  dati  da  altre  fonti.  Or  con  qual 
diritto  si  puo  arrecare  Giustino  come  contrario  alia  presenza 
di  Pietro  in  Roma? 

Dicono :  Giustino  ha  errato  nella  stessa  notizia  della  pre- 
senza di  Simon  Mago,  avendola  dedotta  da  un  iscrizione  nel- 
Tisola  tiberina  da  lui  male  interpretata2.  —  Ma  in  prima,  Giu- 
stino arreca  quest'argomento,  dell' iscrizione  da  lui  letta  sotto 
la  statua  di  Simon  Mago,  solamente  come  argomento  secondario 
e  come  confer  ma  della  notizia  da  lui  data.  In  secondo  luogo 
non  e  affatto  provato  apodittieamente  che  egli  non  abbia  sa- 
puto  leggere  quel  che  hanno  saputo  leggere  i  posteri  sotto 
quella  statua  al  secolo  XVI,  quando  fu  scoperta.  E  ne  e  prova 

1  IUSTINI,  Apol.  I,  26,  56. 

2  Dogma,  gerarchia  ecc.  p.  181. 


148  APOSTOLATO  DI  S.   P1ETRO 

la  fermezza  con  cui  egli  rimprovera  ai  Roman!  del  secolo  II 
l'aver  essi  innalzata  una  statua  a  quel  ciurmatore.  Certo, 
congettura  per  congettura,  la  nostra  non  e  inferiore  a  quella, 
degli  avversarii. 

Quindi  con  tutta  ragione  in  fondo  air  episodic  di  Simon 
Mago,  sia  pure  in  parte  leggendario,  si  puo  vedere  la  per- 
suasione  degli  antichi  che  S.  Pietro  abbia  dimorato  in  Roma. 
E  ci  conforta  il  pensiero  che  in  questa  nostra  spiegazione 
troviamo  consenzienti  due  egregi  storici  moderni,  il  Funk  e 
il  Grisar.  II  Funk,  scrivendo  contro  il  Lipsius  (che  esa- 
gera  la  leggenda  per  distruggere  piu  facilmente  Targomenta 
della  venuta  di  Pietro  in  Roma,  cui  egli  lega  alia  leggenda 
stessa)  dice  che  i  testi  raccolti  dal  Lipsius  son  di  tale  una- 
nimita  la  quale  e  solo  spiegabile  ammettendo  Li  presonza  di 
Pietro  in  Roma  J.  E  il  Grisar,  parimente  contro  il  Lipsius 
scrive :  «  Appunto  queste  invenzioni  presuppongono  assai 
chiaro,  e  come  cosa  ammessa,  la  dimora  di  Pietro  in  Roma; 
non  sono  esse  che  prime  la  inventino...  Quegli  scritti  non 
fanno  che  meglio  abbellire  il  fatto,  secondo  che  i  loro  flni 
teologici  o  ascetici  sembrano  esiger,e  »  2. 

XI. 

Un  fatto  storico,  come  il  presente  (Pietro  che  nella  Roma 
de'  Cesari  pianta  il  Cristianesimo),  non  puo  non  aver  lasciato 
traccia  di  se,  oltrech6  negli  scritti,  anche  ne'  monument!  non 
scritti.  II  che,  ove  si  verifichi,  si  ha  una  riprova  maggiore 
del  suo  apostolato  romano. 

Ora  in  Roma,  non  una,  ma  piu  sono  le  memorie  archeo- 
logiche  di  tal  fatto;  delle  quali  alcune  dubbie,  altre  piu  si- 
cure.  II  meraviglioso  si  6  che  gli  studii  piu  recenti  fanno 
convergere  tutte  queste  memorie  ad  un  solo  punto  cio6  al 
cimitero  di  Priscilla,  ed  esse  si  mostrano  con  ogni  probabilita 
connesse  insieme  e  dipendenti  le  une  dalle  altre ;  come  pud 

1  Literar.  Rundschau,  1891,  p.  272. 

?  GRISAR,  Storia  di  Roma  e  de' Papi,  y.   I,  p.  419. 


IN   ROMA  149 

vedersi  in  un  recentissimo  lavoro  di  Orazio  Marucchi  4,  di 
cui  meglio  discorreremo  piu  sotto. 

«  Sulle  pendici  dell'  Esquilino  (cosi  riepiloga  tali  memo- 
rie  il  Grisar)  Roma  ci  mostra  la  supposta  casa  del  senatore 
Pudente.  E  certo  che  nel  quarto  secolo  venne  trasformata 
in  una  splendida  chiesa.  Questa  casa,  dicono,  abbia  servito 
di  albergo  al  santo  Apostolo  e  a  luogo  della  sua  episcopate 
attivita.  Inoltre  sull'Aventino  si  mostra  l'abitazion.e,  conver- 
tita  in  chiesa,  di  Aquila  e  Prisca,  di  cui  si  fa  parola  negli 
A.tti  apostolici  ed  i  quali  per  le  loro  attinenze  con  Pietro 
sarebbero  stati  in  tal  guisa  favoriti.  Un  fatto  e,  di  poi,  la 
singolare  ripetizione  del  nome  di  Pietro  per  defunti  cristiani 
nelle  catacombe  di  S.  Priscilla  in  via  Nomentana,  la  qual 
catacomba  e  legata  con  la  leggenda  di  Prisca.  Questi  nomi 
di  Pietro  non  s'  incontrano  che  in  quelle  iscrizioni  priscil- 
liane,  meno  qualche  rarissinia  eccezione,  e  per  1'eta  risal- 
gono  pressoche  al  periodo  apostolico.  Un  fatto  e,  finalraente> 
1'esistenza  d'uno  stabile  tipo  tradizionale  per  le  teste  di 
Pietro  e  Paolo  su  tutte  le  rappresentazioni  che  se  ne  hanno 
in  Roma,  assai  numerose  gia  innanzi  a  Costantino.  Com'  6 
lecito  dedurre,  si  conservarono  vivi  nella  memoria  i  loro 
storici  lineamenti;  1'arte  li  tramando  in  Roma  di  mano  in 
mano  ne'  loro  contorni  caratteristici ;  mentre  nessun'altra 
citta  ne  conserve,  nemmen  da  lontano,  in  simil  guisa  i  sem- 
bianti.  I  piii  fedeli  e  preziosi  ritratti  pare  sieno  quelli  ripro- 
dotti  nella  grande  medaglia  del  museo  vaticano  trovata  sul 
territorio  di  Roma  (e  precisamente  nel  cimitero  di  Domitilla)* 
Tutto  fa  credere  che  essa  appartenga  alia  prima  meta  del 
secolo  secondo  »  2.  Cosi  il  Grisar,  ricapitolando  il  De  Rossi 
e  il  Duchesne. 

Tutte  queste  memorie,  piii  o  meno  probabili,  si  mostrano, 
come  dicevamo,  tutte  convergent!  al  cimitero  di  Priscilla,  ed 
acquistano  sempre  piii  alto  grado  di  probabilita.  Nel  1888 

1  O.  MARUCCHI,  D'un  antico  battistero  recentemente  scoperto  nel  Ci- 
mitero apostolico  di  Priscilla.  Roma,  Cuggiani,  1891. 

2  GRISAR,  Storia  di  Roma  e  de' Papi,  Roma,  1899,  vol.  I,  p.  415,  416. 


150  APOSTOLATO   DI   S.    PIETRO 

il  De  Rossi  scopri  appunto  nel  cimitero  di  Priscilla  F  ipogeo 
gentilizio  degli  Acilii  Glabriones,  che  giudico  legati  di  paren- 
tela  con  la  famiglia  Pudente.  Inoltre  6  noto  come  il  cimitero 
di  Priscilla  sulla  via  Salaria  (parallela  alia  Nomentana)  era  il 
cimitero  domestico  di  quel  Pudente,  il  quale  avrebbe  ospitato 
S.  Pietro.  Non  6  strana  quindi  la  congettura  (co-nfortata  me- 
glio  da  quel  che  or  ora  soggiungeremo)  avere  Pudente  asse- 
gnato  quel  luogo  suburbano  a  Pietro  per  battezzare  ed  istruire, 
e  che  i  contemporanei  dell'Apostolo  fatti  da  lui  cristiani 
avessero  preso  il  nome  di  lui  *.  In  fatti  in  quel  cimitero 
s'incontrano  scritti  i  nomi  di  Heipo?  (Pietro)  almeno  otto 
volte ;  e  appunto  in  questi  ultimi  giorni  si  6  scoperto  un  altro 
graffito  coi  nomi  Paulus-Petrus.  «  II  cimitero  di  Priscilla, 
&fferma  il  Duchesne,  ha  contenuto  e  contiene  ancora  centi- 
naia  di  tombe,  il  cui  carattere  archeologico  6  tale,  che  noi 
non  esitiamo  punto  di  farle  rimontare  ai  tempi  di  S.  Giustino, 
<ii  Erma  ed  anche  di  S.  Clemente  »  2. 


XII. 

Ma  da  queste  non  ispregevoli  congetture  de'  migliori  archeo- 
logi  romani,  passiamo  a  paiiare  di  due  memorie  di  S.  Pietro 
molto  piii  fondate,  che  sono  quasi  la  sintesi  del  suo  apostolato 
romano ;  cioe,  la  cattedra  e  il  ricordo  del  luogo  ove  egli  bat- 
tezzava. 

Non  6  gia  da  credere,  come  alcuni  sembrano  facilmente 
supporre,  che  S  Pietro  fosse  un  incosciente  dell'  autorita 
ricevuta  dal  divino  Maestro,  e  che  procedesse  nel  suo  operare 
senza  alcuna  formalita.  Sappiamo  gia  dagli  Atti,  che  gli  Apo- 
stoli,  a  sfuggire  le  noie  delle  persecuzioni  ebraiche  fecero 
centro  della  loro  operosita  Antiochia,  ed  ivi  per  la  prima 
volta  i  credenti  presero  il  nome  di  Cristiani.  E  poco  innanzi 
udimmo  da  S.  Ireneo  come  gli  Apostoli  gelosamente  lascia- 

1  DB  Rossi,  Bull,  d'arch.  cm/.,  1867,  p.  6  e  altro ve.  —  MARUCCHI, 
op.  cit.  p.  24. 

2  Lettera  al  Marucchi  nell'opera  citata,  D'un  antic.o  battistero,  p.  48 


IN   ROMA  151 

vano  ai  loro  successor!  suum  ipsorum  locum  magisterii.  II 
che  ci  fa  intendere  almeno  che  gli  Apostoli  non  erano  alien! 
da  quelle  formalita  nell'esercizio  del  loro  ministero,  le  quali 
a  no!  modern!  sembrano  nostra  esclusiva  specialita. 

Cio  posto,  non  e  da  fare  il  segno  di  croce,  se  udiremo  da 
testimoni  antichi  che  anche  a  Roma  sia  stata  eretta  una  cat- 
tedra  all'Apostolo  Pietro  e  quindi  sia  rimasta  in  venerazione 
ai  posteri. 

S.  Ottato,  Vescovo  di  Milevi  in  Africa,  scriveva  circa  il 
360  contro  un  Donatista  quanto  segue:  «  Non  puoi  negare, 
e  ben  lo  sai,  come  in  Roma  fu  anticamente  innalzata  per 
Pietro  una  cattedra  episcopate,  in  cui  sede  il  capo  di  tutti 
gli  Apostoli,  Pietro...  In  quell' unica  cattedra,  dunque,  prima 
sede  Pietro,  a  cui  successe  Lino  '.  »  Cosi  S.  Ottato.  Continuando 
quindi  a  disputare  con  un  tal  Macrobio,  Vescovo  Donatista 
rifugiatosi  a  Roma,  cosl  prosegue :  «  Se  egli  insegna  cola  (in 
Roma),  puo  forse  egli  dire:  nella  cattedra  di  Pietro?  La  qual 
cattedra  neppur  so  se  1'abbia  mai  veduta  co'  suoi  occhi 2.  » 
Qui,  verisimilmente,  si  parla  d'una  cattedra  materiale,  e  non 
gia  solamente  morale  3. 

Di  questa  stessa  cattedra,  si  parla  in  un  carme  contra 
Marcione,  scritto  tra  il  secolo  II  e  III,  ai  tempi  di  Tertul- 
liano,  ove  si  dice :  «  Hac  cathedra,  Petrus,  qua  seder  at  ipser 
locatum  —  Maxima  Roma  Linum  primum  considere  iussU  ».. 
E  Tertulliano  stesso  (c.  160-245),  invitando  gli  eretici  a  vi- 
sitare  le  cattedre  apostoliche  dice :  «  Percurre  Ecclesias  apo- 
stolicas,  apud  quasipsae  adhuc  cathedrae  Apostolorum  suis 
locis  praesident.  Si  Italiae  adiaces,  habes  Romam  »  4.  Quel 
suis  locis  praesident  considerate  alia  luce  delle  parole  di 
S.  Ottato  riferite  innanzi,  sembra  indicare  piuttosto  la  cat- 

1  Ad  Parmemion.  1.  II,  2.  —  2  Ivi,  1.  II,  c.  4. 

3  E  anche  posta  1' ipotesi    (non   del   tutto   esclusa)    che    S.    Ottato 
parli  qui  della  cattedra  formale  di  S.  Pietro,  la  prova  acquisterebbe  va- 
lore  per  un  altro  verso  ;  cioe  per  il  significato  seinpre  incluso  nel  con- 
cetto di  cattedra.  Talche  anche  in  tale  ipotesi  le  parole  di  S.  Ottato  sa- 
rebbero  una  testimonianza  di  piu  sulFapostolato  di  Pietro. 

4  Z>e  Praescript.  c.  XXXVI. 


152  APOSTOLATO   DI   S.    PIETRO 

tedra  materiale  che  la  formale.  Con  che  concorda  la  festa 
antichissima  della  cattedra,  che  il  Martirologio  geronimiano 
assegna  al  18  gennaio,  con  1'espressione :  Cathedra  Petri,  in 
qua  primum  Romae  sedit. 

Questa  cattedra  e  anche  ricordata  negritinerarii  de'  pel- 
legrini  del  secolo  settimo.  Tra  gli  altri  document!,  celeberrimo 
e  quello  del  cosl  detto  papiro  di  Monza,  consecrato  nel  te- 
soro  di  quella  Chiesa.  II  prete  Giovanni,  inviato  dalla  regina 
Teodolinda  a  S.  Gregorio  M.,  riporto  da  Roma  in  tante  fiale 
Tolio  che  ardeva  dinanzi  a  varie  memorie  di  martiri  e  Santi 
venerate  in  Roma.  Tra  le  scritte  di  questi  olii,  descritti  se- 
condo  i  diversi  gruppi  topografici,  trovasi  questa  insierne  con 
quelle  de'  martiri  della  Via  Salaria :  Sedes  ubi  prius  sedit 
scs  Petrus,  ex  oleo.  Tale  scritta  e  nella  fettuccina  appesa  alia 
fiala.  Questa  notizia  si  ripete  nel  catalogo  cosl :  Oleum  de  sede, 
ubi  prius  sedit  scs  Petrus;  dopo  di  che  seguono  le  indica- 
zioni  di  altri  Santi,  tutti  della  via  Solaria.  Dunque  in  quel 
tempo  in  Roma  era  venerata  la  memoria  della  cattedra  di 
S.  Pietro  e  quindi  della  sua  predicazione  romana  *. 

O^e  poi  fosse  precisamente  quella  cattedra,  sembra  chiaro 
dal  detto  che  essa  dovette  essere  nel  luogo,  in  cui  riposa- 
vano  i  corpi  de'  detti  Santi,  cio6  nella  via  Salaria,  presso 
1'antica  basilica  di  S.  Silvestro  al  cimitero  di  Priscilla.  II  che 
e  confer mato  da  parecchie  altre  coincidenze.  Primo,  dal  tro- 
varsi  ivi  i  sepolcri  di  sette  romani  Pontefici:  Marcellino, 
Marcello,  Silvestro,  Liberia,  Celestino  e  Vigilio ;  fatto,  che 
indica  doversi  ivi  trovare  qualche  reliquia  insigne  di  San 
Pietro,  poich6  la  sepoltura  de'  Papi  antichi  si  sa  che  fu  sem- 
pre  o  al  Vaticano  o  alle  catacombe  di  S.  Callisto  o  dove 
fosse  una  reliquia  di  S.  Pietro.  La  seconda  coincide nza  6  1'es- 
sersi  ivi  rinvenuto  un  graffito  con  la  data  del  febbraio  375 
con  la  frase  Ad  calicem  venimus,  con  che  si  allude  proba- 
bilmente  (come  dice  il  Marucchi  '2)  alle  libazioni  solite  a  farsi 

1  0.  MARUCCHI,  D'un  antico  battistero  ecc.,  p.  26  seg. 
*  0.  MARUCCHI,  Le  memorie  della  fondazione  di  Roma  cristiana.  Dis- 
sertazioiie  letta  il  24  apr.  1902,  p.  13. 


IN  ROMA  153 

in  febbraio  nella  festa  della  cattedra ;  costumanza  riprovata 
da  S.  Agostino  o  da  chi  sia  I'autore  del  Sermone  190  l. 

Di  questa  cattedra,  dunque,  che  gl'  itinerarii  de'  pellegrini 
e  gli  altri  document!  ci  danno  come  venerata  nella  via  Sa- 
laria  flno  al  secolo  VII,  dal  mezzo  di  quel  secolo  in  poi  non 
se  ne  parla  piu;  ma  in  quella  vece  e  indicata  una  Sedes 
Apostolorum  in  Vaticano,  la  quale,  come  afferma  il  citato 
archeologo,  «  potrebbe  essere  la  cattedra  lignea  custodita  con 
grande  venerazione  nella  grande  basilica  e  sulla  quale,  al- 
meno  dal  secolo  IX  in  poi  s/  intronizzavano  i  Papi  2.  »  Essa 
dovette  quiudi  esser  trasportata  in  quella  basilica  dal  cimi- 
tero  di  Priscilla,  finche  venne  rinchiusa  nella  moderna  cu- 
stodia  da  Alessandro  VII. 

II  De  Rossi  nel  centenario  di  S.  Pietro  1867,  pot&  vedere 
la  detta  cattedra.  Essa  6  composta  di  poche  aste  di  legno 
corrose  dal  tempo  e  dalla  mano  avida  de'  visitatori  che  ne 
tolsero  schegge  per  fame  reliquie.  Piii  tardi,  pero,  verso  il 
secolo  VI,  essa  venne  ricoperta  di  lamine  d'avorio  ove  si 
scorgono  bassirilievi  pagani  rappresentanti  le  fatiche  d'Ercole. 
Ne  e  meraviglia,  poiche  a  quel  tempo  tali  incisioni  non  signi- 
ficavano  piu  il  culto  pagano,  ma  erano  semplici  ornamenti, 
di  cui  si  abbellivano  talora  anche  i  libri  degli  evangeli. 


XIII. 

Veniamo  ora  all'altra  memoria  archeologica  dell'aposto- 
lato  di  Pietro,  quella  cioe  del  territorio  ov'egli  era  solito 
battezzare;  il  qual  luogo,  ove  precisamente  sia,  puo  forse 
esser  disputato,  non  gia  che  esista  nel  suburbio  romano. 

Nelle  cosl  dette  Gesta  Liberiiy  documento  apocrifo  del 
principio  del  VI  secolo,  6  nominato  un  cemetero  Ostriano, 
nel  quale  Damaso,  allora  diacono  del  Papa  Liberio,  invit6 
questo  Pontefice  a  battezzare,  perche  ivi  lo  stesso  S.  Pietro 
aveva  un  giorno  battezzato:  ubi  Petrus  apostolus  baptizavit. 

1  MIGNE,  Pair.  t.  XXIX,  p.  2100  seg. 

2  Le  memorie  ecc.  op.  cit.  p.  13. 


154  APOSTOLATO  DI   S.    PIETRO 

La  stessa  notizia,  rimontando  piii  su  negli  anni,  6  confer- 
mata  dagli  Atti  de'  Santi  Papia  e  Mauro,  martirizzati  sotto 
Diocleziano  (284-305),  de'  quali  si  legge  die  vennero  deposti 
ad  nymphas  S.  Petri,  ubi  baptizabat.  Nel  catalogo  degli 
antichi  cimiteri  tmo  di  quest!  e  detto:  Coemetrium  fontis 
S.  Petri.  Finalmente  il  papiro  di  Monza,  sopra  nominate, 
nel  catalogo  delle  reliquie  raccolte  in  Roma,  la  notizia  del- 
V  oleum  de  sede,  ubi  prius  sedit  S.  Petrus  e  notata  insieme 
col  gruppo  de'  santi  sepolti  nella  via  Salaria  nuova  (parallel a 
alia  Nomentana)  e  sono  i  martiri:  Vitale,  Alessandro,  Mar- 
ziale,  Marcello,  Silvestro,  Felice,  Filippo  et  aliorum  mul- 
torum.  -  -  Di  tali  notizie  parlano  gli  archeologi  romani  dal 
De  Rossi  al  Marucchi  *. 

Cio  posto,  si  presentano  alia  mente  due  quesiti:  il  primo, 
se  nel  suburbio  romano  fin  dal  principio  del  secolo  IV  fosse 
venerato  un  luogo,  ove  S.  Pietro  avesse  battezzato;  il  secondo, 
ove  sia  questo  luogo.  Quanto  al  primo  quesito,  la  risposta 
deve  essere  affermativa,  poste  le  testimonianze  precedent!; 
testimonianze,  che  per  esser  molteplici,  e  per  il  collegarsi 
che  fanno  con  quella  di  Tertullianp  sul  battesimo  impartito 
da  S.  Pietro  in  Roma,  non  possono  non  rappresentare  un 
fatto  storico.  Quanto  al  secondo  quesito,  v'6  stato  un  certo 
fluttuamento  tra  gli  archeologi.  Poich6  un  cinq uant' anni  fa, 
il  De  Rossi  congetturo  che  il  cimitero  Ostriano  consecrate 
airesercizio  di  questo  ministero  fatto  da  S.  Pietro,  fosse  posto 
sulla  via  Nomentana.  Ivi  appunto  pose  il  Senkiewicz  quella 
bellissima  scena  nel  suo  Quo  vadis?,  cioe,  S.  Pietro  che  pre- 
dica  di  notte  ad  un  nucleo  di  persone  sul  dovere  del  perdono, 
mentre  Vinicio,  venuto  cola,  tutto  solo,  per  trovare  la  sua 
Licia,  ode  per  la  prima  volta  queirammirabile  lezione,  che 
non  pot6  mai  dimenticare.  Ma  un  recentissimo  studio  del  Ma- 
rucchi con  piii  probabilita  assegna  al  cimitero  Ostriano  una 
diramazione  del  cimetero  di  Priscilla,  sulla  via  Salaria  nuova, 
precisamente  presso  Tantica  basilica  di  S.  Silvestro.  Cosi  tanto 
il  luogo  della  cattedra  quanto  quello  del  battesimo  coincidono. 
1  0.  MARUCCHI,  D'un  antico  battistero  ecc.  p.  25  segg. 


IN   ROMA 

I  suoi  argomenti,  se  non  sono  apodittici,  al  certo  fanno  incli- 
nare  moltissimo  a  questa  ipotesi;  e  con  lui  son  d'accordo 
tutti  gii  archeologi  romani.  Gl'indizii  da  lui  recati  sono  molti, 
che  non  occorre  qui  enumerare,  ma  che  si  possono  leggere 
nel  citato  opuscolo  1. 

Concludendo,  ci  sembra  di  poter  asserire  che  I'aposto- 
lato  romano  di  Pietro  ha  una  bella  riprova  dalle  memorie 
archeologiche  dell'Apostolo  in  questa  stessa  Roma. 


XIV. 


Ecco  il  responso  che  ci  da  1'antichita  cristiana  sul  que- 
sito  storico  da  noi  proposto.  Non  vogliamo  n6  esagerarlo,  n6 
diminuirlo  coi  nostri  commenti;  ma  tale,  quale  1'abbiamo 
rinvenuto  dopo  uno  studio  accurate,  raccogliendo  in  uno  tutte 
le  testimonialize,  lo  presentiamo  ai  lettori.  Giudichino  essi 
del  suo  valore.  A  noi  pare  che  da  tutto  il  detto  risultino 
chiare  due  cose,  la  prima  con  certezza,  la  seconda  con  pro- 
babilita. 

Quel  che  ci  sembra  certo  e  che  S.  Pietro  abbia  esercitato 
Tapostolato  in  Roma  per  un  tempo,  piu  o  meno  lungo,  ma 
tan  to  quanto  6  necessario  a  soddisfare  Tesigenza  delle  testi- 
monianze  recate,  nelle  quali  si  dice  di  S.  Pietro  che  scrisse 
da  Roma  una  letter  a  a  quei  d'Asia  (I  Petri)  e  comandb  ai 
Romani  (S.  Ignazio),  che  predict)  in  Roma  quel  Vangelo 
che  Marco  poi  scrisse  (Papia,  Ireneo,  Clemente  Alessan- 
drino) ;  che  piantb  la  Chiesa  romana  ed  istrui  i  romani 
(Dionigi  di  Corinto  ed  Ireneo) ;  che  battezzb  colle  acque  del 
Tevere  (Tertulliano) ;  che  ebbe  ed  ha  tuttora  in  Roma  in 
venerazione  una  cattedra  ove  ammaestro  ed  un  luogo  ove 
battezzb  (memorie  archeologiche  romane). 

1  Op.  cit.  —  E  forse  meglio  nello  scritto  piu  recente  del  MARUUCHI 
stesso:  Le  Memorie  clella  fondazione  di  Roma  cristiana.  L'Autore  con- 
chiude  genialmente  e  con  gran  fondamento  di  verita  che  il  Cimitero  di 
Priscilla  puo  nominarsi  11  Palatino  delta  Roma  cristiana. 


156  APOSTOLATO   DI   S.    PIETRO 

Con  questo  nostro  pensare,  quanto  air  apostolato,  sono 
d'accordo  parecchi  trattatisti  che  ci  venne  fatto  di  consultare. 
Essi  sono  il  Funk,  1'insigne  editore  dQ'Padri  Apostolici1, 
il  Bruck,  Vescovo  di  Magonza  2,  il  Knopfler  3,  il  Palma  4,  il 
Sanguineti  5,  la  scuola  de'  Benedettini  di  Solesmes  (di  cui  fu 
splendida  gloria  il  card.  Pitra)  6,  il  Fouard  7  e  finalmente  il 
Grisar  8. 

Questo,  quanto  alle  prove  positive  del  fatto. 

Quanto  alia  parte  negativa  sostenuta  dagli  avversarii,  una 
sola  cosa  ci  sembra  dover  apertamente  affermare.  Cio  e  la 
improbabilita  storica  della  tesi  da  lor  difesa,  vale  a  dire  Pie- 
tro  esser  venuto  in  Roma  «  poco  piu  che  per  esservi  croci- 
fisso  »  9,  e  che  «  la  tradizione  ecclesiastica  non  sa  nulla  di 
questa  fondazione  della  Chiesa  romana  per  opera  di  S.  Pie- 
tro  •»  10.  A  tali  asserzioni,  fatte  al  principio  del  nostro  secolo 
ventesimo,  noi  opponiamo  quelle  cominciate  fin  dal  secolo 
secondo. 

In  due  soli  modi  i  nostri  amici,  che  hanno  opinions  con- 
traria  alia  nostra,  potrebbero  far  'credere  probabile  la  loro 
tesi :  od  opponendo  testimonianze  contrarie  alle  addotte  da 
noi,  ovvero  distruggendo  le  nostre  col  mostrarle  false.  Essi 

1  FUNK,  Histoire  de  I'Eglise,   traduite  de   Vallemad.  Paris,  Armand 
Colin,  1902,  pag.  42-46.  «  II  demeure  certain  que  Pierre  sejourna  assez 
longtemps  a  Rome...  C'est  un  fait  que  la  tradition  unanime  de  l'0rien>t 
aussi  bien  que  de  I1  Occident   s'  accordent  a  reconnaitre.    II  est  encore 
prouve  par  des  temoignages    irrecusables,   remontant  a  la   plus  haute 
antiquite  » . 

2  BRUCK,  Man.   di  storia  eccl.,  Bergamo,  1897,  p   26. 

3  Lehrbuch  der  Kirchengesch.,  Freiburg  in  B.  1898,  p.  43-45. 

4  Praelectiones  Hist,  eccl.,  Romae,  1838,  p.  46-64. 

5  De  Sede  romana  B.  Petri,  Romae,   1867. 

6  Origines  de  V  Eglise  romaine  par  les  membres  de  la  comunaute  de 
Solesmes,  Paris,  1836,  I  vol. 

7  S.  Pierre    et   les  prem.    annees  du   christ.,  Paris,   Lecoffre,  1886, 
p.  449-468. 

8  Storia  di  Roma  e  d*' Papi,  Roma,  vol.  I,  p.  416,  417. 

9  Dogma,  gerarchia  ecc.  (op.  cit.),  p.  43. 

10  Ivi,  39. 


IN   ROMA  157 

si  sono  attenuti  alia  seconda  parte  della  disgiuntiva ;  e, 
certo,  anche  in  questo  modo  avrebbero  potuto  provare  la 
loro  tesi ;  perche,  essendo  negativa,  sarebbe  stato  sufficiente 
il  distruggere  gli  argomenti  affirmanti.  Ma  non  e  loro  venuto 
fatto ;  poichtb  si  sono  messi  ad  impugnare  argomenti  che  essi 
pensarono  sieno  i  veri  nostri  argomenti,  ma  non  sono.  E  una 
tattica  antica  :  fingere  un  avversario  che  non  esiste,  per  aver 
agio  di  combatterlo  e  vincerlo.  Ed  e  loro  accaduto  quel  che 
accadde  al  Lipsius,  il  quale  crede  distruggere  ogni  venuta 
di  S.  Pietro  in  Roma  (apostolato  e  martirio),  distruggendo 
la  leggenda  di  Simon  Mago,  supponendo  cio&  che  tal  leggenda 
fosse  il  solo  fondamento  storico  del  martirio  di  Pietro  in  Roma. 
Ma  il  Lipsius  e  ormai  abbandonato  da  tutti  gli  storici  piii 
rinomati,  come  affermano  il  Duchesne  e  il  Grisar  *.  In  modo 
simigliante  ragionarono  i  nostri  eruditi  avversarii. 

Essi  dissero  cosl :  La  sentenza  che  Pietro  abbia  eserci- 
tato  1' apostolato  in  Roma  «  si  appoggia  a  due  ordini  di  ar- 
gomenti :  ad  un  accenno  scritturale  e  a  una  tradizione  cro- 
nologica  »  2.  Ma  tali  argomenti  non  reggono.  —  Al  che  rispon- 
diamo  che  la  sentenza  dell' apostolato  di  Pietro  in  Roma  n6 
si  appoggia  all' accenno  scritturale  degli  Atti,  ablit  in  alium 
locum,  n6  alia  tradizione  cronologica,  come  tale,  de'25  anni 
di  residenza  romana  ;  si  bene  sopra  testimonianze  ben  dif- 
ferenti  e  ben  piu  solide  di  queste,  come  ampiamente  abbiamo 
mostrato. 

Talch6  loro  non  resta  altro  se  non  una  nuda  affermazione 
negativa,  contraddetta  dalle  testimonianze  storiche  antiche. 


XV. 

Quanto  alia  seconda  cosa,  cioe  alia  venuta  di  Pietro  in 
Hoina  fin  dai  tempi  di  Claudio,  e  quindi  al  determinato  spazio 
di  25  anni  di  apostolato  romano  (a.  42-67),  confessiamo  che 
essa  rimane  solo  una  buona  probabilita. 

1  GRISAR,  Storia  de'Papi,   vol.  I,  p.  418  sq. 
*  Dogma  ecc.,  p.  36,  37 


158  APOSTOLATO  DI  S.   PIETRO   IN  ROMA 

Ricapitolando  le  prove  sopra  accennate  di  questa  proba- 
bilita,  esse  sono :  prima,  le  allusion!  non  ispregevoli  ad  un 
apostolato  di  Pietro,  anteriore  all' anno  58,  come  vedemmo, 
esaminando  la  Lettera  di  Paolo  ai  Romani ;  seconda,  la  no- 
tizia  dataci  da  Eusebio  del  colloquio  avuto  da  Filone  con 
Pietro  in  Roma  ai  tempi  di  Claudio;  terza,  il  ripetersi  con- 
tinuamente  ne'  documenti  che  parlano  della  cattedra  di  Pietro 
1'aggiunto  «  in  quaprimum  Romae  sedit  »,  nel  che  si  accenna 
ad  una  venuta  anteriore  ai  tempi  neroniani;  quarta,  1'esi- 
genza  delle  espressioni  «  Fondd  la  Chiesa  romana  »,  «  Pre- 
dict) in  Roma  quel  Vangelo  che  Marco  poi  scrisse  »,  esi- 
genza  che  non  pare  esaurita  colla  sola  venuta  di  Pietro  in 
Roma  negli  ultimi  tempi  neroniani;  quinta,  r episodic  di 
Simon  Mago,  (in  quanto  rappresenta  la  presenza  di  Pietro 
in  Roma,  come  dicemmo)  che,  se  non  tutti,  almeno  alcuni, 
pongono  ai  tempi  di  Claudio  ;  sesta  finalmente  6  1'asserzione 
di  quasi  tutti  gli  storici  del  sec.  IV,  che  dannno  25  anni 
all' apostolato  di  Pietro. 

Le  quali  cose  spiegano  anche  in  quale  relazione  sia  stato 
T  apostolato  di  Pietro  verso  quellp  di  Paolo,  che  i  documenti 
talora  sembrano  equiparare  in  tutto.  La  relazione,  cioe,  non  fu 
solo  di  superiorita,per  I'autoritd,  ma  anche  pel  tempo  o  durata 
maggiore  dell' apostolato  di  Pietro  rispetto  a  quello  di  Paolo. 

E  ci  e  caro  anche  questo  frutto  secondario  del  nostro 
studio  ora  che  il  venerando  Pontefice  Leone  XIII  e  per  com  - 
piere  il  25°  anno  di  pontificate.  Fatto  singolare,  che  da  S.  Pie- 
tro in  poi,  nel  corso  di  quasi  diciannove  secoli,  si  e  verifi- 
cato  la  prima  volta  in  Pio  IX,  ed  ora  si  ripete  per  la  seconda 
volta  nel  nostro  santissimo  Padre,  Leone  XIII. 


IL  CONGRESSO  DI  VIENNA  E  LA  S.  SEDE 


La  prima  ristaurazione  del  Papa  in  Roma. 

(Maggio  1814.  Art.  II) 


SOMMAKIO. 

IV.  La  giustizia  di  Dio,  che  si  manifesta  nella  liberazione  di  Pio  VII. 
-  V.  Elenco  compendiato  de'  sacerdoti  delle  diocesi  romane,  vittime 
della  tirannide  napoleonica,  condannati  all'ergastolo,  alTesilio,  alia 
deportazione.  —  VI.  Differenza  tra  le  persecuzioni  violente,  e  quelle 
che  si  ainmantano  di  legalita  pacifica. 

IV. 

Ma  oramai  anche  il  Dio  della  giustizia  metteva  mano  a 
far  nuove  prove.  A7  22  di  giugno  di  quest'anno  1812  Tim- 
peratore  Napoleone  bandi  la  guerra  alle  Russie:  tre  mesi 
dopo,  la  citta  di  Mosca  ardeva  per  flamme  appiccate  alle 
case  dagli  stessi  Russi!  E  nel  mese  seguente  Napoleone  ri- 
tornava  in  Francia  senza  esercito,  ma  con  tutto  il  suo  or- 
goglio.  Ancora  qualche  anno,  ed  egli  doveva  bere  sino  al- 
r  ultima  feccia  tutto  il  calice  delle  amarezze,  che  aveva  fatto 
sorbire  al  Papa  ed  a  migliaia  di  sacerdoti:  i  quali  tutti, 
mentre  egli  era  inviato  a'  confini,  ritornavano  nelle  loro 
-terre,  d'onde  1'  ingiustizia  e  T  insaziata  superbia  di  lui  li  ave- 
vano  banditi ! 

E  bene,  6  necessario  che  di  queste  migliaia  di  vittime, 
dalla  tirannide  napoleonica  mietute  nel  clero  di  Roma,  pre- 
sentiamo  non  gia  un  catalogo,  ch&  ci  vorrebbe  un  volume ! 
ma  un  qualche  saggio,  a  fine  di  poter  poi  dare  contezza  della 
giustizia  liberatrice  e  vendicatrice  insieme  .del  Pontefice  re- 
stituito  alia  sua  Roma. 

Ai  nostri  giorni  il  forestiere  che  visiti  T  Italia  scorge,  e 
<xm  non  poca  maraviglia,  nelle  strade,  ne'  giardini,  ne'  musei, 


160  IL   CONGRESSO   DI  VIENNA 

nelle  cantonate  de'  palazzi,  negli  stipiti  de'  portoni  munici- 
pal!, nelle  sagome  de'  monumenti,  e  per  fino  nella  silenziosa 
dimora  de'  morti,  scorge  statue,  busti,  ermeti,  telamoni,  iscri- 
zioni...,  che  rammentano  i  nomi  dei  eondannati  giustamente 
dagli  antichi  governi,  o  come  malfattori  ordinarii,  o  come 
straordinarii  felloni,  o  come  sgherri  assalitori:  i  quali  tutti 
la  morale  de'  tempi  nuovi  ha  trasformati  in  eroi,  dinanzi  alia 
cui  gloria  quella  de'  trecento  Fabii  o  de'  trecento  greci  delle 
Termopili  scomparisce  e  si  fa  piccina.  In  quella  vece  i  nomi 
de'  sacerdoti,  che  per  rendere  testimonianza  alia  giustizia 
soffrirono  la  perdita  de'  loro  beni  ed  hanno  incontrato  1'esilio 
e  la  carcere,  sono  sconosciuti.  Poco  monta !  6  questa  la  sorte 
ordinaria,  che  si  puo  aspettare  dalla  giustizia  umana.  Affidati 
tuttavolta  al  verdetto  della  giustizia  eterna,  la  cui  bilancia 
non  conosce  ne  il  peso  dell'  interesse  ne  1'  influenza  dell'  ira 
partigiana,  e  opera  santa  il  precorrere  anche  in  terra  al  giu- 
dizio  della  verita  suprema,  con  quello  che  in  terra  alcun 
poco  lo  adombra,  ossia  col  giudizio  della  storia. 

II  card.  Pacca  spediva  a'  28  di  maggio  di  quest'anno  1814 
una  circolare  a'  vescovi  dello  Statp  della  Chiesa,  chiedendo 
nota  di  quelle  persone,  «  che  all'occasione  delle  passate  vi- 
cende  sono  state  sottoposte  dall'estinto  governo  a  varie  per- 
secuzioni  sia  di  carcerazione,  sia  di  esilio  o  di  deportazione, 
o  qualsivoglia  altra  persecuzione  penale,  in  odio  della  lode- 
vole  costanza  e  fermezza  nell'osservanza  delle  leggi  di  Dio 
e  della  Chiesa,  tan  to  raccomandata  a  tutti  dal  S.  Padre...  » 

A'  30  dello  stesso  mese,  Monsignor  Giovanni  Barberi,  av- 
vocato  fiscale,  nel  riscontrar  che  faceva,  per  la  diocesi  di 
Roma,  la  nota  richiesta  dal  Cardinale  Pro-Segretario  di  State, 
premetteva  le  seguenti  notabilissime  espressioni,  le  quali 
hanno  un  sapore  di  alcun  che  di  sublime  nel  loro  genere: 

«  E  pur  sollievo  al  cuore  di  un  uomo,  che  6  obbligato 
come  lo  sono  io,  .per  ragion  di  uffizio  ad  esser  sempre  im- 
merso  neU'esame  delle  colpe  e  delli  delitti  altrui,  ed  a  sen- 
tire  assai  frequentemente  i  gemiti  e  le  querele  delle  povere 
famiglie  delli  delinquent!,  e  pur  sollievo,  dissi,  di  poter  una 
qualche  volta  fare  testimonianza  alia  virtu  ed  al  merito...  » 


E   LA    S.    SEDE  161 

Seguivano  quindi  i  voluminosi  fasci  de'  nomi  de'  sacer- 
doti  deportati,  in  adempimento  degl' impazienti  voleri  del 
despota  potente.  Mi  contento  di  delibarne  in  queste  pagine 
non  piu  che  alcuni  pochi,  dando  delle  varie  liste  solamente 
i  nomi  del  primo  e  dell' ultimo  di  tutti  che  vi  sono  con- 

tenuti. 

1.  Stati  romani. 

(Da  monsignor  Barberi,  30  maggio  1814). 
Nota  de'  Sacerdoti  detenuti  nell' ergastolo  di  Corneto. 

1°).  Mgr  Cicalotti  Ponente  di  Consulta. 

...  32°).  Filippo  Evangelist!  beneficiato  di  S.  Pietro. 
Nota  de'  detenuti  nel  Forte  di  Calm  in,  Corsica. 

1°).  Adami  I).  Rocco,  canonico  della  Tolfa,  diocesi  di  Sutri. 

...  229°)  Ronci  Valentino,  Elettore  di  S.  Sisto. 

piii  85 :  con  nomi  e  cognomi  e  patria,  non  appartenenti  per 6 
agli  Stati  pontificii. 

Nota  dei  sacerdoti  romani  deportati  nell'anno  1810  in  Parma 
e  Piacenza,  cd  ivi  restati  e  carcerati  nel  luglio  1812,  e  traspor- 
tati  nel  detto  anno  in  Alessandria  nelle  carceri. 

1°)  Francesco  Lozi  paroco  di  Salisano  (tradotto  in  Savona  1812) 
diocesi  delFAbbadia  di  Farfa. 

...  148°)  Domenico  Fagotti  paroco  di  Colle  Lungo  (diocesi  di 
Yeroli)  tradotto  da  Alessandria  nel  1813  a  Todi  per  affare  di  cir- 
coscrizione. 

2.  Diocesi  di  Assisi. 
(Dal  vescovo,  20  ottobre  1814). 

Nota  delle  persone,  che  hanno  sofferto  nello  scorso  governo, 
della,  citta  e  diocesi  di  Assisi. 

le).  Sac.  Pietro  Massichi,  priore  della  Cattedrale,  e  provicario 
generale  di  Assisi. 

2°).  ...  Aless.  Bini,  canonico  della  cattedrale: 

«  Per  ricusa  del  giuramento  privati  de'  beni  di  Chiesa,  deportati 
a  proprie  spese  in  Piacenza,  quindi  passati  in  Bologna,  rinchiusi, 
privati  di  pensione,  ad  tempos  col  solo  pane  e  acqua,  impediti  ad 
tempus  di  dir  messa,  in  fine  trasportati  in  Corsica  e  malissima- 
mente  dal  Governo  trattati. 

...  57°).  «  Signor  Vincenzo  Lorci  di  Linigiano  (dioc.  di  Assisi) ; 
unico  non  sacerdote  o  religioso. 

«  Per  la  ricusa  di  essere  uno  de7  Savj  cosi  detti,  carica  esibitagli 
nell'estinto  Governo,  condannato  in  Corsica,  e  sotto  la  confisca  di 
Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1262.  11  8  gennaio  1902. 


162  IL  CONGRESSO    DI  VIENNA 

tutti   i   beni,  benche   avente   la   madre  vecchia,  moglie  giovine,  e 
figli  piccoli,  e  malissimamente  dal  detto  Governo  trattato.  » 

3.  Orvieto. 

(Dal  Yescovo,  19  luglio  1814). 

Lista  dei  deportati  delta  diocesi  di  Orvieto. 

Sacerdoti  o  religiosi.  1).  Duranti  Pasquale,  arcidiacono  della 
cattedrale,  deportato  in  Piacenza  e  Alessandria. 

...  43°).  Febei  Filippo,  agostiniano  ex- provinciate,  private  della 
pensione  ;  e  morto. 

44°).  Ravizza  Francesco,  nobile.  Gli  furono  conn'scati  i  beni,  e 
fu  costretto  a  salvarsi  colla  fuga. 

52°).  Onori  Tommaso,  Pro-Vicario  generale.  Soffri  viaggi  e  stra- 
pazzi,  e  fu  anche  arrestato  ed  alfine  costretto  ad  allontanarsi,  per 
non  aver  voluto  ri^onoscere  il  vescovo  di  Citta  della  Pieve,  e  re- 
sistito  ad  altri  ordini  del  Governo. 

Secolari...  56°).  Si  aggiunge  in  ultimo  il  sig.  Raniero  Friggeri, 
nobile  Perugino,  il  quale  sebbene  d'altra  diocesi  sofferse  in  questa 
1'arresto,  e  ne  fu  da  gendarmi  condotto  via  per  aver  portato  da  Pe- 
rugia un  plico,  in  cui  il  Pro-Yicario  Raffaele  Lambruschini  arre- 
stato cola  provedeva  a'bisogni  di  questa  diocesi. 

E  dovuta  alia  nobilta  in  generale  'e  alia  citta  tutta  la  testimo- 
nianza  di  uu  grande  attaccamento  al  Governo  pontificio,  cosi  che 
dai  partigiani  francesi  era  chiamato  un  popolo  brigante.,. 

4.  Ascoli. 

(Dal  Yescovo,  12  luglio  1814). 

Elenco  di  quelli  della  diocesi  di  Ascoli,  tanto  ecclesiastici  che 
secolari,  quali  neWabolito  governo  francese  hanno  sofferto  rilega- 
zioni,  esili  e  vessazioni  per  la  costanza  nel  sostenere  le  leggi  di 
Dio  e  della  Chiesa. 

1°).  Francesco  Demarco,  Yicario  generale  di  Ascoli.  Fu  ob- 
bligato  lasciar  1'impiego,  perche  ferrno  a  sostenere  in  alcune  cir- 
costanze  le  leggi  ecclesiastiche,  e  quindi  dopo  varie  vessazioni  ebbe 
1'esilio  da  tutto  il  regno  italico. 

...  14°).  Marcantonio  Brandi.  Scelto  per  Maire  del  proprio  paese 
fu  chiatnato  in  Spoleto  per  il  giuramento.  Egli  si  ricus6.  Fu  ini- 
nacciato  e  posto  in  carcere,  ma  egli  fu  sernpre  costante  nella  ne- 
gativa.  Fu  liberate,  e  dichiarato  incapace  di  qualunque  impiego, 
locche  egli  desiderava. 


E  LA  S.    SEDE  163 

5.  Pesaro. 

(Dal  vescovo,  Mgr.  Andrea,  23  giugno  1814). 
Foglio  dimostrativo  (sic)  le  persone  vessate   nel  passato  governo. 

1°).  Francesco  Albertino...  non  avendo  voluto  prestare  il  giura- 
mento  fu  destituito  col  massimo  svantaggio  della  sua  famiglia. 

...  8°).  II  mio  Yicario  generale,  Francesco  Maria  Fontana  da 
Soriano,  diocesi  di  Orte,  il  quale  con  prudenza  e  zelo  nella  mia 
deportazione  a  adempite  le  mie  veci,  due  volte  e  stato  soggetto  a 
processure  politiche,  ed  angustiato  replicate  volte  con  rimprovero 
e  minacce  dalle  autorita  in  allora  potenti. 

Yi  sarebbero  in  Pesaro  anche  altri  curiali  ed  artisti,  che  per 
non  aver  voluto  prestar  il  giuramento  non  anno  potuto  ottener  alcun 
impiego,  e  nettampoco  esercitare  la  professione,  a  cui  erano  addetti, 
e  percio  sono  caduti  in  miseria. 

Nella  lettera  al  cardinal  Pacca  osserva,  che :  «  Se  non  si  avesse 
qui  avuto  la  sorte  di  eludersi  dal  giuramento,  sono  persuasissimo, 
che  il  Capitolo  delia  mia  cattedrale  come  anche  quello  della  Col- 
legiata  di  S.  Angelo  in  diocesi,  i  parochi,  gli  economi  deputati  alle 
parochie  vacanti,  ed  altri  benefiziati  avrebbero  dato  un  numero 
abbondante  d'individui,  che  seguito  avrebbero  1'altrui  esempio,  so- 
stenendo  qualunque  penalita  piuttostoche  disubbidir  al  Beatissimo 
Padre.  » 

6.  Sanseverino. 
(Dal  vescovo,  20  giugno  1814). 

Dice  vche  da  informazioni  prese,  alcuni  furon©  carcerati,  non  si 
sa  perche  motivo.  «  Nessuno  mi  ha  detto  di  essere  stato  soggettato 
a  qualche  vessazione  in  odio  della  sua  costanza  e  ferrnezza  nel- 
1'osservanza  delle  leggi  di  Dio  e  della  Chiesa.  »  Tuttavia  ha  fatto 
pratica  con  un  impiegato  della  segreteria  municipale,  e  ne  ha  avuto 
segretamente  i  fogli  che  spedisce.  In  uno  di  questi  e  citato  un  de- 
creto,  con  cui  il  viceprefetto  di  Tolentino  dichiara  che  sieno  scar- 
cerati  alcuni  sacerdoti  e  religiosi,  parte  per  titoli  non  sufficient!, 
parte  perche  altri  fanno  sicurta  per  essi  (7  agosto  1809). 

I  carcerati  sono  11  nell'uno  e  9  nell'altro  foglio. 

7.  Sinigaglia. 
(Da  D.  Yincenzo   Arcidiacono,  Yicario   generale,  19  luglio  1814). 

Elenco  delle  persone,  che  sotto  I'estinto  governo  italiano  fran- 
cese  hanno  sofferto  persecuzioni  nell' individuo }  o  che  sono  stati 
spogliati  dei  loro  impieghi. 

1°).  D.  Francesco  Pagani,  economo  spirituale  di  S.  Lucia  di 
Montalboddo,  ha  sofferto  una  lunga  e  penosa  carcerazione,  come 


164  IL   CONGRESSO   DI  VIENNA 

supposto  reo  di  cospirazione  contro  1'estinto  governo,  conosciuto  poi 
innocente.  Esso  ha  avuto  delle  amarezze  con  li  fabbricieri  della 
parrocchia,  e  col  delegato  di  polizia  del  paese  per  sostenere  1'in- 
dipendenza  delle  funzioni  di  Chiesa  da'  medesimi. 

...  9°).  II  canonico  Sinibaldi  Kaffaele  ne'  primi  mesi  dopo  il  cam- 
biamento  del  governo...  corse  pericolo  d'essere  processato  dall'alta 
polizia,  come  supposto  reo  di  scrivere  e  ricevere  notizie  allarmanti 
dal  proprio  Emo  Ordinario. 

8.  Fano. 
Nota  de'  condannati. 

(Da  D.  Francesco  Maria  vescovo,  12  giugno  1814). 

I  sacerdoti  non  ebbero  occasione  di  sevizie,  «  perche  1'ordine 
dell'illecito  giuramento  non  fu  esteso  che  ai  soli  vescovi.  »  Dice  di 
Antonio  Torchielli,  arciprete  di  Mandario,  il  quale,  dopo  1' infernal 
sacrilegio  comniesso  per  1'arresto  e  deportazione  di  Nostro  Signore, 
avendo  rifiutato  di  cantar  1'inno  ambrosiano  per  le  vittorie  ripor- 
tate  in  Austria  da'  nemici  di  Pio  e  della  Chiesa,  fu  incatenato  nella 
citta  di  Senigaglia.  «  Fu  poi  liberato,  perche  fu  riconosciuto  aver 
egli  ubbidito  a  una  lettera  del  vescovo. 

«  Avendo  tutti  i  sacerdoti  ex-gesuiti  spagnuoli,  qui  da  tanto 
tempo  dimorati,  fermamente  ricusato  di  prestare  il  giuramento,  fu- 
rono  non  solo  privati  della  pensione,  rna  condannati  eziandio  al 
carcere.  Trovandomi  perd  in  quel  tempo  ancora  al  governo  di  que- 
sta  Chiesa,  potei  interessarmi  per  loro,  e  in  luogo  della  carcere 
formale,  furono  concentrati  nel  Seminario.  Tre  solamente  di  questi 
sopravivono  e  sono:  Emanuele  Mariano  d'lturiaga,  D.  Francesco 
Yillalobas,  D.  Giovanni  G-arzia.  » 

Avea  poi  i  nomi  di  quattro  signori,  che  per  ricusare  il  giura- 
mento perdettero  impiego,  chi  di  cancelliere,  chi  di  segretario. 

9.  Sutri. 

(Dal  vescovo,  11  giugno  1814.) 

Nota  dei  deportati  e  detenuti  in  carcere. 

1°).  Francesco  Ferrajoli,  arciprete  della  cattedrale  di  Sutri. 
...  23°).  Gius.  Scribani,  arcipr.  e  parroco  di  Bassano,  diocesi  di 
Sutri,  rilegato  in  Piemonte. 

Ricusarono  il  giuramento  e   si  sottrassero   colla  fuga 

e  col  nascondersi: 

1°).  Luigi  Buttaoni,  Rettore  e  parroco  della  Collegiata  di  Tolfa 
(diocesi  di  Sutri). 


E  LA   S.    SEDE  165 

...  6°).  Antonio  Franci,  arciprete  parroco  di  Filacciano  (diocesi 
di  Sutri). 

Si  aggiungano  altri  ecclesiastici,  i  quali  per  non  mai  prestarsi 
al  canto  del  Te  Deum,  quale  veniva  loro  ordinato  dalle  autorita 
del  governo  francese,  furono  piu  volte  fuggiaschi. 

7-8°).  Yincenzo  Miscetti,  Yincenzo  Corinti,  beneficiali  nella  Catt.Ie 

Altri  per  essersi  ritrattati  fin  da  principio,  conosciuto  1'errore, 
dovettero  partire  dalli  rispettivi  posti,  e  sono: 

9-10°).  Anastasio  Yittori,  canonico  nella  cattedrale  di  Nepi. 
Pietro  Paolo  Tiraterra,  idem. 

10.  Macerata. 
(Dal  vescovo,  10  giugno  1814). 

1°).  Gaspare  Taller,  impiegato  nell'officio  delle  poste :  condannato 
per  non  prestato  giuramento...  caduto  quindi  nella  miseria. 

...  4°).  Lorenzo  Belli  di  Urbisaglia,  gia  governatore  di  Subiaco, 
soggetto  abbastanza  noto  in  Koma,  come  ancora  son  note  le  sue 
grandi  vessazioni  sofferte. 

...  7°).  Conte  Filippo  Spada,  domiciliato  in  Macerata,  fratello  del 
€onte  Grirolamo.  II  qual  conte  Filippo  ha  ricusato  di  prestare  il 
giuramento,  che  gli  si  richiese  come  a  professore  di  disegno  nel 
cosl  detto  Liceo;  ed  ha  percid  dimesso  1'esercizio,  e  rinunziato  cosi 
all'emolumento. 

8°).  Mi  pare  che  io  non  debba  lasciar  di  nominare  il  sig.  Don 
Crispino  Luciani,  can.  di  questa  cattedrale,  il  quale  ricusd  di  aver 
parte  alcuna  nell'm^'n^o,  ecc.  e  per  tal  motivo  restitit  in  faciem 
di  tutto  il  capitolo,  e  di  un  Prefetto,  di  cui  comunemente  si  aveva 
molto  timore. 

9°).  II  sig.  Marchese  Sigismondo  Bandini  non  ha  bisogno  che  sia 
da  me  menzionato,  essendo  abbastanza  conosciuto  per  la  sua  pro- 
bita  ed  attaccamento  alia  buona  causa,  e  per  i  danni  considerabili 
sofferti.  Tuttavia  perche  egli  e  patricio  di  questa  citta,  ed  ha  molti 
possedimenti  nella  diocesi,  mi  pare  che  meriti  di  esser  qui  da  me 
nominato. 

...  13°).  Pantaleone  Pantaleoni,  avvocato...  che  per  non  aver  vo- 
luto  giurare,  non  pote  piu  comparire  col  suo  nome  nel  foro... 

11.  Fermo. 

(Dal  card.  Brancadoro,  9  giugno  1814). 

Elenco  delle  persone  cosl  ecclesiastiche  come  laiche...  che  furono 
sottoposte  dal  Governo  a  varie  vessazioni  penali  in  odio  della  co- 


166  IL   CONGRESSO   DI  VIENNA 

stanza  e  fermezza  loro  nella  osserranza  delle  leggi  di  Dio  e  della 
Chiesa. 

1°).  Mgr  G-ius.  Colucci,  vi carlo  generale,  defonto...  Satollato  di 
amarezza  in  odio  della  sua  rappresentanza...  caduto  in  una  leggera 
indisposizione  di  salute,  ebbe  in  sua  casa  giacendo  in  letto  una 
forte,  inurbana  e  minacciosa  invettiva  dal  segretario  generale  della 
prefettura,  Giulio  Pagani,  per  cui  si  aggravc)  all'  istante  la  sua  in- 
ferrnita,  ed  in  pochi  giorni  mori  vittima  della  passion  d'animo,  che- 
dovette  sorbire. 

...  22°  e  23°).  Le  famiglie  patrizie  Bernetti  l  e  Matteucci  — - 
...  Nessuno  degli  individui  che  le  compone,  ha  il  minimo  neo.  Tutti 
si  sono  distinti  per  Taperta  contrarieta  a  tutte  le  innovazioni,  e  per 
1'attaccamento  alia  religione  e  al  Sovrano  legittimo.  Per  queste  reita 
combinate  co'  rapporti  della  loro  parentela  colla  famiglia  del  card.  Ar- 
civescovo  furono  ambedue  in  complesso,  ed  in  ciascuno  de'  loro  in- 
dividui  tenute  sempre  di  mira,  sorvegliate  minutamente  dalla  Poliziar 
porseguitate,  esposte  a  contribuzioni  ed  aggravj,  ed  obbligate  a  con- 
dursi  nella  maniera  la  piu  circospetta  e  riservata  anche  in  tutta 
ci6  ch'e  indifferente. 

12.  Fuligno. 

(Dal  vicario  generale,  Giustiniano  Poggi,  non  essendo  ancora 
ritornato  .il  vescovo,  7  giugno  1814).  , 

I.  Persone  secolari,  deportate  in  Spoleto,  con  confisra  di  beni*. 
1°).  Gregorio  Narici,  notaro,  archivista  causidico... 

...  4°).  Yincenzo  Gallicani  notaro,  causidico,  con  6  figli  inabili 
a  procacciarsi  il  yitto,  deportato  e  carcerato,  e  confische... 

II.  Religiosi...  deportati  e  carcerati... 

1°).  P.  Bonaventura  Mattei,  minore  conventuale,  parroco  della 
Chiesa  di  S.  Andrea  di  Spello...  in  Piacenza  ed  Alessandria. 

...  7°).  R.  Luigi  Spoletini...  religioso  cappuccino,  guardiano  nel 
convento  di  Bevagna...  in  Bastia  di  Corsica. 

III.  Sacerdoti...  deportati  e  carcerati  per  non  giuramento. 
1°).  D.  Silvestro  Sodi...  parroco  della  Chiesa  di  S.  Maria  Mad- 

dalena  di  Fuligno...  in  Bastia  di  Corsica. 

...  40°).  Can.  Attilio  Sbillacci...  in  Bologna  poi  a  Imola. 

1  «  Bernetti  Pacifico,  nipote  del  Cardinale  Brancadoro  per  parte  di 
sorella...  Infermo  gravemente  fu  strappato  da  letto  in  Monte  Tiore,  mal- 
menato  nella  strada  di  S.  Benedetto  da  Gendarmi...  non  pote  continuare : 
le  lagrime  de'  parent!  ottennero  che  si  presentasse  alia  polizia  di  Fermo  t 
fu  invigilato  !  (era  condannato  alia  deportazioue  in  Ancona). » 


E   LA   S.    SEDE  167 

13.  Amelia. 

(Dal  vescovo,  4  giugno  1814). 

1°).  II  Priore  D.  Mario  Lancia,  deportato  in  Piacenza  e  Bologna 
•e  poi  in  Calvi. 

...  10°).  D.  Yincenzo  Patrassi,  come  provicario...  in  Civitavec- 
chia, indi  a  Corneto. 

14.  Acquapendente. 
(Dal  vescovo,  ...  giugno  1814). 

Sacerdoti.  1°).  D.  Andrea  Astrei...  lasciato  dal  vescovo  che  fa 
relegato  in  Francia,  come  vicario  generale...  benche  settuagenario, 
deportato  in  Parma,  Piacenza,  Bologna,  dove  fu  cacciato  nelle  pub- 
bliche  carceri. 

...  5°).  Carlo  Yitali,  cappellano  curato...  «  deportato  in  Parma, 
Bastia,  e  quindi  in  Caprain,  dove,  oltre  1'essere  stato  per  giorni  84 
alimentato  a  solo  pane  ed  acqua,  fa  posto  in  un  profondo  di  car- 
•cere  cosi  umido,  che  vi  contrasse  una  malattia  che  lo  ridusse  al- 
1'estremi.  » 

Secolari.  1°).  Dionisio  Leali,  patrizio  della  Citta  di  Acquapendente, 
incontrd  «  una  penosa  ed  umiliante  carcerazione  di  giorni  45  nelle 
pubbliche  carceri  di  Yiterbo  e  di  Koma,  con  pericolo  di  lasciarci 
la  vita  e  con  gran  timore  di  subire  un'ingiusta  condanna  anche  di 
morte,  se  in  tempo  la  Providenza  non  avesse  fatto  cessare  il  detto 
governo.  E  di  piu  gli  venne  strappato  un  figlio  dal  seno,  e  portato 
alia  guardia  di  onore  con  dispendio  gravissimo  di  un  padre  gra- 
vato  di  una  numerosa  famiglia  di  8  figli.  » 

...  3°).  Giuseppe  Chierici...  cancelliere  del  Yescovo...  notabilmente 
pregiudicato  nell'  interesse. 

15.  Terracina. 
(Dal  vescovo,  Mgr  Franco,  5  giugno  1814). 

Nota  de'  deportati  per  effetto  della  tirannide  napoleonica : 

1°).  D.  Silvio  Fasci...  arciprete  della  Cattedrale...  deportato  in 
Bastia  e  Calvi. 

...  8°).  D.  Yincenzo  Mastranni...  can.60  profugo  e  nascosto... 

Non  da  nota  de'  secolari  «  non  essendovene  alcuno,  che  abbia 
sofferto  per  i  motivi  indicati.  » 

NeU'elenco  dell'ostracismo,  onde  per  effetto  dell'  ira  ti- 
rannica  furono  colpiti  molti  e  molti  cittadini  tanto  del  clero 
come  secolari,  trovo  molte  citta  e  molti  paesi,  delle  quali  e 
<ie'  quali  presento  qui  il  nome  alia  rinfusa,  come  li  ho  rin- 
venuti  nell'archivio  Vatican o. 


168  IL  CONGRESSO   DI  VIENNA 

16.  Canino. 

Ecclesiastici.  I  canonic! :  1)  Agostini,  2)  Cupidi,  3)  Marinacci, 
4)  Miccinelli,  5)  Paolucci,  6)  Fabiani,  7)  Conti,  8)  Scaglioni,  9)  1'ar- 
ciprete  Marini,  capo  della  Collegiata  di  Canino.  A  riserva  delli  ca- 
nonici  Paolucci  e  Fabiani,  che  per  1'eta  avanzata  in  cui  si  trova- 
Tano  non  furono  deportati  —  tutti  gli  altri  furono  deportati  in 
Parma,  in  Genova  e  parte  in  Corsica.  Non  considerando  un  certo 
Can.0  Ansuini,  che  per  timore  si  ritrasse,  tutti  hanno  patito  e  sof- 
ferto  immense  persecuzioni  e  danni  calcoiabili,  e  nella  loro  persona 
e  nell' interesse.  Due  per6  rimasero  vittima  della  crudelta  del  Go- 
yerno,  e  furono  il  Can.0  Conti,  che  cadde  nell'atto  che  lo  deporta- 
Tano  e  si  ruppe  una  gamba,  che  poi  nella  rottura  vi  concorse  1'in- 
fiammazione  che  gli  cagiond  la  morte ;  e  1'altro  fu  1'arcipr.  Marini, 
zio  del  Can.0  Spaccati  nominate,  che  dopo  molti  patimenti  se  ne 
mori  in  Parma. 

17.  Ischia. 

1°).  L'arcipr.  Michel  Angelo  Calmet. 
2°).  Sebastiano  Baldeschi,  secolare. 

3°).  Tarossi  d'Ischia,  Governatore  di  Latera. 

18.  Cellere. 

1°).  L'arciprete   Pazzaglia...   «  per   antistare   al   vizio  ha  patito 
moltissimo.  » 

19.  Onano. 

1°).  II  pievano  Ferri...  privato  d'ogni  rendita  ed  esercizio  della 
parrocchia... 

20.  Proceno. 

Sacerdoti.  1°).  Pievano  D.  Domenico  Guglielmo...  in  Piacenza  ed 
Alessandria. 

...  3°).  Sac.  D.  Giuseppe  Favilli...  in  Parma,  in  Bastia,  in  Corte. 

Secolari.  Paolo  Petri  di  Proceno,  Governatore  di  Onano. 

21.  Alatri. 
1°).  D.  Bernardino  Yecci. 

2°).  D.  Franco  dell'Oro. 

22.  Albaiio. 
1°).  D.  Giuseppe  Pezzi. 

2°).  D.  Yincenzo  Bassetti. 

23.  Marino. 
1°).  D.  Vincenzo  Bassetti. 

24.  Bagnorea. 
1°).  D.  Nicola  Lucci. 
...  6°).  D.  Aless.  Pressuti. 


E   LA   S.   SEDE  169 

25.  Civita  Castellana. 

1°).  D.  Luigi  Falaschi. 

...  4°).  D.  Yincenzo  Chiericozzi. 

26.  Citta  della  Pieve. 
1°).  D.  Antonio  Tassi. 

27.  Corneto. 
1°).  D.  Michele  De  Domnis. 

28.  Farfa. 

1°).  D.  Domenico  Costantini. 
2°).  D.  Franco  Lozi. 

29.  Ferentino. 
1°).  D.  Yincenzo  Milizia. 
2°).  D.  Michelangelo  de  Nardis. 

30.  Sabina. 

1°).  D.  Giuseppe  Mariannoni. 
...  11°)  D.  Leopoldo  Cicconetti. 

31.  Montefiaseone. 
1°).  D.  Angeiantonio  Damiani. 
...  5°).  D.  Girolamo  de  Angelis. 

32.  Narni. 
1°).  D.  Leopoldo  Ceccarelli. 

...  3°).  D.  Carlo  Ruggieri. 

33.  Nocera. 
1°).  D.  Carlo  Fabj. 

...  12°).  D.  Orazio  Porta. 

VI. 

Quanto  precede  e  stato  ricavato  dalle  stesse  lettere  origi- 
nal! dei  vescovi,  o  dei  vicarii  general!  delle  diocesi  romane, 
i  quali  inviarono  alia  S.  Sede  i  nomi  di  que'  sacerdoti,  che 
dagli  anni  1809-1814,  soffrirono  la  persecuzione  violenta  del- 
Timperatore  Napoleone.  Dalla  lista  compiuta  di  queste  vit- 
time  della  prepotenza  e  deH'assolutismo  di  quel  vero  perse- 
cutore,  furono  poi  ricavati  e  composti  varii  cataloghi,  in  cui 
quegl'illustri  perseguitati  figurano  non  piii  dal  luogo  dei  loro 
paesi  natali,  o  delle  diocesi  in  cui  esercitarono  il  sacro  mini- 
stero,  ma  da  quello  in  cui  varii  di  loro  si  trovarono  riuniti, 
come  in  luogo  di  pena.  Questi  cataloghi  si  trovano  essi  pure 
nelTArchivio  Vaticano,  in  carte  sparse,  le  quali  danno  a  ve- 
dere  un  lavoro  piuttosto  abbozzato,  che  finite.  A  ogni  modo 


170  IL   CONGRESSO  DI  VIENNA  E  LA  S.    SEDE 

dimostrano  in  una  sintesi  piu  chiara,  perch6  di  campo  ri- 
stretto,  il  numero  grandissimo  de'  gloriosi  sacerdoti  romanir 
ehe  si  mautennero  fedeli  al  loro  dovere,  di  contro  alle  pene^ 
che  furono  loro  intimate,  di  esilio,  di  prigionia,  di  ergastolo  * 
Ne  do  il  piccolo  compendio  seguente: 

Nota  degli  ecclesiastici  deportati  all' ergastolo  di  Corneto 
e  ml  forte  di  Calvi  in  Corsica. 

(Come  a  pag.  161). 

Nota  de'  deportati  in  Bastia  di  Corsica. 
1°).  Aristei  D.  Francesco,  parroco  (diocesi  di  Assisi). 
...75°).  Yenanzi  D.  Niccola  Can.0  di  Bagnaja  (Yiterbo). 

In  Porto  Ferrajo. 

1°).  Broccatelli,  Can.0  di  Bastia,  (diocesi  d'Assisi). 
...  5°).  Prosper uzzi  Costantico,  Can.0  di  Gradoli  (Montefiascone). 

Nell'isola  di  Capraja. 

1°).  Ancajani  D.  Mario,  Can.0  di  S.  Pietro  in  Yaticano. 
...  37°).  Astolfi  D.  Natale,  Can.°della  Collegiata  di  S.Gemini  (Narni). 

In  Corte  di  Corsica. 

1°).  Benedetti  sgr  Luca-Antonio,  Cariale  romano. 
...42°).  Zino  Fr.  Giacomo  di  Genova,  Converso  Professo. 

Cosi,  nelle  sole  diocesi  di  Roma,  comprendendo  il  Papa,. 
e  quasi  tutti  i  Cardinal!,  i  monsignori,  i  sacerdoti,  e  gli  an- 
tichi  impiegati  nella  famiglia  pontiflcia,  troviamo  che  il  nu- 
mero delle  vittime  della  tirannide  napoleonica  oltrepass6  i 
SEICENTO  ! 

Da  questo  grande  numero  di  condanne  e  di  condannati 
dalla  violenza  persecutrice,  si  scorge  come  Iddio  e  provvida 
nel  governo  della  sua  Chiesa.  Le  persecuzioni  violente,  di  legge 
ordinaria,  sempre  durarono  poco.  La  piu  lunga  di  tutte,  quella 
ck>6  di  Diocleziano  che  duro  10  anni  (303-313),  fu  straordi- 
naria  addirittura :  ma  straordinario  del  pari  ne  fu  Tesito,  per- 
ch6  con  la  vittoria  e  con  la  pace  di  Costantino  cornincio  per 
la  Chiesa  un  trionfo,  che  non  finira  mai. 

Piu  temibili,  perche  piu  ingannevoli,  sono  le  persecuzioni 
velate,  lente,  e  sottili  de'  tempi  moderni.  Ma  Iddio  non  conta 
il  tempo:  e  la  Chiesa  deve  certamente  trionfare  di- queste,, 
coine  riusci  vincitrice  delle  ire  de'  vecchi  Cesari ! 


IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 


XI. 
Le  sfilate! 

Chi  avesse  visitato  Roma  negli  ultimi  mesi  deirautunno 
•del  1797,  non  avrebbe  piii  riconosciuta  la  capitale  del  mondo 
cristiano.  Quella  Roma,  che  nel  decorso  degli  ultimi  venti- 
cinque  anni  era  stata  il  convegno  e  la  dimora  di  quanto  c'era 
in  Europa  di  uomini  e  donne  segnalati  per  lignaggio  di  na- 
tali  altissimi,  o  per  coltura  di  scienze  e  di  arti ;  quella  Roma, 
che  aveva  accolto  T  imperatore  Giuseppe  II,  la  sorella  Maria 
Oarolina  impalmata  al  fanciullo  Borbone  di  Napoli,  e  piii  re- 
centemente  entrambi  i  sovrani  napoletani  reduci  da  Vienna ; 
che  aveva  trattato  con  nobilta  e  con  amore  Gustavo  III  di 
Svezia,  e  il  figlio  dell'  imperatrice  Caterina  di  Russia,  ora 
Paolo  I  imperatore ;  che  aveva  ospitato  gia  prima  i  principi 
Oiacomo  ed  Enrico,  padre  e  figlio  esuli  Stuardi ;  e  poscia 
accoglieva  le  principesse  sorelle  dello  sfortunato  Luigi  X\7T, 
e  i  costoro  parenti  duca  e  duchessa  di  Chartres  con  la  nu- 
merosa  figliuolanza,  governata  da  una  certa  signora  di  Gen- 
lis  !  che  aveva  sviluppato  gl'  ingegni,  e  dato  cagione  alle  opere 
immortali  di  Winkelman,  di  Mengs,  di  Angelica  Hoffmann ; 
che  aveva  dischiuso  alia  mente  meditabonda  di  Volfango 
"Goethe  nuovi  orizzonti  incogniti  di  poesia,  di  arte,  e  di  amori ; 
c  che  allora  ricettava  tuttavia  nel  suo  seno  Antonio  Canova, 
il  prossimo  restitutore  dell'antica  arte  greco-romana:  quella 
Homa...  non  esisteva  piii  ! 

L'autunno  di  quest'anno  1797  presentava  il  degno  riscontro 
della  primavera,  che  fu  la  piii  lugubre  delle  stagioni  fiorite, 
che  mai  avessero  funestato  le  terre  germoglianti  sotto  il  di- 
lettoso  cielo  del  Lazio !  Ne'  mesi  passati  dal  marzo  al  luglio 


172  IL  CAPORALE  TRASTEYERINO 

di  questo  disgraziato  anno  si  compl  1' opera  del  piii  nefando 
ladroneccio,  che  fino  a  quell' epoca  avesse  mai  contaminato 
i  fasti  delle  generazioni  umane  dell'  Europa  e  del  mondo 
cristiano ! 

Un  bel  giorno  la  popolazione  di  Roma  vide  sfilare,  lungo 
la  parte  della  via  Angelica,  che  tra  il  Tevere  e  la  pianura 
della  Farnesina  corre  sotto  monte  Mario  sino  a  ponte  Moller 
vide  sfilare  una  cinquantina  di  carri  tirati  da  buoi  e  da  eavalli, 
scortati  da  doppia  fila  di  dragoni  e  di  ussari  con  pennacchi  e 
nappe  tricolori.  Che  cosa  portavano  ?  II  gruppo  del  Laocoonte, 
1' Apollo  del  Belvedere,  1'Antinoo,  1'Apollo  musagete,  la  Mel- 
pomene, la  Cerere  colossale,  e  le  colossali  figure  del  Tevere 
e  del  Nilo...  La  trans figurazione...  di  Raffaele,  strappata  da 
S.  Pietro  in  Montorio;  la  comunione  di  S.  Girolamo...  del 
Domenichino,  cavata  dall'arciconfraternita  di  S.  Girolamo 
della  carita ;  la  Santa  Petronilla  del  Guercino ;  il  S.  JKo- 
mualdo  di  Andrea  Sacchi...:  cento  oggetti  di  questa  fatta, 
ossia  cento  tesori!  la  sola  ricordanza  rinnova  nel  pensiero 
Torrore ! 

Un  altro  giorno  un  capitano  pontificio,  di  nome  Crispoldi, 
guidava  alia  volta  di  Foligno  un  convoglio  di  piii  carri  ti- 
rati a  piu  cavalli,  e  scortati  da  gente  armata.  Contenevano 
casse  di  varie  dimensioni,  sulle  cui  chiusure  vedevansi  i  sug- 
gelli  della  camera  apostolica  e  quelli  della  repubblica  fran- 
cese.  Che  cosa  nascondevasi  in  quelle  casse  ?  Quindici  mi- 
lioni  di  oro  e  di  argento  in  verghe !  Frutto  degli  spogli  dei 
milioni  in  oro  depositati  in  Castel  S.  Angelo  da  Sisto  V; 
degli  spogli  de'  quattro  triregni,  opere  di  immenso  valore  e 
di  arte  squisita  del  Cellini,  chiuse  in  cassoni  nello  stesso  Ca- 
stello,  con  altri  ricchissimi  oggetti  ivi  racchiusi  e  consegnati 
da'  pontefici  Innocenzo  VIII,  Giulio  II,  Leone  X,  Clemente  VII 
e  VIII,  Pio  V  e  Paolo  V...,  i  quali  oggetti  erano  rimasti  salvi 
dall'oscena  rapina  de;  soldati  del  Borbone;  degli  spogli  del 
Monte ;  degli  spogli  degli  ori  e  delle  argenterie  de'  cardinal!, 
e  delle  famiglie  patrizie  di  Roma! 

E  ire'  giorni  della  prima  quindicina  di  aprile,  altri  ufficiali 


I 


XI.    LE   SF1LATE  ! 


173 


174  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

pontificii  accompagnavano  altri  piccoli  convogli,  diretti  a  Pe- 
saro  ed  a  Rimini;  portavano  essi  pure  varie  cassette  imbal- 
late,  coperte  e  custodite  con  gran  cura.  Che  cosa  contene- 
vano  ?  II  valore  per  quattro  milioni  di  perle,  pietre  preziose, 
e  diamanti,  che  contate  alia  spicciolata  darebbero  la  seguente 
somma:  diamanti,  386;  topazii,  107;  smeraldi,  331 ;  rubini, 
692;  balasci,  44;  zaffiri  208  ;  grisoliti,  acquemarine,  giacinti, 
ametiste,  ed  altre  con  altri  nomi  passavano  il  numero  di  500 ! 

II  triregno,  fatto  per  ordine  di  Giulio  II,  conteneva:  3 
diamanti  di  rara  grossezza,  36  fra  mezzani  e  piccoli,  24  gross! 
balasci  del  Mogol,  22  zaffiri  orientali  grossissimi,  24  smeraldi, 
12  rubini .grand!  e  2  piccoli;  molte  perle  orientali  scaramazze, 
a  gocciola,  tonde,  e  alcune  grossissime ;  1'  iscrizione,  che 
Pio  VI  vi  aveva  fatto  girare  intorno,  era  scritta  a  lettere  di 
diamanti,  tagliati  a  posta;  in  alto  dominava  una  croce  di 
diamanti,  e  vi  splendeva  al  piede  uno  smeraldo  enorme,  del 
peso  di  carati  405. 

II  triregno  di  Paolo  III  Farnese,  aveva  i  gigli  dello  stemma 
formati  con  zaffiri  orientali.  Gli  furono  aggiunti  (nel  1789)  5 
diamanti  grossi,  14  mezzani;  14  balasci  grandi  del  Mogol, 
4  mezzani ;  10  rubini  tra  grossi  e  mezzani,  e  483  mezzanelli ; 
184  zaffiretti ;  50  smeraldi  grossi  e  mezzani ;  20  acquemarine, 
di  cui  2  grosse;  40  grisoliti  di  cui  4  grossi;  12  topazi  grossi, 
28  mezzani ;  8  giacinti  crisopazj  de'  quali  due  grossi ;  2  ama- 
tiste  grosse  assai,  8  mezzane;  24  perle  grosse  pendenti;  i 
sei  cordoni  delle  fasce  erano  tempestati  di  perle;  1' iscrizione 
componevasi  di  rubini  orientali ;  e  la  croce,  tutta  di  diamanti 
con  testate  di  rubini,  portava  alia  base  un  grosso  balascio 
del  Mogol. 

Nel  triregno  di  Clemente  VIII  luccicavano  oltre  un  gran 
numero  di  varie  perle  infilate  ne'  cordoni  delle  fasce,  9  dia- 
manti grossi;  237  tra  diamanti  mezzani,  zaffiri  orientali, 
balasci  del  Mogol,  smeraldi,  giacinti,  topazj,  granate,  ama- 
tiste;  ed  1  rubino  orientale  di  primo  colore. 

Nel  triregno  di  Urbano  VIII  si  vedevano  scintillare  alia 
vista:  1  diamante  grosso  a  goccia,  e  79  mezzani;  258  zaf- 


xi.  LE  SFILATE!  175 

firi  di  varia  grandezza ;  50  balasci ;  3  rubini  grossi,  e  378 
tra  mezzani  e  piccoli ;  256  sineraldi,  varii ;  67  topazi ;  257 
grisoliti,  varie ;  la  croce  intarsiata  di  diamanti  portava  sulla 
base  1  balascio  grosso  orientale. 

Aggiungansi  a  cio  4  grosse  pigne  di  perle  oriental!,  che 
componevano  un  gran  bottone  di  piviale  che  si  diceva  for- 
male ;  un  anello  con  grosso  diamante ;  una  croce  pettorale 
tempestata  di  zaffiri  bianchi,  legati  a  giorno,  con  brillantini 
nel  circuito:  opere  fatte  fare  da  Pio  VI. 

II  formale  da  Clemente  VII  comandato  a  Benvenuto  Cel- 
lini con  500  ducati  d'oro  di  camera,  conteneva  nel  mezzo  un 
diamante  che  pesava  136  grani,  e  quinci  e  quindi  a  corona 
2  zaffiri  orientali  purissimi,  ed  altre  gioie  diverse :  vero  gio- 
iello  d'arte  deir ingegnosissimo  Benvenuto! 

Tutto  questo  mondo  di  pietre  preziose,  con  quelle  del  te- 
soro  di  Loreto,  la  cui  sola  opera  di  staccamento  costo  ai 
gioiellieri  del  palazzo  pontificio  il  lavoro  di  dodici  giornate... 
tutto  questo  mondo  ando  a  finire  nelle  mani  dei  giacobini  pre- 
dicatori  dell'uguaglianza!  Oh  amabile  repubblica  liberatrice  ! 

Nel  giorno  ottavo  di  luglio  furono  messi  in  casse,  imbal- 
lati,  e  spediti  cinquecento  manoscritti,  carpiti  a  scelta  dacom- 
missarii  francesi,  che  il  nome  sempre  onorato  di  savants 
bruttarono  colle  geste  di  Caco!  Nel  qual  giorno  il  card.  Borgia, 
e  i  monsignori  Marini  e  Cancellieri,  uscendo  dalla  biblioteca 
Vaticana  furono  visti  a  piangere  come  fanciulli !  Iddio  aveva 
gia  chiamato  a  se  il  cardinale  Garampi,  se  no  sarebbe  morto 
per  dolor  e. 

Nella  giornata  dei  15  dello  stesso  mese  si  vide  il  Cacault, 
per  tempo  destatosi,  accudire  alia  spedizione  per  porta  Salara 
e  quindi  lungo  le  mura  per  via  Flaminia,  di  1600  cavalli  in 
gran  parte  bardati,  e  in  parte  scussi  colla  sola  cavezza  : 
erano  stati  rubati  dalle  rimesse  del  Papa,  de'  Cardinal!, 
de'  principi  romani,  per  essere  consegnati  all'esercito  della 
repubblica  francese! 

Per  ultimo  verso  i  primi  d'agosto  la  popolazione  romana 
osservo  il  ministro  della  gran  repubblica  francese,  Cacault, 


176  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

rincasare  di  buon  mattino  stropicciandosi  le  mani:  eracontento! 
Aveva  assistito  alia  sfilata  delle  seguenti  compagnie,  incam- 
minate  alia  volta  di  Bologna,  le  quali  si  componevano  pri- 
mieramente :  «  di  sei  tori  assai  belli;  in  secondo  luogo,  di 
dodici  vacche  della  stessa  specie ;  in  terzo  luogo,  di  dodici 
bufale;  in  quarto  luogo,  di  sei  bufali...  per  abbellire  le  razze 
galliche-giacobine- bovine...  per  disposizione  del  ministro  del- 
r  inter  no  4.  » 

Per  lo  spettacolo  delle  quali  cose  tutte,  viste  da  tutta  la 
cittadinanza  romana  per  lo  spazio  di  mesi  parecchi,  nella 
citta  regnava  un  cupo  silenzio,  una  tristezza  affannosa !  Si 
sarebbe  detto,  che  un  funereo  lenzuolo  si  fosse  disteso  sopra 
I1  immenso  gruppo  delle  case  che  si  accoglievano  alle  falde 
de'sette  colli.  Nelle  case,  nelle  piazze,  nelle  adunanze,  ne'rnotti 
famosi  romaneschi,  non  si  ragionava  d'altro  se  non  delFim- 
mensa,  crudelissima,  inaudita  rapina  commessa  contro  un 
popolo  inerme  ed  innocente  dai  veri  barbari,  discesi  in  Italia 

1  Cotebti  animali  erano  gi&  stati  scelti  e  determinati  in  mensura  et 
numero,  sino  dall'agosto  dell'anno  passato  1796,  quando  il  direttorio  non 
aveva  per  auco  infranto  1'armistizio  di  Bologna,  col  pretendere  che  il 
Papa  adorasse  quello  che  aveva  bruciato,  cioe  che  riprovasse  la  con- 
danna  della  Costituzione  civile  del  clero  da  lui  lanciata  secretamente 
a'  10  marzo  del  1790,  e  poi  solennemente  nel  marzo  e  nel  giugno  del  1793. 
II  documento  originale,  con  cui  chiedevansi  que'  capi  cornuti,  sottoscritto 
da'  coinmissarii,  che  erano  il  fiore  degli  scienziati  francesi,  e  il  seguente, 
ritrovato  da  me  in  un  mazzo  di  carte  nell'Archivio  Vaticano : 

Les  commissaires  a  M.  Franchi  (incaricato  pontificio). 

Le  4  fructidor,  an  4>™  de  la  republique  [21  aout  1796.  V.  S.  (vieux 
style}]. 

La  Commission  des  arts  demande  a  Monsieur  Franchi  pour  la  Re- 
publique francaise: 

1°).  Douze  taureaux  et  vingt  quatre  vaches  d'undge  et  d'une  espece 
convenables  pour  perfectionner  la  race. 

2°).  Quattre  Buffles  males  et  femelles  et  deux  buffles  femelles,  ega- 
lement  jeunes  et  de  belle  espece. 

Ces  betes  sont  destinees  les  premieres  pour  le  departement  de  Mon- 
Blanc,  les  dernieres  pour  le  departement  de  I'Ain  qui  en  est  voisin. 

M.  Franchi  voudra  bien  s'occuper  du  choix  et  des  dispositions  neces- 
saires,  pour  que  le  depart  se  fasse  promptement  et  que  le  passage  des 
montagnes  puisse  avoir  lieu  avant  la  neige ;  et  il  se  chargera  du  soin  de 
la  conduite  jusqu'a  Bologne. 


xi.  LE  SFILATE!  177 

per  apportare  la  felicita  agli  Italian!,  secondo  i  loro  paroloni 
accolti  a  bocche  spalancate  da  stupidi  e  diabolic!  patriotti, 
ma  in  verita  per  seminar vi  la  discordia,  1'apostasia,  il  ladro- 
neccio,  e  il  bastardume,  per  impoverire  le  popolazioni,  e 
per  rubare,  rubare,  rubare  ! 

Oh !  il  male  seminato  in  Italia  da  quelle  orde  di  giacobini, 
capitanate  da  un  Buonaparte,  fu  immenso  sotto  ogni  rispetto, 
fu  incalcolabile  a  dirittura ! 

E  che  fare  contro  la  forza  preponderate,  che  ad  un  la- 
mento  ti  fa  balenare  la  lama  snudata  delle  spade,  e  scintil- 
lare  il  lampo  de'  cannoni  pronti  ad  incenerire  case  e  citta, 
e  sotto  le  macerie  seppellire  uomini  e  donne  e  fanciulli  in- 
nocenti,  come  fu  fatto  a  Pavia,  come  fu  fatto  a  Lodi,  come 
fu  fatto  a  Reggio? 

Per  cio  gli  uomini  fremevano  per  le  strade  di  Roma,  ma 
si  guardavano  muti  ed  impotenti,  ne  sapevano  mormorare 
se  non  sorde  parole  di  vendetta,  o  inchinare  i  capi,  escla- 
mando  a  mezza  bocca:  flagello  di  Dio! 

xn. 

«  Un  cardinale  assassino  ». 

Alle  20  di  notte  del  di  13  novembre  di  quest'anno  1797 
era  uri  gran  concorrere  in  casa  Altieri  di  gente  magnatizia, 
di  parenti,  di  amici,  di  conoscenti,  di  qualche  ambasciatore 
di  corte  straniera.  Convenivano  tutti  a  congratularsi  con  la 
principessa  Marianna,  tornata  di  fresco  dalla  villeggiatura 
di  Albano,  dove  insieme  colla  famiglia  aveva  passato  i  due 
mesi  di  settembre  e  di  ottobre  nella  grandiosa  e  classica  villa 
degli  Altieri. 

Nella  grande  sala  dipinta  dal  Maratta  erano  convenute  e 
stavano  discorrendo  la  principessa  Marianna  Borghese,  gia 
anziana  ma  tuttora  aitante,  la  vecchia  principessa  Cornelia 
Barberini  che  portava  con  decor  o  i  suoi  ottant'anni,  la  du- 
chessa  Lante,  bella  signora,  e  madre  di  una  fanciulla  ancora 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1262.  12  8  gennaio  1903. 


178  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

piii  bella,  la  principessa  Giustiniani,  1'Aldobrandini,  la  Ga- 
brielli,  la  duchessa  di  Fiano,  e  Tinevitabile  principessa  Santa 
Croce  con  a  lato  T  inseparabile  cavaliere  Nicola  di  Azara, 
ministro  in  Roma  della  maesta  cattolica  di  Carlo  IV.  Vi  si 
trovavano  pochi  signori  romani ;  c'era  il  principe  Agostino 
Chigi,  con  la  principessa  Amalia  Barberini  sua  moglie,  qualche 
monsignore,  e  due  cardinal!,  il  card.  Stefano  Borgia,  prefetto 
di  Propaganda,  e  il  card.  Gian  Francesco  Albani,  decano  del 


Palazzo  Altieri 

sacro  collegio.  II  Borgia  aveva  rappresentato  il  principe  di 
Sassonia,  nella  celebrazione  del  matrimonio  della  figlia  di  lui 
Marianna  col  principe  Altieri,  accaduto  quattro  anni  prima, 
II  card.  Albani  era  amico  di  casa  Altieri  da  oltre  una 
quarantina  di  anni.  Era  egli  uno  degli  uomini  piii  segnalati> 
e  piii  influenti  di  Roma.  Cresciuto  nel  seminario  romano  sotta 
la  disciplina  de'  famosi  gesuiti,  che  avevano  dato  a  quel  se- 
minario la  fama  del  primo  collegio  di  Europa,  egli  per  re- 
lazioni  di  sua  famiglia  con  Stanislao  re  di  Polonia,  era  stato 
creato  cardinale  a  27  anni :  ora  ne  contava  77 !  BelFuoma 
un  tempo,  dotato  di  una  facondia  straordinaria,  franco  e  ge- 
neroso,  era  capital  nemico  dell'impostura  e  delle  soperchierie, 
Per  questo  fu  sempre  nemico  de'  nemici  del  partito  che  sina 


XII.    ((  UN  CARDINALE   ASSASSINO  »  179 

tTallora  dicevasi  gesuitico  ne,  ad  esempio  di  tanti  altri  prin- 
cipi,  aveva  ceduto  alle  minacce  spagnuole,  col  cessare  le 
antiche  relazioni  che  aveva  co'  gesuiti.  Ed  ora,  confidando 
neir Austria  e  in  Napoli,  detestava  cordialmente  il  direttorio 
tlella  repubblica  giacobina,  avversava  il  Buonaparte,  ed  ab- 
borriva  con  tutta  ranima  le  nuove  massime  di  liberta  appunto 
perche,  tutte  impostura  ed  ipocrisia,  venivano  imposte  dalla 
forza  e  sparse  con  quella  maniera  libera  e  graziosa,  che  e  det- 
tata  dalla  baionette  e  da'  cannoni.  II  card.  Albani  conosceva 
molto  bene  i  giacobini,  i  loro  direttori  della  Senna,  e  il  loro 
condottiere  in  Italia.  Ma  ne  era  pure  conosciuto :  e  direttori  e 
eondottiere  gli  portavano  il  piii  cordiale  odio  delmondo.  Quindi 
egli  si  aspettava  da  quella  genia  ogni  piii  barbaro  tratta- 
mento.  E  spesso,  valicando  porta  Salara,  quando  contemplava 
la  splendida  villa  in  via  Salaria,  dove  lo  zio  Alessandro  Albani 
aveva  profuso  tanta  ricchezza  e  squisitezza  di  arte  in  statue, 
pitture,  e  giardini,  spesso  fu  udito  ad  esclamare :  -  -  Oh ! 
quelle  statue  dove  andranno  a  finire  !...  —  Ne  s'ingannava... 

Egli  nel  lungo  tempo  della  sua  gioventu  aveva,  tra  le 
altre,  coltivato  specialmente  1'amicizia  della  principessa  Livia 
Borghese,  sposata  al  principe  Altieri  e  viva  tuttora  e  pre- 
sente ;  di  (liulia  sua  sorella,  sposata  al  principe  Chigi ;  e 
poi  del  P.  gesuita  Cesare  Cordara. 

Quest' ultimo  gli  era  carissimo  per  la  rara  perizia  della 
letteratura  latina  e  italiana,  per  1'  ingenuita  dell'  indole,  e 
per  1'eleganza  delle  maniere  religiose  e  civili,  piene  di  festivita 
6  lepidezza.  Spessimo  godeva  di  condurselo  seco  in  carrozza, 
«  non  di  rado  facevano  capo  a  quelle  principesche  case,  dove 
quelle  due  donne  coltissime  quanto  leggiadre  accompagnavano 
i  discorsi  che  vi  si  facevano  sulla  poesia,  sull'arte,  sugli  avve- 
nimenti  della  Citta,  con  le  giocondita  e  con  le  grazie  proprie 
del  sesso  gentile.  Che,  in  quei  tempi,  i  circoli  che  si  tene- 
Vano  nelle  case  della  nobilt&  romana  erano  cosa  del  tutto 
romana,  ossia  pieni  di  allegrezza,  di  motti  arguti,  di  poesia, 
di  musica.  II  forestierume  transcisalpino  non  aveva  ancora 
col  pubblico  cicisbeismo  contaminate  le  nobili  famiglie  romane, 


180  IL  CAPORALE  TRASTEVERIKO 

ne  la  galanteria  filosofica,  emigrata  da  Parigi  per  entro  le 
casse  di  volumetti  appetitosi,  avevano  per  anco  fatto  trali- 
gnare  le  relazioni  della  vera  e  schietta  amicizia  in  quelle 
del  turpe  consorzio  di  signora  e  di  cavaliere  servente.  Gl'in- 
trighi  di  ambasciatori  stranieri,  tutti  borbonici,  non  si  ran- 
nodavano  tuttavia,  con  isforzo  pari  all'indecenza,  nelle  sale 
divenute  tanto  famose  di  una  principessa  Santacroce.  Ne  il 
verde  lauro,  meritato  dal  Tasso,  ne  il  pudore  femminile, 
erano  stati  ancora  contaminati  nella  Roma  cristiana,  come 
quando  per  una  turpissima  gara  di  illusi  arcadici  e  di  settarii 
matricolati  si  Iasci6  coronare  nel  Campidoglio  con  la  corona 
del  cantore  della  Gerusalemme  il  capo  di  una  Olimpia  Co- 
rinna,  pubblica  peccatrice  ! 

Ora  il  cardinale  Albani,  pieno  di  anni  ma  non  di  vecchiaiar 
volentieri  si  recava  in  quella  casa  ringiovanita  degli  Altieri, 
dove  i  ricordi  passati  gli  ripresentavano  le  immagini  delle 
persone  care,  delle  conversazioni,  delle  gare  poetiche  di  un 
tempo.  Sotto  quelle  volte  sembravagli  di  sentire  come  una 
risonanza,  che  gli  molceva  il  dolore  delle  perdite  passate,  e 
gli  alleggeriva  rimmensa  tristezza,  onde  lo  spettacolo  delle 
cose  present!  e  la  prospettiva  delle  non  lontane  sciagure  grin- 
gombravano  Tamma. 

Egli  da  vario  tempo,  massimamente  dopo  la  pace  di  Tolen- 
tino,  sentivasi  come  oppresso  e  come  ravvolto  dentro  Fatmo- 
sfera  di  un'aria  per  lui  non  piii  respirabile,  e  quasi  soffo- 
cante :  vedeva  sicura  e  prossima  la  suprema  rovina  di  Roma, 
lo  sperpero  de'  suoi  beni,  la  miseria  della  sua  famiglia,  i  do- 
lori  della  sua  persona.  Ma,  generoso  com'era  e  altero  in  un 
medesimo  tempo,  pianse  si  veramente  calde  lagrime  sulle 
sorti  del  Papa  e  piu  ancora  del  Papato ;  per6  in  quanto  a  ser 
egli  aveva  fermato  d'incontrare  qualsiasi  sventura,  anzich6 
accondiscendere  in  alcuna  maniera  al  parti  to  giacobino.  Quindi 
sul  conto  del  nuovo  Direttorio,  massimamente  dopo  la  rinno- 
vata  tendenza  irreligiosa  e  perversa  del  governo  repubbli- 
cano,  ripresa  e  rinvigorita  col  colpo  di  Stato  del  18  frutti- 
doro,  come  sul  vandalismo  e  sulle  perfidie  del  Buonaparte, 


XII.    «  UN  CARDINALS  ASSASSINO  »  181 

egli  non  prese  abbaglio,  e  non  guardo  misura.  Anzi  ne  par- 
lava  con  tanta  liberta,  che  sembrava  rasentare  1'imprudenza, 
e  si  acquisto  in  Roma  una  fama  speciale  per  la  sua  facilita 
di  parola  e  licenza  di  frizzi.  D'altra  parte  era  informatissimo, 
come  quegli  che  riceveva  da  Vienna  le  notizie  sicure  e  fresche 
dairinviato  straordinario  di  Roma  in  quella  Corte,  ossia  dal 
suo  stesso  nipote,  Mgr  Giuseppe  Albani. 

Non  appena  fu  introdotto,  e  non  prima  ebbe  reso  i  suoi 
doveri  e  scambiato  i  dovuti  convenevoli  colle  principesse  Giu- 
lia  e  Marianna,  che  si  senti  rivolgere  come  un  coro  di  inter- 
rogazioni : 

—  Eminenza,  quali  notizie  da  Vienna?  e  conchiusa  la  pace? 
E  Francia  ci  lasciera  una  volta  in  pace  finalmente? 

—  Francia,  rispose  subito  il  vecchio   Cardinale,  Francia 
giacobina  lasciarci  in  pace?  E  la  belva,  che  dopo  il  pasto  ha 
piu  fame  che  prima!  Ci  ha  preso  quanto  c'era  in  Roma  di 
ori  e  di  argenti ;  ci  ha  preso  statue  e  quadri ;  ci  ha  preso  i 
codici  delle  nostre  biblioteche ;  ci  ha  preso  i  cavalli  delle  no- 
stre  stalle ;  ci  ha  preso  perfino  buoi,  bufali  e  vacche... 

—  Ci  ha  lasciato  le  fontane,  disse  il  card.  Borgia. 

—  Ci  ha  lasciato  il  Papa,  osserv6  il  cavalier  e  d'Azara,  a 
cui  quell'introito  del  vecchio  Decano  sapeva  di  agrume. 

-  Ci   ha  lasciato  Vostra  Eminenza,  riprese  subito  una 
voce  di  donna,  amabile  e  piacevolissima. 

II  Cardinale  si  rivolse,  e  riconobbe  a  queste  ultime  parole 
la  principessa  Santacroce. 

—  Signora  principessa,  rispose  egli  allora,  Iddio  conservi 
il  nostro  Santo  Padre,  o  meglio  compia  i  suoi  voleri.  Ma  una 
cosa  vi  accerto,  ed  &  che  se  il  Papa  soccombeva  in  questa 
sua  ultima  malattia... 

—  Avremmo  avuto  Vostra  Eminenza  non  piu  cardinale, 
ma  Pontefice  massiino... 

Non  pote  il  vecchio  nomo  contenere  il  riso  dopo  un  tal 
grazioso  complimento  della  principessa,  che  fu  applaudito 
da  tutti. 

—  lo  papa !  riprese  a  dire.  Ma  c'6  il  diavolo  che  non  lo 


182  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

permette.  Ed  e  proprio  il  caso  di  rovesciare  il  proverbio  cri- 
stiano,  che  diceva:  «  Cio  che  donna  vuole  (intend!  buona  ma- 
dre  di  famiglia  eh !)  Iddio  lo  vuole.  »  Ora  s'  ha  a  dire :  «  Cio 
che  donna  vuole  (intendi  buona  madre  di  famiglia  eh!)  il 
diavolo  non  lo  vuole...  »  — 

Queste  parole  furono  dette  con  tanta  squisitezza  di  spi- 
rito,  ed  accompagnate  da  un  gesto  cosl  fino  della  mano,  che 
in  tutti,  massimamente  nelle  signore...  destarono  un  secreto 
bisbiglio  e  fecero  spuntare  sulle  graziose  labbra  uno  di  quei 
sorrisi,  che  piu  che  dal  movimento  delle  labbra  si  esprimono 
col  fulgore  degli  occhi,  sopratutto  nelle  donne,  le  quali  sono 
maestre  squisite  nella  espressione  de'  piii  reconditi  senti- 
menti. 

—  Oh !  Eminenza,  soggiunse  allora  il  d'Azara,  e  d'onde 
viene  mai  questo  diavolo? 

—  Dalla  Senna,  signore  Ambasciatore. 

E  senza  frammettere  indugio,  mise  mano  in  un  porta- 
fogli,  e  ne  trasse  una  carta,  mentre  I'ambasciatore  e  la  prin- 
cipessa  si  guardavano,  attonito  il  primo,  e  la  seconda  leg- 
germente  mortificata. 

—  Dovete  sapere,  continue  il  Cardinale,  e  tutto  Tuniverso 
vorrei  che  sapesse  qualmente  il  Direttorio  della  repubblica 
francese,  e  il  suo  gran  paladino  in  Italia  hanno  deciso:  pri- 
mieramente,  d7  impedire   Telezione   di   un   nuovo   Papa,  nel 
caso  che  Pio  VI  venga  a  morire ;  in  secondo  luogo,  qualora 
non  si  possa  impedire  1'elezione  di  un  nuovo  Papa,  di   non 
permettere  in  nessuna  maniera  che  venga  eletto  il  cardinale 
Albani... 

—  E   perche   mai   cotesta  esclusione?  osservo   la  princi- 
pessa  Borghese.  Si  vede,  Eminentissimo   mio,  che   il   diret- 
torio  e  il  Buonaparte  non  conoscono  Vostra  Eminenza. 

—  Oh !  mi  conoscono  benissimo !  E  perche  mi  conoscono 
benissimo,  appunto  per  questo   mi  vogliono  escluso.  Ne  vo- 
lete  la  prova?  II  Buonaparte  va  spacciando,  che  io  sono  stato 
Tassassino  di  Ugo  Basville  .. 

Una  immensa  risata  accolse  queste  parole  del  Cardinale. 


XII.    «  UN  CARDINALE  ASSASS1NO  »  183 

Era  cosi  madornale  la  cosa,  che  lo  stesso  Albani  nori  pote 
impedire,  che  un  cotal  risolino  gli  sfiorasse  le  labbra.  Ma 
rimessosi  subito  in  sul  grave: 

-  lo  vi  leggero,  soggiunse,  alcuni  tratti  di  una  lettera, 
che  il  generale  Buonaparte  scrive  ad  un  personaggio  che  non 
vi  posso  nominare.  Ma  la  lettera  6  autentica,  6   scritta   da 
Passariano  nel  Friuli,  in  data  de'  29  settembre  di  questo  anno 
di  disgrazia...  Ascoltate  lui,  che  scrive  cosi: 

«  Se  il  Papa  muore,  voi  dovete  adoperarvi  con  ogni  pos- 
«  sibil  maniera  a  cio  che  non  se  ne  nomini  un  altro,  e  che 
«  in  Roma  si  faccia  una  rivoluzione...  » 

-  Madonna  mia !  esclamarono  tutte  quelle  buone  signore, 
che  udirono  quell' orrendo  consiglio  del  sinedrio  parigino. 

-  Avremo  dunque  la  rivoluzione  in  Roma?... 

-  Eh !  non  siamo  forse  cristiane,  entr6  subito  a  dire  la 
principessa  Marianna  Altieri.  lo  per  me  non  ho  paura;  io  non 
m'inchinero  mai  dinanzi  a  cotesti  idoli  coperti  di  sangue... 

Un  vero  plauso  saluto  queste  parole.  Ma  nel  volto  di 
qualche  principessa  si  scorse  un  repentino  pallore,  che  in- 
dicava  un  secreto  rimescolio  del  sangue. 

-  Ma   1'esclusiva    data   a  lei,   signor  Cardinale?  chiese 
Tambasciatore  Spagnuolo. 

—  Eccola,  se  queste  Signore  vogliono  sentire  il  resto  della 
lettera.  Termina  con  questi  precisi  termini: 

«  Se  il  Papa  6  morto,  e  che  non  accada  nessun  solleva- 
«  mento  in  Roma  per  guisa,  che  non  vi  sia  modo  d'impe- 
«  dire  altrimenti  la  norainazione  di  un  Papa,  non  tollerate 
«  mai  che  venga  nominate  il  cardinale  Albani.  E  non  sola- 
«  mente  dovete  servirvi  dell'esclusione,  ma  adopererete  ezian- 
«  dio  le  minacce,  intimando  a'  signori  cardinal!  che  nel  caso 
«  contrario  io  marcero  incontanente  sopra  Roma.  Poco  im- 
«  porta,  ch'egli  sia  Papa,  ma  non  vogliamo  che  sia  sovrano 
«  colui,  che  ha  assassinate  Basville.  Del  rimanente  *...  »  Qui 

1  «  Si  le  Pape  est  mort  et  qu'il  n'y  ait  aucun  mouvement  a  Rome, 
de  sorte  qu'il  n'y  ait  aucun  moyen  d'empecher  le  Pape  d'etre  nomme ; 
vous  devez  employer  non-seulement  1'exclusion,  mais  encore  les  mena- 


184  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

tronc6  la  lettura  a  cagione  della  presenza  del  cavaliere  Azara 
e  della  principessa  Santacroce. 

E  facile  a  indovinare  i  sen  si  di  maraviglia,  di  sdegno, 
di  spavento,  di  vero  ribrezzo,  che  quelle  parole  produssero 
in  tutta  quella  sceltissima  adunanza.  Nessuno  poteva  credere 
a  tanta  malizia,  accolta  freddamente  e  dichiarata  in  una  let- 
tera  particolare.  Chi  taceva,  chi  mormorava  a  mezza  voce, 
chi  esprimeva  un  pensiero,  e  chi  un  altro. 

E  mentre  tutti  erano  sotto  Fimpressione  di  cotesti  senti- 
menti,  il  vecchio  Cardinale  si  alzo,  e  movendosi  verso  la  fi- 
nestra  che  riguarda  la  piazza  del  Gesii,  prese  un  atteg- 
giamento  tra  il  solenne  e  il  sarcastico,  e  rivoltosi  in  maniera 
che  col  lato  sinistro  accennava  alle  persone  ivi  adunate,  e 
col  destro  mirava  alia  citta,  si  fece  ad  esclamare: 

—  «  Signore,  Signori,  Eminentissimo,  Eccellenze,  che  da 
piii  di  quarant'anni  conoscete  Toramai  piu  che  settantenne 
cardinale  Gian  Francesco  Albani !  Anime  degli  Innocenti,  che 
dalla  tela,  ove  il  pennello  del  Puccino  vi  ha  effigiate,  per  tanti 
anni  mi  avete  mirato  da  cotesta  parete !  Nome  augustissimo 
di  Gesii,  che  dall}alta  volta  di  cotesto  tempio  a  te  consacrato, 
tante  volte  mi  hai  benedetto  genuflesso  dinanzi  al  tuo  altare... 
0  Roma  tutta,  che  per  le  tue  vie  e  nelle  tue  campagne  hai 
sempre  onorato  la  memoria  di  Clemente  XI,  e  sempre  hai 
contemplato  la  fronte  Candida  degli  Albani...,  sappiate  che 
il  cardinale  Gian  Francesco  Albani,  e  dichiarato  assassino 
dal  generale  di  una  repubblica...  »  — 

Non  finl,  perche  un  vero  scroscio  di  plausi  copri  quello 
slancio  di  terribile  rettorica,  improvviso  ed  inaspettato,  del- 
Tannoso  decano.  Tutti  gli  si  fecero  attorno,  prodigandogli 
espressioni  di  ammirazione,  di  schietta  e  cordiale  simpatia. 
Mentre  la  principessa  Marianna  aveva  con  una  strappata  ad  un 


ces  sur  I1  esprit  des  cardinaux,  en  declarant  qu'a  1'instant  me* me  je  mar- 
cherai  a  Rome,  ne  nous  opposant  pas  a  ce  qu'il  soit  pape,  mais  ne  vou- 
lant  pas  que  celui  qui  a  assassin^  Basville  soit  prince.  Au  reste,  si 
V  Espagne  lui  donne  aussi  I' exclusion,  je  ne  vois  pas  de  possibility  qu'il 
reussisse.  » 


XII.    «  UN  CARDINALE  ASSASSINO  »  185 

cordone  fatto  portare  un  lauto  rinfresco,  ed  essa  stessa  gli  pre- 
sentavacollesuemaniun  calice  di  rosolio  con  acquaghiacciata. 

XIII. 
II  P.  Cesare  Cordara. 

-  Eminenza,  prese  subito  a  dire  1'Abbate  Cancellieri,  se 
si  trovasse  qui  presente  il  nostro  padre  Cordara,  io  Fassi- 
curo  ch'Ella  farebbe  stasera  una  cena  allegra.  Voglio  dire, 
che  nel  mettersi  a  tavola,  V.  Emza  troverebbe  sulla  mensa 
un  qualche  sonetto  o  un  lungo  capitolo,  che  esporrebbe  le- 
pidissimamente  in  terza  rima  quanto  ora  abbiamo  tutti  ap- 
plaudito.  — 

All'udire  il  nome  del  padre  Cordara,  TAlbani  che  si  era 
come  esilarato  al  plauso  onde  le  sue  parole  erano  state  sa- 
lutate,  si  acciglio  nuovamente  e  si  rifece  scuro  nel  volto.  Gird 
intorno  lo  sguardo,  e  si  accorse  che  il  cavaliere  Azara,  la  prin- 
cipessa  Santacroce,  e  qualche  altro  si  erano  accomiatati  dopo 
il  rinfresco.  Smettendo  allora  Tidea  di  pigliar  commiato  egli 
pure,  come  aveva  in  animo,  si  rifece  al  suo  posto,  ed  in 
mezzo  al  silenzio  di  tutti,  riprese  a  parlare,  rivolto  al  Can- 
cellieri : 

—  Mi  avete  rammentato,  signor  Abbate,  un  nome  ben  caro 
al  mio  cuore,  ed  al  cuore  di  quanti  hanno  conosciuto  quel 
gesuita,  uomo  veramente  piii  singolare  che  raro.  E  il  ri- 
cordo  di  lui,  in  queste  circostanze,  mi  richiama  alia  mente 
tale  un  cumulo  di  memorie,  di  circostanze  e  di  conforti,  che 
nella  loro  rappresentazione  il  mio  animo  inorridito  si  smar- 
risce.  Vedete,  qui  accanto  a  me,  fa  ora  un  trentacinque  anni, 
in  questa  medesima  sala  stavasi  il  P.  Cordara  in  conversa- 
zione con  me,  colla  principessa  Livia,  col  cardinale  Anto- 
nelli  allora  monsignore.  E  spesso  appunto  ci  declamava  con 
quella  sua  ingenuita  tutta  particolare  ora  un  sonetto,  ora  una 
anacreontica,  ora  soprattutto  una  di  quelle  sue  elegie  latine,  di 
una  latinita  cosl  pura,  di  una  vena  cosl  scorrevole,  e  di  una 


188  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

grazia  cosi  squisitamente  romana,  che  non  finiva  di  renderci 
ammirati.  E  si  plaudiva  e  si  rideva,  ed  erano  poche  le  volte, 
che  la  principessa  non  gli  strappasse  di  mano  la  carta,  ed 
essa  stessa  poi  imparando  a  mernoria  intiere  anacreontiche 
e  poesie  latine  non  le  declamasse  in  varii  circoli,  presente 
lo  stesso  Oordara... 

—  Vero,  vero,  esclamo  la  principessa  Giulia.  E  com'era 
contento  il  padre  Cordara !  come  rideva  cordialmente,  quando 
sentiva  da  nie  declamate  le  sue  poesie !  Non  amava  pero,  che 
si  palesasse  mai  il  nome  dell'autore.  Mi  rammento  il  cattivo 
quarto  d'ora,  che  gli  feci  passare,  quando  dopo  avere  in  una 
cert  a  serata  recitato  un  tal  suo   sonetto   sulla  vestizione   di 
una  monaca,  chiedendomi   tutti   il   nome   del   poeta,  io   feci 
1'atto  di  dirlo.  II  Cordara  si  contorceva, . . .  ed  io  ridendo  pro- 
nunziai  il  nome  del  card.  Albani :  allora  la  risata  fu  univer- 
sale,  tutti  capirono  che  il  nome  del  poeta  non  lo  dovevo  dire... 
Come  sono  cambiati  i  tempi,  ora !  Fece  bene  il  P.  Cordara 
a  fuggire  da  Roma ;  e  Dio  ha  fatto  meglio  a  toglierlo  da  questa 
terra... 

-  L'ho  conosciuto  pur  io,  prese  a  dire  il  principe  Chigi; 
ma  piu  e  meglio  assai  lo  conobbe  il  mio  povero  padre  Sigi- 
smondo,  il  quale  piii  di  una  volta  parlandomi  del  Cordara 
mi  diceva :  —  «  Quando,  per  la  perdita  della  mia  Flaminia 
lasciai  Roma,  sono  ora  passati  molti  anni,  ed  io  mi  credevo 
impazzire  per  disperato  dolore,  la  fortuna  mi  fece  imbattere 
nel  padre  Cordara,  che  tornava  dal  Piemonte,  nel  collegio 
de;  Tolomei  in  Siena.  Mi  par  di  vederlo,  mi  pare  di  sentirlo 
ancora  a  parlarmi  con  tanto  sentimento,  con  espressioni  cosi 
scelte  e  cosi  cordiali,  che  m'intesi  come  rinascere  alia  vita.  » 
-  Cosi  spesso  parlava  mio  padre,  massimamente  nel  tempo 
delle  burrascose  fortune,  che  gl' intorbidarono  la  vita  negli 
ultimi  suoi  anni... 

—  Ed  io  lo  ricordo...,  osservarono  quasi  tutte  quelle  si- 
gnore... 

—  Io  non  Tho  conosciuto  di  persona,  prese  a  dire  la  prin- 
cipessa  Marianna.   Ma   mia  zia,  donna  Lucrezia  Rinuccini, 


XIII.    1L   P.    CESARE   CORDARA  187 

pochi  anni  or  sono  in  Fermo  non  finiva  di  parlarmi  di  quel 
Padre,  che  aveva  diretto  la  sua  coscienza  fin  da  quando  essa 
era  fanciulla  in  Macerata.  Essa  mi  raccontava,  che  trovan- 
dosi  a  villeggiare  nel  1764  nella  villa  di  Montesanto  de'  Buo- 
nacorsi,  proprio  in  quell'anno  che  mia  madre  era  stata  con- 
dotta  a  Vienna  e  di  la  a  Dresda,  mentre  in  casa  si  stava 
sovrapensiero  per  la  sorte  di  lei,  il  P.  Cordara  le  diceva : 
—  Non  temete,  io  conosco  la  nostra  Clara :  e  fanciulla  di  squi- 
sitissirni  pregi  di  forma;  ma  i  pregi  di  queiranima  sono  di 
gran  lunga  ancora  migliori.  Iddio  forse  vi  prepara  qualche 
inaspettata  fortuna.  — 

—  Mi  ricordo  benissimo  di  questa  circostanza,  soggiunse 
il  card.  Albani.  Tomato  allora  in  Roma  il  Cordara,  e  venuto 
subito  a  trovarmi  alle  Quattro  fontane,  mi  racconto  i  discorsi 
che  ebbe  con  donna  Lucrezia ;  e  pochi  giorni  dopo  mi  lesse 
la  lettera,  con  cui  la   contessa  Rinuccini  gli  annunziava  il 
matrimonio  di  donna  Clara  con  il  serenissimo  vostro  Padre, 
signora  Principessa. 

—  Ed  io  non  iscordero  mai,   entro  a  dire  1'abbate  Can- 
cellieri,  quanto  debbo  a   quell' uomo.   Mi  fu   maestro,   mi  fu 
amico,  mi  fu  benefattore  carissimo ;  in  lui  la  sostanza  stessa 
del  bene  che  ti  procurava,  era  poca  cosa  rispetto   alia  ma- 
niera  tutta  cordiale  con  cui  si  adoperava  per  procurartelo. 
Sentite  questo  tratto  del  rnio  Cordara.  Io  nell'anno  1772  ero 
destinato  ad  accompagnare  come  segretario,  1'illustre  e  sem- 
pre  compianto   card.  Garampi,  allora  monsignor   secretario 
della  cifra :  quando,  toltogli  quel  geloso  impiego  non  diro  ne 
come  n6  perche,  venne  nominato  alia  nunziatura  di  Varsavia. 
Or  bene,  per  ragioni  assai  delicate,  che  qui  non  accade  ch'io 
riferisca,  nell'atto  stesso  ch'eravamo  di  partenza  fu  signifi- 
cato  al  Garampi   Tor  dine  di  scegliersi   un  altro  secretario ! 
Come  ne  rimanessi  trafitto,  io  non  varrei  ad  esprimere... 

-  Tutto  questo,  disse  1'Albani,  dovevasi  al  maneggio  de- 
gli  Azpurru,  degli  Almada,  degli  Azara,  e  de'  Bernis.  A'  quali 
il  nome  del  gesuita  suonava  piu  esecrando,  che  il  nome  di 


188  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

Belzebub.  Mio  caro  Abbate,  non  fu  questo  se  non  un  cente- 
simo  di  quanto... 

—  Or  bene,  il  P.  Cordara  mi   seppe  consolare.  Egli  mi 
ottenne  lo  stesso  incarico,  e  forse  inigliore,  di  secretario  del 
principe  Carlo  Rezzonico,  senatore  di  Roma. 

—  Ora  udite,  ripiglio  il  Cardinale,  udite  un  tratto  del  ge- 
neroso  uomo,  che  era  il  Oordara.  Vivendo   ancora  mio  zio, 
card.  Alessandro  Albani,  avevamo  la  promessa  di  un  bene- 
fizio  da  darsi  a  mio  nipote  Giuseppe,  che  ora  e  in  Vienna. 
La  promessa  ci  era  ripetuta  di  sovente,  ma  1'esecuzione  in- 
dugiava  dell'altro.  II  Cordara  lo  seppe,  e  accortissimo  come 
era,  ne  ebbe  di  presente  indovinato  il  motivo.  Un  bel  giorno 
che  eravamo  tutti  adunati  in  famiglia,  egli  ci  parlo  in  questi 
termini:  —  «  Signori,  ho  un  favore  da  chiedere  a  loro,  amici 
e  benefattori  miei.  Ed  e,  che  d'ora  innanzi  non  mi  mandino 
piu  vettura  con  livrea  Albani,  ne  per  venire  alle  Quattro 
fontane,  ne  per  condurmi  a  villa  Salara,  ne  ad  Albano,  n6 
a  Porto  d'Anzio.  »  —  lo  e  mio  zio  ci  guardammo  in  viso;  ma 
senza  tanto  riflettere:   —  Padre  Cordara,  gli  dissi  in  tono 
risoluto,  uDa  tal  cosa  il  cardinal  Francesco  Albani   non  la 
fara  mai!  — 

Sorrideva  1'Abb.  Cancellieri,  mentre  T  Eminentissimo  De- 
cano  cosl  parlava.  E  fattoglisi  vicino,  gli  disse: 

—  Eminenza,  quanto  Ella  dice  io  conosco  tutto.  Quasi  con 
le  stesse  parole  T  ho  letto  negli  scritti  dello  stesso  P.  Cordara. 

—  Glie  lo  ha  dunque  fatto  sapere  per  lettere? 

—  No,  Eminenza.  II  P.  Cordara,  un  qualche  cinque  anni 
prima  della  sua  morte,  trovandosi  com'Ella  sa  nella  citta  di 
Alessandria,  compose  e  scrisse  le  memorie  della  sua  vita, 
dedicate  al  suo  fratello  senatore  nella  corte  di  Torino.  Ora  di 
queste  memorie,  con  altri  manoscritti  di  pregio,  egli  invio  a 
me  una  copia,  pregandomi  di  consegnarle  alia  sua  stessa  Com- 
pagnia,  che  egli  nelle  ultime  pagine  della  storia  della  sua 
vita  predice  come  vaticinando,  che  risorgera  a  ricombattere 
le  antiche  battaglie  a  servizio  della  Chiesa  e  del  Vicario  di 
Gesu  Cristo.  — 


XIII.    IL  P.    CESARE    CORDARA  189 

II  cardinale  Albani  all'udire  questa  notizia  mando  un  oh! 
^ungo  lungo.  Poi  soggiunse  subito: 

—  Son  sicurissimo,  che  il  gesuita  e  il  letterato,  amico  mio 
e  della  mia  famiglia,  parlera  di  me.  Son  sicuro,  che  trattera 
di  molte  cose,  intime  e  delicate,  riferentisi  massimamente  alle 
cause  nascoste  di  avvenimenti  straordinarii,  ch'egli  seppe  da 
me :  al  P.  Cordara,  uomo  fidato  e  discretissimo,  io  non  na- 
scondevo  niente.  Or  bene  voi,  Abbate  mio,  conservate  quel 
deposito  prezioso  assai ;  io  pure  confido,  che  voi  stesso  adem- 
pirete  il  desiderio,  o  chiamiamolo  vaticinio,  del  morente  amico 
nostro. 

—  Lo  spero  e  Io  desidero ;  ma  per  ora  Torizzonte  e  assai  nero. 

-  A  proposito,  parla  egli  della  causa  della  sua  partenza  da 
Eoma,  e  del  non  esservi  piu  ritornato,  non  ostante  gl'inviti 
che  n'ebbe  dagli  amid  romani? 

—  Abbastanza  a  lungo.  Del  rimanente,  fu  avvisato  da  me, 
e  forse  da  V.  Emza,  perche  badasse  a  tenersi  lontano  da  Roma ; 
se  no,  finiva  in  Castel  S.  Angelo,  nelle  mani  di  Alfani  e  di 
Marefoschi,  Iddio  li  abbia  in  pace. 

—  Come  sono  descritti  cotesti  esecutori  delle  giustizie  di 
Carlo  III? 

—  Al  naturale,  cosi  come  noi  li  abbiamo  conosciuti. 

—  Come  tratta  il  defunto  Pontefice? 

-  Assai  bene,  e  come  poteva  meglio.  Credo  pero,  che 
molti  e  molti  ragguagli  li  abbia  ignorati. 

—  Lo  credo  anch'io...  Cotali  ragguagli  non  si  sapranno 
mai !  E  di  quel  famoso  scritto  roniano,  anonimo,  in  risposta 
al  Tanucci,  suirincameramento  de'  beni  della  Puglia  e  di  Si- 
cilia,  posseduti  dal  Collegio  Romano,  risposta  che  fece  andare 
in  tanta  furia  quel  leguleio  pisano,  che,  conforme  mi  ebbe  a 
narrare  monsignor  Calcagnini,  sbuffava  come  una  buffala  colta 
al  laccio...,  di  quello  scritto,  dico,  dichiara  forse  1'autore? 

—  Si,  si !  confessa  e  dichiara,  ch'egli  stesso  ne  fu  1'autore, 
con  queste  parole,   che  ho  ritenute  a  mente:   Quaerebatur 
interea  curiosissime  scripti  huius  romani,  quod  tota  volitavit 
Italia,  quis  esset  auctor,  nee  certe  sciri  unquam  potuit.  At 


190  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

nunc,  ut  iam  extra  ictum  positus,  auctorem  eius  fuisse  me 
non  diffiteor. 

—  Ah !  riconosco  subito  il  vero  Cordara,  disse  sorridenda 
TAlbani.  —  Quindi,  accostandoglisi  piu  vicino  all'orecchio,  gli 
sussurro  piano  piano :  —  Dice  nulla  del  cardinale  di  Bernis, 
del  cavaliere  Nicola  di  Azara,  della  principessa  Santacroce, 
nella  cui  casa  faceva  capo  quanto  c'era  in  Roma  di  ibrida 
forestierume  ? 

-  Del  Bernis  parla  poco,  meno  dell' Azara,  e  nulla  affatta 
della  Santacroce. 

-  Ha  fatto  benone.  Non  gli  sarebbe  bastato  un  volume^ 
Eh!  domani  Taspetto  alle  Quattro  fon lane  per  tempo;  porti 
seco  le  Memorie  del  P.  Cordara. 

—  Eminenza,  sara  servita. 

XIV. 
Un  demonic  in  came  ed  ossa. 

—  Eminentissimo,  interruppe  >ad  un  tratto  la  principessa 
Marian  n  a,  che  cosa  e  mai   tanto   secretume   che   lo  stringe 
oggi  con  TAbbate  Cancellieri?  Oggi  Ella  e  nostra.  Ci  risponda 
dunque  a  quanto  le  chiedemmo  sino  da  principio :  che  nuove 
ha  ricevuto  da  Vienna  sulla  pace  ?  La  fanno  i  giacobini  questa 
pace  coll' Austria,  o  non  la  fanno? 

—  La  pace  si  fa,  anzi  6  fatta   da   un  mesetto.  E  sapetfc 
voi  chi  6  Parbitro  di  questa  pace? 

-  Buonaparte!  risposero  tutti  e  tutte. 

—  SI  e  no,  ripiglio  il  Cardinale.  In  primo  luogo  no  ;  perch& 
Tautore  di  cotesta  pace,  sapete  voi  chi  6  in  prima  origins? 
E  la  regina  di  Napoli... 

—  Che  cosa  dice  mai? 

—  E  cosl;  ed  eccovene  in  breve  la  storia.  Maria  Carolina 
vuol  conservato  il  suo  reame  di  Napoli,  a  ogni  costo ;  e  sic- 
come  mezzo  a  cio  unico  e  necessario,    essa   reputa  che  sia 
la  pace  dell'Austria  con  la  repubblica  francese,  per  cio  ha 


XIV.    UN   DEMONIO   IN  CARNE  ED   OSSA  191 

incaricato  il  marchese  di  Gallo,  suo  ambasciatore  a  Vienna, 
di  adoperarsi  con  quanto  e  lungo  1'arco  della  schiena  ad 
indurre  T  imperatrice  sua  figliuola,  perche  ottenga  dall1  im- 
peratore  questa  pace,  che  6  1'arra  da  lei  riputata  sicura  della 
preservazione  della  monarchia  borbonica  di  Napoli. 

L*  imperatrice  ha  guadagnato  tutte  le  signore  della  corte 
Viennese ;  il  marchese  cli  Gallo  e  legato  a  fil  doppio  col  ba- 
rone  di  Thugut,  e  conosce  e  adopera  il  mezzo  di  condurlo 
al  partito  desiderato  dairimperatrice.  Per  questo  il  marchese 
di  Gallo  la  fa  da  mezzano  tra  il  Thugut  e  il  Buonaparte; 
ed  io  vi  so  dire,  ch'egli  ha  fatto  bene  la  parte  sua:  la  pace 
e  o^mai  conchiusa.  Questo  per  cio  che  riguarda  il  no. 

Ora  eccoci  al  si.  La  pace  veramente  e  fatta,  perche  ap- 
punto  Buonaparte  T  ha  voluta. 

-  Che  forse,  osservo  la  principessa  Marianna,  Buonaparte 
era  informato  del  desiderio  della  regina,  e  de'  maneggi  del 
Oallo? 

-  Per  Tappunto.  II  marchese  di  Gallo   e  stato  T  agent  e 
secreto,  che  ha  comunicato   al  Bonaparte  il  desiderio  della 
regina  di  Napoli,  ed  ha  trasmesso  al  Thugut  il  desiderio  del 
Buonaparte,  che  e  quello  medesimo  della  regina  di  Napoli. 

—  Dunque  per  piacere   a  Maria  Carolina,  e  per  preser- 
vare  il  regno  di  Napoli,  il  Buonaparte  ha  voluto  e  conchiuso 
la  pace  coll' Austria  ?  - 

II  vecchio  Albani  diede  qui  in  una  solenne  risata !  — 
Mai  no,  soggiunse  subito.  L'impresa  di  Napoli  non  6  ancora 
matura.  Per  ora  la  grande  Medea  della  repubblica  francese 
deve  mangiarsi  il  Piernonte,  poi  finire  di  divorarsi  Roma, 
poi  d'ingollarsi  Toscanae  Parma,  e  quindi  mettera  gli  unghioni 
sul  regno  napoletano...  Intanto  tiene  a  bada  la  corte  napo- 
letana,  e  la  pasce  di  erba  trastulla. 

—  Oh!  la  grande  politica  del  Sebeto!  grido  il  card.  Borgia. 

-  Eh !  Noi  donne  non  siamo  fatte  per  la  politica,  osservo 
la  vecchia  Corsini. 

—  Si  conoscono  forse  le  condizioni  di  questa  pace? 


192  IL   CAPORALE  TRASTEVERINO 

—  Sono  semplicissime.  L'ltalia  sara  dell'Austria  dal  lago 
di  Garda  sino  alFimboccatura  dell'Adige  nell'Adriatico ;  e  il 
Belgio  con  tutte  le  terre  girate  dalla  sinistra  del  Reno  ven- 
gono  ceduti  alia  repubblica  gallicana... 

—  Come  mai,  riprese  il  card.  Borgia,  Francia  s'  induce 
a  cedere  la  Venezia  e  tutte  le  coste  dell'Adriatico,  dopo  tanta 
furia  di  guerra  per  strapparle  all' Austria;  e  come  mai  questa 
potenza  apre  al  gallo  repubblicano  le  porte  della  Germania, 
e  proclama  rotta  1'integrita  della  federazione  germanica,  e 
perduto  il  suo  protettorato  sopra  1'impero? 

—  Per  volonta  di  quel  vero  demonio  di  Buonaparte !  Egli 
caccera  1'Austria  quando  vuole  dall1  Italia;  ma,  col  buttare 
nella  Germania  il  fuoco  giacobino,  1'Austria  non  potra  piu 
cacciare  dalle  terre  germaniche  il  male  gailico.   Ed  allora 
egli  si  trover  a  padrone  dell'  Italia  e  della  Germania... 

—  Dio  benedetto !  che  portento  di  uomo  e  quel  Buonaparte, 
riflett^  la  principessa  Marianna,  a  cui  stavano  a  cuore  le  sorti 
della  Sassonia,  patria  dov'essa  era  nata. 

—  Ella  lo  dice  un  portento,  io  lo  dico  un  demonio !  Sentar 
Signora  Principessa,  senta  con  quale  maniera  indusse  il  conte 
di  Cobenzl,  plenipotenziario  austriaco  a  conchiudere  la  pace, 
e  poi  mi  sappia  dire  se  costui  e  un  uomo  o  un  demonio. 

Le  conferenze  si  facevano  tra  lui  e  il  conte  di  Cobenzl 
da'  varii  giorni  ne'  modi  consueti  presso  tutti  gli  uomini  cri- 
stiani :  un  giorno  egli  andava  in  casa  deH'ambasciatore  au- 
striaco a  Udine,  ed  il  giorno  seguente  1' austriaco  veniva  a 
conferire  con  lui  nel  vecchio  castello  di  Passeriano  nelle  cir- 
costanze  di  Udine.  II  Cobenzl,  uomo  di  garbo  e  di  auliche 
maniere,  parlava  e  trattava  tenendosi  sulle  seste  dell'an- 
tica  diplomazia,  discutendo  ogni  cosa;  e  guadagnando  o  per- 
dendo  a  palmo  a  palmo  il  terreno,  e  massimamente  procu- 
ran  do  di  menare  le  cose  in  lungo. 

Nella  mattina  de'  13  di  ottobre,  il  Buonaparte  alzatosi  da 
letto  e  aperte  le  finestre  del  vecchio  castello,  osserva  le  vette 
de'  monti  vicini  delle  Alpi  noriche  biancheggiare  per  neve 


XIV.    UN  DEMONIC   IN   CARNE   ED   OSSA  193 

repentina,  caduta  nella  notte  che  segui  una  giornata  tem- 
peratissima.  Questo  spettacolo  lo  colpisce.  Piglia  quindi  la 
penna  e  scrive: 

«  Prim  a  del  mezzo  di  ottobre,  la  neve !  che  strano  paese ! 
Bisogna  far  la  pace...  »  S'interrompe  presto,  passeggia  con- 
citato  nella  sua  camera,  chiama  il  secretario,  e  detta  pas- 
seggiando  una  lettera,  presso  a  poco  in  questi  termini : 

«  lo  ho  ottanta  mila  uomini  a'  miei  ordini ;  ma  T Austria 
«  ne  ha  non  lontano  da  qui  ben  cento  venti  mila.  Si  pud 
«  appiccare  una  battaglia;  disponendo  di  un  sessanta  mila 
«  soldati  sul  campo,  vinco  la  giornata,  ma  ne  perdero  un 
«  venti  mila !  Con  cio  che  mi  rimane,  come  posso  io  soppor- 
«  tare  Timpeto  di  tutte  le  forze  austriache?  Non  confido  sul 
«  soccorso  dell'esercito,  che  abbiamo  sul  Reno :  al  suo  accor- 
«  rere  sono  necessarii  due  mesi.  Ora  tra  quindici  giorni,-  qui 
«  ogni  cosa  6  ingombra  di  neve...  E  finita,  faccio  la  pace. 
«  Venezia  vada  al  tedesco,  e  paghi  le  spese  della  guerra: 
«  II  direttorio  e  gli  avvocati  schiamazzino  quanto  vogliono...  » 

Quindi  detta  per  il  Direttorio  il  seguente  dispaccio:  « Que- 
sta  sera,  la  pace  definitiva  sara  sottoscritta,  o  dichiarata  la 
guerra...  » 

-  Finora,  Eminenza,  entra  qui  a  dire  la  principessa  Ma- 
rianna,  quel  Buonaparte  non  mi  sembra  piu  che  uomo ;  non 
ci  veggo  il  demonio. 

-  Ora,  signora  Principessa,  le  dar6  a  vedere  quello  stesso 
demonio,  in  pelle  ed  in  ossa,  che  in  Tolentino  mise  il  coltello 
al  collo  di  Roma !  Egli  in  quella  stessa  mattina  si  reca  dal- 
1'ambasciatore  austriaco,  e  comincia   con    esso  lui  le  solite 
trattative.  II  conte  di   Cobenzl  al  solito  menava  le  cose  con 
parlate,   dissertazioni,    ed  aneddoti,  ed  indicava  coH'occhio 
so  venti  volte  al  Buonaparte  la  compiacenza  ch'egli  provava 
nel  mirare  un  servizio  di  porcellana,  finissima  opera  d'arte 
avuta  in  regalo    dall'  imperatrice  Caterina,  nel  tempo  della 
sua  ambasciata  a  Pietroburgo.  II  generale  giacobino  sfodera 
invece  come  in  un  botto  le  pretese  repubblicane :   T Austria 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1262.  13  9  yennaio  1903. 


194  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

ceda  Magonza,  ceda  tutta  la  via  sinistra  del  Reno...  —  Gene- 
rale,  6  impossibile...  -  -  Impossibile?  ripiglia  Buonaparte... 
Ah  !  (e  qui  disse  una  parolaccia)  voi  dunque  volete  la  guerra  ? 
Ebbene,  1'avrete!  —  Si  alza  impetuosamente  come  una  furia, 
da  di  piglio  al  servizio  di  porcellana,  che  stava  li  accanto, 

10  scaglia  sul  pavimento,  lo  riduce   in   frantumi,  e  poi  con 
aria  di  vero  demonio  esclama  come  ruggendo:  --  «  Cosi  stri. 
tolero  la  monarchia  austriaca,  e  non  passe ranno  tre  mesi.  »  — 
Cio  detto,  si  scaraventa  via  dalla  sala,  e  si  precipita  fuori... 

II  conte  di   Cobenzl  a  quella  vista  rimane  di  sasso !  Ma 

11  marchese  di  Gallo  corre  dietro  al  Buonaparte,  lo  raggiunge 
vicino  alia  carrozza,  gii  fa  inchini,  scappellate,  attucci  sup- 
plichevoli,   cosi   che  il  Buonaparte   per   poco  non   rise  egli 
pure! 

Dopo  tre  giorni,  ossia  a'  17  di  ottobre,  si  firmava  la  pace 
in  Campoformio! 

—  E  un  vero  demonio,  un  vero  deinonio !  dissero  tutti, 
alzandosi,  e  dandosi  reciprocamente  il  saluto  e  il  commiato. 


L'ANNO  BELLA  MORTE  DI  S.  SATIRO 1 


4.  Ritorno  di  S.  Satiro  dall' Africa. 

Nel  ritorno  dalP  Africa,  la  nave  essendosi  incontrata  in 
uno  scoglio,  si  ruppe  in  modo,  che  Satiro  dovette  salvarsi  a 
nuoto,  nel  quale  era  abile  e  gagliardo  (n.  27).  Allora,  cintosi 
attorno  al  collo  un  fazzoletto  con  dentro  la  S.  Eucaristia,  che 
i  cristiani  battezzati,  suoi  compagni  di  viaggio,  tenevano 
presso  di  se,  riusci  a  raggiungere  la  terra,  primo  fra  tutti. 
Quivi  fu  tosto  seguito  dal  capitano  della  nave,  e  quando  vi- 
dero  in  salvo  tutto  T  equipaggio,  si  recarono  insieme  ad 
una  chiesa  per  ringraziar  Dio  dello  scampo  (n.  43).  Cio  fatto, 
Satiro,  ch'era  solo  catecumeno,  voile  pure  ricevere  il  batte- 
simo,  e  preg6  il  vescovo  di  quella  regione  a  recarsi  da  lui.  Ma 
prima  voile  accertarsi  se  quegli  era  in  communione  con 
la  chiesa  romana;  poich6,  dice  S.  Ambrogio,  lo  scisma  di 
Lucifero  (vescovo  di  Cagliari)  dominava  in  quella  regione 
(n.  47).  Onde,  non  senza  motivo  si  crede,  che  la  regione, 
di  cui  si  tratta,  fosse  la  Sardegna 2.  Certo  &  ad  ogni  modo, 
che  dopo  il  naufragio  Satiro  giunse  ad  un  porto  di  secon- 
d'ordine,  uno  di  quelli  che  si  dicevano  stationes,  e  cosi 
chiamollo  S.  Ambrogio  3. 

1  Vedi  Civ.  Catt.  quad,  del  6  decembre  1902,  p.  529-540. 

2  I  Manrini  tacciano  di  troppo  audaci  (confident iam  iusto  maiorem) 
coloro,  che  intesero  trattarsi  qiii  della  Sardegna,  perche,  dicono  essi,  nulla 
vieta  di  credere  che  lo  scisma  infestasse  altresi  la  Sicilia,  e  le  spiagge 
piu  vicine  _ dell' Africa.  Tuttavia,  se  si  osserva  che  dell'  esistenza  dello 
scisma   in    Africa  e   Sicilia   non  abbiamo    prove,    mentre   sappiamo   di 
certo  che  ne  fu  infetta  la  Sardegna,  parra  piu  audace  la  negazione  dei 
Maurini  che  1'affermazione  degli  altri. 

3  Poiche  molto  vicino  alia  statio  risedeva  il  vescovo,  come   appa- 
risce  dal  racconto  di  S.  Ambrogio,  potrebbe  pensarsi  a  qualche  vesco- 


196  L'ANNO  DELL A  MORTE 

Satiro  non  dovette  rimaner  troppo  soddisfatto  di  quel  ve- 
scovo,  poiche  si  mise  di  nuovo  in  mare  per  giungere  in  un 
luogo,  dove  fosse  veramente  sicuro  di  ricevere  il  battesimo 
da  un  vescovo  cattolico  1. 

Dopo  il  battesimo,  attesta  S.  Ambrogio,  che  Satiro  pass6 
ancora  qualche  tempo  in  mare,  e  che  perlustro  alcune  cir- 
costanti  regioni:  Quoties  post  naufragium,  invicto  quodam 
contemptu  vitae  huius,  maria  trans  fretaverit,  diffusasque 
regiones  obeundo  per  agr  aver  it.  Infine,  in  questo  stesso  tempo, 
cio6  nell' ultimo  periodo  del  suo  viaggio,  postremo  hoc  ipso 
tempore,  non  rifuggi  dai  pericoli,  ma  venue  incontro  ad  essi, 
paziente  nell'avversita  e  disprezzando  il  freddo,  e  volesse  il 
Cielo  che  si  fosse  usato  qualche  riguardo !  Postremo  quod 
tyoc  ipso  tempore  periculum  non  refugerit,  sed  ad  periculum 
venerit7  patiens  iniuriae,  negligent  frigoris,  atque  utinam 
sollicitus  cautionis! 

Noto  per  incidenza  il  periodo,  che  tosto  segue,  dove 
S.  Ambrogio  parla  della  robustezza  fisica  di  Satiro  e  lo  indica 
come  uomo  maturo  :  Sed  hoc  ipso  beqtus,  quod  dum  licuit  vi- 
gore  uti  corporis,  inoffenso  ad  eocequenda,  quae  vellet,  functus 
iuventutis  officio,  vitam  vixit,  debilitatem  ignoravit  (n.  50). 

Le  parole :  postremo  hoc  ipso  tempore  periculum  non  re- 
fugit,  sed  ad  periculum  venit,  si  devono  mettere  a  riscontro 
col  passo,  di  cui  gia  parlammo,  dove  si  dice  che  Simmaco 
ritraeva  Satiro  dal  ritorno  a  Milano,  rappresentandogli  che 
I'ltalia,  siccome  correva  voce,  era  in  preda  allaguerra;  al 
che  Satiro  rispose  esser  questa  una  ragione  di  piu  per  ri- 
tornare,  affine  di  trovarsi  nel  pericolo  accanto  al  fratello  2. 

vato  di  Sardegna  o  di  Corsica,  la  cui  sede  vescovile  sorgesse  presso  al 
mare  e  sulla  costa  orientale  dell' isola,  quali  ("agliari,  Sulci  (ora  Igle- 
sias)  e  Olbia  in  Sardegna,  oppure  Aleria  e  Mariana  in  Corsica. 

1  « Itaque,  quanivis  gratiae  foenus  teneret  et  metueret  tanti  nominis 
debitor  navigare,  tamen  eo  transire  maluit,  ubi  tuto  posset  exsolvere  ; 
iudicabat  enim  divinae  solutionem  gratiae  in  affectu  ac  fide  esse  ;  quam 
quidem  statim  ubi  primum  copia  liberior  ecclesiae  fuit,  implere  non  di- 
stulit,  Deique  gratiam  et  accepit  desideratam,  et   servavit  acceptam  > 
(num.  48). 

2  Si  veda  il  testo  sopra  quad.  1259  del  6  dec.  1902  a  pag.  533. 


DI  S.   SATIRO  197 

Dalle  espressioni  di  Ambrogio  si  ritrae,  che  solo  nell' ultimo 
periodo  del  viaggio  Satiro  conobbe  che  il  suo  ritorno  a  Mi- 
lano  poteva  essere  pericoloso.  Quindi  non  male  i  Maurini 
{conforme  al  filo  del  racconto  di  Ambrogio)  credettero,  che 
T  incontro  di  Satiro  con  Simmaco  avvenisse  in  Roma.  A 
Roma  Satiro  si  sarebbe  recato  dopo  il  naufragio  e  dopo  il 
battesimo,  in  quel  medesimo  ultimo  periodo  di  tempo,  nel 
-quale  egli,  giusta  la  narrazione  di  S.  Ambrogio,  passo  ancora 
piu  d'una  volta  il  mare,  e  si  fermo  nelle  regioni  adiacenti1. 

L'opinione  dei  Maurini  e  confermata  da  quanto  S.  Am- 
brogio asserisce,  che  Satiro  ottenne  di  ritornare  felicemente 
a  Milano,  la  merc6  delle  sue  preghiere  e  de;  suoi  voti  presso 
S.  Lorenzo:  Tuis  enim  votis  apud  S.  Laurentium  impe- 
tratum  nunc  cognoscimus  commeatum  (n.  17). 

Le  parole  apud  8.  Laurentium  indicano  una  chiesa,  un 
santuario  del  Santo  ;  e  poich6  non  v'&  altra  indicazione  di 
luogo,  si  deve  intendere  del  santuario  per  eccellenza,  dove 
risiedeva  e  risiede  il  corpo  del  Martire,  ossia  S.  Lorenzo  in 
<Campo  Verano.  A  Roma  pertanto  si  reco  Satiro ;  ma  con  cio 
non  intendo  di  affermare  che  a  Roma  pure  avvenisse  neces- 
sariainente  il  suo  incontro  con  Simmaco.  Questo  pot&  avvenire 
a  Baia,  a  Cuma,  a  Pozzuoli,  ad  Ostia  od  in  altri  punti 
dell'Italia  meridionale,  dove  Simmaco  possedeva  sontuose 
Tille  2. 

Siccome  Simmaco  distoglieva  Satiro  dal  venire  in  Italia, 
lo  Seek  si  persuase  che  Simmaco  stesse  fuori  d;  Italia,  e 
quindi  suppose  stesse  in  Africa,  dove  gli  constava  Simmaco 
aver  dimorato  come  proconsole  nel  374-75.  Ma  e  da  osser- 
varsi  che  a  quei  tempi  dicevasi  spesso  Italia  T  Italia  setten- 
trionale,  ossia  quella,  che  nella  lingua  d'officio  era  chia- 
mata  diocesi  d'ltalia.  Onde  Simmaco,  stando  a  Roma  o  nel- 
l7 Italia  meridionale,  poteva  dire  a  Satiro  che  non  si  recasse 
in  Italia  3. 

4  Vedi  quad.  1259  pag.  663. 

2  SEEK,  Symmachi  OPERA,  pag.  LX  e  seg. 

3  Una  prova  poi  che  mentre  1'Italia   settentrionale  era   minacciata. 


198  L'ANNO  DELL  A  MORTE 

Del  resto  Tipotesi  dello  Seek  viene  esclusa  per  cio  stesso 
che  non  si  puo  ammettere  il  viaggio  di  Satiro  neirinverno 
del  374  375.  Ed  in  vero,  se  si  computa  il  tempo  che  vi  voile 
perche  la  notizia  dell'elezione  episcopale  di  Ambrogio  andasse 
da  Milano  in  Africa,  dove  giunse  alle  orecchie  di  Prospero, 
e  il  tempo  occorso  prima  che  S.  Ambrogio  e  Satiro  sapes- 
sero  le  nuove  disposizioni  di  Prospero  di  non  piii  pagare 
il  suo  debito,  si  vedra  non  esser  troppo  lo  spazio  di  due  o  tre 
mesi.  Ora,  essendo  Ambrogio  stato  eletto  vescovo  gli  ultimi 
giorni  di  novembre  del  374,  ne  segue  che  Satiro  non  avrebbe 
potuto  partire,  anche  anticipando  molto  la  -sua  partenza, 
che  nel  seguente  febbraio.  Ma  la  sua  partenza  in  febbraio, 
men  tre  ancora  durava  Tinverno,  non  puo  assolutamente  am- 
mettersi.  S.  Ambrogio  che  ricorda  a  titolo  d'onore,  come  Satiro 
disprezzasse  il  freddo  nel  ritorno  a  Milano,  non  T avrebbe  certo 
dimenticato  se  Tavesse  disprezzato  nella  partenza.  Se  poi  si 
volesse  ritardare  alia  primavera  del  375  la  partenza  di  Satiro, 
e  lo  si  supponesse  ritornato  e  morto  nel  settembre  di  quel- 
T  anno,  si  andrebbe  incontro  ad  un'altra  difficolta,  che  cio6 
non  sarebbe  piii  vero  aver  egli  nel  suo  ritorno  disprezzato  il 
freddo. 

Non  credo  quindi  che  si  possa  accettare  1'ipotesi  dello 
Seek  sulla  morte  di  Satiro  nel  375. 

5.  Ragioni  contro  le  date  383  o  387 . 

La  data  378  o  379  fu  ammessa  dal  Tillemont,  dai  Mau- 
rini  ed  anche  recentemente  dall'Ihrn.  II  fondamento  princi- 
pale  di  questa  data  6  nel  passo  del  discorso  di  S.  Ambrogio, 
dove  con  termini  molto  vivi  descrive  Tapprensione  paurosa, 
in  cui  si  viveva  in  Italia  ed  a  Milano  per  la  temuta  inva- 
sione  di  certi  barbari.  Questa  descrizione  pensarono  alcuni 
potersi  riferire  all'anno  383,  ed  altri  all' anno  387.  Nel  383 

o  turbata  da  guerre,  nell'ltalia  meridionale  si  viveva  senza  pericolo,  si 
ha  nella  lettera  di  S.  Ambrogio  al  vescovo  Severo  di  Napoli,  della  quale 
ho  parlato  nel  quad,  di  sopra  citato  a  pag.  529. 


DI   S.    SATiKO  199 

si  temeva  che  Massimo,  usurpatore  deH'impero,  dopo  Tucci- 
.sione  di  Graziano,  accaduta  il  25  agosto,  venisse  in  Itaiia 
contro  Valentiniano  II.  Nel  387  il  medesimo  Massimo  venne 
in  Italia  e  Toccupo. 

Ma  chi  osservi  attentamente  le  circostanze  tutte  del  peri- 
colo,  descritto  da  S.  Ambrogio,  vedra,  che  quelle  non  corri- 
spondono  ai  fatti  di  Massimo  ne  nel  383  ne  nel  387. 

S.  Ambrogio  non  parla  che  di  barbari:  Raptus  est,  dice 
egli  di  Satiro,  ne  in  manus  incideret  barbarorum.  Quonam 
pacto  ista  tolerares,  qui  etiam  ultimo  spiritu,  tui  iam  for- 
tasse  oblitus  et  adhuc  nostri  non  immemor,  de  cavenda  in- 
cursione  barbarorum  nos  saepius  admonebas,  commemorans 
non  frustra  te  dixisse  fugiendum!  (n.  30).  Inoltre  si  trattava 
di  barbari,  gia  noti  al  mondo  romano  per  due  qualita,  che 
li  rendevano  particolarmente  temuti.  La  prima  era  una  grande 
crudelta,  per  cui  giungevano  fino  a  strappare  dalle  braccia 
dei  vinti  i  loro  pargoletti,  e  poi  gettarseli  per  gioco  sulla  punta 
delle  loro  spade,  avulsos  a  complexu  parentum  parvulos 
liberos  supra  tela  iactari.  Era  Taltra  una  sfrenata  libidine, 
che  li  spingeva  ai  piu  orribili  eccessi  contro  le  stesse  vergini 
consecrate  a  Dio.  Cosicche  S.  Ambrogio  vedeva  nella  loro 
temuta  vittoria  e  nel  loro  progredire  la  ruina  di  tutto  Tim- 
pero  e  la  fine  del  mondo,  per  le  stragi  che  avrebbero  date  ai 
parent!  del  defunto  ed  ai  cittadini,  e  per  gl'insulti  alle  ver- 
gini ed  alle  vedove  consacrate  al  Signore :  Raptus  est  ne 
totius  orbis  excidia,  mundi  finem,  propinquorum  funera, 
civium  mortem,  ne  postremo  sanctarum  virginum  atqiie  vi- 
duarum,  quod  omni  morte  acerbius  est,  colluvionem  videret. 
La  descrizione  che  Ammiano  Marcellino  fa  della  sanguinaria 
crudelt&  dei  Goti  e  della1  nefanda  turpitudhie  dei  Taifali  loro 
alleati,  concorda  talmente  con  quanto  afferma  S.  Ambrogio, 
che  si  direbbe  uno  scrittore  aver  pigiiato  daU'altro.  Essi  per 
parecchi  anni,  cio^  dal  377  al  382  desolarono,  saccheggiarono 
ed  empierono  di  stragi  le  province  delTimpero,  poste  nella 
grande  penisola  balcanica,  e  furono  per  tutto  quel  tempo  una 
continua  minaccia  all' Italia.  Cominciarono  ad  essere  frenati 


200  L'ANNO   DELLA  MORTE 

alquanto  da  Teodosio,  eletto  collega  deirimpero  nel  gennaio 
del  379,  ma  non  quietarono  interamente  che  nell'ottobre- 
del  382,  quando  strinsero  un  trattato  di  pace  e  di  alleanza 
con  lo  stesso  imperatore  Teodosio. 

Cercando  nel  predetto  periodo  377-382  1'anno,  cui  meglio 
puo  riferirsi  la  descrizione  di  S.  Ambrogio,  parmi  che  esso 
sia  o  il  378,  come  gi&  credettero  i  Maurini  ed  an  che  il  Til- 
lemont  (sebbene  quest!  rimanesse  un  po'  dubbioso  tra  il  378; 
ed  il  379),  oppure  il  377.  Nel  378,  dopo  la  sconfitta  che  i  Goti 
diedero  a  Valente  il  9  di  agosto,  essi  rimasero  padroni  di 
quasi  tutta  la  penisola  balcanica,  e  certo  era  possibile  ima 
loro  invasione  nell'  Italia  superiore.  Onde  a  retta  ragione 
Ambrogio,  poco  piu  d'un  mese  dopo  quella  sconfitta,  poteva 
dire  che  le  Alpi  sole  impedivano  il  passaggio  ad  un  nemico 
molto  vicino,  e  nemico  disonesto  e  crudele,  quali  appunto* 
erano  i  Goti  ed  i  Taifali:  Si  nunc  urgeri  Italiam  tarn  pro- 
pinquo  hoste  cognosceres,  quantum  ingemisceres,  quam  do- 
leres  in  Alpium  vallo  summam  nostrae  salutis  consistere^ 
lignorumque  eoncaedibus  construi  murum  pudoris!  Qua: 
afflictione  moereres  tarn  tenui  discrimine  tuos  ab  hoste  de- 
stineri,  ab  hoste  impuro  atque  crudeli,  qui  nee  pudicitiae- 
parceret  nee  saluti! 

La  suddetta  descrizione  di  S.  Ambrogio  quanto  si  confa, 
ai  Goti  ed  ai  Taifali,  altrettanto  non  conviene  per  nulla  al- 
Tesercito  di  Massimo,  composto  della  stessa  sorta  di  soldatiy 
che  militavano  nell'esercito  di  Graziano  e  di  Valentiniano  11^. 
ed  erano  o  romani  o  loro  alleati  ed  ausiliari,  e  seguivano  la 
disciplina  romana.  Inoltre  Massimo  nel  383,  sebbene  usurpasse 
il  nome  d'imperatore,  occupando  la  Britania  e  la  Gallia,  e  fosse* 
occasione  almeno  indiretta  della  morte  di  Graziano,  non  pens6 
ad  occupare  T Italia ;  anzi  stando  all'asserzione  di  alcuni  sto- 
rici,  e,  come  ora  dir6,  dello  stesso  S.  Ambrogio,  egli  per  il 
primo  offeri  pace  al  giovane  Valentiniano  II,  che  signoreg- 
giava  Tltalia.  Nel  387  poi,  dopo  aver  ricevuto  successivamente^ 
due  ambasciatori  di  Valentiniano  II,  il  primo  dei  quali  fu  lo> 
stesso  S.  Ambrogio,  occup6  bensl  T Italia,  ma  quasi  all'im^ 


DI   S.    SATIRO  201 

provviso,  e  dopo  aver  fatto  a  Donnino,  il  secondo  ambascia- 
tore  mandatogli,  tali  dichiarazioni  di  pace,  che  non  solo  ne 
rimase  ingannato  Donnino,  ma  anche  I'imperatore,  sebbene 
S.  Ambrogio,  che  ben  aveva  scoperte  le  vere  intenzioni  di 
Massimo,  ne  lo  avesse  avvertito. 

Cosicch6  n6  all' anno  383  ne  al  387  si  potrebbe  con  verita 
applicare  la  descrizione  dell'imminente  pericolo  barbarico 
fatta  da  S.  Ambrogio  ne'  nn.  30-32. 

Ad  escludere  questi  due  anni  giova  pure  Tautorita  dello 
stesso  S.  Ambrogio.  Egli  in  due  luoghi  delle  sue  opere  paiia 
-dei  fatti  di  Massimo,  ossia  nell' Apologia  prima  del  re  Da- 
vide  (capo  VI),  che  fu  scritta  secondo  i  Maurini  nel  384,  e 
piu  diffusamente  nella  spiegazione  del  salmo  61.  Ora  in  en- 
trambi  i  passi,  egli  deplora  bensi  le  guerre  e  le  calamita, 
•che  sopravvennero  air  impero  romano,  come  conseguenza 
piuttosto  indiretta  che  diretta  deH'uccisione  di  Graziano  e  del- 
rambizione  di  Massimo,  ma  non  parla  punto  di  barbari  cosi 
crudeli  e  sfrenati,  come  quelli  descritti  nel  discorso  funebre. 
•Che  se  nomina  i  barbari  in  generale,  li  nomina  solo  in  quanto 
teme  ch'essi  si  approflttino  delle  guerre  civili  dei  Romani,  i 
quali  volgono  contro  di  se  stessi  le  armi,  che  dovrebbero  vol- 
gere  contro  di  quelli.  Nell7 Apologia,  dopo  aver  detto  di  Da- 
vide  che  perdono  a  Saulle  suo  nemico  e  non  penso  ad  usur- 
pargli  il  trono,  cosi  soggiunge  alludendo  a  Massimo  :  Utinam 
hunc  virum  imitati  ess  ent  poster  i!  Non  tantas  bellorum  per- 
tulissemus  acerbitates.  Arguis  quod  unum  occiderit  (cio6  il 
solo  Graziano);  non  consideras  quod  docuerit  quemadmo- 
dum  paoc  orbl  Romano  perpetua  servaretur.  Quam  gram 
<adhuc  luimus  vastitate,  quam  pubblico  quodam  tolius  orbis 
funere  appetitij  necem  regis  exsolvimus !  Heu  dira  suppli- 
-cial  Inde  adhuc  nobis  barbarus  hostis  insultat,  dum  parata 
•adversum  se  in  nos  arma  vertuntur.  Sic  vires  ceciderunt 
pubblicae,  sic  Romana  virtus  suis  motibus  fracta  conse- 
nuit,  dum  publico  rapitur  parricidio,  quod  paternae  reli- 
gionis  sollicitudine  suscipitur  i. 

1  S.  AMBROSII  Op.,  ed.  BALLERINI,  tomo  II,  pag.  84,  85. 


202  L'ANNO  DELL A  MORTE 

Nella  spiegazione  del  salmo  61,  che  fu  scritta,  come  di- 
cono  i  Maurini,  dopo  il  388,  ossia  dopo  che  Teodosio  con 
Tuccisione  di  Massimo  ebbe  vendicata  la  morte  di  Graziano,. 
S.  Ambrogio  descrive  e  de testa  ripetutamente  il  tradimento- 
commesso  contro  Graziano  e  Tambiziosa  usurpazione  di  Mas- 
simo (ossia  i  fatti  accaduti  nel  383),  ma  non  dice  verbo  di  in- 
vasioni  di  barbari  allora  temute,  e  di  barbari  crudeli  e  licen- 
ziosi,  quali  sono  descritti  nel  discorso  funebre  l. 

Che  se  non  bastassero  questi  passi  a  convincere  che  nel  383 
non  temevasi  nell'Italia  superiore  niuna  invasione  dei  sud- 
detti  barbari,  ce  ne  deve  persuadere  la  testimonianza  dello 
stesso  Massimo.  S.  Ambrogio,  dando  conto  a  Valentiniano  II 
della  sua  ambasciata  a  Massimo  nel  387,  riferisce  che  questi 
lo  rimprovero,  perch&  egli,  S.  Ambrogio,  e  Bautone  (generate 
e  ministro  di  Valentiniano),  quattro  anni  prima,  avessero  im- 
pedito  lui,  Massimo,  dallo  scendere  in  Italia.  Inoltre  si  lagno 
che  Bautone  gli  avesse  mandate  contro  dei  barbari,  mentre 
se  ne  astenne  egli,  che  pure  avrebbe  potuto  armarne  migliaia 
di  quei  che  stavano  al  suo  soldo,  ai  quali  nessuno  avrebbe 
potuto  resistere  2. 

Aggiunge  poi  S.  Ambrogio  d'aver  ricordato  a  Massimo, 
ch'egli  per  il  primo  aveva  proposto  pace  a  Valentiniano  3. 

Infine  afferma  il  Santo,  che  nel  ritorno  dalla  sua  prima 
legazione  (cioe  quando  nel  383  era  andato  in  Gallia  per  chie- 

1  Si  veclano  i  nn.  17,  20  in  fine  e  21  in  principle,  e  22-26;  vol.  IIr 
pag.  420-425. 

8  «  Ad  postremum  erupit  dicens :  Quoniam  me  lusisti  tu  et  ille  Bautor 
qui  sibi  regnum  sub  specie  pueri  vindicare  voluit,  qui  etiani  barbaros 
mihi  immisit ;  quasi  ego  non  habeam  quos  possim  adducere :  cum  mihi 
tot  millia  barbarorum  militent,  et  annonas  a  me  accipiant.  Quod  si  ego 
tune  temporis,  quando  venisti,  non  fuissem  retentus,  qui  mihi  obstitisset, 
et  virtuti  meae?»  Epist,  XXIV,  n.  IV;  vol.  V7,  pag.  421. 

*  S.  Ambrogio  disse  a  Massimo:  In  quo  ergo  te  fefellit  Valentmia- 
nus,  qui  prius  pacem  a  te  rogatus  est,  quam  postularet,  ed  aggiunge 
che  Massimo  invio  suo  ambasciatore  un  certo  conte  Vittore,  col  quale 
S.  Ambrogio  s'  incontro  a  Magonza :  Nonne  intra  Gallias,  iuxta  urbem 
Moguntiacum,  cum  comes  Victor  occurrit  mihi,  quern  direxisti  ut  pacem 
rogaret,  al  quale  Vittore,  giunto  a  Milano,  fu  negate  dall'imperatore  quanto 
egli  domandava,  cioe  la  pace. 


DI   S.    SATIRO  203 

dere  a  Massimo  il  corpo  dell' ucciso  Graziano,  che  poi  fu 
trasportato  e  sepolto  a  Milano),  traversando  le  Alpi,  trovo  del 
soldati  delle  due  parti,  che  le  custodivano.  II  che  &  segno  che 
nel  383  anche  Valentiniano  aveva  un  esercito  sufficiente  per 
far  fronte  al  nemico,  qaalora  questi  avesse  voluto  scendere  in 
Italia,  ne  quindi  sarebbe  stato  il  caso  di  descrivere  la  condi- 
zione  delle  cose  pubbliche  a  Milano  tanto  disperata,  conie  fece 

5.  Ambrogio  nei  nn.  30-32  del  suo  discorso  funebre.  Di  piii  6 
certo  che  Valentiniano  nel  383  stava  in  Italia  ed  a  Milano  f. 
Ora  sarebbe   stato   alieno   dalla   prudenza   di  8.  Ambrogio, 
che  egli,  essendo  presente  rimperatore,  descrivesse  il  peri- 
colo  delle  incursioni  barbariche  tanto  vicino  e  sicuro,  da  to- 
gliere  quasi  il  coraggio  di  resistere.  Al  contrario  tal  linguag- 
gio  non  ripugna  dopo  la  terribile  sconfitta  di  Adrianopoli  del 
378,  quando  rimasto  ucciso  T  imperatore  Valente  e  ucciso  o 
sbandato  il  suo  esercito,  non  rimaneva  che  il  giovanetto  suo 
collega  Graziano,  e  questi  dimorava  lungi  dall'  Italia,  cioe 
nelle  Gallie.  Cosi    neppure    siffatto   linguaggio  non  ripugna 
nel  settembre  377,  come  vedremo. 

Percio  non  si  possono  accettare  le  due  date  383,  387. 

6.  Ragioni  in  favor  e  del  378  o  379  ed  anche  per  il  377. 

Una  circostanza  che  mi  fu  fatta  rilevare  dal  ch.mo  ca- 
nonico  Magistretti,  espertissimo  nella  storia  della  liturgia 
ambrosiana,  parrebbe  fornire  un  nuovo  argomento  in  favore 
degli  anni  378  o  379.  Come  nella  chiesa  romana  cosi  nell'am- 
brosiana  si  recitava  dal  clero  tutto  il  salterio ;  ma  con  questa 
difterenza  che  nella  chiesa  romana  si  recitava  nel  corso  d'una 
settimana,  nella  chiesa  ambrosiana  nel  corso  di  due,  essendo 
eccettuate  le  domeniche  e  i  sabati. 

Ora  S.  Ambrogio  osserva,  che  nel  giorno  in  cui  egli,  da- 
vanti  al  cadavere  di  Satiro,  tesse  il  suo  discorso,  s'era  re- 
citato  neH'ufficio  il  salmo  23,  che  contiene  le  parole:  Innocens 

1  Ilium  autem  (cioe  Vittore)  liquet,  me  retento,  pervenisse  Medio- 
lanum,  negatumque  ei  quod  postulabat.  Loco  citato,  pag.  642  nn.  6-7. 


204  L'ANNO  DELLA  MORTE 

manibus  et  mundo  corde  * ;  il  che  Toratore  attribuisce  non  al 
caso,  ma  a  particolare  disposizione  del  divino  Spirito,  che- 
voleva  con  quelle  parole  indicata  la  santita  di  Satiro. 

Posto  adunque  che  gia  fossevi  allora  la  distribuzione  del 
salmi  com'e  al  presente,  siccome  il  salmo  23  si  recita  al 
martedi,  il  giorno  in  cui  S.  Ambrogio  fece  il  discorso,  ossia 
il  giorno  dei  funerali,  sarebbe  stato  un  martedi.  Che  se  il 
giorno  del  discorso  e  dei  funerali  fu  veramente  il  di  17  set- 
tembre,  in  cui  si  celebra  tuttora  la  festa  di  S.  Satiro,  questo- 
nel  periodo  del  pericolo  gotico  (377-382)  sarebbe  caduto  in 
martedi  nel  379.  Se  poi  il  17  settembre  e  il  giorno  anni- 
versario  della  morte,  e  il  discorso  fu  detto  il  giorno  dopo, 
cio6  il  18,  in  tal  caso  si  avrebbe  Tanno  378,  in  cui  il  18  era 
martedi. 

V'6  ancora  un  altro  indizio,  sebbene  piccolo,  per  la  data 
378  379.  Tra  le  lettere  di  Simmaco  se  ne  trova  una,  con  cui 
egli  raccomanda  a  Celsino  Tiziano  suo  fratello  un  cotale  Satiro, 
loro  comune  parente.  Questi  certamente  e  il  nostro,  essendo 
nota  la  parentela  che  Simmaco  aveva  con  la  famiglia  di  S.  Am- 
brogio 2.  II  Seek  osserva  che  quasi  tutte  le  lettere  di  Simmaco  a. 
Tiziano  gli  furono  inviate  nel  periodo  che  questi  dimoro  in 
Africa  neirufficio  di  vicario,  ossia  nel  380  e  prima  del  15  feb- 
braio  381 3 ;  anzi  tutte  apparterrebbero  a  quel  tempo,  eccetto 

1  «  Unde  non  immerito  quantus  fuerit,  hodie  quoque  per  vocem  lecto- 
ri s  parvuli  Spiritus  Sanctus  expressit  Innocens  manibus  et  mundo  corde... 
Agnosco  oraculum;  quod  enim  nulla  ordinavit  dispositio  (o  dispensatio 
secondo  altri  codici),  Spiritus  revelavit  »  Qui  per  incidenza  osservo,  che- 
quando  mori  Satiro,  nella  recita  dei  salmi  seguivasi  ancora  1'uso  antico, 
secondo  il  quale  ogni  versicolo  veniva  letto  da  un  piccolo  chierico,  e  poi 
tutti  i  presenti  lo  ripetevano.  Quindi  la  morte  di  S.  Satiro  fu  prima  al- 
meno  del  386,  quando  S.  Ambrogio  introdusse  1'uso  del  canto  antifonator 
nel  quale  una  parte  dei  presenti  recita  un  versetto,  e  1'altra  il  versetto- 
seguente,  e  cosi  si  alternano  sino  alia  fine. 

8  Ecco  la  breve  lettera  :  «  Longum  loquantur  pro  incognitis  aut  alie- 
nis  verba  facturi,  mihi  haec  opera  desinenda  est,  cum  litteras  nostras 
Saturus  frater  communis  accipiat,  quas  non  commendationi  eius  sect 
nostro  circa  vos  amore  functus  misi  »  SIMMACHI  Opera,  ediz.  Seek,  in? 
Mon.  Germ.  Hist.,  pag.  29:  lib.  I,  lett.  63. 

?  Op.  cit.  pag.  CXIV. 


DI   S.    SATIRO  205 

due,  di  cui  la  data  e  incerta,  cio6  questa  ora  riferita  ed  un 
altra,  in  cui  si  par  la  di  un  prossimo  arrive  di  Tiziano  1.  Che 
se  noi  supponiamo  che  anche  questa  fosse  scritta  mentre  Ti- 
ziano stava  in  Africa,  se  non  gia  come  vicario  (il  che  fu  solo 
nel  380),  per  lo  meno  in  qualche  altro  ufficio  subalterno  negli 
anni  antecedent  al  380,  avremmo  un  indizio  per  credere 
che  Satiro  venisse  in  Africa  prima  del  380,  e  che  in  Roma 
da  Simmaco  ricevesse  la  lettera  suddetta  di  raccomandazione 
per  Tiziano. 

Nell'ipotesi  molto  verosimile  che  la  lettera  riguardi  il 
nostro  Satiro,  bisogna  concedere  almeno  questo  che  Simmaco 
scrisse  a  Tiziano,  mentre  questi  stava  in  qualche  luogo,  dove 
Satiro  aveva  assai  bisogno  di  essere  aiutato.  Ora  quanto 
sarebbe  conforme  a  tutte  le  altre  circostanze  a  noi  finora 
note  di  Satiro,  ch'egli  avesse  bisogno  d'essere  aiutato  in 
Africa,  altrettanto  sarebbe  improbabile  supporre,  che  la  let- 
tera fosse  scritta  mentre  Simmaco  stesso  era  in  Africa  nel 
375  e  Tiziano  stava  in  Roma.  In  Roma,  sua  patria,  Satiro 
non  abbisognava  di  raccomandazioni,  mentre  ne  poteva  ab- 
bisognare  in  Africa  e  fors'anche  in  Sicilia. 

Tuttavia  questi  ultimi  argomenti  o  indizii,  non  sono  punto 
decisivi,  n6  del  tutto  sicuri,  per  conchiuderne  che  Satiro  mo- 
risse  veramente  nel  378  o  379. 

Anche  T  indizio  tratto  dalla  disposizione  dell'ufficiatura  6 
assai  dubbio,  poiche  non  si  sa  se  quella  disposizione  gia  esi- 
stesse  allora;  anzi  per  quaato  mi  dice  il  ch.  Magistretti,  pare 
piuttosto  che  non  fosse  ancora  stabilita.  In  conferma  egli 
nota,  che  nello  stesso  discorso  funebre  S.  Ambrogio  afferma 
essersi  letto  quel  giorno  il  salmo  86  (n.  12;  praesens  lectio 
dicaf).  Ora,  il  salmo  86  si  legge  non  al  martedi,  ma  al  mer- 
coledi  della  seconda  settimana. 

L' indizio  ricavato  dalle  lettere  di  Simmaco  6  non  meno 
incerto,  quanto  ad  assegnarne  il  tempo,  poich6  tutto  al  piu  si 


1  II  DE  Rossi,  loc.  cit.,  pagina  77,  dice  in  generate,  di  tutte  le  let- 
tere, che  furono  scritte  mentre  Tiziano  era  vicario  in  Africa. 


206  L'ANNO   BELLA   MORTE 

pu6  asserire  che  la  lettera  fu  scritta  prima  del  febbraio  381, 
quando  da  pochi  inesi  era  morto  Tiziano. 

Nonostante  il  poco  valore  del  suddetti  due  indizii,  le 
probability  per  la  data  378  (o  se  si  vuole  anche  per  il  379, 
sono  cosi  grandi,  che  io  non  esiterei  a  schierarmi  per  essa, 
qualora  fossimo  certi,  che  tutto  intero  il  passo  relative  al- 
1' imminente  invasione  barbarica  fosse  stato  recitato  da  S.  Am- 
brogio il  giorno  stesso  dei  funerali  di  Satiro.  Ma  questa  cer- 
tezza  non  esiste,  essendo  possibile  che  o  in  tutto  o  in  parte 
sia  stato  aggiunto  dopo,  come  del  resto  ne  ha  tutta  1'appa- 
renza. 

Affinch6  non  paia  temeraria  la  mia  asserzione  diro  subito, 
che  vi  sono  altri  passi  di  quel  discorso,  che  furono  certa- 
mente  aggiunti  qualche  tempo  e  fors'anche  qualche  anno 
dopo  averlo  recitato.  Tal'e  quello,  gia  notato  dai  Maurini, 
dove  S.  Ambrogio  descrive  la  desolazione  di  S.  Marcellina, 
la  quale  prostrata  per  terra,  ed  abbracciando  il  tumulo 
di  Satiro,  trascorreva  cola  i  giorni  e  le  notti:  Strata  humi 
et  totum  gremio  sui  complexa  tumulum,  laborioso  fessa  in- 
cessu  tristis  affectu,  dies  noctesque  moerores  integral  (n.  76). 
Siccome  il  discorso  fu  detto  mentre  la  salma  di  Satiro  stava 
ancora  sopra  terra  e  scoperta  (poich6  S.  Ambrogio  dice: 
quern  oculis  teneo,  mente  complectar.  In  illo  enim  totam  ocu- 
lorum  aciem  figere  libet,  n.  14)  non  si  puo  ammettere  che 
S.  Ambrogio  potesse  parlare  di  giorni  e  di  notti  passate  da 
Marcellina  nella  tristezza,  n6  che  ella  avesse  abbracclato 
il  tumulo,  dove  Satiro,  mentre  S.  Ambrogio  parlava,  ancora 
non  era  stato  deposto. 

Or  come  il  passo  relative  a  Marcellina  fu  certamente  ag- 
giunto dopo,  cosi  non  mancano  indizi  per  credere  che  sia  stato 
aggiunto  altresi  il  periodo  riguardante  la  temuta  e  vicina 
invasione  dei  Goti.  In  effetto  si  osservi  che  S.  Ambrogio  non 
accenna  punto  a  pericoli  o  rumori  di  guerra,  che  esistessero 
allorch^  Satiro  parti  da  Milano  per  F  Africa.  Tali  pericoli,  se 
Satiro  fosse  partito  nel  378,  oppure  nel  377,  sarebbero  gia 
esistiti  e  molto  gravi;  ne  S.  Ambrogio,  tutto  intento  a  ma- 


DI   S.    SATIRO  207 

gnificare  la  generosita  del  fratello,  che  per  causa  sua  vuole 
intraprendere  un  lungo  viaggio,  avrebbe  tralasciato  di  fame 
cenno. 

Al  contrario  S.  Ambrogio  fa  una  fosca  descrizione  di  tali 
pericoli,  allorche  Satiro  ritorno,  e  piu  ancora  allorche  egli 
mori.  Ma  tra  il  principio  del  suo  discorso  ed  i  numeri 
30-32  vi  e  questa  differenza,  che  sul  principio  il  S.  Vescovo 
parla  bensi  di  un  certo  universale  timore  e  di  sospetti 
d'un  invasione,  ma  non  gia  d'un  pericolo  cosi  vicino  e  cosi 
grave  come  nei  nn.  30-32.  Anzi  in  principio,  S.  Ambrogio, 
dopo  aver  detto  che  in  quel  momento  tutti  temevano  e  tutto 
era  pieno  di  sospetti  per  i  movimenti  dei  barbari,  tuttavia 
ringrazia  il  Signore  che  avesse  rovesciato  sopra  di  lui  e 
della  sua  casa  Fafflizione  temuta,  risparmiandola  al  pub- 
blico,  siccome  aveva  sempre  desiderate :  Itaque  nihil  habeo 
quod  quaerar,  et  habeo  in  quo  Deo  gratias  ogam;  quid  semper 
optavi,  ut  si  quae  perturbationes  vel  Ecclesiam  vel  me  ma- 
nerent,  in  me  potius  ac  meam  deciderent  domum.  Deo  igi- 
tur  gratias  quia  in  hoc  omnium  metu,  cum  omnia  motibus 
sint  suspecta  barbaricis,  commimem  moerorem  privato  do- 
lore  transegi,  et  in  me  conversum  est  quidquid  timebam  om- 
nibus. Atque  utinam  Me  consumatum  sit  ut  dolor  meus  pub- 
blici  doloris  redemptio  sit. 

A  mio  giudizio  tra  questo  passo  e  i  nn.  30-32  vi  e  un 
contrasto  troppo  grande  e  non  si  puo  credere,  che  siano  stati 
pronunziati  nello  stesso  giorno.  Nel  1°  si  parla  solo  di  so- 
spetti, e  di  un  pericolo  che  si  temeva  e  che  fu  evitato ;  nel- 
Taltro  di  un  pericolo  certo,  vicino,  contro  il  quale  non  vi 
e  piu  altra  speranza  di  aiuto  che  nel  debole  riparo  delle  Alpi. 
Onde  a  me  sembra  di  vedere  nel  primo  passo  tratteggiata 
la  condizione  in  cui  dovevano  trovarsi  F  Italia  superiore  e 
Milano  nel  settembre  del  377,  nel  secondo  la  stessa  condizione 
nel  settembre  del  378. 

Nel  377,  come  si  ricava  dal  contemporaneo  Ammiano  Mar- 
cellino,  i  Goti  che  fino  allora  erano  stati  in  pace  coi  Ro- 
mani  e  da  Valente  avevano  ottenuto  di  venire  a  dimorare 


208  L'ANNO  BELLA  MORTE 

nella  Tracia,  essendo  stati  pffesi  e  traditi  da  alcuni  duel  e 
ufficiali  romani,  cominciarono  le  loro  ostilita  aperte  contro 
rimpero,  devastando  orribilmente  la  Tracia.  Ma  Traiano  e 
Profuturo,  general!  di  Valente,  e  Ricomero  generale  di  Gra- 
ziano,  uniti  insieme;  diedero  ai  Goti  una  grande  sconfitta  nella 
Mesia,  in  un  luogo  detto  Salici,  non  molto  lontano  dalle  foci 
del  Dauubio.  Dopo  la  vittoria,  Ricomero  parti  per  andare  a 
prendere  in  Gallia  altri  rinforzi ;  il  che  raccontato,  Ammiano 
Marcellino  soggiunge :  Haec  agebantur  Gratiano  IV  et  Me- 
robaude  consulibus  (cioe  nel  377).  Di  poi,  avendo  i  Roman! 
abbandonata  la  Mesia,  i  Goti  da  questa  provincia  yennero 
nella  Tracia  per  assalire  Frigerido,  altro  generale  spedito 
da  Graziano,  che  s'  era  fermato  in  Berea.  Egli  si  ritiro 
davanti  a  loro,  e  attraversati  i  monti  dell'  Illiria  (cioe  piii 
verso  1'Italia),  quivi  sorprese  Farnobio,  uno  dei  principal!  Goti 
che  aveva  con  se  molti  Taifali,  e  li  debello,  facendone  infi- 
niti  prigionieri.  Dopo  aver  raccontato  questi  ultimi  fatti  e  le 
stragi  commesse  dai  Goti;  Ammiano  soggiunge,  che  essi  succe- 
dettero  autumno  vergente  in  hiemem.  Percio  mi  sembra  che 
a  qualcuno  di  questi  fatti  del  377  possono  riferirsi  con  verita 
le  parole  di  Ambrogio  sul  principio  del  discorso,  dove  dice 
l>ensi  che  in  Italia  per  tutto  quel  tempo  si  stava  in  grandi 
sospetti,  cioe  si  temeva  che  i  Goti  si  volgessero  verso  T  Ita- 
lia, ma  tosto  aggiunge  potersi  credere  che  gia  il  pericolo 
fosse  evitato  e  che  tutto  il  peso  della  divina  giustizia  fosse 
caduto  sulla  sua  casa.  Dove  io  vedo  un'allusione  alle  vit- 
torie  ottenute  dai  Romani,  o  a  Salici  o  nell'  Illiria,  ma  forse 
alia  prima,  avvenuta  sul  finire  dell'estate,  anno  in  autumno 
vergente.  Osservo  ancora  che  nel  377,  nonostante  che  i 
Goti,  sebbene  vinti  parzialmente,  continuassero  ad  infu- 
riare,  tuttavia  rOriente  era  retto  ancora  da  un  imperatore 
esperimentato  e  valoroso,  cioe  da  Valente,  il  quale  gia  aveva 
ricevuto  e  ancora  stava  per  ricevere  validi  rinforzi,  spedi- 
tigli  da  Graziano  suo  collega.  Ma  ben  altra  e  assai  peggiore 
fu  la  condizione  deH'impero  dopo  Tinfelice  battaglia  di  Adria- 
nopoli  del  9  agosto  378,  nella  qnale  peri  Valente,  e  rimpero 


DI   S.    SATIRO  209 

rimase  esposto,  come  nave  in  burrasca,  alle  depredazioni 
di  feroci  barbari.  Nel  settembre,  dopo  poco  piu  di  un  mese  da 
quella  grande  disfatta,  1'apprensione  geuerale  d'una  prossima 
venuta  del  Goti  in  Italia  doveva  corrispondere  pienamente 
non  gia  solo  a  quei  vaghi  sospetti,  che  sono  accennati  da 
S.  Arnbrogio  sul  principio  del  discorso,  ma  alia  paurosa  de- 
scrizione  che  se  ne  fa  nei  nn.  30-32,  quando  gli  pareva  di  ve- 
dere  imminente  la  morte  del  parenti,  dei  cittadini,  dei  con- 
giunti,  con  orribili  oltraggi  al  pudore,  e  la  fine  di  tutto  il 
mondo. 

Lo  stesso  modo  di  esprimersi  di  S.  Ambrogio  nel  n.  31 
•sembra  indicare,  che  questo  numero  e  una  parte  del  seguente 
S2  fur ono  aggiunti  dopo.  Poich6  se  veramente,  allorch6  mori 
Satiro,  vi  fosse  stato  tutto  quell'  imminente  pericolo  d7  una 
terribile  invasione  barbarica,  come  mai  S.  Ambrogio  il  giorno 
stesso  della  rnorte,  o  il  giorno  dopo,  avrebbe  potuto  dire  al  de- 
funto :  Se  tu  conoscessi  ora  quanto  sia  minacciata  Tltalia :  Si 
nunc  urgeri  Italiam  tarn  propinquo  hoste  cognosceres,  etc. 

La  particella  nunc  indica  evidentemente  un  tempo  gia 
lontano  dalla  morte  di  Satiro.  Se  pur  non  si  voglia  ammettere 
che  la  notizia  di  queirimminente  pericolo  giungesse  ad  Am- 
brogio il  giorno  stesso  della  morte  o  dei  funerali  di  Satiro. 
Ma  tale  ipotesi  sarebbe  piu  che  arbitraria,  poich6  S.  Ambrogio 
poco  appresso  after  ma,  che  Satiro  negli  ultimi  momenti  del 
suo  vivere  era  informato  d'una  minaccia  di  barbari,  e  con- 
^igliava  a  lui  di  mettersi  in  sicuro  e  di  fuggire.  Ecco  le  sue 
parole :  Quonam  modo  ista  tolerares,  qui  etiam  ultimo 
spiritu,  tui  iam  fortassis  oblitus,  et  adhuc  nostri  non  im- 
memor,  de  cavenda  incursions  barbarorum  nos  saepius  ad- 
monebas,  commemorans  non  frustra  te  dixisse  fugiendum. 
Dove  evidentemente  si  distinguono  due  pericoli  d'  invasione 
barbarica,  il  primo  mentre  Satiro  era  vivo  e  fu  da  lui  cono- 
sciuto  fino  agli  ultimi  estremi  del  suo  vivere,  Taltro  assai  piu 
grave,  sorto  dopo  la  sua  morte  e  quindi  non  conosciuto  da  lui. 

La  miglior  soluzione  di  quest 'apparente  opposizione,  che 
trovasi  nel  discorso  di  S.  Ambrogio,  sembra  debba  consistere 

Serie  XVIII,  vol.  IX,   fasc.  1262.  14  9  yennaio  1903. 


210  L'ANNO  DELL  A  MORTE  DI  s.  SATIRO 

nell' ammettere  ch'egli  recitasse  il  suo  discorso  nel  377,. 
quando  il  pericolo  per  T  Italia  di  un  invasione  gotica  non 
era  116  cosi  vicino  di  luogo,  n&  cosl  imminente,  anzi  per 
qualche  vittoria  poco  prima  ottenuta,  poteva  credersi  allon- 
tanato.  Poscia,  Tanno  appresso,  378,  allorch6  ebbe  notizia 
del  disastro  di  Adrianopoli,  ritocco  il  suo  discorso  e  vi  ag- 
giunse  quelle  frasi:  Si  nunc  cognosceres  ecc.,  che  conten- 
gono  la  descrizione  cosi  viva  e  forte  d'  un  grande  pericola 
vicino. 

Raccogliendo  pertanto  quanto  ho  detto  finora,  conchiuda 
che,  a  mio  giudizio,  Satiro  dovette  stare  assai  poco  con  suo 
fratello,  dacch6  fu  assunto  alia  dignita  episcopale,  ma  non 
cosi  poco  che  nel  frattempo  non  potesse  meritarsi  somme 
lodi  per  ramministrazione  temporale  della  casa  di  S.  Am- 
brogio.  Di  poi  egli  parti  per  T Africa,  in  tempo  in  cui  tutta 
era  quiete  e  non  parlavasi  d' invasion!  barbariche.  Queste 
varie  circostanze  possono  coincidere  con  la  fine  del  375,  a 
meglio  ancora  col  principio  o  con  la  meta  incirca  del  376. 

II  viaggio  in  Africa  non  dovette  essere  tanto  breve.  Sa- 
tiro da  Milano  si  rec6  a  Genova  o » a  Pisa,  e  di  la  a  Roma 
e  ad  Ostia,  poi  in  Sicilia,  dove  forse  si  fermo  qualche  giorno 
per  affari  di  famiglia,  poi  in  Africa.  Nel  ritorno  fu  portato 
da  un  naufragio  sulle  coste  della  Sardegna,  donde  si  reca 
in  terraferma,  a  Roma,  e  poscia,  dopo  altri  giri  per  marer 
ritorno  a  Milano,  mentre  era  inverno,  e  si  parlava  di  guerre 
nell' Italia  settentrionale. 

Queste  circostanze  del  ritorno  possono  convenire  ai  primi 
mesi  del  377  oppure  anche  del  378 ;  ma  per  le  ragioni  gia  dette 
e  specialmente  del  poco  tempo,  che  Satiro  stette  con  S.  Am- 
brogio,  sembra  preferibile  Tanno  377,  come  data  del  ritorno 
e  della  morte  di  Satiro.  Quindi  Satiro,  nato,  come  dissi,  tra 
il  334  ed  il  340,  sarebbe  morto  mentre  contava  incirca  42 
o  43  anni  di  eta. 


R1VISTA  BELLA  STAMPA 


i. 

I   GlORNALI   GATTIVI   NELL  A   COSTITUZIONE    «  OFFICIORUM  ». 


Pubblicata  la  sapientissima  e  provvidissima  Costituzione  di  Nostro 
Signore  Papa  Leone  XIII,  la  quale  comincia:  Qffhiorum  ac  mu- 
nerum  e  porta  la  data  del  25  genaaio  1897,  scrittori  e  teologi  va- 
lenti  d'ogni  paese  si  diedero  a  commentarla,  e  anche  noi  demmo 
conto  di  qualcuno  di  tali  commenti,  massime  in  una  Rivista  della 
Stampa,  pubblicata  nel  Quaderno  1144  pel  19  febbraio  1898  1.  Di- 
cevamo  allora,  che  fra  tutti  i  lavori  da  noi  visti,  concernenti  la 
Costituzione  medesima,  andava  segnalato,  per  mirabile  chiarezza  di 
esposizione  congiunta  con  utile  brevita,  quello  di  un  Prelate  dot- 
tissimo,  assiduo  compilatore  del  Monitore  Ecclesiastico ,  che  celavasi 
sotto  le  iniziali  M.  C.  G.  E  tutti  intesero  trattarsi  di  Monsignor 
Oasimiro  Gennari,  poi  tanto  meritamente  elerato  dal  Papa  all'onore 
della  Sacra  Porpora. 

Ora  rEminentissimo  Signor  Cardinale  Gennari,  non  piu  sotto 
il  velo  dell'anonimo,  ci  da  una  nuova  edizione  discretamente  accre- 
sciuta  di  quell'aureo  opuscolo 2,  dicendoci  modestamente  di  non  averla, 
per  giudizio  di  autorevoli  amici,  creduta  disntile  ne  inopportune, 
tanto  piu  poste  le  continue  domande  che  gliene  vengono  da  ogni 
parte.  Noi,  che  ci  permettiamo  di  ritenerla  anzi  utilissima  ed  oppor- 
tunissima,  abbiamo  premurosamente  dato  una  corsa  alle  pagine  del 
nitido  voluinetto,  particolarmente  per  vedere  quali  mutazioni  il  dotto 
Porporato,  nei  quattro  anni  ormai  trascorsi  dall'altra  edizione  del 

1  Pagg.  449-457. 

2  Della  Nuova  Disciplina  sulla  proibizione  e  sulla  censura  del  libri, 
ovvero  la  Costituzione  «  0/ficiorum  »  brevemente   commentata  per  CASI- 
MIRO  CARD.  GENNARI,  edisione  terza  con   giunte  e  correzioni.  Vol.   di 
pagg.  125.  Roma  Cooperativa  Poligrafica  Editrice,  1903. 


212  RIVISTA 

1898  (che  computata  quella  fatta  a  principio  nel  Monitors 
siastico  era  la  seconda),  avesse  giudicato  di  doverri  introdurre,  o 
per  ulterior!  riflessioni  sue  proprie,  o  per  osservazioni  di  altri  scrit- 
tori  da  lui  trovate  giuste,  o  infine  per  nuovi  autorevoli  document! 
in  questo  mezzo  sopraggiunti.  Benche  molte  ed  important!  sieno  le 
aggiunte,  di  nessun  mutamento  sostanziale  perd  ci  siamo  accorti; 
il  che,  ove  soprattutto  tengasi  conto  della  ponderazione  e  dell'inte- 
grita  a  tutta  prova  dell'insigne  Autore,  e  buon  argomento  a  con- 
fermarci  in  quella  piena  fiducia,  che  noi,  fino  dall'altra  volta,  ave- 
vamo  manifestata  nella  solidita  di  questa  interpretazione  della  Co- 
stituzione  pontificia. 

Essendosi  intanto,  per  ordine  del  Supremo  Gerarca  della  Chiesa, 
pubblicato  il  nuovo  Index  librorum  prohibitorum,  di  cui  noi  pure 
trattammo,  evidentemente  non  occorreva  piu  parlare  dell' Index  antico, 
che  rEininentissimo  Autore,  nel  1898,  sosteneva  giustamente  rimaner 
tuttavia  in  vigore.  Qui  il  Cardinal  Gennari  dice,  che  1'elaboratissirno 
Indice  nuovo  e  posto  in  perfetta  eorrispondenza  colla  Costituzione 
Officiorum  e  ne  e  quasi  un  complement.  Egli  inoltre,  con  molto 
senso  di  opportunity  fa  un  elenco  utilissimo  delle  varie  classi  di 
libri,  i  quali,  conforme  allo  spirito  della  nuova  Bolla,  furono  dalla 
recente  compilazione  dell'  Indice  eliminati  *. 

In  questa  terza  edizione  troviamo  ayvalorata  da  un  decreto  della 
Sacra  Congregazione  dell'  Indice  la  sentenza,  che  il  ch.  A.  gia  aveva 
sostenuta  e  noi  pure  approvammo,  essere,  cioe,  dopo  la  presents 
Costitu/.ione,  abdlite  tutte  le  consuetudini  contrarie.  Infatti,  essendo 
stato  domandato  se  questa  Costituzione  obbliga  anche  i  paesi  di 
lingua  inglese,  dove  taluno  reputava  godersi,  in  materia  d'  Indice, 
una  tacita  dispensa,  la  detta  Congregazione  rispose  il  23  maggio  1898: 
affirmative  2.  Vediamo  altresi  con  piacere,  che  al  commento  del  n.  3: 
(Titolo  I,  De  prohibitione  librorum,  Cap.  I),  1'esimio  A.  conferma 
in  una  nota  1'opinione,  gia  da  lui  espressa,  per  gli  acattolici,  del 
quali  si  proibiscono  i  libri  trattanti  ex  professo  di  religione,  doversi 
intendere  non  solo  gli  eretici  e  scismatici,  siccome  vorrebbe  qualche 
commentatore,  ma  e  i  giudei  e  in  generale  tutti  gl'infedeli,  perch& 
la  Costituzione  quando  voile  parlare  di  soli  eretici  e  scismatici  lo 
disse  espressamente,  e  perche  nel  n.  5  la  stessa  Costituzione  sotto  il 
titolo  generico  di  acattolici,  comprende  evidentemente  anche  mao- 
mettani,  gentili  e  in  ispecie  giudei 3.  A  proposito  del  quale  n.  5,  ci 


7        U  J7O 

'  Vedi  pagg;.  20  e  21,  in  nota. 
*  Vedi  p'ag.  24,  in  nota. 
3  Vedi  pag.  31,  in  nota. 


DELLA    STAMP  A  213 

par  utile  avvertire,  di  passaggio,  che  in  forza  di  due  dichiarazioni 
della  Sacra  Congregazione  dell'Indice  (23  maggioe  21  giugno  1898), 
testualmente  riferite  in  questa  terza  edizione  dall'  Emo  Gennari, 
«  i  testi  e  le  versioni  antiche  della  S.  Scrittura  pubblicate  dagli 
acattolici,  purche  nei  prolegomeni  e  nelle  annotazioni  non  vi  s'im- 
pugnino  i  dogmi  della  fede,  sono  permessi  anche  ai  giovani  che  nei 
Seminarii  studiano  S.  Teologia,  o  lingua  ebraica  o  greca ;  per6  non 
si  debbono  usare  come  test!  di  scuola  senza  speciale  licenza  della 
S.  Sede  l.  » 

Di  altre  varianti  che  occorrono  nella  presente  edizione  non  ci 
intratterremo ;  perche  ci  preme  soprattutto  di  venire  a  quella  che 
ne  sembra  la  giunta  piu  pratica  fatta  dal  ch.  Autore  in  questa 
terza  edizione.  Essa  riguarda  i  numeri  21  e  22  della  pontificia  Co- 
stituzione,  i  quali  stanno  sotto  il  Capo  YIII  del  Titolo  I  de  pro- 
hibitione  librorum,  intitolato  de  diariis,  foliis  et  libellis  periodicis. 
Nella  nostra  recensione  del  1898  non  mancammo  di  richiamare 
particolarmente  1'attenzione  su  questo  punto  della  nuova  Bolla  ri- 
rilevantissimo  pe'  tempi  nostri,  in  cui  non  solo  siamo  d'ogni  parte 
affogati  dalla  limacciosa  fiumana  d'ogni  sorta  di  giornali  e  periodic! 
empii  e  scostumati,  ma  dobbiamo  altresi  lamentare  una  generale 
rilassatezza  delle  coscienze  riguardo  ad  essi,  onde  pur  moltissimi 
cattolici  non  si  fanno  scrupolo  alcuno  di  acquistarli  e  di  leggerli,  e 
pero  i  confessori  stessi  credono  agevolmente  di  potere,  in  questo 
particolare,  cbiudere  gli  occhi  ed  allargare  la  mano.  Siffatta  lar- 
ghezza  torna  oltremodo  perniciosa;  e  quindi  preziosissiine  sono  le 
note  aggiunte  dall'  Eminentissimo  Sig.  Cardinale  Gennari  per  di- 
mostrarla  del  tutto  opposta  alia  lettera  ed  allo  spirito  dei  due  men- 
tovati  paragrafi,  coi  quali  la  proyvidenza  materna  della  Chiesa  ha 
tagliato  corto  a  tutti  i  sofismi,  onde  prima  solevansi  in  qualche 
guisa  scusare  letture  tanto  ruinose  alia  fede  ed  alia  morale  cri- 
stiana.  Diciamo  sofismi,  perche,  come  assai  bene  osserva  il  ch.  A., 
anche  prima  della  Bolla  Officiorum  avevamo  argomenti  solidissimi 
a  provarle  illecite,  non  che  per  diritto  naturale,  ancora  per  legge 
ecclesiastica  positiva.  Ma  allora,  scrive  egregiamente  il  Card.  Gen- 
nari, «  le  scritture  tutto  che  brevi  ed  in  fogli  volanti  erano  proi- 
bite  come  opere  di  eretici;  ora  i  giornali,  quando  assalgono  la  re- 
ligione  od  i  buoni  costumi,  sono  proibiti  di  per  se,  ben  che  scritti 
da  falsi  cattolici  »  2 :  dovrebbe  pertanto  reputarsi  troncato  intieramente 
all'elusione  della  legge  qualunque  pretesto,  cui  e  naturale  all'umana 

1  Vedi  pagg.  34,  35  in  nota. 

2  Pag.  76. 


214  RIVISTA 

fralezza  di  ricorrrere,  massime  nel  caso  nostro,  ove  la  legge  con- 
trasta  ad  una  pratica  e  ad  un  pregiudizio  coinune. 

In  quella  vece  si  trovarono  anche  adesso  da  qualcuno  certe  sot- 
tili  distinzioni,  le  quali,  se  fossero  passate  buone,  scemerebbero  no- 
tevolmente  1'efficacia  del  present!  decreti.  Ma  le  note  sapient!  e 
secondo  noi  inoppugnabili  del  Card.  Gennari  tolgono  a  quelle  di- 
stinzioni ogni  fondainento,  chiarendole  niente  piu  che  cavilli :  e  di 
cid  devongli  saper  grado  assai  i  confessor!  segnatamente,  perche 
ne  possono  trarre  la  norma  sicura  da  seguire  per  raggiungere  il 
fine  inteso  dalla  Santa  Madre  Chiesa,  il  quale,  giova  ripeterlo  col 
Card.  Gennari,  e  stato  ed  e  di  premunire  i  suoi  figli  contro  i  tre- 
mendi  danni  minacciati  alle  anime  loro  dal  giornalismo  perverso, 
verso  cui  di  pochissimo  conto  appare  la  considerazione  delle  diffi- 
colta  che  a  penitent!  e  confessor!  deve  certamente  costare  la  co- 
scienziosa  esecuzione  della  legge.  E  legge:  si  eseguisca  dunque  e 
si  faccia  eseguire. 

La  legge  intimata  dal  Supremo  Gerarca  non  potrebbe  essere 
ne  piu  determinata,  ne  piu  chiara.  Essa  dice :  Diaria,  folia  et  libelli 
periodici,  qui  religionem  aut  bonos  mores  data  opera  impetunt, 
non  solum  naturali,  sed  etiam  ecclesiastico  iure  proscripti  ha- 
beantur :  la  lettura  pertanto  dei  giornali,  dei  fogli,  quali  che  si  siano, 
e  delle  riviste  che  di  proposito  asealgono  la  religione  o  i  buoni  co- 
stumi  e  positivamente  vietata  dalla  Chiesa;  ne  solamente  ne  e  vie- 
tata  la  lettura,  ma  questa  proscrizione  assoluta  dei  giornali  empii 
od  immoral!  «  porta  seco  (scrive  il  ch.  A.)  1'obbligo  di  non  rite- 
nerli,  di  non  donarli  ad  altri  e  molto  piu  di  non  associarsi  ad  essi 1  »; 
giacche  associarvisi  e  un  cooperare  alia  loro  diffusione  ed  un  con- 
solidarne  Fesistenza.  Obbliga  altresi  a  non  tenerli  a  disposizione 
del  pubblico  negli  alberghi  e  nei  negozii,  a  non  lasciarli  libera- 
mente  in  mano  dei  figli  e  dei  domestic!  nelle  famiglie.  Ed  e  anche 
evidente,  per  la  natura  stessa  della  cosa,  trattarsi  di  obbligo  grave, 
la  cui  infrazione  costituisce  peccato  mortale,  ove  non  intervengano 
circostanze  attenuanti. 

Quali  possano  essere  queste  circostanze  attenuanti  ci  piace 
esporlo  colle  parole  di  un  documento  recente,  autorevolissimo,  cioe 
1' ultima  lettera  Pastorale  collettiva  del  cardinale  Arcivescovo  e  dei 
Yescovi  della  Provincia  ecclesiastica  di  Milano,  data  il  4  novem- 
bre  1902.  Affermato  non  esser  dubbio  che  trattasi  di  materia  per  se 
grave,  i  Prelati  della  Provincia  milanese  soggiungono  :  quamquam 
parvitas  mater iae  admittitur,  si  lectio  non  sit  habitualis  et  peri- 

*  Pag.  77. 


BELLA   STAMP  A  215 

culum  percersionis  non  sit  proximum,  sive  ob  defectum  malitiae 
in  diario,  sive  ob  certain  legentis  firmitatem  in  doctrina  catholica, 
sive  ob  causam  excusantem  aequo  forte  minor  em,  sive  ob  levitatem 
lectionis.  Tutto  questo  e  ragionevolissimo  e  dobbiamo  tenerlo  in- 
nanzi  agli  occhi  per  bene  e  prudentemente  applicare  la  legge  ;  e 
cosi  pure  vuol  attentamente  ponderarsi  che  la  proibizione  del  Pon- 
tefice  riguarda  solo  diarii  e  riviste,  che  data  opera  combattono  la 
religione  o  la  morale.  Quel  data  opera  e  nella  presente  edizione 
spiegato  daU'Eminentissimo  A.  in  guisa  piu  esatta  che  non  fosse 
nella  precedente,  dove  se  ne  faceva  un  tutt'uno  coll'altra  frase  spesso 
occorrente  in  materia  di  proibizione  di  stampe,  cioe  ex  professo 
No,  scrive  il  ch.  A.  Per  contrario,  «  altro  e  la  locuzione  ex  pro - 
fesso,  altro  la  locuzione  data  opera.  La  prima...  ha  luogo  quando 
una  materia  condannata  e  argomento  precipuo  del  libro,  o  se  ne 
parla  di  proposito  assai  volte.  La  seconda  e  quando  la  materia  con- 
dannata non  e  argomento  precipuo  del  libro ;  perd  se  ne  parla  non 
di  passata,  ne  brevemente,  ovvero  se  ne  parla  piu  volte  *.  »  Di 
qui  1'A.  logicamente  deduce,  che  per  giudicarsi  proibito  un  giornale 
od  un  periodico  dal  presente  decreto,  «  non  basta  che  solo  talvolta 
e  leggermente  contenga  qualche  cosa  contraria  alia  religione  ed  ai 
buoni  costumi;  ma  si  richiede  che  di  proposito  ed  abitualmente  li 
aggredisca  e  mostri  spirito  ostile  contro  di  essi  2.  » 

Ma  ammessa  pure,  perche  giusta  e  vera,  questa  restrizione,  chi 
non  vede  tuttavia  quanti  giornali,  fra  quelli  che  corrono  ora  senza 
scrupolo  pubblicamente  per  le  mani  e  si  leggono  magari  in  piazza 
ancor  da  chi  si  protesta  buon  cattolico,  e  da  donne  devote  e  scola- 
retti  e  seminaristi  e  perfin  da  preti,  sono  certamente  vietati  ?  0  si : 
vi  e  da  spaventarsi  della  enorme  estensione  del  male  ;  ma  non  per 
questo  si  ha  arbitrariamente  da  stremare  il  vigore  della  legge,  che 
e  salutarissima,  provvidissirna  ed  anzi  necessaria ;  poiche,  come  nota 
1'Eminentissimo  Gennari,  dalla  lettura  appunto  dei  giornali  cattivi, 
e  massimamente  di  quelli  che  mascherano  1'irreligione  sotto  una 
larva  di  onesta  naturale  «  e  venuto  e  viene  soprattutto  il  corrom- 
pimento  generale  in  mezzo  alle  popolazioni  cattoliche.  »  E  trattan- 
dosi  di  danno  tanto  grande  e  di  un  pericolo  commune,  d'ordinario 
conviene,  con  S.  Alfonso,  rigidiores  opiniones  sequi,  anziche  le 
piu  benigne. 

Ci  par  quindi  degnissimo  di  lode  il  nostro  A.  per  essersi  nelle 
dette  note,  aggiunte  a  questa  edizione,  strenuamente  opposto  ai  conati 

1  Pag.  46  in  nota. 
1  Pag.  74  in  nota. 


216  RIVISTA 

di  qualche  commentatore  della  Costituzione  Officiorum,  intesi,  in 
tutta  buona  fede,  a  restringere  la  proibizione  ai  soli  fogli  piu  aper- 
tamente  empii,  che  scalzano  le  basi  della  stessa  religione  naturale, 
col  pretesto  che  la  parola  religio  debba  o  possa  intendersi  soltanto 
della  religione  naturale.  Ma  a  buon  diritto  il  ch.  A.  risponde  che 
il  pretesto  e  futile ;  perocche  la  religio,  che  il  PoDtefice  vuol  difendere 
dalle  minaccie  del  giornalismo  malvagio,  e  quella  di  cui  Egli  e  Capo, 
la  sola  vera,  cioe  la  cattolica.  «  Ed  e  (cosi  egli)  stile  di  Curia 
sempre,  che  la  parola  religio,  senz'alcuna  aggiunta,  debba  signifi- 
care  la  vera  religione,  che  e  la  cattolica;  giacche  la  S.  Sede  non 
ha  in  mira  che  di  tutelare  questa  sola  religione  1.  » 

Stiano  dunque  tutti  i  confessori  fermi  e  concordi  ad  esigere  dai 
penitenti  che  lascino  la  lettura  dei  periodici  di  proposito  ostili  alle 
verita  cattoliche  o  propagatori  di  laidezze ;  ed  ove,  per  valide  ragioni, 
i  penitenti  non  ne  potessero  fare  a  meno  (il  che  inter viene  di  rado), 
li  obblighino  a  munirsi  della  licenza  che  i  vescovi  hanno  la  facolta 
di  concedere.  Quanto  poi  all'  interrogare  su  questo  punto  i  penitenti 
che  non  se  ne  accusano,  V  Eminentissimo  si  limita  a  dire,  che  «  il 
confessore  potra  regolarsi  giusta  1' iusegnamento  dei  DD.  circa  gli 
ammonimenti  inutili  a  coloro  che  sono  in  buona  fede.  »  Noi  ci  per- 
nietteremo  di  soggiungere  che  nella  Pastorale  gia  citata  1'  Episco- 
pate lombardo  insegna,  doversi  interrogare  il  peniteute,  del  quale  si 
sa  o  prudentemente  e  probabilmente  si'  giudica  che  legge  giornali 
cattivi,  quante  volte  consti  o  prudentemente  si  dubiti  che  il  suo 
silenzio  proviene  da  malizia,  o  da  grave  negligenza  od  anche  da 
ignoranza  ovvero  inavvertenza  del  tutto  vincibile;  e  doversi  egual- 
mente  interrogare  e  ammonire  quando  il  silenzio  proviene  da  igno- 
ranza o  inavvertenza  invincibile,  se  si  prevede  che  1'  interrogazione 
e  1'avviso  gioveranno. 

E  il  detto  basti  ad  invogliare  i  nostri  lettori  del  bellissimo  libro 
di  Sua  Eminenza  il  sig.  Card.  Gennari,  del  quale  a  tutti  e  nota 
la  singolar  valentia  nelle  cose  morali.  Solo  noteremo  da  ultimo  il 
commento  suo  al  n.  22  della  Costituzione,  ove  s'inibisce  ai  catto- 
lici,  rnassime  agli  ecclesiastici,  di  nulla  pubblicare  nei  suddetti  pe- 
riodici malvagi  senza  giusta  e  ragionevole  causa.  A  buon  diritto  il 
ch.  A.  giudica  compresa  nella  generale  proibizione  anche  la  pub- 
blicazione  di  semplici  annunzi  o  manifest!,  eccettuandone  solo  i 
negozianti  e  gl'  industriali  che  ne  avessero  precisa  necessita.  Ne 
traggano  pro  quei  cattolici,  i  quali,  nonche  farsene  coscienza,  giudi- 
cano  anzi  opera  meritoria  e  di  zelo  lo  stampare  articoli  e  lavori  nei 

1  Pag.  71  in  nota. 


DELLA   STAMP  A  217 

periodic!  anticattolici.  Questo  FEminentissimo  Grennari  riprova,  «  come 
e  da  riprovare  nei  giornali  cattolici  il  vedere  annunziate  cose  che 
la  S,  Sede  condanna,  per  esempio  quelle  che  riguardano  il  magne- 
tismo,  lo  spiritismo  e  le  pubblicazioni  liberalesche  e  massoniche  *.  » 


II. 

Dl   UNO   STUDIO   DEL   P.    C.   PESGH 
SULL'  ISPIRAZIONE    DELLE    SANTE    SCRITTURE. 

II  p.  Cristiano  Pesch  aveva  gia  scritto  ne)la  Zeitschrift  fur 
kath.  Theol  (Innsbruck  1901,  p.  452  ss.,  594  ss.;  1902,  p.  31  ss.) 
intorno  alle  varie  opinioni  dei  moderni  protestanti  su  1'ispirazione; 
ora  in  un  nuovo  libro  2,  piccolo  di  mole  ma  denso  di  cose,  conti- 
nua  1'assunto  propostosi,  e  traccia,  bene  insieme  aggruppato  alia 
maniera  di  un  quadro,  quanto  fin  dal  1890  fu  scritto  dai  cattolici 
su  lo  stesso  argomento. 

Premesso  un  esame  diligente  dell'Enciclica  «  Providentissimus 
Deus  »  e  di  altri  documenti  pontificii,  come  quelli  che  sono  da 
anteporsi  ad  ogni  altra  autorita,  e  che  dai  piu  degli  scrittori  cat- 
tolici citati  nell'opuscolo  sono  di  fatto  avuti  in  tal  conto,  1'A.  tesse 
la  storia  delle  controversie  agitate  fra  i  cattolici  su  tale  argomento, 
di  modo  che  il  suo  lavoro  prende  una  forma  piu  storica,  che  dom- 
matica  o  esegetica. 

Degli  scrittori  che  furono  gran  parte  in  tali  controversie,  come 
Mons.  d'Hulst,  il  Loisy,  1'Anonimo  della  Contemporary  Review,  1'altro 
anonimo  «  un  cattolico  francese  » ,  il  pseudonimo  Eufrasio,  il  p.  Brandi, 
lo  Schanz,  1'arciv.  Mignot,  il  Chauvin,  il  Lagrange,  Me  Nabb,  lo 
Zanecchia  ed  altri,  non  cita  i  nomi  soltanto,  ma  espone  le  singole 
opinioni  con  le  parole  di  ciascuno.  N&  passa  inosservata  alcuna 
delle  question!  che  piu  hanno  richiamato  1'attenzione  e  la  discussione 
dei  critici ;  difatti  nelPopuscolo  si  troyano  discusse  le  question!  del- 
1'elemento  divino  ed  umano  nell'  ispirazione,  dei  limit!  della  mede- 
sima,  se  1'ispirazione  sia  tutta  verbale  o  no,  ed  a  p.  99  ss.  1'A.  ci 
da  anche  una  discussione  sulla  questione  se  in  tutto  cid  che  scris- 
sero  gli  Apostoli,  furono  ispirati. 

1  Pag.  77. 

*  CHRISTIAN  PBSCH  S.  I.  Zur  neuesten  Geschichte  der  katholischen 
Inspirationslehre  (Theolog.  Zeitfragen,  3  Folge).  Herder,  Freiburg  i.  B. 
1902,  8°,  122  p. 


218  EIVISTA 

Nel  trattare  dell'  ispirazione,  bisogna  anzitutto  distinguere  1'ispi- 
ra^ione  del  testo  sacro  da  tutte  quelle  circostanze,  che  sebbene 
abbiano  con  esso  un  legame  intimo,  pure  non  costituiscono  1'ispi- 
razione,  3  prima  di  tutto  dall' inter pretazione  e  dalla  critica  del 
testo.  Chi  si  scostasse  da  qualche  inter pretazione,  gia  accettata, 
con  ci6  solo  non  verrebbe  a  negare  Yispirazione.  Perche  1'interpre- 
tazione  ha  relazione  col  senso  del  testo  ispirato,  mentre  Ja  ispira- 
zione pone  ed  affernia  1'influsso  soprannaturale  e  straordiriario  di 
Dio  nella  cornposizione  stessa  del  testo.  Come  pure  non  hanno  atti- 
nenza  con  V  ispirazione  quelle  cose  che  la  sana  eritica  determina 
dei  sacri  libri ;  perche  se  1'  ispirazione  ci  da  sempre  la  certezza  della 
verita  del  testo,  non  sempre  ci  assicura  delPautore  secondario  o 
scrittore  di  esso,  ne  del  tempo  in  cui  fu  composto,  ne  delle  fonti 
e  dell'  indole  sua  letteraria.  Percio,  rimanendo  salva  1'  ispirazione, 
ciascuno  puo  in  tali  cose  tener  la  sentenza  che  giudica  esser  me- 
glio  fondata,  salvo  il  caso  che  delPautore  o  delle  fonti  o  del  tempo 
il  testo  sacro  affermi  qualche  cosa;  allora  evidentemente  la  stessa 
testimonianza  del  sacro  testo  ha  inoltre  autorita  di  argomento  sto- 
rico  e  critico  di  prim'ordine,  ne  una  critica  ragionevole  potra  mai 
ricusarlo. 

Chi  e  mai,  non  gia  1'autore  principale  che  e  di  fede  essere 
sempre  Dio,  ma  1'autore  secondario  o  lo  strumento  di  cui  Dio  s'e 
servito  nello  scrivere  il  libro  di  Tobia  o  '1'epistola  agli  Ebrei  ?  «  Ri 
guardo  all'ispirazione  dell'uno  e  dell'altro  scritto  non  importa  nulla 
la  soluzione  di  questo  quesito.  E  da  quali  fonti  ha  attinto  1'autore 
del  libro  dei  Giudici  ?  Forse  dovremo  in  cid  confessare  la  nostra  igno- 
ranza,  tuttavia  teniamo  per  certo  che  questi  libri  sono  ispirati.  Che 
un  libro  sacro  sia  stato  scritto  nell'uno  o  nell'altro  secolo  av.  Cri- 
sto,  nulla  importa,  perche  niente  se  ne  pu6  dedurre  che  sia  con- 
trario  alia  sua  ispirazione.  0  che  nel  libro  di  CHobbe  si  contenga 
qualche  storia  drammatizzata  o  qualche  rappresentazione  drani- 
rnatica  di  un'idea  religiosa,  o  non  si  contenga,  questo  libro  rimane  in 
Ogni  caso  ispirato  da  Dio.  Se  i  libri  di  Griuditta  e  di  Ester  siano  opere 
storiche,  ovvero  puramente  didattiche  o  profetiche  in  veste  storica, 
e  una  questione  letteraria  la  cui  soluzione  non  dipende  dal  concetto 
dell'ispirazione.  Per  il  che  non  sarebbe  ragionevole,  dopo  aver  iatto 
tali  questioni  critiche,  esclamare :  a  che  si  riduce  allora  1'  ispira  - 
zione?  Essa  e  fuori  della  questione.  Chi  all'udire  parlare  di  critica 
dei  sacri  testi  subito  si  turba,  non  ha  un  concetto  chiaro  del- 
Tispirazione,  o  pure  non  sa  quale  sia  il  campo  e  1'ufficio  della  giusta 
critica.  »  Cosi  il  p.  Pesch  a  p.  48  ss. 


DELL  A   STAMPA  219 

Pur  ammessa  la  sostanza  di  questo  ragionamento,  non  ne  se- 
gue, che  tutte  le  opinion!  riferite  colle  parole  citate  siano  vere, 
e  che  alia  Chiesa,  qualunque  cosa  si  affermi,  debba  importar  poco ;  ma 
e  necessario  esporre  di  ciascuna  le  ragioni  critiche  o  storiche  su 
cui  si  appoggia.  Ne  cosi  operando  si  vuol  favorire  in  alcun  modo 
la  eritica  falsa  e  razionalistica,  la  quale,  mentre  gratuitamente  nega 
tutto  ci6  che  e  soprannaturale,  nega  anche  la  stessa  ispirazione. 

Questo  intanto  si  pud  affermare  dopo  la  lettura  dell'opuscolo 
del  p.  Pesch,  che  tuttavia  rimane  a  scrivere  il  capitolo  di  una 
tal  controversia ;  ne  pote  scriverlo  il  p.  Pesch,  appunto  perche 
quei  fatti  che  avrebbero  dovuto  formarne  la  materia,  mancavano  an- 
cora.  Ai  nostri  tempi  non  si  muovono  tante  difficolta  su  I'elemento 
divino  dell' ispirazione,  il  quale  gia,  come  generalmente  si  rieonosce, 
consiste  in  un  certo  influsso  soprannaturale  con  cui  Dio  muove  1'in- 
telletto  e  la  volonta  deH'uomo  a  scrivere  tutte  e  sole  quelle  cose  che 
Egli  vuole  scritte  in  suo  nome,  assistendolo  anche  e  dirigendolo 
nello  scrivere  le  parole.  Invece  molte  difficolta  s'aggirano  ancora 
sulla  questione  dell' elemento  umano  dell' ispirazione,  cioe  quale 
parte  abbia  1'uomo  quando  sta  sotto  1'influsso  dell'ispirazione,  e 
che  cosa  contribuisca  egli  di  suo  al  proprio  lavoro  nella  sua  qua- 
lita  di  scrittore. 

Questa  controversia,  lo  nota  anche  1'opuscolo,  dai  critici  catto- 
lici  recenti  fu  appena  toccata  di  volo.  Partendo  da  un  concetto 
a  priori  alcuni  si  domandarono :  «  potrebbe  essere  stato  ispirato 
un  racconto  romantico?  ovvero  un  mito?  »  Question!  interessanti 
si,  ma  oziose.  Poiche  il  romanzo,  il  miio,  sono  produzioni  letterarie 
piuttosto  nostre  che  degli  antichi  giudei  o  dei  primi  cristiani.  All'in- 
contro  la  questione  doveva  essere  trattata  a  posteriori  e  per  via 
esegetica. 

Un  eseoipio  illustrera  meglio  la  cosa. 

DjiWispirazione  segue  necessariamente  la  infallibilita  degli  scrit- 
tori.  Questa,  tra  le  altre  cose,  e  intimamente  legata  col  genere  let- 
terario (p.  48)  a  cui  appartiene  uno  scritto.  Poiche  secondo  la  diversita 
del  genere  letterario,  diversa  pure  e  la  verita  che  compete  a  document! 
diversi.  La  storia  e  la  parabola  hanno  ambedue  forma  di  narrazione, 
ma  sono  diverse  nel  genere  letterario,  perche  la  storia  e  narrazione 
di  fatti,  e  la  parabola  e  una  narrazione  inventata  unicamente  per 
servire  d'  illustrazione  a  qualche  verita  morale ;  sicche  la  verita  della 
storia  consiste  propriamente  nella  conformita  deila  narrazione  coi 
fatti,  e  la  verita  della  parabola  nell'attitudine  della  narrazione  ad 
inculcare  una  determinata  verita  morale.  Ora  quale  uomo  di  crite- 


220  RIVISTA 

rio  vorra  trovare  nella  parabola  la  verita  della  storia,  o  domandare 
quando  e  dove  visse  il  figlio  prodigo,  che  nome  ebbe  o  qual  fu  il 
paese  dove  si  ritiro? 

Dunque  la  verita  del  document!  e  diversa  per  i  diversi  generi 
letter arii.  Non  tocchera  forse  all'  interprete,  che  si  accinge  alia  di- 
fesa  della  verita  dei  libri  sacri,  descrivere  ed  enumeiare  diligen- 
temente  tutti  i  generi  letter  arii  che,  per  dire  solo  del  Yecchio  Te- 
stamento,  furono  in  uso  presso  i  Giudei?  Ne  soltanto  dovra  fare 
un  confronto  fra  i  libri  ispirati,  ma  dovra  farlo  eziandio  di  quest! 
libri  ispirati  con  1'altra  letteratura  ebraica,  anteriore  e  posteriore  a 
Cristo;  la  quale,  pure  non  essendo  ispirata,  ha  pero  gli  stessi  generi 
letterarii  che  i  libri  ispirati,  ed  anche  altri  geneii  a  questi  affini, 
ma  contbrmi  sempre  al  genio  giudaico. 

Quando  1'esegeta  avra  badato  a  questo,  avra  dinanzi  un  elenco 
abbastanza  completo  di  quei  generi,  che  qualche  volta  furono  ispirati 

0  che  almeno  poterono  essere  ispirati.  Ma  qui  sta  appunto  la  diffi- 
colta  del  lavoro,  che  e  interamente  esegetico  e  letterario. 

Ne  risponde  alia  questione  la  distinzione  dei  libri  sacri  in  libri 
storici,  didattici  e  poetici.  Essa  non  e  scientifica,  ma  pratica,  e  per  lo 
scopo,  di  cui  trattiamo,  e  troppo  generale.  N&  s'ha  da  credere  che 

1  generi  letterarii  degli  Ebrei  siano  gli  stessi  che  quelli  dei  Greci 
e  dei  Latini,  quali  si  designano  nei  manuali  di  retorica;    anche  i 
Semiti  hanno  una  genialita  loro  propria,  e  molto  diversa  dalla  in- 
dogermanica:  e  gli  Ebrei    hanno   generi   letterarii   proprii,  di   cui 
alcuni  sono  del  tutto  diversi   dai  generi   greci,  altri  non  in  tutto 
eguali.  Dove  trovare,  per  esempio,  in  tutta  la  letteratura  greca  un 
libro  che  corrisponda  alia  forma  letteraria  del  Cantico  dei  Cantici  ? 
E  si  potrebbe  credere  d'avere  qualificata  per  1'appunto  1'indole  di 
questo  libro,  quando  s'avra  chiamato  col  nome  greco  di  allegoria? 

Che  dire  di  quell'ampio  genere  letterario  denominato  mashal,  che 
vorrebbe  definirsi  invenzione  didattica,  e  che  abbraccia  a  sua  volta 
altri  generi  letterarii  ?  Esso  comprende  le  parabole  nel  significato  piu 
stretto  della  parola,  quali  si  trovano  nel  Vangelo :  i  cosl  detti  pro- 
verbii,  regole  di  costumi  espresse  graficamente  per  parallelism!  ed 
illustrate  con  paragoni  desunti  da  ogni  dove;  e  questi  possono  cre- 
scere  ancora  fino  a  formare  quasi  un  carme,  come  ad  esempio  la 
lode  della  donna  forte  neH'ultimo  capo  dei  Proverbi. 

Y'e  il  genere  midrash,  il  cui  nome  s'incontra  nel  2  Par.  13,  22; 
24,  27  ;  in  primo  luogo  il  midrash  halachico,  che  e  un  commento 
legale  scritto  secondo  la  giurisprudenza  dei  Giudei,  la  quale  e  diver - 
sissima  da  quella  dei  Romani.  In  secondo  luogo  il  midrash  hag- 


DELLA    STAMPA  221 

yadico,  specie  di  commentario  storico,  un  genere  di  narrazione 
didattica  condotta  liberamente  che  ha  per  scopo  principale  non  di  rac- 
contare  dei  fatti,  ma  di  inculcare  qualche  verita  morale  mediante  una 
certa  libera  narrazione  dei  fatti.  Cosi  il  libro  dei  Giubilei  con  un  rac- 
conto  piu  libero  degli  stessi  fatti  che  sono  nel  Genesi,  inculca  la 
pieta  secondo  la  forma  che  fioriva  al  tempo  dei  Farisei,  e  principal- 
mente  distinguendo  tutto  il  racconto  per  anni,  anni  sabatici  e  giu- 
bilei,  dimostra  la  santita  del  sabato  in  tutta  la  storia  del  mondo, 
fin  dalla  creazione  stessa.  Ora  un  libro  siffatto  non  e  e  non  pre- 
tende  di  essere  storia:  e  una  specie  di  poema  epico,  senza  metro. 

Orbene  si  domanda :  in  siffatto  midrash  si  contiene  una  verita 
strettamente  storica?  rispondo:  no  certo.  Ma  ivi  e  per  1'appunto 
la  verita  propria  del  genere  midrash,  quando  propone  nella  sua  nar- 
razione piu  libera  una  vera  dottrina  morale.  Sicche  il  midrash  po- 
trebbe  definirsi  un  genere  letterario  di  forma  storica,  anzi  con  fon- 
damento  storico,  ma  composto  colTintento  principale  d'insegnare. 
Questa  del  midrash  e  certamente  una  questione,  che  al  presente  ha 
per  1'esegesi  un'importanza  maggiore  che  non  la  sopra  accennata 
•del  romanxo  o  del  mito. 

E  generalmente  parlando,  tutta  la  letteratura  ebraica  e  piu  didat- 
tica che  non  la  greca  e  la  romana;  perche  mentre  precipuo  fine 
della  invenzione  o  della  poesia  greca  o  romana  e  il  diletto,  della 
ebraica  e  I'insegnamento.  Quindi  dal  diver  so  fine  derivano  diversi 
generi  letterarii,  ognuno  dei  quali  ha  quella  verita  che  gli  e  propria. 

Ci  siamo  studiati  di  condensare  un  po'  la  questione;  ma  dalle 
cose  dette  il  lettore  intendera  che  parecchio  ancora  resta  a  fare. 
Chi  poi  vuol  formarsi  un  sicuro  giudizio  intorno  ai  genere  di  verita 
dei  singoli  documenti  del  Yecchio  Testamento,  tenga  anzitutto  bene 
a  inente,  che  egli  dovra  pensare,  parlare,  giudicare,  come  pensava, 
parlava,  giudicava  un  antico  Ebreo. 


GRONAGA  GONTEMPORANEA 


Roma,  25  decembre  1902-8  gennaio  1903 

I. 
COSE  ROM  AN E 

1.  Ricevimenti  di  S.  S.  Leone  XIII  pel  capo  d'anno.  Dono  dell'Imperatore 
d' Austria  pel  Giubileo.  —  2.  Altro  dono  inviato  dalla  citta  di  Vienna 
per  la  steesa  occasione.  —  3.  Le  prime  Comunioni  nelle  parrocchie 
di  Roma.  —  4.  La  decorazione  pontificia  al  Conte  G.  B.  Paganuzzi. 

1.  Negli  ultimi  giorni  di  dicembre  Sua  Santita  degnava  ricevere 
le  varie  deputazioni  del  Corpi  militari  addetti  ai  Palazzi  apostolic! ,  le 
quali  offrivano  gli  augurii  pel  nuovo  anno,  le  felicitazioni  pel  Giubileo, 
1'omaggio  della  loro  fedelta  e  devozione.  La  Guardia  Nobile  dapprima 
con  a  capo  il  Comandante  Principe  D.  Qamillo  Eospigliosi  profittava 
della  fausta  circostanza  per  far  un  dono  ad  uso  personale  del  Santo 
Padre,  cioe  una  ricca  tabaechiera  d'oro  a  finissirao  lavoro  di  smalti  e 
pietre  preziose,  ornata  coll'arme  del  Corpo  delle  Guardie,  e  nel  ro- 
vescio  del  coperchio  una  dedica  affettuosa. 

A  loro  volta  gli  ufficiali  della  Guardia  svizzera  condotti  dal  loro 
Comandante  barone  Meyer  vollero  presentare  a  S.  S.  un  bronzo  ar- 
tistico,  riproduzione  del  leone  morente  modellato  dal  Thorwaldsen  e 
scolpito  nella  viva  soccia  a  Lucerna,  in  memoria  dell'eroica  difesa 
fatta  dagli  svizzeri  all'infelice  Luigi  XYI  il  10  agosto  1792.  La  base 
in  marmo  verde,  larga  mezzo  metro,  porta  il  motto:  Helvetiorum  fidei 
ac  virtuti.  Ai  lati  sono  le  armi  di  Leone  XIII  e  della  Guardia,  in  ar- 
gento:  dappiede,  in  una  targhetta  pure  d'argento,  queste  parole: 
Leoni  XIII  P.  M.  —  Quinquies  quinquennalia  feliciter  agenti  —  Cohort 
Helvetiorum  —  MCMIIL 

Ebber  lo  stesso  onore  le  deputazioni  della  Guardia  palatina  e  del 
Gendarmi ;  e  quella  pure  del  disciolto  esercito  pontificio  capitanata  dal 
conte  A.  Pianciani. 

Negli  stessi  giorni  cominciarono  i  ricevimenti  del  corpo  diploma- 
tico  accreditato  presso  la  Santa  Sede :  di  uno  dobbiamo  fare  menzion* 


CRONACA  CONTEMPORANEA  223 

speciale,  ed  e  quello  del  conte  Szecsen  di  Temerin  ambasciatore  straor- 
dinario  e  ministro  plenipotenziario  d'Austria-Ungheria,  il  quale  accom- 
pagnato  in  forma  solenne  dagli  addetti  all'ambasciata  conti  Coronini- 
Oromberg,  Westphalen,  Ceckowics,  e  da  Mgr  de  Montel  decano  della 
Sacra  Eota,  offer! va  al  Santo  Padre  un  prezioso  ricordo  del  suo  Giu- 
bileo,  recato  dal  barone  Drechsel  da  parte  di  Sua  Maesta  1'Impera- 
tore  Francesco- Giuseppe.  E  un  grazioso  lavoro  dello  scultore  Rodolio 
Marschall,  rappresentante  il  buon  Pastore  che  stringe  al  seno  la  rin- 
tracciata  pecorella ;  mentre  altre  lo  seguono  levando  il  guardo  a  Lui 

0  pascendo  sicure  ai  suoi  piedi.  II  gruppo  e  in  oro  massiccio :  un  bel- 
lissimo  piedistallo  in  marmo  africano  dalle  tinte  sfumate,  alto  piu  di 
un  metro,  serve  di  base,  raffigurando   al   tempo  stesso  1'alto  declivo 
erboso  e  fiorito,  sul  quale  il  Pastore  divino  guida  le  sue  pecorelle.  II 
piedestallo  porta  in  lettere  pur  d'oro  la  seguente  epigrafe  dettata  dal 
dottor  Hartel  Ministro  del  Culto  e  della  Pubblica  Istruzione :  Pontifid 
Maximo  Lsoni  Decimo  Tertio  —  Optimo  fidelium  Pastori  —  per  quinque 
lustra  Ecclesiam  singulari  providentia  felicissime  gubernanti  —  eiusque 
thesauros  uberrime  recludenti  —  hanc  Boni  Pastoris  imaginem  —  Fran- 
ciscus  losephus  Austrian  Imperator,  Rex  Apostolicus  Hungariae  —  pie- 
tatis  ergo  —  D.  D.  D.  —  Ai  due  lati  dell'epigrafe  stanno  gli  sternmi 
del  Papa  e  dell'Imperatore,  di  squisita  fattura  in  oro,  smalti  e  brillanti. 

2.  Un  altro  dono  recava  a  Sua  Santita  lo  stesso  Ambasciatore :  ed 
era  la  medaglia  fatta  coniare,  come  gia  annunziammo,  per  deliberazione 
del  Consiglio  municipale  di  Vienna,  ed  inviata  ora  a  nome  di  quella 
•citta  dal  dottor  Lueger  suo  borgomastro.  Essa  e  fusa  in  due  meda- 
glioni  d'oro  di  circa  venticinque  centimetri  di  diametro  e  lo  spessore 
complessivo  di  due :  il  dritto  ritrae  1'effigie  del  venerando  Pontefice : 
sul  rovescio  e  disegnato  un  vasto  campo  che  ha  sul  davanti  eleganti 
palmizi,  e  sul  fondo,  all'orizzonte,  la  torreggiante  cupola  di  S.  Pietro: 
un  po'  da  lato  son  le  parole :  Ecelesiae  thesauros  reclusit  —  Anno  MCM. 

1  due  medaglioni  sono  incastonati  nella  parte   superiore  di  una  gra- 
.ziosa  stela  o  pilastrino  dello  stesso  marmo  che  il  piedistallo  del  gruppo 
sopradescritto :  e  sotto  di  essi  e  disposta  a  bei  caratteri  rilevati  in  oro 
un'iscrizione  dello   stesso   Lueger,   che  cosi  dice:  Ecelesiae  catholicae 
beatissimo  Patri  —  Leoni  XIII —  Pontifid  Maximo  —  in  piam  Ponti- 
ficatus  memoriam  —  quinque  per  lustra  gloriosissime  gesti  —  hoc  summae 
venerationis  —  ac  singularis  pietatis  signum  —  Vindobona  —  Imperil 
austriaci  caput  regnique  sedes  —  D.  D.  D.  —  Anno  Domini  —  MCMII. 
Piu  sotto  e  il  nome  dell'artista:   Rodulphus  Marschall  Vindobonensis 
fecit.  L'artista  medesimo  era  presente  all'udienza  e  si  ebbe  parole  di 
plauso  dal  Santo  Padre,  il  quale  ammirava  ripetutamente  1'arte  e  la 
finitezza  dei  due  superbi  larori  che  voleva  conservati  nella  sua  biblio- 
teca,  compiacendosi  di  esprimere  la  sua  persona  le  riconoscenza  verso 


I 


224  CRONACA 

1'Imperatore,  e  la  sua  particolare  soddisfazione  per  1'omaggio  affettuoso 
che  aveva  voluto  offrirgli  la  rappresentanza  ufficiale  della  capitate 
deH'impero. 

Al  barone  Drechsel,  latore  del  dono  imperiale,  fu  conferita  la 
Commenda  dell'Ordine  di  San  Gregorio  Magno,  e  quella  di  S.  Silve- 
stro  allo  scultore  Rod.  Marschall. 

3.  Giocondo  spettacolo  presentava  la  Chiesa  di  S.  Teresa  del  PP.  Car- 
melitani  al  Corso  d'  Italia  la  domenica  prima  del  santo  Natale.  Circa 
ottanta  giovanetti  appartenenti  alia  vicina  parrocchia  di  S.  Agnese  vi 
ricevevano  la  prima  Comunione  dalle  mani  dell'  Emo  Cardinal  Yicario 
di  S.  S.  con  tanto  divoto  raccoglimento,  fra  tanta  pompa  di  sacre  fun- 
zioni,  e  commozione  di  popolo  affollato,  che  era  una  tenerezza  a  ve~ 
dere.  Quella  festa  era  stata  convenevolmente  preparata  con  opportuni 
esercizi  adattati  per  quell'eta  :  quei  giovinetti  accorrevano  tutte  le 
sere  con  molta  premura  al  catechismo  che  per  circa  un  mese  veniva 
loro  spiegato,  divisi  in  piccoli  gruppi,  per  maggior  comodita  e  pro- 
fitto :  ne  si  pud  dire  facilmente  quanto  friitto  si  otteneva  da  quei  gio- 
vani  cuori  naturalmente  ben  disposti  a  ricevere  la  parola  di  Dio. 

E  davvero  noi  non  possiamo  che  rallegrarci,  e  con  noi  certamente 
tutti  i  buoni  si  rallegreranno,  vedendo  rinascere  nelle  parrocchie  di 
Roma  questa  cosi  santa,  cosi  dolce,  cosi  necessaria  tradizione.  Pur 
troppo  le  difficolta  che  tutti  sanno,  dopo  i  tristi  avvenimenti  del  1870, 
i  timori  di  disordini,  1'incertezza  delle  circostanze,  ed  altre  conside- 
razioni  piu  o  meno  sode  ed  attendibili,%si  uniscono  in  Roma  ad  accu- 
mulare  difficolta  con tro  la  pratica  comune  per  tutto  altrove  nel  monda 
cattolico,  delle  prime  Comunioni  in  parrocchia.  E  ben  vero  che  molti  gio« 
vanetti  potevan  esservi  preparati  con  esercizii  spirituali  dentro  alcune 
pie  Case  di  ritiro.  Ma  chi  riflette  che  da  una  parte  la  quasi  triplicata 
popolazione  della  citta,  con  460,000  abitanti,  da  ogni  anno  circa  cin^ 
quemila  fanciulli  che  si  dovrebbero  disporre  a  quei  grande  Atto  cri- 
stiano,  e  dall'altra  quelle  pie  Case  non  potrebbero  radunare  che  un 
terzo  forse,  o  poco  piu,  di  quella  moltitudine,  pud  facilmente  conclu* 
dere  qual  rovina  sarebbe,  se  si  lasciassero  passare  gli  anni  aspettando 
1'ottimo  che  nessuno  fa  ne  si  pud  fare,  e  intanto  si  trascurasse  di  fare 
quei  che  si  puo  e  si  deve.  Numerosissimi  sono,  massime  nei  quartieri 
piu  popolari,  i  giovani  e  le  fanciulle  ancora  di  18  a  20  anni,  che 
non  hanno  fatto  peranco  la  prima  comunione.  Sono  a  migliaia  i  fan- 
ciulli e  gli  adolescenti  di  undici  e  dodici  anni,  derelitti,  privi  del 
Pane  di  vita  e  di  quella  istruzione  dei  divini  misteri,  che  omai  pur 
troppo  solo  in  quell 'occasione  ricevono  :  si  perdono  le  tradizioni  di  fede, 
si  rompe  un  vincolo  sacro  colla  parrocchia,  che  dovrebbe  essere  il  centra 
della  vita  cristiana  per  le  famiglie,  e  si  apre  larga  porta  a  quella  in* 
differenza,  anzi  dimenticanza  completa  della  religione,  che  sarebbe  il 
oolmo  delle  gia  troppe  sciagure. 


CONTEMPORANEA  225 

Sia  dunque  lode  a  quei  parroci  che,  seguendo  la  voce  del  Santo 
Padre  e  gli  ordini  pressanti  del  Cardinal  Yicario,  si  son  messi  con 
tanto  zelo  all'opera  doverosa  e  santa,  sicuri  che  le  loro  fatiche  ver- 
ranno  ampiamente  ripagate  dalle  benedizioni  divine  attirate  sulle  loro 
parroechie  e  dalla  consolazione  deH'immenso  bene  che  da  essa  rica- 
veranno. 

4.  Una  bella  e  ben  meritata  dimostrazione  di  onore  e  d'affetto  fu 
quella  che  ebbe  il  conte  Paganuzzi  domenica  28  dicernbre  a  Yenezia. 
Nella  gran  sala  dei  Banchetti  nel  palazzo  patriarcale  si  teneva  una 
solenne  riunione  del  Comitato  diocesano  e  delle  rappresentanze  delle 
associazioni  cattoliche,  per  presentare  all'egregio  gentiluomo,  a  nome 
dei  cattolici  della  Regione  veneta,  le  insegne  della  Gran  Croce  del- 
1'Ordine  di  San  Gregorio  Magno  di  cui  lo  ha  onorato  poco  tempo  fa 
il  Sommo  Pontefice.  La  presiedeva  S.  E.  il  Cardinal  Patriarca ;  e 
quantunque  non  si  fosse  voluto  allargar  la  cerchia  degli  inviti,  come 
disse  il  conte  Bianchini  Presidente  del  Comitato  diocesano,  per  non 
offendere  la  modestia  del  candidate,  pure  molti  da  tutto  il  Yeneto  yi 
vollero  aver  parte  spontaneamente  per  attestare  la  loro  sirnpatia  al 
degno  campione,  che  per  trent'anni  aveva  lottato  coraggiosamente  per 
il  bene,  e  il  cui  nome  non  rimase  solo  fra  le  lagune,  ma  dall'Alpi 
alPestrema  Sicilia  corse  venerate  e  caro.  Tra  gl' inter venuti  noteremo 
specialmente  il  Conte  Grosoli  ricevuto  a  gran  plauso.  Parecchi  oratori 
si  levarono  a  festeggiare  il  nuovo  decorato ;  si  lessero  moltissimi  tele- 
grammi  e  lettere  di  Yescovi,  di  President!  dei  Gruppi  e  di  membri 
del  Comitato  Generale  e  dei  Coinitati  minori  dell' Opera  dei  Congressi, 
fra  le  qnali  una  del  prof.  Toniolo  applauditissima :  ma  quello  che 
valeva  piu  di  ogni  altra  testimonianza  e  ogni  altro  onore,  fu  certa- 
mente  la  lettera  che  P  Episcopato  veneto  dirigeva  al  Conte  stesso  e 
fu  letta  nell'adunanza  dallo  stesso  Cardinal  Patriarca.  Eccone  il  testo : 
«  Illustrissimo  Signer  Conte.* 

«  La  benignita  di  N.  S.  Papa  Leone  XIII,  pure  accettando  la  ri- 
nuncia  che  la  S.  Y.  fece  alPuffioio  di  presidente  generale  delP Opera 
dei  Congressi  e  Comitati  cattolici  in  Italia,  al  quale  era  stata  nuova- 
mente  eletta,  ad  attestarle  ancora  una  volta  la  Sua  piena  fiducia  e 
la  Sua  alta  soddisfazione  per  quanto  Ella  fece  nell'Opera  stessa  a  pro 
della  Chiesa,  della  S.  Sede,  e  della  Societa,  degnavasi  accordarle  una 
delle  piu  alte  onorificenze  pontificie,  che  ponesse  quasi  couona  alle 
altre  meritate  coi  suoi  lunghi  e  fedeli  servizi. 

«  Noi  sottoscritti  ne  siarno  rimasti  lietissimi :  e  pure  godemmo 
che  il  Comitato  regionale  e  i  Coinitati  diocesani  di  queste  Provincie 
venete  nelle  quali  per  ]a  sua  illuminata  direzione  e  per  lo  zelo  suo 
instancabile,  generosissimo,  1'opera  si  ebbe  largo  sviluppo  e  sorsero 
tante  istituzioni  di  vario  genere,  massime  quelle  dirette  al  bene  del 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1262.  15          10  gennaio  1903. 


226  CRONACA 

popolo,  come  casse  rural! ,  associazioni  agricole,  societa  di  mutuo  soc- 
corso,  banche  cattoliche,  union!  professional!,  case  operaie,  segreta- 
riato  del  popolo,  a  dimostrarle  la  loro  imperitura  gratitudine  e  stima 
abbian  voluto  presentarle  le  insegne  della  nuova  decorazione :  prin- 
cipalmente  riconoscenti  che  1'organizzazione  dei  cattolici  da  lei  pro- 
mossa  con  sapiente  costanza  abbia  fatto  si,  che  molte  nostre  citta  e 
comuni  sieno  ora  amministrati  da  Consigli  nella  loro  maggioranza 
compost!  di  pur!  cattolici,  che  vogliono  eonservate  le  basi  del  civile 
consorzio. 

«  E  noi,  Pastori  di  questa  nobile  parte  del  popolo  italiano,  testi- 
inoni  delle  sue  insigni  benemerenze  per  la  causa  del  Signore,  noi  che 
post!  da  Dio  al  reggimento  delle  anime  in  questa  Regione,  La  ve- 
demmo  sempre  ossequente  all'Autorita  ecclesiastica  e  coll'esempio 
e  colla  parola  eccitare  il  laicato  mil! tan te  prima  di  tutto  all'esercizio 
della  pieta  e  della  religiosa  virtu,  poi  aH'amore  operoso  verso  la 
Chiesa,  abbiamo  pure  voluto  in  questa  circostanza  fare  umile  eco 
all'augusta  voce  del  Sommo  Pastore  e  darle  pubblica  prova  della 
nostra  sincera  ammirazione  e  gratitudine,  augurando  che  il  Signore 
per  il  quale  Ella  ha  tan  to  lavorato  e  patito,  doni  a  Lei  e  alia  Sua 
famiglia  anche  in  questa  vita  le  piu  elette  benedizioni. 

«E  questo  il  eomune  voto  dei  nostri  cuori,  mentre  godiamo  pro- 
testarci  della  S.  Y.  Illma  —  Devotissimi  in  Gesu  Cristo 
c  28  DicembW  1902. 

«  Grius.  card.  SARTO,  patriarca:  BARTOL.  card.  BACILIERI,  vesc.  di 
Verona:  PIETRO  ZAMBTJRLINI,  Arciv.  di  Udine:  LOD.  MARANGONI,  ve- 
scovo  di  Chioggia:  SIGISM.  conte  BRANDOLINI,  vesc.  di  Ceneda:  AN- 
TONIO POLLNT,  vesc.  di  Adria:  Grus.  APOLLONIO,  vesc.  di  Treviso:  GIU- 
SEPPE CALLEQARI,  vesc.  di  Padova:  ANT.  FERTJGLIO,  vesc.  di  Vicenxa: 
FRANC.  ISOLA,  vesc.  di  Concordia:  FRANC.  CHERTJBIN,  vesc.  di  Feltre  e 
Belluno  » . 

La  lettera  era  scritta  in  gotico  antico  su  grande  pergamena  or- 
nata  di  fregi  dello  stile  del  seicento,  colla  tiara  pontificia  in  alto, 
in  basso  il  leone  di  S.  Marco,  dal  lato  la  Chiesa  di  S.  Pietro,  e  rac- 
chiudeva  la  pergamena  una  cartella  artisticamente  lavorata.  Sara 
questo  uno  dei  piu  preziosi  clpcumenti  che  il  conte  G.  B.  Paganuzzi 
potra  trasmettere  colle  memorie  di  famiglia. 

II. 
COSE  ITALIANS 

1.  Resoconto  parlamentare.  La  Colonia  eritrea.  L'esposizione  finanziaria.  — 
2.  II  Senato  e  i  nuovi  Senator!.  —  3.  La  lega  internazionale  contro  il 
duello :  sua  origine :  sua  diffusione.  —  4.  Riassunto  dell'anno  1902. 

1.  II  20  dicembre  la  Camera  si  prorogava  fino  al  27  gennaio.  L'ul- 
timo  giorno  pero,  prima  di  separarsi,  gli  onorevoli  deputati  vollero,  in 


CONTEMPORANEA .  227 

due  sedute,  sbrigare  una  diecina  di  leggi,  la  massima  parte  senza 
discussione  e  quasi  senza  importanza.  Due  sole  meritano  qui  d'esser 
ricordate.  In  una  il  Ministero  domandava  un  credito  di  25  milioni 
da  prendersi  dalla  Cassa  depositi,  per  anticipare  1'esecuzione  di  opere 
pubbliche  da  compiersi  entro  sedici  mesi,  e  dare  cosi  lavoro  a  tanti 
operai  disoccupati.  II  disegno  fu  molto  combattuto  specialmente  dal- 
1'on.  Sonnino,  che  vi  vedeva  un'arma  elettorale  nelle  mani  del  Mi- 
nistero, il  quale  prometterebbe  o  negherebbe  lavoro  alle  provincie  se- 
condo  le  opportunita  politicks:  ma  fa  approvato  dalla  maggioranza 
ministeriale  con  179  voti  contro  64. 

L'altra  riguarda  1'  ordinatnento  della  Colonia  Eritrea,  dando  fa- 
eolta  al  Governatore  di  far  leggi,  accordare  concessioni  di  terreni,  di 
industria  o  di  miniere,  senza  Jasanzione  del  Farlamento.  L'on.  Chiesi 
si  levo  a  proporre  1'abbandono  di  queiie  sabbie  divoratrici  d'uomini 
e  di  danari,  senza  utilita  per  la  nazione.  Era  presente  alia  seduta  lo 
stesso  Q-overnatore  della  Colonia,  on.  Marcmi,  e  a  lui  spettava  di 
diritto  la  parola  su  tale  materia.  Tra  la  generale  attenzione  comincio 
dicendo,  che  anch'egli  aveva  proposto  1'abbandono  nel  1888,  dopo 
la  campagna  del  gen.  di  San  Marzano :  ma  quando  poi  andd  in  Africa 
colla  Commissione,  capi  di  aver  avuto  torto.  Dimostro  che  non  si  pud 
pensare  a  lasciar  la  Colonia,  per  cosi  dire,  a  squillo  di  tromba,  met- 
tendola  a  sbaraglio,  dopo  che  i  nostri  connazionali  vi  hanno  impie- 
gati  i  loro  capitali :  quegli  interessi  esigono  protezione.  Non  si  pud 
neppure  proporre  di  cederla  ad  altra  nazione:  poiche  do  vorrebbe  dire 
che  la  Colonia  vale  qualche  cosa,  altrimenti  nessuno  1'accetterebbe. 
N§,  per  ultimo,  c'e  da  pensare  a  creare  una  Compagnia,  cui  bisogne- 
rebbe  dare  un  annuo  sussidio  equivalente  ai  sei  milioni,  eke  ora  spende 
il  Governo  per  1'Eritrea,  cogli  stessi  rischi,  e  anche  peggio. 

L'Eritrea  non  e  conosciuta,  o  piuttosto  e  conosciuta  assai  male 
in  Italia  dagli  articoli,  che  i  giornali  sognano  negli  Uffici  di  reda- 
zione.  Cosi,  per  esempio,  mentre  laggiu  valenti  ingegneri  italiani  ed 
inglesi  lavorano  e  spendono  milioni  credendo  all'esistenza  delle  mi- 
niere d'oro,  qui  a  due  mila  miglia  di  distanza  si  pretende  che  1'oro 
non  c'e !  A  giudizio  dell'oratore  quella  terra  pud  dare  ottimo  rendi- 
mento.  I  prodotti  del  suolo  sono  gia  superiori  al  bisogno  della  po- 
polazione  e  il  commercio  agricolo  sara  indubbiamente  proficuo.  Ci 
sono  terre  di  proprieta  dello  Stato,  che  potrebbero  dar  lavoro  a  pa- 
recchie  decine  di  migliaia  di  emigranti.  E  gli  emigrant!  verranno  al- 
1'Eritrea,  quando  vi  sara  fiducia  nell'av venire  della  Colonia,  quando 
si  cessera  dal  farle  guerra  e  proporre  ogni  moinento  il  ritiro  dall' Africa. 

L'on.  Martini  crede  quasi  compiuto  cola  il  suo  programma  colo- 
niale :  la  sicurezza  e  perfetta,  le  comunicazioni  aperte,  la  pace  asso- 
data,  giacch&  1'Abissinia  e  persuasa  che  1'Italia  non  tentera  nessuna 


228  CRONACA 

av ventura  contro  di  essa.  Sia  lecito  sperare  che  ia  Patria  sara  ora 
piu  benevola  che  Ton.  Chiesi  verso  la  Colonia  ed  anche  verso  il  suo 
Q-overnatore.  —  La  legge  fu  approvata  con  grandissima  maggioranza. 

2.  Finite  le  discussioni,  la  Camera  tenne  per  letta  la  relazione  dello 
stato  del  Tesoro,  solita  presentarsi  alia  fine  dell'anno.  Abbiamo  detto 
«  tenne  per  letta  >  perche  il  Ministro  Di  Broglio,  trattenuto  da  leg- 
gera  indisposizione,  non  pote  darne  lettura  egli  stesso  alia  tribuna,  n& 
fu  fatta  leggere  dal  sotto-segretario,  per  evitare  la  lunga  noia  di  udirla. 
Cosi  augurate  dal  Presidente  le  buone  feste  ai  colleghi,  tutti  se  ne 
andarono  allegramente. 

Ma  non  cosi  allegre  pare  che  siano  pero  le  riflessioni  suscitate  nei 
varii  campi  politici  da  quella  relazione  o  cosi  detta  «  esposizione  fi- 
nanziaria  > .  Un  giornale  amico  del  Ministero  ne  dava  il  seguente  giu- 
dizio :  «  Confessiamo  subito,  che  1'  impressione  che  ne  abbiamo  rice- 
vuta,  e  da  molti  deputati  anche  ministeriali  e  divisa,  e  stata  assai 
penosa.  Mai  un  documento  di  tal  genere  e  che  e  destinato  ad  illu- 
strare  tutta  la  vita  economica  e  finanziaria  dello  Stato  fu  cosi  povero 
di  forma  e  di  sostanza.  >  Lasciando  da  parte  la  forma,  della  cui  re- 
gligenza  puo  incolparsi  1' indisposizione  che  avra  impedito  1'onore- 
vole  Di  Broglio  di  ritoccare  la  prosa  burocratica  preparata  dalla  ra- 
gioneria  generale  dello  Stato,  quanto  alia  sostanza,  la  relazione  del 
Ministro  del  Tesoro  ne'  suoi  minimi  termini  si  riduce  a  queste  cifre : 
il  bilancio  del  1901-02  e  chiuso  con  un  avanzo  di  32  rnilioni  e  mezzo, 
che,  dedotte  le  spese  della  spedizione  nella,Cina  ed  altre  imprevedute, 
si  riduce  a  23,899,408.  II  bilancio  corrente  1902-03  promette  pure 
un  avanzo  di  circa  16  milioni:  anzi,  con  un  calcolo  alquanto  otti- 
mista,  il  Ministro  tenta  fondare  la  previsione  di  un  aumento  annuo 
per  le  entrate  dello  Stato,  di  22  milioni  e  mezzo  di  lire,  e  di  soli 
15  milioni  di  aumento  per  le  spese,  con  un  vantaggio  netto  di  piu 
che  7  milioni.  Se  non  che  vengono  in  campo  le  leggi  degli  sgravi,  che 
fanno  parte  del  programma  economico  del  governo,  e  son  gia  a  studio 
negli  uffici  della  Camera,  come  la  diminuzione  dell'  imposta  sul  sale, 
1'esenzione  delle  quote  minime  d'  imposizione,  ed  altre  che  modifi- 
cano  i  proventi  delle  gabelle  nei  bilanci  preventivi  degli  anni  se- 
guenti.  Applicando  quelle  previsioni  e  quei  criterii  al  triennio  pros- 
simo,  per  effetto  delle  proposte  governative  e  secondo  i  dati  esposti 
dallo  stesso  Ministro  del  tesoro,  si  avrebbe  un  disavanzo  di  10  milioni 
pel  1903-04,  di  11  milioni  pel  190405  e  di  4  milioni  pel  1905-06: 
una  somma  quindi  di  25  milioni,  che  aggiunta  ai  25  domandati  alia 
Camera  coll'uitima  legge  da  noi  citata  per  1'esecuzione  di  lavori  pub- 
blici  a  disposizione  del  Ministero,  fa  un  disavanzo  complessivo  di 
50  milioni ;  troppo  larga  breccia  invero  a  quel  dorato  pareggio  ap- 
pena  raggiunto  da  quattro  anni. 


CONTEMPORANEA  229 

E  ben  vero  che  1'on.  Di  Broglio  fa  conto  sicuro  sopra  1'aumento 
-costante  del  provento  del  pubblici  balzelli  ed  il  suo  bilancio  ha  qual 
piu  salda  colonna  il  profitto  sul  dazio  per  il  grano  :  ma  troppe  obbiezioni 
sorgono  contro  le  sue  ottime  previsioni  e  i  suoi  oppositori  prevedono  in- 
vece  con  altrettante  probabilita  una  piu  rapida  estensione  delle  spese, 
che  e  la  maggior  colpa  amministrativa  apposta  al  presante  Ministero. 
Ne  miglior  fortuna  trova  il  Ministro  quando  vanta  ingenuamente  il 
buon  successo  del  nuovo  titolo  al  3.50  per  cento  e  la  conversione  con 
esso  fatta  delle  obbligazioni  ferroviarie;  mentre  nello  stesso  tempo 
•e  obbligato  di  confessare  non  aver  collocate  finora  che  110|milioni  di 
lire :  la  qual  somma  a  riscontro  di  un  debito  pubblico  di  fparecchi 
miliardi  e  invero  troppo  misera  cosa.  Insomma  molto  malumore  ser- 
peggia  tra  gli  uomini  politici :  qualche  voce  corse  gia  su  pei  giornali., 
di  crisi  parziale  del  Ministero ;  il  quale,  del  resto,  ha  gia  ne'  suoi 
fianchi  altri  morbi  che  ne  minaccian  la  vita.  Ma  non  e  facile  prevedere 
oggi,  se  Ton.  Zanardelli,  compromessosi  gia  ostinatamente  coll'  infame 
legge  del  divorzio,  potra  spuntarla  nel  brutto  impegno,  o  da  qual  parte 
sia  per  venire  la  tempesta  parlamentare,  che  muti  faccia  alle  cose  e 
alle  persone. 

3.  Del  lavoro  del  Senate  in  questo  primo  scorcio  dell'anno  legi- 
slative poco  abbiamo  da  registrare.  Una  sola  discussione  richiamo  1'at- 
tenzione  comune,  e  fu  quella  a  proposito  della  ferrovia  che  dovrebbe 
•collegare  la  citta  di  Cuneo  o  direttainente  con  quella  di  Nizza,  ed  e 
il  voto  sopratutto  della  regione  piemontese,  o  direttamente  con  Yen- 
timiglia,  ed  e  il  voto  ligure  sostenuto  gia  dalPon.  Biancheri.  Le  ter- 
giversazioni  governative  hanno  messo  capo  alia  proposta  di  una  doppia 
diramazione,  di  cui  una  tenderebbe  direttamente  per  Fontan-Sospello  a 
Nizza;  1'altra  innestandosi  su  quella  linea  alia  stazione  francese  di 
Breglio,  di  la  si  dirigerebbe  su  Yentimiglia.  La  qual  soluzione  pre- 
senta  una  grave  difflcolta  ed  e  1'approvazione  che  si  deve  ottenere 
dal  Governo  francese  e  la  sua  cooperazione  per  il  tratto  di  sei  chi- 
lometri  da  Breglio  al  nostro  confine.  II  senato  chiuse  la  discussione 
invitando  il  Governo  a  prendere  le  disposizioni  necessarie,  perche  quel 
disegno  possa  passare  nel  piu  breve  tempo  possibile  ad  esecuzione. 
Si  parla  in  questi  giorni  di  una  prossima  «  infornata  »  di  nuovi 
Senatori  da  aggiungersi  ai  sette  che  con  decreto  reale  furono  gia'nomi- 
nati  la  vigilia  dell'apertura  della  sessione,  di  cui  diamo  i  nomi :  Giorgio 
Arcoleo,  professore  di  diritto  costituzionale  a  Napoli,  deputato :  avvo- 
cato  Emilio  Caracciolo,  di  Sarno,  gia  prefetto  a  Firenze  e  Yenezia : 
Achille  De  Giovanni  professore  di  clinica  medica  a  Padova,  membro 
del  E.  Istituto  Yeneto  :  Pasquale  Del  Giudice,  professore  di  storia  del 
diritto  a  Padova,  membro  della  E.  Accademia  di  Napoli  e  del  E.  Isti- 
tuto lombardo :  aw.  Giov.  Facheris,  ex-deputato  di  Milano:  conte  Giu- 


230  CRONACA 

seppe  Tasca  Lanza,  ex  deputato,  sindaco  di  Palermo :  aw.  Tommaso 
Tittoni,  ex  deputato  di  Roma,  prefetto  di  Napoli.  A  qualcuno  che  si 
congratulava  coll'on.  Zanardelli  che  avesse  saputo  restringere  il  nu- 
mero  degli  eletti,  il  Presidente  rispondeva,  ridendo,  di  aver  ricevuto- 
non  meno  di  duecento  sollecitasioni  premurose  per  far  parte  dell'emi- 
nente  consesso:  e  di  esse  due  terzi  venivano  da  deputati  od  ex-deputati. 

4.  In  Roma  nel  palazzo  Pamphily,  la  domenica  21  dicembre  scorso  si 
tenne  la  prima  riunione  preparatoria  per  la  costituzione  di  una  Sezione 
italiana  della  Lega  internazionale  contro  il  duello.  L'eletta  radunanza, 
alia  quale  oltre  i  membri  delle  principali  famiglie  romane,  presero  parte 
molti  senatori,  deputati,  consiglieri,  ecc.  era  presieduta  dal  principe 
D.  Alfonso  Doria  col  duca  Leopoldo  Torlonia,  il  prof.  Vittorio  Scia- 
lt>ia  e  il  march.  Filippo  Crispolti,  i  quali  per  voto  unanime  furon 
scelti  a  formare  il  Comitato  promotore  dell'opera,  con  facolta  di  asso- 
ciarsi  i  collaboratori  che  stimassero  opportuni  a  preparazione  del  la- 
voro  per  Passemblea  del  1903,  la  quale  eleggera  i  president!  e  i  co- 
mitati  definitivi.  II  Crispolti  fece  la  relazione  di  quanto  fu  fatto  finora 
per  la  Lega  in  Austria,  in  Germania,  in  Francia  e  noi  crediamo  far 
piacere  ai  nostri  lettori  riassumendo  qui  le  notizie  della  sua  origine 
e  lo  stato  della  questione. 

Tutti  ricordano,  e  ne  parlammo  anche  noi,  il  caso  di  duello  del 
marchese  Tacoli.  Or  son  quasi  tre  anni,  quest' ufficiale  austriaco,  avendo 
voluto  dimostrare  la  falsita  d'una  storiella  messa  in  giro  da  un  collega 
sul  con  to  di  una  persona  della  famiglia»  imperiale,  si  vide  da  costui 
insultato  pubblicamente  tanto  piu  a  baldanza  perche  si  sapeva,  che  i 
sentimenti  cattolici  da  lui  apertamente  professati  gli  avrebbero  vie- 
tato  di  vendicarsi  colle  armi.  II  tenente  Tacoli  difatti  cerco  altri  mezzi 
di  riparazione,  dichiarando  appunto  al  Consiglio  degli  ufficiali,  che 
non  avrebbe  sfidato  P  insultatore,  sia  per  alcune  particolarita  dell'al  • 
terco,  sia  perche  la  religione  cattolica  riconosciuta  nell'  Impero  vieta- 
il  duello.  Pur  nondimeno  il  Consiglio  degli  ufficiali  (quantunque  il 
duello  sia  punito  in  Austria  dalla  legge  civile  e  militare,  e  di  piu 
nella  legge  penale  militare  sia  punito,  anche  senza  querela  dell'of- 
feso,  Pufficiale  che  insulta  un  collega),  il  5  aprile  1900  sentenzio 
che  il  tenente  Tacoli  c  aveva  macchiato  Ponore  del  suo  stato,  perche 
con  pretesti  nulli  (motivi  religiosi)  e  supposizioni  ingiustificate  aveva 
vilmente  voluto  schivare  il  duello.  >  II  10  maggio  con  lettera  del 
Comando  militare  e  con  rescritto  del  Ministro  della  guerra  era  can- 
cellato  dal  ruolo  degli  ufficiali;  e  poco  dopo  private  della  carica  di 
Ciambellano  di  Corte. 

N&  qui  fini  la  faccenda.  II  capitano  conte  G.  Ledochowski,  inter- 
rogate dall'avversario  offensore,  aveva  suggerito  per  iscritto  di  rimet- 
tere  Paffare  a  un  tribunale  militare  d'onore :  e  si  noti  che  il  codice 


CONTEMPORANEA  231 

militare  austriaco  approva  ed  incoraggia  1'azione  di  chi  s'adopera  a 
impedire  un  duello.  II  Consiglio  degli  ufficiali  invece  chiese  ragione 
al  Ledochowski  perche  avesse  violata  la  legge  cavalleresca,  secondo 
la  quale  chi  da  consigli  in  question!  d'onore,  lede  1'avversario.  II 
oapitano  rispose  di  averlo  fatto  in  omaggio  a  ben  altre  regole,  cioe" 
le  Ipggi  della  CMesa,  e  quelle  dell'Impero  alle  quali  ultime  aveva 
prestato  il  giuramento  militare :  ed  ebbe  uguale  destituzione  da  uf- 
ficiale  e  da  ciambellano.  Alia  condanna  militare  si  aggiunse  quella 
della  nobilta.  Le  principal!  case  di  Vienna,  si  chiusero  dinanzi  ai  due 
sbanditi :  anzi  essendo  il  marchese  Tacoli  intervenuto,  come  al  solito, 
ad  una  funzione  religiosa  in  un  oratorio  di  nobili,  ci  furon  parecchi 
one  dichiararono  di  volersene  allontanare  se  egli  ci  metteva  piu  piede. 
Tutto  questo  parrebbe  incredibile  se  non  fosse  troppo  vero  e  basta 
a  farci  giudicare  dello  stato  di  certa  societa ! 

Una  voce  pero  si  levo  a  vendicare  1'onore  della  fede  e  della  ra- 
gione e  difendere  pubblicamente  i  nobili  proscritti.  II  cugino  stesso 
dell'  Imperatore,  1'  infante  di  Spagna  Alfonso  di  Borbone  ed  Austria - 
Este  comprese  la  gravita  dei  fatti,  la  ingiusta  violenza  e  1'oppressione 
colla  quale  si  condanna vano  due  uomini  che  non  avevan  fatto  che  il 
loro  dovere.  Con  lettera  del  26  agosto  scriveva  al  march.  Tacoli : 

«  A  parer  mio  e  necessario  un  reale  coraggio  per  fare  cio  che  Ella 
«  il  conte  Ledochowski  hanno  fatto,  cioe  condannarsi  ad  esser  posti 
al  bando  e  gettar  via  la  loro  camera  per  rimaner  fedeli  ai  loro  prin- 
oipii  cattolici  e  al  tempo  stesso  fedeli  ad  una  legge  che  esiste  tuttavia 
e  fa  parte  di  quelle  a  cui  un  soldato  vota  obbedienza.  »  Ma  non  ba- 
stava  lodare :  bisognava  scuotere  il  giogo  e  liberarsi  una  volta  dalla 
tirannia  dei  pregiudizi.  «  Era  giunto  il  momento  favorevole  di  pro- 
muovere  un  grande  movimento  internazionale  contro  il  duello  >  e  il 
Principe  si  mise  all'opera  applicandovi  tutte  le  sue  forze.  Niuno  in 
verita  poteva  adunare  in  se  migliori  titoli  a  tale  missione,  di  lui  che, 
discendente  di  San  Luigi  re  di  Francia  da  cui  venne  la  prima  rego- 
lare  abolizione  dei  Giudizi  di  Dio,  aveva  guadagnato  la  stima  del  piu 
alto  valor  militare  nei  tanti  combattimenti  legittiinisti  di  Spagna  da 
lui  in  gran  parte  capitanati.  A  miglior  guerra  in  nome  della  religione 
«  della  civilta  egli  volgeva  ora  1'autorita  della  vita  costantemente 
fedele  alia  severita  de'  suoi  principii,  e  1'  influenza  della  indefessa 
operosita:  suo  scopo  era  un'associazione  di  tutti  gli  uomini  autorevoli, 
senza  restrizione,  che,  riconoscendo  esser  il  duello  contrario  ai  coman- 
damenti  divini  ed  umani,  fossero  concordi  nel  voler  promuovere  quelle 
riforme  morali  e  legali  per  cui,  tolta  ogni  occasione  all'esperimento 
delle  armi,  cadano  su  chi  offende  ingiustamente  1'onore  tutti  i  rigori 
della  pubblica  opinione  e  delle  leggi.  Quattro  principii  servirebbero 
di  prima  direzione :  non  incrudire  le  pene  contro  il  duello  finche  durano 


232  CRONACA 

le  condizioni  present!  della  societa :  provvedere  alia  protezione  pacifica 
ed  efficace  dell'onore  eoll'istituire  Consigli  liberi  d'onore,  col  riformar 
le  leggi  che  ora  ne  risarciscon  cosi  male  1'offesa,  coll'appoggiare  tutti 
coloro  che,  oifesi  ingiustamente  e  rifuggendo  dalle  armi,  fossero  av- 
versati  da  qualche  parte  della  societa  :  non  esigere  per  ora  dagli 
associati  nessuna  formale  promessa  di  non  batters!  ma! :  mettere  prin- 
cipalmente  in  luce  1'opposizione  del  duello  al  buon  senso,  la  sua  inetti- 
tudine  a  difendere  1'onore  e  ripararlo. 

Cosi  concepita  1'opera  trovo  ardenti  collaborator!  e  rapidamente  si 
sparse  in  Germania,  in  Francia,  in  Ungheria,  in  America.  In  Austria 
sopratutto,  ove  sorse,  essa  trionfo  di  tutte  le  gravissime  opposizioni  che 
aveva  incontrato,  e  raccolte  gia  nel  gennaio  1902  circa  1500  firme, 
tra  le  quali  si  leggono  i  piu  illustri  nomi  dell'aristocrazia  e  della  po- 
litica,  di  scienziati  e  artist!  e  militari  a  riposo,  il  Comitato  d'azione 
residente  in  Vienna  prepare  gli  statuti  della  lega,  che  il  27  luglio  scorso 
ebbero  il  riconoscimento  governativo.  In  Germania,tenutosiun  comizio 
a  Lipsia  nell'ottobre  1901,  si  costitui  un  Comitato  esecutivo  con  a 
capo  il  principe  di  Lowenstein,  composto  del  conte  Erbach-Ftirstenau, 
del  conte  Federico  Stolberg,  del  Borgomastro  di  Fulda  e  parecchi  uffi- 
ciali  dell'esercito  tedesco.  In  Francia  la  lega  locale  costituitasi  nel 
marzo  1901  dal  Yice  ammiraglio  de  Cuvervillc,  contrammiraglio  Ma- 
thieu,  generale  barone  de  la  Kocque,  principe  de  Broglie  e  M.  Du  Bourg 
gia  pote  ottenere  di  formare  il  suo  primo  Tribunale  libero  d'onore  a 
Parigi,  il  quale  non  potendo  in  nessun  caso  concludere  per  una  so- 
luzione  armata,  si  offre  ad  ogni  persona  implicata  in  questione  d'onore 
per  sentenziare  sul  torto  e  sulla  ragione  delle  parti,  e  indurre  gli 
avversari  a  riparare  lealmenle  e  da  se  stessi  le  offese  arrecate. 

E  ora  la  volta  dell'  Italia.  Si  deve  sopratutto  aU'efficace  attivita 
del  marchese  Crispolti  1'aver  suscitato  favore  all'opera  e  raccolti  quasi 
500  aderenti  in  poco  piu  di  un  mese.  Tra  quest!  circa  una  quaran- 
tina  fra  senator!  e  deputati,  piu  di  venti  general!  in  riposo,  molt! 
personaggi  deH'aristocrazia,  diciotto  membri  di  Corte  di  cassazione, 
professor!  d'Universita,  scrittori.  II  Crispolti  voile  informarne  anche 
Ton.  Zanardelli :  e  si  ebbe  dal  Presidente  del  Consigiio  la  seguente 
risposta. 

«  Egregio  sig.  Marchese,  la  ringrazio  della  sua  cortese  lettera  e  delle 
informazioni  che  ha  voluto  darmi  sulla  iniziativa  da  lei  presa  per  la 
propaganda  contro  il  duello.  Ella  che  ha  citato  le  parole  della  mia 
relazione  al  Codice  penale,  conosce  la  mia  opinione  suH'argomento  : 
essa  non  e  certo  inutata  ed  io  quindi  non  posso  che  vedere  con  inte- 
resse  e  simpatia  un'azione  diretta  ad  integrare  1'impero  della  legge* 
Mi  abbia  con  distinta  stima  e  considerazione.  Devmo  GK  Zanardelli.  > 

Anche  al  gen.  Ottolenghi  fu   mandata,  come  senate  re,  la  scheda 


CONTEMPORANEA  233 

d'adesione  alia  lega,  e  ad  essa  il  Ministro  sottoscrisse  queste  parole : 
€  Spiacemi  non  potere  qui  scrivere  il  mio  nome,  perche  se  domain  un 
ufficiale  non  chiedesse  ragione  di  un'offesa  o  si  rifiutasse  ad  una  partita 
d'onore,  iion  potrei  restare  indifferente.  Quando  i  tempi  saranno  ma- 
twri,  forse  anche  il  Ministro  della  guerra  potra  iscriversi  nella  lega 
internazionale1  contro  il  duello.  Frattanto  grazie  del  cortese  invio  del- 
1'opuscolo  che  patrocina  quella  causa.  Gen.  Ottolenghi.  » 

Per  ora  all'ebreo  Ministro  della  guerra  non  si  poteva  domandare 
di  piu.  Noi  invece,  in  questi  giorni  appunto  che  i  giornali  ci  hanno 
nauseati  colie  scene  piu  o  meno  sanguinose  di  una  nuova  sfida  di 
Barletta  tra  schermidori  italiani  e  francesi,  facciamo  i  piu  caldi  voti 
perche  la  Lega  si  diffonda  e  ottenga  di  por  fine  una  volta  a  tali  spet- 
tacoli  di  vanita  o  di  barbarie  e  far  trionfare  le  leggi  della  civilta  e 
della  religione. 

5.  Per  chi  amasse  vedere  riassunti  in  rapido  cenno  i  tratti  princi- 
pal! della  vita  italiana  nell'anno  or  ora  trascorso,  ecco  gli  appunti 
piu  notevoli. 

Quanto  a  politica,  pochi  fatti  compendiano  la  storia  nazionale  del 
1902:  il  rinnovamento  della  triplice  alleanza,  il  viaggio  del  re  a  Pie- 
troburgo  e  Berlino;  la  parte  presa  dal  Governo  al  conflitto  anglo-ger- 
manico  contro  il  Venezuela;  1'accordo  italo-inglese  pel  Benadir;  il 
bombardamento  di  Medy  contro  i  pirati  del  Mar  Rosso,  il  viaggio 
dell'ammiraglio  Palunibo  a  Costantinopoli ;  finalmente  la  nascita  della 
seconda  figliuola  del  re.  Nel  campo  parlamentare  tutto  passo  in  per- 
fetta  calma.  II  ministero  Zanardelli,  non  osiam  dire  se  piu  per  sua 
avvedutezza,  o  per  altrui  inerzia,  o  per  fortuna  delle  cose,  ha  conti- 
nuato  a  reggere  la  cosa  pubblica  coll'appoggio  pericoloso  degli  estremi 
partiti  politici.  Nessuna  crisi  ministeriale :  poche  votazioni  politiche 
alia  Camera,  e  senza  lotta,  ne  mai  il  ministero  ebbe  a  provocare  un 
voto  di  fiducia :  ebbe  bensi  la  peggio  in  diverse  votazioni  negli  Uffici, 
come  avvenne  nel  mese  scorso  per  il  malaugurato  disegno  di  legge 
sul  divorzio,  ma,  finora  almeno,  senza  conseguenza. 

Dal  lato  finanziario  si  pud  dire  che  quest'anno  conto  relativamente 
fra  i  migliori  della  nuova  Italia.  Esso  vanta  infatti  il  rialzo  di  quasi 
tutti  i  fondi  pubblici,  tra  i  quali  la  rendita  5  °/0  sali  per  la  prima  volta 
fino  a  104  :  e  per  la  prima  volta  ancora  dopo  il  1860,  il  cambio  scese 
alia  pari.  Fu  creato  un  nuovo  titolo  di  rendita  al  3,50  °/0  di  cui  piu 
di  cento  milioni  furon  gia  venduti  al  corso  di  97  e  di  99.  II  bilancio 
del  1891-92,  chiuso  al  30  giugno,  diede  un  avanzo  di  32  milioni,  come 
fu  da  noi  detto  di  sopra.  II  movimento  commerciale  d'  importazione  e 
di  esportazione  supero  i  tre  miliardi,  valore  non  mai  r^gistrato  per  Pad- 
dietro.  Nell'  industria,  se  diminui  1'  incremento  degli  opifici,  minore 
altresi  fu  il  numero  dei  fallimenti;  il  piu  rumoroso  fu  quello  del 


234  CRONACA 

Banco  Sconto  a  Torino.  Nessuno  fortunatamente  ebbe  conseguenze 
gravi  per  1'economia  nazionale.  Gli  scioperi  invece  numerosi,  a  cui 
aderirono  da  cinquecento  mila  operai,  portarono  un  danno  comples- 
sivo  di  circa  200  milioni. 

L'anno  meteorologico  non  passo  senza  danni.  I  piu  gravi  furon 
quelli  di  Modica  rovinata  da  acque  torrenziali :  tutta  la  Sicilia,  la 
Sardegna  e  in  generale  il  mezzogiorno  d'ltalia  ebbe  a  soffrire  dal 
mal  tempo  specialmente  nella  stagione  autunnale :  pero  la  produzione 
agricola  della  penisola  diede  un  raccolto  totale  di  mediocre  valore. 

Sterile  si  pud  dire  1'anno  nel  campo  letterario:  poco  o  nulla  di 
nuovo  nel  campo  artistico,  nel  quale  la  Mostra  internazionale  di  To- 
rino ebbe  risultato  molto  controverso.  II  monumento  equestre  al  duca 
d'Aosta  in  Torino  e  il  solo  one  meriti  d'essere  ricordato  ad  onore. 
Una  disgrazia  invece  per  1'arte  e  per  la  storia  fu  il  crollo  del  cam- 
panile di  S.  Marco  in  Venezia.  Nelle  scienze  poi  il  trionfo  della  radio- 
telegrafia  del  Marconi,  (i  primi  telegrammi  attraverso  1'Atlantico  tra 
Table-head  nel  Canada  e  Poldhu  in  Inghilterra  furono  spediti  il  21  di- 
cembre  ai  re  di  Inghilterra  e  d'ltalia)  e  fatto  di  tale  importanza  che 
da  se  basterebbe  ad  illustrare  il  1902  negli  annali  del  mondo  intero, 
se  quest'anno  non  avesse  gia  la  gloria  del  giubileo  di  Leone  XIII. 

in. 

COSE  STRANIERE 

(Notizit  Qenerali}.  1.  SASSONIA.  Lo  scandalo  principesco.  — 2.  SPAGNA.  La 
morte  di  M.  Sagasta.  —  3.  VENEZUELA.  L 'arbitrate  nella  contesa  delle 
Potenze  europee  contro  la  Repubblica.  —  4.  MAROCCO.  La  sollevazione 
delle  tribu  contro  il  Sultano. 

1.  (SASSONIA).  I  giornali  sono  pieni  dello  scandalo  che  ha  portato 
la  desolazione  nella  Famiglia  reale  di  Sassonia,  la  quale,  tornata  da 
un  secolo  alia  religione  cattolica,  e  rispettata  da  tutta  la  Germania 
quale  specchio  di  virtu  e  di  onoratezza.  Ecco  come  il  giornale  uffi- 
ciale  di  Dresda  dava  tristamente  la  notizia :  La  principessa  ereditaria, 
nella  notte  tra  I'll  e  il  12  dicembre,  lasciava  improvvisamente  Sa- 
lisburgo,  per  effetto,  senza  dubbio,  di  una  morbosa  eccitazione  men- 
tale:  e  rompendo  ogni  relazione  co'  suoi  reali  congiunti,  andava  in 
paese  straniero.  Ogni  festa  alia  real  Corte  e  sospesa  per  quest' in- 
verno;  ne  vi  sara  ricevimento  per  capo  d'anno. 

La  principessa  Luisa  Antonietta  e  figlia  del  Granduca  Ferdinando 
di  Toscana  e  della  principessa  Alice  di  Parma :  e  fu  sposata  nel  1891 
a  Federico,  ora  principe  ereditario  di  Sassonia  da  cui  ebbe  cinque 
figli.  Educata  in  Auntria  con  piu  riguardo  forse  alia  nobilta  de'  na- 
tali  che  alia  gravita  de'  doveri  che  ne  derivano,  essa  disgustava 


CONTEMPORANEA  235 

epesso  la  Corte^sassone1  col  suo  tratto  leggero,  coll'affettata  ricerca 
di  una  malintesa  popolarita,  collo  strano  abuso  di  esercizi  sportivi. 
Passionata  lettrice  di  romanzi  d'ogni  fatta,  (colpa  severamente  rim- 
proveratale  dalla  Famiglia  reale)  vedeva  anche  sciaguratamente  vicino 
a  se  indegni  esempi  di  romanzesche  follie.  II  fratello  della  princi- 
pessa,  arciduca  Leopoldo,  avendo  tentato  inutilmente  di  far  accettare 
nella  Casa  d'Austria  una  di  quelle  frivole  creature  tratte  da  ben  altre 
•case,  smetteva  ogni  grado,  ogni  titolo  della  sua  nascita  per  seguire 
il  capriccio  della  passione  che  lo  traviava:  e  1'Imperatore  accettan- 
done  la  rinuncia,  lo  sbandiva  dall'Austria. 

Non  e  maraviglia  che,   in  tali  disposizioni  e  con  tali  esempi,  la 
infelice  principessa  si  prestasse  a  una  tresca  con  un  tal  Q-iron  belga 
introdotto  in  Corte  qual  precettore  de'  figli  di  lei ;  il  quale,  vilmente 
abusando  della  passione  della  sciagurata,  le  prepare  la  fuga,  portan- 
dosene  i  gioielli  che  le  appartenevano,  e  raggiungendola  in  Isvizzera. 
II  giornalismo  mondano  non  si  sazia  di  desorivere  e  vantare  ogni  par- 
ticolarita  del  triste  fatto.  Noi  vorremmo  trovare  parole  di  biasimo  e  di 
dolore  pari   allo  scandalo   e   alia  vergogna.  Ci  sia  permesso  almeno 
trascrivere  un'amara   riflessione   d'un   giornale   parigino:   Destinata 
dall'alta   sua  nascita  ad   esser  I'esempio   del  raondo,   la  principessa 
Luisa  di  Sassonia  ne  diventa  la  favola,  e  si  muta  in  volgare  eroina  da 
romanzo  per  un  fatuo  presontuoso,  che  forse  e  incapace  di  sentire  la 
gravita  del  delitto  di  cui  si  e  reso  colpevole.  Essa  si  propone  di  re- 
carsi  a  Parigi  per  ottenervi  dal  mondo  leggero,  che   e   tanto   indul- 
gente,  la  facile  assoluzione,  il  perdono  del  suo  rumoroso  scandalo.  E 
1'avra:  ma  1'avra  traendo  con  se  Tonta  e  1'avvilimento,  fatta  segno 
alia  curiosita  degli  indiscreti,   degli   insolenti  desiderosi   di  vedere 
verso  quale  abisso  profondo   se  ne  va   quella   donna   che   e  fuggita, 
lasciando  dietro  di  se,   col  suo  onore  calpestato  ed  il  pudore  vinto, 
un  popolo,  un  trono,  e  cinque  culle. 

2.  (SPAGNA).  Matteo  Sagasta  &  morto  a  Madrid  il  5  gennaio,  di 
75  anni.  Una  congestione  cerebrale  complicata  con  malattia  di  cuore, 
lo  fini  in  pochi  giorni.  Infermo  ricevette  la  visita  del  Vescovo  di  Ma- 
drid al  quale  sembra  abbia  fatta  la  sua  confessione,  ricevendo  la  Co- 
munione  dal  Cardinale  primate  di  Spagna. 

Era  nato  a  Torrecilla  de  los  Cameros  nella  provincia  di  Logrono.  Nel 
1854  fu  eletto  deputato  alle  Cortes  dalla  citta  di  Zamora,  dove  era 
ingegnere.  Impigliato  due  volte  nelle  sollevazioni  del  1856  e  1866, 
esulo  in  Francia :  donde  tomato  la  prima  volta  per  amnistia,  fu  pro- 
fessore  alia  scuola  degli  ingegneri  a  Madrid:  la  seconda,  caduta  la 
monarchia,  fu  ministro  dell'  interno  nel  governo  del  maresciallo  Prim. 
Ma  accortosi  del  pericolo  a  cui  andava  incontro  la  Spagna  per  le 
mene  repubblicane  dello  Zorilla,  si  separo  da  lui,  inclinando  sempre 


236  CRONACA 

meglio  a  parte  moderata,  e  combattendo  energicamente  ogni  tentativo 
di  disordine  rivoluzionario.  Presiedette  o  partecipd  a  varii  ministerii 
durante  il  regno  di  Amedeo  e  quello  di  Alfonso  XII.  Dalla  morte 
poi  di  questo  re,  nella  lunga  reggenza  di  Maria  Cristina,  con  parec- 
chie  interruzioni  e  con  varia  fortuna  tenne  le  redini  del  governo  fina 
a  questi  ultimi  giorni  sotto  Alfonso  XIII,  quando  fu  surrogate  dal 
ministero  conservatoire  Silvela. 

II  nome  del  Sagasta  restera  legato  alia  storia  per  1'infausta  guerra 
americana,  che  cagiono  alia  Spagaa  la  perdita  delle  sue  Antille  e  delle 
Filippine.  Di  carattere  energico,  combatte  fieramente  i  carlisti  e  du- 
rante le  ultime  guerre  civili  alcuni  atti  di  soverchio  rigore  eccita- 
rono  dolorose  rappresaglie.  Era  stimato  il  miglior  oratore  che  avesse 
in  Parlamento  il  partito  liberale  conservatore.  Rimarra  a  sua  lode  il 
fatto  che,  nei  varii  periodi  del  suo  potere,  voile  sempre  avveduta- 
mente  conservare  e  difendere  contro  ogni  opposizione,  le  piu  cordiali 
relazioni  colla  Santa  Sede.  E  naturale  pertanto  che  pure  il  S.  Padre 
si  dimostrasse  addolorato  della  sua  morte  e  ne  facesse  pervenire  alia 
desolata  famigiia  le  sue  condoglianze. 

A  proposito  delle  numerose  onorificenze  di  cui  era  insignito,  & 
curioso  il  fatto  che  gli  valse  1'onore  di  «  Grande  di  Spagna ».  Aecom- 
pagnando  egli  un  giorno  la  Eegina  reggente  a  visitare  certi  lavori  di 
riparazione  nell'Escuriale,  si  accorse  di  un  tratto  che  1*  Augusta  donna 
avendo  raal  messo  un  piede  sull'  impalcatura,  stava  per  precipitare  dal- 
Talto :  e  rapidamente  afferratole  il  braccio,  la  ritenne  in  salvo.  La 
regina,  appena  ripreso  animo,  rivoltasi  al  Ministro :  Yoi  conoscete, 
disse,  le  antiche  consuetudini  della  Corte  di  Spagna...  Nessuno  pud 
toccare  la  persona  del  Monarca,  se  nonun...  Grande  di  Spagna.  —  E 
da  quel  momento  anche  la  politica  del  Sagasta  parve  inclinare  piu 
apertamente  verso  i  conservatori.  Tanto  poco  basta  spesso  a  mutare 
le  sorti  del  mondo ! 

3.  (VENEZUELA).  II  presidente  degli   Stati  Uniti,  seguendo  Topi- 
nione  pubblica  americana,  rifiuto  1'onore  dell'arbitrato  offertogli  dalle 
Potenze  europee  nella  loro  vertenza  colla  repubblica  venezuelana,  con- 
sigliando  invece,  con  molta  insistenza,  di  rimetterla  al  Tribunale  in- 
ternazionale  dell'Aia:  il  chefu  accettato  dalle  parti  contendenti,  benche 
a  malincuore.  Continua  intanto  il  blocco  marittimo  e  la  presa  di  va- 
rie  navi,  tra  le  quali  una  che  portava  la  somma  di  26,000  franchi, 
arrestata  dal  Bausan.  L'interno  del  paese  e   nuovaruente  messo  in 
iscompiglio:  SODO  ricominciati   i  combattimenti  tra  le  genti   del  go- 
verno e  le  bande  dei  ribelli,  che  paiono  vittoriosi.  Si  parla  di  cam- 
biainento  del  Presidente. 

4.  (MAROCCO).  Un  altro  punto  nero  sulPorizzonte  e  la  guerra  sorta 
sul  littorale  del  Mediterraneo,  nelle  provincie  del  Marocco.  Una  parte 


CONTEMPORANEA 


237 


delle  tribii,  seguendo  un  capo  Bu-Hamara,  si  e  ribellata  al  Sultan  o 
come  favoreggiatore  degli  Europe!  e  tenta  balzarlo  dal  trono,  per  so- 
stituirvi  il  fratello  di  lui,  che  si  dice  nemico  agli  stranieri.  Le  truppe 
ribelli,  ingrossate  fino  a  20,000  uomini,  hanno  dato  una  grave  sconfitta 
a  quelle  del  Sultaiio,  e  si  temeva  la  vicina  caduta  di  Fez.  Ma  il  Sul- 
tano, chiamato  a  se  il  fratello,  si  riconcilio  con  lui,  e  lo  creo  gover- 
natore  della  capitale  stessa.  Cosi  pare  caduto,  col  pretesto  della  guerra, 
anche  il  favore  acquistato  da  Bu  Hamara  e  tutto  accenna  a  pacificarsi. 
Pero  la  Spagna,  che  per  la  vicinanza  ha  speciali  relazioni  con  quelle  pro- 
vince, arma  le  sue  navi  e  le  raduna  a  Cadice  pronte  a  tutela  dei 
suoi  interessi.  La  Francia  e  1'Inghilterra  fanno  altrettanto. 

AUSTRIA-UNGHERIA  (Nostra,  Corrispondenza}.  1.  Sguardo  generate  alia 
situazione  politica  delle  due  parti  della  monarchia.  —  2.  Parlamento 
ungherese;  discussione  tempestosa;  spirito  separatista  ed  antidinastico; 
ostruzione,  —  3.  Parlamento  austriaco;  la  questione  linguistica;  nuovi 
tentativi  di  conciliazione  fra  Czechi  e  Tedeschi ;  oatruzione  continua  > 
presagi  oscuri.  —  4.  La  vittoria  elettorale  dei  Cristiani-sociali  a  Vienna 
e  nelle  due  province  dell'Austria. 

1.  Prima  di  entrare  nel  ginepraio  de'  due  governi  e  dei  due  par- 
lamenti  austriaco  ed  ungherese,  giovera  enumerare  in  succinto  le  que- 
stioni  piu  grosse,  che  tengono  attualmente  il  campo  nella  monarchia, 
tutte  scabrose  ed  irte  di  difficolta  per  poco  insormontabili  al  presente, 
e  gravide  di  pericoli  oscuri  ma  gravissimi  per  1'avvenire. 

Tiene  il  primo  posto  fra  le  due  parti  della  monarchia  la  vertenza 
del  compromesso  (Ausgleich),  la  cui  soluzione  si  connette  strettamente 
col  rinnovamento  non  lontano  de'  trattati  di  commercio  coll'estero 
(G-ermania,  Italia,  Francia  ecc.)  anzi  deve  precederlo.  Quanto  ardue 
ed  affannose  si  trascinassero  in  questi  ultimi  due  anni  le  trattative 
per  il  compromesso  fra  i  due  governi  di  Vienna  e  di  Budapest  e  gia 
risaputo  dai  lettori  della  Civilta  Cattolica,  i  quali  ne  furono  informati 
per  lungo  e  per  largo  nelle  passate  corrispondenze.  Da  ultimo,  seb- 
bene  il  Koerber  e  lo  Szell  non  fossero  peranco  venuti  a  capo  di  nulla, 
ambedue  i  governi  lavoravano  indefessamente  per  disporre  i  rispettivi 
parlamenti  ad  affrontare  la  discussione  del  compromesso  nel  1903, 
termine  estremo  stabilito  per  la  regolare  rinnovazione  di  quel  patto 
fondamentale.  Se  non  che  a  guastare  il  lavoro  de'  due  president!, 
concorsero  essi  medesimi  col  presentare  alle  Camere,  fino  dal  primo 
giorno  della  loro  riconvocazione  in  ottobre,  due  proposte  di  leggi  oltre- 
modo  inopportune,  1'una  per  1'aumento  della  lista  civile,  1'altra  per 
nuovi  tributi  di  sangue  e  di  denaro,  richiesti  con  militaresca  intem- 
peranza  dal  comune  ministro  della  guerra,  d'accordo  coi  ministri  della 
difesa  dei  due  paesi.  Ne  segui  una  forte  esacerbazione  negli  animi 


238  CRONACA 

delle  popolazioni  di  qua  e  di  la  del  Leitha,  ed  una  opposizione,  si 
puo  dire,  generale  in  seno  ai  corpi  legislativi.  L'ostruzione  non  tardd 
a  scoppiare  nei  due  parlamenti,  segnatamente  nell'austriaco,  dove 
essendo  riuscito  male  un  nuovo  tentative  di  conciliazione  fra  Czechi 
e  Tedeschi,  fatto  dal  Dr.  Koerber  fino  dalla  pritna  tornata  della  Ca- 
mera, gli  Czechi  tornarono  tantosto  all'ostruzione,  con  una  valanga 
di  mozioni  di  urgenza  e  d'interpellanze,  impedendo  ogni  lavoro  par- 
lamentare  e  con  tanta  ostinazione,  che  oggi  dopo  due  mesi  che  la  Camera 
venne  riaperta,  non  fu  possibile  di  arrivare  alia  discussione  del  primo 
punto  deH'ordine  del  giorno,  proposto  nella  prima  tornata !  E  cosi 
la  Camera  austriaca  si  prese  il  19  dicembre  le  ferie  natalizie,  senza 
nemmeno  aver  votato  il  bilancio,  che  probabilmente  sara  fatto  passare 
dal  governo  col  ripiego  del  §  14,  gia  troppo  abusato  nel  corso  di  que- 
sti  ultimi  anni.  Col  medesimo  ripiego,  in  mancanza  dell'approvazione 
parlamentare,  potranno  i  due  governi  prorogare  1'anno  venture  il 
vigente  compromesso  austro-ungarico  fino  al  1907,  termine  estremo  gia 
stabilito  fra  le  due  parti  contendenti.  Che  se,  scaduto  anche  questo 
termine,  1'accordo  (Ausgleich)  non  otterra  la  necessaria  approvazione 
costituzionale  di  ambedue  i  parlamenti,  1'  Ungheria,  come  gia  fu 
dichiarato  ufficialmente,  si  staccherS,  dall'attuale  unione  reale  col- 
1'Austria,  serbando  con  essa  tutt'al  piu  il  vincolo  d'una  unione  per- 
sonale  dinastica,  scindendo  la  monarchia  in  due  stati  separati  e  indi- 
pendenti  di  fatto  e  di  diritto  ed  abbassandola  al  livello  d'una  potenza 
di  secondo  ordine. 

Ma  se  il  prossimo  avvenire  presentasi  assai  buio  per  1'intera  mo- 
narchia, non  meno  oscura  appare  la  situazione  attuale  della  Cislei- 
tania,  dove  nemmeno  sotto  la  minaccia  d'un  regresso  economico  ir- 
rimediabile,  nessuno  riesce  a  scorgere  una  via  d'uscita  dal  labirinto 
parlamentare.  Uomini  politici  molto  esperti,  e  tutt'altro  che  nemici 
del  sistema  costituzionale,  non  si  peritano  di  additare  sconfortati, 
quale  unico  mezzo  di  scampo,  un  colpo  di  Stato,  col  quale  venga 
sospesa  a  tempo  la  Costituzione,  e  durante  un  breve  periodo  d'as- 
solutismo,  ne  venga  elaborata  una  nuova,  la  quale  assicuri  il  rego- 
lare  funzionamento  della  Camera,  merc£  un  nuovo  statute  elettorale, 
ed  un  regolamento  interno  parlamentare,  riformato  con  norme  seve- 
rissime.  Se  non  che  a  questo  mezzo  estremo  e  pericolosissimo  ben 
difficilmente  si  lascierebbe  indurre  a  dar  di  piglio  il  canuto  sorrano, 
nella  mitezza  del  suo  animo  e  colla  scrupolosa  coerenza  del  suo  ca- 
rattere  nobilissimo.  Ne"  alcun  governo  austriaco  potrebbe  suggerire 
al  Capo  dello  Stato  un  mezzo  di  tal  fatta,  se  prima  non  avesse  tro- 
vato  uno  scioglimento  definitive  della  questione,  ormai  babelica  a  di- 
rittura,  delle  nazionalita  e  delle  lingue,  che  peggio  d'ogni  altra  batte 
ai  fondamenti  dello  Stato.  Eppure  quanto  ne  siamo  lontani ! 


CONTEMPORANEA  239 

In  tali  condizioni  per  poco  disperate,  corse  perfino  la  voce,  tosto 
smentita,  che  S.  M.  Francesco  Giuseppe,  oppresso,  pifc  che  dalla  sua 
grave  eta,  dal  cumulo  delle  passate  sventure  e  de'  present!  disgusti 
sempre  piu  acerbi,  intendesse  abdicare  al  trono.  Ma  se  an  che  la  di- 
ceria  si  ripetesse,  converrebbe  andar  molto  a  rilento  nel  prestarle 
fede,  se  e  vero  quello  che  si  da  per  certo  anche  negli  alti  circoli 
della  capitale  austriaca,  che  il  vero  suecessore  dell'  attuale  impera- 
tore  conta  oggi  soltanto  15  anni,  ed  ha  mestieri  ancora  di  tre  anni, 
per  compiere  la  sua  educazione  di  principe  ereditario.  Esisterebbe  di 
fatto  un  patto  di  famiglia  col  quale  1'arciduca  Francesco  Ferdinando, 
nella  circostanza  del  suo  matrimonio  colla  contessa  Thotek,  si  sa- 
rebbe  obbligato  di  cedere  a  suo  tempo  il  diritto  di  successione  al  fra- 
tello  minore  Ottone,  il  quale  dovrebbe  cederlo  alia  sua  volta  al  pro- 
prio  figlio  Carlo,  nato  nel  1887.  Checche  ne  sia,  certo  e  da  far  voti, 
che  al  vecchio  e  venerato  monarca  bastino  ancora  ed  al  piu  lungo 
tempo  possibile  la  volonta  e  la  forza  d'animo,  da  reggere  sotto  il 
peso  d'una  corona,  mutatasi  ormai  in  una  corona  di  spine. 

2.  Passando  ora  dal  quadro  generale  della  situazione  ai  partico- 
lari  della  cronaca  piu  recente,  daremo  anzitutto  uno  sguardo  al  par- 
lamento  ungherese. 

Le  questioni  del  compromesso,  dell'  aumento  della  lista  civile,  e 
de'  nuovi  aggravi  militari,  lo  riempirono  tutto  per  quasi  tre  mesi  di 
tumulti  e  di  grida  minacciose  contro  il  governo  dello  Szell  tacciato 
di  austriacontismo,  contro  1'Austria  e  la  stessa  dinastia,  tanto  da  ri- 
cordare  i  prodromi  della  rivoluzione  del  48,  festeggiata  nel  passato 
settembre  dal  partito  dell'  indipendenza,  coll'  inaugurazione  solenne 
di  un  monumento  al  Kossuth  a  Magyan  Szeged.  Discutendosi  il  com- 
promesso, il  15  ottobre,  lo  Szell  "ebbe  a  dichiarare,  che  nessun  ac- 
cordo  erasi  fino  a  quel  giorno  potuto  conchiudere  coll' Austria,  cio 
che  potrebbesi  ripetere  anche  oggi  alia  meta  del  dicembre.  Ma  un 
vero  uragano  si  scateno  contro  le  proposte  d'aumento  della  lista  ci- 
vile, e  degli  oneri  militari,  che  spieghero  in  poche  parole.  L'au- 
*mento  della  lista  civile  esige  un  nuovo  credito  di  due  milioni  di  co- 
rone  dalP Austria  e  d'altrettanti  dall'Ungheria,  da  inserire  ogni  anno 
dal  1902  nel  bilancio  dello  Stato,  per  corrispondere  ai  cresciuti  bi- 
sogni  del  mantenimento  della  Corte,  e  ad  estinguere  il  debito  di  18 
milioni  e  piu,  da  essa  incontrato  per  il  restauro  del  palazzo  reale  a 
Budapest.  Finora  la  lista  civile  dell 'Austria  Ungheria  ascendeva  alia 
cifra  di  18  milioni  e  mezzo  circa  di  corone,  cifra  superata,  fra  tutte 
le  liste  civili,  soltanto  da  quella  dello  Czar.  II  Budapesti  Hirlap  os- 
servd  che  1'appannaggio  della  Corte  venne  aumentato  d'un  milione 
nel  1873,  in  occasione  del  matrimonio  dell' arciduchessa  Gisela.  Da 
quell'  anno  il  numero  dei  membri  della  Casa  regnante  crebbe  fino 


240  CRONACA 

a  71,  de'  quali  43  maschi,  provveduti  di  un  annuo  appannaggio  di 
100  mila  coroDe  per  cadauno. 

La  proposta  militare  d  diretta  ad  aumentare  il  contingente  di 
leva  di  20  mila  uomini  all'anno,  ossia  di  60  mila  per  il  triennio  di 
servizio,  con  una  spesa  di  circa  25  milioni  di  corone  per  il  loro  man- 
tenimento.  E  cid  in  aggiunta  ai  38  milioni  per  i  nuovi  cannoni,  e 
ad  altri  40  milioni  riservati  ai  prossimi  anni,  gia  stanziati  nella  ses- 
sione  estiva  delle  Delegazioni  dell'impero.  Siffatte  proposte,  le  quali 
nella  Camera  austriaca  non  poterono  ancora  spuntare  alia  prova  della 
discussione,  tengono  £a  due  mesi  occupata  la  Camera  ungherese,  dove, 
come  si  disse,  porsero  occasione  ai  partiti  estremi  di  sfogare  tutto  il 
loro  livore,  non  tanto  contro  la  persona  augusta  del  Re,  quanto  contro 
1'arciduca  ereditario  assai  inviso  ai  Magiari,  contro  la  dinastia  in  ge- 
nere,  e  contro  1'unione  coll' Austria.  Apri  la  serie  degli  attacchi  piu 
violenti  contro  la  Corona  il  deputato  Barabas,  sinistro  di  parti  to  come 
di  nome,  facendo  la  voce  grossa  contro  il  Re,  perche  non  aveva  preso 
parte  all' inaugurazione  del  nuovo  grandioso  palazzo  del  Parlamento 
(il  cui  lusso  orientale  provoca  dei  confronti  odiosissimi  colla  miseria 
della  popolazione  campagnuola)  e  perche  convoco  la  Camera  in  un 
giorno  nefasto  nella  storia  della  rivoluzione  quarantottesca,  vale  a 
dire  nell'anniversario  della  fucilazione  di  tredici  generali  ungheresi  in 
Arpad.  Mosse  dipoi  un  fiero  assalto  al  governo  del  conte  Szell,  per- 
che non  voile  farsi  rappresentare  alle  feste  del  Kossuth,  il  quale  no- 
toriamente  non  voile  mai  riconoscere  la  legittimita  della  regnante  di- 
nastia. Contro  1'aumento  della  lista  civile  un  altro  deputato  del  par- 
ti to  dell'  indipendenza  ebbe  1'audacia  di  fare  lo  spiritoso,  osservando  che 
se  il  numero  degli  arciduchi  si  e  ingrossato  fuormisura,  la  colpa  non  e 
del  paese.  E  il  Kossuth  si  compiacque  aggiungere,  che  della  somma 
di  oltre  nove  milioni,  accordata  annualmente  dagli  ungheresi  alia  lista 
civile,  la  Corte  non  ispende  in  Ungheria,  che  un  solo  milione. 

Nelle  filippiche  contro  il  militarismo  in  genere,  e  contro  il  pre- 
sente  ministro  ungherese  della  guerra,  fece  capolino  1'aspirazione  a 
fornire  la  milizia  nazionale  degli  Honwed  di  un  proprio  e  completcr 
parco  di  artiglieria,  per  aver  pronto,  il  giorno  della  separazione  del- 
l1  Austria  un  esercito  ungherese  provveduto  di  tutte  le  diverse  armi. 
Anche  il  compromesso  austro-ungarico  presto  argomeato  alle  invet- 
tive  piu  feroci  contro  il  Re,  il  governo,  e  1' Austria,  che  non  mette 
conto  riportare.  E  cosi  pure  mi  passo  delle  scenate,  delle  immanca- 
bili  sfide  a  duello  e  de'  tumulti  indescrivibili,  onde  la  Camera  un- 
gherese and6  tutta  a  rumore  ne'  passati  due  mesi.  Accennero  solo  di 
passata  F  «  affare  Nessi  »  che  sopravvenne  ad  arruffare  vie  peggio  la 
matassa.  «  Nessi  >  &  il  nome  magiaro  d'un  ufficiale  degli  Honwed, 
ed  insieme  deputato  kossuthiano,  il  quale  nella  festa  d'  inaugurazione 


CONTEMPORANEA  241 

d'un  monumento  nazionale  al  celebre  re  Mattia  Corvino  in  Klausen- 
burg,  a  capo  d'uno  staolo  di  student!  aveva  fischiato  ed  eccitato  a 
fischiare  la  banda  militare,  perche  al  cospetto  dell'arciduca  rappre- 
sentante  del  Re,  aveva  suonato,  come  di  regola,  1'inno  imperiale  au- 
striaco.  Sopra  interpellanza  dello  stesso  Nessi,  punito  a  dovere  dal- 
Pautorita  militare,  la  Camera  ebbe  ad  occuparsi  per  parecchi  giorni 
di  questo  caso,  tirandoci  dentro  rimmunita  parlamentare,  1'esercito 
ed  il  trono,  col  linguaggio  piu  violento  e  sbracato.  Fra  gli  altri,  il 
Kossuth,  in  una  lunga  tirata  contro  la  dinastia,  sentenzid  essere  cosa 
antipatriottica  per  un  ungherese  1'  inno  dell'  impero,  al  suono  del  quale 
nel  48  vennero  giustiziati  i  martiri  dell'  indipendenza.  Un  altro  ora- 
tore  kossuthiano  lo  defini,  con  un  giuoco  di  parole  sul  titolo  unghe- 
rese dell'inno,  1'inno  della  fame;  alludendo  alia  proposta  d'aumento 
della  lista  civile.  Ed  un  altro  deputato,  in  mezzo  al  baccano  india- 
volato  de'  suoi  colleghi,  conchiuse :  noi  non  ci  lasceremo  mai  imporre 
1'  inno  austriaco ;  e"  tempo  di  ribellarsi !  —  porgendo  occasione  ai  par- 
titi  di  sinistra  di  intonare  in  piena  Camera  1'  inno  nazionale  unghe- 
rese, in  risposta  alle  contraddizioni  della  destra  e  del  presidente,  che 
fu  costretto  a  levare  la  seduta. 

Finalmente  il  9  dicembre  venne  formalmente  messa  in  scena  dal  Kos- 
suth  1'ostruzione  estrema,  contro  il  disegno  di  legge  militare,  la  cui 
discussione  viene  trascinata  in  lungo  nel  seno  della  commissione,  allo 
scopo  d'impedirne  la  discussione  nella  Camera.  Da  questo  breve  spi- 
cilegio  il  lettore  pud  di  leggeri  formarsi  un'idea  dello  spirito  che  do- 
mina  fra  i  partiti  dell'opposizione,  e  delle  condizioni  in  cui  trovasi 
il  governo  del  conte  Szell  nel  parlamento  ungherese  e  in  rapporto  al 
governo  austriaco.  E  superfluo  aggiungere,  che  il  pandemonio  parla- 
mentare fu  ed  &  secondato  a  meraviglia  dalla  stampa  massonica  di 
Budapest,  tutta,  senza  eccezioni,  nelle  mani  degli  Ebrei,  la  quale  ha  la 
intonazione  dzU'Egyetartes,  e  del  Magyar  Orsxag,  organi  della  mon- 
tagna  radioale. 

3.  Tutta  1'attivita  del  parlamento  austriaco  in  questa  sessione,  la 
quale  si  chiudera  colle  ferie  natalizie,  si  puo  riassumere  in  una  sola 
parola  :  nulla  !  L'ostruzione,  colla  quale  gli  Czechi  risposero  fin  dalle 
prime  alle  proposte  di  conciliazione  rinnovate  dall'infaticabile  Dr.  Koer- 
ber,  al  riaprirsi  della  Camera  nel  p.  p.  ottobre,  impedi  ogni  lavoro 
serio,  condannando  il  parlamento  ad  occuparsi  quasi  esclusivamente 
(in  mezzo  ai  battibecchi  ed  agli  eccessi  piu  indecorosi,  quasi  quoti- 
diani)  delle  mozioni  d'urgenza  presentate  unicamente  a  scopo  di  ostru- 
zione,  in  numero  di  ottanta  e  piu,  fra  le  quali  una  trentina  dei  pan- 
germanisti  schoneriani.  La  sola  discussione  sulle  dichiarazioni  del  pre- 
sidente Koerber  sciupo  una  settimana  intera,  ed  un'altra  andd  tutta 
in  dibattiti  rabbiosi  fra  polacchi  e  ruteni,  socialist!  e  non  socialist!, 
intorno  ai  not!  scioperi  della  Galizia,  ed  altri  screzii  fra  popoli  e  popoli. 
Serie,  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1262.  16  10  gennaio  1903. 


242  CRONACA 

Discutere  11  bilancio  annuale  dello  Stato,  fu  impossible ;  sicche  il 
governo  dovette  presentare  una  legge  per  un  bilancio  provvisorio  di 
quattro  mesi,  la  quale,  se  non  otterra  1'approvazione  della  Camera,  si 
fara  passare  coll'usato  ed  abusato  ripiego  del  §  14.  E  cid  nel  presente 
stato  di  depressione  economica,  risentita  dolorosamente  in  tutte  le 
classi  della  popolazione,  agricola,  commerciale,  ed  industriale,  col  so- 
prassello  di  558  milioni  di  corone,  aggravatisi  per  spese  maggiori  a 
carico  dell'  Erario  nell' ultimo  decennio  ! 

Sullo  scorcio  del  novembre,  colla  minaccia  continuamente  ripetuta 
della  chiusura  del  parlamento,  ormai  colpito  di  paralisi  mortale,  il 
pazientissimo  Dr.  Koerber  fece  un  ultimo  tentative  per  riappiccare  le 
interrotte  pratiche  di  conciliazione  fra  Czechi  e  tedeschi  piii  mode- 
rati,  avviando  nuove  trattative,  tuttora  in  corno,  le  quali  formano  il 
perno  deil'attuale  politica  interna. 

A  favorire  queste  pratiche  sopraggiunse  la.dissoluzione  del  gruppo 
radicale  pangermanico,  iniziata  colla  caduta  vergognosa  del  Wolf,  e 
proseguita  dallo  scandaloso  processo  di  Briix,  nel  quale  vennero  a 
cozzo  fra  di  loro  lo  Schonerer  ed  il  Wolf,  i  due  famigerati  caporioni 
del  partito  estremo,  che  pocanzi  esercitava  la  dittatura  del  terrorismo 
sopra  tutti  gli  altri  partiti  tedeschi.  In  codesto  processo  essi  si  pal- 
leggiarono  cor  am  populo  le  accuse  piu  infamanti,  demolendosi,  come 
usa  dire,  yicendevolmente,  e  pagando  a  misura  di  oarbone  il  fio  delle 
infamie  da  essi  vomitate  contro  la  morale  di  S.  Alfonso,  e  contro  la 
Chiesa  cattolica  nella  triste  campagna  del  Los  von  Rom. 

D'altra  parte  gli  czechi,  sempre  infatuati  del  loro  regno  autonomo 
di  s.  Wenceslao,  ebbero  da  ultimo  un  contentino  nella  risoluzione 
presa  da  S.  M.  1'  imperatore,  di  mandare  1'arciduca  Ferdinando  Carlo, 
fratello  del  principe  ereditario,  a  risiedere  stabilmente  a  Praga,  nel 
castello  reale  di  Hradschin,  con  1'apparato  d'una  piccola  corte  reale. 
Ma  con  tutto  cid  non  e  da  lusingarsi  soverchiamente  di  un  probabile 
buon  risultato  delle  pratiche  in  corso.  E  vero  che  i  tedeschi  sotto  la 
presidenza  dell'ex-ministro  Baernreiter,  dopo  uno  studio  affrettato 
delle  linee  fondamentali  per  un  aceordo,  circa  la  meta  del  dicembre 
furono  in  grado  di  formulare  le  loro  proposte,  e  di  presentarle  ai  fi- 
duciosi  czechi,  i  quali  naturalmente  si  riservarono,  per  guadagnare 
tempo,  di  trattare  a  tutto  loro  agio,  coi  diversi  loro  partiti,  per  fare 
la  tara  alle  proposte  tedesche,  e  contrapporne  delle  altre.  Ma  pur 
troppo  il  cattivo  esito  di  tutte  le  pratiche  fatte  e  rifatte  al  medesimo 
scopo  nel  passato  decennio ;  il  linguaggio  altezzoso  e  bene  spesso  pro- 
vocante  della  stampa  czeca  di  fronte  allc  nuove  proposte  (specie  con- 
tro la  divisione  della  Boemia  in  circoli  amministrativi  secondo  lelingue, 
poco  corrispondente  all7  idea  di  unita  dello  Stato  autonomo  boemo  di 
la  da  venire) ;  inoltre  qualche  principio  di  discordia  scoppiato  gia  fra 


CONTEMPORANEA  243 

i  tedeschi  della  Boemia  ed  i  tedeschi  della  Moravia  e  della  Slesia,  in 
quanto  alia  concessione  della  lingua  interna  d'ufficio,  da  farsi  agli 
czechi :  —  tutto  insomma  consiglia  ad  attendere  ancora  qualche  tempo, 
prima  d'abbandonarsi  alia  speranza  di  veder  composto  definitivamente 
il  gran  dissidio.  Di  fatto  stando  alle  notizie  piu  recenti  la  commis- 
sione  collettiva  dei  partiti  czechi  avrebbe  gia  dichiarato  assolutamente 
inaccettabili  le  proposte  tedesche,  ed  altrettanto  potrebbe  av venire 
delle  controproposte  czeche,  da  parte  dei  tedeschi,  alia  fine  del  di- 
cembre.  Che  se  cio  s'avverasse,  e  non  si  trovasse  almeno  il  mezzo 
termine  di  un  modus  vivendi,  che  potesse  sventare  il  pericolo  d'una 
nuova  ostruziono  o  czeca  o  tedesca,  sarebbe  assai  probabile  che  la  ri- 
convocazione  del  parlamento  in  gennaio  debbasi  rimandare  alle  ca- 
lende  greche.  In  tal  caso,  Dio  solo  sa,  qual  destino  sia  riserbato  nel 
nuovo  anno  all'Austria-Ungheria  la  quale  alia  vigiliadel  1903  trovasi 
ridotta  alle  condizioni  che  m'ingegnai  di  descrivere. 

4.  Un  raggio  di  sole  in  mezzo  a  tanto  buio  fu  la  vittoria  eletto- 
rale  veramente  splendida,  riportata  dai  eristiano-sociali  in  alcune  pro- 
vince, ma  segnatamente  nella  capitale  austriaca.  Dopo  un  anno  di 
agitazione  elettorale  vivissima,  i  conservativi  prevalsero  nell'Austria 
superiore,  i  cristiano-sociali  nell'Austria  inferiore,  compresa  la  capi- 
tale, ed  ambedue  i  partiti  coalizzati  nel  Yorarlberg.  Maggiore  tutta- 
via  che  nelle  campagne  fu  il  trionfo  complete  riportato  a  Vienna, 
dove  i  cristiano-sociali  vinsero  su  tutta  Lt  linea,  ed  il  loro  capo  D.rLue- 
ger,  1'odiato  martello  degli  ebrei  e  di  tutti  gli  ebraizzanti,  raccolse 
13,116  voti,  ossia  3400  voti  piu  del  suo  avversario  liberale,  conqui- 
stando  per  la  prima  volta  la  citta  interna  che  e  il  distretto  piu  im- 
portante,  e  perfino  la  Leopoldstadt,  che  era  la  rocca  finora  inespu- 
gnata  degli  ebrei,  alleati  coi  socialisti,  coi  pantedeschi,  coi  liberali 
democratici  e  progressisti.  II  D.r  Lueger  ebbe  a  riconoscere  pubblica- 
mente,  che  in  questa  tremenda  disfatta  dei  partiti  anticristiani,  fino  a 
un  certo  punto  insperata,  egli  ravvisava  un  intervento  straordinario 
della  Provvidenza  divina.  Le  strida  disperate  della  N.  F.  Presse  e  degli 
altri  organi  della  liberaleria  massonica  andarono  alle  stelle ;  pure  al- 
cuni  di  essi  ebbero  ancora  il  buon  senso  di  confessare,  che  bene  stava 
la  lezione  a  chi  per  tanti  anni  aveva  abusato  della  buona  fede  del 
popolo,  pascendolo  di  ciance,  e  lavorando  non  a  sollevare  la  miseria 
coi  fatti,  ma  a  corromperlo  e  pervertirlo,  per  farsene  sgabello  e  te- 
nerselo  schiavo.  Questo  avvenimento,  che  meriterebbe  per  la  sua 
importanza  una  piu  ampia  relazione,  pur  troppo  non  consentita  dalle 
ragioni  dello  spazio,  fara  sentire  le  sue  benefiche  conseguenae  anche 
fuori  di  Vienna,  dove  spadroneggia  tuttora  il  liberalismo  in  tutte  le 
sue  forme,  come  ad  esempio  nelia  Stiria  e  nella  Carintia,  nel  Lito- 
rale  ecc.  Devo  ormai  rimettere  ad  altra  corrispondenza  le  notizie  re- 


244  CRONACA 

ligiose  in  genere,  ed  in  particolare  quanto  si  riferisce  alia  parted- 
pazione  di  S.  M.  1'  Imperatore,  del  Municipio  e  delle  citta  di  Vienna 
al  giubileo  del  S.  Padre. 

1NGHILTERRA  (Nostra  Corrispondenza) .  1.  La  vittoria  finale  del  Bill  sul- 
1'Educazione.  —  2.  Notizie  dall'Africa  del  Sud.  —  3.  II  libro  del  De  Wet, 
—  4.  La  visita  del  signer  Chamberlain  nell'Africa  del  Sud.  —  5.  Un 
arbitrate  di  Re  Edoardo.  —  6.  La  nuova  diga  sul  Nilo  ad  Assouan.  — 
7.  Morte  di  due  Vescovi  inglesi.  —  8.  II  Times  in  favore  del  religiosi 
francesi. 

1.  La  grande  lotta  parlamentare  pel  Bill  dell'Educazione,  che  ec- 
cito  un  interesse  cosi  vivo  in  Europa  ed  in  America,  e  finalmente 
terminata.  L'opposizione  dei  non  eonformisti  fu  feroce  e  strepitosa 
durante  il  lungo  dibattimento,  pero  il  Governo  fu  vittorioso  poiche 
la  legge  alia  Camera  dei  deputati  venne  accettata  da  una  grande 
maggioranza.  L'approvazione  della  Camera  dei  Lordi  e  sicura;  quella 
del  Re  una  pura  formalita.  Quanto  al  guadagno  che  i  cattolici  d'  In- 
ghilterra  trarranno  dalla  nuova  legge,  esso  consiste  nel  risparmio  di 
circa  un  milione  e  due  cento  cinquanta  mila  lire  all' anno.  Tutte  le 
spese  per  1'educazione  di  ogni  fanciullo  nelle  scuole  elementari  ver- 
ranno  pagate  coi  denari  dei  fondi  pubblici,  laddove  sinora  i  genitori 
cattolici  erano  costretti  a  pagare  quasi  un  terzo  della  somma  necessaria 
coi  loro  denari  privati. 

La  Camera  dei  Lordi  ha  reso  un  vero  servizio  alia  educazione  re- 
ligiosa,  nell' alleggerire  le  scuole  volontarie  dalla  spesa  di  man- 
tenere  gli  edifizi  scolastici  in  buono  stato;  ed  i  deputati  irlandesi 
meritano  ringraziamento  per  avere  assicurata  1'accettazione  di  que- 
sta  clausola,  quando  il  Bill  fu  rinviato  alia  Camera  dei  deputati.  L'at- 
titudine  del  partito  parlamentare  irlandese,  rispetto  a  questo  prov- 
vedirnento,  fu  eccessivamente  contradditoria  ed  incoerente.  Da  bella 
prima  esso  sosteneva  il  Governo,  ma  poco  dopo,  un  gruppo  di  membri 
irlandesi  esercito  su  di  lui  la  sua  autorita,  ed  il  partito  adotto  la 
risoluzione  di  rifiutare  al  Governo  il  suo  appoggio  ed  il  suo  voto.  I 
deputati  irlandesi  allegarono  per  iscusa  lo  spirito  tirannico  del  Go- 
verno nelle  sue  relazioni  e  nel  suo  modo  di  trattare  1'  Irlanda,  ed 
anehe  lo  spirito  ostile  sempre  manifestato  dai  cattolici  inglesi  contro 
i  loro  fratelli  irlandesi.  Una  lettera  commovente  del  Cardinale  Yau- 
ghan  falli  nello  scopo  che  si  era  proposto,  d'  impedire,  cioe  la  risolu- 
zione fatale  dei  deputati  irlandesi,  e  persino  gli  appelli  premurosi 
della  Gerarchia  irlandese  rimasero  senza  effetto.  Pero  il  partito  irlan- 
dese mise  giudizio  all 'ultima  ora.  Essi  si  accorsero  che  il  sentimento 
del  loro  paese  si  era  interamente  sollevato  contro  di  loro.  Molti  sa- 
cerdoti  irlandesi,  in  Inghilterra,  tennero  riunioni  ed  inviarono  alia 


CONTEMPORANEA  245 

stampa  articoli  e  comunicazioni,  nelle  quali  dimostravano  che  piii  di 
90  per  100  del  bambini  cattolici,  educati  nelle  scuole  inglesi,  sono 
Irlandesi  di  nascita  o  di  origine,  e  conchiudevano  essere  un  vero 
scandalo  per  il  partito  parlamentare  irlandese,  i  membri  del  quale 
erano  quasi  tutti  cattolici,  di  abbandonare  gl'interessi  dell'educa- 
zione  religiosa  di  fanciulli,  vincolati  a  loro  dai  legami  del  sangue  e 
della  stirpe.  L'agitazione  produsse  il  suo  effetto;  il  sig.  Redmond, 
capo  dei  membri  del  partito  irlandese,  scrisse  una  lettera  ai  gior- 
nali,  nella  quale  esprimeva  la  sua  devozione  e  quella  dei  suoi  colle- 
ghi  alia  causa  della  educazione  cattolica,  e  promise  che  sarebbero 
tutti  ai  rispettivi  posti  in  Parlamento  per  adoperarsi  a  far  migliorare 
la  legge  se  1'occasione  si  presentasse. 

II  Bill  teste  passato,  e  forse  la  legge  sull'educazione  piu  liberale 
che  sia  mai  stata  accettata  e  passata  da  un  Groverno  non  cattolico. 
Non  rende  piena  giustizia  alle  scuole  volontarie,  e  vero,  pero  le  al- 
leggerisce  d'un  fardello  schiacciante  ed  assicura  loro  la  stabilita  per 
1'avvenire.  II  solo  punto  riprensibile  nel  Bill  e  il  provvedimento  che 
permette  ad  un  corpo  di  laici  di  avere  voce  in  capitolo  sulsoggetto 
dell'  istruzione  religiosa  da  impartirsi  nelle  scuole.  Tuttavia,  pratica- 
mente,  questa  clausola  non  avra  cattivi  effetti  per  le  scuole  cattoli- 
che,  poiche  quattro  membri  della  Commissione  amministrativadi  queste 
scuole  devono  sempre  essere  cattolici,  mentre  gli  altri  due  possono 
esserlo  o  no.  D'altra  parte  per  le  scuole  anglicane  questa  clausola 
sta  per  dare  occasione  ad  una  grande  confusione,  perche  e  molto  dif- 
ficile in  Inghilterra  trovare  anche  solo  quattro  Anglicani  che  siano 
d'accordo  interamente  sulle  credenze  religiose. 

2.  Le  nuove  che  ci  giungono  dall'Africa  del  Sud  sono  nel  mede- 
simo  tempo  triste  e  consolanti ;  triste  perchfc  e  chiaro  che  i  territorii 
devastati  della  guerra  sono  nelle  condizioni  piu  deplorevoli ;  e  conso- 
lanti perche  e  pienamente  provato  che  la  popolazione  boera  deH'Africa 
del  Sud  e  risoluta  a  far  buon  viso  alia  sua  condizione  presente  e  ad 
accettare  la  supremazia  britannica   con  ispirito  di  lealta.   Una   delle 
migliori  prove  di  questo  spirito  ci    e   fornita  dalla  inserzione  di   un 
nuovo  articolo  nel  programma  dell' Africander  Bund  risoluto  nella  sua 
ultima  riunione.  Questo  articolo  dichiara  che  lo  scopo  che  si  propone 
il  partito,  composto  principalrnente  di  uomini   d'  origine  olandese,  e 
di  promuovere  1'unione  delle  differenti  nazionalita  nell'Africa  britan- 
nica del  Sud  e  la  federazione  delle  Colon ie  Sud  Africane,  con   i  ri- 
guardi  dovuti  alia  loro  individuality  ai  loro  interessi  ed  alia  supre- 
mazia della  Corona  britannica. 

3.  Durante  il  mese  scorso  gl'  Inglesi  si  facevano  questa  dimanda: 
De  Wett,  il  famoso  capo  boero,  e  egli  piu  celebre  come  generale,  come 
diplomatico,  ovvero  come  storico  ?  II  suo  libro  sulla  guerra  boera,  pub- 


246  CRONACA 

blicato  in  Londra  alcune  settimane  fa,  cagiond  la  piu  grande  impres- 
sione  letteraria  che  abbia  mai  avuto  1'  Inghilterra  nei  nostri  tempi. 
L'  interesse  pubblico  fu  tale  all'  apparire  di  questo  libro  che  nello 
stesso  giorno  che  venne  posto  in  vendita,  la  prima  edizione  fu  inte- 
ramente  esaurita.  L'  aspettazione  pero  fu  ampiamente  ricompensata. 
L'opera,  benche  scritta  in  une  stile  calmo  e  giudiziario,  e  assai  com- 
movente,  specie  nel  racconto  della  lotta  epica,  nella  quale  1'  autore 
ebbe  si  grande  parte.  La  storia  in  diversi  punti  biasima  i  generali 
inglesi,  ma  dirige  anche  spesso  parole  di  lode  all'eaercito  britannico 
per  la  sua  condotta,  e  neanche  risparmia  gli  spropositi  commessi  dai 
Boeri.  II  De  Wet  sostiene  che  la  battaglia  di  Paardeberg,  nella  quale 
Cronje  con  piu  di  4000  soldati  boeri  venne  catturato  dal  maresciallo 
Lord  Roberts,  fu  veramente  quella  che  decise  delle  sorti  della  guerra, 
grazie  all'avvilimento  morale  che  essa  produsse  sui  soldati  boeri. 

4.  II   sig.    Chamberlain  tre  mesi   fa  andd  nell'  Africa  del  Sud. 
Ne  il  pubblico  inglese  ne  gli  abitanti  delle  repubbliche  conquistate 
si  sarebbero  mai  sognati  un  tale  viaggio.  Pero,  frattanto,  il  vero  ca- 
rattere  del  sig.  Chamberlain  e  stato  capito  e   conosciuto  piu  profon- 
damente.  Egli  ha  fatto  sua  propria  la   questione  sud-africana,   e  ha 
risoluto  di  studiare  la  condizione  delle  cose  sul   luogo  stesso,  nono- 
stante  il  diritto  che  il  Ministero  delle  Colonie  ha  di  avere  per  se  tutte 
le  cure  del  ministro.  Egli  fece  capire  a  tutti  che  lo  scopo  della  sua 
visita  nell' Africa  del  Sud,  era  di  parte oipare  personalmente  alia  pa- 
cificazione  del  paese.  Questo  suo  disegno  fu  accolto  con  benevolenza 
e   pienamente  approvato    tanto    dagli   Inglesi  quanto    dai  Boeri.   II 
sig.  Chamberlain  visitera  la  Colonia  del  Capo,    il   Natal,  la  Colonia 
dell' Orange  ed  il  Transvaal. 

5.  In  un  momento  quando  1' Inghilterra  e  sul   punto   di  fare  la 
guerra  al  Venezuela,  siamo  felici  di  poter  annunziare  che  Re  Edoardo 
ha  messo  fine  ad  una  seria  quistione  fra  due  altre  repubbliche  sud- 
americane,  il  Cile  e  1'Argentina.  La  querela  fu  cagionata  dalla  im- 
perfetta  compilazione  di  un  trattato  fra  le  due  Potenze,   che   venne 
firmato  nel  1881.  L'aiabiguita  delle  parole  del  trattato  misero  in  di- 
sputa  un  territorio  della  superficie   di   95,000   chilometri   quadrati. 
II  Re  d' Inghilterra  fu  scelto  come  arbitro,  ed  il  suo  arbitrate  ebbe 
per  risultato  che  al  Cile  vennero  dati  55,000  chilometri  e  all' Argentina 
40,000  chilometri  del  terreno  disputato.  II  ripartimento  fu  accettato 
dalle  due  Potenze  come  la  soluzione  piu  equa.  Mentre  sto  scrivendo 
sembra  probabile  che  all'ultimo  momento  si  avra  ricorso  ad  un  arbi- 
trate per  comporre  la  querela   fra   1'  Inghilterra,  la  Germania   ed  il 
Venezuela.  Quest'ultima  questione  desto  Tattenzione  degli  uomini  di 
Stati  europei  ed  americani  sulla  famosa  dottrina  Monroe,  secondo  la 
quale  gli  Stati  Uniti  s'  impegnano  a  resistere  a  forza  armata  contro 


CONTEMPORANEA  247 

qualunque  tentative  fatto  da  una  Potenza  europea  per  acquistare  ter- 
ritorio  nel  continente  americano.  In  una  questione  anteriore  col  Ve- 
nezuela, 1'  Inghilterra  rieonobbe  1'esistenza  di  questa  dottrina  e  con 
cio  stabili  un  precedente  contro  se  stessa ;  questa  regola  tuttavia  non 
puo  essere  riconosciuta  valida  n&  adottata  dalle  altre  nazioni  ed  i  giu- 
risti  europei  1'hanno  espressamente  disapprovata.  Uno  scrittore  ben 
noto  della  Fortnightly  Review,  il  professor  Leech,  e  di  opinione  che 
la  dottrina  Monroe  non  ha  il  minimo  valore  nelle  leggi  internazio- 
nali,  e  che  non  se  ne  terrebbe  nessun  conto,  quando  si  sollevasse  per 
davvero  una  questione  di  maggiore  importanza. 

6.  II  giorno  10  dicembre  dello  scorso  mese,  il  duca  e  la  duchessa 
di  Connaught  assistettero  alia  cerimonia  d' inaugurazione  d'una  im- 
presa,  che  puo,  a  giusta  ragione,  essere  considerata  come   il  fatto 
piti  importante  dell'  ingegneria  dei  tempi  moderni,  e  che  rechera  cer- 
tamente   all'  Egitto  benefizii   incalcolabili.  Un'  immensa  diga  fu  co- 
strutta  attra  verso  il  Nilo  ad  Assouan,  situato  circa  seicento  miglia  al 
di  sopra  del  Cairo.  La  diga  ha  una  lunghezza  di  un  miglio  e  un  quarto 
e  forma  un  argine  dello  spessore  di  sette  metri  di  superficie  al  di 
sopra  e  di  ventisette  metri  alia  base ;  e  costrutta  in  modo  da  tenere 
in  iscacco  ed  in  riserva  mille  milioni  di  tonnellate  d'acqua,  che  pos- 
sono  poi  riversarsi  sulla  pianura  arida  quando  1'acqua  diventa  asso- 
lutamente  necessaria  ai  bisogni   dell' irrigazione.  Sua   Altezza   Reale 
consegnando  1'argine  al  Khedive  espresse  la  sua  speranza  che  1'opera 
che  si  stava  inaugurando  sarebbe  della  piu  grande  utilita  per  1'  Egitto. 
Inoltre  disse  che  quattro  anni  prima  egli  aveva  posto  la  prima  pietra 
della  grande  impresa,  e  che  era  felice  di  vedere  i  rappresentanti  delle 
varie  Potenze  assistere  al  compimento  di   quel  gran  lavoro,  perch5, 
benche  esso  fosse  principalmente  anglo-egiziano,  gli  era  ben  nota  la  ge- 
nerosita  colla  quale  la  Cassa  del  Debito  pubblico,  che  e  una  societa 
internazionale,  aveva  fornito  una  parte  cosi  considerevole  dei  fondi 
necessari. 

7.  Dopo  la  mia  ultima  corripondenza  alia  Civiltd,  1' Inghilterra  cat- 
tolica  ha  deplorato  la  perdita  di  due  dei  suoi  Yescovi  :  Mgr.  Yaughan 
Yescovo  di  Clifton  e  zio  di  Sua  Ema  il  Cardinal  Yaughan,  e  Mgr.  Pat- 
terson, Yescovo  titolare  di  Emmaus.  II  primo  era  il  membro  piu  an- 
ziano  della  gerarchia  inglese,  essendo  stato  consacrato  nel  1855,  po- 
chi   anni   dopo    che  Pio  IX  ristabili  la  Gerarchia   in  Inghilterra.    II 
Yescovo  Patterson  apparteneva  alia  famosa  schiera  di  convertiti  che 
abbandonarono  1'anglicanismo  per  seguire  Newman  nella  vera  Chiesa. 
La  sua  morte  rapi  for&e  1'ultimo  dei  sopravviventi  di  quel  famoso  mo- 
vimento  religiose.  D'altra  parte  la  salute  di  Sua  Eminenza  il  Cardi- 
nale  Yaughan  sta  facendo  progressi  soddisfacenti.  Con  tutto  cio  egli 
ha  diretto  ultimamente  una  petizione  alia  Santa  Sede   per   chiedere 


248  CRONACA 

un  Yescovo  ausiliare  e  si  crede  general mente  in  Inghilterra   che  il 
Santo  Padre  scegliera  a  quest' ufficio  Monsig.  Stanley. 

8.  Gli  Ordini  religiosi  espulsi  dalla  Francia  si  sono  cattivati  i 
buoni  ufficii  del  Times  londinese,  in  difesa  di  alcuni  dei  religiosi 
perseguitati.  II  corrispondente  di  Parigi  del  grande  giornale  ha  de- 
nunziato  la  politica  tirannica  del  Governo  francese  nel  persistere  ad 
espellere  i  Passionisti  inglesi  da  Parigi,  ed  i  Benedettini  inglesi  da 
Douay,  ed  insiste  principalmente  che  questi  religiosi  siano  rimbor- 
sati  di  tutti  i  danari  spesi  per  le  loro  fabbriche  ecc.,  rimettendosi  in 
tutto  questo  alia  buona  volonta  delle  autorita  francesi.  Non  &  del  tutto 
impossible  che  il  Governo  inglese.  intervenga  in  questo  caso.  In- 
tanto  le  rivelazioni  del  Times  servirono  ad  accrescere  la  simpatia  del 
popolo  inglese  verso  gli  Ordini  perseguitati. 

&RECIA  (Nostra  Corrispondenza) .  1.  Le  elezioni  politiche  del  30  novembre. 
—  2.  La  loro  importanza.  —  3.  11  nuovo  Gabinetto.  —  4.  Greta  nelle  fu- 
ture elezioni.  —  5.  II  nuovo  Metropolita  di  Atene  Teoclito,  il  Gerarca 
dell'Eilenismo.  Sua  elezione  e  suo  programma. 

1.  II  giorno  30  novembre,  ossia  la  domenica  17  novembre  secondo 
il  Calendario  antico,  restera  memorabile  nei  fasti  della  libera  Grecia, 
per  1'accanimento,  con  cui  vennero  condotte  in  tutto  il  regno  le  ele- 
zioni dei  nuovi  deputati  da  mandarsi  al  Parlamento.  Bisogna  pur  con- 
fessarlo,  la  vittoria  morale  fu  del  partito  dell'opposizione,  capitanato 
dal  iig.  Teodoro  Delijanni,  che  in  molte  province,  ma  specialmente 
nell' Attica,  come  un  torrente  impetuoso  allago  tutti  gli  ufficii  elet- 
torali  e  trascino  via  quanto  v'era  di  piu  rispettabile  e  di  piu  saldo  nei 
partiti  politici  delle  antiche  Camere,  banchieri,  industriali,  deputati 
e  ministri.  E  la  seconda  volta,  cred'io,  dacche  la  Grecia  e  un  regno 
greco,  che  Atene  abbia  potuto  mostrare  una  unione  cosi  forte  e  cosi  com- 
patta  da  gittare  a  terra  tutti  i  partiti  e  far  trionfare  all'uDanimita  tredici 
candidati  presentatisi  sotto  la  bandiera  dell'opposizione  delijannista. 

Tale  fanatismo  non  fu  pero  generale;  nelle  province  la  lotta  fu 
piu  persistente  e  gli  altri  partiti  furono  si  superati,  ma  non  dispersi 
come  in  Atene  e  nel  Pireo,  e  le  nostre  previsioni  di  ottobre  non  sono  an- 
date  fallite.  II  sig.  Teodoro  Delijanni,  dicevamo  noi  nel  1°  fascicolo  di 
ottobre,  raccoglie  le  maggiori  simpatie  della  Grecia  di  oggi,  sicuro 
pero  di  perdere  quelle  della  Grecia  di  domani  appena  sara  eletto.  La 
prima  parte  e  gia  avverata,  ma  con  quanta  fatica  e  con  quale  profu- 
sione  di  danaro  !  Le  elezioni  del  30  novembre  hanno  mostrato,  secondo 
i  giornali  del  partito,  che  il  popolo  ellenico  ha  il  sentimento  della 
propria  grandezza  riposta  tutta  nella  Costituzione ;  rigettando  vecchi 
ministri  e  ligii  deputati,  esso  ha  voluto  dar  ad  intendere  che  non  pre- 
tende  punto  che  ai  minister!  mutino  le  persone,  ma  sibbene  i  sistemi 


CONTEMPORANEA  249 

di  governo.  A  questo  popolo  troppo  soggetto  alle  crisi  nervose,  si  era 
detto  :  «  Popolo  corri  alle  urne  e  da  un  calcio  ai  minister!  della  Corona  : 
sbaraglia  i  traduttori  del  Vangelo,  e  addita  un  ministero  estratto  dalle 
tue  stesse  viscere,  un  ministero  che  neanche  da  lontano  senta  il  grave 
odore  del  grasso  fumo  delle  cucine  reali  !  !  (sic).  £  sia  purquestala 
piu  splendida  delle  tue  vittorie.  »  E  questo  popolo  ha  ubbidito  e  ha 
rinnegato  e  cacciati  i  ministeri  Zaimi  e  Teotochi,  perche  bazzicavano 
alle  cucine  della  Corte  (sic).  II  sig.  Delijanni  e  stato  portato  in  trionfo 
dalla  sua  abitazione  al  Palazzo  reale  :  prima  pero  di  essere  chia- 
mato  a  Corte  ha  dovuto  fare  il  collo  lungo,  perche  Sua  Maesta  nel 
vedere  le  incerte  oscillazioni  delle  urne,  avea  invitato  per  formare  il 
nuovo  ministero  il  Presidente  dell'Areopago,  e  solamente  dopo  il 
rifiuto  di  questo,  S.  Maesta  incarico  il  sig.  Delijanni  della  forma- 
zione  del  Gabinetto.  II  gentilissimo  vegliardo  corse  alia  Corte  come 
un  bel  giovane  in  sul  vigor  dell'eta,  con  un  grosso  garofano  alia  bot- 
toniera,  e  dopo  un  breve  colloquio  col  Ee  Giorgio,  che  di  necessita 
avea  fatto  virtu,  se  ne  ritorno  primo  Ministro  del  regno.  Ma  fu  vero 
trionfo  elettorale  quello  del  sig.  Teodoro?  La  maggioranza  ch'egli  rac- 
colse  nelle  province  non  e  proprio  splendida,  i  piu  valenti  campioni 
del  suo  partito  restarono  vinti,  talchS  il  principe  dei  giornali  umoristi 
il  Pw[JtY]6?,  pote  far  dire  con  tutta  verita  al  sig.  Delijanni  : 

oag  cpatvsxai  xai  TOUTO;....  VIXTJTYJS  xai 
va  xspSioa),  xi'evroaooTtp  vd  Xoyi£u)[iat, 


Da  una  parte  una  maggioranza  o  dubbia  o  debole,  dall'altra  1'allon- 
tanamento  di  molti  suoi  fidi  dalla  Camera,  lo  fan  davvero  mettere  in 
pensiero  se  alia  fin  fine  si  dee  considerare  come  vincitore  o  come  vinto. 

2.  E  qual  vantaggio,  chiediam  noi,  potra  venire  alia  Grecia  da  un 
Governo  che  appena  potrassi  tenere  in  piedi?  II  programma  del  sig.  De- 
lijanni, pur  volendo  sentirla  con  certi  giornali  francesi,  e  vasto,  e  pa- 
triottico,  e  nel  suo  complesso  ben  appropriate  alle  circostanze  present! 
del  paese  ;  ma  come  lo  mettera  in  azione  con  una  maggioranza  sin 
adesso  microscopica?  Pensera  egli  a  fare  qualche  economia?  In  verita 
e  questa  forse  una  virtu  propria  del  nuovo  Capo  del  Governo:  ma 
mettendo  i  suoi  amici  alia  dieta  e  i  suoi  nemici  al  digiuno,  egli  pud 
esser  certo  che  avra  in  breve  il  suo  passaporto.  Yolgera  egli  i  suoi 
sguardi  e  le  sue  cure  all'esercito  e  all'armata?  L'occasione  $  gia 
bella  e  tutta  pronta,  la  Macedonia,  la  quale  minaccia  di  diventar 
bulgara  :  ed  eccoti  i  pericoli  d'una  terza  spedizione  militare  che  com- 
pira  1'indebolimento,  morale  e  materiale,  del  regno.  Nei  momenti 
di  crisi  in  una  nazione  qualunque,  1'unione  delle  forze  e  il  principale 
di  tutti  i  fattori  :  la  Grecia  si  trova  in  eircostanze  di  vera  crisi,  eco- 
nomica  e  militare,  e  i  partiti  invece  di  unirsi  si  suddividono,  in  luogo 


250  CRONACA 

di  fortificarsi  si  distruggono.  Yerso  il  20  gennaio  alia  greca,  la  Ca- 
mera del  deputati  scegliera  il  suo  Presidente,  e  in  quella  scelta  si 
potra  riconoscere  laforzanumerica  devota  al  Governo.  Sopra  236membri 
del  Parlamento  il  sig.  Delijanni,  &  ancora  cosa  molto  dubbia,  che  si  a  arri- 
vato  ad  averne  150.  Le  porte  della  Camera  ellenica  si  schiuderanno 
il  9  dicembre ;  i  due  parti ti  si  troveranno  in  faccia  e  si  prepareranno 
al  colpo  di  grazia  pel  voto  di  fiducia,  nella  scelta  del  Presidente.  Se- 
condo  ogni  esatta  regola  di  argomentaie  non  e  improbabile  che  il 
nuovo  Ministero  debba  dimettersi,  e  la  sua  caduta,  ove  avvenisse,  por- 
tera  seco  lo  scioglimento  del  Parlamento. 

3.  II  Presidente  dei  ministri  sig.  Delijanni  ha  dovuto  sbracciarsi 
per  costituire  un  gabinetto  tale  da  resistere  ai  nemici  e  da   conten- 
tare  gli  amici.  Come  sempre,  le  pretese  ai  vari  portafogli  erano  molte, 
e  non  era  possibile  soddisfarle  tutte :  egli  se  la  cavo  come  meglio  pote, 
lasciando  per  prudenza  due  portafogli  in  aria,  in  attesa  di  chi  li  rac- 
cogliesse  :  cosi  il  nuovo  gabinetto   venne  formato  come  segue  : 

1.  Sig.  Teodoro  Delijanni  Preside  ate  del  Consiglio  dei  ministri,  col 
portafoglio  del  Tesoro,  e  ad  interim  Ministro  della  giustizia;  2.  Sig.  CM- 
riaculis  Mauromicalis  al  Ministero  deH'mterno ;  3.  Sig.  Alessandro  Scu- 
zes  Ministro  degli  Esteri ;  4.  Sig.  Alessandro  Roma  Ministro  dei  Culti 
e  della  pubblica  istruzione  ;  5.  Sig.  Teodoro  Limpritis  al  portafoglio 
della  guerra,  e  pel  momento  anche  a  quello  della  marina. 

II  banchetto  &  dunque  bello  e  bene  in  assetto  e  servito  secondo  il 
desiderio  del  sig.  Teodoro  e  de'suoi :  tra  poco  vedrerno  se  la  Grecia  ne 
uscira  piu  grassa  oppure  piu  magra:  MyjSsva  rcp6  TOU  TeXou?  jjuxxapt^s: 
aspettiamo  durque  alle  opere  qual  sara  la  fine  del  nuovo  gabinetto 
Delijanni,  al  quale  auguriamo  lunghi  anni  di  vita,  e  copiosi  frutti 
delle  sue  fatiche  pel  bene  della  Grecia. 

4.  Mentre  che  la  Grecia  a  buon  diritto  si  rallegra  del   colpo  su- 
bito  dalle  bande  rivoluzionarie  bulgare  in  Macedonia,  e  aspetta  tran- 
quilla  che  le  grandi  potenze  esercitino  la  giustizia,  riserbando  anche 
ad  essa   una  parte  qualunque   del  futuro    bottino,   notizie   paurose 
giungono  da  Creta.  In  quella  disgraziata  Isola,  sono  vicine  le  elezioni 
dei  deputati,  e  i  due  partiti   non  c'e  spada  che  non  aguzzino  1'uno 
contro  1'altro.  II  partito  del  sig.Yenizzello,  gia  Consigliere  del  Principe, 
ingrossa  sempre  piu,  facendo  proseliti  in  tutte  le  province  ;  cio  che  os- 
servano  con  dispetto  i  signori  del  Governo,  e  mettono  in  campo  tutti 
i  loro  stratagemmi,  per  rallentarne  il  corso  progressivo.  E  pero  1'agi- 
tazione  e  oggi  assai  grande  e  minaccia  gravi  disordini.  Aggiunge  poi 
fuoco  alia  legna  gia  pronta  1'accusa   che  il  Yenizzello  ha  intentata 
contro  alcuni  membri  del  governo  locale,  dichiarandoli  autori  di  nera 
calunnia  contro  la  sua  persona,  cui  incolpano  di  non  essere  favorevole 
all'  unione  di  Creta  colla  madre  patria,  la  Grecia.  In  questa  accusa 


CONTEMPORANEA  251 

si  propone  di  dimostrare,  che  i  present!  consiglieri  del  Principe  sono 
precisamente  quelli  che  combattono  contro  P  unione,  per  mero  loro 
interesse  personale,  temendo  di  ricadere  nella  primiera  loro  oscurita. 

Simile  accusa  ha  prodotto  gia  negli  animi  dei  Cretesi  una  terri- 
bile  sorpresa  :  essa  mettera  a  luce  molti  e  gravi  scandali  sin  ad  oggi 
tenuti  gelosamente  nascosti.  Intanto  gli  animi  si  riscaldano  sempre 
piu,  e  i  reali  carabinieri  italiani  possono  tenersi  pronti  ad  esercitare 
tutta  la  loro  provata  abilita  pel  giorno  delle  elezioni. 

E  pero  generale  la  persuasione  che  nelle  prossime  elezioni  riu- 
scirail  parti  to  dell'antico  consigliere  del  Principe  sig.  Venizzello,  poi- 
che  il  popolo,  a  forza  di  sentirselo  gridare  all'orecchio,  ha  finite  col 
credere  che  realmente  i  consiglieri  governativi  di  oggi  son  appunto 
quelli  che  sottomano  si  oppongono  all'unione  dell'Isola  colla  Grecia. 

E  un  fatto  in  verita  strano,  che  appena  uno  e  consigliere  dei  Prin- 
cipe e  membro  del  Governo,  cade  subito  in  sospetto  di  non  volere  piu 
P  unione,  per  la  quale  si  e  gia  sparse  tanto  sangue.  Questi  signori 
pare  che  applichino  molto  a  proposito  il  gran  principio :  «  Melior  est 
conditio  possidentis  > . 

4.  II  lunedi  17  novembre,  che  corrisponde  al  4  del  recchio  calen- 
dario,  alia  chetichella  e  senza  che  il  pubblico  lo  sospettasse  punto 
ebbe  luogo  in  Atene  la  elezione  del  Metropolita.  Era  il  giorno  della 
inaugurazione  della  nuova  sessione  della  Sacra  Sinodo ;  tutti  i  mem- 
bri  di  essa  erano  riuniti  nel  Palazzo  metropolitan,  e  secondo  il  co- 
stume, erano  pure  presenti  il  Ministro  della  Pubblica  Istruzione  si- 
gnor  Monferrato,  e  il  Procuratore  Eegio  signor  Colliva.  Dopo  le 
preghiere  di  uso,  il  Presidente  della  Siaodo  Illmo  Mons.  Teoclito, 
arcivescovo  di  Sparta,  arringo  i  suoi  colleghi,  raccomandando  loro  di 
adoperarsi  in  questa  sessione  sinodale  con  tutte  le  forze  per  la  ri- 
forma  del  Clero,  caduto  gia  in  condizioni  assai  deplorevoli.  Dopo  di 
lui  parlo  il  sig.  Ministro  ripetendo  le  stesse  raccomandazioni,  e  ag- 
giungendo  del  suo  la  necessita  che  vi  &  di  riformare  anche  i  mona- 
steri,  le  ricche  sostanze  dei  quali  vanno  ad  arricchire  i  familiari  dei 
direttori  di  essi  e  dei  loro  amici.  In  fine  prese  la  parola  il  Procura- 
tore regio,  confermando  anch'egli  il  gran  bisogno  che  vi  $  di  occu- 
parsi  di  queste  riforme,  quindi  tutto  all' impensata  raccomandd  agli 
illmi  sinodali,  di  occuparsi  al  piu  presto  della  elezione  del  candi- 
date alia  Sede  metropolitana  di  Atene,  restata  vuota  dopo  la  ben  nota 
dimissione  del  fu  Mons.  Procopio. 

Dietro  questa  inattesa  raccomandazione  del  R.°  Commissario  i 
rmi  sinodali  si  ritirano  in  luogo  appartato  per  decidere  sul  da  fare : 
ma  non  si  dovette  molto  aspettare,  dacche  senza  discussioni  e  senza 
contrasti,  come  se  gia  il  candidate  fosse  stato  designate  prima  di  co- 
mune  accordo,  Pelezione  fu  fatta  in  un  batter  d'occhio,  e  al  loro  ri- 


252  CRONACA 

torno  in  pubblica  adunanza  annunziarono  Mons.  Teoclito,  arcivescovo 
di  Sparta,  eletto  Metropolita  di  Atene.  Non  isfuggira  certamente  a  nes- 
suno  la  prudenza  che  dettd  questo  colpo  di  scena  cosi  inaspettato  in 
un  momento  in  cui  la  tensions  dei  partiti  avrebbe  potuto  creare  gra- 
vissime  difficolta  al  Governo.  La  elezione  pero,  qualunque  siano  stati 
i  criterii  che  1'  haa  dettata,  non  potea  cadere  sopra  un  capo  piu  me- 
ritevole.  Mons.  Teoclito  Minopulos  e  una  delle  migliori  illustrazioni 
della  Chiesa  greca.  Egli  entro  in  questa  carriera  sin  dai  suoi  piu  gio- 
vani  anni :  finiti  i  corsi  di  lettere  umane,  comincio  i  suoi  studii  teo- 
logici  nella  Universita  di  Atene,  e  ando  a  perfezionarsi  in  Germania, 
dove  resto  per  ben  sette  anni.  Ritornato  in  patria  fu  preposto  al  se- 
minario  di  Tripoli  coll' incarico  di  leggervi  teologia.  Nel  1892  venne 
create  areivescovo  di  Sparta,  donde  oggi  e  alzato  all'onore  di  Metro- 
polita di  Atene  e  Capo  della  Chiesa  greca.  Mons.  Teoclito  Minopulos 
$  in  sui  cinquanta  anni  di  eta,  di  corpo  ben  formato,  di  spirito  colto, 
d'animo  piuttosto  conciliative  e  zelante  pel  bene  del  suo  gregge.  In 
lui  il  sentimento  della  sua  posizione  e  forse  un  poco  al  di  la  della  realta: 
aecondo  lui  il  Metropolita  di  Atene  e  il  Gerarca  dell'  Ellenismo.  L'  idea 
e  nuova,  e,  se  il  prelato  1'  ha  espressa,  coin'e  da  credere,  con  conoscenza 
di  causa,  essa  vorrebbe  dire  molte  cose.  Infatti  egli  la  sviluppa  dicendo 
che  il  Patriarca  di  Costantinopoli,  per  grande  sventura  della  Chiesa,  non 
puo  avere  la  liberta  di  azione,  della  quale  gode  il  Metropolita  di  Atene, 
questi  percio  dovra  tenersi  in  relazione  non  interrotta  coi  diversi  centri 
delle  Chiese  acefale,  e  conoscerne  tutti  i'bisogni.  Ma  perche?  E  questo 
perch.5  che  il  prelato  non  dice  chiaramente,  contentandosi  di  affermare 
che  cio  sarebbe,  a  parer  suo,  uno  dei  piu  importanti  doveri  dell' Arcive- 
scovo Metropolita  di  Atene  e  dei  migliori  servigi  che  si  possano  ren- 
dere  tanto  al  Patriarcato,  quanto  alia  Chiesa  ellenica  e  all'  Ellenismo 
in  generale.  In  verita  da  tutte  queste  parole  non  ispicca  evidente  il 
pereh&  di  quell 'asserzione,  che  cioe  il  Metropolita  di  Atene  e  il  Ge- 
rarca dell'  Ellenismo,  e  non  piu  semplicemente  uno  dei  Gerarchi  el- 
leni.  Per  chi  prendesse  alia  lettera  1'espressione  dell'Illmo  Monsignor 
Teoclito,  essa  direbbe  che  il  Metropolita  di  Atene  appartiene  a  tutta 
la  Chiesa  greca,  che  la  sua  posizione  nella  libera  Grecia  essendo  mi- 
gliore  di  quella  del  Patriarcato  del  Fanar,  la  sua  influenza  dovra  es- 
sere  considerata  come  preponderante,  e  forse  forse  siccome  la  Grecia 
redenta  e  il  centro  verso  cui  tende  tutto  1' Ellenismo  in  fatto  di  au- 
torita  e  di  vita  nazionale,  cosi  dovra  pur  esserlo  in  fatto  di  vita  re- 
ligiosa.  Non  sappiamo  se  il  nuovo  Metropolita  di  Atene  ha  inteso  dare 
tutta  questa  estensione   alle  sue  parole :   il  fatto  e  che,  se  esse  non 
dicono  questo,  non  dicono  proprio  nulla.  Intanto  il  medesimo  prelato 
ha  fatto  conoscere  a  tempo  il  suo  programma,  esso  e  quello  che  gli 
§  imposto  dall'opinione  pubblica,  cioe  in  primo  luogo  la  riforma  del 


CONTEMPORANEA  253 

clero  per  mezzo  dell'  istruzione,  di  cui  oggi  difetta  d'una  maniera 
troppo  evidente.  Dopo  1'educazione  letteraria  e  scientifica  del  clero, 
verra  nel  desiderio  del  prelato  1' innalzamento  morale  del  suo  carat- 
tere,  togliendolo  alia  miseria  pecuniaria  che  lo  rende  spregevole  agli 
occhi  del  pubblico,  perche  1'obbliga  a  servirsi  di  tutti  i  mezzi  per 
dar  del  pane  al]a  sua  famiglia.  Quindi  la  creazione  di  una  Cassa  pel 
culto  onde  provvedere  ai  bisogni  del  clero.  II  danaro  per  riempire 
questa  Cassa  si  prenderebbe  dai  beni  dei  conventi,  dai  guadagni  che 
si  ricavano  nel  consumo  della  cera,  dalla  generosita  dei  parrocchiani 
«  da  tante  altre  sorgenti  che  mano  mano  verrebbero  a  scoprirsi.  Tutti 
questi  pii  desiderii  di  generale  riforma  del  clero  sono  stati  gia  messi 
in  mostra  altra  volta,  ma  senza  nessunissimo  effetto.  Ci  auguriamo 
che  Mons.  Teoclito  in  questa  impresa  sia  per  essere  piu  fortunato 
dei  suoi  antecessori  1. 

1  Per  mancanza  di  spazio,  daremo   la   continuazione  di  questa  corri- 
apondenza  nel  prossimo  quaderno. 

N.  d.  R. 


OPERE  PERVENUTE  ALL  A  DIRE Zl ONE 


A  I'assaut  des  Ecoles.  Lille,  Soc.  St-Augustin,  1902,  8°,  144  p.  Fr.  1. 
Baltus  E.  Le  cerveau  (Science  et  Religion,  215).  Paris,  Blond,  1903, 
16°,  64  p.  Cent.  60. 

—  Le  systeme  nerveux  et  les  organes  des  sens.  (Science  et  Religion,  213, 
214)  Paris,  Blond,  1903,  16°,  64,  64  p.  Cent.  60  ciascuno. 

Baudrillart  A.  Le  Catacombes  de  Rome.  Histoire  et  description  d'apres 
les  documents  les  pins  recents.  (Science  et  Religion  219,  220).  Paris, 
Blond,  1903,  16°,  64;  64  p.  Cent.  60  ciascnn  fascicolo. 

Bertrand  I.  La  franc-magonnerie  secte  juive.  Ses  origines,  son  esprit 
-et  le  but  qu'elle  poursuit.  (Science  et  Religion,  237).  Paris,  Blond,  1903, 
16°,  64  p.  Cent.  60. 

Besse  0.  S.  B.  Les  Moines  de  I'Afrique  romaine.  (IV6  et  Ve  siecle). 
(Science  et  Religion.  201.  202).  Paris,  Blond,  16°,  64;  64  p.  Cent.  60  cia- 
scuno. 

—  Les  Btnedictins  en  France.  (Science  et  Religion,  228).  Paris,  Blond, 
1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Beurlier  E.  E.  Kant.  (Science  et  Religion,  n°  236).  Paris,  Blond,  1903, 
16°,  64  p.  Cent.  60. 

Brou  A.  La  Compagnie  de  Jesus.  (Science  et  Religion,  227).  Paris, 
Blond,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

1  Non  essendo  possibile  dar  conto  delle  molte  opere,  che  ci  vengono  inviate.  con  quell* 
Bollecitudine  che  si  vorrebbe  dagli  egregi  Autori  e  da  noi,  ne  diamo  intanto  un  annunzio 
sommario  che  non  importa  alcun  giadizio,  riserbandoci  di  tornarvi  sopra  a  seconda  dell'op- 
fortunita  e  dello  spazio  concesso  nel  periodioo. 


254  OPERE 

Brugerette  J.  Si  toutes  les  Religions  se  valent  ?  (Science  et  Religion. 
235).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent,  60. 

Canet  La  liberte  depenser  et  la  libre  pensee.  (Science  et  Religion,  217). 
Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Cappellazzi  A.,  sac.  La  dettrina  di  S.  Tommaso  nella  sociologia  mo- 
derna.  Piccolo  studio.  Bitonto,  tip.  Vescovile,  1902,  8°,  186  p. 

Chabot  A.  La  Mortification  chretienne  et  la  vie.  (Science  et  Religion, 
231).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Cronzil  L.  Les  Traitements  EccUsiastiques.  (Science  et  Religion,  207). 
•Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Espana  y  America.  Revista  quincenal,  publicada  por  los  PP.  Agu- 
stinos.  Madrid,  imp.  del  Asilo  de  Huerfanos  del  S.  C.  de  J.  Ano  I.  n°  1. 
Prezzo  di  Associazione  per  un  anno.  Pesetas  20. 

Contemito  :  I.  Nuestro  programa.  —  II.  Una  Enciclica  y  un  libro... 
P.  P.  Rodriguez.  —  III.  El  Exmo  Sr.  Obispo  de  Madrid- Alcala.  —  IV.  Ci- 
vilizadores  modernistas.  P.  E.  Zamora.  —  V.  El  Concordato  en  peligro. 
P.  B.  Martinez.  —  VII.  El  arbor  del  paraiso.  P.  J.  Delgado.  —  VIII.  Gustave. 
P.  G.  Blanco.  —  IX.  Derecho.  P.  P.  Rodriguez.  —  X.  Misiones  de  China.  — 
XI.  Cartas  de  China.  XII.  Cronica. 

Fraknoi  W.  Titular-Bischof.  Papst  Innocenz  XI  (Benedikt  Odescal- 
chi)  und  Ungarns  Befreiung  von  der  Tilrkenherrschaft.  Aus  dem  Un- 
garischen  libersetztvon  DR.  PETER  JEKEL.  Freiburg  i.  Br.,  Herder,  1902, 
8°,  VIII-288  p.  M.  4,50. 

Gennari  C.  card.  Delia  nuova  disciplina  sulla  proibizione  e  sulla 
censura  de'  libri,  ovvero  la  Costituzione  «  Omciorum  »  brevemente  com- 
mentata.  3a  ed.  con  giunte  e  correzioni.  Roma,  Cooper,  poligr.,  1903, 
8°,  128  p.  L.  1,25.  Cfr.  presente  quad,  a  pag.  211. 

Germain  A.  L' influence  de  St-Francois  d'Assisesur  la  civilisation  et 
les  arts  (Science  et  Religion.  216).  Paris,  Bloud,  1903,  16«,  64  p.  Cent.  60. 

—  L 'art  chretien  en  France  des  origines  au  XVI  siecle  (Science  et  Re- 
ligion. 234).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Gondal  I.  L.  Philosophic  de  lapriere  (Science  et  Religion.  226).  Paris, 
Blond,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Helot  Ch.  L'Hypnose  chez  les  possedes.  (Science  et  Religion.  204, 
205).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  64  p.  Cent.  60  ciascuno. 

Ignatii  et  Polycarpi  epistolae  II.  Edid.  I.  VIZZINI  (BiU.  SS.  PP.  Se- 
ries la,  vol.  2).  Romae  Forzani,  1902,  8°,  268  p. 

Laxenaire  J.  Les  Elus  dans  VEglise  et  hors  de  VEglise.  (Science  et 
Religion.  232).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Lemaire  R.  Mariage  civil  et  divorce,  deux  elements  de  ruine  sociale. 
Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Mention  L.  Documents  relatifs  aux  rapports  du  Clerge  avec  la  Royaute 
de  1682  a  1705.  8°,  VI,  188  p.  —  idem.,  de  1705,  a  1789  8°,  272  p.  (Col- 
lection de  Textes).  Paris,  Picard,  1893-1903. 

Moscato  G.  B.  Cronaca  dei  Musulmani  in  Calabria.  S.  Lucido, 
G.  Moscato,  1902,  8°,  114  p. 

Moussard.  Apologie  du  Culte  catholique.  (Science  et]  Religion.  211). 
Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Pisani  P.  Les  missions  protestantes  a  la  fin  du  XIXe  siecle.  (Science 
et  Religion.  221).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 


PERVENUTE   ALLA  DIREZIONE  255 

Q.  S.  Florentis  Tertulliani  adversus  Marcionem  (Lib.  IV)  ed.  Viz- 
ZINI  (BiU.  SS.  PP.  Series  3a,  vol.  4).  Romae,  Forzani,  1902,  8°,  p.  203-408. 

Rubac  du  Merac  H.  Premiers  principes  d'economie  so<dale.  (Science 
et  Religion.  206).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Salomon  M.  H.  Taine.  (Science  et  Religion.  210).  Paris,  Bloud,  1903, 
16°,  64  p.  Cent.  60. 

Saubin  A.  Symbolisme  du  culte  catholique.  (Science  et  Religion.  212). 
Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Schell  H.  Christus.  Das  Evangelium  und  seine  weltgeschichtliclie  Be- 
deutung  (Weltgesch.  in  farakterb.').  -Mainz,  Kirchheim,  1902,  8°,  156  p. 
Mit  Buchschmuck  und  90  Abbildungen.  M.  4. 

Sepet  M.  Le  drame  religieux  au  moyen-dge  (Science  et  Religion.  230). 
Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Vacandard  E.  La  Penitence  publique  dans  I' Eglise  primitive.  Paris, 
Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

—  La  Confession  sacramentelle  dans  V Eglise  primitive.  2*nae  ed.  (Science 
et  Religion.  223,  224).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Vives  J.  C.  card.  Expositio  in  Orationem  Dominicam  iuxta  Tradi- 
tionem  Patristicam  et  Thtologicam  cum  appendice  CXXX  exposit.  total, 
et  XLI  partialium  Romae,  typis  Artif.  a  S.  losepho,  1903,  8°,  842  p. 

Zarbarini  G.  F.  H  ill  delta  Diocleide  con  introduzione  ed  appendici. 
Spalato,  G.  Laghi,  1902,  8°,  88  p. 

Altre  pubblicazioni  pervenute:  Varieta.  —  ALGUE  J.  S.  I.  Ground  tempe- 
rature observation  at  Manila.  1896-1902.  Manila,  Bureau  of  Public  Printing,  1902, 
8°,  16  p.  —  BALLERINI  Gr.  Matrimonio  e  divorzio,  a  proposito  dell'attuale  pro- 
getto  ministeriale^Pavia,  Fusi,  1902,  16°,  60  p.  Cent.  10.  —  CATJSER1E  DU 
DIMANCHE.  L'Eglise  a-t-elle  change  ?  Paris,  Bonne  Presse,  8°,  350  p.  con 
illustrazioni.  Fr.  1,55."—  FERD1NANDO  (P.)  DA  PESARO  O.  M.  II  Divorzio. 
Castelplanio,  Romagnoli,  1902, 16%  50  p.  —  HEIGL  G.  O.  S.  B.  Wort  Jesu  an  Ma- 
ria zu  Kana :  «  Quid  mihi  et  tibi  est  Mulier  ?  »  (loann.  II.  4).  Nach  der  Vul- 
gata  und  nach  dem  griechischen  Texte  iibersetzt  und  erlautert  (Estr.  Studien 

u.  Mitth.  aus  dem  Benedictiner-und  dem  Cisterc.-Orden)  Briinn,  1901.  8°.  20  p. 

ISOLA  S.  G.  Ad  Augusto  Conti  net  suo  ottantesimo  natalizio.  Genova,  Carlini, 
1902,  8°,  10  p.  —  LAGO  GONZALEZ  M.  El  renacimiento  de  la  Escoldstica  en 
Espana.  Discurso.  Lugo,  Castro,  1902,  8°,  32  p.  —  NANNINI  F.  can.  H  fine 
del  cherico  in  tutti  i  suoi  studi.  Lucca,  Baroni,  1902,  8°,  36  p.  —  SADERRA 
MASO  S.  I.  Report  on  the  seismic  and  volcanic  centers  of  the  philippine  Archi- 
pelago. Manila,  Bureau  of  Public  Printing,  1902,  8°,  26  p.  —  WORDS  AND 
THINGS.  «  The  Century  »  Edinburgh,  Clarke,  8°,  94  p.  —  FORMOSA  I.  ca- 
nonico.  Dei  libri  corali  antichi  del  Duomo  di  8.  Giovanni  di  Malta.  Osservazioni 
e  ricerche  gia  edite  nell'«  Eco  di  Nazareth  ».  Malta,  Busuttil,  1902,  8°,  36  p.  — 
FORNARI  G.  Suite  razioni  alimentari  distribute  nelle  cucine  economiche  di  Roma. 
Note.  Roma,  Cuggiani,  1902,  8°,  16  p.  —  GIOBBIO  A.,  mons.  Disposizioni  sid- 
I'ordinamento  delta  faimglia.  Roma,  Pustet,  1903,  24°,  30  p.  —  Detto.  II  divorzio 
(Estr.  Scuola  cattolica  di  Milano).  Monza,  Artigianelli,  1902,  8°,  72  p.  —  H.  G. 
Le  Kulturkampf,  ou  les  Evolutions  du  Protestantisme  politique.  Paris,  Pochy, 
1902,  16°,  40  p.  —  MARGIOTTA  Zema  L.  Quaestiones  canonico-liturgicae  de  se- 
pultura  ecdesiastica.  Regii  Julii,  Morello,  1902,  8°,  64  p.  —  MELATA  B.  mon- 
signore.  De  Cardinali  protectore  (Ex  Bibl.  R.  E.  Analecta  ecdesiastica,  n.  17). 
Romae,  apud  Editorem,  1902,  8°,  62  p.  —  SURBLED.  Les  lobes  frontaux  du 
cerveau  (Extr.  de  la  Science  Cathol.  oct.,  1902).  Arras,  Sueur  ChaiTiiey,  8*,  12  p. 

Atti  della  S.  Sede  e  dell'Episcopato.  —  LETTERA  ENCICLICA  del  SS.  S. 
N.  Leone  per  D.  P.  Papa  XIII  ai  Vescovi  d'  Italia.  Roma,  Vaticana,  1902, 


256  OPERE   PERVENUTE   ALLA   DIREZIONE 

18  p.  —  FERRARI  A.,  card.  Jerusalem.  Lettera  alia  sua  diocesi.  Milano,  S.  Giu- 
seppe, 1902,  8°,  80  p.  —  MARAXGONI  L.,  mons.  rescovo  di  Chioggia.  Rac- 
colta  di  Pastorali,  Omelie  ed  altri  scritti.  Chioggia,  Chiozzotto,  1902,  8°,  380  p. 
L.  4.  -  AECHIEPISCOPUS  ET  EPISCOPL  Provinciae  Eccesiasticae  Ge- 
nuensis  ad  Paroclios  suarum  Dioceseon.  Genuae,  typis.  Archiepiscopalibus,  1902, 
8°,  28  p.  —  LETTERA  PASTORALE  degli  arcivescovi  e  vescovi  della  Toscana 
al  clero  e  al  popolo  della  loro  diocesi.  1902,  Pisa,  Orsolini-Prosperi,  1902,  8°,  48  p. 

Sacra  eloquenza.  —  HEBERT  J.,  O.P.  Premieres  Verites.  Conferences  pre- 
chees  a  Saint-Honore  D'Eylan.  Avent  1901.  Paris,  Bonne  Presse,  16°,  XII- 
180  p.  Fr.  2,60.  —  TIRINZONI  P.,  sac.  Corso  di  discorsi  morali  sui  Vangeli 
delle  demeniche  di  tutto  I' anno.  Chiavaj[,  tip.  chiavarese,  1902,  8°,  292  p.  L.  3,50.. 

Letture  religiose.  —  PODESTA  F.,  can.  N.  f>.  del  Mirteto  in  Ortonovo.  Ge- 
neva, Istituto  Sordo-muti,  1902,  16°,  112  p.  —  II  med.  II  preziosissimo  sangue 
diN.  S.  Gesu  Cristo  in  Sarzana.  Geneva,  id.,  1901,  16°,  180  p. 

Agiografia  e  Bio:rafia.  —  EIJAIST  S.  O.  J.  M.  El  Lirio  Entre  Espinas.  El 
Apdstol  de  Maria  Immacidada  ven.  P.  Juan  Duns  Scoto.  Barcelona.  Cunilli  y 
Sala,  1903,  16°,  328  p.  —  LEDOCHOWSKA  M.  T.  11  card.  Ledochowski.  Remi- 
niscenze  della  Direttrice  generale  del  Sodalizio  di  S.  Pietro  Claver  (Estr.  del- 
1'  «  Eco  dell' Africa  »).  Trento,  Artigianelli,  1902.  8°,  8  p.  —  Memorie  edificanti 
di  Suor  Maria  Benedetta  religiosa  della  Vintazione,  nel  secolo  Giuseppina  Ventu- 
rini.  1871-1000.  Padova,  tip.  Antoniana,  1902,  16°,  108  p.  L.  1. 

Memorie.  —  TURCHETTA  F.,  can.  Elogio  funebre  pronunziato  nei  solenni 
funerali  celebrati  nella  Cattedrale  di  Pontecorvo  il  dl  26  nov.  1902  per  I'Emo  car- 
dinale  Aloisi-Masella,  pro-datario  di  Sua  Santita.  Roma,  tip.  Sociale  1902,  8°, 
24  p. 

Ascetica.  —  ANTONI  S.,  sac.  La  comunioue  quotidiana.  Roma,  Desclee, 
1902,  32°,  136  p.  —  APHORISMI  EUCHARISTICI  id  est  piae  et  sanctae  ce- 
lebrationis  monita  ex  praecipuis  ascetis  collecta  et  illnstrata  opera  JACOBI 
MEULO-HORSTII.  Textum  recensuit  adjectisque  precibus  ante  et  post  Missam 
denuo  ed  J.  A.  KREBS  C.  SS.  R.  Ratisbona'e.  Romae,  Pustet,  1902,  16°,  XVI- 
158  p.  Fr.  1,50.  Rileg.  2,20.  —  DE  F.  V.  L'Apostolat  pres  des  malades  et  des 
mourants.  Pres  des  pecheurs,  pres  des  justes.  Preface  par  le  R.  P.  VAN  DE  BRULE. 
Lille,  Paris,  Desclee,  1903,  24°,  128  p.  L.  1,00.  -  PAOLOJSTI  D.,  sac.  II  ma- 
nuale  dei  devoti  del  SS.  nome  di  Gesu.  Napoli,  D'Auria,  1092,  16°,  112  p.  Cen- 
tesimi  30. 

Letture  ricreative.  —  BELTRAMOLLI  L.  Anime  vaganti.  Romanzo.  To- 
rino, Speirani,  16°,  242  p.  L.  1.  —  CUCINOTTA  S.  Le  vittime.  Messina,  tip. 
S.  Giuseppe,  1903,'  24°,  VI-72  p.  L.  1. 

Poesie.  —  MERCHE  S.  Viole  del  mio  paese.  Versi.  Sassari,  Satta,  1902,. 
16°,  84  p.  —  ZAMPIERI  G.,  can.  Versi  Sacri,  Terni,  tip0  Cooperativa,  1902, 
16°.  34  p. 

Strenne  ed  Almanacchi.  —  ALMANAQUES  DE  LOS  AMIGOS  DEL 
PAPA.  Revista  popular  de  Barcelona.  1903,  lib.  y  tip.  Catolica.  8°,  96  p.  - 
CALENDARIO  per  Tanno  1903.  Ann.  XVII,  Torino,  P.  Marietti,  16-,  66  p. 
—  GALANTUOMO  (II).  Almanacco  per  Tanno  1903.  Strenna  offerta  agli  as- 
sociati  alle  letture  cattoliche  illustrate  da  Q.  PIANA.  Torino.  Lett,  catt.,  1903, 
24°,  160  p.  Cent.  25.'—  LA  COMETA.  Almanacco  pisano  per  1'anno  1903. 
,  Anno  XVI.  Pisa,  Orsolini-Prosperi,  1902,  16°,  96  pag.  —  MAJRSA  O.,  parroco. 
Strenna  del  parroco  ai  suoi  parrocchiani.  Con  illustrazioni  di  E.  CASTELLUCCI, 
anno  VII.  Roma,  Pustet,  1903,  24°,  148  p.  —  STRENNA.  Istituto  fanciulli 
poveri  «  Gatteo  ».  Romagna,  1903,  N.  1,  Gatteo,  24°,  32  p.  -  AGENDA  EC- 
CLESIASTICA  per  I'anno  1903.  Roma,  Pustet,  16a,  L.  1.50.  —  La  Conchiglia 
dell' Adriatico.  Strenna  Anconitana  col  Calendario  pel  1903.  Ancona,  Pucci,  16°, 
160  p.  Cent.  50.  —  STRENNA  NAPOLETANA  1903,  delle  Scuole  cattoliche. 
Anno  X.  Napoli,  Pierro,  1903,  8°,  56  p.  Cent,  40. 


GL' ITALIANI 

NELLA  STATISTICA  DEL  REGICIDIO 


FATTI    E    NOTE 


I. 

L'attentato  alia  vita  di  Re  Leopoldo,  commesso  nello 
scorso  novembre,  a  Bruxelles,  dair  italiano  Rubino  ed  11 
processo  che  se  ne  sta  ora  facendo,  hanno  messo  di  nuovo 
in  campo  il  doloroso  problema,  tante  volte  discusso,  della  fre- 
quenza  della  criminalita  regicida  tra  gente  di  sangue  italiano. 

Certo,  non  puo  negarsi,  noi  italiani  godiamo  all'estero 
su  questo  punto  una  ben  trista  fama.  Si  va  dicendo  e  si 
stampa  pubblicamente  che  dei  regicidii  o  perpetrati  o  tentati 
in  questo  ultimo  secolo,  dal  1801  a  noi,  il  maggior  numero 
fu  opera  feroce  di  mano  italiana.  E  quest 'opinione,  tutt'altro 
che  onorevole  per  noi,  6  dall'estero  passata  in  Italia  dove 
ha  messo  profonde  radici,  inducendo  nei  piu  la  persuasione 
che  veramente  noi  italiani,  non  solo  godiamo  il  primato  nei 
reati  di  sangue  in  genere,  ma  siamo  inclinati  in  modo  parti- 
colare  al  truce  misfatto  di  attentare  alia  vita  dei  Sovrani 
e  Capi  di  Stato. 

E  questa  opinione  non  6  espressa  soltanto  da  alcuni 
scrittori  di  parte  cattolica.  Se  cosl  fosse,  i  liberal!  ben  potreb- 
bero  dire  che  i  pregiudizi  religiosi  e  Vatican eschi  li  muo- 
vono  a  dir  male  della  loro  patria  ed  a  calunniare  i  loro 
fratelli  italiani.  Mai  no.  In  questo  punto  sembrano  tutti  di 
accordo,  giornali  cattolici  e  liberal!,  gente  di  chiesa  e  gente 
di  mondo,  amici  dell'  Italia  ufficiale  e  amici  del  Vaticano, 
scrittori  leggeri  e  pensatori  profondi. 

Ecco  per  esempio,  come  scriveva  il  Giornale  d' Italia- 
dopo  Tattentato  contro  Re  Leopoldo  :  «  E  intanto  il  destino 
ha  voluto  particolarmente  infUggere  a  noi  un  dolore,  fra  i 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1263.  17         27  gennaio  1903. 


258  GL'  1TALIANI 

piii  profondi  ed  acerbi.  Gli  assassin!  non  hanno  patria !  Una 
bella  frase,  una  verita  teorica,  astratta  forse !  Ma  questo 
Rubino  nacque  pure  in  Italia,  parla  pure  il  nostro  linguag- 
gio,  visse  pure  sotto  il  nostro  cielo!...  L'ora  di  toglierci  di 
dosso  questo  odioso  primato,  dobbiamo  noi  essere  i  primi  a 
dirlo,  dobbiamo  essere  noi  quelli  che  lo  diciamo  a  voce  piu 
alta,  &  veramente  giunta.  »  Dunque,  a  persuasione  del  Gior- 
nale  d' Italia,  noi  italiani  abbiamo  il  primato  del  regicidio. 

E  la  Tribuna  del  17  noveinbre  1902,  discorrendo  del 
medesimo  attentato,  asserisce  dolorosamente,  «  che  si  6  con- 
statato  che  la  maggior  parte  degli  anarchici  operanti  (regi- 
cidi)  sono  italiani,  e  che  su  ci6  non  vi  6  pur  troppo  da 
contraddire  ». 

Quest 'Italia  dunque,  terra  della  gentilezza,  6  diventata, 
a  confessione  di  tutti,  un  covo  di  fiere?  questi  Italiani,  nella 
civilta,  nel  bel  costume,  stati  maestri  a  tutto  il  mondo,  sono 
degenerati  dunque  in  un  popolo  di  masnadieri,  di  sanguinarii? 

Ma  hanno  mai  gli  accusatori  involontarii  della  patria 
nostra  studiato  a  fondo  Tatto  di  accusa?  E  egli  vero  che, 
nell' ultimo  secolo,  od  anche  solo  iieir ultimo  scorcio  di  esso, 
il  maggior  numero  dei  regicidii  fu  opera  di  feroce  mano 
italiana  ?  No,  non  6  vero.  E  una  leggenda,  la  quale,  passando 
sfortunatamente  di  bocca  in  bocca,  &  stata  assunta  alia  dignita 
di  storia  incontrastata.  Vediamone  le  prove. 


II. 

La  statistica  che  qui  presentiamo  a'  lettori  6  stata  da  noi, 
con  ogni  possibile  diligenza,  raccolta  da  vane  ed  autorevoli 
fonti.  Ne  indicheremo  alcune  in  nota  !. 

1  Encyclopaedia  Britannica,  Ninth  Edition  e  New  Supplement,  Ar- 
ticoli  storici ;  MEYER'S  Konversations- Lexicon,  5a  ed.  Articolo  Attentat; 
La  Gazzetta  d' Italia  (1881).  II  Memorial  diplomatique.  Le  Cose  italiane 
e  le  Corrispondenze  estere  della  «  Civilta  Cattolica  »  dal  1850  a  noi,  ed 
•altri  libri,  periodic!  e  giornali.  Trattandosi  soltanto  di  regicidii,  non  si 
€  tenuto  conto,  ne  doveva  tenersi,  de'  cosi  detti  assassini  politici  di  mi- 
nistri  di  Stato,  dignitari  della  Corte,  magistrati,  soldati  ecc. 


NELLA   STATIST1CA   DEL   REGICIDIO  259 

Statistica  dei  Regicidii  dall'anno  1801  alTanno  1903. 


a 
1 

2 

Sovrani 
e  Capi  di  Stato 

Stato 

o  ^ 

is  J 

W    0 

»1 

eg 

«• 
as 

a 

Antore 

Nazionalita 

i 

1 

-t 

PAOLO   I 

Russia 

c. 

1801 

congiurati 

russi 

2 

NAPOLEONE  IMP. 

Francia 

A. 

1809 

Stapss 

tedesco 

3 

FERDINANDO  V. 

Ungheria 

A. 

1832 

Reindl 

tedesco 

4 

LUIGI  FILIPPO 

Francia 

A. 

1835 

Fieschi 

corso,  franc. 

5 

n 

» 

A. 

1836 

Alibaud 

francese 

6 

n 

* 

A. 

1836 

Monier 

francese 

7 

„ 

•n 

A. 

1840 

Darnes 

francese 

8 

fl 

it 

A. 

1846 

Lecomte 

francese 

9 

„ 

„ 

A. 

1846 

Henri 

francese 

10 

REGINA  VITTORIA 

Inghilterra 

A. 

1840 

Oxford 

inglese 

11 

n 

, 

A. 

1842 

Francis 

inglese 

12 

FED.  GUGLIELMO  IV 

Prussia 

A. 

1844 

Tis  check 

tedesco 

13 

FRANCESCO  V 

DI  MODENA 

Mo  den  a 

A. 

1848 

Rizzati 

italiano 

14 

PRINCIPE  DI  PRUSSIA 

Prussia 

A. 

1849 

— 

tedesco 

15 

FED.  GUGLIELMO  IV 

n 

A. 

1850 

Sefeloge 

tedesco 

16 

REGINA  ISABELLA 

Spagna 

A. 

1852 

Marines 

spagnuolo 

1? 

NAPOLEONE  PRBS. 

Francia 

A. 

1852 

congiurati 

francesi 

18 

REGINA  VITTORIA 

Inghilterra 

A. 

1852? 

un  ufficiale 

inglese 

19 

FRANCESCO   GIUSEPPE 

Austria 

A. 

1853 

Libenyi 

ungherese 

20 

CARLO  III  DI   PARMA 

Parma 

C. 

1854 

ignoto 

italiano 

21 

NAPOLKONE  III 

Francia 

A. 

1855 

Pianori 

italiano 

22 

Tl 

n 

A. 

1855 

Bellemare 

francese 

23 

REGINA  ISABELLA 

Spagna 

A. 

1856 

Fuontes 

spagnuolo 

24 

FERDINANDO   II 

Napoli 

A. 

1856 

A.    Milano 

italiano 

25 

NAPOLEONE  III 

Francia 

A. 

1858 

Orsini 

italiano 

26 

GUGLIELMO  RE 

Prussia 

A. 

1861 

Oscar  Beckers 

tedesco 

27 

REGINA  AMALIA 

Grecia 

A. 

1861 

Drosios 

greco 

28 

PRES.   LINCOLN 

Stati  Uniti 

c. 

1865 

Booth 

americano 

260 


GL'  ITALIANI 


1 

I 

-« 
S5 

Sovran! 
e  Capi  di  Stato 

Stato 

-1 
e  i 
fi 

*&: 

«i 

^ 

1   2 

03 

O 

Antore 

Nazionalita 

29 

ALESSANDKO  II 

Russia 

A. 

1866 

Karakosoff 

russo 

30 

51 

;? 

A. 

1867 

Berezewdki 

polacco- 
russo 

31 

MlCHELE 

Serbia 

c. 

1868 

Radavanavich 

slavo 

32 
33 

VICERE  D'EGITTO 
NAPOLEONE  HI 

Egitto 
Francia 

A. 
A. 

18&9 
18^ 

congiurati 

egiziano 
francesi 

34 

REGINA  VITTORIA 

Inghilterra 

A. 

1872 

0'  Connor 

irlandeae 

35 

RE  AMEDEO 
DI  SAVCIA 

Spagna 

A. 

1872 

Pastor  y 
Fernandez 

spagnuolo 

36 

PRES.  BALTA 

Peru 

C. 

1872 

insorti  peruv. 

peruviani 

37 

LOR    MAYO,  VICERE 

India  - 

C. 

1872 

indiano 

indiano 

38 

PRES.  BOLIVIA 

Bolivia 

c. 

1872 

la  Faye 

boliviano 

39 

PRES.  GARCIA  MORENO 

Equatore 

c. 

1875 

insorti  equal. 

equatoriani 

40 

ABDUL-AZIS  SULTANO 

Turchia 

c. 

1876 

musulmani 

turchi 

41 

PRES.   GILL 

Paraguay 

c. 

1877 

insorti 

indigeni 

42 

GUGLIELMO    I 

Germania 

A. 

1878 

Hodel 

tedesco 

43 

» 

„ 

A. 

1878 

Nobiling 

tedesco 

44 

ALFONSO  XII 

Spagua 

A. 

1878 

Oliva  y 
Moncasi 

spagnuolo 

45 

UMBERTO 

Italia 

A. 

1878 

Passanante 

italiano 

46 

ALESSANDRO  II 

Russia 

A. 

1879 

Solowieft 

russo 

47 

MILANO 

Serbia 

A. 

1879 

— 

serbo 

48 

ALESSANDRO  II 

Russia 

A. 

1879 

nichilisti 

russi 

49 

RE  E  REG.  DI  SPAGNA 

Spagna 

A. 

1879 

Otero 

spagnuolo 

50 

ALESSANDRO  II 

Russia 

A. 

1880 

nichilisti 

russi 

51 

n 

n 

C. 

1881 

T 

russi 

52 

PRES.    GARFIELD 

Stati  Uniti 

C. 

1881 

Guiteau 

illinoiese 
orig-  franc- 

53 

FRANC.  GIUSEPPE 

Austria 

A. 

1882 

Oberdank 

austriaco 

54 

REGINA  VITTORIA 

Inghilterra 

A. 

1882 

Maclean 

scozzese 

55 

ALESSANDRO  III 

Russia 

A. 

1888 

nichilisti 

russi 

NELLA   STATISTICA  DEL   REGICIDIO 


261 


1 

Sovrani 
e  Gapi  <li  Stato 

Stato 

Regicidio 

Attcntato  o  Consiinmto  | 

efl 
H 

Antore 

Nazionalita 

56 

GuGLIEf.MO    I 

Prussia 

A. 

1893 

— 

tedesco 

57 

PRES.  CARNOT 

Francia 

C. 

1894 

Caserio 

italiano 

58 

REGINA 

Core  a 

C. 

1895 

— 

coreani 

59 

NASSR-ED-DIN 

Persia 

C. 

1896 

Mollah  Reza 

persiano 

GO 

PRES.  FAURE 

Francia 

A. 

1896 

Fran9ois 

fraucese 

61 

UMBER  TO 

Italia 

A. 

1897 

Acciarito 

italiano 

62 

PRES.  FAURE 

Francia 

A. 

1897 

Gallet  (?)          francese 

63 

ELISABETTA 

Austria 

C. 

1898 

Luccheni           italiano 

64 

GIORGIO  I 

Grecia 

A. 

1898 

Carditzi              greco 

65 

PRES.  MORAES  BARROS 

Brasile 

A. 

1898 

Bispo  de  Mello    brasiliano 

66 

MlLANO 

Serbia 

A. 

1899 

Knezevich            serbo 

67 

PRINCIPE  DI  GAJ.LES 

Inghilterra 

A. 

1900 

SiPido            fJH^w. 

68 

UMBERTO 

Italia 

C. 

1900 

Bresci 

italiano 

69 

MuZAFFER-ED-DiN 

Persia 

A. 

1900 

Salson 

francese 

70 

GUGLIELMO    II 

Germania 

A. 

1900 

Schnapka 

tedesca 
d'orig.  polaeca 

71 

PRES.  ALFARO 

Equatore 

A. 

1900 

— 

equatoriano 

72 

PRES.  MAC  KINLEY 

Stati  Uniti 

C. 

1901 

Crolgosz 

polacco 

73 

LEOPOLDO  II 

Belgio 

A. 

1902 

Rubino 

italiano 

III. 

Tal  6  la  statistica.  Studiamola  ora  brevemente  sotto  tutti 
i  suoi  rispetti,  e  vediamo  se  Taccusa  mossa  contro  F  Italia 
trovi  in  essa  il  suo  fondamento ;  se  regga  ad  un  esame  se- 
rio,  spassionato,  scientifico. 

Abbiamo  dunque,  per  gli  anni  1801-1903  un  totale  di 
settantatre  regicidii,  de'  quali  diciotto  furono  consurnati  e 
•cinquantacinque  solamente  attentati. 


262  GL'  1TALIANI 

Ora  de;  consumati  quattro  soltanto  si  debbono  a  sicarii 
italiani :  quello  del  re  Umberto  dal  Bresci,  della  imperatrice 
Elisabetta  dal  Luccheni,  del  presidente  Carnot  dal  Caserio, 
e  del  duca  cli  Parma  da  uno  rimasto  sconosciuto,  ma  che 
si  suppone  essere  stato  italiano.  Gli  altri  quattordid  regi- 
cidii  furono  tutti  consumati  da  assassini  di  altre  nazionalita, 

Parimente  de'  dnquantadnque  regicidii  attentati,  sette 
soltanto  vanno  messi  a  carico  di  italiani ;  mentre  i  francesi 
ne  contano  dodici,  i  tedeschi  died,  i  russi  sei,  gli  spagnuoli 
cinque  e  cosl  di  seguito.  E  si  noti,  che  non  poehi  di  questi 
attentati  furono  opera  non  di  un  solo,  ma  di  parecchi  con- 
giurati  insieme. 

Non  meno  categorica  e  la  statistica  in  cio  che  riguarda 
i  semplici  attentati  contro  la  vita  dei  proprii  sovrani.  Essa 
ricorda  che  quattro  appena  furono,  in  tutto  un  secolo,  sif- 
fatti  attentati  perpetrati  da  italiani,  quelli  cioe  del  Bizzati 
contro  il  Duca  di  Modena,  di  A.  Milano  contro  Ferdinando  II 
di  Napoli,  del  Passanante  e  dell'Acciarito  contro  Umberto  I 
d'  Italia.  Allo  stesso  tempo  pero  essa  ricorda,  che  vi  furono 
ben  undid  simili  attentati  compiuti  da  francesi  contro  i  loro 
reggitori,  otto  da  tedeschi  contro  i  re  di  Prussia  e  gl'imperatori 
di  Germania,  dnque  quelli  di  sudditi  inglesi  contro  la  loro  re- 
gina  Vittoria,  dnque  quelli  di  sudditi  russi  contro  il  loro  Czarr 
ire  di  austro-ungarici  contro  il  loro  irnperatore  e  re,  ecc. 

Ne,  stando  alia  statistica,  pu6  dirsi  che  Tattentare  alia 
vita  di  sovrani  e  capi  di  Sfcato  esteri  sia  quasi  uria  priva- 
tiva  degi  italiani.  La  statistica,  6  vero,  ricorda  che,  in  102 
anni,  si  son  trovati  tre  sciagurati  italiani,  i  quali  hanno  cio 
osato ;  il  Pianori  e  TOrsini  contro  Napoleone  III  e  il  Rubino 
contro  Leopoldo  II.  Essa  ricorda  pure,  che  furono  italiani 
i  due  assassini  del  presidente  Carnot  e  deir imperatrice  Eli- 
sabetta. Ma  la  medesima  statistica  registra  altresi  i  nomi 
del  tedesco  Stapss,  del  francese  Salson,  del  belga  (d'origine 
spagnuolo)  Sipido,  i  quail  attentarono  alia  vita  di  Napoleone  I, 
dello  Shah  di  Persia  e  del  Principe  di  Galles ;  essa  registra 
pure  col  marchio  d'infamia  i  nomi  d'un  Guiteau  d'origine 


NELLA   STAT1STICA   DEL   REGICIDIO  263 

francese  e  di  un  Crolgosz  polacco,  vili    assassin!    de'  presi- 
dent! Gar  field  e  Mac  Kinley  degli  Stati  Uniti. 

IV. 

Da  tutto  cio  appare  chiaro,  che  la  pessiina  pianta  del 
regicidio  non  &  indigena  dell' Italia ;  ma  alligna  da  per  tutto. 
Non  v'ha  infatti  paese  che  non  ne  sia  stato  o  non  ne  sia 
piii  o  meno  funestato.  La  Russia,  per  1'opera  de'  suoi  nu- 
merosi  nichilisti,  per  tanti  anni  congiurati  insieme  contro 
la  vita  del  loro  Czar,  e  quella  che  forse  piu  di  ogni  altro 
Stato  ne  ha  provato  i  perniciosi  eftetti.  Vengono  poi  la  Fran- 
cia,  i  paesi  di  lingua  tedesca,  la  Germania  e  TAustria-Unghe- 
ria,  1' Italia,  la  Spagna,  T  Inghilterra,  1'  Irlanda,  la  Scozia, 
la  Serbia,  il  Belgio,  la  Grecia,  1' India,  la  Persia,  Li  Corea, 
V  Egitto,  la  Turchia,  le  due  Americhe  del  Nord  e  del  Sud. 

Ne  cio  deve  recar  meraviglia ;  poich6  la  micidiale  pianta 
trae  principio  ed  origine  da  un  seme  che  non  e  proprio  di 
questo  o  quel  paese,  di  questo  o  quel  tempo ;  ma  6  comune 
a  tutti  i  paesi  ed  a  tutti  i  tempi.  Tal  e  stata  sempre  ed  e 
la  perversione  morale  deiruomo,  il  quale  abusando  della 
propria  liberta,  accecato  dalle  sue  passioni,  sdegrioso  d'ogni 
freno,  con  empio  ardimento  si  ribella  a  Dio,  alia  natura, 
alia  societa  e  ne  calpesta  tutte  ie  leggi.  L'autorita  potra 
venirgli  in  aiuto,  spingendolo  co'  suoi  divieti  e  con  le  sue 
sanzioni  ad  agire  rettamente  secondo  ragione ;  ma  non  po- 
tra mai  necessitarlo,  n6  impedire  del  tutto  ch'egli  abusi 
delle  sue  facolta  e  rechi  nocumento  a  se  o  ad  altri. 

Che  se,  nel  secolo  test&  decorso,  la  nefasta  pianta  ha  piii 
fortemente  attecchito  in  Italia  e  in  altri  paesi  della  civile 
Europa,  cio  trova  Tovvia  sua  spiegazione  nelle  propizie  con- 
dizioni  del  terreno  in  cui  si  6  svolta.  Oramai  non  pure  T  indi- 
viduo,  ma  lo  Stato  e,  per  opera  delle  sette  spadroneggianti, 
moralmente  pervertito.  Esso  si  6  dichiarato  laico ;  si  e  quindi 
costituito  e  vuole  reggersi  senza  verun  riguardo  a  Dio  ed 
aH'ordine  da  lui  prestabilito.  Cio  ch'esso  vuole  e  cerca  e  la 


264  GL'  ITALIANI 

rovina  degli  ordini  cristiani,  la  ricostituzione  della  society 
sulle  basi  del  naturalismo  pagano.  In  queste  circostanze,, 
quando  cio6  gli  Stati  laicizzati  permettono  tra  le  moltitudini 
la  diffusione  delle  massime  piu  immorali  e  piu  empie;  tol- 
lerano,  se  non  anche  promuovono,  il  pubblico  trionfo  del 
vizio;  escludono  dalle  scuole  Tistruzione  religiosa;  lasciano 
bandire  dalle  cattedre  Tateismo  ed  il  inaterialismo ;  procla- 
mano  che  1'autorita  pubblica  non  riceve  da  Dio  n6  il  prin- 
eipio,  n6  la  maesta,  116  la  forza  di  comandare ;  in  queste 
circostanze,  diciamo,  non  deve  recar  punto  meraviglia  che 
si  moltiplichino,  in  Europa  e  segnatamente  nella  nostra  Italia, 
i  delitti  di  regicidio.  Sarebbe  veramente  da  meravigliare  se 
fosse  altrimenti. 


V. 


Una  terribile  confer  ma  di  tutto  cio  ed  un'altra  utilissima, 
lezione  ci  fornisce  1'anzidata  statistica,  se  si  compari  il  nu- 
mero  de'  regicidii  attentati  o  compiuti  durante  la  prima  rnet& 
del  secolo  scorso  (1801-1850)  con  quello  durante  il  resto  del 
tempo  fino  a  noi  (1850-1902). 

Nel  primo  periodo  si  contano  appena  quindici  regicidii, 
nel  secondo  questo  numero  si  6  presso  che  quadruplicate,  con- 
tandosene  cinquantotto .  Mentre  nel  primo  periodo  si  ebbe  a 
deplorare  un  caso  solo  di  regicidio  consuniato  nella  persona 
dello  Czar  di  Russia,  nel  secondo  se  ne  deplorano  non  meno 
di  diciassette  consumati  nelle  persone  de'  sovrani  e  capi  di 
Stato  della  stessa  Russia,  della  Francia,  deir Austria,  del- 
T  Italia,  degli  Stati  Uniti  ecc. 

E  anche  degno  di  nota  il  fatto,  che  tale  spaventoso  in- 
cremento  e  tutto  proprio  degli  ultimi  anni  di  questo  secondo 
periodo  e  ya  parallelo  all1  incremento,  ne'  varii  Stati,  della 
propaganda  delle  idee  sov^ersive  sopra  accennate. 

Infatti,  ne'  soli  trent'anni  scorsi  dal  1872,  i  regicidii  ri- 
cordati  dalla  Statistica  raggiungono  la  relativamente  enorme 
cifra  di  quaranta,  dei  quali  ben  tredici  furono  i  consumati. 


NELLA   STATISTICS   DEL  REGICIDIO  265 

VI. 

Ne  questo  e  tutto.  La  storia  contemporanea,  non  solo  re- 
gistra  queste  cifre,  ma  ci  rivela  altresi  la  differenza  che 
passa  tra  il  carattere,  per  cosi  dire,  de'  regicidii  de'  tempi 
anteriori  al  nostro,  e  de'  regicidii  moderni.  Quelli,  se  ben 
si  guarda,  si  commettevano,  non  tanto  per  odio  al  principio 
monarchico  o  all'autorita  considerata  in  se  stessa,  quanto 
per  altre  ragioni  speciali,  che  concernevano  la  politica  o  la 
persona,  e  ben  potrebbero  designarsi  col  nome  di  regicidii 
politic!  e  personal!.  Lo  stesso  Orsini,  e.  g.,  si  attento  di  uc- 
-cidere  Napoleone  III,  non  perche  imperatore,  ma  perche  non 
•aveva  attenute  le  promesse  giurate  nella  setta  de'  Carbonari 
in  pro  dell'  Italia. 

De'  regicidii  odierni  non  e  cosi.  Questi  colpiscono  i  so- 
Trani  e  Capi  di  Stato,  unicamente  perch6  tali.  II  principio 
stesso  della  suprema  autorita,  ovunque  ella  si  trovi,  nell'  im- 
pero,  nella  monarchia,  nella  repubblica,  e  quello  che  si  odia. 
Essi  dunque  sono  regicidii  puramente  e  veramente  anarchici. 
II  Passanante  e  il  Bresci,  nelle  loro  deposizioni,  si  protesta- 
rono  espressamente  che  alia  persona  di  Umberto  come  tale 
non  portavano  alcun  odio;  ma  1'autorita  regia  era  quella  che 
in  lui  abborrivano.  La  medesima  cosa  dichiararono  i  tedeschi 
Hodel  e  Nobiling  a  riguardo  dell'  imperatore  Guglielmo,  e  il 
polacco  Crolgosz  a  riguardo  del  presidente  Mac  Kinley. 

L'anarchia  non  si  propone  che  tin  effetto  solo,  quello  di 
sbarazzarsi  col  terrore  del  rappresentante  del  supremo  po- 
tere.  A  lei  nulla  importa  che  questi  sia  Tautocrate  che  su 
tutto  e  su  tutti  impera,  o  il  re  costituzionale  che  regna  ma 
non  governa,  o  il  presidente  della  repubblica  che  mantiene 
e  promuove  le  istituzioni  democratiche,  o  la  povera  donna, 
peregrinante  sola  pel  mondo  nella  speranza  di  dar  tregua 
al  suo  dolore  per  la  trista  morte  deH'unico  suo  figlio,  erede 
al  trono.  Queste  differenze  all'anarchia  non  importano  punto. 
Essa  mira  nelio  stesso  modo  a  colpire  lo  czar  di  Russia,  il 


266  GLJ  1TALIANI 

re  d' Italia,  il  presidente  degii  Stati  Uniti  e  Timperatrice 
d'Austria-Ungheria,  perch6  stoltamente  immagina  che,  riu- 
scendo  a  colpirli,  essa  ottenga  il  suo  fine :  quello  di  disfo- 
gare  il  suo  odio  contro  Fautorita  imperante  e  di  diffondere 
ne'  Capi  di  Stato  lo  spavento  per  la  miiiaccia  della  folia,  di 
quella  folia,  che  la  stessa  Tribuna,  chiama  «  tetra,  affan- 
nata,  perseguitata,  che,  nella  sua  ira  immensa,  farnetica 
oggi  la  distruzione  universale  »  *. 

Questo  6  purtroppo  il  terribile  stato  di  cose  e  di  animi  al 
quale  si  e  giunto,  non   solo   in   Italia,  ma  anche  altrove,  e 
quel  che  6  peggio,  vi  si  e  giunto,    dove   conniventi  e  dove- 
complici  gli  stessi  principi  e  governanti ! 

VII. 

L'asserzione  pertanto,  che  in  Italia  allignano  e  vigoreg- 
giano,  come  in  terreno  proprio,  le  congreghe  anarchiche^ 
vere  fucine  d'  intellettualmente  e  moralmente  pervertiti,, 
presa  nel  suo  senso  ovvio,  6  del  tutto  falsa.  Quelle  congre- 
ghe allignano  e  vigoreggiano  anche  eel  ugualmente  in  ter- 
reno non  italiano,  coni'&  quello  della  Russia,  della  Germa- 
nia,  della  Francia,  del  Belgio ;  allignano  anzi  e  vigoreggiano 
in  alcuni  paesi  esteri  piu  e  meglio  che  non  facciano  in  Italia. 

Su  questo  punto  non  cade  dubbio  di  sorta  alcuna,  risapen- 
dosi  oramai  da  tutti,  che  quegli  sciagurati  e  degeneri  figli 
d'ltalia,  i  quali,  negli  ultimi  anni,  si  resero  rei  di  un  tanto 
delitto,  compirono  la  loro  educazione  anarchica  sotto  altri 
cieli.  II  Rubin o  frequento  le  scuole  anarchiche  di  Londra,  il 
Bresci  quelle  di  Patterson  negli  Stati  Uniti,  il  Luccheni  ed 
il  Caserio  quelle  celeberrime  della  Svizzera.  Nelle  conventi- 
cole,  tenute  in  questi  paesi  esteri,  si  ordirono  le  trame,  si 
designarono  le  vittime,  si  scelsero  gli  esecutori.  Da'  medesimi 
covi,  col]pugnale  appuntato  o  con  la  rivoltella  carica  da 
mano  straniera,  presero  direttamente  le  mosse  il  Rubino  per 
Bruxelles,  il  Bresci  per  Monza,  il  Luccheni  per  Ginevra  e  il 

1  Nel  rmmeroTdel  17  nov.  1902. 


NELLA   STATISTICA   DEL   REGICIDIO  267 

Caserio  per  Lione,  tutti  esecutori  ciechi  e  forsennati  de'  de- 
creti  di  morte,  pronunziati  dalla  infame  setta  internazionale, 
contro  Leopoldo  II  del  Belgio,  Umberto  I  d'ltalia,  Elisabetta 
d' Austria,  Sadi  Carnot  di  Francia. 

Stando  cosi  le  cose,  e  quando  si  considera  die,  dalla  data 
•del  primo  attentato  contro  il  Re  d'ltalia  (1879)  sino  a7  giorni 
nostri,  sopra  un  numero  totale  di  29  regicidii,  non  si  deplo- 
rarono  tra  gl'  italiani  se  non  i  quattro  regicidi  anarchic! 
pur  ora  accennati,  educati  all'estero,  ed  un  solo  tutto  nostro, 
1'Acciarito  di  professione  affumato  l,  stando  cosi  le  cose, 
•diciamo,  si  par  manifesto,  che  la  grave  accusa  mossa  contro 
gl' italiani,  manca  d'ogni  solido  fondamento  storico  e  giuridico. 


VIII. 


Con  questo  pero  non  vogliamo  affatto  assolvere  1' Italia 
ufficiale,  quella  de'  governanti,  clall'obbrobrio  che  giusta- 
mente  le  spetta  per  la  parte  da  essa  avuta  ne'  regicidii  con- 
sumati  o  attentati  da  italiani.  Essa  e,  senza  dubbio,  tenuta 
a  dire  il  mea  culpo,  ed  anche  il  mea  maxima  culpa.  Profes- 
«ando  e  predicando  il  laicisrno  dello  Stato,  essa  ha  private 
la  dignita  del  principe  del  suo  prisco  splendor  e  e  della  sua 
prisca  stabilita ;  Tha  privata  di  quel  carattere  sacro  che  la 
rendeva  veneranda  negli  occhi  della  moltitudina.  Inoltre  con 
Taperta,  violenta  e  costante  violazione  de'  diritti  della  Chiesa 
e  del  Papato,  essa  ha  indotta  nel  volgo  la  falsa  persuasione, 
che  nessun  diritto  e  intangibile ;  poiche  se  il  diritto  piii  an- 
tico,  piu  sacro,  sorretto  da  tutti  i  titoli,  su  cui  puo  fondarsi 
un  diritto,  fu  potuto  impunemente  sacrificare  all'idolo  della 
rivoluzione;  non  si  vede  perche  la  rivoluzione,  nel  suo  pro- 
gredire,  non  possa  esigere,  anche  con  la  violenza,  il  sacri- 
fizio  di  altri  diritti,  sostenuti  da  men  solido  fondamento  ed 
assistiti  da  men  sante  difese. 

*  Cosi  negli  Atti  del  suo  processo.  Cf.  il  nostro  quad,  del  15  mag- 
gio  1897,  pag.  488. 


268  GL'  ITALIANI 

Senza  dubbio,  durante  gli  anni  del  cosl  detto  «  Risorgi- 
mento  » ,  si  6  fatto  un  vuoto  nelle  menti  e  nelle  coscienze  de- 
gl'italiani,  e  un  vuoto  grande.  Le  menti  di  parecchi  sono 
spogliate  delle  grandi  idee  di  Dio,  della  vita  avvenire,  della 
nobilta  delTanima  umana,  de'  precetti  del  decalogo,  della 
fratellanza  cristiana.  Ma  a  chi  deve  imputarsi  un  si  deplo- 
rabile  effetto,  cagione  precipua  della  anarchia  moderna? 
Senza  dubbio  all' Italia  ufficiale,  la  quale  ha  permesso  tra 
le  moltitudini  la  diffusione  delle  massime  piii  empie  ed  im- 
morali,  merc6  la  sfrenata  licenza  di  una  stampa  corrotta  e 
corrompitrice ;  ha  tollerato,  se  non  anche  permesso,  che  si 
insultasse  a  Dio,  alia  Chiesa,  al  Papa,  alia  fede  cattolica ;  ha. 
esclusa  dalle  scuole  secondarie  e  superior!  Tistruzione  reli- 
giosa,  lasciando  anzi  bandire  dalle  cattedre  la  negazione  di 
Dio  e  il  culto  della  materia. 

Senonch6  poco  sarebbe  la  colpa  di  complice,  meritata  dal- 
T  Italia  ufficiale  nel  pervertimento  morale  a  cui  ha  condotto 
il  popolo.  Ess  a  fu  complice  anche  piii  diretta  colla  glorifica- 
zione,  che  fece,  non  pure  delFassassinio  politico  in  genere,. 
ma  proprio  del  regicidio,  di  cui  solo  qui  parliamo.  E  noto,. 
per  esempio,  che,  in  questa  Roma,  sotto  gli  occhi  stessi  del 
Governo,  si  festeggia  ogni  anno  la  memoria  deiraustriaco- 
Guglielmo  Oberdauk,  che  tento  uccidere  Timperatore  Fran- 
cesco Giuseppe,  e  che  in  onore  del  regicida  fu  eretta  ed 
esiste  tuttora  una  lapide  commemorativa  air  Universita  ro- 
mana.  E  parimente  noto,  che  altri  regicidi  in  Italia  sono 
stati  fatti  passare  per  eroi  degni  di  monumenti  e  di  pre- 
mio,  come  Felice  Orsini  ed  Agesilao  Milano,  alia  cui  ma- 
dre  e  sorella  il  Governo  d'  Italia  assegno  una  pensione  ed 
una  dote  i. 


1  II  generate  Garibaldi,  appena  impossessatosi  di  Napoli,  e  gover- 
nandola  in  qualita  di  Dittatore  a  nome  del  Re  Vittorio  Emmanuele,  pub- 
blico,  il  250feUembre  isfc,  il  seguente  decreto :  « II  dittatore  dell'  Italia, 
meridionale,  Considerando  sacra  al  paese  la  memoria  di  Agesilao  Mi- 
lano,  che  con  eroismo  senza  pari  s'immolo  sull'altare  della  patria  per 
liberarla  dal  tiraano  che  1'opprimeva,  decreta:  Art.  1.  1C  accordata  una 


NELLA  STATISTICA  DEL  REGICIDIO  269 

Ora  e  cosa  tutta  naturale  die  questa  autorevole  apologia 
ed  apoteosi  del  regicidio  dovesse  e  debba  ancora  influire  po- 
tentemente  ad  esaltare  la  truce  immaginazione  de'  nostri  anar- 
chic! militanti.  Se  gli  attentati  deH'Orsini,  dell'Oberdank, 
d'Agesilao  Milano  sono  loro  proposti,  connivente  e  consen- 
ziente  lo  stesso  Governo,  come  atti  di  eroismo  e  di  sublime 
amore  di  Patria,  qual  meravigiia  che  nella  mente  gia  cor- 
rotta  deiranarchico  ribollisca  1'idea  di  aspirare  ad  una  gloria 
consimile  ? 


IX. 


Ci  si  stringe  il  cuore  in  ragionare  cosi,  e  tanto  piii  in  quanto 
che  ci  tornano  a  mente  le  accuse  lanciate  contro  la  Chiesa, 
contro  i  cattolici,  contro  noi,  quasi  fossimo  i  nemici  della 
patria,  perche  francamente  condannammo  sempre  ogni  vio- 
lazione  di  diritto,  ogni  usurpazione  della  forza,  ogni  ribel- 
lione  al  principio  d'autorita,  e  presagimmo,  cosa  del  resto  fa- 
cile a  chi  non  ha  rinnegato  il  buon  senso  italiano,  il  tristis- 
simo  abisso  verso  il  quale  si  andava  a  rovinare.  Ma  ancor 
piii  ci  accora  il  fatto,  che  coloro,  i  quali  dovrebbero  e  potreb- 
bero  apprestare  i  rimedii  del  male  soverchiante,  pur  di  non 
appigliarsi  ai  veri,  si  ostinano  a  lasciarlo  crescere  e  dila- 
gare,  contentandosi,  per  salvare  le  apparenze,  di  alte  parole, 
di  sterili  conferenze,  di  leggi  inefficaci,  che  riescono  ai  fatti 
vane  panacee,  se  non  pur  anco,fomenti  del  morbo.  No:  come 
un  contadino  italiano,  un  operaio  nostro,  se  sia  credente  e 
praticante  della  sua  religione,  mai,  per  quanto  abbia  a  mo- 


pensione  di  ducati  trenta  al  mese  a  Maddalena  Russo,  madre  del  Mi- 
lano, vita  durante  a  contare  dal  1°  ottobre  prossimo.  Art.  2.  E  accor- 
data  una  dote  di  duemila  ducati  per  ciascuna  delle  due  sorelle  del  Mi- 
lano. Questa  somma  sara  investita  in  fondi  pubblici  a  titolo  di  dote  ina- 
lienabile  e  consegnata  alle  sorelle  nel  corso  del  prossimo  ottobre.  Art.  3. 
II  Ministro  delle  Finanze  (Antonio  Scialoia]  e  incaricato  dell'esecuzione 
del  presente  decreto.  Firmato:  GARIBALDI.  » 


270  GL'  ITALIANl  NELLA  STATISTICA  DEL  REGICIDIO 

rire  di  fame,  non  s'armera  la  mano  di  pugnale  contro  il  suo 
padrone  e  il  suo  sovrano  ;  cosi  ogni  contadino,  ogni  operaio, 
ogni  cittadino  d' Italia,  cresciuto  in  un  ambieute  irreligioso, 
educato  allo  sprezzo  di  Dio  e  all'odio  della  Chiesa,  nudrito 
di  miscredenza  e  di  scetticismo,  quando  la  miseria  o  Tesal- 
tazione  di  sognate  rivendicazioni  Tagiteranno,  non  avra  piii 
salvaguardia  nessuna  dalla  vertigine  delPanarchia :  troppo 
stretto  e  il  nesso  fra  la  disobbidienza  a  Dio  e  la  disobbe- 
dienza  agli  uomini. 

II  motto  N&  Dio,  ne  Padrone  comprende  in  teoria  la  sin- 
tesi  dell'anarchia  operante.  Ma  non  e  motto  inventato  dagli 
anarchici :  lo  hanno  imparato  da'  maestri  e  dalla  scuola  laica 
del  moderno  liberalismo  europeo  l ;  con  questo  solo  di  giunta, 
che  ne  fanno  un'applicazione  piii  larga  ed  anche  piu  logica 
che  nor  la  scuola  laica  liberale,  oggi  imperante  in  Italia  e 
al  trove. 


1  Si  vegga   1'art.  Liberalismo  ed   Anarchia    nel   nostro    quad,    del 
20  genn.  1894. 


I  SINDACATI  INDUSTRIALI 


I. 


II  New  York  American  and  Journal  pubblicava  il  14  di- 
cembre  dell '  anno  scorso  im  supplement*)  che  aveva  per  titolo 
«  Problem!  odierni  ».  A  richiesta  dell 'editors  del  grande  gior- 
nale,  uomini  eminent!  di  ogni  nazione  vi  esposero  un  pro- 
blema  dalla  cui  soluzione  ognun  di  loro  faceva  dipendere, 
almeno  in  parte,  la  felicita  della  famiglia  umana  nel  secolo  XX. 
Naturalmente,  fra  i  problem!  ora  piii  in  voga,  comparivano 
in  prima  linea  i  trusts  o  sindacati  industrial!. 

«  La  questione  dei  sindacati,  scriveva  in  quel  supplemento 
il  senatore  americano  Enrico  Cabot  Lodge,  e  importantissima, 
ed  insieme  assai  difficile.  E  inutile  cercare  di  lasciarla  da 
parte.  E  molto  meglio  andarie  incontro,  discuterla  piena- 
mente  e  procurare  d*  arrivare  ad  una  ragionevole  solu- 
zione. La  maggior  parte  dei  sindacati  industriali  degli  Stati 
Uniti,  non  sono  solamente  utili,  ma  affatto  indispensabili  al 
nostro  commercio.  I  pdu  sono  piccoli,  e  moltissimi  non  escono 
dallo  Stato  dove  nacquero.  II  popolo  non  fa  difficolt&  alia 
maggior  parte  di  questi  sindacati.  Solo  i  piti  grand!  e  i  for- 
mat! di  recente  hanno  eccitato  le  ire  popolari  e  domandano 
una  legislazione  speciale.  Questi  sindacati  colossali  sono  una 
conseguenza  naturale  dello  sviluppo  delle  forze  economiche 
moderne  e  non  si  potrebbero  distruggere  senza  cagionare  nel 
mondo  commerciale  e  industriale  una  rovina  senza  esempio. 
Ma  e  anche  vero  pero  che,  se  queste  grandi  corporazioni, 
nuove,  ardite,  potenti,  offrono  vantaggi  indubitati,  minac- 

1  Continuazione.  Vedi  i  quaderni   1256  p.  129  e  segg.,  1258  p.  391 
e  segg.,  1260  p.  672  e  segg.,  1261  p.  25  e  segg. 


272  I   SINDACATI 

ciano  pure  pericoli  serii  alia  societa  e  possono  essere  ca- 
gione  di  gravi  danni.  Deve  quindi  lo  Stato  prenderli  sotto 
la  sua  tutela  e  promulgare  leggi  che  ne  regolino  Tattivita 
e  ne  invigilino  Tandamento.  » 

Ecco  dunque  il  verdetto  comune  de'  piu  insigni  econo- 
mist! a  proposito  del  sindacati  industrial!:  ess!  in  s6  sono 
buoni:  devono  la  loro  nascita  e  il  loro  sviluppo  alia  evolu- 
zione  economica  moderna,  e  pero,  come  non  e  possibile  im- 
pedirne  1'esistenza  e  I'accrescimento,  cosi  tornerebbe  assai 
dannoso  alia  societa  ove  fossero  da  una  legislazione  contraria 
condannati  a  perire.  Cio  non  toglie  pero  che  lo  Stato  non 
possa,  anzi  non  debba,  con  apposite  leggi  invigilarli  e  far 
si  che  da  buoni  ed  utili  alia  societa  non  si  mutino  in  istru- 
mehti  di  tirannide  e  di  oppressione.  In  questo  concetto  con- 
vengono  tutti  gli  uomini  di  senno,  cui  non  fa  velo  cieca 
ira  di  parte  politica,  dal  Presidente  degli  Stati  Uniti,  si- 
gnor  Roosevelt,  che  1'ha  dichiarato  cento  volte  ne7  suoi  discorsi, 
air  ultimo  economista  di  Europa  o  di  America. 

Cosi  per  es.  parlava  a  Pittsburg  il  4  luglio  dell' anno  scorso, 
nella  ricorrenza  annuale  del  giorno  dell' indipendenza  ame- 
ricana,  il  sullodato  Presidente  degli  Stati  Uniti.  «  Grandi  e 
difficili  sono  i  problem!  cagionati  dall'accrescimento  e  con- 
centrazione  di  grand!  ricchezze  appartenenti  ad  individui  ed 
a  sindacati.  Finche  cotali  enormi  ricchezze  sono  usate  a  do- 
vere,  tornano  in  bene  della  patria  comune,  nia  quando  nel- 
Tuso  si  scostano  dalla  rettitudine,  diventano  un  serio  pericolo 
ed  una  minacci  i  all' or  dine  pubblico.  » 

fc  I  mezzi  dei  quali  dobbiamo  far  uso  per  sciogliere  i  nuovi 
problem!  economici,  non  devono  necessariamente  essere  nuovi. 
Devono,  al  presente  come  pel  passato,  essere  d'accordo  colle 
leggi  immutabili  deU'ordine,  del  diritto  e  della  giustizia.  E 
mia  ferma  credenza  che  no!  abbiamo  bisogno  di  nuove  leggi, 
non  gia  concepite  in  ispirito  radicale  o  rivoluzionario,  ma 
dettate  dal  senso  comune,  dall'onesta  e  da  un  vero  desiderio 
di  occorrere  a!  futuri  mali.  Si,  abbiamo  bisogno  di  una  legis- 
lazione tutta  speciale  sui  sindacati  industrial!,  ma  e  neces- 


INDUSTRIAL!  273 

sario  soprattutto  un  Governo  onesto  e  imperterrito  che  ammi- 
nistri  colla  massima  integrita  le  leggi  della  Costituzione> 
leggi  che  non  furono  fatte  piii  pel  ricco  che  pel  povero,  ma 
nell'  interesse  della  giustizia,  amministrata  a  tutti  ugual- 
mente.  » 

L'opinione  del  Roosevelt  e  del  Cabot  Lodge  sopra  i  sin- 
dacati  e,  come  dicemmo,  Topinione  di  quasi  tutti  gli  econo- 
mist! moderni.  Fin  qui  dunque  siamo  d'accordo.  Ma  quando 
si  passa  a  cercare  il  modo  col  quale  lo  Stato  potrebbe  eserci- 
tare  sopra  i  grandi  sindacati  la  sua  azione  moderatrice,  i  pa- 
reri  si  dividono  ed  il  problema  diventa  pressoche  insolubile. 

Per  ragione  di  maggior  chiarezza  daremo  prima  un  breve 
ceilno  della  legislazione  ora  vigente  in  Europa  e  negli  Stati 
Uniti  rispetto  ai  sindacati,  legislazione  a  detta  di  tutti  im- 
perfetta  ed  inefficace,  per  indi  prendere  ad  esame  le  nuove 
soluzioni  del  difficile  problema. 

II. 

Tutti  o  quasi  tutti  i  codici  civili  e  penali  della  colta  Eu- 
ropa furono  fatti  o  rimaneggiati  dopo  la  grande  rivoluzione 
francese  e  si  risentoao  necessariamente  del  suo  spirito.  Allora 
imperava  assoluta  nei  piii  degli  Stati  la  teoria  della  libera 
ed  illimitata  concorrenza  commerciale,  la  quale  venne  percio 
difesa  da  apposite  leggi  contro  coloro  che  fossero  per  insi- 
diarla.  Ma  nessuna  forma  di  commercio  si  presentava  alia 
mente  del  legislatore  piu  opposta  alia  libera  concorrenza  quanto 
il  monopolio  o  quelle  associazioni  privilegiate  che  mostrassero 
tendenze  monopolistiche.  Di  qui  in  molti  codici  di  Europa 
leggi  che  puniscono  il  monopolio  ovvero  tendono  ad  impedire 
lo  sviluppo  e  il  rassodamento  di  qualsiasi  unione  professio- 
nale  di  produttori  in  grande,  di  venditori  al  minuto  ovvero 
anche  di  operai  fra  di  loro.  Cosi  la  Francia  col  suo  articolo 
419  del  codice  penale  punisce  coloro  che  «  mediante  unione 
o  accordo  di  qualsiasi  genere  fra  i  principal!  produttori  di 
Una  data  merce  o  derrata,  a  fine  di  non  venderla,  o  di  non 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1263.  18          27  g&nnaio  1903. 


274  I   SINDACATI 

venderla  che  ad  un  prezzo  determinato...  avranno  operato 
l?aumento  o  la  diminu/ione  del  prezzo  delle  derrate  o  delle 
merci...  al  di  sopra  o  al  di  sotto  del  prezzi  che  sarebbero  stati 
determinati  dalla  naturale  e  libera  concorrenza  del  commer- 
cio  ».  La  pena  6  la  prigionia  almeno  di  un  mese,  al  piu  di 
un  anno,  e  una  multa  da  500  a  10000  franchi.  Vero  e  tut- 
tavia  che  i  tribunal!  francesi,  cedendo  agl'impulsi  ed  ai  bi- 
sogni  economic!  del  nostro  tempo,  fanno  un  uso  assai  discreta 
deirarme  che  la  legge  nell'articolo  sopra  citato  pone  lora 
in  mano,  e  rarissime  sono  le  azioni  penali  *. 

L' Austria  aveva  gia  nel  proprio  codice  penale  una  norma 
giuridica  chiara  e  ben  defmita  rispetto  ai  sindacati  indu- 
striali.  II  paragrafo  479  diceva:  «  Le  unioni  d'  industrial!, 
di  fabbricanti,  d'  imprenditori  per  ottenere  un  mutamento 
nelle  condizioni  del  lavoro  o  del  salario,  o  per  elevare  il 
prezzo  d'una  merce  o  d'un  lavoro  a  pregiudizio  del  pubblico, 

0  per  farlo  abbassare  a  loro  proprio  vantaggio,  o  per  provo- 
care  la  carestia,  saranno  punite  a  titolo  di  delitti.  »  Queste 
disposizioni    furono    abolite    colla    legge    del  7  aprile    1870, 
stesa  sul  modello  della  legge  francese  del  25  maggio  1864  e 
della  legge  belga  del  31  maggio  1860.  Tuttavia  nel  paragrafo 
quarto  di  questa  nuova  legge  austriaca  viene  proclamato  il 
principio  affatto  speciale,  che  le  prescrizioni  risguardanti  le 
leghe  dei  lavoranti  devono  applicarsi  alle  unioni  degl?  indu- 
striali,  stipulate  allo  scopo  di  fare  aumentare  il  prezzo  di  una 
merce  a  danno    del   pubblico.  In  virtu  di  questo  paragrafo 
tutti  i  sindacati  industrial!  cadono  sotto  il  colpo  della  legge 
austriaca  sulle  leghe  commercial! ;  non  solo  ad  essi  6  rifiutato 
il  diritto  di  presentare  una  domanda  civile,  ma  devono  es- 
sere  trattati  come  se  punto  non  esistessero.  Quindi  nulla   & 
Tobbligazione  dei  membri  del  sindacato  fra  di  loro  e  verso 

1  direttori ;  nulla  la  promessa  di  premii  o  di  parte  degli  utili 
per  gli  azionisti ;  nulla  Tazione  legale  di  quest!  ultimi  contro 
gli  amministratori  del  sindacato ;  in  una  parola,  la  legge  au- 

1  Prof.  E.  COSSA,  /  sindacati  industrially  pag.  109. 


INDUSTRIAL!  275 

striaca  non  solo  non  riconosce  giuridicamente  i  sindacati,  ma 
mettendoli  tutti  in  un  fascio  con  quelle  societa  monopolistiche 
che  sono  organizzate  a  danno  del  consumatori,  li  colpisce 
colle  stesse  pene1.  Un'altra  legge  speciale  fu  pubblicata  nel 
1899  neir  impero  degli  Absburgo  contro  i  sindacati  del  ferro  ; 
ma  questa  come  1'altra  sopra  ricordata  in  realta  non  fu  mai 
applicata  2. 

In  Italia  non  abbiamo  leggi  penali  e  civili  che  risguardino 
direttamente  i  sindacati,  e  quegli  articoli  dei  nostri  due  co- 
dici  che  potrebbero  in  qualche  modo  applicarsi  ai  sindacati 
mirano  al  solo  caso  di  leghe  d'  imprenditori  che  operino  se- 
gretamente  e  facciano  uso  di  mezzi  illeciti  per  far  rialzare 
1  prezzi  delle  merci.  E  questo  vale  anche  pel  codice  prus- 
siano,  per  il  belga,  per  1'olandese  e  per  Tungherese. 

La  Russia  cogli  articoli  913  e  1180  del  suo  codice  penale 
punisce  le  convenzioni  di  conamercianti  e  d' industrial!  che 
tendono  ad  elevare  il  prezzo  delle  derrate  o  di  altri  oggetti 
di  prima  necessita;  ma,  anche  cola  questa  legge  6  di  rara 
-applicazione.  Solo  nel  1899-1900,  avendo  i  sindacati  r  us  si  del 
carbon  fossile  alzati  arbitrariamente  e  di  troppo  i  prezzi  del 
combustibile,  ebbero  ordine  dal  Governo,  sotto  gravissime 
pene,  di  subito  abbassarli  e  di  non  crescerli  al  di  la  di  una 
certa  tariffa,  e  di  piu,  diciassette  dei  principal!  commercianti 
furono  post!  sotto  la  vigilanza  della  polizia.  Questo  provvedi- 
mento  tuttavia  non  fu  che  temporaneo  e  non  fece  dare  alia 
questione  dei  sindacati  un  solo  passo  verso  la  sua  naturale 
soluzione  3. 

Quanto  airinghilterra,  Tantica  legge  comune,  la  common 
laioy  non  riconosceva  legalmente  le  operazioni  e  le  combi- 
nazioni  commerciali ;  abborriva  i  monopolii  e  gli  accord!  sti- 
pulati  allo  scopo  di  dominare  il  mercato ;  proibiva  ogni  arte 
che  restringesse  artificialmente  la  produzione  e  la  vendita 


1  Cfr.  COSSA,  1.  c.  pag.  112  e  seg. 

2  MACROSTY  W  ,  Trust  and  the  State,  pag.  282. 
1  MACROSTY,  Ibidem  pag.  283. 


276  I   SINDACATI 

delle  mercanzie  di  prima  necessita  ;  vietava  poi  severamente 
di  rialzare  i  prezzi  oltre  il  corso  naturale  del  mercato.  Tut- 
tavia  anche  Is  legge  comune  inglese  subi  nel  1844  un  grande 
mutamento.  Sotto  T  influsso  delle  idee  liberiste  furono  abolite 
le  vecchie  rentrizioni  della  common  law,  le  union!  degli  im- 
prenditori  a  scopi  commercial!  furono  permesse,  protette  e  di- 
fese,  e  quind'innanzi  cbbero  nel  paese  uno  stato  legale.  Tut- 
tavia,  questo  sviluppo  in  senso  liberista  della  common  law 
inglese  non  passo  Toceano  e  non  giunse  negli  Stati  Uniti.  Sepa- 
randosi  quest!  dalla  madre  patria,  portarono  con  se  le  antiche 
leggi  deiringhilterra,  fra  le  altre  Fantica  common  law  che  nel 
piu  de'  suoi  punt!  ritennero  immutata  fino  al  presente.  Quindi 
negli  Stati  Unit!  le  vecchie  restrizioni  ingles!  contro  le  union! 
degF  imprenditori  e  degli  operai;  quindi  i  comment!  alia 
common  law  dichiaranti  criminale  ogni  tentative  fatto  alia 
scopo  di  rialzare  il  prezzo  delle  mere!  ;  quindi  le  risoluzioni 
legal!  di  molti  Stati  delFUnione  che  professano  doversi  ap- 
plicare  le  regole  della  common  law  inglese  ai  trusts  in  ge- 
nerale,  quantunque  le  restrizioni  della  common  law  risguar- 
dino  solo  e  direttamente  le  derrate  e  le  mere!  di  prima  ne- 
cessita e  1'aumento  indebito  del  loro  prezzo  da  parte  degli 
incettatori,  cose  tutte  assai  lontane  da!  sindacati  onesti,  de- 
bitamente  istituiti,  e  bene  amministrati. 

A  dispetto  tuttavia  della  common  law  inglese,  interpretata 
rigidamente  e  ancora  piii  rigorosamente  applicata  in  certi 
Stati  della  grande  Repubblica  nordamericana,  non  solo  i  trusts 
non  furono  distrutti,  ma  si  moltiplicarono  col&  ogni  di  piu, 
finche  1'opinione  pubblica?  commossa  profondamente  contro 
alcuni  di  loro,  domando  ed  ottenne  una  legge  federale  ed  una 
legislazione  particolare  di  molti  Stati  contro  tutti  i  sin- 
dacati *.  La  prima  legge  federale  che  almeno  indirettamente 
riguarda  i  sindacati  6  quella  del  4  febbraio  1887,  che  va 
sotto  il  nome  di  Interstate  Commerce  Act;  ne  seguirono  altre 


1  Cfr.  Cos8A,  1.  c.  pag.  116,  139,  142;  MACROSTY  W.,  Ibid.  pag.  284 
seg.  etc. 


INDUSTRIAL!  277 

particolari  da  parte  di  piu  di  venti  Stati  dal  1888  al  1891, 
alle  quali  parve  mettere  1' ultima  mano  la  legge  federale  del 
2  luglio  1890  che  prendevadi  mira  direttamente  i  trusts.  La 
legge  fu  emanata  per  proteggere  il  commercio  contro  restri- 
zioni  o  monopolii  illegal!.  Essa  provvede  che  «  ogni  contratto, 
combinazione  o  sindacato  in  forma  di  trust  per  restringere  il 
commercio  fra  gli  Stati  o  con  nazioni  forestiere  sia  dichiarato 
illegale.  Ogni  persona  che  monopolizzi  o  tenti  monopolizzare 
o  combinare  o  cospirare  con  un'altra  persona  o  piu  persone 
per  monopolizzare  una  parte  del  commercio  fra  gli  Stati  a 
con  nazioni  forestiere  deve  essere  ritenuta  colpevole  di  mi- 
sfatto  (misdemeanour),  e  deve  essere  punita  con  una  multa 
(fine),  non  eccedente  5000  dollari,  o  con  prigione  non  ecce- 
dente  un  anno,  o  con  ambedue  le  pene  a  giudizio  del  tri- 
bunale.  » 

Tuttavia  1'effetto  pratico  di  tali  leggi  fu  pressocch6  nullo. 
Diversi  tribunal!  le  dichiararono  contrarie  alia  Costituzione 
degli  Stati  Uniti  e  quindi  senza  valore ;  parecchi  giuristi 
eminent!  trovarono  il  testo  troppo  vago  e  indeciso ;  inoltre 
parecchie  circostanze  politiche  impedirono  che  si  procedesse 
energicamente  alia  loro  applicazione.  Dove  la  legge  fu  ap- 
plicata,  i  sindacati  si  appellarono  da  tribunale  in  tribunals ;. 
scacciati  da  uno  Stato,  emigrarono  in  un  altro ;  perseguitati 
dalla  giustizia,  liquidarono  i  loro  conti  e  si  ricostituirono 
immediatamente  sotto  nuovi  nomi ;  insomnia,  dalle  leggi  fe- 
deral! e  locali  contro  i  sindacati  americani  segui  un  solo  ri- 
sultato  pratico,  che  cioe  i  trusts  si  disciolsero  spontanea- 
mente  per  riapparire  subito  dopo  sotto  nuove  forme  e  soprat- 
tutto  come  societa  unitarie;  ovvero,  procurarono  di  avere 
esistenza  legale  in  uno  dei  pochi  Stati  che  lo  permettevanor 
trafficando  pero  e  operando  in  tutti  gli  altri  *. 

*  Prof.  E.  COSSA,  1.  c.  pag.  142  ;  FLINT,  The  Trust:  its  book  ;  MA- 
CROSTY,  Trust  and  the  State  etc.  DE  KOUSIERS,  P.  Les  Industries  mo- 
nopolists (trusts)  aux  fyats  Unis.  Paris  1898:  DUBOIS  PAUL,  Les  mono- 
poles  industrielsaux  Etats  Unis.  Revue  des  Deux  Mondes.  1°  Febbraio  1897^ 
pag.  634. 


278  I  SINDACATI 

Corne  si  vede,  i  mezzi  usati  finora  dai  Govern!  per  re- 
golare  questa  nuova  forma  d'attivita  umana  sono  andati  falliti. 
Che  cosa  dunque  deve  fare  lo  Stato?  Non  occuparsene  af- 
fatto  e  lasciare  che  vadano  giii  indisturbati  per  la  loro  china? 
Sopprimerli  violentemente  o  regolarli  con  leggi  comuni,  uni- 
form!, efficaci?  E  quale  forma  dovrebbero  prendere  queste 
leggi  moderatrici  dei  sindacati  ?  La  domanda  aspetta  ancora 
una  risposta  soddisfacente. 

III. 

Le  soluzioni  al  grande  quesito,  proposte  dai  dotti,  sono 
molteplici  e  varie.  Vi  &  la  soluzione  socialista,  la  municipa- 
lista,  la  liberista,  I'antiprotezionista,  la  tutoria  ed  altre  pa- 
recchie  di  minor  conto.  Non  sara  male  prenderle  partita- 
mente  ad  esame. 

II  socialismo  ama  ed  insieme  odia  i  sindacati.  Li  odia 
quali  sono  al  presente,  li  ama  per  quello  che  a  suo  credere 
diverranno  in  seguito.  Al  presente,  essendo  essi  la  piu  alta 
espressione  del  capitalismo  trionfahte,  attirano  contro  di  s6 
le  armi  aguzze  della  setta ;  in  futuro,  diventando  come 
essa  crede  e  spera,  proprieta  dello  Stato,  stringeranno  un 
lieto  connubio  col  socialismo  vittorioso.  Per  ora  dunque  i 
sindacati  lavorano,  senza  forse  saperlo,  a  pro  del  sociali- 
smo. «  I  grandi  capitalist!  servono,  secondo  T  espressione  di 
Carlo  Marx,  ad  uccidere  i  piccoli.  »  E  il  pesce  maggiore  che 
divora  il  minore  per  dominare  esso  solo  nel  gran  mare  del- 
1'essere.  La  piccola  industria,  al  dire  dei  socialist!,  sparisce; 
i  piccoli  proprietarii  vengono  assorbiti  dai  grandi 1 ;  i  molti  la- 


1  Alcuni  dottori  socialist!  pero,  di  maggiore  senno  e  coltura,  hanno 
dovuto  confessare  loro  malgrado  che  i  piccoli  proprietarii  crescono,  non 
diminuiscono.  Cosi,  per  es.  si  esprime  il  socialista  Bernstein:  « Die  Zahl 
der  Besitzenden  ist  nicht  kleiner,  sondern  grosser  geworden...  etc.  »  Die 
Vorausselzungen  des  Sozialismus.  Vorwort.  pag.  6.  Con  tutto  cio  i  so- 
cialisti  da  piazza  continuano  a  predicare  nei  toni  piu  lugubri  il  f'alli- 
mento  della  presente  societa. 


INDUSTRIALI  279 

boratorii  si  trovano  ridotti  a  pochi,  le  minuscole  officine  danno 
luogo  alle  gigantesche ;  le  piccole  botteghe  si  trasformano  in 
fondaci  colossal! ;  la  manifattura  indipendente  diminuisce  sein- 
pre  piu  ;  i  piccoli  capitali  sono  divorati  dai  grandi ;  i  possi- 
denti  di  500,  100  o  50  mila  lire  diminuiscono  per  essere  sur- 
rogati  da  pochi  milionarii  e  migliardarii ;  crescono  invece  i 
lavoratori  e  i  proletarii,  e  verra  un  giorno  quando  lo  Stato, 
dichiarando  proprieta  collettiva  le  sconfinate  ricchezze  dei 
cinquanta  o  cento  Ores!  della  Nazione,  e  trasformando  in  un 
grande  sindacato  pubblico  tutta  1'attivita  industriale  privata, 
iniziera  la  nuova  Era  socialistica,  il  regno  beato  di  Saturno, 
1'eta  dell'oro,  ch>6  il  regime  collettivista. 

Non  fa  dunque  meraviglia  che  i  socialist!,  di  fronte  ai 
sindacati,  mantengano  un'attitudine  apparentemente  contrad- 
ditoria.  Da  una  parte  declamano  su  tutti  i  toDi  la  miseria 
che  proviene  dalla  concentrazione  e  dairaccrescimento  del 
capitale,  e  dall'altra  si  oppongono  assolutamente  a  tutti  quei 
provvedimenti  che  uomini  prudenti  suggeriscono  per  limitare 
e  frenare  la  ognor  piu  crescente  potenza  dei  sindacati.  La 
contraddizione  in  verita  esiste,  ma  e  piu  apparente  che  reale. 
Non  dando  essi  mano  a  provvedimenti  restrittivi  contro  i  sin- 
dacati, vogiiono  mostrare  col  fatto  della  esistenza  dei  sinda- 
cati stessi  la  possibilita  di  un  sempre  maggiore  concentra- 
rnento  politico  ed  econornico,  potersi  ridurre  cioe  ogni  umana 
attivita  nelle  mani  di  pochi,  essere  di  pratica  attuazione  lo 
Stato  socialista.  D'altra  parte,  attribuendo  essi  Torigine  e  lo 
sviluppo  del  sindacato,  da  loro  tenuto  per  un  vero  monopolio 
private,  alia  libera  concorrenza,  ne  mostrano  ai  loro  fautori 
i  danni  e  propongono  I'eroico  rimedio  socialista  di  togliere 
per  sempre  la  concorrenza,  facendo  dello  Stato  il  solo  im- 
prenditore,  il  solo  distributore  delle  mercedi,  il  solo  com- 
merciante,  il  re,  il  dio,  il  padre  e  la  madre  della  famiglia 
umana  l. 


1  POLAND  WILLIAM  S.  I.,  Socialism.  Its  economic  aspect,  p.  10.  B.  Her- 
der, St   Louis.  Mo.  1902. 


280  I   SINDACATI 

Pel  momento  dunque  i  socialist!  ne  combattono  per  dav- 
vero  i  sindacati,  ne  li  proteggono  efficacemente.  Si  manten- 
gono  in  una  attitudine  di  benevola  neutralita.  E  una  specie 
di  pace  armata,  di  aspettativa  prudente,  perche  i  caporioni 
della  setta  sanno  molto  bene  che  i  tempi  non  sono  ancora 
maturi  per  dar  principio  al  nuovo  regno  socialistico.  La- 
sciano  intanto  che  i  sindacati  crescano,  si  fortifichino,  met- 
tano  profonde  radici,  s'impinguino,  si  divorino  a  vicenda, 
finche,  ridotti  nella  lotta  per  Tesistenza  ad  uno  solo,  quel 
solo  cada  facile  preda  dello  Stato,  o  per  meglio  dire,  si  tra- 
sformi  subitamente  nello  Stato  collettivista. 

L'assorbimento  da  parte  dello  Stato  di  tutti  i  sindacati 
privati  suppone  possibile  la  perfetta  attuazione  deiridea  so- 
cialista,  Tabolizione  del  capitale  privato,  Tassoluta  soppres- 
sione  della  concorrenza,  la  messa  in  comune  di  tutti  i  mezzi 
e  struinenti  della  produzione,  Tabolizione  del  danaro,  la  crea- 
zione  insomma.  dello  Stato  collettivista.  II  combattere  la 
grande  utopia  del  Marx  e  del  Lassalle  non  e  di  questo  luogo, 
ma  sarebbe  facile  dimostrare  che  il  regime  collettivista, 
quando  anche  si  potesse  per  impossibile  tradurre  in  atto, 
ridurrebbe  il  mondo  ad  una  galera,  la  societa  umana  ad  una 
turba  di  schiavi,  e  1'uomo  ad  un  automa  1. 

Intanto  pero  che  si  aspetta  che  suoni  Tor  a  fissata  fatal- 
mente  dagli  dei  sommi  alia  perfetta  attuazione  deiridea  so- 
cialistica,  vorrebbero  alcuni  che  lo  Stato  facesse  le  prime 
prove,  per  vedere  se  ha  cuore  che  gli  basti  per  intrapren- 
dere  in  futuro  il  tremendo  impegno  di  fare  da  padre  e  madre 
alia  famiglia  umana  e  di  tenere  a  balia  i  figliuoli  degli  uo- 

1  Cfr.  PROF.  G.  TONIOLO,  II  Socialismo  nella  storia  della  Civiltd. 
Pirenze.  Libreria  Fiorentina  1902,  e  la  ricca  bibliografia  contro  il  so- 
cialismo  da  lui  citata;  DB  STERLICH  RINALDO,  Socialismo  dalla  cattedra 
alia  Piazza.  Roma  Tipografia  Raponi  1895;  Bosio  P.,  Compendia  di  So- 
^iologia  cristiana.  Siena,  Tip.  S.  Bernardino,  1902,  pag.  108  seg;  YBR- 
MBERSCH.  A.  S.  J.,  Quaestiones  de  Justitia.  Brugis,  Beyaert,  1901,  p.  187 
seg.;  ANTOINE  CH.  S.  J.  Cours  d' Economic  Sociale,  Paris,  Guillaumin 
«t  C.ie  1896,  pag.  194,  seg.;  CATHRBIN  S.  J.,  Der  Sozialismus,  pag.  2, 
seg.  etc. 


INDUSTRIALI  281 

mini.  E  che,  dicono,  non  esercita  forse  da  per  se  lo  Stato 
presso  molte  nazioni  le  strade  ferrate,  le  poste,  i  telegrafi, 
le  dogane,  il  mantenimento  di  certe  vie  imperial!,  la  manu- 
tenzione  delle  foreste,  il  sale,  il  tabacco,  la  creazione  e  la 
riparazione  delle  navi,  Tesercito  e  la  marina,  Tistruzione, 
la  sicurezza  pubblica,  e  parecchie  altre  cose  simili  ?  E  perchfc 
dunque  non  potrebbe  fare  un  passo  di  piu  ed  accollarsi  il 
lavoro  delle  miniere,  la  manifattura  degli  oggetti  di  prima 
necessita,  la  coltivazione  dei  cereali  piii  necessarii  alia  vita, 
la  fabbrica  del  ferro  e  dell'acciaio,  lo  sviluppo,  il  trasporto 
e  la  vendita  della  energia  elettrica,  i  telefoni,  il  gaz,  Tacqua, 
la  luce  elettrica,  1'  igiene  pubblica,  le  cucine  economiche, 
il  provvedimento  e  lo  spaccio  della  carne  e  del  latte,  ed 
altrettali  ritrovati  umani  a  pubblica  utilita  e  a  sollievo  dei 
diseredati  della  fortuna? 

IV. 

A  questa  domanda  si  risponde  che  forse  non  potra  mai 
lo  Stato  sobbarcarsi  ai  gravi  impegni  dei  quali  qui  e  fatto 
parola.  Tuttavia,  messe  da  parte  le  esagerazioni  dei  socialist! 
estremi,  non  e  da  credere  che  lo  Stato  non  possa  utilmente, 
in  certe  circostanze  e  in  certi  paesi  surrogare  alcuni  dei  sin- 
dacati  privati.  E  gli  esempi,  anche  fortunati,  in  verita  non 
mancano.  A  tacere,  per  esempio,  delle  poste,  ferrovie  e  tele- 
grafi,  un  tempo,  presso  molti  Stati,  monopolio  privato,  ed 
ora  quasi  dappertutto  in  niano  dello  Stato, !il  Governo  federale 
della  Svizzera  avoco  a  se  nel  1887  la  distillazione  e  la  vendita 
dei  liquori,  e  da  questo  provvedimento  governativo  se  ne  av- 
vantaggiarono  insieme  Tigiene,  la  morale  e  Terario  pubblico  l. 
La  stessa  politica  economica,  rispetto  ai  liquori,  ha  seguito  la 
Russia  e  sta  ora  seguendo  T  Inghilterra  2.  Nell'  India  bri- 


1  W.  MACROSTY,  Trust  and   the  State,  pag.  284. 

2  ECONOMIC  REVIEW  del  settembre  1901.  The  State  monopoly  of  spirits 
in  Russia  by  F.  C.  Fry. 


282  I  SINDACATI 

tannica  le  opere  idrauliche  per  I'irrigazione  artificiale,  la  con- 
servazione,  la  distribuzione  e  vendita  dell'acqua  sono  tutte 
in  mano  del  Governo,  e  mentre  riescono  una  vera  benedi- 
zione  pel  paese,  rendono  di  piu  allo  Stato  un  piccolo  frutto  l. 
Parimente,  la  proprieta,  la  conservazione  e  il  taglio  scien- 
tifico  di  moltissime  fra  le  foreste  di  quell'lmmenso  paese 
sono  riserbati  allo  Stato  con  non  piccolo  vantaggio  del- 
Terario  pubblico,  del  clima  e  forse  anche  della  pubblica  sa 
lute.  Lo  stesso  dicasi  di  un  gran  numero  di  alberghi  o  bun- 
galows, sparsi  sopra  tutta  F  India,  mantenuti  e  condotti  dallo 
Stato  a  comodo  dei  viaggiatori,  specialmente  europei,  in  un 
paese  dove  non  si  trovano  albergbi  se  non  nelle  grand!  citta. 
Ma  la  nuova  Zelanda  6  lo  Stato  dove  il  socialismo  ha  fatto 
le  migliori  sue  prove.  Colla  legge  del  1890,  lo  Stato  neoze- 
landese  ha  provveduto  perch6  ogni  suo  suddito  possa  otte- 
nere  dallo  Stato  un  pezzo  di  terra  in  perpetua  enfiteusi,  vin- 
colata  pero  da  certe  condizioni,  quanto  air  area,  alia  col- 
tivazione,  alia  vendita  ed  a  qualsiasi  altro  trasferimento 
giuridico.  II  fine  ultimo  di  queste  leggi  agrarie  mira  a  fare 
dello  Stato  il  solo  proprietario  e  tutti  i  possidenti  agri- 
coli  tanti  affittaiuoli  dello  Stato..  Questo  inoltre  costrui- 
sce  da  se,  senza  intermediarii  di  sorta  alcuna,  le  opere  di 
utilita  pubblica,  governa  da  s6  le  banche,  impresta  denaro 
al  popolo,  possiede  le  ferrovie,  le  poste,  i  telegrafi,  i  tele- 
foni,  la  luce,  Tacqua  e  tutti  quegli  altri  mezzi  economic! 
della  vita  pubblica  che  altrove  o  sono  tenuti  dai  Municipii, 
o  sono  ancora  in  mano  di  privati  2.  Tutti  quest!  esenipi,  ed 
altri  ancora  che  si  potrebbero  recare,  mostrano  che  un  certo 
socialismo  di  Statq,  tenuto  entro  limit!  ristretti  e  ben  definiti, 
e  di  possibile  attuazione.  Si  osservino  pero  due  cose.  L'espe- 
rimento  della  Nuova  Zelanda  &  ancora  troppo  recente  e  non 

1  Cfr.  Nuovo  Supplemento  all'  Enciclopedia  Britannica,  1902,  art. 
India. 

*  DEMAREST  LLOYD  HBNRY,  Newest  England.  The  notes  of  a  demo- 
cratic Traveller  in  New  Zealand,  with  some  Australian  comparisons. 
New  York:  Doubleday,  Page  and  Co,  1901. 


INDUSTRIALI  283 

se  ne  puo  dedurre  una  conseguenza  duratura  od  una  teoria 
scientifica.  In  secondo  luogo  mal  si  puo  comparare  la  Nuova 
Zelanda,  paese  di  per  se  riechissimo,  ancora  vergine,  po- 
polato  da  meno  di  un  milione  di  abitanti  sopra  una  regione 
poco  minor e  in  area  dell'  Inghilterra,  cogli  Stati  di  Europa, 
densi  di  popolazione  e  piii  o  meno  sfruttati  nelle  loro  ric- 
chezze  natural!  e  artificial!. 


V. 


Perche  lo  Stato  possa  assumere  convenientemente  sopra 
di  se  ii  governo  di  una  grande  azienda  industriale  od  al- 
trimenti  economica,  il  Jevons,  scrittore  americano  di  bella 
fama,  richiede  le  seguenti  condizioni : 

1.°  Devono  essere  opere  tali  che,  essendo  pubbliche  e  ne- 
cessarie  alia  comunita,  domandano  una  certa  unit&  di  go- 
verno, come  ferrovie,  poste,  telegrafi,  luce,  acqua,  telefoni, 
mantenimento  di  strade,  ospedali,  banche,  ecc.  ecc. 

2.°  Le  imprese  assunte  clallo  Stato  dovrebbero  essere  per- 
manenti,  e  non  temporanee. 

3.°  Dovrebbero  essere  di  tale  natura  da  poter  venire  am- 
ministrate,  per  cosl  dire,  sotto  gli  occhi  di  tutti  e  condotte 
in  modo  da  essere  facilmente  sindacabili  dalla  pubblica  opi- 
nione,  la  quale  non  potrebbe  non  interessarsi  di  cio  che  fu 
intrapreso  a  pro  della  comunita. 

4.°  Solo  quelle  opere  dovrebbero  essere  intraprese  dallo 
Stato,  le  quali,  avendo  un  consumo  certo,  hanno  anche  un 
reddito  certo,  e  non  sono  punto  aleatorie,  di  modo  che  le 
spese  e  le  entrate  annuali  su  per  giii  si  pareggino. 

5.°  Finalraente  ai  quattro  criterii  del  Jevons  se  ne  potrebbe 
aggiungere  un  quinto,  vale  a  dire,  lo  Stato  dovrebbe  met- 
ter  mano  solo  a  quelle  intraprese  economiche  o  commerciali 
che  fossero  veramente  nazionali  non  municipali,  molto  meno 
di  natura  loro  affatto  private,  ovvero  delle  quali  egli  stesso 


284  I  SINDACATI 

si   avvantaggia,  come  per  esempio,  1'acqua,  la  luce,  i  tele- 
foni  ecc.  ecc.  l. 

E  qui  si  osservi  che  lo  Stato  potrebbe  anche  con  van- 
taggio  assumersi  quelle  imprese  economiche  o  manufattrici 
che  sono  connesse  intimamente  colle  sue  alte  funzioni  sociali 
€d  amministrative.  Se  e  dovere  dello  Stato,  in  quanto  tale, 
mantenere  un  esercito  di  terra  e  di  mare,  perche  non  potrebbe 
fabbricare  direttamente  tutte  quelle  cose  che  servono  a  ve- 
stirlo,  a  mantenerlo  e  ad  armarlo?  Lo  sciopero  dei  niinatori 
di  una  cava  di  carbon  fossile  puo  in  un  subito  paralizzare 
una  flotta  che  in  porto  sta  per  dar  le  vele  al  vento.  Lo  scio- 
pero degli  operai  addetti  alia  fabbrica  delle  polveri  e  degli 
ordegni  di  guerra  puo  in  certi  casi  rendere  impotente  la 
patria  dinanzi  al  nemico.  E  dovra  lo  Stato  dipendere  dalle 
volonta  piii  o  meno  ribelli  di  una  turba  di  scioperanti?  Perche 
non  avere  le  proprie  fabbriche  di  armi,  di  abiti,  di  forni- 
menti  e  di  utensili  militari  pei  soldati,  i  proprii  cantieri 
per  le  navi,  le  proprie  miniere  del  combustibile  necessario 
a  tenere  in  moto  la  propria  flotta  ?  Se  la  militarizzazione 
degli  impiegati  delle  ferrovie,  quando,  un  anno  fa,  in  Italia 
minacciavano  di  scioperare,  fu  un  atto,  al  quale,  come  vo- 
gliono  alcuni,  lo  Stato  non  aveva  diritto,  la  cosa  canabie- 
rebbe  interamente  d'aspetto,  quando  gF  impiegati  delle  fer- 
rovie non  fossero  piii  impiegati  di  una  societa  privata,  ma 
impiegati  dello  Stato.  Lo  stesso  varrebbe  per  tutti  quegli  altri 
operai  che  lavorando  nei  sindacati  governativi  dipendessero 
direttamente  dal  Governo. 

VI. 

Quanto  poi  ai  vantaggi  che  dal  trasferimento  dei  pubblici 
servizi  o  di  altre  imprese  dai  privati  allo  Stato  tornano  ai 
consumatori,  la  cosa  e  assai  dubbia.  I  socialisti,  naturalmente, 


1  The  Yale  Review.  Febr.  1896,  pag.  404;  The  Review.  November  1902. 
Shall  the  Government  operate  the  Coal  Mines?  pag.  675. 


INDUSTRIAL!  285 

li  danno  per  certi  ed  infallibili  a  seguire ;  ma  i  fatti  e  1'espe- 
rienza  di  molti  anni,  quasi  dapper tutto,vengono  a  contraddhii. 
II  solo  servizio  pubblico  die  uei  piu  degii  Stati  ha  pagato 
interamente  le  spese  e  quello  delle  Poste  e  de'  Telegrafi ;  ma 
anche  in  questo  caso,  non  sempre  i  Ministri  di  quel  dica- 
stero,  nel  fare  il  bilancio,  tengono  conto  delle  sovvenzioni 
che  lo  Stato  accorda  sotto  varii  titoli  a  societa  private  di 
ferrovie  e  di  navigazione,  e  di  piu  non  e  sempre  cosi  facile 
penetrare  ben  addentro  nella  rete  complicatissima  dei  bilanci 
particolari  dello  Stato.  E  opinione  di  molti  che  se  tutte 
le  spese  che  lo  Stato  fa  direttamente  e  indirettamente  per 
le  Poste  fossero  considerate,  difficilmente  si  otterrebbe  il  pa- 
reggio.  Quindi  si  spiega  la  riluttanza  che  hanno  i  piii  degli 
Stati  a  diminuire  le  tariffe  postali;  quindi  anche  la  nostra 
Italia  che  mantiene  ancora  in  vigor  e  per  Tinterno  la  tariffa 
di  20  centesimi  per  le  lettere,  diminuita  generalrnente  negli 
altri  paesi;  quindi  le  proteste  deH'on.  deputato  Lacava,  quando 
nel  1890  era  al  Ministero  delle  Poste  e  de'  Telegrafi,  che  biso- 
gnava  fare  economia,  sempre  economia;  quindi  la  confes- 
sione  assolutamente  spontanea  che  «  il  servizio  dei  pacchi  po- 
stali era  allora  tutt'altro  che  rimuneratore  l  »;  quindi,  anche 
all'estero,  il  rifiuto  categorico  che  due  anni  fa  opposero  r Au- 
stralia e  la  Nuova  Zelanda  all7  Inghilterra  che  domandava 
1'accettazione  da  parte  loro  del  penny  postage,  e  finalmente 
il  tenere  alte,  universalmente,  le  tariffe  di  certi  oggetti  man- 
dati  per  la  Posta,  e  cio  a  fine  di  compensare  coi  loro  pro- 
venti  le  perdite  cagionate  per  altri  capi.  Dunque  non  6  asso- 
lutamente certo  che  i  servizii  pubblici,  condotti  dallo  Stato, 
tornino  a  vantaggio  dei  consumatori,  di  quelli  almeno  che 
non  fanno  parte  del  grande  esercito  degrimpiegati  dello  Stato. 
Un  altro  servizio  pubblico  che  molti  credono  tornare  assai 
Vantaggioso  allo  Stato  e  quello  delle  ferrovie.  Eppure  anche 
questa  e  un'ipotesi,  non  e  realta.  Le  ferrovie  prussiane  per  es. 


1  Cfr.  Nuova  Antologia,  16  aprile  1890.  Le  ri forme  net  servizii  postale 
e  telegrafico,  pag.  656  e  660. 


286  I  SINDACATI 

appartengono  allo  Stato;  ma  le  tariffe  pel  viaggiatori  e  per 
le  merci  sono  quivi  piu  alte  e  il  servizio  6  meno  buono  delle 
ferrovie  americane,  inglesi  e  francesi  che  sono  in  mano  di 
societa  private.  II  Mange,  dopo  aver  studiato  a  fondo  nella 
Revue  des  deux  Mondes  del  1  maggio  1893  la  questione  delle 
ferrovie  prussiane,  arriva  alia  conclusione  che  r  esercizio  di 
quelle  ferrovie  da  parte  dello  Stato  torno,  nei  primi  anni,  a 
vantaggio  solamente  dello  Stato,  non  del  cittadino ;  ed  anche 
lo  Stato,  allora,  cioe  nel  1893,  non  ci  guadagnava  piu,  ma  era 
costretto  a  fare  economic  sul  personale  e  sui  materiali,  per 
non  aggravare  di  troppo  il  bilancio  nazionale  *. 

Anche  in  Italia  si  sta  ora  discutendo  nella  Camera  e 
su  pei  giornali,  se  lo  Stato  debba  o  no,  da  qui  a  due  anni, 
rivocare  a  s6  I7  esercizio  delle  ferrovie  italiane,  e  natu- 
ralmente  si  fanno  assai  parlari  da  ambe  le  parti.  Nella 
Nuova  Antologia  del  16  dicembre  p.  p.  un  valente  scrittore 
discusse  ampiamente  questo  problema,  e  alia  stregua  di  fatti 
e  di  cifre,  raccolte  dall' esercizio  ferroviario  di  quasi  tutta 
Europa,  arrivava  alia  conclusione,  proclamata  tempo  fa  in 
Parlamento  dall'on.  Pellegrini,  quando  disse  che  «  tutto  som- 
mato,  lo  Stato  e  la  peggiore  delle  Compagnie:  ora  s'inco- 
mincia  a  comprendere  che  i  lavori  costano  meno  nelle  offi- 
cine  private  che  in  quelle  governative :  e  di  questo  passo  il 
retirement  non  si  sa  dove  possa  condurre.  »  Veramente  molti 
sanno  dove  il  cambiamento  della  pubblica  opinione  6  per  con- 
durci.  Lo  Stato,  fatto  accorto  presto  o  tardi  della  propria  de- 
bolezza,  ricusera  di  assumere  a  conto  suo  i  giganteschi 
sindacati  proprii  del  tempo  nostro,  e  li  lascera  ai  municipii  o 
a  compagnie  private.  Un  esempio  recentissimo  Tabbiamo  nel 

T  MANGE  ALFRED,  L'  Exploitation  des  Chemins  de  fer  par  La  Prusse 
depuis  leur  racliat  par  I'  Etai.  «  Revue  des  deux  Mondes  »  ler  Mai  1893, 
pag.  142.  II  bilancio  dell'  Impero  germanico  per  1'anno  teste  decorso 
si  e  chiuso  con  un  deficit  di  58,900,000  marchi,  e  il  deficit  del  corrente 
anno  1903  sara  di  circa  118,750,000.  I  piu  savii  fra  i  tedeschi  sono  assai 
impensieriti  della  brutta  piega  che  prendono  le  loro  finalize,  la  qual 
cosa  essi  attribuiscono  a  varie  cause,  fra  le  quali  viene  in  primo  luogo 
troppo  socialismo  di  Stato.  Cfr.  Weekly  Times  di  Londra,  16  gennaio  1903. 


INDUSTRIALI  287 

Governo  francese,  che  rifiuto  1'offerta  di  prendere  a  proprio 
carico  Fesercizio  del  tranvia  parigini,  e  a  giudizio  del  ben- 
pensanti  opero  rettarnente  i. 

E  la  cosa  e  chiara.  Se  lo  Stato  riesce  a  mala  pena  a  con- 
durre  da  se  senza  perdita  quelie  impress  che  per  la  loro 
importanza,  per  la  loro  stretta  attinenza  coi  bisogni  della 
comunita  e  per  la  loro  universalita  sono  veramente  nazio- 
nali,  come  potra  mai  intraprendere  e  condurre  aziende  stret- 
tamente  commercial!  e  private  come  sono  i  sindacati  ?  E  non 
hanno  ragione  quei  giornali  americani 2  che  combattono  al 
presente  con  ogni  loro  possa  la  proposta  che  si  vuole  presen- 
tare  al  Congresso  perche  lo  Stato  acquisti  tutte  le  miniere  del 
carbon  fossile  esistenti  nel  paese?  Chi  non  ricorda  la  fine 
luttuosa  dei  famosi  ateliers  nationaux  della  Francia  repub- 
blicana  del  1848?  Eppure  quello  fu  un  saggio  in  piccolo  di 
socialismo  di  Stato,  un  tentative  incerto  dei  ministri  Blanc 
e  Marie,  iniziato  felicernente,  che  prometteva  un  buon  suc- 
cesso  e  finl  miseramente.  Vi  e  uno  Stato  che  ai  nostri  giorni 
si  e  a  dirittura  impegnato  in  sindacati  commercial!,  lo  Stato 
di  Victoria  neir Australia ;  ma  e  anche  carico  di  debiti  per 
oltre  dieci  milioni  di  sterline  e  se  ne  aspetta  vicino  il  fal- 
limento3.  Gli  adoratori  del  dio  Stato,  prima  di  risolversi  a 
confidargli  nelle  mani  imprese  commercial!  o  tali  che  non  siano 
strettamente  nazionali  dovrebbero  ponderare  con  grande 
attenzione  i  punti  seguenti:  a)  Lo  Stato  condurra  difficil- 
mente  un'azienda  con  queirinteresse,  quella  cura  ed  energia 
colla  quale  per  lo  piu  la  conduce  un  privato.  b)  Facendo  uso 
dei  danari  altrui,  potra  di  leggeri  lo  Stato  lasciarsi  andare 
a  spese  inutili,  a  tentativi  arrischiati,  ad  imprese  colossali, 
megalomene  e  rovinose  per  le  finanze  del  paese.  c}  Essendo 
lo  Stato,  praticamente,  un  ente  impersonale,  avvenuta  la  ro- 
vina  finanziaria,  nessuno  in  particolare  ne  sara  mallevadore, 


1  Cfr.  Tribuna  del  22  novembre  1902. 

2  Cfr.  Tribuna  del  16  gennaio  1903. 

THE  AUSTRAL  LIGHT.  January  1.  1903.  State  Parliaments,  pp.  46. 


288  I  SINDACATI 

e  la  perdita  cadr£  sui  cittadini  onesti  e  bonarii.  Molte  altre 
ragioni  potrebbero  proporsi  alia  meditazione  del  seguaci  del 
collettivismo  di  Stato,  ma  le  riserbiamo  per  coloro  che  al 
problema  del  sindacati  vorrebbere  dare  una  soluzione  mu- 
nicipalista. 

La  verita  e  che  lo  Stato  non  e,  come  pretendono  1'Hegel 
e  i  panteisti  tedeschi,  I'assoluto,  ossia  Dio  medesimo,  giunto 
a  un  certo  grado  della  sua  incessante  evoluzione,  e  per  con- 
seguenza,  onnipotente.  Lo  Stato,  come  ogni  altra  istituzione 
umana,  e  finito,  cio6  a  dire,  ha  limit!  proprii,  confini  pro- 
prii,  determinazioni  proprie,  specificate  e  dipendenti  dal  fine 
acui  tende,  il  quale  6,  non  1'assorbimento  e  la  militarizzazione 
della  societa,  ma  il  governo,  la  protezione  e  la  ragionevole 
tutela  della  medesima.  Quando  avvenga  che  lo  Stato,  dimen- 
tico  de'  suoi  natural!  confini,  li  oltrepassi  e  violi  brutalmente, 
ne  coglie  subito  il  dovuto  castigo,  per  che  la  societa  reagisce 
contro  di  lui  ed  e  fatto  entrare,  spesso  ancora  violentemente, 
entro  le  male  custodite  frontiere. 

VII. 

Se  lice  tuttavia  da  quanto  accade  sotto  i  nostri  occhi 
congetturare  il  futuro,  sembra  che  gli  Stati  moderni,  prima 
di  giungere  alia  dovuta  moderazione  nel  maneggio  dei  ser- 
vizii  pubblici,  vogliano  fare  il  tentative  di  assumere  in> 
prese  che  sarebbe  molto  meglio  lasciare  ai  privati.  Questa 
e  la  tendenza  dell'ora  presente.  Al  collettivismo  di  Stato  mi- 
rano  le  plebi  fantasiose,  stanche  dei  sistemi  antichi  che  non 
hanno  loro  portato  quel  sommo  di  felicita  di  cui  andavano 
in  cerca,  e  fiduciose  nei  sistemi  dei  quali  non  hanno  fatto 
peranco  esperienza.  Queste  stesse  plebi  sono  quasi  da  per  tutto 
padrone  dei  Parlamenti,  e  per  mezzo  dei  Parlamenti,  spingono 
lo  Stato  al  collettivismo.  Di  qui  Tattribuire  allo  Stato  diritti 
enormi,  attribuzioni  vastissime,  doveri  che  altre  volte  la  so* 
cieta  lasciava  airindividuo,  alia  famiglia,  al  Comune.  Di  qui 
anche  la  trasformazione  dei  mercati  da  nazionali  in  inter- 


INDUSTRIAL!  289 

nazionali ;  i  mercanti  e  gl'  imprenditori  che  speculano  sul 
mercato  universale,  i  ricchi  che  collocano  i  loro  fondi  al- 
1'estero,  anche  a  detrimento  del  proprio  paese,  Toperaio  che 
lascia  colla  piu  assoluta  indifferenza  la  patria  per  servire  lo 
straniero ;  la  scienza,  le  arti,  la  letteratura  che  a  poco  a  poco 
diventano  inter  nazionali.  Tutti  questi  fatti  che  accadono  sotto 
ai  nostri  occhi  creano  bisogni  nuovi  di  protezione,  di  tutela, 
di  ordinamento  da  parte  dello  Stato,  e  lo  Stato  con  una  fa- 
cilita  che  fa  spavento  accetta  le  domande  del  sudditi  incauti 
ed  entra,  supremo  moderator  e,  nel  segreto  delle  famiglie,  e 
dispone  a  suo  senno  dei  genitori,  dei  figli,  dei  bambini,  del 
vecchi,  deH'operaio,  del  padrone,  del  ricco,  del  povero,  del 
sano,  deirammalato,  deH'uomo  vivo  e  dell'uomo  morto.  Pro- 
cedendo  di  questo  passo  si  va  dirittamente  al  collettivismo, 
cio6  alia  distruzione  dei  diritti  individual!  ed  alia  schiavitu 
legale.  Ma  con  cio  non  saranno  mai  sciolti  i  grandi  problemi 
economic!  e  morali  che  travagliano  la  presente  1'umanita.  II 
loro  campo  sara  spostato.  Dalle  mani  di  molti  saranno  traspor- 
tati  nelle  mani  di  pochi,  ma  rimarra  la  stessa  intrinseca  diffi- 
colta,  forse  la  impossibility  ad  arrivare  ad  una  soluzione  che 
appaghi  tutti  e  non  crei,  nella  lotta  per  1'esistenza,  nuove 
vittime  di  nuovi  sistemi.  Sopra  tutto  per6  lo  Stato,  non  arri- 
vera  mai,  mediante  il  collettivismo,  a  sciogliere  la  questione 
dei  sindacati  industrial!,  perche  essi,  al  pari  di  tante  altre 
attivita  delPumano  consorzio,  dipendono  da  element!  essen- 
zialmente  variabili,  come  sono  Tintelletto  e  la  volonta  umana, 
la  naturale  produzione  delle  materie  gregge,  e  Talto  e  il 
basso  del  mercato  che  nessuna  legge  umana  potra  mai  togliere. 
Sciogliere  dunque  la  questione  dei  sindacati  tr  as  for  man- 
doli  nello  Stato  socialista,  &  impossibile  nei  piu  dei  casi,  e 
solo  limitatamente  in  certi  paesi,  presso  certi  popoli  e  poste 
certe  circostanze.  In  un  prossimo  ed  ultimo  articolo  esami- 
neremo  le  altre  soluzioni  proposte,  donde  ci  faremo  strada 
a  suggerire  il  mezzo  onde  i  Governi  potrebbero  invigilare 
efficacemente  i  sindacati  senza  distruggerli  o  danneggiarli. 


Serie  XVIII,  vol.  IX,   fasc.  1263.  19         28  yennaio  1903. 


Dl  ALCUNI  CRITERI1  INCERT1 
NELL  A   PALETNOLOG1A 

ARCHEOLOGIA  E  STORIA  ANTICA 


La  scoperta  delle  tombe  nel  Foro  Romano 
e  il  criterio  cronologico. 


Dopo  la  scoperta  di  una  tomba  a  inumazione  nel  Foro  Ro- 
mano, si  conchiuse  all'esistenza  d'una  necropoli  antichissima 
con  sepoltura  di  rito  misto,  e  solo  allora  s'  invoco  la  tradi- 
zione;  laddove  con  la  scoperta  della  prima  tomba  ad  inci- 
nerazione,  alia  quale  fu  presente  il  ch.  prof.  Pigorini,  la 
necropoli  del  Foro  Romano,  secondo  la  convinzione  dello 
stesso,  doveva  essere  di  cremati,  come  ci  disse  il  Boni :  «  Al 
vuotamento  della  sepoltura  voile  compiacersi  d'assistere  anche 
il  prof.  Pigorini,  direttore  del  Museo  preistorico  romano,  primo 
autore  ed  apostolo  convintissimo  dell'idea  che  si  dovesse  sco- 
prire  una  necropoli  palatina  di  cremati  i.  »  L'idea  del  Pigo- 
rini  questa  volta  non  fu  confermata  dal  fatto,  fu  anzi  disdetto 
il  suo  sisterna  etnografico  col  quale  de'  Romani  faceva  una 
progenie  di  terramaricoli  e  percio  di  soli  ariani.  Quando  poi 
s'invoca  ora  da  lui  la  tradizione  d'un  rito  misto  nella  detta 
necropoli  palatina  o  capitolina;  si  fa  manifesto  che  le  popo- 
lazioni  del  Palatino  o  del  Campidoglio,  non  erano  d'una  sola 
stirpe,  perciocche  allora  non  yi  sarebbe  stato  un  rito  misto, 
ma  unico. 

Senonche  la  tradizione  stessa  ci  rassicura  che  i  Romani 
nel  principio,  com'io  gia  scrissi,  non  cremavano,  si  solo  inu- 
mavano;  il  che,  a  giudizio  del  Pigorini,  non  regge.  Ma  regge 

1  BONI,  Notizie  d.  Scavi,  Fasc.  3,  aim.  1902,  p.  102. 


DI  ALCUNI   CRITERII   INCERTI   NELL  A   PALETNOLOGIA       291 

per  Plinio,  buon  conoscitore  delle  tradizioni  di  Roma :  «  Ipsum 
cremare  apud  Romanos  non  fuit  veteris  instituti :  terra  con- 
debantur.  At  postquam  longinquis  bellis  obrutos  erui  cogno- 
vere,  tune  institutum  i.  »  Anche  Cicerone  fu  dello  stesso 
parere :  «  At  mihi  quidem  antiquissimum  sepulturae  genus 
id  fuisse  videtur,  quo  apud  Xenophontem  Cyrus  utitur: 
redditur  enim  terrae  corpus,  et  ita  locatum  ac  situm,  quasi 
operimento  Matris  obducitur.  Eodemque  ritu  in  eo  sepulcro, 
quod  procul  ad  Fontis  Aras,  regem  nostrum  Numam  con- 
ditum  accepimus:  gentemque  Corneliam  usque  ad  memoriam 
nostram  hac  sepultura  scimus  esse  humatam  2.  »  Che  1'intro- 
duzione  primitiva  nello  stesso  luogo  d'un  nuovo  e  diverso 
rito  di  sepoltura,  corrisponda  airarrivo  d'un  nuovo  popolo, 
fu  gia  Topinione  del  von  Duhn  3?  e  lo  Gsell  che  la  riferisce, 
scrive :  «  Pour  moi,  je  suis  loin  du  reste  de  pretendre  qu'il 
n'en  ait  pas  6te  souvent  ainsi  4.  »  Ora  nessuno  d'altra  parte, 
mette  in  dubbio  che  il  rito  proprio  di  sepoltura  degli  Arii 
in  Italia  fu  Tincinerazione.  Se  dunque  in  una  stessa  necro- 
poli  arcaica  si  ritrovino  i  due  riti,  &  giuoco  forza  ritenere 
che  gl7  inumati  non  sieno  arii  ma  d'altra  stirpe,  cio  che  la 
iradizione  c'  insegna  per  le  necropoli  deir  Esquilino  e  per 
quella  del  Foro  Romano. 

Se  dunque  in  Roma  vi  furono  de'  non  Arii,  come  e  da 
quando  si  fusero  con  gli  Arii?  Queste  domande  costituiscono 
per  noi,  il  vero  stato  delle  varie  question!,  senza  la  cui  so- 
luzione,  la  necropoli  del  Foro  non  trova  spiegazione  n6  certa 
n^  probabile.  Laonde  fa  mestieri  richiamare  ad  esame  le 
origini  di  Roma  e  vedere  se  sia  certa  o  almen  probabile,  la 
cosiddetta  tradizione,  la  quale  fa  venire  da'  Colli  Albani  una 
o  piii  torme  di  pastori  che  dichiara  primi  abitatori  del  Pa- 
latino  e  fondatori  di  Roma.  Questo  esame  6  certamente  pieno 
di  rischio  perciocch^  si  dovrebbe  rigettare  quanto  si  e  finora 

4  PLIN.,  H.  N.  Lib.  VII,  LV,  ed.  Pomba. 

2  Cic.  de  Leg.  lib.  II,  p.  345. 

3  VON  DUHN,  Banner  Studien  R.  Kekule  gewidmet,  p.  21  sg. 

4  GSELL,  Fouilles  dans  la  necropole  de  Vulci,  p.  320,  n.  2. 


292       DI   ALCUNI  CRITERII  INCERTI  NELLA   PALETNOLOGIA 

ammesso  e  tenuto  per  indisputabile,  da  pressoche  tutti  gli 
antichi  e  in  gran  parte  ancor  da'  modern!  scrittori,  che  la 
tradizione  romana  in  questo  punto  stimano  inconcussa  e  fuor 
d'ogni  dubbio.  Ed  in  vero,  Romolo  e  da  stirpe  pastore,  visse 
fra  pastori  e  tutta  la  religione  che  regna  in  Roma,  e  religione 
con  deita,  sacrifizii,  offerte  e  feste  tutto  proprie  di  genti  addette 
alia  pastorizia  ed  alia  cultura  della  terra :  Pale,  le  Palilie, 
latte,  agnelli,  poma  e  somiglianti.  Ma  concesso  una  volta  che 
i  Romani  furono  pastori  e  vennero  da  Alba  Longa  o  da  qualche 
altro  villaggio  de'  Colli  Albani,  non  si  possono  in  verun  modo 
evitare  le  conclusioni  seguenti.  Gli  Albani  incineravano  e  i 
loro  sepolcreti  ne  fanno  fede.  Dunque  i  Romani  che  forma- 
vano  una  sola  popolazione  con  gli  Albani,  come  afferma  il 
Pigorini,  dovevano  seguire  il  rito  della  madre  patria  e  inci- 
nerare  anch'essi.  Dunque  non  e  vero  e  pero  non  regge  quel 
ch'  io  scrissi,  cioe  dire  che  nel  principio  i  Romani  non  inci- 
.nerarono,  ma  inumarono. 

Ora  cotesta  discendenza  de'  Romani  dagli  Albani  e  la  ve- 
nuta  loro  da'  Colli  Albani  a  Roma,  non  poggiano  sopr'altro 
fondamento  se  non  su  quello  della  *  tradizione,  la  quale,  in 
questo  caso,  siccome  io  giudico,  non  ha  valore  e  non  merita 
il  nome  di  vera  tradizione.  Roma  infatti  esisteva  gi&  prima 
che  Romolo  (nome  derivato  da  Roma)  vi  prendesse  stanza 
sul  Palatino,  e  la  stessa  origin  e  del  fondatore  e  piena  di  fa  vole 
e  di  assurdita. 

Esaminiamo  brevemente  1'origine  del  fondatore  e  della 
sua  patria,  Alba  Longa.  II  padre  suo  e  Marte,  Rhea  Silvia, 
flglia  di  Numitore,  e  sua  madre,  nutrice  una  lupa  :  «  lupa 
dicta,  quod  nobile  scortum  fuerit  »,  cio6  Acca  Laurentia  o 
Larentia,  in  onore  della  quale  i  Romani  lasciati  da  lei  eredi 
di  molta  ricchezza,  celebravano  ogni  anno  nel  mese  di  de- 
cembre  le  feste  Laurentalia  £.  Faustolo  (Fostlus)  come  scrive 
Tito  Livio,  fu  il  capo  del  regio  armento,  che  ritrovo  Romolo 
e  Remo  allattati  dalla  lupa  2.  Egli  e  rappresentato  sopra  una 

1  ATTO  VANNUCCI,  Storia  dell' Italia  antica,  Vol.  I,  p.  575. 

2  Cfr.  MACROBIO,  I  Saturn.  10.  Ovid.  Fast.  Ill,  55, 


ARCHEOLOGIA   E   STORIA   ANTICA  293 

moneta  di  Ses.  Pompeo  Fostlus,  dove  si  veggono  Romolo  e 
Remo  die  succhiano  il  latte  della  lupa  sotto  il  fico  ruminale, 
^  su'  rami  v'e  il  picus  cioe  il  picchio.  Ma  questa  lupa,  come 
intese  provare  il  prof.  Carlo  Pascal  in  un  suo  studio  molto 
erudito  *,  sarebbe  stata  la  dea  Madre,  la  Magna  Madre  o  Rhea 
o  inagna  inater  deorum,  dea  dia  ecc.  Romolo  dunque  sarebbe 
nato  da  un  dio  e  avrebbe  regnato  trentasette  anni,  senza 
figli.  A  popolare  la  nuova  citta  sul  Palatino  egli  apri  un  Asilo, 
dove,  secondo  Livio,  «  ex  finitimis  populis  turba  omnis  sine 
discrimine,  liber  an  servus  esset,  avida  novarum  rerum 
perfugit  2.  »  Tutti  convennero  qua  da'  paesi  e  villaggi  vicini, 
non  dalla  sola  Alba,  ladri,  indebitati,  servi,  malefici,  banditi 
e  simile  genia,  e  questi  percio  furono  i  primi  cittadini  della 
nuova  Roma.  A  queste  origini  allude  Giovenale  quando  morde 
la  boria  di  certi  Romani  che  si  vantavano  della  nobilta  degli 
-antenati : 

Et  tamen,  ut  longe  repetas,  longeque  revolvas 
Nomen.  ab  in f ami  gentem  deducis  asylo: 
Maiorum  primus,  quisquis  fuit  ille,  tuorum, 
Aut  pastor  fuit,  aut  illud  quod  dicere  nolo  3. 

Dionigi  d'Alicarnasso  con  bell'arte  sfugge  la  questione  del- 
1'asilo,  e  vuole  che  il  lettore  dia  confidentemente  un  lungo 
addio  a  quegli  autori,  i  quali  fanno  Roma  un  covo  di  uomini 
barbari,  fuggitivi  e  senza  tetto  4,  perciocche  Roma  fu  citta 
greca  e  di  tutte  le  genti  la  piu  civile  e  fiorente.  Su  tutte  le 
<3ose  dette,  per  confessione  dello  stesso  Dionigi  e  d'altri  sto- 
rici,  regna  la  piu  grande  incertezza. 

La  ragione  pertanto  che  si  suole  addurre  a  fin  di  giustifi- 
care  la  migrazione  delle  famiglie  di  pastori  da'  Colli  Albani 
a  Roma,  fu  la  necessita  di  buoni  pascoli,  e  il  colle  palatino, 

1  PASCAL,  Acca  Laurentia  e  il  mito  della  Terra  Madre,  nel  Bull.  eL 
'Commiss.  arcfieol.  Com.  di  Roma,  Serie  quarta  1893  p.  325. 

2  TIT.  Liv.,  I,  4. 

3  Juvzw.,  Sat.  VIII,  273. 

<  DION.  HAL.,  A.  R.  lib.  I,  LXXXIX,  p.  73  ed.   Oxon.  1704. 


294       DI   ALCUNI   CRITERII   INCERTI  NELLA   PALETNOLOGIA 

attesa  1'uberta  e  fertilita  delle  sue  terre  e  la  copia  dell'aeque, 
forniva  il  bisognevole  alia  vita  degli  armenti  e  de'  pastorL 
Nella  quale  ipotesi  si  dovrebbe  provare  che  i  Colli  Albani  non 
erano  acconci  all'allevamento  delle  greggi  per  mancanza  o 
scarsita  di  buoni  pascoli,  e  che  Roma,  viceversa,  ne  aveya 
abbondanti.  II  che  se  stiamo  alia  tradizione,  non  si  pu6  con- 
cedere.  Essa  non  ci  parla  di  pascoli  ma  di  vaste  solitudini, 
di  dense  selve  di  querce,  di  faggi,  di  vimini  e  di  lauri,  come 
di  scarse  capanne  sulla  collina  dove  si  fa  sorgere  Roma.  Al- 
cuni  nonii  de'  Sette  Colli  serbarono  il  ricordo  della  loro  ori- 
gine,  come  il  Celio  (Collis  Querquetulanus) ,  il  Viminale  (Col- 
lis  Viminalis),  1'Esquilino  (Collis  Fagutalis).  Ovidio  cosl  si 
esprime: 

Hie  ubi  nunc  Roma  est,  incaedua  silva  virebat: 

Tantaque  res  paucis  pascua  bubus  erat.  (Fasti,  1,  243). 
E  Tito  Livio:   Vastae  turn  in  Us  locis  solitudmes  erant  (1,  4). 

Ma  pur  ammettendo  che  pascoli  vi  fossero,  converrebbe 
provare  che  prima  della  venuta  de'  pastori  Albani,  gli  altri 
colli  non  erano  abitati  e  che  sul  Quirinale  e  il  Capitolino  non 
avessero  avuto  stanza  i  Sabini,  se  non  dopo  che  il  Palatino 
fu  occupato  da'  pastori,  cio  che  dalla  tradizione  non  si  ricava. 
E  poiche  i  popoli  lontani  dal  mare  non  vivevano  se  non  di  cio 
che  loro  produceva  la  terra  lavorata  e  la  pastorizia,  gli  scaj-si 
pascoli  erano  sfruttati  dagii  abitanti  degli  altri  colli,  da'  Sa- 
bini  cioe  c  fors'anco  dagli  Etruschi,  ne  il  fatto  potevasi  igno- 
rare  da'  pastori  Albani  deliberati  di  venire  a  stabilirsi  sul 
Palatino. 

Di  che  segue  che  la  ragione  addotta  della  inigrazione  dei 
pastori  Albani  a  Roma,  non  e  sufficiente  ed  e  contraddetta 
dal  fatto.  Sappiamo  tuttavia  che  il  Natale  di  Roma  e  le  feste 
in  onor  di  Pale,  dea  de'  prischi  pastori,  come  parimente  «  la 
lingua  e  i  nomi  de'  luoghi  e  il  pubblico  culto  e  le  stesse  fa- 
vole  »  come  scrive  il  Vannucci j,  attestano  che  i  padri  primi 

1  Vol.  I,  p.  199;  cfr.  GELL,  Topogr.  of  Rome,  p.  90.  NIBBY,  Din- 
tor  ni  di  Roma. 


ARCHEOLOGIA  E  STORIA  ANTICA  295 

de'  Roman!  furono  pastori.  Le  Palilia  o  Par  ilia,  feste  della 
dea  Pale,  furono  proprie  de'  pastori  e  si  celebravano  1'XI  Kal. 
Maj.,  cio6  il  21  aprile:  «  qui  dies  natalis  est  urbis  Romae,  quae 
a  pastor ibus  condita  est  (FORCELLINI)  .  »  Si  puo  leggere  presso 
Ovidio,  la  lunga  descrizione  di  queste  feste  celebrate  con  lu- 
strazioni  d'uomini  e  di  pecore  in  citta  e  in  campagna.  I  pa- 
stori poi  accendevano  fuochi  con  fieno  e  foglie  e  bene  avvi- 
nazzati  saltavano  attraverso  la  fianmia,  cio  che  fu  un'antico 
costume  di  purificazione  col  fuoco  {. 

Questa  tradizione  delle  feste  palilie  in  memoria  del  nata- 
lizio  di  Roma,  non  dimostra  per  se  1'origine  de'  Romani  dai 
pastori  di  Alba  Longa  o  da'  Colli  Albani,  migrati  a  Roma  e 
adagiatisi  sul  Palatino.  D'altri  popoli  antichi  del  Lazio  si  sa- 
rebbero  dette  le  stesse  cose  e  conservate  le  stesse  tradizioni, 
se  fossero  stati  fortunati  come  i  Romani,  che  da  umili  ori- 
gini  diventarono  per  uua  lunga  tratta  di  secoli,  signori  del 
mondo.  Alia  potenza  percio  e  alia  gloria  di  Roma  soltanto  si 
deve  lo  studio  degli  storici  e  de'  poeti,  di  tutto  nobilitare  an- 
che  le  origin!  comuni  ad  altri  popoli,  intessendovi  sopra  fa- 
vole  e  leggende.  Che  altra  origine  se  non  la  pastorale,  pote- 
vano  vantare  le  genti  del  Lazio  e  di  tanta  parte  d'ltalia?  O 
che  bisogno  v'era  di  venir  giu  da'  Colli  Albani  a  Roma,  per 
potersi  chiamare  pastori  e  progenie  di  pastori  e  celebrar  feste 
pastorizie,  se  questa  fu  r origine  non  de'  soli  Romani,  ma  di 
quasi  tutte  le  popolazioni  vicine  di  Roma  ?  Di  che  conseguita 
non  aver  la  tradizione  ora  discussa,  nessun  valor  e  storico,  e 
anzi  che  derivare  dagli  Albani  i  primi  abitatori  del  Palatino, 
si  dovranno  ricercar  altre  provenienze. 

Veniamo  ad  Alba  Longa,  a'  suoi  re  e  alle  sue  colonie.  Alba 
dunque  fu  edificata  da  Ascanio,  il  quale  aveva  regnato  prima 
a  Lavinio  donde  porto  seco  i  Penati  nella  nuova  citta.  Ma 
dove  essa  sorgesse  non  si  sa  di  certo  fuorche  questo,  che  sui 
Colli  Albani,  e  1'epiteto  di  Longa  le  fu  dato  dalla  sua  forma 
perch&  distesa  per  lungo  e  non  per  largo  fra  1'estremo  lembo 

1  OVID.,  Fast.  IV,  721  e  segg. 


296      DI   ALCUNI   CRITERII  INCERTI   NELLA  PALETNOLOGIA 

del  raonte  e  il  Lago  Albano.  Fu  posta  da'  piu  a  Palazzolo- 
dov'e  il  Convento  de'  PP.  Riformati ;  da  qualcuno  a  Rocca  di 
Papa  ovvero  a  Castel  Gandolfo  ed  anco  a  Marino.  Un  mio 
amico,  dotto  paletnologo  e  che  ben  conosce  i  sepolcreti  de'  Colli 
Albani,  la  supporrebbe  esistita  sul  Monte  Crescenzio.  Essa 
fu  distrutta  da  Tullo  Hostilio  per  il  tradimento  del  suo  Ge- 
nerale  Mezio  Fufezio.  Altri  dicono  che  Roma  ebbe  poca  parte 
alia  sua  distruzione  e  ch'essa  fu  1'opera  delle  forze  combi- 
nate  de'  Latin  i.  De'  suoi  re  abbiamo  liste  che  vanno  da'  14 
agli  8  e  con  nomi  diversi. 

Incerta  similmente  e  I'egemonia  d'Alba  sulla  Lega  delle 
trenta  citta  de'  Latini  e  su  Roma,  nella  stessa  guisa  che  que- 
sta  1'esercito  poi  su  quelle,  concerto  di  pari  e  il  suo  titolo. 
di  metropoli  o  capo  delle  genti  del  Lazio.  La  storia  infatti 
non  fa  menzione  di  qualsivoglia  dipendenza  di  Roma  da  Alba 
fino  alia  sua  distruzione  sotto  re  Tullo  Hostilio,  e  d'altra 
parte,  molte  citta  della  pretesa  Lega  e  credute  colonie  di  Alba, 
secondo  altre  tradizioni  erano  piu  antiche  di  lei,  quali  Ardea,. 
Laurentum,  Lavinium,  Praeneste^  Tusculum  ecc.  Noi  sti- 
miamo  esservi  in  questa  tanto  oscura  e  difficile  questions 
delle  due  Leghe  d'Alba  e  de'  Latini,  molta  materia  a  dubbii 
e  a  contraddizioni.  Giovera  perci6  chiarirla  come  megiio  si 
potra,  con  1'esame  delle  antiche  tradizioni. 

Acciocche  intanto  nella  questione  si  proceda  con  chiarezza,, 
convien  premettere  esservi  state  in  tempi  antichissimi  parec- 
chie  leghe  fra'  popoli  latini,  altre  parziali  ed  altre  che  si  po- 
trebbero  chiamare  nazionali,  e  queste  constavano  di  trenta 
citta  o  popoli,  cioe,  del  fiore  della  gente  latina.  Una  di  sif- 
fatte  leghe  nazionali  di  citta  libere  e  indipendenti  1'una  dal- 
1'altra,  nel  tempo  che  Roma  non  era  fondata  ancora,  avrebbe 
avuto  a  capo  Alba  e  da  questa  supposizione  senza  storico 
fondamento,  le  si  attribui  il  titolo  di  metropoli  del  Lazio,  e 
le  citta  tutte  o  la  maggior  parte  di  esse  si  disscro  sue  co- 
lonie. Ora,  come  fu  detto,  fra  le  citta  reputate  colonie  di 
Alba,  ve  n' erano  di  piu  antiche  e  preesistenti  ad  Alba  stessa,. 
€  si  sa  d'una  lega  parimente  antichissima  e  anteriore  all'al- 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA   ANTICA  297 

bana.  Noi  siamo  di  parere  che  1'origine  e  la  causa  dell'es- 
sersi  conferito  ad  Alba  1'onore  di  metropoli  e  di  capo  delle 
genti  latine,  sia  stato  1'antico  loro  costume  di  sacrificare  sul 
monte  Albano,  airAriccia,  a  pie'  dello  stesso  monte,  celebre 
per  il  tempio  di  Diana,  e  il  luogo  anch'esso  vicino,  il  caput  aquae 
Ferentinae,  dove  si  raccoglievano  a  consiglio.  Plinio  ci  da 
i  nomi  de'  popoli  del  Lazio  che  celebravano  le  ferie  sul  monte 
Albano,  dove  mangiavano  in  comune  la  came,  ma  de'  quali 
al  suo  tempo  non  v'era  piii  vestigio.  «  Ita  ex  antique  Latio 
LIII  populi  interiere  sine  vestigiu  l.  »  Ecco  i  loro  nomi: 

«  Satricum,  Pometia,  Scaptia,  Pitulum,  Politorium,  Tellene, 
Tifata,  Caenina,  Ficana,  Crustumerium,  Ameriola,  Medullia, 
Oorniculum,  Saturnia,  ubi  nunc  Roma  est:  Antipolis,  quod 
nunc  laniculum  in  parte  Romae :  Antemnae,  Camerium,  Col- 
latia,  Amitinum,  Norbe,  Sulmo :  et  cum  his  carnem  in  monte 
Albano  soliti  accipere  populi  Albenses,  Albani,  Aesolani,  Acien- 
ses,  Abolani,  Bubetani,  Bolani,  Cusvetani,  Coriolani,  Fide- 
nates,  Foretii,  Hortenses,  Latinienses,  Longulani,  Monates, 
Macrales,  Mutucumenses,  Munienses,  Numinienses,  Ollicu- 
lani,  O^tulani,  Pedani,  Pollustini,  Querquetulani,  Sicani,  Fi- 
-solenses,  Tolerienses,  Tutienses,  Vimitellarii,  Velienses,  Ve- 
netulani,  Vitellenses.  »  Di  questi  popoli  e  delle  loro  citta 
qui  ricordate,  i  nomi  parte  son  noti,  parte  ignoti  e  mal  si 
potrebbe  indovinare  dove  gia  furono. 

D'una  lega  fra'  latini  e  Roma,  con  diritti  eguali,  si  fa 
parola  in  Livio  e  in  Dionigi  d'Alicarnasso,  e  fu  nota  col  nome 
di  lega  Cassiana,  da  Spurio  Cassio  (Cfr.  Liv.  lib.  Ill,  c.  41, 
Ann.  V.  C.  267,  a.  C.  490).  Diamo  qui  la  lista  de'  popoli  latini 
'Che  ribellarono  da  Roma  a  fin  di  riniettere  sul  trono  Tar- 
quinio  il  Superbo  1'anno  V.  C.  256,  a.  C.  491  e  secondo  al- 
tri,  498.  La  prendiamo  da  Dionigi,  lib.  V,  p.  312.  Ardeati, 
Aricini,  Bovillani,  Bubetani,  Corani,  Cornetani,  Gabini,  Lau- 
rentini,  Lanuvini,  Laviuiensi,  Labicani,  Nomentani,  Norbani, 
Prenestini,  Pedani,  Querquetulani,  Satricani,  Scaptini,  Setini, 

1  PLIN.,  H.  N.  lib.  Ill,  c.  IX,  p.  108. 


298       DI   ALCUNI   CRITERII  1NCERTI   NELLA  PALETNOLOGIA 

Tellensi,  Tiburtini,  Tusculani,  Tricrini,  Veliterni.  In  questa 
lista  troviamo  de'  nomi  riferiti  gi&  da  Plinio  cd  altri  nuovi  e  di 
dubbia  lettura. 

Stimiamo  interrompere  qui  la  nostra  questione  per  far 
un'opportuna  digressione  sul  nome  de'  Norbani  e  di  Norba, 
dove  si  stanno  facendo  degli  scavi  dal  prof.  Savignoni,  il  quale 
nella  sua  Relazione  A  stima  che  Norba  si  possa  considerare 
una  citta  romana,  della  fine  dell' eta  regia  o  de'  primi  tempi 
della  Repubblica.  E  poich&  i  document!  piii  antichi,  le  due 
teste  arcaiche,  cioe,  rinvenute  in  uno  de'  templi  dell'acropoli 
minore,  il  frammento  dell'antefissa  deiraeropoli  maggiore  e 
Faltro  colla  figura  di  luno  Sospita  «•  difficilmente  possono 
rimandarsi  al  di  la  del  V  sec.  a.  C.,  e  tutto  il  resto  e  molto 
piu  recente  »  Norba  dovette  essere  edificata  tra  il  V  e  il 
IV  secolo.  I  Romani,  secondo  lui,  poterono  occupare  un  posto 
gia  fortificato  dai  Volsci,  ovvero  «  e  cio  e  piii  verosimile,  essi 
stessi  hanno  fatto  costruire  le  prime  mura  secondo  il  sistema 
del  paese.  » 

Riservando  ad  altro  tempo  I'esame  degli  Scavi  di  Norba 
non  ancora  finiti  perche  resta  ancora  a  scoprire  la  necropoli, 
facciamo  soltanto  notare  che  nel  V  sec.  a.  C.  Norba  gia  esi- 
sfceva,  e  che  non  fu  opera  de'  Romani.  I  Norbani  infatti  nel 
491  o  498,  a.  C.  fanno  parte  della  lega  Cassiana  2  al  pari  di 
Ardea,  di  Praeneste,  di  Tibur,  di  Laurentum  e  di  altre  citta, 
le  quali  non  furono  edificate  da'  Romani,  ma  per  tradizioni  ri- 
cevute,  esistettero  prima  di  Roma.  Dunque  1'asserzione  del 
Savignoni  e  gratuita  e  contraddice  alia  storia.  L'argomento 
poi  che  i  Romani  nel  costruire  le  prime  mura  avrebbero  se- 
guito  «  il  sistema  del  paese  w,  e  un'altra  affermazione  gra- 
tuita e  in  contraddizione  col  costume  dei  Romani,  i  quali 
sempre  e  dappertutto  fecero  uso  del  masso  quadrato,  e  ne 
son  prova  le  restaurazioni  fatte  da  loro  con  questo  masso  e 
tuttora  visibili  nelle  mura  di  Ferentino  e  di  Segni.  Quando 

1  Belazione  sopra  gli  scavi  eseguiti  mil' estate  dell' anno   1901,  nelle 
Notizid  d.  Scavi,  p.  558,  559. 

2  DION.  HAL.  A.  R.  V,  61. 


ARCHEOLOGIA  >;   STORIA  ANTIOA  269 

Tito  Livio  scrive  che  fu  mandata  una  nuova  colonia  a  Norba 
su'  monti  «  quae  arx  in  Pomptino  esset  l  »  suppone  1'esi- 
stenza  della  citta  e  confer  ma  che  Norba  nell'aimo  di  Roma 
262,  cioe  nel  491  o  498  a.  C.  gia  esisteva. 

II  testo  intero  di  Livio  e  questo:  «  Incommodo  bello  in 
tarn  arctis  commeatibus  vexati  forent,  ni  Volscos,  iam  mo- 
venteis  arma,  -pestilent-id  ingens  invasisset,  ea  clade  conter- 
ritis  hostium  animis,  ut  etiam,  ubi  ea  remisisset,  terrore 
aliquo  tenerentur  ;  et  Velitris  auxere  numerum  colonorum 
Romanorum,  etNorbae  in  monteis  novam  coloniam  (quae  arx 
in  Pomptino  esset)  miserunt 2.  »  II  niedesimo  senso  hanno  le 
parole  di  Dionigi,  che  Norba  gia  esisteva  come  Velletri,  quando 
all' una  e  all'altra  s'inviarono  nuove  colonie:  GOTO;  TS  STJ  6 
016X0?  euTipeTCT]^  dvayxvj  etg  OusXiipag  aTisaraXyj  xai  sispoc  a00^,  ou 
TioXXa!^  y)(i£pa:s  Oaiepov,  dc,  Nwpfiav  ^oAcv,  r]  iat:  TOU  Aaitvwv  iOvou; 
oux  ^av^s  3.  Con  la  differenza  di  pochi  giorni  si  manda  dun- 
que  una  nuova  colonia  a  Velletri  ed  un'altra  a  Norba,  citta 
de'  Latini  (/u6Xt?  oux  a^avr^),  la  quale  come  osserva  il  Cluverio, 
e  detta  fortezza  de'  Volsci  da  Livio,  nell'agro  Pontino:  Quam 
e  diver  so  Livius  lib.  I,  in  eddem  historid,  arcem,  fuisse  teste- 
tur  Volscorum,  in  Pomptino  agro.  (1.  c.).  Fu  detta  citta  la- 
tina  dopo  che  al  Lazio  Antico  fu  aggiunto  il  Nuovo. 

Finora  infatti  tutta  la  tradizione  non  ha  mai  attribuito  ai 
Romani  la  fondazione  delle  citta  del  Lazio  costruite  con  mura 
poligonali.  Se  poi  la  tradizione  non  si  vuol  amrnettere,  6 
inutile  fare  scavi  da'  quali  non  si  conferma  e  non  si  spiega 
nulla.  Imperocche  se  Norba  6  citta  romana,  non  v'e  ragione 
di  negar  questa  qualita  a  tutte  le  altre  citta  del  Lazio  co- 
struite col  sistema  medesimo.  Che  se  anche  d'una  sola  si  po- 
tesse  certificare  non  essere  di  costruzione  e  di  tempi  romani, 


1  T.  Liv.,  II,  34.  Cfr.  MOMMSEN,  C.  I.  Lat.  X,  p.  642. 

2  TIT.  Liv.,  lib.  I,  aim.  V.  C.  CCLXII  a.  C.  CCCCXCI.  Cfr.  CLUV. 
II  Cluverio  legge :  quae  arx  in  Pomptino  est;  r  esset  di  Livio   significa 
che  Norba  doveva  servir  di  fortezza  perche    tale    la  faceva  la  sua  po- 
stura.  Ital.  Ant.  lib.  Ill,  p.  1019. 

3  DION.  HAL.,  A.  R.  lib.  VII,  13. 


300      DI  ALCUNI  CR1TERII  INCERTI  NELLA   PALETNOLOGIA 

resterebbe  salda  la  tradizione  che  i  suoi  popoli  primitivi  non 
furono  della  stessa  stirpe  de?  Romani,  e  allora  ci  si  dovrebb^ 
dire  a  quale  stirpe  appartengono. 

II  Savignoni,  come  nel  resto  si  fa  palese  in  tutta  la  sua 
RelazionCj  &  guidato  dal  preconcetto  nella  presente  questione. 
Dichiara  infatti  che  alcuni  « sedotti  dalla  esteriore  somiglianza 
delle  costruzioni  di  alcune  citta  dell'Italia  colle  costruzioni 
di  quei  luoghi  (Troia,  Tirinto,  Micene,  Greta)  ban  no  soste- 
nuto  o  sostengono  che  alle  stesse  genti  ed  agli  stessi  tempi 
debbano  attribuirsi  le  origini  delle  prime ;  laddove  altri  piii 
circospetti  e  piu  scettici  ne  negano  Palta  antichita  e  riget- 
tano  la  leggenda  dei  Pelasgi,  della  loro  venuta,  delle  lora 
fondazioni  in  Italia  i.  »  Noi  domandiamo  alPautore  non  sedotto, 
circospetto  e  scettico,  il  quale  nega  la  leggenda  de'  Pelasgi, 
della  loro  venuta  in  Italia  e  delle  loro  fondazioni,  perche  mai 
seguiti  a  cercare  ci6  che  sa  non  esservi  n&  potervi  essere.. 
In  tutta  la  sua  Relazione  e  un  continue  sforzo  di  non  far 
risalire  nessuno  oggetto,  statuette,  antefisse,  cocci  e  cose  so- 
miglianti  scoperte  a  Norba,  di  la  del  V  secolo  2,  laddove  al- 
tri archeologi  son  di  opinione  diversa  e  vi  trovarono  prima. 
di  lui  oggetti  delPVHL 

II  prof.  A.  Frothingham,  il  10  aprile  1896,  dava  raggua- 
glio  de'  suoi  studii  e  delle  sue  esplorazioni  su  Norba,  alPI.. 
Istituto  archeologico  germanico.  Mostro  la  grande  carta  di 
Norba,  rilevata  da  lui  e  dalP  ing.  Cirilli  che  Paveva  assi- 
stito.  Ecco  le  conseguenze  alle  quali  egli  giunse.  Norba  come 

1  Cfr.  Relazione  citata  p<  514. 

2  L'autore  trova  de'  cocci  romani  e  campano-etruschi  da  per  tutto  5 
trova  statuette  arcaiche  (p.  531)  ma  «  quello  che  puo  sembrare  arcaisma 
e  piuttosto  rozzezza  di  lavoro.  »  Dopo  due  strati  di  soliti  cocci  romani 
alia  profondita  di  m.  2,55  e  piu,  ne  scopre  un  «  terzo   rossastro  di  terra 
ferruginea,  in  cui  si  trovarono  dei  piccoli  frammenti   di  vasi  rozzi,  ros- 
sastri,  che  potrebbero  esser  arcaici,  ma  non  presentano  alcun  carattere- 
deciso  per  poterne  stabilire  cosi  Torigine  come  1'epoca.  Quello  che  tut- 
t'al  piu  si  potrebbe  dire   si  e,  che  in  quest'ultimo  strato  non   abbiamo 
veduto  alcun  coccio  specificamente  romano  (p.  532).  »  Ma  se  non  si  sa 
e  non  si  puo  distinguere  cio  ch'e  arcaico  genuino  dall'arcaico  apparente- 
o  dal  rozzo,  con  quale  criterio  si  cerca  Teta  della  fondazione  di  Norba? 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA  ANTICA  301 

tutte  le  citt£  pelasgiche,  non  sono  costruite  con  un  principio 
rituale  prestabilito ;  v'6  assenza  del  cardo  e  del  decumanus  ; 
non  hanno  forma  trapezoidale  ma  seguono  I'andamento  delle 
rocce  sulle  quali  sono  posate;  le  differenze  sostanziali  si  de- 
vono  riferire  ad  un  altro  popolo  o  almeno  ad  altra  influenza ; 
le  citta  del  Lazio  sono  Favanguardia  del  tipo  di  citta  che 
risale  cronologicamente  nella  Sabina,  negii  Abruzzi,  nell'Italia 
meridionale,  nella  Grecia  fino  all' Asia  Minore.  II  Frothin- 
gham  la  pensa  in  cio  come  me.  La  data  della  fondazione  di 
Norba  e  dimostrata  dalla  sovrapposizione  di  tre  diversi  si- 
stemi  di  struttura  muraria,  il  piu  recente  de'  quali  non  puo 
essere  posteriore  al  IX  secolo.  Infatti,  « it  would  be  difficult  to 
place  the  foundation  of  the  city  at  a  date  later  than  the 
IX  century  p.  209.  »  Confermano  questa  data  gli  oggetti  da 
lui  trovati  o  acquistati  sul  luogo,  anelli  e  fibule  general- 
mente  ritenute  dell' VIII  sec.  L'esame  del  cemento  della  ci- 
sterna  prova  ch'esso  non  ha  riscontro  con  veruna  specie  di 
cemento  romano,  e  le  strade  di  comunicazione  sono  fatte  con 
un  sistema  del  tutto  diverso  dall'usato  da7  Romahi ]. 

Sappiamo  che  il  prof.  Pigorini  oppose  al  Frothingham  che 
le  sue  scoperte  si  debbono  al  caso  e  sieno  senza  valore  per  - 
che  gli  oggetti  non  vennero  fuori  da  scavi  sistematici ;  senza 
riflettere  che  se  valessero  soltanto  gli  oggetti  provenienti  da 
siifatti  scavi,  una  gran  parte  del  Museo  preistorico  e  Kirche- 
riano  e  di  tutti  i  Musei  d'Europa  e  di  America,  si  dovreb- 
bero  riputare  poco  pregevoli  e  ingombri  di  suppellettili  e 
monumenti,  de7 quali  non  e  da  fidarsi.  Ed  in  vero,  gli  scavi 
cosiddetti  sistematici,  si  stanno  facendo  da  pochi  decennii, 
quando  gia  i  nostri  Musei  e  gli  stranieri,  erano  pieni  d'an- 
tichita  orientali,  etrusche,  greche  e  romane. 

L'argomento  poi  della  seduzione  onde  siamo  condannati 
o  compatiti  dal  Savignoni,  va  contro  il  buon  uso  della  ra- 
gione  e  distruggerebbe  il  metodo  comparativo  di  cui  sono  a 
tutti  note  le  applicazioni  felici  alia  linguistica  e  alle  scienze 

1  Cfr.  FROTHINGHAM,  Notes  from  Italy,  in  « American  Journal  of  Ar- 
chaeology),, XI,  1896,  n.  2.  Apr.  Giugno,  p.  197-201. 


302       DI  ALCUNI   CRITERII   INCERTI   NELLA  PALETNOLOGIA 

antropologiche.  Quando  si  studiarono  le  piu  antiche  citta  della 
Grecia  primitiva  costruite  a  grand!  massi  poligoni,  e  furono 
riscontrate  con  qu^lle  della  Cappadocia,  dell'Asia  Minore  e 
delle  isole  dell'Egeo,  sorse  naturalrnente  la  questione  se  que- 
st'arte  di  edificare  fu  spontanea  ovvero  tradizionale  ed  ori- 
ginaria  de'popoli  dell 'Asia  che  migrarono  nel  Peloponneso  e 
nel  rettante  della  Grecia,  come  nelle  isole.  L'etnografia  con- 
fermava  il  fatto.  Se  dunque  gli  antichi  storici  e  per  la  no- 
stra  questione  Varrone  e  Dionigi  d'Alicarnasso,  attribuirono 
a'  Pelasgi  le  13  citta  della  Sabina,  non  fondate  da'Romani, 
e  noi  attribuiamo  loro  le  citt&  del  Lazio  costruite  con  lo  stesso 
apparato  ch'e  del  tutto  simile  a  quello  delle  citta  della  Gre- 
cia primitiva,  dell'Asia  occidentale  e  delle  isole,  non  facciamo 
che  usare  il  metodo  comparativo  servendoci  delle  antiche  tra- 
dizioni  storiche.  Aggiungi,  che  se  i  Roniani  avessero  potuto 
sostenere  che  tali  costruzioni  erano  romane,  se  ne  sarebbero 
vantati. 

Ma  se  mutiamo  le  parti  e  ci  liberiamo  dalle  seduzioni, 
restera  sempre  la  questione  del  come,  del  donde  e  del  quando 
fu  introdotta  in  questa  parte  d'  It  alia  1'architettura  detta  pe- 
lasgica  o  poligonale.  Essa  fu  ignota  all'  Italia  settentrionale 
e  pero  di  1&  non  venne  nel  Lazio  ;  dal  di  fuori  cioe  dalla 
Grecia  e  dalle  isole  neppure,  perche  la  tradizione  che  farebbe 
venir  i  Pelasgi,  e  una  leggenda  che  il  Savignoni  circospetto 
e  scettico  nega.  Non  resta  che  fregiar  di  quest'arte  archi- 
tettonica  i  montanari  del  Lazio,  come  gi&  opino  il  Pinza,  stan- 
teche  nelle  citta  si  fece  uso  del  masso  quadrato  fatto  conoscere 
a  Roma,  secondo  lo  stesso  autore,  da'  Siracusani !  Noi  dopo 
cio,  siamo  contenti  d'essere  stati  sedotti  dagli  antichi  storici 
greci  e  romani  e  dalla  ragione.  Chi  sia  vago  di  conoscere 
non  solo  Targomento  della  seduzione,  ma  quanti  altri  se  ne 
sono  escogitati  e  scritti,  potr£  leggerli  ne'  tre  volumi  da  noi 
pubblicati  intorno  Gli  Hethei- Pelasgi  e  le  loro  migrazioni. 
Ad  altre  osservazioni  fatteci  dal  prof.  Pigorini,  risponderemo 
appresso. 


IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 


XV. 
Dopo  la  pace  di  Tolentino. 

Silenziosi,  muti,  costernati,  pieni  di  affanno  e  di  vergo- 
gna,  i  plenipotenziarii  di  Pio  VI  ripigliavano  la  via  di  Roma 
nella  stessa  sera  de'19  febbraio,  nella  quale  era  stata  decisa 
la  rovina  di  Roma,  e  scritta  in  ventisei  articoli,  onde  si  com- 
poneva  il  trattato,  ossia  il  ladroneccio  di  Tolentino,  Portare 
al  vecchio  Pontefice  la  notizia  di  una  catastrofe  tanto  mise- 
randa,  annunziare  alia  cittadinanza  romana  lo  spogliamento 
di  ogni  sua  cosa  preziosa,  la  riduzione  a  disperata  miseria.... 
di  una  citta  cosi  fiorente  :  tali  pensieri  si  agitavano  ne'loro 
animi  in  quelFangoscioso  ritorno,  i  quali  martellando  i  loro 
cuori  di  crudele  battaglia,  ne  rendevano  mute  le  bocche. 

In  quella  notte  e  nel  seguente  giorno  viaggiarono  cosi 
mesti  e  taciturni,  traversando  con  la  maggiore  velocita  che 
fosse  possibile  le  citta  di  Foligno,  di  Spoleto,  di  Terni,  e  di 
Nepi :  tutti  i  cittadini  nello  scorgere  quelle  vetture,  quel  ra- 
pido  passaggio,  quel  misterioso  silenzio  in  viaggiatori  di  cosi 
alto  affare,  pensavano  o  che  il  Papa  era  morto,  o  che  qual- 
che  grande  sciagura  era  accaduta  o  stava  per  accadere  sopra 
Roma  e  su  tutto  lo  Stato  ! 

Nel  giorno  de'22  entravano  a  notte  inoltrata  in  Roma,  e 
tuttavia  incontrarono  a  porta  Flaminia  varii  incaricati  delle 
principal!  famiglie,  che  stavano  aspettando  la  notizia  di  vita 
o  di  morte  per  la  citta,  affine  di  riferirne  subito  a'loro  pa- 
troni.  I  primi  a  presentarsi  e  pigliar  lingua  dell'accaduto 
furono  quelli  di  casa  Albani,  perche  il  cardinal  Decano  aveva 
disposto  in  maniera  le  cose  sue,  che  nel  caso  di  una  inva- 
sione  del  Buonaparte,  egli  avrebbe  preso  subito  la  via  di  Na- 


304  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

poll  in  quella  stessa  notte  o  alia  dimane  per  tempo.  A'quali , 
ansiosi  pure  com'erano  di  saper  molto,  monsignor  Caleppi 
rispose  laconicamente,  che  la  vita  era  serbata  alia  citta,  ma 
a  condizioni  cosl  dure,  che  poco  era  piu  morte  ! 

Pio  VI  udi  dalla  bocca  del  card.  Mattei  il  racconto  rag- 
guagliato  di  ogni  cosa.  Alia  fine  della  lettura  de'ventisei  ar- 
ticoli  non  pote  contenere  le  lacrime:  si  raccolse  un  momento, 
rivoltosi  colle  mani  e  col  volto  al  Crocefisso,  che  teneva  sulla 
mensa.  Quindi  proferi  con  interrotta  lentezza  queste  parole  : 
«  E  il  sacco  di  Roma,  praticato  in  nuova  maniera  !  Ci  spo- 
glieranno  di  tutto...,  ma  non  saranno  contenti !  Iddio  sa  quello 
che  ci  e  serbato  ancora...  Iddio  sia  benedetto!  Iddio...  li 
perdoni !  » 

Intanto  la  notizia  delle  ladre  condizioni  si  era  spars  a 
per  tutta  la  citta,  e  vi  aveva  destato  uno  sgomento  di  morte. 
Si  chiusero  per  tutto  il  giorno  le  porte  ai  palazzi  e  alle  case 
principal!,  come  in  segno  di  duolo  cittadino.  Le  strade  rima- 
sero  deserte,  e  il  popolino  qua  e  cola  discorrendo  in  pochi 
gruppi,  andava  dicendo  :  -  -  Madonna  !  come  sono  cattivi  i 
giacobini!  — 

Solo  in  Trastevere  si  desto  come  un  furore  indiavolato. 
E  per  le  strade  e  sulle  soglie  delle  porte,  quei  fieri  popolani 
andavano  gridando:  -  -  «  Che  mai  abbiamo  fatto  noi  per 
pagar  tanti  milioni  a'  giacobini?  E  che  se  li  vengano  a  pi- 
glia !...--))  Si  armarono  di  fatto  e  volevano  scannare  tutti  i 
francesi  che  si  trovavano  in  Roma  !  Ci  voile  del  bello  e  del 
buono  a  far  loro  intendere  ragione  ;  e  fu  bisogno,  a  fine  di 
ridurH  alia  calrna,  che  varl  preti  ed  avvocati  dicessero  loro, 
che  i  giacobini  non  erano  francesi ! 

Ben  diversa  scena  pero  e  piu  allegra  assai  svolgevasi  in 
quella  sera  medesima  de'  19  febbraio  nel  palazzo  de'  conti 
Parisani,  nella  cui  sala  principale  era  stato  sottoscritto  poche 
ore  prima  il  trattato  galeotto. 

-  Questa  volta  i  milioni  del  Papa  sono  in  nostra  mano, 
disse  Cacault  a  Buonaparte,  il  quale  aveva  tenuto  quella  sera 
alia  sua  mensa  quel  minis tro  giacobino  insieme  con  alcuni 


XV.  DOPO  LA  PACE  DI  TOLENTINO  305 

ufficiali  del  suo   stato   maggiore,    e   tra  quest!  il   colonnello 
Marmont. 

—  E  il  Papa  puo  essere  contento,  rispose  Buonaparte,  gli 
abbiamo  fatto  grazia  di  una  visita  al  Campidoglio... 

—  E  di  una  qualche  sorpresa,  interruppe  il  Marmont,  non 
forse  sgradita,  alia  Costanza   Falconieri,  duchessa  di  Nemi. 

—  E  meglio  ancora    alia    costei    zia,   principessa  Santa- 
croce,  osservo  il  Cacault. 

—  Ho  capito,  riprese  Buonaparte  alia  volta  del  Marmont, 
tu  vorresti  fare  una  visita  a  Roma,  per  attirarti  gli  sguardi  e 
le  grazie  di  qualche  aristocratica  romana  dalle  calze  turchine. 
Non  ne  mancano  a  Roma,  non  e  vero,  cittadino  Cacault? 

—  Di  cotesta  genla  femminile,  cittadino  generale,  rispose 
Cacault,  non  c'e  scarsezza  in  Roma,  come  in  tutte  le  altre 
citt&.  Badi  pero  il  colonnello  Marmont,  che  non  gli  abbiano 
a  far  gola  altre  calzette,  che  non  sieno  le  turchine ;  perche 
potrebbe  darsi  il  caso,   che  cercando  egli  di  cotesta   merce 
nel  popolo  dove  si  trova  migliore,  non  facciano  poi  a  lui  tur- 
china  la  pelle... 

—  Oh!  interruppe  ridendo  il  generale,   non   ci  manche- 
rebbe  phi  che  questo  !  Cio  che   non   fecero  le  baionette  au- 
striache,  che  te  lo  abbiano  a  fare  gli  spilloni  delle  Trasteve- 
rine,  o  il  coltello  di  quattro  assassini  di  Basse ville... ! 

—  Eppure  e  cosl,  riprese  Cacault.  Non  ho  mai  incontrato 
in  nessun  luogo  della  terra  donne  cosi  seducenti  come  in  qual- 
che rione  di  Trastevere,  ma  insieme  cosi  fanatiche  e  super  - 
stiziose 

Ma  il  Buonaparte  aveva  rivolto  il  pensiero  a  cose  piii  serie, 
che  a  coteste  sciocchezze,  nel  tempo  stesso  appunto  che  vi 
aveva  applicato  una  particella  minima  della  sua  attenzione. 
Quindi,  fatto  chiamare  di  botto  un  secretario,  e  alzatosi  e 
passeggiando,  appena  venuto  quello,  gli  dice :  —  «  Cittadino 
secretario,  scrivete  —  e  gli  detta  su  due  piedi  la  seguente 
lettera  per  il  Papa  Pio  VI : 

Tr^s  Saint  Pere,  je  dois  remercier  Votre  Saintete  des 
Vhoses  obligeantes  contenues  dans  la  lettre  qu'elle  s'est  donn£ 
la  peine  de  m'ecrire. 

Serie  XVIII,  vol.  JX,  fasc.  1263.  20          28  gennaio  1903. 


306  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

La  paix  entre  la  RgpuUique  francaise  et  Votre  Saintetg- 
vient  d'etre  signee  ;  je  me  felicite  d' avoir  pu  contribuer  a 
son  repos  particulier. . .  La  R£pul)lique  francaise  sera? 
fespere,  une  des  amies  le  plus  vraies  de  Rome. 

J'envoie  mon  aide  de  camp,  chef  de  brigade,  pour  expri- 
mer  a  Votre  Sainted  I'estime  et  la  v£n£ration  parfaite  que 
fat  pour  sa  personne;  et  je  la  prie  de  croire  au  dd sir  que 
fai  de  lui  donner,  dans  toutes  les  occasions,  les  preuves  de 
respect  et  de  veneration,  avec  lesquelles  fai  rhonneur  d'etre 

son  tres-ob&issant  serviteur 

BONAPARTE. 

Finite  .che  ebbe  di  dettare,  rivolgendosi  al  Marmont, 
gli  dice : 

-  Cittadino   Colonnello,  partirete   domattina  per  Roma, 
portatore  di  questa  lettera  al  Papa.  Piglierete  con  voi   due 
vostri  ufficiali  Giuliano  e  Carlo.  Potrete  stare  in  Roma  quin- 
dici  giorni...    poi   ritornerete   al   quartier  generale  di  Man- 
to  va,  dove  troverete  i  miei  ordini.  — 

Quegli  prese  la  lettera,  saluto,  e  parti.  ..% 
Rimasto  quindi  solo  col  Cacault :  —  Quegli  imbecilli, 
disse,  hanno  voluto  provocare  le  folgori  dell'esercito  della 
repubblica.  Avevo  in  ammo  di  finirla  col  Papa  e  co'  cardi- 
nali,  ma  non  reputo  la  pera  per  anco  matura.  II  popolo  ita- 
liano  e  un  popolo  molle,  super stizioso,  pantalone,  vile,  l  : 
Ditemi,  cittadino  ministro,  si  trovano  in  Roma  uomini  ma- 
turi  per  la  liberta? 

-  Cittadino  generale,  rispose  Cacault,  di   uomini  onesti 
e  di  qualche  conto,  che  siano  fautori  od  amici  di  cotesta  li- 
berta, io  non  ne  conosco  nessuno. 

—  E  il  marchese  Vivaldi? 

—  E  una  testa  bruciata,  cattivo  massaio,  cattivo  marito, 
cattivo  cittadino. 

-  E  il  chirurgo  Angelucci? 

-  L'ostetrico   Angelucci    non    gode    nessun  credito,  per 
pochi   baiocchi  venderebbe  il  bisturl  come  Tanima  propria. 

1   Correspondance...,  Ill,  n.  369. 


XV.    DOPO   LA   PACE   DI   TOLENT1NO  307 

—  E  Ascarelli  1'ebreo  ? 

—  E  un  mercante,  che  ha  buoni  denari.  Costui  puo  ren- 
dere  de'  servizii  alia  liber  ta,  ma  bisognerebbe  che  deponesse 
prima  lo  sciamanno ! 

-  E  il  principe  Santacroce  ? 

—  Quello,  cioe  dire  la  moglie  sarebbe  de'  uostri.  Ha  due 
iigliuoli,  che  sono  stati  educati  all'mglese,  ma  passano  per 
buontemponi  e  buoni  a  nulla.  Del  resto,  stando  lontano  Azara 
da  Roma,  non  c'&  da  contar  nulla  su  di  costoro. 

—  Ho  gia  scritto  ad  Azara,  che  ritorni  presso  al   Papa, 
r opera  sua  essendo  necessaria  in  Roma.  - 

Cacault  non  rispose  nulla  a  questo  partito ;  anzi  si  mostro 
impassibile  e  freddo.  Ed  il  generale  proseguendo : 

-  E  i  detenuti  per  opinioni  politiche,  de'  quali  abbiamo 
ottenuto  la  liberazione  coll'articolo  decimonono  del  trattato, 
sono  gente  di  qualche  speranza? 

—  Sono  si  puo   dire   la   schiuma   delle  galere  di   Civita- 
vecchia... — 

A  queste  parole  il  Buonaparte  si  morse  il  labbro  per  rabbia: 
per  uomini  di  quella  fatta  aveva  egli  adoperato  1'autorita 
sua,  e  imbrattato  di  quei  nomi  il  protocollo  di  un  solenne 
trattato ! 

—  E  tra  gli  artisti  ? 

—  Gli  artisti  dell'accademia  di  Francia  sono  tutti  fautori 
di  patriottismo  e  di  liberta,  ma  non  hanno  prudenza,  e  ado- 
perano  volentieri  misure  violente.  Tra  i  romani  ce  ne  sono 
alcuni  piii  giacobini   di   noi.   Tali  Ceracchi  e  Petracchi  sta- 
tuarii,  ed  un  tal  Casella  architetto  sono  uomini  pericolosis- 
sirni,  capaci   di  tutte   le  violenze...  Un  tal  Corona,  medico 
napoletano... 

-  Appunto  questi  tre  sono  ora  a  Parigi.  Mi  scrive  Sainte 
Croix,  che  secondo  le  loro  relazioni  io  dovevo  condurre  1'eser- 
cito  a  Roma,  ch'essi  s'incaricavano  di  farci  avere  molto  piii 
di  trenta  milioni,  e  che  se  fossimo  entrati  in  Roma  il  popolo 
vi  avrebbe  acclamato  la  fine  della  superstizione  e  la  procla- 
mazione  della  repubblica. 


308  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

—  Cittadino  generate,  grande  error e  si  sarebbe  commesso^ 
se  11  nostro  esercito  camminava  sopra  Roma.  I  nostri  veliti 
piu  veloci  non  si  sarebbero   appena   fatti   vedere    sulla   via 
Cassia,  colk  dove  la  Nera  mette  bocca  nel  flume  Tevere,  che 
gia  il  Papa  e  i  cardinal!  e  buona  parte  de'principi  e  principesse 
romane,  avviatisi  lungo  la  via  Appia  col  piu  e  col  meglio  delle 
loro  cose  preziose,  si  sarebbero  trovati  ne'campi  della  Campa- 
nia vicino  a  Napoli.  E  allora  i  milioni,  Cittadino  generate,, 
bisognava  che  ce  li  procurassimo    tinti  del  sangue   del  po- 
polo...    E  poi,  chi  potra  dire  che  cosa  sarebbe   accaduto   se 
il  Papa...,  m'  intendete?... 

A  quelle  parole,  il  Buonaparte  si  fece  livido  e  nero  come 
un  grano  di  pepe  !  E  scagiiando  la  mano,  disse  furioso : 

—  Se  il  Papa  predicava  la  guerra  di  religione,  e   se  i 
popoli  romoreggiavano  al  suono  delle  campane,  io   vi   dico, 
cittadino  Cacault,  che  avrei  fatto  tale  strage  di  uomini  e  di 
donne,  di  preti  e  di  frati  e  di  monsignori,  che  le  acque  del 
Tevere  ne  avrebbero  portato  il  sangue  insino  al  mare ! 

—  Ma  i  milioni,  Cittadino  generale,  non  li  avreste  avuti 
cosi  alia  lesta.  E  poi,  se  allora  si  moveva  Napoli,  se  rincor- 
revano  gii  Austriaci  dell'arciduca  Carlo,  se  si  commovevano 
le  popolazioni  di  tutta  Italia,  se  sonavano  i  vesperi  e  si  ri- 
cantavano  le  antifone  a  colpi  di  coltello,  di  fucilate  e  di  can- 
noni  dal  Vesuvio  alle  Alpi  marittime,  chi  puo  dire  che  cosa 
saria  accaduto?    Credetemi,  Cittadino   generale,  e  necessa- 
rio  che  ci  asteniamo   da'mezzi   violenti,  massimamente  con 
Roma...  II  Papa  e  la...  E  per  ora  quell'ombra  6  ancora  lunga! 

—  Ma  anch'io  1'ho  fatto  capire  a  quegl'  imbecilli  del  Di* 
rettorio,  i  quali  vorrebbono  vedere  distrutti  e  Papi  e  papata 
come  con  un  colpo  di  sciabola... 

—  Cattivo  sistema ! 

—  E  quale  sarebbe  il  vostro,  voi  che  conoscete  Roma  e 
il  Papa? 

—  Cittadino  generale,  «  la  rivoluzione  non  deve  comin- 
ciare  in  Roma.  Con  la  perdita   delle  Province,   Roma  e  gi& 
ridotta  agli  estremi.  II  pagamento  di  trenta  milioni  pattuiti 


XV.  DOPO  LA  PACE  Dl  TOLENTINO  309 

col  trattato  di  Tolentino,  dopo  tante  perdite  antecedent!,  ha 
cavato  tutto  il  sangue  dalle  vene  di  QUESTO  VECCHIO  CADAVERE. 
Noi  lo  facciamo  morire  a  fuoco  lento :  esso  cadra  da  se  me- 
desimo...  » 

-  Quattro  ufficiali  del  mio  esercito,  succedentisi  a  muta 
in  pochi  mesi,  che  accorrano  in  Roma  sotto  pretesto  di  vi- 
sitare  i  monumenti,  potranno  sollevarvi  tale  una  fiammar 
che  la  consumi  piu  presto. 

—  Non  la  credo  buona  via  quella  di  una  rivoluzione.  «  I 
rivoluzionarii,  affrettandosi,  altro  non   otterrebbero   se    non 
se  di  sollecitare  un  effetto,  il  quale  succederebbe  da  se  lento, 
ma  sicuro.  Intanto  per 6  non  apporteranno  se   non  danni,  e 
forse  il  risico  dell'esito  stesso...    Ma  io    penso,   che   voi  vo- 
gliate  mantenere  la  tranquillita  in  Roma.  Prestatevi  a  cio, 
Cittadino  generale,  e  voi  vedrete  che  tutto  quello   che   noi 
possiamo  desiderare  filosoficamente,  accadra  da  se  *,  in  virtu 
del  pendio  o  dell'inerzia  naturale  in  cui  sta  barcollando  la 
carcassa  del  vecchio   cadavere  romano!  » 

—  Questa  e  fllosofla  !  Ma  ora  i  filosofi  sono  tutti  ideolo- 
ghi,  e  gli  ideologhi  sono  tutti  pazzi.  Domani  partirete  per 
Roma,   ed  ivi  attenderete  al  riscuotimento  delle  somme  do- 
vute  dal  Papa  ;  tutto  1'oro  sia  portato  in  Foligno  al  generale 
Victor,  o  a  me  al  quartiere  generale  di  Milano,  dove  lo  tra- 
sportero  e  dove  mi  rechero  io  stesso,  quando  avro  finito  di 
respingere  le  soldatesche  austriache  nelle  Alpi  Tirolesi.  Ba- 
date  bene,  che  non  vada  ne  oro  ne  argento  in  mano  di  Hal- 
ler,  senza  vostra  e  mia  facolta,  data  per  iscritto. 

II  Cacault  inchino  la  testa,  in  segno  di  assentimento. 
-  Spero,  soggiunse  il  Buonaparte,  che  il  Papa  intendera 
dalle  parole  della  mia  lettera,  che  il  cardinale  Busca  non  6 
il  segretario  di  Stato,  che  gli  convenga  in  queste  circostanze. 
Quel  cardinale  6  nemico  della  repubblica...  Va  sostituito  col 
cardinal  Doria,  o  con  qualche  altro,  che  abbia  sentimenti  si- 
mili  a  quelli  del  cardinale  Mattei.  A  ogni  modo  lo  farete 

1  Correspond,  ined.,  Ill,  281. 


310  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

intendere...  a  parole,  senza  scriver  nulla.  Che  ve  ne  sembra 
del  cardinal  Doria? 

-  E  1'uomo,  che  ci  occorre. 

—  Per  ultimo,  tenete   d'occhio  i   partigiani  dell'Austria, 
che  sono  gli  Albani.  L'esercito  papale  sia  ridotto  allo  stato 
di  prima ;  e  sopratutto,  badate  bene  che  non  venga  in  Roma 
nessun   ufficiale   austriaco.  Roma   e  il  Papa  debbono  essere 
cosa  nostra,  o  essere  distrutti !  Buona  sera,  cittadino  ministro  ! 

—  Buona  sera,  cittadino  generale ! 

XVI. 
Una  notte  a  Tolentino. 

Appena  uscito  Cacault,  il  generale  Buonaparte  liiessosi 
a,  passeggiare  solo  nella  gran  sala,  dov'egli  poco  prima  aveva 
fissato  le  sorti  di  Roma,  si  caccio  con  movimento  repentino 
la  mano  sulla  fronte,  esclamando  tra  un  passo  e  1'altro : 
-  Quel  Cacault  6  una  zucca  bretona !  Ci6  ch'egli  si  e  cac- 
ciato  una  volta  dentro  a  quella  zucca,  non  c'6  diavolo  che 
valga  a  cavarnelo  fuori.  Ma  io  cavero  lui  di  Roma...  Prima 
pero  6  strettarnente  necessario  che  egli  ne  spilli  que'  pochi 
milioni,  che  il  Papa  ci  deve...  E  un  piccolo  salasso,  che  in- 
sieme  con  1'umore  giallo  che  uscira  dalle  vene  di  quel  vecchio 
cadente,  gli  togliera  la  baldanza  e  la  pazza  ostinazione  di 
opporsi  ai  voleri  della  repubblica  francese.  Ora  nello  spillare 
quelForo  a  oncia  a  oncia,  Gacault  vale  tant'oro  di  cop- 
pella...  - 

Piglia  quindi  la  penna,  e  scribacchia  un  dispaccio  a  Barras, 
uno  del  sinedrio  del  quinquevirato  parigino,  suo  grande  amico 
e  protettore  per  parte  della  Giuseppina  Beauharnais,  moglie 
civile  di  lui  e  civile  arnica  del  primo  :  —  Credo  utile  agli 
interessi  della  patria,  cittadino  direttore,  che  Cacault  sia  tra- 
sferito  a  Firenze.  In  Roma,  per  adempiere  i  disegni  signi- 
ficatimi  dal  direttorio,  si  richiede  un  uomo  da'  sentimenti 
patriottici  piu  spiccati.  II  cittadino  Giuseppe  Bonaparte  sa- 
rebbe  I9 uomo.  Rispetto  e  fraternita.  Bonaparte.  — 


XVI.    UNA  NOTTE  A   TOLENTINO  311 

E  da  parte  sua,  nell'uscire  dal  palazzo  de'  Parisani  per 
recarsi  a  quello  de'  Guerrieri,  dov'egli  alloggiava,  il  Cacault 
riandando  a  mente  fredda  le  parole  del  generalissimo  del- 
1'esercito  giacobino  in  Italia,  andava  pensando  tra  se  e  se : 
-  Costui  ha  certi  lampi  in  quella  sua  testaccia  corsa,  che 
sembrano  esservi  balenati  da  Satanasso.  Ma  che  potenza 
d'intuito!  che  energia  di  potenza!  che  torrente  di  energia 
scorre  per  entro  a  quel  cerebro  !  Se  si  lasciasse  guidare...!  Mar 
per  me  son  deciso.  Riscuotero  quelle  somme,  e  non  usero  mise- 
ricordia  con  quegrimbecilli  di  chiercuti.  Ma  poi  ne  ho  abba- 
stanza!  Cavato  quel  sangue,  dico  che  basta...  Non  rimane 
piii  che  la  linfa...  Ed  io  di  macchie  di  sangue...  e  di  linfa 
pretina,  non  ne  voglio  piu...  Se  ne  imbrattino  essi  a  loro 
talento  le  mani  e  i  grugni...  Io  non  ne  voglio  piu...  »  — 

Fatto  quest!  pensieri,  era  gia  nella  sua  stanza,  dove  ap- 
pena  giunto  butto  il  cappello  con  impeto  sopra  una  sedia,  e 
si  caccio  nel  letto,  dove  presto  si  addormento  come  una  be- 
stia  che  si  adagia  sullo  strame. 

In  quella  che  anche  il  Buonaparte  si  acconciava  al  riposo, 
il  suono  della  campana  della  vicina  chiesetta  squillando  a 
chiari  rintocchi  nell'aere  sereno  della  notte  invitava  i  citta- 
dini  di  Tolentino  all' ultimo  atto  cristiano  della  giornata...  II 
Buonaparte  si  senti  come  una  scossa...  Porto  la  niano  alia 
fronte,  e  macchinalmente  vi  segno  il  segno  della  croce  im- 
paratogli  quand'era  fanciullo  dalla  madre. 

...  Si  scosta  dal  letto,  si  rimette  a  passeggiare  a  passi 
lenti  nella  camera,  soffermandosi  a  quando  a  quando.  E  riando 
nella  memoria  la  sua  casetta  di  Aiaccio  e  T  immagine  della 
sua  famiglia.  In  quella  sua  casetta  di  Aiaccio,  la  sera  colla 
madre,  collo  zio  arciprete,  con  le  sorelle  si  parlava  del  mar  - 
tirio  di  S.  Giulia,  fanciulla  innocente  fatta  morire  nell'  isola 
di  Corsica  dal  barbaro  Barbato,  perche  non  voile  sacrificare 
agli  dei,  e  preferl  il  martirio  allo  spergiuro...  Egli  fanciullo, 
rubesto  e  meditabondo,  ardeva  di  sdegno  contro  il  tiranno 
romano...  Ed  in  quella  sonando  la  campana  della  chiesa, 
dedicata  a  quella  santa,  tutti  si  raccoglievano  intorno  alia 


312  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

madre  pregando  in  comune.  Ed  ora...  chi  sa?  II  Papa  e  in- 
nocente,  innocente  la  popolazione  di  Roma...  S.  Pietro  di- 
cono  che  fu  il  primo  de'  Papi  che  soffri  il  martirio  in  Roma 
da  Nerone.  E  Nerone  mori  abbandonato  da  tutti  ne'  suoi 
giardini  accanto  a  .via  Flaminia,  mentre  in  Roma  soldate- 
sche  forestiere  levavano  sugli  scudi  un  nuovo  Cesare.  La  ca- 
rogna  di  Nerone  messa  in  terra  .da  un  suo  liberto,  attiro  sulla 
falda  del  Pincio  uno  stormo  di  corvi,  che  si  dicevano  venuti 
dair inferno...  E  S.  Pietro  torreggia  tuttavia  sul  colle  Vati- 
cano...!  Roma,  Nerone,  S.  Pietro...  erano  immagini  che  gli 
ingombrarono  la  fantasia,  e  gli  commossero  il  sangue  nelle 
vene  cosi  fieramente,  che  il  cuore  gli  batteva  forte,  e  Tagi- 
tazione  gli  faceva  menare  passi  concitati  e  rapidi... 

Come  per  uno  sfogo,  si  accost  a  alia  finestra  e  ne  apre  le 
imposte.  L'aria  spirava  fredda,  la  notte  colle  grandi  ali  nere 
copriva  le  case  e  le  campagne  di  tenebre  e  di  silenzio...  Lo 
sguardo  gli  corre  sul  cielo,  dalla  cui  volta  azzurra  scintil- 
lavano  le  stelle...  Su  quell'alto  cielo,  italiano,  nel  lembo  che 
£  chiuso  dalle  vette  Appenine  verso  occidente  scorge  il  pia- 
neta  Giove,  che  nel  sereno  di  quella  notte  mandava  come 
strisce  di  luce  viva,  la  quale  diffondendosi  per  Taltissimo 
spazio  rischiarava  diradando  gradatamente  T  immenso  velo 
della  notte.  A  quell'aria,  a  quella  vista  gli  si  sgombrano  dal- 
ranima  le  immagini  di  Aiaccio,  di  Roma,  di  Nerone,  di 
S.  Pietro;  ed  esclama  subito:  —  «  Ecco  la  mia  stella!  E 
la  stella  di  Montenotte,  di  Lodi,  di  Arcole  !  » 

Richiude  la  finestra,  e  con  le  immagini  dell'austriaco 
Wurmser,  di  Mantova  liberata,  di  Alvinzi  sconfitto,  e  del- 
1'arciduca  Carlo  che  si  avvicinava  tra  Tlnn  e  TAdige  tiro- 
lese  si  caccia  in  mezzo  alle  coltri,  e  dormi  subito  profondo 
sonno. 

XVII. 
II  nuovo  sinedrio  della  Senna. 

Congiurati  allo  sterminio  di  Roma,  cio  torna  a  dire  di 
Pio  VI  o  meglio  ancora  della  stessa  istituzione  del  papato 


XVII.    IL  NUOVO   SINEDRIO   BELLA   SENNA  313 

romano,  si  maneggiavano  con  diversi  mezzi,  da  lontano  e  da 
vicino,  col  consiglio  e  colle  opere,  quattro  different!  specie 
di  avversarii. 

II  direttorio  di  Parigi,  ossia  il  governo  della  repubblica 
giacobina,  considerava  Roma  come  la  cittadella  della  rea- 
zione  monarchica,  dentro  la  quale  dimorava  Teterno  nemico 
della  rivoluzione.  Pio  VI  aveva  sostenuto  e  lodato  il  clero 
francese,  il  quale  nella  massima  parte  si  era  ricusato  di  pre- 
stare  il  giuramento  alia  costituzione  scismatica  della  repub- 
blica ;  Pio  VI  con  atti  solenni,  prima  secreti  e  poscia  pubblicir 
aveva  colpito  di  tutta  la  forza  della  Sede  apostolica  con  alto 
biasimo  la  costituzione  della  repubblica,  e  condannato  quei 
pochi  vescovi  e  preti,  che  le  avevano  prestato  il  giuramento; 
Pio  VI  aveva  accolto  in  Roma  e  trattato  regalmente  le  so- 
relle  del  re  Luigi,  Vittoria  e  Adelaide,  fuggite  da  Parigi  e 
scampate  alia  mannaia ;  Pio  VI  aveva  celebrato  solenni  ese- 
quie  alia  memoria  del  re  sfortunato,  nel  cui  sangue  la  re- 
pubblica giacobina  aveva  tinto  il  panno,  onde'si  cingeva  le 
spalle;  Pio  VI  non  aveva  voluto  ricevere  in  Roma  gli  am- 
basciatori  rappresentanti  di  una  repubblica  sanguinaria,  e 
quindi  nella  sua  maniera  non  ne  aveva  riconosciuto  la  legit - 
timita  di  governo. 

Erano  questi  altrettanti  aggravamenti,  che  agli  occhi  del 
direttorio  parigino  apparivano  come  capisaldi  di  ostilita  di- 
chiarata  contro  Roma,  e  davano  a'  direttori  del  governo  al- 
trettanti motivi  piu  che  sufficienti  per  guerreggiare  e  sco- 
ronare  il  sovrano  di  Roma.  La  morte  di  Ugo  Bassville  arreco 
loro  il  motivo  ultimo  impellente  di  dichiarazione  di  guerra. 

Coteste  ragioni,  sebbene  strettamente  proprie  del  lupo  a 
cui  1'agnello  intorbidava  le  acque,  non  erano  tuttavia  se  non 
apparent!,  e  versavano  in  un  ordine  d'interessi  umani. 

Ma  tra  il  governo  del  direttorio  della  Senna  ed  il  Papa 
romano  passava  un'altra  ostilita  piu  profonda,  piu  cupa,  piu 
arcana,  e  addirittura  inconciliabile,  perch6  fondata  in  una  op- 
posizione  di  principii  e  di  massime,  tra  s6  inconciliabili  eter- 
namente.  La  costituzione  della  nuova  repubblica  faceva  tabula 


314  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

rasa  delle  leggi  di  Dio  e  delle  leggi  della  Chiesa :  nel  pro  - 
tocollo  delle  sue  leggi  Iddio  e  la  Chiesa  erano  scomparsi ! 
Al  decalogo  e  al  Vangelo  era  successa  la  dichiarazione  dei 
diritti  dell'uomo,  ossia  deH'affrancamento  di  tutti  gli  uomini 
da  ogai  obbligo  cristiano:  libero  il  culto  pubblico  a  Dio  o  al 
diavolo,  libero  il  mogliazzo  bestiale  tra  1'uomo  e  la  donna,  e 
libera  la  dissoluzione  del  vile  pateracchio.  Non  piu  messa, 
non  piu  sacramenti,  non  piu  sacerdozio,  non  piu  suono  di 
campane,  non  piu  feste,  non  piu  settimane,  non  piu  dome- 
nica...  le  istituzioni  cristiane  erano  precipitate  in  un  profondo 
abisso,  dove  turbinavano  in  una  violenta  miscela  il  giusto 
e  1'ingiusto,  il  sacro  e  il  profano,  la  legge  e  il  libito.  Era 
11  regno  della  liberta!  Era  la  distruzione  della  religione  cat- 
tolica,  per  legge,  per  principio,  per  base  della  nuova  gallica 
costituzione  civile! 

Ora  cotali  massime  il  direttorio  della  repubblica  intendeva 
benissimo,  che  Colui,  il  quale  ha  ricevuto  da  Gesu  Cristo 
il  deposito  della  fede  cristiana,  e  1'obbligo  d'  insegnarla  alle 
nazioni  tutte  della  terra,  e  di  patrocinarla  a  costo  eziandio 
del  proprio  sangue,  il  Papa  cotali  massime  non  le  appro- 
verebbe  giammai! 

Per  questo  appunto  ilPapa,  cioe  non  1'uomo  che  era  Papa 
Braschi,  ma  la  sua  persona  papale,  come  quella  nel  cui  cuore 
s'incentrava  la  stessa  religione  cattolica,  era  considerate 
€ome  ii  nemico  della  repubblica  giacobina.  E  per  questo  la 
repubblica  giacobina  aveva  deciso  di  distruggere  il  papato, 
o,  che  6  lo  stesso,  di  distruggere  la  religione  cattolica,  che 
nel  Papa  s  'impersonava, !  Ossia  con  un  colpo  solo  abbattere 
Papa,  papato,  religione  cattolica ! 

Per  cinque  interi  anni  la  liberticida  repubblica  covo  nel 
suo  seno  lo  scellerato  divisamento,  spiando  le  occasion!,  con- 
sultando  le  circostanze,  minacciando,  dissimulando,  promet- 
tendo  e  mentendo  a  tutto  spiano:  simile  all'assassino,  che 
postosi  all'agguato  in  un  canto  del  bosco,  tende  1'occhio  alia 
vittima,  aspettandola  al  varco  per  vibrarle  piu  sicuramente 
la  pugnalata ! 


XVII.    IL  NUOVO   SINEDRIO   BELLA   SENNA  315 

Infine  nel  febbraio  del  1797  credette  giunto  il  tempo  di 
cavare  alia  luce  il  parto  maturate  oramai  per  cinque  anni 
di  gestazione  !  In  quel  punto  di  tempo  1' Austria  stava  per 
entrare  in  trattative  di  pace,  la  Spagna  era  aggiogata  al 
carro  repubblicano,  1'Italia  calpestata  dagli  stivali  de'  giaco- 
bini.  Chi  poteva  fiatare  contro  1'invasione  di  Roma  e  la  cat- 
tura  del  Papa!  Forse  Napoli?  Ma  in  parte  era  di  balla  col 
direttorio,  in  parte  era  tenuto  a  bada!  Forse  la  Toscana? 
Era  come  a  dire  gia  nelle  mani  dell'esercito  giacobino,  tra- 
lasciando  di  parlare  della  sua  impotenza,  della  sua  neghit- 
tosa  paura,  e  delle  sue  intese  con  Napoli  e  con  Vienna. 

Quando  dunque  il  Buonaparte  stava  per  movere  alia  glo- 
riosa  impresa  della  conquista  di  Roma,  il  direttorio  di  Parigi 
gli  delineo  le  seguenti  norme  circa  il  trattamento  da  usare 
verso  Roma.  La  letter  a  6  de'  3  febbraio  1797,  e  fu  scritta 
di  mano  del  quintumviro  Rewbell.  E  un  monumento  da  stam- 
parsi  a  lettere  di  fiamma! 

II  direttorio  esecutivo  al  cittadino  Bonaparte. 

Parigi,  3  febbraio  1797. 

«  II  direttorio  esecutivo  considerando  tutti  gli  ostacoli  che 
«  si  oppongono  alia  stabilita  della  Costituzione  francese,  si 
«  e  accorto  che  il  culto  romano  e  quello,  di  cui  i  nemici  della 
«  liberta  si  potranno  servire  pel  futuro  a  nostro  maggior  danno. 

«  Assueffatto  come  siete,  cittadino  generale,  a  ponderare 
«  le  cose,  avrete  certamente  riconosciuto  non  meno  di  noi, 

«  Che  LA   RELIUIONE  ROMANA  SARA   SEMPRE    IL  NEMICO   INCON- 

«  CILIABILE  DELLA  REPUBBLiOA  :  primieramente  PER  LA  SUA 
«  STESSA  ESSENZA  1 ;  ed  in  secondo  luogo,  per  che  i  costei  pro- 
«  seliti  e  ministri  non  le  perdoneranno  mai  le  ferite  ch'essa 
«  ha  inflitte  alle  fortune  e  al  credito  de'  primi,  ai  pregiudizii 
«  ed  alle  abitudini  de'  secondi. 

«  Qui  in  Francia  il  governo   non   manchera   certamente 

1  ...Que  la  religion  romaine  sera  toujours  1'ennemie  irreconciliable  de 
la  republique,  d'abord  par  son  essence...  Corresp.  in&d.,  II,  439.  Cf. 
p.  518,  543. 


316  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

<(  di  poire  in  opera  i  mezzi  opportuni  a  fine  di  annientare 
<(  a  poco  a  poco  T  influenza  della  religione  cattolica :  alia 
«  scelta  e  all'applicazione  de'  quali  mezzi  il  governo  diri- 
«  gera  Toper  a  sua. 

«  C'e  perb  un  punto,  il  quale  forse  non  £  meno  essen- 
«  ziale  per  giungere  al  conseguimento  di  detto  fine:  ED  E 

<(  IL   DISTRUGGERE,  SE  SI  PUO,    IL  CENTRO  DELL7  UNIT  A  ROMANA  ! 

«  A  voi,  che  fin  qui  sapeste  accoppiare  alle  piu  segnalate 
«  doti  di  uomo  di  guerra  quelle  eziandio  di  valente  politico, 
<(  s'appartiene  il  compiere  questo  desiderio,  qualora  lo  giu- 
<(  dichiate  cosa  praticabile. 

«  II  direttorio  esecutivo  v'invita  dunque  a  fare  tutto  quello 
<(  che  sara  in  vostro  potere  a  fine  di  distruggere  il  governo 
«  papale,  badando  tuttavia  a  non  porre  a  risico  la  sicurezza 
«  del  vostro  esercito,  a  non  privarvi  degli  emolument!  che 
«  ne  possiate  cavare  per  la  sua  conservazione  e  pel  servizio 
<(  della  repubblica,  e  a  non  riaccendere  in  Italia  le  fiamme 
«  del  fanatismo. 

«  A  ogni  modo,  sia  che  riduciate  Roma  sotto  il  dominio 
<(  di  un'altra  potenza,  o,  meglio  ancora,  che  vi  stabiliate  una 
«  forma  di  governo  che  renda  disprezzabile  e  odioso  il  go- 
«  verno  dei  preti,  adoperatevi  di  maniera,  che  il  papa  e  il 
«  sacro  collegio  non  possano  concepire  speranza  di  mai  aver 
«  sede  in  Roma:  che  vadano  a  cercarsi  un  asilo  in  qualsiasi 
«  luogo  della  terra,  o  almeno  che  non  abbiano  piu  potenza 
«  temporale  di  nessuna  sorte.  » 

Tale  era  il  divisamento  del  direttorio  esecutivo  della  re- 
pubblica francese  una  ed  indivisibile !  E  perfettamente  uguale, 
per  non  dire  identico,  a  quello  del  sinedrio  giudaico  di  Geru- 
salemme,  nel  quale  Caifasso  ed  Anna  decisero  la  morte  di 
Gesu  Cristo,  da  eseguirsi  tuttavia  con  prudenza  e  con  cautela, 
ne  forte  tumultus  fieret  in  populo ! 

Cosi  ammaestrati  dal  sinedrio  parigino  quinquevirale,  che 
teneva  nelle  mani  le  redini  del  cocchio  repubblicano,  Cacault 
«  Buonaparte  attendevano  a  dare  esecuzione  a  quelle  norme, 
applicandole  per6  ciascheduno  secondo  la  propria  maniera 
•di  vedere.  Concord!  entrambi  nel  fine,  dissentivano  nell'uso 


XVII.    IL  NUOVO   SINEDRIO   BELLA   SENNA  317 

de'  mezzi  da  adoperarsi  per  giungere  di  quel  fine  al  bramato 
conseguime  nto . 

Per  il  Cacault  Roma  era  una  vacca  grassa :  bisognava 
mugnerla  fino  al  sangue,  spellarla  e  scornarla  e  scheletrirla, 
cacciandole  addosso  se  occorresse  magari  tutti  i  tafani  delle 
maremme  pontine,  ma  non  ammazzarla  per  mano  altrui.  In 
quella  vece  giiidicava  conveniente  e  migliore  il  partito  di 
lasciarla  morire  di  morte  naturale,  cio&  per  ispossatezza  pro- 
pria :  il  che  non  poteva  fallire,  dopo  ridottala  a  tale  stato ! 

Al  Buonaparte  Roma  appariva  siccome  la  gallina  dalle  uova 
d'oro.  Suo  disegno  era  di  strappare  a  quel  raro  volatile  tanta 
copia  di  quel  prezioso  metallo,  quanta  bastasse  ad  indorare 
i  musei  di  Parigi,  ad  ornare  i  palazzi  de'suoi  fratelli  e  co- 
gnati,  e  ad  ingemmare  i  petti  de'  suoi  generali,  i  polsi  e  le 
orecchie  della  moglie  e  delle  sorelle,  i  colli  e  le  braccia 
delle  donne  dei  gallonati  giacobini.  E  poscia,  affinch6  la  gal- 
lina non  facesse  sentire  nessuno  schiamazzo,  darle  la  morte, 
chetamente  torcendole  il  collo,  e  finalmente  pigliar  possesso 
delle  sue  piume! 

In  cio  si  distingueva  dal  Cacault. 

Cacault,  dopo  smunta  la  vacca  e  dissanguatala,  la  voleva 
conservata  in  vita.  II  Buonaparte  invece  voleva  togliere  di 
mezzo  la  gallina,  che  non  aveva  piii  oro  nelle  ovaie. 

Tra  i  due,  il  Cacault  ebbe  causa  perduta.  Egli  fu  reputato 
troppo  onesto !  E  per  questo  delitto,  quando  Roma  ebbe  pa- 
gato  i  milioni  fino  air  ultimo  quattrino,  il  Cacault  fu  richia- 
mato,  e  venne  trasferito  a  Firenze  verso  gli  ultimi  di  agosto 
del  1797! 

Gli  successe  in  Roma  siccome  rappresentante  della  Francia 
giacobina,  il  fratello  maggiore  del  generalissimo  dell'esercito 
giacobino,  ossia  Giuseppe  Buonaparte. 

XVIIL 
Gli  eroi  patriottici. 

A  cotali  avversarii  esterni,  pei  quali  il  delenda  Roma 
era  divenuto  un  motto  piu  sacro  che  il  delenda  Cartago  per 


318  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

Tantico  Catone,  si  aggiunse  un  quarto  nemico,  che  era  cre- 
sciuto  nelle  stesse  viscere  della  patria! 

Ad  un  tale  nemico  ne'  tempi  antichi  si  dava  il  nome  di  giuda 
iscarioto,  e  la  dovuta  ricompensa  era  quella  della  galera  o 
della  forca. 

Ma  piii  tardi,  dopoch6  I'orizzonte  d' Italia,  e  quello  di 
Roma  si  furono  illuminati  della  luce  piovuta  loro  addosso 
dall'Oriente  di  Parigi,  le  cose  presero  nuovo  giro  e  nuovi 
normi.  Ed  e  fama,  che  una  bella  mattina  Pasquino  fece  sapere 
a  Marforio,  qualmente,  per  1'  illuminazione  della  nuova  luce, 
insieme  co"  tempi  erano  cambiati  i  costumi ;  e  che  ad  uomini 
che  avevano  il  merito  della  galera  o  della  forca  era  riser - 
vato  il  nome  di  patriotta,  e  che  la  loro  immagine  a  nuova 
cultura  del  popolo  doveasi  conservare,  stamparsi  nel  marmo^ 
e  cosi  in  pelle  ed  ossa  marmoree  erigersi  a  pubblico  spet- 
tacolo  sopra  i  piedestalli. 

Marforio  non  rispose  nulla  in  scritto  quella  mattina,  ma 
dicono  che  ridesse  con  grande  rum  ore ;  e  che  nell'atto  di 
mutarsi  le  mutande,  strepitasse  solo  colla  trombetta  del  dia- 
volo  dantesco,  in  segno  evidente  della  mutata  natura  delle 
cose  !  Cosi  novellava  il  popolino. 

I  portatori  di  quel  nome,  per  verita  pochissimi  in  Romar 
non  appena  ebbero  sen  tore  del  muoversi  che  farebbe  1'eser- 
cito  giacobino  contro  il  Papa  e  contro  Roma,  che  subito 
adunatisi  a  consiglio  deliberarono  di  cavar  vantaggio  dalla 
comune  sciagura,  e  decisero  varii  partiti  acconci  alia  cir- 
costanza,  dando  a'  varii  varie  incombenze  da  disimpegnare 
in  diverse  citta,  a  fine  di  mettersi  in  intesa  cogli  amici,  e 
da  essi  pigliar  lingua,  consigli,  e  denari. 

L'ebreo  Ascarelli  si  porto  ad  Ancona,  col  pretesto  di  mer- 
canteggiare;  Tostetrico  Angelucci,  col  suo  titolo  di  dottore 
chirurgo  si  reco  nella  Romagna ;  il  banchiere  Castelli  prese 
la  solita  via  di  Civitavecchia,  dove  aveva  casino  ed  affari, 
e  corrispondenza  secreta  co*  condannati  di  quelle  galere ;  il 
marchese  Vivaldi  corse  a  mettersi  alia  disposizione  dell'eser- 
cito  invasore ,  dandosi  in  mano  al  generale  Victor  sic- 


XVIII.    GLI  EROI  PATRIOTTICI  319 

» 

come  spia ;  e  il  duca  Bonelli  ritnase  a  custodire  le  ciancia- 
fruscole  del  corredo  massonico  della  loggia  rornana...  deserta ! 

Un  piccolo  gruppo  s'mcammino  di  nascosto  alia  volta  di 
Parigi,  a  fine  di  mettersi  in  immediata  coniunicazione  collo 
stesso  direttorio  della  Repubblica,  e  pigliarne  T  imbeccata 
del  nuovo  verbo  per  il  nuovo  volgere  delle  cose  che  vede- 
vano  prossimo  a  terminare  e  mettere  capo  nella  catastrofe 
del  governo  del  Papa,  ch'era  la  meta  alia  quale  s'appun- 
tavano  i  nobili  desiderii  del  patriottismo  dei  nuovi  Giuda. 

Decurione  di  quel  glorioso  drappello  era  un  certo  Petrac- 
chi, uno  de'  rarissimi  romani  che  fossero  ascritti  alia  loggia 
de'  Sinceri  amid,  eretta  nell'anno  1788  in  via  Felice  in  qua 
del  palazzino  Zuccari  nello  studio  .lei  pittore  francese  Le  Belle. 
La  moglie  di  lui,  o  parente,  certa  Dinda  Petra.cchi,  lo  aveva 
abbandonato  nel  1790,  per  seguire  a  Venezia  il  marchese  Vi- 
valdi, massone  della  medesima  loggia  in  grado  di  maestro. 
Del  quale  marchese  massone,  la  moglie  Giacinta  Capizucchi- 
Vivaldi  trescava  con  altro  massone  forestiere ;  egli  poi,  appena 
fu  preso  ed  incarcerato  il  famoso  Cagliostro,  col  quale  era  di 
balla,  era  subito  subito  spulezzato  da  Roma. 

Col  Petracchi  avevano  preso  la  via  di  Parigi  certo  Ca- 
sella,   architetto   spiantato,    e  lo  scultore   Ceracchi,   con  un 
altro  socio,  quarto  fra  cotanto  senno,  di  cui  non  ho  rinve 
nuto  il  nome,  e  che  chiamero  rinnominato,  il  quale  era  una 
spia  del  governo  romano ! 

Costoro,  verso  il  mezzo  del  mesedi  marzodiquest'anno  1797, 
trovavansi  in  colloquio  con  uno  de'  cinque  magni  viri  del  di- 
rettorio, che  ho  ragione  di  credere  che  fosse  il  ministro  per 
le  relazioni  estere,  di  nome  Delacroix. 

A  costui  il  Petracchi  espose  la  sua  missione,  quella  cioe 
apparente  d'intercedere  per  la  conservazione  in  Roma  delle 
statue  compromesse  nel  nuovo  trattato  di  Tolentino,  in  nome 
del  popolo  romano ;  e  la  vera,  ossia  di  chiedere  aiuto  di  con- 
siglio,  di  denaro,  e  di  uomini  per  la  proclamazione  in  Roma 
de'  diritti  deiruomo,  oltraggiati  dalla  tirannide  papale! 

Tolgo  questo  colloquio  dalla  deposizione  officiale  di  uno  degli 
attori,  ossia  dell'Innominato,  presente  a  quell'ignobile  scena. 


320  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

II  Delacroix  chiese  al  Petracchi  «  se  avesse  una  patente,. 
che  indicasse  un  potere  datogli  dal  popolo.  »  Cui  il  Petracchi 
rispose : 

—  Non  rabbiamo  possuta  avere,  perche  in  Roma  non  si 
puole  levare  ancora  la  testa  a  nostro  modo.  E  se  il  popolo 
potesse  una  volta  sola  dare  un  piccolo  atto  autentico  per 
scritto,  addio  il  Papato  in  eterno! 

«  Ci  eravamo  riuniti  fra  molti  amid  di  nascosto  del  go- 
verno.  Tutti  dicevano,  che  conveniva  par  tire  per  Parigi^ 
ma  nessuno  si  presentava  di  buona  voglia;  ed  allora  s\  io^ 
che  Casella  ci  offrissimo  di  partire  a  nostre  spese.  Ma  prima 
fu  fatto  in  maniera  di  insinuare  al  popolo  di  non  far  sor- 
tire  alcuna  cosa  da  Roma:  ed  infatti  ci  accorgessimo,  che 
aveva  I'istessa  intenzione. 

«  Siamo  partiti  con  una  grande  secretezza,  perche  se  si 
fosse  scoperto  il  nostro  progetto,  ci  avrebbero  career  ato. 

«  E  sopraggiunto  nel  momento  della  conversazione  Cerac- 
chi  scultore,  il  quale  tornava  da  un  abboccamento  avuto  col 
Carnot;  egli  disse  a  Petracchi: 

«  La  bug...ata  e  fatta!  anno  ricevuto  cinque  millioni  a 
conto,  e  non  v'e  pin  speranza  (volendo  dire,  che  le  truppe 
vadino  a  Roma).  Fa  dal  canto  tuo  presso  Carnot  do  che 
potrai  per  impedire  la  partenza  delle  statue  e  de'  quadri.  » 

Fu  quindi  chiesto  a  Petracchi  «  se  sperava  in  breve  ve- 
dere  una  rivoluzione  in  Rorna.  »  II  Petracchi  rispose  in  que* 
sti  termini : 

«  Se  It  francesi  fossero  venuti  fino  a  Roma,  sarebbe  fatto 
a  quest'ora!  E  noi  saressimo  rientrati  nelli  nostri  antichi 
diritti,  ed  averessimo  mandati  al  diavolo  tutti  li  preti,  prin- 
cipiando  dal  Papa  e  tutti  li  Prencipi...  » 

Gli  fu  fatto  osservare,  che  «  sarebbe  stato  pericoloso  il 
ricevere  i  francesi  in  Roma,  atteso  do  che  era  successo  e 
in  Milano  e  in  Bologna.  » 

-Rispose:  «  Questo  none  niente!  Ci  avrebbero  trattata 
da  amici;  e  noi  li  averessimo  ben  ricevuti.  » 

—  Badate  pero,  cittadino  Petracchi,  riprese  il   Revvbeli 


XTIII.    GLI  EROI  PATRIOTTIC1  321 

(uno  del  cinque  tirannelli  del  direttorio),  che  se  succedesse 
una  rivoluzione  in  Roma,  sarebbe  piuttosto  la  iiobilta,  che 
la  farebbe,  per  non  essere  governata  dai  preti. 

-  Siete  forse  matto?  rispose  il  Petracchi.  Tutti  li  Prin- 
cipi  anno  o  il  prelato,  o  il  cardinale  in  casa7  e  per  con- 
seguenza  un  futuro  Papa.  Sono  tanti  piccoli  sovrani;  e  mai 
questa  razza  cedera,  ne  fara  rivoluzione! 

Fece  insistenza  su  questo  punto  il  direttore  quintumviro, 
osservando,  che  «  le  rivoluzioni  costano  del  sangue ;  ed  in 
particolare  la  francese  ». 

Con  cotali  osservazioni  egli  intendeva  di  cavare,  come  si 
dice,  i  vermi  dal  naso  del  demagogo  romano. 

Rispose  il  Petracchi: 

«  Lo  so!  Ma  vi  e  del  sangue  in  Roma,  che  bisogna  far 
colare,  ed  e  impossibile  altrimenti.  Evoi  sapete,  che  la  razza 
nobile,  e  la  pretina  non  fara  mai  buona  lega  con  il  popolo. 
Se  la  pace  si  sottoscrive,  aspetteremo  Varrivo  del  Ministro 
della  Repubblica  francese  a  Roma;  ed  allora  con  il  suo 
ajulo,  e  con  quello  delli  pensionati  dell'Accademia,  e  di 
Officiali,  che  con  il  pretesto  di  veder  Roma  domanderanno 
delli  congedi  alle  armate,  faremo  sicuramente  la  nostra  ri- 
voluzione! e  ci  leveremo  una  rolta  da  torno  e  li  Papi  e  le 
loro  sequele.  E  tempo,  e  tempo  di  sortire  dalla  nostra  ver- 
gognosa  servitu,  e  di  far  vedere  anche  noiy  che  il  popolo 
solo  e  il  vero  sovrano!  » 

Questa  invettiva  catilinaria  piacque  immensamente  ed 
ando  a  sangue  al  cittadino  arconte  della  repubblica  giaco- 
bina.  Atteggiandosi  tuttavia  ad  un'aria  di  Catone  in  zucca, 
esorto  «  a  fare  attenzione  di  non  dare  nelle  estremit^,  » .  Cui : 

—  E  impossibile,  ripet6  il  Petracchi,  di  non  spargere  del 
sangue!  E  volendo,  non  se  ne  potrebbe  far  di  meno. 

«  La  conversazione  fini,  domandandogli  se  contavano  re- 
star  molto  tempo  in  Parigi.  —  Rispose,  che  fra  quindici  o 
venti  giorni  al  piu  sarebbero  partiti  1.  » 

1  Tutta  questa  conversazione  e  tolta  ietteralmente  dall'Archivio  Va- 
ticano,  Italia  Appendice  Epoca  napoleonica,  vol.  XI,  Fascio  G. 


Serie,  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1263.          21          30  gennaio  1903. 


KIVISTA  DELLA  STAMPA 


NOTE    PATRISTIGHE. 


1.  La  Doctrina  XII  Apostolorum  nella  liturgia  di  G.  SCHLECHT.  —  2.  La 
nuova  edizione  del  Patres  Apostolici  di  F.  S.  FUNK.  —  3.  La  Bi- 
bliotheca  Patrum  edita  da  G.  VIZZINI.  —  4.  La  traduzione  italiana 
della  Patrologia  di  0.  BARDENHEWER  per  cura  di  A.  MERC  ATI. 

1.  Come  abbiamo  annunciate  a  suo  tempo  *,  il  ch.  prof.  Schlecht 
ebbe  la  fortuna  di  scoprire  in  un  codice  del  sec.  XI,  gia  del  celebre 
monastero  di  Frisinga  ed  ora  appartenente  alia  Biblioteca  di  Monaco, 
1'antica  versione  dei  primi  sei  capitoli  della  Didache.  JSTe  fece  subito 
communicazione  al  Congresso  degli  scienziati  di  Monaco  nel  1900 
e  poco  staute  ne  pubblico-  il  testo,  riservandosi  d'illustrare  la  sua 
scoperta  con  uno  studio  speciale,  uscito%  alcuni  mesi  or  sono  e  che 
qui  presentiamo  ai  lettori  2.  Cosa  singolare !  Quel  codice,  che  e  un 
omiliario  con  alcune  poche  officiature  liturgiche,  era  stato  veduto, 
esaminato,  citato  da  parecchi  scienziati.  Di  piu  il  prof.  F.  S.  Funk, 
avendo  scoperto  nel  1886  in  un  codice  di  Melk,  che  e  pure  un 
omiliario,  un  piccolo  frammento  latino  della  Didachej  avverti  gli 
eruditi  della  grande  probabilita  che  si  aveva  di  scoprire  nei  libri 
liturgici  e  piu  in  particolare  negli  omeliarii  altri  vestigi  di  quel- 
1'antica  versione  3.  Eppure  nessuno  si  era  finora  accorto  del  prezioso 
oimelio  che  conteneva  il  codice  di  Frisinga,  e  lo  stesso  prof.  Schlecht 
vi  si  imbatte  per  puro  caso,  cercando  in  quelle  pergamene  se  vi 
fosse  un  antico  inno  di  S.  Lamberto  che  per  altri  suoi  studii  occor- 
revagli.  I  citati  capitoli  della  Didache  col  proprio  loro  titolo  de 


1  Vedi  Civ.  Gait.  XVIII,  3  (1901),  p.  205-207. 

2  Doctrina  XII  Apostolorum.   Die  Apostellehre  in  der  Liturgie  der 
katholischen  Kirche  von  JOSEPH  SCHLECHT,  Doktor   der   Theologie  und 
der  Philosophic,   A.  0.  Professor  der   Geschichte  am   kgl.   Lyceum   zu 
Freising.  Mit  3  Tafeln  in  Lichtdruck.  Freiburg  i.  B.,  Herder,  1901,  8  gr. 
XVI-U4  p. 

3  Cfr  Theol.  Quartalschrift,  1886,  p.  655. 


RIVISTA   DELLA   STAMPA  323 

Doctrina  Apostolorum  stanno  verso  la  fine  del  codice,  sono  in  forma 
di  omelia  e  quindi  con  una  speciale  chiusa  dossologica,  e  vengono 
immediatamente  dopo  un'altra  omelia  con  questa  scritta:  Ineipit 
ad  (sic)  Amonitio  S.  Petri  sive  praedicatio  sancti  Bonifatii  ep.  de 
abrenuntiatione  in  baptismate.  La  previsione  del  Funk  si  e  cosi  pie- 
namente  avverata. 

L' opera  dello  Schlecht  e  tutta   intesa   nell'  illustrare   la  nuova 
scoperta.  Pero  il  ch.  Autore  premette  in  un  primo  capo  la  storia 
della  scoperta  della  Didache,  fatta   dal  metropolita   Bryennios,  ed 
espone  brevemente  la  natura  ed  il  carattere  dello  scritto  e  le  con- 
troversie  che  nacquero   traj  dotti,   particolarmente   intorno    I'eta  e 
1'unita  della  composizione.  Cid  gli   porge   occasione   di   dire  assai 
nettamente  il  suo  parere  intorno   ambedue   questi   punti.  Siccome 
la  Didache  e  certamente  anteiiore  all'epistola  di  Barnaba,  se  questa 
si  ponga  ai  tempi  di  Nerva  (96-98)  o  poco  dopo,  come  fa  1' Autore, 
la  Didache  monta  su  nell'eta  apostolica   e  prende   il  primo  posto 
nella  serie  dei  cosiddetti  libri  pseudoapostolici  (p.  4)  '.  Ma  quando 
pure  si  volesse  trasportare  la  data  di  Barnaba  ad  eta  alquanto  piu 
tarda,  la  Didache,  tra  le  scritture  non  ispirate,  rimane  sempre  il 
pru  venerando  monumento  della  Chiesa  primitiva  ed  il  primo  ma- 
nuale  ecclesiastico,  che  racchiuda  in  forma  compendiosissinia  pre- 
scrizioni  morali  e  di  diritto  canonico,  leggi   liturgiche   e  sentenze 
dommatiche.  Quanto   alia   composizione,  1' Autore   rigetta   risoluta- 
mente  la  sentenza  del  Taylor,  seguita  da  A.  Harnack  e  tra  noi  dal 
Savi,  per  cui  la  prima  parte  della  Dottrina,  che  contiene  le  Due  Vie, 
sarebbe  una  scrittura  giudaica,  accolta  poi   dai  cristiani  e   legger- 
mente  rimaneggiata.  Certo  e  che  quella  prima  parte  assai  per  tempo 
ando  staccata  dalla  seconda ;  ma  la  ragione  e  da  cercare  piuttosto 
nella  natura  dell'argomento,  che  forma  un  tutto  compiuto,  e  nella 
destinazione  che  aveva  di  predica   battesimale,  da   recitarsi,  senza 
nulla  aggiungere  ne  togliere,  immediatamente  prima  del  battesimo 
(p.  8-10).  Invece  la  seconda  parte  della  Dottrina,  siccome  quella 


1  A.  VAN  VELDHUIZEN,  (De  Brief  van  Barnabas,  Akad.  Proefschrift. 
Groning-en,  J.  B.  Wolters,  1901)  pone  la  composizione  della  Lettera  di 
Barnaba  verso  la  fine  del  regno  di  Domiziano,  tra  gli  anni  90-96.  E 
presso  a  poco  questa  e  la  sentenza  di  parecchi  dotti.  Nondimeno  e  da 
avere  riguardo  allo  studio  del  Prof.  P.  LADEUZE  (L'EpUre  de  Barnabe,  la 
date  de  sa  composition  etc.  in  Rev.  d'hist.  eccl,  1900,  p.  31-40,  212-225), 
il  quale  sta  per  1'anno  130-131.  II  FUNK  che  gia  teneva  per  i  tempi  di 
Nerva,  or  a  dichiara  (Patres  Apost.  I,  p.  XXV)  che  cum  res  saltern  non 
sit  certa,  originem  posteriorem  non  omnino  negare  licet. 


324  RIVISTA 

che  conteneva  precipuamente  disposizioni  disciplinari,  col  mutarsi 
del  tempi  e  della  condizione  delle  cose,  andd  piu  facilmente  dimen- 
ticata.  II  ch.  Autore  adduce  un'altra  ragione  per  ispiegare  la  diversa 
fortuna  delle  due  parti  della  Didache  :  nel  Y  secolo  gli  eretici  si 
sarebbero  abusati  di  alcune  dottrine  della  seconda  parte,  per  la 
qual  cosa  i  cattolici  si  sarebbero  indotti  a  rifiutarla.  Ma  il  passo, 
da  lui  citato  in  conferma,  di  un'omelia,  attribuita  dal  codice  a  S.  Gi- 
rolamo,  come  gia  osservarono  il  Funk  i  ed  il  Bardenhewer  2,  non 
prova  punto  quanto  1' Autore  intende  (p.  74). 

Negli  altri  tre  capi  1'Autore  studia  con  molta  diligenza  anzi- 
tutto  il  manoscritto  di  Frisinga,  dando  pieno  conto  del  suo  con- 
tenuto  e  riferendo  1'inizii  delle  omelie  con  la  citazione  dei  testi 
messi  a  stampa  per  quelle  gia  pubblicate ;  poi  esamina  con  ogni 
minutezza  le  relazioni  della  versione  latina  col  testo  greco;  per 
ultimo  si  fa  a  ricercare  i  vestigi,  che  le  Due  Vie  hanno  di  se 
lasciato  nella  storia  liturgica  dei  varii  secoli.  Come  si  $  accennato 
qui  sopra,  i  primi  sei  capitoli  della  Didache  avevano  per  iscopo  di 
istruire  i  neofiti  sui  doveri  morali  del  cristianesimo,  ed  erano  quindi 
1'omelia  che  recitavasi  nel  conferire  il  battesimo.  Meglio  stabilito  il 
catecumenato,  non  fu  piu  bisogno  di  fare  quell'istruzione  nell'atto 
stesso  del  battesimo;  vi  suppliva  perO  la  dichiarazione  formale  del 
neofito  di  accogliere  i  doveri  che  la  fede>  cristiana  gli  imponeva,  e 
questa  e  la  formola  &Q\Vabrenuntiatio,  come  oggi  ancora  si  pratica. 
Se  ne  trovano  vestigi  in  Ignazio  ed  Errna;  Giustino  ne  parla  aper- 
tamente  e  Tertulliano  gia  ne  conosce  una  doppia  pratica,  all'  in- 
gresso  del  catecumenato  e  nel  conferimento  del  battesimo.  Qui  nel 
codice  di  Frisinga,  come  anche  in  quelio  di  Melk,  1'omelia  della 
Dottrina  e  preceduta  immediatamente  dalla  citata  predica  di  S.  Bo- 
nifacio De  abrenuniiatione  in  baptismate,  nella  quale  il  santo  Apo- 
stolo  ricorda  ai  suoi  convertiti  Germani  che  cosa  significhi  la  ri- 
nunzia  fatta  nel  battesimo.  Or  egli  va  sulle  tracce  della  Didache 
per  tal  modo,  che  non  e  possibile  non  ammettere  che  la  conoscesse 
e  se  ne  servisse.  Quindi  non  sembra  un  puro  caso  che  tale  omelia 
si  trovi  nello  stesso  codice  unitamente  alia  Dottrina.  Ne  S.  Boni- 
facio e  il  solo,  a  cosi  adoperare;  il  contemporaneo  e  coadiutore  di 
lui,  Pirminio  di  Keichenau,  nel  suo  compendio  delle  dottrine  cri- 
stiane  mostra  parimente  di  conoscere  la  Didache,  come  fanno  anche 
ultri  predicatori  ed  asceti  dei  tempi  seguenti.  E  perd  probabile  che 

1  Cfr.   Theol  Quartalschrift,  1902,  p.  455. 

2  Cfr.  Theol.  Revue,  1902,  n.  3,  c.  88. 


DELLA  STAMP  A  325 

-quest!  non  attingessero  direttaraente  dalla  Didache  le  loro  istru- 
zioni,  sibbene  dal  capo  IV  della  Regola  di  S.  Benedetto,  il  quale 
probabilmente  proviene  anch'esso  da  una  piu  antica  omelia  d'autore 
sconosciuto,  che  va  sotto  il  titolo  Instrument-urn  bonorum  operum. 
Almeno  cosi  giudica  1'Autore,  contrariamente  alia  sentenzadelTraube 
(p.  87).  Certo  e  ad  ogni  modo  che  quel  capo  della  Regola  bene- 
dettina  e  un'eco  verace  della  Didache,  quale  si  sente  pure  nella 
Dottrlna  Severini  episcopi,  che  e  una  raccolta  di  sentenze  fatta 
nel  secolo  IY. 

Secondo  la  conclusione  dell'Autore,  il  codice  di  Frisinga  viene 
tmginariamente  da  Roma  e  quindi  da  Roma  viene  pure  questa  ver- 
sione delle  Duae  Viae  (p.  42  43).  Che  sia  antichissima  ed  assai 
vicina  alia  redazione  originaria  della  Didache  appare  dall'attenersi 
<?he  fa  al  testo  greco  vulgato  cosi  strettamente,  che  per  non  di- 
partirsene,  piuttosto  sacrifica  F  indole  della  lingua  latin  a.  Ora  nel 
Y  secolo  le  variazioni  nel  testo  della  Dottrina  erano  gia  tante,  che 
una  traduzione,  condotta  con  tal  fedelta,  sarebbe  stata  impossible. 
Danque  convien  collocarla  prima  dell'anno  400.  Inoltre  nelle  citazioni 
tlei  testi  scritturali  adopera  una  versione,  che  non  e  quella  di  8.  Ge- 
rolamo  per  la  Volgata,  sibbene  quella  onde  dovevano  servirsi  Ilario, 
Ambrogio,  Agostino.  Per  ultimo  vi  si  incontrano  alcune  parole, 
^traniere  all'uso  degli  scrittori  latini  d'  Italia,  comuni  invece  a  quelli 
della  Chiesa  d'Africa,  quali  Tertulliano,  Lattanzio,  Agostino,  Vi- 
gilio.  Onde  si  puO  affermare  con  sufficiente  probabilita,  che  questa 
versione  latina  sia  stata  fatta  nella  Chiesa  africana  in  tempi  ante- 
riori  al  secolo  III  (p.  67-68).  Se  e  cosi,  ben  si  vede  quanto  sia 
necessario  tenerne  conto  nelle  question!  critiche  ed  esegetiche  del 
testo.  Ad  esempio,  secondo  la  lezione  greca  e  scritto  c.  IY,  14 :  In 
•ecclesia  confiteberis  peccata  tua,  neque  accedes  ad  orationem  tuam 
-cum  conscientia  mala,  mentre  1'antica  versione  ha  semplicemente : 
Non  accedas  ad  orationem  cum  conscientia  mala.  Ora  1'  Epistola 
di  Barnaba  omette  le  parole  in  Ecclesia;  le  Costituzioni  Aposto- 
liche  allargano  tutto  il  passo,  ma  invece  di  in  Ecclesia  leggono : 
Confesserai  i  tuoi  peccati  al  Signore  Iddio  tuo ;  il  monaco  Schnudi 
non  ha  nulla  di  tutto  cio.  Dunque  la  prima  parte  del  versetto  e 
probabilmente  una  giunta  dei  tempi,  ne'  quali  era  gia  introdotta  la 
penitenza  pubblica,  e  quindi  il  testo  latino  rappresenterebbe  qui  la 
forma  della  lezione  piu  primitiva  (p.  59-60). 

Nell'Appendice  in  fine  al  volume  il  ch.  Autore  rida  i  testi  della 
Didache  come  gia  stavano  nella  sua  precedente  pubblicazione ;  ag- 
giunge  quindi  1'omelia  attribuita  a  S.  Gerolamo,  in  cui  si  deplore- 


326  RIVISTA 

rebbero  le  alterazioni  introdotte  nella  Didache;  poi  un'epistola  di 
un  cotal  avversario  di  Gregorio  YII,  importante  per  ben  determi- 
nare  1'  eta  del  codice ;  seguono  quindi  1'omelia  di  S.  Bonifacio,, 
la  Doctrina  Severini  episcopi  e  1'inizii  di  tutte  le  omelie  con- 
tenute  nel  codice.  Ne  il  lettore  pu6  chiudere  il  bellissimo  libro, 
senza  provare  un  senso  di  grande  soddisfazione  per  le  tante  e  tanto 
utili  cose  che  vi  apprese  e  per  la  luce  veramente  nuova,  che  il 
ch.  Autore  con  la  sua  importante  scoperta  e  con  lo  studio  accu- 
rato  che  vi  ha  fatto  intorno,  ha  saputo  gittare  sopra  il  prezioso  li- 
bretto della  Dottrina  dei  dodici  Apostoli. 

2.  Nel  1878  il  dott.  F.  S.  Funk,  ora  professore  dell'Universita? 
di  Tubinga,  metteva  mano  alia  quinta  edizione  dei  cosiddetti  Pa- 
ir es  Apostolici,  sull'edizione  quarta,  curata  nel  1855  da  mons.  He- 
fele.  Ma  tante  furono  le  aggiunte  e  le  correzioni,  che  per  la  sco- 
perta di  nuovi  testi  e  pel  progresso  degli  studii  critici  vi  fece  il 
Funk,  che  con  ogni  buon  diritto  poteva  considerare  quell'edizione 
come  sua  propria;  molto  piii  che  nel  1881  vi  aggiunse  un  secondo 
volume,  contenente  altri  testi,  in  parte  apocrifi,  ma  pur  necessarii 
ad  avere  innanzi  chiunque  si  faccia  a  studiare  1'antica  letteratura 
cristiana.  Negli  ultimi  decennii  il  ch.  Professore,  continuando  sem- 
pre  nelle  medesime  materie  della  letteratura  cristiana  antica,  ebbe 
agio  di  vie  meglio  perfezionare  il  suo  lavoro,  e  di  presentarlo  ora 
in  nuova  edizione,  si  bene  rispondente  allo  stato  odierno  della  cri- 
tica  letteraria,  che  fu  giudicata  subito  come  la  migliore  fra  tutte 1.. 
La  qual  cosa  torna  di  grande  onore  ai  lavori  dei  cattolici  ed  alPillu- 
stre  scienziato. 

Nel  primo  volume  abbiamo  la  no  vita  di  una  Notitia  generalis 
sulle  edizioni,  che  dal  sec.  XVII  in  poi  si  andarono  facendo  dei 
Patres  Apostolici,  e  sulle  norme  che  regolano  la  presente  nuova  edi- 
/ione.  Tra  i  testi  furono  qui  accolti  la  Dottrina  dei  dodici  Apostoli 
(gia  pubblicata  dalP Autore  in  edizione  critica  nel  1887),  1'epilogo 

1  Patres  Apostolici.  Textum  recensuit,  adnotationibus  criticis  exe- 
geticis  historicis  illustravit,  versionem  latinam  prolegomena  indices  ad- 
didit  FRANCISCUS  SAVERIUS  FUNK.  Editio  II  adaucta  et  emendata.  Vol.  I: 
Doctrina  duodecim  Apostolorum,  Epistulae  Barnabae,  dementis  Romani 
Tgnatii  Polycarpi  Jiuiusque  Martyrium,  Papiae  Quadrati  Presbyterorum 
apud  Irenaeum  fragmenta,  Epistulaad  Diognetum,  Pastor  Hermae.Vol.  LI. 
dementis  Pomani  epistulae  de  virginitate  eiusdemque  Marty rium,  Epi- 
stulae Pseudoignatii,  Ignatii  Martyria,  Fragmenta  polycarpiana,  Poly- 
carpi  vita.  Tubingae,  H.  Laupp,  1901,  8.°  CLI-688,  LXXIII-352  p. 


BELLA    STAMPA  327 

<di  Mosca  al  Martyrium  S.  Poly  car  pi,  i  Fragmenta  Polycarpiana, 
i  nuovi  frammenti  di  Papia  scoperti  dal  de  Boor  e  quel  che  rimane 
presso  Eusebio  dell'Apologia  di  Quadrate.  I  frammenti  di  Papia  ed 
i  detti  dei  Tupeapurepoc,  che  leggonsi  presso  Ireneo,  passarono  dal 
:secondo  volume  della  precedente  edizione  nel  prinio  di  questa,  men- 
tre  il  Martyrium  Ignatii  Colbertinum  si  trova  ora  nel  secondo 
volume.  Al  testo  greco  corre  parallela  nella  pagina  di  fianco  la  ver- 
sione  latina,  presa  dall'edizione  precedente,  ma  di  nuovo  confron- 
tata  col  testo  originate  e  dove  occorreva  con  3e  antiche  version!. 
Per  la  Didache,  pel  Pastore  di  Hermas  e  pel  frammento  dell'epi- 
stola  di  Barnaba,  scoperto  recentemente,  fu  allestita  una  nuova  tradu- 
zione,  tenendo  similmente  conto  delle  version!  antiche.  Oltre  i  Pro- 
legomeni  ad  ogni  singola  scrittura,  che  danno  pienissimo  conto  cosi 
<lel  contenuto,  come  delle  discussion!  che  ciascuna  solleva,  vi  sono 
le  note  a  pie  di  pagina,  debitamente  distinte  per  le  varianti,  per  le 
citazioni  scritturali  e  pei  parallelism!  con  altre  opere.  Tutto  poi  & 
stampato  in  forma  elegante  e  correttissima,  tanto  che  il  prof.  dott.  G. 
Kriiger,  volendo  pubblicare  i  Patres  Apostolici  in  una  sua  Rac- 
colta  di  test!  per  i  corsi  di  esercitazione  degli  student!  universitarii 
di  teologia,  stimo  di  accogliere  addirittura  Je  stesse  forme  tipografiche 
del  testo  del  Funk £.  Per  questa  edizione  economica  il  eh.  Autore  ha 
scritto  una  particolare  prefazione  in  lingua  tedesca,  nella  quale  bre- 
vemente  riassume  quanto  e  piu  necessario  a  sapersi  di  ogni  sin- 
golo  Padre. 

Troppo  lungo  sarebbe  entrare  nei  particolari  delle  utilissime  cose, 
<?ontenute  nei  Prolegomeni,  e  basti  qualche  sempliee  cenno.  II  eh. 
Autore  assente  all'opinione  del  Lightfoot,  che  fa  di  Clemente  Eo- 
mano  un  libertum  vel  filium  liberti  et  de  domo  Flavi  Clementis. 
Tocca  la  questione  della  sua  successione  qual  vescovo  di  Koma  e 
lo  da  per  terzo  dopo  S.  Pietro,  ma  lascia  in  dubbio  se  morisse 
martire.  Quanto  alia  cosiddetta  2a  Lettera  di  Ciemente  ai  Corinti, 
si  dichiara  contro  la  sentenza  delFHarnack,  che  la  voile  scritta  da 
Papa  Sotero  (166-174),  e  sostiene  sia  un'omelia  detta  a  Corinto  da 
un  autore  incerto  attribuita  poi  a  Clemente.  Cosl  opinano  coniune- 
mente  anche  altri ;  ma  il  prof.  Diekamp  mosse  recentemente  qualche 


1  Die  Apostolischen  Fa^e?%herausgegeben  von  F.  X.  FUNK  (Sammlung 
ausgewahlterkirchen-und  dogmengeschichtlicher  Quellenschriften  alsGrund- 
lage  fur  Seminariibungen,  herausgegeben  unter  Leitung  von  Prot.  Dr.  G. 
KRUGEE,  2.  Reihe,  1.  Heft),  Tubingen,  Mohr,  1901,  8,  XXXI-252. 


328  RIV1STA 

dubbio  in  favore  della  provenienza  romana  dello  scritto,  pur  con- 
cedendo  che  non  sia  di  Clemente1. 

Rispetto  alle  sette  Epistole  di  Ignazio,  il  Funk  ne  difende  l'au- 
tenticita  e  le  da  tatte  per  trasmesse  da  Policarpo  e  non  sei  sole,, 
come  vollero  I.  Ussher  e  Teodoro  Zahn.  E  noto  che  la  lettera  ai 
Romani  ci  fu  soltanto  trasmessa  nel  Martyrium  Ignatii  Colbertinum^ 
di  cui  non  si  conosceva  che  un  unico  codice,  il  Parigino.  Ma  U 
Lightfoot  nella  seconda  edizione  dei  suoi  The  Apostolic  Fathers  ne 
collaziono  altri  due,  dei  quali  tuttavia  il  Funk  non  pote  tener  conto 
se  non  nel  secondo  volume.  Noteremo  che  tra  le  edizioni  e  ora  da 
aggiungere  quella  deH'Hilgenfeld,  pubblicata  Fanno  scorso  a  Berlino  a. 

Secondo  il  Funk,  1'Epistola  ad  Diognetum  difficilmente  potrebbe 
collocarsi  prima  della  meta  del  secolo  II  e  forse  deve  rimettersi  al 
seguente.  I  capi  11  e  12  che  chiudono  lo  scritto  sono  generalmente 
riconosciuti  per  non  genuini ;  1'Harnack  esamina  se  non  convenga 
ascriverne  la  paternita  a  Metodio  di  Olirapo  ovvero  a  qualcuno  dei 
suoi  discepoli ;  il  Lightfoot  e  1'Harmer  li  credono  di  Panteno  di  Ales- 
sandria; il  Funk  lascia  la  cosa  incerta  (p.  n.  CXIX).  Ora  converra 
tener  conto  eziandio  della  sentenza  del  Bonwetsch,  che  li  vuole 
opera  di  Ippolito 3. 

11  ch.  Autore  aveva  tenuto  antecedentemente  per  non  genuina 
il  capo  XXI  del  Martyrium  S.  Poly  carpi;  ma  ora,  mosso  dalle 
considerazioni  del  Lightfoot,  lo  accetta,  e  pel  primo  adopera  nella 
critica  del  Martyrium  il  codice  ierosolimitano  S.  Sepulchri  .2,  non 
ancor  pubblicato  ed  esistente  nel  monastero  di  Cosinitze.  Rispetto 
all' anno  della  morte  di  S.  Policarpo,  si  dichiara  pel  155,  sebbene 
non  escluda  il  156,  messo  innanzi  dal  Turner  per  ragioni  assai 
degne  di  considerazione.  Siccome  poi  posteriormente  il  ch.  benedet- 
tino  J.  Chapman  impugnd  quelle  date,  riproponendo  la  cronologia 
dello  Schmid  e  fissando  quindi  la  morte  di  S.  Policarpo  nel  165-66  4y 
il  Funk  dichiarava  non  ha  molto  di  non  poter  accettare  tale  dimo- 


1  Theolog.  Eev.  1902,  n.  8,  col.  240. 

2  Ignatii  Antiocheni   et   Poly  carpi   Smyrnaei  epistulae  et  martyria* 
Ed.  et  adnotationibus  instruxit  A.  HILGENFELD.  Berlin,  Schwetschke,  1902, 
8°,  XX,  XXIV-384  p.  M.  12,80.  L'edizione  e  fatta  con  molta  accuratezza, 
sebbene  1'Autore  non  ammetta  1'autenticita  delle  Epistole.  Per  la  mortft 
di  Policarpo  mantiene  1'anno  165. 

3  N.  BONWETSCH,  Der  Autor  der  Schlusskapitel  des  Briefes  an  Dio- 
gnet  in  Nachr.  der  k.Gesell.  d.Wiss  zu  Gottingen,  Ph.  Hist.  Kl.  1902,  5^ 
pag.  14. 

*  Rev.  Benedictine,  1902,  n.  2,  p.  145-149. 


DELLA   STAMPA  329 

•strazione  e  di  mantenere  le  date  gia  stabilite  -1.  Secondo  lui  lo  Chapman 
•confonde  in  un  solo  i  due  proeonsoli  per  nome  Quadrato,  dall'un 
del  quali  dipende  la  cronologia  della  morte  del  Santo. 

Per  ultimo  e  da  notare  un  altro  punto,  dove  il  ch.  Autore  man- 
tiene  le  sue  conclusion!  precedent!.  II  dott.  E.  Henneke,  prendendo 
occasione  dalla  pubblicazione  dell'antica  versione  latina  della  Dida- 
•chv  fatta  dallo  Schlecht,  mise  fuori  Tipotesi  dell'esistenza  di  un 
antichissimo  testo  fondamentale,  onde  tutte  le  recensioni  posteriori 
della  Dottrina  sarebbero  provenute  2.  Ma  il  Funk  esaminate  con  la 
sua  consueta  acribia  le  ragioni  addotte,  non  le  crede  sufficient!  a 
-dar  valore  all'  ipotesi  3. 

3.  Apparisce  cosi  di  rado  il  nome  di  un  erudito  italiano  nelle 
pubblicazioni  e  nelle  rassegne  patristiche,  che  piu  particolarmente 
•ci  gode  1'animo  di  segnalare  quello  del  ch.  sac.  Giuseppe  Yizzini, 
professore  di  Teologia  nel  Pont.  Seminario  Romano.  Egli  imprese 
a  pubblicare  sullo  scorcio  del  1901  una  Bibliotheca  Patrum  4,  de- 
stinata  a  raccogliere  in  comodi  ed  eleganti  volumetti  gli  scritti  prin- 
cipali  dei  Padri  della  Chiesa ;  anzitutto  quelli  che  tornano  di  utilita 
piu  immediata  ai  giovani  studiosi  di  teologia;  quindi  le  opere  che 
servono  piu  specialmente  a  promuovere  la  cultura  religiosa  del  clero, 
riconducendola  a  quelle  fonti  purissime,  dove  o  si  tiss6  dapprima  il 
pensiero  cristiano  o  si  svolse  nella  susseguente  tradizione.  Non  solo 


1  Das  Todesjahr  Polykarpsm  Theolog.  Quartalschr.,  1903,  n.  1,  p.  158. 

*  Die  Grundschrift  der  Didache  und  ihre  Recension  in  Zeitschr*  f.  d. 
neutestam.  Wissens.,  1901,  p  58-72. 

8  Zur  Didache,  der  Frage  nach  der  Grundschrift  und  Hirer  Recension 
in  Theol.  Quartalschr.,  1.  c.  p.  73-88. 

4  Bibliotheca  Sanctorum  Patrum  theologiae  tironibus  et  universo  clero 
•accomodata.  Curante  IOSEPHO  VIZZINI  Sacrae  Theologiae  Professore  in 
Pont.  Inst.  S.  Apollinaris,  Komae,  Apud  Direct.  Biblioth.  SS.  Patrum,  Via 
•dei  Crescenzi,  13-15  (ex  officina  typ.  Forzani  et  Socii). 

Series  I.  Patres  Apostolici.  Vol.  I.  Doctrina  duodecim  Apostolorum, 
Epistola  !.*•  S.  dementis  ad  Corinthios.  Vol.  II.  Ignatii  et  Polycarpi  Epi- 
stolae.  Vol.  III.  Epistola  Barnabae,  Epistola  ad  Diognetum,  Epistola  2.^ 
S.  dementis  ad  Corinthios. 

Series  III.  Scriptores  Latini  Antenicaeni.  Vol.  I.  M.  Minucii  Felicis 
Octavius,  Q.  S.  Fl.  Tertulliani  Apologeticum.  Vol.  II.  Tertulliani  de  Prae- 
scriptionehaereticorum,  De  testimonio  animae,  De  baptismo,  De  poeni- 
tentia,  De  oratione,  De  pudicitia.  Vol.  III.  Tertulliani  Adversus  Mar- 
cionem  (libr.  1-3).  Vol.  IV.  Idem  (libr.  4). 

Ogni  volume  di  circa  200-250  pagine  per  gli  abbonati  costa  L.  2,50; 
separate  L.  3. 


330  RIVISTA 

nell'insegnamento  degli  studii  sacri.  ma  nella  stessa  predicazione  della 
parola  di  Dio  vano  e  sperare  vero  e  solido  frutto,  senza  questa 
ritorno  allo  studio  del  Padri  della  Chiesa l.  II  fine  assai  nobile,  pro- 
postosi  dal  Yizzini,  venne  a  determinargli  per  se  medesimo  il  con- 
cetto ed  il  rnetodo  della  sua  pubblicazione.  Non  si  tratta  qui  di  alle- 
stire  un  testo,  che  debba  poi  servire  di  fondamento  all'esegesi  pa- 
tristica,  ma  di  prendere  il  migliore  e  gia  criticamente  vagliato  dai 
clotti  e  ripubblicaiio  con  particolare  accuratezza.  Restano  quindi 
escluse  le  aride  investigazioni  della  critica  letteraria  e  si  accetta 
quella  lezione,  che  a  giudizio  degli  eruditi  sembra  meglio  appro- 
priata  e  meglio  rispondente  all'indole  ed  allo  stile  consueto  di 
ciascun  Padre.  Gli  scritti  greci  sono  accompagnati  da  una  traduzione 
latina,  la  migliore  che  si  abbia ;  ne  se  ne  da  il  nudo  testo,  ma  esso  e 
continuaniente  illustrato  da  note  a  pie  di  pagina,  non  diffuse  a  parole, 
ma  dense  di  cose :  Tesegesi  della  dottrina  esposta,  le  allusioni  storiche, 
i]  pensiero  teologico  o  dommatico  espresso  dallo  scrittore,  le  discussioni 
oggi  correnti  tra  gli  eruditi  su  questo  o  quel  passo,  lo  stato  odierno  di 
una  qualche  disquisizione  particolare  o  storica  o  teologica.  Perche 
poi  il  lettore  si  trovi  facilmente  introdotto  nello  studio  dello  scritta 
che  gli  sta  innanzi,  si  premette  nei  Prolegomeni  quanto  occorre 
sapere  della  vita  e  degli  scritti  di  ciascun  Padre,  con  1'aggiunta  di 
una  ricca  bibliografia  delle  opere  principaU  che  lo  riguardano,  per 
chi  voglia  maggiormente  estendere  il  proprio  studio. 


1  Avevarno  gia  scritta  questa  rivista,  quando  ci  fu  comunicato  il 
seguente  Breve  del  Sommo  Pontefice  al  ch.  prof.  Vizzini,  tutto  in  lode 
dell'utilissima  impresa  ed  in  commendazione  dello  studio  de' SS.  Padri: 

Dilecto  ftlio  losepho  Vizzini  Sacerdoti,  Romam.  —  LEO  P.  P.  XIII. 
Dilecte  fill  Salutem  et  Apostolicam  Benedictionem.  —  Initurn  a  te  con- 
silium  edendae  Sanctorum  Patrum  Bibliothecae,  quemadmodum  efficis, 
iam  annus  est,  non  sine  laude  ac  fructu,  grate  quidem  novimus  et 
bene  precati  salutavimus.  Patrum  enim  Ecclesiae  praeclara  opera  qui 
dilig-enti  manu  ac  mente  versetur,  ille  multa  profecto  percipial  oportet 
i-t  ad  credendum  necessaria  et  ad  disputandum  utilia  et  ad  perlegen- 
<lum  iucunda.  li  namque  Patres  sunt  qui  vera  atque  incorrupta  catho- 
licae  doctrinae  capita,  perinde  quasi  in  purissimo  fonte,  custodiant  ser- 
ventque,  nee  si  certis  in  rebus  amplectendi  omnino  sunt,  minus  habent 
in  dubiis  emolument!;  id  quod  nativo  quodam,  ut  plurimum,  ac  plane 
«\io  dicendi  genere  commendatur,  doctisque  propterea  viris  delectationi 
mammae  est.  Eum  igitur  probe  de  religione  ac  litteris  merentem  existi- 
mamus  qui  ad  illustranda  Sanctorum  Patrum  scripta  ingenii  vires  ap- 
pellat,  nobilique  sane  proposito  ad  erudiendas  excolendasque  adole- 
scentium  mentes  incumbat.  Hac  decet  laude  alacritatem  tuam  indu- 
striamque  per  Nos  honestari,  idque  et  praeniii  loco  et  incitamenti  futurum 


BELLA   STAMPA  331 

La  raccolta  Yizzini  e  dunque  sostanzialmente  diversa  da  quella 
del  Kriiger,  che  e  piu  economica  senza  dubbio,  ma  che  contiene 
11  puro  testo  originale  senza  note,  essendo  destinata  alle  esercita- 
zioni  degli  student!  delle  facolta  teologiche  di  Germania  L.  Somi- 
.glia  in  parte  aH'utilissima  raccolta  degli  Opuscula  SS.  Patrum 
delPHurter,  ma  si  avvantaggia  per  la  sua  modernita,  per  la  scelta 
dei  testi,  e  per  la  rispondenza  allo  stato  odierno  della  scienza 
patristica.  Potrebbe  paragonarsi  alia  raccolta  inglese,  cominciata 
da  A.  J.  Mason  nel  1899  a  Cambridge,  e  rimasta,  per  quanto  sap- 
piamo,  al  solo  primo  volume,  uscito  in  quelFanno  2.  Ma  e  da  notare 
che  il  Mason,  sebbene  intenda  giovare  ad  una  cerchia  piu  ampia 
di  lettori,  offre  an  testo  riveduto  di  nuovo  e  criticamente  corretto, 
ci6  che  non  fa  il  Yizzini.  La  sua  6  dunque  opera  di  semplice  di- 
vulgaziene,  condotta  pero  con  buon  metodo  pratico  e  tale  da  poter 
yeramente  giovare  ai  giovani  studiosi  ed  in  genere  al  clero,  che  non 
pu6  dedicarsi  a  studii  piu  profondi.  Per  questo  motivo  fu  essa  accolta 
assai  favorevolmente  in  Italia  e  fuori,  come  si  vede  dal  giudizio  che  ne 
hanno  espresso  le  principali  Riviste  scientifiche,  e  noi  dobbiamo 
congratularci  col  giovane  professore  della  sua  impresa,  augurandole 
ogni  migliore  riuscita. 

I  volumi  pubblicati  nel  decorso  anno  1902  sono  sette,  non  otto  come 
s'era  promesso ;  ma  ripetiamo  il  gia  detto  in  altra  oecasione  3,  anche 
sette  sembrano  troppi,  specialmente  se  il  lavoro  rinaane  addossato 
ad  un  solo.  E  ben  vero  che  il  ch.  Professore,  se  spese  maggiore 
cura  nel  corredare  di  piu  ampie  note  i  tre  volumi  dei  Patres  Apo- 
-stolici,  usando  del  ricco  sussidio  che  in  questo  gli  offrirono  i 

spes  est.  Auspicem  divinorum  munerum  Nostraeque  benevolentiae  te- 
stem  Apostolicam  tibi  Benedictionem  peramanter  in  Domino  imperti- 
mur.  —  Datum  Romae  apud  S.  Petrum  die  XV  ianuarii  anno  MCMIII, 
Pontiflcatus  Nostri  vicesimo  quinto.  —  LEO  P.  P.  XIII. 

1  Sammlung  etc.  gia  citata  piu  sopra  p.  327  in  nota.  II  merito  particolare 
di  questa  collezione  e  il  carattere  critico  delle  edizioni  die  contiene,  e  quindi 
la  bonta  e  correttezza  dei  testi.  Tra  i  migliori  notiamo  le  Apologie  di  Giu- 
stino  ed  il  libro  de  catechizandis  rudibus  di  S.  Agostino,  ed.  KRUGER  ; 
de  Poenitentia,  de  Pudicitia,  de   Praescriptione   haereticorum  di  Tertul- 
liano,  ed.  PREUSCHEN  ;  il  de  viris  illustribus  di  S.  Gerolamo  e  di  Gennadio, 
ed.  BERNOULLI  ;  il  Commonitorium  di  Vincenzo  di  Lerino,  ed.  JULICHER. 
Ultimamente  si  e  cominciata  una  nuova  serie  coi  Patres  Apostolici  del 
PUNK,  gia  ricordati. 

2  A.  J.  MASON,  The  Five  Theological   Orations  of  Gregory   of  Na- 
zianzus  (Cambridge  Patristic  Texts  ed.  by  ARTHUR  JAMES  MASON  D.  D. 
and  Lady  Margaret's  Reader  in  Divinity).  Cambridge,  Univ.  Press,  1899. 

3  Cfr.  Civ.  Catt.  XVII,  4  (1901)  p.  595. 


332  RIVISTA 

molti  lavori  gia  pubblicati  da  altri,  ando  poi  alquanto  piu  lesto  nei 
quattro  degli  Scriptores  Latini  antenicaeni.  E  fece  bene,  purch& 
scans!  il  pericolo  di  correre  troppo  con  danno  della  pubblicazione.. 
Le  note  infatti  e  le  illustrazioni  a  quest!  ultimi  libri  peccano 
di  sobrieta  soverchia.  Oosl  pure  1'  occasione  si  sarebbe  qua  e  cola 
offerta  di  toccare  piu  d'una  questione  di  non  leggera  importanza 
e  nel  momento  presente  agitata  dagli  eruditi.  Ad  esempio  i  capi 
IV-YI  dsll' Apologeticum  di  Tertulliano  porgevano  il  destro  di  ri- 
cordare  la  controversia  sul  titolo  giuridico  delle  persecuzioni  eon- 
tro  i  cristiani  e  quindi  sulle  due  sentenze,  1'una  della  coercitio^ 
messa  fuori  dal  Mommsen,  e  1'altra  di  una  legge  prirnitiva  sotta 
Nerone,  difesa  dal  Callewaert,  precipuamente  con  Tautorita  dei  ci- 
tati  capi  delY  Apologeticum  l.  Cosi  al  passo  di  Tertulliano  (Apolog* 
XXXIX,  p.  211),  dove  descrivesi  la  cena  dei  cristiani,  sarebbe  torse 
stato  opportuno  ricordare  la  questione  odierna,  sequivitrattisieziandio 
della  cena  comune  od  agape  fraterna  o  veramente  della  sola  cena 
eucaristica,  come  ora  vuole  il  Batiffol 2.  Aproposito  dei  titoli,  coi  quali 
Tertulliano  gia  montanista  designa  ironicamente  il  Papa  Callisto :  Pon- 
tifex  Maximus,  Episcopus  Episcoporum  (de  Pudicitia,  cap.  I),  vi 
ha  una  nota  erudita,  dove  se  ne  avverte  1'iraportanza  pro  dignitate  et 
auctoritate  Romani  Pontificis.  Ma  il  ch.  Professore  lascia  passare  inos- 
servato  1'altro  passo  del  medesimo  libro  (cap.  XXI,  p.  224),  piu  irn- 
portante  ancora  per  la  dottrina  del  Primato,  in  cui  Tertulliano  accusa 
Callisto  di  presunzione,  per  aver  ardito  di  derivare  alia  sua  persona 
e  conseguentemente  alia  Chiesa  universale  die  sta  in  comunione  con 
lui  il  poter  delle  Chiavi,  dato  da  Cristo  al  solo  Pietro.  Da  questa 
accusa  si  deduce  chiaramente,  che  dunque  la  dottrina  del  Primato  era 
stata  expressis  verbis  afferraata  nel  decreto  di  Callisto,  ora  perduto. 
Sarebbe  poi  stato  necessario  dimostrare  1'errore  in  cui  cadde  qui 
Tertulliano,  contrariamente  alia  dottrina  cattolica  altra  volta  da  lui 
professata;  e  cid  perche  i  protestanti  si  abusano  di  questo  passo, 
per  ripetere  la  medesima  affermazione  del  poter  delle  Chiavi  data 


1  C.  CALLEWAERT,  Les  premiers  chre'tiens  furent  Us  pres&utes  par 
edits  gemraux  ou par  mesures  de  police?  in  Rev.  d'histoire  eccL  190]  n.4$ 

1902,  n.  1,  2,  3. 

*  P.  BATIFFOL,  Etudes  d'histoire  et  de  theologie  positive  (Paris,  1902),. 
p.  291  ss.  KEATING,  The  Agape  and  the  Eucharist  (London,  1901),  Cfr. 
F.  E.  BP.IGHTMAN  Liturgica  in  Journ.  of  theol.  Stud.  1902,  ott.  p.  142,. 
ed  il  lavoro  piu  rccente  di  F.  S.  FUNK  L'Agape  in  Rev  d'hist.  eccles. 

1903,  n.  1  del  15  genn.  p.  5-23,  che  si  dichiara  contrario  alia  sentenza 
del  Batiffol. 


DELLA   STAMPA  333 

al  solo  Pietro  i.  Anche  le  indicazioni  bibliografiche,  sebbene  ample 
e  ricche,  si  potevano  compiere  con  qualche  piu  recente  pubblica- 
zione;  ad  esempio  per  Minucio  Felice  si  poteva  forse  accogliere  la 
bella  ed  istruttiva  Bibliografia  ragionata  del  Walzing  2,  ma  non  si 
doveva  ad  ogiii  modo  tralasciare  per  Tertulliano  il  primo  volume  della 
storia  letteraria  dell' Africa  cristiana  del  Monceaux,  consecrate  per 
intero  a  quello  scrittore  3. 

Lo  scopo  utilissirno  della  Bibliotheca  Pat  rum  di  divulgare  fra 
il  clero  gli  studii  patristici  sembra  esigere  questa  cura  particolare 
di  tenere  informato  il  lettore  di  tutte  le  question!  piu  important! 
che  si  vanno  agitando  intorno  lo  scritto  di  questo  o  quel  Padre. 
E  facciamo  tanto  piu  liberamente  questa  critica,  perche  il  prof.  Yiz- 
zini  offre  gia  del  buono  in  questo  senso  e  facilmente  potrebbe  am- 
pliarlo,  ed  anche  perche  egli  ha  un'abilita  sua  propria  di  riassumere 
brevemente  e  chiaramente  i  risultati  delle  investigazioni  dei  dotti 
e  le  sue  proprie  tesi.  Si  veggano,  per  citare  alcuna  cosa,  tutti  i 
Prolegomeni,  specialmente  quelli  ai  Padri  Apostolici;  le  due  dis- 
sertazioni  sulla  dottrina  teologica  intorno  1'  Eucaristia,  contenuta 
nella  Didaclie  (I,  vol.  1,  p.  58-65)  e  sul  senso  da  dare  a  quel- 
1'affermazione  di  Tertulliano:  hoc  est  Corpus  meum...  id  est  figura 
corporis  mei  (Adv.  Marc.  Ill,  vol.  4,  p.  391-395);  come  pure  le 
note  sui  varii  Marhjria  di  S.  Ignazio  (I,  vol.  II,  p.  7-10),  sulla 
pioggia  ottenuta  dalla  legion  fulminata  (III,  vol.  I,  p.  141-143), 
sul  censo  di  Augusto  e  sulFapparente  contraddizione  tra  le  affer- 
mazioni  di  S.  Luca  e  di  Tertulliano  (III,  vol.  IY,  p.  289),  sul  di- 
vorzio  per  ragione  di  adulterio,  che  sembra  amrnettersi  da  Tertul- 
liano (ib.  p.  357)  ed  altre  parecchie. 

L'esecuzione  tipografica  e  quale  poteva  attendersi  dalle  rinomate 
officine  del  Porzani  di  Eoma;  elegante  e  nitida  la  stampa,  ottima 
la  carta,  assai  coiiLodo  il  sesto.  L'edizione  e  corretta,  sebbene  lasci 
alcuna  cosa  a  desiderare  nei  testi  greci. 


1  Su  tutto  questo  argomento  e  ora  da  consultare  il  bellissimo  studio 
del  prof.  GERHARD  ESSER,  Tertullian  «  de  Pudicitia  cap.  21 »  und  der  Pri- 
mat  des  romischen  Bischofs  in  Katholik  di  Magonza,  1902,  sett.  p.  193-220. 

8  J.  P.  WALZING,  Bibliographic  raisonnee  de  Minucius  Felix  in  Musee 
beige,  1902,  p  2-3. 

•  P.  MONCEAUX,  Histoire  litttraire  de  I' Afrique  chretienne  depuis 
les  origines  jtisqu'a  I' invasion  arabe.  Tome  I.  Tertullien  et  les  origines 
(Paris,  Leroux,  1901). 


334  RIVISTA 

4.  Coi  tipi  del  medesimo  Forzani  ed  in  edizione  egualmente 
nitida  ed  accurata  e  uscita  la  priina  parte  della  Patrologia  del 
prof.  0.  Bardenhewer,  tradotta  in  ottima  lingua  italiana  dal  prof.  An- 
gelo  Mercati  di  Eeggio  Emilia  e  pubblicata  dalla  benemerita  Casa 
editrice  Descl6e,  Lefebvre  e  C.  di  Koina  i.  Dell'opera  stessa,  eccel- 
lente  sotto  ogni  riguardo,  non  ripeteremo  quanto  piu  volte  abbiamo 
avuto  occasione  di  dire  a  proposito  del  testo  originate,  e  bastera 
qui  un  cenno  della  presente  versione  e  dei  raolti  pregi  che  offre 
agli  studiosi  del  nostro  clero. 

Fa  ottiino  divisamento  dividere  in  tre  volumetti,  piu  alia  mano 
dell'unico  grosso  volume  del  testo  tedesco ;  rnolto  piu  che  le  tre  parti 
della  Patrologia  vi  si  prestavano  benissimo.  Questa  prima,  oltre 
)'  Introduzione,  ci  offre  la  prima  epoca  della  letteratura  patristica, 
dalla  fine  del  primo  secolo,  fino  agli  inizii  del  quarto.  Siccome  per6 
il  volume  non  si  pud  avere  separate  dagli  altri  due,  e  questi  usci- 
ranno  verso  Pasqua,  come  1'editore  promette,  cosi  gli  indici,  tanto 
necessarii  in  simili  opere  di  studio  e  di  consultazione,  si  avranno 
alia  fine  del  volume  terzo.  La  traduzione,  come  segue  esattamente 
il  testo  in  tutte  le  sue  particolari  suddivisioni,  cosi  rnantiene  la  dif- 
ferenza  dei  caratteri  tipografici,  che  sono  alquanto  minori  per  le 
indicazioni  della  letteratura  corrispondente  al  soggetto  onde  si  tratta. 

In  queste  note  bibliografiche  il  ch.  traduttore  ebbe  campo  di 
fare  delle  aggiunte  molto  important!,  citando  le  opere  principali 
uscite  in  luce  negli  anni  1901  e  1902,  e  dando  quindi  al  lavoro 
il  pregio  di  rispondere  con  maggior  perfezione  allo  stato  odierno  degli 
studii  patristici.  Non  sarebbe  difficile,  notare  qua  e  cola  alcune  omis- 
sioni  ;  ma  siccome  il  Bardenhewer  fu  molto  sobrio  nella  bibliogra- 
fia  della  sua  seconda  edizione  originale,  cosi  forse  si  attenne  al 
medesimo  criterio  anche  il  traduttore.  Per  altro  verso  la  Patrolo- 
gia non  deve  ridursi  ad  un  Eepertorlo  bibliografico,  e  quanto  e  ve- 
ramente  o  necessario  od  utile  a  sapere,  fu  sempre  accolto  e  notato 
dal  ch.  Mercati,  ed  alcune  opere  sfuggitegli  durante  la  traduzione 
ed  i  lavori  piu  importanti  publicati  durante  la  stampa  del  libro, 
furono  poscia  aggiunti  in  principio  del  presente  volume  (p.XII-XIII). 


'  Dr.  0.  BARDENHEWER,  prof,  di  Teologia  all'Universita  di  Monaco. 
Patrologia.  Versione  italiana  sulla  seconda  edizione  tedesca  con  ag- 
giunte bibliografiche  per  il  sac.  Dr.  ANGELO  MERCATI.  Vol.  I.  Dalla  fine 
del  I  alVinizio  del  IV  secolo.  Roma,  Desclee,  Lefebvre  e  C.  editori,  Via 
S.  Chiara,  20-21,  1903,  in-8°  di  p.  XTII-288.  L'opera  completa  in  tre 
vohimi,  Lire  15.  Per  i  sottoscrittori  L.  12. 


BELLA   STAMPA  335 

Se  qualche  legittimo  desideratum  ancora  rimanga,  si  potra  como- 
damente  supplire  nelle  appendici  del  volumi  seguenti. 

In  queste  indicazioni  di  nuovi  libri  il  Mercati,  per  solito,  non  tra- 
lascia  di  avvertire  brevemente  il  lettore  delle  sentenze  quivi  espresse, 
allorche  illustrano  o  modificano  quelle  del  Bardenhewer  contenute  nel 
testo.  Che  qui  pure  si  incontri  qualche  omissione  non  deve  recare 
meraviglia  in  tanta  abbondanza  di  note  e.di  citazioni.  Per  esempio, 
sarebbe  stato  bene  avvertire,  a  proposito  del  lavoro  del  benedet- 
tino  J.  Chapman  sulla  data  delle  Pseudoclementine  (p.  XIII),  che 
quegli  apocrifi  devono  ormai  riporsi  nel  IT  secolo,  come  riconobbe 
recentemente  anche  il  prof.  Harnack  1,  mettendosi  fine  una  buona 
volta  alle  incertezze,  nelle  quali  lo  stesso  Bradenhewer  lascia  il 
lettore. 

II  testo  italiano,  oltreche  fedelissimo,  corre  cosi  spigliato,  che 
non  si  direbbe  per  nulla  una  traduzione,  ma  un  lavoro  originale  : 
pregio  questo  non  tanto  facile  a  trovarsi  in  altre  simili  traduzioni. 
Ma  il  Mercati,  come  e  dotto  scienziato,  cosi  e  bravo  scrittore,  ed 
al  libro  del  Bardenhewer  non  poteva  toccare  miglior  fortuna  di 
quella  di  giungere  in  rnani  si  buone  e  perite.  Resta  che  il  clero 
italiano  accolga  favorevolmente  la  bellissima  opera,  e  soprattutto  i  pro- 
fessori  di  teologia  la  facciano  conoscere  e  la  raccomandino  allo  stu- 
dio dei  giovani  chierici.  Solo  col  rnetter  loro  in  mano  libri  e  testi 
di  tal  fatta,  si  riuscira  a  dare  vero  e  sodo  incremento  ai  nostri 
studii  ecclesiastici,  ed  a  svegliare  i  begli  ingegni  latenti,  perche  a 
suo  tempo  corrano  essi  stessi  1'arringo  dei  medesimi  studii  e  non 
ne  lascino  ai  dotti  stranieri  la  quasi  esclusiva  preminenza. 


1   Theol.  Literaturzeitung,  1903,  n.  21,  570. 


BIBLIOGRAFIA  ' 


BATTAGLIA  ELISEO.  —  Aurora  Divina.  Con  prefazione  di  T.  NE- 
DIANI.  Firenze,  lib.  ed.  fiorentina,  1903,  16°,  XII-200  p. 


E  proprio  il  caso  di  dire:  Uno 
avulso  non  deficit  alter.  I  libH  del 
giovine  autore,  ormai  fattosi  chiaro 
nella  repubblica  letteraria,  si  suc- 
cedono  gli  uni  agli  altri  con  una 
mirabile  rapidita.  N6  e  da  dire  che 
la  lestezza  del  comporre  noccia  alia 
prestanza  dell'opera;  quindi  (non  per 
fare  un  confronto,  che  sarebbe  ridi- 
colo,  ma  per  dire  una  nostra  impres- 
sione  meramente  istintiva)  ci  ecor- 
so  involontariamente  il  pensiero  a 
Raffaello.  Ma  se  rapido  e  1'autore  in 
comporre,  non  meno  rapidi  sono  i 
lettori  a  divorare  i  suoi  libri:  di 
questo,  per  esempio,  sappiamo  che, 
quindici  giorni  dopo  uscito  alia  luce, 
era  gia  spacciato  mezzo  migliaio  di 
copie.  Quanto  all'indole  ed  al  valore 
di  esso  ci  rimettiamo  alia  bella  pre- 
fazione che  vi  ha  messo  in  fronto  il 


quesVAurora  divina  non  tardi  molto 
a  succedere  il  Sole,  vale  a  dire  alia 
giovinezza  occulta  di  Gesu  la  sua 
vita  pubblica.  E  il  nuovo  libro  ci 
dica  (ripetero  le  parole  del  sullodato 
Nediani)  «  che  Gesu  non  6  solo  il 
Magister  dulcis,  dalla  chioma  d'oro 
diffusa  sulle  spalle  e  dagli  occhi 
glauchi,  quale  teste  lo  ha  dipinto 
Pietro  Nahor,  ma  che  e  Iddio  vero 
e  vero  uomo,  che  ha  di  Dio  Ponni- 
potenza  e  dell'uomo  tutta  la  bonta, 
e  che  il  suo  regno  e  di  giustizia,  di 
bonta,  d'amore  »  (pag.  XI).  Ci  piace 
di  Gesu  anche  1'aspetto  umano,  ma 
non  alia  Renan,  alia  Tolstoj,  ail'Har- 
nack,  i  quali  col  fumo  dell'  incenso 
che  bruciano  all'uomo  la  divinita  ne 
nascondono:  noi  vogliamo  veder  sem- 
pre  risplendere  nella  doppia  sua  luce 
ineffabile  1'Uomo-Dio. 


Nediani:   paghi  ad  augurarci  che  a 

CAPLET  D.  ANSELME  M.,  doyen  du  Mont-Cassin,  prof,  au  College 

de  S.  Auselme.  —  Nouvelles  poesies  «  Ritagli  di  tempo  » .  Rome, 

Artigianelli,  1902,  8°,  72  p.  —  Fr.  1.25. 

Bene   impiegati   quest!   ritagli  di        °  France  bien  aimeeloma  douce  patrie! 

tempo.  Abbiamo  qui  buone  poesie, 
per  ordinario  semplici,  candide,  spesso 
anche  domestiche  e  familiari.  Qual- 
che  volta  per6  la  musa  s'innalza,  e 
manda  suoni  che  svegliano  potente- 
mente  gli  spiriti,  come  nella  seguente 
ottava,  che  caviamo  dalla  poesia  in- 
titolata  All' Abate  A.  Pothier : 


Honte,  humiliation  nous  eutnes  a  Sedan; 
Mais  en  ces  jours  tu  dors,  et  ta  tnste  incurie 
De  1'univers  entier  semble  te  mettre  au  ban! 
O France!  en  ce  moment  ta  soffres  d'anevris- 

[me; 

Unls-toi,  leve  toi,  soumlse  aux  justes  lols, 
Resfsteaquivoudrait  te  jeterdansleschisme; 
Fais  que  tous  tes  elus  soient  dlgnes  de  ton 

[choix ! 


1  liota.  I  libpi  e  gli  opuseoli,  annnnziati  nella  Biblioffrafia  (o  nelle  Riviste 
<!011a  Stampa)  della  «  Clvllta  Cattolica »,  non  pad  I'Ammlnistrazione  assnmere  In  nessnna 
maniera  1'inoarleo  di  provvederli,  salvo  che  1  detti  libri  non  sieno  indicati  come  vendibili 
vresso  la  sfessa  Amministrazione.  C16  vale  anche  per  gli  annanzi  delle  opere  pervenate  alia 
Direzione  e  di  qnelle  indicate  sulla  Coper tina.  del  periodico. 

L'AMMINISTRAZIONK. 


BIBLIOGRAFIA 


337 


CAP  PELL  AZZI  ANDREA,   sac.  —  Filosofia  sociale.   Brevi  lezioni. 
Siena,  S.  Bernardino,  1902,  16°,  VI-224  p.  —  L.  2. 

sociologia  positivista,  che  pretende 
invadere  il  mondo  civile  e  cristiano 
colle  sue  assurdita  e  colle  sue  utopie. 
Ma  non  e  lavoro  adatto  ad  ogni  sorta 
di  lettori,  perche,  in  genere,  piu  tosto 
astruso  e  condotto  con  uno  stile  e 
una  forma  di  linguaggio,  che  impe- 
discono  1'agevole  intelligenza  del 
concetti  e  delle  teorie  esposte  nelle 
sue  pagine. 

CORRESPONDANGE  DE  MONSEIGNEUR  GAY  eve^ue  d'Anthe- 
don,  auxiliaire  de  S.  E.  le  card.  PIE.  Lettres  de  Direction  spiri- 
tuelle.  Pre  serie.  Paris,  Oudin,  1902,  8°,  XII-448  p.  —  Fr.  6. 
Le  lettere  di  questo  volume  sono      po'impedita  nell'opera  della  sua  san- 

tiflcazione  da  una  certa  mollezza.  La 
terza  avrebbe  voluto  farsi  religiosa, 
ma  ne  fu  distolta  dalla  delicatezza 
della  sua  salute.  Quelli  che  conoscono 
gia  i  libri  di  Monsignor  Gay,  trove- 
ranno  in  queste  lettere  il  suo  spirito 
giusto,  delicato  e  soave,  e  ne  saranno 


Con  questa  serie  di  lezioni,  rac- 
tsolte  nel  presente  volume,  dedicato 
al  S.  P.  Leone  XIII  in  omaggio  pel 
BUO  giubileo  pontiflcale,  il  ch.  Au- 
tore  non  si  e  proposto  di  fare  uno 
studio  di  tutte  le  parti  di  quella  che 
puo  chiamarsi  scienza  sociale,  ma 
unicamente  della  sua  metafisica.  II 
lavoro  e  ponderoso,  benche  di  tenue 
mole,  ed  ordinato  a  sconfiggere  la 


Indirizzate  a  tre  persone,  morte  gia 
da  buon  tempo,  e  ben  diverse  tra 
loro,  La  prima  e  una  convertita,  la 
quale  pero  anche  nei  giorni  de'  suoi 
disordini  aveva  saputo  conservare 
una  certa  elevatezza  d'anima.  La  se- 
conda  e  una  donna  del  mondo  piena 
di  buona  volontk  e  di  slancio,  ma  un 
COSTANTINI  VITTORIO  M.  —  Sopra  Tamore  di  Dio  verso  degli 
uomini  Considerazione.  Roma,  Desclee,  1903,  8°  di  pp.  40. 


altamente  edificati. 


Non  e  questa  una  delle  solite 
meditazioni  ascetiche,  e  uno  studio 
teologico  degno  di  molta  pondera- 
zione.  Posta  la  definizione  di  Dio 
«  colui  che  e  »,  il  ch.  Autore  ne  de- 
duce che  duuque  e  un  bene  infinite, 
one  e  unico,  che  e  semplice,  e  im- 
inutabile,  e  immenso,  e  onnisciente, 
buono,  giusto,  potente,  in  una  pa- 
rola  ha  tutte  le  perfezioni.  Poi  ana- 
lizzando  la  volonta  di  Dio,  trova  in 
€880  1'amore,  anzi  troya  che  Dio  e  per 
€ssenza  amore,  e  opere  estrinseche 


gli  uomini,  e  qui  molte  cose  sapien- 
temente  discorre  del  fine  dell'uomo. 
Di  11  si  fa  strada  ad  esporre  la  sto- 
ria  delle  opere  mirabili  dell'  amore 
di  Dio  verso  gli  uomini,  e  le  accom- 
pagna  con  riflessioni  gravi,  profonde 
spesso  inaspettate,  cosl  che  anche 
le  cose  note  prendono  una  cotal  aria 
di  novita.  Insomma  e  questo  un  la- 
voro dotto  insieme  e  pio,  ma  non 
pu6  essere  ben  gustato  se  non  da 
persona  avvezza  a  speculare  sulla 
divinita. 


di  questo  amore  furono  gli  angeli  e 

CRISCUOLO  RAFFAELE,   sac.    —  II  peccatore  pentito  ai   piedi   di 
Maria  SS.   Castellammare  di  Stabia,  Yollono,    1902,  16°,  192  pp. 
—  L.  1,25.  Rivolgersi  all5 Autore  in   Castellammare  di  Stabia. 
La  ragione    del   titolo  e  questa,      1'autore  ha  preferito   quelli,  che  da 

che    nella    scelta    degli    argomenti      un  lato  sono  a  gloria  della  SS.  Ver- 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1263.         22  30  gennaio  1903. 


338 


BIBLIOGRAFIA 


gine,  dall'altro  sono  piu  acconci  a 
tirare  le  anime  peccatrici  alia  sua 
divozione,  e  cosl  metterle  sulla  via 
della  salute.  Siccome  poi  questa  ope- 
retta e  come  un'appendice  dell'altra, 
da  noi  annunziata  a  suo  tempo,  col 
titolo:  Soliloquio  diun'a  nima  penitente 


dinanzi  a  Gesu  sacramentato,  cosl  e- 
condotta  col  medesimo  metodo.  In 
questa  pero  ad  ogni  capitolo  si  legge- 
un'esempio,  tolto  dalle  Glorie  di  Ma- 
ria di  S.  Alfonso  Liguori.  Le  due  o- 
perette  sorelle  sono  ambedue  molto- 
divote. 


DELFOUR  L.  —  La  religion    des  contemporains.  Essais  de    critique 
catholique.  Paris,  societe  franQaises  d'imprimerie   et   de   librerier 
Rue  de  Cluny,  15,  1903;  16°  di  pp.  YI-344.  Fr.  3,50. 
La  straordinaria  floritura  di  ope- 

re  letterarie,  onde    ai  nostri    giorni 

la  Francia  e  ripiena,  e   quasi   tutta 

o  scellerata  o  sozza.   Scellerata,  per 

il  rovesciamento  delle    stesse   con- 

cezioni  delle  cose,  per  cui  i  nomi  di 

patria,  di  esercito,  di  scuola,  di  re- 

ligione,   di    morale,   hanno   perduto 

non  solamente  1'antica  influenza,  ma 

la  stessa  significazione  antica.  Sozza, 

per  1'esposizione  e  la  narrazione  mi- 

nuta  di    nefandezze    innominabili.  I 

capi  di  cotesta  letteratura  erano  Er- 
nesto Renan  ed  Emilio  Zola,  con  la 

figliazione    di    scolari  e  di  ammira- 

tori,    che    sono    innumerevoli.  —  A 

contraetare  il  campo  a  cotesti  gua- 

statori  della   nazione    che  fu  catto- 

lica,   sono    entrati  a  militare  nella 

parte  contraria  uomini  veramente  se- 

gnalati    per   istudio,    per    ingegno, 

per  coraggio,  e  per  amore   a  quelle 

tradizioni  avite   che    formarono    la 

gloria  e  la  grandezza  della  Francia. 

Questi  portano  il  nome  di  Brunetiere, 


Lemaltre,  Copp6e,  Bourget...  i  quali 
tutti  sono  scrittori  dalle  idee  buone, 
o  rabbonite,  o  almeno  non  guasta- 
trici. 

II  ch.  Delfour  ci  presenta  in  que- 
ste  pagine  le  figure  e  le  opere  di 
questi  uomini,  che  ora  in  Francia 
nell'arte  letteraria  tengono  il  campo. 
II  Delfour  e  scrittore  competente; 
esso  appartiene  alia  scuola  di  Luigi 
Veuillot,  nel  cui  celebre  giornale  va 
scrivendo  di  cose  letterarie.  Egli  e 
quindi  scrittore  militante;  e  non  ap- 
partiene alia  schiera  estrema  di  quei 
sacerdoti,  i  quali  concorrono  per  la 
parte  loro  a  danneggiare  gli  studii 
religiosi,  col  colorire  la  loro  penna 
di  tinte  liberali,  americaneggianti,  o 
per  lo  meno  ardite  e  nuove.  Chi  dun- 
que  voglia  conoscere  per  bene  que- 
gli  uomini  e  quelle  letterature,  tro- 
vera  in  queste  pubblicazioni  del  Del- 
four  nozioni  gimste,  esposte  con  me- 
todo facile,  grazioso,  e  ortodosso. 


DEL  PASO  Y  TRONCOSO.  —  Adoration  de  los  reyes,  auto  en  lengua 
mexicana.  (Anonimo).  Traducido  al  Espanol  por  FRANCISCO  DEL. 
PASO  Y  TRONCOSO,  director  del  Museo  National  de  Mexico. 

—  Comedia  de  los  reyes  escrita  en  mexicano  a  principios   del  siglo 
XYII  (por  AGTJSTIN   DE   LA  FUENTE).  La    t  radii  jo  al  Castellano  F. 
DEL  PASO  Y  TRONCOSO.  Florencia,  Landi,  1900-902,  in  8.° 
Intorno  ai  pregi  di  questi  lavori  del  ch.  Traduttore  fu  detto  nel  vol.  X 

della  Serie  XVII  della  Civ.  Catt.  a  pag.  78. 

DI  PIETRO  SALYATORE,   sac.   dott.  —  L'Assunzione   di  Maria  in 


BIBLIOGRAFIA 


339 


Cielo  secondo  la  storia  e  la  tradizione.  Pensieri   ed  osservazioni. 
S.  B&nigno  Canavese,  Salesiana,  1902,  16°,  204  p.  —  L.  2. 


E  comune  nei  cattolici  la  pia  cre- 
denza,  che  3 a  ss.  Vergine  sia  stata 
assunta  in  cielo  anche  corporalmente; 
e  in  molti  e  altresl  un  vivo  desiderio 
che  questo  articolo  sia  dichiarato  di 
fede.  A  fomentare  questa  credenza 
e  ad  affrettare  1'appagamento  di  que- 
sto desiderio  e  rivolta  la  presente 
operetta,  nella  quale  e  molto  bene 
-dimostrato  cbe  questo  mistero  ha  due 
fondamenti :  la  tradizione  e  la  con- 
gruenza  teologica.  «  Se  tacciono  i 
Padri  su  questo  mistero  prima  del  Con- 
cilio  di  Efeso,  ci6  si  e  per  la  prudenza 
dell'arcano.  Se  ne  parlano  pei  primi 
gli  apocrifl,  la  critica  storica  ha  sce- 


verato  il  vero  dal  falso.  La  procla- 
mano  i  Padri  tosto  dopo  il  Concilio 
Efesino:  la  si  adotta  nelle  liturgie; 
se  ne  impossessa  la  discussione  teo- 
logica. Le  obiezioni  e  le  diificolta 
opposte,  invece  di  offuscare  i  di- 
vini  splendori,  li  resero  piu  fulgidi » 
(p.  187).  Cio  che  qui  dice  compen- 
diosamente  il  ch.  Autore,  nel  corso 
dell 'opera  si  mette  a  provare  di  mano 
in  mano;  e  pero  confidiamo  ch'egli 
abbia  per  parte  sua  contribuito  al 
fine  propostosi.  Ma  su  questa  grave 
questione  attenderemo  docilmente  i 
responsi  della  Santa  Sede,  la  quale 
gia  sappiamo  che  se  nestaoccupando. 


DUFRESNE  D.   pr6tre   de   Saint-Sulpice.  —  Les   eryptes   vaticanes. 
Paris,  Desclee,  1902,  8°,  128  p.  —  L.  2,25. 


II  secondo  congresso  d'archeolo- 
giatenutosi  in  Roma  nel  1900  espresse 
il  voto  che  le  cure  degli  studiosi 
fossero  rivolte  a  svelare  e  illustrare 
i  tesori  nascosti  nelle  cripte  vaticane. 
Ebbene,  questo  inventario  ora  com- 
pilato  dal  P.  Dufresne  potra  servire 
di  guida  esatta  ed  efficace  a  tutti 
coloro  che  vorranno  applicarsi  a  nuo- 
ve  e  feconde  ricerche  storiche  e  ar- 


indispensabile  ai  visitatori  dellc  cri- 
pte, che  in  questo  volume  trove- 
ranno  raccolte  quelle  notizie  che  cer- 
cherebbero  indarno  in  molte  Guide. 
De  Rossi  per  1'epigrafia,  Duch^sne  e 
Pastor  per  la  storia,  Marucchi  e  Gri- 
ear  per  1'archeologia  sono  le  fonti 
principal!  donde  TAutore  ha  attinto 
le  notizie ;  e  queste  sono  autorita  che 
ben  danno  affidamento. 


<jheologiche ;  e  al  tempo  stesso  sara 

FERRARI  GIUSEPPE,  can.  —  Una  condanna  ben  meritata.  Risposta 
al  «  Presbyter  Lucensis  ».  Lucca,  Baroni,  1902,  8°,  94  p. 
Che  si  che   questo  presbitero  e      chio.  E  noi  ci  rallegriaino  di  cuore 

col  bravo  signer  Canonico  Ferrari, 
il  quale  in  questo  libretto  ha  spie- 
gato  un  vigor  di  dialettica  e  una 
scienza  di  diritto  canonico  cosl  giusta 
e  copiosa,  che  lo  mostran  capace  di 
misurarsi  con  avversarii  di  ben  altro 


stato  proprio  conciato  per  le  feste. 
II  suo  opuscolo,  intitolato  L'  Antichita 
de'  Sacri  Pastori,  prima  si  e  beccato 
una  condanna  dalla  S.  Congregazione 
dell'lndice  con  Decreto  del  19  ago- 
sto  ultimo  scorso;  poi  1'infelice  au- 
tore  ha  dovuto  succhiarsi  una  terri- 
bile  requisitoria  li  stesso,  sul  luogo 
del  delitto,  dove  un  altro  Lucchese, 
ma  senza  tanta  maschera,  bensl  col 
suo  bravo  nome  e  cognome  e  titolo, 
gli  ha  dato  il  fatto  suo  fino  al  finoc- 


polso  che  non  sia  quello  del  meschino 
presbitero  lucchese.  Costui  fa  molto 
ben  coneigliato  a  celarsi  sotto  il  velo 
dell'anonimo :  questo  gli  servira,  se 
non  altro,  a  nascondere  la  sua  ver- 
gogna. 


340 


BIBLIOGRAFIA 


GIULIO  (P.)  DA  CARPINETO,  0.  F.  M.  —  Frate  e  Soldato.  Let, 
tere  d'un  giovane  Frate  ad  un  ufficiale  de'  Bersaglieri.  Oenova* 
tip.  della  GKoventu,  1902,  16°,  116  p.  --  L.  1.  Si  vende  a  bene- 
ficio  del  Santuario  di  N.  S.  del  Monte  presso  Geneva. 


Che  calda  vena  d'affetto  in  que- 
sto  giovine  Religiose !  Che  facilita 
nell'esprimersi  e  trovare  le  vie  del 
cuore !  Se  questo  e  il  primo  sao  la- 
voro,  deh  !  sia  il  primo  anello  d'una 
catena  ben  lunga,  ch&  egli  e  nato 
per  iBcrivere  e  far  molto  bene,  alia 
giovefctu  specialmente.  Ma  giacche 
nella  prefazione  modestamente  dice : 

GRAZIOL1  ENRICO,  Mons.  Arciv, 
siana,  1903,  16°  di  pp.  392. 
II  fecondo  Arcivescovo,  piu  volte 
da  noi  encomiato,  ci  si  presenta  ora 
innanzi  con  un  regalo  poco  ghiotto 
in  apparenza,  ma  molto  salubre.  Sa- 
tana  non  6  di  certo  un  nome  leg-  - 
giadro,  e  molto  meno  leggiadra  e  la 
cosa  ebe  rappresenta.  Ma  il  ch.  Au- 
tore  riflette  che  oggi  Satana,  messe 
giu  le  corna  e  la  coda,  si  trova  in 
auge,  portatovi  dalle  sette,  dalla  in- 
credulita  e  dal  sensualismo,  che  in- 
dussero  gl'incauti  ad  abbandonare 
le  vie  strette  ma  sante  del  Signore, 
per  seguire  le  larghe  ma  torte  e  ro- 
vinose  di  Satana ;  il  quale  a  premiarli 
di  tanta  devozione  si  degna  anche 
intervenire  piu  o  meno  apertamente 
ioro  logge  massoniche  e  nelle 


«  Mi  terrei  fortunate  se  qualche  let- 
tore  volesse  avere  la  bonta  di  av- 
vertirmi....  »  (p.  8),  lo  chiameremo  a 
riflettere  sull'epigrafe  che  si  legge 
in  fronte  al  libro.  Non  gli  par  egli 
che  1'armonia  ne  venga  un  po'sna- 
turata  da  quei  quattro  endecasillabi  1 
L'epigrafe  non  ama  il  verso. 

—    Satana,  Roma,    tipogr.  Sale- 

adunanze  spiritiche.  Opera  egregia 
ha  fatto  dunque  il  venerando  Pre- 
lato  nel  togliere  e  srnascherar  queata 
mostro,  perseguitandolo  ovunque  a 
s'annidi  o  pompeg-gi.  E  qui  ci  piace 
far  nostre  le  parole  dell' Emo  Car- 
dinale  Vives-Tuto:  «  Conoscere,  te-> 
mere,  fuggire  e  sventare  le  nefande 
arti  del  Nevnico ;  avere  in  abbominio 
gli  atti  e  le  menzogne  de'  ciechi  se- 
guaci  del  gran  Mentitore  ;  lottare  con 
coraggio  e  perseveranza,  unita  ad 
umile  e  fiduciosa  preghiera  all'  On- 
nipotente,  contro  YOmicida  delle  ani- 
me...  ecco  lo  scopo  del  libro,  che  con 
tanto  zelo  e  valentia  di  concetto  e 
di  frase  ha  scritto  Mons.  Grazioli  * 
(P.  10). 


LEZIONI  di  religione  per  gli  studenti  secondarii.  Brescia,  Seminario 


Santangelo,  Via  Cappuccini. 

Con  ottimo  consiglio  &  stata  isti- 
tuita  in  Brescia,  sotto  la  presidenza 
di  quell'egregio  Vescovo,  Monsignor 
Coma  Pellegrini,  una  commissione 
per  procedere  all'istruzione  religiosa 
degli  studenti  secondarii,  e  si  e  gia 
inaugurate  un  corso  di  religioue,  del 
quale  sono  state  pubblicate  per  le 
stampe  le  prime  lezioni,  che  abbiamo 
qui  sott'occhio,  e  che  ci  sembrano 


dotte,  chiare,  facili,  in  una  parola 
molto  adattate  allo  scopo.  Chi  desi-. 
dera&se  ricevere  tutti  i  fascicoli  con- 
tenenti  le  lezioni  dell'anno  scolastica 
1902- 1903,  non  avra  che  a  spedire  una 
cartolina-vaglia  di  L.  1  alia  Direzione 
della  Pia  Opera  per  la  conservazione 
della  Fede  nelle  scuole  d'ltalia  (Se* 
minario  Santangelo,  Brescia). 


BIBLIOGRAFIA 


341 


LOCATELLI  CARLO,  sac.  —  II  4  novembre  1602.  Memorie  e  docu- 
meuti.  Milano,  tip.  Arcivescovile,  1902,  8°,  88  p.  L.  1. 


Tuttocio  che  riguarda  il  grande 
S.  Carlo  torna  caro  a  tutti  i  cattolici. 
E  per6  con  felice  consiglio  il  ch.  Lo- 
catelli  comincio  1'anno  scorso,  ha 
proseguito  quest'anno,  e  si  propone 
di  continuare  ogai  anno  a  raccoglier 
memorie  di  questo  gran  Santo,  fino 
che  si  giunga  al  centenario  di  sua 
canonizzazione,  1  novembre  1610. 


Possa  egli  compir  1'opera  si  feliee- 
mente  awiata.  Nel  presente  fascicolo 
si  descrive  principalmente  la  solenne 
presentazione  di  un  ex-vote  mandato 
da  Carlo  Emanuele  di  Savoia,  e  si 
riferisce  per  intero  il  discorso  in  lode 
del  B.  Carlo  Borromeo  recitato  dal 
P.  Giulio  Negrone  d.  C.  d.  G.  net 
Duomo  di  Milano,  li  3  novembre  1602. 


LORIN1  GAETANO,  can.  —  Saggio  di  discorsi.  Siena,  S.  Bernardino, 
1902,  8°,  XYI-312  p.  L. 

sone  colte.  Accanto  a  quel  volume 
speriamo  che  andra  degno  compagno 
I'ora  qui  annunziaro,  il  quale  non  e 
altro  che  unaraccolta  di  discorsi  che 
furono  da  lui  vivente  pubblicati  alia 
spicciolata.  secondo  che  offrivasi  1'oc- 
casione.  Delia  quale  compilazione 
doppia  lode  si  deve  ai  savii  editori, 
e  per  quel  cbe  hanno  stampato  (e 
n'era  al  certo  ben  meritevole),  e  per 
quello  che  hanno  lasciato  nell'oinbra, 
riflettendo  che  « non  sempre  si  fa 
buon  servizio  ad  un  autore,  rendendo 
di  pubblica  ragione  cio  che  non  fu 
scritto  per  esser  dato  alle  stampe  ». 
(V).  Dio  volesse  che  cosi  la  pensas- 
sero  tutti  gli  editori. 


3,50. 

II  Canonico  Gaetano  Lorini  di  Cor- 
tona  fu  uno  dei  migliori  oratori  sa- 
cri  della  seconda  meta  del  secolo  pas- 
sato,  come  ne  fanno  fede  le  citta  di 
Roma,  Napoli,  Firenze,  Milano,  Ge- 
nova  e  tante  altre  che  allora  lo  udi- 
rono  con  avidita  ed  oggi  lo  ricordano 
con  compiacenza.  Poco  peraltro  ha 
pubblicato  per  le  stampe ;  ma  il  suo 
nome  lungamente  vivra  congiunto  a 
quello  di  S.  Margherita  da  Cortona, 
della  quale,  in  occasione  del  suo  cen- 
tenario, scrisse  una  bellissima  Vita, 
chenoi  altamentelodammo  (Sep.  XVI, 
vol.  X,  p.  342),  e  avemmo  poi  il  pia- 
cere  di  veder  confermato  il  nostro 
giudizio  dal  suffragio  di  tutte  le  per- 


LOTH  ARTURO.  —  Suor  Rosa.  Sua  vita  e  sua  opera,  la  Messa  ripa- 
ratrice.  Traduzione  del  SAC.  G.  DOMENICO  YALENTINELLI,  canonico 
dell'insigne  cattedrale  di  Trento.  Trento,  tip.  Artigianelli  dei  Figli 
di  Maria  Immacolata,  1902,  16°,  420.  p.  L.  2,50. 


In  queptc  tempo  in  cui  si  fa  tanta 
guerra  alle  religiose,  massime  in 
Francia,  &  bello  il  vedere  messa  in 
luce  e  proposta  in  esempio  un'altra 
Suora,  proprio  di  quello  stesso  paese 
ove  la  guerra  &  piu  accanita.  Non  le 
sole  religiose  perd  avranno  a  profit- 
tame,  ma  le  zitelle,  le  spose,  le  ma- 
dri,  le  vedove,  che  tutti  questi  stati 
ella  percorse  prima  d'ascriversi  in 
qualita  di  Conversa  airOrdine  di  San 
Norberto,  e  in  tutti  diede  eeempio  di 


virtu  segnalate.  Ma  il  suo  nome  re- 
sta  legato  principalmente  alia  pia 
Opera  della  Messa  riparatrice,  cui  ella 
zelo  con  ardore  e  con  frutto.  Questa 
storia  6  scritta  con  garbo  e  buon  gu- 
sto, com'era  d'aspettarsi  dal  ch.  au- 
tore, da  lunghi  anni  redattore  del- 
YUnivers  ;  e  anche  la  traduzione,  non 
ostante  alcune  mende  inevitabili  nella 
fretta,  corre  franca  e  spigliata  e  si 
fa  leggere  volentieri. 


342 


BIBLIOGRAFIA 


MAGRI  EMM.   S.  I.   -  HREJJEF 
nostri  antenati.  Vol.  2.  Malta, 
Le  liete  speranze  che  aveva  de- 
state  il  primo  volume  delle  leggende 
popolari  maltesi   sono    state  ainpia- 
mente  giustificate  dal  secondo  volu- 
metto,  nel  qnale  il  P.  Magri  pubblica 
altre  sei  leggende  di  un  valore  ese- 
getico  ed  etnografico  indiscutibile. 

La  prima  leggenda  sul  Sansone 
maltese  &  in  molti  punti  identica  alia 
storia  biblica  di  Sansone,  ma  poi  ter- 
mina  con  un  accenno  al  mito  di  Osi- 
ride  ed  Iside. 

Due  altre  leggende  sopra  1'  idra 
delle  sette  teste  ed  il  dragone  volante 
offrono  raffronti  preziosi  col  mito 
greco  d'Ercole  cbe  penetra  nelle  vi- 
scere  del  serpente  per  ammazzarlo. 
II  cb.  autore  rileva  e  lumeggia  i 
punti  di  contatto  tra  le  due  leggende 
€  la  storia  biblica  di  Giona,  nonche 
la  differenza  tra  il  carattere  degli 
eroi  maltesi  e  1'Ercole  dei  greci.  I 
primi  riportano  incontrastabilmente 
Ja  palma  per  pieta  e  bonta  d'animo, 
per  disinteresse  ed  acutezza  d'  in- 
gegno. 

La  piu  importante  e  la  leggenda 
del  dragone,  la  quale  ricorda  mani- 
festamente  la  caduta  dei  nostri  pro- 
genitori  e  la  liberazione  del  genere 
umano  per  opera  di  un  fanciullo  me- 
raviglioso  che  schiaccia  la  testa  del 
serpente.  Jl  dragone  e  senza  mistero 
MARANGONI  LODOVICO,  mons. 
altri  scritti.  Vol.  V.   Chioggia, 
A  beneficio  del  Seminario. 
Di  questa  collezione  parlammo  gia 
col  debito  onore  nella  Ser.  XV,  vol.  I, 
338;  IV,  339;  XII,  344. 

In  questo  quinto  volume  ci  banno 
singolarmente  colpiti  i  quindici  di- 
scorsi  con  cui  si  cbiude,  e  sono  quelli 
cbe  il  venerando  Prelato  soleva  an- 
MELAl A  BENEDETTO,  mons.  - 


MISERIJIETNA.  Le  leggende  dei 

G.  Muscat.  1902,  in  16.° 
lo  spirito  maligno,  il  quale  ama  le 
figlie  di  Adamo,  sposa  con  inganni 
una  principessa  e  la  conduce  in  una 
lontana  caverna  sotterranea  finche 
non  giunga  un  liberatore.  Le  gesta 
del  fanciullo  meraviglioso  sono  fole 
cbe  non  mette  conto  ricordare,  ma 
allo  studioso  dell'  etnologia  compa- 
rata  non  puo  sfuggire  la  descrizione 
della  persona  del  liberatore,  del  suo 
vestito  e  deU'enorme  martello  di  ferro 
col  quale  schiaccia  la  testa  del  ser- 
pente. Si  potrebbe  non  a  torto  rav- 
visare  in  esso  il  Cabiro  rappresentato 
nelle  monete  fenicie.  Di  fatti  egli  e 
1'ottavo  flglio,  il  minore  dopo  i  «  sette 
fratelli,  »  ossia  Esmun  1'  eroe  sacro 
dei  Cartaginesi. 

Sembra  incredibile  che  alle  porte 
d'Europa  nel  XX  secolo  esistano  leg- 
gende popolari  che  ritraggono  cosl 
fedelmente  le  idee,  le  dottrine  ed  i 
miti  ,della  piu  remota  anticbita  orien- 
tale.  Ci  auguriamo  che  1'  opera  del 
P.  M&gri,  tuttora  in  corso  di  pub- 
blicazione,  approdi  a  scoperte  sempre 
piu  interefisanti  sull'  etnografia  del 
popolo  maltese  e  faccia  meglio  ap- 
prezzare  la  lingua  maltese,  venera- 
bile  per  la  sua  remota  antichita  e 
per  i  cimelii  d'interesse  storico  che 
racchiude. 

—  Raccoita  di  Pastorali,  Omelie  ed 
Chiozzotto,  1902,  8°,  380  p.  L.  4. 

nualmente  rivolgere  aisacerdoti  della 
sua  citta  ad  ogni  prima    congrega- 
zione  pei  casi  di  coscienza.  Egli   in- 
tende  lasciarli  loro  come  una  memoria 
di  se  «  carico  d'anni » ;    ma  noi  vo 
gliamo  sperare   che   questo   ricordo 
non  sara  Tultimo. 
-  De  Cardinal!  Protectore.  Romae, 


BIBLIOGRAFIA 


343 


Ex  bibliotheca  rom.   ephemeridis  Analecta  eccUsiastica,  1902,   8°, 

61  p.  —  L.  2. 

de'  diritti  e  doveri  annessi  alia  carica. 
Qua  e  la  1'A.  tocca  punti  impor- 
tantissimi  a  sapersi,  nou  istudiati 
prima  da  altri;  per  esempio,  la  di- 
visione  de'  voti  in  pubblici  e  privati 
e  de'  pubblici  in  solenni  e  semplici 
(due  specie  di  voti,  ambedue  accet- 
tati  dalla  Chiesa,  ma  in  diverse  grade-} 
la  qual  divisione  e  appoggiata  ancbe 
a  recenti  decreti  (p.  7) ;  cosi  ancbe 
la  risoluzione  del  caso  se  il  Cardi- 
nale  protettore  di  un  Ordine  religiose 
debba  dirsi  superiore  propriamente 
detto  (pag.  32  seg.)  eccetera.  L'opu- 
scolo,  in  somma,  e  una  monografia 
cbe  sara  accolta  con  piacere  da  tutti 
i  cultori  degli  studi  giuridici  eecle- 
siastici. 
MINCHIONI  GUSTAVO,  sac.  prof.  —  Di  una  giusta  modernita  nella 

letteratura  e  nell'arte.  Firenze,  tipogr.  e  libr.  Domenicana,  1902, 

in  16.°  — L.  Q,50. 

poi  sviluppa,  confortandolo  ancora 
d'altri  sani  criterii,i  quali  sononorma 
sicura  d'ogni  manifestazione  estetica: 
e  tuttocio  eon  pensieri  sagaci,  con 
parola  facile  ed  elegante.  Solo  ci  sa- 
rebbe  piaciuto  cbe,  come  ad  esempio 
di  giusta  modernita  allega  i  Promessi 
Sposi  del  Manzoni  e  le  poesie  dello 
Zanella,  cosi  a  saggio  di  modernita 


II  tema,  preso  a  trattare  da  Mon- 
signor  Melata,  e  uno  di  quelli  che 
quasi  si  direbbero  perduti  nel  va- 
stissimo  campo  del  Diritto  econo- 
mico.  Eppure  quanto  e  prezioso  un 
trattatello  siffatto  a  cbi  deve  scio- 
gliere  certe  question!  relative  a  tal 
punto !  In  tenui  labor;  at  tenuis  non 
gloria. 

L'Autore  esaurisce  pienamente  il 
tema  propostosi.  Tratta  1°  de'  Car- 
dinali  protettori  degl'lstituti  religiosi; 
2°  de'  Cardinali  protettori  de'  luoghi 
pii  e  de'  regni;  3°  degli  onori  e  delle 
preminenze  loro  proprie.  Ne  s'arresta 
1'Autore  a  dire  quello  che  fu  in  altri 
tempi  un  Cardinale  Protettore,  ma 
parla  ancbe  della  pratica  odierna, 


Contro  il  nostro  solito,  diciamo 
una  parola  di  questa  prolusione  sco- 
lastica  tenuta  nel  V.  Seminario  di 
Firenze,  perche  tratta  di  un  argo- 
mento  importante,  pratico,  ma  insie- 
me  molto  difficile,  e  ne  tratta  assai 
bene.  «  Si  deve  essere,  egli  dice:  gli 
uomini  del  presente,  si  deve  proce- 
dere  secondo  il  pensiero  ed  il  movi- 
mento  artistico  del  secolo,  anzi  del- 
1'eta  alia  quale  si  appartiene,  si  deve 
portare  un  contribute  al  perfeziona- 
mento  della  societa,  in  mezzo  alia 
quale  si  vive ;  ma  senza  venir  meno 
al  magistero  e  alia  coscienza  eterna 
dell'arte,  cbe  deve  suscitare  dal  vero 
e  dal  buono  il  raggio  purissimo  della 
bellezza  scbietta,  s^rena,  ammoni- 


scorretta  avesse  citato  qualch'altro 
esempio  :  senza  di  cbe  gli  ammae- 
stramenti  corrono  pericolo  di  parere 
aerei  e  fluttuanti  nel  vuoto.  Ma  forse 
a  bello  studio  1'accorto  professore 
non  ba  voluto  farli  scendere  in  piana 
terra  per  certi  delicati  riguardi :  for- 
s'ancbe  ba  provato  quello  cbe  dicesi 
I'imbarazzo  della  scelta. 


trice  (p.  12). »  Rettissimo  canone :  che 

NANN1NI  F.,  can.  prof. —  II  fine  del  cbierico  in  tutti  i  suoi  studi. 

Lucca,  tip.  Baroni,  1902,  in  16.° 

A  lode  di  questo  scritto  ci  basti      delFS  Decembre  1902  ai  Vescovi  di 
dire  cbe  sembra  un  commento  del-      Italia,  sebbene  questa  sia  uscita  dope 
TEnciclica  dell'8  Settembre  1899  ai      lo  scritto. 
Vescovi  di  Francia,  e  delPEnciclica 


344 


BIBLIOGRAFIA 


NATALE  MICHELE,  dott.  —  La  Yergine  nella  lirica  italiana.  Calta- 
nissetta,  tip.  dell 'Omnibus,  1902,  16°,  di  pp.  110.  —  LI. 
Bel  soggetto,  e  trattato  assai  bene . 

L'Autore  incomincia  naturalmente  dal 

secolo  XIII  con  Fra  Guittone  d'Arezzo, 

che  quando  canta  Maria,  smette   la 

sua  consueta  asprezza,  e  con  Fra  la- 

copone  da  Todi,  di  cui  cita   fra  gli 

altri  versi,  questa  quartina,  che  &  un 

vero  giulebbe: 

Quando  un  poco  talora  il  di  dormiva  (Gesii) 
E  tu  destar  volendo  il  paradise, 
Plan  piano  andavl  cha  non  ti  sentlva, 
E  la  tua  bocca  ponevi  al   suo  viso. 

Vengono  poscia  i  due  grandi  astri 
del  secolo  XIV,  anzi  di  tutta  la  let- 
teratura  italiana;  il  primo  de'  quali, 
non  pago  d'avere  ben  37  volte  ri- 
cordato  la  Vergine,  al  termine  del 
Paradiso  le  scioglie  un  inno,  che  fu 
detto  giustamente  « il  fermaglio  d'oro 
e  di  diamante  all'epopea»;  1'altro,  non 
contento  d'averla  celebrata  sovente 
nel  Canzoniere  e  nei  Trionfi,  1'  invoca 
poi  in  una  canzone,  che  e  tutto  in- 
sieme  inno  ed  elegia,  e  viene  riguar- 
data  come  « la  piu  bella  poesia  che 
mai  sorgesse  alia  Vergine  da  cuore 
cattolico  ».  Poi  segue  il  Boccaccio  coi 


suoi  sonetti,  Fazio  degli  Uberti  con 
le  sue  terzine  e  Bianco  da  Siena  coile 
sue  laudi. 

E  cosl  discorrendo  di  secolo  in  se- 
colo 1'Autore  vien  giu  dimostrando 
unaperpetua  catena  d'omaggi  poetici 
in  onor  della  Vergine,  fermandosi  sui 
principal!  e  sulle  loro  qualita  caratte- 
ristiche  che  esamina  e  studia  con  in- 
telletto  d'amore.  Finisce  poi  con  la 
Ckiesa  di  Polenta,  alia  quale  il  Car- 
ducci  augura  che 

il  campanil  risorto 
Canti  di  clivo  in  cllvj  alia  campagna 

Ave  Maria. 

A  7e  Maria!  quando  su  1'aure  corre 
Tamil  saluto,  i  piccoti  mortal! 
seovrono  il  capo,  curvano  la  fronts 

Dante  ed  Aroldo. 

Abbiamo  con  piacere  ravvisato 
nell'autore  buon  gusto  letterario,  co- 
piosa  erudizione.  criterio  giusto  nel 
giudicare  gli  autori ;  ma  per  una  se- 
conda  edizione  gli  raccomandiamo  un 
indice  che  dispensi  il  lettore,  il  quale 
cerchi  nel  libro  alcuna  cosa,  dalla 
briga  di  percorrerlo  tutto. 


—  Antonio  Beccadelli  detto  il  Panormita.  Studio.  Caltanissetta,  tip.  del- 
l'Omnibus, 19  2,  8°,  XII-138  p.  —  L.  3. 


Carissimo  riuscira  agli  eruditi 
questo  nuovo  Studio  intorno  al  ce- 
lebre  umanista  detto  il  Panormita. 
E  frutto  in  gran  parte  delle  ricerche 
fatte  nella  biblioteca  Barberiniana  di 
Roma,  che  possiede  due  codici  con- 
cernenti  il  Beccadelli:  Puno  cono- 
sciuto,  ma  poco  o  nullastudiato,ricco 
di  poesia  e  discorsi  politici:  1'altro, 
di  cui  sinora  nessuno  ha  fatto  cenno, 
ricco  di  lettere  politiche  scritte  nei 
periodi  piu  agitati  de'  regni  di  Alfonso 
e  di  Ferdinando  di  Aragona  in  Napoli. 
Da  questi  codici  la  fama  del  Becca- 
delli si  vantaggianon  poco  sull'opi- 


nione  in  che  fmora  era  stato  tenuto, 
e  la  sua  vita  politica  nella  corte  ara- 
gonese  si  circonda  d'un'aureola  di 
gloria.  Auguriamo  all'Autore  uguale 
successo  nelle  ricerche  cui  speriamo 
voglia  pur  fare  nelle  biblioteche  di 
Firenze  e  Milano,  che  probabilmente 
gli  offriranno  altre  cose  interessanti. 
Intanto  noi  ne  presentiamo  ai  lettori 
una  fra  le  tenui,  da  lui  scovate  nei 
suddetti  codici  barberiniani,  cioeun 
epigramma  scritto  dal  Panormita  con- 
tro  il  suo  terribile  avversario  Lorenzo 
Valla,  altro  celebre  umanista.  Costui 
s'era  vantato  di  far  molti  versi  su 


BIBLIOGRAFIA 


345 


due  piedi.  A  ci6  11  Beccadelli  rispose  :      finora  inedito. 


Carmina  componis,  Laurenti,  stans  pecle  in  uno' 
Nil  mirum  si  sic  carmina  facta  cadunt. 


Pauca  licet  scribas  et  bis  dumtaxat  in  anno, 
Si  m»do  non  pereunt,  carmina  multa   fads. 

At  si  multa  facia,  quamvis  sint  millia  centum, 
Valla,  nihil  scribis,  si  peritura  fads. 


A  questo  epigramma,  gia  pubbli- 
cato  dal  Galdi,  aggiunse  quest'altro 

PODESTA  FERDINANDO,  can.  —  II  Preziosissimo  Sangue  di  N.  S. 
G-esu  Cristo  in  Sarzana  Genova,  Istituto  Sordomuti,  1901,  16°, 
180  p. 


L'  insigne  reliquia  del  preziosis- 
simo  Sangue,  che,  secondo  un'antica 
tradizione,  si  conserva  nella  Catte- 
drale  di  Sarzana,  non  e  qui  presa  a 
soggetto  di  studio  critico,  sebbene 
1'Autore  non  manchi  di  accennare 
almeno  i  document!  che  rendono  ri- 
spettabile  quella  tradizione  e  le  con- 
ciliano  credenza.  Egli  ha  volnto  par- 
lare  alle  anime  pie  che  rammettono, 
e  in  servigio  di  queste  ha  preso  in 
mano  la  Cronaca  del  diacono  Leboino 
e  ne  ha  rifatto  amorosamente  il  rac- 


e  di  note  storiche.  «  Sento,  egli  dice, 
la  poverta  della  mia  prosa  »;  ma  noi 
invece  diciamo  alto  d'aver  sentito  la 
dignita  della  sua  prosa,  la  quale  alia 
unzione  della  pieta  cristianaaccoppia 
la  maestria  dello  scrivere  in  si  bel 
modo  che  di  rado  s'incontra  in  libri 
di  questo  genere,  e  ti  fa  sentire  ad 
un  tempo  il  piissimo  sacerdote  e  lo 
scrittore  di  svariata  coltura.  Noi  con- 
sigliamo,  principalmente  ai  Liguri, 
questo  libro  per  lettura  nella  vicina 
quaresima. 


tale  spirituale  fragranza  ai  concetti, 
quale  ben  si  addice  ad  uno  scritto 
intorno  a  Colei,  che  giustamente  fu 
detta  La  rubatrice  dei  cuori.  II  libro 
si  chiude  con  tre  appendici  erudite. 


conto,  aiutandolo  di  devoti  pensieri 

—  N.  S.  del  Mirteto  in  Ortonovo,  Genova,  Istituto  Sordo-Muti,  1902, 

16°,  112  p. 

Un  altro  santuario  ci  viene  qui 
messo  innanzi  dal  ch.  Auiore.  La 
condotta  di  questo  libro  e  i  suoi  pregi 
sono  sinaili  a  quelli  da  noi  notati 
nel  precedente;  ma  in  questo  spira 
tale  freschezza  e  serenita  di  parole, 

PASTORI  G-IACOMO.  -  -  I  riostri  poeti.  Milano,  Casa  ed.  Benedetto 
Bacchini,  Piazza  Fontana,  12,  1902.  Due  voll.  in  16°  di  pp.  236, 
266.  --  L%  3. 
Compariscono  raccolte  in  due  ele- 

ganti  volumetti  queste   Bricciole  di 

critica  contemporanea  che  il  ch.  Au- 

tore  aveva  gia  sparse  nella  Scintilla 

e  nella  Scuola  Cattolica.  Nella  pre- 

fazione  al  secondo  volumetto  egli  di- 

chiarava  che  per  poeti  s'hanno  qui 

ad  intendere  verseggiatori,  percb.6  «  a 


voler  essere  rigorosi,  poeti  gli  uo- 
mini  di  cui  parlo,  non  sono  ».  Noi  ve- 
ramente  crediamo  che  qualcuno  al- 
meno, come  p.  e.  il  Golfieri,  con  tutti 


i  suoi  difetti,  sia  vero  poeta:  ma  sia 
comunque,  poeti  veri  o  semplici  ver- 
seggiatori,  certo  6  che  dal  Pas  tori 
sono  giudicati  ciascuno  secondo  il 
merito,  con  una  critica  imparziale, 
assennata,  feconda  d'osservazioni  fini 
e  qualche  volta  anche  nuove.  Ma 
quando  pure  in  qualche  giudizio  si 
possa  dissentire  da  lui,  6  impossible 
pero  non  restar  presi  a  quel  fare  spi- 
gliato,  sempre  vispo  e  brioso,  talvolta 
anche  d'una  franchezza  un  po'  rude 


346 


BIBLIOGRAFIA 


ma  non  ingrata,  che  e  la  qualita  ca-  cui  si  divide  questa  operetta,  offre 
ratteristica  del  suo  stile.  Di  guisa  che  una  lettura  non  solamente  istmttiva, 
ciascuno  dei  diciassette  capitoli  in  ma  anche  gioconda. 

RITIRI  (I)  OPERAI.  —  Traduzione   dal   francese  edita  a  cura  del 
Fascio  democratico   fiorentino.  Firenze,    tip.    arcivescovile,    1902, 
16°,  68  p.  —  Cent.  25. 
Un  plauso  di  cuore  a  cotesti  bravi 

giovani,  i  quali  hanno  curato  la  ver- 

sione  del  presente  librino,  che  si  vi- 

vamente  descrive  il  gran  bene  che 

fanno,  nel   Belgio  principalmente,  i 

Ritiri  (ovvero  Esercizii)  degli  operai. 

E  poi    giustamente   conchiudono   in 

questa  forma :  «  Sarebbe  un  onore  e 

una  gloria  per  la  nostra  Firenze,  se 


di  qui  partisse  la  prima  scintilla  della 
santa  impresa  dei  Ritiri  operai...  Ab- 


biamo  letto  con  entusiasmo  il  bene 
operate  nel  Belgio  con  questo  mezzo 
salutare.  Per  il  bene  delle  anime  di 
tanti  nostri  fratelli,  cerchiamo  d'isti- 
tuire  anche  nella  nostra  cara  Italia 
queste  mute  di  Eeercizii,  quasi  fitta 
rete  a  salvaguardia  delle  invidie  del 
demonic...  »  (p.  63).  Nci  ci  associamo 
di  tutto  cuore  a  questi  pii  voti,  e 
per6  raccomandiamo  vivamente  la 
diffusione  del  presente  opuscolo. 


ROBERTI  P.  GIUSEPPE  MARIA,  dei  Minimi.  —  Disegno  storico 
dell'Ordine  dei  Minimi  dalla  morte  del  Santo  Istitutore  fino  a 
nostri  tempi  (1507  1902)  con  1'aggiunta  di  analoghe  appendici. 
I.  (1507-1600).  Roma,  tip.  Poliglotta,  1902,  8°,  392  p. 


E  non  meno  doloroso  che  strano 
il  fatto,  che  fino  ad  oggi  il  Venera- 
bile  Ordine  dei  Minimi  non  abbia  a- 
vuto  una  storia.  fe  inutile  per  noi 
1'indagarne  le  cagioni,  ma  il  fatto  e 
questo ;  tanto  piu  deplorabile  quanto 
che  viviamo  in  tempi,  in  cui  la  sma- 
nia  delle  ricerche  storiche  si  spinge 
direi  quasi  all'  eccesso,  e  non  vi  6 
congrega  o  bicocca,  che  non  ti  squa- 
derni  innanzi  la  sua  brava  storia, 
condotta  dagl'inizii  fino  ai  dl  nostri, 
Tutti  dunque,  non  solo  i  Religiosi 
Minimi,  ma  anche  i  membri  d'  altri 
Sodalizii,  e  in  generale  gli  amanti 
di  studii  storici  sapranno  grado  al 
ch.  P.  Roberti,  che  ha  colmato  final  - 
mente  questa  lacuna  (e  qui  la  parola 


molta  fatica  propria  e  non  minore 
vantaggio  altrui.  Egli  non  ha  inteso  di 
compilare  una  storia  per  ogni  parte 
compita;  ma  intanto  ha  tracciato  le 
linee  principal!  degli  avvenimenti  piu 
rilevanti,  e  ha  registrato  un  buon  nu- 
mero  di  notizie  interessanti,  le  quali, 
senza  di  lui,  sarebbero  forse  perite. 
A  schivar  confusione  e  fastidiose  ri- 
petizioni,  egli  ha  stimato  bene  di 
raccogliere  e  classificare,  secolo  per 
secolo,  sotto  special!  titoli  o,  come 
dicono  oggi,  rubriche  tutti  quei  fatti, 
de'  quali  era  importante  aver  cono- 
scenza  e  tramandarne  la  memoria,  e 
per6  ha  intitolato  il  suo  lavoro :  Di- 
segno storico,  Attendiamo  con  desi- 
derio  gli  altri  volumi. 


non  e  davvero  male  impiegata)  con 

SCIENCE  ET  RELIGION.    Etudes    pour   le  temps  present.  Paris, 
libr.  Bloud,  4  rue  Madame,  volumi  in  12°  di   64  p.  Ciascun  vo- 
lume Cent.  60.  Yolumi  pubblicati  finora  237. 
Un  successo  rapido  non  e  sempre      opera.  Ma  un  tal  successo,  allorche 

il  segno  infallibile  del  valore  d'una      e  dovuto  al  concorso  quasi  spontaneo 


BIBLIOGRAFIA 


347 


del  migliori  giudici,  prova  aimeno 
cbe  Popera  e  opportuna  e  risponde 
ad  un  bisogno  del  giorno.  Ora  in 
quattro  anni  appena,  gli  zelanti  edi- 
tori  di  Science  et  Religion  hanno  sa- 
putoriunire  le  forze  d'un  numerorag- 
guadevole  discienziati  e  far  loro  pro- 
durre  237  volumi  sui  soggetti  piu 
attuali ,  piu  gravi,  piu  svariati;  le  molte- 
plici  edizioni  del  quali  volumi  ne  atte- 
stano  la  diff  usione,  ed  i  1  k  ro  complesso 
costituisce  gia  una  vera  enciclope- 
dia  apologetica.  Question!  di  filosofla, 
di  teologia,  di  esegesi,  di  storia,  di 
scienza  politica,  di  diritto  vi  sono  suc- 
cessivamente  trattate  da  scrittori  gia 
noti  per  la  loro  competenza  in  quella 
speciale  materia.  Un  tal  risultato  e 
gia  eloquente  per  se  stesso.  Difatti 
per  interessarsi  di  una  simile  impresa 
basta  essere  alquanto  addentro  allo 
straordinario  movimento  dMdee  che 
e  una  delle  caratteristiche  della  no- 
stra  epoca.  Oggi  ne  si  fa  fretta  a 
pensare  ccme  ad  agire;  e  quei  che 
sono  chiamati  dal  loro  dovere  a  pen- 
sare  per  se  stessi  e  per  gli  altri, 
hanno  il  debito  (se  non  vogliono  ri- 
manere  inferiori  al  loro  uffizio)  di  te- 
nersi  al  corrente,  se  non  del  "pro- 
gresso,  aimeno  dell'evoluzione  delle 
idee  su  cento  punti  diversi.  A  questi 
segnatamente  la  collezione  Science 
et  Religion  puo  rendere  servizi  mol- 
to  piu  serii,  che  non  farebbero  cre- 
dere a  prima  vista  le  mcdeste  di- 
mensioni  ed  il  tenue  prezzo  de'  suoi 
volumi.  In  realta  questa  non  6  una 
publicazione  popolare  nel  senso  or- 
dinario  della  parola;  la  maggioranza 
di  questi  libretti  sono  scritti  pei  let- 
tori  competent! ;  ma  se  dall'una  parte 
i  soggetti  vi  sono  trattati  con  cura, 
qualche  volta  con  profondita,  spesso 
con  originalita,  dall'altra  gli  autori 
hanno  trovato  1'arte  d'essere  insie- 
me  chiari,  concisi,  sostanziosi  e 
sopra  tutto  (e  questo  e  il  carattere 


del  vero  talento)  d'imprimervi  ilpro- 
prio  carattere.  Cos\  i  filosofi  ed 
i  teologi  di  professione,  gia  al  cor- 
rente delie  question  i,  aneorche  non 
siano  per  abbracciare  tutti  egual- 
mente  le  opinioni  esposte  in  questi 
opuscoli,  parecchi  dei  quali  sono 
dotti  studii,  tutti  pero  ci  troveranno 
sempre  aimeno  materia  da  riflettere; 
e  questo,  per  loro,  e  sempre  una 
buona  for  tuna. 

Fra  i  volumi  stampati  piu  di  re- 
cente,  e  percio  ancora  meno  cono- 
sciuti,  segnaliamo  all'attenzione  dei 
filosofi  le  monografie  sul  Taine  di 
M.  Salomon  e  sul  Kant  di  E.  Bauz- 
lier:  1'una  piu  letteraria  nella  forma, 
1'altra  piu  didattica,  ma  ambedue 
esponenti  con  forza  e  chiarezza  si- 
stemi  celebri  che  non  e  lecito  igno- 
rare :  nella  secoEda  la  cura  della 
critica  6  lasciata  al  lettore  iniziato. 

Gli  studii  del  Dott.  Baltus  sul 
cervello  e  sul  sistema  nervoso  sa- 
ranno  utili  a  tutti  quanti  si  occu- 
pano  dipsicologia  sperimentale. 

La  libert^  de  penste  et  la  libre 
penste  dell'abate  Cauet,  Si  toutes  les 
religions  se  valent?  del  Brugerette 
suggeriranno  ai  conferenzieri  i  piu 
solidi  argomenti  contro  il  raziona- 
lismo  e  li  metteracno  in  grado  di 
entrare  nel  cuore  della  questione  e 
di  farri  sentire  la  voce  e  discutere 
le  ragfoni  dei  piu  illustri  avversari... 

Ma  bisognerebbe  citare  tutto. 
Gli  editori  Bloud  e  C°.  hanno  pub- 
blicato  un  catalogo  analitico  della 
collezione,  alia  quale  consacrano  la 
loro  intelligente  operosita  ed  il  loro 
spirito  d'  iniziativa.  Un'occhiata  a 
questo  catalogo  fara  capire  meglio 
1'importanza  grande  di  questi  volu- 
metti  per  chiunque  vuol  conoscere 
lo  stato  del  pensiero  religioso  in 
Francia  e  lo  spirito  dei  suoi  piu 
cospicui  difensori. 


348 


BIBLIOGRAFIA 


TA VERNIER  EUGENE.  —  Da  Journalisme.   Son   histoire,  son   r6le 
politique  et  religieux.  Paris,  Oudin,  1902,  16°  XXXII-338  p.  — 


Fr.  3,50. 

Diffusa  rasse^na  del  giornalismo 
in  Francia  dal  1631,  anno  in  cui  il 
medico  Teofrasto  Renaudot  colla  set- 
timanale  Gazette  de  France  fondava 
il  primo  vero  periodico  del  quale  si 
abbia  aicura  contezza,  insino  ai  giorni 
nostri.  Piacevole  senza  dubbio  torna 
il  vedere  in  questo  libro  come  rap- 
presentata  la  differenza  tra  quel  che 
il  giornalismo  fu  a  principio,  quel 
che  divenne,  quello  che  e.  Nato  dal- 
1'inclinazione  naturalissima  a  chie- 
dere  e  saper  novelle,  onde  pur  tra  i 
greci  ed  i  latini  una  qualche  larva  di 
giornalismo  vi  fu,  il  giornalismo 
nella  nostra  civilta  surrog6  dapprima 
i  portatori  di  notizie,  corrieri  parti- 
colari  e  corrieri  di  stato,  menestrelli, 
ciarlatani  di  piazza;  e  quindi  cre- 
sciuto  coi  commenti  delle  notizie  e 
le  polemiche  inevitabili,  passo  alia 
critica  Istteraria,  poscia  alia  politica, 
e  divenne  flnalmente,  come  organo 
dell'opinione  pubblica,  acclamata  ai 
tempi  nostri  regina  del  mondo,  il 
quarto,  anzi  il  primo,  anzi  pu6  omai 
dirsi  1'unico  Potere  dello  Stato  mo- 
derno.  Nel  bel  libro  del  ch.  Eugenio 
Tavernier  tutto  questo  ti  passa  in- 
nanzi  e  ti  fa  gravemente  riflettere 
ad  un  quesito:  ee  la  societa  non 
istesse  meglio  quando  il  giornalismo 
non  v'era  e  se  pel  bene  della  societa 
etessa  non  sia  da  augurarsi  che  il 
giornalismo  sparisca.  II  Brunetiere 
chiamavasi  dubbioso  se  fosse  piu  il 
bene  o  il  male  fatto  dal  giornalismo : 
noi  non  esiteremmo  punto  a  decidere 
che  e  piu  il  male,  massimamente  ora 
che  la  stampa,  come  ben  disse  il  Tal- 
meyr,  citato  dal  Tavern ier,  e  fatta 
tutta  di  pecunia  e  di  fango:  une  presse 
d'argent  et  une  presse  de  licence.  Ep- 
pure  a  Parigi  si  contano  2000  gior- 


nali  con  125  mila  persone  occupate 
per  essi.  E  in  grazia  al  sistema  ora 
invalso  di  sostituire  le  corrispondenze 
postali  colle  telegrafiche,  «  a  sei  ore 
del  mattino  i  giornali  di  Lione,  Bor- 
deaux, Marsiglia,  Tolosa  diffondono 
le  notizie  parigine  della  vigilia  e  della 
notte,  mentre  i  fogli  di  Parigi  si  sono 
appena  posti  in  cammino  per  un 
viaggio  di  dieci  a  dodici  ore  »;  sic- 
che  quelle  cifre,  osserva  il  Tavernier, 
«  non  rappresentano  che  una  piccola 
porzione  del  popolo  della  stampa  ». 
Luigi  Veuillot  scriveva  nel  1871  colla 
sua  acutezza  caratteristica :  «  I  gior- 
nali son  divenuti  tal  pericolo  da  es- 
sere  necessario  il  crearne  molti»;e 
ci  sarebbe  assai  piaciuto  che  il  ch.  si- 
gnor  Tavernier,  della  cui  valentia  in 
cosi  intricata  materia  e  splendida 
prova  tutto  questo  suo  libro,  nonche 
il  corso  di  lezioni  sul  giorualismo 
da  lui  dettato  nell'Universita  catto- 
lica  di  Lilla,  si  fosse  intrattenuto 
alquanto  piu  nel  ritrarre  una  sintesi 
pratica  da  tanti  fatti  da  lui  raccolti, 
dandoci  le  norme  migliori  per  fare 
un  buon  giornale  che  incontri  il 
genio  delle  moltitudini  odierne.  Ma 
forse  la  cosa  non  era  fattibile;  certo 
e  difficilissima,  non  potendosi  ormai 
piu  deciferare,  siccome  il  Tavernier 
nota  assai  giustamente,  se  i  lettori 
hanno  1'opinione  del  loro  giornale  o 
il  giornale  della  loro  opinione.  Ad 
ogni  modo  il  meditare  in  queste  pa- 
gine  del  ch.  Tavernier  tornera  uti- 
lissimo  a  quelli  che  scrivono  gior- 
nali con  ispirito  non  di  mercanti  o 
di  settarii,  ma  di  uomini  onesti,  per 
vedere  il  molto  che  debbono  fuggire 
e  quello  altresi  in  cui  si  possono  mi- 
gHorare. 


B1BLIOGRAFIA 


349 


YAGNOZZI  ROSA.  —  Conferenze 
ria.  Roma,  DesclSe,  1903,  8°, 
Gli  scritti  della  notissima  signo- 
rina  Vagnozzi  si  leggono  sempre  con 
placere  e  con  frutto,  perch&  vi  si 
scorge  una  mente  diritta,  un  cuore 
sensibile,  uno  spirito  adorno  d'eletta 
tJoltura,  congiunta  con  una  non  vol- 
gare  felicita  d'espressione.  E  queste 
doti  risplendono  anche  in  queste  Con- 


sociali  con  prefazione  del  P.  Seme- 
88  p.  L.  1. 

ferenze,  due  delle  quali  studiano  la 
donna  sotto  il  riguardo  della  carita 
e  della  coltura;  una  terza  analizza 
il  pauperismo;  1'altra  combatte  vit- 
toriosamente  il  divorzio  ;  e  perd  le  vo 
gliamo  raccomandate  principalmente 
al  gentil  sesso.  Nitida  e  nobile  1'edi- 
zione. 


YENANZIO  (P.)  DA   LAGOSANTO,  capp.  -  -  Prediche   quaresimali 
inedite.  Bologna,  Mareggiani,  1903,  8°,  YI1I-638  p.  —  L.  4. 


Fra  i  predicated  cappuccini  del- 
I'ultimo  trentennio  uno  dei  migliori 
fu  certamente  il  P.  Venanzio  da  Lago 
Santo,  e  come  tale  fu  invitato  con- 
tinuamente  da  Vescovi  ed  altri  rag- 
guardevoli  persoaaggi  a  predicare 
nelle  principal!  nostre  citta,  dove  fu 
sempreudito  con  piacere  e  con  frutto. 
Ora  che  il  S  gnore  gia  da  due  anni 
1'ha  chiamato  al  premio  delle  fat'che 
durate  e  sul  pergamo  e  sulla  cat- 


tedra,  ben  fecero  i  suoi  Correligiosi 
a  pubblicarne  il  quaresimale,  perche 
cosl  egli  proseguira  in  qualche  modo 
a  predicare  ancor  dopo  morte,  e  riu- 
scira  di  non  lieve  vantaggio  «  a  quelli 
che  bramano  di  predicare  non  gia 
novelle  o  fantastiche  descrizioni,  ma 
sode  dottrine  ed  evangeliche  verita, 
a  bene  spirituale  dei  fedeli,  siccome 
costumo  il  caro  estinto,  come  co- 


manda  la  S.  Chiesa  »  (p.  VIII). 

YIVES  Y  TUTO,   card.      -  Lettera  ad   un  Sacerdote    tradotta   sulla 
3a  ed.  spagnuola,  da  MONS.  ALFONSO  MISTRANGELO,   arc.  di  Firenze, 
2a  ed.  italiana.  Firenxe,  tip.  Arcivescovile,  1902,  16°,  140  p. 
Basterebbero   per   s6  soli  i  nomi     tato,  dovra  conchiudere  che  e  un'au- 

sterita  salutare,  e  fortunato  chi  vi  si  at- 
tiene,  perche,  come  insegna  il  dolcissi- 
mo  e  soavissimo  S.  Francesco  di  Sales , 
le  donne  dobbiamo  aiutarle  e  soc- 
correrle  come  le  anime  del  purga- 
torio,  dalungi;  altrimenti  traviamo. 


dell'Autore  e  del  traduttore  a  com- 
mendare  questo  libretto.  Aggiunge- 
remo,  perche  i  sacerdoti  siano  piu 
f nvogliati  a  leggerlo  e  meditarlo,  che 
contiene  avvisi  preziosissimi,  circa 
la  direzione  muliebre,  tanto  utile 
senza  dubbio  e  necessaria,  ma  anche 
tanto  difficile  e  pericolosa.  Alia  pri- 
ma,  dira  per  avventura  taluno  che 
6  troppo  severo ;  ma  poi  ritornandoci 
sopra  e  considerando  il  peso  delle 
autorita  di  Concilii,  di  Dottori  e  di 
Santi,  onde  ciascun  monito  e  confor- 


All'  incomparabile  Porporato,  ed  al- 
1'esimio  Arcivescovo  i  membri  del 
Clero,  massime  del  piu  giovane,  sa- 
pranno  grado  d'averli  cosi  salutar- 
mente  premuniti  e  forse  da  irrepa- 
rabile  ruina  salvati. 


IL  DURBAR  DI  DELHI  DEL  1°  GENNAIO  1903 

(Dal  nostro  Corrispondente  indiano) 


1.  Nell 'ultima  mia  corrispondenza  promisi  ai  lettori  della  Civilta 
di  offrir  loro  qualche  notizia  particolareggiata  sul  grande  Durbar,  te- 
nutosi  a  Delhi  nella  prima  settimana  del  corrente  gennaio,  in  occa- 
sione  della  proclamazione  di  Edoardo  YII  ad  imperatore  dell'  India ; 
ed  eccomi  a  mantenere  la  parola  data. 

Chi  ha  assistito  al  Durbar,  ora  quasi  finite,  puo  a  ragione  dubitare, 
se  F  India,  la  terra  classica  delle  pompe,  delle  parate  e  degli  sfarzir 
abbia  mai  veduto  una  simile  gloria  di  cerimonie  veramente  regalu 
GUi  antichi  Durbar  degl' imperatori  del  Gran  Mogol  impallidiscono  al 
paragone,  e  anche  quello  tenuto  a  Delhi  nel  1877,  al  tempo  del  vicere 
Lord  Lytton,  e  nel  quale  la  defunta  regina  Vittoria  fu  solennemente 
proclamata  imperatrice  dell'  India,  non  puo  reggere  al  confronto  col 
presente. 

Nel  Durbar  per  la  proclamazione  di  Vittoria  si  raccolsero  a  Delhi 
intorno  a  14,000  soldati ;  per  la  proclamazione  di  Edoardo  VII  a  im- 
peratore dell' India,  ne  sono  stati  radunati  27,000.  Sessantatre  prin- 
cipi  feudatarii  assistettero  alia  cerimonia  del  1877  ;  a  quella  del  1°  gen- 
naio 1902  se  ne  contarono  117.  Gli  spettatori  convenuti  a  Delhi,  ventisei 
anni  fa,  si  computarono  a  sessanta  o  ad  'ottanta  mila  ;  i  presenti  alia 
proclamazione  di  Edoardo  VII  superarono  senza  dubbio  i  260,000. 

Al  Durbar  in  onore  di  Edoardo  ha  preso  parte,  per  cosi  dire,  tutta 
1'Asia.  Principi  e  popoli  di  cento  stirpi  diverse  si  accalcarono  sul- 
T  istorico  Ridge,  a  cavaliere  della  citta  di  Delhi,  e  tutti  acclamarona 
ad  imperatore  dell'India,  un  re  bianco,  un  signore  di  una  stirpe  stra- 
niera,  sconosciuto  ai  piu,  vivente  lontano  fra  le  nebbie  del  settentrione, 
la  cui  potenza  pero  balena  e  palpita  fino  ai  confini  della  terra. 

L'  India  non  aveva  mai  veduto  uno  spettacolo  somigliante.  Due 
cento  anni  fa  i  principi  indiani  accorrevano  ancora  a  Delhi  a  gettare 
ai  piedi  dei  successori  del  Gran  Mogol,  sedenti  sul  trono  del  pavone, 
i  proprii  turban ti,  candidi  e  inolli  come  neve,  trapunta  di  stelJe 
d'oro  e  ricamata  di  diamanti,  nientre  dinanzi  alia  sala  del  Dewan-i~ 
Khas  barrivano  gli  elefanti  regali.  Ma  la  potenza  del  Sultano  di  Delhi 
era  piu  apparente  che  reale,  e  non  piu  di  venti  o  trenta  milioni  di 
creature  umane  ascoltavano,  secondo  la  frase  indiana,  la  voce  della 
sua  bocca.  Al  presente  invece,  dinanzi  al  primo  imperatore  dell'India 
si  curvano  riverenti  in  atto  di  vassallaggio,  fra  sudditi,  feudatarii,  e 
popoli  protetti  350  milioni  di  asiatici,  dalle  frontiere  della  Siberia  russa 
fino  alle  porte  della  Cina,  dalle  lande  misteriose  ed  inospite  del  Tibet 
fino  a  toccar  da  vicino  le  onde  sempre  azzurre  dell'oceano  australe. 


IL  DURBAR  DI  DELHI   DEL   1    GENNAIO    1903  351 

Quante  memorie  !  Sono  passati  146  anni  dal  giorno  che  il  Ciive 
condusse  la  eroica  difesa  di  Arcot  e  sconfisse  a  Plassey  il  Nawab  del 
Bengala.  Ad  Arcot  1'Inghilterra  vinse  i  francesi ;  a  Plassey  pianto  ii  suo 
piede  robusto  sul  trono  del  Bengala  e  comincio  la  marcia  verso  Delhi. 
Da  quel  giorno  in  poi,  province  furono  aggiunte  a  province,  popoli 
a  popoli,  frontiere  a  frontier?,  regni  a  regni.  L'aquila  britannica  di- 
stese  le  sue  ali  e  protesse  colla  sua  ombra  gigantesca  buona  parte 
del  continente  asiatico.  Dove  il  cinese,  il  coreano,  il  Siamese,  1'afgano, 
il  manciuriano,  e,  fino  a  questi  ultimi  anni,  il  giapponese  non  aveva 
nn  momento  della  sua  vita  che  potesse  chiamar  si  euro  dagli  sgherri, 
dai  predoni  o  da  un  re  tiranno ;  1'  indiano  invece  riposa  da  cento  anni 
in  pace  sotto  1'egida  possente  della  pax  britannica.  Trecento  milioni 
di  sudditi !  Quasi  due  volte  tanti  quanti  ne  contiene  1'  intero  conti- 
nente  americano !  Quasi  altrettanti  quanti  ne  mantiene  1'  Europa  in- 
tera !  Roma,  la  potente  Roma,  la  Roma  dei  Cesari,  del  Campidoglio, 
di  Augusto,  di  Nerone,  di  Diocleziano  non  ne  conto  mai  tanti.  E  men- 
tre  i  popoli  soggetti  a  Roma  obbedivano  alle  sue  leggi  imperiali  solo 
per  timore  della  spada  crudele,  dura,  inesorabile  del  legionario  ro- 
mano,  sitibondo  di  sangue,  di  bottino  e  di  schiave,  in  quella  vece  le 
genti  soggette  all'impero  anglo  indiano,  diverse  fra  di  se  di  schiatta, 
di  lingua,  di  carattere,  di  costuini  e  di  religione,  riconoscono  nel  JRaj 
inglese  la  giustizia  delle  leggi,  la  provvidenza  paterna  e  la  nascosta 
divinita.  La  divinita,  perche  nella  mente  panteista  dell' ori  en  tale,  Dio 
si  manifesta  materialmente  nella  bellezza  dei  cieli,  nella  fecondita  della 
terra,  nello  schianto  della  folgore,  nello  stormire  delle  frondi,  nell'uomo 
buono,  bello  e  gentile,  e  molto  piu  in  quello  che  va  armato  di  potenza 
e  incute  terrore.  Quando  il  1  gennaio  corrente  40,000  baionette  scin- 
tillarono  al  bel  sole  di  Delhi  e  i  barriti  di  260  elefanti  mescolarono 
la  loro  voce  robusta  al  rimbombo  di  cento  cannoni  che  proclamavano 
Re  Edoardo  imperatore,  quanti  erano  sudditi  asiatici  del  potente  re 
inglese,  present!  alia  grandiosa  cerimonia,  salutarono  coi  loro  evviva, 
gridati  in  tutti  i  toni  della  gamma  musicale,  in  quasi  tutte  le  lingue 
dell'Asia,  il  nuovo  imperatore,  e  lo  riconobbero,  a  loro  modo,  per 
padre,  madre  e  dio  in  terra. 

Per  noi  europei,  avvezzi  da  secoli  ad  una  piu  ampia  liberta,  a 
un  concepimento  piu  ragionevole  della  sovranita,  fa  ridere  il  concetto 
che  del  potere  regale  si  forma  un  asiatico.  Ma  pure  e  cosi.  Nella 
mente  di  un  orientale  il  re  e  un  padrone,  un  signore,  un  dio,  al  quale 
si  deve  ubbidienza  cieca,  sottomissione  assoluta,  presso  molti,  anche 
adorazione.  Come  la  creta  e  in  mano  del  vasaio,  cosi,  dice  il  pro- 
yerbio  sanscrito,  £  il  suddito  in  mano  del  suo  signore.  Quando  il  prin- 
cipe  pe'  suoi  eccessi,  per  la  sua  tirannide,  sara  diventato  insopporta- 
bile,  un  pugnale  segreto  o  una  coppa  avvelenata  lo  fara  sparire  dalla 


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scena  del  mondo,  e  i  suoi  popoli  presteranno  la  stessa  ubbidienza,  la 
stessa  sottomissione,  la  stessa  adorazione  al  suo  successore,  carnefice 
forse  del  passato  re.  Ma  1'asiatico  in  questo  non  ragiona.  Suo  prin^ 
cipio  primo,  evidente,  indiscutibile  &  che  al  principe,  finche  vive  e 
regna,  si  devono  onori  supremi,  e  per  conseguenza  non  gli  e  avaro 
di  complimenti,  di  titoli,  di  prostrazioni,  di  genuflessioni,  d' incensi,. 
di  profumi.  II  re  personifica  a'  suoi  occhi  la  bonta,  la  potenza,  la  glo- 
ria, il  proprio  paese,  spesso  anche  il  dio  della  sua  tribu  o  nazione; 
pero  lo  circonda  di  pompe,  lo  veste  di  seta  e  d'oro,  lo  copre  di  gioielli, 
lo  adombra  coi  flabelli,  spesso  anche,  come  nella  Cina,  lo  fa  vivere 
quasi  solitario,  lontano  del  suo  popolo,  invisibile  a'  proprii  sudditi, 
avvolto  nell'ombra  e  nel  mistero.  Cosi  trascorre  la  vita  negl'  imperi 
asiatici. 

Lord  Curzon  ha  penetrato  assai  bene  il  carattere  deH'Orientale,  e 
nel  presente  Durbar  gli  ha  dato  modo  di  soddisfare  pienamente  i  suoi 
istinti  incoscienti  di  fasto  e  di  grandiosita. 

II  Durbar,  come  tutti  sanno,  si  e  tenuto  a  Delhi.  Tuttavia,  non 
potendo  la  grande  citta  contenere  tutte  le  truppe,  gl'invitati  e  gl'innu-^ 
merevoli  visitatori,  si  costrui  intcrno  a  Delhi  sulle  colline  e  sui  piani 
un'  altra  citta  di  tende  d'ogni  foggia  e  d'ogni  colore.  Yedute  fra  i\ 
verde  cupo  dei  manghi,  dei  tamarindi,  e  delle  palme,  sotto  un  ciela 
di  zaffiro  ed  un  sole  smagliante,  presentavano  un  aspetto  somma- 
mente  pittoresco.  Un  italiano  congiunge  all'idea  di  tenda  qualche  cosa 
di  angusto,  di  povero,  d'incommodo.  Tali  pero  non  sono  le  tende  in- 
glesi,  e  non  lo  furono  specialmente  in  questa  occasione,  dove  Governo 
e  Principi  indiani  fecero  a  gara  per  sorpassarsi  a  vicenda  nella  ric- 
chezza,  nell'ampiezza,  nelle  comodita  e  nel  gusto  artistico  delle  loro 
temporarie  abitazioni.  Basti  dire  che  Lord  Curzon,  dopo  essersi  fatto 
fabbricare  nel  centro  di  Delhi  tina  casa  del  costo  di  6000  lire  ster- 
line,  all'ultimo  momento  cambio  pensiero  e  passo  i  giorni  del  Durbar 
sotto  una  tenda  regale  nel  centro  del  campo  imperiale.  Si  tiene  per 
certo  che  questo  abbia  contenuto  piu  di  100,000  teade,  disposte  ad  arfce 
e  secondo  un  disegno  prestabilito,  sopra  un'  area  di  48  chilometri  di 
periferia.  Da  Delhi  si  arrivava  al  campo  per  mezzo  di  tre  grandi 
strade,  sopra  una  delle  quali  correva  una  ferrovia  leggera,  stabilita 
a  bella  posta  per  1'occasione.  II  campo  poi,  era  tagliato  da  un  gran 
numero  di  belle  strade,  le  quali,  illuminate  di  notte  a  luce  elettrica, 
lo  correvano  in  tutte  le  direzioni.  Ogni  principe  europeo  od  asiatico, 
ogni  casta,  ogni  religione,  ogni  provincia  deH'impero,  ogni  Governa- 
tore,  ogni  dicastero  del  Groverno  ebbe  assegnata  una  parte  specials, 
dove  eresse  le  tende  per  se  e  per  la  propria  gente  come  meglio 
gli  piacque.  E  intorno  alle  tende,  dove  la  natura  era  brulla,  si  pian- 
tarono  giardini  artificial! ,  si  portarouo  dalla  citta  e  dai  colli  vicini 


DEL  1  GENNAIO  1903  353 

piante  anehe  d'alto  fusto,  si  improvvisarono  fontane,  e  tutto  il  campo 
fu  illuminatao  a  luce  elettrica  il  cui  impianto,  benche  solo  temporaneo, 
venne  a  costare  45,000  lire  sterline. 

Ho  detto  che  i  forestieri  venuti  al  Durbar  di  Delhi  superavano  i 
250  mila.  Fra  gl'invitati  europei  primi  senza  dubbio  erano  il  duca  e 
la  duchessa  di  Connaught,  mandati  al  Durbar  dal  fratello  re  ed  im- 
peratore  Edoardo  VII.  Questi  era  rappresentato  umcialmente  dal  Vi- 
cere  Lord  Curzon  che  solo  in  tutte  le  cerimonie  tenne  sempre  il  primo 
posto,  ricevette  romaggio  dei  principi  feudatarii,  pronuncio  il  discorso 
del  trono  e  il  messaggio  deH'imperatore.  Anche  il  regnante  duca  d'Hesse 
fece  a  bella  posta  il  viaggio  dell'India  per  assistere  al  meraviglioso 
spettacolo.  Dei  principi  e  rajahs  indiani  se  ne  contarono  117,  i  cui 
nomi  dard  piu  tardi.  Vi  erano  inoltre  gli  ambasciatori  dell'Afganistan, 
del  Siam,  del  Giappone,  e  un  gran  numero  di  signori  dell'alta  aristo- 
crazia  inglese  ed  indiana,  ospiti  dei  governatori  ed  ufficiali  inglesi  o 
dei  principi  del  paese.  I  settanta  squadroni  di  cavalleria  e  artiglie- 
ria  e  i  trentacinque  battaglioni  d'infanteria,  europea  ed  indigena, 
erano  comandati  da  Lord  Kitchener  in  persona,  arrivato  un  mese  prima 
a  prendere  il  supremo  comando  delle  armi  inglesi  nell'India. 

II  29  dicembre,  a  mezzogiorno  in  punto,  Lord  e  Lady  Curzon,  il 
Duca  e  la  Duchessa  di  Connaught,  il  Duca  d'Hesse,  i  Principi  indi- 
geni  e  la  immensa  folia  degl'invitati  al  Durbar  fecero  la  loro  entrata 
in  Delhi.  Dalla  citta  fino  al  campo  sul  Ridge  erano  schierate  in  due 
ali  le  truppe  che  al  passare  della  splendida  processione  presenta- 
vano  le  armi,  mentre  le  bande  di  tutti  i  reggimenti  riunite  insieme 
sonavan  a  festa  e  il  cannone  tonava  a  salve.  Precedevano  gli  squa- 
droni di  cavalleria  e  di  artiglieria  a  cavallo,  il  corpo  dei  cadetti  im- 
periali  indiani,  gli  araldi  e  i  trombettieri.  Seguivano  tre  coppie  di 
elefanti,  a  due  a  due,  di  fronte,  riccamente  bardati  e  portanti  gli  aiu- 
tanti  di  campo  del  Vicere  e  dei  duchi  di  Connaught.  Poscia,  Lord  e  £.ady 
Curzon,  il  Duca  e  la  Duchessa,  seduti  sotto  padiglioni  di  avorio  e 
d'argento,  portati  in  groppa  da  due  elefanti  di  belle  forme,  di  sta- 
tura  gigantesca,  mansueti  come  agnelli,  vestiti  di  gualdrappe  ricchis- 
sime  di  seta  e  di  porpora,  ricamate  in  oro  ed  argento,  ornate  di 
gemme  scintillanti,  con  fregi  e  borchie  d'oro  e  i  pendenti  sonagli  d'ar- 
gento. Poi,  sempre  a  due  a  due,  e  di  fronte  venivano  i  principi  in- 
diani, quel  primo  giorno  sessanta  in  circa,  ciascuno  sul  suo  elefante, 
bardato  come  poteva  solo  imaginarlo  una  fantasia  orientale. 

Ai  principi  indiani  facevano  seguito  a  cavallo  o  in  carrozza  il  Duca 
d'Hesse  colla  sua  scorta,  i  governatori  di  Bombay,  di  Madras,  del 
Punjab,  della  Birmania,  del  Bengala,  delle  Provincie  del  Nord  Ovest, 
il  generale  in  capo  delle  armi  britanniche  nell'India,  Lord  Kitchener, 
il  Khan  di  Khelat,  i  Commissarii  delle  frontiere,  dell' Assam,  delle 
Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1263.  23  31  gennaio  1903. 


354  IL   DURBAR   DI   DELHI 

Province  central!,  1'agente  del  Beluchistan,  e  numerosi  capi  afgani, 
patani  e  beluchi,  tutti,  ben  s'intende,  accompagnati  dalle  rispettive 
loro  scorte,  vestiti  nelle  fogge  piu  pittoresche  e  piu  strane,  smaglianti 
di  colori,  d'oro  e  di  gemme.  E  dietro  a  quest!  facevano  bella  e  ve- 
nerata  mostra  di  se,  ammirati  -ed  acclamatissimi  dagli  spettatori,  spe- 
cialmente  europei,  i  superstiti  veteran!  che  avevano  combattuto  e  vinta 
in  pro  del!'  laghilterra  la  grande  rivoluzione  dei  sepoys  del  1857. 
Quest!  vecchi  soldati,  pochi  in  numero,  e  parecchi  di  loro  coperti  di 
cicatrici,  potevano  ben  dire  con  verita  che  la  patria  doveva  a  loro  la 
gloria  di  quel  Durbar. 

E  qui  finiva,  per  cosi  dire,  la  prima  parte  della  processione. 
Ma  essa  realmente  era  appena  arrivata  a  meta.  Ai  rappresentanti  del- 
Plmpero  angloindiano,  seguivano  le  corti  dei  principi,  gli  alt!  digni- 
tarii  sopra  elefanti,  i  minor!  a  cavallo  od  in  carrozza,  moltitudine 
immensa,  variopiata,  dove  i  color!  piu  vivaci  dei  veli,  delle  sete  e 
dei  broccati  s'intrecciavano  bellamente  col  folgorio  dei  monili  e  delle 
gemme.  E  tutta  questa  gente  procedeva  in  bell'ordine,  con  alia  testa 
gli  elefanti  in  numero  di  oltre  a  200,  seguiti  da!  cavalli  e  dalle  car- 
rozze,  e  poi  da  una  moltitudine  di  visitatori,  di  curiosi,  di  abitanti 
di  Delhi  alia  rinfusa. 

Lo  splendido  corteo  passd  per  la  strada  della  Regina,  poi  giu  per 
via  Khas,  giro  intorno  alia  Jamma  Musjid  (moschea  cattedrale  di 
Delhi),  davanti  all'ospedale,  poi  per  Esplanade  Road,  per  Chandni 
Chowk,  e  attraverso  il  ponte  di  Lord  Dufferin  alia  porta  Mori,  donde, 
dopo  quattro  chilometri,  arrive  al  campo  del  Durbar. 

La  processione  si  stendeva  per  ben  dieci  miglia  e  duro  fino  a 
sera,  ammirata,  goduta,  applaudita  da  forse  quasi  tutta  la  popolazione 
di  Delhi,  cioe  da  208,000  abitanti.  Ma  questo  meraviglioso  corteo  non 
era  che  il  preludio  delle  feste.  La  solenne  cerimonia  del  Durbar  o 
proclamazione  di  Edoardo  YII  ad  Imperatore  dell 'Indie,  si  tenne  tre 
giorni  dopo,  il  primo  gennaio,  e  la  sua  magnificenza  supera  ogni 
descrizione. 

II  cannone,  all'alba,  tonando  da  quindici  punt!  divers!,  sveglio  i 
duecentocinquantamila  abitanti  del  campo  variopinto  del  Durbar  e  le 
moltitudini  della  grande  citta.  I  37,000  soldati  di  ogni  arme,  colore 
ed  uniforme,  si  disposero  in  due  file  dal  campo  viceregale  all'anfi- 
teatro  dove  si  doveva  tenere  la  proclamazione.  Prima  delle  nove 
quella  immensa  folia,  una  folia  che  non  si  vedra  mai  in  Europa, 
si  addensava  da  tutti  i  punti  di  Delhi  e  del  campo  lungo  la  via  che 
menava  all'anfiteatro.  Europei,  persiani,  maratti,  bengalesi,  cingalesi, 
indiani  delPIndia  meridionale,  centrale  e  settentrionale,  afgani,  siki, 
patani,  birmani;  indigeni  dal  viso  ovale,  quasi  greco,  o  dalle  fattezze 
scitiche,  mongoliche  od  africane  ;  dalla  tinta  chiara,  dal  colore  giallo 
pallido,  persino  dal  giallo  di  zafferano  ;  molti  rossastri,  moltissimi 


DEL    1    GENNAIO    1903  355 

bruni  quasi  neri ;  in  tutte  le  fogge  di  abiti,  in  tutte  le  sorta  di 
colori,  vestiti  di  seta  verde  e  gialla,  di  velluti  bruni  o  searlatti,  di 
mussoline  candide  come  la  neve,  di  veli  aerei,  quasi  impalpabili ; 
adorni,  eoperti,  carichi  di  monili  d'oro,  coi  turbanti  e  la  persona 
tempestati  di  gemme,  le  chiome  nere,  lucidissime,  profumate  colle 
migliori  essenze  del  paese  ;  uomini  parlanti  centinaia  di  favelle  fra 
lingue  e  dialetti,  abitanti  dai  confini  del  Tibet  e  dell' Himalaya, 
fino  alle  prode  meridionali  dell'equatore.  E  tutta  questa  massa  con- 
fusa,  pittoresca,  variopinta,  rumoreggiante  come  1'oceano,  chi  a  cavallo, 
chi  in  carrozza,  chi  sui  palanchini,  chi  sugli  elefanti,  in  moto  verso 
1'anfiteatro  del  Durbar. 

L'anfiteatro  dove  si  tenne  la  proclamazione  fu  fabbricato  a  bella 
posta  e  la  sua  costruzione  duro  sette  mesi.  Ne  fu  architetto  il  colon- 
nello  inglese  Swinton,  ma  il  disegno  venne  modificato  dallo  stesso 
Lord  Curzon,  ornato  poi  e  decorato  dall' architetto  indiano  Earn  Singh, 
il  quale  e  noto  anche  in  Inghilterra  per  aver  decorato  ed  addobbato 
i  cosi  detti  saloni  indiani  del  castello  reale  di  Osborne  nelP  isola  di 
Wight.  L'anfiteatro,  in  forma  di  un  ferro  da  cavallo,  e  tutto  in  legno, 
sorgeva  sopra  un  terrapieno  e  poteva  contenere  un  15000  persone. 
In  fondo  era  il  trono,  una  magnificenza  di  drappi,  di  oro  e  di  avorio, 
e  tutto  intorno  le  vaste  scalinate  per  gli  spettatori,  colle  spalliere 
ornate  ricsamente  e  i  sedili  coperti  di  tappeti  orientali. 

I  principi  indiani,  fra  le  dieci  e  le  undici  antimeridiane,  mossero, 
ciascuno  separatamente  col  proprio  seguito,  verso  1'anfiteatro.  Alle 
11.15  il  Duca  e  la  Duchessa  di  Connaught  lasciarono  il  campo  vi- 
ceregale,  e  alle  11.30  il  Yieere  e  la  Yiceregina  sul  proprio  elefante  en- 
travano  nella  gran  processione  che  procedette  ordinata,  maestosa,  ma- 
gnificentissima  verso  1'anfiteatro.  Mai  ibrse,  nella  storia  dell' Asia,  nonsi 
erano  veduti  raccolti  insieme  tanti  principi,  tanti  elefanti,  tanta  gloria 
europea  ed  asiatica.  Quel  giorno  pote  1'  Europa  contemplare  con  giu- 
sto  orgoglio  a'  suoi  piedi  la  parte  migliore  dell'Asia,  e  1'  Inghilterra 
in  particolare  pote  gustare  1'ebbrezza  del  trionfo,  della  gloria  del 
proprio  impero,  simile  al  quale,  forse,  non  si  vide  mai  sulla  terra. 
II  filosofo  poi  ed  il  cristiano  pote  sperare  non  lontano  il  tempo,  quando 
rotte  fra  le  varie  stirpi  le  barriere  di  division!  e  di  odio  si  compiera 
la  tanto  desiderata  fratellanza  umana. 

Alle  12.30  il  Yicere  Lord  Curzon,  seguito  dai  principi  entro  nel- 
1'anfiteatro  e  procedette  verso  il  trono.  I  principi  restarono  fermi 
sugli  elefanti,  nel  centro  deli'anfiteatro  di  fronte  al  palco  reale,  men- 
tre  tutto  intorno,  sulle  gradinate,  prendevano  posto  coloro,  cui  per 
nascita,  dignita  o  ufncio  spettava  di  comparire  a  far  omaggio  o  ad  as- 
sistere  aila  grandiosa  cerimonia.  Questi  fortunati  erano  intorno  a 
12,000.  Sull'immensa  spianata  dinanzi  all'anfiteatro  erano  schierati 


356  IL   DURBAR   DI   DELHI 

i  37,000  soldati  imperial!  e  tutto  intorno  si  addensava  la  turba  quasi 
infinita  del  campo  e  della  citta. 

Non  appena  Lord  Curzon  si  fu  seduto,  la  guardia  reale  presento 
le  armi,  trentun  colpo  di  cannone  tonarono  dal  campo,  mentre  dai 
gradini  dell'anfiteatro  gli  evviva  e  gli  applausi  si  levarono  alle  stelle. 
Finito  il  saluto,  si  fece  innanzi,  secondo  il  cerimoniale,  il  Ministro  degli 
esteri,  e  domando  al  Yicere  il  permesso  di  aprire  il  Durbar.  Allora  le 
bande  musicali  che  circondavano  il  trono  chiamarono  con  lunghi  squilli 
1'araldo.  Questi,  il  capitano  Maxwell,  una  gigantesca  figura  d'uomo, 
vestito  d'oro  e  di  velluto  chermisino,  cavalcd  fino  al  trono  del  Yicere, 
accompagnato  da  dodici  trombettieri  in  fogge  ricchissime  ed  eleganti. 
Nel  cavalcare  verso  il  trono  si  fermarono  tre  volte,  lanciando  al  cielo 
ogni  volta  acutissimi  squilli  di  tromba.  Ad  un  cenno  del  Yicere 
1'araldo  lesse  la  proclamazione  di  Edoardo  YII  ad  imperatore  dell'India. 
Quando  le  ultime  note  della  voce  potente  dell'araldo  si  perderono  nel- 
1'arena,  la  bandiera  britannica  fu  inalberata  sull'albero  sorgente  nel 
mezzo  dell'anfiteatro,  le  musiche  sonarono  1'  inno  nazionale,  la  guar- 
dia di  onore  presento  le  armi,  gli  spettatori  si  levarono  in  piedi,  to- 
narono cento  ed  un  colpo  di  cannone,  che  furono  accompagnati  nel 
loro  tremendo  rimbombo  dagli  squilli  prolungati  delle  trombe  del- 
1'araldo  e  dei  trombettieri.  II  solennissimo  momento  era  passato. 

Quando  nell'anfiteatro  ritorno  il  silenzio,  il  Yicere  si  levo  in  piedi, 
e  dall'alto  del  trono,  dinanzi  ai  dignitari,,  ai  principi,  agli  ufficiali 
dell'Impero,  pronuncio  il  suo  discorso. 

Lord  Curzon  comincio  ricordando  che  nel  luogo  stesso  della  pre- 
sente  cerimonia,  a  Delhi,  fu  proclamata  26  anni  prima,  la  regina 
Yittoria,  prima  imperatrice  dell'India.  Osservo  che  grazie  alia  pre- 
senza  dei  principi  regnanti,  di  speciali  deputati,  o  rappresentanti  delle 
popolazioni  asiatiche  soggette  all'Inghilterra,  in  quell' an fiteatro  erano 
rappresentati  circa  230  milioni  di  esseri  umani,  soggetti  ed  ubbidienti, 
non  per  forza  ma  per  amore,  all'impero  britannico,  che  ormai  riceveva 
1'omaggio  di  quasi  un  quinto  del  genere  umano.  A  tutti  questi  mi- 
lioni di  uomini  il  Gtoverno  dell 'Imperatore  Edoardo  aveva  dato  prote- 
zione  contro  1'anarchia  interna  e  le  invasion!  straniere,  a  tutti  poi 
aveva  assicurati  i  proprii  diritti,  la  propria  religione,  il  tranquillo 
possesso  dei  proprii  beni,  giustizia  e  pace  universale.  La  conquista 
da  parte  delPInghilterra  di  un  cosi  vasto  impero,  era  stata  opera 
grande  e  meravigliosa,  ma  era  maggiore  merito  tenerlo  unito  in  forma 
pacifica  e  prosperosa. 

II  Yicere  lesse  quindi  il  messaggio  del  re  ed  imperatore. 

11  messaggio  rammenta  la  visita  di  re  Edoardo  nell'India  1'anno 
1875;  dice  che  lo  avvince  all'India  un  profondo  affetto  figliale.  Ri- 
corda  i  cospicui  servigi  resi  dall'esercito  indiano  ed  esprime  la  spe- 


DEL    1    GENNAIO    1903  357 

?anza  che  il  principe  e  la  principessa  di  G-alles  potranno  presto  vi- 
sitare  minutamente  il  grande  paese  su  cui  sarauno  chiamati  a  re- 
.gnare.  II  messaggio  soggiunge : 

«  E  mio  desiderio  di  mantenere  immutato  il  regime  dell'equa  ed 
umana  amininistrazione,  inaugurata  da  mia  madre,  prima  imperatriee 
delle  Indie.  Rinnovo  quindi  1'assicurazione  del  mio  rispetto  per  la 
liberta  e  i  diritti  di  tutti  i  feudatarii  e  sudditi  dell'India,  il  mio  in- 
teressamento  e  la  mia  devozione  per  il  benessere  dell'impero.  Quest! 
sono  i  supremi  scopi  che  mi  prefiggo.  Spero  con  I'aiuto  di  Dio  di 
accrescere  la  prosperita  dell'impero  e  di  contribuire  alia  felicita  del 
mio  popolo.  » 

Lord  Curzon,  continuando,  annunzio  in  nome  dell'Imperatore,  che 
per  tre  anni,  il  Governo  non  avrebbe  riscosso  alcun  interesse  sui  pre- 
stiti  consentiti  e  garantiti  dal  Governo  dell'India  agli  Stati  indigeni  in 
seguito  all' ultima  carestia. 

Quando  il  Yieere  ebbe  finite  di  parlare,  i  trombettieri  diedero  di 
nuovo  fiato  alle  trombe,  e  1'araldo,  fattosi  innanzi  alia  grande  udienza, 
domando  tre  evviva  per  1'Imperatore  e  Re.  A  quelle  parole  scoppia- 
rono  dai  petti  degli  spettatori  nell'anfiteatro,  da  quelli  di  fuori  e  dai 
37000  soldati  tali  evviva  che  veramente  salirono  alle  stelle.  Comincid 
-allora  la  presentazione  dei  singoli  principi  e  la  cerimonia  delPomaggio. 

II  principe  indiano,  accompagnato  dai  cerimonieri  imperial!,  si  ap- 
pressava  al  trono,  salutava  il  Yicere  secondo  il  costume  del  proprio 
paese  e  pronunciava  qualche  parola  di  augurio  o  di  omaggio,  tradotta 
3il  Yicere  dagli  interpret!  che  gli  facevano  corona. 

Lo  spettacolo  era  meraviglioso.  Nella  grande  arena  non  si  sentiva 
uno  zitto.  Tutti  tenevano  fissi  gli  occhi  sui  principi,  vestiti  nei  co- 
stumi  nazionali,  tempestati  letteralmente  di  gemme.  Ne  avevano  sopra 
tutta  la  persona,  sui  superbi  turbanti,  sui  collo,  sui  petto,  incasto- 
nate  sulle  armi,  ricamate  a  disegno  sugli  abiti.  Ogni  principe  portava 
in  dosso  un  vero  tesoro. 

Alcuni  dei  principi  indiani,  assai  noti  pel  loro  valore  e  per  le  virtu 
personali,  o  cari  al  paese  per  le  tradizioni  della  famiglia  e  degli  avi, 
furono  acclamati  freneticamente.  La  begum  (regina)  di  Bopal,  fragile 
figura  di  donna,  avvolta  da  capo  a  piedi  in  veli  di  seta  e  d'oro,  s'ap- 
presso  al  trono,  tocco  come  atto  di  ossequio  i  piedi  del  vicere,  strinse 
la  mano  alia  viceregina  e  alia  duchessa  di  Connaught,  offerse  a  Lord 
•Curzon  il  suo  omaggio,  chiuso  in  un  artistico  cofanetto  d'oro,  poi 
senza  parlare,  invisibile  ne'  suoi  veli,  ritornd  al  proprio  posto  fra  la  com- 
mozione  e  gli  evviva  dell'adunanza.  Passarono  altri  principi,  risona- 
rono  altre  acclamazioni,  poi  gli  spettatori  furono  di  bel  nuovo  elet- 
trizzati  da  uno  spettacolo  commovente.  Ua  fanciullo  di  pochi  anni, 
Testito  in  un  ricchissimo  abito  azzurro  e  rosa,  seguito  da  un  uomo 


358  IL   DURBAR  DI   DELHI 

gigantesco  della  stirpe  del  Siki,  suo   tutore,  si   appresso  al  trono  a 

fare  omaggio.  Quel  bambino  era  il  Maharajah  di  Patiala. 

Seguirono  fra  le  acclamazioni  dell' assemble  a  il  G-aekwar  di  Baroda, 
il  Maharana  di  Udaipur,  il  Nizam  di  Hyderabad,  i  Maharajahs  del 
Mysore,  del  Kashmir,  di  Jaipur,  di  Jodhpur,  di  Kishangarh,  di  Dhol- 
pur,  di  Eatlam,  il  Nawab  di  Jaora,  i  Maharajahs  di  Gwalior  e  di 
Travancore,  i  rajahs  di  Cochin  e  di  Pudukota.  Dopo  questi  vennero 
altri  principi  e  capi,  i  cui  nomi,  almeno  dei  prinoipali,  non  sara 
inutile  tramandare  alia  storia.  Offrirono  omaggio  all'  Imperatore 
Edoardo  YII,  nella  persona  del  suo  vicere  Lord  Curzon,  il  Khan 
di  Khelat,  lo  Jam  di  Las  Byla,  il  Eajah  di  Manipur,  il  Maharao 
Raja  di  Bundi,  il  Maharajah  di  Bikanir,  il  Maharao  di  Kota,  il  Maha- 
rajah di  Karauli,  il  Maharawal  di  Jaisalmer,  il  Maharajah  di  Alwar, 
il  Nawab  di  Tonk,  il  Maharajah  di  Sirohi,  il  Maharana  di  Dungar- 
pur,  il  Kaj  Rawal  di  Jhalawar,  il  Maharajah  di  Rewa,  il  Maharajah 
di  Orchha,  il  Maharajah  di  Datia,  i  Rajahs  di  Dhar  e  di  Dewas,  il 
Maharajah  di  Charkhari,  i  Rajahs  di  Rajgarh  e  Narsingarh,  il  Rana 
di  Barwani,  il  Thakur  di  Piploda,  il  Rao  di  Alipura,  il  Maharajah 
di  Kolhapur,  il  Rao  di  Cutch,  il  Mir  di  Khairpur,  i  Sultani  di  Shehr 
e  Mokalla,  il  Nawab  di  Junagarh,  il  Tagur  Sahib  di  Bhawnagar,  il 
Rana  di  Pordanbar,  il  Nawab  di  Cambay,  i  Thakur  Sahibs  di  Morvi 
e  Gondal,  il  Sultano  di  Lahey,  i  Rajahs  di  Bariya  e  Bausda,  i  Thakur 
Sahibs  di  Palitana  e  Limri,  il  Nawab  di  ^anjira,  1'Amir  di  Athali- 
pant,  il  Sachiv  di  Bhor,  il  Capo  di  Miraj,  il  Nawab  di  Bhawalpur, 
i  Rajahs  di  Jhind,  Nabha,  Kapurthala  e  Simur,  il  figlio  del  Nawab> 
di  Maler  Kotla,  i  Rajahs  di  Nalagarh,  di  Keonthal  e  Faridkot,  il  Sardar 
di  Kolsia,  i  Nawabs  di  Wharu  e  Dujana,  il  Maharajah  di  Coooh  Beharr 
i  Rajahs  di  Hill  Tippera,  di  Benares,  di  Tehri,  i  Sawbwas  di  Ken- 
tung,  Mong  Nai,  Yawng  Hwe,  Hsenwi  Mong,  Pawn  meridionale  e 
Karenni  orientale,  i  Rajahs  di  Sonpur,  Rehra  Khol,  Rajgarh  e  Khajra- 
garh,  il  Mehiar  di  Chitral,  il  Nawab  di  Dir,  il  Khan  di  Nawagai,  i 
Mirs  di  Hunza  e  Nagar  ecc.  ecc. 

Colla  fine  dell' omaggio  anche  il  Durbar  fu  finito  e  Fassemblea  fece 
ritorno  al  campo. 

I  corrispondenti  dei  grandi  giornali  inglesi,  ed  anglo-indiani  man- 
dati  a  Delhi  per  assistere  alia  cerimonia,  non  trovano  parole  per  de- 
scriverla  degnamente.  Uno  di  essi  scrive  : 

«  Oggi  io  ho  assistito  ad  uno  spettacolo  incredibile  quasi  ai  sensi  -r 
ad  un  vero  spettacolo  di  sogno  e  di  visione :  1'attuazione  degli  splen- 
dori  e  delle  meraviglie  piu  fantastiche  delle  favole  orientali  e  delle 
mille  ed  una  notte.  Si,  era  un  vero  sogno  orientale,  un  sogno  ge- 
nerato  dall'oppio,  in  cui  erano  stranamente  mescolati  la  disciplina  e- 
1'ordine  rigido  e  perfetto  dell'Oecidente,  con  lo  splendore  accecante?. 


DEL  1  GENNAIO  1903  359 

col  fascino  meraviglioso  e  spaventoso,  con  la  intensita  di  colore  e  di 
vita  deirOriente.  Non  credo  che  occhio  umano  abbia  mai  contemplate 
spettacolo  simile.  Q-iammai,  quando  la  Corte  Mongola  era  al  sommo 
della  sua  magnificenza,  i  suoi  sovrani  non  hanno  marciato  traverse  la  mi- 
stica  citta  imperiale  con  una  scorta  che  per  splendore,  ricchezza,  mae- 
sta,  si  avvicinasse  a  quella  con  cui  oggi  il  vicere  e  entrato  nell'an- 
fiteatro  del  Durbar.  » 

Un  altro  scrive  :  «  La  citta  era  sveglia  sino  dalla  prima  aurora. 
La  luce  del  mattino  toccava  gia  appena  le  cupole  inaestose,  i  minareti 
fantastic!  che  gia  una  immensa  folia  si  rovesciava  per  le  strade  verso 
1'anfiteatro  ;  una  folia  strana,  in  cui  erano  inescolati  tutti  i  colori  e 
tutte  le  razze. 

«  Le  strade,  i  terrazzi,  le  finestre,  le  verande,  le  scale  esterne 
delle  case,  i  tetti  erano  letteralmente  coperti  da  grappoli  umani  di 
-colori  vivacissimi,  che  risplendevano  nell'oro  del  sole  e  contro  1'az- 
zurro  limpidissimo  del  cielo.  La  famosa  moschea,  la  Jamma  Musjid, 
il  piu  colossale  tempio  dell' Asia,  ed  uno  dei  piu  meravigliosi  monu- 
menti  dell'intero  mondo,  con  le  sue  grandi  fughe  di  scale  coperte 
di  popolo,  sorgeva  come  un'isola  meravigliosa  da  un  grande  oceano 
di  colori,  lainpeggiante  di  tutte  le  iridescenze  dell'arcobaleno.  In  que- 
sto  meraviglioso  oceano  ogni  singola  persona  era  come  un'onda  che 
avesse  il  suo  rinesso  speciale.  II  rosso,  il  giallo,  il  verde  erano  i  co- 
lori dominanti  in  questa  splendida  folia  orientale  ;  ma  con  essi  si 
mescolavano  il  turchese  pallido,  il  zaffiro  piu  intense,  il  violetto, 
1'eliotropico  :  cosicch£  la  immensa  massa  umana,  con  la  mescolanza 
>e  la  mutua  corrispondenza  delle  tinte  finiva  per  risplendere  con  tutti 
i  colori  che  i  gioielli,  i  fieri,  1'aria,  1'acqua  abbiano  mai  suggerito 
all'occhio  di  un  pittore.  Tutto  questo  splendore  raggiungera  1'apice 
nell'anfiteatro.  I  baldacchini  dei  maharajah,  fatti  d'oro  e  d'argento  mas- 
siccio  e  coper ti  di  sete  incrostate  di  gemme,  risplendevano  come  fan- 
tastici  edifizi  di  fiamma  neH'aria...  » 

Le  feste  non  ebbero  fine  col  la  proclamazione,  che  anzi  durarono 
altri  dieci  giorni.  II  Vicere  tenne  in  persona  cinque  grandi  banchetti 
di  Stato  nei  quali  ammise  160  invitati  per  volta,  e  1'  invesfcitura  degli 
ordini  cavallereschi  o  il  conferimento  delle  medaglie  a  centinaia  di 
principi  e  signori,  europei  ed  indiani.  L'  investitura  si  tenne  nella 
grande  sala  imperiale  del  Gran  Mogol  in  Delhi,  detta  Dewan-i-Am, 
forse  la  piu  bella  del  mondo,  e  che  la  sera  del  3  gennaio  vide  rac- 
colte  fra  le  sue  mura  di  marmo  a  mille  colori,  illuminate  da  migliaia 
di  lampadine  elettriche,  ben  3000  persone.  Fra  i  molti  decorati  com- 
parvero  anche  due  Padri  della  Compagnia  di  Gesu,  il  Rev.  P.  Lafont, 
Eettore  del  Collegio  di  S.  Francesco  Saverio  a  Calcutta,  e  il  Rev.  P.  J. 
Sewell,  prefetto  degli  studii  nel  collegio  di  S.  Giuseppe  a  TrichicopolL 


360  IL  DURBAR  DI  DELHI  DEL   1    GENNAIO   1903 

II  Vicere,  inoltre,  a  ricordo  della  proclamazione  dell'  Imperatore* 
Edoardo,  diede  la  liber ta  a  16188  prigionieri,  concesse  a  molti  che 
se  ne  erano  resi  degni,  titoli,  onorificenze,  somme  di  danaro,  terre, 
privilegii,  esenzioni,  guarentigie  ed  altri  beneficii.  Fu  di  piu  aperta 
dal  Vicere  in  un  palazzo  imperiale  della  citta  una  esposizione  di  arte 
Indiana  antica  e  moderna.  La  mostra  riusci  assai  bene  e  attiro  visi- 
tatori  a  migliaia,  che  contemplavano  estatici  daH'ammirazione  i  ricchi 
e  meravigliosi  gioielli  che  principi  ed  altri  gran  signori  dell'impero 
avevano  mandati  cola  ad  incoraggiamento  delle  patrie  arti. 

Le  feste  continuarono  fino  al  10  inclusive.  Si  tennero,  fra  gli  altri 
divertimenti,  stupendi  fuochi  d'artificio,  tornei,  colossali  partite  di 
foot  ball,  di  polo,  e  il  memorando  Durbar  del  1903  si  chiuse  con  una 
grande  rivista  militare  tenutasi  sotto  il  comando  di  Lord  Kitchener  alia 
presenza  del  Vicere,  della  Viceregina,  del  Duca  e  della  Duchessa  di 
Connaught,  dei  principi  indiani  e  di  un  infinito  numero  di  gente.  Pre- 
eeroparte  alia  grande  rivista  29,610  soldati,  un  terzo  europei,  gli  altri 
indigeni,  fra  i  quali  3000  soldati  di  fanteria  e  1500  di  cavalleria  delle 
truppe  feudatarie,  comandate  dai  principi  indigeni,  piu  800  volontarii 
a  piedi  e  a  cavallo. 

Quanto  all'effetto  politico  che  1'  Inghilterra  aspetta  dal  Durbar,  ce- 
lebrato  da  lei  al  costo  di  tre  milioni  di  sterline,  tutti  i  giornali  sono 
concordi. 

«  Lo  splendore  ed  il  successo  del  gran  Durbar  dimostra,  secondo 
essi,  che  il  dominio  inglese  nelP  India  si  e  grandemente  consolidate 
negli  ultimi  anni ;  e  non  si  e  gia  fortificato  per  un  esercizio  maggiore 
dell'autorita  e  della  forza,  ma  per  un  crescente  e  sempre  piu  sincere 
consenso  di  tutti  i  principi  vassalli,  di  tutte  le  caste  dominant!,  di 
tutti  gli  individui  dctati  di  maggiore  intelligenza  e  di  maggior  senso 
pratico  nel  grande  paese.  L' India  e  un  mosaico  di  popoli,  di  razze, 
di  religioni,  di  lingue,  di  classi ;  le  fila  di  tutti  questi  varii  element! 
sono  talmente  intrecciate  le  une  con  le  altre  che  non  sara  mai  piu 
possibile  sbrogliarle.  In  tutta  questa  confusicne  il  dominio  inglese 
rappresenta  la  sola  causa  prima,  stabile,  sicura,  intorno  a  cui  tutta 
il  resto  si  pud  ordinare.  Se  questo  dominio  venisse  meno,  1'  edifizio 
colossale  dell'  impero  indiano  cadrebbe  in  brandelli,  come  un  castello 
di  carta,  e  il  paese  precipiterebbe  nella  piu  terribile  anarchia. 

«  Questa  verita  e  ora  capita  dagli  stessi  indiani  piu  intelligenti  o 
piu  mallevadori  della  quiete  del  paese,  ed  e  questa  convinzione  che 
nutre  il  loro  nuovo  sentimento  di  loyalism  ossia-di  fedelta  verso  il 
Governo  inglese.  II  che  e  stato  cagione  che  il  grande  Durbar  nazio- 
nale  del  1903  ha  potuto  avere  luogo  con  tanto  entusiasmo,  appunto 
in  quella  citta  che  era  stata  il  centro  del  grande  ammutinamento  di 
mezzo  secolo  fa,  > 


GRONAGA  GONTEMPORANEA 


Roma,  9  -  29  gennaio  1903 

I. 
COSE  ROMANS 

1.  Decreti  per  la  Ven.  Giulia  Billiart  e  pel  Yen.  Giov.  Eudes.  —  2.  Rice- 
vimenti  pel  Giubileo  pontificate  di  Leone  XIII.  —  3.  Morte  deirErho 
Card.  Parocchi.  —  4.  Morte  della  Duchessa  Arabella  Salviati. 

1.  Martedi,  6  gennaio,  festa  dell' Epifania  di  N.  S.,  nel  palazzo 
Apostolico  Yaticano,  alia  presenza  del  Santo  Padre,  furono  promul- 
gati  i  decreti  sopra  Teroismo  delle  virtu  della  Yen.  Giulia  Billiart, 
fondatrice  della  Congregazione  delle  Sucre  della  B.  Y.  Maria  :  e  del 
Yen.  Giovanni  Eudes,  missionario  apostolico  e  istitutore  della  Con- 
gregazione di  Gesu  e  Maria  e  dell'Ordme  di  Nostra  Signora  della  Carita. 

Faceva  corona  al  Santo  Padre  la  sua  Nobile  Corte  colPEmo  Car- 
•dinale  Ferrata  qual  Pro-Prefetto  della  S.  C.  dei  Riti  e  ponente  delle 
due  Cause  di  Beatificazione  e  Canonizzazione  dei  predetti  Yenera- 
bili  Servi  di  Dio.  Eran  presenti,  oltre  gli  ufficiali  della  stessa  Con- 
gregazione dei  Riti,  i  Rmi  Postulatori  delle  Cause,  Mgr  Raffaele  Yi- 
rili,  Yescovo  titolare  di  Troade,  e  D.  Gabriele  Mallet  Procuratore 
generale  degli  Eudisti ;  Mgr  Bonard  Yescovo  di  Nantes,  ed  il  supe- 
riore  generale  della  Congregazione  di  Gesu  e  Maria,  D.  Angelo  Le 
Dore,  con  alcuni  alunni  del  suo  Istituto.  Sua  Santita,  dopo  la  let- 
tura  dei  decreti,  volse  agli  astanti  una  breve  allocuzione  latina,  ral- 
legrandosi  di  poter  con  Papostolica  Autorita  riconoscere  la  santita  di 
vita,  1'ardente  zelo  per  la  salute  delle  anime  e  1'eccellenza  delle  virtu 
dei  venerabili  servi  di  Dio.  Soggiunse  non  potersi  astenere  dall'espri- 
mere  nuovamenfee  i  suoi  piu  ardenti  voti,  che  la  Francia,  patria  for- 
tunata  dei  due  Eroi,  ora  percossa  da  fiera  procella,  anche  per  1'  in- 
tervento  e  le  preghiere  di  essi  presso  Dio,  abbia  presto  a  godere  la 
pace  e  la  tranquillita  tan  to  desiderata.  —  Ed  impart!  a  tutti  TApo- 
stolica  benedizione. 

La  Yen.  Giulia  Billiart  nata  il  10  luglio  1751  in  Cuvilly  nella 
diocesi  di  Beauvais,  consecratasi  a  Dio  con  voto  di  castita  a  quattor- 
dici  anni,  sorpresa  da  paralisi  che  la  tenne  inchiodata  in  un  letto  per 


362  CRONACA 

ventidue  anni,  ottenne  da  Dio  la  guarigione  per  dediearsi  con  alcune* 
compagne  ali'opera  dell'educazione  cristiana  delle  giovanette,  fondando 
percio,  secondo  il  consiglio  del  P.  Yarin,  1'  Istituto  di  Nostra  Donna. 
Moriva  nel  1816. 

II  Yen.  Giovanni  Eudes  nacque  a  Rie  nella  diocesi  di  Seez  il  14 
novembre  1601.  Studio  letters  e  filosofia  nel  collegio  dei  Gesuiti  di 
Caen,  poi  teoiogia  tra  gli  Oratoriani  della  stessa  citta.  Da  essi  si  se- 
paro  per  fondare  prima  un  Istituto  di  sacerdoti  sotto  il  titolo  di  Con- 
gregazione  di  Gesu  e  Maria  per  le  sacre  Missioni  e  i  Seminar! i  :  poi 
un  altro  delle  Figlie  della  B.  V.  Mwia  della  Carita  per  aiuto  e  con- 
versione  delle  donne  traviate.  A  lui  si  devono  gli  uffici  liturgici  del 
Sacro  Cuore  di  Gesu  e  di  Maria,  e  1'  istituzione  altresi  di  una  as- 
sociazione  del  Sacro  Cuore  della  stessa  Madre  di  Dio.  Passo  la  vita 
nelle  Missioni  al  popolo,  e  mori  nelPagosto  del  1680. 

2.  Continuando  la  serie  dei  ricevimenti  per  la  fausta  ricorrenza 
del  suo  Giubileo,  il  S.  Padre,  nella  Domenica  11  corrente,  ammetteva 
al  bacio  della  mano  la  R.  M.  Digby  Superiora  dell'Istituto  delle  Dame 
del  Sacro  Cuore  accompagnata  da  buon  numero  di  religiose  delle  di- 
verse Case  deli'Istituto :  e  si  compiaceva  di  impartire  1'apostolioa  be- 
nedizione  alle  loro  educande  della  Trinita  de'  Monti  e  di  S.  Rufina, 
raccolte  nella  Sala  Concistoriale.  La  domenica  seguente,  circa  duecen- 
tocinquanta  signore  appartenenti  all'Associazione  delle  Figlie  di  Maria 
delle  stesse  Case,  colle  loro  President!  rispettive  la  Principessa  An- 
tici -Mattel  e  la  Contessa  Bentivoglio,  presentarono  a  S.  S.  divoti  in- 
dirizzi  di  ossequio  e  di  felicitazioni  a  cui  il  Santo  Padre  degnavasi 
rispondere  con  nobili  parole,  ringraziandole  del  ricchissimo  dono  of- 
ferto  di  una  cassa  contenente  tutti  gli  arredi  episcopali,  opera  di  fi- 
nissimo  lavoro :  e  paternamente  le  benediceva. 

II  sabato  24  sul  mezzogiorno,  nell'Aula  Concistoriale,  si  raduna- 
vano  le  principali  famiglie  del  Patriziato  e  della  Nobilta  romana.  II 
Papa,  assisosi  sul  trono,  e  circondato  dai  Cardinali  Casali  del  Drago 
e  Macchi,  nonche  da  tutti  i  componenti  la  sua  Nobile  Anticamera, 
ascoltava  le  parole  di  devozione  e  di  affetto  espresse  dal  Principe  D.  Mar- 
cantonio  Colonna :  e  rispondeva  ringraziando,  rallegrandosi  di  ve- 
derli  raccolti  intorno  a  Lui,  e  raccornandando  loro  1'azione  oattolica 
specialmente  verso  gli  umili  ed  i  poveri.  «  Noi  pure,  disse,  deplo- 
rando  le  odierne  agitazioni  che  turbano  la  civil  convivenza,  piu  volte 
rivolgemmo  lo  sguardo  alle  classi  infime,  piu  perfidamente  insidiate 
dalle  inique  sette,  e  offrimmo  loro  le  cure  materne  della  Chiesa.  E 
piu  volte  dichiarammo  che  rimedio  ai  mali  non  sara  mai  1'ugua- 
glianza  sovvertitrice  degli  ordini  sociali,  ma  quella  fratellanza  invece 
che  senza  menomare  la  dignita  di  grado,  unisce  i  cuori  di  tutti  in 
un  medesimo  vincolo  di  amore  cristiano.  Ora  voi,  diletti  figli, 


CONTEMPORANEA  363 

•dagli  avi  riceveste  in  retaggio  con  la  nobilta  del  sangue  il  piii  illi- 
mitato  ossequio  agl'  insegnamenti  della  Chiesa  e  alle  direzioni  del  suo 
Capo,  voi,  si,  farete  opera  di  veramente  utile  civilta  e  altrettanto  de- 
coro  al  casato  se  con  tutti  i  mezzi  che  vi  porge  1'autorita,  la  coltura, 
il  censo,  e  piu  che  mai  con  1'efficacia  di  virtuosi  esempi,  assecondate 
le  Nostre  sollecitudini  per  salvare  le  classi  popolari,  riconducendole 
ai  principii  e  alia  pratica  della  dottrina  cattolica.  >  Ammettendo  poi 
i  presenti  al  bacio  della  mano,  rivolse  affettuose  parole  a  ciascuna 
famiglia,  carezzando  paternamente  i  bambini  che  numerosi  gli  erano 
presentati  e  a  tutti  impartiva  1'apostolica  benedizione. 

Altri  ricevimenti  di  numerose  persone  forestiere  tralasciamo  per 
brevita  :  ma  non  possiamo  dimenticare  quello  che  ebbe  nei  primi  giorni 
del  mese  il  E.  D.  Eua  Superiore  dei  Salesiani  accompagnato  da  di- 
versi  membri  dell'Istituto,  e  da  una  rappresentanza  de'  giovani  stu- 
denti  ed  artigiani,  offrendo  al  S.  P.  due  ricchi  album  di  70,000  firme, 
e  1'obolo  dell'amor  figliale  raccolto  in  piccole  somme  fra  i  giovani  stessi. 

3.  Nuovo  lutto  venne  ad  attristare  il  Sacro  Collegio  de'  Cardinali 
in  questi  giorni  colla  perdita  del  sotto-decano,  il  Cardinale  Lucido 
Maria  Parocchi,  morto  nel  Palazzo  della  Cancelleria  la  notte  del  14 
al  15  gennaio  di  una  malattia  di  cuore  che  ne  insidiava  le  forze  da 
lungo  tempo,  ma  rapidamente  aggravatasi  per  un  assalto  ft  influenza: 
Grave  iattura  per  la  Chiesa,  nel  cui  Consiglio  era  di  molto  peso  la 
prudenza  di  lui,  colla  vastita  e  sodezza  della  sua  dottrina. 

Era  nato  in  Mantova  il  13  agosto  1833.  Educate  nel  patrio  Semi- 
nario,  passava  poi  a  compiere  gli  studii  teologici  all'Universita  Ore- 
goriana  in  Eoma,  dove  fa  scolare  dei  PP.  Passaglia  e  Schrader.  Dopo 
la  laurea  in  teologia  tornava  in  patria  ad  insegnarvi  morale,  storia, 
diritto  canonico:  poi,  datosi  ai  sacri  minister!,  preposto  alia  parroc- 
chia  dei  SS.  Gervasio  e  Protasio  in  Mantova  stessa,  vi  cominciava  a 
spiegare  zelo  ed  operosita  singolari.  Le  conferenze  sopratutto  contro 
il  Protestantesimo  ed  il  razionalismo,  che  diede  alle  stampe,  lo  fe- 
cero  conoscere  a  Pio  IX,  il  quale  nel  1875  lo  creo  Yescovo  di  Pavia; 
trasferitolo  poi  a  Bologna  nel  marzo  1877,  ai  22  di  giugno  dello 
stesso  anno  lo  innalzava  all'onore  del  cardinalato,  del  titolo  di  San 
Sisto.  Non  aveva  allora  che  44  anni.  L'opposizione  ostinata  che  ini- 
quamente  lo  privo  fall* Exequatur,  non  gli  impedi  di  operare  molto 
bene  nei  cinque  anni  di  sua  dimora  nella  nuova  diocesi  special- 
mente  colla  sua  parola  ricca  di  maschia  eloquenza  e  di  soda  pieta. 
Chiamo  in  citta  le  suore  Canossiane  per  la  cura  delle  povere  cieche 
e  per  1'educazione  del  popolo :  diede  impulse  vigoroso  e  sapiente  al 
movimento  cattolico  della  citta  ed  anzi  a  quello  di  tutta  Italia  del 
quale  allora  Bologna  era  il  centro  attivissimo  con  Acquaderni,  Casoni, 
Yenturoli  ed  altri  valenti :  ebbe  a  cuore  gl'  istituti  educativi  di  vario 


364  CRONACA 

genere  cola  esistenti,  e  in  essi  le  frequent!  sue  visite  lasciavano  sem- 
pre,  come  le  visite  pastorali  delle  campagne,  sentimento  durevole  di 
ammirazione  e  di  entusiasmo :  euro  sopratutto  gli  studii  del  Clero.  E 
quanto  il  Clero,  in  generale,  lo  riamasse,  lo  prova  1'indirizzo  che 
gran  parte  di  esso  firmo  per  conservarlo  a  Bologna  quando  il  Papa 
Leone  XIII,  per  rimediare  agli  inconvenienti  inevitabili  di  quello 
stato  violento  di  cose,  lo  chiamo  a  Roma,  nominandolo  poi  suo  Yicario. 
Nella  qual  carica  di  fiducia,  onorevole  ed  ardua  sopramodo,  risplen- 
dettero  cosi  la  straordinaria  sua  coltura  ed  il  suo  gran  cuore,  che 
tutti  gli  uomini  insigni  venendo  a  Roma,  cercavano  di  Lui.  Nel  1899 
fatto  Yice-Cancelliere  di  S.  E.  C.,  vescovo  di  Albano,  da  quella  sede 
passo  nel  1896  a  quella  di  Porto  e  S.a  Rufina.  Fu  presidente  della 
Sacra  Visita  Apostolica,  prefetto  della  S.  C.  della  Residenza  de'  Ye- 
scovi,  presidente  dell'Accademia  di  Religione  Oattolica;  aveva  parte  in 
molte  Congregazioni.  Era  protettore  di  57  ordini,  istituti,  o  communita. 

Eletto  ingegno,  prodigiosa  memoria,  indefesso  lavoro,  gli  avevano 
meritata  stima  di  uno  de'  piu  dotti  membri  del  Sacro  Collegio.  La  bonta 
dell'animo  e  1'affabilita  dei  modi,  la  piacevolezza  arguta  della  con- 
versazione, una  specie  di  fascino  soavissimo  guadagnavano  e  legavano 
a  Lui  quanti  per  poco  lo  avvicinassero.  Quanto  fosse  amato  e  onorato 
si  vide  lo  scorso  anno  compiendo  egli  il  ventesimo  quinto  del  suo 
cardinalato.  Si  vide  anche  meglio  ora  pei  suoi  funerali  a  S.  Lorenzo 
in  Damaso,  dove  col  Sacro  Collegio,  cogli  ambasciatori,  coi  prelati 
ed  ufficiali,  colle  rappresentanze  delle  Congregazioni  ecclesiastiche  a 
cui  il  defunto  apparteneva,  dei  Collegi  e  Seminar!,  degli  Istituti  di 
cui  era  protettore,  cogli  inviati  delle  diocesi  di  Mantova,  di  Albano, 
di  Porto  e  S.a  Rufina,  coi  rappresentanti  delle  Accademie  di  cui  era, 
membro,  una  folia  enorme  si  accalcava  composta  dell'aristocrazia  ro- 
mana,  di  Consiglieri  Provinciali  e  Comunali,  sacerdoti,  scienziati,  cit- 
tadini  d'ogni  ordine,  e  poveri  in  gran  numero  dal  pio  Cardinale  sempre 
largamente  beneficati,  tutti  uniti  neH'ultimo  tribute  di  preghiere  e- 
di  riconoscenza. 

Fu  sempre  di  principii  intieramente  papali,  ne  le  sue  convinzioni, 
su  queste  punto  incrollabili,  per  niun  umano  riguardo  attenuo  mai  a 
nascose.  Quanto  a  certi  pretesi  document!  messi  in  giro  dalla  stampa 
liberale  di  questi  giorni,  in  cui,  a  sciogliere  la  questione  Romana,  si 
fa  proporre  dal  defunto  cardinale  la  cessione  di  qualche  striscia  di  ter- 
ritorio  che  unisse  il  Yaticano  a  Castel  Porziano  e  di  la  al  mare,  (ima- 
ginando  cosi  salvata  la  liberta  della  Chiesa  e  le  relazioni  del  Ponte- 
fice  col  mondo  cattolico)  noi  abbiamo  troppo  bene  conosciuta  la  tempra 
d'anima  e  1'  intelligenza  dell'Emo  Porporato  per  non  dar  nessun  peso 
a  simili  sogni,  che  provano  solo  quanto  sia  violento  lo  stato  di  cose  pre- 
sente,  e  necessario  rimediarvi  per  la  giustizia  e  per  il  bene  della 


CONTEMPORANEA  365 

Chiesa  e  dell'  Italia.  Provano  altresi  che  di  una  soluzione  sentono 
siffattamente  il  bisogno  quelli  stessi  i  quali  vanno  gridando  tutto  es- 
sere  definitivamente  accomodato  per  sempre,  che  quando  la  stampa 
cattolica  tace  della  questione  romana,  la  stampa  liberale  e  persino 
massonica  va  in  cerca  del  pretest!  anche  piu  futili  per  sollevarla, 
come  vedemmo  in  questa  occasione. 

4.  II  23  corrente,  a  un'ora  dopo  mezzanotte,  confortata  de'  Santi 
Sacramenti  e  dalla  benedizione  del  Santo  Padre,  moriva  nel  suo  palazzo 
al  Corso,  la  Duchessa  Arabella  Salviati,  nata  Fitz- James,  e  in  lei 
1'aristocrazia  romana  perdeva  uno  de'  piu  nobili  esempi  di  cristiana 
virtu.  I  giornali  di  Roma  e  di  Parigi,  dov'era  nata,  riportarono  una- 
nimi  le  sue  lodi,  chiamandola  «  angelo  di  earita»:  e  meglio  ancora 
il  popolo,  piangendo,  lamento  nella  morte  di  lei  la  perdita  di  una 
vera  «  madre  de'  poveri  ». 

E  la  nobildonna  ben  meritava  tale  compianto.  —  Consorte  del 
venerando  Duca  Scipione,  Presidente  infaticabile  dell' Opera  dei  Con- 
gressi  cattolici  negli  inizii  stessi  della  organizzazione  loro,  voile 
anche  essa  avere  un  nampo  degno  dell'attivita  del  suo  zelo  e  Febbe  nel 
campo  vastissimo  della  carita.  Ella  impiego  la  sua  vita  a  rasciugar 
lagrime,  a  sollevar  miserie,  a  proteggere  i  deboli :  e  tra  i  piu  deboli 
pose  appunto  la  sua  predilezione :  nei  bambini.  Alia  Duchessa  Ara- 
bella Salviati  si  deve  una  delle  piu  benefiche  istituzioni  moderne  in 
Roma  pur  gia  cosi  ricca  in  fatto  di  carita.  Ognuno  facilmente  intends 
quanto  sia  necessario  un  ospedale  speciale  ed  esclusivo  per  i  bambini: 
per  le  cure  piu  delicate,  per  le  malattie  piu  pericolose,  per  la  spe- 
ciale sensibilita  e  debolezza  dei  malati,  per  le  diverse  attitudini  rd- 
chieste  in  chi  le  cura.  —  Ardita  era  1'  impresa :  ma  pari  1'animo  della 
generosa  Donna.  Diede  del  suo,  tese  la  mano  in  nome  di  Dio,  si  servi 
dell'  influenza  che  le  dava  il  suo  nome,  e  raduno  il  necessario  per 
aprire  nel  1869  la  sala  chirurgica  <  Bambin  Gesu  »  in  locale  provvi- 
sorio.  Intanto  si  fabbrico  un  grazioso  ospedale,  studiatamente  distribuito 
in  piccole  sale  di  sei  od  otto  letti  ciascuna,  fornite  d'ogni  servizio: 
chiamatevi  le  Figlie  della  Carita  a  far  da  madri  alle  povere  creature 
ivi  raccolte.  La  bella  istituzione  ebbe  pubblico  favore,  ed  aiuto :  sicche 
quando  per  allargare  il  lungo-tevere  fu  necessario  mutar  sede,  si  pbte 
aumentar  fino  a  100  il  numero  dei  letti  nel  nuovo  locale  di  S.  Onofrio. 

La  Duchessa  Salviati  dedicd  piu  di  trent'anni  della  sua  vita  a 
quella  cara  missione  :  e  quando  le  forze  per  la  tarda  eta  le  vennero 
a  mancare,  allora  voile  che  la  figliuola,  Donna  Maria,  le  venisse  in 
aiuto  nell' opera  santa,  vero  retaggio  di  celeste  carita.  Quante  pre- 
ghiere  di  madri  riconoscenti,  quante  di  bambini  gia  salvati  da  quel- 
1'opera  provvidenziale  sono  salite  al  cielo  da  quella  stanza  mortuaria 
dove  la  venerata  salma  giaceva  ccme  sorridente  in  una  calma  pro- 


366  CRONACA 

fonda,  soave  a  contemplarsi  vestita  dell'abito  di  terziaria  francescana, 
e  avranno  fatta  piu  bella  la  ricompensa  di  Dio  preparata  alia  patri- 
zia  cristiana ! 

II. 
COSE  ITALIANS 

1.  Commemorazione  del  XXV  anniversario  della  morte  di  Vittorio  Emma- 
nmele  II.  —  2.  Comizio  del  libero  pensiero  a  Milano.  —  3.  Morte  del 
conte  Giacomo  Leopardi  a  Recanati. 

1.  Yenerdi  9  gennaio  era  il  ventieinquesimo  anniversario  della  morte 
di  Yittorio  Emmanuele  ed  in  tale  circostanza  un  apposito  Comitato 
si  adopero  per  far  concorrere  a  Roma  in  c  solenne  pellegrinaggio  > 
quanto  si  pote  radunare  di  rappresentanti  delle  pubbli.che  ammini- 
strazioni  provincial  e  comunali,  di  associazioni  civili  e  militari,  di 
uomini  volonterosi  «  per  recare  lauri  e  fiori  alia  tomba  del  Padre  della 
patria  »  e  rinnovare  « 1'apoteosi  di  colui  che  di  suo  pugno  scrisse  nella 
storia  il  risorgimento  d'ltalia  con  Roma  sua  capitale*. 

Verso  il  tocco,  il  « pellegrinaggio »  diviso  in  quattro  gruppi,  si 
mosse  dalla  piazza  dell'Indipendenza,  per  via  Nazionale,  Corso  Um- 
berto  I,  via  Lata  per  la  Minerva  alia  piazza  del  Pantheon. 

Non  ci  prenderemo  la  briga  di  accertare  il  numero  degli  interve- 
nuti  al  corteo.  C'e  tra  i  giornali  chi  lo  feoe  salire  a  ventimila,  altri  a 
circa  la  meta ;  un  cronista  autorevole  ne  da  il  conto  in  6979  persone 
«  comprese  le  guardie,  gli  uscieri,  le  donne  ed  i  bambini  ».  —  Bambini 
o'erano  difatti,  deputati  di  un  asilo  infantile;  vi  erano  battaglioni 
scolastici  di  ogni  divisa,  vi  erano  collegi  maschili,  collegi  femminili, 
signorine  maestre,  societa  di  reduci,  societa  di  tiro,  di  mutuo  soc- 
corso ;  vecchi,  giovani,  operai,  popolane,  moltitudine  piu  o  meno  or- 
dinata,  «  una  visione  da  cinematografo  »  come  la  disegno  il  Giornale 
d'ltalia.  Mettevano  la  nota  gaia  i  concerti,  di  cui  quattro  militari, 
(e  suonavano  sopratutto  1'Inno  di  Garibaldi  e  1'Inno  del  Mameli)  le 
bandiere,  (chi  ne  conto  725,  chi  solo  572)  e  le  corone  (chi  ne  vide 
100  chi  invece  una  trentina).  Si  faceva  notare  la  bandiera  verde  della 
Frammassoneria. 

Yia  via  che  il  corteo  giungeva  alle  porte  del  tempio,  i  pellegrini 
si  scoprivano  il  capo  e  girando  dinanzi  alia  tomba  reale  illuminata 
con  lampade  elettriche,  inchinavano  le  bandiere  silenziosamente :  nel- 
Puscire  il  corfceo  si  disperdeva  verso  S.  Luigi  de'  Francesi.  Nessun 
incidente :  poche  goccie  di  pioggia  non  riuscirono  a  sturbare  la  lunga 
sfilata  di  due  ore. 

II  punto  centrale  pero  a  cui  si  voile  richiamare  Pattenzione  degli 
spettatori,  era  la  rappresentanza  della  colonia  italiana  triestina,  colle 


CONTEMPORANEA  367 

quattro  bandiere  di  Trieste,  Trento,  Istria  e  Dalmazia  e  un  grande 
scudo  portato  a  spalla,  foderato  di  velluto  rosso,  avente  nel  centro 
1'alabarda  (stemrna  triestino)  e  tutto  in  giro  a  lettere  d'argento  le  pa- 
role:  « Al  re  che  voile  Punita  della  patria,  Trieste  con  fede  incrolla- 
bile  ».  Si  era  anche  stampato  un  manifesto  che  finiva  :  «  L'ltalia  e  fatta 
ma  non  e  compiuta.  »  La  questura  ne  proibi  1'afflssione,  ma  era  distri- 
buito  dai  membri  del  Comitato  triestino  lungo  il  corteo  stesso :  altri 
foglietti  pure  erano  sparsi  tra  la  folia,  che  ricordavano  1'Oberdank  e  i 
fatti  del  febbraio  1902.  Al  passare  del  gruppo  in  piazza  Yenezia  din- 
nanzi  al  palazzo  deirAmbasciatore  d'Austria  presso  il  Yaticano,  si  eapo- 
volsero  ie  bandiere,  si  grido:  Yiva  Trieste,  Yiva  Trento.  Ci  fu  chi 
udi  anche:  Abbasso  1' Austria:  certi  giornali  ufficiosi  lo  negarono.  Si 
applaudiva  dai  circostanti  piu  numerosi  che  altrove :  le  musiche  mi- 
litari  ripresero  il  suono  dei  soliti  inni :  era  chiara  1' intenzione  della 
«  manifestazione  irredentista  »;  e  quanto  questa  fosse  opportuna  e  coe- 
rente  colle  relazioni  del  Governo  italiano  verso  il  collega  della  triplice, 
noi  lasciamo  spiegare  a  chi  pud  decifrare  i  misteri  della  politica  zanar- 
delliana. 

II  sabato  10,  alle  nove  del  mattino,  il  re  ricevette  al  Quirinale  i 
rappresentanti  dei  Comuni,  delle  Provincie,  delle  Colonie,  deile  di- 
verse Societa,  in  numero  di  circa  1500. 

La  sera  dello  stesso  giorno,  alle  ore  21,  vi  fu  ricevimento  Masso- 
nico  a  palazzo  Giustiniani,  al  quale  il  Grande  Oriente  e  le  Logge 
della  Yalle  del  Tevere  invitarono  tutti  i  fratelli  convenuti  in  Eoma 
al  «  pellegrinaggio  >  nazionale  al  Pantheon. 

II  14  fu  celebrata  con  solennita  maggiore  del  consueto  la  Messa 
funebre,  per  cura  dello  Stato,  alia  tomba  di  Yittorio  Emmanuele  II, 
coll'  intervento  dei  Ministri,  del  Corpo  diplomatico  e  di  tutte  le  au- 
torita.  Per  il  canto,  fra  le  ventiquattro  Messe  presentate  al  concorso, 
era  stata  scelta  quella  del  Maestro  Orazio  Kavanello,  direttore  della 
Cappella  antoniana  di  Padova  e  professore  d'organo  al  Liceo  Marcello 
di  Yenezia,  per  sole  voci,  di  buono  stile  liturgico,  premiata  con  me- 
daglia  d'oro.  Diretta  dai  maestro  stesso,  eseguita  da  un  coro  di  cen- 
totrenta  cantori,  se  parve  risentirsi  di  qualche  monotonia,  piacque 
pero  specialmente  nella  seconda  parte  del  Dies  irae  assai  bene  inter- 
pretata. 

Un  altro  funerale  aveva  luogo  il  15  per  cura  della  Famiglia  Keale 
nella  Chiesa  del  Sudario  e  vi  inter venivano  i  Sovrani,  la  regina  ma- 
dre,  la  principessa  Milena,  i  duchi  di  Geneva  e  gli  ufficiali  di  Corte. 

2.  A  Milano  la  domenica  11  gennaio  si  tenne  un  Cornizio  del  libero 
pensiero.  Quantunque  sia  spettacolo  disgustoso,  crediamo  necessaria 
cosa  metterlo  sotto  gli  occhi  dei  nostri  lettori,  perche  conviene  stu- 
diare  intimamente  quelli  che,  in  giorno  forse  non  lontano,  saranno 
nostri  tiranni. 


368  CRONACA 

II  teatro  Fossati  era  stipato  di  forse  tremila  persone;  molte  atti- 
rate  certo  dalla  novita,  dalla  curiosita  del  forastieri,  ma  molte  anche 
dal  favore  alle  nuove  dottrine,  che  nelle  grand!  citta  fanno  tanto  male 
nella  classe  operaia.  Presiedeva  il  socialista  on.  Gnocchi-Yiani :  ave- 
vano  aderito  quasi  tutti  i  deputati  dell'Estrema  Sinistra,  le  associa- 
zioni  repubblicane  e  socialiste.  Oratori  ufflciali  dovevano  essere  i  de- 
putati socialist!  Laurent  et  Fournemont  del  Belgio,  1'on.  Hubbard 
francese,  gli  on.  De  Andreis,  De  Cristoforis,  Pellegrini  e  Colaianni. 
A  President!  onorari  furono  proposti  Berthelot  per  la  Francia,  Hae- 
ckel  per  la  Germania,  Sulmon  per  la  Spagna,  Bovio  per  1'  Italia :  tutti 
fior  di  roba,  come  si  vede. 

Primo  a  parlare  s'alzd  il  De  Cristoforis  per  dar  ragione  del  Co- 
mizio;  e  disse  che,  sorta  dieci  anni  fa  in  Belgio  1'idea  di  una  Fe- 
derazione  internazionale  del  libero  pensiero,  1'Itaiia  subito  vi  diede 
piena  adesione.  —  Era  dovere  nella  terra  italiana  impegnare  una  tal 
lotta :  questo  movimento  significa  guerra  aH'oscurantismo  ed  ha  in 
cio  il  suo  piu  alto  significato.  Scopo  del  Comizio  e  appunto  la  Co- 
stituzione  di  un  Comitato  che  lavori  a  tal  fine.  II  Fournemont  di- 
chiara  che  la  lotta  del  collettivismo  contro  la  proprieta  privata  e 
inefficace  finche  i  popoli  sono  ingannati  dalle  idee  mistiche  della  Chiesa 
cattolica:  —  e  dopo  una  lunga  invettiva  contro  di  questa,  finisce  col 
grido :  Citoyens,  all'assalto  del  Yaticano.  L'  Hubbard  a  sua  volta 
va  blaterando  che :  la  religione  e  il  motive  di  separazione  dei  po- 
poli ;  il  libero  pensiero,  1'amore  alia  scienza  e  alia  giustizia  deve 
esser  I'unica  bandiera  che  affratelli  le  nazioni  del  settentrione  e 
del  mezzodi.  La  ove  domina  1'  idea  religiosa,  si  deve  lavorare  a  di- 
struggerla :  e  anch'egli  finisce  gridando :  Citoyens,  atterriamo  il  Pon- 
tefice.  —  Questi  due  parlando  francese,  poco  sono  intesi  daH'assemblea 
popolare;  il  Laurent,  che  loro  succede,  si  esprime  in  italiano  e  disgra- 
ziatamente  si  capisce  meglio  quello  che  vuol  dire :  per  lui  non  si  pud 
ammettere  il  1°  articolo  del  nosfcro  Statuto  che  da  allo  Stato  una  re- 
ligione: i  preti  sono  agenti  politici  del  partito  reazionario;  i  cleri- 
cali  in  Italia  sono  il  pubblico  nemico  della  patria.  A  questo  punto 
1'avv.  Serralunga,  direttore  della  Lega  lombarda,  che  voile  esser 
presente  al  Comizio,  coraggiosamente  leva  la  voce  per  protestare,  ricor- 
dando  al  Laurent  i  doveri  piu  elementari  deU'educazione  e  dell'ospi- 
talita.  Nasce  un  pandemonio;  si  disapprova,  si  urla  contro  il  Serra- 
lunga. 11  Laurent  riprende  la  sua  invettiva,  dichiarando  di  dimen- 
ticare  per  un  momento  le  cortesie  internazionali  per  dire  la  verita. 
L' Italia,  grida,  fu  fatta  contro  il  Papa:  ricordatevi,  cittadini,  che  se 
1' Italia  deve  essere  disfatta,  lo  sara  per  opera  del  Papa. 

Gli  onorevoli  De  Andreis,  Colaianni  e  Pellegrini  continuano  i  di- 
scorsi  rincarando  la  dose  contro  i  cattolici  nemici  del  libero  pensiero. 


CONTEMPORANEA  369 

11  Pellegrini  sopratutto  rinfaccia  alia  Chiesa  Tassassinio  di  Giordano 
Bruno,  le  geste  di  Filippo  II  e,  ci6  che  egli  chiama  <  misfatto  in- 
nanzi  alia  ragione  umana  »  1'  imposizione  di  tacere  fatta  all'  abate 
Murri.  Secondo  lui,  il  Yaticano  sara  preso  d'assalto  «  fisicamente  e 
moralmente  ».  La  Chiesa  «  abbia  il  paradise:  il  libero  pensiero  offre 
la  cremazione,  che  e  un  piacere  molto  modesto.  La  Chiesa  e  il  carne- 
vale  di  oltretomba,  mentie  qui  c'e  la  quaresima  dell'organizzazione  » . 
Termina  augurando  che  c  la  patria  cada  nell'  inferno,  quel  giorno 
che  non  avra  potuto  abbattere  il  prete  cattolico,  apostolico,  romano  > , 
e  facendo  voti  perche  «  la  basilica  di  S.  Pietro,  miracolo  deil'arte, 
si  apra  ad  una  cattedra  nuova,  dedicata  alia  bellezza  ed  alia  scienza  ». 
Messo  ai  voti  1'ordine  del  giorno  per  la  costituzione  del  Comitato 
lombardo  per  il  libero  pensiero  con  larga  propaganda  per  far  sor- 
gere  in  Italia  altri  comitati,  e  naturalmente  approvato  con  una  ge- 
nerale  alzata  di  mani. 

S'avanza  allora  1'avv.  Serralunga  e  chiede  al  Presidente  di  par- 
lare.  L'adunanza  comincia  a  tumultuare  :  il  presidente  fa  appello 
all'  imparzialita  e  aU'abnegazione  deH'assemblea.  II  Serralunga  con 
molta  franchezza  e  disivoltura  tenta  farsi  intendere  da  quegli  ener- 
gumeni  :  « Batti,  ma  ascolta,  diceva  il  filosofo,  e  io  dovrei  dire 
lo  stesso  oggi  a  voi,  miei  avversari:  di  battiture  morali  in  forma 
di  fischi  non  potreste  darmene  di  piu  e  io  me  ne  onoro  altamente  : 
t>ra  non  vi  resta  che  la  seconda  parte,  ascoltatemi  (voci:  no,  no,  si). 
Io  ho  sentito  dai  vostri  oratori  gettare  a  piene  mani  le  contumelie 
e  1'odio  contro  la  Chiesa,  il  papa,  i  cattolici  (urla  assordanti),  ma 
non  ho  udito  che  cosa  si  vuol  sostituire  in  quella  vece.  Forse  la  re- 
ligione  della  cazzuola,  dell'archipenzolo,  dei  grembiuli  gialli,  dei  te- 
schi  da  morto  dipinti  sulla  bandiera  verde  ?  Ditelo  francamente  :  fateci 
oonoscere  il  vostro  credo,  il  vostro  decalogo,  uscite  alia  luce,  gettate 
via  il  velo  misterioso  onde  vi  circondate.  Quale  e  dunque  la  vostra 
religione?  (voci:  il  libero  pensiero).  Cid  vuol  dire  non  averne  nessuna 
per  fare  tutto  il  comodaccio  suo.  E  allora  voi  siete  vecchi  decrepiti, 
non  gente  moderna.  Siete  Lutero,  siete  Democrito,  siete  Epicure,  gente 
<5fte  «  libito  fa  licito  in  sua  legge  »  (voci,  urla:  venga  all'argomento). 
Oi  sono  nell'argomento,  e  volete  farmene  uscire,  perche  vi  displace 
quello  che  dico,  E  per  questo  che  fate  venir  dal  Belgio  degli  oratori  a 
dire  delle  insolenze  contro  la  Chiesa  Cattolica  (urla,  fischi).  La  Chiesa 
ha  de'torti,  voi  dite  :  sono  piu  colpe  dei  tempi,  errori  degli  uomini  che 
suoi  La  rnaraviglia  e  che  essa,  nonostante  gli  errori,  viva  ancora  e 
vigoreggi  tanto  da  obbligare  per  la  millesima  volta  a  gridare:  all'as- 
salto  del  Yaticano  !  La  civilta  nostra  &  tutta  cristiana,  cristiane  le 
tradizioni,  i  sentimenti  del  nostro  popolo.  Avanti,  liberi  pensatori, 
date  prima  al  popolo  qualche  cosa  di  meglio,  che  ci  faccia  tutti  fra- 
Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1213.  24  31  gennaio  1903. 


370  CRONACA 

telli,  che  sappia  trovare  la  sua  forza  in  cinque  secoli  di  martirio,  e* 
venti  di  storia,  e   poi  noi  abbasseremo  le  armi  dinanzi  al  vincitore.  » 

Tutto  questo  fu  detto  tra  i  clamori,  i  fischi,  le  interruzioni  con- 
tinue, le  ingiurie  contro  1'oratore ;  tutto  in  omaggio  alia  liberta  del 
pensiero  !  L'on.  Pellegrini  tento  invano  di  sedare  il  tumulto:  le  pa- 
role del  Serralunga  non  sono  intese  che  da  quelli,,che  sono  serrati 
intorno  a  lui.  II  coraggioso  avvocato  non  si  lascia  intimorire  e  pro- 
pone tin  ordine  del  giorno  per  affermare  che  solo  «  da  una  maggiore 
penetrazione  dello  spirito  cristiano  nella  societa,  questa  puo  trovare 
soddisfazione  al  bisogno  di  una  effettiva  e  generale  elevazione  morale  » . 
Ma  il  baccano  e  tale,  che  il  delegato  fa  dare  uno  squillo:  e  tra  i  fischi 
e  le  grida  di  «  viva  »  e  «  abbasso  »  1'adunanza  si  disperde  dopo  due- 
ore  di  tali  ignobili  scene  !  —  Povero  popolo!  poveri  destini  delPIta- 
lia  nostra  ! 

3.  La  mattina  del  12  corrente,  nella  sua  Recanati,  spirava  « tran- 
quillo  e  sereno,  pieno  di  fede  e  di  speranza  cristiana  »  il  conte  Gia- 
como  Leopardi,  dopo  d'aver  ricevuto  in  pienissima  coscienza  i  con- 
forti  religiosi  e  1'estremo,  affettuoso  addio  dei  suoi  cari  di  famiglia^ 
la  consorte  contessa  Sofia  Bruschetti  e  i  figli  Ettore  e  Monalduzio, 
chiedendo  perdono  al  paese  tutto  per  quanto  avesse  potuto  recare  scan- 
dalo  a  chicchessia. 

Era  nato  il  23  marzo  1843  dal  conte  Pierfrancesco  fratello  del 
poeta,  e  dalla  contessa  Cleofe  Ferretti  di  Ancona :  era  stato  educate 
nel  collegio  dei  Gresuiti  di  Loreto.  Di  nobile  carattere,  alteramente 
signorile  nel  costume,  nei  modi,  nel  linguaggio,  si  tenne  lontano  dalla 
politica,  visse  fedele  ai  suoi  studi  prediletti,  all'arte,  alle  tradizioni 
di  famiglia.  Nell'avito  palazzo  (ove  nacque  il  malinconico  Cantore 
della  Ginestra)  mirabilmente  instaurato,  fondo  con  infinite  cure  e- 
molti  dispendi  la  biblioteca  leopardiana,  aperta  agli  studiosi,  che  tro- 
vavano  presso  il  defunto  ospitalita  veramente  signorile.  E  con  piu, 
che  signorile  generosita,  nella  ricorrenza  delle  feste  centenarie  del 
poeta  recanatese,  egli  cedeva  a  favore  dello  Stato  i  suoi  diritti  eredi- 
tarii  su  quegli  stessi  manoscritti  leopardiani  che  Anton  Ranieri  aveva 
invece  sottratto  alia  coltura  nazionale.  A  ragione  Ferdinando  Martini 
lo  chiamava :  «  Erede  consapevole  di  una  gloria  imperitura  » . 

La  morte  del  conte  Giacomo  fu  un  lutto  cittadino  per  Recanati,  che 
tutta  accorse  riverente  e  commossa  alle  sue  esequie.  Le  autorita,  con  a 
capo  il  Sindaco  marchese  Antici,  presero  parte  al  funebre  corteo  insieme 
cogli  istituti  d'  istruzione  e  i  cittadini  sodalizi.  Fu  sepolto  nella  tomba 
gentilizia,  all'ombra  dell'artistico  oratorio  fat-to  da  lui  erigere  nella 
Yilla  S.  Leopardo  e  solennemente  benedetto  il  mese  scorso,  mentre 
gia  egli  nel  letto  del  dolore  era  martoriato  da  male  inesorabile.  Sia. 
pace  all'anima  sua. 


CONTEMPORANE  A  371 

III. 

COSE  STRANIERE 

{Notizie  Q-enerali).  I.  SPAGNA.  Un  attentato.  —2.  FRANCIA.  II  Bilancio  dei 
Culti  alia  Camera  dei  Deputati.  —  3.  OLANDA.  Morte  di  Mgr  Schaep- 
man,  capo  dei  deputati  cattolici.  —  4.  INGHILTERRA.  Condanna  del  de- 
putato  Lynch.  —  5.  VENEZUELA.  Bombardamento  del  forte  San  Carlos. 
Trattative  di  accordi.  —  6.  CINA.  Nuove  persecuzioni  dei  boxers. 

1.  (SPAGNA).  Una  penosa  notizia,   fortunatamente  falsa,   spavento 
1'Europa  intera,  pur  troppo  avvezza  da  qualche  tempo  a  simili  scosse. 
Si  parlava  di  un  attentato  alia  vita  del  giovine  re  di  Spagna  :  e  Fat- 
ten tato  era  vero,  ma  pare  certo  che  non  fosse  diretto  contro  il  re.  Ecco 
i  fatti. 

La  Corte  di  Spagna  ha  conservata  la  pia  consuetudine  di  assistere 
tutti  i  sabati  alia  benedizione  che  si  da  la  sera  in  una  chiesa  dedicata 
alia  SS.  Yergine.  Nel  tornare  da  quell  a  sacra  funzione  verso  la  sera 
del  10  corrente,  al  passare  delle  vetture  reali  sulla  piazza  d'Oriente 
{in  Madrid)  uno  sconosciuto  tiro  un  colpo  di  rivoltella  contro  la  se- 
conda  carrozza  nella  quale  credeva  essere  il  Gran  Cancelliere  Duca 
di  Sotomajor,  da  lui  accusato  quale  causa  di  tutte  le  sue  sventure. 
Nessuno  rimase  ferito. 

Quando  il  re  udi  il  colpo,  sporse  la  testa  fuori  della  vettura;  ma 
la  regina,  prendendolo  per  la  mano,  1'obbligo  a  ritirarsi.  L'aggressore 
fu  arrestato  immediatameate.  Si  chiama  Feito;  e  native  della  pro- 
vincia  di  Oviedo :  ha  34  anni.  Le  sue  risposte  mostrano  che  si  tratta 
di  una  testa  squilibrata  dalla  mania  di  persecuzione.  —  Le  vetture 
reali  continuarono  lentamente  la  strada  verso  il  palazzo,  mentre  il 
popolo  faceva  al  re  una  calda  ovazione. 

2.  (FRANCIA).  Discutendosi  nella  tornata  del  27  gennaio  il  bilancio 
dei  culti,  i  socialisti  non  tralasciarono  1'occasione  di  proporne  la  sop- 
pressione  e  il  deputato  Allard  fece  una  lunga  invettiva  a  provare  che 
la  religione  e  in  pieno  fallimento.  II  presidente  del  ministero  rispose 
tra  gli  applausi  del  Centre  e  della  Destra  con  ampie  dichiarazioni  di 
filosofia  spiritualista.  «  Le  idee  religiose  come  sono  date  dalle  Chiese, 
e  come  le  Chiese  sole  possono  dare,  sono  indispensabili ;   la   separa- 
zione  della  Chiesa  dallo  Stato  e  presentemente  inattuabile.  >  La  Ca^ 
met-a  approvo  il  Ministero  con  315  voti  favorevoli  contro  194.  —  Era 
il  solo  intento  delle  ipocrisie  ministerial!. 

3.  (OLANDA).  Mgr  Ermanno  Schaepman  presidente  del  club  dei  de- 
putati cattolici  olandesi  e  morto  a   Eoma  il  22  gennaio.  Era  nato   a 
Tubbergen  nella  provincia  di  Overiysel  il  2  marzo  1844.  Studio  nel 
Seminario  di  Utrecht  e  poi  a  Roma,    nella  Universita   Gregoriana  e 


372  CRONACA 

alia  Minerva.  Tomato  in  patria  ed  ordinato  sacerdote,  si  diede  aU 
1'azione  cattolica;  corrispondente  di  giornali  inglesi,  collaboratore  del 
Tijd,  fondatore  del  Centrum  e  del  Noorden,  fu  eletto  deputato,  primo 
sacerdote  cattolico  che  entrasse  nelle  camere  olandesi,  e  vi  rimase 
23  anni.  Era  stimatissimo  anche  dai  dissenzienti :  il  re,  la  regina,  e 
la  regina  reggente  1'ebbero  in  gran  considerazione.  Lascia  molte  opere 
di  filosofia  e  di  arte.  In  Roma,  che  amava  profondamente,  aveva  cer- 
cato  ristoro  alia  salute  logora  dal  lavoro ;  Iddio  gli  diede  il  riposo 
eterno. 

4.  (VENEZUELA).  La  vertenza  tra  la  repubblica   e  le  Potenze   col* 
legate,  invece  di  essere  portata  dinanzi  al  Tribunale  arbitrate  dell'Aia, 
sara  trattata  da  una  Oommissione  diplomatica  radunata  a  Washington. 
II  Bowen,  ministro  degli  Stati  Uniti  a  Caracas,  rappresentera  il  Ve- 
nezuela e  gli  altri  ambasciatori  residenti  cola  faranno  le  parti  dei  rispet- 
tivi  Governi.  II  Presidente  Castro  ha  gia  offerto  come  garanzia  delle 
somnie  dovute  dalla  repubblica  alle  Potenze  alleate,  i  proventi  doga- 
nali  dei  due  porti  della  Guayra  e  di  Porto  Cabello.  Intanto,  con  un 
decreto  e  stato  contratto  un  prestito  forzato  di  2,500.000  bolivares  che 
fu  gia  sottoscritto  dai  banchieri   venezuelani.    Ttitto  questo   metteva 
gia  in  buona  via  d'aggiustamento  le  cose,  quando  un  grave  fatto  riao 
cese  le  faville  dell'  incendio  assopito. 

II  17  corrente,  uno  degli  incrociatori  tedeschi  Panther,  volendo  in- 
seguire  una  nave  da  gilerra  Venezuelans  Miranda,  tento  innoltrarsi 
nel  canale  che  mette  sul  lago  Maracaibo.  II  forte  di  San  Carlos  che- 
ne  guarda  1'ingresso,  pare  aver  aperto  il  fuoco  contro  1'incrociatore, 
che  rispose  impegnando  un  combattimento  da  cui  si  ritrasse  dopo 
un'  ora.  II  21  alle  10  del  mattino  tre  incrociatori,  Panther,  Vineta 
e  Gazelle  ritornarono  a  cannoneggiare  il  forte,  che  poco  pote  rispon- 
dere  perche  le  navi  erano  fuori  del  tiro  de'  suoi  pezzi.  II  villaggio 
San  Carlos  ando  in  fiamme.  Ma  il  generale  Bello  si  difese  bravamente 
con  soli  240  soldati  per  tre  giorni  di  bombardamento  che  rovino  le 
opere  di  fortificazione  verso  il  mare.  II  26  il  forte  San  Carlo  fu  occu- 
pato  dai  Tedeschi  che  lo  fecero  saltare  in  aria.  La  Panther  sforzd 
1'entrata  del  lago,  ma  riporto  varie  avarie. 

La  condotta  della  Gerrnania  e  molto  criticata;  1'opinione  pubblica 
americana  e  irritata  contro  i  tedeschi  che  paiono  cercare  un  pretesto 
per  occupare  un  punto  delle  coste,  il  che  puo  far  nascere  complica- 
zioni  e  trascinare  alia  guerra;  e  gia  i  giornali  tedeschi  fanno  sentire 
che  la  Germania  non  si  lasciera  trattare  come  la  Spagna.  Pero  le  ul- 
time  notizie  sembrano  rassicurare  alquanto  gli  animi.  Secondo  infor- 
mazioni  ufficiali,  il  blocco  delle  coste  venezuelane  verrebbe  levato  il  28. 

5.  (INGHILTERRA).  II  deputato  irlandese  Lynch  che  aveva  preso  la  na- 
zionalita  boera  e  combattuto  contro  gli  inglesi  al  Transvaal,  col  grada 


CONTEMPORANEA  373 

di  colonnello,  tomato  in  Inghilterra  fu  arrestato,  processato,  e  il  2& 
corrente  condannato  a  morte,  ritenendosi  nullo  il  cambiamento  di  na- 
zionalita  in  tempo  di  guerra  e  quindi  il  Lynch  reo  d'alto  tradimento. 
Re  Edoardo  pero,  dietro  il  parere  favorevole  del  Secretario  di  Stato 
per  1'interno,  ha  commutata  la  pena  di  morte  in  quella  dei  lavori 
forzati  a  vita. 

6.  (CINA).  Le  lettere  dei  Missionarii  recano  gravissime  notizie  dello 
stato  di  quei  paesi,  in  cui  la  rivoluzione  dei  boxers  ricomincia  a  sor- 
gere  e  spargere  dappertutto  la  desolazione,  il  terrore  e  la  morte.  Negli 
ultimi  mesi  dello  scorso  anno  da  due  a  tremila  cristiani  trucidati, 
cinque  o  sei  mila  dispersi  e  senza  asilo :  parecchi  milioni  di  danni 
per  le  centinaia  di  case  bruciate,  per  le  chiese  distrutte  e  le  cristia- 
nita  saccheggiate.  Tra  gli  uccisi  vi  sono  pure  de'  Sacerdoti.  II  Vi- 
cario  Apostolico  del  Setchuen  occidentale,  monsignor  Dunand,  afferma 
che  dalla  fondazione  della  missione  nel  1650  mai  non  si  ebbe  una 
persecuzione  come  la  presente.  I  boxers  in  numero  di  40,000  scor- 
rono  il  paese,  incoraggiati  dagli  stessi  capi  del  1900  che,  mandati 
cola  in  esilio,  vi  menano  onoratissima  vita  e  aspettano  tempo  oppor- 
tune. La  provincia  e  taglieggiata  sotto  pretesto  di  pagare  la  inden- 
nita  della  guerra  passata  e  mettere  in  inaggior  odio  gli  europei.  I 
mandarini  favorevoli  ai  cristiani  sono  revocati.  La  fazione  e  soste- 
nuta  dalle  autorita  stesse  con  tanto  maggior  baldanza  perche  il  Setchuen 
a  900  chilometri  dentro  terra  e  quasi  inaccessibile  a  soldati  stranieri. 

La  stampa  europea  finora  rimase  muta,  e  la  diplomazia,  che  pur 
conosce  i  fatti,  non  se  ne  da  per  intesa,  forse  per  non  disturbare  le 
sue  combinazioni  e  gli  interessi  finanziarii  dei  capitalisti :  e  intanto 
si  lascia  preparare  una  nuova  sollevazione  che  finira  certamente  colla 
strage  de'  missionarii  e  de'  cristiani  e  colla  distruzione  di  ogni  in- 
fluenza della  civilta  europea. 

G-ERMANIA  (Nostra  Corrispondenza).  1.  L' intervento  anglo-tedesco  nel 
Venezuela,  e  la  politica  esterna.  —  2.  La  nuova  tariffa  doganale.  — 
3.  La  tolleranza  protestante.  —  4.  La  facolta  cattolica  di  Teologia  a 
Strasburgo  e  1'elezione  dell'Arcivescovo  di  Colonia.  —  5.  La  Principessa 
reale  di  Sassonia.  —  6.  I  timori  degli  Ortodossi. 

1.  L'Europa  e  rimasta  molto  meravigliata,  vedendo  la  Germania 
e  1'  Inghilterra  di  comune  accordo  intervenire  nel  Venezuela,  per 
costringere  questa  Repubblica  a  soddisfare  i  propri  impegni  verso  i 
creditor!  tedeschi  e  inglesi,  e  si  e  gridato  all'abuso  della  forza,  al- 
1'  ingiustizia.  A  questo  proposito  pero  giova  ricordaie  che  nel  decoreo- 
anno  la  Francia  mando  la  propria  flotta  a  Metilene  per  obbligare  la 
Turchia  a  pagare  una  somma  dovuta  al  Tubini  e  al  Lorando,  debito 
giudicato  da  tutti  gli  uomini  competenti  molto  usuraio;  che  Grevy 


374  CRONACA 

spedi  altra  volta  la  flotta  francese  contro  il  Peru,  recalcitrante  a 
soddisfare  verso  i  fratelli  Dreyfus  alcuni  debit!  parimente  riconosciuti 
usurai,  per  non  dir  peggio.  Oggi  a  lor  volta,  1'  Inghilterra  e  la  Ger- 
mania  si  sono  unite  ad  un  simile  scopo ;  ma  prima  di  tutto  si  e  avuto 
cura  di  togliere  all'  intervento  ogni  apparenza  di  conquista,  pur  met- 
tendo  da  parte  la  dottrina  del  Monroe.  Gli  Stati  Uniti,  essendo  le 
richieste  aEglo-tedesche  giustamente  fondate,  non  hanno  fatto  oppo- 
sizione,  come  anche  nessun'altra  potenza  si  e  dichiarata  contraria. 
Gli  Stati  Uniti  compresero  bene  che  parteggiando  pel  Venezuela 
avrebbero  fatto  torto  a  loro  stessi.  Poiche  il  Venezuela,  come  tante 
altre  repubblichette  dell'America,  crede  poter  burlarsi  impunemente 
dell'  Europa ;  ma  un  intervento  giunto  in  momento  opportune  lo 
costringe  a  riflettere  che  e  piu  utile  il  regolare  le  partite  con  le 
altre  Potenze  e  con  i  propri  creditori,  piuttostoche  rovinare  il  Paese 
con  rivoluzioni  continue.  Questa  volta  la  Germania  e  1'  Inghilterra 
sono  stati  i  campioni  di  tutta  Europa;  tantoche  il  Belgio,  1'Olanda, 
1' Italia  e  gli  altri  Stati  hanno  uniti  i  loro  richiami  a  quelle  delle 
suddette  due  nazioni,  le  quali,  lungi  dall'abusare  della  propria  forza, 
si  diportarono  con  moderazione  pari  alia  fermezza.  Esse  si  sono 
limitate  a  mettere  in  opera  i  mezzi  creduti  sufficient!  per  costringere 
il  Venezuela  e  esaminare  con  maggior  calma  lo  stato  delle  cose;  in 
tal  modo  facilmente  il  conflitto  non  avra  altra  conseguenza  se  non 
di  rendere  piu  stabili  e  piu  sicure  le  condizioni  del  Venezuela  stesso. 
In  questo  mezzo  tutta  1' Europa  e  stata  commossa  a  causa  della 
rivoluzione  scoppiata  nel  Marocco,  il  grande  ammalato  dell'Occidente 
musulmano.  Da  circa  mezzo  secolo  si  prevede  la  rovina  di  questo 
impero  che  va  sfasciandosi  da  se  medesimo;  impero  il  piu  barbaro, 
il  piu  incolto,  il  peggio  governato  di  tutti  gli  altri  paesi  musulmani ; 
che  e  tutto  dire !  II  sultano  del  Marocco  regna  solo  col  terrore,  e 
con  la  forza  sono  estorte  le  imposte,  essendo  inviate  vere  e  proprie 
spedizioni  contro  gli  abitanti,  fra  i  quali  la  maggior  parte  delle 
tribii  riconoscono  appena  il  governo  del  Sultano  residente  a  Fez. 
Del  resto  il  Marocco  esiste,  perche  la  gelosia  delle  Potenze  lo  la- 
scia  esistere,  come  e  della  Turchia.  Da  qualche  tempo  a  questa 
parte  1'opinione  pubblica  in  Germania  propende  per  la  estensione 
della  Spagna  nel  Marocco ;  al  quale  effetto  si  ricordano  le  lotte  eroiche 
sostenute  dagli  Spagnuoli  contro  i  Mori,  ed  al  tempo  stesso  il  fatto 
che  la  Spagna  non  ha  mai  portato  le  armi  contro  la  Germania.  Le 
si  augura  un  compenso  alle  recenti  perdite  subite;  tanto  piu  poi, 
perche  la  Spagna  apparisce  il  Paese  piu  atto  di  ogni  altro  a  domi- 
nare  e  colonizzare  il  Marocco.  Nella  Spagna  la  popolazione  aumenta 
moltissimo  ed  ha  una  attitudine  particolare  alia  colonizzazione  e  al- 
r  incivilimento.  Inoltre  la  Spagna  e  in  una  posizione  inespugnabile. 


CONTEMPORANEA  375 

Dai  forti  di  ctii  ha  circondato  Gibilterra,  essa  pud  in  un  momento 
distruggere  questo  baluardo  un  tempo  inespugnabile.  Le  artiglierie 
spagnole  dominando  lo  stretto  di  Gibilterra  e  al  tempo  istesso  la 
costa  del  Marocco,  la  Spagna  e  in  grado  di  impedire  alle  navi  nemiche 
1'  ingresso  nello  stretto,  mentre  pud  operare  una  discesa  sulle  coste 
marocchine  e  opporsi  contemporaneamente  a  qualunque  altra  Potenza 
desiderosa  di  fare  altrettanto. 

L'artiglieria  moderna,  con  i  suoi  pezzi  da  sei  e  da  dieci  chilo- 
metri  di  portata,  avendo  cagionato  uno  spostamento  nell'arte  rnili- 
tare,  la  Spagna,  merce  la  sua  artiglieria  promiscua,  potra  cosi  avere 
una  grande  parte  nel  componimento  futuro  della  questione  maroc- 
china.  Ne  le  faranno  difetto  amici  ed  alleati. 

Considerando  peraltro  le  condizioni  present!  dell'  Europa,  non  ci 
si  puo  aspettare  una  risoluzione  tanto  sollecita  della  questione  ma- 
rocchina ;  perche  di  mezzo  vi  sono  tro'ppi  interessi  opposti  e  troppe 
aspirazioni  che  fanno  a  cozzi  fra  loro.  La  soluzione  pift  naturale  e 
piu  giusta  sarebbe  quella  di  spartire  tutti  i  paesi  del  Nord  deH'Africa 
fra  le  Potenze  del  Mediterraneo,  ricostituendo  cosi  1'antico  Impero 
su  basi  nuore  inediante  una  confederazione  mediterranea.  Ma  i  nostri 
tempi  sono  ancora  imrnaturi  f>er  simile  accordo.  Tutte  le  nazioni 
grandi  e  piccole  sono  oltremodo  gelose  fra  loro  e  dominate  da  una 
ambizione  straordinaria  e  1'unico  spediente  nel  presente  stato  di  cose 
si  trova  nella  necessita  per  le  grandi  nazioni  di  tener  lontane  le  grandi 
guerre. 

Le  nostre  relazioni  con  le  Potenze  sono  eccellenti.  Cosi  lo  Czar 
ha  invitato  il  Principe  imperiale  a  fargli  visita.  Sebbene  bisogni 
tener  conto  che  la  Russia  prima  di  ogni  altra  cosa  provvede  alia 
propria  utilita,  tuttavia  finora  essa  ha  conservato  la  sua  amicizia 
tradizionale  con  la  Corte  di  Berlino.  Quanto  all' Austria,  vi  e  la  Fran- 
cia  che  si  e  presa  la  briga  di  farla  stare  a  fianco  della  Germania. 
II  Governo  francese  su  questo  punto  non  ha  una  politica  ben  risoluta ; 
cio  non  ostante  la  stampa  e  il  partito  francese,  almeno  in  maggioranza, 
seguono  del  tutto  la  massima  del  Richelieu,  avvilire  cioe  la  Casa 
d' Austria.  Costoro  sostengono,  incoraggiano  e  si  rallegrano  di  tutto 
cio  che  puo  contribuire  all'unione  dell' Austria  con  la  Germania; 
soprattutto  incoraggiano  la  lotta  di  nazionalita  che  deve  condurre 
1' Austria  alia  rovina,  dato  e  non  concesso  che  tale  impero  possa  spa- 
rire.  Questa  lotjia  e  tenuta  viva  principalmente  fra  i  tedeschi  del- 
1'Austria,  che  costituiscono  1'elemento  principale  e  piu  numeroso  dello 
Stato,  elernento  malcontento,  vedendosi  poco  difeso  dai  brogli  e  dalle 
usurpazioni  di  coloro  che  appartengono  ad  altre  nazionalita.  Tale 
stato  di  cose  contribuisce  a  rendere  i  tedeschi  dell'Austria  propensi 
per  i  loro  vicini  e  a  non  disprezzare  1'idea  di  una  unione  con  la 


376  CRONACA 

Germania.  Presentemente  nondimeno  1'unico  male  di  che  sono  causa, 
consiste  nel  costringere  il  Governo  austriaco  a  tenersi  in  qualunque 
evento  sempre  amico  della  Germania.  Se  gli  Ungheresi,  gli  Czechi, 
i  Polacchi  ecc.  avessero  un  po'  piu  di  tatto  politico,  porrebbero  ogni 
cura  nel  consolidare  il  proprio  Governo  con  I'armonia  e  1'accordo 
perfetto  di  tutte  le  different!  nazionalita  fra  loro  e  si  asterrebbero 
dalla  politica  presente,  la  quale  fomenta  la  disunione  e  spinge  1'Au- 
stria  alia  rovina ;  obbligandola  a  riguardare  con  circospezione  1'appoggio 
della  Germania  unita.  In  questa  condizione  di  cose  1'Austria,  come 
tante  altre  Potenze,  non  trovasi  in  grado  di  portare  aiuto  ai  Macedoni 
perseguitati  dai  Turchi. 

2.  La  nuova  tariffa   doganale  e  stata  approvata,  nonostante  Top- 
posizione  accanita  e  un'inaudita  ostruzione  dei  socialisti  e  di  qualche 
liberale,  accompagnata   da  scene  di   pugilato   e  da  insalti  non  mai 
uditi  al  Reichstag.  I  socialisti,  alzando  tanto  la  voce,  volevano  a  tutti 
i  costi  provare  agli  operai  che  essi  esaurivano  tutte  le  proprie  forze, 
pur  di  liberarli  dal  rincaro  del  pane  e  della  carne.  In  pratica,  dopo 
1'aumento,  le  tariffe  doganali  nostre  sono  rimaste   inferiori  a  quelle 
della  Francia,    dell' Italia  e  di  qualche   altro  paese,  fatta   astrazione 
dai  dazi  protettori  della  Russia :  sebbehe,  tutto  e  relativo.  La  Germa- 
nia importa  e  rero  una  quantita  di  cereali  maggiore  (la  sesta  parte 
del  consume)  della  Francia,  dell' Austria,  dell' Italia   ecc.,  ma  qui  i 
diritti  della  dogana  sono  in  parte  compecsati  dalla  facilita  e  dal  mite 
prezzo  di  trasporto.  Di   piu,  merce   gli   acquisti   all'ingrosso   che   fa 
alPestero,  la  Germania  ottiene  tariffe  vantaggiosissime ;  sicche  il  pane 
si  pud  vendere  allo  stesso  prezzo   degli  altri  paesi.  Quanto  poi  alia 
carne,  e  da  porre  in  evidenza  che  1'allevamento  del  bestiame  ha  fatto 
tali  progressi,  da  essere  quasi   sufficiente  pel   consumo  interno;  co- 
fiicche  1'importazione,  durante  gli  ultimi  anni,  e  assai  diminuita.  Si 
pretese  pure  che  i  nuovi  dazi  avrebbero  impedita  la  conclusione  di 
nuovi  trattati  di  commercio,  ma  anche  questo  timore  e  risultato  infon- 
dato,  perche  finora  nessuno  Stato  ha  pensato  a  denunziare  i  proprii 
trattati  con  noi,  senza  impegnarsi  subito  a  rinnovarli.  No :  le  nuove 
tariffe  non  ci  condurranno  fra  due  anni   al  cataclisma   predetto  dai 
loro  avversarii.  E  giusto    pero    far    notare   che   molte  parti  di  esse, 
in  special  modo  quella  sui  cereali,  sono  state  modificate  dal  Reichs- 
tag: e  in  cid   il  Centre  si  e  acquistato   molti  meriti,  procurando  di 
conciliare  tutti  gli   interessi.  In  molte   riunioni  politiche  si  sono  di 
gia  votati  a  lui  ringraziamenti,  sicche  gli  altri  partiti  hanno  perduto 
tanto  prestigio,  quanto  il  Centro  ne  ha  guadagnato. 

3.  La  tolleranza  protestante  !  In  seguito  alia  deliberazione  presa  dal 
Reichstag  in  favore  della  tolleranza  religiosa,  il  Governo  sassone  ha 
dichiarato  che  non  ha  motivo  di  modincare  la  legislazione  presente, 


CONTEMPORANEA  377 

la  quale  tutela  la  pace  religiosa  del  regno.  II  concistoro  generale 
della  Chiesa  protestante  di  Sassonia  ha  pubblicamente  protestato  con- 
tro  la  tolleranza  da  concedersi  ai  cattolici,  essendo  detto  concistoro 
sempre  all'/ws  reformandi  del  Trattato  di  Westfalia.  II  Governo  del 
Brunswick  ha  gia  modificato  la  sua  legge  riguardante  i  cattolici,  seb- 
bene  la  nuova  legge  conceda  ai  cattolici  medesimi  solo  un  piccolis- 
simo  vantaggio,  quale  e  quello  di  dispensare  i  genitori  dal  chiedere 
ai  pastori  il  permesso  per  iscritto  di  far  batteazare  i  proprii  figli  dal 
sacerdote  cattolico.  Nel  resto  pero  i  cattolici,  come  pel  passato,  non 
possono  aprire  cappelle  pubbliche,  fabbricare  chiese,  o  chiamare  un 
sacerdote  senza  particolare  permesso  chiesto  caso  per  caso;  e  quasi 
sempre  rifiutato.  Lo  stesso  accade  per  le  scuole  cattoliche,  la  mag- 
gior  parte  delle  quali  e  a  oarico  dei  cattolici,  obbligati  insieme  a  con- 
tribuire  con  i  loro  denari  al  mantenimento  delle  scuole  protestanti. 
I  figli  nati  da  matrimonii  misti  debbono  essere  educati  nella  religione 
del  padre,  salvo  che  non  sia  stata  fatta  una  speciaie  dichiarazione  in 
contrario  prima  del  battesimo  del  figlio  primogenito ;  e  se  in  seguito 
a  conversione,  il  matrimonio  cessa  di  essere  misto,  i  figli  debbono 
osservare  nondimeno  la  religione  imposta  loro  dalla  legge.  Di  piu  & 
proibito  alle  Suore  di  Carita  di  stabilirsi  nel  Regno. 

4.  La  Facolta  cattolica  di  Strasburgo  e  stata  eretta  dal  S.  Padre 
con  condizioni  tali  da  assicurare  la  giurisdizione  e  1'autorita  del  Ye- 
scovo  su  di  essa,  ed  al  tempo  istesso  quella  del  S.  Padre.  I  profes- 
sori  debbono  essere  nominati  con  il  concorso  formale  del  Yescovo,  al 
quale  e  riservato  pieno  diritto  di  vigilare  sopra  il  loro  insegnamento ; 
di  modoche  quando  un  professore  e  stato  censurato  dal  Yescovo,  non 
solo  non  gli  e  permesso  piu  di  insegnare,  ma  deve  altresi  essere  al- 
lontanato  daH'Universita.   I  giornali  ostili   rimproverano   il   Governo 
per  aver  fatte  queste  concessioni  alia  Ghiesa;   ma  noi  speriamo   che 
la  Facolta  cattolica  sara   un   freno  a  certe   dottrine   insegnate   nelle 
altre  Facolta. 

Mons.  Fischer,  vescovo  ausiliare,  1'otto  novembre,  e  stato  dal  Ca- 
pitolo,  eletto  Arcivescovo  di  Colonia,  con  pieno  gradimento  del  Go- 
verno. Mons.  Antonio  Fischer  e  nato  a  Jtilich  nel  1840,  ed  e  figlio 
di  un  precettore,  come  molti  vescovi  della  Germania,  quali  p.  e.  il 
card.  Kopp,  i  vescovi  di  Treves,  di  Ermeland,  di  Limburg  ecc. 

5.  II  caso  della  principessa  reale  di  Sassonia  continua   ad   essere 
oggetto  della  pubblica   curiosita   con  dispiacere   di  tutte   le  persone 
oneste.  La  principessa  e  difesa  sol  tan  to  dalla  stampa  socialista  e  im- 
morale.  II  Principe  reale  ha  chiesto  la  separazione  di  corpo  e  di  beni  per 
mezzo  del  tribunale,  poiche  cattolico  sincere,  non  puo  far  questione 
di  divorzio.  Tutto  il  Regno,  tutta  la  Germania  sono  in  suo  favore  e 
gli  addimostrano  la  loro  piu   grande   simpatia,  essendo  egli  arnato  e 


378  CRONACA 

stimato  da  tutto  il  popolo  per  le  doti  eccellenti  di  mente  e  di  cuore 
che  lo  adornano.  Sara  accelerata  la  procedura  di  separazione,  poiche 
il  Ee  G-iorgio  essendo  infermo,  si  vuole  evitare  ad  ogni  costo  che 
la  famiglia  reale  e  lo  Stato  siano  costretti  a  proclamare  Regina  di 
Sassonia  una  sposa  indegna  e  disonorata.  E  da  mettere  in  rilievo 
ancora,  che  in  seguito  alle  dichiarazioni  della  principessa  e  alle  in- 
formazioni  avute  dalla  Corte  stessa  non  si  puo  fare  alcun  rimprovero 
al  Principe. 

6.  Nel  suo  discorso  pronunziato  alia  inaugurazione  della  chiesa 
restaurata  di  "Wittenberg,  nella  quale  Lutero  inizio  la  ribellione  con- 
tro Roma,  Guglielmo  II  si  dichiard  energicamente  contrario  a  qua- 
lunque  inceppamento  della  Fede  religiosa.  Nell'altro  suo  discorso  di 
Goerlitz  esalto  a  un  dipresso  le  dottrine  dell'  Harnack,  del  Ritschl, 
•e  di  altri  teologi  liberali  e  razionalisti  dovendo  esse  trovar  posto 
nell'unita  che,  a  norma  del  discorso  pronunziato  a  Gotha,  1'  Impera- 
tore  vuole  stabilita  in  tutta  la  Germania  protestante.  In  sostanza 
questa  unione  sarebbe  religiosa,  ma  senza  fede  comune !  I  liberali  e 
gli  increduli  sono  tutti  entusiasti  nel  favorire  la  unione  delle  chiese 
protestanti,  poiche  conoscono  per  pruova  che  con  una  unione  cosif- 
fatta  trionferebbero  i  loro  principii ;  e  di  tale  parere  sono  anche  gli 
ortodossi.  Ma  questi  non  possono  fare  niente  contro  1'Imperatore,  o 
contro  le  Autorita  ecclesiastiche,  le  quali  sono  elette  dallo  stesso 
Imperatore.  Le  decisioni  dei  Sinodi  son©  in  perfetta  armonia  con  le 
idee  correnti  dell 'Imperatore  medesimo,  secondo  che  dichiarano  1'Har- 
nack  e  tutti  coloro,  i  quali  sanno  tenersi  bene  in  sella. 

E  ormai  palese  che  1'lmperatore,  da  ortodosso  e  passato  a  pro- 
fessare  le  dottrine  liberali,  quando  si  e  congratulate,  senza  restri- 
sioni,  con  il  prof.  Harnack  per  le  sue  dottrine.  Tuttavia  sembra  che 
questa  volta  il  cambiamento  di  idee  nell' Imperatore  non  sia  stato 
operate  solo  per  la  influenza  dell' Harnack,  ma  piuttosto  dal  libro 
del  Chamberlain.  L'idea  della  unione  delle  32  Chiese  protestanti 
^ilemanne,  come  diceva,  e  stata  salutata  con  entusiasmo  in  special 
modo  dai  partiti  estremi,  che  formano  la  estrema  sinistra  in  politica 
«  in  religione,  perche  essi  si  lusingano  di  fame  un  arma  potente  di 
guerra  contro  la  Chiesa  cattolica  ;  ma  intorno  a  cid  sbagliano,  poi- 
che tali  disegni  debbono  dispiacere  all'  Imperatore,  il  quale  sa  di 
avere  nei  cattolici  un  elemento  conservatore  forte,  e  nel  Centro  il 
migliore  sostegno  del  presente  ordine  di  cose,  una  forza  vitale  per 
1'interno  e  per  1'esterno. 

L'Imperatore  in  piu  occasioni,  ma  specialmente  nel  discorso  pro- 
nunziato ad  Aix-la-Chapelle  ha  parlato  con  grande  enfasi  della  Chiesa 
cattolica,  dei  suoi  uomini  grandi,  delle  sue  opere  insigni,  compiute 
quando  il  Cattolicismo  regnava  in  Germania.  Ha  la  mente  piena  dei 


CONTEMPORANEA  379 

ricordi  del  Santo  Impero,  e  sogna  anche  la  magnifieenza  di  questo 
Impero.  La  maggior  parse  del  tedeschi  lo  dicono  un  romantico,  ca- 
pace  di  grand!  idee  e  di  grandi  azioni.  Guglielmo  II,  dicono  altri, 
ci  prepara  qualche  sorpresa  alia  quale  nessimo  oggi  ancora  pensa.  Del 
resto  1'Im.peratore,  come  tutte  le  persone  serie,  scorge  nella  discordia 
religiosa  una  causa  di  indebolimento  per  la  Germania.  Noi  siamo  e 
vero  uniti  politicamente,  perche  senza  questa  unione  la  Germania  sa- 
rebbe  rovinata  ed  in  ultimo  distrutta ;  ma  1'unione  religiosa  e  neces- 
saria  per  cementare  1'unione  politica  e  imprimere  alia  nazione  un 
carattere  piu  omogeneo,  e  piu  energico.  Nella  unione  religiosa  si 
avvantaggia  pure  la  vita  intellettuale  e  morale  della  popolazione; 
stando  come  al  presente  le  cose,  i  protestanti  rinunziano  alia  vera 
grandezza  delia  Germania,  poiche  respingono  da  se  il  potente  aiuto 
di  una  grande  sorgente  di  vita  intellettuale. 

IL  SANTUARIO  DI  N.  S.  DI  LOURDES  L'ANNO  1902. 

II  giornaiismo  giudaico  e  massonico  di  Francia  aveva  prenunziato, 
che  il  1902  sarebbe  1'anno  precursore  dello  scadimento  finale  del  culto 
e  della  popolare  devozione  al  celebre  Santuario  di  Lourdes.  Ma  questo 
empio  desiderio,  anziehe  presagio,  e  andato  fallito.  L'anno  decorso 
invece  e  stato  de'  piu  splendidi  e  fecondi  di  gloria  per  quella  Grotta 
mirifica,  la  quale  omai  da  quarant'otto  anni  forma  lo  stupore  del 
mondo  cristiano  e  la  confusione  della  incredulita  moderna. 

Lasoiando  in  disparte  il  lustro  che  le  si  e  accresciuto,  colla  esatta 
riproduzione  nei  giardini  del  Yaticano  fattane  per  cura  di  Mgr  Ye- 
scovo  di  Tarbes,  e  colla  solennita  onde  il  Papa  Leone  XIII  Tha  vo- 
luta  persoiialmente  inaugurare  decorandola  di  sue  inscrizioni,  ed 
inoltre  arricchendo  di  speciale  indulgenza  Porazione  e  1'invocazione 
ad  onore  della  Yergine  Immacolata  col  titolo  di  Lourdes ;  le  stati- 
stiehe  dianzi  pubblicate  negli  Annali  del  Santuario  ci  offrono  i  se- 
guenti  particolari. 

Gli  Arcivescovi  e  Yescovi  dell'orbe,  che  si  sono  ivi  recati  a  ve- 
nerare  la  Yergine  taumaturga,  non  sono  stati  meno  di  60. 

Ben  240  treni  special!  vi  hanno  condotti  170  pellegrinaggi.  Le 
eompagnie  delle  strade  ferrate  hanno  computate  a  200,000  le  per- 
sone andate  in  Lourdes  con  biglietti  semplici  o  circolari:  onde,  alia 
stretta  dei  conti,  i  pellegrini  di  ogni  eta  e  condizione  accorsi  a  vi- 
sitare  il  Santuario,  nel  giro  dell'anno,  superano  la  cifra  di  400,000. 

Le  messe  celebratevi  sono  state  40,000,  e  411,000  le  Comunioni 
ivi  distribute  ai  fedeli;  2,291,002  intenzioni  di  devoti  sono  state 
raccomandate  alle  comuni  preghiere.  Di  queste,  51,640  sono  stated! 
ringraziamento  per  favori  impetrati. 


380       1L  SANTUA.RIO  UI  N.  S.  DI  LOURDES  NELL/ANNO  1902 

Oltre  i  900  malati  condottivi  dal  solito  pellegrinaggio  nazionale 
francese  dell'agosto,  altri  5,120  vi  sono  stati  portati  da  ogni  regione 
della  Francia  e  di  fuori.  Yi  si  sono  poi  contate  20,712  immersion! 
di  uomini  nelle  piscine  dell'acqua  prodigiosa,  e  46,714  in  quelle 
riservate  alle  donne  :  102,500  bocce  dell'acqua  medesima  sono  state 
spedite  in  ogni  paese  del  globo. 

Di  tavolette  in  marmo  commemoranti  grazie  ricevute,  se  ne  sono 
collocate  464.  I  voti  offerti  sono  stati  numerosissimi,  e  fra  quest! 
195  cuori  e  3  calici,  oltre  gioielli  in  grande  quantita.  Ne  minore 
•degli  altri  anni  e  stato  il  cumolo  delle  guarigioni  ottenute,  parecchie 
delle  quali  mirabili  e  superior!  a  tutte  le  forze  della  natura.  Di  molte 
di  queste  ha  reso  un  conto  sommario  1'ufficio  medico,  presieduto  dal- 
1'  illustre  dottor  Boissarie,  negli  Annali  mensili,  e  nel  diario  settima- 
nale  della  Grotta,  che  pure  ha  dati  cenni  edificantissimi  delle  pro- 
cessioni  e  cerimonie  le  quali,  dall'aprile  al  novembre,  notte  e  giorno 
si  sono  succedute. 

II  periodo,  come  suol  dirsi,  ascendente  delle  glorie  della  Candida 
Yergine  apparsa  nel  1858  nella  Grotta  di  Massabieille,  dopo  quasi  la 
meta  di  un  secolo,  non  e  dunque  cessato  ;  ma  prosegue  con  maravi- 
glioso  incremento,  crescit  eundo :  sempre  fulgida  mantenendosi  la 
manifestazione  del  miracolo  permanente,  che  infervora  i  popoli  nella 
fede  e  rianima  le  speranze  piu  dolci  della  Francia  cattolica  e  della 
Chiesa. 

—  Lourdes,  e  la  salute,  Lourdes  e  la  speranza  nostra  !  esclamo 
il  S.  Padre  Leone  XIII,  dopo  che  ebbe  solennemente  benedetta  la  stu- 
penda  copia  della  Grrotta,  eretta  nel  giardino  della  sua  residenza  del 
Yaticano.  Ne  pago  di  avere  espresso  questo  suo  sentimento  a  parole, 
ta  voluto  esprimerlo  nel  marmo,  facendo  porre  in  una  parete  della 
medesima  un'iscrizione,  con  questi  suoi  versi  deprecativi : 

Insana  lieu  misere  scindit  discordia  Grallos, 
lamque  eadem  gentes  sors  premit  Ausonias. 

Adsis,  alma  Parens,  cumulans  portenta  salutis, 
Tristia  Lourdensi  crimina  merge  lacu. 


Se,  come  e  certo,  la  gratitudine  pel  bene  ricevuto  rallegra  I'animo  di 
chi  lo  ha  fatto,  gli  animi  di  coloro  che  sono  concorsi  a  formare  la  tenue 
strenna  da  noi,  per  le  feste  natalizie,  mandata  agli  oltre  400  Monastery 
immiseriti  che  assistiamo,  possono  davvero  rallegrarsi  del  bene  che  con  do 
han  loro  recato.  Le  lettere  di  ringraziamento,  che  ce  ne  sono  venute,  ridonda- 
vano  di  cosl  vive  espressioni  di  riconoscenza,  di  si  fervide  benedizioni  e  di 


AVVERTENZA  381 

prcmesse  cost  larghe  di  orazioni  per  contraccamlio,  die  non  si  possono  leg- 
.gere  senza  commoversi.  A  tutti  dunque  ed  ai  singoli  oblatori  delle  dette  li- 
mosine  partecipiamo  questi  rendimenti  di  grazie,  e  queste  sincerissime  pro- 
wesse,  persuasi  che  conforteranno  i  loro  cuori  cristianawiente  gentili. 

Al  tempo  stesso  parteripiamo  loro  I'apostolica  benedizione,  che  il  S.  Pa- 
dre Leone  XIII  ci  ha  dato  I'onorevole  incarico  di  trasmettcre  a  quanti,  colle 
ojferte  e  col  favore,  conferiscono  al  mantenimento  di  quest'opera  di  carita 
verso  le  tribolate  spose  di  G-esu  Cristo,  la  quale  gli  sta  tanto  a  cuore  e  si 
b  resa  cost  necessaria  nelle  presenti  congiunture. 

Queste  solide  consolazioni  e  la  sicurezza  di  avere  parte  alle  continue 
jpreghtere  di  anime  carissime  al  Signore,  ci  fanno  sperare  che  tutti  i  bene- 
Jattori  loro  ci  aiuteranno  altresi  a  mettere  insieme  I'  ovo  pasquale,  che  ci 
.proponiamo  di  spedire  a  cia&cun  Monastero,  per  le  sante  gioie 

OPE  RE  PERVENUTE  ALL  A  DIRE  ZI  ONE  i 


Angot  des  Retours  J.  St.  Alphonse  de  Liguori.  (Les  Saints).  Paris, 
Lecoffre,  1903,  16°,  XVIII- 182  p.  Fr  2. 

Baldeschi  (II  nuovo),  ossia  Esposizione  delle  Sacre  Ceremonie  della 
Messa  privata  e  cantata  con  alcuni  quesiti  concernenti  la  medesima.  Nuova 
•edizione  corretta  a  norma  delle  ultirne  disposizioni  della  S.  C.  dei  Biti. 
Roma,  Dosclee,  24°,  300;  248  p.  L.  3,25. 

Battandier  A.  Annuaire pontifical  catholique.  VIe  annee.  Annee  1903. 
Paris,  Bonne  Presse,  16°,  608  p. 

Bos  an  o  Joly  P.  II  dinamismo  nel  poema  e  segnatamente  nella  Filo- 
-sofia  e  nelVarte.  Piccolo  saggio  di  Studi  Danteschi.  Lecce,  tip.  del  «  La 
Provincia  di  Lecce  »,  1900,  8°,  VI-212-XII  p. 

Burrascone  M.  sac.  Memorie  storiche-ecclesiastiche  di  Castroreale.  Pa- 
lermo, Nobile,  1902,  16°,  272  p.  L.  2. 

Classen  F.  M.  Anleitung  zur  Anfertigung  kirchlicher  Handarbeiten. 
Mit  84  Text-Illustr.  Donauworth,  Auer,  1903,  4°,  72  p.  M.  4. 

Clausse  G.  Les  San  Gallo  architectes,  peintres,  sculpteurs,  medailleurs 
XVe  et  XVIe  siecles.  Tome  troisieme.  Florence  et  les  derniers  San  Gallo. 
Paris,  Leroux,  1902,  8°  gr.  420  p. 

Costantino  da  Farnetella,  0.  F.  M.  Le  Cappuccine  di  Santa  Flora 
e  i  loro  preziosi  tesori.  Notizie  storiche.  Siena,  S.  Bernardino,  1903,  16°, 
136  p. 

Dammien  H.  L'art  de  se  faire  ecouter.  La  Diction  et  le  Geste.  2&me 
•M.  Paris,  Blond,  1903,  16°,  192  p. 

Davin  V.  Quarante-cinq  de  la  Sorbonne  pour  la  censure,  du  Primat 
et  des  Prelats  de  Hongrie  qui  ont  condamne  la  «  Declaration  du  Clerge 
tie  France  »  de  1682  revelees  par  le  manuscript  7161  de  la  Bibliotheque 
vaticane.  Paris,  Savaete,  8°,  236  p. 

1  Non  essendo  possibile  dar  conto  delle  molte  opere,  che  ci  vengono  inviate,  con  quell* 
iollecitudine  che  si  vorrebbe  dagli  egregi  Antori  e  da  noi,  ne  diamo  intanto  un  annanzio 
sommario  che  non  imports  alcun  giadizio,  riserbanduoi  di  tornarvi  sopra  a  secocda  dell'op- 
portonita  e  dello  spazio  conoesso  nel  periodico. 


382  OPERE 

De  Barenton  H.  0.  M.  C.  La  Science,  de  I' invisible,  ou  le  Merveil- 
leux  et  la  Science  moderne.  (Science  et  Religion,  218).  Paris,  Bloud,  1903,. 
16°,  64  p.  Cent.  60. 

—  Les  Franciscains  en  France.  3^me  ed.  (Science  et  Religion,  229).  Pa- 
ris Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

De  Bey  lie  L.,  L' habitation  byzantine.  Les  anciennes  maisons  de 
Constantinople.  Supplement.  Grenoble,  Berrin,  1902,  4°,  30  p. 

Delfour  L.  Cl.  La  Religion  des  contemporains.  Kssais  de  critique  ca- 
tholique.  4eme  Serie.  Paris,  Soc.  franc,  d'imprimerie  1902,  16°,  VI-344  p. 
Fr.  3,50. 

Deschamps  A.  S.  I.  Un  miracle  contemporain  (Pierre  de  Rudder). 
(Science  et  Religion,  222).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Di  Pietro  V.,  Sac.  XXV  anni  di  Pontificato  di  S.  S.  Leone  XIIL 
Aversa,  Fabozzi,  1902,  8°,  VIII-76  p.  L.  1,50.  Rivolgersi  all'Autore  in 
A  versa. 

Duchesne  L.  Mgr.  Christian  worship:  its  origin  and  evolution.  A 
study  of  the  latin  Liturgy  up  to  the  time  of  Charlemagne.  Translated 
from  the  third  French  edition  by  M.  L.  Me  CLURE.  London,  Society  for 
promoting  Christian  Knowledge,  1903,  8°,  XVI-560  p. 

Dunand  Ph.  H.  Jeanne  d' Arc  a-t-elle  abjure  au  cimetiere  de  Saint- 
Ouen  .*  (Science  et  Religion,  225).  Paris,  Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent.  60. 

Enlart  C.  Manuel  d' archeologie  francaise  depuis  les  temps  merovin- 
giens  jusqu'a  la  Renaissance.  Premiere  partie.  Architecture.  —  I.  Archi- 
tecture religieuse.  Paris,  A.  Picard,  1902,  8°,  XX-816  p.  405  fig.  Fr.  15. 

Ermoni  V.  Les  origines  de  V Episcopal .  (Science  et  Religion,  203).  Pa- 
ris, Bloud,  1903,  16°,  64  p.  Cent,  60. 

—  I.  La  Bible  et  I' Egyptologie.  16°,  64  >p.  Cent.  60.  ~  II.  La  Bible  et 
V  Assyriologie  (Science  et  Religion,  208-209).  Paris,  Bloud,  1903.  16°,  64  p. 
Cent.  60  ciascuno. 

Eusebius  Werke,  II.  B.  Die  Kirchengeschichte  bearbeitet  im  Auftrage 
der  Kirchenvater-Commission  der  konigl.  preuss.  Akad.  di  Wissenschaften 
v.  dr.  E.  SCHWARTZ  Prof,  an  der  Univ.  Gottingen.  —  Die  lateinische  ilber- 
setzung  des  Rufinus.  Bearbeitet  im  gleichen  Auffcrage  v.  dr.  TH.  MOMMSBN, 
Prof,  an  der  Univ.  Berlin.  I  Halfte.  Leipzig,  Hinrichs,  1903,  8°,  508  p. 
M.  16,50. 

Fischetti  L.  Pompei  com' era  e  Pompei  com'e.  Principal!  monument! 
in  rovina  e  in  restauro  da  fotografie  fatte  dal  vero  degli  stati  attuali 
e  dai  quadri  original!  dei  restauri  ideati.  Napoli,  A.  Confalone,  16% 
116  p.  L.  5. 

Franchi  de'  Cavalieri  P.  Note  agiografiche.  I.  Ancora  del  martirio 
di  S.  Ariadne.  II.  Gli  atti  di  S.  Giustino.  (Studi  e  Testi  S}.  Roma,  Va- 
ticana,  1902,  8°,  38  p. 

Fulgenzio  (P.)  del  Piano,  C.  Sc.  Sulle  Orme  del  Redentore.  Memorie 
ed  illustrazioni  della  Terra  Santa.  Milano,  Lega  Eucaristica,  1903,16°, 
320  p.  L.  2,50. 

Guthmann  Joh.  Dr.  Die  Landschaftsmalerei  der  toscanischen  u.  um- 
brischen  Kunst  von  Giotto  bis  Rafael.  Mit  14  TaMn  in  Lichtdmck  u.  53- 
Textillustr.  in  Autotypie.  Leipzig,  Hiersemann,  1902.  8°,  IV- 456  p.  M.  22. 

Kolb  V.  S.  I.  Die  Glaubensspaltung  und  ihre  Folgen  in  der  Gegenwart^ 


PERVENUTE  ALL  A  DIREZIONE  383 

Vortrage  fur  die  gebildete  Mannerwelt.  Miinster   in    Westfalen,  Osten- 
dorff,  1902,  16°,  VIII-174  p. 

Lagrange  M.  J.  0.  P.  Etudes  Bibliques.  Etudes  sur  les  Religions  86 
mUiques.  Paris,  Lecoffre,  1903,  8°,  VIII-432  p. 

—  Le  Lime,  des  Juges.  Paris,  Lecoffre,  1903,  8°,  XLVIII-328  p. 

Lega  M.  Praelectiones  in  textum  luris  Canonici  de  ludiciis  Ecclesiasti- 
cis  in  Scholis  Pont.  Sem.  Rom.  habitae.  —  De  iudiciis  criminalibus  in 
genere  et  in  specie,  de  delictis  et  poenis  praemisso  tractatu.  Lib.  II.  vol.  IV. 
Romae,  typis  Vatic.,  1902,  8°,  720  p.  L.  9. 

Max,  Prinz  v.  Sachsen,  Herzog  zu  Sachsen.  Der  Jieilige  Marty- 
rer  Apollonius  von  Rom.  Ein  historisch-kritische  Studie.  Mainz,  Kirchheim, 
1903,  8°,  VIII-88  p.  M.  4  (Lire  5). 

Marucchi  O.  Le  Catacombe  di  Roma  secondo  gli  ultimi  studi  e  le 
piu  recenti  scoperte.  Compendio  della  Roma  sotterranea,  con  molte 
piante  parziali  dei  Cimiteri  e  riproduzioni  di  Monument! .  Roma,  De- 
sclee, 1903,  8°,  716  p.  L.  10. 

—  Guida  del  Cimitero  di  Priscilla,  contenente  uno  studio  sulla  pri- 
mitiva  Sede  di  San  Pietro  in  Roma,  con  la  pianta  del  Cimitero  e  molte 
riproduzioni  di  monumenti.  Roma,  Parigi,  Desclee,  1903,  8°,  172.  L.  1,50 

Mercier  D.  Cours  de  pliilosophie.  II.  Ontologie  ou  Metaphysique  ge- 
nerate. 3«ao  ed.  revue  et  consid.  augm.  (Bibl.  de  V Inst.  Sup.  de  Philos.). 
Louvain,  1902,  Paris,  Alcan,  8%  XX  580  p. 

—  Psicologia.  La  vita  organica  e  la  vita  smsitiva,  la  vita  intellettiva 
o  ragionevole.  2a  ed.  italiana  sulla  5a  francese   con   due   tavole   anato- 
miche  per  cura  del  Dr.  S.  BERSANI,  prof,  di  Filosofia.  Roma,  Desclee, 
1903,  8°,  XXII-360;  X-272  p.  L.  7. 

Missale  romanum  ex  decreto  S.  Concilii  Tridentini  restitutum, 
S.  Pii  V.  P.  M. ;  jussu  editum,  Clernentis  VIII,  Urbani  VIII  et  Leo- 
nis  XIII  auctoritate  recognitum.  Editio  III  post  alteram  typicam.  Ra- 
tisbonae,  Roinae,  Neo  Eboraci  et  Cincinnati,  Pustet,  1903,  (15  '/2  X  10  cm.). 
Sciolto  L.  6:  rilegature  da  L.  2,50  a  L.  7,50.  Sono  vendibili  le  Messe 
e  i  proprii  in  fogli  separati. 

Mizzi  E.  F.  Le  Satire  di  Giovenale.  Versione  metrica  italiana,  cor- 
redata  di  note  e  commenti.  Firenze,  Barbera,  1903,  32°,  382  p.  L.  2,25. 

Paulot  L.  d.  0.  Un  Pape  frangais.  Urbain  II.  Paris,  Lecoffre,  1903, 
8°,  XXXVI-564  p. 

Piolet  J.  B.,  S.  I.  Les  Missions  catholiques  frangaises  au  XIXe  siecle. 
Publiees  avec  la  collaboration  de  toutes  les  Societes  de  Missions.  Illu- 
strations d'apres  des  documents  originaux.  V.  Missions  d'Afriques.  Paris, 
Colin,  1902,  8°,  512  p.  Fr.  12. 

Semeria  G.,  barn.  Le  vie  della  Fede.  Contributi  apologetic!.  Roma, 
Pustet,  1903,  16°,  XVIII -280  p. 

-  Gli  Inni  della  Chiesa.  I.  Sviluppo  storico  dell' Innologia  Cristiana. 
II.  L'Inno  del  Natale.  III.  L'Inno  della  Fede.  jMilano,  Bertarelli,  1903. 
Tre  opusc.  di  p.  24,  64,  32. 

Trovesi  R.,  sac.  L'educazione  e  il  Militare  cristiano.  Pavia,  Arti- 
gianelli,  1902,  16°,  372  p. 

Weber  S.  Die  katholiscJie  Kirche  in  Armenien.  Ihre  Begrilndung  u. 
Entwicldung  vor  der  Trennung.  Ein  Beitrag  zur  christlichen  Kirchen- 


384  OPERE   PERVENUTE   ALLA   DIREZIONE 

und  Kulturgeschi elite.  Freiburg  i.  Br.,  Herder,  1903,  8°,  XX-532  p, 
Fr.  11,25. 

Zampini  G.  M.,  sac.  II  buon  seme  del  Vangelo  tra  le  spine  della  cri- 
tica  (Fede  e  Scienza,  17).  Roma,  Pustet,  1902,  16°,  122  p.  Cent.  80. 

Altre  pubblicazioni  pervenute:  Varieta.  —ALLOCUTIO  in  solemni  Acade- 
micorum  graduum  collatione  Facultatis  Theologicae  Pontificiae  Patavinae.  Patavii. 
typ.  Semin.  Ep.,  1903,  8°,  24  p.  —  CANNATA  L.,  can.  11  nuUfragio  del  20  set* 
tembre  1902  nei  disegni  di  Dio.  Discorso  letto  nella  chiesa  di  S.  Giorgio.  Mo- 
dica,  Papa,  1902,  8°,  16  p.  —  G-IULINI  A.  //  Gran  Cancelliere  Salazar  e  la  sua 
famiglia  (Estr.  Giornale  Araldico.  XXVIII,  n.°  8).  Bari,  Direz.  Giorn.  Arald. 
1902,  8°,  14  p.  —  PALLADINO  P.  L'unita  della  materia  e  delle  forze  della  natura- 
in  rapporto  alia  Genesi,  con  una  lettera  di  S.  E.  Revfna  Mons.  DISMA  MARCHESE 
vescovo  di  Acqui.  Ovada,  Scala,  1902,  8°,  14  p.  Cent,  50.  —  PATANE  F.,  can, 
JLa  critica  iconoclasta  e  Sant' Alfonso  de"1  Liguori.  Acireale,  Donzuso,  1903,  24°,  48  p. 

—  SURBLED.  le  secret  des  sourciers  (Extr.  de  la  Science  Cath.  sept,  1902)  Arras, 
Sueur-Charruey,  8*,  16  p.  —  VAGNOZZI  R.   Conferenze  sociali  con  prefazione 
del  P.  Semeria.  Roma,  Desclee,  1903,  8°,  88  p.  L.  1.  Cfr.  presente  quad.  p.  349. 

Atti  dell'EpiscopatO.  —  LETTERA  PASTORALE  degli  Arcivescovi  e  V<^ 
scovi  della  Toscana  al  Clero  e  al  Popolo  delle  loro  Diocesi.  1902.  Pisa,  Orsolini* 
Prosperi,  1902,  8°,  48  p.  —  MAGANI  F.,  vescovo  di  Parma.  Moniti  al  Clero. 
Parma,  tip.  vescovile,  16°,  24  p. — MANACORDA  E.,  vescovo  di  Fossano. 
Giubileo  del  S.  Padre  Leone  XIII.  Adorazione  perpetua  universale  di  Gesu  facra- 
mentato  (Lettera  circolare).  Fossano,  Rossetti,  1903,  8°,  28  p.  —  RESSIA  G.  B.> 
vescovo  di  Mondovi.  Dopo  laprima  visita  pastorale.  Provvedimenti  e  ricordi.  Ap- 
pendice  sulle  S.  Ceremonie.  Lettera  Pastorale.  Mondovi,  tip.  vescovile,  1903, 8°,  36  p, 

Eloquenza  sacra.  —  EAINEEI  A.  Corso  di  istruzioni  catechistiche  fatte  nella 
Metropolitana  di  Milano.  Ed.  VI  riveduta  ed  accresciuta  per  cnra  del  Collegio 
dei  Parroci  di  Milano.  II.  III.  Milano,  Boniardi-Pogliani,  1901-1903,  8°,  562-ti08p.. 

I  tre  voll.  L.  9. 

fnbblicazioni  contro  il  divorzio. — BEANDIS.  M.,  S.  I.  Opmcoli  varii  con- 
tro  il  disegno  di  legge  sul  Divorzio.  Roma,  tip.  Befani,  1902,  in  8.°  Cfr.  la  Coper* 
tina  del  presente  quaderno.  — DE  CESARE  G.,  sac.  ^onsiderazioni  sul  divorzia 
(Estr.  Riv.  Fcienze  e  Lettere  III,  9)  Napoli,  D'Auria,  1902,  8°,  32  p.  L.  1.  Rivol- 
gersi  al  Seminario  Urbano,  Napoli.  —  GIOBBIO  A.,  mons.  Disposizioni  sulVor- 
dinamento  della  famiglia.  Roma,  Pustet.  1903,  16°,  32  p.  Cent,  20.  —  MARTI  Y 
MIRALLES  J.  Convalidaci6n  y  disolucion  del  matrimonio  por  dispensa  pontificia^ 
Conferencias  dadas  en  la  Academia  de  Jurisprudeiicia  y  Legislacion  de  Bar- 
celona. Barcelona,  Jepus,  1903,  8°,  98  p.  Pes.  2.  -  MAZZELLA  O.,  arciv.  di 
Rossano.  11  Divorzio  nell'ordine  sociale.  Roma,  tip.  sociale,  1902,  8°,  82  p.  Cent.  75, 

Ascetica.  —  ANTONT  S.,  can.  Perche,  o  Anima  cristiana,  non  ti  comunichi 
tutte  le  mattine  che  vai  aMessa?  Roma,  Desclee,  24°,32p.  —  FRASSLNETTI  A.,  sac. 

II  pane  dei  poveri  di  S.  Antonio  di  Padova.  Padova.  tip.  Antoniana,  1903,  16°,. 
24  p.  — LAKDI  D.  L'orazione  mentale.  Torino,  Artigianelli,  1902,  24°,  72  p.  — . 
PRECES  GERTRUDIANE,  sive  vera  et  sincera  medulla  precum  potissimum 
ex  revelationibus  BB.  Gertrudis  etMechtildis  excerptarum.  Editio  nova,  accu- 
rate recognita  et  emendata  a  Mon.  Ord.  S.  Ben.  Congr.  Beuron.  Friburgi  Br., 
Herder,  1903,  24",  XVIII-276  p.  Fr.  1,75,  rileg.  Fr.  2,50.  -  SEPE  A.  M. "  Medi- 
tazioni  del  piccolo  mese  al  facro  Cuore.  Napoli,  D'Auria,  1902,  24°,  64  p.  Cent.  40. 

—  SLANC1  del  Cuore,  ossia  Giaculatorie  a  Genii  Sacramentato  per  tutti  i  yiorni 
deH'anno  con  appendice  di  sentimenti  e  soliloquii  per  la  Confessione  e  ("omunione* 
3a  ed.  Napoli,  D'Auria,  1903,  24°,  88  p.  Cent,  20. 

Errata-Corrige.  —  Alia  pag.  259,  nella  Siatistica  del  JRegicidio,  invece 
di  PAOLO  II,  si  legga  PAOLO  I;  alia  pag.  260  n.  33  1869  si  legga 
1870 ;  alia  pag.  268  nota  lin.  3  decembre  1870  si  legga  settembre  1860. 


IL  VENTICINQUENNIO  PONTIFICALE 

Dl  LEONE  XIII 


I. 


Nel  febbraio  dell'andato  anno  1902,  ragionando  del  ven- 
ticinquesimo  di  Pontiflcato  nel  quale  Leone  XIII  stava  per 
entrare,  notammo  questa  singolarita :  che  Pio  IX  ed  egli  re- 
stavano  fin  qui  i  due,  i  quali,  senza  esempio  in  presso  a  due 
millennii  di  storia,  abbiano  seguitamente,  1'uno  dopo  1'altro, 
occupata  la  Sede  romana  per  oltre  mezzo  secolo,  quanto  n'e 
corso  dal  giugno  1846  a'  di  nostri.  Potevamo  poi  aggiungere 
che,  per  questo  fatto  straordinario,  il  secolo  decimonono  ri- 
mane  quello  che  nel  suo  giro,  dopo  il  primo,  nel  quale  la 
successione  di  S.  Pietro  si  apre  1'anno  suo  sessantesimoset- 
timo,  ha  visto  eleggersi  cinque  soli  sommi  Pontefici,  i  due 
Leoni,  i  due  Pii  e  Gregorio  XVI;  la  elezione  di  Pio  VII,  nel 
marzo  del  1800,  appartenendo  all' an  no  ultimo  del  secolo  di- 
ciottesimo.  Ma  ora  e  da  notarsi  di  piu,  essere  Pio  IX  e 
Leone  XIII  i  due  anche  soli  che,  nella  serie  dei  dugenses- 
santadue  successori  di  S.  Pietro,  abbiano  toccata  Teta  del 
suo  Pontificate  in  Roma :  cosi  che  in  loro  soli  e  fallito  il  vol- 
gare  presagio :  Non  videbis  annos  Petri,  solito  ripetersi  per 
la  creazione  di  ciascun  Papa  novello. 

II  caso  e  nuovo,  scrivevamo  allora  e  torna  oggi  oppor- 
tune ridirlo,  nuovo  e  il  caso  e  degno  di  osservazione,  chi 
studii  le  vie  della  Provvidenza,  nella  sovranaturale  con- 
dotta  della  Chiesa.  Al  cadere  del  secolo  decimottavo  ebbe 
principio  1'era  dei  Papi  prigionieri.  Pio  VI  e  Pio  VII  non 
lungo  tempo  patirono  la  prigionia,  che  fu  opera  di  persecu- 
zione  neroniana :  Pio  IX  e  Leone  XIII  invece  r  hanno  suc- 
cessivamente  patita  per  anni  oggimai  trentadue,  ed  e  stata 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.          25          10  febbraio  1903. 


386  IL   TENTICINQUENNIO   PONTIFICALS 

ed  e  effetto  di  persecuzione  giulianesca.  Cio6  dire,  i  due  primi 
F  han  patita  da  forza  brutale ;  gli  altri  due  da  morale  ne- 
cessita:  tutti  e  quattro  pero  confessor!  della  divina  liberta 
della  Chiesa,  o  violentemente  od  ipocritamente  oppressa, 
sotto  color  e  di  liberta  civile. 

Avvertivamo  per  giunta,  e  Tavvertenza  da  noi  pel  primi 
esposta  richiamo  Fattenzione  di  molti,  che  da  che  si  e  avviata 
Fepoca  nuova  dei  Papi  prigionieri  per  la  liberta  della  Chiesa, 
quest!  sono  stati  privilegiati  di  una  durazione  di  vita  e  in- 
sieme  di  Pontificate  anche  nuova,  facendo  considerare  che, 
pel  volgersi  degli  ultimi  centoventicinque  anni,  che  6  dire 
di  un  secolo  ed  un  quarto,  i  quattro  Papi  che  hanno  soste- 
nuta  la  prigionia,  o  violenta  o  morale,  da  s6  soli  sono  se- 
duti  nella  Cattedra  di  S.  Pietro  per  anni  centoquattro.  Dal 
che  poi  deducevamo  che  questa  meravigliosa  disposizione  della 
Provvidenza,  tra  gli  altri  frutti,  aveva  prodotto  quello  di 
ravvivare  la  fede  nella  divinita  del  Papato,  e  di  rafforzare 
in  piu  perfetto  nodo  Funione  della  cattolicit&  col  suo  supremo 
Gerarca. 


II. 


Non  ci  rifaremo  a  dimostrarlo,  nella  presente  congiuntura 
del  giubileo  papale  di  Leone  XIII.  II  quale,  dopo  celebrato 
nel  1888,  fra  trionfali  festeggiamenti,  quello  del  sacerdozio 
e  nel  1893  Faltro  dell' episcopate,  ora,  piii  che  nonagenario, 
prosperamente  celebra  questo  del  1902,  unico  dopo  Pio  IX; 
e  nella  stessa  florida  longevita  non  superato  se  non  da  due 
suoi  antecessori,  Agatone  I  nel  secolo  settimo  e  Gregorio  IX 
nel  terzodecimo.  Forseehe  egli  oggi  non  attira  a  s6  rammi- 
razione  del  mondo  civile  e  religioso,  costretto  a  riconoscere, 
in  questo  gruppo  di  aggiuuti  a  lui  personal!,  un  certo  che 
di  portentoso  o,  meglio,  una  mano  superna  che  lo  sorregge? 

Ma  ci6  che  rende  piii  manifesta  quest 'assistenza  e  fa  di 
lui  un  Papa  senza  uguale  nella  storia,  6  che  egli  ha  tra- 

scorsi  tutti  interi  i  venticinque  anni  del  suo  Pontificate,  sem- 

.£l  .ic'j  ,-  • 


DI   LEONE   XIII  387 

pre  chiuso  nel  Vaticano,  prigioniero  sempre  di  un  Potere 
ostile,  che,  per  assoggettarlo  a  se  ed  umiliarlo,  in  mille  modi 
si  6  attraversato  al  libero  esercizio  dell'autorita  sua,  e  lo  ha 
lasciato  in  balia  di  oltraggi  d'ogni  maniera:  al  quale  pero 
egli,  imperterrito,  sempre  ancora  si  e  opposto  colla  piii  no- 
bile  delle  resistenze,  che  6  quella  della  giustizia,  da  lui  con 
inflessibile  fermezza  rivendicata  e  sostenuta.  Questa  costanza, 
di  contro  ad  una  pertinacia  cosi  diuturna,  formera  nei  fasti 
della  cattolicita  la  gloria  piii  fulgida  di  Leone  XIII.  Ond'egli 
percio  passera,  nella  memoria  dei  secoli,  quale  martire  in- 
signe  dei  diritti  della  Chiesa  nel  suo  Capo.  Imperocche  la 
causa  e  non  la  pena  facendo  il  martirio,  il  suo  venticinquen- 
nio  di  dolorosa  prigionia  e  stato  da  lui  sopportato,  non  per 
umani  interessi,  n6  per  mondane  ragioni,  ma  propter  Ver- 
bum  Dei  et  testimonium  lesu  i,  della  liberta  del  cui  Regno 
egli  e  custode. 

Del  resto,  nel  Conclave  del  1878,  conscio  della  predesti- 
nazione  a  si  divina,  ma  dura  sorte  di  chi  doveva  succedere 
a  Pio  IX,  appeoa  fu  egli  eletto,  che  impallidi  e  parve  ripu- 
gnare  airaccettazione,  per  cagione  di  eta  e  di  salute,  quando 
il  cardinale  Donnet,  arcivescovo  di  Bordeaux,  con  forte  voce 
grido :  —  Coraggio,  non  piu  Eminenza,  ma  Santo  Padre !  In 
questo  momento  non  si  tratta  di  voi,  si  tratta  della  Chiesa 
e  deH'avvenire  del  mondo.  Colle  quali  parole  voile  dire:  — 
Sacrificatevi,  e  non  temete !  Ed  egli  generosamente  incontr6 
il  sacrifizio ;  e  come  vi  sia  perse verato  e  con  quali  dispo- 
sizioni  deiraninio  intendesse  compirlo,  lo  significo  poi  dopo 
i  primordii  del  suo  Pontificate,  allorch6,  avendone  gia  spe- 
rimentate  le  amarezze,  ne  traccio  egli  stesso  quello  che  se 
ne  direbbe  il  programma,  nei  due  noti  distici,  i  quali  di  mano 
propria  egii  scrisse  appie  di  un  suo  ritratto : 

lustitiam  colui:  certamina  longa,  Idbores, 
Ludibria,  insidias,  aspera  quaeque  tuli. 

At,  Fidei  vindex,  non  flectar ;  pro  grege  Christi 
Dulce  pati.  ipsoque  in  carcere  dulce  mori. 

1  Apoc.  I,  9. 


388  IL  VENTICINQUENNIO  PONTIF1CALE 

Versi  sono  quest!  che  in  compendio  racchiudono  tutta  la 
storia  del  suo  glorioso  Pontificate,  e  ne  esprimono  il  piu  sem- 
plice  e  veridico  elogio  che  fare  se  ne  possa. 


III. 


Subito  divulgatasi  la  notizia  dell'assunzione  del  cardinale 
Grioacchino  Pecci  al  supremo  Pontificato,  non  manc6  chi,  vago 
degli  oroscopi,  cerco  quello  del  nuovo  Papa  eletto,  non  gia 
nei  pianeti,  ma  nello  stemma  suo  gentilizio.  Dai  simboli  aral- 
dici,  della  stella  raggiante  e  dell'incorruttibile  cipresso  che 
porta,  dedusse  quindi  che  egli  si  sarebbe  segnalato,  per  lo 
splendore  della  sapienza  e  per  la  stabilita  della  fortezza: 
^Inaggiormente  che  correva  di  bocca  in  bocca  il  supposto  va- 
ticinio,  che  Pio  IX,  designate  col  motto  Crux  de  Cruce, 
avrebbe  avuto  a  successore  un  Papa  Lumen  in  coelo.  Chec- 
che  sia  di  cio,  e  di  altri  simili  presagi,  ben  e  certo  che;  di  fatto, 
tiella  sapienza  del  magistero  e  nella  fortezza  del  combattere 
si  trovano  le  qualita  piii  eminent!  del  regno  di  Leone  XIII. 
Sapienza  e  fortezza  nel  culto  della  giustizia ;  sapienza  e  for- 
tezza nella  difesa  della  Fede.  II  suo  Non  flectar,  tanto  si  6 
avverato  nel  lustitiam  colui,  quanto  nel  Fidei  vindex,  da  se, 
di  se  asserito. 

Dal  che  6  venuta  la  singolarita  senza  pari  del  suo  ven- 
ticinquennio  pontificale.  Perocche  nessun  Papa,  quanto  lui, 
ha  tanto  illuminato  il  mondo  colla  dottrina,  e  nessuno  e 
durato  tanto  tempo  nel  propugnare  i  diritti  della  Chiesa  e 
della  Sede  di  Pietro.  Per  questi  due  capi,  egli,  nella  serie 
dei  sommi  Pontefici,  gode  una  preminenza.  Onde  posto  che, 
neH'odierno  suo  giubileo,  non  si  avesse  altro  da  ammirare, 
gia  si  avrebbe  la  unicita  di  un  fatto,  del  quale  gli  annali 
del  cristianesimo  non  ricordano  il  somigliante.  Per  lo  che 
la  mano  di  Dio  fa  palese  in  lui  quell' assistenza  stupenda, 
che  si  puo  negare  a  fior  di  labbra,  ma  ad  occhi  aperti  non 
si  puo  non  vedere. 


Dl  LEONE   XIII  389 

L'ampiezza  e  la  varieta  del  suo  insegnamento  compren- 
•dono  tutto  quanto  appartiene  aH'ordine  umano  e  divino,  alia 
teorica  ed  alia  pratica,  alia  fede  ed  alia  pieta,  alia  filosofia 
ed  alia  teologia,  alia  salvezza  della  societa  pubblica  e  della 
domestica,  ai  diritti  ed  ai  doveri  del  poveri  e  del  ricchi, 
alle  armonie  del  naturale  e  del  sovranaturale ;  in  una  pa- 
rola,  alia  civilt&  cristiana,  tutta  sconvolta,  della  quale,  col 
suo  magistero,  egli  puo  dirsi  ristoratore.  I  suoi  atti,  enci- 
•cliche,  allocuzioni,  brevi,  discorsi,  raccolti  insieme,  gia  for- 
mano  un  eorpo  di  piii  volumi,  che  restera  nel  tesoro  della 
Ohiesa,  qual  monumento  perenne  dell'  indefettibile  predica- 
zione  di  verita  e  di  salute,  divinamente  commessa  e  promessa 
al  Papato.  Per  questo  rispetto,  la  designazione  di  Lumen  in 
coelo  si  addice  al  Papa  Leone  XIII,  non  perche  fantastica- 
mente  profetica,  ma  perch6  effettivamente  storica.  All' eta 
nostra,  abbuiata  dalla  caligine  di  un  errore  universale,  che 
si  stende  dalla  negazione  di  Dio  alia  negazione  deirintelletto 
deiruomo,  in  Leone  XIII,  la  soccorrevole  Provvidenza  ha 
•concesso  al  mondo  un  Papa,  illuminante  coi  fulgori  della 
verita  pure  universale.  Essa  lo  fece  precedere,  quasi  aurora, 
tlal  Concilio  Vaticano,  che,  doveva  stabilire  per  Fede  il  va- 
lore  deH'autorita  dovuta  al  successore  di  Pietro,  e  poi  lo  ha 
sollevato  a  spandere  i  suoi  raggi  fra  le  tenebre  che,  come  il 
di  della  morte  del  Redentore,  factae  sunt  super  universam 
•terram  1. 

IV. 

Un  veterano  della  stampa  cattolica,  il  quale  ha  avuto 
1'onore  di  conoscere  Leone  XIII  prima  che  cingesse  la  Tiara, 
trovandosi,  tempo  indietro,  a'  suoi  piedi,  nel  manifestargli  me- 
raviglia  dell' indefesso  insegnamento  che,  dalla  Cattedra  di 
S.  Pietro,  diffondeva  pel  mondo,  soggiunse :  -  -  Vostra  San- 
tita  un  giorno  sark  chiamata  Papa  Dottore,  per  antonomasia. 

—  Che  volete  ?  rispose  il  Santo  Padre  ;  voi  vedete  in  che 
tempi  mi  tocca  di  esser  Papa,  ed  a  quali  condizioni  sono  ri- 

1  MATTH.  XXVII,  45. 


390  IL   VENTICINQUENNIO   PONTIFICALE 

dotto.  Non  mi  si  lascia  quasi  altra  liberta,    fuorchk  d'  inse- 
gnare:  io  ne  uso  e,  grazie  a  Dio,  con  frutto. 

-  E  che  dubbio?  Verbum  Dei  efflcax :   molto  piu  poi  la 
parola  di  Vostra  Santita,  parola  di  Papa,  che  la  da  nel  nome 
di  Dio.  Ma  vi  e  un' altra  liberta,  che  non  le  si  puo  togliere ; 
ed  e  di  riven dicare  i  suoi  diritti  sovrani,  e  di  protestare  contra 
la  violazione  delle  giustizie  di  S.  Pietro. 

—  Oh,  questo  poi  si !  E  lo  fo  e  lo  faro  sempre  e  fortemente  e 
con  tutti,  grandi  e  piccoli,  mostrando  che  io  sono  in  uno 
stato  di  cose  in  toller  abile. 

-  Padre  Santo,  ripiglio  Faltro  ;  permetta,  che  io  le  esponga 
una  mia  consolazione.  Da  tanti    anni    che    scrivo    pel  pub- 
blico,  sempre    ancor    io    ho    sostenuto  i   diritti    della  Santa 
Sede,  e  sempre  e  fortemente  ancor  io  ho  difese  le  sue  pro- 
teste.  Non  fosse  per  altro,  per    questo    almeno  Vostra  San- 
tita deve  benedirmi,  come  spero  che  Gesu  Cristo   mi  bene- 
dira,  quando  avra  da  giudicarmi. 

Allora  il  Santo  Padre,  levando  in  alto  gli  occhi  scintillanti 
e  le  mani :  -  -  Beatus  es,  con  enfasi  esclamo ;  beatus  esy  et 
merccs  tua  copiosa  est  in  coelis!  * 

La  quale  esclamazione  prova  quanto  Leone  XIII  apprezzi 
Topera  di  chi  concorre  a  far  prevalere  le  sue  ragioni,  e 
quanto  stimi  eccelso  il  merito  dei  difenditori  della  sua  causa, 
che  e  quella  di  Cristo. 

Nei  sopra  citati  suoi  versi,  egli  si  dichiarava  chiuso  in 
un  carcere,  ma  pronto  a  morirvi,  piu  tosto  che  piegarsi  a 
nulla  cedere  delle  giustizie  e  della  Fede  di  S.  Pietro.  In  cio 
egli  e  stato,  e,  e  si  profossa  piu  immutabile  che  inflessibile. 
Di  fat  to,  mai  non  ha  mutata  sillaba  del  suo  linguaggio,  in 
questo  argomento.  Quello  che  tenne  nella  prima  delle  sue 
encicliche  al  mondo  cattolico,  6  invariabilmente  il  medesimo 
che  ha  tenuto  sino  al  di  d'oggi. 

Ecco  come  egli  par!6  in  quell'atto,  pubblicato  il  21  aprile 
del  1878,  due  mesi  dopo  la  sua  elevazione  al  Soglio  ponti- 
ficio.  «  A  tutelar  e  nel  miglior  mo  do  che  ci  e  dato,  i  diritti 
1  Ivi,  MATTH.  V,  12. 


DI   LEONE   XIII  391 

<e  la  liberta  della  Santa  Sede,  non  cesseremo  mai  di.esigere 
che  la  nostra  Autorit&  sia  rispettata  e  che  il  nostro  mini- 
stero  e  la  nostra  Autorita  si  lasci  plena,  libera  e  indipen- 
dente,  e  ci  sia ,  restituita  la  condizione  di  cose,  che  la  Sa- 
pienza  divina  da  gran  tempo  aveva  assegnata  ai  Roraani  Pon- 
tefici.  Non  6  gia  vano  desiderio  di  signoria  e  di  dominio  che 
ci  muove  a  dimandare  il  ristabilimento  del  civil  Princi- 
pato.  Noi  lo  reclamiamo  perch6  lo  esigono  i  nostri  doveri  e 
i  solenni  giuramenti  da  noi  prestati ;  e  perch  6  non  solo  esso 
&  necessario  alia  tutela  e  alia  conservazione  della  piena  li- 
berta del  Potere  spirituale,  ma  anche  perch6  si  pare  ad  evi- 
denza  che,  quando  si  tratta  del  Dominio  temporale  della  Sede 
apostolica,  si  tratta  altresi  la  causa  del  bene  e  della  sal- 
vezza  di  tutta  1'umana  famiglia.  Quindi  noi,  per  ragione 
dell'  ufficio,  che  ci  stringe  a  difendere  i  diritti  di  Santa 
-Chiesa,  non  possiamo  affatto  ritenerci  dal  rinnovare  e  con- 
fermare,  con  questa  nostra  lettera,  tutte  le  dichiarazioni  e 
proteste  che  il  nostro  predecessore  Pio  IX  di  santa  memoria 
fece  ripetutamente,  sia  contro  la  occupazione  del  Principato 
civile,  sia  contro  la  violazione  dei  diritti  della  Chiesa  Ro- 
man a.  » 

Chi  potra  dire  che,  durante  il  corso  dei  susseguiti  cin- 
que lustri,  il  Papa  Leone  XIII,  in  cento  altri  atti  suoi,  abbia 
cambiato  il  tenore  dei  richiami,  per  la  necessaria  liberta 
che,  a  buona  ragione  di  ogni  giustizia,  gli  6  dovuta? 


V. 


Or  questa  irremovibile  fermezza  di  Leone  XIII  nel  ripe- 
tere  il  suo  diritto  alia  liberta  sovrana,  gli  ha  provocata 
contro  una  guerra  implacabile  della  setta  governante,  e  di- 
rigente  pur  troppo  Tltalia,  che  ancora  prosegue;  ed  egli 
impavido  sostiene  senza  mai  piegare :  Certamina  longa  tuli, 
non  flectar.  Se  si  dovesse  tessere  la  storia  di  tutte  le  ves- 
sazioni,  di  tutti  i  soprusi,  di  tutti  gli  scherni,  cui  egli  6  andato 
soggetto,  si  richiederebbe  un  grosso  volume :  e  questo  sarebbe 


392  IL  VENTICINQUENNIO  PONTIFICALS 

una  dimostrazione  la  piu  luculenta  del  niun  valore  pratico 
della  cosi  detta  legge  delle  guarentige,  per  la  quale  dalla 
setta  si  sarebbe  voluto  far  credere  che,  al  Papa  detronato  in 
Roma,  &  assieurato  quanto  puo  desiderarsi  di  regale  decoro,. 
di  riverenza  e  di  liberta ;  e,  secondo  una  memorabile  frase 
che  oggidi  potrebbe  sembrare  ironica,  Roma  dura  sempre  ad 
essere  la  «  Sede  rispettata  »  del  Capo  della  Chiesa. 

Basti  ricordare  che  nel  Conclave,  adunatosi  il  febbraio 
1878,  per  dare  un  successore  a  Pio  IX,  Francesco  Crispi,. 
allora  ministro  degli  affari  intern!  dello  Stato,  pretendeva 
niente  meno  che  di  arrogarsi  il  diritto  d'introdurvi  suoi  uf- 
ficiali  civili  per  invigilarlo,  aggrappandosi  appunto  all'arti- 
colo  settimo  di  quella  legge.  Non  lo  pot&  fare:  ma  perche? 
Perche  glielo  impedi  un  flero  telegramma  del  principe  di 
Bisnmrk,  al  quale  premeva,  pe'  suoi  futuri  disegni,  che  dal 
Conclave  uscisse  eletto  un  Papa,  di  canonica  legittimita  in- 
contrastabile :  e  questo  fu  Leone  XIII.  Dal  che  resta  pro- 
vato,  che  Tunica  guarentigia,  che  egli  abbia  fin  qui  potuta 
offerire  ed  offra  tuttora  al  mondo,  di  non  sottostare  al  Go- 
verno  settario  dell'  Italia,  che  lo  tiene  nelle  mani,  6  la  indo- 
mabile  resistenza  che  gli  oppone  ;  appoggiata  da  qualche  fa- 
vore  di  potenti  Stati,  il  cui  interesse  richiede  che,  nella  guerra 
contro  il  Papa  rinserrato  nel  Vaticano,  il  predetto  Governa 
non  passi  certi  confini. 

Ma  fuori  di  cio,  egli  6  abbatidonato  in  sua  balla.  N6  la. 
stessa  augusta  sua  Persona  6  mai  stata  od  6  protetta  dalla 
legge  derisoria,  che  la  dichiara  «  sacra  ed  inviolabile  »  come 
quella  del  re.  Mentre  le  offese  e  le  ingiurie  pubbliche  com- 
messe,  non  diciamo  contro  il  sovrano,  ma  contro  rinfima 
dei  cittadini,  si  puniscono  con  pene  determinate,  quelle  con- 
tro il  Santo  Padre  hanno  sempre  goduto  e  godono  il  privi- 
legio  dell' impunita.  Una  stampa  empia  e  licenziosa,  anche 
oggi,  scaglia  contro  di  lui  bestemmie  e  contumelie  le  piu  vi- 
tuperose,  e  con  grossolane  e  luride  caricature  non  cessa  di 
metterlo  in  ispregio.  Tribuni  inverecondi,  uomini  politici,  per- 
sino  ministri  di  Stato,  non  dubitano  di  eccitargli  contro  1'odio 


DI   LEONE   XIII  393 

«  le  minacce  di  plebi  dementate.  Ci  sovviene,  verbigrazia, 
del  ministro  Grimaldi  che,  in  un  banchetto  officiate  dato  in 
Viterbo  il  15  agosto  1886,  denunzio  il  Papa  Leone  XIII  alle 
turbe  qual  «  nemico  d 'Italia  »  ;  e  poi  del  gia  ministro  Rug- 
gero  Bonghi,  che  in  un  suo  popolare  discorso  tenuto  in  Tre- 
viso  il  3  ottobre  1886,  os6  chiamarlo  «  cancro  della  nazione  ». 
Per  citare  altro  esempio,  il  20  settembre  1886  il  Santo  Pa- 
dre, nella  citta  di  Padova,  fu  bruciato  in  effigie  capovolto ;  ed 
il  tribunale,  a  cui  fu  deferita  questa  infamia,  nel  marzo  se- 
guente,  ne  rimando  assoluti  gli  autori.  Tutti  rammentano  che 
il  duca  Leopoldo  Torlonia,  con  decreto  del  30  decembre  1887, 
fu  deposto  dalla  carica  di  sindaco  di  Roma,  reo  di  aver  fatti 
giungere  a  Leone  XIII  rallegramenti,  pel  suo  giubileo  sacer- 
dotale,  che  si  celebrava  col  concorso  di  solenni  ambasciate 
di  quasi  tutte  le  Potenze  d'Europa,  le  quali  colmavanlo  di 
ricchissimi  doni.  I  vilipendii  pubblicamente  fattigli  1'andato 
anno  1902,  per  la  venuta  in  Roma  dello  Scia  di  Persia,  sono 
ancor  freschi  nella  memoria  di  tutti.  Ed  anche  lo  scorso  mese 
di  gennaio  di  quest'anno  1903,  forseche  un  professore,  fa- 
cendo  un  pomposo  panegirico  di  Vittorio  Emanuele  n  in 
Venezia,  pagatogli  mezzo  migliaio  di  lire,  non  pote  liberamente 
oltraggiare  il  Papa,  qualificandolo  di  «  mostro  debellato  »? 

Non  si  finirebbe  mai  se,  benche  di  volo,  si  avesse  a  toe- 
care  la  immane  congerie  di  cio  che  Leone  XIII  dice  Ludibria, 
insidias,  aspera  quaeque,  che  in  venticinque  anai,  per  parte 
di  chi  professava  guarentirne  la  dignita,  ha  dovuto  sopportare. 
Egli  non  salvati  gli  onori  debiti  alia  sua  veneranda  Persona, 
non  la  morale  possibilita  di  mostrarsi  per  le  vie  della  sua 
Roma,  non  la  sicurezza  della  sua  dimora,  ne  meno  ii  secreto 
delle  sue  pontificie  corrispondenze. 

Alia  qual  mole  di  tristezze,  se  si  aggiunga  il  sopraccarico 
di  quelle  gravissime,  che  gli  sono  pervenute  dalla  guerra 
spietata  mossa  d'altronde  alia  Fede  ed  alia  Chiesa,  apparira 
viemeglio  come  in  verita  la  mano  di  Dio  Tabbia  ravvalorato, 
a  reggere  impavido  e  gagliardo  a  tante  pene. 


394  1L  VENTICINQUENNIO   PONTIFICALE 


VI. 


E  Fassistenza  di  questa  mano  si  fa  ancora  piu  splendenter 
chi  consider!  la  instancabile  sua  operosita,  fra  si  continui  con- 
trast!, per  gl'incrementi  della  Chiesa  e  di  quanto  concerne 
tutto  Fambito  della  civilta  cristiana.  Abbiamo  fatto  cenno  del 
suo  mirabile  magistero.  Ma  le  sue  cure  per  ampliare,  colla 
Gerarchia  sacra  e  colle  mission!,  la  propagazione  del  catto- 
licismo  in  tutto  1'orbe,  non  6  meno  mirabile.  Nell'andare  del 
suo  Pontificate,  tra  TOriente  e  TOccidente,  egli  ha  erette  due 
sedi  patriarcali,  trentaquattro  arcivescovili,  centotredici  ve- 
scovili,  sessantacinque  yicariati  apostolici  e  trentacinque 
prefetture.  Da  per  tutto,  nelle  regioni  piu  inesplorate  del- 
T Africa,  delle  Isole  oceaniche  e  del  gelido  settentrione  del- 
T America,  ha  inviati  apostoli  ed  istituite  cristianita  novelle. 
Inoltre,  hafondati  collegi  ecclesiastic!  ed  universita  nell'Italia, 
nelle  Indie,  nell'Egitto.  Dovunque  ha  potuto,  ha  spedito  messi, 
predicatori,  maestri  evangelic!,  a  costo  di  spese  e  di  solleci- 
tudini  senza  fine. 

Sopra  cio,  niuno  gli  nega  la  gloria  di  Mecenate,  di  cul- 
tore  e  di  promotore  delle  lettere  belle,  delle  arti,  delle  scienze : 
della  storia  6  riconosciuto  fautore  e  patrono  segnalato ;  gli 
accrescimenti  e  gli  abbellimenti  del  suo  Vaticano,  le  gallerie,  i 
mosaic!,  i  musei,  gli  archivii,  le  biblioteche,  il  nuovo  osservato- 
rio  astronomico  e  fotografico  del  cielo,  il  medagliere,  le  sale  ri- 
staurate,  attesteranno  ai  poster!  la  munificenza  di  Leone  XIII,. 
avvegnache  stretto  da  angustie  di  ogni  maniera. 

Nel  che  vuole  ammirarsi  pur  sempre  quelFassistenza  su- 
perna  al  Vicario  di  Cristo,  il  quale,  non  che  nelFordine  su- 
blime della  Fede  e  della  religione,  ma  eziandio  nell'inferiore 
della  coltura  umana  e  civile,  ha  disposto  che  fosse  tanto  esal- 
tato,  quanto,  al  suo  paragone,  ne  sono  umiliati  i  nemici  che 
miravano  ad  abbassarlo,  ad  oscurarlo,  a  soffocarlo,  come 
si  vantavano,  nel  fango. 


DI  LEONE   XIII  395 

Ah,  si?  Soffocare  nel  fango  11  Papa  Leone  XIII?  Or  ecco 
•quel  che  ha  veduto  di  lui,  in  questo  suo  miracoloso  Pontificate, 
la  setta  dei  malvagi.  II  mondo  lo  ha  portato  in  palma  di 
mano  e  lo  ha  coper  to  di  fiori,  di  gemme,  di  oro.  Se  e  vero 
che  nessun  Papa  ha  pareggiato  lui  nella  diuturnita  e  natura 
delle  tribolazioni,  e  vero  altresi  che  nessuno  lo  ha  eguagliato 
negli  attestati  di  devozione,  di  affetto,  di  nobilissimo  amore 
che  ha  riscossi.  Popoli  di  ogni  plaga  della  terra,  fedeli  ed 
infedeli,  imperatori,  re,  principi,  reggitori  di  Stati  gli  hanno 
tributati  ossequii,  omaggi,  onori!  II  suo  nome  e  il  nome  piu 
venerato  fra  le  nazioni.  II  Vaticano,  nel  quale  e  costretto  a 
vivere  rinchiuso,  6  divenuto  come  il  Santuario,  a  cui  accorre 
il  fiore  dell'umanita  credente,  onesta,  apprezzatrice  delle  ma- 
gnanime  virtii.  In  tutti  questi  anni,  a  pellegrinaggi  mondiali 
sono  susseguiti  pellegrinaggi.  Ad  accogliere  le  loro  molti- 
tudini  non  bastando  piii  le  spaziose  aule  del  pontificio  pa- 
lazzo,  si  e  dovuto  cercare  il  posto  nella  vasta  Basilica  sotto- 
stante.  In  breve,  la  venticinquenne  prigionia  di  Leone  XIII, 
puo  dirsi  una  sequela  di  ovazioni  e  di  trionfi.  Onde  il  suo 
^  stato  un  Dulce  pati,  anco  pel  rispetto  delle  consolazioni 
venutegli  da  ogni  parte. 


VII. 


Gran  eonforto  e  per  noi,  cattolici  italitmi,  godere  in  que- 
ste  testimonianze  di  fedele  pieta,  sopra  gli  altri  popoli,  il  pri- 
mato.  Lo  godiamo  si,  perch6  siarao  piii  vicini  al  trono  di 
Leone  XIII,  e  per  cosl  dire  gli  facciamo  corona :  ma  ci  con- 
viene  mantenerlo  visibile  ancora,  quale  fulgente  mentita  al 
mendacio,  che,  non  la  setta  malefica  ed  i  suoi  complici,  ma 
la  nazione  avversi  il  Papato  e  1'augusta  libertache  gli  compete. 

Anzi  massimamente  per  questa  ragione  fa  d'uopo  perse- 
verare,  non  solo,  ma  crescere  nel  vigore  e  nella  molteplicita 
di  tali  dimostrazioni ;  ne  lasciarci  prendere  dalla  stanchezza, 
o  disanimare  dall'apparente  sterilita  dell'opera  nostra;  molto 


396         IL  VENTICINQUENNIO   PONTIFICALE   DI  LEONE  XIII 

meno  poi  illudere  da  desiderii  di  impossibili  conciliazioni.  Noi 
siamo  gente  di  fede  e  sappiamo  e  crediamo  che  col  Papa  & 
Dio,  e  che  al  Papa  solo,  suo  Vicario  in  terra,  egli  ha  fatte 
indeficienti  promesse.  Siamo  dunque  coerenti  alia  nostra  fede. 
Un  rinnovamentoMi  questa,  espressa  al  Santo  Padre,  insieme 
col  proposito  di  imitarlo  nel  suo  Non  flectar,  sia  percio  frutto 
il  piu  nobile  degli  odierni  festeggiamenti,  pel  suo  prodigioso 
giubileo  papale. 

Crollano  gli  Stati,  spariscono  le  dinastie;  ma  il  Papato 
sta  sempre  fermo,  come  torre  al  soffiare  dei  venti,  fra  le  ruine 
del  regni  e  degli  imperi.  Da  trentatr6  anni  le  sette  anticri- 
stiane  inneggiano  al  suo  cadimento,  sopra  i  ruderi  del  Po- 
tere  temporale,  distruttogli.  Ma  intanto  la  grandezza  sua,  pe- 
gno  di  misteriosi  eventi  futuri,  Tun  giorno  piu  che  1'altro,, 
sfolgoreggia  nel  mondo. 

Nel  volger  dei  secoli,  piu  che  settanta  Papi  hanno  patita 
prigionia,  esiglio,  bando  da  Roma  :  ma  poi  la  mano  di  Dio  li 
ha  sempre  rimessi  liberi  al  loro  posto.  Oggi  il  dugensessan- 
tatreesimo  della  loro  serie  vi  rivendica  dal  carcere  11  Princi- 
pato  civile,  con  una  protesta  unica  negli  annali  della  Chiesa  ; 
ed  in  un  colla  protesta,  sereno  e  si  euro  dell' av venire  del 
Papato,  cosl  ammonisce,  con  questi  altri  suoi  distici,  i  ti- 
midi,  i  dubbiosi  e  gli  stolti  che  cantano  vittoria  : 

Occidit  —  inclamant  —  solio  deiectus  in  ipso 

Carcere,  in  aerumnis  occidit  ecce  Leo. 
Spes  insana :  Leo  alter  adest,  qui  sacra  volentes 

lura  dat  in  populos  imperiumque  tenet. 


BIBBIA  ED   :  ALTA  CRITICA 


I. 

Le  opere  molteplici  pubblicate  dai  dotti  contemporanei, 
quelle  pubblicate  in  passato,  e  piii  particolarmente  i  lavori  delle 
Congregazioni  romane,  in  ispecie  sotto  Sisto  V  e  Clemente  VIII, 
per  la  revisione  del  sacri  testi,  dimostrano  largamente  in 
quanto  onore  sia  stata  e  sia  sempre  la  critica,  cosiddetta 
testuale,  nella  Chiesa  Cattolica.  Com'e  noto,  essa  ha  per  uf- 
ficio  di  determinare  il  testo  del  libro,  comparando  insieme  i 
manoscritti,  le  versioni  e  altri  somiglianti  documenti. 

Ma  vive  controversie  e  sollecita  attenzione,  non  scevra 
di  sollecitudine,  s'&  destata  anche  tra  i  cattolici  in  quest! 
ultimi  tempi  per  conto  di  quell 'altra  parte  della  critica,  che 
con  parola  straniera,  se  vogliamo,  ma  ormai  comune  e  chia- 
mata  alta  critica  (hohere  Kritik,  high  criticism),  e  meglio  si 
direbbe  critica  storica.  Ed  e  invero  officio  suo  determinare, 
non  gia  il  testo  medesimo,  ma  i  fatti  storici  che  lo  riguar- 
dano:  chi  ne  sia  1'autore,  quale  la  sua  origine  e  quale  il 
tempo  in  cui  fu  scritto,  quale  Festensione  e  quali  le  parti 
component!,  quale  infine  la  storia  e  del  libro  e  del  testo. 

Tra  coloro  che  oggi  si  dedicano  a  codesta  critica,  parec- 
chi  sono  razionalisti  e  partono  quindi  dall'assioma  che  non 
esiste  un  ordine  soprannaturale  e  che  non  si  danno  n&  mi- 
racoli  ne  profezie.  Che  tale  assioma  non  discenda  dai  prin- 
cipii  della  scienza  critica,  ma  che  invece  sia  un  vergognoso 
pregiudizio  innestato  nella  critica  dalla  falsa  filosofia,  non  ha 
bisogno  di  dimostrazione,  ne  di  questa  pseudocritica  dob- 
biamo  qui  tener  conto,  non  potendo  essa  in  alcun  modo  andar 
congiunta  con  la  sana  esegesi  1. 

1  Cfv.r'E.iLciclica.Providentussimus Deus (18 nov,  1893)  di  S.S.Leone XIII. 


398  BIBBIA 

Ma  vi  ha  pure  una  sana  critica  storica,  la  quale  libera 
da  ogni  pregiudizio,  precede  secondo  regole  sue  proprie,  ed 
ha  per  officio  I'investigare  quei  fatti  con  ragioni  '  critic  he 
e  storiche. 

Alcune  ragioni  della  critica  si  desumono  dalla  stessa 
indole  del  testo  e  sono  ragioni  letterarie ;  cosi  ad  esempio 
dallo  stile  del  libro  si  traggono  conclusion!  spesso  legittinie : 
in  qual  tempo  presso  a  poco  vivesse  1'autore,  s'egli  sia  au- 
tore  di  un  solo  libro  o  di  altri  ancora,  se  questo  o  quel  libro 
determinate  sia  stato  scritto  da  un  solo  autore  ovvero  da  piu, 
se  sia  stato  scritto  originariamente  in  greco  od  in  ebraico. 
Pero  le  ragioni  alle  quali  massimamente  ricorre  la  critica 
storica,  sono  di  natura  storica  e  si  riducono  alle  testimo- 
nianze  esterne  per  le  quali  si  dimostrano  i  medesimi  fatti. 
Talvolta  il  testo  stesso  da  testimonianza  di  se ;  cosi  1'intera 
Epistola  ai  Galati  dice  aperto  che  e  di  S.  Paolo.  Tuttavia  la 
maggior  parte  dei  testimonii  sono  diversi  dagli  autori  ispirati ; 
sono  cioe  i  testimonii  della  tradizione  giudaica  o  cristiana, 
come  Giuseppe  Flavio,  Papia  ed  altri.  Che  debba  darsi  mag- 
gior peso  alle  testimonianze  esterne,  anziche  alle  interne, 
e  che  debbano  quelle  essere  di  preferenza  e  ricercate  e  di- 
scusse,  ne  consiglia  la  loro  stessa  natura  e  ne  conforta 
Tautorita  del  S.  Padre  Leone  XIII  '. 

Or  della  critica  cosi  intesa,  immune  da  pregiudizii,  ecco 
cio  che  afferrna  il  medesimo  S.  Padre  nelle  Letter  e  aposto- 
liche  del  30  ottobre  1902 :  a  Artis  criticae  disciplinary  quippe 
percipiendae  penitus  hagiographicorum  sententiae  perutilem, 
Nobis  vehementer  probantibus,  nostri  excolant.  » 

II. 

Dicevamo  che  talvolta  lo  stesso  libro  ispirato  contiene  la 
testimonianza  intorno  gli  autori  dei  sacri  testi  ovvero  intorno 

*  Encicl.  cit.  «  Perspicuum  eet,  dice  il  S.  Padre  Leone  XIII,  in  quae- 
stionibus  rei  historicae,  cuiusmodi  origo  et  conservatio  librorum,  historiae 
testimonia  valere  prae  ceteris,  eaque  esse  quam  studiosissime  et  conqui- 
renda  et  excutienda:  illas  vero  rationes  internets  plerumque  non  esse 
tanti  ut  in  causam,  nisi  ad  quamdam  confirmationeiu,  possint  advocari.  » 


ED    a  ALTA   CRITICA  »  399 

ad  altre  question!  di  simil  genere.  Se  cosl  e,  niun  cattolico 
neghera  doversi  tener  fermo  questo  principle :  —  Ogni  qual- 
volta  un  testo  ispirato  afferma  alcuna  cosa  circa  I'autore 
od  altra  cosa  simile  di  questo  o  quel  libro  ispirato,  la 
sua  testimonianza  dev*  essere  ricevuta  indubitatamente  per 
vera.  Di  fatto  un  tale  testo  ispirato,  che  in  tal  modo  afferma 
quel  fatto  storico,  e  un  testimonio  storico  di  prim'ordine, 
ne  puo  essere  ricusato  nel  foro  della  critica  o  della  storia. 

Perche  tuttavia  un  simile  testo  provi  pienamente  ed  effi- 
cacemente,  si  richieggono  tre  cose : 

a)  che  il  testo  sia  fuor  d'ogni  dubbio  genuino,  non  es- 
sendo  possibile  cavare  una  conclusione  certa  da  una  lezione 
incerta ; 

6)  che  il  testo  sia  fuor  d'ogni  dubbio  ispirato,  ed  e  bene 
notare  subito  che  non  si  tengono  per  ispirati  i  titoli  del  sacri 
libri,  tan  to  greci  che  ebraici; 

c)  che  certamente  non  abbia  luogo  alcuna  pseudonimia. 
Cosi  per  es.,  sebbene  lo  scrittore  del  libro  della  Sapienza 
parli  in  persona  di  Salomone,  tutti  oramai  concedono  ch'egli 
visse  in  tempi  di  gran  lunga  posteriori  a  Salomone  e  che 
adopero  il  pseudonimo,  ch'  e  una  figura  del  discorso  al  tutto 
legittima  ed  immune  da  ogni  falsita. 

Cio  posto,  quando  la  testimonianza  biblica  intorno  lo  scrit- 
tore o  simile  questione  risponda  alle  dette  tre  condizioni, 
essa  deve  essere  ricevuta  senza  riserva  alcuna. 

Per  or  a  basti  Tavere  stabilito  questo  canone  cosi  sulle 
general!,  senza  voler  qui  discendere  ai  casi  particolari.  Certo 
e  ad  ogni  modo,  che  parecchi  sono  i  libri,  specie  dell'Antico 
Testamento,  intorno  Tautore  dei  quali  nulla  afferma  il  sacro 
testo,  e  che  gli  autori  ispirati  della  Scrittura  non  dicono  quasi 
nulla  circa  la  composizione  e  la  storia  del  Libri  santi.  Tali 
question!  dovranno  dunque  risolversi  con  l'autorit&  dei  te- 
stimonii  non  ispirati.  Ora  chiediamo :  quaie  autorit&  T  inter- 
prete  cattolico  deve  attribuire  a  quelle  testimonianze  ?  Hanno 
esse  Tautorita,  di  una  cotale  tradizione  sacra  e  divina,  ovvero 
un'autorit&  puramente  umana,  proporzionata  alia  credibility 
di  ciascun  testimonio  particolare? 


400  B1BBIA 


III. 


Essendo  dover  nostro  di  trattare  di  tali  materie  come  si 
conviene  a  cattolici,  dobbiamo  anzitutto  esaminare  che  ne 
pensasse  1'antichita  cristiana.  Per  buona  fortuna,  parecchie 
e  gravi  testimonianze  del  Padri  e  del  teologi  antichi  furono 
gia  raccolte  da  alcuhi  autori  e  specialmente  dal  p.  A.  Conda- 
min  S.  I.  *  Bastera  chene  riferiamo  le  principal!,  e  da  tutte 
apparira  dimostrato  in  rnodo  chiarlssimo,  che  quegli  antichi 
non  ebbero  in  conto  di  sacre  o  di  teologiche  le  question! 
presenti,  ma  solamentedi  profane;  che  standoalla  loro  dottrina 
si  devono  esse  discutere  dagli  storici  e  dai  critici  a  seconda 
del  canoni  della  storia  e  delta  critica,  e  che  si  deve  attri- 
buire  un'autorita  puramente  umana  ai  testimonii  che  loro 
si  fanno  innanzi. 

Sono  conosciute  le  parole  di  S.  Gregorio  Magno,  2  la 
dove  movendo  la  questione  intorno  lo  scrittore  del  libro  di 
Giobbe,  diceva :  «  E  molto  inutile  ricercare  chi  abbia  scritto 
queste  cose,  mentre  pure  si  crede  fedelmente  che  autore  del 
libro  6  lo  Spirito  Santo.  Quegli  adunque  scrisse,  che  dett6 
le  cose  da  scrivere.  Quegli  scrisse  che  fu  insieme  ispiratore 
della  (buona)  azione  di  lui  (di  Giobbe)  e  per  la  voce  dello 
scrittore  trasmise  alia  nostra  imitazione  i  suoi  fatti.  Se  ri- 
cevute  le  lettere  di  un  grand'e  personaggio,  ne  leggessimo 
si  le  parole,  ma  chiedessimo  con  qual  penna  furono  scritte, 

1  Cfr.  Rev.  bibl.  1900,  p.  30  ss. 

2  Praefatio  in  Job.,  MIGNE  75,  517 :   «  Quis  haec  scripserit  valde  su- 
pervacue  quaeritur,  cum   tamen  auctor    libri  Spiritus   Sanctus  fideliter 
credatur.  Ipse  igitur  haec  scripsit,  qui  scribenda  dictavit.  Ipse  scripsit, 
qui  et  in  illius  opere  inspirator  extitit,  et  per  scribentis  vocem  imitanda 
ad  nos  ems  facta  transmisit.  Si  magni  cuiusdam  viri  susceptis  epistolis 
legeremus   verba,  sed  quo   calamo   fuissent  scripta   quaereremus,  ridi- 
culum  profecto  esset  epistolarum  auctorem  scire  sensumque  cog^noscere, 
sed  quali  calamo   earum   verba   impressa  fuerint   indagare.  Cum    ergo 
rem  cognoscimus,  eiusque  rei  Spiritum  Sanctum  auctorem  tenemus,  quia 
scriptorem  quaerimus,  quid  aliud  agimus,   nisi  legentes  literas  de  ca- 
lamo percontamur?  » 


ED    «  ALT  A  CRITIC  A  »  401 

sarebbe  invero  ridicolo  conoscere  r  autore  delle  lettere  edil 
loro  senso,  e  volere  insieme  investigare  con  quale  penna 
slano  state  impresse  le  parole.  Poich6  adunque  conoseiamo 
il  fatto  ed  affermiamo  che  ne  &  autore  lo  Spirito  Santo, 
se  andiamo  in  cerca  dello  scrittore,  che  altro  mai  facciamo, 
s§  non  chiedere  della  penna,  mentre  leggiamo  le  lettere  ?  » 

Con  S.  Gregorio  va  pienamente  d'accordo  S.  Tommaso 
<T Aquino  nel  Proemio  della  seconda  esposi/ione  alia  Cantica, 
esposizione  che  G.  F.  de  Rubeis  dimostro  essere  genuina  del 
S,  Dottore  '.  «  Quanto  alia  causa  istruinentale,  dice  1'Aqui- 
nate  2,  non  ci  curiamo ;  peroeche  tali  cause  sono  rispetto 
alia  dottrina  come  gli  istrumenti,  come  la  penna  dello 
scrittore,  secondo  il  salmo  44,  2 :  Lingua  mea  calamus  scri- 
ba&  velociter  scribentis.  In  quella  guisa  adunque  che,  chie- 
dendo  dell' autore  di  un  libro,  sarebbe  superstizioso  ricer- 
care  con  qual  penna  sia  stato  scritto,  cosi  sembra  in  certo 
modo  superstizioso  che  altri  sia  molto  sollecito  nel  ricercare 
le  cause  istrumentali  della  Sacra  Scrittura.  Perocch6  se  consti 
della  verita  che  il  libro  viene  dallo  Spirito  Santo,  non  e  da 
adoperare  grande  cur  a  nella  ricerca  di  altro  autore.  » 

Queste  sentenze  dei  SS.  Dottori  sono  molto  esplicite ;  essi 
non  si  fermano  nella  particolare  questione,  pognamo,  se  Mos6 
scrisse  il  libro  di  Giobbe  o  se  Salomone  detto  il  Cantico ;  ma 
sfiorano  via  al  tutto  sulle  general!  la  questione  sugli  autori. 
Essi  parlano  come  teologi.  Non  intende  certo  negare  TAqui- 
nate  che  lo  studioso  della  critica  e  della  storia  possa  fare 
ricerche  erudite,  con  molta  cura  e  con  molta  sollecitudine, 

1  De  gestis  et   scriptis  ac   doctrina   S.    Thomae  Aq.,  Venetiis    1750, 
Disser.  II  c.  2. 

2  «  De  causa  vero  instrum<}iitali  non  sit  nobis  curae,  quia  eiusmodi 
tjausae  habentur  respectu  doctrinae  sicut  instrumenta,  sicut  penna  scri- 
bentis iuxta  illud  Ps.  44,  2:  Lingua  mea  calamus  scribae  velociter  scri- 
bentis.  Sicut  ergo  superstitiosum  est,  cum  quaeritur  de  auctore  alicuius 
libri,  quaerere  cum  qua  penna  scriptus   fuisset  liber,  ita   quodammodo 
superstitiosum  videtur,  quod  aliquis  sit  multum  sollicitus  inquirere  causas 
instrumentales  Scripturae  Sacrae.  Nam  si  constat  de  veritate,  quod  li- 
ber sit  a  Spiritu  Sancto,  non  est  magna  cura  adhibenda  ad  inveniendum 
fcuctorem  alium.  » 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.          26          10  febbraio  1903. 


402  BIBBIA 

intorno  gli  autori  del  libri  sacri.  Lo  storico  suole  discutere 
con  ampia  erudizione  sull'autore  dell'Iliade;  Farcheologo 
pariinente  ricerchera  con  quale  strumento  scrivessero  gli 
Ebrei  del  tempo  di  Mose,  se  con  la  penna  come  il  salmista, 
ovvero  con  lo  stiletto  di  ferro  come  costumavano  gli  Assiri. 
Ma  il  definir  tutto  questo  non  e  cosa  del  teologo.  Potra  egli 
spendere  lodevolmente  qualche  cura  e  qualche  sollecitudine 
in  simiglianti  problemi,  come  fa  eziandio  per  le  question!  di 
geografia  e  di  botanica  sacra,  perche  tali  scienze  hanno  atti- 
nenza,  sebbene  piu  esterna  che  interna,  con  la  dottrina  teo- 
logica;  ma  non  deve  credere  che  tali  question!  siano  di  sua 
competenza  e  che  debba  egli  scioglierle  in  modo  definitive. 

Che  se  pur  tuttavia  vuole  mettersi  all'impresa,  eviden- 
temente  uscendo  fuori  del  campo  suo  proprio,  gittera  la  fa- 
tica  e  s'addossera  un  lavoro,  che  S.  Gregorio  non  dubito 
di  chiamare  ridicolo  e  S.  Tommaso  di  dirlo  in  certo  modo 
super stizioso.  Queste  parole  non  sono  punto  ambigue  e  suo- 
nano  dure.  Ma  chiare  sono  le  ragioni  che  i  medesimi  SS. 
Dottori  recano  in  conferma:  la  mano  dello  scrittore  ispirato 
e  la  penna,  onde  scrive  Dio  ispirante  ;  e  lo  strumento  della 
dottrina,  non  parte ;  e  pero  Tunica  cosa  che  deve  difendere 
ad  ogni  patto  il  teologo  e  questa:  Dio  essere  autore  pri- 
mario  dei  libri  sacri. 

Giunilio  Africano,  trattando  di  alcuni  libri  dell'Antico 
Testamento,  di  cui  non  si  conoscono  gli  autori,  scriveva  l: 
«  E  da  credere  che  per  divina  disposizione  sia  avvenuto, 
che  anche  gli  altri  libri  divini,  non  per  merito  degli  autori, 
ma  per  grazia  dello  Spirito  Santo,  si  sappiano  esser  giunti 
a  tanta  altezza  di  autorita.  » 

Ne  la  spiegazione  del  calamus  scribentis  e  propria  soltanto 
di  quei  due  Dottori.  La  ripete  Teodoreto2,  la  ripetono  altri  dopo 

1  De  partibus  divinae  legis  I  8;  MIGNE  P.  L.  68,  20:  «  Quod  ideo  cre- 
dendum  est  divinitus  dispensatum,  ut  alii  quoqne  divini  libri  non  aucto- 
rum  merito,  sed  Sancti  Spriritus  gratia  tantum  culmen  auctoritatis  obti- 
nuisse  noscantnr.  » 

2  Praefatio  in  Psalmos:  MIGNE  80,  861. 


ED    «  ALTA   CRITICA  »  403 

di  lui,  si  ritrova  nel  Bellarmino,  che  scrive  l :  «  Quid  vero 
necesse  est  labor  are  de  calamo,  cum  de  scriptore  (cio6  dello 
Spirito  Santo)  constat?  »  Anzi  quest'era  coine  un  assioma  co- 
mune  presso  i  teologi  ai  tempi  del  Concilio  di  Trento.  «  Che  il 
libro,  dice  Melchior  Cano  2,  sia  di  questo  o  di  quello  scrittore, 
non  importa  molto  alia  fede  cattolica,  purche  si  creda  esserne 
autore  lo  Spirito  Santo;  cio  che  Gregorio  eruditamente  insegna 
e  spiega  nel  Proemio  su  Griobbe  cap.  1.  Perocchfc  non  im- 
porta con  qual  penna  il  re  scriva  la  lettera,  se  scrive  vera- 
mente.  Non  farebbe  quindi  difficolta,  che  Innocenzo  ed  il 
Concilio  Cartaginese  in  cosa  che  non  appartiene  alia  fede 
seguissero  1'opinione  comune  degli  antichi;  ma  non  per  questo 
poterono  errare  enumerando  i  libri  canonici,  poiche  e  certo 
che  cio  appartiene  alia  fede.  »  E  queste  ed  alt  re  simili  sen- 
tenze  si  affermano,  non  come  cosa  nuova  ed  inaudita,  ma 
come  opinione  ammessa  da  tutti  e  da  non  rifiutarsi  da  nes- 
suno,  perche  rispondente  agl'  insegnamenti  dei  piu  grandi 
dottori.  Tatti  riputavano  che  la  questione  intorno  gli  autori 
dei  libri  sacri  fosse  non  teologica,  ma  storica ;  dovesse  quindi 
definirsi  secondo  i  canoni  della  storia  e  della  critica. 


IV. 

Quest 'argomento  tratto  dalTantichit&  cristiana  fu  niaggior- 
mente  illustrate  dal  p.  Francesco  de  Hummelauer  S.  I.  8, 
dimostrando  che  tale  sentenza  e  convalidata  dal  consenso, 
non  solo  di  questo  o  di  quello  antico  scrittore,  ma  dei  SS.  Dot- 

1  Explanatio  in  Psalmos,  Praefatio. 

2  De  locis  theologicis,  I,  11 :   «  Librurn  esse  hums  aut  illius  scripto- 
ris  non  admodum  interest  catholicae  fidei,  dummodo    Spiritus    Sanctus 
auctor  esse  credatur.  Quod  Gregorius  in  Proemio  super  lob.  cap.  1.  eru- 
dite et   tradit   et    explicat.  Nee  enim  refert,  qua  penna    rex    epistolam 
scribat,  si  vere  scribit.  Unde  nihil   obstaret,  ut  in  ea  re,  quae  ad  fidem 
non  pertinet,  Innoceutius  et  Concilium  Carthag'inense  communem  anti- 
quorum  opinionem  sequerentur,  nee  proinde  taineu    in    libris  canonicis 
emunerandis  errare  potuere,  quippe  quod  ad  fidem  attiuere  certum  sit. » 

3  Commetitariiix  in  librum  Josue,   1903,  p.  85  ss. 


404  BIBBIA 

tori  della  Chiesa,  il  numero  del  quali  e  stato  sapientemente 
aumentato  dai  Sommi  Pontefici  Pio  IX  e  Leone  XIII. 

Anzitutto  v'e  1'argomento  del  silenzio.  Come  giudicassero 
gli  antichi  Dottori  intorno  agli  autori  del  libri  sacri,  non  deve 
dedursi  da  quei  tratti,  dove  sol  di  passaggio  toccano  la  que- 
stione,  quando,  ad  esempio,  citano  il  Pentateuco  con  quella 
formula  brevissima  e  comodissima:  Moyses  dixit,  consecrata 
pure  dall'uso  evangelico.  Qual  senso  abbia  tale  formola  si 
raccogliera  apertamente  dalle  parole  di  S.  Ilario,  Dottore 
della  Chiesa 1 :  «  M'avvenni  in  quei  libri,  che  la  religione  degli 
Ebrei  tramandava  per  iscritti  da  Mose  e  dai  Profeti.  »  Cio6 
disegnavano  con  tali  for  mole  i  libri  dell'Antico  Testamento, 
seguendo  Fopinione  corrente  degli  Ebrei.  Ma  quale  fosse  in 
questa  parte  la  sentenza  dei  SS.  Dottori  e  da  vedere  nei 
luoghi,  dove  ne  parlano  ex-pro fesso,  dove  mettono  innanzi 
il  canone  scritturale  e  coi  loro  nomi  designano  i  singoli  libri. 
Ora  degli  autori  umani  o  nulla  dicono  o  quasi  nulla.  Non 
avevano  essi  una  tradizione  divina  od  apostolica  intorno  a 
codesti  autori  urnani,  come  Tavevano  per  Tispirazione  di- 
vina dei  sacri  libri.  Le  poche  cose  che  scrivono  sono  raccolte 
come  alia  sfuggita ;  talvolta  vanno  frammiste  ad  affermazioni 
che  si  dimostrano  certamente  false.  Attribuiscono  a  Salomone 
non  solo  i  Proverbi,  1'Ecclesiaste,  il  Cantico  de'  Cantici,  ma 
anche  (d'accordo  col  Concilio  Cartaginese)  la  Sapienza  e  1'Ec- 
clesiastico.  Atari  Padri  ascrivono  questi  due  ultimi  libri,  non 
a  Salomone,  ma  al  Siracide.  S.  Giovanni  Crisostomo  attri- 
buisce  ad  Esdra  i  libri  che  vanno  sotto  quei  nome;  ma  per 
libri  d' Esdra  intende  un  primo  che  e  nel  canone,  ed  un  se- 
condo  che  e  apocrifo.  Lo  stesso  S.  Girolamo  nelle  sue  Pre* 
fazioni  dice  pochissimo  degli  autori 2.  Le  Sante  Scritture  in 

1  De  Trinit.  I,  5;  MIGNE  P.  L.  10,  28:   «  Incidi  in  eos  libros    quoa 
a  Moyse  atque  prophetis  scriptos  esse  Hebraeorum  religio  tradebat.  » 

2  Cfr.  S.  Atanasio  Epist.  309,  MIGNE  26,  1176  ss.  S.  Cirillo  di  €reru», 
Catech.  IV  n.33  ss.  M.  33,  496  ss.  S.  Giovanni  Crisostomo,  Synopsis  Sacrae 
Scripturae,  M.  56,  313  ss.  S.   Giov.  Damascene,  De  fide  orth.  IV  17,  M. 
94,  1175  ss.  E  tra  i  latini :  S.  Ilario,  Prolog,  in  Psalmos  n.  5,  M.  9,  241. 
S.  Agostino,  de  Doctr.  christ.  II  8,  M.  34,  41 ;  cfr.  Retract.  II  4  M.  32t 
631.  S.  Bonaventura  in  Sreviloquii  Prolog. 


ED    «  ALTA   CKITICA  »  405 

somma  erano  lettere  inviate  dal  cielo  e  gli  autori  uomini 
erano  i  corrieri  che  ce  le  recano  di  cola  *,  e  per  questo  i 
SS.  Dottori  non  furono  molto  solleciti  del  nome  del  corrieri 
e  ci  tramandarono  quelli  che  udirono  per  avventura,  senza 
esaminare  pin  oltre. 

V  e  uno  tra'  Padri,  che  non  solo  tratta  del  sacri  libri, 
ma  parla  anche  ex-professo  del  loro  autori  in  due  luoghi  di- 
stinti.  S.  Isidoro  di  Siviglia,  lume  delle  Spagne,  grande- 
mente  lodato  da  S.  Leone  IV  per  la  sua  perizia  nelle  COSQ 
sacre,  ricorda  i  nomi  degli  autori  del  N.  Testamento  che  si 
citano  d'ordinario;  ma  per  quelli  delFAntico  Testamento  co- 
mincia  in  ambedue  i  luoghi  con  questo  esordio  2 :  «  Veteris 
Testamenti  secundum  Hebraeorum  traditionem  hi  perhiben- 
tur  auctores.  »  Ed  i  nomi  quivi  ricordati  sono  presso  a  poco 
quei  medesimi,  che  si  leggono  nel  trattato  rabbinico  Baba 
Bathra,  citato  di  continue  nei  nostri  Cor  si  d' Introduzione 
alia  Sacra  Scrittura.  II  Santo  raccoglie  pure  la  leggenda  del- 
T  ispirazione  dei  Settanta  e  1'altra  del  testo  della  Thora,  da 
Esdra  fatto  risuscitare  dalle  ceneri  in  virtu  di  un  insigne 
miracolo.  Ma  nello  stesso  tempo  S.  Isidoro  protesta,  che  di 
tali  autori  non  si  ha  nessuna  tradizione  apostolica,  ma  solo 
la  tradizione  profana  degli  Ebrei,  la  quale  adunque  non 
deve  riceversi  con  cieca  fede,  si  bene  discutersi  storicamente 
e  criticamente. 

Or  questa  e  appunto  la  ragione  perche  i  Padri  trattano 
cosi  sobriamente  degli  autori  delFAntico  Testamento  e  dicono 
cose  incerte  e  talvolta  inesatte.  Attingevano  dalla  tradi- 
zione degli  Ebrei,  incerta  in  se  stessa,  e  per  giunta  da  aleuni 
di  loro  non  punto  conosciuta  o  conosciuta  solo  imperfetta- 
mente.  Ne  erano  obbligati  ad  investigare  phi  addentro.  Chi, 
come  S.  Isidoro,  meglio  la  conosceva,  servivasene  cautamente. 

Le  cose  dette  riguardano  phi  dappresso  il  Vecchio  Testa- 
mento, ma  devono  proporzionatamente  applicarsi  eziandio  ai 

1  S.  Giov.  Crisostomo  in  Gen.  Horn.  2  n.  2,  M.  53,  28.  S.  Agostino 
Sermo  2  in  Ps.  90  n.  1,  et  Enarr.  in  Ps.  149  n.  5,  M.  37,  1159,  1952. 

2  Etymol.  VI  2  et  de  Eccles.  Off.  I.  12,  MIGNE  82,  230;  83,  747.  ss. 


406  BIBBIA 

libri  del  Nuovo.  Anche  gli  autori  di  questo  sono  corrieri, 
sono  penne  che  scrivono.  La  loro  notizia  e  trasmessa  dalla 
tradizione  non  giudaica,  ma  cristiana,  senza  dubbio  di  gran 
lunga  piii  degna  di  fede,  quantunque  solo  umana,  non  di- 
vina,  e  da  determinarsi  a  seconda  delle  ragioni  critiche  e 
storiche.  N6  gli  antichi  Padri  si  sentivano  comechessia  im- 
pediti  da  questa  tradizione  cristiana.  Come  pel  seinplice  mo- 
tivo  della  proprieta  dello  stile  dubitavano  di  Salomone,  quale 
autore  della  Sapienza,  cosi  dubitavano,  precipuamente  per 
tal  ragione,  se  S.  Paolo  fosse  autore  dell'Epistola  agli  Ebrei. 
II  qual  fatto  e  per  noi  argomento  certissimo,  ch'essi  tenevano 
quella  tradizione  non  gia  per  divina  od  apostolica,  ma  per 
umana  soltanto. 

Tutti  sentiamo  intimamente  che  cosi  e  e  dev'essere.  0 
forse  la  nostra  fede  si  fonda  sul  fatto,  pognamo,  che  S.  Matteo 
ha  scritto  il  primo  Vangelo  ?  Non  si  nega  che  alle  parole  ispi- 
rate  si  aggiunge  una  qualche  maggiore  autorita  uinana  dal 
sapersi  che  furono  scritte  da  un  Apostolo,  conosciuto  col  suo 
proprio  nome,  della  cui  probita  e  veracita  abbiamo  pure  una 
storica  dimostrazione.  Ma  T autorita  del  primo  Vangelo  tutta 
consiste  in  cio,  che  la  Chiesa  ce  lo  da  per  ispirato.  Onde 
sappiamo  nel  modo  piu  certo,  che  T  autore  ha  scritto  con 
verita  e  proMtd;  anzi  sappiamo  anche  questo,  che  la  storia 
sola,  senza  la  Chiesa,  non  ci  potra  mai  dimostrare  che  tale 
autore  fu  nello  scrivere  veramente  infallibile.  Ancorch6  ci 
fosse  dimostrato  fino  all'evidenza  che  S.  Matteo  non  e  Tau- 
tore  del  primo  Vangelo,  ma  che  e  un  altro  qualsivoglia,  Tau- 
torita  di  quest 'altro  e  la  nostra  fede  in  lui  rimarrebbero  egual- 
mente  inconcusse.  Mercecche  la  probita  e  Tassoluta  veracita 
dello  scrittore,  giova  ripetere,  ci  viene  dimostrata  da  cio  che 
la  Chiesa  da  il  suo  libro  per  divinamente  ispirato  ;  e  quindi 
con  pari  riverenza  accettiamo  il  libro  ispirato  di  un  anonimo 
ed  il  libro  ispirato  di  S.  Matteo. 


ED    «  ALTA   CRITICA  »  407 


V. 


Dalle  cose  anzidette  resta  fermo  che  la  questione  intorno 
gli  autori  del  Libri  Santi  non  e  questione  teologica  e  deve 
quindi  rimettersi  agli  studios!  periti  nella  critica  e  nella  storia. 
II  medesimo  si  deve  affermare  di  parecchie  altre  question! 
della  stessa  identica  indole,  che  meritano  d'essere  qui  breve- 
mente  accennate: 

1)  La  questione,  se  uno  scritto,  accolto  nel  canone  come  un 
libro  solo,  sia  di  un  solo  o  di  piit. autori;  ad  esempio  se  il  Pen- 
tateuco,  come  or  a  Tabbiamo,  contenga  tuttavia  il  Indicium 
regis  che  si  dice  esservi  stato  inserito  da  Samuele  (1  Sam. 
10,  25). 

2)  La  questione,  se  lo  scritto,  dato  nel  canone  come  un 
libro  solo,  non  si  componga  invece  di  due  ben  distinti;  ad 
esempio,  se  quanto  corre  sotto  il  nome  d'Isaia,   non   siano 
invero  due  libri,  detti  poscia  Protoisaia  e  Deuteroisaia. 

3)  La  questione,  se  gli  scritti,  che  ora  sono  divisi  in  due 
libri  (Sam.  Reg.  Par.},  non  formino  invece  un  libro  solo. 

4)  La  questione   del  redattore   (compilatore)  ovvero    del 
redattori ;  anch'essi  si  considerano  quali  autori  per  lo  meno 
della  compilazione.  Cosi  ad   esempio,  S.  Gerolarno   scambia 
il  redattore  coll'autore,  quando  scrive  1 :  «  Sive  Moysen  dicere 
volueris  auctorem  Pentateuchi,  sive  Esdram  eiusdem  instau- 
ratorem  operis  non  recuso.  » 

5)  La  questione  della  composizione  del  libro,  essendoche 
la  composizione  del  libro  e  fatta  e  da  autori  e  da  redattori. 

6)  Le  question!  tutte  che  riguardano  la  storia  del  libro. 

7)  La  questione  del  tempo  e  delle    altre    circostanze  in- 
torno airorigine  del   libro.  Alia  domanda,  perche  mai  Tor- 
dine  dei  Salmi  non  sia  cronologico,  S.  Gregorio  Nisseno  ri- 
spose:    «  Al  dottore    nostro,  che  e  lo   Spirito   Santo,  niente 
importa  di  cio...  A  questo  educatore  e  maestro  delle  anime 

1  Contra  Helvid.  n.  7  ;  MIGNE  23,  190. 


408  BIBBIA 

nostre  tutto  sembra  accessorio ;  egli  mira  a  questo  solo,  che 
vadano  salvi  e  pervengano  alia  vera  vita  quanti  errano 
nella  vanita  della  vita  presente  *.  » 

Tutti  questi  problemi  sono  per  se  medesimi  storici  e  non 
teologici.  Saranno  teologici  e  storici  insieme  solo  nel  caso, 
gia  indicate  piii  sopra,  che  cio6  qualche  testo  genuine  ed 
ispirato  lo  affermi  apertamente.  Tale  affermazione  sara  an- 
ch'essa  un  argoniento  di  carattere  storico,  ma  di  suprema 
ed  al  tutto  irrefragabile  autorita.  Inoltre  le  singole  prove, 
siano  poi  tratte  o  dall'  indole  del  testo  o  dai  testimonii  sto- 
rici, dovranno  essere  sempre  discusse  secondo  i  canoni  della 
critica  e  della  storia.  Secondo  questi  canoni  dovra  anzi- 
tutto  stabilirsi  Tautorita  di  ogni  singolo  testimonio,  sia  esso 
ebraico  o  cristiano  od  altro  qualsivoglia.  Ma  insieme  e  da 
tener  bene  a  mente,  che  una  tale  investigazione  6  di  natura  sua, 
sempre  piii  perfettibile  e  deve  quindi  procedere  di  pari  passo 
con  la  scienza  storica  e  critica.  Giacch6  non  e  possibile  ne- 
gare  che  la  critica  e  in  un  continue  progresso,  sia  perche 
si  vanno  continuamente  scoprendo,  nuove  lezioni  di  testi,  sia 
perche  le  lezioni  antiche  vengono  discusse  sempre  piti  scien- 
tificamente.  Cosi  pure  e  in  progresso  incessante  la  scienza 
storica,  per  le  nuove  e  valide  testimonianze  che  si  mettono 
in  luce  e  per  la  maggiore  e  piii  profonda  conoscenza  che  si 
va  acquistando  delle  testimonianze  antiche. 

VI. 

Che  se  tutto  questo  lavoro  intorno  ai  libri  santi  e  perfetti- 
bile di  sua  natura,  non  puo  recar  meraviglia,  anzi  e  in 
certo  modo  necessario,  che  gli  studii  biblici,  anche  presso 
i  cattolici,  siano  ancora  molto  imperfetti,  e  che  tali  fossero 
molto  piii  gli  studii  dei  secoli  passati. 

1  In  Ps.  2,  11 ;  Migne,  44,  541 :  «  Nihil  horum  curae  est  doctori 
nostro  Spiritui  Sancto...  Huic  animorum  nostrorum  institutori  et  ma- 
gistro  alia  omnia  accessoria  videntur,  id  unum  procurat,  ut  salventur, 
qui  in  vanitate  huius  vitae  oberrant,  et  ad  veram  ritam  adducantur. » 


ED    «  ALTA   CRITICA  »  409 

Per  notare  un  punto  solo,  dovra  dirsi  al  tutto  discorde 
dalla  sentenza  del  Dottori  della  Chiesa  quella  stima  esagerata 
delle  tradizioni  ebraiche,  onde  si  fa  generalmente  profes- 
sione  nelle  Introduzioni  alia  S.  Scrittura  che  corrono  per 
le  scuole  e  nei  Trattati  apologetici.  E  noto  il  prezioso  oracolo 
del  trattato  Baba  Bathra:  «  Chi  scrisse  adunque  quei  li- 
bri?  Mos&  scrisse  il  libro  suo  e  la  sezione  intorno  Bileamo  e 
Giobbe.  Giosue  scrisse  il  libro  suo  e  quegli  otto  versi  nella 
Legge.  Samuele  scrisse  il  libro  suo  e  il  libro  dei  Giudici  e 
di  Ruth,  ecc.  »  II  testimonio  e  grave  e  da  non  rifiutarsi 
senza  gravi  ragioni;  cosi  dicono.  E  sia  pure;  ma  si  noti  che 
il  testimonio  non  e  strettamente  storico,  poiche  ci  da  Samuele 
per  autore  del  libro  suo,  mentre  la  massima  parte  degli  av- 
venimenti  quivi  raccontati  appartengono  a  tempi  di  gran 
lunga  posteriori  alia  morte  di  Samuele. 

Come  mai  avvenne  che  nelle  nostre  Introduzioni  si 
desse  tanto  peso  alia  testimonianza  del  Baba  Bathra,  senza 
almeno  premettere,  come  sarebbe  stato  assolutamente  neces- 
sario,  qualche  trattato  intorno  T  indole  e  la  eredibilita  delle 
tradizioni  giudaiehe? 

Non  certo  cosi  adoperarono  i  SS.  Isidore,  Ilario,  Gero- 
lamo.  Quest 'ultimo  conosceva  benissimo  le  tradizioni  giu- 
daiehe e  ne  accolse  parecchie ;  ma  non  ne  aveva  stima  esa- 
gerata.  Espone  il  Santo  le  parole  d'Isaia  59,  5 :  Ova  aspi- 
dum  ruperunt,  et  telas  araneae  texuerunt ;  qui  comederit 
de  ovis  eorum  morietur,  et  quod  confotum  est  crumpet  in 
regulum;  dove  i  Settanta  leggono:  ova  aspidum  fregerunt..., 
et  qui  de  ovis  eorum  comedere  voluerit,  frangens  reperiet 
putridum,  et  in  ipso  regulum.  Or  bisogna  vedere  com'egli, 
movendo  dal  testo  di  S.  Paolo  ad  Tit.  1,  14  non  intenden- 
tes  iudaicis  fabulis,  ne  faccia  applicazione  alle  tradizioni 
giudaiehe.  Sembrano  esse  a  prima  fronte  uova  di  galline  o 
di  altro  uccello  innocente,  e  molti  vi  stendon  la  mano  per 
cibarsene,  tratti  dalla  loro  esterna  bellezza  e  dalle  notizi© 
di  mille  anni  fa  che  promettono.  Ma  in  quella  guisa  che  se 
le  uova  s'  infrangono,  si  trova  dentro  il  putridume  ed  in 


410  BIBB1A 

esso  la  vipera  o  Taspide,  anzi  il  regolo  eke  e  il  re  degli 
aspidi,  cosi  e  delie  tradizioni  giudaiche.  Se  si  esaminano  bene 
a  fondo,  se  ne  scoprira  subito  il  marcio,  che  e  Tanticristo. 
Guai  a  chi  le  accoglie  ad  occhi  chiusi!  Morra  di  veleno1. 

Non  ne  segue  pero  che  siano  da  trascurarsi  del  tutto. 
Ne  S.  Gerolamo  cosi  fece,  ne  lo  storico  serio  mai  puo  farlo, 
sebbene  sia  obbligato  di  esaminare  e  vagliare  con  ogni  di- 
ligenza  le  testimonialize  che  gli  vengono  offerte.  Si  possono 
adunque  invocare  le  tradizioni  ebraiche,  ma  con  cautela; 
vi  si  trovano  cose  utili,  ma  di  rado  prive  di  scoria. 

Torno  a  chiedere,  come  mai  avvenne,  che  quelle  tradi- 
zioni giungessero  presso  noi  in  tanto  onore? 

Per  istabilire  Tautorita.  dei  libri  sacri  s'usava  per  lo 
addietro  Targomento  storico,  presso  a  poco  in  questa  forma: 
—  Tizio  afferma  cosi  e  cosi ;  ma  Tizio  pote  sapere  e  dovette 
sapere  quanto  afferma,  ed  era  insieme  uomo  integro  e  probo 
e  doveva  riferire  quanto  sapeva  esser  vero ;  dunque  si  deve 
accogliere  per  vero  quanto  Tizio  afferma. 

Gli  antichi  invece  ragionavano  altrimenti.  Bastava  loro 
Targomento  della  tradizione :  -  -  La  Chiesa  ci  trasmette 
questo  libro,  come  ispirato ;  dobbiamo  dunque  accettare  per 
vero  tutto  cio  che  il  libro  contiene.  Or  questo  argomento 
e  sommamente  efficace  e  toglie  ogni  dubbio;  nella  sua  so- 


1  MIGNE  24,  577  s.  «  Qui  enim  prima  fronte  ova  putaverit  gallina- 
rum  et  aliarum  volucrum,  quarum  esus  innoxius  est:  si  fregerit  ante- 
quam  comedat,  statim  putorem  teterrimum  foetoremque  cognoscet  et, 
quod  confotum  est  inveniet  regulum,  sive  iuxta  Symmachum  et  Theo- 
dotionem  aspidem.  Aquila  autem  viperam  posuit  pro  quo  in  hebraeo 
legitur  ephec.  Qui  igitur  audiens  traditicnes  iudaicas,  ad  escam  se  mille 
annorum  voluerit  praeparare  et,  repromissionum  deliciis  irretitus,  ma- 
num  ad  ovum  extendere:  si  antequam  comedat,  i.  e.  verbis  mortiferis 
acquiescat,  voluerit  prius  coiisiderare  quod  dicitur,  et  singulos  sermo- 
nes  discutere,  eorumque  tractare  rationem,  statim  in  ipsis  reperiet  an- 
tichristum  praeparari.  Ergo  iuxta  hebraeum,  qui  comederit  de  ovis  eo- 
rum,  mprietur.  Qui  auteni  iuxta  LXX  frangere  ante  voluerit  et  dili- 
gentius  intueri  ac  videre  quid  latitat,  reperiet  foetorem  teterrimum  et 
principem  omnium  serpentem  diabolum  in  eorum  latitare  traditioni- 
bus.  » 


ED    «  ALTA   CRITICA  »  411 

stanza  non  e  perfettibile,  ma  e  perfetto  nella  sua  sempli- 
cita.  L'argomento  storico  6  apologetico  ;  1'argomento  della 
tradizione  6  dogmatico.  Quello  conduce  alia  Chiesa ;  con 
questo  gli  antichi  erano  nella  Chiesa. 

I  protestanti  negarono  la  tradizione,  e  dovettero  quindi 
ricorrere  a  qualche  altro  espediente,  per  istabilire  Tauto- 
rita  della  S.  Scrittura,  che  e  loro  unica  fonte  di  fede.  Sulle 
prime  s'attennero  al  testimonio  inter  no  dello  Spirito  Santo, 
pel  quale  ogni  lettore  viene  internamente  rassicurato,  che 
la  Scrittura  e  la  parola  di  Dio.  Ma  ben  presto  s'avvidero 
della  sua  inefficacia  e  ricorsero  airargomento  storico.  Per 
quanto  sappiamo,  esso  fu  adoperato  la  prima  volta  nella  Ca- 
thechesis  Ecclesiarum  polonicarum,  uscitsi  in  luce  nel  1609,  e 
ripubblicata  di  nuovo  ad  Irenopoli  dal  Crell  e  dallo  Schlichting, 
nel  1659. 

Fu  un  buon  passo,  perchS  Targomento  6  vero  ed  efficace. 
Ma  subito  comincio  ad  insinuarsi  tra'  protestanti  una  stima 
esagerata  delle  tradizioni  giudaiche,  anzitutto  del  testo  ebreo 
del  V.  T.,  116  di  questo  solo,  ma  perfino  dei  punti  massoretici ; 
poi  dei  documenti  dei  rabbini,  citandosene  assai  larghi  tratti 
nei  commentarii  scritturali,  ma  senz'  ombra  di  critica.  Ac- 
cettavano  essi  con  cieca  fede  quel  che  tornava  loro  comodo 
e  lasciavano  il  rimanente.  Cosi  accolsero  Baba  Bathra  ed  al- 
tri  simili  scritti,  perch6  giovevoli  airargomento  storico. 

Or  questi  stessi  documenti  passarono  eziandio  nelle  In- 
troduzioni  dei  cattolici:  parevano  acconci  a  rincalzare  Tar- 
gomento  della  tradizione ;  avevano  un  non  so  che  di  specioso 
e  di  erudito,  n6  per  anco  erano  abbastanza  note  le  ragioni, 
per  le  quali  e  necessario  proceder  cauti  in  tale  materia.  Del 
resto,  i  protestanti  moderni  da  lunga  pezza  se  ne  emanci- 
parono. 

VII. 

Ma  &  ormai  tempo  di  conchiudere,  raccogliendo  il  fin  qui 
detto.  Per  la  concordia  tra  la  Bibbia  e  la  cosiddetta  alta  cri- 
tica, due  condizioni  sono  assolutamente  indispensabili : 


412  BIBBIA 

a)  Professare    dairintimo   del    cuore    la    dottrina    del 
Dottori  della  Chiesa,  che  cio&  le  question!  intorno  gli  autori, 
i  compilatori,  la  composizione  e  simili  del  Libri   santi  sono 
di  lor  natura  question!  non  teologiche,  ma  storiche  e   criti- 
che,  da  deflnirsi  secondo  i  canon!  della  scienza  storica  e  cri- 
tica,  osservando  fedelmente  quanto  si  e  avvertito  piu  sopra 
nel  paragrafo  secondo ; 

b)  Sciogliersi  prontamente  dalla  stima  esagerata  delle 
tradizioni  giudaiche,  propria  non  dei  cattolici,  ma  dei  vecchi 
protestanti. 

Con  questo  sara  risoluto  il  problema  critico.  E  per  cri- 
tica  intendiamo  sempre  la  critica  vera,  genuina,  non  la  ma- 
scherata  dei  razionalisti,  figlia  del  pregiudizio  filosofico,  che 
nega  la  possibilita  dell'ordine  soprannaturale,  «  cuius  pericu- 
losam  temeritatem  plus  semel  Ipsi  denuntiavimus  »,  come 
dice  Leone  XIII  l. 

Chiedi  a  S.  Ilario,  se  il  Pentateuco  debba  attribuirsi  a 
Mose,  come  ad  autore,  e  risporidera:  —  Cosi  affermala  hebraeo- 
rum  religio. 

Chiedi  a  S.  Gerolamo,  se  la  fornla  presente  del  Pentateuco 
debba  attribuirsi  con  miglior  diritto  a  Mose  autore,  ovvero 
ad  Esdra  compilatore,  e  dira:  — Non  euro. 

Chiedi  a  S.  Grregorio  Nazianzeno  intorno  al  tempo  in  cui 
furono  scritti  i  Salmi,  ed  afferrnera :  —  Non  se  ne  occupa 
punto  lo  Spirito  Santo,  dottore  nostro. 

Per  tutte  codeste  question!  S.  Isidoro  ci  rimette  alia  tra- 
dizione  degli  Ebrei,  della  quale,  come  fu  gla  sopra  notato, 
acerbe  parole  scrive  S.  Girolamo.  Tutti  ci  avvertono  di  non 
essere  soverchiamente  solleciti  del  carrier  e  e  della  penna. 

I  Padri,  i  Dottori,  i  Concilii,  i  Pontefici,  la  Chiesa  uni- 
versa  dichiarano  concordi,  che  le  Sante  Scritture,  checche 
si  tenga  dei  loro  autori,  della  loro  origine,  composizione  e 
storia,  sono  parola  di  Dio,  assolutamente  immune  da  ogni  er- 
ror e.  «  Perocch6  i  libri  tutti  ed  interi,  che  la  Chiesa  riceve 

1  Lettera  Apost.  del  30  ott.  1902. 


ED    «  ALT  A    CRITIC  A  »  413 

come  sacri  e  canonici,  con  tutte  le  loro  parti,  sono  stati  scritti 
dettando  lo  Spirito  Santo,  tanto  e  lontano,  che  alia  divina 
ispirazione  possa  ascriversi  un  qualsivoglia  errore,  che  essa, 
per  se  medesima,  non  pure  esclude  ogni  errore,  ma  cosi  ne- 
cessariamente  lo  esclude  e  rigetta,  come  e  necessario  che 
Iddio,  somma  verita,  assolutamente  non  sia  autore  di  nessun 
errore.  »  Cosl  Leone  XIII  nella  Enciclica  Providentissimus 
Deus  i. 

Su  questa  pietra  incrollabile  si  tenga  fermo  Tinterprete 
eattolico,  e  non  solo  sara  sicuro  di  se  medesimo,  ma  avra 
gia  molto  in  mano  per  rispondere  a  non  poche  difficolta,  non 
reali,  ma  appariscenti,  che  sulle  prime  turbano  alquanto, 
mentre  svaniscono,  se  studiate  con  le  debite  distinzioni  a  se- 
eonda  dei  principii  esposti. 


1  «  Etenim  libri  omnes  atque  integri,  quos  Ecclesia  tamquam  sacros 
et  canonicos  recipit,  cum  omnibus  suis  partibus,  Spiritu  Sancto  dictante 
conscript!  sunt;  tantum  vero  abest  ut  divinae  inspiration!  error  ullus 
Bubesse  possit,  ut  ea  per  se  ipsa,  non  solum  errorem  excludat  omnem, 
sed  tarn  necessario  excludat  et  respuat,  quam  necessarium  est,  Deum 
summam  veritatem,  nullius  omnino  erroris  auctorem  esse. » 


LO  SPlRiTO  CATTOLICO 

NELLA  CULTURA  DEL  GIOVANE  CLERO 


I. 

Sul  conchiudere  il  nostro  lavoro  intorno  all' Educazione 
del  giovane  Clero,  nel  quaderno  del  5  luglio  dell'  andato 
anno,  notavamo  la  tendenza  manifestatasi,  in  parecchie  re- 
centi  pubblicazioni,  ad  abbassare  la  teologia  tradizionale  delle 
nostre  scuole  cattoliche,  massime  riguardo  alia  sua  impor- 
tanza  ed  efficacia  per  la  cultura  del  Clero,  quale  si  addice 
ai  tempi  ed  ai  bisogni  nuovi.  Segnalavamo  specialmente  ani- 
mosita  mal  dissimulate  contro  il  criteria  teologico  e  lo  spirito 
teologico  voluti  non  di  rado,  in  que'  libri  moderni,  far  rav- 
visare  come  un  pregiudizio  dogmatico,  ruinoso  alia  forma- 
zione  intellettuale  del  giovane  Clero,  e  come  pastoie  frapposte 
ai  progress!  di  quelle  sacre  discipline  che  piu  vorrebbonsi 
coltivare  oggidi  dagli  aspiranti  al*  Sacerdozio. 

Non  avernmo  allora  opportunity  di  entrare  a  discutere 
della  delicata  materia :  pero  rimettemmo  i  lettori  ad  un  ope- 
retta del  P.  J.  Fontaine  S.  J.,  intitolata:  Les  infiltrations 
protestantes  et  le  Clergd  francais,  contentandoci  pel  momento 
di  porre  in  sull'avviso  il  giovane  Clero  dei  danni  gia  prove- 
nuti,  e  non  soltanto  in  Francia,  dall'uso  del  criterio  nuovo, 
detto  autonomo,  scientifico  anzich.6  teologico,  indipendente, 
cioe,  da  quello,  che  noi  scrivevamo  essere  stato  sempre  e 
dover  sempre  essere  il  criterio  dei  criterii,  vale  a  dire  1'inse- 
gnamento  vivo  della  Chiesa,  columna  et  firmamentum  veri- 
tatis  l.  Ora  un  altro  lib.ro  del  medesimo  P.  Fontaine  ci  giunge 
opportune  a  ritornare  sul  gravissimo  tema,  dando  cosl  ri- 
sposta  valida,  ben<?he  indiretta,  an  che  a  taluno,  cui  paremmo 
immeritevoli  di  considerazione  pur  solo  pel  fatto,  che  mo- 
stramrno  di  clar  peso  alle  considerazioni  del  Fontaine  e  di 
altri  scrittori  coi  quali  Tegregio  Padre  consents. 
1  Vedi  Cimlta  CaUolica  Quaderno  1249,  pagg.  57-59. 


LO   SPIRITO   CATTOLICO  415 

II  nuovo  libro  ha  per  titolo:  Les  infiltrations  kantienne 
et  protestantes  et  le  Clerge  francais  £,  onde  facile  e  arguire 
Tintendimento  dell'A.  di  far  come  un  seguito  al  precedente, 
allargando,  dichiarando  e  compiendo  quel  che  ivi  avea  inco- 
niinciato  a  trattare :  e  infatti  chiama  il  suo  presente  lavoro : 
Etudes  compldmentaires.  Nella  importante  Prefazione  poi 
scrive  espressamente  cosi :  «  Nel  nostro  precedente  volume : 
Le  infiltrazioni  protestanti,  noicisiamo  tenuti  esclusivamente 
sul  terreno  esegetico.  C'iucombe  Tobbligo  adesso  di  ripigliare 
la  nostra  trattazione  al  punto  preciso  dove  1'abbiamo  intra- 
lasciata,  incalzando  i  nostri  avversarii  o  piuttosto  i  loro  er- 
rori  nel  campo  filosofico  e  teologico.  La  dispiegansi  le  teorie 
dQll'immanenza,  del  dogmatismo  morale  o  filosofia  della  vo- 
lonta  e  quella  altresl  dell' evoluz tone  posilivista  dei  dogmi. 
Noi  non  ci  proponiamo  davvero  di  esaminare  punto  per  punto 
gli  element!  si  complessi  e  tuttora  si  confusi,  onde  queste  teorie 
risultano :  vi  occorrerebbero  parecchi  volumi.  II  nostro  pro- 
gramma  e  modesto  e  consiste  neH'afferrare  i  punti  di  diver- 
genza  o  di  contraddizione  di  queste  dottrine  colla  dottrina 
cattolica :  noi  le  studieremo  quasi  esclusivamente  in  cio  che 
contrasta  col  dogma  definito  o  coirinsegnamento  comune  della 
Chiesa».  E  dando  ragione  di  tale  programma,  TA.  afferrna 
d'aver  voluto  fare  opera  di  fede  anziche  di  polemica,  scri- 
vendo  non  con  ispirito  di  contesa,  ma  con  coscienza  di  sa- 
cerdote  sgomenta  d'un  movimento  d'idee  che  sembra  mettere 
in  pericolo  le,  nostre  credenze  piu  care  2. 

Cio  basta,  per  chi  non  suppone  a  priori  nello  scrittore 
o  leggerezza  o  slealta,  a  levar  ogni  voglia  di  scherzare,  come 
purtroppo  abbiam  visto  farsi  in  qualche  foglio  cattolico.  E 
che  non  si  tratti  di  cosa  la  quale  possa  deciders!  con  qual- 
he  tratto  vivace  di  giornale,  ognuno  il  deduce  agevolmente 
altresi  dal  gravissimo  linguaggio  adoperato  dal  S.  Padre  nello 
scrivere  quella  celebre  lettera  dell'8  settembre  1899  al  Clero 


1  Un  Vol    di  pagg.  XXXV-488.  Paris,  Tictor  Retaux,  1902. 
*  Prefazione,  pagff.  XXXI-XXXIL 


416  LO  SPIRITO  CATTOLICO 

francese,  la  quale  ora  Egli  stesso  voile  spedita  all'Episcopato 
d' Italia,  insieme  colla  Enciclica  dell' 8  dicembre  dello  spirato 
anno  1902  sull'educazione  del  Clero  italiano.  «  Con  profondo 
dolore  (dice  Egli  infatti)  abbiamo  inteso  che  da  alcuni  anni 
certi  cattolici  hanno  crejluto  potersi  dare  ad  una  filosofia  che> 
sotto  specioso  pretesto  d'affrancare  la  ragione  umana  da  ogni 
preconcetto  ed  illusione,  le  nega  il  diritto  di  nulla  asserire  al 
di  la  delle  sue  proprie  operazioni,  sacrificando  per  tal  guisa 
ad  un  radicale  soggettivismo  le  certezze,  date  dalla  metafisica 
tradizionale,  la  quale  ha  per  se  il  suggello  de'  piii  robusti  in- 
telletti,  come  foudamento  necessario  ed  incrollabile  della  dimo* 
strazione  dell'esistenza  di  Dio,  della  spiritualita  ed  immortalita 
dell'anima,  della  realta  obbiettiva  del  mondo  esteriore.  E 
sommamente  deplorevole  che  tal  scetticismo  dottrinale,  d'im- 
portazione  straniera  e  d'origine  protestantica,  abbia  potuto 
con  tanto  favore  accogliersi  in  una  nazione,  giustamente  ce- 
lebrata  per  la  chiarezza  delle  idee  e  del  linguaggio.  » 

Con  d'innanzi  agli  occhi  questo  documento  papale,  come 
poteva  il  Rev.  Padre  Fontaine  non  credersi  sicuro  del  fatto 
suo,  dettando  i  suoi  studii  sulle  infiltrazioni  protestantiche 
e  hantiane  in  Francia  ?  E  come  potremmo  noi  menomamente 
dubitare  di  far  opera  utile,  anzi  insino  ad  un  certo  punto  ne- 
cessaria,  volgarizzando  qualcuna  delle  sue  considerazioni  plii 
general!  ed  important!  anche  in  Italia,  dove  quel  che  6  fran- 
cese  ha  sempre  avuto  ed  ha  tuttora  cosi  facile  il  diritto  di 
cittadinanza? 


II. 


Del  Volume  antecedente  del  1901,  dove  il  ch.  A.  si  teiine, 
come  abbiamo  udito  da  lui  stesso,  dentro  i  termini  dell'ese- 
gesi,  qualcosa  fu  gia  accennato  da  noi  nel  nostro  studio  sul- 
YEducqsione  del  giovqne  Clero.  Non  batteva  egli  gia  1'aria; 
non  davasi  a  battagliare  contro  mulini  a  vento,  fabbricando 
colla  fantasia  pericoli  della  fede  non  esistenti  nella  realta: 
ma  citava  nomi  di  scrittori  cattolici  noti  e  rivestiti  del  carat- 


NELLA   COLTURA   DEL   GIOVANE   CLERO  417 

tere  sacerdotale,  citava  scritti  pubblicati  e  articoli  di  riviste 
conosciute  che  vanno  per  le  mani  di  molti  in  Francia  e  fuori ; 
e  non  dava  solamente  brevi  brani  staccati,  ma,  per  quanto 
era  possibile  e  necessario,  anche  i  contest!,  risalendo  ai 
principii  posti  dagli  autori.  E  pogniam  pure  che  in  uno 
od  altro  particolare  egli  prendesse  qualche  abbaglio,  e  che, 
come  accade,  sia  stato  portato  dallo  zelo  a  caricare  talvolta 
soverchiamente  le  tinte,  ne  risultava  pero  chiara  la  conclu- 
sione  generale,  che  parecchi  scrittori  cattolici  francesi  eransi 
lasciati  andare,  circa  parecchi  punti  di  dottrina,  a  teorie,  se 
non  apertamente  erronee,  almeno  molto  ardite  e  libere,  che 
risentivansi  della  mala  influenza  protestante  americana,  in- 
glese  ed  alemanna,  in  guisa  da  giustificar  pienamente  il  rim- 
provero  lor  mosso  dall'Augusto  Pontefice,  d'aver  ripigliate 
per  conto  proprio  le  obbiezioni  che  avevano  preteso  strappar 
di  mano  agli  avversarii,  aprendo  parecchie  breccie  in  quelle 
muraglie  medesime,  le  quali  avrebbero  dovuto  difendere  1. 
«  Non  e  stata  mai  intenzione  mia  (scriveva  allora  il  P.  Fon- 
taine) di  sostenere  che  sia  cattivo  tutto  quanto  ci  viene  dai 
protestanti,  o  di  negare  che  noi  possiamo  prender  da  loro 
molte  notizie  minute,  e  dati  positivi  ed  anche  qualcosa  dei 
loro  metodi  scientific! :  ma  dico  che  bisogna  -guardarsi  dalle 
loro  dottrine  e  dal  loro  spirito,  il  che  quanto  piu  studio  negli 
scritti  di  cattolici  moderni,  tanto  piu  mi  avveggo  che  non 
si  fa  sempre  abbastanza  da  tutti,  e  trovo  anzi  che  qualcuno 
copia  addirittura  i  protestanti  seiiza  neppur  avvertircene  2.  » 
E  di  cio  egli  reca  varii  saggi,  tra  cui  la  sinonimia,  d'ori- 
gine  protestantica  e  sociniana,  tra  il  nome  di  Figlio  di  Dio 
e  gli  altri  appellativi  dati  al  Messia,  sulla  quale  non  vogliamo 
insistere  ora  3. 

Dell'arditezza  eccessiva  delle  dottrine,  a  cui  accenniamo, 

1  Nell' Enciclica  8  sett.  1899,  al  Clero  francese. 

2  FONTAINE  S.  I.  Les  infiltrations  protestantes  et  le  Clergt  frangais. 
Paris,  Retaux  1901,  pag.  114. 

3  Vedi   FRANZELIN,  De    Trinitate,  Tesi  VI.  —  De    Verbo   Incarnato 
Tesi  III. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.        27          12  febbraio  1903. 


418  LO   SP1RITO   CATTOLICO 

basti  una  prova  positiva,  In  due  document!  autorevoli,  ema- 
nati  dall'autorita  diocesana  di  Parigi  e  sottoscritti  da  quel- 
rEminentissimo  Cardinale  Arcivescovo. 

Uno  e  del  23  ottobre  1900,  cio6  una  lettera  del  Cardinale, 
che  riprova  un  articolo  sulla  Religione  d'Israele  e  le  sue 
origini,  comparso  nella  Revue  du  Clerge  francais  (15  otto- 
bre 1900),  dichiarandolo  in  contraddizione  colla  Costituzione 
DEI  FILIUS  del  Concilia  Vaticano  e  parimenti  in  contrad- 
dizione colle  Regole  date  dal  Sommo  Pontefice  Leone  XIII 
neW Enciclica  PROVIDENTISSIMUS  DEUS  per  V  interpretazione 
della  Sacra  Scrittura.  L'altro  6  anche  piu  grave  e  del  tutto 
recente:  un  formale  decreto  del  17  gennaio  1903,  con  cui  il 
Cardinaie  Arcivescovo  di  Parigi,  presa  cognizione  del  rap- 
porto  fattogli  dalla  Commissione  specialmente  da  lui  incari- 
cata  di  esatninare  il  libro  dell'Abbate  Loisy,  intitolato  YEvan- 
gile  et  I'figlise,  «  considerando :  1°  che  fu  pubblicato  senza 
imprimatur ;  2°  che  il  contenuto  suo  6  tale  da  turbar  grave- 
mente  la  fede  dei  fedeli  sui  dogmi  fondamentali  dell'inse- 
gnamento  cattolico,  notantemente  sirlFautorita  delle  Scritture 
e  della  tradizione,  sulla  divinita  di  Gesu  Cristo,  la  scienza 
infallibile  di  Lui  e  la  redenzione  operata  dalla  sua  morte, 
sulla  sua  Risurrezione,  TEucaristia  e  la  divina  istituzione 
del  Papato  e  dell' Episcopate  »,  condanna  questo  libro  e  ne 
proibisce  la  lettura  al  Clero  ed  ai  fedeli  della  sua  diocesi. 

Ed  a  questo  decreto,  mentre  scriviamo,  fanno  adesione 
parecchi  Vescovi  francesi,  tra  i  quali  notiamo  il  dottissimo 
Cardinale  Perraud,  membro  delPAccademia  di  Francia,  Mon- 
signor  Camus,  il  Vescovo  di  Perpignano,  TArcivescovo  di 
Cambrai  4. 

1  Questo  esimio  Prelate,  nel  suo  decreto  di  riprovazione  e  di  con- 
danna del  libro  del  Loisy,  mette  in  guardia  il  Clero  e  i  fedeli  contro 
siffatte  audacie  d'esegesi  e  innovazioni  malsane;  quindi  prosegue:  «  In- 
vece  d'innalzare  1'uomo  alle  mistiche  altezze  dei  Libri  Santi,  siffatti  au- 
tori  cercan  di  abbassare  codesti  Libri  al  livello  della  ragione  e  della 
natura  umana.  Con  qual  diritto?  Per  qual  missione? 

«  Diminuzione  progressiva  di  verita,  infiacchimento  del  senso  catto- 
lico, glorificazione  del  senso  private,  deviazione  dalla  vera  pieta,  in- 


NELL  A   COLTURA   DEL   GIOVANE   CLERO  419 


III. 

II  signer  abbate  Loisy  e  appunto  tra  quegli  scrittori  di 
cose  bibliche  e  teologiche,  che  il  P.  Fontaine  energicamente 
combatte  nei  due  suoi  volumi  del  1901  e  del  1902;  ed  anzi, 
nell'  Indice  alfabetico  di  quest 'ultimo,  al  nome  Loisy  troviamo, 
dopo  qualche  indicazione  di  pagina,  segnato :  e  quasi  in  tutti 
i  capitoli  di  questo  volume.  Non  puo  dunque  ragionevolmente 
asserirsi  che  il  P.  Fontaine  si  sia  lasciato  sopraffare  da  an- 
tipatia  per  ogni  progresso  delle  scienze  religiose.  Egli  vuole 
soltanto  (e  crediamo  che  tutti  dobbiamo  volerlo  con  lui)  la 
restaurazione  piena  del  concetto  cattolico  di  dette  scienze, 
vuole  la  professione  alta  e  coraggiosa  di  tutti  i  veri  prin- 
cipii  cattolici,  e  si  sdegna  giustamente  d'essere  per  cio  da 
taluno,  come  oggi  costuma  e  per  lui  e  per  altri,  messo  in 
vista  di  retrivo  ostinato,  da  lasciarsi  ormai  in  disparte  qua! 
ferro  vecchio  e  inutile  ingombro.  «  Che  la  conservazione  in- 
tegrale  di  questi  principii,  sclama  egli  vivarnente,  sia  con- 
ciliabile  con  tutti  i  veri  progressi,  chi  dunque  fra  noi  ha  il 
diritto  di  dubitarne?  Si:  accettiamo  francamente  e  di  cuore 
il  concorso  di  tutte  le  scienze  connesse  colla  teologia  e  le 
altre  scienze  religiose :  si :  vengano  pure  forrnandosi  filologi, 
critici,  ebraicisti,  assiriologi,  eruditi  versati  nelle  moderne  di- 
scipline venuteci  di  Germania  o  d'altrove.  Ma  che  cio  sia 
pel  trionfo  della  nostra  causa  comune,  dei  principii  cattolici, 
cio6;  non  per  Tintroduzione  d'una  filosofia  kantiana  gia  giu- 

filtrazioni  quotidiane  d'idee  quasi  intieramente  sovversive  dell'ordine 
soprannaturale,  tentativi  di  conciliazioni  ad  ogni  costo,  abbassamento 
graduale  delle  ampie  vedute  della  fede,  interpretazioni  fantastiche  delle 
Sacre  Scritture,  troppo  indulgente  deferenza  per  libri  scritti  da  notorii 
avversarii  della  fede,  ignoranza  o  disprezzo  del  magistero  infallibile 
della  Chiesa  e  del  suo  Capo  Supremo,  tali  sono  i  deplorevoli  risultati 
di  certi  metodi  nuovi  e  antitradizionali,  che  creano  un'  atmosfera  viziata 
per  molti  cristiani  dei  tempi  nostri.  »  —  Anche  in  Germania  levossi  au- 
torevolmente  contro  questi  metodi  nuovi  e  antitradizionali  Mons.  Keppler 
Vescovo  di  Rottemburgo,  encomiato,  in  nome  del  S.  Padre,  dall'  Emo 
Card.  Rampolla. 


420  LO   SP1I?ITO   CATTOLCCO 

dicata  e  condannata,  o  d'una  esegesi,  che  confonde  dogmi 
fermi  e  definiti  con  opinion!  dubbie  e  abbandona  ogni  cosa 
alle  negazioni  del  libero  pensiero  ».  Quindi  continual  «  Noi 
il  ridiremo  ancora,  giacche  non  si  vuol  capirlo :  quel  che  ci 
spaventa  non  e  che  queste  e  quelle  conclusion!  dei  novatori, 
chiamate  scientifiche,  coincidano  con  opinioni  emesse  da  sa- 
pienti  eterodossi  e  non  cristiani ;  ma  bensi  ci  sentiamo  atter- 
riti,  perch6  ci  sembra  che  tali  conclusion!  facciano  a  cozzo 
colla  sana  ortodossia,  massime  circa  punti  definiti  dal  Con- 
cilio  Vaticano  nella  sua  Costituzione  Dei  filius  *.  » 


IV. 

Ne  si  contenta  di  asserire,  ma  prova.  Luminosi  sono  i 
capitoli  di  questa  sua  piu  recente  opera,  nei  quali  espone 
alcune  dottrine  di  uomini  d'ingegno  ed  ecclesiastic!,  soste- 
nute  massimamente  negli  Annales  de  philosophic  chrgtienne 
di  quest!  ultimi  tempi.  Da  tale  documentata  e  ragionata  espo- 
sizione  scaturisce  la  somiglianza  di  «quelle  dottrine  col  sog- 
gettivismo  del  Kant,  pel  quale  tra  la  mente  dell 'uo mo  e  il 
mondo  esteriore  viene  a  scavarsi  un  abisso,  che  tocca  poi 
alia  volont&  di  colmare.  0  sia  il  determinismo  psicologico 
di  taluno,  onde  1'  intelligenza  filosofica  s'identifica  coir  idea, 
vera  o  falsa  che  sia,  in  guisa  da  non  potersene  staccare,  e 
quindi  si  fa  non  evitabile  e  non  imputabile  Terrore  2 ;  o  sia 
il  dogmatismo  morale  di  tal  altro  che  esclude  la  cognizione 
razionale  certa  e  ferma  dell'esistenza  di  Dio,  ognun  vede 
come  queste  dottrine  troppo  male  si  compongono  colla  defini- 

1  J.  FONTAINE,  Les  infiltrations  kantiennes  et  protestantes  et  le  Clerg6 
frangais.  Etudes  complementaires.  Pagg.  355,  356. 

?  II  P.  Fontaine  cita  parecchi  passi  nei  quali  questa  strana  dot- 
trina  e  esposta:  noi  ci  contenteremo  d'un  saggio. '« Non  sara  meno 
impossibile  di  suscitare  nello  Spinoza  un  altro  niodo  d'amore  che  un 
altro  modo  d'intellezione  II  filosofo  creatore  non  e  realmente  accessi- 
bile  per  alcun  lato;  egli  capisce  secondo  che  ama  e  ama  secondo  che 
capisce  »  (Martin,  Scepticiame  et  dogmatisms,  d'apr&s  Vhistoire  des  syste- 
mes,  negli  Annales  de  philosophic,  chretienne  del  1  apr.  1901). 


NELLA  COLTURA   DEL   GIOVANE   CLERO  421 

izione  data  dal  Concilio  Vaticano  (Sessione  III,  capo  II  de 
revelations) :  «  Eadem  Sancta  Mater  Ecclesia  tenet  et  docet, 
Deum,  rerum  omnium  principium  et  finem,  natural!  humauae 
ratio nis  lumine  e  rebus  creatis  certo  cognosci  passe  »  ;  e  col 
Canone  corrispondente,  che  il  Concilio  stesso  soggiunge  (Can.  I, 
de  revelatione):  «  Si  quis  dixerit  Deum  Unum  et  verum,  Crea- 
torem  et  Dominum  nostrum,  per  ea  quae  facta  sunt,  natural! 
rationis  humanae  lumine  certo  cognosci  non  posse,  ana- 
thema sit  i.  » 

Conseguentemente  a  quei  falsi  principii  sulla  conoscenza 
intellettiva,  questi  modern!  scrittori  furono  tratti  a  scon- 
volgere  dalle  fondamenta  medesime  tutta  la  dimostrazione 
evangelica  dei  Padri  piu  insigiii  della  Chiesa  in  siao  dai  prim! 
secoli,  tutta  1'apologetica  cristiana  portata  all'apice  della  per- 
fezione  dalla  Somma  contro  i  gentili  di  S.  Tommaso  d'A- 
quino  e  seguita  poi  universalmente  nella  sostanza,  nonostante 
le  modificazioni  rese  opportune  dalle  vicende  dei  tempi,  fino 
ai  giorni  nostri.  Perocche  non  solo  col  mettere  in  dubbio  la 
dimostrazione  razionale  dell'esistenza  di  Dio7  come  e  espressa 
<e  confermata  dal  Concilio  Vaticano,  vengono  a  scuotere  la 
base  indispensabile  della  stessa  rivelazione  e  quindi  di  tutta 
la  fede  divina  soprannaturale ;  ma  que'  rinnovatori  dell'apo- 
logetica  non  si  peritano  altresi  di  screditare  Tefficacia  delle 
prove  razionali  del  fatto  della  rivelazione,  sempre  ritenute 
per  preoipue  ed  incrollabili,  cioe  le  profezie  ed  i  miracoli, 
onde  anche  il  nostro  massimo  poeta,  in  quel  memorando 
CJanto  XXIV  del  Paradiso,  traeva  Tirremovibile  sua  sicurezza 
<iella  diviiiita  delle  Scritture : 

Ed  io:  la  prova  che  il  ver  mi  dischiude 
Son  1'opere  seguite,  a  che  natura 
Non  scaldo  ferro  mai,  ne  batte  ancudtB. 


1  Vedi  FONTAINE nell' opera  citata  (1902)  Sect.  I  Cap  II:l'irresponsabi- 
tite  intellectuplle;  e  Cap.  Ill  Vinsuffisance  des  preuves  de  V existence  de 
Dieu;  nonche  Sect.  Ill,  Cap.  II,  art.  II:  la  connaixsance  naturelle  de. 
Dieu,  d'apres  le  Concile  du  Vatican,  et  le  neo-Kantisme  catholique. 


422  LO   SPIRITO   CATTOLICO 

No:  profezie  e  miracoli,  secondo  gl'instauratori  modernis- 
simi  deirapologetica  cristiana,  non  possono  essere  che  ragioni 
di  probabilita,  incapaci,  per  se,  di  dare  allo  spirito  uniano< 
nessuna  sicurezza  assoluta,  nessuna  certezza  vera  dell'esi- 
stenza  della  rivelazione  l.  Circa  il  miracolo,  in  particolare, 
dicono  che  non  e  evidente,  come  tale,  altrimenti  che  per  la 
fede  *,  e  che  se  si  va  al  fondo  delle  cose,  nulla  di  pih  vi 
e  nel  miracolo  che  nel  minimo  del  fatti  ordinarii;  e  ancora : 
nulla  vi  ha  di  meno  nel  piu  ordinario  del  fatti  che  nel 
'miracolo  8.  Laonde  pei  miracoli  (e  vale  il  medesimo  delle 
profezie),  a  senno  di  costoro,  1'esistenza  della  rivelazione  non 
«sce  clallo  stato  di  ipotesi,  piu  o  meno  verosimile  seconda 
le  disposizioni  di  chi  li  considera ;  e  se  fosse  altrimenti,  la 
fede,  dicono  essi,  si  dimostrerebbe  razionalmente,  il  che 
ripugna. 

No,  rispondiamo  noi  alia  nostra  volta :  pur  ammessa,  come 
fu  sempre  e  deve  essere  ammessa,  la  plena  efficacia  dimo- 
strativa  dei  miracoli  e  delle  profezie,  non  si  dimostra  pero, 
per  tal  via,  razionalmente  la  fede  ;  ossia  ne  si  dimostrano  colla 
ragione  i  misteri  della  fede,  ne  la  dimostrazione  razionale  e  il 


1  Diamo  una  citazione  del  Loisy,  fra  le  tante  che  troviamo  per  di- 
steso  nel  P.  Fontaine.   « Lo  spirito  piu  lucido,  dopo  aver  studiato  i  piu 
grossi  volumi  d'apologetica,  puo  essere  ancora  molto  indeciso  e  perplesso, 
se  non  ha  consultato  che  la  sua  ragione  ragionante  e  se  ha  limitato  il 
sno  esame  alia  critica  delle  prove,  atteso  che  ciascuna  prova  particolare 
arriva  solo  ad  una  conclusione  probabile,  la  quale  non  esclude  asso- 
lutamente  la  pcssibilita  deila  conclusione  opposta,  e  che  1 'efficacia  deci- 
siva  delle  prove  non  dipende  neppure  del  tutto  dalla  loro  accumulaziorie, 
la  quale  non  crea  ancora  per  la   ragione  che  una  somma   probabilita; 
ma  dipende  dalTesperienza  intima  che  ne  e  fatta  e  dal  rapporto  vitale 
che  si  stabilisce  tra  1'anima  che  cerca  e  la  verita  che  si  oft're  »    (Revue 
du  Clerge  frangais,  15  marzo  1900:  artic.  intit.  Les  preuves  et  I'economie 
de  la  Revelation). 

2  Revue  du  Clerge  francais  (15   marzo   1900).  Vedi  1'art.  intitolato: 
Les  preuves  et  I'economie^de  la  Revelation. 

3  Lettera  del  Sig.  Blondel  negli  Annales  de  philosophie  chretienne 
(1896),  la  quale  ha  per  titolo  :  Les  exigences  de  la  pensee  contemporaine  en 
matiere  d ' apologetique  et  la  methode  de  la  philosophic  dans  V etude  du  pro- 
bleme  religieux. 


NELLA   COLTURA   DEL   GIOYANE   CLERO  423 

motive  della  nostra  fede  (cio  die  solo  ripugna);  ma  si  dimo- 
stra  unicamente  che  la  fede  non  6  un  istinto  cieco,  ripu- 
gnante  alia  ragione,  bensi  un  ossequio  alia  ragione  piena- 
mente  conforme  e  dalla  ragione  stessa,  pel  motivi  di  credi- 
bilita,  provato  strettamente  doveroso.  La  quale  dottrina  e 
quella  ne  piii  ne  meno  del  Concilio  Vaticano,  che  ha  de- 
finito:  «  Ut  fidei  nostrae  obsequium  ration!  consentaneum 
esset,  voluitDeus  cum  internis  Spirit  us  Sancti  auxiliis  externa 
jungi  revelationis  suae  argumenta,  facta  scilicet  divina,  atque 
in  primis  miracula  et  prophetias,  quae  cum  Dei  omnipoten- 
tiam  et  infinitam  scientiain  luculenter  coramonstrent,  divinae 
revelationis  signa  sunt  certissima  et  omnium  intelligentiae 
accomodata  »  i.  E  nei  due  canoni  3  e  4,  corrispondenti,  sotto 
11  titolo  III  de  fide,  lo  stesso  Concilio  fulniina  I'anatema  sia 
•contro  chi  afferma,  la  divina  rivelazione  non  poter  farsi  cre- 
dibile  per  mezzo  di  segni  esterni,  e  pero  solo  coirinteriore 
esperienza  di  ciascuno  o  colla  privata  ispirazione  dover  gli 
uomini  esser  mossi  alia  fede,  e  sia  contro  chi  nega  la  pos- 
•sibilita  dei  miracoli  o  la  loro  conoscibilita?  ovvero  che  per 
mezzo  di  essi  si  prova  convenientemente  la  divina  origine 
della  cristiana  religione. 

Posto  cio,  chi  non  avverte  un  contrasto  stridente  tra  le 
dottrine  dei  nuovi  apologist!  2  e  quelle  del  Concilio  Vaticano? 
Ne  vale  certo  a  toglierlo  la  risposta  di  uno  di  loro,  il  Loisy, 
non  avere  il  Concilio  determinato  positivamente  in  che  con- 
siste  la  realta  del  miracolo  e  in  qual  maniera  questa  realta, 

1  Concilio  Vat.  Sess.  Ill,  Const,  dogmatica  de  Fide  catholica,  Cap.  Ill, 
de  fide. 

2  Neanche  la  novita  sarebbe  da  concedersi  troppo  facilmente,  poiche 
sino  dal  12  marzo  1679,  tra  molte  altre  proposizioni  che  Innocenzo  XI 
condannava,come  ut  minimum  scandalose  e  praticainentc  perniciose,  era 
anche  una  21a  cosi  concepita:  Assensus  fidei  supernat arcdis  et  utilis  ad 
salutem  stat  cum  notitia  solum  probabili  revelationis,  imo  cum  form-idinc, 
qua  quis  formidet,  ne  non  sit  locutus  Deus.  —  Yeggasi    nella  stupenda 
analisi  dell'Atto  di  fede,  posta  dal  Card.  Franzelin  in  appendice  al  suo 
Yoluine  de  Tradiiione  et  Scriptura,  come  la  certezza  obbiettiva  che  Dio 
ha  parlato,  escludente  ogni  dubbio  e  prudente  tema  del  contrario,  si  com- 
ponga  colla  liberta  dell'atto  di  fede  nella  sua  parola  (Capo  IV,  mi.  5  e  7). 


424  LO   SPIRITO   CATTOLICO 

pub  servire  di  solida  prova  delta  religione  ;  perch&  basta  leg- 
gere  il  testo  del  Concilio  per  assicurarsi  che  &  vero  appunto- 
1'opposto. 


V. 


Ad  illustrare  vie  meglio  questo  contrasto,  gioverk  tessere,, 
sopra  document!  sicuri,  uu  po'  di  storia  di  quella  Costituzione 
de  Fide  catholica,  proclamata  nella  Sessione  III  del  Concilia 
Vaticano.  II  Franzelin,  Professore  allora  nel  Collegio  Ro- 
mano, poi  per  gli  altissimi  suoi  meriti  innalzato  alia  Sacra 
Porpora,  era  teologo  della  Commissione  de  Fide,  e  in  tale 
qualita  ebbe  a  spiegare  ai  Padri  del  Concilio  le  ragioni,  per 
le  quali  lo  schema  di  Costituzione  preparato  dalla  Commis- 
sione avea  rivestito  una  forma,  la  quale  ai  Padri  parve  troppa 
scientiflca  o  scolastica,  e  per  ci6  meno  conforme  al  modo 
seguito  nei  Sinodi  Generali,  massime  nel  Tridentino.  Or  egli 
disse  esser  cio  provenuto  dalla  necessita  di  mettere  Tinsegna- 
mento  del  Concilio  in  diretta  opposizione  cogli  errori  moderni 
della  filosofia  razionalistica,  i  quali  avevano  invaso  in  parte 
anche  le  scuole  cattoliche;  e  un  altro  relatore,  Monsignor  Gas- 
ser,  Vescovo  di  Bressanone,  in  occasione  d'un  punto  speciale^ 
precis6  nominatamente  i  pregiudizii  invalsi  nello  spirito  di 
molti,  per  Tinfluenza  della  filosofia  critica  di  Germania,  cio& 
il  kantismo  '. 

II  libero  esame  dei  Riformatori  del  secolo  XVI  non  po- 
teva  alia  lunga  coesistere  colla  fede  nell'autorita  sopranna- 

1  Anche  1'Arcivescovo  di  Strigonia,  Mons.  Simor,  nella  sua  Rela- 
zione  sullo  schema  de  Fide  aveva  notato  la  necessity  di  dare  una  nornm 
ai  cattolici  dotti  ed  eruditi,  affinche  nelle  loro  speculazioni,  che  la  Chiesa 
non  vuol  impedire,  si  contenessero  dentro  i  termini  della  sana  dottrina. 
Giacche,  diceva  1'eloquente  Prelate,  da  piu  di  cento  anni  le  scuo  e  non 
sono  piu  sotto  la  vigilanza  della  Chiesa,  ma  dipendono  in  tutto  dallo 
stato  laico:  « venne  di  qui,  che  i  principii  protestantici  della  autonomist 
della  scienza  e  della  indipendenza  della  scienza  dall'autorit£  della  Feda 
e  della  Chiesa  penetrassero  anche  tra  i  maestri  delle  scuole  cattoliche,. 
anzi  qua  e  cola  tra  gli  stessi  professori  di  teologia.  •»  (Vedi  Collect. 
JLacens.  Acta  et  Deer.  Concil.  Friburgo  Brisgov.  1890.  Tom.  VII,  pag.  84). 


NELLA   COLTURA  DEL   GIOVANE   CLERO  425 

turale  della  parola  di  Dio  scritta  nella  Bibbia;  e  quindi  si 
venne  in  grembo  ai  popoli  protestanti  a  conclusion!  Mali, 
ma  logiche,  bench6  diverse  secondo  le  diverse  condizioni  etni- 
che,  politiche  o  social! :  nell'America  settentrionale  ad  avere 
piii  d'una  meta  della  popolazione  non  ascritta  a  nessana  cou- 
fessione  religiosa,  e  il  resto,  toltine  dieci  milioni  di  cattolici, 
frantumati  in  dugencinquanta  a  trecento  confessioni  diverse ; 
in  Inghilterra,  salvo  il  cattolicismo  che  prospera,  condizioni 
religiose  ancora  non  cosl  disperate,  ma  in  via  di  diventarlo : 
in  Germania  poi,  per  I'influenza  di  Emmanuele  Kant,  il  libero 
esame  si  e  tramutato  in  un  soggettivismo  filosofico  e  razio- 
nalistico,  nebuloso,  spesso  indecifrabile,  ma  rivestito  cosl  di 
bagliori  scientific!,  che  non  pochi  fra  gli  stessi  dotti  cattolici 
ne  son  rimasti  ammaliati,  o  come  or  direbbesi,  suggestionati. 
II  perch6  fin  dagli  ultimi  anni  del  Pontificate  di  Gregorio  XVI 
«  poi  in  tutto  quello  di  Pio  IX,  i  document!  pontificii  si  se- 
guirono  frequentemente  a  dissipare  nebbie,  ad  additare  er- 
ror! ed  anche  a  condannare  aberi  azioni  teologiche  di  uomini 
cattolici  eruditissimi,  como  1'Hermes,  il  Gunther,  il  Baltzer, 
il  Gangauf,  il  Knoodt,  il  Bautain  ed  altrettali.  II  Sillabo  di 
Pio  IX  raccolse  molte  di  quelle  condanne  ed  il  Concilio  Va- 
ticano  le  ribadi  con  autorita  suprema,  opponendo  solenne- 
mente,  nella  Costituzione  de  Fide,  a  quella  faraggine  d'errori 
la  definizione  della  dottrina  cattolica. 

Ma  pare  che  questa  storia,  pur  contemporanea,  sia  gi^  di- 
venuta  anticaT  forse  pel  costume  ora  invalso  di  commisurare 
:gli  anni  coi  secoli ;  e  sembra  che  alcuni,  massime  in  Francia, 
piu  non  la  ricordino,  perche  nelle  loro  riviste  ecclesiastiche 
e  nei  loro  libri  e  nelle  loro  lezioni  scolastiche  rimettono  in 
veste  nuova  quelle  teorie  dei  dotti  allemanni,  ponendosi  cosi, 
senza  nemmeno  avvedersene,  in  contrasto  col  Concilio  Va- 
ticano.  Guai  pero,  esclama  il  P.  Fontaine,  a  chi  vi  tocca  ! 
«  Non  si  puo  farlo  senza  attentare  alia  scienza  stessa,  al  pro- 
gresso  della  apologetica,  ora  trionfaute,  destinata  a  illuminar 
I7 av  venire.  E  essere  un  retrograde  il  pur  solo  richiamarsi 


426  LO   SPIRITO  CATTOLICO 

alle  decision!  vaticane  sui   dogmi  fondamentali  del  cristia- 
nesimo !  i  » 


VI. 


Ma  percio  appunto  il  ch.  Padre  ha  fatto  opera  apostolica, 
ricordando  rispettosamente  bensl,  ma  pur  francamente  a& 
eruditi  e  scienziati  cattolici,  che  anche  per  essi  vi  sono  nella 
Chiesa  termini  da  rispettare.  In  quei  termini  sta  scritto  anche 
per  essi  il  di  qui  non  si  passa;  ne  certo  sono  salvacondotto, 
riconosciuto  dalla  legittima  autoritk  di  magistero  stabilita  da 
Dio,  la  pretesa  autonomia  deil'esegesi  e  della  critica,  11  pro- 
gresso  delle  scienze  sacre,  e  nemmeno  lo  zelo  per  s6  eccel- 
lente  di  elevare,  come  dicono,  la  mentalita  del  Clero,  ossia 
di  accrescerne  la  cultura,  per  renderla  pari  alia  cultura  del 
mondo  moderno  ed  agguerrita  contra  gli  assalti  dell7  incre- 
dulita. 

II  Pontefice  Pio  IX  scriveva  a  questo  proposito,  sin  dal 
21  dicembre  1863,  airArcivescovo  di  Monaco  e  Frisinga  una 
lettera,  nell'occasiorie  d'un  Congresso  dei  teologi  di  Germania; 
e  i  punti  piu  important!  di  essa  puo  ognuno  che  voglia  trovare 
opportunamente  raccolti  neir  Enchiridion  symbolorum  et 
definitionum  del  Denzinger  2.  Si  lagna  ivi  il  Pontefice,  che 
alcuni  dotti,  per  la  liber td  della  scienza,  abbiauo  passati  i 
limiti  quos  praetergredi  non  sinit  obedientia  debita  erga 
magisterium  Ecclesiae  ad  totius  revelatae  veritatis  integri- 
tatem  servandam  divinitus  institutum.  E  molto  esattamente 
dichiara  a  quei  dotti  fin  dove  debbonsi  ritenere  legati  da 
tale  obbligo  di  obbedienza  e  di  sommessione  al  magistero- 
ecclesiastico,  non  pur  per  rimanere  cattolici,  ma  anche  per 
essere  scienziati  conscienziosi  e  veramente  utili  alia  Chiesa. 

Tale  insegnamento  del  Supremo  Gerarca  precise  e  limpida 
merita  di  essere  trascritto  e  noi  lo  trascriviamo : 

1  Vedi  volume  citato  (1902)  dalla   pag.  363  alia  pagina  373. 

2  Virtzburg  presso   Stahel,    1865:  Ed.  4a  accresciuta  e  corretta,  pa- 
gine  465-466. 


NELL  A  COLTURA  DEL  GIG  VANE  CLERO         427 

«  Anche  se  si  trattasse  di  quella  sottomissione  la  quale  deve 
prcstarsi  con  atto  di  fede  divina,  essa  non  dovrebbe  tuttavia 
limitarsi  a  quelle  cose  che  sono  definite  in  espressi  decreti 
dei  Concilii  ecumenici  o  dei  Pontefici  Roman!  e  di  questa  Santa 
Sede  Apostolica,  ma  dovrebbe  estendersi  ancora  a  quello  che 
vien  proposto  come  divinamente  rivelato,  dall'ordiuario  ma- 
gistero  della  Chiesa,  sparsa  per  tutto  il  mondo,  e  che  percio 
e  ritenuto  dall'universale  e  costante  consenso  de'  teologi  cat- 
tolici come  verita  appartenente  alia  fede.  Quando  poi  si  tratti 
di  quella  sottomissione,  a  cui  sono  obbligati  per  coscienza 
tutti  quei  cattolici  i  quali  attendono  allo  studio  delle  scienze, 
-col  fine  di  arrecare  co'  loro  scritti  nuovi  vantaggi  alia  Chiesa; 
siffatti  uomini  debbono  riconoscere  che  a'dotti  non  basta  di 
ammettere  e  venerare  i  dommi  definiti  dalla  Chiesa,  ma  e 
necessario  ancora  che  si  sottomettano  tan  to  alle  decision! 
<dottrinali  proferite  dalle  Congregazioni  pontificie,  quanto  a 
quei  capi  di  dottrina  che  dal  comune  e  costante  consenso 
dei  cattolici  sono  ritenuti  quali  verita  e  conclusioni  teolo- 
giche,  cos\  certe,  che  le  opinioni  contrarie  ai  detti  capi  di 
dottrina,  benche  non  possano  dirsi  ereticali,  meritino  tut- 
tavia altra  censura  teologica.  ;> 

Or  come  si  trovano  d'  innanzi  a  questa  esplicita  ed  inap- 
pellabile  sentenza  certi  eruditi  rnoderni,  pei  quali  pare  che 
tutto  debba  mutarsi  di  sana  pianta  nella  tradizione  piii  volte 
secolare  delle  scuole  cattoliche,  non  pure  T  esegesi  biblica, 
ma  altresi  I7 apologia  della  religione,  la  storia  dei  dogmi, 
ossia  dQll'esplicazione  e  proposizione  dei  dogmi,  la  stessa 
teologia  dogmatica?  Non  e  certo  intenzion  nostra  di  condan- 
nare  alcuno  in  particolare;  nia  non  possiamo  a  meno  di  affer- 
mare  col  P.  Fontaine,  che  il  fatto  nel  suo  complesso  e  dolo- 
TOSO  ed  anzi  pericoloso  assai  e  da  molto  da  pensare. 

VII. 

Un  professore  senza  clubbio  rispettabilisshno,  che  dalle 
-scuole  dei  Sulpiziani  di  Francia  fu  chianicito  per  meriti  in- 


428  LO   SPIRITO   CATTOLICO 

signi  a  rialzare  la  cultura  teologica  in  America,  e  fu  Superiors 
del  Seminario  di  Boston,  il  compianto  Rev.  J.  Hogan,  in 
un 'opera  sugli  Studii  del  Clero,  che  fa  tradotta,  non  ha  guari^ 
dall'inglese  in  francese  l,  attribuisce  alia  critica  moderna  1'im- 
presa  di  Geremia  :  ut  evellas,  et  destruas,  et  aedifices,  et 
plantes.  Ma  di  fatto  sembra  che,  anche  secondo  lui,  assai 
piii  della  seconda  parte  ]e  si  attagli  la  prima;  onde  pote 
giustamente  affermare  il  P.  Fontaine  che  1'Hogan  «  ci  dice 
bensl  a  lungo  quel-  che  bisogna  distruggere,  non  ci  dice 
abbastanza  come  edificare  »;  e  ancora:  «  il  suo  libro  solleva 
piii  questioni  che  noa  ne  risolva  ».  Cosa  pericolosissima 
in  un  tempo,  nel  quale  1'Hogan  afferma  aver  la  critica  messo 
sossopra  (boulevers£)  il  dominio  delle  scienze  bibliche,  sto- 
riche  e  filosofiche,  che  sono  le  sorgenti  della  teologia;  onde 
egli  trae  la  previsione  sicura  di  grandi  modificazioni  e  tra- 
mutamenti  della  teologia  stessa  in  un  piii  o  meno  lontana 
av  venire. 

Ma  crediauno  la  previsione  esagerata;  ed  ecco  il  nostra 
ragionamento. 

Di  una  mutazione  della  teologia,  per  quello  che  essa  ha 
di  sostanziale  e  di  assolutamente  concreto  e  definito  e  ne 
costituisce,  a  cosi  dire,  Tossatura,  non  6  a  discorrersi;  in  cio 
la  teologia  dipende  esclusivamente  dalla  rivelazione  immuta- 
bile  e  dalla  autorit&  infallibile  della  Chiesa,  onde  quel  che 

1  J.  HOGAN  P.  S  S.,  Les  Etudes  du  Clergd,  traduit  de  1' anglais  par 
1'Abbe  A.  Boudinhon.  Roma  Pustet  1901.  —  Di  quest'opera  ricca  di  cose 
bellissime,  utili  assai  e  spesso  anche  piene  di  pratica  sapienza,  abusano 
alcuni,  profittando  della  grande  autorita  dell'A.  Ne  pensiamo  potersi  del 
tutto  negare  quello  che  il  Fontaine  afferma,  avervi  cioe  1'Hogan,  contro 
ogni  intenzione,  dato  un  po'  di  ansa  colla  liberta  ed  arditezza  di  certe- 
pagine.  Sul  modo,  ad  esempio,  col  quale  nelj'articolo  III  del  Capo  V  egli 
tratteggia  1'insegnamento  delle  scuole  teologiche  cattoliche  nel  tempo  del 
maggior  fiore  della  scolastica,  e  sulla  facilita  colla  quale  abbandona 
al  piccone  della  critica  moderna  i  priori  capitoli  del  Genesi,  e  prove  scrit- 
turali  di  dogmi  avute  finora  per  perentorie,  come  il  vers.  12  del  Capo  V 
della  lettera  ai  Romani,  dallo  stesso  Concilio  Tridentino  designate  espres- 
samente  a  prova  del  peccato  originale,  le  rispettose  riserve  del  P.  Fon- 
taine non  ci  paiono  superfine. 


NELL  A   COLTURA   DEL   GIOVANE   CLERO  429 

una  volta  e  definite*  e  nel  senso  in  cut  e  definite*,  come  Ata- 
nasio  sentenziava  della  formola  nicena,  manet  verburn  fidei 
in  aeternum  *.  Si  puo  dunque  pensare  soltanto  ad  una  mu- 
tazione  di  metodo  nel  coordinamento  logico  dei  dogmi,  nella 
loro  spiegazione  scientifica  e  nelle  dimostrazioni.  Ma  anche 
questo  e  in  gran  parte  gia  determinato  dalla  intrinseca 
essenza  delle  verita  immutabili,  nonche  da  quel  magistero 
sempre  vivo  ed  attivo  nella  Chiesa,  che  Origene  chiamava 
regulam  apostolicae  veritatis  2,  ed  Epifanio  regiam  viam, 
mam  veritatis  3,  e  Rufino  intelligendi  regulam  ex  apostolica 
successione  susceptam 4,  e  Agostino  canonicum  sensum,  catho- 
licum  intellectum  5,  e  Vincenzo  Lirinese  ecclesiasticae  intelli- 
gentiae  auctoritatem6]  onde  risulta  veramente  quel  che  noi 
diciamo  il  senso  cattolico  della  Religione  e  S.  Paolo  designava 
col  sensum  Christi 7,  ossia  il  buon  senso  cristiano,  serbato 
ognora  inviolabile  dalla  provvidenza  dello  Spirito  Santo,  e 
indipendente  dal  variare  continuo  degli  studii,  delle  opinion! 
e  delle  stesse  scoperte  deiringegno  umano. 

Anatema  disse  pero  il  Concilio  Vaticano  (Sess.  Ill,  can.  3, 
de  fide  et  ratione)  a  chi  facesse  variabile  secondo  il  progresso 
della  scienza  il  senso  dei  dogmi  (che  era  la  fisima  dei  giinthe- 
riani,  gia  condannati  da  Pio  IX).  Non  gia  la  scienza  conforma 
a  s6  il  senso  dei  dogmi,  ma  questo  informa  i  concetti  della 
scienza.  Laonde  il  Concilio  Vaticano  nella  Sessione  III  al 
capo  IV  della  Costituzione  Dei  Filius,  cosi  defiriiva  :  «  Sacro 
rum  quoque  dogmatum  is  sensus  perpetuo  est  retinendus, 
quern  semel  declaravit  sancta  mater  Ecclesia,  nee  unquam 
ab  eo  sensu,  altioris  intelligentiae  specie  et  nomine,  receden- 
dum.  Crescat  igitur  et  multum  vehementerque  proficiat,  tarn 

1  ATHANAS.  Epist.  ad  Afros,  n.  2. 

2  In  Ps.  36  horn.  4.  n.  1. 
8  Haeres.  59  n.  12. 

4  Hist.  eccl.  lib.  II,  c.  9. 

5  Serm.  294  c.  20  (al.  Serm.  14  de  Verbis  Apostoli). 

6  Commonit,  Cap.  II.  —  Si  veggano  altre  testimonianze  del  medesirno 
valore  presso  il  Card.  FRANZELIN,  De  Divina  traditione,  thes.  XI,  che  6 
un  vero  capolavoro. 

7  1.  Cor.  II,  16. 


430  LO   SPIRITO   CATTOLICO 

singulorum,  quam  omnium,  tarn  unius  hominis,  quam  totius 
Ecclesiae,  aetatum  ac  saeculorum  gradibus,  intelligentia, 
scientia,  sapientia,  sed  in  suo  dumtaxat  genere,  in  eodem 
scilicet  dogmate,  eodem  sensu,  eademque  sententia.  » 

Benche  pertanto  non  sia  a  negarsi  come  probabile  un  qual- 
che  cangiamento  nel  modo  di  trattare  la  stessa  teologia,  in 
relazione  ai  progressi  della  cultura.generale  e  massime  delle 
scienze  religiose  ausiliarie,  vuol  nondimeno  escludersi  assolu- 
tamente  la  possibility  di  una  mutazione  radicale,  qual  potrebbe 
imaginarsela  chi  suppone  che  la  teologia,  ossia  la  scienza 
della  verita  divinarnente  rivelata,  possa  mai  subire  il  trat- 
tamento  libero,  autonomo  ed  indipendente,  usato  oggidl  (pur 
non  sempre  a  diritto)  per  le  altre  scienze  meramente  razionali. 

Si  pud  con  molta  probabilita  prevedere  che  continuera 
e  aumentera  anzi  la  tendenza  odierna  della  teologia  dog- 
matica  a  farsi  piu  positiva,  che  non  fosse  nel  tempo  di 
quasi  esclusivo  dominio  della  scolastica:  e  sara,  crediamo, 
un  bene,  perche  le  dimostrazioni  si  appoggeranno  a  testi 
meglio  vagliati  dalla  critica  e  andranno  corredate  di  una 
erudizione  non  solo  piu  ampia,  ma  ancor  piii  sicura,  cro- 
nologica,  storica,  linguistica,  patristica,  esegetica,  archeo- 
logica,  e  si  avvantaggeranno  di  nuovi  solidissimi  argomenti 
quali  sono,  ad  esempio,  per  tacer  d'altro,  quelli  forniti  al 
\  Credo  cattolico  dagli  scavi  delle  Catacombe.  Ma*  non  potra 
tuttavia  mettersi  da  parte  la  scolastica  ovvero  la  teologia  spe- 
culativa,  se  non  altro,  perche  ci6  toglierebbe  in  gran  parte 
alia  teologia  la  sua  dignita  di  vera  scienza;  ne  si  andra 
al  punto  di  far  della  teologia  una  storia  pura  e  semplice  dei 
dogmi  o  un  elenco  piii  o  meno  ragionato  delle  aberrazioni 
degli  eretici ;  come  si  e  fatto  pur  troppo  analogamente  per 
la  filosofia,  la  quale  per  divenir  piu  concreta  e  svanita  del 
tutto.  Sarebbe  iattura  gravissima  della  scienza  teologica, 
intesa  come  deve  essere,  secondo  le  buone  e  sane  tradizioni 

cattoliche ! 

VIII. 

Osserva  pero  inolto  opportunamente  il  P.  Fontaine  che 
la  Chiesa  di  Francia  non  e  mure  pour  de  tels  d£sastres. 


NELL  A  COLTURA   DEL   GIOVANE   CLERO  431 

«  II  Clero  francese  (egli  soggiunge)  ha  troppo  buon  senso, 
troppa  rettitudine  intellettuale  e  inoltre  troppo  attaccamento 
alle  sane  dottrine  teologiche,  e  pero  non  puo  venir  trascinato 
molto  lontano  su  questo  pendio  l.  »  Vediamo  infatti  il  vene- 
rando  Arcivescovo  di  Parigi  resistere  virilmente  ai  conati 
di  chi  vorrebbe  rompere  ogni  legame  colle  magnifiche  tra- 
dizioni  delle  nostre  scuole  teologiche  per  dare  attraverso 
tutte  le  novita  eziandio  piu  inconsulte.  Abbiamo  udito  teste 
un  altro  Arcivescovo,  quello  di  Cambrai,  protestare  che, 
nella  cultura  ecclesiastica,  fa  mestieri  congiungere  insieme 
in  bell'accordo  il  moderato  amore  del  progresso  colla  tenacita 
vigorosa  della  conservazione,  che  e  lo  spirito  stesso  da  Cristo 
infuso  alia  sua  Chiesa,  la  quale  dacch6  vive  profert  de  the- 
sauro  suo  nova  et  vetera,  e  come  disse  stupendamente  Ireneo, 
nella  sua  immutabilita  6  giovane  sempre  e  sempre  diffon- 
ditrice  di  gioventii  juvenescens  et  juvenescere  faciens.  Pre- 
lati  noti  per  la  loro  erudizione  moderna,  come  Monsignor 
Camus  e  Monsignor  Battifol,  sorgono  ad  impugnare  le  de- 
plorevoli  innovazioni  teologiche  del  Loisy  ;  e  teniamo  per 
fermo,  che  Tillustre  Episcopate  francese  si  unira  eon  Mon- 
signor Latty  ad  inculcare  ai  professori  ed  agli  studenti  dei 
Seminari  la  necessita  assoluta  d'intendere  i  dogmi  nella 
Chiesa  stessa,  nella  sua  vita  attraverso  i  secoli  e  nella  sua 
pratica  di  tutti  i  giorni  *. 

In  Italia  il  pericolo  di  quelle  radicali  innovazioni  teolo- 
giche &  an  che  piii  remoto,  per  la  vigilanza  piu  sentita  del 
Vicario  di  Cristo.  Dalle  gloriose  Cattedre  di  Roma  non  vien 
certo  incoraggiamento  a  novita  inconsulte ;  poich6  le  lezioni 
teologiche  di  professori  come  (per  nominare  solo  un  morto)  il 
Cardinale  Franzelin  dimostrano  potersi  accettare  tutte  le  so- 
lide  acquisizioni  della  critica  e  dell'esegesi  moderna,  senza 
venir  meno  al  rispetto  dovuto  alia  preziosa  eredita  dei  padri 
e  degli  avi,  anzi  raccogliendola  religiosaniente  siccome  sacro 
e  necessario  fondamento  di  un  edifizio,  incrollabile  a  tutti  gli 

1  Nel  volume  del  1902  pag.  345. 

2  Lettre  de  Monseigneur  Latty,  Eveque  de  Chalons  a  M.  M.  les  Di- 
recteurs  de  son  Grand  Seminaire.  —  Poussielgue,  1902.  Vol.  di  pagg.  200. 


432  LO   SPIRITO   CATTOLICO 

assalti  della  modernita.  Sappiamo  pur  troppo  esservi  chi  ar- 
disce  ancor  fra  noi  gittare  il  disprezzo  sopra  metodi  e  testi 
e  insegnamenti  del  nostri  Seminarii  ed  Istituti  teologici,  quasi 
fosse  tutto  da  rifabbricare  ab  imis  fundamentis.  Ma  noi  vor- 
remmo  vedere  qualcuno  di  quest!  denigratori  far  quaicosa  di 
meglio  del  trattati  del  Franzelin  intorno  alia  Tradizione,  o 
alia  Trinita,  o  al  Verbo  Incarnato,  anziche  articoli  di  riviste 
o  di  giornali  spiranti  la  rivolta  ! 

Dal  discreditare,  col  pretesto  del  grandi  progress!  scien- 
tific! modern!,  le  nostre  scuole  teologiche  proviene  alraeno 
questo  danno  gravissimo,  che  molti  giovani  leviti,  invece  di 
darsi  con  tutte  le  loro  forze  alia  teologia,  non  facciano  che 
sognare  perpetuamente  scienze  moderne  e  metodi  nuovi  di 
studio  e  di  apostolato.  Qual  meraviglia  poi  che  si  debba  ri- 
scontrare  la  causa  di  parecchi  error!,  sostenuti  in  buona  fede 
come  progress!,  nella  mancanza  di  solida  educazione  teologica? 

IX. 

E  da  ringraziare  pero  la  Provvi'denza  divina  che  si  ma- 
nifesta  particolarmente  nell'Italia  nostra  benevola  alia  Santa 
Chiesa,  mantenendo  TEpiscopato  saldissimo  a  volere  nei  Se- 
minarii sovrano  lo  spirito  cattolico,  qual'e  sicuramente  nella 
dottrina  dell'Aquinate,  dal  Santissimo  Padre  Leone  XIII  voluto 
a  caposaldo  degli  studii  cosi  filosofici  come  teologici.  Cio,  diceva, 
non  ha  guari,  in  un'Allocuzione  solenne  per  la  collazione  dei 
gradi  accademici  nella  sua  facolta  teologica,  il  Vescovo  di 
Padova  «  nostris  hisce  temporibus  magis  necessarium  est, 
quibus  haud  pauci  Theologiae  studios!,  non  solum  ex  populo 
sed  etiam  ex  clero,  insipientis  novitatis  studio  ab  ea,  cui 
Catholici  adhaerent,  sententia  alieno  abrepti,  plus  quam 
par  est,  heterodoxorum  et  rationalistarum,  qui  dicuntur,  opi- 
nionibus  concedere  non  dubitant,  ac  scientiam  theologicam, 
quippe  quae  divinae  innitatur  revelation!  et  Ecclesiae  ma- 
gisterio  errand!  nescio  ducatur,  a  disciplinis  humanis  pror- 
sus  discrepare  obliviscuntur.  » 

A  coloro  che  cosl  pensano  e  cosl  operano  crediamo  di  ren- 
dere  servigio  affettuoso  di  fratelli,  unendoci  col  venerato  e  dotto 


NELLA  COLTURA   DEL   GIOVANE   CLERO  433 

Vescovo  patavino  a  pregare  il  Signore,  che  conceda  loro  maius 
humilitatis  ac  docilitatis  studium,  quod  in  Us  imminutum 
videtur ;  perche  Tumilta  e  la  docilita  li  rendera  persuasi, 
al  progresso  sicuro  e  saldo  della  cultura  del  giovane  Clero 
far  sopratutto  mestieri  che  essa  sia  informata  dello  spirito 
cattolieo,  onde  sovra  tutti  i  criterii  scientific!  'si  pone  il  ma- 
gistero vivente  della  Santa  Chiesa  di  Dio,  columna  et  flr- 
mamentum  veritatis,  il  magistero  del  Capo  Augusto  della 
Ohiesa,  vegliante  sempre  a  guida  della  Nave  fra  le  tempeste. 
II  mare  6  oggi  piu  che  mai  agitato;  n&  potrebbe  essere 
altrimenti,  attese  le  condizioni  generali  della  society  moderna 
scossa  ne'  suoi  medesimi  fondamenti.  Ma  non  dobbiamo  s^ro- 

O 

mentarci,  perche  fu  tutto  previsto  e  a  tutto  fu  provveduto 
dal  dolce  Maestro  che  promise  di  essere  co'  suoi  insino  alia 
consumazione  dei  secoli.  —  I/ ultimo  oratore  del  Concilio  Va- 
ticano,  Tinsigne  Vescovo  di  Brixen  Monsignor  Gasser,  quasi 
alia  vigilia  della  proclamazione  dell'  infallibilita  papale,  il 
13  luglio  1870,  lasciava  Tambone  della  Congregazione  Gene- 
rale  dicendo,  tutto  commosso,  di  volersi  buttar  ginocchioni 
a  supplicare  i  Padri  di  accettare  unanimi  la  definizione  di 
quel  dogma,  perche  credeva  essere  stato  divinamente  dispo- 
sto,  dimnitus  esse  factum,  che  fra  i  turbini  odierni  gli  ocelli 
di  tutti  fossero  attratti  alia  Pietra,  contro  cui  nulla  pos- 
sono  le  superbe  porte  d* inferno.  Egli  parve  allora  ispirato 
veranaente  da  Dio  a  parlare  cosi,  e  la  sua  sublime  commo- 
zione  passo  nelFAssemblea,  che  levossi  ad  acclamarlo. 

Noi  dopo  trentatrS  anni  tocchiamo  con  mano  che  quella 
parola  veniva  dall'alto;  giacch6  chi  pu6  dire  in  quali  ango- 
sciose  distrette  ci  troveremmo  ora,  per  tanta  licenza  d'opi- 
nare,  se  T  infallibilita  del  Supremo  Gerarca  non  fosse  stata 
dal  Concilio  definita?  Ricordando  pero,  commossi  anche  noi, 
quella  fatidica  parola,  rendiamo  vivissime  grazie  alia  Prov- 
videnza  divina  che  assiste  la  Chiesa,  sicuri  che  dairinfalli- 
bile  Magistero  della  Cattedra  di  Pietro  tutte  le  question!  che 
or  a  dividono  gli  animi  saranno  presto  risolute,  con  accresci- 
mento  dell'unita  e  con  nuova  gloria  della  Fede. 


Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.  28          12  febbraio  1903. 


IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 


XIX. 
Vexilla  regis  prodeunt  inferni! 

Strano  e  svariato  assembramento  di  gente  vedevasi  nella 
mattina  de;  20  marzo  1797,  muoversi,  agitarsi  e  discor- 
rere  lungo  il  piccolo  spazio  del  Corso,  che  distendesi  di 
fronte  ed  a;  lati  del  palazzo  Dpria.  Tutta  la  gente  pero  te- 
neva  le  terga  rivolte  verso  questo  palazzo :  gii  occhi  di  tutti 
erano  diretti  verso  la  facciata  del  palazzo  Mancini  ora  Sal- 
viati,  situato  precisamente  dirimpetto,  riel  mezzo  della  quale 
alcuni  operai  sulle  scale  erano  affaccendati  a  collocare  un 
gran  quadro. 

Finita  1'operazione,  e  tolti  di  mezzo  tutti  gli  attrezzi,  si 
udl  un  grande  grido  :  «  Vive  la  republique  francaise!  »,  pro- 
ferito  a  squarciagola  dagli  spettatori,  i  quali  quel  grido  ac- 
compagnavano  collo  scagliare  in  alto  le  braccia  distese  e- 
con  frequenti  e  lunghissime  scappellate. 

La  repubblica  francese  appariva  in  quel  quadro,  dipinto 
dagli  artisti  di  quella  nazione  dimoranti  in  quel  palazzo  del- 
1'antico  duca  di  Nevers,  sotto  la  forma  di  una  viragine.  La 
quale  era  una  donna  grande,  grossa  e  grassa,  aveva  seminudo 
il  petto  e  nude  le  braccia,  una  delle  quali  teneva  un  cornu- 
copia, e  1'altra  sorreggeva  un'asta  palladicamente.  La  testa 
era  coperta  del  berretto  frigio,  la  cui  cima  ricadeva  piegata 
sulle  chiome  rossastre,  acconciate  alia  moda  degna  della 
Francia  d'allora  e  dicevasi  alia  ghigliottina.  Sotto  a'  piedi 
leggevasi  in  giro  a  caratteri  rossi :  Republique  frangaise  une 
et  indivisible. 


IL  CAPORALE  TRASTEVERINO  435 

Non  ci  furono  musiche  n6  altra  baldoria.  II  Cacault,  uomo 
prudente,  ebbe  gran  cura  di  evitare  ogni  strepito,  a  fine  di 
lion  urtare  soverchio  i  romani,  e  di  evitare  una  qualche  ca- 
tastrofe:  percio  aveva  scelto  quell'ora  mattutina.  Del  rima- 
nente,  prescindendo  da  una  certa  paura  per  la  propria  pelle, 
egli  voleva  le  cose  a  modo.  II  Papa  aveva,  col  trattato  di 
Tolentino,  rico  - 
nosciuta  la  re- 
pubblica,  le  cui 
fattezze  ora  si  po- 
tevano  affaccia- 
re  officialmente 
air  aria  di  Roma: 
non  s' aveva  dun- 
•que  a  stuzzicare 
il  vespaio.  E  poi, 
egli  aveva  a  cuo- 
re  massimamen- 
te  di  raccogliere 
i  trentuno  mi- 
lioni,  ed  assicu- 
rare  alia  repub- 
blicaquell'aureo 
ruscelletto,lecui 
onde  sonanti 
mandavano  al 
suo  orecchio  lo 
strepito  di  un 
limpido  mormo- 

rlo,  il  quale  gli  carezzava  il  timpano  in  maniera  piu  grata 
assai  che  non  facessero]  gli  strepiti  delle  gazzarre  de'  romani 
citrulli,  figli  di  Bruto. 

Quindi  appena  scoperto  il  quadro,  e  dopo  poche  acclama- 
zioni,  egli  si  allontano  in  compagnia  del  colonnello  Marmont 
e  del  generale  Victor,  che  si  trovavano  in  Roma  insieme  con 
altri  molti  ufficiali  francesi.  Erano  questi  venuti  a  Roma  in 


Cacault 

gia  ministro  giacobino  in  Roma 


436  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

gran  numero,  e  continuarono  poi  ne'  mesi  seguenti,  succe* 
dendosi  a  muta  nell'accorrere  alia  Capitale,  a  fine,  s'  intende, 
di  visitare  i  monumenti  dell' antichita  romanaf 

Ma,  dopo  pochi  momenti  di  compagnia  con  que'  niilitari, 
si  accommiato  da  loro,  e  ritiratosi  a  casa,  Cacault  depose 
il  gran  cappello  a  pennacchio  tutto  tempestato  di  nappe  dai  tre 
colori,  si  discinse  la  sciarpa,  che  era  pure  listata  a  fasce  tri- 
colorate,  e  vestitosi  alia  Brulo,  ossia  in  abito  popolare,  ri- 
torno  frettoloso  nelle  vicinanze  del  palazzo  Mancini,  a  fine 
di  vedere  1'atteggiamento  che  piglierebbe  il  popolo  romano, 
e  regolarsi  a  seconda  delle  circostanze.  Siccome  pero  era  co-^ 
nosciuto  si  puo  dire  da  tutti,  cosl  voile  scegliere  un  posto 
vicino  per  guisa,  che  senza  essere  veduto  potesse  dall'udito 
di  clamori  possibili  ad  accadere  giudicare  dell'  impressione 
fatta  nel  popolo. 

Ritrovatosi  dunque  in  piazza  Sciarra,  dove  gia  cominciava 
molto  popolo  ad  affollarsi,  egli  sbiettando  alia  lesta  si  trasse 
innanzi  sino  alia  prima  via  laterale  a  sinistra  sul  cui  angolo 
nel  Corso  sorge  il  palazzo  Bassano :  e  la  via  de'  Tre  Ladroni, 
che  conduce  sino  al  Quirinale,  e  oggTsi  chiama  ViadeirUmiltd^ 
Appena  giunto  all'angolo  di  quella  via,  si  mette  tra  i  piedi 
la  strada,  e  dopo  pochi  passi,  scorgendo  la  osteria  elegante 
de'  Tre  Ladroni,  torce  un  ganghero  a  sinistra,  si  sofferma,. 
entra,  si  adagia,  comanda,  pensando  come  spontaneamente 
tra  se  e  se:  —  E'  proprio  il  rifugio  che  mi  ci  vuole!  — 

XX. 
Nell'  osteria  de'  Tre  Ladroni. 

Era  per  anco  Tora  mattutina,  atteso  il  costume  de'  ro- 
mani  massimamente  aristocratici ;  i  quali  non  sogliono  la- 
sciare  le  coltri  se  non  a  grand'  ora.  Tirava  un  venticella 
libeccio;  e  1'aria  sentivasi  alquanto  umida  per  i  condensati 
vapori  della  notte,  ai  quali  una  qualche  bava  di  tramontana 
aggiungeva  come  una  punta  di  freddo,  che  pizzicava  la  pelle. 


xx.  NELL'OSTERIA  DEI  TRE  LADRONI  437 

Laonde  il  Cacault  chiede  senz'altro  un  po'  di  vino  de'  colli 
romani  di  Monteverde,  a  fine  di  dcstare  nelle  vene  e  sti- 
molare  nel  sangue  il  calorico  interne  necessario  per  com- 
battere  e  superare  la  stretta  della  fredda  temperatura,  delle 
cui  ondate  si  sentiva  piene  le  cellule  polmonari. 

-  Eccovi    servito,  Monsu,  gli    disse    1'ostessa,   la    quale 
aveva  ravvisato    nel   piglio  di  quel    nuovo    cliente  de'  Tre 
Ladroni  un  francese    od  un    giacobino ;   ch6  in  quel  tempo 
all'orecchio  del  popolo  romano  i  due  nomi  godevano  di  per- 
fetta,  sebbene  non  giustificata  siuonimia. 

Era  costei  una  donna  sulla  quarantina,  di  belle  e  robu- 
ste  forme,  come  se  ne  scorgono  qua  e  cola  nella  massa  del 
popolo  romano.  Non  guari  alta,  assai  atticciata  della  per- 
sona, le  linee  del  volto  presentavano  un  ovale  cosl  roton- 
damente  profilato  e  armonioso,  che  al  Cacault  sembrava  di 
vedere  la  testa  della  Fornarina  alquanto  piu  pingue. 

—  Siete  proprio  romana  di  Roma,  le  disse  il  Cacault  ? 

-  Si,  Signore,  sono  nata  in  Roma,  battezznta  in  S.  Mar- 
cello,  educata  alle  Vergini  e  dalle  monache  benedettine,  ri- 
spose    1'ostessa,  stappando  la    bottiglia  e  ponendoglieia   ac- 
canto  ad  un  bel  calice.   Quindi  si  ritiro  in  un  canto   a   se- 
dere,  lasciando  il  Cacault  intento    al   bicchiere    ed   a'  suoi 
pensieri. 

Egii,  che  era  amatore  delle  arti  belle,  cosi  tra  un  sorso  e 
1'altro  gittava  come  di  straforo  un'occhiata  sopra  1'ostessa, 
e  andava  pensando  al  tipo  di  quelle  antiche  donne  romane, 
che  avevano  generato  i  conquistatori  del  mondo ;  tipo  che 
gli  artisti  dell'  Accademia  di  Francia  gli  dicevano  essere 
ora  scomparso  affatto,  e  che  a  lui  pur  sembrava  di  ravvi- 
sare  in  quella  donna,  che  stavagli  li  presente  in  carne 
ed  in  ossa. 

Mentre  agitava  tali  pensieri  di  confronto  estetico  nella 
sua  mente,  ode  il  rumore  del  passo  di  una  persona  che 
entra,  gli  si  accosta  familiarmente,  e  prima  eziandio  di  la- 
sciargli  tempo  di  ravvedersi,  mettendogli  la  mano  sulla 
spalla : 


438  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

-  Bonjour,  Monsieur  Cacault,  gli  dice  subito  amichevol- 
mente. 

-Oh!  cittadino  d'Agincourt,  risponde  il  ministro    della 
repubblica  francese. 

Voi  qui,  a  quest'ora...? 

—  E  voi  qui,  all'osteria  de'  Tre  Ladroni...? 

E  subito  uno  stringersi  le  mani,  ed  un  ridere  eordialis- 
simo  di  tutti  e  due. 

—  Signora,  un  altro  bicchiere  ed  un'altra  bottiglia,  disse 
il  Cacault  rivolto  all'  ostessa.  Poi  fattosi   verso  T  amico  gli 
soggiunse : 

—  Sapete,  cittadino... 

—  Che  cittadino,   che    cittadino !    Mandatemi    al   diavolo 
coteste    fanfanate    giacobinesche.  lo  sono   il  signor   d'Agin- 
court, uomo  prima  che  signore,  cristiano  dopo  uomo,  francese 
insieme  che  uomo  e  cristiano  e  signore,  ed  ora  cittadino  di 
Roma,  merc6  la  liberta  e  T  eguaglianza,  spacciate  dai  vostri 
cittadini  della  citta  di  Dite! 

—  Eh!  che  ci  volete   fare?  Sono   ipocrisie  da  mandarle 
tutte  a  tutti  i  diavoli,  di  cui  credo  che  proprio  tutte  le  le- 
gioni  si  siano  trasportate  dair  inferno  nella  nostra  patria.  Ma 
se  non  si  da  quel  nome,  si  passa  per  nemici,  per  chouam, 
per  reazionarii...  Uff !  lasciamo  queste  diavolerie,  che  vorrei 
veder  finite  come  voi.  Sapete  a  che  cosa    stavo   pensando? 
Mi  siete  proprio  capitato  in  buon  punto. 

-  Ma,  prima  di  ogni  altra  cosa,  perch6  voi  qui  nell'oste- 
ria  de'   Tre  Ladroni?  Vi  confesso,    che  discendendo  quinci 
per  andare  a  contemplare  a  mio  agio  il  vostro  bel  quadro, 
non  mi  sarei  mai  aspettato  d'  imbattermi  in  voi  nell'osteria 
ne  nella  via  de'  Tre  Ladroni! 

—  E  cosa  semplicissima,  mio  caro.  Son  sicuro,  che  era- 
vate  presente  aH'inalzamento  dello  stemma  della  repubblica, 
n'  e  vero  ? 

—  Verissimo,  sebbene  da  lontano.  Or  appunto  tra  il  sirn- 
bolo  che  avete  inalzato  e  la  vostra  presenza  nell'osteria  dei 
Tre  Ladroni,  io  trovo  che  la  deduzione,  prescindendo  dal- 


xx.  NELL'OSTERIA  DEI  TRE  LADRONI  439 

1'aggettivo  numerale  che  andrebbe  centuplicato,  non  puo  es- 
sere  ne  piu  vera  ne  piii  lepida... 

-  Ora  bene,  ancorch6  1'abbia  io  cornandato  per   tempo, 
pure  temo  di  qualche  subbugiio  nel  popolo,  il  quale  voi  sa- 
pete  che  ci  vuole  il  bene  della  morte.  Vi  ricordate  di  Basse- 
ville...?  Voi  eravate  in  Roma;  e  non  vorrei  il  bis  in  idem. 
Questi  nostri  artisti  .dell'accademia  hanno   nelle  vene  tanto 
sangue  giacobino,  e  nelle  loro  teste  cosi  poco  senno,  che  mi 
fanno  temere  di  una  qualche  imprudenza.  E  voi  sapete  come 
e  quanto  sono  pronti  e  maneschi  questi  romani... 

—  II  male  non  ista  11...  I  romani  non  si  moveranno  se 
non  sieno  provocati  in  maniera  proprio  oltraggiosa;  ora  mas- 
simamente,  che  si  trovano  immersi  nella  miseria  per  il  pa- 
gamento  di  tanto  oro.  Vedete...,  da  un  mese  a  questa  parte 
non  ravviso  piu  il  popolo  di  prima:  non  veggo  un  assem- 
bramento,  non  odo  piu  il  suono  di  una  chitarra  o  la  voce 
allegra  di  una  f-mciulla...  Roma  sembra  divenuta  un  mor- 
torio... 

Qui  il  Cacault  tiro  dal  petto  un  sospiro  stentato,  e  poi 
soggiunse : 

-  Questo   stato   appunto   mi    fa   temere...    Ma   lasciamo 
questo  discorso...  Sapete  voi  a  che  cosa  stavo   io  pensando, 
inentre  la  vostra  presenza  mi  ha  sorpreso  insieme  ed  allie- 
tato?  Nel  vedere  il  volto  di  questa  donna  romana,  che  ora 
si  e  posta  qui  dietro  le  mie  spalle,  io   pensavo   alia   madre 
di  Mario.  Voi  che  studiate  Tarte  storicamente,  ditemi :  cre- 
dete  proprio  scomparso  del  tutto  I'antico  tipo  latino  ?  Guar- 
date  quella  testa,  osservate  quei  petto...  mi  sembra  proprio 
di  vedere  um  Griunone  in  sedia. 

XXI. 
L'antico  tipo  romano. 

II  d'Agincourt  osservo  attentamente,  e  rimase  colpito  egli 
pure.  La  donna  gli  stava  nell'angolo  dirimpetto ;  gravemente 
seduta  ed  appoggiata  alia  grande  spalliera,  le  cui  aste  late- 


440  IL  CAPORALE   TRASTEVERINO 

rail  finivano  in  porno;  con  la  testa  maestosamente  eretta,  il 
seno  rigonfio,  e  le  braccia  abbandonate  neglettamente,  pre- 
sentava  un'aria  di  tanta  soavita  maestosa,  che  al  d'Agin- 
court  ricorse  subito  alia  mente  il  virgiliano:  Et  vera...  pa- 
tuit  dea. 

Si  fece  quindi  a  dire  gravemente : 

—  Non  e  un  problema  di  facile  soluzione,  quello  che  ora 
mi  proponete.  Vi  entrano  tanti  elementi  incerti  e  tanto  di- 
sparati,  che  a  mio  parere  un  giudizio  sicuro  non  si  puo  dare. 
D'altra  parte,  caro  il  mio  Cacault,  io  vo  studiando  con   fa- 
tica  e  con  amore  i  tipi  antichi,  che  scorgo  viventi  tuttavia 
ne'  marmi  e  ne'  bronzi;  seppur  posso  dire  viventi,  giacche 
al  cavarli  di  sotterra  ne  abbiamo  trovati  il  Winckelmann  ed 

10  delle  centinaia,  ma  tutti  mezzo  morti.  A  chi  mancava  una 
gamba,  e  a  chi  un  braccio ;  chi  aveva  le  mani  senza  dita,  chi 
i  soli  moncherini,  chi  il  naso  rotto,  e  cosl  via.  In  quanto  poi 
alia  considerazione   de'  tipi  viventi  in  carne  ed  in  ossa,  io 
non  me  ne  occupo  ne  punto  ne  poco.    Lascio  questo  studio 
a  Marmont  ed  a'  suoi  ufficiali  di  compagnia,  che  ho  incon- 
trati  ne'  giorni  scorsi  sdonzellandosf  in  case  nobili  ed  in  trivii 
oscuri... 

-  Ma  per  1'appunto  essendo  voi  bene  inteso  del  tipo  an- 
tico,  vi  puo  riuscire  a  voi  con  una  sola  guardata  del   tipo 
vivente  di  fare  un  confronto. 

-  Ma  vi  torno  a  dire,  che  il  confronto  e  tra  tipi  dispa- 
rati.  Vi  posso  dare  una  spiegazione  cosi  in  barlume,  perch6 

11  ragguaglio    esigerebbe  un  volume  intiero.    I  piii   bei  tipi 
antichi,  che  noi  ammiriamo,    secondo    me    non   furono  tolti 
dal  vero;  la  maggior  parte  sono  figure  ideali.  Pigliamo  per 
esempio  T Apollo  musagete,  che  ora  voi  con  barbarie  superante 
quella  dei  Vandali  avrete  gia  incassato... 

—  E  ordine  del  direttorio... 

-  Direttorio,  che  e  diretto  dalle  furie  infernali... 

—  Eh!  le  belle  Eumenidi  occupano  la  piattaforma  di  tutti 
que'  celebri...  Ma  continuate,  e   lasciate   di   ripetermi   quel 
ritornello,  che  mi  da  nausea  quanta  ve  ne  da  a  voi :  ora  si 


xxi.  L'ANTICO  TIPO  ROMANO  441 

e  nel  ballo,  e  s'  ha  a  ballare  pogniamo   che  in   compagaia 
delle  formose  Erinni ! 

—  Pigliamo  dunque  r Apollo  musagete,  circondato  dal  coro 
delle  muse.  Aggiungete  la  divina  persona  delP Apollo  del  Bel- 
vedere; quella  incantevole  della   Cleopatra,  che  il  Visconti 
ha  riconosciuta  per  TArianna  dormiente;  quella  dell' Apollo 
della  lucertola,  quella  del  discobolo,  quella  del  lottatore  dallo 
strigile...  Sono  tutti  piu  o  meno  tipi  ideali,  format!  nella  mente 
dell'autore  da  element!  presi  alia  spicciolata  in  uomini  veri 
e  diversi,  ma  fusi  per  la  forza  assimilativa  del  potente  inge- 
gno  in  un  mosaico  intellettuale  cosi  unito,  che  ne  balzo  fuori 
rimmagine  ideata,  dopo  un  pazientissimo  e  lungo  sforzo  di 
parto. 

—  Che  dunque  que'  grand!  scultori  non  usavano  modelli 
vivi? 

—  Che  modelli!  riprese  sorridendo  il  d'Agincourt.  Fissa- 
tevi  un  poco  sul  volto  dell'ispirato  musagete,  che  per  me  e 
il  capo  piu  divino  dell'arte.  In  quella  testa  leggermente  sol- 
levata,  in  quello  sguardo  eretto  soavissimamente,  in  quella 
movenza  delle  braccia  che  stringono  la  lira,  in  quella  fronte 
per  nulla  increspata,  ed  in  quella  semplicissima  bocca...  aleg- 
gia  tanto  entusiasmo  di  arcano.  amore  e  di  sentimento  pro- 
fondo,  che  voi  non  lo  vedete  e  pure  c'e :  e  guai  a  quell'anima 
che  non  ve  lo  scorge,  sarebbe  quella  Tanima  di  un  giacobino... 

—  Andiamo  al  fatto. 

—  Que'  tipi  dunque  non   possono   servire  di  termine   di 
paragone,  perche  non  furono  mai  yivi.  La  questione  pertanto 
si  dovrebbe  sciogliere  storicamente. 

—  E  cosl  mi  pare  anche  a  me ;  dite  dunque  che  ne  pen- 
sate  voi  storicamente? 

—  Distinguiamo  innanzi  tratto  nelPantico  popolo  di  Roma 
1'aristocrazia,  che  era  relativamente  poca,  e  la  grande  massa 
del  popolo  che  comprendeva  la  plebe,  i  liberti,  e  i  signorotti 
delle  province,  che  ebbero  acquistato  la  cittadinanza  romana. 
Dopo  la  traslazione  dell'impero  a  Bisanzio,  dopo  le  invasion! 
de'  barbari  dal  quinto  al  settimo  secolo,  io  credo  che  di  san- 


442  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

gue  romano  aristocratico  antico   non   si  sia  conservata  una 
sola  goccia. 

—  E  la  nobiltk  presente? 

-  E  tutta  una  nuova  generazione,  forrnatasi  a  poco  a  poco 
sopra  ed  intorno  alia  grande  mole  delPopera  di  Carlomagno. 
Ma  in  quest!  duchi,  marchesi,  conti,  baroni,  alcuni  de'  quali 
spingono  le  radici  nobiliarie  sino  a'  ceppi  de'  Marcelli,  de'  Ce- 
cilii,  de'  Fabii...  il  rintracciare  un  qualche  filo  di  sangue  ro- 
mano, anche  per  sal  to   atavico,  e  uaa  vera  pazzia.    Questa 
nobilta  e  tutta  nuova  ed  avveniticcia,  ed  e  nella  sua  prima 
origine  il  risultato  di  un.  incrociamento  d'infiniti  sangui,  un 
misto  di  latino  popolare,  di  greco,  di  teutonico,  di  saracino. 
Una  volta  pero  formatasi,  si  conserve  mirabilmente  ne'  forti- 
lizii  de;  suoi  castelli,  e  ne'  tradizionali   blasoni,    non    mai  o 
raramente  intaccati  da  altro  sangue  che  non  fosse  generoso... 

—  Ma  nel  popolo  romano  voi  ravvisate  dunque  conserva- 
tosi  qualche  poco  di  antico  sangue  latino? 

—  Cio  io  credo,  ed  e  mio  intimo  convincimento.  Da  varii 
anni  ho  studiato  e  conosco  Roma  e  i  popoli  de'  paesi  circo- 
stanti ;  e  li  ho  osservati  da  vicino,  specialmente  in  riguardo 
ai  tipi  svariati  che  presentano  alia  considerazione  dell'uomo 
dell'arte.  Dico  tipi  svariati,  per  che  il  giudizio  che  s'ha  a  fare 
sulla  popolazione  di  Roma,  com '6  oggi,  6  di  verso  da  quello 
che  devesi  portare  sulle  popolazioni  de'  paesi  laziali,  che  le 
fanno  corona. 

-Non  mi  capacito  bene... 

-  Mi  spieghero :  La  massa  delle  generazioni  del  popolo 
romano  mi  si  presenta  sotto  1'aspetto  di  un  grande  serbatoio 
di  acque,  nel  quale  non  entrava  in  principio  se  non  la  polla 
di  una  sola  fonte.  Coll'andare  de'  tempi,  1'acqua  del  canale 
assottigliandosi  sempre,  altre  scaturigini  vi  s'  infiltrarono  per 
varie  altre  vie ;  le  quali  vi  dominarono   poi  per  la  massima 
parte,  ma  non  poterono  distruggere  1' antico  umore  primitivo. 
Questo  si  ridusse  a  un  filo,  e  se  volete  ad  uno  stillicidio,  ma 
sempre  vi  perduro. 

—  Ho  capito,  riprese  Cacault  E  pure  mia  opinione.  Veggo 


xxi.  L'ANTICO  TIPO  ROMANO  443 

infatti  nelle  figure  romane,  come  una  moltitudine  di  efflgie 
fluttuanti,  incerte,  varie  pero ;  e  nel  loro  mezzo  ravviso  pure 
un  tipo,  che  si  distingue,  e  per  esprimermi  cosl,  galleggia 
tuttavia.  E  questo  tipo,  quando  lo  paragono  colle  immagini 
che  scorgo  rilevate  in  medaglie,  in  camei,  in  intagli,  in  ana- 
glifi  di  sarcofaghi  o  di  archi,  questo  tipo  io  lo  raffiguro  sot- 
tosopra  somigliante,  per  non  dire  identico,  in  tutte  le  sue 
parvenze. 

-  Cosi  e  per   1'appunto.  Avete    espresso    esattamente  il 
mio  pensiero.  Vedete  il  tipo  di  questa  nostra  ostessa;  osser- 
vatelo  bene,  io  lo   riscontro  in    molte  statue    che   vi  potrei 
denominare,  e  che  voi  stesso  potreste  verificare  nella   villa 

Albani. 

• 

-  Disgraziatamente  le  porte  di  quella  villa   sono  chiuse 
a  me,  osserv6  il  Cacault  come  ridendo.  Pure  come  vi   dissi 
in  principle,  il   tipo  di    questa  donna    mi  rammenta    quello 
delle  antiche  matrone  di  Roma.  Ma  veniamo  all'altro  punto 
che  m' inter  essa.  Scorgete  voi  quella  differenza  che  tanto  e 
decantata  da'  viaggiatori  forestieri,  tra  la  gente  trasteverina 
e  quella  della  citta? 

—  Oh  per  me  la  credo  una  vera  esagerazione,  per  non 
dire  una  falsita  pretta.  Di  que'  tipi  trasteverini  tanto  van- 
tati  per  bellezza,  io  ne  incontro  ugualmente  nella  popola- 
zione  di  qua  dal  flume.  La  dissomiglianza  credo  che  consi- 
sta  nel  morale,  anzich6  nelle  fattezze  fisiche ;  e  cio  attribuisco 
all'isolamento  in  cui  si  vive  nell'altra  parte  del  rione  della 
Regola,  a  diversita  quindi  di  costumanze,  e  torse  a  quella 
deH'indole.  — 

II  Cacault  non  parve  convinto  di  cio.  Si  port6  la  mano 
nella  poca  barba  del  mento,  dandole  una  tiratina,  si  rivolse 
indietro  a  gittare  alia  sbadata  una  occhiata  sopra  Tostessa 
che  si  manteneva  imperterrita  nella  sua  sedia ;  e  dopo  bevuto 
un  bicchiere,  soggiunse: -- E  nelle  popolazioni  circostanti, 
qual  sarebbe  il  vostro  giudizio? 

-  Quando,  signor  mio  Cacault,  un  qualche  ozio  artistico 
vi  sottragga  a'  gravi  affari  che  esigono  la  vostra  presenza 


444  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

nell'osteria  de'Tre  Ladroni,  e  voi  recatevi  allora  sulle  altezze 
de'  monti  Albani  e  quindi  sulla  catena  de;  Volsci  o  Lepini, 
d'onde  scaturiscono  i  fiumicelli  dell'Astura,  della  Teppia, 
e  degii  altri  rigagnoli  le  cui  acque  raccolte  nel  Sisto  s'im- 
paludano  nel  lungo  tratto  della  via  Appia,  che  da  Cisterna 
si  distende  sino  a  Terracina.  Ne'  paesi  che  lungo  le  pendici 
occidental!  di  quelle  giogaie  si  veggono  collocati  come  tanti 
nidi  di  aquile,  in  Rocca  di  Papa,  Genzano,  Cori,  Sermo- 
neta,  Piperno,  voi  ammirerete  una  razza  d'uomini  speciale. 
Persona  alta,  membra  complesse  e  vigorose,  grandi  occhi 
neri,  naso  profilato  con  .  leggerissima  inarcatura  aquilina, 
veri  tipi  di  Apollo  e  di  Bacco  barbato:  voi  avete  qui  la 
primitiva  razza  de'  Latini  e  de'  Volsci,  perfettarnente  spic- 
cata  e  distinta. 

Recatevi  poscia  dall'altra  parte  del  versante,  e  valicato 
il  Sacco,  fatevi  a  salire  lungo  le  vette  de'  monti  Ernici,  e 
ad  osservare  in  Alatri  e  Veroli  e  Ferentino  ed  Anagni  quella 
generazione  di  uomini,  che  per  dirvela  con  Virgilio  «  ro- 
scida  rivis  Hernica  saxa  colunt  ».  E  un'altra  razza  dalla 
corporatura  piii  piccola  ma  piu  quadrata  e  robusta;  hanno 
tratti  regolari,  e  le  loro  teste  sarebbero  veramente  belle,  se 
un  non  so  che  di  rubesto,  che  si  riverbera  dall'arco  ristretto 
de'  neri  sopraccigli,  e  dalle  pelli  caprine  onde  sono  coperti, 
non  desse  loro  un'aria  quasi  selvatica. 

Vi  spingerete  poscia  piu  a  settentrione,  dando  una  corsa 
su  i  monti  della  Sabina.  E  vi  ravviserete  quella  gente,  che 
«  laudes  ore  ferebant  »,  ossia  che  a  dire  di  Silio  Italico 
portano  nel  volto  il  vanto  di  bellezza.  Hanno  statura  piut- 
tosto  bassa,  ma  i  tratti  del  volto  sono  di  un  profilo  come  a 
dire  geometrico ;  e  gli  occhi  neri  e  la  capellatura  inanel- 
lata  danno  a  questa  gente  uno  stampo  speciale,  conser- 
vato  e  distinto. 

Torcendo  quindi  sulla  riva  destra  del  Tevere,  e  passeggiando 
per  le  pendici  settentrionali  del  monte  Cimino,  trascorrete  sino 
alle  terre  di  Corneto,  bagnate  dalla  Marta.  E  voi  ravviserete 
in  quelle  popolazioni  uno  de'  tipi  piu  belli,  ch'  io  abbia  rnai 


xxi.  L'ANTICO  TIPO  ROMANO  445 

incontrato ;  persona  alta  con  elegantissime  forme  e  con  tale 
\ma  soavita  di  fisionomia,  che  fa  pensare  alle  antiche  forme 
della  nobile  Etruria,  dalla  quale  «  rerum  facta  est  pulcher- 
rima  Roma  »,  ne  uscl  Roma,  la  piii  bella  di  tutte  le  cose. 
Quest!  quattro  tipi  si  conservano  nelle  loro  linee  parti- 
uolari,  visibili  tuttavia  nelle  altezze  montane  de'  paesi  de- 
scritti;  nelle  pianure,  o  nelle  sponde  del  Tevere  romano 
6  inutile  rintracciarle.  Furono  come  i  modelli,  di  essi,  le 
copie  si  dispersero  in  mezzo  al  turbinoso  scomparire  del 
mondo  romano,  e  ne'  suoi  rovinosi  sconvolgimenti  andarono 
perdute  e  sepolte.  Ho  detto  nelle  altezze... 

XXII. 
Dimostrazione  patriottica  in  piazza  Colonna. 

Non  aveva  ancora  il  cavaliere  d'Agincourt  terminato  le 
ultime  parole  della  sua  dissertazione  sull'antico  tipo  romano, 
che  gia  un  rumore  confuso  di  voci,  misto  all'acuto  sibilio 
di  lontane  fischiate  giunse  a  disturbare  1'aere  sereno  del- 
1'osteria  dei  Tre  Ladroni  ed  il  conversare  estetico  de'  due 
avventori. 

-  Ci  siamo !  disse  il  Cacault,  alzandosi  repentinamente 
come  una  molla  depressa.  Venite  con  me,  non  abbiate  paura. 

Si  muove  quindi,  butta  sul  banco  due  monete  d'argento; 
e  rivoltosi  alia  donna  dal  tipo  antico  romano :  —  Buon  giorno, 
cittadina  ostessa  — ,  disse  ed  aveva  gia  valicata  la  soglia. 

-  Accidenti,  Monsu  Caco,  rispose  quella,  senza  scomporsi 
dalla  sua  sedia. 

E  mentre  i  due  gia  erano  all'angolo  de'  Tre  Ladroni  sul 
Corso,  ella  mormorava  tra  se  :  —  Chi  sa  che  cosa  biastemavano 
que'  giacobini.  Sono  tutti  di  un  pelo.  E  mi  guardavano...  Ac- 
cidenti  a  loro...  Non  vorrei  per6,  che  incontrasse  male  a 
quell' altro,  che  parlava  di  polloni  e  di  bachi  (Apollon,  Bac- 
chus). Egli  ha  1'aria  di  quei  franzesi  de'  tempi  del  cardlnale 
di  Bernis,  baldi  e  spavaldi  quanto  si  vuole,  ma  buoni  e  ge- 


446  IL  CAPORALE  TRASTEYERINO 

nerosi  sempre,  e  che  andavano  a  messa.  Ma  quel  Monsii  Cacc» 
ha  nome  e  faccia  da  giacobino...  Ha  buttato  due  paoli  d'ar- 
gento...  E  gia!  sono  rubati  al  Papa...  Vi  possino  veni  tutti 
T accident!... !  — 

Ma  uno  spettacolo,  che  aveva  del  tragico  e  del  comico 
insieme,  si  paro  dinanzi  al  Cacault  e  all'Agincourt,  quando 
si  trovarono  dinanzi  alia  porta  di  S.  Marcello.  Una  gran 
frotta  di  gente  veniva  da  Piazza  Venezia  vociando  e  sbrac- 
ciandosi  all'impazzata,  ed  inalberando  una  bandiera  di  tre 
tele  a  tre  coloracci.  Si  coinponeva  di  gentuccia  del  popolo, 
gia  guadagnata  per  pochi  baiocchi  a  gridar  quello  che  si 
voleva  che  gridassero,  -  giovinastri  per  la  piu  parte ;  c'erano 
alcuni  impiegati  dell'Accademia  francese  e  di  ambasciate 
estere,  ed  i  reduci  dalle  patrie  galere  di  Civitavecchia  che 
si  chiamavano:  Francesco  Moretti,  Pancrazio  Ferrini,  Paolo 
Andreani,  Angelo  Petagna,  Matteo  e  Giuseppe  Rosa,  Fran- 
cesco Piacenti.  Di  cotali  element!  componevasi  il  gruppo 
principale  della  grande  dimostrazione,  che  esprimeva  il  voto 
universale  del  popolo  sovrano !  Ne  formava  la  retroguardia 
un  buon  numero  di  monelli,  con  qualche  ragazzaccia  vassalla. 

Nel  mezzo  di  questi  due  gruppi  si  agitavano  dissimulandosi 
non  pochi  giacobini,  e  questi  erano  veramente  pericolosi, 
come  quelli  che  non  erano  romani:  appartenevano  all'eser- 
cito  francese,  aH'accademia  di  belle  arti  francese,  od  avevano 
visto  la  prima  luce  in  Roma  da  sangue  francese.  Infatti  si 
scorgevano  in  mezzo  alle  file  i  pittori  Bouchard,  due  fratelli; 
i  due  fratelli  Blanchard,  librai ;  il  Wicar,  pittore  egli  pure ;. 
varii  uffiziali  francesi,  travestiti,  scorrevano  quinci  e  quindi 
lungo  le  file :  tutti  porta vano  sul  petto  o  sul  cappello  una 
fascetta  con  appiccicata  o  cucita  a  sopraggitto  la  nappa  dai 
tre  colori. 

Costoro  gia  da  varie  sere,  subillati  e  spinti  dagli  uffi- 
ziali francesi,  che  si  trovavano  in  Roma  per  visitare  i  mo- 
numenti  antichi,  si  erano  adunati  in  combriccole  secrete,  le 
quali  si  celebravano  nella  via  delle  Convertite,  in  casa  di 
una  certa  vedova  romana,  donna  di  cattiva  fama,  che  aveva 


XXII.  DIMOSTRAZIONE  PATRIOTTICA  IN  PIAZZA  COLONNA     447 

nome  di  Maria  Urbani.  Ivi  avevario  concertato  un  tentative 
di  rivoluzione  per  il  giorno,  in  cui  si  sarebbe  inalberato  lo 
stemma  della  repubblica  francese.  Dovevano  gl'  iniziati  tro- 
varsi  in  buon  numero  in  piazza,  Venezia,  per  ivi  formare 
il  nucleo  della  dimostrazione ;  questa  poi  nel  dirigersi  lungo  il 
Corso,  doveva  ingrossarsi  di  tutti  gli  altri  settarii,  i  quali 
appostati  alia  spicciolata  in  quasi  tutte  le  vie  che  tagliano 
il  Corso,  si  sarebbero  congiunti  con  altra  gente  da  loro  gua- 
dagnata  al  grosso  del  drappello  principale,  a  mano  a  mano 
che  s'inoltrerebbe  per  la  via. 

Tali  erano  le  intese.  E  veramente  il  momento  di  una  sol- 
levazione  popolare  in  Roma  era  propizio  in  su  quel  punto 
di  tempo,  perche  in  tutte  le  famiglie  romane  regnava  allora 
grande  scontentezza,  a  cagione  degli  editti  che  imponevano 
a  tutti  gravissime  contribuzioni  per  pagare  la  taglia  assas- 
sina  de'  milioni  di  Tolentinc.  \ 

Ma  i  settarii  giacobini  la  sgarrarono  di  molto,  con  cio  fosse 
che  quella  scontentezza  del  popolo  romano  non  era  altrinienti 
rivolta  contro  il  Papa,  si  bene  e  con  sordo  astio  ribolliva  con- 
tro  i  giacobini  stessi,  il  cui  nome  per  tutto  e  per  tutti  suo- 
nava  in  Roma  siccome  sinonimo  di  assassini  del  bosco. 

Laonde  da  parte  sua  la  polizia  pontificia,  vigilantissima 
di  que'  giorni,  ed  informata  per  filo  e  per  segno  di  ogni 
cosa  per  mezzo  di  guardie  dissimulate,  stava  sulle  intese, 
ed  aveva  spiegato  buone  reti  per  cogliere  tutti  que'  merli  e 
que'  galli  giacobini,  e  fame  una  buona  retata.  Monsignor  Con- 
salvi,  assessore  delle  armi  e  come  a  dire  governatore  di 
Roma,  aveva  preparato  il  colpo :  per  ogni  via  trasversale  al 
Oorso  dovevaao  appostarsi  alcune  persone,  pronte  a  fischiare 
i  rumoreggianti,  ed  a  menare  le  mani  se  occorresse,  nel 
muoversi  progressive  che  farebbe  la  processione  giacobinesca. 
Ad  accoglierla  poi  in  piazza,  Colonna  dispose  che  si  trovas- 
sero  pronti  nel  palazzo  di  Montecitorio  una  squadriglia  di 
birri,  ed  alcuni  artiglieri  con  qualche  piccolo  pezzo  di  can- 
none;  e  fece  impostare  dietro  il  palazzo  Piombino  una  cin- 
quantina  di  civici,  in  borghese  ma  armati,  i  quali  uscendo 


448  IL   CAPORALE   TRA8TEVERINO 

da'  due  lati  del  palazzo  dessero  la  caccia  a  que'  fieri  paladini 
di  Marte,  prevedendo  che  cotesti  bravi  alia  vista  de'  cannoni 
sarebbero  certamente  fuggiti,  come  tanti  mercurii  da'  piedi 
alati ! 

Di  tutto  cio  fu  avvisato  per  tempo  il  ministro  Cacault> 
il  quale,  ad  onore  del  vero,  non  si  oppose,  n6  poteva  fare 
altrimenti,  a  tutto  cio  che  il  governo  stesse  per  ordinare 
contro  i  disturbatori  dell'ordine  pubblico,  fossero  pure  fran- 
cesi  o  giacobini. 

Gia  la  turba  rumoreggiante  procedeva  sfilando  incom- 
posta  lungo  la  via  dinanzi  a  S.  Marcello,  e  da  una  parte  e 
dall'  altra  de'  viottoli  circostanti  uscivano  nuovi  socii,  che 
ne  ingrossavano  le  file.  Vedevasi  nel  mezzo  della  prima  fila> 
siccome  duce  e  gonfaloniere,  un  tal  Camillone,  vero  bada- 
lone  dall'alta  statura  e  dalle  spalle  larghe,  il  quale  eserci- 
tava  il  mestiere  di  cucinatore  di  rimasugli  ad  uso  e  con- 
sumo  della  feccia  del  popolo  trasteverino. 

Costui  portava  in  mano  la  bandiera  tricolore,  e  la  squas- 
sava  di  tanto  in  tanto  ad  ogni  incontro  di  nuovo  palazzo ; 
e  ad  mtervalli  misurati  levando  nella  mano  sinistra  il  cap- 
pello  logoro,  ma  ornato  nella  fascia  dalla  nappa  tricolore, 
gridava  con  tutta  la  forza  delle  sue  canne  e  con  un  accenta 
francese  di  Trastevere :  Viv£  la  republicche  francese !  —  Era 
un  vocione,  che  avrebbe  vinto  il  corno  di  Rolando ! 

Agli  occhi  del  Cacault  e  dell'Agincourt  apparvero  quegli 
schiamazzatori,  con  quelle  loro  bocche  aperte  d'onde  si  vede- 
vano  i  denti,  con  gli  occhi  strabuzzi,  e  con  le  braccia  sea- 
gliate  in  aria,  apparvero  come  certe  figure  "che  si  veggono 
ne'  lunarii,  le  quali  nella  bocca  spalancata  tengono  un  pane* 

Tutti  e  due  a  quelle  vista  non  poterono  frenare  il  risot 
e  il  Cacault  dissimulava  male  lo  sdegno. 

Appena  per6  il  ministro  giacobino  ebbe  scorto  alcuni  uf- 
ficiali  dell'esercito  francese,  che  disonoravano  se  non  la  di- 
visa,  certamente  il  carattere  di  uomini  d'arme,  si  scagH6 
nel  mezzo  della  turba,  e  pieno  d'ira  li  rimprovero  con  acri 
parole,  comandando  loro  di  partirsi  immediatamente,  di  riu- 


XXII.  DIMOSTRAZIONE  PATRIOTTICA  IN  PIAZZA  COLONNA    449 

casare,  di  non  mettere  in  tutta  la  giornata  il  naso  fuori  di 
casa;  altrimenti,  ne  scriverebbe  al  generale  Buonaparte. 

Quelli  non  fecero  davvero  oreechio  di  mercante,  e  se  la 
spulezzarono  subito.  Rassicurato  su  quel  punto,  il  Cacault 
raggiunse  il  d'Agincourt,  col  quale  incamminatosi  di  conserva 
seguiva  la  turba  schiamazzatrice,  tenendosi  pcro  ad  una 
certa  distanza,  ed  andava  dicendo  airamico :  —  Aspettate,  e 
riderete  dell'altro.  —  Cui  il  d'Agincourt  rispondeva:  —  Cit- 
tadino  Cacault,  rispettate  il  popolo  sovrano! 

Ma  intanto  il  tumulto,  le  grida,  il  trambusto,  la  confu- 
sione  andavano  crescendo.  In  ogni  vicolo  risonavano  so- 
lenni  fischiate,  e  suon  di  man  con  elle  applicate  cosi  sono- 
ramente,  che  gli  appostati  nelle  vie  trasversali  accorrevano 
piu  in  fretta  che  non  avrebbero  voluto  ad  ingrossare  il  bat- 
taglione  rivoluzionario.  E  non  accorrevano  soli,  ma  in  com- 
pagnia  di  chi  agli  evviva  delle  prime  file  univa  li  fischii, 
zufolati  in  tanta  varieta  di  toni,  che  le  note  sibilate  scorre- 
vano  tutta  la  portata  del  doppio  diapason. 

Del  popolo  nessuno  si  moveva;  dalle  finestre  non  una 
voce,  non  un  motto;  da  tutte  le  parti  la  dimostrazione  era 
accolta  con  universale  disprezzo. 

Quando  furono  giunti  in  piazza  Colonna,  e  Camillone  fece 
atto  di  brandire  la  bandiera,  bociando  il  suo  «  evvive  la  re- 
pubbl...  »,  si  udi  lo  sparo  di  un  cannoncino,  che  stava  dissi- 
mulato  dietro  la  colonna  Antonina.  Allibi  Camillone  al  fra- 
casso  di  quel  rimbombo  pieno  di  spavento,  e  gli  si  tronco 
nella  gola  il  grido  incominciato. 

Allo  sparo  successe  il  rullo  del  tamburo  e  lo  squillo  di 
una  tromba.  E  subito,  come  a  un  segno  convenuto,  sbucando 
quinci  e  quindi  da  Montecitorio  e  dal  palazzo  della  dogana 
birri  e  civici,  si  cacciarono  in  mezzo  a  que'  gridatori,  e  i 
soldati  cominciarono  a  giocar  cosi  bene  colle  piattonate,  ed 
i  birri  cosi  lestamente  colle  manette,  che  in  poco  d'ora 
que'  fieri  figli  di  Bruto  furono  sgominati,  e  si  dissiparono 
come  pulcini  alia  vista  del  falco.  N6  piu  si  udirono  voci  di 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.  29          13  febbraio  1903. 


450  IL  CAPORALE   TRASTEVERINO 

evviva,  ma  solamente  le  note  sibilant!  delle  fischiate,  rimaste 
padrone  dell' aria! 

Allora  lo  spettacolo  diverme  veramente  lepido!  Alcum 
pochi  che  opposero  resistenza  furono  presi ;  ed  altri,  buttate  le 
nappe  e  perduti  i  cappelli  se  la  diedero  a  gambe.  Tra  questi, 
primo  di  tutti  vedevasi  Camillone.  che  senza  voce,  senza  ban- 
diera,  senza  cappello,  colle  vesti  a  brandelli  e  colle  spalle 
ammaccate,  dava  salti  come  un  bue  di  Pasqua,  gridando  a 
gran  voce :  -  -  Eh !  per  si  pochi  baiocchi,  tante  piattonate  ! 

I  due  lati  del  Corso   essendo  chiusi  da'  soldati,  i  fuggia- 
schi  furono    costretti  ad   infilare  la  doppia  via  del   palazzo 
Piombino,  e  per  siffatta  maniera  caddero  dalla  padella  nella 
bracia  :   i  civici  appostati,  che  cola  appunto  li  attendevano 
al  varco,  li  colsero  si  puo  dire  tutti,  e  la  retata  fu  piena  ! 

II  Cacault  a  quella  vista  si  sbellicava  dalle  risa,  ed  in- 
vitava  1'amico  alia  contemplazione,  ghiottissima  per  un  gia- 
cobino  del  suo  pelo,  di  quella  comica  scena;  ma  il  d'Agincourt 
che  voleva  dargli  la  soia,  gli  ripeteva  ad  ogni  poco :  —  Cit- 
tadino  Cacault,  rispettate  il  popolo,  sovrano ! 

Ed  il  Cacault,  sebbene  un  po'  indispettito  di  quell'  ironia 
rideva  tuttavia  in  maniera  riflessa,  pensando  in  cuor  suo : 
-  I  milioni  del  Papa  sono  assicurati  alia  repubblica.  Que'  ci- 
trulli  tornino  pure  a  Civitavecchia  !  — 

In  quella  fu  udito  tale  un  rimboinho  nell'aria,  che  ne 
furono  scosse  le  case  e  rotti  i  cristalli:  tutti  i  circostanti 
impalliditi  fuggirono,  al  Cacault  mori  il  riso  sulle  labbra,  e 
sul  suo  volto  di  giacobino  si  stese  un  velo  di  paura! 


KIVISTA  BELLA  STAMPA 


Sui  MARTIRI  DE'  PRIMI  SBCOLI. 
RECENTI  PUBBLICAZIONI  DI  Pio  FRANCHI  DE'  CAVALIERI 

Tra  le  pubblicazioni  critiche  degli  Atti  del  Martiri  si  vanno 
sempre  pm  segnalando  quelle  messe  in  luce  di  mano  in  mano 
dall'egregio  Pio  Franchi  dei  Cavalieri,  scrittore  della  Biblioteca 
Taticana1.  A  proposito  della  sua  opera  sui  martini  dei  SS.  Teo- 
doto,  Ariadne,  ed  Eleuterio  2,  il  celebre  prof.  Harnack  cosi  scrive  3 : 
«  Essa  da  prova  della  scienza,  della  circospezione  e  della  critica, 
che  noi  apprezziamo  nel  signor  Franchi.  Continuando  egli  a  trat- 
tare  in  questo  modo  i  piii  important!  martirii,  si  acquistera  nella 
maniera  piii  legittima  un  monopolio  per  tale  genere  di  scritture; 
perocche  chi  avra  il  coraggio  di  competere  con  lui?  »  E  veramente 
il  ch.  Franchi  dimostra  in  tutti  questi  suoi  scritti  una  conoscenza 
cosi  estesa  della  letteratura  corrispondente,  una  solerzia  cosl  attenta 
nei  raffronti  e  parallelism!  con  gli  altri  Atti  dei  Martiri,  con  gli 
scritti  dei  classici,  con  la  storia  civile  dei  tempi  onde  tratta,  una 
penetrazione  si  acuta  nella  critica  dei  testi  e  specialmente  nel  de- 
terminare  o  suggerire  la  lezione  pm  logica,  anche  la  dove  sommi 
uomini  si  perdettero,  e  sempre  poi  una  tale  chiarezza  di  esposi- 
zione  nelle  stesse  discussion!  piu  intricate,  che  davvero  torna  dif- 
ficile trovare  in  altri  riunite  qualita  si  belle.  S'aggiunga  quel  sen- 
timento  di  vera  e  soda  pieta  cristiana,  che  spira  sempre  da  ogni 
sua  pagina,  che  lo  induce  a  trattare  con  sommo  riguardo  il  sopran- 
naturale,  cosi  frequente  in  quegli  ingenui  racconti,  e  che  lascia  nel 

1  S'e  gia  parlato  di  altri  suoi  lavori  in  queste  nostre  rassegne  di 
letteratura  cristiana  antica.  Cfr.  Civ.  Catt.  XVIII,  4  (1901),  p.  337-339. 

?  Pio  FRANCHI  DE'  CAVALIERI,  scrittore  onorario  della  Biblioteca  Va- 
ticana.  J  Martirii  di  8.  Teodoio  e  di  S.  Ariadne  con  un'appendice  sui 
testo  originate  del  Martirio  di  S.  Eleuterio  (Studi  e  Testi,  pubbl.  vat. 
n.  6).  Roma,  tip.  Vat.  1901,  8.°  gr.  184  con  una  tav.  in  fototip.  L.  8. 

3  Theol.  Litteraturzeitung,  1902,  n.  12,  358-361. 


452  RIVISTA 

lettore  la  persuasione  quanto  sian  giuste  le  ragioni,  che  talvolta  lo 
inducono  a  rifiutare  questa  o  quella  leggenda,  od  almeno  a  spie- 
garla  in  rnaniera  piu  accettevole.  Tanto  non  garba  al  prof.  Har- 
nack,  il  quale  gli  appunta  di  essere  state  in  questo  troppo  riser- 
vato.  Ma  altro  e  il  criterio  di  chi  nella  storia  non  ammette  il 
soprannaturale,  altro  di  chi  lo  riconosce  ed  insieme  lo  giudica  alia 
stregua  di  una  critica  giusta  e  spassionata.  Che  poi  uo  cattolico,  e 
diciamo  anche  un  italiano  e  romano,  giunga  in  questa  parte  degli 
studii  agiografici  a  tenere  in  rispetto  gli  scienziati  razionalisti  e  stra- 
nieri,  e  cosa  molto  onorifica  pel  nostro  giovane  Autore  e  con  lui 
ce  ne  congratuliamo  vivamente. 

1.  Sovramodo  attraente  e  di  gran  valore  per  la  storia  e,  sotto  ogni 
rispetto,  il  martirio  di  S.  Teodoto,  sul  quale  eziandio  il  Franchi  si 
estende  a  lungo  e  con  amore  particolare  nella  prima  pubblicazione 
che  qui  esarniniamo. 

S.  Teodoto,  tavernaio  di  Ancira,  era  1'anima  di  quella  cristia- 
nita  gia  fiorente.  Xon  per  bisogno  che  ne  avesse,  ma  per  meglio 
aiutare  i  fedeli  teneva  aperta  la  sua  osteria.  Durante  la  persecu- 
zione,  raentre  le  case  dei  cristiani  erano  saccheggiate  e  chiusi  gli 
oratorii  e  presso  che  tutti  fuggivano  alia  campagna  e  nelle  spe-. 
lonche  per  salvare  la  vita,  1'osteria  di 'Teodoto  divenne  il  rifugio 
comune,  «  1'arca  di  Nod  » ,  dove  sotto  colore  di  albergarvi  o  di 
prender  cibo  e  bevanda  radunavansi  i  fedeli,  anche  per  la  celebra- 
zione  dei  sacri  misteri,  e  da  Teodoto  ricevevano  consiglio  e  con- 
forto.  Ma  il  pio  oste  trafug6  i  corpi  di  sette  vergini,  raorte  per  la 
fede;  fa  tradito  e  preso,  e  dopo  avere  costantemente  sostenuto  tor- 
menti  orribili,  ebbe  spiccato  il  capo.  Nel  racconto  s' innesta  1'idil- 
lico  episodic  di  Malos,  villaggio  alpestre  nelle  vicinanze  di  Ancira, 
dove  Teodoto  s'era  recato,  dopo  aver  dato  sepoltura  ad  un  martire, 
ucciso  a  Medicones,  aitro  villaggio  delle  vicinanze.  Cola  egli  incontra 
alcuni  cristiani,  che  aveva  gia  messo  in  salvo  dalla  persecuzione, 
e  fa  conoscenza  col  presbitero  del  luogo,  Frontone,  a  cui  promette 
il  corpo  di  un  martire,  sotto  condizione  che  gli  venga  quivi  eretto 
un  martirio  (oratorio)  in  un  boschetto  anienissimo,  da  Teodoto  de- 
signato.  Ed  il  martire  fu  poi  egli  stesso.  Frontone,  con  astuto  in- 
gegno,  ando  a  rubarne  il  corpo  la  notte  del  suo  glorioso  passaggio 
e  lo  depose  riverentemente  nel  luogo  indicate. 

La  persecuzione  onde  qui  si  parla  ed  il  martirio  di  S.  Teodoto 
sono  da  riferirsi  ai  primi  tempi  di  Diocleziano,  come  Pio  Franchi 
deduce  da  parecchi  indizii  e  particolarmente  dal  ricordo  degli  editti 


BELLA   STAMP  A  453 

imperial!,  che  assai  bene  rispondono  a  quelli  pubblicati  da  Diocle- 
ssiano.  Lo  scrittore  e  un  certo  Nilo,  contemporaneo  del  Santo,  anzi 
•suo  compagno  di  prigionia,  non  pero  testimonio  oculare  di  tutto 
€16  che  narra.  Ma  e  veridico,  come  si  scorge  da  tutto  il  carattere 
della  narrazione  ed  in  ispecie  da  quei  tanti  ragguagli  particolari, 
che  non  s?  inventano,  ma  si  veggono  coi  proprii  occhi  o  si  raccol- 
gono  dalla  bocca  di  testimonii  sicuri.  Anche  i  fatti  prodigiosi  ap- 
paiono  introdotti  nel  racconto  piuttosto  come  un  abbellimento,  che 
non  come  sua  parte  integrante.  Mlo  scrisse  in  un  tempo  notevol- 
mente  posteriore  ai  fatti,  e  quindi  ben  si  spiega  come  la  %ntasia 
popolare  abbia  potuto  mettere  qualche  frangia  sul  fondo  della  nar- 
razione, che  pur  e  genuine. 

II  martirio  di  S.  Teodoto,  quanto  al  testo  greco  originale,  era 
•stato  pubblicato  dai  Bollandisti  (4  maggio)  sul  codice  Vat.  655  del 
sec.  XVI,  in  edizione  «  tipograficamente  non  bella,  criticamente 
scorrettissima  »  (p.  10);  ma  per  lo  piu  leggevasi  nellatraduzione, 
anch'essa  scorretta  del  Papebroch,  ristampata  dal  Ruinart.  Per  la 
qual  cosa  neppure  fu  avvertito  finora,  come  si  conveniva,  il  valore 
storico  di  questi  Atti,  tanto  che  parecchi  eruditi  li  trascurarono 
affatto  nelle  loro  liste  o  raccolte  l.  Ma  il  Franchi  li  rimette  ora 
nel  debito  onore,  dando  un'  edizione  critica  del  testo  sul  codice 
Vat.  1667  del  sec.  X,  e  facendo  toccar  con  mano  i  molti  e  talvolta 
^assai  gravi  abbagli  della  versione  latina  finora  in  corso  2. 

2.  Del  martirio  di  S.  Ariadne  non  si  avevano  se  non  magri  com- 
pendii  nei  Meuei  greci,  e  non  si  conosceva,  se  non  una  versione 
o  meglio  parafrasi  latina,  edita  dal  Baluze  sotto  il  nome  di  Passio 
s.  Mariae  ancillae  e  ripubblicata  col  sussidio  di  molti  altri  codici 
dal  p.  van  Hooff  nel  tomo  primo  di  novembre  degli  Ada  Sanctorum. 
II  testo  greco  originale,  disgraziatamente  mutilo  in  una  delle  sue 
parti  piu  importanti,  fu  scoperto  dal  dott.  G.  Mercati  in  un  palin- 

1  Vedi  p.  10,  nota  4.  Furono  cosi  trascurati  dall'  Harnack  (per  omis- 
sione  del  Preuschen),  dal  Kriiger,  dal  Batiffol ;   e  piu   anticamente  dal 
Lequien,  dal  Robiou,  come   pure  dal  Gorres  nel  suo  articolo  Christen- 
verfolgungen,  inserito  nel  lessico  del  Kraus. 

2  Ad  esempio,  il  Papebroch   fa  del  presbitero  Frontone  un  fabbri- 
•cante  di  vino,  mentre  il  testo  dice  solamente  che  il  villaggio  di  Malos 
produce  ottimo  vino  (p.  21).  Per    1'esegesi    scritturale  nella    letteratura 
-cristiana  antica,  e  notabile  quel  che  dice  Teodoto  della  morte  di  Giuda, 
«eguendo  un'opinione  attribuita  a  Papia  (Vedi  FUNK,  Patres  Apostolici, 
•«d.  cit.  p.  361).  L'agiografo  fu  qui   «  mal  compreso,  o  non  voluto  com- 
prendere  dall1  interprete  »   (p.  33). 


454  RIVISTA 

sesto  della  Vaticana  e  dal  medesimo  comunicato  al  Eranchi,  perche 
ne  facesse  la  pubblicazione  e  lo  illustrasse. 

La  giovane  Ariadne,  schiava  di  Tertullo  pagano,  non  avendo 
voluto  rompere  il  digiuno  nel  di  natalizio  del  figliuolo  di  lui,  e 
fatta  flagellare  e  rinchiudere  nel  carcere  dornestico.  Dopo  un  bmon 
mese  alcune  spie,  venute  a  sapere  del  fatto,  riferiscono  al  preside 
Gordio,  che  Tertullo  nonostante  il  divieto  della  legge  nasconde  in 
casa  una  cristiana.  Egli  e  quindi  citato  in  giudizio.  Seuonche  viene 
poi  prosciolto  da  ogni  accusa,  per  Fottima  difesa  fattane  da  un  av- 
vocato  suo  parente  e  pe'  suoi  meriti  illustri.  Ariadne  e  trascinata 
anch'essa  innanzi  al  preside,  e  perche  rimane  ferma  nella  sua  fede 
e  non  vuole  sacrificare,  vien  condannata  alia  tortura.  11  popolo 
allora,  rnosso  a  compassione  di  lei,  si  leva  a  tumulto  e  nega  al 
giudice  la  potesta  di  torturarla.  Questi  difatto,  rabbonitosi,  le  con- 
cede tre  giorni  di  tempo  a  riflettere  sui  casi  suoi,  lasciandola  a- 
piede  libero  e  sotto  semplice  vigilanza  delle  custodie.  Or  essa,  colto 
il  buon  punto,  fugge  alia  montagna.  «  Inseguita  e  gia  vicina  ad 
esser  raggiunta,  domanda  a  Dio  —  con  una  preghiera  non  dissimile- 
dalla  commendatio  animae  —  che  la  liberi  dai  suoi  persecutor!. 
Detto  fatto :  una  roccia  apre  il  suo  seno,  a  guisa  di  amorosa  nutrice- 
(6aTC3p  Ti07jv6g),  e  non  si  tosto  Ariadne  vi  si  e  lanciata  dentro,  si 
richiude  saldamente,  lasciando  le  guardie  deluse  e  sbalordite  »  (p.  94).. 
Come  poi  morisse,  non  si  sa. 

II  miracolo  della  rupe  e  preso  evidentemente  da  altre  leggende, 
dagli  apocrifi  di  S.  Tecla,  ispirati  alia  lor  volta  dalla  favola  di  Dafne. 
Anche  parecchi  altri  ragguagli  appaiono  aggiunte  e  rimaneggia- 
rnenti,  posteriori  al  primitivo  racconto.  Pero  il  processo  di  Tertullo 
ha  tutti  i  caratteri  di  documento  storico,  ed  e  «  uno,  forse,  del 
piu  preziosi  documenti  che  ci  siano  pervenuti  sulla  storia  delle 
persecuzioni  dei  primi  secoli  »  l.  II  Franchi  dopo  aver  data  1'edi- 
zione  di  tutto  il  martirio  nel  n.  6  degli  Studi  e  Testi  ripubblicor 
nel  n.  8  dei  medesimi  2  con  revisione  piu  diligente  ancora  la  parte 
che  riguarda  il  processo  di  Tertullo  e  V  interrogatorio  di  Ariadne, 
aggiungendo  1'antica  versione  latina  e  servendosi  dell'antico  testo 
siriaco  del  medesimo  martirio  per  quel  tratto  che  manca  nell'originale 


1  P.  6  dell'opera  citata  nella  seg'uente  nota. 

*  Note  agiografiche.  I.  Ancora  del  Martirio  di  S'.  Ariadne.  II.  Gil 
Atti  di  S.  GiiMno  (Studi  e  Testi  ecc.  n.  8).  Roma,  tip.  Vat.  1902? 
8«  gr.  36  p.  L.  2,  50. 


DELLA   STAMP  A  455 

rgreco.  Cosi  i  lettori  trovano  raccolte  in  poche  pagine  «  tutto  ci6 
•che  nel  martirio  di  Ariadne  vi  ha  non  privo  di  valore  storico  »  1. 

L'editto  degli  imperatori  Adriano  ed  Antonino,  inserito  negli 
Atti,  deve  dirsi  apocrifo,  non  solo  nel  titolo,  come  ammise  pure 
il  van  Hoff,  ma  anche  in  tutto  il  testo,  salvo  un  passo,  dove 
si  prescrive  la  morte  e  la  confisca  del  beni  ai  ricettatori  dei  cri- 
stiani.  Esso  veramente  presenta  tutfr  i  caratteri  della  genuinita,  ed  il 
Franchi  d'accordo  col  prof.  De  Sanctis  dell'Universita  di  Torino,  pro- 
pende  nel  ravvisarvi  una  vero  0eTov  OlaTicajxa  o  sacrum  praeceptum. 
Solamente  riniane  dubbio  a  qual  tempo  debbano  riferirsi  queste  parti 
genuine  del  martirio,  potendosi  ascrivere  ai  tempi  di  M.  Aurelio  e  di 
L.  Yero  nel  secolo  secondo,  e  potendosi  anche  rimettere  al  secolo 
terzo  od  ai  principii  del  quarto.  II  Franchi  inclina  piuttosto  pei 
tempi  piu  antichi. 

Da  tutto  questo  lavoro  ben  si  scorge  1'ottimo  officio,  reso  dalla 
critica  vera  e  sana,  che  non  e  gia  di  demolire  il  ben  costrutto, 
come  alcuni  di  leggeri  si  fanno  a  credere,  ma  di  conservare  e  raf- 
forzare  il  vero  ed  il  buono  e  riconquistare  alia  storia  ed  all'agio- 
grafia  quel  che  finora  si  era  trascurato  e  perfino  gittato  via  come 
leggenda  apocrifa.  Nel  caso  nostro  il  Ruinart  non  credette  bene  di 
accogiiere  il  martirio  di  S.  Ariadne,  neppure  sotto  il  nome  di  Maria 
ancella,  tra  gli  Ada  Marty  rum  sincerd. 

L'agiografo  greco  par  bene  sia  del  IY  o  Y  secolo  e  la  ver- 
sione  latina,  «  opera  di  un  retore  studiosissimo  della  clausola 
metrica  (-  u  -  -  u  -  ovvero  -  u  -  u),  »  come  ora  nota  il  Franchi, 
reca  seco  i  caratteri  dell'  antichita,  come  gia  disse  il  Baluze  8. 
'Certo  e,  a  mio  giudizio,  che  il  cosiddetto  cursus  vi  si  ravvisa  assai 
spiccato  e  quale  ai  tempi  del  suo  miglior  fiore  (Y  e  YI  secolo), 
soleva  adoperarsi  nei  documenti  ecclesiastici,  specie  liturgici.  II 
redattore  latino,  oltre  la  lingua,  possedeva  assai  bene  il  sistema 
della  prosa  ritmica  e  tra  le  sue  cadenze  si  leggono  alcune  di  sin- 
.golare  beHezza  e  tutte  proprie  di  questo  genere  letterario.  Yeg- 
gansi  le  parole  che  dice  il  giudice  alia  martire:  Si  ad  meliorem 
te  partem  verbis  meis  flexa  transtulerh,  habebis  et  remunerationis 
praemia  et  libertatis  insignia;  come  pure  la  protesta  di  Ariadne: 
Cum  ergo  nihil  sit  quod  a  Christo  separare  nos  debeat,  testor 
ilium  quern  diligo,  me  in  eius  timore  mansuram  et  in  eius  con- 
fessione  cruciatam  terrena  relinquere  et  ad  celestia  festinare,  dove 

1  L.  c.  p.  8. 

2  FRANCHI.  Note,  p.  8.  Cfr.  Acta  SS.  Nov.  I,  194. 


456  RIVISTA 

inoltre  in  quest' ultimo  parole  si  riconosce  un  aperto  accenno  a  pre- 
ghiere  liturgiehe  dei  piu  antichi  sacramentarii.  Parimente  e  molto* 
elegante  per  1'ottima  collocazione  degli  incisi  e  per  la  ripetuta  allite- 
razione  questo  periodo :  Nee  mora,  clamore  summo,  venia  virgini 
postulatur;  sed  crudelitas  iudicis  accelerari  tormenta  mandavit*. 
Le  regole  del  cursus,  quando  siano  osservate,  come  in  questa 
scrittura,  possono  servire  di  criterio  non  solo  per  meglio  determinare 
Teta  della  redazione,  ma  anche  per  correggere  il  testo.  II  Franchi 
ha  indicato  alcuni  passi,  che  per  ragione  del  ritmo  dovrebbero  esser 
corretti;  poteva  notarne  anche  altri.  Stando  al  testo  dato  dal  van 
Hooff  e  seguito  dal  Franchi,  Ariadne  dice :  Praedicta  nobis  sunt  ista 
quae  patimur  et  maiora  sunt  munera  quae  speramus  quam  dolores. 
La  giunta  quam  dolores  guasta  evidentemente  il  cursus  e  la  sen- 
tenza  deve  terminare  alle  parole  quae  speramus ;  difatto  i  migliori 
codici  non  hanno  quella  giunta  ed  il  Baluze  nel  suo  testo  1'aveva 
omessa.  Inoltre  il  cursus  ci  pud  meglio  spiegare  le  differenze,, 
spesso  molto  sensibili,  tra  la  versione  ed  il  testo  originale ;  perche 
la  necessita  di  collocare  le  parole  nell'ordine  voluto  e  di  far  sen- 
tire  eziandio  la  rispondenza  ritmica  dei  concetti  costringono  lo 
scrittore  a  dare  altra  movenza  al  pensiero  e  spesso  a  sopprimere- 
qu£  e  cola  periodi  e  frasi  od  anche  ad  allargare  la  dicitura  con- 
concetti  nuovi  e  suoi  proprii.  Per  ultimo  il  cursus  non  dovrebbe 
consideiarsi  soltanto  come  un  esercizio  letter ario  di  retori,  piu  o- 
meno  studiosi  di  clausole  metriche  o  ritmiche,  ma  anche  come  la- 
voro  direttamente  inteso  per  iscopo  liturgico.  In  molie  Chiese  le- 
Passioni  dei  martin  si  leggevano  durante  la  liturgia;  dovevasi  dun- 
que  dare  alia  prosa  1'assetto  degli  altri  recitativi  liturgici,  che  tutti, 
fin  nei  piu  antichi  sacramentarii,  si  veggono  composti  con  le  re- 
gole del  cursus.  Cosi  la  solenne  declamazione  del  testo  riusciva 
piu  scorrevole  e  tornava  piu  facile  adattare  alle  chiuse  intermedia- 
e  finali  dei  periodi  le  inflessioni  del  canto  *. 

3.  II  martirio  di  S.  Eleuterio  ha  poca  importanza  storica,  ed  il 
Franchi,  pure  accompagnandolo  con  un'erudita  prefazioue,  intende 

1  Su  questo  ar^'omento  del  cursus  gia  si  e  scritto  non  poco;  ma 
sarebbo  necessario  di  meglio  divulgarne  gli  studii,  non  solo  per  la  cri- 
tica  dei  testi  agiografici,  ma  anche  per  la  composizione  delle  nuove- 
officiafrure  liturgiehe,  specialniente  deg'li  Oremus,  che  non  si  possono 
cantare  convenientemente,  se  non  sono  scritti  con  le  leggi  della  prosa. 
metrica  o  ritmica.  Specialniente  dal  secolo  XVIII  in  poi  le  nuove  offi- 
ciature  lasciano  non  poco  a  desiderare  sotto  questo  rispetto. 


BELLA   STAMPA  457 

metterne  in  luce  un  nuovo  testo  greco,  che  serva  per  una  qualche 
futura  collazione.  Di  ben  altro  valore  sono  gli  Atti  di  S.  Giustino,  che 
tengono  uno  del  primi  posti  fra  i  piu  antichi  document!  delle  perse- 
cuzioni  cristiane.  Furono  recentemente  ripubblicati  dal  Knopf  e  dal 
Ton  Gebhardt  nelle  loro  raccolte  di  Atti  sinceri;  ma  ambedue  si 
attennero  alle  precedent!  edizioni  condotte  sopra  il  solo  codice  Ya- 
ticano  655  del  secolo  XYL  mentre  pure  il  prof.  Ehrhard  aveva 
indicate  altri  tre  manoscritti  molto  piu  antichi,  il  Gerosolimitano 
-del  S.  Sepolcro  6,  (sec.  IX-X),  il  Parigino  1479  dell'anno  890  ed  il 
Yaticano  1667  (sec.  X)  da  cui  provengono  le  copie  del  sec.  XYI. 
II  Franchi  adunque  voile  supplire  alia  rnancanza,  ridando  un  nuovo 
testo  coll'aiuto  specialmente  dei  due  primi  codici,  che  quindi  ven- 
gono  da  lui  descritti  minutamente.  Perd  la  sua  conclusione  e  que- 
sta  (pag.  30) :  «  Se  i  due  nuovi  codici  Parigino  e  Gerosolimitano 
permettono  di  dare  un  testo  notevolmente  migliore  di  quello  si- 
nora  divulgato,  non  ci  permettono  pero  di  pensare  ad  una  edi- 
zione  propriamente  definitiva.  »  Ad  ogni  modo  e  un  ottimo  passo 
<e  si  dovra  ricorrere  a  questa  nuova  lezione,  finche  altri  non  ne 
dia  una  migliore.  Degno  di  nota  e  il  giovamento  che  si  trae  dalle 
opere  conosciute  del  S.  Martire  per  correggere  piu  di  un  passo 
del  suo  raartirio,  «  poiche  1'apologista,  rispondendo  al  giudice,  ripete, 
€om'e  naturale,  dei  concetti  espressi  altre  volte  nei  suoi  scritti  e 
delle  parole  e  frasi  ivi  adoperate  »  (p.  29). 

Degli  Atti  in  particolare  nulla  diremo,  poiche  sono  gia  noti; 
ma  ci  piace  riferire  alcune  parole  del  Franchi  che  ben  rivelano  con 
qual  sentimento  egli  attenda  a  questi  suoi  studii  di  tanto  arida 
€ritica:  «  Non  e  senza  commozione  che  noi  sentiamo  il  martire 
ritornare  anche  una  volta  nelle  sue  ultime  brevi  parole  sul  valore 
dimostrativo  delle  profezie.  Kammentava  egli  forse  in  quel  momento 
il  misterioso  vegliardo  che  la  sulla  riva  solitaria  del  mare  lo  aveva 
per  il  primo  eccitato  a  leggere  i  profeti  e  messolo  cosi  sulla  via 
della  verita,  per  la  quale  stava  ora  per  dare  gloriosamente  la  vita  ?  » 
{P.  29). 

4.  Tra  i  papiri  di  Egitto,  scoperti  negli  ultimi  anni,  furono 
trovate  alcune  di  quelle  brevi  scritte,  dette  libelli,  che  le  autorita 
pagane  consegnavano  durante  il  tempo  della  persecuzione  ai  rin- 
negati  cristiani,  per  attestare  che  avevano  compiuto  il  sacrifizio 
agli  dei  ed  a  patto  delia  loro  coscienza  s'erano  cosi  ricomperata  la 
vita.  Due  di  tali  scritte  pubblicate  1'una  dal  Wessely  nel  1894, 1'altra 
dal  Krebs  nel  1893,  furono  recentemente  accolte  dal  von  Gebhardt 


458  R1V1STA 

nei  suoi  Acta  Martyr  um  selecta  1 ;  un'aitra  fu  comunicata  ed  illu- 
strata  dal  prof.  Botti,  direttore  del  Museo  di  Alessandria,  in  una 
tornata  del  II  Congresso  di  Archeologia  cristiana,  ma  non  ancora 
resa  di  pubblica  ragione.  Pero,  quasi  in  compenso  di  cosl  tristi 
document!  fu  pure  messo  in  luce  nel  1897  dai  signori  Grenfell  e 
Hunt  2,  e  recentemente  ripubblicato  ed  illustrate  con  la  massima 
cura  dal  prof.  A.  Deissmann  3,  un  altro  papiro  del  British  Museum 
proveniente  da  Kysis  (oggi  Dusch  el  Kala)  nella  grande  Oasi.  Un 
sacerdote  cristiano  per  nome  Psenosiris,  dimorante  nel  centro  del- 
1'Oasi,  scribe  ad  un  altro  sacerdote,  probabilmente  di  Kysis,  dando 
notizie  di  una  veneranda  matrona,  mandata  in  esiglio  nell'Oasi  per 
la  sua  fede.  La  lettera  e  breve  e  si  affettuosa,  che  ben  si  pud  darne 
qui  una  traduzione  sul  testo  origin  ale  greco,  tenendo  conto  eziandio 
della  trascrizione  e  del  commento,  che  vi  ha  fatto  sopra  il  ch.  Pio 
Franchi  de'  Cavalier i 4. 

«  Psenosiri  presbitero  ad  Apollo  presbitero,  suo  diletto  fratello 
nel  Signore,  salute.  Prima  di  ogni  altra  cosa  saluto  te  mille  volte 
e  tutti  i  fratelli  nel  Signore,  che  sono  presso  id.  Devi  sapere,  fra- 
tello, che  i  fossori  recarono  qua  nelFinterno  la  concittadina,  man- 
data nell'Oasi  dalla  prefettura.  Ed  io  la  consegnai  in  custodia  ai 
buoni  e  fedeli  tra  quei  fossori,  finche  venga  il  figliuolo  di  lei  Mlo. 
E  quand'egli  sia  venuto  coll'aiuto  di  Dio,  ti  accertera  di  quanto 
adoperaiono  a  suo  riguardo.  Fammi  poi  sapere  anche  tu  quello 
che  qui  vorresti;  volentieri  eseguisco.  Ti  desidero  ogni  bene  nel 
Signore  Iddio.  » 

Nel  verso :  «  Ad  Apollo  presbitero  da  parte  di  Psenosiri  presbi- 
tero nel  Signore.  » 

Per  quanto  la  lettera  sia  laconica  e  cerchi  anche  di  coprire  il 
nome  e  la  professione  cristiana  della  pia  matrona,  ben  e  chiaro  che 

*  Acta  Martyrum  selecta.  Ausgewahlte  Mdrtyreracten  und  andere 
Urkunden  aus  der  Verfolgungszeit  der  christlichen  Kirche,  herausgegeben, 
von  OSCAR  von  GEBHARDT.  Berlin,  A.  Duncker.  1902,  p.  182,  183. 

2  Greek  papyri,  Series  II:  New  classical  fragments  and  other  greek 
and  latin  papyri.  Oxford,  1897,  p.  115-116. 

3  Ein  Originaldokument  aus  der  Diocletianischen  Verfolgung.  Papy- 
rus 713  des  British  Museum   herausgegeben  und  erklart  von  Prof.  Dr. 
ADOLF  DBJISSMAN.  Mit  einer  Tafel  inLichtdruk.  Tubingen,  J.  C.  B,  Mohr, 
1902.  —  Del  med.  Epistle  of  Psenosiris:  an  original  document  from  the 
Diocletian  Persecution  (Pap.  713  Brit.  Mus.).  London,  Black,  1902. 

4  Pio  FRANCHI  DEI  CAVALIERI.  Una  lettera  del  tempo  della  persecu- 
zione  dioclezianea  in  Nuov.  Bull,  di  Arch,  crist.  1902,  I-II,  p.  15-26. 


DELLA   STAMP  A  459 

trattasi  di  un'eroina,  esigliata  per  la  sua  fede,  poiche  dae  sacerdoti 
cristiani  si  prendono  di  lei  cura  tanto  sollecita  ed  affettuosa.  Se- 
condo  ogni  probabilita  cid  avvenne  ai  tempi  di  Diocleziano  od  in 
quel  torno,  usandosi  appunto  allora  di  relegare  i  cristiani  di  Egitto 
neir  interno  dell'Oasi  (p.  18,  19).  La  donna  e  designata  col  nome 
di  T)  TcoXtitx-r),  il  qual  vocabolo  diede  di  eke  rodere  agli  eruditi.  Si 
inise  fuori  1'  ipotesi  che  significasse  xcopvY)  (donna  di  mal  affare), 
e  piu  tardi  infatti  si  trova  adoperato  in  tal  senso.  Ma  il  Deissmann 

10  rigetta,   conie  al  tutto  sconveniente  sulla  penna  ed  in  bocca  di 
due  sacerdoti  cristiani,  quand'anche  si  potesse  supporre,  che  la  ma- 
trona  fosse  stata  prima  condannata  al  luogo  infame,  come  di  altre 
si  sa  certo  esser  avvenuto.  L'Harnack  l  non  vi  scorge  la  sconve- 
nienza  in  un  biglietto  laconico,  dove  importava  simulare  la  condi- 
.zione  della  donna.  Pero,  mentre  sembra  escludere  che  ^  rcoXiTix^, 
sia  il  nome  proprio  dell'esigliata,  come  vuole  il  Deissmann,   pro- 
pone che  si  prenda  nel  senso  di  condannata  politica  (Staatsverbre- 
-cherm).  Ma  come  bene  osserva  Pio  Franchi,  quest'ultimo  senso  non 
ricorre  prima  del  medio   evo  ;   anche  quello  di  Tiopvr,  e  dei  tempi 
piu  tardi,  e  quindi,  secondo  lui,  il  migliore  e  piu  ovvio  significato 
e  quello  di  concittadina,  sia  nel  senso   suo  proprio  e  naturale  di 
concittadina  di  Apollo,  sia  anche  nel  senso  piu  coperto  di  correli- 
gionaria,  al  qual  ultimo  inclina  il  Franchi. 

Siccome  la  lettera  fu  trovata  insieme  ad  altri  papiri,  tutti  ap- 
partenenti  alia  corporazione  dei  vexpoia^pot  (seppellitori  o  fossori) 
di  Kysis,  par  bene  che  la  matrona  fosse  dapprima  consegnata  ad 
alcuni  fossori  di  cola,  perche  l'accompagnassero  al  luogo  dell'esiglio 
nell'interno  dell'Oasi,  e  quivi  giunta,  fosse  premura  di  Psenosiri 

11  toglierla  dalle  loro  mani  e  consegnarla  invece  in  custodia  di  al- 
cuni fossori  cristiani  del  luogo,  appartenenti  alia  medesima  corpo- 
razione. II  testo  originate,  secondo  che  lessero  i  primi  editori,  dice : 
TOXpaSIStoxa  idle,  xaXoTg  xal  Tccaioc?  £?  auiwv  TWV  vexpoiacpcov.  Ma  il 
Wilcken  sollevd  qualche  dubbio  sulla  lezione  §5  auiwv  supponendo 
che  il  papiro  leggesse  igau-tffc  statim.  L'Harnack  propose  la  lezione 
E^  dvtcT)^  (e  converso)-,  ma  il  Franchi  rimase  fermo  alia  lezione  dei 
primi   editori,   tanto  piu  naturale   e   spontanea   (p.    23),   ed    ebbe 
ragione.  Perche  esaminato  di  nuovo  il  papiro  dal  Kenyon  2  si  trovo 
che  la  lezione  e£  aui&v  non  lascia  alcun  dubbio. 

La  lettera  di  Psenosiri  e  quanto  mai  preziosa,  poiche  offre  la 
piu  antica  menzione  dei  cristiani  nei  papiri  dell'Oasi  ed  una  delle 

1  Theol.  Litt.  Zeitung,  1902,  n;  7,  205-208. 

2  Theol.  Litt.  Zeitung,  1902,  n.  12,  364. 


460  RIVISTA 

piu  antiche  nei  papiri  dell'Egitto  in  genere  (p.  191),  ci  rivela  un 
edificante  episodic  dell'ultiina  acerrima  persecuzione,  ed  ha  il  pregio 
singolarissimo  di  esserci  pervenuta  proprio  nell'originale,  scritto  in. 
tempestate  pressurae  (p.  24)  '. 


II. 


BELLA  «  POLIZIA  ECCLESIASTIGA 
DI  L.  CONFORTI. 


L'odierna  scuola  di  diritto  ecclesiastico  massonico-liberale  non> 
ha  creduto  poter  altrimenti  farsi  strada  a  manomettere  i  diritti  della. 
Chiesa,  se  non  adoperandosi  con  ogni  mezzo  nell'esaltare  lo  Stato 
laico,  ch'essa  ritiene  essere  il  solo  potere  pubblico  esistente  nella 
moderna  societa,  potere  supremo  ed  assoluto,  che  non  deve  e  non 
pud  riconoscere  ragione,  volonta  od  autorita  eguale  o  superiore  alia 
sua.  A  lui  dunque  tutto  soggiace,  e  per  conseguenza  la  stessa  Chiesay 
la  quale,  ridotta  alia  condizione  di  una%  pura  associazione  religiosa, 
dev'essere,  al  pari  delle  altre  associazioni  esistenti  nello  Stato,  a 
lui  soggetta. 

Lo  scopo  manifesto  di  questa  scuola  e  il  ristabilimento  del  natu- 
ralismo  politico,  che  e  quanto  dire,  la  distruzione  del  Eegno  di 
Cristo  sulla  terra  e  il  ritorno  all'onnipotenza  dello  Stato  pagano. 
II  suo  grido  e  un'eco  del  grido  giudaico:  Non  habemus  regem 
nisi  Caesarem  2 ;  intendendo  per  Cesare  il  potere  civile,  qualunque 
sia  la  forma  politica  ch'esso  riveste. 

A  questa  scuola  appartiene  il  sig.  Luigi  Conforti,  autore  di  un 
Manuale  di  Polizia  ecclesiastica,  il  quale,  pubblicato  per  la  prima 


1  Nel  correggere  le  prove  di  stainpa  riceviamo  un  altro  volume  di 
Pio  FRANCHI,  Nuove  note  agiografiche,  (Studi  e  Testi,  n.  9).    Roma,  tip. 
Vat.,  1902,  (8°,  40  p.,  L.  1,50),  dove  sono  raccolti  important*  studii  sugli 
Atti  delle  ss.  Agape,  Irene  e  Chionia,  su  quelli  di  s.  Crispina,  sui  mar- 
tiri  della  Massa  Candida,  sulla  probabile  fonte  della  leggenda  de'  ss.  Gio- 
vanni e  Paolo.  Ne  parleremo  in  un  prossimo  quaderno  unitamente  con 
la  recensione  di  altri   lavori   sui   martiri  del    BORELLI,  del  KNOPF,  del 
GEBHARDT,  del  LECLBCQ,  del  Principe  MASSIMILIANO  di  Sassonia,   ecc. 

2  GIOVANNI,  XIX,  15. 


DELL  A   STAMP  A  461 

Tolta  nel  1885  *,  ha  riveduto  di  quest!  giorni  la  luce,  corretto  in 
alcune  sue  parti  ed  arricchito  di  parecchi  documenti  e  di  nuove  note  8. 

II  Manuale,  nell'intenzione  del  suo  Autore,  doveva  essere  anzi- 
tutto  un'opera  pratica,  la  quale,  raccogliendo  quanto  si  e  pubbli- 
cato  in  Italia  in  materia  legislativa  ecclesiastica  e  ricordando  in- 
sieme  la  giurisprudenza  amministrativa  e  giudiziaria  del  Eegno  ri- 
guardante  la  medesima  materia,  servisse  di  guida  nella  soluzione 
di  quelle  question!  di  Diritto  pubblico  ecclesiastico,  che  non  si  pos- 
sono  decidere  ne  eon  le  norme,  ne  con  le  disposizioni  del  Diritto 
comune. 

Che  1'Autore  abbia  in  qualche  modo  raggiunto  questo  scopo  si 
concedera  facilmente  da  chiunque  alquanto  perito  in  siffatti  studii  si 
faccia  ad  esaminare  con  diligenza  la  raccolta  da  lui  preparata.  Nessuno 
pero  che  conosca  quanto  comuni  sono  oggidi  siffatti  Manual!,  gli 
dara  lode  di  aver  fatta  un'opera  del  tutto  nuova  o  anche  solo  mi- 
gliore  delle  gia  esistenti.  Checche  ne  dicano  i  suoi  Editor!  rnilanesi, 
e  certo  che  il  presente  Manuale,  segnatamente  per  la  parte  posit!  va 
che  riguarda  gli  anni  (1860-1891)  piu  fertili  di  leggi  politico-eccle- 
siastiche,  e  di  gran  lunga  inferiore  a  quello  del  teste  defunto  sen. 
Saredo  3.  E  cio,  non  tanto  per  1'ordine  o  per  il  numero  de'  docu- 
ment!, quanto  per  la  integrita  de'  test!.  Poiche  mentre  il  Saredo 
ebbe  cura  di  darci  sempie  il  testo  integro  delle  leggi,  de'  decreti, 
de'  regolamenti  ecc.,  il  Conforti  spesso  si  contenta  di  fornircene 
un  breve  cenno  o  la  sola  e  semplice  indicazione  della  data,  obbli- 
gando  cosi  lo  studioso  a  rivolgere  al trove  le  sue  ricerche,  non  senza 
perdita  di  tempo  e  con  non  poca  noia. 

Dicemmo  che  il  Manuale  del  Conforti  non  e  soltanto,  ma  «  an- 
zitutto  »  un'opera  pratica,  poiche,  oltre  la  raccolta  di  documenti, 
che  ne  forma  la  parte  principale,  esso  contiene  altresi  comenti, 
schiarimenti  e  note  dottrinali  e  storiche.  Ora,  se  nella  parte  positiva 
del  suo  Manuale  egli  ci  apparisce  un  raccoglitore  poco  felice  e  spesso 
deficiente,  in  quella  dottrinale  e  storica  si  addimostra,  qual  e  sem- 
pre  stato  negli  altri  suoi  scritti,  un  meschino  pedissequo  delle  dot- 


1  Fu  pubblicato  a  Napoli  dall'editore  Anfossi.  A  quel  tempo  il  Con- 
forti era  Capo  Sezione  al  R.  Economato  di  Napoli. 

2  Manuale  di  Polizia  ecclesiastica.   Seconda  edizione,   Milano  1902. 
Societa  edit,  libraria,  in  8,  398  p. 

3  Codice  del  Diritto  pubblico  ecclesiastico  del  Eegno  d' Italia.  In  due 
vohimi.  Torino  1887-1891.  Unione  tip.  editrice. 


462  RIVISTA 

trine  regalistiche  de'  Tanucci  e  de'  Giannoni,  condite  con  le  mas- 
sonico-liberalesche  de'  nostri  tempi. 

Tutto  zelo  per  1'autorita  e  per  i  diritti  dello  Stato  laico,  egli  e 
naturalmente  tutto  restrizioni,  incertezze  e  sospetti  per  1'autorita  e 
per  i  diritti  della  Chiesa. 

Per  lui  io  Stato  «  senza  coscienza  e  senza  moralita  specifica  l  > 
e  la  piu  alta  potenza,  a  cui  il  genere  umano  si  leva  nel  suo  so- 
ciale  progresso.  Esso  e  potere  sommo  ed  aniversale,  a  cui  nulla 
pud  resistere,  e  tutto  deve  cedere.  «  Come  potenza  ordinatrice  e 
politica,  scriv'egli,  lo  Stato  abbraccia  tutto:  religione,  vita  econo- 
mica,  arte,  scienza...  La  sua  missione  poi,  in  quanto  all'attuazione, 
allo  svolgimento,  allo  scopo  delle  leggi  statutarie,  non  ha  che  un 
interprete  ed  un  limite:  la  volonta  nazionale  2.  » 

Per  lui  lo  Stato  e  il  diritto  per  eccellenza,  fonte  di  tutti  gli 
altri  diritti  e  regolatore  supremo  di  tutte  le  relazioni  fra  gli  uo- 
mini.  Allo  Stato  quindi  spetta  «  il  diritto  di  riconoscere  e  dare, 
come  a  tutte  le  altre  istituzioni  umane,  cosl  alle  istituzioni  della 
Chiesa  1'impronta  di  persone  e  corpi  morali 3.  »  Allo  Stato  pari- 
mente  spetta  «  il  diritto  di  tutela  delle  persone,  delle  istituzioni  e 
delle  proprieta  della  Chiesa  4,  »  e  percio  stesso  a  lui  spetta  «  il 
diritto  di  riserbarsi,  come  ha  fatto,  alcuni  diritti  di  regalia,  la  vi- 
gilanza  e  1'amministrazione  de'  beni  della  Chiesa  5.  »  Che  piu?  Allo 
Stato  (e  non  gia  alia  Chiesa  e  in  essa  al  Papa)  spetta  persino  «  il 
diritto  di  rappresentanza  di  quel  gran  corpo  che  si  compone  di 
tutti  i  fedeli  sotto  Cristo,  invisibile  capo  supremo  di  esso  6  »  !  Cos! 
la  Chiesa  cattolica  sara,  secondo  il  Conforti,  giustamente  retta  quando 
sara  ridotta  alia  condizione  deplorabile  d'una  Chiesa  nazionale,  stru- 
mento  e  schiava  dello  Stato. 

Ammessa  questa  teorica  falsa  ed  assurda,  che  fa  della  mutabile 
ed  infida  volonta  nazionale  la  sola  ed  ultima  regola  dell'operara 
sociale,  ed  attribuisce  allo  Stato  una  supremazia  ripugnante  alia 
sua  natura,  non  fa  meraviglia  che  il  Conforti  neghi  alia  Chiesa  la 
natura  di  societa  pubblica,  indipendente,  giuridicarnente  perfetta,  e 
ne  escluda  1' influenza  da  ogni  ordine  sociale  esterno.  Egli,  tutto 
intento  a  giustificaie  le  leggi  che  violano  i  diritti  della  Chiesa,  non 
si  perita  di  pervertirne  il  concetto  sociale,  con  darla  a  credere  non 
altro  che  un  magistero  religioso  o  un'associazione  morale,  senza 
imperio  propriamente  detto  sopra  i  membri  che  la  compongono. 
«  La  Chiesa,  scriv'egli,  puo  bensi  condannare  1'errore  che  ad  essa 

1  Pag.  55.  —  *  Pagg.  57-58.  —  3  Pag.  62.  -  *  Ibid.  —  5  Pag.  61.  — 
6  Pag.  62. 


DELIA    STAMPA  463 

si  oppone.  OJtre  per 6  questa  condanna  deU'errore  non  puo,  ne  do- 
vrebbe  aver  presa  o  potere  sull' interne  delle  coscienze;  essa  non 
puo  giudicare.  Come  la  scienza,  come  ogni  dottrina,  dopo  che  ha 
sparsa  una  convinzione  forte  e  reale  della  necessita  e  salutare  virtu 
di  cid  che  si  crede  e  si  ritiene  per  verita,  non  ha  altro  mezzo  ad 
usare,  cosi  la  Chiesa  deve  comportarsi  4.  » 

Se  non  che  la  Chiesa,  forte  de'  diritti  che  le  competono  per  la 
istituzione  fattane  da  Cristo,  forte  de'  diritti  acquistati  ed  esercitati 
per  oltre  diciannove  secoli,  non  si  comporta  come  vorrebbe  il  Con- 
forti.  Ella  non  china  il  capo  dinanzi  alia  prepotenza  de'  settarii, 
non  rinunzia  a'  suoi  diritti,  anzi  neppure  si  rassegna  a  soffrire  in 
silenzio  lo  scempio  che  ne  fanno  i  suoi  nemici.  Di  qui  la  neces- 
sita che  questi  sentono  di  combatterla  ad  oltranza,  di  snervarne  o 
impedirne  1'azione,  di  allontanare  da  lei  popoli  e  governi  con  ren- 
derla  agli  uni  ed  agli  altri  sospetta  od  anche  nemica  ed  esosa. 

Eedele  a  questo  programma,  il  Conforti  ripete  le  grossolane  ac- 
cuse, che  i  fautori  della  scuola  massonico-liberale  scagliano  a  guisa 
di  avvelenati  dardi  contro  la  Chiesa  di  Cristo.  Essi  dicono:  «  La 
Chiesa  non  e  un  istituto  di  religione,  ma  un  organismo  politico ; 
non  e  un'arca  di  fede,  ma  di  potenza  terrena.  La  Chiesa  e  la  ri- 
vale  nemica  dello  Stato.  Non  solo  difende  tutto  il  suo  passato,  ma 
ha  sostituito,  alia  purezza  del  domma  e  della  dottrina,  il  concetto 
dell' infallibilita  papale;  ma  ha  voluto  rendere  divine  le  cose  e  le 
persone  che  le  appartengono.  La  Chiesa  non  e  piu  lo  scudo  del- 
1'oppresso,  la  depositaria  della  cultura,  ma  1'  inflessibile  persecu- 
trice  della  scienza  2.  » 

II  Conforti  e  con  lui  i  poveri  ciechi  «  sostenitori  dell'antico  di- 
ritto  giurisdizionale  dello  Stato  » ,  non  s'avvedono  che  col  combattere 
la  Chiesa  essi  privano  lo  Stato  del  validissimo  appoggio  ch'ella  gli 
offre,  e  lo  privano  quando  piu  ne  ha  bisogno.  Ne  considerano  che 
il  disprezzo  e  la  violazione  delle  ragioni  piu  sacrosante  della  Chiesa 
sono  fatali  anche  al  benessere  e  alia  tranquillita  de?  popoli,  ne'  quali, 
al  vedere  i  piu  antichi  e  i  piii  sacri  diritti  irnpuneinente  violati  e 
conculcati,  resta  profondamente  alterata  1'  idea  del  dovere  e  della 
giustizia,  vien  meno  il  rispetto  all'autorita  e  alle  leggi,  e  si  eccita 
la  voglia  di  rovesciare  le  stesse  basi  della  civile  convivenza  3. 

1  Pag.  55.  —  '  Pag.  59. 

3  Su  questo  panto  si  vegga  la  bellissima  Lettera  di  S.  S.  Leone  XIII 
*1  Card.  Nina  del  27  agosto  1878.  (Ada  Leonis  XIII,  Vol.  I.  Ed.  vati- 
cana,  pag.  103.) 


464  RIVISTA 

E  quasi  non  bastasse  il  ripetere  le  bugiarde  accuse  di  quei  for- 
sennati,  il  Conforti  rincara  la  dose.  Volendo  dimostrare  che  «  i  due 
termini  Stato  e  Chiesa  sono  fatalmente  divisi  da  un  abisso  » ,  e  che 
per  cio  stesso  «  non  ci  potra  essere  transazione  tra  Tuno  e  1'altra  > 
soggiunge:  «  Qui,  per  1'appunto,  e  il  nodo  della  questione.  E  tutto 
il  niedio  evo,  privo  della  poesia,  che  la  Chiesa  evoca  sulla  scena 
del  mondo  moderno.  Essa  va  piu  innanzi  ancora :  vuole  ristabiliti 
i  suoi  tribunal!,  le  sue  carceri,  i  suoi  sgherri.  Yuole  il  suo  regno 
mondano,  ed  imperare  sulla  piu  classica  e  gloriosa  parte  d'  Italia. 
Condanna,  benche  se  ne  serva  e  ne  usi,  le  piu  utili  liberta;  quella 
della  stampa,  quella  del  pensiero.  Brama  regolar  1'  insegnamento ; 
disporre  liberamente  de'  bani  cosi  detti  ecclesiastici,  ripristinare  la 
manomorta,  evocare  la  Compagnia  di  Gesu,  far  risorgere  il  diritto 
divino  *.  » 

Con  1'odio  verso  la  Chiesa  va  naturalmente  congiunto  quello 
contro  gli  Ordini  religiosi,  per  la  ragione  semplicissima  che  essi 
costituiscono  parte  viva  ed  attuosa  della  Chiesa  e  sono  tra  i  rneglio 
agguerriti  e  piu  formidabili  avversarii  delinodernoliberalismo  settario. 

II  Conforti  aveva  gia  disfogato  questo  suo  rnal  animo,  segna- 
tamente  contro  i  Gesuiti,  in  un  suo  libello  pubblicato  a  Napoli 
nel  1887.  Dello  stesso  mal  animo  egli  %ci  da  un  nuovo  saggio  nel 
presente  Manuale,  non  solo  nel  passo  pur  ora  citato,  dove  tra  i 
grandi  delitti  della  Chiesa  pone  pur  quello  di  «  voler  evocare  la 
Compagnia  di  Gesu  » ;  ma  eziandio  in  una  lunga  nota,  nella  quale, 
con  manifesta  compiacenza,  egli  enumera  i  decreti  de'  Governi  Dit- 
taloriali  (settarii)  contro  i  Gesuiti,  e  ricorda,  citandone  un  lungo  tratto, 
«  la  Bolla  (sic)  del  Sommo  Pontefice  Clemente  XIII  (sw)  del  21  lu- 
glio  1773,  che  aboliva  la  celebre  Compagnia  2.  >  Questo  ricordo,  cer- 
tamente  non  «  discaro  »  a'  frammassoni  ed  a  tutti  gli  avversarii  della 
Chiesa,  non  doveva  e  non  poteva  omettersi  in  un'opera,  qual  e  quella 
del  Conforti,  intesa  a  giustificare  i  loro  atti.  Si  doveva  invece  omet- 
tere,  e  difatto  si  e  omesso  nel  Manuale,  perche  altamente  «  discaro  » , 
il  ricordo  non  meno  autentico  ed  importante  di  Papa  Pio  VII,  il 


1  Pag.  60. 

2  Pag.  33.  Una  Bolla  di  Clemente  XIII  (grande  protettore  dei  ge- 
suiti)  che  abolisce  la  Compagnia  non  esiste.  II  Conforti  evidentemente 
vuol  parlare  del  Breve  di  Clemente  XIV.  Come  il  suo  odio,  cosi  i  suoi 
spropositi   sono  inveterati.  II  medesimo  documento  con  gl'identici  spro- 
positi  fu  da  lui  citato  nel  1885,  nella  prima  edizione  (pag.    35)  del  suo 
Manuale. 


BELLA   STAMPA  46b 

quale  nel  1814,  per  le  istanze  dell'episcopato  cattolico,  fere  totius 
christiani  orbis,  ristabiliva  con  la  Bolla  Sollicitudo  la  Compagnia 
di  Gesu,  e  la  ristabiliva  in  tutto  il  mondo  cattolico  per  ridonare 
alia  nave  della  Chiesa  esperti  e  vigorosi  rematori,  expertos  et  va- 
lidos  remiges.  Per  la  medesima  ragione,  il  Conforti,  nella  gia  ci- 
tata  sua  nota,  si  guarda  bene  dal  ricordare,  che  un  altro  succes- 
sore  di  Clemente  XIY,  il  regnante  Pontefice  Leone  XIII,  con  suo 
Breve  del  13  luglio  1886,  benignamente  riconfermava  alia  Compa- 
gnia medesima  tutti  i  favori  e  privilegi,  da'  Papi  suoi  antecessori 
a  lei  concessi,  e  ne  encomiava  i  servigi,  ch'essa  si  e  sempre  stu- 
diata  e  si  studia  di  rendere  alia  Santa  Sede  apostolica. 

Nel  suo  libello  sopra  citato,  il  Conforti  pretese  sostenere  che 
«  la  posizione  giuridica  del  gesuitismo  come  Ordine,  e  nel  Eegno 
diversa  da  quella  degli  altri  Ordini  regolari  soppressi.  Questi  se 
non  hanno  personalita  giuridica  riconosciuta,  hanno  intatto  dalle 
leggi  serbato  il  loro  stato  ecclesiastico ;  ed  i  component!  di  essi  il 
diritto  di  vestir  1'abito,  di  esercitare  i  loro  ufficii  di  sacerdote,  di 
unirsi  a  vita  comune.  1  Oesuiti  no.  Come  sacerdoti,  il  cui  carat - 
tere  e  indelebile,  possono  vestire  1'abito  del  sacerdote  secolare,  non 
quello  dell' Ordine  ^  non  possono  vivere  in  vita  comune,  e  tanto 
meno  tener  chiesa  e  convento.  Per  motivi  di  alto  ordine  politico 
(sic)  e  loro  vietata  ogni  associazione,  ed  ogni  convivenza  con  regole 2 » . 

Queste  asserzioni  del  Conforti  furono  gia  da  noi  altra  volta  di- 
mostrate  del  tutto  contrarie  alle  disposizioni  della  legge  del  7  lu- 
glio 1866  abolitrice  degli  Ordini  religiosi  ed  alle  esplicite  dichia- 
razioni  del  Ministero,  che  nel  1873  questa  legge  ripresentc)  per 
Tabolizione  di  quelli  di  Koma  3. 

La  condizione  giuridica  de'  Gesuiti  in  Italia  non  differisce  punto 
da  quella  de'  membri  degli  altri  Ordini  religiosi  soppressi,  e  restera 
tale  finche  rimarra  in  vigore  1'anzidetta  legge,  la  quale,  senza  esclu- 
dere  i  Gesuiti,  accomuna  tutti  i  membri  degli  Ordini  soppressi  agli 
altri  liberi  cittadini.  Tutti  dunque  sono  liberi  cittadini  del  regno 
d'  Italia  e,  come  tali,  tutti  godono  il  pieno  esercizio  de'  diritti  civili 
e  politici 4. 

1  II  Conforti  ignora  che  i  Gesuiti  non  hanno  abito  proprio.  II  loro 
Istituto  prescrive  che  vestano  come  gli  onorati  sacerdoti  secolari. 

2  I  Gesuiti  ecc.,  (op.  cit.),  pagg.  5-6. 

3  Ne  trattammo  nel  Vol.  IV  della  Serie  XIII,  pp.  129  e  462  e  seg. 

4  Nell'art.  2°  della  citata  legge  e  detto  espressamente,  che  «  i  membri 
degli  Ordini  religiosi  soppressi  godranno,  dal  giorno  della  pubblicazione 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.          30          13  febbraio  1903. 


466  RIVISTA   BELLA   STAMP  A 

In  Italia,  ogni  cittadino  e  libero  di  vestire  come  gli  pare  e  piacer 
non  essendovi  legge  che  gl'imponga  un  figurino  di  moda.  Pari- 
mente  ogni  cittadino  in  Italia,  in  forza  dello  Statuto  del  Kegno,  se 
osserva  le  leggi  e  paga  le  imposte,  e  libero  di  vivere  o  solo  o  accom- 
pagnato  con  chi  gli  conviene;  e  di  fare  in  casa  sua  quello  che  gli 
torna  commodo.  TJsando  pertanto  di  questi  diritti,  i  membri  degii 
aboliti  Ordini  religiosi,  sieno  essi  gesuiti,  francescani,  domenicani 
o  altri,  possono  legalmente  portar  1'abito  che  vogliono  e  vivere  da 
se  soli  o  in  cornuae  con  altri,  senza  domandarne  il  permesso  a 
nessuno  e  senza  esser  tenuti  civilmente  a  renderne  ragione  a  chi 
che  sia. 

II  Conforti  serabra  aver  riconosciuto  il  suo  errore;  poiche  in 
una  notevole  aggiunta  fatta  alia  terza  parte  del  suo  presente  Ma- 
nuale  (pp.  159  163),  parlando  «  delle  Leggi  eversive  e  della  Giuri- 
sprudenza»,  afferrna  in  generale  di  tutti  gli  enti  religiosi  soppressi, 
nessuno  eccettuato,  che  tali  leggi  «  tolsero  e  vero  la  personalita 
giuridica  agli  enti  religiosi,  ma  la  giurisprudenza  ha  detto  che  non 
ne  vietarono  1'esistenza,  ne  intesero  mai  rnenomamente  vulnerare 
la  liberta  naturale  e  giuridica  de'  singoli  cittadini  di  riunirsi  fra 
di  loro  in  vita  comune,  di  mettere  in  coniuoe  le  proprie  sostanze  e 
di  attendere  in  comune  alFesereizio  di  opere  di  religione  e  di  ca- 
rita  4.  » 

Ma  importa  poco  o  nulla  che  il  Conforti  abbia  su  questo  punto 
mntato  parere.  Chi  scrive,  com'egli  fa,  lasciandosi  accecare  dal  pre- 
giudizio  anticlericale,  non  e  guidato  dalla  ragione,  si  bene  dalla 
passione.  Ci6  basta  per  togliere  alle  sue  sentenze,  ed  a'  suoi  scrittir 
massime  in  materia  giuridica,  ogni  carattere  di  serieta  ed  impar- 
zialita. 


del  la  presente  legge  (di  soppressione),  del  pieno  esercizio  di  tutti  i  diritti 
civili  e  politic!  ».  (Cf.  SAREDO,  Codice  del  Diritto  pubb.  cedes,  del  Kegno 
d' Italia,  Partj  l.a  Torino  1887,  p.  128). 
1  Pag.  160. 


IL  DOVERE  DEI  CATTOLICi  DEGLI  STATI  UNITI 

VERSO  I  LORO  CORRELIGIONARIl  ITALIANI 


II  nuovo  e  splendido  periodico  mensile,  The  Messenger  *,  diretto 
dai  Padri  della  Compagnia  di  Gesu  di  Nuova  York  negli  Stati 
Uniti,  pubblicava  nel  suo  numero  di  gennaio  del  corrente  anno 
uno  studio  profondo  e  particolareggiato  sul  guasto  che  protestanti 
ifcaliani  ed  americani  di  varie  sette  fanno  fra  i  poveri  emigrant! 
italiani  che  approdano  al  porto  di  quella  citta.  L'articolo  utilissimo 
-e  al  tempo  stesso  desolante  e  dovuto  alia  penna  del  signer  Tom- 
maso  Meehan. 

II  chiaro  A.  nulla  inventa  del  suo,  non  esagera,  non  declama. 
Oolle  statisdche  alia  mano,  mostra  tutto  quello  che  fanno. i  prote- 
stanti a  fine  di  pervertire  gl'italiani.  Cita  le  relazioni  ufficiali  dei 
loro  ministri,  le  confession!  dei  convertiti,  le  speranze  che  i  primi 
ed  i  secondi  accarezzano  di  potere,  sulla  rovina  della  fede  dei  no- 
stri  connazionali,  erigere  in  America  una  grande  chiesa  protestante 
italiana. 

II  fine  dell'Autore  nello  stendere  il  suo  articolo  e  evidente.  Mira 
ad  eccitare  i  cattolici  americani  a  fare  qualche  cosa  di  piu  per  i 
loro  correligionarii  italiani.  Non  lo  dice  pero  apertamente ;  lo  lascia 
travedere,  lo  accenna  appena,  pure  dimostrando  quanto  1'Episcopato, 
il  clero  e  il  laicato  cattolico  americano,  notantemente  dell'arcidio- 
cesi  di  Nuova  York,  hanno  fatto  fin  qui. 

Quello  pero  che  il  signer  Meehan,  per  buone  ragioni,  non  dice 
a  chiare  parole,  e  stato  detto  in  questo  stesso  numero  del  Messenger 
dal  suo  Editore  Rev.  Padre  Wynne.  E  questo  articoletto  del  chiaro 
scrittore  noi  presentiamo  ai  nostri  lettori,  nella  speranza  che  sara 
loro  grato  e  di  qualche  giovamento  agl' italiani  che  cola  dimorano. 

1  THE  MESSENGER,  Monthly  Magazine.  27-29  west  16  th  street  New 
York.  Associazione  annua  Dollar!  due:  un  numero  separate  Fr.  1. 


468  IL    DOVERE   DEI   CATTOLICI   DEGLI   STATI   UNITI 

L'articolo  del  signer  Meehan  intitolato  «  L'Evangelizzazione  degll, 
Italian!  »  avra  cagionato  grandissima  sorpresa  a  piu  d'un  lettore, 

Infatti,  chiunque  esamina  i  pericoli  che  minacciano  le  condi- 
zioni  spiritual!  dei  nostri  correligionari  italiani,  resident!  a  Nuova 
York  e  nelle  altre  grand!  citta  americane,  rimane  veramente  atter- 
rito  dello  stato  presente  delle  cose.  Nessun  mosaico  fu  mai  tanto 
variato  quanto  le  societa  lavoranti  a  distruggere  in  quel  popolo  la 
fede  cattolica.  Non  e  forse  ne  troppo,  ne  esagerato  il  dire  che  mai 
non  furono  fatti  sforzi  cosi  persistenti  per  giungere  a  questo  sciagu- 
rato  fine.  Ogni  cosa  fu  messa  in  opera,  dalle  chiese,  scuole  e  bi- 
blioteche  sino  agli  asili  infantili  ed  agli  space!  gratuiti  di  latte.  I 
piu  intelligent!,  i  piu  colti,  i  piu  ricchi,  i  piu  influent!  se  ne  oc- 
cupano.  Cattolici  apostati,  ministri  protestanti,  donne  giovani  e 
vecchie  si  danno  d'attorno  e  percorrono  continuamente  i  quartieri 
italiani  della  citta.  Come  si  vede,  un  esercito  numeroso  e  scesa 
nel  campo  !  Yennero  adoperati  tutti  i  mezzi  di  allettativa  possibili 
ed  irnaginabili,  come  per  esempio,  vestiario,  cibo,  denaro,  impieghi, 
divertimenti,  vacanze  estive,  persino  irnagrni  sacre.  Chiunque  si 
prende  la  cura  di  esaminare  la  cosa  piu  da  vicino  scopre  lette- 
ralmente  ad  ogni  passo  una  trappola  infernale  per  distruggere  la 
fede  degl'  italiani.  Cercano  di  corrompere  le  madri  con  denaro 
perche  esse  consegnino  loro  i  figliuoli  durante  le  ore  di  lavoro  a 
anche  per  sempre ;  sale  evangeliche  vengono  aperte  dappertutto  ;. 
Y!  sono  pure  case  di  salute  per  convalescent!,  ove  la  rneta  dei  doz- 
zinanti  sono  cattolici,  come  la  Priory  Farm  a  Verbank,  nella 
quale  il  servizio  religioso  protestante  e  obbligatorio  ;  vi  sono  centri 
di  ricreazione  nelle  scuole  pubbliche,  come  quelle  dov'e  direttore- 
il  sopraintendente  della  missione  italiana  annbattista  ;  insomma 
sono  state  fondate  a  questo  fine  societa  di  tutti  i  generi  possibili 
ed  imaginabili. 

Nessuna  meraviglia  dunque,  che  i  protestanti,  nelle  loro  rela-i 
zioni,  mandate  a  stampa,  si  vantino  del  gregge  sempre  piu  nume- 
roso e  ognor  piu  crescente  degl' italiani  protestanti,  vecchi  e  gio- 
vani. Nessuna  meraviglia,  ch'essi  spingano  sempre  piu  avanti  la 
loro  opera  di  proselitismo,  allargando  rnaggiormente  i  loro  disegni 
ambiziosi.  Ess!  sono  convinti  che  la  strada  e  libera  davanti  a  lora 
e  nessuno  potra  arrestarli. 

Ultimamente,  in  una  riunione  pubblica  della  societa  d'immigra- 
zione  italiana  che  si  e  unita  alia  societa  italiana  di  beneficenza,, 
fu  letta  una  bugiarda  relazione  per  dimostrare  che  i  cattolici  non, 
fanno  assolutamente  niente  per  i  poveri  emigrati  italiani. 


VERSO  I  LORO   CORRELIGIONARII  ITALIANI  469 

In  questa  societa  d'  immigrazione,  presieduta  da  americani  acat- 
tolici,  e  composta  di  tutti  i  ministri  protestanti  Italian!  della  cittar 
viene  naturalmente  esclusa  ogni  specie  di  azione  cattolica. 

La  sua  alleata,  la  societa  di  beneficenza  italiana,  e  aiutata  dal 
Governo  italiano  che  le  invia  sussidii,  ed  e,  per  dire  il  meno,  non 
cattolica  nella  sua  propaganda.  Procedendo  di  tal  maniera,  si  diffon- 
dera  presto  fra  i  poveri  italiani  forestieri  la  convinzione  che  le  per- 
sone  che  fanno  piu  per  loro  sono  protestanti  o  cattolici  apostati.  Me- 
todi  simili  furono  provati  alcuni  anni  fa  con  gli  emigrati  irlandesi 
poveri  e  che  erano  appunto  allora  abbandonati  e  sprezzati  cordial- 
mente,  quanto  lo  sono  oggi  i  poveri  nostri  italiani.  In  quei  giorni  mal- 
yagi  1'Arcivescovo  Hughes  non  incontrd  indifferenza  fra  i  catto- 
lici che  possedevano  mezzi  e  che  perciO  potevano  venirgli  in  aiuto. 
Andd  in  Austria,  fu  ricevuto  a  Vienna  con  grandi  onori,  e  venne 
presentato  alle  persone  piu  notabili  della  citta,  fra  gli  altri  al  prin- 
cipe  di  Metternich.  La  societa  Leopoldina  lo  trattd  con  grande 
stima  ed  affetto  e  gli  porse  aiuti  sostanziali. 

Siao  a  tanto  che  i  nostri  cattolici  italiani  rimarranno  senza 
aiuto  ed  abbandonati  come  sono  ora,  il  terreno  non  pud  essere 
piu  favorevole  al  proselitismo  protestante.  Nei  quartieri  della  citta 
dove  i  piu  zelanti  sacerdoti  prestano  Topera  loro,  appena  uno  su 
quattro  o  cinque  degF  italiani  va  a  messa ;  in  altre  parti  della 
citta,  uno  su  dieci.  In  un  sobborgo  di  Nuova  York,  cinque  su  due 
mila  frequentano  la  chiesa.  Le  cause  di  questa  indifferenza  sono 
indubitatamente  molteplici.  Se  consideriamo  la  persecuzione  ostinata 
mossa  contro  la  Chiesa  in  Italia,  da  parte  delle  societa  segrete  ri- 
voluzionarie,  specialmente  in  questi  ultimi  cinquant'anni,  ci  dob- 
biamo  piuttosto  maravigliare  che  la  condizione  religiosa  dell'Italia 
non  sia  peggiore.  La  mancanza  d'ogni  sorta  d'istruzione  fra  gli 
italiani  meridionali  conta  per  molto.  Essi  non  sanno  l'ingleser 
qualche  volta  sanno  appena  dove  e  la  chiesa  cattolica  e  dove  de- 
vono  far  battezzare  i  loro  figliuoli.  Sono  estremamente  poveri  e 
guadagnano  appena  quanto  basta  per  procurarsi  il  cibo  quotidiano, 
Alcune  volte  manca  loro  la  buona  volonta;  poi  si  persuadono  facil- 
mente  che  non  e  necessario  andare  a  messa.  II  pagamento  dei 
cinque  cents,  soliti  a  pagarsi  dai  fedeli  in  alcune  chiese  americaner 
e  un  peso  pei  piu  poveri;  e  di  piu  molti  degPitaliani  credono  di 
non  essere  ben  veduti  prender  parte  alle  funzioni  religiose  in 
chiese  e  fra  fedeli  che  non  sono  italiani,  e  non  appartengono  alia 
loro  stirpe. 


470  IL  DO  VERB  DEI  CATTOLICI   DEGLI  STATI  TjNITI 

La  compassione  cresce  a  mille  doppi  quando  si  pensa,  che  i 
piu  degP  immigrant!  sono  poveri  e  semplici  paesani.  Aniano  la  lore 
Madonna  e  i  loro  Santi  e  non  rifiutano  mai  i  sacrament!  quando 
sono  in  perieolo  di  morte.  Con  tutta  la  loro  mancanza  di  soda  istru- 
sione  religiosa,  gli  adulti  oppongono  resistenza  ai  loro  tentatori  pro- 
testanti,  il  cui  solo  mezzo  di  perversions  e  il  denaro ;  e  che  riescono 
principalmente  nelFimpossessarsi  dei  fanciulli  che  ingannano  spesso 
€on  menzogne,  dicendo  che  le  loro  mire  non  sono  settarie. 

Invece  di  avvilirci  e  di  perderci  d'animo  per  i  notevoli  van- 
taggi  posseduti  da  quelli  che  vorrebbero  pervertire  gP  italiani,  noi 
dovremmo  organizzarci  e  fare  piu  grandi  sforzi  pel  loro  sollievo  mate- 
riale  e  per  la  loro  salute  spirituale,  Non  sono  tanto  i  denari  di  cui  ab- 
biamo  bisogno,  quanto  di  un  metodo  regolare  nella  nostra  opera  di 
preservazione.  Anche  coi  nostri  pochi  mezzi  e  incredibile  quanto  si 
pud  fare!  A  Brooklyn,  una  congregazione  italiana  e  aumentata  in 
sei  anni  da  450  a  5000.  Uno  dei  sacerdoti  di  quella  chiesa  ha 
detto  piu  volte  che  i  cattolici  dovrebbero  andare  fra  il  popolo  come 
fanno  i  protestanti.  Una  povera  donna  a  Brooklyn  salvo-  dalle  rnani 
dei  protestanti  circa  250  fanciulli,  e  per  mancanza  di  mezzi  li  ha 
ricoverati  in  una  casa  che  e  forse  un  po1  meglio  d'una  baracca. 
OP  Italiani  le  si  mostrano  gratissimi.  Una  delle  chiese  italiane  di 
Nuova  York  ha  una  congregazione  df  circa  9000  a  10000  per- 
sone  su  14,000  italiani  che  vivono  nelle  vicinanze.  I  frutti  spiri- 
tuali  che  si  sono  finora  ottenuti  fra  i  giovani  e  le  ragazze  sono  de- 
gni  d'ammirazione,  ed  e  raro  che  un  rnembro  delle  congregazioni 
mariane  di  quella  parrocchia  venga  meno  alia  virtu.  Questi  bei 
risultati  si  sono  ottenuti  specialmente  negli  ultimi  anni.  I  nuovi 
emigrant!  sono  migliori  dei  passati  e  se  si  sorvegliano  da  vicino, 
tutti  o  quasi  tutti  frequentano  la  chiesa  fedelmente.  Yi  e  grande 
mancanza  di  mezzi  in  tutte  le  nostre  congregazioni  italiane.  II  man- 
tenimento  delle  scuole  e  molto  oneroso,  e  le  scuole,  si  sa,  sono 
indubitatamente  il  mezzo  principale  per  salvare  i  ftinciulli  italiani. 
Gli  emigrant!  poveri  hanno  appunto  bisogno  d'essere  aiutati  da  quelle 
agenzie,  che  i  protestanti  hanno  fondate  per  pervertirli.  Quel  che 
noi  riferiamo  qui  di  Nuova  York  pu6  dirsi  in  certa  misura  di  ognuna 
delle  altre  grajidi  citta  degli  Stati  Uniti. 

E  assolutamente  necessaria  un' opera  cattolica  piu  attiva  fra  gli- 
emigrant!  cattolici.  Se  ci  contentiamo  d'incrociare  le  braccia  e 
guardare  mestamente  la  trasforinazione  silenziosa  colla  quale  mi- 
gliaia  di  cattolici  perdono  la  fede,  avremo  presto  risultati  tristi  e 


VERSO   I   LORO   CORRELIGIONARII   ITALIANI  471 

spaventosi.  Dobbiamo  dire  pero  che  innanzi  tutto  sarebbe  dovere 
degli  uornini  di  legge  e  del  sacerdoti  che  hanno  qualche  autorita 
negli  affari  delle  Municipality  di  sorvegliare  i  Comuni  perehe  i 
fondi  dello  Stato  non  siano  appropriati  a  beneficio  d'istituti  che 
impiegano  il  lore  denaro  a  pervertire  i  bambini  italiani.  Ma  questo 
e  soltanto  un  rimedio  negative.  Da  parecchi  anni  una  piccola  societa 
di  missionarii  polacchi  lavora  fra  i  proprii  compatriotti  negli  Stati 
TJniti,  andando  da  una  popolazione  all'altra,  a  fine  di  adoperarsi 
dove  e  bisuguo  contro  gli  sforzi  degli  scismatici.  Una  tale  con- 
gregazione  missionaria  e  forse  ancora  piu  necessaria  per  gl'  italiani. 
E  stato  anche  suggerito  da  sacerdoti  che  s'interessano  alia  salute 
spirituale  degli  italiani  cattolici,  di  stabilire  per  loro  missioni,  poste 
in  quartieri  italiani.  Questo  sistema  sarebbe  assai  profittevole.  Se 
gl'  italiani  sapessero  che  sono  ricevuti  con  benevolenza  in  tutte  le 
chiese,  anche  non  italiane.  che  anzi  e  loro  dovere  di  frequentarle, 
di  portarvi  a  battezzare  i  loro  figliuoli  ecc.  muterebbero  opinione 
di  noi  americani,  e  nascerebbe  in  loro  una  certa  fiducia  nelle  chiese 
e  nei  sacerdoti  del  paese. 

La  stampa  itaJiana  dovrebbe  essere  incoraggiata.  Due  o  tre  buo- 
nissimi  giornali  cattolici  sono  pubblicati  a  Nuova  York.  Alcune 
centinaia  di  copie  foll'Italiano  in  America  sono  vendute  ogni  do- 
menica  alia  porta  della  Chiesa  della  Madonna  di  Pompei. 

L'esperienza  ha  dimostrato  che  non  s'incontra  grande  difficolta  nel- 
1'ottenere  dai  parenti  italiani  che  mandino  i  loro  figliuoli  alle  scuole 
cattoliche.  Se  facciamo  loro  posto,  verranno  in  gran  numero.  Una 
comunita  religiosa  di  Fratelli  insegnanti  ha  offerto  i  suoi  servigii 
gratuitamente,  a'  rettori  di  una  grande  parrocchia  italiana,  se  questi 
troveranno  i  inezzi  per  fabbricare  una  scuola. 

Alcune  sign  ore  caritatevoli  cattoliche  aprirono  alcune  scuole  se- 
rali  per  gli  operai  italiani.  I  Protestanti  fanno  gran  frutto  colle 
loro  scuole  serali !  Per  mera  benevolenza,  altri  insegnano  1'inglese 
nelle  scuole  serali  ai  forestieri  che  vivono  fra  di  noi,  e  noi  catto- 
lici staremo  in  ozio,  anche  quando  1'amore  della  nostra  religione 
e  delle  aninie  ci  dovrebbe  animare?  Perche  non  stabilire  lezioni 
di  musica  o  di  disegno?  Gli  italiani  vi  accorrerebbero  immediata- 
mente.  Muna  cosa  farebbe  maggior  piacere  ai  nostri  confratelli  cat- 
tolici italiani,  e  porrebbe  piu  direttamente  rimedio  ai  mali  presenti, 
quanto  la  creazione  di  grandi  parrocchie,  bene  disposte  ed  ordinate 
nei  centri  popolari  italiani.  Provviste  quelle  parrocchie  di  buone 
scuole,  di  congregazioni  mariane,  di  biblioteche  ecc.  si  otterrebbero 


472  IL  DOVERE  DEI  CATTOLICI  DEGLI  STATI  UNITI 

felicissimi  risultati.  Perch$  non  valerci  anche  delPainore  degli  ita- 
liani  per  le  cerimonie  e  pai  giorni  di  festa?  Riconoscere  e  festeg- 
giare,  per  esempio,  le  belle  feste  italiane,  fare  in  quelle  occasion! 
una  funzione  religiosa  alia  quale  tutte  le  soeieta  italiane  prendes- 
sero  parte,  raccolte  insieme  in  una  delle  nostre  chiese  piu  grandi, 
nella  cattedrale  per  esempio;  tali  funzioni,  dico,  ecciterebbero  in  loro 
il  piu  grande  entusiasmo.  La  federazione  delle  societa  italiane  con 
altre  societa  cattoliche,  come  con  quella  di  S.  Vincenzo  de  Paoli, 
sarebbe  un  gran  bene  e  nello  stesso  tempo  si  compirebbe  facil- 
mente. 

Qui  e  un  vasto  campo  offerto  ali'esercizio  dell'apostolato  laico 
che  raccomandianio  specialmente  ai  nostri  lettori  nel  principio  di 
questo  nuovo  anno.  Quel  che  noi  chiediamo,  non  e  tanto  il  denaro 
quanto  lo  zelo  ed  il  metodo  nell'azione  cattolica.  E  1'opera  del  Si- 
gnore,  ed  una  delle  migliori  prove  che  Egli  la  benedice  ci  e  mo- 
strato  dal  gran  bene  che  e  stato  gia  fatto,  quantunque  i  nostri 
mezzi  siano  estremamente  scarsi.  Se  noi  abbiamo  oggi  la  fede,  & 
perche  alcune  generazioni  ormai  passate  lavorarono  e  si  servirono 
delle  loro  ricchezze  per  aiutare  i  nostri  avi  a  conservarla.  Con  la 
feds,  per  molti  di  noi,  e  venuta  nel  medesimo  tempo  la  prosperita 
materiale.  Abbiamo  dunque  un  debito  da  pagare,  ed  anche  i  mezzi 
per  saldarlo,  e,  se  farerno  questo,  anche  per  amore  di  giustizia,  non 
perderemo,  no,  ma  guadagneremo  maggiormente. 


ARCHEOLOGIA  DEL  LIBRO 


IL  LIBRO  AI  TEMPI  DEI  PADRI  DELL  A  CHIESA 
SPECIALMENTE  DI  S.  GREGORIO  MAGNO. 


//  modo  di  scrivere. 
(156) 

Alle  precedent!  note  archeologiche  sulle  biblioteche  nell'antichita 
classica  e  ne'  primi  tempi  cristiani,  facciamo  ora  seguire  alcune  os- 
servazioni  intorno  all'archeologia  del  libro  in  sullo  scorcio  dell 'eta 
classica  e  nel  periodo  degli  scrittori  cristiani.  Queste  poche  pagine 
intendono  rispondere  in  qualche  modo  alia  questione  che  deve  inte- 
ressare  tutti  gli  amici  della  letteratura,  i  teologi  in  parti colare :  Come 
doe  gli  scritli  dei  padri  della  Chiesa  siano  propriamente  arrivati  a  noi. 

Siamo  tanto  avvezzi,  quando  ci  occorre  una  citazione,  a  dar  di  pi- 
glio  alia  patrologia  del  Migne,  ovvero  al  recentissimo  ed  eccellente 
Corpus  scriptorum  ecolesiasticorum  dell'Accademia  Viennese,  ovvero 
ancora  alle  famose  edizioni  Maurine,  o  a  qualche  altra  stampa  piu 
antiquata ;  che  di  fronte  a  tanta  comodita,  a  molti  neppure  cade  in 
pensiero  di  voler  sapere  quale  forma  avessero  gli  antichi  manoscritti, 
che  cedettero  il  posto  alle  nostre  maneggevoli  edizioni  stampate.  Quanti 
sono  che  abbiano  un  chiaro  concetto  come  fossero  gli  scritti  originarii 
degli  antichi  padri,  i  loro  primi  dettati,  in  quali  condizioni  material! 
fossero  pubblicati,  come  corretti,  molti plicati,  custoditi,  da  potersi 
conservare  fino  a'  giorni  nostri? 

Che  se  in  questi  pochi  cenni  ci  riferiamo  soprattutto  a  S.  Gre- 
gorio  Magno  e  ai  detti  suoi,  sparsi  per  le  molte  sue  opere,  la  ra- 
gione  e  ch'egli  ci  lascio  intorno  a  questo  soggetto  molte  notizie;  e 
inoltre,  per  essere  egli  1'ultimo  dei  grandi  padri  della  Chiesa,  si  trova 
come  collocate  tra  lo  spirare  del  tempo  antico  e  gl'inizii  del  medio 
evo,  offrendo  il  vantaggio  di  presentarci  ancora  riunite  le  usanze 
dei  secoli  trascorsi,  avanti  che  il  medio  evo  le  sostituisse  con  altre. 

Le  opere  letterarie  dei  padri  della  Chiesa,  che  noi  possediamo, 
furono  parte  consegnate  da  loro  stessi  allo  scritto,  parte  raccolte  da 
altri,  che  ne  udiyano  i  discorsi  e  gl'insegnamenti,  e  poi  le  cose  udite 


474  IL  LIBRO 

registravano  il  meglio  che  sapevano.  E  naturale  che  quelle  prime, 
scritte  direttamente  dagli  autori,  portino  in  se  un  maggior  carattere 
di  autenticita.  Per  quell'altre  poi  che  erano  semplicemente  raccolte 
dagli  uditori,  molto  importa  sapere  se  1'autore  le  riconoscesse  vera- 
mente  per  sue,  oppure  non  consentisse  di  lasciarle  circolare  avanti 
d'averle  corrette.  Cosi  tra  le  opere  di  S.  Grregorio  ne  troviamo  del- 
1'una  e  dell'altra  maniera;  quali  dovute  a  lui  direttamente,  quali 
all'opera  degli  exceptores,  notarii. 

Ma  quando  alcun  an  tore  comparisce  come  scrittore  delle  pro- 
prie  opere,  non  e  necessario  supporre  subito  che  egli  personalmente 
desse  di  mano  alia  penna,  al  calamus  cioe  o  al  graphium;  che  anzi 
il  dettare,  e  valersi  dell'opera  materiale  d'un  altro,  nell'antichita  clas- 
sica,  e  ancora  in  sul  cadere  della  medesima,  fu  costume  cosi  ordinario, 
almeno  de'  grandi,  che  il  vocabolo  dictare  molto  spesso  e  sinonimo  di 
scrivere  o  comporre.  Ed  in  questo  senso  la  parola  passa  nell'uso  medie- 
vale ;  dictitus,  dictatum  suonano  talora  quanto  scritto,  e  1'autore  e  chia- 
mato  dictator.  Per  es.  nel  c.  98  delle  appendici  a  Gennadio  de  viris 
illustr.  si  parla  degli  scritti  di  Pomerio,  i  quali  vengono  designati 
come  «  eius  dictatus  ad  quendam  nomine  Principium  de  contemptu 
mundi  et  alius  de  vitiis  et  virtutibus  praetitulatus.  »  E  Marcolfo 
nell'introduzione  del  suo  famoso  libro  delle  formole,  fa  menzione  dei 
dotti  come  di  uomini  esperti  nel  dettare  «  viri  ad  dictandum  periti  » *. 
S.  Gregorio  Magno  a  proposito  d'una  sua  lettera  ad  un  vescovo,  al 
quale  non  voleva  piu  dare  gli  antichi  segni  di  amicizia,  dice  cosi : 
<  Tantum  ilia  scripsi,  quae  in  causis  terrenis  consiliarius  dictare 
potuit;  nam  ego  ad  hominem  non  legentem  fatigari  in  dictatu  non 
debui  2.  » 

Tra  le  opere  di  S.  Gregorio,  i  quattro  libri  dei  Dialoghi  e  la  fa- 
mosa  Regula  pastoralis  furono  scritti  o  dettati  direttamente  dalPau- 
tore;  mentre  la  grande  opera  dei  Morali  sul  libro  di  Giobbe,  e  le 
Omelie  sui  vangeli  furono  in  parte  dettate,  in  parte  solamente  rac- 
colte dagli  uditori  nel  secondo  modo.  A  questo  pure  appartengono  in- 
teramente  le  Omelie  sopra  Ezechiele,  dettate  dal  593  al  594;  ma  sol- 
tan  to  otto  anni  appresso  dietro  le  istanze  dei  «  fratelli  »  fatte  ricercare 
tra  i  fogli  dei  notari,  da  lui  rivedute,  corrette  e  pubblicate,  man- 
dando  loro  innanzi  una  lettera  dedicator! a  a  Mariniano  arci vescovo 
di  Ravenna,  il  quale  gia  da  tempo  aveva  mostrato  desiderio  di 
averle 3.  Delle  lettere  contenute  nei  quattordici  libri  del  Regisirum 

1  Epist.  ad  lib.  1  Formularum. 

2  Registr.  Epist.  ed.  Ewald  et  Hartmann  1.  6  n.  62  (Epp.  ed.  Maurin. 
6  n.  66). 

3Ep.  12  n.  16  a  (Maurin.  opp.  S.  Greg.  t.  1  p.  1173)  Migne  76,  785. 
Lettera  del  601-602. 


AI   TEMPI   DEI   PADRI   DELLA   CHIESA  475 

un  gran  numero,  specialmente  quelle  d'amicizia,  le  detto  egli  stesso, 
indubitatamente ;  la  maggior  parte  pero  furono  stese  da  ufficiali  della 
cancelleria  pontificia  e  avranno  da  lui  ricevuto  soltanto  1'ultima  re- 
dazione  o  una  revisione.  Nulla  diciamo  qui  delle  opere  liturgiche> 
poiehe  queste  erano  piuttosto  ampliamenti  e  correzioni  delle  formole 
esistenti  gia  eel  tesoro  della  Chiesa;  sebbene  non  lascino  percio  di 
essere  uno  del  frutti  del  suo  ingegno,  particolarmente  in  cio  che  si 
riferisce  alia  musica. 

Riguardo  alle  omelie  de'  padri  della  Chiesa  era  cosa  assai  comune 
che  venissero  raccolte  dai  notari  ecclesiastic!  mediante  la  stenografia 
(notae  tironianae,  tachygraphia}.  L'autore  poi  le  ritoccava  o  rimaneg- 
giava. 

Quanti  equivoci  o  malintesi  si  potessero  facilmente  insinuare  per 
tale  procedimento,  quando  1'oratore  fosse  servito  da  un  cattivo  ste- 
nografo,  lo  vediamo  nel  caso  intervenuto  a  S.  Gregorio  stesso  col- 
1'abate  Claudio  di  Classe  presso  Ravenna.  Aveva  costui,  mentre  di- 
inorava  in  Roma,  raccolti  in  iscritto  varii  discorsi  del  papa  intorno  a 
diversi  testi  biblici ;  ma  o  non  adopro  1'usuale  ed  esatta  stenografiav 
o  soltanto  ne  dette  degli  estratti,  owero  ancora  scrisse  parte  de' suoi 
appunti  piu  tardi,  per  quanto  si  pote  ricordare.  Si  trattava  di  spie 
gazioni  sui  Proverbii,  sulla  Cantica,  sui  Profeti,  sui  libri  dei  Re  e 
sull'Eptateuco.  II  papa,  come  sovente  gli  avveniva,  era  malato,  e  non 
aveva  potuto  comporli  personalmente.  Ma  da  alcuni  saggi  di  quella 
redazione  pote  scorgere  come  ii  suo  pensiero  troppo  spesso  era  ripor- 
tato  inesattemente.  Yenuto  percio  a  morte  1'abate,  ordino  tosto  che 
tutte  quelle  scritture  fossero  messe  insieme  e  spedite  a  Roma.  Esse 
restarono  inedite,  comecche  fossero  destinate  ad  essere  pubblicate  e 
1'autore  gia  avesse  rivolto  il  pensiero  alia  correzione  i. 

L'  infermita  del  papa  gP  impedi  similmente  di  scrivere  in  personar 
cioe  di  dettare,  tutte  le  Omelie  sugli  Evangelii  che  di  lui  possediamo. 
Egli  stesso  dice  che  detto  le  prime  venti  soltanto,  cioe  quelle  del 
primo  libro,  acciocche,  non  potendo  egli  allora  predicare  a  cagione 
de'  suoi  mali,  un  altro  leggesse  pubblicamente  i  suoi  discorsi 2.  La 
parte  rimanente  invece,  da  lui  recitata,  come  la  pronunciaya  cost  ve- 
niva  raccolta  «  ita  ut  loquebar  excepta  est  >  e  le  omelie  «  ab  excepto- 
nbus  sunt  in  codicibus  adfixae  »  3.  Questi  discorsi  rapidamente  tra- 

1  Ep.  cit.  12  n.  6  (M.  12  n.  24)  lohanni  subdiacono  Ravennae.  Claudio 
aveva  scritti  i  suoi  appunti   eu  fogli   di  carta    (cartulae),  non  in  libri  di 
pereramena. 

2  Ep.  4  n.  17  a  (M.  opp.    S.  Greg.    t.  1    p.    1434)  Secundino  episcopo 
Taurominitano:  priores   niginti   dictatae  sunt..,    e  prima:   dictata  exposittfr 
est  per  notarium  recitata. 

9  Ibid. 


476  IL   LIBRO 

soritti  furono  tosto  divulgati.  Ma  fu  troppa  la  fretta :  tanto  che  in 
quelle  stesse  omelie  ch'egli  aveva  dettate  e  i  «  fratelli  >  avevano  gia 
posto  in  circolazione  (transtulerunt)  Gregorio  non  tardo  a  ritrovare 
qualcosa  essenziale  da  emendare  riguardo  alle  tentazioni  di  Cristo ; 
e  lo  nota  espressamente  nella  dedica,  che  accompagna  1'edizione  de- 
finitiva  di  quest'opera  famosa  i. 

Se  dunque  qui  gia  v'era  luogo  a  correggere,  quanto  piu  sara  stato 
in  altre  parti  delle  sue  opere,  di  quelle  ch'egli  dice  d'aver  recitate 
in  presenza  di  scrittori  «  verbis  sensibusque  tepescentibus  » ,  come  si 
€sprime  a  proposito  di  certi  passi  de'  suoi  Morali  su  Giobbe  2. 

Questa,  che  e  1'opera  maggiore  di  S.  Gregorio,  ci  rappresenta,  per 
modo  di  dire,  1'autore  nella  sua  officina.  La  lettera  dedicatoria  spe- 
cialmente,  diretta  al  vescovo  Leandro  d'Hispali  (Siviglia)  nell'anno 
595,  contiene  molte  preziose  notizie  intprno  al  modo  della  composi- 
zione,  anche  materiale,  dei  libri  e  gitta  non  poca  luce  sulla  relativa 
terminologia  antica  3.  Ne  riportiamo  qui  sotto  qualche  cosa. 

«  Fratelli  »  ed  amici  avevano  pregato  il  santo  pontefice  che  volesse 
loro  esporre  a  voce  il  libro  di  Giobbe.  Costretto  adunque  dalle  loro 
istanze  (exponere  compulws),  la  prima  parte  la  pronuncio  di  fatto  (sub 
oculis  dixi),  e  mentr'egli  diceva,  uno  stenografo  assegnato  la  racco- 
glieva  in  iscritto  (me  loquente  excepta  sub  oculis].  Nel  seguito  pero 
Gregorio  amo  nieglio  dettare  la  sua  spiegazione  accuratamente  in  forma 
di  trattato  (tractando  dictavi),  senza  recitarla.  Ed  allora  per  dare  al 
tutto  una  medesima  forma,  ripiglio  pure  le  parti  precedenti  riducen- 
dole  a  stile  di  trattato  (per  libros  emendando  composui).  Nella  terza 
ed  ultima  parte  finalmente,  egli  procede  con  maggior  liberta,  quasi 
in  forma  di  conversazione,  ossia  di  conferenza  (colloquendo  protuli), 
senza  avere  tempo  di  ritoccarla  e  di  riordinarla,  distoltone  dai  <  fra- 
telli »  bramosi  di  sempre  nuove  spiegazioni  e  impedito  piu  tardi  dalle 
cure  dell'tifncio  papale.  Cosi  avvenne  che  i  Morali  di  S.  Gregorio, 
letti  e  riletti  per  tutto  il  medioevo,  di  cui  formarono  il  codice  asce- 
tico  preferito,  ritennero  il  carattere  della  prima  origine  e  la  freschezza 
primitiva  in  molte  parti:  e  tutta  1'opera  piu  che  il  linguaggio  del- 
1'arte  parla  quello  del  cuore. 

A  metterci  dinanzi  gli  occh:  sensibili  1'immagine  di  Gregorio  scrit- 
tore  soccorrono  le  antiche  miniature ;  e  ve  n'ha  parecchie,  non  ante- 
riori  pero  al  secolo  nono.  Tra  queste  e  notevole  un  dipinto  dell'anno 

1  Ibid.  cf.  16  Homil.  in  Evang.  n.  1. 

2  Ep.  1  n.  41  (M.  1  n.  43)  Leandro   episcopo  de    Spaniis:    Le   spiega- 
zioni  « per  homilias »  pronunciate,  delibero  Gregorio  in  librorum  ductum 
permutare. 

3  Ep.  5  n.  53  a  (M.  opp.  S.  Greg.  t.  1  p.  1).  Cf.  la  lettera  citata  nella 
nota  precedente. 


AI  TEMPI   DEI  PADRI   BELLA   CHIESA  477 

1360  incirca,  che  adorna  il  codice  della  Regula  pastoralis  di  s.  Gregorio, 
conservato  nell'Archivio  di  S.  Maria  Maggiore  in  Roma.  Esso  fu  ri- 
prodotfco  da  Y.  Federici  nella  Romische  Quartalschrift,  1901  fasc.  1-2 
e  meglio  ancora  secondo  una  fotografia  del  barone  Kanzler  nella  Ras- 
segna  Gregoriana  di  Roma  1902  p.  34  e  35,  che  gentilmente  ci  e  qui 
concesso  di  riportare.  Ivi  Gregorio  e  rappresentato  in  atto  di  dettare 

0  d'insegnare,  sedendo  all'uso  antico  sopra  un  faldistorio   ed  un  alto 
suppedaneo,  reggendo  colla  sinistra  una  pergamena  aperta,  ov'e  scritto 
MEMBANA  (sic),  della  quale  forse  egli  spiega  il  contenuto ;  ed  accanto 
a  lui  e  una   cesta   rotonda  con   due   anse,  che  viene   designata ,  per 
fiBLioTHECA,  secondo  la  barbara  ortografia  di  quel  tempo.  Questa  custodia 
di  libri  e  una  reminiscenza  della  capsa  o  eista,  la  quale  soieva  accompa- 
•gnare  1'effigie  degli  antichi  retori  classici ;  mentre  ]a  pergamena  ricorda 

1  rotoli  che  loro  solevano  essere  posti  in  mano.  All'orecchio  del  santo 
pontefice  scende  la  colomba  che  gl'ispira  la  dottrina  dall'alto.  E  vicino 
al  capo  si  legge  la  scritta  :  f  0  AITOC  GPirOPIOC  KAIIA  POMHG 
-(sanctus  Gregorius  papa  Romae).  Quest'iscrizione  greca,  che  in  questo 
codice  latino  pare  fuor  di  proposito,  doveva  trovarsi  in  qualche  imma- 
gine  piu  antica,  donde  il  nostro  dipinto  dev'essere  stato  copiato. 

Alia  figura  del  santo  Dottore  certe  antiche  e  rozze  rappresentazioni 
aggiungono  talora  uno  scrittore  a  dettatura  che  gli  siede  attento  di- 
Jianzi  (Y.  per  es.  la  miniatura  riportata  net  frontispizio  delPeccellente 
Rassegna  gregoriana).  A  volte  le  due  figure  sono  separate  tra  loro  da 
Una  cortina,  conforme  riferisce  un'antica  notizia :  «  oppansum  velum 
inter  ipsum  et  exceptorem  tractatus  sui».  Cosi  si  legge  nella  Vita 
s.  Gregorii  di  Paolo  Diacono  c.  28,  o  a  dir  piu  esatto  nelle  leggen- 
darie  aggiunte  fatte  alia  Vita  da  mano  estranea  i.  II  velo  non  e  un'in- 
venzione  fantastica,  come  sono  diverse  leggende  quivi  narrate.  Secondo 
1'etichetta  della  corte  bizantina,  che  fu  in  tanti  punti  ricevuta  ed  imi- 
tata  in  Roma  alia  corte  papale,  certe  udienze  1'imperatore  non  le  dava 
se  non  stando  dietro  un  velo.  E  similmente  nel  secolo  nono  i  papi  non 
ammettevano  i  giudei  alia  loro  presenza,  se  non  separati  da  una  cor- 
tina. Trattandosi  poi  del  dettare  e  deilo  scrivere,  il  velo  poteva  inter- 
venire  per  conciliare  raccoglimento  e  tranquillita  alPautore. 

//  materiale  per  scrivere. 
(157) 

In  luogo  del  papiro  (carta),  sul  quale  in  antico  si  usava  scrivere,  co- 
mincio  al  tempo  de'  padri  della  Chiesa  a  sottentrare  di  mano  in  mano 

1  Nell'ediz'one  della  genuina  Vita  S.  G-regorii  di  Paolo  Diacono,  ch'io 
pubblicai  nella  Zeitschrift  fur  kath.  Theolugie  (t.  11,  1887,  p.  158  ss.)  ho 
dimostrato  che  queste  interpolazioni  hanno  una  data  di  molto  posteriory 


478 


IL   LIBRO 


•:  ..     •      - ..:   ,  li* ..... 

Dal  codice  Liberiano  della  Regula  pastoralis. 


AI  TEMPI  DEI  PADRI  DELLA  CHIESA  479 

la  pergamena.  Ed  il  papiro  ando  facendosi  piu  raro,  tanto  che  gia  nel 
secolo  sesto  d.  C.  non  si  adoperava  se  non  per  piccoli  scritti  e  di  minor 
momento,  come  lettere  e  document!.  I  Registri  di  Gregorio  Magno, 
cioe  dire  le  copie  autentiche  delle  sue  lettere,  le  quali  venivano  ri- 
poste e  conservate  nell'archivio  presso  il  Laterano,  erano  scritte  simil- 
mente  su  papiro  J.  Un  uso  speciale  se  ne  faceva  allora  nel  Foro  di 
Roma  per  gli  atti  giudiziarii;  e  sappiamo  da  Simmaco  e  da  Cassio- 
•doro' che  i  rotoli  ne  erano  formti,  come  per  Pinnanzi,  dall'Egittc  2: 
paese  classico  del  papiro,  il  quale  an  che  nel  secolo  settimo  ne  impor- 
tava  una  discrete  quantita  in  GaJiia  per  via  di  Massilia  (Marsiglia). 

Ma  rimontando  addietro,  ne7  secoli  quarto  e  terzo,  quanto  univer- 
saimente  il  papiro  fosse  allora  adoperato  per  scritti  d'ogni  fatta,  lo 
possiarno  scorgere  sulle  piu  antiche  scolture  cristiane,  specialmente 
sui  sarcofagi.  I  molti  personaggi  che  vi  s'incontrano,  o  sia  Cristo  come 
Maestro,  ovvero  gli  apostoli  e  i  profeti,  o  semplici  cristiani,  ovvero 
ancora  retori  e  filosofi  pagani,  quando  debbono  essere  raffigurati  col- 
1'emblema  di  qualche  scritto,  sempre  lo  tengono  in  forma  di  rotolo,  che 
e  quella  degli  antichi  libri  papiracei.  Pero  nel  secolo  quinto,  nelle  opere 
pensatamente  composte,  questo  simbolo  si  muta :  e  generahnente  pre- 
domina  il  codiee  invece  del  rotolo :  segno  che  anche  nella  vita  comune 
1'uso  di  scrivere  sulla  membrana  e  di  comporre  le  pergamene  in  forma 
di  libro  avevano  preso  il  soprawento  3. 

Non  e  da  credere  Dero  che  in  aatico  il  papiro  sempre  venisse  av- 
volto  in  rotolo,  n&  i  fogli  di  pergamena  sempre  riuniti  in  codici.  Come 
i  predetti  charticii  libri  colle  lettere  di  Gregorio  Magno  probabilmente 
non  erano  rotoli  di  carta,  ma  veri  libri  propriamente  detti,  cosi  v'erano 
pure,  sebbene  raramente,  degli  altri  libri  di  papiro.  A  Vienna  p.  e, 
si  conserva  un  manoscritto  di  s.  Ilario  di  Poitiers,  del  quarto  secolo, 
su  papiro  (cod.  2160);  e  a  s.  Gallo  un  codiee  di  papiro  contenente 
delle  omelie  e  uno  scritto  d' Isidore  in  caratteri  unciali  del  secolo  VII 
(cod.  226) ;  del  pari  frammenti  di  due  manoscritti  di  Agostino  e  d'Avito 
ki  Ginevra  *. 

Insieme  col  papiro,  al  soprav venire  della  pergamena  nell'uso  gene- 


1  IOH.  DIAC.   Vita  S.   Greg.,  Prolog-.:  charticii  libri  epistolarum  patris 
(Gregorii). 

2  SYMMACHUS  Ep.  4,  28;  CASSIODOR.,  Yaria  11  c.  38.  Cf.  per  la  Gallia 
GREG.  TUR.  Hist.  Franc.  5  c.    5.  —  BIRT,  Das   anttke   Bucfiwesen   (Berlin, 
1882)  p.  56.  DZIATZKO,   Untersuchungen  uber  ausgetvalte  Kapitel  des  antikcn 
Buchwesens  (Leipzig,  1900)  p.  141. 

3  VICTOR  SCHULTZE,  Rolls    und  Codex,  ein  archaologischer  Beitrag  u. 
s.  w.  in  Grreifswalder  Studien,  Hermann  Cremer  gewidmet  (1895)  p.  153. 

4  WATTENBACH,  Das  Schriftwesen  im  Mittelalter,  3  Aufl.  1896  p.  105. 


480  IL  LIBRO 

rale,  andarono  in  disuso  altresi  le  tavolette  di  cera,  nelle  quali  s'in^ 
cidevano  i  caratteri  collo  stilo  o  graphium. 

Tuttavia  grazie  alia  sua  comodita  per  appuntare  noterelle  o  altre 
cose  provvisorie,  questo  costume  non  decadde  interamente,  e  per  tutto 
il  medio  evo  se  ne  possono  allegare,  qua  e  la  almeno,  delle  prove, 
Abbiamo  S.  Benedetto,  che  nella  sua  regola  monastica  ordina  che  gli 
abati  debbano  dare  ai  monaci  graphium  e  tabulas;  e  nel  secolo  XV 
ancora  nel  monastero  di  Andeehs  in  Baviera  era  in  vigore  1'ordinanza 
che  ciaecun  monaco  nella  sua  cella  dovesse  avere  « tabulam  cereatam. 
cum  graphio»  *.  La  surriferita  notizia  nelle  aggiunte  a  Paolo  Diacono 
(sopra,  pag.  477)  pone  in  mano  allo  scrivano  di  s.  Gregorio  uno  stilo, 
col  quale  egli  avrebbe  fatto  un  forellino  nel  velo  per  poter  vedere  il 
santo  pontefice  mentre  dettaya:  eppero,  secondo  1'autore  della  leggenda^ 
egli  doveva  scrivere  su  tavolette  di  cera.  E  difatto  si  usava  facilmente 
questo  modo  di  registrare  quei  dettati  che  poi  a  miglior  agio  si  trascrU 
vevano  e  riunivano  in  un  libro. 

Cosi  quando  intorno  all'  anno  670  il  vescovo  jArcolfo  2  voile  la* 
sciare  una  relazione  del  suo  viaggio  in  Terrasanta,  detto  le  sue  me^ 
morie  all'abate  Adamnano  di  Jona,  che  scrittele  frattanto  in  cera,  poi 
le  trasportd  su  pergamena  e  le  pubblico.  Riportiamo  il  passo  di  Adam- 
nano su  questo  proposito  che  e  molto  istruttivo.  «  Arculfus  sanctus 
episcopus  gente  Gallus...  mihi  Adamnano  haec  universa  quae  infra 
craxanda  (cioe  scribenda)  sunt,  experimenta  diligentius  percunctanti 
et  primo  in  tabulis  describenti  fideli  et  indubitabili  narratione  dicta* 
vit,  quae  nunc  in  membranis  brevi  textu  scribuntur  3.  » 

Yenendo  ora  all'introduzione  della  pergameDa  nella  pratica  uni-* 
versale,  e  da  notare  che  sebbene  essa  fosse  adoperata  gia  avanti  che 
fiorisse  la  letteratura  cristiana;  tuttavia  essa  non  fu  comunemente 
adoperata  a  comporne  libri  in  forma  di  codici,  che  soppiantarono  U 
papiro,  se  non  al  tempo  degli  autori  cristiani  e  dei  loro  scrivani. 

Anche  prima,  cioe  nell'  eta  pagana,  si  faceva  uso  di  pergamena 
specialmente  per  collezioni  di  opere  giuridiche.  I  famosi  Codiei  di 
Giustiniano  e  di  Teodosio  furono  preceduti  da  un  Codex  Hermoge-* 
nianus,  e  questo  a  sua  volta  da  un  Codice  Gregoriano.  La  parola 
Codice  e  qui  molto  significativa.  Essa  si  riferi  da  principio  alia 
forma  e  alia  disposizione  delle  raccolte  giuridiche,  che  non  si  pub- 
blicavano  in  foggia  di  rotoli  ma  di  libri  e  cosi  andavano  per  le  mani 
de'  legali ;  piu  tardi  passo  a  significare  pure  il  contenuto  stesso  dei 

1  ROCKINGER,  Zum  baierischen  Schriftwesen  p.  9,  presso  Wattenbacli 
1.  c.  p.  63. 

2  Non  Arnulf,  come  scrive  il  Wattenbach  1.  c.  p.  68. 

3  ADAMNANUS,   De  locis   sanctis,    Praefatio,    ed.    Geiyer  (Corp.  script,, 
eccles.  Ut.  Vindob.  t.  39)  p.  221. 


AI  TEMPI  DEI  PADRI  DELL  A  CHIESA  481 

libri.  Ora  in  tal  genere  di  document!,  che  dovevano  continuamente 
essere  consnltati  e  sfogliati  pel  tribunal!,  e  naturale  che  la  forma  di 
codice  tornava  molto  piu  comoda  e  la  materia  della  pergamena  molto 
piu  consistente,  che  non  i  fragili  papiri  dei  rotoli  antichi. 

Ai  quali  due  vantaggi  pratici  s'aggiungeva  ancora  quello  del  costo 
della  pergamena,  che  si  scriveva  sulle  due  facce,  ed  era  materia  as- 
sai  piu  facile  a  trovare  dappertutto  e  a  minor  prezzo  del  papiro;  il 
quale  s'importava  da  paesi  lontani,  e  d'ordinario  non  si  scriveva  che 
sopra  una  sola  faccia. 

Tra  i  libri  dei  cristiani  noi  troviamo  anzitutto  il  libro  dei  libri, 
la  s.  Bibbia,  scritta  di  preferenza  su  pergamena.  Cosi  sono  tutti  i 
nostri  antichi  esemplari  delle  s.  Scritture.  Come  pei  Codici  legali, 
cosi  pure  per  quelli  della  Bibbia  dovette  prevalere  la  comodita  pra- 
tica  di  farli  maneggevoli  e  consistent!  per  la  necessita  delPuso  continuo 
nelle  chiese.  Per  tal  modo  la  legge  di  Dio  apparve  in  veste  egualmente 
onorevole  accanto  ai  Codici  della  legge  umana.  A  tale  usanza  per 
altro  potrebbe  aver  cooperate  eziandio  1'antica  consuetudine  che  ave- 
vano  gli  Ebrei  di  scrivere  sulle  membrane  i  libri  santi,  e  che  sa- 
rebbe  stata  ricevuta  e  conservata  dai  cristiani  per  tramandare  cosi 
il  vecchio  come  il  nuovo  Testamento. 

Difatti  allorche  Costantino  imperatore  nella  sua  nuova  capitale 
per  mezzo  del  vescovo  Eusebio  voile  provvedere  le  chiese  di  cin- 
quanta  esemplari  della  Bibbia,  li  fece  scrivere  su  pergamena  in  forma 
di  codici  (awjiaiia  ev  Stcp^epat^)  *. 

Ne  soltanto  i  libri  cristiani  venivano  cosi  affidati  a  piu  solido 
materiale,  ma  anche  le  opere  della  letteratura  pagana,  e  specialmente 
nel  quarto  secolo.  E  fu  grande  ventura  :  poiche  i  tesori  della  scienza 
antica,  consegnati  ai  caduchi  fogli  di  papiro  minacciavano  di  perire  : 
vescovi  e  monaci  se  ne  presero  pensiero,  e  col  farli  trascrivere  in 
robusti  codici  di  pergamena  li  salvarono  alia  posterita.  Gria  avemmo 
cccasione  di  rammentare  i  meriti  del  vescovo  Euzoio  di  Cesarea  in 
questo  riguardo  2. 

Ora  col  divulgarsi  la  nuova  foggia  dei  libri  non  tardo  a  spuntare  il 
gusto  delP  ornamento  e  dell'  eleganza  esteriore  de'  medesimi  ;  tanto 
che  S.  Giovanni  Crisostomo  trova  motive  di  lamentare  che  talora  si 
badi  piu  alia  bellezza  delle  membrane  e  alia  venusta  d'una  sfru- 
diata  calligrafia,  che  al  contenuto  dei  libri  3. 

Certo  la  pergamena  e  la  forma  di  codice  consentivano  meglio  che 
il  rotolo  di  papiro  lo  sfoggiare  in  un  lusso,  che  del  resto  rispondeva 

1  EUSEB.   Vita  Constantini  1.  4  c.  36,  37. 

2  Archeologia  n.  154,  in  Civ.  Catt.  1902,  t.  IV  p.  463. 

3  IOH.  CHRYS..  Rom.  in  lok.  32:  OTCOOSYJ  Ttepl  TYJV  TWV  &ii£vcov 


Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.  31         14  febbraio  1903. 


482  IL   LIBRO 

al  gusto  sontuoso  e  alle  tendenze  dell'  ultima  eta  dell'  impero.  Gli 
amatori  di  libri  si  compiacevano  allora  delle  pergamene  tinte  di  por- 
pora  e  scritte  in  caratteri  d'oro  e  d'argento.  Ed  alcuni  ricchi  romani 
ne  toccarono  rimproveri  da  s.  Q-erolamo,  perche  quello  sperpero  nel 
fregiare  d'esagerata  eleganza  i  manoscritti  tornava  a  scapito  del  po- 
verelli  di  Cristo :  «  Si  tingono  le  membrane  in  colore  di  porpora, 
1'oro  si  stempera  in  bei  caratteri,  i  codici  si  fregiaao  di  gemme,  e 
intanto  nudo  dinanzi  alia  porta  Cristo  si  muore  di  fame  1.  > 

Le  parole  del  santo  Dottore  «  Codices  gemmis  vestiuntur  »  allu- 
dono  qui  alle  preziose  legature  dei  codici.  Quanta  ricchezza  sfoggias- 
sero  i  codici  liturgici  delle  pin  insigni  chiese  di  Eoma,  si  pud  argo- 
mentarlo  dalla  segaente  espressione  del  primo  Ordo  romanus,  che 
nel  rimanente  non  e  molta  chiaro :  «  evaugelia  maiora  de  vestiario 
dominico  exeunt  sub  sigillo  (vesterarii  per  numerum)  gemmarum  ut 
non  perdantur  2.  »  Essa  si  riferisce  al  grande  libro  degli  evangelii, 
il  quale  doveva  servire  per  la  messa  papale  del  la  stazione,  e  avanti 
la  funzione,  dal  Laterano  doveva  essere  colle  debite  cautele  portato 
alia  chiesa  assegnata. 

Di  manoscritti  su  pergamene  purpuree  parecchi  ci  sono  pervenuti 
dall'  antichita  cristiana.  Ricordero  soltanto  i  ventiquattro  fogli  del 
Genesi  greco  di  Vienna,  scritti  in  caratteri  capitali  d'oro  e  d'argento; 
poi  la  traduzione  della  Bibbia  fatta  da  Ulfila,  che  e  conservata  in 
Upsala,  e  denominata  Codex  argenteus  perche  scritta  in  lettere  d'ar- 
gento e  d'oro  su  porpora;  finalmente  quel  manoscritto  degli  evan- 
gelii col  testo  d'argento  e  i  soli  nomi  di  Dio  e  di  Cristo  in  oro,  pre- 
zioso  cimelio  spa'rtito  fra  diverse  biblioteche,  cioe  sei  fogli  nella  Va- 
ticana,  due  in  Vienna  e  quattro  a  Londra,  oltre  un  numero  di  altri 
fogli  recentemente  ritrovati  a  Patmos.  Un  bel  facsimile  a  colori  di 
quest 'ultimo  manoscritto,  per  la  parte  conservata  in  Roma,  si  pud 
vedere  nel  volume  dell'  Omaggio  giubilare,  pubblicato  dalla  Biblio- 
teca  vaticana  nel  1888  e  dedicato  al  S.  P.  Leone  XIII. 


1  Ad  Eustochium,    De  custodia  virginitatis :   Inficiuntur  membranae 
colore  purpureo,  aurum   liquescit  in  litteras,    gemmis   codices  vestiuntur, 
et  nudus  ante  fores  earum  Christus  emoritur.  Lo  stesso    dottore  nell'-fi'jp. 
ad  Laetam  107 :  Divinos  codices  amet,  in  quibus  non  auri  et  pellis  baby- 
lonicae  (la  pergamena  piu  fina  si  faceva  venire  da  Babilonia]  vermiculata 
pictura,  sed  ad  fidem  placeat  emendata  et  erudita  distinctio  (cioe  un'esatta 
lezione  e  assai  piu  da  apprezzare),  —  E  nella  Praefatio  in   ToJi.  Habeant 
qui  volunt  veteres    libros    vel  in  membranis    purpureis    auro    argentoque 
descriptos,  vel  uncialibus  ut  vulgo  aiunt  litteris,  onera  magis  exarata  quam 
codices. 

2  Ordo  I  romanus  n.  3.  GRISAR,  Analecta  romana  t.  1  p.  219. 


Al   TEMPI   DEI  PADRI   BELLA   CHIESA  483 


Sull'etd  dei  codici  piu  antichi  in  generate. 
(158) 

A  quale  antichita  adunque  rimontano  propriamente  le  piu  vetuste 
pergamene  pervenuts  insino  a  noi  cogli  scritti  di  autori  gentili  o 
cristiani?  —  Certamente  ne  possediamo  tuttora  di  quelle  scritte  al 
tempo  de'  Padri  della  Chiesa :  ma  molto  meno  numerose  che  non  si 
credesse  pel  passato.  Si  pud  ben  dire  generalmente  che  1'ambizione 
di  rialzare  il  valore  delle  rarita  possedute  nelle  diverse  biblioteche, 
spinse  d'ordinario  ad  esagerarne  1' antichita :  quasi  sempre  si  deve 
sottrarre  uno  o  piu  secoli  alle  date  che  prima  si  solevano  aesegnare. 

Tra  i  manoscritti  su  pergamena,  che  portano  data  (e  questi  se- 
condo  il  metodo  paleografico  tengono  il  primo  posto),  il  piii  antico  e 
la  Tabula  paschalis  di  Berlino,  scritta  non  molto  tempo  dopo  il  447. 
Seguono  i  Fasti  consular -es  di  Verona,  tra  il  486  e  il  494 ;  quindi  il 
Virgilio  di  Firenze,  che  fu  emendato  nel  494  (se  pure  la  sottoscri- 
zione  non  deriva  da  un  esemplare  precedente) ;  poi  Yllario  di  Basilea 
(509-510);  il  Sulpizio  Severo  di  Verona  dell'anno  517  1.  II  piu  an- 
tico cafcalogo  dei  papi,  quello  del  manoscritto  parigino,  fu  scritto  tra 
il  537  e  il  555  2. 

Secondo  il  Dziatzko  pero  tra  i  codici  latini,  che  non  sono  datati 
e  pure  senza  dubbio  rimontano  piu  su  dei  predetti,  i  piu  antichi  sa- 
rebbero  quello  dei  frammenti  di  Sallustio  nel  Cod.  Vat.  Begin.  1283, 
delle  Schedae  Vat.-Berol.  di  Virgilio  (Vat.  lat.  3256)  e  delle  Schedae 
Vat.  di  Virgilio  (Vat.  lat.  32:25).  Egli  assegna  il  detto  Sallustio  al 
III  secolo  dopo  Cristo,  e  i  due  esemplari  di  Virgilio  al  IV  3. 

II  P.  Francesco  Ehrle  prefetto  della  Biblioteca  Vaticana  e  di 
un'altra  opinione.  Egli  ha  pubblicato  i  due  predetti  codici  di  Virgilio 
nella  splendida  collezione  da  lui  iniziata  col  titolo :  Codices  e  vaticanis 
8electif  phototypice  expressi  iussu  Leonis  PP.  XIII.  11  primo  ascito  nel 
1899  colle  schedae  vergilianae  porta  il  proprio  titolo  cosi:  Fragmenta 
et  picturae  vergiliana  codicis  Vaticani  3225  phototypice  expressa :  Romae 
in  officina  Danesi.  II  secondo,  pubblicato  nel  1902,  e  intitolato :  Pic 
turae,  ornamenta,  complura  scripturae  specimina  codicis  Vaticani  3867, 
qui  codex  Vergilii  Romanus  audit,  phototypice  expressa,  ibid.  I  due  co- 
dici sono  entrambi  scritti  in  caratteri  cosiddetti  capitali,  e  grazie  alle 
pitture  specialmente,  sono  d'inestimabile  valore. 

1    Cf.  DZIATZKO,    Untersuchungen  p.  185  ss.  BIRT  p.  119. 

:  Un  facsimile  fotografico  di  questo  catalogo  e  riportato  in  GRISAB, 
G-eschichte  Roms  und  der  Papste  t.  1  p.  731  fig.  214. 

3  Artie.  Buch  in  PAULY-WISSOWA  Realencyclop.  der  Uassischen  Al- 
terthumswissenschaft  t.  3  (1899)  col.  949. 


484  IL   LIBRO   AI   TEMPI   DEI   PADRI   BELLA  CHIESA 

Orbene  il  primo  di  essi  dal  P.  Ehrle,  che  ne  accompagna  la  pubbli- 
cazione  con  un'erudita  introduzione,  viene  riportato  al  IV  secolo,  o  al 
piu  tardi  non  molto  dopo  la  fine  del  V.  II  secondo  codice,  le  cui  pit- 
ture  sono  senza  confronto  inferior!  al  primo  di  pregio  artistico  e  sto- 
rico,  sarebbe  invece  da  collocare  nel  sesto  o  fors'  anco  al  quinto 
secolo.  In  quest'oceasione  1'Ehrle  tra  le  altre  cose  tratta  pure  dei  due 
altri  esemplari  di  Virgilio  posseduti  dalla  Biblioteca  vaticana,  che 
risalgono  parimente  avanti  al  secolo  VII. 

Non  deve  sfuggire  alia  nostra  considerazione  questa  circostanza 
che  tra  i  piu  antichi  manoscritti  incontriamo  ripetutamente  Yirgilio 
per  1'appunto :  essa  e  una  prova  della  gran  parte  avuta  da  questo 
poeta  nella  coltura  medievale  4. 

Le  pergamene  degli  ultimi. tempi  classici  sono  generalmente  scritte 
con  grande  accuratezza  e  bella  calligrafia,  e  di  regola  ordinaria  anche 
corrette  nel  testo.  Dal  secolo  Y  in  poi,  quando  principid  a  fiorire  la- 
vita  monastica,  attesero  a  siffatti  lavori  i  monaci  prineipalmente ;  i 
quali  erano  convinti  di  rendere  un  servizio  al  genere  umano  copiando 
non  solo  gli  scritti  cristiani  ma  i  profani  ancora :  essi  anzi  ripone- 
vano  una  parte  essenziale  della  loro  vocazione  appunto  nello  scrivere 
libri,  e  spesso  si  preparavano  da  se  le  membrane  occorrenti  al  lavoro. 
Se  non  era  quella  fatica  nascosta,  piena  di  pazienza  e  di  abnegazione, 
di  trasportare  dal  papiro  sulle  pergamene  gli  scritti  degli  antichi, 
centinaia  di  autori  sarebbero  colle  fragili  pagine  del  papiro  andati 
perduti  irreparabilmente.  «  Al  depositario  del  pensiero  dei  millennii 
anteriori  a  Cristo,  cioe  al  rotolo  di  papiro  —  dice  il  Birt,  —  quando 
cominciarono  a  svolgersi  i  monasteri  d'occidente  fu  sottratta  per  sem- 
pre  ogni  speranza  d'avvenire  2.  »  Ne  percid  la  scienza  ci  perdette 
nulla.  Dalle  biblioteche  dei  monasteri  noi  abbiamo  ricevuti  i  piu  fa- 
mosi  codici  antichi,  che  formano  il  primo  stipite  delle  nostre  tradi- 
zioni  scientifiche  scritte,  ne  solo  le  prime  bibbie  latine  e  greche,  ma 
(per  nominare  alcuni  altri  cimelii  oltre  quelli  dinanzi  riportati)  Vlliade 
siriaca,  il  palimpsesto  di  Cicerone  de  Republica,  il  Bembino  di  Terenzio, 
il  Graio  di  Verona,  il  Plauto  di  Milano,  il  Dioscoride  di  Vienna,  ed 
i  piu  antichi  manoscritti  di  Livio  a  Vienna  ed  a  Parigi. 

1  V.  quanto  ne  discorsi  piu  a  lung-o  nella  Storia   di  Roma  e  de'  papi, 
II  p.  591  ss.,  e  nell'ed.  tedesca  I  p.  700  ss.  —  Cf.  COMPARETTI,   Virgilio  nel 
media  evo  2a  ed.  Firenze,  1896,  I  p.  99. 

2  Das  antike  Buchwesen  p.  116. 


GRONAGA  GONTEMPORANEA 


Roma,  30  gennaio  -  12  febbraio  1903. 

I. 
COSE  ROMANS 

1.  I  venticinque  anni  del  Pontificate  di  Leone  XIII.  Elenco  delle  sue  en- 
ciclicbe.  —  2.  Commissione  di  consultori  per  gli  studii  biblici.  —  3.  Corso 
d' Apologia  del  prof.  Tuccimei  a  S.  Apollicare.  —  4.  Anniversario  della 
morte  di  Pio  IX.  Lettera  della  Contessa  Mastai  al  Card.  Consalvi. 

1.  La  vigilia  della  chiusura  delPAnno  Giubilare,  mentre  da  ogni 
regione  nel  mondo  cattolico  si  prepara  una  festa,  una  preghiera,  un 
inno,  di  ringraziamento  e  d'augurio,  noi  raccoglieremo  in  queste 
pagine  di  cronaca  le  date  piu  solenni,  il  ricordo  delle  opere  princi- 
pal!,  dei  fatti  piu  important!  del  glorioso  pontificate  di  Leone  XIII 
che  per  la  sola  durata  occupa  gia  il  terzo  posto  nella  lunga  serie  di 
duecento  settantatre  papi,  essendo  stato  superato  solo  da  Pio  IX,  che 
resse  la  Chiesa  per  piu  di  trentun  anno,  e  da  S.  Pietro  che  la  go- 
verno  pift  di  trentadue. 

Eletto  il  20  febbraio  1878,  dopo  due  soli  giorni  di  conclave,  con 
44  voti  sopra  61  carclinaii  presenti  (tre  erano  stati  impediti  dall'in- 
tervenirvi)  venne  incoronato  il  3  marzo  seguente.  Contava  esattamente 
68  anni  di  eta  (2  marzo  1810-1878).  Chi  poteva  pronosticare  allora 
che  PEietto,  quasi  settuagenario,  avrebbe  veduti  sparire  tutti  i  suoi 
elettori,  tranne  un  solo,  il  card.  Oreglia,  ora  decano  del  Sacro  Col- 
legio  ?  —  Nei  venticinque  anni  di  pontificate,  Leone  XIII  creo  140 
cardinali ;  e  di  essi  pure  non  sopravvivono  che  57.  Eresse  due  Sedi 
patriarcali,  quella  di  Alessandria  di  rito  copto,  e  quella  delle  Indie 
orientali  di  rito  latino  :  stabili  tredici  nuove  Sedi  metropolitane  ; 
venti  Vescovati  innalzo  ad  Arcivescovadi ;  fondo  centoquaranta  nuove 
'Sedi  vescovili,  due  Abbazie  nullius,  cinque  Delegazioni  apostoliche, 
cinquanta  Yicariati  apostolici,  trasformo  in  Yicariati  quattordici  Pre- 
'fetture  apostoliche,  e  queste  accrebbe  di  trentacinque  :  in  tutto  252 
titoli  nuovi,  che  provano  1'  incremento  e  la  vita  della  Chiesa  sotto 
1' impulse  del  grande  Pontefice. 


486  CRONACA 

E  mentre  cosi  dilatava  il  regno  di  Dio  sulla  terra,  Leone  XIII 
popolava  di  Santi  il  Cielo  innalzando  agli  onori  degli  altari  una  lunga 
schiera  di  Eroi. 

Tra  i  Santi,  i  Sette  Fondatori  dei  Servi  di  Maria,  S.  Antonio  Zac- 
caria  fondatore  dei  Chierici  regolari  di  S.  Paolo,  S.  Pietro  Claver  S.  J., 
S.  Giovanni  Berchmans  S.  J.,  S.  Alfonso  Rodriguez  S.  J.,  S.  Gio. 
Batt.  de  la  Salle  fondatore  della  Congregazione  dei  Fratelli  della  Dot- 
trina  Cristiana,  Santa  Rita  da  Cascia  degli  Eremitani  di  S.  Agostino, 
S.  Lorenzo  da  Brindisi  cappuccino,  S.  Pietro  Fourier  de'Canonici  re- 
golari di  S.  Agostino,  S.  Gio.  Batt.  De  Rossi,  Canonico  di  S.  Maria 
in  Cosmedin,  S.  Benedetto  Labre,  Santa  Chiara  da  Montefalco,  eremi- 
tana  di  S.  Agostino. 

Tra  i  Beati,  i  settantasette  Martiri  delPAnnam  e  della  Cina,  i 
cinque  Martiri  delle  Isole  Salsete  della  Compagnia  di  Gesu,  i  cinque 
martiri  Domenicani  in  Cina,  il  B.  Ancina  Yescovo  di  Saluzzo,  il  B. 
Grignon  de  Monfort  fondatore  della  Congregazione  de'  Missionari  dello 
Spirito  Santo  e  delle  Suore  della  Sapienza,  il  B.  del  Bufalo  fonda- 
tore della  Congregazione  del  Preziosissimo  Sangue,  il  B.  Gio.  Avila, 
i  Beati  Antonio  Baldinucci  e  Bernardino  Realino  della  Compagnia  di 
Gesu,  i  Beati  Gerardo  Maiella  e  Clemente  Hofbauer  della  Congrega- 
zione del  SS,  Redentore,  ii  B.  Antonio  Grassi  dell'Oratorio,  il  B.  Franc. 
Bianchi  barnabita,  il  B.  Gabriele  Perboire  della  Missione,  il  B.  Pietro 
Chanel  Marista,  il  B.  Pompilio  Pirotti  delle  Scuole  pie,  i  beati  Mar- 
tiri Dionisio  e  Redento  Carmelitani,  i  beati  Teofilo  da  Corte  de'  Mi- 
nori  osservanti,  Leopoldo  dalle  Gaiche  de'  Riformati  francescani,  Fe- 
lice da  Nicosia  cappuccino,  Egidio  M.  di  S.  Giuseppe  Alcantarino,  la 
Beata  Giov.  Lestonnac  fondatrice  dell'Ordine  delle  Figlie  di  Maria,  la 
Beata  Maddalena  Martinengo  contessa  Barco  cappuccina.  la  Beata  Cre- 
scenzia  Hoess  terziaria  francescana,  la  Beata  Giuseppina  M.  di  S.  Agnese 
eremitana  di  S.  Agostino. 

Dipiu  il  9  Dicembre  1886  confermava  il  culto  gia  prestato  a  54 
Martiri  inglesi  sotto  il  regno  di  Arrigo  VIII  e  di  Elisabetta,  a  capo 
de'  quali  sono  i  nomi  illustri  del  Cardinal  Fisher,  vescovo  Roffense, 
di  Tommaso  Moro,  cancelliere  d' In ghil terra,  di  Margherita  Polo  con- 
tessa di  Salisbury  madre  del  Card.  Reginaldo  Polo. 

Date  gloriose  resteranno  nella  Storia  della  Chiesa  gli  anni  1887- 
88,  1893,  1900,  a  cagione  delle  splendide  testimonianze  di  fede  che 
riunirono  i  popoli  intorno  al  Vicario  di  Cristo.  La  prima  data  era  quella 
del  giubileo  sacerdotale  di  Leone  XIII,  che  ordinato  sacerdote  il  31 
Die.  1837  dal  Card.  Odescalchi,  aveva  celebrato  la  sua  prima  Messa 
il  1°  Gennaio  1838  alle  cappellette  di  S.  Stanislao.  L'Esposizione  Va- 
ticana  dei  doni  mandati  al  Papa  in  tal  occasione  dai  popoli  e  dai 
re  fu  aperta  ii  6  Gennaio,  alia  maraviglia  del  mondo. 


CONTEMPORANEA  487 

La  seconda  data  ricorda  il  giubileo  episcopale  del  S.  Padre  che  fu 
iatto  arcivescovo  di  Damiata  nel  1843  e  nunzio  a  Brusselle,  poi  uel 
1846  vescovo  a  Perugia,  creato  Cardinale  da  Pio  IX  nel  1853.  Egli 
compie  cinquant'anni  di  cardinalato  il  19  del  prossimo  Dicembre  1903. 
E  1'unico  superstate  degli  Emi  Porporati  che  furono  presenti  1'8  Di- 
cembre 1854  alia  solenne  defmizione  dell'Immacolata  Concezione.  La 
messa  giubilare  radunava  in  S.  Pietro  70,000  fedeli. 

II  1900  e  la  data  dell' Anno  Santo,  e  sta  ancora  nella  memoria  di 
tutti.  Yogliamo  solo  ricordare  la  consacrazione  degli  iiomini  al  Sacro 
Ouore  di  Gesu.  Tre  altri  giabilei  d'indulgenza  concesse  Leone  XIII 
negli  anni  1879,  1881,  1886. 

Taceremo  oggi  ogni  memoria  delle  ire  e  degli  oltraggi  settari  che 
pur  troppo  non  mancarono  a  Leone  XIII  (come  gli  empi  saturnali  a  Gior- 
dano Bruno  nel  1889),  per  non  rammentare  che  i  giorni  in  cui  il  mondo, 
venerando  il  Yicario  di  Cristo  sulla  terra,  lo  elesse  arbitro  e  media- 
^ore  di  pace  nel  1885  tra  la  Prussia  e  la  Spagna  per  la  questione 
delle  isole  Caroline;  nel  1892  fra  il  Portogailo  ed  il  Belgio  pei  con- 
fini  del  Congo;  nel  1895  fra  le  repubbliche  di  Haiti  e  di  S.  Domingo 
pei  limiti  dei  loro  territori.  Ricordererno  i  Concordat!  col  Portogailo 
•e  col  Montenegro  nel  1886,  quello  della  Colombia  nel  1888  :  la  gerarchia 
•cattoliea  ripristinata  nella  Scozia,  nel  1878  :  nel  1881  tra  i  Bulgari, 
fra  i  Ruteni;  nella  Bosnia  e  nell'Erzegovina ;  nel  1891  nel  Giappone: 
la  istituzione  della  legazione  prussiana  presso  la  Santa  Sede  nel  1882, 
•della  russa  nel  1895 :  1'invio  a  Roma  di  plenipotenziari  inglesi  nel 
1888  e  1890,  e  di  quelli  degli  Stati  Uniti  nel  1902. 

II  Collegio  Ruteno,  il  Collegio  greco  di  S.  Atanasio,  il  Seminario 
copto,  il  Collegio  armeno,  il  maronita,  il  caldeo  sono  testimoni  dello 
zelo  di  Leone  XIII  per  favorire  quella  uniore  delle  Chiese  Oriental! 
che  fu  la  preoccnpazione  costante  del  suo  pontificate. 

Bastera  citare  1'istituto  Leonino  d'Anagni,  il  Lecniano  in  Roma, 
la  Biblioteca  Yaticana  ampliata,  gli  Archivi  aperti,  1'  Osservatorio 
fondato,  le  Sale  Borgiane  ristorate,  1'abside  di  S.  Giovanni  Laterano 
rifatta,  per  provare  la  munificenza  di  Leone  XIII  in  tutto  quello  che 
appartiene  a  religione,  scienza,  lettere  ed  arti. 

Ma  certo,  per  comune  consenso,  il  piu  solenne  monumento  clie 
provera  alia  storia  la  sollecitudine  e  la  sapienza  del  papa  Leone  XIII 
per  il  bene  della  Chiesa  e  la  salvezza  dell'umana  societa  sono  le  sue 
Lettere  encicliche.  Noi  le  riuniamo  qui  per  ordine  di  data,  e  non, 
•crediamo  far  opera  inutile,  poiche  anche  il  loro  solo  titolo  e  argo- 
mento  dei  bisogni,  delle  lotte  dei  tempi  e  segna  la  via  trionfale  del- 
1'Eterna  Yerita : 

Inscrutabili,  11  aprile  1878  (il  giorno  di  Pasqua)  e  la  prima  pa- 
xola  del  Papa  al  mondo  cristiano. 


488  CRONACA 

Quod  Apostoliei  numeris,  28  ottobre  1878.  Contro  il  socialismo. 

Aeterni  Patris,  4  agosto  1879.  Raccomanda  lo  studio  della  filosofia. 
secondo  S.  Tommaso. 

Arcanum,  10  febbraio  1880.  Del  matrimonio  cristiano. 

Grande  munus,  30  settembre  1880.  Culto  de'  SS.  Cirillo  e  Metodio 
apostoli  degli  slavi. 

Sancta  Dei  civitas,  3  dicembre  1880.  Delia  propagazione  della  fede^ 

Militans  lesu  Cristi  Ecclesia,  12  marzo  1881.  Pubblica  il  Giubileo> 
straordinario. 

Diuturnum,  29  giugno  1881.  Del  politico  principato. 

Etsi  nos,  15  febbraio  1882.  Ai  Yescovi  d'ltalia.  Sui  mali  present!.. 

Auspicate,  17  settembre  1882.  Nel  Settimo  Centenario  di  S.  Fran- 
cesco d'Assisi. 

Cum  multa,  8  dicembre  1882.  Ai  Vescovi  Spagnuoli.  Per  la  con- 
cordia. 

Supremi  Apostolatus,  1  sett.  1883.  Ricorso  alia  B.  Y.  col  Rosario.. 

Nobilissima  Gallorum  gens,  10  febbraio  1884.  Mali  della  societa,. 
unione  colla  S.  Sede. 

Humanum  genus,  20  aprile  1884.  Contro  la  setta  massonica. 

Superiore  anno,  26  agosto  1884.  Del  Santo  Rosario. 

Immortale  Dei,  1  novembre  1885.  Della  costituzione  cristiana  delle- 
nazioni. 

Quod  auctoritate,  22  dicembre  1885.  Pel  Giubileo. 

Quod  multum,  22  agosto  1886.  Ai  Yescovi  ungheresi.  Della  liberty 
deDa  Chiesa. 

Humana  salutis  auctor.  1  sett.  1886.  Ai  Yescovi  portoghesi.  Delia 
Gerarchia  nelle  Indie. 

Pergrata  nobis,  14  settembre  1886.  Ai  Yescovi  portoghesi.  Sui 
Concord  ato. 

Vi  e  ben  noto,  20  settembre  1887.  Ai  Yescovi  italiani.  Sui  SS.  Ro- 
sario,  rimedio  ai  mali  che  affliggono  1'  Italia. 

Officio  sanctissimo,  22  dicembre  1887.  Ai  Yescovi  bavaresi.  Suite 
condizioni  della  Ghiesa  in  Baviera. 

Libertas,  20  giugno  1888.  Delia  natura  della  liberta. 

Saepe  nos,  24  giugno  1888.  Ai  Yescovi  irlandesi.  Delle  agitazioni* 

Paterna  charitas,  25  luglio  1888.  AI  Patriarca  di  Cilicia,  ai  Yescovi 
e  al  popolo  Armeno. 

Exeunte  iam  anno,  25  dicembre  1888.  Chiusa  del  Giubileo  sacer* 
dotale.  Dei  mali  che  affliggono  la  Societa. 

Quamquam  pluries,  15  agosto  1889.  Pel  Patrocinio  di  S.  Giuseppe- 
e  di  Maria  Yergine. 

Sapientiae  christianae,  10  gennaio  1890.  Dei  doveri  de'  cittadini 
cristiani. 


CONTEMPORANEA  489 

Datt'alto  dell' Apostolico  seggio,  15  ottobre  1890.  Ai  Yescovi  e  al 
popolo  italiano.  Dei  mail  present!. 

Catholicae  Ecdesiae,  20  novembre  1890.  Dell'  abolizione  della 
^schiavitu. 

Eerum  novarum,  15  maggio  1891.  Della  condizione  degli  operai. 

Octobri  mense,  22  settembre  1891.  Del  rosario  della  B.  Y. 

Au  milieu  des  sollicitudes,  16  febbraio  1892.  Ai  Yescovi  e  al  popolo 
francese,  sulle  dissensioni  politiche. 

Quarto  abeunte  saeculo,  16  luglio  1892.  Ai  Yescovi  di  Spagna, 
Italia  e  America.  Centenario  della  scoperta. 

Magnae  Dei  Matris,  8  settembre  1892.  Del  rosario  della  B.  Y. 

Inimica  vis,  8  dicembre  1892.  Ai  Yescovi  italiani.  Sulle  se"tte. 

Ad  extrema  orientis  oras,  24  giugno  1893.  Ai  Yescovi  delle  Indie 
per  la  fondazione  del  Seminari. 

Constanti  Hungarorum,  2  settembre  1893.  Ai  Yescovi  ungheresi. 

Laetitiae  Sanetae,  8  settembre  1893.  Del  santo  Rosario. 

Non  mediocri,  25  octobre  1893.  Ai  Yescovi  spagnuoli. 

Provvidentissimus  Deus,  18  novembre  1893.  Degli  studi  biblici. 

Charitatis  providentiaeque  Nostrae,  19  marzo  1894.  Ai  Yescovi  Po- 
lacchi.  Dell'educazione  del  Clero. 

Praeclara,  20  giugno  1894.  Ai  principi  e  ai  popoli.  Dopo  il  Giubileo 
<episcopale  pel  ritorno  all'unita. 

Literas  a  vobis,  2  luglio  1894.  Ai  Yescovi  brasiliani.  Nuova  Ge- 
rarchia. 

lucundum  semper,  8  settembre  1894.  Del  santo  Rosario. 

Christi  nomen,  24  dicembre  1894.  Delle  missioni. 

Longinqua,  6  gennaio  1895.  Ai  Yescovi  degli  Stati  Uniti. 

Amantissimae  voluntatis,  11  aprile  1895.  AgF  Inglesi.  Pel  ritorno 
dei  dissidenti. 

Adiutricem,  5  settembre  1895.  Del  santo  Rosario. 

Satis  cognitum,  29  giugno  1896.  DelPunita  della  Chiesa. 

Fidentem  piumque  animum,  20  settembre  1896.  Del  Rosario  della  B.  Y. 

Divinum  illud,  9  maggio  1897.  Intorno  allo  Spirito  Santo. 

Militantis  Ecclesiae,  I  agosto  1897.  Ai  Yescovi  di  Germania,  Austria 
<8  Svizzera.  Nel  centenario  del  B.  Canisio. 

Augusiissimae  Virginia  Mariae,  8  settembre  1897.  Del  santo  Rosario. 

Affari  vos,  8  dicembre  1897.  Ai  Yescovi  del  Canada.  Sulle  scuole. 

Charitatis  studium,  25  luglio  1898.  Ai  Yescovi  di  Scozia.  Sul  ma- 
gistero  della  Chiesa. 

Diuturni  temporis,  5  settembre  1898.  Del  santo  Rosario. 

Testem  benevolentiae,  22  genn.  1899.  Al  Card.  Gibbons.  Dell'ame- 
ricanismo. 

Annum  Sacrum,  25  maggio  1899.  Della  Consacrazione  degli  uomini 
•al  S.  Cuore  di  Gesu. 


490  CRONACA 

Depuis  le  jour,  8  settembre  1899.  Ai  Yescovi  di  Francia.  Dei  Se- 
minari  e  degli  Studi  del  Ciero. 

Tametsi,  1  novembre  1900.  Di  Gesu  Cristo  Eedentore. 

Graves  de  Communi,  18  gennaio  1901.  D«mocrazia  cristiana. 

Pervenuti  all' anno  vigesimoquinto,  19  marzo  1902.  Cause  della 
guerra  alia  Chiesa  e  suoi  riinedi. 

Mirae  caritatis,  28  maggio  1902.  Delia  SS.  Eucaristia. 

Fin  dal  principio  del  Nostro  Pontificate,  8  dicembre  1902.  Ai  Ye- 
scovi  italiani.  Dell'eduoazibne  ecclesiastica. 

2.  Nel  secondo  quaderno  di  dicembre,  parlando  della  Oommissione- 
istituita  dal  Sommo  Pontefice  sopra  gli  Studi  biblici,  annunziavamo 
la  prossima  nomina  di  parecchi  Consultori,  parte  resident!,  parte  cor- 
rispondenti  dall'estero,  Eccone  1'elenco  pubblicato  fall' Osservatore  ro- 
memo  del  1  febbraio.  E  facile  riconoscere  in  esso  che  il  Santo  Padre 
ha  chiamato  all 'alto  e  geloso  ufficio  soggetti  di  varie  nazionalita  e  di 
vario  ceto  eeclesiastico,  tutti  di  merito  non  comune,  comprovato  sia 
nell'  insegnamento  sia  colla  pubblicazione  di  importanti  lavori  biblici. 

ERmi,  P.  Fulcrano  Gregorio  Yigouroux,  della  Congregazione  di 
S.  Sulpizio,  professore  di  S.  Scrittura  nell'Istituto  cattolieo  di  Parigi. 

P.  David  Fleming,  Yicario  generale  dei  Frati  minori. 

P.  M.  Alberto  Lepidi  0.  P.  Maestro  del  Sacro  Palazzo  Apostolico.. 

Mgr.  Ant.  Maria  Ceriani,  Prefetto  della  biblioteca  Ambrosiana. 

P.  M.  Tcmmaso  Essler  0.  P.  Segretario^della  S.  Congr.  dell'  Indice. 

P.  Francesco  Hummelauer  S.  I. 

Mgr.  Tommaso  Gius.  Lamy,  membro  della  Societa  archeologica  bi- 
blica  di  Londra  e  professore  nell'Universita  di  Lovanio. 

Dott.  Ottone  Bardenhewer,  professore  di  Esegesi  ail'Universita  di 
Monaco. 

Can.  Giov.  Mercati,  scrittore  della  biblioteca  Yaticana. 

P.  Enrico  Gismondi  S.  I.  professore  di  Sacra  Scrittura  neH'Uni- 
versita  Gregoriana. 

P.  Gio.  Giacinto  Cereseto  dell'Oratorio,  membro  del  Collegio  teo- 
logico  di  S.  Tommaso  di  Genova. 

A.  van  Hoonacker  professore   di  Sacra  Scrittura  nella  Universita, 

di  Lovanio. 

Mgr.  Salvatore  Talamo,  canonico  della  Basilica  Yaticana. 

P.  Carlo  Grannan,  professore  di  Sacra  Scrittura  nell'Universita 
cattolica  di^ Washington. 

Dott.  Luigi  Schaeffer,  prof.  d'Esegesi  nelTUniversita  di  Breslavia.. 

Dott.  Franc.  Kaulen,  professore  d'Esegesi  nell'Dniversita  di  Bonn. 

Dott.  Pietro  Ambrogio  Amelli  0.  S.  B.  Priore  dell'Abazia  di  Monte 
Cassino. 

Roberto  F.  Clarke  della  diocesi  di  Westminster. 


CONTEMPORANEA  491 

P.  M.  Giuseppe  Lagrange  0.  P.  professore  di  Sacra  Scrittura  nel 
Collegio  di  S.  Sfcefano  a  Gerusalemme. 

Umberto  Fracassini,  professore  di  Sacra  Scrittura  nel  Seminario  di 
Perugia. 

P.  Rodolfo  Comely  S.  I. 

Dott.  Hoberg,  rettore  deli'Accademia  di  Friburgo. 

Carlo  Fouard,  canonico  di  Rouen,  gia  professore  di  Sacra  Scrittura. 

Dott.  Tommaso  Weiker  0.  S.  B.,  professore  di  Sacra  Scrittura  nel 
Collegio  di  S.  Anselmo  in  Roma. 

P.  Yincenzo  Scheil  0.  P.  professore  della  Scuola  «  des  Hautes 
Etudes  ». 

Can.  Corrado  Gonfalonieri,  professore  di  Sacra  Srittura  nel  Sem. 
Arcivescovile  di  Firenze. 

Dott.  Bernardo  Schaefer,  professore  di  Sacra  Scrittura  nell'Uni- 
versita  di  Vienna. 

Mgr.  Alfonso  Legendre,  decano  della  facolta  teologica  di  Angers 
.ed  ivi  professore  di  Sacra  Scrittura. 

P.  Ferdinando  Prat.  S.  I. 

Mgr.  Costantino  Guiberlet,  professore  nell'Universita  di  Fulda. 

Dott.  Paolo  Teller,  professore  d'Esegesi  nell'Universita  di  Friburgo. 

A.  Poels  della  diocesi  di  Ruremonda,  dottore  di  Lovanio. 

P.  Luigi  Claudio  Fillion  della  Congregazione  di  S.  Sulpizio. 

Eugenio  Mangenot,  professore  di  Sacra  Scrittura  nel  Seminario  di 
INancy. 

Dott.  Ugo  Weis,  professore  d'Esegesi  nel  R.  Liceo  Floviano  di 
Braunsberg. 

D.  Emilio   Romano   Torio,  professore  nel   Seminario  di  Palencia. 

Enrico  Lesetre,  canonico  di  Parigi. 

Dott.  Dustersvold  gia  direttore  del  Collegio  Albertino  di  Colonia. 

Can.  Chauvin  gia  professore  di  Sacra  Scrittura  nel  Seminario  di 
•Laval. 

P.  Giuseppe  Balestri  dei  Romitani  di  S.  Agostino,  gia  professore 
di  Sacra  Scrittura. 

I  Rmi  PP.  Yigouroux  e  Fleming,  oltre  a  quello  di  Consultori, 
sono  stati  chiamati  dalla  fiducia  del  Santo  Padre  all'officio  di  Secre- 
tarii  della  stessa  Commissione. 

3.  Allo  studio  esegetico  e  strettamente  biblico,  a  cui  specialmente 
e  volta  1'opera  della  Commissione  di  dotti  sopra  nominati,  e  stretta- 
mente collegato  lo  studio  delle  question!  scentifiche  che  hanno  di- 
pendenza  o  relazione  colia  Bibbia  e  la  rivelazione.  Alia  trattazione  di 
tali  questioni,  cosi  vaste,  cosi  important!  e  necessarie  al  cattolico  nella 
moderna  coltura,  vediamo  con  grandissimo  piacere  aperto  un  Corso  di 
Apologia  scientifica  a  S.  Apollinare  dal  chiar.  prof.  Tuccimei.  Le  con- 


492  CRONACA 

ferenze,  cominciate  i  primi  di  Gennaip,  hanno  luogo  tutti  i  giovedir 
alle  10  ant.  II  programme  altamente  scientifico  comincia  dall'esame- 
delle  dottrine  relative  all'origine  dell,a  vita  rispetto  alia  generazione 
spontanea  colla  quale  i  materialisti  pretendono  annullare  la  credenza 
nel  Creatore.  Seguira  poi  lo  studio  djeH'origine  della  specie,  dell'ori- 
gine  dell'uomo,  dell'unita  della  specie  umana,  dei  caratteri  distin- 
tivi  di  essa ;  delle  primitive  migrazioni  umane  e  della  divisione  dei 
popoli;  dell'origine  del  linguaggio:  del  diluvio  noetico;  della  realta 
dell'anima:  della  liberta  umana:  delle  cause  finali  e  dell'ordine  re- 
gnante  nell' Universe. 

II  corso  e  facoltativo,  eppure  lo  vediamo  seguito  da  ben  250  stu- 
diosi;  il  che  prova  appunto  che  si  sente  da  molti  1' importanza  e  la 
necessita  di  tali  conferenze,  ed  onora  meritatamente  la  vasta  dottrina. 
e  la  competenza  scientifica  dell'illustre  profeseore. 

4.  II  7  febbraio  si  tenne  Cappella  papale  nella  Sistina  al  Yaticano 
per  la  ricorrenza  del  25  anniversario  della  inorte  di  Pio  IX.  Alia  Messa 
espiatoria  pontificata  dal  Card.  Satolli,  assisteva  in  trono  il  S.  Padre, 
che  alia  fine  diede  1'assoluzione.  Erano  present!  i  Cardinal!,  la  Corte 
Pontificia,  il  Corpo  diplomatico  oltre  molti  signori  e  signore  di  varie- 
nazionalita.  II  maestro  D.  Lorenzo  Perosi,  succeduto  definitivamente 
al  comm.  Mustafa,  dirigeva  la  cappella  pontificia  che  esegui  la  Messa 
dell'Anerio. 

Non  sia  discaro  ai  nostri  lettori  se,  profittando  della  commemora- 
zione  di  questo  venticinquesimo  anniversario,  riportiamo  qui  un  nuova 
documento  che  riguarda  la  vita  del  grande  Pontefice. 

Quando  nel  1823,  quattro  anni  dacche  era  sacerdote,  e  presidente 
dell'ospizio  di  Tata  Giovanni,  il  giovane  canonico  Mastai  Ferretti 
fu  destinato  a  passare  al  Chili  quale  Uditore  con  Monsignor  Muzzi 
cola  mandato  a  riordinare  le  cose  ecclesiastiche  in  quei  paesi  di  fresco 
levatisi  a  repubblica,  la  madre  di  lui,  contessa  Caterina  Solazzi  in 
Mastai,  gia  innanzi  cogli  anni,  scrisse  al  cardinal  Consalvi  perchS 
volesse  impedire  quell'andata,  e  non  la  privasse  di  quel  suo  ultimo 
fi^liuolo.  La  lettera  della  Contessa  e  la  risposta  del  Cardinale  noi 
ricopiamo  quali  si  trovano  nell'Archivio  Yaticano. 

«  Fresca  tuttora  la  piaga  che  produsse  nel  mio  cuore  la  pcrdita, 
diro  quasi  prematura,  di  due  amatissimi  cognati,  nelle  persone  del 
Yescovo  di  Pesaro,  e  del  Primo  Luogotenente  dell' A.  C.,  i  quali  nelle 
rispettive  loro  forze  servivano  la  religione  e  lo  Stato,  mi  vien  ora  acre- 
mente  esacerbata  dall'  improvviso  annuncio  dato  dall'ultimo  mio  figlio 
Giammaria,  di  doversi  recare  in  remotissime  regioni  per  la  via  di 
mare,  e  per  importantissima  missione ;  di  quel  figlio  il  quale,  conforme 
sa  tutta  Roma,  la  patria,  la  famiglia,  sopravive  per  solo  tratto  di  di- 
vina  provvidenza  ;  di  quel  figlio,  ripeto,  che  nelle  deboli  sue  forze 


CONTEMPORANEA  493 

serve  tuttora  egualmente  e  complessivamente  alia  religion e  ed  alio 
Stato  ;  di  quel  figlio  infine  che  tanti  anni  sono  per  la  sua  debole  com- 
plessione  fu  legalmente  esentato  dalla  coscrizione  militare  :  ed  e 
tutto  dire. 

«  E  come  no  ?  Gracile  egli  per  natura,  soggetto  ad  alterarsi  ad  ogni 
piccolissimo  urto  nell'applicare,  nel  cibarsi  anche  sempre  misurato, 
nei  patemi  d'animo  che  la  sua  umanita  le  (sic)  faranno  talvolta  ri- 
sentire  dividendosi  per  sempre  da'  suoi,  nell'esporsi  a  si  lunga  navi- 
gazione  e  passare  la  linea,  e  azzardo  tale,  che  se  egli  giungesse  alia 
meta,  non  so  mai  qual  frutto  potrebbe  raccogliere  cola  giunto,  sapendo 
altronde  e  conoscendo  quanto  altri  abbian  sofferlo  coll'  aver  tentato 
sanissimi  una  simile  navigazione :  ed  a  me  infine  si  toglie  1'  unico 
conforto  di  mai  piu  rivederlo. 

«  L'animo  sensibile  di  Yostra  Eminenza  Revma,  che  tale  dimostrossi 
nella  perdita  dei  due  ricordati  cognati,  di  quella  segnatamente  del 
Yescovo  di  Pesaro,  non  ha  bisogno  di  parole,  onde  penetrare  nel  cuore 
di  una  madre  e  sentire  il  dolore  che  altamente  la  penetra  in  si  fatta 
circostanza :  ed  e  in  questi  sensi  che  alia  di  lei  pieta  mi  rivolgo  ac- 
ciocche  mostrando  a  questo  figlio,  quanto  nell'alta  sua  mente  e  nel- 
Taffettuoso  guo  cnore  pud  concepire  e  sentire  di  consiglio  e  di  per- 
suasione,  si  ccmpiaccia  rimuoverlo  dalla  presa  risoluzione  e  conservare 
cosi  alia  Chiesa  ed  ai  Governo  un  giovane  che  almen  per  zelo  pud 
rendere  dei  piccoli  si  ma  buoni  servizi ;  e  togliere  a  me  quella  pena 
che  mi  fara  perdere  in  breve  i  pochi  giorni  di  vita  che  mi  rimangono. 

« Nella  fiducia  di  essere  consolata,  le  bacio  umilmente  la  sacra 
porpora. 

«  Senigallia,  18  maggio  1823. 

«  Di  Yostra  Emza  Rma 

(Di  propria  mano)  «  Umilissima,  devotissima  serva 

«  CATERINA  MASTAI.  » 

Yerissimo  era  che  quell'ultimo  degli  otto  figliuoli  della  Contessa 
Mastai  fosse  di  salute  cagionevolissima.  Egli  soffriva  di  insulti  epi- 
lettiformi :  e  nel  1812,  che  era  per  lui  1'anno  della  coscrizione  mili- 
tare, il  vice-prefetto  francese  essendo  stato  presente  piu  volte  in  casa 
Mastai  a  quei  fieri  accidenti,  colla  sua  testimonianza  ne  dovette  di- 
chiarare  1'  inabilita  al  servizio  militare  ;  caso  oltremodo  difficile,  come 
ognun  sa,  negli  anni  terribili  delle  guerre  napoleoniche. 

Quegli  accessi  pero  andaron  diminuendo  piu  tardi,  sicche  pote  ot- 
tenere  la  dispensa  pel  sacerdozio  a  27  anni,  celebrando  la  Messa  per 
parecchio  tempo  in  privato  e  coll'assistenza  di  un  altro  sacerdote. 

Ecco  la  risposta  del  Consalvi : 

(Minuta)  4  Ricevuta  la  lettera  di  Y.  S.  Illrna  del  18  corrente,  non 
ho  lasciato  di  richiamare  a  me  il  suo  signer  Figliuolo  A.  Giammaria 


494  CRONACA 

e  gli  ho  tenuto  proposito  dell'argomento,  cui  appella  la  sua  lettera 
medesima.  Egli  pero  mi  ha  mostrato  il  piu  pieno  e  il  piu  esteso  con- 
senso  paterno  e  materno,  quale,  sebbene  si  trattasse  di  un  oggetto 
cosi  lode  vole,  non  aveva  omesso  di  riportare  precedentemeate.  Attri- 
buisce  il  di  lei  pentimento  ad  un  naturale  impulso  di  tenerezza  ma- 
terna  :  ma  egli  stante  la  bonta  del  motive  che  lo  spicge,  dopo  di  aver 
implorato  dal  cielo  gli  aiuti  opportuni,  e  dopo  essersi  consigliato  con 
persone  di  dottrina  e  prudenza  non  crede  di  recedere  dalia  presa  ri- 
sohizione  e  si  e  mostrato  decisissimo  di  seguire  la  chiamata  del 
Signore, 

«  Comprendera  Ella  pertanto  nella  sua  ragionevolezza  che  io  non  ho 
la  maniera  di  oppormi  alia  virtuosa  determinazione  del  detto  suo 
signer  Figliuolo,  e  che  non  mi  converrebbe  di  farlo.  —  Tan  to  posso 
significare  in  risposta  etc.  >  > 

La  notizia  delle  materne  angustie  era  giunta  fi.no  al  Pontefice 
Pio  VII,  il  quale  nel  congedare  il  giovane  Uditore,  gli  disse  :  La 
Contessa  vostra  madre  ha  scritto  al  Segretario  di  Stato  d'impedire  il 
vostro  viaggio  :  ma  Noi  le  abbiam  risposto  che  sareste  sicuramente 
tomato  salvo  da  questa  missione. 

E'  torno  difatti  due  anni  dopo,  scampato  dalla  prigionia  alle  isole 
Baleari,  dai  pericoli  di  naufragi  sulle  coste  del  Chili,  avendo  molto 
operato  coi  suo  zelo  a  bene  di  quelle  popolazioni.  La  madre  sua  visse 
ancora  tanto  da  vederlo  innalzato  all'Arcivescovato  di  Spoieto  nel  L827. 

II. 
COSE  ITALIANS 

1.  Riapertura  delle  Camere.  Legge  sul  servizio  telefonico.  —  2.  Disordini 
nelle  Universita.  —  3.  Federazione  nazionale  antidivorzista.  Conferenza 
dell'on.  Gianturco.  —  4.  Ancora  della  Societa  Dante  Aligkieri. 

1.  La  riapertura  delle  Cam^re,  il  27  gennaio,  non  ricondusse  a 
Montecitorio  che  pochi  onorevoli,  per  modo  che  i  primi  giorni,  man- 
cando  il  numero  legaler  non  si  pote  venire  a  votazione.  Il  giovedi  29, 
il  ministro  degli  Esteri,  on.  Prinetti,  fu  colto  da  improvviso  malore, 
mentre  cogli  altri  ministri  si  presentava  al  re  per  la  firma  dei  decreti. 
Soccorso  immediatamente  dall'on.  Baecelli,  che  fece  rinvenire  il  malato 
con  qualche  eccitaute,  fu  poi  con  molte  precauzioni  trasportato  in 
carrozza  di  Gorte  al  suo  domicilio.  La  paralisi  manifestatasi  nel  lato 
sinistro,  con  impedimento  della  lingua,  ando  fortunatamente  dimi- 
nuendo a  poco  a  pooo  nei  giorni  seguenti,  e  grazie  alia  fresca  eta  di 
cinquantun'anno  e  alia  robusta  fibra  dell'  infermo,  si  spera  di  vederlo 
presto  riaversi  completamente.  Di  salute  mal  sicura  turono  ancora  il 


CONTEMPORANEA  495 

Presidente  del  Consiglio,  on  Zanardelli,  gli  onorevoli  di  Balenzano 
e  di  Broglio  e  ultimamente  Fon.  Giolitti :  sicche  malato  davvero  pud 
dirsi  il  Ministero,  anche  senza  allusione  ironica  a  probabili  rimpasti 
e  combinazioni  che  gia  erano  corse  pel  giornali  (specie  pel  ministro 
del  Tesoro)  e  che  per  ora  sembrano  premature,  benche  la  questione 
delle  finanze  e  la  legge  degli  sgravii  abbiano  indebolita  la  pubblica 
fiducia  e  aperto  il  campo  a  prossime  battaglie.  —  Intanto  pero,  la 
cura  dell'on.  Prinetti  richiedendo  un  prolungato  riposo,  1' interim  del 
Ministero  degli  Esteri  e  affidato  all'on.  Morin  ministro  della  Marina. 

Nelle  tornate  del  28  e  29  si  discusse  il  disegno  di  legge,  proposto 
dal  Ministero,  pel  servizio  telefonico  interurbano  da  assumersi  dallo 
Stato.  Colla  esecuzione  di  tal  disegno  dentro  quattro  anni  dovra  esser 
eompiuta  una  rete  telefonica  che  metta  in  comunicazione  una  gran 
parte  delle  citta  italiane,  con  tariffe  ridotte  a  0,50  cent,  per  le  distanze 
inferior!  a  100  chilometri,  una  lira  fino  a  250  ch. :  1.50  fino  a  400 
ch. :  2  lire  per  le  distanze  maggiori.  L'unita  di  tempo  della  telefonata 
sarebbe  di  tre  minuti.  Tutto  fa  prevedere  che  questo  servizio  avra 
grande  sviluppo.  Yi  sono  in  Italia  circa  30,000  concessionarii  che 
hanno  linea  propria  e  non  potevano  finora  comunicare  colle  linee  in- 
terurbane ;  concedendo  loro  tale  facolta,  aumenteranno  certamente  di 
nuniero.  Gia  ci  sono  richieste  per  3500  chilometri  di  nuove  linee.  Si 
e  aperta  una  linea  nazionale  Roma-Genova  Milano-Torino:  ed  e  pronta  la 
prima  linea  interuazionale  Roma  Paiigi.  Parecchi  deputati  pero  si  mo- 
strarono  avversi  al  servizio  dello  Stato,  preferendo  le  societa  private  : 
altri  lamento  la  scarsita  degli  stipendi  delle  telefoniste,  che  cominciano 
con  20  lire  al  mese  per  giungere  a  un  massimo  di  60.  Per  ora  il  Go- 
verno  non  voile  addossarsi  nessun  obbligo.  La  legge  fu  approvata  con 
172  voti  contro  35. 

Sul  chiudersi  della  discussione  generale,  dietro  proposta  del- 
l'on. Frascara  fu  unanimemente  approvato  un  ordine  del  giorno  «  per 
inviare  un  voto  di  plauso  e  di  riconoscenza  a  Guglielmo  Marconi,  per 
cui  rifulge  di  nuova  gloria  il  nome  d'  Italia  » . 

Null'altro  di  note  vole  troviamo  nelle  tornate  dei  giorni  scorsi,  se 
non  una  proposta  di  legge  fatta  dall'on.  Di  Rudini,  per  trasferire  alle 
quattro  figliuole  di  Stefano  Canzio  e  Teresa  Garibaldi  1'assegno  dello 
Stato  che  godeva  la  madre,  morta  a  Caprera  il  5  gennaio  passato.  E 
noto  che  con  legge  del  27  maggio  1875  era  stato  fatto  a  Garibaldi  il 
dono  nazionale  di  un  milione,  e  assegnata  la  pensione  di  50,000  lire, 
la  quale  fu,  alia  morte  di  lui,  ripartita  tra  i  cinque  figli.  Per  la 
nuova  proposta  dell'on.  Di  Rudini  la  pensione  di  Teresa  Canzio  Gari- 
baldi sarebbe  continuata  in  2,500  lire  a  ciascuna  delle  sue  figliuole. 
La  proposta  fu  approvata  senza  discussione  de'  deputati,  ma  non 
senza  commenti  de'  contribuenti. 


496  CRONACA 

2.  Curioso  benche  non  nuovo  spettacolo  davano  quest!  giorni  gli 
student!   di   parecchie  Universita   del   Regno.  Roma,  Torino,  Pavia, 
Padova,  Parma,  Bologna  e  sopratutto  Napoli   erano   in  tumulto,  per 
divers!  pretest!,  e  non  senza  inttusso,  come  disse  alia  Camera  il  Mi- 
nistro  Nasi,  del  vicino  carnevale.  In  alcune  fu  cagione   di  malcon- 
tento  la  nuova  legge  sulP  Istruzione  superiore,  per  la  quale  vengono 
aumentate  le  tasse  degli  student!  di  una  media  di  circa  50  lire.  Al- 
trove  invece  gli  universitarii  strepitarono  per  un   altro   inciso   della 
stessa  legge,  il  quale  ricorda  che   in  ogni   caso  «  sara  vietata  qua- 
lunque  sessione  d'esame,  oltre  le  due  di  luglio  e  di  ottobre  normal- 
mente  stabilite  dalla  legge  Casati :  soltanto  nelle  Universita  dove  e 
maggiore  il  numero  degli  student!,  le  sessioni  d'esame  possono  essere 
prolungate  per  decreto  ministeriale  su  proposta  del  Consiglio  accade- 
mico,  purch&  non  s'  interrompa   il  corso  delle  lezioni,  e  lo  studente 
non   potra   presentarsi    all'esame   che   una  sola  volta  per  ogni  ses- 
sione. »  Gli  student!  dell 'Universita  di  Napoli  intendevano  avere  la 
sessione  straordinaria  di  marzo  :  e  per  ottenerla  tumultuarono  ;  furono 
impedite  le  lezioni,  fracassati  vetri,  abbattute  le  porte,  messo  fuoco 
ai  banchi :  fischiate  le  guardie  aocorse,  bersagliate  con  libri,  e  quanto 
capitava  alle  mani.  All'Anfiteatro  d'anatomia  anche  i  pezzi  di  cada- 
vere  servirono  di   proiettili   per  disturbare  la   scuola.  Un' interroga- 
zione  dell'on.  Alessio  alia  Camera  provoco  una  energica  dichiarazione 
del  Minittro  Nasi,  il  quale  ordino  si  denunziassero  gli  studenti  col- 
pevoli  all'autorita  giudiziaria.   «  Assicurare   1'  impunita  ai   colpevoli, 
disse,  e  farsi  loro  complice;  e  tempo  di  non  usare  piu  indulgenza  a 
chi  non  sa  intenderla.  Bisogna  che  cessi  la  impunita  sistematica  e 
spero  che  in  cio  le  autorita  universitarie  sapranno  assecondarmi  non 
limitandosi  a  chiudere  le  Universita  e  sospendere  i  corsi.  Per  me  e 
un  pregiudizio  che  le  Universita  siano  un  asilo  in  cui  si  possano  im- 
punemente  commettere  disordini.  » 

E  fu  applaudito  vivamente  perfino  dall'estrema  Sinistra ! 

3.  II  disegno  di  legge  sul  divorzio  ebbe  un  fiero  colpo  a  Firenze, 
domenica  25  gennaio.  I  comitati  delle  principal!  citta  d'ltalia  si  riu- 
nirono  cola  in  Congresso    per    costituire    una   Federazione  nazionale 
antidivorzista.  Nella  stessa  occasione  fu  invitato  il  prof.  Emm.  Gian- 
turco    deputato    di   Acerenza,  ex  guardasigilli,  a  tenere    una  confe- 
renza  nel  salone  del  palazzo    Corsini  e  vi  accorse    si  gran  folia  che 
non  pote  capire  nella  sala,  benche  vastissima. 

Tra  i  present!  erano  moltissimi  senator!,  deputati,  avvocati,  pro- 
fessori,  come  Gabba,  Villari,  Sarnbuy,  Canonico,  Biancheri,  Torri- 
giani,  Filomusi-Guelfl,  Billia,  il  venerando  prof.  Augusto  Conti,  il 
conte  Greppi,  il  march.  Cornaggia  e  altri  numerosi  rappresentanti 
dei  comitati  di  Roma,  Napoli,  Milano,  Bologna,  Geneva,  Catania, 


CONTEMPORANEA  497 

Pisa,  Padova,  Yercelli,  Siena,  Cuneo,  Prato,  Pistoia,  Arezzo,  Sa- 
luzzo,  Brescia,  Lodi.  Moltissime  anche  le  adesioni  di  «  antichi  ed 
autorevoli  uomini  parlamentari,  d'indiscutibile  fede  italiana,  inse- 
gnanti  di  Universita,  giureconsulti  insigni,  che  uniti  nella  lotta, 
vollero  attestare  alPonorevole  Giantureo  la  simpatia  de'  sentimenti  e 
1'immutabile  convinzione  che  in  Italia  non  convenga  turbare  1'or- 
dine  della  famiglia.  »  Bastera  nominare  i  senatori  Lampertico,  Thaon 
di  Revel,  Fogazzaro,  Municchi,  ecc.  ;  i  professori,  Stoppato,  Del 
Lungo,  Mattirolo,  Zanichelli,  ecc. 

L'on.  Gianturco  comincio  sfatando  il  puerile  artifizio  di  attri- 
buire  1'agitazione  antidivorzista  all'  influenza  clericale :  la  questions 
trascende  i  limiti  di  partiti  religiosi.  L'oratore  ammette  la  compe- 
tenza  dello  Stato  in  materia  matrimoniale,  ma  non  bisogna  commet- 
tere  uno  sproposito  per  far  dispetto  al  Yaticano :  la  Chiesa  proibisce 
anche  il  furto  e  1'omicidio,  ne  lo  Stato  pud  ammetterli  per  far  di- 
spetto alia  Chiesa.  I  fautori  del  divorzio  lo  propongono  come  un 
freno  al  traviamento  dei  costumi :  la  storia,  la  statistica,  1'esperienza 
dimostrano  che  cid  e  falso. 

Chiariti  i  concetti  di  nullitd  e  di  divorzio,  quella  dovuta  a  cause 
preesistenti,  questo  a  cause  sopravvenute,  spiega  come  1'ammettere 
casi  di  nullita  non  contradice  all'indissolubilita  per  la  quale  sempre 
combatte  la  Chiesa  e  la  sana  filosofia.  I  casi  pietosi  commuovono, 
ma  non  giustificano  mutamenti  nelle  leggi  fondamentali ;  tutte  le 
grandi  istituzioni  hanno  le  loro  vittime,  come  la  fede  i  suoi  martiri, 
e  la  patria  i  suoi  eroi.  Ad  ogni  modo  se  il  matrimonio  ha  le  sue 
vittime  (non  sempre  innocenti),  il  loro  sacrificio  non  e  inutile :  spesso 
la  salvezza  morale  di  un  coniuge  e  opera  dell'altro;  talvolta  il  con- 
forto  dei  figliuoli  basta  a  riempire  una  vita !  —  L'esperienza  degli 
Stati  civili  insegna  che  le  condizioni  della  donna  non  sono  punto 
migliorate  nei  paesi  di  divorzio :  che  spesso  la  prova  delle  cause  di  di- 
Torzio  e  affatto  simulata  d'accordo  tra  i  coniugi,  e  per  motivi  d'igno- 
bile  tornaconto:  che  gli  adulterii  crescono  per  la  speranza  di  rego- 
larli  mediante  nuovo  matrimonio :  che  talvolta  i  divorziati  tornano  a 
vivere  insieme  in  concubinato :  che  il  divorzio  seniina  odii  implaca- 
bili  tra  le  famiglie:  che  i  coniugii  minacciano  di  diventar  matrimonii 
di  prova:  che  deve  prevedersi  anche  in  Europa  il  sorgere  di  agenxis 
di  divorzio,  simili  a  quelle  seminatrici  di  scandali  nelF America  del 
Nord.  —  E  vero  che  la  legge  ora  restringe  il  divorzio  a  sette  casi 
•(che  Ton.  Fusco  ben  chiamd  i  sette  peccati  capitali1),  ma  una  volta 
ammesso  il  principio,  non  sarebbe  possibile  negare  piu  estese  par- 
tecipazioni,  per  finire  poi  colla  tesi  dell'  on.  Colaianni  e  dei  troppo 
tielebri  fratelli  Margueritte,  i  quali  fanno  del  matrimonio  un  con- 
tratto  che  si  stringe  e  si  scioglie  a  capriccio  dei  contraenti. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1264.          32          14  febbraio  1903. 


498  CRONACA 

L'oratore  fini  approvando  1'agitazicme  popolare,  e  poiche  si  vuol 
negare  valore  alle  petizioni,  invocherebbe  anche  il  referendum,  sicuro 
della  maggioranza.  Gli  avversari  oppongono  che  in  questo  caso,  (in 
altri  no)  la  maggioranza  e  idiota  e  loro  sono  gli  intelligent! :  siamo 
in  buona  compagnia,  con  Q-ladstone,  Cantu,  Jules  Simon,  Bonghi,  ecc. 
«  Guai  a  toccare  con  sacrilega  mano  istituzioni  fatte  sacre  dalla 
storia  e  dalla  religione,  santificate  dalle  memorie  piu  care,  dagli  af- 
fetti  piu  dolci.  To  vi  dico  in  verita  che  sarebbe  il  piu  pericoloso  salto 
nel  buio  che  mai  sia  stato  fatto  nella  storia  delle  nostre  leggi  e  dei 
nostri  costumi.  » 

Fu  fatta  all'esimio  conferenziere  una  vera  ovazione.  —  Per  la  Fe- 
derazione  nazionale  antidivorzista  venne  eletto  presidente  onorario 
il  sen.  Gabba:  presidente  effettivo  il  sen.  Fusco :  vice-pres.  il  prin- 
cipe  sen.  Tom.  Corsini,  il  sen.  Sambuy,  il  conte  Greppi.  Fu  riso- 
luto  di  mantenere  1'agitazione  con  conferenze,  con  opuscoli  diffusi 
gratuitamente  in  tutti  i  Comuni  d'ltalia. 

Altre  importanti  riunioni  si  tennero  di  questi  giorni  a  Napoli,  in 
Roma  ed  altrove  e  ne  daremo  relazione  nel  prossimo  quaderno. 

4.  Si  e  riparlato  molto  anche  in  queste  ultimo  settimane  intorno 
alia  Societa  «  Dante  Alighieri  »  disputandosi  dell'opportunita  per  i  cat- 
tolici  di  prendervi  parte  e  di  usarne  1'influenza  a  diffusione  di  vera 
coltura  e  di  cristiana  civilta.  I  nostri  lettori  conoscono  gia  quale  sia 
lo  spirito  della  «  Dante  Alighieri »  da,  quello  che  ne  abbiarn  riferito, 
per  esempio,  nel  vol.  YII  della  Serie  XYII  pag.  256. 

Per  chi  desiderasse  inaggiori  schiarimenti,  riportiamo  qui  quello 
che  la  Vera  Roma,  pubblicava  nel  suo  numero  del  1  febbraio  cor- 
rente.  E  bene  che  certi  dccumenti  siano  conservati. 

«  La  R.'.  Loggia  Universo,  all'Oriente  di  Roma,  ha  trasmesso  a  tutte 
le  Loggie  della  Comunione  Italiana  la  seguente  lettera-circolare,  sulla 
quale  noi  richiamiamo  la  piu  viva  e  piu  fraterna  loro  attenzione: 

«0r.\  di  Roma,  g.\  Xm.\  XI  anno  V.-.  L.\  000894  e  dell'E/. 
V.'.  10  gennaio  1895. 

«/#/.  e  Car.'.  F.\   Venerabile, 

«  Nella  nostra  Loggia  furono  piu  di  una  volta  invocati  il  concorso 
e  la  cooperazione  della  Massoneria  a  favore  della  benemerita  Societa 
Dante  Alighieri,  sorta  in  Italia  nel  1890  per  la  diffusione  e  la  difesa 
della  lingua  e  della  cultura  italiana  fuori  del  Regno.  II  discorso  di 
un  nostro  Fratello  a  questo  proposito  fu  pubblicato,  dietro  favorevole 
parere  del  Grande  Oriente  d'ltalia,  nella  Rivista  della  Massoneria 
Italiana.  L'opportunita  e  la  necessita  di  favorire  la  propaganda  nazio- 
nale della  Dante  Alighieri  furono  infine  riconosciute  da  tutti  i  delegati 
delle  Valli  d'ltalia  nelV ultima  Costituente.  Ond'e  che  il  nostro  Poten- 


CONTEMPORANEA  499 

tiss.*.  Gran  Maestro,  avendo  preso  a  cuore  siffatta  iniziativa,  permetteva 
che  la  nostra  Officina  rivolgesse  a  tutte  le  Loggie  italiane  un  caldo 
appello  per  invitarle  a  costituire  nuovi  Comitati  della  Dante  Aligkieri 
nelle  citta  che  non  ne  hanno,  a  rianimare  i  Comitati  inattivi,  a  dare 
incremento  sempre  maggiore  a  quelli  che  sono  sulla  via  di  un  lento, 
ma  contimo  progresso. 

«  Si  vorrebbe  insomma  che  la  Dante  Alighieri  diventasse  Uil'istitu- 
zione  massonica,  tanto  piu  che  a  costituire  un  Comitato  di  siffatta 
Soeieta  bastano  venti  soci ;  e  venti  soci  che  paghino  volentieri  sei  lire 
all'anno  pel  trionfo  di  un'idealita  altamente  patriottica  si  possono  facil- 
mente  mettere  insieme  nell'ambito  di  qualsiasi  Loggia.  Facile  sara 
poi  estendere  colle  personali  aderenze  il  Comitato  anche  nelmondo  pro- 
fano,  mantenendone  tra  i  fratelli  di  Loggia  la  suprema  direzione. 

«Del  resto  affinche  i  Fratelli  di  cotesta  Valle  possano  acquistare 
piena  conoscenza  degli  seopi,  dell'indirizzo  e  dell'opera  fin  qui  com- 
piuta  dalla  Dante  Alighieri,  noi  vi  mandiamo  alcune  copie  del  discorso 
sopra  ricordato,  un  buon  numero  di  statuti  della  Societa  e  di  regola- 
inenti  del  Comitato  romano,  nonche  altre  pubblicazioni  che  valgano 
ad  illustrare  gl'intenti  della  nobile  Aesociazione,  per  la  quale  invo- 
chiamo  da  Voi  favore  ed  aiuto.  Confidando  piena mente  nel  consenso 
vostro  e  dei  vostri  Fratelli  di  Loggia,  e  sicuri  di  raccogliere  fra  breve 
il  frutto  di  questa  nostra  iniziativa,  vi  porgiarno  il  nostro  affettuoso 
-e  fraterno  saluto. 

«  II  Yenerabile  <  II  Segretario 

«  Umberto  Dalmedico  30. \  <  Romolo  Eeboa  9.-.  » 

«  Visto  al  Grande  Oriente  d' Italia. 

«  Si  approva  e  si  raccomanda  vivamente  a  tutte  le  Offieine  inasso- 
niche  della  Comunione  Italiana. 

«Roma,  10  dicembre  1894,  E.-.  V.\ 

«I1  Grran  Maestro 
«  Adriano  Lemmi » . 

III. 
COSE  STRANIERE 

(Notizie  Generali).\.1&'ELQiQ.  Processo  e  condanna  dell'anarchico  Rubino. 
—  2.  SASSONIA.  La  pripcipessa  Luisa  nel  Sanatorio  diNyon.  —  3.  VE- 
NEZUELA. I  negoziati  colle  Potenze. —  4.  AFRICA.  Truppe  ing] esi  contro 
il  Mullah,  nel  Sultanato  di  Obbia.  —  5.  TURCHIA.  Prodromi  di  nna  in- 
surrezione  macedone. 

1.  (BELGIO).  II  10  febbraio  la  Corte  d'Assise  di  Brusselle  condanno 
•Gennaro  Rubino  ai  lavori  forzati  a  vita.  Nel  processo  il  Rubino  tenne 
un  contegno  stupidamente  spavaldo.  ISi  vantd  che  avrebbe  voluto  uc- 


500  CRONACA 

cidere  il  re,  il  prineipe  Alberto,  e  i  dignitari  del  Oorteo  reale;  si 
doleva  di  non  esservi  riuscito  perche  nell'estrarre  la  rivoltella,  essa 
s'  impiglio  nella  fodera  del  soprabito,  e  non  pote  sparare  che  troppo 
tardi  per  colpire  il  re.  La  requisitoria  mise  in  luce  il  carattere  ribelle 
del  Rubino :  da  soldato  ingiuria  i  suoi  capi :  da  anarchico  si  fa  con-^ 
dannare  per  indelicatezza :  nel  1899  diventa  bigamo :  deruba  uno  del 
socii  del  club,  ruba  nella  cassa  :  e  il  tipo  dell 'anarchico  criminale.  — • 
In  70  anni  di  Monarchia  nel  Belgio  e  il  primo  caso  di  attentato  re* 
gicidio. 

2.  (SASSONIA).  Uno  dei  figli  della  principessa  Luisa  e  caduto  pe- 
ricolosamente   malato  di  tifo.  La  madre   fece   domandare  alia  Corte 
per  mezzo  degli    avvocati    Zehme  e  Lachenal    che  la    assistono   ne) 
processo  aperto  contro  di  lei  a  Dresda,  di  poter  vedere  il  figliuolo  ; 
protestando  di  assoggettarsi  ad  allontanare  da  se  ogni  scandalo  per 
ottenere  tal  grazia.  Ma  non  le  fu  concesso.  Gli  avvocati  pubblicarono 
la  seguente  nota :  In  seguito  agli  awenimenti  delle  ultime  settimane, 
al  rifiuto  dell'autorizzazione  di  potersi  recare  presso  la  casa  paterna 
a  Salisburgo  ed  all'  impossibility  in  cui  fu  messa  di  rivedere  il  figlio 
gravemente  malato  a  Dresda,  si  e  manifestato  nella  Principessa  Luisa 
uno  stato  di  depressione  fisica  e  morale  ed  un  abbattimento  profondo. 
Onde  combattere  tale  prostrazione  e  tenendo  conto   dello  stato  inte- 
ressante  in  cui  si  trova,  la  Principessa  per  trovare  il  riposo  del  quale 
ha  urgente  bisogno  per  ristabilirsi  in  salute,  ha  risoluto  di  ricorrere 
ad  una  cura  medica  adatta  al  suo  stato.  Percio  ha  chiesto    ed  otte- 
nato  di  essere  ammessa  nel   Sanatorio    della   Metairie    presso    Nyon 
dove  e  entrata  oggi  stesso  (9  febbr.).  —  Si  dice  che  il  Giron  sia  tor- 
nato  a  Brusselle  fatto  segno  di  comune   disprezzo. 

3,  (VENEZUELA).  I  negoziati  tra  i  rappresentanti  delle  potenze  e  il 
Bowen  sono  stati  ritardati  da  molte  difficolta :  le  potenze  vorrebbero 
imporre  condizioni  di  pagamento  e  preferenze  di  trattamento  impra- 
ticabili.  Secondo  i  giornali  d'Inghilterra  ecco  quali  sarebbero  i  punti 
principali  del  protocollo  inglese.  —  II  blocco  delle  coste  venezuelane 
sara  tolto,  appena  il  Venezuela  avra  versato  alle  potenze  la  somma 
di  137,500  franchi:  la   questione   del    trattamento   privilegiato   sara 
sottoposta  al  Tribunale  arbitrale  dell'Aia.  Lo  stesso  Tribunale  fissera 
le  condizioni  secondo  le  quali  sara  ripartito  il  30  per  cento  dei  pro- 
venti  delle  dogane   venezuelane  fra  i  creditori  di   tutte  le  nazioni. 
Una  commissione  anglo-venezuelana  regolera  le  rivendicazioni  inglesi; 
se  non  si  otterra  1'accordo,  il  Capo  di  uno  Stato  europeo  sara"  scelto 
come  arbitro.  Se  ii  Venezuela   non  avra  cominciato  lo  sborso  della 
somma  sopra  indicata  nel  termine  fissato,  il  Belgio  amministrera  il 
servizio  delle  dogane  di  Puerto  Cabello  e  La  Guayra.  Infine  si  apri- 
ranno  nuovi  trattati  di  commercio  tra  il  Venezuela  e  1'Inghilterra. 


CONTEMPORANEA  501 

4.  (AFRICA).  Per  fare  la  guerra  al  Mullah  che  da  km  go  tempo  in- 
festa  le  possession!  britanniche  della  Somalia,  1'Inghilterra  s'accordfr 
coll'Italia  per  potere  sbarcare  truppe  ad  Obbia   e  farle  traversare  il 
territorio  del  protettorato  italiano  verso  1' interne  del  Somaliland.  II 
Sultano  di  Obbia,  All  Jusuf,  non  si  prestava  volentieri  a  questi  ac- 
cordi  ed  osteggiava  la   spedizione   inglese,  richiedendo   somme   esor- 
bitanti  per  1'approvigionamento,  per  i  trasporti,  opponendosi  alle  re- 
quisizioni,  incagliando  le  operazioni   militari.  Allora  per   ordine  del 
Ministero  degli  Esteri,  il  Sultano  invitato  sulla  nave  italiana  fu  trat- 
tenuto  e  condotto  ad  Aden   presso   il   console   generale   d'ltalia.  Le 
operazioni  di  guerra  continuarono  senza  difficolta ;  ma  la  condotta  del 
governo  italiano  fu  giudicata  una  prepotenza  dall'on.  Chiesi  nel  par- 
lamento. 

5.  (TURCHIA).  Molte  voci   corrono   sopra   preparativi  di  una  pros- 
sima  insurrezione  Macedone  e  di  gran-di  armamenti  della  Turchia  per 
una  guerra.  Secondo  il  Daily  News,  il  Figaro  ed  altri  corrispondenti, 
il  Sultano  avrebbe  ordinato  gia  la  mobilitazionejmmediata  di  240  000 
uomini,  ed  avrebbe  requisite  tutti  i  battelli  delle  Compagnie  di  na- 
vigazione  per   trasporto  di  truppe    a  rinforzare  i  corpi    d'esercito  di 
Adrianopoli  e  di  Salonicco,  dirigendoli  verso  la  Bulgaria. 

Non  manca  chi  smentisce  quelle  notizie  o  le  tratta  di  esagera- 
zioni :  e  sara  difficile  sapere  il  vero.  Oerto  e  pero  che  qualche  cosa 
fermenta  da  un  pezzo  in  quei  paesi.  Si  parla  di  riforine  che  la  Tur- 
chia concederebbe,  ma  nessun  ci  crede,  e  1'impero  turco  e  incapace 
di  riforme.  Bande  greche  e  bulgare  sono  in  armi  e  gli  scontri  fre- 
quenti.  Si  parla  di  distruzioni  di  villaggi,  d' incendii,  di  devasta- 
zioni,  di  torture.  II  tempo  solo  ci  potra  dire  se  1'Europa  stara  anche 
qui  spettatrice  come  delle  stragi  armene,  e  quali  conseguenze  siano 
per  nascere  da  un  intervene  armato. 

GREC1A  (Nostra  Corrispondenza)  *.  5.  Delle    scoperte    archeolog-iche   del 
signer  Demoulin  in  Tinos.  —  6.  II  nuovo  ministero  Delijanni. 

5.  La  stagione  invernale  ha  interrotto  i  lavori  che  il  giovane  belga 
sig.  Demoulin  e  non  gia  Kobin,  come  per  errore  fu  scritto  nel  Qua- 
derno  1255  della  Civiltd  Cattolica,  gia  da  piu  mesi  fa  eseguire  in  Tinos 
per  lo  scoprimento  dell'antico  tempio  di  Nettuno,  uno  dei  piu  famosi 
dell'antichita  pagana.  E  gia  nota  1'  influenza  di  cui  tra  tutte  le  Ci- 
cladi  godeva  Tinos  a  causa  della  sua  vicinanza  colla  famosa  Delosr 
e  per  1'abbondanza  delle  sue  acque.  Strabone  ci  assicura  che  migliaia 
di  pellegrini  diretti  a  venerare  il  tempio  di  Apollo  in  Delos,  si  fer- 
mavano  prima  in  Tinos  per  la  cerimonia  delle  abluzioni,  per  la  quale- 

1  Continuazione.  Vedi  il  quad.  1262,  pag.  248  e  segg. 


502  CRONACA 

erano  stati  costruiti  degli  edificii  particolari,  sia  a  spese  del  pubblico 
erario,  sia  dei  particolari  a  titolo  di  pubblica  beneficenza  o  per  sen- 
timento  religiose,  come  attestano  varii  frainmenti  d'iscrizioni  lapi- 
darie  che  qui  e  la  si  son  trovate  nell'  isola,  quella  specialmente  che 
trovasi  oggi  nell'atrio  della  Chiesa  di  S.  Giovanni  Battista  nel  vil- 
laggio  di  Comi,  la  quale  molto  ben  conservata  copre  quasi  un  metro 
di  una  grossa  colonna  trasportata  in  quella  parte  dell'  isola  non  si 
sa  il  perche.  La  storia  parla  dunque  d'un  celebre  tempio  di  Netttino 
e  di  An&trite  situato  nella  parte  occidentale  dell'  Isola  e  di  una  statua 
eolossale  del  dio  del  mare,  la  quale  collocata  a  vista  delie  navi  che 
facevano  vela  per  Delos  era  riguardata  dai  pellegrini  come  un  faro 
luminoso  che  li  guidava  ai  piedi  di  Apollo.  II  sig.  Demoulin  addetto 
all'  Istituto  archeologico  francese  di  Atene,  si  e  data  la  lodevolissima 
briga  di  scoprire  e  1'una  e  Paltra  cosa,  e  cavarle  fuori  dalle  viscere  della 
terra  dove  giacciono  gia  da  tanti  secoli  sepolte  nell'oblio.  Guidato 
dalla  storia  e  dalle  sue  particolari  osservazioni  egli  fece  applicare  il 
piccone  in  quella  parte  occidentale  dell'  Isola  che  guarda  Sira  ed  e 
designata  col  nome  di  Kionia,  a  poca  distanza  della  capitale  seguendo 
la  riva  del  mare,  il  quale  forma  un  lungo  canale  chiuso  tra  le  due 
isole  come  tra  due  parallele,  alia  estremita  orientale  delle  quali  si 
stende  la  sacra  Delos.  I  lavori  del  paziente  archeologo  sono  gia  co- 
ronati  d'un  felice  risultato,  poiche  non  si  pud  dubitare  ch'egli  si 
trovi  gia  in  presenza  delle  ruine  dell'antico  tempio.  A  cento  metri 
dal  lido  del  mare,  son  venuti  fuori  fondarnenta  d'un  fabbricato  lungo 
sedici  metri,  largo  dodici,  con  due  metri  di  profondita :  dal  lato  di 
mezzogiorno  di  queste  mura,  gradini  che  portano  aU'edificio;  at- 
torno  di  esso  una  gran  quantita  di  mostri  marini  in  ottimo  marmo, 
delfini  e  draghi,  simboli  del  dio  del  mare,  molte  statue,  decreti,  iscri- 
zioni  dedicatorie,  le  quali  non  lasciano  alcun  dubbio  che  quelie  so  no 
le  fondamenta  del  ricercato  tempio  di  Nettuno.  Sia  a  mo'  d'esempio, 
1'iscrizione  d'una  colonna  formata  di  due  pezzi  di  marmo  e  trovata 
.allato  del  tempio. 

AIOMHAHS 

KAI  APISTIQ 

TON  riON 

APISTEA 

IIOSEIAQNI 

KAI  AM<DITPI 

TEI 

Diomede  ed  Aristio  il  figlio  Aristea  a  Poseidone  (Nettuno)  ed  An- 
fitrite  (raccomandano). 

Una  piastra  di  marmo  assai  corrosa  dal  tempo  porta  1' ultima  parte 


CONTEMPORANEA  505 

timento  comune  del  popolo,  quanto  per  esilarare  i  lettori  della  Civilta 
Cattolica  con  uno  specimen  della  poesia  greca-volgare  : 

«  ED/^optai  'OTYJV  KofJepvrjat,  TroupyaXe  TO  xopSdvi  (partito  Delijannista) 
vavat  aiSyjpoxdcpaXt,  xi*  daaXsmo  xaSpovt. 

xai.  'axov  updsSpov  TOV  ex  TT)S  ropTtmag  (Delijanni) 

's|j,7tdpta  xal  Biojj,y]Xav^a€' 

'AXXd  v'dxdoifl  xai  cp(ovd£  ex  TTJ£  Maxe8ovta£, 
vavat,  Maxe8ovdo(i7tapO£,  [id  vd  rcpoae£ 

xavevac;  rcdXe|Jt,0£  TpixXorcoSux  TOO 


FltANCIA  (Noslra  Corrispondenza)  1.  Cinque  settimane  di  vacanze  parla- 
mentari.  Elezioni  senatorial!.  —  2.  I  ricevimenti  del  capo  d'anno.  — 
3.  Ripresa  della  sessione.  La    lotta  religiosa   si   aggrava  di  giorno  in 
giorno.  II  trattamento  delle  Congregazioni.  —  4.  Le   maestre  cristiane 
laiche.  Alcune  ragioni  di  speranza. 

1.  Addi  6  dicembre  1902  i  nostri  deputati  e  senator!  interruppero 
i  loro  lavori,  malefic!  piuttostoche  giovevoli,  per  pigliarsi  una  vacanza 
di  cinque  settimane,  adducendone  a  ragione  1'apparecchio  delle  ele- 
zioni  senatorial!  parziali.  Secondo  un'  importante  modificazione  recata 
cinque  anni  fa  alia  costituzione  del  1875  che  ci  governa,  i  senator! 
sono  rinnovellati  per  ter%i  e  per  un  periodo  di  nove  anni,  seguendo 
una  maniera  di  rotazione,  che  chiama  alle  urne  elettorali  un  gruppo 
di  dipartimenti.  Quest'anno  erano  convocati  i  dipartimenti  del  primo 
gruppo,  che  abbraccia  quelli  dalla  lettera  iniziale  A  alia  G.  I  dele- 
gati  dei  consigli  municipal!,  i  deputati  e  consiglieri  general!  e  di 
circondario,  che  sono  elettori  di  dirttto  pei  senator!,  sono  stati  con- 
vocati la  domenica  4  gennaio  corrente  nel  capoluogo  dei  sopraindi- 
cati  dipartimenti. 

Ma  queste  elezioni,  a  dir  vero,  sono  riuscite  di  mediocre  im- 
portanza,  e  non  hanno  guari  riscaldato  la  pubblica  opinione.  Que- 
sta  si  occupava  molto  piu  delle  conseguenze  che  poteva  arrecare 
la  cattura  in  Madrid  della  troppo  celebre  famiglia  Humbert,  e  del 
suo  arrive  a  Parigi.  Sicche  96  senator!  furono  eletti  nel  giorno  4  gen- 
naio senza  notevoli  incident!.  Dappertutto  si  e  accampata  la  candi- 
datura  officiale,  con  una  impudenza  che  piu  non  vale  a  dissimularsi 
da  parte  di  uomini  che  1'apponevano  a  delitto  al  reggimento  impe- 
riale  ed  ai  repubblicani  conservator!  durante  i  sei  o  sette  anni  che 
quest!  tennero  la  somma  delle  cose.  II  signor  Combes,  presidente  del 
consiglio  dei  ministri,  e  stato  rieletto  nella  Charente-inferieure,  ove 
ben  pud  dirsi  ch'egli  aveva  imposta  la  sua  candidatura,  radunando 
alquatnti  giorni  innanzi  alia  prefettura  gli  official!  del  dipartimento 
con  1'apparato  di  un  capo  di  gabinetto,  che  dispone  a  suo  grado,  dei 
favori  del  governo,  molto  piu  del  presidente  della  repubblica,  obbli- 


504  CRONACA 

affari,  tutti,  meno  il  sig.  Limpritis,  antichi  ministri  sotto  divers!  go- 
vern! e  di  merito  incontrastabile,  cosi  egli  e  riuscito  ad  assicurarsi  le 
simpatie  dei  suoi  elettori,  i  quali  aspettavano  con  ansia  di  vedere 
quali  sarebbero  stati  i  suoi  collaborator!  nella  grande  opera  delle  ri- 
forme  ch'egli  ha  promesso.  Fortunatamente  pel  sig.  Delijanni  la  sua 
piccola  maggiorita  alia  Camera  si  fortifica  di  giorno  in  giorno  coll'ade- 
sione  di  qualche  deputato  indipendente,  cid  che  gli  permettera  di  re- 
sistere  piu  facilmente  ai  colpi  che  gli  verranno  dati  dall'opposizione 
unita  di  Teotochi-Zaimi.  In  questo  caso  solo  il  paese  potra  godere  i 
frutti  delle  recent!  elezioni  politiche,  poiche  il  nuovo  gabinetto  sara 
lasciato  libero  di  mettere  in  pratica  le  sue  larghe  economic  tanto  ne- 
cessarie  alia  nazione.  Coll'economie  sara  pur  alleggerito  il  mal  essere 
generale  della  cosa  pubblica,  che  ha  sempre  il  suo  contracolpo  sulla 
vita  domestica  dei  cittadini.  11  programma  del  nuovo  Gabinetto  contiene 
ancora  qualche  altra  riforma  che  il  popolo  aspetta  invano  gia  da  lunga 
pezza,  cioe  1'organizzazione  definitiva  dell'  esercito  e  dell'  armata, 
e  quella  non  meno  necessaria  dei  pubblici  servizii.  Al  sig.  Delijanni 
arrivato  fmalmente  al  colmo  dei  suoi  desideri  dopo  cinque  anni  di 
lotta,  incombe  oggi  il  dovere  di  eseguire  quanto  ha  promesso.  II 
pranzo  di  gala  che  fu  dato  alia  Reggia  in  onore  del  nuovo  Gabinetto, 
ha  dissipate  le  ultime  nebbie  di  diffidenza  da  parte  del  sovrano.  Sua 
Maesta  il  Re  Giorgio  dopo  il  pranzo  ebbe  parole  di  benevolenza  per 
tutti  i  Ministri,  ma  specialniente  pel  Igro  Presidente  col  quale  s'in- 
trattenne  piu  lungamente,  per  dimostrare  senza  dubbio  che  il  Gabi- 
netto della  guerra  del  1895  cedeva  il  posto  a  quello  della  pace  e 
delle  riforme  del  1902,  e  che  s'egli  avea  riprovato  quello,  metteva  oggi 
in  questo  tutta  la  sua  fiducia.  All'opera  dunque  Eccellentissimo  signor 
Presidente:  tutto  sorride  attorno  a  voi  urne  e  tribune,  Re  e  popolo: 
per  non  cader  di  nuovo  inglorioso,  abbiate  sempre  fissa  in  mente  una 
bella  lezione  d'un  politicone  vostro  predecessore  nella  carica  di  primo 
Ministro,  voglio  dire  del  ferreo  Cancelliere  tedesco  Principe  di  Bismark, 
il  quale  rendendo  ragione  del  mutar  che  fan  oggi  i  govern!  nei  paesi 
costituzionali,  diceva  molto  saviamente:  Ce  qui  perd  un  gouvernement, 
tfest  de  promettre  une  chose  aujourdhui  et  de  la  refuser  demain.  Avete 
in  mano  il  potere,  adempite  le  promesse  fatte  a  questo  buon  popolo, 
il  quale  avendovi  eletto  ieri  con  entusiasmo,  oggi  minaccioso  vi  dice 
col  suo  poeta : 

«  TeXsaov  |AOI  OTioa^satv,  YJV  rcsp  ftTtsot'yjs  » . 

E  questo  il  voto  generale  di  tutta  la  Grecia  espresso  bellissi- 
mamente  dal  giornale  umoristico  Pwptco^  in  un  suo  articolo  intitolato: 
Nuv,  del  %ac  eig  TGL>?  a:wva£  T5  KoujSspvo  Tfjs  Kop66va$  e  che  io 
voglio  portare  qui  per  intiero  tanto  per  dimostrare  quale  sia  il  sen- 


CONTEMPORANEA  505 

timento  comune  del  popolo,  quanto  per  esilarare  i  lettori  della  Civiltd 
Cattolica  con  uno  specimen  della  poesia  greca-volgare  : 


'aryjv  Ko[3epvY]at,  uoupyaXe  TO  xopSovi  (partito  Delijannista) 
vdvat.  atSvjpoxecpaXi,  xi*  daaXsoTO  xaSpovt. 
E5xo{Jtai  xal  'axov  upoeSpov  TOV  §x  TYJ£  FopTUvtag  (Delijanni) 
v'doxoXY)0yj  |j,*s|iu6pia  xai  Btojiyjx0^"*^ 
'AXXd  v'dxouifl  xai  cpwvdc;  ex  TYJS  MaxeSovtag, 
vavat  MaxsSovoufJLTtapos,  [id  vd  Ttpoaegirj 
xavevac;  uoXefiog  TpixXoicoSid  TOO 


FEANCIA  (Nostra  Corrispondenza)  1.  Cinque  settimane  di  vacanze  parla- 
mentari.  Elezioni  senatorial!.  —  2.  I  ricevimenti  del  capo  d'anno.  — 
3.  Ripresa  della  sessione.  La    lotta  religiosa   si   aggrava  di  giorno  in 
g-iorno.  II  trattamento  delle  Congregazioni.  —  4.  Le   maestre  cristiane 
laiche.  Alcune  ragioni  di  speranza. 

1.  Addi  6  dicembre  1902  i  nostri  deputati  e  senator!  interruppero 
i  loro  lavori,  malefic!  piuttostoche  giovevoli,  per  pigliarsi  una  vacanza 
di  cinque  settimane,  adducendone  a  ragione  1'apparecchio  delle  ele- 
zioni  senatorial!  parziali.  Secondo  un'importante  modificazione  recata 
cinque  anni  fa  alia  costituzione  del  1875  che  ci  governa,  i  senator! 
sono  rinnovellati  per  terzi  e  per  un  periodo  di  nove  anni,  seguendo- 
una  maniera  di  rotazione,  che  chiama  alle  urne  elettorali  un  gruppo 
di  dipartimenti.  Quest'anno  erano  convocati  i  dipartimenti  del  primo 
gruppo,  che  abbraccia  quell!  dalla  lettera  iniziale  A  alia  G.  I  dele- 
gati  dei  consigli  municipal!,  i  deputati  e  consiglieri  generali  e  di 
circondario,  che  sono  elettori  di  dirttto  pei  senator!,  sono  stati  con- 
vocati la  domenica  4  gennaio  corrente  nel  capoluogo  dei  sopraindi- 
cati  dipartimenti. 

Ma  queste  elezioni,  a  dir  vero,  sono  riuscite  di  mediocre  im- 
portanza,  e  non  hanno  guari  riscaldato  la  pubblica  opinione.  Que- 
sta  si  occupava  molto  piu  delle  conseguenze  che  poteva  arrecare 
la  cattura  in  Madrid  della  troppo  celebre  famiglia  Humbert,  e  del 
suo  arrive  a  Parigi.  Sicche  96  senator!  furono  eletti  nel  giorno  4  gen- 
naio senza  notevoli  incident!.  Dappertutto  si  e  accampata  la  candi- 
datura  offlciale,  con  una  impudenza  che  piu  non  vale  a  dissimularsi 
da  parte  di  uomini  che  1'apponevano  a  delitto  al  reggimento  impe- 
riale  ed  a!  repubblicani  conservator!  durante  i  sei  o  sette  anni  che 
quest!  tennero  la  somma  delle  cose.  II  signer  Combes,  presidente  del 
consiglio  dei  ministri,  e  stato  rieletto  nella  Charente-inferieure,  ove 
ben  pud  dirsi  ch'egli  aveva  imposta  la  sua  candidatura,  radunando 
alquatnti  giorni  innanzi  alia  prefettura  gli  official!  del  dipartimento 
con  1'apparato  di  un  capo  di  gabinetto,  che  dispone  a  suo  grado,  dei 
favor!  del  governo,  molto  piu  del  presidente  della  repubblica,  obbli- 


506  CRONACA 

gato  ad  una  apparente  neutralita.  II  governo  dunque  ha  guadagnato 
8  o  10  seggi  al  senate,  senza  mutar  guari  la  compagine  dell'alto  con- 
sesso.  II  ministro  delle  finanze,  signer  Rouvier,  deputato  delle  Alpi- 
marittime,  ha  conquistato  nel  suo  dipartimento  un  seggio  senatorio. 
Di  tutti  i  ministri  d'adesso  egli  &  il  piu  valente  nella  sua  specialita 
finanziaria,  e  quegli  onde  ha  maggior  bisogno  il  gabinetto  per  assodare 
il  bilancio  del  1903,  non  per  anche  deliberate  dalla  Camera,  il  cui 
disavanzo,  confessato  dallo  stesso  governo,  giuuge  a  pressoccbe  240  mi- 
lioni  di  franchi. 

2.  II  primo  giorno  di  gennaio  nei  consueti  ricevimenti  si  e  manife- 
stato  chiaramente  il  contrasfo  fra  il  nostro  governo  settario  e  gli  altri 
governi  dei  grandi  Stati   dell' Europa.  II  Nunzio  pontificio  a  Parigi, 
Monsignor  Lorenzelli,  decano  dei  corpo  diploma tico.  nel  suo  discorso 
al  presidente  della  repubblica  non  poteva  encomiare  cio  che  il  governo 
fece  per  bene  della  Francia  durante  1'anno  teste  compiuto:   dunque 
parlo  soltanto  deJla  sincera  benevolenza  che  le  altre  nazioni  avevano 
addimostrato  verso  la   Francia,  loro   sorella  primogenita  in  occasione 
dell'immane  disastro  della  Martini ca,  e  fini  augurando  «  che  questa 
«  illustre  nazione  rimanga  privilegiata  di  un  patrimonio  morale  altret- 
«  tanto  prezioso  e  molto  piu  ampio  de'  vasti  territorii  ».  II  signer  Lou- 
bet,   impacciato   visibilmente   a  rispondere  agli  augurii  del   Nunzio 
apostolico  esprimente  */  voto   che  Dio  Signore  del   cielo  e  della  terra 
conservi  alia  Francia  la  sua  potente  e  paterna  protezione,  sentendosi  a 
disagio  per  la  presenza  de'  suoi  ministri,  rispose  con  questa  frase  co- 
mune  :  Signori,  I'eccelso  vostro  decano  e  stato  bene  ispirato  nel  volere  che 
noi  inauguriamo  il  futuro  su  questa  impressione  di  solidarieta  umana  !  — 
La  maggior  parte  de'  ministri  non  hanno  ricevuto  i  loro  officiali;  la  qual 
cosa  e  una  implicita  ma  chiara  confessione  che  1'impaccio  e  la  paura 
della  delazione  e  della  critica  meritata  hanno  preso  il  posto  della  fi- 
ducia  riverente  ed  intera  che   dovrebbe   regnare  fra   i  ministri  ed  i 
loro  rispettivi  dipendenti.  D'altra  parte,  in  trenta  o  quaranta  dipar- 
timenti,  le  autorita  giudiziarie,  amministrative,  ecclesiastiche  e  mili- 
tari  si  sono  astenute  dal  ricevere  e  ricambiare  visite.  I  nostri  vescovi 
hanno  ricevuto  i  voti  del  loro  clero,  intimamente  rattristato  e  com- 
mosso  per  1'aecanita  guerra  fatta  da  questo  governo  all' idea  religiosa, 
alle  congregazioni  ed   alia   liberta   dell'insegnamento.   L'un  di  essi, 
Monsignor  Germain  Arcivescovo  di  Tolosa,  che,  al  pari  della  grande 
maggioranza  de'  suoi  colleghi  dell' episcopate  francese,  non  fece  mai 
opposizione  alcuna  alia  forma  del  governo  repubblicano,  ha  detto  con 
mestizia  al  suo  clero :  «  Abbiamo  d'uopo  di  fortezza  d'animo  in  questo 
tempo,  nel  quale  Vodio  irrompe  contro  tutto  do  che  e  di  Dio.  »  \ 

3.  La  Camera  dei  deputati  riapertasi  il  13  gennaio,  rielesse  tosto 
a  suo  presidente  il  signer  Leone  Bourgeois,  stato  gia  piu  volte  ministro, 


CONTEMPORANEA  507 

e  che  ha  le  stesse  opinion!  della  maggioranza,  cioe  a  dire  radicali  in 
politica  ed  antireligiose.  Dunque  ricominciera  la  lotta  con  raddoppiato 
furore  anticattolico  contro  gli  ordini  religiosi  e  Pinsegnamento  libero 
congreganista,  e  la  persecuzione  contro  i  membri  degli  ordini  reli- 
giosi, che,  essendo  gia  certi  di  non  ottenere  la  licenza  governativay 
hanno  ricusato  di  chiederla,  e  si  sono  dispersi  od  in  parte  hanno  emi- 
grato  all'estero.  —  Le  deliberazioni  prese  dalla  maggioranza  nelle 
tornate  del  13,  15,  e  17  gennaio  danno  sicurta  al  governo,  che  pud 
fare  assegnamento  sopra  100  o  110  voti  a  se  favorevoli,  contro  quelli 
di  tutta  insieme  Popposizione  e  dei  dissident!. 

Non  v'ha  cosa  piu  indegna  e  piu  .sleale  della  maniera  onde  questo 
gabinetto  settario  abuso  della  buona  fede  delle  Congregazioni  che 
s'erano  assoggettate  a  quanto  esigeva  la  legge  del  1°  luglio  1901.  Tutte 

0  quasi  tutte,  vale  a  dire  61  congregazioni  d'uomini  e  circa  315  di 
donne  (ospitaliere,  insegnanti,  contemplative  o  miste)  si  affaticarono 
a  raccogliere  tutti  i  ragguagli  che  loro  si  richiedevano ;  fornirono  le 
approvazioni  sommaniente  laudative  dei  loro  vescovi ;  manifestarono 
la  specie  e  la  rilevanza  dei  loro  beni;   i  loro  istituti,  i  nomi  delle 
loro  singole  persone;  e  quando  questo  governo  nefasto  ebbe  in  mano 

1  ragguagli  voluti,  dichiaro  a  quasi  tutte,  cioe  a  53  sopra  61  congre- 
gazioni d'uomini,  che   la   loro  doinanda  e  respinta  e  non  sara  nem- 
meno  presentata   al   Consiglio   di   Stato,  siccome  vuole   la   legge  del 
1°  luglio  1901.  E  notate  che  questa  sdegnosa  dichiarazione  del  pre- 
sidente   del   Consiglio    porta   la    data    del    23    dicembre,    antivigilia 
di  Natale,  e  precedette  la  riapertura  del  parlamento.  —  Tutti  i  fran- 
cesi    degni   di   questo   nome,    quali   che  siano  le  loro   opinioni  e  la 
loro   confessione    religiosa,   se   hanno   un   fondo   di   probita   soltanto 
umana,  arrossiscono  di  vergogna  al  cospetto  di  tanta  slealta  e  tirannia 
settaria !  Fra  queste  congregazioni  d'uomini  cosi  condannate  a  pros- 
sima  proscdzione,  ve  n'ha  13  insegnanti,  che  noverano  circa  22000 
religiosi  e   19  000   scuole   frequentate   da   oltre   270  000  alunni !   La 
maggior  parte  di  esse,  nell'occasione  deH'ultima  mostra  universale 
ottennero   eospicue   ricompense  per  il  loro  zelo,  pei  buoni  successi 
ottenuti,  e  pei  lavori  compiuti;  ed  ora,  non  ostante  le  approvazioni 
piu  volte  concesse  dai  precedent!  governi,  il  gabinetto  Combes,  sorretto 
dalla  maggioranza  settaria,  li  distrugge,  li  scaccia  e  disperde   come 
maifattori !  Torna  bene  ripetere  queste  cose  all'Europa  civile,  ingan- 
nata  troppo  spesso  da  una  stampa  venale  od  empia  addirittura  !    — 
Le  sole  congregazioni  d'uomini,  che  probabilmente  saranno  conservate, 
o   che  alrneno  il  governo  non  chiedera  siano   soppresse,  sono  sette: 
Sulpiziani,  Lazzaristi,  Padri  dello  Spirito  Santo,  Padri  Bianchi  isti- 
tuiti  per  P  Africa  dal  cardinale  Lavigerie,  Fratelli  di  S.  Giovanni  di 
Dio  (ospitalieri),  Trappisti,  e  Fratelli  delie  Scuole  cristiane.  Peraltro 
un  certo  numero  dei  loro  istituti  dovranno  essere  chiusi. 


508  CRONACA 

Frattanto  1 'opera  di  distruzione  sociale  e  religiosa  va  innanzi  con 
satanica  pertinacia.  Dopo  la  riapertura  del  parlamento  in  ottobre,  sono 
state  chiuse  piu  di  1200  scuole,  e  si  fa  conto  che  sieno  2800  o  3000 
quelle  che  si  chiuderanno  quanto  prima. 

Per  riguardo  alle  congregazioni  di  donne,  eccovi  qual  e  in  questo 
momento  la  precisa  situazione.  II  signor  Combes  continua  ad  apparec- 
chiare  i  disegni  di  legge,  relativi  alle  domande  di  permesso  per  le 
-congregazioni  di  donne  non  autorizzate,  all'uopo  di  presentarli  al  par- 
lamento. L'istruttoria  d'apparecchio  per  queste  dimande  e  pressoche 
<jompiuta,  e  sono  quasi  terminate  le  formalita  preparatorie  nei  dipar- 
timenti.  Sopra606  congregazioni  di  donne  non  autorizzate,cheesistevano 
quando  fu  promulgata  la  legge  del  1°  luglio  1901,  263  hanno  preferito 
di  sciogliersi  di  propria  volonta.  Le  altre  393  ban  no  domandata  la 
licenza,  e  i  disegni  di  legge  che  le  riguardano  si  stanno  elaborando 
in  questi  giorni.  Considerate  il  lavoro  materiale  da  compiersi,  si  pre- 
vede  che  il  parlamento  potra  occuparsi  delle  dimande  di  queste  con- 
gregazioni femminili  soltanto  dopo  le  vacanze  di  Pasqua. 

II  furore  settario  del  presente  ministero  va  tant'oltre,  che  pure  il 
16  gennaio  nella  tornata  della  camera  dei  deputati  il  signor  Hemon, 
deputato  repubblicano  bretone,  che  finora  avea  votato  a  favore  del  mini- 
stero, si  &  tenuto  in  obbligo  di  protestare  contro  la  pretensione  del  signor 
Combes  che,  sotto  pena  di  togliere  1'assegno  ai  sacerdoti,  vuol  proibire 
1'insegnamento  del  catechismo  in  lingua  brettona.  Considerando  la  poli- 
tica  intollerante  del  suo  partito,  ha  esclamato :  —  Giulio  Ferry  di- 
ceva  un  giorno:  «  La  Francia  ha  abolito  la  religione  di  Stato;  sta 
bene;  ma  cid  non  dev'essere  fatto  per  creare  una  irreligione  di  Stato.  > 
T'e  a  temere  che  ci  sia  adesso  una  propensione  a  scomunicare,  senza 
nemmeno  avere  alle  spalle  il  soprannaturale  per  giustificare  la  sco- 
munica. 

Al  signor  Waldeck-Rousseau,  autore  della  funesta  legge  sulle  as- 
sociazioni,  si  attribuisce  1'intendimento  di  protestare  rel  Senato,  del 
quale  e  membro,  contro  1'esagerata  e  villana  applicazione  delle  pre- 
scrizioni  di  cotesta  legge.  La  cosa  puo  essere  e  fa  onore  alia  sua 
intelligenza,  ma  non  iscema  la  responsabilita  che  grava  su  di  lui 
e  che  gli  rimarra  nella  storia  della  sua  nazione.  Egli  volea  (diceva 
lui,  o  gli  si  fa  dire)  colpire  soltanto  due  o  tre  congregazioni,  prima- 
mente  i  gesuiti  e  gli  assunzionisti.  Questi  sono  dispersi  e  le  loro  case 
sono  chiuse  o  passate  in  mano  d'altri.  Ma  il  vento  dell'odio  e  della 
proscrizioDe,  scatenata  da  lui,  non  si  fermera  a  queste  due  congre- 
gazioni. Tutte  le  altre  a  breve  andare,  se  Dio  benedetto  non  soccorre, 
saranno  disperse  dal  sofflo  dell'empieta  e  del  giacobinismo  rivoluzio- 
nario. 

Tuttavolta,  debbo  chiudere  questa  triste  e  dolorosa  corrispond enza 


CONTEMPORANEA  509 

col  dirvi  ad  onore  dei  cattolici  francesi,  ch'essi  fanno  ogni  sforzo  per 
combattere  1'irreligione  e  le  prepotenze  della  tirannide.  Giovandosi 
della  liberta  dell'insegnamento  primario,  che  tuttora  sussiste,  molte  si- 
gnore  e  signorine  cattoliche,  fornite  dei  diplomi  richiesti  per  1'inse- 
gnamento,  hanno  aperto  scuole  laiche  cristiane  nei  luoghi  ove  le  scuole 
congreganiste  sono  state  chiuse.  II  loro  numero  passa  di  gia  le  due 
•o  tre  centinaia.  Ottimi  sono  i  risultamenti  conseguiti,  ed  il  clero 
non  ha  che  a  lodarsi  del  garbo  e  della  valentia  di  queste  nuove  au- 
siliatrici.  Questa  sara  per  avventura  la  via  di  salvamento.  Fa  d'tiopo 
che  i  cattolici  traggano  lor  pro  da  que'  pochi  vantag^i  che  puo  ad 
•essi  lasciare  la  legge  di  luglio  1901,  per  istituire,  sotto  altre  forme 
«d  in  condizioni  diverse,  delle  associazioni  laiche  schiettamente  cat- 
toliche. In  cio  probabilmente  e  riposta,  ripeto,  la  salvezza  della  so- 
tiieta;  salvezza,  se  non  prossima,  almeno  in  germe  ed  in  potenza. 


OPERE  PERVENUTE  ALL  A  DIRE  ZI  ONE 


Agnelli  L.  Cronaca  di  Santagata  di  Puglia.  Cefalu,  Gussio,  1902, 
8°,  256  p. 

Atti  del  Congresso  diocesano  in  omaggio  al  S.  Cuore  di  Gesii  tenuto 
in  Napoli  dal  di  22  al  24  giugno  1902.  Napoli,  Giannini,  1902,  8°,  408  p. 

Brancia  V.,  mons.  Nell'arte  dantesca  il  piii  bel  fior  ne  colsi.  Abbozzi. 
Bologna.  Mareggiani,  1903,  8°,  96  p.  L.  1.  Rivolgersi  all'Autore  in  Nico- 
tera  (Calabria). 

Biblische  Zeitschrift  in  Verbindung  mit  der  Redaction  der  «  Bi- 
blische  Studien»  herausgegeben  von  Dr.  JOH.  GOETTSBERGER,  A.  0.  Pro- 
fessor am  kgl.  Lyzeum  in  Freising  u.  Dr  Jos.  SICKENBERGER,  Pro- 
fessor an  der  Universitat  Miincheu.  Erster  Jahrgang-.  Freiburg  i.  B., 
Herder.  Fasc.  I,  in  8°,  112  p.  Esce  4  volte  1'aniio.  Associazione  annua 
prezzo  M.  12. 

Breton  G.,  chan.  Le  Drame  eternel.  Essai  doctrinal  sur  la  Messe, 
Paris,  Lecoflfre,  1903,  16°,  VIII-460  p.  Fr.  3,50. 

Cappellazzi  A.,  sac.  Qui  est.  Studio  comparative  tra  la  2a  questione 
della  Somma  Teologica  di  S.  Tommaso  e  le  conclusion!'  di  Sistemi  Filo- 
sofici.  I.  Crema,  tip.  Sociale,  1902,  16%  306  p. 

Caputi  F.  P.,  arcipr.  Tenue  contribute  alia  storia  di  Grumento  e  di 
Saponara  con  relative  notizie  che  procedono  dell'alta  Valle  dell'  Agri  e 
de'  suoi  altri  paesi.  Napoli,  Pesole,  1902,  8°,  220  p.  L.  4. 

Colonna  F.  II  Museo  civico  di  Napoli  e  scoperte  di  antichita  in  Na- 
poli dal  1888  a  tutto  agosto  1901.  Napoli,  Giannini,  1902,  8°,  144  p. 

1  Non  essendo  possibile  dar  conto  delle  molte  opere,  che  ci  vengono  inviate,  con  qnella 
»ollecitudine  che  si  vorrebbe  dagli  egregi  Autorl  e  da  noi,  ne  diamo  intanto  un  annunzlo 
•ommarlo  che  non  importa  alcnn  giudizio,  riserbandoci  di  tornaryi  sopra  a  second*  dell'op- 
yortnnita  e  dello  spazio  concesso  nel  periodico. 


510  OPERE 

Debates  of  the  Council  of  Government  of  Malta.  Session  1902-1903; 
Sitting  n.°  68.  Wednesday  January  21,  1903.  Malta,  Government  prin- 
ting, office,  p.  298-347.  Price  2  d. 

Digard  G.  Les  Registres  de  Boniface  VIII.  Recueil  des  Btilles  de  ce 
Pape,  publiees  ou  analysees  d'apres  les  Manuscrits  originaux  des  Ar- 
chives du  Vatican.  7ema  fasc.  (Bibl.  des  Ecoles  francaises  d' Athenes  et  de 
Some).  Paris,  Fontemoing,  1903,  col.  557-796.  Fr.  9. 

<  Fiorilli  C.  L' amministrazione  delle  antichita  e  belle  arti  in  Italia. 
Luglio  1901  —  Giugno  1902.  Roma,  Cecchini,  1902,  8°,  312  p. 

Gebhardt  (Von)  O.  Passio  S.  Theclae  Virginis.  Die  lateinischen  Uber- 
setzungen  der  Ada  Pauli  et  Theclae,  nebst  Fragmenten,  Ausziigen  u. 
Beilagen  (Texte  u.  Unters.  N.  F.  VII,  2).  Leipzig,  Hinrichs,  1902,  8<>, 
CXVI  188  p.  M.  9,50. 

Lanna  D.  can.  Delle  usure.  Giuliano,Donadio,  1902,8°,  LXVIII-188p. 

Lanza  T.,  gen.  dei  Dottrin.  Iris.  La  Eagione  del  Credo.  Frascati, 
tip.  tuscolana,  1903,  8°,  XII-480  p.  L.  3,50.  Rivolgersi  all' Autore,  S.  Maria 
in  Monticelli,  Roma. 

Laurentius  I.  Institutiones  Juris  Ecclesiastici  Friburgi  i.  B.,  Her- 
der, 1903,  8°,  XVI-680  p.  Fr.  12,50. 

Lehmkuhl  A.  Casus  conscentiae  ad  usiim  Confessariorum  compositi 
et  soluti.  I.  Casus  de  Theologiae  moralis  principiis  et  de  praeceptis  atque 
officiis  chj^istianis  speciatim  sumptis.  Friburgi  i  Br.,  Herder,  1903,  8°, 
566  p.  Fr.  16. 

Leone  XIII.  Le  poesie  latine  di  Leone  XIII  volgarizzate  da  D.  ADOLFO 
SEVERI.  2a  ed.  Perugia,  Santucci,  1902,  8°,  XVI  264  p.  Cfr.  Civ.  Catt. 
Ser.  XVIII,  7  ;1902)  95. 

Lettieri  N.  La  veritd  nella  evoluzione  sociale.  Esame  critico,  filoso- 
fico,  giuridico  ed  economico.  Bari,  Triaio,  1902,  16°,  140  p. 

L'opera  dell' ing.  G.  DE  VINCENTIIS  in  trenfanni  di  storia  dell' ac- 
quedotto  pugliese  Roma,  F.m  Centenari,  1902,  4°,  234  p 

Lugano  P.  M.,  Bened.  di  M.  0.  Memorie  dei  piu  antichi  miniatori 
e  calligrafi  olivetani.  Firenze,  tip.  Sales.,  1903,  16°,  112  p. 

Macchi  C.,  S.  I  La  critica  storica  e  Vorigine  della  Chiesa  romana, 
Prato,  Giachetti,  1903,  8°,  156  p 

Malijay  (de)  Noguoir.  Le  Saint-Suaire  de  Turin.  Paris,  Oudin,  1903, 
8°,  120  p.  Fr.  2,50. 

Manuale  Missae  et  Officiorum  ex  libris  Solesm.ensibus  excerptum.  Ty- 
pis  Sancti  Petri  de  Solesmis.  Desclee,  Romae,  Tornaci,  1902,  24°,  XXII- 
318  p.  L.  1  75. 

Mapelli  L.  Nozioni  di  doveri  e  diritti  dei  cittadini  per  le  scuole  tecniche 
e  normali  maschili.  Milano,  Agnelli,  1903,  16°,  72  p.  Cent.  60. 

Marsili  Libelli  M  Per  Uimposta  progressiva.  Firenze,  tip.  S.  Giu- 
seppe, 1903,  8%  80  p. 

Memorie  della  Pontificia  Accademia  romana  dei  Nuovi  Lincei.  XIX. 
dedicate  al  Giubileo  Pontificale  di  S.  S.  Roma,  Cuggiani,  1902,  8°,  364  p. 
Tav.  2. 

Mil  Her  A  ,  S.  I.  Johann  Keppler  der  Gesetzgeber  der  neueren  Astro- 
nomie.  Ein  Lebensbild.  (Erganzungshefte  zu  den  Stimmen  aus  Maria- 
Laach  83).  Freiburg  i.  B.,  Herder,  1903,  8°,  VIII-186  p. 


PERVENUTE   ALL  A  DIREZ1ONE  511 

Pavissich  A.,  d.  C.  d.  G.  La  questione  sociale.  Conferenze  triestine. 
2a  ed.  con  molte  aggiunte.  Treviso,  Buffetti,  1902,  16°,  422  p.  L.  3,50. 
•Cfr.  Civ.  Catt.  XVII,  5  (1899)  585. 

—  II  Dramma  violento  del  socialismo  belga  nell'aprile  del  1902.  (Fatti 
e  criteri  social!).  Treviso,  Id.,  1902,  16°,  52  p.  Cent.  50 

—  Agitiamo,  o  azione  cattolica  e  azione   sociale.  (Fatti  e  criteri  so- 
ciali).  Idem,  in  corso  di  pubblicazione. 

Proprium  Sanctorum  totius  Ordinis  Fratrum  Minorum.  I  Anti- 
pbonariuin  Romano.  —  Seraphicnm.  II.  Missae  propriae  totius  Ordinis 
Fratrum  Minorum.  Romae-Tornaci-Parisiis,  Desclee,  1903,  8°,  328  p. 

Rivista  delle  Riviste  per  il  Clero.  Pubblicazione  mensile  dell'Unione 
cattolica  tipografica  di  Macerata,  diretta  dal  can.  prof  Giov.  SFORZINI. 
Macerata,  piazza  del  Duomo,  5.  Anno  I,  fasc.  I.  Abbonamento  annuo  L.  6: 
estero  L.  7,50. 

Sani  E.,  can.  Teologia  morale  pastorale.  Principii  e  cast.  III.  Sez.  III. 
della  Carita.  Colle  piu  pratiche  applicazioni  agli  errori  ed  alia  vita  mo- 
derna.  Bagnacavallo,  Serantoni,  1902,  16°,  404  p 

Semeria  G.  Gli  Inni  della  Chiesa.  IV.  Gli  Inni  della  Eucaristia.  Mi- 
lano,  Bertarelli,  1903,  16°  obi.,  34  p. 

Scaloni  F.,  sales.  Capital  et  travail.  Manuel  populaire  d'economie 
sociale.  2eme  ed.  Liege,  Ecole  professionnelle,  1903,  16°,  XII-156  p.  Fr.  1. 

Venturi  A.  Storia  dell' Arte  italiana.  II.  dall'arte  barbarica  alia  ro- 
manica  con  506  incisioni  in  fototipografia.  Milano,  Hoepli,  1902,  8°  gr., 
XXIV-676  p.  L.  20. 

Altre  pubblicazioni  pervenute:  Varieta.  —  ADDEO  P.  A.,O.  S.  A.  Lapre- 
visione  del  tempo.  Teoria  e  fatti.  Viterbo,  Donati,  1903,  8*,  44  p.  Cent.  75.  — 
CANESSA  L.  II  divorzio  ed  uno  studio  critico  e  profilattico  del  Matrimonio.  Ge- 
nova,  tip.  della  Gioventii,  1903.  18°,  22  p.  Cent.  50.  Rivolgersi  al  sac.  A.  Bruz- 
zone,  Voltri.  —  COSQUIN  E.  La  legende  du  page  de  Sainte  Elisabeth  de  Portugal 
et  le  comte  indien  des  «  Bons  conseils  ».  (Extr.  de  la  Revue  des  quest,  hist. 
Janv.  1903).  Paris,  Bureau  de  la  Eevue,  1903,  8°,  44  p.  —  GHENT  G.  Miflessi 
e  raccomandazioni  per  coloro  che  trattano  delle  Sacre  Scritture.  Cesena,  Bettini, 
1903,  24°,  32  p.  —  GREGGI  C.  11  Calendario  dei  Romani.  Modo  facile  per  so- 
.stituire  le  date  del  nostro  Calendario  alle  date  del  Calendario  dei  Romani  e 
rioeversa.  Roma,  Artigianelli,  1903,  32  p.  Cent.  40.  —  GUIDI  C.  Sulla  oppor- 
tunitd  di  una  vigilanza  del  Municipio  sidle  costruzioni  in  «  beton  »  armato  e  modo 
di  esercitarla.  (Estr.  dagli  Atti  della  Societa  degli  Ingegneri  ed  Archit.  in  Torino, 
1902).  Torino,  Bertolero,  1903,  8",  26  p.  —  MORIN  G.,  O.  S.  B.  Pages  inedites 
d'Amobe  le  jeune.  La  fin  des  expositiunculae  sur  I'Evangile.  (Extr.  de  la  Revue 
Senedectine,  XX,  p.  64-76).  Bruges,  Desclee,  1903,  8»,  16  p.  —  S.  A.  P.  Reli- 
gione  e  cremazione!  Risposta  alia  lettera  del  sig.  Arch.  Comm.  Augusto  Guidini 
apparsa  nel  Dovere  del  31  die.  1902.  (Estr.  dal  giornale  La  Patria  di  Ancona 
2-9  genn.  1903).  Lugano,  Grani,  1903,  24°,  56  p.  —  SAVIO  F.  Le  origini  della 
diocesi  di  Tortona.  Nota  (Accad.  R.  delle  scienze  di  Torino).  Torino,  Clausen, 
1903,  8°,  20  p.  —  VALENTI  G.  L.  Un  nuovo  rapido  procedimento  per  la  colo- 
razione  dei  flagelli  dei  batteri.  (Estr.  Atti  JR.  Accad.  di  Pcienze  Lett,  ed  Arti  in 
Modena,  III,  5).  Modena,  Soliani,  1902,  88,  8  p.  —  VANDONI  A.,  sac.  L' opera 
del  Sempione  per  I'assistenza  religiosa  e  morale  degli  operai,  I'educazione  ed  istru- 
zione  dei  loro  figli  nei  primi  tre  anni  di  vita.  Resoconto  generale.  Novara,  tip. 
vescovile,  1903,  8°,  70  p.  —  VUSIO  E.  M.  La  missione  della  Chiesa  Cattolica 
nel  XX  secolo.  Trieste,  Morterra,  1903,  16°.  38  p.  —  ZAMBIASI  G.  Composi- 
zione  ottica  dei  movimenti  vibratorii  di  tre  o  piu  suoni.  (Rendiconti  R.  Accad.  dei 
Lincei.  XX.  1°  sem.  1,  5",  2).  Roma,  Salviucci,  1903,  8°,  p.  48-53. 


512  OPERE  PERVENUTE   ALL  A  DIREZIONE 

Agiografla  e  Biografia.  —  CENNIintorno  a  Suor  Caterina  Labour  e  figlia  dellb 
Caritd.  Chieri,  Casa  della  Missione,  1902,  24°,  32  p.  —  PIC  COLA  RACCOLTA. 
di  vite  di  Santi  e  di  altre  cose  edificanti :  Vita  di  Sant'Isidoro.  —  Vita  d& 
Sant'Ilario.  —  Vita  di  S.  Alberto  c.  —  Immacolata  di  Lourdes.  Asti,  MicheleriOi 
Un  fasc.  al  mese  di  p.  32.  Prezzo  di  Assoc.  L.  1,50  annue.  —  MARCACCI  P.,  can. 
Fr.  Stanislao  di  S.  Teresa  carm.  scalzo.  2*  ed.  Pisa,  Mariotti,  1902,  16°,  36  p. 
—  RAIMONDO  DA  ROMA,  O.  M.  Vita  di  S.  Francesco  Solano  (Collana  di  Vite 
di  Santi,  312).  Monza,  de'  Paolini,  1902,  24°,  160  p. 

Memorie.  —  BENI  C.,  aw.  Parole  dette  nel  3  settembre  1902  alia  Verna  per 
I'inaugurazione  del  monumento  a  San  Francesco  di  Assisi.  Rocca  S.  Casciano,  Cap- 
pelli,  1902,  16°,  20  p.  —  JANSSENS  L.,  O.  S.  B.  Allocution  prononcee  dans  la 
chapelle  du  monastere  de  Ste  Scholastiqne  de  Maredret,  a  V occasion  de  la  profes- 
sion monastiqiie  de  Dame  Terese  Desclee.  Tournai,  Desclee,  1902,  16°,  20  p.  —  ME- 
MORIAL of  the  Most  Rev.  Michael  Augustine  Corrigan  D.  D.  third  Archbishop 
of  New  York.  New  York,  the  Cathedral  Libr.  Association,  1902.  8°,  234  p.  — «. 
MINORETTI  C.  C.  Ai  consigli  provinciali  ed  alle  deputazioni  delle  provincie 
venete  consorziate  pel  mantenimento  dei  pazzi  nel  Manicomio  centrale  di  San  Servolo 
in  Venezia.  Memoria.  Venezia,  Cordelia,  1903,  8°,  44  p.  —  SOLL1NI  G.,  can. 
Sul  luogo  dove  nacque  S.  Tommaso  d'Aquino.  Documenti.  Fermo,  Mucci,  1902, 
8*,  48  p.  —  TERMINI  A.,  can.  Elogio  di  Suor  Teresa  Macaluso  fondatrice  del' 
I'lstituto  dei  Sacri  Cuori.  Palermo,  Biondo,  1903,  8°,  24  p. 

Per  DOZZe.  —  (Nozze  Fornari-Montani).  LA  FAM1GLIA  FORNARI  nell'in- 
dustria  e  nett'arte  fabrianese.  Bologna,  Garagnani.  1902,  16°,  76  p.  —  (Nozze  Bel* 
lucci-Ragnotti).  MANZON"!  L.  Lautizio  di  Bartolomeo  dei  Rotelli  da  Perugia  ore* 
fice  incisore  ed  intagliatore  di  caratteri  da  stampa.  Perugia,  Unione  tip.  Cyoop.,. 

1902,  16- ,  12  p. 

Lettnre  ricreative.  —  ANDRE  C.  Ut  Fata  trahunt  (Bibl.  rom.  n.°  91  e  92). 
Roma,  Pustet,  16°,  158;  164  p.  Cent.  70  ciascun  volume.  —  CAPUTI  A.  Mas- 
senzio.  Dramma  lirico  in  5  atti.  Andria,  Terlizzi,  1903,  8°,  46  p.  Cent.  75.  — 
DAUDET  E.  Fils  d'emigre.  Nouvelle  ed.  Paris,  Bonne  Presse,  16°.  416  p.  Fr.  2,95. 
—  DES  FOURNIELS  R.  FloreaL  Nouvelle  ed.  Paris,  Bonne  Presse,  16°,  420  p. 
Fr.  3,00.  —  G.  F.  11  figlio  delVavaro.  Commedia  in  3  atti.  —  Un  cuoco  politico,. 
Farsa  in  un  atto  (Coll.  di  lett.  dramm.  nov.  dec.  1902.  Suppl.).  Roma,  Salesiana^ 

1903,  24°,  104  p.  —  FRANCESCHINI  P.  G.   Memorie  d'  un   angelo.   Racconto. 
Milano,  Lanzani,  1903,  16°,  220.  p.  —  MIONI  U.  A  Roma  solus.   Collana  di  av- 
venture.   I.  1  figli  dell'Indiano  (Lett.  Catt.  601).  Torino,  24°,  118  p.  Cent.  20.  — 
NEGRI   P.  11  Duca  di  Montgomery.  Dramma  in  4  atti  con   prologo  (Coll.    di 
Letture  dramm.  nov.  dec.  1902).  Roma,  Salesiana,  1902,  24°,  96  p.  Cent.  40. 

Poesie.  —  DI  NAPOLI  G.  Savii  e  pazzi.  Yersi.  Catania,  Giannotta,  1902.. 
16°,  192  p.  L.  1,50.  — -  MALIANDI  A.  G.  Fragmenta.  Napoli,  Velardi,  1903, 
16°.  —  MONTANARI  A.,  can.  II  Missionario  del  Seminario  Conforti  di  Parma 
per  le  Missioni  Estere.  Canto.  Ravenna,  Artigianelli,  1903,  8°,  14  p.  —  YER- 
GHETTI  B.  Inni  latini  con  versione  italiana  in  lode  del  P.  Andrea  Conti  di 
Anagni,  del  Serafico  Ordine  di  S.  Francesco,  composti  nel  YII  centenario 
dalla  sua  morte.  Foligno,  Artigianelli,  1903,  8°,  16  p. 

Mnsica  Sacra.  Edizioiii  Marcello  Capra,  Torino :  CASIMIRI  R.  Vespro 
completo  a  due  voci  virili  con  accompagnamento  d'organo  (Lire  6,30;  singole 
parti,  cent.  30).  —  MAGRI  P.  Missa  pro  Defunctis  duabus  vocibus  ihaequalibus 
organo  comitante  (L.  3,30 ;  sing,  parti,  cent.  40).  —  MANCINELLI  L.  Missa 
in  honorem  Beatae  Mariae  Virginis  sub  titulum  Auxilium  Christianorum  ad  qua- 
tuor  voces  dissimiles  comitante  organo  vel  harmonic  (L.  5,20;  sing,  parti, 
cent.  30).  —  RAYANELLO  O.  Missa  in  honorem  S.  losephi  Calasantii  duabuR 
vocibus  aequalibus  comitante  organo  vel  harmonio  (L.  3,10;  sing,  parti,  cent.  30),. 
—  WALCZYNSKI  F.  Dodici  pezzi  facili  per  armonio  (L.  2). 


IL  CRISTIANESIMO  BELLA  CHIESA 

E  LA  CEITICA  EAZIONALISTICA 


I. 

Nell'ordine  della  cognizione  i  capisaldi  del  Cristianesimo 
sono  due:  il  primo  e  la  legazione  di  Gesu  Cristo  da  Dio; 
il  secondo  e  la  fondazione  d'un  istituto  giuridico,  ch'  e  la 
Chiesa,  il  quale  continui  fino  alia  consumazione  de'  secoli 
1'opera  di  Cristo,  per  autorit&  deiristesso  Cristo;  talche  il 
movimento  morale  e  storico,  cominciato  in  mezzo  airumanita 
da  Dio  con  la  missione  di  un  suo  Legato,  metta  capo  nuova- 
mente  in  Dio,  come  un  aureo  circolo,  per  mezzo  delP  istituto 
fondato  dal  Legato  di  Lui. 

Per  chi  distruggesse  o  rompesse  la  prima  parte  di  questa 
catena,  la  legazione  di  Gesu  Cristo  da  Dio,  e  riducesse  la 
persona  di  Gesu  al  livello  d'un  uomo  qualsiasi.  privandolo 
d'ogni  missione  offtciale  da  Dio,  sarebbe  del  tutto  superfluo 
occuparsi  sul  serio  se  Gesu  Cristo  abbia  fondato  o  no  un  isti- 
tuto giuridico,  per  continuare  la  sua  supposta  missione  nel 
mondo,  e  se  il  Cristianesimo  che  da  lui  ebbe  il  nome  si  sia 
conservato  o  no  nel  mondo  o  quali  fasi  abbia  avuto.  Egli  sa- 
rebbe come  se  uno,  dopo  atterrato  un  albero  dando  di  scure 
alia  radice,  si  desse  poi  pensiero  della  vitalita  dei  rami;  o 
come  se,  accertato  che  Maometto  non  sia  un  messo  della  Di- 
vinita,  disputasse  poi  seriamente  se  egli  abbia  o  no  istituito 
un  pellegrinaggio  alia  Mecca  e  con  qual  cerimoniale.  —  Or, 
questo  paradosso  vediamo  noi  verificarsi  nei  recenti  razio- 
nalisti  e  nel  loro  rappresentante  Adolfo  Hdrnack,  il  cui  Cri- 
stianesimo gia  esaminammo  per  sommi  capi  *.  Dopoche  co- 
stui  ebbe  eguagliato  alia  stregua  clegli  altri  uomini  Gesu 

1  Nel  quad,  del  3  genii.,  1903. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1265.          33          24  febbraio  1903. 


514  IL   CRISTIANESIMO   BELLA   CHIESA 

Cristo,  ammettendo  in  lui  solamente  un  sentimento  piii  vivo 
e  sentito  della  paternita  di  Die  (sentimento  ereditato,  dice 
egli,  dalle  tradizioni  ebraiche) ;  anzi,  dopo  avere  esplicita- 
niente  dichiarata  Tinutilita  dell'occuparsi  se  egli  avesse  o 
-  non  avesse  seco  le  credenziali  della  sua  supposta  missione, 
e  dopo  avere  affermato  che  « la  questione  de'  miracoli  e  cosa 
indifferente  »  (p.  29)  J,  eccolo  poi  mettersi  con  tutto  lo  sfog- 
gio  d'un  critico  erudito  a  decidere  se  quell1  uomo  abbia  o  non 
abbia  fondato  una  Chiesa  per  propagare  la  sua  religione, 
come  e  in  qual  modo  questa  sia  fatta,  e  se  la  mente  di  Cristo 
sia  stata  incarnata  meglio  dal  Cristianesimo  romano  che  dal 
Cristianesimo  greco  (scismatico)  oppure  dal  germanico  (pro- 
testantico  e  razionalistico). 

Come  spiegare  questo  paradosso?  —  Spiegarlo  non  e  fa- 
cile, poiche  a  quest'errore  deir  intelletto  contribuiscono  rnolto 
le  secretissime  mire  della  volonta;  facile  e  pero  ricostruire 
il  processo  psicologico  di  questo  fenomeno  intellettuale.  II 
processo  e  questo,  che  quell' uomo,  di  nome  Gesii  Cristo,  di- 
strutto  con  i  colpi  della  loro  penna,  ossia  ridotto  alle  pro- 
porzioni  d'un  semplice  mortale,  giganteggia  subitamente  e  di 
nuovo  nelle  loro  menti;  e  credendo %  essi  d'averlo  tuffato  in 
fondo  al  mare,  ecco  che  se  lo  trovano  nuovamente  a  galla 
suH'orizzonte  e  innanzi  agli  occhi  della  mente.  E  continuano 
quindi  di  bel  nuovo  a  parlare  di  lui  e  della  sua  opera  come 
di  persona  superiore  a  tutti  gli  altri  uornini,  e  come  di  una 
opera  di  cui  e  pregio  occuparsene  e  fame  conferenze,  di- 
menticando  onninamente  che,  secondo  essi,  quella  persona 
non  e  da  piu  degli  altri  mortali.  Nel  che  ci  sembra  vedere 
una  protesta  della  natura  iiitellettuale  umana  contro  gli  ar- 
bitrii  della  volonta. 

Checche  sia  di  questo  falso  terreno  logico,  in  cui  si  met- 
tono  a  discutere  i  razionaiisti  (per  cui  gia  potrebbero  capire 
di  stare  nel  torto),  noi,  tenendo  conto  di  quest'omaggio  in- 
volontario  che  essi  fanno  alia  verit&ffeiccettiamo  la  discus- 
sione,  mettendoci  a  esaminar  breveniente  se  il  Cristianesimo 

1  A.  HARNACK,  L'essenza  del  Cristianesimo.  Torino,  Bocca,  1903. 


E   LA   CRITIC  A   RAZIONALISTICA  515 

del  Vangelo   sia   quello   della  Chiesa  cattolica  o  quello   dei 
razionalisti,  rappresentati  da  Adolfo  Harnack. 

A  dir  vero,  questo  dover  discutere  su  tal  questione  con 
uno,  il  quale  ha  gia  strappata  al  fondatore  del  Cristiane- 
sirno  1' aureola  della  Divinita  e  quella  della  sua  legazione  da 
Dio,  6  tale  un'onta  fatta  alia  nostra  coscienza  di  cristiani 
cattolici,  che,  piii  che  disputare,  vorremmo  meglio  spezzare 
la  penna  per  isdegno;  poiche  1'insulto  congiunto  alia  man- 
canza  di  logica  6  tanto  evidente  da  render  vana  ogni  di- 
scussione  scientifica.  Ma,  pur  troppo,  6  da  tener  conto  dei 
deboli,  ai  quali  gli  scherni  e  le  eontraddizioni  de'  raziona- 
listi appaiono  ragionamenti ;  e  (quel  che  e  peggio)  non  ai 
deboli  soltanto.  Poich6  vi  sono  stati  uomini  eruditi  tra'  cat- 
tolici  che  hanno  discusso  coir  Harnack  come  con  persona 
per  bene,  con  cui  si  discorda  solo  sul  phi  e  sul  meno;  uo- 
mini eruditi,  dicemmo,  ma  dimentichi  onninamente  con  qual 
fatta  d'avversario  ingaggiavano  la  lotta,  i  quali  giunsero 
perfino  a  piaggiarlo  fanciullescamente  J. 


1  Uno  di  costoro  6  Alfredo  Loisy  nel  libro  L  Evangile  et  I'Eglise.  Un 
altro,  scrittore  italiano,  scrivendo  imirEssenaa  del  Cristianesimo  dell'Har- 
nack,  lodava  ed  invidiava  il  popolo  di  Berlino,  esclamando:  «  Gran 
paese,  o  signori,  qnello  dove  I'Universita  ha  uii  uomo  capace  di  tener 
delle  conferenze  di  quel  genere  e  di  quella  forza,  e  seicento  giovani 
intenti  ad  ascoltarle  »  (Le  Vie  della  Fede,  Roma  1903,  Pustet,  p.  43). 
Un  altro,  parimente  italiano,  pur  facendo  qualche  riserva,  chiama  il  libro 
deH'Harnack  «un  contribute,  per  il  suo  valore  intrinseco  e  per  le  cir- 
costanze  del  momento,  prezioso  per  chi  voglia  studiare  sulle  fonti  la 
dottrina  e  1'opera  di  Gesu  Cristo  e  la  sostanza  dei  suoi  insegnamenti, 
esposta  in  esso  libro  con  ampia  maturita  di  critica  e  con  rispetto  notevole, 
benche  non  intiero,  alia  figura  storica  del  Redentore»  (Cultura  Sociale 
del  16  dec.  1902,  p.  380).  Reca  gran  meraviglia  che  scrittori  cattolici 
scrivano  cosi,  quando  si  pensa  che  in  quelle  conferenze  appunto  si  tra- 
scina  il  Cristianesimo  nel  fango,  di  Gesu  Cristo  si  fa  un  semplice  uomo 
e  della  Chiesa  cattolica  un'aberrazione  degli  uomini,  e  il  tutto  condito 
con  affettata  ignoranzaylel  Vangelo  e  con  eontraddizioni  palmari.  Del 
resto  occorre  appena  notare  che  questo  libro  del  prof.  Harnack  e  proibito 
in  forza  delle  Regole  dell' Indiee  (Tit  I,  c.  I,  nn.  2  e  3),  sancite  da 
S.  S.  Leone  XIII  nella  sua  Costituzione  «  Officiorum  »  dei  25  genn.  1897. 


516  IL   CRISTIANESIMO   BELLA   CHIESA 

Dopo  questa  non  illegittima  digressione,  veniamo  alia  pro- 
posta  questione :  Chi  sia  il  rappresentante  del  Cristianesimo 
del  VangelOj  se  il  Cristianesimo  delta  Chiesa  cattolica  o 
quello  del  razionalismo. 

II. 

Ma,  qual  e,  innanzi  tutto,  il  Cristianesimo  del  Van- 
gelo  ? 

Intende  di  leggier!  ognuno  come  questo  e  il  cardine  della 
questione  ;  di  qui  avremo  la  norma  per  giudicare  coloro  che 
si  arrogajio  il  vanto  di  rappresentare  il  Cristianesimo  vero. 
Guai  percio  ad  errare  in  questo  punto  ! 

Ora  THarnack  ha  errato  precisamente  in  questo  punto, 
spacciando  per  Cristianesimo  del  Vangelo  le  sue  utopie,  utopie 
sostenute  con  contraddizioni  e  falsita  storiche  inaudite.  Questo 
giudizio  per6  vogliamo  che  il  lettore  lo  deduca  da  s6  dopo 
I'esposizione  dei  sofismi  del  rappresentante  del  razionalismo, 
che  si  presenta  al  mondo  coi  colori  fosforescenti  e  abbar- 
baglianti  della  scienza  critica. 

Per  1'Harnack  tutta  Tessenza  del  Cristianesimo  6  nel  ri- 
conoscere  la  paternita  di  Dio.  «  Dio,e  Dio  (dic'egli) ;  1'uomo 
non  ha  altro  modo  di  servirlo  che  riconoscerlo  come  tale  e 
invocarlo  come  suo  padre.  Tutte  le  altre  vie  che  1'uomo  cerca 
per  giungere  a  Dio  e  per  onorarlo  sono  fallaci :  tutte  le  altre 
relazioni  che  egli  tenta  di  stabilire  tra  Dio  e  se  stesso  sono 
vane  »  (pag.  271,  272).  E  altrove,  rassomigliando  il  Cristia- 
nesimo a  un  edifizio,  dice :  «  Nell'edifizio  ideale  costituito  da 
Dio  Padre,  dalla  Provvidenza,  dalla  filiazioneda  Dio,  dall'in- 
finito  pregio  deiranima  umana,  6  contenuto  tutto  I'Evangelo  » 
(p.  69).  E  finalmente,  parlando  egli  delle  virtu  praticate  negli 
Ordini  religiosi,  dice :  «  L'ortodossia,  la  pieta,  1'obbedienza, 
il  timore  reverenziale  hanno  il  loro  pregio  e  nobilitano 

1'uomo ma  sono   sempre   cose  che  non  hanno  nulla  che 

fare  coll'Evangelo,  e  non  lo  pongono%i&ero  al  cospetto  di 
Dio,  perch6  egli  prenda  la  sua  decisione  :  o  con  Dio  o  contro 
Dio  »  (p.  242). 


E   LA   CRITICA   RAZIONALISTICA  517 

In  una  parola,  tutto  il  Vangelo  del  professore  di  Berlino 
<&  I'uomo  liber o  al  cospetto  di  Dio. 

Libero  da  che  ?  —  Libero  da  tutto,  assolutamente  da 
tutto :  1°)  libero  da  qualsiasi  sacerdozio  od  autorita  che 
gl;  imponga  il  da  credere  e  il  da  fare  (p.  269)  ;  2°)  libero 
da  qualsiasi  professione  di  fede,  potendo  credere  e  pensare 
come  gli  garba,  eccetto  che  Dio  e  Padre  e  che  ci  vuol  bene 
(p.  146);  3°)  libero  da'ogni  legge,  asserendo  THarnack  fran- 
camente  che  T  idea  di  fare  della  salute  dell'anima  un  rap- 
porto  contrattuale  tra  la  legge  e  la  sua  osservanza  e  una 
idea  latino, ,  un'  idea  politica,  sorta  in  mente  ai  cristiani 
deir  impero  romano,  in  cui  tutto  doveva  essere  regolato 
dalla  legge  (p.  250)  ;  4°)  libero  dall'ascetismo  o  dalla  mor- 
tificazione  della  carne,  affermando  egli  che  «  i  digiuni  e  le 
astinenze  non  hanno  alcun  pregio  al  cospetto  di  Dio  »  (pa- 
gin.  280)  ;  5°)  libero  (chi  il  crederebbe  ?)  dallo  stesso  Gesu 
Cristo,  il  quale  (cosl  insegna  il  Critico  alemanno)  non  fece 
di  s&  mai  1'oggetto  della  sua  predicazione,  e  bench6  mani- 
festasse  agli  uomini  con  piu  forza  di  ogni  altro  la  paternita 
di  Dio,  pure  non  formulo  mai  «  una  dottrina  intorno  alia 
sua  persona  e  dignita  »  (p.  126) ;  «  nell;Evangelo  non  c?e  il 
Figliuolo,  ma  il  Padre  soltanto  »  (p.  143),  e  il  fare  di  Gesu 
Cristo  un  Dio,  un  Mediatore  &  un  apporre  qualche  cosa  al 
Vangelo  (p.  145),  e  fare  deiraccessorio  il  principale. 

Resta  ancora  a  sapere  se  in  questo  puro  Vangelo  Tuomo 
sia  libero  anche  dall'  imniortalita  dell'  anima  e  dalla  vita 
eterna.  -  -  II  Critico"  6  qui  molto  sobrio,  occupandosi  po- 
chissimo,  anzi  niente,  di  tali  question!  nel  senso  che  le  in- 
tesero  finora  i  cristiani.  Per6  da  qualche  accenno  pare  che 
anche  tali  gingilli  sieno  esclusi  dall'  essenza  del  Cristiane  - 
simo.  In  fatti  una  volta,  trattando  del  tramutamento,  secondo 
lui,  del  Vangelo  in  cattolicismo,  parla  cosl :  « In  questa  isti- 
tuzione...  la  viva  fede  sembra  aver  ceduto  il  campo  ad  una 
passiva  professione  di  fede,  la  dedizione  a  Cristo  e  stata  so- 
stituita  dalla  Cristologia,  la  fervida  speranza  del  Regno  da 


518  IL   CRISTIANES1MO   BELLA   CHIESA 

una  teoria  dell'immortalitd  e  dell'unione  con  Dio  »  (p.  193).. 
Dal  che  appare  che  anche  Timmortalita  deli'anima  6  riman- 
data  tra  le  bucce  e  le  quisquiglie. 

E  la  vita  eterna,  ossia  il  premio  finale  promesso  ai 
buoni  ?  Anche  questo,  che  pure  e  lo  scopo  di  tutta  la  vita 
cristiana,  e  secondo  1'Harnack,  non  altro  che  la  pace,  la 
letizia  e  la  tranquillita  che  uno  ha  in  questa  vita  pensando 
che  Dio  e  suo  Padre.  II  Vangelo,  egli  dice,  « trattando  della 
vita  eterna,  c'insegna  pure  come  dobbiamo  vivere  quaggiu... 
Esso  ci  promette  come  premio  della  vita  virtuosamente  vis- 
suta,  non  ostante  tutte  le  lotte  (che  cosa  ci  promette  ?}  la  pace, 
la  certezza  e  la  serenita  imperturbabile  dell'anima  »  (p.  146). 
E  altrove  :  «  Quanto  a  quella  partecipazione  alia  Divinita  che 
i  fedeli  attendono  nelPaltra  vita...  per  se  e  cosa  indescrivibile 
ed  incomprensibile  »  (p.  237)  ;  parole  che,  secondo  TAutore, 
sono  identiche  con  inammissibile.  E  altrove,  parlando  del 
regno  di  Dio,  il  cui  inizio  Gesii  Cristo  pone  qui  in  terra  e 
il  fine  in  cielo  dopo  la  distribuzione  de'  premii  e  de'  casti- 
ghi  col  giudizio,  egli  asserisce  che  di  questi  due  poli  del: 
regno  di  Dio,  il  primo  (conoscimento  della  paternita  di  Dio- 
qui  in  terra)  e  vero  e  reale  ;  il  secondo  (giudizio  e  distri- 
buzione di  premii  e  castighi)  non  e  cosa  reale,  si  bene  so- 
lamente  un  modo  di  dire  drammatico.  Tanta,  dice  egli,  era 
la  potenza  di  vita  e  Tefficacia  di  Gesti  nel  descrivere  il  re- 
gno di  Dio  in  questa  vita  che  «  alia  fine  del  dramma  egli 
stesso  si  pone  alia  destra  del  Padre  suo  ed  i  dodici  Apo- 
stoli  seggono  sopra  dodici  troni  a  giudicare  le  dodici  tribu 
d'Israele  !  »  (p.  53).  Quindi  aggitinge  :  «  Non  6  meraviglia 
che  vi  sia  tra  i  moderni  chi  in  queste  immagini  dramma- 
tiche...  vede  la  parte  principale  della  rivelazione  di  Gesu... 
Si  tratterebbe  di  varianti,  piu  o  meno  trascurabili,  forse  in- 
trodotte  da  narratori  ed  interpret!  posteriori  »  (p.  53,  54). 
Dunque  la  vita  eterna  co'  suoi  premii  e  co'  suoi  castighi 
sono  per  THarnack  varianti  trascurabili  della  predicazione 
del  regno  di  Dio,  sono  tratti  drammatici  ed  enfatici  che  mo- 
strano  la  potenza  di  Gesii  nel  predicare  il  deminio  di  Dia 


E   LA   CRITIC  A   KAZIONALISTICA  519 

:sugli  uomini.  «  Si,  (ripete  egli)  il  Regno  di  Dio  e  il  dominio 
di  Dio,  ma  il  dominio  del  Dio  santo  nei  singoli  cuori  e  Dio 
stesso  colla  sua  forza.  Tutto  quel  che  c'e  di  drammatico  in 
senso  esteriore,  in  senso  storico  (ossia  in  senso  di  fatti  che 
accadranno)  a  questo  punto  si  diiegua,  e  si  dilegua  anche 
la  speranza  esteriore  dell'av venire  »  (p.  56).  Sarebbe  il  caso 
<d'un  ciarlatano  in  cui  le  descrizioni  magiche  prendono  il 
posto  della  verita. 


III. 


Assottigliato  il  Cristianesimo  del  Vangelo  alia  sola  pater- 
nita  di  Dio  verso  I'uomo,  il  Critico  si  mette  sul  serio  a  in- 
vestigare  quali  mutazioni  od  aggiunte  abbia  esso  avuto  nel 
•decorso  della  storia;  e,  naturalmente,  ne  trova  moltissime. 

Le  trova  dapprima  nella  stessa  eta  apostolica,  presso  gli 
stessi  Apostoli  (che  e  tutto  dire),  i  quali  sarebbero  subito  tra- 
lignati  dal  loro  Maestro,  facendo  dire  al  Maestro  quel  che  non 
disse  (p.  29,  145  e  altrove).  II  nostro  professore,  naturalmente, 
ne  sa  piu  di  loro.  Di  quel  delitto  egli  fa  reo  specialmente 
S.  Paolo  per  avere  insegnata  la  teoria  della  redenzione  umana 
per  Gesu  Cristo  (p.  286);  per  aver  fatto  «  della  Cristologia 
il  fondamento  e  la  sostanza  dell'  Evangelo  »  (p.  184)  e  spe- 
cialmente per  avere  ascritta  a  Gesu  Cristo  «  un'essenza  ce- 
leste »  (p.  233).  All' eta  apostolica  ed  agli  Apostoli  egli  rim- 
provera  specialmente  che  si  sieno  immaginati  che  il  Cristo 
vivesse  ancora  e  che  avessero  «  compendiato,  per  cosl  dire, 
in  questo  fatto  (morte  e  risurrezione  di  lui)  tutto  T  Evan- 
gelo »  (p.  154).  Sciagurati!  che  s'erano  affrettati  a  sentenziare 
sulla  persona  di  Gesu,  prima  di  sentire  le  conferenze  del  dot- 
tore  di  Berlino! 

Procedendo  nel  suo  esame  critico  THarnack  trova  altre 
mutazioni  e  piu  forti  ancora,  specialmente  nel  Cattolicismo. 
Trova,  cioe,  la  Religione  cristiana  (che,  secondo  lui  6  tutta 
in  questo:  «  arrivare  al  Dio  vivente...  e  da  lui,  attingere 
forza,  letizia  e  pace  »  [p.  191])  la  trova,  diciarno,  sopraffatta 


520  IL   CRISTIANESIMO   DELLA   CHIESA 

clai  «  coefficient!  dell'Ebraismo  o  dell' Ellenismo,  dell'asce- 
tismo  o  della  civilta,  del  gnosticismo  o  deiragnosticismo,  di 
una  Chiesa  regolarmente  costituita  o  di  un'associazione  libera 
volontaria...  forme  transitorie,  simili  alia  corteccia  che  pro- 
tegge  1'albero  »  (p.  191,  192).  E  ponendosi  collo  sguardo  scru- 
tatore  al  200  e  guardando  i  seguaci  di  Cristo,  appena  e  se 
il  Critico  vi  scorga  nulla  del  Cristianesimo  del  Vangelo.  Noi 
vediamo,  dice  egli  in  sentenza,  una  grande  societa  politico- 
ecclesiastica  sparsa  in  tutto  1'  impero  ;  vediamo  ogni  ehiesa 
che  e  come  un'istituzione  di  culto  «  nella  quale  Dio  e  ado- 
rato  secondo  un  solenne  cerimoniale  »  (p.  193) ;  vediamo  i 
precetti  di  Gesu  distinti  nettamente  dalle  massime  di  fede ; 
vediamo  «  la  distinzione  caratteristica  tra  preti  e  laiei,  e  che 
certi  atti  del  culto  non  possono  essere  compiuti  che  dal  prete, 
o  che  egli  e  intermedia  rio,  di  cui  non  si  puo  fare  a  meno  » 
(p.  193);  vediamo  che  a  1'uomo  non  puo  avvicinarsi  a  Dio 
se  non  per  intermediarii  e  tali  sono  1'ortodossia,  i  legittimi 
ordinamenti,  la  Sacra  Scrittura...;  che  la  dedizione  a  Cristo 
£  stata  sostituita  dalla  Cristologia,  la  fervida  speranza  del 
Kegno  da  una  teoria  dell'  immortalita  e  deH'unione  con  Dio, 
la  profezia  dall'esegesi  erudita  e  dalla  scienza  teologica;  i 
chierici  hanno  preso  il  posto  degli  uomini  avvivati  dalla 
Spirito,  i  fratelli  sono  divenuti  laici  soggetti  a  tutela;  mi- 
racoli  e  guarigioni  prodigiose  non  se  ne  fanno  piu  o  sono 
arti  sacerdotali ;  alia  preghiera  che  prorompe  dal  cuore  sono 
succeduti  gl'  inni  solenni  e  le  litanie;  lo  spirito  e  divenuto 
diritto  imperative  »  (p.  193).  Quindi  esclama  meravigliato  il 
gran  Critico :  «  Quale  mutamento  in  poco  piu  di  un  secolo !  » 
Ma  anche  noi,  alia  nostra  volta,  potremmo  esclamare :  Quale 
mutazione  di  logica  nel  grande  Critico,  il  quale  prima  diceva 
impossibili  i  miracoli  ed  ora  si  lamenta  che  non  se  ne  fac- 
ciano  piu !  !  Ma  tiriamo  dritto  nel  ricostruire  il  pensiero  del 
Kazionalista. 

Dopo  aver  egli  tentato  di  spiegare  con  molte  pagine  inu- 
tilmente  erudite  come  tal  mutazione  sia  avvenuta  per  1'  El- 
lenismo  che  si  accampo  tutt'intero  nella  Chiesa  con  il  suo 


E  LA   CRIT1CA  RAZIONALISTIC1  521 

multiforme  patrimonio,  per  le  conquiste  di  Alessandro  che 
tolsero  le  barriere  tra  I'Oriente  e  I'Occidente,  per  Topera  di 
Paolo  che  trasporto  il  Cristianesimo  nel  mondo  romano,  per 
la  filosofia  greca  del  Logos,  per  il  politeismo  stesso  o  reli- 
gione  degli  antichi  Dei,  i  quali  «  prima  di  morire  lasciarono 
eredi  di  una  gran  parte  del  loro  potere  i  Santi  della  Chiesa  »; 
dopo  avere,  diciamo,  tentato  di  spiegare  tutto  questo,  il  Cri- 
tico  dimanda  se  in  questa  farraggine  di  superfetazione  mal- 
sana  si  e  mantenuto  e  salvato  qualche  cosa  del  Cristianesimo 
del  Vangelo. 

E  risponde  che,  benche  in  qualche  individuo  qualche  cosa 
si  e  salvata  (in  fatti,  se  tutto  il  Cristianesimo  e  nella  fede 
alia  paternita  di  Dio,  6  facile  ammetterlo),  pure  nel  complesso 
neppur  questa  si  6  salvata,  essendo  essa  stata  sopraffatta  da 
quel  grande  involucro  storico  formato,  dice  egli,  da  Papi, 
Vescovi,  Diritto  canonico,  Messe,  digiuni,  adorazione  di  Gesu 
"Cristo,  culto  de'  Santi,  Ordini  religiosi,  professione  di  fede, 
acqua  benedetta,  eccetera.  «  Cristo,  egli  scrive,  vuole  che  i 
suoi  seguaci  non  comandino  (?)  e  i  preti  romani  governano 
il  mondo.  Cristo  allontana  i  suoi  discepoli  dalla  religione  po- 
litica  e  rituale  e  colloca  ciascun  uomo  al  cospetto  di  Dio; 
nella  Chiesa  romana,  al  contrario,  1'uomo  6  avvinto  con  in- 
dissolubili  vincoli  ad  un  istituto  terreno  (?)  al  quale  deve  ob- 
bedire  e  solo  a  questo  patto  puo  appressarsi  a  Dio  »  (p.  268). 
Essa  «  coi  suoi  preti,  col  suo  culto,  col  suo  corredo  di 
vasi  sacri,  di  paramenti,  di  Santi,  di  immagini,  di  amu- 
leti  (?),  coi  suoi  digiuni  e  colle  sue  feste  non  ha  niente  di 
•comune  colla  Religione  di  Cristo  »  (p.  241).  E  finisce  con 
dire  che  «  la  Chiesa  romana  non  6  altro  che  Tantico  Impero 
romano  consecrato  dairEvangelo...  Essa  regge  ancora  i  po- 
polii.i  suoi  Papi  imperano  come  Traiano  e  Marco  Aurelio; 
al  posto  di  Romolo  e  Remo  sono  successi  gli  Apostoli  Pietro 
e  Paolo ;  gli  arcivescovi,  i  vescovi  sono  i  suoi  proconsoli,  i 
preti  e  i  frati  sono  le  sue  legioni,  i  Gesuiti  la  sua  guardia 
pretoriana  »  (p.  253).  Tuttocio  displace  al  professore  di  Ber- 
lino.  Ma  perch6  dispiacere?  Cio  anzi  prova  che  Gesii  Cristo, 


522  IL   CRISTIANESIMO   DELLA  CHIESA 

gli  Apostoli  e  i  seguaci  loro  erano  persone  accorte,  116  si  con- 
tentarono  d'  idealism!,  come  certi  professori. 

Conchiude  in  somma  che  la  Chiesa  romana,  benche  abbia 
il  merito  di  avere  sconfitto  il  politeismo  ed  educati  i  Barbari, 
pure,  come  Religione,  e  tutt'altro  fuorche  il  Cristianesimo 
del  Vangelo :  e  ci  voile  Toper  a  riformatrice,  prima  di  Lutero 
e  poi  de'  razionalisti  moderni,  per  rimettere  in  fiore  nel  mondo 
il  Cristianesimo  vero  di  Gesii  Cristo. 

0  Martiri,  o  Santi  della  Chiesa  di  Dio,  o  Paolo  apostolo, 
o  Ignazio  di  Antiochia,  o  Eiisabetta  di  Turingia,  o  Franceses 
d'Assisi,  o  Caterina  da  Siena,  o  Carlo  Borromeo,  o  Teresa 
di  Gesu,  o  Ignazio  di  Loiola,  o  Stanislao  Kostka,  voi  dunque 
foste  traviati  da  un  Cristianesimo  falso  ?  Voi  ardenti  di  arnore 
verso  Dio  e  verso  gli  uomini,  foste  tratti  in  inganno  dalla 
madre  de'  Santi,  che  e  la  Chiesa  cattolica  ?  E,  per  imparare 
il  vero  Cristianesimo  sareste  dovuti  andare  a  scuola  da  Martin 
Lutero  o  alle  lezioni  del  professore  di  Berlino,  Adolfo  Har- 
nack  ?  Deh  !  non  ascoltate  queste,  piii  che  bestemmie,  insen- 
sate goffaggini.  —  E  proseguiamo  la  discussione  scientifica. 

Vogliamo  vedere,  cioe,  a  punto  di,  critica,  se  le  cose  as- 
serite  dal  Razionalista  berlinese  sieno  sogni  o  realta;  senza 
nulla  dire  della  condizione  falsa  e  contradittoria,  in  cui  egli 
si  mette  (e  raccennammo  al  principio)  in  volere  cioe  esa- 
minare  qual  sia  il  vero  Cristianesimo  di  Cristo  dopo  avergli 
negato  ogni  titolo  ad  una  legazione  officiate  da  Dio.  Perche, 
in  tal  caso,  un  Cristianesimo  vale  Taltro,  quello  del  Tolstoj 
vale  quello  delTHarnack  ;  anzi,  ogni  Cristianesimo  non  var- 
rebbe  piu  d'una  qualsiasi  Religione  naturale  monoteistica. 

IV. 

II  dedurre  una  conseguenza  da  un  principio  o  da  una 
proposizione  posta  in  luogo  di  principio  e  la  cosa  piu  facile 
del  mondo;  trattandosi  d'un  semplice  esercizio  di  dialettica. 
La  difficolta  sta  in  provare  il  principio.  Ora,  Adolfo  Harnack 
in  tutte  le  sue  sedici  conferenze  sull'Essenza  del  Cristiane- 


E   LA   CRITICA   RAZIONALISTIGA  523 

,-simo  afferma  e  ripete  ad  ogni  pagina :  u  Tutto  il  Cristianesimo 
-del  Vangelo  e  eontermto  nella  paternita  di  Dio  e  in  niuna 
altra  cosa  » :  afferma,  diciamo,  e  ripete  tal  principio  ad  ogni 
pagina.  Volgendo  poi  lo  sguardo  allaChiesa  cattolica  e  vedendo 
in  essa  altre  cose,  oltre  la  credenza  alia  paternita  di  Dio, 
grida:  La  Chiesa  romana  «  non  ha  nulla  di  comune  colla 
Religione  di  Cristo  »  (p.  241).  E  i  suoi  scolari  delPUniversita 
di  Berlino  non  s'accorsero  del  puerile  giuoco  dialettico. 

Dimandiamo  quindi  a  buon  diritto :  E  poi  vero  che  il  Cri- 
stianesimo del  Vangelo  sia  tutto  compreso  nella  paternity  di 
Dio  e  che  da  esso  siano  escluse  tutte  le  altre  cose  qui  sopra 
enumerate?  --No;  questa  e  la  risposta,  finch&  la  logica  e 
la  storia  non  saranno  esulate  dal  mondo ;  e  le  asserzioni  del- 
i'Harnack  sono  altrettante  falsita  storiche. 

Vediamolo,  facendone  una  breve  enumerazione. 

v. 

La  prima  verita,  negata  da  lui,  e  pur  contenuta  nel  Van- 
gelo, e  che  la  Chiesa  sia  un  istituto  giuridico.  —  Come  ognun 
vede,  si  tratta  qui  di  cosa  principalissima  come  quella  che 
forma  la  stessa  costituzione  essenziale  della  Religione  inse- 
gnata  da  Cristo  ;  e  trattasi  inoltre  di  una  di  quelle  altissime 
formality  officiali,  che  sono  per  la  vita  sociale  quel  che  sono 
1  principii  per  la  vita  intellettuale.  Da  qui  dipende  se  i  se- 
guaci  di  Cristo  debbano  essere  quel  che  sono  i  protestanti 
fin  dal  secolo  XVI,  ossia  indipendenti  da  ogni  autorita  eo- 
clesiastica,  o  quel  che  furono  e  tuttora  sono  quelli  che  diconsi 
cattolicij  ossia,  soggetti  al  magistero  apostolico. 

Or  che  Gesu  Cristo  abbia  fondato  tra'  suoi  discepoli  non 
una  semplice  scuola  libera  d'insegnamento,  ma  un  istituto 
giuridico,  al  cui  magistero,  ministero  ed  impero  debbono  as- 
soggettarsi  tutti  i  seguaci  di  Cristo,  e  cosa  indubitabile.  In 
fatti,  un  magistero  autorevole  e  giuridico  si  distingue  da  una 
semplice  scuola  libera  per  cio  che  in  questa  non  vi  sono  di- 
ritti  e  doveri  reciproci  tra  maestri  ed  ammaestrati;  non  vi 


524  IL   CRISTIANESIMO   BELLA   CHIESA 

sono,  diciamo,  diritti  e  doveri  sanzionati  con  premii  e  casti- 
ghi.  Ora,  il  comando  dato  da  Cristo  ad  alcuni  de'  suoi  seguaci 
(cui  nomin6  appositamente  Apostoli  o  Messi)  di  spargers!  tra 
tutti  gli  uomini  a  predicare  la  sua  dottrina  fu  un  comando 
assoluto  con  diritti  e  doveri  tra  maestri  ed  ammaestrati,  di- 
ritti e  doveri  sanzionati  col  premio  («  chi  credera,  sar&  salvo  »)> 
e  col  castigo  («  chi  non  credera,  sara  condannato  »).  Dunque 
il  magistero  fondato  da  Cristo  non  fu  una  semplice  scuola, 
ma  un  istituto  giuridico  che  doveva  assoggettarsi  tutti  gli 
uomini  (Marc.  16,  16  —  Luc.  10,  16  —  Matt.  18,  18);  istituto 
a  capo  del  quale  mise  Pietro  (Matt.  16,  18). 

Dunque  6  una  falsita  patente  quella  dell'Harnack  nel  ne- 
gare  alia  Chiesa  cattolica  il  diritto  di  rappresentare  il  Cri- 
stianesimo  del  Vangelo,  perch6  (dice  egli)  «  i  preti  romani  go- 
vernano  il  mondo».  Anzi,  percio  appunto  si  vede  in  essa  it 
Cristianesirno  del  Vangelo.  L'Harnack  deve  rassegnarsi;  cost 
voile  Cristo.  Che  se  tal  governo  e  simile  a  quello  dell'impero 
romano  e  che  «  i  Vescovi  sono  i  proconsoli,  i  preti  e  i  frati. 
sono  le  sue  legioni,  i  Gesuiti  la  sua  guardia  pretoriana  »,  vuol 
dire  che  Cristo,  costituendo  una  societa,  che  6  anche  umana* 
non  disdegno  i  mezzi  umani,  e  non  si  fido  di  affidare  all' aria 
od  alFarbitrio  di  qualsiasi  razionalista  i  veri  che  Egli  venne 
a  svelare  sulla  nostra  umile  Terra ;  ma  pen  so  affidarli  ad  un 
istituto  giuridico,  a  cui  promise  la  sua  assistenza. 

Quando  dunque  questo  magistero  giuridico,  fondato  da  Gesu 
Cristo  per  tutti  gli  uomini,  fino  alia  fine  de'  secoli,  insegna 
e  spiega  la  dottrina  di  Lui  e  si  fa  discepoli  tutti  gli  uomini, 
adempie  Taltissimo  officio  impostogli  solennemente  da  Cristo. 
E  siccome  [Cristo  non  lascio  nulla  scritto,  e  un  magistero 
d' uomini  che  deve  insegnare  la  dottrina  d'un  maestro  che 
nulla  scrisse  non  ha  altro  mezzo  ovvio  e  naturale  che  la 
tradizione  ossia  la  trasmissione  vocale  o  scritta  di  quella  dot- 
trina; quando  quel  magistero  sulle  basi  della  tradizione  insegna 
le  verita  rivelate  e  si  serve  del  corredo  naturale  e  umaao 
d'ogni  magistero,  puta  caso  della  civilta  e  della  filosofia,  & 
pazzia  e  stoltezza  accusarlo  di  trasportare  TEllenismo  o  gli 


E  LA   CRITICA   RAZIONALISTICA  525 

ordinamenti  umani  nel  Cristianesimo  e  di  confondere  una  cosa 
coiraltra.  Egli  6  che  Cristo  fondo  un  inagistero  di  uomini  e 
per  uomini,  e  1'Harnack,  non  volendo  ne  1'uno  116  1'altro,  in- 
venta  che  Gesu  Cristo  pose  1'uomo  «  libero  al  cospetto  di  Dio  », 
abbandonato  a  tutti  i  suoi  sogni  ed  illusion!  subbiettive.  Ma,  in 
tal  caso,  si  puo  dimandare:  Che  differenza  v'e  tra  questa  Reli- 
gione  che  egli  chiama  Cristianesimo  e  quella  di  qualsiasi  pa- 
gano  che  amnietta  Dio?  per  esempio,  quella  di  Platone  o  di 
Socrate  ?  Anzi  la  Religione  di  costoro  sarebbe  stata  migliore, 
poich6  essi  non  si  credevano  liberi  dall'osservare  la  legge 
naturale.  Vuole  il  Critico  mettere  in  cio  la  liberta  del  Van- 
gelo?  Che  nou  sia  questa  la  ragione  o  il  pretesto  per  lodar 
tan  to  la  (Jottrina  di  Gesu  Cristo?!  Sarebbe,  al  certo,  una 
ragione  molto  vile. 


VI. 


La  seconda  cosa  contraria  al  Vangelo,  secondo  1'Harnack, 
e  imposta  dalla  Chiesa  cattolica,  sarebbe  la  professions  di 
fede  a  determinate  verita  rivelate  da  Dio,  come  sono  quelle 
contenute  nel  nostro  Simbolo  apostolico,  quali,  p.  es.,  la  fede 
a  Dio  creatore  del  mondo,  all'Incarnazione,  alia  vita  futura, 
eccetera.  —  Ma,  con  buona  pace  di  tutti  i  razionalisti,  accu- 
sare  percio  la  Chiesa  cattolica,  e  aftermare  cio  esser  contrario 
al  Vangelo,  sa  di  supremo  disprezzo  a  Dio  rivelante.  Come? 
Dio  manda  appositamente  il  suo  Figlio  in  terra  a  rivelarci 
verita  o  inaccessibili  alia  nostra  mente  od  oscure,  verita  che 
naturalmente  devono  servir  di  base  all'operazione,  e  la  Chiesa, 
continuatrice  in  terra  deir opera  di  Cristo,  dovrebbe  metterle 
in  disparte?  Dovrebbe,  cioe,  lasciar  libero  ognuno  p.  es.  di 
credere  o  non  credere  alia  vita  eterna,  alia  creazione  del 
mondo,  alForigine  djelFuonio  da  Dio?  E  non  e  Gesu  Cristo  che 
nel  Vangelo  approve  la  narrazione  mosaica  sulla  creazione  del 
mondo  e  deiruomo  da  Dio?  (Marc.  X,  1-9).  Non  e  Gesu  Cristo 
che  nello  stesso  Vangelo  annunzia  la  vita  eterna  ai  suoi  fedeli 
seguaci?  (Matt.  XXV-46).  0  perche  tutto  cio  non  si  dovrebbe 


526  IL   CRISTIANESIMO   DELLA   CHIESA 

mettere  nel  prezioso  tesoro  delle  verita  da  sapere?  Non  sa- 
robbe  ridicolo  un  astronomo  o  un  geografo  che  trovata  o  ima 
nuova  costellazione  o  ua  nuovo  paese.  rinunziasse  poi  alia 
sua  scoperta?  Ma  s'intende,  Gesii  Cristo  per  1'Harnack  non 
6  un  legato  di  Dio.  Quindi  e  inutile  tener  conto  delle  verita 
da  lui  rivelateci.  Ma  egli,  invece  di  dir  questo,  che  sarebbe 
almeno  logico,  asserisce  con  aperta  falsita  o  menzogna  ci6 
essere  antievangelico,  cio6  non  contenersi  nel  Vangelo. 

Ed  antievangelica  e  pure,  secondo  lui,  Vosservanza  della 
legge  qual  condizione  a  salvarsi ;  e  con  stupida  erudizione 
asserisce  questa  essere  idea  latina,  inventata  dai  Padri  latini 
a  norma  dell'irnpero  romano,  ove  tutto  era  regolato  dalla 
legge.  —  Ma  prima  che  il  Vangelo  lasciasse  i  conflni  del- 
FOriente,  e  molto  prima  che  penetrasse  neirimpero  romano, 
annunziava  a  tutti  Tosservanza  del  decalogo  per  ottener  la 
salute.  «  Se  vuoi  salvarti,  disse  Gesii  Cristo  al  giovinetto  che 
nelo  prego,  osserva  i  comandamenti  »,  e  giieli  recito  in  parte. 
Dunque  e  una  puerile  nienzogna  quella  del  professore  di  Ber 
lino  di  attribuire  alia  tirannla  della  Chiesa  cattolica  Timpo- 
sizione  della  legge  da  osservare. 

Puerili  menzogne  sono  pure  le  altre  asserzioni  sull'asce- 
tismo,  sui  voti  religiosi  e  sulla  mortificazione  delle  passioni, 
tutte  cose  che,  secondo  lui,  farebbero  parte  del  deviamento 
della  Chiesa  cattolica  dal  Vangelo.  Eppure  ogni  pagina  del 
Vangelo  risuona  del  dovere  di  conformare  ii  senso  alia  ra- 
gione  e  a  Dio.  «  Chi  vuol  venire  dietro  a  me,  rinneghi  se 
stesso,  prenda  la  sua  croce  e  mi  segua  »  (Matt.  XVI,  24).  Chi 
e  che  parla  cosl,  il  Vangelo  o  un  decreto  di  qualche  Con- 
cilio?  E  i  consigli  alia  poverta,  alia  castita  sono  del  Vangelo 
o  del  Concilio  di  Sardica  ?  —  Quanto  alia  frase  rettoricamente 
maligna  che  gli  Dei  pagani  lasciarono  eredi  i  nostri  Santi 
del  loro  potere,  basta  osservare  che  tra  gli  Dei  e  i  Santi 
y'6  la  diiferenza  che  v'e  tra  Tessere  e  il  non  essere :  gli  Del 
non  esistono,  i  Santi  esistono. 

Che  Gesii  Cristo  sia  stato  colla  sua  morte  il  gran  Sacer- 
dote,  che  fece  di  s6  stesso  sacrifizio  a  Dio  pei  peccati  del 


E  LA   CRITICA   RAZIONALISTICA  527 

mondo,  6  idea  (dice  1'Harnack)  introdotta  da  S.  Paolo  nel 
Vangelo;  quindi  e  estranea  al  Vangelo.  —  Ma  ci  dica  1'egre- 
gio  professore,  i  primi  tre  Evangeli  soiio  di  S.  Paolo  o  dei 
Sinottici,  primi  biografi  autentici  di  Gesii?  Nessuno  li  ha 
mai  attribuiti  a  S.  Paolo.  Or  bene,  nelle  pagine  de'  Sinottici, 
e  contenuta  tutta  la  dottrina  della  espiazione  fatta  da  Gesii 
Cristo  per  gli  uomini.  Quante  volte  Gesii  parlo  ai  suoi  in- 
timi  della  sua  imminente  passione  e  morte!  Quante  volte, 
parlandone,  specialmente  nell'ultima  cena,  disse  chiaro  che 
in  essa  verserebbe  il  sangue  per  la  redenzione  di  molti.  E 
non  rimprovero  Pietro  perche,  distogliendolo  dal  soffrire,  non 
conosceva  il  mistero  diDio?  II  piu  breve  de'  Sinottici,  S.  Marco, 
e  pieno  di  tal  dottrina.  E  ci  meravigiiamo  che  un  polemista 
francese,  rispondendo  all'Harnack,  si  sia  mostrato  tanto  de- 
bole  da  cedere  quasi  il  terreno  su  questo  punto,  e  cederlo 
senza  ragione,  con  rammarico  di  tutti  i  cattolici *. 

Che  dire  poi  delle  due  supreme  verita,  dette  anch'esse  dal 
Razionalista  contrarie  al  Vangelo :  /'  immortalita  dett'anima 
e  la  vita  eterna  coy  suoi  premii  e  castighi?  —  II  Vangelo  e 
contro  di  lui  quando  insegna  a  non  temere  gli  uomini  che 
possono  uccidere  il  corpo  e  non  1'anima,  nia  di  temere  piut- 
tosto  Dio  che  pu6  mandare  alia  geenna  il  corpo  e  1'anima ; 
che  Dio  non  e  il  Dio  de'  morti,  ma  de'  viventi ;  e  quando 
annunzia  che  la  mercede  e  ne'  cieli ;  che  ai  buoni  sara  dato 
il  regno  eterno  e  i  cattivi  saranno  banditi  al  fuoco  eterno; 
che  non  attendiamo  a  procurarci  tesori  qui,  ove  i  ladriru- 
bano  e  la  tignola  rode,  si  bene  a  procacciarci  tesori  nel  cielo ; 
e  quando  dichiara  che  i  giusti  splenderanno  allora  come  sole 
nel  regno  del  Padre  loro  e  che  saranno  come  angeli  in  cielo, 
eccetera.  —  Non  c'  indugiamo  a  mostrare  1'assoluta  certezza 
onde  il  Vangelo  attribuisce  a  Gesii  Cristo  la  sua  legazione 
positiva  da  Dio  e  la  sua  naturale  filiazione  dal  Padre  ce- 
leste, perch6  6  cosa  evidente  a  chi  legge  anche  solo  i  Si- 
nottici. E  basterebbe  per  tutta  prova  1'atto  di  accusa  per  cui 

1  ALFRED  LOIS«Y,  L'Evangile  et  I' Eglise,  Paris,  Picard,  1902 


528  IL   CRISTIANESIMO   BELLA   CHIESA 

la  Sinagoga  mando  a  morte  Gesu,  che  non  fu  altro  se  non 
perch6  Egli  asseri  s&  esser  Figlio  di  Dio  e  giudice  di  tutti  gli 
uomini.  L'occasione  solenne,  in  cui  Gesu  Cristo  fece  tal  con- 
fessione,  lo  scandalo  de'  giudici  e  la  seguita  condanna,  cose 
tutte  registrate  in  tutti  i  Sinottici,  danno  all'asserzione  di 
Gesii  il  carattere  d'una  storicit&  senza  pari. 


VII. 


In  conclusione,  1'entimena  del  razionalismo  6  sbagiiato 
nella  sua  base.  Esso  ha  detto :  —  «  II  Cristianesimo  del  Van- 
gelo  6  tutto  compreso  nella  paternita  di  Dio.  Quindi  il  Cri- 
stianesimo della  Chiesa  cattolica,  che  alia  paternita  di  Dio 
aggiunge  tante  altre  cose  (n.°  II),  6  Cristianesimo  falso.  »  — 

Or  vedemmo  a  tutta  prova  che  il  Cristianesimo  del  Van- 
gelo  non  e  tutto  compreso  nella  paternita  di  Dio,  ma  in  esso 
vi  sono  tutte  le  altre  cose  ripudiate  dal  razionalismo  (n.°  V 
e  VI).  Dunque,  invertendo  la  formola>  si  deve  dire  invece, 
che  il  Cristianesimo  del  Vangelo  trovasi  nella  Chiesa  catto- 
lica,  non  gia  nel  razionalismo. 

Giunto  il  duello  scientifico  a  questo  punto,  il  razionalismo 
s'attacca  ai  rasoi  e  grida,  in  sentenza,  cosi :  —  «  II  libretto 
de'  Vangeli,  che  voi  cattolici  prendete  per  norma  a  giudicare 
del  vero  Cristianesimo  di  Gesu,  e  falsato  e  interpolate,  e 
tutte  le  cose  enumerate  qui  sopra  (nel  n.°  V  e  VI)  sono  ag- 
giunte  posteriormente.  » 

A  tale  scappata,  si  vede  chiaro  che  i  razionalisti  gia  spo- 
stano  la  questione,  non  essendo  allora  piii  questione  se  il 
Cristianesimo  della  Chiesa  sia  il  Cristianesimo  del  Vangelo 
storico  (quale  6  contenuto,  almeno  in  germe,  nel  libretto  de- 
gii  Evangeli)  ma  6  un'altra  questione ;  cioe,  se  il  libretto 
storico  degli  Evangeli  rappresenti  o  no  il  Cristianesimo 
di  Gesu. 


E  LA  CRITICA  RAZIONALISTICA  529 

A  cui  rispondiamo . 

Gesu  Cristo  nan  iscrisse  nulla,  ma  istrui  solo  a  voce. 
"Quindi  o  il  suo  Cristianesimo  lo  prendiamo  come  ce  lo  tra- 
smisero  i  suoi  discepoli,  o  e  impossibile  trovarlo  altrove.  Ora 
i  suoi  discepoli  ce  lo  tramandarono  per  due  canali :  primie- 
ramente  per  mezzo  d'istituzioni  vive,  istituzioni  giunte  fine 
a  noi  e  accompagnate  in  tutto  il  corso  della  storia  con  mi- 
racoli  che  sono  .il  sigillo  di  Dio ;  secondariamente  e  in  mi- 
nori  proporzioni  con  lo  scritto  del  Nuovo  Testamento,  ove 
non  si  scrisse  tutto  ma  poco  assai  e  quasi  per  caso,  quando 
gia  il  Cristianesimo  era  messo  in  pratica. 

I  razionalisti,  perduta  la  battaglia  rivolta  contro  il  primo 
mezzo  di  trasmissione  del  Cristianesimo  (o  anche  messolo  in 
non  cale)  si  volsero  contro  il  vangelo  scritto,  almeno  contro 
i  tre  Sinottici ;  e  dapprima  dissero  che  sono  scritti  rion  au- 
tentici,  ora  poi  colPHarnack  dicono  solo  che  essi  sono  stati 
interpolati. 

Or,  tale  ipotesi,  innanzi  tutto,  e  assolutamente  immagina- 
ria ;  prima,  perche  tutti  i  codici  manoscritti  del  Nuovo  Testa- 
mento, che  sono  un  due  mila  dal  IV  secolo  in  giii,  sono  con- 
formi  nella  sostanza;  cosi  anche  le  versioni,  di  cui  Titalica 
rimonta  circa  al  150.  Secondo,  perche,  quel  che  i  razionalisti 
immaginano  essere  aggiunto,  e  conforme  all'altra  fonte  di  tra- 
smissione evangelica  che  sono  le  istituzioni  vive  della  so- 
cieta  cristiana;  una  riprova  piu  bella  e  calzante  della  verita 
non  puo  trovarsi.  In  terzo  luogo,  il  supposto  interpolatore 
avrebbe  dovuto  proprio  rimaneggiare  tutti  gli  evangeli  e 
con  arte  sopraffina  ficcarvi  dentro  tutto  quel  che  enumerammo 
di  sopra :  istituzione  della  Chiesa,  clivinita  di  Gesii  Cristo 
e  sua  figliuolanza  da  Dio,  la  legge  da  osservare,  la  vita 
eterna,  il  primato  di  Pietro,  i  consigli  evangelici,  il  para- 
diso,  Tinferno,  la  risurrezione  della  carne,  eccetera.  E'  questo 
possibile? 

Ma,  data  pure  tal  possibilita  (ragioniamo  ad  hominem) 
ci6  non  pote  accadere  tardi ;  altrimenti  T interpolatore  sarebbe 

Serie  XVIH,  vol.  IX,  fasc.  1265.  34          24  febbraio  1903. 


550  IL   CRISTIANES1MO   DELLA   CHIESA 

stato  lapidato  e  lo  scritto  avrebbe  avuto  la  sorte  degli  apo- 
crifi.  Tanta  era  gia  la  venerazione  per  quel  libro  fin  dai  primi 
decennii  del  secondo  secolo !  come  consta  da  Ireneo  e  da  altru 
Percio  dove  a/ccadere  in  sul  finire  del  primo  secolo  e  il 
principiar  del  secondo,  quando  il  Vangelo  scritto  cominciava 
a  diffondersi,  viventi  ancora  coloro  che  udirono  gli  Apostoli 
e  i  loro  discepoli.  Ora,  siccome  ognuno  che  scrive  e  figlia 
del  suo  tempo  e  inconsciamente  ritrae  le  idee  che  ha  impa- 
rate  e  le  cose  che  ha  vedute;  quindi  quel  supposto  inter- 
polatore  avra  espresso  nel  libretto  i  pensieri,  le  idee  e  le 
pratiche  degli  Apostoli,  de'  loro  discepoli  e  delle  prime  ge- 
nerazioni  cristiane;  non  potendosi  supporre  che  egli  abbia 
espresse  idee  contrarie  alle  dette  pratiche.  Ma  i  pensieri,  le 
idee  e  le  pratiche  degli  Apostoli,  de'  loro  discepoli  e  delle 
prime  generazioni  cristiane,  non  sono  altro  che  i  pensieri  e 
le  idee  di  Gesu.  Quindi  anche  in  questa  ipotesi,  il  Vangelo 
scritto  ritrae  il  pensiero  di  lui.  Altrimenti,  ve  lo  figurate 
voi,  cortesi  lettori,  il  pensiero  di  Gesu  che,  rimasto  ignoto 
agli  Apostoli  e  ai  loro  discepoli  (gli  unici  che  potevano 
trasmetterlo)  diventi  poi  noto  solo  ai  razionalisti  di  venti 
secoli  piu  iardi?  E  donde  mai  essi  Tavranno  conosciuto? 
-  Bispondono:  Dalla  critica. 

Or  bene,  ecco  in  un  quadro  la  bella  specie  di  critica  che 
e  la  razionalistica. 

Essa  va  di  assurdo  in  assurdo.  Cornincia  dal  dichiarare 
indifferente  la  questione  de'  miracoli,  che  sono  le  credenziali 
onde  Gesii  Cristo  si  mostra  Legato  di  Dio ;  il  che  (notisi  bene) 
e  una  stupidit&  logica  peggiore  di  quell' altra  del  negare  alia 
Divinita  il  potere  di  sospendere  le  leggi  da  Lei  fatte.  II  ra- 
zionalismo,  cioe,  nelT  investigare  se  Dio  abbia  o  no  rivelata 
una  Religione  al  mondo  per  mezzo  d'un  suo  Messo,  esce  di 
casa  con  risoluzione  presa  di  non  voler  neppure  occupar- 
sene.  Quando  poi,  per  la  forza  dell'  impulso  naturale,  se  ne 
occupa,  la  risolve  negativamente,  negando  a  priori  a  Dio 
la  facolta,  di  far  miracoli,  non  dando  nessuno  ascolto  a  testi- 


E   LA   CRITICA   RAZIONALISTICA  531 

moni  che  da  Gesu  Cristo  fino  a  noi  asseriscono  d'averli  ve- 
duti  co'  proprii  occhi.  Distrutta  cosi  la  legazione  officiate  di 
Oesu  da  Dio  e  distrutta  ogni  sua  autorita,  riducendolo  ad  un 
allucinato,  ecco  di  nuovo  il  razionalismo  (non  si  sa  perche, 
ma  certo  con  una  nuova  contraddizione)  ostinarsi  a  fare 
grandi  elogi  di  Gesu,  come  del  nome  piii  grande  della  storia, 
e  anzi,  a  riveadicare  a  se  il  diritto  di  essere  erede  del  pen- 
siero  di  Gesu,  negandolo  alia  Chiesa  cattolica.  E  quando 
questa  con  in  mano  il  libretto  storico  del  Vangelo  prova 
che  essa  6  conforme  al  Vangelo,  il  razionalismo  con  ultima 
goffaggine  grida :  II  libretto  del  Vangelo  fu  falsato  dai  primi 
cristiani,  cominciando  dagli  Apostoli  e  dagli  Evangelisti.  In 
fatti  1'Harnack  spesso  asserisce  cio  nel  suo  libro.  E  cosi,  di 
assurdo  in  assurdo,  giungono  a  questo  ultimo  assurdo  storico, 
che  il  Cristianesimo  di  Gesu,  ignorato  e  falsato  dai  primi  che 
ne  scrissero  e  lo  praticarono  (gli  unici  che  potevano  saperlo, 
notisi  bene)  6  stato  ora  scoperto,  non  si  sa  come,  n6  donde, 
dai  razionalisti,  venti  secoli  dopo. 


I  SINDACATI  INDUSTRIALI  ' 


Fra  i  fatti  piu  singolari  che  contraddistinguono  la  civilta 
moderna  e  la  ingerenza  ognora  piu  crescente  delle  ammini- 
strazioni  dello  Stato  e  del  Comune  nella  vita  sociale.  Come 
i  socialist!  estremi  propugnano  il  collettivismo  di  Stato,  cosl 
non  pochi  socialisti  moderati  vorrebbero  limitare  1'attuazione 
pratica  della  loro  idea  al  collettivismo  comunale.  I  nmmcipii 
dunque,  non  solo  dovrebbero  condurre  da  se  quelle  imprese 
che  sono  strettamente  comunali,  vale  a  dire,  che  riguardano 
tutta  la  eomunita,  come  acquedotti,  gasometri,  omnibus,  tran- 
vie,  strade,  telefoni,  darsene,  ospedali,  farmacie  ;  ma  quello 
ancora  che  hanno  un  carattere  piu  privato,  e  che  per  lo 
piu  sono  condotte  da  persone  particolari  o  da  sindacati,  come 
macelli,  forni,  latterie,  produzione  di  forza  elettrica,  miniere> 
Industrie  locali  ecc. 

I. 

Ecco,  dunque,  sciolta,  secondo  i  socialisti  moderati,  la 
questione  dei  sindacati.  I  municipii  s'incaricheranno  di  pren- 
dere  sopra  di  se  Tesercizio  di  tutti  i  servizii  pubblici  e  a 
poco  a  poco  anche  ramministrazione  dei  sindacati  stretta- 
mente industriali,  i  quali  o  per  ragione  di  origine,  ovvero  a 
cagione  delle  materie  prime  esistenti  nel  paese,  hanno  stretta 
attinenza  col  Comune. 

Non  e  qui  il  luogo  di  esaminare  se  convenga  ad  un  muni- 
cipio  assumere  imprese  strettamente  industriali.  A  molti  in- 
vero  arride  questa  idea,  recando  per  ragione  che  il  Comune 
troverebbe  in  ci6  un  nuovo  cespite  di  entrate,  donde  poi  se 
ne  avvantaggerebbero  i  contribuenti.  Questa  e  una  supposi- 

1  Continuazione.   Vedi  i  quaderni  1256,  1258,  1260,  1261,  1263. 


I   SINDACATI   INDUSTRIALI  533 

zione  assolutamente  gratuita.  Sono  ancora  troppo  pochi  i 
municipii  che  hanno  preso  sopra  di  s6  imprese  strettamente 
industrial!  e  non  si  puo  dal  loro"buono  o  cattivo  riuscimento, 
pronunciare  un  giudizio  definitive.  Ma  dal  loro  successo  nel- 
ramministrazione  dei  cosi  detti  servizii  pubblici,  ben  si  puo 
arguire  che  cosa  accadrebbe  se  mettessero  mano  a  Industrie 
private.  E  una  specie  di  argomentazione  a  minori  ad  maius, 
perch6  6  troppo  piu  difficile  per  un  municipio  condurre 
un'azienda  privata  che  un  servizio  pubblico. 

Ora,  &  forse  un  fatto  assolutamente  certo  e  provato  che 
Famministrazione  dei  servizii  pubblici  da  parte  dei  muni- 
cipii torni  a  vantaggio  vero  e  reale  della  societa?  Molti,  e 
vero,  Faffermano;  ma  con  quali  argomenti  ?  L'esperimento  e 
troppo  nuovo,  ne  si  puo  dire  con  sicurezza  che  cosa  ci  tenga 
in  serbo  Favvenire  arcano.  II  solo  fatto  certo  e  che  su  questo 
argomento  sono  stati  scritti  di  recente,  libri,  opuscoli  ed  arti- 
coli  a  migliaia,  non  solo  in  Italia,  ma  pressoche  in  tutto  il 
mondo,  e  la  lite  adhuc  sub  iudice  est.  Ne  hanno  scritto  di 
proposito  fra  i  nostri  il  Vacchelli  nella  Nuova  Antologia  del 
1  giugno  1902,  il  deputato  Frascara  nello  stesso  periodico  del 
1  dicembre,  YEconomista  d' Italia  del  1  settembre  1902,  la 
Rivista  internazionale  di  science  sociali  in  piu  luoghi,  la 
Ri forma  Sociale  del  gennaio  p.  p.  e  molti  altri  periodici  e 
giornali,  nelPoccasione  specialmente  del  nuovo  disegno  di 
legge  sulla  municipalizzazione  dei  servizii  pubblici,  presen- 
tato  dal  Giolitti  dinanzi  al  Parlamento  e  poscia  al  Senato. 
Della  letteratura  estera  poi  ottennero  gran  nome  alcune 
lettere  suH'utilita  della  municipalizzazione  dei  servizii  pub- 
blici, apparse  nel  Times  di  Londra  neir ultima  meta  dell' anno 
scorso,  un  articolo  del  Philips,  pubblicato  dal  Nineteenth 
Century  and  after  del  novembre  1902,  e  che  porta  il  titolo: 
Mammoth  Trusts  and  Municipal  trading ;  molti  articoli  delle 
riviste  inglesi,  francesi  ed  americane,  parecchi  studii  della 
Yale  Review,  spesso  citata,  degli  ultimi  due  anni,  il  libro 
del  Macrosty,  e  moltissimi  altri. 

Naturalmente,  come  sempre  accade,  anche  in  questa  que- 


534  I   SINDACATI 

stione  vi  e  il  pro  e  il  contra.  II  vento,  pel  momento,  spira 
in  favore  della  municipalizzazione  del  servizii  pubblici  ed 
anche  dell'assunzione  di  altre  imprese  da  parte  del  municipii, 
in  Italia  non  meno  che  all'estero.  Cosi  presso  di  noi,  molti  mu- 
nicipii  provvedono  le  proprie  citta  di  acqua,  di  luce,  di  tra- 
zione  elettrica,  a  cavalli,  od  a  vapore ;  a  Catania  fanno  il  pane 
pei  cittadini,  a  Bergamo,  a  Brescia,  alia  Spezia  fabbricano 
case  economiche  per  gli  operai.  Quanto  all'estero,  Tlnghil- 
terra  e  la  nazione  dove  il  socialismo  municipale  6  piu  svi- 
luppato.  Cosl  a  Glasgow  nella  Scozia,  e  a  Birmingham  nel- 
F  Inghilterra,  tutto  6  stato  municipalizzato,  persino  la  ven- 
dita  dei  liquori,  e  sono  ancora  liberi  i  soli  cimiteri ;  in  certe 
citta  degli  Stati  Uniti,  della  Russia,  e  della  Francia  i  muni- 
cipii  provvedono  i  loro  sudditi  di  teatri  municipali  a  buon 
mercato,  e  la  Civilta  Cattolica  del  1°  sabato  di  gennaio  del 
corrente  anno  ha  narrato  quanto  il  municipio  di  Londra  ha 
fatto  e  intende  di  fare  in  seguito  pel  gran  popolo  della  ca- 
pitale  inglese. 

Ma  tenuto  conto  di  tutto,  si  deve  forse  dire  che  la  mu- 
nicipalizzazione dei  pubblici  servizii.sia  1'universale  panacea 
che  riparera  ai  mali  sociali  del  secolo  ventesimo  ?  Le  lettere 
del  Times,  dopo  discussa  la  questione  sotto  tutti  i  rispetti, 
conchiudono  consigliando  i  municipii  ad  andar  molto  a  rilento 
prima  d'assuinere  ramministrazione  dei  servizii  pubblici,  ov- 
vero  di  mercanteggiare  come  i  privati.  E  il  notissimo  in- 
glese Sir  R.  Giffen,  in  una  conferenza  sui  sindacati  indu- 
strial! rispose  al  professore  W.  Smart  che  proponeva  Tas- 
sunzione  dei  sindacati  da  parte  dei  municipii,  che  era  ormai 
tempo  di  fermarsi  sulla  strada  rovinosa  della  municipaliz- 
zazione, se  non  si  volevano  caricare  di  debiti  le  finanze  dei 
comnni  *.  Lo  stesso  consiglio  danno  ai  municipii  italiani  il 
Vacchelli  gia  citato,  I'Economista  d'ltalia  del  1°  settem- 
bre  1902,  parecchi  giornali  di  parte  non  ministeriale,  alcuni 
fra  i  deputati  di  opposizione  e  non  pochi  senatori  2,  mossi  a 

1  Weekly  Times  del  16  gennaio  1903. 

2  Cfr.  La  Tribuna  del  6  febbraio  1903.  Discussione  al  Senate  sulla 


INDUSTRIALI  535 

cio  non  da  ira  di  parte,  ma  da  vera  carita  di  patria.  II  mondo 
moderno  non  ha  forse  abbastanza  esperienza  della  municipa- 
lizzazione  per  venire  ad  una  conclusione  veramente  scienti- 
fica  sulla  sua  utilita;  d'altra  parte  I'ainore  di  novita  proprio 
de'  nostri  tempi  e  il  vento  socialista  che  si  fa  sentire  in  ogni 
dove,  ci  spinge  grado  grado  al  collettivismo,  onde  le  menti 
anehe  piii  savie  ondeggiano  incerte  sul  da  farsi. 

Tuttavia,  per  quanto  e  lecito  congetturare  in  una  mate- 
ria  dubbia  in  se  e  difficile,  le  seguenti  conclusion!  si  possono 
ritenere  per  provate  sufficientemente. 

1.°  Nel  piii  dei  casi  di  amministrazione  municipale  del 
pubblici  servizii  e  di  altre  manifatture,  non  solo  non  v'e  gua- 
dagno  ma  perdita. 

In  Italia,  a  cagione  del  tempo  troppo  breve  dacche  certi 
municipii  hanno  assunto  Tamministrazione  dei  pubblici  ser- 
vizii, non  si  puo  ancora  giungere  ad  una  conclusione  gene- 
rale.  In  alcuni  la  municipalizzazione  riesce  e  rende  bene, 
in  altri  cagiona  perdite  piii  o  meno  gravi.  II  Prof.  Bachi, 
riassumendo  nella  sopra  citata  Riforma  Sociale  V  inchiesta 
da  lui  fatta  sopra  100  amministrazioni  comunali,  conchiude 
col  dire  che  «  non  dappertutto  floriscono  le  rose,  e  non  pochi 
sono  quei  municipii  che  nell'esercizio  dei  servizii  pubblici, 
invece  di  guadagnarci,  hanno  sofferto  perdite  non  lievi  '.  » 

Alia  medesima  conclusione  6  giunta  la  relazione  ufficiale 
inglese  suiramministrazione  municipale  del  gas  per  1'anno 
1898-99.  In  questa  si  legge  che  48  municipii  inglesi  dovettero 
far  fronte  alle  spese  incorse  pel  gas  con  nuove  imposte.  E  qui 
non  sara  un  fuor  d'opra  notare  che  i  giornali  inglesi  degli 
ultimi  mesi  hanno  fatto  spiccare  le  gravi  perdite  alle  quali 
e  andata  incontro  la  citta  di  Glasgow  per  troppa  smania  di 
municipalizzazione.  Questa  citta  e,  come  gik  si  disse,  la  prima 
forse  di  tutto  il  mondo  per  Taudacia  de'  suoi  tentativi  socia- 
list!. II  Municipio  provvede  i  cittadini  di  acqua,  di  gas,  di 

municipalizzazione  dei  servizii  pubblici ;  The  Fortnightly  Review  for  de- 
cember  1902.  Socialism  sub  Rosa,  by  MR.  J.  A.  MARRIOTT. 
1  La  Tribuna,  4  febbraio  1903. 


536  1   SINDACATI 

luce  elettrica,  di  tranvie,  di  telefoni,  di  bagni,  di  lavatoi  pub- 
blici, di  mercati  per  le  erbe,  pel  bestiame,  per  le  frutta,  per 
la  carne,  per  salumi,  vesti  usate,  uccelli,  cani ;  tiene  in  pro- 
priet&  ed  amministra  2488  case  municipal!,  78  pensioni,  372 
botteghe,  49  rnagazzini,  43  depositi  per  mercanzie,  43  offi- 
cine,  12  grandi  sale  per  balli,  orchestre  e  conferenze,  2  chiese, 
2  alberghi,  un  teatro,  uno  studio  d'arte,  un  ufficio  di  pegni, 
un  asilo  per  lattanti,  una  fabbrica  di  polveri  piriche,  un  forno, 
un  campo  da  giuocare  al  golf,  ed  una  grande  tenda  per  pre- 
dicare  nei  campi  il  vangelo.  Possiede  inoltre  parecchie  mi- 
niere  di  pietre,  900  carrozze  ferroviarie,  1000  ettari  di  ter- 
reno  che  d&  in  affitto,  si  fabbrica  da  s6  le  carrozze  dei  tranvia, 
bonifica  terreni  paludosi,  conduce  un  granaio  pubblico,  mette 
a  profitto  i  rifluti  della  citta,  e  vende  carta  straccia.  Tutto 
questo  e  modernismo  bell'e  buono,  ma  Teffetto  finale  non  e 
stato  quello  che  i  padri  quiriti  di  Glasgow  si  aspettavano. 
Le  tasse  cittadine  salirono  dal  6  all1  8,50  per  cento,  e  il  debito 
pubblico  della  citt&  da  cento  venti  milioni  di  lire  a  trecento 
venti  milioni,  e  tutto  cio  in  meno  di  dieci  anni. 

Lo  stesso  esperimento  hanno  fattp  parecchie  altre  citta 
di  Europa  e  di  America.  Marsiglia  per  es.  dopo  aver  perduto 
ne'  suoi  tentativi  di  municipalizzazione  centinaia  di  milioni 
di  franchi  e  ritornata  saviamente  in  molte  cose  aH'antico  si- 
stema  di  appalto  privato ;  in  Roma  stessa,  cosi  deplorava  il 
consigliere  Benucci  nella  tornata  al  Consiglio  comunale  del 
17  gennaio  del  corrente  anno,  «  cresce  ogni  anno  la  spesa 
pei  servizii  pubblici  »;  e  il  sindaco  Colonna  nella  tornata  del 
24  dichiar6  che  ove  lo  Stato  non  presti  una  mano  soccorri- 
trice  al  Comune  della  sua  capitale  prevedeva  vicina  una 
catastrofe  T.  Parigi,  Liverpool,  Londra,  Birmingham,  Lione, 
Vienna,  Berlino,  dove  piu  dove  meno,  hanno  fatto  la  stessa 
esperienza;  insomnia  quasi  tutte  le  citta  che  in  molto  o  in 
poco  si  provarono  a  togliere  dalle  mani  private  certi  servizii 
pubblici  per  metterli  in  quelle  del  munieipio,  hanno  dovuto 
pagarne  le  spese,  aggravando  le  imposte  dei  poveri  contri- 

1  La  Tribuna  di  Roma,  18  e  25  gennaio  1903. 


INDUSTRIAL!  537 

bueoti.  In  Inghilterra  si  e  giunti  a  tale  che  e  stato  neces- 
sario  creare  una  lega  per  la  difesa  della  liberta  industriale 
privata  contro  la  indebita  ingerenza  e  la  concorrenza  fattale 
dai  municipii  coi  denari  del  contribuenti  l. 

2.°  L'esclusione  dell'  iniziativa  privata  da  certe  fonti  di 
profitto  cagionera  presto  o  tardi  una  diminuzione  della  ric- 
chezza  privata. 

3.°  Essendo  necessarii  grandi  capitali  perche  i  municipii 
possano  iritraprendere  imprese  cosi  colossali,  non  li  potranno 
trovare  che  ad  interesse  assai  elevato,  come  di  fatto  e  acca- 
duto  ai  municipii  inglesi,  a  un  interesse  variante  dal  3  J/4  al 
7  per  cento;  ai  municipii  americani  dal  4  all' 8,  al  munici- 
pio  di  Copenhagen  al  5  per  cento  etc.  2.  E  da  questo  segue 
che,  se  le  imprese  municipal!  sono  prospere,  il  maggior  van- 
taggio  non  andra  gia  ai  contribuenti  in  generale,  ma  ai  ban- 
chieri  o  agli  affaristi  che  hanno  prestato  il  dauaro,  e  forse 
anche  se  ne  andra  all'estero. 

4.°  Si  ve.rra  a  for  mare  una  classe  privilegiata  di  operai 
comunali. 

5.°  Le  amministrazioni  comunali  saranno  assolutamente 
oppresse  dal  lavoro. 

6.°  E  assai  dubbio  che  il  lavoro  del  municipio  sia  in  quan- 
tita  e  qualita  uguale  a  quello  di  una  casa  commerciale  privata. 

7.°  Un  municipio,  invaso  dal  baco  della  megalomania,  sara 
assai  tentato  d'  impegnarsi  alia  ventura  in  pazze  imprese, 
arrischiandovi  dentro  i  capitali  del  popolo. 

8.°  E  quasi  impossibile  che  un  corpo  elettivo  e  collettivo, 
quale  6  il  Municipio,  senta  per  le  proprie  opere  quello  stimolo 
e  quell'amore  che  prova  un  privato  proprietario  di  una  fab- 
brica,  il  quale  ben  sa  che  dal  buon  successo  della  medesima, 
dipende  il  suo  onore,  il  suo  avvenire  e  il  pane  per  s&  e 
per  la  famigliuola. 

9.°  Qualora  un'azienda  privata  venga  a  fallire  ne  patisce 

1  Cultura  Sociale,  Roma  1.  gennaio  1903. 

2  VACCHELLI,  La   municipalizzazione  dei  pubblici  servizii.   «  Nuova 
Antologia  »   1  Giugno  1902,  p.  475. 


538  I   SINDACATI 

im  solo  o  pochi :  se  il  municipio  fa  gravi  perdite,  tutta  la 
comunita  ne  sentira  il  danno. 

10.°  Non  si  vede,  chi,  in  caso  di  fallimento,  debba  essere 
tenuto  per  mallevadore  dinanzi  alia  comunita. 

11.°  E  difficile  che  un'impresa  condotta  dal  municipio  e 
non  strettamente  pubblica  goda  di  molta  stabilita;  perche 
essendo  il  municipio  soggetto  alle  oscillazioni  continue  dei 
partiti  politici,  queste  passeranno  facilmente  dalle  aule  mu- 
nicipali  nelle  amministrazioni  delle  aziende  del  Comune. 

Queste  sono  difficolta  belle  e  buone  che  non  sono  sfug- 
gite  n6  pure  ai  piu  caldi  fautori  della  municipalizzazione  ; 
tuttavia  convien  confessare  che  ad  alcune  di  queste  difficolta 
si  puo  realmente  provvedere;  altre  potrebbero  sparire  me- 
diante  uua  niaggiore  e  piii  universale  coltura  da  parte  del 
popolo,  un  resoconto  fedele  dei  bilanci  delle  aziende  ammi- 
nistrate  dal  Comune,  una  certa  sorveglianza  paterna  del 
Governo  sui  municipii,  inviandovi  ispettori  a  rivederne  i 
conti,  forse  anche  adottando,  come  nella  Svizzera,  il  refe- 
rendum popolare  per  risolvere  intorno  a  cose  di  una  certa 
importanza,  e  simili  provvedimenti.  Finalmente,  tutto  potra 
andar  bene  cola  dove  il  popolo  6  ediicato  seriamente,  dove  il 
carattere  della  popolazione  6  retto  e  leale,  dove  1'amore  del 
bene  pubblico  e  sentito  fortemente  e  dove  splende  piu  lu- 
minosa  la  cristiana  onesta.  Con  questo  criterio  finale  si  do- 
vra  alia  fin  fine  giudicare  dell'opportunita  di  simili  im- 
prese.  Queste  faranno  buona  prova  in  quei  municipii  dove 
e  senno,  ordine,  concordia,  onesta:  dove  6  megalomania, 
bassa  cupidigia,  lotta  politica  falliranno  rniseramente.  Ad 
ogni  modo  pero,  qualora  anche  i  municipii  riescano  a 
condurre  da  se  ramministrazione  dei  servizii  pubblici, 
non  riusciranno  mai  a  surrogare  Tazione  energica,  vasta  e 
potente  dei  sindacati  che  non  hanno  per  oggetto  un  servizio 
d'  immediata  pubblica  utility  ma  un  ramo  o  1'altro  del  cotn- 
mercio  umano  l. 

1  Cfr.  intorno  al  pro  e  al  contra  della  municipalizzazione  dei  ser- 
rizii  pubblici,  oltre  i  lavori  gia  citati,  Rice  A  SALERNO  G.,  Nuova  An- 


INDUSTRIALI  539 


II. 


II  socialismo  comunale  non  rimedia  dunque  ai  gravi  danni 
che  si  temono  dai  sindacati.  Ma  allora  entrano  in  campo  gli 
antiprotezionisti  a  proporre  di  togliere  dalle  dogane  dello  Stato 
le  tariffe  protezioniste.  I  sindacati  industrial!,  essi  dicono, 
crescono  e  prosperano  specialmente  negli  Stati  dove  il  com- 
mercio  nazionale  6  protetto  per  mezzo  di  tariffe  elevate  contro 
la  concorrenza  estera.  Si  tolgano  dunque  le  tariffe  protezio- 
niste, si  faccia  ritorno  al  libero  commercio  e  i  potenti  sin- 
dacati saranno  colpiti  a  morte.  Questo  ragionamento  corre 
giusto,  se  non  che  poggia  sfortunatamente  sopra  un  fonda- 
mento  falso.  Voi  dite  che  la  tariffa  protezionista  ha  creato 
il  sindacato.  E  allora,  come  spiegate  voi  la  comparsa  dei 
sindacati  inglesi  in  pieno  regime  di  libera  concorrenza?  In 
Inghilterra  non  vi  sono  che  poche  tariffe,  e  pure  il  paese  e 
pieno  di  sindacati.  II  fatto  e  che  la  tariffa  protezionista  in- 
fluisce  senza  dubbio  a  fortificare  un  sindacato,  ma  non  basta 
da  sola  a  darvi  origine,  potenza  e  stabilita.  Da  troppe  cause 
dipendono  i  sindacati  perche  ad  una  sola  si  possano  giusta- 
mente  attribuire.  La  tariffa  protezionista  non  e  propriamente 
la  madre  dei  sindacati  come  pretendono  gli  economisti  libe- 
risti  degli  Stati  Uniti,  ma  e  vero  tuttavia  che,  posta  la  ta- 
riffa protezionista,  i  sindacati  estendono  il  margine  del  loro 
guadagno,  onde  ne  segue  che  ovvero  possono  vendere  le  loro 
merci  a  prezzi  tali  da  sfldare  la  concorrenza  estera  o  pure 
mantenere  i  prezzi  a  un  livello  leggermente  superiore  a  quello 
che  sarebbe  fissato  dalla  libera  concorrenza.  La  tariffa  dunque 
conferisce  allo  sviluppo  ed  alia  proprieta  dei  sindacati,  ma 
non  ne  e  Tunica  e  ne  anche  la  principale  cagione.  Si  deve 

tologia,  16  novembre  1897,  pag.  300  e  seg.,  Property  and  liberty  defense 
league,  Municipal  Socialism,  London  1890;  SINCLAIR,  Municipal  Mono- 
polies. Toronto  1891  ;  Journal  des  Economistes,  Juin  1896.  Le  socialisms 
municipals  en  Angleterre;  CAMMEO  F.,  I  monopolii  comunali,  Bologna, 
1896,  etc. 


540  I   SINDACATI 

dunque  tenere  per  fermo  che  i  sindacati  meglio  prosperano 
cola  dove  sono  piu  protetti,  mediante  tariffe  protezioniste, 
contro  la  concorrenza  estera, .  ma  mettono  radice  e  crescono 
a  grande  potenza  anche  in  quegli  Stati  dove  vige  tuttora  il 
regime  della  libera  concorrenza.  II  ritorno  dunque  aU'eco- 
nomia  liberista  a  poco  o  a  nulla  gioverebbe  contro  la  crea- 
zione,  raccrescimento  e  la  immoderata  potenza  dei  sindacati. 
La  ragione  finale  di  quanto  diciamo  sta  in  cio  che,  potendo 
i  sindacati,  come  gia  dimostrammo,  a  motivo  della  loro  strut- 
tura  tecnica,  fare  grandi  economic,  potranno  sernpre  vendere 
le  loro  merci  a  prezzi  inferior!  anche  a  quelli  determinati 
dalle  leggi  della  libera  concorrenza.  E  a  questa  conclusione 
arrivarono  i  membri  della  Commissione  americana  incari- 
cata  ufficialmente  di  studiare  la  questione  dei  sindacati.  Ri- 
conobbero  Tinflusso  della  tariffa  sulio  stabilimento  ed  accre- 
scimento  dei  trusts,  ma  confessarono  concordemente  che 
come  «  la  tariffa  non  e  propriamente  la  loro  madre  »,  cosi 
nelFabolire  la  tariffa  non  consiste  certamente  il  rimedio  che 
lo  Stato  deve  prendere  per  moderarne  la  potenza,  e  dimi- 
nuirne  i  danni  '-. 


III. 


Ad  altri,  place  rispetto  ai  sindacati,  la  teoria  liberista 
del  lasciar  fare.  Lasciate  in  pace  i  sindacati,  gridano  essi. 
Non  disturbate  artificialmente  le  leggi  della  natura.  Essi  sono 
prodotti  necessarii  dello  sviluppo  economico  moderno.  La 
loro  apparizione  fra  noi,  il  loro  progresso  erano  inevita- 
bili.  Come  sono  venuti,  cosl  se  ne  andranno,  dando  luogo  a 
nuove  forme  dicommercio,  a  superiori  dimostrazioni  dell'at- 
tivita  umana.  Se  la  loro  azione  diventa  violenta,  seguira  ne- 
cessariamente  una  reazione,  e  il  subito  cataclisma,  come  ac- 
cade  nelle  forze  material!  della  natura,  li  fara  rientrare  nella 
moderazione  e  nell'ordine. 

1  The  Yale  Review.  November  1902,  pag.  292;  FLINT,  The  Trust: 
its  book,  pag.  218. 


INDUSTRIAL!  541 

C'e  molto  del  vero  in  questa  teoria.  I  sindacati,  come 
abbiamo  gia  dimostrato,  possono  continuare  ad  esistere  e  a  far 
guadagni  solo  a  eondizione  di  restare  moderati  nei  prezzi : 
quel  giorno  che  vinti  dalla  cupidigia  di  maggior  guadagno 
li  rialzauo  artificialmente,  si  rende  possibile  la  concorrenza, 
ed  essi  saranno  paralizzati  e  percossi,  forse  a  morte.  Con 
tutto  cio,  rappresentando  essi  sotto  molti  rispetti  un  pro- 
gresso  umano  e  tornando  a  pubblica  utilita,  e  dovere  del 
legislatore  di  fare  in  modo  che  i  medesimi,  senza  correre 
pericolo  di  sfacelo,  si  stabiliscano  permanentemente  nella 
Bocieta.  Ma  per  ottenere  questo  fine  bisogna  far  qualche  cosa, 
non  basta  la  teoria  del  lasciar  fare,  come  vorrebbero  al- 
cuni,  ancora  troppo  attaccati  alle  teorie  della  scuola  liberale 
o  alia  sentenza  della  lotta  per  la  vita  e  della  sopravvivenza 
del  piii  forte.  Egli  e  percio  che  tutti  gli  uomini  di  senno 
negli  Stati  Uniti  ed  in  Europa  sentono  che  ormai  e  giunto  il 
tempo  quando  la  legislazione  deve  intervenire  a  regolare  op- 
portunamente  queste  grandi  creazioni  industrial!  a  vantag- 
gio  universale  della  societa. 

IV. 

Messi  da  parte  e  rifiutati  come  insufficienti  i  provvedi- 
menti  fin  qui  proposti,  resta  a  vedere  che  cosa  finalmente 
potrebbe  fare  lo  Stato  per  sorvegliare  efficacemente  le  ope- 
razioni  dei  sindacati.  Negli  Stati  Uniti  sono  innumerevoli  i 
disegni  proposti  a  questo  fine  da  uomini  piu  o  meno  auto- 
re  voli.  I  principal!  sono  quelli  del  deputato  Littlefield,  del 
senatore  Hoar,  dell'avvocato  generale  Knox,  e  della  Com- 
missione  iucaricata  gia  dal  Governo  di  studiare  la  questione 
dei  sindacati.  La  proposta  del  Littlefield  si  riduce  finalmente 
a  dare  maggiore  ampiezza  e  vigore  alia  legge  Sherman,  gia 
esistente,  colla  quale  si  regola  il  commercio  fra  i  varii  Stati 
deirilnione.  II  senatore  Hoar  e  piii  radicale  nelle  sue  pro- 
poste.  Egli  vuole,  1°  che  sia  dichiarato  delitto  punibile  dalla 
legge  ogni  lega  segreta  fra  due  o  piii  compagnie  industrial! 


542  I  SINDACATI 

alTintento  di  farsi  a  vicenda  favori  ed  eccezioni  illegal!  per 
schiacciare  la  concorrenza  di  una  terza  o  anche  di  piu  com- 
pagnie  rivali,  come  accadeper  es.  quando  le  society  ferroviarie 
trasportano  i  prodotti  di  un  sindacato  a  minor  prezzo  che  non 
quelli  di  un  altro,  owero  nel  caso  di  society  produttrici  che 
vendono  i  loro  prodotti  a  piu  buon  mercato  a  quelle  com- 
pagnie  colle  quali  sono  in  lega,  ecc.  2.°  Quella  compagnia 
o  sindacato  che  fosse  venuto  meno  a  questa  legge  venga  escluso 
dal  commercio  fra  gli  Stati  delFUnione  e  coll'estero.  3.°  I 
sindacati  siano  obbligati  per  legge  a  rendere  pubblici  ogni 
anno  i  loro  bilanci,  di  tal  maniera  che  appaia  se  osservano 
o  no  le  leggi  votate  dal  Congresso  a  loro  riguardo.  L'avvocato 
generale  signor  Knox  conviene  col  senatore  Hoar  nel  suo  primo 
articolo  che  riguarda  il  conferimento  e  1'accettazione  di  fa- 
vori illegali  fra  le  varie  compagnie  a  fine  di  togliere  la  le- 
gittima  concorrenza,  ma  rigetta  il  secondo  ed  il  terzo  articolo 
surrogandovi  una  legge  che  proibisca  ogni  sorta  di  maneggi 
monopolistici,  e  stabilendo  una  commissione  nazionale  per- 
manente  alia  quale  sia  confidata  la  vigilanza  legale  dei  sin- 
dacati  *.  La  Commissione  degli  Stati  Uniti,  gi&  eitata,  ha 
raccomandato  nella  sua  relazione  ufficiale  i  mezzi  seguenti: 
a)  Lo  Stato  obblighi  la  direzione  dei  sindacati  a  pubbli- 
care  ogni  anno  i  proprii  bilancii.  b)  Siano  fatte  eseguire 
rigidamente  le  varie  leggi  gia  esistenti  in  diversi  Stati 
contro  i  sindacati.  <?)  Non  sia  permesso  ai  sindacati  di  ven- 
dere  lo  stesso  oggetto  a  diversi  prezzi  in  diversi  luoghi  e  a 
diverse  persone.  d)  Si  propongano  al  Congresso  federate 
provvedimenti  analoghi  alle  leggi  fatte  dallo  Stato  del  Mas- 
sachussetts  contro  P  inaffiamento  del  capitale  (anti-stock  loa- 
tering  laws)  2. 

Se  il  Congresso  degli  Stati  Uniti  sia  per  seguire  i  varii 
suggerimenti  sopraccitati  6  assai  dubbio.  Ancora  piu  incerto 
e  se,  nel  caso  aifermativo,  possano  essi  riuscire  efficaci  contro 

1  The  New   York  Freeman's  Journal,  Questions  before  Congress.  Ja- 
nuary 17th  1903. 

2  The  Yalt  Review.  November  1902,  pag.  296. 


INDUSTRIALI  543 

i  sindacati.  La  prima  legge  del  senatore  Hoar  suona  assai 
dura,  ma  avrebbe  probabilmente  la  stessa  sorta  della  Com- 
missione  per  T  Interstate  Commerce.  Come  le  ferrovie 
americane  proseguirono  nel  loro  favoritism^  illegale  a  di- 
spetto  della  Commissione,  cosl  troverebbero  il  modo  di  fru- 
strare  la  legge  Hoar.  Lo  stesso  vale  per  le  tre  proposte  del 
Knox,  la  prirna  delle  quali  coincide  con  quella  del  senatore, 
la  seconda  e  la  terza  sono  sue  proprie.  Nel  codice  nordaine- 
ricano,  e  in  quello  degli  Stati  particolari  non  mancano  leggi 
<jontro  i  monopolii,  ma  in  pratica  si  sono  mostrate  inefficaci 
•contro  Tastuzia  e  la  potenza  dei  sindacati.  Quanto  poi  a  sta- 
bilire  una  Commissione  permanente  per  regolare  i  trusts,  la 
poco  felice  sorte  toccata  alia  Commissione  per  V Interstate 
Commerce,  dovrebbe  far  guardinghi  i  legislator!  del  Congresso 
a  non  ripetere  un  simile  sproposito.  La  proposta  del  Little- 
field  conviene  colla  seconda  dell'avvocato  generale  Knox  e 
ne  partecipa  i  difetti.  Lo  stesso  deve  dirsi  delle  proposte  fatte 
fino  dal  1901  dal  Clark,  professore  all' University  di  Colombia, 
e  dal  Dos  Passos  di  New  York,  le  quali,  su  per  giii  s'accor- 
dano  colle  piii  recenti  di  altri  economisti  o  uomini  di  legge. 
Insomma,  incerte  sono  le  leggi  da  proporsi  contro  i  sinda- 
cati, e  piu  incerti  ancora  gli  effetti  che  se  ne  sperano  '. 

La  sola  cosa  certa  e  che  qualche  cosa  si  fara  nella  pre- 
sente  sessione  del  Congresso.  Questo  e  voluto  da  tutti  gli 
economisti  del  mondo  anglosassone  ed  e  ferma  volont&  del 
Presidente  degli  Stati  Uniti,  signor  Roosevelt,  da  lui  manife- 
stata  in  cento  occasion!  2. 

Tuttavia  i  provvedimenti  che  saranno  presi  in  America 
per  moderare  la  potenza  dei  sindacati  non  saranno  del  tutto 

1  CLARK,  JOHN  BATES,  The  Control  of  Trusts.  New  York,  The  Mac- 
millan  Co.,  1901;  Dos  PASSOS,  JOHN  R.,  The  Growth  and  Eights  of  ag- 
gregated capital.  New  York,  Putnam's  Sons,  1901. 

2  II  telegrafo  ci  porta  ora  la  notizia  che  il  Congresso  ha  approvato 
il  disegno  di  legge  del  Littlefield,  che  per  conseguenza  6  passato   alia 
•Commissione  giudiziaria  del  Senato.  E  molto  dubbio  pero  che  il  Seriato 
1'approvi.  Forse  1'nnico  provvedimento  possibile  pel  momento  6  la  pub- 

dei  bilanci  annuali,  imposta  per  legge  a  tutti  i  Sindacati. 


544  1   SINDACATl 

applicabili  ai  sindacati  delle  altre  nazioni,  perch6  lo  spirito 
delle  leggi  europee  divaria  non  poco  da  quello  delle  leggi 
anglosassoni,  e  di  piii  i  sindacati  industriali  in  Europa  sono 
un  po'  different!  dagli  americani.  Se  si  tien  con  to  dello  spirito 
pubblico  dei  due  continent!,  presso  di  noi  il  Governo  centrale 
e  tutto,  negli  Stati  Uniti  puo  in  realta  assai  poco.  In  Europa 
ogni  Stato  ha  un  codice  civile,  criminale  e  commerciale  unico, 
laddove  nella  grande  repubblica  nordamericana  ogni  Stato 
possiede  un  codice  speciale.  E  vero,  in  questi  ultimi  cin- 
quant'anni  e  cresciuta  anche  cola  una  giurisprudenza,  per 
cosi  dire,  federals,  fondata  naturalmente  nella  Common 
Id'W  inglese,  coll'aggiunta  di  leggi  emanate  dal  Congresso 
e  da  determinazioni  locali,  diventate  universal!;  ma  tutto 
questo  e  ancora  troppo  poco  al  bisogno.  Per  conseguenza  si 
dubita  assai  dagli  economisti  americani,  se,  poste  le  varie, 
anzi  contrarie  tendenze  di  molti  Stati  deiriJnione  rispetta 
ai  sindacati,  potra  il  Congresso  sciqgliere  una  volta  per  sem- 
pre  la  tanto  dibattuta  questione. 

E  pure  una  qualsiasi  soluzione  e  assolutamente  necessaria* 
Come  abbiamo  veduto,  il  settantacinque  per  cento  degli  og- 
getti  fabbricati  agli  Stati  Uniti  esce  dai  sindacati,  i  quali 
non  che  diminuire,  tendono  anzi  a  crescere  indeflnitiva- 
mente  in  numero  e  potenza  e  fra  breve  avvolgeranno  nelle 
loro  maglie  potenti  1'intero  paese.  Ne  cio  avviene  soltanto 
agli  Stati  Uniti.  L'Inghilterra  e  piena  di  sindacati  di  ogni 
maniera;  in  Germania  diventano  ogni  dl  piu  numerosi  e 
potenti,  in  Francia  e  nel  Belgio  esistono  gia  in  gran  nu- 
mero e  si  fanno  vedere  anche  in  Italia,  benche  non  col 
nome  di  sindacato  e  sotto  una  forma  alquanto  modificata, 
Quali  sono  dunque  i  cloveri  dello  Stato  dinanzi  a  queste  nuove 
creazioni  dell'attivita  umana? 

Per  rispondere  adeguatamente  a  questa  domanda,  bisogna 
premettere  la  dottrina  tenuta  generalmente  e  assolutamente 
consona  alia  retta  ragione,  sui  doveri  e  diritti  dello  Stato 
rispetto  alle  societa  libere. 

II  diritto  di  associazione  essendo   fondato  in  natura,  non 


INDUSTRIALI  545 

pu6  lo  Stato  impedire  che  si  formino  libere  societa,  purche 
esse  non  si  prefiggano  un  fine  immorale,  o  contrario  al  be- 
nessere  pubblico  o  ledente  i  diritti  dei  terzi,  ovvero  facciano 
uso  di  mezzi  illeciti  e  disonesti.  Deve  anzi  lo  Stato  ispirare, 
promuovere,  aiutare  e  difendere  quelle  associazioni  che  hanno 
per  fine  il  vantaggio  dei  cittadini,  vantaggio  che  puo  essere 
fisico,  materiale,  intellettuale  o  morale.  Quando  poi  esse  siano 
formate,  non  spetta  al  Governo  di  regolarne  T  andamento  ; 
sibbene  s'appartiene  a  lui  di  diritto  e  di  dovere  di  sorvegliarle 
affluent  non  deviino  dal  loro  scopo  a  danno  dei  privati  o  del 
pubblico.  In  una  parola,  lo  Stato  deve  mostrarsi  patrocinatore 
di  tali  associazioni,  e,  ove  occorresse,  anche  tutore  e  corret- 
tore,  ma  rispettandone  sempre  Tautonomia  e  la  liberta  alia 
quale  hanno  diritto  \ 

La  via  dunque  e  tracciata  allo  Stato  per  frenare  la  im- 
moderata  potenza  dei  sindacati.  Non  deve  distruggerli,  perche, 
salvo  il  caso  che  essi  non  degenerino  in  associazioni  di  truf- 
fatori,  non  ne  ha  il  diritto.  Non  deve  regolarne  1'andamento 
e  molto  meno  assorbirli,  perche  cio  sarebbe  un  iniziare  il 
Collettivismo  di  Stato.  Deve  soltanto  invigilarli,  perche  da 
buoni  in  s6  ed  utili  alia  societa  non  si  mutino  in  istrumenti 
di  oppressione  a  danno  dei  cittadini. 

V. 

Orbene  questa  vigilanza  legale  si  puo  ridurre  a  cinque 
punti  che  potrebbero  venir  adottati  da  tutti  i  Governi  del 
mondo.  1.°  Ordinare  per  legge  che  i  sindacati  pubblichino 
ogni  anno  un  fedele  resoconto  di  tutte  le  loro  operazioni 
commerciali  e  industrial!.  2.°  Mandare  di  tanto  in  tanto  ispet- 
tori  governativi  accorti  e  integerrimi  a  rivederne  i  bilancL 
3.°  Dichiarare  dclitto  punibile  di  ammenda  e  di  carcere  le 
due  operazioni,  alle  quali  pur  troppo  molti  sindacati  si  la- 

1  Bosio  P.,  Compendio  di  Sociologies  cristiana.  Tip.  Ed.  S.  Bernar- 
dino, Siena  1902,  pag.  70.  Cfr.  TAPARELLI.  Saggio  teoretico  di  Diritto 
'naturale,  n.  726. 

tterie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1265.  35         25  febbraio  1903. 


546  I   SINDACATI 

sciano  andare,  d'  inaffiare  cioe  il  capitale,  e  di  distribuire 
agli  azionisti  dividendi  fittizii  sopra  il  capitale.  4.°  Ordinare 
pure  per  legge  che  i  direttori  e  gli  amministratori  del  sin- 
dacati  siano  tenuti  mallevadori  del  danni  che  i  privati  azio- 
nisti o  il  pubblico  avessero  a  soffrire  dalla  poca  oiiesta  am- 
ministrazione  delle  loro  aziende.  5.°  Finalmente,  pure  per- 
mettendo  i  sindacati  finanziarii  o  di  Borsa,  perche  abolirli 
affatto  tornera  forse  impossibile,  tenerli  d'occhio  merce  ap- 
posite leggi  di  tal  maniera  che  non  possano  recare  grave 
nocumento  alia  societa.  Se  questi  suggerimenti  venissero  uni- 
versalmente  accettati  non  sarebbero  piu  possibili,  o  almeno  si 
ridurrebbero  di  molto  i  fallimenti  che  cosl  spesso  vengono  a 
gettare  il  disordine  e  la  rovina  nel  seno  del  mondo  commer- 
ciale.  E  ancora  vivo,  per  es.  in  Inghilterra  lo  sgomento  pel 
fallimento  della  London  and  Globe  Finance  Corporation  della 
quale  era  direttore  il  defunto  Lord  Dufferin  ed  amministratore 
il  sig.  Whitaker  Wright.  Or  bene,  la  societa  falli  miser amente 
perche  il  Whitaker  non  rendeva  conto  sinceramente  agli  azio- 
nisti del  come  procedessero  gli  affari  della  societa,  e,  per 
tenerli  quieti  e  contenti,  distribuiva  loro  dei  dividendi  che 
variavano  fra  il  10  e  il  12  per  cento.  E  non  capivano  gl'incauti 
azionisti  che  questi  lauti  dividendi  non  erano  gia  frutto  del 
capitale,  ma  il  capitale  stesso  che  il  Whitaker  in  piccolissima 
parte  ritornava  a'  suoi  legittimi  possessor!.  Lo  stesso  maneggio 
immorale  si  ripete  alcuni  mesi  dopo  nel  Banco  Sconto  di  To- 
rino, e  ne  sentiamo  ancora  lo  strascico  su  pe'  giornali  e  nei 
tribunali.  Presso  di  noi  il  periodo  piu  doloroso  per  frodi 
commerciali,  e  giuochi  immorali  di  borsa  fu  il  quinquennio 
1885-1889.  Come  si  maneggiarono  allora  alcuni  uornini  diso- 
nesti  per  frodare  il  pubblico  e  derubare  i  risparmii  degl'ita- 
liani?  Si  pubblicarono  dalle  compagnie  industrial!  bilanci 
esagerati  e  falsi  e  si  distribuirono  dividendi  fittizii.  I  sem- 
plici,  adescati  dagli  alti  dividendi,  acquistarono  azioni  a  cor  si 
elevati,  e  ben  presto  le  videro  scendere  a  corsi  disastrosi. 
E  si  ricordi  che  quei  bilanci,  che  gli  eventi  dimostrarono 
mendaci,  erano  firmati  e  raccomandati  da  parecchi  fra  gli 


INDUSTRIALI  547 

uomini  piii  eminent!  della  Borsa,  della  finanza  e  del  credito. 
In  verita,  Foro  accieca  e  la  speculazione  si  propaga  come 
un  contagio,  attaccando  spesso  nella  stessa  misura  i  buoni 
e  i  tristi  ]  ! 

VI. 

Ai  cinque  punti  sopra  indicati  si  pu6  ridurre  1'azione 
moderatrice  dei  Governi  sopra  i  sindacati.  Ed  ora  facendo 
appello  alia  morale  diamo  termine  a  questa  nostra  tratta- 
zione.  Quando  i  Governi  avranno  fatto  del  loro  meglio  per 
invigilare  i  sindacati  si  die  non  degenerino,  si  dovra  pur 
sempre  confessare  che  ogni  legge  e  provvedimento  tornera 
vano  se  i  direttori  e  gli  amministratori  dei  sindacati  non  sono 
persone  capaci,  prudenti  e  sopratutto  oneste. 

Che  la  capacita  e  la  prudenza  siano  necessarie  ai  diret- 
tori di  aziende  cosi  colossali,  facilmente  si  capisce;  ma  non 
tutti  tengono  in  debito  conto  Timportanza  che  ha  Tonestk 
nel  commercio  delle  nazioni. 

II  giudizio  che  fa  il  volgo  di  certe  operazioni  commer- 
cial! pecca  generalmente  per  due  estremi  opposti.  Ovvero  le 
condanna  in  nome  del  sentimento  e  di  vecchi  pregiudizii, 
oppure  davanti  alia  realta  dei  fatti  dichiara  apertamente  che 
il  commercio,  se  vuole  prosperare,  deve  emanciparsi  ne'  piii 
dei  casi  dalla  morale.  Avviene  anzi  che  la  reazione  contro 
le  restrizioni  imposte  dal  decalogo  vadaHO  tant'oltre  d'ap- 
provare  all'unanimita  tutti  quei  procedimenti  disonesti,  loschi, 
e  truffatori  onde,  pur  troppo,  molti  commercianti  fanno  uso 
per  arricchirsi  a  dispetto  della  legge  umana  e  divina,  della 
ragione  e  a  danno  del  prossimo.  II  felice  successo  e  per  co- 
storo  la  sanatoria  generale  di  ogni  truffa  commerciale. 

L'economista,  non  diro  cristiano  ma  semplicemente  onestor 
non  puo  davvero  appro  vare  queste  due  opposte  sentenze.  Se 
una  pratica  commerciale  e  realmente  necessaria  alia  vita 

1  Cfr.  ARftENTARiUM,  Dividendi  reali  e  dividendi  fittizii  nella  Nuova 
Antologia  del  16  gennaio  1900,  pag.  317. 


548  I   SINDACATI  INDUSTRIALI 

del  genere  umano,  essa  e  legittima  e  non  pud  esssre  che 
onesta :  che  se  ella  e  immorale  nella  sua  essenza,  noo.  sara 
ne  necessaria  n6  utile  alia  prosperita  della  vita  civile.  In 
quest 'ultimo  caso  cotali  pratiche  commercial!  potranno  du- 
rare  ua  poco,  perpetuarsi  non  mai ;  potranno  prendere  piede 
in  questa  o  in  quella  nazione,  non  diventeranno  univer- 
sali ;  riceveranno  Tassenso  di  pochi  illusi  o  corrotti,  non  sa- 
ranno  pero  mai  ricevute  dalla  gente  proba  ed  assennata,  e 
crescendo  Tumanita  in  scienza  e  giustizia  e  a  sperare  che 
vengano  bandite  a  poco  a  poco  dalla  faccia  della  terra  *.  La 
parola  finale  sui  sindacati  industrial!  puo  esser  questa.  In 
se  sono  buoni,  onesti  ed  utili  alia  societa,  perche  evoluzioni 
necessarie  dell'attivita  intellettuale  dell'uomo  nelle  Industrie 
e  nei  commercii.  Colpa  pero  Tinnata  malvagita  umana,  pos- 
sono  di  leggeri  tralignare  dalla  bonta  nativa  e  trasformarsi 
in  strumenti  di  oppressione  e  di  tirannide.  Deve  dunque  lo 
Stato  con  apposite  leggi  invigilarli,  perche  non  deviino  dal 
ret  to  tramite  della  giustizia.  Quanto  poi  al  loro  av  venire 
non  6  forse  difficile  profetizzarlo.  Se  i  sindacati  si  man- 
tengono  dentro  i  limiti  della  moderazione  e  dell' onesta, 
potranno  prosperare  e  stabilirsi  deflnitivamente  nel  seno 
delle  nazioni  civili;  se  abusando  del  loro  potere,  riescono 
di  danno  al  pubblico  .ed  ai  privati,  saranno  condannati  irre- 
missibilmente  a  perire. 

1  Cfr.  JANNET  CLAUDE,  Le  Capital,  la  speculation  e  la  Finance.  Paris. 
Librairie  Plon,  1892,  pag-.  190. 


IL  P.  ANGELO  SECCHI 


NEL  XXV  ANNIVERSARIO  BELLA  SUA  MORTE 


Di  quest!  giorni  1'aula  massima  del  piu  bel  palazzo  di 
Roma,  la  Cancelleria,  che  vide  gia  tra  le  sue  mura  tante 
feste  della  religione  e  dell'arte,  s'aperse  ad  una  commemo- 
razione  che  fu  un  tributo  d'affetto  ad  un  maestro  ammirato 
ed  amato,  e  una  solenne  affermazione  d'un  intimo  e  veris- 
simo  convincimento.  La  persona  che  si  voile  onorare  era  il 
P.  Angelo  Secchi,  che  onoro  la  scienza  colle  sue  scoperte,  la 
religione  colle  sue  virtu,  e  Roma  cattolica  colla  sua  fama.  II 
principio,  che  si  voile  affermare  con  tanta  solennita  e  con 
tanto  convincimento,  e  1'armonia  della  scienza  umana  e  della 
fede  divina. 

II  26  febbraio  di  quest 'anno  1903  finivano  venticinque 
anni  appunto  dalla  morte  dell'  illustre  astronomo.  Volendo 
ricordare  le  opere  e  la  memoria  di  lui,  questa  era  1'occa- 
sione  propizia.  Vero  e  che  la  frequenza  omai  esagerata  nella 
celebrazione  di  centenarii  e  d'altre  siffatte  piu  rapide  ricor- 
renze,  scema  non  poco  il  valore  e  il  significato  di  tali  dimo- 
strazioni.  Tuttavia  non  6  ragionevole  che  si  rinunzii  ad  ogni 
impresa  di  cui  si  possa  abusare,  quando  intervengano  giusti 
motivi  di  proseguirla.  E  quello  di  present  are  alia  novella 
generazione,  nata  e  cresciuta  in  questi  venticinque  anni,  una 
prova  ed  un  esempio  eloquente  non  della  possibilita  soltanto, 
ma  del  fatto,  che  scienza  e  vita  cristiana  s'accordano  per- 


550  1L  P.    ANGELO   SECCH1 

fettamente  insieme;  questo  motive  era  grave  e  nobile  cer- 
tamente.  Esso  fu  che  suscito  il  primo  pensiero  di  queste  ono- 
ranze,  quasi  inaspettate,  perch6  nel  giro  di  pochi  mesi  ideate, 
combinate  e  messe  ad  effetto. 

L'  iniziativa  ne  prossima  n<b  remota  non  mosse  dalla  Com- 
pagnia  di  Gesu,  1'ordine  religioso,  cui  il  P.  Secehi  appar- 
tenne.  Non  crediamo  dir  troppo  affermando  che  forse  ne  pure 
ci  si  pensava.  Non  gia  perche  tra  gli  antichi  confratelli  del 
Secehi  sia  venuta  meno  la  grata,  anzi  la  venerata  memoria 
di  lui,  come  d'un  uomo  che  si  rese  in  modo  insigne  bene- 
merito  della  Compagnia  stessa  e  di  tutta  la  Chiesa.  N6  anco 
perch6  nella  piu  giovane  generazione  religiosa  sia  riguar- 
dato  con  meno  stima  o  con  attenuata  riverenza  uno  scien- 
ziato,  il  cui  nome  e  assicurato  alia  storia.  Ma  mentre  e  nelle 
memorie  domestiche,  e  negli  annali  dell'ordine,  e  ne'  suf- 
fragi,  e  in  molti  svariati  modi  6  assicurata  la  ricordanza  di 
tutti  i  figli  della  Compagnia  e,  a  maggior  titolo,  de7  piu  in- 
signi  per  virtu  e  per  sapere ;  non  e  men  vero  che  tali  com- 
memorazioni  sono  aliene  dalle  sue  consuetudini,  e  che  tra  il 
romore  delle  vistose  onoranze  la  modestia  religiosa  si  trova 
sempre  come  a  disagio. 

II  Comitato  romano  che  promosse  questa  dimostrazione  si 
formo  tra  cattolici,  secolari  e  religiosi,  di  Roma,  estranei  alia 
Compagnia,  stati  quasi  tutti  allievi  o  amici  del  Secehi.  Nei 
quali  percid  oltre  air  alto  intento  sopra  ricordato,  non  si  puo 
che  lodare  la  gentilezza  d'animo  memore  del  maestro,  delle 
scuole,  delle  glorie  scientifiche  associate  agli  studii  della  pro- 
pria  giovinezza. 


* 
* 


Quando,  or  fanno  quindici  anni,  la  convivenza  con  molti 
colleghi  ed  amici  del  P.  Secehi  che  potevano  fornire  non 
poche  notizie  sulla  vita  di  lui,  mi  mosse  a  valermi  della 
propizia  congiuntura  raccogliendo  il  piu  sicuro  in  una  breve 


NEL  XXV   ANNIVERSARIO  DELLA   SUA  MORTE  551 

ma,  per  quanto  mi  fu  dato,  esatta  biografla  l,  era  cosa 
che  rallegrava  Tanimo  il  vedere  quanto  viva,  bella  e  schietta 
fosse  rimasta  in  tutti  rimmagine  deiruomo  dotto  e  del  pio 
religioso :  cara  non  ostante  una  cotale  ruvidezza  esterna,  che 
mostrava  1'uomo  avvezzo  a  vivere  tra  le  stelle  piu  che  tra 
gii  uomini,  ma  procedeva  dal  candore  deU'animo  e  da  sin- 
cerita  di  carattere,  e  nascondeva  un  gran  buon  cuore.  Que- 
sto  era  che  addolciva  li  per  li,  e  col  tempo  quasi  convertl 
in  gradite  memorie  persino  i  rabbuffi  toccati  a  qualcuno  che 
incautamente  s'era  arrischiato  di  frastornare  il  maestro  in 
•qualcke  memento  inopportune.  Del  resto  non  era  alcuno  che 
non  sapesse  compatire  a  quella  quasi  nervosita,  troppo  na- 
turale  in  chi  per  la  natura  stessa  de'  suoi  studii  e  necessi- 
tate ad  aver  fretta  sempre  per  cogliere  al  volo  i  passeggeri 
fenomeni  celesti. 

Orbene  oggi  che  i  dieci  anni  sono  diventati  venticinque, 
vediamo  con  maggior  meraviglia  e  compiacenza  che  la  me- 
moria  del  P.  Secchi  e  sempre  viva,  sempre  benedetta;  segno 
manifesto  ch'egli  era  veramente  neH'animo  di  tutti,  che  i 
-suoi  merit!  scientific!  furono  e  sono  giustamente  apprezzati, 
e  che  veramente  poderoso  fu  il  suo  esempio  in  prova  di  quel 
principio  che  in  questa  commemorazione  si  voile  affermare. 

Ne  si  trova  alcuno  che  credesse  scemato  il  valore  degli 
studii  di  lui  per  i  nuovi  progress!  fatti  dall'astronomia  in 
quest 'ultimi  venticinque  anni;  i  quali  posta  la  rapidita  del- 
Tavanzamento  di  tutte  le  scienze  d'osservazione  e  delle  art! 
meccaniche  insieme,  valgono,  quanto  a  copia  e  perfeziona- 
mento  di  mezzi  materiali,  per  un  mezzo  secolo  almeno  sti- 
mato  alia  misura  antica.  Giudicare  un  uomo  da  quello  ch'egli 
rapito  dalla  morte,  non  pot&  fare,  sarebbe  ingiustizia :  come 
sarebbe  adulazione  reputare  la  scienza  ferma  ov'egli  la  lascio 
morendo. 

1  Delia  vita  e  delle  opere  del  P.  Angela  Secchi  delta  Compagnia  di 
Gesu,  commemorazione  pubblicata  in  occasione  del  decimo  anniversario 
della  sua  morte  dal  P.  CARLO  BRICARBLLI  della  medesima  Compagnia, 
con  un  elenco  de'  siioi  scritti.  Koma,  tip.  della  Pace,  1888. 


552  IL   P.    ANGELO   SECCHI 

Se    il   P.    Secchi    avesse    avuto    altri    dieci    anni   di    la- 
voro,  poniamo,  e  ben  lo  poteva  facilmente,  quando  fosse  pia- 
ciuto  a  Chi  invece  lo  chiamo  in  eta  di  sessant'anni  non  finiti^ 
avrebbe  veduto,  per  dire  di  un  punto  solo,  che  i  suoi  studii 
sugli  spettri  delle  stelle  avevano  aperta  una  nuova  via  nel- 
1'esplorazione  dell'universo  siderale,  colle  piu  feconde  e  ina- 
spettate  scoperte  in  quegli  estremi  confini  del  creato.  Delia 
composizione  chimica  di  que'  mondi  nulla   sappiamo  se  non 
dallo  spettroscopio :  quali  elementi  quivi  ardano,  s'infochino, 
s'arroventino  in  variopinti  splendori,  ce  lo  rivelano  le  righe, 
le   strisce,   le  lacune   degli    spettri   prismatic!;    e   questa   6 
Tunica  fonte. 

Ma  la  novita  che  il  Secchi  non  pot6  contemplare  co'  suoi 
occhi,  fu  Tapplicazione  degli  studii  spettrali  alia  determina- 
zione  del  movimento  degli  astri  nella  direzione  del  raggio 
visuale.  Questo  e  ora  uno  degli  oggetti  di  studio  cui  piu  assi- 
duamente  s'attende  in  diversi  osservatorii  di  astrofisica:  ma 
esso  non  poteva  aver  luogo,  non  che  menare  ad  alcun  suc- 
cesso  di  qualche  conto,  e  forse  neppure  cadere  nel  pensiero,. 
se  prima  non  erano  sicuramente  fissati  i  termini  di  confronto, 
gl'indicatori  del  moto,  cio6  le  strie  proprie  di  ciascuno  spettro.. 
Esse  sono  che  col  mostrarsi  spostate  alia  destra  o  alia  sini- 
stra  della  posizione  nor  male,  che  dovrebbero  avere,  sono  in- 
dizio  manifesto  dell' alter azione  nella  lunghezza  dell'onda  che 
piove  verso  la  pupilla  per  grimmensi  spazii  dell'etere  silen- 
zioso.  S'accorcia  Tonda  luminosa,  piegano  cio6  le  strie  verso 
il  violetto?  la  Stella  s'avvicina.  Piegano  verso  il  rosso,  Tonda 
s'allunga?  la  stella  s'allontana. 

I  lavori  lunghi,  pazienti,  esatti  e  sistematici  sugli  spettri 
delle  stelle,  insieme  con  quelli  notissimi  sulla  costituzione  del 
sole,  resteranno  il  titolo  principale  della  fama  del  P.  Secchi. 
Di  rnodo  che,  senza  escludere  la  sua  molteplice  attivita  in 
tanti  altri  campi,  e  senza  attenuare  per  niente  i  meriti  di 
tutti  quegli  altri  astronomi  che  lavorarono  con  felice  successa 
il  medesimo  campo,  si  puo  dire  del  P.  Secchi  che  lo  spet- 
troscopio fu  Tarma  sua  principale,  il  suo  cavallo  di  battaglia.. 

egli  restera  come  uno  dei  fondatori  di  questa  parte  di  su- 


NEL  XXV  ANNIVERSARIO   DELLA   SUA  MORTE  553 

prema  importanza  neirastronomia,  che  rese  possibile  un  ramo 
nuovo  di  scienza,  con  ardito  pensiero  denominata  la  chimica 
-celeste. 

Nel  1862  il  Secchi  e  il  Janssen  pel  primi  osservarono  nello 
spettro  della  stella  a  di  Orione,  cio6  Betelgeuse,  certe  linee 
metalliche.  La  stella  a  dello  Scorpione  (Antares),  a  di  Ercole, 
.p  di  Pegaso,  a  della  Balena  presentarono  strette  somigliauze 
con  quella  prima,  cio6  oltre  le  righe  metalliche,  numerose 
strisce  oscure  sfumate,  che  prendono  aspetto  di  scannellature 
d'una  colonna.  Per  contro  Arturo  (a  di  Boote),  Aldebaran  (a 
del  Toro),  la  Capra  (a  dell' Auriga),  la  Polare,  Polluce  (P  dei 
Gemelli)  ed  altre  molto  piu  numerose,  diedero  a  vedere  uno 
spettro  del  tutto  somigliante  a  quello  del  sole. 

Sirio,  Altai'r,  Vega,  Procione,  Regolo,  la  Spica  Virginia, 
^cc.  cio6  Talta  aristocrazia  del  cielo  stellate,  con  un  corteo 
innumerabile  di  a  e  di  p,  mostrarono  uno  spettro  piii  im- 
macolato :  strie  metalliche  a  mala  pena  visibili  e  finissime, 
-quelle  dell'idrogeno  pero  ben  spiccate.  Piu  d'una  meta  delle 
stelle  visibili  ad  occhio  nudo  si  schierarono  in  questa  classe, 
che  non  ammette  se  non  astri  fulgent!  di  biarichissima  luce 
o  tinta  al  piu  di  ceruleo  delicato.  Quivi  principiavano  a  tra- 
sparire  i  rudiment!  di  classificazione. 

II  Secchi  non  si  ferma  ai  primi  saggi :  vuole  veder  netto 
in  tanta  varieta  di  spettri ;  e  cosi  con  quella  costanza  e  quel- 
Tardore  che  erano  prerogative  dell'indole  sua  ed  erano  gui- 
date  dall'  intuizione  della  mente  prossima  a  una  bella  scoperta, 
intraprende  senz'altro  una  revisione  spettroscopica  di  tutto 
il  cielo  stellato. 

Fu  lavoro  di  parecchi  anni :  Tastronomia  non  e  una  scienza 
sportiva,  ma  di  fatiche,  di  veglie,  d'abnegazione.  II  primo 
catalogo,  copioso  assai,  pubblicato  nel  1866  aveva  gia  con- 
dotto  a  distinguere  le  stelle  in  tre  tipi,  che  potevano  essere 
ben  rappresentate  da  Sirio,  dal  Sole  e  da  Betelgeuse.  L'anno 
appresso  1867  apporto  un  quarto  tipo  di  stelle  rosso-sangui- 
gne  dalla  sesta  grandezza  in  giu.  Piii  tardi  se  ne  trovarono 
altre  dallo  spettro  rovesciato,  che  potrebbero  formare 


554  IL   P.    ANGELO    SECCHI 

una  quinta  classe.  E  4000  stelle  passarono  alia  sua  rassegna 
avanti   che  la  malattia  gli  troncasse  il  lavoro   tra  le  mani. 

Parallele  alle  osservazioni  del  Secchi  in  Roma  andavano 
fin  d'allora  quelle  del  D' Arrest  in  Copenaghen,  dell'  Hug- 
gins  e  del  Miller  in  Inghilterra,  del  Pickering  in  America, 
dappoi  quelle  del  Vogel  in  Potsdam,  il  quale  ultimo  continuo 
in  compagnia  del  Scheiner  gli  studi  del  Secchi,  arrivando 
ad  una  classiflcazione  di  tutti  gli  spettri  stellari,  alquanto 
piu  minuta,  dove  per6  i  tipi  del  Secchi  sempre  risaltano  come 
famiglie  naturalmente  costituite.  Le  tre  classi  la,  Ha,  Ilia  del 
Vogel  (dice  il  Cornu  noil' Annuaire  du  Bureau  des  Longi- 
tudes) non  sono  altro  che  i  tre  primi  tipi  del  Secchi,  e  ba- 
stano  a  qualificare  le  stelle  piu  brillanti,  le  suddivisioni  noa 
comprendono  che  un  piccolo  numero  di  stelle,  di  tenue  gran- 
dezza. 

II  Pickering  all'osservatorio  di  Harvard  College  in  Cam- 
bridge (Stati  Uniti),  lavora  intorno  agli  spettri  stellari  con  un 
telescopic  fotografico  di  24  pollici;  al  quale  dette  una  suc- 
cursale  ad  Arequipa  nel  Peru  a  3000  di  altezza,  dove  un  8 
pollici,  grazie  alia  chiarezza  dell'aria,  vale  due  tanti. 

Sono  noti  agli  astronomi  i  semplici  e  ingegnosi  artifizi  onde 
egli  ottiene  ad  un  tempo  le  fotografie  di  un  numero  notevole 
di  spettri  ricevuti  nel  campo  dell'obbiettivo,  tutti  nella  stessa 
scala,  tutti  comparabili.  Estesa  cosi  Tesplorazione  all'emisfero 
australe  il  valente  e  animoso  americano  giunge  ad  una  com- 
piuta  conferma  e  ampliazione  dei  tipi  fondamentali  del  Secchi. 

Egli  si  scosta  dalla  classificazione  del  Vogel,  e  stabilisce 
cinque  tipi  principali :  1°  stelle  bianche  o  azzurrine  come 
Sirio ;  11°  stelle  gialle,  come  il  Sole ;  III0  e  IV°  stelle  ranciate 
o  rosse;  V°  finalmente  poche  stelle  il  cui  spettro  consta  di 
poche  linee  brillanti.  Basta  riscontrare  queste  conclusion!  con 
quelle  dianzi  riportate  per  inferirne  quanto  bene  il  cielo  di 
Roma  e  Tocchio  perspicace  del  P.  Secchi  avessero  rivelata  la 
qualita  della  luce  che  scintilla  lassu. 

Ecco  in  una  tabella  messe  a  riscontro  la  classificazione 
del  Secchi  e  quella  del  Vogel: 


NEL  XXV   ANNIVERSARIO   DELL  A   SUA  MORTE 


555 


I  Tipo 

•del  Secchi 


II  Tipo 
•  del  Secchi 


III  Tipo 

•del  Secchi 


IV  Tipo 
•  del  Secchi 


Spettri  con  strie  metalliche  finissime,  le  zone 
turchina  e  violetta  molto  estese.  Inoltre 

a)  linee  dell'idrogeno  larghe  e  ben  spiccate 
b')  linee  metalliche  appena  acceiinate,  man- 
canti  quelle  dell'idrogeno 

c)  linee  dell'idrogeiio  e  D3  lucide 

Spettri  con  linee  metalliche  nitide,  violet  to  e 
turchino  meno  estesi,  talvolta  nelle  parti  meno 
refrangibili  deboli  strisce.  Inoltre 

a)  numerosissime  linee   metalliche,  special - 
meiite  nel  giallo  e  nel  verde :  linee  del- 
l'idrogeno per  lo  phi  spiccate,  ma  strette 
6)  linee  scure  e  deboli  strisce,  e  alcune  litiee 
brillanti  (T    della  Corona  bor.) 

Spettri  con  linee  scure  e  molte  strisce  oscure 
sfumate  (scannellature) :  violetto  e  turchino  debo- 
lissimi. 

a)  strisce  scure  e  nette  verso  il  violetto,  sfu- 
mate verso  il  rosso 

6)  strisce  .limitate  al   rovescio   delle  prece- 
dent! 


I   Classe 
del  Vogel 


II  Classe 
del  Vogel 


III  Classe 
del  Vogel 


Colla  distinzione  della  qualita,  cio6  del  tipi,  le  nuove  os- 
servazioni  estese  a  piii  vaste  region!  del  cielo  confermano 
del  pari  cio  che  diremmo  la  statistica  delle  stelle  secondo 
i  different!  tipi.  Su  1000  spettri,  560  sono  del  primo  tipo,  374 
del  secondo,  65  del  terzo  e  1  del  quarto. 

Omai  se  Tanima  bella  di  lui  che,  speriamo,  mira  in  cielo 
splendori  piu  sublimi  ancora,  fosse  capace  di  altre  consola- 
zioni,  potrebbe  rallegrarsi  di  non  aver  lavorato  indarno.  I 
tipi  stellari  resteranno  sempre  collegati  col  nome  del  Secchi : 
bel  monumento,  aere  perennius,  eretto  tra  gli  spazi  celesti 
ove  il  dente  edace  del  tempo -non  ha  potenza. 


* 

*     * 


Che  anche  nelle  ricerche  scientifiche  abbia  luogo  la  fortuna, 
in  parte  e  vero.  0  perch&  non  potrebbe  1'uno  nascere  in  tempo 
propizio  agli  studii,  in  tempo  di  pace,  in  paese  colto;  un 
altro  di  pari  e  anco  di  migliore  ingegno  tra  i  tumulti  delle 
guerre,  lungi  da  ogni  aiuto  di  civile  istruziorie  ?  Non  si  puo 
negare  per  es.  che  il  Secchi  sia  nato  e  vissuto  in  buon  punto. 
Lasciando  stare  i  suoi  primi  studii  in  Reggio  d'Emilia  e  in 
Roma,  e  il  benefizio  tratto  dai  viaggi  forzati  all'estero  in 
Inghilterra  e  in  America  ove  fu  sbalzato  dalle  rivoluzioni  del 


556  IL   P.    ANGELO   SECCHI 

1848  e  '49,  egli  si  trov6  a  sviluppare  la  sua  attivita  scien- 
tifica  allora  appunto  che  il  cannocchiale  acromatico,  se  non 
principiava  addirittura,  faceva  pero  con  lenti  di  grand!  di- 
mensioni  quasi  le  prime  prove. 

L'eliometro  di  6  pollici  di  apertura  (15,8  cm.)  costruito 
dal  Fraunhofer  (f  1826)  pel  celebre  Bessel  all'osservatorio 
di  Konigsberg  non  solo  rese  servigi  eterni  nelle  misurazioni 
astronomiche,  ma  fu  a  suo  tempo  riputato  una  rarit&  anche 
solo  per  la  grandezza  della  lente.  E  quando  nel  1818  Gu- 
glielmo  Struve  fu  chiamato  alia  direzione  dell'osservatorio 
di  Dorpat  ed  ottenne  di  commettere  al  Fraunhofer  stessa 
un  refrattore  di  9  pollici,  questo  eseguito  effettivamente  pochi 
anni  appresso,  primo  di  tale  grandezza,  fu  riguardato  come 
uno  strumento  gigantesco.  Ne  successero  quindi  qua  e  1& 
di  12  e  14  pollici:  ad  ogni  modo,  bench6  si  fosse  lungi  dalle 
dimensioni  oggi  raggiunte  .di  90  cm.  ed  anche  di  1  m.  e  piu, 
tuttavia  un  equatoriale  acromatico,  come  quello  del  Merz 
stabilito  nel  Collegio  Romano  il  1852,  era  sempre  uno  stru- 
mento tale  da  stimarsi  fortunato  chi  lo  avesse  a  sua  dispo- 
sizione  e  lo  sapesse  maneggiare.  Oggi  esso  ci  sembrerebbe 
quasi  un  pigmeo  davanti  ai  colossi  degli  osservatorii  ameri- 
carii:  pero  quel  capitale  non  poteva  cadere  in  mani  che  lo 
facessero  fruttare  piu  intensamente.  Laonde  non  e  meravi- 
glia  che  quando,  morto  il  P.  Secchi  e  decretata  1'espulsione 
del  suo  successore  dall'osservatorio,  si  presentarono  i  nuovi 
padroni  a  prenderne  possesso,  restarono  stupiti  e  quasi  di- 
sillusi,  immaginandosi  di  dover  trovare  un  corredo  d'istru- 
menti  assai  piu  poderosi  e  meglio  foruito,  a  giudicare  dalla 
immensa  attivit^i  dal  defunto  direttore  dispiegata  in  28  anni 
di  vita  scientifica.  Al  qua!  proposito  il  22  gennaio  scorso  il 
Sig.  George  E.  Hale,  direttore  del  «  Yerkes  Observatory  » 
negli  Stati  Uniti,  in  una  bellissima  lettera  di  adesione  alle 
onoranze  ora  celebrate  pel  P.  Secchi  scriveva  tra  Taltre  coser 
«  Pochi  sono  che  hanno  contribuito  piu  del  P.  Secchi  al  pro- 
gresso  generale  deH'astronomia  fisica...  Egli  dette  un  esem- 
pio  ragguardevole  come  si  possano  ottenere  risultati  impor- 


NEL   XXV  ANNIVERSARIO   DELLA   SUA  MORTE  557 

tanti  con  modesti  istrumenti,  poiche  le  numerose  contribu- 
zioni  del  Secchi  alia  scienza  dimostrano  che  i  grand!  tele- 
scopii  del  nostri  giorni,  ancorche  indispensabili  in  certe  in- 
vestigazioni,  non  si  debbono  pero  considerare  come  assolu- 
tamente  necessarii  a  proseguire  con  felice  successo  le  ri- 
cerche  nella  fisica  degli  astri.  » 


Altra  felice  congiuntura  toccata  al  P.  Secchi  fu  quella  di 
trovarsi  contemporaneo  alia  nuova  scienza  spettroscopica. 
Egli  stesso  le  diede  uno  slancio  vigoroso,  sia  coirideare  inge- 
gnose  combinazioni  d'istrumenti,  adattando  per  es.  alle  ri- 
cerche  il  comodissimo  prisma  a  visione  diretta  preceduto  da 
una  lente  cilindrica,  ovvero  collocando  un  grande  prisma  da- 
vanti  all'obbiettivo  del  cannocchiale,  ed  altre  somiglianti  che 
si  trovano  descritte  nelle  sue  memorie  e  in  particolare  nella 
sua  grande  opera  sul  Sole.  Che  se  talune  furono  smesse  dappoi 
e  sostituite  con  altre  piu  comode  o  in  determinate  circostanze 
piu  adatte,  questa  non  sarebbe  ragione  di  fame  a  lui  un 
appunto,  pronto  com'egli  era  a  valersi  di  qualunque  pro- 
fitto  venisse  a  sua  conoscenza.  Noi  onoriamo  Tuomo,  Tin- 
ge gno,  Finvestigatore  indefesso,  e  c'immaginiamo  di  buon 
grado  Fardore,  ond'egli  avrebbe  abbracciato  i  nuovi  proce- 
dimenti  di  ricerca,  come  la  sistematica  fotografia  celeste,  egli 
che  gia  se  n'era  servito  felicemente  in  varii  casi  particolari. 

Ma  insieme  collo  scienziato  onoriamo  il  pio  religioso,  il 
cristiano  che  adempi  per  tutta  la  sua  vita  coscienziosamente 
la-  legge  della  fatica  e  del  lavoro  che  grava  su  tutti,  che  fu 
amico  di  tutti  i  colleghi  nella  scienza,  che  tratto  con  bene- 
volenza  e  amo  gli  uomini,  ma  insieme  si  serbo  fedele  a  Dio, 
ai  suoi  principii,  alia  religione  e  al  Papa  Pio  IX  suo  signore 
e  suo  mecenate.  La  memoria  di  uomini  siffatti  rimane  in  be- 
nedizione,  esempio  salutare  alia  nostra  gioventu  che  v'  impara 
quanta  nobilta  conferisca  allo  spirito  Tunione  delle  due  fonti 
del  vero :  la  scienza  umana  e  la  rivelazione  divina. 


IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 


XXIH. 
Castel  S.  Angelo  all'aria. 

* 

Dal  castello  dell'antico  sepolcro  degli  Adrian!,  sul  quale 
1;  Angelo  cristiano  colle  all  raccolte  domina  dall'alta  vetta  sic- 
come  genio  tutelare  di  sinistri  casi,  era  partito  il  segno  che 
annunziava  alia  citta  Tora  del  mezzogiorno.  A  quel  segno 
tutte  le  campane  della  citta  si  erano  mosse;  e  dalle  cento 
torri  dominatrici  de'  sette  colli  diffondendo  nell'aria  le  mi- 
stiche  note,  attutivano  a  poco  a  poco  le  voci  e  gli  strepiti 
delle  vie,  invitando  co'  solenni  ed  allegri  rintocchi  i  cittadini 
a  salutare  colle  angeliche  parole  la  Madre  di  Dio.  Nelle  piazze, 
nelle  strade,  nelle  famiglie,  nell'aere  rasserenato  non  udivasi 
piu  che  il  dimesso  e  soave  murmure  dell'Ave  Maria:  era  un 
solenne  raccoglimento  di  tutta  la  cittadinanza,  era  il  sublime 
e  tenero  silenzio  della  comune  preghiera  cristiana ! 

Ed  appunto  in  quel  momento  scoppia  un  fragore  indiavo- 
lato  nell'aria,  cosi  potente  che  con  rapidita  quasi  fulminea 
si  diffonde  in  tutto  lo  spazio  circostante,  e  rintrona  con  ispa- 
ventoso  rimbombo  dai  tetti  e  dalle  pareti  delle  chiese  e  dei 
marmorei  palazzi.  Alcune  case  si  sfasciano  e  cadono  con  ro- 
moroso  rovinlo,  i  vetri  volano  spezzati  in  frantumi,  le  torri 
e  le  case  alte  si  scuotono  e  traballano. 

La  gente  allibisce  in  sulle  prime,  poi  discendendo  nelle 
strade,  e  correndo  e  agitandosi  e  interrogandosi  a  vicenda, 
si  ode  come  un  grido:  —  Castel  S.  Angelo!  Castel  S.  Angelo! 

Infatti  dalle  altezze  del  Pincio,  del  Quirinale  e  del  Gia- 
nicolo  gli  occhi  di  tutti  rivolti  verso  la  mole  Adriana,  ave- 
vano  scorto  subito  come  un  nembo  di  fumo  che  ingombrava 


IL  CAPORALE  TBASTEVERINO  559 

turbinando  ed  esalandosi  mano  mano  la  vasta  cinta  e  i  tor- 
rioni  del  Castello.  A  quella  vista  parti  quel  grido,  ed  a  quel 
grido  da  tutte  le  parti  si  mosse  un  immenso  popolo  alia  volta 
del  ponte  S.  Angelo  e  di  Borgo.  Chi  diceva  ch'era  saltato 
tutto  all7 aria,  chi  assicurava  aver  visto  1'Angelo  sospeso  tut- 
tavia  in  alto  dopo  lo  sfasciamento  de7  muri,  chi  attribuiva 
quel  caso  ad  un  incendio,  chi  ad  una  disgrazia...  ma  la  voce 
di  tutti  ne  accusava  ed  incolpavane  i  giacobini! 

Ed  era  cosi !  II  metter  fuoco  alia  polveriera,  o  meglio  a 
grande  quantity  di  polvere  che  trovavasi  in  un  fondo  quasi 
a  pian  terrene  del  Castello,  nel  lato  che  riguardail  Vaticano, 
formava  la  seconda  parte  della  congiura,  tramata  pochi  giorni 
prima,  a  fine  di  abbattere  il  governo  del  Papa.  Tutta  la  con- 
giura  fu  studiata  e  discussa  in  tenule  secrete,  che  la  loggia 
massonica  o  club  giacoMno  celebrava  nella  villa  Medici,  ac- 
canto  alia  porta  Pinciana.  In  quelle  combriccole  si  decise, 
che  nel  giorno  deirinalzamento  dello  stemma  della  Repub- 
blica  francese,  si  doveva  tentare  il  supremo  sforzo,  onde  ge- 
nerare  in  Roma  una  repubblica,  che  dalle  viscere  di  quella 
grande  genitrice  uscisse  alia  luce,  con  terribile  travaglio  non 
gi&  del  ventre  materno  di  lei,  ma  del  materno  seno  di  Roma. 
Percio  fu  stabilita  la  dimostrazione  da  farsi  in  piazza  Venezia  e 
nel  Corso :  la  forma,  le  persone,  I'accompagnamento,  le  cir- 
costanze,  i  ragguagli...  ogni  cosa  fu  commesso  alle  adunanze 
degli  associati,  che  si  tennero  in  via  delle  Convertite.  Fu  sta- 
bilito  inoltre  di  distruggere  Castel  S.  Angelo,  nel  giorno  me- 
desimo,  e  nel  punto  in  cui  la  forza  pubblica,  occupata  a  com- 
primere  la  ribellione,  avrebbe  lasciato  poca  gente  nella  for- 
tezza.  E  perch6  si  sospettava  forte,  che  il  governo  o  per  opera 
di  spie  o  per  qualche  debolezza  o  imprudenza  avrebbe  avuto 
sen  tore  della  congiura,  cosl  questa  parte  del  disegno  di  far 
saltare  in  aria  la  fortezza  del  Castello  fu  tenuta  segretissima : 
e  solamente  pochi  giorni  prima  ne  fu  affidata  Tesecuzione  a 
fidatissimi  settarii,  pochissimi  e  provati.  In  questa  maniera 
si  eludeva  e  s'ingannava  la  vigilanza  della  polizia,  la  quale 
credendosi  informatissima  della  trama,  ne  ignorava  la  parte 


560  IL   CAPORALE    TRASTETERINO 

principale ;  e  adoperando  la  parte  migliore  delle  sue  forze  cola 
dove  minore  era  il  pericolo,  116  avendo  alcun  sospetto  intorno 
al  forte  S.  Angelo,  lo  lasciava  quasi  senza  custodia,  e  come 
a  dire  aperto  alle  insidie  deH'occulto  nemico. 

Questo  disegno  riuscl  in  parte,  ed  in  parte  fece  cecca. 
Gli  assassini  trovarono  infatti  quasi  sfornito  di  guardie  il  ca- 
stello;  ed  all'ora  indicata,  ossia  quando  seppero  gia  avviata 
la  sedizione,  trovarono  maniera  di  intromettere  uno  di  loro 
nel  castello  dalla  parte  de;  prati,  vicino  al  corridore  di  Ales- 
sandro  VI.  Quegli  mise  il  capo  di  una  lunga  miccia  in  co- 
municazione  colla  polvere  di  uno  de'  barili  del  forte.  Appena 
uscito,  gli  altri  accesero  il  fuoco  all'altro  capo  della  miccia, 
che  sporgeva  di  sotto  terra  alquanto  lontano  dal  muro...  e 
subito  fuggirono  tutti  con  tutta  la  forza  delle  loro  gambe. 

Non  erano  passati  cinque  minuti,  che  tutto  il  deposito  delle 
polveri  prese  fuoco,  e  con  ispaventosa  detonazione  salto  in 
aria  quella  parte,  per  fortuna  quasi  isolata,  della  cinta, 
dove  si  conservava.  Tutto  il  forte  ne  fu  scosso ;  il  vicino  quar- 
tiere  dei  soldati  scrollo  tutto  e  rovin6  a  terra,  seppellendo 
nelle  macerie  alcuni  soldati  e  le  poche  guardie  che  vi  erano ; 
caddero  pure  comignoli  e  tetti  delle  vicine  case  de'  tre  bor- 
ghi  cireostanti,  ferendo  gran  numero  di  persone.  A  tutte  le 
altre  case  si  frantumarono  tegole  e  cristalli,  e  lo  stesso  pa- 
lazzo  del  Vaticano  ne  risenti  tale  una  scossa,  che  nelle  pareti 
della  cappella  Sistina  si  aprirono  varie  screpolature,  e  qua  e 
la  si  distaccarono  falde  d'intonaco.  Le  screpolature  nella  pa- 
rete  del  giudizio  finale  e  nelle  lunette  della  volta,  di  Miche- 
langelo, ancora  visibili,  sono  dovute  all'atto  di  quei  primi 
barbari  liberator!  di  Roma! 

In  quella  furono  visti  a  fuggire  attraverso  i  prati  di  Ca- 
stello alcuni  individui,  saltando  muri  e  scavalcando  siepi  con 
furia  indiavelata.  Ma  siccome  in  tutte  le  circostanze  era  al- 
lora  un  fuggi  fuggi  ed  un  agitato  accorrere  d'infinite  persone, 
non  si  pose  mente  a  quei  fuggitivi,  i  quali  presero  1'ambulo 
per  via  trionfale,  e  si  dileguarono  cosl  alia  lesta,  che  de;  loro 


XXIII.    CASTEL   S.    ANGELO   ALL 'ARIA  561 

Homi  non  si  pote  mai  avere  nessuna  conoscenza :  erano  il  fiore 
degli  eroi  del  primo  patriottismo  romano ! 


XXIV. 
Trasteverini,  Papa  e  giacobini. 

•  Ma  al  rimbombo  di  quello  scoppio,  accorsero  a  frotte  verso 
Castel  S.  Angelo  da  tutti  i  rioni  della  citta  un  infinite  nu- 
mero  di  popolo.  Sopratutto  la  popolazione  di  Trastevere  si 
sollevo  a  rumore,  gli  uomini  e  la  gioventii  come  mossi  da 
impulso  istintivo  presero  le  armi,  e  da  S.  Cosimato,  dalla 
piazza  di  S.  Maria  in  Trastevere,  per  la  via  del  Moro  con- 
correndo  s'  ingrossavano  a  mano  a  mano.  Al  tocco,  forse  un 
duecento  persone  armate  a  casaccio  riempivano  lo  spazio  dove 
mettono  capo  la  via  del  Moro,  il  ponte  Sisto  e  S.  Dorotea. 
Cola  improvvisando  battaglioni  e  capitani,  si  divisero  in  due 
torme ;  una  valico  ponte  Sisto,  e  per  via  Giulia  s'incammino 
a  ponte  S.  Angelo;  1'altra  sfilando  per  la  Longara,  si  diresse 
3,1  Vaticano. 

Tutti  ebbero  per  parola  d'ordine  «  Papa  »,  e  per  consegna 
di  menar  le  mani  contro  chiunque  nel  loro  passaggio  fosse 
incontrato  con  la  coccarda  giacobina  in  capo  od  in  petto,  e 
interpellate  non  rispondesse  «  Papa  »  ! 

Alia  testa  della  torma  di  via  della  Longara  trovavasi  come 
capirano  o  caporione  un  tal  Pepe,  detto  il  Chiovaccino,  che 
dimorava  in  piazza  S.  Maria  in  Trastevere  nella  casa  di  fronte 
al  palazzo  Moroni  o  de'  benedettini ;  era  egii  un  giovanu  sui 
trent'anni,  robusto,  manesco,  e  fecondo  di  arditi  consigli. 
Questi  non  appena  fu  giunto  in  piazza,  S.  Pietro,  ed  ebbe  ivi 
schierato  i  suoi  alia  destra  dell'obelisco,  che  subito  rivoltosi 
verso  le  finestre  del  palazzo  che  dan  no  in  quella  parte  della 
piazza,  comincio  a  gridare :  —  Er  Papa  !  vogliamo  vede  er 
Papa !  —  A  quel  suo  grido  si  unirono  le  voci  di  un  trecento 
trasteverini,  i  quali  tutti  rtpeterono  con  un  coro  formidabile: 
'*  Er  Papa!  vogliamo  vede  er  Papa!  » 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1265.          36          25  febbraio  1903. 


562  1L   CAPORALE   TRASTEVERINO 

II  buoii  Pio  VI,  vecchio  ed  affranto  per  tanti  colpi  dl 
sventura  che  gli  si  andavano  accumulando  sopra  lo  stanco 
capo,  trovavasi  nella  cappella,  dove  erasi  recato  apregare, 
appena  ebbe  sentito  lo  scoppio  della  polveriera  e  il  traballa- 
mento  del  Vaticano.  Udendo  ora  que'  gridi,  si  presentava 
alia  finestra,  sorreggendogli  la  persona  Mgr  Caracciolo  e  il 
cardinal  Busca. 

Quando  ebbe  visto  tutta  quella  turba,  che  lo  acclamava 
nella  piazza,  1'augusto  Vecchio  si  senti  commosso  sino  alle 
lagrime.  Quella  gente  presentava  uno  spettacolo  veramente 
singolare:  erano  operai,  padri  di  famiglia,  giovanotti  baldi 
dalle  membra  nerborute  e  dai  volti  fieri.  Alcuni  colla  giacca 
sulle  spalle,  altri  in  sole  maniche,  chi  portava  lo  schioppo, 
chi  un  randello  di  quercia,  chi  una  mazza  di  ferro  :  tutti 
erano  pronti  di  sacrificare  la  vita  propria  e  quella  de'  gia- 
cobini  per  la  difesa  del  Santo  Padre,  del  loro  Sovrano. 

A  quella  vista  il  vecchio  Pontefice  fu  intenerito !  Sporse 
il  braccio  dalla  finestra,  e  sollevando  la  mano  tremola,  be- 
nedisse  que'  suoi  figli  di  Trastevere  e  della  citta,  cola  con- 
venuti  per  assicurarsi  che  la  sua  vita  non  avesse  corso  pe- 
ricolo.  I  quali  tutti  al  solo  vederlo  apparire,  presente  ed 
incolume,  sollevarono  tale  un  concerto  di  voci  e  di  evviva 
clainorosi  e  sonori  che  ne  rintrono  Taere  spargendosene  la 
buona  risonanza  in  tutta  la  citta. 

Benedetti  allora  e  content!  i  Trasteverini  si  mossero  in 
ordinanza  verso  la  mole  Adriana  per  il  borgo  nuovo... 

L'altra  oste,  capitanata  da  sor  Taddeo,  omaccione  da  bene 
e  facoltoso  di  via  della  Renella,  correva  la  via  Giulia  a  passi 
studiati  e  minacciosi.  Nella  imboccatura  delle  vie  later ali,  irn- 
battutasi  in  alcune  coccarde,  ne  mise  in  fuga  i  portatori  a  furia 
di  randellate,  distribute  con  una  espressione  di  volonta  cost 
cordiale,  che  chi  ne  ebbe  toccato  una  non  aspetto  la  seconda. 

Giunti  in  piazza  di  ponte  S.  Angelo,  T  inmienso  grido  di 
«  Viva  er  Papa  »,  che  si  sollevava  riello  spazio  da  piazza 
S.  Pietro  li  colpi  e  li  commosse.  E  subito,  come  se  fossero 
stati  mossi  da  una  parola  di  consegna,  a  quel  grido  sollevarono 


XXIV.    TRASTEVERINI,    PAPA  E   GIACOBINI  563 

essi  pure  con  tutta  forza  de'  loro  polmoni  un  tal  formidabile 
clamore,  ed  un  «  viva  er  Papa  »  usci  da  que'  duecento  petti 
cosl  unito  e  sonoro,  che  Teco  ripercossa  e  moltiplicata  ne 
prolungo  per  piii  tempo  la  risonanza. 


Palazzo  Altoviti  Polite  Sa.iit'Au«;elo  Castel  Sant'Angelo 

(distmtto)  gi  pietro  vaticano  (com'era) 

Ed  in  quella,  una  moltitudine  accompagnata  e  preceduta 
da  birri,  con  il  bargello  alia  loro  testa,  sboccava  per  via  di 
Tor  di  Nona  e  metteva  piede  in  sulla  medesima  piazza  di 
ponte  S.  Angelo.  Udivasi  intorno  intorno  il  rumore  di  un 
grande  bisbiglio,  ora  una  fischiata,  ora  una  sghignazzata  se- 
guita  da  scherni ;  e  si  vedevano  scorrazzare  or  qua  or  la, 
dando  volte  e  ghirellonando  varii  manipoli  di  monelli...  Che 
cosa  era  mai? 

Nel  mezzo  di  quella  folia  trovavansi  appunto  i  bravi  ex 
paladini  di  piazza  Venezia,  che  furono  colti  ed  arrestati  nelle 
vicinanze  della  colonna  Antonina.  Ma  oh  !  quanto  erano  cam- 
biati  da  quelli  di  primal  Abbioscicati  come  chiocciole,  pallidi 
come  cenci  di  bucato,  precede va no  legati  ad  una  corda 
co7  musi  atterrati  a  guisa  di  pecore...  Erano  condotti  nelle 
carceri  di  Castello,  in  una  infunata  cosi  curiosa,  che  nelle 


564  1L    CAPORALE   TRASTEVERINO 

strade  di  Roma  mai  nessun  vaccaro  ne  avea  tratto  una  siv 
mile  di  bufali  dalla  campagna  romana  ! 

E  quella  loro  vista  desto  nella  gente  di  Trastevere  tale  un 
furore,  che  tutti  si  volevono  loro  scagliare  addosso,  e  buttarli 
vivi  vivi  nel  Tevere.  E  1'avrebbero  fatto,  se  il  bargello  non 
avesse  loro  intimato  il  fermati  in  nome  della  legge  e  del 
Papa! 

Ma  i  sarcasmi,  i  frizzi,  gli  atti  e  gli  accenni  delle  basto- 
nature  e  le  minacce  d'  infilzarli  siccome  lontre,  furono  infiniti 
ed  irrefrenabili ! 

Quando  poi  sor  Taddeo  ebbe  scorto  Camillone,  e  lo  ebbe 
additato  a'  suoi,  il  furore  si  cambio  in  ilarita  ed  in  espressione 
di  comiea  compassione. 

-  0  Camillo,  gli  gridavano,  evviva  la  coccarda ! 

-  Che   t'hanno   fatto  mo'  indigestione  li  cavoli  cotti  de 
piazza  S.  Cosimato? 

—  Che  te  possino  da  le  tirate  in  campo  de  Fiore ! 

Dinanzi  allo  scagliamento  di  tali  e  tanti  moccoli  de'  suoi 
contribuli  trasteverini,  il  povero  Camillone,  che  ad  infor- 
mare  il  suo  gran  corpo  aveva  un'anima  di  malva,  presen- 
tava  una  figura  cosi  trista,  che  il  suo  atteggiamento  dest6 
insieme  col  dispetto  la  pieta  ne;  circos tanti. 

Quel  Camillone,  che  dai  congiurati  era  stato  subornato 
con  pochi  paoli  ed  alcuni  bicchieri,  era  piu  vile  che  cattivo ! 

Ma  quando  i  Trasteverini  di  sor  Taddeo  videro  sfiiare 
altri  legati  da'  ceffi  ben  piii  maligni,  si  misero  a  gridare  la 
parola  d'ordine  «  Papa  ».  Alia  quale  non  rispondendosi  da 
quelli,  subito  si  misero  in  atto  e  in  parata  di  buttarli  dal 
ponte  nel  flume. 

E  gia,  superata  la  opposizione  de'  birri,  ne  tenevano  af- 
ferrati  quattro,  gia  dalla  folia  circostante  si  sentiva  gridare : 
dalli !  nel  flume !  Quando,  rompendo  con  impeto  la  flla  del 
prigionieri,  un  giovane  si  fece  innanzi  e  si  mise  tra  quei 
tapini  e  1'oste  di  Trastevere. 

Era  un  giovanotto  sulla  ventiaa,  franco,  spigliato  e  fiero. 
Dagli  atti  e  dal  volto  e  dalle  armi  che  se  gF  indovinavana 


XXIV.    TRASTEVERINI,    PAPA  E   GIACOBINI  565 

addosso,  si  appalesava  siccome  railitare,  sebbene  non  ne 
portasse  la  divisa. 

—  Amici,  disse  subito  rivolto  a'  suoi  Trasteverini,  non 
ci  disonoriamo  con  delitti.  Questo  doppio  paio  di  arrestati 
appartengono  alia  giustizia.  Poco  fa  li  ho  agguantati  io  tutti 
e  quattro  dinanzi  al  palazzo  Ceri...  Sono  vili...  si  arresero 
come  lumache,  vistisi  tolto  lo  sfogo  della  loro  bravura,  che 
e  sempre  quella  di  fuggire... 

A  quelle  parole  tutti  riconobbero  il  caporal  Marinelli,  che 
da  pochi  giorni  era  tornato  in  Roma...  Rilasciarono  sabito  i 
prigionieri,  e  si  misero  a  gridare :  -  -  Viva  er  nostro  ca- 
porale ! 

Allora  i  birri,  i  prigioni,  i  soldati  poterono  passare  tran- 
quillamente  il  ponte,  ed  entrare  nel  quartiere.  Questo  era 
diroccato  per  la  esplosione,  ma  la  fortezza  era  rimasta  in- 
tatta,  non  ne  essendo  saltata  all' aria  se  non  quella  parte, 
quasi  separata,  dove  si  trovavano  depositate  le  polveri.  I  ri- 
belli  furono  collocati  in  cella,  aspettando  col&  1'  istruzione  del 
processo  abbastanza  lungo,  che  ne  doveva  inviare  buona  parte 
alle  galere  di  Civitavecchia,  e  parte  nelle  career!  nuove 
di  via  Giulia. 

Intanto  la  schiera  dei  Trasteverini,  che  da  S.  Pietro  cor- 
reva  al  Castello,  avendo  visto  co'  propri  occhi  il  Papa  sano 
e  salvo,  e  Castel  S.  Angelo  in  piedi,  si  ando  a  riunire  col- 
1'altra  schiera  sul  ponte.  Ivi  i  due  caporioni  sor  Taddeo  e 
Pepe  il  Chiovaccino  si  comunicarono  le  notizle ;  dichiararono 
sciolte  le  compagnie,  e  libere  di  tornarsi  in  Trastevere. 

Quindi  con  il  grido  di  «  Viva  er  Papa  »,  si  sbandarono 
tutti ;  ed  in  varii  gruppi,  chi  per  via  Giulia,  chi  per  la  via 
de'  Coronari,  chi  per  quella  di  Tordinona  si  dispersero  per 
la  citta,  diretti  per  varie  strade  alle  rive  trasteverine.  Un 
bel  numero  pero  fece  sosta,  a  mano  a  mano  che  valicavano 
le  varie  vie,  nelle  varie  osterie,  non  sapendo  resistere  agli 
inviti  degli  amici  osti  ed  ostesse,  e  sopratutto  all'attrattiva 
di  certi  candidi  yini  bianchi  de'  castelli,  la  cui  onda  serena 
mandava  da'  cristalli  delle  bottiglie  certi  inviti  di  una  espres- 


566  IL  CAPORALE   TRASTEVERINO 

sione  cosl  provocante,  che  davano  all'ugula  una  irresistibile 
spinta. 

XXV. 
Ai  Tre  Ladroni,  passo  d' innamorati. 

Sor  Taddeo?  serrandosi  al  braccio  I'amico  e  parente  Ma- 
Tinelli : 

—  Andiamo,  disse,  andiamo  a  sfogare  in  un  poco  di  vino 
ed  in  alcune  fette  di   capocollo,  la  vogliaccia   che   non   ab- 
biamo  potuto  sbattere  su  quelle  zucche  giacobinacce.  Avremo 
miglior  fortuna  ai   Tre  Ladroni. 

—  Dalla  bella  signora  Cecilia?  rispose  il  Marinelli. 

-  Proprio  11.  Si  paga  un  po'  caro,  e  di  qui  provenne  quel 
nome  di  ladroni,  appiccicato  alia  mernoria  dei  tre  primi  pa- 
droni che  haimo  tenuto  quella  locanda.  Ma  si  sta  bene,  e  si 
esce  contenti.  E  poi  cola  ci  aspetteno  le  nostre  donne:  c'& 
1'Assunta  colla  mamma,  e  quindi  ci  capitera  il  nostro  Pepe. 
Poi  c'6  la  Camilla  pure  colla  mamma,  e  quindi  non  potra 
mancare  il  nostro  caporale... 

Al  nome  della  Camilla,  ch'era  la  sua  impromessa,  il  Ma- 
rinelli si  sentl  come  una  sferzata  nel  sangue ;  e  come  se  gli 
fossero  nate  le  ali  ai  piedi,  si  mise  a  camminare  di  tanto 
buona  voglia  e  di  cosl  buon  passo,  che  a  sor  Taddeo  venne 
quasi  da  ridere,  e  ridendo  disse :  —  Ai  Tre  Ladroni !  passo 
d'innamorati ! 

In  poco  d'ora  si  ebbero  lasciato  dietro  il  collegio  Cle- 
mentine, il  palazzo  Borghese,  il  palazzo  Ruspoli.  Imboccato 
che  ebbero  il  Corso,  quando  furono  giunti  a  piazza  Colonna, 
il  Marinelli  si  soffermo  alquanto,  e  spiego  airamico  la  farsa 
giocata  cola  poche  ore  prima  alia  masnada  di  que'  pazzi,  i 
quali  erano  i  burattini  di  comparsa,  per  entro  a;  cui  corpi 
entrava  la  corda  giacobina,  che  era  mossa  da  mano  francese 
matricolata,  ma  nascosta. 

Si  vedevano  ancora  disseminate  qua  e  col£  nella  piazza 
le  coccarde  tricolori,  che  le  botte  menate  dai  birri  e  dai  ci- 


XXT.    AI   TEE  LADRONI   PASSO   D'lNNAMORATI  567 

vici  avevano  fatto  cadere  in  terra  da'  cappelli:  ci  erano  tutte, 
nessuno  desiderando  toccarle  se  non  colle  suole  delle  scarpe ! 
Gli  fece  vedere   il  cannone,    che    stava    ancora    dinanzi 
alia  colonna  Antonina. 

—  Se    aveste  visto,  sor    Taddeo,  la  tremarella  di  quegli 
smargiassi,  quando  questo  cannoncino  lancio  in  aria  la  stoppa 
ed  il  fumo !  Che  non   c'era  altro,  sapete,  che  stoppa !  Fug- 
girono  tutti  come  tanti  topi,  in  cerca  di  qualche  buco  dove 
scomparire,  e  serbar  buona  la  pancia  a'  flchi ! 

Lo  condusse  quindi  per  la  piccola  via  che  separava  il 
palazzo  Ceri  da  quello  de'  Bonacorsi,  e  dopo  pochi  passi 
entrando  nello  spazio  che  correva  fra  il  primo  palazzo  e  la 
chiesa  di  S.  Maria  in  via,  lo  fermo  nel  mezzo,  e  gli  disse: 

—  Qua  erano  fuggiti  in  buon  numero ;  e  qua  li  aspetta- 
vamo  noi  come  nella  ragna. 

lo  mi  trovai  di  fronte  ai  quattro  che  avete  visto  legati 
sul  ponte.  A  Camillone  applicai  una  pedata  nelle  regioni  pome- 
ridiane,  che  lo  fece  stramazzare,  e  con  un  altro  giro  dello 
stesso  piede  feci  lo  stesso  onore  al  Pedagna  :  entrambi  fu- 
rono  subito  presi  da'  birri.  Corsi  quindi  addosso  ai  due  fra- 
telli  Bouchard,  che  facevano  atto  di  tirar  1'arma  da  sotto  le 
vesti.  Li  afferrai  entrambi  pel  collo,  e  li  urtai  con  tanto  im- 
peto  1'uno  contro  1'altro,  che  insieme  colle  teste  cioccarono 
i  nasi,  e  li  vidi  traballare  gittando  sangue....  Credevo  che 
fossero  morti,  ma  caddero  in  mano  a'  birri... 

—  Ben  meritato !  Che  canaglie ! 

-  Che  stolti !  s'  ha  a  dire,  pazzi  da   mitera  !  Finiranno 
a  Civitavecchia :  forse  S.  Spirito  di  via  Lungara  farebbe  me- 
glio  per  loro. 

-  Andiamo,  andiamo,  ripiglid  sor  Taddeo,  afferrando  il 
braccio  del  Marinelli  e  stringendolo  con  affetto.  Questo  brac- 
cio,  caro  il  mio  caporale,  mi  sa  di  troppo  secco,  di  asciutto, 
di  arido;  un  po'  di  quello    de'  nostri   colli  di  Frascati  o  di 
Grottaferrata  ti  fara  1'effetto  di  un  innaffio,  ti  ravvivera  la 
corrente. 

E  mentre  ripresero  la  via  del  Corso,  ridendo  il  Mari- 
nelli :  —  Andiamo,  ripeteva  1'altro,  passo  d'innamorati ! 


568  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

-  Eh  !  sora  Cecilia,  comincio  ad  esclamare  il  nostro  Tad- 
deo, non  appena  ebbe  messo  il  piede  sul  limitare  della  lo- 
canda,  oggi  avrete  buona  compagnia. 

—  Buona    compagnia  e  bella,  rispose    subito  la  Cecilia. 
Ma  non  ebbe  ancora  terminato  queste  parole,  che  TAs- 

sunta  correndogli  innanzi :  —  Babbo,  disse,  ce  semo  tutte. 
Ma  dl,  noa  c'  e  stato  niente  ?...  Oh  !  bravi,  bravi...  —  e  gi& 
stava  tra  le  braccia  del  padre. 

II  sor  Taddeo,  dopo  le  carezze  alia  figlia,  si  fa  innanzi 
e  presenta  il  Marinelli  alle  altre  due  donne  trasteverine, 
madre  e  figlia  che  stavano  1&  alquanto  peritose.  Era  la  si- 
gnora  Benedetta,  vedova  Sartori,  con  la  figlia  Camilla. 

II  Marinelli  si  fa  loro  innanzi,  si  mette  nel  loro  mezzo; 
e,  salutandole  rispettosamente  e  con  amore,  bacia  la  mano 
alia  Camilla  e  alia  madre. 

—  Non  t;e  accaduto  nulla  ?  gli  dimando  subito  la  Camilla, 
con  accento  spontaneo  ;  mentre,  quasi  pentita  di  quelle  pa- 
role, stringendosi  alia  madre  si  senti  come  un  leggero  ros- 
sore  che  le  coloriva  le  guance. 

II  Marinelli  le  rispose  con  un  sorriso,  e  con  una  stretta 
affettuosa  di  mano,  che  indicavano  il  grande  disprezzo  che 
egli  aveva  per  quella  genia  giacobina,  ed  insieme  appale- 
savano  il  sao  animo  per  il  gentile  sentimento  della  sua  im- 
promessa. 

Ma  ecco  sor  Taddeo  e  donna  Cecilia,  che  mettono  fine 
ai  convenevoli  ed  alle  peritanze  :  -  -  E  apparecchiato,  an- 
diamo  a  tavola. 

Passano  tutti  nella  stanza  attigua.  Sor  Taddeo  e  capo 
di  tavola  con  donna  Cecilia  la  padrona  a  destra,  e  1'Assunta 
a  sinistra  ;  dall'altra  banda  il  caporal  Marinelli  e  collocato 
tra  la  signora  Benedetta  e  la  Camilla,  per  guisa  che  questa 
e  la  padrona  della  locanda  sedevano  accanto. 

Fu  servito  un  appetitoso  affettato  di  capocollo,  succes- 
sero  gli  spaghetti  con  in  mezzo  un  trionfo  di  tordi  e  di 
inerli... 

Sor  Taddeo  innaffiava  ogni  ben  di  Dio  con  brillanti  bic- 


XXV.    AI   TRE   LADRONI,    PASSO   D'lNNAMORATI  569 

chieri  di  Frascati,  e  tutti  condivano  le  portate  con  quel  brio 
romanesco  e  con  quella  festosa  allegrezza,  schietta,  vivace, 
limpida  ed  innocente,  con  cui  le  famiglie  romane  di  un 
tempo  solevano  rallegrare  la  vita,  senza  offendere  se,  ne 
Dio,  n6  il  prossimo. 

—  Eh  !  ragazze,  annacquato  vuol  essere  per  voi,  diceva 
sor  Taddeo  ;  salubre  assai  6  1' acqua  Marcia  con  cinque  stille 
di  mero  Orvietano  a  bicchiere... 

E  le  ragazze  a  ridere  ;  e  F  Assunta  a  vendicarsi,  ver- 
sando  il  mero  Orvietano  nel  bicchiere  del  babbo,  coll'ag- 
giungere :  -  -  Eh  !  pegl'  uomini  ce  vogliono  per  ogni  bie- 
chiere  de  puro  Orvietano  cinque  stille  de  acqua  vergine  de 
Trevi... 

-  Verissimo,  verissimo,  esclama  la  voce  di  un  nuovo 
arrivato,  la  cui  presenza,  ancora  che  desiderata,  fece  mo- 
rire  la  parola  sul  labbro  all'Assunta.  Era  Pepe  il  Chiovac- 
cino,  che  prese  posto  accanto  all'Assunta,  cui  disse  subito : 
-  Or  su,  facciamo  la  prova.  Puro  Orvietano  con  cinque 
stille  de  acqua  de  Trevi... 

L'Assunta  comincio  amescere...,  ma  la  mano  tremavale 
cosi  forte,  che  non  finiva  di  riempire  il  bicchiere  ;  intanto 
tutti  osservavano,  ridevano,  le  davano  la  baia...  e  la  po- 
vera  fanciulla  non  ci  vedeva  piu,  tanto  il  sangue  le  infiam- 
mava  il  volto... 

—  Eh  !  le  fidanzate  sono  peritose,  disse    donna    Cecilia, 
colmando  essa  il  bicchiere  al  signor  Pepe. 

—  Alle  fidanzate  nostre,  a7  due  piii  belli  fiori  che  splen- 
dono  sulle  rive  di  Trastevere,  salute,  disse  sor  Pepe,  alzando 
il  bicchiere. 

—  Salute,  prosperita,  fortuna,  rispose  donna  Cecilia.  Iddio 
vi  possa  benedi,  figlie  mie  ! 

E  sor  Taddeo,  fattosi  serio  e  quasi  pensoso  :  — Salute... 
fortuna  alia  mia  figliuola !  Salute  alia  Camilla,  da  me  come  fi- 
gliuola  amata ! 

Poi  ripresero  il  mangiare  e  la  conversazione  allegra  e  le 
festevoli  celie. 


570  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

XXVI. 
Sisto  V  e  la  leggenda  del  Tre  Ladroni. 

Intanto  che  i  nostri  Trasteverini  cosi  se  la  trionfavano, 
tra  la  molta  gente  degli  avventori  che  frequentavano  in  quel 
tempo  la  sala  attigua  d'ingresso,  trovavansi  due  persone,  la 
cui  presenza  fu  osservata  dalla  signora  Cecilia,  che  le  rico- 
nobbe  di  presente.  Ma,  attesa  com 'era  a  festeggiare  1'  arnica 
famiglia  di  sor  Taddeo,  non  vi  diede  retta  piu  che  tan  to :  le 
persone  di  servizio  badavano  loro. 

II  signor  Cacault  per  tutto  il  tempo  che  era  durata  la  ba- 
raonda  della  mattina  e  del  giorno,  aveva  seguito  ed  osser- 
vato  ogni  cosa,  in  compagnia  deiramico  d'Agincourt.  E  di 
ogni  cosa  nella  stessa  sera  si  preparava  a  descrivere  una 
relazione  al  direttorio  di  Parigi,  ed  un'altra  al  Bonaparte, 
come  esegui  di  fatto  con  tutta  esattezza,  dando  ragguagli  e 
circostanze  delle  persone  e  degli  avvenimenti,  come  poteva 
fare  un  uomo  onesto,  sebbene  giacobino. 

Ridonata  che  fu  la  calma  alia  citta  e  sparpagliatasi  la 
grande  oste  trasteverina,  la  quale  veramente  gli  aveva  in- 
cusso  paura,  egli  si  ritornava  per  il  Corso  insieme  coiramico, 
del  quale  ebbe  a  sorbirsi  per  tutto  quel  tempo  i  sarcasmi 
piu  pungenti,  espressi  in  mezzo  ad  uno  scoppiettio  de'  piu 
amabili  frizzi,  che  si  possono  scoccare  da  un'arguta  bocca 
francese.  E  per  ultimo  cosi  camminando  il  d'Agincourt  rac- 
contavagli  episodeggiando  con  minutezza  spietata  Tavventura 
di  certi  guerrieri,  che  avevano  nome  di  pifferi,  accaduta  in 
una  certa  montagna  d;  Italia,  da  cui  poi  presero  il  nome,  e 
il  nome  preso  tramandarono  ai  poster!. 

—  Ma  non  faremmo  meglio,  osserv6  Cacault  tutto  ad  un 
tratto,  non  faremmo  meglio  a  ridare  una  capatina  nella  lo- 
canda  che  lasciammo  cosi  in  mal  punto  stamane,  e  rivedere 
quella  bella  figura  di  ostessa? 

—  Bella  e  simpatica,  e  che  vi  si  e  piantata  in  mezzo  alia 
fantasia,  non  e  vero? 


XXVI.    SISTO   V  E   LA   LEGGENDA   DEI  TRE    LADRONI        571 

-  Non  lo  nego,  rispose  il  Cacault.  Che  bel  tipo  di  donna, 
romana ! 

-  Andiamo,  andiamo  dunque.  Voi  celebrerete  il  trionfo 
della  bellezza,  ed  io  tuffero  negli  amari  calici  un  inno  trion- 
fale  fragoroso  sulla  vittoria  del  popolo  sovrano ! 

-  No,  entrambi  riammireremo  quel  formoso  volto  di  sim- 
patica  donna... 

—  Ed  entrambi  beveremo  alle  geste  di  Camillone... 

E  gia,  trapassato  piazza  Sciarra,  si  trovavano  nel  vico 
dei  Tre  Ladroni,  che  mette  con  uno  svolto  di  pochi  passi  nella 
locanda  omonima. 

Entrati  trovarono  la  sala  del  pian  terreno  quasi  tutta 
occupata.  Ma  le  voci  allegre  della  stanza  vicina  servirono 
di  guida  al  Cacault  nello  scegliere  nna  credenzetta,  la  cui 
linea  visuale  corrispondeva  appunto  colla  mensa,  intorno  la 
quale  sedevano  a  simposio  gli  ospiti  e  la  padrona. 

vSedutisi  appena,  i  loro  sguardi  caddero  a  dirittura  sulla 
mensa  oppostn,  e  precisamente  sulle  persone  della  ostessa  e 
della  Camilla. 

A  quella  vista  gli  occhi  del  Cacault  s'  ingrossarono,  si 
fecero  come  imbambolati,  e  quasi  perdevano  il  lume.  Come 
fuori  di  se,  si  porto  la  mano  alia  fronte,  e  diede  a'  suoi  occhi 
una  stropicciata.  E  come  dimentico  dei  circostanti,  andava 
pensando:  che  costei  sia  la  sua  figliuola...? 

—  Eh!  cittadino  Cacault,  dissegli  il  d'Agincourt  facendo 
lo  gnorri  e  calcando  nella  parola  cittadino...  Che  vedete  il 
sole  nella  locanda  dei  Tre  Ladroni...?  Perche  vi  strofinate 
cosi  gli  occhi  ?  Vi  offendono  i  raggi   riverberati  dalla  luna 
nel  pozzo? 

—  Se  non  6  il  sole,  &  la  luna,   o  meglio,  se  il  sole  fosse 
di  sess-o  femminile,  dico  che  qui  nella  locanda  dei  Tre  La- 
droni ce  ne  sono  due :  sole  madre,  e   sole  figlia !    Guardate 
que'  due  tipi!  Guardate  la  testa  di  quella  ragazza,  che  sta 
accanto  a  quella  della  nostra  ostessa !  Giuro  per  tutte  le  mie 
cinquantaquattro  primavere,  che  un  ovale  di  volto  cosl  fini- 
tissimo  come  cotesto,  io  non  F  ho  visto  mai... 

II  d'Agincourt  osservo,  ed  anch'egli  per  un  poco  rimase 


572  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

mutolo.  Nel  tratto  familiare,  nell'abbandono  spensierato  della 
mensa,  le  due  teste  dell'ostessa  e  della  Camilla  apparivano 
splendent!,  ma  serene  come  due  grazie ;  e  la  loro  vicinanza 
ne  faceva  spiccare  un  singolare  contrasto.  Donna  Cecilia 
presentava  un  aspetto  matronale ;  e  1'aria  del  suo  volto,  il 
cui  angolo  faciale  mostrava  un  profilo  dalle  linee  dirette,  spi- 
rava  alcun  che  di  severo.  Ma  le  linee  del  volto  della  Camilla 
contornavano  un  ovale  dalla  curva  cosl  morbida,  che  sem- 
brava  condotta  dalla  mano  di  un  angelo;  le  guance  lucenti 
di  schietto  sangue  giovanile,  1'occhio  soave,  la  fronte  Can- 
dida, rialzata  dalla  cornice  di  una  folta  capillatura  nereg- 
giante,  presentavano  viva  viva  una  di  quelle  figure,  che  il 
d'Agincourt  aveva  osservato  nel  bronzo  di  antiche  medaglie; 
se  non  che  queste  erano  cosa  morta,  mentre  quella  era  11 
viva  e  parlante... 

-  Oh !  esclam6  il  d'Agincourt,  come  riavutosi  dopo  una 
breve  riflessione,  avete  ragione,  cittadino  Cacault.  Ora  ve- 
raniente  vi  compiango... 

—  Come  sarebbe  a  dire? 

—  Vi  veggo  in   una   condizione ,  difficile :  vi  veggo  nella 
condizione  dell'asino  di  Buridano. 

Ad  una  cosi  inaspettata  uscita,  il  Cacault  diede  in  una 
risata  tanto  sonora,  che  desto  perfino  1'attenzione  della  si- 
gnora  Cecilia,  la  quale  gli  stava  di  fronte  sebbene  lontana. 
Egli  aveva  capito  di  volo  il  veleno  deirargomento;  ma  non 
dandosene  per  inteso  soggiunse: 

—  Voi  siete  in  errore.  L'asino  di  Buridano  pativa  in  grado 
uguale  di  fame  e  di  sete.  II  che  non  e  il  mio  caso:    io  pa- 
tisco  di  questa  piu  che  di  quella.  II  perch6,  carissimo  il  mio 
signore  artista,  sollevo  alia  vostra  salute  questo  calice   dei 
€olli  di  Monte verde... 

E  bevendo  a  lente  sorseggiate,  pigliava  tempo  per  dare 
alia  commozione  che  provava  veramente  un  qualche  cor- 
rettivo,  e  cercare  il  pretesto  di  uno  scambio. 

Ma  Tamico,  da  terribile  schermidore,  riprese  subito:  —  Non 
di  fame  o  di  sete  parlo  io.  Sono  queste  cose  material!,  che 
non  devono  occupare .  la  mente  di  un  diplomat ico.  Noi  ora 


XXVI.    SISTO   V  E   LA  LEGGENDA   DEI  TRE   LADRONI        573 

ci  troviamo  nel  campo  artistico.  Di  fronte  ci  stanno  due  tipi, 
1'uno  del  quali  vi  diletta  e  vi  attira  fino  da  questa  mattina, 
e  1'altro  da  poca  ora  vi  attira  e  vi  diletta  per  modo  che  la 
differenza  del  tempo  6  compensata  dair  intensita  della  forza 
attraente.  Nella  scelta  dei  due  voi  vi  trovate  indeciso  ed  im- 
mobile, cosi  come  trovavasi  la  bestia  dell'avvocato  parigino 
tra  una  manata  di  fieno  ed  un  catino  di  acqua !  - 

Se  non  che  Tocchio  della  ostessa  aveva  ravvisato  il  Ca- 
cault,  ossia  il  Monsii  Caco  della  mattina !  Prudente  pero  co- 
rn'era,  non  ne  disse  nulla  alia  compagnia  de7  Trasteverini ; 
ma  di  tanto  in  tanto  gittavagli  certe  guardatacce  cosi  torve, 
che  nel  suo  occhio,  tanto  carezzevole  mentre  guardava  la 
Camilla,  riluceva  alcun  che  come  di  fulvo  quando  fissavalo 
nel  ministro  giacobino.  Questi  ne  provava  certe  trafitture, 
che  gli  davano  sgomento. 

E  lo  sgomento  si  accrebbe,  mentre  si  accorse,  che  accanto 
alle  due  bellissime  teste  di  donna,  tanto  da  lui  vagheggiate, 
risuonavano  le  voci  virili  di  sor  Taddeo,  del  Chiovaccino,  e 
del  caporal  Marinelli,  le  cui  persone  pero  erano  sottratte  alia 
sua  vista  dalla  parete.  Ma  il  metallo  di  quelle  voci  non  gli 
sonava  nuovo,  come  nuovi  non  erano  per  le  sue  orecchie 
certi  vocaboli,  che  udiva  proferire  a  quando  a  quando  e  ac- 
compagnare  da  scherni  e  da  improperii,  uscenti  non  solo 
dalle  lingue  degli  uomini,  ma  da  quelle  due  bocche  eziandio, 
le  cui  labbra  egli  pensava  che  non  dovessero  versare  che 
nettare  per  gli  dei  deirOlimpo. 

-  Vedi,  udiva  dirsi  da  una  voce  vibrata,  rivolta  alia  Ca- 
milla :  Per  Camillone,  un  calcio  dato  a  occhi  chiusi  era  un 
onore  soperchio ;  ma  a  que'  giacobini  francesi,  a  que'  librai 
Bouchard  ci  voleva  altra  cosa. 

—  E  che  gli  hai  dato?  osservava  la  Camilla. 

-  Ho  sbattute  le  loro  teste,  come  tu  fai  le  tue  pantofole 
quando  hanno  la  polvere... 

—  Che,  disse  TAssunta,   portavano   forse  nella  zucca  la 
polvere  di  cipria? 

—  Brutti  giacobini,  osservava  donna  Cecilia,  e  che  ci  la- 
scino  sta  in  pace...! 


574  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

Al  suono  di  quella  antifona  il  volto  del  Cacault  si  oscu- 
rava,  e  dalla  sua  fantasia  cominciavano  a  sfumare  gl'  ideali. 
E  gia  andava  mulinando  intorno  a  trovar  maniera  di  use  ire 
da  quella  locanda  dei  Tre  Ladroni,  nella  quale  non  avrebbe 
dovuto  mai  mettere  il  piede ;  quando  donna  Cecilia,  senza 
che  nessuno  se  ne  accorgesse,  glie  ne  aveva  gia  agevolato 
il  mezzo. 

Con  sembiante  di  dare  un  ordine,  fatto  venire  uno  dei 
domestic!,  essa  gli  aveva  sussurrato  all'orecchio  alcune  pa- 
role con  aria  di  tranquilla  indifferenza,  mentre  il  Marinelli 
raccontava  le  prodezze  degli  eroi  della  giornata,  e  la  Ca- 
milla e  sopratutto  TAssunta  ci  si  divertivano  un  mondo,  ed 
insieme  divertivano  la  brigata. 

-  Peccato !  cittadino  Cacault,  che  que'  due  tipi  delPostessa 
e  di  codesta  Trasteverina  non   abbiano  gusti  giacobini !  — 
Cosi  il  d'Agincourt  si  fece  a  dare  la  corda  airamico  diplo- 
matico. 

—  Che  cosa  volete,  rispose  il  Cacault,  sono  popolane,   e 
quindi  piene  tuttavia  di  fanatismo...  Avete  inteso  che  moccoli 
scagliava  contro  di  noi  la  bocca  bellissima  di  cotesta  Traste- 
verina? E  poi  la  stessa  padrona  mi  lancia  certe  occhiate,  che 
sembrano  di  una  leonessa  ferita... 

—  Oh !  le  brutte  fanatiche :  eppure  sono  figliuole  del  po- 
polo  sovrano !  Ma  a  quel  che  pare,  il  colonnello  Marmont  ha 
incontrato  migliore  accoglienza  e  piii  facile  entratura  nelle 
grandi  famiglie  deiraristocrazia... 

—  E  verissimo !  Accompagnato   dal  maestro  delle  poste, 
che  e  il  conte  Falconieri,  ha  trovato  tali  facilita  in  certe 
signore,  che  ne  egli  ne  io  non  ravremmo  mai  immaginato... 
Ora  lo  trovo  cosi   sfiaccolato  e   smunto,  che   conto   di  farlo 
par  tire  quanto  prima. 

-  Coteste  signore  si,  cittadino  mio,  che  hanno  tutti  i  gusti 
giacobini... 

—  Che  giacobini,  che  giacobini !  rispose  il  Cacault  vera- 
mente  seccato.  Quelle  signore  sono   tante...,  piene  la   testa 
ed  il  cuore  di   Rousseau,  di  Holbach,  di  Voltaire...   che  ne 


XXVI.    SISTO   V  E   LA  LEGGENDA  DEI  TRE   LADRONI        575 

hanno  fatto  altrettanto  corbelle,  degne  di  stare  nell'antica- 
mera  delle  figlie  di  Maria  Teresa,  e  de'  loro  mariti... 

Da  una  tale  tirata  ab  irato,  il  d'Agincourt  alia  sua  volta 
si  seriti  offeso ;  e  stava  forse  per  replicare,  ma  ne  fu  distolto 
ed  impedito  dall'entrata  nella  locanda  di  un  personaggio  che 
attiro  1'attenzione  e  le  voci  di  tutti  gli  avventori. 

—  Sor  Renzo,  sor  Renzo !  gridarono  tutti  a  quella  vista. 
Contateci,  contateci  la  piii  bella  delle  vostre  istorie.  Mettete 
bene  in  corda  il  vostro  istrumento,  e  bene  in  tono  le  corde 
della  vostra  gola,  e  cominciate.  Ecco,  un  buon  bicchiere  di 
Frascati... 

Bevve  sor  Renzo  senza  farsi  pregare ;  alleno  quindi  le 
corde  del  suo  colascione,  pizzicandone  qua  e  cola  varie  note ; 
e  poi  con  una  cantilena,  mezzo  tra  prosa  e  poesia,  si  fece  a 
contare  cantando  la  storia  della  locanda  de  li  Tre  Ladroni. 
-  In  fondo  al  palazzo  del  Quirinale,  cosl  comincio  sor 
Renzo  declamando  in  una  e  strimpellando,  e'er  a  una  ca- 
setta,  dove  tre  ladroni  con  veste  di  locandieri  derubavano 
la  povera  genie.  E  la  gente  ricca  che  portava  dell'oro  but- 
tavano  in  un  trabocchetto,  d'onde  usciva  I'oro,  ma  non 
uscivano  piu  mai  le  persone. 

Papa  Sis  to  lo  seppe,  ed  un  bel  giorno  presentossi  alia 
locanda,  vestito  da  povero  frate  di  S.  Francesco.  Chiestogli 
se  aveva  danari,  mostrb  loro  un  gruzzolo  grande  di  dop- 
pioni  d'oro;  allora  gli  diedero  da  mangiar  bene.  E  Papa 
Sisto  mangiava,  e  mangiando  metteva  molto  tempo ;  intanto 
quelli  avevano  preparato  il  trabocchetto .  Papa  Sisto  si  la- 
scib  condurre;  ma  quando  giunse  vicino  al  punto,  diede 
un  fischio,  e  subito  entrarono  li  birri. 

Papa  Sisto  si  totee  le  vesti  di  frate,  e  da  frate  divenne 
Sovrano.  Fece  arrestare  li  tre  ladroni,  fece  preparare  tre 
forche  nella  piazzetta,  e  tutti  e  tre  li  fece  a  quelle  for  che 
impiccare. 

Questa  e  la  storia  delli  Tre  Ladroni. 

Dio  vi  guardi,  o  Signori,  da  tal  sorte! 

Papa  Sisto  voleaci  tutti  buoni, 

Ma  ai  ladri  Papa  Sisto  dava  morte. 


576  IL   OAPORALE   TRASTEVERINO 

Le  ultime  strimpellate  del  colascione,  che  erano  la  fran- 
gia  della  leggenda,  non  furono  udite,  perch6  coperte  da'  bat- 
timani  e  da  «  viva  sor  Renzo !  viva  Papa  Sis  to !  morte  ai 
ladri!..  » 

Nella  stanza  vicina,  donna  Cecilia  tratteneva  allegra  la 
sua  brigata. 

Ma  per  il  Cacault  quella  leggenda  presentava  una  morale, 
che  non  essendo  poi  di  difficile  intendimento,  pure  riusciva 
al  suo  palato  di  agro  sapor  e.  Egli  aveva  rubato  tan  to  al 
Papa !  almeno  se  non  li  aveva  rubati,  i  trentuno  milioni  egli 
li  riscoteva,  dopo  averli  imposti  a  Tolentino,  e  copertili  della 
sua  firma:  e  quelli  erano  certamente  denari  rubati,  e  rubati 
al  Papa.  Or  Papa  Sisto  i  ladroni  gl'impiccava.  Papa  Sisto  era 
morto,  ma  1'osteria  del  Tre  Ladroni  viveva  ancora,  ed  egli 
ci  stava  proprio  dentro... 

In  quella  uscirono  dalla  stanza  vicina  sor  Taddeo  e  sor 
Pepe  il  Chiovaccino,  per  portare  un  colmo  bicchiere  ed  of- 
frire  alcuni  baiocchi  a  sor  Renzo  il  suonatore.  II  Cacault  li 
osserva,  e  li  riconosce  entrambi,  avendoli  visti  poco  prima  a 
Ponte  S.  Angelo  a  capo  della  doppia  oste  trasteverina... 

-  Sono  dessi,  sono  dessi,  gli  fece  osservare  il  d'Agincourt, 
Eh !  cittadino  Cacault,  che  cosa  vi  consiglia  la  vostra  diplo- 
mazia? 

-  Mi  consiglia,  rispose  il   Cacault,  di  mandare  al   dia- 
volo  tutti  i  tipi  di  queste  belle  figlie  del  popolo  romano... 

-  Voi,  soggiunse  il  d'Agincourt,  fate  cosi  un  capo  d'arte 
diplomatica,  che  vince  in  bellezza  morale  la  estetica  bellezza 
dei  tipi  di  queste  due  piii  belle  teste  di  donna,  che  gli  occhi 
miei  abbiano  mai  contemplato.  - 

In  quella  i  due  trasteverini  rientravano  nella  stanza  at* 
tigua;  ed  il  Chiovaccino  in  passando  gitto  sul  Cacault  un'  oc- 
chiata,  come  di  chi  abbia  scorto  uno  scorpione. 

—  Forse  non  ragionate  male,  rispose  il  ministro  della  re- 
pubblica  giacobina.  Veggo  sempre  piu,  che  Roma  non  6  per 
anco  matura  alia  liberta. 

—  Caro  cittadino,  riprese  il  d'Agincourt,  sara  vero  quanta 


XXVI.    SISTO   V  E   LA   LEGGENDA   DEI   TRE   LADRONI        577 

voi  dite ;  piu  vero  pero  mi  sembra,  che  le  nostre  teste  sono 
sempre  mature  per  un  qualche  taglio :  non  siamo  noi  nella 
locanda  del  Tre  Ladroni?  Vedete,  dal  Quirinale  a  qui  e  da 
qui  al  Quirinale  non  c'e  che  un  passo ! 

II  Cacault  era  veramente  uomo  spregiudicato  e  senza 
paura;  e  d'altra  parte,  nelle  sue  missioni  diplomatiche,  egli  non 
aveva  mai  svestito  quel  fondo  di  onesta  e  di  gentilezza,  che 
si  trova  nell'indole  della  nazione  francese  dal  giacobinismo 
trasnaturata.  Con  ci6  egli  era  prudente  assai;  e  quindi  in 
Napoli  prima,  nelle  sue  relazioni  con  la  corte  di  Carolina,  e 
poscia  in  Roma  egli  aveva  evita'to  tutte  le  bestialita  di  quelli 
sciocchi  uomini,  che  furono  Flotte  e  Basseville.  Ma  in  questo 
suo  tenore  di  condotta  influiva  poi  una  qualita  speciale  della 
sua  indole:  ed  era  una  certa  dose  di  buona  fede,  che  gli 
faceva  dar  credenza  eziandio  alle  bubole  piu  grosse! 

Quindi  egli  gia  s'immaginava,  che  il  Chiovaccino  o 
Tostessa  avessero  gia  inviato  al  Quirinale  per  soccorso  di 
birri,  a  fine  di  prevenire  qualche  sconcerto,  che  la  presenza 
di  un  giacobino  nella  locanda  dei  Tre  Ladroni  avrebbe  potuto 
suscitare, 

Laonde,  afferrata  Tidea  del  d'Agincourt :  —  Andiamocene, 
disse;  lasciamo  in  buon'ora  e  in  punto  buono  questa  locanda 
dei  Tre  Ladroni.  Non  vorrei  veder  qui  accorrere  la  sbirra- 
glia,  e  destarvi  qualche  sussurro  per  conto  mio:  ne  sarei 
spiacentissimo.  Del  rimanente  devo  una  visita  al  nuovo  mi- 
nistro  di  Stato,  al  cardinale  Giuseppe  Doria,  che  e  uomo 
veramente  da  bene,  che  conosce  il  paese  di  Francia... 

—  II  paese  di  Francia  di  dieci  anni  fa,  osservo  il  d'Agin- 
court. Eheu!  quantum   mutatus  ab  illo!  Della   Francia  di 
ora,  credo  che  egli  abbia  ben  poca  conoscenza... 

-  Se  non  la  conosce,  la  conoscera. 

—  La  conoscera  a   sue  spese,  e  forse  a  spese  di   questa 
citta. 

—  Andiamo  al  Quirinale... 

—  Dalla  locanda  e  per  la  via  dei    Tre  Ladroni ! 


Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1265.          37          27  febbraio  1903. 


RIVISTA  DELIA  STAMPA 


IL    vEGGHio    TESTAMENTO 

E    LA    GRITICA   ODIERNA. 

Nel  libro  cosl  intitolato  il  Eev.  e  ch.  Dr.  Scerbo l  non  intende  esporre 
tutto  il  concetto  ed  i  metodi  delPodierna  critica  relativa  all'antico 
Testamento,  ne  soprattutto  trattenersi  a  lungo  intorno  ai  metodi  e 
agli  assiomi  dei  razionalisti ;  neppure  tratta  della  composizione  del 
Pentateuco  o  del  Deuteroisaia.  Pochi  nomi  d'autori  ricorrono  : 
Duhm,  Cheyne,  Keuss,  Gunkel,  raassime  poi  la  Bibbia  policroma 
delPHaupt.  Ne  vorrei  fare  un  appunto  allo  Scerbo,  ch'egli  nella 
sua  polemica  non  rechi  in  niezzo  maggior  numero  d'avversarii  : 
prima,  perche  bisogna  pure  lasciar  libero  ciascuno  di  scrivere  un 
volume  o  un  libretto:  poi  perche  cm*  volesse  in  cio  ravvisare  an 
difetto  o  meglio  un'imperfezione  leggera,  dovrebbe  badare  se  la  colpa 
sia  dell'autore  o  non  piuttosto  della  biblioteca.  Forseche  le  biblio- 
teche fiorentine  sono  provvedute  di  quell'  infinita  serie  di  libri  e 
libretti  che  intorno  alia  questione  biblica  recentemente  furono  pub- 
blicati  in  Francia,  in  Germania,  in  Inghilterra  e  altrove?  Con  qual 
diritto  si  potrebbe  pretendere  che  tutte  le  principal!  biblioteche 
d'  Italia  ne  fossero  fornite  ? 

Ben  e  vero  che  Firenze  fiori  gia  .per  varii  secoli  in  ogni  ma- 
niera  d'arte  e  d'erudizione.  EpperO  si  pud  aspettare  che  essa  vo- 
glia  restare  pari  alia  fama  antica  e  aggiungere  nuove  ricchezze 
alle  sue  biblioteche,  tanto  piu  oggi  che  ripigliano  vigore  gli  studii  bi- 
biici  e  che  il  S.  Padre  dispose  che  nella  stessa  biblioteca  vaticana 
si  mettesse  insieme  una  copiosa  sezione  di  opere  di  tal  fatta.  Ma 
veniamo  al  nostro  autore. 

II  presente  volume  e  nato  dalle  lezioni  fatte  dal  ch.  professore 
all'Istituto  Superiore  di  Firenze ;  e  alcuni  savii  avvertimenti,  dati 
gia  a'  suoi  uditori,  ora  in  forma  alquanto  ampliata  comunica  a  piu 

1  FRANCESCO  SOBRBO.  II  vecchio  Testamento  e  la  critica  odierna.  — 
Firenze,  tip.  di  E.  Ariani,  1902,  8°,  IV-115  p.  L.  2. 


1L  VECCHIO   TESTAMENTO  E  LA   CRITIC  A   ODIERNA         579 

larga  schiera  di  lettori.  Opera  che  torna  opportuna  assai  in  questi 
giorni  che  il  S.  Padre  Leone  XIII,  colle  lettere  apostoliche  del 
30  ottobre  1902,  anima  a  tali  studii :  «  Artis  criticae  discipli- 
nam,  quippe  percipiendae  penitus  hagiographorum  sententiae  peru- 
tilem,  Nobis  vehementer  probantibus  nostri  excolant.  »  Donde  ap- 
pare  come  negl'.istituti  universitari  e  accademici  importi  anzitutto 
istruire  i  giovani  sui  principii  della  sana  critica,  e  poi  per  mo- 
tivo  della  generosita  e  delFardore  proprii  dell'eta,  debbano  seria- 
mente  essere  messi  sull'avviso  che  non  si  lascino  trasportare  ad 
un  metodo  sfrenato  nell'adoperare  la  critica.  Questi  sono  gli  am- 
monimenti  conteauti  nel  libro. 

In  primo  luogo  tutti  saranno  d'accordo  coll'autore  nel  racco- 
mandare  la  modestia  nelle  discussioni  critiche,  guard andosi  (lall'usare 
un  « tono  imperioso,  dommatico,  reciso,  burbanzoso  » .  II  che  e  tanto 
piu  conveniente  quando  alcuno  avesse  a  proporre  qualche  correzione 
di  un  testo,  indottovi  non  dal  confronto  colle  versioni,  ma  da  pure 
ragioni  intrinseche,  v.  g.  da  qualche  difficolta  grammaticale,  da 
idiotismi  di  stile,  dall'iato  e  simili.  Non  e  soverchio  domandare 
che  tali  opinion!  non  si  propongano  con  aeseveranza  sproporzio- 
nata  al  valore  degli  argomenti,  ma  si  contentrno  di  quella  proba- 
bilita  che  consentono  le  ragioni  addotte.  Ed  e  bene  che  i  giovani 
specialmente  stiano  in  guardia,  inclinati  come  sono  a  dar  troppo 
peso  alle  proprie  opinioni,  e  un'  idea  lurninosa  che  loro  spunti  in 
capo  trasformarla  in  dogma. 

Questa  precipitazione  e  quivi  descritta  dallo  Scerbo,  quando  me- 
ritamente  biasima  il  procedimento  di  coloro,  i  quali,  o  si  tratti 
delPautore  o  della  composizione  d'un  libro,  ovvero  di  emendare  un 
testo,  sempre  ricorrono  a  quel  solo  criterio  «  il  quale  consiste  nel 
yario  modo  d' inter pretare,  gustare,  integrare  il  senso  del  testo.  II 
critico  dice  :  questo  luogo  e  una  ripetizione,  una  incongmenza  di 
idee,  una  contradizione,  un  modo  di  dire  diverse  dallo  stile  abi- 
tuale  dello  scrittore ;  dunque  e  un'  aggiunta  posteriore,  una  nota 
marginale  passata  nel  testo,  una  dittografia,  e  via  dicendo ;  ovvero 
addirittura  corregge  o  leva  del  tutto  ci6  ch'  egli  stima  ascitizio, 
errato  e  non  bello  »  (pag.  6). 

In  questo  doppio  genere  di  critica,  di  cui  qui  si  ragiona,  cioe 
nella  critica  cosiddetta  testuale  e  in  quella  storica  chiamata  pure 
alia  critica  *,  stante  la  loro  grande  diversita,  e  chiaro  che  non  puo 
bastare  un  solo  e  medesimo  criterio. 

1  V.  1'art.  Bibbia  ed  *  Alia  Critica  »  nel  nostro  precedente  quademo 
21  febbraio  1903. 


580  1L  VECCHIO   TESTAMENTO 

La  critica  testuale,  come  quella  che  consiste  nella  pura  e  sem- 
plice  comparazione  delle  lezioni,  non  si  deve  dar  pensiero  ft  inter - 
pretare  o  di  gustare;  anzi  dev'essere  tanto  lontana  dal  seguire  per 
norma  il  gusto,  che  ha,  tra  gli  altri  suoi  canoni  prestabiliti,  questo 
pure :  doversi  talvolta  preferire  la  lezione  piu  difficile  alia  piu  fa- 
cile. Puo  avvenire  che,  fatto  ogni  diligente  confronto,  rimanga  tut- 
tavia  incerto  quale  di  due  o  piu  lezioni  sia  da  seguire.  In  tal  caso 
usarono  sempre,  e  a  ragione,  gl'interpreti  cattolici  ricorrere  a  ra- 
gioni  interne,  tratte  dairargomento,  dallo  stile  dell'autore,  ecc. 

Yalga  per  esempio  quello  che  essi  discorrono  riguardo  al  passo 
famoso  della  1  Cor.  15,51:  «  ornnes  quidem  resurgemus,  sed  non 
omnes  immutabimur.  » 

Altrettanto  fanno  allorche  dai  codici,  che  si  conservano,  s'e  con- 
dotti  ad  una  lezione  certamente  falsa,  dove  non  e  senso,  la  quale 
percid,  non  ostante  sia  piu  antica  delle  lezioni  correnti,  non  puo 
essere  la  buona  e  primitiva.  Se  dunque  in  simili  contingenze  Tin- 
terprete  suggerisca  qualche  emendazione,  con  modestia,  senza  ar- 
rogarsi  di  dare  F  incerto  per  cosa  certa,  nessuno  lo  taccera  di  pre- 
sunzione  e  d'inconsulto  amore  di  novita;  purche,  ben  inteso,  egli 
s'attenga  veramente  aH'argomento  dell'autore  sacro,  allo  stile  di  lui, 
all'analogia  degli  altri  testi  e  ad  altre  probabili  ragioni,  non  gia  a 
sue  proprie  idee  preconcette.  Cotali  precpncetti  sono  quelli  che  fe- 
cero  talora  traviare  certi  interpret!,  che  davvero  non  meritarono 
lode  di  buoni  critici,  e  che  p.  e.  volevano  scorgere  nelle  epistole 
di  S.  Paolo  un  suo  modo  proprio  di  vedere,  una  impugnazione  di 
avversari  e  di  non  so  quali  opinioni,  di  cui  non  si  scorge  traccia 
nel  testo.  Del  resto  sempre  rimane  che  chiunque  abbia  da  pro- 
porre  alcuna  correzione  di  un  testo,  certamente  p  probabilmente  di- 
fettoso,  non  desumendola  dai  codici,  la  proponga  con  discrezione  e 
non  in  «  tono  imperioso,  dommatico,  burbanzoso  » . 

E  giacche  siamo  a  ragionare  di  critica  testuale,  non  vorremmo 
che  i  lettori  dello  Scerbo  dovessero  restare  con  qualche  oscurita  in- 
torno  1'uso  delle  antiche  versioni  a  chiarire  il  senso  del  testo.  Egli 
parla  qui  solamente  della  versione  greca,  eppero  a  questa  sola  noi 
pure  ci  restringeremo,  lasciando  per  brevita  quello,  che  potrebbero 
fornire  di  schiarimento  al  testo  masoretico  il  testo  samaritano  e  le 
altre  purtroppo  pochissime  fonti  ebraiche. 

«  Oggi,  forse  piu  che  in  passato,  si  tiene  gran  conto  delle  an- 
tiche versioni;  e  ciO  senza  dubbio  e  cosa  utile  e  ragionevole.  Ma 
possiamo  noi  prenderle  a  guida  sicura  per  correggere  la  lezione 
tradizionale  presente,  cioe  la  lezione  ebrea  masoretica?  »  (p.  99). 


E  LA  CR1TICA  ODIERNA  581 

Che  un  autore,  il  quale  consuma  i  giorni  e  le  notti  anzi  la 
vita  intera  interne  al  testo  ebraico,  e  si  adopera  in  ogni  modo  di 
istillarne  1'amore  a'  giovani  stndenti,  resti  egli  stesso  preso  di  sin- 
golare  affetto  per  1'oggetto  delle  sue  veglie,  non  pud  tornare  che 
a  sua  lode  singolare.  Gotesto  anzi  e  come  un  carisma,  un  premio 
onde  Iddio  rimerita  le  lunghe  e  spesso  ingrate  fatiche.  Nondimeno 
noi  siamo  certi  che  il  nostro  valente  professore  ci  concedera  di 
buon  grade  che  seguitiamo  a  dare  la  sua  parte  d'onore  anche  alle 
antiche  version!,  quarum  laus  est  in  ecclesia. 

Orbene  si  sa  che  di  nessun  libro  sacro  e  pervenuto  a  noi  il 
testo  ebreo  perfettamente  intatto:  che  perd  a  ricostituirlo,  per  quanto 
e  possibile,  devono  concorrere  non  il  masoretico  ebreo  soltanto,  ma 
-con  esso  altresi  le  versioni.  Non  osiamo  sperare  che  tal  lavorlo, 
intorno  ad  un  testo  di  qualche  notevole  lunghezza,  possa  giungere 
mai  a  ridarci  il  testo  rifatto  appuntino :  ad  ogni  modo  conviene  che 
ci  si  adoprino  assiduarnente  gl' interpret!  cattolici,  ne  lascino  la  fa- 
tica  ai  soli  protestanti. 

Quivi  il  critico,  come  1'etimologia  stessa  1'esprime,  fa  le  parti 
di  giudice,  ed  esamina  i  testimoni.  Primo  di  essi  e  il  testo  ebreo 
masoretico:  ma  tutti  sanno  come  esso  in  non  pochi  passi  e  alte- 
rato.  Un  altio  testimonio  sarebbe  quell'ebraico,  che  dai  LXX  fu 
voltato  in  greco,  e  quale  fosse  in  origine  si  puo  arguire,  ora  con 
certezza  ora  con  verosimiglianza,  dalla  loro  traduzione:  lavoro  no- 
tevolmente  agevolato  dalle  Concordanze  greche  pubblicate  da  E. 
Hatch  e  H.  A.  Redpath  (Oxford  1892-1902),  le  quali  a  ciascuna 
voce  della  versione  greca  fanno  seguire  la  voce  ebraica  che  ha  il 
testo  ebreo ;  di  guisa  che  nella  maggior  parte  dei  casi  e  facile  di- 
scernere  se  il  traduttore  abbia  letta  la  stessa  parola  che  lo  scrit- 
tore  del  testo  ebreo,  ovvero  un'altra  somigliante  di  forma,  diffe- 
rente  di  significato. 

Sentiti  questi  due  testimonii,  passiamo  alle  rimanenti  traduzioni. 

Premettiamo  che.  tra  quei  due  testi,  il  masoretico  non  sempre 
la  vince  d'autorita.  Poiche  tutti  i  manoscritti  ebraici  derivano  da 
un  solo  apografo,  posteriore  all'era  volgare,  mentre  che  la  versione 
greca  e  anteriore  a  Cristo.  Sicche  a  lei  compete  il  vanto  d'essere 
il  testimonio  piu  antico,  e  per6  ha  in  suo  favore  1'assioma  di 
S.  Agostino  (De  doctr.  christ.  II,  14;  M.  34,  36),  che,  ceteris  pa- 
ribus,  i  codici  piu  antichi  meritano  la  preferenza  sui  piu  recenti. 

Diciamo  ceteris  paribus,  perche  non  sempre  basta  la  maggiore 
antichita  a  far  prevalere  un  testimonio  sopra  un  altro.  La  versione 
greca  non  e  opera  ne  di  un  sol  uomo  ne  di  un  solo  tempo,  n& 


582  IL  VECCHIO  TESTAMENTO 

tutti  i  libri  rispondono  ad  un  testo  ebreo  di  egual  valore.  Quindi 
difPeriscono  di  valore  i  diversi  libri  della  traduzione  greca,  e  simil- 
mente  differiscono  i  diversi  libri  del  testo  che  servi  alia  traduzione : 
ne  sol  tan  to  corrono  differenze  di  valore  tra  libro  e  libro,  ma  spesso 
anche  fra  le  parti  d'uno  stesso  libro. 

Talora  il  testo  seguito  dai  LXX,  considerate  il  libro  in  gene- 
rale,  e  migliore  del  masoretico ;  per  contro  men  buono  in  qualche 
pericope,  in  qualche  versetto,  o  stico,  o  vocabolo  particolare. 

Laonde  il  critico  a  guisa  di  giudice  paziente  non  deve  dire : 
Abbiamo  sentito  un  testimonio:  basta.  Ne:  Abbiamo  inteso  il  piu 
anziano:  non  occorre  sentire  i  giovani.  E  ne  anco:  «  Chi  ci  assi- 
cura  che  la  lezione  che  ebbero  sott'occhio  gl'interpreti  alessandrini 
sia  la  vera  e  la  migliore  ?  »  Ma  prima  ascolti  con  eguale  pazienza 
tutti  e  singoli  i  testimonii ;  poi  definira  quali  testimonianze  meri- 
tino  la  preferenza. 

Yenendo  alia  seconda  maniera  di  critica,  cioe  la  storica,  il  ch. 
autore  a  ragione  non  condanna  i  principii,  ma  gli  abusi.  Per  es. 
egli  (p.  12  ss.)  e  persuaso  che  il  testo  del  Genesi  dall'autore  o 
redattore  ispirato  fu  composto  in  base  a  due  document!,  e  che  di 
tal  fatto  e  un  indizio  la  differenza  dei  nomi  divini  Elohim  e  lahve. 
In  particolare,  col  confronto  della  versione  greca,  dimostra  che  furono 
intrecciate  due  narrazioni  dello  stesso  fatto  Gen.  43,  1-7  (Vulg.  47). 
Ammette  (p.  62  ss.)  che  talvolta  delle  note  marginal!  siano  pene- 
trate nel  testo.  Ma  al  tempo  stesso,  con  numerosi  esempi  tratti  da 
lavori  di  razionalisti  sul  G-enesi  e  su  Isaia,  dimostra  che  troppo 
facilmente  si  moltiplieano  le  fonti,  e  senza  ragione  s'inverte  I' or- 
dine  ricevuto  delle  sentence. 

Un  aitro  criterio,  del  quale  si  puo  abusare  nel  correggere  con 
soverchia  liberta  i  testi  sacri,  e  quello  del  metro,  che  alcuni  au- 
tori,  per  lo  piu  cattolici,  credono  d'avere  scoperto  negli  scritti  poe- 
tici  dei  libri  sacri.  «  La  prerogativa  forse  unica  tra  tutte  le  altre 
letterature  conosciute,  la  quale  distingue  in  modo  si  speciale  la 
poesia  biblica,  consiste  nelPandar  questa  libera  da  tutte  quelle 
leggi  material!,  spesso  cosi  impaccianti,  che  si  comprendono  sotto 
il  nome  di  prosodia  o  metrica  »  (p.  68  ss.).  Ora  e  da  ricordare 
che  la  poesia  ebraica  si  fonda  sul  verso,  composto  di  due,  talvolta 
pure  di  tre  membri:  donde  nasce  un  parallelisms  d'idee  e  di 
lingusggio,  che  conferisce  alia  poesia  un  ritmo  anche  senza  metro. 

La  rima  quivi  e  sconosciuta,  ne  possono  costituire  la  rima  le 
desinenze  del  plurale  in  -im,  -oth,  che  si  leggono  in  6ne  a  certi 
versi  o  stick  i,  e  che  non  hanno  ragione  di  rima  piu  che  le  desi- 


E   LA   CRITICA   ODIERNA  583 

nenze  delle  voci  italiane  «  prelat^,  camerieo  » ;  o  delle  latine  «  du- 
•ces,  milites,  clones  » . 

Contuttocift  non  sarebbe  stato  male  che  il  dotto  Autore  avesse 
toccata  la  questione  della  struttura  stroftca  di  non  pochi  carmi 
-ebraici:  essendo  che  la  strofa  si  pud  benissimo  ritrovare  nella  poesia 
Titmica  e  senza  metro.  Abbiamo  di  fatto  nel  salterio  non  soltanto 
dei  ritornelli,  che  so  no  essi  stessi  come  vestigie  di  strofe,  ma  per 
ben  settanta  volte  al  fine  d'una  sentenza  s'incontra  la  voce  ebraica 
sela'  ovvero  1'equivalente  greca  diapsalma.  E  siccome  il  dialogo, 
dice  J.  K.  Zenner  *,  e  un  discorso  alternate  fra  due  persone,  cosl 
il  diapsalma  e  un  salmo  alternate.  Quella  voce  indica  il  termine 
d'una  strofa,  dove  entra  1'altro  cantore  o  1'altro  coro.  Cosi  il  salmo 
45  (46)  per  una  triplice  sela'  inserita  dopo  i  vers.  4,  7,  12  viene 
distinto  in  tre  strofe. 

Della  voce  sela'  (diapsalma)  adunque  importa  che  1'interprete 
dia  ragione,  come  di  qualunque  altra  voce  del  testo,  nelle  sue  ri- 
cerche  sulla  struttura  dei  carmi  degli  ebrei :  ne  con  cic-  egli  ha  da 
temere  di  perdersi  in  vane  congetture,  porgendo  la  detta  voce  fon- 
damento  a  solida  disputazione.  Che  se  per  quei  settanta  esempii 
poc'anzi  rammentati  e  per  qualche  altra  ragione  egli  fosse  condotto 
maturamente  a  concepire  ed  a  formulare  un  sistema  relative  alia 
strofa  presso  gli  Ebrei;  e  per  questo  sistema  ben  ponderate  entrasse 
in  sospetto  che  si  dovesse  trasporre  qualche  stico,  o  introdurre 
qualche  altra  leggera  mutazione  nel  testo,  niente  impedisce  ch'egli 
lo  faccia,  sempre  con  moderazione  e  senza  dare  alia  sua  congettura 
una  probability  maggiore  del  merito.  E  con  tanto  maggior  fidanza 
lo  potra  fare  quand'egli  abbia  per  se  la  garanzia  di  qualche  buona 
lezione  del  testo  primitive  o  di  qualche  versione.  Ma  conveniamo 
anche  noi  pienamente  che  siano  da  respingere  le  emendazioni  fon- 
date  unicamente  sulla  ragione  del  metro. 

Quanto  poi  alle  congetture,  in  questo  genere  di  studii  e  bensi 
da  evitare  la  temerita,  ma  dare  loro  il  bando  del  tutto  sarebbe  forse 
troppo  rigore.  Una  congettura  piu  debole  provochera  contraddizione  o 
controversia,  e  intanto  aprira  la  via  ad  un'altra  piu  solida  o  anche  alia 
vera  e  certa  spiegazione.  CoU'essere  scienza,  la  critica  non  si  priva 
dei  caratteri  e  de'  sussidii  dell'arte.  Yedi  per  esempio  un  musico 
che  ritiene  qualche  oscura  rimembranza  d'una  melodia,  e  vorrebbe 
ricomporla.  Tenta  prima  il  tono  maggiore,  poi  il  minore,  prima  un 
accordo,  poi  un  altro:  tenta  e  ritenta,  finalmente  la  melodia  riscappa 

1  Die  Chorgesange  im  Buck  der  Psalmen,  Freiburg  i.  B.  1896,  p.  19. 


584  IL   VECCHIO   TESTAMENTO 

fuori.  Un  po'  di  pazienza  adunque  anche  coi  modesti  tentativi  della^ 
critica;  chissa  che  ne  siamo  poi  soavemente  ripagati. 

Concludendo  il  suo  lavoro,  lo  Scerbo  ricerca  quale  progresso  in- 
somnia abbia  fatto  in  questi  nostri  tempi  la  critica  biblica. 

Qui  si  distinguono  due  metodi :  Vapologetico  che  partendo  da  una 
tesi  cerca  di  conciliare  con  essa  tutti  i  fatti;  e  il  metodo  storico 

0  critico  che  movendo  dai  fatti,  cerca  una   tesi   che   sodisfaccia  a 
tutti  i  medesimi.  Fondamento  del  metodo  apologetico  e  la  saldezza 
della  tesi ;  del  critico,  la  certezza  dei  fatti.  «  Donde  nasce  spontanea 
la  domanda :  quali  sono  i  docunienti  nuovi,  i  quali  risolvano  in  modo 
definitive  le  mille  controversie  e  i  mille  dubbii  cui  danno  luogo  gli 
studii  della  Bibbia  e  principalmente  del  Y.  T.?  I  fatti   veramente 
nuovi,  diretti,  irrefragabili  sono  pressoche  nulli  »  (p.  95). 

In  siffatta  questione  all'egregio  Autore  non  dispiaccia  che  noi  ap- 
portiamo  qualche  maggior  fiducia. 

Potremmo  allegare  bensi  che  s'hanno  nuovi  testi  (l'Ecclesiastieo)T 
nuove  lezioni.  Ma  il  progresso  della  critica  non  consiste  tanto  in 
cose  nuove,  quanto  nella  cognizione  piu  intima  di  tutte,  delle  nuove 
e  dell'antiche.  Avviene  il  somigliante  anche  nell'altre  scienze.  Quanta 
sono  progredite  p.  e.  la  botanica  e  la  zoologia  negli  ultimi  secolil 
Non  saprei  se  in  Italia  siano  state  scoperte  molte  specie  nuove  di 
piante  o  di  animali,  almeno  delle  classi  superiori :  certo  e  perd  che 
la  maggior  parte  deH'immenso  progresso  consiste  nella  comparazione 
delle  specie,  nello  studio  intiino  della  morfologia,  della  fisiologiar 
neU'esame  degl'  istinti  e  dei  costumi  degli  uccelli,  degFinsetti,  delle 
formiche  ecc.  Altrettanto  vediamo  nella  critica  biblica.  Abbiamo 

1  testi  pubblicati  colla  piu  squisita  accuratezza,  traduzioni  raccolte 
d'ogni  parte  e  tra  loro  confrontate,  citazioni  dei  Padri  esaminate  e 
discusse;  di  ciascun  Jibro  anzi  di  ciascuna  pericope  enumerati  gl'idio- 
tismi,  investigati  i  piu  rimoti  ripostigli  della  grammatica,  notate  le 
asprezze,   gl'iati,  le  ripetizioni  nel  testo;  uaa  dovizia  di  lessici,  di 
concordanze,  di  sussidii  d'ogni  fatta.  Tale  studio  e  tale  discussione 
del  testo  non  la  fecero  ne  potevano  farla  i  Padri,  i  piu   de'  quali 
anzi  ne  anco  ebbero  in  mano  il  testo  primigenio  dell'antico  Testa- 
mento;  ne  pure  la  potevano  fare  i  primi  esegeti  cattolici  che  fiori- 
rono  ne'  primi  tempi  dopo  la  Eiforma,  la  maggior  parte  de'  quali 
si  pud  dire  con  verita  che  illustrarono  i  libri  sacri  di  annotazioni 
anziche  di  commentarii  seguiti,  ma  degli  apici  critici  nessuno  ebbe 
conoscenza.  Ora  invece  tutte   queste  cose  sono  piu  accuratamente 
conosciute  e  ponderate,  sia  per  cavarne  piu  intero  il  senso  letterale, 
sia  per  meglio  penetrare  la  stessa  storia  del  testo.  Sicche  in  fonda 


E   LA   CRITICA   ODIERNA  585 

<e  di  molto  progredita  la  cognizione  del  fatti  e  con  questa  la  cri- 
tica  stessa. 

Come  nelle  altre  science  positive,  anche  nella  scienza  biblica 
una  piii  esatta  osservazione  del  fatti  ha  condotto  ad  una  piu 
esatta  cognizione  dell'argomento.  Quei  fatti  s'aggirano  intorno  alia 
forma  esterna  de'  libri  sacri,  noa  escono  dal  campo  critico  e  sto- 
rico,  non  entrano  in  questioni  di  fede  e  di  costumi :  ma  forse  che 
per  via  della  forma  esteriore  non  si  manifesto  il  senso  interne  e 
il  carattere  proprio  delle  cose  ?  Sicche  il  metodo  critico  non  puo 
altro  che  promuovere  1'  intelligenza  de'  libri  sacri.  Che  se  finora 
in  questo  genere -faticarono  soprattutto  scrittori  non  cattolici,  molto 
piu  copiosi  saranno  i  frutti  e  piu  sani  quando  si  vedranno  coni- 
piati  i  voti  del  S.  P.,  che  desidera  vedere  cattolici  darsi  a  quest! 
studii  con  tutte  le  forze. 

Prima  mira  nelle  ricerche  critiche  ha  da  essere  questa:  par- 
tire  da  fatti  certi.  Fatica  improba,  e  vero,  continua  e  sparsa  in 
questioncelle  senza  numero  :  nella  quale  pu6  avvenire,  che  anche 
il  piu  anziano  e  piu  versato  nella  critica  biblica  prenda  qualche 
abbaglio.  Quando  p.  e.  lo  Scerbo,  dopo  avere  stabilite  sulla  ver- 
sione  greca  dell'  A.  T.  le  cose  dianzi  riferite,  a  p.  101  afferma 
<?ome  un  fatto  certo,  tanto  che  il  contrario  sia  « impossible  »,  che  il 
testo  sacro  fosse  custodito  presso  i  Giudei,  anche  avanti  ai  Maso- 
reti,  colla  stessa  gelosissima  cura  che  dappoi  il  testo  masoretico, 
si  puo  domandare  :  e  ci6  veramente  certo  ?  Si  ha  per  es.  Ps.  13 
e  52  (secondo  1'ebr.  14-53)  uno  stesso  salmo  inserito  due  volte 
nel  salterio,  con  lezione  non  del  tutto  eguale.  Questa  lezione  adun- 
<}ue  avanti  i  Masoreti,  che  numeravano  insino  ai  puntini  e  alle  let- 
lere,  dovette  sostenere  tante  mutazioni,  quante  dopo  di  loro  noa 
sarebbero  piu  state  tollerate  ne'  testi  sacri. 

Ci  auguriamo  che  1'egregio  professore  continui,  nell'autorevole  po- 
sizione  ch'egli  ha,  a  promuovere  un  sano  indirizzo  critico  negli 
studii  biblici;  ove  senza  soffocare  la  naturale  alacrita  giovanile, 
1'esperto  maestro  pud  aggiungere  opportunamente  il  grano  di  sale 
fornito  dalla  prudenza  e  dalla  maturita  scientifica. 


586  NUOVI  LAVORI  BIBLIOGRAFICI 

II. 
NUOVI    LAVORI    BIBLIOGHRAPIGI   BELLA   BlBLIOTBGA  VATIGANA. 

II  9  di  luglio  1902  segno  una  data  di  lietissima  ricordanza  nella> 
storia  secolare  della  Biblioteca  Yaticana.  In  questo  giorno  tre  chiarr 
snoi  scrittori  MODS.  Cosimo  Stornajolo,  il  rev.  dott.  Marco  Vattasso 
e  il  dott.  Pio  Franchi  de'  Cavalieri  ebbero  1'onore  di  essere  ammessi 
in  privata  udienza  dal  Pontefice  Leone  XIII  per  offerirgli  quei 
frutto  prelibato  delle  loro  fatiche  che  sono  i  due  nuovi  grossi  vo- 
lumi  di  catalogi  dei  manoscritti  urbinati  e  vaticani  latini  1.  Ascolto 
il  S.  Padre  con  segni  di  vivo  gradimento  Pesposizione  che  del 
metodo  seguito  nell'opera  fece  in  nome  degli  altri  il  rev.  profes- 
sore  Vattasso;  poi,  compiaciutosi  di  portare  la  mano  e  1'occhio 
su  quelle  carte  cbe,  anche  solo  esternarnente  vedute,  lasciano  ar- 
guire  la  vasta  dottrina  di  clii  Je  ebbe  a  vergare,  disse  all'Eminen- 
tissimo  Segretario  di  Stato  li  presente :  «  Non  tutti  saremmo  ca- 
paci  di  fare  questi  lavori,  per  i  quali  par  si  richiegga  una  vocazione 
speciale.  »  Se  il  nobilissimo  e  verissirno  detto  dello  splendido  Me- 
cenate  della  Biblioteca  e  degli  Archivii  vaticani  fu  encoraio  ben 
meritato  agli  scrittori,  e  per  noi  gradito  e  calzante  invito  a  con- 
correre,  affinche  nn'opera  di  tanto  emolumento  per  gli  studii  del- 
Tantichita  sia  meglio  conosciuta  e  pregiata  dal  pubblico.  E  cio  tanto 
piu  cbe  con  vero  piacere  si  osserva  come  i  dotti  genuini  e  gli 
eruditi,  senza  piccine  distinzioni  di  parte,  che  purtroppo  annidano 
in  certe  alte  sfere,  dove  meno  dovrebbero,  si  uniscono  in  coro 
unanime  per  celebrare  questi  lavori  usciti  dai  Vaticano  sotto  gli 
auspicii  del  venerando  Pontefice;  e  con  esempio  di  lodevole  lealta 
li  propongono  altresi  al  Governo  italiano,  senza  tuttavia  concepire 
soverchia  fidanza  rispetto  aU'efficacia  del  saggio  monito  2. 

1  CODICES  VATICANI  LATINI  recemuerunt  Marcus  Vattasso  et  Pitts 
Franchi  de'  Cavalieri  bibliothecae  apostolicae  vaticanae  scriptores.  Tomus  I, 
Codices  1-678.  Eomae,   Typis  vaticanis  MDCCCCII  in  4°,  pp.  XV-586. 

CODICES  URBINATES  LATINI,  recensuit  Cosimus  Stornajolo  bibliothecae 
vaticanae  scriptor.  Tomus  I,  Codices  1-500.  Aecedit  appendix  ad  descriptio- 
nem  picturarum.  Romae,  typis  vaticanis  MDCCCCII,  in  4°,  pp.XXIII-650. 

2  II  Giornale  Storico  della   Letteratura  Italiana  nell'anmmziare   la 
pubblicazione  dei  due  nuovi  vohwni,  dopo  aver  lodato  1'esemplare  dili- 
genza,  la  modernita  di  criterio  e  la  dottrina  dei  compilatori,  proseguiva 
in  questi  termini :   « Per  questo  modo  la  redazione  e  pubblicazione   dei 


DELLA   BIBLIOTECA  VATICANA  587 

Coloro  che  hanno  qualche  domestichezza  con  le  ricerche  nelle 
<loviziose  collezioni  di  mauoscritti,  sanno  a  maraviglia  se  e  come  im- 
port! per  esse  il  non  essere  prive  d'un  catalogo  veramente  ben  fatto. 
11  catalogo  compilato  con  saggio  metodo  e  alia  biblioteca  quello 
che  un  eccellente  motore  all'opificio ;  quanta  forza  intellettuale  iu- 
fatti  per  suo  mezzo  economizza  lo  studioso,  forza  che  senza  quel 
prezioso  sussidio  se  ne  va  come  dispersa,  incapace  di  apportare  tutto 
quell'utile  che,  altrimenti  applicata,  avrebbe  al  certo  prodotto.  II 
perche,  se  riandiamo  la  storia  delle  piu  faniose  raccolte  di  codici, 
da  quelle  vetuste  di  Alessandria  fino  alle  piu  recenti  delPeta  mo- 
derne,  troviamo  subito  un  duplice  fatto  a  tutte  esse,  piu  o  meno, 
comune.  Dall'un  canto,  non  prima  comincia  a  formarsi  la  biblio- 
teca, spunta  quasi  nel  suo  seno  1'inventario  o  catalogo,  abbozzo 
primordiale,  come  sono  le  cose  umane  nel  nascere,  d'un  grande 
lavoro  che  resta  a  compiersi;  dall'altro  lato  passano  lunghissimi 
anni,  e  talvolta  anche  secoli,  avanti  che  questo  medesimo  abbozzo 
si  svolga  e  sviluppi  sino  a  raggiungere  la  debita  perfezione.  Fatti 
entrambi  al  sommo  significativi ;  il  primo  attesta  il  bisogno  con- 
gerito  che  ha  ogni  raccolta  di  avere  bene  descritta  la  propria  su- 
pellettile  per  rispondere  degnamente  al  fine  al  quale  venne  ordi- 
nata;  il  secondo  poi  mostra  con  I'esperienza  quali  difficolta  abbia 
a  superare  nell'ordine  pratico.l'esecuzione  d'un'impresa  tanto  in  se 
necessaria. 

Da  questa  che  si  potrebbe  dire  legge  comune  ad  ogni  grande 
collezione  di  manoscritti  non  ando  esente  neppure  quella  messa 
insieme  con  tanta  magnificeriza  dai  papi.  Risalendo  non  piu  oltre 
che  al  terzo  periodo  della  sua  vita  gloriosa,  iniziatosi  con  il  ritorno 


cataloghi  della  Vaticana,  grande  e  nobile  impresa,  che  si  deve  all'mi- 
ziativa  di  papa  Leone  XIII,  precede  con  sollecitudine  che  disgrada  quella 
dei  nostri  poveri  Indici  e  cataloghi,  vergognosamente  trascurati  da  chi 
non  e  in  grado  d'intenderne  il  valore.  »  Vol.  40  (1902)  p.  474.  E  il  Po- 
polo  Romano  facendo  teste  conoscere  a'  suoi  lettori  il  volume  dei  Codici 
urbinati  latini  edito  da  Mons.  Stornajolo,  conch iudeva  con  questi  periodi, 
che  ci  piace  riferire,  la  nota  bibliografica  anonima,  dettata  senza  dubbio 
da  persona  assai  esperta  nella  materia: 

«  Un  illustre  e  dotto  erudito  giudicava  ultimamente  che  una  sol  cosa 
era  a  desiderarsi  dallo  Stornajolo ;  che  cioe  egli  potesse  compiere  al  piu 
presto  1'ingente  e  difficile  opera  sua.  Noi  aggmngiamo  questo:  che  se 
un  giorno  il  nostro  Ministero  dell'Istruzione  si  decidera  a  catalogare  i 
codici  delle  nostre  biblioteche  governative,  adotti  le  medesime  regole, 
colle  quali  sono  cosi  perfettamente  presentati  agli  studiosi  questi  cimeli 
della  Biblioteca  Vaticana. »  Anno  XXX,  n.  358;  29  dec.  1902. 


588  NUOVI  LAVORI  BIBLIOGRAFICI 

del  codici  da  Avignone  in  Roma  nel  palazzo  vaticano  a'  tempi  dii 
Martino  V,  non  manco  giammai  il  vivo  desiderio  di  fornirla 
d1  indici  e  catalog!  che  spianassero  ai  ricercatori  la  via  nelle 
lunghe  e  pazienti  indagini.  Basti  ricordare  1'ordine,  che  diede  Be- 
nedetto XIV,  di  compilare  e  divulgare  con  le  stampe  un  intero 
ed  accurate  inventario  di  tatti  i  codici  vaticani.  Come  e  noto, 
Timpresa  gigantesca  fu  feliceraente  iniziata  da  Stefano  e  Giu- 
seppe Assemani  con  i  tre  volumi  destinati  alia  descrizione  dei 
mss.  orientali  *.  Distrutte  in  breve,  insieme  con  quasi  tutte  le 
copie  di  questi  tomi,  anche  le  schede  gia  preparate  per  la  com- 
pilazione  di  una  parte  del  restante  lavoro  e  sopravvenuta  la  rivo- 
luzione  francese  con  le  sue  tremende  vicende,  la  nobile  irnpresa 
non  ebbe  piu  effetto  di  sorta  fino  al  1831.  In  quell'anno  il  Mai 
dette  in  luce  un  volume,  continuazione  alle  dotte  fatiche  dei  due- 
Assemani  *.  Segni  il  pontificate  non  breve  di  Gregorio  XVI, 
ne  Fopera  avanzo  d'uu  passo.  Fu  finalmente  ripresa  sotto  Pio  IX, 
non  gia  pero  con  la  stampa  di  catalogi,  secondo  il  disegno  del 
grande  Lambertini,  ma  con  ultimare  1' inventario  a  penna  del  fondo 
latino  vaticano.  Se  ne  ebbe  un  lavoro  tutt'  altro  che  perfetto  nel 
genere  suo.  Esso,  invece  di  segnare  un  progresso  sopra  i  primi 
catalogi  compilati  assai  bene  per  il  loro  tempo  dai  quattro  Ri~ 
naldi  nella  seconda  meta  dei  secolo  XVI  e  nella  prima  del  se- 
guente,  rimase  ad  essi  notevolmente  inferiore  8. 

Era  gloria  riserbata  al  pontificate  di  Leone  XIII,  che  anche 
per  questo  titolo  prende  degno  posto  accanto  ad  un  Nicolo  V  e- 
agli  altri  piu  illustri  mecenati  della  mondiale  biblioteca,  il  prov- 
vedere  efficacemcnte  onde  la  Vaticana  avesse  catalogi  degni  dei 


1  Bibliothecae  Aposiolicae  Vaticanae  codicum  manuscriptorum  cata- 
logus  etc.  1-3.  Romae,  1756-59. 

2  Catalogus  codicum  bibliothecae  Vaticanae  arabicorum,  persicorum,. 
turcicorum,   aethiopicorum,   copticorum,  armeniacorum,  ibericorum  etc.^. 
Romae  1831. 

3  Sui  quattro  Rinaldi,  Federico  e  Marino,  fratelli,  Alessandro  e  Do- 
menico  loro  nepoti  vedi  le  notizie  che  dagli  Assemani  e  dal   De  Rossi 
raccolse  il  p.  Ehrle  in  una  sua  nota  (Zur  Geschichte  der  Katalogisierunff 
der  Vaticana)  nell'  ffistorisches  Jahrbuch  11,  (1890)  718.  I  Rinaldi,  o  Rai- 
naldi  come  furono  detti  dalla  forma  del  loro  nomelatinizzata,non  indicano 
per  es.  1'eta  del  codice  col  secolo  cui  appartiene,  ma  solo  con  alcune  di 
quelle  vaghe  forme  vetustus,  vetustissimus,  e  somiglianti.  Per  contrario^ 
cio  che  rende  i  loro  inventarii  piu  pregevoli  di  altri  ad  essi  contempo- 
ranei,  danno  la  descrizione  di  quasi  ogni  scritto  contenuto  nel  codice,, 
riportandone  spesso  anche  1'  incipit. 


DELLA   BIBLIOTECA   VATICANA  589 

tesori  che  in  se  stessa  racchiude  e  del  fiore  degli  ingegni  d'ogni 
nazione  che  vi  concorrono  a  trarne  profitto  '. 

Dal  1885,  quando  lo  Stevenson  seniore  diede  alle  starape  il 
primo  catalogo,  quello  del  codici  palatini  greci,  fino  al  luglio  delio 
scorso  anno,  ben  nove  di  siffatti  volumi  furouo  pubblicati  dal  col- 
legio  degli  scrittori2.  Ora  il  solo  arricchire  la  Vaticana  d'inven- 
tarii  a  stampa,  non  fosse  avvenuto  alfcrimenti  che  con  1'  imprimere 
i  vecchi  indici  cosi  manchevoli,  sarebbe  stato  beneficio  non  lieve  a 
tanti  studiosi,  che  per  tal  modo,  anche  lontani,  nella  quiete  della 
loro  stanza,  avrebbero  avuto  un  provvido  filo  per  le  prime  ricerche 
da  imprendere  nella  biblioteca;  sussidio  validissimo,  che  gia  posse- 
devano  da  lunghi  anni  altre  raccolte  di  codici,  inferiori  per  pregio 
e  rarita  a  quella  dei  Romani  Pontefici, 

Tuttavia  poiche  s'aveva  da  matter  mano  a  stampare,  deter- 
mine con  provvido  consiglio  ii  collegio  degli  scrittori  della  Bi- 
blioteca di  riprendere  dalle  fondamenta  tutto  il  lavoro.  Ogni  codice 
doveva  essere  descritto  non  gia  ripetendo  Fantica  recensione, 
della  cni  manchevolezza  si  possedevano  accertatissime  prove, 
ma  ricominciando  da  capo  a  percorrerlo  minutamente  conie  fosse 
entrato  di  fresco  in  biblioteca  e  pure  aliora  venuto  sott'occhio  di 
un  valente  bibliografo.  Qui  sorgevano  le  difficolta  d'ordine,  parte 


1  Cfr.  per  queste  e  piu  ampie  notizie  sull'argomento  la  Prefazione 
dell'Emo  Cardinale  Pitra  ai  Codices  palatini  graeci  editi  dallo  Stevenson 
seniore  il  1885. 

2  Ecco  1'ordine  in  che  si  succederono  con'  i  nomi  dei  compilatori. 

1885.  Codices  manuscripti  Palatini  graeci...  recensuit  et  digessit  Hen. 
Stevenson  senior. 

1886.  Codices  Palatini  latini...  recensuit  et  digessit  Hen.  Stevenson 
iunior;  recognovit  I.  B.  De  Rossi. 

1888.  Codices  manuscripti  graeci  Reginae  Svecorum  et  Pii  PP.  II... 
recensuit  et  digessit  Hen.  Stevenson  senior. 

1891.  Monumenta  Papyracea  Aegyptia...  recensuit  et  digessit  Hor.  Ma- 
rucchi. 

1893.  Codices  manuscripti  graeci  Ottoboniani...  recensuerunt  E.  Feron 
et  I.  Battaglini. 

1895.  Codices   Urbinates  graeci...  recensuit  Cos.  Stornajolo. 

1897.  I  Codici  Capponiani  dtlla  Biblioteca  Vaticana  descritti  da  Gius. 
Salvo- Cozzo. 

Ai  nove  volumi  di  catalog!  di  mss.  pubblicati  nel  pontificate  di 
Leone  XIII  si  debbono  inoltre  aggiungere  i  due  grossi  tomi  dell'/nuew- 
tario  dei  Libri  stampati  palatino-vaticani  edito  dallo  Stevenson  giunioro 
il  1886. 


590  NUOVI   LAVORI  B1BLIOGRAFICI 

scientifico,  parte  pratico,  nel  metodo  da  prescegliere;  scelta  rile- 
vantissima  in  un  lavoro  di  tanta  mole  destinato  a  passare  alia  po- 
sterita  con  tutti  i  caratteri  e  gli  onori  proprii  di  quelle  che 
oggidi  chiamano  meritamente  opere  fondamentali.  Purtroppo 
non  si  procedette  da  principio  con  criterii  uniformi  e  ben  defi- 
niti,  come  si  sarebbe  dovuto;  ondeche  non  tutti  i  volumi  editi 
avanti  questi  ultimi  del  1902  soddisfecero  uppieno  i  giusti  desi- 
derii  degli  studiosi  dei  nostri  tempi.  Conveniva  dunque  rimettersi 
coraggiosamente  nella  bnona  via,  tanto  piu  che  tutto  il  fatto  men 
bene  rappresentava  una  porzione  piccolissima  verso  quello  che 
rimaneva  da  fare.  E  cosi  appunto  si  fece.  I  recentissimi  tomi  da 
noi  annunziati  iniziano  felicemente  una  provvida  novita;  e  ci  gode 
ranimo  che  con  essa  si  apra  opportunamente  la  recensione  dei 
due  piu  celebri  fondi  delPinsigne  Biblioteca,  il  vaticano  e  Purbi- 
nate,  entrambi  latini. 

Facendoci  ad  esaminare  dappresso  il  nuovo  sistema,  non  si 
dura  fatica  per  convincersi  che  non  solo  elimina  interamente  i 
difetti  (anche  quelli  d'indole  tipografica)  di  alcuni  dei  precedenti 
volumi,  ma  emula  e  supera  i  varii  metodi  adottati  da  famosissime 
biblioteche  di  Europa. 

II  bibliografo,  mettendosi  alPopera  di  descrivere  uno  qualsiasi 
dei  molti  cimelii  che  gli  stanno  dinanzi,  tripartisce  il  lavoro  con- 
forme  a  certe  norme  ben  fisse  che  rispondono  appieno  alia  natura 
delie  cose  e  ai  desiderii  dello  studioso.  Dapprima  ci  fa  conoscere 
cio  che  delPesterno  d'un  codice  maggiormente  preme  di  sapere, 
vale  a  dire,  il  posto  che  tiene  nel  fondo,  Peta  cui  appartiene,  la 
materia  di  che  consta,  le  dimensioni,  il  numero  dei  fogli.  Poi,  nella 
seconda  parte,  la  piu  rilevante  senza  dubbio  e  quella  altresi  che 
piu  richiede  di  erudizione  e  di  solerzia  in  chi  lo  descrive,  ci  da 
il  novero  minuto  degli  autori  e  delle  opere  che  il  ms.  contiene. 
Finalmente  ritornando  alia  prima  parte,  a  bella  posta  intramez- 
zata,  sottopone  allo  studioso  tutte  le  altre  notizie  circa  Pesterna 
descrizione  del  volume,  quail  sono  le  qualita  delta  grafia,  le  mi- 
niature ond'e  per  sorte  fregiato,  i  fogli  lasciati  in  bianco,  il  ge- 
nere  della  legatura,  gli  stemnii  gentilizii  che  Padornano,  le  note 
dei  possessor!  e  via  dicendo. 

L'avere  cosi  divisa  la  parte  descrittiva  delPesterno  del  codice 
e  una  felicissima  innovazione  che  torna  accetta  allo  studioso,  cui 
solo  importa  in  molti  casi  d'essere  ragguagliato  intorno  a  quei  primi 
piu  rilevanti  dati  che  trova  in  principio  della  recensione.  Se  si 


DELLA  BIBL1OTECA  VATICANA  591 

eccettui  il  catalogo  dei  mss.  Amploniani  di  Erfurt  dello  Schum  *, 
non  ci  ricorda  di  avere  altrove  vedufco  un  simile  spediente  sug- 
gerito  da  finissimo  senso  pratico.  Che,  per  arrecare  alcuni  esernpii, 
il  Bandini  2,  al  cui  classico  inetodo  si  ispirarono  i  moderni  scrittori 
vaticani,  colloca  la  descrizione  esterna  del  codice  dopo  quella,  tal- 
volta  assai  lunga,  del  contenuto;  ne  altrimenti  vanno  facendo  a'  dl 
nostri  i  moderni  cataloghi  generali  dei  mss.  delle  biblioteche  di 
Francia  3.  Alfcri  per  contrario  le  diedero  luogo  a  tutta  insieme  in 
principio;  cosi  il  Rose  nell'accurato  inventario  dei  codici  latini 
del  Phillipps,  ora  berlinesi  4. 

Se  non  che  la  parte  che  piu  rivela  il  pregio  intrinseco  del  si- 
stema  attuato  nei  due  volumi  di  che  ci  occupiamo  e  senza  dubbio 
la  seconda  consacrata  alia  recensione  degli  autori  e  delle  opere. 
I  profani  potranno  forse  pensare  che  a  quest' impresa  sia  suffi- 
ciente  poco  piu  che  quella  accuratezza  richiesta  da  ogni  diligente 
bibliotecario  per  la  compilazione  di  un  catalogo  di  libri  a  stampa. 
Chi  pero  anche  mediocremente  si  conosca  dei  codici  antichi,  non 
ha  bisogno  d1  intendere  qual  cumulo  di  svariata  e  soda  erudizione 
faccia  mestieri  per  riuscire  con  onore  ed  esito  felice  in  si  diffi- 
cile arringo. 

I  ventitre  paragrati  nei  quali  gli  scrittori  racchiusero  le  leggi 
sulle  quali  vollero  eseguito  il  lavoro  e  la  fedelta  con  che  vi  si 
attennero,  secondo  dimostrano  i  codici  fin  qui  descritti,  e  argo- 
mento  convincentissimo  della  immane  fatica  cui  volonteroai  si  sob- 
barcarono  5.  Alia  lettura  di  queste  regole  o,  cio  che  torna  il  me- 
desimo,  all'applicazione  fedele  che  se  ne  fece  nella  descrizione  dei 
singoli  volumi  rirnandiamo  chi  voglia  di  propria  scienza  giudicare 
con  qual  sottile  discernimento  furono  concepite  e  recate  in  atto. 

1  Beschreibendes    Verzeichniss  der    Amplonianischen   Handschriften 
Sammlung  zu  Erfurt  etc.  Berlin,  1887. 

2  Catalogue  Codicum  latinorum  bibliothecae  Mediceae  Laurentianae 
ecc.  vol.  1-4  Florentiae,  1774-1777. 

3  Catalogue  general   des  Manuscrits  des  Bibliotheques  pubbliques  de 
France.  Questa  nuova  serie  che  si  pubblica  per  cura  del  Ministero  del- 
ristruzione  pubblica  delle  Belle  Arti  e  dei  culti,  comincio  nei  1886;  si 
trova  ora  al  vol.    XXXVI. 

4  Die  Lateinischen  Meer man- Handschriften  des  Sir  Thomas  Phillipps 
in  der  koniglichen  Bibliothek  zu  Berlin.  Berlin,  1892. 

5  Leges  quae  curatores  Bibliotecae   Vaticanae  in  codicibus  latinis  re- 
censendis  sibi  constituerunt.  Esse  sono  bene   a   proposito   inserite  nella 
Prefazione  cosi  dei  Codices  vaticani  latini,  come  di  quelli  urbinati. 


594  NJLJOVl  LAVORI  B1BLIOGRAFICI  DELLA  BIBLIOTECA  VATICANA 
fossero  registrati  per  ordine  alfabetico  della  prima  parola  il  prin- 
ciple o  gli  incipit  di  tutti  gli  scritti  patristici  conteriuti  per  *^s. 
nella  Patrologia  del  Migne?  Ebbene  a  quest'  iminane  lavoro  si 
sobbarco,  per  ci6  che  spetta  i  padri  greci  e  latini  il  Vattasso,  in  parte 
con  1'  intelligente  collaborazione  del  suo  collega  ii  Le  Grelle.  La 
8ua  opera  in  due  grossi  voiumi  conterra  i  principii  delle  prefa- 
zioni,  dei  libri,  dei  trattati,  degli  opuscoli,  dei  sermoni,  deile  omelie, 
delle  lettere,  delle  bolle  pontificie,  dei  dipiomi,  delle  poesie  e  delle 
carte  anteriori  al  sec.  XV, che  trovansi  pubblicati  nei  duecento  dicias- 
sette  voiumi  della  Patrologia  Latina  del  Migne,  e  i  principii  delle 
versioni  anticbe  pubblicate  nella  Patrologia  Graeca  e  nelle  nuove 
opere  patristiche  che  dopo  il  Migne  videro  la  luce,  o  in  collezioni 
speciali  o  in  voiumi  a  parte. 

In  questa  guisa  1'ingente  lavoro  intrapreso  a'  dl  nostri  per 
la  rara  munificenza  di  Leone  XIII  procedera  innanzi  alacremente 
e  felicemente;  e  noi  ci  auguriamo  che  parecchi  e  parecchi  dei  va- 
lenti  scrittori,  cui  non  fa  difetto  ne  gioventu  ne  tenaoita  di  volere, 
possono  essi  medesimi,  ciascuno  per  la  sua  parte,  ripetere  un 
giorno  con  riobile  compiacenza: 


«  Monumentum  exegi  acre  perennius  » 


BIBLIOGRAFIA1 


ANGELINI  GENNARO.  —  Ricordi 
tip.  Salesiana,  1903,  16°,  If  2 
K  uri  libriooino  questo  ohe  si  leg- 
ge  tutto  d'un  flato  e  ti  va  al  ouore.  II 
chiaro  A.,  ne'  suoi  due  viaggi  in  Ter- 
rasanta nel  1892  e  nel  1901,  vide 
quanto  vi  e  di  ammirabilo  e  d'inte- 
ressante  nel  paese  di  Gesu,  ma  sent! 
soprattutto  la  parola  delta  fede  che 
g)i  parld  all'anima.  Non  bisogna  dun- 
que  cercare  in  questo  caro  libriccino 
disquisizioni  storiche  o  oritiche  sui 
sacri  luoghi  di  Terrasanta,  dotte  die- 


'Ev  ' 

tt  questo  un  Periodico  mensile  di 
scienze  che  si  pubblica  in  Ateue  gia. 
dapiuanni.  Chi  volesse  averne  una 
breve  contezza  e  giudicare  della  sua 
utilita,  non  ha  che  soorrerne  la  Co- 
pertina  dove  si  svolge  tutto  11  suo 
Programma.  L'  Armenia,  infatti  vi  si 
dice,  si  propone  principalmente  la 
difTusione  della  verita  per  via  di 
atudii  scientific!,  i  quali  si  oonnettano 
per6  oolla  fllosofla,  colla  teologia,  la 
storia  e  la  geografia,  come  pure 
coll'arcbeologia  nazionale  ecristiana, 
colla  letteratura  greca  in  genere  e 
colle  scienze  flslche. 

Inoltre  essa  si  propone  dl  rendere 
accessibile  ai  Greci  per  mezzo  di 
esatte  ed  elegariti  traduzioni  quanto 


e  impresHioni  di  Terrasanta.  Roma, 

P- 

sert'vzioni  impugnanti  o  difendenti  l« 
pie  leggende  onde  la  Palestina  ri- 
bocca  da  un  capo  all'altro.  Niente 
di  tutto  questo.  11  libro  ti  coinmuove, 
ti  edifloa,  ti  fa  piu  pio  e  piu  buono, 
e  ti  aocende  nelTanima  un  vivo  desi- 
derio  di  vedere  il  paese  santiflcato 
•  In  I  la  presenza  dell'Uomo-Dio.  B  non 
e  questo  un  bel  frutto  delle  fatiohe 
del  chiaro  Angelini? 


in  elucubrazioni  straniere  armonizza 
collo  scopoanzidetto  e  ohe  per  1'igno- 
ranza  delle  lingue  straniere  o  per 
qualsiasi  altro  motivo  resta  per  molt! 
un  tesoro  uascosto. 

Dal  floe  del  Periodico  cos)  netta- 
mente  tracoiato,  ognuoo  ben  vede 
che  quantunque  esso  sia  soritto  pel 
greci,  pu6  nondimeno  essere  di  mi 
i  ii.ii  comune,  e  speoialmente  agli  ama- 
tori  della  lingua  greoa  moderna,  che 
vi  e  aocurata  e  forbita, 

Chiunque  peroi6  volesse  trarue 
profltto  e  as8ociarvisi,nou  ha  che  adi- 
rigersi  al  Sig.  Quglielmo  Barth.  Piazza 
della  Costitutione,  Librerla  Beck  in 
Atene.  II  prezzo  di  assooiaziono  per 
Testero  e  di  franohi  10  all'aimo. 


1    \«»<H.  I  lli.ri  e  KII    opuMoll,   annunzlatl   nella  BibJioflrrafla  (o  uelle 

Stampa)  della  «  Clvilta  Cattolloa  »,  nou  puo  rAmmlnlHtraxlone  aHHumere  In  m-HHuna 
uanlera  I'lncarloo  di  provvederll,  Halvo  ohe  I  dettl  librl  non  Hleno  Indlcatl  nurne  vendlblU 
prwiHo  la  Ht.i'HHji  AmmlnlHtrazlone.  (!16  vale  anohe  per  K\\  annuiiKl  delle  opere  pervennt«  «IU 
Ulreelone  e  dl  quelle  Indicate  Nulla  Copvrtinu  del  periodloo. 

L'AMMINIRTRAZIONI. 


594  N^JOVl  LAVORI  B1BLIOGRAFICI  DELLA  BIBLIOTECA  VATICANA 
fossero  registrati  per  ordine  alfabetico  della  prima  parola  il  prin- 
ciple o  gli  incipit  di  tutti  gli  scritti  patristici  contenuti  per  es. 
nella  Patrologia  del  Migne?  Ebbene  a  quest'  immane  lavoro  si 
sobbarco,  per  cio  che  spetta  i  padri  greci  e  latini  il  Vattasso,  in  parte 
con  1'  intelligent^  collaborazione  del  suo  collega  il  Le  Grelle.  La 
sua  opera  in  due  grossi  volumi  conterra  i  principii  delle  prefa- 
zioni,  dei  libri,  dei  trattati,  degli  opuscoli,  dei  sermoni,  delle  omelier 
delle  lettere,  delle  bolle  pontificie,  dei  diplomi,  delle  poesie  e  delle 
carte  anteriori  al  sec.  XV, che  trovansi  pubblicati  nei  duecento  dicias- 
sette  volumi  della  Patrologia  Latina  del  Migne,  e  i  principii  delle 
versioni  antiche  pubblicate  nella  Patrologia  Graeca  e  nelle  nuove 
opere  patristiche  che  dopo  il  Migne  videro  la  luce,  o  in  collezioni 
speciali  o  in  volumi  a  parte. 

In  questa  guisa  1'ingente  lavoro  intrapreso  a'  di  nostri  per 
la  rara  munificenza  di  Leone  XIII  procedera  innanzi  alacremente 
e  felicemente;  e  noi  ci  auguriamo  che  parecchi  e  parecchi  dei  va- 
lenti  scrittori,  cui  non  fa  difetto  ne  gioventu  ne  tenacita  di  volerer 
possono  essi  medesimi,  ciascuno  per  la  sua  parte,  ripetere  un 
giorno  con  riobile  compiacenza: 


Monumentum  exegi  aere  perennius 


BIBLIOGRAFI A  l 


ANGELINI  GENNARO.  -^  Ricordi 
tip.  Salesiana,  1903,  16°,  If  2 
15  un  libriccino  questo  che  si  leg- 
ge  tutto  d'un  fiato  e  ti  va  al  cuore.  II 
chiaro  A.,  ne'  suoi  due  viaggi  in  Ter- 
rasanta  nel  1892  e  nel  1901,  vide 
quanto  vi  e  di  ammirabile  e  d'  inte- 
ressante  nel  paese  di  Gesu,  ma  sentl 
soprattutto  la  parola  della  fede  che 
gJi  par!6  all'anima.  Non  bisogna  dun- 
que  cercare  in  questo  caro  libriccino 
disquisizioni  storiche  o  critiche  sui 
sacri  luoghi  di  Terrasanta,  dotte  dis- 


'Ev 

E  questo  un  Periodico  mensile  di 
scienze  che  si  pubblica  in  Atene  gia 
dapiu  anni.  Chi  volesse  averne  una 
breve  contezza  e  giudicare  della  sua 
utilita,  non  ha  che  scorrerne  la  Co- 
pertina  dove  si  svolge  tutto  il  suo 
Programma.  L'Armonia,  infatti  vi  si 
dice,  si  propone  principalmente  la 
diffusione  della  verita  per  via  di 
studii  scientific!,  i  quali  si  connettano 
per6  colla  filosofia,  colla  teologia,  la 
storia  e  la  geografia,  come  pure 
coll'archeologia  nazionale  ecristiana, 
colla  letteratura  greca  in  genere  e 
colle  scienze  fisiche. 

Inoltre  essa  si  propone  di  rendere 
accessibile  ai  Greci  per  mezzo  di 
«satte  ed  eleganti  traduzioni  quanto 


e  impression!  di  Terrasanta.  Itoma, 

P- 

sertizioni  impugnanti  o  difendenti  le 
pie  leggende  onde  la  Palestina  ri- 
bocca  da  un  capo  all'altro.  Niente 
di  tutto  questo.  II  libro  ti  commuove, 
ti  edifica,  ti  fa  piu  pio  e  piu  buono, 
e  ti  accende  neH'anima  un  vivo  desi- 
derio  di  vedere  il  paese  santificato 
dalla  presenza  dell'Uomo-Dio.  E  non 
e  questo  un  bel  frutto  delle  fatiche 
del  chiaro  Angelini? 


.  *Ex8tS6jtevoy  x^ci 


in  elucubrazioni  straniere  armonizza 
collo  scopo  anzidetto  e  che  per  1'igno- 
ranza  delle  lingue  straniere  o  per 
qualsiasi  altro  motivo  resta  per  molti 
un  tesoro  nascosto. 

Dal  fine  del  Periodico  cosi  netta- 
mente  tracciato,  ognuno  ben  vede 
che  quantunque  esso  sia  scritto  pei 
greci,  puo  nondimeno  essere  di  uti- 
lita comune,  e  specialmente  agli  ama- 
tori  della  lingua  greca  moderna,  che 
vi  e  accurata  e  forbita. 

Chiunque  perci6  volesse  trarne 
profitto  e  associarvisi,non  ha  che  adi- 
rigersi  al  Sig.  Guglielmo  Earth.  Piazza 
della  Costituvione,  Libreria  Beck  in 
Atene.  II  prezzo  di  associazione  per 
1'estero  e  di  franchi  10  alPanno. 


1  Iota.  I  Jibri  e  gll  opuseoli,  anuunztati  nella  Bibliografla.  (o  nelle  Riviste 
dalla.  Stampa)  della  «  Civilta  Cattolioa  »,  non  puft  1'Amrainistrazione  assnmere  in  nessana 
uanlera  Tincarieo  di  prowederli,  salvo  che  i  detti  libri  non  sieno  indicati  come  yendibili 
preoso  la  stessa  Amministrazione.  Cid  vale  anehe  per  gli  annnnzi  delle  opere  pervennte  alia 
Direeione  e  di  quelle  indicate  sulla  Copertina.  del  periodico. 

L'AMMINISTRJLZIONB . 


59Q 


BIBLIOGRAFIA 


BALLERINI  GK,  sac.  prof.  —  Delia  Morte,  Kisurrezione  ed  Assunzion^ 
di  Maria   Santissima.  Siena,  tip.  di  S.  Bernardino,  1903,  16°,  di 
pp.  46.  Cent.  30. 
E    uno    del     soliti   libretti    del 

ch.  professore,  cosi  densi  di  cose  e 

di  concetti,  che  non  si  possono  com- 

pendiare.    Ci    contenteremo  dunque 

di  esporre    qual    sia    1'opinione    del 

dotto  teologo  intorno  alPAssunzione 

di    Maria    Vergine.   E^li    la   ritiene 

certa,  fondandosi  principalmente  sul 

fatto  innegabile  che  la    Chiesa,  gia 

da   secoli,    crede   all'Assunzione    di 

Maria;    ne   dall' essersi    riconosciuti 

falsi  certi  antichi  documenti  conse- 


guita  punto  1'esser  falso,  apocrifo  e 
leggendario  lo  stesso  fatto  dell'As- 
sunzione.  La  ritiene  altresl  definibile, 
perche  contenuta,  se  non  nella  Scrit- 
tura,  certamente  nella  Tradizione. 
Peraltro  non  la  reputa  ancora  abba- 
stanza  matura  dal  la  to  scientifico. 
Ma  la  luce  verra.  «  E  allora  il  Vi- 
cario  di  Gesu  Cristo  pronuncera  la_ 
grande  parola  che  il  cuore  dei  figli 
attende,  e  che  noi  fin  d'ora  affret- 
tiamo  coi  nostri  voti  »  (p.  44). 

BOS10  P.  —  Compendio  di  Sociologia  Cristiana  ad  uso  specialmente 
dei  Seminarii  e  dei  Propagandist!  Cattolici.  (Pubbl.  di  scienze  so- 
ciali  cattoliche  ecc )  Siena,  S.  Bernardino,  1902,  16°,  V1II-264  p. 
—  L.  2,50. 
II  chiaro  Bosio  ha  fatto  un  vero 

regalo  ai  seminaristi  e  democratici 

cristiani  d'ltalia,  nel  dettare  in  istile 

semplice   e  terso  un   compendio    di 

Sociologia  cristiana,  che  in  263  pa- 

gine  abbraccia  tutto  il  vasto  campo 

della  questiohe  sociale. 

Quando  poi   1'A.  ci  avverte  che 

a  guida   del    suo   lavoro  egli  prese 

tali  uomini  come  il  Taparelli,  1'An- 

toine,  il  Toniolo,  il  Brants,  il  Weiss, 

Mons.  Talamo  e  simili,  ci  da  con  cio 


una  sicura  caparra  che  la  suadottrina 


e  informata  a  sani  principii  cattolici. 
Noi  vorremmo  vedere  questo  bel 
libro  in  mano  ad  ogni  studente  di 
teologia,  perche,  nell'ora  presents, 
la  cbltura  filosofica  e  teolcgica  an- 
tica  domanda  di  venire  aiutata  e  so- 
stenuta  da  una  qualche  cognizione 
di  cose  sociali,  delle  quali  sono  troppi 
quelli  che  parlano  senza  conoscerne 
a  fondo  la  natura,  I'intrinseca  diffi- 
colta  e  le  molteplici  relazioni  che  la. 
stringono  ad  altre  parti  dell'umano 
sapere. 


BULLETIN  du  Seminaire  Oriental  Saint  Francois   Xavier.  (Univer- 
site  Saint  Joseph,  dirigee  par  les  Peres  de  la  Compagnie  de  Jesus). 
Beyrouth  (Syrie),  impr.  cathol. 
Abbiamo    sott'  occhio    un  esem 

plare  del    Bollettino   del  Seminario 

Orientale,    fondato    a    Beyrouth    in 

Siria,  allo  scopo  di  preparare  sacer- 

doti  e  nrassionarii  per  1'Oriente.  Nei 

pochi  anni  di    sua  esistenza  ha  gia 

dato  tre  patriarch!  e    nove  vescovi, 

senza  dire  dei  moltissimi  sacerdoti. 

Ne   scarsi    sono    stati    i    frutti  pro- 


dotti,  specialmente  in  Egitto.  L'anti- 


co  splendore  di  questa,  che  un  tempo 
chiamavasi  «  la  terra  dei  Monaci* 
sotto  1'azione  di  diverse  cause  a  poco 
a  poco  era  venuto  rneno  in  maniera, 
che  dieci  anni  fa  il  cattolicismo  po- 
teva  quasi  dirsi  cola  sconosciuto ;: 
pochissimi  i  sacerdoti,  nessuna  chiesa 
nostra,  e  varii  fedeli  seminati  in  va- 
stissime  estensiofli  di  paese.  Oggi  & 
tutt'altro.  Vi  sono  tre  diocesi,  e,.  la- 


BIBLIOGRAFIA  597 

eciando  stare  la  dioceei  patriarcale,  tanti  bei   frutti,  Tive  in  gran  parte 

per  parlar  solo  delle  due  diocesi  di  a  spese  della  divina  Provvidenza,   e 

Ermopoli  e  di  Tebe,  delle  quali  ab-  quindi  e  raccomandato  alia  carita  dei 

biamo  sott'occhio  le  statistiche,  tro-  fedeli.  Chi  si  sentisse  ispirato  a  ve- 

viamo  in  esse,  chiese  8;  28:  scuole  nirne  in  soccorso,  puo    mandare    le 

12;  36:  sacerdoti  10;  25:  localitk  ove  sue  offerte  al  P.  Direttore  del  Semi- 

sono  nuovi    convertiti,    29;    83.  Ma  nario    Orientale.     —    Universita    di 

qaesto  Seminario,  a  cui   si  debbono  S.  Giuseppe,  Beyrouth  —  (Siria). 

CASALE  FRANCOIS.  —  Chanteclair.  Paris,  Librairie  Plon,  16.° 

£  un  racconto  del  regno  del  ter-  II  libro  non  poteva  essere  seritto 

rore.  La  scena  si  svolge  in  Bretta-  meglio,  per  la  lingua,  per   lo   stile, 

gna  e  protagonisti  principal!  ne  sono  per  la  soavita  ed  altezza    dei   senti- 

Marianna  Chanteclair   e  Le   Brenn,  menti  e  per  un  certo  sense   intimo 

anima    forte    e    generosa,  degno   in  di  dolce  mestizia  che  dall'anima  del- 

tutto  dell'eroina,  alia  quale  dopo  do-  Tautore  passa  nel  lettore  e  tutto  la 

lorosissime  vicende  si  congiunge  in  vince. 
am  ore  eterno. 

CHIARINI  P.  PIETROPAOLO,  M.  C.  —  Brevi  ragionamenti  sulle  Li- 
tanie  Lauretane,  con  aggiunta  snl  XLVII  discorso  del  P.  STEFANO 
IGKTJDI,  M.  C.  Roma,  tip.  Farnesiana,  1902,  8°,  YIII-396  p. 
In  questi  ragionamenti,  come  ben      que  i  predicatori  del  mese  mariano, 
dice   1'editore   Franco  Ballerini,  «e      e  in  generale  tutti  quell  i  che  hanno 
mirabilmente  contemperata  la   foga      da  ragionare  della  gran  Donna,  tro- 
del  dire  con  1'effusione  del  cuore,  la      veranno  qui    acconci    material!   pei 
facondia  dell'arte  oratoria  con  la  sa-      loro  discorsi. 
pienza  delle  sacre  dottrine.  »  Adun- 

CIANFROCCA  RAFFAELE,  d.  S.  P.  —  Prosodia  e  Metrica  delia  lin- 
gua greca  ad  uso  delle  scuole  liceali.  Ediz.  novissima.  JRoma,  tipo- 
grafia  Salesiana,  1903,  16°  di  p.  120.  --  L.  1,25. 
11  precetto  d'Orazio  che  nell'am-  trica,  e  questi  tolti  dalla  poesia 
maestrare  si  adoperi  brevita  e  chia-  greca,  latina  e  volgare.  J)i  che  con 
rezza,  e  bene  osservato  in  questa  1'utile  si  ha  pure  il  diletto.  Aggiungi 
utile  fatica  del  ch.  P.  Cianfrocca.  che  Tesperienza  di  trent'anni  d' ki- 
ln poco  piu  d'un  centinaio  di  pagine  segnamento  da  al  dotto  P.  Cian- 
si  compendiano  due  trattati,  1'uno  di  frocca'  il  diritto  di  credere  che  que- 
Prosodia  e  Paltro  di  Metrica  d'una  ste  brevi  nozioni  di  prosodia  e  di 
lingua  tanto  ricca  qual  e  certamente  metrica  greca  sieno  necesaarie  e  al 
la  greca.  La  brevita  vi  si  e  ottenuta  tempo  stesso  sufficienti  agli  studenti 
con  la  scelta  delle  nozioni  e  regole  di  liceo.  L'edizione  e  nitida  e  il 
necessarie,  doveche  per  la  chiarezza  prezzo  tenue. 
fanno  gli  esempii,  specie  nella  Me- 

GOLONNA.  —  II  Museo  civico  di  Napoli  nell'ex  Monastero  di  S.a  M.a 
di  Donnaregina  e  scoperte  di  antichita  in  Napoli  dal  1898  a  tutto 
agosto  1901,  per  FERDINANDO  COLONKA  dei  Principi  di  Stigliano, 
Segretario  della  Commissione  Municipale  di  Napoli  per  la  Conser- 


598 


BIBLIOGRAFIA 


vazione  del  Monumenti,  R.  Ispettore  di  Scavi  e  Monument!  antic  hi 
del  Circondario  di  Napoli,  R.  Commissario  alia  Commissione  Aral- 
dica  Napoletana.  Napoli,  tipogr.  Giannini,  1902,  f.°  di  p.  144. 


II  nobile  autore  guidato  da  sin- 
golare  attitudine  per  gli  studii  sto- 
rici  e  di  antichita  delle  province  e 
particolarmente  della  citta  e  del  Cir- 
condario di  Napoli,  ci  ha  flnora  rac- 
colto  un  vero  tesoro  di  notizie  im- 
portanti  pubblicate  parte  nelle  Noti- 
zie degli  Scavi  e  parte  in  volumi 
separati,  In  questo  del  1902  ci  da  la 
«toria  del  Museo  civico  di  Napoli  nel- 
1'ex-Monastero  di  Donnaregina,  del 
quale  narra  I'origine  e  le  vicende, 
descrive  le  stanze  e  gli  affreschi  d'arte 
sen'  se  del  sec.  XIV  nella  grande  sala 
e  finalmente  1  ultima  suadestinazione 
a  Museo  civico,  con  quanto  vi  e  ora 
raccolto  di  opere  d'arte  in  marmo  e 
in  altri  ricordi  di  ogni  genere.  Ri- 
porta  gli  statuti  della  Commissione 
per  la  Conservazione  dei  Monumenti 
e  quanto  pud  soddisfare  alia  piu  esi- 
gente  curiosita. 

Alia  fine  del  volume  si  trova  il 
seguito  delle  scoperte  di  antichita  in 
Napoli,  dal  1898  a  tutto  agosto  1901, 
avendo  gia  il  ch.  autore  pubblicate 
quelle  dal  1876  al  1897,  in  un  pre- 


gine.  Due  altri  volumi  d'importanza 
storica  sono:  Le  Grotte  del  Monte 
Taburno,  Napoli  tip.  Giannini,  1889. 
Notizie  storiche  di  Castelnuovo  in 
Napoli,  Napoli,  Giannini,  1902.  L'edi- 
zione  dell'uno  e  dell'altro  &  splen- 
dida:  il  testo  sventuratamente  non 
e  scevro  di  mende  tipografiche  nu- 
merose,  specie  nelle  iscrizioni  greche 
e  latine,  delle  quaii  una  buona  parte, 
non  tutte,  si  trovano  corrette  in  fine 
di  ciascua  volume.  Una  peculiare  at- 
trattiva  si  ha  alia  lettura  di  queste 
pagine  scritte  in  istile  piano  e  senza 
ornamenti,  per  le  notizie  geografiche 
e  topografiche  antiche  corrispondenti 
a  luoghi,  strade  e  piazze  moderne, 
con  le  mutate  denomiLiazioni  nel  corso 
degli  anni.  L'autore  certamente  puo 
esser  contento  di  aver  cooperato  con 
tutte  le  sue  forze,  a  far  vie  meglio 
conoscere  la  storia  e  la  civiltk  di  Na- 
poli, »sua  patria,  nell'Evo  antico,  me- 
dio  e  moderno:  e  i  suoi  concittadini 
gliene  sapranno  grado  e  ne  traman- 
deranno  a  cara  memoria  ed  onorata 
agli  avvenire. 


«edente  volume  in  8  di  ben  649  pa- 

CONTI  AUGUSTO,  arciconsole    dell'  accademia    della  Crusca.  --  II 

Messia.  Firenze,  lib.  salesiana,  1903,  n.°  YIII-184  p.  L.  2. 

Un  altro  libro  del  ch.  Augusto  espone,  con  1'autorita  della  scrittura, 
Conti,  un  libro  che  fa  quasi  venire 
le  lagrime  agli  occhi  quando  si  leg- 
ge  nel  frontispizio  «  operetta  quasi 
viatico  per  1'altra  vita  ».  E  la  com- 
mozione  cresce  quando  nel  fronti- 
spizio medesimo,  seguitando,  si  trova 
da  un  latoein  minuti  caratteri:  «  Ho 
ricordato  Tumilta  vostra,  o  Gesu,  e 
la  nostra  superbia:  Gesu,  misericor- 
dia;  e  ce  Pimpetri  Maria,  dataci  ma- 


dre  nel  testamento  della  Croce.  » 
Nella  prima  parte  del  libro,  la  quale 
ha  per  titolo  11  messia  vaticinato,  si 


1'infinita  grandezza  di  Gesu  Cristo. 
Nella  seconda,  L'uomo  dei  dolori,  per 
contrapposto,  la  sua  volontaria  umi- 
liazione,  quasi  egli  fosse  1' ultimo 
degli  uomini.  Nella  terza  poi,  11  Re 
della  gloria,  le  glorie  di  Gesu  dopo 
la  risurrezione  in  tutto  il  corso  dei 
secoli.  Non  e  una  tenerezza  il  ve- 
dere  questo  ammirato  filosofo,  questo 
arciconsolo  della  Crusca,  dedicare 
gli  ultimi  tratti  della  sua  penna  a 
lavori  come  sono  II  Messia,  e  La 
mia  Corona  del  Rosariof 


B1BLIOGRAF1A 


599 


DI  PIETRO  VINCENZO,  sac.  — 
Leone  XIII.  Aversa,  Fabozzi, 
gersi  all'Autore  in  Aversa. 
Nel  celebrare  I'avvenimento  cosl 
straordinario  del  Papa  Leone  XIII, 
che  secondo,  dopo  S.  Pietro,  rag- 
giunge  gli  anni  del  suo  Pontificate 
in  Roma,  1'Autore  commemora  le 
principal!  benemerenze  acquistatesi, 
in  si  lungo  corso  di  tempo,  dal  Santo 
Padre  colla  Chiesa  e  colla  civiltk. 
Lo  stile  e  caldo  e  1'esposizione  dei 
fatti  e  accompagnata  da  un  sacro 
entusiasmo,  che  nulla  toglie  alia  ve- 
racitk  dei  cenni,  ai  quali  il  suo  suc- 
cinto  compendio  si  riduce.  Ma  alia 
veracitk  unisce  ancora  un  sano  giu- 
dizio  ed  una  copia  di  erudizione, 


XXV  anni  di   Pontificate  di  S.  S. 
1902,  8°,  VIII-76  p.  L.  1,50.  Rivol- 

che  lo  mostra  assai  colto  in  molte- 
plici  discipline.  L'operazione  sociale 
di  Leone  XIII,  per  quanto  concerns 
le  scienze  filosofiche  e  teologiche, 
1'  istruzione  pubblica.  la  educazione 
della  gioventu,  la  riforma  degli  ope- 
rai,  la  salvezza  della  famiglia  ed  il 
rilevamento  del  civile  consorzio,  pe- 
ricolante  fra  le  strette  della  novella 
barbarie  del  social  ismo,  6  posta  in 
bella  mostra.  Perci6  non  ci  meravi- 
gliamo  delle  lodi  che  1'Autore  ha 
riscosse  da  insigni  personaggi,  per 
questo  suo  lavoro,  che  si  legge  con 
diletto  non  minore  del  profitto. 


FERRETTI  A.  d.  C.  d.  G.  —  I  santi  angeli  custodi.  Consider  azioni, 

esempi,  ossequi.  Prato,  Giachetti,  1903,  16°  di  pp.  350.  Lire  due. 

Rivolgersi  al  Direttore  del  deposito  dei  libri,   via    del    Seminarior 

n.  120,  Roma.  ^ 

Rivede  la  luce  in  una  nitida  ed 

elegante  edizione,  adorna    anche  di 

belle  illustrazioni,  questo  caro  librino 

in  onore  degli  Angeli    Custodi,  che 

noi  vorremmo  vedere  in  mano  a  tutti 

i  giovinetti.   Imparerebbero    in  esso 

a  ben  conoscere  1'eccellenzaed  i  me- 
rit! delPAmico  celeste  che  il  Signore 

ci  ha  messo  al  fianco,  a  prender  con 

lui  una    riverente    dimestichezza,  a 

ben  guardarsi  dal  disgustarlo  con  la 

colpa,  a  rivolgersi  a   lui    in  tutti  i 


altamente  di  questa  divozione :  alia 
sodezza  e  pienezza  della  dottrina  ha 
congiunto  tale  lucidita  di  ordine, 
chiarezza  d'esposizione,  soavitk  d'elo- 
quio,  che  intorno  agli  Angeli  Cu- 
stodi noi  non  conosciamo  un  libro 
che  sia  piu  adatto  di  questo  alia  gio- 
ventu, alia  quale  principalmente  e 
indirizzato.  Diciamo  principalmente, 
perche  torna  utilissimo  anche  alle 
altre  class!  di  persone  ;  anzi  non  e  da 
tacere  che  gli  stessi  sacri  dicitori 
potranno  in  esso  trovare  una  feconda 
miniera  pei  loro  sermoni  intorno  a 
si  caro  argomento. 


bisogni  del  corpo  e  dello  spirito,  a 
seguirlo  come  guida  in  tutti  i  pass! 
del  terreno  pellegrinaggio.  II  ch.  Au- 
tore  nulla  ha  omesso  per  invaghirli 

GHINI  G.  —  RifLessi  e  raccomandazioni  per  coloro  che  trattano  delle 
Sacre  Scritture.  Cesena,  Bettini,  1903,  24°,  30  p. 


Facciamo  volentieri  un'eccezione 
dicendo  qualche  parola  di  quest 'opu- 
scolo,  perche,  sebbene  di  pochissime 
pagine,  ci  sembra  contenere  rifles- 
sioni  e  raccomandazioni  utilissime. 


E  con  vivo  dispiacere  abbiamoveduto 
nel  n.  190  del  Savio  di  Cesena  ver- 
sarsi  sovr'esso  un  alto  disprezzo,  che 
certamente  non  fa  onore  a  chi  ne  6 
tanto  prodigo.  E  perch6  poi  quel  di- 


600 


BIBLIOGRAFIA 


sprezzo?  perch6  non  dice  niente,  o 
dice  quel  che  non  &  eontroverso  tra 
i  cattolici  Qaante  cose  che  non  sono 
controverse,  eppure  ia  pratica  sem- 
brano  metterei  dall'un  dei  canti,  e 
pero  torna  utilissimo  il  rammentarle ! 
Un  esempio  ce  1'offre  lo  stesso 
SaviOy  il  quale  in  quello  stesso  nu- 
mero,  anzi  in  quella  stessa  coloana, 
loda  I'Haruack  perche  ha  scritto : 
«  Se  questa  intonazione  seria  voglia- 
mo  dare  alia  nostra  vita,  a  questi  alti 
scopi  indirizzarla,  non  ci  dobbiamo 
abbandonare  allo  scetticismo,  alia  fri- 
volezza,  no ;  dobbiamo  credere  viril- 
mente  in  quel  Dio,  che  Gesii  ha  chia- 
mato  suo  ed  &  anche  nostro  Padre.  » 
Qaesto  va  bene,  ma  non  basta:  Haec 
est  vita  aeterna,  ut  cognoscant  te  so- 
luvn  Deum  verum,  ET  QUEM  MISISTI  JE- 
SUM  CHRISTUM.  lo.  17,3.  Senza  questo 
non  si  da  seria  intonazione  alia  vita, 
ne  s'indirizza  ad  altf  scopi.  L'Har- 


nack  1'ha  omesso,  perche  da  buon 
razionalista  non  ammette  la  divinita 
di  Gesu  Cristo :  il  Savio,  che  e  catto- 
lico,  non  pub  non  capire  il  vuoto  im- 
mense che  lasciaquest'omissione,  ma 
non  se  n'e  accorto,  altrimenti  non 
avrebbe  lodato  in  questo  pi^sso  1'Har- 
nack;  e  non  se  n'e  accorto  appunto 
per  una  di  quelle  inawertenze  o  di- 
menticanze  di  quel  eke  non  e  eontro- 
verso tra  i  cattolici,  ad  impedire  le 
quali  1'egregio  Mons.  Ghini  ha  pub- 
blicato  il  suo  opportunissimo  opu- 
scolo. 

Nel  rimanente  intorno  a  questo 
Harnack,  del  quale  molti  sembrano 
presi  percb6  ci  fa  grazia  d'ammettere 
1'esiatenza  di  Dio  Padre,  abbiamo  gia 
scritto  unarticolo  il  primo  sabato  del- 
1'anno  corrente,  e  un  altro  nel  pre- 
sente  quaderno,  a  fine  di  farlo  me- 
glio  conoscere;  e  a' suoi  ammiratori 
diciamo:  Ecce  quern  colebatis! 


HAMON  AUGUSTE.  —  Un  grand  Rhefcoriqueur  poitevin,  Jean  Bouchet. 
1476-1557.  Paris,  Oudin,  1901,  8°,  XXII-432  p.  Fr.  12. 


Dieci  anni  di  lavoro  assiduo  e  di 
minuziose  ricerche  costo  al  ch.  Au- 
tore  quest'opera  veramente  insigne 
intorno  la  vita  e  gli  scritti  di  Gio- 
vanni Bouchet,  letterato  della  cosid- 
detta  scuola  dei  grands  rhetoriqueurs 
francesi  1 1450-1550],  non  ignoto  agli 
storici,  ma  certo  negletto  assai  piu 
che  non  meritasse.  II  Bouchet,  pro- 
curatore  dei  La  Tremoille,  amico  e 
corrispondente  di  quasi  tutti  i  lette- 
rati  del  suo  tempo,  fecondo  scrittore 
di  annali,  di  cronache,  di  versi,  di 
lettere  familiari,  impresario  ed  ordi- 
natore  di  sacre  rappresentazioni,  di 
feste  pubbliche,  di  solenni  ricevi- 
menti  di  re  e  di  principi,  meritava 
benissimo  di  essere  considerate  come 
soggetto,  degno  che  intorno  a  lui  si 
raggruppassero  i  fatti  piu  important! 
della  storia  civile  e  letteraria  di  un  se- 


colo  e  le  3onsiderazioni  che  meglio  ser- 
vono  a  designarne  il  vero  e  proprio 
carattere.  II  capitolo  L'ordonnateur 
de  Mi/stares  (p.  107  132)  puo  dirsi  UQ 
nuovo  ed  interessante  tributo  alia 
storia  del  teatro  moderno,  ed  il  Bou- 
chet vi  appare  in  piu  cose  innova- 
tore  felice.  I  suoi  Annalts  d'Aqui- 
taine  non  sono  punto  una  storia, 
neppure  una  cronaca,  e  nondimeno 
contengono  una  miniera  di  notizie 
contemporanee  e  digiudizii  suoi  pro- 
prii  sugli  uomini  e  sulle  cose.  Eg-li 
descrive  a  vivi  coiori  e  batte  ftera- 
mente  i  vizii  di  ogni  ordine  di  per- 
sone;  n^  risparmia  il  clero,  sebbene 
fosse  since ramente  cristiano  e  go- 
desse  1'intima  amicizia  di  preti  e  di 
monaci:  segno  chiaro,  comenotal'Au- 
tore,  che  il  criticare  acerbamente 
tutto  e  tutti  era  vezzo  comune  di 


BIBLIOGRAFIA 


601 


quei  tempi  e  non  proprio  malignitfc 
d'animo  di  questo  e  di  quello;  ne 
pare  che  la  gente  di  allora  se  ne  of- 
fendesse  (p.  270).  E  le  osservazioni 
sulla  vita  e  costumi  dei  contempo- 
ranei  sono  cosi  frequenti  in  quegli 
scritti,  che  se  ne  ritrae  un  buon  qua- 
dro  dello  stato  morale  della  societa 
di  allora.  L'ultima  parte  del  iibro  e 


strettamente  grammatieale  ed  esa- 
mina  il  Bouchet  quale  poeta,  il  suo 
modo  di  verseggiare,  la  sua  ortogra- 
fia,  la  sua  lingua  e  il  suo  stile.  No- 
teremo  che  egli  fu  il  primo  a  diffon- 
dere  piu  largamente  in  Francia  la 
nostra  terza  rima,  sebbene  essa  fosse 
cola  gia  conosciuta  ed  adoperata  da 
qualche  altro  prima  di  lui  (p.  220). 


JANSSEN  J.  —  G-eschichte  des  deutschen  Yolkes  seit  dem  Ausgang 
des  Mittelalters.  V.  Band.  XV.  und  XVI.  Aufl.  besorgt  von  LUDWIG- 
PASTOR.  Freiburg  i.  B.,  Herder,  1902,  8°,  XLVII-778  p.  M.  8; 
rileg.  M.  9,40. 


L'infaticabile  dott  Ludovico  Pa- 
stor ci  offre,  dopo  breve  tempo,  un 
altro  volume  della  monumentale  Sto- 
ria  del  Popolo  tedesco,  scritta  dal 
Janssen.  Anche  qui,  come  nelle  pre- 
cedenti  ristampe  degli  altri  volumi, 
il  ch.  Professore  conserva  all'opera 
del  suo  venerato  maestro  tutto  il  suo 
originario  carattere,  modificando  sol- 
tanto  quelle  parti,  e  il  piu  lievemente 
possibile,  che  le  progredite  ricerche 
storiche  ed  il  nuovo  materiale  biblio- 
graftco  sembravano  cidrichiedere.  Pa- 
recchi  punti  furon  corretti  sulle  note 
lasciate  dall'autore  medesimo,  ed  il 
piu  delle  nuove  aggiunte  furono  messe 
a  pie'  di  pagina,  contrassegnate  come 
cosa  del  Pastor  da  una  o  due  stel- 
lette.  La  materia  propria  di  questo 
Tolume  e  quanto  mai  interessante, 
trattandosi  di  un  periodo  fecondoas- 


sai  di  lotte  religiose,  dalla  formola 
di  concordia  promulgata  nel  1580  fino 
al  cominciare  della  guerra  dei  tren- 
t'anni. 

Se  1'albero  s'ha  da  conoscere  dai 
suoi  frutti,  non  altro  che  sommamente 
esiziale  deve  dirsi  la  Riforma  prote- 
stante  sotto  tutti  i  rispetti  civili  e 
religiosi.  La  Germania  fu  convertita 
in  un  campo  di  terrore,  di  devasta- 
zione,  di  sangue,  dove  pero  i  cam- 
pionidell'antica  fede  rifulgono  di  luce 
smagliante,  che  piu  vivamenteancora 
colorisce  gli  orrori  seminati  ovunque 
dalla  parte  awersaria.  Le  dimostra- 
zioni  del  Janssen  sanno  d'ostico  ai 
protestanti;  ma  finora  rimasero  senza 
confatazione,  e  corrono  intanto  nelle 
mani  di  tutti  in  sempre  nuove  e  co- 
piose  edizioni.  Questa  del  quinto  vo- 
lume e  la  diciassettesima! 


KOLB  VICTOR,  S.  I.  —  Die  Glaubeasspaltung  und  ihre  Folgen  in 
der  Gegenwart.  Vortrage  fur  die  gebildete  Maanerwelt.  Munster 
i.  v.,  Verlag  der  Alphonsus-Buchhandlung,  1903,  16°,  173  p. 


L'illustre  p.  Kolb  tenne  nello 
scorso  Avvento  una  serie  di  sei  con- 
ferenze  nella  chiesa  parrocchiale  di 
S.  Pietro  a  Vienna  innanzi  ad  uno 
immense  uditorio,  tutto  composto  di 
uomini.  Fu  una  vera  e  pubblica  di- 
mostrazione  di  fede  della  popolazione 
cattolica  di  Vienna  contro  gl'iniqui 


maneggi  di  perversione,  che  al  grido 
€  Los  von  Rom  »  si  andarono  mol- 
tiplicando  negli  ultimi  anni  in  tutti 
i  paesi  dell' Austria.  II  p.  Kolb  prese 
per  argomento  «  La  scissura  nella 
fede  e  le  sue  conseguenze  nel  tempo 
presente  »,  toccando  tutti  i  punti 
principal!  controversi  tra  cattolici  e 


602 


BIBLIOGRAFIA 


protestanti:  Gesit,  Cristo,  la  Sacra 
Scrittura,  la  Doftrina,  il  Q-overno 
della  Chiesa,  i  Sacramenti,  la  Dot- 
trina  marale.  «  II  celebre  oratore, 
dice  S.  E.  il  Principe  Arcivescovo 
Card.  Gruscha,  ha  eseguito  il  suo 
mandate  nella  maniera  piu  perfetta. 
Una  scienza  compreasiva  e  soda  in 
tutte  le  question!  apologetiche,  un 
sentire  con  la  Chiesa  caldo  e  pro- 
fondo,  una  pieta  sincera  ed  illumi- 
nata,  come  pure  un'  aperta  brama 
di  rassodare  nella  fede  i  cattolici 
contro  le  voci  di  seduzione  e  di  ri- 
condurre  gli  erranti  all'unica  Ma- 
dre  Chiesa:  tutte  queste  qualita  im- 
pregnano  per  cosl  dire  ogni  linea 
delle  conferenze,  raccolte  in  questo 
volume. »  Ed  il  vescovo  di  Bressa- 
none  lodava  in  particolare  la  mitezza 
e  la  benevolenza,  che  Foratore  di- 
mostra  verso  i  dissident!,  segno  ma- 


di  trovarsi  in  possesso  della  verita; 
cosi  per  lo  piu  non  adoperano  gli 
avversarii  della  Chiesa  cattolica. 

Le  conferenze  sono  destinate  ad 
un  uditorio  di  persone  piuttosto  colte; 
ma  la  chiarezza  e  la  popolarita  non 
mancano  mai,  come  neppure  il  nerbo, 
e  spesso  il  fascino  della  vera  elo- 
quenza,  che  dalle  prime  parole  insi- 
nuanti  dell'esordio,flao  alle  splendide 
chiuse  della  perorazione  incatena 
Tuditore,  senza  abbandonarlo  un 
istante.  La  condizione  d^lle  cose  qui 
tratteggiata  e  per  conseguenza  an- 
che  gli  argomenti  e  le  prove  che  si 
adducono,  riguardano  piu  particolar- 
mente  i  paesi  tedeschi;  ma  il  di- 
lagare  che  fa  il  protestantesimo  in 
Roma  ed  in  Italia,  renderebbe  assai 
opportuna  anche  tra  noi  la  lettura 
di  questo  libro,  se  si  divulgasse  in 
buona  veste  italiana. 


nifesto  dell'intima   persuasione    sua 

LEHMKUHL  AUGUSTINUS,  S.  I.  —  Casus  conscientiae  ad  usum 
Confessariorum  composite  et  soluti.  L  Casus  de  Theologiae  moralis 
principiis  et  de  praeceptis  atque  officiis  christianis  speciatim  sump- 
tis.  Freiburg  i.  B.,  Herder,  1903,  8°,  566  p.  —  Fr.  16.  Rilegato 
Fr.  21. 

posti,  altri  a  lui  deferiti  da  dispa- 
ratissime  parti  non  dell'  Europa  sol- 
tanto,  ma  dell'Africa,  dell'America  e 
dell'Australia.  Qui  dunque  si  ha  come 
condensato  il  frutto  dei  profondi  suoi 
studii  e  della  sua  lunga  esperienza, 
e  messo  innanzi  alia  intelligenza  di 
tutti  con  uno  stile  facile  e  piano 
piu  di  quello  che  ne'  suoi  dotti  con- 
nazionali  siamo  soliH  a  riscontrare. 


II  nome  del  P.  Lehmkuhl  6  chia- 
rissimo  in  tutta  Europa  per  la  sua 
teologia  morale,  che  e  gia  stata  ono- 
rata  di  molte  edizioni,  ed  ha  rice- 
vuto  i  suffragi  di  tutti  gli  studios! 
di  questa  scienza.  I  quali  certamente 
faranno  buon  viso  anche  a  questo 
nuovo  lavoro  delPeminente  morali- 
sta,  in  cui  trove ranno  ribadite  quelle 
dottrine  ed  applicate  a  ben  320  casi 


pratici,  altri  dall'aatore  stesso  com- 

MACCHI  C.,  S.  I.  —  La  critica  storica  e  Porigine  della  Chiesa  Ro- 

mana.  Prato,  Giachetti,  1903,  8,  155  p. 

Dice  benissimo  il  ch,  p.  Macchi,       studiandosi    di    apparire  assai  criti- 


che  pur  riconoscendo  i  molti  ed  in- 
negabili  vantaggi,  recati  alia  storia 
dallo  studio  della  critica,  si  deve 
per6  confessare  «che  alcune  scuole, 


che,  sono  riuscite  a  non  essere  ab- 
bastanzacritiche;»  e  poteva  aggiun- 
gere  ancora :  sono  riuscite  a  fare 
ttrazio  addirittura  della  critica,  ogni 


BIBLIOGRAFIA 


60S 


qualvolta  le  conclusioni  apparvero 
contraric  ai  pregiudizii,  gia  fitti  in 
capo,  per  ragioni,  che  nulla  hanno 
che  fare  con  la  critica.  Si  pensi  al 
bel  governo  che  fa  della  critica,  chi 
non  ammette  1'ordine  soprannatu- 
rale  e  la  possibilita  del  miracolo. 
Cosi  chi  non  vuol  ammettere  a  niun 
costo,  che  Gesu  Cristo  ha  fondata 
una  Chiesa,  si  studia  d'ingarbugliare 
per  fas  et  nefas  tutto  ci6  che  la  cri- 
tica storica  dice  del  fatti  che  a  quella 
fondazione  si  riferiscono,  specie  poi 
circa  le  orijrini  della  Chiesa  romaua, 
circa  la  venuta  e  morte  di  S.  Pie- 
tro  in  Roma,  circa  il  Primato  ed  altri 
simili  importanti  quesiti.  II  ch.  Au- 
tore  voile  di  nuovo  esaminarli  nel 
sno  bel  libro,  con  ordine  ben  con- 
cepito  e  con  molta  semplicita  di  stile 
e  di  esposizione,  non  pero  disgiunta 
dalla  sodezza  della  dottrina  e  dalla 
sana  critica. 

Non  dice  cose  nuove,  ma  le  dice 
bene  ed  in  modo  da  tornare  vera- 
mente  utili  ai  giovani  cultori  delle 
science  saere,  ai  quali  1'opera  e  de- 
dicata.  In  una  prima  parte  si  espon- 
gono  le  testimonianze  dei  Padri  apo- 
stolici  e  di  Ireneo  sul  rnartirio  dei 
SS.  Apostoli  Pietro  e  Paolo  in  Roma 
e  sul  Primato  della  Chiesa  da  loro 
fondata.  Poscia,  esposte  le  condi- 
zioni  alle  quali  deve  soddisfare  la 
vera  critica  in  prova  di  un  fatto  sto- 
rico,  rieerca  se  queste  condizioni  si 
trovino  verificate  uella  tradizione  in- 
torno  1'origine  della  Chiesa  romana. 
Questa  parte  e  molto  ben  concepita 
ed  ha  pure  del  nuovo  :  si  vegga  in 
particolare  il  bell'argomento  che  il 
p.  Macchi  trae  dalla  critica  molto 
severe  che  solevasi  adoperare,  al- 
meno  fino  entro  al  IV  secolo,  per 
definire  la  verita  ed  autenticita  del 
martirio,  prima  di  consecrare  al  mar- 
MERRY  DEL  YAL  K.,  archbishop 


tire  la  memoria  del  suo  sepolcro  ; 
onde  segue  essere  stato  in  quei  primi 
secoli  al  tutto  impossible  1'inganno 
circa  la  verita  del  inartirio  dei  SS. 
Apostoli  in  Roma,  poichfc  cosi  per 
tempo  se  ne  mostravano  e  venera- 
vano  le  tombe.  Nel  terzo  capitolo  si 
esaminano  le  varie  memorie  di  Saa 
Pietro  in  Roma:  la  tomba  al  Vati- 
cano,  i  sepolcri  apostolici  ad  cata- 
cumbas,  le  catene  di  S.  Pietro,  il 
carcere  mamertino,  la  cattedra  ecc., 
attenendosi  1'Autore  fedelmente  alle 
sentenze  dei  migliori  archeologi,  co- 
me sono  il  De  Rossi,  il  Grisar,  il  Du- 
chesne.  Infine,  dopo  seiolte  le  obbie- 
zioni  antiche  e  recent!  contro  la  ve- 
nuta, 1'apostolato,  la  morte  di  San 
Pietro  in  Roma,  si  chiude  1'opera 
con  un  saggio  dei  sistemi  raziona- 
listici  della  vecchia  ssuola  di  Tu- 
binga  per  isniegare  le  origini  della 
Chiesa  di  Roma,  e  con  una  breve 
confutazione  di  certe  stravaganti  sen- 
tenze intorno  il  medesimo  argomento, 
messe  fuori  dal  Gregorovius. 

Considerando  in  complesso  1'in- 
tera  dimostrazione,  si  trovera,  come 
1'Autore  stesso  avverte,  che  non  tutti 
gli  argomenti  hanno  egual  forza  di- 
mostrativa;  pero  la  ricevono  piu  che 
sufficiente,  se  riuniti  insieme.  Sulla 
venuta  di  S.  Pietro  in  Roma,  fissata 
all'  anno  42,  il  ch.  Autore  dichiara 
di  non  insistere  e  cosi  molto  meno 
sulla  durata  di  25  anni  dal  primo 
pontificate;  gli  basta  affermare  che 
vi  sono  indizii  non  dispregevoli  per 
quella  prima  venuta  e  che  non  si 
potrebbero  addurre  in  contrario  ra- 
gioni veramente  efficaci. 

Al  proto  si  debbono  parecchi  er- 
rori  tipografici,  e  forse  anche  le  due 
righe  di  chiusa  a  pag.  83,  che  non 
sembrano  rispondere  alia  dimostra- 
ziona  fatta  nel  corpo  dell'  articolo. 
of  Nicaea.  —  The  truth  of  Papal 


604 


BIBLIOGRAFIA 


Claims.  A  Reply  to  «  The  validity  of  Papal  Claims  »  by  F.  NUTCOMBE 
OXENHAM  D.  D.  Engl.  Chaplain  in  Rome.  London,  Sands,  1902, 
16°,  XVI  146  p. 


Nel  volumetto  che  ci  sta  dinanzi 
1'  Illmo  e  Revmo  MODS.  Merry  del  Val 
<xi  dk  la  sostanza  di  cinque  confe- 
renze  da  lui  tenute  con  molto  frutto 
a  Roma  per  confutare  un  libro  inti- 
tolato  «  The  Validity  of  the  Papal 
Claims  »,  scritto  dal  Dr.  F.  Nutcombe 
Oxenham,  cappellano  della  Chiesa 
anglicana  di  Roma  in  viadel  Babuino. 

II  soggetto  delle  conferenze  ri- 
sj-onde  a  quello  del  Nutcombe ;  il 
quale,  fedele  al  perpetuo  pregiudizio 
anglicano,  ripete  i  vecchi  argomenti 
contro  il  primato  e  1'infallibtlita  di 
S.  Pietro  e  de'  suoi  successor!.  Ad 
antiche,  anzi  antiquate  obbiezioni  non 
mancano  antiche  e  buone  risposte ; 
ma  vi  sono  altresi  nuovi  lettori  e 
nuovi  uditori,  che  non  ne  ban  no  co- 
noscenza,  e  pure  hanno  diritto  di  non 
essere  ingannati,  anzi  il  dovere  di 
farsi  istruire.  A  questi  e  rivolta  la 
parola  del  Revmo  Mons.  Merry  del 
Val,  che  con  nuova  veste  presenta 
prima  la  dottrina  della  Scrittura, 
de'  Padri  e  de'  Concilii;  poi  passa 
a  sciogliere  le  obbiezioni  dell'inge- 
nuamente  zelante  dottore  anglicano. 

Chi  legge  attentamente  il  libro 
del  Nutcombe  e  le  risposte  del  no- 


stro  Autore  non  puo  stare  un  mo- 
mento  in  dubbio  da  quale  parte  sia 
la  ragione  o  il  torto.  Din  anzi  ai  pro- 
gressi  della  critica  biblica  e  storico- 
ecclesiastica,  &  fatica  buttata  al  vento 
il  voler  negare  il  diritto  del  Papa  al 
governo  effettivo  della  Chiesa  uni- 
versale.  I  testi  del  Vangelo  risguar- 
danti  S.  Pietro,  le  testimonianze  dei 
primi  Padri  della  Chiesa  e  molti  fatti 
della  storia  primitiva  del  cristiane- 
simo  rendono  la  piu  bella  testimo- 
nianza  &\\a.validitd  dei  diritti papali . 
La  quale  testimonianza  non  e  at- 
tenuata  da  alcuna  questione  che  si 
potesse  sollevare  intorno  a  qualche 
testo  controverso;  ne  la  sua  efficacia 
puo  sfuggire  a  chi  la  considera  con 
occhio  sereno  e  con  spirito  ben  di- 
sposto  alia  pura  verita.  Cosi  il  va- 
lore,  che  le  era  riconosciuto  anche 
nell'antica  laghilterra  avanti  1'iufe- 
lice  ri forma,  potesse  essere  ricono- 
sciuto oggi  dai  discendenti  di  quella 
isola  di  santi  e  d'illustri  confessori 
della  fede!  Questo  e  il  voto  sincere 
ondel'illustre  prelato  di  Romachiude 
il  suo  volume,  bella  contribuzione 
all'opera  della  preaervazione  e  dila- 
tazione  della  fede  cattolica. 


MISTRANGELO  ALFONSO  M.,  arciv.  di  Firenze.   -       Un  fiore  nel 
giardino  delle  Figlie  di  Maria,  o  Marina  Oliveri  sorella  della  ca- 
rita.  2a  ed.  Siena,  tip.  Calasanziana,  1901,    16°   192  p.  --  L.   1. 
A  benefioio  degli  Asili  delle  Suore  Calasanziane. 
II  titolo  dice  tutta  la  leggiadria      tosto  matura  pel  Cielo.  Sotto  1'aurea 

penna  dell'insigne  Prelato  fiorentino 
anche  il  tenue  tema  ha  acquistato 
una  tal  quale  grandezza,  e  le  grazie 
dello  stile,  compagne  alia  vena  di 


« 1'olezzo  di  questa  istoria,  da  cui  tro- 
veranno  eccitamento  a  virtu  tante 
anime  di  fanciulli  e  giovinette.  La 
Marina  Oliveri,  di  Carbuta  ligure,  in 
breve  vita  fu  prima  esempio  delle 
fanciulle  mondane,  poi  onore  delle 
Figlie  di  Maria,  indi  appena  entrata 
fra  le  Suore  di  Caritk  di  Savona,  fu 


pietk  che  vi  traspare  per  entro,  ne 
rendono  la  lettara  santamente  gio- 
conda. 


BIBLIOGRAFIA 


605 


PA30DI  DOtfENtCO,  Mons.,  gia  comandante  neila  R.  Marina.  —La 
nautica  nei  Libri  Santi.   Genova,  Fassicomo,   1902,  16°,  22  p. 


Se  tutti  i  commentatori  delle  Scrit- 
ture  scegliessero  qualche  punto  par- 
ticolare  in  cui  avessero  1'esperienza 
e  la  scienza  della  quale  da  qui,  come 
di  consueto,  prova  nella  nautica  il 
ch.  Mons.  Domenico  Parodi,  certo 
assai  meno  pericoloso  tornerebbe  il 
discutere  della  inspirata  parola  che 
abbiamo  Dei  libri  Santi;  ne  tanto 
spesso  si  udirebbe  posta  in  opposi- 
zione  colla  scienza.  II  ch.  Monsignore 
tracta  un  punto,  se  vuolsi,  di  non 
grande  importanza,  cioe  la  narrazione 
dei  versetti  39  e  40  del  Cap.  27  de- 
gli Atti  Apostolici,  dove  e  narrato  il 
naufragio  di  Paolo  a  Malta  nel  suo 
viaggio  qual  prigioniero  verso  Roma. 
Ma  la  esattezza  della  narrazione  ispi- 
rata  di  S.  Luca  viene  dimostrata  in- 
sino  all'evidenza,  diguisache,  come 
lo  stesso  egregio  autore  osserva,  il 

PARSONS  Rev.  REUBEN  D.  D. 


Sacro  Testo  appare  anche  in  materia 
puramente  nautica  diuna  precisions 
mirabile,  e  pare  prodigio  che  un  me- 
dico qual  era  S.  Luca  abbia  potuto 
descrivere  cosi  bene  una  delle  piu 
delicate  e  difficili  manovre  di  una 
nave  in  quei  tempi  che  si  diconodi 
ignoranza,  mentre  in  oggi  6  raro  tro- 
vare  persone  colte  che  parlando  di 
nautica  non  dicano  corbellerie. 

L'Egregio  A.  con  nitidissime  vi- 
gnette pone  sotto  gli  occhi  la  sua 
dimostrazione,  che  e  gia  per  se  me- 
desima  di  una  chiarezza  meridiana; 
e  dopo  averlo  letto,  pur  di  fuggita, 
rimaniamo  pienamente  convinti,  cosi 
della  lode  che  egli  fa  al  testo  degli 
Atti,  come  della  censura  che  rispet- 
tosamente  muove  alle  note  fatte  in 
quel  luogo  da  Mons.  Martini. 


Universal  History  and  explana- 
tory narrative.  Vol.  I.  Ancient  History.  The  Author.  Yonkers, 
N.  Y.  1902,  8°,  XIY-624  p. 


La  Civilta  Cattolica  ha  parlato 
gia  altre  volte  di  questo  ehiaro  Au- 
tore, onore  e  gloria  del  clero  degli 
Stati  Uniti.  Noto  per  altri  scritti  esi- 
tnii,  ha  ora  posto  mano  al  lavoro  gi- 
gantesco  di  scrivere  una  storia  uni- 
versale,  della  quale  e  uscito  per  le 
stampe  il  primo  volume,  che  com- 
prende  la  storia  antica,  dalle  origin! 
ftno  alia  caduta  dell'impero  romano. 

II  disegno  delPopera  del  Parsons 
e  semplice,  ehiaro  e  condensato.  Egli 
divide  i  fatti  principali  in  altrettante 
sezioni;  queste  sono  suddivise  in  un 
certo  numero  di  capitoli,  e  i  capi- 
toli  in  paragrafi.  Alia  fine  di  ogni 
capitolo  il  chiaro  A.  mette  una  lista 
d«=>i  libri  principali  da  lui  consultati, 
ttai  quali  ben  si  vede  star  egli  al 
tjorrente  del  progresso  storico  mo- 


derno. 

Quantunque  non  sia  stato  dise- 
gno delPAutore  darci  neila  sua  opera 
una  storia  critica  e  documentata, 
pure  egli  tiene  conto  per  lo  piu  nella 
narrazione  e  ne'  suoi  giudizi  delle 
moderne  scoperte,  e  benche  aperta- 
mente  e  dichiaratamente  cattolico, 
non  rifugge  dal  confessare  il  bene 
e  il  vero  che  si  trovano  ne'  sistemi 
religiosi  di  altri  popoli,  e  nei  perso- 
naggi  storici  dell'antichita  pagana  e 
cristiana. 

Un  altrotitolopoi  pel  quale  questa 
storia  del  Parsons  va  segnalata  e  la 
lucidezza,  chiarezza  e  perpiscuita 
dello  stile,  il  che  fa  si  che  si  leg-ga 
senza  fatica,  anzi  con  sommo  pia- 
cere  Essa  servira,  non  ha  dubbio, 
di  gradito  pascolo  ai  religiosi  ed  alle 


606 


BIBLIOGRAFIA 


religiose  che  usano  leggere  a  tavola      ben  comincia  fc  alia  meta  dell'opera, 

in  tempo  di  pranzo  e  di  cena,  e  quasi      non  possiamo  non  congratularci  col 

quasi  si  direbbe  averla  1'Autore  scritta      chiaro  Autore  del  felice  successo  ed 

a  questo  fine.  Insomma  e  un  bel  la-      aspettare  con  desiderio  i  volumi  che 

voro,  e,  se  6  vero  il   detto   che   chi      verranno  in  seguito. 

PATRIZI  CLOTILDE.  —  Atomi.  Versi.  NapoK,  D'Auria,  1902,  16% 
152  p.  —  L.  2.  Si  vende  a  benefizio  dell'Opera  Salesiana  al  Vomero, 
presso  il  Sac.  A.  Piccono,  via  Alessandro  Scarlatti,  7,  Napoli.  Vo- 
mero. 
Non  esitiamo  a  dire  che  queste 

poesie  sono  migliori  delle  consuete 

a'  di  nostri.  II  fondo  ne  6  formato  per 

lo  piu  da  scene  di  famiglia,  da  quadri 

ridondanti  d'affetti  sempre  innocenti, 

spesso  cristiani  e  pii.  Di  versi  reli- 

giosi  per6  non  sentiamo  penuria ;  ma 

per  ordinario  sono  nella  forma  si  tra- 

scurati  ed   incolti,  che  un  letterato 

che   abbia  qualche   conoscenza   del 

Parnaso,  6  ben  difficile  che,  letto  il 

primo    componimento,  passi    al   se- 

condo  ed  al  terzo.  Qui  accade  il  con- 

trario,  e  qui  sta  il  merito  raro  della 

nobile   signorina.  Nelle   sue  poesie, 

non  solamente  il  contenuto  e  morale, 

religioso,  pio,  ma  anche  la  forma  6 

curata  con  diligenza  ed  amore.  No- 

bili  e  leggiadri  i  pensieri,  elegante 

la  frase,  sostenuto  il  verso,  per  entro 

al  quale  corre  sempre  un'onda  me- 

lodica  che  ti  cerca  soavemente  le  vie 

del  cuore :  insomma  il  senso  cristiano 

e  fuso  insieme  col  gusto  poetico,  in 

guisa  che  formano  un  tutto  delizioso. 

PERRELLA  JANUARIUS.  —  Theologiae  dogmaticae  specialis  Com- 
pendium, tironibus  accomodatum,  auctore  J.  Perrella,  ex  alino 
Theologorum  collegio,  etc.  Tomus  I.  Neapoli^  ex  typis  Michaelis 
D'Auria,  1903,  8°,  p.  397.  —  L.  4. 


Si  legga,  per  esempio,  la  parafrasi 
deirAve  Maria,  fatta  in  nove  diversi 
componimenti,  quante  sono  le  frasi 
di  cui  si  compone  quella  preghiera, 
e  si  vedra  che  leggiadra  e  cara  cosa 
ella  e.  Similmente  Al  figlio  lontano, 
Prima  delle  nozzc,  Presso  una  culla, 
L'ultimo  sorriso,  ecc.,  sono  lavori  si 
delicati  e  il  sentimento  umano  e  il 
cristiano  si  bellamente  vi  s'intrec- 
ciano  insieme,  che,  se  la  modesta 
poetessa  ha  voluto  chiamarli  atomi, 
noi  ci  sentiremmo  tentati  ad  appel- 
larli  atomi  d'oro.  Or  quetto  si  caro 
libro  si  vende  a  benefizio  di  un'Opera 
pia.  Quanto  bello  sarebbe  che  gli 
amanti  di  poesie,  e  specialmente  tutte 
le  signorine  napoletane  sel  procuras- 
sero !  Colla  tenue  offerta  di  due  lire 
concorrerebbero  alia  bell'opera,  e 
intanto  nelle  pagine  della  poetessa 
concittadina  avrebbero  una  lettura 
gradevolissima,  di  cui  giocondare  al 
tempo  stesso  la  mente  e  il  cuore. 


L'annunzio  d'un  buon  Corso  di 
Teologia  e  un  grande  regalo  per  i 
professor!  di  questa  scienza  ne'  Se- 
minarii ;  poiche  con  esso  in  mano  si 
risparmia  la  fatica  in  chi  insegna  e 
si  agevola  il  profltto  in  chi  impara. 
In  fatti,  quanto  tempo  prezioso  ta- 
lora  si  perde  o  in  dover  dichiarare 


quel  che  6  oscuro  nel  libro,  o  in  ri- 
stringere  in  breve  le  lungaggini  o 
in  aggiungere  quel  che  manca. 

II  Corso  del  chiaro  D.  Gennaro 
Perrella  ci  sembra  che  risponda  al 
tipo  ideale  d'un  libro  di  testo  per 
le  scuole  di  Teologia.  Egli  offre  in- 
tanto un  primo  volume  della  Teolo- 


BIBLIOGRAFIA 


607 


gia  specials  e  abbraccia  i  seguenti 
trattati :  I.  De  Deo  uno  ;  II.  De  Deo 
Trino ;  III.  De  Deo  Creatore. 

In  quest'ultimo  trattato  si  parla 
anche  dei  novissimi,  che  altri  au- 
tori  pongono  sotto  il  titolo  De  Deo 
consummatore. 

Dalle  proporzioni  assegnate  a  que- 
sto  volume,  sembra  che  tutto  il  Corso 
teologico  del  Perrella  debba  esser 
compreso  in  tre  volumi. 

Notiamo  con  compiacenza  il  senso 
dell  a  proporzione,  osservato  dall'Au- 
tore  nel  suo  Corso :  proporzione  in 
prima  nella  parte  formale,  ossia  con- 
temperando  egli  giustamente  tra  loro 
la  teologia  positiva  e  la  specolativa; 
proporzione  nella  scelta  delle  que- 

SAYIO  FEDELE.  --  Breve  storia 

Religione.  II  primo  Evo.  1-476 

16°,  YIII-136  p. 

Quandoun  libro  porta  in  fronte 
tin  nome  gia  illustre  nelle  storiche 
discipline,  ben  si  pu6  dire  ad  occhi 
chiusi:  Tolle  et  manduca.  II  p.  Savio 
si  propose  dettare  un  testo  di  storia 
ecclesiastica  pei  giovani  della  Scuola 
di  Religione,  a  fine  di  premunirli 
contro  quei  molti  errori  che  si  vanno 
spargendo,  specie  dalle  cattedre  uni- 
versitarie.  Egli  mette  quindi  loro  in 
mano  un  manuale,  che  pur  essendo 
acconcio  alia  loro  giovane  eta  e  quin- 
di  scritto  senza  apparato  esterna- 
mente  scientiflco  di  erudizioni,  di 
citazioni,  di  controversie,  contiene 
pero  tutto  il  succo  dell'  investiga- 
zione  moderna  e  della  critica  sana 
e  spassionata.  Si  pu6  attenersi  con 
piena  fiducia  alle  affermazioni  ed  alle 
conclusioni  qui  raccolte,  sicuri  di 
trovarne  la  conferma  scientifica  nei 
poderosi  volumi  dei  dotti  cattolici. 

Questo  primo  libro  va  dal  prin- 
cipio  dell'era  volgare  fino  al  Conci- 
lio  di  Calcedonia  nel  secolo  V.  II  pri- 


stioni,  non  lasciandosi  trasportare  a 
inutili  sottigliezze,  ne  per  altro  pri- 
vando  gli  scolari  d'una  coltura  in- 
tellettuale  teologica  acconcia  ai  tem- 
pi ;  proporzione  finalmente  nel  modo 
di  esporre  la  materia,  procedendo 
sempre  con  ordine  lucidissimo,  bre- 
vita  ed  efflcacia.  Anche  le  difficolta 
od  obbiezioni  (tanto  gradite  a  chi 
studia)  sono  schierate  con  ordine  per- 
fetto. 

Ci  congratuliamo  pertanto  con 
1'  illustre  Autore,  augurandoci  di  ye- 
der  presto  compiuta  questa  sua  opera 
dal  cui  studio  tanta  utilita  possono 
sicuramente  ripromettersi  i  giovani 
cultori  delle  scienze  aacre. 

della  Chiesa  ad  uso  delle  scuole  di 
,  Torino,  Libr.  del  S.  Cuore,  1903, 

mo  periodo  comprende  le  origini  e 
la  diffusione  del  Cristianesimo,  la  fon  - 
dazione  della  Chiesa  di  Roma,  la  di- 
struzione  di  Gerusalemme,  la  disper- 
sione  del  popolo  ebreo  e  la  storia 
delle  persecuzioni.  L'  altro  periodo 
espone  i  due  primi  secoli  dopo  la 
pace  della  Chiesa.  Le  lotte  religiose 
e  quindi  le  varie  eresie  sono  trattate 
ai  tempi  loro  con  brevita  e  chiarezza, 
come  sono  indicate  le  fonti  della  sto- 
ria della  Chiesa  e  le  important!  opere 
letterarie,  cominciando  dai  libri  del 
N.  Testamento  e  dei  Vangeli,  1'au- 
tenticita  dei  quali  viene  esposta  e  di- 
fesa.  In  fine  a  maniera  di  Appendice 
si  leggono  tre  note  important!  sul- 
1'anno  della  nascita  di  N.  S.  Gesu 
Cristo,  sulla  cronologia  dei  primi 
Papi,  e  sull'autorita  del  Liber  Ponti- 
ficalis  nelle  vite  dei  Papi  nei  primi 
cinque  secoli  della  Chiesa. 

Speriamo  che  il  ch.  Autore  pub- 
blichera  presto  il  seguito  della  sua 
storia.  Intanto  raccomandiamo  il  pre- 


608 


BIBLIOGRAF1A 


sente  volume  non  solo  ai  giovani,  ma       che  spesso  ne  sentono  d'ogni  fatta 

in  genere  a  tutti  gli  istituti  di  edu-       dai  professor!  e  dalle  professoresse 

cazione,  ed  in  modo  particolarissimo       alia  moda. 

alle  signorine  delle  scuole  magistral!, 

SEPET  MARIUS.  —  Origines  catholiques  du  theatre  moderne.  Les 
drames  liturgiques  et  les  jeux  scolaires,  les  mysteres,  les  origines 
de  la  comedie  au  moyen  age,  la  renaissance.  Paris,  Lethielleux, 
1901,  8°,  VIII-576  p. 


Fin  dal  1866,  il  ch  Autore  prese 
ad  occuparsi  con  rara  competenza 
delle  origini  del  teatro  moderno,  stu- 
diando  le  sacre  rappresentazioni  ed 
i  cosiddetti  misteri  del  medio  evo 
sotto  ogni  rispetto,  letterario,  dram- 
matico  ed  artistico,  e  continuo  poi 
sempre  a  mettere  in  luce  i  suoi  dotti 
lavori,  sotto  forma  di  articoli,  di  mo- 
nografie  di  recensioni,  di  note,  sparse 
nelle  principal!  riviste,  oltre  il  bel 
saggio:  Le  drame  chrttien  au  moyen 
age,  pubblicato  nel  1878.  Ma  fu  pen- 
siero  felice  quello  di  raccogliere  ogni 
cosa  in  un  sol  volume,  che  6  1'an- 
nunciato.  II  ch.  Autore  ha  fatto  qua 


lavoro,  vi  ha  aggiunto  a  pie'  di  pa- 
gina  le  citazioni  delle  opere  piu  impor- 
tanti,  uscite  in  luce  posteriormente ; 
ma  in  genere  ha  lasciato  ai  singoli 
articoli  I'originaria  loro  fisionomia,  e 
per  questo  ha  voluto  segnarli  con  la 
data  dell'anno  in  cui  farono  scritti. 
Soao  pero  ordinati  in  un  tutto  assai 
logico,  che  va  dai  primi  drammi  li- 
turgici  e  dai  misteri  del  medio  evo, 
fine  alle  origini  della  commediadu- 
rante  il  medesimo  medio  evo  e  nel- 
1'epoca  della  rinascenza,  inchiudendo 
anche  uho  studio  sull'origine  e  sulla 
storia  delle  celebri  rappresentazioni 
di  Oberammergau. 


scienza  si  divina  e  si  umana:  poi  al- 
quante  preghiere  da  lui  composte. 
Librino  prezioso. 


e  cola  qualche  ritocco  al   primitivo 

THOMAE  (D.)  AQUINATIS  Doet.  Angelioi  et  Scholarum- Catholicarum 

Patron!    Monita    et    Preces.    Utini,    typ.    Patronatus,    1903,    16% 

134  p.  —  L.  1,00. 

Contiene  un  benfatto  compendio 
della  vita  di  S.  Tommaso:  poi  gli 
ammonimenti  da  lui  dati  ad  un  no- 
vizio  intorno  al  modo  d'acquistare  la 
TONIOLO  GIUSEPPE,  prof.  —  II  Socialismo  nella  storia  della  Civilta. 

Linee  direttive.  Firenze,  libr.  ed.  Fiorentina,  1902,  8°,  104  p. 

Un  nuovo  libro  del  chiaro  Prof.  offrendo  cosi  ai  professori  come  agli 
G.  Toniolo  &  sempre  benvenuto  agli 
studiosi  di  question!  sociali.  Nel  vo- 
lumetto  presente  1'A.  ci  presenta  una 
eerie  di  lezioni  da  lui  tenute  all'Uni- 
versita  di  Pisa  e  stampate  piu  tardi 
nella  Rivista  Internationale  di  Roma. 

II  Socialismo  nella  Storia  della 
Civilta  e  il  tema  che  1'eminente  eco- 
nomista  svolge  in  queste  pagine,  con- 


cise si,  ma  chiare,  succose   ed  esa- 
minanti  il  soggetto  in  ogni  suo  lato, 


studenti  di  Economia  una  traccia 
storica  sicura  per  descrivere  scien- 
tificamente  il  Socialismo  dai  tempi 
antichi  fino  ai  presenti. 

Del  merito  intrinseco  del  libro 
stesso  e  inutile  parlare.  Basti  dire 
che  ^  scritto  da  uno  specialista,  la 
cui  penna  e  mossa  da  un  triplice 
amore,  1'amore  di  Dio.  del  prossimo> 
e  della  vera  scienza  cristiana. 


SIBLIOGRAFIA 


609 


VINCENT  CHARLES.  —  Sur  le 
1901,  16°,  360  p.  Fr.  3,50. 
II  chiaro  Vincent,  noto  per  altri 
lavori  letterarii  di  gran  pregio,  de- 
scrive  in  questo  racconto  la  comu- 
nicazione  intima,  dolce  e  misteriosa 
per  mezzo  della  nreghiera  di  un  ma- 
rito  amante  colla  propria  moglie  de- 
funta  e  da  lui  adorata. 

La  scena  si  svolge  in  Brettegna, 


seuil  de  1'au-dela.    Paris,    Douniol, 

la  terra  classica  del  soprannaturale, 
e  mira  deli'A.  e  di  contrapporre  la 
sana  dottrina  cattolica  alle  pazze  teo- 
rie  e  pratiche  dei  moderni  spiritist! . 
L'A.  ha  certamente  conseguito  il  suo 
fine,  con  questo  racconto  seducente, 
scritto  bellamente  e  con  una  sottile 
analisi  psicologica. 


YLIEBERG  E.  —  La  Question  Agraire  en  Irlande.  Brecht,  imprimerie 

Braeckmans,  1901,  8°,  80  p. 

L'Autore  di  questa  memoria  co- 
nosce  perfettamente  il  suo  tema  Lo 
studia,  lo  discute,  lo  vaglia  sotto  ogni 
suo  lato  ed  arriva  alia  conclusione 
che,  rispetto  alia  questioiie  agricola 
irlandese.gringlesihannofattomoito, 
ma  non  ancora  abbastanza;  le  loro 
concession!  furono  strappate  dalla 
paura,  e  solo  una  restituzione  in- 
tera  delle  terre  irlandesi  alia  gente 


del  paese  potra  mai  pacificare  la  po  - 
veralrlanda.fiveropero  anche  quello 
che  not6  tempo  fa  uno  dei  piu  illu- 
minati  e  piu  devoti  patroni  dell'Ir- 
landa,  il  sig.  Plunkett,  vale  a  dire 
che  «  non  ostante  tutti  gli  sforzi  del 
Governo,  non  si  potra  accrescere  ma- 
terialmente  la  riccbezza  del  paese  e 
la  prosperita  del  popolo  irlandese 
senza  un  grande  sforzo  nazionale  ». 


WADSWORTH  LONGFELLOW  HENRY.  —La  Divina  Tragedia.  Prima 
traduzione  dairoriginale  inglese  per  RAFFAELLO  CARDAMONE,  con  note 
e  illustrazioni.  JRocca  S.  Casciano,  Cappelli,  1902,  16°,  192  p.  L.  3. 


E  questo  veramente  per  noi  ita- 
liani  un  lavoro  di  nuovo  genere.  E 
intitolato  La  Divina  Tragedia,  ciofc 
La  Passione  di  N.  S.  G.  C.;  ma  ab- 
braccia  invece  i  tre  anni  della  vita 
pubblica  del  Redentore,  divisi  in  tre 
parti,  ciascuna  delle  quali  ci  rappre- 
senta,  in  tante  diverse  scene,  i  fatti 
principal!  del  vangelo.  E  diciamo  del 
vangelo,  perch6  generalmente  e  ri- 
prodottofedelmente:nonsempreper6, 
come  quando  Giuda  e  rappresentato 
in  atto  di  suicidarsi  gettandosi  da 
un'alta  rupe.  L'azione  drammatica  e 
ben  sostenuta,  e  dal  principio  sino 
alia  fine  vi  domina  un  non  so  che  di 
grandiose,  di  solenne,  di  sacro  cbe 


penetra  1'anima  profondamente  e  tutta 
la  pervade  di  sentimento  religiose. 
«  Se  in  tutto  lo  svolgersi  del  dramma, 
avverte  il  traduttore,  puo  parere  per 
avventura  arbitraria  una  qualche 
scena,  o  men  connessa  con  le  rima- 
nenti,  quella  non  e  cbe  UQ  commecto 
legittimamente  derivato  dalla  qualita 
dei  caratteri  dei  personaggi  e  dallo 
studio  dei  luoghi.  »  E  inutile  poi  no- 
tare  che  lo  stile  e  assai  diverse  dal 
nostro,  perche  schiettamente  inglese: 
il  traduttore  pero,  pur  serbandone  la 
natia  impronta,  ha  saputo  preseutare 
questa  Divina  Tragedia  in  buoca  ve- 
ste  italiana. 


Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1265.        39  28  febbraio  1903. 


GRONAGA  GONTEMPORANEA 


Roma,  13-26  febbraio  1903. 


COSE  ROMANS 

1.  Feste  pel  Giubileo  Pontificate  di  Leone  XIII.  Pellegrinaggio  Argentine. 
—  2.  Pellegrinaggio  Beneventano  e  Pugliese.  —  3.  Pellegrinag-gio  Lom- 
bardo  ed  Emiliano.  Ricevimento  nell'Aula  delle  Beatiflcazioni.  Offerta 
dei  doni.  Te  Deum  a  S.  Pietro.  —  4.  Commemorazione  del  XXV  anni- 
veraario  del  P.  Secchi. 

1.  Era  ben  naturale  che  sul  finire  dell'anno  giubilare  prendessero 
nuovo  impulse  le  manifestazioni  di  gioia  tra  i  fedeli  per  un  fatto 
cosi  raro  nella  Storia  della  Chiesa:  e  in  questi  giorni  Roma  si  po- 
polava  di  pellegrini  e  prendeva  quell'  animazione  straordinaria  e  quel- 
1'aspetto  caratteristico  che  le  viene  dall'esser  centre  della  vita  reli- 
giosa  nel  mondo. 

Noi  ci  restringeremo  a  riferir  qui  i  ricevimenti  piu  solenni  dei  di- 
versi  gruppi  di  pellegrini,  rimettendo  a^  altro  quaderno  la  descri- 
zione  delle  altre  feste. 

Gria  fin  dai  primi  di  febbraio  era  giunto  il  pellegrinaggio  Argentine 
diretto  da  Monsignor  Echagiie  protonotario  apostolico,  composto  da 
circa  un  centinaio  di  persone  trale  quali  notavansi  i  rappresentanti 
delle  diocesi  di  Salta,  di  Tucuman,  di  Cordoba,  di  la  Plata,  di  San- 
taf&,  di  Parana  e  di  S.  Giovanni  di  Cuyo :  del  Comitato  perle  feste 
giubilari,  della  Gioventu  cattolica  di  Buenos  Ay  res,  del  Comitato 
centrale  di  tutti  i  Circoli  operai  doll' Argentina,  della  Societa  Delle 
Madri  Cristiane  ed  altre  molte,  coi  rappresentanti  dei  periodici  cat- 
tolici :  Los  principios,  El  literal,  II  Mensajero  del  Sagrado  Corazon, 
La  Esperanxa,  El  Pueblo,  e  La  Voz  de  la  Iglesia. 

II  10  febbraio  il  pellegrinaggio  presentato  dal  Card.  Yives  y  Tuto 
e  dal  sig.  Garcia  Mansilla  Incaricato  di  affari  della  Repubblica  Ar- 
gentina, era  ricevuto  dal  Santo  Padre  nella  Sala  del  Trono.  Mon- 
signor Echague  rimetteva  a  S.  S.  una  lettera  autografa  di  S.  E.  il 
Generale  Roca  presidente  della  Repubblica  :  i  pellegrini  offerivano  i 
loro  doni.  II  Papa,  assisosi  in  Trono,  ammetteva  ciascuno  al  bacio  della 
mano  rivolgendo  a  ciascuno  la  parola  con  paterna  benevolenza  ed  im- 
partiva  1'apostolica  benedizione. 


CRONACA  CONTEMPORANEA  611 

2.  Nei  giorni  seguenti  giungeva  in  Eoma,  condotto  da  Monsignor 
Arcivescovo  Benedetto  Bonazzi,  il   pellegrinaggio   Beneventano   com- 
posto  di  1200  persone,  sotto  la  direzione  del  Duca  di  Santa  Severina 
presidente  del  Comitato  regionale  dell'Opera  del  Congress!:  quello  di 
Andria  condotto  dal  Yescovo  di  quella  citta  Mgr.  Staiti  del  marches! 
di  Brancaleone  e  finalmente   400  pellegrini  pugliesi   con   Mgr.  Jorio 
Arcivescovo  di  Taranto  e  Mgr.  Yaccaro  Arcivescovo  diBari   ed  altri 
Yescovi  della  regione. 

Sul  mezzogiorno  del  venerdi  13,  i  pellegrini  si  radunavano  nell'Aula 
delle  Beatificazioni  spiegando  i  vessilli  delle  Associazioni  e  dei  Oircoli 
intorno  al  Trono  pontificio. 

Assistevano  i  loro  diocesani,  gli  Arcivescovi  di  Benevento,  di  Ta- 
ranto, di  Bari,  e  di  Marcianopoli,  i  Yescovi  di  Foggia,  di  Gallipoli, 
di  Lecce,  di  Avellino,  di  Andria,  di  Molfetta,  di  Bitonto,  di  Bovino, 
di  Ugento,  di  Alife,  di  Cerreto  Sannita,  di  Aquino,  di  Castellaneta, 
di  Sora  e  Pontecorvo,  di  Ascoli  e  Cerignola,  ed  i  Yicari  General!  di 
Brindisi  e  di  Taranto.  II  Santo  Padre  in  sedia  gestatoria,  scortato  dalla 
Guardia  Nobile  col  solito  accompagnamento,  entrava  nell'Aula  salutato 
da  calorose  acclamazioni.  Dopo  che  Egli  fu  assiso  in  trono  e  cessarono 
gli  applausi,  Mgr.  Bonazzi  umiliava  un  devoto  indirizzo  a  nome  di 
tutte  le  diocesi  rappresentate :  e  S.  S.  con  paterno  affetto  rispondeva 
ricordando  la  sua  gioventu  trascorsa  in  Benevento  allorche  nel  febbraio 
1833  era  nominate  Delegate  Apostolico  in  quella  citta  :  rammentava 
con  visibile  commozione  le  preghiere  e  le  pubbliche  procession! 
de'  buoni  beneventani  in  occasione  di  una  sua  gravissima  malattia:  ed 
ora  accettava  i  voti  dei  figli  di  coloro  che  avevano  allora  ottenuta 
dal  Cielo  la  sua  conservazione ;  e  sopra  di  essi  e  sulle  loro  famiglie 
invocava  1'apostolica  benedizione. 

3.  Piu  numeroso  e  piu  solenne  fu  il  ricevimento  del  20  febbraio 
fatto  nell'Aula  stessa,  troppo  stretta  alia  gran  calca  di  pellegrini  ac- 
corsi  in  Roma  per  il  faustissimo  anniversario :  numerosi  sopra   tutti 
i  lombardi  che  erano  incirca  duemila,  quei  di  Ferrara  e  di  Toscana, 
un  gruppo  di  belgi,  un  altro  di  francesi  e  gran  numero  di  stranieri 
di  ogni  nazionalita,  che  occupavano  la  Sala  Regia,  dove  parimente  si 
schierava  1'intero  Seminario  deH'Archidiocesi  milanese  coi  Superior!  e 
Professori.  Ai  lati  del  Trono  in  tribune  special!  presero  posto  a  destra 
reccellentissima  Famiglia  Pecci;  a  sinistra  la  Missione  straordinaria 
inviata  per  la  circostanza  del  Giubileo  Pontificale  da  S.  M.  Alfonso  XIII 
re  di  Spagna,  a  capo  della  quale  e  il  conte  Almodovar,  Grande  di  Spa- 
gna,  e  di  cui  fanno  parte  il  marchese  di  Herrera,  ministro  residente,  il 
colonnello  Blanco,  aiutante  di  campo  del  re,  ed  il  sig.  Hontoria,  addetto 
al  ministero  degli  Eateri.  lutorno  al  Trono  erano  gli   Emi  Cardinal! 
Boschi,  Ferrari,  Macchi,  Mocenni,  Perraud,  Respighi  e  Satolli ;   un 


612  CRONACA 

gran  numero  di  Arcivescovi  e  Vescovi,  di  Blois,  Orleans,  Bayeux, 
Beauvais,  Soissons,  Clermont,  Valleyfield,  Jassy,  Premislia,  Como,  Pa- 
via,  Crema,  Asti,  Casale,  Potenza,  Brindisi,  Taranto,  Mantova,  Padova, 
Veroli,  Anagni,  Aoquapendente,  Durazzo,  Belem  del  Para  nel  Brasile 
ed  altri.  Numerosissime  le  rappresentanze  delle  Associazioni  cattoliche 
della  Lombardia  e  deli'  Emilia  colie  loro  bandiere ;  nonche  quelle  del 
varii  Coilegi  della  romana  Prelatura,  del  patriziato  romano,  e  distinti 
personaggi,  tra  i  quali  il  Principe  Schoaburg-Waldenburg,  sposo  della 
principessa  Alice  di  Borbone. 

Entusiastiche  grida  sooppiarono  nell'Aula  all'entrare  del  Santo  Pa- 
dre che  ttorido  nell'aspetto  sorrideva  e  paternamente  benediceva  alia 
folia  plaudente.  Assisosi  il  Papa,  primo  si  fece  innanzi  S.  E.  ii  Card.  Re- 
spighi  e,  letto  un  elegante  indirizzo  latino  di  ossequio  e  devozione,  a 
nome  del  Comitato  internazionale  per  il  solenne  Omaggio  a  Gesu  Cristo 
Redentore,  insieme  con  Mgr,  Radini-Tedeschi  e  col  conte  Gio.  Acqua- 
derni.  presentava  al  Sommo  Pontefice  il  Triregno  d'oro,  dono  collet- 
tivo  dei  fedeli  d'ogni  nazione  e  di  ogai  diocesi,  opera  assai  pregevole 
del  valente  incisore  bolognese  Augusto  Milani.  II  corpo  della  tiara  e 
in  finissima  lama  d'argento  corso  tutto  intorno  da  un  intreccio  di 
rami  d'olivo  lavorati  a  sbalzo.  Le  tra  corone  di  puro  oro,  in  pieno  ri- 
lievo,  portano  nella  fascia  tre  iscrieioni  dettate  dal  chiar.  Mgr.  Tarozzi: 
in  quella  alia  base,  Maximus  in  terris  divino  iure  Sacerdos:  in  quella 
di  mezzo,  Nescius  errandi,  fidei  morumque  magister :  nella  piu  alta, 
Omne  regis  Ghristi  pastorum  pastor  ovile.^  Nel  Pinter  tfallo  tra  la  prima 
e  la  seconda  corona  campeggiano  sei  medaglioni  stupendamente  lavo- 
rati in  niello,  quattro  de'  quali  a  figura,  cioe  S.  Pietro,  Leone  XIII, 
Pio  IX,  i  tre  soli  pontefici  che  hanno  compiuto  ii  Giubileo,  e  una 
figura  d'Angelo :  gli  aitri  due  racchiudono  le  date  del  fausto  avveni- 
mento.  colle  parole  :  Leoni  X.I1I —  Annum  XXV —  Saeri  Prineipatus 
feliciter  complenti;  e  X.  Kal.  Mart.  Anno  MDCCCCIH--  Collata  Ga- 
tholicorum  stipe.  Nello  spazio  tra  la  seconda  e  la  terza  corona  non  vi 
sono  che  due  medaglioni  centraii,  de'  quali  1'anteriore  raffigura  il  Buon 
Pastore,'  nel  posteriore  e  niellata  la  croce,  emblema  del  Comitato.  La 
parte  poi  della  tiara  sopra  la  terza  corona  e  tutta  a  vaghissimo  tra- 
faro  che  da  una  grazia  squisita  al  disegno,  e  la  desiderata  leggerezza 
al  Triregno  che  in  tutto  non  pesa  piu  di  un  chilogrammo. 

Succedeva  I'Emo  Card.  Ferrari,  Arcivescovo  di  Milauo,  che  con 
affettuose  parole  presentava  al  Santo  Padre  1* offer ta  della  Grande  Me- 
daglia  commemorativa  del  Giubileo  Pontificale  in  triplice  esemplare 
di  oro,  argento  e  bronzo  col  conio  stesso,  come  omaggio  dei  Pellegrini 
lombardi  e  dei  Yescovi  della  regione.  La  medaglia,  artistico  lavoro 
uscito  dalle  officine  Johnson  di  Milano,  ritrae  da  un  lato  1'efflgie  di 
Leone  XIII  colla  scritta :  Leo  XIII,  Pont.  Max.  Sacri  principatus 


CONTEMPORANEA  613 

.A.  XXVI:  dall'altro  e  rappresentato  il  Divin  Redentore  che,  circon- 
dato  dagli  Apostoli,  cocferisce  a  Pietro  la  Suprema  Potesta :  e  sotto 
e  il  motto,  Tu  es  Petrus  et  super  hanc  petram  aediftcabo  Ecclesiam 
meam  et  portae  inferi  non  praevalebunt  adversus  earn.  Coll  a  medaglia 
era  offerta  una  ricchissima  bandiera  dono  della  citta  di  Como. 

A  sua  volta  1'Emo  Card.  Boschi,  Arcivescovo  di  Ferrara,  con  no- 
bili  sensi  illustrava  il  dono  che,  a  nome  delle  Curie  Vescovili  di  cui 
e  capo,  poneva  ai  piedi  di  Sua  Santita,  cioe  la  riproduzione  delle  sim- 
boliche  Chiavi.  1'una  d'oro,  1'altra  d'argento,  contenenti  monete  d'oro 
quale  oiferta  per  1'Obolo  di  S.  Pietro.  Da  ultimo  i  Membri  del  Comi- 
tato romano  pei  festeggiamenti  presentavano  un  elegante  volume  in 
pergamena  coi  nomi  di  tutti  gli  oblatori  che  hanno  voluto  coneorrere 
ai  restauri  dell'arcibasilica  di  S.  Giovanni  in  Laterano,  e  le  loro  of- 
farte ;  ed  i  Membri  del  Comitato  Internazionale  per  il  solenne  Omaggio 
-a  GK  C.  Redentore  presentavano  1'obolo  della  Tiara  ed  a  nome  anche 
dei  Pellegrinaggi  italiani  ed  esteri  venuti  a  Roma  nelPAnno  Santo 
rassegnavano  le  somme  residue  deH'amministrazioneMi  detto  Comitato. 

II  Santo  Padre,  dopo  aver  ammirato  i  ricchi  doni  e  aver  paterna- 
mente  ringraziato  gli  oblatori,  rispondeva  agli  affettuosi  indirizzi  letti 
-dagli  Eiiii  Cardinal!  col  seguente  discorso  : 

<  Venerabiles  fratres,  dilecti  filii 

«  Quod  haec  apostolici  muneris  longinquitas  uno  post  beatum  Pe- 
trum  exemplo  Nobis  contigit,  sane  nil  tale  meritis,  divinae  bonitatis 
memorabile  ac  singulare  benefieium  Nobiscum  agnoscite.  QuaridoOj^ui- 
dem,  si  itinera  flexusque  naturae  usitati  spectentur,  quota  spes  erat 
nt  Nobis  inter  extrema  senectutis  hodiernus  illucesceret  dies?  Atque 
iUius  summi  Principis  atque  omnia  moderantis  Dei  in  hoc  etiam  pro- 
videntia  apparet,  quod  auspicato  contigit  ut  per  occasionem  privati 
eventus  maiorem  flammam  pietatis  multi  ubique  gentium  conciperent. 

«  Quippe  multitude  ingens  gratulantium  Nobis  et  fausta  oompre- 
cantium  hoc  tempore,  nequaquam  Nos  privatim,  sed  personam,  quae 
geritur  a  Nobis,  contemplantur  animo  et  colunt.  Id^ipsa  hodie  testatur 
praesentia  vestra :  nam  si  con  venire  tarn  frequentes  in  hunc  locum, 
obsequii  caussa  placuit,  quid  magis  pepulit  animum,  quam  imago 
Petri?  Immo  vero  haec  ipsa  munera,  communis  populorum  pietatis 
non  vulgare  testimonium,  Corona  tergenaina,  Claves  mysticae,  nihil 
nisi  vim  ac  maiestatem  romani  Pontificatus  loquuntur.  Nee  absimilem 
signincationem  habet  percussum  memoriae  caussa  numisma  insigne, 
et  quidquid  collatum  undique  ad  o^era  templi  Lateranensis  fait:  vo- 
luntas  enim  honorandi  Pontificis  immilit  ad  liberalitatem. 

«  His  ex  rebus,  propter  id  maxime  quod  in  honorem  vertunt  Do- 
mini nostri  Dei,  tempestivum  solatium  inter  amara  curarum  perci- 


614  CRONACA 

pimus.  Amanter  ergo,  quotquot  heic  adestis,  complectimur,  vos  in 
primis,  dilecti  filii,  agendae  magnificentius  celebritatis  auctores  et 
principes.  Singulare  studium  vestrum  curasque  hac  de  caussa  ultro 
susceptas  grato  animo  prosecuturi  sumus  et  memori.  Haec  vero  a  Nobis 
tamquam  mandata  novissima  accipite  mentibusque  insculpite  uni- 
versi,  salutem  non  nisi  in  Ecclesia,  instrumentum  salutis  praevalidum 
ac  perpetuum  in  Pontificatu  romano  Dei  iussu  esse  quaerendum.  > 

Dopo  che  Sua  Santita  ebbe  con  ferma  voce,  fra  la  generale  com- 
mozione,  impartita  la  Benedizione  apostolica,  ed  ammesso  al  bacio  della 
mano  gli  Arcivescovi  e  Vescovi  presenti  e  le  varie  Deputazioni  e  Co- 
mitati  intrattenendosi  benevolmente  con  ciascuno,  tra  ripetuti  e  piu 
caldi  applausi  risaliva  in  sedia  gestatoria  e  tornava  ai  suoi  privati 
appartamenti,  non  senza  essersi  soffermato  ancora  nella  sala  Regia. 
per  ammettere  al  bacio  della  mano  gli  alunni  del  Seminario  Arrive  - 
scovile  di  Milano. 

II  giorno  stesso  vi  fa  maraviglioso  concorso  di  pellegrini  e  di  po- 
polo  a  S.  Pietro  per  la  Messa  pontificata  da  S.  E.  il  Card.  Rampolla, 
e  piu  ancora  pel  solennissimo  Te  Deum  cantato  a  vicenda  dalla  Cap- 
pella  Giulia  e  dal  coro  di  migliaia  di  voci  che  si  levavano  echeg- 
giando  per  le  immense  navate  del  tempio.  Trecento  membri  dei  Co- 
mitati  parrocchiali  e  delle  Associazioni  cattoliche,  il  Seminario  Ro- 
mano, il  Capitolo  e  Clero  Yaticano,  una  lunga  schiera  di  Arcivescovi 
e  Yescovi  presenti  in  Roma  per  la  circostanza  accompagnavano  pro- 
cessionalmente  il  Cardinale,  e  circondavano  1'altare  della  Confessione. 
Finita  la  funzione  dopo  il  tramonto,  mentre  la  gente  sfollava  len- 
tamente  riversandosi  nella  piazza,  la  facciata  veniva  illuminandosi  di 
fiaccole  che  ne  disegnavano  le  linee  principal!.  Altri  edifizi  pure  ac- 
cesero  fuochi  di  gioia,  anticipando  un  saggio  della  grande  luminaria 
che  si  prepara  per  il  3  Marzo  prossimo. 

4.  Giovedi  26,  venticinquesimo  anniversario  della  morte  del  Padre 
Angelo  Secchi,  (26  febb.  1878)  si  tenne  la  Commemorazione  promossa 
dal  Comitato  Romano  di  cui  fu  principal  ispiratore  il  cav.  prof.  Per- 
sichetti,  presidente  della  Federazione  Piana  e  del  Comitato  diocesano 
di  Roma,  presidente  effettivo  il  P.  Giuseppe  Lais  d.  0.  vicediret- 
tore  della  Specola  Yaticana,  e  cooperatori  indefessi  il  Commeiidatore 
Alliata,  il  prof.  Tuccimei,  il  cav.  Grossi  Gondi. 

Fu  veramente  una  riuscitissima  festa.  Splendida  la  radunanza, 
onorata  della  presenza  degli  Emi  Steinhuber,  Tripepi,  Yincenzo  Yan- 
nutelli,  Richelmy  e  Ferrari:  una  quindicina  pure  di  Yescovi  erano 
presenti  tra  cui  Mgr.  Maffi  Yescovo  ausiliario  di  Ravenna,  presidente 
della  sezione  scientifica  della  societa  degli  Scienziati  italiani :  ben 
inteso  il  programma ;  eccellente  1'orchestra  sotto  1'appassionata  di- 
rezione  del  Maestro  D.  Lorenzo  Perosi  di  cui  si  esegui  un  gioiello 


CONTEMPORANEA  615 

musicale  scritto  per  la  circostanza,  V  Adagio  del  Tema  con  variazioni, 
che  fu  dovuto  bissare.  Una  cosa  sola  fu  causa  di  malcontento ;  che 
cioe  la  Sala  non  fosse  doppia  per  ricevere  il  troppo  gran  numero  di 
invitati  che  se  ne  dovettero  ritornare  dolendosi  di  non  poter  prender 
parte  alia  simpatica  dimostrazione. 

Le  felicissinie  parole  d'  introduzione  del  cav.  Persichetti  elettriz- 
zarono  gli  animi  col  loro  spontaneo  e  comunicativo  ardore;  special- 
mente  quando,  esposto  lo  scopo  delle  onoranze,  rivolse  la  frase  ai  gio- 
vani  studenti,  additando  loro  nel  Secchi  la  prova  delPunione  tra  la 
scienza  e  la  fede  e  confortandoli  a  non  ascoltare  coloro  clie,  dotti 
nelle  loro  discipline,  non  hanno  il  diritto,  fuori  del  campo  scienti- 
fico,  di  scuotere  la  base  della  credenze  religiose  con  vane  ipotesi,  o 
con  desolante  scetticismo.  Applausi  unanimi  accolsero  pure  un  sa- 
luto  al  «  Yegliardo  del  Vaticano  »  Mecenate  delle  scienze  e  Mae- 
stro del  mondu  nelle  sue  encicliche.  —  II.  P.  Lais  espose  poi  mae- 
strevolmente  i'opera  astronomica  del  P.  Secchi;  il  revmo  prof.  Mo- 
rano  ne  mise  in  bella  luce  1'opsra  fisica :  e  il  prof.  Tuccimei  illustro 
leggiadramente  la  vita  e  il  carattere  dell'uomo  e  del  religiose:  e  noi 
per  brevita  di  spazio,  rimandiamo  i  nostri  lettori  a  quanto  abbon- 
dantemente  ne  fu  detto  altrove  nel  nostro  periodico. 

Tra  le  numerosissime  adesioni  di  Accademie,  Facolta  Universi- 
terie,  Osservatorii,  lette  nell'adunanza  stessa,  noteremo  un  telegramma 
di  Ghiglielmo  Marconi  salutato  da  comuni  applausi. 

II. 
COSE  ITALIANS 

1.  La  mozione  Mirabelli  alia-  Camera.  Un  incidente  disgustoso.  —  2.  An- 
cora  la  questions  del  Manicomio  di  S.  Servilio  a  Venezia.  —  3.  Comizio 
della  Lega  del  lavoro  a  Napoli  contro  il  divorzio. 

1.  Un  insolito  movimento  animo  per  qualche  giorno  la  Camera  che 
con  to  fino  a  piii  di  300  deputati;  ed  attiro  molti  spettatori,  specie 
militari,  alia  discussione  della  mozione  Mirabelli  contro  le  cosi  dette 
spese  improduttive  cioe  quelle  fatte  per  1'esercito  e  per  la  flotta.  Ma, 
diciamolo  subito,  fu  tutto  tempo  e  fiato  sprecato;  perchd  la  Sinistra 
che  moveva  la  discussione  non  portava  un  programma  determinate 
e  logico,  ne  voleva  spingere  agli  estremi  il  Ministero  col  quale  ha 
intelligenze  e  legami.  Era  dunque  una  vana  lotta  di  parole,  durata 
quattro  lunghi  giorni,  senza  scopo  sincero,  senza  fare  un  passo  utile: 
era  anche  un  errore  tattico  per  la  scelta  infelice  delle  circostanze, 
mentre  da  una  parte  il  bilancio  6  in  fiore,  e  dall'altra  le  condizioni  eu- 
ropee  piene  di  sospetti  e  la  flotta  italiana  implicata  in  una  dimostra- 
zione navale  sulle  coste  americane. 


616  CRONACA 

In  sostanza  Ton.  Mirabelli  e  i  compagni  repubblicani  hanno  ri- 
cantata  «  1'  impossibility  della  guerra  e  la  universale  tendenza  alia 
pace:*  hanno  declamato  contro  la  caserma  e  la  «vita  oziosa  »  del 
soldato :  hanno  descritto  a  foschi  color!  il  dieagio  economico.  Ci  fu 
Pon.  Ferri  che  oso  attribuirc  le  vittorie  italiane  alle  bande  garibsldine 
e  non  all'esercito  che  poche  volte  vinse:  TOD.  Ciccotti  invece  trovd 
inutile  la  flotta  da  cui  non  si  ebbe  che  Lissa,  e  ne  nacque  natural- 
mente  tumulto  e  proteste.  Con  quelle  declamazioni  si  sarebbe  provato 
non  la  opportunity  di  diminuire  le  spese  militari  ma  anzi  di  soppri- 
merle  totalmente.  E  in  fondo,  a  cid  fecero  allusions  parecchi  di  loro, 
vantando  il  sistema  svizzero  e  dichiarando  apertamente  per  booca 
dell'on.  Ciccotti  che  «  la  naaione  armata  sta  nel  cuore  dei  repubblicani 
come  meta  »  :  ma  per  ora  si  contenterebbero  almeno  che  1'esercito  fosse 
mezzo  di  difesa  nazionale  e  non  istrumento  d'oppressione. 

Parlarono  a  difesa  dei  loro  minister!  gli  on.  Ottolenghi  e  Morin,. 
e  dopo  di  loro  il  Presidente  del  Consiglio,  il  quale  seppe  con  molta 
arte  riassumere  i  diversi  punti  della  questione.  Ammise  che  le  spese 
militari  devono  essere  propcrzionate  alle  condizioni  economiche  del 
paese  ;  ma  vi  e  un  minimo  indispensabile  che  bisogna  concedere  alle 
esigenze  della  difesa  Dazionale.  Non  siamoricchi,  e  vero,  ma  appunto 
percio  spendiamo  molto  meno  che  F  Inghilterra,  la  Francia,  la  Ger- 
mania.  Mentre  tutti  gli  Stati  accrescono  le  loro  spese  e  le  loro  forze 
militari,  potremo  noi  soli  diminuirle  ?  TjTon  escluse  possibili  economic, 
ma  nascono  anche  sempre  nuovi  bisogni :  si  potra  spendere  meglio, 
ma  certamente  non  si  pud  spendere  meno. 

Si  e  inneggiato  alia  pace,  disse,  ma  non  pace  inerme,  se  si  vuole 
che  F  Italia  abbia  un  valore  e  tenga  il  posto  che  le  spetta  nel  mondo.  Si 
e  parlato  di  nazione  armata,  citando  anche  1'eroico  esempio  dei  Boeri: 
ma  lo  stesso  loro  duce  De  Wet  riconobbe  che  la  man  can  za  di  disci- 
plina  e  di  organizzazione  fu  quella  che  rese  inutili  le  altre  mirabili 
virtu  di  quel  popolo.  Solo  una  forte  e  sapiente  preparazione  da  agli 
eserciti  la  vittoria.  Facciamo  dunque  che  il  nostro  non  manchi  dei 
mezzi  indispensabili,  e  sappiano  tutti  che  F  Italia,  mentre  desidera 
vivamente  e  sinceramente  la  pace,  puo,  occorrendo,  difendere  e  fare 
rispettare  il  suo  buon  diritto. 

La  mozione  fu  quindi  rigettata  da  269  yoti  contro  64. 

Un  incidente  disgustoso,  ma  caratteristico  per  far  conoscere  «  Fam- 
biente  »  (e  per  questo  noi  lo  riferiamo)  turbo  la  seduta  del  24  feb- 
braio.  Ne  fu  occasione  un'  interrogazioae  dell'on.  Monti- Guarnieri  so- 
pra  un  fatto  avvenuto  a  Zara,  dove  la  Societa  chiamata  Unione 
Zaratiana  avendo  ornate  le  sue  sale  per  una  festa  coi  ritratti  dei  So- 
vrani  d' Italia,  un  poliziotto  ordino  si  tcgliessero  dicendo  :  levate  quei 
Savoia  e,  avutone  rifiuto,  fu  disciolta  la  Societa.  L'on.  Monti- Guar- 


CONTEMPORANEA  617 

mieri  lamentava  che  1'Austria  lasciasse  maltrattare  i  dalmati  italiapi 
-che  si  ricordano  della  patria  lontana  e  del  suo  re  cogli  arbitrii  del 
poliziotti  «  tristi  e  canaglie*.  A  quel  punto  dall'Estrema  Sinistra 
Ton.  Gattorno,  con  voce  steatorea,  grida:  Che  cosa  c'entra  Monti- 
Guarnieri  col  patriottismo,  lui  che  fa  il  servitore  dei  Savoia !  —  Le 
quali  parole  suscitano  un  vero  pandemonio.  Contro  del  Gattorno  ur- 
lano  Ton.  Santini  ed  altri :  Borbone !  Affarista  di  monache !  falso  co- 
lonnello  !  buffone  !  pagliacoio  !  croato  !  11  povero  Presidente  non  sa  come 
sedare  il  tumulto.  Faccia  il  suo  dovere,  gli  si  grida  dalla  Destra,  lei 
ci  lascia  insultare:  dobbiamo  pur  difenderci  da  noi.  II  Presidente  ri- 
chiama  all'ordine  il  Gattorno  che  vuol  parlare,  ma  la  Destra  gridando 
in  coro,  lo  impedisce  e  domanda  contro  di  lui  la  censura.  Servitori 
•del  re !  si  grida  dalla  Sinistra.  E  daila  Destra :  Yoi  servite  la  piazza  ! 
Buffoni!  Canaglie  rosse!  II  Presidente  sorge  in  piedi  ed  esclama  con 
forza:  Qui  dentro  non  c'e  nessuno  che  non  si  vanti  di  servire  il  re! 
—  La  sinistra  risponde  invasata :  Noi  serviamo  il  popolo !  Viva  la  re- 
pubblica !  Abbasso  il  re  !  Noi  non  vogliamo  servitu  !  —  Le  ingiurie  si 
incrociano  da  ogni  parte :  Pagliaccio !  Baritone  sfiatato !  Andate  a  fare 
il  croato!  —  Viva  la  repubblica!  Viva  1'umanita !  L'on.  Biancheri 
-vedendo  di  non  poter  dominare  il  baccano  infernale  (1'aggettivo  e  del 
Giornale  d'ltalia)  si  copre  e  sospende  la  seduta,  che  a  farlo  apposta 
xon  poteva  cadere  in  giorno  piti  adatto  —  il  martedi  grasso ! 

2.  I  nostri  lettori  ricorderanno  certamente  la  guerra  sleale  mossa 
-ai  PP.  Fatebenefratelli  dell'isola  di  S.  Servilio  a  Venezia.  Noi  nar- 
Tarn  mo  gia  come  il  Direttore  di  quel  Manicomio,  1'egregio  dottor  Mi- 
noretti  fosse  arbitrariamente  privato  delle  sue  funzioni  sotto  pretesto 
di  calunniose  o  del  tutto  vane  querele.  Quelle  calunnie  trovarono  un 
eco  nella  Camera  dei  Deputati  dove  nessuno  si  levo  a  difesa  del  vero, 
^nzi  il  Ministero  si  anretto  di  condannare  i  religiosi  senza  averli 
uditi;  e  con  decreto  prefettizio  era  nominato  un  commissario  regio  e 
sospesa  1'amministrazione  stessa  del  Manicomio  veneto.  La  rnedesima 
-questione  aveva  avuto  pure  di  rimbalzo  la  sua  giornata  di  lotta  nel 
Gonsiglio  comunale  di  Venezia  it  12  dicembre  scorso:  ma  cola  almeno 
una  voce  rispettata  aveva  smascherata  la  malafede  settaria  ed  uno 
splendido  discorso  del  conte  Paganuzzi  aveva  rivendicato  1'onore  del 
p.  Minoretti  e  de'  suoi  benemc-riti  confratelli. 

Vedendo  pero  che  non  si  recedeva  dalle  offese  e  non  cessavano  le 
ostilita  il  p.  Minoretti  stesso  a  tutela  de'  suoi  diritti,  nei  primi  di  gen- 
naio,  feee  ricorso  in  contenzioso  per  1'annullamento  degli  atti  arbi- 
trarii  contro  di  lui  emanati,  e  pubblico  una  Memoria  documentata  in 
confutazione  della  famosa  relazione  Belmondo  di  cui  parlammo  a  suo 
tempo.  In  essa  egli  ribatte  sdegnosamente  ciascuna  delle  accuse  con 
tanta  evidenza  e  forza  da  far  vergognare  i  calunniatori,  se  fronti  set- 


618  CRONACA 

tarie  fossero  capaci  di  rossore.  E  falsa  1'asserzione  del  Belmondo  che1 
nelJ'infermeria  giacessero  a  letto  ammalati  con  piaghe  di  decubito, 
e  nessun  ammaiato  dell'  infermeria  fu  esaminato  a  tal  riguardo  come 
possono  testificare  gli  infermieri.  E  falso  che  mancasse  una  sezione 
d'isolamento  per  le  maiattie  infettive :  falso  che  si  adoperi  manicotto 
di  ferro,  che  non  esiste  nel  Manicomio ;  falso,  falsissimo  che  si  avesse 
a  lamentare  sudiciume  o  trascuratezza ;  e  ne  fa  prova  lo  stato  sani- 
tario  dello  Stabilimento  e  1'assenza  di  malatHe  infettive,  che  non  si 
ottiene,  come  tutti  sanno,  senza  le  massime  cure  d'igiene  e  di  net- 
tezza.  In  ire  sole  ore  di  corsa  attra verso  le  sale  deil'Ospizio,  il  Relatore 
credette  scoprire  degli  inconvenienti  nel  servizio  del  Manicomio ;  ma 
sono  quarant'anni  che  i  religiosi  li  avevano  indicati  e  domandavano  al- 
TAutorita  i  mezzi  per  potere  ovviare  a  quegli  inconvenienti :  lo  stesso 
dott.  Minoretti  cita  tre  suoi  rapporti  del  marzo  1892,  del  luglio  1899 
e  dell'agosto  susseguente,  nei  quali  invoca  provvedimenti  e  riforme ; 
ma  fu  sempre  risposto  che  il  bilancio  non  permetteva  maggiori  spese. 
E  intanto  si  accumulavano  i  malati  sopra  seicento,  in  un  locale  che 
non  ne  dovrebbe  contenere  che  400:  e  una  gran  parte,  furiosi,  epi- 
lettici,  alcoolici,  tutti  quelli  insomma  di  cui  si  liberano  gli  altri  mani- 
comii  delle  Provincie. 

Con  questo  affollamento  e  in  tali  ristrettezze  ben  dimostra  luminosa- 
mente  il  p.  Minoretti  Passoluta  impossibility  di  usare  i  metodi  del  no 
restraint  (nessuna  coercizione)  in  voga  ora  in  certi  Manicomii,  metodi  del 
resto  di  assai  dubbia  efficacia,  e  che  ridhiederebbero  triplo  numero  di 
infermieri  e  disposizioni  di  servizio  e  di  locali  costosissimi.  Un'aceu- 
rata  inchiesta,  fatta  appunto  dopo  le  accuse  mosse  a  S.  Servilio,  ha 
rivelato  che  gli  stessi  mezzi  di  coazione  sono  usati  in  parecchi  altri 
Manicomii  d'  Italia  e  stranieri :  e  sono  interessantissime  le  pagine  dove 
il  Minoretti  cita  le  testimonianze  di  medici  sopra  1'ipocrisia  di  certi 
istituti,  dove  si  vanta  a  parole  il  metodo  del  no  restraint! 

In  ogni  caso  a  S.  Servilio,  cacciato  il  p.  Minoretti,  si  continue  a  usare 
i  mezzi  di  coazione  tanto  rinfacciati  al  religiose :  e  un  qualche  rila- 
sciamento  parziale  tentato  aveva  dato  pessimi  risultati,  poiche  un  epi- 
letticofsi  era  ferito,  un  altro  infelice  aveva  spezzata  coi  denti  una 
bottiglia  e  ne  cercava  ingoiare  i  pezzi  ecc.  Perche  dunque  si  e  fatta 
un'accusa,  anzi  si  e  levato  uno  scandalo  e  si  e  coperta  di  vituperi 
la  Direzione? 

Ed  il  p.  Minoretti  conchiude  la  sua  Memoria  con  queste  testuali 
parole  che  fanno  sentire  1'  indegnazione  dell'anima  onesta :  c  La  vo- 
stra  Relazione,  Signori  della  Commissione,  contiene  asserzioni  che 
sono  false ;  espone  osservazioni  ed  apprezzamenti  non  accettabili ;  in- 
fine  avete  esagerati  inconvenienti  che  io  aveva  segnalati  prima  di  vou 
Yoi  avevate  un  nobilissimo  compito,  ma  1'avete  convertito  in  una. 


CONTEMPORANEA  619 

guerra  subdola  e  sleale  contro  di  me.  E  perche  ?  —  La  facile  risposta  al 
pubblieo  onesto  e  spassionato.  > 

La  forza  della  verita  esposta  in  questa  Memoria  e  tale  che  il  Cor- 
riere  Sanitaria  di  Milano,  organo  ufficiale  medico  scrive  queste  righe 
di  cui  i  nostri  lettori  sapranno  misurare  1'  importanza  :  «  Francamente, 
se  le  cose  stanno  cosi,  dobbiam  dire  che  molta  attenuazione  merita  la 
requisitoria  del  prof.  Belmondo:  e  non  e  male  che  1'autorita  supe- 
riore  vada  un  po'  in  fondo  di  tutto  questo  dibattito  e  faccia  luce 
completa.  > 

E  quello  che  auguriamo  anche  noi,  perche  e  tempo  che  finiscano 
le  prepotenze  settarie  e  si  renda  giustizia  agli  eminenti  religiosi,  co- 
nosciuti  e  stimati  da  tutta  Europa,  nelle  cui  principal!  citta  hanno 
stabilimenti,  come  a  Vienna,  Praga,  Lintz,  Breslavia,  Buda-Pest,  Gratzr 
Dublino,  Parigi,  Lione,  Marsiglia,  Lilla ;  le  cui  tradizioni  di  virtu  e 
di  esperienza  scientifica  sono  ben  superior!  agli  intrighi  interessati 
dell'invidia  ed  alle  impudenti  menzogne  della  piu  esosa  partigianeria. 

3.  Tutt'altra  fisionomia  da  quella  del  comizio  fiorentino  da  noi  de- 
scritto  nel  precedente  quaderno  ebbe  la  radunanza  promossa  a  Napoli 
dalla  Lega  cattoliea  del  lavoro  il  primo  del  corrente  mese.  E  noi  ne 
parliamo  tanto  piu  volentieri  per  mostrare  con  un  esempio  tra  i  tanti 
—  che  sarebbe  infinito  il  citarli  tutti  —  come  da  tutte  le  classi  della 
societa  sorge  la  protesta  e  la  rivolta  deH'auima  onesta  contro  il  di- 
vorzio.  A  Firenze  era  1'aristocrazia,  la  magistratura,  1'universita,  i  giu- 
risti,  gli  avvocati,  che  si  riunivano  ad  udire  1'ex-guardasigilli ;  a  Na- 
poli e  il  popolo,  sono  le  associazioni  operaie  della  citta  e  della  pro- 
vincia  che  colle  rappresentanze  dei  circoli  cattolici,  dell'associazione 
democratica,  del  circolo  universitario,  dell 'opera  dei  congressi,  si  affol- 
lano  nei  locali  della  Lega  stessa  sotto  la  direzione  del  presidente  Er- 
nesto Pucci,  legatore  di  libri. 

Alle  11  e"  aperta  la  seduta.  II  socio  Pagano,  sarto,  comincia  la  serie 
dei  discorsi  con  una  vibrata  invettlva  contro  la  legge  proposta  del  di- 
vorzio  ed  invocando  invece  qualche  cosa  di  piti  utile  come  sarebbero 
i  provvedimenti  sociali  a  favore  degli  operai  sempre  promessi  a  chiac- 
chiere  e  sfumati  in  parole.  Un  altro  operaio  parlo  molto  adattamente 
della  famiglia  operaia  cattoliea.  II  vicepresidente  del  comitato  dioce- 
sano  spiego  come  il  divorzio  getti  la  disunione  nel  popolo,  mentre  la 
Chiesa  lo  unisce,  lo  ele^a,  lo  salva.  Infine  prese  la  parola  il  presidente 
regionale  dell'Opera  dei  Congressi,  barone  De  Matteis. 

«E  1'anima  del  popolo  cristiano,  egli  disse,  che  si  e  sollevato  gigante 
-contro  i  prof-inatori  del  piu  grande  del  piu  prezioso  benefizio  del  cri- 
stianesimo,  ed  ha  fatto  udire  la  sua  voce  (guai  a  chi  non  vuol  ascol- 
tarla !)  di  protesta  e  di  esecrazione.  Ora  e  mestieri  che  questa  voce 
si  faccia  sentire  anehe  fuori  di  qui,  e  giunga  sino  alle  orecchie  e  sino 
al  cuore  di  coloro  nelle  cui  mani  sono  le  sorti  del  nostro  paese.  lo 


620  CRONACA 

debbo  quindi  sottoporre  alia  vostra  approvazione  I'ordine  del  giorno 
che  si  spedira  al  presidente  della  Camera  del  Deputati  come  espres- 
sione  e  sintesi  fedele  del  nostri  voti  e  delle  nostre  aspirazioni.  —  Yoi 
vedete  a  quale  stato  ci  ha  ridotto  la  nostra  indolenza  la  nostra  disu- 
nione ;  vedete  che  cosa  abbiamo  guadagnato  sin  qui  col  silenzio,  col- 
rinerzia,  coll'esserci  tappati  pusillanimi  in  casa,  mentre  1'empieta. 
trionfante  cercava  di  strappare  Cristo  dalle  nostre  piazze,  dai  tribunal!, 
dalle  scuole,  dagli  ospedali,  dalle  pubbliche  amministrazioni,  da  tutte 
le  appartenenze  della  vita  civile.  Preso  coraggio  dalla  nostra  vilta,  fatti 
forti  dal  nostro  isolamento,  resi  audaci  dal  nostro  silenzio,  ecco  atter- 
rano  le  porte  delle  nostre  case,  invadono  e  profanano  il  santuario  do- 
mestico,  vengono  a  strapparci  il  nostro  Dio  dalla  parete  stessa  del 
talamo  coniugale.  Destiamoci  dunque  una  bnona  volta,  e  uniti  eon- 
cordi,  nell'orbita  delle  leggi  del  nostro  paese  che  devono  essere  uguali 
per  tutti,  agitandoci  nella  piii  scrupolosa  legalita,  riguadagnamo  il 
posto  che  ci  spetta  nella  nazione,  e  rimettiamo  nel  suo  trono  in  mezzo 
della  nostra  Italia,  il  suo  Dio,  il  suo  Cristo. 

Un  telegramma  spedito  a  S.  E.  il  Card.  Eampolla  diceva  cosi:  «  Operai 
cattolici  Napoletani  riuniti  in  solenne  affollato  Comizio,  nel  locale  della 
Lega  Cattolica  del  lavoro,  protestando  contro  proposta  divorzio,  recla- 
mando  invece  leggi  sociali  rivendicazione  diritti  dei  lavoratori  cristiani, 
inneggiano  entusiasti  glorioso  Pontefice  sostenitore  invitto  santita  del 
coniugio,  provvido  patrono  della  classe  lavoratrice,  benefattore  esimio 
dell'intera  societa,  ed  implorano  riconoscenti  apostolica  benedizione.  » 

Fu  compilato  e  votato  all'unanimitd  I'ordine  del  giorno  da  spe- 
dirsi  alia  Presidenza  della  Camera  protestando  «  come  cattolici,  come 
cittadini,  come  operai  e  padri  di  famiglia  » ,  e  fu  approvato  pure  per 
acclamazione  il  seguente  telegramma: 

«  Presidente  Camera  Deputati.  —  Migliaia  operai  napoletani  riuniti 
Comizio  locale  Lega  del  lavoro,  inviano  per  posta,  affidandone  il  pa- 
trocinio  a  Yostra  Eccellenza,  1'ananime  loro  voto  scongiurante  la  pro- 
posta del  divorzio,  reclamante  invece  provvedimenti  legislativi  sociali 
troppo  ritardata  giustizia  classe  lavoratrice.  » 

III. 
COSE  STRANIERE 

(Notizie  Generali).  1.  INGHILTBRRA.  Apertura  del  Parlamento.  Messaprgio 
reale.  —  2.  AUSTRIA.  Morte  della  Principeesa  Elisabetta.  —  3.  SASSONIA. 
Sentenza  del  Triburale  di  Dresda  contro  la  ex-principessa  Luisa.  — 
4.  STATI  UNITI.  11  Canale  di  Panama.  —  5.  TURCHIA.  Memoriale  delle 
Potenze  per  gli  sffari  di  Macedonia.  —  6.  VENEZUELA.  Cessazione  dei 
blocco.  —  7.  CINA.  Morte  del  P.  Zottolf, 

1.  (INGHILTERRA).  II  17  il  re  Edoardo  YII  e  la  regina  Alessandra. 
si  sono  recati  con  pompa  solenne  ad  inaugurare  nel  palazzo  di  West- 


CONTEMPORANEA  621 

minster  la  nuova  Sessione  del  Parlamento.  II  messaggio  letto  dal  re 
alle  due  Camere  riunite  comprova  che  le  relazioni  del  Regno  Unito 
con  tutte  le  Potenze  continuano  ad  essere  amichevoli.  Spiega  le  ca- 
gioni  del  blocco  venezuelano,  parla  delle  riforme  delia  Turchia,  della 
cooperazione  italiana  nel  Somaliland ;  si  cornpiace  del  modo  con  cui 
si  svolge  il  viaggio  del  Ministro  Chamberlain  nel  Sud  Africano;  ri- 
corda  le  feste  di  Delhi  e  le  spese  straordinarie  da  aggiungersene  al 
bilancio.  II  Messaggio  termina  annunziando  la  proposta  di  leggi  re- 
lative alia  politica  interna,  e  nuovi  prestiti  per  le  nuove  Colonie  del- 
1' Africa  meridionale. 

2.  (AUSTRIA).  L'Areiduchessa  Elisabetta,    madre  della  regina   di 
Spagna,  e  morta  a  Baden  dopo  una  malattia  di  cinque  giorni,  all'eta 
di  72  anni.  La  regina  che  era  accorsa  da  Madrid  coll'Infante  Teresa 
non  pote  giungere  che  dopo  la  morte  di  lei  avvenuta  la  mattina  del 
Sabato  14  febbraio. 

L'  Imperatore,  come  capo  della  Famiglia,  ha  privato  la  principessa 
Luisa  di  ogni  diritto  e  di  ogni  titolo  d'onore.  Essa  si  chiamera  Luisa 
di  Toscana. 

3.  (SASSOMA).  II  Tribunale  di  Dresda,  dove  si  svolge va  il  processo 
contro  la  ex-principessa  Luisa  ha  date  la  sua  sentenza  I5 11  febbraio 
in  questi  termini :  II  matrimonio  concluso  il  21  novembre   1891   fra 
il  Principe  ereditario  di  Sassonia  e  1'arciduchessa  Luisa   di  Toscana 
in  seguito   alle  infedelta  commesse  dalla  moglie  con  Andrea  Giron 
viene  dichiarato  sciolto.  Le  spese  del  processo  vanno  addebitate  alia 
Principessa.  —  I  nostri  lettori  ricorderanno  che   la   sentenza  e   data 
secondo  il  codice  germanico  che  regge  la  Sassonia  protestante  e  non 
secondo  gli  etatuti  particolari  della  Famiglia  reale  che  e  cattolica  e 
non  si  puo  valere  del  divorzio  legale.  Cid  basta  a  sfatare  le  mille  fole 
stampate  da  eerti  giornali  a  questo  proposito. 

4.  (STATE  UNITI).  II  Governo  ha  firinato  il  trattato  colla  Colombia 
per  il  Canale  di  Panama-,  e  in  breve  si  mettera  mano  al  lavoro.  La 
Compagnia  francese  ricevera  duecento  milioni  di  franchi  per  i  lavori 
gia  eseguiti,  per  le  macchine  gia  in  uso  e  per  i  disegni  e  gli  studi 
preparati:  le  quali  cose,  secondo  1'asserzione  di  un  ex  impiegato  della 
Compagnia,  avrebbero  gia  costato   in  realta  la  spesa  di  un   miliardo 
e  settauta  milioni   di   franchi.  II   Governo  Colombiano   riceverk   cm- 
quanta  milioni  di  indennizzo,  e  1.250.000  fr.  all'anno  per  la  conces- 
sione   d'affitto,  rinnovabile  per  cento   anni.  Le   opinioni   dei  tecnici 
sono  discordi  rispetto  al  tempo  e  alia  spesa  necessaria  al  compimento 
(Jell'opera  colosaale.  Si  credo  che  ci  vorranno  dieci  anni  di  lavoro,  e 
750  milioni  di  franchi. 

5.  (TTJRCHIA).  A  calmare  le  agitazioni  macedoni  e  stornare  i  pe- 
ricoli    di  prossime   rivolte   il   Sabato   21   I'Ambasciadore    d'Austria- 


622  CRONACA 

Ungheria  barone  Calice,  e  quello  di  Russia,  Zinovieff  oonsegnarono 
al  Gran  Yisir  un  Memoriale  contenente  le  proposte  del  rispettivi  Go- 
vern! sui  provvedimenti  da  prendersi  per  migliorare  lo  Stato  del  tre 
vilayet  di  Salonicco,  Monastir  e  Kossowo.  II  Memoriale,  approvato 
pure  da  tutte  le  Potenze  firmatarie  del  trattato  di  Berlino,  contiene 
in  sostanza  le  seguenti  proposte: 

1.  Nomina  di  un  ispettore  generale  per  tre  anni  con  pieni  poteri 
inerenti  alia  carica. 

2.  Nomina  di  ufficiali  europei  alia  direzione  del  servizio  di  gen- 
darmeria. 

3.  Pagamento  regolare  degli  stipendi  fatto  per  mezzo  della  Banca 
Ottomana,  alia  quale  saranno  versa ti  tutti  i  proventi  delle  decime  e 
delle  imposte. 

4.  Riordinamento  complete  del  personale  amministrativo  e  giudi- 
ziario. 

L'accordo  delle  Potenze  e  un  impegno  d'onore  sia  per  la  prote- 
zione  dei  Macedoni  di  fronte  alia  Porta,  sia  pel  mantenimento  delle 
prerogative  del  Sultano,  cioe  la  conservazione  dello  statu  quo. 

6.  (YENEZTJELA).  II  blocco  fu  ufficialmente  e  definitivamente  tolto 
dalle  coste  della  repubblica  il  15  febbraio.  Appena  siano  compiute  le 
formalita  necessarie,  saranno  restituite  le  navi  venezuelane  di  cui  le 
flotte  collegate   si  erano  impadronite.   II  Presidente  generale  Castro 
ha  inviato  una  lettera  al  Ministro  degli  Stati  Uniti,  Bowen,  per  con- 
gratularsi  della  spontaneita  colla  quale  egli  ha  servito  la  causa  della 
giustizia.  —  La  pacifica  soluzione  della  vertenza  europea  da«ra  nuove 
forze  al  Governo  per  combattere  le  bande  di  ribelli  e  ristabilire  1'or- 
dine  nell'interno  del  paese. 

7.  (CINA).  I  giornali  d'Bstremo  Oriente  ci  recano  la  notizia  della 
morte  del  P.  Zottoli  S.  I.  avvenuta  in  Zi  ka-wei.  II  dottissimo  sino- 
logo  contava  84  anni  di  eta  e  ne  aveva  passato  quasi  sessanta  nella 
Missione.  II  suo  Cor  so  di  letteratura  cinese   fu  il  risultato   dei   primi 
venti  anni  di  sua  dimora  a  Shangai :  ma  la  sua  piu  importante  opera 
e  il  gran  Dizionario  cinese  in  quattordici  volumi,  che  supera  di  gran 
lunga  tutte  le  opere  di  simil  genere  pubblicate  fin   qui.  Otto  giorni 
prima  di  morire  1'  infaticabile  missionario  vi  lavorava  ancora. 

BELG10  (Nostra  Corrispondenza) .  1.  Un  Congresso  Regionale  delle  Opere 
Cattoliche.  —  2.  Per  S.  Alfonso  de  Liguori.  —  3.  II  cinquantenario  del- 
TAsBOciazione  Cattolica  e  costituzione  di  Namur.  —  4.  Verso  1'unita.  — 
5.  II  contratto  di  locazione  dei  fondi  rustic!.  —  6.  Felici  success!  di- 
plomatic! del  Belgio  contrastato  da!  socialist!  vinto  da!  cattolic!  a  bene 
dell'erario  e  del  popolo. 

1.  Negli  ultimi  di  Ottobre  ebbe  luogo  in  Malines  un  Congresso 
regionale  delle  Opere  cattoliche.  Esso  si  divideva  in  sei  sezioni  che 


CONTEMPORANEA  623 

si  occupavano  la  prima  delle  opere  religiose  e  caritatevoli ;  la  seeonda 
delle  opere  sociali;  la  terza  dell'insegnamento ;  la  quarta  della  pro- 
paganda, la  quinta  delle  fondazioni  agricole  e  la  sesta  era  quella  delle 
signore. 

Dopo  una  messa  cantata  ai  SS.  Pietro  e  Paolo,  alia  quale  assistette 
pontificalmente  S.  E.  il  sig.  Cardinale  Goossens,  Arcivescovo  di  Ma- 
lines,  1'Ufficio  del  Congresso  fece  il  suo  ingresso  nella  grande  sala 
dei  Congressi.  II  detto  Ufficio  si  componeva,  oltre  al  Cardinale,  del 
sig.  duca  d'Ursel;  di  S.  E.  Mgr.  Yan  den  Branden  de  Reeth,  arci- 
vescovo  di  Tiro,  di  Mgr.  Van  der  Stappen,  vescovo  di  Jaffa,  dei  SS. 
Senatori  de  Meester  de  Betsembroeck  e  Fris,  del  sig.  Wittmann,  gia 
senatore,  di  Mgr.  De  Clerck,  vicario  generale,  dei  Signori  De  Cocq, 
Lefebvre  e  Yan  Pauwenbergh,  deputati,  del  signor  Ortegat,  Assessore 
di  Malines ;  del  sig.  Arturo  Yerhaegen,  dei  Reverendissimi  Mangel- 
schots  e  Ketelbant,  vicari  generali,  ecc. 

S.  E.  il  sig.  Cardinale  pronunzio  il  discorso  inaugurate.  I  desi- 
derata espressi  nei  due  giorni  che  durd  il  Congresso  dalle  sezioni,  e 
principalmente  dalla  seconda  e  dalla  quinta,  rinscirono  molto  inte- 
ressanti.  La  seconda,  per  esempio,  fra  altri,  propose  i  desiderata  se- 
guenti:  creare,  in  tutti  i  centri  industriali  del  circondario,  dei  sin- 
dacati  professionali  cristiani ;  rivolgere  al  clero  ed  ai  laici  delle  class! 
dirigenti  un  appello  affinehS  cerchino  di  spingere  gli  operai  verso  la 
vita  di  associazione  cristiana ;  affinche  istituiscano  od  aiutino  ad  isti- 
tnire  sindacati  e  li  sostengano  efficacemente ;  ottenere  il  concorso 
della  stampa  per  insegnare  e  raccomandare  al  popolo  i  benefici  della 
vita  di  associazione  cristiana;  ricercare  il  mezzo  di  stabilire  un  se- 
gretariato  stipendiato  di  tutti  i  sindacati  cristiani.  Per  le  case  ope- 
raie  poi,  ecco  come  decide  la  stessa  sezione:  1.°  Bisogna  organizzare 
degli  istituti  d'imprestiti  per  la  costruzione  e  1'acquisto  di  case  ope- 
raie,  in  ogni  gruppo  di  comuni  o  almeno  in  ogni  distretto  del  cir- 
condario  di  Malines;  2.°  Bisogna  agevolare  all'operaio  che  desidera 
acquistare  un  fondo,  il  mezzo  di  procurarsi  sia  il  decimo  del  valore 
di  esso  che  gli  oc^orre  in  questo  caso,  sia  la  somma  che  egli  cerca 
d'avere  in  prestito  per  acquistare  o  costruire  una  casa  con  in  piu 
1'ammontare  della  spesa;  bisogna  indurre  gl'istituti  di  credito  a  di- 
spenssre  da  tale  pagamento  anticipato  1'operaio  che  offre  garanzie  suf- 
ficienti  di  onesta  e  di  economia  ;  3.°  Bisogna  migliorare  1'alloggio  dei 
poveri ;  procurare  ai  medesimi  case  che  rispondano  alle  esigenze  della 
moralita,  dell'igiene  e  della  sanita  pubblica.  La  relazione  che  provoco 
questi  desiderati  valse  al  suo  autore  sig.  Aw.  Alfonso  Scheyvaerts 
vive  acclamazioni. 

La  quinta  sezione,  anch'essa  propose  un  desideratum  importante. 
II  parroco  Reyners  propose,  per  il  piu  gran  bene  degli  agricoltori 


624  CRONACA 

1°  la  creazione  di  una  gilda  ossia  Associazione  di  mutualita  di  contadini 
la  dove  non  ne  esiste  ancora.  Tale  associazione  sarebbe  posta,  ogni 
qualvolta  sara  possibile,  sotto  la  direzione  spirituale  del  Clero  ;  2°  la 
creazione  di  una  federazione  fra  tutte  le  gilde  del  circondario  per 
facilitare  la  veadita  in  comune  di  tutti  i  prodotti  dell'agricoltura. 

2.  La  Camera  dei  deputati  nell'ultimo  mese  dell' anno  scorso,  sulla 
proposta  del  Big.  Woeste,  aveva  avuto  a  discutere  una  modificazione 
agli  articoli  383  e  386  del  Codice  penale  relativi  ai  delitti  contro  il 
buon  costume.  Questa  discussione  diede  ai  Socialist!  e  compagni  una 
nuova  occasione  di  manifestare  il  loro  odio  settario  contro  la  Reli- 
gione  cattolica.  A  sentirli,  i  cattolici  erano  assai  imprudenti  di  par- 
lare  di  morale,  essi  che  avevano  elevato  sugli  altari  autori  di  pub- 
blicazioni  che  non  oserebbero  leggere  in  pubblico.  Ed  in  appoggio 
alia  propria  tesi,  i  detti  socialisti  accennavano  sopratutto  a  Sant'Al- 
fonso  de'  Liguori,  del  quale  attaccarono  la  Teologia  morale  e  ne  les- 
sero  ad  ogni  costo  brani.  Si  guardavano  pero  di  dire  che  questi  brani 
provenissero  da  traduzioni  falsificate  e  specialmente  dal  libretto  fa- 
moso  del  Grassman,  editore  protestante  di  Stettin.  Non  solo  la  Camera, 
ma  il  Senate,  anche  esso,  ebbe  ad  occuparsi  di  cid,  ed  intanto  la 
stampa  socialista  e  radicaie  non  manco  d'  illustrare  e  commentare  le 
prodezze  teologiche  dei  suoi  deputati  e  senatori.  In  breve,  ben  triste 
fu  lo  spettacolo  di  quella  minoranza  delle  Camere  legislative  belghe, 
affannandosi  come  diavoli  per  cercare  di  lordare  col  proprio  fango  P  im- 
macolata  morale  della  Chiesa  di  Cristo  nella  persona  di  uno  dei  suoi 
santi  e  piu  onorati  dottori.  II  Belgio  cattoiico  non  si  appagfi  delle 
proteste  pur  eloquent!  alle  quali  diedero  luogo  nelle  Camere  stesse 
quegli  assalti  esecrabili  che  rimarranno  una  vergogna  per  chi  li  fece ; 
non  gli  bastarono  le  confutazioni  spesso  savie  e  convincenti  uscite  nei 
giornali  onesti;  ci  voieva  un  atto  piu  solenne  per  vendicare  la  me- 
moria  del  Gran  Santo  che  e  Alfonso. 

La  chiesa  di  S.  Giuseppe  in  Brusselle,  che  si  trova  nel  quartiere 
Leopoldo,  il  quartiere  nobile  della  Capitale,  puo  contenere  piu  di 
quattro  mila  persone  ed  e  diretta  dai  sacerdoti  del  Santissimo  Re- 
dentore,  precisamente  i  figli  del  Santo  caluaniato.  Essa  era  quindi 
tutt'indicata  per  le  due  grandiose  funzioni  che  erano  state  decise  in 
riparazione  degli  oltraggi  pariamentari,  ed  altri,  fatti  al  gran  dottore 
della  Chiesa.  La  difatti  si  raduno  la  domenica  18  geanaio  il  fiore 
deila  societa  Brussellese. 

La  prima  riunione  si  tenne  alle  ore  dieci  antimeridiane  per  la 
Messa  solenne.  II  tempio  non  era  abbastanza  vasto  per  ricevere  tutti 
quanti  volevano  intervenire  a  quella  bella  manifestazione  reiigiosa. 
Nel  Coro  erano  fra  i  laici  i  signori  Woeste,  De  Lantsheere,  Da  Voider, 
barone  de  Moreau,  tutti  e  quattro  Ministri  di  Stato;  i  Senatori 


CONTEMPORANEA  625 

oonte  d7  Hemricourt  de  Grunne,  marchese  de  Beauffort,  de  Mee- 
ster  de  Betzenbroeck,  Davignon,  Alessandro  Braun  e  Mgr.  Keesen ;  i 
deputati  Renkin,  Leone  De  Lantsheere,  Hoyois  e  Coifs;  i  SS.  Van 
Weveke,  Consigliere  alia  Corte  di  Cassazione,  Paolo  Yerhaegen,  giu- 
•dice,  Conte  Aymard  d'Ursel,  Arendt,  direttore  generale  al  Ministero 
degli  Affari  Esteri,  0.  de  Hennin  de  Boussu-Walcourt,  Consigliere 
alia  Corte  dei  Conti  e  molti  altri.  Oltre  ai  decani  e  parrooi  vi  erano 
anche  quasi  tutti  i  superior!  delle  Case  religiose  di  Brusselle.  Nella 
grande  navata  vedevansi  piu  centinaia  di  notabili  Cattolici.  Molti  alti 
dignitari,  magistrati,  generali  ed  ufficiali  superiori  dell'esercito  in- 
viarono  ai  Redentoristi  le  piu  simpatiche  adesioni  alia  festa  ripa- 
xatrice. 

La  Messa  fa  celebrata  pontificalmente  da  S.  E.  il  cardinale 
•Goossens,  Arcivescovo  di  Malines.  Dopo  il  Vangelo,  il  R.  P.  Mas- 
selis,  Rettore  della  Casa  di  San  Giuseppe  dei  Padri  Redentoristi  parlo 
con  eloquenza  della  vita  e  delle  opera  di  Sant' Alfonso.  Egli  chiuse 
il  suo  disco rso,  leggendo  un  at  to  di  riparazione  :  il  momento  la  com- 
moventissimo. 

Alle  ore  20,  si  tenne  la  seconda  riunione  non  meno  numerosa  per 
la  benedizione :  vi  pontifico  S.  E.  Mgr.  Granito  di  Belmonte,  Nunzio 
Apoetolico.  Un  discorso  eloqaentissimo  fa  tenuto  dal  R.  P.  Devillers, 
professore  di  teologia  al  Collegio  dei  Gesuiti  a  Lovanio.  Vittoriosa- 
mente  egli  stabili  i  grandi  servizi  resi  da  Alfonso  di  Liguori  alia 
eanta  Chiesa  e  protesto  con  vigore  contro  gli  oltraggi  che,  nella  per- 
sona del  piu  recente  Dottore  della  Chiesa,  non  avevano  altro  scopo  se 
non  di  colpire  questa.  La  calda  parola  dell'oratore  sacro  fece  una  pro- 
fonda  impressione  suiruditorio.  In  questa  oceasione  si  ricordava  una 
strana  coincidenza:  il  prelato  che  pontificava  e  membro  illustre  di 
quella  stessa  famiglia,  la  quale  nell'epoca  dei  torbidi  rivoluzioEari, 
ebbe  1'onore  e  la  felicita  di  mettere  in  salvo  le  preziose  reliquie  di 
Sant'Alfonso  di  Liguori.  La  funzione  termino  come  la  Messa  con  la 
lettura  deU'atto  di  riparazione.  Dopo  Tuna  e  1'altra  e  prima  di  scic- 
gliersi,  1'assemblea  dei  fedeli  canto  sull'aria  del  Noel  di  Gounod  un 
inno  alia  Chiesa  scritto  per  la  circostanza.  Escone  una  strofe : 

Un  de  tes  file,  rempii  de  la  science, 
A  vu  sur  lui  s'acharner  des  fureurs. 
Centre  son  nom  la  haine  et  Pignorance 
Ont  eleve  leurs  ineptes  clameurs. 
D'un  regard  pur  il  sonda  des  ablmes 
D'ou,  tes  enfants  par  lui  sont  eloign^s. 
II  n'eat  qu'un  cri  pour  ses  vertus  sublimes, 
O  mdre!  0  mere!  en  nos  coeurs  indig-n^s. 

3.  Tutti  ancora  si  ricordano  le  splendide   feste  di  cui  la  cittadi- 
-nanza  di  Namur  fu  gia  spettatrice  in  oceasione  del  Congresso  Euca- 
Serie  XVIII,  vol.  IX,  fate.  1265.          40          28  febbraio  1903. 


626  CRONACA 

ristico.  Questa  citta  ha  definitivamente  il  monopolio  delle  feste  catto- 
liche.  L'll  del  mese  p.  p.  si  trattava  di  celebrare  il  cinquantesimo 
anniversario  della  creazione  dell'Associazione  Cattolica  e  Costituzionale 
di  quel  circondario.  II  successo  fu  immenso.  Alia  messa  solenne,  fis- 
sata  alle  ore  10  V2,  assistettero  nella  Cattedrale  di  S.  Aubain  i  soci 
dell'Associazione  insieme  al  Cireolo  Cattolico,  cioe  il  fiore  della  po- 
polazione.  S.  E.  Mgr.  Heylen,  il  valoroso  vescovo  di  Namur,  vi  assi- 
stette  pontificalmente  mentre  la  eelebrava  il  sig.  Cartonico  Henry  ^ 
Mi  dimenticavo  di  dire  che  in  questa  occasione  alcuni  soci  avevano 
offerto  una  bandiera  ricca  ed  artistica  coi  colori  nazionali.  In  cima  sta 
una  croce  con  il  motto  :  c  Dio  e  Patria*.  Nel  mezzo  si  vede  il  Leone 
di  Namur,  e  nei  quattro  angoli  sono  ricamati  gli  stemmi  del  quattro 
distretti  rurali  del  circondario  Ardenne,  Eghezee,  Fosses  e  Gembloux. 
Al  disotto  si  leggono  le  date  del  Giubileo  e  1'  iscrizione  :  «  Associa- 
zione  Cattolica  e  Costituzionale  del  circondario  di  Namur  > . 

Mgr.  Heylen,  al  Yangelio,  prima  di  benedire  detta  bandiera, 
sali  in  pulpito  e  pronuncid  una  commovente  allocuzione :  <  Siate  cri- 
stiani,  esclama  in  un  cerfeo  punto  il  Yescovo.  Rimanete  uniti  intorno 
alia  bandiera,  segno  di  ritrovo  per  tutti  i  difensori  della  Chiesa  e 
della  patria.  Nella  vostra  vita  pubblica,  confessate  coraggiosamente  le 
vostre  idee,  le  vostre  opinioni  e  le  vostre  credenze  immortali.  Siate  cri- 
stiani  nella  vostra  vita  privata,  non  vi  contentate  di  parlare  e  di  scrivere 
per  la  difesa  della  Chiesa,  di  prendere  parte  a  manifestazioni,  ma  con 
una  umile  fedelta  adempife  tutti  i  doveri  chev'impone  la  religione. 
Agite  in  tutta  la  vostra  vita  in  modo  che  non  si  possa  dire  di  voi : 
Essi  sono  cristiani  a  parole,  ma  i  loro  atti  contraddicono  le  loro  opi- 
nioni. Siate  patrioti :  amate  la  Patria.  Dio  ve  ne  fa  un  dovere.  Amate 
la  Patria,  grande  nel  passato  e  piu  grande  nel  suo  avvenire.  Amate 
la  Patria  !  Se  altri  vogliono  distruggerla  e  condurla  all'  abisso,  noi 
sapremo  difenderla  rimanendo  sempre  belgi :  Amiamo  il  nostro  gran 
Ee.  Lo  spirito  rivoluzionario  prova  di  gettare  il  disprezzo  e  lo  scredita 
sopra  colui  che  Dio  ci  diede  per  capo.  Siate  fedeli  al  Re  !  Ubbiditegli 
sempre  come  a  Dio  stesso.  II  Cristo  raccomandando  ai  suoi  discepoli 
1'unione,  indirizzava  al  celeste  suo  Padre  questa  preghiera  :  «  Sieno 
uno  come  io  sono  con  voi.  »  Avremo  solo  un  cuore  ed  un'anirna  per 
lavorare  alia  felicita  della  Patria  ed  alia  prosperita  della  Religione. 
Evitiamo  le  dissensioni ;  non  abbiamo  noi  disgraziatainente  visto  cri- 
stiani dividersi,  e  dichiararsi  gli  uni  democratic],  gli  altri  conserva- 
tori  ?  Non  abbiamo  che  un  nome,  esso  basta  alia  grandezza,  e  quello 
di  cattolici. 

«  Siamo  rispettosi  dell'autorita  ;  amiamo  gli  umili  ed  i  deboli;  diamo 
loro  tutto  il  benessere  materiale  al  quale  essi  possono  pretendere. 
Sappiamo  dimenticare ;  sappiamo  fare  concessioni  quando  si  tratta  degli 


CONTEMPORANEA  627 

interessi  superior!  della  Chiesa  e  della  Patria.  Che  Dio  benedica  la 
Yostra  bandiera,  che  Egli  benedica  tutti  quelli  che  la  seguiranno  in 
mezzo  alle  nostre  battaglie  fino  alia  vittoria  celeste,  che  sara  la  ricom- 
pensa  di  tutte  le  lotte  intraprese  per  la  maggiore  gloria  di  Dio  e  la 
ielicita  della  nostra  cara  Patria.  > 

Dopo  la  Messa  i  soci  si  rianirono  nel  Circolo  Cattolico  per  1'Assem- 
blea  del  Giubileo.  E  la  festa,  come  ogni  festa  nel  Belgio,  termino  in 
un  banchetto  in  cui  furono  fatti  i  brindisi  piu  svariati  dopo  quelli  al 
Papa  ed  al  nostro  Sovrano.  II  piu  interessante  fu  certamente  quello 
del  sig.  de  Trooz,  Ministro  dell'Istruzione.  Egli  rammento  che  senza 
le  associazioni  cattoliche  il  Gabinetto  attuale  non  sarebbe  mai  venuto 
al  potere  nel  1884.  Evoco  il  ricordo  dei  tentativi  di  sommosse  nel  1886, 
1893,  1899  e  1*902  che  il  Governo  represse  perche  tale  era  il  proprio 
dovere.  Respinse  il  rimprovero  che  si  fa  ai  cattolici  di  avere  distrutto 
I'insegnamento  pubblico :  oggi  vi  sono  484,658  ragazzi  di  piu  nelle 
scuole  primarie  sottomesse  all'ispezione,  155,612  di  piu  nelle  scuole 
guardiane  e  65,517  di  piu  nelle  scuole  d'adulti.  Gli  avversari  non 
vorrebbero  altro  se  non  che  i  cattolici  cessassero  di  praticare  il  sistema 
della  liberta  sussidiata,  la  liberta  di  quelli  che  non  credono,  come  la 
liberta  di  quelli  che  credono.  Ora,  cid  non  sara,  perchS  i  cattolici 
debbono  poter  dare  I'istruzione  religiosa  ai  proprii  figli. 

4.  Le  parole  del  Vescovo  di  Namur,  di  cui  disgraziatamente  non 
possiamo  riferire  che  un  brano,  parole  di  pace  e  di  unione,  dovreb- 
bero  venir  meditate  non  solo  nella  sua  diocesi,  ma  da  per  tutto, 
4ove  i  cattolici  si  dividono  in  conservator!  e  democratici  ed  altri. 
«Non  dividiamoci,  consiglia  il  Prelato.  Vantiamoci  di  essere  cattolici, 
gli  altri  nomi  non  sono  altro  che  cognomi.  Rimaniamo  uniti  per  ten- 
dere  allo  stesso  scope.  Rammentiamoci  che  dobbiamo  sempre  venerare 
e  rispettare  tutti  i  diritti  degli  altri  e  pensare  ad  adempiere  i  nostri 
doveri  piuttosto  ancora  che  a  rivendicare  i  nostri  propri  diritti.  »  Pos- 
«ano  una  volta  i  cattolici  nostri  indistintamente  trarre  utile  da  quests 
savie  parole  ed  evitare  tutte  le  occasioni  di  disunione.  Sta  ai  catto- 
lici di  Brusselle  di  dare  il  buon  esempio.  E  perche  no?  Ecco  mesi  e 
mesi  che  in  occasione  della  revisione  degli  statuti  delPAssociazione 
Con serva trice  di  Brusselle,  si  discute  la  questione  di  sapere  se  le  sara 
conservata  la  denominazione  di  conservatrice,  la  quale  non  e  piu  di 
moda,  o  se  le  si  dara  quella  di  cattolica.  Perche  esitare  e  non  ade- 
rire  francamente  a  questa  ultima  pensata?  Brusselles  non  deve  forse 
subire  la  sorte  comune  degli  altri  circondari  come  Bruges,  Namur, 
Tournai,  Malines,  Liegi,  Courtrai  ed  altri  in  cui  gia  da  dieci  anni  si 
effettud  1'evoluzione  che  dalla  Capitale  sembra  temuta?  Essa  si  rese  ne- 
oessaria,  e  vero,  nei  detti  circondarii  perche  il  titolo  di  conservatore  era 
rivendicato  dalla  frazione  piu  moderata  del  partito  liberale  il  che,  di- 


628  CRONACA 

ranno,  non  e  il  caso  di  Brusselle.  Liberal!  moderatissimi,  vecchio-- 
modello,  non  ve  ne  sono  piu.  Sta  bene !  ma  il  partito  cattolico  a  Brus- 
selle  ha  una  situazione  speciale  che  conviene  sistemare.  Lo  compongono 
diversi  elementi ;  sono  questi  che  il  Comitato  revisore  ha  difficolta  di 
riunire  sotto  una  medesima  bandiera.  Se  i  democratic)  fossero  soli,  si 
finirebbe  forse  coll'intendersi  con  loro.  Di  tutto  quanto  il  Sommo  Pon- 
tefice  disse  della  democrazia  cristiana  e  dei  suoi  limiti,  non  vi  e  nulla 
che  non  possa  applicarsi  all'azione  dei  cattoiici  belgi  e  soprattutto  a 
quell  a  dei  conservatory  I  democratici  non  si  spaventerebbero  sicuro 
della  qualifica  di  cattolici.  Ma  esiste  in  Brusselle  il  partito  cosi  detto 
degl' Indipendenti  di  cui  una  parte,  molto  piccola  perd,  un  decimo 
appena,  rifiuta  ad  ogni  costo  di  far  parte  di  una  associazione  che  avrebbe 
qualche  apparenza  confessionale.  Quella  nondimeno  aon  e  una  diffi- 
colta  insormontabile  e,  come  fan  no  osservare  diversi  organi  delia 
stampa  cattolica,  essa  si  appianerebbe  subito  se,  come  in  altri  circon- 
darii,  si  aggiungesse  alia  parola  cattolica  quella  di  costituzionale,  che 
toglierebbe  alia  prima  un  senso  troppo  esclusivo.  E  gl'lDdi  pendent! 
ed  i  Cattolici  non  sono  Costituzionali  ?  La  Costituzione  sarebbe  il  ter- 
reno  comune  agl'  indipendenti  ed  ai  cattolici,  come  la  Religione  la 
e  agli  stessi  cattolici  ed  ai  democratici.  Sarebbe  forse  1'unico  mezzo 
per  raggiungere  1'unita  del  partito  cattolico.  In  ogni  caso  lo  auguriamo. 
5.  Siccome  la  questione  agraria  sembra  essere  all'ordine  del  giorno 
un  po*  dappertutto  ed  aache  nel  vostro  paese,  non  sara  forse  senza 
interesse  per  i  vostri  lettori  di  conoscere,  le  idee  del  Circolo  di  studii 
sociali  di  Bruges  intorno  ai  contratti  di  locazione  dei  fondi  rustici 
quali  esistoiio  oggidi.  In  genere  essi  comprendono  condizioni  irraziouali 
e  vessatorie  che,  si  direbbe,  vi  sono  introdotte  a  bella  posta  per  pro- 
vocare  la  discordia  fra  proprietarii  ed  affittuarii,  e  cio  a  gran  danna 
non  solo  delle  parti,  ma  pure  del  bene  pubblico.  Bisogna  rimediarvi, 
e  come?  Ognifregione  dovrebbe  avere  il  suo  contratto  tipo  di  affitto, 
ma  in  ogni  caso  il  contratto  conterra  innanzi  tutto  la  descrizione  della 
proprieta.  Essa  sara- completa,  particolareggiata,  comprendera  tutto 
quanto  pud  aumentare  o  diminuire  il  valore ;  verra  anzi  illustrata  da  una 
pianta.  Tutte  le  clausole  che  rifiuterebbero  all'affittuario  un  inden- 
nizzo  per  diiferenza  di  superficie  a  danno  suo,  tutte  le  altre  che  la- 
scerebbero  al  proprietario  certi  diritti  inapprezzabili  sopra  il  fondo 
ceduto  in  locazione,  debbono  essere  scartate  accuratamente  come  in- 
giuste.  II  canone  annuo,  ed  e  qui  il  punto  piu  difficile,  non  sara 
esagerato.  Nel  nostro  paese,  per  sventura,  vi  e  questa  tendenza,  che 
si  attribuisce  1)  alia  sproporzione  fra  1'offerta  e  la  domanda,  fra  le 
proprieta  e  la  popolazione  cosi  densa ;  2)  all'assenza  dal  fondo :  i  proprie- 
tari  per  appagare|il  proprio  lusso  in  citta,  hanno  bisogno  della  mas- 
sima  rendita  possibile :  i  mediator!  fra  i  locatari  ed  i  coltivatori  quindi 


CONTEMPORANEA  629 

sfmttano  gli  uni  e  gli  altri ;  3)  infine  al  rialzo  della  proprieta  fon- 
diaria.  Rimedii  a  simile  situazione  non  ve  ne  sono  veramente,  se  non 
di  far  appello  ai  buoni  sentiment!  ed  alia  sana  ragione  degli  inte- 
ressati :  non  e  forse  nel  loro  reciproco  interesse  che  il  canone  non 
sia  esagerato?  La  legge  intanto  potrebbe,  quando  vi  sono  beni  pub- 
blici  da  mettere  in  affitto,  abbandonare  il  sistema  di  aggiudicazione 
pubblica  oggi  vigente  e  sostituirlo  con  un  sistema  piu  razionale. 
Questa  provvidenza,  insieme  alia  perequazione  catastale,  la  quale  va  per 
le  lunghe,  avrebbe  certamente  la  sua  influenza  sulle  locazioni.  —  Im- 
portante  pure  &  la  questione  della  durata.  Bisogna  dare  all'agricol- 
tore  il  tempo  di  trarre  tutto  1'utile  possibile  dai  capitali  necessitati 
dalla  coltura  intensiva.  II  minimo,  secondo  i  piu  esperti,  dovrebbe 
essere  di  sei  anni  senza  interruzione,  nemmeno  nel  caso  di  vendita. 
Se  la  disdetta  viene  dal  proprietario,  egli  dovra  avvertirne  il  fittaiuolo 
anticipatamente,  in  modo  che  vi  sia  fra  la  disdetta  e  la  scadenza  del 
contratto  un  tempo  sufficientemente  lungo.  L'affittuario  deve  godere 
della  massima  liberta  d'azione  nella  maniera  di  coltivare.  II  contratto 
potra  tuttavia  stipulare  che  Paffibtuario  coltivera  la  terra  da  buon 
padre  di  famiglia  :  esso  con  terra  la  base  degli  indennizzi  da  pagarsi, 
se  1'affittuario  avra  da  lasciare  il  fondo.  —  Infine  Pultima  stipulazione 
del  contratto  di  locazione,  sarebbe  Pindennizzo  dell'affittuario  uscente 
per  le  arature,  concimazioni,  seminagioni  e  migliorie  fondiarie  per- 
manent]'. 

6.  La  protezione  della  proprieta  iudustriale  e  la  convenzione  pel 
zuccheri,  tali  sono  i  due  atti  diplomatic!  che  recentemente  furono 
ratificati  ed  alia  cui  negoziazione  il  Governo  belga  prese  una  parte 
prevalente,  come  vogliamo  notare,  affinch&  non  "si  dica  piu  con  i  li- 
berali  ed  i  loro  alleati  nostrani  che  il  Belgio  perda  d'autorita  sotto 
un  Governo  clericale.  II  nostro  paese,  al  contrario,  acquista  scmpre 
maggiore  influenza  nella  diplomazia  internazionale.  Ci  sia  peimeaso 
di  riassumere  i  fatti,  che  consideriamo  come  una  vittoria  per  i  nostri 
uomini  politici. 

Era  il  dicembre  1897 :  una  conferenza  internazionale  si  raduno 
in  Brusselle,  sotto  la  presidenza  del  sig.  Nyssens,  oggi  defunto,  allora 
ministro  dell'  Industria  e  del  Lavoro,  allo  scopo  di  assicurare  con  prov- 
vedimenti^efficaci  la  protezione  della  proprieta  industriale.  Lo  scopo, 
su  cui  tutti  i  rappresentanti  dei  principali  paesi  del  mondo  erano  d'ac- 
cordo,  non  era  pero  facile  a  raggiungere  causa  le  profonde  diver- 
genze  di  opinioni  che  si  manifestarono  fin  dall'apertura  dei  dibatti- 
menti  sui  mezzi  di  attuarlo.  L'accordo  immediato  era  impossible  e 
percio  i  lavori  furono  sospesi  dopo  che  al  Governo  belga  era  stata 
affidata  la  missione  delicata  di  proseguire  per  mezzo  della  sua  diplo- 
mazia gli  scambii  d'idee  iniziati. 


630  CBONACA 

Alcuni  mesi  piu  tardi,  nel  Giugno  1898,  sotto  la  presidenza  del 
sig.  Conte  de  Smet  de  Naeyer,  ministro  delle  Finanze,  accadde  lo 
stesso  con  la  conferenza  internazionale  sul  regime  degli  zuccheri. 

I  conferenzieri  si  trovarono  ben  presto  ridotti  a  questa  alterna- 
tiva :  o  rinunciare  alia  prospettiva  di  un  accordo  e  limitarsi  a  ricono- 
scere  lo  scacco  degli  sforzi  della  conferenza,  o  proseguire  la  ricerca 
di  una  formola  di  transazione.  Adottando  all'unanimita  questa  ultima 
soluzione,  la  conferenza  stessa  scelse  anche  il  Governo  belga  per  con- 
tinuare  mediante  corrispondenza  le  negoziazioni  colle  altre  potenze. 

Nel  1900  i  delegati  alia  Conferenza  internazionale  per  la  prote- 
zione  della  proprieta  industriale  furono  nuoyamente  radunati,  ma 
questa  volta  in  seguito  alia  comunicazione  di  una  nota  emanante  dal 
Governo  belga  e  riconoscente  1'esito  felice  delle  negoziazioni  di  cui  il 
medesimo  era  stato  incaricato.  L'accordo  definitive  si  tradusse  poco 
dopo  in  convenzione  firmata  li  14  dicembre  1900. 

Nel  mese  di  dicembre  1902  ebbe  luogo  la  seconda  sessione  della 
Conferenza  degli  Zuccheri.  II  sig.  de  Smet  di  Naeyer,  poggiandosi 
sul  risultato  delle  tra'ttative  tra  le  due  sessioni,  indicd  alia  Confe- 
renza la  direzione  che  essa  dovea  prendere  per  arrivare  ad  un  accordo 
definitive.  Le  disposizioni  concilianti  dei  diversi  paesi  interessati,  ma 
anche  pero  la  lealta  delle  dichiarazioni  scambiate,  le  quali  non  la- 
sciarono  nessun  dubbio  sulle  conseguenze  di  uno  scacco,  permisero  di 
^ffettuare  1'accordo  colla  convenzione  del  5  marzo  1902. 

La  firma  dei  due  atti  diplomatic!  fu  molto  favorevolmente  accolta 
nel  mondo  degli  affari.  Tuttavia  talvolta  accadde  che  convenzioni  di 
questa  natura  non  potessero  venire  applicate  perche  non  ratificate  dai 
parlamenti  relativi,  ma  cid  non  avvenne  nei  nostri  due  casi,  e  sia  lode 
al  Governo  attuale  belga  che  ha  contribuito  tanto  largamente  all'otte- 
nuto  risultato.  Se  i  suoi  avversarii  lo  riconoscessero ! 

RUSSIA  (Nostra  Corrispondenza).    1.  I  giubilei.  —  2.  La  Russia  politica 
ed  amministrativa.  —  3.  Le  inchieste  e  i  comitati. 

1.  Da  parecchi  mesi  la  Russia  e  tutta  intesa  a  solennizzare  cen- 
tenarii  ed  anche  bicentenarii  riguardanti  il  suo  ordinamento  politico, 
ciascuno  dei  quali  porge  occasione  ad  un  giubileo.  Cosi  sullo  scorcio 
del  passato  dicembre  furono  pubblicate  lettere  patenti,  colle  quali  lo 
Czar  rammentava  il  centesimo  anniversario  della  istituzione  del  «  Co- 
mitato  dei  ministri  »,  per  opera  deH'imperatore  Alessandro  I,  che  fu 
altresi  1'ordinatore  della  maggior  parte  dei  ministeri  presenti.  Non 
deve  confondersi  il  Consiglio  dei  ministri  col  Comitato  dei  ministri. 
II  primo  ha  minore  importanza  del  secondo,  e  si  aduna  solamente 
quando  1'Imperatore  reputi  opportune  convocarlo.  Invece  il  secondo, 
cioe  il  Comitato,  ha  carattere  d'istituzione  consultiva  permanente,  ed 


CONTEMPORANEA  631 

abbraccia  persone  molte  e  svariate :  president!  delle  sezioni  del  con- 
siglio  di  Stato,  ministri,  il  direttore  general  e  della  sezione  per  la  mo- 
dificazione  delle  leggi,  e  buon  numero  di  altri  cospicui  officiali  de- 
signati  dall' Imperatore.  II  Comitato  tratta  quelle  question!,  in  cui 
sono  interessati  parecchi  ministeri,  o  che  eccedono  le  attribuzioni 
peculiar!  di  ciascun  mmistro.  Esso  prende  a  disamina  altresi  i  ne- 
gozii  che  si  riferiscono  alia  legislazione  propriamente  detta,  per  esem- 
pio  i  negozii  di  alta  polizia,  di  pubblica  vettovaglia,  di  censura  ecc. 
Le  deliberazioni  hanno  efficacia  solamente  quando  il  sovrano  le  ha 
sancite.  Insomnia  il  Comitato  dei  ministri  e  lo  strumento  merce  del 
quale  lo  Czar  esercita  1'autorita  ammini  strati  va,  mentreche  il  Se- 
nato,  istituito  da  Pietro  il  grande,  e  che  dapprincipio  accentrava 
tutti  i  rami  della  pubblica  podesta,  ha  piuttosto  officio  di  sopravve- 
glianza  giudiziaria  ed  ha  perduto  parte  della  importanza  primitiva 
dacche  furono  istituiti  i  ministeri  ed  il  Consiglio  dell'  impero.  I  mi- 
nisteri tutti  insieme,  e  ciascuno  di  essi  in  particolare,  hanno  cele- 
brato  solennemente  il  loro  giubileo ;  cioe  i  ministeri  per  la  guerra, 
per  la  marina,  per  gli  affari  esteri,  per  la  giustizia,  pei  negozii  inte- 
riori,  per  le  finanze  e  per  la  pubblica  istruzione. 

Un  altro  centenario  ha  p6rto  occasione  a  festeggiamenti,  quello 
del  corpo  dei  paggi.  Questi  paggi  della  Corte  costituiscono  una  grande 
scuola  militare,  in  cui,  a  spese  dello  Stato,  si  vengono  educando  i 
figli  di  generali  e  di  cospicui  officiali  civili.  Durante  la  loro  dimora 
nella  scuola,  in  attesa  di  entrare  nell'esercito,  questi  giovani  com- 
piono  nella  Corte  un  servizio  di  guardie  d'onore.  Lo  Czar  fece  ritorna 
dalla  Crimea  per  presiedere  a  questa  festa,  che  comprese  in  se  un 
ampio  e  splendido  programma :  un  pranzo  di  1200  commensali,  un 
solenne  ricevimento,  sfilate  d'ordinanze  militari,  discorsi  proferiti 
dalPimperatore. 

Ne  la  serie  de'  giubilei  &  qui  terminata.  Avvi  ancora  il  giubileo 
della  stampa  periodica,  ed  un  altro  di  molto  maggior  rilievo  che 
concerne  il  secondo  centenario  della  fondazione  di  Pietroburgo  per 
opera  di  Pietro  il  grande.  Esso  e  oggetto  di  lunghi  apparecchi,  e 
porge  occasione  a  considerazioni,  a  studii  storici,  artistici,  economicir 
sociali.  Nel  maggio  venturo  cominceranno  i  festeggiamenti,  secondo 
il  programma  compilato  per  opera  concorde  di  moltissime  autorita. 
Si  rammentano  le  circostanze  politiche  e  militari  che  spinsero  Pietro 
il  grande  a  fondare  la  novella  capitale  e  radunare  forze  sterminate 
nella  regione  appunto  che  era  il  campo  prediletto  delle  invasion! 
svedesi.  Con  questa  formidabile  intrapresa  la  Russia  diveniva  libera 
dalle  tradizioni  asiatiche,  che  avevano  gravato  sempre  sopra  di  essa. 
D'allora  in  poi,  nella  politica  dell'Europa  essa  ha  conquistato  uno 
dei  posti  principal! ;  si  e  «  occidentalizzata  »  (passi  il  barbaro  voca- 


632  CRONACA 

bolo),  ma  non  pero  ha  veduto  scemare  il  suo  compito  nell'Asia; 
anzi  e  signora  di  territorii  sterminati,  dei  quali  ha  costituito  un'al- 
tra  Eussia.  —  II  doppio  centenario  della  fondazione  di  Pietroburgo 
sara  tema  inesauribile  di  riflessioni  e  di  manifestazioni,  e  fuor  di 
dubbio  varra  di  stimolo  all'ardore,  onde  sono  accesi  gli  aniini  tutti. 

2.  Qaesto  ardore  &  possente  e  universale;  e  quanto  piu  si  prende 
a  maditare  i  discorsi  che  corrono  in  Russia,  tanto  pift  si  rimane 
persuasi  che  gravi  mutamenti  vi  si  vanno  apparecchiando.  Solo  Iddio 
sa  fra  quali  coinmovimenti  si  compiranno!  —  Da  un  capo  all'.altro 
del  vasto  paese  si  aggira  un  cotal  romorio,  in  cui  si  confondonc  mi- 
lioni  e  milioni  di  voci :  tutti,  aristocratici,  letterati,  borghesi,  con- 
tadini,  pronunziano  la  stessa  parola  «  riforma  »,  la  quale  rappresenta, 
com'e  naturale,  preoocupazioni  e  cose  diversissime.  In  fatto  di  ri- 
forme  una  ve  n'  ha,  che  sebbene  non  sia  per  anche  accettata  e  nep- 
pure  indicata  schiettamente,  sembra  tuttavolta  che  abbia  ad  essere 
posta  sul  tappeto  in  brevissinio  spazio  di  tempo ;  queila  cioe  delle  as- 
semblee  provincial},  che  vanno  sotto  il  nome  di  zemstra.  I  lettori  ci 
sapranno  grado  che  qui  notiamo  gli  essenziali  caratteri  di  questa 
istituzione,  la  quale  e  di  cotal  guisa  il  campo,  nel  quale  si  viene 
svolgendo  per  buona  parte  il  moto  riformista.  Ci  giovereino  princi- 
palmente  dei  dati,  che  si  contengono  nella  grand'opera  intitolata 
La  Russia  alia  fine  del  secolo  derimonono,  pubblicato  sotto  la  dire- 
zione  del  signer  Kovalevski,  gia  assessore  del  ministro  per  le  finanze. 

I  78  governi  e  le  18  province,  ossia  regioni,  oltre  il  rappresentante 
dello  Stato,  hanno  un  Consiglio  che  chiamasi  zemstro  (zemstra  in  plu- 
rale).  Questo  Consiglio  ha  origine  da  quel  periodo  di  tempo,  che  sus- 
segui  alia  guerra  di  Crimea,  quando  1'Imperatore  Alessandro  II  in- 
tese  la  necessita  di  riordinare,  o  a  dir  meglio  ordinare  1'amministra- 
zione  locale.  La  base  dello  zemstro  e  elettiva :  ogni  tre  anni  il  popolo 
del  distretto  sceglie  delegati,  che  chiamansi  glasny,  ossia  membri  de- 
liberanti.  Radunata  una  volta  all'anno,  e  presieduta  dal  maresciallo 
della  nobilta  (scelto  anch'esso  per  via  d'elezione  nel  distretto,  pel 
periodo  di  tre  anni),  I'assemblea  elegge,  sempre  per  tre  anni,  una  Corn- 
mi  ssione  esecutiva  permanente,  la  quale  ammlnistra  i  negozii  econo- 
mici.  C'e  lo  zemstro  di  distretti,  poi,  al  di  sopra  di  questo,  lo  zem- 
stro di  provincia,  ossia  di  governo,  il  quale  si  assomma  anch'esso  in 
una  commissione  esecutiva  permanente.  Ebbe  dapprincipio  arnpie  at- 
tribuzioni,  che  abbracciavano  1'alimentazione  del  popolo  e  la  istruzione 
primaria,  e  che  fra  il  1870  e  il  1880  sembrava  dovessero  assorbire 
tutta  ramministrazione  provincial.  Questo  ampliarsi  progrediente  fu 
interrotto  dalla  legge  del  1890,  che  tutto  ad  un  tratto  confer!  ai  go- 
vernatori  buon  numero  dei  diritti  degli  zemstra.  Si  tornava  all'ac- 
centramento.  Questo  amore  delle  liberta  provincial!  s'  intorpidi,  poi  si 


CONTEMPORANEA  633 

r  destd.  Le  crisi  economiche  e  la  questione  agraria  conferirono  a  ri- 
donargli  forza;  tanto  piu  che  lo  stesso  Czar,  in  un  pubblico  discorso, 
1'ebbe  esplicitamente  incoraggiato.  Quel  discorso  proferito  1'anno  pas- 
sato  al  Koursk,  dopo  le  molte  vicende  di  tumulti,  nei  quali  si  videro 
torme  di  contadini  affamati  levarsi  a  ribellione  e  darsi  al  saccheggio; 
quel  discorso,  diciamo,  continua  ad  essere  il  tema  di  comment!  pres- 
soche  quotidiani.  Da  due  mesi  le  gazzette,  non  fanno  che  rammemtare 
le  dichiarazioni  imperiali,  che  sono  davvero  eloquenti.  «  II  compito 
economico  degli  zemstra  (dicevalo  Czar)  e  opera  di  precipua  nlevanza. 
Spero  che  gli  dedicherete  ogni  vostra  possa.  Sard  ben  lieto  di  por- 
gervi  aiuto  e  protezione,  coll'  intendere  di  conserva  all'unita  d'azione 
di  tutte  le  istituzioni  locali.  Ricordatevi  che  e  vostro  dovere,  dare 
orainamento  sopra  luogo  al  complesso  degl'  interessi  economici.  Adern- 
pite  efficacemente  siffatta  missione,  e  state vi  sicuri  che  vi  procaccera 
la  mia  piu  cordiale  benevolenza.  >  —  E  urgente  e  generale  la  neces- 
sita  di  una  riforma;  ed  &  proclamata,  in  tono  commosso,  non  pure 
dalle  gazzette  che  godono  di  un  po'  d' indipendenza,  ma  ben  anche 
da  fogli  molto  officiosi.  Q-li  uni  e  gli  altri  vanno  denunziando  fatti, 
che  rendono  testimonianza  di  un  dissesto  doloroso  che  mette  paura, 
e  domandano  «  provvedimenti  economiei  > ,  1'applicazione  dei  quali 
sarebbe  affidata  allo  xemstro;  anzi  di  sovente  i  riformisti  si  mostrano 
persuasi  che  tocca  allo  wmsiro,  indicare,  proporre  e  trovare  i  rimedi 
acconci.  Infatti  c'o  modo  di  trarre  partito  dai  ragguagli  attinti  di 
mezzo  alia  crisi,  fra  realta  molto  confuse.  Le  soluzioni  divisate  alia 
lontana  dai  burocratici  e  dagli  statisti  delle  grandi  citta,  non  avreb- 
bero  alcuna  efficacia  sul  male,  o  1'  irriterebbero  maggiormente.  Esso 
si  appresenta  come  un  fenomeno,  le  cui  molteplici  cagioni  si  connet- 
tono  intimamente  a  tutto  il  corpo  sociale.  I  possidenti  nobili,  per  la 
loro  negligenza  e  inesperienza,  veggono  scemare  vieppiti  con  ispaven- 
tosa  celerita  le  proprie  rendite.  Al  cospetto  delle  terre  incolte  ed  in- 
feconde  i  contadini  si  sentono  crescere  in  petto  la  bramosia,  e  d'al- 
tro  canto  manca  loro  di  sovente  il  necessario  terreno;  cost  si  lascia 
libero  corso  alia  speculazione.  Le  banche  acquistano  le  possession! 
della  nobilta  e  spingono  i  meschini  agricoltori  a  prendere  danari  a 
prestanza,  a  gravarsi  di  debiti  che  non  saranno  mai  pagati  e  che  di- 
latano  il  sistema  dell'espropriamento.  L'usura  invade  i  villaggi,  ed 
accade  non  di  rado  che  la  stampa  additi  con  terrore  i  guasti  prodotti 
dall'usura  cosmopolita,  e  si  scagliano  fulmini  contro  i  misfatti  del  ca- 
pitale,  che  di  frequente  assume  cola  il  carattere  dell'agiotaggio.  Que- 
sto  e  uno  dei  moventi  che  rendono  piu  cara  al  popolo  1'  idea  di  fare 
risorgere  la  liber ta  e  1'autorita  dello  temstro.  Ma  come  fara  per  ripa- 
rare  ai  pericoli?  Non  si  sa;  eppure  tutti  si  rivolgono  verso  di  lui, 
in  mancanza  d'altro  rimedio;  e  primieramente  si  richiede,  che  colsuo 


634  CRONACA 

ordinamento  sia  messo  in  armonia  coi  bisogni  reali  e  con  la  giustizia. 
Anche  il  governo  si  mostra  desideroso  di  mettersi  per  questa  via.  II 
ministro  per  1'  interne  ha  deliberate  di  procedere  alia  revisione  della 
«  quota  del  corso  elettorale  dello  zemstro  » ,  vale  a  dire  di  accertare 
la  situazione  del  possidenti  di  terreni,  che  sono  forniti  del  diritto  elet- 
torale o  che  vi  possono  aspirare.  Un  elenco  di  domande  a  tal  uopo  e 
stato  trasmesso  d'ufficio  alle  assemblee  provincial!.  L'esito  della  in- 
dagine  condurra  certamente  ad  una  riforma  nella  composizione  degli 
zemstra,  e  cosi  fara  sorgere  nuove  idee.  Siamo  soltanto  all'  inizio  della 
indagine,  ma  questo  inizio  ha  dato  gi£  tale  impulso  alle  menti,  che 
pud  condurle  innanzi  di  molto. 

3.  Novella  prova  della  rilevanza  del  provvedimento  preso,  si  ha 
nel  discorso  teste  proferito  dal  signer  de  Plehve  nell'occasione  del 
centenario  del  ministero  pei  negozii  interiori.  Citando  e  comentando 
il  discorso  imperiale  di  Koursk,  il  ministro  ha  domandato  la  coopera- 
zione  di  «  tutte  le  forze  navali  del  paese  » .  Egli  ha  annunziata  per 
«  un  future  molto  prbssimo  »  1'inaugurazione  di  «  conferenze  » ,  che 
saranno  tenute  al  ministero  per  1'interno,  ed  alle  quali  interver- 
ranno  «  i  rappresentanti  delle  autorita  locali  ».  In  essa  si  prende- 
ranno  a  disamina  «  i  provvedimenti  d'ordine  sociale  ed  economico, 
che  il  governo  impromette  di  prendere,  per  dare  aiuto  ai  popoli  del- 
1'impero  e  fame  paghi  i  bisogni  » .  Le  gazzette,  e  specialmente  le 
Novosti,  nel  fare  grandi  elogi  di  cotali  promesse,  ne  posero  in  rilievo 
la  gravita.  II  ministro  signor  de  Plehve  ha  detto  solennemente,  essere 
volonta  dell'imperatore  che  si  scelgano,  fra  le  persone  pratiche  dei 
.negozii  riguardanti  i  contadini,  dei  collaborator!  per  1'opera  di  rior- 
dinamento  del  regime  rurale  in  Kussia.  Le  Novosti  hanno  fatto  su- 
bito  notare  che  il  proposto  problema  consiste  anzitutto  nel  dar  sesto 
ai  nego&ii  de'  contadini  ed  a  tutto  il  complesso  del  regime  rurale. 
Riforma  delle  condizioni  giuridiche  in  cui  versano  i  contadini;  ri- 
forma dv-i  procediinenti  amministrativi ;  e  a  queste  due  gravi  intra- 
prese  un'altra  se  ne  aggiunge,  che  certo  non  e  agevole,  e  che  avra 
pur  essa  conseguenze  gravi,  cioe  1'emigrazione  dei  semplici  agricol- 
tori  in  Siberia.  II  signor  de  Plehve  ne  ha  parlato  di  proposito.  Si 
stima  dunque  la  questione  gia  impegnata.  Varii  pubblicisti  sono  con- 
cordi  i.eil'asserire,  che  dopo  1'abolizione  del  servaggio  nel  1861,  e 
non  osictute  questa  abolizione,  la  piccola  possidenza  quasi  piu  non 
esiste,  massimamente  che  la  popolazione,  la  quale  ha  da  vivere  sulle 
terre  cedute  ai  contadini,  si  e  accresciuta  di  molto.  Di  qui  un  au- 
mento  delle  bramosie  socialiste,  spalleggiate  dalle  prediche  del  Tolstoi. 
II  desiderio  ed  il  bisogno  d'indagare  hanno  preso  gia  tanta  consi- 
stenza  e  tanto  ardore,  che  sono  divenuti  possibili  certi  fatti  curiosi. 
Lo  Czar  ed  il  ministro  pei  negozii  interiori  hanno  annunziato,  come 


CONTEMPORANEA  635 

abbiamo  detto,  una  grande  consulta,  alia  quale  parteciperanno  <  per- 
sone  d'alto  grado  »,  conoscitrici  del  negozii  rurali ;  ma  sono  gia  co- 
minciate  altre  inchieste,  che  possono  imprimere  un  carattere  impre- 
veduto  alia  consulta  divisata  epromessa.  Pertanto  in  private  adunanze 
sonosi  convocati,  in  vece  di  «  persone  autorevoli»,  dei  semplici  operai, 
i  quali  coi  loro  vestimenti  da  lavoro,  sono    comparsi  in  una   assem- 
blea  di  persone  della  colta  societa,  di  borghesi  e  di  economist!.  Una 
di    cotali    adunanze    si  e  tenuta  nella    sede   di    un'associazione    che 
s'intitola  «  Assemblea  russa  ».  Quivi  hanno  parlato  cinque  o  sei  ope- 
rai per  manifestare  le  loro  lagnanze,  i  loro  desiderii   e  disegni ;  ed 
hanno  parlato  un    linguaggio    temperato,  e  senza    alcuna    mostra  di 
tendenza  rivoluzionaria ;  ma  questa  loro  temperatezza  ha  messo  forse 
maggiore  timore,  di  quel  che  avrebbe  fatto  una  manifestazione  vio- 
lenta  o  appassionata.  La  loro  pacatezza  e  la  soddisfazione  degli  ascol- 
tatori  danno  a  temere  che  siffatto  procedimento  entri  nelle   costu- 
manze,  e  che  per  la  forza  delle  cose,  all'infuori   d'ogni   guarentigia 
officiate,  abbiano  a  stabilirsi  delle  usanze,  che  a  poco  a  poco  e  ine- 
vitabilmente  condurrebbero  alle  pratiche  del    sistema    parlamentare. 
—  E  chiaro  che,  per  adesso,  questi  timori  sono  molto  esagerati,  ma 
sarebbe  d'altro    canto    una   esagerazione  il  porre    in   non    cale  quei 
fatti  che  li  hanno  suscitati.  Si  hanno  a  considerare  come  sintomi ;  i 
quali,  ove  si    ripetessero  e   diventassero    frequenti,    potrebbero    dare 
alle  aspirazioni  popolari   una    estensione    smisurata   ed    uno    slancio 
irrefrenabile.  Non  ostante  1'affezione  figliale  ed  entusiastica  dei  popoli 
per  lo  Czar,  puo  darsi  che  la  vecchia  aristocrazia  abbia  perduto  assai 
della  sua  forza.  Si  e  tratti  a  supporlo    specialmente    ove    si    ricordi 
che,  ventidue  anni  addietro,  il  generale  Loris-Melikov,   allora  mini- 
stro,  riputava   essere   giunto  il  momento  di   introdurre    cangiamenti 
profondi  nel  sistema  secolare,  e  di    mettersi    per  la  via  che  farebbe 
capo  un  giorno  al  reggimento  costituzionale.  L'assassinio   dell'impe- 
ratore  Alessandro  II  feee  abbandonare  tutto  il  programma  che  stavasi 
apparecchiando ;  fu    ricacciato    subitamente    nell'oblio,  e  sepolto  nel 
lutto  e  nello  sbigottimento.    Ora,    dopo    ventidue  anni,    sembra    che 
1'idea  abbia  ripreso  il  sopravvento ;  ma  varra  a  dischiudersi  una  via 
regolare  ed  a  percorrerla  senza  impetuosita  e  senza  conquassi?  Con- 
viene  attenersi  dal  fare  profezie,  quando  non  si  e  profeta,  e  quando 
si  e  a  fronte  di  un  problema,  che  contiene  in  se  tanti  elementi  ignoti 
oppure  incalcolabili.  Tutfcavolta  torna  difficile  non  fare  un  paragone 
fra  lo  stato  morale  e  politico  presente  della  Russia,  e  lo  stato  in  cui 
versava  la  Francia  negli  anni  che  precedettero  la  rivoluzione.  Allora 
la  forza  destinata  a  prorompere  in  impeti  furibondi,  andava  crescendo 
pian  piano  all'ombra  del    sentimentalismo,    della    filantropia  e  delle 
speranze  liberali.    Adesso  in  Russia,  le  classi    elevate  e  quelle   vol- 


636  CRONACA 

gari  sono  tutte  quante  preoccupate  di  riforme  umanitarie,  generose, 
per  lo  pill  molto  utili,  molto  giustificate,  e  da  gran  pezza  troppo 
soverchiamente  trascurate.  Opere  cli  pubblica  assistenza,  d'igiene,  di 
economia,  di  pensioni,  sono  oggetto  di  assidui  studii  e  di  sforzi  sem- 
pre  piu  poderosi.  II  popolo  e  fornito  di  una  stupenda  provvigione  di 
entusiasmo  e  fratellanza :  ma  1'entusiasmo  corre  pericolo  di  sbagliare 
la  strada,  d'inalberarsi  sontro  gli  ostacoli  inattesi,  di  guastarsi  per 
cagione  del  disinganno  e  per  effetto  dell'ira,  perocche  le  idee  diret- 
tive  hanno  subito  gravi  nocumenti.  La  crisi  che  mette  in  palpiti  la 
Russia,  ha  la  sua  origine  piu  profonda  nel  torpore  della  dottrina 
religiosa. 

Siccome  non  e  possibile  parlare  di  tutto  ad  un  sol  tratto,  qui  so- 
lamente  ho  fatto  menzione  dei  fatti  amministrativi  e  politici,  riser- 
ban  do  ad  altra  volta  la  necessaria  disamina  degli  altri. 


SVIZZERA    (Nostra  '  Corrispondenza).  II  referendum   intorno  alia  crema- 
zione  nel  Canton  Ticino. 

II  1  febbraio  nel  Canton  Ticino  abbiamo  avuto  1'esempio  di  cid  che 
pud  fare  un  popolo,  quando  coloro  cui  incombe  1'obbligo  di  illumi- 
narlo  e  guidarlo  sulla  retta  via  sanno  compiere  il  loro  dovere. 

La  maggioranza  radicale  del  Gran  Consiglio  s'era  creduta  abba- 
stanza  forte  da  imporre  al  paese  1'  istituto  della  cremazione.  Si  com- 
prende  che  non  tanto  ragioni  igieniche  p  scientifiche  pesavano  nella 
sua  bilancia,  quanto  I5  intenzione  di  dare  un  colpo  di  piu  alia  <  su- 
perstizione  »  cattolica.  II  pretesto,  del  resto,  non  mancava  d'essere 
specioso:  s'  invocava  la  liberta.  La  cremazione  non  e  obbligatoria,  ma 
facoltativa:  quale  difficolta,  dunque,  ad  accettarla?  Non  si  faceva  vio- 
lenza  alia  cosoienza  di  nessuno. 

Gia:  proclamando  la  liberta  del  male  non  si  fa  violenza  alia  co- 
scienza  della  gente  onesta! 

Lo  scacco  subito  anni  sono  dai  cremazionisti  a  San  Gallo  non 
aveva  insegnato  nulla  ai  razionalisti  ticinesi.  Nonostante  la  vigorosa 
opposizione  fatta  nel  Gran  Consiglio  dalla  Destra  conservatrice  catto- 
lica, la  cremazione  vi  veniva  votata  il  14  novembre  1902  coll'ag- 
giunta  del  seguente  paragrafo  all'articolo  102  del  vigente  Codice  sani- 
tario:  c  La  cremazione  e  facoltativa.  a  spese  di  chi  la  domanda,  e 
sottoposta  a  speciali  norme  precauzionali  da  ordinarsi  dal  Consiglio 
di  Stato.  » 

II  Comitato  della  Sezione  cantonale  della  Societa  dei  Cattolici  Sviz- 
zeri  —  prima  Associazione  di  Pio  IX  —  non  pose  tempo  in  mezzo ; 
radunatosi  sollecitamente  risolse  d'iniziare  il  Referendum  contro  tale 
decreto  legislative.  Moltissimi  lettori  della  Civilta  ricorderanno  che 


CONTEMPORANEA  637 

1'appello  al  popolo,  quest'istituzione  emineatemente  democratica,  e 
stato  introdotto  nella  legislazione  ticinese  dal  partito  conservatore,  e 
come  esso  sia  gia  valso  a  mandare  a  carte  quarantotto,  nel  marzo 
del  1895,  il  tentative  fatto  dal  regime  radicale  tomato  al  potere 
nel  1893,  di  abolire  la  legge  sulla  liberta  della  Chiesa  cattolica.  E  si 
ehe  allora  s'era  aucora  nella  luua  di  miele  della  vittoria  radicale: 
Una  parte  del  corpo  elettorale  continuava  nell'ubbriachezza  dell'orgia 
di  promesse  fatte  dai  nuovi  padroni.  Qaest'ubbriachezza  ora  &  sva- 
nita:  per  non  parlare  che  della  situazione  flnanziaria,  le  imposte  pe- 
^ano  con  gravezza  maggiore  e  il  debito  pubblico  e  aumentato  d'oltre 
due  xnilioni :  una  cattiva  politica  non  pud  fare  una  buona  finanza. 

II  Referendum  ebbe  ua  esito  splendido.  Ilnumero  delle  firme  chie- 
denti  che  nol  decreto  del  Gran  Consiglio  si  chiamasse  il  response  alle 
urne  supero  le  9000.  Gio  faceva  prevedere  con  tutta  sicurezza  la  ca- 
duta  della  creinazione:  nessuno  pero  s'aspettava,  dati  gli  sforzi  erculei 
fatti  dal  partito  radicale  sventolante  la  bandiera  del  progresso  in  pe- 
ricolo,  che  tale  caduta  sarebbe  stata  cosi  fragorosa. 

II  1°  marzo  14,000  cittadini  contro  5,000  —  in  cifra  tonda  —  seon- 
fessarono  1'operato  del  governo  e  della  Sinistra  granconsigliare.  In 
tutti  gli  otto  distretti  la  inaggioranza  anticrernazionista  fa  schiac- 
ciante:  anche  in  quelli  di  Menchisio,  Lugano,  Bellinzona  e  Riviera  in- 
feudatissimi  ai  radicalismo.  Dei  capoluoghi  principali  solo  Bellinzona, 
seie  del  Groverno,  diede  una  forte  maggioranza  al  decreto  legislative. 
Lugano,  Locarno,  Menchisio  la  respinsero :  in  circa  quaranta  comuni 
€sso  non  ebbe  neanche  un  voto. 

La  rabbia  nei  campo  settario  non  e  poca.  La  Gazxeita  ticinese, 
che  dal  liberalismo  moderate  e  passata  da  anni,  armi  e  bagagli,  al 
radico-socialismo  piu  sbracato,  parla  del  popoio  nostro  come  di  un  po- 
polo ignorante,  antiprogressista,  ineivile,  incosciente,  fanatico,  schiavo 
e  libertieida.  II  Dovere,  monitore  del  governo,  non  e  cosi  sguaiato  ma 
neanch'esso  cela  il  sommo  dispetto  che  lo  rode :  e  insieme  la  stampa 
rosticciera,  se  la  piglia  in  modo  principale  col  nostro  amato  e  vene- 
rato  pastore  diocesano,  mons.  Yincenzo  Molo,  Amministratore  aposto- 
lico,  il  quale  non  solo  aveva  benedetto  e  incoraggiato  il  Comitato  della 
Societa  del  Cattolici  Svizzeri  nell'azione  sua,  ma  con  apposita  pasto- 
rale aveva  richiamato  al  popolo  la  dottrina  cattolica  sull'  inumazione 
dei  defunti  e  il  suo  dovere  di  non  permettere  si  offendesse  in  modo 
cosi  brutale  la  sua  fede.  Contro  il  vescovo  schiettamente  apostolico 
la  piazza  aveva  fatto  una  dimostrazione  ignobile  la  vigilia  della  vo- 
tazione,  dopo  una  conferenza  cremazionista  tanuta  dall'architetto  Q-ui- 
dini:  artista  di  vaglia  ma  disgraziatamente  settario  accanito  e  dagli 
occhi  acciecati  dalla  passione.  In  qnesta  marmaglia  urlante  e  fischiante 


638  CONTEMPORANEA  CRONACA 

c'erano  anche  del  professor!  di  liceo  e  di  ginnasio :  che  fior  di  edu- 
cator! della  nostra  gioventu  ! 

La  campagna  contro  la  cremazione  era  stata  condotta  con  slancio 
dal  nostro  giornalismo  :  il  Popolo  e  Liberia  di  Locarno  e  la  Patria  di 
Lugano.  Anche  il  liberale  conservatore  Corriere  del  Titino  ebbe  un 
contegno  lodevole.  II  clero  ubbidiente  ai  cenni  del  suo  superiors  fu 
modello  di  attivita :  il  nostro  laicato  cattolico  si  prodigo  in  conferenze 
ed  in  riunioni  popolari  quali  non  mai  c'erano  state.  Ci6  dice  che  se 
1'anima  popolare  e  di  fondo  veramente  cristiana,  quando  si  ricorra 
ai  mezzi  idonei  se  n'ottengono  per  la  buona  causa  lieti  frutti.  Se  ne 
prenda  norma  per  1'avvenire. 


OPERE,  PERVENUTE  ALL  A  DIREZIONE 


Annuaire  de  I'  University  catholique  de  Louvain  1903.  Soixante-sep- 
tieme  annee.  Louvain,  Van  Linthout,  16°,  XXXII-394-XX  p. 

Brandberg  Th.,  Bahr  J.  Urkunder  och  forfattningar  angaende  Do- 
nationer  vid  Upsala  Kongl.  Universitet.  Upsala,  1902,  8°,  270  p. 

Capuzzello  F.  I  sepolcri  di  Ippolito  Pindemonte.  Versione  in  esame- 
tri  latini  preceduta  da  una  lettera  del  Prof.  FELICE  RAMORINO.  Roma, 
Loescher,  1902,  8°,  32  p.  L.  1. 

Cianfrocca  R-,  d.  S^P.  Prosodia  e  metrica  della  lingua  greca.  Ediz. 
novissima.  Roma,  Salesiana,  1903, 16°,  120  p.  Cfr.  presente  quad.  pag.  597. 

Cutuli  P.,  can.  Regolamento  del  Seminario  Vescovile  di  Tropea.  Reggio- 
Calabria,  Morello,  1903,  16°,  190  p. 

De  Lorenzo  A.  Nostra  Signora  della  consolazione,  protettrice  della 
cittti  di  Reggio  in  Calabria.  Quadretti  storici.  3a  ed.  riveduta  ed  ampliata 
dall'A.  Roma,  Ravagli,  1902,  16°  272  p.  L.  2,50. 

D'Hulst  M.  Nouveaux  melanges  oratoires.  V.  Discours  et  rapports  sur 
les  oeuvres  sermons  et  allocutions  pour  les  oeuvres.  Preface  de  M.  1'abbe 
ODHLIN  vie.  gen.  sur  Mgr  D'Hulst.  Paris,  Poussielgue,  1903,  8°,  XVIII- 
438  p.  Fr.  5. 

Edling  E.  Priscillianus  och  den  aldre  priscillianismen  I.  Upsala,  1902,. 
8»,  XVIII-250  p. 

Finco  G.,  sac.  II  mio  ritorno  nella  Giudea.  Diario  (12  aprile  -  14  mag- 
gio  1902).  Torino-Roma,  G.  Marietti,  1903,  16°,  192  p. 


1  Non  essendo  possibile  dar  oonto  delle  molte  opere,  che  ci  vengono  invlate,  con  quells 
•oUecitudine  che  si  vorrebbe  dagli  egregi  Autorl  e  da  noi,  ne  diamo  intanto  nc  annuuzio 
sommario  che  non  import*  alcun  giudizio,  riserbandoci  di  tornarvi  sopra  a  second*  dell \>p~ 
p  -rtunHa  e  dello  spazio  concesso  nel  perfodico. 


OPERE  PERVENUTE   ALLA  DIREZIONE  639 

Gummerus  J.  Synodalstatuter  oeh  andra  kyrkorattsliga  aktstycken 
fran  den  svenska  medeltidskyrkan.  Upsala,  1902,  8°,  VIII- 98  p. 

Hamilton  Cavalletti  G.  Dal  detto  al  fatto  nel  socialismo.  2a  ed.  Roma, 
Desclee,  1903,  16°,  LVI-400  p.  L.  3.  ^ 

Lundstroro  H.  Ryrkohistorisk  Arsskrift.  Tredje  argangen  1902, 
Stockholm,  8°,  VIII-176  p. 

Poey  P.  fitudes  sur  les  originesdu  Christianisme  et  I'histoire  de  V Eglise 
•durant  les  trots  premiers  siecles.  Paris,  Lille,  Desclee,  16°,  XII-640  p.  L.  4. 

Rinieri  P.  Hil.,  S.  I.  La  diplomatic  pontificate  au  XIX  siecle.  Tra- 
duction  de  1'abbe  J.  B.  VERDIER.  Le  Concordat  entre  Pie  VII  et  le  premier 
Consul.  (1800-1802).  Paris,  Lethielleux,  1903,  8°,  XXXII-652  p.  Fr.  6. 

o 

Upsala  Universitets  Arsskrift.  1901. Upsala,  Akademiska  Bokhand- 
£ln,  8°,  586  p. 

Vitelleschi  G.  M.  Prosa  moderna.  Letture  ad  uso  delle  scuole  mo- 
derne.  I.  Paesaggi,  descrizioni  di  luoghi  e  costumi,  narrazioni,  quadretti, 
scenette  —  Ritratti,  ricordi  biografici,  profili,  aneddoti,  scherzi,  varietd  — 
Storia  naturale.  2a  ediz.  rinnovata  ed  accresciuta.  Torino,  Clausen,  1903, 
8°,  392  p.  L.  2,50. 

Vreta  Kloster  af  Frithiof  Hall.  Gene,  Gefle-postens  Tryckeri,  1902, 
8°,  20  p. 

Zeibert  F.,  mons.  Compendium  Historiae  Ecclesiasticae.  Ed.  Ill  pro- 
curata  a  Dr  JOSEPH  SAMSOUR,  hist,  eccles.  in  Semin.  Brunensi  prof.  Brunae, 
Rajhrad,  1903,  8°,  320  p. 

Altre  pubblicazioni  pervenute:  Varieta.  —  BALLERINI  G.,  sac.  Delia 
morte,  risurrezione  ed  assunzione  di  Maria  SS.  "Siena,  S.  Bernardino,  1903,  16°, 
46  p.  Cent.  30.  —  BARA  F.,  sac.  Per  la  mente  e  per  il  cuore:  opportunissimi 
ammaestramenti  di  NiccoL6  TOMMASEO.  Napoli,  D'Auria,  1903,  16°,  36  p.  Cent.  30. 
—  H.  BOSMANS  S.  J.  Documents  inedits  sur  Gregoire  de  Saint-Vincent  (mate- 
matico  fiammingo  del  secolo  XVII).  Extrait  des  Annales  de  la  Soc.  scientif. 
de  Bruxelles  XXVII,  2-  part.  8°,  44  p.  —  CASTEONOVO  G.,  sac.  La  storia 
e  la  critica  odierna.  Discorso  Girgenti,  Montes,  1903,  8°,  24  p.  —  CEREBO- 
TANT  L.  mons.  Rilievi  e  tracciamenti  col  teletopometro  senza  alcuna  fatica  di  cal- 
coh  o  misurazione  qualsiasi  empirica  (Estr.  Mem.  delta  Pontif.  Accad.  dei  N.  Lin- 
cei  XIX).  Roma,  Cuggiani,  1902,  8°,  40  p.  e  una  tav.  —  FRATTINI  G.  Di  un 
gruppo  continuo  di  trasformazioni  decomponibili  finitamente.  Nota.  (Rendiconti  della 
R.  Accad.  dei  Lincei.  1  febbr.  1903).  Roma,  Salviucci,  1903,  8°,  p.  74,  83.  —  GHINI 
G.  Riflessi  e  raccomandazioni  per  coloro  che  trattano  delle  S.  Scritture.  Cesena, 
Bettini,  1903,  16°,  32  p.  —  MATTIUSSI  G.  S.  I.  L'essenza  del  Cristianesimo  per 
Adolfo  Harnack.  (Estr.  dalla  Scuola  Cattolica).  Monza,  Artigianelli,  1903,  8°, 
28  p.  Cent.  50.  —  PAGANUZZI  G.  B.  Sulla  questione  del  Manicomio  di  S.  Ser- 
volo.  Discorso  pronunciato  nel  Consiglio  Comunale  di  Venezia.  Venezia,  Cor- 
delia, 1902,  8°,  24  p.  -  POZZO  M.  11  progetto  di  legge  dett'on.  Gallini  sulla  di- 
fesa  dei  poveri.  Geneva,  Campodonico,  1903,  8°,  20  p. 

Atti  dell' Episcopate.  —  CALLEGARI  G.,  vescovo  di  Padova.  La  Quare- 
sima  dell'anno  1903.  Lettera  pastorale.  Padova,  tip.  del  Seminario,  8°,  24  p.— 
CAPECELATRO  A.,  card.  La  poverta,  I' industria  e  il  sapere  del  nostro  secolo 
in  relazione  col  Cristianesimo.  Discorso.  Lettera  Pastorale  intorno  al  divorzio. 
Milano.  Cogliati,  1903,  8°,  42  p.  Cent.  50  —  CAPPONI  F.,  arciv.  di  Pisa. 
II  XXV  anno  di  Pontificate  di  Leone  X11I.  Pastorale.  Pisa,  Orsolini-Prosperi, 


640  OPEKE   PERVENUTE   ALLA   DIREZ1ONE 

1903  f.°  —  CARLI  G.,  vescovo  di  Luni-Sarzana  e  Brugiiato.  11  ripovo  fextivo  e 
la  santificazione  delle  feste.  Lettera  pastorale.  Sarzana,  Cesta,  1903,  8°,  34  p. — 
DE  MARTINOF.,  vescovo  di  Caiazzo.  L'azione  cattolica  e  il  Giubileo  Papale. 
Pastorale  per  la  Qnaresima  1903.  Napoli,  D'Auria,  1903,  8°.  32  p.  —  JUN- 
GUITO  J.  S.  I.,  vescovo  di  Panama.  Quintet  Pastoral.  Panama,  Star  and  He- 
rald, 1903,  16°,  14  p.  —  LETTERA  PASTORALE  degli  Arcivescovi  e  Vescovi 
della  Toscana  al  Clero  e  al  Popolo  delle  loro  Diocesi.  1902.  Pisa,  Orsolini-Pro- 
speri,  1902,  8°,  48  p. —  MAGANI  F.,  vescovo  di  Parma.  Ragioni  delle  feste  per 
il  Giubileo  Papale  di  S.  S.  Leone  XlFf.  Lettera  Pastorale.  Parma,  Fiaccadori, 
1903,  8°,  24  p.  —  MARONG1O  DELRIO  D.,  arciv.  Torritano.  Amor  di  Dio  e 
disprezzo  del  mondo.  Lettera  Pastorale.  Sassari,  Dessi,  1903,  8°,  28  p.— MERRA  E.., 
vescovo  di  Cotrone.  II  Tabor  delle  glorie  di  Leone  XL 'I  o  la  solenne  chiusura 
del  giubileo  poiitificale.  Lettera  Pastorale.  Bologna,  Mareggiani,  1903,  8°,  20  p.— 
MONTERISI  I.,  vescovo  di  Marsico  e  Potenza.  Riapertura  del  nostro  Seminario 
Dlocesano  ed  educazione  del  novello  Clero.  Lettera  Pastorale.  Potenza,  Garramone, 
1903,  16",  24  p.  —  PUJIA  C.,  vescovo  di  Angiona  e  Tursi.  Gesu  Cristo  nella 
famiglia  e  il  divorzio.  Lettera  Pastorale.  Potenza,  Gamunone,  1902.8°,  60  p. — 
RESSIA  G.  B.,  vescovo  di  Mondovi.  La  speranza  cristiana  e  le  promesse  del 
socialisms).  Lettera  pastorale.  Mondovi,  tip.  vescovile,  1903,  8°,  28  p.  —  SCHOEP- 
FERF.  X.,  eveque  de  Tarbes.  La  tres-sainte  Eucharistie.  Lettre  Pastorale.  Lour- 
des,  impr.  de  le  Grotte,  1903,  8°,  p.  271-322. 

Eloquenza  sacra.  —  GRASSO  G.,  sac.  Avvento  del  1902  o  quattro  discorsi 
polemici  contro  il  socialismo.  Roma,  tip.  salesiana,  1903,  16°,  148  p.  L.  1. 

AsceUca.  —  DEL  CORONA  P.  A.,  vescovo  di  S.  Miniato.  Elevazioni  sul 
mistero  dell' Eucaristia  raccolte  dalle  opere  del  B.  ALBERTO  MAGNO.  3*  ed.  Romar 
Desclee,  1903,  24°.  440  p.  L.  2.  Cfr.  Civ.  Catt.  IX,  3  (1874)  78.  —  MEDITA- 
ZION1  per  ciascun  giorno  del  mese  nella  passione  di  N.  S.  Gesu  Cristo  tradotte 
dalle  opere  francesi  di  alcuni  Padri  della  Compagnia  di  Gesu.  2ft  ed.  riveduta  e 
corretta  dal  P.  GIUSEPPE  M.  PICCIRELLI.  Napoli,  tip.  catt.  1903,  16°,  272  p. 
Cent.  50.  —  UNA  VISIT  A  a  San  Giuseppe  per  ciascun  giorno  del  mese  con  Vag^ 
giunta  di  alcune  preghiere  ed  ossequii.  6*  ed.  "Modena,  tip.  Pontificia,  24°,  40  p. 
Cent.  15.  —  WITTEBOLLE  P.  Red.,  Le  Careme  sanctifie  ou  lectures  pieuses 
sur  les  souifrances  de  Jesus  et  de  Marie  d'apres  Saint  Alphoiise-Marie  de  Li» 
guori.  2^me  ^d.  Paris,  Lille,  Desclee,  1903,  16«,  350  p.  L.  1,  50. 

Memorie.  —  CULOTTA  P.,  sac.  In  niorte  del  cav.  Orazio  di  Maggio.  Ora- 
zione  funebre.  Matera,  tip.  della  Scintilla,  1903,  8°,  16  p.  —  LA  SPINA  A., 
S.  I.  Filippo  Evola  e  le  sue  opere.  Discorso  letto  in  Balestrate.  Palermo,  Coo- 
perativa,  1903,  8°,  62  p.  —  IL  P.  AN  GEL  0  SEC  CHI  nel  XXV  anniversario 
della  sua  morte  1878-1903.  Roma,  Desclee,  1903,  8°,  88  p.  (illustr.).  L.  1,50. 

Lettnre  ricreative.  —  DARDANA  P.  Alba  soave.  Dramma  sacro  in  3  atti. 
—  INNOCENTI  B.  Le  campane.  Bozzetto  drammatico  in  1  atto.  (Collana  di  Lett. 
dramm.  1903,  I).  Roma,  tip.  salesiana,  1903,  16°,  96  p.  —  MIONI  LT.  A  Roma 
salus.  II.  Nel  paese  dei  cinesi.  (Lett.  Catt.  2).  Torino,  Lett.  Catt.  1903,  16%  128  p. 
Cent.  20. 

Poesie.  —  BERI  1ST.,  can.  2  e  3  marzo  1903.  Inno.  Fabriano,  tip.  econo- 
mica,  F.  —  CAPUZZELLO  F.  II  Campanile  di  San  Marco.  Scherzo  poetico. 
Roma,  cooperativa,  1902,  16°,  16  p.  —  LIGUORI  A.M.,  ca&.'Un  nuovo ritratto 
della  morte.  Inno.  Sorrento,  D'Onofrio,  1903,  16°,  12  p.  —  PEROSA  L.  A  S'. 
*.  Leone  XIIL  XX  febbraio  1903.  Venezia,  Sorteni  e  Yidotti,  8°,  38  p.  —  RO- 
MEO I.  Leoni  XIII  Carmina.  Messanae,  Alico,  1903,  24°.  —  PASELLA  P. 
Tristia.  Livorno,  Belforte,  1903,  8°,  56  p.  L.  1,  20.  —  ZAMBALDI  G.,  sac.  Pet 
Giubileo  Pontificale  di  S1.  S.  Leone  XIII.  Versi.  Torino,  salesiana,  1903,  8°,  gr.,8p.. 


LE  PERIPEZIE  D'UN  MANOSCRITTO 


IL  PROCESSO  ORIGINALE  DI  GALILEO 


Un  bibliofilo  francese,  Onesimo  Durocher,  nel  1866  dedico 
alia  sventura  delle  biblioteche  un  libro  pieno  d'erudizione 
intitolato  De  naufragiis  et  incendiis  librorum.  Al  quale  tenne 
dietro,  nel  X  volume  delle  Miscellanies  of  the  Philobiblon 
Society,  una  commemorazione  e  quasi  un  lamento  sulla  sorte 
anche  peggiore  toccata  a  tanti  altri  libri  e  document!  *.  Le  vi- 
cende  de'  libri,  codici  e  manoscritti  delle  nostre  biblioteche  e 
de'  nostri  archivii  non  sono  tutte  conosciute  a  gran  pezza: 
per  quali  vie  molti  di  loro  sieno  pervenuti  alle  sedi  Vaticane 
o  a  quelle  del  British  Museum  o  della  Biblioteca  Nazionale  di 
Parigi,  sarebbe  difficile,  spesso  impossibile  rintracciarlo,  ne 
sempre  pagherebbe  la  spesa  e  la  fatica.  Qualche  cimelio  par- 
ticolare  tuttavia  ha  la  sua  storia  propria  e  la  sua  odissea : 
che  o  per  V  importanza  stessa  delP opera  o  per  gli  avveni- 
menti  che  le  si  svolsero  intorno,  presenta  speciale  interesse. 

Tra  questi,  basterebbe  anche  solo  nominarlo,  e  il  mano- 
scritto  originale  del  famoso  processo  o,  a  dir  meglio,  dei  due 
processi  di  Galileo  Galilei,  quello  del  1615-16  e  quello  del 
1632-33.  Riuniti  in  un  volume  sotto  il  n.  1181,  i  due  processi 
sono  oggi  conservati  nell'Archivio  segreto  Vaticano,  nella 
«  capsula  X  »  insieme  con  altri  preziosi  documenti.  Da  prin- 
cipio  per 6  fi no  al  1810  essi  furono  custoditi  nell'Archivio 
del  Santo  Uffizio,  e  non  passarono  al  Vaticano  direttamente, 
ma  solo  dopo  un  lungo  e  fortunoso  soggiorno  a  Parigi,  donde 
a"  mala  pena  poterono  ritornare  in  Italia,  riportativi  nel  1846 
dal  conte  Pellegrino  Rossi  e  restituiti  al  Papa.  Nel  1850  poi, 

1  Cf.  Stimmen  aus  Maria-Laach  1903,  I,  p.  122. 
Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1266.          41  11  marzo  1903. 


642  LE   PERIPEZIE   D'UN  MANOSCRITTO 

sedati  i  torbidi  della  rivoluzione,  Pio  IX  don6  il  prezioso  vo- 
lume alia  Biblioteca  Vaticana,  donde  finalmente  passo  all'Ar- 
chivio  segreto. 

Questa  &  a  gran  tratti  la  storia  sommaria  del  celebre  ma- 
noscritto :  ma  le  vicende  a  cui  ando  soggetto  a  Parigi  e  a 
Roma,  i  tentativi  e  le  titubanze  di  pubblicarlo,  insino  alle 
edizioni,  che  finalmente  nel  1877  ne  fecero  il  francese  L'  Epi- 
nois  e  il  tedesco  von  Gebler,  e  da  ultimo  (1902)  il  prof.  An- 
tonio Favaro  *  in  Italia,  sono  pure  degne  di  essere  conosciute 
per  se  medesime  e  perche  porgono  occasione  a  qualche  utile 
osservazione. 

Non  pero  tutti  i  documenti  relativi  al  processo  di  Galileo 
erano  contenuti  nel  vol.  1181  predetto.  L'erudito  profes- 
sore,  che  dirige  Tedizione  nazionale  delle  Opere  di  Galileo 
Galilei,  aggiunge  alia  propria  pubblicazione  alcuni  nuovi  do- 
cumenti inediti,  provenienti  dai  volumi  del  Deer  eta  del  S. 
Uffizio,  cio&  dai  volumi  che  contengono  i  verbali  e  le  decision! 
prese  dalla  S.  Congregazione  nelle  sue  adunanze,  e  che  si  con- 
servano  quasi  tutti  nelFArchivio  della  medesima.  Ammesso  a 
studiare  con  tutto  Fagio  «  con  favori  eccezionali  e  larghezze 
finora  non  concesse  ad  alcuno  »,  i  documenti  original!,  sia 
nell'Archivio  segreto  Vaticano  sia  in  quello  del  S.  Uffizio,  ne 
da  alle  supreme  autorita  la  meritata  lode  ed  esprime  la  sua 
riconoscenza.  E  di  tutto  rende  conto  assai  minuto  in  una  re- 
lazione  teste  stampata  a  Venezia  2. 

Sull'autenticita  di  qualche  parte  del  manoscritto  originale 
aveva,  fuor  d'ogni  ragione,  e  senz'avere  veduto  il  codice, 
sollevato  dei  dubbii  il  dott.  Emilio  Wohlwill 3;  donde  nacque 

1  H  processo  di  Galileo  (Estratto  dai  vol.  XIX  della  Edizione  Nazio- 
nale deUe  Opere  di  Galileo  Galilei.  Edizione  di  trenta  esemplari).  —  Fi- 
renze,  1902,  Tip.  di  G.  Barbera,  pag.  160  in  4.  Quest'edizione  per  ora 
non  e  in  commercio;  ma   sara  messa  in  pubblico,  appena  terminate  il 
volume  XIX  delle  Opere  complete  di  Galileo. 

2  I  documenti  del  Processo  di  Galileo  (Estr.  dagli  Atti  del  reale  Isti- 
tuto  Veneto  di   scienze  lettere   ed   arti.  Anno  accademico   1901  -  902  — 
Tomo  LXI  —  parte  seconda)  p.  50  in  8. 

»  Der   Inquisitionsprocess  des  Galileo  Galilei.  Eine   Priifung  seiner 


1L  PROCESSO   ORIGINALE   DI   GALILEO  643 

una  fiera  controversia  giunta  fino  a  sostenere,  come  fece  il 
prof.  Silvestro  Gherardi,  che  tutto  il  processo  di  Galileo  era 
«  fattura  dell' Inquisizione  »  l.  Oggi  tale  questione  non  ha 
piu  alcun  valore  dopo  I'esame  e  la  pubblicazione  del  pro- 
cesso fattane  dal  L'Epinois  e  dal  von  Gebler.  Perci6  il  Fa- 
varo  nella  riproduzione  e  disposizione  tipograflca  dei  docu- 
ment! pot6  scostarsi  alquanto  piii  liberamente  dalla  materiale 
fedelta  diplomatica  al  manoscritto,  e  pure  riuscire  a  darne 
un'edizione  piii  precisa,  piii  corretta,  e  in  una  forma  piu 
adatta  allo  studio  del  testo. 


* 
*     * 


Ordinato,  con  decreto  del  2  febbraio  1810,  dall'  imperatore 
Napoleone  I  il  trasporto  degli  archivi  pontificii  da  Roma  a 
Parigi,  niente  meno  di  3239  casse  piene  di  carte  presero  la  via 
di  Francia,  e  giunte  a  destinazione  furono  consegnate  al  Dau- 
nou  allora  direttore  degli  archivii  imperiali.  Era  tale  massa  di 
carta  e  di  pergamena  che  metteva  sgomento,  chi  avesse  voluto 
tranquillamente  riordinarla ;  n&  i  giorni  agitati  della  rapida 
epopea  napoleonica  parevano  il  tempo  piii  adatto  alia  calma 
degli  studii  storici,  dei  lavori  di  paleografia  e  d'archivio.  Una 
cerna  sommaria  parve  sufficiente :  i  document!  inutili  si  ven- 
dettero  a  peso,  e  si  videro  allora  diplomi,  bolle,  lettere  di 
re  e  di  papi  a  carrettate  andarsene  a  finire  nelle  botteghe  di 
droghieri  *.  Al  manoscritto  del  processo  di  Galileo  pero  furono 
usati  fin  dalla  partenza  speciali  riguardi.  Non  confuso  colla 
massa  volgare  degli  altri  documenti  del  S.  Uffizio,  esso  ebbe 
Tonore  di  formare  un  pacco  da  se,  munito  di  sei  sigilli  del 


rechtlichen  Grundlage.nach  den  Akteu  der  romischen  inquisition.  Ber- 
lin, Oppenheim,  1870. 

1  Sulla  dissertazione  del  dott.  Emilio  Wohlwill  « II  Processo  di  Ga- 
lileo »  Ragguaglio  del  prof.  SILVESTRO  GHERARDI  -  Firenze  1872.  (Estr. 
dalla  Rivista  Europea,  1  marzo  1872).  Estratto  che  sulla  copertina  porta 
appunto  le  dette  parole  «  fattura  dell'  Inquisizione  » . 

*  J.  FONTAINE,  Manuel  de  I' amateur  d' autographes,  1836  p.  22. 


644  LE  P.ER1PEZIE   D'UN  MANOSCRITTO 

Governatore  generale,  e  spedito  direttamente  all'  Imperatore 
ovvero  al  Ministro  del  culti.  Riconosciuto  ufficialmente  al- 
rarrivo,  per  ordine  del  sovrano  fu  consegnato  al  sig.  Barbier, 
bibliotecario  imperiale,  incaricato  di  prenderne  conoscenza 
e  di  riferirne  a  S.  M.  Difatto,  il  12  marzo  1811  il  Barbier 
presento  un  ampolloso  rapporto,  concludendo  che  la  pubbli- 
cazione  di  quei  documenti  era  impresa  degna  di  S.  M.,  e  pro- 
ponendo  che  ad  agevolare  1'  intelligenza  dei  testi  latini  ed 
italiani,  vi  fosse  posta  a  fronte  una  traduzione  francese ;  e  da 
ultimo  soggiungeva  pure  un  preventive  della  spesa  in  7000 
franchi. 

11  rapporto  fu.  approvato,  la  traduzione  principiata;  ma 
siccome  veniva  maluccio  assai,  forse  per  la  difficolta  di  de- 
cifrare  quelle  vecchie  scritture,  sparse  di  abbreviazioni  e 
redatte  in  latino  o  in  un  italiano  omai  disusato,  certo  la  tra- 
duzione non  ando  oltre  i  primi  sette  documenti,  che  pure 
non  sono  de'  difficili  a  interpretare.  A  buoni  conti  il  lavoro 
fu  sospeso;  e  quel  tanto  che  bene  o  male  era  stato  fatto, 
dopo  varii  giri  e  rigiri,  si  trova  ora  nella  biblioteca  Mediceo- 
Laurenziana  di  Firenze,  col  fondo  appartenuto  gia  a  Lord 
Ashburnham.  ,  "**,, 

II  Barbier  per  altro  aveva  cambiato  opinione  sull'  im- 
portanza  dei  documenti  affidatigli,  poiche  nel  1820  {  scrisse 
che  avendo  egli  per  molti  anni  avuto  in  mano  i  documenti 
original!  del  processo  di  Galileo,  e  lettili  attentamente,  s'era 
persuaso  ch'essi  non  contenevano  nulla  che  non  fosse  gia 
conosciuto:  che  per 6  n' aveva  fatta  inter mettere  la  tradu- 
zione francese  gia  avviata.  Checch6  sia  di  questo  suo  giu- 
dizio,  esso  merita  di  essere  ricordato,  perche  ebbe  poi  il  suo 
peso  nel  disporre  il  governo  di  Luigi  XVIII  a  restituire  il 
manoscritto. 

Questo  era  sempre  in  mano  del  Barbier  quando,  nella 
prima  restaurazione,  caduto  Napoleone  e  ritirato  air  isola 
d'  Elba,  il  governo  francese  aveva  ordinato  di  rendere  al 

1  Examen  critique  des  Dictionnaires  historiques,  Paris,  1820,  t.  I, 
all 'art.  GALILEO  GALILEI. 


IL   PROCESSO   ORIG1NALE   DI   GALILEO  645 

•papa  Pio  VII  gli  oggetti  preziosi  e  gli  archivii,  rapiti  dal 
Bonaparte.  Era  delegate  a  Parigi  come  Commissario  del  S.  P. 
a  tale  effetto  Mons.  Marino  Marini.  II  quale  tra  le  prime  sue 
sollecitudini  cerco  di  ricuperare  il  processo  di  Galileo,  e  ne 
fece  domanda  al  Ministro  deirinterno  a  di  6  novembre  1814. 
N'ebbe  in  risposta  che  conveniva  si  rivolgesse  al  conte  di 
Blacas,  Ministro  della  Casa  reale ;  giacche  tal  manoscritto 
-doveva  trovarsi  nella  biblioteca  di  S.  M. 

Presentata  T  istanza  al  conte  di  Blacas,  questi,  per  non  im- 
pegnarsi  troppo  alia  buona  a  privarsi  di  document!  preziosi, 
avanti  di  rispondere,  voile  informarsi  dal  Barbier  se  essi 
veramente  esistessero,  dove  fossero,  e  qual  valore  potessero 
<avere.  Le  cose  prendevano  buona  piega;  perche  il  Barbier 
che  non  dava  loro  gran  peso,  rispose  tosto  che  egli  li  aveva 
oon  se,  da  oltre  tre  anni,  che  non  ci  aveva  trovato  nulla  di 
nuovo ;  n6  giudicava  quelle  carte  avessero  importanza  se  non 
perche  v'erano  riuniti  insieme  gli  atti  che  nel  secolo  xvn 
diedero  motivo  alia  condanna  d'un  valente  astronomo,  incol- 
pato  d'un'opinione  oggi  insegnata  generalmente  in  tutte  le 
scuole  anche  ecclesiastiche. 

Inteso  questo  parere,  il  Blacas  si  fece  portare  il  manoscritto, 
e  il  26  dicembre  1814  ne  avvertl  Mons.  Marini,  assegnandogli 
Tudienza  per  avere  il  piacere  di  consegnarlo  in  persona  nelle 
sue  mani. 

Ora  ecco  nuovi  intoppi.  Recatosi  il  Marini  al  giorno 
e  all'ora  fissata,  non  e  potuto  o  voluto  ricevere.  Sette  volte 
tenta  la  prova  l,  tre  al  palazzo  del  Ministro  e  quattro  alle 
Tuileries:  sempre  indarno.  II  2  febbraio  finalmente  S.  E.  scrive 
a  Monsignore  scusandosi  in  termini  molto  gentili,  e  dicen- 
dogli  che  il  Re  aveva  mostrato  desiderio  di  scorrere  egli 
pure  le  carte  del  processo  di  Galileo  e  lo  teneva  tuttora  nel 
suo  gabinetto :  ma  appena  gliel'avesse  restituito,  ne  sarebbe 
avvisato. 

Mentre  che  Mons.  Marini  attendeva  e  il  manoscritto  stava 
«ul  tavolino  di  S.  M.,  dall'isola  d'Elba  torna  a  muovere  Na- 

1  Lettera  al  conte  di  Blacas,  del  28  gennaio  1815. 


646  LE  PERIPEZIE   D'ljN  MANOSCRITTO 

poleone,  scoppia  la  bufera,  che  per  cento  giorni  scorre  sul- 
la  Francia  come  un  ciclone ;  la  corte  fugge  da  Parigi  a  pre- 
cipizio  :  e  allora,  addio  Galileo,  chi  ci  pensa  piu? 


* 
* 


Che  cosa  avvenisse  del  prezioso  volume  ne'  trent'anni 
successivi,  per  quante  ricerche  si  facessero,  la  storia  ancora 
non  e  potuta  riuscire  a  scoprirlo.  Era  smarrito  davvero  nel 
trambusto,  o  fu  tenuto  celato  a  bella  posta?  II  Marini  ritor- 
nato  a  Parigi,  dopo  la  caduta  defmitiva  di  Napoleone,  e  la- 
nuova  restaurazione,  se  pot6  sulle  prime  credere  a  un  sem- 
plice  smarrimento,  quando  vide  tornare  in  vano  le  sue  rin- 
novate  istanze  presso  il  Conte  di  Pradel  l,  succeduto  provvi- 
soriamente  al  Blacas ;  riuscire  inutili  del  pari  quelle  del  Conte 
Ginnosi  che  lo  sostitul  qualche  tempo  nell'ufficio  di  commis- 
sario  pontificio;  vane  da  capo  le  sue  proprie  presentate  nel  181 1 
al  Duca  di  Richelieu,  ministro  degli  esteri,  e  poi  novamente 
al  de  Pradel;  quando  da  quest'ultimo  si  vide  rimandato  al 
Barone  Pasquier  guardasigilli,  da  cui  dipendevano  gli  archivi 
del  Louvre,  entrd  in  sospetto  che  quegl'  interminabili  rinvii 
celassero  P  intenzione  di  non  rendere  il  codice,  il  quale  secondo 
lui  doveva  sempre  essere  in  mano  del  Conte  di  Blacas,  e  dal 
Barbier  troppo  leggermente  era  stato  giudicato  come  un  fascio 
di  memorie  poco  importanti.  Eppero  avanti  di  rivolgersi  al 
guardasigilli,  penso  di  ricorrere  al  Ministro  di  polizia  Conte 
di  Cazes,  confidando  nella  sagacia  di  lui  e  ne'  mezzi  che 
Tufficio  suo  gli  dava  in  mano.  Ma  non  venne  a  capo  di  nulla, 
consigliato  solo  di  tentare  presso  il  Ministro  degl'interni. 

Rivoltosi  allora  il  Marini  al  guardasigilli  Barone  Pas- 
quier, gli  fu  detto  che  tutte  le  indagini  erano  state  infrut- 
tuose,  ne  esserci  speranza  che,  pure  riordinato  Tarchivio  del 
Louvre,  s'avesse  a  ritrovare  tra  le  carte  il  famoso  processo. 
La  longanimita  del  Commissario  pontificio  aveva  toccato  gli 
estremi.  Egli  replied  assai  risentito  accennando  al  sospetto 

1  22  ottobre  1815. 


IL   PROCESSO   ORIGIN  ALE   DI   GALILEO  647 

<che  con  tali  pretest!  si  cercasse  di  sfuggire  alia  restituzione. 
Cio  provoco  una  controreplica  del  Pasquier  non  meno  risen - 
tita,  che  troncava  la  possibilita  di  ogni  ulteriore  corrispon- 
denza,  e  tra  Paltre  cose  insinuava  che  il  processo  di  Galileo 
potesse  essere  stato  coinvolto  con  quegli  altri  document!  gia 
restituiti  ad  un  agente  della  S.  Sede,  che  ne  aveva  fatto 
«  un  usage  peu  convenable  en  en  vendant  une  grande  partie 
aux  marchands  de  vieux  papiers  dans  Paris  » .  Questo  agente 
sarebbe  stato  il  conte  Giulio  Ginnosi,  gia  sopra  mentovato, 
che  vendette  fra  altro  a  Parigi  i  Registri  delle  Bolle  delPAr- 
chivio  della  Dataria.  II  Marini  per  buona  ventura  fece  in 
tempo  a  rivendicarne  dalle  botteghe  de'  salumieri  e  de'  piz- 
zicagnoli  ben  700  volumi.  Per  risparmiare  le  spese  del  tras- 
porto  a  Roma,  innumerevoli  volumi  del  Santo  Uffizio  ven- 
nero  ridotti  in  minutissimi  pezzi,  e  mandati  ad  una  fabbrica 
di  cartoni  fruttarono  4300  lire  l  I 

II  risentimento  del  resto  era  giustificato  da  entrambe  le 
parti;  nel  Marini,  temendo  d'essere  tenuto  a  bada,  e  nel 
Pasquier  che  veramente  non  sapeva  dove  metter  le  mani 
per  rintracciare  il  codice  effettivamente  smarrito. 

Dopo  un' ultima  istanza  rinnovata  al  Duca  di  Richelieu, 
Mons.  Marini,  terminata  la  sua  missione  a  Parigi,  fu  richia- 
mato  a  Roma,  riportando  seco  non  il  manoscritto  ma  il  so- 
spetto  che  pure  il  conte  di  Blacas,  ministro  gia  della  Casa 
del  Re  Luigi  XVIII,  dovesse  saperne  qualcosa,  forse  anco 
averlo  in  mano.  Di  questo  pero  non  pot&  mai  venire  in  chiaro, 
ne  alcune  altre  pratiche  rinnovate  inutilmente  qualche  anno 
appresso  apportarono  nulla  di  nuovo. 


* 
* 


Ad  ogni  modo  il  manoscritto  ora  e  in  Roma.  Come  final- 
mente  ci  ritornasse  lo  abbiamo  da  una  notizia  che  il  Biot,  il 
celebre  flsico  e  astronomo  francese,  pubblico  nel  Journal 
des  savants  2  senza  allegarne  alcuna  fonte ;  n6  maggiori  schia- 

1  FAVARO.  I  doc.  p.  (15)  nota.  Cf.  MARINO  MARINI,  Memorie  ecc. 

2  1858,  p    398. 


648  LE  PER1PEZIE  D'UN  MANOSCRITTO 

rimenti  si  ricavano  da'  suoi  Melanges  scientifiques  et  litt£- 
retires  l  dove  riporta  la  stessa  notizia  presso  a  poco  colle- 
stesse  parole  2.  Racconta  adunque  il  Biot  che  «  nel  1845  es- 
sendo  il  conte  Pellegrino  Rossi  venuto  a  Roma  con  un  in- 
carico  diplomatico  del  re  Luigi  Filippo  presso  il  Papa,  gii  fu 
domandato  il  famoso  processo  di  Galileo.  Ed  egli  promise  che 
avrebbe  interposto  i  suoi  buorri  uffizi  presso  il  governo  fran- 
cese,  acciocch6  fosse  ricercato,  sotto  promessa  esplicita  che 
dove  si  riuscisse  a  scoprirlo,  il  manoscritto  sarebbe  pubbli- 
cato.  II  qual  patto  la  S.  Sede  accetto  di  buon  grado.  Poiche- 
—  soggiunge  qui  il  Biot  molto  saviamente  —  la  pubblicazione 
testuale  del  processo  s'accordava  coll'  interesse  giustamente- 
inteso  dell'autorit&  pontificia ;  essendo  quello  il  modo  piu  si- 
euro,  se  non  1'  unico,  di  dissipare  una  buona  volta  il  sospetto- 
che  a  Galileo  fossero  state  inflitte  torture  corporali,  come  pa- 
revano  insinuare  certe  formole  contenute  nella  sentenza  pro- 
nunciata  contro  di  lui  e  promulgata  dal  S.  Ufflzio.  Assicurata 
adunque  su  questo  punto,  il  Rossi  1'anno  seguente  tomato  a 
Roma  riporto  finalmente  il  testo  del  processo  e  lo  consegn6 
nelle  mani  del  Papa  Pio  IX,  che  nei  tristi  avvenimenti  del 
1848  ne  confido  la  custodia  a  Mons.  Marino  Marini,  prefetto> 
degli  Archivi  segreti  Vaticani.  Questi,  tornata  la  calma  lo  ri- 


1  Paris  1858,  3  vol. 

2  Vol.  2,  p.  458.  II  prof.  Favaro  ritiene  senz'altro  come  veritiera  la, 
narrazione  del  Biot,  e  per  lei  sta  certamente  1'  integrita  di  quell'  eminente* 
scienziato.  Avendone  tuttavia,  in  occasione  della  nuova  edizione  di  Ga- 
lileo, fatto   personali  ricerche  presso  gli  Archivii  degli   affari  Esteri  in 
Parigi,  non  ottenne  aleun  risultato,  salvoche  1'assicurazione  ufficiale  che 
quivi  non  si  conteneva  nulla,  assolutamente  nulla  che  riguardasse  quel- 
1'affare.  Ed  il  Marini,   mentre  in   un'appendice  del  suo  libro  Galileo  e 
V Inquisizione  riferisce  assai  per  minuto  la  storia  dell'autografo  e  le  sue 
proprie  sollecitudini  per  ricuperarlo,  giunto  al  punto  di  mostrarlo  tomato 
in  Roma,  non  sa  dire  altro  se  non  che  era  serbato  a  Gregorio  XVI,  di 
s.  m.,  di.  rivendicare   «  alia  romana  letteratura  questo  manoscritto  »,  e 
che   «  finalmente  lo  ebbe  in  suo  potere  1'immortale  Pio  IX  »:  ma  se  per 
1'interposizione  del  C.te  Rossi  o  per  alcun'altra  via,  non  dice  pure  una. 
sillaba.  Non  lo  seppe  o  11011  lo  voile  dire?... 


IL   PROCESSO   ORIG1NALE   DI   GALILEO  649 

consegnd  da  capo  al  S.  Padre ;  e  il  giorno  8  luglio  1  sua  San- 
tita  ne  fece  dono  alia  Biblioteca  vaticana,  donde  poi  passo  al- 
1'arcjiivio.  » 

Ed  oggi  quivi  riposa  dalla  lunga  via  e  dalla  gelosia  onde 
ne  fu  disputato  il  possesso.  Che  quel  docuinento  anco  tra  le 
guerre  e  le  pubbliche  turbolenze  destasse  tanto  interesse  e 
le  diverse  parti  se  lo  contendessero  ansiosamente,  e  cosa 
certamente  degna  di  molta  considerazione,  segno  ed  effetto 
dell' importanza  singolare  d'un  episodio  tra  i  piu  important! 
in  tutta  la  storia  delle  scienze. 

Col  rientrare  a  Roma  pero  se  erano  terminate  le  pere- 
grinazioni  del  nostro  codice,  non  erano  pero  finite  le  sue  pe- 
ripezie.  Altre  1'aspettavano,  meno  pericolose,  di  genere  let- 
terario. 


La  S.  Sede,  secondo  la  notizia  del  Biot  poc'anzi  riferita, 
si  sarebbe  impegnata  a  pubblicarlo.  Quali  fossero  per  altro 
1  termini  dell'  impegno  non  sappiamo,  essendo  su  questo  punto 
ridotti  a  quella  notizia  unicamente.  Certo  6  pero  che  quando 
pure  non  fosse  passato  altro  impegno,  era  vero  interesse  della 
€hiesa  provvedere  finalmente  ad  un'edizione  intera,  critica, 
<?oscienziosa,  di  quei  documenti,  donde  la  S.  Sede  nulla  aveva 
da  temere,  anzi  doveva  solo  ripromettersi  il  vantaggio  ine- 
stimabile  che  quinc'  innanzi  di  tale  questione  non  si  potesse 
trattare  seriamente  se  non  sul  fondamento  della  pura  verita. 

Mentre  che  s'aspettava  si  potesse  allestire  una  siffatta 
•edizione,  Mons.  Marini  nel  1850  usci  colla  gia  citata  operetta 
di  Galileo  e  I'Inquisizione,  Memorie  storico-critiche,  ove 
non  pubblic6  tutti  i  documenti  del  desiderato  processo,  ma 
a,lcuni  pochi  solamente.  E  pensando  di  fare  un'opera  apolo- 
getica,  diede  al  suo  scritto  un'  intonazione  oratoria,  che  prende 
le  mosse  da  Cicerone,  da  Anassagora,  da  Socrate  ed  Anas- 

1  Secondo  il  Marini  cio  sarebbe  stato  il  di  8  maggio.  Galileo  e  V  In- 
quisizione,  p.  152. 


650  LE   PERIPEZIE   D'UN   MANOSCRITTO 

simandro,  poi  passa  a  ricordare  le  ingiuste  condanne  di  tri- 
bunal! civili  contro  Aristide,  Milziade,  Focione  ecc.,  tutte 
belle  rimembranze  di  scuola,  che  non  aiutarono  la  causa 
della  verita,  quanto  avrebbe  fatto  la  pura  e  semplice  pub- 
blicazione  del  manoscritto  originale.  Non  basta  avere  per  le 
mani  una  buona  causa ;  bisogna  pure  saper  prendere  il  giusto 
verso  per  farla  valere. 

Che  Galileo  non  sia  stato  torturato  corporalmente  6  tanta 
certo,  che  niuno  storico  serio,  di  qualsivoglia  partito  o  pro- 
fessione  religiosa,  ardisce  rimetterlo  in  controversia.  Cio  era 
verita  storica  dimostrata,  anche  avanti  la  pubblicazione  del 
processo  ;  ma  dalle  carte  original!  traeva  nuova  e  piii  lu- 
minosa  conferma.  Percio  invece  di  spenderci  intorno  lun- 
ghe  pagine,  il  Marini  poteva  semplicemente  mettere  le  carte 
in  tavola  e  quelle  far  parlare.  Allora  (se  pur  ce  n'era  biso- 
gno)  avrebbe  avuto  valore  il  suo  argomento :  «  E  chi  ha  svolto 
a  suo  piacere  il  processo  galileano  sa  bene  se  io  raggiunga 
il  vero  in  cosi  dire,  cio£  del  non  farvisi  mai  menzione  di 
questa  pretesa  tortura,  delle  sole  piii  tenui  traccie  della  quale 
sarebbesi  menato  trionfo  contro  la  %  Inquisizione  »  4.  Ma  se 
invece  di  pubblicarle,  quelle  carte  si  tengono  celate,  come 
si  puo  appellare  a  chi  le  ha  lette?  Quando  cosi  scriveva  il 
Marini,  quanti  erano  al  mondo  che  avessero  svolto  a  loro 
piacere  il  processo  galileano?  Egli  solo:  il  Marini.  Poich6  il 
summentovato  Barbier,  bibliotecario  a  Parigi  era  morto  fin  dal 
1825.  N6  anco  al  Delambre,  celebre  astronomo  e  scrittore  della 
storia  deirastronomia,  era  stato  comunicato,  che  pure  ci 
avrebbe  avuto  interesse.  Certo  6  che  oggi  diversamente  s'  in- 
tendono  le  cose,  a  vantaggio  non  meno  della  religione  che 
della  scienza.  E  Tavere  con  largo  e  generoso  criterio  aperto 
al  mondo  archivii  e  biblioteche,  che  6  quanto  dire  le  fonti 
piii  preziose  della  verita  storica,  e  un  tratto  d' intelligenza 
superiore,  che  restera  per  sempre  uno  de'  piii  insigni  titoli 
di  gloria  pel  regnante  pontefice  Leone  XIII. 

1  Op.  cit.  p.  59. 


IL  PROCESSO   ORIGIN  ALE   DI   GALILEO  651 

Frattanto  il  processo  autentico  non  era  stato  pubblicato. 
ILo  scritto  del  Marini  col  suo  tono  polemico,  colle  sue  er- 
ronee  interpretazioni  e  spiegazioni,  non  solo  non  soddisfece 
per  niente  alle  giuste  esigenze  della  storia  e  d'una  ben  in- 
tesa  apologia,  ma  per  contro  ebbe  il  funesto  effetto  di  pro- 
Tocare  diffidenze  o  il  sospetto  ch7  egli  avesse  a  bella  posta 
soppresse  le  parti  piii  important!,  e  che  Roma  non  si  arri- 
schiasse  di  mettere  una  buona  volta  in  luce  Tintero  incar- 
tamento  di  quel  processo. 

Ne  FAlberi,  editore  delle  opere  di  Galileo  Galilei,  (Fi- 
renze  1842-1856)  pote  prendere  conoscenza  di  quelle  carte, 
ne  circa  dieci  anni  appresso  il  Dr  Maurizio  Cantor,  1'illu- 
-•stre  storico  delle  scienze  matematiche. 


* 
*     * 


Cosl  restarono  le  cose  fino  al  1867,  quando  il  francese 
Henri  de  1'Epinois  ottenne  dal  P.  Theiner,  allora  prefetto 
deirArchivio  segreto  Vaticano,  di  poter  copiare  quei  mano- 
scritti.  Sempre  pero  con  un  certo  disagio,  perche  L'Epinois 
dovette  lavorare  nella  stanza  del  P.  Theiner  e  in  presenza 
oontinua  di  lui,  e  appena  ebbe  il  tempo  di  copiare  in  gran 
furia  una  parte  de'  piu  importanti  documenti,  contentan- 
dosi  per  gli  altri  di  darne  un  estratto.  Richiamato  indi  in 
Francia  da  urgenti  affari  di  famiglia,  senza  potere  altrimenti 
riscontrare  la  copia  colForiginale,  stampo  il  suo  lavoro  nono- 
stante  le  inesattezze  che  necessariamente  v'erano  accompa- 
gnate.  II  lavoro  ebbe  qualche  vera  utilita^  ma  Tedizione  de- 
finitiva  mancava  tuttavia. 

Ne  fu  certamente  il  prof.  Domenico  Berti,  deputato,  que- 
gli  che  doveva  darla.  Nove  anni  dopo  il  L/Epinois,  fu  ammesso 
€gli  pure  nella  stanza  del  Theiner ;  ma  stretto  dalla  fretta 
€,  a  quel  che  pare,  poco  preparato  a  lavori  critici,  stampo 
bensi  un  volume  intitolato  :  //  processo  originate  di  Ga- 
lileo Galilei  pubblicato  per  la  prima  volta  da  Domenico 


652  LE  TERIPEZ1E  D'UN  MANOSCRITTO 

Berti  (Roma,  Gotta,  1876)  ma  la  realtk  non  risponde  al  titolo,, 
perch.6  cinque  document!  mancano  del  tutto,  e  di  altri  cin~ 
quanta  da  egli  pure  solo  il  contenuto.  II  lavoro  poi  abbisogna 
di  grande  indulgenza  per  la  molta  scorrettezza  e  per  Tinsuffi- 
cienza  diplomatica  ond'  6  condotto.  Si  vede  che  il  Berti  per  la 
gran  fretta  non  si  euro  di  trascrivere  novamente  i  testi  gia, 
pubblicati  dal  L'Epinois,  ma  al  piu  li  corregge  qua  e  la  molto- 
superficialmente.  Cosi  pure  lavorando  in  gran  parte  su  quella 
falsariga,  gli  avviene  di  riprodurre  certi  errori  massicci  di 
trascrizione,  come  saltare  due  righe  del  testo  quivi  appunto 
dove  le  aveva  saltate  il  suo  predecessore.  Naturalmente  ne 
nasceva  un  senso  inesplicabile,  che  alcuni  si  studiarono  di 
interpretare  con  sforzi  d'ingegno,  tra  gli  altri  Tab.  Sante 
Pieralisi  bibliotecario  della  Barberiniana,  che  invece  di  ri~ 
conoscere  un  errore  di  scrittura  del  L'Epinois,  per  spiegare  il 
testo  vi  lavoro  sopra  una  dissertazione  grammaticale,  evo- 
cando  persino  Cicerone  ed  Ovidio,  Petrarca  e  Boccaccio,, 
mentre  un'  occhiata  al  manoscritto  originale  in  pochi  mi- 
nuti  avrebbe  mostrato  che  non  correva  n6  il  senso  ne  la 
grammatica  perch6  nella  copia  er^no  saltate  due  righe  J. 

L'opera  del  Berti  adunque  lascio  la  scienza  dov'ella  era. 
II  L'Epinois  ritorno  nel  1877  sul  suo  lavoro,  e  ottenuto  final- 
mente  di  studiare  il  manoscritto  originale  a  suo  agio,  pote- 
darne  un;edizione  critica,  ove  qualche  errore  di  stampa,  e 
qualche  inesattezza  di  lezione,  sono  compensati  dalla  integrita, 
di  tutti  i  document!  e  dalla  riproduzione  fotografica  di  alcuni 
tra  i  piu  importanti  2. 

Orbene  egli  aveva  lavorato  nella  primavera  del  1877.  Net 
corso  dell' estate  di  quell'anno  stesso,  per  una  singolare  com- 
binazione,  il  sig.  Carlo  von  Gebler,  austriaco-tedesco,  senza 
sapere  del  L'Epinois,  ottenutane  per  mezzo  dell' ambascia torn 


1  Urbano    VIII  e    Galileo    Galilei.  Memorie    storiche  del  Sacerdotfr 
Sante  Pieralisi  Bibliotecario  della  Barberiuiana.  Roma,  1875,  p.  139-142. 

2  Les  pieces  du  proces  de  Galilee  precedees  d'un   avant-propos  par 
HENRI  DE  L'EPINOIS.  Rome,  Paris,  Palme,  1877. 


IL  PROCESSO   ORIG1NALE   DI   GALILEO  653 

in  Roma  la  facolt&  dall'Emo  Card.  Simeoni  segretario  di  Stato, 
ebbe  egli  pure  a  sua  disposizione  il  manoscritto,  dapprima 
nell'intenzione  di  farvi  alcuni  riscontri  soltanto,  risolvendosi 
indi  tosto  a  imprenderne  senz'altro  una  nuova  trascrizione  e 
pubblicarla '.  II  che  fece  con  scrupolosa  fedelta  ed  esattezza  di- 
plomatica  perfetta,  tale  che,  a  detta  del  Favaro,  non  potrebbe 
essere  superata  se  non  da  un  facsimile  in  fotografia.  In  ci6 
fu  egli  in  parte  aiutato,  e  lo  riconosce  lealmente,  dalla  pub- 
blicazione  del  L'Epinois,  che  lo  prevenne  di  poco,  e  certo  con 
poco  grade  vole  sorpresa,  mentr'egli  stava  gia  tan  to  innanzi 
nel  lavoro  da  non  potersene  rimanere.  Ma  confrontando  la  sua 
trascrizione  con  quella  dello  storico  francese  parola  per  pa- 
rola,  ebbe  campo  di  correggere,  rettificare,  o  ritenere  pensa- 
tamente  la  propria,  secondo  i  casi,  e  dare  un  lavoro  rigoro- 
samente  scientifico. 

I  tempi  erano  mutati,  i  criterii  maturati,  allargati. 
Mons.  Martinucci  prefetto  della  Vaticaua,  dice  il  von  Gebler 
(p.  LXIV),  che  dal  card.  Simeoni  a  lui  era  stato  indirizzato, 
«  sentendo  la  mia  intenzione,  non  solo  non  oppose  alcuna  dif- 
ficolta,  ma  dimostro  pel  mio  disegno  il  piu  vivo  interesse. 
Ed  in  seguito  durante  la  mia  lunga  dimora  giornaiiera  in 
Vaticano  mi  colmo  di  tante  cortesie  e  prevenienze,  che  mi 
tornarono  di  non  poco  sollievo  nella  dura  fatica  prolungata 
fino  nei  caldi  mesi  della  state.  » 

Dopo  le  edizioni  quasi  simultanee  dei  due  dotti  francese 
e  tedesco,  il  Berti  torno  sulla  sua  e  la  ripubblico  Tanno  ap- 
presso  cio6  nel  1878  2,  senza  tuttavia  raggiungere  Tesattezza 
del  von  Gebler. 

Finalmente  abbiamo  quella  del  Favaro,  sopra  lodata,  che 
per  lo  studioso  sara  d'ora  innanzi  la  piti  comoda,  che  con- 


1  DieActendes  Galilei' schen  Processes.  Nach  der  vaticanischen  Hand- 
schrift  herausgeg-eben  von  KARL  VON  GEBLER.  Stuttgart,  Cotta,  1877. 

2  DOMENICO   BERTI.   II  processo  originate  di  Galileo  Galilei.  Nuova 
edizione  accresciuta,  corretta  e  preceduta  da  un'avvertenza    Roma,  Vo- 
ghera,  1878. 


654  LE  PERIPEZIE  D'UN  MANOSCRITTO 

tiene  il  meglio  delle  precedent!  e  i  mentovati  docurnenti  dei 
Deer  eta,  raccolti  con  molta  diligenza  dall'Archivio  del  S.  Uf- 
fizio,  e  tre  di  essi  da  una  copia  fattane  da  Silvestro  Ghe- 
rardi,  il  quale  nel  1848-49,  essendo  Ministro  provvisorio  del- 
Tlstruzione,  aveva  avuto  modo  di  penetrare  e  rovistare 
quell' archivio  insieme  col  Ministro  delle  finanze  e  bibliofilo 
Conte  Giacomo  Manzoni.  Dopo  la  morte  di  quest 'ultimo,  i 
suoi  eredi  avendo  trovato  tra  le  sue  carte  moltissimi  docu- 
ment! spettanti  al  s.  Uffizio,  si  fecero  un  dovere  di  restituirle. 
Ecco  la  storia  rapida  delle  peripezie  di  quel  famoso  ma- 
noscritto,  con  gelosia  rara  nella  storia  custodito,  rapito,  na- 
scosto,  ridomandato,  riportato,  rinchiuso  da  capo  e  final- 
mente  pubblicato  a  soddisfazione  della  verita,  che  reclamava 
ad  alta  voce  la  luce  e  luce  intera.  D'or  innanzi  la  questione 
di  Galileo  e  entrata  nel  campo  della  pura  storia,  dalla  quale 
niuno  ha  da  temere,  ne  la  Chiesa,  n^  la  scienza.  Non  la 
Chiesa,  al  cui  magistero  divino  non  e  imputabile  qualche 
errore,  qualche  precipitazione  o  qualche  eccesso  di  zelo,  pro- 
venienti  daU'elemento  umano  de'  suoi  ufflciali.  Non  la  scienza, 
che  dalla  verita  rilevata  non  puo  ritrarre  alcun  inceppamento 
nelle  sue  ricerche,  rischiarate  da  un'altra  fonte  di  verita, 
non  contraria,  ma  concorde.  Entrambe  certamente  hanno  caro 
di  fare  tesoro  dell'  esperienza  preziosa  de'  secoli  andati. 


IL  CONGRESSO  Dl  VIENNA  E  LA  S.  SEDE 

1  primi  rigor i  della  restaurazione  papale. 

(Maggio-Ottobre  1814.  Art.  I) 


SOMMARIO. 

I.  La  magistratura  romana  si  mostro  restia  alle  ordinazioni  napoleoni- 
che;  il  popolo  fa  sommamente  avverso,  per  le  oppression!  delle  im- 
poste.  —  II.  Fiere  rappresaglie  usate  dal  popolo  verso  i  passati  op- 
pressori  di  Roma,  massimamente  contro  i  piu  colpevoli  assalitori  del 
Quirinale.  Esagerazioni  su  cio,  e  calunnie  di  un  settario  scrittore 
roinano  sulle  ritrattazioni  richieste  dal  clero  giuratore,  e  sulla  col- 
lazione  de'  nuovi  impieghi.  II  caso  del  cardinale  Maury:  sua  par- 
tenza  da  Parigi,  ordinata  dal  governo  di  Francia,  e  sospensione 
dall'esercizio  di  giurisdizione  episcopale  sulla  sua  diocesi  di  Mon- 
tefiascone,  intimatagli  dal  Papa.  E  chiamato  a  Roma  ad  audien- 
dum  verbum.  —  III.  Pio  VII  ricusa  gli  onori  costosi  al  popolo;  lista 
de'  componenti  la  nuova  guardia  nobile  del  Papa  provvisoria. 

I. 

Non  la  sola  nobilta  del  patrizii  romani,  ne  il  solo  clero 
si  erano  dimostrati  avversi  alia  dominazione  napoleonica  in 
Roma,  ma  la  classe  insigne  e  numerosissima  degli  uomini 
di  legge  vi  opposero  quella  resistenza  che  per  loro  fu  potuta 
maggiore.  E  un  fatto  storicamente  provato,  che  in  principio 
nessuno  s'indusse  a  giurare  obbedienza  e  fedelta  al  governo 
usurpatore ;  che  poscia  molti  lo  fecero,  a  cagione  delle  se- 
duzioni  e  delle  minacce;  che  altri  preferirono  Tesilio  e  la 
miseria  a  quell' atto  indovuto ;  e  che  nessuno  lo  fece  di  tiuon 
animo  e  spontaneamente. 

Infatti  aj  10  di  settembre  del  1809  «  si  fecero  arrestare 
nove  de'  principali  curiali  non  giurati ;  e  si  disse...  ch'eglino 
si  aveano  meritato  quel  castigo,  per  avere  istigato  e  sedotto 
i  loro  compagni  a  non  prestare  giuramento  *.  »  Per  il  corso 

1  II  console  italiano  Alberti  al  ministro  Testi,  Roma  12  settem- 
bre 1809.  CANTTJ,  Corrispondenze...,  p.  305. 


656  IL   CONGRESSO   DI   VIENNA 

dell'anno  1810,  gli  uomini  di  legge  giuratori  furono  pochi; 
maggior  numero  vi  si  acconcio  nel  1811,  ma  sempre  a  mal  in 
cuore,  ed  «  irritati  dall'obbligo  del  giuramento  che  non  vo- 
gliono  prestare,  e  dairesilio  a  cui  sono  stati  sottoposti  co- 
loro  che  non  si  uniformano  alia  legge  ».  Tali  disposizioni 
di  un  governo  liberale  e  liberatore  erano  evidentemente  mo- 
tivi,  che  dovevano  smuovere  uomini,  padri  di  famiglia,  nei 
quali  non  si  puo  supporre  una  virtu  eroica.  Quindi  a'  27  di 
maggio  del  1811,  il  nuovo  Console  italico  Ortoli  dava  al  suo 
principale  di  Milan o  le  seguenti  notizie,  che  rilevano  assai 
pel  nostro  argomento,  e  danno  ad  intendere  molto  piu  di 
quello  che  signiflcano  nelle  sole  linee  delle  lettere : 

«  A  Yostra  Eccellenza  ho  ben  fatto  noto,  in  altre  occasion!, 
che  la  numerosissima  classe  dei  legali  di  Roma,  eccettuati  quei 
che  occupano  attualmente  le  cariche  di  sindaci  ed  alcuni  altri  pa- 
trocinatori,  aveva  abbandonato  I'esercizw  della  sua  professions  per 
evitare  di  prestare  il  giuramento  prescritto  dalle  l&ggi:  inutil- 
mente  si  tentava  finora  di  vincere  il  pregiudizio  di  costoro.  Sem- 
bra  che  il  Governo  ne  sia  stato,  con  ragione,  poco  soddis fatto ;  ha 
dato  degli  ordini  acci6  tali  individui  fossero  di  bel  nuovo  interpel- 
late per  conoscere  le  loro  ultime  intenzioni.  Un  gran  numero,  che 
sono  gia  circa  cento  *,  hanno  fatto  un  atto  di  sominissione,  e  si  sono 
raccomandati  alia  benignita  del  Sovrano...  Non  si  attribuisca  ci6 
a  lode  delle  autorita  amministrative  locali,  ma  unicaniente  al  gran 
nome  dell'imperatore  ed  alia  forza  del  tempo...  »  2 

Avrebbe  dovuto  aggiungere :  e  alia  forza  della  fame,  la 
quale  valse  piu  che  il  gran  nome  deirimperatore ! 

Infatti  di  11  a  pochi  mesi  1'arguto  Console  riscriveva: 

«  leri  mattina  (4  settembre  1811)  fu  pubblicata  la  nota  degli 
avvocati  romani...;  e  fa  ricevuto  dalla  (Corte  imperiale!)  il  giura- 
mento, che  dalla  maggior  parte  di  cotesti  giureconsulti  si  era  fi- 
nora ricusato.  L'ostinazione  ed  il  fanatismo  di  questa  classe  im- 
portante  e  numerosa  di  sudditi,  mal  consis:liata  dagli  ecclesiastic! 
(conftnati  in  Corsica,  in  Piemonte,  nella  Liguria,  nell'Elba,  e  in 
Francia!),  ha  final mente  ceduto;  ad  onta  dell'avversione  che  ma- 

1  Sopra  piu  di  cinque  centinaia  ! 
*  L.  c.,  p.  419. 


E   LA   8.    SEDE  657 

nifestato   avevano  per  il  presente   sistema,  si  puo  dir  loro:    CON- 

VERTENTUR    AD    VESPERA.S,    ET    PANEM    QUAERITABUNT  ! 

«  Da  principio  non  vi  fa  me%,KQ  da  ridurli;  tutte  le  solleci- 
taxioni  fatte,  forse  con  non  bastante  dignita,  dagli  agenti  del  Oo- 
verno  in  queste  parti,  furono  inefficaci;  e  non  servirono  che  a 
rendere  piu  orgogliosi  degli  uomini,  inermi  e  vero  e  senza  forza, 
ma  che  si  vedevano  ricercati.  II  loro  prosper o  stato  economico  e 
il  corso  degli  avvenimenti  li  hanno  spinti  ora  quasi  tutti  a  pre- 
stare  il  giuramento...  eccettuati  pochissirui  che  non  sono  comparsi, 
determinati  piuttosto  da  scuse  particolari  ed  estrinseche,  che  dagli 
antichi  motivi  di  adesione  ai  voleri  del  Papa. 

«  Cogli  ingrati  non  sempre  riescono  utili  la  generosita  e  1'in- 
dulgenza :  i  Romani,  inebriati  da  un  antico  ora  vano  nome,  si  cre- 
dono  necessarj ;  e  si  sono  condotti  poco  saviamente,  Le  persone  che 
riflettono,  temono  che  finalmente  cio  possa  adirare  il  Sovrano,  che 
ogni  giorno  ci  colma  di  beneficence  e  di  distinzioni  !.  » 

Le  beneftcenze  onde  il  sovrano  colmo  gF  ingrati  romaDi 
in  que'  giorni,  furono  il  latrocinio  di  tutti  gli  archivii  di 
Roma,  trasportati  a  Parigi ;  e  quello,  che  faceva  piii  sangue, 
de'  figliuoli  nobili,  strappati  alle  loro  famiglie,  per  essere 
<jondotti  a  Parigi  ed  ivi  venire  educati  napoleonicamente !  Le 
distinzioni  si  ridussero  alia  nomina  a  senatori  del  conte  Bo- 
nacorsi,  del  principe  Colonna  di  Avella,  e  del  principe  Spada. 
Se  non  che  quegl'  ingrati  romani  a  cotali  distinzioni  rifiu- 
tarono  le  spalle.  «  Li  tre  senatori  nominati,  scriveva  TOrtoli 
con  malinconia,  tentano  o  almeno  fingono  di  tentare  le  vie 
per  essere  scusati:  chi  per  ragione  di  eta  (il  Bonacorsi),  chi 
per  salute  (il  Colonna),  e  chi  per  altri  motivi  (lo  Spada) 2.  » 
Non  vi  si  sarebbs  ricusato  il  duca  Braschi,  a  cui  il  barone 
De  Gerando,  consigliere  (francese)  di  Stato  (romano),  e  il 
conte  Miollis  avevano  gia  annunziato  la  dignita  senatoriale ; 
ma  la  nomina  non  venne !  II  quale  scorno  stette  molto  bene 
a  quell'  indegno  nipote  di  Pio  VI ;  del  qual  Pontefice  Tombra 
papale  dovette  trasalire  dinanzi  allo  sfregio,  con  cui  quel 


1  Ortoli  a  Testi,  22  giugno  1811,  1.  c.,  p.  421. 

2  Id.  eid.,  18  marzo  1811.  L.  c.,  p.  417. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1266.  42  11  marzo  1903. 


658  IL  CONGRESSO  DI  VIENNA 

figlio  di  sua  sorella,  forse  troppo  da  lui  beneficato,  contamin6 
la  memoria  di  un  Papa  martire ! 

In  quanto  al  popolo,  il  suo  atteggiamento  dinanzi  al  go- 
verno  napoleonico  6  facile  ad  essere  inteso.  Si  divertiva  alle 
parate,  alle  luminarie,  agli  spettacoli,  che  si  davano  spesso^ 
ma  quando  nel  1810  cominciarono  a  piovergli  addosso  le  im- 
posizioni  del  registro,  del  bollo,  delle  dogane,  e  poi  la  con- 
tribuzione  o  in  denaro  o  in  persona  per  la  guardia  civica,  si 
accorse  che  le  mostre  e  le  glorie  napoleoniche  abbarbaglia- 
vano  si  bene  la  vista ;  ma  le  imposte  gli  assottigliavano  la 
borsa !  Ne*il  tanto  lodato  codice  napoleonico  arreco  miglio- 
ramento^alla  moralita ;  poiche  oltre  la  scostumatezza  che  in 
Roma  allora  dilag6,  sappiamo  che  il  numero  dei  delitti  si 
accrebbe  di  molto  al  di  la  dell'antico  £. 


II. 

Tali  erano  state  le  disposizioni  delle  varie  classi  della  cit- 
tadinanza  romana,  durante  il  regno  dell'usurpatore.  Quale 
fosse  F  atteggiamento  del  popolo,  quando  ebbe  notizia  della 
liberazione  di  Pio  VII  e  del  suo  prossimo  arrivo  nella  Citta, 
abbiamo  gia  visto  piii  addietro :  tutta  la  cittadinanza  di  Roma 
e  delle  province,  tutte  le  condizioni  e  tutti  gli  ordini  salu- 

1  L'Ortoli  scriveva  a'  22  di  giugno  1811:  « II  numero  degli  assas- 
sin! e  oramai  insopportabile,  specialmente  verso  la  frontier  a  diNapoli.  » 
L.  c.  p.  420.  Ma  oltre  modo  dimostrativa  e  la  notizia,  che  intorno  a 
questo  punto  leggesi  nel  Diario  di  Roma,  n.  6,  23  luglio  1814: 

«  Si  diceva  pubblicamente,  che  nel  governo  francese  le  cause  cri- 
minali  si  disbrigavano  colla  massima  sollecitudine,  e  che  gl'  infelici  car- 
cerati  erano  imrnediatamente  condannati  ovvero  assoluti.  Ma  la  voce 
pubblica  era  contradetta  dal  fatto...  Si  sono  trovati  nelle  pubbliche  pri- 
gioni  a  languire  911  individui:  numero  si  eccedente,  che  giammai  prima 
dell' usurpazione  si  era  rinvenuto  negli  annali  del  Governo. 

« II  governo  provvisorio  ha  esaminato  la  causa  di  detenzione...  ed 
a  termini  di  giustizia  si  sono  disbrigati  dalle  dette  carceri  seicento  in- 
dividui... per  cura  e  sollecitudine  del  signer  conte  Giacomo  Giustiniani, 
governatore  provvisorio  di  Roma,  e  degli  avv.  Ruffini,  luogotenente 
dell'A.  C.,  Camillo  Renzi,  Vincenzo  Trambusti  luogo  tenenti  del  governo, 
e  giudici  proyvisorii...  i  quali  hanno  visitati  i  carcerati,  e  soccorsili. » 


E  LA   S.    SEDE  659 

tarono  con  vero  tripudio  ed  accolsero  con  festoso  plauso  il 
ritorno  del  loro  Sovrano.  II  quale,  per  molto  tempo  dopo  il 
suo  ingresso,  era  sempre  acclamato  per  le  vie  di  Roma. 
«  Quando  il  S.  Padre,  cosi  il  card.  Pacca  scrivevane  al  Con- 
sal  vi  (25  giugno  1814),  esce  e  torna,  la  piazza  di  Monte  Ca- 
vallo  e  inondata  di  popolo,  e  le  grida  di  questo  1'obbligano 
ogni  volta  ad  affacciarsi  sulla  loggia  a  dare  la  benedizione.  » 

Ora  e  obbligo  dello  storico  il  narrare  brevemente  i  ri- 
gorij  onde  fu  accompagnata  la  prima  ristaurazione  dell'au- 
torita  pontificia ;  i  quali,  se  crediamo  a  quanto  ne  lascio  scritto 
un  avvocato  Giuseppe  Vera,  e  ne  riferisce  un  David  Silvagni, 
passarono  ogni  limite.  Vedremo  pero,  che  una  asserzione 
cosiffatta  non  solo  e  una  esagerazione,  ma  vera  calunriia. 

Una  reazione,  veramente  fierissima,  accadde  in  Roma 
nell'aprile  del  1814,  quando  non  vi  era  ancora  nessuna  au- 
torit&  pontificia,  ma  vi  durava  tuttavia  quella  del  re  Murat. 
Fu  quella  tutta  opera  del  popolo,  il  quale  se  la  prese  mas- 
simamente  contro  gli  autori  della  scalata  del  Quirinale ;  e 
nella  sera  de'  23  di  aprile,  se  non  fosse  intervenuta  la  forza 
napoletana,  forse  esso  popolo  avrebbe  eseguito  piii  di  una 
giustizia  sommaria  1 ;  intanto  sfogava  il  suo  sdegno  con  grida, 

I  Ecco  un  saggio  di  alcune  vere  falsita,  riferite  intorno  a  quel  fatto 
dal  Silvagni,  il  quale  le  toglie  da  uno  scritto  dell'avvocato  Vera.  «...  Es- 
sendoci  un   gran  convito   nella  villa  Pinciana,  celebrato  per  onorare  il 
prossimo  e  bramato  ritorno  del  Papa,  nel  crescer  della  notte  la  turba  dei 
servi  a  cui  molta  plebeposcia  si  unl  ftno  al  numero  di  trecento  persone..., 
ebbra  piu  d' intemperante  gioia  che  di  vino,  con  urla  e  con  sibili  la  citta 
sconvolgeva  gridando  e  minacciando  morte  ai  Giacobini  (La  Corte  e  la 
Societa  romana,  II,  709-10).  » 

II  Tauibroni,  console  italiano,  che  era  presente,  ci  fari  vedere  come 
tutte  le  parole  del  Vera  e  del  Silvagni,  che  ho  scritte  in  corsivo,  sono 
invenzioni. 

«  Giovedi  scorso,  (cosi  a'  25  di  aprile  1814)  fu  dato  alia  villa  Bor- 
ghese  un  pranzo  di  centoventi  coperti,  al  quale  assistettero  i  nazionali, 
sudditi  delle  potenze  coalizzate.  La  cosa  passo  con  qualche  urto  tra  gli 
Inglesi  e  i  Napoletani...  La  sera  rientrando  la  truppa  in  citta  colla  mu- 
sica  militare  innanzi,  IL  POPOLO,  comincio  ad  attrupparsi,  e  forzo  gli 
abitanti  del  Corso  a  mettere  i  lumi  alle  finestre,  e  a  poco  a  poco  riscal- 
date  le  menti  comincio  ad  attaccare  coi  sassi  varie  finestre  e  botteghe ; 


660  IL   CONGRESSO   DI  VIENNA 

canzoni,  ed  esposizioni  di  caricature  per  le  strade  i.  Quelli 
che  avevano  prestato  il  giuramento  furono  presti  a  disdirlo> 
scrivendo  i  loro  nomi  in  un  registro,  aperto  nel  vicariato 
per  accogliere  le  ritrattazioni :  moltissimi  di  tutte  le  classi 
vi  concorsero  spontaneamente.  Mgr  Atanasio,  che  per  vilta 
fece  quanto  abbiamo  veduto,  fu  or  a  dei  primi  a  disdire  il 
suo  operate,  e  cio  gli  si  deve  attribuire  a  lode  e  non  a  vilta, 
chi  voglia  essere  cristiano  2. 

e  tra  queste,  quella  di  un  certo  Mazzoleni  cappellajo,  designate  nella. 
lista  della  scalata  del  Papa. » 

II  convito  fu'  dunque  celebrate  in  onore  degli  alleati ;  il  tumulto  nou 
fu  opera  de'  servi  de'  commensali,  ne  della  plebe,  ma  del  popolo;  non. 
isconvolsero  la  citta  con  urla  e  con  sibili ;  non  gridarono  morte  ai  Gia^ 
cobini,  ma  agli  assaltatori  del  Quirinale,  cui  la  giustizia  dei  francesi 
napoleonici  aveva  protetti  e  ricompensati. 

1  Queste  cose  sono  riferite  dal  Vera  e  dal  Silvagni,  come  accadute 
dopo  1'ingresso  del  Papa  in  Roma;  sono  poi  descritte  con  tale  e  tante 
enfasi  di  ampollosita  maligna,  che  fanno  ridere.  Questi  signori  si  dimen- 
ticano,  che  il  Radet,  uno  de'  loro  eroi,  fece  dipingere  al  pittore  Cecchi 
«  in  dimensione  vastissima  »   ed  esporre  nel  palazzo  di  Venezia  1'arresto 
del  Papa,  « in  odio  a  tutta  Roma » ,  come  scrivevane  il  console  del  regno 
italico.  Che  maraviglia  quindi  di  tali*  rappresaglie,  una  volta  scomparsi 
gli  usurpatori  prepotenti,  e  ridata  al  popolo  la  sua  liberta?  (Cf.  CANTU, 
Corrispondenze...,  p.  382). 

A  ogni  modo  il  Silvagni  dimentica,  di  avvertire  quanto  scrisse  il 
Tambroni  a'  19  di  giugno :  «  Sono  state  tolte  per  mano  degli  sbirri  le 
molteplici  stampe  ingiuriose  a  Bonaparte,  e  cosi  quelle  della  sorpresa 
latta  al  Papa  e  della  scalata  al  Quirinale.  E  ricomparsa  pero  quella,  ia 
cui  i  Sovrani  cacciano  Napoleone  dal  continente  (Ibid.  p.  462).  »  Si  pos- 
sono  vedere  riprodotte  dal  Comandini  nell'  Italia  nei  cento  anni  (Val- 
lardi  1901-1902)  a  p.  363  e  a  p.  713.  La  prima,  la  scalata,  e  di  B.  Pi~ 
nelli ;  la  seconda  e  una  caricatura.  che  rappresenta  Napoleone  cadente 
come  fulminato. 

2  L'avvocato  Giuseppe  Vera,  detto  da  David  Silvagni   «uomo  supe- 
riore  a  qualunque  sospetto,  amico  e  collaboratore  del  Consalvi,  cittadino 
integro,  pio,  cristiano,  che  scrive  senza  preoccupazioni  e  senza  partigia- 
neria  '>   (II,  707),  attribuisce  queste  disposizioni  a  «  misure  uscite  dalla 
Corte  Romana  residente  in  Cesena.  »   Secondo  lui   «  fu  ordinato  (da  Ce- 
sena)  al  vice-gerente  monsignor  Atanasio   1'apertura   di  un  registro  di 
ritrattazione  di  giuramento,  quantunque  ridicolo  fosse  del   tutto  il  far 
ritrattare  il  giuramento  prestato   a   Napoleone,  il  quale...  era   deposto 
dal  trono  e  1'aveva  abdicate  (II,  710-11).  »   E  la  ritrattazione,  fatta  da 
Mgr  Atanasio  e  chiamata  da  cotesto  « cittadino  pio  cristiano  » ,  seconda 


E  LA   S.    SEDE  661 

Ma  tutti  quest!  popolari  tumulti  furono  in  breve  ora  re- 
pressi,  per  gli  editti  sever!  bandit!  al  pubblico  dal  Delegate 
pontificio  i. 

La  giustizia  vendicativa  del  Delegate  pontificio,  se  si  vuole 
stare  ai  fatti  e  non  alle  ciance  goffe  di  scrittori  partigiani,  si 
ridusse  a  poca  cosa.  II  Marescotti,  e  il  Giraud,  veramente 
colpevoli  per  avere  formato  la  guardia  nazionale  nel  1809, 
contro  il  divieto  espresso  del  Papa  loro  Sovrano,  furono  car- 
cerati  nelle  loro  case  ;  ma  verso  i  prim!  di  giugno  vennero 
liberati 2.  «  I  duchi  Braschi,  Sora  e  il  principe  Gabrielli  hanno 
avuto  ordine  di  non  accos tarsi  al  Quirinale  3.  » 

Tutte  le  sevizie  pontificie  verso  la  nobilta  si  ridussero  a 
tan  to  4. 

la  piet&  cristiana  dell'ex-prefetto  di  Ravenna,  e  chiamata  «  vergogno- 
sissima  confessione  pubblica  »  (Ibid.)  —  Ma  Yordine  venuto  da  Cesena 
per  1'apertura  di  quel  registro,  non  e  conosciuto  se  non  dal  Vera;  nelle 
carte  di  quel  tempo  non  ce  n'e  vestigio.  Lepidissima  poi  e  la  ragione 
che  arreca,  per  impugnare  le  ritrattazioni  dei  giuratori  di  fedelta  a  Na- 
poleone.  Secondo  la  giurisprudenza  dell'avvocato  Vera,  sarebbe  inutile 
1'esigere  gastigo  dall'omicida  :  tanto  1'uomo  (assassinato)  e  morto!  perche 
quindi  condannare  1'assassino  alia  forca  o  alia  galera? 

1  II  Tambroni  scriveva   al  Borghi,  15  maggio  1814:   «  L'editto   se- 
vero  di  monsignor  Rivarola  ha  fermati  e  contenuti  gli  spiriti  turbolenti  » 
(CANTU,   Corrispondenze...  p.   458).  —  II  Vera   invece  ed  il   Silvagni   di 
questo  editto  non  fanno  ne  fiato  ne  motto,  ma  ti  sciorinano  una  retto- 
rica  immensa,  descrivendo  «  suoni  di  campane,  spari  di  pistole,  in  tutte 
le  strade...  arse  le  immagini  ed  i  busti  di  Napoleone...  e  nella  notte  urli 
e  sibili,  mescolandosi   alia   gioia  1'ubbriachezza...  e  i  pacifici  cittadini 
ben  chiusi  nelle  case  loro  palpitavano... »  eccetera,  eccetera.  (II,  713-714). 

2  II  Tambroni  cosi  informava  il  cav.  Borghi  (14  giugno  1814):  «  Quan- 
tunque   non    ancora   uscita  la    desiderata    amnistia,    pure  la  clemenza 
di  Sua  Santita  comincia  a  farsi  sentire.  Gi&  i  signori  conti   Marescotti 
e  Giraud  sono  stati  allargati,    e   non    hanno    che  la   citt&  per  carcere 
(Corrisp.,  p.  457).  »   Quivi  e  posta  la  data   «  14  maggio  »,  ma  e  eviden- 
temente  uno  sbaglio.  Cf.  p.  460,  dove   riferisce,  che  il  S.  Padre  aveva 
«  dette  buone  parole  »   al  Marescotti  in  Piacenza,   «  anche  in  grazia  dei 
parenti  della  moglie,  figlia  del  duca  Torlonia.  » 

8  Ibid.  «  Erasi  pure  sparsa  voce,  che  molti  tra  i  Principi  romani 
sarebbero  stati  messi  ai  confini,  ma  do  non  si  &  anche  verificato  » ,  ne 
si  verified  mai  (p.  460). 

4  Fppure  odasi  il  Vera,  e  con  costui  il  Silvagni :  «  Cominciavano 
intanto  gli  arresti  di  varie  persone  fra  le  quali  alcune  o  per  nobilta  di 


662  IL  CONGRESSO   DI  VIENNA 

Verso  gl1  impiegati  dal  governo  usurpatore,  e  verso  coloro 
cbe  gli  fecero  il  giuramento,  le  prime  disposizioni  del  Dele- 
gate di  Pio  VII  furono  veramente  severe,  per  guisa  che  si 
dest6  in  questa  parte  della  cittadinanza,  che  pure  era  nu- 
merosa,  una  vera  scontentezza.  «  Per  tal  modo,  scriveva  il 
Console  italico,  tra  gl'  impiegati  anche  infimi,  espulsi  e  de- 
stituiti  di  ogni  speranza,  tra  i  professori  rimandati  dalle 
scuole,  i  curiali  allontanati  dai  tribunal!,  e  i  preti  giurati, 
che  in  fondo  hanno  poi  conservato  I'esercizio  della  religione, 
il  numero  dei  malcontent!  6  gia  grandissimo  *.  » 

Ho  detto,  che  tali  disposizioni  furono  severe ;  ma  nessuno 
dira,  che  fossero  ingiuste.  Molto  meno  poi  se  ne  avrebbe 
dovuto  lamentare  un  David  Silvagni,  il  quale  ha  visto  coi 
suoi  occhi,,  cinquant'anni  dopo,  e  professori  e  magistrati  e 
soldati,  dimessi  da'  loro  impieghi  ed  obbligati  a  mendicare 
il  pane,  solamente  per  essere  stati  colpevoli  di  aver  fatto  il 
loro  dove  re ! 

Se  non  che  la  severita  pontificia  contro  gli  antichi  im- 
piegati non  fu  se  non  di  nome,  e  non  duro  pm  la  di  due  mesi. 
Che  a'  27  di  luglio  fu  pubblicato  1'editto  di  amnistia,  colla 
quale  si  perdon6  «  a  tutti  i  rei  d'  infedelta  e  di  disubbidienza  » . 
Evidentemente  non  poterono  essere  conservati  ne'  loro  lucrosi 
impieghi,  ne  i  president!  di  tribunal!  napoleonici,  n6  i  sopra- 
stanti  alle  riscosse  per  il  registro  e  per  il  bollo,  essendo  stati 
ristabiliti  i  tribunali  pontificii,  e  distrutti  i  napoleonici  bal- 
zelli,  a  respiro  dei  popoli  2 ! 

Cosi  pure  sarebbe  stato  imprudente  ed  anche  ingiusto  il 
conservare  nell'impiego  gelosissimo  di  professori,  quelli  che 

natali,  o  per  ricchezze  o  per  onesta  di  professione  ragguardevoli,  e  per 
alimentare  il  popolar  fanatismo  si  spargevano  incredibili  accuse  contro 
costoro,  come  di  armi  radunate,  di  congiure  contro  la  vita  del  Papa, 
di  mine  sotto  le  strade...  (II,  p.  714-15). »  Si  confront!  quanto  scriveva 
il  Tambroni,  presente  alle  cose,  e  nemico,  con  questo  rettoricume  del 
pio  cristiano  Giuseppe  Vera.  ed  amico  del  card.  ConsalvL 

1  Ibid 

2  Fino  dal  9  giugno  il  Tambroni  scriveva  :   «  Si  cominciano  a  vedere 
impiegati  anche  i  giurati.  » 


E   LA    S.    SEDE  663 

nel  passato  governo  avevano  detto  e  fatto  ogni  male  contro  il 
loro  sovrano,  ed  operate  gran  danno  nella  gioventu  de'  loro 
scolari  *. 

Rimangono  due  altri  capi :  uno  che  riguarda  i  giuratori 
di  fedelt&  all'  incarceratore  del  JPapa,  e  1'altro  i  tristi  ro- 
mani,  i  quali  piu  si  insudiciarono  nell'assalto  del  Quirinale. 
Di  questi  ultimi,  soli  tre,  ossia  quelli  che  condussero  il  Radet 
nelle  stanze  del  Papa,  furono  condannati  alia  galera ;  gli  altri 
nel  numero  di  sedici  vennero  mandati  a;  confini  del  distretto 
romano.  Per  giudicare  i  primi,  fu  stabilita  una  congregazione 
di  tre  cardinal! ;  e  dopo  I'esame  fatto  con  grande  studio  della 
reita  delle  persone  e  delle  loro  azioni,  dai  piu  colpevoli  fu 
richiesta  pubblica  ritrattazione  e  rinunzia  del  benefizio  ec- 
clesiasticc,  dagli  altri  la  sola  ritrattazione. 

Laonde  il  cardinal  Pacca,  al  Nunzio  pontificio  in  Vienna, 
Mgr  Severoli,  che  gli  aveva  data  notizia  dei  rumori  sparsi 
cola  intorno  alia  severita  delle  giustizie  pontificie  usate  in 
Roma,  poteva  scrivere  nella  seguente  maniera,  riponendo 
la  verita  ne'  giusti  termini : 

Roma,  6  agosto  1814.  «...  Ella  mi  ha  parlato  in  diver  si  di- 
spacci  dello  strepito,  che  si  mena  costa  sulli  rigori  di  Roma.  ^1 
questa  una  calunnia  la  piu  nera,  che  si  da  alia  condotta  del  S.  P. 
dai  nemici  della  S.  Sede.  lo  posso  accertarla,  che  ne  per  opinione, 


1  Con  grande  scalpore  lamenta  il  Vera,  e  il  Silvagni  piange  1'essere 
stati  tolti  alle  cattedre  di  fisica  lo  Scarpellini,  ed  a  quella  di  matematiche 
il  Mangiatordi.  Ma  il  primo  aveva  detto  e  scritto  ogni  vitupero  contra 
il  Papa;  e  il  stcondo,  a  questa  medesima  colpa  che  e  delitto  in  un  pro- 
fessore,  aggiungeva  le  stranezze  di  un  mezzo  pazzo:  con  cio  era  egli 
possibile  mantenerli  in  cattedra  a  guastatori  della  gioventu?  E  poi 
grazioso  il  Vera  (cioe  il  Silvagni)  quando  schiamazza  «  quale  amore 
professi  per  le  scienze  il  Governo  pontificio  » ,  per  1'opinione  del  rettore 
della.  Sapienza,  da  lui  riferita,  in  disprezzo  deirarcheologia!  Come  se  ci 
fosse  al  mondo  un  pontefice  piu  benemerito  di  quella  scienza,  che  non 
sia  stato  Pio  VII.  Poi  esclama,  con  massima  sicumera,  che  citta  fosse 
Roma  «  dove  il  Governo  e  le  Universita  non  possedevano  una  macchina 
elettrica  (sic)  (II,  715-716).  »  Ci  avesse  detto  almeno  di  che  macchina 
elettrica  intendeva  parlare  in  quell'anno  di  grazia  1814 !  Ecco  come  1'astio 
fa  dire  soventi  volte  delle  vere  buaggini ! 


664  IL  CONGRESSO   Dl   VIENNA 

ne  per  le  passate  gestioni  e  stato  punito  alcuno,  anzi  non  si  e 
neppur  proceduto  ad  arresti. 

«  Tutto  il  rigore  di  S.  S.  e  consist! to  nel  sospendere  qualcuno 
dagl'impieghi  che  esercitava,  ed  a  cui  dopo  breve  tempo  e  stato  riam- 
messo ;  e  nel  negare  1'accesso  al  suo  Palazzo  a  taluni  che  si  erano 
troppo  marcati  in  tempo  dell'estinto  governo  francese ;  misura  an- 
cor  questa  gia  revocata. 

«  Affinehe  poi  possa  Ella  con  piu  fondamento  di  verita  smen- 
tire  tali  calunnie  veramente  acerbissime,  le  accludo  la  notificazione 
dell'amnistia  data  da  S.  S. ;  e  da  questa  stampa  rilevera  se  si  e 
fatto  uso  di  pene  afflittive  ed  auche  di  carcerazioni  per  i  titoli, 
sulli  quali  si  declamano  tanto  i  nostri  rigori. 

«  Convien  confessarlo :  i  nemici  della  religione  sono  nemici 
del  Papa  e  del  suo  governo  ;  e  non  avendo  motivi  legittimi  da  at- 
taccarlo,  procurano  il  suo  discredito  col  far  credere,  che  in  luogo 
di  quella  mansuetudine  propria  del  suo  ministero  di  pace  e  di  cle- 
menza,  tenga  quelle  vie  di  eccessiva  severita,  che  non  sono  pro- 
prie  di  Lui,  e  che  neppure  sono  conformi  al  suo  cuore.  » 

E  qui  6  il  luogo  di  dire  qualche  cosa  del  provvedimento, 
che  fa  preso  dal  Papa  contro  un  personaggio  ecclesiastico, 
la  cui  vita  romorosa  e  per  1'ingegno  dell'  uomo  e  per  le 
opere  prestate  un  tempo  da  lui  in  difesa  della  S.  Sede  e 
del  diritti  della  monarchia  del  Borboni  sul  trono  di  Fran- 
cia,  sollevo  allora  e  poi  un  grido  di  celebrita  non  comune. 
E  questi  il  cardinale  Maury  :  diro  brevemente  ed  esatta- 
mente  quanto  gli  accadde  di  scontroso  in  quest'  anno  1814. 

Di  lui  il  cardinal  Consalvi  dava  da  Parigi  le  seguenti  in- 
formazioni  al  card.  Pacca,  27  maggio  : 

«  Dopo  assente  qualche  giorno  l  torno  a  Parigi  e  si  sta- 
bill  in  tre  o  quattro  camere  dell'  Arcivescovado  non  biffate 
come  le  altre.  Chiese  un'  udienza  a  Monsieur  2,  ma  non  la 
ottenne.  Diede  fogli  giustificativi,  sostenendo  di  non  avere 
alcun  torto,  giacch6  egli  era  stato  sempre  per  la  monarchia, 

1  Nell'ingresso  degli  alleati  in  Parigi,  tento  di  fuggire  a  Versailles, 
ma  trovo  chiuse  le  barriere. 

2  II  conte  d'Artois,  fratello  di  Luigi  XVIII,  prima  del  cosfcui  arrive, 
era  luogotenente  del  regno. 


E  LA   S.    SEDE  665 

e  se  aderl  a  Napoleone,  questo  fu  una  necessaria  sequela  del- 
1'essere  stato  messo  sul  trono  dalla  nazione,  e  non  da  lui- 
L'ultima  gazzetta  porta,  che  gli  e  stato  ordinato  di  uscire 
dall'Arcivescovado.  » 

Come  si  sa,  il  card.  Maury  era  stato  nominate  (14  otto- 
bre  1810)  arcivescovo  di  Parigi  con  decreto  di  «  Sua  Eccellenza 
il  ministro  dei  culti  »,  Bigot  de  Pr6ameneu:  ed  ai  16  dello 
stesso  mese  ed  anno,  il  capitolo  metropolitano  gli  «  conferiva 
1'amministrazione  della  diocesi  ».  Ed  egli  aveva  accettato  e 
nomina  e  delegazione  senza  nessuna  bolla  pontificia,  che  le- 
gittimasse  quella  nomina,  e  gli  conferisse  i  poteri  giurisdi- 
zionali.  Ma  vi  fu  qualche  cosa  di  phi  grave,  che  lo  costitui 
in  istato  di  vera  colpa  di  fronte  alia  Sede  Apostolica,  la  quale 
comecch6  allora  fosse  confinata  in  Savona  nella  persona  di 
Pio  VII,  non  aveva  perduto  neppure  un  apice  di  tutta  la  po- 
tenza,  onde  Gesu  Cristo  1'ha  investita.  Ora  Pio  VII,  con  suo 
breve  de;  5  novembre  1810,  proibiva  officialmente  al  cardi- 
nale  Maury  di  occupare  la  sede  arcivescovile  di  Parigi *,  gli 
negava  formalmente  ogni  giurisdizione  su  quella  chiesa,  e 
richiamavalo  invece  alia  sua  diocesi  di  Montefiascone  e  di 
Corneto. 

II  card.  Maury,  pretessendo  sempre  di  non  aver  ricevuto 
quel  breve,  non  obbedl  alle  intimazioni  pontiflcie,  fondandosi 
sulla  regola  gallicana,  che  nel  1682  fu  suggerita  da  Bossuet 
a  Luigi  XIV.  Secondo  quella  regola,  il  re  nominava  un  ve- 
scovo  di  una  qualche  diocesi  ad  amministratore  di  una  sede 
episcopate,  divenuta  vacante;  ed  il  capitolo  della  sede  va- 
cante  conferiva  al  regio  nominato  la  giurisdizione  ammini- 
strativa.  Con  questa  scappatoia  assai  comoda  il  re  Luigi  XIV 
intendeva  di  troncare  Tingerenza  papale  nel  governo  delle 

1  «...  Earn  igitur  administrationem  ut  statim  dimittas,  non  impe- 
ramus  modo,  verum  etiam  precamur  et  obtestamur,  paterna  urgente 
charitate  qua  te  prosequimur ;  ne  inviti  ac  dolentes  ex  statute  canonum 
procedere  cogamur;  quid  autem  prescripserint  adversus  eos,  qui  uni 
Ecclesiae  praefecti,  antequam  a  priori  vinculo  solvantur,  alterius  eccle- 
siae  administrationem  suscipiunt,  apud  omnes  perspecttim  est...» 


666  IL   CONGRESSO   DI  VIENNA 

chiese  di  Francia;  come  di  fatto  accadde  dal  1682  fino  al  1693, 
nel  quale  anno  il  re  ed  i  vescovi  chiesero  ed  ottennero  le  sa- 
natorie  dal  Papa  Innocenzo  XII  a  quelle  nomine,  dal  Papa 
non  mai  riconosciute,  e  quindi  illegittime. 

Ora  il  capitolo  metropolitano  di  Parigi,  unitosi  in  assem- 
blea  straordinaria,  si  dichiarava  investito  dei  poteri  che  gli 
competono  in  tempo  di  sede  vacante;  e  considerando  come 
vacante  la  sede  di  Parigi,  dichiaro  (9  di  aprile)  essere  tolto 
ogni  potere  giurisdizionale  per  ramministrazione  della  dio- 
cesi  a  chiunque  se  ne  credesse  investito.  Era  una  vera  e  for- 
male  deposizione,  girata  al  cardinal  Maury,  il  quale  fu  invitato 
dalla  commissione  capitolare  a  troncare  ogni  relazione  ammi- 
nistrativa  con  la  chiesa  di  Parigi. 

II  cardinale  Maury  comincio  allora  una  serie  di  sbagli, 
che  lo  condussero  allo  stato  deplorevole  di  ribelle  e  di  con- 
tumace  alia  volonta  del  Papa  ed  a  quella  del. re.  Voile  giu- 
stificare  la  sua  intrusione  nella  chiesa  di  Parigi,  e  quindi 
mantenersi  in  quella  sede,  con  un  opuscolo,  che  pubblico  per 
le  stampe  l ;  nel  quale  esponeva  como  base  del  suo  bene  ope- 
rate, la  pratica  seguita  dai  vescovi  sotto  Luigi  XIV.  che  ho 
accennata  sopra;  e  dimostrava  poi,  che  i  poteri  giurisdizio- 
nali,  trasmessigli  una  volta  dal  capitolo,  divenivano  inalie- 
nabili  nella  sua  persona,  perch6  di  dignit&  superior  e  a  quella 
dei  canonici  capitolari:  quindi  questi  non  gli  potevano  piii 
ritogliere  quello  che  gli  avevano  trasmesso.  In  quanto  poi 
all' aver  contravvenuto  al  breve  di  Pio  VII,  che  gli  negava  ogni 
giurisdizione  e  gli  vietava  d'accettar  quella  nomina,  egli  si 
difendeva  col  dichiarare  di  non  averlo  mai  ricevuto,  e  di 
avere  accettato  la  nomina  dall'imperatore,  a  fine  d'impedire 
i  mali  provenienti  dalla  mancanza  di  un  pastore  nella  capi- 
tale  di  Francia  2.  Al  suo  opuscolo  fu  risposto  da  altri,  le  sue 
ragioni  vennero  confutate  pubblicamente,  e  cosi  fu  causa  di 


1  Aveva  per  titolo:  Mtmoire  pour  le  cardinal  Maury.  Paris  (1814). 
*  Ved.  RICARD,  Correspondance  diplomatique,  et  Mdmoires  inedits  du 
cardinal  Maury,  II,  447  segg. 


E   LA   S.    SEDE  667 

scandalo,  che  avrebbe  potuto  evitare,  se  si  fosse  mantenuto 
nel  silenzio. 

A  questo  sbaglio  ne  aggiunse  un  altro.  Chiese  udienza  dal 
conte  d'Artois,  fratello  del  re  e  luogotenente  generale  nel 
regno;  il  quale  non  solamente  non  lo  accolse,  ma  gli  fece 
mandare  dal  commissario  di  polizia  Tordine  di  lasciar  Parigir 
e  di  ritornare  nella  sua  antica  e  vera  diocesi  di  Montefiascone. 
Egli  differl  la  partenza,  e  si  fece  ripetere  gli  ordini. 

Intanto  Pio  VII  da  parte  sua,  nei  provvedimenti  generali 
che  stava  pigliando  contro  quegli  ecclesiastici,  che  anziche 
al  Vicario  di  Gesii  Cristo  avevano  obbedito  a  Napoleone,  com- 
prendeva  il  cardinale  Maury;  al  quale  con  motu  proprio  r 
dato  in  Cesena  a'  3  di  maggio,  sospendeva  ogni  esercizio* 
di  giurisdizione  episcopate  sopra  le  diocesi  e  le  chiese  di 
Monte fiascone  e  Cornelo ;  e  si  norainava  un  amministratore 
apostolico  nella  persona  del  celebre  vescovo  di  Cervia,  mon- 
signor  Bonaventura  Gazzola.  Monsignor  Bertazzoli  con  let- 
tera  d'ufficio,  data  nel  medesimo  giorno  in  Cesena,  avvisava 
il  vescovo  di  Cervia  di  partir  subito  alia  volta  di  Montefia- 
scone,  e  di  rimettere  al  cardinal  Maury  il  motu  proprio  del 
S.  Padre1. 

II  card.  Maury  commise  qui  un  altro  sbaglio.  Avuto  sen- 
tore  della  sentenza  del  S.  Padre,  portata  contro  di  lui,  passo 
nottetempo  per  Montefiascone,  senza  fermarvisi :  e  Monsignor 
Gazzola,  secondo  gli  ordini  ricevuti,  consegno  allora  la  let- 
tera  pontificia  al  delegate  apostolico  di  Viterbo,  ripetendogli 
Tordine  del  S.  Padre  di  farla  ricapitare  nelle  mani  del  Car- 
dinale 2. 


1  11  testo  di  queste  lettere,  nella  versione  francese  fattane  da 
signor  Maury,  nipote  del  cardinale,  e  riferito  dal  Ricard,  op.  e  vol.  cc.r 
p.  502-504. 

2  II  Ricard  qui  non  bene  informato  dice:  «  L'administrateur   (Gaz- 
zola), qui  parait  avoir    accompli  sa   delicate  mission  avec  quelque  ru- 
desse,  ne  prit   point   les  precautions  necessaires   pour  eviter  a  1'exile 
1'eclat  de  I'humiUation  qui  1'attendait  4  Montefiascone.  Mais  le  cardinal 
avait  appris  par  la   voix  publique,  a  Radicofani,  les  mesures   prises  a 
Cesene.  II  traversa  son  diocese  de  nuit,  et  quand  il  recut  le  paquet  des 


668  IL  CONGRESSO   DI   VIENNA 

Ora  ecco  come  ando  la  cosa,  e  come  s'inasprl,  nuova- 
mente  per  imprudenza  dello  stesso  uomo,  come  si  pu6  scor- 
gere  dalla  relazione  che  il  card.  Pacca  ne  faceva  al  Consalvi, 
a'  22  di  giugno  1814: 

«  Domenica  scorsa  19  del  corr.  arrivd  in  Roma  il  Card.  Maury. 
Egli  viaggiava  in  incognito  per  non  essere  osservato,  e  perche.  si 
attendeva  qualche  ordine  cui  sperava  potersi  sottrarre.  La  destrezza 
pero  e  la  vigilanza  di  Mgr.  Delegate  Apostolico  di  Yiterbo  sventd 
i  snoi  progetti  *.  Egli  aveva  una  lettera  per  il  Cardinale,  con  cui 
gli  si  ordinava  di  venire  in  Roma  ad  audiendum  verbum.  Tenne 
delie  spie  per  sapere  il  di  lui  arrivo ;  lo  seppe  allocate  alia  locanda 
dell'Angelo,  mand6  il  suo  Segretario  colla  istruzione  di  consegnar 
la  lettera  a  Sua  Eminenza  intimandone  la  ricevuta ;  ma  il  Cardi- 
nale non  voile  riceverla.  Mgr  Delegate  corse  in  persona  alia  lo- 
canda, e  qui  accadde  un  caloroso  diverbio.  II  Cardinale  si  mostrava 
fermo  in  non  voler  ricevere  la  detta  lettera,  scritta  fin  da  Cesena 
in  nome  di  Sua  S.1*  da  Mgr  Arciv.  di  Edessa  (Bertazzoli);  e  il  De- 
legato  gl'intinio  d'ordine  sovrano  di  riceverla,  fame  un  recapito,  e 
di  ubbidire. 

-  Chi  siete  voi,  disse  il  Cardinale,  che  mi  date  quest'ordine? 

-  Sono,  rispose,  il  Delegate   apostolico.  —  Non   mi   consta  la 
vostra  delegazione,  replied  il  Cardinale,  —  E  Mgr  Delegate:  Yi  sono 
in  questa  citta  tanti  affissi  in  mio  nome,  che  possono  persuaderla 
della  rnia  rappresentanza.  —  E  Sua  Eminenza  disse  allora:  Ma  voi 
non  conoscete  il  ceremoniale  da  usarsi  coi  Cardinali.  —  lo  lo  co- 
nosco,  rispose  il  Delegate,  ma  vorrei  che   V.  Eminenza  conoscesse 
egualmente  quello  che  i  Cardinali  debbono  usare  col  Sovrano.  — 
Ma  io,  ripiglio  il  Cardinale,  non  sono  suddito  pontificio.  —  Non  im- 
porta,  disse  il  Delegate;  come  Cardinale  e  come  Yescovo  e  dive- 
nuto  suddito  del  Papa,  riceva  la  lettera,  e  me  ne  faccia  la  ricevuta.  - 

lettres  pontificates,  il  etait  deja  a  Yiterbe...  sur  le  chemin  de  Rome,  ou 
il...  arriva  le  19  juin  (Op.  cit.,  II,  504-505).  »  Non  so  intendere  come  il 
Gazzola  adempisse  il  suo  incarico  avec  quelque  rudesse,  qu'ando  ne  vide 
il  cardinale,  ne  gli  parlo. 

1  II  delegate  apostolico,  che  allora  governava  la  citta  e  la  provin- 
cia  di  Yiterbo,  era  il  famoso  monsignore  Tiberio  Pacca,  nipote  del  Car- 
dinale pro-secretario  di  Stato.  II  quale  fu  trasferito  poi  (17  di  settembre) 
in  Civitavecchia,  come  delegate  apostolico  a  cagione  della  sua  abilita 
ed  energia  singolari,  a  fine  di  badare  in  quel  porto  marittimo  alle  cor- 
rispondenze  del  prigioniero  dell'isola  d'Elba:  come  vedremo  piu  innanzi. 


E   LA   S.    SEDE  669 

«  A  queste  parole  esclamd :  —  Non  e  bastato  viaggiare  in  inco- 
gnito per  sottrarsi  a  questi  disgusti!  —  Apri,  cosl  dicendo,  la  lettera 
e  ne  fece  la  ricevuta.  Dopo  di  cid  Mgr  Delegate  prese  un  tono 
di  rispetto  alia  Porpora,  si  esibi  nel  suo  privato  a  qualunque  sua 
occorrenza,  e  si  congedd. 

«  Dispose  (il  Delegate)  subito  la  partenza  del  suo  Segretario  per 
Boma  col  rapporto  delFaccaduto,  e  si  combinft  a  prendere  un  posto 
nella  diligenza  in  cui  prese  1'altro  il  cardinale,  senza  che  questi  sapesse 
ohi  era.  A  Ponte  Molle  si  trovo  1'abbate  Maury,  nipote  di  lui,  con 
una  carrozza,  nella  quale  sali  il  Cardinale.  Fu  subito  d'ordine  di 
S.  Santita  scritto  un  biglietto  a  S.  Emza,  che  si  dispensasse  dal- 
1'  intervenire  alle  funzioni  papali  e  cardinalizie,  finche  non  fosse 
altrimenti  disposto  dalla  stessa  Santita  Sua. 

«  II  Cardinale  me  ne  ha  accus^ta  la  ricevuta,  e  fa  istanza  per 
sapere  i  torti  per  i  quali  gli  si  danno  tante  mortificazioni,  onde 
giustificarsi.  A  questo  biglietto  non  ho  risposto  ancora,  ma  rispon- 
derd  che  il  S.  Padre  si  riserva  di  farglielo  sicuramente  conoscere 
a  suo  luogo  e  tempo. 

«  Ho  detto  di  sopra  1'Abbate  Maury  e  non  Mgr  Maury,  per- 
che  N.  S.,  attesa  la  pessiina  condotta  tenuta  da  esso  e  da  sette 
altri  prelati,  ha  creduto  privarli  della  mantelletta,  e  sono:  Maury, 
Martorelli,  Brenciaglia,  Yergani,  Nuzzi  Colligola,  Santacroce  e  An- 
tonelli. 

«  Domani  o  posdornani  riparte  per  Parigi  quel  buon  avvocato 
Zamboni,  che  fu  chiamato  da  Vienna  per  compagno  del  Conte  Ma- 
gauly  J.  Per  mezzo  del  medesimo  scrivero...  » 

A  cotesto  trattamento  del  cardinale  Maury,  lo  stesso  Con- 
salvi  non  ebbe  e  non  trov6  nulla  a  ridire:  non  fu  cosl  in- 
torno  all'arciprete  di  Firenze,  Antonino  Longo,  del  cui  caso 
parlero  piii  innanzi.  Infatti  egli  rispondeva  da  Parigi  (25  lu- 
glio)  al  card.  Pacca,  esprimendo  in  questa  maniera  i  suoi 
sentimenti : 


1  Sul  Magauly  ved.  piii  addietro  (quad.  1243.  5  aprile  1902,,  p.  29). 
L'avvocato  Zamboni,  di  Bologna,  merito  assai  bene  in  quella  circo- 
stanza  della  S.  Sede.  Fece  tutto  quel  viaggio  a  proprie  spese;  e  poi 
msieme  col  conte  Fava  e  conte  Squarzoni  attese  a  raceogliere  sotto- 
scrizioni  per  il  ritorno  della  Romns'iia  al  ?>.  Padre.  I  cardinali  Pacca  e 
Consalvi  si  lodano  molto  di  lui  nel  loro  carteggio. 


670  IL   CONGRESSO   DI   VIENNA 

«  La  provvidenza  presa  sopra  1'Emo  Maury  1  e  pienamente  giu- 
stificata  dalFessere  egli  ID  un  caso  tutto  diverse,  non  meno  per  la 
sua  qualita  di  Cardinale,  che  lo  costituisce  piii  strettamente  subor- 
dinate alia  S.a  Sede,  che  per  esser  vescovo  d'un  paese  dello  Stato 
pontificio.  L'adottare  le  stesse  misure  in  ordine  ai  vescovi  non  su- 
bordinati  nel  temporale  al  pontificio  dominio,  pu6  essere  soggetto 
a  trovare  della  resistenza  per  parte  dei  Yescovi,  se  venissero  in 
qualche  modo  spalleggiati  dai  loro  governi  2.  » 

Tale  si  fu  la  giustizia,  esercitata  dalla  ristabilita  autorita 
pontificia.  Non  ne  furono  content!  i  pii  cristiani  avvocato 
Vera  e  David  Silvagni:  ma  ne  fu  contenta  tutta  Roma,  e 
sopratutto  ne  6  soddisfatta  la  verita  storica,  la  quale  tosto 
o  tardi  sfolgora  sempre  le  calunnie  dettate  dalFanimo  insod- 
disfatto  e  dal  cattivo  talento. 


III. 

Se  non  che,  il  cattivo  talento  di  quel  pio  cristiano,  che 
scriveva  di  Pio  VII  «  senza  preoccupazioni  e  senza  parti- 
gianeria  »,  quale  fu  1'avvocato  Giuseppe  Vera,  battezzato 
dal  Silvagni  con  quegli  aggettivi,  rimprovera  eziandio  alcune 

1  Al  Maury  poi  s'intento  un  processo,  dopo   che  fu  fatto   chiudere 
in  Castel  Sant'Angelo.  A'  30  gennaio,  e  4  marzo  1815  trovo  due  rela- 
zioni,  o  requisitorie,  che  dimostrano  i  suoi   capi  di  accusa,  e  sono:  il 
mal  governo,  e  varie  irregolarita,  nell'amministrazione  della  sua   dio- 
cesi ;  la  sua  disobbedienza  al  S.  Padre  nell'aver  accettato  la  sede  arci- 
vescovile  di  Parigi;  il  suo  servilismo  verso  Napoleone;  e  varie  propo- 
sizioni  nelle  sue  opere,  favorevoli  e  conducenti  allo  scisma.  Gli  autori  di 
queste  requisitorie  furono  Mgr  Ceprano,  e  1' avvocato  dei  poveri  Inver- 
nizzi.  A'  22  di  giugno    1815  fu  nominata  una  «  congregazione,  compo- 
sta  dei  cardinali  Mattei,  Della  Somaglia,  di  Pietro,  Saluzzo,  Pacca,  Bran- 
cadoro,  Litta,  Gabrelli,  Galeffi,  Opizzoni,  e  Mgr  Belli  secretario. »  Dopo 
varie   adunanze   si   convenne  d'indurre  il  card.  Maury  a  rinunziare  alia 
diocesi  di  Montefiascone,  e  chiedere  indulgenza  al  S.  Padre.  Cosa  ch'egli 
adempi  nel  seguente  anno  1816,  per  mezzo  del  card.  Consalvi;  morl  agli 
11  maggio  1817.  —  Dall'Archiv.  Vatic.  Italia  Appendice  epoca  napoleonica, 
vol.  XVII.  In  queste  carte,  che  mi  sembrano  aver  appartenuto  al  card. 
Di  Pietro,  si  trova  la  posizione  dell' imbastitura  del  processo,  con  alcuni 
ragguagli  particolari. 

2  Archivio  Vaticano,  Congresso  di  Vienna,  anno  1814. 


E   LA  S.    SEDE  671 

colpe  di  ommissione,  che  quel  Pontefice  avrebbe  commesse. 
Cosl  lo  aggrava  de'  «  pretest!  apparent!  e  poco  plausibili 
e  della  maniera  arida  (sic)  »,  con  cui  Pio  VII  rifiuto  1'of- 
ferta,  fattagli  dal  consiglio  municipale  di  Roma,  «  di  set- 
tecento  fanti  armati  e  vestiti  a  sue  spese...  e  di  una  statua 
di  bronzo  in  Campidoglio  l.  » 

In  quella  vece,  Pio  VII  ebbe  il  buon  senso  di  rifiutare 
quella  spesa  inutile  ad  un  popolo  gi&  dissanguato  :  ma  certi 
insensati  scrittori  convertono  in  biasimo  gli  stessi  titoli  di 
lode  ! 

Ma  la  voglia  di  dir  male,  che  fruga  quello  storico  pio 
cristiano,  gli  fa  dire  eziandio  che  Pio  VII  «  aveva  anche 
ricusato  una  Guardia  d'onore  di  Nobilt&  Romana!  »  Mi  sia 
lecito  almeno  di  mostrare  la  solenne  audacia  di  cotale  sva- 
rione,  col  pubblicare  un  documento  che  per  una  parte  lo 
sfata  solennemente,  e  per  1'altra  ci  mostra  i  sentimenti  di 
fedelta  di  tanto  cospicuo  numero  di  nobili  romani,  conser- 
vatisi  intemerati  in  mezzo  all'  attrattiva  quasi  irresistibile 
delle  sollecitazioni  napoleoniche. 

A'  20  di  settembre  1814  il  card.  Pacca  scriveva  al  Con- 
salvi  gi&  in  Vienna : 

«  Le  guardie  nobili  hanno  fatto  vivissime  istanze  a  S.  S.,  per 
avere  1'onore  di  servirlo  non  come  guardie  nobili,  ma  come  pri- 
yati,  nel  modo  che  ora  e  servito  dalla  guardia  civica.  S.  S.  ha  ade- 
rito  ai  loro  desiderj,  e  si  spediranno  dei  biglietti  a  tutti  quelli 
delle  guardie  nobili  che  non  si  sono  macchiati,  accordandogli 
quest'onore,  finche  sia  ripristinato  e  dato  un  nuovo  impianto  al 
detto  Corpo  delle  guardie  nobili,  lo  che  seguira  alia  di  lei  ve- 
Duta.  » 

E  i  biglietti  furono  spediti,  indi  a  poco  nel  tenor  e  se- 
guente : 

Dalla  segreteria  di  Stalo.  Settembre  1814. 

"  AHi  Signori :  Principe  D.  Paluzzo  Altieri,  comandante.  — 
-Cav.  D.  Lorenzo  Giustiniani. —  Conte  Cardelli.  —  Marchese  Alberto 
Longhi.  —  Conte  Moroni.  —  Girolamo  Colonna.  —  Marchese 

1  D.  SILVAGNI,  La  corte  e  la  societa  romana...,  IE,  711. 


672  IL   CONGRESSO  DI  VIENNA  E  LA  S.    SEDE 

Ossoli.  —  Duca  Caffarelli.  —  Marchese  Clemente  Muti.  —  Conte 
Melchiorre  della  Porta.  —  Marchese  Rinaldo  del  Bufalo.  — » 
Marchese  Giacomo  Teodoli.  -  -  Marchese  Vincenzo  Costaguti.  — 
Girolamo  Cavalletti.  —  I).  Leonardo  Bonelli.  —  Francesco  Lw- 
cernari.  —  Michele  Alvarez  de  Castro.  —  Marchese  Guglielmo 
Longhi.  —  Marchese  Carlo  Longhi.  —  Conte  Gaetano  Mattel.  — 
Marchese  Paolo  Ciccalotti.  —  Marchese  Filippo  Andosilla.  - — 
Conte  Giuseppe  Buschi.  —  Contv  Cosimo  Fabrizi.  —  Conte  Fa- 
lentino  Canali.  —  Conte  Filippo  della  Porta.  —  Marchese  Emilia 
Massimi.  —  Conte  Antonio  Negroni.  -  -  Conte  Filippo  Ante- 
won'.  —  Signor  Giuseppe  Ciampelletti.  —  Marchese  Giacinto  del 
Bufalo.  —  Conte  Giacomo  Negroni.  —  Marchese  Francesco  Lon- 
ghi. —  Marchese  Nunez.  —  Cavalier  Francesco  Bernini. 

«  Le  prove  di  fedelta,  e  di  attaccamento,  che  il  Signer  N.  N.> 
come  individuo  spettante  al  corpo  delle  guardie  nobili,  diede  alia 
Santita  di  Nostro  Signore  in  tempo  della  ultima  invasione  Fran- 
cese,  sono  rimaste  cosi  scolpite  nella  sua  memoria,  che  ha  desi^ 
derato  sempre  1'occasione  di  potergli  dare  qualche  attestato  del  So- 
vrano  suo  gradimento. 

«  Avendo  ora  mostrato  il  medesirno  il  piu  grande  interesse  di 
prestare  gratuitamente  alia  Santita  Sua  Fonorevoie  servizio,  finch& 
non  venga  ripristinato  il  Corpo  delle  Guardie  nobili :  Sua  BeatK 
tudine  considerando  questo  desideria  come  una  nuova  testimcK 
nianza  di  attaccamento,  si  e  benignarnente  degnata  aderirvi,  e  di 
accordare  al  detto  N.  N.  Fonore  di  servire  la  sua  sagra  persona^ 
fino  a  tanto  che  non  venga  stabilita  la  ripristinazione,  e  il  nuovo 
impianto  del  Corpo  delle  Guardie  nobili. 

«  Si  porge  pertanto  il  riscontro  al  detto  Signor  N.  N.  di  que- 
sta  Sovrana  graziosa  condiscendenza,  abilitandolo  a  poter  indossare 
provisoriamente  la  bassa  uniforme  J. 

«  B.  CARD.  PACCA  Pro  Segretario  di  Stato.  » 


1  Nella  sua  lettera  de'  24  settembre,  il  Pacca  dichiara  al  card.  Con- 
salvi,  che  « la  festa  che  ne  hanno  fatta  (le  guardie  nominate)  6  indi- 
cibile.  »  Archiv.  Vatic.,  Congresso  di  Vienna,  anno  1814. 


DI  ALCUNI  CRITERI1  iNCERTI 
NELLA   PALETNOLOGIA 

ARCHEOLOGIA  E  STORIA  ANTICA 


La  scoperta  delle  tombe  nel  Foro  Romano 
e  il  criterio  cronologico. 

II  prof.  Pigorini  nel  Bull,  di  paletn.  italiana,  Aprile  - 
Giugno  1902,  p.  139  140,  fa  le  maraviglie  che  il  p.  de  Cara 
nel  suo  III  Vol.  degli  Hethei  Pelasgi  «  di  recente  pubbli- 
cato,  sebbene  con  tanto  calore  avesse  raccomandato  lo  stu- 
dio di  Norba,  sorvola  sui  primi  risultati  ottenuti.  »  II  mio 
III  Volume  fu  pubblicato  nel  Maggio  del  1902,  e  non  do- 
vevo  parlare  di  risultati  ottenuti,  se  anche  oggi  nel  1903, 
la  necropoli  non  si  e  ancora  scoperta.  II  Pigorini  era  nel 
suo  diritto,  come  Direttore,  di  parlar  come  fece,  con  molta 
facondia,  delle  cose  trovate,  tributando  egrege  lodi  all'  ar- 
cheologo  Savignoni,  air  ingegnere  agronomo  Mengarelli  e 
alia  loro  autorit&  incontrastabile  in  materia  di  scavi.  lo,  al 
contrario,  nou  aveva  ne  diritto  n6  dovere  di  palesare  ci6 
che  penso  perciocche  le  indagini  durano  tuttora  e  la  necro- 
poli si  deve  scoprire.  Su'  lavori  architettonici  e  le  teoriche 
del  Mengarelli,  contrarie  a  quelle  dell'architetto  Giovenale, 
dovra  parlare  altri,  non  io  :  ma  sulla  questione  di  storia 
antica  in  ris petto  di  Norba,  ho  scritto  e  scrivo  io  senza  am- 
bagi,  che  Norba  non  fu  citta  romana,  come  asseri  il  Savi- 
gnoni nella  sua  Relazione  del  1901.  Di  che  segue,  che  il  Pi- 
gorini *ammettendo  pienamente  le  conclusion!  del  Savignoni 
e  del  Mengarelli,  ha  ritenuto  come  cosa  fuor  d'ogni  dubbio, 
quanto  afferma  delle  mura  di  Norba  il  Mengarelli,  e  del- 
Torigine  di  Norba  tra  il  V  e  IV  secolo,  il  Savignoni.  Ora  io 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1266.  43  12  marzo  1903. 


674       DI  ALCUNI   CRITERII   INCERTI   NELL  A   PALETNOLOGIA 

nan  credo  di  far  torto  al  Pigorini,  valentissimo  paletnologo  e 
che  ha  speso  la  vita  in  questo  genere  di  studii,  se  in  fatto 
di  storia  antica  del  Lazio  e  di  architettura  pelasgica,  non  ri- 
conosco  in  lui  un'autorita  o  come  dicono,  competenza  senza 
appello. 

Senonch6  alia  prima  maraviglia  per  il  prof.  Pigorini,  ne 
sopraggiunge  un'altra  quando  legge  queste  mie  parole :   «  ma 

le  colonie  romane  non  fondarono  Norba e  le   altre  citta 

pelasgiche  del  Lazio,  si  solo  le  ripopolarono.  »  Ora  la  storia 
romana  insegna  proprio  questo,  che  quando  si  parla  di  co- 
lonie dedotte  da  Roma,  s'  intende  sempre  ch'esse  sono  man- 
date non  a  fondar  nuove  citta  nel  Lazio,  ma  solamente  ad 
abitare  e  ripopolare  citta  che  gia  preesistevano.  Ondech6  le 
colonie  inviate  a  Norba,  e  furono  piii  d'una,  confermano  la 
preesistenza  di  Norba  e  dimostrano  la  falsita  dell'asserzione 
che  Norba  6  una  citta  romana. 

Che  cosa  infatti,  s;  intende  per  colonia  ?  «  Colonia  est 
pars  civitatis,  aut  sociorum  deducta  in  aliquem  locum,  co- 
lendi  et  inhabitandi  gratia,  itemque  ipse  locus.  Igitur  co- 
lonia est  oppidum,  quo  olim  rex,  vel  senatus,  vel  populus 
partem  civium,  vel  sociorum  misit  ad  habitandum  (FOR- 
CELLINI,  s.  v.)»  Cicerone,  opportunamente  al  fatto  di  Norba, 
dice  :  «  Colonias  sic  idoneis  in  locis  contra  suspicionem  pe- 
rlculi  collocarunt,  ut  esse  non  oppida  Italiae,  sed  propu- 
gnacula  imperil  viderentur  (2.  Agr.  27).  »  Ora  le  nuove 
colonie  furono  mandate  a  Velletri  e  a  Norba  a  breve  inter- 
vallo,  per  il  pericolo  degli  eserciti  de'  Volsci :  «  Ni  Volscos 
jam  moventeis  arma  pestilentia  ingens  invasisset,  ea  clade 
conterritis  hostium  animiSj  ut  etiam,  ubi  ea  remisisset,  ter- 
rore  aliquo  tenerentur,  et  Velitris  auxere  numerum  colo- 
norum  Romanorum,  et  Norbae  in  monteis  novam  coloniam 
(quae  arx  in  Pomptino  est)  miserunt.  (Liv.  lib.  !.)•  )}  II  che 
intervenne  sotto  il  Consolato  di  T.  Geganio  e  P.  Minucio, 
nell'anno  di  Roma  CCLXII.  av.  C.  CCCCXCI.  Cosi  riporta  il 
testo  di  Livio,  il  Cluverio,  il  quale  dichiara  Topinione  di 
Dionigi  differire  da  quella  di  Livio  in  cio  che  Dionigi  chiama 
citta  latina  Norba,  dovechk  Livio  la  riconosce  per  fortezza 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA   ANTICA  675 

de'  Volsci  nell'agro  Pomptino.  II  primo  considero  Norba  se- 
condo  il  suo  tempo  quando  gia  il  Lazio  nuoyo  era  stato  ag- 
giunto  al  vecchio  e  percio  la  ehiamo  citta  latina  o5x  dcpav^?, 
mentre  storicamente  Norba  fu  citta  de'  Volsci.  Se  dunque 
nel  491  a.  C.  cio&  nel  V  secolo,  riceveva  colonie  romane 
Tuna  dopo  1'altra,  Norba  dovette  preesistere  e  non  fu  fab- 
bricata  da'  Romani,  come  non  furono  fabbricate  tutte  le  altre 
citta  de'  Volsci  e  degli  Ernici  e  de'Sabini  dove  fin  dal  tempo 
di  Romolo,  furono  mandate  colonie,  come  ad  Antemna,  Cru- 
stumerio,  Cenina,  citta  piu  antiche  di  Roma.  A  cessare  il 
fastidio  del  lettore  lascio  di  citare  altri  esempii  che  si  pos- 
sono  leggere  in  Livio,  da'  quali  scende  sempre  la  stessa  con- 
seguenza,  che  Roma  non  fondo  le  citta  del  Lazio  dove  de- 
dusse  colonie,  e  percio  I'affermazione  che  Norba  fu  fondata 
da'  Romani  o  che  fu  citta  romana,  e  contraddetta  dalla 
storia.  Anche  questo  fatto  di  Norba  prova  chiaramente  la 
necessita  di  riesaminare  il  criterio  cronologico  nelle  que- 
stioni  di  storia  antica. 

Vi  e  un  altro  argomento  del  Pigorini  contro  cio  che 
scrivemmo  intorno  agli  scavi  iniziati  a  Norba.  Ecco  le  nostre 
parole :  «  ma  le  colonie  romane  non  fondarono  Norba  e  le  al- 
tre citta  pelasgiche  del  Lazio,  si  solo  le  ripopolarono  *.  »  «  Per 
tenere  buona  una  tale  opinione,  egli  dice,  senza  dimenticare 
i  positivi  risultati  degli  scavi,  allo  stato  attuale  delle  cose, 
conviene  ammettere  per  Norba  il  fatto  singolarissimo,  che 
gli  abitatori  meno  antichi  abbiano  distrutto  studiosamente 
ogni  segno  di  quelli  anteriori,  perfino  i  frammenti  delle  sto- 
viglie,  che  rimangono  sempre  ad  atte stare  in  ogni  luogo 
occupato  dall'uomo  il  passaggio,  per  quanto  rapido,  an  che 
di  una  sola  famiglia  2.  »  Rispondiamo  che  «  adducere  incon- 
veniens  non  est  solver  e  argumentum.  Se  infatti,  consta  sto- 
ricamente, e  noi  1'abbiamo  provato,  che  Norba  non  fu  fon- 
data dalle  colonie  romane,  il  non  esservisi  finora  trovati  nep- 
pure  frammenti  di  stoviglie  della  Norba,  per  noi,  non  del 

*  DE  CARA,  Vol.  Ill,  p.  298. 

*  PIGORINI,  Bull.  d.  paletn.  ital.,  Ann.  XXVIII,  aprile-giugno,  1902, 
p.  139-140. 


676       DI   ALCUNI   CRITERII   INCERTI   NELL  A   PALETNOLOGIA 

V  o  IV  secolo,  ma  d'eta  forse  del  doppio  piu  antica,  non  e 
argomento  che  possa  render  falsa  una  verita  ed  un  fatto 
storicamente  certi.  II  non  esservi  avanzi  o  almeno  il  non 
averli  trovati  della  prima  eta  di  Norba,  si  puo  spiegare  per 
molte  cause  e  non  ultima  6,  senza  dubbio,  quella  che  a  Norba 
vi  si  mandarono  ad  abitarla  fin  dal  V  secolo,  due  o  tre  eo- 
lonie  romane :  il  che  significa  che  di  veri  Norbani  il  numero 
si  era  dovuto  di  molto  assottigliare,  di  guisa  che  nella  presa 
di  Norba,  Silla  non  sconfisse  i  Norbani  veri  ed  originarii, 
ma  i  Romani  delle  colonie,  i  quali  per  ispazio  di  4  secoli  vi 
si  erano  stabiliti  e  moltiplicati. 

Ma  si  puo  pertanto  asseverare  con  ogni  certezza,  che 
nulla,  neppure  un  frammento  di  vasi  o  di  stoviglie  siasi  tro- 
vato  negli  scavi  di  Norba,  quali  ci  son  descritti  nella  prima 
Relazione?  Quei  frammenti  di  vasi  di  uno  strato  rossastro  a 
due  metri  e  cinquanta  e  anche  piu,  di  profondita,  che  lo 
stesso  Savignoni  confessa  essere  specificamente  diversi  dai 
cocci  romani,  di  quale  Norba  sarcbbero,  della  pretesa  ro- 
mana  ovvero  della  Norba  volsca?  Le  statuette,  le  antefisse 
e  la  luno  Sospita,  sono  poi  indubitabilmente  della  prima  o 
della  seconda?  E  finalmente,  non  resta  forse  tuttora  Tignoto 
della  necropoli?  La  supposizione  dunque  del  Pigorini,  che  gli 
abitatori  meno  antichi  avrebbero  studiosamente  distrutto  ogni 
segno  di  quelli  anteriori,  non  e  necessaria,  n6  costituisce  un 
fatto  singolarissimo,  potendosi  avere  lo  stesso  effetto  per  cause 
naturali,  dell'azione  cio&  del  tempo,  della  qualita  del  ter- 
reno,  dalle  sue  varie  destinazioni,  dalle  mutazioni  e  ristora- 
zioni  di  questa  o  quella  parte  della  citta  e  somiglianti.  Chiu- 
diamo  questa  breve  digressione  su  Norba,  dichiarando  fran- 
camente  che  il  criterio  cronologico  del  Savignoni,  ci  sembra 
del  tutto  sbagliato,  perch6  in  contraddizione  con  la  storia 
antica  de'  popoli  Latini  e  Volsci. 

Un  altro  incoveniente  che  derivo  dall'aggiunta  del  Lazio 
nuovo  ali'antico,  fu  quello  di  qualificare  col  nome  di  citta  la- 
tine  quelle  che  tali  non  erano  mai  state,  ma  volsche,  sabine 
o  campane.  Laonde  il  criterio  cronologico  ed  etnico  venne 
confuso  non  senza  danno  della  storia  antica  di  Roma  e  del 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA  ANTIC  A  677 

Bomani.  Giovera  tuttavia  ricordare  che  i  Roman!  non  furono 
della  stessa  stirpe  de;  Volsci,  degli  Erriici  e  degli  Aurunci  ov- 
vero  Ausonii ;  che  Prisci  Latini  o  Casci  si  chiamarono  un 
tempo  i  popoli  che  abitavano  una  parte  poco  estesa  del  Lazio 
fra  1'Aniene  e  il  Tevere,  e  una  parte  della  Sabina  a'  confini, 
donde  piu  tardi  citta  latine  furono  dette  Sabine  e  viceversa. 
Roma  percio  topograficamerite  fu  citta  del  Lazio,  ma  etni- 
camente  la  Roma  di  Romolo,  non  si  potrebbe  dire;  citta,  pu- 
ramente  latina  di  stirpe,  perciocche  le  popolazioni  raccogli- 
ticce  onde  fu  costituita  e  abitata,  appartenevano  a  genti  di- 
verse, a  Siculi  o  ibero-liguri,  a  Sabini  e  ad  Etruschi. 

L'Antico  Lazio  consisteva  in  quella  estesa  pianura  che 
oggi  diciamo  Campagna  di  Roma,  chiusa  air  intorno  dall'alta 
catena  degli  Apennini,  ed  esternamente  dal  mare  dalla  foce 
del  Tevere  al  promontorio  circeio.  I  Romani  conobbero  sotto 
il  nome  di  Latiiii,  i  popoli  che  nel  principle  furono  abitatori 
di  questo  Lazio  primitive,  cio6  antico.  A  che  stirpe  poi  ap- 
partennero,  donde  vennero  nel  Lazio,  quali  affinita  vi  furono 
o  vi  poterono  essere  fra  Umbri,  Oschi  e  Sabellici,  e  fra  quest! 
e  i  Volsci  e  gli  Aurunci  od  Ausoni  del  confine  meridionale, 
siffatte  question!  furono  da  me  svolte  nel  III  vol.  degli  Hethei- 
Pelasgi  cap.  IX,  X,  XI,  XIII,  XVII  e  nel  Trattato  su'  Dialetti 
Italiciy  cap.  XXI,  XXV,  e  non  intendo  di  ritoccarle  restando 
io  tuttora  nelle  opinioni  medesime  di  prima,  dalle  quali  non- 
che  distogliermi  le  recenti  affermazioni  antistoriche  intorno 
alia  citta  volsca  di  Norba,  mi  vihanno  vie  piu  confermato.  Vero 
e  che  nel  presente  stato  degli  studii  di  storia  antica,  spe- 
cialmente  di  quella  parte  che  riguarda  i  popoli  piu  antichi 
del  Lazio,  si  osserva  una  vera  mancanza  di  logica  di  fatto. 

Nessuno  certamente  osera  negare  che  nell'  Italia  e  nel 
Lazio  in  particolare,  vissero  popoli  chiamati  Siculi  o  Ibero- 
liguri,  Enotri,  Opici,  Sabini,  Volsci,  Aurunci  o  Ausoni.  Tutti 
gli  storici  greci  e  romani  1!  chiamano  con  questi  nomi  e 
in  cio  le  tradizioni  sono  concord!.  Ma  quando  lo  storico  li 
fa  operare  e  ci  parla  delle  leghe  fra  loro  o  delle  guerre,  del 
luoghi  da  loro  nel  principio  abitati  ovvero  delle  loro  migra- 
zioni,  della  religione  e  de'  costumi,  tutto  allora  diventa  dub- 


678       DI   ALCUNI  CR1TERII   INCERTI  NELL  A   PALETNOLOGIA 

bio  e,  perciocche  nori  v'e  certezza,  non  si  ammette  piu  nulla 
neppur  la  probabilita  de'  fatti,  come  se  di  tempi  cosi  auti- 
chi  non  fosse  gia  un  bene  il  poter  ottenere  delle  notizie  e 
conoscenze  probabili.  Se  le  cose  sono  col  progresso  della  cri- 
tica  giunte  a  tal  punto,  meglio  &  passarsi  dell'antica  storia 
romana  dell' eta  regia  e  di  quella  che  la  precede.  Per  buona 
fortuna,  le  tradizioni  vere  od  incerte,  miste  d'elementi  estranei 
o  favolosi,  tuttora  sussistono  negli  storici  e  ne'  poeti  antichi, 
e  Toper  a  dello  storico  deve  porsi  nel  vagliare  la  materia, 
nel  riscontrare  leggi,  costumi  e  riti  d'un  popolo  con  quelli 
d'un  altro  coevo  ovvero  piu  antico,  indigeno  o  straniero. 
Quando  un  tale  studio  sia  fatto  con  diligenza  ed  amore,  molte 
cose  oscure  diventano  chiare,  e  quel  che  priina  pareva  del 
tutto  strano  e  senza  ragion  d'essere,  sara  riconosciuto  se  non 
per  certo,  almeno  per  probabile.  Diamo  un  esempio. 

Che  cosa  si  sapeva  finora  di  Saturno  dopo  quanto  ne  scris- 
sero  storici  e  poeti  dell'antichita?  Ch'egli  fuggito  da  Greta, 
si  nascose  nel  Lazio,  che  fu  un  dio  straniero,  che  fu  re  degli 
Aborigeni  ai  quali  insegno  Tagricoltura,  che  fondo  Saturnia 
dov'e  ora  il  Campidoglio,  a  pie  del  quale  vi  fu  un'ara  anti- 
chissima  e  piu  tardi  un  tempio,  nel  quale  si  custodiva  Fera- 
rio.  Noi  da  queste  tradizioni  confuse  e  in  parte  mitologiche,. 
potemmo  con  1'aiuto  della  storia  orientale,  ricavare  una  con- 
gettura  storica  della  maggiore  importanza,  la  venuta  cio6  in 
Italia  e  nel  Lazio,  dei  Pelasgi  dell'  isola  di  Greta  con  Tarte 
loro  di  edificar  citta  col  sistema  poliedro  -megalitico ;  stante- 
che  Saturno  =  Set,  fu  la  divinita  massima  degli  Hethei  Pe- 
lasgi e  pero  de'  Cretesi,  come  si  puo  vedere  da  cio  che  ne 
scrissi  nel  Vol.  Ill  degli  Hethei-Pelasgi  cap.  XVII,  p.  289. 
Un  segno  non  dubbio  della  bonta  d'una  congettura  e  quello 
di  potere  con  essa  spiegare  certi  fatti  e  costumi,  i  quali  sen- 
z'essa  non  si  potrebbero  intendere.  E  in  effetto,  il  norne  del 
dio  Saturno  come  i  Pelasgi  cretesi  che  ne  introdussero  il  culto 
nel  Lazio,  non  hanno  nulla  che  fare  con  Arii  e  con  lingue 
ariane  in  Italia;  e  pero  I'etiinologia  di  Saturno  non  doveva 
ricercarsi  nell'idioma  latino.  Di  pari,  T or igine  delle  costru- 
zioni  pelasgiche  del  Lazio,  la  quale  non  puo  ricercarsi  nel- 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA  ANTICA  679 

r  Italia  settentrionale,  6  ragionevolmente  spiegata  dalla  ve- 
nuta  di  popoli,  come  il  cTetese,  nella  cui  patria,  questa 
architettura  fu  la  piu  comune  ed  antica.  Ne  quest!  sono  i 
soli  indizii  della  presenza  nel  Lazio  di  popoli  venuti  da  Greta 
o  dair Arcadia,  ma  convien  ricordare  che  1'antico  culto  delle 
pietre,  degli  alberi,  degli  ancili,  scudi  cio6  della  stessa  forma 
de'  micenei,  che  si  credevano  caduti  di  cielo  ed  erano  cu- . 
stoditi  da'  sacerdoti  Salii,  come  le  costoro  danze  orgiastiche, 
hanno  un  perfetto  riscontro  col  culto  de'  Cretesi  e  degli  Ar- 
cadi, come  ne  scrisse  dottamente  1'Evans  nel  suo  lavoro  in- 
titolato :  Illustrative  Survivals  of  Tree  and  Pillar  Cult  in 
Classical  Greece  and  Italy,  e  del  quale  diedi  gia  un  sunto 
quando  trattai  della  Stela  del  Foro  Romano  l. 

Come  siffatti  culti  ed  usanze  proprie  de'  Pelasgi  cretesi 
e  degli  Arcadi,  si  trovano  nel  Lazio  e  nella  Roma  antica? 
Dal!' Italia  settentrionale  certamente  non  vennero;  i  terra - 
maricoli,  come  gia  dissi  altre  volte,  non  lasciarono  di  s6  ne 
nome  ne  memorie  della  loro  religione,  se  n'ebbero,  e  resta- 
rono  sempre  estranei  alia  storia.  Ma  se  ci  rivolgiamo  alle 
contrade  del  mezzogiorno,  vi  troveremo  gli  Enotri,  pelasgi 
arcadi,  de'  quali  sappiamo  che  migrarono  nel  Lazio  e  furono 
considerati  quali  Aborigeni.  L 'Evans  infatti,  attribuisce  agli 
Eiiotri  1'  iritroduzione  del  culto  degli  alberi  sacri  nell'  Italia 
meridionale  e  nel  Lszio,  come  ne  fan  fede  le  monete  tipiche 
di  Caulonia  con  \a,  testa  del  bue  sacriflcale  pendente  dai 
rami ;  e  in  Roma  al  tempo  di  Romolo  e  prima  di  lui,  si  aveva 
il  Ficus  Ruminalis,  la  cui  santita  appartenne  a  climi  me- 
ridionali  e  mediterranei,  e  fu  in  modo  particolare  venerato 
dal  mondo  miceneo.  Marte,  padre  de'  gemelli,  nel  detto  Fl- 
eas RuminaliSj  e  rappresentato  dall'uccello  picus,  ed  e  cu- 
rioso  che  questo  nome  di  picus  corrisponda  al  vocabolo 
IlTxos,  nome,  secondo  Cedreno,  del  Giove  cretese.  Senonche 
lo  stesso  Picus,  il  quale  diede  aH'uccello  il  suo  nome,  sa- 
rebbe  stato,  a  giudizio  di  Plinio,  figlio  di  Saturno  e  re  degli 
Aborigeni.  Le  danze  de'  Salii,  custodi  degli  Ancili,  rispondono 
a  quelle  che  si  facevano  da'  cultori  di  Giove  Ideo  e  di  Rhea 

1  Cfr.  Civ.  Catt.,  Ser.  XVIII,  Vol.  II.  1901,  p.  5.  e  segg. 


680       DI   ALCUNI   CRITERII   INCERTI   NELLA   PALETNOLOGLA 

Cibele.  L'Evans  riscontrate  con  la  luce  delle  recent!  sco- 
perte,  queste  ed  altre  tradizioni  cretesi  e  arcadiche,  con  le; 
romane,  cosl  conchiude :  «  II  parallelismo  religioso  non  po~ 
trebbe  andare  piii  oltre.  Le  coincidenze  della  tradizione  non 
possono  essere  accidental!  e  risguardano  particolarita  poste 
in  luce  dall'ultime  scoperte  archeologiche.  » 

Noi  qui  chiamiamo  1'attenzione  del  lettore  sopra  una  costu- 
manza  antichissima  de'  popoli  Latini,  conservata  anche  al 
tempo  de'  re  e  della  repubblica,  ma  che  esisteva  gia  prima 
di  quelli  e  di  questa,  le  ferie  latine,  cio6  1'uso  de'  pubblici 
banchetti  consacrati  dalla  religionc.  Le  piu  celebri  di  queste- 
feste  si  celebravano  da'  trenta  popoli  latini  sul  Monte  Albano, 
dov'era  1'altare  di  Giove  Laziale,  e  i  Romani  del  tempo  di 
Tarquinio  il  Superbo,  le  governavano  per  fini  politici.  Cia- 
scuna  delle  trenta  citta  vi  mandava  i  suoi  rappresentanti  e 
concorreva  alle  spese ;  vi  si  teneva  mercato,  vi  si  portavaria 
agnelli,  latte  e  focacce  e  si  sacrificava  un  toro,  delle  cui 
carni  dovevano  partecipar  tutti.  Durante  questo  tempo  posa- 
vano  le  armi  e  le  contese  fra'singoli  popoli  latini  e  con  le  genti 
romane.  Le  feste  medesime  si  celebravano  a  Sparta,  istitui- 
tevi  da  Licurgo  e  si  chiamavano  cpiSiTia,  laddove  il  nome  co- 
mune  era  quello  di  auaatita  perch&  si  banchettava  in  comune. 
Anche  nell'isola  di  Greta  v'erano  le  stesse  feste  e  Licurgo, 
il  quale  era  vissuto  degli  anni  in  Cretu,  da  questa  le  prese 
ed  introdusse  a  Lacedemone  *. 

Aristotele  ne'  Politici  parla  di  queste  costumanze  de' Cre- 
tesi e  degli  Spartani,  e  giudica  migliori  le  feste  convivali 
pubbliche  de'  Cretesi,  di  quelle  della  Laconia  perciocche  a 
Greta  le  feste  si  face va no  a  spese  del  pubblico,  laddove  a 
Sparta  vi  dovevano  concorrere  i  privati  e  per  conto  loro. 
II  che  portava  il  grave  inconveniente  di  non  aver  parte 
neH'amministrazione  pubblica  qualora  per  mancanza  di  mezzi, 
non  si  fosse  preso  parte  alle  feste.  A  Greta  per  contra,  le 
spese  erano  fornite  da'  redditi  della  Repubblica  e  da'  tributi 
de;  Perieci  (oE  Tlepioixoc),  cittadini  della  Laconia  vinti  da'  Dori 

1  Cf.  ISOCRAT.,  p.  225,  A;  ARISTOPH.,  Eccl.  715;  ARISTOT.,  Polit.  It 
5  med.,  2,  9  med.,  10  med.,  11  init.  Thesaur.  Ling.  Graec.,  s.  v.  p.  1535* 


ARCHEOLOGIA  E   STORIA   ANTIC  A  681 

lasciati  liberi  in  modo  che  si  distinguevano  dagli  Spartani 
vincitori  e  dagli  Iloti  fatti  schiavi.  II  Filosofo  pertanto,  con- 
siderata  1'alta  antichita  di  qiieste  istituzioni  de;  pubblici  ban- 
chetti, ne  indaga  le  origini  e  le  scopre  fuori  di  Grecia.  L'im 
portanza  dell'opinione  di  Aristotele  6  al  tutto  degna  d'essere 
risaputa  e  studiata,  sia  per  il  fatto  in  se  stesso,  come  per 
TautoritA,  dell'autore,  discepolo  di  Platone,  maestro  di  Ales- 
sandro  Magno  e  il  piu  grande  fiiosofo  che  vanti  I'antichita. 
Al  VII,  c.  X,  de'  Politici  scrivendo  dell'antichita  delle  leggi 
-civili,  ritorna  su'  sodalizii  e  banchetti  pubblici  che  risalireb- 
bero  a  Minosse  re  di  Greta.  Indi  soggiunge  : 

«  Quelii  che  si  celebrano  in  Italia,  sono  m'olto  piu  anti- 
<5hi.  Dtcono  infatti,  uomini  che  ivi  abitano,  dotti  ed  eloquent! 
e  scrittori  di  antichita,  che  un  certo  Italo  fu  re  dell'Enotria, 
^  che  mutato  il  nome,  gli  Enotri  si  chiamarono  Itali...  Di- 
cono  dunque  aver  questo  Italo  fatto  degli  Enotri  che  prima 
-erano  pastori  nomadi,  agricoltori,  e  fra  le  altre  leggi  loro 
dettate,  aver  sancito  e  confermato  con  pubblica  legge,  quella 
de'  sodalizii  e  banchetti  pubblici.  Percio  aach'oggi  alcuni 
<3he  da  lui  cliscendono/  usano  gli  stessi  sodalizii  e  conviti 
pubblici  4.  » 

Ora,  stando  all'  au  tori  tft  di  Aristotele,  si  devono  ammettere 
le  cose  seguenti.  Primieramente,  che  gli  Enotri  o  Itali  ven- 
nero  in  Italia  in  tempi  antichissimi  e  prima  di  Minosse:  che 
da  loro  le  ferie  latine  furono  introdotte  nel  Lazio  :  che  questa 
usanza  medesima  dovette  esistere  in  Arcadia  se  gli  Enotri 
vengono  da  questa  contrada,  e  se  partirono  da  Greta,  come 
per  noi  e  piu  probabile,  i  banchetti  pubblici  erano  gia  usati 
nell'  isola  e  prima  di  Minosse.  Riteniamo  piu  probabile  Tori- 
gine  cretese  de'  conviti  pubblici  perch6  il  culto  del  dio  Set 
(Saturno)  nel  Lazio  non  poteva  essere  introdotto  se  non  da 


1  Ta  8^  TtspL  TYJV  'ItaXtav  uoX?.cp  TiaXatoispa  TCUTCOV  <£aal  yap  01 
Taiv  sxet  "X,aiotxo6vta)v,  'Ita?,ov  Ttva  Y£v£3^ai  [JaaiXsa  T^g  Oivcotpiac;'  &cp'  ou  "co 
•CE  ovojia  |iSTa^aX6vTa$,  "IxaXouc;  dvt*  Oivoj-cpwv  xXYjO^vat...  TOUTOV  SYJ  Xsyouat. 
TOV  'IiaXov  vojJtdSag  TOU^  Oivwtpa^  ovtag,  uotYjaat,  yewpYO'^S  >^at  v6|iouc;  aX- 
^Lou;  TS  auxol^  GsaOai,  xat  xa  auaacxia  xacaatfjaat  Ttpwiov.  Sco  %al  vuv  JTI  iwv 
tttt"  sxscvoo  -tvsg  XP^71*0  T°t£  auaatxtocg,  xaL  xcbv  vojitov  svtoig. 
lib.  VII,  c.  X. 


682       DI   ALCUNI   CR1TERTI   INCERTI  NELL  A  PALETNOLOGIA 

genti  venute  da  Greta,  se  ben  s'intende  la  leggenda  che  lo 
fa  nascondere  nel  Lazio,  e.  se  si  tien  con  to  delParchitettura 
delle  sue  piu  antiche  citta,  ch'e  la  medesima  della  parte  piu 
arcaica  delle  costruzioni  cretesi. 

Da  queste  rapide  osservazioni  si  puo  conchiudere  che 
certi  fatti  storici  fondati  nella  tradizione,  purch.6  ben  intesa, 
e  rischiarati  da  nuove  scoperte,  meritano  giustamente  Tas- 
senso  dello  storico  che  studia  senza  preconcetti.  Se  poi  non 
si  vogliano  ammettere  da  taluno,  non  monta.  Vi  sara  sera- 
pre  chi  gli  approvi  e  difenda.  A  noi  basta  che  uomini  di 
senno  e  di  molta  dottrina,  come  T  Evans  e  tanti  altri  ch# 
studiano  senza  preconcetti,  neppur  mettono  in  dubbio  le  re- 
lazioni  e  tradizioni  de'  Pelasgi  Enotri  e  cretesi  arcadi  con 
1'antica  Italia  e  specialmente  col  Lazio,  senza  ricorrere  ad 
influenze  coramerciali,  ma  spiegando  le  cose  per  vere  im- 
migrazioni  di  antiche  genti  in  Italia,  venute  dalla  Grecia 
primitiva  cio6  preellenica,  da  Greta  o  dalle  isole  deir  Egeo_ 

In  questi  articoli  intorno  le  tombe  scoperte  nel  Foro  Ro- 
mano, servendoci  del  criterio  cronologico,  abbiamo  provato 
che  la  paletnologia  sola  senza  I'aiuto  della  storia  e  della  tra- 
dizione  antica,  non  poteva  spiegare  la  presenza  del  doppio 
rito  nella  necropoli  del  Foro,  come  in  quella  tanto  vasta  del- 
TEsquilino,  dove  le  tombe  piu  arcaiche  erano  a  inumazione. 
Con  lo  stesso  criterio  cronologico  si  parve  chiaro  che  le  po- 
polazioni  del  Palatino  non  formavano  con  quelle  de'  Colii 
Albani  una  sola  famiglia  aria  o  di  terramaricoli,  perciocch6 
la  Roma  preromulea  fu  abitata  da  genti  non  arie  e  che  non 
usavano  il  rito  della  cremazione.  Certificammo  la  presenza 
nell'Italia  meridionale  e  particolarmente  nel  Lazio,  di  popoli 
migrati  dal  Mediterraneo  orientale,  cio6  dall' Arcadia  o  da 
Greta,  con  Tautorita  degli  antichi  storici  e  dalla  conserva- 
zione  di  riti,  di  usanze  e  di  credenze,  le  quali  non  potevano 
essere  introdotte  dall'Italia  settentrionale ;  cosi  il  culto  di 
Saturno,  la  legge  di  pubblici  conviti  e  Tarchitettura  polie- 
dro-megalitica,  il  culto  delle  pietre  (il  dio  Termine),  degli 
ancili,  delle  piante  (il  Ficus  Ruminalis),  ed  altrettali  che 
furono  gia  riti,  costumi  eel  usanze  de'  Cretesi  e  degli  Arcadir 


ARCHEOLOG1A   E   STORIA   ANTICA  683 

come  fu  fatto  chiaro  dalle  recent!  scoperte  archeologiche,  per 
le  quali  resta  esclusa  qualunque  influenza  commerciale.  Per 
questa  stessa  ragione  il  piu  antico  rito  di  sepoltura  non  po- 
teva  esser  1'ario  o  de'  terramaricoli,  cioe  quello  dell'in.dne- 
razione,  si  bene  1'altro  anteriore  e  portato  dagli  oriental!  che 
fu  sempre  quello  delFinumazione  e  che  la  tradizioue  afferma 
essere  stato  quello  de'  Romani,  mentre  le  popolazioni  de'  Colli 
Albani  di  eta  posteriore  incineravano,  senza  poter  avere  per 
ootesto  alcuna  influenza  sul  rito  della  Roma  preromulea.  Cosl 
non  regge  1'asserzione  del  Pigorini  contraria  alia  nostra,  che 
i  Roniani  cioe  quantunque  si  facciano  discendere  dagli  Al- 
bani, cio  che  noi  non  ammettiamo  essere  stato  provato,  pure 
nel  principio  non  incinerarono  ma  inumarono. 

Un  altro  criterio  cronologico  di  cui  fu  fatto  uso  o  piut- 
tosto  abuso,  nella  Relazione  sugli  scavi  di  Norba,  e  quello 
che  Norba  sia  stata  fondata  da'  Romani  nel  V  o  IV  sec.  a. 
G.  C.,  argomentando  dalla  colonia  mandatavi  da  Rotna,  in- 
torno  a  quel  tempo.  L'errore  proviene  dalla  mala  intelligenza 
del  nome  di  colonia  romana  per  rispetto  alle  citta  del  Lazio. 
Provammo  che  le  colonie  romane  spedite  alle  citta  del  La- 
zio supponevano  1'esistenza  di  queste  citta,  non  si  raanda- 
vano  a  fabbricarle,  come  si  fa  manifesto  dalla  storia  de'  La- 
tini,  de'  Volsci  e  degli  Ernici,  le  citta  de'  quali  furono  piu 
antiche  di  Roma.  Questo  pregiudizio  o  preconcetto  storico 
non  sappiamo  quanto  possa  giovare  alle  conseguenze  finora 
tratte  dagli  scavi  di  Norba,  dove  tutto  cio  che  fu  scoperto, 
deve  logicamente  farsi  risalire  al  V  o  IV  secolo,  dacch&  Norba 
fu  dichiarata  citta  romana,  cio6  edificata  da'  Roniani.  Accen- 
nammo  parimenie  alle  esplorazioni  del  Frothingharn  e  alia 
sua  opinione  intorno  1'eta  alia  quale,  secondo  lui,  Norba  deve 
rimontare,  cioe  quattro  o  cinque  secoli  piu  su  della  Norba 
del  Savignoni.  Agli  argomenti  di  lui  si  dovra  certamente  ri- 
spondere  da  un  architetto  e  da  un  archeologo,  ci6  che  fa- 
ranno  1'ingegnere  agronomo  Mengarelli  e  1'archeologo  Savi- 
gnoni. AH'argomento  del  Pigorini  che  gli  oggetti  trovati  o 
acquistati  sul  luogo  dal  Frothingham,  non  hanno  valore  per- 
che  non  vengono  da  scavi  sistematici,  risponclemmo  gia  noi. 


IL  CAPORALE  TRASTEVERLNO 


XXVII. 
Da  Pasqua  a  Natale. 

—  Oh !  finalmente  lasciatemi  fare   un   respirone !    usci  a 
dire  donna  Cecilia,  dopoche  ebbe  veduto  il  giacobino  e  il  fran- 
cese  toltilesi  dagli  occhi  e  partiti  in  buon'ora  dalla  locanda. 

—  Chi  erano,  chi  erano  mai  costoro?  interrogarono  a  una. 
voce  tutti  i  commensali. 

—  Del  francese  non  so  il  nome,  riprese  la  Cecilia,  ma  ha. 
una  bell'aria  e  belle  maniere.  II  giacobino,  so  che  porta  il 
nome  di  Monsu  Caco. 

Le  fanciulle  a  quel  nome  fecero  le  piu  matte  risate;  e- 
1'Assunta  sopratutto  vi  diverti  per  ,un  pezzo  la  brigata,  di- 
cendo  che  quel  giacobino  cosi  nominate  non  doveva  bever 
vino  nella  locanda,  ma  servirsi  di  acqua  marcia... 

Ma  gli  uomini  a  quel  nome  si  turbarono,  e  si  guardarona 
in  faccia.  Per  quei  fieri  Trasteverini,  e  per  tutto  il  popola 
romano,  quel  nome  era  il  compendio  e  la  cifra,  con  cui  nel 
linguaggio  popolare  veniva  significata  la  rovina  di  Roma. 

—  Ha  fatto  bene  a  pigliar  Tambulo,  disse  il  Chiovaccino.. 
E  voi,  sora  Cecilia,  avete  fatto  meglio  ancora  a  non  renderci 
awisati  della  sua  presenza... 

—  Lb  credereste?  rispose  la  signora  Cecilia.  Egli  mi  stava 
guardando  con  due  occhiacci,  che  sembravano  quelli  del  ba- 
silisco ;  e  poi  non  finiva  di  fissarli  que'  suoi  occhi  sul  volto- 
alia  nostra  Camilla... 

—  Uff!  esclamo  la   Camilla;  e  si   porto   rapidamente  la 
mano  alia  fronte,  in  atto  come  di  tergersi  il  viso.  Me  Tave- 
ste  detto,  ch6  io  gli  avrei  voltato  le  spalle. 


1L  CAPORALE  TBASTEVERINO  685 

—  Ed  io,   osserv6  TAssunta  gli  avrei  scagliato  sul  viso 
questo  bicchiere,  pieno  d>cqua  marcia. 

II  Chiovaccino  e  il  Marinelli  batterono  le  mani,  sorridendo 
cordialmente  alle  loro  impromesse. 

-  Ed  io,  riprese  sora  Cecilia,  ho  fatto  meglio  assai :  T  ho 
fatto  partire  a  suono   di   colascione.  Ho  fatto  venire  il   sor 
Renzo,   e  gli  ho  fatto  dire,   che  cantasse  la  storia  delli  Tre 
Ladroni;  sicura  com'ero,  che  quella  storia  gli  avrebbe  messo 

10  spaghetto  in  corpo. 

—  Ho  capito,  osservo  sor  Taddeo ;  il  nostro  giacobino  ha 
inteso  1'antifona,    non   gli  andava  a  verso  la  sorte   dei  mal 
capitati  della  leggenda  de  li  Tre  Latroni. 

-  Brava,  brava  sora  Cecilia !   esclamarono  tutti. 

Si  alzarono  quindi ;  e  meutre  le  ragazze  si  fecero  intorno 
all'ostessa,  a  darle  il  mirallegro  della  felice  ghermilla,  con 
cui  aveva  saputo  dare  le  pere  a  Monsu  Caco,  gli  uomini 
si  strinsero  a  consiglio  per  ragionare  di  un  doppio  negozio, 
che  stava  a  cuore  a  tutti,  il  negozio  cio6  degli  sponsali  del 
Chiovaccino  coll'Assunta,  e  del  Marinelli  colla  Camilla.  Era 
gia  passata  si  veramente  una  mezza  parola  di  promessa,  che 
dava  loro  un  certo  diritto  di  considerarsi  come  fidanzati ;  ma 
la  promessa  formale  di  future  nozze,  nella  quale  consistono 
propriamente  gli  sponsali,  non  era  per  anco  stata  celebrata 
con  le  dovute  solennita,  proprie  di  quell'atto. 

II  signor  Taddeo  avrebbe  desiderato  di  compiere  quel  rito 
per  la  Pasqua,  che  era  imminente,  conforme  erasi  convenuto 
nel  passato  Natale ;  ma  la  partenza  del  Marinelli  per  la  guerra, 

11  suo  fresco   ritorno,  gl'impegni   presi  per   il   servizio   del 
Papa,  e  lo  scoppio  repentino  della  rivoluzione  in  quella  stessa 
giornata,  gli  sembravano  altrettanti  motivi,  che  forse  consi- 
glierebbero  nuovi  indugi. 

—  E  me  ne  dispiacerebbe,  soggiunse.  Non  gia  per  1'As- 
sunta,  che  6  ancora  giovanetta,  come  quella  che  non  ha  com- 
pito  per  ancora  i  suoi  diciott'anni.  Ma  per  la  Camilla... 

-  Per  la  Camilla  ci  penso  io,  rispose  il  Marinelli.  Ella 
fc  mia,  ed  io  le  ho  dato  la  mia  parola,  in  presenza  della  si- 


686  IL   'JJAPORALE   TRASTEVERINO 

guora  Benedetta  sua  madre.  La  mia  promessa,  rifatta  dinanzi 
a  un  notaio,  non  aggiungera  e  non  toglierk  niente  al  rnio 
impegno,  coine  non  aggiungera  una  scintilla  all'  amore  che 
le  porto  :  questo  e  un  punto  assicurato,  se  il  cielo  ci  benedica. 

—  Ti  ringrazio,  mio  caro,  aggiunse  sor  Taddeo.  Tu  sai 
quanto  m;  interesso  a  quella  fanciulla,  e  quali  obblighi  sacri 

10  contrassi  col  suo  padre,  quando  al  letto  del  parente  amico 
moribondo  gli  promisi  che  T  avrei   avuta  in  conto  di  figlia. 

—  Le  continuerete  dunque  queste  paterne  cure  da  Pasqua 
sino  al  prossimo  Natale.  In  questo  mezzo  possiamo  sperare, 
che  le  cose  di  Roma  si  ricompongano,  e  ci  lascino  respirare 
un'aria  di  tranquilla  pace.  Nella  pace  di  Roma  e  del   Papa 
solamente  sara  libero  il  mio   cuore  ;    e   solamente  allora   la 
mia  mano    impalmera   la    mano    della    Camilla.   Lo   sapete, 
sor  Taddeo,  per  me  la  vita  si  compendia  in  tre  cose :  Dio, 

11  Papa,  e  la  mia  Camilla! 

-  E  per  me,  prese  a  dire  Pepe  il  Chiovaccino,  la  vita 
si  compendia  in  Dio,  nel  Papa,  e  nella  mia  Assunta.  — 

II  maschio  petto  di  sor  Taddeo  si  commosse  a  quelle  pa- 
role, uscite  dalla  bocca  di  que'  due  %Trasteverini  con  tanta 
spontaneita  di  accento,  e  tanta  evidente  espressione  di  anime 
generose  ;  magnanimo  e  fiero  com'egli  era,  si  senti  come  com- 
preso  da  una  di  quelle  vampe  repentine,  onde  in  alcune  cir- 
costanze  si  aocendono  gli  uomini  di  cuore. 

Con  parole  interrotte  dalla  commozione,  ringrazio  i  due 
giovani ;  e  fatto  cenno  alle  fanciulle,  e  collocatele  accanto  a 
-se,  prese  nelle  sue  le  loro  mani,  e  disse  loro  : 

—  Figliuole  mie,  ecco  i  vostri  impromessi.   Vi  dico  io, 
sono  degni  di  voi !  — 

Quando  le  fanciulle  ebbero  inteso  dalla  bocca  del  loro 
padre  la  promessa  de'  due  che  stavano  loro  innanzi,  la  Ca- 
milla, sebbene  timida  come  una  colomba  : 

—  Io,  disse  rivolta  al  caporal  Marinelli,  io  ti  giuro  tanto 
amore  sino   alia   morte,  quanto  e  Todio   che   ho   nell'anima 
per  i  nemici  del  Papa  e  di  Roma! 

—  Ed  io,  segui  r Assunta  rivoltasi  al  Pepe  il  Chiovaccino, 


XXVIJ.    DA   PASQUA   A   NATALE  687 

io  ti  giuro  tan  to  a  more,  quanto  e  Todio  che  ho  nell'  anima 
per  i  nemici  del  Papa  e  di  Roma  !  - 

Queste  parole  e  gli  aspetti  di  quelle  due  candide  creature 
incussero  come  un  fremito  nel  petto  al  Marinelli  ed  al  Chio- 
vaccino. 

Gli  occhi  dell  a  signora  Beaedetta  e  di  sor  a  Cecilia  eraiio 
pieni  di  lacrime  ;  quelle  buone  donne  si  strinsero  al  petto 
le  felici  fanciulle,  spargendo  loro  il  volto  di  baci  e  di  lagrime. 
Sor  Taddeo,  frenando  a  stento  qualche  lacrimone,  che  gli  si 
imperlava  nel  canto  deH'occhio,  afferrb  le  mani  di  que'  due 
valor  osi,  e  valoroso  egli  stesso  fra  quanti  ve  n' erano  nella 
sponda  destra  del  Tevere,  si  espresse  alia  sua  volta  cosl : 
-  Iddio,  er  Papa,  le  nostre  donne,  ecco  la  vita  de 
sor  Taddeo  de  Trastevere.  — 

Dopo  cio  gli  uomini  uscirono,  e  presero  di  conserva  la 
volta  del  Trastevere.  La  Camilla  e  TAssunta  giubilanti  di  le-. 
tizia,  e  quasi  intontite  per  quanto  avevano  veduto  e  per  quanto 
avevano  detto,  si  abbracciarono,  e  strettesi  Tuna  all'altra  alia 
vita,  in  mezzo  alle  madri  e  a  donna  Cecilia  si  misero  a  dan- 
zare  con  foga  giovanile  una  danza  allegra ;  le  madri  le  guar- 
davano,  augurando  loro  col  riso  e  colle  car6zzevoli  parole 
felicita  di  spose,  e  giorni  lieti  e  scorrevoli  come  le  carole  che 
andavano  menando...  Oh!  quanto  s7  ingannavano ! 

XXVIII. 
Dalle  gale  re  al  «  club !  » 

Degli  eroi  di  piazza  Colonna  accadde,  s'intende  colle  de- 
bite  differenze  proprie  di  tutti  i  paragoni  storici,  quello  che 
accadde  ai  trecento  Fabii,  ed  anche  se  si  vuole,  ai  trecento 
delle  Termopili:  ossia,  nessuno  ritorn6  dall'epica  impresa! 

Ma,  e  qui  cominciano  le  differenze  tra  gli  eroi  dell'antichita 
e  quelli  di  un  evo  piu  recente :  i  trecento  Fabii  incontrarono 
la  morte  nelle  vicinanze  del  fiumicello,  detto  Cremera,  oggi 
Valca,  non  guari  lontano  da  Tor  di  Quinto;  ed  i  trecento  delle 


688  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

Termopili  andarono,  la  sera  stessa  della  battaglia,  a  cenare 
TII  casa  di  Plutone,  conforme  essi  stessi  ci  tramandarono  in 
un  classico  epigramma. 

Invece  non  fu  cosl  di  quegli  eroi,  che  cominciarouo  la 
loro  gloriosa  fazione  in  piazza  di  Papa  Barbo,  e  la  termi- 
narono  in  piazza  Colonna. 

Di  loro  nessuno  morl,  tutti  fuggirono ! 

E  dei  fuggiti  una  parte  fu  posta  al  fresco  nelle  secrete 
di  Castel  S.  Angelo,  come  Camillone,  e  i  fratelli  Bouchard ; 
una  parte  fu  incarcerata  nelle  prigioni  nuove  di  via  Giulia ; 
ed  una  terza  parte  fu  condannata  alle  galere  di  Civitavecchia. 
Donna  Maria  vedova  Urbani,  con  alcune  gloriose  vassalle 
partecipi  del  colei  mestiere,  furono  chiuse  chi  in  S.  Michele 
a  Ripa,  e  chi  nel  convento  delle  Convertite,  che  si  trovava 
dirira  petto  al  palazzo  Verospi  sul  Cor  so. 

Per  siffatta  maniera  la  pace  rilaceva  in  Roma,  ed  i  suoi 
cittadini  potevano  attendere  a  rifarsi  nelle  vene  un  qualche 
nuovo  sangue,  per  compensare  quello  uscito  dai  larghi  salassi, 
co'  quali  la  repubblica  generosa  e  maestra  al  mondo  di  ci- 
vilta  e  di  rigenerazione  sociale  avevali  dissanguati  giungendo 
col  ferro,  che  loro  aveva  piantato  nelle  polpe  a  Tolentino  e 
spingendo  la  lama  sino  a  toccare  il  filo  delle  ossa ! 

Ma  non  cosi  fata  ferebant! 

Quella  schiuma  di  malfattori,  que'  Tersiti  dalla  maschera 
Catilinaria,  quelle  poche  meretricole  che  erano  un  fior  di 
Suburra,  avevano  nella  repubblica  della  Senna  un'avvoca- 
tessa,  una  protettrice,  una  padronessa  poderosa !  E  la  repub- 
blica della  Senna  non  tardo  a  pigliare  le  parti  de'  suoi  clienti 
della  riva  del  Tevere,  e  ad  intercedere  in  loro  favore  con 
suggerimenti  e  con  minacce,  a  fine  di  dar  campo  a  quel  pu- 
gno  de7  suoi  partigiani  di  operare  in  una  piccola  cerchia, 
quello  che  essa  praticava  in  larga  ed  aperta  camera  al  co- 
spetto  di  tutta  una  nazione,  dinanzi  alia  luce  del  sole  illumi- 
natore  dell'universo. 

La  possente  repubblica  paiio,  ed  i  galeotti.  furono  liberati! 

Francesco  Cacault,  divenuto  celebre  in  Roma  dopo  la  sua 


XXVIII.  DALLE  GALERE  AL  «  CLUB  !  »          689 

avventura  nella  locanda  del  Tre  Ladroni,  non  avrebbe  avuto 
mai  veramente  il  fegato  di  adoperarsi  per  la  liberazione  di 
bricconi.  Ma  in  parte  ne  ricevette  rincarico  da  quella  re- 
pubblica,  di  cui  egli  era  rappresentante  in  Roma;  ed  in 
parte  fu  vittinia,  ingenua  o  dissimulata,  di  quella  sua  buona 
fede,  con  cui  avrebbe  creduto  al  volo  di  un  asino,  se  glie 
lo  avessero  assicurato  con  qualche  scrittura. 

Erano  dunque  passati  pochi  mesi,  dacche  quei  facinorosi 
menavano  il  remo  in  Civitavecchia,  o  si  stavano  all'ombra 
nelle  cellule  delle  carceri  di  Via  Giulia,  quando  tornarono 
in  Roma  i  patriotti  inviati  a  Parigi,  e  quelli  che  avevano 
esercitato  i  loro  offici  di  assistenza  all'esercito  giacobino 
di  Francia  nelle  varie  citta,  e  nelle  varie  province  d'  Italia, 
ove  il  consiglio  settario  residente  in  Roma  avevali  spediti. 

La  disdetta  toccata  al  piccolo  esercito  pontificio  sulle  rive 
del  Senio,  la  taglia  sciagurata  imposta  al  Papa  con  la  pace 
di  Tolentino,  e  la  comune  scarsezza  a  cui  era  stata  ridotta 
la  misera  Roma,  porsero  al  patriotti  1'occasione  piu  propizia 
per  dar  compimento  ai  loro  poveri  consigli.  Questi  tali  fanno 
nella  societa,  quello  che  e  costume  degli  squall  marini,  detti 
pesci  cani  o  cani  marini :  nelle  burrasche  emergono  per  far 
carne ! 

Felicemente  per  loro,  un  articolo  del  trattato  di  Tolentino, 
voluto  dal  Cacault  e  dal  Buonaparte  con  istudiata  pertinacia 
e  con  intendimento  manifesto  di  secondi  fini,  favoriva  a  me- 
raviglia  i  ribaldi  romani :  siccome  quello,  che  facevali  arditi 
a  tramare  ogni  congiura  contro  il  governo,  perch5  li  rendeva 
sicuri  o  dell'impunita,  o  della  liberazione  dopo  la  pena.  Non 
avevano,  per  ottenere  cotali  vantaggi,  se  non  a  richiamarsi 
presso  il  rappresentante  della  repubblica  francese,  e  prote- 
stare  di  essere  condannati  per  ragioni  politiche:  e  subito  il 
ministro  della  repubblica  francese  interveniva,  ne  pigliava 
le  difese,  e  restituivali  alia  liberta  del  liquido  aere,  e  delle 
tenebrose  congiure. 

Cosi  accadde  agli  eroi  di  piazza  Colonna ! 

Quando  Petracchi,  Ceracchi,  e  Casella  furono  tornati  in 
XVIII,  vol.  IX  fasc.  1266.  44  12  marzo  1903. 


690  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

Roma,  si  abboccarono  subito  con  gli  altri  reduci  dalle  patriot- 
tiche  mission!,  che  erano  il  banchiere  Castelli,  il  marchese: 
Vivaldi,  il  duca  Bonelli,  i  Piranesi  venditori  di  stampe,  Toste- 
trico  Angelucci,  e  il  medico  napoletano  Corona.  Costoro  affl- 
dati  ai  consigli  e  ad  ogni  maniera  incoraggiamenti,  che 
loro  venivano  dagli  ufficiali  francesi,  sempre  present!  in 
Roma  per  lo  studio  delle  antichita,  e  dagli  artisti  dell'acca- 
demia  francese,  che  erano  altrettanti  rnantici  soffiatori  di 
giacobinismo,  divisarono  subito  la  maniera  di  liberare  i  glo- 
riosi  loro  compagni,  e  di  venire  finalmente  al  compimento 
dei  loro  desiderii,  che  era  la  rovina  del  governo  pontificior 
e  la  proclamazione  della  repubblica  in  Roma. 

-  Lasciate  fare  a  me,  diceva  il  duca  Bonelli,  squassando 
dal  suo  petto  il  triangolo  e  la  squadra  che  portava  sempre 
petfdenti  dagli  alamari  del  suo  vestito,  nelle  congreghe  secrete 
o  semipubbliche.  Penso  io  al  modo  di  ottener  presto  la  libe- 
razione  dei  nostri  fratelli  galeotti,  e  sopratutto  di  Camillone, 

—  Se  c'e  bisogno,   rispondeva   lo  scultore    Ceracchi,   di 
mano  o  di  pugnale,  eccomi  pronto. 

—  Di  cotali  mezzi  avremo  bisogno  piii  tardi,   ripigliava 
il  Bonelli.  Per  ora  mi  si  chiami  il  padre  del  giovane  nostro 
Bay,  che  geme  nelle  carceri  del  forte  di  Civitavecchia,  vit- 
tima  della  tirannia  papale.   Gli  far6  un  ricorso  al  ministro 
Cacault,  egli  lo  copiera,  e  Castelli  lo  portera  agli  amici  nostri 
delle  galere  in  Civitavecchia :  di  la  lo  riportera  a  Cacault, 
e  Cacault  ne  intimera   la    liberazione    al    ministro  cardinal 
Doria.  Vi  dico  io,  che  non  saranno  trascorsi  trenta  giorni, 
che  essi  avranno  ricuperata  quella  liberta,  che  e  il  primo  dei 
diritti  deiruomo,  proclamati  dalPinvitta  repubblica,  la  quale 
e  la  meraviglia  del  mondo  ! 

-  Evviva  la  repubblica  francese  !  risposero  tutti. 
Come  si  decise  in  piena  loggia,  cosi  fu  fatto. 

Verso  la  fine  del  giugno  di  quest'anno  1797,  il  cittadino 
Cacault  riceveva  da  Civitavecchia  la  seguente  letterina  che 
la  storia  ci  ha  conservata  integralmente,  e  che  forse  e  pregio 
di  qualche  fatica  il  ricavarla  dalla  polvere  degli  archivii, 


XXVIII.  DALLE  GALERE  AL  «  CLUB  !  »         691 

dove  giaceva  inonorata  e  silenziosa  da  un  secolo;  e  riou  sara 
opera  priva  di  merito  il  pr^sentarla  airammirazione  del  se- 
coli  present!  e  del  futuri !  Eccola  nella  sua  scrittura  genuina 
ed  autentica  interezza : 

«  Civitavecchia,  Galee  pontificie,  23  giugno  1797. 

«  Cittadino  ministro.  Noi  ricorriamo  a  voi,  che  soffriamo, 
perche  in  nome  dell*  infallibile  Vostra  nazione,  ce  ne  avete 
promessa  la  redenzione.  Un  tribunals,  che  male  ha  sofferto 
la  nostra  aderenza  alle  vostre  massime,  ha  rinvenuto  final- 
mente  un  mezzo  onde  vendicarsene.  Per  questo  unico  titolo 
noi  siamo  condannati  in  una  galea,  dove  se  il  despotismo 
•ci-  ha  trasmessi,  la  crudelta  di  tanti  barbari  ci  tormenta. 
Non  vi  crediate  percib,  che  siano  giunti  a  stancare  la  nostra 
fermezza.  Abbiamo  coraggio  di  affrontare  maggiori  disastri, 
ma  la  perdita  di  nostra  liber ta  e  un  bene,  che  non  ci  rende 
patroni  di  mostrarcene  indolenti,  e  non  procurarne  la  ri- 
rendicazione.  A  quest' oggetto,  noi  vi  presentiamo  le  nostre 
sttppliche.  Secondale,  Cittadino  Ministro,  la  ragionevolezza 
della  nostra  ricerca,  e  lasciate  che  a  Voi  e  alia  Vostra  na- 
zione  dobbiamo  tutti  noi  stessi.  Noi  ce  ne  ripromettiamo 
fondatamente.  Per  questo  vi  accludiamo  il  genuino  fatto  in- 
formativo.  Egli  non  mente.  La  nostra  liberazione  dunque 
non  dipendendo  che  da  Voi,  da  Voi  I'attendiamo,  nelV  atto 
vhe  vi  auguriamo 

«  Salute  e  liber  ta. 

((  (Firmati)  Francesco  Moretti,  Pancrazio  Ferrini,  Paolo 
Andreani,  Angela  Petagnia,  Matteo  Rosa,  Giuseppe  Rosa, 
Francesco  Piacenti.  » 

II  fatto  informativo,  incluso  in  cotesta  missiva  al  cittadino 
Cacault,  6  soverchio  lungo  per  essere  riferito  intiero.  Basti 
dunque  citarne  Tesordio,  con  cui  cominciava,  che  6  il  seguente: 

<•  In  vendetta  semplicemente  di  quelle  massime  ed  opi- 
nioni  politiche,  colle  quali  la  gloriosa  nazione  francese  ha 
rivendicato  agli  uomini  la  loro  perduta  felicita,  il  tribunals 
di  Campidoglio  precipitb  una  condanna  contro  gli  abbate 
Francesco  Ferrini,  abbate  Francesco  Moretti,  Paolo  Andreani, 


692  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

Giuseppe  Lefen,  Matteo  e  Giuseppe  fratelli  Rosa,  Angelo  Pe- 
dagna,  e  Francesco  Piacenti,  incartando  contro  loro  un  pro* 
cesso  con  un  immaginato  titolo  di  cospiratori  di  Stato.  » 

Veniva  quindi  esposta  la  maniera,  con  cui  erasi  istituito 
e  svolto  un  processo  tumultuario,  e  pronunziata  contro  di 
loro  sentenza  la  piu  iniqua,  che  li  condannava  alia  galera  \ 

Nel  leggere  una  lettera  di  cotesta  fatta,  ii  cittadino  Ca- 
cault  si  dipinse  di  tutti  i  colori  della  maraviglia  e  dello  sdegno. 
E  senza  frapporre  un  indugio,  senza  ascoltare  altra  campana 
che  quella  del  bagno  dei  galeotti,  d&  di  piglio  alia  penna,  e 
scrive  subito  al  cardinal  Doria,  secretario  di  Stato,  la  seguente 
letterina,  della  quale  sarebbe  un  vero  peccato  il  defraudare 
la  repubblica  letteraria,  col  non  riferirne  almeno  i  tratti 
principali,  nel  loro  stesso  nativo  linguaggio: 

«  Eminence.  (Roma,  26  giugno  1797). 

«  ...Ma  confiance  dans  les  sentiments  nobles  et  d'une 
vraie  ^iete  de  V.  E.  m'enhardit  a  vous  remettre  en  original 
la  lettre  et  le  memoire  que  j'ai  recus  des  malheureux 
dannes  aux  galeres  par  une  sentence  msiblemeht  inique. 

«  Ce  n'est  point  ainsi  que  la  bonne  politique  doit 
riger  et  diriger  les  esprits.  Ceux  qui  font  de  pareilles  sen-. 
tences  ne  voient  pas  qu'en  cherchant  a  intimider,  Us  inspi^ 
rent  des  haines  et  peuvent  produire  des  entreprises  dange- 
reuses,  que  I'exces  de  I' indignation  favoriserait. 

«  Une  maniere  aussi  atroce  de  trailer  les  hommes  n'est 
point  dans  V esprit  de  la  religion  ni  dans  les  vrais  inte'rets 
ni  le  vrai  esprit  du  gouvernement  ecclesiastique... 

«  Je  prie  V.  E.  de  vouloir  bien  faire  rnettre  en  libertd  le 
nomme  Bay,  ddtenu  au  cheteau  de  Civitavecchia;  son  pere 
estimable  promet  de  le  faire  passer  en  pays  etr anger,  ou 
le  jeune  homme  qui  n'est  ni  un  voleur  ni  un  assassin,  trou* 
vera  de  quoi  vwre  honn^tement  par  son  travail...  » 

Non  era  il  cardinale  Giuseppe  Doria,  uomo  di  grande  le- 
vatura  intellettuale  ;  ma  aveva  un  gran  sentimento  di  onesta^ 
e  sentiva  altamente  della  giustizia,  della  propria  nobilta,  della 


XXVIII.    DALLE   GALERE   AL    «  CLUB  !  »  693 

insigne  carica  di  primo  ministro  del  governo  del  Papa.  Laonde 
la  lettera  del  Cacault  lo  stupl,  il  tono  poi  con  cui  trattava 
la  giustizia  del  tribunal!  pontificii  lo  riempi  di  disgusto,  e 
1'impudente  presunzione  con  cui  il  ministro  di  un  governo 
estero  s'ingeriva  nelle  cose  interne  dello  Stato,  e  vi  dettava 
leggi  da  padrone,  gli  suggeri  in  sulle  prime  il  consiglio  di 
far  buttare  alia  paniera  la  missiva  impertinente  e  Fincluso 
fatto  informative  dei  galeotti  di  Civitavecchia. 

Tuttavia  voile  sincerarsi  intorno  alia  giustizia  della  sen- 
tenza  della  curia  del  Campidoglio,  che  aveva  emanato  la 
condanna  di  rei,  dei  quali  il  ministro  della  repubblica  fran- 
cese  pigliava  a  difendere  Finnocenza  in  maniera  tan  to  inso- 
lente.  Fece  dunque  chiamare  Monsignor  Vincenzo  Bartolucci, 
avvocato  fiscale  del  governo,  Favvocato  Anton  Maria  Lippi, 
fiscale  della  camera  capitolina,  e  il  conte  Girolamo  Cenci  Bo- 
lognetti,,  scriba  Senatus  e  scrittore  del  popolo  romano.  I  quali 
tutti  ad  una  voce  gli  dichiararono  essere  quei  galeotti  stati 
giudicati  e  condannati  a  tenore  di  stretta  giustizia  siccome 
rei  di  tentata  sollevazione,  conforme  rilevavasi  dalle  deposi- 
zioni  dei  tes.timonii  interrogati,  dalle  perquisizioni  operate  in 
casa  di  alcuni  di  essi,  e  dal  tentative  di  sommossa  popolare 
da  essi  iniziata  in  piazza  Venezia  armata  manu. 

Stava  egli  deliberando  intorno  al  consiglio  da  prendere  su 
questa  faccenda,  quando  ricevette  dal  ministro  Cacault  nuove 
lettere  e  nuove  imperiose  raccomandazioni  per  la  liberazione 
dei  carcerati.  Fra  le  quali  raccomandazioni  se  ne  trovo  una, 
che  fece  ridere  tutta  la  secreteria  di  Stato! 

Un  tal  Frezzati,  pigliandosi  il  titolo  di  Cappellano  di 
Santa  Barbara,  aveva  scritto  una  lettera  al  generale  Bara- 
guey  d'Hilliers,  nella  quale  annunziavagli  un  gran  secreto 
da  lui  solo  conosciuto :  cioe  conoscere  egli  un  luogo,  in  cui 
si  trovavano  nascosti  immensi  tesori.  Ma  come  quegli  che 
trovavasi,  per  F  ingiustizia  de'  tribunali  del  Papa,  confinato 
nelFospedale  di  Santa  Barbara,  chiedeva  la  intercessione  della 
Francia  perfla  sua  liberty :  una  volta  libero,  egli  dimostre- 
rebbe  la  sua  riconoscenza  verso  la  grande  Repubblica,  col- 


694  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

1'aprire  a  lui  ed  allargare  alia  magnanirna  nazione  il  na- 
scosto  tesoro ! 

II  Baraguey  d'Hilliers  manda  la  lettera  al  ministro  Ca- 
cault, e  il  ministro  Cacault  da  nell'  imbroglio  a  capo  in  sacco, 
e  chiede  al  cardinal  Doria  la  liberazione  del  Frezzati,  invian- 
dogli  ingenuamente  la  lettera  stessa,  scritta  da  costui  al  ge- 
nerale  francese. 

II  Doria  gli  rispose  agli  11  di  agosto,  facendogli  sapere 
che  il  Frezzati  non  era  aitrimenti  cappellano  nell'ospedale 
di  S.  Barbara,  ma  un  galeotto  condannato  al  remo  dei  for- 
zati  nelle  galere  di  Civitavecchia,  per  vari  delitti  comuni 
da  lui  commessi  fino  dal  1790! 

Fu  mortiflcato  il  Cacault  per  la  papera  presa  dalle  mani 
di  un  galeotto,  il  quale  aveva  menato  a  bere  un'oca  che  non 
era  capitolina;  ma  insist^  dell'altro  per  la  liberazione  dei 
condannati.  Tanto  che,  a'  23  di  agosto  di  questo  medesimo 
anno  1797,  il  cardinal  Doria  si  trovo  costretto  ad  accondiscen- 
dere  alle  richieste  del  ministro  della  repubblica  francese,  e 
gli  annunzio  finalmente,  che  Camillone  era  libero;  libero 
Tabbate  Sensi,  indegno  prete,  che  aveva  accompagnato  il  Buo- 
naparte e  gli  altri  ladroni  nello  spogliamento  della  casa  di 
Loreto,  nella  quale  era  cappellano  pontificio;  libero  il  Ca- 
roiii,  malfattore  conosciuto;  libero  il  pittore  francese  Blan- 
chard,  arrestato  per  insolenze  a  Porta  del  popolo ;  libera  la 
vedova  Maria  Urbani,  scostumata  donna  e  manutengola  di 
settarii ;  liberi  i  galeotti,  de'  quali  il  Cacault  aveva  patroci- 
nato  T  innocenza ;  libero  quel  giovane,  dal  nome  esotico  di 
Bay,  che  come  vero  Bar  abba  aveva  meritato  la  pena  del 
bagno,  e  che  di  11  ad  un  anno  divenne  uno  dei  piii  feroci 
malfattori,  che  abbiano  mai  onorato  i  fasti  della  canaglia! 

XXIX. 
Tra  ebreo  e  calvinista. 

Bisogna  confessare,  che  Francesco  Cacault  adempiva  a 
malincuore  la  dignit&  giacobinesca  commessagli  di  liberatore 


XXIX.    TRA   EBREO   E   CALVINISTA  695> 

di  galeotti !  Nelle  sue  lettere  al  Direttorio  parigino,  come  in 
quelle  al  generalissimo  Buonaparte,  egli  diede  ad  intendere 
la  mala  figura  e  ridicola,*  che  il  ministro  della  repubblica 
facevra  in  Roma  coll'esercizio  di  una  funzione  cosiffattamente 
liberatrice. 

Ma  a  costoro  iinportava  dell'onesta  di  un  Cacault,  quanto 
importava  a  Ponzio  Pilato  di  conoscere  la  verita! 

Fu  deciso  di  richiamare  da  Roma  quel  radoteur  di  Ca- 
cault ;  ma  prima  dovette  compiere  1'esazione  dei  milioni,  ru- 
bati  a  Roma  colla  corda  e  col  gancio  di  Tolentino ;  e,  finita 
quella,  il  povero  Cacault  fu  incaricato  di  un'altra  fazione 
assai  onorata  per  parte  dei  governatori  della  sua  repubblica, 
della  fazione  cioe  di  rubare  al  Papa  altri  nove  milioni  per 
mezzo  di  una  iniquita,  in  cui  un  giudeo,  un  calvinista,  e 
molti  giacobini  si  ebbero  acquistato  il  diploma  di  beneme- 
renza  verso  la  pentarchia  direttrice  di  Parigi!  e  quello  di 
prime  lance  nella  cavalleria  leggera,  che  ebbe  a  primo  fon- 
datore  e  capitano  il  dio  Mercurio  e  il  semidio  Caco  della 
caverna  di  monte  Aventino ! 

Ed  eccoci  la  storia  di  un  altro  turpissimo  fatto. 

Verso  il  mezzo  del  maggio  di  quest' anno  di  sempre  aurea 
grazia,  quale  fu  per  la  magna  repubblica  Tanno  1797,  si  par- 
tivano  da  Roma  i  due  Sartori  Carlo  e  Giambattista,  padre  e 
figlio,  gioiellieri  pontiflcii,  de'  quali  il  primo  era  zio  e  il  se- 
condo  cugino  della  Camilla,  fidanzata  al  nostro  caporal  Mari- 
nelli.  Erano  portatori  di  gioie  pontificie,  del  valore  di  un 
milione  e  mezzo  di  lire  tornesi,  e  si  recavano  a  Modena  a 
fine  di  consegnarle  al  tesoriere  deU'esercito  francese  ;  con 
cio  il  Papa  compiva  il  pagamento  dei  trentuno  milioni,  dei 
quali  cinque  milioni  dovevano  essere  in  diamanti,  secondo 
il  tenore  dell'articolo  X  dell'aureo  trattato. 

Ma  il  tesoriere  dell'esercito  francese  aveva  gia  lasciato 
Modena,  essendosi  partito  alia  volta  di  Milano  col  serraglio 
delle  sue  bagasce  e  col  corteggio  degli  ebrei  ond'erasi  cir- 
condato  e  dai  quali  si  consigliava. 

Portava  costui  il  nome  di  Haller,   ed  aveva  visto  la  luce 


696  IL  CAPORALE  TRASTEVERINO 

natale  in  Ginevra.  Di  credenza  calviuista,  era  (Tindole  ladro, 
di  professione  ladro,  di  modi  ladro.  Aveva  una  faccia  lunga 
e  pallida  coperta  di  pochi  peli  alia  giudaica,  occhio  lungo  e 
spento  come  di  felino  in  riposo,  alta  statura  e  sfiaceolata  in 
parte  per  una  tal  quale  negligenza  alia  Bruto,  ed  in  parte 
per  fatiche  consacrate  a  Venere  libertina.  Iddio  irato  non  po- 
teva  cacciare  su  i  pingui  fianchi  della  spensierata  Italia  un 
tafano  piu  bramoso  di  sangue  ! 

—  E  che  faremo,  disse  costui,  di  cotesto  mucchio  di  gemme 
papiste  ?  Ne  ho  gia  circondato  i  reni  della  Griselli,  della  Vi- 
sconti,  della  Perillier.  — 

Formiggini  ebreo,  dal  naso  lungo  e  arcato  e  dagii  occhi 
grifagni,  stendendo  verso  lui  la  mano  lunga  e  i  diti  uncinati 
di  un  Arpagone,  gli  rispose  cosi  come  alia  sbadata : 

-  Eccellenza!  Di  coteste  gioie,  uscite  dal  chiuso  degli  scri- 
gni  romani,  io  non  voglio  discutere  la  purezza  della  loro 
acqua.  Ma  di  una  cosa  mi  potrei  rendere  mallevadore  :  ed 
e,  che  sono  state  valutate  molto  al  disopra  del  loro  valore 
in  oro  e  in  argento  numerate .  Del  valor  e  corrispondente  a 
cinque  milioni  di  lire  tornesi,  la  Eccellenza  Vostra  e  stata 
defraudata  almeno  di  una  buona  meta. 

-  Poffare  di  tutti  i  diavoli  romani,  esclamo  Haller  bat- 
tendosi  la  pera  !  Non  ci  avevo  mai  pensato  !  Ma  come   fare 
a  disfare  quello,  che  gia  in  Roma  stesso  fu  giudicato  da  quei 
sapientoni    di    Monge   e   di   Bertoletto,  i  quali  con  quel  ga- 
glioffo  di  Cacault    ne  hanno   gia   determinate   il   valore,    al 
saggio  della  loro  sapienza? 

-  Quei  signori,  Eccellenza,  non  portano   sulle   spalle  il 
peso  di  provvedere  aH'invitto  esercito  ;  al  quale   il  Dio   di 
Abramo  e  degli  eserciti  dia  sempre  vittoria  dall'alto  dei  sette 
cieli,  a  refrigerio  dei  popoli  gementi  neH'oppressione  e  nella 
miseria  ! 

-  Che  sciocco  sei  tu  mai  !  rispose  grugnendo   e  ridendo 
il  Calvinista.  Che  c'entrano  i  tuoi  sette  cieli  e  il  Dio  d'Abramo 
con  le  vittorie  dei  nostri   eserciti,    i   quali   hanno   mani   ed 
ugne  piti  ferrate  e  piu  adunche,  che  tutti  i  Formiggini  della 


XXIX.    TRA   EBREO   E   CALVINISTA  697 

tua  razza!  e  provvedono  a  se  stessi  valoro  sarnente  ?  lo  devo 
pensare  ad  altre  divinit£,  rche  hanno  pelle  ed  ossa,  raani  e 
stomaco,  ben  altrimenti  forti  e  poderosi  che  le  divinita  del 
tuoi  sette  cieli  ! 

—  Dite  bene,  Eccellenza,  dite  bene.  Osservero  solamente, 
che  i  periti  di  Roma  non  hanno  badato  a  una  cosa.  Ed  e, 
che  di  oro  e  di  argento  in  moneta  ce  n'e  poco  assai ;  di  gemme 
invece  ne  abbiamo  la  macca.  Quindi  risulta  pur  naturale  la 
conseguenza,  che  per  cambiare  le  gemme  in  moneta  coniata, 
Vostra  Eccellenza  do vra  necessariamente  perderci  di  molto... 

—  Bisogna  dunque  fare  un'altra  estimazione  di  confronto, 
e  tener  conto  della  perdita  del  cambio.  Ma  chi  mi  fa  questa 
estimazione  ? 

—  lo,  Eccelienza. 

—  In  buon'ora,  vivano  pure  i  tuoi   sette  cieli,  e  viva  il 
tuo  dio  di  Abramo !  - 

E  di  presente  il  Calvinista  e  TEbreo  misero  mano  al  la- 
voro.  Fu  fatto  uno  specchio,  nel  quale  mettendo  in  linea  i 
valori  nominali  delle  gioie  co'  loro  valori  estimati  in  effet- 
tivo,  risultava  un  credito  della  Repubblica  francese  di  cinque 
milioni  di  lire  tornesi,  che  il  Papa  doveva  dare  di  sopras- 
sello  per  il  trattato  di  Tolentino ! 

Haller  invio  il  lavoro  a  Cacault,  e  Cacault  lo  trasmise 
al  secretario  di  Stato,  cardinal  Doria,  nella  sera  de'  9  giugno. 

II  povero  cardinale  sbalordi,  trasecolo  a  quella  lettura, 
n&  sapeva  ne  poteva  credere  agli  occhi  suoi !  Pavido  come 
era,  pure  non  si  pote  trattenere  dal  riscrivere  subito  al  Ca- 
cault la  seguente  letterina,  che  gli  ricapito  nel  giorno  se- 
guente. 

«  Dalle  stanze  del  Vaticano,  10  giugno  1792: 

«  Cittadino  Ministro.  Non  ha  potuto  il  card.  Doria,  se- 
gretario  di  titato,  non  veder  con  sorpresa  lo  specchio  delle 
valutazioni  fattesi  dall' amministratore  Haller  alle  somme 
ricevute  in  esecuzione  del  trattato  di  Tolentino,  rimessogli 
dal  cittadino  Cacault  col  suo  viylietto  di  ieri  sera.  Lo  Scri- 
vente  col  controspecchio,  che  qui  annesso  gV  invia,  crede  di 


698  IL   CAPORALE   TRASTEVERINO 

avervi  dato  sfogo  in  maniera,  che  in  vista  del  medesimo 
dovrd  I' Holler  avvedersi  degli  equivoci  presi  da  lui,  e  de 
porre  ogni  ulteriore  contraddizione.  II  cittadino  Cacaiilt, 
ch'e  pienamente  al  giorno  di  tutto,  ravviserd  quanto  sieno 
giuste  e  ben  fondate  le  ragioni,  alle  quali  chi  scrive  ap- 
pogqia  il  suo  conteggio. 

«  Colla  posta  di  questa  sera  lo  Scrivente  trosmette  al 
marchese  Massimo  un  simile  controspecchio,  affinche  ne 
faccia  senza  ritardo  uso  col  Generale  in  capo  e  con  Holler ; 
e  si  lusinga  che  quegli,  vedendo  il  Generale  le  cose  nel  vero 
loro  aspetto,  rimarrd  convinto  dell' integrita  ed  anche  del- 
I'esuberanza,  con  cui  dal  S.  Padre  sono  stati  adempiti  gli 
obblighi  contratti  coll' accennato  trattato  di  Tolentino. 

«  Con  cib  il  Cardinale...  eccetera.  » 

Intanto  Fugonotto  Haller,  a  fine  di  evitare  Tincontrodei 
Sartori,  gioiellieri  pontificii,  aveva  alzato  le  tende  da  Mo- 
dena  per  incognite  dimore.  II  perche,  non  trovandolo  quelli 
ne  a  Modena,  ne  a  Milano,  si  presentarono  al  generalissimo 
Buonaparte,  offerendo  a  lui  Tultima  rata  del  pagamento  in 
diamanti.  Ma  lo  scaltro  Corso,  con  cortesi  parole  e  con  Tanimo 
conscio  dell'insidia  del  suo  provveditore,  rispose  loro  non 
essere  affar  suo  T  impicciarsi  in  simili  bisogne.  Laonde  i  ta- 
pini  del  pagatori  pontificii,  furono  costretti  a  ritrovare  le 
loro  orme,  ed  a  ripigliare  la  volta  di  tornata  per  Roma. 

II  Cacault  invece  fu  colpito  dalla  lettera,  e  piu  dalle  cifre 
del  cardinal  Doria :  ne  scrisse  e  al  Buonaparte  e  airHaller, 
ma  tutto  fu  opera  perduta:  bisogno  cedere  alle  bramose 
canne,  che  mettevano  capo  in  uno  stomaco,  che  era  piu  in- 
saziabile  delle  botti  delle  favolose  Danaidi. 

E  fama,  che  stracco  e  stomacato  per  tanta  perfidia,  il 
card.  Doria  chiedesse  al  vecchio  Pio  VI  una  qualche  via  di 
finirla  con  le  richieste  del  fornitore  dell'esercito  della  Re- 
pubblica  invitta !  e  che  Pio  VI  gli  rispondesse  queste  pre- 
cise parole: 

«  Empite  loro  le  bocche  di  oro,  seppur  ci  daranno  tregua!  » 

E  cosi  fece  il  cardinal  Doria!  II  quale,  dopo  mandato  a 


XXIX.    TRA   EBREO   E   CALVINISTA  699 

Milano  il  banchiere  Torlonia  a  fine  di  venire  col  Buonaparte 
ad  una  transazione,  faceva  conoscere  allo  stesso  Haller,  il 
quale  aveva  lasciato  le  sue  latebre,  il  tenore  deiraccomo- 
damento  conchiuso. 

E  qual  era  mai  quelPaccomodamento  ? 

Si  odano  le  parole  dello  stesso  Cardinale,  le  quali  veg- 
gono  qui  ora  la  luce  per  la  prima  volta,  dopo  cento  cinque 
anni  che  furono  scritte.  E  sono  le  seguenti :  «...  Dal  quale 
atto,  scriveva  il  Doria  a'  6  di  agosto  1797,  in  sostanza 
risulta,  che  per  parte  nostra  saranno  pagati  NOVE  MILIONI 
DUCENTO  CINQUANTA  MiLA  LIRE  in  tante  cambiali,  a  date  di 
diversi  tempi;  e  per  parte  della  repubblica  francese  ver- 
ranno  restituite  le  gioie  consegnate,  con  una  finale  quie- 
tanza  sopra  tutti  gli  obblighi  contratti  colV  armistizw  e  col 
trattato  di  pace  di  Tolentino.  » 

XXX. 
Le  bramose  canne. 

—  Eminenza,    chiese    una  volta  Monsignor   Consalvi  al 
cardinal  Doria  nel  monastero  di  S.  Giorgio  in  Venezia,  dove 
si  celebrava  il  conclave  per  la  elezione  del  futuro  Pontefice : 
che  ne  divenne  delle  gioie,  per  le  quali  furono  pagati    al 
Torlonia  nove  milioni  in  cambiali  ? 

-  Quelle  gioie  furono  consegnate  in  Genova  al  marchese 
Durazzo.  Pochissime  furono  restituite,  perche  la  repubblica 
francese  vi  fece  porre  il  sequestro,  non  appena  il  generale 
Berthier  si  mosse  per  Tottavo  saccheggiamento  di  Roma ! 

-  Cosi  dunque  noi  pagammo  trentuno  milione  in  oro  e  in 
argento,  piu  nove  milioni  in  gioie,  piu  nove  milioni  in  cam- 
biali... ? 

—  E  non  fur  chete  le  bramose  canne  ! 


RIVISTA  DELLA  STAMPA 


i. 

STUDII  DEL  PETERS  E  DEL  KNABENBAUER 

SUI   FRAMMENTI   EBRAIGI    DELL'  «  ECCLESIASTICO  ». 

Che  il  libro  dell'Ecclesiastico  sia  stato  scritto  originariarnente 
in  lingua  ebraica,  e  affermato  dallo  stesso  nipote  dell'autore  ispi- 
rato,  che  lo  tradusse  in  greco.  S.  Gerolamo  ne  ha  veduto  ai  suoi 
tempi  il  testo  ebraico,  ma  non  ne  ha  fatta  la  traduzione  latina. 
Cosi  lo  conosce  la  letteratura  talmudica,  sebbene  non  accogliesse 
il  libro  tra  gli  scritti  canonici.  Infine  alcune  testimonianze  dal  se- 
colo  YII  al  X  dimostrano  che  il  testo  ebraico  era  ancora  cono- 
sciuto  agli  ebrei.  Poi  fino  ai  nostri  tempi  se  n'e  perduta  ogni  traccia. 

Gli  ebrei  si  guardano  dal  distruggere  le  copie  disusate  di  Libri 
santi  ovvero  quei  fogli  che  recano  scritto  il  norne  di  Dio;  per  lo 
piu  li  ripongono  in  un  luogo  apposito  della  sinagoga,  da  loro  chia- 
mato  geniza  (da  gana%,  che  significa  nascondere,  conservare,  rac- 
cogliere)  Ora  nel  1896,  scopertasi  al  Cairo  una  cotale  geni^a,  \ 
fogli  trovativi  andarono  a  finire  a  Parigi,  a  Londra,  ad  Oxford, 
a  Cambridge.  II  ch.  S.  Schcchter  fu  il  primo  a  rintracciare  tra  i 
fogli  di  Cambridge  alcuni  frammenti  del  testo  ebraico  deU'Eccle- 
siastico ed  altri  ne  scoprirono  poi  G.  Margoliouth,  1'Adler,  il  Levi, 
il  Gaster ;  cosi  che  ora,  da  quattro  diverse  trascrizioni  ( A  B  C  D) 
possediarno,  sufficientemente  compiute,  le  seguenti  parti  del  testo 
originale:  3,  6-16,  26;  10,  11-32,  3;  35,  9-38,27;  39,  15-51,  30. 

II  manoscritto  B  offre  ad  ogni  linea  un  verso  e  pone  tra  i  due 
emistichii  un  piccolo  spazio  vuoto ;  gli  altri  codici  non  distinguono 
gli  stichii,  ma  segnano  con  un  doppio  punto  (:)  la  fine  del  verso. 

II  medesimo  manoscritto  B,  stando  al  giudizio  dei  competent!, 
proviene  dall'XI  o  tutto  al  piu  dal  principio  del  XII  secolo.  Dal 
capo  30  al  45  esso  offre  in  margine  altre  lezioni,  perfino  inter! 
stichii  o  versi,  i  quali,  come  accennano  certe  note  in  lingua  per- 
siana  quivi  aggiunte,  sono  stati  presi  da  un  altro  esemplare.  Or 
siccome  alcune  di  queste  varianti  si  riscontrano  eziandio  nel  testo 
del  manoscritto  0,  se  ne  ritrae  uua  prova  aperta  che  fin  da  que'  tempi 
1' Ecclesiastico  in  lingua  ebraica  correva  sotto  testi  diversi. 


STUDII  DEL  PETERS  E  DEL  KNABENBAUER       701 

Tl  codice  D  ci  fa  sapere  che  dal  libro  si  solevano  cavare  degli 
estratti  e  che  senza  distinzione  si  univano  insiemo  questi  e  quei 
versi,  tralasciando  gli  altri  intermedii. 

Pur  troppo  i  fogli  sono  stracciati  in  piu  luoghi  ed  illeggibili. 
Manca  inoltre  una  divisione  in  capitoli,  sebbene  qua  e  cola  sia  la- 
sciato  in  bianco  lo  spazio  di  una  riga.  Talvolta  s'incontrano  alcune 
iscrizioni ;  ad  esempio:  31,  12  Dottrina  sid  convito;  41,  14  (Vol- 
gata  v.  19)  Dottrina  della  confusions;  44,  1  Lode  dei  Patriarch*. 
Qaest'altiraa  iscrizione  si  trova  eziandio  nel  testo  greco. 

La  preziosa  scoperta  di  un  tale  testo  ebraico,  sebbene  sol  fram- 
mentario,  ha  destato  giustatnente  vivo  interesse  tra'  dotti,  che  se  ne 
occuparono  a  piu  riprese.  Altra  volta  ne  abbiamo  gia  detto  alcuna 
€osa  i  e  qui  ci  restringeremo  a  dare  conto  ai  lettori  delle  due  opere 
di  maggior  mole,  messe  in  luce  recentemente  da  due  illustri  scrit- 
tori  cattolici. 


1.  La  pritna  e  del  ch.  dott.  Norberto  Peters,  professore  di  Teo- 
logia  al  Seminario  di  Paderboru  2.  Si  divide  in  tre  parti:  Prolego- 
meni,  Note  critiche  ed  investigazioni,  Testo  e  traduzione.  Dopo  aver 
premesso  un  ricco  indice  della  letteratura  ed  una  spiegazione  delle 
abbreviature  adoperate  nell'opera,  il  ch.  Autore  rifa  la  storia  deJla 
scopeiia  del  testo  ebraico  e  ne  descrive  i  manoscritti,  passando  poi 
ad  esaminare  la  relazione  che  questi  hanno  tra  loro  ed  il  valore  e 
Pimportanza  del  nuovo  testo.  Con  piena  ragione  egli  sostiene  che 
il  testo  non  e  una  traduzione,  rifatta  forse  dal  siriaco,  come  alcuni 
supposero,  si  bene  1'originale,  quantunque  alterato  da  mold  error! 
e  mutamenti :  cosa  che  nessuno  trovera  singolare  in  codici  che  pro- 
vengono  dal  secolo  XI  e  che  per  conseguenza  hanno  dietro  di  se 
una  lunga  trasmissione  di  testi  e  con  essa,  come  di  consueto,  pa- 
recchie  nmtazioni,  aggiunte,  alterazioni  ed  omissioni.  Or  siccome 
T Autore  si  e  proposto  di  presentare  «  il  tentative  di  un'edizione  cri- 
tica  del  testo  »  (Prefazione),  cosi  devo  ricorrere  a  quei  raezzi  che 
a  tale  scopo  conducono,  e  sono  le  due  antiche  traduzioni,  la  greca 
e  la  siriaca.  Ma  insieme  6  necessario  investigare,  per  quanto  e  pos- 
sibile,  la  trasmissione  del  testo  greco  e  siriaco  nei  manoscritti,  nelle 

1  Cfr.  Civ.  Catt.  XVIII,  1  (1901),  p.  329-331. 

2  Der  jilngst  tviederaufgefundene  hebrdische  Text  des  Bitches   Eccle- 
masticus,  untersucht,  herausgegeben,  iibersetzt  und  mit  kritischen  Noten 
versehen  von  Dr.  Theol.  NORBERT  PETERS,  Professor  der  Theologie  an 
der  b.  philos.-theol.  Facultat  zu  Padcrborn.  Freiburg  i.  B.,  Herder,  1902, 
8°  gr.,  XVI-92*,  448  p. 


702       STUDII  DEL  PETERS  E  DEL  KNABENBAUER 

version!,  nelle  citazioni,  come  pure  il  loro  valore  per  rispetto  alia 
critica  del  testo  medesimo.  Ambedue  quest!  argomenti  sono  larga- 
mente  trattati  nei  cap!  2  e  3  dei  Prolegomeni  (p.  3 5* -7  3*).  II  capo 
4  espone  il  metodo  che  1'A.  adopera  nella  sua  critica.  I  principii 
stabiliti  rampollano  tutti  dal  considerare  la  storia  del  testo  e  la 
condizione  dei  singoli  suoi  testimonii.  E  noi  troviamo  assai  giu- 
sto  1'asserto :  «  1'investigazione  critica  del  testo  deve  rifare  a  ritroso 
la  via,  che  lo  svolgimento  storico  dei  suoi  testimonii  hanno  fatto 
procedendo  innanzi  »  (p.  75).  Parecchi  passi  hanno  una  lezione  dif- 
ferente  nei  diversi  frammenti  ebraici  ed  allora  generalmente  de- 
vono  decidere  il  testo  greco  od  il  siriaco  perche  piu  antichi,  eccetto 
il  caso,  come  ben  s'intende,  quando  argomenti  interni  richiedono 
assolutamente  il  contrario.  Che  se  la  differenza  riguardi  Testensione 
del  testo,  deve  in  genere  valere  come  originaria  la  lezione  che  tro- 
vasi  in  tutti  e  tre  i  testi,  se  pure  con  ragionevolezza  non  si  possa 
spiegare  altrimenti  1'aggiunta  ovvero  Fomissione  di  un  qualche 
rnembro  del  periodo,  ovvero  se  il  contesto  o  alcun  altro  motivo 
non  esigano  evidentemente  il  contrario.  Siccorne  il  siriaco  ha  sublto 
I'influsso  del  greco,  cosi  quand'esso  e  identico  al  greco  la  sua  testi- 
monianza  perde  di  valore;  guadagna  invece  sul  greco,  quando  gli 
sta  contro,  per  modo  che  in  tal  caso,  se  altri  motivi  si  aggiungono, 
la  decisione  apparira  di  leggeri  contraria  al  greco. 

Quest'e"  un  semplice  saggio  dei  principii  critici  seguiti  dall'Au- 
tore.  Ma  sono  particolarmente  degni  di  nota  due  altri  punti,  che 
dimostrano  la  bonta  del  metodo  da  lui  seguito.  Egli  fa  quest'aperta 
dichiarazione :  «  Ci6  che  in  primo  luogo  deve  decidere  in  favore  di 
una  lezione  non  sono  gli  argomenti  interni,  i  quali,  come  1'espe- 
rienza  insegna,  spesso  sono  di  carattere  piu  o  meno  soggettivo,  sib- 
bene  le  testimonianze  esterne  della  tradizione...  Nei  giudicare  intorno 
una  lezione,  determinatamente  stabilita,  gli  argomenti  interni  non 
hanno  se  non  un'importanza  secondaria  e  devono  invocarsi  sol- 
tanto  come  sussidio  agli  argomenti  presi  dalla  tradizione  esterna  » 
(p.  78*,  79*).  Cosi  e  scansato  il  pericolo  di  un  metodo  troppo  sog- 
gettivo a  seconda  del  gusto  variabile  dei  critici. 

Per  quanto  1'Autore  con  buon  diritto  riconosca  che  1'Ecclesiastico 
e  scritto  in  distici  e  solo  in  distici,  non  consente  per  nulla  a  coloro, 
che  vogliono  imporre  al  testo  un  metro  determinato  (con  tre  o  quattro 
arsi  ad  ogni  stico),  e  che  per  rispetto  ad  un  tal  metro  ipotetico  non  si 
peritano  di  ritoccare  il  testo.  Cosi  adoperarono  ad  esempio  H.  Grimm  l 

1  Metres  et  strophes  dans  les  fragments  hebreux  du  Manuscr.  A  de 
V  EccUsiastique.  Leipzig,  1901. 


SUI  FRAMMENTI  EBRAICI  DELL'   «  ECCLESIASTICO  »          703 

<e  P.  N.  Schlogl *,  usando  della  teoria  metrica  quale  mezzo  irnpur 
tante  per  la  critica  del  testo  e<j  introducendo  per  tal  riguardo  pa- 
recchie  mutazioni  nel  testo  tradizionale.  Non  solo  e  da  accettare 
la  dottrina  del  Peters,  ma  conviene  congratularsi  sinceramente  con 
lui,  per  essersi  egli  con  ogni  risolutezza  dichiarato  contro  un  pro- 
cedimento,  che  per  amore  di  una  semplice  ipotesi,  concede  il  pri- 
mato  alle  congetture  ed  in  maniera  cotanto  estesa.  Con  la  stessa 
giusta  riser  va  e  moderazione  viene  discusso  Taltro  problema  dellu 
divisione  in  istrofe,  sostenuto  e  difeso  dal  p.  Zenner.  Ci  basti  citare 
qui  la  conclusione  dell'Autore :  «  Per  quanto  io  tenga  per  vera  nella 
saa  sostanza  1'ipotesi  dei  cantici  corali,  messa  innanzi  dallo  Zenner, 
altrettanto  sono  persuaso  che  oggi  se  ne  fa  abuso  soverchio  »  (p.  92*). 
Le  note  critiche  e  le  investigazioni,  che  accompagnano  ogni 
singolo  verso  dei  nuovi  frammenti  ebraici  (p.  3-317),  sono  eloquente 
testimonio  deir  istancabile  diligenza  e  della  critica  acutezza  del 
ch.  Autore.  Per  ogni  verso  viene  indicata  la  condizione  del  testo, 
quale  si  trova  nelle  sue  diverse  testimonianze ;  le  differenze  sono 
riferite  alle  cause  loro  piu  probabili,  a  fine  di  ottenere  col  con- 
fronto  e  con  la  ponderazione  risultati  sicuri  per  la  forma  origi- 
naria  del  testo.  Lo  stato  dei  frammenti  ebraici  presenta  al  critico 
varii  problemi,  che  richiedono  qualche  soluzione.  Non  solo  si 
devono  correggere  errori  aperti,  dichiarare  parole  e  forme  nuove 
ed  insolite,  giudicare  le  variant!  notate  in  margine  e  compararle 
col  testo  e  con  le  antiche  versioni,  ma  lo  stato  dei  codici  e  tale, 
che  la  ricostruzione  del  testo  deve  piu  o  meno  rimettersi  alia  critica 
congetturale.  Griacche  i  fogli,  particolarmente  nel  margine  inferiore, 
sono  guasti  ed  in  parte  stracciati ;  a  cagione  dei  buchi  in  mezzo  al 
testo  o  deila  scrittura  svanita  o  dell'  impossibility  di  decifrare,  si 
perdono  siugole  parole,  spariscono  mezzi  versi  e  versi  interi  e  solo 
qua  e  cola  rimangono  disperse  sulle  linee  un  paio  di  lettere,  povero 
testimonio  del  testo  perduto.  Or  qui  e  necessario  consultare  le  tra- 
duzioni  e  ricavarne  novellamente  il  testo  ebraico.  Per  giunta  i  fram- 
menti ritrovati  rivelano  che  il  greco  ed  il  siro  hanno  tradotto  assai 
piu  liberamente  di  quello  che  sin  qui  potevasi  imaginare.  Anche 
prima  si  era  fatto  il  tentative  di  ricostruire  sulle  traduzioni  il  pri- 
mitive testo  ebraico;  ma  quanto  si  corresse  fuor  di  strada,  si 
vede  ora  dal  vero  testo  ebraico.  Un'esposizione  molto  istruttiva  dei 
teatativi  in  tal  senso,  fatti  dal  Bickell,  dal  Fra'nkeJ,  dal  Benzeeb, 


1  EccUsiasticus  39,  12-49,  16  ope  artis  criticae  et  metricae  in  formam 
originalem  redactus.  Vindobonae,  1901. 


704       STUDII  DEL  PETERS  E  DEL  KNABENBAUER 

si  potra  leggere  presso  il  Cowley-Neubauer  *;  altri  tentativi  inte- 
ramente  sbagliati  si  troveranno  pure  nei  Commentarii  del  Fritzsche, 
del  Ryssel  e  di  altri ;  lo  stesso  Peters  si  era  accinto  altra  volta  2 
a  sciogliere  per  mezzo  di  congetture  1'  indovinello  al  verso  6,  22 ; 
ma  inutihnente.  Ci  voleva  quindi  grande  circospezione  nel  compiere 
le  lacuae,  che  si  trovano  nel  testo ;  sebbene  ora,  paragonando  le  tra- 
duzioni  con  1'originale,  si  avessero  preziosi  indizii  intorno  lo  stile 
e  la  maniera  di  esprimersi  ed  intorno  altre  particolarita  della  coin- 
posizione.  II  ch.  Autore  tenne  conto  di  tutto  ci6  con  esattezza  scru- 
polosa  e  perd  le  parti  da  lui  supplite  nei  passi  svaniti,  negli  stichii 
e  nei  versi,  si  dimostrano  probabili  in  sorhmo  grado  e  degne  d'essere 
accettate.  Egli  poi  espone  sempre  con  molta  chiarezza  i  motivi  del 
suo  procedere  e  dell'attenersi  a  questa  piuttosto  che  ad  altra  so- 
luzione. 

Fu  per  tutti  grande  stupore  lo  scoprire  nel  testo  ebraico,  dopa 
il  verso  51,  12  (Volg.  17),  una  Laude  di  quindici  distici  a  ma- 
niera di  salmo;  il  primo  stico  canta  la  lode  di  Dio  dalle  varie  pro- 
prieta  e  dalle  opere  della  creazione,  mentre  il  secondo  ripete  di 
continuo  il  ritornello,  gia  conosciuto  dai  Salmi  117,  1-4  e  135, 
1-26:  quoniam  in  saeculum  misericordia  eius.  E  genuino  questo 
nuovo  cantico?  Le  anti:he  version!  non  1'hanno;  la  riferenza  al 
Salmo  135  §  evidente;  quasi  tutte  le  espressioni  sono  maniere  prese 
dagli  altri  Libri  santi,  e  secondo  il  giudizio  del  Peters  predomina 
qui  lo  stile  paitano,  ben  diverse  dall'uso  sapiente  che  Jesus  Sirach 
sa  fare  della  S.  Scrittura.  Per  tal  ragione  il  ch.  Autore  espunge 
il  cantico  dal  testo.  Ma  qui  sara  lecito  porre  un  punto  interroga- 
tivo.  Anzitutto  e  da  notare  che  due  distici  del  cantico  convengona 
benissirno  ai  tempi  di  Jesus  Sirach,  ma  non  cosi  a  quelli  del  ni-* 
pote,  cioe  del  traduttore  greco.  II  Siracide  pote^a  cantare: 

Lodate  Lui,  che  prescelse  i  figliuoli  di  Sadok  pel  sacerdozio, 
Perocch6  la  sua  inisericordia  dura  in  eterno; 

e  piu  innanzi : 

Lodate  Lui,  che  fe'  crescere  un  segno  (cornu)  alia  casa  di  David, 
Perocche  la  sua  misericordia  dura  in  eterno. 

Senonch£  altri  tempi  ed  altro  stato  di  cose  erano  quelli  del  nipote  t 
niun  successore  della  casa  di  Sadok  portava  piu  la  tiara  sacerdo- 
tale;  fin  dal  152  era  pontefice  un  Maccabeo,  e  Simone  Maccabea 

1   The  Original  Hebrew  etc.  Oxford,  1897,  p.  XVIII. 
«  Cfr.   Theolog.  Quartalschrift,  Tubingen,  1898,  p.  94. 


SUI  FRAMMENTI  EBRAICI   DELL'   «  ECCLESIAST1CO  »          705 

dal  140  era  insieme  capo  del  potere  civile;  la  casa  di  David  era 
allora  oscura  e  dimenticata.  Ci  sembra  invece  che  piu  facilmente  si 
spieghi,  perehe  quei  versi  siano  stati  posteriormente  omessi:  dovevano 
sembrare  un'  ironia,  posta  la  diversa  condizione  delle  cose.  Nel  verso 
51,  17  leggiamo:  propterea  confitebor  et  laudem  dicam  tibietbe- 
nedicam  nomini  Domini.  Non  e  questo  un  eccitamento  abbastanza 
chiaro  ed  una  prefazione  alia  nuova  lode,  ben  distinta  da  quella 
che  precede  51,  1-2?  Non  converrebbe  quindi  esser  troppo  corrivi 
nel  rigettare  la  genuinita  di  quei  distici. 

La  terza  parte  dell'opera  (p.  321-434)  ci  da  il  testo  ebraico  e 
sotto  il  medesimo  la  traduzione  tedesca.  Fa  meraviglia  che  il  ch.  Au- 
tore  non  abbia  qui  prescelta  la  disposizione  tipografica,  per  esempio 
del  L6vi  (L' Ecclesiastique)  e  del  p.  Knabenbauer  nell'appendice 
del  suo  Commentario,  dove  la  traduzione  e  posta  esattamente  rimpetto 
al  testo  nella  pagina  di  fianco.  Quanto  all'ebraico,  abbiamo  qui  la 
lezione  critieamente  corretta,  e  dove  era  necessario,  ricostruita  dal- 
1'Autore.  Yi  si  trovano  quindi  numerose  mutazioni,  che  proven- 
gono  in  gran  parte  dal  testo  greco  od  anche  dal  siriaco,  a  seconda 
dei  principii  critici  stabiliti  nei  prolegomeni.  Or  chi  voglia  sapere 
che  cosa  veramente  contengano  i  fogli  della  nuova  scoperta,  non 
dovra  consultare  il  testo  dato  dall'Autore,  ma  ricorrere  alle  note 
ed  alle  ricerche  della  seconda  parte  del  libro.  Un  confronto  tra 
il  testo  dei  manoscritti  e  quello  stampato  a  pag.  321-434  ci  ha 
fatto  conoscere  che  1'Autore  ritenne  1'esatta  lezione  dei  fogli  egiziani 
in  un  numero  di  versi  proporzionatamente  ristretto.  I  nomi  di  Dio 
SOQO  ridati  ordinariamente  secondo  la  traduzione  greca,  di  rado  se- 
condo  la  siriaca;  cosl  per  esempio,  in  luogo  di  El,  proprio  del 
manoscritto  originale,  si  ha  nel  testo  Jahve,  il  xupco?  del  greco. 
Temiamo  che  nelle  mutazioni  il  ch.  Autore  sia  forse  andato  un 
po'  troppo  innanzi.  Di  grande  utilita  pratica  sono  invece  i  varii 
indici  aggiunti  al  libro  come  1'ebraico  (p.  435-443)  e  quello  della 
grammatica  e  stilistica  ebraica  (p.  443-445)  e  1'altro  di  alcune  pa- 
role greche  (p.  445). 

L'opera  del  ch.  prof.  Peters  e  senza  dubbio  la  piu  ricca  e  la 
piu  importante  tra  quante  uscirono  sopra  i  frammenti  ebraici.  E 
siccome  1'Autore  ha  riguardo  continue  alle  numerose  proposte  fatte 
dagli  scrittori  precedenti,  alle  loro  migliorie  ed '  alle  loro  opinioni, 
cosi  le  illustra  sempre  oggettivamente  e  criticamente,  accettandone 
alcune  ed  altre  per  giusti  motivi  rifiutando.  Per  tal  modo  il  lettore 
puo  farsi  di  leggeri  un'idea  del  molteplice  lavoro  speso  intorno  a 
questi  fogli  preziosi,  e  procurarsi  la  soddisfazione  di  giudicare  da 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1266.  45  13  marzo  1903. 


706       STUDII  DEL  PETERS  E  DEL  KNABENBAUER 

se  intorno  le  varie  e  spesso  coatrarie  sentenze,  pronunciate  dai  dotti 
su  questo  cosi  importante  argomento. 

2.  Dei  ritrovati  frammenti  del  testo  ebraico  si  occupa  eziandio  il 
p.  Knabenbauer  nel  suo  nuovo  Commentario  che  entra  nella  grande 
opera  del  Oursus  Sacrae  Script urae  l.  Fin  dai  prolegomeni  egli 
fa  la  rassegna  dei  nuovi  fogli,  accenna  alia  prima  loro  pubblicazione  e 
li  descrive  minutamente.  Anch'egli  ritiene  per  fermo  che  1'  Eccle- 
siastico  e  composto  in  distici ;  poiche  tutti  i  tristici  si  riconoscono 
non  genuini  ed  il  3°  stico  altro  non  e  che  un'inetta  ripetizione,  che 
manca  nel  greco  e  nel  siriaco.  Allo  stesso  modo  appare  dai  fram- 
raenti  che  alcune  lezioni,  contenute  soltanto  in  codici  della  scrittara 
minuscola,  ricevono  ora  pieno  valore  dai  testo  ebraico,  e  parecchi 
esempii  sono  indicate  a  pag.  16  e  segg.  Cosi  il  v.  25,  17  (Yolg.  25) 
non  deve  leggersi  dx,ouaa£  audiens  suspiravit,  si  bene  dxouatw^ 
involontariamenle;  pel  v.  43,  26  conviene  accettare  la  lezione  finora 
trascurata  dai  critici :  eOoSoT  6  SyyeXos  «faoO  prosperum  successum 
habet  nuntius  ejus.  Nel  1897  il  ch.  A.  Schlatter  aveva  scritto 
una  lunga  trattazione  intorno  al  glossatore  del  greco  Sirach,  met- 
tendo  in  rilievo  le  sue  glosse  ed  ascrivendole  alia  scuola  di  Ari- 
stobulo.  Ma  ora  egli  dovra  in  piu  cose  cambiare  opinione  (p.  17 
e  segg.).  II  Knabenbauer  ristampa  in  appendice  il  testo  ebraico  come 
si  legge  nei  manoscritti ;  corregge  qualche  evidente  negligenza  della 
scrittura,  ma  lascia  intatti  gli  altri  errori  e  le  lacune,  appunto  per- 
che  vuol  offrire  al  lettore  una  copia  fedele  del  nuovo  testo,  quale 
si  legge  nei  manoscritti.  Le  lezioni  marginali  vengono  raccolte 
nelle  note,  ed  ai  passi  oscuri  del  testo  non  si  tralascia  d'indicare 
quale  lezione,  a  giudizio  di  questo  o  di  quel  critico,  sia  preferita,  e 
quale  potrebbe  ancora  proporsi;  neppure  mancano  frequenti  accenni 
al  testo  greco  e  al  siriaco.  Quanto  al  modo  di  riprodurre  la  scrittura 
e  di  disporre  gli  stichi,  FAutore  si  e  attenuto  all'esemplare  del 
rnanoscritto  B.  Ottimo  poi  fu  il  pensiero  di  aggiungere  al  testo 
la  traduzione  latina  ;  cosi  coloro  che  non  conoscono  1'ebraico  pos- 
sono  egualmente  farsi  una  chiara  idea  dello  stato  e  del  senso  del 
testo  originale. 

Nei  prolegomeni  il  ch.  Autore  agita  anzitutto  la  questione  del 
tempo  in  cui  fu  scritto  il  libro.  Siccome  nel  testo  ebraico  leggiamo 

1  Cursus  Scriplurae  Sacrae.  —  Commentarius  in  Ecclesiasticum.  Cum 
appendice  :  Textus  Ecclesiastici  hebraeus  descriptus  secundum  fragmenta 
nuper  reperta  cum  notis  et  versions  litterali  latina.  Auctore  los.  KNABEN- 
BAUER S.  1.  Parisiis,  Lethielleux,  1902,  8°  gr.  433-LXXXIII  p. 


SUI  FRAMMENTI  EBRAICI  DELL'  «  ECCLESIASTICO  »  707 
maneat  cum  Simone  misericordia  (gratia)  Jahve  etc.,  sembra  chiaro 
che  1'autore  ispirato  fosse  coDtemporaneo  del  gran  sacerdote  Simone. 
Che  poi  trattisi  di  Simone  II  (non  di  Simone  I,  che  visse  circa  il  300 
av.  C.),  appare  manifesto  dalle  opere  al  medesimo  attribuite  v.  50, 
1-4,  le  quali  ben  convengono  con  le  notizie  date  da  Giuseppe  ebreo 
(Ant.  12,  3.  3)  intorno  i  tempi  di  Simone  II.  Inoltre  solo  a  quel 
tempo  pud  riferirsi  Taltra  notizia  che  il  nipote  dell'autore  ripard  in 
Egitto  nell'anno  132  (Prol.). 

Non  pu6  recar  meraviglia  che  in  un  libro,  tutto  messo  a  sen- 
tenze  alia  maniera  dei  proverbii,  1'autore  ispirato  ritorni  in  piu  luoghi 
sopra  il  medesimo  argomento  ovvero  sopra  un  argomento  affine.  In 
un  altro  volume  del  Cursus  il  p.  Comely  aveva  gia  pubblicato  un 
ampio  indice  di  tutte  queste  materie,  e  per6  il  p.  Knabenbauer  si 
e  ristretto  a  darne  un  quadro  generale,  raggruppando  insieme  le 
sentenze  sopra  un  medesimo  argomento,  p.  e.  sulla  sapienza,  su 
Dio  e  sui  nostri  doveri,  sul  peccato,  sulla  falsa  vergogna,  sull'uso 
delle  ricchezze,  sull' educa%ione  e  simili  (p.  3).  Secondo  1'enumera- 
zione  fatta  a  pag.  18  e  segg.,  1'Autore  ha  spesso  unito  insieme  una 
serie  di  sentenze  sullo  stesso  argomento,  composta  di  10,  20,  25,  30 
distici,  e  quanto  al  numero  dei  distici  (contando  pure  quelli  del 
testo  ebraico)  ne  ha  sommati  fino  a  1630  o  1640  (p.  20).  II  tra- 
duttore  greco  precede  innanzi  alquanto  liberamente ;  talvolta  per  sue 
ragioni  particolari  da  al  periodo  un'altra  movenza ;  qua  e  cola  non 
traduce  con  esattezza,  p.  e.,  v.  4,  16  qui  audit  illam  iudicabit  gentem, 
invece  di  iudicabit  vere;  v.  12,  6  prohibe  panes  illi  dare,  invece 
di  prohibe  vasa  belli  ecc. ;  v.  49  commemoratus  est  inimicorum, 
invece  di  commemoratus  est  Jobi  ed  altri  simiglianti.  Che  la  ver- 
sione  latina  sia  stata  fatta  sopra  un  codice  greco,  non  vi  puO  essere 
dubbio  alcuno;  pen)  in  alcuni  passi,  ricordati  dal  Knabenbauer  a 
pag.  35,  il  testo  concorda  con  i'ebraico,  contrariamente  alia  lezione 
greca  dei  codici  unciali.  Se  n'inferisce  che  il  traduttore  latino  aveva 
innanzi  agli  occhi  un  codice,  che  in  alcune  parti  deviava  dalla  le- 
zione dei  codici  unciali  e  riteneva  quella  dei  minuscoli.  Che  poi  il 
nostro  testo  latino  sia  sovraccarico  di  giunte,  di  traduzioni  ripetute 
del  medesimo  verso  e  di  particolari  commenti,  fu  gia  ampiamente 
riconosciuto  dal  Jansenius  nel  suo  Commentario.  II  Knabenbauer  ha 
messo  tutto  questo  sotto  gli  occhi  del  lettore,  stampando  i  due  testi 
Tuno  rimpetto  alPaltro,  per  modo,  che  subito  si  scorge  ogni  anche 
piu  piccola  sovrabbondanza  del  testo  latino. 

Per  dire  alcuna  cosa  eziandio  del  Commentario}  il  ch.  Autore 
ha  diviso  il  testo  in  tante  parti  minori,  corrispondenti  al  contenuto 


708  STUDII   DEL   PETERS   E   DEL   KNABENBAUER 

e  dando  a  ciascuna  un  titolo  proprio ;  ad  esempio :  Origo  et  excel- 
lentia  sapientiae  1,  1-10;  Praecepta  de  modestia  3,  19-26;  Quotes 
fructus  afferat  sapientia  4,  12-22  e  cosi  via.  Si  studia  inoltre 
sempre  di  mettere  in  rilievo  la  connessione  reciproca  dei  singoli  ver- 
setti,  di  dilucidare  le  oscurita  del  testo  latino,  spiegando  nel  suo 
sense  il  testo  greco  ed  esponendo  il  pensiero  dell'autore  ispirato  con 
opportuni  commenti  e  dichiarazioni.  Ne  tralascia  di  aver  riguardo 
al  testo  ebraico  per  tutte  lo  parti  che  si  sono  conservate;  in  ispecie 
tiene  d'occhio  il  siriaco,  e  spesso  ne  riporta  in  lingua  latina  quei 
passi,  dove  non  di  rado  quel  testo  si  discosta  dalle  altre  lezioni. 

Gria  da  molto  tempo  corre  ii  quesito,  sal  significato  di  quelle 
parole  6,  21  (Volg.  23):  ao^a  yap  xaia  16  Svopia  auirjc;  saic  et 
non  est  multis  manifesto,.  Alcuni  giudicarono  che  dall'etimologia 
della  parola  si  dovesse  dedurre,  che  la  ao^ta  non  e  a  molti  cpavepdc. 
Ne  il  testo  ebraico  e  qui  molto  chiaro :  nam  disciplina }  sicut  no- 
men  eius,  ita  est;  il  nomen  eius  sembra  riferirsi  a  sapimtia  ed 
il  Knabenbauer  crede  di  poter  spiegare  il  passo  nel  seguente  modo : 
ipso  nomine  iam  significatur  quorum  sit,  apud  quos  iriveniatur, 
scilicet  apud  sapientes,  et  quia  hand  multi  student  vere  esse  sa- 
pientes,  subditur :  et  non  est  multis  manifesta.  II  dott.  Peters 
crede  invece  che  qui  si  nasconda  un  giuoco  di  parole  -|D!)E"""!C'to» 
la  disciplina  sarebbe  quindi  indicata  col  concetto  di  legame,  se- 
condo il  v.  6,  30 :  i  suoi  legami  un  nastrb  di  porpora  (testo  ebraico). 
Qui  i  legami  sono  ricordati  in  senso  laudativo ;  in  altro  senso 
invece  si  nominano  al  v.  21,  19:  7c£5ta  ev  rcoalv  dtvo^TOig  icatBeta 
compedes  in  pedibus,  stulto  doctrina. 

Nella  Yolgata  si  legge :  honor  a  medicum  propter  necessitatem ; 
ma  secondo  1'ebraico  ed  il  siriaco  e"  certo  che  deve  tradursi  onora 
il  medico  prima  che  egli  sia  necessario  ;  ovvero  secondo  un'altra 
lezione,  che  pure  si  trova  nell'ebraico :  onora  il  medico  prima  che 
tu  ne  abbi  bisogno. 

Parimente  curiosa  e  singolare  e  la  sentenza  v.  42,  14 :  melior 
est  iniquitas  viri  quam  mulier  benefaciens.  II  pensiero  del  Sira- 
cide  &  dato  dalla  spiegazione  aggiunta :  melior  est  severitas  viri 
quam  mulier  blande  agens,  e  meglio  ancora  dalla  traduzione  dal- 
1'ebraico  del  dott.  Peters :  meglio  e  la  rusticita  dell'uomo,  che  la 
amabilita  della  donna,  mettendo  cosl  chiaramente  in  rilievo  il  vero 
senso  delle  due  proposizioni  opposte.  Perocche  sebbene  Jesus  Sirach 
adoperi  forti  parole  contro  le  donne  cattive,  non  e  per6  nemico 
della  donna;  si  vegga  con  quali  parole  eloquent!  egli  esalta  la  doona 
intelligente  e  morigerata  ai  vv.  26,  16-24. 


SUI  FRAMMENTI  EBRAICI   DELI/   «  ECCLESIASTICO  »         709 

Nell'ebraico  e  nel  siriaco  si  da  questo  consiglio  al  padre  (v.  7, 
25):  se  hai  figliuoli,  castigafi  e  da  loro  moglie  nella  lor  gioventu. 
Tal  consiglio  di  accasar  presto  i  figliuoli  non  si  legge  ne  nel  greco 
ne  nella  Yolgata.  Parimente  manca  nei  nostri  testi  quest'altro  passo 
dell'ebraico  42,  11,  che  riguarda  le  figliuole  di  casa:  il  luogo  dove 
essa  si  trattiene  non  sia  la  finestra,  ne  quello  che  mette  alPen- 
trata  comune;  a  nessun  uomo  dev'essa  mostrare  la  sua  bellezza, 
ne  dimorare  in  mezzo  alle  donne. 

II  Siracide  ascrisse  ad  Isaia  anche  la  seconda  parte  del  suo 
libro,  come  appare  manifesto  dal  passo:  48,  27-28.  Or  questo  ci 
viene  ora  confermato  dal  testo  ebraico,  come  si  conferma  eziandio 
Faltra  asserzione  del  siriaco  49,  11,  che  Ezechiello  non  abbia  fatta 
menzione  dei  nemici,  sibbene  di  Giobbe. 

E  tanto  basti  di  queste  due  opere,  eccellenti  sotto  ogni  rispetto, 
le  quali  per  la  novita  dei  testi  che  servono  loro  di  fondamento, 
recano  agli  studii  biblici  nuove  ricchezze  ed  aumentano  il  tesoro 
•della  nostra  letteratura  cattolica. 


II. 

STUDII   INTORNO   IL    MARTIRE   S.    GlORGIO. 

Che  un  martire  glorioso  per  nome  Giorgio  sia  veramente  esi- 
stito  non  pud  essere  messo  in  dubbio,  posta  la  fama  al  tutto  straor- 
dinaria  che  ha  lasciata  di  se  e  specialmente  posto  ii  culto  diffusissimo 
che  ebbe  assai  per  tempo,  potendosene  mostrare  le  tracce  sicure 
fin  dal  secolo  Y.  Che  il  suo  martirio  cadesse  neH'ultima  grande 
persecuzione  di  Diocleziano,  e  affermato  da  alcune  legge nde,  mentre 
altre  lo  collocano  sotto  Decio,  e  le  piu  antiche  perfino  sotto  un  re 
di  Persia  Daciano  che  non  e  mai  esistito.  Non  si  puo  dunque  sta- 
bilire  ne  1'anno  ne  il  giorno  in  cui  avvenne;  ma  nulla  vieta  che  se 
ne  celebri  quest'anno  con  particolare  solennita  la  festa  centenaria, 
come  e  stato  lodevolmente  proposto  da  alcuni,  supponendo  quale 
data  piu  o  meno  probabile  del  martirio  di  S.  Giorgio  1'anno  303, 
primo  dalla  grande  persecuzione  di  Diocleziano. 

Quanto  poi  alia  storia  del  Santo  Martire  e  difficile  assai,  per  non 
dire  impossibile,  accertar  nulla  in  particolare,  ed  essa  come  e  stata 
sempre  cosi  sara  forse  ancora  per  lungo  tempo  la  disperazione  dei 
critici. 


710  STUDII 

Gli  Atti  autentici  non  esistono  e  si  pud  dubitare  se  siano 
mai  esistiti,  come  avvenne  anche  di  altri  celeberrinri  martiri,  specie 
durante  il  furore  della  grande  persecuzione ;  esistono  solo  le  Pas- 
sioni,  ma  cosi  ricolme  di  esagerazioni,  di  cose  strane,  false  ed 
inventate  di  sana  pianta,  che  la  Chiesa  di  Roma  dovette  rifiutarle 
fin  dal  loro  primo  apparire  e  proibiiie  nominatamente,  come  fece  col 
cosiddetto  decreto  gelasiano,  perche  scritte  o  da  persone  non  conosciute 
od  anche  da  eretici. £  Alle  invenzioni  antiche,  altre  si  aggiunsero  nei 
tempi  posteriori,  come  il  racconto  dell'uccisione  del  drago  di  Berito, 
a  fine  di  liberare  la  donzella,  designata  vittima  dai  cittadini  e  gia 
esposta  al  pascolo  della  fiera.  Come  ha  dimostrato  il  Papebroch  negli 
Acta  88.,  esso  comincia  ad  apparire  nei  codici  soltanto  nel  se- 
colo  XI  e  il  gran  credito  che  ebbe  di  poi  si  deve  tutto  alia  leg- 
genda  aurea  di  Giacorno  da  Varazze  (-j-  1298).  Provenne  evi- 
dentemente  dall'uso  antichissimo  di  dipingere  S.  Giorgio  in  atto  di 
trafiggere  il  dragone,  simbolo  di  vittoria,  assai  comune  anche  per 
altri  confessori  della  fede  e  fatto  porre  da  Costantino  Magno  nella 
sua  propria  imagine,  dipinta  per  suo  ordine,  come  narra  Eusebio. 
Certo  nessun  serio  scrittore  dal  Baronio  in  poi,  ha  mai  data  altra 
spiegazione  della  singolare  avventura.  Ed  il  medesimo  deve  dirsi 
di  altri  ragguagli  manifestamente  inventati. 

Or  mancando  gli  Atti  genuini,  manca  allo  storico  il  primo  filo 
couduttore  nel  gran  labirinto  delle  leggentle,  greche,  latine,  oriental!,. 
che  si  conoscono,  e  delle  altre  che  ancora  giacciono  inesplorate; 
neppure  sono  ancora  ordinati  e  classificati  i  documenti  conosciuti, 
a  fine  di  ben  compararli  fra  loro,  stabilirne  la  relazione  reciproea, 
discernere  il  vero  dal  falso  e  trarne  quindi  un  primo  nucleo  storico, 
se  torni  possibile.  Senza  avere  innanzi  questo  lavoro  previo,  non 
possibile  a  farsi  se  non  da  uomini  particolarmente  competent!  in 
questa  materia,  sarebbe  fatica  sprecata  1'  accingersi  a  scrivere  la. 
storia  di  S.  Giorgio,  e  meglio  e  attenersi,  anche  per  1'edificazione 
dei  fedeli,  al  detto  di  s.  Ambrogio:  A.ppellabo  martyr  em,  praedicavi 


1  «  Tamen  ideo  (gesta  sanctorum  raartynim)  secundum  antiquam 
consuetudinem  et  siugularem  cautelam  in  sancta  Romaria  Ecclesia  non 
leguntur,  quia  et  eorum  qui  conscripsere,  nomina  ignorantur  et  ab  in- 
fidelibus  vel  idiotis  superflua  et  minus  apta,  quam  rei  ordo  fuerit, 
inserta  leguntur.  Sicut  cuiusdam  Cyrici  et  lulittae,  sicut  Georgii  alio- 
rumque  eiusmodi  passiones  ab  haereticis  perhibentur  compositae.  Prop- 
ter  quod  dictum  est,  ne  vel  levis  ad  subsannaiidum  oriretur  occasio,  in 
sancta  Romana  Ecclesia  non  leguntur  »  (Ed.  E.  PREUSCHEN,  Analecta^ 
Treiburg-Leipzig1,  1893.  p.  151). 


INTOKNO   IL  MARTIRE   S.    GIORGIO  711 

satis,  ovvero  alle  parole  del  decreto  gelasiano,  che  seguono  im- 
mediatainente  la  condanna  della  leggenda  di  S.  Giorgio:  Nos  tamen 
cum  praedicta  ecdesia  (romana)  omnes  martyres,  et  eorum  glo- 
riosos  agones,  qui  Deo  magis  quam  hominibus  noti  sunt,  omni 
devotione  veneramur  J. 

Tra  i  tentativi  fatti  piu  di  recente  per  ispiegare  in  qualche  modo 
1'origine  di  tali  leggende,  sono  da  notare  i  due  lavori  del  Tetter  2  e 
del  Friedrich  3,  sebbene  debbano  dirsi  falliti  nelP  intento  propostosi. 
Non  harmo  neppure  il  merito  della  novita,  poiche  vogliono  risusci- 
tare  la  vecchia  sentenza  di  Isacco  Pontano,  gia  fieramente  riget- 
tata  dal  Papebroch,  che  cioe  il  Megalomartire  S.  Giorgio  non  sia 
il  supposto  confessore  della  fede  del  tempi  di  Diocleziano,  si  bene 
il  patriarca  ariano  per  nome  Giorgio,  emulo  di  S.  Atanasio,  e  sotto 
Giuliano  1'apostata,  straziato  e  messo  a  morte  a  furore  di  popolo. 
Costui  adunque,  venerato  dagli  ariani,  come  martire,  cessate  con 
1'andar  del  tempo  le  lotte  religiose  e  trovandosi  oraniai  in  possesso 
di  un  culto  d'origine  eretica,  sarebbe  stato  preso  bonariamente  per 
un  S.  Giorgio  cattolico.  Ma  1'  ipotesi  non  pud  essere  accettata.  Non 
trattasi  di  un  martire  oscuro,  che  a  poco  a  poco,  in  tempi  assai  di- 
scosti,  cominci  a  farsi  valere  nella  mente  del  popolo  e  possa  essere 
facilmente  scambiato  con  altro  personaggio,  anch'  esso  oscuro.  Si 
tratta  di  un  ariano  rimasto  celeberrimo  nella  memoria  dei  contem- 
poranei,  poiche  riguarda  si  dappresso  S.  Atanasio,  e  ricordato  nelle 
storie  assai  lette  e  diffuse  per  tutto  di  Ammiano  Marcellino,  di 
Socrate  e  piu  tardi  di  Sozomeno  ed  altri  nel  quarto,  quinto  e  se- 
sto  secolo ;  mentre  il  culto  del  martire  cattolico  e  gia  anch'esso 
popolare  e  diffuso,  almeno  dal  Y  secolo  in  poi.  Eimane  nondimeno 
la  possibilita  che  nelle  redazioni  posteriori  si  fondessero  insieme, 
tra  gli  altri  elementi,  eziandio  alcuni  proprii  del  patriarca  ariano, 


1  E  da  notare  la  giunta  fatta  da  Adone  nel  suo  Martirologio  dopo 
annunziato  il  martirio  del  Santo:  Cuius  gesta  passionis,   etsi  inter  apo- 
cryphas  connumerentur  scripturas,  tamen  illustrissimum  eius  martyrium 
Ecdesia  Dei  venerabiliter  honorat.  Le  quali  parole  sono  poi  ripetute  da 
Usuardo.  Cosi  mentre  nel  sec.  IX  correvano  per  le  mani  di  tutti  i  mi- 
rabilia  di  S.  Giorgio,  i  martirologi  ne  ripetevano  la  condanna. 

2  Der  hi.  Georg  des  Reiribot  von  Durne,  Mit    einer  Einleitung1  iiber 
die  Legende  und  das  Gedicht,  herausgegeben  und  erklart  von  F.  VBTTBR. 
Halle  a.  S.,  Niemeyer,  1896,  CXC-298  p. 

3  J.  FRIBDRICH,   Der  ges'hichtliche  Heilige  Georg   in  Sitzungsb.  der 
philos.-philoL  Kl.  der  k.  b.  Akad.  der  Wiss.  zu  Munchen,   1899,  torn.  II, 
j>.  159-203. 


712  STUDII 

e  questo  e  forse  1'unico  profitto  che  si  puo  trarre  ragionevolmente- 
dal  lavoro  del  Friedrich.  Per6  lo  stato  presente  degli  studii  sui  co- 
dici,  del  quali,  come  s'e  detto,  molti  sono  del  tutto  inediti,  e  ancor 
troppo  immaturo,  e  1'ipotesi,  anche  solo  per  questo  lato,  deve  ri- 
manere  campata  in  aria. 

Per6  la  grande  difficolta  di  trattare  della  vita  e  della  passione 
del  Martire  non  ha  scoraggiato  il  ch.  sac.  Salvatore  Borelli  dell'ar- 
chidiocesi  di  Napoli,  il  quale  offre  all'agiografia  un  nuovo  ed  assai 
grosso  volume  sopra  S.  Giorgio,  col  bel  titolo  in  fronte  di  Studio- 
Critico  l.  II  titolo  poteva  omettersi,  ma  il  libro  da  prova  non  dubbia 
della  pieta  grande  dell'Autore  verso  il  S.  Martire  e  del  lungo  e  pa- 
ziente  lavoro  speso  nell'allestirlo.  Potrebbe  quasi  definirsi  un  immenso 
repertorio  di  quanto  fa  detto  su  questo  argomento,  se  non  proprio 
nel  senso  degli  autori  cattolici  piu  riputati,  che  abbiamo  ricordato, 
certo  secondo  le  sentenze  di  altri  assai,  specialmente  cronisti  del  inedio 
evo,  pii  scrittori  di  vite  di  Santi,  zelanti  asceti  che  da  ogni  cosa  si  stu- 
diano  di  trarre  pascolo  alia  loro  devozione.  La  sola  vita  del  Santo  oc- 
cupaben  180  pagine(61-221),  ed  e  condotta  sulle  tracce  dicertelezioni 
liturgiche,  non  della  Chiesa  romana,  che  fedele  alia  sua  tradizione  non 
ha  di  S.  Giorgio  nessuna  leggenda,  ma  di  alcune  altre  Chiese  par- 
ticolari.  Tali  lezioni  sono  in  vero  molto  sobrie;  perd  TAutore  ha  sa- 
puto  innestarvi  a  maniera  di  largo  commento,  tutto  cid  che  dicono- 
le  altre  antiche  leggende.  Ritesse  Tintero  racconto  del  drago  con 
tutte*  le  piu  minute  particolarita  e  lo  difende  come  genuine  e  sto- 
ricamente  vero,  con  buona  pace  del  Baronio,  del  Papebroch,  dei  Bol- 
landisti,  di  tutti  gli  scrittori  piu  serii  e  delle  stesse  lezioni  liturgiche 
da  lui  seguite,  che  non  ne  dicono  verbo.  Inoltre  il  lettore  trovera 
in  questa  vita  parecchie  cose  nuove,  che  non  si  leggono  neppure 
nelle  leggende  antiche,  ed  aramirera  quanto  siano  fecondi  gli  autori 
di  tutti  i  tempi,  allorche  si  mettono  ad  inghirlandare  piamente  quel 
che  loro  sembra  troppo  secco  e  meschino.  Comunque  sia,  si  trove- 
ranno  in  questo  libro  moltissime  notizie  sparse  per  ogni  dove,  le 
quali  ancorche  non  vagliate  dalla  critica  e  spesso  con  errori  evidenti, 
pure  non  sono  inutili  ad  aversi  raccolte  insieme.  Yi  sono  i  nomi 
degli  autori  che  parlarono  di  S.  Giorgio  dal  secolo  IY  (?)  in  poi; 


1  II  Meg alomar tire  S.  Giorgio  nella  fausta  ricorrenza  delsuo  XVI  cen- 
tenario,  ossia  Vita,  Martirio,  Traslazione  del  santo  suo  Corpo,  cultomon- 
diale,  miracoli,  Ordini  cavallereschi  emaniere  diverse  di  onorarlo.  Studio 
Critico  pel  sacerdote  Eettore  SALVATORE  BORELLI  juniore  dell'Archidio- 
cesi  di  Napoli.  Napoli,  tip.  Giannini,  1902,  8°  gr.,  XXXI-638  p. 


INTORNO   IL  MARTIRE   S.    GIORGIO  713 

le  storie  e  le  leggende  tutte  intorno  la  traslazione  delle  sue  reliquie 
-ed  i  luoghi  dove  oggi  si  venerano;  le  chiese  e  cappelle  erette  in 
onore  del  Santo  in  ogni  parte  del  mondo,  «  dove  tra  le  altre  pe- 
regrine notizie,  si  fa  special  menzione  delle  430  e  piu  parocchie 
nell'Italia  nostra  dedicate  all'esimio  Martire,  coi  nomi  dei  riveritis- 
simi  Capi  di  esse  che  di  presente  ne  hanno  1'investitura  »  (p.  XII); 
i  miracoli  di  ogni  specie;  gli  Ordini  cavallereschi  e  militari  insi- 
gniti  del  nome  di  S.  Giorgio ;  le  preghiere  e  gli  esercizii  di  pieta 
in  onore  del  Santo.  Chi  poi  ama  la  storia  della  devozione  popolare 
nel  mezzogiorno  d'ltalia,  legga  fra  1'altro  il  capitolo  intitolato  dal- 
1'Autore:  Smagliante  e  loquacissimo  culto  che  tributa  al  Megalo- 
martire  I' Universita  di  S.  Giorgio  a  Cremano  (p.  474-490). 

«  Insomnia,  conchiude  1'Autore  (p.  XIII),  nulla  si  e  trasan- 
-dato  di  tutto  cio  che  puo  tornare  di  singolare  onore  del  nostro  Me- 
galomartire,  di  copiosa  materia  pei  predicatori,  specie  nella  fausta 
ricorrenza  del  Sao  XYI  Centenario  e  di  ubertoso  pascolo  di  quei 
fedeli  che  ne  sono  sentitarnente  devoti,  o  Lo  vogliono  trascegliere, 
quinci  innanzi,  a  loro  speciale  protettore,  e  perciO  stesso  bramano 
conoscere  che  Santo  straordinario  si  a  il  Protomartire  di  Nicome- 
dia.  Se  ho  dato  proprio  nel  segno,  non  e  igooto  al  gran  Santo ; 
come  ne  faranno  giudizio  tutti  coloro  che  leggeranno  la  presente 
Opera.  » 


III. 


LE    GONFUTAZIONI    DEL   LIBRO   DELL'ABATE    LOISY 
E   I   METODI   DI   DISGUSSIONE. 


trattare  la  storicita  dei  Yangeli,  noi  ci  troviamo  necessa- 
riamente  in  due  operazioni,  o  come  altri  dicono  con  moderna  me- 
tafora,  in  due  momenti  logici  different!,  i  quali  rispondono  a  due 
logiche  concezioni  della  nostra  mente  del  tutto  distinte. 

II  primo  momento  e  quando  vogliamo  provare,  non  solo  agli 
altri,  ma  anche  a  noi  stessi,  che  Gesu  Cristo  e  un  Legato  di  Dio 
e  che  ha  fondato  in  terra  un  istituto  giuridico  che  dicesi  Chiesa, 
agF  insegnamenti  della  cjuale  siamo  obbligati  ad  ubbidire  come  a 
Dio.  E  il  momento  che  possiamo  chiamare  apologetico.  In  questo 
primo  momento  o  tempo,  noi  prendiamo  il  libro  detto  Nuovo  Te- 
utamento  come  un  libro  storico  umano,  il  quale  ci  narra  la  vita, 


714         LE   CONFUTAZIONI   DEL   LIBRO   DELI/ABATE   LOISY 

i  detti  e  le  opere  di  G-esu.  E,  naturalmente,  prima  di  tirar  la  con- 
seguenza  che  Egli  e  Legato  di  Dio  e  fondatore  d'una  Chiesa,  ci 
dobbiamo  bene  assicurare  che  quel  libro  dica  la  verita,  almeno 
nella  sostanza  e  almeno  in  quanto  concerne  quelle  due  grandi  ve- 
rita fondamentali  del  Cristianesimo.  —  II  secondo  momento,  cho 
potremmo  chiamare  momento  dogmatico,  e  quando  assicuratici  di 
quelle  due  verita,  siamo  amrnaestrati  dalla  Chiesa  che  quel  libro, 
oltre  essere  un  libro  storico,  alia  maniera  d'ogni  altro  libro  veri- 
dico  umano,  e  anche  libro  ispirato  da  Dio,  col  che,  naturalmente, 
la  storicit|  s'accresce  a  mille  doppi;  perche  abbiamo  due  narra- 
tori  veridici  di  verita:  1'uomo  e  Dio. 

E  da  notare  subito  che  sarebbe  un  difetto  logico  non  piccolo 
confondere  i  due  momenti;  quando  altri  cioe,  ignorando  ancora 
scientificamente  le  due  grandi  verita  suddette  (Legazione  di  Gestt 
Cristo  e  fondazione  della  Chiesa)  e  volendo  investigare  la  verita 
storica  del  Nuovo  Testamento,  adducesse  per  argomento  che  quello 
e  un  libro  ispirato  da  Dio.  Sarebbe,  diciamo,  difetto  logico;  poiche" 
1'  ispirazione  di  Dio  si  conosce  dalla  Chiesa,  la  quale,  per  ipotesir 
ancora  s'ignora.  Questa  stessa  osservazione,  di  non  confondere  quei 
due  momenti  logici,  e  necessaria  quando  trattasi  di  rispondere  agli 
avversarii,  oppure  a  coloro  che  parlano  da  avversarii  od  almeno  pre- 
sentano  dubbii  in  materie  precedenti  il  dogma,  com'e  la  verita  sto- 
rica de'  Yangeli.  A  costoro  non  si  puo  rispondere  col  dogma,  il 
quale,  secondo  1'ordine  della  cognizione,  segue  la  verita  che  e  in 
questione;  altrimenti  uno  si  aggira  in  un  circolo  vizioso. 

Avvertasi  per6  che,  quando  uno  scrittore  cattolico,  per  tattica 
polemica  e  metodo  scientifico,  mettesi  a  rispondere  ad  un  awer- 
sario  sul  campo  di  costui  che  e  VapologeticQ,  non  rinunzia  gia  alia 
verita  cattolica  gia  acquisita,  ma  solo  prescinde  da  essa. 


* 
* 


Questi  principii,  antichi  quanto  la  logica,  erano  da  richiamare 
alia  mente  de'  lettori,  affinche  possano  orientarsi  nel  viluppo  sorto 
dalla  confutazione  fatta  da  Alfredo  Loisy  contro  il  libro  dell'Har- 
nack,  L'Essenza  del  Cristianesimo,  e  dalle  confutazioni  di  quella. 
confutazione. 

Uno  de'  primi,  che  sorse  in  Francia  a  combattere  1'Harnack. 
fu  T Abate  Alfredo  Loisy  col  libro  U fivangile  et  I'Eglise,  dichia- 
rando  nella  prefazione  di  volersi  mettere  a  combattere  1'avversario 
incredulo  sul  suo  stesso  campo  ossia  sul  terreno  apologetico,  cioe, 


E   I  METODI  DI  DISCUSSIONE  715 

>considerando  il  libro  degli  Evangel!  solamente  come  libro  storico 
•e  umano.  Un  cattolico  che  mette  a  base  del  suo  discorso  la  sto- 
ricita  umana  degli  Evangeli,  per  iscopo  polemico,  ha  perc-  due  do- 
veri :  primo,  di  non  mancare  ai  criteri  storici  che  servono  a  giudicare 
della  veracita  d'un  libro ;  secondo,  di  prescindere  si  dalla  ispirazione 
degli  EvaDgeli  (come  dicemmo)  ma  non  gia  di  negarla. 

Ora  il  Loisy  nel  confutare  1'Harnack  ha  mancato  a  questi  due 
doveri  e  percid  si  e  posto  nel  campo  nemico  egli  stesso,  almeno 
oggettivamente,  checche  sia  della  sua  intenzione  e  della  sua  co- 
scienza.  Quindi  sono  sorte  le  confutazioni  della  sua  confutazione. 
Notevoli  in  Francia  sono  due  articoli  nel  periodico  Etudes :  uno 
del  P.  De  Grandmaison  *,  un  altro  del  P.  Brucker  2.  In  Italia,  dopo 
la  breve,  ma  efficace  risposta  fatta  dal  P.  Mattiussi  nella  Scuola 
eattolica  di  Milano,  ecco  ora  un  grave  opuscolo  del  P.  Palmieri, 
1'insigne  teologo  che  tutti  conoscono  8. 


* 
*     * 


II  Loisy,  come  accennammo,  commette  nel  suo  libro  due  difetti 
od  errori,  sparsi  e  disseminati  un  po'  dapertutto;  talora  professati 
xia  lui  apertamente,  talora  a  modo  di  ambiguita  che  stonano  molto 
colla  verita,  e  non  solo  colla  verita  dogmatica  (da  cui  si  puc-  pre- 
scindere, ma  cui  non  si  deve  negare  rnai)  ma  anche  dalla  verita 
storica  del  Yangelo.  Ed  il  Palmieri,  passando  in  rivista  le  pagine 
del  libro,  nota  passo  passo  gli  errori  che  incontra.  Facciarnone  una 
breve  rassegna. 

Un  primo  errore  od  almeno  grosso  equivoco  e  quello  del  Loisy 
in  rimandare  1'essenza  del  regno  de'  cieli  nell'altra  vita,  quasi  esclu- 
dendo  1'opera  sociale  di  Gesu  Cristo  in  terra  che  e  la  Chiesa  e  che 
e,  secondo  i  Padri,  quasi  un  primo  stadio  del  regno  di  Dio.  L'A. 
felicemente  confuta  il  Loisy  esaminando  le  parole  di  Gesu  Cristo 
il  quale  diede  a  Pietro  «  le  chiavi  del  regno  de'  cieli  »  (Matt.  16, 19) 
e  la  potesta  di  sciogliere  qualunque  cosa  «  sopra  la  terra  »  (m) ; 
simboli,  i  quali  evidentemente  suppongono  un  regno  anche  qui  in 
terra.  -  -  Un  secondo  errore  del  Loisy  e  quello  stesso  dell'Harnack, 
cui  egli  voile  confutare,  cioe  che  neH'anima  di  Gesu  sorgesse  a  poco 
a  poco  la  coscienza  di  essere  il  Messia,  e  che  quindi  vi  fu  un  tempo 

1  Etudes,  vol.  94  p.  145.  —  2  Ivi,  vol.  94  p.  495. 

3  DOMENICO  PALMIERI,  S.  I.,  Osservazioni  sullarecente  opera  «L'6- 
vangile  et  I'fcglise  par  Alfred  Loisy.  »  —  Roma,  tip.  A.  Befani,  Via 
-Celsa,  6,  7,  1903. 


716          LE   CONFUTAZIONI   DEL  LIBRO   DELL' ABATE   LOISY 

in  cui  Gesii  1'ignorava.  Anche  su  questo  punto  1'A.  confuta  pie- 
namente  PAbate  francese,  mostrandogli  con  varie  testimonial] ze  evan- 
geliche  la  falsita  delle  sue  asserzioni;  come  p.  es.  la  spiegazione 
(Tuna  profezia  d'Isaia  fatta  da  Gesii  nella  sinagoga  di  Nazaret 
(Luc.  4,  16  21),  la  rivelazione  pure  da  Lui  fatta  alia  Samaritana 
(Gio.  4,  26),  P  interrogazione  agli  Apostoli  e  la  lode  data  a  Pietro 
(Matt.  22,  42),  1'appello  ai  miracoli  che  faceva  (Gio.  10,  25)  ec- 
cetera. 

Altri  errori  del  Loisy  sono  quelli  che  riguardano  la  figliuolanza 
di  Gesu  Cristo  da  Dio,  figliuolanza  di  cui  Gesii  non  sarebbe  stato 
sempre  consapevole ;  il  non  avere  Gesu  Cristo  pronunziata  alcuna- 
formola  dogmatica  dell'esser  suo;  1'introduzione  dell'idea  di  reden- 
zione  fatta  da  S.  Paolo,  ma  ignota  prima  di  lui ;  P  essersi  Gesii 
Cristo  ingannato  riguardo  al  tempo  della  veDuta  del  regno  di  Dio, 
cioe  del  rinnovamento  dell'umanita ;  il  non  potersi  la  risurrezione 
provare  storicamente  dai  racconti  evangelici ;  la  Chiesa  non  essere 
d'istituzione  schiettamente  divina  ;  il  domma  essere  mutabile  per 
esser  sorto  dalle  specolazioni  umane,  secondo  le  leggi  del  progresso ; 
i  dommi  non  essere  legati  loglcamente  insieme,  esservi  contraddi- 
zione  tra  loro,  ma  la  Chiesa  coprirli  col  mistero  ;  la  Chiesa  pri- 
mitiva  non  aver  conosciuto  se  non  tre  sacramenti,  il  battesimo,  la 
confermazione  e  PEucaristia.  Errori  son  questi  che  PA.  ribatte  vit- 
toriosamente ;  ne  era  difficile  dimostrare  come  tutte  le  cose  anzi- 
dette  sono  contrarissime  alia  Fede  e  soho  quindi  errori  manifest!;, 
per  la  ragione  che  la  Chiesa  cattolica  insegna  la  verita. 


Tutto  questo  va  bene.  Ma,  trattandosi  di  confutare  i  raziona- 
listi  (e  il  Loisy  rappresenta  spesso  le  loro  veci) ;  i  razionalisti, 
diciamo,  i  quali  s'occupano  de'  fondamenti  storici  della  Fede,  sia 
dubitandone,  sia  negandoli,  non  possiamo  essere  efficaci  contro  di 
loro  se  non  mettendoci  sul  terreoo  apologetico,  ossia  se  non  ci 
trasportiamo  in  quel  primo  momento  logico,  il  quale  precede  nella 
nostra  mente  Pistituzione  della  Chiesa  e  Pispirazione  de'  libri  santi. 
In  fatti,  a  chi  sta  ancora  impigliato  nel  fondamento  della  fede, 
qual  e  la  storicita  umana  de'  Yangeli,  e  del  tutto  inutile  addurgli 
il  dogma  dell'ispirazione,  Pautorita  del  Concilio  di  Trento  od  altra 
autorita  posteriors  a  quel  fondamento. 

Non  si  ripetera  mai  abbastanza  ai  difensori  del  Cristianesimo 
de'  tempi  nostri  che  la  cultura  cristiana  ora  subisce  la  fase  sto- 


E   I  METODI   DI   DISCUSSIONE  717 

rica,  come  ai  tempi  de'  Padri  subi  la  fase  dogmatica  e  a  quelli 
de'  Dottori  medieval!  la  fase  ftlosofica.  Poiche  ora  gli  avversari  hanno 
preso  di  inira  il  fondamento  storico  della  Eivelazione ;  e  anche  quelli 
che  non  sono  avversarii  dichiarati,  come  e  il  Loisy,  accampano 
dubbii  che  pure  e  necessario  dissipare,  se  si  vuole  fare  cosa  utile 
alia  Keligione.  In  somma  pare  che,  come  tutte  le  scienze  naturali 
a'  nostri  tempi  rifanno  i  loro  calcoli  e  i  loro  conti,  cosi  la  scienza 
religiosa. 


II  detto,  come  e  manifesto,  riguarda  solamente  il  metodo  e  la 
tattica  della  discussion  e.  Yorremmo  cioe  che  contro  le  audaci  ne- 
gazioni  storiche  de'  razionalisti  e  della  critica  razionalistica,  si  pro- 
cedesse  dagli  apologisti  cattolici  sempre  con  argomenti  storici,  i 
quali,  certo,  non  fanno  difetto;  affinche  vegga  il  mondo  che  la  no- 
stra  fede  e  piu  salda  di  quel  che  essi  pensano.  Del  resto,  anche 
quanto  al  metodo  storico,  di  cui  qui  abbiamo  parlato,  il  P.  Pal- 
niieri  scrive  una  bella  pagina  che,  per  essere  di  persona  tarito  au- 
torevole  e  versata  negli  studii  teologici,  ci  place  riferire  a  comune 
istruzione.  Kibattendo  egli  1'accusa  che  la  Teologia  cattolica  di- 
sprezza  la  storia,  dice :  «  L'accusa  e  grave ;  ma,  fosse  anche  legit- 
tima,  il  che  non  credo,  essa  toccherebbe  alcuni  teologi,  non  mai 
la  teologia,  la  quale  avendo  per  principio  --  «  quello  e  vero  che  da 
principio,  e  quello  e  da  credersi  che  sempre,  che  dovunque,  che 
da  tutti  fn  creduto  »  —  obbliga  con  ci6  stesso  i  suoi  cultori  ad 
indagare  Tantichita,  e  giii  di  secolo  in  secolo  venendo,  cercare 
quello  che  sempre  e  da  tutti  o  dalla  maggior  parte  si  e  creduto... 
In  fin  de'  conti  oggetto  della  Teologia  e  la  rivelazione ;  or  questa 
e  un  fatto  storico.  La  Teologia  dunque  ha  per  proprio  dovere,  non 
solo  di  non  prescindere  dalla  storia,  ma  di  studiarla  seriamente... 
lo  per  parte  mia  fo  gran  conto  della  storia  e  credo  gli  studii  sto- 
rici non  tanto  utili  quanto  necessarii  adesso  per  difesa  e  confer  ma 
di  quanto,  anche  nel  campo  de'  fatti,  testifica  la  Chiesa  »  (p.  5-6). 


SCIENZE    NATURALI 


IL  NUOVO  AEGINE  DEL  NILO. 


II  Nilo  e  senza  dubbio  il  fiume  piu  famoao  del  mondo.  Per  lun- 
ghezza  di  percorso,  5920  chilometri,  non  e  superato  che  dal  Missis- 
sippi-Missouri ;  per  importanza  storica  da  nessun  altro,  poiche  a  nessun 
altro  e  toccata  la  sorte  di  essere  come  il  teatro  e  la  culla  della  piu 
antica  civilta.  Colle  sorgenti  per  lunghi  secoli  misteriosamente  nascoste 
tra  gli  ampii,  inesplorati  bacini  de'  monti  equatorial!,  esso  s'affaccia 
colla  foce  sul  Mediterraneo,  il  centre  del  mondo  civile,  il  grande  inter- 
mediario  tra  1'Oriente  e  1'Occidente,  e  vede  le  sue  sponde  conse- 
crate ab  antico  dai  piu  superbi  monumenti  dell'arte  umana,  piramidi, 
sfingi,  colossi  impassibili  di  granitoedi  basalto.  L'Egitto  e  per  tradizione 
iminemorabile,  avvezzo  a  vedere  le  opere  gigantesche  e  meravigliose 
de'  potentati  che  gli  si  adoperano  intorno  solleciti,  sieno  Faraoni  o  To- 
lomei,  Greci  o  Romani,  Francesi  o  Inglesi.  Oggi  sono  gli  Inglesi  che 
vengono  in  soccorso  di  quella  fertile  striscia  solcata  e  fecondata  gia 
piu  largamente  assai  che  oggi  non  sia  dal  fiume  sacro  e  benefico. 

Ogni  anno,  com'e  noto,  il  Nilo  rifornito  dalle  pioggie  torrenziali 
e  periodiche  della  zona  torrida,  ha  una  stagione  di  piena :  da  luglio 
al  principio  d'ottobre  cresce,  gonfia,  straripa ;  da  mezzo  ottobre  a  giu- 
gno  torna  lentamente  a  scemare. 

E  dove  giungono  le  sue  acque  o  per  naturale  invasione  della 
piena,  o  guidatevi  con  artificio  di  canali,  di  gore,  di  pompe,  di  ruote, 
di  altre  macchine,  quivi  depongono  uno  straterello  leggero  di  limo  che 
&  la  benedizione  dei  campi.  Uno  staio  di  grano,  ne  produrra  cento  :  il 
raccolto  e  assicurato,  la  vita  tranquilla. 

Ma  quel  sedimento  cosi  sottile  dell' impalpabile  terriccio,  a  poco 
a  poco  solleva  il  livello  del  suolo.  Non  sono  che  125  millimetri  in 
un  secolo,  in  ottocento  anni  un  metro:  niuna  generazione  basta  a 
notare  le  differenze :  ma  oltre  alia  testimonianza  dell'  immenso  Delta 
che  per  170  chilometri  di  lunghezza  e  270  di  larghezza  si  stende  oggi 
tra  i  due  rami  di  Damietta  e  di  Rosetta,  ed  e  forma  to  in  grandissima 
parte  dalle  predette  alluvioni,  la  storia  fornisce  il  primo  termine  di 
confronto.  Scolpita  in  iscrizioni  geroglifiche  sulle  rocce  dell'  isola  di 
Semneh,  essa  ci  assicura  che  oggimai  il  livello  delle  piene  piu  alte  e 
inferiore  di  8  metri  a  quello  segnato  ai  tempi  della  IX  dinastia. 

A  cio  concorre,  oltre  il  periodico  deposito  delle  acque  irrigatrici, 
la  lenta  ma  pure  sensibile  erosione  prodotta  dalle  acque  stesse  del 


1L  NUOVO   ARGINE   DEL  NILO  719 

fiume  sulle  rocce  delle  sue  famose  cateratte.  Queste  formano  come 
una  forturiata  disposizione  naturale  per  cui  il  letto  del  Nilo  da  Char- 
turn  giu  fino  ad  Assuan  (1'antica  Syene)  in  luogo  di  scendere  per 
un  pendio  uniforme,  scorre  formando  come  tanti  ripiani,  interrotti  da 
rapide  cascate  tra  gole  ristrette,  tra  rocce  e  scogli,  eve  (eccettuata 
la  sesta,  piu  vicina  a  Chartum)  e  impossibile  ogni  navigazione.  Queste 
cateratte  natural!  sono  sei,  la  prima  delle  quali  rimontando  la  cor- 
rente  s'incontra  presso  ad  Assuan  per  1'appunto  ;  ed  hanno  per  effetto 
di  porre  qualche  ritegno  al  corso  dell'acque,  sicche  queste  scorrendo 
piu  lentamente  negl'  intervalli  non  solo  si  porgono  alia  navigazione, 
che  insomnia  raccoglie  tutto  il  commercio  del  paese,  ma  in  tempo  di 
piena  possono  allargarsi  a  irrigare  la  campagna.  Anzi  tale  e  fin  dalle 
sorgenti  la  configurazione  e,  per  dir  cosi,  il  profile  verticale  di  questa 
immensa  fiumana:  dai  grandi  laghi  Yittoria  Nyanza,  a  1180  m.  sul 
mare,  che  fornisoe  il  Nilo  bianco,  e  dal  lago  Tana  in  Abissinia  a  1755 
m.,  che  alimenta  il  Nilo  azzurro;  le  acque  anche  prima  di  Chartum, 
ove  confluiscono  i  due  rami  del  fiume  reale,  scendono  al  basso  a  ma- 
niera  di  scala,  per  una  serie  di  altipiani  e  di  cascate. 

Orbene  il  Nilo  bianco  ha  per  suo  smisurato  serbatoio  il  detto  lago 
Yittoria,  che  misura  in  superficie  la  bellezza  di  68  500  chilom.  qua- 
drati  che  fanno  quanto  la  Lombardia,  il  Yeneto  e  TEmilia  insieme  com- 
prese.  I  due  laghi  Alberto  e  Alberto  Edoardo,  che  equivalgono  insieme 
a  oltre  dieci  volte  tutti  i  nostri  laghi  lombardi  riuniti,  apportano 
essi  pure,  indipendentemente  dal  Yittoria,  le  loro  acque  al  Nilo  bianco. 
Da  altro  canto  lo  ingrossano  i  poderosi  affluenti  che  scolano  dal  ver- 
sante  settentrionale  della  catena  interposta  fra  questo  bacino  e  quello 
meridionale  del  Congo. 

L'altro  ramo  principale  del  Nilo,  il  cosiddetto  fiume  azzurro,  esce 
dal  Lago  di  Tana,  posto  nel  cuore  dell' Abissinia,  con  un'area  di  2980 
chil.  quadrati  (il  lago  Maggiore  ne  ha  212),  ricco  di  pesci,  sparse  di 
isolette  basaltiche,  popolato  d'ippopotami,  ed  alimentato  a  sua  volta 
da  fertili  altipiani,  da  monti  vulcanici ;  ed  e  quello  che  reca  al  corso 
inferiore  del  Nilo,  insieme  con  un  note  vole  contributo  d' acque,  il  pre- 
zioso  limo  fecondatore  *. 

'  Ecco  la  composizione  chimica  del  limo  del  Nilo  corrispondente  a  100 
parti  d'acqua : 

Rena 63 

Carbonate  di  calce    .          18 

Quarzo,  silice,  feldspato,  hornblenda,  epidoto  9 

Ossido  di  ferro 6 

Carbonate  di  magnesia 4 

Esso  6  simile  a  un  concime  chimico  minerale;  la  natura  quivi  fa  da 
sd  alcun  che  di  somigliante  a  quello  che  la  coltura  razionale  moderna  cerca 
d'estendere  ai  nostri  campi. 


720  IL  NUOVO   ARGINE 

Ora  queste  immense  masse  d'acqua  riunite,  ancorchS  attenuate  per 
la  potente  evaporazione  dovuta  a  un  sole  tropicale,  precipitando  ro- 
vinose  giu  per  le  cateratte  a  dislivelli  enormi,  esercitano,  anche  solo 
colla  forza  meccanica  dell'urto  continuato  anni  e  secoli,  un'erosione, 
a  cui  non  c'e  granito,  ne  diorite,  ne  basalto  che  possa  resistere.  Si 
aggiunge  che  le  formazioni  geologiche  della  valle  del  Nilo,  come  di 
tutto  il  bacino  compreso  fra  la  catena  dell'Atlante  e  quella  del  Ti- 
besti,  che  circoscrive  da  occidente  il  deserto  deila  Libia,  non  sono 
pure  rocce  cristalline,  ma  in  gran  parte  creta,  calcari,  ed  arenaria, 
quelle  rosce  che  disfacendosi  per  1'  intemperie  si  risolvono  in  rena  e 
polvere  sottile,  le  terribili  sabbie  del  deserto.  Ma  calcare  ed  arenaria 
calcarea,  lo  sanno  tutti,  non  sono  soltanto  rocce  fragili  di  fronte  al- 
1'erosione  meccanica,  ma  cid  che  nel  caso  presente  ha  pure  la  sua  im- 
portanza,  non  isfuggono  all'erosione  chimica  dell'  acque  cariche  d'acido 
carbonico,  che  il  Nilo  bianoo  si  porta  in  seno  per  la  corruzione  di 
materie  organiche  fin  dal  suo  corso  super  ore.  Ivi  esso  impaluda  in  piu 
d'un  tratto,  tra versa  fores te  frondose  dalla  lussureggiante  vegetazione  : 
travolge  foglie,  radici,  tronchi,  oltre  i  resti  animali  che  vi  si  putre- 
fanno,  e  con  tutto  questo  carico  scende  alle  cataratte. 

Sappiamo  infatti,  che  il  carbonato  calcare  dall'acqua  pura  non  teme 
offesa;  ma  la  chimica  c'  insegna  che  esso  non  si  sa  difendere  dall'acqua 
carica  d'acido  carbonico,  e  in  quella  si  scioglie  piu  o  meno  larga- 
mente,  secondo  la  dose  e  la  pressione,  pronto  a  distrigarsi  dal  liquido, 
ove  sta  sempre  impigliato  di  mala  voglia,  tornando  in  sedimenti  e 
concrezioni  sulle  sponde,  nelle  caverne,  nq'  canali  sotterranei,  tosto 
che  1'acqua  lasci  sfumare  da  se  1'acido  carbonico. 

Cosi  awiene  che  questi  assalti  prolungati  flagellano  da  secoli  le 
Tocce  formanti  le  cateratte  del  Nilo.  Le  quali  non  s'hanno  da  imma- 
ginare  quasi  una  diga  o  un  salto  di  pochi  passi,  repentino ;  anzi  sono 
tratti  lunghi  parecchi  chilometri  (la  quarta  si  stende  fino  a  74  chi- 
lom.),  dove  tra  scogli  e  gole  si  precipitano  i  filoni  dell'acque  spumanti 
e  orrendamente  strepitose.  Oggi  pero  non  sono  piu  quelle  d'una  volta. 
L'acqae  s'hanno  aperto  dei  valichi  sempre  piu  larghi,  e  continuamente 
sfondate  nuove  brecce,  rodono  le  sponde,  scavano,  eguagliano,  sicche 
1'ufficio  delle  cateratte,  che  dev'essere  di  trattenere  a  uso  di  immense 
pescaie  le  acque  superiori,  vien  meno  in  gran  parte.  Basti  dire  che 
tra  le  due  estreme,  tra  Chartum  e  Assuan,  di  270  000  chilometri 
quadrati  di  terreni  beneficati  in  antico  dalle  acque  del  Nilo,  2000  ap- 
pena  sono  oggi  capaci  di  coltura.  E  in  Egitto  dove  non  arriva  il  Nilo, 
sopravviene  il  deserto  invasore.  Quando  si  pensa  che  tutta  1'Alta  Italia, 
cioe  la  grande  valle  del  Po  tra  1'Alpi  e  1'Apennino  (esclusa  la  Li- 
guria)  arriva  appena  a  99  000  ohilom.  quadrati,  si  puo  far  ragione 
se  mettesse  con  to  cercare  in  Egitto  di  porre  tiparo  alle  deficienze  del 
fiume  fecondatore. 


DEL   NILO  721 

Ma  d«l  governo  del  paese  non  era  da  aspettare  nulla,  tanto  meno 
dalla  Porta  neghittosa,  potenza  poco  solvibile  (come  si  direbbe  in  gergo 
commerciale)  ed  erede  degnissima  della  fides  graeca  usata  gia  nei  ter- 
ritorii  oggi  occupati  dalla  mezzaiuna.  Quest'  impresa  la  tolsero  sopra 
di  se  gl'  Inglesi,  oggi  qualcosetta  piu  che  protettori  delPEgitto. 

Lasciando  da  parte 
le  immense  chiuse  del 
Delta  fatte  gia  nel  secolo 
passato  dai  Francesi  e 
poi  riparate  dagl'  Inglesi 
dal  1885  al  1890,  si  trat- 
tava  ora  di  rimediare  al 
<;orso  medio  del  Nilo  e 
-a  quello  che  risponde  al 
disopra  immediatamente 
della  prima  cateratta. 

Con  una  diga  gittata 
sul  fiume  a  Siut  e  assi- 
curato  1'alimento  ai  gran 
canale,  cosiddetto  di  Giu- 
seppe, che  si  stacca  dal 
fiuine  a  Esneh  e  mette 
capo  alia  depressione  del 
Fay  urn,  formando  il  lago 
di  Birket  el  Kerun,  e 
provvedendo  all'  irriga- 
zione  di  1200  chilometri 
quadra ti  di  un  fertilis- 
simo  suolo. 

Ma  un  lavoro  piu  co- 
lossale  ancora  e  la  nuova 
diga  o  cateratta  artificiale 
costruita  poco  sopra  As- 
suan  47  e  inaugurata  il  iO 
•dicembre  1902  dal  Ke- 
dive  in  presenza  del  Duca  di  Connaught.  Essa  riesce  subito  a  monte 
della  prima  cateratta  naturale,  di  cui  viene  a  formare  come  un  op- 
portune e  potente  sussidio,  a  960  chilometri  dal  Cairo,  sotto  il  24°  di 
latitudine  cio&  quasi  sotto  il  tropico  del  Cancrov  in  sui  confini  della 
zona  torrida. 

1  Questa  figura  6  tratta  dal  Cosmos  n.  937  insieme  con  varie  notizie 
ivi  rife  rite  in  un  beilo  studio  di  P.  di  Vr<§gille.  L'altra  figura  dell'argine  6 
tolta  all1 'Idler,  London,  dec.  19 J 2. 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1266.  46  13  marzo  1903. 


PLAN 

o  u 

BARRAGE  o  ASSOUAN 


722  IL  NUOVO  ARGINE 

Quivi  il  letto  s'  allarga  in  forma  d'  un  bacino  naturale  tra  sponde 
di  granite,  ove  emergono  alcune  isolette,  tra  1'  altre  la  piccola  File 
(Philae),  che  alia  grazia  pittoresca  delle  sue  palme  specchiate  nelle 
acque  accoppia  nel  suo  incomparabile  tempio  d'  Iside  1'  incanto  del- 
P  arte. 

L'  immensa  chiusa  e  fabbricata  a  guisa  d'  un  muraglione  di  gra- 
nito  lungo  due  chilometri  incirca,  che  attraversa  il  fiume,  e  sollevato 
25  metri  sul  livello  di  magra.  La  fronte  a  valle  e  scarpata  fortemente 
come  un  bastione,  quella  invece  che  guarda  a  monte  poco  si  seosta 
dalla  verticale.  180  porte  di  7m,50  per  2m,25  danno  il  passo  alle  onde, 
e  sono  distribuite  egualmente  per  tutta  la  lunghezza,  e  munite  tutte 
di  cateratte  in  ferro,  che  si  possono  agevolmente  maneggiare,  ancor- 
ch&  taluna  pesi  14  tonnellate  e  sopporti  dall'  acqua  una  pressione  di 
450  tonnellate.  II  grosso  muraglione  si  va  restringendo  verso  la  cima, 
ma  vi  presenta  ancora  una  carreggiata  larga  8  metri  che  tiene  luogo 
di  ponte  ed  e  tanto  alto  che  anche  in  tempo  di  piena  sorpassera  le 
acque  di  dieci  metri.  E  calcolato  che  per  tal  modo  P  ampio  serba- 
toio,  formato  dalle  ripide  sponde  del  fiunie  e  dal  nuovo  argine  traverso, 
possa  contenere  oltre  a  1000  milioni  di  metri  cubi  di  acqua,  e  faccia 
rigurgitare  il  fiume  fino  a  30  chilometri  sopra  Assuan,  restituendo  a 
coltura  2400  chil.  quadrati  di  terreni. 

E  facile  intendere  quanto  debba  essere  costata  di  fatica,  di  spesa, 
d'ingegno  e  d'energia  un'impresa  si  gigantesca. 

La  spesa  1'assunse  sopra  di  se  la  ditta  inglese  John  Aird  &  C% 
commettendo  a'  sigg.  Ransonnes  e  Rapier  Pimpresa  della  parte  me- 
tallica.  II  Governo  egiziano  finora  concorse  solo  degnandosi  di  lasciar 
fare  agl'Inglesi,  e  protestando  che  non  avrebbe  dato  pure  un  een- 
tesimo  se  non  a  cose  finite  e  ben  riuscite.  E  si  puo  ritenere  che  fin 
qui  non  gli  sia  costato  molto  serbare  la  parola. 

II  capitale  di  2  1/2  milioni  di  sterline,  investito  in  quel  superbo 
lavoro  di  pubblica  utilita  pel  paese,  e  convenuto  che  PEgitto  lo  ri- 
scattera  per  mezzo  di  annuita  di  160  000  sterline.  Ora  Lord  Cromer 
stima  che  Pentrate  del  governo  egiziano  guadagneranno  dalle  tasse 
d'irrigazione  L.  st.  360  000  ogni  anno  :  sicche  pagata  largamente  Pan- 
nuita  dovuta  ne  resta  ampio  benefizio  al  governo,  e  2  milioni  e  mezzo 
annui  di  ricchezza  cresciuta  alia  contrada. 

Ma  piu  del  costo  materiale,  per  niente  sproporzionato  ai  capital! 
inglesi  e  guarentito  dalla  fiducia  d'un  pronto  rimborso,  e  degna  d'am- 
mirazione  la  fatfrura  stessa  dell'opera  gigantesca  compiuta  in  si  breve 
spazio  di  tempo  e  tra  tante  difficolta  di  natura.  Appena  conclusa  la 
convenzione  col  governo  del  Kedive,  nel  febbraio  1898  si  principia- 
rono  i  lavori  preparatorii,  s'apersero  i  cantieri,  con  abitazioni,  ufficir 


DKL  NILO  723 

spedali,  magazzini,  officine,  una  vera  citta,  presto  popolata  di  mi- 
gliaia  d'operai  convenuti  da  varii  paesi,  in  gran  parte  Italian! ,  che 
fecero  onore  al  nome  loro  :  intelligent!,  sobrii,  laboriosi.  II  12  feb- 
braio  1899  il  Duca  di  Connaught  pose  la  prima  pietra.  Ed  i  lavori 
furono  cosi  bene  ordinati,  condotti  con  tanta  previdenza,  con  tanta 
larghezza  e  generosita  dagl'imprenditori,  che  non  solo  non  s'ebbero 
a  lamentare  disgrazie,  ma  concorrendo  la  buona  volonta  e  1'alacrita 
dei  direttori  insieme  e  degli  esecutori,  1'opera  che  conforme  al  con- 
tratto  do^eva  essere  terminata  nel  luglio  1903,  fu  consegnata  invece 
otto  mesi  innanzi,  col  guadagno  delle  acque  d'un'annata,  tutta  a  be- 
nefizio  dei  coltivatori. 


In  costruzioni  di  tal  fatta,  come  s'intende  facilmente,  il  punto 
piu  scabroso  ^  gittare  le  fondamenta.  Si  trattava  di  lavorare  nell'ac- 
qua,  sotto  1'acqua,  a  dispetto  dell' acque  furiose,  non  d'un  torrente 
ma  d'un  fiume  tra  i  piu  grandi  del  mondo.  Si  dovette  in  tempo  di 
magra  a  qualche  distanza  a  inonte  del  luogo  prescelto  fare  delle  di- 
ghe  parziali,  tan  to  da  isolare  quel  tratto  ove  si  lavorasse :  dighe  com- 
poste  di  sacchi  di  rena,  di  massi  pesanti  accumulati,  i  piu  gross! 
che  fosse  possibile  :  ne  bastando  questi  contro  1'impeto  dell'onde  in- 
calzanti,  ridursi  a  empirne  de'  vagoni  interi,  collegati  con  canapi 
d'acciaio,  e  buttati  a  fare  argine.  Quindi  cominciava  il  lavoro  delle 
pompe  incaricate  del  prosciugamento. 

In  qualche  punto^non  si  trovava  fondo  sodo  :  in  cambio  di  gra- 
nito,  s'incontrarono  talora  rocce  schistose  friabili  che  sono  la  dispe- 
razione  degl'ingegneri.  Convenne  qua  e  la  sprofondarsi  fino  a  13  me- 


724  IL  NUOVO  ARGINE  DEL  NILO 

tri  sotto  il  letto  del  fiume,  e  non  per  piantarvi  un  pilastro  soltanto, 
ma  un  muraglione,  che  allargandosi  a  scarpa  prende  a  quella  profon- 
dita  33  metri  di  grossezza.  Ma  costi  quei  che  vuole,  il  lavoro  s'ha 
da  fare,  e  fu  fatto  e  ben  fatto. 

Lunghesso  il  fiume  sulla  sponda  sinistra,  in  capo  all'  argine,  fu 
pensato  pure  di  aprire  un  canale  largo  da  10  a  11  metri,  che  serva 
alia  navigazione,  e  corre  tra  due  mura  di  granito.  Quattro  enormi  e 
robuste  porte  di  ferro,  ingegnosamente  disposte  per  reggere  alia  po- 
derosa  pressione  dell'acqua,  servono  a  regolarne  il  corso  e  il  livello,  e 
cosi  schivata  e  supplita  la  prima  cateratta,  il  tratto  superiore  e  1'in- 
feriore  del  Nilo  sono  raccordati. 

Tutto  questo  non  e,  per  dir  cosi,  se  non  un  preambolo  ad  altri 
lavori  meditati  dagl'  Inglesi  per  sistemare  tutto  il  corso  del  Nilo  fino 
ai  laghi  centrali :  perche  bene  osserva  il  Willcoks,  uno  degl'inge- 
gneri  direttori,  non  e  veramente  padrone  d'un  canale  d' irrigazione- 
chi  non  ne  ha  in  mano  la  sorgente. 

Ora  per  rimediare  alle  anomalie  accidentali  delle  piogge  tropicaliv 
non  ogni  anno  perfettamente  eguali,  converrebbe  potere  sistemare  pure 
i  laghi  di  Tana,  il  Yittoria  e  1'Alberto,  che  costituiscono  i  serbatoi 
naturali  del  Nilo.  Una  chiusa  con  cateratte  al  lago  di  Tana,  che  ne 
rialzasse  il  livello  e  permettesse  di  regolarne  lo  sfogo,  se  dipendessa 
dagl'Inglesi  sarebbe  cosa  fatta  :  le  condizioni  topografiche  e  idrogra- 
fiche  sono  eccellenti.  Ma...  non  cosi  le  politiche.  Esso  sta  nel  bel 
mezzo  dell'Abissinia.  E  darne  la  chiave  in  mano  al  Negus  chi  lo  ap- 
proverebbe  ? 

II  lago  Yittoria,  che  e  piu  ampio  ancora,  s*  apre  nel  corso  del 
Nilo  con  una  bella  cascata,  il  «  Ripon  Falls  »  di  3m  £/g  d'altezza,  fa- 
cile ad  arginare  e  regolare,  situata  in  territorio  inglese.  Ma  rial- 
zato  il  livello  del  lago,  la  sponda  meridionale  sara  in  parte  invasa 
dairacque.  Essa  e  in  territorio  tedesco.  Se  ne  contenteranno  quest! 
signori  ? 

Resta  1'Albert  Nyanza  tutto  circondato  da  territorio  inglese.  Quivi 
il  leoae  britannieo  pud  fare  il  piacer  suo  :  con  una  chiusa  ben  fatta 
esso  potra  aprire  e  serrare  la  fonte  del  Nilo,  prendere  1'Egitto  per 
la  fame  e  per  la  sete.  L'  Inglese  non  &  solo  buon  ingegnere  :  egli 
non  si  scorda  mai,  ne  anco  dormendo,  d'essere  politico.  Intanto  per6 
aver  ridato  alia  coltura  e  al  mondo  moderno  gran  parte  del  granaia 
del  mondo  antico,  e  volerne  ridare  altre  parti  ancora,  e  benefizio  uni- 
versale  fatto  a  tutto  il  genere  umano,  fatto  alia  civilta,  meritevole 
del  piu  alto  encomio  da  tutte  le  nazioni  senza  distinzione. 


CRONAGA  CONTEMPORANEA 


Roma,  27  felbraio  -  12  marzo  19C3. 

I. 
COSE  ROMANS 

1.  Feste  del  Giubileo  Pontificate  di  Leone  XIII.  Ricevimento  dell'Amba- 
sciata  spagnuola  e  di  tutto  il  Corpo  diplomatico.  —  2.  Nuovi  doni  of- 
ferti  al  Santo  Padre.  —  3.  Pranzo  a  mille  poveri  al  Belvedere.  —  4. 
Accademia  letteraria  in  onore  del  Santo  Padre.  —  5.  Omaggio  del 
Parroci  d'ltalia.  —  6.  Tridui  per  il  Giubileo.  —  7.  Solenne  Cappella 
papale  in  S.  Pietro. 

1.  I  nostri  lettori  non  si  maraviglieranno  certamente  se  la  nostra 
cronaea  anehe  questa  volta  riempira  le  poche  pagine  di  cui  pud  di- 
sporre  colla  sola  memoria  delle  feste  pel  Giubileo  pontificate;  riman- 
dando  ad  altro  quaderno  ogni  altro  argomento.  Nessun  altro  fatto  pre- 
sente  uguaglia  1'  importanza  di  questo  storico  avvenimento. 

La  Spagna  anche  in  quest'occasione  non  voile  venir  meno  alle 
sue  cavalleresche  e  religiose  tradizioni  ed  il  giovine  Re  Cattolico  con 
nobile  sentimento  voile  inviare  speciale  Ambasceria  al  Santo  Padre 
a  capo  della  quale  fu  il  conte  di  Almodovar,  per  congratularsi  con 
Lui  delle  presenti  feste.  Essa  fu  ricevuta  con  tutti  gli  onori  d'uso 
il  24  febbraio. 

11  27  seguente,  tutto  il  Corpo  diplomatico  accreditato  presso  la 
Santa  Sede  era  ammesso  per  lo  stesso  scopo  in  udienza  solenne  dal 
Santo  Padre  nella  Sala  del  Trono.  Dopo  che  il  Papa  si  fu  seduto,  1'Am- 
basciatore  di  Portogallo  ii  sig.  Michele  Martins  d'Antas,  qual  decano  del 
Corpo  diplomatico,  lesse  a  nome  di  tutti  i  suoi  colleghi  un  nobile  indi- 
rizzo,  al  quale  Sua  Santita  degnavasi  rispondere  con  parole  di  paterno 
affetto.  Quindi  lo  stesso  ambasciatore  presentava  i  colleghi  nel  loro 
ordine  d'anzianita :  il  Conte  Nicolo  Szecsen  di  Temerin,  ambasciatore 
d'Austria,  il  quale  rimetteva  nelle  mani  del  Papa  una  lettera  auto- 
grafa  di  S.  M.  1'  Imperatore :  il  Sig.  D.  Giuseppe  Guttierez  de  Aguera, 
ambasciatore  di  Spagna :  il  Barone  Antonio  de  Cetto  Ministro  di  Ba- 
viera,  che  anch'esso  presentava  una  lettera  di  S.  A.  R.  il  Principe 
Reggente  :  il  Conte  Giulio  de  Wagner  Ministro  del  Principato  di  Mo- 
naco: il  Sig.  D.  Giovanni  de  Goyeneche,  Ministro  del  Peru:  il  Ba- 
rone d'Erp,  Ministro  del  Belgio:  il  Barone  Wolfram  de  Rotenhan, 


726  CRONACA 

Ministro  di  Prussia :  il  Sig.  Enrico  Salvatore  Sanfuentes,  Ministro  del 
Chili:  il  Duca  Amedeo  de  Astraudo,  Ministro  della  Repubblica  Do- 
menicana  :  il  Sig.  Gioachino  Caso,  Ministro  della  Bolivia  :  il  Dott.  Em- 
manuele  M.  de  Peralta,  Ministro  di  Costarica  :  il  Dott.  Brunone  Chaves, 
Ministro  del  Brasile,  accreditato  dal  suo  Governo  con  missione  spe- 
ciale per  la  solenne  circostanza :  il  Sig.  Costantino  Goubastow,  Mi- 
nistro di  Russia:  il  Comm.  Francesco  Mansella,  Incaricato  d'Affari 
del  Nicaragua :  ed  il  Comm.  Daniele  Garcia-Mansilla,  Incaricato  d'Af- 
fari dell' Argentina.  I  oapi  poi  di  ciascuna  Missione  presentarono  a 
loro  volta  il  rispettivo  personale  d'Ambasciata  e  di  Legazione. 

Assistevano  pure  al  ricevimento  le  persone  addette  aH'Ambasciata 
di  Franoia :  non  pero  1'Ambasciatore  Sig.  Armando  Nisard  che,  desi- 
gnate dal  Governo  della  Repubblica  in  Missione  straordinaria  per  le 
presenti  feste  giubilari,  avra  piu  tardi  udienza  speciale  dal  Santo  Padre. 

2.  Nuovi  doni  vennero  offer ti  questi  giorni  a  S.  S.:  noi  non  fa- 
remo  che  accennare  a  quello  d'un  artistico  calamaio  d'argento  fina- 
mente  layorato,  omaggio  presentato  a  nome  delle  Guardie  palatine  dal 
loro  Comandante  comm.  Crostarosa,  e  quello  veramente  super  bo  di  una 
nuova  Sedia  gestatoria,  regalata  dai  Camerieri  Segreti  e  d'Onore,  di 
Cappa  e  Spada,  fatta  su  elegante  e  ricco  disegno  del  Prof.  Sneider, 
architetto  dei  Palazzi  Apostolici. 

Graziosissimo  e  molto  caro  a  Leone  XIII  riusci  un  presente  del 
Conte  Comm.  Capogrossi-Guarna.  Era  egli  a  caso,  tempo  fa,  venuto 
in  possesso  di  due  libri  scolastici  editi  nel  1800,  un  Virgilio  ed  un 
Cicerone,  annotati  di  mano  del  Santo  Padre  allorche  era  studente. 
Con  gentile  pensiero  li  fece  bellamente  rilegare  e  li  offri  al  Yenerando 
Pontefice,  che  con  molta  piacevolezza  e  soddisfazione  aocetto  quel  ri- 
cordo  degli  anni  passati  nei  prediletti  studi  della  classica  latinita. 
Alcune  delle  annotazioni  agli  stessi  volumetti  sono  del  defunto  Car- 
dinal Pecci  fratello  del  Papa. 

Speciale  ricordo  merita  qui  un  altro  dono  rarissimo  per  il  valore 
artistico,  e  di  pregio  veramente  regale,  offerto  al  Santo  Padre  a  nome 
di  S.  A.  R.  il  conte  di  Caserta  dal  duca  di  S.  Martino  il  2  marzo. 
E  il  celebre  Orologio  o  Planisfero  Farnesiano,  opera  di  Bernardo 
Facini  di  Piacenza  che  lo  lavord  per  i  Duchi  di  Parma  nei  1725, 
con  un  mirabilissimo  congegno  disposto  con  arte  cosi  consumata  che 
anche  ai  di  nostri  col  progresso  delle  scienze  meccaniche,  parrebbe 
miracolosa.  Le  parti  principal!  dello  strumento  sono  regelate  a  in- 
dicare  le  ore  e  loro  frazioni  secondo  1'uso  d' Italia  e  quello  di  Spa- 
gna,  a  rappresentare  il  movimento  apparente  della  sfera  celeste; 
il  sorgere  e  tramontare  del  sole,  raffigurato  da  un  disco  simile  a 
grosso  rubino,  a  misurare  la  durata  dei  giorni  e  delle  notti  se- 
condo le  stagioni,  e  riprodurre  i  principali  fenomeni  del  sistema 


CONTEMPORANE A  727 

planetario.  Ha  fra  gli  altri  un  apposite  cerchio  dorato  che  da  il  tempo 
astronomico  ed  una  fascia  circolare  colle  costellazioni  dello  zodiaco 
che  gira  con  moviinento  annuale,  imitando  cosi  stupendamente  il  moto 
apparente  della  sfera  celeste  intorno  al  sole.  A  questo  poi  aggiungausi 
fregi,  figure,  ornati  che  ne  fanno  una  meraviglia. 

La  custodia  di  ebano  che  lo  lascia  vedere  attraverso  larghi  cri- 
stalli,  porta  in  alto  lo  stemma  di  Leone  XIII  in  argento  su  fondo 
d'oro,  coi  proprii  color i  a  smalto.  sostenuto  da  vaghissimi  putti :  in 
basso  lo  scudo  dei  Borboni  delle  Due  Sicilie  e  appie  dello  scudo  una 
targa  con  quest'epigrafe :  Leoni  XIII  —  Exacto  Summi  Pontificatus 
Anno  XX  V  —  Alphonsus  Maria  Borbonius  —  Comes  Casertanus  — 
Pignus  laetitiae  —  Obsequiique  sui.  Sulla  stessa  base  alia  parte  op- 
Dosta  sono  queste  parole  :  Comes  Stephanus  San  Martino  Ramondetto 
—  ex  ducibus  Montis  Albi  —  duoc  Sancti  Martini,  Comitis  Casertani 
orator  tradidit. 

II  dono  riusci  veramente  degno  dell'offerente  e  dell'Augusto  Pon- 
tefice  a  cui  era  presentato  in  si  felice  occasione. 

3.  Alle  feste  del  Giubileo  Pontificale  non  dovevano  mancare  i  po- 
veri  di  Gesu  Cristo;  ed  il  Santo  Padre  stesso,  a  far  si  che  vi  potes- 
sero  prender  piu  larga  parte,  voile  che  Pobolo  ch'Egli  riceve  dai  figli 
suoi  si  riversasse  in  misura  piu  larga  dell'ordinario  sugli  indigenti. 
A  tal  fine  fece  rimettere  nelle  mani  del  Cardinal  Yicario  venticinque- 
mila  lire  a  beneficio  dei  poveri  in  Roma :  ventimila  ne  largi  a  Pe- 
rugia, diecimila  a  Carpineto,  per  servire  in  parte  a  fondare  cucine 
economiche  e  cassa  rurale  in  quelle  cittd,  ed  altre  venticinquemila 
fece  distribuire  a  sollievo  delle  povere  religiose  ridotte  dalle  spoglia- 
zioni  e  dalle  coDfische  alia  piti.  compassionevole  miseria. 

Ad  imitazione  dell'Augusto  esempio,  le  Societa  Cattoliche,  i  Co- 
mitati,  le  parrocchie  organizzarono  larghe  distribuzioni  di  soccorsi, 
agapi  fraterne,  e  tutta  quella  varieta  di  opere  pie,  di  cui  la  carita 
cristiana  e  feconda  inventrice. 

Una  delle  prime  fu  quella  del  Comitato  Internationale  per  le  Feste 
Giubilari,  il  quale  raduno  per  la  domenica  22  febbraio,  a  mezzo- 
giorno7  nei  vasti  locali  del  Belvedere  in  Yaticano,  ornati  opportuna- 
mente,  mille  tra  poveri  e  povere  dei  varii  rioni  di  Roma  e  diede 
loro  un  lieto  desinare  in  onore  e  memoria  del  Giubileo  pontificale. 
Benedette  le  mense  da  Mgr.  G-azzoli,  il  comm.  Tolli,  presidente  del 
Comitato,  con  poche  parole  adattate  spiego  ai  convitati  il  significato 
della  festa  e  Mgr.  Angeli  distribui  a  ciascuno  di  loro  una  corona 
benedetta  dal  Papa.  I  commensali,  disposti  in  venticinque  grand! 
tavole,  erano  serviti  dalle  Figlie  della  Carita.  II  pranzo  (che  com- 
prendeva  due  portate  di  came,  dolce  e  frutta)  era  rallegrato  dal  con- 
certo della  Guardia  Svizzera  e  si  capisce  facilmente  che  non  manca- 
rono  1'appetito,  Pallegria,  e  gli  Evviva  a  Leone  XIII. 


728  CRONACA 

La  Societa  degli  Interessi  Cattolici  voile  anch'essa  far  parte  larga 
ai  poveri  nelle  feste  romane  da  lei  organizzate :  e  il  suo  Comitato, 
composto  del  Notabili  del  qaindici  Rioni  della  Citta,  dispose  tra 
1'altro,  di  somministrare  un  complete  corredo  ai  bambini  d'ambo  i 
sessi  di  famiglie  povere  di  Rjma,  nati  nelie  24  ore  del  3  marzo:  di 
accogliere  per  sei  giorni,  a  un  sa  TO  ritiro,  93  giovanetti  in  preparazione 
alia  prima  Comunione  nello  stesso  lieto  giorno.  Ai  70  piccoli  corredi 
lavorati  dalle  Signore  stesse  dei  varii  Rioni  e  dalle  ascritte  all 'Opera 
della  Santificazione  della  festa,  il  Santo  Padre  aveva  aggiunto  uaa 
piccola  medaglia  d'argento,  che  rimarra  testimoaio  e  ricordo  ai  felici 
neonati  della  loro  fortuna. 

4.  Magnifico  omaggio  al  Po7itefice  riusci  la  splendida  Accademia 
tenutasi  il  5  marzo  nella  Chiesa  de'  Santi  Apostoli,  trasformata  per  la 
circostanza.  Dinanzi  alPaltar  maggiore  sopra  un  ampio  palco  a  gra- 
dinata  circolare  erano  disposti  i  cori  e  Porchestra,  piu  di  trecento  per- 
sone.  Piu  in  mezzo  al  posto  d'onore  erano  S.  E.  il  Card.  Ferrata, 
Mgr.  Poletto,  Mgr.  Sardi,  il  Comm.  Tolli,  e  il  Cav.  Persichetti.  Sede- 
vano  primi  fra  gli  spettatori  diciotto  Cardinali  e  una  sessantina  di 
Yescovi :  aseistevano  pure  la  duchessa  di  Meeklemburgo,  il  principe 
di  Lichtenstein,  varii  membri  del  Corpo  diplomatic©  :  una  folia  di  iorse 
cinque  mila  persoae  gremiva  la  chiem,  illuminata  da  sedici  lampa- 
dari  a  lampadine  elettriche.  Dopo  il  lungo  ed  eloquente  discorso  col 
quale  il  Card.  Ferrata  tesse  le  lodi  del  pontificate  di  Leone  XIII, 
seguirono  un' elegante  lode  alcaica  di  Mgr.  Sardi,  e  le  vivaci  strofe  degli 
altri  tre  president!.  La  parte  musicale  diretta  dal  M.  Perosi  comprendeva 
oltre  varii  pezzi  d'orchestra,  il  Preludio  della  Risurrezione  di  Cristo,  il 
Finale  dello  stesso  Oratorio,  e  il  delizioso  coro  Jucundare  filia  Sion 
tratto  dall'Oratorio  del  Natale.  Fu  tale  il  comune  entusiasmo  e  P  insi- 
stenza  dei  battimani  che  si  dovettero  bissare  il  primo  e  Pultimo  coro. 

Benche  la  materia  ci  vada  di  troppo  crescendo  tra  le  mani,  non 
possiamo  tacere  di  un'altra  Accademia  per  il  carattere  suo  gia  noto 
ai  nostri  lettori  ma  sempre  mirabile  e  quale  Roma  sola  Cattolica  pud 
presentare:  vogliamo  dire  la  solenne  Accademia  poliglotta  tenutasi 
nella  Chiesa  del  Pontificio  Collegio  di  Propaganda  Fide  lunedl  2  marzo 
vigilia  del  fausto  anniversario. 

La  presiedeva  il  Cardinal  Gotti,  Prefetto  di  Propaganda,  il  Car- 
dinal Agliardi,  Prefetto  della  Economia  della  S.  C.  di  Propaganda,  i 
Card,  rierotti,  Martinelli,  Srampa  e  Bacilieri.  Yi  assistevano  oltre 
Mgr.  Yeccia  Segretario  di  Propaganda  e  Mgr.  Savelli  Spinola,  Se- 
gretario  di  Propaganda  per  gli  affiri  di  Rito  Orientale,  molti  Yescovi 
ed  illustri  personaggi  di  passaggio  in  Roma  per  il  Giubileo  papale. 

L' Accademia,  divisa  in  tre  parti,  inneggio  al  Yenerando  Ponte- 
fice  svolgendone  i  Fasti  gloriosi  nelle  piu  svariate  ed  alcune  di  loro 


CONTEMPORANEA  729 

stranissime  lingue  che  in  generale  era  la  nativa  del  giovane  dicitore. 
Yi  erano  rappresentate  natural  men.  te  le  lingue  europee  lo  spagnuolo, 
il  portoghese,  il  francese,  Tin^lese,  il  polacco,  lo  svedese,  il  norve- 
gese,  1'irlandese,  il  russo,  il  tedesco,  1'olandese,  1'ungherese,  il  ru- 
meno,  il  retico,  il  greco  moderno,  coirantico,  1' italiano  ed  il  latino : 
tra  le  asiatiche,  1'ebraico,  il  caldeo  letterario  e  il  volgare,  il  siriaco, 
il  samaritano,  il  turco,  1'arabo,  Pasforico,  il  curdo,  I'armeno  volgare 
ed  il  letterario,  il  cinese,  il  malabarese  ;  tra  i  linguaggi  africani  il 
copto,  il  caffro,  lo  zulu,  1'etiopico  e  il  bacca  parlato  da  un  giovane 
del  Natal;  e  finalmente  anche  1'Amenca  uni  al  concerto  conmne  i 
suoi  accenti  per  la  bocca  di  un  Indo-Americano  parlante  la  lingua 
detta  Algonquin. 

5.  Tra  i  varii  ossequi  prestati  al  S.  Padre  in  questi  giorni  merita 
specials  menzione  quello   della  Commissione    de'  Parroci   d'ltalia  le 
cui    parrocchie  sono    sacre   all'Apostolo  S.  Pietro.  Essa,  guidata   da 
Mgr.  Ottaviano  Odor;sio,  nella  solenne  udienza  del  20  febbraio  offerse 
al  Papa  un  ricchissimo  Album  di  squisita  fattura,  contenente  in  versi 
e  in  prosa    in  italiano  ei  in  latino  i  voti,  gli  affetti,  1'esultanza  delle 
popolazioni  in  questa  avventurosa   ricorrenza ;  e  di  piu   un  cospicuo 
obolo  accompagnato  da    un  elaborate   indirizzo   latino.  II   Yenerando 
PontefiVe  mostro  di  gradire  assai  il  devoto  omaggio  presentato  da  quel 
gruppo  di  zelanti  pastori  riuniti  a  suoi  piedi  dalle  varie  regioni  ita- 
liane,  e  con  benevolo  sorriso  benedicendoli,  per  ciascuno  trovava  pa- 
role di  paterno  incoraggiainento.  Pot  con  delicata  premura  andava  ri- 
petendo :  datemi,  datemi  questo  album:  voglio  vederlo. 

Ricordiamo  i  nomi  del  dodici  Parroci  che  componevano  la  Com- 
missione:  per  la  regione  Beneventana,  Mgr.  Ottaviano  Odorisio  di 
Agnone,  D.  Luigi  Gampopeda  di  Portocannone,  D.  Alfonso  Fratan- 
gelo  di  Castellino,  D.  Achille  Cifelli  di  Cerro  al  Yolturno:  per  la 
Lombardia,  D.  Giuseppe  Crespi  di  Yailate,  D.  Cesare  Donini  di  Pbi- 
lenzo:  per  la  Toscana  D.  Pietro  Gonnelli  di  S.  Pietro  al  Tirreno  e 
D.  Ferdinando  Morini  di  Cogliolo  :  per  il  Piemonte  D.  Guglielmo  Piola 
di  Oleggio  :  pel  Yeneto  D.  Antonio  Busetto  di  S.  Pietro  in  Yolta: 
per  1'Umbria  D.  Luigi  Ceci  di  Cingoli:  per  la  Sicilia  P.  Arcangelo 
Rubulotta  di  Agira.  La  sera  precedente  erano  stati  ammessi  pure  da 
S.  E.  il  Cardinal  Rampolla  che  molto  si  compiacque  della  nobile  idea. 

6.  Era  ben  giusto  che  si  pensasse  a  render  grazie  pubblicamente  a 
Dio  con  speciale  solennita,  del  favore  accordato  alia  sua  Chiesa  in  questo 
faustissimo  Giubileo  e  della  visibile  protezione  di  cui  la  sua  provvi- 
denza  ha  circondato  la  vita   gloriosa    del  Yenerando  Pcntefice.  E  fu 
ottimo  pensiero  quello  del  Collegio  de'  Parroci  che  promosse   a  que- 
sto fine  un  primo    triduo    nella   Basilica   dei    SS.  XII  Apostoli   nei 
giorni  20,  21,  22  febbraio  scorso.  Un  altro  ne  successe  poi  per  cura 


730  CRONACA 

della  anzidetta  Societa  nella  Chiesa  del  Gesii,  il  6,  7  e  8  inarzo.  II 
concorso  veramente  straordinario  col  quale  furono  seguite  le  due  re- 
ligiose funzioni,  prova  quanto  esse  rispondessero  ai  sentimenti  di 
fede  e  di  gratitudine  sempre  vivissimi  negli  animi  di  tutti  i  romani. 
II  merito  dei  sacri  oratori,  la  musica,  le  splendide  luminarie,  la  ric- 
chezza  degli  addobbi,  la  maesta  delle  cerimonie  celebrate  in  ciascun 
triduo  da  Eminentissimi  Porporati,  contribuirono  al  pieno  riusci- 
mento  di  queste  feste.  Alia  chiusa  del  secondo  Triduo  la  facciata  del 
Gesu  era  vagamente  illuminata.  Altrettanto  proporzionatamente  si 
fece  dalle  Parrocchie,  dagli  Ordini  religiosi,  dai  Collegi,  dalle  So- 
cieta d'ogni  ordine  di  persone. 

Troppo  ci  resterebbe  a  dire  se  volessimo  rammentare  i  ricevi- 
menti  sontuosi  dati  dall'Ambasciatore  di  Austria  presso  il  Yaticano; 
dal  Principe  Colonna,  Assistente  al  Soglio,  da  S.  E.  il  Cardinal  Se- 
gretario  di  Stato,  da  altre  nobili  famiglie:  e  le  accademie,  e  le  riunioni 
solenni,  e  le  testimonianze  di  ogni  fatta  moltiplicatesi  nel  volger  di 
questi  giorni  di  felice  ricorrenza.  Ma  il  tempo  incalza. 

7.  Ed  ora  vorremmo  narrare  in  qualche  modo  non  solo  lo  svolgi- 
mento  della  solenne  funzione  della  Cappella  papale  tenuta  in  S.  Pietro 
il  3  marzo,  anniversario  della  coronazione  di  Leone  XIII,  ma  meglio 
ancora  ritrarre  il  sentimento  di  commozione  che  quella  funzione  pro- 
dusse  nel  cuore  di  tutti. 

II  cielo  s'era  pur  troppo  coperto  gia  dalla  vigilia,  e  la  mattina 
stessa  fin  dalle  prime  ore  la  pioggia  cadeva  ora  fina  e  persistente,  ora 
a  forti  rovesci:  il  che,-se  scoraggid  qualche  curioso,  non  ritenne  certo 
nessuno  dei  fedeli  e  pellegrini  venuti  da  tutti  i  paesi  anche  piu  lon- 
tani  per  vedere  il  Papa  e  onorare  il  Yicario  di  Cristo.  Se  ne  videro 
appostati  alle  porte  della  Basilica  prima  ancora  che  aggiornasse :  e 
la  Basilica  non  si  doveva  aprire  che  alle  8 !  Alle  6  doppie  schiere 
di'soldati  furono  molto  opportunamente  disposte  dinanzi  alia  gradi- 
nata  della  piazza,  altre  sotto  il  porticato  della  Chiesa,  ed  altre  dalla 
parte  della  Sacristia  per  impedire  la  troppa  ressa  e  per  regolare  Pa> 
cesso  per  le  diverse  entrate  degli  invitati  secondo  i  biglietti.  Nell'in- 
terno  del  gran  Tempio,  sobriamente  parato  di  damaschi,  spiccava 
maestosa  la  ricchezza  degli  ornati  architettonici.  Nella  volta  delle  na- 
vate,  dai  grandi  rosoni  di  mezzo  i  graziosissimi  gruppi  di  lampade  elet- 
triche  piovevano  una  luce  temperata  e  tranquilla.  A  maggior  sicurezza 
di  ordine,  nella  navata  di  mezzo,  un  doppio  steccato  limitava  una  corsia 
centrale  larga  otto  metri  per  dar  passaggio  al  corteggio  pontificio. 
Altri  recinti  erano  stati  preparati  specialmente  ai  due  lati  della  Con- 
fessione  dove  nella  navata  trasversale  sud  si  radunarono  i  pellegrini 
del  Belgio,  quelli  di  Francia  e  d'  Inghilterra :  dalla  parte  opposta  nel 
braccio  Nord  si  raccolsero  parimenti  i  pellegdni  d'Austria,  di  Ger- 


CONTBMPORANEA  731 

mania  e  quelli  delle  diocesi  d'  Italia  che  occupavano  anche  parte  della 
navata  centrale.  Tra  essi  attiravano  la  curiosita  generale  alcuni  gio- 
vani  delegati  di  Associazioni  Uhiversitarie  tedesche  nelle  loro  tradi- 
zionali  divise.  Ai  quattro  piloni  della  cupola  erano  ap^oggiate  quat- 
tro  tribune  a  due  palchi  di  posti  riservati.  Lungo  le  mura  dell'abside 
stavano  a  sinistra  le  tribune  dei  Principi,  quelle  delPOrdine  di  Malta, 
del  Corpo  diplomatico  e  della  Famiglia  Pecci :  a  destra  quella  del 
Patriziato  e  della  Nobilta  romana.  Piu  verso  il  mezzo  erano  disposti 
i  banchi  ornati  con  ricchi  drappi  per  il  Sacro  Collegio,  gli  Arcive- 
scovi  e  YescoTi  assistenti  al  Soglio,  pei  Prelati  e  il  Capitolo  Yaticano. 
In  fondo  poi  dell'abside  stessa,  dov'e  1'altare  della  Cattedra,  era  steso 
un  ampissimo  padiglione  a  damasco  e  velluto  rosso,  sostenuto  da  gruppi 
d'angeli,  e  sotto  di  esso  si  ergeva  il  trono  a  fondo  d'argento  col  bal- 
dacchino  e  gli  stemmi  papali. 

Tutti  i  Corpi  miJitari  pontificii  erano  presenti  in  armi  ed  in  di- 
visa  di  gran  gala.  II  servizio  d'ordine  era  affidato  ai  Gendarmi  dal- 
1'alto  berrettone  a  pelo  nero  :  la  Guardia  palatina  faceva  ala  nell'  in- 
terno  dello  steccato  della  corsia  centrale  :  la  Guardia  svizzera  era 
postata  alle  tribune  riservate  e  intorno  alia  Confessione.  In  questa 
occasione  cosi  solenne,  per  la  prima  volta  dopo  trentadue  anni,  gli 
Svizzeri  indossano  1'armatura  in  ferro,  cioe  la  corazza,  i  bracciali  e 
1'elmo  col  gran  pennacchio  rosso,  quali  si  vedono  nei  disegni  d'altri 
tempi,  ma  che  non  si  erano  piu  adoperati  dalla  Festa  dei  SS.  Pie- 
tro  e  Paolo  del  1870.  ultimo  pontificate  pubblicamente  celebrato  da 
Pio  IX.  Gli  ufficiali  portano  la  corazza  d'acciaio  brunito  a  rabeschi 
d'oro  di  bellissima  vista,  colla  cotta  a  maglia  di  ferro.  E  curioso  a 
sapersi  che  la  corazza  indossata  oggi  dal  Comandaate  barone  Leo- 
poldo  Mayer  di  Schauensee  appartenne  al  padre  suo  gia  Comandante 
della  stessa  guardia  come  pure  il  maggiore  Pfyffer  e  il  capitano 
Schmidt  portano  le  armi  del  padre  e  dell'avo  loro.  Tanto  valgono  le 
onorate  tradizioni  nelle  famiglie  dei  cattolici  svizzeri  ! 

Oltre  il  servizio  militare,  a  ciascuna  tribuna  era  assegnato  uno 
dei  Camerieri  di  cappa  e  spada  :  e  per  la  disposizione  dei  gruppi  e  il 
collocamento  dei  pellegrini  si  prestavano  solleciti  da  ogni  parte  i  mem- 
bri  del  Circolo  S.  Pietro  della  Gioventu  cattolica.  E  grazie  alle 
moltiplicate  precauzioni  esterne,  alia  ben  intesa  organizzazione  in- 
terna,  alle  opportune  e  facili  comunicazioni,  alia  solerzia  e  garbo 
con  cui  tutto  era  diretto  e  regolato,  quella  immensa  folia  di  forse 
cinquantamila  persone  che  invase  la  Chiesa,  in  poco  tempo  si  al- 
logo,  occupandone  tutti  gli  spazii  da  cui  sperava  vedere  lo  svolgersi 
della  sacra  cerimonia. 

Erano  presenti  nella  tribuna  dei  sovrani,  S.  A.  E.  la  Principessa 
ereditaria  di  Svezia  e  Norvegia,  la  Principessa  Matilde  di  Borbone 


732  CRONACA 

Contessa  di  Trani,  la  granduchessa  Paolina  di  Sassonia  Weimar  Ei- 
senach, S.  A.  R.  il  duca  Roberto  di  Parma  con  due  figliuole,  S.  A.  la 
Duchessa  Maria  di  Mecklemburgo  Schwerin  col  figliuolo,  S.  A.  il 
principe  di  Lichtenstein  colla  famiglia,  il  Principe  Max  di  Baden  colle 
persone  del  suo  seguito,  e  prestavano  loro  servizio  d'onore  i  Camerieri 
di  cappa  e  spada,  marchese  Claudio  Lagergren,  barone  Adolfo  Ssho'n- 
berg  Thammenain,  comm.  Augusto  Mac-Nutt,  conte  Fabio  Fani, 
marchese  Patrizio  Mac  Swiney  de  Massanaglass,  Antonio  Leherer,  e 
comm.  Alfredo  Camm.  Erano  pur  presenti  S.  A.  il  Priacipe  di  Schon- 
burg-Waldenburg,  ed  il  duca  di  Norfolk  che  aveva  preferito  riunirsi 
agli  altri  pellegrini  inglesi. 

Nella  tribuna  delPOrdine  di  Malta  erano  adunati  circa  quaranta 
cavalieri  col  loro  Gran  Maestro  il  Conte  Ceschi  di  Santa  Croce.  In 
quella  del  Corpo  Diplomatico  aveva  preso  posto  TAmbasoiata  straor- 
dinaria  di  Spagna,  PAmbasciatore  di  Francia,  e  quelli  del  Brasile  e 
di  Costarica  accreditati  anch'  essi  dai  loro  governi  in  Missione  spe- 
ciale  per  la  solenne  circostanza,  con  tutti  gii  ambasciatori  ordinarii 
presso  la  S.  Sede  e  gli  addetti  alle  loro  ambasciate.  Nella  stessa  tri- 
buna fu  pure  dato  luogo  distinto  a  S.  A.  R.  il  Principe  Mirko  del 
Montenegro,  che  era  in  abito  private.  —  II  Patriziato  e  la  Nobilta 
Romana  riempivano  numerosissimi  la  tribuua  che  loro  era  assegnata. 

Yerso  le  11  si  fa  un  movimento  nella  folia  e  tutti  si  agitano  per 
vedere.  Sono  le  Guardie  Nobili  che  entrano,  precedute  dai  trombetti, 
in  bella  ordinanza  nelle  eleganti  loro  div-ise  rosse  cogli  elmi  a  pen- 
nacchi  e  criniera  :  traversano  la  lunga  navata  per  ischierarsi  dallato 
alPaltare  papale  facendo  ala  verso  il  trono.  A  questo  segno  si  rico- 
nosce  che  il  Papa  non  e  lontano.  Sua  Santita  infatti  alle  10  3/4  per 
lungo  tragitto  interne  dai  Palazzo  Apostolico  alia  Basilica,  accompa- 
gnato  dalla  sua  Nobile  Corte,  scendeva  nella  Cappella  del  SS.  Sacra- 
mento, e  dopo  breve  preghiera  recavasi  a  quella  della  Pieta  per  lo 
spazio  chiuso  da  am  pi  cortinaggi  e  separate  dai  res  to  della  Basilica. 
Quivi  trovava  gia  riuniti  i  Cardinali ;  e  rivestitosi  degli  abiti  pon- 
tificali  col  superbo  manto  papale  donatogii  dalle  Sucre  di  Carita  per 
1'A.nno  Santo,  coronate  del  triregno  saliva  la  ricca  Sedia  Gestatoria, 
nuovo  dono  dei  Carnerieri  di  Cappa  e  Spada,  e  si  muoveva  verso  la 
navata  centrale. 

Una  rapida  scossa,  quasi  di  elettrica  scintilla,  percorre  Passem- 
blea.  Un  mormorio  si  leva  da  tutte  le  parti  deirimmensa  Basilica. 
Tutti  si  alzano  istintivamente  in  piedi :  molti  tentano  salire  sui  ban- 
chi  e  sulle  seiie  :  altri  pro  testa  no  giustamente.  Le  Guardie  cercano 
quietare  il  rumore  il  quale  viene  subito  coper  to  da  un  hi  ago  irrefre- 
nato  applauso,  da  entusiastiche  acclamazioni  che  erompono  da  quelle 
migliaia  di  petti  salutando  il  Padre,  il  Pontefice,  il  Yicario  di  Gesu 


CONTEMPORANEA  733 

•Cristo,  che  appare  nel  fondo  della  Basilica.  Apre  il  maestoso  cor- 
teggio  la  GKiardia  Svizzera,  lo  fiancheggiano  i  Mazzien  e  i  Cursor! 
papali,  tra  i  quali  si  avanzano  nell'ordine  piescritto  dal  cerimoniale 
i  varii  Collegi  prelatizi,  i  Procuratori  e  i  Superior!  generali  degli 
Ordini  religiosi,  i  Patriarchi,  gli  Arcivescovi  e  Vescovi  assistenti  al 
Soglio,  gli  Eminentissimi  Cardinal! .  In  mezzo  al  trionfale  accompa- 
gnamento,  precede  lentamente  la  Sedia  Gestatoria  preceduta  dal  Prin- 
cipe Colonna  Assistente  al  Soglio,  seguita  dai  flabeili,  circondata  dai 
Comandariti  della  Guardia  Nobile,  e  dagli  altri  Corpi  militari,  e  dagli 
Svizzeri  colle  lunghe  spade  a  fiamma. 

II  Santo  Padre,  visibilmente  compreso  da  profonda  commozione, 
or  appoggiato  alia  Sedia,  or  tentando  drizzare  la  bianca  persona,  le- 
vando  le  braccia  e  gli  occhi  al  cielo  non  cessa  di  spargere  bene- 
dizioni  sul  popolo  plaudente.  DalJa  Cappella  Giulia  s'intuona  il  Tu 
«s  Petrus ;  dalle  finestre  della  Loggia  sopra  la  porta  della  Basilica  le 
trombe  d'argento  fanno  squillare  la  Marcia  trionfale  del  Longhi;  ma 
poco  ne  lasciano  udire  le  ripetute  acclamazioni  di  gioia  :  e  quando 
le  voci  sono  potute  raffrenare  alquanto,  un  festoso  sventolare  di  faz- 
zoletti,  un  continuo  agitare  di  cappelli  accompagna  il  passaggio  del 
Pontefice,  fino  al  suo  giungere  in  fondo  all'abside,  dove  salito  Egli 
in  trono  ed  occupato  da  ogni  ordine  del  corteggio  il  posto  assegna- 
togli,  comincia  la  Messa,  pontificata,  per  indulto,  all'altare  papale 
della  Confessione  dal  Cardinale  Langenieux,  arcivescovo  di  Reims. 

L'altare  non  ha  per  ornamento  che  i  sei  candelabri  e  la  Croce  in 
argento  dorato,  disegnati  da  Michelangelo  e  cesellati  da  Benvenuto 
Cellini,  con  due  paliotti  gemelli  in  lama  d'oro  a  figure  in  rilievo  di 
ammirabile  lavoro.  Intorno  ai  gradini  dell'altare  stanno  i  Camerieri 
d'onore  ecclesiastici.  II  Cardinale  celebrante  e,  secondo  la  tradizione, 
assistito  da  un  canonico  della  basilica  lateranese,  della  vaticana,  e 
della  liberiana. 

II  Santo  Padre,  unendosi  al  celebrante,  dal  trono  recita  VIntroito 
della  Messa,  dopo  del  quale  riceve  1'obbedienza  dei  Cardinali :  sono 
presenti  quarantatre  membri  del  Sacro  Collegio,  cioe  i  Cardinali: 
Oreglia,  Yannutelli  Serafino,  Mocenni,  Agliardi,  Vannutelli  Yincenzo, 
Rampolla,  Gruscha,  Di  Pietro,  Kopp,  Perraud,  Sarto,  Sancha  y  Hervas, 
Svampa,  Ferrari,  Satolli,  Gotti,  Manara,  Ferrata,  Cretoni,  Frisco, 
Coullie,  Laboure,  Casali  del  Drago,  Cassetta,  Sanminiatelli-Zabarella, 
Portanova,  Francica-Nava,  Mathieu,  Respighi,  Richelmy,  Martinelli, 
Gennari,  Boschi,  Puzina,  Bacilieri,  Macchi,  Steinhuber,Segna,Pierotti, 
Delia  Yolpe,  Yives  y  Tuto,  Tripepi  e  Cavagnis ;  uno  dopo  1'altro 
salgono  a  baciar  la  mano  al  Pontefice  ed  averne  la  benedizione.  In- 
tanto  un  coro  di  140  vooi,  composto  deiJa  Cappella  Sistina  coadiu- 
vata  da  ottimi  cantori  e  da  una  sessantina  di  ragazzi  scelti  dalle  va-* 


734  CRONACA 

rie  scuole,  sotto  la  direzione  del  M.°  Perosi  comincia  il  Kyrie  della 
Messa  detta  «  di  Papa  Mareelloi.  L'adunanza  segue  con  raccogli- 
mento  lo  svolgersi  della  sacra  funzione  e  delle  stupende  armonie  pa- 
lestriniane.  All'Offertorio  i  versetti  Or  emus  pro  Pontifice  nostro 
Leone  etc.,  e  dopo  il  Sanctus  un  nuovo  Benedictus  qui  venit,  scritti 
appositamente  dal  Perosi,  sono  riuscite  per  la  loro  felicissima  ispi- 
razione  due  delle  migliori  pagine  tra  le  opere  del  geniale  compositore. 

All'Elevazione  il  silenzio  si  fa  piu  profondo.  II  Papa  si  prostra 
al  faldistorio  :  le  spade  s'inclinano;  tutti  piegano  il  ginocchio  a  terra 
e  dall'alto  della  cupola  piovono  i  dolcissimi  suoni  delle  trombe  d'ar- 
gento  quasi  annunziando  che  Iddio  discende  sull'altare.  E  uno  spet- 
tacolo  solenne.  Tutti  pregano  col  papa  e  pel  papa,  al  quale  da  tutti 
i  punti  della  Chiesa  si  sollevan  gli  sguardi,  benedicendo  il  Signore 
che  lo  ha  conservato  a  questa  giorno  di  festa. 

Terminato  il  pontificale,  Sua  Santita  intend  il  Te  Deum  conti- 
nuato  a  doppio  coro  tra  il  popolo  e  la  cappella  papale:  indi  salito 
nuovamente  in  Sedia  gestatoria,  e  portato  dinanzi  alia  Confessione, 
di  la  colle  consuete  ceremonie  imparti  Papostolica  benedizione  che  fu 
udita  fin  quasi  al  fondo  della  Basilica.  Coronato  allora  della  nuova 
tiara  offertagli  il  20  febbraio,  fra  nuove  acclamazioni  fu  ricondotto 
alia  cappella  della  Pieta  e  quindi  fece  ritorno  ai  suoi  privati  appar- 
tamenti.  Era  il  tocco  e  mezzo. 

Aperte  tutte  1-e  porte  del  Tempio,  la  folia,  qual  vera  onda  vivente 
si  riverso  nella  piazza,  presentando  secondo  la  Tribuna  «  un  nuovo 
spettacolo  di  una  grandiosita  indescrivibile.  >  Le  lunghe  file  delle 
carrozze  percorrevano  tutte  le  strade  prospicienti  la  Chiesa  con  un 
frastuono  da  non  credersi ;  e  ci  voile  circa  un'  ora  e  mezza  prima  che 
tutta  quella  gente  potesse  disperdersi.  La  sera,  nonostante  la  continua 
pioggia,  si  vedevano  molte  case  illuminate  specialmente  nei  vecchi 
quartieri  romani.  A  un'  ora  di  notte  sonarono  le  campane  di  tutte  le 
Chiese  e  si  accesero  fuochi  di  bengala  ad  illuminare  le  cupole  e  le 
facciate  degli  edifizii  con  vaghissimo  effetto.  La  gioroata,  chiusa  senza 
che  si  avesse  a  lamentare  nessun  note  vole  inconveniente  in  mezzo  a 
tanta  moltitudine  e  a  tan  to  movimento,  lascera  indelebile  e  caro  ri- 
cordo  negli  animi  che  ne  hanno  saputo  penetrare  il  vero  significata 
al  riflesso  dei  divini  splendori  della  Fede. 

II. 
COSE  ITALIANS 

1.  Resoconto  della  Camera  de'  Deputati.  Legge  per  la  bonifica  delFAgro 
romano.  —  2.  La  schiavitu  nella  colonia  del  Benadir.  —  3.  La  politica 
italiana  nella  questione  macedone. 

1.  Mentre  sull'altra  rira  del  Tevere  si  celebravano  col  concorso  di 
tutto  il  mondo  civile  le  sublimi  dimostrazioni  di  fede  da  noi  descritte 


CONTEMPORANEA  735 

nelle  pagine  precedent!,  la  Camera  italiana,  dopo  le  scandalose  scene 
narrate  gia  nell'ultimo  quaderno,  continuava  i  suoi  gravi  lavori 
dinanzi  ad  un'aula  quasi  semprb  vuota,  discutendo  una  proposta  del- 
1'on.  Ghiido  Baccelli  per  la  bonifica  dell'Agro  romano  in  gran  parte 
squallido  e  spopolato.  L'on.  Ministro  d'Agricoltura,  tanto  per  rinfre- 
scare  le  idee  de'  suoi  colleghi,  rammento  con  erudito  discorso  che 
«  negli  ultimi  anni  dell'antica  repubblica  romana  e  nei  primi  dell'im- 
pero,  tutto  il  Lazio  era  esercitato  da  una  razionale  ed  intensa  col- 
tura ;  ricordo  che  il  principio  del  decadimento  venne  dal  trasferimento 
della  sede  imperiale  in  riva  al  Bosforo.  »  La  bonifica  da  lui  proposta 
e  dtinque  una  legge  eminentemente  politica  perche  « integra  1'opera  di 
Yittorio  Emanuele  e  di  Garibaldi* ,  si  compenetra  col  concetto  dell 'Italia 
risorta  a  nazione.  «L'idea  dell'italianita  concepita  findall'antichita  clas 
sica  con  Orazio  e  Yirgilio  che  abbracciarono  in  sintesi  di  patriottismo 
Roina  e  1'  Italia,  sopravvisse  alle  rovine  deH'impero.  Questa  idea  risve- 
gliata  per  opera  di  pensatori  e  di  martiri  si  riaffermo  e  divenne  realta  ed 
in  forza  di  questa  idea  e  del  patriottismo  italiano  che  lega  tutte  ie 
citta  sorelle  e  necessario  che  Roma  sia  resa  alia  sua  antica  vita  di 
capo  e  centre  della  nazione,  liberacdola  dal  funereo  deserto  che  la  cir- 
xxmda  e  da  cui  si  irradia  morte  e  miseria.  » 

Se  1'Agro  romano  non  verra  fecondato  con  opere  piu  serie  che  le 
classiche  dissertazioni  dell'on.  Baccelli,  temiamo  forte  che  accada 
anche  questa  volta  cid  che  avvenne  alle  due  leggi  gia  votate  allo 
stesso  scopo  nel  1878  e  nel  1883,  rimaste  lettera  morta.  E  bensi  vero 
che  il  disegno  presentato  ora  dalla  Commissione  colla  parola  del  rela- 
tore  on.  Chimirri  offre  qualche  maggiore  probability  di  riuscita.  In 
esso  si  dispone  che  i  proprietari  di  terreni  dentro  il  raggio  di  dieci 
chilometri  intorno  a  Roma  i  quali  costruiscano  case  coloniche  e  mi- 
gliorino  la  coltivazione,  abbiano  piena  esenzione  dall' imposta  princi- 
pale  per  dieci  anni,  e  una  riduzione  delle  tasse  di  registro  e  d'ipo- 
teca :  siano  esonerati  dalle  tasse  sul  bestiame,  e  siano  loro  accordati 
mutui  di  favore  al  2  l\z  per  cento  rimborsabili  in  quarantacinque  anni. 
Le  espropriazioni  poi  dei  possidenti  refrattarii  alle  bonifiche  debbono 
essere  giudicate  da  un  collegio  di  periti  i  quali  mettano  il  proprie- 
tario  nella  necessita  di  venire  ad  eque  condizioni. 

II  disegno  di  legge  e  stato  accettato  dopo  lunga  discussione,  a 
grande  maggioranza,  e  noi  ci  auguriamo  che  esso  tenga  le  promesse 
che  ne  hanno  vantato  i  suoi  fautori  dentro  e  fuori  la  Camera.  Ma 
aspettiamo  di  vederne  la  prova  dai  fatti. 

2.  Una  brutta  scoperta  per  Tonore  del  nome  italiano  e  stata  quella 
fatta  dalPon.  Chiesi  colle  sue  rivelazioni  sopra  la  colonia  del  Benadir 
sulle  coste  africane.  In  sostanza  si  verrebbe  a  provare  che  alPornbra 
della  bandiera  nazionale  si  continua  cola  ad  esercitare  la  vera  tratta 


736  CRONACA 

degli  schiavi,  ed  una  delle  rendite  della  colonia  sarebbe  appunto  la 
speculazione  sul  commercio  della  came  umana.  Anche  secondo  infor- 
mazioni  del  Giornale  d'llalia,  «  quello  che  &  certo  si  e  che  la  Societa 
italiana  del  Benadir  (a  cui  e  afSdata  la  colonia)  non  ha  mai  impedito 
il  commercio  degli  schiavi,  ma  lo  ha  varie  volte  protetto  facendo,  per 
esempio,  scortare  dai  suoi  ascari  le  carovane  di  schiavi,  facendo  re- 
stituire  armata  manu  ai  padroni  gli  schiavi  fuggiti  >  ecc.  —  Al  Be- 
nadir,  secondo  lo  stesso  giornale,  1'ordine,  la  giustizia  e  la  liberta 
sono  parole  vuote  di  senso!  Della  so  vvenzione  di  400.000  lire  date  dal 
Governo,  200,000  lire  vanno  al  Sultano  di  Zanzibar  e  le  altre  200,000 
non  escono  d' Italia... 

La  relazione  di  questi  fatti  indegni  di  un  popolo  civile,  come 
aveva  commosso  la  pubblica  opinione,  cosi  eccito  giustamente  alia 
Camera  varie  interrogazioni.  II  Ministro  degli  Esteri  destramente 
schermendosi  rispose  doversi  sospendere  il  giudizio  fino  che  giunges- 
sero  sicure  informazioni  ufficiali;  e  promise  severe  repression!  se  vi 
fossero  dei  colpevoli.  Noi  avremmo  volentieri  aspettato  a  parlare  di 
tali  vergognose  magagne  quando  fossero  appurati  i  fatti :  ma  pur 
troppo  e  sistema  molto  usato  di  governo  promettere  inchieste  per 
lasciar  dimenticare  ogni  cosa :  la  verita  verra  mai  a  galla? 

3.  Di  grave  importanza  avrebbe  potato  essere  lo  svolgimento  delle 
interpellate  fatte  alia  Camera  dagli  onorevoli  De  Marinis,  De  Martino,. 
Cirmeni  e  Guicciardini  intorno  allo  stato  della  penisola  balcanica  e 
agli  avvenimenti  che  vi  si  preparano.  Secondo  gli  oratori,  gravi  mu» 
tazioni  sono  a  temersi  dalle  agitazioni  di  quelle  provincie,  delle  quali 
stanno  per  profittare  la  Russia  e  1'Austria  i  cui  vantaggi  sono  con- 
trari  agli  interessi  italiani  pei  quali  importa  invece  mantenere  lo  statu 
quo.  Le  segrete  convenzioni  austro-russe,  le  palesi  aspirazioni  bulgare, 
greche  o  serbe,  sembrano  preparare  1'occasione  di  una  probabile  espan- 
sione  dell'Austria  in  Albania  e  sull'Adriatico,  o  la  oecupazione  anche 
di  Salonicco,  porto  capitalissimo,  che  diventando  capolinea  del  com- 
mercio colPEuropa  centrale,  danneggerebbe  i  porti  italiani  e  special- 
mente  Geneva.  —  Siete  preparati,  o  signori,  a  questi  avvenimenti  ?  do- 
mandava  Ton.  De  Marini.  Quale  e  stata  1'azione  del  Governo  in  tutto 
cio  ?  Ha  coscienza  il  ministero  di  cio  che  si  prepara  e  della  influenza 
che  le  prossime  soluzioni  eserciteranno  sulle  condizioni  nostre,  sulla 
posizione  dell'  Italia  nell'Europa  ? 

Rispose  agli  interpellanti  Ton.  Morin,  ministro  della  Marina  ed 
ora  anche  degli  Esteri.  II  suo  discorso  fu  ascoltato  con  viva  attenzione  : 
ma  con  disillusione  non  impreveduta.  Le  dichiarazioni  del  ministra 
in  sostanza  ammisero  che  P  Italia  in  tutte  le  trattative  piu  o  meno 
segrete  tra  i  diversi  gabinetti  europei  intervenne  qual  semplice  spet- 
ta trice  senza  autorita  nei  futuri  destini  delle  province  d'Oriente.  Egli 


CONTEMPORANEA  737 

tento  con  una  frase  di  suono  quasi  minaccioso  assicurare  la  Camera 
che  <  se  contrariamente  alle  piu  autorizzate  prevision!,  il  corso  fatale 
degli  avvenimenti  che  tutti  desiderano  contenere,  dovesse  risultare 
prevalente  sugli  effetti  delle  sollecitudini  franche,  concordi,  energiche 
delle  grandi  potenze  per  la  conservazione  della  pace,  se  1'  incendio 
che  queste  potenze  unite  sono  intente  a  soffocare  dovesse  divampare 
in  modo  indomabile,  il  Governo  del  Ke  non  starebbe  inerte  e  passivo 
spettatore  degli  eventi.  »  Ma  poi  avviluppandosi,  aggiungeva  che  il  Go- 
verno €  in  tal  caso,  informando  la  sua  azione  alia  piu  guardinga  pru- 
denza,  non  disgiunta  all'occorrenza  da  conveniente  energia,  prendendo 
consiglio  dalle  situazioni  di  fatto  che  si  potranno  presentare,  lascian- 
dosi  guidare  dalle  saggie  considerazioni  dell'  opportunita  la  piu  me- 
ditata  e  la  meglio  riconosciuta,  si  manterrebbe  bensi  sempre  scrupo- 
losamente  fedele  a  tutti  gli  impegni  assunti  e  rispettoso  dei  diritti 
e  dei  legittimi  interessi  altrui,  ma  non  mancherebbe  al  dovere  di  vi- 
gilare  a  che  in  nessun  modo  venissero  pregiudicati  i  diritti  e  gli  in- 
teressi del  nostro  paese.  »  E  un  periodo  modello  che  mostra  con  quanta 
arte  si  pud  dir  poco  in  molto. 

Degli  onorevoli  interpellanti  chi  si  dichiaro  soddisfatto,  chi  meno, 
e  la  discussione  fu  esaurita. 

III. 
COSE  STRANIERE 

(Notizie  Generali}.  II  Giubileo  di  Leone  XIII  nelle  varie  Nazioni.  —  1.  Nella 
Spagna.  —  2.  In  Austria.  —  8.  Nel  Belgio.  —  4.  In  Olanda.  —  5.  In 
Portogallo.  —  6.  Nel  Lussemburgo.  — 7.  In  Germania.  —  8.  In  Inghil- 
terra.  —  9.  In  Prussia.  —  10.  In  Baviera.  —  11.  In  Romania.  —  12.  In 
Turcbia.  —  13.  Un  Marconigramma  dall' America. 

1.  (SPAGNA).  Grandi  feste  si  fecero  in  tutte  le  citta  della  Spagna 
in  onore  del  Papa.  A  Madrid  fu  celebrate  un  triduo  solenne  nella 
monumentale  Chiesa  di  S.  Francesco  il  Grande,  per  il  3  Marzo,  con 
discorsi  dei  Yescovi  di  Siguenza,  di  Palencia  e  di  Pamplona.  Alia 
chiusa  intervenne  in  forma  ufficiale  tutto  il  Governo  e  le  Autorita 
civili  per  assistere  al  Te  Deum  cantato  da  S.  E.  il  Nunzio  apostolico. 

II  3,  Martedi,  fu  un  continue  affollarsi  di  visite  alia  Nunziatura : 
vi  si  reed  il  Principe  delle  Asturie,  anche  a  nome  dell'  augiista  sua 
Consorte:  il  duca  di  Sotomayor  che  vi  ando  in  nome  del  r,e,  accom- 
pagnato  dal  duca  di  Mina  a  nome  della  Regina,  col  seguito  in  car- 
rozze  di  Corte :  vi  andd  pure  il  presidente  del  Consiglio  dei  Ministri 
con  tutti  i  colleghi  e  varii  membri  del  Corpo  diplomatico. 

Nel  pomeriggio,  per  opera  di  Mgr.  Yescovo  di  Madrid,  nel  vasto 
salone  de  los  Luixes,  ebbe  luogo  una  grande  accademia  letteraria- 
S&rie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1266.  47  14  marzo  1903. 


738  CRONACA 

nmsicale  nella  quale  parlarono  il  p.  Fita  S.  I.  della  reale  Accademia 
di  storia,  il  sig.  Mendez  y  Pelayo  della  reale  Accademia  spagnuola, 
ed  il  sig.  Alvarez  del  Manzano,  professore  dell'  Universita  eentrale,  e 
consigliere  dell'  Istruzione  pubblica. 

2.  (AUSTRIA).  Innumerevoli  telegrammi  da  tutte  le  parti  dell' Im- 
pero  furono  inviati  alia  Nunziatura  in  Yienna  da  Societa  cattoliche, 
da  borgomastri  e  Consigli  comunali,  da  curati,  da  Yescovi  e  digni- 
tari,  tra  quali  S.  A.  S.  il  Principe  regnante  di  Lichtenstein,  S.  E. 
il  conte  Goluchowski  Ministro  degli  Esteri  che  si  trovava  a  Leopoli. 
In  Yienna  poi  gli  Arciduchi,  i  Ministri,  le  Autorita  civili  e  militari, 
moltissimi  personaggi  dell'  aristocrazia  espressero  al  Nunzio  i  loro  voti 
per  il  Sommo  Pontefice.  Se  a  causa  del  lutto  di  Corte  per  la  morte 
dell'  arciduchessa    Eiisabetta,   non    poterono    aver  luogo    in   Yienna 
grandi  feste  per  la  fausta  ricorrenza  del  Giubileo,  pure  le  manifesta- 
zioni  di  figliale  e  profonda  devozione  al  Santo  Padre  non  potevano 
riuscire  piu  generali  e  commoventi. 

3.  (BELGIO).  Si  puo  dir  con  ragione  che  il  Giubileo  di  Leone  XIII  fu 
una  festa  nazionale  avendovi  preso  parte  la  Famiglia Reale,  1'Episcopato, 
il  Clero,  la  Nobilta,  le  Associazioni  e  la   Stampa  con  mirabile  con- 
cordia  di  sentimenti.  II  2  Marzo  S.  E.  il  Nunzio   radunava  alia  sua 
mensa  tutti  i  Yescovi  del  Belgio;  la  mattina  del  3  riceveva  tutti  i 
parroci    della   capitale,   i   varii    comitati   cattolici,   le   conferenze    di 
S.  Yincenzo,  le  leghe,  1'associazione  dei  giornalisti  cattolici. 

Nelle  ore  pomeridiane  dello  stesso  giorno  il  Gran  Maestro  di  Oorte, 
€onte  John  d'  Outremont,  porto  al  Nunzio  gli  omaggi  e  le  felicitazioni 
del  Re  pel  Santo  Padre.  S.  A.  R.  il  Conte  di  Fiandra  e  il  genero 
Principe  d'  Orleans,  in  equipaggi  di  gala  andarono  in  persona  ad 
^sprimere  i  loro  sentimenti  di  affetto,  e  subito  dopo  di  loro  anche  il 
principe  Alberto.  Lo  stesso  fecero  S.  A.  S.  la  Principessa  Edoardo  di 
Ligne,  i  Principi  Ernesto  e  Giorgio  di  Ligne,  S.  A.  S.  la  duchessa 
d'Arenberg,  la  contessa  Luigi  de  Merode,  i  duchi  e  le  duchesse 
d'  Ursel  e  con  essi  oltre  duecento  tra  i  membri  delle  prime  famiglie 
del  Belgio,  col  Presidente  del  Consiglio,  conte  de  Smet  de  Maeyer, 
e  tutti  i  Ministri,  col  Presidente  del  Senato,  senatori  e  deputati  in 
gran  numero. 

Molfci  giornali  pubblicarono  numeri  speciali  illustrati,  particolar- 
mente  1' Organo  degli  operai  anti-socialisti,  con  un  bel  motto:  Che 
ramatissimo  Papa  degli  operai  viva  sempre  nei  nostri  cuori ! 

4.  (OLANDA).  Fino  dalla  vigilia   del    giorno   giubilare  in  tutte   le 
<3ase  cattoliche,   anche  nelle  parti   piu  protestanti   d'  Olanda,  erano 
state  inalberate  le  bandiere  nazionali  ornate  di  un  nastro  dai  colori 
papal! .  Alia  residenza  dell'  Internuncio  apostolico  era  issato  lo  sten- 
dardo  pontificio.  Alcuni  Ministri  del   Gabinetto  olandese,  i  deputati 


CONTEMPORANEA  739 

cattolici  delle  due  Camere,  vari  digaitari  di  Corte  e  del  Corpo  diplo- 
matico  fecero  atto  d'  ossequio  al  Kappresentante  della  Santa  Sede. 

La  Domenica  8  in  tutte  le.Chiese  del  Kegno  fu  cantato  un  so- 
lenne  Te  Deum  assistendovi  i  dignitari  eattolici  del  paese,  per  festeg- 
giare  il  Giubileo  del  Papa  ed  insieme  quello  dell'  Istituzione  della 
Gerarchia  in  Olanda. 

5.  (PORTOGALLO).  Tra  le  molteplici  dimostrazioni  pel   Giubileo   di 
Leone  XIII  fu  cantato  un  solenne  Te  Deum  coll'  intervento  del  Nunzio 
pontificio  in  Lisbona.  E  il  giorno  medesimo,   nelle   Sale   della  Nun- 
ziatura,  fu  dato  un  grande  ricevimento  a  cui  intervennero  le  Auto- 
rita,  le  principal!  famiglie  lisboane  e  il  Corpo  diplomatico. 

6.  (LUSSEMBTJRGO).  In  occasione  del  Giubileo  Pontificale,  la  Dome- 
nica 8  Marzo,  la  citta  capitale  del  Granducato  fu  tutta  imbandierata. 
Si  tenne  una  solenne  riunione  alia  quale  inter venne  S.  A.  la  Gran- 
duchessa  Ereditaria  e  S.  E.  Mgr.  Giovannini,  Delegate   Pontificio,  i 
quali  furono  salutati  da   entusiastici   applausi.  II  Borgomastro  della 
citta  telegrafd  vivissimi  augurii  ed  omaggi  al  Sommo  Pontefice.  Alia 
sera  vi  fu  splendida  illuminazione  generale. 

7.  (GERMANIA).  Ad  Aquisgrana,  il  3  Marzo,  la  citta  era  riccamente 
imbandierata.  Un  solenne  corteggio  di  tutte  le  Societa  cattoliche,  ac- 
compagnate  da  dieci  concert!  musicali  e  da  tutte   le   bandiere   delle 
Corporazioni,  percorse  la  citta  in  festa.  Giunta   la   sfilata  al  Duomo 
si  canto  il   Te  Deum.  La  sera  splendida  illuminazione  anche  di  molte 
case  protestanti.  Magriifica  quella  della  Chiesa  e  del  palazzo  comunale. 

8.  (INGHILTERRA).  Anche  in  Inghil terra  le  feste   giubilari   furono 
celebrate  con  solenni  onoranze  nelle  Chiese,  nei  Seminarii,  nelle  Cap- 
pelle  religiose,  nelle  scuole  coll'intervento  di  Yescovi  e  prelati.  In 
modo  speciale  fu  notevole  la  funzione  nella  nuova  Cattedrale  di  West- 
minster dove  nella  cappella  del  capitolo  fu  cantato  un  solenne  Te  Deum. 
Dopo  la  funzione  1'Associazione  cattolica  spedi  al  Santo  Padre  il  se- 
guente  telegramma :  L'associazione  cattolica  sotto  i  cui  auspicii  due- 
mila  pellegrini  inglesi  si  sono   recati  a  Roma,  rinnova  1'espressione 
del  suo  omaggio  e  della  sua  venerazione  a  Yostra  Santita  nell'occa- 
sione  del  XXV  anniversario  del  vostro  glorioso  pontificate. 

9.  (PRUSSIA).  A  Berlino  nel  vastissimo  locale  della  Friedrichshain 
si  tenne  una  grande  adunanza  pel  Giubileo,  che  ha  superato  quanto 
si  fece  nell'altre  citta  di  Germania.  Vi  era  tutto  il  fiore  de'  cattolici 
berlinesi.  Con  felicissimo  pensiero  il  Comitato  del  pellegrinaggio  te- 
desco  in  Roma  spedi  precisamente  nelle  ore  dell'  adunanza  un  lungo 
telegramma,  descrivendo  ai  connazionali  la  festa  in  S.  Pietro.  Fu  can- 
tato il  Tu  es  Petrus  dell'  Haller  accompagnato  sull'  organo  dal  maestro 
regio  Wecker  di  S.  Edvige,  1'  Inno  Pontificio  musicato   dal  Kornen. 
direttore  della  Cappella  di  Colonia,  ed  altri  pezzi  di  musica.  II  P.  Tusen- 


740  CRONACA 

Wesierski,  domenicano,  magnified  1'  opera  di  Leone  XIII  nei  25  anni 
del  suo  Pontificate;  e  il  deputato  Sittart-Achen  mostro  anche  colla 
testimonianza  di  acattolici,  come  il  Wirchow  e  1'  Harnack,  la  grande 
missione  della  Chiesa  e  del  Papato. 

Alia  fine  si  canto  il  Te  Deum  ripetuto  con  entusiasmo  da  quelle 
migliaia  e  migliaia  di  voci. 

10.  (BAVIERA).  A  Monaco  oltre  ottocento  studenti,  nei  loro  costumi, 
coi  rispettivi  labari,  riunitisi  nei  Deutsche  TJieater  festeggiarono  cor- 
dialmente  con  discorsi,  poesie,  canti  ed  acclamazioni  il  Giubileo  pon- 
tificale.    Assistettero    alia   grandiosa   riunione   due    Principi   Reali, 
Mgr.  Arcivescovo,  il  Ministro  della  Pubblica  Istruzione,  molti  profes- 
sori  e  un  pubblico  sceltissimo.  Yenne  inviato  al  Santo  Padre  un  te- 
legramma  di  ossequio  e  di  felicitazione. 

11.  (ROMANIA).  Anche  nei  Principati  fu  celebrate  il  Giubileo  pon- 
tificio.  II  Yescovo  di  lassi  ordino  che  in  tutte  le  Parrocchie  si  can- 
tasse  il  Te  Deum.  La  bandiera  papale  e  la  rumena  sventolavano  dap- 
pertutto.  Processioni  dei  fedeli,  sparo  dei    fucili,  illuminazioni  alia 
veneziana  animarono  la  bellissima  festa. 

12.  (TTJRCHIA).  I  cattolici  di  Costantinopoli  vollero  essi  pure  asso- 
ciarsi  alle  feste  del  mondo  civile  per  il  Santo  Padre.  II  Yicario  Pa- 
triarcale  Mgr.  Bonetti  voile  dare  alia  cerimonia  il  carattere  della  mas- 
sima  solennita  ed  invito  i  membri  delle  Ambasciate,  i  Superiori  delle 
Comunita  religiose,  i  prelati  cattolici  dei  diversi  riti. 

13.  (AMERICA).  Dalla  stazione  di  Table-head,  nella  Nuova  Scozia, 
e  stato  radiografato  a  quella  di  Poldhu  nella  Cornovaglia  inglese   il 
seguente  marconigramma,  da  trasmettersi  per  telegrafo  al  Santo  Padre 
a  Roma :  La  Gerarchia,  il  Clero,  i  legati  americani,  Yi  mandano  con- 
gratulazioni  pel  Yostro  Giubileo. 

GBRMAN1A  (Nostra  Corrispondenza).  1.  II  viaggio  del  Principe  Imperiale 
a  Pietroburgo  e  la  questione  del  Venezuela.  —  2.  La  questione  ma- 
cedone.  —  3.  II  governo  personale  di  Guglielmo  II  e  le  sue  opinionl 
religiose.  —  4.  II  Cancelliere  rinunzia  alia  legge  contro  i  Gesuiti.  — 
5.  II  Landtag  prussiano  e  i  Polacchi.  —  6.  La  tolleranza  religiosa.  — 
7.  Crisi  ministeriale  in  Baviera.  —  8.  II  Giubileo  di  Leone  XIII.  —  9.  Le 
opere  soeiali  in  Germania.  —  10.  Un  centenario  triste  per  la  Chiesa  e 
la  Germania. 

1.  II  viaggio  del  Principe  Imperiale  in  Russia,  nei  cuore  delP  in- 
verno,  non  pud  piu  recare  meraviglia,  mentre  si  e  toccato  con  mano 
quanto  sia  stato  opportune.  Di  fatto  a  Washington  e  stata  affrettata  la 
soluzione  delle  trattative  nella  questione  col  Venezuela ;  questione 
omai  definita  in  maniera  oltremodo  soddisfacente  per  la  Germania,  la 
quale  in  tale  occasione  ha  avuto  la  fine  previdenza  di  accaparrarsi 


CONTEMPORANEA  741 

1'appoggio  dell' Inghilterra  e  dell' Italia.  Negli  Stati  Uniti,  come  in 
Inghilterra,  si  era  intrapresa,  dalla  stampa  e  da  alcuni  partiti,  una 
campagna  molto  violenta  contro  la  Germaaia ;  ma  e  stata  tosto  sopita 
allorche  fu  dimostrata  la  costante  amicizia  tradizionale  tra  le  due 
Corti  di  Berlino  e  di  Pietroburgo,  non  mai  smentita,  ed  oggi  resa 
piu  salda  con  1'accoglienza  oltremodo  cordiale  fatta  dalP  Imperatore 
e  dal  popolo  russo  al  Principe  Imperiale,  mentre  i  giornali  offlciosi 
dichiaravano  che  tra  i  due  Imperi  esistono  soltanto  screzii  apparent! 
piu  che  sostanzlali  e  tali  da  non  compromettarne  le  reciproche  relazioni 
di  amicizia.  Si  conosce  molto  bene  d'altronde  essere  la  Germania 
Tunica  potenza  capace  di  recare  grave  danno  alia  Kussia,  esposta  alle 
sue  invasioni,  piu  che  a  quelle  di  altri  nemici.  Un  altro  vantaggio 
della  Germania  e  anche  quello  di  poter  disporre  dell'aiuto  dell'Austria 
8  della  Turchia,  per  le  quali  e"  questione  di  vita  o  di  morte  opporsi 
alia  Russia  e  impedirle  di  dilatare  il  proprio  dominio  al  di  la  del 
bacino  del  Danubio  ed  entrare  padrona  in  Costantinopoli.  Insomma, 
la  intera  questione,  per  quanto  lontana  e  di  poca  importanza,  del 
Venezuela,  e  servita  a  uimostrare  ancora  una  volta  ai  popoli  ed  ai 
'Sovrani  che  qualsivoglia  questione  internazionale  riesce  ad  imporsi, 
e  da  tutti  si  corre  grave  rischio  quando  si  spingono  le  esigeuze  troppo 
all'estremo ;  e  che  mentre  uno  meno  se  lo  aspetta  da  un  momento 
all'altro  possono  sorgere  difficolta  gravissime. 

I  nostri  socialist!  hanno  di  nuovo  dichiarato  che  la  Germania  non 
ia  alcun  bisogno  di  una  flotta,  la  quale  servirebbe  a  metterla  nella 
tentazione  di  gettarsi  in  imprese  arrischiate  e  lontane.  Nonostante  tale 
opposizione  dei  socialist!  e  pure  urgente,  per  alimentare  la  nostra 
popolazione,  la  quale  va  rapidamente  aumentando,  estendere  e  pro- 
teggere  al  di  fuori,  il  nostro  commercio;  e  guai  a  noi  se  la  mancanza 
di  commercio  riducesse  alia  miseria  e  alia  fame  i  nostri  operai !  poiche" 
i  socialisti  sarebbero  i  primi  a  soffrirne  e  a  gridare  contro  lo  Stato 
<e  le  sue  istituzioni.  Di  piu:  non  v'ha  paese  il  quale  possa  vantarsi 
di  bastare  a  se  stesso,  e  di  non  avere  bisogno  di  scambiare  con  altri 
i  prodotti  proprii:  ma  tutti  vanno  soggetti  a  tale  necessita.  II  com- 
mercio nostro  si  lagna  del  resto,  perche  il  governo  imperiale,  di  propria 
iniziativa,  e  senza  interrogare  il  Reichstag,  ha  accordato  agli  Stati 
Uniti  una  tariffa  di  favore  per  mercaozie  fino  a  3  o  400  milioni,  mentre 
gli  Stati  Uniti  stessi  alle  nostre  mercanzie  hanno  concesso  un  ribasso 
soltanto  per  la  somma  di  4  o  5  milioni. 

2.  Di  comune  consenso  1' Austria  e  la  Russia  hanno  proposto  un 
disegno  per  le  riforme  da  essere  introdotte  nella  Macedonia  dal  go- 
verno turco  ;  riforme  subito  accettate  dal  medesimo.  Stimiamo  sia  inu- 
tile mettere  in  dubbio  la  buona  volonta  del  governo  turco  e  di  far 
predizioni  sulla  caduta  di  quel  disegno,  quando  gia  si  sa  che  i  turchi, 


742  CRONACA 

pel  loro  principii  religiosi  e  politic!,  per  le  loro  idee  sociali,  non  po 
tranno  giammai  tollerare 'che  i  cristiani  abbiano  un  trattamento  uguale 
al  loro;  e  questo  fatto  rende  effimera  qualsivoglia  riforma,  adottata 
dalla  Turchia.  Le  popolazioni  cristiane  soggette  al  governo  turco  hanno 
ottenuto  la  liberta  soltanto  col  sottrarsi  al  giogo  del  medesimo.  Ne  fanno 
fede,  senzagdubbio,  la  Grecia,  la  Rumania,  la  Serbia  e  la  Bulgaria, 
mentre  la  Bosnia ,  e  1'Herzegovina  prosperano  sotto  lo  scettro  di  Casa 
d'Austria,  quantunque  ivi  siano  tollerati  anche  i  maomettani.  II  me- 
desimo accadra  in  Macedonia,  ove,  o  le  riforme  non  porteranno  alcun 
buon  frutto,  ovvero  si  giungera  alia  indipendenza,  all'autonomia  del 
paese.  Non  vi  ha  via  di  mezzo,  se  si  vuole  dare  a  quei  popoli  una 
esistenza  conveniente.  Sarebbe  anche  necessario  un  accordo  ira  le 
potenze,  nePliberarefla  Macedonia,  a  fine  di  evitare  una  soverchia  pre- 
ponderanza  dell' Austria  oppure  della  Russia  nella  penisola  balcanica; 
e  la  preponderanza  della  Russia,  ove  prendesse  piede,  finirebbe  col 
sottoporre  al  proprio  dominio  tutti  quei  paesi,  il  che  tornerebbe  certo 
a  danno  degli  interessi  europei. 

3.  L'azione  personale  delPImperatore  nel  governo  suscita  non  di 
rado  inconvenient!,  nonostante  le  sue  incontrastabili  buone  inten- 
zioni.  Cos!  per  esempio  Guglielmo  in  different!  discorsi  ha  attaccato 
vivacementefi  socialist],  biasimandoli  e  rimproverandoli  di  tradire  in 
special  modo  la  patria,  alia  quale  si  rendono  pericolosi,  per  non  ri- 
conoscerne  essi  alcuna,  meritandosi  cosi  tutti  i  rigori  della  legge. 
Gli  oratori  socialist!  portarono  le  accuse  dell'lmperatore  alia  tribuna 
del  Reichstag,  nonostante  che  vi  si  opponesse  con  tutta  la  energia 
il  presidente,  conte  de  Ballestrem.  I  socialist!  risposero  per  le  rime  e 
con  estrema  viqlenza,  sicche  provocarono  scene  scandalose  e  tali  da 
costringere  il  presidente  a  dimettersi.  II  sig.  de  Ballestrem  pero  fu 
rieletto  con  maggior  numero  di  voti,  non  essendovi  un  membro  del 
Reichstag  piu  autorevole  e  piu  atto  di  lui  a  sostituirlo,  e  1'  Impe- 
ratore,  volendo  dargli  un  attestato  di  gratitudine  per  averlo  si  bene 
difeso  nel  Reichstag,  lo  nomino  membro  ereditario  della  Camera  dei 
Signori  di  Prussia.  Con  tutto  cio  il  male  cagionato  da  alcuni  discorsi 
dell'Imperatore  non  e  punto  riparato;  perehe  gli  attacchi  violent! 
elevano  i  socialist!  al  grado  di  potenza  con  la  quale  1'Imperatore  e 
giocotorza  tratti  alia  par!,  e  quei  che  e  peggio,  con  tutta  1'appa- 
renza  di  averne^timore.  Tale  potenza  dei  socialist!  va  sempre  guada- 
gnando  terreno,  per  quanto  nondimeno  il  loro  capo,  sig.  Bebel,  esa- 
geri  allorche  asserisce  che  ciascun  discorso  delPImperatore  vale  per 
essi  100,000  voti  di  piu  nelle  elezioni.  I  ministri  e  specialmente  il 
cancelliere  sig.  von  Billow  non  appariscono  quali  consiglieri  del  So- 
vrano,  ma  solamente  semplici  esecutori  dei  suoi  ordini ;  e  quindi  non 
conoscendo  le  intenzioni  di  Lui  non  possono  prevenire,  nei  suoi  di- 


CONTEMPORANEA  743 

scorsi,  quelle  manifestazioni  delle  quali  poi  debbono  conoscere  pur- 
iroppo  gli  effetti  disastrosi.  Guglielmo  e  un  buon  oratore ;  improvvisa 
i  suoi  discorsi  e  si  abbandona  talora  alle  impression!  del  momenta, 
il  che  lo  ha  portato  a  provocare  una  crisi  nel  seno  del  protestantism©, 
per  avere  in  due  discorsi  proclamato  la  Weiterbildung,  cioe  il  pro- 
gresso,  lo  sviluppo,  il  perfezionamento  della  Religione.  E  questa  1'ade- 
«ione  alia  dottrina  del  Ritschl  e  dell'Harnack,  esclamarono  i  razio- 
nalisti !  Ma  fin  qui  1'Imperatore  non  ha  chiamato  i  razionalisti  al 
governo  della  Chiesa  protestante,  per  quanto  il  sig.  Harnack  e  il 
sig.  Delitzsch  e  gli  altri  siano  ben  veduti  a  corte.  L'Imperatore  e 
1'Imperatrice  hanno  assistito  a  due  conferenze  nelle  quali  il  sig.  De- 
litzsch ha  creduto  dimostrare  che  le  tabelle  babilonesi  negano  1'ispira- 
zionedell'AnticoTestamento:  conferenze  che  pubblicate  nelle  coloime  dei 
giornali  produssero  una  emozione  enorme  nel  mondo  ortodosso.  Questo 
poi  fini  di  perdere  ogni  illusione,  allorche  il  sig.  Kilprecht,  assiriologo 
<li  prim'  ordine,  direttore  da  quattordici  anni  delle  gazzette  di  Nip- 
pona,  di  Babilonia  e  di  altre,  avendo  fatte  diverse  conferenze  per 
confutare  rnagistralmente  il  sig.  Delitzsch,  non  si  vide  onorato  dalla 
presenza  dell'Imperatore.  Molti  altri  dotti,  cattolici  e  protestanti,  con- 
futarono  il  sig.  Delitzsch  per  mezzo  dei  giornali,  ma  non  consegui- 
rono  il  loro  intento,  di  demolire  cioe  1'eroe  di  fronte  al  pubblico  ari- 
stocratico. 

Poco  dopo  1'Imperatore  diresse  una  lettera  all' ammiraglio  Holl- 
mann,  riprodotta  dai  giornali,  nella  quale  asseriva  che  il  sig.  Delitzsch 
aveva  per  iscopo  precipuo  di  scagionare  i  Babilonesi  da  certe  accuse 
della  Bibbia;  e  che  le  tabelle  babilonesi  potevano  e  vero  smentire  la 
Bibbia  in  alcuni  punti,  ma  non  avrebbe  cid  fatto  gran  male.  «  Per 
me,  dice  1'  Imperatore,  non  vi  pud  essere  alcun  dubbio  circa  le  con- 
tinue relazioni  di  Dio  col  genere  umano,  creato  per  lui.  Egli  ha  messo 
nell'  uomo  il  proprio  soffio  divino,  gli  ha  donata  una  parte  di  se  me- 
desimo,  1'anima;  e  con  1'amore  di  un  padre,  con  grande  interesse 
accompagna  lo  svolgimento  del  genere  umano  per  perfezionarlo  e  fa- 
vorirlo;  mentre  si  manifesta  alternativamente  nei  varii  grandi  spiriti, 
sacerdoti  o  re,  si  a  presso  i  pagani,  sia  presso  gli  ebrei  e  i  cristiani. 
Fra  essi  furono  Hammurabi,  Mose,  Abramo,  Omero,  Carlo  Magno, 
Lutero,  Shakespeare,  Goethe,  Kant,  1' Imperatore  Guglielmo  il  Grande. 
.Egli  li  ha  scelti  e  resi  degni  della  sua  grazia,  per  recare  in  mezzo  ai 
popoli  magnificenze  incancellabili.  Come  mio  nonno  piu  volte  ha  as- 
serito  «  costoro  furono  soltanto  uno  stromento  nelle  mani  del  Signore*. 
Fra  le  rivelazioni  di  Dio  nel  inondo  la  piu  grande  fu  certo  quella  del 
Hessia,  poiche  Dio  si  manifesto  per  mezzo  del  suo  medesimo  figlio. 
Cristo  e  Dio,  ed  egli  ci  salva  »...  L'Imperatore  riassume  la  propria 
professione  di  fede  cosi :  «  lo  credo  in  Dio  unico.  Noi  abbiamo  bisogno 


744  CRONACA 

di  una  formola  per  insegnarla  soprattutto  ai  nostri  figli ;  e  questa. 
formola  finora  si  e  trovata  nell'  Antico  Testamento,  nella  sua  presente 
tradizione.  Questa  formola  potra  subire  essenziali  cambiamenti,  a  causa 
degli  studii  modem! ,  delle  iscrizioni  e  delle  tabelle  ritrovate,  ma  non- 
tali  da  recare  gran  male  se  non  sia  strap pata  di  fronte  al  popolo  pre- 
diletto  di  Dio  la  propria  aureola,  poiche  rimarra  sempre  nel  fondo  la 
parte  essenziale,  cioe  Dio  e  la  sua  onnipotenza.  La  Religione  non  fu 
mai  il  ritrovato  di  una  scienza,  ma  sibbene  una  manifestazione  del 
cuore  e  della  natura  umana  nei  suoi  rapporti  verso  Dio  medesimo.  > 

Le  opinioni  del  Monarca  possono  certamente  dar  luogo  a  discus- 
sioni;  ma  la  sostanza  e  che  G-uglielmo  crede  alia  divinita  di  Gesa 
Cristo,  alia  sua  Redenzione,  alia  onnipotenza  di  Dio;  ne  alcuno  vorra 
negare  che  1'uomo  sia  uno  strom.9nto  nelle  mani  di  Dio,  e  che  compia 
i  suoi  divini  decreti.  Tale  dottrina  giustifica  compiutamente  il  culto 
dei  Santi,  i  quali,  sopra  tutti,  sono  stromenti  nelle  mani  della  Dmna 
Bonta,  e  le  cui  opere,  sebbene  non  siano  rimboinbanti  quanto  quelle 
dei  grandi  guerrieri,  pure  sono  piu  durature  e  soprattutto  migliori, 
mentre  offrono  a  tutti  un  esempio  di  niassima  utilita  per  1'uomo  e- 
degno  di  essere  universalmente  imitato.  Non  si  pud  negare  che  Gu- 
glielmo  II  con  la  sua  professione  di  fede  ha  compiuto  un  grands  atto 
della  sua  vita,  dato  un  esempio  degno  di  essere  ammirato  e  tale  da 
recare  buoni  frutti,  sebbene  cio  non  abbia  impedito  al  signor  Harnack  di 
confermare  che  le  leggende  dell'Antico  Testamento  sono  di  origins 
babilonese. 

4.  Un  passo  in  avanti.  II  3  febbraio  il  sig.  Spahn,  uno  dei  capi 
del  Centro,  chiese  al  Reichstag  la  ragione  per  la  quale  si  erano  lasciate 
senza  risposta  alcuna  le  deliberazioni  ripetute  del  Parlamento  in  favore 
della  soppressione  della  legge  contro  i  gesuiti,  benemeriti  della  na- 
zione,  come  dimostrano  i  fatti.  Di  vero,  Guglielmo  I  aveva  confe- 
rito  la  croce  di  ferro  a  molti  gesuiti  che  avevano  seguito  1'esercito 
alia  guerra;  Guglielmo  II  ha  or  ora  fregiato  della  medaglia  del  Reno 
il  P.  Scher,  facente  parte  della  provincia  francese  della  Compagnia 
di  Gesii,  per  i  servizi  da  lui  resi  ai  soldati  tedeschi  in  Cina.  II  Can- 
celliere  von  Bulow  rispose  che  i  governi  confederati  non  potevano* 
tollerare  stabilimenti  di  gesuiti  nel  proprio  Stato;  ma  che  tuttavia 
le  condizioni  religiose  present!  non  esigono  piu  di  sottomettere  sudditi 
tedeschi  a  leggi  eccezionali  pel  solo  motive  di  appartenere  alia  Com- 
pagnia di  Gesu,  o  di  tenere  in  vigore  la  legge  speciale  di  espulsione 
contro  i  membri  forestieri  iscritti  a  tale  Ordine.  Ecco  la  nostra  posi- 
zione  in  seguito  alia  decisione  del  Consiglio  Federale :  verra  soppressa 
1'articolo  II  della  legge  contro  i  gesuiti,  e  percio  i  membri  della  ce- 
lebre  Compagnia  saranno  liberi  intieramente  d'  ora  in  avanti,  di  eser- 
citare  qui  il  proprio  ministero  con  sicurezza ;  ma  non  potranno  aprire- 


CONTEMPORANEA  745 

scuole,  erigere  noviziati,  i  quali  resteranno  all'estero,  specialmente 
in  Olanda ;  cid  che  nocera  assai  alia  formazione  di  nuovi  soggetti, 
con  molto  dispiacere  di  tutfei,'  in  quanto  che  i  gesuiti  tedeschi  hanno 
missioni  all'  estero,  specialmente  nelle  due  Ameriehe  ove  sono  di  pre- 
aioso  appoggio  ai  nostri  compatriotti. 

5.  II  discorso  del  Trono  pronunziato  all'apertura  del  Landtag  pone 
in  rilievo  la  condizione  pessima  delle  finanze  prussiane;    mentre  al 
tempo  stesso  annunzia  nuove   spese  considerevoli   per  proseguire   la 
politica  antipolacca,  la  quale  ha  fin  qui  divorato  piii  di  trecento  mi- 
lioni  senza  dare  altro  resultato  che  d'inasprire  sempre  piu  i  polacchi 
rendendo  maggiormente  ostinata  la  loro  resistenza  e  piii  profonda  la 
scissura  fra  le  due  nazioni  con  grande  danno  dei  tedeschi   resident! 
nelle  province  miste.  II  sig.  Dziemboroskj  interrogo   il  Governo,  fa- 
*cendo  un  quadro  rattristante  del  regime  eccezionale  e  vessatorio  sotto 
il  quale  la  popolazione  indigena  soffre  maggiormente,  mentre  pei  po- 
lacchi sono   cessate  interamente  le   guarentige  legislative  e  interna- 
zionali,  e  i  tedeschi  protestanti  sono  anteposti  e  favoriti  in  modo  ri- 
buttante.  La  guerra  fatta  alia  liDgua  polacca  e  senza  tregua,  sicche 
sono    puniti  i  soldati  e  gl'  impiegati    perfino    se    la   usano    fuori   di 
servizio;    i   commercianti   e   gl' industrial!    esposti  al  boicottaggio  ed 
^sclusi  dalle  forniture  officiali  e  da   qualsivoglia   acquisto,   e   i  fun- 
zionari  del  governo  invadono  il  campo   religioso   dei   Cattolici.   Mal- 
grado  tutto  cid  i  Ministri  osano   smentire  tali  fatti,  oppure   cercano 
giustificare  queste  violenze  e  queste  persecuzioni  giornaliere. 

6.  Allorquando  il  Reichstag,  tre  anni  indietro,  approvd  la  mozione 
del  Centro  in  favore  della  tolleranza  religiosa,   il  sig.  von  Billow  si 
rivolse  ai  governi  di  Sassonia,  del  Brunswick,   e  del  Mecklemburgo 
invitandoli  officiosamente  a  modificare  la  propria  legislazione  in  con- 
formita  di  quel  voto,  a  fine  di  evitare  1'intervento  diretto  del  Reichstag 
e  del  governo  imperiale;  pero  soltanto  il  Mecklemburgo  rispose,  ac- 
cogliendo  i  richiami  del  Reichstag.  Quivi  il  5  gennaio  fu  firmato  un 
decreto,  pubblicato  poi  alia  fine  dello  stesso  mese,  pel  quale  e  accor- 
dato   1'esercizio   pubblico    del    culto  ai    cattolici  ed  ai  calvinisti  (la 
Chiesa  nazionale  del  Mecklemburgo  e  luterana);  e  i  diritti  delle  chiese, 
cappelle  ed  altri  luoghi  di  riunioni  religiose  cattoliche  e  riformate, 
fondati  con  il  consenso  del  governo,  nonche  dei  preti,  dei  cimiteri  ecc. 
sono  uguagliati  a  quelli  della  Chiesa  luterana.  II  governo  ha  peraltro 
riservato  il  privilegio  sovrano  per  laerezione  di  parrocchie,  per  la  costru- 
zione  di  chiese,  sulle  missioni,  sui  pellegrinaggi  e  sulle  processioni, 
nonche  sullo   stabilimento  di  ordini   religiosi.   Qualche   deputato  del 
Landtag  locale  ha  fatto  cenno  di  certe  restrizioni,  che  non  erano  state 
accettate  dal  governo  e  pero  non  inserite  nel  decreto.  E  da  notare  che 
.11  giovane  granduca  Federigo  Francesco  (nato  a  Palermo  il  9  aprile  1882) 


746  CRONACA 

dopo  la  sua  assnnzione  al  trono  si  e  mostrato  sempre  molto  prepense" 
favorire  i  cattolici.  I  due  granducati  di  Heeklenburgo  Schwerin 
e  Strelitz  governati  da  un  Landtag  comune  contano  697,836  abitanti 
protestanti  e  9797  cattolici,  dei  qnali  ultimi  la  maggior  parte  si  com- 
pone  di  agricoltori  einigrati  dalle  provincie  polacche.  Nella  nobilta, 
durante  1'ultimo  secolo,  vi  furono  molte  conversion!;  celebre  sopra 
tutte  specialmente  la  conversione  del  barone  di  Kettenburg.  Quando 
fu  organizzata  la  prima  raccolta  delPObolo  di  S.  Pietro.  la  nobilta  vi 
prese  parte  raccogliendo  piii  migliaia  di  franchi.  Lo  zio  del  granduca 
Federico  Francesco,  il  duca  Paolo,  si  convert!  al  cattolicismo,  e  sposo 
una  principessa  di  Windischgraetz,  cattolica  anche  essa;  e  cattolici 
sono  pure  i  loro  figli.  Finora  esistono  parrocchie  cattoliche  soltanto 
a  Schwerin,  Strelitz,  Rostock  e  Wismar. 

II  Brunswick  ha  modificato  la  propria  legislazione  intollerante  in. 
parti  di  nessuna  importanza,  tantoche  nei  casi  urgenti  non  e  permesso 
tuttora  a  sacerdoti  forestieri  di  assistere  i  moribondi  nei  confini  del 
ducato,  poiche  per  avere  la  facolta  di  compiere  il  sacro  ministero  ivi 
e  prescritto  ai  sacerdoti  di  prendere  la  nazionalita  e  di  promettere 
obbedienza  alle  leggi  ecc.  Nei  ducato  di  Brunswick  vi  sono  24  175  cat- 
tolici e  436,976  protestanti  e  1'esercizio  del  culto  cattolico  e  tollerato 
soltanto  nelle  citta  grandi;  in  una  citta  contenente  inille  cattolici, 
or  non  e  molto,  fu  negata  la  erezione  di  una  parrocchia.  II  Governo 
ed  il  Landtag  di  Sassonia  invece  hanno  rifiutato  senz'altro  ogni  mo- 
dificazione  della  propria  legge  intollerante,  'fatto  che  obblighera  i  cat- 
tolici a  rivolgersi  novamente  al  Reichstag  per  ottenere  per  se  un  trat- 
tamento  identico  a  quello  fatto  ai  protestanti  di  tutto  1'  Impero:  e  tale 
questione  esercitera  certo  una  grande  preponderanza  nelle  prossime 
elezioni. 

7.  II  presidente  del   ministero    bavarese,   signor  von  Crailsheim 
il  18  febbraio   fu   improvvisamente   sostituito    dal    signor    di  Pode- 
wils,  il  quale  a  sua  volta  nei  ministero  dei  Culti   e  della  pubblica 
istruzione  cede  ii  posto  al  sig.  von  Wehner,   buon  cattolico.   II  si- 
gnor Crailsheim,  quantunque  protestante,  fu  meno  ostile  verso  i  cat- 
tolici del  suo  predecessore,  il  sig.  Lutz,  che,  sebbene  fosse  cattolico, 
fece  educare  i  proprii  figli  nella  religione  protestante.  Si  e  ritirato 
dicesi  a  causa  di  alcune  question!   personal!  col  governo  imperiale, 
I   liberali,  e  i   nostri   nemici   in    generale,    non    veggono   di    buon 
occhio  simili  cambiamenti ;  mentre  i  cattolici  non  sperano  di  potere 
iniziare  una  politica  sullo  stampo  di  quella  del  Centre  e  solo  hanno 
fiducia  di  ottenere  a  proprio  riguardo  meno  preferenze  per  i  liberali 
e  per  i  protestanti. 

8.  II  giubileo  Pontificale  del  S.  Padre  e  stato  solennizzato  con 
grandi  feste  in  tutta  la  Gtermania  cattolica ;  feste  non  solo  religiose.. 


CONTEMPORANEA  747 

ma  anche  civili ;  poiche  sono  state  tenute  numerose  riunioni  pub- 
bliche,  ove  valenti  oratori  hanno  esaltato^la  grandezza,  i  fasti  del 
Papato,  le  opere  apostoliche  'compiute|sotto  iljglorioso  regno  delPil- 
lustre  Leone  XIII.  Queste  conferenze  pubbliche  hanno  giovato  ol- 
tremodo  a  mettere  in  evidenza  dinanzi  Jagli  occhi  di  tutti  la  elevata 
missione  del  Papato,  cardine  e  base  inespugnabile  della  Chiesa  in 
mezzo  alia  societa.  Yarii  pellegrinaggi  sono  stati  organizzati  per 
Eoma,  ed  inoltre  si  parla  anche  di  un  viaggio  dell'  Imperatore,  allo 
scopo  di  presentare  i  proprii  omaggi  all'illustre  Yegliardo  del  Yati- 
cano,  e  al  tempo  stesso  per  visitare  Montecassino,  ove  alcuni  Bene- 
•dettini  tedeschi,  della  Congregazione  di  Beuron,  eseguiscono  pitture 
murali  di  stile  severo  e  grandioso,  ideato  da  loro  stessi.  E  no  to 
quanto  GKiglielmo  sappia  apprezzare  1' opera  civilizzatrice  compiuta 
dalPOrdine  Benedettino. 

La  stampa  ha  tenuto  un  contegn©  molto  dignitoso  rispetto  a  Leo- 
ne XIII,  rendendo  giustizia  agli  sforzi  da^lui  fatti  in  favore  della  pace 
generale  e  della  soluzione  della  questione  sociale.  Fra  gli  altri  la  Nord- 
deutsche  Allgemeine  Z&itung,  organo  del  governo  di  Berlino,  ha  manife- 
stata  «  la  propria  ammirazione  e  la  propria  riconoscenza  verso  Pau- 
gusto  capo  della  Chiesa  cattolica,  o  principe  della  pace  >  del  quale 
ella  ammira  altresi  «  la  grande  finezza  politica  ». 

9.  Alia  fine  del  1901  Pattivo  di  tutte  le  Casse  di  soccorso  e  di 
pensioni  per  gli  operai  tedeschi  ascendeva  a  929  milioni  di  marchi, 
dando  un  dividendo  medio  di  3,53  per  cento.  Siccome  la  loro  esi- 
stenza  non  conta  piu  di  venti  anni,  cosi  si  prevede  che  fra  una  doz- 
zina  di  anni  questo  capitale  raggiungera  la  cifra  di  piu  miliardi, 
rendendo  possibile  un  aumento  delle  pensioni,  oggi  molto  modeste, 
essendo  limitate  fra  80  e  200  marchi.  Inoltre  i  miliardi  delle  casse 
di  pensioni,  coliocati  in  tiioli  dello  Stato,  su  ipoteche  e  in  altri  ec- 
<?ellenti  valori,  hanno  una  grande  influenza  nel  movimento  dei  ca- 
pitali  sul  pubblico  mercato  ;  e  gli  operai  si  vanno  persuadendo  oggi 
che  i  rivoluzionarii  mettono  a  rischio  questi  capitali,  i  cui  interessi 
sono  destinati  a  sostentare  la  propria  vecchiaia  ;  tanto  piu  che  co- 
storo  hanno  una  certa  ingerenza  nell'amministrazione  di  si  colossale 
patrimonio, 

Colle  pensioni  e  per  supplire  alia  loro  insufficienza,  aumentano  in 
consolanti  proporzioni  i  doni  e  le  fondazioni  fatte  a  favore  della  vec- 
chiaia indigente,  e  nel  1902  I' Ar better freund  (I'amico  degli  operai)  re- 
gistro  84  milioni  di  doni,  e  291  A/2  durante  i  cinque  ultiini  anni,  la- 
gnandosi  nondimeno  che  molte  oblazioni  generose  sfuggano  alle  sue 
indagini.  Malgrado  cio  il  capitale  di  queste  fondazioni  pud  essere  va- 
lutato  circa  un  miliardo.  Le  15,000  casse  Reiffeisen  e  societa  coope- 
rative d'ogni  specie  si  compongono  di  tre  milioni  di  socii,  e  i  loro 


748  CRONACA 

affari  salgono  ad  una  cifra  di  3  o  4  miliardi  per  anno,  contribuendo 
senza  dubbio  tanta  varieta  di  istituzioni  ali'agiatezza  dell'operaio  6- 
del  piccolo  (borghese.  Anzi  i  corrispondenti  di  giornali  esteri  asseri- 
scono  che  50,000  socialist!;  (altril'dicono  anche  di  piu)  seguaci  del 
Liebknechfc  non  sembrano  piu  operai,  ma^addirittura  borghesi !  I  cat- 
tolici  e  il  Centro  hanno  il  diritto  di  van  tarsi  di  avere  avuto  la  parte 
principale  nel  miglioramento:  delle  condizioni  delle  classi  operaie,  poi- 
che,  insieme  al  Ketteler,  al  Joerg,  al  Kolpiug  sono  stati  gP  inizia- 
tori  e  propugnatori  delle  opere  sociali  e  della  relativa  legislazione. 
Essi  e  vero  sono  riusciti  ad  arrestare  il  movimento  socialista  soltanto 
nei  paesi  cattolici ;  tuttavia  altrove  poterono  validamente  obbligare  i 
socialisti  a  rinunziare  alia  loro  politica  rivoluzionaria  e  mettere  le 
loro  pretensioni  in  armonia  con  le  condizioni  generali  della  presente 
societa. 

10.  II  28  febbraio  1803  la  Dieta  dell'  Impero  germanico,  residente 
a  Eatisbona,  confermdncon?3una"delibera7ione,  la  distruzione  definitiva, 
deli'  impero.  La  Francia  essendosi  appropriata  la  riva  sinistra  del  Reno 
per  il  trattato  di  Luneville|obbligava  la  Dieta  a  compensare  i  Prin- 
cipi  per  le  perdite  territoriali  subite  da  questa  annessione,  donando 
loro  i  principati  ecclesiastic!,  le  Badie  e  le  citta  libere.  Eccettuata  la 
Baviera,  tutti  gii  Stati*  cattolici  furono  aboliti,  tutte  ie  popolazioni 
cattoliche  sottomesse  a  principi  protestanti,  i  quali  non  adempirono 
gli  obblighi  formalmente  assunti  di  proteggere  e  rispettare  la  liberta, 
i  diritti  e  le  proprieta  dei  cattolici,  ma^al  contrario,  posero  subito 
xaano  a  sec^jlarizzare,  cioe  a  confiscare  le  proprieta  ecclesiastiche  per 
darle  in  balia  dei  protestanti,  I  cattolici  oltre  a  perdere  la  propria 
liberta  si  videro  portar  via  possedimenti  per  un  valore  di  un  mi- 
liardo;  valore  che  oggi  e  asceso  a  5  miliardi,  cosicche  il  Trattato  di 
Luneville  per  la  Chiesa  di  German ia  fu  un  disastro  enorme,  com- 
piendo  1' opera  nefasta  del  Trattato  di  Westfalia,  dovuto  egualniente 
alia  Francia  che  donava  allora  una  dozzina  di  vescovadi  e  altri  ter- 
ritorii  cattolici  ai  principi^protestanti,  col  diritto  di  condurne  gli  abi« 
tanti  al  protestantesimo.  L' Imperatore  fu  ridotto  all '  impotenza  con 
un  articolo  del  TrattatoPsuddetto  che  conferiva  ai  principi  il  diritto 
di  allearsi  con  le  nazioni  estere,  di  guisa  che  in  appresso  questi  prin- 
cipi erano  quasi  sempre  ai  servigi  della  Francia,  la  quale  ebbe  di 
continue  le  mani  negli  affari  della  Germania.  Essa  spesso  impose  le 
sue  creature  pei  principati  ecclesiastici  sfuggiti  alia  rovina  generale 
di  cui  la  storia  non  registra  una  simile,  e  dalla  quale  la  Chiesa  si 
riebbe  solo  dopo  il  1815;  ma  piu  specialmente  dopo  il  1871.  Ella  gode 
oggi,  in  virtu  della  operosita  dei  cattolici,  una  posizione  migliore  che 
<Jopo  il  Trattato  di  Westfalia.  I  cattolici  tedeschi  sono  i  primi  a  ral- 
Jegrarsi  col  nuovo  Impero,  il  quale  ha  messo  fine  per  sempre,  almeno 
«i  spera,  ai  maneggi  della  Francia  nei  negozii  della  Germania. 


CONTEMPORANEA  749 

STAT1  UNITI  (Nostra  Corrispondenza) .  1.  Gli  emigranti  Italian!  e  i  loro 
pericoli.  —  2.  L'Arcivescovo ,  Mgr.  Farley  e  la  questione  scolastica.  - 
3.  II  Presidents  sig.  Roosevelt  e  i  Negri.  —  4.  Percbe  non  si  vuole  eri- 
gere  il  Nuovo  Messico  a  Stato.  —  5.  Fine  della  questione  del  Vene- 
zuela. —  6.  Cure  degli  Stati  Uniti  per  le  isole  Filippine.  —  7.  L'arbi- 
trato  fra  i  minatori  e  i  loro  padroni.  —  8.  L'agitazione  contro  i  Trusts. 
—  9.  Un'altra  vittoria  in  favore  dell'arbitrato. 

1.  L'emigrazione  ha  ormai  cessato  d'esercitare  la  sua  influenza  sul 
carattere  degli  Stati  Uniti,  ma  sono  per  converse  gli  Stati  Uniti  che 
influiscono  sul  carattere  degli  emigranti  stessi  in  modo  sempre  piu 
crescente.  Questo  fatto  e  di  grandissima  importanza  per  1'avvenire 
della  Chiesa  Cattolica  in  America.  Dell'  intera  popolazione  degli  Stati 
Uniti  che  si  compone  di  circa  77,000,000  di  anime,  un  settimo  e  cat- 
tolico,  un  altro  settimo  e  diviso  fra  centinaia  di  sette  protestanti, 
mentre  il  rimanente  della  popolazione  non  appartiene  a  nessuna  chiesa. 

Nella  maggior  parte  dei  casi,  gli  emigranti  sono  circondati  da 
gente  irreligiosa.  Questa  circostanza,  gia  cattiva  in  se  stessa,  e  ancor 
piu  aggravata  dal  fatto  che  un  certo  numero  di  sette  protestanti,  par- 
ti colarmente  i  Metodisti,  gli  Anabattisti  e  gli  Episcopalian!,  si  sono 
impegnati  in  una  vera  campagna  di  proselitisoao  diretta  verso  i  nuovi 
arrivati,  ma  sembrano  speeialmente  avere  concentrato  la  loro  atten- 
zione  sugli  emigranti  italiani  che  p.i  stabiliscono  quasi  invariabil- 
mente  nelle  grandi  citta,  come  Nuova  York  e  Boston.  II  periodico 
c  The  Messenger  >  pubblicava,  nel  suo  numero  di  gennaio  del  corrente 
anno,  un  articolo  particolareggiato  di  rivelazioni  sorprendenti  su  que- 
sto  soggetto.  Questa  relazione  incoinmcia  con  una  lista  di  tutte  le 
opere  che  sono  state  fatte  per  la  popolazione  italiana  nell'Arcidiocesi 
di  Nuova  York,  e  ci  fa  sapere  che  vi  sono  18  parrocchie  italiane,  due 
cappelle,  sette  chiese  frequentate  in  parte  da  italiani;  ci  dice  che  52 
sacerdoti  hanno  la  cura  spirituale  di  133,100  anime,  e  che  il  numero 
annuale  dei  matrimonii  e  di  1902  e  quello  dei  battesimi  8,670 ;  vi 
sono  poi  sei  scuole  con  3,316  alunni  e  5,770  ragazzi  italiani  d'ambo 
i  sessi  frequentano  le  scuole  domenicali.  Queste  cifre  rappresen- 
tano  difatti  una  bella  somma  di  buone  opere,  ove  specialmente  si 
consider!  che  cosi  gran  numero  di  emigranti  italiani  sono  piombati 
su  di  noi  tutto  d'un  tratto  ed  inaspettatamente.  Disgraziatamente  le 
nostre  opere  sono  troppo  insufficient.  L'anno  scorso  121,139  emigranti 
italiani  approdarono  negli  Stati  Uniti;  nel  1901  se  ne  contarono 
100,000,  mentre  il  numero  totale  di  questo  anno,  alia  fine  di  giugno 
1903,  sara  indubitatamente  il  piu  grande  che  si  possa  ricordare.  Molti 
di  questi  sbarcarono  a  Nuova  York  e  la  maggioranza  si  fermo  nel- 
PArcidiocesi.  Yi  sono  dunque  qui  diecine  di  migliaia  d'  italiani  che 
non  sono  ancora  stati  scritti  sui  registri  della  Chiesa  di  Nuova  York. 


750  CRONACA 

Mgr.  Farley  fa  tutto  cid  che  e  in  suo  potere  per  rimediare  a  questo 
stato  di  cose  e  ha  riunito  intorno  a  se  un  corpo  di  zelatori  a  fine  di 
sorvegliare  gl'  interessi  spiritual!  del  suo  gregge  italiano. 

Tuttavia,  frattanto,  le  sette  non  sono  rimaste  oziose.  Dovunque 
si  e  stabilita  una  colonia  italiana,  hanno  esse  inviato  immediatamente 
i  loro  agenti  per  pervertirla.  1  Protestanti  hanno  fabbricato  hon  solo 
chiese  destinate  esclusivamente  al  servizio  religiose  degPItaliani,  ma 
hanno  anche  fondate  istituzioni  d'ogni  genere  per  uomini,  donne,  fan- 
ciulli  d'ambo  i  sessi  e  persino  asili  infantili.  II  Dottor  Schauffler, 
capo  esecutivo  della  «  Mission  and  Tract  Society  >  scriveva  ultima- 
mente,  nel  periodico  «  New  York  City  Mission  Monthly  >  1'organo  of- 
ficiale  della  sua  sStta,  che  la  parte  piu  ardua  della  sua  opera  di  pro- 
selitismo  fra  gli  italiani  e  nelle  donne.  «  E  quasi  impossible,  dice 
egli,  di  convertirle.  >  Non  e  questo  forse  un  nobile  e  bel  tributo  reso 
alia  fede  delle  donne  italiane?  In  quanto  agli  uomini,  sembra  che 
siano  spesso  attirati  in  gran  numero  ai  servizi  protestanti  a  cagione 
dello  stereopticon,  del  canto,  dei  divertimenti  social  i  e  di  altre  inven- 
zioni  trovate  a  bella  posta;  perd  non  pare  che  molti  uomini  fra  gli 
italiani  si  facciano  presentemente  protestanti,  ovvero  che  si  manten- 
gano  tali  permanentemente. 

Infatti,  tutte  queste  particolarita  sono  praticamente  ammesse  dalla 
signora  Lucy  Bainbridge,  sopraintendente  della  corporazione  delle 
donne  della  City  Mission  and  Tract  Society  di  Nuova  York.  Ecco  cio 
che  ella  dice  nella  sua  relazione  del  Febbraio  1902 :  «  La  nostra  in- 
tera  opera  ne'  suoi  varii  rami  e  in  realta  per  i  bambini...  Quando 
noi  visitiamo  gli  emigrant!  nelle  loro  case,  lo  facciamo  a  fine  di  gua- 
dagnarci  1'amicizia  dei  ragazzi  e  delle  ragazze...  Nella  parte  bassa 
del  West  Side  la  nostra  opera  fra  i  ragazzi  d'ambo  i  sessi  e  tanto 
florida  che  i  locali  affittati  per  loro  sono  insufficient!,  tanto  il  numero 
fc  grande...  Nelle  nostre  scuole  di  cucito  si  recitano  versetti  della 
Scrittura,  e  raccontiamo  fatti  intorno  all'opera  dei  missionarii  fra  gli 
Indiani  americani  del  Nord.  Tutto  questo  e  seguito  da  un  po'  di  mu- 
sica  e  da  un  piccolo  rinfresco  di  gelati  e  dolci.  »  Diverse  altre  rela- 
zioni  di  fondazioni  che  hanno  connessioni  con  questa  opera  ci  ridi- 
cono  gli  stessi  fatti. 

Una  chiesa  evangelica  italiana  a  Broome  Street  ha  come  pastore 
un  tale  Arrighi,  uno  dei  917  membri,  tutti  «  convertiti  »  dalla 
Chiesa  di  Roma  al  Protestantesimo.  Suo  figlio,  Garibaldi  Arrighi,  e 
direttore  d'una  biblioteca  italiana  a  Mulberry  Street f  che  e  realmente 
una  succursale  della  Cappella  di  Broome  Street.  Alle  pareti  pendono 
i  ritratti  del  defunto  Re  Umberto  e  della  Regina  Margherita  che  fu- 
rono  presentati  dal  Re  Umberto  stesso.  1  1200  volumi  che  riempiono 
gli  scaffali  della  biblioteca  furono  donati  dal  Governo  italiano  per 


CONTEMPORANEA  751 

mezzo  del  suoi  rappresentanti  negli  Stati  Uniti.  I  denari  vengono 
spesi  con  scialacquo  per  condurre  a  fine  la  perversione  degi'  italiani 
e  degli  altri  emigrant!.  II  miliardario  Rockfeller  spende,  egli  solo, 
ogni  anno,  somme  enormi  per  questo  stesso  scopo.  Durante  gli  ultimi 
cinquant'anni  la  Societa  di  Soccorso  per  i  bambini,  opera  di  bene- 
ficenza  protestante,  contribui  la  somma  enorme  di  dieci  milioni  di 
dollari,  ed  oggi  questa  stessa  Societa  pretende  avere  ne'  suoi  registri 
nello  Stato  di  Nuova  York  non  nieno  di  5,670  bambini  italiani.  L'anno 
scorso,  i  fondi  pubblici  cooperarono  ai  mantenimento  di  suddette 
scuole,  dando  una  somma  di  piu  di  200,000  dollari,  benche  queste 
societa  e  scuole  siano  prettamente  settarie,  e  con  tutto  che  la  legge 
proibisca  di  dare  qualunque  sussidio  a  istituzioni  di  carattere  settario. 

2.  II  mese  scorso  1'Arcivescovo  Farley  pronunzio   un   importante 
discorso  sulla  questione   delle    scuole.    L'anno    passato    lo    Stato    di 
Nuova  York  spess  50  milioni  di  dollari  per  gl'istituti  d'educazione, 
la  spesa  media  per  ogni  fanciullo  superando  i  40  dollari.  I  Cattolici 
sono  stati  costretti  a  pagare  la  loro  parte  di  questa  somma,    benche 
abbiano  anche  da  sopportare  le  spese  di  un  milione  e  mezzo  di  dol- 
lari per  le  loro  proprie  scuole  parrocchiali.    L'Arcivescovo   proclamo 
con  energia  che  tali  condizioni  erano  ingiuste,  e  dichiaro  essere  do- 
vere  dello  Stato  di  prowedere  alia  educazione  letteraria  nelle  scuole 
parrocchiali  per  i  ragazzi  cattolici.  Prendendo  questa  attitudine,  Mon- 
signor  Farley  non  fa  che  continuare  le  tradizioni  del  suo  antecessore 
1'Arcivescovo  Corrigan. 

3.  II  Presidente  Roosevelt  ha  ancora  una  volta    dato    prova   sor- 
prendente  del  suo  coraggio  politico  nel  proclamare  1'uguaglianza  del 
negro  americano  con  I'americano  bianco.  Egli  non  poteva  toccare  un 
tasto  piu  pericoloso.  Nonostante  tutta  la  nostra  democrazia,  negli  Stati 
Uniti  la  piu  grande  parte  della  nostra  popolazione    rifiuta   assoluta- 
mente  di  avere  attinenze  sociali  coi  negri,  e  nemmeno  colle  persone 
che  abbiano  una  leggerissima  mescolanza  di  sangue  negro  nelle  vene. 
Questo  sentimento  e  ancora  piu  forte  negli  Stati   meridionali,    ove  i 
negri  erano  qualche  tempo  fa  schiavi.  In  diverse  parti  degli  Stati  Uniti, 
i  negri  sono  stati  privati  del  diritto  elettorale ;  sono  costretti  a  viag- 
giare  in  vagoni  speciali  quando  sono  in  strada  ferrata,  ed  in  vetture 
speciali  quando  sono  nei  tranvia  o  negli  omnibus.   I  negri  non  pos- 
sono  occupare  nessun  ufficio  nel  quale  i  bianchi  dovessero  essere  loro 
subordinati,  sono  stati  rigorosamente  esclusi  da  ogni  posto   governa- 
tivo,  e  in  certe  province  i  matrimoni  fra  negri  e  bianchi    sono  con- 
siderati  come  illegali  e  sono  da  tutti  riputati    come    la   piu    grande 
disgrazia.  Nessun  meridionaJe,  a  qualunque  classe  sociale  appartenga, 
si  sognerebbe  mai  di  ammettere  alia   sua   amicizia   una    persona    di 
sangue  africano. 


752  CRONACA 

Anche  nel  Nord  degli  Stati  ritroviamo  lo  stesso  sentimento  e  le 
medesime  condizioni  social!  rispefcto  ai  negri,  sebbene  sotto  una  forma 
piu  mite.  Alcuni  anni  or  sono  tutti  gli  alberghi  di  Boston  rifiutarono  di 
alloggiare  un  Yescovo  negro  della  Chiesa  metodista  episcopalians, 
benche  egli  godesse  d'  una  fama  nazionale  come  uomo  dotto  ed  educate. 
Imaginiamoci  dunque  quale  impresaione  abbia  fatto  la  condotta  del 
Presidente  Roosevelt,  quando  di  recente  scelse  un  negro  per  F  ufficio 
di  direttore  delle  Poste  in  una  citta  meridionale ! . . .  Ma  egli  non  si 
contento  di  questa  sola  nomina.  Poco  dopo  quest'  atto  officiale,  un 
grande  ricevimento  fu  dato  alia  White  House,  residenza  ufficiale  del 
Presidente  degli  Stati  Uniti,  e  vi  furono  invitati  un  certo  numero  di 
negri.  L'orrora  el'  indegnazione  scoppiarono  fra  diverse  signore  meri- 
dionali  cola  presenti,  le  quali,  abbandonando  bruscamente  la  sala,  di- 
chiararono  ch'  erano  state  grossolanamente  insultate.  I  giornali  meri- 
dionali  continuano  a  versare  torrenti  di  sarcasmo,  di  scherno  e  di 
oltraggi  sul  protetto  del  signor  Roosevelt.  Da  quel  giorno  in  poi  sono 
rimasti  ancor  piu  ammutoliti  per  lo  stupore  prodotto  in  loro  dalla 
proposta  del  senatore  Hanna,  amico  del  Presidente  Roosevelt,  di  ac- 
cordare  cioe  una  pensione  a  vita  a  tutti  i  negri  che  erano  gia  stati 
schiavi.  La  politica  del  Presidente  e  certamente  giusta,  ma  non  pud 
proprio  chiamarsi  giudiziosa  quando  viene  considerata  dal  lato  poli- 
tico ed  il  suo  coraggio  gli  costera  pro  babilmente  molti  voti  alia  pros- 
sima  elezione. 

4.  L'  aumento    della   popolazione  degli    Stati  Uniti,  come  venne 
dimostrato  dall'  ultimo  censimento,  produsse  un  movimento  favorevole 
all'  ammissioiie  di  due  «  territorii  >  al  titolo  e  ai  diritti  di  Stato.  II 
territorio  indiano  ha  ora  una  popolazione  di  quasi  mezzo  milione  ed 
e  certo  che  per  legge  sara  presto  dichiarato  Stato  col  nome  forse  di 
«  Stato  di  Jefferson  ».  Quanto  al  territorio  del  Nuovo  Messico,  la  cosa 
non  e  tan  to  chiara  ne  sicura,  poiche  e  sorta  ora  una  forte  opposi- 
zione  nel  Senate,  per  impedire  la  sua  promozione  da  territorio  a  Stato. 
La  popolazione  di  questo  territorio  e  di    poco   inferiore  alle  200,000 
anime;  numero  esiguo,  ma  si  osservi  che  venti  degli  Stati  presenti 
dell'  Unione  avevano  una  piu  piccola  popolazione  quando  furono  am- 
messi  alia  condizione  ed  ai  diritti  di  Stato.  II  segreto  di  questa  op- 
posizione  si  trova  nel  fanatismo  di  molti  senatori.  II  Nuovo  Messico 
e  la  sola  regione  degli   Stati  Uniti  dove  i  cattolici  sono  in  maggio- 
ranza,  la  popolazione  essendo  quivi  principalmente  composta  di  per- 
sone  di  origine  spagnuola  ovvero  indo-spagnuola.  In  ogni  villaggio  vi 
e  una  Chiesa  cattolica  ed  il  popolo  e  per  la  maggior  parte  composto 
di  ferventi    cattolici  e  buoni    cittadini.  I  piii   dei  Messicaui  parlano 
ora  F  inglese  ugualmente  bene  che  lo  spagnuolo. 

5.  Siamo  proprio  soddisfatti  di  poter  dire  che  la  vertenza   Yene- 


CONTEMPORANEA  753 

suelana  si  accosta  finalmente  alia  fine.  Yi  fu  un  momento  quando 
sembrava  che  questo  meschino  alterco,  cagionato  da  debit!  commerciali 
di  poca  importanza,  dovesse  trascinare  gli  Stati  Uniti  ad  una  condi- 
zione  di  cose  molto  imbarazzante.  I  giornali  «  gialli  »  che  ebbero  una 
si  grande  parte  di  mallevadoria  alcuni  anni  fa  nella  guerra  spagnuola- 
americana  ripeterono  la  stessa  tattica.  L'  Inghilterra  e  la  Germania 
furono  schernite,  derise,  vilipese  ed  i  giornali  umoristici  del  paese  si 
riempirono  di  luride  illustrazioni  a  loro  carico.  La  c  Monroe  Doctrine  » 
era  pazzamente  invocata  come  ragione  sufficiente  per  la  quale  gli 
Stati  Uniti  dovevano  correre  alia  riscossa  del  Venezuela.  Fortunata- 
mente  questa  volta  i  giornali  gialli  furono  fatti  tacere  e  la  questions 
fu  condotta  a  termine  dai  Presidente  Roosevelt  e  dal  signer  Bowen, 
rappresentante  degli  Stati  Uniti  nel  Venezuela.  Questo  paese  consent! 
a  pagare  tutti  i  suoi  debiti  all'  Inghilterra,  alia  Germania,  alia  Francia, 
all'  Italia  ed  ai  mercanti  belgi  ed  olandesi,  e  consent!  al  sequestro 
della  rendita  di  due  dei  suoi  porti  come  guarentigia  per  pagamento 
deUa  somma  dovuta. 

6.  Le  notizie  che  ci  giungono  di  tanto  in  tanto  dalle  Filippine 
non  sono  rassicuranti.  Questo  intanto  5  certo,  che  il  tentative  fatto 
di  formare  una  Chiesa  scismatica  e  fallito  ignominiosamente.  Un 
prete  rinnegato,  certo  Aglipay,  fu  Tanima  e  il  fondatore  di  quella 
nuova  Chiesa.  II  suo  disegno  fu  accolto  con  benevolenza  e  aiutato  da 
un  gran  numero  di  fanatici  impiegati  governativi  americani,  che  fe- 
«ero  tutto  cio  ch'era  in  loro  potere  per  opporsi  all'esercizio  del  mi- 
nistero del  clero  cattolico,  quello  specialmente  dei  frati.  Un  padre 
agostiniano,  scrivendo  da  Manila  ad  uno  dei  suoi  confratelli  in  reli- 
gione  vivente  negli  Stati  Uniti,  fa  una  descrizione  straziante  della 
loro  condizione.  <  La  persecuzione  che  ci  vien  mossa,  egli  dice,  e 
ridicola  e  puerile.  Alcune  volte  si  proibisce  ai  frati  di  sonare  le 
campane  per  chiamare  i  cattolici  alia  Messa  ;  altre  volte  ci  chiudono 
i  cimiteri  e  siamo  costretti  a  seppellire  i  morti  dove  possiamo.  Ci  met- 
tono  dapertutto  ostacoli  per  impedirci  di  esercitare  in  pace  il  nostro 
sacro  ministero.  Non  passa  giorno  che  non  ci  giunga  da  questa  o  quella 
Missione  qualche  lagnanza  per  le  ingiustizie  che  fanno  loro  gl'  im- 
piegati dello  Stato.  » 

Non  e  semplicemente  1'aspetto  religiose  delle  cose  filippine  che 
da  materia  abbondante  a  tristi  pensieri.  Noi  pagammo  venti  milioni 
di  dollari  alia  Spagna  per  1'arcipelago  e  ne  abbiamo  speso  altri  due 
cento  milioni  e  piu  per  conquistarla.  In  compenso  di  queste  enormi 
somme  ci  dicevano  che  le  Filippine  erano  un  vero  Eldorado  e  che 
tornerebbero  di  grandissima  utilita  al  commercio  degli  Stati  Uniti. 
II  sigr.  Root  segretario  del  ministero  della  guerra  ha  dissipate  di 
recente  questi  bei  sogni,  quando  chiese  al  Congresso  di  votare  per 

Serie  XVIII,  vol.  IX,  fasc.  1266.  48         '  14  marzp  1903. 


754  CKONACA 

le  Filippine  tre  milioni  di  dollari  a  fine  di  colmare  il  deficit  nel  bi- 
lancio  dell'arcipelago.  II  nostro  commercio  con  le  Filippine  ammonta 
presentemente  a  12,000,000  di  dollari  all'  anno,  rnentre  per  mante- 
nere  la  nostra  sovranita  in  quelle  isole  spendiamo  tre  volte  tanto. 
Insomnia  possiamo  vedere  ogni  giorno  piu  chiaramente  che  1'  impe- 
rialismo  non  e  fat  to  per  noi. 

7.  Mentre  scrivo,  la  Commissione  scelta  per  terminare  con  unar- 
bitrato  la  vertenza  Ira  i  minatori  ed  i  proprietarii  delle  miniere  non 
ha  ancora  terminate  le  sue  deliberazioni,  ma  le   relazioni  di  questa 
commissione    verranno    pubblicate  entro  pochi  giorni.  Veramente   le 
esigenze  dei  ininatori  per  un  aumento  di  salario  sono  sostanzialmente 
giuste.  Intanto  il  pubblico  in  generale  ebbe  una  ben  amara   lezione 
degli  effetti  disastrosi  degli  scioperi.  Nel  momento  per  Pappunto  che 
la  temperatura  diventava  intensamente  fredda,  il  prezzo  del  carbone 
aumento  sino  a  20  e  24  dollari  per  tonnellata.  Nelle  grandi  citta  i 
poveri  non  poterono    pagare    questi   prezzi  e  la  miseria  piu  terribile 
fu  la  conseguenza.  Per   almeno  sei  volte  il  popolo  prese   d'  assalto  i 
vagoni  carichi  di  carbone  e  si  divise  il  prezioso   minerale.  Nel   sola 
caso,  quando  i  proprietarii  del  oarbone  preso  per  forza  dal  popolo  ri- 
corsero  ai  tribunal!,  il  giudice  decise  ch'  essi  dovevano  essere  rimu- 
nerati,  ma  che  il  popolo  non  aveva  infranto  le   leggi    poiche   aveva 
opera  to  in  quel  modo  costrettovi  da  estrema  necessita.  Questa  crisi  e 
ora  felicemente  passata,  e  si  spera  che  i   lavori    della    Commissione 
governativa  avranno  per  risultato  un  provvedimento  che  rendera  im- 
possibile  tali  scioperi  in  avvenire. 

8.  La  quiete  e  ora  succeduta  all' agitazione  contro  i  «  Trusts  »  ed 
il  Governo  ne  ha  saviamente  approfittato  per  introdurre  un  bill  che 
diminuira  almeno  in  parte  gl'inconvenienti  cagionati  da  ingiusta  con- 
correnza.  Sin  ora  le  compagnie  ferroviarie  concede vano  riduzioni  spe- 
ciali  sui  prezzi  di  trasporto  delle  mercanzie  a  vantaggio  delle  grandi 
compagnie  sindacali.  In  conseguenza  un  bill  e  stato  presentato  al  Con- 
gresso  per  regolare  la  sorveglianza  dei  Trusts  e  rendere  illegale  simile 
privilegio.  Questo  provvedimento  non  e  del  tutto  sufficiente,  pero  ci 
mostra  che  il  Governo  desidera  vivamente  ed  ha  1'intenzione  di  man- 
tenere  la  sua  promessa  rispetto  al  controllo  dei  Sindacati  contro  le 
concorrenze  disoneste,  e,  come  promessa  di  un'ulteriore  legislazione, 
il  provvedimento  fu  accolto  dal  Congresso  con  grande  favore. 

9.  Dobbiamo  registrare  un'altra  vittoria  in  favore  degli    arbitrate 
internazionali.   L'  Inghilterra  e  gli  Stati  Uniti   si  accordarono  a  for- 
mare  una  commissione  di  sei  giuristi  per  risolvere  una  questione  sorta 
fra  loro,  rispetto  alia  proprieta  di  un  prezioso    territorio   di   miniere 
d'oro  nell' Alaska.  Quattro  anni  or  sono  fu  fatto  un  accordo  provvisorio 
che  permetteva   all'  Inghilterra  di  mantenere  il  possesso    temporario- 


CONTEMPORANEA  755 

•di  quel  territorio.  Nel  caso  che  i  sei  giuristi  non  giungessero  ad  una 
soluzione  definitiva,  la  questione  sara  probabilmente  sottonaessa  al 
tribunal  e  arbitrario  dell'Aja. 

La  vertenza  del  Yenuezela  ha  prodotto  fra  gli  altri  risultati  una 
grande  agitazione  rispetto  all'aumento  delle  nostre  forze  marittime, 
ed  §  certo  che  il  governo  intende  dedicare  una  grossa  somma  per 
1'acquisto  di  nuove  navi  da  guerra. 

GRECIA  (Nostra  Corrispondenza).  1.  Le  feste  di  Sira  pel  Giubileo  Pontificate 
di  Sua  Santita  Leone  XIII.  —  2.  Solenne  accademia  tenuta  in  suo  onore. 

Ricorderanno  i  lettori  della  Civiltd  Cattolica  le  splendide  dimo- 
strazioni  di  fede  e  di  affettuosa  divozione  al  Papato  ed  al  grande 
Leone  che  oggi  lo  rappresenta,  date  dalla  cattolica  Sira  in  varie  cir- 
costanze,  specialmente  all'apertura  del  giubileo  pontificate  diS.  Santita. 
Essi  con  piacere  leggeranno  oggi  come  Sira  abbia  voluto  esser  la 
prima  tra  le  sue  sorelle  del  regno  ellenico  a  celebrare  la  chiusura  del 
detto  giubileo  con  naovo  genera  di  solennita,  voglio  dire,  con  una 
splendida  Accademia  letteraria  musicale,  la  quale  segna  per  Sira  un 
nuovo  periodo  di  vita  sociale. 

Per  la  prima  volta  forse  a  memoria  d'uomo  in  questa  nostra  isola 
1'eloquenza,  la  poesia  e  la  musica  han  dato  cosi  bella  niostra  di  se,  in 
mezzo  a  un  popolo  poco  avvezzo  in  verita  a  gustare  le  delizie  delle 
arti  belle,  o  a  respirare  le  aure  imbalsamate  dai  fiori  d'una  ben  colta 
letteratura.  L'  idea  di  onorare  la  memoria  del  giubileo  pontificale  del- 
1'amatissimo  nostro  comun  Padre,  dell'augusto  vegliardo  Leone  XIII 
suggerita  dai  RR.  PP.  Q-esuiti  di  Sira,  fu  accolta  non  solo  con  plauso, 
ma  con  vero  entusiasmo  da  Sua  Eccellenza  Revma  Monsignor  Do 
menico  Darmanin,  Vescovo  di  Sira,  dai  Clero  secolare  e  regolare,  e 
da  tutte  le  classi  della  societa  siriota.  II  Circolo  della  Gioventu  cat- 
tolica diretto  da  questi  Padri  Missionarii  e  che  ha  sede  nei  locali  della 
loro  Residenza,  fu  incaricato  dell'  ordinamento  dell'  Accademia,  e 
certo  vi  riusci  nobilmente  colla  pill  alta  e  piena  soddisfazione  non 
solo  delle  persone  colte  e  intelligent!,  ma  si  di  tutto  quanto  il  paese. 
II  cielo  ci  fu  cortese  di  una  giornata  bellissima  di  primavera,  cosa 
per  altro  non  rara  nelle  Cicladi,  e  3 'aurora  del  fausto  giorno  fu  salu- 
tata  da  molteplici  bandiere  che  sventolavano  alia  cima  di  questa  pi- 
ramide,  sulla  quale  si  svolge  la  citta  di  Sira-superiore;  tra  tutte  fa- 
cevano  vaghissima  mostra  i  colori  pontificali  che  si  spiegavano  sui 
punti  principali  della  parte  dove  ha  sede  il  Circolo  cattolico. 

SulFentrata  della  via  che  conduce  alia  detta  altura  sorgeva  un 
arco  di  trionfo  sostenuto  da  due  grosse  colonne  di  mirto  e  dai  cui 
centro  pendeva  una  grande  iscrizione  colla  quale  la  Gioventu  Cat- 
K>lica  faceva  noto  lo  scopo  della  solennita  ed  invitava  i  cittadini  a 


756  CRONACA 

prendere  parte  all'esultanza  comune.  Sulla  porta  esterna  della  grande 
sala  del  Circolo  in  un  gran  fondo  di  drappi  preziosi  erano  disegnate 
le  armi  pontifieie.  alle  quali  faceano  corona  vagamente  intrecciate  le 
bandiere  delle  varie  nazioni.  L'aula  poi  delle  tornate  riccamente  ad- 
dobbata  rispondeva  alia  nobilta  e  alia  bellezza  della  festa  di  cui  doveva 
essere  testimone.  In  fondo  ad  essa,  coronata  di  fiori,  spiccava  la  vene- 
rata  effigie  del  Sommo  Q-erarca  Leone  XIII,  su  cui  si  fissavano  tutti 
gli  sguardi  e  che  sembrava  sorridere  all'affetto  dei  suoi  devoti  figli. 

2.  S.  E.  Monsignor  Darmanin  erasi  degnato  di  accettare  la  Pre- 
sidenza  deiraccademia  e  vi  giunse  seguito  da  tutto  il  Clero,  e  fece 
la  sua  entrata  nella  sala  tra  gli  applausi  fragorosi  delia  numerosa 
scelta  assistenza,  mentre  che  1'orchestra  dava  principio  al  tratte- 
nimento  sonando  la  marcia  pontificale.  Finita  la  quale  sali  la  tri- 
buna  il  E.  P.  Gaetano  Romano  Superiore  dei  PP.  Gesuiti  ed  apri 
1'accademia  intrecciando  1'inno  del  Papato  e  del  Papa  immortale  Leo- 
ne XIII  innanzi  a  Cui  devotamente  s'  inchina  quanto  ha  di  piu  grande 
e  di  piu  nobile  la  Societa  presente.  L'oratore  applaudendo  al  nobile 
slancio,  col  quale  i  sirioti  aveano  risposto  al  suo  invito  assicuro  la 
scelta  udienza  dicendo  che:  «  Tra  i  ricchi  doni  dei  grandi  e  dei  po- 
«  tenti,  neli'obolo  filiale  degli  umili  e  dei  poveri,  il  cuore  memore 
«  ed  amante  del  sapientissimo  Pontefice,  distinguera  certo  con  sin- 
«  golare  compiacimento  il  saltito  che  gli  manda  la  cattolica  Sira.  Si 
<  egli  e  stato  e  sara  sempre  vero  che  le  feste  del  Papa  sono  le  feste 
«  di  Sira,  e  le  feste  di  Sira  sono  pure  le>  feste  del  Papa.  Molte  sona 
«  state  e  sono  le  nostre  debolezze,  dacche  humanum  est  errare,  ma 
«  nella  fedelta  incrollabile  e  nell'amore  generoso  al  Papa,  Sira  non 
«  e  mai  venuta  meno,  e  il  suo  piccolo  popolo  potra  essere  citato  come 
c  esempio  luminoso  a  molti  popoli  materialmente  piu  fortunati  di 
« lui.  »  L'oratore,  dopo  d'aver  eccitata  la  piu  alta  ammirazione  ed 
il  piu  caldo  affetto  degli  uditori  inverse  la  venerata  Persona  di 
Leone  XIII,  il  quale  dopo  25  anni  di  glorioso  pontificate,  si  e  acqui- 
stato  con  ogni  titolo  un  diritto  indiscutibile  all'omaggio  universale 
del  mondo  civile :  conchiuse  dicendo,  tra  gli  applausi  entusiastici: 
c  E  questo  diritto  gloriosissimo  noi  siam  lieti  oggi  di  poterlo  ri- 
petere  tra  1'eco  sonora  delle  onde  Egee,  acclamando  e  salutando  in 
Leone  XIII  il  vero  Leone  celeste  che  guida  1'umanita,  smarrita  nel 
deserto  dove  1'ha  spinta  il  furore  del  nemico  d'ogni  bene.  0  Lume 
benefico  possiate  ancora  per  molti  anni  risplendere  sull'orizzonte  della 
Chiesa  e  dell'umana  Societa  che  oggi  unanime  in  un  sol  concerto 
vi  acclama:  Yiva  Leone  XIII.  > 

Dopo  il  discorso  d' introduzione,  un  coro  di  musici  accornpagnati 
dalP  orchestra  intuono  Tlnno  di  apertura,  composto  dal  R.  P.  Destro 
S.  I.  e  messo  in  musica  dall'  egregio  Maestro  signor  Emilio  Gonfioti. 


CONTEMPORANEA  757 

H  valente  professore  ci  diede  una  splendida  pruova  della  sua  valentia 
musicals  nella  prima  strofetta  dell'  in  no  : 

Viva  Lfeon!  Sprigionisi 

Dall'imo  petto  il  gride* : 

Viva!  di  lido  in  lido 

Ripeta  Sira  ognor. 

Ma  pifc  ammirato  e  seguito  da  lunghissimi  applausi  fu  il  suo 
devoto  affetto  espresso  con  dolcissime  note  nella  preghiera  colla  quale 
conchiudeva  il  suo  bell'inno: 

Signer,  dall'alto  empireo 

Del  popol  tuo  devoto 

Pietoso  accogli  il  voto, 

Cel  serba  in  lung  a  eta. 

Finite  il  canto,  tutta  Passemblea  si  alzo  in  piedi  per  ascoltare  il 
Venerando  Prelato  Yescovo  Diocesano  Mons.  Darmanin,  il  quale  esordi 
con  una  stupenda  Canzone  in  onore  di  S.  S.  Leone  XIII.  Egli  dipinse 
cosi  al  vivo  la  grande  imagine  del  Sommo  Pontefice,  che  tutti  credevansi 
trasportati  sulle  rive  del  Tevere,  o  dentro  i  Palazzi  Vaticani,  od  anche 
sotto  la  volta  augustissima  di  S.  Pietro  ad  assistere  ai  combattiinenti 
sostenuti  dall'invitto  Vegiiardo  contro  gli  spirit!  delle  tenebre  incarnati 
in  tutti  quelli  che  fan  guerra  alia  Chiesa.  Ripetuti  e  ben  meritati  ap- 
plausi accolsero  la  magnifica  canzone  deirillustrissimo  Prelato.  A  Mon- 
signore  Yescovo  tennero  dietro  per  ordine  tutti  gli  altri  in  un  bell'  in- 
treccio  di  oratori  e  di  poeti,  interrotti  solo  dai  canti  e  dalle  sinfonie 
di  semplice  orchestra.  L'Accademia  era  stata  divisa  nel  Programma  in 
quattro  parti,  ognuna  delle  quali  conteneva  un  discorso  e  molte  poesie 
in  lingua  greca  antica  e  moderna,  latina,  italiana,  francese,  inglese, 
tedesca.  Gesu  Cristo  era  esaltato  nel  suo  Yicario  in  linguis  et  organis. 
Non  sapevi  che  cosa  ammirare  di  piu,  se  la  ricchezza,  la  robustezza, 
la  varieta  dell'  eloquenza;  o  la  nobilta,  1'elevatezza,  la  fragranza  della 
poesia,  o  finalmente  la  celestiale  armonia  della  musica.  AH'Accademia 
presero  parte  attiva  molti  Rev.di  sacerdoti  secolari,  il  Molto  Rev. do 
P.  Superiore  dei  PP.  Minori  Cappuccini,  i  RR.  PP.  Gesuiti  e  molti 
signori  laici,  inneggiando  a  gara  il  Papa  ed  il  Papato  ed  eccitando 
in  tutti  un  religiose  entusiasmo  verso  di  entrambi.  II  discorso  di  con- 
chiusione  fu  letto  del  R.  Don  Q-abriele  Privileggio,  gia  alunno  di  Pro- 
paganda :  non  v'  e  ragione  di  citarne  qui  quaiche  brano,  dacche  esso 
immediatamente  fu  stampato  dall'  egregio  periodico  «  La  cristianiM 
Anatoli  >  onde  farlo  gustare  agli  assenti  e  tramandarlo  ai  posteri.  La 
favella  spigliata  ed  elegante  dell'  oratore,  la  sodezza  dell'  argoinentare, 
la  vivacita  del  pensiero  e  la  robustezza  dell' espressione  incantarono 
per  una  mezz'ora  1'uditorio,  che  alia  fine  scoppio  in  ripetuti  «  bravo  > 
all'  oratore  e  lunghissimi  evviva  al  grande  Pontefice. 


758  CRONACA 

Finalmente,  corona  di  si  bella  e  dotta  accademia,  fu  il  canto  di  un 
inno  in  lingua  greca  moderna  composto  per  la  circostanza  dal  R.  P. 
Luigi  Destro  S.  I.  L'  ultima  strofe  di  quest'  inno  cantato  non  piu  dal 
bravo  coro  di  musici  a  cio  destinaii,  ma  da  tutta  1'  assemblea,  fu  di 
un  effetto  oltre  ogni  credere  meraviglioso  ;  essa  diceva  cosi  : 

2u  HocTdpa  |ia£  oupdvte, 
Kt>pt£  TOW 


Hatdpa  |iag 
TOUTO.  $i  eux^  M-a 

TOUTO,    6    TO300£    trj 

Cosi  ebbe  fine  questa  tornata  letteraria,  la  quale  essendo  la  prima 
che  nelle  debite  forme  abbia  avuto  luogo  in  Sira,  per  cio  stesso  fu 
maggiormente  gustata  ed  apprezzata.  I  RR.  PP.  Gesuiti  e  il  Circolo  della 
Gioventu  Cattolica  che  1'  idearono,  organizzarono  e  si  felicemente  ese- 
guirono,  ebbero  le  piu  calde  congratulazioni  di  ogni  classe  di  persone, 
ed  essi  possono  essere  lieti  di  avere  conseguito  lo  scopo  eh'  eransi 
prefisso,  cioe  riaccendere  in  tutti  1'affetto  e  la  fedelta  al  Papato  e 
1'amore  verso  Colui  che  oggi  cosi  splendidamente  lo  rappresenta,  il 
grande  ed  immortale  Leone  XIII. 

BELGIO  (Nostra  Corrispondenza  1).  7.  Nuovi  disegni  di  leg-ge  presentati 
alia  Camera  dei  deputati.  La  tassa  di  fabbricazione  sull'alcool.  —  8.  Le 
Sucre  Orsoline  nelie  Indie. 

7.  II  12  febbraio  di  quest'  anno  il  sig.  de  Smet  de  Naeyer  presento 
alia  Camera  dei  Deputati,  dopo  che  erano  stati  approvati  all'unani- 
mita  dalla  Destra  in  una  aduaanza  teauta  a  tale  scopo  nello  stesso 
giorno,  diversi  disegni  di  legge  riguardanti  le  patenti  delle  Societa 
estere,  sulla  piccola  proprieta,  sulla  Cassa  di  Risparmio,  sull'espro- 
priazione  per  causa  di  utilita  pubblica,  sull'al  oool  e  il  caffe,  sull'ammor- 
tamento  del  debito  pubblico.  II  Presidente  della  Camera,  aderendo  ai 
desiderio  del  capo  di  Gabinetto,  propose  di  creare  una  commissione 
incaricata  di  fare  una  relazione  immediata  sui  detti  disegni.  Fu  il 
segnale  di  protests  da  parte  della  minoranza,  ma  ben  peggio  fu  an 
cora  quando  il  signor  de  Smet  de  Naeyer  domando  alia  Camera  se 
aveva  o  no  fiducia  nella  politica  fiscale  del  Governo  e  se  accettava 
di  votare  senza  discussione  1'aumento  delie  tasse  sull'alcool.  La  mi- 
noranza si  sollevo  come  un  sol  uomo  contro  questa  richiesta  del  mi- 
nistro  delle  Finanze  e  dei  Lavori  Pubblici,  che  la  faceva  appunto  per 
pre  venire  speculazioni  illecite.  Qualunque  legge  che  colpisse  Paleool 
non  fu  mai  votata  in  altre  condizioni.  Fin  da  questo  momento  i 

1  Continuazione.  Vedi  quad,  precedente,  pag.  622. 


CONTEMPORANEA  759 

socialist!  spalleggiati  dai  radicali  e  dai  liberali,  col  pretesto  che  il 
Governo  per  mezzo  dell'urgenza  mirava  a  colmare  un  ammanco  che 
voleva  nascondere  al  paese,  si  diedero  a  fare  ostruzione,  ma  quale 
ostruzione  !  Giammai  il  parlamentarismo  belga  ebbe  a  vantarsi  di 
tornate  cosi  lunghe  come  in  questa  occasione.  La  tornata  del  gio- 
vedi  12  si  prolungd  senza  interruzione  fino  al  venerdi  alle  ore  5,15 
antimeridiane,  e  quella  del  sabato,  che  si  apri  alle  10  ant.,  non  ebbe 
termine  prima  deli'indomani  alle  ore  7  ant.  La  vittoria  rimase  pero 
al  Q-overno  :  la  legge  fu  finalmente  approvata,  Destra  contro  Sinistra, 
con  83  voti  contro  24  ed  un'astensione. 

Questa  legge  aumenta  del  50  p.  c.  la  tassa  di  fabbricazione  sul- 
Palcool  nostrano  e  rialza  i  diversi  dazii  doganali  sui  liquidi  alcoolici 
importati  dall'Estero.  AlPopposto  la  medesima  legge  sopprime  total- 
mente  i  dazii  doganali  sul  caffe,  salvo  sul  caffe  abbrustolito  sul  quale 
Tin  leggiero  dazio  vien  mantenuto  nell'  interesse  della  lealta  del  Com- 
mercio.  Tuttavia  essa  contiene  una  disposizione  necessaria  per  resti- 
tuire  al  fondo  Comunale  quanto  gli  toglie  la  soppressione  del  dazii 
sul  caffe.  La  legge,  si  vede,  ha  uno  scopo  antialcoolico  ed  anche  a 
questo  titolo  solo,  essa  avrebbe  diritto  all'appoggio  di  tutti  i  nostri 
fieri  demagoghi,  in  un  paese  in  cui  1'alcool  produce  effetti  cosi  fu- 
nesti,  come  tutti  sanno. 

Essa  doveva  esser  loro  tanto  piu  simpatica  in  quanto  questi  quindici 
milioni  di  aumento  d'incasso  sull'alcool  permetteranno  la  soppres- 
sione del  dazio  sul  caffe,  la  vera  bibita  del  popolo ;  Paumento  da  12 
a  15  milioni  dell'assegno  annuo  dello  Stato  per  la  costitnzione  delle 
pensioni  di  vecchiaia;  quello  di  150  p.  e.  del  credito  stanziato  an- 
nualmente  nel  bilancio,  pell'ammortimento  del  debito  pubblico  di 
modo  da  spegnere  tale  ammortimento  in  66  anni  invece  di  93  anni. 
Certofquesti  disegni,  queste  leggi  non  faranno  buon  pro  ai  deputati 
socialist!,  perche  i  loro  elettori  finiranno  coH'avvedersi  che  fra  gli 
uomini  delPattuale  Governo  hanno  amici  piu  sinceri  e  piu  devoti 
che  i  propri  caporioni,  i  quali  sono  buoni  tutt'al  pii^  a  vomitare  in- 
giurie  contro  le  cose  le  piu  sacre  ed  a  fare  spargere  inutilmente  il 
loro  sangue. 

8.  Sul  cader  dello  scorso  anno  s'imbarcarono  a  Geneva  per  le  Indie 
britanniche,  quattro  suore  Orsoline  della  Casa  di  Thildonck  (Brabante). 
Queste^monache,  scrive  il  Bien  Public,  rispondono  alPappello  pre- 
muroso  che  fece  loro  il  nostro  venerate  concittadino  S.  E.  Mgr.  Meu- 
leman,  Arcivescovo  di  Calcutta :  esse  vanno  ad  educare  le  giovinette 
indigene  a  Ranchi  nel  Chota-Nagpore.  Si  sa  che  nella  vasta  missione 
del  Bengala,  affidata  ai  Gesuiti  belgi,  la  provincia  del  Chota  Nag  pore, 
una  volta  teatro  dello  zelo  del  fu  Padre  Lievens,  si  fa  osservare  fra 
tutte  per  le  numeroge  conversion!  che  vi  si  fanno. 


760  CRONACA 

Le  suore  Orsoline  di  Thildonck  che,  fin  adesso,  non  erano  ancora 
andate  nelle  mission!  lontane,  sembrano  interamente  preparate  a  questo 
sublime  apostolato.  Difatti,  fra  le  loro  300  convittrici,  piu  del  terzo 
sono  di  nazionalita  inglese  e  di  queste  buon  numero  sono  protestanti. 
Le  famiglie  lasciano  a  queste  fanciulle  intera  liberta  di  assistere  alle 
funzioni  cattoliche,  ma  sanno  anche  che  i  regolamenti  della  Gasa  di 
Thildonck  interdice  ogni  pressione  su  queste  allieve.  Diverse  di  queste 
giovani  protestanti  si  sono  nondimeno  convertite  alia  religione  catto- 
lica,  con  la  piena  autorizzazione  dei  loro  genitori,  sia  a  Thildonck, 
sia  quando  erano  gia  tornate  in  famiglia.  Una  delle  monache  missionarie 
che  sono  andate  nelle  Indie,  e  inglese  e  gia  alunna  di  Thildonck, 
protestante  convertita.  II  sacrifizio  di  queste  anime  generose  attirera 
senza  dubbio  abbondanti  benedizioni  sopra  i  lavori  futuri  in  paese 
infedele  ed  anche  sopra  il  nostro  Belgio,  che  prende  oggi  una  si  bella 
e  larga  parte  alle  missioni  estere.  I  voti  e  le  preghiere  dei  nostri 
lettori  le  accompagnino. 

IV. 
COSE  VARIE 

1.  I  terremoti  nel  Giappone.  —  2.  II  piu  grande  industriale  del  mondo.  — 
3.  Delle    esecuzione  delle  opere  di  R.  Wagner. 

1.  1  Terremoti  nel  Griappone.  Le  idee  hanno  progredito  di  molto  da 
quel  tempo  quando  si  credeva  comunemente  il  terremoto  essere  neces- 
sariamente  una  manifestazione  dell'attivita  vulcanica.  Sotto  questo  ri- 
spetto  non  vi  e  paese  piu  interessante  e  istruttivo  che  il  Giappone, 
perche  vi  si  osserva  la  coesistenza  di  grandi  vulcani  attivi,  come  il 
Fousiyama,  e  di  scosse  sismiche  quasi  continue.  Le  statistiche  sui  ter- 
remoti  giapponesi  c'informanj  che  nei  tempi  posteriori  all'epoca  cri- 
stiana,  vi  furono  nel  Giappone  223  terremoti  violent! .  In  questi  ultimi 
tempi  si  eressero  nel  paese  26  osservatorii  sismici,  il  piu  antico  dei 
quali  conta  27  anni;  e  vi  hanno  gia  registrato  18,279  scosse.  La  sola 
citta  di  Tokio  ne  con  to  2173  in  24  anni,  vale  a  dire  una  media  di  90,5 
per  anno  ovvero  presso  a  poco  una  scossa  ogni  4  giorni. 

Tuttavia  e  rarissimo  che  le  scosse  coincidano  con  le  eruzioni.  A 
cagione  d'esempio :  quando  nel  1888  ebbe  luogo  la  famosa  esplosione 
del  Bandai-San  che  scaglio  nell'aria  una  massa  tale  di  materie,  da 
occupare  un  volume  di  piu  di  due  miliardi  di  chilometri  cubi,  la  scossa 
prodotta  fu  tanto  debole,  che  le  case  poste  a  pie  del  vulcano  non  fu- 
rono distrutte.  L'area  delle  scosse  non  misurava  che  5000  chilometri 
quadrati,  mentre  il  terremoto  di  Mino-Owari  indipendente  da  ogni 


CONTEMPORANEA  761 

eruzione,  scosse  un'area  nel  1891  cinquanta  volte  maggiore.  Lo  stesso 
caso  si  rinnovo  nel  1893  al  tempo  del  terremoto  dell'Ad-zouma-San. 
In  realta  quasi  tutti  i  terremoti  'osservati  nel  OHappone  sono  tettonici 
e  sembrano  esser  dovuti  a  scoscendimenti  o  dislogamenti  ohe  si  pro- 
ducono  nella  corteccia  del  globo.  La  frequenza  dei  terremoti  in  quel 
paese  proviene  dalla  sua  situazione  in  riva  airimmensa  fenditura  che 
divide  il  continente  asiatico  dal  canale  di  Tuscorara  dove  sono  con- 
centrate, proprio  vicino  alle  sue  sponde,  le  piu  vaste  profondita 
conosciute  nel  Pacifico  settentrionale. 

Naturalmente  i  vulcani  tendono  a  livellare  una  linea  di  dislo- 
cazione  di  tanta  importanza.  Pero  il  fenomeno  esplosivo  di  cui  essi 
danno  manifestazione,  e  il  piu  delle  volte  indipendente  dalle  cause 
meccaniche,  le  quali  possono  alterare  Pequilibrio  relative  delle  varie 
parti  della  corteccia  terrestre  situate  ai  due  lati  della  fenditura.  Que- 
ste  spaccature  talvolta  si  fanno  vedere  attraverso  le  diverse  stratifi- 
cazioni,  e  ne  abbiamo  molti  esempii  nel  Giappone,  dove  la  spacca- 
tura  di  Midori  (1891)  e  nota  avere  una  lunghezza  di  117  chilometri. 
S'aggiunga  inoltre  che  quest'ultima  fenditura  prolunga  la  linea  di  dislo- 
cazione  di  G-adarasema  scoperta  dal  sig.  Koto.  Finalmente  in  quest! 
ultimi  due  anni,  e  venuta  alia  luce  del  giorno  un'altra  linea  di  fen- 
diture  lunga  140  chilometri  e  che  va  dalla  foce  del  Mogamigawa  nel 
mare  del  Giappone  a  pie  della  gola  del  Sengan  nella  catena  centrale. 
Si  puo  dunque  asserire  che  la  scienza  ogni  giorno  porta  nuovi  argo- 
menti  a  favore  della  relazione  che  esiste  fra  i  terremoti  ed  i  fenomeni 
tettonici  vale  a  dire  dipendenti  da  dislogazioni  o  scoscendimenti  piu 
o  meno  ampii  della  scorza  terrestre. 

2.  //  piu  grande  industrial  del  mondo.  Federico  Krupp,  la  cui  morte 
improvvisa  avvenuta  a  Capri  diede  luogo  a  qualche  diceria,  fu  senza  dub- 
bio  uno  dei  piu  grandi  industriali  del  mondo.  Egli  aveva  ai  suoi  stipendii, 
fra  operai  e  impiegati,  46,000  persone,  delle  quali  25,000  a  Essen, 
3500  a  Buckau,  e  2700  a  Kiel,  ove  possedeva  un  cantiere  per  la  costru- 
zione  delle  piu  grosse  navi  da  guerra  e  di  piroscafi  di  grande  velocita.  Le 
sue  officine  consumano  giornalmente  quattrocento  vagoni  di  carbone, 
avendo  macchine  per  la  forza  di  40,000  cavalli-vapore.  Era  proprietario 
di  grandi  miniere  di  carbone  e  di  ferro,  specialmente  nella  Biscaglia 
(Spagna),  le  quali  forniscono  un  minerale  eccellente,  trasportato  per 
mezzo  di  quattro  bastimenti  fino  ad  Essen  rimontando  il  Reno.  La 
cassa  di  soccorso  e  di  depositi  della  officina  di  Essen  possiede  un  ca- 
pitale  di  cinque  milioni  e  spende  500,000  marchi  ogni  anno.  Alfredo 
Krupp,  padre  del  defunto,  fondo  nel  1832  Pofficina  con  due  operai, 
e  divenne  celebre  per  la  qualita  perfetta  dell'acciaio  fuso  nella  offi- 
cina medesima,  dovuta  alia  grande  attenzione  posta  nel  lavorarlo, 
scegliendosi  la  materia  migliore,  e  impiegandovi  i  sistemi  piu  perfezio- 


762  CRONACA  CONTEMPORANEA 

nati.  Gosi  p.  e.  sul  principle  della  fusione  si  aggiunge  una  piccola  dose 
di  vanadium  e  soprattutto  di  alluminium  per  impedire  le  bolle,  ed 
evitare  lo  spaccamento;  percio  i  cannoni  di  acciaio  fabbricati  dal  Krupp 
non  scoppiano  mai  o  quasi  mai.  La  officina  procura  indefessamente  di 
comprare  tutte  le  invenzioni  che  le  possono  essere  utili  e  fabbrica  an- 
che  guide  per  le  strade  ferrate,  e  macchine.  La  rendita  del  Krupp  e 
stata  giudicata  ascendere  a  16  o  18  milioni  di  Marchi !  I  dodici  di- 
rettori  e  i  capi  delle  diverse  officine  godono  uno  stipendio  che  varia 
fra  i  100  e  200,000  marchi,  tale  cioe  da  fare  invidia  ai  Ministri  pm 
potenti :  ed  in  generale  tutti  coloro  che  lavorano  nelle  officine  Krupp 
guadagnano  bene,  e  di  piu  hanno  a  loro  disposizione  molte  case  a 
buon  mercato,  costruite  appositatnente  per  gli  operai.  I  deposit!  degli 
operai  e  le  indennita  in  caso  di  malattia  e  di  infortunio,  imposte 
dalia  legge  tedesca,  richiedono  ogni  anno  una  somma  di  in.  1,580,000. 
Dopo  la  morte  del  Krupp  la  sua  famiglia  ha  elargito  tre  milioni  a 
beneficio  delle  opere  di  beneficenza  e  degli  operai  della  citta  di  Essen. 
La  citta,  la  quale  oggi  ha  116,000  anime,  si  conserva  in  gran  mag- 
giorauza  cattolica,  nonostante  tutti  gli  sforzi  fatti  per  imporre  il  Pro- 
testantesimo,  ed  i  Krupp,  padre  e  figlio,  non  si  sono  mostrati  mai 
ostili  al  Cattolicismo.  Essen  possiede  due  grand!  giornali  cattolici  ed 
ha  sempre  inviato  al  Centre  del  Eeichstag  due  membri. 

3.  Delle  esecuxioni  delle  opere  di  R.  Wagner.  Le  opere  di  Riccardo 
Wagner  sono  eseguite  piu  spesso  di  tutti  gli  altri  lavori  di  poeti  e 
compositori  contemporanei:  basti  il  dire  che  il  Lohengrin  e  stato 
messo  in  scena  997  volte  in  Germania ;  420  volte  in  Francia,  Olanda 
e  Belgio ;  317  volte  in  Inghilterra  e  in  America,  dando  agli  eredi  del 
Wagner  per  diritti  di  Autore  m.  113,000  per  la  Germania;  92,000  per 
1'America;  per  la  Francia,  1' Italia  e  FOlanda  M.  67,000;  in  tutto 
m.  272,000.  II  Tanhduser  e  stato  rappresentato  in  Germania  268  volte, 
210  volte  in  Francia,  Inghilterra  ed  America;  il  Vascello  fantasma 
194  volte  in  Germania.  I  Maestri  Cantori  hanno  dato  72,000  marchi 
di  diritto  d' Autore  per  138  rappresentazioni  eseguite  in  Germania; 
la  Valkiria  frutto  24,800  m.  per  162  rappresentazioni;  il  Rheingold 
26,250  m.  per  105  rappresentazioni  ecc.  Con  le  altre  opere  del  Maestro 
e  con  cio  che  ha  pagato  1'editore  gli  eredi  del  Wagner  nel  decorso 
anno  1902  hanno  riscosso  560,000  m.  senza  tener  conto  delle  rappre- 
sentazioni eseguite  al  teatro  di  Beyrouth.  Da  25  anni  a  questa  parte 
gli  eredi  hanno  sempre  fatte  maggiori  riscossioni  specialmente  fuori 
di  Germania ;  e  sommando  insieme  gli  utili  ricavati  finora  dalle  opere 
del  Wagner  si  pud  calcolare  che  esse  hanno  fruttato  all'Autore  e  ai 
suoi  eredi  dai  12  ai  15  milioni  di  marchi. 


OPERE  PERVENUTE  ALL  A  DIRE  ZI  ONE 


Baldan  G.  Traduzione  del  prime  libro  dell'  Eneide  di  Virgilio.  (Nozze 
BACCEGA-IVANCICH).  Padova,  tip.  dell'  «Ancora»,  1902,  8°,  28  p. 

Biagini  R.,  can.  Le  due  invenzioni  delle  ss.  Reliquie  di  8.  Paolino, 
primo  vescovo  di  Lucca.  Studio  critico  Lucca,  Baroni,  1903,  16°,  142  p. 

Caffaro  P.  Notizie  e  documenti  delta  Chiesa  pinerolese.  VI.  Pinerolo, 
Chiantore,  Mascarelli,  1901,  1903,  8°,  672  p.  L.  10.  Cfr.  Civ.  Catt.  XVIII,  8- 
(1899)  88. 

Cotroneo  R.,  mons.  Storia  della  Cattedrale  di  Reggio  di  Calabria. 
Napoli,  Lanciano,  1903,  16°,  64  p. 

De  Nicola  A.  La  quistione  meridionale.  Napoli,  Salvietti  e  Toccor 
1903,  8°,  108  p.  L.  2.  Rivolgersi  all'Autore,  Santa  Brigida,  11,  Napoli. 

Erker  I.,  can.  Missae  de  requie  iuxta  rubricas  a  Leone  Papa  XIII 
reformatas  et  Decreta  S.  Rituum  Congregationis  novissima,  accedit  ap- 
pendix de  Missis  in  altari  privilegiato.  Tractatus  liturgicus.  Labaci,  1903, 
36°,  92  p.  Fr.  3.75. 

Faesulanae  Ecclesiae  Synodus  DAVIDE  CAMILLIO  Episcopo  cele- 
brata.  Florentiae,  R.  Ricci,  1903,  8°,  XLVIII-506  p. 

Ferrari  C.  Com' era  amministrato  un  comune  del  Veronese  al  prin- 
cipio  del  secolo  XVI.  Tregnago  dot  1505  al  1510.  Verona,  Franchini, 
1903,  8°,  100  p. 

Francesco  Saverio  (P.)  da  S.  Lorenzo  della  Costa,  cap  p.  11  convents 
dei  Cappuccini  di  Campi.  II.  San  Pier  d' Arena,  tip.  Salesiana,  1903,  8% 
156  p.  L.  1. 

Gastoue  A.  l^es  anciens  chants  liturgiques  des  eglises  d'  Apt  et  du 
Comtat.  Grenoble,  Brotel,  1902,  8°,  32  p. 

Geraldini  B.,  mons.  La  quiete  dei  confessori  al  sacro  tribunale  di 
penitenza  ritrovata  dietro  la  scoria  dell' Angelico  Dottore.  IV  Ed.  Mon- 
dovi,  tip.  vescovile,  1902,  8°,  272  p.  L.  2. 

Minoretti  C.  C.  Ai  consigli  provinciali  ed  alle  deputazioni  delle 
Provincie  venete  consorziate  pel  mantenimento  dei  pazzi  nel  Manicomio 
centrale  di  San  Servolo  in  Venezia.  Memoria.  Venezia,  Cordelia,  1903r 
8°,  44  p. 

Natali  G.  Vitelli  E.  Storia  dell' Arte  ad  uso  delle  scuole  medie  e 
delle  persone  colte  con  243  illustrazioni  (Bibl.  storica  115)  Torino-Roma, 
Roux  e  Viarengo,  1903,  8°,  548  p.  L.  6. 

Negri  G.,  prof.  Commenti  critici  estetici  e  biblici  sui  Promessi  Sposi, 
di  A.  Manzoni.  Milano,  tip.  Salesiana,  1903,  16°,  VIII-192  p.  L.  2. 

1  Non  essendo  possibile  dar  conto  delle  molte  opere,  che  ei  vengono  inviate,  oon  quell* 
•ollecitudine  che  si  vorrebbe  dagli  egregi  Autori  e  da  noi,  ne  diamo  intanto  un  annuozio 
sommarlo  che  non  import*  alcun  giudizio,  rlserbandoci  di  tornarvi  sopra  a  second*  dell'op- 
portunita  e  dello  spazio  concesso  nel  periodioo. 


764  OPERE  PERVENUTE   ALL  A  DIREZIONE 

Olivero  da  Murello  G.  B.  Trattato  di  Astronomia  basato  sul  sistema 
solare  stdbilito  dalla  curva  8  (meridiana  del  tempo  medio)  con  la  dimo- 
strazione  geometrica  meccanica  dell'origine  di  detta  meridiana  e  di  tutti 
i  fenomeni  astronomici  annuali  che  si  osservano  in  natura.  Torino,  Ar- 
tigianelli,  1902,  8°,  128  p.  e  XV  tavole.  L.  8. 

Palmieri  D.  S.  I.  Osservazioni  sulla  recente  opera  «  I'  fivangile  et 
I'tigliseper  Alfred  Loisy*.  Lettera  ad  Alfredo  Bruno.  Roma,  Befani, 
1903,  16°,  96  p.  Cfr.  Rivista  nel  presente  quad.  p.  713. 

Power  M.  S.  I.  Anglo- Jewish  calendar  for  every  day  in  the  gospels. 
Being  an  introduction  to  the  Chief  Dates  in  the  Life  of  Christ  (an  essay 
towards  a  final  determination  of  the  gospel  chronology).  London,  Sands, 

1902,  16°,  98  p. 

Sicars  y  Salvado  N.  El  suicidio  juridicamente  considerado.  Barce- 
lona, impr.  Barcelonesa,  1902,  8°,  192  p. 

Altre  pubblicazioni  pervenute:  Atti  dell'  Episcopato    —  ANGELINI  S.,  ve- 

scovo  di  Avellino.  Gesu  Cristo.  Lettera  Pastorale.  A vellino,  Sandulli  e  Gi- 
melli,  1903,  8°,  36  p.  —  CAM1LLI  D.,  vescovo  di  Fiesole.  L'autorita  sociale  e 
politico.  Lettera  Pastorale.  Firenze,  R.  Ricci,  1903,  8°,  28  p.  —  DI  MILIA  B., 
vescovo  di  Larino.  La  prima  scienza  dell'uomo.  Lettera  Pastorale.  Larino, 
Morrone,  1903,  8°,  22  p.  —  FERRARI  A.,  card,  arciv.  di  Milano.  «  Quod  Deus 
conjunxit  homo  non  separet  ».  Lettera  Pastorale.  Milano.  8°,  38  p.  -  MISTRAN- 
GELO  A.  M.,  arciv.  di  Firenze.  Chi  e  il  Papa.  Lettera  Pastorale  al  clero  e 
al  popolo.  Firenze,  R.  Eicci,  1903,  8%  48  p.  TACCONE-GALLUCCI  D., 
vescovo  di  Matera  e  Tropea.  doveri  del  cristiano.  Lettera  Pastorale.  Reggio 
Calabria,  Morello,  1903,  16°,  12  p.  —  VESPIGNANI  A.  M.,  vescovo  di  Cesena. 
Azione  cattolica  e  popolare  cristiana.  Lettera  Pastorale.  Cesena,  Vignuzzi,  1903, 
8°,  46  p. 

Asce  ica.  —  C1OLLI  A.,  can.  Novena  alia  SS.  Annunziata.  Firenze,  tip.  Ar- 
civescovile,  1903,  16°,  24  p.  -  CIVILETTI  M'  Piccolo  manuale  per  i  devoti  di 
Sant'  Anna  e  S.  Gioacchino.  3a  ed.  riv.  e  migliorata.  Palermo,  tip.  pontificia, 

1903,  24°,  192  p.  Cent.  25  —  FECHT  F.  S.  La  prima  comunione.    Istruzioni   e 
preghiere,  con  un'appendice :  Istruzioni  pei  cresimandi  e  cresimati.  3'  ed.  ita- 
liana  sulla  92*  tedesca.    Trento,    Artigianelli,    1903,   24°,  516  p.  Cent.  90.  Cfr. 
Civ.  Catt.  XVI,  2  (1895)  601.  —  GAZZO  A.  F.  O.  F.  M.  La  Via  Crucis.  Brevi 
discorsi.  2"  ed.  Napoli,  Festa,  1903,  8<>,  124  p.  L.  1  —  GIOVANNINI  C.  Pen- 
sieri  di  S.   Giovanni  Beichmans.  Traduzione  dal  francese.  Rimini,  tip.  Malate- 
stiana,  1901,  l6>,  160  p.  Cent.  20.  —  STEPHANUS.   Caelestia  colloquia  de  san- 
ctitate  sacerdotum.  Massiliae,  Sales.,  16°,    462  p.    L.  1.    Rivolgersi  all'Abbe  J. 
MARION    Port-de-Bouc   (Bouches-du-Rhoiie)   France.   —  VALENTI    CHIARA- 
MONTE  S.  can.   La  gran  settimana  o  il  martirio  di  Gesu  Cristo.  Girgenti,  Ca- 
rini,  1902,  8°  70  pag.  —  UNA   V1SITA  A  S.  GIUSEPPE  >-poso  di  Maria  Ver- 
gine  per  ciascun  giorno  del  mese  coll'aggiunta  di  alcune  preghiere  ed  ossequi. 
6.  ed.  Modena,  tip.  Pontificia,  24°,  40  p.  Cent.  15. 

Letture  ricreative.  —  FRANCESIA  I.  B.,  sac.  Ad  Golgotam.  Sacra  actio 
dramatica  versibus  senariis  conscripta.  Milano,  libr.  Salesiana,  1903,  16°,  32  p. 
—  MIOTTI  A.  Italia  nei  due  millennii.  Ode  a  Guglielmo  Marconi,  Modena, 
Soliani,  1903,  8»,  10  p.  —  PEL  G1UBILEO  PA  PALE  di  Leone  XI1L  Omaggio 
devoto  del  Comitato  Diocesano  di  Capaccio-Vallo.  Napoli,  D'Auria,  8°  gr.T 
32  p.  —  SERVADEI  E.,  sac.  Alcuni  versi.  Forli,  Bordandini,  1902,  16°,  32  p» 


INDICE  DELLE  MATERIE  flONTENUTE   NEL  VOL.  IX 


Articoli. 

IL  CRISTIANESIMO  DI  ADOLFO  HARNACK. 

Pag.  5 

I  SlNDACATI  INDUSTRIAL!.  25,  271,  532 
A  PROPOSITO  DEL  CENTENARIO  DI  NlC- 

COL6  TOMMASEO.  39 

Dl  ALCUNI  CRITERI  INCERTI  NELLA  ?A- 

LETNOLOGIA,    AfiCHEOLOGlA    E    STO- 

RIA  ANTICA.  La  scoperta  delle  tombe 
nel  Foro  Romano  e  il  criteria  cro- 
nologico.  .  61,  290,  673 

UN  DILEMMA  POLITICO  A  PROPOSITO  DEL 
DIVORZIO.  129 

APOSTOLATO  DI  S.  PIETRO  IN  ROMA. 

141 

IL  CONGRESSO  DI  VIENNA  E  LA  S.  SEDE. 

La  ristaurazione  del  Papa  in  Roma. 

(Maggio  1814).  159 

Idem.  /  primi  rigori  delta  restaura- 

zione     papale      (Maggio-Ottobre 

1814).  655 

L'ANNO  DELLAMORTE  DI  S.  SATIRO.  195 
OL'ITALIANI  NELLA  STATISTICA  DEL 

REGICIDIO.  Fatti  e  note.  257 

IL   VENTICINQUENNIO    PONTIFICALS    DI 

LEONE  XIII.  385 

BIBBIA  ED  «  ALTA  CRITICA  ».  397 
LO  SPIRITO  CATTOLICO  NELLA  CULTURA 

DEL  GIOVANE  CLERO.  414 

IL  CRISTIANESIMO  DELLA  CHIESA  E  LA 

CRITICA  RAZIONALISTICA.  513 

IL  P.  ANGELO  SECCHI  NEL  XXV  AN- 

NIVERSARIO   DELLA    MORTB.  549 

LE   PERIPEZIE    D'UN     MANOSCRITTO.    11 

processo  originale  di  Galileo.  641 

IL  CAPORALE  TRASTEVERINO.  171,  303, 

434,  558,  684 

Riviste. 

La  Franciaall'Estero.  (Piolet).  Pag.  74 

I  Giornali  cattivi  nella   costituzione 

«  Officiorum  ».  (&£nnari).         211 


Di  uno  studio  del  p.  C.  Peach  sul- 
1'ispirazione  delle  Sante  Scrit- 
ture.  Pag.  217 

Note  patristiche.  (G-.  Schlecht,  F.  S. 
Funk,  &.  Vizzini.  0.  Bardenhewer 
-  A.  Mercati).'  322 

Sui  Martiri  de'  primi  secoli.  (P. 
Franchi  de'  Cavalieri).  451 

Delia  «  Polizia  Ecclesiastica  »  di  L. 
Conforti.  460 

II  vecchio  Testamento  e  la  critica 
odierna.  (Scerbo).  578 

Nuovi  lavori  bibliografici  della  Bi- 
blioteca  Vaticana.  (Vattasso,  Fran- 
chi de'  Cavalieri,  Stornajolo).  586 

Studii  del  Peters  e  del  Knabenbauer 
sui  frammenti  ebraici  dell'  «  Ec- 
clesiastico  ».  700 

Studii  intorno  il  martire  S.  Gior- 
gio. (Borelli).  709 

Le  confutazioni  del  libro  delPabate 
Loisy  e  i'  metodi  di  discussio- 
ne.  (Palmieri).  713 

BIBLIOGRAFIA.          Pag.  90,  336,  &95 

OPERE  PERVENUTE   ALL  A   DIREZIONE. 

127,  253,  381,  5i9,  638,  763 

Appendici. 

IL  P1U  GRANDE  MUNICIPIO  DEL  MONDO. 

Pag.  81 
DISCORSO  DI  S.  S.  LEONE  XIII  AL  SA- 

CRO  COLLEGIO.  100 

LETTERA  DEL  PRESIDENTE  GENERALE 

DELL'OPERA  DEI  CONGRESSI  CATTO- 

L1CI  CONTRO   IL   DlVORZlO.  125 

IL  DURBAR  DI  DELHI  DEL  1°  GENNAIO 
1903.  (Dal  nostro  Corrispondvnte 
indiano).  350 

IL  SANTUARIO  DI  N.  S.  DI  LOURDES 
NELL'ANNO  1902,  37d 

AVVERTENZA.  380 


766 


INDICE 


IL  DOVERE  DEI  CATTOLICI  DEGLI  STATI 
UNITI  VERSO  I  LORO  CORRELIGIO- 
NARII  ITALIANI.  Pag.  467 

ARCHEOLOGIA  DEL  LIBRO.  11  libro  ai 
tempi  dei  Padri  della  Chiesa,  spe- 
cialmente  di  8.  Gregorio  Ma- 
gno.  473 

SCIENZE  NATURALI.  II  nuovo  argine 
del  Nilo.  718 

Cronache  contemporanee. 

Dal   25  decembre    1902 
al  12  marzo  1903. 

Cose  romane. 

1.  Ricevimento  del  S.  Padre  per  le 
feste  del  S.  Natale.  2.  Arrive  di 
Mgr.  Guidi  alle  Filippine.  Bolla 
Quae  mart  sinico.  3.  Cattedra  teo- 
log-ioa  all'Universita  di  Strasburgo. 
4.  Abiura  del  Conte  di  Campello. 
Pag.  102 

fc.  Ricevimenti  di  S.  S.  Leone  XIII 
pel  capo  d'anno.  Dono  dell'Impe- 
ratore  d'Austria  pelGiubileo.  2.  Al- 
tro  dono  inviato  dalla  citta  di  Vienna 
per  la  stessa  occasione.  3.  Le  prime 
Comunioni  nelle  parrocchie  di  Ro- 
ma. 4.  La  decorazione  pontiflcia  al 
Conte  G.  B.  Paganuzzi.  222 

8.  Decreti  per  la  Yen.  Giulia  Bil- 
liart  e  pel  Yen.  Giov.  Eudes.  2.  Ri- 
cevimenti pel  Giubileo  pontificale 
di  Leone  XIII.  3.  Morte  dell'Emo 
Card.  Parocchi.  4.  Morte  della  Du- 
chessa  Arabella  Salviati.  361 

4.  I  veaticinque  anni  del  Pontificate 
di  Leone  XIII.  Elenco  delle  sue 
encicliche.  2.  Commissione  di  con- 
sultori  per  gli  studii  biblici.  3.  Cor- 
so  d'Apologia  del  prof.  Tuccimei 
a  S.  Apollinare.  4.  Anniversario 
della  morte  di  Pio  IX.  Lettera della 
Contessa  Mastai  al  Card.  Consalvi. 

485 

5.-  Feste  pel  Giubileo  Pontificale  di 
Leone  XIII.  Pellegrinaggio  Argen- 


tine. 2.  Pellegrinaggio  Beneven- 
tano  e  Pugliese.  8.  Pellegrinaggio 
LombardoedEmiliano.  Ricevimen- 
to nelPAula  delle  Beatificazioni. 
Offertadei  doni.  Te  Deum  a  S.  Pie- 
tro.  4.  Commemorazione  del  XXV 
anniversario  del  P.  Secchi.  Pag.  610 
6.  Feste  del  Giubileo  Pontificale  di 
Leone  XIII.  Ricevimento  dell'Am- 
basciata  spagnuola  e  di  tutto  il 
Corpo  diplomatico.  2.  Nuovi  doni 
offerti  al  Santo  Padre.  3.  Pranzo 
a  mille  poveri  al  Belvedere.  4.  Ac- 
cademia  letteraria  in  onore  del 
Santo  Padre.  5.  Omaggio  dei  Par- 
roci  d' Italia.  —  6.  Tridui  per  il 
Giubileo.  7.  Solenne  Cappella  pa- 
pale  in  S.  Pietro.  725 

Cose   Italiane. 

1.  Camera  dei  deputati.  Presenta- 
zione  della  petizione  contro  la  legg& 
del  divorzio.  2.  Voto  della  Commis- 
sione contrario  alia  stesisa  legge. 
3.  II  catechismo  al  Consiglio  Co- 
munale  di  Milano.  4.  Morte  del- 
I'avvQcato  Cappellini  a  Genova. 
Pag.  107 

!8.  Resoconto  parlamentare.  La  Co- 
Ionia  eritrea.  L'esposizione  flnan- 
ziaria.  2.  II  Senato  e  i  nuovi  Se- 
natori.  3.  La  Lega  internazionale 
contro  il  duello ;  sua  orgine :  sua 
diffusione.  4.  Riassunto  dell'anno 
1902.  262 

3.  Commemorazione  del  XXV  anni- 
versario  della    morte    di   Vittorio 
Emmanuele  II.  2.  Comizio  del  li- 
bero  pensiero  a  Milano.   3.  Morte 
del  conte  Giacomo  Leopardi  a  Re- 
canati.  366 

4.  Riapertura  delle  Camere.  Legge 
sul  servizio  telefonico.  2.  Disordini 
nelle  Universita.  3.  Federazione  na- 
zionale  antidivorzista.  Conferenza 
dell'on.  Gianturco.  4.  Ancora  della 
Societa  Dante  Alighieri.  494 


INDICE 


767 


3.  La  mozione  Mirabelli  alia  Camera. 
Un  incidente  disgustoso.  2.  An- 
cora  la  questione  del  Manitjomio 
di  S.  Servilio  a  Venezia.  3.  Comizio 
della  Lega  del  lavoro  a  Napoli  con- 
tro  il  divorzio.  Pag-.  615 

*».  Resoconto  della  Camera  de'  De- 
putati.  Legge  per  la  bonifica  del- 
1'Agro  romano.  2.  La  schiavitu 
nella  colonia  del  Benadir.  3.  La 
politica  italiana  nella  questione 
macedone.  734 

Cose  straniere. 
Notizie  general!. 

Venezuela.  Pag.  Ill,  236,  372,  500, 
622.  —  Svizzera.  113. —  Inghilterra. 
114, 372,620.  —  MtcKlemburgo.  114. 

—  Sassonia.234,  500,  621.  —  Spa- 
gna.  235,  371.  —  Marocco.  236.  — 
Francia.  371.  —  Olanda.  371.  — 
Cina.  373,  622.  —  Belgio.  499.  — 
Africa.  501.  —  Turchia.  501.  621. 
-  Austria.  621 .  —  Stati  Unit*.  621. 

—  II  Giubileo  di  Leone  XIII  nelle 
varie  Nazioni.  737. 

Nostre  corrispondenze 

IRLANDA. 

H.  II  Sill  dell'Educazione  in  Inghil- 
terra.  2.  Inazione  dei  deputati  ir- 
landesi.  3.  II  nuovo  campione  cat- 
tolico,  signor  Healy.  4.  Effetti  del 
Sill.  5.  II  nuovo  Lord  Luogote- 
nente  d'  Irlanda  e  la  sua  politica. 
6.  Morte  di  due  grandi  prelati  ir- 
landesi,  gli  Arcivescovi  di  Cashel 
e  di  Tuam.  Pag.  114 

INDIA 

1&.  II  disastro  di  Mangapatnam.  2.  La 

partenza  daH'Inghilterra  e  1'arrivo 

in  India  del  Maharajah  del  Jaipur. 

Pag.  118 

AUSTRALIA. 

•3.  L'emigrazione  dall'Australia  nel- 
1'Africa  del  Sud.  2.  L'immigra- 
zione  neH'Australia.  3.  Question! 
militari.  Pag.  121 


AUSTRIA  UNGHERIA . 

4.  Sguardo  generale  alia  situazione 
politica  delle  due  parti  della  mo- 
narchia.  2.  Parlamento  ungherese; 
discussione  tempestosa  ;  spirito  se- 
paratista  ed    antidinastico;  ostru- 
zione.  3.  Parlamento  austriaco,  la 
questione    linguistica;  nuovi  ten- 
tativi  di  conciliazione    fra  Czechi 
e  Tedeschi ;  ostruzione   continua ; 
presagi  oscuri.  4.  La  vittoria  elet- 
torale  dei  Cristiani-sociali  a  Vien- 
na e  nelle  due  province   dell'Au- 
stria.  Pag.  237 

INGHILTBRRA. 

5.  La  vittoria  finale    del  Sill  sulla 
Educazione.  2.  Notizie  dall'Africa 
del  Sud.  3.  II  libro  del  De  Wet.  4.La 
visita  del  signor  Chamberlain  nel- 
1'Africa  del    Sud.  5.  Un  arbitrate 
di  Re  Edoardo.  6.  La  nuova  diga 
sul  Nilo  ad  Assouan.  7.  Morte  di 
due  Vescovi   inglesi.    8.  II  Times 
in   favore    dei   religiosi   francesi. 

Pag.  244 
GRECIA. 

6.  Le  elezioni  politiche  del  30   no- 
vembre.    2.  La   loro    importanza. 
3.  II   nuovo    Gabinetto.    4.    Greta 
nelle  future   elezioni.  5.  II  nuovo 
Metropolita    di  Atene  Tpoclito,  il 
Gerarca  dell'  Ellenismo.  Sua  ele- 
zione  e  suo  programma.    Pag.  248 

9.  Delle  scopertearcheologiche  del  si- 
gnor Demoulin  in  Tinos.  6.  II  nuo- 
vo ministero  Delijanni.  501 

8.  Le  feste  di  Sira  pel  Giubileo  Pon- 
tificale  di  Sua  Santita  Leone  XIII. 
2.  Solenne    accademia    tenuta    in 
suo  onore.  755 

GERMANIA. 

9.  L'intervento  anglo  tedesco  nel  Ve- 
nezuela, e  la  politica  esterna.  2.  La 
nuova  tariffa  doganale.  3.  La  tol- 
leranza  protestante.  4.  La  facolta 
cattolica  di  Teologia  a  Strasburgo 
e  Telezione  deH'Arcivescovo  di  Co- 


768 


INDICE 


Ionia.  5.  La  Principsea  reale  del 
Sassonia.  6.  I  timori  degli  Orto- 
dossi.  Pag.  378 

1O.  II  viasrgio  del  Principe  Impe- 
riale  a  Pietroburgo  e  la  questione 
del  Venezuela.  2.  La  questione 
macedone.  3.  II  governo  personale 
di  Guglielmo  II  e  le  sue  opinioni 
religiose.  4.  11  Cancelliere  rinun- 
zia  alia  legge  contro  i  Oesuiti. 
5.  II  Landtag  prussiano  e  i  Po- 
lacchi.  6.  La  tolleranza  religiosa. 
7.  Crisi  ministeriale  in  Baviera. 
8  II  Giubileo  di  Leone  XIII.  9  Le 
opere  sociali  in  Germania.  10.  Un 
centenario  triste  per  la  Chiesa  e 
per  la  Germania.  Pag.  740 

FRANCIA. 

11. Cinque  settimane  di  vacanzepar- 
lamentari.  Elezioni  senatorial!.  2.  I 
ricevimenti  del  capo  d'anno.  3.  Ri- 
presa  della  Sessione.  La  lotta  re- 
ligiosa si  aggrava  di  giorno  in 
giorno.  11  trattamento  delle  Con- 
greprazioni.  4.  Le  maestro  cristiane 
laicbe.  Alcune  ragioni  di  speranza. 
Pag.  505 
BELGIO. 

1!8.  Un  Congresso  Regionale  delle 
Opere  Cattoliche.  2.  Per  S.  Alfonso 
de'  Liguori.  3.  II  cinquantenario 
dell'Associazione  Cattolica  e  costi- 
tuzionedi  Namur.  4.  Verso  1'unita. 
5.  II  contratto  di  locazione  dei  fondi 
rustici.  6.  Felici  success!  diploma- 


tic! del  Belgio  contrastato  dai  so- 
cialisti  vinti  dai  cattolici  a  bene 
dell'erario  e  del  popolo.  Pag.  622 

13.  Nuovi  disegni  di  legge  presen- 
tati  alia  Camera  dei  deputati.  La 
tassa  di  fabbricazione    sulPalcool. 

-  8.  Le  Suore  Orsoline  nelle  In- 
die. 758 
RUSSIA. 

14.  I  giubilei.  2.  La  Russia  politica. 
ed  amministrativa.  3.  Le  inchieste 
e  i  comitati.  Pag.  630 

SVIZZERA. 

15.  II  referendum  intorno  alia  ere- 
mazione  nel  Canton  Ticino  Pag.  636 

STATI  UNITI. 

16.  Gli    emigranti    italiani  e  i  loro 
pericoli.    2.   L' Arcivescovo    Mgr, 
Farley  e  la   questione   scolastica. 
3.  11  Presidente  sig.  Roosevelt  e  i 
Negri.  4.  Perch&  non  si  vuole  eri- 
gere    il   Nuovo   Messico   a  Statot 
5.  Fine  della  questione  del  Vene- 
zuela. 6.  Cure   degli    Stati    Unit! 
per   le   isole   Filippine.  7.  L'arbU 
trato  fra  i   minatori  e  i  loro  pa- 
droni.   8.    L'agitazione    Qontro    i 
Trusts.  9.  Un'altra  vittoria  in  fa- 
vore  dell'arbitrato.  Pag.  74$ 

Cose  varie. 

1.  I  terremoti   del    Giappone.   —  2» 
II  piu  grande  industriale  del  mon 
do.  —  3.  Delle   esecuzione   delle 
opere  di  R.  Wagner.        Pag.  760 


s  f 


CON  APPBOVAZIONE    DELLJAUTOBITA   ECCLESIASTICA 


BX   804    .C58  SMC 

La  Civi Itaa  cattol ica 
AIP-2273   (awab) 


Does  Not  Circulate 


& 


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